Perché sul campanello di casa mia c'è scritto Weasley-Malfoy?!

di RoseScorpius
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cominciamo bene... ***
Capitolo 3: *** che le ostilità abbiano inizio ***
Capitolo 4: *** vivere è difficile... convivere è impossibile ***
Capitolo 5: *** la biancheria di pizzo non porta mai bene ***
Capitolo 6: *** il compratore di mutande ***
Capitolo 7: *** i Weasley sono sempre i Weasley, e i Malfoy sono sempre i Malfoy... o forse no? ***
Capitolo 8: *** miss lingerie ***
Capitolo 9: *** la storia di Astoria ***
Capitolo 10: *** facile chiedere scusa... in teoria ***
Capitolo 11: *** perché i modelli di Calvin Klein non dovrebbero esistere... - parte 1 ***
Capitolo 12: *** perché i modelli di Calvin Klein non dovrebbero esistere... - parte 2 ***
Capitolo 13: *** Auror con deformazione professionale che cercano di farti il terzo grado... ***
Capitolo 14: *** il triangolo no! Non è nemmeno originale... ***
Capitolo 15: *** LSD - Lanciarazzi Su Dominique ***
Capitolo 16: *** spesso non c'è un momento giusto... ma c'è sempre un momento sbagliato ***
Capitolo 17: *** chi ha detto che l'alcool fa male? ***
Capitolo 18: *** chiunque abbia detto che l'alcool fa male... ne sapeva qualcosa ***
Capitolo 19: *** vero è ciò che si ricorda ***
Capitolo 20: *** te l'ha detto l'uccellino? No, era un GUFO. ***
Capitolo 21: *** ad ogni figlio il suo padre ***
Capitolo 22: *** dei disastri e delle sfighe (ovvero come i tuoi piani vanno a farsi fottere) ***
Capitolo 23: *** mai fidarsi dei Malfoy ***
Capitolo 24: *** sbagliare fa schifo, rendersene conto anche di più ***
Capitolo 25: *** elefanti rosa a pois ***
Capitolo 26: *** gay, ubriachi e ragazze germaniche un po' troppo perspicaci ***
Capitolo 27: *** LSD - la stronzaggine divampa ***
Capitolo 28: *** come imparare a voler bene a Draco Malfoy in tre semplici passi ***
Capitolo 29: *** un tassello alla volta ***
Capitolo 30: *** tra mago e streghetta non ci metter la bacchetta ***
Capitolo 31: *** di ri-addii al celibato e pillole sbronza-astemi ***
Capitolo 32: *** e vissero tutti felici e parenti ***
Capitolo 33: *** epilogo - benvenuto in famiglia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Titolo: Perché sul campanello di casa mia c'è scritto Weasley-Malfoy?!
Autore: RoseScorpius
Fandom: Harry Potter
Genere: Commedia, Romantico (con leggere inclinazioni verso il demenziale o verso il depresso, a seconda dell'umore durante la stesura dei vari capitoli)
Avvertimenti: Probabilmente nuoce alla salute
Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Albus Potter, Dominique Weasley, James Potter, Hugo Weasley e tutta la baracca
Coppie: Rose/Scorpius, Draco/Hermione, con buona pace della Ron/Hermione e qualche accenno di James/Dominique
Note: Questa storia è stata scritta nell'arco di più di due anni e, di conseguenza, lo stile ed i personaggi sono cresciuti e cambiati assieme a me. Si spera in meglio. E' la storia di due ragazzi molto, forse troppo diversi, che per qualche strano scherzo del destino si ritrovano con una famiglia in comune e con dei sentimenti alquanto scomodi. E fin qui tutto bene, è la solita Rose/Scorpius. Ma prima di tutto credo che sia la storia di una ragazzina egocentrica ed irruenta, che impara a crescere e ad accettare il fatto che non tutte le cose si possono riparare, nemmeno se si ha una bacchetta magica. Non so se per questo motivo la storia può essere considerata più o meno figa delle altre, o anche solo un po' diversa, in ogni caso mi piace pensare di averci messo qualcosa di mio e di essere riuscita a dire quello che avevo da dire.
Se vorrete leggerla e lasciare un commento non potrò che essere felice di condividerla con voi.

 

RoseScorpius



 

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Prologo

 

Hermione Granger, nonostante i suoi quarant’anni, era ancora una bella donna. E, per quanto schifo potesse farmi l’idea di mia madre che si rotolava su un letto con un uomo che non fosse mio padre (beh, anche con lui… insomma, credo che a tutti i figli farebbe piacere credere alla storia della cicogna), avrei dovuto immaginare che dopo il divorzio non avrebbe preso un voto di castità. 

A volte capitava addirittura che mi parlasse dei tizi con cui usciva e generalmente sopportavo l’idea di lei e un altro piuttosto bene, a patto che non portasse nessuno dei suoi ammiratori a casa. Merlino, magari ce li portava comunque, ma, come si dice, occhio non vede, cuore non duole. E figlia non s’incazza.

Di una cosa, comunque, ero sempre stata sicura: mia madre non si sarebbe mai risposata. 

… E quando mai io avevo avuto ragione su qualcosa?

 

***

 

Il pensiero dei miei vari casini familiari quella mattina non mi sfiorò nemmeno, mentre scendevo in Sala Grande con mia cugina Dominique. In fondo, l’unico casino familiare in cui avrei potuto incorrere sarebbe stata una lite all’ultimo sangue con mia madre per i voti dei miei GUFO: a mamma non era mai andato giù il fatto che avessi il suo stesso quoziente intellettivo e che lo sprecassi per progettare nuovi schemi di Quidditch. Ma i risultati degli esami sarebbero arrivati di lì a un mese, perciò per il momento non avevo nulla di cui preoccuparmi. O almeno così credevo.

Io e Dominique ci accomodammo al tavolo di Grifondoro seguite da parecchi sguardi, che Dominique ignorò con un certo compiacimento, così come ignorò – questa volta senza il minimo segno di approvazione – me, che mi stavo sbracciando per salutare mezza Hogwarts.

« Rose, dovresti smetterla di comportarti come se avessi cinque anni » borbottò, una volta che ebbi salutato l’ultimo Tassorosso occhialuto al tavolo accanto. « Fai la figura di quella facile ».

« Sono miei amici, nessuno ha detto che li devo sposare » sbuffai, servendomi un’abbondante dose di porridge sotto lo sguardo bramoso di Dominique, che stava spulciando svogliatamente una merendina dietetica. « E tu dovresti smetterla con questa fissa della dieta » aggiunsi. « Non hanno ancora inventato la taglia meno uno ».

Dominique avrebbe certamente risposto che voleva dimagrire ancora solo di un chilo, come aveva detto tre mesi e quattro chili prima, ma fu interrotta da un bel ragazzo moro.

« Ehi, ciao, Dominique! »

Mia cugina si voltò verso l’importuno Corvonero, con un’espressione che diceva chiaramente “dovrei conoscerti?” stampata in viso. 

« Sì? »

« Ehm, sono Mark, quello della festa. Non so se ti ricordi… »

Un lampo di comprensione attraversò il volto di Dominique, che assunse immediatamente un’aria scocciata. 

« Si, ehm, Matt, scusa, ho da fare adesso » borbottò. 

« Certo » sorrise lui. « Allora magari in treno possiamo metterci nello stesso scompartimento, così parliamo un po’ ».

Dominique storse la bocca. 

« Non credo che sia il caso ».

Mark sembrò finalmente capire e sul suo volto si dipinse un'espressione di profonda delusione.

 « Oh, ehm… d’accordo » si arrese. Poi, voltandosi verso di me, aggiunse: « Io e i ragazzi andiamo al Lago Nero prima che il treno parta, per festeggiare la fine dell’anno. Se ti va di venire... »

Mi ficcai in bocca una cucchiaiata di porridge e annuii. 

« Certo. Ti dispiace se porto un po’ di gente? » 

« No, figurati. Allora ci vediamo dopo ». 

« Sicuro. E di' a Jason che non si azzardi a buttarmi in acqua di nuovo, altrimenti lo Crucio » aggiunsi, lanciando un’occhiata torva al tavolo dei Corvonero. 

Mark ridacchiò. 

« D’accordo, riferirò ».

E si allontanò facendomi l’occhiolino.

Quando tornai a voltarmi verso il suo piatto, mi trovai davanti all’espressione omicida di mia cugina. 

« Potresti evitare di accettare inviti da tutti i miei ex? » sibilò.

« Non è colpa mia se ti sei fatta tutti i miei amici » mi difesi.

« Non è colpa mia se sei amica di tutta Hogwarts » sbuffò Dominique.

Non proprio tutta – la corressi mentalmente, sbirciando con la coda dell’occhio l’ingresso in sala di Albus Potter e Scorpius Malfoy. Al mi fece un gran sorriso e tirò una gomitata a Scorpius, ma il biondo si limitò a lanciare un’occhiata distratta nella nostra direzione e si sedette al tavolo dei Serpeverde senza dare il minimo segno di volerci salutare. Al roteò gli occhi e prese posto accanto all’amico, che intanto aveva estratto un libro dalla borsa e lo stava sfogliando sopra ad un piatto di bacon, con quegli stupidi occhiali rettangolari in bilico sul naso dritto. Malfoy era solo leggermente miope, ma portava quasi sempre gli occhiali, probabilmente convinto che giovassero alla sua immagine di gran studioso.

« Eccolo che si mette a fare l’intellettuale solitario » sbuffai. « Forse crede che così le ragazze se lo fileranno di più ».

« Vedo che voi due vi amate sempre » ironizzò Dominique, che dopo aver dato l’ultimo morso alla sua merendina si era messa a leggere la tabellina dei valori nutrizionali stampata sul suo involucro (per non dovermi vedere mentre trangugiavo la seconda porzione di porridge, supposi).

« Alla follia » borbottai, con abbondante sarcasmo.

Scorpius Malfoy era alto e snello, con i capelli biondo cenere e gli occhi di una sfumatura curiosa di verde pallido. Sarebbe stato un bel ragazzo, se non se ne fosse andato in giro con il naso costantemente sprofondato in qualche romanzo Babbano e con la sua espressione snob da aristocratico in decadenza. Avevo sempre trovato snervante il suo atteggiamento di velata superiorità, mai ostentata apertamente, ma sempre sottintesa nelle sue parole: era convinto di essere più figo dei suoi coetanei solo perché, invece di interessarsi alle ragazze e al divertimento, passava la vita a leggere e suonare il pianoforte. 

Personalmente, se avessi avuto quel genere di passatempi, mi sarei guardata bene dal dirlo in giro.

 

***

 

Due ore dopo, con i capelli ancora umidi e una discreta voglia di ammazzare Jason Smith, salii sull’Espresso di Hogwarts. Dominique era ancora offesa per la storia di Mark e se n’era andata senza aspettarmi, perciò cominciai a vagare per il treno, alla ricerca di un posto a sedere. Ricevetti inviti a entrare praticamente in ogni scompartimento dove misi il naso, spesso anche da gente che non sapevo di conoscere: dopo cinque anni di scuola, ancora non sapevo spiegarmi perché tutta la scuola sembrasse conoscermi. All’inizio credevo fosse perché ero la figlia di due famosi Auror, o perché ero la migliore amica di Dominique, ma poi avevo dovuto ricredermi: Domi aveva qualcosa come ottocento ammiratori e due amici, mentre io avevo ottocento amici e… beh, se anche avevo degli ammiratori dovevo averli spaventati a morte con qualche mossa di Karate. Praticavo quello sport da quando avevo cinque anni e i miei genitori avevano dovuto trovarmi un passatempo che mi tenesse occupata e mi permettesse di sfogare la mia esuberanza.

Aprii l’ennesimo scompartimento e vi trovai un folto gruppo di Serpeverde, tra cui spiccavano gli intrattabili capelli corvini di Al e la chioma bionda da pubblicità della Pantène di Malfoy.

« Ehi, Rose, vuoi sederti con noi? » m’invitò Al, tirando un pestone a Malfoy prima che il biondo potesse dire che in verità lo scompartimento era già pieno e che comunque non aveva la minima intenzione di respirare la mia stessa aria per più di dieci secondi.

Ricambio senza riserve, Malfoy.

« No, grazie, Al » declinai, storcendo il naso, e richiusi la porta prima che mio cugino tentasse, per la millesima volta, di farmi fare amicizia con Malfoy (o peggio. Con Al non si poteva mai sapere...). Mio cugino era davvero assurdo: dopo cinque anni non aveva ancora capito che io e quell’individuo saremmo andati d'accordo solo quando mio padre avesse rinnegato i Cannoni di Chudley per i Tornadoes.

Dominique comparve all'improvviso nel corridoio e mi abbordò con il sorriso smagliante che usava quando doveva chiedermi un favore dopo avermi messo il muso.

« Rose, mi accompagni in bagno? »

La seguii senza protestare: avevo la netta impressione che Al avrebbe ritentato di farmi socializzare con il suo amico biondo, se non fossi sparita in fretta dalla circolazione.

« Jason mi ha buttata nel lago, di nuovo » borbottai, mentre ci facevamo strada lungo il corridoio affollato. 

« Ovvio, lo fa ogni anno » mi fece notare Domi, infilandosi nell’angusto bagno del treno e piazzandosi davanti allo specchio su cui generazioni di studenti avevano scritto i propri commenti con l'inchiostro indelebile. Appoggiò la borsa al ripiano del lavandino e ne estrasse un tubetto di fondotinta e una matita nera, con cui cominciò a ritoccarsi il trucco. Io mi sedetti a gambe incrociate sull’asse chiuso del water, osservando con aria rassegnata la consueta e minuziosa operazione di mia cugina.

« È carino, però, Mark » osservai, rivolgendomi alla nuca di Domi, coperta da una folta cascata di ricci castano chiaro. « Sai, avresti anche potuto dargli una possibilità. Ogni tanto sei davvero stronza ».

Lo specchio mi restituì l’espressione dura di Dominique. 

« Sono stronza perché questo è un mondo di idioti maschilisti » replicò. « Se fossi un maschio non passerei per una puttana solo perché so come divertirmi ».

Ridacchiai sotto i baffi: adoravo le filippiche contro il maschilismo in cui si lanciava mia cugina, anche se sapevo bene che il motivo per cui Domi odiava così tanto i maschi non era affatto divertente. Aveva perso la verginità a quattordici anni con l’unico ragazzo di cui fosse mai stata innamorata, uno stronzo del settimo anno che, appena era riuscito a portarla a letto, l’aveva scaricata. Per questo Domi continuava a ripetermi di tenermi stretta la verginità finché non avessi trovato il ragazzo giusto e, sospettavo, sarebbe stata capace di mandare a monte tutti i miei appuntamenti, se avesse pensato che stavo per fare il suo stesso errore. Dal canto mio, a sedici anni, non ero particolarmente interessata al sesso e non avevo intenzione di disobbedire a mia cugina. Non nell’immediato, perlomeno.

« Non capisco come faccia Al a essere il migliore amico di quell’essere spregevole » borbottai, per rompere il silenzio che si era creato mentre Domi si passava la matita attorno agli occhi. « Insomma, lo sapevo già che è stupido, visto che non ha ancora capito che ci sono più probabilità che mia mamma sposi Draco Malfoy piuttosto che io e Scorpius andiamo d’accordo, ma… »

« Io ce li vedrei, tua mamma e Malfoy » ridacchiò Domi, continuando a studiare la sua immagine riflessa nello specchio con aria critica « Litigherebbero anche più di quanto facessero lei e tuo padre ».

« Non dirlo neanche per scherzo » sbuffai. « I mesi prima del divorzio sono stati un inferno: non facevano altro che litigare, mandarsi Schiantesimi in giro per la casa, urlarsi dietro… »

Ovviamente non ero contenta che i miei si fossero separati, ma se l’alternativa era svegliarsi ogni notte sentendo le loro grida, tutto sommato credevo che il divorzio fosse una soluzione piuttosto accettabile. E l’unica possibile, a quel punto. Con il tempo mi ero quasi convinta che fosse stata una buona idea: da quando erano andati a vivere in due case separate, l’estate prima, i loro rapporti erano nettamente migliorati: ora erano capaci di passare assieme la sera di Natale a casa dei nonni Weasley senza scatenare liti che avrebbero inevitabilmente coinvolto e messo in imbarazzo tutta la famiglia. E poi potevo andare a casa di mio padre quando mi pareva. E poi (anche se questo di solito evitavo di pensarlo) magari stando lontano c'era una remota possibilità che si rendessero conto di aver sbagliato e cambiassero idea.

Molto remota, devo ammetterlo.

« Comunque » conclusi, mentre Domi si spalmava il fondotinta sotto il mento « Mamma non sposerebbe mai Draco Malfoy. Tre anni fa, quando ha dovuto lavorare a quel caso assieme a lui, quel briciolo di sanità mentale che le restava è andato allegramente a farsi friggere ed è diventata definitivamente una pazza isterica ».

Domi finalmente decise di ignorare il riflesso perfetto che le restituiva lo specchio e si girò per lanciarmi un’occhiatina divertita. 

« Ma tre anni fa tua madre stava ancora con Ron. E poi sai, il confine tra odio e amore non è poi così marcato… »

« Domi, non te l’hanno mai detto che bere di mattina, a stomaco vuoto, fa male? » la interruppi, ridacchiando. « Merlinoo, si può sapere come diamine siamo finite a parlare di mia madre e Draco Malfoy? Cioè, è così assurdo… »

Mia cugina si unì alla mia risata. 

« Beh, ma sarebbe divertente ».

« Merlino, ti prego, no. Mi basta Scorpius: se dovessi sopportare anche suo padre finirei ad Azkaban con l’accusa di plurimo omicidio ».

Mi alzai dal water, ma nello spazio angusto del bagno andai a sbattere contro Domi e restammo lì incastrate a ridere come due cretine. 

« Merlino, Rose, sono incastrata, spostati! »

« Anch’io sono incastrata, merda! » 

« Apri la porta! » suggerì lei, ancora sghignazzando.

Abbassai la maniglia e rotolammo in mezzo al corridoio, una sopra l’altra, sotto il naso arricciato con disgusto di Scorpius Malfoy, che evidentemente stava aspettando il suo turno per andare in bagno.

« Toglietemi una curiosità » disse, con la sua solita aria altezzosa. « Come fanno sesso due femmine? »

« Malfoy! » sbottai, rialzandomi con tutta la dignità che può avere una persona che è appena ruzzolata fuori da un bagno avvinghiata a sua cugina, davanti ai piedi del suo peggior nemico. « Non siamo lesbiche! »

Lui mi rivolse un sorrisetto di sufficienza. 

« Tranquille, non lo dirò ad Al ». S’infilò nel bagno scavalcando la borsa di Dominique, che si era rovesciata a terra. « Anche perché se scoprisse che le sue due cugine preferite hanno un incesto, potrebbe prenderla piuttosto male. Però non garantisco per eventuali, diciamo, fughe d’informazioni con gli altri ». 

E si richiuse la porta alle spalle con un ultimo ghigno. 

« Malfoy, cazzo! » urlai, prendendo a calci la porta chiusa a chiave « Non ti azzardare a dirlo in giro! Non siamo lesbiche! »

Ma in risposta ottenni solo il suono di una cascatella che s’infrangeva sull’acqua del water.

 

***

 

Attraversai la colonna di mattoni della stazione di King’s Cross tra gli sguardi insistenti dei miei compagni di scuola, che probabilmente si aspettavano un bacio d’addio mozzafiato con Dominique, ringraziando il cielo perché non avrei più dovuto vedere Malfoy per tre mesi. In caso contrario, avrei davvero rischiato l’ergastolo…

« Ehi, sorellina, te ne vai senza salutarmi? »

Mi voltai verso mio fratello Hugo, che se ne stava appoggiato al suo baule a pochi passi da me. L’unica cosa davvero brutta della separazione era stata la spartizione dei figli: io avevo bisogno di una madre, non avrei certo potuto mandare papà al supermercato a comprarmi degli assorbenti (ammesso che sapesse cos’erano), mentre Hugo era più legato a papà e aveva scelto di andare a vivere con lui.

« Mamma e papà avevano promesso che si sarebbero sopportati il tempo necessario per andare prendere un gelato tutti assieme a Diagon Alley » gli ricordai. 

Hugo scosse la testa, cupo. 

« Non credo che papà sarà in grado di tener fede alla promessa, soprattutto se mamma ha intenzione di portare con noi anche i Malfoy ».

« Cosa? » chiesi, senza capire. 

Se non avessi conosciuto il pessimo senso dell’umorismo di mio fratello, avrei certamente pensato che stesse scherzando.

« Guarda tu stessa » rispose lui, indicando qualcosa alle mie spalle.

Mi voltai, pronta a rivalutare il senso dell’umorismo di mio fratello, ma non trovai nulla di divertente in quello che vidi: mia madre e Draco Malfoy, uno accanto all’altra, si stavano parlando, sotto lo sguardo sconcertato di Scorpius Malfoy, che se ne stava imbambolato a pochi metri da me e Hugo, e quello incazzato nero di papà e dello zio Harry, che se ne stavano accanto ad un compiaciuto Al dall’altra parte della banchina.

« Si saranno solo fermati a scambiare due chiacchiere… » dissi, senza la minima convinzione. « Sono colleghi, no? »

Hugo sbuffò. 

« Non si sono mai potuti sopportare e ora, di colpo, si comportano da colleghi educati? E poi scusa, se proprio doveva scambiare due chiacchiere con un collega poteva mettersi a parlare con Harry o con papà ».

No, effettivamente la cosa non stava in piedi. Feci istintivamente un passo indietro. 

« Hugo, senti, non è che posso tornare a casa con te e papà? » 

« Credo che ti convenga andare a sentire cosa vogliono » mi suggerì lui, facendo un cenno del capo in direzione di mamma, che si stava sbracciando per attirare le mia attenzione.

Sbuffai e raccolsi il baule da terra, appuntandomi mentalmente di aver messo la bacchetta nella tasca interna della divisa, in caso mi fosse servita per schiantare Malfoy. Draco o Scorpius non faceva molta differenza, a quel punto.

« Ti aspetto questa sera in camera mia » sussurrò Hugo, dandomi una leggera spintarella. « E poi decideremo come uccidere Malfoy. La Passaporta ce l’hai, no? »

Annuii. Portavo sempre al collo un ciondolo incantato che mi permetteva di andare avanti e indietro da casa di mamma a quella di papà come e quando mi pareva.

« Ruba qualche ingrediente dalla dispensa di papà » bisbigliai di rimando, cominciando a camminare in direzione di mia madre e di Malfoy. « E procurati un libro sui veleni ».

Nutrivo ancora la flebile speranza che mia madre e Draco Malfoy non avessero una tresca, ma era meglio prepararsi ad ogni evenienza. Mentre sgomitavo tra la folla il mio cervello mi propose un’immagine di me che duellavo contro Draco Malfoy, mentre Scorpius faceva il tifo per suo padre e mia madre singhiozzava disperata. Se fosse venuto fuori che tra mia madre e quell’individuo c'era qualcosa, non avrei accettato compromessi meno violenti di quello. Sempre che un duello si potesse chiamare compromesso…

Raggiunsi mamma e Draco Malfoy, ai quali nel frattempo si era aggiunto Scorpius, che sembrava anche più pallido del solito e aveva perso tutta la sua arroganza.

« Beh, che c’è? » chiesi, seccata. « Mamma, perché stai parlando con questo qua? Dovevamo andare a prendere un gelato con Hugo e papà ».

In fondo non poteva essere possibile che avesse una tresca con Malfoy: insomma, persino l’idea che si parlassero civilmente era ridicola, una relazione sarebbe stata completamente assurda. Probabilmente dovevano lavorare assieme a un nuovo caso e ne stavano discutendo mentre aspettavano me e Scorpius: ora Malfoy Senior si sarebbe portato via quel gran pezzo di idiota di Malfoy Junior e io e mamma saremmo andate ad abbuffarci di gelato da Florian Fortebraccio con papà e Hugo.

Mamma tossicchiò, a disagio. 

« Questo qua si chiama Draco, cara ».

Draco? Draco?! Da quando Malfoy era diventato Draco?

« Volevi dire Malfoy, vero mamma? » chiesi, speranzosa.

Mamma smontò definitivamente ogni mia speranza. 

« No, tesoro, volevo dire Draco. E sarebbe carino che lo chiamassi Draco anche tu ».

Scambiai uno sguardo preoccupato con Scorpius che, a giudicare dalla sua faccia perplessa, ne sapeva quanto me della presunta tresca tra i nostri genitori.

« Perché dovrei chiamarlo Draco? » replicai, con il tono più scorbutico che riuscii a trovare.

« Beh, ehm, perché… » balbettò mamma. « Vedi, tesoro, io non so bene come dirtelo, ma… »

Malfoy senior, da qui in poi conosciuto come Draco, Dracuccio, Drachetto, Tesoruccio o, più semplicemente, quel grosso pezzo di merda che aveva osato avvicinarsi a mia madre, le prese la mano, rivolgendole uno sguardo incoraggiante. 

« Ecco, vedi, Rose, io e Draco stiamo assieme ».

« Che cosa?! » urlammo io e Scorpius all’unisono. 

Fui investita da una valanga di emozioni e sensazioni sgradevoli. Prima di tutto il porridge di quella mattina e le Cioccorane che avevo mangiato in treno mi tornarono su e decisi che se avessi vomitato lo avrei fatto sulle scarpe di pelle di drago di Draco. Poi mi sentii come se qualcuno mi avesse tirato un pugno in piena pancia, cosa a cui era riconducibile la nausea. E infine decisi che doveva essere tutto uno scherzo.

« State assieme nel senso… tipo adolescenti, no? È solo la cazzata del momento per non sentirsi troppo vecchi, vero? » balbettai « Della serie “ti amo”, “si, anch’io ti amo tanto”, “sposiamoci” e poi, dopo una settimana, vi mollate e non vi parlate più per il resto della vita? » conclusi, supplicandoli con lo sguardo di darmi ragione.

Mamma scosse il capo, arrossendo. 

« Non è proprio così, tesoro. Ecco, noi… stiamo assieme da Natale ».

« COSA?! » sbraitai. 

« COME?! » mi diede man forte Scorpius, con gli occhi pallidi fuori dalle orbite. 

« PERCHÉ?! » concludemmo assieme, facendo voltare verso di noi mezza stazione. 

Lanciai uno sguardo omicida alle dita intrecciate di mia madre e di quel grandissimo pezzo di merda e, lasciando chiaramente trasparire dalla mia voce che se non avessero eseguito il mio ordine avrei trinciato le dita a entrambi, ringhiai.

« E tu toglile le mani di dosso! » 

Draco lasciò andare immediatamente la mano di mamma e si allontanò da lei di un passo, alzando le mani in segno di resa. 

« Scusa, Rose… »

« Io per te sono Weasley, solo e soltanto Weasley » sibilai. 

Era meglio mettere in chiaro da subito che non si doveva sentire autorizzato di darmi nomignoli idioti solo perché era l’uomo del momento di mia madre. Del momento, poi: gli avrei reso la vita talmente impossibile che alla fine sarebbe scappato a gambe levate.

Draco sembrava sul punto di replicare, ma mamma lo precedette.

« D’accordo, Weasley ».

Sottolineò astiosamente il mio cognome, guardandomi con aria di sfida.

Rimasi a fissarla a bocca aperta per alcuni secondi, prima di riuscire a mettere assieme una frase di senso compiuto.

« Mamma, stai scherzando, vero? » 

« Nient’affatto » replicò la stronza, perfettamente tranquilla. « Se sei Weasley per Draco, allora lo sei anche per me ».

« D’accordo, Granger ». 

Sibilai, mentre i due Malfoy seguivano il nostro scambio di battute con aria perplessa e vagamente preoccupata. Rivolsi un piccolo ghigno a Malfoy Senior. 

Stai cominciando a renderti conto di quanto è pazza mia madre, eh?

L’importante era non cedere neanche un millimetro di terreno, altrimenti avrebbero finito per strapparmi concessioni su concessioni – mi dissi, ricambiando orgogliosamente lo sguardo furibondo di mia madre.

« D’accordo » intervenne Scorpius, interrompendo il nostro silenzioso scambio di maledizioni. « A quanto pare non possiamo fare niente per ostacolare il vostro grande amore » sottolineò le ultime due parole con profondo sarcasmo. « Ma dobbiamo stabilire delle regole ».

Annuii vigorosamente: nonostante in quel momento odiassi Scorpius anche più del solito, grazie alla sua brillante idea di far passare me e Domi per lesbiche, dovetti ammettere che era una fortuna che lui fosse rimasto un po’ più lucido e razionale di me, in quella situazione.

« Qualunque cosa facciate voi due – e non voglio sapere cosa – non azzardatevi a farla in casa mia » disse Scorpius, guardando malissimo mia madre. 

Di nuovo, mi trovai perfettamente d’accordo con lui ed annuii con fervore. 

« Lo stesso vale per me. Non voglio vedere quell’individuo nel raggio di un chilometro da casa mia ».

Malfoy Senior rivolse un’occhiataccia sia a suo figlio che a me, lanciando poi uno sguardo colpevole a mamma, come a volersi scusare per aver guardato male sua figlia, e replicò. 

« Forse voi due state dimenticando che le case dove vivete le abbiamo pagate io e Hermione ». Non potei impedirmi di pensare che il nome di mia madre pronunciato da Draco Malfoy suonava davvero male. « Ah, e poi ci siamo dimenticati di dirvi che abbiamo venduto entrambe le case ».

« Come vendute? » esclamai, sentendo che le gambe non mi reggevano più. 

« Cos’è, il vostro grande amore vi ha convinti a mollare tutto e andare a vivere su un albero nella Foresta Amazzonica? » sbuffò Scorpius, ma il suo sarcasmo tradiva una vena di preoccupazione.

La stessa preoccupazione che si era impossessata di me. Merlino, non poteva essere, non potevano aver deciso di… 

« E abbiamo comprato una casa dove vivere tutti assieme » concluse mamma, stringendosi a Malfoy Senior con aria sognante.

« COSA?! » strillai io, e probabilmente mi sentirono fino in Tanzania. Scorpius dal canto suo era troppo sconvolto per parlare. 

« Basta, io me ne vado a vivere da papà! »

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Capitolo 2
*** Cominciamo bene... ***


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1. 

Cominciamo bene…

 

Scorpius Malfoy aveva certamente un mare di difetti, come la mania di portare gli occhiali anche quando non ce n’era bisogno, la passione per qualunque attività si potesse svolgere con il sedere saldamente piantato su una poltrona e la convinzione che qualunque indumento meno costoso di una camicia di seta tessuta dai Goblin non fosse alla sua altezza, per citarne alcuni. 

Ma se c’era un pregio che, in cinque anni di odio reciproco, ero stata costretta a riconoscergli, era la sua cavalleria: generalmente con me non la sfoggiava, ma avevo avuto molte occasioni di notare come fosse l’unico essere di sesso maschile esistente sulla faccia della terra che apriva le porte per far passar prima le donne. 

Ovviamente avrei dovuto saperlo che la galanteria era solo un’altra delle tante ipocrisie di facciata dei Malfoy…

 

***

 

Ci smaterializzammo tutti assieme, come un’allegra famigliola: mamma e Malfoy Senior al centro che si tenevano felicemente per mano, io e Malfoy Junior ai lati, ognuno aggrappato al braccio del proprio genitore, che sibilavamo insulti all'idiota che aveva deciso che, fino ai diciassette anni, i figli dovessero vivere con i propri genitori. 

Quando comparimmo davanti a una graziosa villetta in mezzo alla campagna avevo lo stomaco completamente rivoltato, non so se per le mani intrecciate di mamma e di quell’individuo o se per la materializzazione congiunta. Lanciai uno sguardo critico all’edificio: sembrava piuttosto recente, ma non era molto grande. Mi voltai verso Malfoy Senior, alzando un sopracciglio. 

« Beh, tutto qui? » chiesi, acida. « Credevo che voi Malfoy non accettaste di vivere in qualcosa di meno lussuoso di un castello ».

Dalla faccia che aveva Scorpius, come se gli avessero ficcato un manico di scopa in un certo posto, indovinai che anche lui si stesse ponendo la mia stessa domanda. Mamma mi tirò una poderosa gomitata nelle costole e poi, voltandosi verso Malfoy con aria apprensiva, sussurrò. 

« Draco, non sei obbligato a… »

Malfoy, con mia somma soddisfazione (e, quel che è più importante, con somma irritazione di mia madre), la ignorò completamente e si rivolse direttamente a me, con voce pacata.

« Mio padre mi ha diseredato, quando ha scoperto che volevo convivere con Hermione ».

Beh, mi sembra il minimo!

Scorpius aprì e chiuse la bocca a vuoto un paio di volte, fissando Draco con un’espressione incredula e profondamente tradita, come fino a pochi minuti prima avrebbe potuto fissare lui e mia madre che si tenevano per mano.

« Sai, penso che io e tuo padre andremmo molto d’accordo » dissi, ironica. « Peccato, però. L’unico lato positivo di convivere con dei Malfoy sarebbe stato che voi siete ricchi sfondati… ma forse dovrei dire eravate ».

« Rose! » esclamò mamma, scoccandomi un’occhiataccia. « Non ti azzardare mai più a parlare così a Draco, o… »

« Oh, azzardati, invece! » sbottò Scorpius e poi, voltandosi verso suo padre con l’aria di chi ha intenzione di uccidere, ringhiò. « Ti deve aver completamente dato di volta il cervello! Porco Merlino, hai venduto la nostra villa con parco di sedici ettari per questa catapecchia? Ma con tutti i soldi che sarà costata quella casa, avresti almeno potuto comprare qualcosa di meglio di questa capanna! »

« Tecnicamente la nostra villa apparteneva a tuo nonno, quindi… » 

Cominciò Malfoy Senior, ma Scorpius lo interruppe.

« E si può sapere come cacchio ti è saltato in mente di farti diseredare per lei? Insomma, almeno ne fosse valsa la pena! Con tutte le donne di cui potevi innamorarti, perché hai dovuto andarti a trovare proprio una Mezzosangue saccente e imparentata con i Weasley? »

Ah, e così mia madre era una Mezzosangue saccente e imparentata con i Weasley? Beh, potevo concedergli che fosse saccente, ma questo non lo autorizzava a parlare in quel modo di lei. E poi insomma, che guardasse suo padre prima di lamentarsi di mia madre.

Malfoy Senior, con la mia più profonda approvazione, lanciò al figlio uno sguardo omicida e replicò freddamente. 

« Sono più che convinto che ne valesse la pena. E la prossima volta che userai quelle parole per definire Hermione, ti sequestrerò il pianoforte per un mese ».

Scorpius lanciò al padre un’occhiata degna di una vipera pronta a sputare veleno e sibilò.

« Sei un ipocrita della peggior specie, lo sai? Cos’era che mi dicevi prima che cominciassi il primo anno? “Non socializzare con i Grifondoro, in particolare con i figli di Potter e Weasley. E che non ti venga in mente di innamorarti della ragazza Weasley, altrimenti giuro che ti mando a studiare a Durmstrang!” E adesso cosa fa lo stronzo? Se la fa con la madre, certo! Merlino, tu non puoi essere mio padre! »

E con quelle ultime parole si voltò e cominciò a marciare lungo vialetto che portava alla villetta, pestando il terreno come se sperasse di sprofondarvi dentro e sbucare dall’altra parte del mondo, lontano da quei due idioti che poi erano anche i nostri genitori.

Beh, non sarebbe una cattiva idea se almeno tu sparissi.

Mamma sospirò pesantemente, lanciando uno sguardo dispiaciuto a Malfoy Senior, che aveva tutta l’aria di uno che sta per suicidarsi. Forse potevo prestargli la mia cintura, se aveva intenzione di impiccarsi a un albero… 

Naturalmente ritenni necessario infierire. 

« Caspita… non l’ho mai visto così incazzato in cinque anni. Probabilmente non vorrà palarti mai più ».

Scorpius poteva anche essere un intellettuale asociale del cavolo, ma era un tipo piuttosto calmo: non si arrabbiava quasi mai. Le rare volte in cui ci parlavamo, ovviamente, rientravano nel quasi. Ma anche quando era arrabbiato, difficilmente si metteva ad urlare e faceva quel genere di scenate e soprattutto non lo avevo mai sentito dire due parolacce in una stessa frase. Doveva essere stato davvero un brutto colpo, per lui…

« Penso che seguirò il suo esempio… » borbottai, e mi avviai verso la casa. « E spero per voi che ci siano le stanze separate, perché in caso contrario domani vi ritroverete con un figlio in meno ».

Prima di voltarmi, ebbi la soddisfazione di vedere le facce desolate di mia madre e di Malfoy, che probabilmente stavano cominciando a rendersi conto che la convivenza Weasley-Malfoy non sarebbe stata tanto facile. E sicuramente io non avrei mosso un dito per migliorare la situazione (per peggiorarla, d'altro canto, ero pronta a muoverne anche undici).

L’interno della villetta non era male: il trasloco non era ancora completo e c’erano un sacco di scatoloni in giro, ma sembrava che il mobilio di base ci fosse. Diedi un’occhiata frettolosa al salotto e alla cucina, dopodiché mi fiondai al piano di sopra: non avrei permesso a Scorpius di accaparrarsi la stanza migliore. Grazie al cielo c’erano due bagni (non avrei sopportato di usare lo stesso bagno dei Malfoy), poi c’era quella che presumibilmente sarebbe stata la camera di mamma e Malfoy Senior (a meno che Scorpius non fosse così viziato da pretendere un letto a due piazze tutto per sé). Mi sforzai di non pensare a cosa avrebbe fatto mia mamma su quel letto (e soprattutto con chi) e uscii dalla stanza matrimoniale con l’orribile sensazione del porridge che mi tornava su per la quindicesima volta in quella giornata. Sul corridoio si aprivano ancora due porte: ne spalancai una a caso e quasi mi prese un colpo quando mi trovai davanti a una ripida scala su cui inciampai. 

« Ma che cazz…? »

Mi rialzai, sbattendo la testa sulle assi di legno del soffitto, e mi arrampicai su per la scala, sbucando in una piccola mansarda con il tetto spiovente pericolosamente basso lungo le pareti. Tutto ok, sono finita in soffitta – avrei potuto pensare, se non fosse stato per il letto che era addossato a una parete, in un punto in cui il soffitto era a poco più di un metro di distanza dal pavimento.

Mi fiondai al piano di sotto e feci irruzione nell’ultima stanza dove, com’era prevedibile, Scorpius stava svuotando il proprio baule.

« Oh no, signorino! » sbottai, lanciando per terra una pila di camice che aveva appoggiato sul letto. « Col cavolo che ti prendi la stanza bella! »

Malfoy alzò un sopracciglio, guardandomi come se fossi un fastidioso insetto che si era messo a ronzargli nelle orecchie. 

« Weasley, respira, sei tutta rossa » disse, continuando tranquillamente a sistemare i suoi vestiti nell’armadio. « E raccogli quelle camice ».

Per tutta risposta calpestai le sue camice del cavolo con le scarpe sporche di terra, guardandolo con aria di sfida. Malfoy continuò imperterrito a mettere in ordine le sue cose, ignorandomi. 

« Io non ci dormo in quella cavolo di soffitta polverosa, hai capito, Malfoy?! » sbraitai, schiacciando per bene le sue camice sotto la suola delle scarpe. 

Malfoy si degnò di spostare lo sguardo dall’armadio appena il tempo necessario per rivolgermi un’occhiata ironica. 

« È una scusa perché vuoi stare in stanza con me? »

« Piuttosto dormo in mansarda » ringhiai. 

« Perfetto, siamo d’accordo allora » concluse, voltandomi le spalle per sistemare alcuni libri su una mensola.

Lasciai perdere le camice e mi avventai su di lui, afferrandolo per un braccio e costringendolo a voltarsi verso di me.

« Merlino, Malfoy, ti dai tutte queste arie da grande intellettuale e poi non hai neanche un briciolo di cavalleria? Sono una donna, per Morgana, dovrei avere la precedenza! »

Lui alzò gli occhi al cielo, palesemente annoiato. 

« Tu sei prima di tutto una rompipalle, Weasley, e comunque il soffitto della mansarda è troppo basso, ci sbatterei la testa ».

« Ci sbatto la testa anch’io! » sbottai. 

« Pensa se arrivassi al metro e sessanta, allora » replicò lui, ridacchiando sotto i baffi dall’alto del suo quasi metro e novanta.

Mentre cercavo qualche parola adeguatamente volgare per rispondergli, Scorpius si voltò nuovamente verso l’armadio e ricominciò a mettere in ordine i suoi vestiti, tutti stirati e piegati alla perfezione. Certo che quel ragazzo era davvero incredibile: qualche minuto prima stava mandando a quel paese suo padre, premurandosi di farsi sentire da tutto il vicinato, e adesso si comportava con la sua solita calma glaciale, come se non fosse successo niente. E per di più mi ignorava, la qual cosa mi dava alquanto fastidio.

« Sei un viscido, schifosissimo verme, lo sai? » sibilai, rivolta alla sua schiena, mentre lui continuava tranquillamente a fare la casalinga felice.

Scorpius scosse la testa, sempre senza guardarmi. 

« Weasley, se dobbiamo vivere sotto lo stesso tetto, puoi almeno farmi il favore di non starmi appiccicata tutto il tempo? »

Io non sono una bambina appiccicosa e rompiscatole! Pensai, con rabbia. 

Accidenti a lui, non poteva ignorarmi in quel modo, e con quella faccia tosta per giunta! 

« Malfoy, se entro il tre non sei evaporato dalla mia stanza, giuro che finisci male » minacciai. « Uno… »

Scorpius continuò tranquillamente a sistemare le sue giacche sulle grucce, stando attento a non sgualcirle. 

Ah, e così non mi prendeva sul serio, eh? Tanto peggio per lui…

« … due… »

Malfoy si esibì in uno sbadiglio da Oscar e sistemò un paio di boxer in un cassetto. 

E va bene, se l’era voluta. 

« Tre! » esclamai. 

Dopo un paio di secondi, Scorpius si voltò verso di me con un sorrisino sarcastico. « Beh, tutto qua? Credevo che… »

Bam! 

Gli colpii la mascella con la punta del piede, con la forza e la precisione che avevo acquisito dopo anni di Karate. Scorpius si afflosciò a terra senza emettere un gemito e rimase immobile sul pavimento. 

« Accidenti! » esclamai. « Malfoy, tutto bene? »

Non avevo intenzione di fargli troppo male. Cioè, insomma, essendo alta trenta centimetri meno di lui, non credevo che sarei riuscita a stenderlo con un solo calcio. E poi non ci avevo messo nemmeno troppa forza…

« M-Malfoy? » balbettai, vedendo che non si muoveva. 

Miseriaccia! L’ho messo KO! Adesso mamma mi ammazza!

E visto che si parlava del diavolo, la voce preoccupata di mia madre mi giunse alle orecchie dal piano inferiore. 

« Rose, cos’è stato quel colpo? »

« Ehm… niente… » mentii. « Mi è caduto il baule sul piede, tu… tu resta dove sei! »

Afferrai Scorpius per le braccia e cercai di incastrare il suo corpo dentro l’armadio: avevo la netta impressione che, se mamma e Malfoy Senior avessero scoperto che lo avevo steso, non sarei arrivata ai diciassette anni. Incastrai le sue lunghe gambe tra i suoi vestiti perfettamente puliti e ordinati, spiegazzandoli e imprecando contro la sua statura esagerata. Se fosse stato un tappo pelle e ossa come Al sarebbe stato molto più semplice occultare il suo cadavere.

Stavo per chiudere l’anta dell’armadio, dopo essere finalmente riuscita a incastrare braccia, gambe e tutto il resto tra i vestiti, quando una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare.

« Rose, cosa stai facendo? »

Mi voltai di scatto, trovandomi davanti al volto per nulla amichevole di mia madre. 

« Uhm… niente… io, cioè lui ha… ehm… ha battuto la fronte sull’anta dell’armadio… A quanto pare non ha la testa dura come sembra… »

Gli occhi di mamma, stretti in due fessure minacciose, si posarono sul corpo di Scorpius, incastrato alla bell’e meglio nell’armadio. 

« Credevo che ti fosse caduto il baule sul piede » osservò, scettica. 

« Sì, ehm, quello è successo prima » mentii. « Malfoy ha preso paura per il rumore e… e ha battuto la fronte sull’anta dell’armadio ».

A giudicare dalla faccia ostile di mamma, la mia non doveva essere una balla molto credibile.

Il volto pallido e affilato di Malfoy Senior comparve dietro la spalla di mia madre, con gli occhi color ghiaccio sgranati in un’espressione di totale confusione.

Perfetto, ci mancava solo lui a completare il quadretto...

« Che sta succedendo? » chiese l’ossigenato fidanzatino di mamma, fissando con preoccupazione il corpo di suo figlio, incastrato nell’armadio. 

« È  quello che stavo appunto chiedendo a Rose » sbuffò mia madre. 

In quel momento capii perché mamma era uno degli Auror più temuti del ministero: trovarsela davanti con quella faccia, durante un interrogatorio, avrebbe convinto anche il più accanito dei criminali a confessare i propri reati.

« Ehm… ok, gli ho tirato un calcio » ammisi, evitando accuratamente di incontrare gli occhi grigi di Malfoy. « …Ma piano… »

Probabilmente mamma, conoscendomi, si aspettava una risposta del genere, perché non sembrò arrabbiarsi più di prima. Anche perché dubitavo che fosse umanamente possibile essere più arrabbiati di quanto già era. Malfoy, invece, strabuzzò gli occhi, guardandomi come se fossi un Troll in tutù. Mi sentii in dovere di difendere la mia posizione, facendo alcune precisazioni di cruciale importanza. 

« Accidenti, non guardatemi in quel modo! È alto trenta centimetri più di me, cacchio, dovrebbe essere capace di difendersi da una ragazza! Insomma, non potevo mica sapere che era effeminato fino a questo punto! E comunque voleva mandarmi a dormire in mansarda e non mi sembra affatto gentile da parte sua: sono una ragazza, no? Quindi dovrei avere la precedenza, non vi pare? »

A giudicare dalle loro espressioni, non si trovavano molto d’accordo con me. Malfoy si voltò verso mamma ed ero talmente convinta che le avrebbe chiesto il permesso di Cruciarmi che rimasi sconcertata quando si limitò ad osservare, con voce piatta: « Non sapevo che tua figlia fosse una pugile ».

« Non sapevo che tuo figlio fosse una checca » replicai, a muso duro.

« Benissimo » concluse mamma, con voce assurdamente calma. Decisamente troppo calma. « Dal momento che a quanto pare Scorpius è una femminuccia e tu insisti a comportarti come un bulletto di periferia, direi che Scorpius ha tutto il diritto di scegliere la stanza per primo ». 

Ecco, appunto. 

Lo dicevo che la sua calma non prometteva nulla di buono.

« Ora fila in mansarda. E restaci ».

« Perfetto! » sbottai, avviandomi a passo marziale verso la porta della mia nuova, orrenda stanza. « Ci resterò finché non morirò di fame! Per quanto mi riguarda, è meglio morire di inedia che vivere in questa casa con voi! »

 

***

 

Quella sera, alle otto e mezza, ero ancora intenzionata a restare chiusa nella mia soffitta polverosa finché non fossi morta di fame. A peggiorare ulteriormente il mio umore, avevo scoperto che la mia Passaporta funzionava solo da e per la vecchia casa di mamma e quindi non potevo neanche scappare da papà e Hugo. Mi sentivo letteralmente intrappolata. 

Raccolsi il cellulare dal fondo del baule, ringraziando silenziosamente i Babbani e le loro invenzioni più tecnologiche: io e Hugo da piccoli passavamo sempre un po’ di tempo dai genitori di mamma, durante l’anno, e così avevamo imparato a conoscere il mondo Babbano. Digitai il numero di mio fratello e schiacciai il pulsante di chiamata con rabbia: c’erano solo due tacche di campo, ma miracolosamente il cellulare prendeva.

Hugo rispose quasi subito, come sempre. 

« Rose, accidenti, cos'è successo? Hai scoperto cosa vuole Malfoy da nostra madre? E perché non sei venuta? Ti aspettavamo per cena… e beh, anche per il resto dell’estate, a questo punto ».

« La Passaporta non funziona e sono in punizione » sbuffai, lasciandomi cadere pesantemente sul materasso cigolante del letto.

« In punizione? Che hai combinato? » 

« Ho steso Scorpius » grugnii. Nonostante tutto, non ero minimamente pentita di averlo picchiato. Anche perché avevo deciso che non gli avrei mai più rivolto la parola in vita mia e mi sembrava giusto che il nostro ultimo confronto si fosse chiuso con una mia schiacciante vittoria.

« Se ti può consolare papà ti avrebbe fatto una statua » scherzò lui. « Ma come mai la Passaporta non funziona? Non abbiamo mai avuto problemi, fino ad ora ».

« Mamma ha venduto la casa vecchia e ora viviamo tutti insieme appassionatamente con i Malfoy » ringhiai. 

Mi prudevano le mani solo a pensarci…

« Cosa?! » esplose Hugo « Stai scherzando? »

« Neanche per sogno » risposi, cupa. « La situazione è molto peggiore di quanto pensassimo… cioè, vivono assieme, capisci?! È una cosa da pazzi... e dire che mamma dovrebbe essere intelligente! »

Gli descrissi gli spiacevoli eventi di quel pomeriggio con abbondanza di particolari (e di insulti, principalmente rivolti ai Malfoy, ma nemmeno mamma si salvava), sottolineando con disgusto ogni minimo contatto fisico che c’era stato tra mamma e quell’individuo. Alla fine del mio resoconto, Hugo era parecchio sconvolto. 

« Non credo che dovremmo dirlo a papà… » disse. « Insomma, sarebbe meglio omettere la parte della storia in cui mamma e Malfoy vogliono fare la famigliola felice e voi ve ne andate a vivere assieme… sai com’è fatto papà: farebbe irruzione in casa vostra con una squadra di Auror e arresterebbe Malfoy con qualche falsa accusa ».

« Appunto » approvai, immaginando papà che veniva a casa, si caricava mamma sulla spalla in stile “Io Tarzan, lei Jane, lei mia” e schiantava Malfoy. « Io dico che dovremmo dirglielo ». 

« Non sei tu quella che dovrà convivere con il suo muso lungo, dopo » mi fece notare mio fratello. « E papà è capace di arrabbiarsi per molto meno. L’ultima volta che i Cannoni di Chudley hanno perso ho dovuto imparare a cucinare, altrimenti sarei morto di fame ».

« O per intossicazione alimentare ». 

Aggiunsi, ricordando gli immangiabili pranzi del sabato a casa di papà. In quel momento, comunque, sarei stata capace di mangiare e trovare delizioso persino il tacchino carbonizzato alla Ronald Weasley: non mangiavo da quella mattina e il mio stomaco stava emettendo dei cupi brontolii di protesta. Non pensavo che morire di fame fosse così complicato…

Hugo, dall’altro capo della cornetta, sbuffò. 

« Non posso credere che a mamma piaccia Malfoy… »

« Io continuo a sperare che sia tutto un incubo » convenni.

« Dobbiamo assolutamente fare qualcosa per dividerli. Magari è la volta buona che riusciamo a far rimettere assieme mamma e papà… »

« Lo spero proprio » grugnii. « Ne va della mia sanità mentale… e della mia fedina penale… » Due colpi secchi battuti alla porta della mia mansarda mi fecero sobbalzare. « Devo andare, adesso, c’è mamma che rompe. Ti chiamo appena posso » sussurrai. 

« Ci conto » rispose lui. « Intanto comincerò a sondare il terreno con papà e a tenerlo lontano da possibili nuove ammiratrici ».

« Fantastico, ti voglio bene fratellino ».

« Anch’io, sorellina ».

Pigiai il tasto rosso del cellulare mentre mamma bussava nuovamente, e con più forza, alla porta. 

« Mamma, vattene! » urlai. « E avrei anche un piccolo suggerimento su dove… » aggiunsi tra i denti, a voce troppo bassa perché mi potesse sentire.

Un’odiosa voce maschile e leggermente strascicata replicò: « Non sono tua madre ».

Draco Malfoy. Fantastico, cosa voleva lui adesso? Forse aveva intenzione di vendicare l’umiliazione subita da suo figlio.

« Già. E non sei neanche mio padre, quindi vattene comunque » risposi seccamente. 

« Tu invece sei tutta tuo padre » sbuffò lui. 

« Grazie ». 

« Non era un complimento » precisò. « Comunque, puoi aprire la porta, per favore? Vorrei parlarti ».

Certo, non vedevo l’ora di farmi una bella chiacchierata con Draco Malfoy, soprattutto dopo la fantastica giornata che avevo avuto fino a quel momento. E dopo che avevo steso suo figlio. Merlino, mi sembrava strano che non si fosse arrabbiato, prima…

« Il massimo di conversazione che ti posso concedere è con una porta chiusa in mezzo » ribattei. « Prendere o lasciare ».

Anche perché una porta chiusa in mezzo mi dava più garanzie di sopravvivenza, nel caso avesse deciso di vendicare il figlio con qualche Maledizione Senza Perdono.

« Se a furia di urlare mi verrà il mal di gola e non potrò andare a lavorare sarai costretta a sopportare la mia presenza in casa ventiquattr’ore su ventiquattro e in assenza di Hermione dovrai prepararmi la tisana » disse lui, con la sua solita voce altezzosa, e non capii se stesse dicendo sul serio o se il suo fosse solo un patetico tentativo di sembrare spiritoso. 

« Sì, contaci » sbuffai, sarcastica. 

Avrei preparato una tisana a Draco Malfoy solo quando Scorpius Malfoy mi avrebbe battuta in un incontro di Karate. 

E cioè, fatemici pensare… mai.

Sentii un sospiro pesante provenire dall’altra parte della porta e, cercando di non far scricchiolare le assi del pavimento, mi alzai dal letto e andai a sedermi sul gradino in cima alla scala, alla base della quale c’era la porta.

« D’accordo Rose… » 

« Weasley » lo corressi. 

« Weasley » borbottò. « So che non ti sto esattamente simpatico… »

« Dillo che mi stai sul cazzo » sbuffai. « O se vuoi te lo dico io ».

Dall’altra parte della porta provenne un lungo silenzio e mi chiesi quale delle numerose facce schifate/altezzose/da schiaffi presenti nel suo repertorio avesse messo su Malfoy. 

« A tua madre non piacciono le persone che dicono tante parolacce » mi rimproverò alla fine. 

Ah, certo, eravamo già passati alla fase “in quanto fidanzato di tua madre mi sento in dovere di rimproverarti come se fossi tuo padre”. Fui tentata di aprirgli la porta sul naso e prendere a calci pure lui, come avevo fatto con Scorpius, ma poi decisi che una settimana di punizione mi bastava, per il momento. 

« E infatti guarda com’è venuta su sua figlia » ironizzai. 

Non avevo mai avuto un linguaggio particolarmente forbito: a sette anni i miei amici mi consideravano una specie di professoressa in materia di parolacce e ogni volta che ne sentivano una nuova venivano a chiedermene il significato.

« Magari dipende dal fatto che tuo padre è Ronald Weasley » insinuò Malfoy e non ebbi bisogno di vederlo per sapere che le sue labbra si erano arricciate nella sua solita espressione da “io sono figo, tu sei una cacca di drago”. 

Mi morsi le labbra per non tirare Merlino in mezzo alla nostra conversazione (in modo molto poco lusinghiero, tra l'altro) e sibilai: « Non permetterti mai più di insultare mio padre, o giuro che ti Schianto ».

« Vedo che non condividiamo la stessa opinione di tuo padre » commentò lui, sarcastico. 

« Noi non condividiamo niente » precisai. 

« A parte la casa dove viviamo » mi ricordò, ridacchiando con malcelata stronzaggine.

Storsi il naso. 

« È solo una situazione provvisoria » gli assicurai.

Malfoy, dall’altra parte della porta, continuava a ridacchiare. 

« Certo, il prossimo anno sarai libera di andare a vivere dove vorrai ». 

« Molto più provvisoria di quanto pensi » chiarii. 

Col cavolo che avrei aspettato di raggiungere la maggiore età prima di andarmene da quel posto.

Draco sbuffò. 

« Senti, Weasley, neanche tu mi stai simpatica, ok? Anzi, per dirtela tutta se dipendesse da me a quest’ora saresti già a casa di tuo padre ».

« Anche se dipendesse da me » borbottai.

Malfoy ignorò il mio commento e continuò con la sua ramanzina: « ...Ma dovremmo cercare di instaurare un rapporto civile, per fare contenta tua madre ».

« Tu sei quello che deve fare contenta mia madre » lo corressi. « E se per farlo devi convincermi a sopportarti… beh, buona fortuna ».

Mi alzai e andai ad accendere lo stereo, mettendo una canzone Babbana a tutto volume, che pose definitivamente fine alla nostra pseudo-conversazione. 

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Capitolo 3
*** che le ostilità abbiano inizio ***


2.
Che le ostilità abbiano inizio

 

C’erano tante cose che dovevo ancora imparare dei Malfoy: per esempio che quando un Malfoy ti fa una proposta, non puoi rifiutarla. Non senza offendere il suo immenso ego, perlomeno. E quando un Malfoy è offeso, ci tiene a fartelo sapere.
Per questo, dopo il mio rifiuto di collaborare a un rapporto civile con Draco Malfoy, tra noi fu guerra aperta. E la posta in gioco era…
« HERMIONE JANE GRANGER! SI PUÒ SAPERE PERCHÉ CAMERA NOSTRA È TAPPEZZATA DALLE FOTO DI QUELL’INDIVIDUO?! »

 

***

Dieci ore prima…
 
Quel lunedì mattina mi degnai di uscire dalla mia soffitta e scendere a fare colazione solo e soltanto perché stavo morendo di fame. E durante la notte avevo deciso che morire di fame non era assolutamente la mia massima aspirazione, per quella vita.
Li trovai già tutti seduti al tavolo della cucina, come una disgustosa famigliola felice. Mamma e Malfoy senior – come notai con un certo disappunto – erano seduti uno accanto all’altra, perciò non mi restò altra scelta che sedermi accanto a Scorpius. Il biondino mi lanciò un’occhiataccia, ma per il resto non diede segno di aver notato la mia presenza e continuò a mescolare il suo tè senza guardare negli occhi nessuno. Notai che aveva un brutto livido violaceo sulla mascella.
« Guada un po’ chi si è degnata di onorarci con la sua presenza. » mi salutò Draco, con tono acido: evidentemente non aveva ancora digerito la nostra conversazione della sera prima.
« Non ci fare l’abitudine. » sbuffai, ignorando l’occhiataccia di mia madre, e presi alcune fette di pane tostato dal piatto in mezzo alla tavola. Lo sguardo mi cadde su una pila di frittelle posata su un piatto lì accanto. Puntai uno sguardo accusatore sul volto assonnato di mamma. « Perché hai fatto le frittelle? » indagai « Non avevi mai tempo di farle per papà. »
« Perché oggi avevo tempo. » sibilò mamma: anche lei sembrava piuttosto arrabbiata con me, probabilmente per la storia del calcio a Scorpius…
Draco mi rivolse un ghigno soddisfatto e, chinandosi per prendere la brocca di succo di zucca, bisbigliò. « Malfoy-Weasley dieci a zero, pluffa al centro. »
Gli lanciai un’occhiataccia: pareva che si fosse legato al dito il mio rifiuto di collaborare ad un rapporto civile. Beh, voleva la guerra? Non mi sarei certo tirata indietro.
Spiaccicai una cucchiaiata di marmellata di fragole sul piatto, schizzandogli la camicia candida.
« Ops, scusa Draco. » sibilai, con un sorrisetto.
Lui mi rivolse uno sguardo assassino. « Ma figurati, Rose, non è niente. » rispose, a denti stretti.
« Rose, sei davvero un’incivile. » sbuffò mamma « A sedici anni non sei ancora capace di stare a tavola senza sporcarti. »
« Evidentemente i miei genitori non sono stati capaci di educarmi a dovere. » replicai.
Appena mamma si voltò, con un’espressione contrariata, Draco si mise a strofinare furiosamente la sua camicia, riuscendo solo ad allargare la macchia. Il resto della colazione proseguì tra i falsi sorrisi cortesi e gli sguardi d’odio che ci scambiavamo io e Draco, gli sbuffi di mamma ed il silenzio tombale di Scorpius. Alle otto e mezza mamma e il suo amoruccio ossigenato si alzarono da tavola per andare al Ministero e lei si sentì in dovere di farmi una ramanzina a scopo preventivo.
« Io e Draco andiamo a lavorare » annunciò, come se non si fosse capito « sarete soli a casa per pranzo. Ah, e sarebbe carino se cominciaste a svuotare un po’ di scatoloni. » poi, rivolgendosi a me con aria torva, aggiunse « E Rose, confido che sarai gentile e disponibile con Scorpius. »
Storsi la bocca. « Certo. Infondo, le donne non si toccano neanche con un fiore. » lanciai un’occhiata ironica a Scorpius, che ricambiò il mio sguardo con odio, mentre mamma mi faceva le ultime raccomandazioni (leggete: minacce di morte) e poi si smaterializzava a braccetto con quell’individuo.
 

***

 
Erano appena le dieci e già mi stavo annoiando a morte: non potevo uscire, non potevo invitare nessuno a casa, non potevo usare il cellulare perché avevo finito la ricarica la sera prima per parlare con Dominique e non potevo litigare con Scorpius. In breve, non potevo fare un cazzo. Alla fine decisi di scendere in cantina a cercare il mio sacco da boxe e la televisione, gli unici due passatempi che la punizione di mamma non mi avesse proibito. La quantità assurda di scatoloni polverosi che popolava la cantina mi dissuase subito dall’idea di cercare la tv, ma il sacco da boxe fortunatamente era abbastanza ingombrante da non passare inosservato. Ovviamente il lato negativo del fatto che fosse così grosso e pesante non tardò a presentarsi, mentre cercavo di trascinarlo su per le scale.
Dieci minuti dopo, sudata e con le braccia distrutte, stavo arrancando in giardino, trascinandomi dietro il sacco: il giorno prima avevo visto un platano con i rami bassi e grossi che mi sembrava perfetto per appenderci il mio punching ball. Ma da quando ero entrata in quella casa niente poteva andarmi per il verso giusto e perciò, ovviamente, scoprii che Scorpius aveva avuto la brillante idea di mettersi a leggere seduto proprio sotto quel platano. Merlino, con tutti gli alberi che c’erano doveva scegliere proprio quello?
Lo raggiunsi sbuffando e mollai il sacco per terra, fermandomi un secondo per riprendere fiato ed asciugarmi la fronte con la maglietta. Lui parve non accorgersi della mia presenza, o forse semplicemente mi stava ignorando, come al solito, e continuò a leggere tranquillamente il suo libro. Decisi di ignorarlo anch’io e cominciai ad ingegnarmi per appendere il sacco a uno dei rami del platano.
Mezz’ora dopo Scorpius era ancora seduto sotto all’albero, tutto preso dal suo tomo, mentre io ero in piedi su una sedia e stavo inutilmente cercando di sollevare il sacco, sorvolando sul fatto che comunque ero troppo bassa per riuscire a legarlo al ramo, se anche fossi riuscita a sollevarlo. Dopo l’ennesimo tentativo miseramente fallito, sbuffai.
« Grazie tante per l’aiuto, Malfoy. »
Lui alzò gli occhi dal libro, guardandomi con aria di sufficienza. « Se mi avessi chiesto di aiutarti magari lo avrei anche fatto. »
« Mi sembrava abbastanza ovvio. » replicai, godendomi la sensazione di guardarlo dall’alto in basso per una volta nella vita.
« A me no. » rispose, e si rimise a leggere.
Alzai gli occhi al cielo.
Ma tu guarda cosa mi tocca fare!
« E va bene, Malfoy. Puoi aiutarmi? »
Lui mi rivolse un piccolo ghigno bastardo, molto in stile Draco « Non dimentichi qualcosa? »
Mi correggo: ma tu guarda cosa mi tocca fare adesso!
« Per favore. » ringhiai.
Scorpius mi rivolse un sorrisetto crudele. « No. » e s’immerse nuovamente tra le pagine del libro, sistemandosi quei suoi stupidi occhiali sul naso.
E io avrei dovuto convivere per tre mesi con quell’enorme pezzo di escremento di drago? Cioè, ok, capivo che potesse essere di cattivo umore per la storia di mamma e suo padre, e che potesse essere in particolar modo mal disposto nei miei confronti per via del calcio, ma… beh, insomma, lui si era preso la stanza bella, alla fine. In un certo senso eravamo pari. E poi, comunque, non poteva ignorarmi così! Era terribilmente snervante!
« Se non mi aiuti, dovrò usare te come sacco da boxe. » lo minacciai.
« E poi tua madre userà te come affilacoltelli. » replicò lui, per nulla intimorito.
Che essere disgustoso! Non era altro che un piccolo, viscido, schifoso codardo!
« Certo, corri a nasconderti sotto le sottane di mia madre. » sbuffai « Che schifo, e tu ti definisci un uomo? »
« Io mi definisco Scorpius Hyperion Malfoy » disse lui, acido « sedici anni, situazione familiare alquanto incasinata e la sorellastra peggiore che potesse capitarmi. Ora che ne dici di andare a fare casino sotto qualche altro albero? »
Quando mi chiamò “sorellastra” per poco non mi prese un colpo: non ci avevo mai pensato seriamente, perché da quando avevo scoperto di mamma e Malfoy avevo avuto preoccupazioni ben peggiori per la testa, ma in effetti noi due ora eravamo praticamente fratelli. Merlino, che schifo… lui, mio fratello? Non ci potevo neanche pensare!
« Aspetta un secondo! » saltai su « Tu sei nato il quindici aprile, vero? »
Malfoy alzò un sopracciglio. « Si, perché? »
« Perché io sono nata il tredici! » esclamai, trionfante.
« Sì, immagino sia per questo che dicono che il tredici è un numero sfortunato. Ma mi sfugge il motivo per cui dovrei interessarmi alla data del tuo compleanno, dal momento che non ho la minima intenzione di farti gli auguri. »
Scoppiai a ridere. « Davvero non ci arrivi, Malfoy? Essendo io nata il tredici aprile, e tu il quindici, sono io la sorella maggiore! »
« Esaltante » borbottò lui, girando una pagina con aria annoiata « E allora? »
« E allora ti ordino di aiutarmi, fratellino piccolo! »
Malfoy scosse la testa, chiuse il libro e si alzò, rivolgendomi un’occhiata di compassione mista a sufficienza. « Weasley, tu hai dei seri problemi mentali. »
E se ne andò con il suo libro sottobraccio, i suoi stupidi occhiali sul naso e quella sua stupidissima espressione di alterigia stampata in faccia.
 

***

 
A mezzogiorno il mio sacco da boxe giaceva abbandonato sotto il platano, Scorpius si era rintanato in camera sua con uno dei suoi amati libri e io me ne stavo distesa sul tappeto del soggiorno, accanto ad un vasetto di Nutella, crogiolandomi nella noia. Avevo provato inutilmente ad attaccar briga con il biondastro – persino litigare e farsi mandare a quel paese era meglio che ammazzarsi di noia – ma lui continuava ad ignorarmi. Come del resto ignorava tutta la famiglia.
Certo che è un essere proprio autistico!
Verso le dodici e mezza, Scorpius comparve sulla porta del soggiorno, per una volta senza occhiali e senza libro. Forse avrei dovuto dirglielo che senza occhiali sembrava molto più figo, per il suo bene.
Il biondo storse la bocca, osservando con aria schifata il vasetto di Nutella aperto sul tappeto. « Questo sarebbe il tuo pranzo? »
« Sì. »
Infondo non c’era bisogno di informarlo dell’esistenza delle lenti a contatto: fosse anche stato Brad Pitt, con quel caratteraccio da secchione bisbetico non avrebbe mai avuto una ragazza. Come anche non ritenni importante fargli sapere che il principale motivo per cui il mio pranzo era un barattolo di crema marroncina era che in cucina non sapevo fare nulla di più complicato che svitare il tappo della Nutella.
Scorpius alzò le spalle e sparì in cucina. Lo sentii trafficare per una buona mezz’ora, poi, per una decina di minuti, sentii solo il rumore di una forchetta che tintinnava contro un piatto ed infine, dallo scroscio dell’acqua del lavandino, dedussi che stava lavando i piatti. “Oh, ma che carino, Cenerentolo.” pensai, sarcastica.
In quel momento qualcuno suonò il campanello. Tutto sommato, considerato che mamma era ancora incazzata nera con me e che Draco… beh, in quel caso l’incazzatura era reciproca, non avevo motivo di andare ad aprire la porta. Suonarono di nuovo.
« Puoi aprire? » sbottò Scorpius.
« Sono impegnata. » risposi, leccando il cucchiaino sporco di Nutella « Vai tu. »
Il biondo sbuffò ed uscì dalla cucina asciugandosi le mani con un pezzo di scottex. Quando mi vide distesa sul tappeto, con il cucchiaino in bocca e il vasetto di Nutella aperto accanto, sbuffò.
« Vedo come sei impegnata. »
Gli rivolsi un sorrisetto bastardo e tuffai il cucchiaino nel vasetto di Nutella. Scorpius fece una faccia se possibile ancora più schifata del solito. « Il cucchiaino leccato nel vasetto di tutti? »
Alzai le spalle. « Sono l’unica che mangia la Nutella, qui. »
« Ti credo » replicò « Dopo che ci fai queste schifezze voglio vedere se qualcun altro ha il coraggio di toccarla. »
Il campanello suonò per la terza volta, con insistenza. Scorpius scosse la testa, mi lanciò un’ultima occhiata disgustata e andò ad aprire.
« Ah, siete vivi, allora! » sbottò un ragazzino moro, alto a stento un metro e settanta, con una scompigliata zazzera di capelli neri e due grandi occhi verde smeraldo, costantemente spalancati: Albus Severus Potter. Conosciuto come Al da tutti quelli che non volevano morire e scambiato per un ragazzino del terzo anno da tutti quelli che non lo conoscevano.
Sia io che Scorpius grugnimmo una specie di saluto, per nulla entusiasti della sua presenza. Perché Albus Potter, Rose Weasley e Scorpius Malfoy in una stessa stanza poteva voler dire una sola cosa: Al che faceva un toccante discorso sull’amicizia, mentre Rose e Scorpius si lanciavano maledizioni in giro per la stanza, come in una bizzarra partita di tennis dove Al fungeva da rete.
Al, ignorando clamorosamente gli sguardi assassini che ci rivolgevamo io e io suo amichetto ossigenato, si sedette sul divano ai piedi del quale mi stavo rotolando da quasi un’ora e sorrise con aria rilassata, come se si trovasse in una stanza dove regnavano la pace e l’armonia. L’unica cosa che regnasse, invece, era il silenzio imbronciato in cui eravamo precipitati io e Malfoy.
« Allora, come va? » chiese Al.
« Bene. » rispose Scorpius, con una vena di sarcasmo che probabilmente colsi solo io.
« Alla grande. » gli feci eco, con voce da funerale.
Albus incrociò le gambe e si mise ad informarci degli ultimi avvenimenti. « Vengo da casa dei nonni; lì le cose non vanno affatto bene. C’è più gente che al pranzo di Natale, ma l’atmosfera non era esattamente natalizia: zio Ron stava sclerando di brutto e papà gli andava dietro. Anche mamma a dire il vero… non li avevo mai visti tutti e tre che scleravano nello stesso momento e spero di non doverli vedere mai più. Sono venuto da voi a chiedere asilo politico… a proposito, sono davvero contento per Draco e zia Hermione. » le occhiate assassine che gli lanciammo io e Scorpius furono abbastanza chiare sul fatto che non la pensavamo esattamente come lui « Lo sapete, no, che i grandi non sanno ancora della convivenza… me l’ha detto Hugo, ma potete stare tranquilli, sarò muto come un pesce. » Certo, c’era proprio da stare tranquilli: Al non sarebbe riuscito a tenersi per sé neanche il fatto che il suo migliore amico fosse gay. O magari Malfoy lo era davvero e Al era meno pettegolo di quanto pensassi. « E credo sia un bene che non lo sappiano, perché già così non l’hanno presa affatto bene. Comunque io lo trovo semplicemente grandioso. Insomma, ci pensi, Scorp? Adesso siamo praticamente cugini e tu e Rose siete… beh, tipo gemelli. »
« Wow. » sbuffai, ficcandomi in bocca una cucchiaiata di Nutella.
« Esaltante. » commentò Scorpius, che se ne stava appoggiato al muro alle mie spalle con aria tutt’altro che esaltata.
« E comunque tecnicamente io sono la sorella maggiore. » precisai.
« Per due giorni, non ti montare le testa. » mi rimbeccò Scorpius.
Tuffai il cucchiaino nel vasetto di Nutella e gli rivolsi un’occhiatina di superiorità.
« Sono sempre di due giorni più matura di te. »
« Allora spero anche che tu crepi due giorni prima di me » sibilò lui.
« Non ci contare, le femmine vivono più a lungo dei maschi. »
Sempre che lui potesse essere definito un maschio.
Albus ci rivolse uno sguardo compiaciuto, con l’aria di aspettarsi un secondo fidanzamento nel giro di un paio di mesi, e disse.
« Beh, adesso vi parlate. È un miglioramento, no? » “Non di certo per il mio umore” « Scommetto che farete amicizia subito. »
« Contaci. » rispose Scorpius, sarcastico.
Io fui più franca. « Al, sei un povero illuso. »
Cinque minuti dopo il povero illuso di cui sopra ed il suo amichetto ossigenato andarono a rintanarsi nella stanza di quest’ultimo, dopo che io avevo “educatamente” rifiutato di unirmi a loro.
Passai ancora una decina di minuti nella noia più totale, poi decisi di scendere in cantina a cercare la televisione ed aprii un paio di scatoloni a casaccio, ma la cosa più interessante che trovai fu uno scatolone pieno di vecchia roba di scuola, probabilmente appartenuta a Draco, a giudicare dal verde sbiadito degli abiti. Trovai anche un quadernino rilegato in pelle di drago che aveva tutta l’aria di essere un diario e lo sfilai dallo scatolone con un ghigno: non avrei potuto chiedere di meglio del vecchio diario di Draco Malfoy, se volevo sputtanarlo davanti a mia madre. E ovviamente lo volevo.
Tornai sul tappeto del soggiorno, accanto al mio fidato vasetto di Nutella, ed aprii il diario. Sulla prima pagina, con la calligrafia incerta di un bambino che prova a scrivere con il corsivo svolazzante degli adulti, c’era scritto “Questo è il diario di Draco Malfoy, chiunque tu sia chiudilo subito o ti crucerò”. Lo presi come un invito a leggerlo.
La seconda pagina del quaderno cominciava con una data risalente al giurassico: probabilmente all’epoca Malfoy era parecchio più piccolo di me.
 
1 settembre 1991
Lo Smistamento è stato davvero una merda. Cioè, non che sia scontento della Casa in cui sono finito: Serpeverde, ovviamente. Anche perché se non fosse così non sarei qui a scriverti: papà, prima di accompagnarmi a King’s Cross mi ha chiaramente lasciato intendere che se non fossi stato smistato a Serpeverde mi avrebbe Avadakedavrizzato. E quando te lo dice uno con il Marchio Nero sul braccio, c’è da prenderlo in parola.
Comunque, stavo dicendo che lo Smistamento è stato una merda completa: secondo me quel cappello l’hanno trovato dentro a un uovo di Pasqua, cioè, ha fatto lo Smistamento completamente alla cazzo di cane. A Serpeverde non è finita neanche una bella ragazza, quest’anno: Pansy Parkinson sembra uno di quei cani bavosi e restando in tema di bava e simili, credo che mi sbavi dietro. Poi c’è Millicent Bulstrode, neanche a parlarne, cioè, se la guardo troppo ho paura che diventerò gay… l’unica che si salva è Daphne Greengrass, ma non mi sembra niente di speciale. Bionda, occhi chiari, timida, hai presente il tipo di ragazza? Noiosa fino alla morte.
Le uniche ragazze veramente carine del nostro anno sono due gemelle, mi pare si chiamino Patil, e puntualmente sono state smistate una a Grifondoro e l’altra a Corvonero. E poi c’era anche un’altra ragazza che mi sembrava carina. Cioè, non che fosse proprio bella: capelli crespi e intrattabili, denti da castoro… (“Mamma?!? Cioè, a lui interessava mamma già dal primo giorno che l’ha vista? Questa sì che è una notizia! Non da far sapere a mamma, comunque…”) però mi sarebbe piaciuto che fosse nella mia Casa. Ovviamente anche lei è finita a Grifondoro… mah…
Ah, e poi mi sono dimenticato di dirti della supersurprise di quest’anno: il grande Harry Potter frequenta Hogwarts. Non capisco perché la gente gli lecchi tanto il culo: è solo un povero scemo e per giunta credo sia ancora convinto di essere un babbano. Gli avevo persino offerto la mia amicizia, ma lui mi ha mandato a quel paese e poi, ovviamente, si è fatto smistare a Grifondoro assieme all’ennesimo pezzente Weasley: Salazar, ma in quanti sono quelli là? Ti credo, poi, che sono poveri: se avessi tutti quei fratelli, probabilmente saremmo poveri anche noi!
Comunque una cosa è certa: Potter non può rifiutare la mia amicizia senza pagarne le conseguenze.
 
« Ehi, Rose, cosa leggi? »
Mi affrettai a chiudere il diario e rivolsi un gran sorriso innocente a mio cugino. « Compiti. »
Al non aveva l’aria di essersela bevuta: quando passi cinque anni della tua vita a copiare i compiti in Sala Grande, la mattina, la tua credibilità in questo tipo di cose si abbassa vertiginosamente. Comunque, se anche – com’era probabile che fosse – Al non mi credeva, sorvolò sulla mia bugia e disse.
« Io adesso dovrò andare a casa, prima che i miei mi diano per disperso. Solo, ehm… cerca di essere un po’ più gentile con Scorpius, magari. »
Alzai gli occhi al cielo. « Oggi non l’ho picchiato, mi sembra di essere stata anche troppo gentile. »
Al sospirò e scosse la testa. « Rose, dovresti considerare il fatto che tu e Scorpius siete molto diversi. »
« Ma non mi dire. » sbuffai, con abbondante sarcasmo.
« Intendo dire che tu, quando ti arrabbi, te ne vai in giro sbattendo le cose, urlando e insultando chiunque ti capiti a tiro. Mentre Scorpius, ecco, lui non manifesta i suoi sentimenti in modo così esplicito, ma questo non vuol dire che non abbia bisogno di qualcuno con cui parlare di come si sente. E fidati, ci sta malissimo per la relazione tra Draco e Hermione. »
Sollevai un sopracciglio. « E allora? »
« E allora se tu fossi un po’ più gentile con lui, magari lui si aprirebbe un po’ con te. » sbottò Al, esasperato.
Mi ficcai in bocca l’ennesima cucchiaiata di Nutella. « Dev’esserti sfuggito che io non ho la minima intenzione di ascoltare i problemi del tuo amico, Al. Se vuole parlarne, può andare da uno psicologo. »
« Accidenti, Rose, vivete nella stessa casa! Dovrete pur imparare a sopportarvi, prima o poi! »
« Scommettiamo che no? » risposi, ironica.
« Ah, e comunque » aggiunse mio cugino « Ignorare la gente è il suo modo di fare l’incazzato. Si aspetta le tue scuse per il calcio. »
« Che aspetti. »
Quando Al se ne andò, inveendo contro la cocciutaggine mia e di Scorpius, rimasi stesa sul tappeto a piluccare Nutella finché non cominciai a sentire un discreto mal di pancia e decisi di passare ad attività più costruttive… come, per esempio, rovinare la relazione di Draco e mia madre.
Mezz’ora dopo, munita di colla attaccatutto, chiodi e martello, stavo ricoprendo ogni superficie libera della camera di mamma e Draco con le vecchie foto di papà e della nostra famiglia prima del divorzio. Scorpius aveva trovato il suo pianoforte in cantina e si era messo a strimpellare, ragion per cui pestavo il martello sui chiodi facendo più rumore possibile. Quando il biondastro lasciò perdere le scale e si mise a suonare Beethoven, decisi che era ora di fargli sentire della vera musica e, trascinata nella stanza di mamma e papà la mia radio, misi su un cd babbano a tutto volume. Assordata dalla musica a palla e dei colpi del martello, realizzai che Scorpius aveva smesso di suonare solo quando sentii la sua voce seccata alle mie spalle.
« Ti dispiacerebbe abbassare il volume di questa robaccia? »
Mi voltai, brandendo il martello con espressione minacciosa. « Questa robaccia si chiama rock ed è sicuramente meglio della tua musica classica del cavolo. »
« Questa robaccia fra due mesi nessuno si ricorderà più cosa sia, » mi corresse lui « mentre la robaccia che suono io resterà nei secoli. »
« Amen. » completai, sarcastica.
Scorpius mi lanciò un’occhiataccia e spense la radio. « A proposito » aggiunse, osservando il collage di foto che avevo attaccato sui muri « Non capisco perché ti impegni così tanto per farti mettere in punizione… sai, se hai tanta voglia di restare chiusa in casa con me basta dirlo. »
« Avrei più voglia di farmi ficcare un manico di scopa su per il culo » sbuffai.
« Come siamo eleganti. Beh, divertiti in punizione, io torno a suonare. » mi salutò, avviandosi verso la porta.
« Metti la sordina. » gli urlai dietro « Perché sai, a parte il pessimo genere di musica che suoni, non sei neanche tutto questo gran pianista! » A dire il vero, per quel poco che ne capivo, suonava molto bene, ma non gli avrei mai dato la soddisfazione di ammetterlo. « A proposito, hai qualche foto di tua madre? Voglio fare le cose per bene, qua… »
Scorpius si voltò molto lentamente verso di me e mi rivolse uno sguardo che mi fece venire i brividi. « Non ho foto di mia madre. » sibilò.
« D’accordo, come non detto. » mi arresi « Vorrà dire che andrò da lei a chiedergliene qualcuna, sono sicura che non le dispiacerà mandare all’aria la nuova relazione del suo Dracuccio. Dove abita? »
« In paradiso. » sussurrò, sbattendomi la porta in faccia.
Ops.
Rimasi a fissare la porta chiusa, come imbambolata: accidenti, non avevo idea che sua madre fosse morta! Certo che poteva anche dirmelo prima, insomma, cosa ne potevo sapere io?
Se tu fossi un po’ più gentile con lui, magari lui si aprirebbe un po’ con te.
Le parole di Al mi risuonarono nel cervello, facendomi sentire vagamente in colpa.
 

***

 
L’urlo di Draco Malfoy mi fece sobbalzare.
« HERMIONE JANE GRANGER! SI PUÒ SAPERE PERCHÉ CAMERA NOSTRA È TAPPEZZATA DALLE FOTO DI QUELL’INDIVIDUO?! »
Cinque minuti dopo, quando scesi al piano di sotto, trovai il biondo intento ad attaccare foto di Astoria Greengrass in giro per il soggiorno, mentre sibilava insulti ai Grifondoro, ai Weasley e a Merlino. Sembrava di pessimo umore, ma mai quanto mamma, che gli passò accanto senza degnarlo di uno sguardo e si mise cucinare sbattendo le pentole.
« Io quella la metterei sul caminetto. » gli suggerii, accennando alla cornice che teneva in mano.
Draco mi fulminò con un’occhiataccia. « Sei stata tu, vero? »
Mi esibii nella mia migliore faccia innocente. « Perché dovrei essere stata io? »
« Perché dovrebbe essere stata Hermione? » mi fece il verso, guardandomi male.
Gli sorrisi, con un certo sadismo. « È evidente che voi uomini non capite niente di noi donne. Per voi saltare da un letto all’altro è più che normale e dite di tenere l’elenco delle donne con cui siete stati per fare a gara con gli amici su chi ne ha avute di più, ma in verità lo fate perché se no non vi ricordereste neanche i nomi. Mentre noi donne non dimentichiamo. Mai. Figurarsi ad appena un anno dal divorzio, poi. Probabilmente mamma ha cominciato la sua storia con te solo per far ingelosire papà. »
E me ne tornai in mansarda vittoriosa, pensando con orgoglio “Weasley-Malfoy dieci pari. E ora si comincia sul serio.” 

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Capitolo 4
*** vivere è difficile... convivere è impossibile ***


3.
Vivere è difficile…
… Convivere è impossibile

 


 

L’indifferenza è davvero il modo peggiore per trattare male una persona. È come se non t’importasse di lei neanche abbastanza per odiarla.
Anzi, mi correggo, esiste qualcosa di peggio che venir palesemente ignorati, e quel qualcosa è pensare di essere ignorati, ma non avere nessuna prova schiacciante per dimostrarlo. Solo quella sensazione di essere… no, non trasparenti. Persino quello sarebbe troppo: insomma, anche non rivolgere la parola a una persona può richiedere un certo sforzo. No, piuttosto è come se fossi una cosa talmente insignificante da non meritare nemmeno l’indifferenza di chi ti sta attorno…
O forse, più semplicemente, ero io che ero egocentrica
.

 
 

***

 
 

I giorni seguenti si trascinarono nella noia più totale, tra la nona sinfonia di Beethoven, qualche pezzo di Chopin, strimpellamenti vari di prima mattina (grazie ai quali Scorpius si era beccato un secondo calcio e io una seconda punizione), i musi con mamma e la mia falsa cortesia con Draco, che sfociava in aperta ostilità ogni volta che mamma si voltava.
Oltre a lamentarmi per Beethoven e compagnia bella e a prendere a calci il mio sacco da boxe (immaginando che fosse uno a caso tra i due Malfoy, o a volte anche mia madre),  l’unico passatempo che avevo era leggere il diario di Draco. Non avevo ancora trovato niente di compromettente da far leggere a mamma, ma dovevo ammettere mio malgrado che era piuttosto divertente: arrivata alla fine del suo primo anno, potevo affermare che Draco da piccolo era molto più figo di suo figlio e che mio padre era molto più sfigato di quanto pensassi. O almeno questa era la versione dei fatti di Malfoy, molto poco obiettiva, sospettavo.
Quel giovedì mattina, a tre giorni dalla fine della mia prima punizione e a quattro dall’inizio della seconda, ero stravaccata sul divano, con il diario di Draco aperto sulla pancia. Mamma e Dracuccio tesoruccio erano al Ministero e Scorpius era seduto al tavolo della cucina, davanti ai suoi compiti di incantesimi. Cioè, faceva i compiti la prima settimana di vacanza… ma quanto poteva essere sfigato? Scossi la testa e tornai a dedicarmi al diario.
 
15 giugno 1992
Mio padre aveva ragione: Silente è un emerito coglione. Un emerito coglione schifosamente parziale e filopotteriano. Disgustoso.
Potter a quanto pare si è quasi fatto ammazzare (peccato per il quasi), ha infranto una ventina di regole in un colpo solo e ha fatto fuori il professor Raptor. Non che mi dispiaccia per lui: come insegnante faceva schifo e il suo turbante puzzava di ascelle sudate. Comunque la morale è stata che Silente ha dato 60 punti a Potter per essersi quasi fatto ammazzare (il che potrebbe anche essere considerato un buon motivo, ma, ribadisco, peccato per quel quasi), 50 punti alla Granger per la sua secchionaggine e 50 punti a quello sfigato di Weasley per aver vinto una partita a scacchi. E poi, per finire in gloria, ha regalato 10 punti a Paciock per un motivo non meglio precisato. Probabilmente perché guarda casoa Grifondoro servivano proprio quei 10 punti per sorpassare Serpeverde.
Dopo tutti quei punti assegnati alla cazzo di cane, ho dovuto fare un certo sforzo per non alzarmi e urlare “Ehi, stamattina mi sono cambiato le mutande, non merito anch’io 50 punti?”.
 
Quando arrivai al punto del suo secondo anno dove papà tentava di lanciargli un mangialumache, che però gli si rivoltava contro a causa della bacchetta rotta (“Quei pezzenti non possono neanche permettersi una bacchetta che funzioni”), e Malfoy se la faceva sotto dal ridere (“Ho un dannato mal di pancia. E sai perché? Perché sto ridendo da due ore. Sono persino caduto dalla scopa per il troppo ridere, e questo spiega anche il male al culo” per dirla con le sue parole), decisi che era ora di smetterla di leggere le cazzate di Malfoy. Una pagina di diario in cui mio padre vomitava lumache e mia madre veniva chiamata lurida Mezzosangue era decisamente troppo per i miei nervi.
Scesi in cantina, dove ovviamente giacevano da giorni gli scatoloni che né io né Scorpius avevamo cominciato a vuotare (io avevo un’avversione patologica per l’ordine, lui per la polvere) e cominciai a buttare tutto all’aria per trovare la televisione: avrei chiesto a mamma di appellarla già da giorni, se non fosse stato che non ci parlavamo da quando avevo messo KO Scorpius, e di chiederlo a Malfoy senior non se ne parlava nemmeno. Finalmente, in un vecchio scatolone polveroso, trovai la mia ancora di salvezza per quei giorni di noia: tv e lettore dvd. Li trascinai entrambi in salotto, soddisfatta, e cominciai a cercare la presa della corrente e quella dell’antenna.
Dopo aver perlustrato in lungo e in largo la casa (quando ero entrata in camera di Scorpius non avevo ricevuto una grande accoglienza), dovetti concludere che non c’era nessuna presa per l’antenna. “Ah no eh? Non possono farmi questo!” afferrai il cellulare e chiamai mamma con l’addebito.
« Mammaaaaaaa! » strillai, non appena mi rispose.
« Rose, cosa succede, state bene? È entrato qualcuno in casa? » chiese lei, preoccupatissima.
La sentivo male, come se la linea fosse molto disturbata, e di sottofondo alla sua voce c’erano dei botti e degli schianti.
« Avada… »
« Stupeficium! »
La voce isterica di Malfoy risuonò da qualche parte sopra ai colpi e alle mille voci che urlavano maledizioni ed improperi.
« Hermione, cazzo, ti sembra questo il momento di metterti a parlare con quel coso? Impedimenta! »
Altri botti, schianti, un urlo soffocato e un tonfo. Se non fossi stata così sconvolta dalla mancanza della presa della televisione mi sarei quasi preoccupata.
« Mamma! È una cosa gravissima! »
« Stupeficium! Oddio, cos’è successo Rose? »
« Non c’è la presa per la tv! » urlai, con la voce di una vecchia zitella isterica.
Mamma tacque per alcuni secondi e di sottofondo sentii solo Malfoy che sibilava bestemmie e altre voci che non riconobbi.
« Cristo, Rose, e ti sembra questo il momento di… Expelliarmus! … di chiamarmi? » sbottò poi.
« Sì, assolutamente, e non provare a mettere giù! » sbraitai « Non è possibile che in questa cavolo di casa non ci sia neanche una presa per l’antenna! »
« Hermione, metti via quel coso, porca Morgana! »
«  Petrificus Totalus! Non lo so, Rose, c’era la presa… credo che Draco ci abbia messo davanti un mobile, perché pensava che fosse un buco nel muro… Protego! »
« Cosa? Che mobile? Dove? »
Tut tut tut
« Mammaaaa! Non puoi chiudermi in faccia così! »
Il problema era che lo aveva appena fatto.
 

 

***

 
Quella sera ero decisamente mal disposta nei confronti di Draco. Cioè, anche più del solito. Quando scese in salotto, pallido e con il viso stanco, con le maniche della camicia arrotolate sopra i gomiti, osservai.
« Bel tatuaggio. »
Malfoy si affrettò a coprire l’avambraccio sinistro con la manica. 
« Vai a farti fottere. »
« Anche tu. »
« Certo, appena tua madre esce dalla doccia. »
Sbuffai. « Pezzo di merda. »
Lui mi rivolse un ghigno compiaciuto, mi diede una piccola pacca sulla spalla e sussurrò. « È meglio se ci fai l’abitudine, tesoro. » pronunciò l’ultima parola con crudele sarcasmo, lanciandomi un’occhiata ostile.
« Chiamami un’altra volta tesoro e ti stacco il cazzo a morsi, così poi avrai ben poco da fottere. »
Draco si allontanò da me guardandomi con una faccia schifata, sorpresa e perplessa assieme. Forse l’accenno al suo pene nella mia bocca non era stato proprio una trovata felice, ma le mie intenzioni erano sempre state le migliori. Cioè, no, non credo che le mie intenzioni di castrarlo si potessero definire buone. Ma per il resto l’uccello poteva tenerselo nelle mutande… anche (e soprattutto) per quanto riguardava mia madre.
Malfoy alzò un sopracciglio. « Provi attrazione sessuale per uomini molto più vecchi di te e hai spiccate tendenze sadomasochiste… sicura di non aver bisogno di uno psicologo? »
« Malfoy, sei un pervertito di merda! » sbottai, arrossendo fino alla punta delle orecchie, come fa ogni Weasley che si rispetti in questo genere di situazioni « Non se li fanno neanche i dodicenni, tutti questi doppi sensi! »
« Che succede? »
Ci voltammo entrambi verso le scale, incontrando lo sguardo sospettoso di mamma, in accappatoio e con i capelli bagnati. Draco assunse immediatamente un’aria rilassata e mi posò una mano sulla spalla, in una pessima imitazione di un padre affettuoso. « Niente, Hermione… mi stava raccontando dei suoi fidanzatini… »
Certo che era davvero un perfetto bugiardo, con la sua faccia di bronzo che sapeva assumere espressioni tanto stronze quanto innocenti. Mi liberai immediatamente dalla sua mano e urlai.
« Non è vero! Io non ti parlerei mai dei miei fidanzatini! » poi, voltandomi verso mamma con aria affranta (in quei momenti avrei voluto saper piangere a comando, come faceva Al da piccolo ogni volta che James lo toccava) « Stava dicendo che vorrei scoparmelo! Cioè, è traumatizzante alla mia età sentirsi dire certe cose da un uomo adulto… »
La mascella di mamma si abbassò pericolosamente. « Cos…? Draco? »
Draco arrossì quasi impercettibilmente, ma riuscì a restare tranquillo e a parlare con tono piuttosto convincente.
« Avanti, Hermione, sai che non lo farei mai. »
« Ah, davvero? » sbottai « A me sembrava che lo avessi appena fatto! »
La faccia perplessa di Scorpius comparve dietro alla spalla di mamma, che ci guardava malissimo entrambi.
« Draco?! »
Malfoy senior sbuffò frustrato, poi mandò definitivamente il suo autocontrollo a farsi fottere e sbottò. « Bhe, cosa dovevo dire? Ha detto che mi avrebbe staccato il cazzo a morsi! Forse prima di fare la morale a me dovresti pensare a come hai educato tua figlia! »
Mamma la prese piuttosto male: gonfiò il petto, strinse gli occhi e sbraitò. « E tu perché non guardi come hai cresciuto tuo figlio? »
« E sentiamo, cos’ha che non va Scorpius? Non mi sembra che sia lui quello che sta creando problemi, al contrario di tua figlia! O forse hai problemi perché passa la vita sui libri? In effetti non è un gran pregio, soprattutto se associato a crisi di mezz’età ed esaurimenti nervosi! »
« Ah, adesso sarei io quella che non va bene, vero? Almeno io non vado a dire a tuo figlio che vorrebbe scoparmi! »
« Perché mio figlio è vagamente più educato della selvaggia che hai cresciuto tu e non si permetterebbe mai di dirti che ti staccherà il cazzo a morsi! »
« Forse perché non ho il cazzo, che dici? »
« Dico che dovresti mandare tua figlia da quel coglione di suo padre! Da quando è in questa casa non ha fatto altro che creare problemi, prendere a calci mio figlio, insultare me e trattare te senza un minimo di rispetto! Sei sua madre, Merlino, vuoi farti rispettare? »
Decisi di lasciarli litigare in pace e andai a prendere una burrobirra in frigo, sorridendo con soddisfazione: lo dicevo io che quei due non sarebbero durati assieme più di due settimane.
Sulle scale, mentre me ne tornavo in mansarda, incrociai Scorpius: aveva l’espressione neutra di sempre, ma i suoi occhi verdi sembravano profondamente divertiti. Probabilmente, anche se lui giocava a fare il bravo bambino, voleva che mamma e Draco si lasciassero quanto lo volevo io.
« Sei davvero il coglione che pensavo che fossi ad Hogwarts! »
« Parla la Mezzosangue zannuta! »
Io e Scorpius ci scambiammo uno sguardo divertito, mordendoci le labbra per non ridere.
« Furetto! »
« Secchiona! »
« Razzista! »
« Babbana! »
« Finto biondo! »
« Ma come ti permetti…?! »
E poi scoppiammo a ridere. Nello stesso momento, all’unisono, come se fossimo una sola persona. Scorpius scosse la testa e mi rivolse un mezzo sorriso.
« Quando ci sei di mezzo tu la gente litiga sempre… »
Ghignai e gli tirai una spintarella. « Buonanotte, Malfoy. »
« Sì, se questa notte non ti metti a saltellarmi in testa forse riuscirò a dormire. » scherzò lui, rifilandomi comunque una delle ormai consuete occhiatacce.
Da quando avevo scoperto che la mia camera si trovava esattamente sopra la sua, ogni volta che mi sentivo frustrata mi mettevo a saltargli in testa per infastidire anche lui: come si dice, mal comune, mezzo gaudio.
« E se domattina, alle sette, non ti metti a suonare Beethoven forse riuscirò a dormire anch’io. » lo rimbeccai.
« Era Mozart, stamattina. » mi corresse, scivolando nella sua stanza. Prima di chiudere la porta mi rivolse un mezzo sorriso « Buonanotte, Weasley. »
 

 

***

 
La mattina dopo non sapevo cosa fosse, se Mozart, Beethoven o qualche altro idiotello in parrucca boccolosa e calzamaglia, ma quando riuscii a mettere a fuoco le lancette dell’orologio e realizzai che erano le sette e un quarto, seppi che Scorpius Malfoy quella mattina sarebbe morto. Scesi in salotto come una furia, notando a malapena – ma con piacere – che quella notte mamma aveva spedito Draco a dormire sul divano (“Si, mamma! Vai con lo sciopero del sesso!”), e lo buttai per terra senza troppa delicatezza.
Dracuccioaprì gli occhi di un colore appena più chiaro del mio umore, confuso, per una volta senza ostentare una delle sue espressioni ciniche alla Malfoy. “E vorrei ben vedere, alle sette di mattina!
« Malfoy! » sbraitai, senza lasciargli il tempo di capire chi era, come si chiamava, dove si trovava e se lo stavano arrestando « Puoi dire a tuo figlio di smetterla di suonare quello stramaledetto pianoforte alle sette di mattina?! »
Scorpius, che la sera precedente aveva fatto l’ammirevole sforzo di spostare il pianoforte dalla cantina al salotto (senza chiedere l’aiuto del padre, per mantener fede al suo proposito di non rivolgergli la parola), mi lanciò uno sguardo fugace con la coda dell’occhio e continuò a suonare come se niente fosse. Ero sicura di aver visto una fossetta sulla sua guancia prima che si girasse, una di quelle fossette da bambino coccoloso che gli venivano quando sorrideva. Certo che se fosse davvero stato un bambino coccoloso non avrei avuto voglia di ucciderlo.
Draco si alzò con un po’ di fatica, cercando di pettinarsi i capelli arruffati dal sonno (farsi vedere con la chioma in quello stato doveva essere un trauma per lui), e sbottò.
« Weasley, non ti azzardare mai più a toccarmi! »
Gli rivolsi un sorrisetto bastardo.
« Cos’è, » chiesi « hai paura che ti scopi? Sarei l’unica a farlo, comunque. »
Draco serrò le labbra e non mi rispose, ma in compenso si voltò verso il suo degno erede e disse. « È molto bello questo pezzo, Scorpius. »
Scorpius sbuffò e lo ignorò, così come continuò a ignorare me, tenendo gli occhi puntati sullo spartito che aveva davanti. Se non fosse stato così dannatamente irritante avrei anche potuto ammettere che il pezzo che stava suonando non era troppo orribile, soprattutto perché lo stava suonando decisamente bene. Peccato che Scorpius Malfoy fosse una delle persone più irritanti che conoscessi. In effetti era secondo solo a suo padre e solo perché Draco, a differenza del figlio, aveva un modo molto più esplicito e fastidioso di palesare il suo scontento. Magari si fosse limitato anche lui a tenermi il muso, come faceva Scorpius…
Invece, alle otto, Malfoy senior stava sfogando tutta la sua rabbia sulle padelle con cui aveva inutilmente tentato di cucinarsi la colazione, perché mamma quella mattina si era rifiutata di cucinare (“Vai mamma! Ti stimo!”). Era entrata in cucina con un sorrisetto sadico che le avevo visto di rado sulle labbra e, lanciando un’occhiatina maliziosa a Draco, aveva chiesto.
« Comodo il divano? »
Draco aveva grugnito qualcosa di non troppo lusinghiero a proposito dei Mezzosangue e le aveva chiesto se avesse intenzione di preparare la colazione prima di ora di pranzo. Al che mamma si era versata un bicchiere di succo, aveva preso un pacco di biscotti e si era piazzata sul divano con la Gazzetta del Profeta aperta sulle ginocchia. « Non credevo che volessi mangiare del cibo preparato dalle mani di una lurida Mezzosangue. » aveva osservato con freddezza, sfogliando il giornale.
Ovviamente né io né Scorpius avevamo ritenuto necessario aiutare il povero Drachetto a produrre qualcosa di vagamente commestibile e così l’ossigenatissimo purosangue si era ritrovato a spignattare come un vecchio elfo domestico. Con la differenza che probabilmente un elfo domestico non avrebbe sibilato tutte quelle parolacce.
Così ora Draco stava tentando di scrostare i resti più pervicaci di pancake bruciato dal fondo di una padella, dopo aver scoperto che neanche il “Gratta e Netta” poteva rimediare alla sua disastrosa incompetenza culinaria. Gli passai accanto trattenendo un ghigno e gli tirai una spallata. « Weasley-Malfoy venti a dieci. » sussurrai, prima di prendere il mio adorato vasetto di Nutella e andarmi a sedere accanto a mamma. Non ci parlavamo da giorni, ma il fatto che avesse spedito Draco a dormire sul divano me l’aveva improvvisamente resa più simpatica.
Evidentemente lei non pensava la stessa cosa, perché sbottò. « Ma la vuoi smettere di mangiare Nutella? Merlino, sembri Winnie the Pooh con il vasetto del miele! Ti riempirai di brufoli e ti crescerà il sedere! »
« Non sono io la quarantenne con la cellulite. » le ricordai, ficcandomi in bocca un’abbondante cucchiaiata di Nutella.
Quel pomeriggio, comunque, ci stavo dando dentro con il sacco da boxe: forse Dominique mi aveva contagiata con la sua ossessione per la linea. O forse avevo una paura dannata che mi venisse la cellulite… probabile.
Scorpius era disteso sull’erba a pochi metri di distanza da me e stava leggendo un libro senza degnarmi della più piccola attenzione.
Accidenti! Dopo un po’ è davvero snervante!”. All’inizio ero stata contenta che non mi rivolgesse la parola, ma da quando dovevo passare la gran parte della giornata chiusa in casa con lui, senza contatti con il mondo esterno, avevo cominciato a trovarlo decisamente noioso.
Alla fine decisi di mandare a quel paese il mio immenso orgoglio Grifondoro e andai a sedermi accanto a lui.
« Weasley, che vuoi? » chiese, annoiato, girando una pagina del libro.
« Volevo chiederti se… ehm… » non era così facile, però « Se ti andava di fare un po’ di Karate con me… »
Lui alzò gli occhi dalle pagine del libro per rivolgermi un’occhiata scettica. « Ah, da adesso ti serve anche il mio permesso per prendermi a calci? »
« No, volevo insegnarti a difenderti. Così la gente smetterà di prenderti a calci. » ovviamente arrossii: stavo praticamente strisciando ai piedi del mio peggior nemico (dopo Draco, s’intende): era inevitabile che il mio viso si mimetizzasse con i ciuffi rossi che mi sfuggivano dalla coda di cavallo.
Scorpius sbuffò. « So duellare molto meglio di te: non ho bisogno di imparare a picchiare alla babbana. E poi è una cosa rozza e volgare. »
« E come conti di difenderti, finché non puoi fare magie fuori dalla scuola? » lo stuzzicai.
« Mi stai minacciando? »
« Forse. » ammisi.
Si.” Insomma, gli avevo chiesto civilmente di fare qualcosa con me, perché doveva sempre trattarmi come se fossi una zanzara che gli ronzava nell’orecchio?
« Vedi, è per questo che non mi piacciono le arti marziali babbane. » disse, tenendo lo sguardo puntato sul libro « Stimolano la violenza e ti convincono di poter ottenere tutto con la forza e la prepotenza. Sono un po’ l’equivalente delle Arti Oscure per noi maghi. »
Rimasi in silenzio a fissarlo. Non avevo mai pensato al mio sport in quei termini e non mi piaceva per niente il paragone che Scorpius aveva fatto con le Arti Oscure: insomma, era solo uno sport!
« Secondo il tuo ragionamento, visto che io sono cintura nera, dovrei essere una specie di Voldemort babbano. » gli feci notare, storcendo la bocca in una smorfia di scetticismo.
Lui scosse la testa. « Nah, non sei abbastanza intelligente. »
Ah, è così? Crede di essere più intelligente di me solo perché ha tutto Eccezionale a scuola?
« Solo perché non passo la vita sui libri, come qualcuno di mia conoscenza » “E che sarei contenta di non conoscere” aggiunsi mentalmente « non vuol dire che sia stupida. »
« Come ti pare. »
Scorpius alzò le spalle e tornò a dedicare la sua completa attenzione al libro.
Rimasi seduta sull’erba umidiccia accanto a lui per alcuni minuti, osservandolo con aria torva. Quando leggeva assumeva un’espressione buffa, con le sopracciglia pallide leggermente aggrottate e le labbra appena socchiuse. A differenza del padre aveva i capelli leggermente mossi, che gli ricadevano sulla fronte infilandosi tra gli occhi verdi e gli occhiali in ciuffetti fastidiosi, che spostava con un gesto secco delle dita lunghe e affusolate. Avrebbe davvero dovuto portare le lenti a contatto: non aveva gli occhi color smeraldo, come Al, ma di un verde più tenue, come il colore delle prime, timide foglie primaverili, appena sfumato di castano chiaro attorno alla pupilla. Avrei ucciso per avere degli occhi così, io che con i geni non avevo avuto una gran fortuna: avrei potuto ereditare l’altezza e gli occhi azzurri da papà, mentre da mamma avrei potuto prendere i capelli castani, sicuramente più discreti dell’indomabile chioma rossiccia che mi ritrovavo. Invece, a quanto pareva, l’altezza e gli occhi azzurri erano un’esclusiva dei maschi della nostra famiglia. Quanto ai capelli non rossi, quelli erano un’esclusiva di chi non portava il cognome Weasley, a meno che il Weasley in questione non fosse mulatto o con ascendente veela.
Non che avessi grandi problemi con il mi aspetto fisico, comunque: sapevo di non essere una bellezza come Dominique, ma sentirsi brutta è riservato a chi vuole piacere e io non avevo mai tenuto troppo conto dell’opinione che gli altri avevano di me. Certo, se Scorpius non avesse pensato che ero una rompipalle senza cervello, però, sarei stata più contenta.
« Ok, si è capito che non ti piacciono gli sport babbani. » dissi, per rompere il silenzio snervante che era calato su di noi.
Bhe, non che quelli magici ti piacciano, comunque.
Scorpius sbuffò e staccò gli occhi dal libro. « Sei ancora qua? »
Decisamente, quegli occhiali non li valorizzavano per niente. Al contrario, li nascondevano.
« Magari potresti aiutarmi a cercare la presa della tv, o potremmo fare una partita a scacchi. » proposi.
A scacchi l’avrei stracciato, così poi avrebbe dovuto tenersi per sé la sua opinione sulla mia intelligenza.
« Non mi piacciono quelle robacce babbane e non ho voglia di giocare a scacchi. » replicò, con la tipica freddezza Malfoy.
« Strano » sbuffai « pensavo che ti piacessero le attività sedentarie. »
« Se posso svolgerle da solo, sì. »
Gli sfilai il libro da sotto il naso e lo chiusi con uno scatto. « Te l’hanno mai detto che sei autistico? »
E pure stronzo.
« E a te l’hanno mai detto che hai un patologico bisogno di attenzioni? »
Di nuovo, mi stava trattando come se fossi una bimbetta appiccicosa. Meditai per un secondo di appiccare fuoco al suo libro, ma realizzai che per farlo avrei dovuto cercare un accendino. “E chi cerca non trova.” O forse sarebbe stato più corretto dire: chi cerca trova l’oggetto che stava disperatamente cercando la settimana prima e che ora ovviamente non gli serve più: lo avevo imparato dopo sedici anni di convivenza con il mio mostruoso disordine.
« Mi annoio. » replicai, a mo’ di giustificazione. Come se io avessi bisogno di giustificarmi per qualcosa davanti a Scorpius Malfoy. Semplicemente ridicolo.
« Leggi. » suggerì lui. Poi mi rivolse uno sguardo dubbioso. « Sai leggere, vero? »
Mi alzai, sbuffando, e gli lanciai addosso il suo libro. « Potresti prendere lezioni di humor da un’acromantula. »
E prima di cambiare idea sulla valvola di sfogo della mia ira andai a prendere a pungi il sacco da boxe.
Accidenti, ma cos’è quel ragazzo, un monaco buddista?” pensai con rabbia, tirando un calcio preciso al centro del sacco “È sempre così dannatamente controllato, come se non provasse emozioni! Niente rabbia, niente risentimento, niente di niente! Ma non può essere sempre così schifosamente calmo!
Eccezion fatta per il piccolo sfogo con suo padre, la domenica precedente, non aveva mai perso il controllo. Non sopportavo che fosse così maledettamente perfetto, come se tutto il mondo gli scivolasse addosso senza lasciare traccia del suo passaggio. Insomma, doveva pur provare qualcosa, no?
E poi continuava a comportarsi come se non esistessi, anzi, peggio: come se la mia esistenza non gli facesse né caldo né freddo. Sì, probabilmente ero un’inguaribile egocentrica, ma non lo sopportavo. E non lo capivo. A scuola generalmente cercavamo di non trovarci a respirare la stessa aria più del necessario, ma i litigi, le frecciatine, le prese per il culo non erano mai mancate.
Ora invece… invece cosa? Ogni tanto mi guardava con la sua aria di superiorità e ghignava e se gli parlavo mi rispondeva quasi cortesemente… probabilmente mi stava trattando anche meglio del solito. Ma non riuscivo a scollarmi di dosso l’orribile sensazione che mi stesse ignorando. Che non mi calcolasse abbastanza neanche per litigare. Che mi ritenesse una bambina stupida con cui non aveva senso mettersi a discutere. 

 

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Capitolo 5
*** la biancheria di pizzo non porta mai bene ***


4.
La biancheria di pizzo non porta mai bene…

 

Dopo anni di sopravvivenza nell’affollata comunità di cugini Weasley, durante i quali avevo avuto occasione di osservare da vicino svariati comportamenti degni di Discovery Channel, ero giunta ad una conclusione: le persone non fanno mai qualcosa senza un doppio fine losco. Così, alla veneranda età di sedici anni, potevo affermare con sicurezza che un Malfoy non si sarebbe mai scomodato a fare un favore a qualcuno, a meno che ciò non facesse parte di un piano per raggirare e fregare quel qualcuno, e che un Weasley non avrebbe mai comprato biancheria intima sexy per sua moglie, e non c’era un a meno che.
Strano ma vero, per una volta avevo ragione.

 

***

 

Mamma e Draco quella sera tornarono a casa separatamente, prima lui, lei mezz’ora dopo, e senza la minima intenzione di cucinare la cena, per quello che riuscii a capire dalle urla che sentii mentre continuavo a prendere a pugni il sacco. Sorrisi, soddisfatta: non credevo che farli litigare sarebbe stato così facile, ma evidentemente avevo sottovalutato il fattore “Serpeverde-Grifondoro nemici per sempre”.
Poco prima delle sette, distrutta dal duro allenamento ma soddisfatta di aver smaltito la Nutella ed allontanato la minaccia della cellulite, tornai in casa per buttarmi sotto la doccia. La spartizione dei bagni non era stata un granché: mamma e Draco avevano il loro, e io dovevo condividere con Scorpius il mio. Odiavo scoprire che metteva a posto le mie cose quando le lasciavo in giro per il bagno, soprattutto perché poi dovevo cercarle per ore prima di scoprire in quale remoto cassetto le aveva ficcate. Però dovevo ammettere che ultimamente avevo trovato una sorta di sadico passatempo nel lasciare in giro per il bagno assorbenti usati, che puntualmente lui buttava via con guanti in plastica e faccia terribilmente schifata. Ovviamente, se da un lato Scorpius provvedeva a tenere pulito il bagno meglio di quanto avrebbe potuto fare una donna delle pulizie, dall’altro ci doveva pure essere la fregatura. Ed infatti.
« Malfoy, che non ti passi per la testa di entrare in quel bagno! » lo avvertii, prima che il biondastro potesse posare la mano sulla maniglia.
« Scusami tanto se ho dei bisogni fisici da soddisfare. » replicò, ironico.
La parte razionale del mio cervello mi fece notare che non mi stava affatto ignorando, ma la parte irrazionale e paranoica (che aveva vinto con una schiacciante maggioranza le elezioni per la presidenza del mio cervello) la censurò subito, come si fa in ogni regime totalitario che si rispetti.
« Puoi soddisfarli nel vaso di gerani di mamma. » suggerii. Poi storsi la bocca « Tanto puzzano già per conto loro. »
« L’odore dei gerani fa schifo solo alle zanzare. » osservò lui, con una scintilla vagamente divertita negli occhi « E comunque questo bagno mi sembra più che adeguato per soddisfare i miei bisogni. »
« Malfoy, devo farmi la doccia! » sbottai. 
Lui arricciò il naso. « Si, in effetti puzzi. Bhe, anch’io devo fare la doccia, e sono arrivato per primo, quindi... »
Gli rivolsi uno sguardo assassino: stava facendo di tutto per tenere occupato il bagno più a lungo possibile, ne ero sicura.
« Te la sei già fatta stamattina, » gli ricordai « prima di cominciare a stracciare i coglioni al mondo con Beethoven. »
« Bach. » mi corresse lui.
« Indifferente. » sbuffai « E comunque avevi detto di dover soddisfare i tuoi bisogni… »
« Tra cui rientra il mio bisogno » “maniacale” « d’igiene, sì. » m’interruppe, con una vaga espressione di compiaciuta superiorità.
Lo squadrai attentamente, soffermandomi sul suo odioso sorrisetto: sarebbe bastato un pugno ben assestato per cancellarglielo dalla faccia…
Non cedetti ai miei istinti violenti solo per il rispetto che provavo nei confronti della mia persona e della mia libertà, rispetto di cui le punizioni di mamma non tenevano minimamente conto.
« Bhe, vai nell’altro bagno. » suggerii, seccata.
« C’è mio padre. »
Immaginavo che nessuno, nemmeno suo figlio, avrebbe voluto sorprendere Draco Malfoy mentre si tingeva i capelli del biondo Barbie che spacciava per il suo colore naturale. In effetti l’idea era piuttosto raccapricciante… meglio credere che fosse un biondo naturale.
« Bhe, appunto » sbuffai, facendo un gesto esasperato con la mano « Ti sembra che ci possa andare io? »
Scorpius alzò un sopracciglio. « Credevo che voi due aveste un’intricata storia di sesso. »
Gli risposi con uno sguardo che se avesse lanciato saette verdi sarebbe stato un Avadakedavra. « Certo, ci amiamo tanto. » sibilai, sarcastica « In verità lui vuole sposare me, non la mamma. »
« Fantastico. » disse lui velocemente « Ora ho un altro bisogno fisico da soddisfare. Dicesi vomito. »
E sparì dietro la porta del bagno, sbattendomela sul naso.
« Malfoy! Aprimi subito! » urlai, accanendomi sulla maniglia « Sono una donna, ho la precedenza! »
« Credevo di essere io la femminuccia. » sghignazzò lui, da dietro la porta chiusa.
« Ah, certo, sei una checca solo quando ti conviene, vero? »
Cominciai a prendere a calci la porta, come avevo visto fare in qualche film poliziesco babbano, e dopo un paio di tentativi, con mio sommo stupore, scoprii che la televisione a volte insegna cose che nella vita reale funzionano davvero.
Dopo quella mia fantastica scoperta, ne seguirono altre non meno sbalorditive: prima di tutto, constatai che Scorpius Malfoy non era del tutto femmina, almeno a giudicare dalla ventina di centimetri che si ritrovava sul davanti e dal fatto che pisciava in piedi, poi mi accorsi con stupore che sapeva cosa fosse una bestemmia, ed infine ebbi anche l’onore di appurare che sapeva produrre uno schiantesimo da manuale.
L’ultima cosa che scoprii fu che il muro del corridoio era duro, soprattutto se ci sbattevi contro con quella forza.

 

***

 

Seguii con lo sguardo il cardigan grigio di mamma finché non si fu seduta sul divano, con i capelli raccolti in uno chignon spettinato ed il volto teso in un’espressione che non avrei saputo definire. Sembrava arrabbiata, ma anche stanca, depressa e allo stesso tempo preoccupata. Mi chiesi come si potessero provare tutte quelle cose assieme senza scoppiare, ma probabilmente ero io che avevo ereditato la “sensibilità da cucchiaino” di mio padre.
Il lato positivo della vicenda era che per una volta Scorpius era colpevole quanto me, se non di più: io avevo distrutto al porta, lui aveva distrutto me. Me ne stavo seduta su una poltrona con un sacco di ghiaccio premuto sulla nuca, e scrutavo il mio aggressore con aria torva, ripassando tutte le mosse di Karate che avrei potuto usare per spaccargli le ossa quando mi fosse passata quella tremenda emicrania. Mamma e Draco invece erano seduti sul divano, uno accanto all’altra, e sembravano aver momentaneamente accantonato i lori diverbi per coalizzarsi contro di noi.
Mamma si sistemò un ciuffo ribelle nel suo migliore atteggiamento da maestrina ed esordì con il suo discorso. « Lezione di civiltà. »
« Lezione di civiltà? » sbottai, prorompendo in una risata mezza isterica « Accetterò lezioni di civiltà da voi due quando sarete in grado di passare più di due giorni senza litigare! »
« Cioè mai. » concluse Scorpius « Mi associo. »
Era la prima volta che io e Scorpius Malfoy eravamo d’accordo su qualcosa. Strano che succedesse subito dopo che io avevo fatto irruzione nel bagno mentre pisciava e lui mi aveva spiaccicata sul muro con uno schiantesimo.
Draco lanciò un’occhiata velenosa al figlio. « Suonerai d nuovo il pianoforte quando avrai accettato lezioni di civiltà da noi. »
« Mai? » suggerii io, speranzosa. Beethoven mi aveva davvero rotto le palle.
Il mio commento fu seguito da tre sguardi più o meno furiosi, tutti destinati alla sottoscritta. Mi feci più piccola sulla poltrona e scelsi saggiamente di non aggiungere altro.
« Tu non hai diritto di parola. » disse comunque Draco, per evitarmi di cadere in tentazione.
Scorpius mi rivolse un sorrisetto soddisfatto e persino mamma annuì, ma si premurò di guardare male Draco per ricordargli che la coalizione anti-figli era solo momentanea. « Il fatto che per una volta tu non abbia combinato il danno più grave non ti autorizza a parlare come se fossi Dio sceso in terra: Scorpius non sta comunque creando tutti i problemi che crei tu. »
« A parte schiantarmi. » ironizzai.
« A parte quello. » convenne mamma, leggermente esasperata « Ma se tu non avessi fatto irruzione nel bagno mentre si stava spogliando, magari… »
« Dovevo farmi la doccia. » la interruppi.
Mamma mi dispensò un’altra delle sue famose occhiate terroristiche. « Potevi andare nell’altro bagno. »
« C’era Draco che si faceva la tinta. »
Draco impallidì leggermente e si sporse verso di me per sibilare.
« Piccola carogna, io non… »
« Draco, la lezione di civiltà vale anche per te. » intervenne mamma, con freddezza.
« Parla quella che si rifiuta di cucinare. »
Prima che la conversazione degenerasse nell’ennesimo litigio decisi d’intervenire in favore dei miei diritti.
« Io comunque non trovo giusto che mi abbiate confinata in mansarda per aver tirato un innocuo calcetto a Scorpius, e che ora che lui mi ha schiantata nessuno gli dica niente. »
Non avevo bisogno di essere una Legilimens per capire la guerra interiore che si stava svolgendo dietro gli occhi grigi di Draco: da una parte non voleva fare contenta me, ma dall’altra non voleva dare a mamma la soddisfazione di dimostrarsi un genitore peggiore di lei. Alla fine parve scegliere la seconda opzione, perché spostò uno sguardo ostile da mia madre a Scorpius e disse. « Vedi, Scorpius, ho la presunzione di essere un genitore migliore di Hermione. Quindi ti punirò per aver steso sua figlia. »
« Anche io ho punito Rose quando ha messo KO tuo figlio! » protestò mamma, le guance tinte di un lieve rossore.
« Pardon. » si corresse Draco, ironico « Avrei dovuto dire che ti darò una punizione che funzioni. »
Mamma strinse le labbra, e spostò uno sguardo furioso da me a Scorpius. Nell’indecisione su chi guardare male, poi, optò per lanciare un’ultima occhiata assassina a Draco e mettersi a fissare con odio le sue pantofole.
« Molto istruttiva, questa lezione di civiltà. » borbottai, sarcastica. Poi mi voltai verso Draco e gli rivolsi un sorrisino di malcelata strafottenza. « Comunque prego, Draco, continua. Non vorrei certo interromperti mentre assegni una giusta punizione a tuo figlio. »
Se gli occhi di Draco avessero potuto parlare, avrebbero certamente detto “Se non fosse per questa stupida questione di orgoglio parentale tra me ed Hermione ti avrei schiantata io stesso”. Gli occhi di Scorpius invece mi promettevano un altro schiantesimo nel giro di pochi secondi.
« Dunque, Scorpius » esordì Malfoy senior, scegliendo di ignorarmi « Per le prossime due settimane i tuoi libri sono requisiti, e quando Rose uscirà di casa tu dovrai andare con lei. »
Io e Scorpius alzammo un sopracciglio in sincrono, il che mi fece venire in mente con un po’ di preoccupazione la storia dei gemellini.
« Scusa, questa voleva essere una punizione per Scorpius o per me? » chiesi.
Per fortuna Scorpius si era nuovamente chiuso in uno dei suoi silenzi ostili, e non disse le mie stesse parole nello stesso momento: quello sarebbe stato davvero tremendamente inquietante.
« E poi Rose non ha il permesso di uscire di casa » s’intromise mamma, scoccando un’occhiata di sfida a Draco « Sta ancora scontando la mia punizione. »
Sembrava che provasse una sorta di sadico divertimento nel mettergli i bastoni tra le ruote. Draco fece un cenno noncurante con la mano. « Da ora non più. A patto che si porti dietro Scorpius, ovviamente. »
Non avrei voluto essere al posto di Malfoy quando mamma gli rivolse quello sguardo omicida. « Tu non hai il diritto di revocare le punizioni che do a mia figlia! » sbottò.
Scorpius sembrava d’accordo, ma io stranamente mi ritrovai a condividere l’opinione di Draco: dentro o fuori casa avrei comunque dovuto subire la nefasta compagnia di Scorpius, tanto valeva poter uscire. E poi Scorpius avrei sempre potuto parcheggiarlo in qualche libreria.
Perciò, per la prima e presumibilmente ultima volta nella storia, Rose Weasley intervenne in difesa di Draco Malfoy.
« Draco dovrebbe essere una figura paterna di riferimento, per me. Se lo privi dell’autorità di punirmi non vedo come potrò imparare a rispettarlo. »
L’occhiata sarcastica di Draco diceva tutto sulla credibilità del mio discorso. Mamma strinse le labbra e mi fulminò con uno dei suoi migliori (o peggiori, se sono rivolti a te) sguardi da Auror.
« Prima di tutto tu hai bisogno di imparare a rispettare tua madre e le sue decisioni. »
« Se le tue decisioni consistono nell’andare a convivere con un ex mangiamorte ossigenato, scusami tanto se non le rispetto. » sbuffai.
« Signorina, non osare… »
Mi alzai, troncando sul nascere quella che sarebbe sicuramente stata una gran bella ramanzina. « Bhe, io vado a dormire. Domani esco, devo essere riposata. » rivolsi un sorrisetto trionfante a mamma « Buonanotte a tutti. »
Passando accanto a Draco, gli diedi una pacca sulla spalla e sussurrai. « Ti odio sempre, ma grazie. »
« Vai a sparecchiare. » replicò lui, senza scomporsi minimamente.
« Sì, in un’altra vita, magari. » risposi, sarcastica.
Draco mi rivolse un ghigno che non mi piacque per niente. « Non sto scherzando. Hai detto tu che ho il diritto di punirti, no? Quindi, per avermi detto che mi odi, sparecchierai la tavola. »
Gli rivolsi uno sguardo che ribadiva palesemente il mio odio nei suoi confronti e me ne andai in cucina, sibilando una serie di aggettivi ben poco lusinghieri rivolti a lui e ai suoi capelli ossigenati.
Avrei dovuto saperlo che c’era la fregatura…

 

***

 

Il weekend seguente fu semplicemente atroce: Draco aveva trovato il suo nuovo hobby nel tirannizzarmi, e mamma era talmente incazzata con me che lo lasciava fare e se la rideva pure. Scorpius, come al solito, suonava Beethoven a ore improponibili e faceva l’autistico offeso.
L’unica nota positiva in quei due giorni da suicidio fu che Domi, nella sua immensa bontà, mi aveva fatto una ricarica da dieci sterline, rendendo il mio isolamento forzato un po’ meno atroce. Passai la domenica chiusa in camera mia, a messaggiare con Domi, Hugo ed Al, ringraziando nonno Arthur per aver sensibilizzato i suoi nipoti alla tecnologia babbana. Hugo mi aggiornò su papà: pareva che per il momento fosse single, anche se due notti prima aveva dormito fuori ed era tornato a casa la mattina seguente con i vestiti spiegazzati e la solita scusa del turno notturno (che però non giustificava il succhiotto che aveva sul collo). Dominique mi descrisse con dovizia di particolari la sua nuova borsa di Gucci, e mi promise che il giorno seguente sarebbe venuta a trovarmi. Al invece continuava a predicare l’amore nel mondo, con scarsi risultati per quanto riguardava me e Malfoy.
La mattina seguente, alle dieci, Dominique si presentò a casa mia. Era perfetta come al solito, nei suoi vestiti firmati che le calzavano a pennello, con i capelli accuratamente arricciati e le ciglia innaturalmente lunghe e folte. Mi vergognai parecchio di farmi trovare spettinata e struccata, con addosso un paio di pantaloncini da jogging ed una larga maglietta sporca di Nutella.
Domi ebbe il tatto di ignorare la condizione pietosa in cui mi aveva ridotta quella settimana di convivenza forzata con i Malfoy, e mi stampò due baci sulle guance, sebbene guardandosi bene dall’abbracciarmi. Effettivamente la mia maglietta aveva un’aria davvero fetida… Soprattutto l’aria che la circondava, lo era.
« Stavo andando a farmi una doccia. » grugnii.
« Bhe, muoviti, ci aspetta una seduta di shopping terapeutico. » mi liquidò lei, entrando in casa a passo sicuro sulle sue decollettes vertiginose. Pensai con gioia alla faccia che avrebbe fatto Draco se avesse trovato i segni dei tacchi sul parquet nuovo, ma la mia gioia si affievolì nel giro di pochi secondi.
Feci una smorfia seccata. « Dubito che potremo uscire. » vedendo la faccia esterrefatta di mia cugina, mi affrettai a spiegare « Cioè, teoricamente posso farlo, se mi porto dietro Malfoy junior. Ma non credo che lui si lascerà convincere ad accompagnarci in giro per negozi. »
Dom mi rivolse uno dei suoi famosi ghigni da Sex and the City e gettò la sua grande borsa sul divano. « Non c’è problema, lascia fare a me. »
Storsi la bocca. « Sul serio, Dom, quello là è un topo di biblioteca con una forte tendenza alla misantropia. A volte ho il sospetto che sia figlio di mia madre, e che lei e Draco avessero una tresca da molto più tempo di quanto abbiano detto. »
Non lo avrebbe mai convinto, ne ero sicura: se io non ero riuscita a capire come ottenere un misero favore da lui, dopo una settimana di simbiosi (considerato che nella simbiosi ognuno dei due individui fa qualcosa di utile per l’altro non mi sembra la scelta lessicale migliore che potessi fare…), non vedevo come lei avrebbe potuto farcela in una mattina. Comunque se proprio ci teneva ad umiliarsi…
« Dov’è adesso? » chiese Dom.
Decisamente, vuole umiliarsi.
Teoricamente, in veste di sua cugina, confidente e migliore amica avrei dovuto dissuaderla da quel proposito così degradante per la sua condizione di donna emancipata, ma sotto sotto ci godevo all’idea di vederla fallire dove io stessa avevo miseramente fallito.
« Credo che sia rintanato in camera sua a coltivare la sua immensa cultura. » sbuffai, facendole strada su per le scale. Poi decisi di fare la brava cugina. « Sul serio, fossi in te non perderei neanche tempo a tentare di convincerlo. È da ieri sera che ci provo, e ho rimediato solo insulti. »
Dom prese in considerazione le mie parole quanto avrebbe preso in considerazione l’idea di indossare un vestito passato di moda, ed entrò nella camera del biondino. “Bhe, se proprio ci tiene a fare questa figuraccia…
Mi sistemai con la schiena appoggiata al muro del corridoio di fronte la porta, da dove potevo vedere il letto su cui Scorpius era disteso, tanto per cambiare con un libro.
Ma suo padre non doveva avergli requisito tutti i libri? Figurati, quello sa dare punizioni solo a me…
Mi aveva addirittura requisito il cellulare, e il bello era che non aveva nemmeno una vaga idea di cosa fosse e di quale fosse la sua utilità. Ma probabilmente, avendomi già requisito tutto il resto, non gli era rimasta molta scelta…
« È permesso? » chiese Dom, con una voce morbida e vellutata.
Mi fece venire in mente una passata di verdure, ma probabilmente a Malfoy venne in mente ben altro, a giudicare da come sobbalzò sul materasso, arrossendo furiosamente.
Ora la caccia fuori… tre… due… uno…
« Si, ehm, entra pure. »
Che cosa?” se Malfoy si fosse accorto della mia presenza probabilmente si sarebbe messo a ridere della mia faccia scandalizzata e, sospettavo, anche piuttosto incazzatella “Non è giusto! Appena mi avvicino alla sua stanza mi tira dietro schiantesimi e insulti, perché Domi può entrare?
Lanciai un’occhiata ostile alla schiena di mia cugina, mentre lei si accomodava sul materasso accanto a Scorpius, che si era messo a sedere con aria piuttosto imbarazzata. Non mi sfuggì il movimento apparentemente casuale con cui Dominique fece sfiorare le loro gambe, e nemmeno a Scorpius, che arrossì parecchio, ma non si spostò.
Dio, quel ragazzo ha dei seri problemi mentali! Perché continua ad arrossire?
Pensai, pervasa da uno sgradevole sentimento che non riuscii a definire molto bene. Un pizzico di rabbia, qualche goccia di delusione, forse una leggera punta d’invidia e una discreta voglia di rovesciare casualmente la Nutella sui vestiti di Dom.
No, anzi, meglio la passata di pomodoro avanzata ieri sera: la Nutella non va mai sprecata.
« Allora, Scorp » “Scorp? SCORP?” « cosa stai leggendo? »
Chiese Dom, mantenendo la voce da passata di verdure. Quando si gettò un boccolo dietro la spalla, schiaffeggiando leggermente la faccia di Scorpius con i capelli, fui certa che fosse entrata in modalità rimorchio.
Oddio… non ci posso credere. Se Malfoy ci sta è il più grande idiota sulla faccia della Terra. E, bhe, anche di qualsiasi altro pianeta…
« Letteratura babbana. » borbottò lui, a bassa voce, come se avesse paura che Dom gli ridesse in faccia.
Bhe, io lo avrei fatto.
« Oh, davvero? » trillò mia cugina, sbattendo le ciglia « Wow, è… interessante. »
Come se Dom avesse mai letto qualcosa che non fossero i libri di scuola… no, forse neanche quelli.
« Davvero? » chiese Scorpius, inclinando la testa con aria perplessa.
Dom gli rivolse un gran sorriso falso « Certo. »
Scorpius si voltò per posare il libro e si sfilò velocemente gli occhiali, nascondendoli infondo ad un cassetto. “Illuso.”
« Magari posso prestarti qualche libro. » propose lui, con un’espressione terribilmente felice stampata in faccia.
Presi nota mentalmente di sperticarmi in lodi della letteratura babbana la prossima volta che mi fosse servito chiedergli un favore, e mi appuntai anche di colpire erroneamente Dom la prossima volta che avessi tentato di picchiare Scorpius. Non era proprio giusto che lei e i suoi ricci biondi del cavolo potessero entrare in camera di Scorpius e fossero anche trattati gentilmente, mentre io ero considerata la sorellastra stronza di turno! Insomma, neanche fossi stata Anastasia, o Genoveffa (non che non notassi alcune somiglianze tra Scorpius e Cenerentola, ad ogni modo).
Dominique sorrise. « Volentieri. »
Ci fu una pausa durante la quale ebbi modo di studiare i curiosi cambiamenti di colore delle guance di Scorpius.
« Comunque » esordì Dom, arrotolandosi una ciocca di capelli attorno al dito « mi chiedevo se potessi farmi un favore. »
La spallina della canottiera le scivolò lungo la spalla, e dubito di poter dire involontariamente, scoprendo una piccola parte del reggiseno rosa. Scorpius deglutì e si affrettò a spostare lo sguardo sul viso di mia cugina, fingendo con scarsi risultati di non aver appena lanciato un’occhiata estasiata alla sua spalla nuda.
Idiota. Idiota e sfigato. Idiota, sfigato e frustrato sessualmente.
« C-certo, dimmi tutto. »
Ok, fossi stata lesbica probabilmente nemmeno io avrei negato un favore ad una ragazza con sangue Veela ed una canottiera striminzita che le stava scivolando sempre più in basso. Ma Scorpius restava un idiota di prima categoria.
« Sai, Rose ha bisogno rifornire il suo guardaroba, e conoscendola passerà tutta la mattina chiusa in un camerino a provare vestiti. » “Io? Sei tu quella che proverebbe tutti i vestiti di un negozio!” pensai, indignata « E… bhe… » Dom si finse imbarazzata « Mi chiedevo se ti andasse di farmi compagnia, visto che dovrò passare la maggior parte del tempo fuori da un camerino a girarmi i pollici… »
Dom, ci stai spudoratamente provando con un secchione sfigato che tra l’altro di cognome fa Malfoy, e per di più hai scambiato te stessa per tua cugina. Sicura di non aver bisogno di uno psicologo?
Scorpius esitò un secondo, spostando uno sguardo combattuto da Domi al libro che stava leggendo prima che lei lo interrompesse. All’improvviso tutta la mia voglia di uscire da questa villetta del cavolo era scomparsa.
Avanti, dille di no!” pensai, guardandolo intensamente “Non puoi essere così stupido! E soprattutto non puoi umiliarmi in questo modo…
« Ok, va bene. »
Io e Scorpius Malfoy non andremo maid’accordo.
Il finto interesse di Dom nei confronti di Scorpius e dei suoi libri sparì immediatamente. « Fantastico, ti chiamiamo quando siamo pronte. » disse frettolosamente, uscendo dalla stanza con un piccolo ghigno divertito.
Scorpius rimase immobile sul letto, deluso e piuttosto perplesso.
In un altro momento probabilmente mi sarei sbellicata dalle risate vedendo la sua espressione, ma riuscivo solo a sentirmi infastidita dalla facilità con cui Dom l’aveva fregato, mentre io dovevo strisciargli ai piedi anche solo per farmi passare un cucchiaino.
Mia cugina si chiuse la porta alle spalle e mi rivolse un sorrisetto decisamente irritante. « Visto? Non era tanto difficile. »
« Vado a farmi la doccia. » sbuffai, e mi rintanai in bagno sbattendo la porta, come se avessi intenzione di buttarla giù una seconda volta.

 

***

 

  Due ore dopo ero seduta sul divanetto di un negozio di biancheria intima, accanto a un imbarazzatissimo Scorpius. I reggiseni di pizzo evidentemente lo mettevano a disagio. Per quanto riguardava me, più che altro era Dom a mettermi a disagio: veleggiava da una parte all’altra del negozio seminando in giro perizomi e mutandine a fantasie di bignè alla crema e fragole, e stressando la commessa con le sue assurde richieste.
Appoggiai la testa allo schienale del divanetto e chiusi gli occhi, emettendo un lungo sospiro: lo shopping con Dominique era sempre estenuante, se poi ci si aggiungeva un bibliofilo biondo che cercava di scappare in tutte le librerie che incontravamo sulla nostra strada, diventava un vero atto di masochismo.
« Allora, Scorpius, che dici? » socchiusi un occhio per vedere mia cugina che sventolava un completino intimo rosso estremamente sexy sotto al naso arricciato di Scorpius « Lo provo? »
Domi aveva elevato Scorpius a “rappresentante ufficiale del genere maschile”, e come tale pretendeva che esprimesse il suo parere sulla biancheria che aveva intenzione di comprare.
Scorpius mi lanciò uno sguardo supplichevole, ma dalle mie risate silenziose capì che non avevo la minima intenzione di accorrere in suo aiuto, così tornò a guardare il completino rosso con l’aria di chi sta seriamente valutando l’idea del suicidio.
« Ehm… non ne hai già provato uno così, prima? » chiese debolmente.
Dom spalancò gli occhi color “mare da spiaggia dei Caraibi” (come li definiva James), scandalizzata. « No, quello di prima era rosso vino, questo è rosso fuoco! »
Il biondastro annuì debolmente, e Domi lo prese come un invito a barricarsi nel camerino e provare mutande e reggiseno. Scorpius si schiaffò un paio di culottes di pizzo nero sulla fronte, con un gesto molto poco aristocratico, e mi rivolse uno sguardo da cucciolo implorante.
« Sfilerà di nuovo in giro per il negozio in mutande? »
In effetti dovevo convenire con lui che era piuttosto imbarazzante.
« Potremmo darci alla fuga e far finta di non conoscerla. » proposi.
Scorpius annuì con foga. « Ti seguo. »
Strano come le avversità della vita potessero unire persone che si erano sempre felicemente odiate, e che con ogni probabilità avrebbero continuato a farlo una volta che le acque si fossero calmate.
La voce di Dominique, proveniente da dietro la tenda del camerino, ci fece sobbalzare. « Rosie, mi puoi portare le mutande della taglia più piccola? Queste mi coprono praticamente tutte le chiappe, non so come potrei sembrare sexy con una tenda del genere addosso… »
Scorpius arrossì parecchio a quel commento, poi scosse il capo e si avviò verso l’uscita. In un altro momento lo avrei lasciato andare incontro alla sua sorte ed avrei sperato che essa contemplasse un SUV e un ospedale, ma non avevo ancora del tutto perdonato Dominique per averlo convinto ad uscire con noi. Né lo aveva fatto lui, quando aveva scoperto che la persona con la quale avrebbe dovuto chiacchierare mentre aspettava fuori dai camerini ero io. Non che ci fossimo scambiati più di qualche occasionale “vaffanculo, mi hai sporcato le Converse nuove” e “fottiti, e fallo da solo perché se aspetti qualcuno per farlo resterai vergine a vita”.
Mi alzai e lo seguii verso l’uscita. Mentre costeggiavamo un espositore di mutande in sconto, Scorpius rabbrividì.
« Pensavo che la cosa peggiore della relazione tra mio padre e Hermione fossi tu… »
« Ehi, grazie, sono lusingata. » sbuffai, reprimendo l’istinto di infilargli una mutanda in testa.
Scorpius mi lanciò un’occhiata strana. « A dire il vero voleva essere una specie di complimento. »
« O un terribile insulto a Dominique. » lo corressi.
« Sì, messa così è più credibile. » ammise lui.
Improvvisamente Scorpius impallidì e si bloccò, guardando qualcosa alle mie spalle con gli occhi sgranati. Andai a sbattergli contro.
« Ehi, Malfoy, si può sapere cosa…? »
« Provati questo. » m’interruppe lui, ficcandomi in mano un reggiseno di pizzo nero che aveva appena raccolto da una cesta lì accanto.
« Malfoy, ma ti ha dato di volta il cervello? » sbottai.
Scorpius era anche più pallido del solito, e continuava a lanciare occhiatine nervose alle mie spalle. Ma cosa diamine gli era preso? Feci per voltarmi e scoprire cosa ci fosse di tanto terrificante alle mie spalle, ma Scorpius mi afferrò per le spalle e me lo impedì.
« No, davvero, non ti girare. » insistette, precipitosamente, mentre io torcevo il collo per guardarmi dietro la nuca. « Provatelo, è… sexy. » Arrossì furiosamente, ma non mi tolse le mani dalle spalle.
Sollevai un sopracciglio. « Malfoy, so che la tua conoscenza in materia è piuttosto scarsa, ma dovresti essere capace di riconoscere la differenza tra una » controllai l’etichetta del reggiseno « quarta e una seconda scarsa. » conclusi facendo un gesto eloquente in direzione del mio seno non esattamente prosperoso.
Scorpius si morse il labbro, a disagio. « Bhe… ehm… lo prendi in crescita? » la sua più che altro sembrava una domanda. Idiota, per altro.
Spostai le sue mani dalle mie spalle e gettai il reggiseno tra una pila di tanga rosa. « Malfoy, non so cosa stia succedendo ai tuoi ormoni repressi, ma… »
Ammutolii, mentre finalmente capivo cos’era che Scorpius stava guardando, dietro di me, e perché non voleva che io lo vedessi: un uomo alto, con i capelli rossi, stava facendo mettere un completino intimo di pizzo nero in un pacco regalo. 
  

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Capitolo 6
*** il compratore di mutande ***


5.
Il compratore di mutande
 

 
 

Mi sono sempre chiesta se Albus e James Potter siano davvero fratelli. Sembra difficile che gli stessi geni, combinati in modo diverso, possano dar vita a due personalità così diverse tra loro. Se fossi lo zio Harry, avrei quantomeno fatto un test di paternità per assicurarmi che siano entrambi figli miei. Ma conoscendo zia Ginny, immagino che lo zio abbia avuto i suoi buoni motivi per starsene zitto e non sollevare obiezioni. D’altronde immagino che avesse paura di scoprire che sua moglie si era accoppiata con un gorilla, per far nascere un tipo come James. E come dargli torto?
Ma il bello dei cavernicoli come James è che possono solo stupirti i senso positivo.
Ovviamente avrei dovuto saperlo che mio cugino era perfettamente capace di far sembrare gli uomini di Neanderthal delle persone sensibili e raffinate.

 

***

 

Un uomo alto, con i capelli rossi, stava facendo mettere in un pacco regalo un completino intimo di pizzo nero.
Rimasi immobile, impietrita, a fissare Ronald Weasley, mio padre, che pagava ed usciva dal negozio senza accorgersi della mia presenza, e anche dopo che fu sparito in strada, non mossi un muscolo.
Forse è per mamma… per farsi perdonare. Glielo regalerà e lei pianterà quel cazzo di biondino ossigenato e torneranno insieme…
Non ci avrebbe creduto neanche un bambino di tre anni. Quel completino intimo non era per mia madre. Era per qualche sciacquetta, magari di vent’anni più giovane di papà, che lo avrebbe sposato per i suoi soldi, avrebbe sbattuto Hugo fuori di casa ed avrebbe definitivamente ed irreparabilmente rovinato la nostra famiglia. Che diciamocelo, faceva già abbastanza schifo prima che mamma si mettesse con Malfoy e papà cominciasse ad uscire con un’altra.
Mi sentivo lo sguardo di Scorpius addosso, ma non alzai gli occhi su di lui: non volevo che vedesse quanto erano lucidi, e probabilmente si stavano anche arrossando. Lo sentii prendere fiato, ma prima che potesse dire qualcosa me ne andai. Non sapevo neanche dove, ma me ne andai.
L’aria inquinata della strada mi sembrò la cosa più bella che avessi mai respirato, in confronto all’aria opprimente e pesante che c’era all’interno del negozio, e lasciai che la brezza estiva mi soffiasse i capelli via dalla fronte, e mi asciugasse gli occhi dalle lacrime. Non volevo piangere. Non dovevo piangere.
Mi sedetti sul gradino di un portone, e nascosi il volto tra le braccia. Avevo sopportato tutto, a partire dal divorzio e dalla separazione da Hugo per arrivare al nuovo, ossigenato fidanzato di mamma, perché diamine un merdosissimo paio di mutande doveva buttarmi tanto giù?
Ma la verità era che da quando io e mamma ci eravamo trasferite in quella dannata villetta, con i Malfoy, avevo capito quanto mi fossi sbagliata, quando pensavo che il divorzio fosse la scelta migliore che mamma e papà potessero fare. Rivolevo indietro la mia famiglia, e in quella settimana avevo covato la segreta speranza che papà tornasse a riprendersi mamma, come l’eroe di uno di quegli stupidi film babbani che piacevano tanto a Lily.
E invece ora lui usciva con un’altra, e questo cambiava tutto. Lui non sarebbe tornato a riprendersi mamma, non ci sarebbe stato nessun lieto fine, nessun Malfoy preso a calci nel sedere, nessuna famiglia felice. Solo due genitori separati che si ricostruivano una vita con nuove persone, ignorando il fatto che così facendo stavano distruggendo la vita dei loro due figli.
« Ehi… stai bene? »
La voce preoccupata di Scorpius mi fece sobbalzare, e mi accorsi solo in quel momento di avere il viso rigato di lacrime. Mi affrettai ad asciugarle con il dorso della mano e distolsi gli occhi dai suoi.
« Che vuoi? » grugnii, con quella che voleva essere una voce seccata, ma il risultato fu una specie di rantolo strozzato.
Scorpius si sedette accanto a me. Era palesemente imbarazzato, e per un po’ non disse niente. Poi mi diede un goffo colpetto sulla spalla, e sussurrò.
« Mi dispiace. »
« Sai benissimo che non è vero. »
Non doveva dispiacersi per me. Non sapevo che farmene della sua compassione. Esattamente come papà non avrebbe dovuto sapere cosa farsene di quel dannato completino intimo di pizzo nero.
« Sul serio, mi… »
« Malfoy, se anche avessi dei problemi tu saresti l’ultima persona al mondo con cui ne parlerei, quindi fammi il favore di sparire! » sbottai, facendo voltare alcuni passanti, e sentii distintamente un’anziana signora sospirare. « Ah, l’amore… »
Scorpius ebbe la saggia idea di seguire il mio consiglio, e si alzò.
« Vai da Dominique » dissi, fissando intensamente il cemento incrostato di gomme da masticare « si starà chiedendo che fine ha fatto il suo consulente maschile. Dille che la chiamo io, dopo. »
« Dominique è l’unica di noi tre che si può smaterializzare. » osservò Scorpius « Come pensi di tornare a casa? »
« Non torno. » risposi semplicemente.
Silenzio. Poi sentii i passi di Scorpius che si allontanavano, e quando alzai lo sguardo era già lontano. Strano a dirsi, ma all’idea di essere di nuovo sola mi sentii ancora peggio.
All’inizio pensai di andare da Hugo, ma poi mi ricordai che abitava sotto lo stesso tetto del compratore di mutande, e scartai subito l’idea. Per un momento considerai anche l’idea di scappare alla Tana, ma poi dovetti rendermi conto di essere a piedi e senza bacchetta, nel centro della Londra babbana, e conclusi che l’unica opzione praticabile fosse Grimmuald Place. Generalmente d’estate c’era sempre qualcuno che ci viveva: Al e James facevano a turno per invitarci i loro amici e fare un po’ di casino, approfittando della casa libera e protetta da ogni genere d’incantesimi insonorizzanti. Sperai ardentemente che i miei due cugini preferiti non avessero fatto nessuna cazzata che potesse indurre zio Harry a confinarli nella casa di Godric’s Hollow, e mi avviai verso la stazione della metropolitana più vicina.

 

***

 

Quando bussai alla porta dell’ex quartier generale dell’Ordine della Fenice, mi venne ad aprire James, in mutande e con una bottiglia di birra babbana in mano. Aveva un’aria parecchio preoccupata: probabilmente credeva che fossi lo zio Harry venuto a controllare che non stesse distruggendo la casa.
Senza aspettare che mi chiedesse cosa diavolo ci facevo lì, gli gettai le braccia attorno al collo e nascosi il volto nell’incavo della sua spalla, lasciando scorrere le lacrime che avevo trattenuto per tutta la strada fin lì. Le lacrime che, a dire il vero, avevo trattenuto dal momento in cui avevo visto mamma e Draco assieme, alla stazione.
Mio cugino per una volta non fece nessuna battuta cretina, e gliene fui estremamente grata.
Restammo abbracciati per quelle che mi sembrarono ore, sul gradino davanti alla porta, nascosti agli sguardi dei passanti dagli incantesimi di protezione della casa. James non era mai stato bravo a consolare la gente, ma in quel momento le sue mani che mi sfregavano affettuosamente la schiena mi parvero la cosa più rassicurante del mondo.
Quando cominciai a calmarmi, ovviamente, il cretino pensò bene di rovinare la bella atmosfera che si era creata. « Scusa, Rose, puoi lasciarmi un secondo? Mi si sta scaldando la birra… »
Sbuffai e sciolsi l’abbraccio, lanciandogli un’occhiataccia. « Sei sempre il solito idiota, Jamie. »
« Prova tu a berla, la birra calda! » esclamò, risentito, facendomi strada nel tetro corridoio « Fa schifo! »
E sparì in cucina, borbottando qualcosa riguardo al fatto che Jamie era un soprannome da bambino di tre anni, e dovevo smettere di chiamarlo così.
Alzai gli occhi al cielo: non mi aspettavo che James si dimostrasse particolarmente comprensivo, dal momento che generalmente non riusciva nemmeno a capire se qualcuno piangeva di gioia o di tristezza, ma vedere quanto fosse idiota era sempre un po’ sconcertante. Lo seguii nella grande stanza di pietra che era la cucina, storcendo il naso alla vista delle bottiglie di birra vuote che giacevano un po’ dappertutto, e della pila di stoviglie sporche accatastate nel lavandino.
Si vede che James Potter è passato di qui. È l’unico mago maggiorenne troppo pigro anche per usare un Gratta e Netta.
Mi sedetti sulla panca di legno che correva tra il tavolo ed il muro, e rimasi ad osservare mio cugino che rivoltava il frigo per trovare una birra da offrirmi. Forse avrei dovuto dirgli che non mi piaceva…
Alla fine James si arrese all’evidenza. « Ho finito le birre. Ti accontenti di un bicchiere d’acqua? »
Annuii: un bicchiere d’acqua era perfetto. Dopo aver frignato indegnamente per una mezz’ora buona, avevo bisogno di reintegrare i liquidi persi. Mio cugino mi porse un boccale dall’aria piuttosto sudicia e mi si sedette di fronte, studiando la mezza bottiglia di birra che gli restava con aria depressa e combattuta. Immaginai che si stesse chiedendo se mandarla giù d’un fiato o godersela lentamente, una goccia alla volta, per farla durare più a lungo. Alla fine parve optare per un compromesso e bevve un sorso misurato.
« Dunque… ehm… » alzò lo sguardo su di me, rigirandosi la bottiglia tra le mani con palese disagio « I Cannoni di Chudley hanno perso di nuovo. »
Solo James poteva dire una cosa così fuori luogo in una situazione del genere. Lanciai un’occhiata diffidente al boccale lurido che avevo davanti, prima di arrischiarmi a prendere un sorso. L’acqua sapeva stranamente di Whisky, ma non feci commenti.
James prese un altro mezzo sorso dalla bottiglia, controllò con preoccupazione quanta birra gli restasse, e la allontanò da sé, per non cedere alla tentazione di bere ancora – supposi. 
« Giocavano in casa, contro il Puddlemore United, che attualmente è l’ultimo in classifica. » continuò, covando con gli occhi la sua birra.
Sorseggiai il mio boccale di acqua e alcool, chiedendomi chi ci avesse bevuto Whisky prima di me, e se il bicchiere fosse stato lavato, dopo.
« 540 a 90, è stata una cosa davvero ignominiosa. »
« James, sai cosa vuol dire ignominiosa? » chiesi. James Potter era l’uomo delle sorprese: passavi anni nell’assoluta certezza che fosse la reincarnazione di un gorilla in un corpo umano, e poi lui se ne veniva fuori con questi paroloni da Harvard.
Lui alzò le spalle. « L’ha detto zio R… »
« Bella giornata oggi, vero? » lo interruppi, precipitosamente « Ci sono le nuvole, ma non piove, e considerato che siamo in Inghilterra direi che c’è da essere soddisfatti di… »
« Rose? »
James mi stava fissando come se fossi una pazza furiosa. E, bhe, non aveva neanche tutti i torti.
« Che c’è? » lo aggredii.
Ok, ammetto che potrei sembrare leggermente psicopatica, ma…
James, inaspettatamente, afferrò la mia mano e la strinse forte tra le sue. Ricambiai la stretta, sentendomi immediatamente meglio, per quel piccolo contatto.
« Dai Rosie, non fare così: non è successo nulla di grave. Lo sai che Ron è un idiota, quando si tratta di queste cose…»
Non gli ho neanche detto cos’è successo, e lui ha già capito tutto. Wow, io adoro mio cugino!
« … non c’è bisogno di prendersela come fa lui. Insomma, guardiamo le cose come stanno, i Cannoni non vincono una partita da tre mesi. »
Ebbi la netta impressione che la mia mascella si fosse staccata dal resto del corpo, o che in alternativa qualcuno mi avesse lanciato un incantesimo spalancante sulla bocca.
Mi rimangio tutto quello che ho pensato. Io detesto mio cugino! Ma come può essere così idiota?
L’idiota in questione mi tirò un buffetto affettuoso sulla guancia. « Avanti, cuginetta, non fare quella faccia offesa. Già è dura sopportare lo zio Ron quando… »
« POTRESTI CORTESEMENTE SMETTERLA DI PRONUNCIARE IL NOME DI QUELL’INDIVIDUO?! »
Sbraitai, scattando in piedi con aria feroce. James spinse la sedia indietro, spostandosi in fretta fuori dalla mia portata: una scelta molto saggia, indubbiamente. Avvicinò la mano alla tasca dove teneva la bacchetta, e chiese.
« È successo qualcosa? »
Perspicace, il ragazzo.
« Si! È successo che la mia famiglia fa cagare! » urlai « E tu sei l’essere più insensibile di questa terra, James Sirius Potter! »
E con quelle ultime parole, o grida, a voler essere precisi, me ne andai nella vecchia camera di Sirius e mi chiusi dentro.

 

***

 

Rimasi chiusa nella vecchia camera di Sirius, a fissare i poster di modelle babbane e le mutande sporche di James, per ore. Quando il cielo, ad est, cominciò a scurirsi, sentii le voci di James e Al nel pianerottolo fuori dalla porta.
« Senti, ehm… non è che puoi parlarci tu? » stava dicendo James « Non so cosa le è preso, le ho detto dell’ultima sconfitta dei Cannoni e si è offesa più di zio Ron… E prima stava piangendo. Forse ha il ciclo. »
Signore e signori, ecco a voi James Sirius Potter, in tutta la sua genialità...
« Io ci posso anche parlare, con lei, » replicò Al, con una voce piuttosto seccata « ma poi chi ci parla con zia Hermione? Se scopre che Rose si è nascosta da noi ci ammazza tutti quanti… »
“… e Albus Severus Potter, in tutta la sua codardia.
« E quindi tu vuoi gettare tua cugina in pasto all’ira di sua madre per pararti il culo? » sibilò James, incredulo « Dio, adesso capisco perché sei a Serpeverde. »
Al come al solito fece la cosa che sapeva fare meglio, ovvero si parò il culo. « Stavo solo cercando di dire che potremmo trovare un’altra soluzione, che non implichi una sanguinosa faida familiare, possibilmente. »
Illuso pacifista. Se fosse babbano sarebbe un hippy.
« Devo ricordarti chi di noi due è il mago maggiorenne? » chiese James, con un tono vagamente minaccioso « Rose resta qua finché lo dico io, tu pensa solo a fare lo psicologo. E vedi se riesci a farla spostare in un’altra stanza… ci sono tutte le mie cose là dentro. »
« Si, in effetti mi sembrava di aver visto qualcosa come dieci paia di mutande sporche in giro per la stanza! » urlai, con profondo sarcasmo.
Dall’altra parte della porta provenne un silenzio colpevole, che James spezzò con voce imbarazzata. « Ah… ehm… stavi ascoltando. »
Ok, mio cugino è ufficialmente il più grande idiota si sia mai visto sulla faccia della Terra. Che faccio, lo mando da uno psicologo o mi risparmio i soldi e il disturbo e lo faccio fuori subito?
Stavo giusto propendendo per la seconda opzione, quando James fu salvato dallo squillo campanello.
« Uh… saranno Fred e gli altri, devo andare. » grugnì e, a giudicare dai pesanti tonfi che seguirono la sua affermazione, si fiondò giù per le scale.
Mi rigirai sul letto sfatto di James, che aveva un simpatico odore di maschio adolescente allo stato brado, e ringraziai che Scorpius avesse un senso dell’igiene vagamente più sviluppato: condividere il bagno con un tipo come James sarebbe stata una tragedia. “Cero, però, la doccia sarebbe tutta per me…
Un paio di colpi secchi sul legno della porta mi distolsero dai miei pensieri. « Rose, mi apri? »
L’idea di fare l’offesa mi allettava, ma parlare con qualcuno che avesse un quoziente intellettivo vagamente superiore a quello di un primato sarebbe stata una ventata d’aria fresca in quella giornata nera. “E a proposito di ventate d’aria fresca… bleah, dovrei aprire la finestra.
Prima di tutto, però, andai ad aprire la porta, facendomi strada tra pile di vestiti sporchi e residui materia organica non meglio identificati. « Al, che vuoi? » grugnii, appoggiandomi allo stipite in modo da ostruirgli l’ingresso alla stanza.
« Oh, avanti, smettila fare l’incazzata. » sbuffò lui, e mi spostò con una spintarella, per entrare.
Tornai a distendermi sul letto senza protestare, mentre mio cugino si sedeva a gambe incrociate sul pavimento, di fronte a me, puntandomi addosso uno sguardo attento.
Ecco, adesso entra in modalità psicologo.
Non mi piaceva, quando mi faceva la psicanalisi: i suoi occhioni verdi diventavano terribilmente inquietanti, e scopriva sempre tutto. Sembrava quasi che fosse un Legilimens.
« Saltiamo la parte in cui io ti chiedo se è per i Cannoni di Chudley e tu mi affatturi. » esordì, con un mezzo ghigno « Avanti, ti ascolto. »
Affondai la faccia nel cuscino, e ci misi un po’ per trovare la voce. « Ho visto papà, stamattina. » sussurrai « Stava comprando un completino intimo sexy… Per femmine. » mi affrettai ad aggiungere, prima che si facesse strane idee.
Avevo pensato che sarei scoppiata in lacrime, dicendo quelle parole, invece mi sentii subito meglio. Continuai a tenere la faccia premuta nel cuscino, aspettando la reazione sdegnata di Al. Che non arrivò. Quando il tempo per un ragionevole silenzio indignato si fu esaurito, mi decisi ad alzare la faccia dal guanciale, ed incontrai gli occhi perplessi di Al.
Perché mi sta guardando come se fossi una psicopatica?” mi chiesi “Mah… tra lui e James sembra di stare in una clinica psichiatrica…
Mio cugino si mordicchiò il labbro inferiore, con un’espressione pensierosa che avevo imparato ad associare ai momenti critici, in cui sceglieva con cura le parole, prima di pronunciarle. « Bhe » disse infine « mi sembra giusto che anche lui si rifaccia una vita, no? Ha il diritto di avere un’altra tanto quanto Hermione ha il diritto di stare con Draco. »
Scattai a sedere, lanciandogli un sguardo omicida. « Appunto, mamma non ha nessun diritto di mettersi con Draco! » strillai.
Forse non era esattamente la cosa più intelligente che potessi dire, ma poco importava.
Mio cugino alzò gli occhi al cielo. « Rosie, non ti sembra che la tua visione del mondo ogni tanto sia un tantino… egoista? »
Ah, e così il viscido sta dalla parte del compratore di mutande, eh? Bhe, su una cosa il compratore di mutande aveva ragione: dai Serpeverde ci si può aspettare solo che ti pugnalino alle spalle nel momento in cui hai più bisogno di loro!
« Neanche per sogno! » sbottai « Se avevano intenzione di divorziare, potevano anche evitare di fare due figli! »
« Dubito che quando siete nati tu e Hugo pensassero di divorziare. » osservò Al, saggiamente.
Detesto le persone così ragionevoli: vogliono sempre provarti che loro hanno ragione e tu no.
« Bhe, avrebbero dovuto pensarci, invece, visti i risultati. » sbuffai, incrociando le braccia sotto il seno.
« Forse allora anche tu avresti dovuto pensarci, prima di metterti con Baston, visto che siete finiti a lanciarvi maledizioni in mezzo alla Sala Grande. »
L’espressione sarcastica di mio cugino era un chiaro insulto alla mia intelligenza, perciò ritenni più che legittimo offendermi.
« Non abbiamo mica fatto due figli, noi! » esclamai « E non mi ricordare di quell’idiota, comunque. »
David Baston, Grifondoro, diciassette anni di idiozia e preoccupanti tendenze alla poligamia: eravamo stati assieme un paio di mesi, al mio quarto anno. Era stato il mio primo esperimento di storia seria, e non era finito bene, perciò era stato anche l’ultimo.
Al ghignò. « Forse ti starò confondendo con un’altra, ma non eri tu quella che andava in giro dicendo di aver trovato il grande amore della sua vita? »
Arrossii violentemente: era sleale rinfacciarmi quanto fossi idiota a quattordici anni. « Bhe, e questo cosa c’entra? »
« Forse anche i tuoi genitori erano convinti di aver trovato l’amore della loro vita, quando si sono sposati. » insinuò lui, con un mezzo ghigno.
Gli lanciai un testa un calzino sporco di James. « Porca miseria, Al, ma da che parte stai? » strillai, con una vaga nota di isteria nella voce « E smettila di ghignare in quel modo, sei inquietante! »
Lo sapevo che i Serpeverde prima o poi lo avrebbero rovinato, loro e i loro viscidi sorrisetti cinici. Non avrei mai dovuto permettere che mio cugino cominciasse a frequentare certa gente…
Al fece una faccia disgustata, prese il calzino tra il pollice e il medio, tenendolo più lontano possibile da sé, e lo lanciò sotto l’armadio. « Se i tuoi genitori sono felici così, non potresti semplicemente essere contenta per lo…? »
« No! » ringhiai, senza nemmeno lasciargli il tempo di finire la frase.
Albus alzò le mani, in segno di resa. « Ok, ok, d’accordo, ho capito. »
Restammo in silenzio per un po’, ascoltando i rumori che provenivano dai piani inferiori. James ed i suoi amici si stavano dando da fare: se la casa non fosse stata protetta da una serie di potenti incantesimi insonorizzanti, a quell’ora i vicini avrebbero già chiamato la polizia. Mi domandai dove fosse il cervello dello zio Harry, quando aveva dato a James il permesso di appropriarsi della casa di Grimmuald Place per due settimane. Avevo sempre ritenuto mio zio una persona ragionevole… ma d’altro canto non poteva esserlo più di tanto, visto come era venuto fuori il suo primogenito.
« Dovresti dire a tua madre che sei qui. » disse il secondogenito del mio zio non-più-di-tanto-ragionevole, all’improvviso « Se non torni a casa si preoccuperà. » “E ci ammazzerà tutti, sì.
Ci teneva alla pelle il ragazzo, eh? Non a caso era stato smistato a Serpeverde: aveva un istinto di autoconservazione troppo sviluppato per finire a Grifondoro. D’altronde, quando sei il fratello minore di James Potter, non hai molta scelta: o impari a sopravvivere, o soccombi.
Scossi la testa con vigore. « No, io non ci torno in quella merda di posto. » ignorai l’occhiata di Al e proseguii « Non ne posso più di vedere teste platinate ogni volta che mi giro, e di svegliarmi ogni mattina sentendo Beethoven. E sono stufa marcia di scoprire che qualcuno ha deciso la mia vita senza chiedermi niente! »
Al sospirò, vagamente esasperato. « D’accordo, tua madre ha sbagliato a non dirti niente, hai ragione. Ma questo non vuol dire che devi farne una tragedia: il fatto che tua madre si risposi non è una cosa così terribile! »
« Infatti, è peggio che terribile! » esclamai « Se si risposasse con un tipo a caso, ecco, allora sarebbe terribile. Ma con Malfoy… »
« È solo un po’ freddo, ma quando impari a conoscerlo non è così male. » m’interruppe Al « E poi, onestamente, io pagherei oro per barattare James con Scorpius. »
Grazie al cavolo, è il tuo migliore amico!” « Te lo do anche gratis. » sbuffai « Sono disposta a sopportare di peggio che l’idiozia di James per levarmi Scorpius dai piedi. »
Al mi rivolse uno dei suoi sorrisi invasati da pacifista. « Visto, ora lo chiami per nome. State cominciando ad andare d’accordo. »
« Ma neanche per sogno! » lo contraddissi « Lo chiamo per nome solo per distinguerlo da suo padre. »
Al ghignò, con aria saputa. “Argh! Basta con quel ghigno da Serpeverde! Rivoglio mio cugino!” « Fidati, entro due settimane sarete migliori amici. »
« Certo Al, convinto. Perché non vai a predicare la pace nel mondo da qualche altra parte? »
E con quelle parole lo buttai fuori dalla stanza di Sirius e mi chiusi dentro nuovamente.
Fantastico, sono riuscita a prendermela anche con Al.” Pensai, sconfortata, lasciandomi cadere sul letto di James. E naturalmente non ero neanche riuscita a parlare del compratore di mutande… fantastico. Meraviglioso. Davvero stupendo.
Avrei dovuto chiamare Hugo: magari lui sapeva qualcosa sulla destinataria delle mutande. Ma essendo barricata nella camera puzzolente di mio cugino, ed avendo appena sbattuto fuori dalla suddetta stanza il mio altro cugino (uno dei tanti altri, per la precisione), l’unico dei presenti in possesso di un cellulare, sospettavo, non ero esattamente nelle condizioni di scendere in cucina e chiedergli di prestarmelo.
Calciai a terra una maglietta il cui odore ricordava vagamente quello della gabbia del gufo di Hugo quando non la pulivamo per settimane, e mi tirai le lenzuola sopra la testa, sperando di morire asfissiata senza soffrire troppo.
Per il resto della sera parve che la stanza dove mi ero rintanata fosse diventata la meta di un pellegrinaggio, o forse fu solo una mia impressione, dopo la settima volta che vennero a bussare alla porta. Fui disturbata, in quest’ordine, da Lorcan Scamandro – mi chiese se volevo partecipare ad una gara a cronometro sulle scope, in giro per i corridoi della casa. Gli augurai di finire impalato su una scopa –, Al – probabilmente voleva regalarmi un ciondolo della pace Hippy, o farmi la predica per il mio comportamento nei confronti dei Malfoy. Lo mandai via prima che potesse dirmelo –, James – non trovava la bacchetta, mi chiese se l’avessi vista in giro per la stanza. Gli risposi che se l’avessi trovata gliel’avrei ficcata su per il naso. Se ne andò senza dire altro –, di nuovo Al – m’informò che mamma avrebbe mobilitato una squadra di Auror se non fossi tornata a casa entro le dieci. Feci finta di non averlo sentito –, mio cugino Fred – mi chiese se volevo provare un nuovo prodotto dei Tiri Vispi Weasley. Gli suggerii di ingurgitare una scatola di Torrone Sanguinario scaduto –, uno sconosciuto amico di James – stava cercando una cassa di Whisky Incendiario. Gli dissi che non avevo il Whisky, ma se voleva potevo incendiarlo –, Al per l’ennesima volta – disse che mamma aveva mobilitato gli Auror. Ipotizzai che gli Auror volessero arrestare lui, per depistaggio. Non si fece più vivo per il resto della serata –, di nuovo lo sconosciuto amico di James, che evidentemente aveva trovato il Whisky – era convinto di essere davanti alla porta dell’inferno. E chi ero io per contraddirlo?
Poco prima dell’una di notte i rumori provenienti dai piani bassi cominciarono ad affievolirsi, e alle due sentii il leggero tonfo della chiave che scivolava fuori dalla serratura e cadeva sul pavimento, e il cigolio della porta che ruotava sui cardini. I passi pesanti confermarono il mio sospetto che si trattasse di James, ma restai distesa sul letto dandogli le spalle e lo ignorai.
Lui s’infilò nel letto accanto a me e mi circondò le spalle con un braccio, facendo aderire il suo petto con la mia schiena. Continuai ad ignorarlo.
« Ehi, Rose… » sussurrò, le labbra a pochi centimetri dal mio orecchio « … mi dispiace per prima. Non ho ben capito la storia del Cannoni di Chudley, ma… bhe… ehm… già. »
Non riuscii a trattenere il sorriso che mi si formò sulle labbra: Jamie era un grandissimo imbecille, ma aveva un cuore d’oro.
« Hem… » si schiarì la gola, a disagio « Se… se vuoi puoi restare qua, per questa notte. »
Ridacchiai. « Grazie, Jamie, ma… » storsi il naso « puzzi. »
Sentii la sua risata sul collo. « Già, devo farmi una doccia. »
« Da quanto tempo, di preciso, devi farti una doccia? » indagai.
Lui rise di nuovo, ma non rispose.
Mi raggomitolai tra le lenzuola, sprofondando il naso nel cuscino. In fin dei conti non puzzava più di un qualsiasi altro adolescente abbandonato in una casa vuota senza una madre, avrei anche potuto abituarmi a quell’odore. E poi stavo così bene là…
Appena prima di scivolare nell’incoscienza, mi sembrò di sentirlo sussurrare. « Puoi restare qui tutte le notti che vuoi, Rosie. Gli Auror non ti troveranno. » 

 

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Capitolo 7
*** i Weasley sono sempre i Weasley, e i Malfoy sono sempre i Malfoy... o forse no? ***


6.
I Weasley sono sempre i Weasley, e i Malfoy sono sempre i Malfoy…
O forse no?

 

 
Nella vita ci sono persone di cui puoi fidarti, e persone di cui faresti meglio a non fidarti nemmeno quando ti dicono che Natale è il 25 dicembre. Il problema è che generalmente la gente non gira con scritto in fronte “sono un infido doppiogiochista”, e quando qualcuno lo fa, di solito meriterebbe molta più fiducia di quella che la gente tenda a riporre in lui.
Di una cosa, comunque, ero sempre stata certa: che i miei cugini girassero con scritto in fronte “sono un idiota” (vedi James), “sono anoressica” (Dominique aveva finalmente raggiunto l’obbiettivo di infilarsi un paio di jeans taglia trentotto senza aprire il bottone) o “sono un hippy” (e qua non c’è bisogno di fare nomi), di loro avrei sempre potuto fidarmi. A quanto pareva, invece, Scorpius Malfoy faceva parte della categoria di idioti che giravano con scritto in fronte “sono un infido doppiogiochista”. Che poi lo fosse davvero e fosse idiota a farlo vedere, o che non lo fosse e fosse idiota a dimostrare il contrario, una cosa era certa: Scorpius Malfoy era un idiota.
 

 

***

 
Quella mattina mi svegliai con la sgradevole sensazione di essermi addormentata in un ovile. Arricciai il naso e mi liberai dal braccio di James, che nel sonno si era stretto attorno alla mia vita, chiedendomi come facessero gli sposini a dormire tutti appiccicati nelle afose notti di fine giugno. Sperai che ciò potesse dissuadere mia madre dal dormire abbarbicata addosso a Draco.
Scesi dal letto inciampando in una rivista di Quidditch abbandonata sul pavimento e mi diressi verso il bagno: urgeva una doccia fredda. Sia per il caldo, sia per la curiosa fragranza animalesca che James mi aveva lasciato addosso. Mi ripromisi di buttare in doccia anche lui, appena si fosse svegliato.
Mi sfilai i vestiti velocemente e scivolai sotto il getto di acqua gelida con un sospiro di sollievo. Non avevo mai capito che problema avessero i maschi con le docce, ma qualunque cosa fosse doveva essere una patologia grave.
Mentre mi strofinavo i capelli con il sapone – non avevo trovato la shampoo – mi ritrovai pensare ad Albus e James. Al era sempre stato il mio migliore amico, forse perché avevamo vissuto in simbiosi dalla culla ad Hogwarts, e non avevo mai rimpianto di avere un cugino come lui (bhe, quasi mai…), nonostante tutte le sue stramberie. Ma James aveva qualcosa che a suo fratello mancava, quel pizzico di Grifondoro nell’animo che distingueva le persone leali fino alla morte, che non si preoccupavano minimamente di finire nei guai per aiutare un amico. Chiamatela stupidità, o incoscienza, se volete, ma non ero mai stata più grata a James di essere l’idiota irresponsabile che era.
Uscii dal bagno cinque minuti dopo esservi entrata, avvolta in un enorme accappatoio verde scuro (vecchia roba dei Black, immaginai: James non avrebbe mai neanche toccato qualcosa di quel colore) e trovai un grosso barbagianni ad aspettarmi appollaiato su una delle teste di Elfo Domestico appese nel corridoio.
Bleah… non c’è bisogno di essere mia madre perché questa cosa faccia schifo… ma chi diamine era l’arredatore dei Black?
Tesi il braccio verso l’uccello, che mi depositò la lettera in mano e, dopo avermi lanciato un’ultima occhiata torva, volò via. Avevo una discreta paura di scoprire che il mittente della lettera era mia madre incavolata nera, perciò fui quasi sollevata di leggere le iniziali S.M. sotto il sigillo di ceralacca verde.
 
Weasley, dovunque tu sia, torna a casa immediatamente.
Non puoi lasciarmi da solo con questi due pazzi!
S. Malfoy
PS. Ah, tra parentesi, tua madre ti vuole uccidere. Sempre che non l’abbia già fatto qualcun altro…
 
Accartocciai la pergamena e la lanciai in bocca ad uno dei tanti Elfi appesi lungo il corridoio, poi, soddisfatta, trotterellai nella camera di Sirius. James, durante la mia assenza, si era espanso anche nella mia metà di letto, ed ora se ne stava disteso a pancia in giù, con la faccia spiaccicata nel materasso, il cuscino sotto la pancia, e braccia e gambe aperte a stella marina, che pendevano fuori dal letto. Mi lasciai scappare un sorrisetto: poteva anche essere maggiorenne, adesso, ma restava sempre un bambino troppo cresciuto.
Raccolsi da terra una maglietta ed un paio di pantaloncini che mi sembravano puliti e li infilai, stringendo l’elastico dei calzoni perché non mi cadessero, poi mi avvicinai a mio cugino, gli sfilai il cuscino da sotto la pancia e lo buttai giù dal letto. Letteralmente: tirai verso l’alto le lenzuola che gli si erano arrotolate addosso, facendolo cadere sul pavimento con un tonfo sordo.
« Ouch! » James scattò a sedere, guardandosi attorno con aria confusa.
« Buongiorno, Jamie. » ghignai.
Nessuno poteva buttare James Sirius Potter giù dal letto alle otto di mattina e chiamarlo Jamie restando impunito. Avrei dovuto saperlo che io non ero nessuno, ma non potevo certo sapere che i riflessi da Cacciatore di mio cugino fossero attivi e perfettamente funzionanti anche appena sceso (volontariamente o non) dal letto.
Dieci minuti dopo James, da sotto la doccia, mi stava accusando di avergli disarticolato la spalla, ed io mi stavo massaggiando la chiappa destra, maledicendo il gancio sinistro di mio cugino. Io e James ci azzuffavamo da quando avevamo rispettivamente due e tre anni e giravamo per casa dei nonni con il ciuccio in bocca: ai nostri genitori ci erano voluti anni di urla e punizioni per capire che noi lo consideravamo un gioco. Anche se effettivamente, con i bicipiti che aveva messo su Jamie giocando a Quidditch, e con la mia conoscenza del Karate, le nostre zuffe erano diventate un tantino violente, negli ultimi tempi. Non potevo lamentami, comunque: Jamie era l’unico cugino Weasley che si offrisse volontario come cavia per i miei allenamenti di arti marziali.
James uscì dalla doccia con un asciugamano avvolto attorno ai fianchi, e mi fece una linguaccia. Era più alto e robusto del fratello, ma a quanto pareva aveva superato la fase “voglio essere un palestrato tutto pompato”.
« Ti sono andati via i cubetti. » osservai, con un sorrisetto.
« Non mi piacevano più. » grugnì « E comunque me li rifaccio quando voglio. »
« Certo, certo… » sghignazzai, mentre lui si chiudeva in stanza, offeso.
Jamie era parecchio permaloso. Per fortuna i suoi musi duravano meno dei suoi rari momenti di intelligenza. Per dare un’idea della durata dei suoi colpi di genio, James uscì da camera sua due minuti dopo, asciugato e vestito, e mi rivolse un gran sorriso. Scendemmo in cucina assieme, spintonandoci per le scale.
« Che si mangia? » Chiese, piazzandosi davanti alla dispensa aperta con un atteggiamento da Cristiano Ronaldo in procinto di battere una punizione. « Ah, per la cronaca, non so cucinare. »
Come se non lo sapessi. Per James era già complicato scartare una merendina.
« Neanch’io. » ammisi.
James alzò le spalle. « Uhm… facciamo cioccolata e patatine? » propose.
« Mi sembra perfetto. » approvai, e presi al volo la barretta di cioccolata che mi lanciò.
Mentre ruminavamo la nostra colazione improvvisata, seduti a gambe incrociate sul lungo tavolo della cucina (eravamo sempre stati i due cugini Weasley meno civilizzati), mi trovai a pensare al compratore di mutande, a mamma, a Draco, e alla destinataria delle mutande. Deprimersi non aveva molto senso, considerato che il massimo risultato che avrei potuto raggiungere, proseguendo per quella strada, sarebbe stato il suicidio. Non troppo allettante, vero?
Mi serviva un piano d’azione, una strategia per far tornare assieme mamma e papà. Lanciai uno sguardo a James, che si era fatto finire una patatina nella maglietta, ed ora stava ripescando le briciole dalle mutande, imprecando. “Per essere idiota è idiota” valutai “ma se c’è qualcuno su cui posso contare per architettare un piano diabolico, quello è lui. Certo, prima devo riuscire a fargli entrare in testa che il problema non è la mia squadra di Quidditch…
Provai a sondare il terreno. « James, se ti dicessi che ieri non era per i Cannoni di Chudley… tu cosa diresti? »
James lasciò perdere gli scavi archeologici per la riesumazione delle briciole e mi rivolse un’occhiata accigliata.
« Direi “Cazzo, Al aveva ragione!” E sai quanto odio che Al abbia ragione. »
« Bhe… » replicai, staccando un morso dalla mia barretta di cioccolata « Non per rovinarti la giornata, ma non seguo più le partite dei Cannoni da anni… »
 

 

***

 
Martedì pomeriggio, nel salotto di Grimmuald Place numero dodici, era riunito il consiglio di guerra del Clan Weasley-Potter. James si era districato dai suoi doveri di oste dicendo « Bhe, siamo cugini, casa mia è casa vostra. Servitevi. » ed ora se ne stava stravaccato sul divano con un tappo di birra in bilico sul naso e la bottiglia in mano. Quella mattina lo avevo spedito al supermercato a comprare un deodorante per ambienti e un vasetto di Nutella, ed il genio era tornato con una boccetta di Chanel numero cinque ed una cassa di birra. Ai piedi del divano, sul liso tappeto verde, era distesa Lily, con gli anarchici capelli rossi costretti in due treccine contorte e gli occhi azzurri ed agguerriti. Su una sedia poco più a sinistra stava seduta Lucy, che stringeva tra e mani una cartella piena di fogli. Dominique aveva colonizzato due poltrone: una per la sua enorme borsa, ed una per il suo minuscolo sedere. Se ne stava seduta a gambe accavallate, in un atteggiamento da tronista, e si guardava attorno arricciandosi una ciocca di capelli sul dito con aria annoiata. Accanto a lei c’era l’atletica Roxanne, in piedi come al solito, che stava contrattando con Fred il pagamento di una scommessa persa. Ed infine, sulla grande scrivania di mogano, uno accanto all’altro, erano seduti i tre modelli di casa Weasley: Louis, Hugo e Albus. Uno biondo, uno rosso ed uno moro, tutti e tre dimostravano quattordici anni (con la differenza che Louis e Hugo li avevano veramente, Al invece ne aveva quasi sedici) ed erano tutti e tre decisamente carini. Louis più che carino era proprio un gran pezzo di figo, ma d’altronde con la madre e le sorelle che si ritrovava sarebbe stato più strano il contrario. Hugo, nel senso oggettivo del termine, era il meno bello dei tre, ma aveva un fascino del tutto particolare, che alle ragazze generalmente non passava inosservato. Ed infine c’era Albus, con i suoi occhioni verdi da cucciolo ed i tratti delicati da bambino. Le ragazze lo trovavano tremendamente dolce. Ed io lo trovavo semplicemente disgustoso, quando mi toccava ascoltare le conversazioni di arrapate dodicenni convinte che Al fosse un principe azzurro dolce e zuccheroso. Evidentemente non avevano notato la spilla di Serpeverde che gli brillava sul petto.
Mi schiarii la gola. « Bene, gente. » mi interruppi per un paio di secondi, aggrottando le sopracciglia « No, in effetti non va molto bene. Ma comunque, non è questo il punto. » lanciai un’occhiata di sottecchi a Hugo « Come sapete, la regola numero uno del clan Weasley-Potter, è che quando uno di noi è nei guai, gli altri cugini devono accorrere in suo aiuto. Bhe, io sono nei guai. Parecchio nei guai. »
« Si, bhe, si era capito. Vivi con i Malfoy. » m'interruppe James.
Si, bhe, si era capito. Sei un idiota.
« Vi prego, qualcuno lo sopprima. » sibilò Dominique, lanciandogli un’occhiata disgustata.
« Lo farei io » si offrì Fred « ma così non potrei più avere i cinque Galeoni che mi deve. »
« I compiti delle vacanze di Pozioni che ti ho passato valgono almeno dieci Galeoni! » s’indigno James.
Fred ghignò. « D’accordo, vedrò di restituire a Molly i suoi dieci Galeoni. »
James lanciò a terra il tappo della birra, esibendo un’espressione profondamente offesa. « Non hai idea di cosa ho dovuto passare per convincerla a farmeli copiare! »
« Gente, stiamo divagando. » m’intromisi. Fred si bloccò con la bocca aperta per ribattere e il dito indice alzato. James si affrettò a nascondere il medio dietro la schiena, nonostante tutti lo avessero visto sventolare in direzione di Fred.
Sbuffai, esasperata: i meeting del clan Weasley-Potter erano peggio di riunioni condominiali. « Prima che qualcuno mi interrompesse con un commento opportuno quanto intelligente, » fulminai James con un’occhiataccia « stavo dicendo che sono nei guai. Come saprete, mamma ha deciso di andare a vivere con Malfoy, e… »
« È quello che ho detto io! » esclamò James.
« James, un’altra parola e ti faccio evanescere le birre. » minacciai.
James lanciò un’occhiata preoccupata alla bottiglia vuota che teneva in mano, e decise saggiamente di restare zitto. Annuii, compiaciuta, e ripresi il mio discorso.
« Bhe, ve la faccio breve, prima che qualcun altro possa interromperm… sì, Lucy? » ringhiai, in direzione di mia cugina, che aveva alzato la mano timidamente.
« Sì, ehm… so che quando Ron » storsi il naso « e Hermione hanno divorziato, la custodia legale dei figli è stata affidata a tua madre per te, e a tuo padre per Hugo, dico bene? »
Hugo annuì. « Bhe » continuò Lucy « mi sono documentata un po’, e ho scoperto che se vuoi andare a vivere da tuo padre la procedura per cambiare l’atto legale non dovrebbe essere lunga, ammesso che entrambi i genitori siano consenzienti. » fece un piccolo ghigno « E per quello, obiettivamente, c’è l’imperio. »
Lucy all’apparenza era una banalissima studentessa di Corvonero, con voti troppo alti ed un numero di decimi di vista troppo basso. Era di statura media, di corporatura media, di bellezza media. Insomma, all’apparenza era terribilmente banale. Riusciva a passare inosservata persino con i suoi capelli rosso Weasley. Eppure, sotto a tutta quella sconcertante banalità, si nascondeva una mente criminale del tutto geniale.
Già, sarebbe un piano stupendo, se non fosse per l’insignificante dettaglio che…
« Io non voglio andare a vivere con mio padre. »
Mezza dozzina di voci sconcertate, contemporaneamente, dissero. « Ah no? »
« No. » confermai « Ed è qui che entrate in gioco voi. »
Lily alzò un sopracciglio. Roxanne tese la mano aperta verso Fred che, sbuffando, vi fece scivolare dentro alcuni Falci. James si sistemò meglio sul divano, guardandomi con un certo interesse.
« Dovete aiutarmi a far tornare assieme mamma e papà. »
« No, ma perché? Hermione e Draco stanno così bene assieme! » esclamò Al.
« È completamente andata. » sbuffò Domi.
« I filtri d’amore sono illegali. » osservò Louis.
« È l’idea più idiota che abbia mai sentito » convenne James « … mi piace! »
Al e Dominique lanciarono due identiche occhiate scandalizzate al primogenito di Harry Potter.
« Io ci sto. » si unì Fred.
Al voltò bruscamente il capo verso di lui, la mascella che minacciava di cadere sul pavimento polveroso.
Roxanne annuì. « Dieci Galeoni che non ce la facciamo, ma puoi contare su di me. »
« Dieci galeoni che si. » intervenne Lily, rivolgendomi un largo sorriso.
Hugo mi strizzò l’occhio. « Lo sai che devo tenerti d’occhio, sorellina. Perciò non ti aspettare di liberarti di me tanto facilmente. »
Louis ridacchiò. « E filtro d’amore sia. »
Lucy sistemò i fogli con aria molto professionale e scrisse qualcosa sul bordo superiore della cartella. « Ci servirà un piano. » spiegò, e mi rivolse un piccolo ghigno da teppistella.
Albus e Dominique si rivolsero una lunga occhiata, constatando di essere rimasti i soli che non avevano aderito alla mia idea.
Fantastico, gli unici due che non mi vogliono aiutare sono i miei migliori amici… ma come cavolo me li scelgo, gli amici?
Alla fine Domi alzò le spalle. « Mi sono sempre piaciute le mission impossible… »
Si, certo, perché c’era Tom Cruise” pensai, infastidita. Non le avevo ancora del tutto perdonato la storia di Scorpius.
Al si guardò in giro con aria tradita e alla fine i suoi occhi verde smeraldo si soffermarono su di me, con un’espressione di profondo disgusto. « Tu sei l’anticupido, Rose! » affermò, con aria teatrale.
« E tu sei l’antiPotter. » sbuffò Lily.
« Sul serio, » annuì James « non puoi essere mio fratello. Dev’esserci stato uno scambio nella culla. »
Dopo aver costretto Al ad unirsi all’operazione L-S-D (Leone-Serpente-Donna [il nome lo avevano proposto James e Fred, naturalmente]), spiegai nel dettaglio l’incasinata situazione familiare in cui ero, mio malgrado, immersa fino al collo.
« Quando si dice nella merda fino al collo… » ironizzò Fred, e non gradii particolarmente il paragone tra la mia famiglia e lo sterco, ragion per cui mio cugino si ritrovò con lo stemma dei Black, che si trovava inciso su un boccale d’argento sfortunatamente situato vicino alla mia mano, stampato sulla guancia.
Dopo quel commento prontamente tacitato, non ci furono più interruzioni, a parte un sonoro tonfo, quando raccontai la parte della biancheria di pizzo e Hugo cadde dalla scrivania, e le imprecazioni Pixiane che ne seguirono.
L’ho cresciuto proprio bene, il mio fratellino” pensai con orgoglio, quando un plateale « Merlino e Morgana, mortacci vostri, non potevate usare il preservativo? » risuonò per la stanza.
« E miseriaccia a quella maiala di Circe, poteva almeno fare un’offerta tre notti paghi due! » Fu così che terminò la lunga e fantasiosa sequela d’insulti ai maghi più illustri della storia, lasciando la stanza nel silenzio. Hugo si guardò attorno, tra le facce attonite dei presenti, e tornò a sedersi sulla scrivania, sbottando con aria infastidita un perentorio « E che cazzo! »
James si lanciò in un applauso entusiasta. « Ben detto, cugino! »
Fred sghignazzò. « Quella di Circe me la devo segnare. »
« Se sta uscendo con una Serpeverde giuro che lo uccido. » grugnì Hugo, indifferente ai complimenti appena ricevuti.
Annuii con fervore. « E poi uccidiamo Draco. »
« Sicuro. » convenne lui « E anche la stronza con cui esce papà. »
« La impicchiamo con il reggiseno di pizzo. » proposi.
« E poi la tagliamo a cubetti e ci facciamo lo spezzatino con la ricetta di Nonna Molly. »
« E la serviamo per cena a Grop. »
« E quando l’avrà cagata, costringeremo Malfoy a mangiarla. »
« Prima di uccidere anche lui. »
« Ovvio. »
Quando io e mio fratello finimmo di esporre il nostro brillante piano di vendetta, Al si afflosciò sulla scrivania, in preda ad un attacco di ridarella selvaggia. Il resto del clan Weasley-Potter gli rivolse delle occhiate più o meno confuse, e sentii James borbottare « Lo dicevo io che ha qualche problema mentale. »
Al, ancora scosso dalle risate, si appoggiò alla spalla di Louis per non cadere dalla scrivania. « U-un p-po’ ma-cabra, ma n-on senti-vo una bar-barzelletta c-così spas-sosa da se-secoli! » sghignazzò, e si asciugò le lacrime dagli angoli degli occhi con la manica della camicia.
Io ed Hugo ci scambiammo uno sguardo perplesso. « Barzelletta? » chiese Hugo.
« Spassosa? » ripetei io, altrettanto sconcertata.
Le risate di Al cessarono immediatamente, ed il secondo maschio di casa Potter impallidì vistosamente. « Perché voi stavate scherzando, vero? »
Hugo corrugò le sopracciglia. « Bhe, forse sulla parte di impiccarla con il reggiseno… » ammise « insomma, non sono sicuro che si possa impiccare qualcuno con un reggiseno… »
« Forse anche sullo spezzatino di nonna Molly...» m’inserii « Credo di aver perso la ricetta durante il trasloco. » Le labbra di mio fratello si afflosciarono in una smorfia delusa « Ma possiamo sempre farci degli spiedini. » mi affrettai ad aggiungere.
Al spalancò la bocca, il viso pietrificato in un’espressione di orripilato sconcerto. Rimase in silenzio così a lungo, talmente immobile da non sbattere nemmeno le ciglia, che cominciai a chiedermi se James non gli avesse lanciato un Petrificus Totalus per divertirsi un po’. Ma poi mi ricordai di avergli sequestrato la bacchetta quella mattina, quando era tornato a casa con le birre al posto della Nutella.
Forse è stato Fred…
Lucy tossicchiò. « Ok, ragazzi, che ne dite di trovare un piano che non finisca con il bacio di un Dissennatore? »
 

 

***

 
Giovedì mattina la prima pagina della Gazzetta del Profeta recitava a caratteri cubitali: “FIGLIA DEI SALVATORI DEL MONDO MAGICO SCOMPARSA. Vendetta dei Mangiamorte o colpo di testa adolescenziale? Articolo a pagina 6.
Vendetta dei Mangiamorte, certo” pensai, con sarcasmo “mi sembrava che Draco si fosse già vendicato abbastanza.
Spostai un calzino sporco di James dal divano e mi ci sedetti, aprendo il giornale a pagina 6.
 
Rose Weasley, sedici anni compiuti questo aprile, figlia dei noti Auror Ronald Weasley ed Hermione Granger, è scomparsa lunedì mattina, a Londra. L’ultimo a vederla è stato Scorpius Malfoy, coetaneo e compagno di scuola di Rose, nonché figlio dell’attuale convivente della Granger, Draco Malfoy. Il ragazzo, interrogato dagli Auror, ha detto di averla vista per l’ultima volta a Piccadilly. « Là ci siamo persi di vista, tra la folla. Avevamo deciso di trovarci alle undici e mezza in Piccadilly Circus se ci fossimo divisi, perciò all’inizio non mi sono preoccupato. Poi, quando non si è presentata all’appuntamento, ho pensato che si fosse attardata in qualche negozio, e che sarebbe tornata per conto suo con il Nottetempo, perciò sono andato a casa senza aspettarla. Non ho la più pallida idea di dove possa essere, adesso. »
Neanche gli Auror ce l’hanno, a quanto pare. Il capo dell’Ufficio Auror, Harry Potter (tra l’altro zio della ragazza scomparsa), non ha voluto lasciare dichiarazioni, ma una fonte molto attendibile ha confermato che il Ministero brancola nel buio, e non è stato trovato uno straccio di prova.
Nonostante ufficialmente non sia stata ancora avanzata nessuna teoria sulla scomparsa di Rose, il padre ha dichiarato che « L’ipotesi che i Mangiamorte abbiano a che fare con la sparizione di mia figlia non mi pare affatto improbabile. A meno che i Malfoy stessi non ci siano dentro, cosa che non escludo. ». La teoria del signor Weasley sul coinvolgimento dei Mangiamorte pare piuttosto fondata, considerando la disgrazia che colpì la famiglia Malfoy sette anni fa. A detta del celebre psicologo Edwin Ludwig, infatti « I Mangiamorte potrebbero aver considerato come un affronto il fatto che un ex Mangiamorte – il signor Malfoy – abbia deciso di convivere con l’eroina della seconda guerra magica – la signora Granger, e di conseguenza non è da escludersi che abbiano deciso di vendicarsi prendendo in ostaggio la figlia della signora Granger. ». Lo stesso Ludwig, però, ha ammesso che l’assenza del Marchio Nero sul luogo del rapimento sarebbe insolita, se i rapitori fossero davvero i Mangiamorte. Inoltre non è arrivata nessuna minaccia ai familiari di Rose, cosa che scredita ulteriormente l’ipotesi che la ragazza sia stata presa in ostaggio.
Per quanto riguarda l’ipotesi che Rose sia stata rapita e/o uccisa da dei malviventi babbani, il signor Weasley ci ha assicurato che è impossibile. « Rose, oltre ad essere un’esperta di arti marziali (un tipo di lotta babbana a mani nude NdA) è una strega molto dotata, e sono certo che porti sempre la bacchetta con sé quando esce: glie l’ho insegnato io stesso. Non si sarebbe mai fatta sorprendere da un Babbano ». Il fatto che Rose sia stata rapita da un mago che si trovava lì per caso pare altrettanto improbabile, poiché al momento della sparizione la ragazza si trovava nella Londra babbana.
L’ipotesi del rapimento, dunque, dopo un’approfondita analisi, pare piuttosto improbabile. Ed è a questo punto che avanza una seconda teoria: che fosse tutto un colpo di testa adolescenziale, e Rose sia semplicemente scappata di casa?
« Bhe, se mia madre fosse andata a convivere con Draco Malfoy, io lo avrei fatto. » ha commentato il signor Weasley « Ma in tal caso sarebbe venuta a casa mia. No, devono essere stati i Mangiamorte.»
« Sinceramente, non credo che i Mangiamorte siano interessati a Rose Weasley. » ha detto invece Draco Malfoy « Avendo avuto modo di conoscere il suo pessimo carattere, ritengo molto più probabile che sia semplicemente scappata di casa. »
Ed è a questo punto che viene fuori la notizia che nessuno si sarebbe mai aspettato: Scorpius Malfoy ha dato delle false informazioni agli Auror. Il ragazzo ha negato, ovviamente, ma Dominique Weasley, cugina di Rose, che era a Londra assieme ai due il giorno della sparizione, intervistata dalla sottoscritta ha dichiarato. « L’ultima volta che ho visto Rose eravamo in un negozio di biancheria intima, in Brookmill Road. È uscita mentre mi stavo provando un completino intimo di Victoria’s Secret in un camerino, e poi non l’ho più vista. », versione confermata da un altro testimone oculare.
Ora, chiunque abbia anche una vaga conoscenza di Londra, saprà che Brookmill Road si torva dall’altra parte della città rispetto a Piccadilly Circus, luogo dove Rose si sarebbe trovata prima della sparizione, secondo Malfoy. Che Scorpius stia coprendo la fuggitiva?
 
Rimasi a fissare la pagina per parecchi minuti, dopo aver finito di leggere. “Non ha alcun senso… la Skeeter si è inventata una storia completamente assurda anche per i suoi standard!
Non che io non fossi scappata di casa – su quello dovevo ammettere che ci aveva preso – ma Scorpius che mi copriva era la cosa più idiota che avessi mai sentito. Altro che magia, quella era fantascienza!
E poi si può sapere cos’è questa presunta disgrazia che ha colpito i Malfoy sette anni fa? La Skeeter sta davvero perdendo colpi…
 

 

***

 
Quel pomeriggio James tornò a casa piuttosto pallido, e senza la Nutella che lo avevo mandato a comprare tre ore prima.
Cristo Santo, in due volte che è andato al supermercato non è riuscito a ricordarsi di comprare un misero vasetto di Nutella? Neanche gli avessi dato una lista della spesa lunga tre metri: solo quello doveva comprare!
« Wow » sbuffai « ci hai messo tre ore per non comprare un vasetto di Nutella. »
James si lasciò cadere pesantemente su una sedia, in cucina, e fece un gesto esausto verso la dispensa. « Whisky. » biascicò.
Gli lanciai un’occhiata sospettosa: sembrava che avesse appena visto un fantasma. Forse qualche sorso di Whisky gli avrebbe davvero fatto bene. Quando i sorsi, però, diventarono mezza bottiglia, mi affrettai ad allontanare il Whisky dalla portata di mio cugino.
« Allora? » chiesi, seccata. Nessuno poteva negarmi un vasetto di Nutella senza un motivo meno importante della fine del mondo.
« Tua madre… » sussurrò lui.
Mi accigliai. « Mia madre cosa? »
« L’ho incontrata per strada. » spiegò James, con voce flebile « E mi ha chiesto se potevo aiutarla a portare delle borse nel suo ufficio. » Non cominciava bene, come discorso. « E quando siamo arrivati là, mi ha fatto una specie di terzo grado. » Non continuava bene, come discorso. « Dov’è Rose? Quando è stata l’ultima volta che l’hai vista? Ha cercato di contattarti? E, bhe… » esitò « Tua madre non è una Legilimens, vero? » E non finiva per niente bene, come discorso.
« Cazzo! » esclamai.
James divenne ancora più pallido. « Oh, sterco di drago! È davvero una Legilimens? »
« Non ne ho idea… » ammisi. Cercai di ricordare qualche situazione in cui mi avesse dato l’impressione di leggere nella mente, e… « Porca miseria, ecco come fa a sgamarmi sempre quando le racconto una palla! »
James si afflosciò sulla sedia. « Siamo davvero davvero nella merda, Rosie. » Fece un gesto depresso verso la bottiglia e gracchiò. « Whisky. »
« Scusa, ma tu hai già bevuto prima. » mi giustificai, prima di attaccarmi al collo della bottiglia.
 

 

***

 
Un’ora dopo il consiglio di guerra del clan Weasley-Potter era nuovamente riunito nel salotto di Grimmuald Place. Io e James eravamo distesi sul divano, uno addosso all’altra, distrutti dal mal di testa e dalla nausea (“Dannato Whisky!”), mentre gli altri cugini si aggiravano per la stanza, tutti discretamente isterici.
« Papà mi ammazza. » disse Lucy, da dietro il grande libro che stava sfogliando freneticamente.
« Hermione ci ammazza. » la corresse Al. Poi lanciò un’occhiata torva in direzione di James. O di me. O forse di tutti e due. O magari stava guardando qualcun altro… difficile da capire, quando ci vedi doppio. « E non ditemi di non dirvi che ve l’avevo detto. Perché lo dirò. »
Per tutta risposta James ruttò e biascicò. « E se non ti sposti e ti vomito addosso, poi non dirmi di non dirti che te l’avevo detto. »
Al si affrettò a seguire il consiglio del fratello, e andò a profetizzare orribili sfighe dall’altra parte della stanza, dopo averci lanciato un’ultima occhiata disgustata.
« Potremmo nascondere Rose da un’altra parte… » propose Lily.
Roxanne annuì. « Sì, e potremmo far finta che sia stata rapita davvero… »
« Oh, si, io sono il Mangiamorte! » esclamò Fred, entusiasta « Potremmo tatuarci il Marchio con l’henné, e… »
« Te lo tatuo sulla fronte, il Marchio, se non stai zitto! » strillò Dominique, brandendo la sua enorme borsa di Gucci con aria minacciosa.
« Ok, ok, calma ragazzi! » esclamò Lucy « Non facciamoci prendere dal panico: forse siamo ancora in tempo per tirarci fuori da questo casino… »
Dal piano inferiore provenne uno schianto assordante, che fece trasalire tutti, ed una voce autoritaria esclamò.
« Polizia magica! Consegnatevi senza combattere e non si farà male nessuno! »
« O forse no. » gracchiai. 

 

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Capitolo 8
*** miss lingerie ***


7.
Miss Lingerie

 

C’è gente che nella vita campa fidandosi esclusivamente del proprio sesto senso. Bhe, io non ci credo. L’unica persona del genere che conosca è lo zio Harry, ma lui ha un culo grande come una casa, non è sesto senso, il suo. Fidatevi, gente: non fidatevi del vostro sesto senso. Vi farà credere che vostra moglie non vi sta tradendo, mentre invece avete un palco di corna sulla capoccia da far invidia a una renna. Vi farà credere di avere un palco di corna sulla capoccia da far invidia a una renna, mentre invece la sera vostra moglie va davvero a giocare a poker con le amiche. Vi farà credere che Scorpius Malfoy abbia fatto infuriare vostra madre per farvi un favore, mentre invece lo ha fatto solo per gli sporchi comodi suoi.

 
 

***
 

 

« Polizia magica! Consegnatevi senza combattere e non si farà male nessuno! »
« O forse no. » gracchiai.
All’improvviso tutti ammutolirono, e si voltarono a guardarmi, atterriti. Bhe, Fred più che altro sembrava deluso perché non avrebbe potuto tatuarsi il Marchio Nero con l’henné.
Merda! Sono riuscita a mettere nei casini tutti i miei cugini… mi odieranno…
Sapevo che avrei dovuto farmi venire qualche idea per tirarli fuori dalla situazione del cavolo in cui li avevo ficcati, ma mi sentivo la testa completamente vuota. “Capita, quando bevi Whisky come un beduino beve l’acqua dell’unica oasi del deserto.
James si alzò a fatica dal divano, barcollando un po’, e mi aiutò a tirarmi in piedi. Gli lanciai un’occhiata perplessa, ma lui mi fece cenno di stare zitta. « Ok, ragazzi, io e Rose ci consegnamo. » sussurrò « Voi nascondetevi, se abbiamo culo ci porteranno direttamente al Ministero, senza pequisire la casa. »
« Cosa? » sbottai « James, non puoi… »
« Sanno già che sono coinvolto. » tagliò corto « E poi sono il minchione di famiglia, ormai sono tutti abituati alle mie cazzate. » e prima che potessi trovare una risposta intelligente alle sue parole mi trascinò al piano di sotto. Mi girava la testa, e rischiai d’inciampare due volte, ma James mi sorresse. Non riuscii a capire come facesse, dal momento che lui aveva bevuto anche più di me, ma supposi che quando ti scoli almeno cinque birre al giorno, qualche bicchiere di Whisky sia una bazzecola per il tuo fegato. Per il mio era tutta un’altra storia, invece.
Avrei voluto ringraziare James, per tutto quello che aveva fatto, e per tutte le responsabilità che si stava assumendo. Ma alla fine, come al solito, non trovai le parole e mi limitai a seguirlo fino al corridoio dell’ingresso, dove ci aspettavano cinque maghi in divisa da Auror. E, tanto perché le sfighe non vengono mai da sole (dovevo ricordarmi di dire ad Al di smetterla di profetizzare tutte quelle sventure… le sue predizioni si avveravano troppo spesso), l’Auror più vicino a me era nientemeno che Draco Fintobiondo Malfoy.
« Cazzo! » esclamai, ed inciampai su un portaombrelli a forma di zampa di Troll.
Draco ghignò, trionfante, torreggiando sul mio corpo che era disteso a pelle di leone in mezzo al corridoio. « Rose. Tua madre sarà contenta di sapere che sei viva. »
Ero un po’ troppo ubriaca per cogliere tutto il freddo sarcasmo che c’era nella sua voce, ma sospettai comunque che mi stesse prendendo per il culo. In ogni caso farsi beccare ubriaca, dopo tre giorni di assenza da casa, da Draco Malfoy, non poteva essere una buona cosa. Oltre al fatto che era una situazione decisamente umiliante, e lui non stava facendo nulla per risparmiarmi l’imbarazzo.
Il ghigno di Draco si allargò quando il suo sguardo si spostò su James. « E guarda guarda chi abbiamo qua: Potty 2 la vendetta. Tuo padre farà i salti di gioia quando scoprirà che ti sei fatto arrestare da un Malfoy. »
James ruttò sonoramente e chiese. « Lei si tinge, signore? »
Dopo quella domanda, Draco non fu più così amichevole. Ordinò a due Auror di portare James al Quartier Generale e mi sollevò da sotto le ascelle, trascinandomi fuori dalla casa. Aprii la bocca per protestare, ma Draco si smaterializzò appena mettemmo piede fuori dalla porta, e così, trovandomi nel giardino di casa mia ancora con la bocca aperta, risolsi di vomitare sulle sue scarpe di coccodrillo.
Fu così che scoprii chi aveva insegnato a Scorpius le bestemmie. Dopo aver abbondantemente insultato chi in teoria avrebbe anche potuto folgorarlo all’istante (mossa non molto saggia, la sua), Draco scelse di rivolgere i suoi insulti a chi in quel momento non era neanche in grado di camminare in linea retta. Non che quando ero sobria non m’insultasse, comunque.
Gli ci vollero cinque minuti buoni di negazione della finezza aristocratica dei Malfoy per realizzare che i suoi improperi, per quanto plateali, non avrebbero fatto evaporare il vomito dalle sue scarpe. A quel punto si affrettò a tirar fuori la bacchetta dalla tasca del mantello e fece evanescere il Whisky che il mio stomaco aveva rielaborato.
Credevo che Draco non si sarebbe perso per nulla al mondo il divertimento di annuinciare di persona ad Harry Potter di aver arrestato suo figlio, ma evidentemente doveva ritenere che la sfuriata di mia madre che mi aspettava a casa sarebbe stata uno spettacolo migliore. Ed in effetti non potei dargli tutti i torti, anche se dopo i primi dieci « Rose Weasley, come diavolo ti sei permessa di fare una cosa del genere? » persi il filo del discorso.
Era appena ora di cena, ma mi sentivo così stanca che di lì a poco ero sicura che avrei cominciato a vedere cuscini rosa a pois che volavano in giro per la stanza. Dio, forse vedere cuscini rosa a pois che svolazzano felicemente per il salotto è un sintomo di ubriachezza, più che di stanchezza, ma in quel momento la questione non mi sembrava particolarmente importante. D’altronde, quando tua madre sta minacciando di farti entrare in un monastero di clausura e poi squartarti e cucinarti per sfamare gli Elfi Domestici poveri e abbruttiti, hai altre priorità.
Per esempio fuggire in qualche paese del terzo mondo e vivere sotto falso nome. Ragion per cui, naturalmente, me ne stavo impalata in mezzo al salotto, appoggiata con una mano al divano per non cadere a terra. Il che poi non era neanche un’idea così pessima, considerato che non avevo il culo sfacciato di mio zio Harry, quando si trattava di sfuggire alla morte (che mi avrebbe certamente colpita, se fossi scappata di casa per la seconda volta – su questo punto mamma era stata molto esplicita).
Così mi limitai ad ascoltare le isteriche minacce di morte che mi venivano rivolte, come probabilmente stavano facendo anche gli Australiani dall’altra parte del Pianeta, osservando con interesse il volto di mamma che mi girava attorno a velocità strabiliante. Supposi che in verità fosse la mia testa a girare, dal momento che i piedi di mamma erano stabilmente piantati sul tappeto, di fronte a me.
Se vomitassi sul tappeto potrei solo peggiorare la situazione, vero?
Tanto valeva farlo di nuovo addosso a Draco, che in quel momento se ne stava in piedi accanto a mia madre, e aveva l’aria di starsi godendo molto la scena. Ovviamente alla simpatica riunione familiare non poteva mancare Scorpius, che se ne stava un po’ in disparte e mi osservava con un’espressione torva.
Ma cosa vuole da me?
« Mi stai ascoltando? » sbraitò mamma.
Mi affrettai a staccare gli occhi da quelli di Scorpius e tornai a guardare lei, ma me ne pentii subito: assomigliava terribilmente alla sadica squartatrice assetata di vendetta di qualche pessimo film horror babbano.
« Rose Weasley! » ripetè mamma, a voce – strano ma vero – ancora più alta di prima.
Dal momento che l’ultima volta che avevo aperto la bocca avevo vomitato, non mi arrischiai a risponderle. Mamma però non parve capire il nobile fine della mia azione e, al contrariò, s’infastidì molto.
« Oh, ma vedremo se avrai ancora voglia di comportarti così, dopo la punizione che ti aspetta! » esclamò, con aria perfida. “Decisamente, sono finita in un film horror…” « Prima di tutto passerai tutta l’estate chiusa in casa, non potrai vedere né contattare nessuno e… »
« È stata colpa mia, Hermione. »
La voce di Scorpius risuonò forte e chiara nel salotto, mettendo a tacere le urla di mia madre.
………
Un film horror, ho detto? Mi correggo, qua stiamo sconfinando nella fantascienza.
Tutti e tre ci voltammo verso Scorpius, che stava fronteggiando la mia furiosa genitrice con aria sicura. “Stupido è stupido. Quando mamma è così incazzata c’è solo da scappare a nascondersi sotto il letto, non l’ha ancora capito? E poi si può sapere cosa cavolo sta dicendo?
Mamma e Draco si scambiarono un’occhiata perplessa, poi tornarono a voltarsi verso Scorpius, confusi. « Come, scusa? » chiese mamma.
Sembrava troppo sconcertata per arrabbiarsi, come quella volta che papà aveva fatto cadere il passeggino con Hugo in un lago, e per sdrammatizzare aveva raccontato una barzelletta sulla piovra del Lago Nero.
« Sono stato io a farla scappare di casa. » spiegò lui, tranquillamente. “Oddio, questo qua ha bevuto più di me!” « Non la sopportavo più, perciò quando eravamo a Londra ho approfittato dell’occasione per convincerla a scappare. »
Crede di essere spiritoso? I Malfoy e il senso dell’umorismo non sono fatti per convivere, a quanto pare…
La mascella di mamma cadde sul tappeto. « Stai scherzando, vero? »
« Nient’affatto. » rispose Scorpius « Le ho detto che tu e Draco non ne potevate più di lei e di tutti i problemi che stava creando, e che volevate mandarla a fare servizi sociali babbani in Scandinavia per il resto dell’estate. E poi le ho suggerito di scappare di casa. Lei all’inizio non voleva, ma alla fine l’ho convinta. »
……………….
La stanza precipitò in un silenzio talmente poco allegro che un funerale, in confronto, avrebbe avuto un’atmosfera festaiola. Io guardavo Scorpius. Mamma guardava Scorpius. Draco guardava Scorpius. Scorpius faceva di tutto per non guardare noi. E poi…..
SCIAF!
Lo schiaffo di mamma risuonò nel silenzio. E per una volta non fui io la destinataria di quella piccola (ma alquanto dolorosa – lo sapevo per esperienza) violenza domestica.
Scorpius posò una mano sulla sua guancia arrossata e lanciò uno sguardo risentito a mamma, ma non protestò.
Tutto sommato gli era andata bene: se fosse stato figlio di mia madre, probabilmente si sarebbe ritrovato crocifisso a testa in giù fuori dalla finestra. Draco spostava gli occhi da mamma a Scorpius e viceversa, come se stesse seguendo una serrata partita di ping-pong, e aveva l’aria di uno che ha appena scoperto che sua moglie è lesbica. Io, dal canto mio, avevo appena scoperto che Scorpius Malfoy era un idiota. “Ma dico, che senso ha prendersi la colpa e pure gli schiaffi?
Mamma tremava. Non l’avevo mai vista così arrabbiata in vita mia, anche perché di solito quando si arrabbiava pensavo bene di andare a chiudermi in camera mia. « Vai in camera tua. » disse alla fine, rivolta a Scorpius.
Aveva un tono di voce così spaventoso, nella sua calma innaturale, che Scorpius non esitò nemmeno per un secondo e si dileguò su per le scale senza dire una sola parola, lasciandoci da soli, nel silenzio. Se fossi stata il personaggio di un cartone animato giapponese, probabilmente in quel momento avrei avuto un enorme punto di domanda rosso sopra la testa.
Scorpius Malfoy si è davvero preso la colpa della più grande cazzata che abbia mai fatto in vita mia?” La cosa non aveva alcun senso. “Bhe, ma di che mi preoccupo? L’importante è che abbia scampato la punizione di mamma…
« E vai a letto anche tu! » “O forse no.” Sobbalzai, spaventata dalla voce di mamma che aveva improvvisamente raggiunto e superato la soglia dei duecento decibel, e poi si era persa negli ultrasuoni. « E non pensare di essertela cavata così a buon prezzo, domani faremo i conti! Ho creduto che fossi morta, Cristo! »
Vedendo la sua faccia, pensai bene di eseguire il suo ordine senza protestare. Mi staccai dal divano, barcollando, e cominciai a salire le scale prudentemente, tenendomi al corrimano, mentre dietro di me sentivo il balbettio isterico di mamma e la voce pacata di Draco, che tentava inutilmente di calmarla.
Mamma che sclerava, Draco che la consolava e Scorpius che mi difendeva… il mondo doveva aver cominciato a girare al contrario…
Avrei voluto chiedere a Scorpius cosa si fosse fumato per fare una pirlata del genere, ma quando lo raggiunsi, nel corridoio del primo piano, e feci per aprire bocca, lui s’infilò velocemente in camera sua e mi sbatté la porta in faccia, senza neanche augurarmi la buona notte.
E siamo a quota tre psicopatici nella stessa casa” pensai, senza entusiasmo “fra poco quattro: dubito che la mia sanità mentale resisterà ancora per molto…

 

***

 

La mattina dopo mi svegliai con un discreto mal di testa. La lancetta dell’orologio segnava le dieci e venti, e sul comodino era posato un biglietto.
Io e Draco siamo a lavoro, non provare ad uscire dalla porta di casa altrimenti scatteranno gli incantesimi di allarme e degli Auror verranno ad arrestarti. Puoi mettere a posto la cantina.
Sospettavo fortemente che quel puoi equivalesse a un “devi”. Sbadigliai ed inciampai giù dal letto, mancando per poco lo spigolo del comodino con la fronte.
Nonostante la sbronza, i ricordi della sera prima erano abbastanza nitidi nella mia mente, a meno che, naturalmente, Scorpius che prendeva la colpa della mia fuga non fosse tutta una visione dovuta all’alcool. Il che, dovevo ammetterlo, era molto più probabile del fatto che fosse successo davvero.
Senza pensarci due volte (a dire il vero neanche una, ma bhe…) uscii da camera mia e marciai giù dalle scale: non avrei accettato un’altra porta chiusa in faccia come spiegazione per la pazzia del mio fratellastro. Dovevo assolutamente sapere perché si era preso la colpa delle mie azioni. Volevo saperlo. Insomma, doveva esserci dietro qualcosa di grosso...
Dopo dieci minuti di vane ricerche in giro per la casa, però, dovetti ammettere che non avrei ricevuto nessuna porta sul naso, né alcun tipo di spiegazione, se Scorpius avesse continuato ad essere invisibile.
Non può essere uscito… Sto tre giorni via da casa e all’improvviso diventa una persona socievole? Nah, si sarà rintanato in qualche angolo con un libro.
Tornai al paino di sopra ed entrai in camera sua, nonostante avessi già avuto modo di appurare una mezza dozzina di volte che lì dentro non c’era nessuno. Spalancai la finestra e mi sedetti sul davanzale, in cerca d’ispirazione: dove diavolo poteva essersi cacciato?
E l’ispirazione, incredibilmente, venne. O meglio, il mio sguardo si posò su un adolescente alto e snello, disteso all’ombra del mio sacco da boxe con un libro in mano.
« Malfoy! » urlai, sbracciandomi per attirare la sua attenzione. L’unico risultato che ottenni fu che per poco caddi dalla finestra. « SCORPIUS HYPERION MALFOY! » ripetei, a voce così alta che probabilmente Draco, al Ministero della Magia, si chiese chi mai stesse urlando il nome di suo figlio.
Finalmente il principino si degnò di alzare il naso dal suo libro, e si voltò nella mia direzione. « Weasley! » esclamò « Esci subito da camera mia! »
Raccolsi un libro dal suo comodino e mi misi a sfogliarlo con aria provocatrice. « Vieni a farmi uscire. » dissi.
« Perché non vieni tu qua? » propose lui, con un ghigno sadico.
Storsi la bocca. « Non posso uscire dalla porta di casa. »
Scorpius nascose la faccia dietro al libro, ma sentii comunque le sue risate. « Lo so. » sghignazzò.
« Bene. » conclusi « Vorrà dire che frugherò un po’ in giro per la tua stanza. » lanciai uno sguardo alla sua scrivania, su cui era posato un quaderno rilegato in cuoio. « Quello sulla scrivania è il tuo diario? » chiesi, con aria noncurante.
Scorpius impallidì. « N-no, è un quaderno di scuola. » disse, precipitosamente. « Adesso vengo, tu non ti azzardare a toccarlo! »
Ghignai. « Certo, certo. »
Ovviamente neanche mezzo secondo dopo stavo sfogliando il diario. Le prime pagine erano state scritte un paio di anni prima, calcolai che fosse il nostro terzo anno. Mi feci quasi cadere il quadernino dalle mani quando trovai il mio nome, nella terza pagina. Incuriosita, mi misi a leggere.
Rose Weasley è la cugina di Albus. È una ragazza davvero strana. Come la maggior parte dei Weasley, è a Grifondoro, e frequenta lo stesso anno mio e di Al. Credo che ce l’abbia con me. Cioè, dopo tre anni ormai è una certezza, ma non so bene cosa le ho fatto, a parte lanciarle un incantesimo della diarrea di nascosto quando lei mi ha spaccato un uovo sulla fronte... e tutto quello che è venuto dopo. E pensare che all’inizio volevo anche diventare suo amico! Al non faceva altro che parlare bene di lei… bhe, ma si sa che Al è strano.
« Ti avevo detto di non leggerlo! » sbottò Scorpius, strappandomi il diario dalle mani.
Gli rivolsi uno sguardo truce. « Sei stato tu a lanciarmi l'incantesimo della diarrea?! » sbottai « Credevo che James mi avesse messo qualche merendina marinara nel piatto... Cacchio, ho passato la peggior settimana della mia vita per colpa tua! »
Scorpius si mise a fischiettare, con aria colpevole. « Si, ehm, non volevi dirmi qualcosa? »
« Ah, già. » ricordai.
"Ma non credere di essertela cavata così a buon prezzo solo perché adesso ho cose più importanti da dire."
Abbassai lo sguardo, un po' per l'imbarazzo, e un po' perché a furia di guardarlo negli occhi mi stava venendo il torcicollo. « Si, ehm... » cominciai, studiando i suoi piedi. Che numero poteva avere? Quarantasei? « Ieri... bhe, sai cos'è successo ieri, no? »
Scorpius alzò un sopracciglio. « Mio padre ti ha arrestata e ti ha riportata a casa ubriaca? »
Arrossii così tanto che probabilmente, se anche non avessi avuto i capelli color Weasley, sarebbero diventati rossi comunque. « Si, bhe, dopo di quello. » precisai.
Scorpius non abbandonò l'espressione scettica. « Tua madre ti ha minacciata di mandarti a vivere in Groenlandia? » propose.
Quella dovevo essermela persa, tra tutte le minacce che mi erano state rivolte la sera prima.
« Si, ok, dopo! » sbuffai, esasperata.
Il biondastro alzò le spalle. « Sei andata a dormire, suppongo. »
« Malfoy, non hai bisogno di provare al mondo che sei un idiota: lo sanno già tutti! » sbottai « Ora, ti dispiacerebbe far finta, per cinque minuti, di essere una persona intelligente? » Prevedendo l'imminente battuta sulla mia intelligenza, mi affrettai a parlare prima di lui. « E per tua informazione, mi stavo riferendo a quando ti sei preso la colpa al posto mio. »
Se il mio intento era stato zittirlo, ci riuscii a meraviglia. Scorpius si guardò in giro per la stanza, a disagio, facendo di tutto per non incontrare i miei occhi.
"Aha, l'ho messo con le spalle al muro! Adesso dovrà confessare!"
« Ero ubriaca, ma questo lo ricordo. » dissi, e mi avvicinai a lui, finché il mio naso fu a un paio di centimetri dal suo petto. A dire il vero avrei preferito che fosse all'altezza del suo viso, ma non si può avere tutto dalla vita.
Scorpius indietreggiò di un passo, andando a sbattere con la schiena contro il muro. A quel punto, accortosi di non avere più vie di fuga, mi rivolse un'occhiata irluttante e deglutì un paio di volte. Sorrisi, trionfante: mi sentivo decisamente potente in quel momento.
« Allora? » chiesi, impaziente. « Perché l’hai fatto? »
Scorpius parve riprendere un po' di coraggio e fece un passo verso di me. Questa volta fui io a indietreggiare, per non finire sotto ai suoi piedi.
« Bhe, non è ovvio? »
Alzai un sopracciglio. « No? »
Scorpius sbuffò. « Perché se ti avessero messa in punizione avrei dovuto sopportarti per tutta l’estate, mentre così potrai uscire e starai fuori dalle scatole. »
« Ah. »
Avrei potuto dire un miliardo di cose che non fossero "ah". Insomma, se proprio non mi veniva in mente niente di sufficientemente sarcastico e cattivo, avrei sempre potuto insultarlo. Ma ci ero rimasta male, diamine! Mi sarei aspettata di tutto, dalla dichiarazione d'amore da diabete, al discorso sull'importanza della solidarietà tra fratelli, ma non quello. Ok, a dire il vero, ero abbastanza sicura di piacergli. Ovviamente la cosa non aveva il minimo senso, ma altrimenti perché avrebbe dovuto prendersi la colpa di una mia cazzata? E poi una sua dichiarazione mi avrebbe lusingata, anche se poi avrei avuto la seccatura di trovare un modo non troppo crudele per rifiutarlo.
Scorpius alzò le sopracciglia. « C'è qualcos'altro che mi volevi dire, o posso tornare in giardino? »
« No. Non volevo dirti nient'altro. » risposi, sdegnata « Solo va' a farti fottere, Malfoy. »
E con quella frase ad effetto uscii dalla sua stanza, sbattendomi la porta alle spalle.

 

***

 

Quel pomeriggio, dopo aver letto un paio di pagine del diario di Draco, nelle quali mio padre veniva abbondantemente insultato, mia madre veniva crudelmente insultata, mio zio veniva immeritatamente insultato, Silente veniva forse un po' più meritatamente insultato, la McGranitt veniva giustamente insultata, Pansy Parkinson veniva alquanto volgarmente insultata e in generale tutto il mondo veniva insultato, decisi di dedicarmi ad altri passatempi. Finii un vasetto di Nutella, ascoltai il Primo Ministro insultare l'opposizione su un canale di cui non conoscevo l'esistenza, durante la pubblicità tra un video porno e l'altro di Mtv, poi presi a pungi il sacco da boxe, senza aver prima fatto il riscaldamento, con l'unico risultato che rimediai uno strappo al tricipite, ed infine decisi di chiamare Hugo.
Salii in camera mia sbattendo i piedi sulle scale, recuperai il cellulare da sotto il letto, composi il numero di mio fratello, e lasciai squillare. Hugo rispose dopo due secondi.
« Rose! » sussurrò.
« Hugo. » replicai, un po' perplessa. « Hai il mal di gola? »
« No, scusa. » rispose, senza alzare la voce di un decibel. « Sono al Ministero. Tu stai bene? Volevo chiamarti, ma avevo paura di metterti nei guai... » s'interruppe « cioè, più di quanto non lo fossi già. » aggiunse « Pensavo che Malfoy tenesse ancora il tuo cellulare in ostaggio. »
« Tecnicamente sì. » ammisi « Ma non si è accorto che gli ho rubato la bacchetta dal comodino e l'ho usata per spezzare l'incantesimo di protezione che aveva imposto sul cellulare. »
Hugo ridacchiò, poi lo sentii sussultare ed improvvisamente tacque.
Fissai il display del mio cellulare, perplessa. « Hugo? Hugo, che succede? Mi senti? »
In risposta ottenni un paio di parolacce che avrebbero fatto commuovere Pix. « Ma è mai possibile che papà e mamma conoscano mezzo Ministero?! Miseriaccia, avrei dovuto usare la Polisucco... »
« Che succede? » chiesi.
« Ti spiego dopo. Tu stai bene? Sei in punizione? Mi dispiace che... »
« Sto bene, non ti preoccupare. » lo interruppi « Per ora non posso uscire di casa, ma non c'è nessuna punizione terribile all'orizzonte. Sai qualcosa di James? »
Hugo emise un lungo sospiro sconfortato. « Ha passato la notte in cella, e questa mattina zio Harry e zia Ginny sono andati a recuperarlo al Ministero. E quel porco di Malfoy ha pure chiesto una cauzione per rimetterlo in libertà... avresti dovuto vederlo come gongolava. » me lo potevo ben immaginare, lo stronzone. « Ero là con papà, e ti giuro che zio Harry stava per lanciargli un Avadakedavra. A lui o a James, non so. Poi, bhe, puoi immaginare la scenata di zia Ginny. Jamie dovrà restare confinato in casa finché non gli troveranno un lavoro per il resto dell'estate. »
"Merda! È solo colpa mia se James è finito in questo casino... sono davvero una pessima cugina..."
« Io e i cugini stiamo facendo a turno per andare a tenergli compagnia, comunque. » mi assicurò Hugo « E Lucy sta preparando la Polisucco, così andremo a lavorare tutti, a turno. »
Sentii uno strano pizzicore agli occhi, quando mio fratello pronunciò quelle parole. Avevo sempre saputo di poter contare sui miei cugini, ma tutto quello che stavano facendo era semplicemente stupendo. E sapevo bene che non lo meritavo, e che non avrei mai potuto ringraziarli a dovere per il loro aiuto.
Hugo probabilmente intuì quello che stavo pensando, perché si affrettò a cambiare argomento. « Comunque, volevi sapere perché sono al Ministero, no? Bhe, l'operazione LSD va avanti sempre e comunque. Sto seguendo il Compratore di Mutande, per scoprire chi è Miss Lingerie. »
"Io amo mio fratello."
Sorrisi come un'idiota, sentendo pronunciare i nomi in codice che avevamo scelto per la nostra operazione segreta. « Hugo, te l'ho mai detto che sei il miglior fratello che mi potesse capitare? »
« Mmm, sì. Ogni tanto devi avermelo accennato. » ridacchiò « Ma solo dopo il divorzio. » rettificò poi.
Finché vivevamo assieme, non eravamo mai stati capaci di passare un giorno senza tentare di ucciderci a vicenda. Ma dopo la separazione il nostro rapporto era cambiato radicalmente.
« Allora » chiesi, impaziente « il Compratore di Mutande ha fatto qualcosa di strano fin'ora? »
« Niente di particolare, a parte... »
La voce di Hugo, fu coperta dal suono del maledetto pianoforte del maledetto biondino figlio del maledetto fidanzato della mia maledetta madre. "Maledizione!"
« Hugo, puoi aspettare un secondo? » chiesi e, senza aspettare una risposta, staccai il telefono dalla bocca ed urlai. « Malfoy, smettila! Sono al telefono! »
La voce seccata di Scorpius provenne dal soggiorno accompagnata dalle note che non smise di suonare. « Non è colpa mia se quei cosi babbani non funzionano. »
« Smettila, ho detto! Tu e Beethoven avete rotto! » strillai.
« È Mozart. » urlò lui di rimando.
« Chissenefrega! » sbottai « Devo venire giù a picchiarti o la smetti di tua spontanea volontà? »
Le mie minacce ovviamente caddero nel vuoto, e lo stronzetto non mise nemmeno la sordina. Sbuffai, e schiacciai il tasto del vivavoce. « Hugo? » chiesi. Poi, urlando, aggiunsi. « Dopo facciamo i conti, biondo! »
« Ci sono. » rispose Hugo « Mi senti? »
« Affermativo, agente. Mi riferisca le sue ultime scoperte. »
Hugo ridacchiò. « Dunque, dopo pranzo il Compratore di Mutande si è smaterializzato fuori dai cessi, come al solito. Si è fermato a chiacchierare con il Cicatrizzato, ma il Cicatrizzato non era particolarmente incline alla conversazione: immagino che la storia del figlio non gli sia ancora andata giù. Dopo un paio di minuti il Cicatrizzato è scappato in ufficio, e il Compratore di Mutande è andato a fare gli occhi dolci a Lavanda Brown per farsi offrire un caffè. »
« Oh, merda! » esclamai. "Merlino, sapevo che il Compratore di Mutande è un idiota, ma non pensavo fino a questo punto... Cioè, come fai a rivolgere ancora la parola a una che ti chiamava RonRon e ti regalava catene dorate da rapper per Natale?" « Mi stai dicendo che Lavanda Brown è Miss Lingerie? »
« Ne dubito. » rispose Hugo. Tirai un sospiro di sollievo. « Il Compratore fa così ogni volta che dimentica il portafogli a casa e vuole un caffè. »
« Ok. Tolta la Brown abbiamo altre indiziate? » indagai, sentendomi molto Sherlock Holmes. Mi mancavano solo la pipa e l’impermeabile. Oh, e anche il cappello, quello aveva troppo stile.
« Per ora nessu… » Hugo s’interruppe bruscamente « Urgh, il Compratore si è fermato in un corridoio a parlare con una tizia. È di spalle, non riesco a capire chi sia. Bruna, capelli mossi, bel fisico, tailleur nero e tacchi alti. Mi sembra una da biancheria di pizzo… potrebbe essere la nostra Miss Lingerie. »
Chi è? Chi è? Se scopro dove abita la faccio fuori…
Mi sistemai meglio sul letto e per l’agitazione mi feci quasi cadere il cellulare di mano.
« Riesci a sentire cosa dicono? »
« No, » sussurrò Hugo « sono troppo lontani, merda! Ma sembrano in atteggiamenti piuttosto amichevoli. »
« Amichevoli quanto? » volli sapere, sospettosa.
« Troppo. » tagliò corto lui, infastidito. « Adesso lei sta ridendo. Ride come un’oca. Merlino, papà, non puoi stare con lei! »
Mi trovai perfettamente d’accordo con mio fratello, a prescindere da chi fosse lei.
« Cosa succede adesso? » chiesi, ansiosa.
« Niente, sta ridendo anche papà. Ehi, aspetta… oh, merda, no! No, no, no! Cazzo! »
« Cosa? Cosa succede? »
« Porco Merlino! » sibilò Hugo.
Cominciai ad agitarmi. « Porco Merlino cosa? »
« Le ha sistemato una ciocca di capelli dietro l’orecchio… » ringhiò, con una voce da serial killer che non mi piacque per niente. « E lei lo ha baciato a stampo. Stronza. »
« Puttana. » concordai.
« Troia. »
« Battona. »
« Zoccola. »
« Uhm… altri sinonimi per puttana? » chiesi.
« Si è girata… » sussurrò Hugo « Viene verso di noi… Oh, Circe maiala! »
« Circe maiala cosa? » sbottai, esasperata « Hugo, ti auguro di non andare mai a fare il commento di una partita di Quidditch. Come telecronista fai schifo. »
La voce di Hugo mi giunse all’orecchio flebile e depressa. « Rose, posso venire a vivere da voi? Credo che in questo momento potrei quasi voler bene a Malfoy… »
Certo, continua a non dirmi cosa succede, sai, perché tanto io me ne frego di chi è l’amante di mio padre, cosa vuoi che me ne importi…
« Hugo, cosa diamine sta succedendo? »
« Ti ricordi la storia del matrimonio di zio Harry e zia Ginny? » chiese Hugo.
E come dimenticarla? Zia Ginny ce l’aveva raccontata un milione di volte.
« Si, ovvio. »
« Ecco, hai presente la tizia che si era alzata urlando “io mi oppongo”? »
« Romilda Vane? » chiesi.
« Romilda Vane. » confermò Hugo.
Impallidii. « Romilda Vane cosa? »
« Romilda Vane. » ripetè Hugo, con voce da funerale.
Oh, merda.” 

 

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Capitolo 9
*** la storia di Astoria ***


8.
La storia di Astoria

 
 

Salve, sono Rose Weasley. Rose Jenny Weasley, per la precisione, ma questo non ditelo in giro: Jenny è un nome terribilmente da ragazza perbene. Ho sedici anni, tre mesi e qualche giorno, due genitori divorziati che fanno a gara per chi si trova l’amante più stupido, e un bel po’ di cose da dire al mondo. Ma credo di poter riassumere più o meno tutto in questa frase: i maschi sono degli esseri strani.
Insomma, prendiamo Albus: è strano? Certo che sì. James? Più strano di lui c’è solo un preservativo nella tasca di un bambino di tre anni. E poi, vogliamo parlare di Scorpius? Bhe, lui è un preservativo nella tasca di un bambino di tre anni. Ma vi dirò una cosa: anche i preservativi nelle tasche dei bambini di tre anni, ogni tanto, si comportano da persone normali.
 

 

***

 
Venerdì sera Scorpius ebbe la sua ingiusta punizione, che consisteva nel mettere a posto tutti gli scatoloni che erano ammassati in cantina. Avevo una coda di paglia discretamente lunga, perciò decisi di aiutarlo, ma dopo il terzo scatolone e la quindicesima occhiataccia di Scorpius, i miei buoni propositi vennero meno, e decisi di lasciarlo a scontare la sua punizione in solitudine. Infondo se l’era cercata lui, no? Io stranamente non fui punita, ma il rapporto tra me e mamma ormai era talmente teso che avrei potuto onestamente dire di andare più d’accordo con Draco che con lei: prima o poi sarebbe arrivato il giorno del Discorso (con la D maiuscola, sì), lo sapevo, ma conoscendo i Discorsi di mia madre, non mi dispiaceva che il giorno del Giudizio Universale tardasse ad arrivare.
Passai il resto weekend chiusa in camera mia, a pianificare l’omicidio di Romilda Vane. Tra un piano d’invasione al Ministero con Kalashnikov, in cui avrei ucciso chiunque si fosse trovato tra me e Miss Lingerie, e un progetto di nasconderle una bomba sotto il letto, feci un paio di chiamate. Prima di tutto chiamai Al e, dopo aver fatto finta di ascoltare una ramanzina sul fatto che avevo avuto la punizione divina per aver tentato di ostacolare un amore sincero, mi feci passare James (non aveva mai avuto il cellulare, lui: supponevo che capirne il funzionamento andasse al di là delle sue possibilità).
« Ehi, Jamie! » esclamai.
In risposta ebbi una specie di grugnito da uomo preistorico. « Non mi chiamo Jamie. »
Immaginai di dovergli un paio di favori ben più importanti di quello, perciò mi corressi subito. « Ok, James. Ehm… ho saputo della tua punizione; mi dispiace. »
« Nah, cosa vuoi che sia. » minimizzò lui « Ho scoperto che abbiamo la tv satellitare, sai? Mi sto appassionando al calcio babbano. » Non gli bastava solo il Quidditch, vero? Alzai gli occhi al cielo. « E poi viene sempre un sacco di gente a farmi compagnia. I cugini, i gemelli Scamandro, i ragazzi della squadra di Quidditch, e anche Kathie Harrison, hai presente? »
Se fossi stata in un cartone animato giapponese, probabilmente avrei avuto un’enorme gocciolona dietro la nuca. « Certo che ho presente: è una mia compagna di dormitorio. »
« Uhm, ecco, sì. Lei. Bhe, ieri mi è venuta a trovare e mi ha portato una scatola di cioccorane. È stata gentile, vero? »
Fin troppo gentile, direi.
« Non ti ha sfiorato l’idea che tu possa piacerle? » proposi. In verità lo sapevo da circa due anni, che Kathie aveva una cotta per mio cugino. Non che lei me lo avesse mai detto, ma quando ti fai beccare a spulciare i vecchi album di famiglia della tua compagna di dormitorio, sbavando su tutte le foto di James che trovi, c’è ben poco da dire.
James scoppiò a ridere. « Tu ogni tanto hai delle idee davvero strambe, lo sai? È venuta solo per vedere una partita di calcio. »
« Una partita di calcio? » ripetei, per nulla convinta. Sarei stata più propensa a credere che Domi era vergine.
« Sì, » confermò lui « quando è venuta le ho detto che stavo guardando una partita del mondiale su SKY e lei ha detto che era venuta proprio per vederla, perché a casa sua non ha SKY. »
« Certo che non ce l’ha, è una Purosangue! » esclamai, esasperata. « Non saprà neanche cos’è, SKY! »
« Bhe, e allora? »
Sbuffai. Possibile che mio cugino fosse un tale idiota? « Te la faccio semplice, James: tu le piaci. A nessuna ragazza sana di mente interessa il calcio. »
James rise, di nuovo. « Perché le ragazze devono vedere cuoricini rosa e amore ogni volta che si girano? Ero in mutande, se davvero le interessassi mi avrebbe detto di vestirmi perché la stavo mettendo a disagio, no? »
Mi schiaffai una mano sulla fronte. “Merlino, sapevo che mio cugino era un idiota, ma non pensavo fino a questo punto!
« James, non sono cose che si dicono! Avresti dovuto capirlo che la stavi mettendo a disagio! »
« Ah, giusto. » grugnì lui, sarcastico « Voi ragazze non dite mai le cose, bisogna leggervi nel pensiero. »
Mi buttai sul materasso, sconfortata. « James, te l’hanno mai detto che sei stupido? »
« Siete voi ragazze che siete strane, cosa diamine c’entro io? » replicò James, impermalito « Insomma, non muore nessuno anche se ogni tanto dite cosa vi passa per la testa! »
« Ok, senti, lascia perdere. » mi arresi. « Solo, cerca di farti trovare un po’ più vestito la prossima volta che Kathie ti viene a trovare. E cerca di non trattarla come se fosse uno dei tuoi amici maschi. Niente pugni sulle spalle, niente pacche sul culo alla “hey, fratello!”, niente rutti, e soprattutto, ti prego, se devi grattarti le palle o simili dille che vai in bagno e fallo in privato. »
« Ma per chi mi hai preso, per uno scimmione? » si offese lo scimmione.
« No, certo. » mentii « Però fai quello che ti ho detto. »
James sbuffò. « Io non voglio fare colpo su quella là. Una ragazza è solo una rottura: devi scriverle due volte al giorno, devi smaterializzarti a casa sua e consolarla quando è depressa, cioè più o meno sempre, devi invitarla ad appuntamenti romantici, se no si offende perché la sua migliore amica è stata a vedere il tramonto con il suo ragazzo e lei no, e se ti stufi di lei e provi a piantarla ti uccide. »
Wow, se è questa l’opinione che ha mio cugino delle ragazze, non mi stupisco che sia single.
« Devo andare adesso, » dissi « ciao. »
Chiusi il telefono prima che James potesse salutarmi, ma infondo dubitavo che se ne sarebbe accorto: era così idiota che sarebbe stato capace di parlare al cellulare per un’ora prima di accorgersi di star parlando da solo. Sperai per Kathie che non tornasse a trovare James, anche se avrebbe potuto essere la volta buona che si accorgeva di quanto fosse idiota mio cugino.
Dopo aver chiacchierato un po’ con Dominique (avrebbe taaanto voluto venire a trovarmi, ma sfortunatamente doveva fare le corna al suo ragazzo della settimana con un modello babbano incontrato in un negozio della Abercrombie) e con Hugo (aveva fatto un terzo grado a papà su Romilda Vane, ed era stato messo in punizione per averlo pedinato), lessi alcune pagine del diario di Draco.
 
17 novembre 1992
La stupidità di Tiger e Goyle è una di quelle cose che se non le vedi non ci credi. Ieri sera sembravano anche più idioti del solito e, credimi, ce ne vuole. Sono rimasti in Sala Grande ad ingozzarsi fino a ore improponibili, e probabilmente hanno anche bevuto qualcosa di strano, perché quando sono tornati in Sala Comune erano totalmente rincoglioniti. E, ciliegina sulla torta, si sono messi a farmi domande strane sulla Camera dei Segreti.
Porca miseria, gliel’ho detto già ieri che non so chi sia stato ad aprirla, e oggi cosa mi vengono a chiedere i due coglioni? Comincio a capire come mai la McGranitt si incazza tanto quando Blaise le chiede per la quindicesima volta di spiegare un argomento vecchio di due mesi.
Comunque, a proposito della Camera dei Segreti, me ne sbatto abbastanza di chi è l’erede di Serpeverde: finché pietrifica la gatta pulciosa di Gazza e il fondatore nel Potter Club (Canon, credo che si chiami) non vedo perché dovrei avere qualche problema.
Ah, ma aspetta, non ti ho ancora raccontato la barzelletta del mese: a quanto pare, alcuni idioti credono che Potter sia l’erede (dio, alcuni, lo crede mezza scuola… sempre detto che Hogwarts è un covo di idioti). Adesso, sorvolando sul fatto che non mi sembra molto coerente il fatto che l’erede di Serpeverde sia uno che non è a Serpeverde (in particolar modo un Grifondoro, in particolarissimo modo Potter), quell’idiota non sarebbe capace di aprire la Camera dei Segreti neanche con un manuale d’istruzioni. E poi, capisco tentare di far fuori Mrs Purr (ammettiamolo, anche i prof vorrebbero togliersela dalle palle), ma neanche Potter sarebbe così monumentalmente idiota da pietrificare il fondatore del suo Fanclub.
In ogni caso, chiunque sia questo misterioso erede, gli ho lasciato un bigliettino nascosto in una fessura tra le pietre del muro, nel posto dove hanno trovato Canon: c’è scritto di fare fuori la Granger, dici che lo troverà?
 
Nel periodo che andava da dicembre ad aprile Draco aveva scritto si e no tre pagine di diario, in cui venivano brevemente insultati tutti i Grifondoro presenti sulla faccia della terra e venivano riportati con gioia i nomi dei nuovi pietrificati. Il diario tornava a sembrare un diario, e non un elenco della spesa scritto da Pix, verso maggio.
 
Oggi non metto la data perché, sinceramente, non ho idea di che giorno sia. Maggio, comunque. La McGranitt (vecchia vacca!) ha minacciato di bocciarmi in Trasfigurazione, ergo, mi sto facendo un culo così per passare l’esame della sua stupida materia. Ho sempre avuto Accettabile in Trasfigurazione, ma mi vuole bocciare perché le sto antipatico. Dovrei scrivere a mio padre di raccogliere firme per cacciare anche lei dalla scuola, oltre che Silente. Giuro che quella megera me la pagherà, in un modo o nell’altro!
Ma per ora nessuno l’ha ancora cacciata dalla scuola a calci nel suo sedere rugoso, e così eccomi qua, in biblioteca, con una deprimente visuale sugli orribili capelli della Granger, l’unica cosa di lei che si veda dietro all’enorme libro che sta leggendo, e su un paio di altri secchioni che spulciano tomi di dimensioni bibliche che solo a vederli, giuro, mi viene da sbadigliare.
Dopo cena.
Sto gongolando. Ho mandato a fanculo Pansy, Piton ha messo in punizione i gemelli Weasley per un mese, e Theo mi ha lasciato copiare i compiti di Trasfigurazione. Ma soprattutto… ha pietrificato la Granger! L’erede di Serpeverde ha pietrificato la Granger!
Credo che andrò a fare un trenino in giro per la Sala Comune, sono troppo esaltato.
 
23 maggio 1993
 
Credo di essere un po’ ubriaco. I Prefetti del quinto anno stanno distribuendo Whisky Incendiario in Sala Comune per festeggiare, e dato che celebriamo la cacciata di Silente e di Hagrid dalla scuola, non potevo non unirmi ai festeggiamenti.
Ah! Lo sapevo che mio padre avrebbe fatto cacciare quel vecchio lunatico filopotteriano! Non per vantarmi, ma mio padre è amico di Caramell in persona, e ha donato un sacco di soldi al Ministero, perciò può girarseli un po’ come vuole, quei vecchi burocrati effeminati. E poi dicono che i soldi non sono tutto nella vita: i soldi sono precisamente il motivo per cui noi Malfoy possiamo, mentre quelli come i Weasley non possono. Assieme al sangue puro e al cervello, oh, e anche al colore dei capelli. Chi vorrebbe avere a che fare con una carota vivente?
Ora credo che tornerò giù a festeggiare: non riesco a scrivere se ci vedo doppio. E poi Blaise voleva fare a chi beve più Whisky, e non vedo l’ora di umiliarlo.
Più tardi, di notte. In effetti forse è già il 24… bah, chissenefrega.
Ho scoperto che Blaise regge l’alcool a meraviglia. Io invece non tanto. Credo che diventerò astemio. Se Pansy non mi uccide prima. In effetti non sono proprio sicuro di averla baciata, ma ho la faccia tutta sporca di lucidalabbra, quindi… Bhe, amico, a quanto pare ho dato il mio primo bacio a una puttanella che mi sbava dietro dal primo anno, e neanche me lo ricordo. Ma forse è meglio così: non sono sicuro di voler ricordare di aver baciato un carlino. Comunque, escludendo Pansy, sono contento: la Granger è pietrificata, quello zoticone di Hagrid è ad Azkaban e Silente è stato cacciato dalla scuola. Forse Dio sta facendo un po’ di pulizia… e sarebbe anche ora!
 
5 giugno 1993
 
Potter è davvero disgustoso. Il mondo è disgustoso. Silente è disgustoso. La Granger, con quella sua aria da gran diva solo perché un lombrico troppo cresciuto l’ha pietrificata, è disgustosa. Anche i capelli di Piton sono disgustosi. Ma quello lo sono sempre stati.
Ah, e la saliva di Pansy è disgustosa. Dopo il bacio di quella sera si è convinta di essere la mia ragazza, e visto che sono munito di un certo istinto di sopravvivenza, non ho osato contestare. Credo che quando sarò riuscito a disfarmi di lei, non mi avvicinerò mai più a una ragazza per il resto della mia vita. Comunque, non è questo il punto. Insomma, d’accordo che Pansy è più fastidiosa di un manico di scopa in un cero posto che non citerò per decenza, ma fosse solo lei il problema! Per fartela breve, un paio di giorni fa la Weasley è scomparsa (secondo me i genitori avevano pagato l’erede di Serpeverde per farla sparire: immagino che un figlio in meno potrebbe solo far piacere a quelli straccioni), e in quel momento l’erede ha raggiunto il picco della mia stima. Poi, naturalmente, Potter ha dovuto mettersi in mezzo, giusto per ricordare al mondo che l’eroe tragico della situazione è lui, ed è scomparso assieme a Weasley. Ho passato un’ora a prendermi a schiaffi aspettando di svegliarmi! Ma ovviamente una cosa così bella non poteva durare: Potter ha salvato la Weasley, ha ammazzato un Basilisco, ha sconfitto l’erede di Serpeverde e poi, come se tutto questo non bastasse, ha pure liberato il mio elfo domestico. E per colpa sua, Silente e Hagrid sono tornati.
Sto cominciando seriamente a credere che l’hobby preferito di Potter sia rovinarmi la vita.
 

 

***

 
Quella sera cenammo tutti assieme per la prima volta da giorni. Mi sedetti al tavolo della cucina piuttosto contrariata: non sopportavo quelle cose vomitevoli da famiglia felice, soprattutto durante i pasti, per ovvi motivi.
Mi ficcai in bocca una forchettata di spaghetti, e puntualmente me ne caddero un paio sulla maglietta, mentre studiavo la curiosa atmosfera che si era creata: mamma, a giudicare dagli sguardi omicidi che continuava a lanciare a Scorpius, stava meditando di mandarlo a fare servizi sociali in Scandinavia; io e Draco ci lanciavamo le solite occhiate di odio reciproco, mamma e Draco come al solito erano in competizione per il premio di peggior genitore dell’anno, e Scorpius – ma perché perdo ancora tempo a dirlo? – faceva l’autistico. Il genere di atmosfera con cui Al sarebbe andato a nozze.
Draco guardò il suo piatto ancora intatto e, per rompere quel silenzio teso, disse. « Hanno un aspetto ottimo, Hermione. »
Ipocrita adulatore.
Mamma gli sorrise. « Grazie, Draco. »
Ipocrita ordinatrice di cibo per asporto.
Rivolsi un largo sorriso ad entrambi, e chiesi. « Secondo voi i cartoni del ristorante possiamo buttarli nella raccolta della carta anche se sono sporchi del sugo degli spaghetti? »
Mamma mi fulminò con uno sguardo omicida, e si voltò verso Draco con l’aria imbarazzata di un adolescente che è stato scoperto da sua madre con l’involucro aperto di un preservativo nella tasca posteriore dei jeans. « Il formaggio grattugiato ce l’ho messo io. » si difese.
« Sono intollerante al lattosio. » grugnì Scorpius.
Sei occhi confusi – i miei, quelli di mamma, e quelli di Draco – si posarono su di lui, che stava vivisezionando i suoi spaghetti, nell’apparente tentativo di separarli dal formaggio grattugiato. Cosa un po’ inutile, dal momento che la maggior parte del formaggio ormai si era fusa.
Draco alzò un sopracciglio. « Da quando sei intollerante al lattosio? »
« Da sempre. » sbuffò Scorpius « Ma forse tu eri troppo occupato a dare la caccia ai Mangiamorte che avevano ucciso mamma, per accorgertene. »
Un silenzio teso calò sulla tavola, dopo le sue parole. Draco era impallidito e stringeva forte la forchetta nella mano destra, gli occhi puntati sui suoi spaghetti. Lanciai un’occhiata di sottecchi a Scorpius: non lo avevo mai sentito menzionare così esplicitamente sua madre, e generalmente si guardava bene anche solo dall’addentrarsi in un discorso che avesse a che fare con lei. Il mio biondissimo fratellastro sibilò una parolaccia – cosa assolutamente non da lui – e si mise ad ingurgitare gli spaghetti con tutto il formaggio sopra, senza nemmeno preoccuparsi di arrotolarli e portarseli alla bocca con la classe che gli imponeva il suo cognome.
Stanno tutti impazzendo, in questa casa, non c’è dubbio.
Draco inspirò bruscamente. « Non mi sembra questo il momento, né il luogo adatto per parlare di queste cose. » La sua voce era strascicata e fredda come al solito, ma a modo suo lasciava trapelare una grande tristezza. Avevo la netta impressione che per quella volta non avrei potuto contare sul mutismo di Scorpius, per evitare di finire in mezzo ad una lite tra padre e figlio, perciò presi ad ingozzarmi di spaghetti nel modo più rumoroso possibile.
Scorpius sbatté la forchetta sul tavolo, e piantò gli occhi in quelli del padre. « No, certo, non hai tempo per queste cazzate. » sibilò « Non hai mai avuto tempo per essere un buon padre, da quando mamma non c’è più. » Risucchiai gli spaghetti con una finezza degna di James, sperando di interrompere il discorso di Scorpius, ma evidentemente il biondino apparteneva alla categoria di persone che quando cominciano a mandare a fanculo qualcuno ci tengono a finire di farlo. Ed infatti, dopo essersi alzato facendo strisciare la sedia sul parquet nuovo, aggiunse. « Ma non c’è problema, dimmi quando sei libero, e fissami un appuntamento per dirti che sei un padre di merda. »
« Scorpius… » cominciò Draco, ma prima che finisse di pronunciare il crudele nome che aveva imposto a suo figlio, quello era già sparito su per le scale.
Io, mamma e Draco restammo in silenzio, davanti ai nostri piatti quasi intatti di spaghetti ordinati al ristorante. Mamma guardava Draco con aria mortificata, e ogni tanto spostava gli occhi dal viso teso del Fintobiondo per posarli, con una scintilla di colpevolezza, sulla ciotola di formaggio grattugiato che faceva bella mostra di sé al centro della tavola.
« Secondo me ha rigato il parquet. » buttai lì, in un patetico tentativo di alleggerire l’atmosfera.
Dalle occhiatacce di mamma e Draco, dedussi di non essere riuscita nel mio intento. Infilzai la forchetta tra i miei spaghetti, come uno scalatore pianta la bandiera del suo paese sulla vetta di un monte, e mi alzai. « Bhe, vado anch’io. » decretai « Buona cena. »
Una ventina di minuti dopo, mentre me ne stavo in camera mia a fissare il libro di Trasfigurazione, cercando di convincermi ad aprirlo, qualcuno ebbe la brillante idea di interrompere la mia attività intellettuale prima ancora che potesse cominciare.
« Mamma, ti ho sentita, non occorre che butti giù la porta. » sbuffai, scendendo le scale per andare ad aprirle.
La trovai vestita di tutto punto, persino con le scarpe ed il cappotto addosso. Corrugai le sopracciglia. « Ehm… mamma? Quanto vecchio era quel parmigiano? »
« Io e Draco abbiamo il pattugliamento di notte, oggi. » spiegò, senza perdere tempo « Torneremo verso le quattro. »
« Stupendo, vedrò di sgomberare la casa da amici, alcolici e stupefacenti entro le tre e mezza. » risposi.
Mamma mi fulminò con una delle sue occhiate da “Auror armato di bacchetta e che non ha paura di usarla”. « Ti dispiacerebbe fare finta di non avere il cervello fermo ai tre anni di età, ogni tanto? »
« I bambini di tre anni non organizzano festini. » osservai, molto intelligentemente, secondo il modesto parere della sottoscritta.
Se anche la mia era stata davvero un’osservazione intelligente, però, mamma non la gradì particolarmente: a quanto pareva non voleva concorrenza, quando si trattava di fare il genietto. « Bene, fai l’idiota quanto ti pare, allora, ma cerca di costringere Scorpius a mangiare qualcosa. È da ieri sera che non tocca cibo, praticamente; sono preoccupata. »
Le lanciai un’occhiata che, nelle mie intenzioni, doveva esprimere tutto il mio sarcasmo. « Punto primo, non sono la sua balia. Punto secondo, tu non sei sua madre. E punto terzo, se anche vuole lasciarsi morire d’inedia, non sarò certo io a dissuaderlo. »
Mamma non disse altro ma, prima di andarsene, mi lanciò un’occhiata di disprezzo che diceva abbastanza già da sola. Tornai a chiudermi in camera mia, con tutte le buone intenzioni di mettermi a studiare Trasfigurazione e di abbandonare Scorpius al suo destino. Dopo cinque minuti, però, ero così stufa di fissare la copertina del libro di Trasfigurazione che decisi di improvvisarmi crocerossina. Scesi in cucina, recuperai il mio barattolo di Nutella – nemmeno io avevo cenato, infondo – e, dopo alcuni attimi di esitazione, presi anche una barretta di cioccolata – quale miglior antidepressivo di quello? Tornai in camera mia e, quando passai davanti alla porta della camera di Scorpius, gettai la barretta di cioccolata sulla moquette là davanti, e battei un colpo sul legno.
Se vuole la sua cena è qua, e nessuno potrà dire che non mi sono comportata da brava sorella.
Passai il resto della sera a piluccare Nutella mentre spulciavo un libro di psicologia, nel vano tentativo di capire gli astrusi meccanismi che regolavano la mente di Scorpius Malfoy. Poco dopo le dieci le mie ricerche psicologiche si conclusero con un nulla di fatto, e me ne andai a letto, irritata come non mai.
 

 

***

 
Fui svegliata da un rumore. Più che un rumore, a dire il vero, era un suono armonioso… bello, ma tetro. Sbattei gli occhi e mi guardai attorno, nella mansarda illuminata dalla fioca luce della luna. L’orologio segnava le due passate. Tesi le orecchie, cercando di stabilire cosa fosse quel suono, e…
No! No, no, no! Cazzo, non può essere! Non alle due di notte!
Saltai giù dal letto, sbattei la testa sulle travi di legno del soffitto spiovente, inciampai, mi rialzai e mi fiondai giù per le scale come una furia, decisa ad uccidere Scorpius e bruciare quello stramaledetto pianoforte. Diamine, non poteva mettersi a suonare anche in piena notte! Non se ci teneva alla pelle, almeno…
Quando arrivai in soggiorno Scorpius non si voltò, né diede il minimo segno di essersi accorto della mia presenza, e continuò a suonare. “Strano che non mi abbia sentita, con tutto il casino che ho fatto per scendere le scale…” Per qualche strano motivo ero sicura che quella volta non mi stesse semplicemente ignorando. Dalla posizione in cui mi trovavo potevo solo vedere le sue spalle curve, e la testa bionda leggermente china verso i tasti, ma mi accorsi subito che c’era qualcosa che non andava. Forse perché in condizioni normali un Malfoy se ne sarebbe sempre stato con la schiena dritta e la testa alta, chiuso nella sua altezzosa opinione di sé. Sembrava quasi depresso…
E allora? Sono affari tuoi, Rose?
In ogni caso, depresso o no, era sicuramente strano: era uscito dal suo autismo per mandare a quel paese suo padre, aveva menzionato esplicitamente la morte della madre, aveva detto merda due volte in un minuto e mezzo e non aveva nemmeno toccato la cioccolata che gli avevo lasciato davanti alla porta. Forse c’era un alieno nel suo corpo: insomma, non poteva semplicemente ignorare una tavoletta di cioccolata abbandonata davanti alla porta di camera sua, che urlava “mangiami!”.
Ribadisco: se anche fosse non sono affari tuoi.” Prima che il mio grillo parlante potesse prendere il sopravvento, e mi costringesse a tornare in camera mia, raggiunsi Scorpius camminando in punta di piedi “Ok, è ufficiale, non so cosa sto facendo.” E mi sedetti accanto a lui, senza dire una parola. “L’avevo detto che non sapevo cosa stavo facendo.
Scorpius non trasalì, né diede alcun segno di sorpresa – forse infondo mi aveva sentita arrivare –, ma alzò leggermente la testa verso di me, mentre le sue mani continuavano a scorrere con naturalezza sui tasti del pianoforte. Senza sapere bene come, mi ritrovai a fissare i suoi occhi, che nel buio sembravano quasi blu. Ma soprattutto sembravano tristi… e dubitavo che quello fosse solo un effetto del buio, o della mia mente malata.
Avrei voluto dire qualcosa di carino, per tirargli un po’ su il morale, o forse semplicemente per togliermi dall’imbarazzante situazione in cui avevo dovuto cacciarmi, perciò ovviamente alla fine dissi la cosa più idiota che potessi dire.
« Mi odi davvero così tanto? Cioè, devo sorbirmi Beethoven pure alle due di notte? »
La musica s’interruppe bruscamente, ma le dita affusolate di Scorpius rimasero immobili nella posizione in cui erano quando aveva suonato le ultime note. « Mi dispiace… » sembrava sincero. Ma persino James avrebbe capito che c’era qualcos’altro, che non poteva, non voleva o semplicemente non riusciva a dire.
« Aspetta, mi stai dicendo che era davvero Beethoven? » chiesi.
Riuscii a strappargli un mezzo sorriso. « Già. »
« Oh. Wow. »
Mi maledissi silenziosamente per la mia stupidità. “Wow è tutto quello che so dire? Questo a momenti si mette a piangere e cosa dico io? Wow? Ecco, questo è uno di quei momenti in cui mi piacerebbe non aver ereditato la sensibilità di mio padre…
L’attimo dopo, quando i miei occhi si posarono accidentalmente su quello che avrebbe dovuto essere lo spartito, mi maledissi per non aver ereditato la vista di papà. “Accidenti, ma sto diventando mezza orba come la mamma? E dire che io non passo tutto quel tempo sui libri…
Appoggiata al leggio, al posto dei soliti fogli riempiti di strani simboli illeggibili (lui si ostinava a chiamare spartiti), c’era una foto. Era una foto vecchia, sbiadita, ma non per questo meno bella: ritraeva una giovane donna seduta su un’altalena, sotto i rami di un grande albero. Era dannatamente bella: il viso dolce, senza spigoli, era incorniciato da una cascata di boccoli castano chiaro, che scendevano ordinati fino alle scapole. Aveva un contegno regale, ma non altezzoso, e la curva fiera delle labbra e delle sopracciglia non intaccava la sua dolcezza. Ma la cosa che mi colpì di più furono i suoi occhi: verde pallido, esattamente uguali a quelli di Scorpius.
Trattenni il respiro. « È tua madre? » chiesi.
« Era. » precisò, cupamente.
« Uh, ehm, già. »
L’imbarazzo di trovare qualcosa di più intelligente da dire mi fu risparmiato dallo stesso Scorpius, che riprese a parlare con un filo di voce, senza che gli avessi chiesto niente. Il che, per uno che generalmente parla solo sotto tortura, era ben strano.
« È il suo compleanno, oggi. » sussurrò. Lasciò scivolare le dita sui tasti del pianoforte, producendo un accozzaglia di note che si sovrapposero senza alcuna logica, esattamente come stavano facendo i miei pensieri in quel momento: un attimo prima avevo la fortissima tentazione di scappare a chiudermi in camera mia prima che Scorpius mi scoppiasse a piangere su una spalla, mentre l’attimo dopo smaniavo dalla voglia di abbracciarlo e restare in quella posizione tutta la notte.
E siamo a quota quattro su quattro psicopatici, definitivamente ed irreversibilmente.
Scorpius si mise a giocherellare con le dita sui tasti neri del pianoforte, senza premere abbastanza da produrre dei suoni. « Avevo otto anni. » disse.
Si, anch’io sette anni e mezzo fa avevo otto anni.” Pensai, lanciandogli uno sguardo dubbioso. Forse i due bocconi di spaghetti con il formaggio sopra gli avevano causato uno shock anafilattico così forte da spappolargli il cervello.
« Ma ogni tanto mi sembra ancora che fosse ieri… » Scorpius chinò il capo, e sentii il leggero tonfo di una lacrima che cadeva sui tasti del pianoforte. « Papà era sempre al Ministero: diceva che aveva del lavoro da fare per una conferenza importante, ma ogni sera tornava a casa più stanco, più preoccupato. La mamma era sempre tesa, non mi voleva lasciare da solo un secondo, e non mi lasciava nemmeno uscire a giocare nel parco della villa. E poi c’erano un sacco di maghi, Auror, che tenevano d’occhio la casa, sempre, anche di notte. » fece una pausa, in cui prese un lungo respiro tremante « Io non capivo cosa stava succedendo, ero troppo piccolo. Un giorno trovai un pezzo di pergamena sotto il mio cuscino: c’era scritto “avadakedavra”. Pensavo che fosse uno scherzo, un gioco, ma quando lo mostrai ai miei genitori, mamma scoppiò a piangere. E poi, una sera... » S’interruppe bruscamente.
Le sue mani pallide, sui tasti del pianoforte, tremavano. Avrei voluto far scivolare le mie dita tra le sue, per rassicurarlo, ma non ebbi il coraggio di farlo.
« Era sera tardi, » sussurrò « ma papà non era ancora tornato dal lavoro; io e mamma eravamo in salotto, stavamo leggendo un libro. Successe tutto molto in fretta: ci fu uno schianto, e i vetri delle finestre esplosero. Le tende presero fuoco, e una decina di figure incappucciate si materializzarono davanti a noi. Gli Auror che sorvegliavano la casa ci misero solo un paio di secondi ad arrivare, ma non furono abbastanza veloci… » Scorpius sussultò leggermente, e nella penombra del salotto intravidi la sagoma di una lacrima colargli dalla punta del naso. Strinse forte i pungi, premendo le mani sui tasti, che gli restituirono un sono sgraziato. « Non hanno nemmeno avuto pietà di lei dopo la morte: pochi giorni dopo il funerale, sulla sua lapide è comparsa una scritta… Non esistono mangiamorte pentiti. Esistono solo Mangiamorte vivi, e Mangiamorte morti. »
Rimasi in silenzio, a fissarlo, per quelle che mi parvero ore. Scorpius teneva gli occhi puntati sulle sue mani pallide, e di tanto in tanto il leggero tonfo di una lacrima che cadeva sui tasti del pianoforte infrangeva quel silenzio tombale.
Diamine, ma perché doveva venirmelo a dire proprio adesso? Non ero psicologicamente pronta a sentire una cosa del genere, accidenti!
Da un lato ero contenta che si fosse finalmente aperto con me, anche se questo avrebbe dato un pretesto ad Al per gongolare, e quindi non avevo molti motivi per essere felice, ma comunque avrei preferito che me lo dicesse in un momento diverso. Magari di giorno, in un’allegra e assolata mattina, mentre stavamo guardando un film comico in televisione. O magari senza piangere, almeno.
Miseriaccia, non mi sono sentita così in imbarazzo nemmeno quella volta che ho lasciato una macchia di sangue sul letto del mio ragazzo, dopo essermici seduta!
Non avevo la più pallida idea di cosa dire o di cosa fare per consolarlo e così, semplicemente, mi alzai e me ne andai in cucina. 

 

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Capitolo 10
*** facile chiedere scusa... in teoria ***


9.
Facile chiedere scusa… in teoria


 

 

La gerarchia della famiglia Weasley-Malfoy era piuttosto semplice. Sul gradino più basso della scala sociale c’ero io, Rose, la figlia piantagrane, quella stupida, che cercava di sotterrare la pagella in giardino per non farla leggere alla madre, quella che rompeva le palle al fratello e rispondeva male ai genitori. Il mio ruolo era fondamentalmente di disturbo. Un po’ più in alto di me c’era il gufo di mamma, che si era rotto un’ala a maggio e da allora passava il tempo sul suo trespolo a non fare un cazzo. Fondamentalmente era inutile. Poi, sul gradino più in alto, c’era Scorpius, il figlio modello, quello che teneva in ordine la stanza, sparecchiava la tavola e portava a casa voti imbarazzantemente alti. Il suo ruolo era quello di compiacere i genitori e mettere in ombra la sorella stupida. Infine, a contendersi il gradino più alto, c’erano mamma e Draco. Draco era il patrigno stronzo, quello che avrebbe buttato palate di concime sul tappeto del soggiorno pur di trovare qualcosa da fare a Cenerentola. Il suo ruolo non avevo ancora ben capito quale fosse, a parte tirannizzarmi. E poi c’era lei. Hermione Granger. Studentessa perfetta, Auror perfetta… madre tutt’altro che perfetta. Il suo ruolo era uno e uno solo: fare il Discorso. E quando arrivava il Discorso, erano cazzi amari.
 

 

***

 
Non avevo la più pallida idea di cosa dire o di cosa fare per consolarlo e così, semplicemente, mi alzai e me ne andai in cucina.
Due minuti dopo tornai a sedermi accanto a lui, con il barattolo di Nutella in una mano e due cucchiaini nell’altra. Scorpius si passò velocemente una mano sugli occhi, asciugandosi le ultime lacrime, e mi rivolse un’occhiataccia.
« Non ti aspetterai che mangi quella roba, spero. »
Scorpius Malfoy è tornato” pensai, e per una volta fui contenta di sentire la sua voce altezzosa da Malfoy: almeno ora potevo essere certa che non mi si sarebbe messo a piangere su una spalla.
Alzai gli occhi al cielo, e tuffai il mio cucchiaino nel vasetto. « Non disdegnare la Nutella: potrebbe salvarti dal suicidio, prima o poi. »
« Mi sfugge il motivo per cui vuoi che la mangi, allora. » sbuffò Scorpius, tornando a fissare i tasti del pianoforte.
« Per quanto ancora hai intenzione di fare il melodrammatico depresso? » m’informai « Perché, sai, è piuttosto irritante. » Scorpius voltò leggermente il capo nella mia direzione, con una scintilla di perplessità dipinta negli occhi. Sbuffai. « Nessuno vuole che ti suicidi, Malfoy, tantomeno io: se proprio devi morire, voglio almeno togliermi la soddisfazione di ammazzarti con le mie mani. E fidati, lo farò, se non mangi questa Nutella. »
Scorpius parve parecchio impressionato dal mio discorso, perciò si affrettò a prendere in mano il suo cucchiaino. Leccai il mio, e spinsi il vasetto di Nutella verso di lui. Scorpius arricciò il naso, con aria schifata.
« Non è molto igienico… »
« Sono tua sorella. » replicai « E non ho nessuna malattia contagiosa. »
« Io volevo una sorellina piccola. » grugnì il biondastro, con un’espressione scontenta da bambino lagnoso stampata in faccia.
« E invece ti tocca una sorella maggiore. » dissi, tirandogli una spintarella giocosa « E devi anche obbedirle. »
Sollevai il cucchiaino e glielo posai sull’avambraccio, sporcando la sua pelle chiara di Nutella. Scorpius sussultò e spostò immediatamente il braccio.
« Merlino, che schifo, Weasley! »
Si mise ad agitare il braccio in aria, come se sperasse di far evaporare la macchiolina di crema marrone, ma alla fine, imprecando, accostò il braccio alle labbra e leccò via la Nutella. Sorrisi e gli scompigliai i capelli con la mano.
« Bravo, vedo che hai capito. »
Aveva i capelli morbidi e sottilissimi, che mi scivolavano tra le dita leggeri come la stoffa del mantello dell’invisibilità di zio Harry. Toccarli era una sensazione così bella che avrei potuto continuare a farlo per tutta la notte, se lui non si fosse ritratto con una smorfia infastidita.
« Detesto che la gente mi tocchi i capelli. » mugugnò, passandosi una mano sulla nuca con stizza.
« E io detesto dividere la Nutella con qualcuno che non sia me, me stessa ed io. » ribattei « Perciò sentiti onorato e non rompere. »
Scorpius aprì la bocca per rispondere a tono, ma quando incontrò il mio sorriso la richiuse, e rimase a guardarmi con aria dubbiosa. Gli tirai uno schiaffetto affettuoso sulla spalla.
« Avanti, vieni. Ora ti insegno come ci si deprime con stile. » Mi alzai, raccolsi il barattolo di Nutella e gli tesi una mano.
Scorpius esitò per un secondo, ma poi fece scivolare le sue dita tra le mie, e strinse la presa con decisione.
 

 

***

 
La mattina dopo, quando aprii gli occhi, capii subito che c’era qualcosa che non andava: il soffitto, sopra di me, era troppo lontano, e la stanza era completamente illuminata.
Io non dormo mai con le tapparelle alzate...
Mi girai su un fianco, perplessa, e quello che vidi mi lasciò ancora più perplessa: Scorpius Malfoy, sepolto sotto un cumulo di coperte, stava dormendo sul pavimento, con la guancia sprofondata nel cuscino, la bocca semiaperta ed i capelli biondissimi e leggermente mossi che gli ricadevano sugli occhi chiusi. Se avesse avuto un paio di ali, cinquanta centimetri di meno, e un paio di chili in più, avrebbe potuto essere il puttino di un dipinto rinascimentale. Sorrisi tra me e me, e lasciai vagare lo sguardo in giro per la sua stanza: la scrivania era totalmente sgombra, ed ogni libro aveva un suo posto sulle lunghe mensole che percorrevano la gran parte delle pareti; l’unico oggetto fuori posto era un vasetto vuoto di Nutella, con due cucchiaini infilati dentro.
Chiusi gli occhi ed appoggiai la testa al cuscino, mentre i ricordi di quella notte tornavano a galla nella mia mente: io e Scorpius, seduti nel suo letto a gambe incrociate, uno di fronte all’altra, con il vasetto di Nutella in mezzo e la coperta tirata sopra le teste, al buio. Non avevamo parlato molto, ma non ce n’era stato bisogno. Quella notte, per la prima volta da quando lo conoscevo, tra di noi si era instaurata una specie di alchimia, che entrambi avevamo avuto paura di rompere, parlando e rischiando di finire a litigare, come al solito. L’unica cosa che ricordavo di aver detto, in effetti, era stata: « Ehm, senti, per la faccenda del calcio… »
« Tu mi hai preso a calci, io ti ho schiantata. Siamo pari, no? » mi aveva interrotto Scorpius, con un mezzo sorriso.
Avevo annuito, sollevata per aver definitivamente chiuso quella faccenda. « Giusto. »
Poi entrambi eravamo tornati al nostro silenzio.
L’ultimo ricordo che avevo era Scorpius che diceva di dover andare in bagno, e scendeva dal letto, mentre io mi distendevo sul materasso e abbandonavo la testa sul cuscino, esausta. A quel punto dovevo essermi addormentata.
Wow! Sir Malfoy ha davvero accettato di riposare le sue regali membra su uno squallido pavimento pur di non svegliarmi e spedirmi in camera mia a calci nel sedere?” la cosa aveva dell’incredibile.
Decisi che prima o poi lo avrei ringraziato. Al momento, però, la mia priorità era uscire da camera sua senza farmi beccare da mamma e Draco: non avevo idea di come avrebbero reagito se avessero pensato che avevo passato la notte nel letto di Scorpius, ed ero certa di non volerlo sapere. Non che quei due avessero il diritto di dire qualcosa a riguardo, comunque: mamma aveva ricominciato a prendere la pillola…
Scivolai giù dal letto, cercando di fare meno rumore possibile, e poggiai solo la punta dei piedi sul parquet. Ovviamente sfiga volle che inciampassi sul lenzuolo, finendo lunga distesa addosso a Scorpius.
« Ouch! Ma cos…? » Scorpius spalancò gli occhi di scatto, per poi serrarli subito dopo, accecato dalla luce del sole.
Mi affrettai a spostarmi dal suo corpo, pregando Allah di non arrossire. Evidentemente avevo sbagliato dio, perché sentivo le guance così calde che se avessi misurato la loro temperatura, in quel momento, sarebbe certamente risultato che avevo la febbre.
Mai che mi capiti una mattina che ho doppia ora di Pozioni…
Mi rialzai, lisciandomi il pigiama con tutta la dignità che potevo avere dopo essere appena inciampata nel lenzuolo, spiaccicando il mio fratellastro, e tossicchiai. « Oh, ehm… scusa, non volevo svegliarti. »
« Bhe, ci sei riuscita, comunque. » brontolò Scorpius, sbadigliando con aria imbronciata. Si tirò a sedere con un gemito di dolore e si stiracchiò, facendo schioccare tutte le articolazioni. « Che ora è? »
Lanciai una rapida occhiata all’orologio appeso al muro. « Le dieci meno cinque. » aggrottai le sopracciglia, perplessa « Ma tu non ti alzi sempre alle sette? »
Scorpius si strinse nelle spalle. « Non riuscivo a dormire, questa notte. » “Immagino, visto lo stato in cui eri ridotto…” « Il pavimento è scomodissimo. » si affrettò ad aggiungere, distogliendo gli occhi dai miei.
Dall’alto della mia somma misericordia, decisi di non infierire. « Perché non mi hai svegliata? Avrei potuto andarmene in camera mia. »
Scorpius ruotò la testa, stiracchiandosi il collo. « Sembri molto più intelligente del solito, quando dormi. » rispose, tranquillamente « Mi dispiaceva rovinare l’unico momento in cui non stavi dicendo oscenità. »
Incrociai le braccia sotto il seno, indispettita: e così il signorino credeva che fossi stupida. “No, dico, ma si è visto lui?” Sbuffai in modo difficilmente ignorabile, ma Scorpius era troppo occupato a massaggiarsi il collo, con un’espressione sofferente stampata sul volto, per accorgersi di me.
« Merlino, sono a pezzi! Mi devi un massaggio alle spalle, Weasley. »
« E tu mi devi una pazienza nuova, Malfoy. » replicai, piccata.
Incredibile come, con una decina di parole, fosse riuscito a farmi passare tutta la voglia che avevo di essere gentile con lui. E poi, onestamente, se io gli dovevo un massaggio, lui mi doveva almeno una notte di sonno, e una Nutella nuova.
Scorpius alzò un sopracciglio, con la miglior espressione scettica che si fosse mai vista. « Perché, prima avevi una pazienza? »
« Prima di conoscere te. » rettificai.
Scorpius si appoggiò le braccia alla base della schiena, con espressione sofferente. « E io avevo una colonna vertebrale integra, prima di questa notte. »
Della serie, la principessa sul pisello, in confronto a te, ha uno stile di vita spartano.
« Smettila di fare la vittima: » sbuffai, lanciandogli un’occhiataccia « se sei così fragile potevi andare a dormire nel mio letto. »
Scorpius spalancò occhi e bocca, in un’espressione scandalizzata. « Stai scherzando? » esclamò « E se c’erano macchie di sangue? »
Oh, certo, il caro vecchio terrore delle femmine e delle loro “cose”, come avevo fatto a non pensarci prima? Sollevai un sopracciglio, scettica. « Esistono gli assorbenti. E poi non sono neanche in quel periodo del mese, per tua informazione. »
Scorpius, da bravo idiota, arrossì. « E cosa ne potevo sapere io? » si difese « Mica controllo quando… quando… insomma, hai capito… »
« Mestruazioni, Malfoy. » sbuffai « Ripeti insieme a me: me-stru-a-zio… »
Scorpius gettò di lato le coperte e si alzò, sovrastandomi con il suo metro e novanta. « Ti detesto quando fai così, lo sai? »
Indietreggiai di un passo: non mi piaceva quella nuova posizione, preferivo di gran lunga prendermela con lui quando era seduto. Soffiai una ciocca di capelli lontano dagli occhi, con un atteggiamento alquanto bellicoso. « E io ti detesto sempre, pensa un po’. »
« Non mi sembrava, ieri sera. » obiettò Scorpius.
Gli scoppiai a ridere in faccia, facendo del mio meglio per sembrare strafottente. « Bhe, cos’avrei dovuto fare, scusa? Non so se hai visto in che condizione eri ridotto. »
Gli occhi pallidi del Serpeverde furono percorsi da una scintilla di rabbia che li rese freddi e minacciosi, come quelli del padre. « Non ho bisogno della tua compassione, Weasley. » sibilò.
Fossero stati gli occhi di Draco, probabilmente sarei fuggita da quella stanza urlando di terrore, ma quell’espressione glaciale stonava sul volto gentile di Scorpius, che in condizioni normali non sarebbe stato in grado di fare del male neppure a una mosca.
« Bhe, è un peccato che tu non voglia essere compatito. » replicai, d’impeto « Perché sai, gli sfigati autistici come te fanno pena a un sacco di gente. »
Ci misi un paio di secondi, poi, a realizzare cos’avevo appena detto. Anche il cervello da super secchione di Scorpius ci mise un po’ a metabolizzare le parole che erano appena uscite dalle mie labbra.
L’ho detto davvero?
Alzai lo sguardo su Scorpius, quasi sperando che non avesse sentito, ma la mia non fu una mossa particolarmente astuta: mi ritrovai a fissare le sue iridi verde pallido, appena screziate di un delicato castano vicino alla pupilla, che mi guardavano dal centro di quegli occhi sgranati dalla sorpresa e feriti dalla verità che si celava dietro le mie parole. Perché, se per tante cose Scorpius era un imbecille, ero sicura che in quel caso fosse perfettamente cosciente della sua condizione di eremita. E forse non gli faceva nemmeno piacere. Soprattutto non doveva fargli piacere che glielo rinfacciassi alla maniera Weasley, senza il minimo di tatto.
Ogni tanto ero davvero troppo sincera. E forse anche un filino troppo stronza… Nonché decisamente stupida, naturalmente: avrei dovuto lasciare a James l’esclusiva di parlare senza collegare il cervello, invece che dimostrare di essere perfettamente capace di fare di peggio.
Distolsi gli occhi dal volto di Scorpius, bestemmiandomi dietro con la forza del pensiero: mi avevano detto tante volte che ero un’idiota, ma solo in quel momento me ne resi conto appieno. E, prima di poter peggiorare ulteriormente la situazione (perché sarei stata perfettamente capace di farlo, conoscendomi) feci la mia ingloriosa uscita di scena, con uno sbuffo seccato che speravo avrebbe salvato quel poco di dignità che mi restava.
 

 

***

 
La mattina dopo Draco sosteneva di avere la febbre: scese a fare colazione in pigiama, spettinato e con due occhiaie degne di un panda, declamando a gran voce quella che sembrava essere la temperatura di superficie del sole, e che lui diceva di aver letto sul termometro. Quando fu sicuro di avere attirato su di sé l’attenzione del pubblico (ovvero di me, mia madre, e Scorpius), si lasciò cadere sulla sedia, con un gemito da ottantenne sopraffatto dagli acciacchi della vecchiaia.
« Hermione, un caffè, per favore. » biascicò.
Mamma si affrettò a versare il caffè bollente in una tazza, che gli posò davanti con premura. « Come ti senti? » chiese, sfiorandogli una mano con la sua.
Era un ritratto della mogliettina ansiosa talmente fedele che rischiai di strozzarmi con la mia frittella, vedendola.
Draco sbuffò e prese a massaggiarsi le tempie in maniera piuttosto ostentata, borbottando frasi sconnesse a proposito di una pila di fascicoli da finire di leggere, e una relazione sull’aumento della criminalità a Nocturn Alley da consegnare entro il fine settimana. Che avesse o meno la febbre, una cosa dovevo riconoscergliela: era davvero un grande attore. Nemmeno Albus, alla vigilia di un compito in classe di Storia della Magia, riusciva a inscenare la propria imminente morte in modo così convincente.
Scorpius scosse la testa. « Papà, sei un uomo adulto, non hai bisogno di convincere nessuno a firmarti la giustificazione se non oggi hai voglia di andare a lavoro. »
Mamma, che stava massaggiando le spalle del suo ossigenatissimo (e a quanto pareva malatissimo) fidanzatino, lo fulminò con un’occhiata assassina. « Tuo padre sta male, Scorpius, non disturbarlo. »
Draco gemette di nuovo. « Merlino, questo mal di testa mi sta uccidendo. »
« Ma magari… » grugnii, attirandomi addosso lo sguardo furioso di mia madre.
Finalmente, dopo una decina di minuti di gemiti e scenate varie, Draco si decise a spostare le sue regali chiappe dalla sedia e togliere il disturbo.
« Hermione, ti dispiace se me ne torno a letto? » chiese.
« Oh, no, assolutamente! » esclamò mamma « Anzi, ti serve proprio un po’ di riposo. Vai pure, ci penso io alla tua relazione… su cos’hai detto che era? »
Draco sembrò immediatamente molto meno malato. « Sull’aumento della criminalità a Nocturn Alley, l’ho lasciata nel primo cassetto della mia scrivania. Grazie, tesoro. »
E, con un gran sorriso, sparì su per le scale.
Così, quel mercoledì mattina, dovetti sopportare ben due Malfoy contemporaneamente. Scorpius, a dire la verità, non costituiva un grande fattore di disturbo: se ne stava per i fatti suoi, come sempre, immerso in un appassionante tema di Erbologia che, tra l’altro, avrei dovuto fare anch’io, prima o poi. Ragion per cui, a metà mattina, me ne stavo seduta al tavolo della cucina, davanti al vasetto di Nutella, cercando di sbirciare la sua pergamena. Era da più o meno mezz’ora che Scorpius stava scrivendo, e non accennava a voler smettere, o a volermi degnare della seppur minima attenzione. Rigirai il cucchiaino nella Nutella, annoiata.
« Scorpius? »
« Che vuoi? » grugnì lui, senza staccare gli occhi dal suo tema.
« Sei tanto arrabbiato con me? » chiesi, con la vocina più contrita che le mie corde vocali riuscirono a produrre.
« Si. »
Non avevamo esattamente fatto pace, dopo la litigata della mattina precedente. Non vedevo come avremmo potuto farlo, comunque, dal momento che non ci eravamo proprio rivolti la parola. Probabilmente credeva che fossi io quella che doveva chiedergli scusa… e probabilmente aveva anche ragione. Sbuffai, e mi ficcai il cucchiaino in bocca. « Sei cattivo, lo sai? Sono tua sorella… »
« Sorellastra. » mi corresse, senza la minima pietà.
Certo, se lui non mi avesse trattata così sarebbe stato più facile trovare le parole giuste per dirgli che mi ero comportata da stronza. Anche se poi, non vedevo cosa aveva tanto da fare l’offeso: gli avevo solo detto la verità.
Feci un gesto noncurante con la mano. « Comunque, dovresti volermi almeno un po’ di bene. »
Scorpius non si degnò nemmeno di rispondere, ma intinse la punta della sua penna d’aquila nel calamaio e continuò a riempire di parole la sua pergamena. Dopo alcuni minuti di silenzio, tornai all’attacco.
« Scorpius… »
« Da quando mi chiami per nome? » chiese, seccato.
Forse da quando mi sento in colpa per quello che ti ho detto… o magari è solo che stai scrivendo un lunghissimo tema che io non ho idea di come svolgere…
Alzai gli occhi al soffitto, pensierosa. « In effetti come nome fa schifo… » ragionai « ma cosa si erano fumati i tuoi per chiamarti così? »
« Niente che non ti sia fumata anche tu, fidati. » sibilò Scorpius « E comunque, se vuoi convincermi a farti copiare il tema, sfottere il mio nome non è la strategia migliore. »
Sventolai il cucchiaino sporco di Nutella in giro, con aria di superiorità. « Ma per favore, non mi abbasserei mai a chiederti di farmi copiare un tema. »
« Bene. » replicò Scorpius, e ricominciò a scrivere.
« Bene. » sbuffai, alzando il mento con un’espressione altezzosa. 
Dopo un paio di minuti di silenzio, mi arrischiai a sbirciare le mosse del biondino. Ormai Scorpius aveva riempito quasi tutta una facciata di pergamena: quanto poteva aver scritto? Trenta, quaranta righe? Ma soprattutto, come diamine avrei fatto io a riempire lo stesso spazio, se non sapevo nemmeno cos’era, la Quercia Querula?
Mi afflosciai sul tavolo, battendo le ciglia nelle sua direzione con aria supplichevole. « Scorpius… mi fai copiare il tema? »
Mi rendevo perfettamente conto di quanto suonassi patetica, ma un Troll in Erbologia, il primo giorno di scuola, sarebbe stato ancora più patetico. Scorpius scosse la testa, e alzò lo sguardo su di me, per lanciarmi un’occhiata di profondo disgusto.
« Vuoi davvero copiare il tema di uno sfigato? »
Ok, se volevi farmi sentire una merda ci sei riuscito.
I suoi occhi verdi, che mi fissavano feriti da dietro le lenti degli occhiali, mi fecero sentire così in colpa che non riuscii nemmeno a sostenere il suo sguardo. Finii a studiare le venature del legno del tavolo, sentendomi un’idiota.
« Ok. » ammisi infine, sempre senza guardarlo « Sei arrabbiato con me, l’abbiamo capito. » esitai, cercando un modo non troppo umiliante per ammettere che magari ero stata un tantino stronza, e che magari, ma proprio magari, gli dovevo della scuse. Dopo una lunga riflessione conclusi che se avevo intenzione di scusarmi potevo tranquillamente mandare il mio orgoglio a farsi friggere, e – per quanto la cosa mi disgustasse – feci esattamente così. « Ma non è successo niente di così terribile, infondo… » tentai « magari potresti perdonarmi, se io ti chiedessi scu… »
« Rooooose, vieni qua! »
La voce odiosa dell’altro Malfoy interruppe il mio atto di umiliazione autoimposta.
Basta, due Malfoy insieme sono troppo! Qui ne va della mia sanità mentale… sempre che di sanità mentale si possa ancora parlare…
Decisi che non sarei andata – per quanto mi riguardava Draco poteva anche morire di Malaria, Spruzzolosi, o qualunque altra cosa gli pareva – e tuffai il cucchiaino nel vasetto di Nutella. Cercai di riprendere il filo del mio imbarazzante discorso. « Ecco, stavo dicendo che magari… »
Scorpius alzò un sopracciglio. « Bhe, non vai? »
Stupendo, cerco di chiedergli scusa e lui fa di tutto per interrompermi? Ma cosa vuole che faccia, che gli strisci ai piedi dichiarando pubblicamente di essere un’idiota?
« Vacci tu! » sibilai « È tuo padre! »
« Rose Weasley, hai tre secondi per portare qui le tue chiappe lentigginose! » strillò Draco.
« Io non ho le lentiggini sul culo! » urlai di rimando.
« Te le faccio venire io, se non ti muovi! » replicò lui.
Sbuffai e, appurato che non era destino che io chiedessi scusa a Scorpius, mi trascinai in soggiorno: Draco era emigrato sul divano, avvolto in una pesante vestaglia verde (solo a vederla sudavo) e stava sbattendo con ferocia il telecomando sul bracciolo del divano.
« Se lo rompi ti uccido. » lo avvertii.
Draco mi ignorò, e continuò a tentare di sfracellarlo. « Come diavolo funziona questo coso? »
Le mie labbra si stirarono in un ghigno molto in stile Salazar. « E così il grande Draco Malfoy ha ceduto al fascino della tecnologia babbana. »
Le guance pallide di Draco si tinsero di un leggero rosa. « Sta’ zitta e accendi quella scatola! » Alzai un sopracciglio. « E non dirò per favore. » soggiunse.
Gli strappai il telecomando di mano ed accesi la televisione, premurandomi di scegliere un canale di cartoni animati per bambini. Draco si rimpossessò del telecomando, e posò la testa sul cuscino, borbottando qualcosa di incomprensibile.
« E portami qualcosa per il mal di testa. » grugnì.
Dovrei mandarlo a fare un provino per la matrigna di Cenerentola…
« Se mi posso permettere » dissi, con evidente ironia « hai uno splendido figlio da tirannizzare. Perché non lo chiedi a lui? »
« Scorpius sta studiando. » replicò Draco « Mentre tu non avevi nulla di costruttivo da fare. »
« Perché, quello che sto facendo adesso tu lo chiami costruttivo? » grugnii, avviandomi su per le scale.
Odiavo Draco Malfoy. Davvero, non riuscivo a capire cosa diamine ci trovasse mamma, in lui. Se le piacevano i biondi, avrebbe almeno potuto trovarsene uno naturale, diamine!
Due minuti dopo tornai in salotto con una confezione di Moment ed un bicchiere d’acqua.
« Ecco, principessa. » sbuffai, tirandogli in testa le Moment. Per un attimo fui tentata di tirargli in testa anche il bicchiere, ma decisi che avevo di meglio da fare per il resto dell’estate, piuttosto che lucidare cento volte ogni singolo paio di scarpe che aveva nell’armadio.
Draco afferrò la scatolina di cartone e se la rigirò tra le mani, con diffidenza. « Cosa diamine è questa roba? »
« Moment. » spiegai, annoiata « Volevi qualcosa per il mal di testa, no? »
« Sì, una pozione! » sbuffò Draco « Non questa robaccia babbana! »
Alzai gli occhi al cielo. « Se aspetti che ti prepari la pozione, dovrai tenerti il mal di testa per altre due ore. Mentre quelle pillole fanno effetto al massimo in mezz’ora. E comunque, per la cronaca, non ho la minima intenzione di prepararti una pozione per il mal di testa. »
« Ce n’è una fialetta già pronta nel mio comodino. » precisò Draco.
« Mi hai categoricamente proibito di frugare tra le tue cose. » gli ricordai.
Draco mormorò una parolaccia ed abbassò lo sguardo sulla scatolina di Moment, leggendone le istruzioni. « Antidolorifico, efficace per alleviare emicrania, dolori articolari, mal di pancia, dolori mestruali… dolori mestruali?! Ma stiamo scherzando?! »
Forse era Madre Natura che stava scherzando, quando sei nato tu. E devo dire che ha avuto un pessimo senso dell’umorismo, in quell’occasione.
« Bhe, senti, se vuoi prendila, e se no fa’ come ti pare. » sbottai.
E che cavolo, non sono la sua schiava!
Draco scoppiò in una risata isterica. « Haha, e ti aspetti che mi fidi? Credi che non lo sappia che stai cercando di avvelenarmi? »
Inarcai un sopracciglio. « Se sapevi che volevo avvelenarti perché non ti sei preso da solo la tua cavolo di pozione, invece di farmi alzare per niente? »
Draco si strinse nelle spalle e buttò sul pavimento le Moment. « Mi annoiavo. » poi estrasse la bacchetta da una tasca della vestaglia e disse pigramente « Accio pozione! »
 

 

***

 
Sev– Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!
Quella sera, dopo aver sfogato la mia frustrazione sul mio sacco da boxe, ed essere riuscita a farlo cadere dal ramo a cui era appeso, ero andata a rintanarmi in camera mia, con la confortante compagnia di un cd di David Guetta sparato a palla dalla radio.
Fissai in cagnesco il display del cellulare, reprimendo l’istinto di scagliarlo sul pavimento. Sia ben chiaro: fosse stata la testa di Al non avrei esitato a farlo, ma quel cellulare aveva un certo valore economico. Ed era sicuramente molto più utile di quell’idiota di mio cugino – uno dei tanti idioti, tra i miei cugini.
Digitai la mia risposta schiacciando i tasti con ferocia.
Rose– Sev, dacci un taglio.
Ero già abbastanza irritata per il litigio con Scorpius, davvero non mi serviva che ci si mettesse anche lui. Ragion per cui, ovviamente, Al ci si mise con impegno.
Sev– Avanti, ammettilo che avevo ragione.
Cosa poteva mai esserci di meglio che passare un mercoledì sera a sopportare i deliri di onnipotenza del proprio migliore amico, dopo aver passato il pomeriggio a subire le lamentele di Malfoy Senior? Sbuffai. “Stupido esemplare di cugino Serpeverde.
Rose– Lo vedi questo cavolo? No, ma immaginatelo. Un grande, enorme cavolo. Ecco.
Diamine, ma era mai possibile che non riuscissi ad andare d’accordo con Scorpius neanche per cinque minuti? Pensavo che dopo quella notte le cose tra noi sarebbero migliorate, e invece eccoci di nuovo daccapo.
Sev– Sei offesa perché io avevo ragione e tu no.
Peggio che daccapo: all’inizio Al non era così irritante.
Rose– Tu NON AVEVI ragione.
Non ne potevo più di quell’esperimento mal riuscito di famiglia allargata: perché mamma e Draco non potevano semplicemente ammettere che non aveva funzionato, e smettere di complicare la vita a tutti?
Sev– Tanto lo so che c’è del feeling tra voi due, smettila di negare.
Feeling, come no. Un taglialegna e un Asticello avrebbero più feeling di noi due.
Rose– James aveva ragione, sei un idiota. Ti dico che mi ha parlato di sua madre e tu parti con la marcia nuziale… ma perché te l’ho detto? E poi, nel caso ti fosse sfuggito, adesso non ci parliamo neanche.
E il bello era che io ci avevo anche provato, a andare d’accordo con Scorpius. Avevo provato a chiedergli scusa tre volte, quel pomeriggio, ma sembrava che Draco si divertisse immensamente ad interrompermi subito prima che arrivassi al dunque, lamentandosi per un granello di polvere fuori posto sotto il tavolo del soggiorno o qualche altra minchiata del genere. E l’unica volta che Draco non aveva trovato nessun motivo per prendersela con me, Scorpius aveva accampato una scusa idiota per andarsene in camera sua senza ascoltare quello che avevo da dirgli.
Sev– Perché sono il tuo cugino preferito =D E comunque se non ti volesse bene non ti avrebbe parlato di sua madre.
Si, ma se mi volesse bene non mi avrebbe mandata a farmi fottere.” Magari non aveva usato esattamente queste parole – infondo era di Scorpius Malfoy che stavamo parlando – ma il senso era quello.
Rose– Bhe, se davvero mi vuole bene digli di farmi copiare il tema di erbologia.
Se avesse fatto una cosa del genere, sentivo che avrei potuto amarlo.
Sev– Mettiti l’anima in pace, Rosie, non fa copiare i compiti neanche a me.
Ma ovviamente non l’avrebbe mai fatto: lo dicevo, era destino che io e Scorpius ci detestassimo.
Rose– E tu questo lo chiami un amico? In base a quale criterio li scelgono, i Serpeverde? L’idiozia?
Cioè, ma che senso aveva essere il migliore amico di uno degli studenti più bravi del nostro anno se poi non ti faceva neanche copiare i compiti? Davvero, i Serpeverde non erano normali.
Sev– Punto primo, James non è a Serpeverde. E mi sembra di aver detto tutto. Punto secondo, fidati, voi due vi metterete insieme entro al fine dell’estate.
Cosa? Chi? Come? Quando? Perché?
Probabilmente si era incasinato col T9: mi rifiutavo di credere che intendesse quello che aveva scritto.
Rose– Io e CHI faremo COSA?
È senza dubbio colpa del touch screen. Lo dicevo che quel cellulare era troppo tecnologico per Al.
Sev– Tu. Scorpius. Cuoricini. Hai capito.
No, non avevo capito.
Rose– Sei tu che non hai capito, Sev: noi ci detestiamo.
Davvero, quel ragazzo aveva bisogno di uno psicologo almeno quanto ne aveva bisogno Scorpius. Forse si erano trasmessi la pazzia per osmosi… Lo dicevo io che stare a Serpeverde lo avrebbe rovinato.
Sev– Solo tre parole, cuginetta: rose rosse, candele, vasca idromassaggio piena di schiuma, musica classica e antipasti francesi. Fidati, lo stendi.
Tipo con un calcio rotante alla Chuck Norris? Bhe, si potrebbe fare…
Rose– Stendo te, appena ti vedo. Trovati uno psicanalista, Sev, ma uno bravo. Buona notte. PS. Quelle non erano TRE parole.
Sev – Notte, Rosie. Fidati, un giorno mi ringrazierai. PS. Potresti smetterla di chiamarmi Sev? È piuttosto irritante…
Gettai il cellulare sul cuscino e mi lasciai cadere sul materasso cigolante del mio letto, sbuffando. Io e Scorpius innamorati, come no. La fantasia di Al non smetteva mai di stupirmi. O magari era la sua stupidità, a stupirmi. “Io e Scorpius… certo, Al, convinto. Ma se non riusciamo nemmeno ad andare d’accordo per più di dieci minuti di fila?
A mio avviso, James avrebbe dovuto cominciare a temere che suo fratello gli soffiasse il premio di idiota dell’anno. O forse gliel’avrei soffiato io.
Ma perché diamine non riuscivo ad andare d’accordo con Scorpius? Per ogni passo avanti, ne facevamo due indietro.
Miseriaccia, perché deve essere tutto così complicato?
Per quanto suonasse strano anche a me, volevo davvero essere sua amica: volevo poterlo chiamare fratello, volevo coalizzarmi con lui contro i genitori, volevo spingere goffe letterine di scuse sotto la sua porta, dopo un litigio, e poi abbracciarlo e fare pace come tutti i fratelli, come facevamo io e Hugo da piccoli. Ma la realtà era che Scorpius non era Hugo, e io non ero sua sorella.
Dei forti colpi alla porta mi fecero sobbalzare. « No, Malfoy, non la spengo la radio! » urlai. Ecco, come volevasi dimostrare: io e Scorpius non saremmo mai riusciti a comportarci da persone civili, l’uno con l’altra.« Hai già suonato tutta la mattina, trovati un altro passatempo! »
Per tutta risposta la porta saltò in aria “Wow… non pensavo che fossimo cosìincivili…” e mamma fece il suo teatrale ingresso nella soffitta, battendo la testa sul tetto. « Acc… caspita, è davvero basso. »
« Non mi dire. » sbuffai, nascondendo il cellulare sotto al cuscino: non ero del tutto sicura di avere il permesso di usarlo, per come stavano attualmente le cose.
Mamma sospirò e si sedette sul materasso cigolante accanto a me. Poi, senza tanti preamboli, disse. « Credo che noi due dovremmo parlare, Rose. »
Oh, no.

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Capitolo 11
*** perché i modelli di Calvin Klein non dovrebbero esistere... - parte 1 ***


10.
Perché i modelli di Calvin Klein non dovrebbero esistere… - parte 1

 

 
A volte mi chiedo se gli australopitechi, che comunicavano a rutti e gesti – più o meno come fa James – non stessero meglio di noi, bipedi con il dono della parola (ma non sempre del cervello, a quanto pare). E le poche volte che un pensiero così insensato mi attraversa il cervello (ho la presunzione di averlo, io – e no, non avete il diritto di controbattere), generalmente penso che dovevano per forza stare meglio di noi.
Insomma, in fin dei conti a cosa servono le parole? Discuti per ore intere, e alla fine non concludi mai niente. Vai in Francia, dici che ti piace viaggiare, e quelli pensano che adori lavorare*, e ti sbattono a fare la cameriera in un McDonald. Ti arrabbi con il tuo fratellastro e, invece di tirarli un sano pungo sul naso, gli dici una cosa cattiva, che lo ferisce molto di più.
Perché, infondo, le parole servono più a fare casini, che a risolverli.
 

 

***

 
Oh, no.
Avrei dovuto saperlo che prima o poi mi sarebbe toccato il Discorso. 
« Sai, preferivo che continuassimo a non parlarci. » sbuffai.
« Potremo continuare a non parlarci quando avrò finito il mio discorso. » replicò lei, inflessibile.
Alzai gli occhi al cielo e le rivolsi uno sguardo annoiato. « Mamma, perché devi farlo? Tanto lo sai che comunque continuerò a fare di testa mia. È solo una perdita di tempo e di pazienza per entrambe. »
Patetico tentativo di evitare il Discorso, destinato a non avere successo.
Mamma mi regalò una delle migliori occhiatacce fulminanti del suo repertorio. « Sai che cos’è che è una perdita di tempo e di pazienza, invece? Punirti, ecco cosa. Darti punizioni assurde che tu non rispetterai, e che non ti insegneranno niente, finendo solo per fare la parte della mamma cattiva. Questa è una perdita di tempo e di pazienza. »
Alzai le spalle. « Ok, allora non punirmi. Non sarò certo io a impedirtelo. »
« Sarei ben lieta di non doverti punire » replicò mamma, duramente « se tu ti comportassi da persona civile. »
« Io. » grugnii « Perché invece Draco è un esempio di condotta… »
È incredibile come le persone vedano solo quello che vogliono vedere. Una figlia piantagrane con cui prendersela fa sempre comodo, un fidanzato stronzo, invece, è molto più facile ignorarlo.
Mamma strinse la labbra, con la solita espressione infastidita che assumeva quando qualcuno le segnava un goal. « Stiamo parlando di te, adesso. » feci per ribattere, ma il suo sguardo minaccioso fu sufficiente a farmi cambiare idea « Allora dimmi, se non approvi le punizioni, cosa dovrei fare per farti entrare in testa qualcosa? »
« Prova a infilarmi un bigliettino su per il naso. » proposi « Gli Egiziani riuscivano a sfilarci il cervello con delle pinzette; il processo inverso non dovrebbe essere troppo difficile. »
L’espressione di mamma mi fece pentire amaramente di averlo detto. « Ecco, vedi? » sbottò « È proprio di questo che stavo parlando! Non capisci mai quando è ora di piantarla di fare la bambina, e di comportarti da persona matura. Le punizioni sono per i bambini, Rose, per i bambini stupidi che non sono capaci di capire le cose. E tu le cose non le capisci. »
Oh, sì, certo, io ero Rose, Rose la stupida, Rose, quella che non capiva mai niente, Rose, quella che creava sempre problemi a tutti. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene, come una sorta di rivoltante pozione in un calderone troppo piccolo per contenerla tutta, e le lacrime rincorrersi dietro alle mie ciglia, spintonandosi per uscire dagli angoli degli occhi.
Era questo quello che pensava mia madre di me: pensava che fossi solo una stupida immatura. Talmente stupida che non valeva nemmeno la pena di spiegarle le cose. Talmente immatura che non valeva nemmeno la pena di ascoltarla.
Mia madre non solo ce l’aveva con me – cosa che, diciamolo, dopo sedici anni non mi faceva più molto effetto – ma mi disprezzava. Pensava che fossi una bambina stupida, che non capissi, che mi lamentassi senza sapere per cosa mi lamentavo. Non faceva nemmeno la fatica di sbattersi due bistecche alla fiorentina sugli occhi per non vedere i difetti dei suoi figli. O forse era solo che i miei difetti erano troppo evidenti.
O forse è lei che vuole vederli.” Suggerì una vocina, in un angolo del mio cervello “Ce l’ha con te perché tu non sei perfetta come lei, perché i tuoi Troll in pagella la fanno vergognare di essere tua madre, perché le note in condotta la fanno pentire di non averti data in adozione, perché il tuo comportamento la mette in imbarazzo davanti al suo nuovo fidanzatino… Magari ti odia sul serio. Magari ti vede solo come un ostacolo tra lei, Draco e la felicità. O magari le ricordi Ron, e per questo vorrebbe liberarsi di te…
Non sapevo da dove mi venissero certi pensieri, ma se ne stavano lì, in mezzo alla mia testa, come lampeggianti lucine di Natale. Con la differenza che le lucine di Natale mettono allegria… almeno, mi mettevano allegria quando passavamo il Natale tutti assieme, io, mamma, papà e Hugo, alla Tana. Mi mettevano allegria quando la mia famiglia era ancora una famiglia…
Fu allora che scoppiai: letteralmente, saltai in aria come un petardo dello zio George. Ero stufa di tenermi tutto dentro, di avere sempre il posto della stupida, in quella famiglia dove evidentemente di posto per me non ce n’era proprio. Ero stufa, stufa di tutto.
« Perché, cosa c’è da capire? » urlai, così forte che sentii una fitta alla gola, come se qualcuno me la stesse strofinando con la carta vetrata « Dimmi, cosa diamine c’è da capire? Che tu e Draco vi amate tanto? Che preferisci lui a me? Che preferisci addirittura Scorpius a me? Grazie tante, lo avevo capito anche da sola! »
Mamma sussultò, ferita, come se la avessi appena presa a schiaffi. Ma si riprese in fretta. Un po’ troppo in fretta, forse. « Lo vedi che non capisci? » esclamò « Come puoi dire una cosa del genere?! Come puoi anche solo pensare che io… »
« Lo penso perché è vero! » replicai, senza abbassare la voce di un decibel « È vero e se te lo dico ti incazzi perché sai benissimo che ho ragione, e ti senti in colpa! »
Mamma aveva il viso completamente rosso, ed i suoi capelli crespi sembravano svolazzarle attorno alla nuca come un’aureola di fili elettrizzati. « Cristo, Rose, ma ti senti quando parli?! Sei tu quella che dovrebbe sentirsi in colpa, per tutti i problemi che stai creando! »
« Ora ti penti di non aver usato un incantesimo contraccettivo quella notte, vero? » replicai, con crudele ironia.
Le mie parole caddero nel silenzio, e per un paio di secondi restammo a guardarci senza fiatare. Avevo gli occhi talmente accecati dalla rabbia e dalle lacrime che la vedevo a stento.
Mamma inspirò violentemente, tremando tutta – non capii se per la rabbia, o per qualcos’altro. « Rose, adesso basta. Hai passato ogni limite. »
Ricacciai indietro le lacrime, e mi costrinsi ad assumere un’espressione sarcastica. « Lo hai detto anche quando ho fatto cadere Hugo dalla scopa, quando mi sono picchiata con James a casa dei nonni e quando ho rischiato la sospensione per aver mandato a fan culo il professor Ferguson. » le ricordai « Oh, e anche quella volta ho marinato Storia della Magia e sono andata a fare shopping a Londra. »
L’occhiataccia che ricevetti in risposta diceva chiaramente “signorina Weasley, è pregata di smetterla di fare la spiritosa prima che mi scappi un Avadakedavra”. Ritenni saggio seguire il consiglio, e smisi di enumerare le varie occasioni in cui avevo passato il cosiddetto limite, anche se avrei potuto andare avanti per ore: pareva che da quando ero nata non facessi altro che saltellare dentro e fuori da quel limite.
Mamma chiuse gli occhi e parlò lentamente, soppesando ogni parola sulla punta della lingua prima di lasciarla scivolare tra le labbra, come se non urlare le costasse uno sforzo immenso. « Posso capire che la storia con Draco ti abbia scossa. » disse « Ho cercato di darti del tempo per accettarlo, ho sorvolato sulla tua totale mancanza di rispetto nei confronti miei, di Draco e di Scorpius, ma adesso basta. Il fatto che tu sia rimasta ferita da me e Draco non giustifica più il tuo comportamento. »
« Grazie al cazzo, » sbottai « però Draco può fare quello che vuole e tu non gli dici mai niente! »
« Pensi che non litighiamo? » ribatté mamma, mandando allegramente a farsi friggere tutti i suoi propositi di non urlare.
« Non abbastanza, visto che siete ancora insieme! » sbraitai.
« Bhe, se la cosa ti disturba così tanto la porta è quella! » urlò lei, facendo scattare il braccio verso il buco bruciacchiato che era stato la porta di camera mia, prima che lei la facesse saltare in aria.
« Sì, me ne vado volentieri! » replicai.
Non so cosa mi fossi aspettata, forse credevo che mamma mi si sarebbe gettata ai piedi implorandomi di non andarmene, ma lei si limitò a stringere le labbra, e parlò con voce glaciale. « Bene, vattene. »
Quelle due, stupide parole furono come uno schiantesimo dritto al cuore.
Bene, vattene.
Non mi voleva. Certo che non mi voleva: aveva il suo Draco, perché avrebbe dovuto volermi?
Bene, vattene.
Si, me ne sarei andata. Non sapevo dove, ma non avevo intenzione di restare un secondo di più in quella casa.
Bene, vattene.
Quanto cazzo potevano fare male due fottutissime parole?
Restammo in piedi, a fronteggiarci, per quelle che mi parvero ore, ciascuna determinata a non distogliere lo sguardo per prima. Non c’erano neanche due metri a separarci, ma in quel momento mi sentivo come se tra i nostri piedi si fosse aperta un’immensa voragine.
E la cosa peggiore era che lei sarebbe stata felice anche senza di me. Me li vedevo, lei Draco e Scorpius, seduti sul divano del soggiorno, come una perfetta famiglia felice, che ridevano e brindavano con dello champagne, felici di essersi liberati di me. Me la vedevo, Hermione Granger, mia madre, che sollevava il suo bicchiere e, ridendo, esclamava. “A noi tre, ora che finalmente la pace è tornata in questa famiglia.” E Draco si chinava su di lei e le mangiava la faccia con le labbra, mentre lei rispondeva al bacio con trasporto. E Scorpius suonava l’Inno alla Gioia al pianoforte. E… 
La vera Hermione Granger, quella che stava in piedi di fronte a me, senza alcun bicchiere di champagne in mano, scosse il capo: sembrava stanca, quasi rassegnata, ma i suoi occhi emanavano la solita determinazione, quella determinazione che le permetteva di andare avanti ogni giorno con il suo difficile lavoro da Auror, di incontrare in ufficio il suo ex marito e far finta di niente, di cercare di ricostruire una vita sulle macerie del suo matrimonio, nonostante tutte le difficoltà. Avevo sempre ammirato mia madre per la sua forza, che tirava fuori nei momenti in cui una qualunque altra persona si sarebbe rintanata sotto le coperte a piangere. Avrei voluto che anche lei ammirasse me, almeno un po’…
« Da quanto tempo è che non parliamo un po’, solo noi due? » chiese mamma, infine.
Troppo.” Pensai, amaramente.
Quando vivevamo da sole, senza biondini importuni tra i piedi, parlavamo spesso: probabilmente lo facevamo solo perché non avevamo nessun altro con cui parlare, ma sta di fatto che in quel periodo eravamo state molto legate. Ora, invece, non ci rivolgevamo la parola nemmeno il tempo necessario per dirci “buongiorno”, al massimo ci sprecavamo per un “vaffanculo”.
Sentii che le lacrime cominciavano a scivolarmi lungo le guance, e mi affrettai a voltare il viso, dandomi mentalmente della cretina. « Sei tu che hai cominciato. » sussurrai.
Stavo facendo di tutto per non guardarla in faccia, ma capii benissimo che aveva spalancato gli occhi in un’espressione a metà strada tra il sorpreso e l’offeso. « Io? Rose, vorrei farti presente che… »
« Si, tu. » la interruppi « Non mi hai detto niente di te e Draco. Non ti è mai importato di sapere cosa ne penso io. »
La sentii sospirare. « Non è vero, Rose. A me importa quello che pensi tu. » stavo per ribattere, ma lei mi precedette « Ho sbagliato a non dirti niente, lo so. Ma è stato un periodo molto complicato: la nostra relazione era sempre sul filo di un rasoio, e volevo essere sicura che sarebbe durata, prima di dirti qualcosa. E poi, bhe, poi avevi i GUFO, e non volevo distrarti dallo studio… » tipico di mamma – pensai, con una smorfia « Davvero, non volevo tenertelo nascosto, Rose… »
« Però lo hai fatto. » dissi, senza più riuscire a trattenere il pianto.
Ero stufa di fingere di essere forte, quando in realtà non lo ero. Non mi importava nemmeno della mia dignità, che stavo allegramente mandando a farsi fottere. Bhe, magari allegramente no, visto che stavo singhiozzando senza ritegno…
All’improvviso sentii le braccia magre di mia madre serrarsi attorno alla mia schiena, e, senza pensarci, mi ritrovai a stringerla anch’io, con il volto affondato nella sua spalla. Mi piaceva quella stretta: mi faceva sentire sicura, come quando ero piccola e andavo a rifugiarmi tra le sue braccia, dopo essermi sbucciata un ginocchio.
« Ho sbagliato, Rose. » sussurrò « Mi dispiace. »
Grugnii una specie di risposta, e affondai ancora di più il volto nell’incavo della sua spalla. Non c’era bisogno che dicessi altro: a volte le parole servono più a litigare, che a chiarire le cose.
 

 

***

 
La mattina dopo, quando uscii dalla mia stanza per andare a fare colazione, trovai una busta di pergamena sul pavimento, davanti alla porta. Incuriosita, la afferrai e la voltai: sul retro erano tracciate poche parole:
 
Scuse accettate.
Voglio il tema sulla mia scrivania entro le dieci.
P.S. Ringrazia Al
 
Aprii la busta, incredula, e dentro vi trovai niente meno che il tema di Erbologia, scritto con la sua grafia da studente modello, fitta ed ordinata. Sorrisi, tenendo tra le mani la pergamena con delicatezza, per non stropicciarla. Infondo Scorpius non era così male, come fratello…
Saltellai in camera mia per posare il tema sulla scrivania, e scesi in cucina a fare colazione, approfittandone per tirare una spallata a Draco quando gli passai accanto.
« Ma non riesci a camminare diritta neanche quando sei sobria? » sbuffò Draco, voltandosi per lanciarmi un’occhiataccia. Ma i suoi occhi, invece di stringersi nelle classiche fessure di un minaccioso color acciaio, si sgranarono in un’espressione perplessa e piuttosto stupita. « Cos’è quella faccia? » indagò, come se mi stesse accusando di aver commesso qualche crimine.
Ero troppo di buon umore per indispettirmi. « Quale faccia? » chiesi, innocentemente. E per una volta ero davvero innocente: non gli avevo nascosto la bacchetta, non gli avevo ficcato le camicie bianche nella lavatrice dei capi rossi e non avevo fatto nulla che potesse dargli un pretesto per prendersela con me.
« Quel sorrisino. » replicò Draco, squadrandomi con sospetto « Avanti, che succede? Mi hai sputato nella tazza del caffè? »
Arrossi leggermente, rendendomi conto di avere gli angoli della bocca sollevati in un sorrisino assolutamente idiota. « No. » risposi, e mi voltai lentamente, combattendo con il sorriso che non voleva proprio saperne di andarsene dalla mia faccia.
Aprii l’anta della credenza e ne estrassi un vasetto di Nutella ancora intatto. Draco, alle mie spalle, sibilò una parolaccia e svuotò il caffè nel lavandino. Non avevo idea di come credeva che avessi potuto sputagli nel caffè, se ero appena scesa in cucina, ma evitai di chiederglielo: quando si trattava di manie di persecuzione, l’immaginazione di Draco era sempre molto fervida.
Mi morsi l’interno delle guance per cancellarmi il sorriso dal volto, e feci per svitare il tappo della Nutella, ma poi mi bloccai, colta da un’improvvisa ispirazione.
Dieci minuti dopo il vasetto di Nutella giaceva sul pavimento davanti alla camera di Scorpius, accompagnato da un bigliettino.
 
Just in case…
P.S. Scusa. Così avrai qualcosa da accettare.
 

 

***

 
Lunedì 19 luglio James cominciò il suo lavoro punitivo, che consisteva nel fare il commesso in un negozio di elettronica babbano. Non sapevo secondo quale criterio gli zii avessero scelto quel lavoro, a meno che, naturalmente, non volessero farlo umiliare davanti a tutto il mondo babbano. Perché, obiettivamente, se James per essere un mago era un idiota, con i Babbani avrebbe fatto la figura dell’homo erectus risputato direttamente dal passato. Insomma, l’unico oggetto babbano di cui comprendesse il funzionamento era la televisione, per ovvi motivi. E credeva che il tubo catodico fosse il filo della spina, tra l’altro, anche se la colpa di questo poteva essere in gran parte imputata al nonno Arthur.
In nome della solidarietà tra cugini Weasley, io, Al, Hugo e Dominique accompagnammo James al suo primo giorno di lavoro. Al proprietario del negozio, quando ci vide arrivare in truppa, prese quasi un colpo.
« Buongiorno. » salutò Al, con un sorriso cortese. Albus era sempre stato il più diplomatico, tra i cugini Weasley. « Mio fratello, James Potter, dovrebbe cominciare a lavorare qui, oggi. »
A quel punto entrambi si voltarono verso James, che stava picchiettando la bacchetta sulla porta automatica, sussurrando “Colloportus”. Sentendosi osservato, il primogenito di casa Potter si affettò a nascondere la bacchetta dietro la schiena ed alzò lo sguardo sul proprietario del negozio, mortificato. « Non ho fatto niente, lo giuro! La porta si è aperta da sola, e ora non si chiude più, ma io non l’ho neanche toccata! »
« Magari se ti sposti… » suggerì Domi, lanciandogli un’occhiata di profondo disgusto.
Al rivolse un sorriso imbarazzato al proprietario del negozio. « È un gran buffone. Ma posso assicurarle che con i clienti sarà il ritratto della professionalità… »
Certo, Al, ci hai provato.
Quando finalmente riuscimmo a far scrostare James dalle porte automatiche, il troglodita in questione si avvicinò al negoziante, che da quando lo aveva visto era diventato piuttosto pallido, e gli batté una poderosa pacca sulla spalla. « Piacere, sono James. » gli strizzò l’occhio si appoggiò al bancone della cassa con aria sicura « Si fidi, non si pentirà di avermi assunto: sono un mago dell’eclettonica. Ovviamente per modo di dire, perché i maghi veri non esistono. »
Hugo, al mio fianco, si schiaffò il palmo della mano sulla fronte. « Cominciamo bene… » sussurrò, in modo che solo io potessi sentirlo.
« C’è di buono che lo licenzieranno subito, così non sarà costretto a lavorare tutta l’estate. » bisbigliai, mentre James, dopo essere inciampato nel cavo di alimentazione del computer di cassa, stava tentando di infilarlo nella porta USB.
Il negoziante dovette capire che James era un caso perso in partenza, perché non si dilungò più di cinque minuti nelle spiegazioni di sorta, e, dopo avergli ficcato in mano una maglietta blu con il nome del negozio scritto sul petto, se la squagliò. James alzò le spalle e si sfilò la camicia a maniche corte che indossava, facendo strillare di sorpresa una nonnina occhialuta e, sempre con molta nonchalance, indossò la maglietta del negozio.
« Bhe, sono andato bene, no? » disse, con un sorriso convinto « E poi l’avete visto come se l’è bevuta, quando gli ho detto che i maghi non esistono? »
« Sì, James. » sbuffai, facendogli pat-pat sulla spalla con aria di profonda di compassione.
James non sembrò notare la pietà che trapelava abbondantemente dalla mia voce, e si mise a battere le dita sulla tastiera del computer con entusiasmo. « Che cosa stupida, questi cosini… » ridacchiò « Perché ci hanno scritto sopra le lettere? »
« Per insegnarti l’alfabeto. » grugnì Domi.
Al scosse la testa. « Mamma può continuare a negare la storia dell’idraulico quanto le pare, ma è evidente che noi due non siamo figli degli stessi genitori… »
Mentre Al e Domi cercavano di dissuadere James dalla malsana idea di trasfigurare il mouse in un topo vero, io e Hugo ci allontanammo di qualche passo, fermandoci accanto ad un espositore di cuffiette.
« Novità su Miss Lingerie? » chiesi, e dovetti fare un certo sforzo per non riservare all’innocente espositore il trattamento che avrei volentieri riservato a Romilda.
Hugo sbuffò, e scosse la testa. « Lo sai com’è fatto papà, per queste cose. Cercherebbe anche di convincermi di essere vergine, se l’estate scorsa non ci avesse mandati a un corso di educazione sessuale. »
Si, sapevo com’era fatto: era così impedito in materia di sentimenti che – sospettavo – quando eravamo bambini aveva addirittura tentato di tenerci segreta la relazione con la mamma. Immaginavo che cercasse solo di evitare domande importune: infondo non era da tutti mandare i propri figli a un corso di educazione sessuale pur di evitare il famoso discorso sulla cicogna e sulla sua inesistenza. Certo che l’idiozia, nella famiglia Weasley, non aveva nemmeno avuto la decenza di presentarsi una generazione sì e una no.
Appoggiai la schiena al muro, sbirciando Al, che si stava facendo venire una crisi di nervi per spiegare a James il funzionamento del computer, davanti ad un pubblico di tre clienti alquanto perplessi. « Dobbiamo scoprire esattamente cosa c’è tra lui e la Vane. » decretai infine, mentre una donna sulla trentina si avvicinava ai due fratelli Potter, presumibilmente per chiedere se avevano qualche problema. O forse – mi corressi subito dopo – solo per costringerli a farle lo scontrino, con le buone o con le cattive. Con le cattive, supposi.
« Già. Finché non sappiamo da quanto stanno assieme – se stanno assieme – e quanto è seria questa storia, non possiamo fare molto per dividerli. » convenne Hugo.
« Non sai nemmeno quando escono? » chiesi, sconfortata.
Hugo si strinse nelle spalle. « Papà la sera esce poco, e comunque, quando lo fa, non ho nessuna prova per dimostrare che non sia ad una cena con dei colleghi. Tantomeno so quando ha i turni di notte a Nocturn Alley, e quando invece ce li ha a casa della Vane. »
James – a quanto pareva – con poche, semplici mosse era riuscito a far impallare il computer di cassa, e ora Al stava facendo un patetico tentativo di ripararlo con la magia, mentre Domi lo copriva dalla visuale del negoziante fingendo di controllare il proprio riflesso nella vetrina. Bhe, probabilmente lo stava facendo davvero, a giudicare dall’arsenale di trucchi che tirò fuori dalla borsa per sistemarsi gli occhi.
« Lavorano entrambi al ministero, no? » chiesi « Quindi, per quello che ne sappiamo, potrebbero anche marinare il lavoro e chiudersi in qualche sgabuzzino… »
« Probabilmente lo fanno. » sbuffò Hugo, con l’aria di chi avrebbe preferito sentirsi dire che Voldemort è resuscitato piuttosto che darmi ragione.
« Probabilmente Romilda morirà. » replicai, decisa.
« Probabilmente papà la pianterà. » ritrattò Hugo, un po’ più moderato della sottoscritta.
Storsi la bocca, non troppo convinta, ma alla fine decisi che poteva andare bene anche così. « Probabilmente tornerà con la mamma. »
« E probabilmente noi ci saremo casualmente di mezzo. » aggiunse Hugo.
Ci scambiammo un ghigno complice, e gli battei una pacca sulla spalla. « Mi sembra logico, fratellino. »
 

 

***

 
Mezz’ora dopo seguii una Domi vagamente incavolata (e quando dico vagamente, intendo che avevo dovuto disarmarla per evitare che schiantasse James) fuori dal negozio.
« Se prova a chiamarmi Spiaggia dei Caraibi un’altra volta giuro che gli mozzo la lingua! » sbraitò, tirando un’ombrellata al parabrezza di un taxi per informare il tassista della nostra presenza.
Il pover’uomo si affrettò ad aprirci la porta dell’auto, guardandoci con espressione spaventata. E non potevo biasimarlo: Domi faceva davvero paura, quando era di cattivo umore. E quando passava più di venti minuti consecutivi con James, generalmente ne veniva fuori un po’ più che “di cattivo umore”.
Domi si sbatté la portiera dell’auto alle spalle, rischiando di mozzarmi le dita, e ordinò al tassista di portarci da Harrods. « Merlino, uno di questi giorni finirò per ucciderlo! » sbraitò subito dopo, infilandosi le mani tra i capelli.
Scorsi il riflesso della faccia terrorizzata del tassista nello specchietto centrale dell’auto: se credeva di essere chiuso in macchina con due pazze assassine non potevo biasimarlo, non sul “pazze”, perlomeno.
« A proposito » grugnì Domi, sistemandosi i capelli con stizza « sai che ho visto Nott, un paio di giorni fa? »
Ora lo sapevo, anche se avrei preferito di gran lunga non saperlo. Nott era la Bella Swan di Dominique: stesse tendenze masochiste (almeno a giudicare dal look da emo, e dai buchi sulle braccia… ma dubitavo che se li fosse procurati tagliandosi le vene, quelli), stesso fascino insano e del tutto immotivato che esercitava sulla sua vittima, stesso disastroso effetto che aveva sulle facoltà mentali del suo amante, con la differenza che era molto meno santarellino, e molto più stronzo di Bella Swan. E che Domi non brillava come una fatina, ovviamente. Ma se Bella era la qualità di eroina preferita di Edward, Nott era sicuramente una qualche altra droga pesante. E Domi non mi era mai sembrata particolarmente intenzionata a disintossicarsi.
Diamine, ma dopo due anni e mezzo non ha ancora imparato la lezione?
« E quindi…? » chiesi, immaginando il peggio, sotto le sembianze di Nott e mia cugina che scopavano selvaggiamente in un bagno pubblico.
« Niente. » rispose Domi, senza scomporsi. Tirai un sospiro di sollievo. « Si è fatto le mèches fucsia: adesso sembra una versione più palestrata di Bill Kaulitz. E lavora in un bar in periferia, un posto squallidissimo. Non so dove trovi i soldi per comprarsi la roba. »
Conoscendo Nott, ero certa che fosse meglio non saperlo. « E tu non hai intenzione di tornare in quel bar, vero? » indagai, ancora leggermente preoccupata.
Domi scoppiò in una risata un po’ forzata. « Credi che sia un’idiota? Non ho nessun motivo per tornare in quella topaia. »
Annuii, finalmente soddisfatta. « Bene. »
Il taxi frenò davanti ad Harrods, e quando fummo scese il tassista filò via sgommando, senza nemmeno lasciarci il tempo di pagarlo. Immaginavo che non dovevamo avergli dato una bella impressione di noi, parlando di assassinii e di emo drogati. Domi alzò le spalle e si diresse a passo sicuro verso la porta principale di Harrods, sculettando sulle sue zeppe.
Dieci minuti dopo, da dentro il camerino dove stava provando un vestitino da cocktail di Vera Wang, mi disse. « Comunque, Rose. L’altro giorno stavo guardando uno di quegli pseudo-reality di Mtv – sai, uno di quei programmi dove c’è un istruttore che deve trasformare uno sfigato in un figo da paura – e mi è venuta un’idea fantastica. »
Conoscevo le “idee fantastiche” di Domi abbastanza bene da diffidarne. « Che sarebbe…? » chiesi, guardinga.
Non la vedevo, ma dalla sua voce capii benissimo che stava ghignando. « Stavo pensando a un certo biondino secchione… »
« Oh, no! » sbottai, scoppiando in una risata mezza isterica che allarmò alquanto una commessa di passaggio « Non se ne parla! Domi, non ci pensare neanche! »
« Perché no? » chiese lei, uscendo dal camerino con un sorrisino innocente stampato in faccia. Piroettò davanti allo specchio studiandosi da tutte le angolazioni. « Come mi sta? » chiese, sistemandosi il vestito in modo che le scoprisse un po’ più le cosce.
« Bene. » grugnii « Di sicuro molto meglio di quanto stia il cervello nella tua testa. »
Domi alzò un sopracciglio, lanciandomi un’occhiatina allusiva. « Paura che il tuo fratellastro ti piaccia un po’ troppo? »
« Non mi piacerebbe nemmeno se fosse Brad Pitt. » sentenzia, sicura.
Domi si strinse lesse spalle, e si voltò di nuovo verso lo specchio. « Come ti pare. Comunque secondo me Scorpius ha il potenziale per diventare un gran figo: è alto, biondo, ha un bel culo – perché ha un bel culo, Rose, non fare quella faccia – e ha due occhi stupendi. Prova a immaginartelo in versione figo. »
Storsi il naso. « Mi dispiace, non ci riesco. Malfoy figo è una cosa che il mio cervello semplicemente non riesce a concepire. »
Domi si sistemò la scollatura del vestito, studiandosi il seno con aria critica. Quando ebbe deciso che le sue tette non richiedevano un immediato intervento di chirurgia plastica, mi rivolse un ghigno un po’ troppo serpeverdoso per i miei gusti. « Magari ti posso illuminare. » propose « Immaginatelo con qualche muscolo in più – è magro, gli basterebbe un po’ di palestra per farsi venire fuori la tartaruga –, » un’immagine di Scorpius in boxer, con un fisico da modello di Calvin Klein, mi si fece strada nella testa « con un taglio di capelli diverso – magari una di quelle pettinature spettinate con il gel… sui capelli biondi sta da dio –, » i suoi capelli un po’ lunghi, da secchione, sparirono, per far spazio ad un taglio molto più da macho « un abbigliamento da ventunesimo secolo – secondo me il nero è il suo colore: sta bene con la sua carnagione chiara –, » con mio sommo dispiacere, il fisico da modello della Calvin Klein fu coperto da un paio di attillati pantaloni di pelle di drago, e da una camicia nera aperta sul petto « niente occhiali, » gli occhiali sparirono immediatamente da suo naso, e mi ritrovai immersa nel verde pallido dei suoi occhi « e magari un bel sorrisetto strafottente da Serpe stampato in faccia. » immediatamente la curva morbida delle sue labbra si incurvò in un ghigno terribilmente sexy.
Domi sorrise, soddisfatta. « Allora, che te ne pare? »
Scossi la testa, cercando di scacciare dalla mia mente l’invadente immagine del modello di Calvin Klein, che si era messo a dimenare il bacino in una danza molto provocatoria. « N-no… » balbettai.
« Eddai! » esclamò Domi, sbattendo le ciglia con aria supplichevole « Ci divertiremmo un sacco, fidati! »
Il modello della Calvin Klein mi fece l’occhiolino, e mimò la pistola con le mani. Scossi la testa con più vigore. « No, scordatelo. »
La mia decerebrata cugina assunse quella che doveva ritenere un’espressione da cucciolo bastonato. « Per favore, Rosie! Guarda che dico sul serio: potrebbe davvero diventare un gran pezzo di figo… »
Il modello s’infilò un paio di dita dentro i boxer, e si passò la lingua sul labbro superiore, fissandomi con un’espressione adorabilmente porca.
Oh, si, sarebbe proprio un gran pezzo di…
« Figo? Malfoy? Domi, tu hai dei seri problemi mentali. E questa è la mia risposta definitiva: NO. »

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Capitolo 12
*** perché i modelli di Calvin Klein non dovrebbero esistere... - parte 2 ***


11.
Perché i modelli di Calvin Klein non dovrebbero esistere… - parte 2
 

 
La gelosia è una brutta cosa: capita sempre nei momenti peggiori.
Passi la vita a stressarti ripetendoti che lui non ti piace, che non ti interessa quello che fa, e con chi lo fa. E poi, quando ti trovi costretta ad ammettere che come bugiarda fai davvero schifo, quando non hai più la forza né la voglia di sbatterlo fuori dai tuoi pensieri, quando ti ritrovi cuore e cervello completamente sottosopra, come se tutto questo non bastasse, ci si mette pure la gelosia.
Come se non bastasse sentirti un’idiota perché, tra tutti gli esseri di sesso maschile presenti sulla faccia della Terra, dovevi andarti a pescare proprio lui. No, devi per forza ucciderti di seghe mentali, e distruggerti i neuroni a furia di chiederti se gli piace un’altra.
E poi, visto che non c’è due senza tre, oltre alla cotta e alla gelosia arriva pure la sfiga. Perché magari l’altra è tua cugina…
 

 

***

 
Il giorno dopo ero a pezzi: il mio sonno era stato infestato da visioni del modello di Calvin Klein che si sfilava Galeoni dalla parte davanti dei boxer, ammiccando con un sorriso pervertito, e di conseguenza non osai mettere il naso fuori da camera mia, troppo terrorizzata dall’idea di imbattermi in Scorpius anche solo per percorrere i due metri e mezzo che separavano camera mia dal bagno.
Alle nove e mezza il suddetto biondino venne a bussare alla porta della mia stanza. « Ehi, Rose… ehm… sei sveglia? Posso entrare? » chiese, esitante.
Immediatamente il mio cervello malato mi propinò un’immagine del modello di Calvin Klein, coperto solo da un minuscolo perizoma leopardato, che si strusciava sulla porta, leccandola. « Ehm… io… non sono presentabile… » balbettai, cercando di darmi un contegno.
« Oh, d’accordo. Volevo solo dirti che ho fatto le crêpes, se ti va di fare colazione. »
Il mio stomaco brontolò sonoramente, ma una visione del modello che mi imboccava lussuriosamente mi convinse a declinare l’offerta. « No, grazie, non ho fame! » esclamai, precipitosamente.
« Oh, ehm… » Scorpius parve deluso « pensavo che ti piacessero le crêpes con la Nutella… »
Alla parola Nutella il mio stomaco si rivoltò come un calzino, ma mi tirai le coperte sulla testa ed affondai il viso nel cuscino. « Si… cioè, no… insomma, non ho fame. »
« Sicura di star bene? » chiese Scorpius, perplesso.
Il modello di Calvin Klein, nudo sotto un camice immacolato, mi fece cenno di sfilarmi i vestiti, sillabando con le labbra “giochiamo al dottore e alla malata?”. Sprofondai di più la faccia nel cuscino. « Starei meglio se tu te ne andassi. » risposi flebilmente. “O per meglio dire starei meglio se il modello se ne andasse dalla mia testa…
Scorpius cominciò una frase, ma s’interruppe dopo due sillabe, e mi sembrò di sentire un sospiro. Quando finalmente udii i suoi passi allontanarsi lungo il corridoio fui io a sospirare, per il sollievo, e riemersi dalle coperte, appiattendomi i capelli elettrizzati dalla lana con stizza.
Se becco Dominique la uccido!
Il mio stomaco ruggì tutto il suo assenso, e per metterlo a tacere – o perlomeno per ignorarlo – mi misi a leggere il diario di Draco, che giaceva abbandonato sul mio comodino da diversi giorni.
 
2 settembre 1993
 
Potter è riuscito nell’impresa dove nessun altro studente in questa scuola, prima di lui, era riuscito. E non sto parlando di sopravvivere senza danni cerebrali più grossi di quanto fossero in partenza agli atti di pedofilia di Silente, o compiere qualche gesto eroico quasi quanto stupido. Ebbene no, senti cosa si è inventato questa volta per stare al centro dell’attenzione: sua maestà Harry-sonosempreilprotagonista-Potter ha avuto la brillante idea di svenire in treno, come una femminuccia. Cioè, è riuscito a finire in infermeria prima ancora di mettere piede nel castello. E poi se n’è andato in giro a piagnucolare per la sua ingiusta sorte di orfano, cercando compassione. Disgustoso, vero?
Attualmente sono seduto a un tavolino della Sala Comune, mentre Daphne Greengrass continua a lanciarmi sguardi assassini. Credo che pensi che stuprerò sua sorella. Credo che lo farò, quando sarà più grande.
Diamine, non sapevo che Daphne avesse una sorella  così gnocca! Certo, è una primina, perciò non è che possa metterci in atto chissà quali fantasie erotiche… però, ehi! Piccola Astoria, cresci bene che ripasso!
Ieri, quando l’ho detto ad alta voce in Sala Grande, Daphne mi ha tirato uno schiaffo in faccia. Uno schiaffo forte. E a colazione, quando mi ha beccato a guardarla, anche Pansy mi ha tirato uno schiaffo. Di questo passo mi verranno le guance come a un criceto. Infatti è da stamattina che evito Millicent: se si mette in testa anche lei di tirarmi uno schiaffo, mi uccide. Giuro, quella stenderebbe anche Tiger e Goyle.
 
26 settembre 1993
 
Credo che mentre aspetto che la piccola Greengrass riempia una seconda di reggiseno, indirizzerò il mio amore verso la Cooman. Le mie fantasie sessuali magari è meglio di no, però. Anche perché Pansy adesso si è messa in testa che deve leggere la mia posta e il mio diario, e non voglio che mi prenda a schiaffi di nuovo. Ah, si, è sottointeso che non sono ancora riuscito a scaricarla, sennò non starei certo qui a farmi prendere a ceffoni da un carlino bipede. Comunque, chiudiamo la parentesi Pansy, prima che vomiti le Cioccorane che un primino mi ha gentilmente regalato (Tiger e Goyle sanno essere molto persuasivi, quando vogliono…). Cosa stavo dicendo? Ah, giusto. Quest’anno dobbiamo seguire ben due, e dico due, e quando dico due vuol dire due materie nuove. Entrambe totalmente inutili, per giunta. In pratica sono altre sei ore a settimana buttate nel cesso... e io odio quando la gente spreca il mio tempo. Per non parlare del fatto che adesso, oltre ai folletti, possono insegnare anche i mezzigiganti. Ma perché non direttamente i Troll, dico? Merlino, quanto siamo caduti in basso… Quello zoticone di Hagrid non ha neanche una bacchetta magica, e si aspettano che io, Draco Malfoy, discendente di una nobile e antichissima casata di Purosangue, prenda lezioni da lui? Scriverò a mio padre di fare qualcosa a riguardo: è semplicemente inammissibile.
L’unica nota positiva in tutto questo degrado scolastico – come ti stavo dicendo all’inizio – è che la Cooman, la prof di divinazione, passa la metà delle sue ore a predire la morte di Potter. Davvero, credo che potrei amarla. Spero solo che sia una vera veggente…
 
Quando, a metà novembre, il Draco tredicenne si lanciò in un appassionato sputtanamento dei Weasley, decisi che per quel giorno poteva bastare.
E fu così che Rose Weasley ripiombò nella noia più totale.
Davvero non capivo come facesse Scorpius a passare la maggior parte della sua insulsa esistenza chiuso in camera sua. E quando il modello di Calvin Klein fece una breve apparizione nella mia testa, stravaccato tra un mare di copie del kamasutra che rappresentavano il suo unico indumento, decisi che non capivo neanche cosa diamine avessero i miei ormoni. Evitai di contare sulle dita della mano da quanti mesi esattamente non baciassi un ragazzo, soprattutto perché temevo che le dita di una mano sola ormai non bastassero più.
Alle dieci e mezza ero distesa sul letto, e stavo intensamente pensando ad una lavagna nera (“James dice che funziona, quando vuoi addormentarti”). Alle dieci e tre quarti ero sempre distesa sul letto, e stavo riflettendo su tutte le cazzate che sparava James. Alle undici meno cinque volevo suicidarmi. Alle undici decisi che era molto più comodo morire e basta, così non avrei nemmeno dovuto alzarmi da quel letto. Alle undici e venti arrivai addirittura a fare i compiti di Trasfigurazione.
Alla fine, verso ora di pranzo, mi dissi che Scorpius non poteva essere peggio della teoria della trasfigurazione umana, perciò mi trascinai fino in cucina e decisi che mi sarei messa a spadellare un po’, tanto per avere qualcosa da fare. Non che io sapessi cucinare, beninteso, ma l’unico rischio che correvo era di avvelenare Scorpius o di morire avvelenata io stessa, ed in quel momento entrambe le prospettive mi parevano piuttosto allettanti.
Aprii l’anta del frigo e cominciai ad allineare sul bancone ingredienti a caso, scegliendoli a seconda del colore e di quanto mi ispirassero le confezioni che mi trovavo davanti. Il modello, intanto, stava sensualmente reclamando la mia attenzione in un angolo del mio cervello. Riuscii ad ignorarlo incredibilmente bene, finché…
« Hem… »
Un colpetto di tosse sarcastico alle mie spalle mi convinse a lasciar perdere la cioccolata e la confezione di mozzarella che avevo appena estratto dal frigo: Scorpius se ne stava appoggiato allo stipite della porta con un atteggiamento molto casual per i suoi standard, ed osservava le mie mosse con palese divertimento.
Merlino, no, appoggiato allo stipite no! E soprattutto non in quel modo! Vuoi che il modello mi faccia venire un orgasmo?
Sussultai, e dovetti serrare le mani sulla maniglia del frigo per non perdere la calma. « Malfoy, che vuoi? » chiesi, brusca.
Lui si limitò a scuotere la testa in direzione del petto di tacchino e del pacchetto di merendine che spiccavano in cima alla catasta di cibo che avevo accumulato sul bancone, ridacchiando. « Cosa stai cercando di fare? »
« Cucino. Hai qualche problema? » sbottai, togliendogli di mano il cartoccio di prosciutto che stava studiando con aria scettica.
« Nessun problema, a meno che tu non avessi intenzione di cucinare anche per me. » mi assicurò lui.
Feci finta di non aver visto il modello che si leccava un dito sporco di nutella, e scoppiai in una risata sarcastica. « Io cucinerò per te solo quando mia madre si metterà con… » mi interruppi, prima di dire Draco Malfoy « no, aspetta, dopo gli avvenimenti delle ultime settimane devo aggiornare la mia lista delle cose impossibili… »
Scorpius si rabbuiò leggermente. « Bhe, almeno adesso ho una garanzia in più di arrivare agli ottant’anni. » disse, ignorando di proposito il mio accenno all’improbabile relazione tra i nostri genitori.
« Guarda che io sono perfettamente in grado di cucinare! » sbottai, offesa.
Non era proprio vero, ma tanto Malfoy non avrebbe mai assaggiato le mie creazioni culinarie, e se anche lo avesse fatto, poi non sarebbe vissuto abbastanza per sfottermi per la mia totale incapacità ai fornelli.
Scorpius mi rivolse un’occhiata scettica. « E cos’era che volevi cucinare, di preciso? »
Feci scorrere lo sguardo sugli ingredienti che avevo accatastato sul bancone, in cerca di ispirazione: un limone, mezzo cavolo, un pacco di merendine, della passata di pomodoro, una bistecca, un sacco di farina, un cartoccio di prosciutto, della mozzarella, una tavoletta di cioccolato aperta, un petto di tacchino, il barattolo della Nutella, un cartone di latte e una sogliola.
« Uhm… pizza. » decisi alla fine, anche se avevo a malapena idea di quali ingredienti ci volessero per farla.
« Pizza? » chiese lui, fissando le merendine, la Nutella e la maggior parte degli altri alimenti che si trovavano sul bancone con un ghigno divertito.
Nooooo il ghigno no! Ma sei impazzito? Cancellati quel sorrisetto dalla faccia all’istante, sono stata chiara? Guarda che se il modello mi fa venire in infarto ti riterrò responsabile!
« Si, pizza. » affermai, ostentando una sicurezza che non avevo neanche per metà « Non dirmi che non hai mai mangiato la pizza con la Nutella, in Italia la mangiano tutti. »
Scorpius storse il naso. « Sempre detto che gli Italiani sono gente strana… Come te, del resto. »
Mi lanciò un’occhiatina obliqua, e spostò un po’ di ingredienti dal bancone, ricavandosi un angolino libero dove appoggiò il sacco di farina. « Sei sicura di voler fare la pizza? Mangeremo tardissimo. »
« Non usare il plurale in una frase che riguarda noi due! » sbottai « E comunque non ho la minima intenzione di mettermi a cucinare con te! » Aggiunsi, ricordando una scena particolarmente vivida del sogno, in cui il modello si spalmava addosso un intero vasetto di Nutella e poi si leccava le mani con lussuria.
Scorpius alzò le spalle. « D’accordo, allora io mi faccio la mia pizza. Per me. »
« E io faccio la mia. » replicai, con aria di sfida, accatastando il resto degli ingredienti al centro del bancone, a formare una specie di Muraglia Cinese che lo divideva a metà: la mia metà, quella bella, buona e simpatica, e la sua metà, quella brutta, cattiva e antipatica.
Bene, e adesso?” mi chiesi, osservando la mia metà di bancone. Sbirciai Scorpius, e notai che stava scegliendo una serie di ingredienti con molta sicurezza. Riconobbi il sacco di farina, dell’acqua, il barattolino del sale ed una bottiglia d’olio, mentre non capii cosa fosse quel cubetto marroncino. Poco male, il colore non prometteva bene: non avrei comunque voluto metterlo nella mia pizza.
« Malfoy, la farina servirebbe anche a me. » gli feci notare, cercando di leggere sul cilindro graduato quanta acqua avesse preso, possibilmente senza farmi notare.
Lui rovesciò una montagnola di farina sulla sua parte di bancone e mi passò il sacco, impassibile. Rovesciai tutta la farina contenuta nel sacco sulla mia parte di tavolo, e risposi allo sguardo allibito di Scorpius con un sorrisetto di sfida. Poi riempii una caraffa d’acqua e, al posto del cubetto marrone, decisi di prendere due uova: infondo le uova andavano un po’ in tutti gli impasti, no? Non potevano di certo rovinare la ricetta. Sbirciai le mosse del Serpeverde, che sembrava capirne molto più di me, ed aveva fatto una specie di buco in mezzo alla montagnola di farina, dove ora stava versando l’acqua.
Lo imitai, e ruppi le uova sul bordo della brocca d’acqua, buttando sia il bianco che il rosso in mezzo alla farina. Per la verità finirono nella farina anche un discreto numero di pezzettini di guscio, che cercai di tirare fuori e buttare per terra senza farmi vedere dal biondo.
« Precisamente, cos’è che stai facendo, Weasley? » mi chiese lui, fissando la poltiglia di uovo e farina che mi si era appiccicata alle mani, con aria schifata.
« La… pizza…? » risposi, non molto convinta.
Il sopracciglio sinistro di Scorpius si sollevò di parecchi centimetri. « Con le uova? »
« Si, ehm… la pizza all’uovo… è una vecchia ricetta… Uruguaiana… » inventai, annuendo con quella che speravo sarebbe risultata un’espressione convinta e convincente. Speranze vane, ovviamente.
Scorpius sbuffò. « Avanti, ammettilo che non sai cucinare. »
« Io sono perfettamente in grado di… » Protestai, ma prima che potessi terminare la frase lui si era posizionato dietro di me e mi aveva tolto le mani dall’impasto con un gesto secco ma gentile allo stesso tempo.
Il mio cuore perse un paio di battiti, ma poi recuperò subito partendo a razzo, come il pungiglione di uno Schiopodo Sparacoda. Arrossii fino alla punta del mignolo del piede sinistro, mentre il modello, nella mia testa, si scatenava in una danza davvero indecente.
Sperai ardentemente che Scorpius non fosse un Legilimens. Ma che lo fosse o no, a giudicare dal suo sorrisetto divertito, qualcosa lo doveva avere notato. « Prima che tu combini altri disastri. » sussurrò, a mo’ di spiegazione.
Se non fossi stata così impegnata a pensare che le mie mani erano intrappolate tra le sue, probabilmente avrei trovato qualche rispostaccia da dargli. O forse no...
La sua pelle era morbida, anche se al momento era impastata di acqua e farina – il che, dovetti ammetterlo, non era neanche lontanamente eccitante come il modello ricoperto di Nutella –, e le sue dita affusolate mi stringevano delicatamente i polsi, come se avesse paura di farmi male. Cosa che mi sembrava discretamente idiota, dal momento che io lo prendevo a pungi una media di due volte al giorno.
Ecco, brava, Rose, pensa qualunque cazzata di venga in mente ma, ti prego, evita di pensare a…” Scorpius? Merlino, avrei dovuto prenderlo a calci ed allontanarmi da lui di almeno tre metri. Peccato che, a quanto pareva, la mia forza di volontà stava giocando a nascondino con i miei ormoni impazziti…
Oddio, Rose, rinsavisci!
Restammo immobili in quella posizione per una manciata di lunghissimi secondi – o forse, ma questo lo pensai dopo, erano stati troppo corti – con il suo fiato caldo che mi scompigliava i capelli sul collo, ed il suo petto che sfiorava appena la mia schiena. E il modello che…bhe… diciamo che cercavo di non pensare troppo a quello che stava facendo.
« Ehm… puoi anche lasciarmi, adesso. » dissi, imbarazzata.
« Si, ehm… scusa… » borbottò lui, allontanandosi di un passo. Poi parve riacquistare il solito contegno distaccato e antipatico, ed il suo solito colorito pallido (almeno potevo consolarmi con la consapevolezza di non essere stata l’unica ad arrossire). « E comunque con questa schifezza non farai mai una pizza. Forse riusciamo a farci una torta, se non combini altri disastri. » ci tenne a precisare, storcendo il naso.
Sbuffai, incrociando le braccia sotto il seno con un’espressione contrariata. « Credi di essere un gran cuoco? »
« Non lo credo, lo so. » replicò lui, sfoderando tutta la sua superbia da Malfoy.
« Bene, ti lascio a cucinare, allora. » annunciai, e mi affrettai ad allontanarmi dalla cucina, prima di fare altri danni. O prima che il modello potesse fare altri danni alla mia materia grigia, a seconda.
Appena raggiunsi il divano del salotto mi ci afflosciai sopra, bestemmiandomi dietro in tutte le lingue che conoscevo: dovevo tornare in possesso delle mie facoltà mentali, e in fretta, prima che la situazione diventasse irreparabilmente grave.
Recuperai il telecomando da sotto un cuscino ed accesi la tv, decisa a non pensare a Scorpius. Non ci riuscii molto bene, visto che mezzo minuto dopo ero voltata di spalle alla televisione, e stavo sbirciando le mosse del biondino senza farmi vedere: era di profilo, e la luce estiva che filtrava dalle finestre illuminava il suo naso dritto, forse appena un po’ troppo lungo, i ciuffi di capelli biondi, che gli ricadevano sulle lenti degli occhiali, e le labbra sottili, serrate in una smorfia concentrata. 
Forse non era un giocatore di Quidditch palestrato e terribilmente figo, e preferiva i libri alle ragazze, ma infondo quanti altri ragazzi sulla faccia della Terra sapevano cucinare come uno chef francese, tenevano in ordine la casa e per giunta ti facevano copiare i compiti? Se avesse smesso di portare quegli stupidi occhiali e se fosse stato un tipo vagamente più sportivo, avrebbe quasi potuto essere il mio uomo ideale… Ragion per cui non potevo assolutamente permettere che Dominique lo trasformasse nel modello di Calvin Klein.
 

 

***

 
Quel pomeriggio, armata di Pozione Polisucco, jeans larghi e sneakers bianche taglia quarantatrè, mi accingevo a svolgere il mio turno al negozio di elettronica. Lanciai un ultimo sguardo al display del cellulare, su cui campeggiava la scritta “Sono dietro l’angolo. Scendi? Domi.”, poi lo infilai in tasca e mi avviai verso il bagno, camminando a gambe larghe per evitare che i pantaloni troppo grandi mi scivolassero fino alle caviglie, o – in alternativa – per evitare di inciampare in tutti quei centimetri di stoffa inutile, facendo finire il mio naso all’altezza delle caviglie. Ero così impegnata a ciondolare nei jeans di James senza schiantarmi che non badai alla porta chiusa del bagno, e la spalancai senza pensarci.
Pessima mossa, Rose.” O molto buona, a seconda, perché se era vero che l’acuto di Scorpius mi aveva distrutto le orecchie, era anche vero che vedendolo con i capelli grondanti d’acqua, e uno striminzito asciugamano annodato attorno alla vita, mi ero rifatta gli occhi. Se ne stava lì, immobile, tra le volute di vapore caldo che appannavano lo specchio e scivolavano lungo le piastrelle in minuscole scie d’acqua. I suoi capelli, bagnati ed incollati alla nuca, sembravano quasi castani, e le punte arricciate delle ciocche più ribelli spandevano goccioline sul suo volto, e sulle spalle. E poi le goccioline scendevano, così come fece il mio sguardo, lungo il petto magro, sulle costole che affioravano sotto la pelle bianca, sulle linee appena abbozzate degli addominali, e poi ancora più giù, sfiorando l’ombelico, e poi ancora più in basso, tra i radi peli biondicci che scomparivano dietro l’orlo dell’asciugamano… e la mia fantasia continuava a scendere, anche là dove i miei occhi vedevano solo le pieghe bianche della stoffa, anche là dove non avrei dovuto essere interessata a cosa c’era…
Sentii le guance andare a fuoco, mentre i miei ormoni tripudiavano, e il modello di Calvin Klein… bhe, penso che a questo punto descrivere le sconcerie che stava facendo sia superfluo…
« Malfoy! » sbraitai, schiaffandomi entrambe le mani sugli occhi nel vano tentativo di sedare gli ormoni e risvegliare i neuroni « Merlino, che schifo, ma vuoi vestirti? »
Sbirciando tra le dita scorsi l’espressione irata che si dipinse sul suo volto rosso peperone. « Cioè, fammi capire » sbottò « tu fai irruzione nel bagno mentre ci sono dentro, e poi hai anche il coraggio di lamentarti se non sono vestito?! »
E chi si lamenta?” misi prepotentemente a tacere la vocina che aveva detto una simile idiozia, e mi affrettai a rispondergli per le rime. « Bhe, se proprio devi spogliarti almeno chiudi la porta a chiave! »
« Se proprio devo spogliarmi?! » ripetè, con una smorfia « Perché, secondo te cosa ci faccio in bagno, mi trucco? »
« Conoscendoti non c’è da escluderlo! » strillai « E la prossima volta non ti azzardare a farti trovare in questo stato, chiaro?! » Sbattei violentemente la porta, e mi fiondai giù per le scale, incespicando nei jeans e bestemmiando dietro ai gusti da rapper di James.
Non avevo bisogno del senno di poi per rendermi conto che la mia scenata isterica, oltre a sembrare decisamente patetica, era anche totalmente immotivata, ed altrettanto stupida. Ma d’altronde chi riuscirebbe a pensare lucidamente con un biondo palestrato che si spoglia nella sua testa, e un altro biondo meno palestrato già spogliato davanti al naso?
« Weasley! » mi chiamò la voce di Scorpius, dalla cima delle scale « Stai bene? » sembrava vagamente preoccupato.
« Sto benissimo! » urlai. « Mai stata meglio! » Dubito che la mia credibilità in quel momento fosse molto alta, visto che avevo la voce qualcosa come due o tre ottave più alta del normale.
« Sei sicura? » insistette Malfoy « Insomma, te ne vai in giro vestita da maschio e… a proposito, si può sapere perché sei vestita da maschio? »
« E si può sapere perché tu non sei capace di farti i cazzi tuoi?! » replicai, imboccando il vialetto del giardino quasi di corsa.
D’accordo, avevo un problema. Un problema grosso, molto grosso. Un problema di nome Scorpius Malfoy, che per qualche ragione a me ignota aveva un effetto catastrofico sulle mie facoltà mentali… Raggiunsi Domi, dietro l’angolo, con i palmi delle mani sbucciati, ed il fiato corto. Mia cugina, dall’alto dei suoi sandali a zeppa, mi lanciò un’occhiata che metteva palesemente in dubbio le mie facoltà mentali. « Rose? » mi salutò, perplessa, sollevando un sopracciglio accuratamente rifinito.
Stappai la bottiglietta di Polisucco, ne trangugiai il contenuto e mi aggrappai al suo braccio senza nemmeno salutarla. « Smaterializziamoci. » tagliai corto « Subito. »
 

 

***

 
Verso le cinque e mezza me ne stavo seduta al computer di cassa, con un paio di cuffiette nelle orecchie ed un pagina di Google aperta davanti al naso. Domi si era stufata ben presto di tenermi compagnia al negozio, e ne aveva approfittato per fare un salto a Oxford Street, assicurandomi che non ci avrebbe messo molto. Conoscendola, voleva dire che dopo l’orario di chiusura dei negozi forse si sarebbe ricordata di venirmi a prendere.
Fortunatamente quel pomeriggio i clienti non sembravano particolarmente in vena di fare acquisti, e speravo che continuassero a non esserlo, lasciandomi libera di schiattare di noia in santa pace. Tamburellai le dita sulla tastiera e, senza pensarci, digitai Calvin Klein nella barra di ricerca. Cliccai sulla prima immagine che comparve, e immediatamente lo schermo fu riempito dalla foto di un modello moro, in mutande, con il fisico scolpito ed un pacco tanto sul davanti, ma tanto che probabilmente, con un soffia di vento dietro la schiena, si sarebbe sbilanciato e sarebbe caduto a musata. Mi consolai un po’ pensando che l’unica somiglianza tra quell’essere indiscutibilmente figo e Scorpius era la dimensione del contenuto delle mutande, ma quel pensiero finì per scatenare il modello nella mia testa, e farmi sentire ancora più terribilmente stupida. Mi tirai uno schiaffo sulla guancia, bestemmiando mentalmente dietro alla regola della L, che a quanto pareva funzionava solo per Al, e solo se si metteva un paio di calzini nelle mutande.
Odio Malfoy! Non gli bastava interferire con la mia vita, ora deve anche interferire con la mia normale attività cerebrale!
Ero talmente impegnata a crogiolarmi in quei pensieri astiosi, che ci misi un po’ a realizzarmi che qualcuno mi stava chiamando.
« James? »
Alzai lo sguardo, perplessa, trovandomi davanti agli occhi castani, e delicatamente truccati di una biondina dall’aria fragile. Mi sorrideva, incerta, ed aveva le guance velate di un lieve rossore.
Diamine, ma sembro forse quel troglodita di mio cugino?!” Poi realizzai che, sì, con la Polisucco dovevo assomigliargli parecchio, e mi affrettai a mettere in icona la finestra su cui campeggiava il modello in mutande.
« Oh, ciao, Kathie! » esclamai, sforzandomi di assumere una voce che sembrasse quella di James, ed un sorriso che sembrasse almeno vagamente un sorriso.
Non sapevo cosa diamine ci facesse la mia compagna di dormitorio in un negozio babbano di elettronica, ma a giudicare dallo sguardo melenso che mi stava puntando addosso non poteva essere una buona cosa.
Miseriaccia, ma si può sapere cosa cavolo ci trova in James? Bha… sarà il fascino degli idioti…
Kathie si arrotolò una ciocca di lisci capelli biondo chiaro sull’indice. « Ho saputo che i tuoi genitori ti hanno messo in punizione per aver aiutato Rose… e, bhe, penso che sia stato un bel gesto da parte tua… » il rosa pallido che le tingeva le guance si trasformò in un rosso decisamente più acceso « E, ehm… insomma, pensavo che magari ti sarebbe piaciuto avere qualcuno con cui chiacchierare un po’, mentre lavori… » Ora, le sue guance sembravano definitivamente un semaforo rosso.
Maledissi mentalmente James per i suoi casini sentimentali irrisolti, e sollevai le labbra nel sorriso più falso che si fosse mai visto. « Come… come hai saputo che ero qui? »
« Me l’ha detto Al. Sai… ehm… » abbassò lo sguardo sulle sue dita sottili, intrecciate sul bancone « mi ha detto che era sicuro che avresti voluto che venissi a farti compagnia, ogni tanto, ma che sapeva che non lo avresti ammesso nemmeno sotto tortura… e poi… ecco… mi ha… consigliato di venirti a trovare, quando ne avevo voglia… »
Prima o poi dovrò spiegare ad Al che lui non èCupido…” Diamine, ma era mai possibile che dovesse addirittura cercare di combinare il matrimonio di suo fratello?
Bhe, bisogna ammettere che se non lo facesse lui probabilmente James resterebbe single a vita…
Il modello di Calvin Klein mi ricordò insistentemente l’altro matrimonio di cui, al momento, si stava occupando l’agenzia matrimoniale Albus&Severus, ma lo cacciai in un angolino della mia testa senza tanti complimenti.
« Oh, si, caro Al… » masticai quelle parole tra i denti come se fossero state una Gelatina Tutti i Gusti + 1 particolarmente rivoltante « Ricordami di ringraziarlo… »
Sicuramente ci avrebbe pensato James, a ringraziarlo…
Kathie appoggiò i gomiti al bancone, avvicinando il suo viso al mio. Deglutii rumorosamente, chiedendomi cosa sarebbe successo se avesse cercato di baciarmi. Cioè, di baciare James. Cioè, il corpo di James con me dentro… o, bhe, insomma...
« Lavori anche di sabato? »
Chiese, studiandomi con quei suoi occhi castani inquietantemente lucidi, gli occhi di chi, se fosse in un cartone animato babbano, avrebbe una serie di cuoricini rosa che scoppiano e si riformano sopra la testa.
« Uhm… no, non credo… cioè, no. » borbottai, sfoggiando una stupidità assolutamente degna di James.
Kathie sbatté le ciglia, e mi si avvicinò ancora di un paio di centimetri. « Allora… ti andrebbe se magari… ecco… pensavo che questo sabato… » esitò, mordendosi il labbro inferiore, palesemente imbarazzata « Ecco, se questo sabato… facessimo qualcosa… assieme? »
Mi schiacciai sullo schienale della sedia, cercando di allontanarmi più possibile dalle sue labbra spaventosamente rosa, pronte a spiaccicarsi sulle mie. Cioè, su quelle di James… oh, al diavolo!
« Qualcosa… tipo cosa? » balbettai.
Le guance di Kathie ormai stavano fumando. Il mio cervello, nel tentativo di trovare una scappatoia, pure. « Bhe, ecco » balbettò « Non lo so… tu cosa vorresti fare? »
Cercai di spingere indietro la sedia senza farmi notare. « Quello che vuoi tu… »
Pessima risposta. Gli occhi di Kathie si illuminarono. « Allora potremmo fare un giro a Diagon Alley… ti va? »
« Ehm… io… ecco… » James mi avrebbe uccisa, lo sapevo. Mi avrebbe squartata, cucinata dentro il calderone di Pozioni e poi mi avrebbe servita per cena al professore di Trasfigurazione. « Io, ecco, mi farebbe davvero piacere… ma… »
« James? » la voce di Dominique mi interruppe bruscamente « Con chi stai parlando? »
Stavo per correre a gettarmi ai suoi piedi, ringraziandola per avermi salvata dal Kathie, ma qualcosa nello sguardo omicida che mi rivolse mi face cambiare idea.
« Andiamo. » disse, freddamente. « Il tuo turno è finito. »
A dire il vero sarebbe finito non prima di un’ora, ma l’espressione omicida di mia cugina non ammetteva repliche e, considerato che l’unica alternativa che avevo era farmi stuprare da Kathie, decisi che il mio turno di lavoro, quel pomeriggio, sarebbe finito alle sei meno cinque.
Scivolai fuori dal bancone di cassa e raggiunsi Dominique, che continuava a guardarmi con l’aria di chi si sta trattenendo a stento dall’usare una Maledizione Senza Perdono. Mi prese a braccetto con forza, lanciano uno sguardo minaccioso a Kathie, e mi trascinò verso la porta, sculettando.
« D’accordo… » balbettò Kathie « Allora sabato alle tre e mezza, al Paiolo Magico… »
Sentii la french manicure di mia cugina penetrarmi a fondo nella pelle del braccio. « Al Paiolo Magico cosa? » sibilò.
Scossi la testa, depressa. « James mi ucciderà… »
« Io ti uccido. » mi corresse Domi, trascinandomi lungo il marciapiede « Cosa cazzo hai combinato? »
« Ehm… bhe… » allontanai lo sguardo dai suoi occhi assassini « insomma… gli va dietro da secoli e… e non volevo farla restare male… e… è solo un appuntamento, infondo… »
« Solo un appuntamento? » sbraitò Domi « James non prova niente per quella! Non sa neanche che esiste, praticamente! Quella troia non ha speranza, con lui! » Kathie era l’esatto contrario di una troia, ma visto l’umore di mia cugina ritenni più saggio non esplicitare quella considerazione. « Rose, sei un’idiota. »
Sfilò il suo braccio dall’incavo del mio gomito con forza, ed accelerò il passo, senza degnarmi di uno sguardo. La seguii mestamente, inciampando nei pantaloni.
Davvero, la dieta le sta facendo male. È sempre isterica, s’incazza per niente… insomma, non è mica lei che ci deve uscire, con Kathie!
Camminammo in perfetto silenzio, come due sconosciuti che si trovano a percorrere lo stesso marciapiede per caso, per una decina di minuti, durante i quali ebbi modo di stilare mentalmente il mio testamento, che avrei scritto prima di comunicare a James che aveva un appuntamento con Kathie.
Alla fine, stufa del silenzio offeso di mia cugina, mi decisi a parlare. « Domi, senti… non è la fine del mondo… e poi ci penserà già James a incazzarsi, non occorre che… »
Domi sbuffò, ed accelerò il passo, co i ricci che le rimbalzavano sulla schiena, e la grande borsa griffata che le sbatteva regolarmente sul fianco, tintinnando. Mi chiesi come diamine faceva ad andare così veloce su quei trampoli: nonostante le gambe di James fossero parecchio più lunghe delle mie, dovetti quasi mettermi a correre per starle dietro.
« Domi… »
Lei strinse le labbra, e cambiò bruscamente argomento. « Quando finisce l’effetto della Polisucco? »
« Non lo so. » risposi, onestamente « Spero presto… devo fare pipì, ma non credo che in queste condizioni riuscirei a centrare la tazza del cesso… e comunque non ho la minima intenzione di provarci. » Mi tirai su i jeans con uno strattone, prima di poter restare in mutande « A proposito, è normale che le palle prudano così tanto? » Domi mi fulminò con un’occhiata disgustata. « Bhe, ma è vero che prudono! » mi difesi, arrossendo.
Mia cugina scosse la testa, e svoltò bruscamente in una stradine laterale. « Comunque » disse « domani pomeriggio non posso accompagnarti a Diagon Alley. Vado a fare shopping con Scorpius. »
Inciampai nei jeans, e andai a sbattere contro un lampione. « Con chi? » esclamai, indignata.
« Scorpius-potrei-essere-un-gran-pezzo-di-figo-Malfoy. » rispose lei, tranquilla nonostante il mio sguardo esprimesse chiaramente tutto il mio disappunto, e i miei istinti omicidi « Sai, posso farlo diventare figo anche senza il tuo aiuto. » precisò, un po’ stizzita.
« Tanto lui non accetterà mai. » risposi, precipitosamente.
Domi mi rivolse un ghigno malizioso. « Ha già accettato. Ci vediamo venerdì alle quattro dietro casa vostra. »
Improvvisamente una scena molto poco piacevole mi esplose nella testa: Dominique e il modello di Calvin Klein, chiusi in un camerino, che si baciavano senza ritegno, ficcandosi le mani sotto le mutande con mugolii di apprezzamento. Chiusi gli occhi, cercando di scacciare quell’immagine che si era impressa prepotentemente nella mia retina, ma l’unico risultato che ottenni fu che il modello si trasformò in Scorpius, lo Scorpius che vedevo ogni mattina in giro per casa, lo Scorpius magro e un po’ sfigato che usciva dalla doccia con uno striminzito asciugamano bianco stretto attorno alla vita, lo Scorpius che passava la vita a leggere e suonare il pianoforte…
Il mio stomaco si aggrovigliò in una stretta dolorosa, mentre l’immagine mutava di nuovo: Domi e Scorpius, sul divano della Tana, uno abbarbicato all’altra, che si sbaciucchiavano teneramente, sussurrandosi paroline disgustosamente dolci. E io e gli altri cugini seduto attorno a loro, nel salotto, che parlavamo del più e del meno, ignorandoli, come chi ormai ha visto quella scena troppe volte per farci caso. Albus gongolava, James li sopportava con rassegnazione, Louis li guardava un po’ male e Lily sbatteva le ciglia con un sorrisetto ebete stampato in faccia, ripetendo che erano una coppia davvero perfetta.
Mi bloccai di colpo, afferrando il braccio di mia cugina con forza, fin troppa. « Vengo con voi. » decretai, irremovibile.
Non ci sarebbe stata nessuna coppietta felice che si scambiava saliva nel salotto della Tana. Non lo avrei permesso. 

 

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Capitolo 13
*** Auror con deformazione professionale che cercano di farti il terzo grado... ***


12.
Auror con deformazione professionale che cercano di farti il terzo grado…

 
 

Gli Auror soffrono di una grave forma di deformazione professionale: non sono in grado di fare delle semplici, banali, noiose domande senza puntarti una bacchetta alla gola, minacciarti di farti ingoiare del Veritaserum se non dici la verità o informarti che mentire alle autorità è un reato punibile per legge. A volte prendono addirittura appunti su quello che dici, come se si trovassero in un vero tribunale. Ma, ripensandoci, quello lo fa solo mamma. E mamma prenderebbe appunti su qualsiasi cosa: dev’essere la deformazione professionale del secchione. Ma io non stavo parlando di secchioni e, per dirla tutta, nemmeno di mia madre.
A meno che non pensiate che mia madre sia incredibilmente snob e se ne vada in giro con una brillante chioma da Barbie in testa. In tal caso sì, è esattamente di lei che sto parlando.
… perché quando il tuo patrigno comincia a farti domande sulla tua vita sentimentale non è mai un buon segno…

 


***

 

La mattina dopo, alle sei e tre quarti, stavo tartassando Albus di sms, fregandomene altamente del fatto che a quell’ora tutti i comuni mortali stavano ancora dormendo. Gli studenti in vacanza in particolare.
Rose– Miseriaccia, Sev, sei il suo migliore amico! DEVE averti detto qualcosa.
Sev– Se anche fosse non vedo perché dovrebbe interessarti. u.u

Ogni tanto sentivo di odiare profondamente mio cugino: si divertiva tanto a farsi gli affari miei e di Scorpius e a spettegolare in giro, ma quando avevo bisogno di scucirgli un'informazione importante mi toccava sempre strisciargli ai piedi per ottenerla.
Rose– Non posso rischiare di imparentarmi con quell’essere.
Soprattutto, non potevo rischiare che Dominique si imparentasse con lui. Non che Domi fosse un tipo da storie serie, ma è sempre meglio preoccuparsi troppo, piuttosto che troppo poco.
Sev – Rose, siete già imparentati. I vostri genitori stanno per sposarsi.
Rose– Stanno per, Sev, stanno per. Tu sottovaluti me e il mio adorabile fratellino… ma stavamo parlando di Domi e Malfoy junior. Avanti, sputa il rospo: so che sai qualcosa.

Albus sapeva sempre anche troppo, soprattutto quando si trattava degli affari altrui.
Sev– Oh, si, in effetti parla spesso di una certa Weasley... Secondo me si è preso una bella cotta…
Ecco, lo sapevo.” Soltanto che mi sentii così dannatamente male che non riuscii nemmeno ad essere soddisfatta per averci azzeccato. Sì, male era la parola giusta per descrivere come stavo: troppi sentimenti assieme per poterli definire con un’unica parola, troppi pensieri che mi vorticavano in testa, troppe emozioni che mi aggrovigliavano le budella. Decisamente, male come descrizione andava a meraviglia
Gli piace Dominique.” Lasciai cadere il cellulare sul divano, accanto alla mia gamba destra. “Certo che gli piace Dominique. Chi non sceglierebbe Dominique?” Era lei la cugina bionda, quella con gli occhi azzurri… quella bella. Io ero solo Rose, quella che al metro e sessanta ci arrivava solo in punta di piedi, quella che prendeva Troll nei compiti in classe, quella che in una seconda di reggiseno ci avrebbe tranquillamente potuto fare un regata. Era ovvio, dannatamente ovvio, che accanto a Domi non mi avrebbe mai nemmeno guardata…
Sono un’idiota…” Un’idiota completa. Anche solo per averci pensato.
Sentii il cellulare vibrare, ma non lessi il messaggio di Al: mi limitai a schiacciare il tasto rosso con rabbia, finché lo schermo non divenne completamente nero. Allora gettai a terra il telefono, e sprofondai nel divano, sperando di venir inghiottita dai cuscini.
A quel punto dovevo essermi addormentata, perché l’attimo dopo erano le sette e mezza, e mamma mi stava scrollando una spalla. «Rose, cosa ci fai qua? »
Scossi la testa, e sprofondai il viso tra le braccia. La mano di mamma risalì dalla spalla fino alla nuca, scorrendo delicatamente tra i miei capelli. «Ti va di parlarne? » chiese, gentilmente.
«Non c’è niente di cui parlare. »grugnii.
Non mi avrebbero creduto nemmeno i gemelli Scamandro. E i gemelli Scamandro credevano a tutto, a partire dall’esistenza dei Ricciocorni Schiattosi per arrivare alla reincarnazione di Lord Voldemort nella Piovra Gigante.
Mamma mi spinse un po’, per farsi spazio sul divano. Lasciai che mi carezzasse la schiena senza oppormi: non volevo litigare, non di nuovo, non dopo che avevamo finalmente fatto pace. E poi il calore della sua mano mi rassicurava, e allontanava un po’ il freddo di quella tristezza che mi invadeva.
E poi, di colpo, senza aver pensato di farlo, mi ritrovai a parlare, a vomitare tutto quello che mi ero tenuta dentro, nascosto in un angolino del mio piccolo, stupido cuore, per troppo tempo. «Mi manca papà… »sussurrai «Non l’ho visto neanche una volta, dall’inizio dell’estate. E lui non mi ha scritto niente, neanche una stupida riga su una stupidissima pergamena… è come se non mi volesse più bene, come se non gli importasse più niente di me… »mi morsi le labbra «Se non gli scrivo io, non ci pensa neanche, a me. Si è praticamente dimenticato che esisto… »
E mentre parlavo, mentre dicevo tutte quelle cose che con Scorpius non c’entravano niente, mi resi conto che stavo dicendo la verità: se il mio unico problema fosse stato quel biondino idiota la mia vita sarebbe stata una passeggiata. Certo, una passeggiata su un sentiero sconnesso e pieno di pozzanghere, ma pur sempre una passeggiata.
«Ma non è solo questo. »aggiunsi, con la voce soffocata dai cuscini in cui nascondevo la faccia «Non è solo papà che non mi vuole bene: nessuno mi vuole bene. Draco mi odia, mi detesta, non mi vuole neanche vedere. E puoi fare finta di niente quanto vuoi, ma è vero. E poi Domi… lo sai come è fatta Domi. Mi vuole bene solo quando le gira… e poi quando ho bisogno di un’amica è sempre troppo presa dai cazzi suoi perché gliene freghi qualcosa dei miei. »
E poi, quando mi piace qualcuno, è sempre troppo impegnata a farselo, per rendersi conto che non è l’unica a cui interessa…” aggiunsi mentalmente, con amarezza.
«E come se non bastasse ci si mettono pure tutti i miei amici »continuai, incapace di fermarmi «Jason, Mort, Marshall, Hiro… sono tutti in vacanza, a divertirsi, ed evidentemente si divertono così tanto che si sono tutti scordati di scrivermi. »
Jason era in Russia, con un gruppo di amici comunisti che aveva conosciuto due estati prima, probabilmente intento a progettare una rivoluzione. Mort era a trovare i suoi zii e le piantagioni di Marijuana in Brasile. Marshall era nella tenuta della sua famiglia, a rincorrere volpi in sella ad eleganti cavalli o a fare altre cose da aristocratico. Hiro era in Giappone a uno stage di Karate…
E io ero innegabilmente, ingloriosamente, disgustosamente sola. E dovevo ancora dire a James di Kathie, tra l’altro.
Mamma sospirò, e mi scompigliò i capelli con dolcezza. «A me è appena arrivata una lettera da Harry: siamo tutti invitati alla sua festa di compleanno, alla Tana. Anche Draco e Scorpius… »ridacchiò, senza allegria «Sarà un disastro. »
Sorrisi. «Sarà la peggior festa di compleanno che si sia mai vista. »Era così che ci consolavamo io e mamma. Niente pacche comprensive sulle spalle, nessun “vedrai che si sistemerà tutto”: ci limitavamo a condividere le nostre disgrazie, quasi fosse una gara a chi era nella situazione peggiore. Diciassette anni di convivenza con Ronald Weasley dovevano averle insegnato che, per consolare un Weasley, fargli capire di essere nella sua stessa barca valeva molto più di mille parole vuote.
«Suppongo che Harry si sarebbe volentieri fatto Cruciare piuttosto che invitare Draco alla sua festa di compleanno, »osservò mamma, con una sorta di amaro divertimento «ma non voleva offendermi. »
«Immagina quanto si offenderà papà, invece. »ridacchiai.
Mi tirai a sedere e raccolsi le gambe sotto il corpo, in modo da poter vedere in faccia la mia interlocutrice. Mamma era vestita con il solito tailleur pantalone con cui si presentava a lavoro, sobrio ma elegante, ed aveva i capelli raccolti in uno chignon alto, da cui sfuggivano alcuni ciuffi che si erano ribellati al pettine. Era uguale alla donna che, quando avevo sette anni, si chinava a baciarmi sulla fronte prima di andare a lavoro mano nella mano con papà, solo che sembrava un po’ più vecchia, e molto più stanca. E una catenina d’oro, da cui pendeva una piccola D, rimarcava il fatto che non sarebbe mai più andata al Ministero tenendo per mano Ronald Weasley.
«Mamma »sussurrai, abbassando lo sguardo sulle mie unghie mangiucchiate «è… è vero che tu e Draco vi sposate? »
Per quanto potesse suonare idiota – e infatti lo era – non ne avevo mai parlato con lei. Mamma aggrottò le sopracciglia. «Chi te l’ha detto? »
«Draco. Il secondo giorno che stavamo in questa casa. »risposi.
Mamma sorrise, e scosse la testa. «Non pensiamo assolutamente di sposarci, Rose. Almeno, non subito: è troppo presto… »
Per la prima volta nella storia dell’universo l’idea che un Malfoy mi avesse presa per il culo mi fece sentire felice. «Quindi Draco voleva solo darmi fastidio? »
Mamma annuì. «Probabilmente sì. »Non sembrava indignata, ed infondo era giusto che fosse così: non poteva prendersela continuamente con me e Draco perché eravamo come cane e gatto. A un certo punto era anche giusto che lasciasse che fossimo noi ad occuparci dei nostri litigi.
Alzai lo sguardo, cercando i suoi occhi. «Se deciderete di sposarvi… me lo dirai, vero? »
«Ma certo che te lo dirò. »sorrise.
«Possibilmente un po’ prima della mattina del matrimonio. »grugnii, ripensando allo scherzetto che lei e Draco ci avevano fatto a King’s Cross.
Le sue dita sottili scivolarono sulle mie, stringendole. «Sarai la prima a saperlo, te lo prometto. »sussurrò.
Annuii, sollevata. I miei propositi di separarla da Draco non si erano minimamente affievoliti, ma era bello sapere che non mi avrebbe più tenuto nascoste quelle cose. Era bello essere tornate come prima, quasi amiche…
«Hem-hem. »due colpetti di tosse alquanto irritati ci informarono della presenza di Draco «Ho interrotto qualcosa? » chiese, senza nemmeno curarsi di sembrare dispiaciuto.
Mamma sorrise, e scosse la testa. «No, stavamo solo parlando. Se ti senti tanto escluso possiamo coinvolgerti. »scherzò.
C’erano circa tre miliardi e mezzo di cose che avrei fatto più volentieri che coinvolgere Draco nell’unica conversazione civile che avevo con mia madre da settimane, ma lasciai che il suo tentativo di farci socializzare colasse a picco da solo, senza tentare di sabotarlo.
Draco storse il naso. «No, grazie. Non vorrei mai intromettermi nella vostra intimità. » calcò su quella parola con immenso fastidio, come se fosse geloso delle attenzioni che mamma mi dedicava, una volta tanto. O forse, più semplicemente, mi detestava così tanto che non sopportava di dover voler bene alle stesse persone a cui volevo bene io.
Mamma emise un sospiro rassegnato, e mi posò un veloce bacio sulla fronte, prima di andare a raggiungerlo in cucina, chiudendosi la porta alle spalle. La serratura scattò, ma la maniglia rimase abbassata quell’attimo di troppo che fece riaprire la porta di un paio di millimetri, troppo pochi perché mamma se ne accorgesse, ma abbastanza perché io potessi sentire quello che Draco le diceva.
«Vedo che tu e tua figlia adesso andate d’accordo. »osservò, freddamente.
«E, tanto per sapere »rispose mamma, altrettanto freddamente «quando hai intenzione di cominciare ad andarci d’accordo anche tu? »
Draco sbuffò, e sentii il rumore du un cucchiaino che sbatteva contro il bordo di una tazza. «Non è colpa mia se tua figlia mi odia. »
«Non si può dire che tu non le stia dando dei validi motivi per farlo, però. »replicò mamma.
Era la prima volta che mamma si metteva contro Draco per difendermi. Sentii un improvviso calore sciogliere il nodo in cui si erano ingarbugliate le mie viscere, e non potei impedirmi di sorridere sotto i baffi.
Il rumore di una tazza sbattuta con malagrazia sul tavolo manifestò tutto il disappunto di Draco.«Hai intenzione di dare la colpa a me, se non sei stata capace di educare decentemente quella selvaggia? »
«Sto solo dicendo che lei ha sedici anni, mentre tu ne hai quarantatrè. E non vedo nessuna differenza tra il tuo comportamento ed il suo. »
Il rumore di alcuni passi leggeri mi fece voltare, e mi trovai a fissare Scorpius, che aveva fatto il suo ingresso in soggiorno con addosso un paio di pantaloni beige ed una polo a maniche corte. Aveva i capelli umidi, e le lenti degli occhiali erano ricoperte di minuscoli schizzi d’acqua.
Miseriaccia, ma quello nella vita non sa fare altro che farsi la doccia?” pensai, infastidita, mentre i miei ormoni si risvegliavano, interessati ai possibili risvolti situazione.
Scorpius mi rivolse un timido sorriso. «Buongiorno. »
Lo fulminai con un’occhiataccia, mi alzai dal divano e lo superai senza degnarlo di uno sguardo, diretta alle scale. Prima di posare il piede sul primo gradino, però, mi sentii vergognosamente in colpa per il mio comportamento idiota, e mi voltai, decisa quantomeno a salutarlo civilmente. Ma quando mi trovai davanti ai suoi occhi feriti mi sentii montare dentro una tale rabbia che riuscii solo a sibilare un tutto meno che civile «Fottiti. »
E così il signorino sbavava dietro a Dominique, ma poi ci restava male se io non lo trattavo come un principino e non mi illuminavo di gioia quando si degnava di salutarmi? Ma che andasse a quel paese. Anzi, che andasse direttamente a farsi fottere. Da Dominique o da chiunque altro gli pareva.

 


***

 

Giovedì pomeriggio mamma annunciò che sarebbe andata al Ghirigoro a comprare un paio di libri, e Scorpius – neanche a dirlo – parve improvvisamente decidere che Hermione Granger era la matrigna migliore del mondo, e che doveva assolutamente accompagnarla.
Secchione.” Pensai, mentre, dalla mia postazione strategica sul divano, sbirciavo lui e mia madre che si preparavano per uscire, discorrendo amabilmente di Aritmanzia.
«Sono disgustosi, vero? »commentò Draco, sedendosi al mio fianco con una delle espressioni schifate più abusate del suo repertorio.
Gli lanciai un’occhiata sbieca. «E pensa che uno è tuo figlio, e l’altra è la tua donna. »
«E la terza sei tu. »soffiò Draco.
Stavo per rispondergli qualcosa di molto volgare, ma fui interrotta dalla voce allegra di mamma, che ci guardava con aria estremamente compiaciuta. Compiaciuta per cosa, poi? Non mi sembrava che il fatto che fossimo passati dal non rivolgerci la parola all’insultarci fosse un gran passo avanti. «Allora noi andiamo. »trillò mamma «Saremo a casa tra un’ora e mezza, massimo due. Se avete fame ci sono degli avanzi in frigo. »
«Avanzi… »grugnì Draco, storcendo il naso.
«Sono sicura che ve la passerete benissimo anche senza di noi. »concluse mamma, dando prova della sua disastrosa incapacità nella divinazione.
«Sicuro. »risposi, sarcastica. Mamma sorrise e, prima che si chiudesse la porta alle spalle, mi sembrò di vederla rivolgere uno sguardo molto significativo a Draco.
Scossi la testa e, dopo essermi appropriata del telecomando, cominciai a fare zapping svogliatamente, saltando da un cartone animato giapponese a un programma di cucina a un telegiornale dove uno scienziato stava annunciando l’imminente fine del mondo. Draco rimase seduto accanto a me per una decina di minuti, e un paio di volte mi sembrò che stesse per dirmi qualcosa, ma alla fine si limitò a grugnire tutto il suo disprezzo nei confronti di quella “scatola babbana” e se ne andò in cucina a studiare dei fascicoli di lavoro.
Tanto meglio. Sono così di buon umore, ora che suo figlio si è tolto dalle palle: non avevo assolutamente voglia di mandare tutto a quel paese per litigare con i suoi capelli ossigenati e con il suo immenso ego.” Tanto più che il modello, per una volta tanto, non stava rompendo.
Alle cinque e un quarto ero ancora nel bel mezzo del mio processo di amebizzazione davanti allo schermo della tv, e non avevo intenzione di smettere tanto presto. Non prima di essermi trasformata in un organismo unicellulare, perlomeno. Mamma e Scorpius, com’era prevedibile, non erano tornati, e non lo avrebbero fatto prima di aver saccheggiato tutti i piani del Ghirigoro: se i miei calcoli erano giusti, io e Draco avremmo dovuto arrangiarci da soli per cena. E la prospettiva non mi allettava particolarmente, considerato che Malfoy sapeva cucinare quasi peggio di me.
«Rose? »il sopraccitato consumatore di tinte per capelli color biondo platino reclamò la mia attenzione pronunciando il mio nome con voce disgustata.
«Che vuoi? »
Risposi, alzando il volume per sottolineare il fatto che, di quello che voleva, non avrebbe potuto fregarmene di meno. Ma lo sproporzionato ego di Draco, a quanto pareva, non era intenzionato a farsi maltrattare tanto facilmente: il telecomando mi schizzò via dalle dita per depositarsi tra le sue mani. «Potresti farmi il favore di spegnere quella scatola mentre ti parlo? »sbottò, irritato. Poi puntò la bacchetta verso lo schermo, e sibilò. «Silencio! »
Trovai il suo fallimentare tentativo di incantare la televisione estremamente divertente. «Scusami tanto se ritengo che i panda in via di estinzione siano più interessanti di te. »sghignazzai.
Draco mi fulminò con una delle sue occhiatacce grigio ferro meglio riuscite. «Spegni quella cosa. »ripetè «O te lo farò fare con l’Imperio. »
« È illegale. » gli ricordai «Sei un Auror: dovresti saperlo. »
Draco mi rivolse un ghigno con una percentuale di bastardaggine così alta che nemmeno la sua appartenenza alla casa di Salazar poteva giustificarlo. «Il bello del fatto che sono un Auror è che ogni tanto, se serve, posso dimenticarlo. » Strinsi le labbra per non dire nulla che potesse indurlo a dimenticare anche l’illegalità dell’Avadakedavra, e tesi la mano verso il telecomando.
«Dammelo. »sbuffai. Draco obbedì, gongolando per la sua piccola, irritante vittoria, mentre io spegnevo la televisione, ingoiando bestemmie troppo orribili perché le labbra di una ragazza potessero pronunciarle. «Allora »soggiunsi «che vuoi? »
Per colpa sua non avrei mai scoperto quanti chili pesa un panda gigante adulto: meglio per lui che avesse un buon motivo per aver interrotto il mio processo di amebizzazione. Draco mi si sedette accanto con aria perfettamente rilassata ed appellò due burrobirre dal frigo. Alzai un sopracciglio, ma lui rimase impassibile e me ne mise una in mano, stappando poi la sua con un colpo di bacchetta.
«Cin. »disse, facendo scontrare le due bottiglie.
Studiai l’etichetta della burrobirra con espressione torva, prima di decidere che se dovevo sprecare le mie occhiatacce per qualcuno, quel qualcuno era Malfoy. Forte di quella nuova convinzione lo trucidai con il migliore sguardo assassino del mio repertorio. «Cos’è, la tua nuova strategia consiste nel fare il gentile con me? »indagai.
«Se fosse così non ti avrei appena minacciata di lanciarti addosso una Maledizione Senza Perdono. »mi fece notare, prendendo alcuni sorsi misurati dalla sua bottiglia.
«E allora cosa vuoi, Malfoy? »
L’ex Mangiamorte si strinse nelle spalle. «Solo bere una burrobirra seduto sul divano di casa mia. »alzò un sopracciglio «È un reato? »
Sperai per le sue facoltà mentali che non si aspettasse davvero che gli avrei creduto. Insomma, Draco Malfoy che un bel giorno decide che ha voglia di bere una burrobirra in compagnia di una delle persone che più detesta sulla faccia della terra non è una cosa esattamente normale. Se poi vogliamo aggiungerci anche il sorrisetto misterioso, la cosa cominciava a diventare vagamente inquietante.
Rimasi ad osservarlo per un paio di secondi, mentre si dissetava. «Tu stai tramando qualcosa. »affermai alla fine, sicura.
«Brillante deduzione, Weasley. »ghignò.
«E mi stai prendendo per il culo. »aggiunsi, guardandolo con rabbia.
«Lo stesso acume della madre. »commentò, lanciandomi un’occhiatina sarcastica.
Ok, Draco Malfoy stava tramando qualcosa, e tutto ciò non mi piaceva per niente. Ancor meno mi piaceva il fatto che mi stesse deliberatamente, spudoratamente ed impunemente prendendo per il culo.
Tutta questa faccenda puzza…” mi dissi “Anche il dopobarba di Draco puzza… ma quanto cazzo se ne mette?
Stappai la mia burrobirra e bevvi un paio di sorsi, rimuginando. «O forse »ragionai «non stai tramando niente e vuoi solo prendermi per il culo facendomi credere che stai tramando qualcosa. »
O magari stava recitando tutta quella scenetta come diversivo per coprire il vero piano subdolo e malvagissimo che stava tramando. Stavamo parlando di un Malfoy, infondo: dovevo considerare tutte le possibilità.
Draco mi indirizzò un’occhiatina ironica. «L’idea che voglia solo farti delle innocue domande ti pare tanto inverosimile? »
«Sì. »tagliai corto.
Draco alzò gli occhi al cielo per un istante, prima di tornare a guardarmi con il solito sorrisetto insinuante. «E se avessi messo del Veritaserum nella tua burrobirra? »chiese.
«Ma non lo hai fatto. »Replicai. Circondai il collo della bottiglia con le labbra e bevvi un paio di sorsi a canna, con aria strafottente.
Malfoy strinse le labbra, e i suoi occhi gelidi mi misero al corrente di tutto il suo disappunto. «Non ho sprecato quella burrobirra per niente, Weasley. Quindi, che ti piaccia o no, parlerai. »
Sostenni fieramente il suo sguardo. «Non so niente dei giochini erotici che facevano mamma e papà, se è questo che vuoi sapere, ma sicuramente erano più che appaganti. »
Almeno, quelli che facevano prima che io e Hugo nascessimo dovevano esserlo stati. Poi, viste tutte le notti che papà aveva passato sul divano, dubitavo che avessero avuto occasione di ripetere molto spesso quei giochini, ma infondo ero certa che Draco non volesse scendere nei dettagli di quella faccenda.
Il biondastro in questione ovviamente non poté trattenersi dal rispondere per le rime: aveva la sua (dubbia) virilità da difendere, infondo. «Cosa ti fa credere che dovrei chiedere consigli sul sesso a una sedicenne? »sbuffò «E soprattutto cosa ti fa credere che i giochini erotici di tuo padre fossero appaganti? »
«Quando lo facevano mamma urlava così tanto che non riuscivo a dormire. »affermai. In un certo senso non stavo mentendo: quando non dormivano separati riuscivano a litigare anche mentre lo facevano. «Mentre ora l’unica cosa che mi svegli è tuo figlio con quel pianoforte del cazzo. »conclusi, rivolgendogli uno sguardo di sfida.
Draco ghignò. «Sei una pessima bugiarda, sai? »
«O forse tu sei un pessimo Legilimens. »lo provocai.
Malfoy scrollò le spalle. «Tutto è possibile. Comunque non sono qua per farti il discorso sulla cicogna, quindi proporrei di cambiare argomento di conversazione. »
Alzai un sopracciglio. « Imbarazzato, Malfoy? »
Draco arricciò il naso, guardandomi come se fossi stata una cacca di cane venuta sfortunatamente a trovarsi tra il marciapiede e la suola di una delle sue costosissime scarpe di coccodrillo. «Weasley, sei semplicemente disgustosa. »commentò «Ti consiglio di non tagliarti mai i capelli, o nessuno crederà che sei una femmina, quando dirai queste oscenità. »
«Sarebbe questo il nuovo argomento di conversazione? »chiesi. «Perché sai, allora avrei anch’io qualcosina da dire sulla tua virilità. »
I lineamenti di Malfoy si contrassero nella solita espressione di aristocratico schifo. «Volevo solo farti delle domande, Weasley. »
Mi strinsi nelle spalle. «Non hai nessuna garanzia che ti risponda, ma fa’ pure. »
Draco appoggiò la bottiglia al bracciolo del divano e controllò di avere i capelli a posto lanciando un’occhiata alla sua immagine riflessa sullo schermo nero della televisione. Poi tornò precipitosamente a voltarsi verso di me, ostentando noncuranza: probabilmente credeva che non mi fossi accorta delle sue manovre da cheerleader. «Dunque, » esordì, schiarendosi la voce «ti piace il Quidditch? »
Aggrottai le sopracciglia, perplessa: di tutte le domande che mi sarei aspettata (a partire da un imbarazzantissimo “sei attratta da mio figlio, vero?” per arrivare a un gustoso “hai visto il mio diario segreto? È molto personale, non vorrei mai che finisse nelle mani sbagliate…”) quella era precisamente l’ultima. «Ma che razza di domanda è? »esclamai «Se fossi mai entrato in camera mia sapresti che ho le pareti tappezzate dai poster dei Cannoni, e che tengo la foto della squadra di Grifondoro sul comodino! »
Draco alzò gli occhi al cielo ed emise un sospiro sconfortato. «I Cannoni di Chudley, come suo padre… »
«Sì, hai qualche problema? »ringhiai.
Lui si limitò a storcere il naso con aria schifata, e continuò con il suo interrogatorio. «Quindi giochi nella squadra di Grifondoro? »
«Si, sono il portiere. »
«Portiere, come suo padre… »
Repressi a stento l’istinto d’infilare la sua bella testolina bionda nella gabbia sporca del gufo che giaceva abbandonata accanto tavolo del soggiorno.
«Hai qualche altro interesse oltre al Quidditch? »s’informò Malfoy.
Ma si può sapere perché di colpo è così interessato alla mia vita?” mi chiesi, studiandolo con diffidenza “Forse mamma gli ha fatto il lavaggio del cervello…” Decisamente, doveva essere così. Non c’era un altro motivo plausibile per cui Draco Malfoy avrebbe potuto di colpo scoprirsi interessato a me e ai miei hobby.
A meno che non stesse tramando il suo subdolo e malvagissimo piano da Malfoy, naturalmente.
Bevvi un sorso della mia burrobirra, cominciando a chiedermi se fosse avvelenata. «Bhe, sono brava a scacchi… »risposi, soppesando ogni parola per paura di lasciarmi sfuggire qualche informazione importante che gli potesse tornare utile per il suo subdolo e malvagissimo piano.
Draco si portò le mani alle tempie, con un gesto alquanto depresso. «Come suo padre… »
Gli tirai una cuscinata in testa. «La smetti? »
Draco si affrettò a sistemarsi i capelli, che il cuscino aveva leggermente scarmigliato, e mi lanciò un’occhiataccia. «Merlino, ma ci sarà qualcosa che tu abbia preso da tua madre? »
Ci pensai su. Ero abbastanza sicura di essere una persona intelligente, ma il mio rendimento scolastico non era dalla mia parte. Però non facevo mai copiare i miei compiti a nessuno… bhe, si, perché io ero la prima a non farli. E una volta avevo rimproverato James per aver fatto uno scherzo ai Serpeverde. “Ora che ci penso mi ero arrabbiata perché non mi aveva coinvolta…
«Uhm… un cromosoma X? »azzardai alla fine. Draco sembrò parecchio sconfortato. «E poi sono alta come lei, ho gli occhi castani e quando piove i capelli mi diventano crespi! »conclusi, soddisfatta. Infondo sotto qualche aspetto le assomigliavo.
Draco parve afflosciarsi sui cuscini del divano e, con voce debole, riprese l’interrogatorio. «Cosa fai nel tempo libero? »
«Bhe, non saprei… »risposi, corrugando la fronte «Cazzeggio, suppongo. E poi, bhe, mi vedo con gli amici, faccio Karate, gioco a Quidditch, organizzo scherzi… »
Mi bloccai, mordendomi la lingua: dovevo entrare nell’ottica che, qualunque cosa dicessi in presenza di un Malfoy, avrebbe potuto ritorcermisi contro.
Draco mi lanciò uno sguardo indagatore. «Quali amici? » chiese.
Come se gliene importasse qualcosa.” Per un attimo fui tentata di dirgli che tra i miei migliori amici figuravano un comunista rivoltoso e uno spacciatore di qualsiasi cosa potesse essere spacciata, ma poi ricordai che non dovevo lasciarmi sfuggire informazioni compromettenti, e decisi di tenermi sul vago. «Dipende, conosco un sacco di gente... »
Gli occhi di Draco si assottigliarono in due fessure grigio cupo. «E che genere di scherzi organizzi? »
Questa volta decisi che lasciarmi sfuggire un’informazione compromettente era d’obbligo. Gli rivolsi un mezzo ghigno e risposi. «Bhe, una volta, al secondo anno, abbiamo fatto allagare i dormitori di Serpeverde… è stato uno spasso... »
Le narici di Malfoy si dilatarono come quelle di un Ungaro Spinato che sta per appenderti ad uno spiedo e arrostirti con una vampata di fuoco. «Siete stati puniti? »
Il mio ghigno si allargò a dismisura. «Non hanno mai scoperto i colpevoli. »
Draco fece una faccia che definire contrariata sarebbe stato come dire che i dolci animaletti di Hagrid forse erano giusto un pelo pericolosi. «Sei allergica a qualcosa? »
«I Malfoy. »dichiarai, senza esitazioni.
«Il tuo cibo preferito? »
«La Nutella. »
«Cibo che detesti? »
«I finocchi. »
«Sei omofoba? »
«No, sei solo tu che mi stai sulle palle. »
« Mossa di Karate preferita? »
«Come se tu ci capissi qualcosa. »
«Hai mai fatto a botte con qualcuno? »
«Sì, spesso. »
«Maschi o femmine? »
«Maschi, ovvio. Le femmine non fanno a botte. »
« Tu ti ritieni al di fuori del genere femminile?»
«Altre domande idiote? »
«Quando è stato il tuo primo bacio? »
«Non così idiote… »
« Allora, quando è stato? »
«Affari miei. »
«Ho capito, mai. »
«Al secondo anno. »
«Con chi? »
«Ma saranno cazzi miei?! »
«Ah, era un Tassorosso brufoloso. »
«Dominique. »
«… Sei…? »
«Era una scommessa, non sono lesbica! »
«Primo bacio con un maschio? »
«Terzo anno. Adam Corner. Avevo perso una scommessa. »
«Primo bacio non per scommessa? »
«Ma che cavolo è questo, un terzo grado? »sbottai, alzandomi dal divano «Non ho ucciso nessuno, o grande Auror! »

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Capitolo 14
*** il triangolo no! Non è nemmeno originale... ***


13
Il triangolo no! Non è nemmeno originale…

 

Gente, non prendiamoci per il culo: Cupido non esiste. Insomma, pensate davvero che se anche fosse esistito qualcuno non lo avrebbe fatto fuori? A meno che non sia incredibilmente bastardo, e incredibilmente astuto…
… ok, ammettiamo per un momento che esista. Ora, mi viene spontaneo pormi una domanda: perché? Perché no, io il triangolo non l’avevo considerato, e non era proprio un’opzione. Ok, magari nemmeno io e Scorpius che camminiamo felici in riva al Tamigi, mano nella mano, era un’opzione, però…
È che i triangoli li ho sempre odiati. Geometricamente, sentimentalmente e in qualsiasi altro senso possano essere intesi. Tanto più che il triangolo in cui ero incappata, geometricamente parlando, non era per niente isoscele: il lato che congiungeva il vertice D al vertice S era decisamente più corto di quello che congiungeva il vertice R al vertice S. E, sempre geometricamente parlando, perché questa è una pura e semplice questione di geometria euclidea, la cosa non mi stava affatto bene.
E infatti, come volevasi dimostrare…
 

***
 

«Primo bacio con un maschio? »
«Terzo anno. Adam Corner. Avevo perso una scommessa. »
«Primo bacio non per scommessa? »
«Ma che cavolo è questo, un terzo grado? »sbottai, alzandomi dal divano «Non ho ucciso nessuno, o grande Auror! »
A quel punto, nelle mie intenzioni, avrei dovuto percorrere il soggiorno a grandi passi, spalancare la porta e, dopo essermela sbattuta alle spalle con un gesto altezzoso, andarmene non si sapeva bene dove. Ma la mia onorevole uscita di scena fu rovinata da James Potter, su cui andai a sbattere il naso non appena aprii la porta.
«Miseriaccia, James! »sbottai «Cosa ca…? »
La sua espressione minacciosa mi convinse a tacere. «Ciao, Rose. »disse, digrignando i denti con tanta forza che li sentii stridere gli uni sugli altri «Passavo di qua e ho deciso di venire a trovarti, perché sai… mi chiedevo se magari c’era qualcosa che volevi dirmi… »
«Ehm… no… direi che non ho proprio niente da dirti. » mi affrettai a rispondere, con un sorriso talmente falso che sarebbe bastato da solo a far scattare uno Spioscopio.
L’espressione di James si fece ancora più affabile, ma la vena sulla sua tempia pulsava così tanto che temevo potesse scoppiare da un momento all’altro. «Oh, davvero? »chiese «Sicura? Niente che riguardi una certa… Kathie… magari? »
Draco si sistemò meglio sul divano, seguendo la conversazione con interesse; gli mancava solo la ciotola di popcorn in mano, e poi sarebbe stato perfetto.
Avvertii un netto cambiamento di temperatura sulla superficie delle mie guance. «Oh… ehm… Kathie… »metaforicamente parlando, indossavo imbrago e caschetto e mi stavo dedicando alla scalata della parete dello specchio del soggiorno «Kathie chi? Sai, ci sono un sacco di… »
«Katherine Harrison, sedici anni, Grifondoro. Dorme nel letto a sinistra del tuo nove mesi all’anno. »
Alle parole di James il moschettone che fissava l’imbrago alla corda cedette, e precipitai ingloriosamente nel vuoto. «Oh, quella Kathie… »borbottai «E comunque il suo letto sta alla destra del mio, per la preci… »
«Rose? »m’interruppe James, guardandomi con l’aria di chi sta per fare una cazzata enorme. Una di quelle cazzate di cui poi ti penti in una cella di Azkaban. «Tu mi hai preso un appuntamento con Kathie? »
«Oh, bhe… »borbottai «appuntamento è una parola grossa… insomma… e poi è simpatica, sono sicura che vi divertirete. »conclusi, battendogli una pacca molto poco convinta sulla spalla.
Gli occhi castani di James si strinsero in due fessure minacciose. «Rose. Weasley. »sillabò, soffiandomi ogni lettera in faccia come un gatto infuriato. «Sei una cogliona morta. »
L’istante dopo le sue mani si serrarono attorno al mio collo, e settantacinque chili di idiozia e quelli che una volta erano stati muscoli (e che Jamie si ostinava ancora a definire tali) mi piombarono addosso, spingendomi a terra. Ma non mi feci trovare impreparata: alzai la gamba sinistra e piantai saldamente il piede poco più in alto del suo inguine, facendolo piombare a terra alle mie spalle. Cademmo di schiena sul parquet nello stesso istante, con un tonfo così forte che mi meravigliai del fatto che non avessimo lasciato un cratere sulle assi di legno. La cosa di cui non mi meravigliai affatto, invece, fu la sensazione di avere tutti gli organi della cassa toracica incastrati in gola: praticare le arti marziali su una superficie dura non era mai piacevole.
Mi rialzai in fretta, ma non abbastanza da sfuggire alle braccia di James, che mi agguantò per le ginocchia e mi trascinò nuovamente a terra, in un groviglio di calci, pungi, grugniti non meglio identificabili e mezze bestemmie.
«Tu! Piccola schifosa… ouch! Ci vai tu all’appuntamento con… cazz… Merlino, i calci nelle palle non valgono! »sbraitò, quando risposi a un suo gancio sinistro particolarmente ben indirizzato con un calcio altrettanto ben indirizzato… ma non in un posto che lui gradisse, evidentemente.
«L’ho fatto per il tuo bene! » replicai, cercando di divincolarmi dai suoi dannatissimi bicipiti da Cacciatore «Se aspettiamo che… merd… prenda tu l’iniziativa … ahi! … resterai single a vita! »
James mi si buttò addosso di peso, spiaccicandomi sul tappeto ai piedi di Draco, che dal canto suo se ne stava seduto sul divano con le gambe accavallate e l’aria di distaccato interesse di chi se la sta godendo come un porco ma fa finta di niente per non dover intervenire. Immaginavo che, non potendo picchiarmi di persona, assistere alla mia distruzione per mano di James fosse la sua massima aspirazione, al momento.
«Il mio bene questo cavolo! »sbottò James «Io sto benissimo single! »
«Sì, certo. »ansimai, con il poco fiato che mi restava nei polmoni «Lo dicono tutti, ma poi… »
In qualche modo riuscii a rotolare di lato, ribaltando le posizioni. Mi trovai a cavalcioni di James, e ne approfittai per assestargli un sano pugno nello stomaco. L’aria che gli fuoriuscì improvvisamente dai polmoni, assieme ad un gemito strozzato, mi diede una sorta di sadica soddisfazione.
«Già devo sopportare voi cugine… »sibilò, bloccandomi i polsi «Mi manca solo una ragazza… »
Eseguii un’improbabile contorsione per riuscire a tirargli una spallata nei denti. «Puoi dire quello che ti pare »replicai «ma la verità è che sei troppo pirla per combinare qualcosa con una ragazz… ouch! »
James, con un potente colpo di reni, riuscì a liberarsi dalla mia presa, e mi intrappolò nuovamente tra i suoi non-esattamente-leggeri settantacinque chili ed il non-esattamente-morbido pavimento. «Ma per fortuna! Non voglio diventare un pazzo isterico sclerato come te e Dominique! »
Gli tirai una testata sul naso. «Io non sono una pazza isterica! »sbottai. Mi dimenai disperatamente, ma le braccia di mio cugino sembravano essere diventate una prigione di ferro. «Malfoy, miseriaccia, vuoi fare qualcosa?! Mi sta spiaccicando! »
«Ma è proprio questo il bello. » ghignò l’uomo Barbie.
Appurato che Draco non aveva la minima intenzione di accorrere in mio aiuto, dovetti arrangiarmi da sola, e lo feci con una gomitata intercostale ben piazzata. James gemette ed allentò la presa, permettendomi si liberarmi.
«Merda, lo vedi che sei una pazza isterica? »esclamò, tenendosi una mano sulle costole.
Ok, ammesso e non concesso che fossi una pazza isterica… «E questo cosa diamine c’entra con il fatto che non vuoi avere la ragazza? »
James mi si scagliò addosso, e ruzzolammo entrambi contro il muro. «Guarda che lo abbiamo capito tutti che è perché ti piace Malf… »
A quel punto, per non farlo parlare, gli infilai praticamente il pugno in bocca. «A me non piace nessuno! »strillai.
Adesso qualcuno mi spieghi perché cavoloho un cugino così catastroficamente idiota. Cioè, ma doveva proprio venirsene fuori con queste perle in presenza di Draco?
E poi, dettaglio non meno importante, come diavolo era venuto a saperlo? Ero davvero così pateticamente cotta che persino James se n’era accorto?
«Rose! »la voce strozzata del sopraccitato australopiteco mi strappò violentemente dalle mie seghe mentali «Non respiro! » Solo allora realizzai che la mia mano destra era saldamente stretta attorno al suo collo, e lo stava letteralmente strangolando. Lasciai andare la presa immediatamente. «E comunque… »tossì James «puoi negare quanto vuoi, ma so benissimo che Mal… »
« Yaaaaaah!» Lo placcai di nuovo, coprendo le sue parole con un urlo belluino. «Ti ho detto che non mi piace, cazzo! Si può sapere chi cavolo ti ha messo in testa un’idea del genere? »
Non poteva esserci arrivato da solo. Principalmente perché, se davvero ci era arrivato da solo, ero peggio che fottuta.
James mi spinse di lato. «L’ha detto Al che ti piace! » esclamò.
Lista delle cose da fare, punto primo: uccidere Al.”
E lista delle osservazioni simil-intelligenti da fare nel disperato tentativo di salvare la mia già ampiamente calpestata dignità: «Punto primo »sottolineai il concetto con un pugno, che James schivò goffamente «da quando ascolti tuo fratello? E punto secondo »aggiunsi, con un secondo pugno, che questa volta – e con mia somma soddisfazione – andò a segno «Al ha anche detto a Kathie che ti avrebbe fatto piacere uscire con lei. »
James si bloccò, grattandosi il mento con espressione pensosa. «Uhm… vero… »
Stavo per approfittare della sua momentanea distrazione per mettere fine a quell’improvvisato incontro di lotta libera, ma fui scagliata indietro da una barriera invisibile. Fulminai Draco con uno sguardo assassino: certo non si poteva dire che lui è il tempismo andassero d’accordo. «Grazie tante per essere intervenuto, ma adesso non serve più. »soffiai «Quindi, se potessi cortesemente mettere giù la bacchetta e lasciarmi finire l’opera… »
Draco sogghignò e, tanto per restare coerente con la sua stronzaggine infinita, fece finta di non avermi sentita. «E così la piccola Rose avrebbe una cotta… »disse, rivolto a James «mmm… interessante. »
James fece per aprire bocca, ma una mia occhiata fu sufficiente per metterlo a tacere. «Non oserai… »sibilai.
Non poteva osare: anche nella remota eventualità che non fossi morta di vergogna, Draco mi avrebbe presa per il culo fino alla morte. E lo avrebbe detto a Scorpius… Merlino, non volevo nemmeno pensarci…
«Bha, in effetti Sev spara un sacco di cazzate… »borbottò James infine, con un’alzata di spalle «E poi hai ragione, a te non potrebbe mai piacere uno come Mal… »
«DUE ELEFANTI SI DONDOLAVANO SOPRA IL FILO DI UNA RAGNATELAAAA… »
James sollevò i palmi delle mani. «Ok, va bene, come vuoi… Ora devo tornare a casa, in teoria sono ancora in punizione… e poi, sempre in teoria, visto che non ho fatto l’esame, non dovrei smaterializzarmi… »tirai un sospiro di sollievo: forse potevo cominciare a sperare di cavarmela senza particolari danni alla mia dignità… «Comunque volevo dirti che il trentuno, alla Tana, faremo la riunione generale per mettere in atto il piano LSD… ah, e anche che sei una stronza, e che non te la farò passare liscia, per Kathie. »concluse, dedicandomi un ultimo sguardo rancoroso prima di scomparire con un pop.
Mi afflosciai contro il muro, mentre il mio cuore riprendeva lentamente a battere a un ritmo normale. “La mia età biologica, adesso, è di più o meno quarant’anni…” considerai.
Draco mi lanciò un’occhiata di traverso. «Cosa sarebbe l’operazione LSD? »
«Spacciamo droga. »risposi, impassibile.
Draco inarcò un sopracciglio, ma non commentò. Si limitò ad alzarsi dal divano con un sorrisetto malizioso. «Tanto ho capito chi ti piace. »
Sobbalzai, e sbattei la testa contro il muro. “Merda! No, sta bluffando, non può essere… mi rifiuto di crederci!
« No che non sai chi è! » gli urlai dietro, mentre lui saliva le scale « Non lo conosci neanche! »
« Sì, sì, come no… » ridacchiò, e sparì al piano di sopra.
Ora la mia età biologica si aggirava attorno agli ottant’anni. “Stupendo, stando alle statistiche mi restano due anni scarsi di vita…
 

***
 

Venerdì pomeriggio, poco prima delle quattro, ero in piedi davanti allo specchio del bagno, con un tubetto di mascara aperto in una mano e una confezione di fondotinta nell’altra. Era da più o meno due ore che mi impiastricciavo la faccia con tutti i cosmetici che ero riuscita a sottrarre dal beauty case di mia madre, ma l’unico apparente risultato che avevo ottenuto era che ora sembravo un panda con il rossetto. Sbuffai e spremetti il flacone di latte detergente nell’ennesimo batuffolo di cotone, che presi a passarmi con rabbia sul viso.
Non c’era niente da fare: trucchi o non trucchi, push up o non push up, non sarei mai stata bella come Dominique. Lanciai il batuffolo di cotone, che ormai era completamente nero, nel lavandino, imprecando sottovoce.
Dovevo essere proprio cretina per essermi chiusa in quel bagno a truccarmi, sperando di risultare quantomeno comparabile a mia cugina. Cretina e masochista, perché se la mia autostima aveva bisogno di una mazzata definitiva per crollare del tutto, bhe, gliel’avevo appena data. Mi passai furiosamente la matita nera attorno all’occhio destro, immaginando come sarebbe stata bella la mia vita se Dominique non fosse esistita. Sì, era un pensiero orribile, considerato che Domi era mia cugina, nonché la mia migliore amica (o perlomeno quella che si supponeva dovesse esserlo), ma non ci potevo fare niente: ogni tanto la odiavo con tutto il cuore.
Mi morsi le labbra con forza, e mi riempii le ciglia di mascara, con tanta foga che finii quasi per ficcarmi l’applicatore nell’occhio. Il modello di Calvin Klein provò timidamente a bussare ai miei pensieri, ma lo cacciai via con ferocia. Già era difficile convincere i miei ormoni a fissarsi con un altro ragazzo, quando avevo Malfoy tra i piedi ogni giorno, se ci si fosse messo pure il modello sarei davvero impazzita.
Miseriaccia, Rose, devi fartelo passare dalla testa!
Non vedevo l’ora che quella dannata estate finisse, e che Malfoy tornasse a rintanarsi nei dormitori di Serpeverde, lontano otto piani e sette rampe di scale magiche da me.
Ma naturalmente non mi era concesso pensare una cosa del genere senza che Scorpius mi capitasse tra capo e collo, ricordando ai miei ormoni impazziti perché non volevano che dormisse a otto piani di distanza da me. Ed infatti la porta del bagno si aprì, rivelando il biondino di cui sopra.
Sobbalzai, ed il tubetto di mascara mi cadde di mano, schizzando di nero la ceramica immacolata del lavandino.
Scorpius arrossì leggermente. «Oh… scusa… »
Sbuffai e mi misi a pulire il lavandino, facendo del mio meglio per ignorare lui e il modello di Calvin Klein: se ne sarebbe andato da solo, non c’era bisogno che perdessi tempo a sbatterlo fuori. Ne ero così convinta che, quando alzai gli occhi sullo specchio e scorsi il suo volto che spuntava da dietro la mia spalla, mi prese un mezzo infarto.
«Malfoy, ti dispiacerebbe…? »sbottai, irritata, voltandomi per fronteggiarlo.
Ma nel progettare la scena in cui lo sbattevo brillantemente fuori dalla porta, con un paio di mosse di Karate, dovevo aver trascurato le piccole dimensioni del bagno, perché trovarmi a pochi centimetri dal suo petto mi fece passare qualsiasi voglia di allontanarlo da me. Inclinai la testa verso l’alto per guardarlo negli occhi, ma troppo tardi mi accorsi di quanto quella mossa fosse stata stupida: era così vicino che mi sarebbe bastato alzarmi sulle punte dei piedi (bhe, e che lui si chinasse di più o meno mezzo metro) per sfiorare le sue labbra con le mie. Se fossimo stati in un film romantico a quel punto sarebbe scattato il bacio. Ma non eravamo in un film, e, per quanto il mio stomaco aggrovigliato reclamasse un contatto più intimo, sapevo perfettamente che non ci sarebbe stato nessun bacio, nemmeno per sbaglio.
«Scorpius. »disse.
Mi riscossi violentemente dalla contemplazione delle sue labbra. «Eh? »
« Scorpius. »ripeté «So che il mio nome non è particolarmente bello, ma preferisco che mi chiami così, piuttosto che Malfoy. »aprii la bocca per rispondere qualcosa, anche se non sapevo assolutamente cosa, ma lui mi precedette «E la prossima volta che hai intenzione di mettermi il muso, ti sarei grato se mi avvisassi con un po’ di anticipo. Sai, se tutto ad un tratto cominci a non parlarmi più, senza nemmeno spiegarmi cosa ti ho fatto, potrei restarci male. »
Mi sentii una totale idiota. Peggio, mi sentii addirittura in colpa per come lo avevo trattato in quei giorni.
Assurdo, come se quello che ci sta male adesso fosse lui! Ha la sua Dominique, cosa gliene dovrebbe mai importare del fatto che gli parlo o non gli parlo?
Eppure mi sentivo stupida, sia per il comportamento infantile che avevo avuto in quei giorni, sia per il color aragosta che dovevano aver assunto le mie guance. «Io… tu non c’entri… era solo… un momento no, ecco… »borbottai, affrettandomi ad abbassare gli occhi, per non dover sostenere il suo sguardo. Ma mi ritrovai con il mento intrappolato tra le sue dita affusolate, che mi costrinsero ad alzare nuovamente il viso.
Sentii un lungo brivido percorrermi la spina dorsale, per quel semplice contatto. Per quelle dita da pianista che mi stringevano il volto con decisione, ma senza per questo essere meno delicate. Per quegli occhi verde pallido, che mi fissavano con intensità attraverso le lenti degli occhiali. Sentivo il cuore martellarmi furiosamente nel petto, e mi stupii di constatare che, per una volta, il modello non stava rompendo. Nella mia testa c’era solo Scorpius, quello vero, quello senza tartaruga e senza ghigno pervertito, quello con gli occhiali e con le guance arrossate dall’imbarazzo…
«Hai… un po’ di mascara sulla guancia. »sussurrò, strofinandomi il pollice sulla pelle sotto lo zigomo.
«Oh. »balbettai.
Sì, esatto, di tutte le cose idiote che potevo dire scelsi proprio “oh”, che probabilmente quanto a idiozia le batteva tutte. Oh, come… ma cosa me ne fregava di come, quando Scorpius mi stava guardando in quel modo?
«Stai bene, truccata… »
Si chinò un po’ verso di me… ormai c’erano appena una ventina di centimetri tra le nostre labbra, e quando respiravo troppo profondamente, nel vano tentativo di rallentare i battiti del mio cuore, sfioravo il suo petto con il mio.
Merlino, se si avvicina ancora anche solo di un centimetro è la fine…
E lui si avvicinò ancora, e ancora, finché i nostri respiri si mescolarono, nel minuscolo spazio che restava a dividere i nostri volti. E allora, come avevo predetto, la fine arrivò. Ma di tutte le forme in cui avrebbe potuto arrivare (io che urlavo a squarciagola “ho una cotta megagalattica per te, Scorpius!”, io che mi avventavo sulle sue labbra come uno che ha appena attraversato il deserto si avventerebbe su una bottiglia d’acqua o in alternativa io che morivo d’infarto) non avevo considerato che sarebbe arrivata sotto la forma di Dominique che scampanellava con insistenza.
Sobbalzammo entrambi, e ci allontanammo precipitosamente.
«Oh… ehm… »balbettò Scorpius, passandosi una mano tra i capelli con aria terribilmente imbarazzata «io… è meglio che vada ad aprire… »
Mi appoggiai al lavandino e mi limitai ad annuire: non avevo semplicemente la forza di parlare.
«D’accordo, allora… ehm… ci raggiungi? »
Annuii di nuovo, e Scorpius si affrettò a  sgusciare fuori dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle, come se stesse fuggendo da un Molliccio. Rimasi immobile, ad ascoltare i suoi passi che scendevano le scale precipitosamente, e poi la voce seccata di mia cugina, che esclamava. «Oh, ma allora non siete stati rapiti dai Mangiamorte! Sono le quattro e venti, si può sapere cosa cavolo stavate facendo? »
Strinsi con forza il piano del lavandino, fino a farmi male alle dita: non c’erano dubbi, io odiavo Dominique.
 

***
 

Passammo tutto il pomeriggio a correre da un negozio all’altro, io incavolata nera – con mia cugina, con la sorte, con Dio, con Merlino, con il mondo... –, Scorpius parecchio preoccupato al pensiero di quello che mia cugina aveva intenzione di fargli, e Domi – l’unica che pareva divertirsi – assolutamente esaltata, che ronzava attorno a Scorpius studiandolo da tutte le angolature ed esprimendo ad alta voce le sue osservazioni, che spesso e volentieri facevano arrossire furiosamente lui, e infastidire terribilmente me.
La prima tappa che facemmo fu in un negozio di ottica, dove Domi ordinò una quantità spropositata di lenti a contatto usa e getta ad un commesso parecchio perplesso. La seconda tappa fu presso il bottino dell’immondizia sul marciapiede di fronte al negozio, dove Domi gettò gli occhiali che aveva sottratto a tradimento a Scorpius.
«Ah, Merlino, ma cosa fai?! Non ci vedo niente, così! »sbottò lui.
Domi alzò gli occhi al cielo e lo prese a braccetto, impedendogli di buttarsi a capofitto nel cestino per ripescare i suoi amati occhiali. «Ti manca solo mezza diottria. » minimizzò «Ci vedi benissimo anche senza. »
«Mi mancano un punto e mezzo sull’occhio sinistro e due sul destro. » ci tenne a precisare lui, con una smorfia infastidita che lo fece assomigliare orribilmente al padre.
«Appunto, ci vedi benissimo. »concluse Domi, trascinandolo verso la prossima tappa del suo tour.
«Non ci vedo un cazzo. »stava sibilando Scorpius, mezz’ora dopo, mentre Dominique contrattava con una parrucchiera per definire il taglio di capelli a cui sottoporre la sventurata cavia.
Immaginai che ci vedesse davvero abbastanza male, se era arrivato a dire cazzo, ma non trovai nessuna parola per confortarlo. In verità era da quando eravamo usciti di casa che non trovavo nessuna parola da dirgli, e perciò non gli avevo detto assolutamente niente. Anche perché Domi aveva assunto il monopolio su di lui, e l’idiota – da bravo idiota – non sembrava particolarmente intenzionato a cambiare la situazione, coinvolgendomi un po’ nelle loro conversazioni. Però quando gli faceva comodo naturalmente mi rivolgeva una delle sue classiche occhiatine supplicanti, come a dire “ti prego, salvami da questa pazza”. Bhe, che si salvasse da solo. Io non ero la sua ragazza, né tantomeno il suo principe azzurro, nel caso non se ne fosse accorto, perciò non mi sentivo minimamente in dovere di tirarlo fuori da quella situazione.
Così impara ad accettare di uscire con Dominique!
Eppure, quando uscimmo in strada assieme ad un ragazzo senza occhiali, e con una chioma di corti capelli biondo miele, appena un po’ più lunghi sulla frangia, in modo da potergli ricadere sulla fronte in delle morbide onde leggermente arricciate, dovetti ammettere che mia cugina qualcosa di buono lo aveva fatto. Anzi, più che buono, proprio bono… a quel punto il modello di Calvin Klein prese il sopravvento sui miei neuroni, e per tutto il tragitto che ci separava dal centro commerciale più vicino non vidi altro che addominali e boxer neri fin troppo pieni.
Arrivati al centro commerciale Domi si scatenò, trascinandoci da un negozio di vestiti all’altro senza nemmeno lasciarci il tempo di respirare. Dopo due ore passate tra camerini (quando Domi entrò nel camerino da dove Scorpius si rifiutava di uscire, sostenendo che quei pantaloni gli lasciavano mezzo sedere di fuori, e lo rendevano totalmente ridicolo, sentii l’irrefrenabile istinto di ucciderla) e pile di vestiti da uomo, mia cugina si disse finalmente soddisfatta degli acquisti fatti. Avevamo comprato due paia di jeans stretti, di quelli che vanno indossati più per esibire le mutande firmate che i pantaloni stessi (o almeno, sono quelle che si notano, più che i jeans), un paio di pantaloni bianchi aderenti che – e qui il modello di Calvin Klein organizzò un’orgia con i miei ormoni – gli facevano un culo da dio (“Ma come fa ad avere un culo così dannatamente perfetto se non fa nemmeno sport?”), ed un paio di pantaloni di pelle di drago a cui Scorpius si era strenuamente opposto, ma che Domi aveva deciso di comprare in modo altamente antidemocratico, sostenendo che avrebbe fatto un torto all’umanità a non indossare dei pantaloni che lo facevano sembrare così figo. A quel punto le guance di Scorpius erano letteralmente andate a fuoco, e lo sventurato destinatario delle folli attenzioni di mia cugina aveva deciso di non sindacare più sugli acquisti, lasciando che Domi si sbizzarrisse sul fronte delle maglie senza metterlo troppo in imbarazzo con i suoi commenti. In verità, alla fine, per quanto riguardava le maglie c’era stato poco da comprare: avevamo preso un paio di magliette aderenti (di cui una fucsia, alla cui sola vista Scorpius era inorridito), e Domi gli aveva dato il permesso di continuare a indossare le sue polo e le sue camicie, a patto che portasse le camicie rigorosamente senza cravatta, e con i primi bottoni slacciati. Avevamo terminato il rinnovo del guardaroba con un paio di Converse bianche a collo basso, che Scorpius aveva trovato estremamente plebee e volgari, nonché scomode ed inutili, ma anche qui Domi aveva fatto finta di non averlo sentito, ed era andata a farsi fare lo scontrino con un sorriso sornione. L’ultima, dolorosa tappa era stata in un negozio di articoli sportivi, dove Domi aveva insistito per comprargli un completo da jogging e un bilanciere – non mi opposi a quest’ultima decisione perché ritenevo che un attrezzo del genere avrebbe potuto tornarmi molto utile per i miei allenamenti, ma non per questo evitai di pensare che mia cugina era totalmente, irrecuperabilmente fuori di testa, e a quanto pareva dalla sua faccia lo pensò anche Scorpius.
Alle otto e cinque minuti, finalmente, arrivammo a casa, carichi di borse e con l’enorme scatola del bilanciere che ci levitava davanti, grazie ad un provvidenziale incantesimo di Domi. Mamma e Draco, che stavano cenando, ci rivolsero due identici sguardi allibiti. «Si può sapere dove siete stati fin a quest’ora? »chiese Draco, che sembrava più irritato dal fatto che suo figlio si fosse mescolato con la plebaglia Weasley che dalla tarda ora. «E cosa diamine hai fatto ai capelli? »aggiunse, rivolto al figlio.
Scorpius arrossì. Il modello si tastò la chioma con aria compiaciuta, e poi, con l’altra mano, passò a tastarsi una cosa che… bhe, la sostanza è che arrossii anch’io. Domi, invece, pareva del tutto a suo agio, e gli rivolse un sorriso smagliante. «Buonasera signor Malfoy… zia… abbiamo fatto un po’ di shopping. »
« Un po’… »ripetè mamma, sconcertata, fissando le enormi borse che pendevano dalle braccia di tutti e tre.
«Bhe, avreste dovuto avvertirci, se avevate intenzione di tornare a casa così tardi: questa casa non è un hotel, per vostra informazione. »grugnì Draco, rivolgendosi a me e Scorpius come se Domi non esistesse «Adesso filate a mettere via quelle borse e venite a tavola. »
«Dominique »intervenne mamma, che se era altrettanto arrabbiata almeno aveva avuto la decenza di non darlo a vedere davanti ad un ospite «vuoi restare per cena? »
L’occhiata di esterrefatto furore che le rivolse Draco fu abbastanza esplicita da convincere Domi a declinare l’offerta. «Grazie, zia, ma mi aspettano a casa… »disse «Li aiuto un attimo a mettere via le borse e poi vado. »
Ci arrampicammo su per le scale, trascinandoci dietro le borse, mentre Draco sibilava qualcosa che suonava molto come “se avessi voluto che la mia casa diventasse un parco giochi dei Weasley avrei potuto direttamente farmela con tuo marito…”
Per una volta mi trovavo d’accordo con lui: Domi stava diventando fin troppo invadente; ero stufa marcia di ritrovarmela sempre a casa che sbatteva gli occhi in direzione di Scorpius.
Appena raggiungemmo il corridoio, davanti alla porta della camera di Scorpius, mollai le borse sul pavimento e andai a chiudermi in bagno, sbattendo la porta per mettere il mondo al corrente del mio malumore. Ci misi un tempo ridicolamente lungo per lavarmi le mani, sperando che quando sarei uscita dal confortante rifugio di quel bagno avrei scoperto che Domi se n’era già andata. E mi parve che fosse proprio così, quando trovai il corridoio deserto, e la casa silenziosa. Decisi di controllare se Scorpius era ancora in camera sua prima di scendere, ed abbassai la maniglia chiedendomi se, una volta che Domi si era tolta dalle scatole, avremmo potuto riprendere da dove ci aveva interrotti quel pomeriggio. E a quanto pareva anche Scorpius provava un gran desiderio di riprendere quell’attività, così grande che non gli era importato che la persona con cui l’avrebbe portata a termine fosse diversa da quella con cui l’aveva iniziata.
Sentendo il cigolio della porta Scorpius sobbalzò, voltandosi nella mia direzione con l’aria di chi è stato beccato a fare qualcosa di molto compromettente. E per l’appunto era a torso nudo, con le braccia ancora sollevate sopra la testa, e Domi teneva tra le mani la sua polo.
Il modello, dentro la mia testa, cadde a terra, stecchito. E probabilmente io avrei fatto lo stesso, se non avessi avuto rispetto di quel minimo di dignità che mi restava.
Perché diamine ha fatto tutto quel teatrino in bagno, prima, se in verità voleva solo farsela con Dominique?
Mi sentivo presa per il culo, e anche tanto. Possibile che fossi talmente cotta da aver visto tanti cuoricini rosa dove in realtà non c’erano? Possibile che prima Malfoy mi stesse semplicemente pulendo la guancia dal mascara, e che io avessi costruito un sacco di improbabili castelli in aria per niente? Eppure Al me l’aveva detto che gli piaceva Dominique, e l’avevo visto con i miei occhi, quanto Scorpius fosse in balia di un paio di occhioni celesti che non erano certamente i miei.
Come diamine avevo fatto ad essere così idiota?
Il volto di Scorpius, che già era parecchio colorito, assunse una sfumatura di rosso quasi violaceo. «Oh… ehm… Rose, noi stavamo… »
“… facendo cose che non voglio sapere, sì.”
Mi costrinsi a sorridere, anche se più che un sorriso quella che mi si dipinse in faccia sembrava una smorfia. «Non mi devi nessuna spiegazione. La tua vita è tua, puoi farne quello che ti pare. »
Mi chiusi la porta alle spalle, facendomi violenza fisica pur di non sbatterla, e mi avviai lentamente verso il piano di sotto, autoconvincendomi che io ero superiore a tutto quello. Ma quando a porta si riaprì di scatto, e Scorpius mi inseguì, afferrandomi il braccio prima che potessi imboccare le scale, mi resi conto che non ero superiore proprio a un bel niente, e che se non mi avesse tolto le mani di dosso entro mezzo millesimo di secondo lo avrei picchiato.
«Rose, »sussurrò, concitato, mantenendo la voce bassa per paura che mamma e Draco ci sentissero «ascoltami, non è come sembra, io… »
Alzai un sopracciglio, interpretando alla perfezione la parte dell’annoiata. «Perché, come sembra? »chiesi.
«Io… lei… stava solo… »
Gli battei una pacca sulla spalla, sorprendendomi di essere riuscita a sfiorarlo senza cedere alla tentazione di prenderlo a pugni. «Ho fame, Scorp. »e dette quelle parole mi liberai dalla sua presa e scesi in cucina, pronta a ricambiare le occhiate ostili di Draco con rinnovata ferocia.
Risposta definitiva: io odioDominique Weasley.
L’accendiamo?
Accendiamola.
 

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Capitolo 15
*** LSD - Lanciarazzi Su Dominique ***


 

14.
LSD
Lanciarazzi Su Dominique

 

Dicono che al giorno d'oggi i divorzi sono nell'aria, che li respirano i bambini nei loro passeggini come le vecchiette ingobbite dagli anni e dai chili di cibo per gatti che trascinano ogni giorno fino al parco. Un po' come lo smog delle automobili babbane, insomma. Solo che lo smog non induce gli adolescenti a buttarsi giù da una finestra, o a diventare dei bulletti di periferia, mentre i divorzi – a sentire gli esperti – sono la causa di questi ed altri catastrofici mali del mondo. Forse anche del buco nell'ozono, perché si sa che due genitori divorziati sono costretti ad avere automobili separate, e a percorrere un sacco di strada per scaricare i figli al consorte quando il loro turno di baby parking è finito.
Ma lo sapete cosa dico io? Il problema non è che la gente si separa: il problema è che la gente si mette insieme. Insomma, guardiamo le cose come stanno: se mamma e papà non si fossero messi insieme io non sarei mai nata, e di conseguenza non avrei avuto nessuno dei miei problemi. Se mamma e Draco non si fossero messi insieme, io ed i miei cugini non saremmo stati costretti a dannarci l'anima per farli separare. E se Scorpius e Domi si metteranno insieme dovrò spendere un sacco di soldi da uno psicologo per convincermi che io non voglio uccidere mia cugina.
E poi dicono che il problema sono le separazioni... ma magari qualcuno si separasse!

 

***

 

Era passata una settimana, un’esaltante settimana di mutismo ed occhiate di sottecchi, da quando avevo interrotto gli studi di anatomia di Scorpius e mia cugina. E in una settimana avevo avuto modo di riflettere, e di esaminare la situazione da una prospettiva diversa: perché – potevo anche essere idiota, e il modello nella mia testa poteva anche essere la personificazione del sex appeal – ma non aveva alcun senso buttare alle ortiche sedici anni di amicizia per un biondino del cavolo. Ergo, non era Dominique quella che dovevo odiare. E a pensarci bene nemmeno Scorpius: il confine tra odio e amore era troppo sottile, e non potevo permettermi rischiare. Così ero giunta ad una semplice e naturale conclusione: dovevo ignorarlo. E questo non voleva dire che lo avrei ucciso con lo sguardo ogni volta che fosse entrato nel mio campo visivo, o che sarei uscita da una stanza sbuffando ogni volta che ci fosse entrato lui. Al contrario: lo avrei salutato civilmente ogni mattina, gli avrei passato la caraffa del succo d’arancia e lo zucchero con un sorriso cortese, gli avrei lasciato la precedenza per andare in bagno senza arrabbiarmi, avrei lavato anche il suo piatto dopo cena, e la sera, prima di andare a chiudermi in camera mia, gli avrei augurato la buona notte. Sarebbe tutto finito là. E, prima che me ne accorgessi, sarebbe ricominciata la scuola, e mi sarei presa una cotta astronomica per il primo Caposcuola dal sorriso intrigante contro cui sarei andata a sbattere nel corridoio dell’Espresso per Hogwarts. Semplice, no?
Semplice questo cavolo. Ogni volta che lui cercava di rivolgermi la parola ed io, come da copione, trovavo una scusa per svignarmela, non potevo impedirmi di sbirciarlo con la coda dell’occhio, sperando di vedere un’espressione delusa turbare i suoi lineamenti delicati. E, ogni volta che Scorpius si adeguava al mio silenzio senza farsi grandi problemi, sentivo lo stomaco precipitare nel vuoto, e la romantica scenetta che mi si era dipinta nella mente, in cui Scorpius mi si gettava ai piedi dichiarandomi amore eterno ed implorando il mio perdono, si scioglieva come un quadro lasciato sotto la pioggia. Ma il peggio era che nella mia testa, oltre alle solite sconcerie del redivivo modello, aveva preso l’abitudine di comparire anche un patetico filmetto romantico di serie Z, che terminava con un bacio sotto la pioggia, con tanto di Torre Eiffel sullo sfondo, talmente sdolcinato da far venire il diabete a qualsiasi persona sana di mente (categoria dalla quale io ero ovviamente esclusa). E, ciliegina sulla torta, il protagonista maschile del filmetto non aveva nessuna tartaruga e portava sul naso un paio di occhiali da vista esattamente uguali a quelli che Domi aveva buttato nel cassonetto dell’immondizia il venerdì precedente. A questo punto il prossimo gradino verso il fondo dell’abisso della follia sarebbe stato nascondere una foto di Scorpius sotto il cuscino e passare la notte a sbaciucchiarla. Cosa che rischiavo di fare molto presto, se Draco non avesse smesso di appendere foto di suo figlio in giro per la casa. In particolare, detestavo una foto del sopraccitato biondino a cinque anni, strategicamente appesa accanto alle scale: da piccolo aveva i capelli completamente albini, anche più chiari di quelli del padre, che gli scendevano in morbidi boccoli fino quasi alle spalle, e le sue guance erano adorabilmente paffute, con due pomelli rossi in stile Heidi a peggiorare ulteriormente le cose. Per non parlare degli occhioni verde chiaro, sgranati e ingenui come solo gli occhi di un bambino possono essere. Ogni volta che vedevo quella foto mi veniva una stramaledetta voglia di entrare nella cornice e stringerlo forte tra le braccia, immergendo il volto nei suoi capelli soffici per sentirne il profumo.
Sabato 31 luglio, giusto perché piove sempre sul bagnato, quando fui costretta a passare davanti alla foto per andare in bagno, mi ritrovai a pensare che, se mai avessi avuto un figlio, avrei voluto che fosse così. Ovviamente a quel punto il modello non poté fare a meno di venirsene fuori con un’inquietante osservazione: vuoi un figlio così ergo vuoi così anche il padre. Ed io non potei fare a meno di bestemmiarmi dietro in tutte le lingue a me note e ignote. Entrai in bagno sbattendo la porta, e non mi stupii di trovarci Scorpius, intento a studiarsi la rada peluria del mento davanti allo specchio: ormai sembrava che quel bagno fosse diventato il nostro principale luogo di rendez-vous. Al contrario fui parecchio stupita dal suo abbigliamento: indossava una semplice camicia bianca, con le maniche arrotolate sopra i gomiti ed i primi bottoni aperti, infilata dentro a uno dei jeans aderenti che avevamo comprato con Dominique. Incredibile quanto più figo sembrasse con un semplice paio di jeans a vita bassa. E, soprattutto, incredibile quale effetto deleterio avesse sui miei neuroni il sopraccitato paio di jeans un po’ calato sul sedere.
Per un attimo fui tentata di fare dietrofront e andare a invadere il bagno di mamma e Draco, ma poi mi dissi che dovevo imparare a respirare la sua stessa aria senza che il modello nella mia testa desse in escandescenze (cosa che al momento, naturalmente, stava facendo) e andai a piazzarmi accanto a lui, davanti allo specchio.
« Ciao. » dissi, con fredda cortesia.
« Ciao. » rispose Scorpius, rivolto ai peli delle sue guance.
Raccattai una matita per occhi e un paio di ombretti dal piano del lavandino, e cominciai a truccarmi con estrema indifferenza, complimentandomi con me stessa per il mio insospettato talento nella recitazione. Il modello, da bravo egocentrico, mi lanciò un’occhiata profondamente offesa, ma in qualche modo riuscii ad ignorare anche lui.
Bhe, sto migliorando...”
Scorpius si grattò la gola e mi lanciò un’occhiata veloce, come se non volesse farsi scoprire a guardarmi. E probabilmente non lo avrei scoperto, se non avessi passato tutto il tempo ad incrociare gli occhi nel tentativo di vedere il suo riflesso nello specchio senza girare il viso. Feci finta di niente e cominciai a passarmi la matita sotto il secondo occhio, meticolosamente. Alla quindicesima occhiata, però, mi sentii in dovere di voltarmi verso di lui. Scorpius questa volta non tentò di nascondere il fatto di avermi guardata, e mantenne gli occhi saldamente piantati nei miei.
Sentii un brivido percorrermi la spina dorsale per tutta la sua lunghezza, ma ancora una volta sfoderai il mio talento da Oscar, e riuscii a parlare con voce impeccabilmente annoiata. « Sì, dovresti farti la barba. » osservai.
Poi tornai a rivolgere la mia attenzione allo specchio, e mi dedicai all’ombretto. Forse avrei dovuto fare il contrario, e mettere prima l’ombretto e poi la matita, ma…
« Rose? » la voce di Scorpius mi fece sobbalzare, e rischiai seriamente di cavarmi un occhio con l’applicatore dell’ombretto. Feci finta di non averlo sentito – nonostante la mia credibilità, in quel frangente, fosse più bassa della temperatura del Polo Sud – e continuai ad imbrattarmi le palpebre di viola. « Rose » ripeté Scorpius, vagamente esasperato « potemmo, per favore, parlarne da persone civili? »
« Parlare di cosa? » chiesi, senza staccare gli occhi dallo specchio: meno lo guardavo, più possibilità avevo di mantenere le mie facoltà mentali inalterate fino alla fine della conversazione.
Anche senza vederlo, tuttavia, percepii il suo sguardo bruciarmi sulla pelle. « Di quello che è successo venerdì scorso. »
Scoppiai in una risata talmente da oca che mi feci schifo da sola. « Non è successo niente, per quanto mi riguarda. »
« E allora perché non mi parli? » insistette Scorpius.
A questo punto fui costretta ad abbandonare i miei infruttuosi tentativi di truccarmi, e mi voltai verso di lui. Vederlo, come al solito, scatenò ormoni, modello e brividi lungo la schiena. Dei brividi strani, insoddisfatti, brividi di attesa, che si sarebbero placati solo quando avrei potuto far scorrere le mie dita tra i suoi capelli, ed avrei sentito il sapore delle sue labbra sulle mie. Ovvero mai.
Mi costrinsi a richiamare i miei neuroni all’ordine, ed in qualche modo riuscii a mettere assieme una frase di senso compiuto. « Ti sto parlando. » osservai, inarcando un sopracciglio.
Scorpius sbuffò. « Sai cosa intendo. »
« No, non lo so. » mentii.
Vai così, Rose: negare sempre, anche davanti all’evidenza.
Avrei voluto restare a guardarlo, immersa nel verde delicato dei suoi occhi, in attesa di una risposta, ma mi costrinsi a voltarmi nuovamente verso lo specchio, e a riprendere le mie maldestre attività di maquillage. Cercai di convincermi che ignorarlo, in fondo, mi veniva quasi spontaneo, ma fui miseramente smascherata dall’inquietante presenza che, in un angolino del mio cervello, stava progettando di togliergli il saluto per fargli capire quanto in realtà fosse innamorato della sottoscritta.
Negare, Rose, negare fino alla morte…
Perché infondo a me Scorpius non piaceva davvero: quello che provavo per lui era solo una strana forma di attrazione fisica nata dal fatto che ci eravamo ritrovati a vivere nella stessa casa. Perché naturalmente a me non piaceva quando trovavo i suoi occhi fissi nei miei, quando le sue guance si tingevano di un leggero rosa dopo una mia frecciatina particolarmente subdola, quando scendevo in soggiorno con una scusa idiota per sentirlo suonare, e lui si voltava verso di me e mi guardava, senza smettere di carezzare i tasti del pianoforte con le sue dita affusolate. E ogni volta che lo sentivo suonare “Per Elisa” non desideravo di chiamarmi Elisa… Perché sicuramente quando la sua voce un po’ troppo profonda per i suoi lineamenti dolci, ancora da ragazzino, pronunciava delle parole rivolte solo a me, e quando le sue iridi chiare scivolavano sul mio viso, concedendomi la sua totale attenzione, non sentivo le farfalle nello stomaco. E non mi sentivo importante, per qualcuno, e per una volta tanto nella mia vita…
« Rose… » Perché a me non piaceva il modo in cui pronunciava il mio nome, scivolando sulla erre con quell’accento vagamente aristocratico, ma senza ammosciarla… « Cazzo, sembra uno di quei film babbani completamente assurdi… » Perché a me non piaceva sentirlo mormorare le parolacce a mezza voce, quasi sperasse che nessuno lo sentisse, quando era esasperato… « Senti, io… accidenti, se la smettessi di fare quella faccia e mi lasciassi parlare, magari, non sarebbe così complicato! »
Inarcai un sopracciglio in direzione della mia immagine riflessa dallo specchio. « E chi non ti lascia parlare? Sono muta. »
« Sì, certo… vuoi che ti faccia la traduzione di quello che sta dicendo la tua faccia in questo momento? » sbuffò.
Lo ignorai e continuai a passarmi l’ombretto sulla palpebra dell’occhio destro, che ormai era così viola che sembrava che qualcuno mi avesse appena presa a pugni. Con la coda dell’occhio vidi Scorpius alzare le braccia e portarsi entrambe le mani sulla nuca, tra i capelli color miele, in un gesto di esasperazione estrema.
« Merlino, Rose, sto solo cercando di dirti che… Dio, che tu… » Perché a me non piaceva quando cercava di spiegare concetti troppo complicati, e si bloccava a metà di una frase, mordendosi il labbro inferiore… E perché in quel momento, naturalmente, la mia mente bacata non aveva proposto una decina di conclusioni alternative per la frase “Dio, che tu…”, tutte varianti più o meno sdolcinate di “mi piaci da impazzire”…« Che… » “Che…?” « Che tu… » “Che io…?” « Cavolo, lo sai com’è fatta tua cugina! » sbottò Scorpius, alla fine « Voleva che mi mettessi addosso i vestiti nuovi, e quando le ho detto di no mi ha letteralmente strappato la maglia di dosso! »
Non mi sembrava che ti dispiacesse così tanto, però…” A me invece dispiaceva infinitamente che il suo discorso, così promettete all’inizio, si fosse concluso con una banale lista di scuse senza capo né coda.
Miseriaccia, Rose! E per fortuna che dovevi fartelo passare dalla testa!” Ma c’era ben poco da fare: la mia coerenza aveva raggiunto da tempo i miei neuroni, seppelliti da qualche parte sotto un monumento ai caduti, e più mi imponevo di allontanarmi da Scorpius, più mi ritrovavo a sperare che lui mi impedisse di farlo. Era come la famosa storia del “me ne vado… ma guarda che me ne vado sul serio… sto andando, eh!”: me ne stavo là, sulla porta, con la valigia in mano, e dichiaravo di non volerlo vedere mai più, ma aspettavo solo una parola, un gesto, un guizzo di sentimento nei suoi occhi per gettarmi tra le sue braccia giurando che non lo avrei mai lasciato.
« Allora? » la voce di Scorpius mi riscosse bruscamente dai miei pensieri « Non dici niente? »
Serrai la mascella, ignorando il modello che si stava ancora guardando attorno, stralunato, in attesa della tanto agognata dichiarazione. « Mi fa piacere sapere che tu pensi che mia cugina sia una ninfomane » replicai, con gelido sarcasmo « Ma non vedo perché la cosa dovrebbe interessarmi. »
E con questo l’Oscar non me lo soffia più nessuno.
Scorpius aprì e richiuse la bocca un paio di volte, con l’aria di chi si è preparato un fantastico discorsetto, che l’interlocutore ha appena fatto saltare ponendogli una domanda che non si sarebbe mai aspettato. « Io… bhe, ecco… » balbettò, imbarazzato « È solo che… » “Che mi ami alla follia e mi vuoi sposare? Per la luna di miele propongo l’Egitto…” « Insomma, ci tenevo a chiarire questo malinteso, ecco. »
Insomma, ma vaffanculo! O ti dichiari o puoi anche portare quelle tue chiappe (dannatamente attizzanti) fuori da questo bagno!
Inarcai entrambe le sopracciglia, reprimendo a fatica l’istinto di picchiarlo. « Tutto qui? »
Niente dichiarazione? Niente bacio? Niente anello di fidanzamento? Niente? Ma proprio niente di niente…?
Ero così delusa che non riuscii nemmeno a sentirmi sollevata perché lui e Domi non avevano fatto niente.
Scorpius prese a torturarsi le mani, nervosamente. « Bhe, sì… insomma, mi sembrava giusto che sapessi che tra me e tua cugina non c’è niente. » “Sembra giusto anche a me: mi sarebbe proprio dispiaciuto spaccarti quel bel faccino …” « E poi, bhe… pensavo che ti desse fastidio, a dire il vero… »
« Fastidio? » replicai, con un’espressione di stupore in stile “Weasley davanti all’ennesimo maglione di nonna Molly per Natale”. « Chi, a me? » scoppiai a ridere « Ma quale fastidio? »
Fastidio era riduttivo. Rabbia, furore, ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, odio profondo, istinti omicidi, voglia di prendere quella sua testolina bionda e incastrarla nella tazza del cesso, incontenibile tentazione di sperimentare un paio di leve articolari su qualcuno… altro che fastidio!
« Oh… ah… » borbottò Scorpius. Sembrava alquanto perplesso, e mi parve anche di leggere un pizzico di delusione ben nascosta infondo ai suoi occhi. Ma forse stavo solo vedendo quello che volevo vedere. « Quindi per te è tutto a posto? »
Mi strinsi nelle spalle. « Si, certo, nessun problema. » “A parte tutto.” « Cosa vuoi che me ne freghi? » “Di nuovo, a parte tutto.”
Scorpius inclinò il capo e, dopo avermi lanciato un’ultima occhiata indecifrabile, mi voltò le spalle e posò la mano sulla maniglia della porta. « D’accordo… allora io vado: tua madre dice che siamo in ritardo… »
E scivolò in corridoio, richiudendosi velocemente la porta alle spalle.
Si, ecco, vattene, bravo...
Lanciai l’applicatore dell’ombretto nel lavandino, sibilando un commento non troppo lusinghiero sulla virilità di Merlino. Ero ufficialmente un’idiota. Un’idiota illusa, se proprio volevamo rigirare il coltello nella piaga.
A Scorpius non piaci. Quale parte di questa frase non ti è chiara, Rose? Forse la parte in cui tu dovresti girargli alla larga e smettere di vedere rose e cuoricini ogni volta che ti rivolge la parola?”Appoggiai la fronte alla superficie fredda dello specchio, maledicendo il giorno in cui qualche idiota aveva avuto la brillante idea di regalare un arco a Cupido.
Non era normale che andassi così fuori di testa per un secchione che, tra le altre cose, mi stava anche terribilmente sulle scatole. Certo che nemmeno Scorpius era normale, però: tutte quelle scene per dirmi due cazzate? Non aveva il minimo senso.
A meno che…
“…”
Solo allora realizzai che potevo avergli appena dato il nulla osta per una sua eventuale relazione con Dominique…

 

***

 

Dieci minuti dopo, quando ebbi esaurito tutte le bestemmie in aramaico, mi decisi a scendere in salotto, dove mamma, Draco e Scorpius mi stavano aspettando per andare alla Tana. Draco, per l’occasione, e tanto per non rischiare che i Weasley si sentissero suoi pari, aveva deciso di sfoggiare tutta la sua innata classe Malfoy, e se ne stava ritto accanto alla porta, in uno smoking nero che non guardai troppo, perché temevo che avrei dovuto sborsare un centinaio di Galeoni anche solo per averlo consumato con gli occhi. Scorpius – come constatai con sommo dispiacere – aveva abbandonato i jeans aderenti e la camicia bianca per un aristocratico completo di giacca e cravatta, e se ne stava accanto al padre con l’aria avvilita di chi si è visto infilare addosso i vestiti da un genitore, come se avesse cinque anni e mezzo. Mamma indossava un vestitino lilla che le arrivava appena sopra il ginocchio ed un coprispalle chiaro chiuso da un fiocco sotto il seno, il tutto completato da un paio di orecchini a perla e una graziosa collanina. Mi sentii vagamente sciatta, nei miei jeans con le toppe alle ginocchia, abbinati ad un paio di sneakers mezze distrutte e ad una maglietta dei Cannoni di Chudley, che doveva essere appartenuta a James, o forse a Fred, prima che me la ritrovassi a sorpresa nell’armadio.
« Era anche ora! » sbuffò mamma, sventolandomi in faccia l’orologio: evidentemente credeva che mi sarei sentita in colpa per averli fatti aspettare. Evidentemente si sbagliava. « Cosa hai fatto agli occhi? » aggiunse poi, squadrandomi con un’espressione a metà tra il preoccupato e lo schifato.
Alzai le spalle. « Ho sedici anni. Non posso truccarmi? »
A giudicare dalla sua faccia no, ma le fui grata per il suo silenzio compassionevole: ero vagamente conscia di essermi stampata in faccia più o meno un’intera confezione di ombretto viola, per tenermi le mani occupate durante la conversazione con Scorpius, ed ero assolutamente certa di non volerne essere consapevole in modo più approfondito.
« Bene, direi che possiamo andare. » concluse Draco, ed aprì la porta in un inatteso impeto di cavalleria, facendoci segno di precederlo.
Scorpius emise un gemito disperato. « Papà… »
« No, per la centesima volta. » replicò Draco, irremovibile « Metterai quei jeans quando non potrò vederti. Avanti. » soggiunse, facendo un cenno eloquente verso la porta.
Mamma, che evidentemente si riteneva in dovere di dare il buon esempio, uscì in giardino, seguita da Scorpius, che non sembrava ancora essersi ripreso dal trauma di essere stato vestito dal padre a sedici anni. Li imitai, ma Draco mi bloccò sulla soglia, chinandosi per squadrarmi la faccia da vicino. « Non è per nascondere un occhio nero, vero? » bisbigliò.
Inarcai un sopracciglio. « Preoccupato, Malfoy? »
« Solo che tua madre scopra che ho guardato tuo cugino prenderti a pugni senza intervenire. »
Alzai gli occhi al cielo. « Che stronzo… »
In effetti, però, potrei farmi accidentalmente scappare un accenno alla scazzottata in presenza di mamma…
La quale, per l’appunto, parve piuttosto confusa dal nostro confabulare. « C’è qualche problema? » chiese.
« No » rispose Draco, impassibile « perché dovrebbe esserci qualche problema? »

 

***

 

Ci smaterializzammo appena fuori dall’affollato giardino della Tana, e fummo accolti da un’orda di gnomi che, con somma disperazione del diretto interessato, scambiò l’orlo dei pantaloni di Draco per un buffet di antipasti. Zio Harry ci venne ad accogliere con un sorriso estremamente tirato, accompagnato da mio padre, anche lui tirato come uno stitico al gabinetto, ma senza alcun sorriso.
« Harry, auguri. » sorrise mamma, staccandosi dal braccio di Draco per andare a schioccargli due calorosi baci sulle guance. Harry ricambiò i baci rigidamente, e si allontanò da mamma più in fretta possibile, comprensibilmente preoccupato dagli sguardi assassini che gli stavano rivolgendo sia Draco che papà.
« Sì, ehm… grazie. » borbottò, sistemandosi nervosamente il nodo della cravatta.
A quel punto i quattro vecchi compagni di scuola piombarono in un silenzio imbarazzato: Draco si guardava attorno come chi sta cercando il sacco di letame da cui proviene la puzza che gli ha invaso le narici, zio Harry – a giudicare dalla sua espressione avvilita – si sentiva come se il sacco di letame fosse lui, e mamma non manifestava la minima intenzione di accorgersi della presenza del suo ex marito, che dal canto suo sembrava sul punto di provare l’autoipnosi per convincersi che era tutto, solo un brutto sogno.
Decisi di intervenire, prima che qualcuno si sentisse in dovere di dimostrare che le cose potevano andare anche peggio di così. « Ciao, papà. » lo salutai, sforzandomi di sorridere.
Gli occhi di Draco si posarono su mio padre, talmente freddi che, nonostante fosse luglio, mi sembrò di sentire il gelo del ghiaccio sulla pelle, e papà ricambiò lo sguardo con altrettanto odio, senza nemmeno darsi il disturbo di guardarmi in faccia quando rispose. « Rose, come stai? »
Oh, a meraviglia. Mio padre se ne frega di me, cosa potrebbe mai turbare la mia immensa gioia?
« Bene. » risposi, con voce piatta. « Tu? »
« Bene. » disse, chinando appena il capo.
Difficile decidere chi di noi fosse meno sincero. Comunque, in quel momento, non contava un granché: mi sentivo… bhe, male, cavolo. Peggio di quando avevo beccato Scorpius e Domi a “provare magliette” (questo almeno stando alla versione del biondastro, che doveva ancora essere confermata). Perché Scorpius era un Serpeverde, era un Malfoy, ed era un rompipalle. Mentre mio padre era mio padre, e avrebbe dovuto volermi bene anche se fossi stata una criminale.
Per un attimo fui tentata di chiedergli se gli andava di accompagnarmi a mettere il regalo per lo zio in salotto, o di inventarmi una qualsiasi altra patetica scusa per restare un po’ sola con lui, ma il mio orgoglio mi trattenne: non ero io quella che avrebbe dovuto cercare di instaurare una conversazione. Non avrei nemmeno dovuto essere io a salutarlo per prima, e in ogni caso lui avrebbe dovuto stringermi in uno dei suoi calorosi abbracci Weasley, e chiamarmi con uno di quei disgustosi soprannomi zuccherosi che mi aveva appioppato quando avevo tre anni ed ero ancora troppo piccola per potermi ribellare. Potevo anche capire che quando non ci vedevamo si scordasse della mia esistenza, ma non avrei mai pensato che potesse ignorarmi con tanta disinvoltura anche quando gli stavo sotto il naso.
E a proposito di disinvoltura, zio Harry ne avrebbe davvero avuto bisogno, quando il suo dovere di oste gli impose di salutare Draco. « Allora… ehm… benvenuto, Mal… » lo sguardo ammonitore di mamma lo costrinse a simulare un potente attacco di tosse « hem… Draco. » si corresse, porgendogli la mano con estrema riluttanza.
Draco fissò la sua mano per alcuni istanti, sfoggiando un’espressione profondamente schifata, prima ti tendere lentamente la sua, e sfiorare appena la punta delle dita dello zio.
In quel preciso istante un grido attraversò il giardino, facendoci sobbalzare tutti. « Scooooooorp! » Il diretto interessato ebbe appena il tempo di impallidire, prima che Al gli si fiondasse letteralmente tra le braccia, come una specie di koala particolarmente appiccicoso. « Cavolo! » sbottò Al « Ma è tanto difficile rispondere alle lettere che ti mando? »
Le facce di Draco e Harry erano semplicemente impagabili: avevano addirittura dimenticato di sciogliere la loro ostile stretta di dita, e se ne stavano mano nella mano a guardare i due ragazzi, con gli occhi più grandi della faccia, e l’aria di chi aveva intenzione di fare un test di paternità al più presto, per scoprire chi diamine fosse il padre di quei due estranei.
Scorpius posò le mani sulle spalle di Al, e lo allontanò da sé storcendo il naso in una perfetta imitazione del padre. « Al, ti prego… » disse, arrossendo leggermente « penseranno che siamo gay… »
« Oh, se è per questo non c’è problema… » gli assicurai, sghignazzando sotto i baffi « Lo pensiamo già. »
Scorpius mi lanciò un’occhiataccia, ma non replicò. Mio cugino, al contrario, sembrò finalmente accorgersi della mia presenza, e mi salutò con uno sguardo furioso. « Anche tu, eh! » esclamò « Merlino, ma te la devo fare io la ricarica per convincerti a rispondere ai messaggi? »
Corrugai le sopracciglia, perplessa. « Me la sono fatta dieci giorni fa, la ricarica. »
« E allora, di grazia, si può sapere perché non hai risposto a uno solo dei tremila messaggi che ti ho mandato in questi giorni? »
La sua voce adirata riuscì solo a confondermi ancora di più: indubbiamente quando s’incazzava Al diventava una iena, ma di solito lo faceva solo se mi scambiava per suo fratello, o se attentavo alla salute psicofisica del suo migliore amico.
« Oh, credo di non averli neanche letti… » ammisi, cercando di ricordare quando fosse stata l’ultima volta che avevo visto il mio cellulare. Effettivamente non mi sembrava di averlo più toccato, da quando Al mi aveva dato conferma della tutto-meno-che-provvidenziale cotta di Scorpius per Dominique. « Non so nemmeno dove ho messo il cellulare… »
« Bhe, vedi di fartelo venire in mente. » sbuffò Al, squadrandomi con aria torva. « E leggi i messaggi… soprattutto i più vecchi. »
« Ok. » Lo accontentai, stringendomi nelle spalle.
Certo che ogni tanto Al è davvero strambo…
« A proposito » aggiunse, squadrandomi con aria perplessa « Cos’hai fatto agli occhi? »
E che palle, però!” « Ho sbattuto su uno spigolo. » risposi, impassibile.
L’espressione di Al si fece se possibile ancora più dubbiosa. « Con tutti e due gli occhi? »
« Prima uno e poi l’altro. » precisai.
A quel punto il mio cuginetto Serpeverde capì che non era il caso di indagare oltre, ed accettò la mia risposta in silenzio.
Harry e Draco, che avevano seguito la nostra conversazione con sempre maggior perplessità, sembrarono ricordarsi solo allora di essere ancora mano nella mano e si affrettarono ad allontanarsi l’uno dall’altro, imbarazzati. « Bene, ehm… ciao Rose, Scorpius… » ci salutò Harry. Io e Scorpius rispondemmo educatamente al saluto e gli facemmo gli auguri, dimostrando di essere almeno un migliaio di volte più civili dei nostri genitori « ehm… ora, se volete seguirmi… » borbottò lo zio, facendoci strada verso la casa. Mamma e Draco lo seguirono, mentre papà si limitò a tirare una pedata ad uno gnomo e se ne andò nella direzione opposta. Per un attimo fui tentata di seguirlo, e feci un passo nella sua direzione, ma poi cambiai idea, e mi bloccai con un piede ancora alzato in aria.
Scorpius, che sembrava essersi appena autoproclamato mio personale psicanalista, mi lanciò uno sguardo penetrante. « Va tutto bene con tuo…? »
In quel momento sentii un braccio circondarmi le spalle, e la voce di Hugo lo interruppe piuttosto scortesemente. « Ragazzi, stiamo per cominciare la riunione. » annunciò, guardando Scorpius in cagnesco per rendergli chiaro che lui non aveva nessun diritto di partecipare « Venite? »
Al si esibì in una smorfia contrariata. « Non potrebbe venire anche… »
« No. » dichiarammo io e Hugo, all’unisono. Il suo braccio si serrò con più forza attorno alle mie spalle, e non ebbi bisogno di guardarlo negli occhi per sapere che stava tentando di assassinare Scorpius con lo sguardo. « Ah, era implicito, Malfoy » aggiunse « ma tanto per essere sicuri… prova a dare fastidio a mia sorella e ti uccido. »
Hugo era di un anno più piccolo, ma era solo poco più basso di lui, e decisamente più robusto. Conoscendo Scorpius mi sarei aspettata che si preoccupasse maggiormente di salvarsi la vita, piuttosto che di difendere la sua inesistente immagine di uomo figo e sprezzante del pericolo. Ma infondo quando mai Scorpius si era comportato come avevo previsto?
Il biondastro in questione, infatti, inarcò un sopracciglio con aria strafottente. « Dovrei avere paura, Weasley? » chiese, sfoderando una voce strascicata fastidiosamente simile a quella del padre.
« Sì, dovresti. » replicai, lanciando un’occhiata velenosa all’ “uomo figo e sprezzante del pericolo” della situazione. Scossi la testa e presi Hugo per il braccio, trascinandolo verso la porta che si apriva sul retro della casa. « Andiamo. »
Nessuno poteva trattare male il mio fratellino. A parte la sottoscritta, naturalmente.
Mentre ci inerpicavamo su per le strette scale della Tana, tanto per ribadire quanto appena detto, gli tirai una spinta, mandandolo a sbattere contro il muro. « E comunque cosa ti fa pensare che se Scorpius mi desse fastidio non sarei capace di difendermi da sola? » chiesi.
Hugo ridacchiò, e mi scompigliò i capelli. « Naturalmente volevo dire che, dopo che tu lo avresti ucciso con una mossa di Karate, lo avrei resuscitato per ucciderlo una seconda volta. » rettificò.
Sorrisi. « Così va meglio. »
Adoravo mio fratello: era l’unica persona al mondo che potesse permettersi di essere iperprotettiva nei miei confronti senza insultare il mio orgoglio di cintura nera di Karate. Anche se naturalmente un po’ di scena dovevo farla, tanto per salvare le apparenze.
Quando raggiungemmo la soffitta, dove si sarebbe tenuta la riunione del clan Weasley-Potter, la trovammo già piuttosto affollata: Domi si stava limando le unghie seduta su un vecchio baule, Lily e Louis, gli unici che avessero avuto il coraggio di sdraiarsi sui due centimetri di polvere che ricoprivano il pavimento, stavano ridacchiando davanti ad un vecchio album di foto, Roxanne stava invano tentando di aprire la mente di Lucy a tutta la magnificenza del Quidditch (e del Puddlemore United… mai capito perché tifasse quella squadraccia…), mentre Molly stava trapanando i gingilli di Fred con uno dei suoi soliti discorsi sulla responsabilità e sul buon senso.
Sorrisi, vagamente stupita. « C’è anche Molly? »
Hugo alzò le spalle. « Ci ha sgamati, e ha deciso che è suo dovere controllare che non combiniamo nessuna cazzata. »
Tipico di Molly.”
Era anche abbastanza tipico che i nostri cugini, troppo presi dai fattacci loro, non si fossero nemmeno accorti della nostra presenza. Per un attimo fui tentata di approfittare della situazione e tirare dritto per la mia strada fingendo che Dominique non esistesse, ma poi ricordai che era con Scorpius che ce l’avevo (o perlomeno, che avrei dovuto avercela) e mi costrinsi ad andare a salutarla. Perché io volevo bene a mia cugina, no?
“… fammi pensare… NO.”
« Domiii! » esclamai, sfoderando un sorriso entusiasta « Che bello vederti! »
L’abbracciai e le stampai due sonori baci sulle guance, nonostante il modello di Calvin Klein stesse protestando furiosamente, sventolando uno striscione su cui campeggiava la scritta “Dominique al rogo!”.
Domi mi piantò la lima per unghie sul naso, costringendomi ad allontanarmi, e mi lanciò un’occhiata penetrante. « Rose, cos’hai bevuto? »
Io voglio bene a Dominique, io voglio bene a Dominique, io… no che non le voglio bene, cavolo! Certo, infatti l’adoro!
… non esattamente, ma costrinsi il mio sorriso bugiardo a restare al suo posto. « Non ho bevuto niente, perché? » chiesi « È solo che sono contenta di vederti… ti voglio bene, sai? »
Domi sbuffò e mi piantò addosso uno sguardo infastidito. « Qualunque problema mentale tu abbia, oggi non è giornata. »
Vedi, è odiosa!” urlò il modello, nella mia testa. “E tu sta’ zitto!” Merlino, da quando aveva cominciato pure a parlare? Decisi di ignorarlo e di fingermi interessata ai problemi di Domi, chiedendole come mai non fosse giornata, ma la risposta a tutti i miei dubbi entrò nella soffitta in quel momento, sotto la forma di un’esaltatissima Kathie seguita da un altrettanto avvilito James.
Domi sibilò qualcosa di semplicemente irripetibile. Io mi trattenni nei limiti del non censurabile, e mi limitai a sollevare entrambe le sopracciglia. « Kathie, cosa ci fai qui? »
Kathie mi rivolse un sorriso che emanava gioia da tutti i denti, dai buchi tra i denti e persino dalle gengive. « Oh, ciao, Rose. Io e James ci siamo messi assieme, non lo sapevi? »
Lanciai uno sguardo perplesso a James, che se ne stava dietro la sua nuova ragazza come un depresso barboncino al guinzaglio. « Dev’essermi sfuggito… » commentai.
Domi emise un sibilo talmente ben riuscito che mi chiesi se stesse bestemmiando in Serpentese, e andò a sedersi dalla parte opposta della soffitta, accanto a Molly e Fred. Kathie, accecata dalla gioia per la sua nuova relazione con James, o dalla congiuntivite, o magari da una maledizione che le aveva lanciato Domi di nascosto, non si accorse nemmeno della palese incazzatura di mia cugina, e continuò a sorridere come Hagrid davanti a un uovo di drago. « È stupendo, vero? »
Probabilmente avrei usato un aggettivo un po’ meno entusiasta per descrivere l’imminente morte di una coppia di fidanzatini per mano di una bionda con ascendente Veela, ma non ritenni di doverglielo comunicare. Kathie mi rivolse il trentacinquesimo sorriso nel giro di mezzo minuto e mi superò. James la seguì, trascinando i piedi come un bambino che segue la mamma fuori dal parco giochi, con la differenza che il suddetto bambino non avrebbe tirato una spallata così violenta all’innocente cugina. « Ti uccido… » sibilò.
E non dubitai che lo avrebbe fatto, se fosse sopravvissuto alle ire di Dominique. Ma non sarebbe sopravvissuto – mi dissi subito dopo, quando l’idiota decise di andarsi a sedere accanto all’unica persona all’interno di quella stanza che stesse tramando il suo omicidio. E vorrei sottolineare il fatto che, con questa brillante mossa, riuscì anche ad attirarsi le ire di Kathie.
Geniale, davvero.
Domi, non appena James posò le chiappe accanto a lei, lo fulminò con una delle sue occhiatacce assassine meglio riuscite. « Che vuoi? » domandò, brusca.
James si voltò verso di lei, vagamente perplesso. « Voglio sedermi… non posso? »
« No. » tagliò corto lei « Non c’è abbastanza posto per me, te e Kathie. » pronunciò il nome della ragazza come se fosse stata una marca particolarmente scadente di carta igienica riciclata.
L’espressione di James a questo punto era paragonabile solo all’espressione che lui stesso avrebbe potuto assumere davanti a una copia del galateo. « Oh… ma Kathie è seduta su quella sedia vicino all’armadio, non la vedi? »
« Dovresti andare a sederti vicino a lei, allora. » lo freddò Domi, tornando a dedicarsi alle sue unghie per rendere chiaro che quella conversazione finiva lì. James non parve molto contento della piega che avevano preso le cose, ma non gli restò altro da fare che obbedire all’ordine e trascinarsi mestamente dalla sua ragazza.
Dopo quella scenetta, la soffitta piombò in un silenzio imbarazzato. Stavo per dire qualche cazzata tanto per rompere il ghiaccio, ma il disturbo mi fu risparmiato da Al, che spalancò la porta portandosi dietro un disturbo ben più grosso, alias Scorpius Malfoy.
Il modello depose immediatamente lo striscione che inneggiava alla morte di Domi e cominciò a dimenare il bacino sventolandosi sopra la testa un cappello da cowboy. La parte razionale del mio cervello, invece, non era così contenta di vederlo. Anzi, non era contenta proprio per niente: io dovevo dimenticare Scorpius, per la miseria!
Mi alzai in piedi di scatto. « Al! Avevamo detto che lui » accompagnai quella parola puntando un dito accusatore in direzione del biondastro « non poteva venire! » sbottai.
Al mi lanciò una delle sue classiche occhiatacce della serie “brutta Grifondoro razzista!” e chiuse la porta alle spalle di Scorpius prima che il codardo potesse darsela a gambe. Ora che si trovava in mezzo a una decina di Weasley tutti più o meno ostili non faceva più lo spavaldo, il signor “uomo figo e sprezzante del pericolo”.
« Avevamo detto niente estranei alle riunioni per l’operazione LSD! » gli ricordai.
« Anche Kathie è un’estranea, però per lei non hai fatto problemi. » mi fece notare Al, freddo.
« Comunque non sei tu che devi decidere chi invitare alle riunioni. » intervenne Hugo « Questo è un problema mio e di Rose, e quindi decidiamo noi. »
Fratellino, l’ho già detto che ti amo?” Al aprì la bocca ma, non trovando nulla da ribattere, la richiuse, e mise il broncio.
Sorrisi, soddisfatta: se decidevamo io e Hugo non c’era problema, Malfoy sarebbe stato fuori da quella porta entro mezzo secondo. Incrociai le braccia, sentendomi potente.
« Kathie resta e Malfoy se ne va. »
« Kathie se ne va e Malfoy resta. »
Io e Hugo siamo proprio una squadra stupend… un secondo, cos’ha detto?” Mi voltai verso mio fratello, scandalizzata, mentre il modello mi faceva il gesto dell’ombrello e si metteva a dimenare il bacino con rinnovato entusiasmo.
« N… non puoi fare sul serio… » balbettai.
Hugo mi rivolse uno sguardo di scuse. « Se dipendesse da me non avrebbe nemmeno dovuto mettere piede in questa casa, ma obiettivamente Malfoy è nella merda tanto quanto noi, e credo che abbia il diritto di sapere. Mentre Kathie – senza offesa » si affrettò a dire, voltandosi verso di lei « con questa storia non c’entra un emerito cavolo. »
Della serie: viva la coerenza… chi era che fino a cinque minuti fa minacciava di ammazzare Malfoy?
Hugo alzò gli occhi al cielo. « Sì, lo so quello che ho detto prima, Rose, non fare quella faccia. Ma ci ho pensato, e potrebbe essere un informatore prezioso. In fondo sono solo affari, nessuno ha detto che dobbiamo volergli bene, no? »
« Bhe, io dico di no. » dichiarai, ostinata « Come la mettiamo, adesso? »

 

***

 

Venti minuti dopo, neanche a dirlo, ero appollaiata su un vecchio divano mezzo sfondato, spiaccicata tra Scorpius ed Al (ovviamente era stato lui a scegliere quella sistemazione, e in modo altamente antidemocratico, se vogliamo dirla tutta), Kathie era stata sbattuta fuori senza tanti complimenti, con somma gioia di Domi e – sospettavo – anche di James, ed io avevo completamente rivalutato l’opinione che avevo del mio caro fratellino.
Il modello, al contrario, aveva deciso di passare all’altra sponda per sposare Hugo e Albus, dal momento che era per colpa di quei due se al momento mi trovavo praticamente in braccio a Scorpius.
Merlino, si può morire di vergogna?” O anche per il troppo fermento degli ormoni, a seconda.
Scorpius si era tolto la giacca (cosa del tutto comprensibile, visto che fuori c’erano ventisette gradi all’ombra) e si era arrotolato la camicia azzurro pallido fino a dove la stretta stoffa delle maniche lo permetteva, scoprendo l’avambraccio e una parte del bicipite (non molto sviluppato, per fortuna. Da quando aveva tagliato i capelli e aveva smesso di portare gli occhiali distinguerlo dal modello stava diventando sempre più difficile…). E io, da brava cretina, me ne stavo con il braccio spiaccicato contro il suo, e più pensavo al calore della sua pelle sulla mia, più il mio cuore si metteva a battere in modo totalmente anarchico. Durante tutta la sintesi dell’operazione LSD che Hugo aveva fatto a beneficio di Scorpius, non avevo fatto altro che studiare i peli biondi e sottili del suo avambraccio, con l’ovvio risultato che adesso smaniavo dalla voglia di accarezzarli con la punta delle dita.
Idiota.
Le nostre mani erano così vicine che, per non toccare la sua, ero costretta a tenere il polso piegato in una posizione decisamente fastidiosa. Merlino, mi sarebbe bastato rilassare il polso e la mia mano sarebbe scivolata sulla sua… quanto sarebbe stato bello ascoltare le ciarle dei miei cugini tenendolo per mano? Non chiedevo che lui mi parlasse, e nemmeno che mi guardasse. Anche solo tenerci per mano, ognuno per le sue, ma allo stesso tempo uniti da quel legame così intimo e dolce, sarebbe stato…
Orribile, Rose. Orribile, sdolcinato e disgustoso. E poi ci terrei a ricordarti che il grande amore della tua vita sbava dietro a tua cugina.”
Oh, fanculo a tutto! Non ce la facevo proprio a non pensare a Scorpius e a voler bene a Dominique. E il polso, in quella posizione, faceva davvero male…
Avevo quasi trovato il coraggio di sfiorare le sue dita con le mie, quando la voce di mio fratello mi riportò bruscamente alla realtà, quella in cui se io avessi tentato di prenderlo per mano Scorpius mi avrebbe schiantata. Sobbalzai, e mi affrettai a stritolarmi la mano tra le cosce, per non rischiare di cadere in tentazione.
« Allora, Malfoy » intervenne Lily, sostituendosi a Hugo nell’interrogatorio « ci sarà qualcosa che tuo padre odia con tutto sé stesso… »
Scorpius annuì. « Sì, bhe… tu, tua madre, tuo padre, i tuoi fratelli, i tuoi zii, i tuoi nonni, i Babbani… »
« I babbani hai detto? » chiese Hugo, interrompendo Scorpius all’inizio di quella che probabilmente sarebbe stata la lista più lunga della storia. Quando incontrai lo sguardo di mio fratello, acceso da una scintilla malandrina, non potei impedire che un sorriso cospiratorio mi si dipingesse sul volto. Hugo sogghignò. « Pensi anche tu quello che penso io, sorellina? »
« Oh, bhe, non saprei… stavo solo pensando che sono secoli che non andiamo a trovare i nonni Granger… »

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Capitolo 16
*** spesso non c'è un momento giusto... ma c'è sempre un momento sbagliato ***




15

Spesso non c'è un momento giusto...

ma c'è sempre un momento sbagliato



 

Dicono che la sfortuna non esiste. Dicono che se inciampi davanti al più figo della scuola è un caso, se succede due volte è una coincidenza, e se succede tre volte o hai dei seri problemi di equilibrio o c'è qualcuno nascosto dietro l'angolo che ti lancia l'incantesimo Gambemolli.

Io so solo che quando giochi ai dadi e c'è un numero che non deve venire fuori i dadi, fregandosene altamente di tutti gli studi compiuti sulla probabilità, due volte su tre scelgono di far saltar fuori proprio quel numero. E che quando decidi di non fare i compiti di Storia della Magia, perché tanto il professore non li controlla mai, hai un buon ottanta per cento di probabilità che quel giorno il professor Ruf decida di ritirare i temi per casa. Non vogliamo chiamarla sfiga? Chiamiamola la perversa dinamica del cosmo secondo cui se una cosa può andare male, lo fa. 

Perché se una volta nella vita c'è un momento sbagliato, puoi star certo che la gente sceglierà proprio quello per venire a disturbarti.

 

***

 

La festa dello zio Harry, com’era prevedibile, fu un fiasco. Non che Draco avesse creato problemi: al contrario, si era comportato estremamente bene per i suoi standard, passando tutta la sera fingersi il simpatico animaletto da compagnia di mia madre. Il problema era che gli altri non avevano intenzione di comportarsi bene, ed essendo gli altri più o meno una trentina di persone, le cose non potevano che andare a rotoli. Più precisamente a rotoli sull’erba del giardino, nel bel mezzo di una rissa alla babbana. Ed infatti, tanto per finire in bellezza, la festa si era conclusa con un plateale “vaffanculo, lurido Mangiamorte!” urlato da mio padre. E uno schiantesimo a mio padre lanciato da mia madre. E un “tu! Come ti permetti?” di nonna Molly, accompagnato da un sonoro ceffone sulla guancia di mamma. E… bhe, a quel punto Draco si era sentito in dovere di accorrere in difesa della sua donna, e viste le cose irripetibili che aveva detto a nonna Molly non c’era da stupirsi che papà, George, Charlie e Bill avessero tentato di ucciderlo. 

E, suppongo, non c’era nemmeno da stupirsi che il giorno dopo Draco avesse schiavizzato tutta la famiglia per farsi riverire e coccolare, visti i suoi precedenti da malato (o presunto tale). Mamma, verso le dieci, fu costretta ad uscire per risolvere il casino diplomatico che si era creato e per scusarsi ufficialmente con lo zio Harry e con nonna Molly (anche se, per una volta, né lei né Draco avevano molto di cui scusarsi) e così io e Scorpius restammo da soli a fare da crocerossini all’uomo sottiletta (lo avevo ribattezzato così dopo che papà, George, Bill e Charlie gli si erano buttati addosso in contemporanea, spiaccicandolo a terra). 

Gli stavo appunto portando la borsa del ghiaccio, quando un irritante scampanellare mi annunciò la presenza di Al: solo lui era così rompipalle da suonare Jingle Bells con il campanello anche in piena estate. Roteai gli occhi e andai ad aprire, premurandomi di lanciargli un’occhiataccia. « Al, che vuoi? » grugnii.

Albus mi rivolse un sorrisetto astuto che non mi piacque per niente. « Ciao, c’è Scorpius? »

« Certo che c’è. » risposi, vagamente esasperata « Dove vuoi che sia, se non chiuso in casa a sbavare su qualche libro? » 

Albus mi rivolse un’espressione compiaciuta e, senza chiedere niente a nessuno, entrò in casa. Draco, che se ne stava steso sul divano davanti ad una vecchia puntata di “The OC”, non gli risparmiò un’occhiata infastidita. 

« Buongiorno, Draco. » lo salutò Al, educatamente « Come stai? »

« Mpf. » fu l’unica risposta che ci fu dato di avere. Scorpius, che se ne stava seduto sul tavolo della cucina con un libro appoggiato sulle ginocchia, alzò lo sguardo sul suo migliore amico. 

« Al, cosa ci fai qua? » chiese, vagamente perplesso. 

Fino a quel momento ero stata così impegnata a servire sua maestà l’uomo sottiletta che non mi ero nemmeno accorta che suo figlio portava gli occhiali. Mi chiesi come diamine avesse fatto a recuperarli, ma preferii non indagare, soprattutto perché scoprii di essere stranamente contenta di vederlo di nuovo in versione secchione: certo, senza occhiali e con mezzo sedere al vento era indiscutibilmente più figo… ma non era lui.

Al gli rivolse uno sguardo molto significativo. « Dovevamo parlare di qualcosa, noi due, o sbaglio? » chiese.

« Tu dovevi parlare di qualcosa. » lo corresse, irritato. 

Al scosse la testa, con l’aria di chi ha a che fare con un bambino particolarmente cocciuto. « E a me cosa ne viene? »

« La domanda è cosa ne viene a me. » replicò Scorpius.

Ma di cosa diavolo stanno parlando?

Al mi scoccò un’occhiatina maliziosa. « Secondo te? »

Ma che cavolo…?

Mi voltai verso Scorpius, cercando di incrociare il suo sguardo, ma il biondastro sembrava disposto a guardare ovunque tranne che nella mia direzione. « Hai intenzione di continuare a rompere con questa storia assurda ancora per molto? » chiese, esasperato.

Il volto di mio cugino si aprì in uno dei suoi classici (ed insopportabili) ghigni Serpeverde. « Solo finché voi due idioti non vi darete una mossa. »

E chi sarebbe il secondo idiota?

Scorpius sbuffò, sbatté il libro sul tavolo ed afferrò il suo migliore amico per il braccio, trascinandolo fuori dalla cucina. « Se proprio ti diverti a parlare di queste assurdità potresti almeno essere così gentile da farlo in privato? » sibilò.

« Come ti pare. » sogghignò Al. Poi, voltandosi verso di me, aggiunse. « Hai letto i messaggi? » 

Ebbi la netta impressione che le mie guance si fossero trasfigurate in una griglia. « Ehm... » avevo provato con scarsa convizione a cercare i cellulare, quella mattina, ma il bastardo sembrava essersi volatilizzato nel nulla « no, ma... » gli rivolsi un sorriso colpevole « lo farò oggi, promesso. » 

Al roteò gli occhi, esasperato. « Non devi prometterlo, Rose, devi farlo. » 

« Sì, sì, lo farò... » risposi, annoiata.

Egocentrico. Gli dà fastidio l'idea di aver speso soldi per mandarmi dei messaggi che non ho letto.

Albus aprì la bocca per dire qualcosa, ma Scorpius lo sollevò di peso da sotto le ascelle e lo trascinò via, promettendogli una morte molto lenta e dolorosa se non fosse stato zitto.

Rimasi impalata accanto al tavolo, con il ghiaccio che mi si scioglieva tra le mani, mentre i due Serpeverde sparivano su per le scale. 

I ragazzi non sono normali…” 

Insomma, erano più misteriosi di due ragazze che parlano in codice delle mestruazioni! Sapere su cosa diamine stessero confabulando era chiedere troppo, vero?

La voce irritata di Draco interruppe le mie inconcludenti riflessioni. « Allora, questo ghiaccio arriva? » 

« Si, principessa. » grugnii, trascinandomi in soggiorno. 

Draco se ne stava mollemente stravaccato sul divano, in una posa molto poco aristocratica, ma d’altro canto anche l’occhio nero ed il labbro rotto che si ritrovava erano piuttosto insoliti per i suoi standard. Gli porsi la borsa del ghiaccio senza fare commenti, e gli tirai un paio di pizzicotti ai polpacci per convincerlo a spostare i piedi e lasciarmi un angolino di divano dove sedermi. A quel punto tanto valeva guardarsi per la quinta volta la prima stagione di OC. 

Chissà se ho ancora delle Orecchie Oblunghe infondo al baule… forse potrei fare una cosa molto vile e…

« Stanno parlando di ragazze. » intervenne Draco.

Mi voltai verso di lui, confusa. « Eh? »

L’uomo sottiletta si esibì in una perfetta espressione annoiata. « Tuo cugino e Scorpius » ripeté « stanno parlando di ragazze. »

Oddio, magari stanno parlando di Domi… infondo Al la conosce molto meglio di Scorpius, e quindi sarebbe naturale che gli desse dei consigli su come conquistarla…” mi affrettai a scacciare quei pensieri funesti dalla mente e a tirare un calcio nel sedere al modello, per farlo smettere di singhiozzare.

« E chi ti ha chiesto niente? » chiesi, irritata.

Draco si strinse nelle spalle, e si sistemò meglio il ghiaccio sulla tempia. 

« E comunque pensavo che fossero le ragazze quelle che parlano di ragazzi, » aggiunsi « mentre i maschi si chiudono in bagno a farsi seghe… » 

« Credo che tu abbia una visione un po’ distorta del genere maschile. » commentò Draco, ironico. 

« Capita, quando gli unici termini di paragone che ho siete tu e tuo figlio. » lo rimbeccai. 

« E tuo padre. » aggiunse lui, sfiorandosi l’occhio nero con una smorfia. 

Quattro contro uno… dovevo ammettere che papà e gli zii non si erano comportati in modo molto onorevole, in quell’occasione. Spostai lo sguardo sullo schermo della televisione, evitando i suoi occhi grigi. 

« Quando papà ti ha tirato quel gancio destro » dissi « avresti dovuto pararlo, invece di schivarti. Era completamente scoperto: avresti potuto fargli saltare i denti anche ad occhi chiusi. » 

Draco mi lanciò un’occhiata velenosa. « Non ho bisogno di prendere lezioni da te. »

Mi strinsi nella spalle. « Come ti pare. La faccia è tua. »

I seguenti minuti si trascinarono avanti lenti ed imbarazzati, mentre la televisione trasmetteva i consueti sketch pubblicitari, occasionalmente inframmezzati da OC. 

Darei la chiappa sinistra per sapere cosa stanno tramando quei due...” mi ritrovai a pensare. Ma poi, quando realizzai che con ogni probabilità l'argomento delle loro cospirazioni era mia cugina, decisi che la chiappa sinistra preferivo tenermela. 

Abbassai lo sguardo sul livido violaceo che faceva bella mostra di sé sul dorso della mia mano destra, irritata: non solo Al si presentava a casa mia e poi non mi calcolava minimamente, ma osava anche attentare alla mia felicità aiutando Scorpius a conquistare Dominique?

Infido Serpeverde dei miei stivali! Ma non doveva far sposare me e Scorpius?

Decisi che, prima di fare cose di cui avrei potuto pentirmi, sarei andata a prendermela con il sacco da boxe. Mi alzai e quando passai accanto a Draco ne approfittai per appoggiare la mano dolorante sulla borsa del ghiaccio che si teneva sulla tempia. Il sopracciglio dell'uomo sottiletta scattò immediatemente verso l'alto, e le sue labbra sottili si arricciarono in un'espressione a metà tra il perplesso e lo schifato. 

« Cosa sarebbe questo pseudo gesto di affetto? » indagò. 

Roteai gli occhi e gli sventolai davanti al naso il dorso della mano, cedendo di buon grado alla tentazione di mostrargli anche il dito medio. « Pseudo gesto di affetto un cavolo. » grugnii « Ieri, mentre ti stavamo trascinando via, papà ha cercato di lanciarti una maledizione Cruciatus e quando l'ho placcato mi è caduto con il ginocchio sulla mano. Quindi comincia pure a sentirti in colpa. » 

Draco inarcò anche il secondo sopracciglio, ed emise un lungo fischio. « Wow. » 

Wow cosa? Mica gli ho detto che gli voglio bene!” Anche perché, fino a prova contraria, io non gli volevo bene. E lui non aveva alcun diritto di farsi venire strane idee: lo avevo fatto solo perché lo zio Harry era disperato, e mi sarebbe dispiaciuto che papà rovinasse ulteriormente la sua festa. E me n'ero anche già ampiamente pentita.

« Ho detto che devi sentirti in colpa, non che devi gioire del mio dolore. » gli ricordai, irritata.

Draco mi rivolse un'occhiatina maliziosa. « Lo so quello che hai detto. » 

« E allora perché fai quella faccia? » 

« Quale faccia? » chiese, sfoderando il sorrisetto divertito di chi la sa lunga. 

Ecco, precisamente questa.”

Sbuffai e me ne andai in giardino a passo marziale, chiedendomi per la centesima volta perché diamine non avevo lasciato che papà lo cruciasse.

 

***

 

Un'ora dopo stavo ancora picchiando selvaggiamente il sacco da boxe, in attesa che il potere calmante di quello sfogo si decidesse a farsi sentire.

Pugno. “Se fosse la faccia di Domi le avrei rotto il naso.” Calcio. “Perché non è la faccia di Domi?” Gancio sinistro. “Perché Domi non esiste e basta?” Pugno. “Sempre detto che zio Bill e zia Fleur scopano troppo...” Gancio destro. “E poi le bionde sono stupide.” Pugno. “Scorpius è troppo intelligente per lei.” Calcio. “Che ne sa lei di cosa gli piace?” Pugno. “Che ne sa lei di sua madre, della sua famiglia, dei suoi amici?” Altro pugno. “Scorpius non potrebbe mai essere felice con lei.” Calcio rotante alla Chuck Norris. “Wow, mi è venuto davver...?

Mi bloccai di colpo, perché ruotando il capo nel mio maldestro tentativo di calcio rotante avevo incontrato due iridi verde chiaro, fisse su di me. Sentii le guance andare a fuoco, e mi affrettai a ricompormi, spostandomi dalla fronte alcuni ciuffi di capelli sudati e lisciandomi la maglietta stropicciata sulla pancia. 

« Malfoy, cosa...? Ouch! »

Mi portai una mano alla tempia, nel punto dove il sacco da boxe, spinto dalla forza del mio ultimo calcio, mi aveva restituito il colpo.

Oh, perfetto, adesso ci si mette anche il sacco da boxe per farmi fare la figura dell'idiota davanti a Scorpius!” Come se ne avessi bisogno: Scorpius pensava già che fossi un'idiota. E al momento non me la sentivo di dargli torto.

« Tutto bene? » chiese Scorpius, alzando un sopracciglio, ed il modello mi suggerì che nei suoi occhi fosse passata una scintilla di preoccupazione. Lo misi a tacere in un modo molto poco ortodosso.

« Uhm... sì, sto bene... » borbottai, massaggiandomi la testa. 

Le labbra di Scorpius si incresparono in un sorrisetto divertito. « Sei brava. » disse. 

Mi posai le mani sui fianchi, nella posa più eroica che riuscii a trovare. « Certo che sono brava. » sbuffai « La cintura nera non me l'hanno data solo perché mi stava bene addosso. »

Scorpius annuì. « Sì, so che la meriti: sei brava. »

Inarcai un sopracciglio. « Ho capito, lo hai già detto. »

Scorpius arrossì leggermente, e puntò lo sguardo sulla campagna che si stendeva per miglia in lontananza, nel timido bagliore del sole inglese. « Sì... ehm... già. » 

Mi voltai e ripresi ad allenarmi, eseguendo ogni movimento con la massima forza e precisione. Mi sentivo vagamente idiota per il mio atteggiamento da “guarda come sono figa, Scorp”, ma Calvin (come avrei potuto chiamarlo altrimenti?) si leccò il labbro superiore e mi assicurò che stavo andando alla grande. Non che la sua opinione contasse qualcosa, comunque.

Quando mi fermai a riprendere fiato, tentando di assumere una posizione che non sembrasse quella di un naufrago che striscia sulla spiaggia allo stremo delle forze, mi accorsi che Scorpius si era alzato e si era portato alle mie spalle. 

In risposta al mio sopracciglio inarcato si avvicinò al sacco da boxe, e lo sfiorò con la punta delle dita. « Come hai fatto quella mossa, prima? » chiese. 

Sbattei le palpebre un paio di volte, troppo stupita per riuscire a mettere assieme anche solo un monosillabo. 

Scorpius mi sta chiedendo di spiegargli una mossa di Karate?

« Quale? » riuscii a sussurrare alla fine, scrutandolo con apprensione, quasi sicura che da un momento all'altro i suoi vestiti si sarebbero afflosciati sull'erba e ne sarebbe sbucato fuori un alieno verde con la testa incastrata in una boccia per pesci rossi.

Scorpius esitò per un momento, e lanciò un'occhiata vagamente preoccupata al sacco da boxe, come se ci avesse ripensato. « Quel... ehm... quella specie di calcio... » disse infine, cauto.

« Intendi questo? » chiesi, e sollevai il ginocchio lateralmente per poi stendere la gamba con uno scatto. Scorpius si spostò con un balzo appena prima che il sacco da boxe gli arrivasse sul naso, ed annuì. « S-sì, questo. » notai che aveva le guance un po' più pallide del solito, e mi guardava come se fossi una bestia molto pericolosa, ma la cosa non mi impedì di sentirmi felice: nessuno dei miei amici, a parte Hiro, si era mai mostrato interessato allo sport babbano e un po' violento che tanto amavo, ed il fatto che Scorpius volesse conoscerlo, anche se era palese che non gli piacesse, mi face sentire importante. Insomma, voleva dire che in qualche modo, anche se non come avrei voluto io, magari, gli importava di me.

Gli rivolsi un gran sorriso. « Bhe, è semplice. Per iniziare puoi fare un passo di lato, e poi sollevare il ginocchio così. » spiegai, accompagnando le parole con i gesti. « E poi devi solo stendere il resto della gamba. » alzai i palmi delle mani verso l'alto, facendo un gesto molto eloquente in direzione del sacco. « Prova. » 

Scorpius deglutì un paio di volte, e si sistemò gli occhiali sul naso. « Non credo di essere molto portato per... » 

« Oh, avanti, è facile! » lo incoraggiai.

Scorpius lanciò un'occhiata diffidente al sacco, e sollevò la gamba destra da terra, ruotando la caviglia con un'espressione tutto fuorché convinta stampata in viso. Alla fine parve decidersi, e fece un paio di passi indietro, come se stesse prendendo la rincorsa. Mi morsi le labbra per non ridere, e rimasi ad osservare le sue mosse senza fare commenti. 

Scorpius chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, come un soldato che sta per scendere sul campo di battaglia, poi si scagliò sul sacco, tirandogli un calcio con la punta delle dita del piede, con un movimento che mi ricordò tanto un passo di danza classica. Non capii mai come diamine ci riuscì, ma dopo aver colpito il sacco, che non si mosse di un millimetro, perse l'equilibrio e cadde all'indietro, rovinando sull'erba a pochi passi dai miei piedi.

« Ahia... » piagnucolò, massaggiandosi la punta del piede come un bambino che è caduto per l'ennesima volta, provando a muovere i primi passi. 

Confrontata con la gloriosa scena che mi aveva proposto Calvin, in cui lui, vestito da pugile e con una miriade di goccioline di sudore che gli scivolavano tra gli addominali ben delineati, prendeva a pugni il sacco, la performance di Scorpius era stata decisamente patetica. Eppure i miei ormoni rincitrulliti riuscirono, non si sa bene come, a trovarla dolce. 

Oddio, sto impazzendo davvero...

Ma nonostante tutto scoppiai a ridere, e mi lasciai cadere sull'erba accanto a lui. Non pensai nemmeno a quello che stavo facendo, tanto mi veniva naturale in quel momento, e quando mi ritrovai a cingergli le spalle da dietro, appesa alla sua schiena come un koala (o un Albus, a seconda) era troppo tardi per pensarci. E la cosa peggiore fu che non mi sentii minimamente in imbarazzo, nemmeno quando Scorpius posò le sue mani sulle mie per liberare il collo dalla mia presa. « Hai ragione, sei un disastro. » sghignazzai « Ma puoi sempre darti alla danza classica: secondo me saresti bravo... »

Scospius si divincolò dalla mia stretta, e mi lanciò un'occhiataccia. « Non sei spiritosa. » grugnì. 

« Non volevo esserlo. » risposi, senza preoccuparmi di nascondere un ghigno derisorio. 

Scorpius sbuffò e rotolò di lato sull'erba, allontanandosi da me. Restai a guardarlo, con un'espressione rapita che ringraziavo il cielo di non poter vedere, mentre si sfilava gli occhiali e puliva le lenti dall'erba sull'orlo della maglietta, scoprendo una fascia di pelle chiara appena sotto l'ombelico. Stavo cominciando a adorare anche il suo ventre piatto, liscio come una roccia ben levigata, senza le collinette marmoree degli addominali che Calvin esibva con tanto orgoglio (e tanta gioia dei miei ormoni). 

Merlino, sono pazza.”

Quando Scorpius mi beccò a guardarlo con le bave alla bocca, e mi rivolse un'espressione interrogativa, mi trovai costretta a dire qualcosa che non fosse “hai un bavaglino? Non vorrei sbavarmi la maglietta...”, e che possibilmente giustificasse il mio sguardo languido. 

« Ehm... come mai hai ricominciato a portare gli occhiali? » chiesi.

Scorpius arrossì leggermente, ad abbassò lo sguardo sull'erba. « Non ci vedevo niente... » tossicchiò, e le sue guance assunsero una sfumatura di rosa più intenso « Non ho mai avuto il coraggio di mettermi le lenti: mi fa senso l'idea di ficcarmi qualcosa negli occhi... e poi mi piacciono gli occhiali: mi fanno sentire più... » s'interruppe bruscamente, e tacque. 

« Ti fanno sentire più...? » lo incitai, curiosa. 

Scorpius scosse la testa. « Lascia perdere, è una cosa stupida. »

Incrociai le gambe, divertita. « Bhe, allora è il genere di cosa che fa per me: sono cinque anni che lo dici. »

Scorpius sorrise, e si appiattì i capelli sulla fronte, come se sperasse di sottrarre il suo volto stranamente colorito al mio sguardo curioso. « Giura di non ridere. » ordinò. 

« Giuro sulla mia bacchetta. »

Scorpius inarcò un sopracciglio, lanciandomi uno sguardo vagamente allusivo. « Le femmine non dovrebbero giurare sulle bacchette. » osservò.

Ci misi un po' per decidere che sì, Scorpius Santarellino Malfoy aveva appena fatto un doppio senso sconcio, e poi mi ci volle un altro poco (ma neanche tanto poco) per riprendermi da quella shockante conslusione. Calvin a quel punto tentò di togliersi le mutande per mostrarmi la sua, di bacchetta, ma lo fermai in tempo e lo relegai in un angolino del mio cervello da dove, legato e imbavagliato, non avrebbe più potuto nuocere alle mie facoltà mentali. 

« Questa non era per niente nel tuo stile. » commentai, senza rismarmiargli un'occhiataccia: non mi piaceva quando si metteva a fare il cafone. Prima di tutto mi ricordava terribilmente uno a caso dei miei cugini idioti, e in secondo luogo non era assolutamente un comportamento da lui.

Scorpius chinò il capo, in un muto cenno di resa. « Hai ragione. Stavo cercando di distogliere la tua attenzione dalla storia degli occhiali. »

« Bhe, non ci sei riuscito. » dichiarai « Avanti, sto aspettando. » aggiunsi poi, avvicinandomi un po' per potergli piantare in faccia uno dei miei migliori sguardi da bambina insistente. 

Scorpius farfugliò qualcosa di incomprensibile e ricambiò il mio sguardo, arrossendo. « Ecco, mi piacciono gli occhiali perché mi fanno sentire più... sicuro. » balbettò « Lo so che non ha alcun senso, ma è come se vedessi il mondo attraverso una finestra, come se io fossi dentro e tutto il resto del mondo fosse fuori... e mi sento come se ci fosse una barriera che mi protegge da tutto quello che succede fuori... »

Terminò la frase in un sussurro, il volto completamente paonazzo, e rimase a guardarmi in attesa di una risposta, di un giudizio, con quegli occhi limpidi come l'acqua trasparente di un ruscello. 

Era stupendo quando Scorpius dava voce ai suoi pensieri senza censure, perché i suoi occhi dicevano la stessa cosa che comunicavano le sue parole. Forse stavo diventando una romanticona rammollita, ma ero convinta che i suoi occhi fossero così belli perché erano una finestra sul vero Scorpius, quello che stava nascosto dietro i suoi silenzi chiusi, dietro quegli occhiali da secchione, dietro quei pensieri troppo timidi per diventare parole. Ero sicura che il vero Scorpius fosse bellissimo, senza bisogno di jeans aderenti o muscoli.

« Rose? »

Arrossii violentemente, vergognandomi da sola dei pensieri orribilmente sdolcinati che il mio unico neurone superstite aveva formulato.

« Ehm... che c'è? » chiesi, un po' bruscamente, pregando che le mie guance tornassero ad assumere un colore un po' meno appariscente. 

Scorpius mi stava studiando, come se cercasse di capire cosa mi stesse passando per la testa. Pregai che non ci riuscisse. « Adesso pensi che sono pazzo, vero? » chiese. 

Fui così sollevata dalla sua domanda che non potei evitare di scoppiare a ridere. « Oh, bhe, no... ognuno ha le sue stranezze. » Scorpius parve sollevato almeno quanto me, e mi rivolse un timido accenno di sorriso. 

« E a proposito di gente strana... » aggiunsi, mettendo su una convincente espressione da Sherlock Holmes « Si può sapere cosa stavi tramando con Al, prima? »

Scorpius si affrettò a distogliere lo sguardo dal mio. « Niente che ti riguardi. » rispose, freddamente.

Preda della curiosità, e probabilmente anche di qualche istinto masochista congenito, decisi di giocare d'azzardo, sperando che il (dubbio) istinto maschile di Draco ci avesse preso. 

« Tanto lo so che parlavate di ragazze. » buttai lì, con nonchalance. 

Scorpius ebbe un piccolo sobbalzo, e le sue guance si tinsero di un adorabile rosa. « Non è assolutamente... » 

« Sei arrossito. » lo interruppi, sfoderando un ghigno trionfante « Quindi ho ragione. » 

Colta dall'improvviso senso di potere universale che smascherare Scorpius mi aveva dato, decisi di spingere la lama più a fondo. « E, se non sbaglio, stavate parlando della ragazza che ti piace. »

Una vampata di rosa intenso si espanse su tutto il viso del biondastro, che abbassò lo sguardo sui suoi piedi con l'espressione contrita di chi è stato beccato con le mani nel barattolo della Nutella. « A me non... » 

« Oh, sì invece. » sogghignai « Sei arrossito di nuovo. E ho come l'impressione che se adesso ti dicessi che quella ragazza è una Weasley prenderesti fuoco... »

Scorpius questa volta ebbe la decenza di arrossire in silenzio, badando bene a tenere gli occhi lontani dai miei. Sorrisi, trionfante, ma mi ritrovai a fronteggiare lo sguardo di profondo biasimo di Calvin. “E se anche gli facessi ammettere che gli piace Dominique cosa ci avresti guadagnato?” chiese, indispettito. 

Uhm... in effetti... e comunque nessuno ti ha dato il permesso di parlare!

Lanciai un'occhiata di sottecchi a Scorpius, che aveva tutta l'aria di voler sprofondare nella terra del giardino e liquefarsi nel nucleo del pianeta. Dovevo davvero essere masochista... 

« Bhe, io vado a farmi una doccia. » conclusi, e mi affrettai a svignarmela.

 

***

 

Quel pomeriggio, dopo aver inutilmente rivoltato la mia stanza alla ricerca del cellulare, misi in atto con grande maestria la prima parte dell'operazione LSD. Verso le cinque mi avvicinai a mia madre con aria furtiva, e le misi in mano una tazza di tè.

« Per rilassarti. » spiegai, davanti al suo sopracciglio inarcato « Dev'essere stata dura andare a parlare con Harry e nonna Molly dopo quello che è successo... » le rivolsi un perfetto sorriso da figlia amorevole, e cominciai a massaggiarle le spalle. « Ora devi solo riposarti... per la cena non ti preoccupare, cucino io. » a dire il vero avevo schiavizzato Scorpius per farlo, ma non c'era bisogno che mamma sapesse quel dettaglio « Magari potremmo guardarci un bel film assieme, come quando ero piccola, ti ricordi? Ci siamo fatte fuori tutti i classici Disney... e poi era da tanto che volevo passare un po' di tempo sola con la mia mammina... »

Mamma si voltò verso di me, squadrandomi da capo a piedi con uno dei suoi migliori sguardi da Inquisitore. « Hai rotto il mio vaso cinese? » chiese. 

« Come? » sbattei le palpebre un paio di volte, confusa « No, assolutamente no, perché pensi una cosa del genere? »

Miseriaccia... forse dovevo essere un po' meno amorevole...

« Perché dovresti chiamarmi mammina se non stai per dirmi qualcosa che in condizioni normali scatenerebbe la mia ira? » replicò mamma, sarcastica. 

Ok, lasciamo perdere la scenetta della figlia amorevole e passiamo agli affari... e Calvin, smettila di infilarti cioccolatini nelle mutande.”

Mi sedetti sul divano, accanto a lei, posai le mani sulle ginocchia e sfoderai il miglior sorriso persuasivo di cui disponessi. « In verità non ho fatto niente. » dissi « Però volevo chiederti una cosa... in effetti più che altro è una proposta... cioè... » esitai, conscia di essere in procinto di sparare una balla non indifferente « ecco, lo sai che Draco non mi va proprio a genio... » ovviamente non era quella, la balla « però se a te piace, mi sta bene così. » quella era la balla « Ma... insomma, non mi fido troppo di lui, se devo essere sincera. E voglio essere sicura che ti ami davvero, e che non ti farà mai soffrire, prima di concedergli la mia approvazione. » 

Che non gli avrei comunque mai e poi mai concesso, ovviamente. 

Conclusi il mio brillante monologo con un'espressione profondamente preoccupata,  complimentandomi con me stessa per il mio innato talento di attrice. 

Mamma si portò la tazza alle labbra, pensierosa, e sorseggiò il suo tè. « Suppongo che sarebbe bello se tu la smettessi di detestare Draco... » mi rivolse uno sguardo curioso, in un tacito invito a continuare la mia proposta. 

« E bhe... » dissi, certa di avere la vittoria in mano « non è niente di speciale... ma pensavo che magari potremmo fargli conoscere i nonni Granger. » Un sorriso smagliante ed un veloce sbattere di ciglia completarono alla perfezione la mia espressione convinta e convincente. 

Mamma storse le labbra in una smorfia. « Non credo che sia una buona idea, Rose. A Draco non piacciono i Babbani. » 

« Ma è proprio questo il punto! » esclamai, interpretando alla perfezione il fervore di chi si sente molto partecipe della causa che difende « Se ti ama davvero sarà felice di sopportarli per te. E poi sono secoli che non andiamo a pranzo dai nonni, e avevo voglia di vederli... » mi preparai a sferrare il colpo decisivo, con un'adorabile faccina innocente « E poi Draco e Hugo non si sono ancora conosciuti come si deve, e a Hugo farebbe piacere sapere chi è l'uomo di sua madre. »

Mamma rigirò il cucchiaino nella tazza, pensierosa. « Non lo so, Rose... mi piacerebbe presentarlo ai miei genitori, ma non sono sicura che la cosa finirebbe bene... e poi, dopo la festa di Harry, ne ho abbastanza di riunioni di famiglia per il resto della vita... »

« Ma mamma! » protestai « Se ti ama sul serio andrà tutto benissimo: in fondo si è comportato bene anche alla festa dello zio, e non credo che i tuoi genitori abbiano voglia di prenderlo a pugni, no? Loro non lo conoscono nemmeno, non avranno nessun tipo di pregiudizio su di lui. » posai una mano sulla sua, sorridendole « Mamma, sul serio, mi fa paura l'idea che tu stia con uno stronzo che potrebbe farti soffrire. » “Ragion per cui che non posso permettere che stiate assieme.” « Questo dimostrerebbe che Draco è disposto a mettere da parte tutti i suoi vecchi pregiudizi per te, e allora... bhe, sarei più tranquilla. Insomma, è tanto strano che mi preoccupi per mia madre? »

Mamma sospirò, e scrutò il fondo della sua tazza come se cercasse una risposta ai suoi dubbi nelle foglie del tè, nonostante avesse sempre fieramente dichiarato che la Divinazione era un inutile spreco di tempo. « Rose, io... » 

Le piantai addosso uno sguardo pieno di affetto. « Mamma, per favore. Tu ti sei sempre fatta in quattro per me e Hugo, hai sempre controllato che ci tenessimo alla larga dai guai e che non frequentassimo le persone sbagliate... lascia che, per una volta, siamo noi figli a preoccuparci per te. »

Mamma chinò il capo, con aria stanca. « E va bene. Parlerò con i nonni per... »

« Stupendo! » esclamai, alzandomi di scatto dal divano « Siamo invitati da loro domami, all'una. Ti voglio bene mamma. »

E dopo averle schioccato un bacio sulla fronte corsi in camera. 

Modestia a parte, sono un genio.”

 

***

 

Dopo la cena che Scorpius aveva servilmente preparato stavo percorrendo il corridoio del primo piano, diretta alla mia stanza, quando un urlo mi squarciò i timpani. Sobbalzai, e squadrai la porta chiusa della camera matrimoniale con diffidenza.

« Oddio, Draco! »

Ehm... che succede?

Calvin aveva un'idea, e me la lasciò intendere ficcandosi un dito dentro l'elastico delle mutande, ma lo misi a tacere con prontezza. Figurarsi, non stavano mica facendo quello. Quante volte mi capitava di urlare “oddio, Al!” o magari “oddio, Domi!”?

...

« Oh, Merlino! È enorme! »

Sgrdshmgrpfrtmgrrr...”

Non poteva essere quello. Non in casa mia

Non enorme. Non quello di Draco!

« Hermio... oh, Cristo! »

La mia infanzia è perduta per sempre...

« Draco! » 

Mi meravigliai del fatto che mia madre riuscisse ad essere isterica anche mentre faceva quello.

« Sto venendo! »

Anche Draco non scherzava, però...

« Aaargh! »

Ma argh proprio un cavolo!

Battei un violento pugno sulla porta. « Se proprio dovete scopare potete almeno farlo in silenzio, cazzo?! » 

Per un magico istante tutto tacque e sperai che Draco fosse morto durante un orgasmo. Poi la maniglia della porta si abbassò, ed il viso pallido del sopraccitato ossigenato demolì tutte le mie speranze. 

« Come scusa? »

Draco mi rivolse uno sguardo confuso, e notai che era vestito di tutto punto, con tanto di cravatta allacciata a dovere, anche se aveva i capelli leggermente scarmigliati, e teneva una scopa al contrario in mano.

Cos'è, una nuova forma di perversione sessuale, farlo con il manico di una scopa?

Un nuovo urlo isterico di mia madre mi convinse a spostare lo sguardo dentro la stanza. Mamma era in piedi, del tutto vestita, sul letto, e stava indicando con orrore un enorme coso nero a sei zampe che si aggirava per il pavimento. 

« Draco, uccidi quello scarafaggio! » strillò.

Draco si voltò verso di me, ed inarcò le sopracciglia, come a chiedermi “dicevi?”

Arrossii violentemente. « Uh... ah... uh... »

Mi stavo giusto fiondando su per le scale di camera mia, chiedendomi se mi sarei mai ripresa dalla vergogna, quando un secondo urlo isterico, questa volta emesso dalla voce di Scorpius, mi fece battere la testa sul basso tetto della mansarda.

Che succede adesso, c'è un ragno?” pensai, seccata, tornando in corridoio per scoprire il motivo di quella nuova crisi di nervi. Scorpius uscì dal bagno sibilando un colorito insulto a Merlino, e mi sbatté contro. Lo spostai con una spinta seccata, nonostante i miei ormoni (e Calvin, che si era messo a ballare la lap dance su un palo ricoperto di Nutella) non fossero per nulla dispiaciuti di quel contatto.

« È morto qualcuno? » chiesi, sollevando un sopracciglio con sarcasmo.

Scorpius ringhiò qualcosa di non meglio definibile, e si spostò la mano dalla gola, rivelando un piccolo taglio sanguinante. 

« Odio i rasoi. » sibilò. 

Sentii la pelle della fronte tendersi attorno al mio sopracciglio, ormai così alzato da arrivare quasi all'attaccatura dei capelli. « E cosa stavi facendo, con un rasoio? » 

« Mi stavo depilando l'ombelico... » rispose, sarcastico. La mia espressione da “oh, bhe, se ti diverti” lo convinse ad aggiungere, con voce irritata. « Secondo te cosa stavo facendo? » 

Il mio sopracciglio non accennò ad abbassarsi. « E perché ti stavi facendo la barba? » 

Oh, quindi niente ombelico?” chiese Calvin, deluso dal suo nuovo giochetto erotico smontato sul più bello. 

Niente ombelico.” concordai “Ora smettila. Sia di parlare, sia di fare quella... cosa... con l'ombelico.

Scorpius e Calvin mi lanciarono un'occhiata offesa in contemporanea. « Me l'avevi detto tu, che dovevo farmi la barba! » protestò il primo, mentre Calvin scriveva “sciopero” sulla parte anteriore dei suoi boxer.

Cercai di ignorare il modello e di concentrarmi sul biondo in carne ed ossa che mi stava davanti con la gola rigata di sangue. « Si, bhe... e da quando tu fai una cosa perché io ti ho detto di farla? »

Scorpius arrossì leggermente e si voltò in direzione della camera dei nostri genitori. « Vado a chiedere a tua madre se ha una pozione rimarginante. » disse, asciutto. 

« Non ti conviene. » lo fermai, precipitosamente. Quando il verde chiaro dei suoi occhi tornò a posarsi sul mio viso, con aria interrogativa, non potei impedirmi di arrossire. « Sono un po' isterici, al momento... ehm... se vuoi ho dei cerotti, in camera mia... » 

Scorpius mi studiò per un paio di secondi, pensieroso, poi parve decidere che non lo avrei ucciso con un cerotto, e scrollò le spalle. « D'accordo. »

« Vieni. » dissi, affrettandomi a voltargli le spalle per nascondere l'imbarazzante color semaforo rosso che avevano assunto le mie guance.

Mentre ci arrampicavamo su per le strette scale della mia squallida mansarda, Calvin mi lanciò uno sguardo di velata approvazione. “Allora non sei stupida come sembri.

Se è questo che pensi, non ho intenzione di attirarlo in camera mia con l'inganno per poi stuprarlo.” replicai, seccata.

Calvin incrociò le braccia al petto, e mise il muso. “Non sempre le apparenze ingannano...

Arrivati in camera, sotto lo sguardo di attesa che mi rivolse Scorpius, realizzai di non avere idea di dove avevo nascosto il kit di pronto soccorso per i miei eventuali (e frequenti) infortuni. Lanciai un'occhiata preoccupata alle ante dell'armadio, conscia del fatto che se le avessi schiuse anche solo di un millimetro avrebbero rigurgitato tutto il loro contenuto sul pavimento, e ai cassetti del comodino, che avrebbero potuto contenere (e contenevano) di tutto, dai calzini sporchi a residui di cibo in decomposizione. 

« Ehm... Scorpius... » balbettai, torturandomi le mani « ti dispiacerebbe... chiudere gli occhi per un secondo? »

Scorpius probabilmente pensò che fossi una pazza, ma almeno ebbe la gradita idea di farlo in silenzio, e chiuse gli occhi senza fare commenti. Mi fiondai sui cassetti, e cominciai a rivoltarli più in fretta possibile, finché, sotto una scatola dei Tiri Vispi Weasley riempita di chiodi, trovai il maledetto kit di pronto soccorso. 

« Posso aprirli, adesso? » chiese Scorpius. 

Schiacciai tutto il contenuto del cassetto sul fondo ed in qualche modo riuscii a chiuderlo. « Sì... ehm... ci sono. »

Quando le palpebre di Scorpius si rialzarono, rivelando quel verde pallido che – cavolo e stracavolo – aveva soppiantato il rosso Grifondoro nella mia personale scala di gradimento dei colori, mi feci trovare con disinfettante e batuffolo di cotone in mano. 

« Hem... » tossicchiai, imbarazzata, e feci un paio di passi nella sua direzione. Scorpius se ne stava impalato in mezzo alla stanza, ed evidentemente stava aspettando che tirassi fuori una scala e raggiungessi la sua gola senza la minima collaborazione da parte sua. « Se ti abbassi, magari... » sbuffai, cercando di dare un tono seccato alla mia voce, per nascondere l'imbarazzo. 

Scorpius grugnì qualcosa a proposito di tappi e si sedette sul mio letto. « Ok... » borbottai, pregando che le mie guance non andassero in autocombustione. « Allora, ehm... » 

« Il cerotto. » mi ricordò Scorpius. 

Annuii. « Giusto. » 

Appoggiai un ginocchio sul letto, ed il leggero contatto della mia coscia con la sua mi fece correre un lungo brivido lungo tutto il corpo, poi alzi lentamente le dita, in un gesto un po' goffo e incerto, e le posai sul suo mento, facendoglielo alzare per scoprire la ferita. Ritrassi la mano lentamente e malvolentieri, indugiando un paio di istanti più del dovuto sulla pelle morbida, fresca di rasatura, della sua guancia. 

Era così... 

Così come? Pensa a come sei tu, piuttosto: sei un'idiota.

Mi affrettai ad allontanare la mano dal suo viso, e pulii e disinfettai la ferita facendo del mio meglio per evitare qualsiasi contatto tra le mie dita e la pelle bianca della sua gola. Cominciavo a capire perché i vampiri erano così attratti dalle gole, se sembravano tutte gridare “succhiami!”...

Finita l'operazione, mi alzai per rimettere il disinfettante al suo posto e prendere un cerotto. Quando tornai accanto a Scorpius, ero così impegnata a guardarlo e pensare cose abominevoli comprendenti lui e il mio letto, che mi accorsi di essermi sistemata dalla parte sbagliata solo quando ebbi nuovamente posato il ginocchio sul materasso. 

Complimenti, Rose.”

Squadrai la ferita, che si trovava dalla parte opposta della sua gola, mentre la certezza di essere una perfetta cretina si faceva prepotentemente strada nelle mia testa. 

Una cosa era certa: non potevo alzarmi e sistemarmi dalla parte giusta fischiettando come se nulla fosse; Scorpius non aveva bisogno di altri motivi per credere che fossi un'idiota. Ostinata, appoggiai un ginocchio alla sua coscia e così, in bilico, stesi il braccio per raggiungere la ferita. Spostai anche l'altra mano dal materasso per aprire il cerotto, facendola scivolare vicino al suo corpo per avere un appiglio se avessi perso l'equilibrio: mi mancava solo di cadere come un'equilibrista ubriaca. Ma nel  calcolare quella mossa non avevo considerato quanto stessi tremando, né avevo considerato il fatto che avrei sfiorato involontariamente il suo ventre con il dorso della mano, né tantomeno avevo pensato che Scorpius avrebbe sussultato così violentemente, mandando definitivamente a farsi friggere il mio già traballante equilibrio. 

« Cazz... »

Il mio ginocchio scivolò giù dalla sua coscia, e per non cadere mi dovetti appendere alle sue spalle con entrambe le mani. Ma la cosa peggiore fu quando realizzai di essere seduta a cavalcioni sulle sue gambe. 

Miseriaccia!

Sbattei le palpebre un paio di volte, confusa dai suoi occhi così vicini ai miei, dal suo volto stupito ed imbarazzato, dalle sue labbra leggermente schiuse, alla stessa altezza delle mie. 

Calvin fece scorrere un dito sull'elastico dei suoi boxer. “Bella mossa, rossa.”

Stai. Zitto.”

Se mi fossi sfiorata le guance ero sicura che mi sarei scottata. Miseriaccia, mi trovavo seduta a cavalcioni sulle sue gambe, e tenevo entrambe le mani posate sulle sue spalle... Merlino, cosa avrebbe pensato adesso? Che ero un'idiota, sicuro. Perché io ero un'idiota.

Decisi che a quel punto la soluzione era far finta di niente, esattamente come avrebbe fatto Domi, e comportarmi con disinvoltura. Non ci riuscii molto bene, a giudicare dalla fatica che feci per attaccare il cerotto al posto giusto, ma perlomeno ci riuscii. 

Mi rialzai in fretta, ansiosa di scappare dall'altra parte del pianeta e sotterrarmi da qualche parte, ma ancora una volta i miei calcoli non tennero conto della distanza decisamente troppo piccola che c'era tra me e Scorpius: nella fretta di alzarmi e fuggire, sfiorai il suo viso con il mio. Bhe, ad onor del vero più che altro gli tirai una craniata sul naso, ma la sostanza è che feci un salto all'indietro di mezzo metro, e se Scorpius non avesse avuto la prontezza di avvolgermi un braccio attorno alla schiena mi sarei ritrovata spiaccicata sul pavimento. 

« Oh... scu... scusa... » balbettai. 

Voglio morire. Calvin, uccidimi.

Le guance di Scorpius si tinsero di un adorabile color corallo. 

Adorabile? ADORABILE? Rose, non ti sembra che la situazione sia abbastanza tragica anche se non la peggiori con questi pensieri melensi?

« Figurati... e... ehm... grazie, per il cerotto. »

Mi ha detto grazie! Non è...?” interruppi quel pensiero prima che potesse diventare troppo degradante per la mia condizione di creatura senziente, e tentai di fare mente locale. Ma l'unica conclusione a cui giunsi era che io mi trovavo ancora a cavalcioni sulle sue gambe, avevo ancora le mani sulle sue spalle, e come se non bastasse adesso la sua mano destra era appoggiata alla base della mia schiena, pericolosamente vicina all'orlo superiore dei pantaloni. 

Volevo alzarmi e scappare – no, in verità non volevo. L'unica cosa che volessi davvero in quel momento era sentire la pressione della sua mano che avvicinava il mio corpo al suo, e le sue labbra che... – dovevo alzarmi e scappare – sì, decisamente, dovevo. O almeno, avrei dovuto...

« Rose? » 

La voce morbida mi fece sobbalzare il cuore nel petto e quando alzai gli occhi sui suoi il suo respiro caldo mi avvolse il viso, mandando a funghi quel briciolo di sanità mentale che mi restava. 

« Si? » sussurrai. 

Merlino, amavo i suoi occhi. Erano chiarissimi, ma molto più caldi ed espressivi di un banale paio di occhi color cielo. E poi... bhe, poi erano suoi.

E io ero cretina, sì.

« Ecco... insomma... » Scorpius arrossì, ma non distolse lo sguardo dal mio viso « pare che tu abbia capito che mi interessa una certa Weasley... » nei suoi occhi brillava una strana luce di attesa, come se fossi un professore e mi stesse chiedendo se lo avrei promosso ad un esame « quindi... bhe, mi chiedevo cosa ne pensi... insomma, credi che potremmo stare bene... insieme? »

Momento momento momento...

Mi stava chiedendo la benedizione per sposarsi con mia cugina? Cioè, cosa si aspettava che gli dicessi? “Sì, sarei tanto contenta se vi sposaste ed io passassi il resto dei miei giorni a bere e drogarmi per superare il trauma.”

Sbuffai, indispettita. « E perché lo chiedi a me? »

Lo sguardo di Scorpius si fece confuso. « A chi dovrei chiederlo, scusa? »

« Bhe... a lei, per esempio? » proposi, sarcastica. 

Scorpius sbatté le ciglia chiare un paio di volte, guardandomi come se stesse cercando di stabilire se lo stavo prendendo in giro o se facevo sul serio. « … lei? » chiese infine, perplesso « Scusa, ma di chi stai parlando? » 

« Di chi stai parlando tu? » replicai.

« Bhe, mi sembra ovvio che sto parlando di... »

Il suono di passi che salivano la scala della mansarda ci fece sobbalzare, e mi affrettai ad allontanarmi da lui. Quando l'odiosa testa bionda di Draco fece capolino nella mia stanza, mi trovavo seduta sulla scrivania e stavo sfogliando un libro con aria noncurante.

« Scorpius, puoi venire giù un secondo? » disse. 

Scorpius mugolò un accenno di protesta, ma si alzò dal letto ed imboccò le scale, sparendo dal mio campo visivo. Draco mi lanciò uno sguardo strano e, prima di chiudersi la porta alle spalle, gettò il mio cellulare sul letto. 

« Era sotto il divano. » grugnì « E la prossima volta che lo pianti in giro giuro che te lo faccio evanescere. »

Quando finalmente se ne andò mi lasciai cadere sul letto, ignorando del tutto il cellulare. 

Non ci capivo più niente: ero convinta che a Scorpius piacesse Dominique, ma non lo facevo così puttaniere da... da cosa? Forse ero io che mi facevo troppi film mentali...

Tutta colpa di Calvin.



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Capitolo 17
*** chi ha detto che l'alcool fa male? ***



 


16

Chi ha detto che l'alcool fa male? 

 

Nel mondo c'è decisamente troppo pessimismo: sembra che la gente sia solo capace di vedere il bicchiere mezzo vuoto. E se è mezzo pieno deve per forza contenere alcool, cosa che in tal caso ti distruggerà il fegato, portandoti ad una morte precoce. O se non il fegato, potrà benissimo distruggerti la reputazione in una sera, se alzi un po' troppo il gomito. 

<< Non cercare di affogare i tuoi problemi nell'alcool: >> mi aveva detto Domi una sera, sollevando appena il capo dal tavolo su cui giaceva una bottiglia vuota di Whisky << fidati che sanno nuotare benissimo, mentre tu dimenticherai il salvagente e affogherai. >>

… Evidentemente sbagliare è una prerogativa di noi Weasley.

 

***

 

Lunedì 2 agosto, quando mamma e Draco ebbero finito il loro turno al Ministero, ci smaterializzammo nella piazzetta di una graziosa cittadina del Sussex. La villetta dei nonni era a qualche isolato di distanza, ma mamma aveva insistito per percorrere gli ultimi metri a piedi: il nonno era debole di cuore e per dirla tutta era anche parecchio paranoico. Ogni volta che sentiva il rumore di una materializzazione era convinto che dei ladri si fossero introdotti in casa dei vicini ed avessero sparato al signor Morlow. Di solito la cosa lo metteva di buon umore, ma poi cominciava ad agitarsi, dichiarava di non voler restare un secondo di più a rischiare la vita in un quartiere così pericoloso e correva in camera a fare le valige.

Mamma si lisciò le pieghe del vestito, con quella pignoleria quasi maniacale che assumeva quando era nervosa, e stritolò la mano di Draco nella sua.

<< Da questa parte. >> disse, tirandolo verso un'ampia strada, in leggera pendenza, che saliva verso il fianco di una collina. 

Forse sperava di camuffare l'uso improprio che stava facendo della mano di Draco, trattandola come se fosse una pallina antistress, con la scusa di guidarlo nella direzione giusta. In ogni caso feci del mio meglio per ignorare quel gesto e li seguii a debita distanza, affiancata da Scorpius. 

Draco metteva un piede dopo l'altro con una sorta di depressa rassegnazione, nella sua personale interpretazione di un innocente agnellino che si è spontaneamente offerto come vittima sacrificale. Mamma, al suo fianco, camminava nervosamente sui tacchi sottili, producendo un irritante suono da orologio spastico, ma allo stesso tempo si vedeva da come si stringeva all'ossigenato (c'è bisogno che dica “bleah”?) che era eccitata, forse addirittura felice, all'idea che lui avesse accettato di conoscere i suoi genitori. Sembrava credesse che Draco avrebbe potuto risponderle di no, quando, sbattendo le ciglia, gli aveva chiesto “amore, ci terrei tanto a presentarti ai miei, per te va bene?”.

È divertente vedere come il cervello della gente se ne vada a dare la caccia ai Ricciocorni Schiattosi, quando c'è di mezzo l'amore.” osservò Calvin. 

Se tu sei un prodotto della mia mente, sinceramente avrei preferito che anche il mio cervello se ne fosse andato a caccia di Ricciocorni Schiattosi.” lo zittii, irritata. Già in condizioni normali, sempre che vivere con due Malfoy e con un padre fantasma potesse essere definita una condizione “normale”, la mia sanità mentale era costantemente in pericolo. Se mi mettevo pure a dialogare con il mio cervello, potevo direttamente prenotare una stanza nel reparto psichiatrico del San Mungo.

O anche se Scorpius aveva intenzione di continuare a guardarmi con quei suoi stramaledetti, bellissimi occhi verdi. << Ci sarà anche tuo fratello? >> chiese, quando i nostri sguardi si incrociarono. 

Chissà da quanto mi stava guardando...

Chissà perché me ne importava tanto, visto che a lui piaceva mia cugina.

Scacciai quei pensieri e lasciai che le mie labbra si aprissero in un ghigno crudele al pensiero di quello che aspettava Draco a casa dei nonni. << È già là... a prepararci un'adeguata accoglienza... >>

Scorpius inarcò un sopracciglio. << Devo preoccuparmi? >>

Il mio ghignò si allargò a dismisura, e feci scorrere uno sguardo molto eloquente sulla schiena di Draco. << Tu no. >> 

Cinque minuti dopo ci trovavamo davanti alla porta di una tranquilla villetta a due piani, sul cui citofono spiccava un'etichetta un po' storta, attaccata alla meno peggio con del nastro adesivo, su cui era stato scritto in pennarello “Wilkins”. 

Draco lanciò un'occhiata speranzosa a mamma. << Sei sicura che sia la casa giusta? >> chiese << Potrebbero aver traslocato... >> 

Mamma sorrise, e scosse la testa. << È la casa giusta, ne sono sicura. >> poi, mordendosi le labbra con aria vagamente imbarazzata, aggiunse << Ehm... a proposito... se mio padre dice di chiamarsi Wendell... non farci caso... >> 

L'espressione di Draco parlava da sola: “Babbano e pure pazzo... ditemi che è un incubo...”

Sogghignai, e premetti il dito sul tasto del citofono. Il nonno non si era mai ripreso completamente dall'incantesimo di memoria che mamma gli aveva lanciato durante la guerra: ogni tanto si convinceva di essere Wendell Wilkins e metteva su un dramma perché non sopportava il clima inglese ed il signor Morlow, e voleva tornare in Australia. Doveva aver attaccato l'etichetta al citofono in uno dei suoi momenti “Wilkins” – come li chiamava la nonna – che ormai, a ottant'anni, erano molto più frequenti dei momenti Granger. 

Avevo sempre avuto un legame speciale con il nonno: era stato lui a proporre ai miei genitori di mandarmi a fare Karate per sfogare la mia esuberanza, e per i primi anni era sempre stato lui ad accompagnarmi e venirmi a prendere in palestra. Ricordo che dopo ogni allenamento mi prendeva in disparte e mi chiedeva che progressi avessi fatto, e poi diceva “bene, bene, presto diventerai una vera guerriera ninja, e potrò affidarti una missione super segreta: smascherare il signor Morlow e farlo arrestare”. Da quando lo raccontai a mamma, il nonno non mi accompagnò mai più agli allenamenti.

La porta della villetta si spalancò di scatto e la faccia di Hugo fece capolino dalla soglia, con un sorriso zuccheroso che probabilmente avrebbe fatto venire una paralisi facciale a lui, e il diabete agli altri presenti.

<< Ciao. >> disse, con una vocina infantile assolutamente irritante. 

Dovetti mordermi la lingua per non scoppiare a ridere. Draco invece non ebbe l'autocontrollo necessario a fare lo stesso con la sua, e sbottò. << Cosa ci fai tu qua? >>

Il sorriso di Hugo non s'incrinò minimamente, anzi, se possibile si fece ancora più inquietante. << Bhe, mi sembra ovvio: volevo conoscerti. Rose mi ha parlato tanto bene di te... >>

Il naso di Draco si arricciò a tal punto che arrivò quasi a sfiorargli le labbra contratte in una smorfia. << Mi risulta difficile crederci. >> 

Anche a me.” 

Mamma seguiva la scena in silenzio e, a giudicare dalla sua espressione, sembrava intenzionata a trascinare papà in tribunale e ritrattare sull'affidamento dei figli, portando la pazzia di Hugo come prova della sua inadeguatezza a fare il padre.

Hugo dal canto suo diede un'ulteriore prova della sua malattia mentale annuendo con vigore. << Sul serio! E poi... bhe, in pratica adesso sono tuo figlio anch'io, e pensavo che ti facesse piacere conoscermi... >>

Gli occhi di Draco saettarono velocemente verso mia madre, per poi tornare a posarsi su mio fratello, più freddi di una lastra di ghiaccio. << Naturalmente... >> sibilò, masticando ogni lettera con disgusto.

Gli occhi di Hugo si animarono di pura gioia. O perlomeno, di pura e convincentissima finta gioia. << Ti dispiace se ti chiamo zio? >> chiese. Draco, più che dispiaciuto, sembrava semplicemente orripilato, ma Hugo non gli diede il tempo di rispondere e continuò. << Perché sai, papà mi sembra un po' eccessivo: in fondo tu non potresti mai essere figo come mio padre, senza offesa naturalmente... e patrigno è davvero brutto: insomma, dopo sembrerebbe che tu sia un bastardo che odia i figliastri e vuole solo portarsi a letto la madre... >> 

Ovvero: come dire a uno stronzo che è uno stronzo facendolo passare per un complimento – capitolo primo. 

Il volto allungato dell'ossigenato si storse in una smorfia schifata da manuale. << Non potresti semplicemente chiamarmi Draco? >> propose. 

Hugo gli rivolse un sorrisino innocente, e scosse la testa. << Oh, no, Draco è un nome davvero troppo tetro... sa, non so, da Mangiamorte... >> la faccia di Draco, a quel punto, era semplicemente impagabile: sembrava che qualcuno gli avesse appena gettato una palata di cacca di drago in testa. 

<< Che ne dici di signor Malfoy, allora? >> sibilò, con un'espressione feroce che se non da Mangiamorte, era sicuramente da assassino. 

<< Oh, no, zio. >> rispose il mio geniale fratellino, affabile << Dopo sembra che tu mi sia superiore, invece in famiglia si è tutti pari. Zio invece è proprio perfetto. >>

Decisi che a quel punto era arrivato il momento di prendere parte attivamente alla conversazione, e presi Draco a braccetto, pronta a sferrare il colpo fatale al suo orgoglio. << Allora andiamo, zio? >> chiesi, sfoderando la mia migliore vocetta da bambina rompipalle << Perché non ti dà fastidio se ti chiamo zio anch'io, vero? È che mi piace tanto l'idea che tu sia mio zio, come lo zio Harry, o lo zio George... >> Gli addominali di Draco si contrassero di scatto, come se sentirsi paragonato a Harry e George gli avesse provocato un improvviso bisogno di vomitare. Sorrisi, angelica, e lo trascinai con forza dentro casa. << Avanti, zio, non fare il timido: i nonni sono felicissimi di conoscerti! >> 

Qualcosa nel modo in cui Draco serrò la mascella suggerì che lui non era altrettanto felice di conoscere loro, ma se anche aveva intenzione di mandarmi a farmi friggere e fuggire in un paese del terzo mondo non ne ebbe il tempo, perché in quel momento nonna Jean comparve in corridoio, con un sorriso cortese. 

<< Ciao, Rose. >> disse. Poi, posando gli occhi sull'ossigenato, aggiunse. << Benvenuto... Draco. Scusate se non vi ho accolti come si deve, ma siete arrivati proprio mentre stavo togliendo il pasticcio dal forno. >> la sua voce, gentile come al solito, era caratterizzata da una cadenza quasi musicale che la rendeva piacevole, ma non sciocca. I suoi occhi castani ci stavano squadrando attentamente, con quell'intelligenza un po' imbarazzante, che mi faceva sempre sentire nuda. 

Anche Draco doveva sentirsi parecchio a disagio, perché la sua smorfia schifata scomparve all'istante, per lasciare il posto ad un'espressione vagamente sorpresa, e quasi intimorita. Non doveva essersi aspettato che Jean assomigliasse così tanto a mia madre: si vedeva che le due donne erano parenti, anche se i lineamenti della nonna erano più austeri. Eppure la cosa che le rendeva davvero simili era la luce intelligente che animava i loro occhi. 

Draco si schiarì la voce, nervosamente. << Ehm... signora Granger... >>

<< Jean. >> rispose lei, con un tono asciutto, ma non scortese. Gli tese la mano e la strinse tra le sue per un paio di brevi secondi, studiandolo in silenzio. Non sapevo fino a che punto nonna approvasse la relazione tra mamma e Draco: quel poco che sapeva del nuovo uomo di sua figlia risaliva a quando mamma era una ragazzina, e si lamentava della sua prepotenza durante le vacanze estive.

Mi ritrovai a sperare ardentemente che picchiasse Draco con un mattarello, e gli intimasse di stare lontano da sua figlia. Ma nonna Jean si limitò a sorridergli con una cortesia un po' fredda, e ci fece strada verso la sala da pranzo. 

<< Venite. >> 

Draco si liberò piuttosto bruscamente dalla mia presa, e seguì la nonna con uno stitico sorriso di circostanza. Sentirsi valutato da una donna che avrebbe avuto tutti i motivi per detestarlo non doveva piacergli molto, soprattutto se la suddetta donna era la madre della strega con sui faceva cose che non volevo sapere. 

Mi voltai, chiedendomi dove diavolo avesse deciso di cacciarsi Hugo quando avevamo una relazione da mandare a monte, ma poi scorsi la sagoma di due figure abbracciate oltre i vetri smerigliati della porta d'ingresso, rimasta socchiusa, e decisi che il nostro diabolico piano poteva aspettare. 

 

***

 

Mezz'ora dopo, comunque, io e Hugo ci stavamo dando dentro per recuperare il tempo perso. 

<< Zio, mi verseresti l'acqua, per favore? >> trillai, porgendogli il bicchiere vuoto con la mano che non era impegnata a stringergli il braccio. 

La mascella di Draco si contrasse così tanto che potei sentire i suoi denti stridere gli uni sugli altri, ma incredibilmente l'uomo Barbie riuscì a mantenere una convincente parvenza di autocontrollo. << Certo, Rose. >> rispose, sputando ogni sillaba fuori dalle labbra serrate come se fosse stata un sorso di puzzalinfa, mentre mi riempiva il bicchiere. 

Sbattei le ciglia, scoccandogli uno sguardo da dodicenne in overdose di ormoni davanti al poster del suo cantante preferito. << Grazie, zietto. >>

<< Zio, verseresti l'acqua anche a me, per piacere? >> intervenne Hugo, sventolandogli sotto il naso il bicchiere che, contenendo già una discreta dose di liquido, ne schizzò gran parte sul naso arricciato di Draco. 

L'ossigenato inspirò profondamente, e potei quasi sentirlo sibilare “niente omicidi, Draco, niente omicidi” attraverso le labbra serrate. << Il tuo bicchiere è già mezzo pieno, Hugo. >> gli fece notare, con il sorriso di uno che non va in bagno da tre giorni costretto a fare “cheese” davanti a una macchina fotografica.

<< O anche mezzo vuoto. >> lo corresse Hugo. Poi, mettendo su una faccina tremendamente avvilita, aggiunse. << Ecco, vedi, zio? Tu vuoi più bene a Rose. Di me non te ne importa niente: a lei l'acqua l'hai versata, e a me no. Perché? Sono così antipatico? >>

Lo sguardo che nonna Jean lanciò a Draco fu abbastanza eloquente da convincerlo a riempire il bicchiere di Hugo fino all'orlo. Ovviamente nonna Jean aveva capito cosa avessimo in mente io e il mio adorato fratellino (e a giudicare dalla sua espressione da “dopo facciamo i conti” lo aveva capito anche mamma), e sembrava che ci stesse appoggiando, seppure nel suo modo discreto e mai apertamente schierato. Nonno Wendell invece era troppo impegnato a sezionare il suo pasticcio ed inveire a mezza voce contro il signor Morlow per accorgersi di quello che succedeva attorno alla tavola.

Sorrisi sotto i baffi e appoggiai la testa alla spalla di Draco, sebbene lui non fosse l'unico ad essere estremamente schifato da quel gesto. << Zio, ma comunque vuoi più bene a me che a Hugo, vero? >> chiesi, sbattendo languidamente le ciglia. 

Il corpo di Draco era duro come un pezzo di roccia. Con la differenza che probabilmente un pezzo di roccia non mi avrebbe guardata con aria così palesemente orripilata. 

<< Ehm... io... >>

<< Vero, zio? >> insistetti, appendendomi al suo braccio con più forza. 

La faccia di Draco, a quel punto, era qualcosa di assolutamente stupendo: sembrava che, dopo essersi lasciato convincere dal suo migliore amico a mettersi a novanta, senza sospettare nulla, avesse finalmente scoperto dove stava la fregatura, e anche su quale sponda stava il suo amico. 

E in effetti c'era da dire che lo avevo fregato egregiamente: da un lato avevo l'impressione che detestasse Hugo ancora più di me, ma naturalmente da qui a dire che mi voleva più bene che a mio fratello ne passava, e d'altro canto anche i figli unici sanno che fare favoritismi tra fratelli, soprattutto da parte di genitori o pseudo tali, è assolutamente vietato. Ma se non avesse risposto, o se la sua risposta non mi avesse soddisfatta (cosa alquanto probabile, visti i punti precedentemente spiegati) gli avrei trapanato palle e timpani per tutto il pranzo. E nella remota eventualità che rispondesse che sì, voleva più bene a me che a Hugo, ci avrebbe ben pensato lui a farlo pentire di quella risposta.

Draco lanciò uno sguardo disperato a mamma, ma lei, impegnata com'era a bestemmiarmi dietro con gli occhi, non se ne accorse nemmeno. Rassegnato alla prospettiva della sua morte precoce, Draco balbettò << Ehm... io... io voglio bene a tutti e due, Rose. >>

Perché non l'ho registrato?” 

Avrei potuto ricattarlo per mesi con una prova del genere.

<< Ma devi volere più bene a uno di noi. >> intervenne Hugo, strattonandogli il braccio come un bambino che cerca di convincere il padre a fargli aprire i regali di Natale alla vigila << Anche solo un pochino... allora, chi ti sta più simpatico? >>

Se Draco fosse stato un cadavere sarebbe stato meno pallido. << No, io davvero... >>

<< Dai, ziooo! >> piagnucolai.

<< Se non rispondi vuol dire che non vuoi bene a nessuno dei due. >> incalzò Hugo.

<< Avanti, devi volere più bene a uno di... >>

<< VADO IN BAGNO. >> ruggì Draco e si alzò di scatto, liberandosi dalle nostre prese con uno strattone secco. 

Uscì dalla sala da pranzo con un invidiabile contegno aristocratico, e la sua sarebbe stata davvero un'uscita trionfale, se, quando ebbe imboccato il corridoio, la nonna non avesse detto << Il bagno è dall'altra parte. >>

Il conseguente, improbabile attacco di tosse che colse me e Hugo ci impedì di sentire la risposta borbottata di Draco, che cambiò direzione con il naso in aria e sparì in bagno sbattendosi la porta alle spalle. Nonno Wendell sobbalzò, e fece cadere a terra la forchetta. 

<< Cos'è stato?! >> esclamò, guardandosi attorno freneticamente. Poi, realizzato che la casa non gli era ancora crollata in testa, afferrò il cucchiaio e prese a sezionare il pasticcio con quello, brontolando << Spero che sia stato uno dei maledetti gerani di Morlow... spero che sia caduto dal terrazzo e gli abbia spaccato quella maledetta testa calva in due. >> 

Scorpius mi lanciò un'occhiata dubbiosa, con l'aria di chi vorrebbe credere che ciò che ha appena sentito è una battuta, ma non ne è così convinto. Nonna Jean e mamma si scambiarono uno sguardo vagamente esasperato, poi ripresero a mangiare i loro pasticci facendo finta di niente. Nonno Wendell però non aveva bisogno di un'audience attenta per continuare a sparlare del signor Morlow: di solito si accontentava di avere una tazzina da caffé come spettatrice. 

<< Ogni mattina alle sette e mezza, quando vado in bagno per fare pipì, è sempre in terrazzo ad innaffiare i maledetti gerani con quel suo maledetto innaffiatoio verde... e mi fa sempre ciao con la mano, vecchio idiota... >>

Mi morsi le labbra per non ridacchiare: avevo incontrato il signor Morlow in un paio di occasioni, e mi era sembrato una persona cortese e di buone maniere. Dal giorno in cui ci aveva regalato una crostata alle more di sua moglie, poi, avevo cominciato a trovarlo decisamente simpatico. Ma il nonno era sempre stato convinto che nascondesse cadaveri sciolti in acido muriatico in cantina, e più il signor Morlow era gentile con lui, più il nonno lo odiava. Una volta, una decina di anni prima, nonno Wendell aveva passato un paio di notti in prigione per essere strisciato nel suo giardino ed aver tentato di aggredirlo con una mazza da cricket.

<< Se non ci fossimo trasferiti, non avremmo come vicino un vecchio criminale... >> grugnì il nonno, spiaccicando un pezzo di carne particolarmente grosso con il dorso del cucchiaio << L'ho sempre detto io che dovevamo restare in Australia... Monica, mi potresti versare del vino? >>

Nonna Jean alzò gli occhi al cielo e gli riempì il bicchiere. << Jean, caro. >>

Il nonno annuì, con aria distratta. << Sì, certo, Monica. >>

 

***

 

Martedì pomeriggio, dopo aver sorriso ed annuito per tutta la durata dell'edificante ramanzina di mamma, decisi che ero stufa di lei e delle occhiate assassine di Draco, e me ne andai a trovare James al negozio di elettronica. Quando arrivai alla cassa, però, una commessa bruna mi disse che non si era sentito molto bene ed era dovuto andare in bagno. Mi feci indicare la porta che dava sul bagno e vi entrai, chiedendomi quale Merendina Marinara avesse ingerito il genio. Qualunque cosa fosse – conclusi – doveva essere roba forte, perché James se ne stava in piedi davanti allo specchio, con il bottone dei jeans aperto e una mano appoggiata sulla cerniera, come se non si decidesse a tirarla giù. Ma, sorvolando sulle sue scoperte anatomiche tardo-adolescenziali del tipo “ehi, ma le ragazze questo non ce l'hanno!”, quello che mi stupì di più fu il suo abbigliamento: James era sempre stato un simpatizzante rapper troppo pigro per fare il rapper sul serio, figurarsi per mettersi addosso qualcosa di anche solo vagamente decente, mentre adesso portava un vistoso brillante all'orecchio sinistro e indossava una camicia rosa pallido a maniche corte sopra ad un paio di jeans blu scuro, stretti e dall'aria decisamente costosa. Il tutto completato da un piccolo crocifisso d'oro che spiccava tra i primi bottoni aperti della camicia e che, assieme ai capelli neri tirati su con il gel e alla pelle olivastra, dava il tocco finale alla sua immagine da fighetto.

Questo non può essere mio cugino...

<< Ehm... James, stai... bene? >> chiesi, assai poco convinta.

James sobbalzò e si affrettò ad allontanare la mano dalla lampo dei jeans. << Oh... ehm... Rose... sì, certo che sto bene. >> borbottò, voltandosi verso lo specchio per sistemarsi una ciocca di capelli sulla fronte.

Ok, non sta bene.” 

Mio cugino non sapeva nemmeno cosa fosse uno specchio.

<< Comunque >> aggiunse l'alieno nel corpo di mio cugino << domani sera c'è una festa in un locale molto esclusivo di Londra e sono riuscito a... cioè, Dominique è riuscita ad avere dei biglietti. Quindi passeremo a prendere te e Scorpius verso le otto, cerca di vestirti in modo adatto... sai, è una cosa molto chic... >>

Il modo in cui accompagnò le ultime parole con un gesto molto poco virile della mano mi convinse definitivamente che quel bizzarro essere in camicia rosa non poteva essere mio cugino. Forse James era stato posseduto da Lorcan Scamandro: questo avrebbe spiegato la camicia rosa e le movenze tendenti al gay, ma non il tono autoritario né tantomeno il fatto che non mi avesse ancora chiamata tesoro e non mi avesse carezzato i capelli. 

<< James, sei sicuro di stare be... >>

<< Si, sto benissimo. >> mi interruppe, con fare brusco << Ora vai, devo lavorare. >> e mi cacciò senza tanti complimenti. 

Decisamente, quello non era James. E se era James, si era fumato i pochi neuroni che aveva conditi con qualche strana erba.

 

***

 

Mercoledì sera io, Scorpius, James e Domi eravamo in fila davanti ad un locale sulla cui facciata campeggiava l'inquietante insegna “Vuolez vous coucher avec moi?”. James sembrava essersi ravuto dall'effetto delle droghe che aveva assunto, e indossava il solito paio di jeans larghi e la solita maglietta sbiadita dei Cannoni di Chudley. Domi non aveva particolarmente apprezzato la sua scelta di vestiario, ed aveva passato gli ultimi venti minuti a metterci al corrente dei suoi pensieri riguardo “quella maglia inguardabile”. Io, invece, con un vestitino nero al ginocchio sottratto al guardaroba di mamma e un paio di decolletté nere che avevano come dichiarato proposito uccidermi, avevo passato l'esame. Anche Scorpius era stato promosso, e avrei ben voluto vedere con che coraggio Domi lo avrebbe bocciato, se indossava quei pantaloni bianchi che gli ricalcavano il sedere alla perfezione.

<< James, sei un cretino, lasciatelo dire. >> la voce irritata di Domi interruppe bruscamente le mie riflessioni sul lato B di un certo biondino a me fin troppo noto, riportandomi nella strada buia in cui si snodava la fila.

<< Sì, sono diciassette anni che me lo lascio dire. >> borbottò lui, poi come al solito tacque e se lo lasciò dire per la milionesima volta.

Domi roteò gli occhi e lo prese a braccetto per trascinarlo nello spazio che si era creato fra noi ed il resto della fila. << E fra un anno saranno diciotto. >>

Io e Scorpius ci ritrovammo soli, fianco a fianco, e ci scambiammo un'occhiata vagamente imbarazzata. Arrossii sotto i chili di fondotinta che mi ero spalmata in faccia nel tentativo di nascondere un brufolo che spiccava beffardo sul mento, e distolsi lo sguardo.

Sembrava tanto un'uscita a coppie, se non fosse stato che io e Scorpius (e per quanto la cosa mi ripugni credo che aggiungerò un “purtroppo”) non eravamo una coppia, e nemmeno Domi e James (e qui mi sento in dovere di mettere un “grazie al cielo”) lo erano.

Mi affrettai a scacciare quei pensieri dalla mente, prima che potessero aizzare Calvin, e lanciai uno sguardo annoiato all'orologio del cellulare: erano da poco passate le nove, e ciò significava che eravamo in fila dalla bellezza di quarantacinque minuti.

Maledetta Dominique e il suo locale esclusivo.

<< Domi, credi che ci faranno entrare prima di mezzanotte? >> chiesi, irritata: quarantacinque minuti su dei tacchi otto non avevano giovato particolarmente al mio umore, né tantomeno al benessere dei miei piedi. 

Domi sbuffò, e mi lanciò un'occhiata di rimprovero. << Ringrazia che sono riuscita ad avere i biglietti, Rose. Entrare qua dentro è praticamente impo... >>

Improvvisamente le sue labbra smisero di collaborare e si spalancarono, interrompendo la frase, mentre tutti e quattro voltavamo il capo per seguire con lo sguardo un tappetto dai disordinati capelli neri, che superava la fila con invidiabile nonchalance, esibendo un tesserino rosso. 

<< A-Albus? >> balbettò Domi, sbattendo le ciglia. 

Il tappetto in questione si voltò, concedendoci la vista di due brillanti occhi verde smeraldo, accompagnati da un ghigno alquanto serpentesco. << Ave, cugini. >>

Domi dovette aprire e richiudere le labbra un paio di volte prima riuscire a mettere assieme una frase di senso compiuto. << Dove stai andando? >>

<< Nello stesso posto in cui state andando voi, suppongo. >> rispose, accennando con il capo all'insegna luminosa del locale. 

Domi non sembrò prenderla bene. << E perché non sei in fila come tutti? >> indagò, stringendo gli occhi come se lo stesse accusando di omicidio. 

Il sorrisetto soddisfatto che comparve sul viso di Al mi fece supporre che per tutta la conversazione non avesse aspettato altro che quella domanda. Il modo in cui ci passò sotto il naso il tesserino rosso, facendolo roteare tra le dita, poi, non mi lasciò più dubbi. << Perché si dà il caso che non tutti conoscano la figlia del proprietario del locale. >> rispose, con una vena di perfidia. Poi si posò una mano sul mento, fingendosi pensoso, e mormorò tra sé e sé. << In effetti potrei anche farvi saltare la fila... ma se non avete pensato di invitare anche me evidentemente vi divertite di più da soli... >> ci rivolse il sorriso di scuse più falso che avessi mai visto, e si avviò verso un buttafuori che aveva aperto una porta laterale per farlo entrare << Bhe, ci si vede dentro, gente... sempre che riusciate a entrare prima dell'ora di chiusura. >> soggiunse, indirizzandoci un occhiolino beffardo. 

Ora ricordo perché lo hanno smistato a Serpeverde.” pensai, mentre decidevo che se fossimo rimasti impalati là fuori ancora per molto lo avrei preso a calci nel sedere da lì fino a casa per riattivarmi la circolazione nei piedi. 

James digrignò i denti. << Stronzetto... >> 

Scorpius si passò una mano tra i capelli nervosamente, con l'aria di chi sta seriamente chiedendo come diavolo si è fatto certe amicizie, e borbottò qualcosa che assomigliava molto a un “perché devo sempre finire in mezzo alle vostre faide familiari?”.

Domi era semplicemente troppo offesa ed incavolata per far uscire un qualsivoglia suono dalle sue labbra rosso fuoco. 

Quando, mezz'ora dopo, riuscimmo finalmente ad entrare nel locale, scorgemmo Al su uno dei divanetti della zona VIP, con il braccio avvolto attorno alle spalle di una ragazzina che poteva avere si e no tredici anni. 

<< Al sta diventando sempre più pedofilo. >> commentai, schifata. 

James scrollò le spalle. << Dimostra dieci anni e mezzo, è già fortunato che le dodicenni se lo filino. >>

Scossi la testa e mi avviai verso il bancone del bar, cercando di non pensare troppo a cosa avrebbe combinato mio cugino con la bimbetta: Al era sempre stato un tipo tutto “peace and love”, ma non aveva mai inteso l'amore in senso particolarmente platonico. A volte pareva che avesse rubato anche la parte di “savoir faire” con l'altro sesso che sarebbe spettata a suo fratello.

Mi sedetti su uno sgabello davanti all'affollato bancone del bar, e presto gli altri mi raggiunsero. Scorpius mi si sedette accanto con l'aria comprensibilmente frastornata di chi è passato da Beethoven alla più infima musica house, e si sta chiedendo cosa può mai aver fatto per meritarlo. In effetti non mi era del tutto chiaro l'arcano motivo per cui aveva accettato di accompagnarmi in discoteca, astenendosi anche dal farmi notare che un postaccio del genere non era nemmeno lontanamente all'altezza del suo illustre cognome. E a ben pensarci non mi era neppure chiaro come mai io avessi deciso di andarci: non avevo mai avuto un gran rapporto con le feste di quel genere. 

James, accanto a me, ordinò una Guinness e Domi gli fece prontamente eco con il nome di un cocktail tanto lungo quanto doveva essere alto il suo tasso alcolico. Io non avevo una gran voglia di riempirmi il fegato di alcool, onestamente, ma l'esperienza che avevo in materia mi evitò la figuraccia che invece toccò a Scorpius, quando tentò di ordinare un bicchiere di acqua naturale. Il barista dovette girarsi dall'altra parte per non ridergli in faccia, e quando tornò a voltarsi verso di noi gli stava porgendo un bicchiere colmo di un liquido trasparente. 

<< Ecco la tua acqua, piccolo. >> sghignazzò. 

Scorpius ringraziò e prese il bicchiere senza scomporsi, ignorando l'ilarità del barista con invidiabile freddezza. L'uomo, però, rimase impalato a fissarlo: forse voleva fotografarlo mentre beveva la sua acqua naturale in discoteca. Scorpius fece finta di niente e si portò il bicchiere alle labbra, tracannando un lungo sorso. Avrebbe avuto una classe davvero sopraffina, se a metà del sorso non si fosse staccato dal bicchiere tossendo e sputacchiando.

<< Questa... non è... acqua... >> boccheggiò, e dovette asciugarsi le lacrime che la bevanda gli aveva fatto salire agli occhi, scatenando un attacco di risate sguaiate del barista.

Ero indecisa se deprimermi per l'assoluta sfigataggine del ragazzo che mi piaceva o se prendere a calci il barista. Calvin propose di prendere a calci il barista e poi rimediare alla sfigataggine di Scorp facendogli mandare a memoria tutto il kamasutra... e offrendomi come cavia, naturalmente. La prospettiva mi allettava parecchio, ma mi costrinsi a metterlo a tacere, mentre Domi assaggiava il contenuto del bicchiere di Scorpius, lasciando un'impronta di rossetto sul vetro. 

<< Certo che non è acqua >> sentenziò, a metà tra l'esasperato e il divertito << è Vodka. >>

Scorpius parve sul punto di replicare, ma all'arrivo del barista decise di chiudersi in un silenzio ostile. L'uomo lo ignorò e ci posò davanti le nostre bibite. Presi il cocktail rosato che avevo ordinato tanto per non fare la figura dell'astemia, come Scorpius, e lo assaggiai con la prudenza consigliabile nei confronti di qualsiasi cosa ti venga offerta in una discoteca. James invece si attaccò al collo della sua bottiglia senza farsi problemi, mentre Domi buttò giù il suo cocktail come se fosse stato un bicchiere di tè freddo. 

A quel punto Scorpius dovette ritenere la sua posizione alquanto imbarazzante, perché decise di buttare giù la sua Vodka in piccoli sorsi, facendo del suo meglio per nascondere l'espressione schifata che gli si dipingeva sul volto ogni volta che deglutiva. 

Avrei dovuto trovarlo terribilmente sfigato, lo so. Ma non ci riuscivo. O forse la situazione era ancora peggiore di quanto pensassi, e mi piaceva perché era uno sfigatello bibliofilo pianista. 

Mi affrettai a ordinare un secondo cocktail: almeno avrei potuto attribuire le mie idee balzane all'alcool. 

<< Uno anche per me, grazie. >> si aggiunse Domi, sventolando la mano in direzione del barista << E uno per lui. >> completò indicando Scorpius. 

Il biondastro provò a protestare, ma Domi non gli lasciò nemmeno il tempo di aprir bocca. << La tua dignità non è l'unica che metteresti in imbarazzo, facendo l'astemio. >> sibilò. 

James roteò gli occhi e lanciò uno sguardo di compassione a Scorpius. << Ignorala, se non rompe a qualcuno non è contenta. >>

<< Senti da qual pulpito viene la predica. >> soffiò lei, irritata. << Potresti almeno invitarmi a ballare, no? >> soggiunse. Per un attimo mi parve che sotto il suo tono autoritario avesse fatto capolino una vena di timorosa speranza, ma attribuii quella sensazione al cocktail ambrato: Domi non sperava che la gente ballasse con lei. Domi concedeva, rifiutava o al massimo incoraggiava un pretendente troppo timido con un occhiolino seducente. 

James posò la bottiglia vuota sul bancone, e lanciò un'occhiata vagamente schifata alla pista da ballo, gremita di gente che strillava, si dimenava, amoreggiava in modo più o meno spinto e vomitava. << Non so ballare. >> grugnì, e si voltò per ordinare una seconda birra. 

Domi sembrò seriamente sul punto di ucciderlo, ma fu interrotta da un ragazzo muscoloso, che le chiese di ballare. Non era particolarmente carino per i suoi standard, ma Domi si alzò di scatto, quasi saltando, e si affrettò a salutarci con un sorrisino vendicativo che le increspava le labbra. 

<< Io vado con qualcuno che sappia ballare. >> lanciò uno sguardo astioso a James << A dopo. >>

E con quelle parole se ne andò, lasciandoci in un silenzio imbarazzato. James, tanto per cambiare, si attaccò alla bottiglia. Scorpius si rigirò il bicchiere vuoto del cocktail tra le mani, sbattendo le ciglia come se stesse cercando di mettere a fuoco un oggetto molto lontano. Io ordinai il terzo cocktail. Scorpius parve punto nel vivo del suo orgoglio di “maschio dominante” e chiese ad un incredulo barista la bibita dagli ingredienti più inquietanti che comparisse sulla lista, aggiungendo che avrebbe gradito che raddoppiasse la dose di rum.

Evitai di commentare mentre Scorpius tracannava il suo rum corretto con altro alcool, fingeva di chinarsi ad allacciare le scarpe per nascondere le furiose proteste della sua gola e batteva la testa sul bancone nel tentativo di rialzarsi. 

Sorseggiai il mio cocktail, mentre Scorpius ne ordinava un quarto biascicando una considerevole quantità di cazzate, e decisi che a quel punto avevo più possibilità di avere una conversazione intelligente con James. Ragion per cui lo costrinsi a scollarsi dalla sua birra, e chiesi. << Si può sapere cosa avevi ieri pomeriggio? >>

James mi rivolse uno sguardo talmente confuso che mi chiesi se anche lui non fosse mezzo ubriaco. << Ieri pomeriggio quando? >>

Gli effetti delle droghe che aveva assunto non erano ancora del tutto spariti, evidentemente. Alzai gli occhi al cielo, e presi un sorso dal mio bicchiere. << Quando sono venuta a trovarti in negozio, non ti ricordi? >>

James si grattò la nuca, lanciando un'occhiata nervosa alla pista da ballo, dove Domi si stava strusciando senza ritegno addosso al ragazzo. << Ieri pomeriggio ero a casa a guardare una partita del Bayern Monaco. >> grugnì << Era il turno di Domi per sostituirmi al negozio. >>

E perché non mi ha detto niente?

L'immagine di James/Dominique immobile davanti allo specchio, con una mano appoggiata con indecisione sulla lampo dei pantaloni, mi attraversò nuovamente il cervello. 

Forse doveva andare in bagno ma non se la sentiva di calarsi le mutande...” mi dissi. 

Tua cugina ha un uccello tra le gambe quasi per più tempo di quanto ce lo abbiano i maschi.” mi fece notare Calvin.

Aprii e richiusi la bocca come un simpatico pesce rosso in una simpatica boccia, ma James mi sollevò dall'imbarazzo di trovare qualcosa da dire prendendo la parola. << Dovevo portarla a ballare? >> chiese, scrutando la pista da ballo con aria accigliata. 

Mi strinsi nelle spalle. << Avrebbe trovato una scusa per offendersi in ogni caso. >>

James annuì, e si alzò. << Vado a vedere che fine ha fatto Sev. >>

Stranamente per raggiungere la zona VIP non seguì il muro che correva parallelamente al bancone, ma fece un improbabile giro attorno alla pista da ballo, guadagnandosi una serie di occhiate ostili direttamente proporzionale al numero di piedi che pestò.

Mi voltai verso Scorpius, trovandolo accasciato sul bancone, con lo sguardo fisso Merlino solo sapeva su cosa e le guance sudaticce ed arrossate. Mi sentii un po' in colpa per non avergli spaccato il bicchiere in testa prima che si ubriacasse, perciò decisi di portarlo a prendere una boccata d'aria. Cosa che in ogni caso non avrebbe fatto male neppure a me – constatai quando, alzandomi, invece di reggerlo in piedi fui io ad appoggiarmi a lui per non cadere. 

Colpa dei tacchi.”

Calvin inarcò un sopracciglio. “Anche i giramenti di testa?

Feci finta di non averlo sentito e trascinai Scorpius verso l'uscita. << Andiamo un po' fuori? >>

Scorpius emise una specie di mugolio di assenso, e mi seguì senza opporre resistenza.

 

***

 

Mezz'ora dopo ci trovavamo seduti sul gradino di un portone, a una cinquantina di metri dall'ingresso della discoteca. O forse erano di più, non avrei saputo dirlo con certezza visto che al momento la mia concezione dello spazio si limitava a quello che separava me da Scorpius, o al massimo dalla bottiglia di birra che non ricordavo come mi fosse finita in mano. Non potendo baciare il primo, mi accontentai di circondare con le labbra il collo della bottiglia e bere un lungo sorso. Da sobria non avrei mai bevuto birra – nemmeno mi piaceva – ma d'altro canto da sobria non avrei neanche detto a Scorpius che aveva un bel culo. Cosa che invece ero abbastanza sicura di aver appena fatto.

Ed evidentemente Scorpius si sentì in dovere di ricambiare l'imbarazzante complimento, perché gracchiò. << Anche tu hai un sedere che... >> si bloccò, fissando il fondo della sua bottiglia in cerca d'ispirazione << bhe, sia benedetto il Karate. >> concluse, e bevve un paio di sorsi. 

E sia benedetta la Vodka, se su di te ha questo effetto...

Calvin, che dopo il terzo o forse quarto bicchiere di non-volevo-sapere-cosa aveva abbandonato la mia testa per comparire direttamente sul marciapiede di fronte a noi, mi fece l'occhiolino e sollevò il pollice della mano destra. “Se ti togli le mutande magari gli piace ancora di p...

<< Sta' zitto! >> sbottai. Avevo già abbastanza voci nella testa senza che ci si mettesse anche lui.

Troppo tardi realizzai che la mia voce, invece, non era stata solo nella mia testa.

Scorpius sbatté le palpebre sugli occhi innaturalmente lucidi, perplesso. << Guarda che è vero che hai un bel fisico: non sono l'unico che lo pensa. >> biascicò, incespicando sulla sua stessa voce << Però hai troppi muscoli. >> soggiunse, come se si sentisse in dovere di bilanciare il complimento che mi aveva appena rivolto con un commento antipatico. << Non sopporto quando giri per casa con le magliette corte: ti si vede tutta la riga degli addominali in mezzo alla pancia. >>

Cominciai seriamente a considerare l'idea di bruciare tutte le mie magliette corte e comprarmi un burqa. Magari con un buco sul sedere.

<< Ti fa tanto schifo? >> chiesi, senza riuscire a trattenere una vena di delusione, che affiorò piuttosto chiaramente dalla mia voce. Ma tanto di che mi preoccupavo? Scorpius era troppo ubriaco anche per accorgersi di essersi versato mezza bottiglia di birra sulla maglietta.

Scorpius tacque per un paio di istanti, fissandosi i piedi. << No. >> disse, alla fine << Più che altro fa venire voglia di mettere il dito in mezzo alla riga... >> “Bhe, per essere ubriaco è ubriaco...” << Però mi dà fastidio. >> concluse, con un'alzata di spalle. 

Gli rivolsi uno sguardo interrogativo, in un tacito invito a spiegarsi meglio: forse più tardi mi sarei sentita una persona disgustosa per avergli cavato di bocca tutte quelle cose che da sobrio non avrebbe confessato nemmeno sotto tortura, ma – uno – ero ubriaca anch'io e – due – sentirlo parlare di me, capire finalmente come apparivo attraverso quei magnifici occhi che si ritrovava era una cosa troppo rara e che agognavo da troppo tempo perché potessi lasciarmi sfuggire l'occasione.

Scorpius si mordicchiò l'unghia del pollice. << Non mi fa schifo. >> disse infine, con esasperante lentezza << Sono solo invidioso. >>

Ah.”

Davvero al momento i miei neuroni non riuscivano a produrre niente di meglio: forse era colpa dell'alcool, forse di quel bizzarro pensiero che Scorpius aveva espresso ad alta voce. In ogni caso la figuraccia della scena muta mi fu risparmiata, visto che Scorpius quella sera non sembrava proprio capace di stare in silenzio.

<< Hai anche delle belle gambe >> commentò, interrompendosi per soffocare un piccolo singhiozzo << solo che sono corte... cioè, non corte sul serio... >> si corresse, corrugando le sopracciglia << insomma, sì... >> “ora è tutto molto chiaro...” << però tu sei tutta corta, quindi... quanto sarai alta? Un metro e cinquanta? >>

<< Un metro e cinquantanove, per tua informazione. >> replicai, piccata. 

Si, bhe, un metro e cinquantanove meno cinque centimetri...

<< In punta di piedi. >> sbuffò Scorpius, che evidentemente non era ancora così ubriaco da lasciarsi convincere da una balla così grossa << E comunque è meglio che tu sia bassa. >> aggiunse, con la voce impastata dai vari cocktail che mi ricordò tanto quella di un orsetto assonnato << Insomma, già così sei terribile... se fossi una stanga di un metro e ottanta poi faresti davvero paura... >> s'interruppe il tempo necessario per bere alcuni sorsi dalla sua bottiglia << Cioè... picchi come un maschio, ma comunque ogni tanto dai l'impressione di... di qualcosa che può essere protetta, credo. >> se non avesse già avuto le guance rosse a causa dell'alcool avrei detto che era arrossito. << Comunque sei troppo bassa. >> ripeté. << Insomma, non potresti essere alta un metro e sessantacinque, come tutte le persone normali? Non voglio che i miei figli siano dei tappi... >>

Se la sua intenzione era farmi strozzare con la mia stessa saliva ci riuscì alla grande. << Co-cosa c'entrano i tuoi figli? >>

Scorpius distolse lo sguardo dal mio. << Niente. >>

Quella volta fui certa di averlo visto arrossire. 

Ingoiai un paio di sorsi di birra, pensando freneticamente ad un modo per evitare che piombassimo in un imbarazzante silenzio post-conversazione troppo intima. Dopo cinque minuti passati a rimirare i lacci delle sue scarpe (le mie non li avevano), durante i quali sembrò che la lingua di Scorpius fosse tornata incollata al palato come al solito, mi decisi a parlare. 

<< Posso farti una domanda? >> chiesi, incerta.

Scorpius dondolò il capo in avanti. << Mh-mh. >>

<< Ma io ti sto tanto antipatica? >>

Scorpius si passò la lingua sul labbro superiore, inumidendolo appena, e puntò lo sguardo dall'altra parte della strada, rigirandosi nervosamente la bottiglia vuota tra le mani.

Ok, a conti fatti forse sarebbe stato meglio che avesse risposto di no alla prima domanda, soprattutto se aveva intenzione di rispondere sì alla seconda. Stavo per dirgli di lasciar perdere, o in alternativa mettermi a cantare a squarciagola una canzone da ubriacona di strada per coprire la sua risposta, ma lui scosse la testa. 

<< No, di solito mi stai simpatica. Però mi dà fastidio. >>

Forse l'alcool mi aveva obnubilato la mente, ma non riuscivo davvero a trovare un senso a quella frase. << Cosa ti dà fastidio? >>

<< Che tu mi stia simpatica. >> rispose lui, con ovvietà. 

A me la cosa non risultava poi tanto ovvia. << E... perché? >>

<< Perché io non volevo essere tuo amico. >> grugnì, contrariato << Io me li scelgo sempre, gli amici. Invece tu... >> levò la mano sinistra davanti al viso, aprendo le dita di scatto << puff... di punto in bianco hai deciso di prenderti il mio affetto, senza neanche chiedermi il permesso. È... è snervante non avere la situazione sotto controllo... >> appoggiò la schiena al portone e si passò una mano sul viso, che aveva perso tutto il suo rossore ed ora, sotto la debole luce dei lampioni, appariva mortalmente pallido << Non avresti mai potuto essere una buona amica per me... non è così che vanno le cose... >> sussurrò. << È come seguire alla lettera la ricetta di una pozione scritta su un libro, e poi accorgersi di avere sbagliato tutto... ecco, tu sei la ricetta sbagliata, scarabocchiata su un bigliettino sporco d'inchiostro. Però il risultato è... Oltre Ogni Previsione. >>

Una vocina nella mia testa mi fece notare che era ubriaco e quelle che stava sparando, con ogni probabilità, erano cazzate una più grossa dell'altra. Eppure volevo credere che quelle parole non fossero il semplice delirio di un astemio dopo quattro cocktail alcolici. 

Oltre Ogni Previsione...

Il fatto che stessimo parlando civilmente, senza mandarci a quel paese dopo cinque anni di sincero e reciproco odio, era Oltre Ogni Previsione. Il fatto che lui, Scorpius Malfoy, il secchione più antipatico di tutta Hogwarts potesse all'improvviso apparirmi così dannatamente bello, anche in quella strada buia, anche distrutto dall'alcool, era decisamente Oltre Ogni Previsione. 

Quello che sentivo agitarsi in fondo al mio cuore, per lui, era assolutamente Oltre Ogni Previsione. 

Quando rialzai lo sguardo su di lui scoprii che mi stava fissando e per un istante, forse perché avevo bevuto troppo, mi sembrò che mi avessero fatto evanescere lo stomaco dal ventre e provai la vertiginosa sensazione di precipitare nel verde di quegli occhi. Rimasi immobile, quasi spaventata da quell'improvvisa vicinanza, con il cuore che martellava nel petto. 

Mi era sempre riuscito difficile immaginare che la forza di gravità fosse esercitata da qualcosa di diverso dalla Terra sotto i miei piedi, ma in quel momento, per la prima volta, realizzai che la forza che mi stava lentamente spingendo verso di lui non veniva da me: veniva da lui, dai suoi occhi sgranati, dalle sue labbra socchiuse... 

Ed ebbi paura. Sì, dovevo essere stupida sul serio, ma tra tutte le sensazioni che avrei potuto provare nell'istante prima che le nostre labbra si toccassero – perché era quello che stava per succedere, anche James l'avrebbe capito – riuscii solo a provare un dannata paura. 

Perché quel momento era troppo bello, semplicemente troppo bello. Perché la perfezione di un'istante è formata da una precaria concomitanza di botte di culo, e in quel momento qualunque cosa avrebbe potuto andare storta e rovinare tutto. Perché la felicità, quando ci sbatti contro, fa paura, e forse alla fine preferiresti non averla e non rischiare di fartela togliere.

Perché io, fondamentalmente, ero stupida. E ubriaca.

Mi alzai di scatto, barcollando sui tacchi. << Forse dovremmo andare a vedere che fine hanno fatto gli altri... >> sussurrai.

Scorpius si mise faticosamente in piedi, appoggiandosi al portone. << Forse no. >> replicò. 

E prima che avessi il tempo di ricominciare con le mie seghe mentali sulla felicità, mi era letteralmente crollato addosso. E le sue labbra erano sulle mie, e mi stavano baciando come se non avessero fatto altro per tutta la vita.

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Capitolo 18
*** chiunque abbia detto che l'alcool fa male... ne sapeva qualcosa ***




17

Chiunque abbia detto che l'alcool fa male... ne sapeva qualcosa


 

L'odio è una bella cosa. Non fraintendetemi: non mi sono messa a predicare la guerra e la discordia nel mondo per andare contro Albus. Sto solo facendo una pura constatazione: l'odio è una bella cosa. 

Di sicuro più bella dell'amore, comunque. 

Perché l'odio ti dà delle certezze. L'odio ti dà delle fondamenta solide e sicure su cui costruire tutto quello che sei e in cui credi. L'odio, se non ti distrugge dentro, assunto in piccole dosi giornaliere ti rende più forte. Perché l'odio non è qualcosa che può essere messo in discussione, per il semplice motivo che la maggior parte delle volte c'è ben poco da mettere in discussione, a parte un paio di pregiudizi e qualche litigio. 

Non ti fermi mai a chiederti perché odi qualcuno: lo odi e basta. E il tuo odio diventa il più forte degli scudi, perché una persona che detesti non può ferirti, nemmeno se lo vuole. 

Mentre l'amore... l'amore cambia tutto. L'amore ti fa svegliare una mattina scoprendo di aver perso di colpo tutte le tue certezze. Ti fa mettere in discussione tutto quello che sei e che sei stato. Ti fa mettere in discussione persino quelle fondamenta d'odio che credevi niente avrebbe mai potuto corrodere.

 

***

 

E prima che avessi il tempo di ricominciare con le mie seghe mentali sulla felicità, mi era letteralmente crollato addosso. E le sue labbra erano sulle mie, e mi stavano baciando come se non avessero fatto altro per tutta la vita.

 

Se fino a cinque secondi prima mi avessero chiesto come avrei reagito, avrei risposto – dandomi dell'idiota, certo, ma senza esitazioni – che sarei rimasta immobile per un secolo o due prima di realizzare che stavo davvero baciando Scorpius Malfoy. O meglio, che lui stava baciando me, perché sarei stata attiva come una margherita in vaso. 

Invece, nel preciso istante in cui le nostre labbra si sfiorarono, dischiusi la bocca e trovai la sua già pronta ad accogliere la mia lingua, come se mi avesse aperto la porta di casa. E mi sembrava veramente di essere a casa, perché non mi sentii spaesata nemmeno per un secondo: mi sentii sicura, salva, come un naufrago che ha trovato uno scoglio a cui aggrapparsi durante una tempesta; mi sentii – per una volta – giusta, giusta e nel posto giusto, come solo a casa avrei potuto esserlo. Nella nostra vecchia casa di Godric's Hollow, dove vivevamo con Hugo e papà. E forse in un'altra situazione quel pensiero mi avrebbe fatto salire le lacrime agli occhi, e una sgradevole spina di nostalgia dallo stomaco al cuore, ma in quel momento sentivo solamente un gran calore avvolgermi dall'esterno e penetrarmi dentro, fin nelle viscere, come quando ero piccola e la notte papà si alzava borbottando improperi a bassa voce, e veniva a rimboccarmi il piumone che avevo fatto cadere dal letto nel sonno.

Mi allontanai da Scorpius per un istante, ma senza perdere totalmente il contatto con le sue labbra, per incamerare l'ossigeno che mai prima di allora mi era parso meno importante. Anzi, considerato che mi aveva separata da Scorpius, lo presi pure in antipatia. 

Ma l'attimo seguente la sua lingua stava di nuovo seguendo il contorno delle mie labbra, con la gentilezza vagamente cavalleresca di chi si presenta e ti stringe la mano, prima di dirti che hai un bel vestito, e t'invita a ballare, prima di posarti le mani sui fianchi. Se sorridere non mi avesse impedito di intrecciare la lingua alla sua, probabilmente al momento avrei avuto un enorme sorriso ebete stampato in faccia. 

Forse, in fondo, è meglio così...

Feci un passo all'indietro, per salire sul gradino del portone che, con l'ausilio dei tacchi, mi fece arrivare alla quasi dignitosa altezza del suo mento. Scorpius si sbilanciò e dovetti stringere più forte le braccia attorno alla sua schiena per evitare che si rovinasse quell'adorabile faccino sull'asfalto del marciapiede. 

Scorpius appoggiò una mano al portone per reggersi, forse realizzando che il suo peso mi stava schiacciando, e mi prese il mento tra le dita. Quando staccò le sue labbra dalle mie cercai di avvicinarmi nuovamente al suo viso, ma le due dita mi trattennero con gentilezza. Appoggiò la fronte alla mia e sentii il suo respiro irregolare infrangersi sulla mia pelle, accompagnato da un odore di alcool che in qualsiasi altra circostanza mi avrebbe fatto schifo. 

<< Sono ubriaco... >> sussurrò. 

<< Me n'ero accorta. >> gli assicurai. 

Il suo pollice si mosse piano sulla mia guancia, lasciandosi dietro dei piccoli ghirigori di pelle d'oca. Deglutì un paio di volte e mi sembrò di sentirlo tremare leggermente. 

<< Forse... >> cominciò, sfiorandomi la punta del naso con le labbra << forse dovrò... >>

<< Stare zitto. >> completai per lui, precipitosamente << Dovremmo stare zitti tutti e due. >>

Prima di riuscire a rovinare tutto quanto...

Scorpius sembrò sul punto di protestare, ma mi alzai sulle punte dei piedi e gli tappai le labbra con le mie. Per un attimo sentii i muscoli della sua schiena irrigidirsi sotto le mie mani, ma poi si rilassò e la sua lingua riprese a lambire la mia bocca in un bacio che, anche senza essere invadente o passionale, riuscì a farmi girare la testa. Era incredibile come riuscisse ad essere così meravigliosamente se stesso con un semplice bacio. 

Mi spostai indietro di un paio di centimetri, finché non sentii la superficie solida del portone sotto la schiena e vi appoggiai il peso con sollievo. I muscoli delle braccia cominciavano a farmi male e, se Scorpius avesse rifiutato di reggersi sulle sue gambe ancora per molto mi sarebbe venuta un'ernia del disco, ne ero sicura. Eppure, forse per colpa del mio noto masochismo congenito, non mi dispiaceva affatto distruggermi la spina dorsale, se in cambio avessi potuto continuare a baciarlo. E per dirla tutta non mi dispiaceva nemmeno che la sua lingua sapesse di vodka e rum, finché avessi potuto sentire il suo sapore sulle labbra. 

D'accordo, oggettivamente parlando fu il peggior bacio della mia vita. Ma, se mi avessero chiesto un giudizio personale, non avrei avuto incertezze nell'affermare che quello strampalato bacio era stato senza dubbio il migliore che avessi mai ricevuto. 

L'istante dopo, quando Scorpius girò la faccia di lato e si allontanò bruscamente da me, mi pentii amaramente di aver pensato una cosa così ottimista. 

Incespicai sui tacchi alti per raggiungerlo. << Cosa c'è? >>

Scorpius allontanò il braccio che avevo teso verso di lui con stizza e indietreggiò di un paio di metri, barcollando. << Lasciami. >> gracchiò. 

<< Scorpius, cosa...? >> tesi nuovamente la mano verso di lui, cercando di fermarlo, come quando senti l'odioso trillo della sveglia trapanarti le orecchie e cerchi di artigliarti agli ultimi brandelli di sogno, prima che svaniscano del tutto. Ma Scorpius scappò di nuovo, proprio come un sogno, troppo bello per essere reale. 

<< Non mi toccare! >> sbottò. 

Forse fu per colpa dell'alcool, ma le sue parole mi colpirono dritte al petto, come uno di quei colpi di Karate che arrivano quando meno te li aspetti e ti mozzano il respiro per un paio di secondi, facendoti sentire come se stessi per vomitare i polmoni. Aprii e richiusi la bocca, non ricordo nemmeno quante volte, ma forse non stavo rincorrendo le parole che non volevano saperne di uscire dalle mie labbra: forse stavo solo cercando di non morire soffocata dal peso delle mie stesse viscere, dal peso del mio cuore, che sembrava essere diventato di piombo. 

Non avevo nemmeno la forza, o forse la lucidità, necessaria per chiedermi cosa diamine gli fosse preso: tutto quello che riuscivo a fare era fissarlo in silenzio, mentre inciampava sui suoi stessi piedi, si aggrappava al palo di un lampione e vomitava l'anima sull'asfalto sporco del marciapiede. 

 

***

 

<< Si può sapere perché cavolo non hai chiamato nessuno?! >>

La voce di Albus s'infilò con invadenza nelle mie orecchie, rimbombandomi fastidiosamente nella scatola cranica come una di quelle pessime musiche house che scuotevano le mura della discoteca da ore. Voltai il capo in direzione di Scorpius, che se ne stava afflosciato accanto al portone, le gambe stese scompostamente sul marciapiede e la schiena appoggiata al legno. Fissava il vuoto davanti a sé con aria assente, ed ogni tanto voltava il capo di lato per vomitare alcool e succhi gastrici in una ciotola che una volta aveva contenuto della patatine. 

Mi strinsi nelle spalle. << Pensavo che gli sarebbe passato da solo... >>

Insomma, non poteva mica continuare a vomitare all'infinito: prima o poi il suo stomaco si sarebbe pur dovuto svuotare, no? Forte di quella convinzione mi ero seduta sul gradino del portone e lo avevo guardato vomitare per una decina di minuti, come se fosse stato un documentario su una curiosa specie in via di estinzione, aspettando che finisse. Anche perché, se non voleva nemmeno che mi avvicinassi a lui, che altro avrei potuto fare? 

Mio cugino, però, quando ci aveva trovati così non l'aveva presa molto bene... 

Albus si passò una mano tra i capelli con un gesto rabbioso, come faceva sempre quando trovava particolarmente difficile trattenersi dal saltare al collo del suo interlocutore ed azzannarlo. Avevo sempre pensato che con la sua fissazione per il pacifismo reprimesse troppo i suoi istinti: prima o poi sarebbe scoppiato. Anzi, forse stava proprio per farlo – mi dissi, occhieggiando con espressione vagamente preoccupata la sfumatura violacea che aveva assunto il suo volto. 

<< Certo, un coma etilico e si risolve tutto, anche i vostri stupidi problemi sentimentali! >> sbottò.

Mi premetti le mani sulle orecchie, dondolandomi avanti e indietro sui tacchi. << Smettila, Al, mi fai venire il mal di testa. >> 

I nostri stupidi problemi sentimentali... tzè, parla quello che se la fa con le bambine.

<< Il mal di testa ce l'hai perché sei sbronza. >> precisò Al, irritato. 

<< Sì, però tu non aiuti... >> brontolai. 

Scorpius emise un gemito strozzato e vomitò un po' di saliva nella ciotola. 

Al roteò gli occhi. << Magari era anche a stomaco vuoto. >>

Scrollai le spalle. << Non gli piaceva quello che c'era per cena... e non mi guardare i quel modo! >> esclamai, in risposta allo sguardo di profondo biasimo che mi rivolse << Non è colpa mia se è viziato! >>

La faccia di Al diceva chiaramente che la sua opinione discrepava parecchio dalla mia, ma non ci fu il tempo che lo facessero anche le sue labbra, perché la voce impastata di Scorpius lo precedette. 

<< Guardate che vi sento. >> grugnì. 

<< Vuoi un applauso? >> replicai, sarcastica. 

Un applauso per aver rovinato il momento più bello della mia vita con il tuo stupido stomaco da astemio...

Ma Scorpius, giusto per restare coerente a quello che aveva detto due secondi prima, aveva già perso qualsiasi interesse per me ed Albus e stava spiegando alla ciotola piena di vomito che ce l'aveva più lungo lui di Marshall. 

Al sembrava sul punto di accusarmi anche per le dimensioni dell'amichetto del piano di sotto di Scorpius, ma questa volta fu la voce incazzata di Dominique ad interromperlo. << Ma per favore! Se avessimo aspettato che ti svegliassi tu vi sareste sposati! >>

<< E allora? Saranno cazzi miei, scusa? >> replicò James, se possibile ancora più furioso di lei. 

Dominique sbuffò, incedendo sul marciapiede con il solito passo deciso da diva sul red carpet. << Ti ho solo fatto un favore, James. >> dichiarò, sbattendosi la grande borsa nera su una spalla << Se sei troppo imbarazzato per ringraziare, almeno abbi la decenza di stare zitto. >>

James voltò la testa di scatto e sputò, affondando i pugni serrati nelle tasche dei pantaloni. << Sarò anche un coglione, ma lo decido io se quello che fai mi sta bene o no. >> sibilò << Quindi fammi un favore tu: smettila di pararti il culo con la scusa che lo hai fatto per me, e sta' fuori dalla mia vita sentimentale. >>

E questa volta chi cavolo è che ha preso la Polisucco per sostituire James?

Sbattei le palpebre un paio di volte, incredula: non lo avevo mai visto così arrabbiato in tutta la mia vita. James era un tipo che subiva senza alzare un dito per difendersi, anzi, di solito nemmeno si accorgeva di subire, e pensava di aver meritato il trattamento che gli veniva riservato facendo qualcosa di sbagliato. 

Vederlo tutto ad un tratto capace di tenere testa a Domi in una discussione era qualcosa di così assurdo che probabilmente la mattina seguente avrei attribuito quella visione all'alcool. 

Domi sembrò altrettanto sconcertata, ma si riprese in fretta. << Tu non hai una vita sentimentale, James. >> commentò, freddamente.

<< Certo che non ce l'ho, visto che tu ti diverti così tanto a distruggerla! >> sbottò lui. 

Domi aprì la bocca per rispondergli a tono, ma Al la precedette. << Davvero edificante. >> commentò, ironico << Ora che siamo tutti al corrente del fatto che Domi ha mollato Kathie, potreste cortesemente smetterla di scannarvi e darci una mano con Scorpius? >> terminò la frase sottolineando acidamente le ultime sillabe ed inclinò il capo in direzione di Scorpius, che stava abbracciato alla ciotola, con il mento appoggiato mollemente sul petto e la testa ciondoloni, e pareva le stesse cantando una ninna nanna in Senegalese. 

Domi, com'era prevedibile, era troppo presa dalla sua ira per degnarsi di rispondere, o anche solo di guardare Scorpius. James, invece, si avvicinò cautamente al biondino e gli tirò un calcetto in punta di piede sulla coscia, come un bambino particolarmente schizzinoso sfiorerebbe il cadavere di un topo per assicurarsi che sia morto davvero. 

<< Certo che questo qui è proprio astemio... >> commentò, storcendo il naso con aria schifata. 

 

***

 

Erano le undici e quaranta quando, dopo una decina di tentativi miseramente falliti, riuscii finalmente ad infilare la chiave nella toppa. Spalancai la porta con una spallata, barcollando sotto il peso della mia testa, che pulsava come se avessi passato le ultime ore a sbatterla su un muro, e quello ben più consistente di Scorpius, che non pareva in grado di camminare in linea retta senza il mio aiuto. 

<< Qualunque cosa succeda, non parlare. >> sibilai, assestandogli una gomitata in mezzo alle costole per fargli notare che Dio l'aveva fatto nascere con due gambe perché ci camminasse << E cerca di non inciampare sulle scale. >> aggiunsi, sperando ardentemente che mamma e Draco stessero già dormendo. 

Scorpius fece una strana manovra per pulirsi le scarpe sullo zerbino, riuscendo solo a perdere suo già scarso equilibrio, rovinandomi addosso. E dal momento che la base d'appoggio di cui disponevo erano due centimetri quadri scarsi di tacchi a spillo non trovai molto sorprendente il fatto che l'istante dopo fossimo entrambi distesi a pelle di leone sul parquet. 

Al tonfo che provocammo, però, se ne aggiunse subito un altro, proveniente dal salotto. 

<< Merlino, sono dei ladri? >> sussurrò la voce di mia madre, concitata. << Dove ho messo la bacchetta? >>

<< Non lo so. >> grugnì la voce irritata di Draco << Ma quello, per tua informazione, era il mio naso. >>

<< Ma non avevi chiuso a chiave la porta? >> chiese ancora mamma, dedicando al naso del suo amoruccio la stessa considerazione che avrebbe concesso ad una lattina vuota all'angolo di una strada.

Draco sbuffò. << Certo che l'ho fatto. Non ti è venuto in mente che magari potrebbero essere mio figlio e tua figlia? >>

La domanda sarcastica dell'ossigenato fu seguita da un paio di secondi di silenzio tombale, durante i quali cercai senza grandi risultati di rimettere in piedi l'ubriaco dell'anno. << E cosa ci fanno qui a quest'ora? >> la voce isterica di mia madre mi interruppe mentre stavo pungolando la chiappa destra di Scorpius con un tacco << Avevi detto che non sarebbero tornati prima dell'una! >>

<< Conoscendo i precedenti di tua figlia mi sembrava logico pensare che sarebbe scappata in Burundi e non l'avremmo più rivista, se permetti. >> si giustificò Draco, palesemente irritato dal fatto che facessi di testa mia anche quando mi dava il permesso di stare fuori fino alle due di notte. 

Finalmente riuscii a raccogliere Scorpius dal pavimento, un po' come facevo da piccola con la marmellata che finiva puntualmente sul tappeto, ogni volta che ne aprivo un barattolo. In effetti Scorpius era umido di sudore ed appiccicaticcio, ed anche la consistenza dei suoi muscoli, al momento, non era molto diversa da quella della marmellata di fragole di nonna Molly. 

<< D'accordo, va bene, tu avevi ragione e io ho torto, sei contenta adesso? >> sbottò Draco, esasperato. Immaginai che mamma gli avesse lanciato una delle sue famose occhiatacce da primadonna. 

<< Neanche un po'. >> rispose lei, infatti, con il tono di chi avrebbe dato la stessa risposta anche alla domanda contraria. La sua voce fu seguita dal cigolio delle molle del divano e dal suono di passi che percorrevano il salotto. 

Quando l'interruttore scattò ci trovammo davanti l'esile figura di mia madre, che si stringeva addosso con aria terribilmente imbarazzata una vestaglia sotto alla quale, più che palesemente, non c'era altro che biancheria intima. Mi affrettai ad allontanarmi da Scorpius, preoccupata dalla reazione che il suo debole stomaco avrebbe potuto avere davanti ad una scena del genere, ma lui non sembrò nemmeno accorgersene e continuò a fissarsi i piedi con aria moderatamente interessata. 

<< Oh, ehm... ciao, mamma! >> la salutai, stampandomi in faccia il sorriso più convincente che fossi riuscita a trovare. << Io e Scorpius ce ne stavamo andando in camera... >>

Il suono di una cintura allacciata in fretta e furia, che provenne da dietro il divano, riuscì solo a rafforzare il mio desiderio di sparire al piano di sopra. 

Ti rendi conto, Calvin? Stavano facendo sconcerie sul divano, il mio amato divano di pelle finta con la macchia di caffè sullo schienale! Ora mi toccherà guardare la tv seduta sul tappeto... sempre che non si siano riprodotti anche su quello...

Mamma fece scorrere uno sguardo scettico da me a Scorpius, che tenevo a braccetto sperando che la cosa sembrasse un normale gesto di affetto fraterno, e non il gesto di una mezza ubriaca che cerca di tenere in piedi un ubriaco completo. A giudicare dall'espressione della mia genitrice, comunque, qualunque cosa sembrasse quel gesto non era normale. << Com'è andata la festa? >> indagò, con un sorriso quasi più falso del mio. 

Traduzione: ammettilo, hai bevuto, ti sei drogata, hai fatto sesso nel bagno degli uomini con un maggiorenne e ti sei fatta fermare dalla polizia mentre giravi in moto con lui senza casco.” 

<< Bene. >> risposi, laconica. Che, secondo il traduttore universale Figliese/Genitorese, significava dare incondizionatamente ragione alla domanda implicita che mi era stata posta. 

Non che al momento me ne importasse qualcosa: volevo solo filare in camera prima che Draco avesse il tempo di rivestirsi e scoprire che suo figlio era ubriaco da far schifo. 

Mamma corrugò le sopracciglia. << Avete bevuto? >> chiese. 

<< Chi noi? >> Ridacchiai come un'idiota. << Ma ti pare? Siamo minorenni, è contro la legge... >>

Gli occhi di mamma ormai erano ridotti a due fessure. << Lo so benissimo che è contro la legge. >>

Come se avessi potuto avere dei dubbi a riguardo. Stavo per augurarle la buona notte e svignarmela, ma Scorpius emise un risolino assolutamente idiota e biascicò qualcosa che assomigliava orribilmente a “la Vodka”. 

Mi bloccai con un piede ancora alzato per avviarmi verso le scale, impietrita dall'orrore, sotto lo sguardo impassibile di mia madre. 

Ditemi che non lo ha detto davvero...

In quel momento sentii distintamente di odiare Scorpius, persino più dei compiti a sorpresa di Trasfigurazione. Rivolsi un sorriso nervoso alla mia minacciosa genitrice. 

<< La Vodka... ehm.... voleva dire che ad un certo punto un tipo è inciampato e ha versato della Vodka sul vestitino di Domi... avresti dovuto vedere quanto si è arrabbiata... >> ridacchiai come una cretina, salvo poi accorgermi che mamma non era per niente divertita dalla situazione e mi stava fissando con espressione truce. La mia risatina forzata si spense immediatamente, sostituita da un'espressione colpevole degna di Giuda. 

<< Ehm... d'accordo... noi andiamo, allora. >> borbottai, tirando Scorpius verso le scale << 'Notte. >>

<< Io non voglio... >> cominciò, ma lo misi a tacere con un pestone ben assestato << Ahia! >> piagnucolò, indignato << Mi hai pestato il piede! >>

<< I tacchi... >> risposi, impassibile, pregando Godric che Scorpius non decidesse di dire qualche altra cazzata. 

Quando finalmente mi fui chiusa la porta di camera sua alle spalle e lo ebbi buttato sul letto con malagrazia mi arrischiai a tirare un sospiro di sollievo. Scorpius si rannicchiò immediatamente sopra le coperte, strusciando la guancia sul cuscino per trovare una posizione più comoda, come un bambino. 

Un tenero, adorabile, dolce, coccoloso... ehi! Stop, time out, frena gli ormoni, tesoro!

Non che fosse facile mantenere una seppur minima parvenza di lucidità, davanti a quelle guance adorabilmente arrossate e a quella fronte corrucciata con quel buffo cipiglio da bambino viziato, ora coperta da alcuni ciuffi ribelli, resi ricci dal sudore che gli inumidiva le tempie...

Edificante... hai intenzione di smettere di sbavare, adesso?

Rimasi a guardarlo un secondo di troppo, senza decidermi a girare i tacchi e lui, forse percependo il peso del mio sguardo sulla pelle, riaprì gli occhi. Più che aprirli, a dire il vero, si limitò a sollevare le ciglia chiare di un paio di millimetri, sbattendole con un certo fastidio sulle iridi lucide. << Puzzo di vomito... >> disse, la voce ridotta ad un sussurro roco. 

Non avrei saputo dire perché – forse, in fondo, ero parecchio ubriaca anch'io – ma quella constatazione mi fece venire una voglia matta di ridere. << Si, bhe... direi di sì. >> sghignazzai. 

Scorpius sbatté le ciglia più in fretta, come se avesse un fastidioso granello di sabbia in un occhio. << Odio dormire con i vestiti di fuori. >> aggiunse. 

Sì, in effetti i jeans sono parecchio fast...

Scorpius puntellò i gomiti sul materasso e si tirò su a fatica, riuscendo in qualche modo a mettersi a sedere. Rimasi a fissarlo senza muovere un muscolo, forse senza respirare neanche – al momento non mi sembrava che avesse una grande importanza –, mentre tentava senza successo di sbottonarsi la camicia. Scorpius strattonò il colletto della camicia con un gemito infastidito poi, sconfitto, alzò lo sguardo su di me. 

<< Mi aiuti? >>

E il mio cuore perse un battito. O forse due. O forse fu solo in quel momento, mentre annegavo nel verde di quegli occhi, che cominciò a battere davvero. 

Forse dovrei andarmene... è ubriaco, non si rende neanche conto di...

Dovresti scoparlo, altroché!” proruppe Calvin “Tanto anche se va da schifo domani non ricorderà niente.

Mai mi parve che Calvin avesse detto cosa più ragionevole: Scorpius era là, seduto sul letto, che armeggiava con i bottoni della camicia – gesto che in quel momento mi sembrò estremamente provocante – ed io ero abbastanza ubriaca da ritenere cosa buona e giusta che tutti i suoi vestiti andassero a finire sul pavimento, possibilmente seguiti dai miei. Ma ero anche abbastanza consapevole del fatto che mamma e Draco si trovavano un metro sotto i nostri piedi e che loro probabilmente se ne sarebbero ricordati, se ci avessero beccati a scambiarci cellule aploidi tra le lenzuola. 

<< Dannati bottoni... >>

La voce impastata di Scorpius mi riportò violentemente alla realtà – quella in cui sia io che lui eravamo troppo sbronzi anche solo per centrarci le labbra con un bacio a stampo – e dovetti ridimensionare i miei propositi, accontentandomi di posare la mano sulla sua e scostarla gentilmente dai bottoni della camicia. 

<< Faccio io. >> borbottai, sentendo una vampata di calore avvolgermi le guance. 

Focalizzai tutta la scarsa attenzione di cui disponessi al momento sul primo bottone, che sfilai con un po' di fatica, perché ero sbronza – mi dissi – o forse perché al contatto con sua pelle calda mi tremarono le dita – come mi fece notare Calvin. 

Esitai per un paio d'istanti, la mano aperta posata sul suo torace che si alzava e si abbassava velocemente, tentando di captare i battiti del suo cuore sotto la pelle. Avrei voluto poter immergere la mano nel suo petto, fino a raggiungere il suo cuore, e poi stringerlo delicatamente e sentirlo pulsare tra le mie dita. Sentirlo pulsare di vita, di amore. Per quella vecchia foto di sua madre, per una ragazza senza volto, forse anche un po' per me.

Avrei voluto regalargli un pezzettino del mio cuore, e chiedergli in cambio una briciola del suo, come due bambini che si scambiano le figurine delle Cioccorane. 

Avrei voluto che i nostri battiti si mescolassero, adattandosi gli uni agli altri, eliminando le note stonate fino a comporre la nostra melodia; che forse non sarebbe stata un granché, forse ogni tanto sarebbe andata un po' troppo veloce, o troppo piano, ma sarebbe stata solo nostra. Nostra, proprio di noi due, che in comune non avevamo mai avuto nulla, se non la reciproca antipatia. 

<< Perché piangi? >> sussultai e rialzai gli occhi sul volto di Scorpius, stupendomi di avere le guance rigate di lacrime. 

<< Io... non lo so... >> sussurrai. 

Ed era vero: non mi ero nemmeno accorta di star piangendo. 

Devo essere davvero sbronza...

In effetti lo ero: non abbastanza da non poter camminare in linea retta e fingere di essere in possesso delle mie facoltà mentali, ma abbastanza perché quello sforzo mi costasse un mal di testa difficilmente ignorabile.

Tirai su col naso e mi asciugai gli occhi con il dorso della mano, realizzando per la prima volta, dopo cinque anni, che non avevo mai avuto un valido motivo per odiare Scorpius. 

Lo avevo preso in antipatia perché ero gelosa di Al. Lo avevo trovato insopportabile perché ero invidiosa degli Eccezionale che tutti si sarebbero aspettati da me e che invece facevano bella mostra di sé sulla sua pagella. Poi lo avevo detestato perché ero infantile e non volevo ricredermi sul suo conto. Alla fine lo avevo odiato semplicemente perché ci avevo fatto l'abitudine.

E ora, altrettanto senza motivo, mi ritrovavo ad essere disperatamente innamorata di lui. 

Strizzai gli occhi e mi passai con furia la mano sulle guance, tentando inutilmente di cancellare le lacrime che continuavano a scorrervi. Scorpius mi fissava, perplesso, sbattendo di tanto in tanto le ciglia sugli occhi annebbiati.

<< Mi stai bagnando la camicia... >> osservò, con voce neanche tanto velatamente irritata. 

<< Scusa... >> sussurrai. 

Avevo la voce ferma, nonostante tutto, ma le lacrime continuavano a sgorgarmi dagli occhi come gocce di pioggia che cadono dal nuvoloso cielo inglese senza che tu possa fare niente per fermarle. In fondo non ero nemmeno sicura di voler smettere di piangere: provavo una sorta di perverso gusto nel seppellirmi sotto quei pensieri depressi e crogiolarmi in quell'improvvisa tristezza. Anch'essa immotivata, come tutto quello che era successo i quella notte, tra l'altro. 

Scossi la testa, ignorando il dolore alle tempie, e finii di sbottonare la camicia di Scorpius con un paio di strattoni secchi. Gliela sfilai in fretta, gli occhi troppo offuscati dalle lacrime per soffermarmi a guardarlo, pescai una maglietta bianca da un cassetto a caso e gliela ficcai addosso con malagrazia. 

<< Dormi con i jeans. >> decretai, spingendolo sul materasso. 

E prima che potesse ricominciare a lamentarsi mi ero già chiusa la porta alle spalle, lasciandomi sfuggire un singhiozzo vagamente soddisfatto. Dopotutto disperarsi in silenzio non era così male: mi faceva sentire l'eroina incompresa di un film.

Ero così presa dalla mia depressione che mi accorsi di mia madre solo quando ci andai a sbattere contro. 

<< Ouch... >> barcollai all'indietro, sotto il suo sguardo da genitrice troppo intelligente per farsi fregare da una figlia ubriaca.

Adesso si arrabbia e mi rinchiude in casa per i prossimi mille anni...

Mi ritrovai quasi a sperare che lo facesse: una sana ramanzina e un'ingiusta punizione mi avrebbero fatta sembrare ancora più eroina ed ancora più incompresa. E poi deprimermi sarebbe stato molto più divertente. 

Ma lei si limitò a lanciarmi uno sguardo di sufficienza. << Vai a dormire. >> ordinò, con voce stanca. Probabilmente era troppo impietosita dallo stato in cui ero ridotta per rimproverarmi. << Vi lascio la pozione per il dopo-sbornia sul tavolo della cucina. >>

 

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Capitolo 19
*** vero è ciò che si ricorda ***



 


18 
Vero è ciò che si ricorda

 


Mamma ha sempre ritenuto che l'educazione magica glissi su alcuni aspetti fondamentali della cultura occidentale che invece, Maghi o Babbani che siano, tutti dovrebbero conoscere. Così, un'estate di parecchi anni fa, si era messa in testa di insegnarmi la filosofia. All'inizio mi divertivo da matti ad ascoltare le boiate che i Greci sparavano con così profonda convinzione per spiegare il mondo – una volta avevo addirittura tentato di incantare una tartaruga con la bacchetta di papà per vedere se Zenone aveva ragione – ma com'era prevedibile dopo un po' avevo cominciato a stufarmi. Quando eravamo arrivate ai Sofisti, quindi, avevo accolto il loro scetticismo sulla possibilità di trovare una verità assoluta come manna da cielo e nelle loro teorie avevo trovato un'ottimo pretesto per smettere di perdere tempo con la filosofia.

Non avrei mai pensato che, anni dopo, avrei potuto trovare dei motivi più validi per credere alle loro parole. Eppure quei maledetti avevano ragione da vendere: cosa diavolo è la verità, se quando la sai non puoi nemmeno dirla agli altri?

 

***

 

La mattina dopo volevo morire. 

La lenta tortura dei ricordi di quella notte che riaffioravano pigri ma inesorabili dalla nebbia assonnata della mia mente, lasciando sempre abbastanza tempo tra l'uno e l'altro perché potessi angosciarmi all'idea di cos'altro fosse successo, ma mai abbastanza perché potessi prepararmi psicologicamente a quello che avrei scoperto, mi fece desiderare di aver baciato un Dissennatore al posto di Scorpius. Almeno i miei problemi sentimentali sarebbero finiti lì.

Almeno adesso non avrei una paura fottuta che non gli sia piaciuto e ricordi tutto, o che gli sia piaciuto e non ricordi un emerito cavolo. Delle due l'una...

Premetti più forte il cuscino sulla fronte, tentando di ricacciare nell'oblio dell'alcool e dei sogni quei ricordi che continuavano a sfuggire alle barriere della mia memoria, come chicchi di riso da un colino troppo largo. Ma più mi sforzavo di non ricordare, più quelle immagini apparivano nitide contro lo schermo nero delle mie palpebre, come a volersi prendere gioco della mia instabile mente di adolescente psicolabile. 

Respiri. Respiri rapidi, corti, quasi frettolosi. I respiri di chi non ha tempo da perdere per una cosa futile come respirare

Respiri al sapore di vodka e baci. Respiri al sapore di Lui

Era tutto inutile, dannazione! Più mi sforzavo di non pensarci, più il mio cervello (con la complicità di Calvin, sospettavo) mi propinava delle vomitevoli scenette da film romantico in cui il mio ruolo sembrava limitarsi a quello della classica femminuccia tutta zucchero e sospiri in balia della figaggine del suo uomo.

A quel punto potevo solo sperare di non aver davvero pensato delle cose del genere, mentre lo baciavo. E forse avrei anche fatto bene a pregare di non averle dette ad alta voce, considerando la quantità di cocktail che avevo ingurgitato.

Lacrime. Il loro sapore salato sulle labbra, che cancella il suo. 

E le odi per averlo fatto, ma questo lo pensi dopo. 

E ti odi per aver lasciato che lo facessero, ma anche questo ti viene in mente solo dopo.

Troppo dopo. 

Non potevo credere di essermi davvero messa a piagnucolare davanti a lui, come una bambina dell'asilo a cui hanno rubato la bambola. Forse, in fondo, lo avevo solo sognato... in fin dei conti ero ubriaca, come potevo essere certa che non fosse stato tutto un prodotto della mia mente obnubilata dall'alcool? Sì, doveva essere così, non c'erano altre spiegazioni plausibili.

Insomma, sono una cintura nera di Karate, mica una femminuccia che se ne va in giro a versare lacrime sulla prima spalla disponibile che trovi!

E per cosa, poi? Come se mi fossi davvero innamorata di lui... figurarsi. Mi ero solo lasciata trascinare dalla vena melodrammatica del momento, tutto qui. 

Andiamo, la gente non s'innamora a sedici anni! Al massimo si preoccupa di trovare una scusa plausibile per convincere Madama Chips a farsi prescrivere la pillola!

Insomma, non potevo ancora essere caduta così in basso. Era semplicemente ridicolo!

A meno che io non fossi irrecuperabilmente patetica. 

Hai proprio un bel culetto, lo sai?

Irrecuperabilmente patetica e idiota. Soprattutto idiota, a quanto pareva. 

Merlino... non posso aver davvero detto una cosa del genere!

Altro che Vodka, nei cocktail che avevo bevuto doveva esserci del Veritaserum! Perché... beh, era piuttosto difficile negare che Scorpius avesse un lato B degno di lode. 

Pensare che Scorpius ha un bel culo non è particolarmente di aiuto in questo momento, in caso non te ne fossi accorta.” sibilò l'unico neurone assennato che mi fosse rimasto in testa, in direzione degli ormoni che ormai avevano colonizzato il mio cervello, riducendolo nelle condizioni di una casa lasciata all'unica custodia di un figlio adolescente dopo che quest'ultimo vi ha giustamente organizzato un festino. 

Scossi la testa, sperando che bastasse quel gesto secco a mettere ordine tra i milioni di pensieri che mi vorticavano nella mente, cozzando gli uni sugli altri nel tentativo di attirare la mia attenzione su di sé. Ma evidentemente, se non ci era riuscita una notte di sonno, la faccenda non era così semplice: mi sentivo confusa a tal punto che probabilmente un bicchiere di whisky avrebbe solo potuto  schiarirmi le idee o, più realisticamente, mi avrebbe svuotato la mente, cosa che al momento mi pareva comunque estremamente apprezzabile. 

Merlino, sono pazza...

Avevo baciato Scorpius, miseriaccia. Avevo baciato Scorpius. Cosa c'era di tanto difficile da capire in quel concetto che mi impedisse di catapultarmi giù dal letto e scendere in cucina saltellando e piroettando su me stessa, ansiosa di sbattergli contro e possibilmente finire tra le sue braccia? Ci avrebbe ben pensato la logica, poi, a ricordarmi che avevo baciato Scorpius ubriaco, non Scorpius e basta (il che era decisamente diverso), ma almeno il primo istinto del mio cuore, o dei miei ormoni, o di chiunque altro fosse l'incompetente idiota che si occupava dei miei sentimenti, non avrebbe dovuto essere quello di scappare in Uganda e cambiare nome. 

Per i più disgustosi slip di Merlino, ho baciato Scorpius!

Possibile che fossi riuscita a rovinare tutto?

Di che mi stupisco, ancora? Sono un'idiota.”

Più ci pensavo, più mi convincevo che l'unico modo per uscire da quella situazione con una dignità che fosse ancora degna di portare questo nome era prendere la bacchetta dal cassetto del comodino ed Obliviare Scorpius. Oppure sperare che ci avesse già pensato la Vodka. 

Insomma, cosa avrebbe mai potuto pensare di una ragazza che se lo era limonato per benino approfittando del fatto che fosse ubriaco? E cosa avrebbe dovuto pensare della stessa ragazza, se poi quella avesse anche deciso di farsi venire una crisi di pianto senza apparente motivo in sua presenza? 

Nessuna delle due domande meritava una risposta. 

Sbattei violentemente la fronte sul cuscino, digrignando i denti in una smorfia frustrata: possibile che non riuscissi a formulare un pensiero anche solo vagamente intelligente prima che altri mille mi travolgessero? Mi sembrava che il mio cervello si fosse trasformato in una centrifuga in funzione e, nonostante sapessi che la vera causa del mio malessere era la sbronza di quella notte, avrei giurato che tutto quel pensare sconclusionato mi avesse fatto venire una tremenda emicrania. 

Potrei andare avanti ore a pensare e non concluderei niente, se non che forse avrei ancora più confusione in testa...

Non era la prima volta che mi capitava di volere due cose diverse, ma non mi ero mai trovata a volere due cose esattamente opposte. 

Ovvio... esiste qualche altra persona a questo mondo che sarebbe capace di desiderare con tutta se stessa che una persona dimentichi un bacio e allo stesso tempo abbia una stramaledetta paura che non lo ricordi?

Merlino, e se davvero avesse dimenticato tutto? Se davvero per lui quella notte, quel bacio, quei pochi istanti rubati alle pagine di un libro di favole non fossero mai esistiti? 

Se lui non li ricorda sarà davvero come se non fossero mai esistiti... sarà come se fossero stati soltanto un sogno...

Davvero preferivo quello all'umiliazione di un orgoglio che – ammettiamolo – avevo lasciato calpestare da Scorpius troppe volte perché ormai potesse ragionevolmente importarmene ancora qualcosa?

Il problema era che non lo sapevo. Non ne avevo davvero la più pallida idea. 

Sono pazza.”

Sbattei la fronte sulla testiera del letto, quasi sperando di provocarmi un trauma cranico e cadere in coma. 

Sono un'idiota. Quadra tutto: è l'unica spiegazione possibile.

<< Merda! >> 

 

***

 

Alle dodici meno un quarto stavo attraversando furtivamente il corridoio del primo piano, intenzionata a raggiungere il frigorifero, svaligiarlo e tornarmene in camera con il bottino senza farmi vedere da Scorpius. E probabilmente ce l'avrei anche fatta, se la voce irritata di Al non mi avesse fatto prendere un colpo. 

<< Scusa, ma ti sembro fesso? >> sussultai e mi fiondai in bagno, chiudendo la porta a doppia mandata. 

Cosa ci fa mio cugino in camera di Scorpius? Oddio, non staranno mica spettegolando su di me, vero?

Onestamente non ero così sicura che Al non sarebbe stato capace di farlo. E Scorpius... bhe, avrebbe avuto i suoi buoni motivi... 

<< Avanti, lo so che ieri avete combinato qualcosa. >> insistette la voce di Al. 

Mi appoggiai alla porta, cominciando a sudare freddo. Non tanto all'idea che quell'infido traditore di Al potesse scoprire cosa era successo la sera precedente (nonostante, conoscendolo, ciò sarebbe equivalso a pubblicare la notizia del nostro fidanzamento sulla Gazzetta del Profeta), ma piuttosto al pensiero di quello che avrebbe potuto dire Scorpius. 

Miseriaccia, non ho ancora deciso se voglio che dimentichi tutto oppure no!

La voce irritata del biondino in questione interruppe le mie frenetiche riflessioni prima che riuscissi a decidermi. << Sicuro che tuo fratello non abbia messo qualcosa di strano nella tua colazione, Al? >> chiese, con tono piatto << Perché non ricordo di averti mai sentito sparare delle idiozie tali tutte insieme: non è successo assolutamente niente tra me e tua cugina. >>

Allora ha davvero dimenticato tutto? Merda... ci dovrà pur essere un modo per fargli tornare la memoria!

<< Oh, e così adesso da Rose siamo passati di nuovo a “tua cugina”... >> commentò Al, con una sottile vena di sadismo nella voce << Devo desumerne che è davvero successo qualcosa? >>

<< Io fossi in te ne desumerei che hai bisogno di uno psicologo. >> replicò Scorpius, palesemente irritato. 

Merlino, ma non ricorda proprio niente?

L'ingiustizia della vita era davvero sconcertante. 

<< Come ti pare. >> si arrese Al. Un po' troppo facilmente, forse. Ed infatti... << Vorrà dire che lo chiederò a Rose. >>

Le parole di mio cugino furono seguite dal rumore di una sedia spostata in tutta fretta e lasciata cadere sul pavimento. << Al, cavolo, aspetta! >> la voce di Scorpius parve parecchio preoccupata. << Non... non hai davvero intenzione di andare a chiederlo a lei, vero? >> più che preoccupato, sembrava proprio terrorizzato. 

Vuol dire che ricorda? Oh, merda, e adesso cosa cavolo faccio? Devo obliviarlo, non ho scelta...o, sì, bhe, mi resta sempre l'alternativa di fuggire in Uganda...

<< Certo che ho intenzione di chiederglielo. >> rispose Al, senza scomporsi << Non mi lasci altra scelta. >> 

Mi sembrò quasi di sentirlo sogghignare, il bastardo. 

<< Ok, d'accordo, resta qua, ti dico tutto. >> esclamò Scorpius, precipitosamente.

La risatina soddisfatta di Al mi riempì le orecchie del suo irritante suono. << Sono tutt'orecchi. >> dichiarò, divertito. 

Schifoso, lurido...

<< Non è successo davvero niente di eclatante... >> sussurrò Scorpius, in fretta, come se volesse solo togliersi quel peso e poi scappare a nascondersi da qualche parte. 

Non in Uganda, sia ben chiaro. Là è prenotato per me.”

<< Insomma, sì, da un certo punto di vista... >> la sua voce si interruppe di nuovo. Passarono alcuni secondi di silenzio, poi Scorpius prese un respiro profondo, come se stesse per buttarsi da una scogliera, e disse tutto d'un fiato. << Èchehofattolacazzatapiùgrossadellamiavita. >>

<< Come, scusa? >> la voce di Al suonò piuttosto confusa. 

Scorpius sospirò. << Ho fatto una cazzata, Al. Una cazzata enorme. >>

 

***

 

Atterrai nel giardino dei Potter lanciando la scopa nell'erba, incurante dei Babbani che potevano avermi vista sfrecciare sullo sfondo del nuvoloso cielo inglese e della ramanzina di mamma che ne sarebbe conseguita. Zio Harry, che stava leggendo un giornale beatamente stravaccato su una sdraio là vicino, sobbalzò. 

<< Rose! >> esclamò, inciampando nelle infradito nella fretta di alzarsi. << Va tutto bene? >>

Dal suo sguardo preoccupato non mi fu difficile capire che lui e gli altri zii stavano aspettando da tempo di vedermi fuggire a gambe levate dai Malfoy, possibilmente in preda ad una crisi isterica di quelle che vengono ricordate nella storia. 

Mi sforzai di sorridere e di racimolare il fiato necessario per rispondere. << Sì, avevo solo voglia di venire a trovarvi... disturbo? >>

Naturalmente lo zio non se la bevve, ma ebbe il tatto di reggermi la recita. << No, figurati. >> mi rivolse un sorrisino vagamente nervoso << Ti va un bicchiere di succo? >>

A dire il vero la voglia di mangiare mi era completamente passata, ma rifiutare del cibo sarebbe solo servito a convincere lo zio che Draco mi chiudeva in cantina per torturarmi, perciò mi costrinsi ad annuire. << Sì, magari... è un bel volo da casa fino a qui. >>

Harry si ficcò le mani nelle tasche e si mordicchiò il labbro inferiore, a disagio. << Già... >>

Sapevo che agli zii non piaceva l'idea che vivessi con i Malfoy – zia Ginny si era addirittura offerta di ospitarmi se non mi andava di stare da papà per l'estate  – anche se non avevano mai affrontato il discorso con mia madre. E come biasimarli? Se solo avessero insinuato che la sua scelta potesse essere sbagliata nei miei confronti lei se la sarebbe presa a morte ed avrebbe cominciato a blaterare dei soliti pregiudizi contro i Malfoy e di quanto loro Grifondoro fossero ottusi ed acciecati dalle ridicole convinzioni che si trascinavano dietro dall'epoca della scuola.

Eppure, mentre sedevo al tavolo della cucina sorseggiando il mio succo, avrei preferito che Ginny non mi guardasse con quell'espressione da “povera cara... se solo potessi fare qualcosa per te...”. E per dirla tutta nemmeno l'espressione da “dovrò costringere Hermione a ragionare: questa ragazza è a pezzi” che esibiva lo zio Harry era particolarmente d'aiuto in quel momento. 

Forse dovrei davvero chiedere asilo politico per un po'...” ragionai amaramente, rigirandomi il bicchiere tra le mani “in fondo dubito che Scorpius sentirebbe la mancanza della sua cazzata della scorsa notte...

Quando rialzai lo sguardo vidi gli zii spostare frettolosamente gli occhi in due direzioni diverse, con un'identica espressione di colpevole indifferenza stampata in faccia. Zia Ginny bevve un sorso dal suo bicchiere e stirò le labbra in un sorriso degno di uno che si è appena seduto sulla coda di un Ungaro Spinato. 

<< Come va a casa, Rose? >> chiese, spacciandola per una domanda di pura e semplice cortesia.

Le rivolsi un sorriso di circostanza. << Bene, grazie. >>

Gli zii si scambiarono uno sguardo preoccupato. Avevo come l'impressione che più avessi continuato a dire che andava tutto bene, più si sarebbero convinti che in realtà ero troppo spaventata dalle continue sevizie che subivo per parlarne con loro. 

Harry tamburellò nervosamente le dita sul tavolo. << Come va con Scorpius? Ti trovi bene con lui? >>

Mi strinsi nelle spalle. << Sì, più o meno. >>

No, un corno. O forse decisamente troppo, a seconda...

La pelle attorno ai sorrisi degli zii si fece sempre più tesa. << A scuola non andavate molto d'accordo, vero? >> s'informò Ginny. 

<< Non molto. >> ammisi. 

Comunque di sicuro andava molto meglio che adesso... almeno quando lo mandavo a farsi fottere non pensavo che mi sarebbe piaciuto accompagnarlo...

Harry svuotò il suo bicchiere e lo appoggiò rumorosamente sul tavolo. << Bhe, probabilmente non vi conoscevate bene. Al dice sempre che è un ragazzo simpatico. >>

Al diceva anche che io e Scorpius ci saremmo sposati...

Mi sforzai di sorridere, nonostante fossi certa che se qualcuno avesse nominato di nuovo quel certo biondino sarei scoppiata a piangere. << Comunque come mai sei a casa, zio? >> chiesi, decisa a cambiare argomento. 

Sedici anni di sopravvivenza nell'affollato clan dei Weasley mi avevano insegnato che se c'è un argomento di cui non vuoi parlare non puoi assolutamente contare sul fatto che i tuoi parenti non lo troveranno abbastanza interessante da discuterne per ore. 

Per fortuna anche lo zio pareva non aspettare altro che una buona scusa per cambiare argomento, perciò fu ben lieto di rispondere alla mia domanda. << La mensa del Ministero fa abbastanza schifo. >> spiegò, con un sorrisetto << Così ho deciso di approfittare di essere il capo degli Auror per prendermi una pausa pranzo un po' più lunga del solito. >>

Zia Ginny spedì i bicchieri vuoti in cucina con un colpo di bacchetta. << Naturalmente se vuoi restare per pranzo sei la benvenuta. >> disse << Lily è uscita con Louis e degli amici di scuola, ma sarà a casa a momenti. E Al... >> aggrottò le sopracciglia << A proposito, credevo che fosse da te. >>

<< Oh... >> mi affrettai a distogliere lo sguardo << ehm... devo essere uscita proprio prima che arrivasse, allora... >>

La faccenda si stava facendo decisamente imbarazzante. Harry e Ginny continuavano a fissarmi in attesa che scoppiassi a piangere e confessassi tutte le violazioni dei diritti umani compiute da Malfoy, senza sapere quanto fossi davvero vicina alle lacrime, anche se per un motivo (e un Malfoy) diverso.

Intrecciai le dita, fissandole come se aspettassi che mi rivelassero i segreti dell'universo. << James che fine ha fatto? >> chiesi, tanto per chiedere qualcosa. 

O forse no, forse in fondo avrei davvero voluto vederlo. James era l'unico che non si sarebbe accorto del cartello che mi portavo dietro da quella mattina, su cui era scritto a lettere cubitali “sono depressa”. E probabilmente era anche l'unico che mi avrebbe ascoltata lagnarmi in silenzio, bevendosi la storia “della mia amica a cui piace un tipo che non conosci ma che, fatalità, assomiglia davvero un sacco a Malfoy”.

Ginny alzò gli occhi al cielo. << Oggi ha la giornata storta: è andato a tenere il muso sul tetto... anzi, potresti andare a dirgli che sarebbe carino se si degnasse di venire giù, visto che sua cugina è venuta a trovarlo. >>

Non avevo un particolare interesse a vedere James che faceva l'incazzato perché credeva che la mossa del Bradipo Rovesciato gli venisse leggermente storta, ma, considerato che il mio interesse a restare in cucina sotto gli sguardi preoccupati degli zii era ancora minore, non potei fare altro che acconsentire. 

Solo troppo tardi, quando avevo già posato piedi e manico di scopa sul tetto, mi sfiorò il sospetto che la mossa del Bradipo Rovesciato c'entrasse ben poco con l'umore nero di mio cugino. 

<< Jamie? >> lo chiamai, incerta, barcollando in equilibrio precario sulle tegole spioventi. 

Lui non si curò di me nemmeno abbastanza da rispondermi con un grugnito irritato come si deve, o forse ci provò, ma il verso soffocato che gli uscì dalle labbra serrate assomigliava più che altro ad un singhiozzo messo a tacere a forza da un ringhio. 

Non avevo mai visto James in quello stato. 

James, il migliore cugino idiota che chiunque avrebbe potuto desiderare. James, che non sapeva nemmeno che esistessero dei motivi per cui piangere. James, che non aveva mai negato un sorriso a nessuno. 

E ora quello stesso James se ne stava raggomitolato sulle tegole sporche del tetto, la sua venerata scopa abbandonata con malagrazia in bilico accanto allo scolo della grondaia, i pugni serrati sulla stoffa dei pantaloni, la mascella contratta come se stesse tentando di mandar giù un sorso di puzzalinfa senza vomitare. Ma quello era ancora niente, in confronto agli occhi. I suoi occhi castani, ridenti, che brillavano sempre di spensierata allegria. Ora l'unica cosa di cui brillassero erano le lacrime che non si decidevano a bagnargli il viso.

E a me sembrò che il mondo si fosse capovolto, che si fosse completamente rivoltato su sé stesso, come un calzino sporco sfilato con malagrazia e lanciato sotto il letto. Perché James non piangeva mai, ma mai sul serio: in tutta la mia vita non ricordavo di aver visto i suoi occhi arrossati dalle lacrime una sola volta. Non aveva mai pianto quando, da piccolo, Al gli rubava la scopa giocattolo, né quando, dopo che gliele aveva date come si deve per farsela restituire, zia Ginny le dava a lui. Non aveva pianto quando, a sei anni e mezzo, si era perso per Nocturn Alley, né quando, a otto, Al e Fred lo avevano chiuso nello sgabuzzino delle scope per tutta la notte, e non lo aveva fatto nemmeno quando si era lussato la spalla sbattendo in volo contro un palo degli anelli di Quidditch.

Mi fermai a poco più di un metro da lui, senza trovare il coraggio di avvicinarmi di più. Senza nemmeno cercarlo, a dire il vero: l'idea che James potesse mettersi a piangere sul serio e che le lacrime che luccicavano intrappolate tra le sue ciglia scure potessero davvero mettersi a rotolare sulle sue guance mi terrorizzava molto più di quanto fosse ragionevole. Avevo paura che un passo in più o un semplice respiro di troppo potessero infrangere quell'equilibrio debole ed incrinato che ancora tratteneva le sue lacrime, come una diga crepata che tenta ancora di resistere alla corrente impetuosa del fiume, come un castello di carte abbandonato vicino a una finestra aperta. 

<< Jamie… >> sussurrai. 

Lui rimase immobile, lo sguardo ostinatamente puntato lontano dai miei occhi, i muscoli contratti delle braccia che tremavano appena un po'. 

Mi ritrovai a sperare che lo zio Harry gli avesse proibito di bere birra per il resto della sua vita, perché altrimenti avrebbe significato che era morto qualcuno, o che la Terra stava per venir invasa dagli alieni.

“Merlino, ho sempre fatto schifo a consolare la gente…”

Mi morsi il labbro inferiore, in attesa di un aiuto divino, possibilmente sotto forma di una boccetta di pozione della ridarella caduta dal cielo. Dopo due minuti, visto che non era ancora successo niente di miracoloso, mi vidi costretta ad accantonare la speranza di un deus ex machina che risolvesse la situazione e mi schiarii la voce, tentando di decidere cosa avrebbe fatto Teddy, o Al, o chiunque altro al mio posto. << Ehm… cosa…. cosa ci fai sul tetto? >> chiesi. 

Sapevo già di non essere dotata del dono di dire sempre la cosa giusta al momento giusto, ma a quanto pareva ero anche sprovvista della capacità di dire una cosa seppur vagamente intelligente in un momento a caso della mia esistenza. 

James inspirò seccamente, senza distogliere lo sguardo dalla campagna che stava fissando come se la ritenesse responsabile di tutte le sue disgrazie. << Prendo il sole. >> dichiarò, come se mi stesse sfidando a contraddirlo. 

Feci scorrere uno sguardo compassionevole dal tipico cielo inglese, coperto di nubi, a mio cugino. << Non c'è il sole, James. >> gli feci notare. 

Lui si strinse nelle spalle, gli occhi ancora persi a rincorrere l'orizzonte. << Vuol dire che lo aspetterò. >>

Scossi la testa: James non era neanche capace di aspettare che sua madre mettesse la cena in piatto e di solito tentava di fuggire in camera sua con la pentola, mi sembrava alquanto improbabile che di punto in bianco avesse deciso di diventare un saggio zen dedito alla meditazione e alla solitaria attesa di condizioni atmosferiche che in Gran Bretagna difficilmente si sarebbero verificate prima di qualche secolo. 

Roteai gli occhi e mi lasciai scivolare sulle tegole inclinate del tetto, al suo fianco. << Ti va se lo aspetto con te? >>

In fondo non avevo una gran voglia di tornare a casa. In fondo deprimermi a guardare James mentre si deprimeva per i suoi problemi era sempre meglio che deprimermi a guardare me mentre mi deprimevo per i miei.

James si strinse nelle spalle. << Se non hai niente di meglio da fare... >> 

Tirò rumorosamente su con il naso e si passò la manica della maglia sotto le narici con rabbia. Tentai di incrociare il suo sguardo, ma non appena i nostri occhi s'incontrarono James girò la testa di scatto. 

<< James? >>

In risposta alla mia occhiata scettica sollevò un braccio e finse di scacciare un insetto. 

<< Cosa c'è? >>

Sospirai. << Va tutto bene? >>

Ovvio che non andava bene: a confronto sembravo più allegra io di lui. O, per lo meno, sembravo meno intenzionata a suicidarmi nell'immediato – ridimensionai, subito dopo. 

James tirò nuovamente su con il naso. << Sì. >> mentì, con un tono mogio che già da solo lo smascherava miseramente. << Mi... mi è solo finito un ciglio nell'occhio... >> sussurrò, affrettandosi a far sparire tra le dita una lacrima che gli era sfuggita dall'angolo dell'occhio. 

Perché non mi dici direttamente che il trucco ti ha fatto irritazione? Sarebbe più credibile...

Sbuffai e lo afferrai per le spalle, costringendolo a guardarmi negli occhi. << Non vedo nessun ciglio. >> dichiarai, fissando le sue iridi lucide con aria scettica. 

James mi strattonò bruscamente per liberarsi dalla mia presa e si distese sulle tegole del tetto in una posizione accuratamente studiata per darmi la schiena e – supposi – nascondermi le lacrime causate dal ciglio fantasma. << È piccolo... >> sussurrò << proprio qui, nell'angolo, il bastardo... >> aggiunse, stropicciandosi rabbiosamente la pelle arrossata all'angolo dell'occhio destro.

Stupidi maschi... loro e la loro mania di fare i duri, sempre e comunque...

Per un attimo fui seriamente tentata di prenderlo a calci nel sedere fino a fargli abbastanza male da fornirgli una buona scusa per piangere, ma alla fine (l'assidua frequentazione di Scorpius doveva avermi fatta diventare una pappamolla) mi limitai a posargli una mano sulla spalla e ripetei il suo nome per la trecentesima volta nel giro di cinque minuti. 

<< Jamie... >>

<< Vaffanculo. >> bofonchiò. 

Visto? Dovevi prenderlo a calci.

Ignorai Calvin, che sembrava aver deciso di rifarsi della sua lunga assenza tormentandomi anche quando Scorpius era l'ultimo dei miei pensieri (bhe, non proprio l'ultimo magari, ma già che non fosse il primo era un fatto degno di nota, visti i miei precedenti), e mi distesi accanto a James, passandogli le braccia attorno alle spalle e stringendolo forte. 

<< Anche tu. >> sussurrai, appoggiando la guancia al suo collo mentre mi lasciavo contagiare dalla malinconia che mio cugino irradiava da tutti i pori. 

Ovviamente l'incursione di Calvin nella mia mente già-abbastanza-bacata-senza-che-ti-ci-mettessi-anche-tu-grazie aveva avuto il disastroso effetto di far tornare Scorpius nella top five dei miei pensieri (anche nella top one, a voler essere sinceri). Ed altrettanto ovviamente la cosa non aveva contribuito particolarmente a contrastare l'effetto depressivo di James. 

Restammo in silenzio a guardare il vuoto per quelli che mi parvero un paio di secoli, ma probabilmente furono molto di meno, anche perché quando James si decise a parlare non vedevo in giro né alieni né robot volanti. 

<< Domi mi ha rotto il cazzo. >> disse, amaramente. Le parole gli uscirono dalle labbra flebili come un sussurro, ma rabbiose come un ringhio. 

Domi.” 

Avrei dovuto saperlo: era sempre Domi. Forse era solo che mia cugina tendeva ad intromettersi nelle vite altrui e James glielo aveva sempre lasciato fare con la sua, ma questo non spiegava perché dovessero starsi costantemente tra i piedi, se non erano capaci di andare d'accordo per più di due minuti. Insomma, d'accordo che James era discretamente stupido, ma bisognava davvero essere dotati di una stupidità superiore per non capire che quando Domi aveva le giornate no l'unica cosa possibile da fare era starle alla larga. Se poi, invece che consolarla, l'intento di chi l'avvicinava era farle ingerire una Merendina Marinara o qualche altra diavoleria, non vedevo come James potesse stupirsi di venir affatturato ogni volta che ci provava. 

Mio cugino aveva sempre avuto un talento per beccare Domi nei momenti peggiori che potesse scegliere e dirle la cosa peggiore che potesse dire.

<< Bhe, dai, rompe un po' a tutti... >> minimizzai << lo sai com'è fatta... >> 

E io sapevo com'era fatto lui, ragion per cui non mi sprecai troppo per sembrare convincente: l'avrebbe perdonata prima che riuscissi a persuaderlo, in ogni caso. E ci avrebbe litigato di nuovo ancora prima di averla perdonata. 

James sbuffò. << Non mi pare che abbia finto di essere te per intromettersi negli affari tuoi e di Malfoy. >> osservò. 

<< Perché non ce n'è bisogno: sono perfettamente in grado di mandare tutto alle ortiche anche senza il suo aiut... urgh! >> mi sbattei una mano sulla bocca, realizzando di aver detto tutte quelle cazzate ad alta voce. “Cavolocavolocavolo...” << Io e... >> “Merlino, perché non sono nata muta?” << Cioè... io e Malfoy cosa di preciso? Io e Malfoy un bel niente! >>

James si girò verso di me quanto bastava per mostrarmi le sue sopracciglia inarcate. << Guarda che lo hanno capito tutti. >> disse. 

Oh, bhe, se lo aveva capito pure lui non ne dubitavo. 

Non ha nemmeno più senso dire che sono patetica, vero?

Chiusi gli occhi ed inspirai profondamente l'odore della pelle di Jamie, che sotto la stretta vigilanza della zia Ginny sembrava aver ripreso a lavarsi ed ora sapeva di quell'odore fresco e familiare che avevo da sempre associato a casa Potter. << Che dici, fondiamo il circolo dei depressi? >> chiesi. 

James non rispose, ma il suono dell'aria che fuoriusciva di getto dalle sue narici tradì il sorriso che mi nascondeva. Non che ci fosse molto da ridere, comunque, visto che il circolo dei depressi avremmo potuto fondarlo senza problemi.

Intanto abbiamo già due adesioni assicurate... tre, se contiamo anche Calvin...

Il quale, ovviamente, non poté che indispettirsi per quel commento. “Io non sono depresso!” protestò “È la tua vita sentimentale che mi sconforta!

Intendevo dire che mi perseguiti ovunque vada” rettificai, ignorando con gran classe – o almeno così mi parve – il suo commento sulla mia vita sentimentale. Che, tra parentesi, non faceva poi tutto questo schifo. 

No, infatti, fa peggio che schifo...” 

E la cosa più schifosa di tutta quella faccenda era che l'ultimo commento era stato prodotto dalla metà del mio cervello che si supponeva non essere succube della nefasta influenza di Calvin.

Ho appena trovato qualcosa che faccia più schifo di peggio che schifo... forse mi daranno un premio...

<< Jamie... >> sussurrai, senza sollevare le palpebre << Tu cosa faresti se una persona a cui tieni molto se ne fregasse di te? >>

James rimase in silenzio per un paio di lunghi secondi, una mano che mi carezzava distrattamente la nuca. << Me ne starei a prendere il sole su un tetto, suppongo. >> rispose infine. 

Aprii gli occhi e mi sollevai su un gomito per lanciargli uno sguardo interrogativo, ma lui mi precedette. << Io voglio bene a Domi. >> disse << Ma lei... >>

<< Ti vuole bene anche lei, Jamie. >> lo interruppi, tornando a stendermi al suo fianco. Domi, per una sorta di paradosso, era molto più stronza con quelli che amava che con quelli di cui non le importava nulla. Forse perché l'unico ragazzo di cui fosse mai stata davvero innamorata era stato uno stronzo galattico nei suoi confronti. Strinsi più forte la mia presa attorno alle sue spalle e nascosi il viso nel suo collo. << Ne sono sicura. >> sussurrai. 

James sbuffò e dal movimento secco del suo collo immaginai che stesse scuotendo la testa. << Però lei può mandarmi a fanculo quante volte vuole, mentre per una volta che lo faccio io – e per un buon motivo – non mi perdona neanche se le chiedo scusa. >>

Per la seconda volta mi tirai su, in modo da poterlo guardare negli occhi. << Le hai chiesto scusa? >>

James si strinse nelle spalle, come a dire che non aveva importanza. << Ci ho provato. >> precisò << Ma ha detto che dovevo pensarci prima e che delle mie scuse non se ne fa niente. >>

Certo che aveva importanza, invece: uno dei pochi modi per ferire James era non accettare le sue scuse e Domi lo sapeva bene.

Perché ha tutta questa voglia di ferirlo?” 

Non era la prima volta che Domi faceva restare male un suo amico comportandosi da stronza, ma l'avevo sempre scusata ripetendomi che non lo faceva apposta. Ora, però, sarebbe stato un po' ridicolo cercare di darmi a bere quella storiella, quando era ovvio che Domi stava usando James come capro espiatorio per una sua vendetta. 

Stavo per dirgli che non si doveva preoccupare, che probabilmente Domi aveva solo un periodo di stronzaggine acuta e che doveva lasciarla perdere, ma James mi precedette. << E tu? >> chiese << Tu cosa faresti se una persona a cui tieni molto se ne fregasse di te? >>

Quella domanda cancellò Domi dalla mia mente per far spazio alla voce di Scorpius che ripeteva all'infinito “ho fatto una cazzata”, ma riuscì anche a strapparmi l'ombra di un sorriso. 

<< Me ne starei su un tetto a prendere il sole. >> risposi. 

Anche le labbra di James si stesero per far spazio ad un sorrisetto. << Vedi di non abbronzarti troppo, allora. >> disse << Perché sono secoli che aspetto una buona occasione per pestare quell'idiota. >>

 

***

 

Quella sera, visto che comunque un po' mi sarebbe dispiaciuto che Jamie spaccasse la faccia a Scorpius, stavo prendendo il sole distesa nel buio di camera mia. 

Non avevo ancora avuto il coraggio di farmi vedere da Scorpius e dubitavo che lo avrei mai avuto: in ogni caso non mi sarei persa niente che avrei potuto rimpiangere di aver perso. Insomma, se anche ci fossimo incrociati andando in bagno cosa cavolo avremmo dovuto dirci?

“Ehilà Scorpius, passata la sbronza?”

“Si, grazie Rose, ora sto bene. Tu, passata la voglia di baciarmi? Perché sai, per me è stata solo una cazzata, non vorrei che ti fossi illusa...”

Se la mettiamo così potrei anche non uscire mai più da questa stanza...

Ma evidentemente la sorte non aveva bisogno che uscissi da camera mia per prendersi gioco di me, visto che non appena ebbi formulato quel pensiero qualcuno bussò alla porta. 

<< Rose, posso... posso entrare? >> la voce incerta di Scorpius fece sobbalzare me ed il mio cuore in contemporanea, con la differenza che poi io mi afflosciai sul materasso, mentre il muscolo chiaramente involontario che mi batteva nel petto partì per una gara di corsa campestre.

Mi morsi le labbra, meditando per un istante di tentare la fuga calandomi dalla finestra. << Ehm... ecco... >> balbettai. Non avevo abbastanza tempo per creare una corda annodando le lenzuola, ma forse se fossi semplicemente saltata giù non mi sarei rotta niente che mi impedisse di fuggire nel buio. 

Scorpius bussò di nuovo, più forte. << Per favore, è importante. >>

No, no, no, vattene!

Era venuto per chiarire tutto, ci scommettevo; era venuto per dirmi che doveva essere davvero tanto ubriaco per esserci stato con me e che mi sarebbe stato grato se avessimo potuto fare finta che non fosse successo niente. 

E io, come al solito, avrei fatto a figura dell'idiota illusa di turno. 

<< Rose, cavolo, vuoi aprire? >> 

No che non volevo aprire, mi sembrava anche ovvio!

Ma se resti barricata qua dentro farai la solo figura dell'idiota immatura.” Mi fece notare Calvin. 

<< Rose ma... stai bene? >>

Chiusi gli occhi e mi feci scorrere le mani sul viso, tendendo la pelle sotto le dita, in un vano tentativo di calmarmi e schiarirmi le idee. Calvin, per quanto fosse un ninfomane arrapato, aveva perfettamente ragione: non potevo continuare a scappare da Scorpius per sempre. Avrei dovuto affrontarlo, invece, e dirgli che anche per me era stato un gioco. In fondo cosa ne poteva sapere? Ero ubriaca anch'io. 

Mi alzai e mi avviai verso la porta, imponendomi di inspirare ed espirare con calma. << Si, sto bene. >> dissi, girando la chiave nella toppa << Un secondo, mi stavo vestendo. >>

Alle nove di sera... molto credibile.”

Ancora meno credibile fu il sussulto che tentai di far passare per uno starnuto quando mi trovai davanti a lui: stava piegato per non sbattere la testa sul soffitto e di conseguenza, aprendo la porta, mi trovai a una decina di centimetri dal suo viso. E dalle sue labbra, quelle stramaledette labbra al sapore di Vodka che si erano divertite a prendersi gioco di me. 

Indietreggiai di un paio di passi fino al centro della stanza e rimasi impalata là, torturandomi le mani, in attesa che dicesse quello che aveva da dire in modo che potessi recitare anch'io la mia parte e sbatterlo fuori al più presto. Possibilmente prima che Calvin riuscisse ad istigare i miei ormoni ad una rivolta. 

Scorpius si ficcò le mani nelle tasche dei jeans, imbarazzato. << Hai intenzione di evitarmi per sempre, adesso? >> chiese.

Strinsi i pugni lungo i fianchi, sforzandomi di mantenere la stessa espressione neutra con cui lo avevo accolto. << Nessuno ti sta evitando, Malfoy. >> risposi. Più che neutra, la mia espressione finì per assomigliare a quella di un'ameba parecchio incavolata, ma al momento quella era più o meno la penultima delle mie preoccupazioni. 

<< Certo. >>

Mi sembrò di cogliere una nota di rassegnato sarcasmo nella sua voce. Strinsi più forte le mani e serrai i denti, come se mi stessi preparando a ricevere uno schiaffo in pieno viso senza emettere nemmeno un gemito di dolore. E metaforicamente parlando lo schiaffo lo stavo aspettando davvero. 

<< Allora? >> chiesi, irritata << A cosa devo quest'intrusione in camera mia? >>

Forse avrei potuto inscenare un po' meglio la mia “immensa gioia di vedere la sua faccia in camera mia”... o, bhe, anche sull'intera faccia del pianeta, per quanto mi riguardava. 

<< Volevo solo dirti che... io... >>

Scorpius spostò lo sguardo sulle punte dei suoi piedi, palesemente imbarazzato. 

E cosa mai ci vorrà per dirmi che non ti piaccio, grande cavaliere?” pensai, con rabbia. Almeno che avesse la decenza di fare una cosa rapida ed indolore, accidenti a lui!

<< Io credo di doverti delle scuse. >> disse, parlando in fretta, come se non vedesse l'ora di fare quello che la sua coscienza gli imponeva e scappare a a nascondersi da qualche parte. 

Non in Uganda, ribadisco.”

Spostai gli occhi sul muro alle sue spalle, costringendomi a mantenere un'almeno apparente calma. << Bene, scuse accettate. >> lo liquidai, freddamente. 

Ma Scorpius non sembrava avere abbastanza pietà di me da risparmiarmi l'allegra scenetta in cui mi palesava tutta questa pietà. Questa inutile pietà – avrei osato aggiungere – dal momento che nessuno glie l'aveva e chiesta e che, no, non smaniavo dalla voglia di sapere quanto apparissi penosa ai suoi occhi. 

<< Davvero, mi dispiace, non volevo che andasse a finire così. >> rincarò la dose, fissandomi con due occhi tremendamente colpevoli << Sono stato un idiota, lo so: non avrei mai dovuto bere così tanto, io... >>

Ormai avevo i pugni talmente serrati che sentivo le unghie penetrarmi nella carne dei palmi. E avrei solo voluto urlare che – accidenti a lui, a Merlino e a tutto il mondo – lo avevo capito che per lui era stato solo uno stupido errore, non c'era bisogno che me lo ripetesse tutta la sera. 

<< Io... ho rovinato tutto, vero? >> chiese. 

Sì, hai proprio rovinato tutto. Ma di che ti preoccupi? Tanto la vita è la mia.

Se entro tre millisecondi non avesse smesso di guardarmi con quella faccina da cagnolino bastonato, come se si aspettasse che fossi io a consolare lui per quello che era successo e per quello che non avrebbe dovuto succedere, ero quasi certa che il mio autocontrollo sarebbe felicemente andato a farsi friggere ed avrei ascoltato i suggerimenti di Calvin, che suggeriva di trasformare quella conversazione in una tonificante seduta di sesso violento. Senza il sesso, però. 

Scorpius sospirò. << Sei tanto arrabbiata? >>

<< No, assolutamente. >> risposi di getto, scuotendo la testa con vigore come se stessi cercando di convincere anche (e soprattutto) me stessa << È tutto a posto, figurati. In fondo ero ubriaca anch'io, cosa credi? >> ridacchiai come una pazza isterica << Se fossi stata in grado di connettere almeno un minimo non lo avrei mai fatto, figurarsi. Insomma, senza offesa, ma... ma avanti, non avrai davvero pensato che me ne importasse qualcosa? Tu sei più o meno l'ultimo ragazzo della Gran Bretagna che potrei farmi piacere! >> Sicuro che era l'ultimo. Com'era sicuro che mi piaceva più di quanto mi fosse mai piaciuta la Nutella. << Tranquillo, davvero, è stata solo una cazzata. Non me ne importa niente, sul serio, se non fossi stata... >>

<< Rose. >> mi chiamò lui, interrompendo il disordinato fiume di parole che gli stavo letteralmente vomitando addosso << Di cosa stai parlando? >>

Di tutte le frasi a cui mi ero preparata a rispondere, a partire dall'ennesimo “mi dispiace” (che avrei accolto con un pugno) per arrivare ad un laconico “tutto a posto allora” (a cui avrei replicato sbattendolo fuori dalla porta con un falso sorriso di cortesia), quella era esattamente l'ultima. 

<< Come sarebbe a dire di cosa sto parlando? >> sbottai, incredula << Di cosa stai parlando tu?! >>

Quando le sue iridi verde pallido incontrarono di sfuggita le mie mi sembrò di cogliere un lampo di delusione nei suoi occhi. << Io parlavo di quando mi sono messo a vomitare, rovinando la serata a tutti. >> rispose, evitando ostinatamente di incontrare di nuovo il mio sguardo. << Tu di cosa stavi parlando? >>

Sbattei le ciglia un paio di volte, incredula. << Io stavo parlando di... di quando ci siamo... >> arrossii << Lo sai di cosa stavo parlando! >> esclamai. 

Scorpius scosse la testa. << No. >> sospirò << Non lo so. Non ricordo niente di ieri sera: solo la Vodka e i conati di vomito. >> alzò lo sguardo dal pavimento e nei suoi occhi lessi la stessa amara tristezza con cui avevo convissuto per tutto il pomeriggio << Ma non fa niente, comunque. >>

Prima che potessi ricordarmi di avere una bocca e anche solo pensare di dire qualcosa lui si era già voltato e se n'era andato, come il principe azzurro di una favola senza lieto fine, chiudendosi la porta alle spalle. 

Mi lasciai cadere sul letto, immersa in una specie di trance in cui l'unica cosa che riuscissi a fare era cantilenare come un'idiota “Parlava solo del vomito... non ricorda niente... voleva solo scusarsi per averci rovinato la serata... non ricorda un emerito cazzo!

La vibrazione del cellulare, abbandonato sul comodino da tempo immemore, mi riscosse. Lo presi e lessi il messaggio che mi era appena arrivato da Al. 

Sev – Rose, hai chiarito con Scorpius? Era abbastanza a pezzi... anche tu, suppongo, visto che per quanto ti sei fatta vedere oggi avresti potuto essere morta. Comunque dobbiamo fare una bella chiacchierata noi due, uno di questi giorni.

Quando finii di leggere il messaggio una lacrima schizzò lo schermo del telefono. L'asciugai con un gesto stizzito del pollice, mentre una seconda ed una terza bagnavano la tastiera. 

Non avevamo chiarito proprio un cavolo, come al solito. E lui non ricordava nemmeno di avermi baciata... l'unico istante in cui, in qualche modo, ero riuscita a mostrargli i miei sentimenti, e per lui non era nemmeno mai esistito...

Tornai alla lista dei messaggi ricevuti, in cima alla quale campeggiavano una quindicina di messaggi non letti, quasi tutti da parte di Al. Aprii l'ultimo segnato come letto, che risaliva ancora a quella mattina di fine luglio, ormai lontana anni luce.

SevOh, si, in effetti parla spesso di una certa Weasley... Secondo me si è preso una bella cotta…

Strizzai gli occhi per liberarli dalle lacrime e passai al messaggio successivo. 

Sev – Rose, potresti degnarti di rispondere? Certo che voi due siete uno più cretino dell'altra: se dipendesse da voi non combinereste mai niente! E non dovrei essere io a dirtelo, anche perché se avessi qualcosa in quella testina ci saresti arrivata da sola, ma prima che tenti il suicidio forse sarebbe il caso che tu sappia che la Weasley in questione sei tu. Merlino, ti viene dietro da secoli e non te ne sei mai accorta.... ah, naturalmente io non ti ho detto niente :)

Naturalmente era troppo tardi. 


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Capitolo 20
*** te l'ha detto l'uccellino? No, era un GUFO. ***




Te l'ha detto l'uccellino?

No, era un GUFO. 

 

Perché gli uccelli ti fottono sempre, in tutti i sensi.

Sorvolando sulle interpretazioni più basse a cui questa affermazione si presta (e che non credo abbiano bisogno di essere commentate), non si può negare che gli uccelli siano dei gran bastardi: da' loro anche la più piccola possibilità di metterti nei casini e puoi star certo che lo faranno. 

Un esempio, giusto per rendere l'idea: credi di uscire una sera con il ragazzo dei tuoi sogni rifilando a tua madre la classica, vecchia scusa della serata con le amiche? Bene, non sorprenderti se il giorno dopo tutti i membri (vivi e morti) del tuo albero genealogico ti diranno “un uccellino mi hai detto che hai il fidanzato”. Ah, sì, perché poi l'uccellino deve sempre ingigantire tutto, naturalmente. 

Ma gli uccelli di gran lunga più stronzi sono i gufi. Soprattutto i gufi che portano i GUFO: mai che si perdano per strada, quelli. 

 

***

 

La mattina dopo avevo un piano: restare chiusa in camera mia ad elaborare un piano per rimediare alla mia idiozia e convincere Scorpius a sposarmi e fare tanti bambini biondi. 

Sul secondo piano ci stavo ancora lavorando. 

Nell'attesa che un'idea che possibilmente non implicasse l'umiliazione di strisciargli ai piedi chiedendogli perdono in sanscrito e greco antico mi venisse in mente, mi ritrovai a spulciare il diario di Draco. 

 

27 novembre 1993

 

Wow, sono mesi che non scrivo su questo diario. Bhe, mi sembra anche comprensibile, visto che un Ippogrifo mi ha praticamente staccato il braccio dal resto del corpo. Cioè, non so se ti rendi conto: sono stato deliberatamente aggredito da un Ippogrifo durante una lezione di Cura delle Creature Magiche. Stupide bestiacce permalose...

E cosa pensi che abbia fatto quell'imbecille di Hagrid? Niente, ovviamente: era troppo impegnato a piagnucolare che il suo dolce e tenero Fierobecco non farebbe male ad una mosca. Bhe, io non sono una mosca, infatti. Stupido ibrido... altro che figlio di un Gigante, quello è figlio di un Troll!

Ma comunque vedrà, vedrà... ho detto tutto a mio padre e lui naturalmente era furioso: ha giurato che farà ammazzare quella bestia infame e farà sbattere dietro le sbarre anche Hagrid. Di nuovo. In fondo non penso che l'ultima volta abbia avuto il tempo di socializzare a dovere con i Dissennatori... anche se, ora come ora, potrebbe benissimo farlo anche qua, visto che la scuola è infestata da quegli orribili cosi.

L'unico motivo per cui non li detesto troppo è che continuano a terrorizzare Potter: durante l’ultima partita di Quidditch è caduto dalla scopa e si è quasi ammazzato. Quasi, purtroppo. Ma figurati se quel venduto di Silente non salvava la vita del suo cocchino Potterino. Bleah...

Ora vado, pare che Zabini abbia trovato un'anima pia disposta a farci copiare i suoi compiti di Trasfigurazione.

Post Scrittum: sono un figo. Sul serio: ho piantato Pansy e sono ancora vivo. Ed oltretutto ora lei passa la vita a farmi da zerbino per riconquistarmi. La situazione è quasi divertente.

 

3 gennaio 1994

 

Sono tornato a casa per le vacanze di Natale, ovviamente. Figurarsi se avevo voglia di restare in quel postaccio infestato dai Grifondoro e dai Dissennatori. Certo, vedere Potter che sviene come una femminuccia ogni tre passi è sempre un piacere, ma quei dannati cosi mettono addosso una depressione… spero soltanto che qualche Sanguesporco si deprima troppo e decida di suicidarsi: almeno la presenza dei Dissennatori a scuola avrebbe una parvenza di senso. Perché, no, salvare Potter dal suo padrino assatanato non mi pare assolutamente sensato. Voglio dire, ma magari qualcuno lo accoppasse!

Comunque, in caso non ci riesca, spero davvero che quegli idioti del Ministero si sbrighino a catturare Black. Sono stufo marcio di vedere la sua faccia sulla prima pagina della Gazzetta. E sono stufo di questi stramaledetti Dissennatori. E… beh, sono stufo di tante cose ultimamente.

Ora vado a cena, comunque. Spero che gli elfi abbaino fatto il pasticcio di carne.

Venti minuti dopo

Oggi uccido. È una promessa.

Non che il pasticcio non ci fosse... oh, no, ce n'era una teglia piena, a dire il vero. Una profumata, invitantissima teglia piena di pasticcio di carne che se ne stava al centro della tavola pronta per essere divorata dal sottoscritto. Ma non me l'hanno fatta mangiare.

Cioè, non so se mi sono spiegato: io, Draco Lucius Malfoy, mandato a letto senza cena. Anzi, per la precisione, trascinato in stanza per le orecchie da mia madre e chiuso dentro a chiave. Senza cena.

È semplicemente inammissibile! Se non fossi così indebolito dalla fame avrei sicuramente sfondato la porta a calci e ucciso qualcuno a mani nude.

Merlino, Morgana, Salazar e Circe, voglio quel maledetto pasticcio!

Non esiste che arrivano a casa degli amici di mio padre e per colpa loro mi tocca starmene chiuso in camera mia a morire d'inedia come un moccioso in punizione. Ma neanche per sogno!

Adesso prendo la bacchetta, me ne frego delle leggi, faccio saltare la serratura, scendo di sotto e vado a sentire cos'hanno da dirsi di tanto importante da attentare alla mia vita murandomi vivo. E li costringerò a darmi il dannato pasticcio. Tutta la teglia.

Dieci minuti dopo

Merda.

Cazzo.

Merda.

Porco Merlino.

Credo che i tizi di sotto siano tutti ex Mangiamorte...

Stavano parlano di Black e di quello che scrivono i giornali sulla sua evasione. Pare che quello che si dice in giro potrebbe essere vero, che... che il Signore Oscuro potrebbe essere vivo. Cioè, non vivo. Ma nemmeno morto morto. Insomma, hanno detto che potrebbe tornare...

Ma alla fine sono solo voci, no? Leggende metropolitane, tutto qua... e poi, in teoria, la mia famiglia lo ha sempre servito, quindi se anche dovesse tornare non saremmo noi quelli che dovrebbero preoccuparsi, vero?

Però... però, alla faccia, sembravano tutti preoccupati. Sembrava che avessero quasi paura... no, senza il quasi. Se la stavano letteralmente facendo addosso. Uno di loro ha detto che se il Signore Oscuro tornasse sarebbero tutti nella merda fino al collo... anche la mia famiglia...

Merlino...

Sarebbe tanto disonorevole se dicessi che adesso ho una paura fottuta?

 

Rimasi a fissare le ultime righe, tracciate con una calligrafia frettolosa e tremolante, come imbambolata. Le parole Mangiamorte e Signore Oscuro continuavano a rimbombarmi nel cervello, come se la voce infantile e spaventata di un Draco adolescente continuasse a sussurrarmele all'orecchio.

Miseriaccia...

Ero la figlia di due dei salvatori del Mondo Magico, perciò fin da quando ero piccola non mi erano mai stati risparmiati i racconti mezzo inventati di mio padre, volti più che altro alla sua autocelebrazione, ma nemmeno i resoconti attendibili ed infarciti di insegnamenti morali che mi propinava mia madre per rimediare. Eppure Voldemort ed i Mangiamorte, per me, erano sempre rimasti delle figure fantastiche relegate alle pagine illustrate di qualche tenebroso libro di fiabe, spaventosi solo nel buio della notte mentre, dopo una delle mie marachelle, me ne stavo raggomitolata sotto le coperte chiedendomi se l'Uomo Nero sarebbe davvero arrivato per portarmi via.

Da brava ragazzina viziata qual'ero, cresciuta in una villetta sicura, lontana mille miglia dalla guerra, non avevo mai davvero percepito quelle figure spaventose come qualcosa di reale, qualcosa che aveva davvero ucciso mio zio Fred, e i nonni di Al, e i genitori di Ted...

Me ne rendevo conto appieno solo in quel momento, ma per me quelle persone non erano mai esistite, proprio come i personaggi dei libri, vivi solo la sera, durante l'ora delle favole della buonanotte. E Voldemort ed i suoi Mangiamorte non mi erano mai sembrati più veri che in quel momento, davanti alla pagina del diario di un ragazzino di tredici anni. Un bambino, insomma, a tutti gli effetti. Eppure quel bambino si era ritrovato incastrato in una guerra iniziata quando lui non era nemmeno nato, obbligato a seguire una strada già tracciata per lui non meno di quanto lo era stato lo zio Harry.

Non avevo mai pensato a Draco in quel modo; non mi ero mai soffermata a chiedermi come fosse stata la sua vita prima, cosa lo avesse spinto a voltare le spalle ai Mangiamorte e alla sua famiglia per diventare Auror, indifferente al disprezzo e alla diffidenza che tutti i “buoni” nutrivano nei suoi confronti.

E tutt'ora non avevo una risposta. Ma avevo le domande, ed avevo davanti gli occhi grigi di un ragazzino che ancora non immaginava quanto sarebbe stato nella merda.

 

***

 

Alle dieci e mezza conclusi che, dopo quell'edificante lettura, odiavo Draco ancora di più: per colpa sua avevo perso mezza mattina a pensare a Voldemort e ai Mangiamorte, con l'ovvia conseguenza che il mio piano per convincere Scorpius a sposarmi ed avere tanti bambini biondi era rimasto arenato nella fase iniziale della sua stesura, descrivibile in sintesi con un grande punto di domanda.

Ok, sono ufficialmente un'idiota.

Cosa cavolo avrei detto a Scorpius, adesso? “Ehi ciao, senti, per ieri sera guarda che stavo scherzando, in realtà mi piaci anche tu. Haha, visto che senso dell'umorismo?” 

Nel migliore dei casi mi avrebbe mandata a quel paese con un biglietto di sola andata. Nel peggiore mi avrebbe detto che dopo il mio discorso della sera prima le cose erano cambiate e che si era reso conto di non avere la minima intenzione di stare con un'imbecille del genere. 

In tutta onestà non avrei potuto biasimarlo: se una volta non era bastata a farlo scappare a gambe levate, dopo la seconda (e così plateale) prova della mia idiozia non sapevo neanche se aspettarmi che mi rivolgesse ancora la parola. 

Stupidastupidastupida...

Il ricordo di una bambina con la gonna della divisa troppo corta che chiedeva a un Malfoy dodicenne di mettersi con lei in cambio dell'esame scritto di Trasfigurazione mi tornò alla mente per la prima volta dopo secoli, scivolando fuori da uno dei tanti cassetti rimasti chiusi troppo a lungo della mia memoria. Immaginavo di dovermi ritenere fortunata per il semplice fatto che non mi avesse scagliato addosso un'Avada Kedavra, in quell'occasione: se a sedici anni ero una testa di cazzo, a dodici dubitavo esistesse un termine abbastanza offensivo per descrivermi. 

D'accordo che è un'età cretina, però...

Però con che coraggio mi sarei presentata davanti a Scorpius per dimostrargli che nel mio caso, più che l'età, la cretina ero io? No, decisamente, dovevo inventarmi una balla che reggesse per spiegare quello che gli avevo detto la sera prima, se volevo venirne fuori in qualche modo. 

... la storia dell'alieno impossessatosi del mio corpo è abbastanza credibile? O magari potrei dirgli di essere schizofrenica... sono sicura che non farebbe fatica a credermi. Oppure potrei sempre Obliviarlo, visto che già non ricorda il bacio una ritoccatina in più alla sua memoria non dovrebbe fare troppi danni...

Ma evidentemente non era destino che io portassi a termine la stesura del mio piano per convincere Scorpius a sposarmi ed avere tanti bambini biondi, perché le mie congetture furono interrotte dalla vibrazione del cellulare. Lo raccolsi dal comodino, per nulla stupita di scoprire che il mittente del nuovo messaggio era Albus. 

Sev – Solo due cose. Uno, sei un'idiota. Due, non provare a cavartela con una balla: alzati e vai a dirgli la verità. Ah, ce n'è una terza: se non lo fai tu lo faccio io. Baci baci. 

Lanciai uno sguardo truce allo schermo. 

Baci baci?!

Ci voleva una faccia tosta da record per incastrarmi in un ricatto così vile e spregevole e poi salutarmi con “baci baci”. Davvero, Al si era superato: me lo potevo quasi vedere mentre mi rivolgeva un sorrisino angelico, con tanto di aureola sbrilluccicante sulla testa, ed in contemporanea nascondeva dietro la schiena un tridente le cui punte rosse gli sbucavano da dietro le spalle. 

Odioso, viscido, lurido...

Premetti i tasti del cellulare con furia, digitando la mia risposta. 

Rose – Non so di cosa tu stia parlando.

La replica del viscido non si fece attendere. 

Sev – Sì, ho notato che tu e Scorpius tendete a “non sapere mai niente” di questo argomento. Comunque se è riuscito a sopportarti fino ad ora non vedo perché non dovrebbe continuare a farlo. Vai, scommetto che starete assieme entro questa sera. Anche perché se non gli chiedi tu di mettersi con te lo faccio io. 

Se fossi stata Superman a quel punto il mio cellulare avrebbe come minimo preso fuoco sotto il mio sguardo assassino. 

Certo, uno schiocco di dita e mi metto con Scorpius, che ci vuole?

La faceva facile, lui. 

Rose – Continuo a non sapere di cosa tu stia parlando. Non ho più batteria, il cell si spegnerà a momenti. Baci.

E premetti il tasto rosso per accelerare il processo di spegnimento del telefono che altrimenti, se mi fossi affidata alle cinque tacche di batteria, avrebbe potuto andare un po' per le lunghe. 

Lasciai cadere la schiena sul materasso, buttando fuori tutta l'aria che avevo nei polmoni con uno sbuffo esasperato. Mi mancavano solo i ricatti di Al per completare la mia perfetta giornata di merda. E ci terrei a rimarcare il fatto che non erano nemmeno le undici di mattina: probabilmente entro sera sarei caduta in un burrone e sarei morta. 

Chiusi gli occhi, tentando di scacciare dalla mente l'immagine delle mie budella spiaccicate sul fondo di una gola rocciosa come il cadavere della puffola pigmea di Lucy che da bambini avevamo fatto cadere dal tetto della Tana. Decisamente non un granché come morte. 

Accidenti, dovrei davvero dirlo a Scorpius... se non altro per evitare che pensi che ho chiesto ad Albus di dirglielo al posto mio, se e quando il viscido dovesse decidere di mettere in atto le sue minacce...

Ma dirglielo come, poi? La letterina in stile bambina dell'asilo, oltre ad essere decisamente da vigliacchi, era anche parecchio inutile: considerato che vivevamo nella stessa casa l'opzione “se mi rifiuta lo evito per tutto il resto della mia vita” non era molto praticabile. Di dirglielo in faccia, poi, non se ne parlava nemmeno: sarei morta di vergogna prima di riuscire a finire di pronunciare la prima frase. Forse avrei potuto urlarglielo dietro assieme ad una caterva di insulti... non era particolarmente romantica come dichiarazione, ma se non altro dargli dell'idiota mi aveva sempre fatta sentire meglio. E poi forse…

"E poi forse Al ha ragione e gli piaci davvero."

Suggerì Calvin, comparendo a tradimento nella mia testa assieme ad una strepitosa immagine di Scorpius che mi baciava senza alcun preavviso in mezzo al soggiorno, sotto gli sguardi allibiti di Draco e di mia madre, e mi dichiarava eterno amore. 

Scossi la testa, prima che il modello arrivasse a mostrarmi il film del mio matrimonio da favola con il suddetto Malfoy: non avevo bisogno di peggiorare la situazione, davvero. In effetti mi sembrava anche parecchio difficile che la situazione potesse essere peggiorata ulteriormente… 

"Di sicuro potrebbe essere migliorata." osservò Calvin "A quest'ora potresti aver chiarito tutto con Scorpius e potreste essere chiusi nel vostro bagno a sbaciucchiarvi clandestinamente."

La faccia orripilata di Draco alla vista della sua progenie che amoreggiava con un essere appartenente all'indegna stirpe dei Weasley scomparve immediatamente dal mio cervello, sostituita da una pittoresca immagine di me e Scorpius che ci scambiavamo attenzioni più o meno caste in un angolo del giardino, come due perfetti fidanzatini.

Ovviamente mi affrettai a far scomparire anche quella: non stavo esattamente morendo dal desiderio di vedermi sbattere in faccia tutto quello che avrei potuto avere e che invece, da brava idiota, avevo buttato nel cesso alla prima occasione. 

Avresti potuto stare con lui già secoli fa, al primo anno, se non fossi stata così immatura da sfotterlo fino alla morte perché gli piacevi.” Mi ricordò Calvin che invece, a quanto pareva, non vedeva l'ora di sbattermi in faccia quello che mi ero persa.

In quel momento sentii di odiarlo profondamente: uno passava anni a dimenticare le traumatiche esperienze della sua infanzia e poi arrivava un modello partorito dal suo cervello a rovinare tutto.

Saremmo durati al massimo quattro giorni, una settimana se ci andava di lusso.” 

Replicai, tentanto di convincermi della verità delle mie parole: se proprio dovevo piangere sul latte versato, almeno volevo avere la consolazione di sapere che avrei finito per rovesciarlo in ogni caso. 

Probabile.” convenne Calvin “Ma dopo averlo mollato e trattato da stronza – perché lo avresti fatto – ti saresti sentita in colpa e gli avresti chiesto scusa, e magari sareste andati avanti a tira e molla finché non sareste stati abbastanza maturi da fare coppia fissa ed iniziare una relazione seria.

Le subdole insinuazioni di Calvin trovarono un terreno fertile nel mio cuore che aveva vissuto fin troppo a lungo nutrendosi di fantasie utopistiche di questo genere: immaginai uno Scorpius che mi salutava ogni mattina con un bacio a fior di labbra, che mi teneva un braccio attorno alle spalle davanti a tutti, senza il minimo imbarazzo, e mi appioppava nomignoli che avrebbero fatto morire sul colpo un diabetico. Immaginai di potergli dire ogni giorno quanto erano belli i suoi occhi e di godermi la luce che li avrebbe illuminati alle mie parole, immaginai di detenere tutti i diritti sul suo intrigante fondoschiena e di sentirmi legittimata a staccare il collo a tutte le ragazze che avrebbero provato a guardarlo per più di un decimo di secondo di fila. O forse in effetti le avrei lasciate fare e lo avrei baciato sotto i loro sguardi carichi di disappunto, assaporando il dolce gusto che avrebbe avuto la parola “mio” sulla punta della lingua. 

Brava, abbiamo appurato che sai coniugare i Condizionali. Ora che ne dici di andare di sotto e trasformarli in Indicativi?

Per una volta Calvin non ebbe nemmeno bisogno di cominciare a sfilarsi la maglietta per convincermi. 

Prima di poter cambiare idea mi alzai dal letto e mi fiondai giù dalle scale, incurante del look “cespuglio anni ottanta” dei miei capelli e con un unico proposito in testa: mandare a quel paese il mio piano per convincere Scorpius a sposarmi ed avere tanti bambini biondi e spiattellargli tutta la più umiliante verità. E poi sperare che volesse comunque sposarmi ed avere tanti bambini biondi. 

In fondo, cos'ho da perderci?

Sì, beh, a parte la faccia. 

 

***

 

Feci il mio trionfale ingresso in cucina inciampando nei miei stessi piedi per la fretta che avevo di trovare Scorpius, saltargli addosso e possibilmente stuprarlo e/o convincerlo a stuprare me. 

Mi sentivo così euforica all'idea di confessargli finalmente tutto quello che provavo per lui che nemmeno la presenza di Draco riuscì ad irritarmi, nemmeno quando gli andai a sbattere contro. Ma probabilmente fu solo perché se il suo corpo non si fosse trovato tra il mio naso ed il pavimento sarei finita distesa per terra a pelle di leone. 

Naturalmente la totale assenza di reazioni che palesassero schifo o quantomeno fastidio da parte mia fu ampiamente compensata dalla reazione di Draco, che si ritrasse contro il muro stringendosi al petto la Gazzetta del Profeta a mo' di scudo e mi lanciò uno sguardo di puro disgusto. 

Tutto normale fino a qui, ma quando lo superai e mi trovai davanti a mia madre che si stringeva al petto un altro pezzo di carta con un'espressione altrettanto disgustata stampata in viso cominciai a preoccuparmi: gli occhi castani di mamma generalmente celavano abbastanza bene le sue emozioni, ma quando era arrabbiata parlavano più chiaramente di un cartello al neon, e per la precisione al momento stavano dicendo “se ci tieni alla vita comincia a scappare”. 

Mi bloccai a due passi dal frigorifero, cominciando a considerare seriamente l'idea di seguire il consiglio delle sue iridi lampeggianti e darmi alla fuga. 

Avrei dovuto saperlo che prima o poi me l'avrebbe fatta pagare per la sbronza di mercoledì sera...

Mi guardai nervosamente attorno, inizialmente alla ricerca di un angolo dove nascondermi in caso avessero cominciato a piovere Maledizioni, ma quando il mio sguardo si posò su Scorpius i miei propositi cambiarono radicalmente e decisi che l'angolo poteva aspettare. 

Scorpius se ne stava seduto davanti ad una tazza di tè, il gomito sinistro appoggiato sopra ad un foglio di pergamena, e quando i nostri occhi si incrociarono si limitò a lanciarmi un vago sguardo di condoglianze per poi affrettarsi a spostare l'attenzione sulla sua colazione. 

Deglutii, a disagio. << Ehm... come mai voi due non siete al lavoro? >> chiesi, rivolta a mamma e Draco, per spezzare l'angosciante silenzio che era calato sulla stanza. 

<< Questa notte abbiamo il turno di pattuglia. >> 

Rispose Draco, occhieggiandomi da dietro le pagine della Gazzetta come se stesse controllando lo schermo della televisione per vedere se la pubblicità era finita. Mamma si limitò ad inspirare seccamente, come una dragonessa pronta ad arrostire lo sventurato curioso che si è avvicinato alle sue uova. 

<< Ah... >> aggiunse Draco, voltando pagina << Sono arrivati i gufi da Hogwarts. >> 

Il che voleva dire che erano arrivati anche i GUFO...

Mi bloccai a metà di un respiro, mentre finalmente l'espressione omicida di mia madre assumeva un senso. 

Cominciai a sudare freddo. “Miseriaccia, i GUFO! Me n'ero completamente dimenticata...

Voltai lentamente il capo, sbirciando la mia furibonda genitrice; poi, troppo terrorizzata da quella visione, tornai a rivolgere il mio sguardo supplichevole a Draco. 

Era un Auror, per Merlino, non poteva lasciare che mamma mi uccidesse!

Ma evidentemente poteva, perché in risposta alla mia muta richiesta di aiuto si limitò a scrollare le spalle e rivolgermi uno sguardo che interpretai come un “In fondo mi ha fatto quasi piacere conoscerti. Quasi.”

Mamma tese il braccio davanti a sé con uno scatto secco, rischiando quasi di tirarmi un pugno in pancia per porgermi la lettera; e non ero così sicura che le sue intenzioni non fossero realmente quelle di tirarmi un pugno. La pergamena era spiegazzata ed aveva l'aria di essere stata maltrattata parecchio dalle sue dita: ovviamente non aveva ritenuto importante aspettarmi per aprire la lettera con i risultati dei miei esami. 

Oddio, mi avranno bocciata in tutto...

Papà mi diceva sempre che avevo ereditato la stessa tendenza a uccidermi di paranoie che aveva mamma dopo gli esami. Il problema era che le sue erano solo paranoie, il mio era puro e semplice realismo... 

Presi il foglio con mano tremante e lo portai lentamente davanti al viso, pregando tutti gli dei di tutti i popoli perché mi salvassero la vita. 

 

GIUDIZIO UNICO PER I FATTUCCHIERI ORDINARI

 

Voti di promozione: Eccezionale (E)

Oltre ogni previsione (O)

Accettabile (A)

 

Voti di bocciatura: Scadente (S)

Desolante (D)

Troll (T) 

 

ROSE JENNY WEASLEY HA CONSEGUITO: 

 

Astronomia:                                        S

Cura delle Creature Magiche:          E

Incantesimi:                                      O

Difesa contro le Arti Oscure:           O

Divinazione:                                     D

Erbologia:                                        O

Storia della Magia:                           D

Pozioni:                                            O

Trasfigurazione:                               T

 

***

 

Dieci minuti dopo, com'era prevedibile, mamma non aveva ancora finito di urlare. 

<< Ma cosa credi, che i soldi crescano sugli alberi?! O forse pensi che io e tuo padre ti manterremo per tutta la vita?! >>

La solita, abusata e stra-abusata storia del “da grande ti toccherà fare la spazzina e morirai di fame”. Livello di originalità: sotto zero. 

<< Sei un'irresponsabile, ecco cosa sei! Un'irresponsabile, immatura, incapace di prendere la vita sul serio! Merlino, ma ti rendi conto che fra due anni sarai fuori da Hogwarts?! Cosa pensi di fare dopo, senza un'istruzione?! O forse hai intenzione di farti bocciare per sempre e non affrontare mai il mondo reale?! >>

Bla bla bla...

Dopo cinque anni di scuola avevo sviluppato l'utile capacità di mandare il cervello in stand-by durante gli scappottamenti di mamma, perciò ormai le sue profezie sul mio infelice futuro da barbona non mi facevano più né caldo né freddo. L'unica cosa che mi metteva a disagio, dannatamente a disagio in effetti, era la presenza di Scorpius: non mi andava proprio di farmi urlare in faccia tutti quegli insulti alle mie capacità intellettive in sua presenza. 

Non che non pensi già che sono un'idiota, ma...

<< Il Desolante in Divinazione lo posso accettare, è una materia stupida, non avrei comunque voluto che continuassi a studiarla il prossimo anno... >>

La odiavo quando faceva così: Merlino, doveva per forza mettermi in imbarazzo con le sue scenate assurde in presenza di Scorpius? 

<< Il Desolante in Storia della Magia anche: sei un'imbecille con il livello di cultura generale di un giocatore professionista di Quidditch, ormai me ne sono fatta una ragione... >>

Percepivo la sagoma di Scorpius immobile sulla sedia, all'angolo del mio campo visivo, ma non avevo il coraggio di voltarmi a guardarlo. Avevo troppa paura di leggere il disgusto che mamma mi stava riversando addosso anche nei suoi occhi. 

<< Posso anche chiudere tutti e due gli occhi sullo Scadente in Astronomia e fare finta di niente, se proprio devo... >>

Io invece non potevo far altro che pensare “Non davanti a lui, diamine, non davanti a Scorpius!”. E avrei solo voluto che mi mettesse in punizione per il resto della mia esistenza e le smettesse di umiliarmi in quel modo. 

<< Ma il Troll in Trasfigurazione dove me lo metti? >>

Nel culo ti va bene come risposta?

Draco non aveva mai fatto delle scenate del genere a Scorpius. E Scorpius, d'altronde, non aveva mai preso un Troll in vita sua. 

Naturalmente la sfigata sono sempre io.

Mamma fece una breve pausa per riprendere fiato, senza staccare il suo sguardo assassino dal mio viso nemmeno per un istante. 

Non era mai contenta di me, naturalmente: avessi anche preso Eccezionale in tutti i GUFO avrebbe comunque trovato qualcosa di cui lamentarsi. Era sempre stato così, fin da quando ero una bambina: non faceva altro che paragonarmi con mio fratello, con i miei amici, con i miei cugini, facendomi pesare il fatto che loro fossero migliori di me. 

La odiavo. 

<< Scorpius ha preso cinque Eccezionale, per tua informazione! >> sbraitò. Di sicuro sarebbe stata ben lieta di scambiarmi con lui, se avesse potuto scegliersi il figlio ideale. << Cinque! >> ripeté, come se il concetto non fosse stato già abbastanza chiaro.

Ma io non la stavo più ascoltando: avevo sbattuto la lettera spiegazzata sul tavolo, facendo rovesciare la caraffa del succo, e prima di rendermene conto mi ero ritrovata ad urlare anche io, sputando fuori la mia rabbia con tutta l'aria che avevo nei polmoni. 

<< Sì, lo so che Scorpius è un secchione! >> sbottai << E lo so anche che ti vergogni da morire di avere una figlia stupida come me. Ma sai cosa ti dico? Sono affari tuoi se non ti piace come sono, io sto benissimo così! >>

Mi voltai di scatto, lasciando la pergamena ad inzupparsi nel succo, e me ne andai a grandi passi, con tutta l'intenzione di rintanarmi in camera mia e restarvi chiusa in un ostile mutismo per tutto il resto della giornata o anche della mia vita, se necessario. E lo avrei fatto davvero, se la porta della cucina non mi si fosse chiusa a due centimetri dal naso. 

<< Signorina, non credere di... >>

Mi voltai verso mia madre, che se ne stava immobile con la bacchetta ancora alzata, e le lanciai uno sguardo di odio profondo. << Fammi. Uscire. >> sibilai, accanendomi sulla maniglia che non ne voleva sapere di abbassarsi: non avevo intenzione di restare un secondo di più in quella stanza a farmi urlare contro sotto gli occhi di Scorpius. 

<< Non se ne parla. >> rispose lei, incrociando le braccia sotto al seno in quella che doveva ritenere una posa da madre autoritaria << Ora tu resti qua finché... >>

Ma prima che potesse finire di parlare la porta si era spalancata, tornando ad offrirmi la tanto agognata via di fuga. 

Non persi tempo, mentre mamma si voltava verso Draco, esterrefatta, e balbettava il suo nome con incredulo furore. Non persi tempo, mentre il mio insospettabile benefattore le diceva di darci un taglio e di calmarsi, e mi fiondai fuori dalla cucina prima che mamma potesse squartare Draco e poi venire a sbudellare pure me. 

Lo dicevo io che sarebbe stata una giornata di merda.

 

***

 

Quella sera, come ultimamente stava diventando una mia deprecabile abitudine, me ne stavo seduta sul letto a fissare il vuoto con un vasetto che prima della mia crisi depressiva aveva contenuto Nutella posato sulle gambe.

La odio.

Lei, il professor Ferguson, Trasfigurazione e i maledetti GUFO. Oh, e anche il mondo. 

E non dimentichiamo Scorpius.”

Merlino, in quel momento avrei dato qualsiasi cosa per far sparire dalla faccia della Terra lui e la sua pagella perfetta. A momenti non mi importava neanche più di mantenerlo in vita per sposarlo e fare tanti bambini biondi. 

Posso sopportare tutto, ma non dei figli secchioni.

Le mie riflessioni furono interrotte dal suono di un pugno che bussava sulla porta di camera mia senza alcun riguardo per la delicatezza. 

Sbuffai e mi sistemai più comoda sul materasso, senza lasciar trapelare la benché minima intenzione di alzarmi e andare ad aprire, intenzione che infatti non avevo assolutamente. << Chiunque tu sia, ho una sola parola per te. >> dichiarai << Vaf-fan-cu-lo. >>

<< Gentile. >> commentò la voce strascicata di Malfoy il Vecchio << Hai detto così anche all'esaminatore di Trasfigurazione? >>

Strinsi i pugni in grembo, trattenendomi a stento dal tirare in mezzo alla conversazione Merlino, le sue mutande e quello che ci stava dentro. << Malfoy, perché non fai una bella cosa e ti uccidi? >> proposi. In fondo non si poteva mai sapere che per una volta nella vita non decidesse di ascoltarmi: io intanto proponevo. 

<< Non posso uccidermi: sono un Auror, il mondo ha troppo bisogno di me. >> rispose lui, con aria d'importanza. 

Ma, decisamente, non era quella la volta buona. 

Neanche fosse il Ministro della Magia...

<< Allora vai a fare l'eroe lontano da qui. >> grugnii, premendo con ferocia il dito contro l'interno del vasetto vuoto, nel vano tentativo di raccogliere un po' di Nutella << E cerca di farti ammazzare mentre salvi il mondo. >> aggiunsi. 

La speranza, dopotutto, era l'ultima a morire. 

<< Sto già salvando il mondo. >> puntualizzò Malfoy, picchiettando la superficie della porta in un modo che trovai tremendamente irritante << Tu e tua madre arrabbiate in contemporanea siete una seria minaccia per la pace internazionale. >>

Fissai con astio il dito che avevo appena estratto dal vasetto e su cui non spiccava nemmeno una mezza miserrima macchiolina marrone. 

<< Ma che spiritoso. >> sbuffai << Vai a parlare con lei, allora: forse avrai più fortuna. >>

<< Con più fortuna intendi un altro taglio sul sopracciglio? >> s'informò Malfoy, senza smettere di tamburellare le dita contro la porta. 

Abbandonai definitivamente i miei infruttuosi tentativi di estrarre qualche residuo di Nutella dal vasetto ed alzai il capo per lanciare un'occhiata perplessa alla maniglia. << Ti ha picchiato? >> 

Non che mi dispiacesse, ben inteso, ma mi sembrava troppo bello per essere vero. 

<< Mi ha lanciato in testa un pelapatate. >> precisò lui, sfoderando una voce decisamente offesa.

Dovetti mordermi la lingua per non ridere: mia madre che inseguiva Draco lanciandogli dietro una serie di utensili da cucina doveva essere stata una scena piuttosto epica.  

<< Forse è il suo modo per chiedermi scusa. >> ipotizzai. 

Malfoy smise di picchiettare il legno della porta e si esibì in uno sbuffo alquanto teatrale. << C'è un modo per farvi riappacificare che non implichi il mio omicidio? >> s'informò. 

<< No. >>

<< Stupendo. >> 

<< E comunque non ho la minima intenzione di riappacificarmi con quella megera. >> rettificai, a scanso di equivoci. 

Draco tacque per un paio di secondi, poi ricominciò a bussare. << Beh, visto che io non sono “quella megera” che ne dici di aprirmi la porta? >>

Mi stiracchiai ed allungai i piedi sul copriletto, fissando la porta chiusa con moderato interesse. << È troppo lontana. >> dichiarai infine << Non ho voglia di alzarmi dal lett... >>

<< Alohomora. >>

Non ebbi nemmeno il tempo di finire di parlare che la maniglia si era già abbassata e la porta aveva ruotato da sola sui cardini, spalancandosi. Malfoy s'infilò la bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni ed entrò nella mansarda sistemandosi i capelli ossigenati con molta nonchalance per uno che sta per venir picchiato a sangue da una cintura nera di Karate. 

Lo trucidai con il mio migliore sguardo da Lord Voldemort. << Quando ho detto che non avevo voglia di alzarmi non voleva dire che potevi aprire la serratura ed entrare. >>

Malfoy mi degnò della stessa attenzione che avrebbe riservato ad una mosca morta sul davanzale della finestra del bagno e, prima che potessi indovinare le sue intenzioni e sopprimerlo, si sedette sul materasso accanto a me. 

<< E quando ho detto che non potevi aprire la serratura ed entrare non voleva dire che potevi sederti sul mio letto. >> aggiunsi, meditando seriamente di dargli una piccola dimostrazione di arti marziali. O anche grande.

Malfoy sospirò, stampandosi in faccia un'espressione melodrammatica. << È davvero un peccato che la nostra società non ascolti mai i giovani, non trovi? >>

<< Impiccati. >> sibilai.

Ma Malfoy, invece di concedere questo favore a me e al resto del mondo, si limitò a sistemarsi più comodamente sul mio copriletto. Lo squadrai con astio, chiedendomi cosa diavolo volesse da me: non era semplicemente pensabile che Draco Malfoy si fosse scomodato a venire in camera mia per godere della mia “piacevole” compagnia, ragion per cui mi sentivo perfettamente autorizzata a sospettare di lui. Ma l'unica cosa che potei appurare fissandolo in quel modo fu che aveva davvero un taglio sul sopracciglio destro. 

Draco si stiracchiò, con incredibile naturalezza per uno che si trova da svariati secondi sotto l'insistente sguardo omicida di una persona. << Sai, >> disse << anch'io a scuola avevo problemi in Trasfigurazione. >>

<< Sai, >> replicai, infastidita << nessuno ti ha chiesto niente. >>

Di certo non gli avevo chiesto la sua falsa solidarietà. 

Ma per come rispose Draco, ovviamente, avrei anche potuto essere muta. << Di Trasfigurazione hai Ferguson, dico bene? >> chiese.

Questa volta non mi degnai di replicare: che facesse pure il suo monologo, se voleva, forse il muro lo avrebbe ascoltato. 

Malfoy appoggiò la nuca alla parete e si lasciò andare alla solita espressione vagamente nostalgica che assumevano i “più maturi” (come si definivano loro per non dire vecchi) quando parlavano della loro gioventù. << Io avevo la McGranitt... un incubo, te lo posso assicurare: quella donna è stata una dei peggiori traumi della mia adolescenza. >> fece una pausa in cui le sue labbra si incresparono in un mezzo sorriso << Se fosse stata una fessa come Ferguson probabilmente non avrei mai imparato a trasfigurare un ago in un fiammifero, ma la Mc non era una con cui potevi concederti il lusso di non studiare. >>

Storsi la bocca, decisa a continuare a snobbarlo finché non se ne fosse andato. 

<< Lo conosco, Ferguson, sai? >> continuò Malfoy, ridacchiando << A scuola era un paio di anni dopo di me, mi sembra che fosse al secondo anno quando io facevo il quinto... era il classico Tassorosso sfigato che se ne andava in giro con scritto sulla fronte “prendimi per il culo”. Poi la metà delle volte aveva anche un cartello con scritto “prendimi a calci” attaccato con un incantesimo di adesione permanente alla schiena. Io e i miei amici abbiamo passato anni a rendergli la vita un inferno. >>

Mi morsi le labbra e voltai la testa dall'altra parte: non potevo dargli la soddisfazione di sembrare interessata a quello che stava dicendo. 

<< Lo scherzo migliore che gli abbiamo fatto è stato quando facevo il settimo anno: Ferguson era il classico secchione che non aveva nemmeno idea di come si slacciasse un reggiseno, così quando abbiamo scoperto che aveva una cotta per la ragazza di Blaise abbiamo deciso di farci due risate alle sue spalle e gliel'abbiamo fatta trovare sul suo letto con addosso un completino intimo di pizzo. La faccia di Ferguson è stata impagabile, ma la cosa migliore è stata quando ha provato ad avvicinarsi a Daphne e Blaise ha fatto irruzione nella stanza e l'ha gonfiato di botte. Credo di non essere mai andato così vicino a morire dal ridere. >>

Mi accorsi con sommo orrore di essermi lasciata sfuggire una mezza risata e mi affrettai a camuffarla con un colpo di tosse. 

Ecco, brava Rose, continua ad ignorarlo.”

Ma non ci fu bisogno che mi sforzassi un granché per farlo, perché da quel momento Draco non disse più una parola. All'inizio, troppo terrorizzata alla prospettiva di ridere al racconto di qualche altro tiro mancino che avevano fatto a Ferguson, accolsi il suo silenzio con sollievo, ma dopo un po' la cosa cominciò a diventare irritante, soprattutto perché mi ero imposta di non voltarmi a guardarlo e mi sentivo tremendamente osservata.

Alla fine cedetti e mi girai verso di lui per sbuffargli in faccia e possibilmente cacciarlo via, ma quando mi trovai a guardarlo negli occhi ammutolii: non trovai la minima ombra di disprezzo o di ostilità in quelle iridi grigie, per una volta. 

Draco mi rivolse addirittura una mezza smorfia che, con un po' di fantasia, poteva essere fatta passare per un sorriso. << Non so che problemi tu abbia con Ferguson, >> disse << ma non puoi lasciare che un idiota del genere ti rovini la vita. >>

Sospirai ed appoggiai la testa al muro, mentre tutti i miei propositi di ignorarlo andavano a farsi benedire: avevo un dannato bisogno di parlare con qualcuno e se non altro, al contrario del cuscino, Draco mi avrebbe risposto.

Chiusi gli occhi: se proprio dovevo confidarmi con Malfoy, volevo farlo senza vederlo in faccia. Almeno avrei potuto convincermi di star parlando da sola in una stanza vuota. << Non è Ferguson che mi rovina la vita: minaccia di bocciarmi da cinque anni, orma cosa vuoi che me ne freghi? È lei... è sempre stata lei, con la sua mania di essere sempre perfetta e... >> mi bloccai: non sapevo nemmeno come esprimere a parole il vortice confuso che mi stava scombussolando le viscere << Vedrai, ora cercherà di sposare Scorpius e la sua cazzo di pagella perfetta. Credi che non mi scambierebbe con lui, se potesse? >>

Le mie parole caddero nel vuoto. 

<< Ehm... >> commentò Draco, dopo un po' << Ti aspetti una risposta, quando dici queste stronzate? >>

<< Era una domanda retorica, infatti. >> replicai, piccata. << E risparmiati il discorsetto in cui mi dici che un genitore non cambierebbe i suoi figli per nulla al mondo, grazie. >>

<< Non avevo nessuna intenzione di sprecare fiato in questo modo. >> mi assicurò Draco. 

<< Bene. >> grugnii.

Passarono un paio di secondi prima che Draco parlasse di nuovo, con una voce che mi parve vagamente esitante. << E comunque, nell'universo parallelo in cui vivi tu e in cui i genitori scambierebbero i loro figli come figurine delle Cioccorane, io non ci penserei due volte a regalare Scorpius a tua madre per avere te in cambio. >>

Ridacchiai. << Sei davvero pessimo a raccontare barzellette, Malfoy. >>

Ma quando aprii gli occhi per dedicargli uno sguardo di sufficienza mi trovai a fronteggiare la sua espressione perfettamente seria. Aggrottai le sopracciglia, cercando di capire se mi stesse prendendo per il culo tanto per il gusto di farlo o se avesse un doppio fine losco nel fare il ruffiano in quel modo. << Tu non dici sul serio. >> sentenziai, sicura. 

Draco inarcò un sopracciglio, tornando ad assumere la sua solita espressione profondamente irritante. << Naturalmente nell'universo dove vivo io, se avessi avuto una figlia con i capelli rossi, mi sarei buttato giù da un tetto. >>

Ecco, appunto.

<< Ma questo non vuol dire che non mi sarebbe piaciuto avere un figlio con cui si potesse parlare di Quidditch. >> aggiunse << Pensi che non mi chieda dove diamine ha sbagliato il mio DNA quando torno a casa con i biglietti per una partita e Scorpius mi dice di non disturbarlo mentre legge? >>

Pensi che non mi chieda dove diavolo ha sbagliato il mio, di DNA, quando Scorpius dice di non disturbarlo mentre legge ed io lo trovo attraente?

Scossi la testa e puntai lo sguardo sulle mie dita intrecciate, arrossendo: andare d'accordo con Draco era qualcosa di decisamente imbarazzante. 

<< E comunque la tua pagella non faceva così schifo. >> aggiunse. Gli lanciai uno sguardo profondamente sarcastico. << Sì, insomma, faceva schifo e basta, senza il così. >> si corresse. 

Se non avessi avuto una certa dignità probabilmente avrei sorriso. Draco annuì, anche lui palesemente imbarazzato dall'improvvisa confidenza che si era creata, e distolse lo sguardo. 

<< Vieni a cena? >> chiese << Se tua madre cerca di ucciderti giuro che ti difendo. >>

 






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Capitolo 21
*** ad ogni figlio il suo padre ***


 

Enjoy :)

 

20.

Ad ogni figlio il suo padre

 

Credo che il papà sia il supereroe preferito di ogni bambino. 

La mamma è la mamma: ti ficca in vasca da bagno quando cominci a puzzare di stalla, ti costringe a mangiare la minestra anche quando non hai fame, ti infila a forza i maglioni quando dice che fa freddo e si preoccupa per te, questo sempre. È per questo che quello che t'insegna ti penetra così in profondità che alla fine te ne dimentichi, scambiandolo per una parte di te, e la mamma resta solo una rompipalle. 

Il papà invece è qualcosa di speciale: è quello che quando sei appena nato ti cambia il pannolino con i guanti di lattiche e la molletta sul naso, quello che se non dici prima 'papà' di 'mamma' mette su una tragedia che neanche i Greci avrebbero saputo fare di meglio, quello che si vanta come un pollo con gli amici se impari a stare sul vasino prima dei loro figli, quello che quando sei ancora troppo piccolo per camminare cerca già d'insegnarti a giocare a Quidditch, quello che a cinque anni ti fa quasi appiccare fuoco alla casa cercando di insegnarti a fare la fattura annoda-lacci con la sua bacchetta, quello che quando la mamma non c'è ti fa provare la sua vecchia scopa da corsa e quando venite sgamati si fa mettere in punizione pure lui, come un bambino, e ti sussurra all'orecchio di non sposarti mai, mai, mai. 

Insomma, il papà è il papà. E ogni bambino dovrebbe averne uno. 

 

***

 

Sev – Avrò pietà di te e del tuo Troll in Trasfigurazione, per il momento. Ma sappi che se non ti sbrighi a mettere a posto le cose con l'altro idiota sarò costretto ad intervenire. 

Rose – Albus-devo-sempre-farmi-i-cazzi-tuoi-Potter, ti odio. 

Sev – Albus-devo-sempre-farmi-i-cazzi-tuoi-perché-tu-da-sola-non-sei-capace-Potter, se permetti. 

Rose – Ti odio comunque. 

Sev – Hai tre giorni. Non un minuto di più. 

Rose – Ora ti odio anche di più...

Lanciai il cellulare sul cuscino, sbagliando clamorosamente la mira e mandandolo a schiantarsi sul pavimento ai piedi del comodino. 

Però in effetti dà più soddisfazione, così...

In realtà non è che rompere il proprio cellulare procuri chissà che gran soddisfazione, ma non potendolo sostituire con la testa di Malfoy Senior avevo dovuto accontentarmi. E per una volta – strano ma vero – avevo anche un valido motivo per avercela con Draco: il simpaticone aveva tenuto fede alla promessa di proteggermi da qualunque danno fisico mia madre avesse provato ad arrecarmi durante i cinque minuti che mi ci erano voluti per farmi andare di traverso la cena e dileguarmi nuovamente in camera mia, ma la presunta solidarietà tra i due non-secchioni di casa non gli aveva impedito di incriccarsi il collo a furia di annuire ai vari “disgraziata” e “qua ci vuole una punizione coi fiocchi, vero Draco?” che mia madre aveva sibilato ininterrottamente tra un boccone e l'altro. 

Non potevo biasimarlo troppo, comunque: nemmeno Gesù Cristo avrebbe osato contraddire mia madre, in quel momento. D'altronde immagino che dopo che si è resuscitati una volta si perda un po' il gusto nel farlo di nuovo.

Le mie riflessioni altamente filosofiche furono interrotte dalla vibrazione del cellulare, proveniente da una zona a caso del pavimento nascosta tra il comodino ed il letto. Sbuffai, per nulla intenzionata ad alzarmi dal mio angolino di parquet ai piedi della scrivania e andare a scoprire l'esatta ubicazione del telefono: Al e i suoi stupidi ricatti da agenzia matrimoniale in bancarotta potevano tranquillamente andare a farsi friggere. Quando il cellulare vibrò una seconda e una terza volta, però, non resistetti alla tentazione di rispondere alla chiamata con un insulto ad effetto e sbattergli il telefono in faccia, ragion per cui mi costrinsi a strisciare fino al letto e, dopo un paio di tentativi andati a vuoto, riuscii a ripescare il cellulare. 

<< Vaffanculo, lasciami in pace. >> sibilai, senza nemmeno leggere il numero sul display. Quando allontanai il telefono dalla bocca per pigiare il tasto rosso, però, mi resi conto che avrei fatto molto meglio a leggerlo, prima di mandare a fanculo mio fratello. 

<< Oh, cavolo, Hugo? >> esclamai, posandomi il telefono sull'orecchio. 

Ma la voce che uscì dalla cornetta, perforandomi un timpano, non era decisamente quella di mio fratello. << Cosa ti ha detto Malfoy su di me? Perché è stato lui, vero? Ci scommetto che quel verme sta facendo di tutto per metterti contro di me! >>

Allontanai nuovamente il cellulare dal viso, per controllare che il numero fosse proprio quello di Hugo. Accertato che, almeno al secondo tentativo, non avevo sbagliato persona, mi portai nuovamente il telefono all'orecchia, badando a tenerlo ad una certa distanza, questa volta. << Ehm... chi parla? >> chiesi. La voce non mi suonava nuova, ma la linea disturbata mi impediva di stabilire con certezza a chi appartenesse. 

<< Miseriaccia... >> borbottò la voce dall'altra parte << Lo dicevo io che questi cosi babbani non funzionano... Rose, mi senti? Sono tuo padre! >>

Per la sorpresa mi feci quasi cadere il telefono dalle mani. << Papà! >> esclamai, incredula. 

<< Mi senti?! >> urlò di nuovo lui. 

Sobbalzai ed allontanai il telefono dall'orecchio di quanto mi permise la lunghezza del mio braccio. << Si, ti sentirei anche se non urlassi... >> borbottai. Papà non era mai riuscito a comprendere la tecnologia babbana. 

<< Oh, bene... >> disse lui, senza abbassare il volume di un decibel << Volevo mandarti un gufo ma Leotordo si è quasi fatto mangiare dal gatto e non mi sembrava nelle condizioni di volare... stai bene comunque? Ho saputo che oggi sono arrivati i risultati dei GUFO e volevo assicurarmi che tua madre non ti abbia strapazzata troppo... >>

In condizioni normali mi sarei offesa perché dava per scontato che mamma avesse avuto un motivo per arrabbiarsi ancora prima di sapere i miei voti, o magari gli avrei semplicemente messo il muso per una ragione non meglio precisata, visto che se n'era allegramente fregato di me per tutta l'estate. Ma in quel momento, mentre il mio timpano destro reclamava vendetta ed il cuore mi pompava sangue nelle vene ad un ritmo accelerato, tutti i miei giusti propositi di tenergli il muso fecero le valigie e se ne andarono in vacanza a Honolulu. 

<< Mah, solo un pochino... >> minimizzai << sai com'è fatta. >>

<< Lo so anche troppo bene, fidati... >> grugnì lui, per una volta scordandosi di urlare. << Non serve che ti venga a prendere con una squadra di Auror, vero? >> aggiunse. 

L'immagine di una squadra di Auror capeggiati da papà che faceva irruzione in casa mia era piuttosto allettante, se non altro per la faccia che avrebbe fatto Draco, ma qualcosa mi suggeriva che fosse meglio rifiutare quella generosa offerta. Qualcosa come Hermione Granger, per esempio. 

<< Tranquillo, pa', non mi hanno ancora rinchiusa in cantina. >> lo rassicurai, sebbene fossi la prima a non essere troppo sicura che non lo avrebbero fatto. 

<< Oh, bene... >> commentò papà. Se non avessi deciso di convincermi che per lui la mia salute veniva al primo posto avrei quasi pensato che ci fosse rimasto male, vedendosi sfumare davanti agli occhi la possibilità di irrompere in casa di Malfoy con una squadra di Auror. << Comunque... >> aggiunse, dopo una pausa imbarazzata << … mi dispiace che quest'estate ci siamo visti così poco, ecco... è stata un'estate difficile un po' per tutti... >>

Di colpo mi ritrovai a chiedermi come cavolo avessi fatto a dubitare anche solo per un secondo del fatto che mio padre mi volesse bene: aveva solo avuto un brutto periodo, tutto qui. D'altronde ce l'avevamo avuto tutti, il brutto periodo; sarebbe stato un po' da ipocrita accusarlo di essersi dimenticato di me quando io stessa avevo passato la maggior parte dell'estate in isolamento in camera mia, tenendo il muso al mondo intero. 

<< Dispiace anche a me, papà... >> risposi, sinceramente << ma non ti preoccupare, rimedieremo. >>

Conoscendo mio padre non sapevo se confidare troppo nel fatto che avrebbe rimediato, ma evitai di dar voce a quel pensiero. 

<< Già, ehm... a proposito di rimediare... >> disse lui, passando improvvisamente da un tono di voce adatto per urlarsi dalla cima di una montagna all'altra ad un borbottio indistinto << questo martedì ci sarebbe una partita amichevole tra Inghilterra e Spagna e un mio collega mi ha procurato i biglietti, quindi... beh, pensavo di fare un viaggetto in Spagna con Hugo, giusto un paio di giorni, e insomma... se ti va di venire... >>

<< Se mi va di venire?! >> esclamai, passando io al tono di voce da montanaro << Stai scherzando, vero? Insomma, ovvio che mi va di venire! Quando partiamo? Devo portarmi il costume da bagno? Secondo te giocherà la McKinnon? >>

Papà sembrò piuttosto sollevato dalla mia reazione... anche un po' stordito, in effetti. << Ehm, sì, insomma... noi partiamo lunedì mattina, mi sono fatto autorizzare una passaporta per le dieci... quindi vieni con noi? >>

<< Certo che vengo, cavolo! Aspetta, vado a dirlo a mamma, ci sentiamo dopo! >> e riattaccai senza nemmeno lasciargli il tempo di rispondere. 

Scesi le scale praticamente volando e poco ci mancò che andassi a sbattere su Scorpius, che mi guardò con l'espressione confusa di chi non capisce cosa ci trovi tanto da essere felice una che ha preso dei GUFO del genere. 

Pfff... secchione...

Gli rivolsi un sorriso raggiante e lo oltrepassai saltellando, fregandomene altamente di quello che stava certamente pensando delle mie facoltà mentali e che certamente non era molto lusinghiero. 

Sarei andata in vacanza con mio fratello e mio padre. Sarei andata in vacanza in Spagna con mio fratello e mio padre. Sarei andata in vacanza in Spagna a vedere una partita di Quidditch con mio fratello e mio padre. Cosa poteva esserci di meglio? 

Di meglio in effetti non mi veniva in mente niente, ma quando arrivai in soggiorno e vi trovai mia madre che guardava un telegiornale babbano con espressione imbronciata mi vennero in mente molte cose di peggio. Ad esempio io che non andavo in vacanza in Spagna a vedere una partita di Quidditch con mio fratello e mio padre, ma me ne restavo a casa in punizione. 

Mamma si voltò verso di me, sollevando un sopracciglio con aria decisamente ostile. << Sì? >> chiese, gelida. 

D'improvviso vidi tutte le mie possibilità di riuscita nell'impresa di “convincimento di madre arrabbiata” passarmi davanti agli occhi e volare fuori dalla finestra aperta del salotto. 

<< Ehm... no, niente, volevo solo augurarti la buona notte... >> borbottai. 

Mamma sbuffò, tornando a rivolgere la sua attenzione allo schermo della televisione. << Devi sforzarti molto di più se hai intenzione di farti perdonare quel Troll. >>

<< Non sto facendo la ruffiana per farmi perdonare. >> protestai. In effetti non era proprio una bugia: il mio intento era metterla abbastanza di buon umore da assicurarmi il permesso di andare in Spagna con papà, che poi mi perdonasse per il Troll in Trasfigurazione era un problema secondario. << Volevo solo augurati la buona notte. >>

<< Sì, certo... >> grugnì lei, per nulla convinta << Vai a dormire. >>

Ritenni saggio seguire il suo consiglio, anche perché non sembrava esattamente un consiglio. 

 

***

 

La mattina dopo un tiepido sole splendeva nel cielo stranamente terso e decisi che doveva essere la mia giornata fortunata. Forte di quella consapevolezza mi alzai prima di tutti gli altri e feci un salto nella pasticceria del paese vicino per comprare la colazione (non era il caso che la cucinassi io, se avevo intenzione di mettere mamma nello stato d'animo giusto per accogliere la notizia della mia imminente partenza). Quando tornai in cucina trovai Draco, ancora in pigiama, che imprecava contro la caffettiera che doveva aver provato ad incantare.

<< Me ne sbatto del CREPA, o SUICIDATI, o come diavolo si chiama… voglio un dannato Elfo Domestico! >> stava sibilando, quando mi sedetti sul bancone alle sue spalle.  

<< Fammi indovinare >> dissi, porgendogli una brioche ancora tiepida (non se la meritava, ma fare la carina con lui faceva parte del mio diabolico piano) << mamma si è barricata in bagno e si rifiuta di scendere a preparare la colazione per una figlia ingrata. >> 

<< Già. >> assentì, impossessandosi della brioche << Quindi non ti aspettare che ti ringrazi per questa, perché me la devi. >>

<< Figurati, non ce n'è bisogno. >> risposi, rivolgendogli un sorriso sornione << Tanto l'ho comprata con i tuoi soldi. >>

Draco si bloccò con la brioche a metà strada verso la bocca spalancata. << Cosa. Hai. Fatto?! >>

Mi sfilai il suo portafogli dalla tasca posteriore degli shorts e glielo porsi, mettendo su il sorriso più bastardo che si fosse mai visto. << Dovresti smetterla di tenerlo nel cassetto del comodino: è terribilmente banale come nascondiglio. >>

Le guance pallide di Draco si tinsero di un acceso color semaforo rosso, mentre si riprendeva il portafogli con uno scatto felino. << Tu hai frugato nel mio comodino?! >>

<< In effetti no… >> ammisi << Ho appellato il portafogli con la tua bacchetta… a proposito, anche quella, io non la nasconderei nel cassetto delle mutande… >>

Per fortuna in quel momento Scorpius entrò in cucina, salvandomi dalla lenta e dolorosa morte che Draco mi avrebbe certamente dato per aver frugato tra i suoi boxer. Scorpius, però, non sembrò contento di vederci quanto lo ero io di vedere lui: dopo averci rivolto un silenzioso cenno di buongiorno, accompagnato da uno sguardo astioso, afferrò una brioche e se ne andò a fare colazione in giardino. 

<< Ma che ha? >> chiese Draco. 

Inarcai un sopracciglio. << A me lo chiedi? >>

Draco masticò lentamente un boccone di brioche, fissandomi con un'espressione che non mi piacque per niente. << Capisco. >> disse << Avete litigato. >>

Lo fulminai con un'occhiataccia. << Immagino che addossarmi la colpa di tutti i mali del mondo ti faccia sentire estremamente realizzato, ma non vedo perché dovrei c'entrare qualcosa con la sindrome premestruale di tuo figlio. >> sbottai. 

Forse la mia reazione era stata un po' esagerata, se volevo davvero convincerlo (e convincermi) di non avere alcun motivo di sentirmi in colpa per il malumore di Scorpius. In effetti, a giudicare dallo sguardo penetrante che non mi staccava di dosso, Draco doveva pensare che avessi una discreta coda di paglia. 

Sentii un'ondata di calore salirmi al volto. << La vuoi smettere di fissarmi in quel modo? >>

Ma ancora una volta fui salvata in extremis dalle grinfie di Draco, questa volta da mia madre, che fece la sua comparsa in cucina con tutta l'aria di non aver per niente sbollito la rabbia durante la notte. In effetti, più che di un salvataggio, mi sembrava tanto che si trattasse di uno scivolone dalla padella dritto dentro la brace. 

<< Ciao mamma. >> la salutai, affrettandomi a porgerle una brioche. << Vuoi un caffè? >>

<< Mpf... ruffiana. >> grugnì lei, ma non rifiutò né la brioche né il caffè. 

<< Quindi sono perdonata? >> chiesi, mettendole in mano zuccheriera e cucchiaino prima ancora che potesse pensare di averne bisogno. 

Se avessi appena bestemmiato mamma non avrebbe potuto rivolgermi un'occhiata peggiore. << Ovviamente no. >> rispose << Ma se ti dovessero andare male anche i MAGO hai un futuro come cameriera. >>

Oh, al diavolo, se aspetto che si dimentichi dei GUFO non andrò in Spagna nemmeno fra due anni!

Mi sedetti di fronte a lei e, dopo aver finito di mangiare la mia brioche, decisi di scoprire se quella era davvero la mia giornata fortunata. 

<< Comunque mamma, volevo dirti che lunedì vado in Spagna con papà. >> la cara vecchia tattica dell'informare a cosa fatta: di solito funzionava << Abbiamo già preparato tutto, non ti devi preoccupare di niente, era solo perché lo sapessi... >>

Me evidentemente quella non era la mia giornata fortunata, a meno che il pacchetto della perfetta giornata fortunata non includesse anche l'ira di mia madre, cosa di cui dubitavo fortemente. 

Mamma, infatti, allontanò la tazza di caffè dalle labbra e mi rivolse uno sguardo che definire minaccioso sarebbe stata un'eufemia. << Prego? >> 

Se avessi avuto un minimo di sale in zucca mi sarei affrettata a dire che era solo una battuta di pessimo gusto, ma notoriamente in zucca non avevo molto, perciò ripetei. << Martedì c'è una partita di Quidditch in Spagna e vado a vederla con papà e Hugo. Staremo via un paio di giorni, niente di che, non devi preoccuparti... >>

<< Io non mi preoccupo infatti. >> disse, con una calma che mi parve ben più preoccupante delle urla del giorno prima << Perché tu in Spagna non ci andrai: sei in punizione per i GUFO. >>

<< Ma dai, mamma, per favore! >> insistetti << Posso stare in punizione quando torno, no? Quest'estate non ho mai visto papà, non è giusto... >>

<< Lo hai visto alla festa di compleanno di tuo zio. >> mi fece notare mamma, senza scomporsi minimamente. << E lo potrai vedere anche ogni giorno quando avrai scontato la tua punizione. >>

Persino Draco era rimasto attonito davanti alla crudeltà di mia madre: era in piedi con la schiena appoggiata al muro, completamente dimentico dell'angolo di brioche che gli restava in mano, e la fissava con tutta l'aria di starsi chiedendo con chi diamine era andato a vivere.

<< Ma non è giusto! >> sbottai << Il tribunale ha deciso che devo vederlo una volta a settimana, non puoi fare così! >> 

Ecco, buttiamola sulla questione legale, così voglio proprio vedere cos'ha da dire!

<< Non ti ho mai impedito di vederlo. >> mi fece notare lei, senza perdere un briciolo della sua apparente calma << Potevi andarlo a trovare in ufficio, come ha fatto Hugo con me. Hai sedici anni, credo che tu sia perfettamente in grado di arrangiarti per conto tuo se vuoi vedere tuo padre. O ti aspettavi che vi organizzassi gli appuntamenti e ti ci portassi in limousine? >>

<< Ma mi spieghi come cavolo facevo a vederlo se per metà dell'estate sono stata chiusa a casa in punizione e per l'altra metà lui non mi ha minimamente considerata?! >> protestai << Dai, per favore, non ti chiederò più niente, lo giuro, ma non puoi fare così! >>

Avrei dovuto smetterla di insistere, lo sapevo: facendo così avrei soltanto peggiorato la situazione. Ma non ce la facevo proprio a stare zitta davanti ad un'ingiustizia del genere: una volta tanto che papà si ricordava di me non poteva impedirmi di vederlo! Lo sapeva benissimo quanto ci tenessi a passare un po' di tempo con lui, almeno una volta ogni tanto.

<< Posso benissimo, visto che tu evidentemente puoi prendere Troll ai GUFO. >> replicò lei, inflessibile. 

Certo, perché notoriamente era colpa dei miei GUFO se lei e papà non si potevano vedere. Anzi, adesso magari mi sarebbe anche venuta a dire che avevano divorziato in previsione del mio Troll in Trasfigurazione. 

<< Non tirare in ballo i miei voti, adesso! >> sbottai << Lo sai benissimo che non c'entrano niente con i dispetti che vi fate tu e papà! >>

Mamma non la prese troppo bene: gonfiò il petto come un drago che sta per arrostire la sua cena (tu) sullo spiedo e sbatté la tazza vuota sul tavolo. << Io e tuo padre non ci facciamo i dispetti, e comunque se anche fosse tu sei l'ultima persona che può dirci come ci dobbiamo comportare! Adesso vai in camera tua a studiare e impara ad avere un rendimento scolastico decente se vuoi andare in vacanza con chicchessia, invece di dare la colpa alla mia cattiveria! >>

Forse era il caso di ascoltarla prima che mi ammazzasse. Stavo appunto per alzarmi e andarmene in camera mia, sconfitta ed incazzata, quando la voce di Draco disse qualcosa di assolutamente incredibile. 

<< Merlino, Hermione, ma vuoi lasciare un po' in pace questa povera ragazza?! Ci credo poi che crea sempre problemi, se la stressi così! >> 

Non potevo semplicemente credere alle mie orecchie. E nemmeno mamma, a giudicare dall'espressione a metà tra il “ti ammazzo” e il “ma è una candid camera?” che gli rivolse. 

<< Sì, è figlia tua, la educhi tu, io non mi devo intromettere e bla, bla, bla, lo so. >> continuò Draco, senza lasciarsi intimorire dai ripetuti sguardi assassini di mia madre << Ma dimmi solo una cosa: ci sei mai andata a parlare con il suo professore di Trasfigurazione, invece di dare sempre la colpa a lei? >> 

Sbattei le palpebre un paio di volte, esterrefatta: non potevo credere che Draco stesse davvero prendendo le mie difese in quel modo. Ma, a meno che non stesse cercando la via più rapida per morire, era proprio quello che stava facendo. 

<< Perché io non ho mai sentito di gente che prende Troll ai GUFO, nemmeno Tiger e Goyle ci sono riusciti. Mi pare evidente che se c'è un problema, qui, Rose non è l'unica ad averlo. >>

Non avevo mai visto nessuno zittirla in quel modo. E neanche lei, a giudicare dalla sua espressione esterrefatta e furiosa al tempo stesso. Mamma boccheggiò, come un pesce scaraventato sulla sabbia da un'onda, e dopo avergli lanciato uno sguardo che prometteva vendetta in tutte le lingue a me note e ignote se ne andò dalla cucina, sbattendo la porta con ferocia inaudita.

 

***

 

26 agosto 1994

 

Ieri sono andato a vedere la finale della Coppa del Mondo di Quidditch tra Irlanda e Bulgaria. Io in realtà tifavo per la Bulgaria, ma visto che hanno perso non c'è bisogno che lo si sappia in giro. Comunque non credo che a qualcuno interessi più chi o cosa tifavo, dopo quello che è successo ieri notte. Ma è una storia lunga, forse è meglio che cominci dall'inizio. 

Dopo la partita mio padre si è fermato a parlare con il ministro per un paio di minuti, poi siamo usciti dallo stadio e mi ha trascinato via senza neanche lasciarmi il tempo di andare a salutare un paio di miei compagni di scuola che avevo visto nel campeggio la mattina. Ho provato a protestare, ma ha detto che dovevamo andare a casa subito perché aveva una cosa importante da fare e poi dormire in campeggio è una cosa da plebei – infatti lo hanno fatto i Weasley. Su quest'ultima cosa non potevo dargli torto – dormirò in tenda solo quando i Maghi serviranno gli Elfi Domestici – ma comunque mi è sembrato che avesse un po' troppa fretta di portarmi via. Quando siamo arrivati a casa, poi, mi ha detto di filare in camera mia e di non uscire per nessun motivo e si è smaterializzato prima che potessi aprir bocca per protestare. 

E stamattina tutti i giornali, anche quelli babbani (anche se io non leggo quella feccia), parlavano di un'aggressione ad una famiglia di babbani nel campeggio e del Marchio Nero, il simbolo del Signore Oscuro. 

Non ho chiesto a mio padre se questo c'entri qualcosa con lui e con la gente strana che ultimamente sta circolando per casa nostra, ma in fondo era troppo ovvio perché ce ne fosse bisogno.

 

23 ottobre 1994

 

Ok, potrei essermi dimenticato di scrivere su questo diario per qualcosa come due mesi... sì, in effetti credo proprio di averlo fatto. D'altronde non è colpa mia se sono troppo impegnato ad avere una vita sociale assolutamente esaltante per trovare il tempo di riportare i miei successi su questo. Anzi, è già tanto che oggi sono riuscito a trovare un buco nella mia affollatissima agenda (per dirla tutta ho dovuto dare buca a Pansy per trovare una mezz'ora di tempo... due piccioni con una fava, come si suol dire... anche se a tirare bidone a Pansy c'è sempre una discreta probabilità di finire impalati a testa in giù nei sotterranei).

Comunque, ti interesserà sapere che quest'anno Hogwarts ospiterà il prestigioso Torneo Tre Maghi. Ma – cosa ben più interessante, almeno per me – ospiterà i ragazzi di altre due scuole, Durmstrang e Beauxbatones. Le femmine di Durmstrang non sono tutta questa gran cosa (un po' alla Millicent, per rendere l'idea...), ma in compenso i ragazzi sono gente davvero a posto: tutti Purosangue, e quando dico Purosangue intendo di quelli con il sangue ed il cervello veramente puliti, non come quei babbanofili indegni dei Weasley. Infatti lo hanno capito subito che i Grifondoro sono un branco d'idioti. Davvero non capisco perché mia madre non ha voluto che andassi a studiare a Durmstrang... 

Quelli di Beauxbatones invece mi stanno discretamente sulle scatole: i soliti francesini con la puzza sotto il naso, hai presente? Ma le ragazze sono qualcosa di semplicemente strepitoso... d'altro canto non c'è bisogno che siano simpatiche perché le si possa portare a letto. 

Blaise dice di essersene fatto una – Gabrielle, mi sembra che si chiami. Una sventola tale che se metà della sua bellezza fosse stata distribuita tra le ragazze del mio anno sarei il ragazzo più felice (e con meno ore di sonno per notte) dell'universo. Peccato che Gabrielle sia anche l'unica abbordabile, visto che le altre sono tutte troppo grandi (giuro che non ho mai desiderato così ardentemente avere un paio di anni in più...).

La sera di Halloween comunque verranno scelti i tre campioni del torneo, uno per ogni scuola. Naturalmente sarei stato io quello di Hogwarts, se non fosse per questa stupida regola che vieta la partecipazione a chi ha meno di diciassette anni. Meglio così, in fondo: non avevo proprio voglia di sbattermi i coglioni tutto l'anno per uno stupido torneo. 

 

1 novembre 1994

 

Ed eccomi qua, in diretta dal festival annuale dell'indecenza, per l'assegnazione del titolo di “schifoso porco barone” dell'anno, che questa volta (non che di solito no) va a... rullo di tamburi... ebbene sì, proprio lui, sua eccellenza Harry Potter. Perché non gli bastava andare a svenire in giro toccandosi la cicatrice e piagnucolando perché il Signore Oscuro gli ha fatto fuori i genitori, no, adesso per stare al centro dell'attenzione l'idiota ha pensato bene di farsi scegliere come quarto campione del torneo Tre Maghi. Qualcosa con la matematica non torna, vero? Tipo che forse, ma dico forse, il Torneo Tre Maghi è un torneo tra tre maghi, e non quattro. Ma ormai dovrei saperlo, quando ci sono di mezzo Potter e le sue menate sembra sempre che le regole siano state fatte apposta per essere cambiate secondo i gusti e le necessità di sua eccellenza San Potter.

Credo davvero che comincerò a tifare per quella testa di cazzo di Diggory, se l'alternativa è Potter. Non che Diggory abbia qualche speranza di farcela, con quel suo faccino sbrilluccicoso da belloccio senza cervello, ma almeno c'è qualche speranza che non svenga come un idiota a metà della prima prova. 

 

L'orologio del cellulare segnava le undici e mezza. Sbadigliai e posai il quadernetto sul comodino, cominciando a prendere seriamente in considerazione la possibilità di ficcarmi a letto così com'ero, senza nemmeno cambiarmi o andare in bagno a lavarmi i denti. E probabilmente l'avrei anche fatto, se non avessi avuto abbastanza fame da convincermi ad alzarmi, andare in cucina alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti e poi, eventualmente, fare il resto delle cose che dovevo fare. Mi stiracchiai e scesi dal letto, perdendo un paio d'istanti per maledire mentalmente il pavimento freddo sotto i piedi scalzi prima di avviarmi verso la cucina. 

Quando arrivai in soggiorno, però, scoprii di non essere l'unica ancora sveglia a quell'ora: la tv era accesa, senza il volume, e le immagini si rincorrevano mute sullo schermo davanti agli occhi di Draco, che se ne stava disteso sul divano con una coperta addosso. Gli passai alle spalle, totalmente ignorata, e andai in cucina a riempirmi un bicchiere di latte. Bevvi il latte e sciacquai il bicchiere in silenzio, ma poi, invece di tornarmene in camera mia, andai a sedermi sul tappeto, accanto alle sue gambe. 

A parte lanciarmi una rapida occhiata, Draco non diede segno di essersi accorto della mia presenza. 

<< Mamma ti fa dormire sul divano, oggi? >> 

Draco si strinse nelle spalle. << Così pare. >>

<< E tu glielo lasci fare? >> chiesi << Cioè, fammi capire, quand'è che avete deciso che il letto è suo? >>

Draco mi guardò con un certo sdegno. << Se avessi mandato lei a dormire sul divano non ti sarebbe andato bene comunque. >> mi fece notare. 

<< In effetti no... >> mi trovai costretta a dargli ragione. 

Se avesse mandato mamma a dormire sul divano probabilmente gli avrei dato del bifolco cafone. Non che lei non meritasse di dormire sul divano (o anche per terra), se era per quello: non avevo ancora chiamato papà per dargli la funesta notizia, perché speravo in un'improvvisa ondata di sensi di colpa che l'avrebbe convinta a darmi il permesso di partire all'ultimo minuto, ma a quel punto era piuttosto ovvio che non ci sarebbero stati nessuna improbabile ondata di sensi di colpa e nessun ancora meno probabile permesso di partire. 

<< Comunque mi dispiace che abbiate litigato per colpa mia... >> Draco inarcò entrambe le sopracciglia e mi lanciò un'occhiata profondamente sarcastica. << D'accordo, forse non mi dispiace così tanto... >> ritrattai, ma scoprii mio malgrado che la seconda cosa che avevo detto assomigliava ad una bugia molto più della prima. << Però... beh... grazie per prima... >> 

Mi ritrovai a ringraziare Merlino che fosse buio, perché ero certa di essere appena diventata rossa come una Pluffa. 

<< Figurati... >> borbottò Draco. Era troppo scuro per dirlo, ma mi pareva che anche il suo viso si avesse preso un po' di colore. << Ogni tanto tua madre ha bisogno che qualcuno le faccia notare che sta esagerando... e comunque l'ho fatto perché non vedo l'ora che tu ti tolga dai piedi per un paio di giorni. >> aggiunse. 

Quando i nostri occhi s'incrociarono ci ritrovammo a scambiarci un'occhiatina complice, entrambi con un sorrisetto stampato sulle labbra. << Naturalmente. >> risposi. << Ah, comunque toglimi una curiosità: la tv è senza volume perché non avevi voglia di sentire quello che dicono o perché non sei capace di usare il telecomando? >>

La mattina dopo, quando fui svegliata da Scorpius che suonava ferocemente la quinta sinfonia di Beethoven, realizzai di essermi addormentata sul tappeto del salotto, con la testa posata alla gamba di Draco. 

 

***

 

Più tardi quella stessa mattina, quando il mio diciottesimo tentativo di parlargli fallì miseramente, ebbi la conferma definitiva del fatto che Scorpius mi stava evitando. 

<< Scorpius, non voglio disturbarti, ma non è che per caso hai visto la mia maglietta dei... >> tentai, ma prima che potessi terminare la frase lui aveva già abbandonato lo spartito della musica che stava suonando ed era sparito su per le scale, dicendo che gli era appena venuto in mente di aver scritto un'idiozia nel tema di Pozioni.

<< … dei Singin' Ghosts. >> completai, sospirando << Ha un valore affettivo quella maglia! >> sbottai poi, rivolta alla tromba ormai deserta delle scale.

Scossi la testa e mi lasciai cadere con tutto il peso sullo sgabello del pianoforte, ancora tiepido dopo che Scorpius ci era stato seduto (in effetti aveva passato tutta la mattina con le chiappe piazzate su quello sgabello, suonando una hit list delle musiche più minacciose mai composte). Lanciai uno sguardo depresso allo spartito, su cui erano tracciati dei geroglifici dall'aria parecchio complicata, e feci scorrere la punta delle dita sui tasti bianchi, producendo una serie di deboli suoni stonati. 

Forse ha deciso che per avere tanti bambini biondi è meglio sposare una bionda...

Non riuscivo a capire perché, di colpo, avesse cominciato a trattarmi così freddamente: potevo anche aver ferito i suoi sentimenti ed il suo orgoglio, ma quello era davvero troppo. Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo di alcuni mesi, quando se per sfortuna ci trovavamo nella stessa stanza uno dei due si affrettava ad uscirne, storcendo il naso con malcelato (anzi, generalmente esibito, e anche piuttosto teatrale) disgusto. Ora perlomeno Scorpius si risparmiava la fatica di storcere il naso, ma d'altronde quando eviti una persona come se avesse la Spruzzolosi non c'è bisogno di ulteriori dimostrazioni di ribrezzo per farle capire quello che pensi di lei. 

La mia deprimente constatazione dell'ancor più deprimente realtà in cui mi trovavo incastrata fu interrotta dal suono di un paio di tacchi alti che scendevano le scale con la delicatezza di un rinoceronte inferocito. Alzai lo sguardo appena in tempo per vedere mia madre attraversare il salotto a passo di marcia, fasciata in un tailleur pantalone nero che faceva molto “avvocatessa spietata che sta per prenderti a calci in culo”, e puntare dritto sulla porta d'ingresso, senza degnare nessuno di uno sguardo. Draco, che si era affacciato dalla porta della cucina per scoprire quale fosse la fonte di tanto rumore, le lanciò uno sguardo perplesso. 

<< Hermione, dove...? >>

<< Al Ministero. >> rispose, con un tono minaccioso che, più che non ammettere repliche, sembrava quasi invitare a farle, in modo che lei potesse sfogare la sua più che palese ira sbudellando il malcapitato contestatore con un coltello da cucina. Ragion per cui, naturalmente, né io né Draco sentimmo il bisogno di farle notare che la domenica in genere la gente non va al lavoro. La gente normale, perlomeno. 

D'altronde era ovvio che mia madre non fosse normale: la gente normale non torna a casa alle tre di domenica pomeriggio, dopo aver lasciato fidanzato e figli ad arrangiarsi per il pranzo (o in alternativa a morire di fame), annunciandoti che rifarai l'esame di Trasfigurazione il 29 agosto. 

<< Come, scusa?! >> esclamai, sputacchiando il latte e cereali che in teoria avrebbe dovuto essere il sostituto del mio pranzo.

<< Ho parlato con il professor Ferguson, con la McGranitt e con un paio di persone che conosco al Ministero ed ho ottenuto che tu possa rifare l'esame a fine agosto. Se lo passerai con almeno O potrai frequentare i corsi di Trasfigurazione per i MAGO, l'anno prossimo. >> ripeté lei. 

Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di convincermi che mia madre non aveva davvero rivoltato il Ministero della Magia per farmi rifare un esame in cui ero stata giustamente bocciata una volta e che non avevo la minima intenzione di rifare. 

<< Ma tu starai scherzando?! >> sbottai. 

Ma, come temevo, mamma incrociò le braccia al petto e mi rivolse uno sguardo severo. << Nient'affatto. Il 29 agosto tu rifarai quell'esame e prenderai O, dovessi anche studiare tutti i giorni e le notti da questo momento in poi: dopo tutto quello che ho fatto per farti avere una seconda possibilità è il minino che tu possa fare. Anche perché, sia ben chiaro, se mi fai perdere la faccia davanti a tutte le persone che ho scomodato per il tuo esame ti sbatto fuori di casa. >>

Ma magari mi avesse sbattuta fuori da quel covo di pazzi! 

Una che probabilmente minaccia il Ministro della Magia per far rifare un'esame a sua figlia, un altro che si specchia anche nel dorso dei cucchiaini da tè ed il terzo che ti sveglia alle sette e mezzo di domenica mattina suonando la quinta sinfonia di Beethoven... meglio perderli che trovarli!

<< Ma fallo tu l'esame, se ci tieni così tanto. >> risposi << Io non ho la minima intenzione di rovinarmi il resto dell'estate per potermi rovinare anche gli ultimi due anni di scuola studiando quella materia inutile, ora che finalmente me la sono tolta dalle scato... >>

La mia brillante invettiva contro la Trasfigurazione fu interrotta dall'arrivo di Draco. Il platinato  entrò in cucina fischiettando in stile Biancaneve che fa le pulizie con gli uccellini, apparentemente senza accorgersi del litigio che aveva appena interrotto, e si mise a frugare nella dispensa sotto lo sguardo assassino di mamma, che lo stava chiaramente invitando a levare le tende e lasciarci da sole (supponevo che non volesse testimoni, dal momento che con ogni probabilità stava per avadakedavrizzarmi). Dopo aver richiuso la dispensa senza aver preso niente Draco puntò verso la porta, sempre fischiettando con quella sua aria assolutamente fuori luogo da Alice nel Paese delle Meraviglie, ma subito prima di uscire mi mise in mano un pezzo di pergamena. 

<< Hem-hem. >> tossicchiò, lanciandomi uno sguardo molto eloquente << Hai dimenticato questa in soggiorno. >>

Abbassai lo sguardo sulla pergamena, perplessa, e lessi le poche righe che vi erano tracciate con una scrittura che certamente non era la mia. 

 

Non fare l'imbecille: se ha fatto tutto questo casino vuol dire che crede a quello che dici su Ferguson e ti sta dando la possibilità di dimostrarle che ha ragione a fidarsi di te. 

Se ci tieni alla vacanza in Spagna questo è il momento buono per convincerla a lasciarti andare.

 

In effetti Draco non aveva tutti i torti, anche se il fatto che mi stesse aiutando di nuovo avrebbe potuto farmi pensare che aveva battuto la testa da qualche parte e che non era il caso di fidarsi troppo di quello che diceva. 

Mi ficcai la pergamena in tasca e mi costrinsi a rivolgermi a mia madre con un tono non troppo bellicoso. << D'accordo, va bene, farò questo maledetto esame... >> in effetti il tono “non troppo bellicoso” non mi era riuscito un gran che bene, ma se fossi diventata di colpo tutta zucchero e miele la cosa sarebbe stata alquanto sospetta << Sono comunque in punizione? >>

Mamma sospirò. << No, puoi andare in Spagna. Ma appena torni giura che ti metterai a studiare. >>

A guardarla con un po' di attenzione sembrava davvero esausta, povera donna... avevo sempre pensato che si stressasse troppo e per troppe cose (spesso anche stupide, tra l'altro), ma sinceramente mi dispiaceva pensare di essere io uno dei principali motivi per cui si riduceva in quello stato. 

<< D'accordo, mamma. Ti prometto che studierò.... e... grazie... >> aggiunsi, dopo una breve esitazione. 

Grazie per la fiducia, non di certo per avermi rovinato quel che resta dell'estate con questo stupido esame...

Ma questo ritenni fosse meglio non dirglielo. 

 

***

 

Quella sera stavo finendo di ficcare magliette alla rinfusa in valigia, quando qualcuno bussò alla porta, interrompendo la mia minuziosa operazione di preparazione del bagaglio. Gettai l'ultima maglietta nel borsone e andai ad aprire la porta, chiedendomi se per caso fosse Draco con un mazzo di fiori (dopo quello che aveva fatto negli ultimi giorni ci mancava solo quello, praticamente). Invece al posto di Draco trovai Scorpius e senza alcun mazzo di fiori, con mio sommo rammarico (per i fiori, non per Scorpius). 

<< Scorpius... ciao... >> lo salutai, parecchio sorpresa di vederlo sulla porta di camera mia dopo che mi aveva evitata come la peste per tre giorni. 

<< Ciao... hai un momento libero? >> chiese.

<< Direi di si... >> risposi, cercando di indovinare dall'espressione contrita del suo viso cosa volesse dirmi. Qualunque cosa fosse non doveva renderlo particolarmente felice, in ogni caso. 

Mi feci da parte per farlo entrare e andai a sedermi sul letto, lasciando che lui si mettesse dove voleva (ovviamente il pollo rimase in piedi a fissarsi i piedi in imbarazzo). 

<< Quindi vai in Spagna... >> disse, alla fine. 

Non mi sembrava un commento particolarmente intelligente, ma annuii. << Sì, parto domattina. >>

<< È bella la Spagna... >> osservò lui, spostando nervosamente il peso da un piede all'altro. 

Raccolsi il cellulare dal comodino e controllai di non aver ricevuto nuovi messaggi, tanto per avere qualcosa da fare e non sembrare una perfetta idiota mentre lo fissavo come un pesce  imbalsamato. << Già... >> concordai << Ci sei stato? >>

Scorpius puntò lo sguardo sui poster dei Cannoni di Chudley appesi alle mie spalle, anche lui con il chiaro intento di non assomigliare ad un essere pinnato più del necessario. << No, ma... beh, insomma, ti auguro di fare un buon viaggio... >>

<< Oh... grazie. >> 

Aprii la cartella dei messaggi ricevuti e cominciai a scorrerli distrattamente, nonostante non ce ne fossero di nuovi. Scorpius annuì e si avviò in silenzio verso la porta, ma un attimo prima di posare la mano sulla maniglia parve ripensarci e si voltò nuovamente verso di me. 

<< Comunque non era questo che volevo dirti. Insomma, sì, ci tenevo a augurarti un buon viaggio >> si affrettò a precisare << ma... ecco, credo di doverti delle scuse per come mi sono comportato in questi giorni... >>

<< Delle scuse? >> chiesi, ufficialmente perché non ero certa di aver capito bene quello che aveva detto (o almeno sperai che sembrasse così). La cosa, in pratica, era ben diversa, dal momento che se lo avessi registrato mentre diceva di dovermi delle scuse poi sarei stata capace di passare una settimana intera a riascoltare la sua voce che ripeteva quelle parole. 

A ben pensarci anche io gli dovrei parecchie scuse... ma beh, c'è tempo per quello...

Il mio cuore aumentò vertiginosamente il ritmo dei battiti mentre Calvin, nell'angolino più irrazionale del mio cervello, sventolava bandierine con vistosi cuoricini rossi stampati sopra. Sperai per il briciolo di sanità mentale che mi restava che non iniziasse anche a proiettarmi in testa romantici film in cui alle sue scuse seguiva una smielata dichiarazione d'eterno amore. 

Le guance di Scorpius si tinsero di un delizioso color confetto, cosa che non contribuì particolarmente al mantenimento della mia già instabile sanità mentale. << Sì, lo so che sembra stupido... anzi, è stupido, ma ce l'avevo con te perché... >> esitò, puntando lo sguardo il più lontano possibile dal mio << ero geloso... >>

Non riuscii a trattenermi. << Geloso?! >> ripetei, come un barbone scoprendo di aver appena vinto un milione di Galeoni alla lotteria esclamerebbe “un milione?!”. 

Ora Calvin poteva ufficialmente partire con il film d'amore. 

Anche se in effetti la sua gelosia mi prendeva parecchio alla sprovvista: non che la cosa non mi facesse abbastanza piacere da poterci gongolare per giorni, ben inteso, ma non mi veniva in mente nessun motivo per cui Scorpius potesse essere geloso di me, visto e considerato che gli unici esseri di sesso maschile con cui avevo avuto contatti quell'estate, tolto lui, erano tutti miei parenti. 

<< Sì >> confermo Scorpius, le guance che ormai richiedevano un tempestivo intervento dei pompieri << di te e di mio padre... >>

Ok, fermi tutti, stop... CHE COSA?!

Davanti alla mia espressione stralunata Scorpius dovette capire che era il caso di spiegarsi meglio, perché si affrettò ad aggiungere. << Non è una bella cosa da pensare, lo so, ma mi ha dato fastidio vedere che ultimamente state legando parecchio... >> i suoi occhi verdi guizzarono sul mio volto per un istante, lasciandomi intravedere un'ombra della tristezza che li oscurava << … più di quanto abbia legato io con lui in questi anni, almeno... >>

E di colpo mi sentii un'idiota. Un'idiota per ogni sguardo complice che avevo scambiato con Draco in quei giorni. Un'idiota per ogni minuto che gli avevo sottratto quando avrebbe potuto – dovuto – stare con suo figlio. Un'idiota perché i presunti sentimenti che provavo per Scorpius non mi avevano impedito di ferirlo, non accorgermene e continuare a non capire niente di lui e di quello che provava. 

<< Io... >> balbettai << cioè, noi... noi non andiamo affatto d'accordo... insomma, è da quando ho messo piede in questa casa che tuo padre non mi può vedere... se anche mi ha difesa una volta o due non vuol dire niente, probabilmente lo ha fatto solo per il gusto di dare contro a mia mamma... >>

Era vero: il fatto che Draco avesse battuto la testa da qualche parte ed avesse iniziato da un giorno all'altro a fare il carino non voleva dire assolutamente niente, se non che l'oggetto contro cui aveva sbattuto doveva essere parecchio duro. Le cose non erano minimamente cambiate da quando ci eravamo alleati per puro opportunismo contro i due secchioni di famiglia: restavamo sempre due cordiali nemici, uniti temporaneamente da un interesse comune, quale per l'appunto sopravvivere alla convivenza con Hermione Granger. 

Eppure mentre balbettavo quelle parole mi resi conto di quanto poco plausibili sembrassero, di fronte alla realtà oggettiva dei fatti. 

Io e Draco siamo davvero diventati... amici?

Scorpius si sedette sul letto accanto a me, scuotendo la testa. << Conosco mio padre, anche se non ci parliamo molto, e credimi, si sta davvero affezionando a te. In fondo lo capisco, per molte cose gli assomigli molto più tu di quanto gli assomigli io... >>

Ed in quel momento mi odiai dal più profondo del cuore per aver rivolto anche solo una parola vagamente amichevole a Draco. << Mi dispiace, io non volevo... >> cominciai, ma Scorpius m'interruppe, sforzandosi di rivolgermi un sorriso. 

<< Non devi dispiacerti, tranquilla, non è colpa tua. >>

Sentii una sgradevole fitta strizzarmi lo stomaco, a quelle parole. Senso di colpa, forse, di fronte ai suoi patetici tentativi di far sembrare che fosse tutto a posto, che in fondo gli andava bene così, che era contento per me. O forse a farmi sentire uno schifo era il fatto che Scorpius aveva messo da parte il suo rancore e si era davvero convinto che gli andava bene così, che era tutto a posto, che aveva sbagliato lui a prendersela per una cosa del genere. E ora mi stava chiedendo scusa perché io gli avevo rubato il padre e stava pure cercando di tirarmi su il morale.

Ma si può essere più fessi... ed altruisti... e stupidi... e...

Prima di riuscire a fermarmi gli ero praticamente saltata addosso e l'avevo stretto in un abbraccio soffocante, cercando di trasmettergli un po' di qualcosa, non sapevo nemmeno io cosa. Forse solo un po' del bene che gli volevo, perché sapesse che al mondo c'era qualcuno per cui era dannatamente importante. Perché sapesse che meritava di essere importante per qualcuno, molto più della maggior parte della gente. 

<< Lo so che è difficile avere un padre che se ne frega di te... >> sussurrai, affondando le dita nella stoffa leggera della sua polo. 

La mano di Scorpius sfiorò i miei capelli, piano, come se temesse di fare una mossa sbagliata. << So che lo sai... >>

Avrei voluto dirgli che non era vero, che suo padre gli voleva bene anche se, Malfoy com'era, non era capace di dimostrarlo, che magari doveva solo fare il primo passo e sarebbe andato tutto a posto, ma alla fine, come al solito, me ne venni fuori con un banalissimo << Mi dispiace... >>

Brava. No, davvero, complimenti eh... per fortuna che ci sei tu a tirargli su il morale.

Sentii le braccia di Scorpius avvolgersi attorno alla mia schiena e ricambiare la stretta, in cerca di conforto. << Non è stato sempre così... >> mormorò << è passato tanto tempo, non ricordo più bene... ma era davvero un padre, prima... >> sentii il suo corpo tremare contro il mio, come se di colpo fosse stato sferzato da una folata di vento gelido << Poi è come se fosse morto anche lui: non aveva più tempo per giocare con me, per insegnarmi a volare, per fare qualsiasi cosa che non fosse andare al lavoro, come un Infero, solo un corpo vuoto, e cercare quelli che l'avevano uccisa... >>

Sfregai le mani sulla sua schiena, come se sperassi di scacciare il freddo che lo gelava da dentro con quel semplice gesto. Anche perché oltre a quello avevo ben poco da offrirgli: con le parole avevo sempre fatto schifo. 

Ma forse a Scorpius non servivano le parole, in quel momento, perché si accoccolò con la testa sul mio petto, come un bambino, e chiuse gli occhi. 

<< Mi mancherai, quando sarai in Spagna... >> sussurrò. 

<< Mi mancherai anche tu... >> 

E poco prima di scivolare nel sonno, stretta a lui in un groviglio confuso di corpi e braccia, ebbi il tempo di realizzare vagamente che Calvin era sparito dalla mia testa: eravamo solo io e Scorpius, in quel momento. Solo abbracciati, come due bambini sperduti, come due fratelli. 

E mi andava bene così. 

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Capitolo 22
*** dei disastri e delle sfighe (ovvero come i tuoi piani vanno a farsi fottere) ***


21.
Dei disastri e delle sfighe
(ovvero come i tuoi piani vanno a farsi fottere)

 
 C'è poco da fare, quando il mondo decide di mettersi a girare per traverso. Puoi protestare, arrabbiarti, pestare i piedi, ma se le cose hanno deciso di andare per il verso sbagliato non c'è niente che tu possa fare per impedirlo: ci sarà di sicuro qualche legge di Murphy che lo dimostra.
Quindi se, in via del tutto ipotetica, Romilda Vane dovesse decidere di rovinarti la vacanza in Spagna con tuo fratello e tuo padre, o se, sempre per ipotesi, Draco Malfoy dovesse avere la brillante idea di distruggere definitivamente la famiglia disastrata che ti ritrovi... ecco, se queste due cose dovessero succedere più o meno nello stesso momento vorrebbe dire che la sfiga se l'è presa con te e che l'unica cosa che tu possa fare è procurarti un buon strizzacervelli.
  

***
 

Se domenica sera addormentarmi abbarbicata a Scorpius come un curioso esemplare di piantina rampicante mi era parso perfettamente normale, quasi stessi abbracciando un Hugo un po’ più alto e un po’ più biondo mentre di sotto le voci di mamma e papà si urlavano insulti di ogni sorta, il lunedì mattina dovetti accorgermi che non era esattamente la stessa cosa. Se non altro perché ritenevo di non essere ancora così fuori di testa da farmi fantasie erotiche su mio fratello, cosa a cui invece Scorpius non scampò.
Fui svegliata da qualcosa che si muoveva cautamente sotto la mia schiena e che, quando aprii gli occhi, si rivelò essere i braccio sinistro di Scorpius. Appena i nostri sguardi s'incrociarono, Scorpius arrossì violentemente e si riappropriò del suo braccio con uno strattone secco.
<< Oh, scusa... >> borbottò << non volevo svegliarti... >>
Sbattei gli occhi, confusa, chiedendomi per un attimo cosa diavolo ci facesse Scorpius nel mio letto. Vestito, poi: se proprio doveva starci almeno che fosse nudo.
Poi i ricordi della sera prima tornarono a galla ed arrossii anch'io, sperando ardentemente che Scorpius non fosse un Legilimens: non so come l'avrebbe presa se frugando nella mia mente avesse trovato un'immagine grande come un cartellone di se stesso vestito solo della propria pelle.
<< Oh, ehm, non fa niente... >> risposi, affrettandomi a porre tra i nostri corpi una distanza accettabile, per quanto me lo permettesse il materasso ad una piazza.
Scorpius era raggomitolato sul letto in una posizione assurda: una gamba stesa e l'altra piegata con il ginocchio quasi fino al petto, mentre i fianchi erano girati di quasi novanta gradi per permettergli di starsene con una spalla posata sul cuscino ed il viso voltato verso di me. A meno che non fosse un contorsionista doveva fare piuttosto male...
Feci leva sulle braccia per mettermi a sedere, ma prima che riuscissi a portarmi in posizione orizzontale Scorpius era sceso dal letto con uno scatto talmente fulmineo che non avrebbe potuto fare di meglio se gli avessero punto il sedere con uno spillone.
<< Io... vado a farmi una doccia... >> annunciò, precipitosamente. Se si fosse trovato nella Stamberga Strillante non avrebbe potuto avere più fretta di andarsene.
Ok, magari non lo rifaccio da tre giorni, ma non mi sembra che il mio letto faccia così schifo!
<< Ok... >> risposi alla sua schiena, alquanto perplessa.
Se non avesse avuto un fondoschiena così intrigante probabilmente mi sarei offesa per l'ostinazione con cui mi stava dando le spalle.
<< Bene, allora io vado. >> concluse, e si avviò verso la porta facendo un giro stranissimo pur di continuare a mostrarmi la sua nuca bionda per tutto il tragitto.
Dorme una notte con me e perde completamente la testa... non so se interpretarlo come un segno molto buono o molto cattivo...
Scorpius aprì la porta appena di quanto bastava a farlo passare di fianco e s'infilò nello spiraglio in fretta, come se non vedesse l'ora di fuggire dalla mia camera. Un attimo prima che si richiudesse la porta alle spalle mi sembrò di vedere uno strano gonfiore sotto la cerniera dei suoi pantaloni.
Decisamente, stavo diventando una ninfomane assatanata.

 
***
 

Alle nove e mezza in punto, valigia in una mano e repellente per insetti tropicali nell'altra (… sì, e allora? Per noi inglesi tutto quello che ha una temperatura media superiore ai venticinque gradi e una spiaggia dove si può fare il bagno è “i tropici”), mi materializzai davanti alla nostra vecchia casa di Godric's Hollow. Mamma aveva sostenuto di non essere assolutamente dell'umore adatto per sopportare “quell'individuo inopportuno e privo di qualsiasi forma di sensibilità” (sue parole testuali), cosa che non stentavo a credere dal momento che nell'ultimo periodo non sembrava in grado di sopportare neppure le persone opportune e sensibili. Indi per cui non avevo trovato nulla da obbiettare alla passaporta che mi aveva ficcato in mano con malagrazia, nonostante essa fosse un calzino che non doveva aver visto una lavatrice negli ultimi due secoli.
<< Ehi, Rose! >> mi salutò papà, sbracciandosi per attirare la mia attenzione.
Lo raggiunsi in giardino, dove si stava ungendo di crema solare accanto a due valigie rosse. Era parecchio ridicolo a torso nudo, con il ventre completamente bianco, l'ombelico trasbordante di crema e le braccia arrossate dal poco sole che aveva preso con una maglietta addosso.
<< Ciao papà. Dov'è la passaporta? >> chiesi.
<< Oh, è proprio qua, sotto il tuo naso. >> fece lui, sollevando le sopracciglia ricoperte di crema bianca in direzione dei bagagli << La valigia rossa. >>
Lanciai uno sguardo perplesso alle due valigie, entrambe delle stesse dimensioni e della stessa tonalità di rosso acceso. << Quale delle due? >>
<< Beh, quella... >> cominciò a spiegare papà, prima d'interrompersi di fronte alle due valigie perfettamente identiche che gli stavano davanti. << Oh, beh, una delle due sarà. >> concluse, scrollando le spalle.
Tutto sommato considerai che era un bene che mamma non mi avesse accompagnata: una tale esibizione di pressappochismo l'avrebbe senza dubbio convinta che se ci avesse affidati alla cure di papà per tre giorni saremmo tornati in Inghilterra con una persona in meno “tanto un figlio in più, uno in meno, magari ce ne facciamo prestare uno da Harry, eh?”. In effetti se al mondo c'era una persona capace di dimenticare un figlio in Spagna, quella era mio padre.
<< Comunque perché tua madre non ti ha accompagnata? >> chiese.
Alzai lo sguardo su di lui, sull'attenti: quando cominciava con i “tua madre” non era mai un buon segno.
<< Che c'è, ha paura che la mangi? >> insistette, spalmandosi la crema sul braccio sinistro con aria strafottente.
Di colpo la sua mise da quarantenne che vorrebbe fare il trentenne ma non ha più il fisico per farlo, i bermuda in cui era riuscito ad incastrarsi un po' per magia e un po' per miracolo, il torso nudo e la sua posa da soldatino a cui hanno ficcato una bacchetta su per il culo, con gli addominali contratti ed il petto in fuori, assunsero un senso.
Oh, Godric, ma quando hanno intenzione di smetterla con questa buffonata del 'visto che ti sei perso/a?'
<< Non credo... forse non voleva disturbare... >> borbottai << Cioè, penso che avesse da fare... >>
Sì, certo, aveva da tenere il muso al mondo.
Papà mi lanciò uno sguardo di profondo sarcasmo, come a dire “see, da fare, come no”. << Dille che la prossima volta venga pure, che non disturba. Non mi fa né caldo né freddo vederla. >>
Merlino, ma perché dovevano essere così idioti? Quando a tredici anni mi mollavo con il fidanzatino e mandavo le mie compagne di stanza a insultarlo da parte mia mi comportavo da persona più matura di loro due.
<< D'accordo, riferirò. >> borbottai.
Grazie a Godric la nostra conversazione non poté degenerare oltre quel limite, perché Hugo ebbe la fortunata idea d'interromperci proprio in quel momento, facendo irruzione in giardino con la gabbia del gatto vuota in mano, i capelli rossi anche più scarmigliati del solito ed un graffio fresco sulla guancia.
<< Papà? >> sbottò, marciando verso di noi in maniera scomposta, con le ginocchia che si alzavano fin quasi all'altezza dei fianchi ed i piedi che incespicavano tra l'erba e le zolle di terra << Ti dispiacerebbe convincere il tuo gatto ad entrare in questa maledetta di gabbia? >>
Papà finì di spalmarsi la crema sul naso con molto ritegno. << È solo un animale un po' vivace, Hugo, smettila di parlarne come se fosse Satana. >> E detto questo gli prese la gabbia di mano e si avviò verso casa con il naso per aria, sbuffando.
Hugo lanciò un'occhiata velenosa al suo didietro che si allontanava rapidamente, strizzato in un paio di bermuda troppo stretti. << Solo un po' vivace, come no. Quella bestia trama di ammazzarci tutti e dominare il mondo, te lo dico io... >> poi si voltò verso di me, come se mi avesse notata solo in quel momento << Ah, ciao, Rose. Come va? >>
<< Non mi lamento. >> risposi, rivolgendogli un sorrisetto divertito << Almeno io non ho un croccantino per gatti nei capelli. >> aggiunsi, sfilandogli dai ricci rossicci la pallina di cibo con cui doveva evidentemente aver tentato di adescare il gatto.
Hugo ringhiò un paio di volgarità irripetibili. << Odio quell'animale... >>
Grattastinchi secondo era un gattaccio grosso come un piccolo cinghiale e ricoperto di ispida pelliccia grigia a tal punto da sembrare una Puffola Pigmea zombie assatanata, con due perforanti occhi gialli ed un muso schiacciato e perennemente ingrugnato. Papà aveva passato anni della sua vita a professare con convinzione il suo odio nei confronti del Grattastinchi originale, ma quando un paio di anni prima il gatto aveva finalmente tirato le cuoia si era disperato come un bambino davanti al cadavere di Babbo Natale. Nemmeno organizzare un funerale con tutta la famiglia era servito a consolarlo, così alla fine lo avevamo portato in un negozio di animali, dove aveva scelto il gatto più orrendo e cattivo che fosse stato capace di trovare e non ne aveva voluto sapere di dargli un nome diverso da Grattastinchi.
<< A parte Grattastinchi che cerca di ucciderti come stai? >> m'informai.
Hugo bofonchiò ancora qualche augurio di morte diretto al gatto prima di rispondere. << Me la cavo, per ora. A parte Romilda che si presenta a casa a tutte le ore del giorno e della notte, anche quando papà è al Ministero, per chiedermi se ho visto il suo reggiseno rosso, o il suo fermaglio per capelli, o qualsiasi altra cosa riesca a piantare in giro per casa. Ormai se decide di trasferirsi da noi non dovrà nemmeno fare il trasloco. >> alzò gli occhi al cielo, come a chiedere al creatore se doveva suicidarsi o tener duro << Davvero non lo capisco quell'uomo... o si fa le secchione, o si fa le oche... una via di mezzo no, eh? Per fortuna che adesso andiamo via per un paio di giorni e Romilda non potrà... >>
Ma evidentemente questo genere di affermazioni attirano sullo sfortunato che le ha pronunciate una sfiga pazzesca, perché prima che potesse terminare la frase una voce di donna lo interruppe, strillando il suo nome. << Hugo, tesoro, come stai? >>
Mio fratello sbiancò e mi lanciò un'occhiata supplichevole, come a chiedermi di teletrasportarlo immediatamente in Burundi. << Merlino, ti prego, dimmi che è un incubo... >>
Ma la donna bruna che avanzava ancheggiando verso di noi, fasciata in un leggero prendisole rosso costellato di paillettes, sembrava assolutamente reale. Ci voltammo entrambi verso di lei, con la stessa espressione inorridita stampata in viso.
Cosa cavolo pensa di fare leiqua?
<< R-Romilda? >> balbettò Hugo << Cosa ci fai qua? Cioè, è bello che tu ci sia venuta a salutare prima che partiamo ma... >> S'interruppe, notando l'enorme valigia gialla che fluttuava alle sue spalle.
Romilda sorrise: aveva un sorriso ampio, da ragazzina, nel volto ancora giovanile. << Oh, ma io non ho intenzione di salutare proprio nessuno, caro il mio giovanotto. >> affermò, mettendosi le mani sui fianchi come a volerlo rimproverare scherzosamente per aver pensato una cosa del genere << Figurati se sarei venuta a salutarvi, sapendo che ve ne andavate in Spagna senza di me. >>
La mascella di Hugo si spalancò molto più di quanto ritenessi possibile senza che si slogasse e rimase a penzolare sinistramente nel vuoto. La mia, al contrario, era così contratta che probabilmente i miei molari stavano sprofondando sempre più in basso dentro le gengive.
Fermi tutti... è uno scherzo, vero?
Perché in caso contrario avrei ucciso Romilda, e preferivo accertare la situazione prima di ricorrere a misure così drastiche. Mio fratello non sembrava tanto d'accordo: a giudicare dalla sua espressione terrorizzata, come se Grattastinchi secondo si fosse appena sdoppiato sotto i suoi occhi, doveva star considerando l'opzione del suicidio, più che quella dell'omicidio. 
<< E dai, Huge! >> continuò Romilda, visto che mio fratello era troppo sotto shock per emettere un qualsiasi genere di suono dalle labbra << Non penserai mica che mi sarei persa una vacanza in Spagna, eh? >> chiese, dandogli di gomito con aria complice << Devo abbronzarmi anch'io, cosa credi? >>
Ma, dal momento che Hugo continuava a non rispondere, Romilda decise di cambiare destinatario delle sue attenzioni e si voltò verso di me con un sorriso smagliante. << Oh, e tu devi essere Rose, giusto? >> esclamò, stringendomi entusiasticamente la mano << Ron mi ha parlato così tanto di te, devi essere davvero una ragazza speciale. >>
Mi strizzò l'occhio e, prima che potessi sottrarmi alle sue grinfie e fuggire a nascondermi sotto un cespuglio, mi aveva agguantata per le spalle e mi aveva stampato due bei timbri di rossetto sulle guance.
<< Sono così contenta di conoscerti! >> continuò, quando finalmente riuscii a liberarmi dalla sua stretta asfissiante << Sono sicura che andremo subito d'accordo, non lo pensi anche tu? In fondo tra donne ci si capisce al volo: c'è quella sorta di complicità, d'intesa... a proposito, dobbiamo assolutamente prenderci un pomeriggio libero per fare shopping, mentre siamo a Barcellona. Così magari ti troviamo anche un bel cavaliere, eh? Gli Spagnoli sono davvero niente male... allora, che ne dici?>>
Ci misi un po' a realizzare che si aspettava una risposta. A quel punto, illuminata da quel barlume di comprensione ma ancora rintronata dal fiume di parole che Romilda mi aveva letteralmente rovesciato addosso, feci dondolare il capo avanti e indietro in un cenno d'assenso degno di un Infero particolarmente ottuso. << È davvero stupendo, Romilda. >> dissi, con voce flebile.
 

***
 

<< È davvero uno schifo! >> sbraitai, tirando un calcio ad un bollitore arrugginito che aveva avuto la sfortuna di trovarsi alla portata del mio piede << Come ha potuto anche solo pensare di invitarla?! Doveva essere la nostra vacanza, cazzo! >>
Eravamo in una piccola radura, nel bosco appena dietro il campeggio: avevamo preferito rinunciare al tanto anelato bagno in piscina pur di levarci dai piedi Romilda per un paio d'ore.
Hugo, che se ne stava seduto su una roccia a qualche metro da me, cristallizzato nella stessa posizione da almeno dieci minuti, annuì mestamente. << Non so se ce la farò a sopravvivere al gatto e a quella pazza... forse fisicamente, se riesco a salvarmi da Grattastinchi, ma psicologicamente ne verrò fuori distrutto, lo so... >>
Sembrava davvero terrorizzato alla prospettiva di passare quarantott'ore di fila in compagnia di Romilda, povero ragazzo. Io più che terrorizzata ero solo tanto incazzata, ma probabilmente anch'io me ne sarei andata in giro con un amuleto scaccia-Romilda in tasca, se quella psicopatica avesse passato il tempo a chiamarmi Huge e a pizzicarmi le guance con le sue lunghe unghie smaltate di rosso.
<< Almeno tu non ci devi dormire assieme. >> gli ricordai, con una smorfia.
Eravamo arrivati nel campeggio, a qualche decina di chilometri da Barcellona, con Romilda che saltellava in giro come una bambina di cinque anni, totalmente estasiata all'idea di dormire in tenda.  Il campeggiatore ci aveva guardati un po' male, ma poi doveva aver deciso che eravamo una famiglia di schizzati e che era il caso di lasciarci perdere, dopo che papà aveva tentato di pagargli l'ingresso, in quest'ordine, con un sacchetto di Falci d'argento, con un paio di vecchi scontrini di Mielandia (<< Davvero non capisco come facciate voi Babbani a pagare tutto con questi pezzettini di carta... ma aspetti, eh, se non bastano ne ho di più grandi; anzi, ne ho anche uno azzurro... questo deve valere una fortuna, eh? >>) ed infine tutto in monetine babbane (<< Eh, beh, se non volete la carta... ma fate bene, sapete, io non mi fiderei mica a farmi rifilare dei foglietti così, a caso. Per fortuna che avevo un po' di soldi di quelli buoni. >> aveva concluso con un sorriso, porgendogli un penny).
Arrivati alla nostra piazzola ci eravamo adoperati per montare le tende: il piano originale era di montarle con la magia, ma visto che un paio di bambini babbani della tenda vicino ci fissavano con insistenza, probabilmente convinti che fossimo degli artisti del circo (in effetti, tra Romilda e papà, sembrava di essere in una sitcom particolarmente idiota), avevamo dovuto ricorrere al piano B, ovvero quello che comprendeva sudore, martellate sulle dita, imprecazioni di sorta e assolutamente nessuna magia. Per tutto il tempo che ci era voluto per portare a termine (con non molto successo) il piano B, Romilda ci aveva gironzolato attorno tutta presa dal suo inesplicabile entusiasmo, tentando solo di quando in quando di dare una mano, facendo immediatamente un danno e lasciando perdere subito dopo per correre ad ammirare da vicino una roulotte o un camper (<< Ma davvero i Babbani dormono dentro questi pezzi di metallo? A me verrebbe la claustrofobia... >>).
Finito di montare le due tende era arrivato il fatidico momento della spartizione dei posti letto e, con sommo orrore mio e di mio fratello, Romilda non ne aveva voluto sapere di dormire in una tenda con papà e lasciare a noi l'altra. << Non se ne parla! >> aveva protestato, alzando l'indice con un cipiglio autoritario << Dobbiamo assolutamente fare la tenda delle ragazze e la tenda dei ragazzi! >> E papà naturalmente aveva insistito per accontentarla.
La cosa avrebbe potuto quasi farmi piacere, considerato che in quel modo difficilmente papà e Romilda avrebbero potuto “spassarsela” di notte, se non fosse stato per il piccolo ma assolutamente non insignificante dettaglio che con la nuova disposizione dei posti letto sarei stata io la vittima dei tormenti notturni di Romilda.
<< Io non lo so... >> sbuffò Hugo, tenendosi la testa con aria disperata << pensavo che gente del genere potesse esistere soltanto nei cartoni animati... ma come si fa? Merlino, sembra una Winx! >>
Mi sentii in dovere di ridimensionare la sua affermazione. << Beh, non esageriamo. È solo una schizzata, esaltata, psicopatica, modaiola, convinta di avere vent'anni in meno di quelli che si ritrova... >> Hugo alzò un sopracciglio con aria eloquente << D'accordo, sembra una Winx. >>
Mio fratello sospirò, afflosciandosi sulla roccia. << Mamma e papà stanno andando davvero fuori di testa... prima la convivenza con Malfoy, adesso questo... ci manca solo il matrimonio gay e poi siamo a posto. >>
Mi sedetti accanto a lui, passandogli un braccio attorno alle spalle come facevo anni prima, quando ancora per altezza potevo passare per la sua sorella maggiore. << Dobbiamo farli tornare assieme... >>
<< Già. >> assentì Hugo << Non capisco davvero come facciano a non rendersi conto da soli di quanto siano pessimi i compagni che si sono trovati... insomma, Romilda Vane e Draco Malfoy, ma che gli dice il cervello?! >>
Annuii. << E comunque >> mi sentii in dovere di precisare << Malfoy non è tanto male, alla fine. Insomma, non lo consiglierei a nessuno, sia ben chiaro, ma se impari a conoscerlo dopo un po'... >>
M'interruppi, intimidita dallo sguardo che mi rivolse mio fratello. << Malfoy? >> chiese, incredulo << Quel Draco Malfoy? >>
Arrossii in silenzio.
<< Cioè mi stai dicendo che adesso vai d'accordo con Malfoy? >> insistette Hugo, come se gli avessi appena rivelato di avere un'intricata storia di sesso con la Piovra Gigante. Anzi, forse la storia con la Piovra l'avrebbe presa un pochino meglio...
<< Beh, non esattamente... >> mi giustificai << Insomma, sai com'è, dopo un ci si stufa di scannarsi e si trova un modo per sopportarsi a vicenda... >>
Hugo scosse la testa, senza scollarmi di dosso il suo penetrante sguardo azzurro. << Oh no, tu non me la racconti giusta sorellina. Non si comincia ad andare d'accordo con un Malfoy da un giorno all'altro, come se niente fosse. >>
Avvampai. << Andare d'accordo è una parola grossa... c'è una bella differenza fra andare d'accordo e sopportarsi a malapena... >>
Hugo scosse la testa. << Non te n'è mai fregato nulla di >> fece il segno delle virgolette con l'indice e il medio << sopportarti a malapena con Malfoy, né con Scorpius né tantomeno con suo padre. E tu non fai una cosa se non te ne importa nulla di farla. >>
Allontanai più possibile lo sguardo dal suo, fissandolo su una colonna di formiche che attraversava il sottobosco. << E con questo cosa vorresti dire? >> chiesi.
<< Ah, non lo so. >> rispose lui << Dimmelo tu. Perché di colpo t'interessa andare d'accordo coi Malfoy? >>
Rimasi in silenzio per un po', osservando con aria assorta una spedizione di formiche che assaliva uno scarafaggio.
<< La scusa che l'ho fatto per mamma non vale, vero? >> m'informai.
Hugo confermò i miei sospetti. << Direi di no. >>
Le formiche avevano circondato lo scarafaggio e, dopo averlo voltato con il lucido dorso nero verso terra, lo sollevarono e cominciarono a trasportarlo verso il formicaio.
Non risposi a Hugo: non sapevo nemmeno cosa rispondergli, in fondo. Era vero: non avrei dato ai Malfoy la possibilità di dimostrarmi che potevo andare d'accordo con loro, se non ne avessi avuto un motivo, ma era successo tutto gradualmente, un passettino alla volta, e non avrei saputo dire dove cominciavano i motivi e dove finivano le occasioni dettate puramente dal caso che, in un modo o nell'altro, mi avevano fatto avvicinare ai due Serpeverde dai capelli platinati.
Hugo sospirò. << Ma fai sul serio? Voglio dire, con Scorpius... ti piace davvero? >>
Stranamente non sentii le mie guance riscaldarsi – forse anche perché non avevano ancora smaltito il rossore dovuto alle precedenti battute di quella conversazione – né mi affannai a negare tutto, chiedendogli come aveva fatto anche solo a pensare un'idiozia del genere e giurando e spergiurando di non poter soffrire quel cretino di un Serpeverde. Forse ormai ero giunta all'umiliante consapevolezza di quanto risultasse evidente agi occhi del mondo la mia patetica cotta.
Alzai gli occhi su mio fratello, in attesa della sua reazione: se anche io non ero saltata in aria strillando ai quattro venti il mio (presunto) odio nei confronti di Scorpius non voleva dire che lui non fosse ancora in tempo per saltare in aria giurando di farmi immediatamente depennare da qualsiasi testamento in cui fossi citata. Invece anche Hugo la prese incredibilmente bene: si limitò ad annuire, con l'aria rassegnata di chi non approva la scelta di un amico ma sa di non poter far nulla per fargli cambiare idea, e mi rivolse addirittura un sorrisetto un po' stentato.
<< Non fraintendermi, se pensi che sia l'uomo della tua vita per me va bene: non sono io che ci devo stare assieme. Ma... non so, è... insomma, è Malfoy, per la miseria! È un secchione, snob... anche un po' sfigatello, se permetti... credi davvero che saresti felice, con lui? >>
<< Sarei felicissima. >> gli assicurai << Avrei qualcuno che mi farebbe copiare tutti i compiti in classe. >>
Hugo ridacchiò. << In effetti è un vantaggio da non trascurare. >>
Restammo in silenzio per un paio di minuti, ognuno assorto nei propri pensieri, osservando le formiche che banchettavano con i resti dello scarafaggio, ai piedi del formicaio. La povera bestia tentò di fuggire per un po', agitando le corte zampine verso il cielo, finché le suddette zampine non le furono staccate dal corpo per andare ad agitarsi negli stomaci delle formiche. Non che fossi sicura del fatto che le formiche avessero uno stomaco, in effetti...
<< Beh, tutto qui? >> chiesi, quando la visione del macabro pasto delle formiche mi ebbe annoiata abbastanza << Non ti arrabbi, non mi dici che sono un'idiota, non mi prendi in giro? >>
Hugo si strinse nelle spalle. << Tutto qui. >> disse <<  L'amore è cieco, ormai me ne sono fatto una ragione. E comunque ho tempo per infierire... >>
Non mi sembrava molto pericolosa come minaccia, considerato che fino a qualche minuto prima temevo che mi avrebbe scuoiata viva.
Gli sorrisi, grata. << Quindi per te è tutto a posto? >>
Mio fratello scosse la testa, ridacchiando. << Merlino, potevi trovare di meglio, ma stiamo parlando di Malfoy, non di un pazzo drogato con precedenti penali. Alla fine è solo uno sfigato che si dà un po' troppe arie per la sua immensa cultura: penso di poterlo sopportare finché si fa gli affari suoi e non mi viene a rompere le palle con i suoi libri. E sì, >> aggiunse, in risposta all'occhiataccia che gli avevo lanciato alla parola “sfigato” << ci godo a chiamarlo sfigato e non ho la minima intenzione di smettere. >>
Annuii. << Immagino che sia il giusto prezzo da pagare per la tua indulgenza... E comunque se fossi in te non mi preoccuperei troppo di avere un cognato Malfoy: dubito che lo “sfigato” mi voglia... >>
Hugo inarcò un sopracciglio con aria scettica. << Come sarebbe a dire “dubito che lo sfigato mi voglia”?! Ehi, sveglia, sei Rose Weasley, hai presente? Lui è il figlio di un Mangiamorte voltagabbana che all'ultimo minuto è passato dalla parte dei buoni per salvarsi le chiappe, mentre tu sei la figlia dei migliori amici del Salvatore del Mondo Magico. Lui è uno sfigato secchioncello che nessuno si fila nemmeno di striscio, tu sei una delle persone più popolari della scuola... >>
<< Non esageriamo, ho un po' di amici ma non mi sembra di essere così popolare. >> lo corressi.
Hugo sbuffò, scuotendo il capo. << Dopo il casino che hai fatto con Jason lo scorso anno sei più che popolare, fidati. >>
<< E allora perché nessuno dei miei presunti amici si è fatto vivo dall'inizio dell'estate? >> chiesi, irritata.
<< Non è mica colpa loro se hai preferito startene chiusa in casa a socializzare con un secchione piuttosto che uscire a spassartela con loro. >> mi fece notare mio fratello, con un sorrisetto divertito. << E comunque credimi, ci sono un sacco di ragazzi che farebbero carte false per un appuntamento con te, ma sono troppo terrorizzati dalle tue mosse di Karate e dai tuoi amici per farsi avanti. Comprensibile, del resto: sei una VIP, mica sei alla portata di tutti. >>
Storsi il naso. << Hugo, onestamente, non ti ho mai sentito sparare così tante cazzate tutte assieme. E ne hai dette di cazzate nella tua vita, fidati. >>
Hugo si lasciò sfuggire una risatina. << D'accordo, può darsi che stia un po' gonfiando i fatti per tirarti su il morale e farti una ricarica di autostima... ma ehi, sono tutti fatti con basi reali. Sei esattamente il tipo di ragazza popolare, che ha successo in quasi tutto quello che fa – vedi, qua c'è un quasi, tengo conto degli esami di Trasfigurazione – che non guarderebbe mai un tipo come Malfoy. La classica teen love story americana, hai presente? Lo sfigato che si mette con la cheerleader... >>
<< Sì, ma di solito la cheerleader è anche bella. >> obiettai, per nulla incline a lasciarmi rabbonire da quella cascata di lodi campate in aria.
Hugo mi piazzò una gomitata tutto fuorché gentile in mezzo alle costole. << Vuoi per caso che ti dica che sei una cessa? >>
Incrociai le braccia attorno al busto per prevenire altre gomitate. << No, grazie, penso di poter vivere benissimo anche senza che me lo dici. >>
<< E allora stai zitta per una buona volta e lasciati leccare un po' il culo. Bisogna anche sapersi far leccare il culo nella vita, ogni tanto, cosa credi? Ma comunque, dov'eravamo rimasti? Ah, già, la fighissima Rose che fa cadere ai suoi piedi il secchione Malf... >>
<< Hugo, adesso stai davvero esagerando. >> lo avvertii, facendo del mio meglio per non scoppiare a ridere.
<< Sì, lo ammetto, mi hai beccato. >> si arrese << Ma il succo della faccenda è che sei molto più di quello che Malfoy potrebbe ragionevolmente sperare di avere e su questo non transigo: è così è basta, chiaro? >>
Scossi la testa, divertita dal fervore con cui Hugo cercava di ficcarmi in testa quelle false convinzioni. << Se anche fosse non credo che gli interessi. >>
<< Ah, giusto, non dimentichiamo che lui è il misantropo, l'alternativo... >> mi prese in giro Hugo, sogghignando << fammi indovinare, la sua ragazza ideale è tutta brufoli e libri di storia, come la MacMillan. >>
Tessa MacMillan: un nome, una garanzia. Erano stati assieme qualche mese, al quinto anno, e se solo ci ripensavo mi veniva da vomitare.
<< Non mi parlare di quell'essere abominevole... >> ringhiai << E comunque volevo solo dire che Scorpius non è uno che giudica le persone in base a delle cose così stupide come... Ehi, ahia! >> sbottai, quando Hugo mi tirò un vigoroso pizzicotto sul braccio.
<< Eh no, sorellina. >> esclamò, sventolandomi il dito indice davanti al naso << Innamorata persa va bene, ma non metterti a fare la talpetta, adesso. Scorpius Malfoy è uno sfigato – continuerò a ripeterlo finché non te ne convincerai, quindi smettila di fare quella faccia ogni volta che lo dico – e, per quanto mi dispiaccia smontare l'immagine divina che, da brava pera cotta, ti sei fatta di lui, non è nemmeno perfetto: ti ha giudicata male esattamente come hai tu hai giudicato male lui, in questi anni, quindi non venirmi a dire che è troppo intelligente e maturo per abbassarsi a giudicare la gente in base a stronzate, perché con me non attacca, tesoro. >>
Sbuffai e mi lasciai cadere con la schiena sul morbido tappeto erboso che circondava la roccia. << Oh, e va bene, Scorpius Malfoy è un emerito cretino, ti senti realizzato adesso? Tanto non cambia niente: io sono comunque cotta e lui comunque non mi caga. >>
Hugo scivolò giù dalla roccia e mi piombò addosso, ficcandomi prontamente le mani sul ventre, sotto la maglietta. << Oh, ma come siamo disperati. >> motteggiò, solleticandomi l'ombelico.
<< Disperatissima. >> dichiarai, contorcendomi già per il solletico << Non hai idea, ho combinato un disastro con lui... >>
<< Capisco. >> fece Hugo continuando, come aveva fatto per tutta quella stramba conversazione, a rivolgermi espressioni serissime e non prendermi minimamente sul serio << un disastro, dici? >>
<< Un disastro disastrissimo. >> confermai, schiaffeggiando invano le sue braccia perché smettesse di torturarmi con il solletico.
<< Oh, ma allora è proprio grave. >> convenne lui, affondando con più forza le dita nella mia pelle << Secondo me morirai. >>
Non riuscii più a trattenermi e scoppiai a ridere. << Smettila, idiota, mi fai il solletico! >>
<< No, guarda, non me n'ero accorto che ti sto facendo il solletico. >>
Finalmente riuscii a scrollarmelo di dosso e rotolammo assieme nell'erba, allontanandoci uno dall'altra.
<< No, davvero. >> disse Hugo, quando avemmo ripreso fiato << Se hai bisogno di parlarne seriamente con qualcuno... beh, io sono qui. >>
<< Hai veramente voglia di sentirmi dare di matto perché Scorpius non mi degna di uno sguardo? >> chiesi, ironica.
Hugo sorrise. << Se devo essere sincero l'idea di ascoltare mia sorella che frigna su quanto è bello e impossibile Malfoy mi fa venire abbastanza da vomitare, ma se mi paghi abbastanza penso di poterlo fare. >>
<< Uhm... >> replicai, fingendomi pensosa << un pizzicotto sul naso ti va bene? >>
E riprendemmo ad accapigliarci, rotolandoci nell'erba.
Per quel pomeriggio le nostre conversazioni non rientrarono più nella sfera del “serio”.

 
***
 

Sev– Ah, e così te ne vai in Spagna e non mi dici niente, eh?
Rose– Già.
Sev– Aspetta, quindi io sto spendendo dieci centesimi per ogni messaggio che ti scrivo?
Rose– Dodici, credo.
Sev– Ciao.

 
***
 

Martedì pomeriggio io e Hugo eravamo comodamente svaccati su due lettini accanto alla piscina e stavamo definendo gli ultimi dettagli dell'operazione LSD sotto lo sguardo torvo di Grattastinchi, che ci guardava male da dietro le sbarre della sua gabbietta. Lasciarlo libero nel campeggio era semplicemente impensabile, con tutti gli innocenti bambini che avrebbe potuto aggredire, scuoiare e sbranare.
<< Quindi siamo d'accordo. >> concluse Hugo << Entreremo in azione il 25 agosto. >>
Annuii. << Chi si occupa della pozione? Sarebbe carino se lo facesse Al ma non penso che abbia intenzione di mettere il suo talento di pozionista al servizio dei nostri malefici piani. >> calcai sulla parola 'malefici' imitando l'espressione scandalizzata che avrebbe fatto nostro cugino scoprendo cosa avevamo intenzione di fare.
Hugo fece spallucce. << Potremmo chiedere a Lucy: lei ci starebbe. >>
Sì, Lucy mi sembrava un ottimo compromesso: abbastanza intelligente ed abbastanza diabolica per quell'incarico.
<< Perfetto. >> approvai << Quindi io mi occupo di mamma, tu di papà... serve anche qualcuno che tenga Draco e Romilda fuori dai piedi, però. >>
Non sarebbe stato molo piacevole se uno dei due fosse saltato fuori a metà dell'operazione, mandando a monte la riconciliazione pilotata dei nostri genitori.
Hugo si mordicchiò un'unghia con fare pensoso. << A Draco potrebbe pensarci Scorpius, no? >> propose << Quella volta alla Tana mi sembrava abbastanza propenso ad appoggiare la nostra operazione, magari se provi a convincerlo... >>
Io che convincevo Scorpius a fare qualcosa, come no: ma se non riuscivo nemmeno a convincerlo a rivolgermi la parola, di solito? Decisi di sorvolare sui dettagli di quanto Scorpius non mi calcolasse in condizioni normali (ovvero quando non aveva un disperato bisogno di un confidente in quella casa di matti) e chiesi. << D'accordo, e di Romilda come ci sbarazziamo? >>
<< Ma in qualsiasi modo >> rispose mio fratello << l'hai vista com'è, basta che qualcuno se la porti a Diagon Alley con la scusa di fare un po' di shopping... >>
Stavo per proporre Dominique per l'incarico quando una voce trillante ci fece sobbalzare entrambi.
<< Chi deve fare shopping a Diagon Alley? >> chiese Romilda, comparendoci alle spalle con un sorriso smagliante.
Io e Hugo ci scambiammo uno sguardo colpevole.
Miseriaccia, ma lo fa apposta o ha un talento naturale per saltar fuori sempre nei momenti meno opportuni?
<< Oh, capisco... >> continuò lei, chinandosi su di noi con fare cospiratorio << state tramando qualcosa, vero? >>
Romilda a volte era davvero inquietante: non riuscivo a capire se dietro quel suo sorriso cretino si celasse un cervellino d'oca interessato solo a cose futili o una mente diabolica molto più brillante di quanto le sue maniere frivole lasciassero ad intendere. Magari era in combutta con Grattastinchi e tramava di conquistare il mondo...
Romilda batté le mani, entusiasta. << Oh, avanti, a me potete dirlo! Adoro i piani loschi: sarò la vostra complice! >>
Per fortuna la seccatura di inventarci una scusa per togliercela di torno ci fu risparmiata dall'arrivo di papà in versione capo indiano pronto a scendere sul campo di battaglia, con due vistose bandiere bianche e rosse dell'Inghilterra dipinte sulle guance ed un improbabile cappello sulla cui sommità si accapigliavano un drago color vermiglio e l'armatura bianca di San Giorgio.
<< Hugo, Rose, non avete nemmeno una maglietta dell'Inghilterra? >> esclamò, incredulo, come se ritenesse la nostra mancanza di tifoseria un'offesa personale << La partita inizia fra un'ora! >>
Per ovviare a quella terribile mancanza mi ficcò in testa il suo assurdo cappello e risolse che prima del fischio d'inizio avremmo fatto un salto in qualche bancarella per rifornirci del materiale necessario a fare un tifo quantomeno decente in favore della nostra squadra. La sua idea, seppur inizialmente destasse in me più di qualche dubbio, si rivelò assolutamente brillante visto che ci permise di disfarci di Romilda: la perdemmo in mezzo alle bancarelle, mentre sperperava Galeoni a destra e a manca in cambio di sciarpe bianche e rosse, tazze con gli autografi dei giocatori e magliette con slogan più o meno imbecilli. A nessuno dispiacque più di tanto di averla persa per strada (molto meno di quanto ci sarebbe dispiaciuto perderci l'inizio della partita per colpa sua, in ogni caso), perciò decidemmo all'unanimità di andare a prendere posto sugli spalti e lasciare che terminasse i suoi acquisti senza fretta.
Io e Hugo gradimmo immensamente quella soluzione. Gradimmo anche la partita, sebbene più moderatamente visto che l'Inghilterra perse per 240 a 310, facendosi soffiare il boccino dal cercatore avversario proprio quando le sorti dell'incontro sembravano volgere a suo favore. Ma perlomeno potemmo consolarci assistendo in diretta alla disperazione di nostro padre, che prese a sbattere la fronte sulla ringhiera chiedendo non si sapeva bene a chi come fosse possibile che quella capra del nostro cercatore si fosse fatto fregare il boccino in un modo tanto stupido.
Sarebbe stato perfetto, proprio come ai vecchi tempi, se non fosse stato per Romilda, che comparve in quel momento abbigliata da perfetta Ultrà.
<< Ma allora, questa partita? >> chiese, parecchio delusa nel notare gli spalti ormai mezzi vuoti e neanche l'ombra di un giocatore di Quidditch palestrato.
 

***
 

Mercoledì, per coronare la perfetta vacanza andata storta, pioveva. Romilda avrebbe voluto materializzarsi nella vicina Barcellona ed approfittare del brutto tempo per fare un po' di shopping, io e Hugo non ne volevamo sapere e papà non sapeva cosa voleva ma sapeva benissimo cosa non voleva e cioè, precisamente, non voleva mai più vedere uno Spagnolo per il resto della sua vita. Alla fine, dopo una furiosa lite in cui ognuno fece valere con ostinazione le proprie opinioni e con altrettanta ostinazione ignorò quelle altrui, giungemmo al compromesso di tornarcene in Inghilterra prima del previsto. Compromesso che, ovviamente, lasciò tutti più insoddisfatti di prima.
Mentre trascinavo la valigia nel fangoso vialetto di casa (pioveva anche in Inghilterra, ma quello era scontato), quindi, non c'era da stupirsi che avessi raggiunto il valore massimo nella scala delle incazzature. La cosa sorprendente fu invece il fatto che neanche dieci minuti dopo fossi arrabbiata almeno il doppio, ma d'altronde quando c'è di mezzo Draco Malfoy nulla è impossibile, nel bene e nel male (ma soprattutto nel male).
Ancora ignara dell'ignominiosa scena a cui mi sarebbe toccato assistere di lì a poco entrai in casa, registrando vagamente il fatto che la porta era rimasta socchiusa.
Imbecilli. Un giorno arriveranno i ladri, si fregheranno tutto il cibo e loro moriranno di fame.”
Per fortuna io avevo nascosto un paio di barattoli di Nutella in fondo all'armadio. Per sfortuna, invece, in soggiorno c'erano mamma e Draco che si mangiavano la faccia a vicenda. E c'erano anche delle candele. Rosse. E profumate...
Altro che ladri... spero che un giorno arrivino degli assassini!
Mi nascosi nell'ingresso, reprimendo un moto di disgusto.
Ma insomma, poteva esistere qualcosa di più schifoso di quello? Avrebbero dovuto dividerli con un'ascia bipenne, tagliargli le lingue, legarli, imbavagliarli e spedirli come minimo in due pianeti diversi. Magari anche in due galassie distanti qualche miliardo di anni luce, non si sapeva mai.
Stavo appunto per irrompere in salotto con un perentorio e minaccioso “hem-hem” quando la voce di mamma bloccò i miei propositi sul nascere.
<< Draco Malfoy. >> disse, in una sorta di scherzoso rimprovero << Siamo due uomini adulti e con due figli, ti pare il caso di...? >>
<< Tecnicamente tu saresti una donna. >> la corresse Draco, con la solita, insopportabile voce strascicata << Ho avuto occasione di appurarlo in modo piuttosto inequivocabile. >> aggiunse.
Potevo immaginare benissimo il suo ghigno canzonatorio ed il furioso rossore che aveva invaso le guance di mia madre a quelle parole. << Non perdi mai l'occasione di elargire commenti volgari e scontati, vero? E comunque, per tua informazione, quando ho detto “uomini” intendevo esseri appartenenti alla razza umana, indipendentemente dal sesso, quindi l'uso che ho fatto del termine è corretto. >>
<< Sì, Granger, sì. >> la mise a tacere Draco, con un'evidente vena di esasperazione nella voce << Lo sappiamo che hai sempre ragione. >>
<< Mi fa piacere che tu te ne sia finalmente reso conto. >> fu la risposta inacidita di mamma << Ora vuoi spiegarmi perché il salotto di casa mia è invaso da candele e petali di rosa? >>
Draco ridacchiò. << Vediamo se ci arrivi da sola. >>
La breve pausa che seguì mi fece temere che mamma ci fosse arrivata fin troppo bene ed avesse deciso di passare ai fatti senza indugiare oltre, ma per fortuna le mie paure furono prontamente smentite dalla sua risposta.
<< Non credo di volerci arrivare. Devo ricordarti che in questa casa, oltre a noi, vivono due adolescenti? Cosa credi che penserebbero i nostri figli se entrando in casa trovassero il salotto addobbato in questo modo? >>
<< Non lo so... che i loro genitori si danno da fare molto più di loro? >> propose lui.
Lo schiocco di uno schiaffo neanche troppo leggero risuonò nell'aria. << Draco, sei davvero... Merlino, dovremmo dar loro il buon esempio! >>
<< Perché, questo non è un buon esempio? >> chiese. Prima che mamma potesse rispondergli con una sfilza d'insulti si affrettò ad aggiungere << E comunque Rose tornerà solo dopo cena e Scorpius non sarà a casa prima di un paio d'ore: mi sono assicurato che nessuno dei supermercati nel raggio di cinque chilometri avesse il latte di capra, prima di mandarlo a comprarne un litro. >>
Mamma sbuffò, contrariata presumibilmente più per essere stata messa a tacere prima di poterlo insultare che per l'ingiusto trattamento riservato al sedentario Scorpius. << E quindi? >> chiese.
<< E quindi sposami. >> 

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Capitolo 23
*** mai fidarsi dei Malfoy ***


22.
Mai fidarsi dei Malfoy

 

Dopo una lunga ed attenta riflessione sono giunta alla seguente conclusione: la fiducia è come la colombella – o la patatina, o la cosina, o... insomma, chiamatela come vi pare. Era solo per capirci senza usare eccessive volgarità. Ma comunque, stavamo dicendo... la fiducia è come la colombella: meno la dai in giro meno possibilità hai di restarci fottuta.
Se avete un minimo di sale in zucca fate tesoro di quello che ho appena detto ed imparate a custodire gelosamente la vostra fiducia (a proposito, chissà se esistono delle cinture di castità per la fiducia... dovrei chiedere allo zio George se in negozio ne ha qualcuna), perché, credetemi, imparare la lezione a proprie spese non è mai piacevole. Specie se ad insegnarvela è un Malfoy.
Oh, a proposito, piccolo post scriptum: mai fidarsi dei Malfoy. Qualunque cosa vi raccontino, potete star certi che non è la verità. O se lo è, come minimo è più ritoccata della moglie di un chirurgo plastico.

***

[…] Mamma sbuffò, contrariata presumibilmente più per essere stata messa a tacere prima di poterlo insultare che per l'ingiusto trattamento riservato al sedentario Scorpius. « E quindi? » chiese.
« E quindi sposami. »

Ci furono un paio di lunghi istanti di silenzio, durante i quali me ne stetti con la schiena appoggiata alla parete, la testa stranamente vuota e la netta sensazione che ci fosse qualcosa che non andava.
« Prego? » gracchiò la voce di mamma, incredula.
« Sposarsi, hai presente? » rispose Draco, con un tono da maestrino che trovai quasi più irritante delle sue solite maniere da arciduca « Quando due persone si amano tanto tanto e decidono di... »
« Lo so cos'è un matrimonio, Malfoy! » sbottò mamma.
Matrimonio... quella parola aveva un suono decisamente inquietante, ma al momento avevo la testa troppo vuota anche solo per accorgermi di avercela vuota.
La voce di Draco riempì l'intero spazio tra le mie orecchie, sostituendosi alla nebbiolina che mi aleggiava nel cervello. « E allora sposami. »
Sposami... decisamente non doveva essere una cosa bella, visto il modo in cui rispose mia madre.
« Ma non se ne parla! »
« Non mi ami? » chiese Draco.
Amore... quella sì che era roba davvero inquietante. Tentai di formulare un pensiero che avesse una parvenza di senso sul motivo per cui tutte quelle parole suonavano così apocalittiche, ma quando l'unica cosa che mi venne in mente fu un abito rosa da damigella con cui i miei capelli avrebbero fatto a pugni capii che mi stava sfuggendo qualcosa. Decisamente.
« Ma io... sì che ti... » balbettò mamma, che evidentemente aveva i miei stessi problemi nel trovare delle parole che accostate formassero una frase di senso compiuto « ma insomma, non è questo! »
« E cos'è, allora? » s'informò Draco, con voce cortese.
Mamma esitò, probabilmente presa alla sprovvista dal tono calmo del suo interlocutore. Lei dal canto suo sembrava sempre più agitata, mentre sparava parole una dietro l'altra alla velocità della luce. « È che... avanti, lo sai, è troppo presto. Non sono divorziata da nemmeno un anno e già... »
« Un anno e tre mesi. » la corresse Draco « Che è quando avete chiuso la pratica legale. Ma se conti che avete cominciato a vivere separati quasi due anni fa e che avevi deciso di divorziare già qualche anno prima è più o meno da quattro anni che non sei più sposata. »
Tutta quella pignoleria d'informazione sembrò contribuire a farla tornare un po' in sé, perché la sua risposta acquistò un tono deciso e battagliero. « E con questo dove vuoi arrivare? »
« Al punto in cui tu mi dici “sì, lo voglio”. »
« Ma io non lo voglio! » protestò lei.
« Sì che lo vuoi. » tagliò corto Draco « Sposami. »
« Ti ho detto di no! »
« E io ti ho detto di sposarmi. »
Le loro parole mi scorrevano nel cervello come le notizie scritte nella stretta fascia lungo il lato basso dello schermo, durante il telegiornale: passavano, avevo il tempo di registrarle, ma poi svanivano nel nulla prima che il mio cervello potesse elaborarle. Però forse avrei preferito leggere di un “ragazzo tredicenne morto suicida nell'Essex” o di una “madre ventenne arrestata: aveva lavato il figlio nella lavatrice” piuttosto che starmene là ad ascoltare quelle parole di cui il mio cervello si rifiutava ancora di cogliere il significato.
« Non posso, non sono pronta per sposarmi di nuovo, io... »
La voce di mamma era tornata incerta, adesso. Per Draco metterla a tacere fu fin troppo facile.
« Non sarai mai pronta. » disse « Quindi tanto vale che mi sposi adesso. »
« Non è vero che non sarò mai pronta! » protestò lei con veemenza « E smettila di mettermi pressione, ti assicuro che non fun...»
Draco la interruppe di nuovo. « Sì che è vero. » sentenziò « Hai paura di sbagliare di nuovo, come hai fatto con Weasley. E non provare a negarlo, perché sappiamo benissimo che è la verità. »
« No, io non... »
« Sì invece. Sposami. » sentenziò Draco.
Se non altro dovevo riconoscergli che non era da chiunque mettere Hermione Granger con le spalle al muro in quel modo. Mia madre però non sembrava disposta a cedere tanto facilmente.
« Con l'insistenza non otterrai niente; ti ho già detto che non se ne parla. »
Il tono era lo stesso che usava quando le chiedevo il permesso di restare ad una festa fino alle tre di notte e lei mi rispondeva che me lo potevo scordare, e ne fui molto lieta. Non ero ancora riuscita ad instaurare tutte le connessioni neuronali sufficienti per realizzare appieno cosa diamine stesse succedendo, ma il mio sesto senso Weasley mi diceva che sarebbe stato decisamente molto meglio se mia madre avesse continuato ad opporre una strenua resistenza alle insistenze di Draco. Il quale, intanto, decise di cambiare strategia.
« Perché scusa? » chiese, riuscendo a sembrare davvero stupito « Tu mi ami e io ti amo. Viviamo nella stessa casa, dormiamo nello stesso letto, cosa cambia se ci sposiamo? »
« Niente. Quindi non capisco che fretta hai di... »
« Sposami. »
Così però non valeva: l'argomento di mia madre era buono, non poteva interromperla ogni volta che apriva bocca.
Ma per fortuna mamma continuava a tenere duro. « No, non posso sposarti. »
« Sì che puoi, » la contraddisse Draco « basta dire quella parolina magica... su, non è difficile. »
« Malfoy! » sbottò lei « Ma ti sembra questo il momento di scherzare? »
« Oh, ma io sono serissimo. » le assicurò « Sposami. »
« No. »
Per un attimo Draco tacque e sembrò sul punto di accettare la sconfitta, prospettiva che mi causò un gran sollievo, ma prima che la mia ansia potesse placarsi del tutto tornò alla carica.
« Non sarà un errore, Hermione, te lo giuro. » per la prima volta in quella conversazione pronunciò il suo nome, e lo pronunciò con un'intensità tale da rendere impossibile dubitare anche solo per un secondo della sincerità delle sue parole e dei suoi sentimenti « Non permetterò che lo sia. »
Oh, la puntava sul sentimentalismo adesso? Ma così non valeva! Era vile e meschino e...
« Ci vogliono due persone per far stare a galla un matrimonio. » osservò mamma, molto saggiamente. Per fortuna lei aveva un gran bel cervello e gli sapeva tenere testa.
« Beh, è perfetto, perché di solito ci si sposa in due. »
Accidenti, anche la risposta di Draco era buona, però. Mamma doveva pensare la stessa cosa, perché non le restò altro che sbottare il suo nome con palese irritazione.
« Draco! »
« Hermione. » replicò lui, con voce pacata « Se ci sposassimo tu vorresti che il nostro matrimonio fosse un disastro? »
Se c'era una cosa che non si poteva proprio negare era che i Malfoy, quando si trattava di giocare sporco, erano imbattibili – considerai, con crescente irritazione.
Dopo quella domanda mamma si trovò davvero messa alle strette. « Ma no, » balbettò « certo che no... »
« Perfetto, nemmeno io lo voglio. » concluse Draco, soddisfatto « Quindi siamo in due, vedi? »
Accidenti, quell'uomo era davvero un osso duro. Ma perché accidenti a lui non se n'era andato a fare l'avvocato in qualche paese lontano millemila miglia da me e da mia madre?
Anche mamma sembrava d'accordo con il mio ragionamento, perché quando parlò la sua voce suonò alquanto irritata. « Hai intenzione di continuare ad assillarmi con questa storia ancora per molto? »
« Finché morte non ci separi. »
« Oh, piantala! » sbottò.
« Sposami e la pianto. » replicò Draco, sornione.
Ah, adesso passava pure al ricatto, eh? Facile così! Avrebbero dovuto squalificarlo, altroché...
« Sul serio, la smetti di rompere se ti sposo? » volle sapere mia madre.
Decisamente troppo facile...
« Beh, è una promessa un po' grossa... » tentennò Draco « ti va bene se la smetto per una settimana? »
Mamma sbuffò. « Non lo so, devo pensarci. »
Ah, accidenti, stava cominciando a perdere terreno...
« Lo prendo per un sì. » dichiarò la voce soddisfatta di Draco.
« Non è assolutamente detto che diventi un sì! »
Protestò lei, ma ancora una volta Draco aveva la risposta pronta sulla punta della lingua.
« Cinque minuti fa era un no, adesso è un forse: » osservò, tutto gongolante per la vittoria che ormai pareva sempre più prossima « fra cinque minuti sarà un sì. »
Mamma sospirò, sconsolata. « No, ti prego, risparmiami. Non ce la faccio a sopportarti per altri cinque minuti. »
« Quindi è un sì? » insistette Draco.
« … sì. »
Oh, no, si era proprio arresa! Miseriaccia, non si poteva darla vinta così ad un Malfoy!
« Ma non prima di sei mesi, » rettificò « anzi è meglio un anno, e poi dobbiamo stabilire delle regole, per esempio d'ora in poi dovremo... »
« Stupendo, stai zitta adesso. » la interruppe Draco « Neanch'io ce la faccio a reggerti per altri cinque minuti. »
Le loro voci finalmente tacquero ed io di colpo realizzai di essere ancora immobile nell'ingresso, con le chiavi di casa in una mano, la valigia nell'altra e gli occhi sgranati. E, cosa ben più grave, realizzai che mia madre aveva appena accettato di sposare Draco Malfoy.
Chiavi e valigia caddero di botto sul pavimento, schiantandosi sul parquet con un tonfo.
Non ci potevo credere, non era possibile...
Merlino, ditemi che è solo un brutto sogno!”

***

Ma un brutto sogno non era, perché prima o poi tutti i sogni – anche i più orrendi – finiscono, mentre alle quattro di quel pomeriggio ero ancora barricata in camera mia, in totale isolamento dal mondo, e i due idioti di cui sotto avevano ancora tutte le intenzioni di sposarsi. Anzi, con il passare delle ore la situazione divenne se possibile addirittura peggiore: con un'orecchia oblunga scovata in fondo al baule di scuola potei appurare che i due idioti di cui sopra non solo erano assolutamente convinti di sposarsi (gli iniziali dubbi di mia madre scomparvero misteriosamente davanti ad un anello con diamante) ma erano così impazienti di farlo da non poter attendere fino alla fine dell'estate.
« Il trentuno di agosto? » chiese mamma, incredula.
Dalla mia postazione accanto alla finestra della mansarda soffocai a stento un conato di vomito.
Ma stiamo scherzando? Neanche il trentuno agosto di fra cinquant'anni!
« Precisamente. » confermò Malfoy.
« Ma... ma è presto e... insomma, non possiamo mica organizzare tutto in due settimane... ci vuole tempo per queste cose e... »
« Ho già pensato a tutto. » la interruppe Malfoy.
Mamma tacque per un paio d'istanti. Poi, con tono accusatorio, disse. « Come sarebbe che hai già pensato a tutto? »
« Ho prenotato il posto, fissato la data, organizzato il ricevimento... » elencò Malfoy, tranquillo « Ah, a proposito, ho anche prenotato per la luna di miele. Mi piaceva l'idea di farla in estate, perciò immagino non ti dispiaccia se l'anticipiamo un po'... »
Serrai le dita sul sottile filo color carne dell'orecchia oblunga.
Quel viscido, schifoso...
« Aspetta un secondo, fammi capire. » lo interruppe mia madre « Tu avevi già organizzato tutto? Insomma, davi per scontato che ti avrei detto di sì, non è così? »
« Beh, può darsi... » ammise Malfoy.
Persino senza vedere l'espressione gongolante che gli si era certamente dipinta sul volto aguzzo mi venne voglia di strangolarlo. Anche a mamma doveva essere venuta una discreta voglia di farlo, perché sbottò.
« Tu! Tu sei un... un... »
« Un? » la incoraggiò Malfoy.
Mia madre sbuffò, irritata. « Lascia perdere, ormai ci ho fatto l'abitudine. Comunque sappi che prima o poi te la farò pagare: non esiste che organizzi tutto alle mie spalle senza nemmeno chiedermi se... »
« Sì, sì. » la interruppe Malfoy, bonario « Un grazie è sufficiente. »
« E come la metti con i ragazzi? » insistette mamma, che non sembrava per nulla disposta a farsi strapazzare a piacimento da Malfoy « Non possiamo sposarci così, di punto in bianco, come se ci fossimo solo noi due in questa famiglia. Scorpius non mi è sembrato particolarmente entusiasta  della notizia e, nel caso ti fosse sfuggito, Rose non l'ha presa per niente bene: è barricata in camera sua da stamattina ed ogni volta che provo a parlarle... »
« Lasciala stare, le passerà. È naturale che in questo momento ce l'abbia a morte con entrambi, ma se le dai il tempo di sbollire un po' vedrai che... »
« Non venire a darmi lezioni sulla psicologia di mia figlia! » sbottò mamma « Sono sua madre e la conosco molto meglio di te: non ha voluto mangiare niente oggi e se arriva a saltare il pranzo di sua spontanea volontà fidati che non le passerà tanto in fretta. »
Malfoy sbuffò e per un paio d'istanti sperai che non trovasse nulla da replicare e convenisse con mia madre che era decisamente il caso di annullare il matrimonio, tornare a vivere in case separate e non parlarsi mai più per il resto della loro vita. Ma appena ebbi formulato quel pensiero, naturalmente, le mie speranze vennero abbattute.
« D'accordo, senti, non sto cercando di darti lezioni su come comportarti con tua figlia. » disse Malfoy « I vostri problemi sono una cosa che riguarda voi due sole e, credimi, ci tengo abbastanza alla pelle da non avere la minima intenzione d'intromettermi. » tacque per un paio d'istanti, poi tornò alla carica « Senti, Hermione, non so cosa pensi ma ci tengo anche io a tua figlia e l'ultima cosa che voglio è farla stare male: se lei non mi avesse odiato ti avrei chiesto di sposarmi già mesi fa, ma non l'ho fatto perché non mi sembrava corretto nei confronti né tuoi né tantomeno suoi. Negli ultimi tempi però abbiamo cominciato ad andare un po' più d'accordo, così ho pensato che avrebbe potuto accettarlo se avessimo deciso di sposarci. Lascia che le parli io quando si sarà un po' calmata: può avercela con te per non averle chiesto niente prima di accettare la mia proposta, ma il problema principale resta una questione tra me e lei. E ti prometto che... »
Non seppi mai cosa le aveva promesso, perché lasciai che l'orecchia oblunga precipitasse giù dalla finestra e sbattei le imposte con forza, chiudendomi dentro. Non che mi servisse a qualcosa ascoltare la fine del suo viscido discorso: avevo già ascoltato abbastanza.
Non ci posso credere! Mi ha usata per arrivare a mia madre!
Di colpo tutto acquistò un senso: la falsa solidarietà di Draco, la sua gentilezza, gli sguardi complici... Non glie n'era mai importato un accidenti di andare d'accordo con me: faceva tutto parte del suo malvagio piano per convincere mia madre a sposarlo. Se avessi continuato a detestarlo, come una qualsiasi persona dotata di una seppur mediocre intelligenza avrebbe fatto, mamma non avrebbe mai accettato di sposarlo, invece mi ero fatta abbindolare come l'ultima dei cretini e lui ne aveva prontamente approfittato per tendere la sua trappola a mia madre.
Serrai i pugni, sibilando un paio di parolacce irripetibili: era un'idiota, un'ingenua, una credulona...
Aaargh! Non mi fiderò mai più di Draco Malfoy!

***

Quella sera mia madre e l'individuo (dopo avermi subdolamente raggirata per entrare nelle grazie di mia madre poteva scordarsi di avere un nome) decisero di festeggiare il loro f... fid... - oh, al diavolo, quello! – andando a cena fuori. Il lungo abito da sera di mia madre e l'abbigliamento anche più disgustosamente snob del solito che sfoggiava l'individuo suggerivano qualcosa di terribilmente romantico, ragion per cui continuai a sperare per tutta la sera che si spaccassero in mille pezzi durante una materializzazione congiunta particolarmente mal riuscita. In quel momento sarei stata capace di ridere come una pazza sadica sul corpo oscenamente smembrato dell'individuo, ma non paga di quel bagno di sangue Malfoy probabilmente mi sarei anche rallegrata alla vista del cadavere di mia madre. In fondo non mi risultava che l'avessero messa sotto Imperius per farle accettare l'indecente proposta di quel vomitevole individuo.
Tirai un gancio tutto forza e niente tecnica al sacco da boxe, ricavandone solo una discreta dose di dolore e nessuna parvenza di soddisfazione.
Merlino, la odio!
Mi aveva promesso che non avrebbe più preso decisioni importanti di quel genere senza prima non dico consultarmi (cosa che sarebbe stata comunque auspicabile, se non altro per mandare avanti la farsa della famiglia democratica) ma almeno informarmi; e invece lo aveva fatto di nuovo, infischiandosene di me e della mia opinione senza il minimo senso di colpa.
Tirai l'ennesimo pugno furibondo al sacco da boxe, scorticandomi le nocche e fregandomene di essermele scorticate. Ero così furiosa che l'intenso bruciore provocato dalle ferite alle mani mi dava quasi sollievo: se non altro distoglieva la mia attenzione dal vomitevole quadretto di mia madre in abito bianco e dell'individuo ai piedi di un altare.
Li odio. MI odio. Come diavolo ho fatto a farmi fregare in questo modo!?
Dovevo essere davvero un'idiota. Malfoy di punto in bianco si metteva a fare il simpatico e io che facevo? Non mi fidavo e gli suggerivo un modo particolarmente doloroso per suicidarsi? Ma no, certo che no, figurarsi: illuminata dalla mia somma intelligenza avevo pensato bene di credere alle sue viscide menzogne e farmi fregare come il più ingenuo primino di Tassorosso. Ma si poteva essere più cretini?
Appena sposata mia madre sarebbe entrato in modalità matrigna di Cenerentola e mi avrebbe sbattuta in un riformatorio per giovani maghi ribelli, ci scommettevo la bacchetta.
Tirai un montante al sacco, facendomi saltare un altro brandello di pelle dalla mano. Le mie labbra emisero un gemito di protesta, ma mi accorsi a stento del dolore che mi faceva pulsare e tremare i pugni. Anche perché avrebbero sicuramente pulsato e tremato per conto loro, al pensiero di quell'individuo.
Mi scagliai contro il sacco con tutta l'intenzione di eliminare gli ultimi residui di pelle che mi restavano sul dorso della mano destra, ma i miei salutari propositi furono bloccati sul nascere da un braccio pallido che mi si avvolse attorno allo stomaco, strattonandomi violentemente indietro.
Mi girai verso Scorpius, pronta ad uccidere se necessario, e mi liberai dalla sua presa con uno strattone. « Lasciami stare! » urlai, scagliandomi contro di lui per assestargli un meritatissimo pugno sul ventre.
Scorpius doveva esserselo aspettato, perché lo scansò facilmente e mi bloccò il polso con le sue dita affusolate che – accidenti a lui e a tutto il suo albero genealogico – a furia di suonare il piano avevano sviluppato una certa forza.
« Smettila. » disse, con voce ferma. Sembrava una maestra dell'asilo che rimprovera un bambino particolarmente molesto, dopo che ha tentato di scappare in giardino sotto la pioggia per la ventesima volta. In effetti il suo sguardo duro ed inflessibile mi faceva sentire precisamente una mocciosetta dell'asilo.
« Per Morgana! » sbuffò « È mai possibile che ogni volta che succede qualcosa che non ti sta bene devi per forza fare qualcosa di dannatamente stupido? Porca miseria, non è che se ti rompi un polso cambia qualcosa! »
Se all'inizio avevo avuto ancora qualche fievole intenzione di ribellarmi, dopo quella frase  rimasi completamente ammutolita. Ne avevo combinate di cotte e di crude con Scorpius: ci avevo litigato, lo avevo baciato, poi ci avevo litigato di nuovo, lo avevo visto piangere, avevo pianto per lui, avevo desiderato ardentemente di cancellarlo dalla faccia del pianeta, poi avevo sperato disperatamente che sarebbe rimasto con me, lo avevo consolato, gli avevo urlato contro, mi ero fatta consolare e mi ero fatta urlare contro, ma non mi era mai capitato di sentirmi fare la predica da lui. Insomma, fino a qualche settimana prima stare a sentire un Malfoy che aveva da ridire sulla mia condotta mi sarebbe parso semplicemente inconcepibile, ed ora invece eccomi là ad ascoltare Scorpius mentre mi diceva cose sensate – cose sensate per il mio bene – e mi teneva un polso con fermezza, ma senza farmi male.
« Avanti, vieni dentro. Tra l'altro sta per venir giù un acquazzone. » disse, accennando con il capo alle pesanti nuvole grigie che affollavano il cielo. « E fidati, stai già abbastanza male anche senza che ti venga una broncopolmonite. »
Ero talmente allibita dall'assurdità di quella situazione che lo seguii dentro casa senza opporre nemmeno un tentativo di resistenza. Mi sedetti sul divano con le mani posate sulle ginocchia, nella posizione in cui le aveva messe lui, ed attesi che tornasse in salotto con la cassetta del pronto soccorso senza muovere un muscolo. Non trovai il coraggio di protestare nemmeno quando cominciò a medicarmi le mani, anche perché avevo idea che mi avrebbe come minimo schiantata se avessi provato a farlo.
« La pozione disinfettante brucerà un po'. » mi avvertì, prima di cominciare a tamponarmi le ferite con un batuffolo di cotone imbevuto di liquido verdastro.
Più che bruciare puzzava parecchio – considerai, arricciando il naso. O forse in effetti bruciava anche – ritrattai, quando Scorpius appoggiò il batuffolo di cotone sopra una ferita particolarmente profonda – ma non molto più di quanto facessero le ferite per conto loro. Eppure di colpo sentii un tremendo pizzicore agli occhi e non riuscii a trattenere le lacrime, che presero a scorrermi silenziosamente sulle guance.
Merlino, mi sono trasformata in una fontana ambulante. Potrebbero usarmi per innaffiare le piante del giardino...
Era ridicolo... no, a dire il vero neanche un po': quando ero piccola non piangevo quasi mai, soprattutto non per idiozie, mentre da quando vivevamo con i Malfoy avrebbero potuto riempire una vasca idromassaggio di quelle grandi con tutte le lacrime che avevo versato, e più ci pensavo più mi veniva da piangere, perché piangere così tanto era una cosa assolutamente stupida.
Una lacrima cadde sul dorso della mano che Scorpius stava disinfettando. Il mio futuro fratellastro – ecco, ora che ci pensavo anche quello era un disastro di tutto rispetto: da quel momento in poi sarei stata innamorata del mio quasi-fratello – alzò lo sguardo su di me; era in ginocchio ai piedi del divano, di fronte a me, perciò i suoi occhi chiari erano appena qualche centimetro più in basso dei miei.
« Che fai, piangi? » chiese.
Non avevo assolutamente voglia di aprire la bocca, farmi andare di traverso le lacrime che mi si erano impigliate fra le labbra e rispondere qualcosa alla sua domanda – anche perché cosa voleva che dicessi? La risposta mi sembrava piuttosto ovvia –, di conseguenza risolsi d'ignorarlo e continuare a piangere in silenzio come se niente fosse.
Scorpius roteò gli occhi e cominciò ad avvolgermi la mano destra in una benda. « Tanto per sapere, hai intenzione di cominciare a comportarti da persona matura prima o poi? » La sua voce era seccata, ma non sembrava veramente arrabbiato. Non troppo, almeno. « Non puoi fare una tragedia per ogni cosa che non va esattamente come volevi che andasse: sai quante cose ti andranno storte nella vita? Se devi fare così ogni volta fai prima a suicidarti. »
Ti piacerebbe, eh?
Nell'angolino più desolato del mio cervello un'immagine sbiadita di Calvin mi fece notare che se era venuto a trascinarmi via dal sacco da boxe, rischiando di prendere una discreta dose di legnage, ed aveva pure perso tempo a medicarmi le ferite, tutto sommato l'idea di un mio possibile (probabile, se qualcuno non avesse provveduto a troncare la vita dell'individuo al più presto) suicidio non doveva fargli proprio tutto questo piacere. Ma non avevo la minima intenzione di cominciare a fare la persona matura e ragionevole proprio in quel momento, perciò mi sentii autorizzata a continuare a piangere e a pensare quello che volevo di Scorpius, che dal canto suo poteva pensare quello che più gli aggradava di me e del mio stadio di sviluppo mentale, tanto non me ne fregava un fico secco.
Gran cosa, l'autoconvinzione...” commentò Calvin.
Taci, sgorbio!
Scorpius fermò la fascia con un pezzetto di magiscotch e passò alla medicazione della mano sinistra. « Sai come si dice, no? Fare buon viso a cattivo gioco: ecco, è quello che dovresti imparare a fare tu ogni tanto. Il mondo non è stato creato per essere il tuo parco giochi personale; a volte devi fartene una ragione ed accettare di non poter sempre cambiare le cose. »
L'immagine di mia madre che si faceva infilare una fede al dito da quell'individuo m'invase la mente, accompagnata da una musica angosciante che dovevo aver sentito in qualche film horror, o al massimo in un documentario sui campi di concentramento babbani.
Accettare QUESTO?
Preferivo suicidarmi davvero, piuttosto.
Scorpius aveva finito di medicarmi entrambe le mani, ma continuò a tenerle fra le sue.
« Sai, all'inizio pensavo anch'io che essere liberi di decidere tutto della propria vita, a partire dai calzini da indossare la mattina per arrivare alle scelte grosse, quelle che cambiano veramente il corso di un'esistenza, fosse indispensabile per essere felici. » disse. Teneva gli occhi puntati da qualche parte sul pavimento, come se dire quelle cose lo mettesse parecchio in imbarazzo. « Invece ho imparato che essere liberi di fare tutto di testa propria il più delle volte significa solo essere liberi di fare la scelta sbagliata e privarsi delle occasioni che la vita offre: le cose migliori capitano sempre all'improvviso, quando meno te lo aspetti. Se non lasci che le cose facciano il loro corso rischi di perdertele. »
Per un attimo i suoi occhi verdi saettarono sul mio viso, poi scapparono di nuovo. Strinse un po' più forte le mie mani, ma allentò subito la presa e ricominciò a parlare. « Pensare solo a sé e alla propria felicità è il modo migliore per assicurare l'infelicità a se stessi e agli altri. Anche a me l'idea del matrimonio non va a genio, ma se avessi il potere di separare i nostri genitori non mi sentirei affatto meglio, sapendo di aver rovinato la felicità di mio padre. » Fece una smorfia che con un po' di fantasia avrebbe potuto esser fatta passare per un sorriso amaro « Lo so per esperienza che pensare da egoisti è molto più facile che non farlo, e so anche che ascoltare gli altri è molto difficile, soprattutto quando significa mettere da parte le proprie opinioni ed il proprio orgoglio e considerare l'idea di avere torto, ma vale la pena di farlo, ogni tanto. Tutti sbagliamo: non sempre, magari non del tutto, ma fin troppo spesso c'è qualcuno che ha più ragione di noi. Pensiamo sempre di essere gli unici a sapere cos'è il meglio per noi stessi, mentre siamo così sprofondati nelle nostre vicende da non riuscire a vedere più in là nostro naso. »
Le lacrime continuavano a solcarmi il viso in lunghe strisce sottili, gocciolando sulla maglietta sformata e sulla stoffa consunta dei jeans. Scorpius alzò gli occhi su di me.
« Sai cosa mi ha detto Al quando ha saputo del matrimonio? » chiese.
Non sprecai fiato per rispondergli e lui lo prese come un invito ad andare avanti. « Ha detto che non vede perché la cosa non dovrebbe farci piacere: ormai è ovvio che tua madre e mio padre hanno intenzione di mandare avanti questa relazione e questa specie di... » esitò « … famiglia... ed un matrimonio non cambierebbe nulla, se non che loro due sarebbero più felici – e tutti i figli sanno che un genitore più felice equivale a meno punizioni e più libertà. E poi magari con il matrimonio i tuoi parenti – forse anche i miei, ma non ci conto troppo – accetteranno definitivamente la loro relazione: potresti vedere tuo padre, tuo fratello ed i tuoi cugini molto più spesso e magari i tuoi genitori andrebbero anche un po' più d'accordo. » Fece una pausa, probabilmente aspettandosi che venissi illuminata da quelle parole e capissi di colpo il senso della vita. Visto che non successe nulla di tutto ciò aggiunse. « Ha detto questo. E sai che ti dico? Al sarà anche malato di ottimismo cronico e della sindrome di Cupido, ma questa volta ha maledettamente ragione: non è la tragedia che sembra e se anche lo fosse non potremmo farci assolutamente niente, quindi dobbiamo solo metterci l'anima in pace ed accettarlo. »
Insomma, il succo del discorso era che non potevamo fare un accidenti per evitare che mia madre facesse il più grosso errore della sua (e della mia) vita e sposasse l'individuo. Beh, lo avevo capito fin dall'inizio, quello.
Ora capivo perché Scorpius di solito era così taciturno: quando parlava per troppo tempo cominciava a sparare una marea di cazzate. Eppure sembrava che non avesse ancora esaurito la scorta di idiozie che aveva a disposizione per quella sera, perché parlò ancora. « Puoi smetterla di piangere? » chiese, esasperato « Non capisci che se te la prendi così ci stai solo male tu? Non ha alcun senso! »
Ma certo, naturalmente era tutta colpa mia. Se fossi stata una saggia zen come il signorino il mondo sarebbe stato tutto rose e fiori, le mie nocche avrebbero avuto ancora della pelle sopra e Scorpius non avrebbe dovuto perdere preziosi minuti da dedicare al suo studio selvaggio e masochista per fare la predica ad una mocciosa frignona.
Beh, nessuno gli aveva chiesto di farlo. E comunque non avevo la minima intenzione di prendere in considerazione le sue parole, per la cronaca. Né di smettere di piangere.
Scorpius sbuffò e lasciò andare le mie mani. Chiuse la cassetta del pronto soccorso con una manata secca al coperchio e si alzò, sollevandola. « Lo sai cosa? » sbottò « Fai un po' come ti pare, allora. Continua a pensare che tua madre se ne frega di te, che il mondo ti odia e che non c'è nessuno che ti ama. Ma se la smettessi per un attimo di fare la povera vittima incompresa forse scopriresti che la tua vita non è una tragedia come pensi! »
Rimasi immobile sul divano, ascoltando i tonfi dei suoi passi e dei cassetti che sbattevano con forza al piano di sopra. Una vocina proveniente da un anfratto non meglio precisato della mia coscienza mi fece notare che forse Scorpius aveva ragione e che avevo un po' esagerato con tutta quella storia della famiglia disastrata e della povera figlia maltrattata ed incompresa: in fondo c'erano migliaia di ragazzi con i genitori separati e risposati e nessuno di loro, che sapessi, ne era morto. Ovviamente mi affrettai a mettere a tacere la suddetta voce e tornai a crogiolarmi nella mia convinzione di essere la povera vittima di un destino crudele.
Non so per quanto tempo ancora restai sul divano a fissare il vuoto: forse appena una manciata di minuti, forse più di mezz'ora. Ma quando Scorpius tornò in salotto e mi si sedette accanto con un sospiro ero ancora nella stessa posizione in cui mi aveva lasciata.
Si morse il labbro inferiore, studiando il tappeto su cui posavano i nostri piedi.
« Senti, mi dispiace di averti fatto la predica. Non stava a me dirti quelle cose. »
Passai una mano sulla traccia salina che le lacrime mi avevano lasciato sul volto: avevo smesso di piangere, non me n'ero neanche accorta.
« Pensavo che almeno tu avresti capito... » sussurrai.
Mi sentivo troppo vuota per arrabbiarmi, alzare la voce o anche solo mandarlo via, ma vedere che Scorpius aveva accettato così serenamente il matrimonio dei nostri genitori mi faceva sentire terribilmente tradita: credevo che almeno lui avrebbe dovuto stare dalla mia parte per forza di cose.
« Che ci stai male? » chiese Scorpius « Lo capisco: anch'io ci sono stato malissimo all'inizio. Mi sembrava che mio padre stesse infangando la memoria di mia madre trovandosi un'altra donna e non riuscivo a farmene una ragione. »
« E adesso che la vuole addirittura sposare, un'altra donna? Cos'è cambiato? » insistetti.
Scorpius scrollò le spalle. « Adesso ho avuto parecchio tempo per pensarci: mia madre era una Purosangue, Serpeverde, con antenati del tutto rispettabili, mentre Hermione è tutto il contrario. E lo stesso vale per tuo padre e mio padre. » Le sue labbra s'incresparono in un sorrisetto. « Non ci hai mai fatto caso? Hanno trovato l'esatto opposto della persona con cui stavano prima. E non penso che sia solo una coincidenza: secondo me hanno ben presente che questo matrimonio è una cosa diversa dal precedente – non dico migliore o peggiore, ma semplicemente è un'altra cosa – e non vogliono che cancelli quello che c'è stato prima. »
Lo guardai, allibita non tanto per quello che aveva detto – alla conclusione che mio padre e Draco fossero diversi come una Pluffa ed un broccolo ci ero arrivata per conto mio, anche se nella mia visione dei fatti quello era solo un patetico tentativo di dimenticare mio padre – ma per il modo in cui l'aveva detto: Scorpius Malfoy era probabilmente l'unica persona al mondo che in casi del genere, invece di ficcarsi la razionalità su per un posto che non si può dire, la usava per farci ragionamenti perfettamente logici e scorrevoli, e non pago di ciò riusciva pure a sottomettere i suoi sentimenti a quei ragionamenti.
Sbattei gli occhi, incredula. « Quindi tu... insomma, sul serio ti sei convinto che non ti dà fastidio? »
Scorpius scrollò le spalle. « Sì, direi di sì. Anche perché se decidessero di separarsi non mi cambierebbe un granché: di sicuro non potrei riavere indietro mia madre. »
« Ma se fossi me? » chiesi « Se pensassi che c'è una possibilità, seppur minima, che i tuoi genitori tornino assieme... lo accetteresti comunque? »
Scorpius non rispose subito. « Non lo so. » ammise infine « Forse ci proverei. I motivi per farlo si trovano sempre... »
« Motivi per accettare che mia madre sposi quell'individuo? » sbuffai, ironica « Illuminami, perché a me non ne viene in mente nessuno. »
Per un istante gli occhi di Scorpius si posarono su di me, ma prima che riuscissi a decifrare il suo sguardo si alzò e sparì in cucina.
« Mi faccio un tè. » annunciò « Ne vuoi una tazza? »
Annuii, nonostante sapessi benissimo che non poteva vedermi. « Grazie. »
« Prendo anche la Nutella? »
Mi lasciai sfuggire un sorrisetto. « Hai capito tutto. »


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Capitolo 24
*** sbagliare fa schifo, rendersene conto anche di più ***


23.

Sbagliare fa schifo, rendersene conto anche di più. 

 

Aver torto è sempre una gran brutta cosa, per una serie di motivi che vanno dal Troll in Storia della Magia, quando l'argomento su cui hai torto sono le Guerre dei Giganti, alle brucianti ferite all'orgoglio che ciò generalmente procura (non il Troll in Storia, naturalmente: mai stato un problema quello). Ma, tutto sommato, non è nulla a cui non si possa sopravvivere.

Quello che è veramente distruttivo è il non riuscire ad ammettere di avere torto: si può chiudere un occhio sugli errori degli altri (cosa che la gente dovrebbe imparare a fare, ogni tanto), ma non si possono chiudere entrambi gli occhi sulle proprie (cosa che, al contrario, si tende a fare spesso e volentieri). Non ho idea del perché mi venga in mente questa cosa adesso, né so perché riesco a ricordare queste idiozie mentre non sono capace di mandare a memoria una sola pagina del Manuale di Trasfigurazione Avanzata, ma devo aver letto da qualche parte che secondo Sant'Agostino porsi dei dubbi è l'unica assicurazione che una persona può avere della propria esistenza. Ecco, credo che intendesse proprio questo: se uno non è più capace di mettere in dubbio se stesso e le proprie azioni, se non è più capace di riconoscere di aver sbagliato e di cambiare, allora tanto vale che non esista, perché la sua vita non ha senso. 

Ma d'altronde i filosofi sparano sempre un sacco di cazzate, e quasi nessuno li ascolta. 

 

***

 

Giovedì passai una costruttiva mattina seduta alla scrivania, di fronte al libro di Trasfigurazione aperto sull'indice dei capitoli, contando e ricontando mentalmente le pagine che avrei dovuto studiare (troppe), dividendole per i giorni a mia disposizione (decisamente troppo pochi) e concludendone che non avrei mai passato quello stramaledetto esame. Dopo un primo calcolo, dal quale risultò che mi restavano la miseria di diciassette giorni per studiare cinquecentotrentasette pagine (il che significava più di trentuno pagine al giorno), decisi di cambiare strategia e sottrassi alle pagine da studiare quelle che riportavano gli esercizi e gli schemi riassuntivi alla fine di ogni capitolo; il risultato – quattrocentottantasei pagine – fu comunque alquanto sconfortante. La mossa successiva fu quella di scartare anche le pagine contenenti dossier di approfondimento, accorgimento che mi permise di far scendere il numero di pagine da studiare alla non meno desolante cifra di quattrocentocinquantanove. A quel punto optai per un ulteriore affinamento della mia tattica di conteggio e passai a segnare tutte le pagine contenenti immagini, che decisi dovessero valere solo come mezza pagina: il risultato a cui pervenni in quel modo fu comunque una quantità di pagine che in diciassette giorni sarei forse appena riuscita a contare, figurarsi a studiare. Fu in quel momento che mi resi conto di dover cambiare radicalmente il mio approccio alla faccenda se volevo venirne fuori, e dopo una lunga riflessione risolsi di contare solo le pagine dei riassunti di fine capitolo – in fondo potevo benissimo studiare da quelli, no? 

Sorrisi, complimentandomi con me stessa per la mia genialità: ero riuscita a ridurre cinquecentotrentasette pagine (diciamo pure cinquecentoquarantuno, dopotutto quelle due pagine bianche a fine libro erano pur sempre delle pagine) alla bellezza di trentaquattro. In pratica, era come se avessi studiato cinquecentosette pagine – ragionai – quindi per quel giorno non c'era bisogno che studiassi altro: avevo già fatto un lavoro eccellente. Mi stiracchiai, soddisfatta, e chiusi il libro. 

Cinquecentosette pagine, però... non si può certo dire che batto la fiacca.

Mi si stava proprio affacciando alla mente l'idea di scrivere tutti i numeri da uno a cinquecentoquarantuno su un foglio e barrarne cinquecentosette, uno per uno, quando qualcuno bussò alla porta. Sbuffai e, prima di aprire, sbirciai dal buco della serratura per accertarmi che non fosse nessuno di pericoloso – né per me, come mia madre, né per la sua stessa salute psicofisica, come nel caso dell'individuo, che, venendo a bussare alla porta di camera mia dopo quello che aveva fatto, mi avrebbe dato la prova definitiva del fatto che l'istinto di autoconservazione dei Serpeverde era solo una leggenda metropolitana. Con il senno di poi non so fino a che punto quella di sbirciare da buco della serratura fu una buona idea, perché l'unica coda che riuscii a vedere fu la parte superiore dei pantaloni di Scorpius, sul davanti. Il che, come è logico supporre, non giovò particolarmente alle mie facoltà mentali. 

« Uh... ehm... Scorpius, cosa vuoi? » esclamai, cercando piuttosto inutilmente di darmi un contegno. 

« Parlare con te. » rispose lui « Pensi di potermi aprire, o devo continuare a rivolgermi alla maniglia? »

Il suo tono brusco non lasciava speranze di dichiarazioni d'amore o simili, perciò per un attimo fui seriamente tentata di lasciarlo a marcire in corridoio, ma poi, nella mia somma bontà, decisi di accontentarlo. 

« Allora? » chiesi, una volta che ebbi aperto la porta di quel tanto che mi bastava a sporgere una faccia immusonita verso di lui. « Che vuoi? »

Scorpius alzò gli occhi al cielo. « Volevo farti presente che, nel caso non te ne fossi accorta, tuo cugino è qui da due ore. »

Gli piantai addosso uno sguardo ostile. « E allora? »

« E allora sarebbe carino che ti degnassi almeno di scendere a salutarlo. » replicò. « Ci è rimasto male, sai? »

Assottigliai gli occhi. « È la giusta punizione per chiunque abbia l'ardire di presentarsi in casa mia con un biglietto di auguri per il fidanzamento di mia madre con sua altezza Lord Biondi Capelli. »

Scorpius strinse le labbra. Per un attimo mi sembrò sul punto di ricambiare il mio sguardo ostile, ma poi si limitò a scuotere la testa, come se ritenesse che mettersi a discutere con me fosse qualcosa di troppo inutile per perderci del tempo. 

« Bene, come ti pare. Solo una cosa: se devi chiamare mio padre “Lord Biondi Capelli” ti pregherei di non farlo in mia presenza. »

Dopo che se ne fu andato rimasi immobile sulla porta per una buona trentina di secondi, interdetta. 

Si può sapere da quand'è che la gente non ti si fila più nemmeno dopo due giorni che stai in isolamento a fare l'incazzato?

 

***

 

Venerdì, dopo aver ostinatamente ignorato la quindicina di messaggi che mi scrisse Al, chiuso in faccia il telefono ad un Hugo che probabilmente era anche più furibondo di me ed aver sprecato un paio di risate sadiche sulla lettera di Dominique a cui non avevo la minima intenzione di rispondere, mi sentivo decisamente meglio. L'unica nota dolente in tutta quella faccenda era che Scorpius negli ultimi giorni mi aveva riservato la stessa considerazione che io mi stavo premurando di dedicare a chiunque cercasse di mettersi in contatto con me dal mondo esterno. Ma io non avevo bisogno di Scorpius, giusto? 

Calvin, dall'angolo del mio cervello dove ormai aveva messo su casa, mi lanciò un'occhiata scettica. Fosse stato solo per quello, avrei potuto facilmente ignorarlo, ma gli occhi che mi stavano fissando con un misto di sarcasmo e pietà erano della stessa tonalità di verde chiaro di quelli di Scorpius. Una piccola fitta mi attraversò lo stomaco ed in un lasso di tempo imbarazzantemente breve tutti i miei sani propositi di auto-convinzione si dissolsero nel nulla, lasciandomi sola di fronte alla cruda realtà di quella che ormai non ero nemmeno più sicura di poter definire una semplice “cotta”. 

Maledizione, piantala di pensare queste cose! Lo vuoi capire che non gli interessi?!

Prima che i miei pensieri potessero ulteriormente degenerare, spingendomi magari a considerare l'opzione del suicidio, decisi di concentrare la mia attenzione sulle trentaquattro pagine di Trasfigurazione che mi attendevano minacciose sulla scrivania. Mi trascinai svogliatamente fino alla sedia e sfogliai il libro a caso per un paio di minuti, soffermandomi a studiare le immagini ed i titoli dei paragrafi, poi quella che si supponeva essere la mia coscienza mi convinse a mettermi a studiare seriamente. 

Ma sì, dai, il problema è trovare la voglia di cominciare. Poi si fa in fretta: sono trentaquattro pagine, in fin dei conti.” mi dissi, fiduciosa. 

Meno di mezz'ora dopo, però, dell'iniziale fiducia con cui mi ero accinta a leggere il riassunto del primo capitolo restava poco meno di qualche brandello: per riuscire a capire di cosa diavolo parlassero le prime tre righe del riassunto avevo dovuto leggere tutto il paragrafo introduttivo del capitolo e con le righe seguenti non era andata meglio, visto che avevo dovuto leggere tutto il paragrafo sulle trasfigurazioni quantitative e metà di quello sugli incantesimi restringenti di base per riuscire a farmi una vaga idea di cosa si intendesse per “deformazioni da restringimento indotto”. 

A quel punto, riconosciuta con avvilimento l'inefficacia del mio piano di studio ed appurato con avvilimento ancor maggiore che avrei dovuto studiare tutte le cinquecentotrentasette pagine del libro, giunsi alla conclusione che non era destino che riuscissi a prepararmi in tempo per l'esame e di conseguenza (con quella che ritenni essere una brillante dimostrazione di stoicismo) rinunciai. 

Chissenefrega della Trasfigurazione. Il peggio che mi può succedere se non passo l'esame è che mamma mi ammazzi.” In tal caso avrei potuto suicidarmi prima di cadere nelle sue grinfie e venir annoverata di diritto tra i grandi filosofi stoici della storia. 

 

***

 

Sabato mattina ero nella crisi più nera: avevo finito la Nutella e qualsiasi altro genere di scorte alimentari d'emergenza presenti nella mia stanza, vivevo nella stessa casa di Scorpius e non ci scambiavo mezza parola da giovedì e, come se tutto ciò di per sé non bastasse, il libro di Trasfigurazione, nonostante i miei tentativi di nasconderlo in posti improbabili e dimenticarmi della sua esistenza, continuava a spuntare in tutti i cassetti che aprivo per cercare una pergamena nuova, nell'armadio quando cercavo una maglietta pulita da indossare e sotto il letto quando, imprecando, mi chinavo per raccogliere da terra il cellulare o una penna. Mi stava perseguitando intenzionalmente, ne ero certa. O forse, a ben pensarci, erano solo i miei immensi sensi di colpa che mi stavano suggestionando più del dovuto... 

Quando, trascinandomi verso la finestra nella speranza di poter spiare Scorpius mentre leggeva in giardino, inciampai sul libro e poco ci mancò che mi prendessi lo spigolo del comodino in mezzo alla fronte, decisi che quel manuale doveva essere maledetto. A quel punto, colta da un'improvvisa ispirazione, vi imposi un incantesimo antiappellante (fregandomene altamente delle leggi sulla magia minorile) e lo riposi ordinatamente nella libreria. 

Andiamo, quando mai io leggo? Non c'è la minima possibilità che vada a cercare qualcosa da quelle parti!

Soddisfatta della geniale tecnica psicologica appena elaborata dalla sottoscritta decisi di ingannare il tempo spulciando il diario di Malfoy e mi diressi verso la libreria per prenderlo. Quando mi ritrovai il dorso del manuale di Trasfigurazione a due centimetri dal naso imprecai sonoramente. 

« Ma porca Circe! Porca lei e porci i suoi porci! »

Afferrai il diario di Draco e lanciai a terra il libro maledetto, curandomi di non inciamparci sopra mentre tornavo al letto. 

Ah, e adesso resterai là per terra a marcire! Così impari, stupido libro!

Mi accoccolai sul letto, lanciando un'ultima occhiata ostile al manuale di Trasfigurazione, e presi a sfogliare il diario. 

 

24 dicembre 1994

 

Ciao diario, tanti auguri e una merdosissima vigilia di Natale anche a te.

Vuoi sapere il perché di questo saluto così caloroso? A parte che tu sei uno stupidissimo diario e non ti meriteresti comunque nulla di più, ma in ogni caso, se proprio ci tieni a sapere perché la settimana appena passata è stata la peggiore della mia vita, accomodati pure. E procurati qualche Cioccorana da sgranocchiare, perché sarà lunga, ti avverto. 

Io io io... io non ci posso credere. Davvero, non riesco a capacitarmi di quello che i miei occhi  hanno visto. Cioè, un attimo prima Potter è a cavallo della sua maledetta Firebolt e sta per venir sbranato dal drago, i cieli si aprono, il sole splende ed un coro di angeli intona melodie soavi... e l'attimo dopo che succede? Esatto, proprio quello! Ogni volta quello. Io...io io io non so come faccia quel disgraziato a farla sempre franca! Un istante sta per finire sul menu di un Ungaro Spinato e l'istante dopo... puff! È salvo. Non si sa come, non si sa perché, non si sa cosa cavolo io abbia fatto di male per meritarlo... eppure lui è ancora vivo. Assurdo! L'unico drago miope di tutt'Europa e se lo becca lui! Cioè, ma ti rendi conto?

Io... io io... non lo so, sto cominciando seriamente a credere che Potter sia immortale o roba del genere. Insomma, non può essere che gli va sempre di culo in questa maniera! E per di più l'altro giorno ho sentito un paio di mie compagne di Casa discutere di quanto sia stato “eroico” nello sfidare quel drago, cosa che naturalmente mi ha fatto rivoltare lo stomaco: non accetto che si elogi Potter entro le mura del mio dormitorio.

E un'altra cosa che non ho la minima intenzione di accettare è passare la vigilia di Natale chiuso in camera mia a scrivere uno stupido diario perché al piano di sotto ci sono gli “amici” di mio padre. Ridicolo, sono a casa mia e non posso nemmeno uscire dalla mia stanza! E quel che è ancora più umiliante è che non si sprecano nemmeno a dirmi “Ehi Draco, senti, questo pomeriggio c'è un'allegra combriccola di Mangiamorte che viene a ordire oscuri piani nel salotto di casa nostra, quindi ti dispiacerebbe restare in camera tua finché non avranno finito di pianificare il colpo di stato a cui stanno lavorando?”. No, loro devono propinarmi delle balle una più assurda dell'altra per tenermi confinato in camera mia. 

Ma cosa credono, che sia un idiota? Pensano che non l'abbia capito chi sono questi fantomatici “amici” di mio padre? E mi stanno pure rovinando le vacanze di Natale, tra l'altro!

Io non lo so, accidenti a Merlino e Morgana, non so cosa diavolo credono di fare quelli là. In questa casa ormai nessuno mi dice più niente: mi trattano come un moccioso, come se fossi troppo piccolo o troppo stupido per capire, e l'unica cosa che sanno dirmi è “Draco, non t'impicciare, sono affari di tuo padre!”. Affari di mio padre, certo! Perché se il Signore Oscuro decide di resuscitare non è nulla che mi riguardi, giusto?

 

6 gennaio 1995

 

Due settimane completamente buttate nel cesso, ecco cosa sono state queste vacanze. Sarei stato meglio a Hogwarts a girarmi i pollici nella Sala Comune deserta piuttosto che starmene recluso in camera mia per la maggior parte del tempo, con l'unica, deprimente compagnia di un elfo domestico. Almeno a Hogwarts, prima del coprifuoco, nessuno ti vieta di andartene a zonzo per il castello. 

Non avrei mai pensato di arrivare a dire una cosa del genere, ma non vedo davvero l'ora di tornare a scuola. E spero che nel frattempo il Signore Oscuro resusciti e cruci a dovere tutti gli “amici” di mio padre. Anzi, che li ammazzi proprio, così almeno quando tornerò a casa per le vacanze di Pasqua non dovrò starmene di nuovo rinchiuso in camera mia. No, va bene, forse non è il caso che il Signore Oscuro resusciti. Diciamo che è meglio se muoiono da soli cadendo in un burrone, ecco. 

Adesso devo andare, mia madre mi sta chiamando. Ah, a proposito. Lo sai cosa ha fatto mia madre ieri? Le ho detto che so benissimo che gli “amici” di mio padre sono dei Mangiamorte e che voglio sapere cosa sta succedendo e mi ha tirato un ceffone in pieno viso. Cioè, un ceffone, ma ti rendi conto?! L'unica altra volta che mi ha picchiato è stato quando mi sono quasi ammazzato cavalcando la scopa di papà, anni fa. 

Se non fossi così incavolato probabilmente potrei quasi preoccuparmi per lei: è parecchio nervosa ultimamente. A colazione, stamattina, si è messa ad urlare che non è possibile che non capisca che si sta solo preoccupando per il mio bene e che devo smetterla di impicciarmi per una buona volta, e poi è scoppiata a piangere. Davvero, se non mi avesse picchiato potrei anche dispiacermi per lei.  

Oh, e va bene, adesso vado, prima che le venga un'altra crisi di nervi. 

 

Ero così assorta che andai avanti nella lettura per quasi un'ora, a momenti dimenticandomi del mio odio per Lord Biondi Capelli e rischiando quasi di sorridere davanti ai suoi commenti sulla miracolosa sopravvivenza di mio zio alle prove del Torneo Tre Maghi. Stavo giusto leggendo le sue considerazioni scandalizzate sulla (a parer suo) immeritata ed ignominiosa attribuzione di punteggio supplementare nella seconda prova, assegnata allo zio Harry per uno dei suoi consueti atti di eroismo autolesionista, quando il Draco quarantenne venne a bussare alla mia porta. 

« Busso per educazione, non che tu te la meriti. » disse, con la sua odiosa voce strascicata « Comunque ti consiglio di allontanarti dalla porta, perché la farò saltare fra tre... due... »

Balzai in piedi e mi affrettai a ficcare il diario sotto il cuscino. « Cosa? Ma che ti salta in mente?! Non puoi... »

« È casa mia, la porta l'ho pagato io, camera tua l'ho pagata io... quindi in definitiva direi che posso. Dove eravamo? Ah, giusto... uno... zero. » 

E la porta saltò in aria. Sulla soglia comparve un Draco alquanto soddisfatto, che lanciò un'occhiata distratta in giro per la stanza semidistrutta (soffermandosi con un mezzo ghigno sulla mia espressione sconvolta), si aggiustò i capelli con una mano ed infine mi rivolse un sorriso educato. 

« Buongiorno Rose. »

« Va' all'Inferno. » ringhiai. 

« In realtà contavo di andare in viaggio di nozze. » replicò, impassibile « Partiamo fra due ore. »

Gli lanciai un'occhiataccia. « Di solito non si va in viaggio di nozze dopo il matrimonio? »

Non che me ne importasse qualcosa, beninteso, era solo per il gusto di infastidirlo. 

Draco scrollò le spalle. « Potevano darci le ferie in questa settimana... Comunque, hai intenzione di rivolgere la parola a tua madre prima che partiamo? Non è stato molto carino da parte tua ignorare tutti i suoi tentativi di parlarti, in questi ultimi giorni. »

Mi sedetti sul letto, senza risparmiargli uno sguardo turpe prima di sedermi e dopo che mi fui seduta. « Che c'è, ti ha mandato a fare l'ambasciatore? No perché, sai, non mi sembra una grande idea: in confronto a quanto ti odio a lei voglio bene. »

Draco raggiunse il davanzale della finestra, lanciò un'occhiata distratta di sotto e vi si appoggiò con noncuranza. « Oh, non metto in dubbio che tu le voglia bene. Ma, sai, forse potresti cominciare a dimostrarglielo un po' di più: dubito che si sposi per fare un dispetto a te, quindi potresti anche prendere considerazione l'idea che non stia attentando volutamente alla tua felicità. In effetti sei tu che stai rovinando la sua, con questi atteggiamenti da vittima sacrificale. »

Serrai i pugni, cercando di convincermi che la vista del cadavere smembrato di Draco ai piedi del mio letto non valeva la seccatura di una vita ad Azkaban. Tentativo vano, visto e considerato che al momento la mia massima aspirazione era diventare la causa che avrebbe ridotto Draco ad un cadavere smembrato ai piedi del mio letto. 

« Tu! » sibilai « Tu vieni a parlare a me di altruismo e generosità? » mi accorsi di essermi alzata quando ormai ero a meno di un metro da lui, pronta a saltargli al collo, ma al momento la cosa non mi turbò particolarmente « Tu che mi hai usata solo per arrivare a mia madre e riuscire ad estorcerle quel “sì”!? Io non voglio avere mai più niente a che fare con te, è chiaro? » il mio sibilo iniziale si era trasformato in un grido rabbioso, che riecheggiò tra le pareti ed il basso soffitto spiovente della mansarda « Non me ne frega niente se anche sposi mia madre, tu non potrai mai essere nulla che si avvicini ad una figura paterna, nemmeno a quella di un patrigno, per me! Sei solo un essere disgustoso e non vedo l'ora di tornare ad Hogwarts e non doverti vedere più per nove mesi! »

Per la prima volta in quella conversazione vidi l'espressione controllata di Draco incrinarsi, lasciandone trapelare una stupita ed un po' scombussolata. Scosse la testa. 

« Cosa... cosa stai dicendo? » chiese. 

Se non avessi saputo quanto era viscido e Serpeverde probabilmente avrei davvero creduto al suo stupore. 

« Che sei un verme, ecco cosa sto dicendo! » sbottai « Un verme, una merda, uno schifo, uno stronzo, vedila come ti pare! Sei l'essere più rivoltante che... »

« No, intendo... tu credi che io ti abbia usata per arrivare a tua madre? » mi interruppe Draco, fissandomi negli occhi come se volesse estorcermi la risposta con la Legilimanzia. 

D'improvviso la vicinanza che si era creata tra il mio corpo ed il suo mi mise a disagio e, dimentica dei miei propositi di scannarlo vivo, mi affrettai ad allontanarmi da lui. 

« Sì, certo, fai pure finta di cadere dalle nuvole adesso. » sbuffai « Pensi che sia così stupida da fidarmi ancora di te? Ma certo un bel giorno ti svegli, il sole splende, gli uccellini cantano e di colpo andiamo d'accordo, fai il gentile, stai dalla mia parte quando arrivano i G.U.F.O., e ti aspetti che creda che eri sincero? »

Draco mi fissò in silenzio per alcuni istanti, come se le mie parole lo avessero lasciato totalmente basito (“Si è reso conto di esser stato smascherato, eh?!”), poi scosse la testa. « Allora sei davvero stupida come sembri... » si passò una mano sul viso, e per un attimo il suo gesto mi fece credere che quella conversazione (se di conversazione si poteva parlare, dal momento che il termine in genere presuppone una qualche forma di civiltà da parte dei due interlocutori) lo stesse estenuando. Poi mi ricordai che non dovevo credere più a nulla di quello che diceva o faceva e mi riscossi. « Sinceramente, Rose, sei troppo rompicoglioni perché qualcuno riesca a sopportarti per più di cinque secondi se gli stai antipatica. Se mi sono comportato civilmente con te è perché mi andava di farlo, punto. Non vedo perché tu debba insistere nel voler trovare un secondo fine losco in tutto quello che faccio solo perché sono un Malfoy e non ti sto simpatico. »

Non mi stai simpatico? Sì, usa pure gli eufemismi che vuoi...

« Ti prego! » esclamai « Io ci ho provato a fidarmi di te, d'accordo? E l'unico risultato è stato che te ne sei approfittato e mi hai fregata, quindi smettila di recitare e di' le cose come stanno, per una volta! »

L'avevo smascherato ormai, possibile che continuasse a negare anche davanti all'evidenza?

È davvero subdolo come sembra...

Draco aprì e richiuse i pugni un paio di volte, poi alzò gli occhi al cielo, come se stesse chiedendo a qualche divinità di intervenire in suo aiuto. 

Sì, ecco, comincia a pregare! Perché giuro che questa è la volta buona che ti ammazzo!

Non poteva pensare di irrompere in camera mia così, dopo essersi appena fidanzato con mia madre, senza scatenare una reazione omicida. 

« Ok, Rose, mettiamola così. » disse, serrando i denti come se il suo corpo stesse lottando contro la sua volontà per non lasciar uscire quelle parole « Io non ti ho usata. Quando ti ho difesa con tua madre per i tuoi G.U.F.O. l'ho fatto perché so quanto Hermione sia esagerata per queste cose e mi sembrava giusto intervenire, non stavo cercando di entrare nelle tue grazie. E se nell'ultimo periodo non ti ho trattata male come meriteresti di essere trattata è solo perché... perché mi sono affezionato a te, va bene?! » 

Tacque e tacqui anch'io: avevo lo sguardo ostinatamente fissato sul pavimento e non riuscivo a trovare il coraggio di guardarlo, perché le sue parole sembravano così dannatamente sincere e temevo di finire per credergli. Dopo un paio d'istanti del più totale imbarazzo Draco parve riprendere il controllo di sé e, rendendosi conto di quello che aveva appena detto, si affrettò a ridimensionare la cosa. 

« Cioè, in parte. Diciamo alla tua metà Granger, ecco. » borbottò. 

Alzai lo sguardo su di lui, decisa più che mai a non farmi raggirare. « E ti aspetti che ci creda? »

Draco scrollò le spalle, nascondendo in fretta l'imbarazzo dietro al suo usuale contegno distaccato. « Se la cosa può farti sentire meglio nemmeno io ci credo. Comunque ero venuto qua per darti questi. » Si affrettò ad aggiungere, porgendomi un sacchetto tintinnante di monete. 

Afferrai il sacchetto e lo aprii, per controllare che non contenesse serpenti a sonagli o altre minacce per la mia salute fisica. Appurato che conteneva effettivamente soldi – Galeoni, un sacco di Galeoni! – tornai a rivolgermi a Draco, inarcando entrambe le sopracciglia. 

« A cosa devo tanta generosità? » indagai. 

Draco ricambiò il mio sguardo. « L'alcool costa. » rispose, con ovvietà. 

« E cosa c'entra l'alcool adesso? » chiesi, sempre più perplessa « Guarda che non sono stata io a scrivere “Draco merda” sulla gamba del tavolo in cucina, e comunque non ho la minima intenzione di mettermi a pulire. »

L'espressione di Draco si fece ancora più scettica. « Sorvolando sulle scritte che compaiono da sole sui mobili di questa casa, stavo parlando di alcool da bere. »

« Sì, certo, beviteli tu i detersivi. » 

« Vodka! » sbottò Draco, esasperato « Vodka, Burrobirra, Whisky Incendiario, Rum... alcool, hai presente? Ti facevo più sveglia, Weasley. »

« E io ti facevo più sano di mente, Malfoy. » ribattei, piccata « Si può sapere di cosa diavolo stai parlando? »

« Sto parlando » rispose lui, scandendo le parole come se si stesse rivolgendo ad una persona particolarmente ritardata « dei festini che certamente vorrai organizzare avendo a disposizione la casa per una settimana. E, considerato che ad ogni festa degna di questo nome deve esserci parecchio alcool e che in casa mia si possono organizzare solo feste di prim'ordine, penso che questi potrebbero servirti. »

Feci scorrere uno sguardo ironico dal sacchetto di Galeoni a Draco. « Quindi mi staresti esortando ad organizzare feste clandestine mentre tu e mia madre siete in vacanza? »

« Precisamente. » assentì Draco. 

Scoppiai a ridere. « E tu credi di corrompermi così facilmente? Certo, non ha funzionato con il “ti voglio bene” e allora speri di risolvere tutto con i soldi, no? »

Draco scosse la testa. « Non riesci a concepire l'idea che ti stia semplicemente facendo una cortesia? »

« No. » tagliai corto « Quindi piantala con questa recita; non sono mica idiota, cosa pensi? È chiaro come il sole che stai cercando di corrompermi: se fosse stato per i festini avresti potuto benissimo dare i soldi a Scorpius. »

« E per cosa? Perché ci si comprasse una collana di classici babbani dell'800? » replicò Draco. 

Questo è anche vero...

« Comunque. » sbuffai « Questo non fa di te un essere meno viscido. »

Anzi, era così dannatamente viscido che stavo per farmi fregare di nuovo. Accidenti a Merlino, non era colpa mia se quel “mi sono affezionato a te” borbottato tra un insulto e l'altro mi era suonato così sincero e goffo e... 

Calvin, Calvin presto tirami uno schiaffo. Forte. Non posso aver davvero pensato quello che ho pensato...

« Va bene, come ti pare. » disse Draco, riscuotendomi dalla silenziosa sequela d'insulti che mi stavo rivolgendo « E quando torno voglio trovare la casa perfettamente in ordine. » aggiunse, prima di voltarsi, rimettere a posto la porta con un rapido incantesimo ed avviarsi lungo il corridoio. 

Gli corsi dietro fino alle scale, brandendo in una mano il sacchetto di Galeoni e nell'altra un pugno levato minacciosamente. « Ehi, ehi, aspetta un secondo! Non pensare che sia finita qua! Non te la do vinta così facilmente, hai capito? »

Draco cominciò a scendere i gradini, sogghignando. « Sì, sì, certo. »

« Non pensare di avermi corrotta! » sbraitai « Guarda che ti odio sempre, non farti idee strane! I Galeoni li accetto solo perché non sono stupida, ma se speri di comprarti la mia fiducia questo non è neanche un centesimo di quello che dovrai sborsare! E comunque non mi puoi comprare! Resterai sempre e comunque un bugiardo, hai capito?! »

L'unica risposta che ottenni fu una risatina sommessa.

 

***

 

Passai le due ore che seguirono chiusa in camera mia a covare il mio odio nei confronti di Lord Biondi Capelli e ad ignorare i tentativi di mia madre di venire a parlarmi (dopo lo “scherzetto” di Malfoy avevo pensato bene di lanciare un paio di incantesimi protettivi sulla porta, cosa che a posteriori si rivelò un'idea molto illuminata). Quando finalmente i due sposini dell'anno partirono mi lasciai cadere sul letto, stremata dallo stress che in quei giorni mi aveva perseguitata quasi più insistentemente di Calvin e delle sue congetture su Scorpius e me. Non avrei saputo ben definire come mi sentivo al momento, ma di sicuro non era bene: provavo un misto di frustrazione, impotenza, scoraggiamento e forse anche un pizzico di senso di colpa per la reazione indubbiamente infantile che avevo avuto. Non me ne fregava un emerito tubo che Draco si facesse un'opinione ingiuriosa delle mie facoltà mentali, ma non riuscivo a sopportare l'idea di aver avuto una reazione tanto impulsiva ed immatura davanti agli occhi di Scorpius, riuscendo probabilmente solo a mettermi in ridicolo, né tantomeno potevo perdonarmi di aver tolto il saluto a mia madre senza nemmeno lasciarle la possibilità di spiegarsi. Eppure ero troppo orgogliosa, troppo ferita, troppo qualcosa – qualsiasi cosa fosse quella stupida ostinazione che mi costringeva a restare chiusa nel mio silenzioso torto – per tornare sui miei passi e cominciare a fare la cosa giusta. Se avessi potuto tornare indietro avrei evitato di fare tante scenate per il fidanzamento ed avrei seguito il consiglio di Scorpius da subito, ma ormai non sapevo più come smettere di fare l'offesa. 

Insomma, non posso mica far finta di niente e cominciare a comportarmi da figlia modello di punto in bianco! Sarebbe come salire sull'Everest e gridare al mondo che mi sono comportata da idiota e ho torto marcio... anche se in effetti io mi sono comportata da idiota...

No, l'unica cosa da fare era continuare sulla strada che avevo intrapreso: non potevo far credere in giro di aver capito di essermi sbagliata. Sarebbe stato... disonorevole, ecco, oltre che terribilmente imbarazzante. Con che coraggio avrei guardato in faccia Scorpius o mia madre dopo una cosa del genere? 

Mi misi a sedere sul materasso ed in quel momento il mio sguardo si posò sul cellulare, che giaceva abbandonato sul comodino da svariati giorni. Ci pensai su per un paio di secondi, poi lo afferrai e digitai in fretta un messaggio. 

Rose – Hugo, ci serve un piano d'emergenza. 

 

***

 

Mi degnai di onorare Scorpius con la mia presenza solo per l'ora di cena, e solo perché l'odore di quello che aveva cucinato sembrava invitante. Feci il mio ingresso in cucina smanettando con il cellulare tanto per non farlo sentire al centro dell'attenzione e, con quella che mi sembrò un'ottima simulazione di nonchalance, chiesi. 

« C'è da mangiare anche per me? »

Scorpius in tutta risposta si limitò a posare sul tavolo apparecchiato per due un secondo piatto di carne e patate. « Buon appetito. » disse, freddamente.

Sbuffai e mi sedetti al mio posto, cominciando a mangiare senza preoccuparmi di aspettare che lui facesse altrettanto. Scorpius non disse niente e si versò un bicchier d'acqua, facendo come se non ci fossi. 

« Adoro quando mi tieni il muso. » commentai, sarcastica. 

La voglia di fare la spiritosa mi passò un po' quando incontrai il suo sguardo verde chiaro. « Sei tu che stai tenendo il muso a me e a tutto il mondo, in realtà. » mi fece notare, con un certo risentimento « E non ho intenzione di correrti dietro e supplicarti di smetterla solo per compiacerti, se ti aspettavi che facessi questo. »

Una vocina proveniente da un angolo alquanto molesto della mia coscienza esclamò che sì, cavolo, era proprio quello che avrei voluto che facesse e di conseguenza, non sapendo che dire, tacqui. Passammo alcuni minuti a mangiare senza che nessuno dei due aprisse bocca, se non per ingoiare un boccone. 

A quel punto, sentendomi discretamente idiota ma pur sempre meno idiota che a continuare a non dir nulla, constatai. « Quindi saremo a casa da soli per una settimana. »

« Già. » concordò Scorpius, per nulla propenso ad aiutarmi ad avviare una conversazione che fosse degna di quel nome.

« Se vuoi domani sera cucino io... » proposi, tutto fuorché convinta di esserne capace. 

Scorpius inarcò un sopracciglio e mi lanciò un'occhiatina sarcastica. « Tranquilla, faccio io. »

In effetti era un'opzione molto più sicura per me, per lui e per la cucina. Abbassai lo sguardo, sentendomi discretamente idiota, nonché totalmente inutile. « Se vuoi apparecchio e lavo i piatti... »

Scorpius scrollò le spalle. « Se ci tieni. »

Sbattei la forchetta sul piatto, irritata. « Non so, che altro vuoi che faccia perché tu la smetta di trattarmi come se fossi uno Schiopodo Sparacoda? Devo pulire i cessi? »

Scorpius lasciò passare alcuni secondi prima di rispondere: ero pronta a scommettere che lo avesse fatto apposta per infastidirmi ancora di più. « Intanto potresti cominciare ad esprimerti in modo un po' meno volgare. » disse « È imbarazzante, in pubblico. »

« Qualcos'altro? » sbottai, punta nell'orgoglio da quella sua critica « Devo cambiare nome, o sesso magari, o... »

« Pensi di essere capace di tostare del pane e spalmarlo di Nutella? » m'interruppe lui. 

« Che razza di domande sono? Cioè, credi che sia totalmente idiota o cosa? Ovvio che... »

« D'accordo. » mi interruppe di nuovo, facendo alzare esponenzialmente il livello della mia maldisposizione nei suoi confronti « La colazione di domani andrà benissimo. »

Tacqui, interdetta. Poi, guardandomi bene dall'incrociare i suoi occhi mentre parlavo, mi arrischiai a chiedere. « Quindi se domani non ti avveleno la smetterai di snobbarmi? »

Le labbra di Scorpius si arricciarono in un sorrisetto. « Potrei considerare l'idea, sì. »

Esultai mentalmente, mentre Scorpius distoglieva lo sguardo dal mio e riprendeva a mangiare con la consueta compostezza. Rimasi imbambolata per parecchi secondi, con la forchetta vuota in mano, ad osservarlo: più lo guardavo più mi convincevo che fosse bellissimo – checché ne pensasse il resto del mondo – ma non era quello a colpirmi di lui in quel momento. Non avrei saputo definire la sensazione di calore che mi aveva pervaso dopo le sue ultime parole, ma sapere di poter di nuovo contare su di lui, anche solo come amico o come fratellastro, di poter di nuovo passare un pomeriggio a spiegargli come funzionava la televisione babbana o a fare i compiti sul tavolo della cucina assieme a lui, sbirciando la sua pergamena per copiare, mi sembrava qualcosa di immensamente bello. Ero stufa di ignorarlo, di essere ignorata e di rimangiarmi tutte le cose che avrei voluto dirgli per orgoglio o per timore di una sua reazione indifferente: sapevo bene che una volta tornati a scuola avremmo ripreso le nostre vite e gli amici di prima e non ci saremmo più incrociati se non per qualche provvidenziale interferenza di Al, e proprio per quello non potevo permettermi di sprecare le poche settimane d'estate che ci restavano litigando e tenendogli il muso. 

Il peso del sacchetto di galeoni, nella tasca dei pantaloni, attirò la mia attenzione: sfiorai i contorni tondeggianti delle monete attraverso il tessuto dei vecchi jeans ed alzai lo sguardo su Scorpius, cercando le parole adatte per presentargli la mia proposta. 

« Ehm, senti... ci sarebbe un'altra cosa... » iniziai, cauta. 

Scorpius alzò uno sguardo incuriosito su di me. « Sì? »

Allontanai lo sguardo dal suo, tormentandomi le mani sotto il tavolo. « Beh, ecco, vedi... stavo pensando che visto che avremo la casa libera per una settimana potremmo... non so, invitare un po' di gente... »

Scorpius sbuffò ed alzò gli occhi al cielo. « Ti prego, dimmi che non sei ancora in fase “adolescente ribelle che appena i genitori si girano deve fare qualcosa di trasgressivo”. »

Aggrottai le sopracciglia, irritata. « Se anche fosse? E comunque ho il permesso di tuo padre. »

« Ma non quello di tua madre. » 

Osservò Scorpius, cogliendo subito il dettaglio che avevo cercato di far passare inosservato. A volte la sua intelligenza era decisamente fastidiosa... 

« E da quando mi serve il permesso di entrambi i genitori? » indagai. 

« Da quando uno dei due non te lo darebbe neanche sotto tortura. »

Chiusi gli occhi e presi un gran respiro, imponendomi di non dire cose che avrebbero potuto infrangere la tregua che avevamo appena stabilito. 

« Ma accidenti, ti secca tanto invitare a casa i tuoi amici e divertirti un po'? » chiesi, non riuscendo molto bene nel mio intento di esprimermi con diplomazia « Non ho intenzione di far saltare in aria la casa, voglio solo vedere un po' di gente che non vedo dalla fine della scuola: possiamo invitare Mort, Marshall, Al, e tutti gli amici di Serpeverde che vuoi. »

Conclusi la frase rivolgendogli uno sguardo supplichevole. 

Scorpius sospirò e scosse la testa. « Nel caso ti fosse sfuggito non è che sia proprio pieno di amici. » borbottò, arrossendo leggermente. « La gente non mi trova simpatico come te... »

Le sue parole mi fecero uno strano effetto: da un lato sapere che Scorpius riteneva invidiabile qualcosa di me mi fece sentire orgogliosa, ma dall'altro provai una gran tenerezza ed anche un discreto senso di colpa per aver contribuito con tanto impegno a distruggere quel poco di vita sociale che aveva, negli anni precedenti. 

« Beh, allora una festa è un ottimo modo per cominciare a socializzare un po', no? » sdrammatizzai, sforzandomi di rivolgergli un sorriso convincente. 

Scorpius infilzò una patata, la sollevò di alcuni centimetri sopra il piatto e poi la lasciò cadere di nuovo. « Non è così facile socializzare... non per me... »

Inarcai un sopracciglio. « E ti sembra un buon motivo per non provarci? »

Scorpius buttò la forchetta nel piatto ancora mezzo pieno. « Ok, lo so che potrei impegnarmi di più per risultare simpatico, puoi smetterla adesso? Fai tutte le feste che vuoi, ma... » mi puntò addosso uno sguardo che trovai vagamente inquietante « se vuoi comprare il mio silenzio ci sono un paio di favori che dovresti farmi... »

Mi morsi il labbro inferiore, sospettosa. « Che genere di favori? » m'informai. 

« Niente di particolare. » rispose lui, scrollando le spalle « Stavo solo pensando che, se proprio dobbiamo avere gente che fa avanti e indietro da casa nostra per la prossima settimana, potrebbero anche venirci a trovare i miei cugini tedeschi. Ti ho parlato di loro vero? »

Se anche lo aveva fatto non dovevo essermelo filato molto in quel momento, perché non ricordavo assolutamente nulla che riguardasse degli ipotetici parenti tedeschi di Scorpius. Sorvolai su quel fatto ed annuii con convinzione. 

« Ma sì, certo che possono venire! »

« Ok. » fece Scorpius « Ancora un'ultima cosa: Al mi ha detto che da piccola prendevi lezioni di pianoforte. »

Mi chiesi se ci fosse qualche insignificante dettaglio della mia esistenza che Al non avesse ritenuto importante raccontare a Scorpius e probabilmente anche a tutto il resto del mondo. 

Sbuffai. « Sì, e allora? »

Quando avevo otto anni mia mamma si era messa in testa di farmi imparare a suonare uno strumento e per un paio di anni ero andata, alquanto svogliatamente, ad un corso di pianoforte. Inutile dire che gli esiti della cosa erano stati disastrosi e, di quei due anni di maldestri strimpellamenti, non ricordavo nemmeno come si suonasse “tanti auguri”. 

Gli occhi di Scorpius si accesero di entusiasmo. « Avresti potuto dirmelo... insomma, non pensavo che ti interessasse la musica o questo genere di cose ma... cioè, è bello sapere che non pensi che tutto quello che faccio sia stupido o... » tossicchiò e si ricompose, forse notando di essersi esaltato un po' troppo « Comunque quello che volevo dire è che ho trovato un vecchio spartito di mia madre: quando ero piccolo lo suonavamo assieme a quattro mani e... beh, mi servirebbe qualcuno che lo suoni con me... »

Scoppiai a ridere. « Oh, no, non ci pensare! »

Scorpius parve molto deluso dalla mia reazione ilare. « Perché no? »

Aggrottai le sopracciglia, cercando di capire se dicesse sul serio o se mi stesse prendendo in giro. 

Malfoy: un senso dell'umorismo di merda, dal 1708.

« Perché non se ne parla! » sbottai « Non sono capace di suonare. »

Scorpius si strinse nelle spalle. « Come vuoi. Allora non se ne fa niente. »

« Niente di cosa? » chiesi. 

« Di niente. » rispose, grattandosi la pelle sotto un'unghia come se stessimo parlando delle previsioni del tempo « D'altronde se ti rifiuti di suonare non ho nessun obbligo morale che m'impedisca di mandare un gufo a tua madre... »

Hai capito... il bastardo...

Annuii, sibilando tra me e me un paio d'improperi. « Sei pur sempre un Malfoy, dopotutto. »

Scorpius mi rivolse un sorriso angelico. « Certo che lo sono. »

Sbuffai e mi alzai da tavola per posare il piatto vuoto nel lavello. Voleva che suonassi quella roba? Come gli pareva: si sarebbe accorto presto che non ne ero capace.

« Non perdere tempo a mostrarmi lo spartito: non ho mai saputo leggere le note. »

 

***

 

Uscii dalla cucina lasciando Scorpius da solo a finire di mangiare e andai a piazzarmi davanti alla televisione, discretamente “infastidita” (tanto per usare un eufemismo) dal ricatto Malfoyesco di cui ero stata vittima. Ero così “infastidita”, in effetti, che mi accorsi del foglio che era posato sul divano solo quando mi ci sedetti sopra. Imprecai e mi rialzai, prendendo in mano i resti accartocciati della pergamena, che distesi sulle gambe: riconobbi subito la scrittura di mia madre, piccola ed irregolare ma nell'insieme ordinata, ed il mio nome, vergato in cima al foglio da quella grafia. 

Lessi la lettera in fretta, mordendomi le labbra e tormentandomi le mani: ad ogni riga sentivo il cuore sprofondare un po' di più in una regione imprecisata del petto. Quando ebbi finito, dire che mi sentivo uno schifo sarebbe stato come dire che Scorpius non andava male a scuola o che James se la cavicchiava nel Quidditch o, per fare un paragone davvero calzante, che io ero solo leggermente idiota. 

Una mano mi sfiorò la spalla, facendomi sobbalzare. « Rose, tutto bene? »

Annuii e mi affrettai ad asciugare gli angoli degli occhi con il dorso delle mani. « Sì, stavo solo... leggendo una cosa... »

Scorpius non parve molto convinto, ma accettò la mia lacunosa spiegazione senza fare altre domande. « Ok... beh, io vado in camera mia. Se hai voglia di stare in compagnia vieni pure. »

In condizioni normali non me lo sarei fatto ripetere due volte e mi sarei fiondata al suo inseguimento su per le scale, ma quella sera mi limitai ad annuire e rimasi immobile sul divano a rigirarmi la lettera tra le mani. 

Il solo era già tramontato e fuori dalle finestre il buio avvolgeva ogni cosa quando estrassi il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e scorsi rapidamente i messaggi che mi ero scritta con mio fratello quel pomeriggio. 

Rose – Hugo, ci serve un piano d'emergenza. 

Hugo – Alla buon'ora. Pensavo ti fossi suicidata. 

Rose – Scusa se ieri non ti ho più risposto, avevo finito il credito. 

Hugo – Farò finta di crederti. Allora, questo piano di emergenza? 

Rose – Non lo so. Vieni quando vuoi e ne parliamo, tanto per una settimana siamo solo io e Scorpius a casa. 

Hugo – D'accordo, vedrò di farmi vivo quando riesco. Tu cerca di non fare troppe porcate con Malfoy :D

Rose - -.-'' 

Per un attimo fui tentata di scrivergli di lasciar perdere tutto, ma poi scossi la testa e rimisi in tasca il telefono. 

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Capitolo 25
*** elefanti rosa a pois ***


24.

Elefanti rosa a pois 

 

La prima volta che avevo sentito parlare di elefanti in una stanza era stato quando avevo otto anni e, dopo uno dei loro soliti litigi, mamma e papà si stavano tenendo il muso, fingendo al contempo di non avercela a morte con il consorte. Ad un tratto mamma aveva sbattuto un piatto sul tavolo ed aveva esclamato. 

« Allora, Ronald, ne vogliamo parlare di questo elefante nella stanza, o vogliamo continuare a far finta che non esista? »

Io mi ero guardata attorno, perplessa, chiedendomi come facesse un elefante, anche solo uno piccolino, ad entrare nel soggiorno di casa nostra. In più, se anche qualcuno fosse riuscito a farlo passare attraverso la porta, non mi spiegavo come facesse a nascondersi così bene, grosso com'era. 

Solo anni dopo avevo capito come tra due persone, anche nello spazio di una stanza ben più piccola del salotto di casa mia, potessero crearsi un imbarazzo ed un muro di cose non dette ingombranti come un intero branco di elefanti. 

 

***

 

Domenica mattina il calendario segnava che era il quindici agosto e che tre quarti delle vacanze estive se n'erano già andati, ma soprattutto – cosa ben peggiore – che mancavano meno di due settimane all'esame di Trasfigurazione che mia madre mi aveva imposto di fare. L'evidenza dei fatti parlava molto chiaramente, e quello che diceva non era per nulla confortante: se non avessi cominciato a studiare con una certa serietà non sarei stata promossa nemmeno se Dio, Gesù e lo Spirito Santo fossero scesi dal cielo a perorare la mia causa. Perciò, di malavoglia, m'imposi di studiare. 

Essere sola in casa con Scorpius e starmene barricata in camera mia a fare l'intellettuale era decisamente la cosa più stupida che avessi mai fatto e sapevo che avrei cominciato a pentirmene non appena i due sposini dell'anno fossero tornati dalla loro luna di miele, ma d'altronde – visto il livello d'interazione a dir poco nullo che avevamo avuto nei giorni precedenti – cercare la sua compagnia non mi sembrava una cosa molto più intelligente da fare. Ci avevo provato quella mattina, a colazione, ma Scorpius si era portato a tavola un libro e, assorto nella lettura, aveva risposto con un vago cenno di assenso a qualsiasi domanda gli ponessi, anche “ti è mai capitato di essere attratto da un maschio?”. Quando finalmente si era degnato di chiudere il libro, borbottando tra sé e sé il numero della pagina a cui era arrivato, avevamo scambiato un paio di parole, constatando per lo più cose ovvie come che probabilmente quel pomeriggio avrebbe piovuto e che mia madre e Malfoy il Vecchio ci avevano lasciati a casa da soli. Il punto di maggior rilievo della conversazione era stato quando mi aveva informata della presenza di una macchia di Nutella sulla parte sinistra del mio naso ed io lo avevo ringraziato e me l'ero pulita con un tovagliolo. Con ogni probabilità era stata la conversazione più cortese e civile che avessimo mai avuto, ma era anche stata la più inutile ed imbarazzante: evidentemente sospendere le ostilità non bastava per ritrovare quel qualcosa che, nelle ultime settimane, ci eravamo così alacremente impegnati a demolire. 

Era da tempo che pensavo a come si era evoluto (o, per meglio dire, involuto) il nostro rapporto negli ultimi tempi, e ogni volta che ci pensavo non potevo fare a meno di sentirmi un'idiota: da quando era iniziata l'estate il nostro presunto odio, pur con i suoi alti e bassi, era scemato in fretta, così in fretta che quello che avevo scoperto di provare per lui mi aveva scombussolata profondamente, facendomi comportare in modo anche più idiota del solito (il che era ben grave, considerato che anche in situazioni normali le mie azioni non erano certo un esempio brillante di intelligenza). Eppure, nonostante tutto, avevamo continuato ad avvicinarci, fino a quella sera in discoteca con Dominique: là evidentemente il nostro rapporto aveva toccato il suo apice, e la cosa schifosa degli apici è che poi le cose non fanno altro che peggiorare. Peggiorare progressivamente, inesorabilmente, così come quello che c'era tra me e Scorpius – quello che stava per esserci, per l'esattezza – mi era scivolato via dalle dita e non ero più riuscita a riafferrarlo. I nostri rapporti si erano raggelati progressivamente, le nostre conversazioni si erano fatte sempre più piatte e distanti, con la rara eccezione di qualche litigio, e la strana tensione elettrica che sentivo tra i nostri corpi quando eravamo troppo vicini era quasi del tutto svanita, come se uno dei due poli – il suo – si fosse spento. Non avevo più il coraggio di cercare un bacio, un abbraccio o anche solo una carezza impacciata da lui, dopo tutto quello che era successo: lo avevo allontanato da me a forza quando aveva cercato di avvicinarsi, e ora avevo troppa paura che fosse lui ad allontanare me se gli avessi aperto il mio cuore. E se anche lui mi avesse voluta, una parte di me sentiva che non era giusto: non era giusto trattarlo come lo avevo trattato, sbatterlo fuori da camera mia a calci quando cercava solo di strapparmi un sorriso o qualche minuto di compagnia e poi degnarmi di riprenderlo quando mi andava. Scorpius non lo meritava e io detestavo che qualcuno – io per prima – lo avesse trattato in quel modo: prima di trovare il coraggio di dirgli tutta la verità – se mai fossi stata capace di trovarlo, cosa di cui comunque dubitavo – dovevo trovare il modo di farmi perdonare. 

Il che era un gran bel problema per una che, come me, quando doveva chiedere scusa non sapeva nemmeno da che parte cominciare. Fino a quel momento me l'ero cavata risolvendo di non cominciare proprio – ottima strategia, se non si contano i risultati – ma più il tempo passava più detestavo quella situazione: non ce la facevo più a guardare quel poco che restava del nostro rapporto mentre andava a farsi friggere in olio di semi. 

Spesso avevo sperato che, così come giunti all'apice le cose erano peggiorate, una volta toccato il fondo saremmo risaliti e lentamente si sarebbe rimesso tutto a posto; mi ero illusa che, ignorando quello che era successo, dopo un po' le cose si sarebbero riparate da sole. Ma presto mi ero dovuta rendere conto che, con ottime probabilità, il fondo della fossa delle Marianne era molto meno in basso del fondo che stavo cercando io: il bacio, i sentimenti che, a detta di Al, Scorpius aveva provato (o provava ancora? Non osavo concedermi di sperarlo...) per me, quelli che io provavo per lui, quello che lui mi aveva detto e, soprattutto, le cose orribili che avevo detto io... era tutto troppo perché potesse semplicemente venir ignorato. Ogni volta che ci trovavamo nella stanza sentivo chiaramente il peso di tutte quelle cose non dette gravarmi addosso, ed ero certa che lo sentisse lui: il famoso elefante rosa a pois nella stanza, che tutti fissano a disagio senza che nessuno trovi le parole per dire “ehi, che ne dite, forse dovremmo farlo uscire prima che distrugga il servizio di porcellane del '700”. 

 

***

 

Poco dopo mezzogiorno abbandonai la sfiancante compagnia del manuale di Trasfigurazione Avanzata (non che avessi studiato molto, in ogni caso) e scesi in cucina, decisa ad aiutare Scorpius (per quel poco che ero in grado di fare senza rischiare di provocare incendi od esplosioni) a preparare il pranzo. Non trovai né lui né tantomeno il pranzo, ma nemmeno i piatti sporchi della colazione che quella mattina avevo lasciato sul tavolo, ripromettendomi di lavarli più tardi. Naturalmente lo aveva fatto lui. 

Sentii una vaga fitta di senso di colpa e decisi di che il minimo che potessi fare per farmi perdonare era iniziare a preparare il pranzo. Aprii il frigo che, logicamente, rischiò di farmi franare addosso una quantità di alimenti sufficiente per sfamare un esercito; afferrai un cartoccio di prosciutto ed un cespo di lattuga al volo, mentre una confezione di gorgonzola andò a schiantarsi sul pavimento. 

Non sia mai che mia madre se ne vada in vacanza senza lasciarci provviste per il letargo di quest'anno e del prossimo.” pensai, sbuffando mentre mi adoperavo per incastrare la lattuga ed il gorgonzola tra due tupperware contenenti Merlino solo sapeva cosa. Ignorai ostinatamente il bigliettino arancione che lampeggiava sopra una confezione di petti di pollo, spiegando come cucinarli e con quali contorni, e dopo innumerevoli scavi archeologici riuscii a trovare una confezione di pane da piadina, un pomodoro rachitico ed un paio di mozzarelle. Sistemai tutto sul bancone e mi fermai un paio di secondi per fare mente locale – far saltare in aria la cucina per due misere piadine sarebbe stato troppo anche per me, perciò decisi di studiare bene le mie mosse prima di rischiare di superare la soglia del troppo. Quando fui ragionevolmente certa di dover scaldare le piadine in padella, ne presi una dal cassettone sotto la credenza e la misi sul fuoco. Decisi di cucinare prima la mia piadina, il che si rivelò una buona idea perché il fuoco era troppo alto e la bruciacchiai su un angolo. Con quella di Scorpius andò meglio: il risultato non fu proprio un capolavoro, ma se non altro aveva un aspetto commestibile. 

Stavo ancora finendo di apparecchiare la tavola quando Scorpius fece la sua comparsa in cucina, fissandomi con la curiosità di uno zoologo che osserva un lemure sbranare un ippopotamo. 

« Tu hai cucinato? » chiese, quando evidentemente la sua mente ebbe esaurito tutte possibili spiegazioni razionali. 

« No, la Fata Turchina. » ribattei, un po' offesa dalla sua palese incredulità. 

D'accordo non essere uno chef francese, ma diamine almeno i pollici opponibili ce li avevo: fino a fare un toast o una piadina ci potevo arrivare (che non uscissero dalla padella abbrustoliti, poi, era un'altra faccenda). 

Scorpius studiò le piadine come se fossero una strana forma di vita extraterrestre radioattiva. Poi sembrò decidere che non sarebbe morto sul colpo per un boccone e si sedette a tavola. 

« Sembrano... normali. » commentò, stuzzicando un angolo della sua piadina con la punta della forchetta. 

Decisi di interpretarlo come un complimento e mi sedetti anch'io. Mangiammo in silenzio: io ero troppo impegnata ad osservare Scorpius in cerca di dettagli che tradissero il suo apprezzamento o meno del pasto e a tentare di non farmi colare addosso tutta la mozzarella (visto che Scorpius era intollerante ai latticini avevo dovuto metterla tutta nella mia piadina), mentre lui era semplicemente troppo educato per parlare con la bocca piena. Quando avemmo entrambi finito di mangiare Scorpius m'informò che i suoi cugini sarebbero arrivati la mattina seguente, ringraziò per il pranzo e mi disse che avrebbe lavato lui i piatti, perciò mi limitai a ringraziarlo anch'io e tornai in camera mia a studiare, se possibile più frustrata di prima. 

Imbecille... avresti dovuto trovare qualche pretesto per cominciare una conversazione!” mi rimproverò Calvin, che da un po' di tempo a quella parte sembrava provare molto più gusto nell'insultarmi a gratis che nell'esibirsi in uno dei suoi provocanti spogliarelli. 

Se fossi un minimo meno deficiente a quest'ora lo spogliarello te lo starebbe facendo Scorpius.” mi rimproverò il molesto parto della mia mente, piantando le mani sulla cintura con la chiarissima intenzione di lasciarla allacciata lì dove stava, cascasse pure il mondo. 

Lo feci sparire dai miei pensieri a calci nel deretano che era tanto restio ad esibire e mi lasciai cadere sul letto, sprofondando la faccia nel cuscino. Non c'era niente da fare: l'elefante non voleva saperne di spostare il suo grosso deretano rosa a pois – giusto per restare in tema di deretani – da dove si trovava, piantato saldamente tra me e Scorpius. Forse se mi fossi svegliata quando era ancora un cucciolo di elefante, invece di aspettare che diventasse un pachiderma di cinque tonnellate... 

Calvin aveva ragione, in fondo: ero davvero un'imbecille. 

 

***

 

Conoscere i cugini di Scorpius fu qualcosa di decisamente molto strano: l'associazione mentale che avevo fatto tra Germania e parenti dei Malfoy mi aveva più o meno preparata a trovarmi davanti due ragazzi biondi, dalla pelle diafana, fasciati in eleganti vestiti da mago (possibilmente confezionati su misura per il loro ego purosangue). Nulla di più diverso dai due gemelli che mi trovai davanti lunedì mattina: scuri di pelle e capelli, con i lineamenti esotici di chi possiede antenati di colore appena smorzati da alcuni tratti più europei, Adam e Melinda Zabini sembravano due divinità indiane celate sotto il loro aspetto marcatamente occidentale. Erano alti e slanciati come Scorpius, anche se non altrettanto magri, ma tolta la statura gli somigliavano meno di quanto gli somigliassimo io o uno a caso dei miei cugini: le linee armoniose ma decise dei loro volti, come il naso leggermente adunco e le labbra larghe, si discostavano di parecchio dai consueti canoni di bellezza, eppure vedendoli non si poteva pensare altro se non che fossero belli da far schifo; al contrario i tratti fin troppo regolari di Scorpius a prima vista apparivano del tutto banali. Del resto anche tra di loro, per quello in cui non erano la copia sputata uno dell'altra, Adam e Melinda erano totalmente opposti: Melinda aveva gli occhi blu, i capelli liscissimi e voluminosi, tagliati appena sotto le spalle (per alcuni istanti indugiai a chiedermi se avesse usato qualche pozione o se fosse nata ritrovandosi in testa quella capigliatura perfetta), e sotto il sobrio vestito azzurro aveva una postura rigida e seria; Adam invece era riccio, con due luminosi occhi castani, ed aveva l'aria di uno che si sarebbe trovato a suo agio anche sulla Luna. Indossava una camicia bianca a maniche corte completamente sbottonata, un paio di bermuda blu scuro e dei sandali infradito, come se si fosse alzato dal divano di casa sua e si fosse materializzato in Inghilterra così com'era. D'altronde non potevo biasimarlo: conoscevo decine di ragazzi che, se avessero avuto un fisico come il suo, se ne sarebbero andati in giro ben più svestiti di così. 

Adam mi sembrò simpatico da subito: appena smaterializzato mollò il borsone a terra e ci venne incontro con un gran sorriso. « Ehilà, tu sei Rose, vero? Scorpius mi ha parlato molto di te: sono contento di conoscerti. » disse, porgendomi la mano. 

Scorpius, al mio fianco, avvampò. Lo ignorai e strinsi la mano di Adam, incantandomi per un attimo a guardare i muscoli che si tendevano sotto la pelle del suo avambraccio e poi il suo sorriso bianchissimo. 

« Piacere di conoscerti. » 

Aveva davvero un sorriso stupendo – mi ritrovai a pensare, per poi sentirmi discretamente idiota (complice la sequela d'insulti che mi rivolse Calvin) e distogliere lo sguardo. Melinda, se anche aveva un sorriso degno di quello del fratello, non lo mostrò: salutò Scorpius con due baci sulle guance e gli chiese brevemente come stava, poi parve ricordarsi di me e si presentò. 

« Melinda, piacere. »

Fu molto più lapidaria del fratello e la cosa sembrò mettere a disagio entrambe. 

« Rose. » risposi. 

La mano destra di Melinda ebbe una specie di piccolo spasmo, come se fosse stata in procinto di alzarla e tendermela ma poi avesse cambiato idea, e restammo a fissarci in imbarazzo per un paio di secondi. Melinda sembrava trovarsi assolutamente in soggezione al mio cospetto, come se credesse che ospitarla in casa mia potesse darmi fastidio, e si sistemò nervosamente la frangia tre volte nel giro di una decina di secondi. Dal canto mio non avevo la più pallida idea di come comportarmi: frequentare Dominique mi aveva abituata a trovarmi al cospetto di una ragazza molto più alta e molto più bella di me, ma essendo lei mia cugina non mi ero mai posta il problema di doverla trovare antipatica. Ora, invece, il mio lato più femminile ed invidioso mi spingeva a trattare Melinda freddamente, mentre la parte di me che aveva la presunzione di definirsi razionale avrebbe voluto fare una buona impressione su di lei, se non altro perché era la cugina di Scorpius. 

Nell'indecisione rimasi impalata dov'ero finché Scorpius non decise di accompagnare i due ospiti dentro casa e Melinda si affrettò a seguirlo come se le avesse appena indicato la strada per la Terra Promessa. Per quanto mi riguardava, mi piazzai in soggiorno a guardare il primo programma idiota che trovai in televisione, il quale si rivelò essere un episodio di CSI (per Merlino, ma c'era un'ora del giorno in cui non lo mandassero in onda?). 

Mentre una giovane donna poco vestita e molto poco lucida – palesemente la vittima – lasciava una festa assieme ad un bel giovanotto biondo – evidentemente l'assassino – e saliva nella sua macchina tirata a lucido, Scorpius fece fare agli ospiti un breve giro della casa. La limonata in macchina si stava giusto per trasformare in uno stupro quando i tre cugini tornarono al piano di sotto, discutendo su chi dovesse dormire dove e con chi: io e Scorpius, la sera prima, avevamo cambiato le lenzuola del letto matrimoniale per far dormire Adam e Melinda nella camera dei nostri genitori, ma a quanto pareva quest'ultima aveva qualcosa da ridire sulla sistemazione dei letti. 

« Non si potrebbe trovare una sistemazione diversa? » chiese, mentre il futuro assassino faceva la stessa proposta alla vittima, accennando con la testa a quello che evidentemente doveva essere il portone di casa sua. « Adam russa. »

« E lei scalcia. » replicò Adam « Scorp, posso dormire in camera con te? »

La ragazza brilla e svestita rispose qualcosa che non riuscii a sentire, ma indovinai che non fosse molto propensa ad accettare la proposta dell'assassino. 

Scorpius borbottò qualcosa riguardo al fatto che non ci fosse un secondo letto in camera sua, ma nessuno dei due fratelli parve accorgersi che aveva parlato. « Vuoi costringere tuo cugino a sorbirsi i tuoi concerti di bassotube ogni notte? » chiese Melinda « L'unica soluzione sensata sarebbe che Adam dormisse sul divano. »

« Dormici tu sul divano! » sbottò il fratello, coprendo la voce della vittima per la seconda volta. Alzai il volume, irritata. « Al massimo potrei dormire in camera di Rose e lei in camera con... »

Prima che potesse terminare la frase il tallone di Melinda si abbatté con forza sul suo alluce. « Lo sai che detesto dormire in camera con estranei! » sibilò: forse sperava che non la sentissi. Di sicuro lo speravo io, dal momento che avrei gradito capire cosa aveva detto l'assassino prima che lo schermo si oscurasse e partisse la sigla di CSI Miami. 

Alzai ancora il volume, ripromettendomi di mandarli entrambi a dormire in giardino se non avessero smesso al più presto di impedirmi di ascoltare la televisione. 

« Allora faremo così! » esclamò Adam, esasperato. Mai quanto me, in ogni caso: d'accordo non capire nulla della scena iniziale, ma godersi in santa pace l'arrivo di Oratio sulla scena del crimine era un diritto sacrosanto. « Visto che la signorina è tanto schizzinosa, avrà tutta la camera di Scorpius per sé. E visto che a quanto pare io russo – il che, poi, è una tua paranoia – me ne starò in isolamento in mansarda, dove non potrò dare fastidio a nessuno. E Rose e Scorpius dormiranno in camera dei loro genitori. Hai qualcosa da ridire anche su questa sistemazione o ti va bene? »

Melinda tacque per un paio di secondi, prendendo in considerazione la proposta. « Mi va benissimo, grazie. » disse infine, restituendo un'occhiata gelida al fratello. 

Adam sbuffò. « Sia lodato Merlino! »

Lo pensai anch'io, quando la stanza piombò nel silenzio e fui finalmente in grado di sentire le voci di Oratio e della sua squadra. Non durò a lungo, però: Oratio non ebbe neanche il tempo di togliersi gli occhiali da sole che il silenzio fu nuovamente turbato dall'importuna voce di Scorpius. 

« In realtà io avrei un paio di obiezioni in merito se non vi dispiace. » esclamò, indignato « Non mi sembra assolutamente il caso che io dorma in camera con Rose, considerato che siamo un ragazzo ed una ragazza e non siamo nemmeno parenti. »

« Oh, avanti, siete praticamente fratelli, che c'è di male? » chiese Adam, coprendo il racconto di un testimone oculare con la sua voce. « Cosa c'è, hai paura che ti stupri? Quella che dovrebbe preoccuparsi al massimo è Rose. Ma a te va bene, vero Rose? »

« Sì, sì, quello che volete, basta che state zitti. » grugnii, accanendomi sul tasto per alzare il volume. 

« Bene, allora siamo d'accordo. » concluse Adam « Scusa per il disturbo, Rose, ora andiamo di là e ti lasciamo in pace. »

Solo quella sera, dopo cena, mi resi conto appieno di quello a cui avevo distrattamente acconsentito. 

 

***

 

Nel corso del pomeriggio ebbi modo di scoprire molte altre cose interessanti sui gemelli Zabini. Nel caso di Melinda ciò che scoprii mi sembrò un ottimo motivo per sentirmi autorizzata a trovarla antipatica: innanzitutto cucinava divinamente (cosa che fece aumentare esponenzialmente il mio senso d'inferiorità nei suoi confronti) e per di più quello che cucinava lo mangiava anche, il che smontava il mio assunto che le ragazze belle e con un bel fisico dovessero per forza essere delle psicopatiche eternamente a dieta. Inoltre, altro dettaglio non da poco, studiava Filosofia al Collegio delle Arti e delle Lettere Magiche di Berlino (una specie di università per maghi e streghe, da quanto capii) e pareva che fosse una delle studentesse più brillanti del suo corso. Di sicuro, se non altro, condivideva la stessa passione del cugino per la lettura: vederla seduta in giardino a leggere, all'ombra dell'albero sotto cui si distendeva sempre Scorpius, sarebbe stato quasi comico se quella sua aria da ragazza intelligente non mi fosse risultata così irritante. E, tanto perché i mali girano sempre in coppia, Melinda era una delle rarissime persone che riescono a risultare bellissime, intelligentissime (e detestabilissime) anche con un paio di occhiali da vista ovali sul naso. 

Entro le quattro di quel pomeriggio non avevo più dubbi: Melinda era la ragazza più insopportabile che mi fosse mai capitato di conoscere, e il bello era che non avevo un singolo buon motivo per ritenerlo. Ci sarebbe stato da aspettarsi che una ragazza bella, per contrappasso, avesse come minimo un carattere odioso o un'intelligenza mediocre, ma lei niente, era proprio perfetta, da qualunque punto di vista la si guardasse. Il che, naturalmente, nell'insieme costituiva il peggior difetto che si potesse trovare in una persona. Nemmeno quella che all'inizio avevo interpretato come una sorta di altezzosa maleducazione si rivelò tale, perché bastarono un paio d'ore per rendermi chiaro che il suo comportamento era semplicemente frutto di una certa impacciata timidezza. 

La naturale conseguenza di tutto ciò fu che, per tutto il giorno, feci del mio meglio per ignorare – e, laddove fosse possibile, far sentire a disagio – Melinda e tutta la sua irritante aura di perfezione. 

Con Adam, invece, fu tutto un altro paio di maniche: passammo gran parte del pomeriggio assieme e la mia prima impressione su di lui non poté che esser confermata, man mano che cominciai a conoscerlo un po' meglio. Dopo pranzo si offrì di aiutarmi a studiare Trasfigurazione, nonostante – come appurai presto – ne sapesse ben poco più di me: in due ore non combinammo quasi niente, ma se non altro fui molto soddisfatta di sapere che anche lui riteneva quella materia assolutamente inutile. Adam – come mi disse – dopo il diploma si era iscritto alla facoltà di Magisprudenza, ma se la stava prendendo con molta più calma della sorella, visto che il suo lavoro come modello non gli faceva mancare i soldi. A quell'affermazione Calvin, irritato dalla concorrenza, si era fatto vivo nella parte cosciente del mio cervello, strepitando e battendo i piedi a terra, ma prima che la situazione potesse degenerare ero riuscita a metterlo a tacere. 

Quando ritenemmo di aver studiato abbastanza (incredibile come, quando si studia in compagnia, dopo due pagine e mezzo sembri di aver studiato tre quarti di libro) decidemmo di andare in giardino ad allenarci un po': Adam aveva fatto pugilato per un paio d'anni e quando scoprì che avevo un sacco da boxe andò letteralmente su di giri. Restammo in giardino a darcele più o meno seriamente fino alle sette e mezza, quando Scorpius e Melinda dovettero letteralmente appellarci in cucina per farci sedere a tavola, e anche così non poterono impedirci di passare tutta la cena a discutere di pugilato, karate, arti marziali e scazzottate. 

Una volta finita la cena, ripiombammo tutti nell'atmosfera imbarazzata della mattina: Adam disse che doveva scrivere una lettera e sparì al piano di sopra, lasciandomi sola a girarmi i pollici con Scorpius e Melinda. Quest'ultima, per l'appunto, aveva l'aria di temere che avrei potuto sbranarla da un momento all'altro (avrei potuto, in effetti...) e non mi rivolse che un paio di parole stentate, il minimo indispensabile richiesto dalle buone maniere, supposi. Scorpius non fu molto più loquace: dopo pranzo era piombato in una fase di mutismo autistico-misantropo e sembrava che non avesse la minima intenzione di venirne fuori prima di un paio di mesi. Non mi restò altro da fare che guardare il secondo episodio di CSI della giornata. 

 

***

 

Andammo tutti a letto scandalosamente presto, quella sera. Il momento in cui io e Scorpius ci ritrovammo in camera dei nostri genitori, ai due lati del letto e con due identici incarnati rosso peperone, fu abbastanza patetico: io avevo scoperto della sistemazione dei posti letto meno di un'ora prima ed ero appena giunta ad una mesta accettazione della realtà, non senza aver chiassosamente (e anche un po' falsamente) attraversato le fasi di negazione, rabbia, contrattazione e depressione, mentre Scorpius sembrava bloccato nella fase depressa, con qualche occasionale picco d'imbarazzo.

« Hem... » tossicchiò Scorpius, spostando nervosamente il peso da un piede all'altro « Mi dispiace che Adam e Melinda ti abbiano sfrattato dalla tua stanza. Sai, di solito non sono così terribili, ma devono essersi messi in testa di... » s'interruppe, arrossendo se possibile ancora di più. 

Di farci accoppiare?” proposi mentalmente, suscitando la più sentita approvazione di Calvin “Nessun problema, per quanto mi riguarda.

Ovviamente, nel rispondere ad alta voce, cercai di sembrare un po' meno ninfomane « Non fa niente. » dissi, stringendomi nelle spalle « È solo per un paio di giorni, in fondo. »

Scorpius annuì, ma non sembrava molto convinto. « Se vuoi posso dormire sul divano... »

Il porno mentale che Calvin mi stava entusiasticamente proiettando in testa s'interruppe di colpo ed il modello mi rivolse uno sguardo a metà tra l'esterrefatto ed il supplichevole, come se gli avessi appena portato via da sotto il naso il suo nuovo giocattolo. 

« Ma no, tranquillo, non fa niente... » borbottai, con la netta impressione che le mie preghiere di non arrossire non fossero state esaudite. « Il letto è grande: ci si sta in due... »

Mi chiesi perché diamine quelle parole suonassero così imbarazzanti e piene di risvolti erotici. 

Ah, già, forse perché ho un modello di biancheria intima che mi proietta documentari sul kamasutra nella testa.

Le guance di Scorpius erano talmente rosse che sembravano brillare al buio. Supposi che le mie non fossero da meno. 

« O-ok... » balbettò, incespicando sulle parole « Allora io... io vado in bagno a mettermi in pigiama... tu cambiati pure qua... » e prima che potessi anche solo pensare di rispondere era già sparito in corridoio, come se avesse una gran fretta di scappare da quella stanza. 

Chiusi la porta a chiave e mi cambiai in fretta, maledicendomi mentalmente per non essermi mai preoccupata di comprare un pigiama decente: il mio abbigliamento notturno consisteva in un'orrenda maglietta sformata e in un paio di pantaloncini che di colpo mi sembrarono decisamente troppo corti. Tentai invano di allungare la stoffa e per un attimo pensai anche di ricorrere a qualche incantesimo, ma pur con tutti i miei sforzi riuscii a coprirmi a stento un terzo delle cosce (il terzo meno peloso, naturalmente: gli effetti della procrastinazione della ceretta restarono ben in vista sulla parte scoperta delle gambe). 

Perfetto: penserà che voglio farmi vedere nuda.

Calvin, che evidentemente non aveva colto il sarcasmo, concordò con me sulla perfezione del momento e mi suggerì di togliere il reggiseno, come facevo ogni notte, e possibilmente di lasciarlo ben in vista sul comò. Inorridii al solo pensiero: preferivo farmi impalare sui ferretti del push-up piuttosto che dare a Scorpius l'impressione che... che... in realtà non sapevo bene cosa, ma non avevo dubbi che dormire senza reggiseno fosse una pessima idea. 

Scorpius rimase fuori dalla stanza quasi mezz'ora e gliene fui immensamente grata: il tempo che mi rimase a disposizione dopo aver infilato il pigiama fu quasi sufficiente per riporre ordinatamente i vestiti su di una sedia, nascondere i calzini sporchi sotto l'armadio, tentare di rendere presentabile la mia chioma e prepararmi psicologicamente alla prospettiva di passare una notte in un letto matrimoniale con lui. Quando Scorpius bussò, gli aprii la porta tirando giù la stoffa dei pantaloncini con la mano libera e tentando al contempo di non sembrare troppo idiota: l'unico apparente risultato fu che rischiai di restare in mutande di fronte a lui, perciò decisi di lasciar perdere e mi ficcai sotto le coperte prima di riuscire a fare qualche altra figuraccia di cui poi mi sarei amaramente pentita. 

Scorpius si affrettò ad imitarmi e si rannicchiò nella parte di materasso più lontana possibile da me, così vicino all'orlo che al minimo movimento avrebbe rischiato di cadere dal letto. Ebbi comunque il tempo di notare che indossava un paio di pantaloni azzurri a righine, lunghi fin quasi al ginocchio, ed una maglietta bianca stirata con cura, oltre al fatto che probabilmente al momento aveva le gambe meno pelose delle mie. Mi ripromisi di farmi la ceretta alla prima occasione possibile. 

Restammo in silenzio per un po', ognuno schiacciato nel suo angolino di letto con gli occhi ostinatamente puntati sul soffitto. Calvin, stranamente, non approfittò del momento morto per sottoporre alla mia attenzione un altro dei suoi filmini a luci rosse: era semplicemente troppo schifato dall'idea che io e Scorpius fossimo nello stesso letto e non combinassimo nulla di losco. 

« Adam ha la ragazza, comunque. » 

La voce di Scorpius ruppe il silenzio all'improvviso, facendomi trasalire: fu solo grazie allo spigolo del comodino, che mi si piantò tra le scapole, se riuscii a non cadere dal materasso. Mi spostai di un paio di centimetri verso il centro del letto, attenta a non avvicinarmi troppo a Scorpius. 

« Prego? » chiese, lanciandogli un'occhiata perplessa attraverso il buio. 

Non riuscii a distinguere l'espressione in cui erano piegati i suoi lineamenti, perciò dovetti accontentarmi di indovinarla dalla sua voce. 

« Era solo a titolo informativo… » rispose, ostentando una certa noncuranza « Visto che mi sembrava che lo guardassi un po' oggi. Non volevo che ti facessi illusioni, tutto qua. »

Aggrottai le sopracciglia, cercando invano di distinguere il suo viso nell'ombra. 

Ma cosa diavolo va a pensare?

D'accordo, Adam era un bel ragazzo – parecchio bello –, ok, era anche simpatico e sportivo e sì, poteva darsi che all'inizio mi fossi un po' fatta suggestionare, ma non c'era altro: non ci avevo pensato neanche per un secondo, non nel senso che intendeva lui e di sicuro non quando ero già troppo impegnata a pensare all'altro cugino.

Possibile che non se ne sia accorto?

« Non mi interessa Adam, non ti preoccupare. » dissi, sforzandomi di mantenere un tono di voce abbastanza distaccato da non fornirgli altri pretesti per credere che fossi interessata a suo cugino. 

« Non mi preoccupo, » mi assicurò lui, con voce altrettanto piatta « lo dicevo solo per te. E comunque non c'è nulla di cui vergognarsi: Adam fa sempre quest'effetto alle ragazze. »

« A me no. » 

« Sicura? » insistette « Guarda che, sul serio, non c'è... » poi parve averci ripensato e tacque. Passarono un paio di secondi prima che la sua voce si facesse sentire di nuovo « Allora... » esitò, e per un attimo mi parve che i nostri occhi si fossero incrociati nel buio. « Buona notte. »

« Buona notte. » risposi, tirandomi le coperte fin sotto il mento per coprire il mio abbigliamento tutto fuorché decente. 

Nessuno dei due fiatò più, ma ebbi la netta impressione di non essere l'unica che passò la notte in bianco, con il terrore di addormentarsi ed espandersi sul materasso fino a toccare l'altro. 

 

***

 

Martedì pomeriggio una consistente parte del Clan Weasley-Potter venne a colonizzare la casa, portando con sé il consueto chiasso, una cassa di Burrobirre ed alcuni prototipi di Merendine Marinare non ancora messe in commercio. Com'era prevedibile che fosse, i gemelli Zabini fecero un grande scalpore: entro ora di cena metà delle ragazze Weasley aveva completamente perso la testa per Adam ed ero pronta a giurare di aver visto Molly passarsi un rossetto di Dominique sulle labbra e sbattere le ciglia con fare civettuolo in direzione del ragazzo. Anche Melinda non passò certo inosservata, ma la sua aura di perfezione sembrò mettere in soggezione i ragazzi abbastanza da tenerli alla larga, eccezion fatta per James, che le si avvicinò per offrirle un bignè alquanto sospetto. La sua burla fu bloccata sul nascere da Al, che lo schiantò senza tanti complimenti (e senza il minimo riguardo per i suoi ideali non violenti), per poi voltarsi verso Melinda e scusarsi a nome del fratello con esagerata galanteria. 

Sghignazzai, rischiando di farmi andare di traverso la Burrobirra, e diedi di gomito a mio fratello. Hugo scosse la testa, osservando le mosse del nostro cugino Serpeverde che, dopo aver strappato di mano a Molly un libro di Erbologia, era andato a fingere di leggerlo a pochi metri dall'albero sotto il quale Melinda stava sfogliando il suo libro di filosofia. 

« Dici che si è accorto di avere qualcosa come tre anni e dieci centimetri in meno di lei? » chiesi.

Hugo si strinse nelle spalle. « Bah, lascialo fare. Se ci tiene a rendersi ridicolo... »

Quel pomeriggio sembrava che la nostra famiglia al completo ci tenesse a rendersi ridicola – pensai, osservando con moderato interesse le tre cugine Weasley che sedevano attorno ad Adam, mangiandolo e sbranandosi a vicenda con lo sguardo. Gli unici apparentemente immuni al fascino dei gemelli tedeschi erano James e Fred, che si erano arrampicati su di una quercia ed apparentemente stavano tentando di costruire una casa sull'albero. Scorpius non si vedeva in giro da un bel po': immaginavo che si vergognasse profondamente della gente con cui si sarebbe presto imparentato e che fosse andato a seppellirsi da qualche parte. Anche Dominique era sparita, probabilmente in bagno a rifarsi il trucco per mettere in chiaro chi fosse la regina del pollaio tra lei e Melinda (superfluo dire che l'aveva trovata simpatica come una verifica a sorpresa di Storia della Magia). 

« Comunque » disse Hugo, interrompendo il flusso dei miei pensieri « questo piano di riserva? »

Per un attimo le parole della lettera lasciatami da mia madre mi comparvero davanti agli occhi, riuscendo perfettamente nel loro intento di farmi sentire in colpa, ma le ignorai come ignoravo Calvin quando mi rendeva partecipe delle sue oscene fantasie. Aprii la bocca per esporre a Hugo la mia idea, ma un sonoro schianto ed una sequela d'imprecazioni molto poco carine, provenienti dall'interno della casa, m'interruppero. 

« Porca miseria! » sbottai, alzandomi e facendo irruzione in soggiorno « Non dirmi che hanno già cominciato a distruggere la casa! »

Ma evidentemente lo avevano fatto, a giudicare dalle schegge di legno che giacevano dove una volta si era trovato il tavolo della cucina. Sopra i resti del tavolo erano seduti due ragazzi dall'aria parecchio rintronata, che riconobbi subito come Mortimer Burns e Marshall Matthews, di Serpeverde. Frequentavano entrambi il mio anno – erano i compagni di stanza di Al e Scorpius – e rientravano a pieno diritto nella top ten delle persone più fuori di testa che conoscessi. Il primo, Mort, era un ragazzo di origine brasiliana con quasi più piercing che capelli in testa – e dei suoi capelli neri, tirati su con il gel in una pettinatura da pazzi, era proprio meglio non parlare. Aveva cambiato taglio dall'ultima volta che l'avevo visto, ma la cosa non mi stupiva: cambiava taglio di capelli più o meno una volta al mese. Indossava i soliti vestiti che portava anche a scuola, talvolta persino a lezione (sostenendo con un'invidiabile faccia tosta che gli Elfi Domestici si erano dimenticati di lavare la sua uniforme): un paio di jeans larghissimi e pieni di tasche, che contenevano qualsiasi cosa potesse esser venduta, barattata o, ancora meglio, spacciata, ed una maglietta stropicciata come se ci avesse camminato sopra un branco di unicorni. 

Marshall era quanto di più diverso si potesse immaginare: anche dopo essersi materializzato a musata su un tavolo conservava inalterato il suo contegno a metà tra l'aria snob dell'aristocratico e la supponenza di chi è figo e sa di esserlo. Aveva i capelli sparati con il gel come Mort, ma che uniti ai jeans stretti e alla camicia fatta su misura lo presentavano come l'esatto contrario della trasandatezza dell'amico. 

« Ehilà, ragazzi! » ci salutò Mort, del tutto indifferente alla sequela d'insulti che gli stava urlando addosso Scorpius. 

« Siete due dementi! Me lo spiegate come diavolo si fa a materializzarsi dentro casa?! » sbraitò quest'ultimo, che evidentemente aveva tutta l'intenzione di farsi prendere in considerazione. 

Marshall mi fece un cenno del capo e si voltò verso Scorpius, stringendosi nelle spalle. « Le Passaporte illegali hanno sempre una precisione minore. »

« Ma lo sai dove te la ficco la tua Passaporta illegale?! » sbraitò Scorpius. 

« Eddai, amico, datti una calmata. » lo interruppe Mort, estraendo la bacchetta da una delle sue tante tasche « Un Reparo fatto come si deve e torna tutto a posto, che ci vuole? »

Scorpius gli lanciò uno sguardo velenoso. « Nel caso non te ne fossi accorto » sibilò « i nostri genitori sono in vacanza. Il che significa che se qualcuno al Ministero si desse la pena di rintracciare le magie eseguite in casa nostra, saremmo tutti nella merda fino al collo! »

Marshall si voltò verso l'amico con un sorrisetto vagamente  divertito. « Ha detto merda: è arrabbiato davvero. »

Mort sogghignò, come se non aspettasse altro che Scorpius pronunciasse quelle esatte parole. « Qui ti sbagli, caro il mio Scorp. Lo vedi questo? » aggiunse, indicando un anellino rosso che aveva infilato sulla punta della bacchetta « È un aggeggino meraviglioso che ho comprato in Brasile la settimana scorsa: impedisce alla tua bacchetta di essere rintracciata. Penso che tutti dovrebbero averne uno: è davvero utilissimo. »

Neanche dieci minuti dopo, infatti, nel giardino di casa nostra era fiorito un intenso mercato nero di “anellini rossi”. Non lo dissi a Scorpius, ma ne comprai uno anch'io. 

 

***

 

Finalmente, alle undici e venti di quella sera, riuscimmo a cacciare di casa gli ultimi ospiti. Crollai a letto, esausta, senza preoccuparmi di invadere la metà di Scorpius né di abbassare la tapparella della finestra. 

Era stata la giornata più estenuante che mi fosse capitato di avere da mesi a quella parte: forse era stata addirittura peggio del giorno in cui avevamo avuto l'esame scritto e quello pratico di Trasfigurazione per i GUFO. Il momento peggiore era stato senz'ombra dubbio quando Mort e Marshall avevano cominciato ad indagare sull'inspiegabile buon rapporto che si era instaurato tra me e Scorpius negli ultimi tempi, facendo una serie di domande e considerazioni del tutto inopportune sulla natura di quel rapporto. « Mmm... qui gatta ci cova. » aveva sentenziato Mort, scoprendo che io e Scorpius dormivamo nello stesso letto. « Ci cova da cinque anni, la gatta. » aveva precisato Marshall, facendoci arrossire entrambi « Prima o poi doveva pur succedere. »

Un cigolio di molle m'informò che Scorpius si era gettato sul materasso al mio fianco. 

« Merlino, sono distrutto. » sbuffò. 

Non avevo la forza per articolare una risposta soddisfacente, perciò mi limitai ad annuire e mi posai una mano sulla fronte che, per la mia somma gioia, pulsava come se dentro alla mia scatola cranica si stesse svolgendo un rave party (probabilmente organizzato da Calvin). 

« Devono per forza tornare tutti anche domani? » chiese Scorpius, con una certa nota di speranza nella voce. 

Mi strinsi nelle spalle, ormai rassegnata all'idea di dover parlare. « Non lo so, penso che torneranno. Ti secca tanto? »

« Un po'... » ammise. Passarono un paio di secondi, poi aggiunse « Sai, domani Adam e Melinda vorrebbero andare a Londra, perciò pensavo che avremmo potuto... » esitò, e lo sentii agitarsi tra le coperte « non lo so, stare un po' in pace... noi due. »

Rimasi in silenzio, senza sapere cosa dire. Da un lato mi sarebbe piaciuto restare sola con lui per un giorno intero – il che la diceva assai lunga: da quando disdegnavo in questo modo la compagnia dei miei amici? – ma d'altra parte avevo paura che, trovandoci da soli in una stanza, l'elefante rosa decidesse di tornare. C'erano davvero troppe cose che non ci eravamo detti, troppe cose che io non avevo il coraggio di dirgli.

E di colpo, in quel momento, in quel letto, mi chiesi chi diavolo m'impedisse di dirgliele. E realizzai che non c'era proprio nessun incantesimo, né alcun prepotente principio metafisico che me lo impedisse: non c'era nulla, davvero nulla, se non il mio orgoglio e la mia indecisione, che mi trattenesse dall'aprire la bocca, prendere un profondo respiro e far vibrare le corde vocali per dirgli che ero stata un'idiota, che mi piaceva, che gli dovevo come minimo un milione di scuse. 

E allora, molto semplicemente, lo feci. Prima di poter cambiare idea, prima di poter rendermi conto di quello che stavo facendo e tirarmi indietro, prima di poterci pensare, lo feci. 

« Scorpius, ti devo dire una cosa importante. » dissi, di getto, tutto d'un fiato. 

E anche se poi inspirai profondamente il fiato continuò a mancarmi, perché il mio cuore si era messo a battere come se stessi correndo una maratona. Tremavo e non potevo farci niente, l'adrenalina mi scorreva nelle vene e mi sentivo più viva che mai. 

« D'accordo, ti ascolto. » rispose lui, e sentii chiaramente una nota di curiosità, mista a speranza e mista a qualcos'altro ancora nella sua voce. 

Inspirai. “Ora lo faccio. Potrebbe essere una cazzata, ma chissenefrega, lo faccio.” mi dissi, sempre più decisa: poteva rivelarsi la scelta peggiore che avessi fatto in tutta la mia esistenza, ma anche la migliore. 

« Mi piace un ragazzo. » dissi, fissando ostinatamente il soffitto. Avrebbe capito anche così, ne ero sicura. Doveva capire. « Mi piace da un po' e... e penso che mi piaccia anche parecchio. »

Scorpius non rispose subito e per un attimo temetti che non avesse intenzione di farlo. Ma poi parlò, piano, quasi sussurrando. « Lo conosco? »

« Sì. » sussurrai anch'io, perché quella stava diventando una confessione troppo intima e mi sembrava più facile farla a bassa voce, sulla punta di un respiro. 

« Lui lo sa che ti piace? » chiese ancora Scorpius, e gli fui infinitamente grata per non avermi chiesto chi fosse. 

« No. » risposi « Forse lo ha capito, ma non gliel'ho mai detto... »

Doveva averlo capito. In fondo, glielo stavo dicendo...

Più o meno...

Il coraggio che mi aveva spinta ad iniziare quella spinosa conversazione era già scemato, ma la voce calda di Scorpius mi spingeva a continuare, a dirgli tutto, a non fermarmi di nuovo sul più bello, con la verità intrappolata tra la punta della lingua e le labbra serrate, come avevo fatto tante altre volte. Troppe volte. 

« Perché non glielo dici? » la sua sembrava per metà una domanda e per metà una richiesta. 

« È complicato. »

Scossi la testa e voltai il viso verso di lui per lanciargli un'occhiata. Quando lo feci, però, scoprii che lui mi stava fissando già da un po': sostenni il suo sguardo per una manciata di secondi, poi spostai gli occhi più in basso. Eravamo così stanchi, quella sera, che non ci eravamo curati di restare confinati nel nostro angolino di letto: le nostre mani erano posate tra le lenzuola a meno di cinque centimetri una dall'altra. Scorpius seguì il mio sguardo e, quando mossi la mano per allontanarla dalla sua, serrò le dita sul mio polso, impedendomelo. 

Sentii una scarica di brividi risalirmi il braccio e propagarsi lungo tutto il corpo; dovetti letteralmente farmi violenza fisica per non voltarmi verso di lui e cercare un contatto maggiore, che riguardasse anche le labbra, magari. Le dita di Scorpius lasciarono andare il mio polso e s'insinuarono tra le mie, stringendomi la mano con delicatezza. 

« Complicato in che senso? » chiese. 

Incrociai di nuovo il suo sguardo e questa volta lo ricambiai senza vacillare. « In tutti i sensi. » risposi « Ci sono stati dei malintesi e ho detto delle cose che non pensavo. Penso che prima di tutto dovrei scusarmi con lui… »

« Ed è tanto difficile? »

I suoi occhi erano seri e mi scrutavano come se volessero guardarmi dentro. Un tempo avrei tentato di impedirglielo, ma ora volevo solo che vedesse tutto, tutto quello che stavo tentando di dirgli. 

« È difficile, sì. » ammisi « Devo scusarmi per tante cose e non so nemmeno da che parte cominciare… io… ho sbagliato troppo, per troppo tempo. Come si fa a scusarsi per aver passato anni a non capire? Spero che almeno lui capisca, perché il meglio che so dire è "mi dispiace". Non sono molto brava a farmi perdonare... »

« Lo so. » Scorpius sorrise e sentii la sua mano stringere la mia con più decisione « E sono convinto che a lui andrebbe benissimo un "mi dispiace". Se ti conosce davvero ti ha già perdonato. »

Fu come se quelle parole mi avessero tolto un enorme peso dal petto, letteralmente: di colpo mi sembrò di respirare con più facilità, mi sembrò che il mio petto si espandesse di più ad ogni respiro e che i polmoni si riempissero d'aria fin quasi a scoppiare. 

« Lo pensi davvero? » chiesi. 

Scorpius annuì ed una ciocca di capelli biondi gli scivolò sulla fronte. 

« Ne sono certo. »

Poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, Scorpius lasciò andare la mia mano ed io mi voltai sul fianco e mi accoccolai tra le sue braccia, che si avvolsero attorno alla mia schiena. Non so chi dei due si mosse per primo: forse in quel momento era semplicemente la cosa più giusta da fare e lo capimmo entrambi. E lo facemmo. 

Appoggiai la fronte alla sua spalla, respirando il profumo della sua pelle: era un profumo semplice, puro, il profumo perfetto per quel ragazzo biondo ed un po' impacciato che passava quasi più tempo a farsi la doccia che a suonare il pianoforte. 

« Sai » disse Scorpius, all'improvviso, e sentii il suo petto vibrare sotto al mia guancia « anche a me piace una ragazza. »

Il mio cuore perse un battito, poi ne recuperò almeno il triplo. 

« La conosco? » chiesi, ricalcando la domanda che mi aveva rivolto lui pochi minuti prima. 

Mi sembrò di sentirlo ridacchiare sotto i baffi. « Sì, la conosci molto bene. E no, non le ho mai detto che mi piace. »

« Perché no? »

« Per tanti motivi. Ci ho provato… ma non sono molto coraggioso: non a caso, non sono un Grifondoro. »

Tacque, e per un po' l'unica cosa che sentii fu il suo respiro che mi scompigliava i capelli sulla nuca.  Poi parlò di nuovo, inaspettatamente, con voce tranquilla. E non capii come diamine facesse a suonare così tranquillo mentre diceva quelle cose. 

« Spesso ho l'impressione di non essere abbastanza per lei. » disse « E non intendo abbastanza intelligente, o bello, o muscoloso, o quel genere di cose… per un periodo ci ho anche provato, a sembrare più figo, ma poi ho capito che abbastanza non era in quel senso. Abbastanza era… quel qualcosa per stare accanto a lei e non sentirmi fuori posto… »

« Fuori posto? »

Ripetei, stupita. Non vedevo come Scorpius potesse sentirsi fuori posto accanto ad una ragazza, chiunque essa fosse: era alto, biondo, forse non figo, ma aveva oggettivamente dei bei lineamenti, e poi era sensibile, intelligente, suonava il pianoforte, cucinava... con qualunque ragazza lo avessi visto, avrei solo potuto pensare che era lei a sembrare fuori posto accanto a lui, non il contrario. 

Scorpius annuì, ed il suo mento si posò sui miei capelli. Non lo spostò più. 

« Sì, spesso. La invidio, a volte: sembra che abbia tutto quello che io non ho. E mi chiedo come farebbe la gente a non ridermi dietro se mai dovessi stare con lei… »

« Forse riderebbero dietro anche a lei. » sussurrai, affondando il naso nelle pieghe della sua maglietta « Magari vicino ad uno come te sembrerebbe un'idiota. »

« Non più di quanto lo sembrerei io accanto a lei. »

« E allora dove sta il problema? » chiesi. Non lo vedevo in faccia, ma per qualche motivo fui sicura che stesse sorridendo. 

« In effetti… potrebbe quasi funzionare… »

Alzai il volto, ma sulle sue labbra, al posto di un sorriso, trovai le mie. Durò un attimo, il tempo di un battito di ciglia, ma fu abbastanza. 

« Buona notte. » sussurrai, sistemandomi meglio tra le sue braccia. 

« Buona notte. » rispose. 

Dell'elefante rosa non restava che un'ombra sbiadita sul muro. 

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Capitolo 26
*** gay, ubriachi e ragazze germaniche un po' troppo perspicaci ***


25.

Gay, ubriachi e ragazze germaniche un po' troppo perspicaci

 

Essere la figlia di due Eroi del Mondo Magico, già in partenza, non si prospettava una passeggiata: d'altronde nascere con un albero genealogico così ingombrante sulle spalle non è mai facile. Nulla a che vedere con ritrovarsi Hermione Granger come madre, in ogni caso. 

Avete mai provato ad essere perfetti? Beh, vi auguro di no, perché in genere dedicarsi ad un'attività del genere non dà molte soddisfazioni. Soprattutto se ad essere perfetta è già vostra madre, cosa che renderà scontato un vostro eventuale raggiungimento del suo stesso livello di perfezione, mentre renderà deprecabile la vostra molto più probabile inferiorità rispetto al modello con cui siete continuamente costrette a confrontarvi. 

La domanda, ora, sorge spontanea: c'è un modo di salvarsi? Beh, a meno di non voler impazzire per diventare più perfette della vostra esageratamente perfetta madre (cosa che in tal caso non salverebbe la vostra sanità mentale), l'unico modo onorevole di venirne fuori è non entrarci nemmeno. Non provare ad essere perfette, in altre parole: sarebbe una causa persa in partenza. 

 

***

 

Mercoledì mattina svegliarmi tra le braccia di Scorpius non fu il trauma che mi sarei aspettata fino a poco tempo prima: certo, la prima cosa che feci fu controllare che non mi puzzassero le ascelle, ma appurato che non sapevano di gorgonzola andato a male decisi che potevo calmarmi e tornai a posare la testa sulla spalla ossuta che mi aveva fatto da cuscino tutta la notte. Non mi preoccupai nemmeno del torcicollo che mi sarebbe venuto di lì a poco, o dei brontolii sconfortati di Calvin che stava mugugnando qualcosa di molto simile a “la terza notte che dormono nello stesso letto e non hanno ancora sco...”. L'ultima parola preferii censurarla. 

L'orologio segnava le sei e qualche minuto e ne fui felice, perché significava che avrei potuto restare lì, abbracciata a Scorpius, per almeno altre una o due ore. Sperai con tutta me stessa che non decidesse di alzarsi alle sei e mezzo per suonare Beethoven (o di qualunque altro simpatizzante omosessuale imparruccato si trattasse) proprio quel giorno. 

Mi sentivo felice, ma non euforica (complice anche il fatto che alle sei di mattina difficilmente si ha voglia di saltare giù dal letto e mettersi a correre in giro): ero riuscita a scusarmi con Scorpius, gli avevo fatto capire che mi piaceva e lui mi aveva fatto capire che gli piacevo anch'io. Dominique una volta mi aveva detto che tra  farsi capire una cosa e dirsela apertamente e senza timori c'era una gran differenza, ma onestamente a me sembrava che fosse esattamente la stessa cosa: a me piaceva Scorpius, a lui piacevo io, Scorpius sapeva di piacermi ed io sapevo di piacere a lui. Alla fine il risultato era esattamente lo stesso, no? Poco importava, poi, che fosse stata un'impacciata conversazione per metafore, al buio e sotto le coperte, e non la dichiarazione sdolcinatamente romantica (con eventuali risvolti a sfondo sessuale) che si era prefigurato Calvin: avevo capito da tempo che la realtà raramente è in grado di competere con la fantasia e, ora che mi sembrava di aver ottenuto quello che volevo, non avevo la minima intenzione di sentirmi insoddisfatta. Piacevo a Scorpius e me lo aveva detto (o fatto capire, come avrebbe precisato puntigliosamente Dominique), e tanto bastava per farmi ritenere che tutti i problemi che c'erano stati tra di noi si sarebbero dissolti nel nulla di fronte alle confessioni della sera prima: se due persone si piacevano, e lo sapevano, come accidenti a Merlino avrebbe potuto esserci un problema? 

Sorrisi, stiracchiando le gambe sotto le coperte: da quel momento in poi sarebbe stato tutto facile. Niente più sguardi in cagnesco sibilando “Weasley” e “Malfoy”, niente più conversazioni fredde e distaccate, niente più bugie e niente più malintesi: il mio massimo problema sarebbe stato sopportare i deliri di onnipotenza di Al, che si sarebbe certamente arrogato tutto il merito di aver fatto mettere assieme me e Scorpius.

Forse, se fossi rimasta a letto a meditare ancora un po', mi sarei accorta che la mia visione del futuro era un po' troppo rosea per risultare verosimile, ma un poderoso schianto proveniente dal giardino interruppe le mie riflessioni prima che potessero sbarcare da alcuna parte. Scattai a sedere mentre Scorpius, al mio fianco, apriva gli occhi con espressione spaesata. 

« Ma che diavolo...? » balbettò. 

Non lo salutai nemmeno: scesi dal letto e mi fiondai al piano di sotto, tenendomi al corrimano per non inciampare lungo le scale « Giuro che se Mort e Marshall hanno usato di nuovo una passaporta illegale li impalo sull'antenna della tv! » mi ripromisi, parlando ad alta voce per dare maggiore solennità ai miei truci (e sacrosanti) propositi. 

Quelli che trovai in giardino, tuttavia, non assomigliavano nemmeno lontanamente a Mort e Marshall, anche se avevano tutta l'aria di far uso di Passaporte illegali e peggio: erano una mezza dozzina di ragazzi dai tratti slavi, vestiti (e anche sporchi, da quello che le mie narici poterono constatare) come Boy Scout di ritorno da una settimana di totale isolamento dalla civiltà. Alcuni volti mi sembrarono vagamente familiari, ma l'unico che riconobbi davvero fu un ragazzo magro e trasandato con una zazzera di capelli neri che gli coprivano gran parte della fronte e del collo. 

« Jason! » sbottai, reprimendo il momentaneo istinto di correre ad abbracciarlo (se non altro perché i suoi vestiti avevano l'aria di essere infettivi). 

« Ehilà, Rose! » mi salutò con estrema disinvoltura, come se non si fosse appena presentato in casa altrui ad ore da pendolari e per di più portandosi al seguito un branco di comunisti inselvatichiti. « Che piacere rivederti. »

« Piacere un tubo. » grugnii, sempre più tentata di saltargli addosso (questa volta per strangolarlo) «  Che diavolo ci fanno loro qui? Quando ti ho detto di venire da me mi sembrava sottinteso che l'invito non fosse estendibile a tutto l'Est Europa, e anche che sarebbe stato carino arrivare ad un'ora un po' più umana delle sei di mattina! »

Jason non parve molto impressionato dalla mia reazione. « Ah, sono le sei? » chiese, con l'aria di una baronessa inglese a cui è stato appena comunicato che è l'ora del tè « Lo dicevo io che c'era più di un'ora di fuso orario da Mosca a qui. Ragazzi, mi dovete una burrobirra. » aggiunse, voltandosi verso il gruppo. 

Uno di loro fece un commento in quello che supposi fosse Russo e gli altri scoppiarono a ridere. Serrai i pugni, inspirando a fondo. 

Calma, Rose, calma. Non vale la pena di ammazzarlo.”

In realtà non ero per nulla convinta che non ne valesse la pena, ma la fatica di autoconvincermi meglio mi fu risparmiata da Scorpius, che si affacciò dalla finestra del salotto con aria a metà tra il perplesso ed il terrorizzato. 

« Buongiorno, Scorpius. » disse Jason, sorridendogli come se farsi dare il buongiorno alle sei di mattina da una banda di balordi slavi fosse la massima aspirazione che chiunque potesse avere nella vita. 

Scorpius gli restituì il saluto molto freddamente, con l'aria di chi avrebbe preferito di gran lunga rispondergli con uno schiantesimo, quindi si voltò verso di me, questa volta con l'aria di chi ha appena trovato un soggetto migliore da schiantare. 

« Rose? » chiese, senza risparmiarmi un'occhiata assassina « Chi sarebbero questi qua? »

« È la stessa domanda che mi sono fatta io. » gli assicurai. 

 

***

 

Dopo che i Russi ebbero ottenuto il permesso di accamparsi in giardino (permesso che tutt'ora non mi capacitavo di aver accordato loro) e dopo che Scorpius mi ebbe insultata sentitamente per tale motivo, Jason mi propose di andare a fare una passeggiata per raccontarci gli avvenimenti degli ultimi due mesi. Ero ancora discretamente tentata di assassinarlo, ma decisi di seguirlo (così, se non altro, non ci sarebbero stati testimoni se e quando avessi deciso di cedere ai miei istinti criminali). 

Camminammo per un po' nella brughiera attorno alla casa, in silenzio, finché non giungemmo in riva ad un piccolo lago. Lì Jason si sedette all'ombra di una quercia, la schiena appoggiata sul tronco squamoso della pianta, e mi fece cenno di imitarlo. Mi accovacciai al suo fianco, rendendomi conto solo in quel momento di essere ancora in pigiama. 

« Allora? » chiese Jason.

Inarcai un sopracciglio. « Allora cosa? » 

Jason si sfilò dalla tasca posteriore dei jeans un paio di pagine sgualcite del Financial Times e se le distese sulle ginocchia, borbottando qualcosa a proposito della crisi economica babbana e dei prezzi del petrolio. 

« Mi stai tenendo il muso. » mi fece notare, in fine. 

Grazie tante, non me n'ero accorta.

Sbuffai. « Sì, lo so. »

« Lo so che lo sai. » disse lui, scorrendo una colonna con il dito indice. 

« Quindi? »

Jason si strinse nelle spalle. « Quindi dimmelo tu. Hai intenzione di tenermi il muso finché non tornerò a Mosca? »

Gli scoccai un'occhiata assassina. « Avrei degli ottimi motivi per farlo. »

« Si possono trovare degli ottimi motivi per fare qualsiasi cosa. » osservò Jason, per nulla turbato. 

Sbuffai di nuovo, questa volta in modo più plateale. Con Jason non si capiva mai se semplicemente se ne fregasse o se non si rendesse proprio conto delle cose che faceva e delle implicazioni che esse avevano. Finché era un quindicenne goffo e in sovrappeso che andava a fare la pipì nei bagni delle femmine per protestare contro il sessismo la cosa non mi creava particolari problemi (d'altronde, se farsi dare della ragazza non ne creava a lui...), ma da quando la cosa si era tradotta in proteste contro il governo quasi sfociate nella rivolta armata e in visite a casa altrui con un gruppo di amici rivoluzionari al seguito, aveva cominciato ad essere davvero un po' troppo. 

Era cambiato tanto, Jason, negli ultimi due anni: avevo avuto fin troppe occasioni di accorgermene in passato, ma ogni volta che lo rivedevo dopo un po' di tempo il suo cambiamento mi sembrava ancora più palese. Ora che aveva finito la scuola ed il suo futuro era completamente nelle sue mani – in particolare – non potevo fare a meno di domandarmi con una certa dose di apprensione cosa ne sarebbe stato di lui. Jason non era per niente stupido, ma per contro era una delle persone più irresponsabili che conoscessi (e detta da me, che non ero certo l'emblema della responsabilità, la cosa era piuttosto allarmante): Jason non aveva mai pianificato cosa avrebbe fatto di lì a cinque minuti ed aveva sempre lasciato che la sua vita andasse dove la portava la corrente. In molti avrebbero detto che si lasciava andare alla deriva, ma io avevo sempre pensato che in realtà Jason avesse ben chiaro in testa chi sarebbe diventato. L'unica volta che avevo tirato fuori un discorso del genere con lui, tuttavia, la sua risposta mi aveva lasciata parecchio spiazzata: mi ero aspettata che volesse diventare un Auror, un Medimago, un domatore di Draghi o il Ministro della Magia – come qualunque ragazzino sogna a quest'età – o al massimo un attivista o un economista, ma lui alla mia domanda aveva risposto semplicemente “voglio diventare io”. Tutt'ora, continuavo a chiedermi cosa volesse dire esattamente quell'“io”. 

Sospirai, dando voce ai miei pensieri. « Ti ricordavo diverso. Sei cambiato molto dal Jason che conoscevo fino a qualche anno fa e... non so, non lo so se mi piace quello che sei diventato. »

Jason alzò gli occhi dal Financial Times per un momento, appena il tempo necessario a lanciarmi uno sguardo vagamente incuriosito. 

« Mi dispiace che tu la veda così. » disse, tornando a guardare il giornale « Ma le persone cambiano, non ci si può far niente: è normale. »

Annuii e mi feci scrocchiare le dita delle mani, una per una, cercando di trovare le parole per controbattere a quella sua affermazione così ovvia. 

Era strano sentirmi in imbarazzo al cospetto della persona più spontanea che mi fosse mai capitato di conoscere, eppure di colpo non sapevo come muovermi in quella conversazione: qualunque cosa dicessi, Jason avrebbe comunque continuato a fare di testa sua. Era praticamente impossibile avere ragione in una discussione con lui, lo sapevo bene. 

« Lo so che è normale, » risposi, in fine « e proprio per questo pensavo che tu non saresti cambiato: il Jason che ho conosciuto quando facevo il primo anno se ne fregava altamente di quello che facevano o pensavano gli altri e sarebbe inorridito se qualcuno gli avesse detto che un suo comportamento era normale. Lui era diverso, voleva essere diverso. Invece il Jason che vedo ora è uguale a un sacco di altre persone che conosco: il perfetto stereotipo del ragazzo che fa parte di un gruppo. Sei diventato come loro. »

« Forse è vero. È un male? Per molte persone essere riconosciute all'interno di un gruppo è il massimo che ci si possa aspettare dalla vita. »

Jason si strinse nelle spalle, come a dire che in ogni caso la faccenda non aveva molta importanza, e continuò imperterrito a scorrere le fitte colonne del giornale. Ero abituata a parlargli mentre apparentemente mi ignorava, ma in quel momento lo trovai estremamente irritante.

« Tu non sei molte persone. » osservai, tagliente. 

Jason inarcò un sopracciglio. « No? L'hai detto tu che sono cambiato. »

« Non così tanto! » sbottai « Almeno, lo spero... » mi corressi subito dopo « A te non è mai importato nulla di stare in un gruppo. Perché ora te ne importa così tanto? »

Jason lasciò momentaneamente perdere il giornale e si stiracchiò, godendosi il tepore del timido sole inglese sulla pelle. 

« Non me ne importa tanto. Solo, mi va. » rispose, con aria ovvia « Perché non dovrei fare una cosa che mi va di fare? Non ha molto senso rovinarsi la vita per orgoglio – o per “coerenza”: è così che lo chiama la gente per giustificarsi, no? Mi si potrebbe rinfacciare di essere banale in ogni caso. »

La sua risposta mi lasciò parecchio spiazzata: con Jason avevo imparato ad aspettarmi che le conversazioni prendessero direzioni totalmente inaspettate, ma se c'era una cosa su cui avevo sempre pensato di poter contare era che si sarebbe offeso a morte se gli avessi dato della persona “normale”. 

« Sì, ma... » 

« Ma non sono più quello di una volta. » completò Jason per me, interrompendo sul nascere la mia debole protesta. Piegò distrattamente le pagine del giornale e lo posò per terra, accanto alle sue gambe, per rivolgermi totalmente la sua attenzione. « Ti manca tanto il vecchio Jason? »

Immaginai che fosse una domanda importante, se era addirittura arrivato a separarsi dal suo adorato Financial Times. 

Sospirai e per una volta fui io a distogliere gli occhi. « Un po'... un po' tanto. » ammisi « Era il mio migliore amico... » Quando mi accorsi di aver usato la terza persona ed il passato provai una strana, spiacevole sensazione. Mi cinsi la vita con le braccia. « Non voglio che cambi tutto, ora che tu hai finito la scuola e te ne sei andato in Russia con i tuoi amici... »

Jason sorrise dolcemente, come una madre davanti alle lacrime del figlioletto che ha appena scoperto la triste verità su Babbo Natale. « Ma è già cambiato tutto, Rose: il Jason di cui parli tu non c'è più da un sacco di tempo, anche se tu hai continuato a vederlo in me. » Mi batté una pacca sulla spalla, forse consapevole – per una volta – di quanto poco piacevoli fossero le sue parole « Si finisce spesso per voler bene a persone che esistono solo nella nostra immaginazione, o nella nostra memoria. Siamo fatti così: amiamo l'idea che ci siamo fatti delle persone, non le persone in sé. »

Le sue parole mi sembrarono così vere che – mi accorsi – non aveva nemmeno senso piangere o deprimersi. D'altronde, non c'erano motivi per disperarsi: Jason aveva ragione, stavamo solo constatando qualcosa che era già successo da parecchio tempo. Il nostro rapporto non era finito – eravamo seduti sotto quella quercia a parlare, dopotutto, proprio come avremmo fatto anni prima – ma era solo cambiato. Jason avrebbe detto che eravamo semplicemente cresciuti e che, pian piano, stavamo trovando le nostre strade – strade diverse – concludendo il suo discorso con qualche osservazione filosofica come “tutto scorre” o, più semplicemente, con un disincantato “succede”. 

Sorrisi amaramente. « Se non altro le tue perle di saggezza filosofica sono rimaste le stesse. »

Jason ricambiò il mio sorriso, senza alcuna traccia di amarezza in questo caso, e distese le gambe davanti a sé. Notai che era dimagrito ancora, in quei due mesi: i jeans che indossava erano fermati alla vita da una cintura stretta all'inverosimile e le sue braccia, che non erano mai state muscolose, ora apparivano inquietantemente sottili. 

Jason non si accorse del mio sguardo critico – o più probabilmente, se anche se ne accorse, non ne fu minimamente scalfito. 

« Sai, » disse, dopo un po' « rispetto alla vecchia Rose sei cambiata molto anche tu, in questi ultimi mesi: è da un bel po' che stai cambiando, in effetti. Non pensavo che avrei mai potuto dire una cose del genere di te, ma stai diventando una persona responsabile. » 

Sollevai entrambe le sopracciglia e se avessi avuto un terzo sopracciglio avrei sollevato anche quello, per essere sicura di esprimere il mio scetticismo in modo sufficientemente esplicito. 

« Responsabile, io? » ripetei, trattenendo a stento una risatina sarcastica. 

« Sì. Responsabile, tu. » rispose Jason, assolutamente serio. Inarcai ulteriormente le sopracciglia, chiedendomi quali e quanti altri danni celebrali gli avesse causato la permanenza in Russia. « Fino a non molto tempo fa, se mi fossi presentato a casa tua alle sei di mattina con un gruppo di amici sbandati mi avresti accolto con un vaffanculo e un calcio nei denti. Poi avresti ritenuto di avermela fatta pagare a sufficienza, ti saresti fatta presentare i miei amici ed avresti proposto di fare un falò con i vestiti di Malfoy e di arrostirci sopra marshmellow o di ubriacarsi e poi fare una partita di Quidditch usando come Pluffa il vaso di cristallo di tua madre. Ora invece arrivo a casa tua mentre non ci sono i tuoi e scopro che nessuno dei tuoi amici si è fermato a dormire e che sul tavolo della cucina c'è il tuo libro di Trasfigurazione aperto. Negalo quanto vuoi, ma sei cambiata. E non penso che sia un male, » aggiunse, prevenendo l'obiezione che stavo per fargli « quindi non occorre che la prendi come un'offesa personale. »

E se invece lo facessi?

Immaginavo che, considerati i miei precedenti, darmi della persona responsabile fosse uno dei migliori complimenti che mi si potessero fare, ma la parentela con James e Fred doveva avermi indotto una sorta di inconscia repulsione per quel termine. Tanto più se associato a me, che sotto sotto ero sempre andata fiera di essere una Grifondoro e di usare le regole della scuola per lucidarmici le scarpe. 

« Non sono offesa, » mentii « semplicemente penso che tu stia traendo delle conclusioni esagerate. »

Jason si strinse nelle spalle. « Può darsi. »

Ovviamente non aveva minimamente considerato la possibilità di prendermi sul serio, ma ritenni che fosse più saggio lasciar perdere: avevo la netta sensazione che, se avessimo intavolato un dibattito su quell'argomento, mi avrebbe stracciata. E preferivo non sentirmi rinfacciare di essere diventata – o star diventando – una persona studiosa e responsabile. 

Non quando c'era palesemente solo un motivo – e solo una persona – per cui avrei potuto diventarlo. 

 

***

 

Quando tornai dalla passeggiata con Jason scoprii che i Russi avevano piantato una specie tendopoli per profughi dell'Est Europa nel retro del giardino ed ora stavano cucinando qualcosa di molto puzzolente su un fornelletto portatile. Per amor della quiete domestica – e soprattutto del mio pancreas – decisi di non indagare oltre e me ne andai a studiare Trasfigurazione dentro casa, nonostante la cosa – a conti fatti – non contribuisse molto di più al benessere dei miei organi interni. Dopo venti minuti di studio, infatti, avevo l'impressione di essere sul punto di ammalarmi di una qualche malattia mortale e nemmeno dieci minuti più tardi ero assolutamente certa di avere una gravissima forma di emicrania cronica. Alla fine conclusi che se non avessi immediatamente smesso di studiare sarei morta di qualche malattia fulminante non meglio specificata e dunque, siccome avevo un certo riguardo per la mia salute, dovette mandare a quel paese Ferguson e la sua inutile materia. Non che la cosa mi dispiacesse così tanto, in effetti. 

Per passare il tempo – visto che l'odore di lardo bruciato che penetrava dalla finestra aveva fatto svanire qualunque mia intenzione di abbandonare la mansarda – decisi di leggere il diario di Draco. Lo aprii poco oltre i tre quarti del quadernino, là dove avevo piegato l'angolo di una pagina a mo' di segnalibro l'ultima volta che lo avevo sfogliato. La data segnata in cima alla pagina risaliva alla primavera inoltrata del 1995 e sotto erano state scritte un paio di righe disordinate, tracciate in una calligrafia frettolosa e scomposta: fui molto sorpresa di non trovarvi nessun insulto ai Grifondoro e nessun commento inacidito rivolto ai successi dello zio Harry nel Torneo Tre Maghi. Nelle pagine seguenti fui altrettanto stupita nel constatare che i Grifondoro continuavano a non venir minimamente menzionati e diffamati e che, per di più, nemmeno i compagni di casa di Draco, i professori e qualsiasi altra tematica riguardante la scuola venivano trattati, se non con qualche accenno svogliato buttato lì di tanto in tanto per riempire un paio di righe vuote. L'argomento principale di quelle pagine era la famiglia, in particolare le lettere sempre più apprensive che il Draco adolescente riceveva regolarmente dalla madre e pagine intere di commenti sarcastici e sprezzanti su Lucius, sui suoi “amici”, su quanto poco gli importasse di Draco e su quanto poco a Draco importasse di lui. Poi, verso maggio, finirono anche quelli: in tutto il mese Draco aveva scritto a stento tre facciate, elencando la mole di cose che aveva da studiare in vista degli esami di fine anno e segnando sul fondo di una pagina quella che sospettai fosse una lista di ordini illeciti di Whisky Incendiario. L'ultima data scritta in fondo alla pagina che avevo davanti risaliva al ventuno giugno. Sotto era tracciata una riga sola, scritta in stampatello, a caratteri grandi e pesanti, come se nello scrivere Draco avesse premuto la penna sul foglio con l'intento di bucarlo. 

 

IL SIGNORE OSCURO È TORNATO.

 

Le pagine dopo erano vuote, fatta eccezione per qualche sparuto schizzo d'inchiostro e per un paio di disegni a penna scarabocchiati e spesso sfumati dalla mano che vi era passata sopra prima che l'inchiostro si asciugasse. I disegni che mi colpirono maggiormente furono due: il primo ricopriva un'intera pagina e – al di là dell'evidente incapacità di Draco, come della maggior parte dei maschi del resto, di disegnare in modo decente – raffigurava una mano dalle lunghe dita che stringeva una bacchetta gocciolante di un liquido scuro (quello che – immaginai – nelle sue intenzioni doveva essere sangue). La seconda immagine era una copia estremamente dettagliata del Marchio Nero: un grande teschio scuro, con le orbite vuote e nere e la bocca sdentata da cui spuntava la testa triangolare di un serpente. Rimasi imbambolata a fissarla per parecchi minuti, sfregandomi energicamente la pelle d'oca che mi era spuntata sulle braccia. 

Quando la porta di camera mia si aprì, cigolando sinistramente sui cardini, mi lasciai sfuggire un  un mezzo grido. Melinda, che era entrata reggendo tra le braccia un libro, sussultò e fece cadere il tomo a terra. 

« Oh, Rose, non sapevo che fossi qua... » disse, chinandosi a raccogliere il libro in tutta fretta « Scusami, io... ti dispiace se mi metto qua a leggere? »

Scossi la testa, aspettando che i battiti del mio cuore tornassero a dei ritmi umani. 

« No, certo. »

Malinda mi sorrise timidamente. « Grazie. Mi dispiace disturbarti, ma al piano di sotto i tuoi amici stanno facendo un po' di confusione. »

Trovai alquanto divertente la faccia schifata con cui si costrinse a definire “confusione” il porcile che stavano facendo i compagni di Jason. Tuttavia non potei nemmeno impedirmi di notare l'imbarazzo con cui mi rivolse quelle parole. 

« Ma no, figurati, non mi dai nessun fastidio. » le feci un cenno verso il letto e mi affrettai a nascondere il diario sotto il manuale di Trasfigurazione « Io sto studiando. »

Stavo... quaranta minuti fa...

Ma questi, in fondo, erano solo futili dettagli. 

Melinda annuì e si sedette su un angolino del materasso, come se temesse di sgualcire le coperte, guardandosi attorno nella mia stanza sovraffollata di cianfrusaglie, prodotti dei Tiri Vispi Weasley scaduti da mesi (se non da anni) e altri residui radioattivi di vario genere. Di colpo mi sentii parecchio imbarazzata per il disordine che regnava sovrano nella mia stanza. 

« Sì, non sono molto... ordinata. » borbottai, arrossendo come un qualsiasi Weasley che si rispetti è moralmente tenuto a fare in un'occasione simile. 

« Nemmeno io. » 

Melinda mi sorrise, come se aver trovato un punto di contatto tra noi due la rendesse felice. Io, dal canto mio, fui estremamente sollevata dal poter aggiungere il primo difetto accanto alla lista spropositatamente lunga dei suoi pregi. 

« Hai molti libri. » osservò Melinda. 

Seguii il suo sguardo verso gli scaffali di libri che occupavano quasi un'intera parete della stanza. I primi titoli che mi saltarono agli occhi furono “La storia di Percy il Folletto e della Strega Mangiapiedi” e “Le avventure della streghetta Mathilda e altre storie per bambini”. Completai l'operazione di pigmentazione rosso-Weasley facendo andare in escandescenze anche le orecchie. 

« Oh, sì, leggevo parecchio... »

Tipo quando avevo nove anni...

Preferii non dirle che gli unici titoli seri della libreria appartenevano a libri di mia madre che non avevano trovato posto tra le sovraffollate mensole del soggiorno. Ma naturalmente – nel pieno rispetto di una qualche legge di Murphy (e con mio sommo orrore) – fu proprio a quelli che Melinda puntò. 

« Questo è il Discorso sul Metodo di Cartesio? » chiese, alzandosi per estrarre dalla mensola più in basso un minuscolo libricino dal dorso sgualcito. 

Mi chiesi perché diamine avesse deciso di guardare proprio la mensola più nascosta di tutte. 

« Ehm... può essere, sì... » il nome aveva un ché di familiare, in effetti « Era quello che ha sprecato cinquanta pagine di libro metà per lamentarsi di non aver potuto pubblicare un altro libro e l'altra metà per sparare cazzate di anatomia? »

Dall'espressione di Melinda dedussi che quella non fosse esattamente la descrizione più appropriata per l'opera di Cartesio. Tuttavia, dopo un primo momento d'imbarazzo, il suo volto color bronzo si aprì in un sorrisetto divertito. 

« L'hai letto? »

« Non ne sono sicura... » ammisi, chiedendomi silenziosamente come diamine fossi riuscita a ficcarmi in quella situazione e concludendone che dovevo essere irrimediabilmente idiota « Forse ho letto qualche pagina, un giorno... »

Spulciare i vecchi libri scribacchiati di mia madre era pur sempre meglio che spulciare i miei (e sempre troppo intonsi) libri di testo, d'altronde, e quando ancora vivevamo sole io e lei, senza nessun Malfoy con cui litigare nelle lunghe mattinate estive, mi era capitato spesso di finire in soffitta a sfogliare un testo di biologia babbana o qualche saggio di storia e filosofia. Generalmente, però, il mio interesse per quei libri durava si e no cinque minuti: non avrei mai pensato di riuscire a ricordare qualcosa di quello che avevo letto. Eppure – mi accorsi – quando Melinda estrasse dagli scaffali polverosi un secondo libro, intitolato Dialoghi Platonici, sapevo chi era Platone e di colpo mi venne anche in mente quanto idiota fosse la sua teoria metafisica delle idee nell'Iperuranio. 

Esplicitai quella considerazione ad alta voce – tanto perché ormai l'opinione che Melinda si era fatta di me difficilmente avrebbe potuto peggiorare. 

« Platone era un idiota. Non ho mai capito che senso avessero tutte le sue seghe mentali sulle idee. E comunque i sofisti erano molto più intelligenti di lui. »

Melinda questa volta parve sinceramente stupita. « Ne sai parecchio, di filosofia babbana. » osservò. 

In realtà, oltre alle due cavolate in croce che le avevo appena detto, non ne sapevo proprio nulla, ma non avevo una particolare brama di contraddirla, al momento, perciò mi limitai a stringermi nelle spalle. Melinda sfogliò alcune pagine del libro che aveva in mano, soffermandosi qual e là per scorrere un paio di righe con un dito. 

« Non è per niente comune che un mago od una strega purosangue conosca la filosofia babbana. » disse poi, e per un attimo ebbi l'impressione che il suo sguardo fosse quasi ammirato « Chi te l'ha insegnata? »

Mi sistemai meglio sulla sedia, a disagio. « Mia mamma, qualcosa. Poi... beh, i miei nonni sono babbani, comunque. »

Melinda annuì, ripose il libro e tornò a sedersi sul letto. Mi sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, voltandomi sulla sedia per non darle le spalle: quella conversazione si stava facendo decisamente troppo imbarazzante per i miei gusti. Soprattutto perché avevo la netta impressione che Melinda mi stesse in qualche modo valutando. 

« Posso dirti cosa ne penso di te? » chiese, dopo una breve pausa di silenzio. 

Ecco, come volevasi dimostrare.

Onestamente la mia risposta sincera sarebbe stata no, no e poi no, tutta la vita no, magari anche rotolandomi per terra e battendo i pugni, ma immaginavo che una reazione del genere avrebbe potuto apparire piuttosto infantile. Indi per cui mi limitai a scrollare le spalle, rassegnata a sentirmi dire che mi trovavo intellettualmente al livello di un criceto. 

Con mio sommo stupore, però, il parere di Melinda sembrò portarmi quantomeno al livello di un ibrido semiumano. 

« Quando ti ho conosciuta, qualche giorno fa, pensavo che non fossi una persona particolarmente intelligente. » disse, con il tono cauto di chi spera di non offendere « O forse più che intelligente il termine giusto sarebbe colta. Mi sembravi socievole, simpatica... per niente una brutta persona, ma un po' banale, tutto sommato. Non mi capacitavo di come l'opinione di Scorpius su di te potesse essere cambiata tanto in meno di due mesi, specie conoscendo i suoi gusti alquanto selettivi in materia di persone. »

Non me ne capacito nemmeno io, se è per questo.” soggiunsi tra me e me, ignorando l'indignazione di Calvin. In fin dei conti avevo spesso l'impressione – o il timore? – che, una volta ricominciata la scuola, per Scorpius sarei tornata ad essere la Rose Weasley di sempre. 

Melinda mi rivolse un sorriso timido. « Forse mi sbaglio, ma più ti guardo più ho l'impressione che tu non sia affatto la sempliciotta scapestrata tutto Quidditch e niente cervello che fingi di essere.  »

« Io non fingo di essere un bel niente. » grugnii, irritata. 

Ma chi diamine si credeva di essere per venire in camera mia a leggere i libri di filosofia di mia madre e poi psicanalizzarmi?

Melinda si ritrasse quasi impercettibilmente e si lasciò sfuggire una piccola smorfia. « Sì, non sono molto simpatica alla gente di solito, mi dispiace. Quello che volevo dire è che a volte mi pare che tu faccia di tutto per dimostrare di sapere meno cose di quelle che sai ed essere meno intelligente di quello che sei. Lo so che non ti conosco abbastanza per giudicarti, ma ci tenevo a dirtelo perché mi dispiace che tu ti svilisca così. »

Le lanciai uno sguardo torvo. « E secondo te cosa dovrei fare, andarmene in giro in una casa di geni a sbandierare le poche cose che so, così da fare la figura dell'idiota? Non lo farei nemmeno se fossi onnisciente ed onnipotente: non ci tengo a diventare irritante come mia madre, grazie tante. »

Con mia somma irritazione mi accorsi che Melinda sembrava assolutamente soddisfatta della mia risposta. 

« Ti dà tanto fastidio l'idea di essere simile a tua madre? » chiese.

« Scusa, » replicai, con tono parecchio sgarbato « ma tu studi filosofia o psicologia? »

Melinda mi restituì uno sguardo vagamente colpevole. « Filosofia, in realtà. Ma la psicologia mi ha sempre affascinata. »

« Mpf... » grugnii. 

Melinda sembrò rendersi conto che era meglio darci un taglio e si alzò dal letto, portandosi dietro il suo libro. « D'accordo, penso che andrò a tenere un po' di compagnia a Scorpius. Scusa ancora per il disturbo, Rose. »

« Figurati. » borbottai e mi alzai per accompagnarla alla porta. 

Figurati un corno!

Prima di imboccare la stretta scala che scendeva dalla mansarda al primo piano, Melinda mi rivolse un sorriso timido. « Penso davvero che tu sia una persona molto migliore di quello che vuoi dare a vedere, Rose, e non credo che dovresti vergognartene. A me piaci molto. » esitò per un paio d'istanti, poi mi porse il suo libro « È un libro di filosofia magica del XIX e XX secolo, è molto interessante. Te lo regalo, se vuoi. »

Non mi interessava minimamente erudirmi anche sulle seghe mentali che si facevano i filosofi maghi, ma mi sembrava scortese rifiutare, perciò accettai il regalo senza protestare.

« A proposito, » aggiunse « mi dispiace per quella scenata sui letti. Adam si diverte a mettere in imbarazzo Scorpius... » 

Quella sera, mentre giocavo a “Segna o bevi” in compagnia di Hugo, James, Fred, Roxanne, Al, Marshall, Mort, un paio di Russi e parecchie bottiglie di Whisky Incendiario, non riuscivo a scacciare dalla mente le parole di Jason e Melinda. Solo dopo il quarto rigore sbagliato – seguito dal quarto bicchierino di Whisky – riuscii a liberarmi di quei nefasti pensieri. Anche se, per contro, la mattina dopo trovai un piacevole mal di testa da postumi e l'espressione irritata di Scorpius, che apparentemente la sera prima aveva dovuto farmi scendere dalla scopa prima che mi schiantassi da qualche parte e trascinarmi a letto di peso. 

 

***

 

Scorpius, come ebbi modo di appurare, non gradiva per niente la presenza dei Russi: quando venerdì fummo invitati da uno di loro ad un mega party che si sarebbe tenuto quella sera in casa nostra, smise del tutto di rivolgermi la parola. Io, dal canto mio, per il resto del pomeriggio fui troppo impegnata ad incazzarmi con chiunque mi capitasse a tiro per rivolgerla a lui. 

Alle otto e mezza di sera, quando i primi invitati cominciarono a presentarsi con casse di alcool al seguito, ero già troppo stanca per avere un esaurimento nervoso e mi limitai a prendere le bottiglie e  andare a sistemarle in frigo. Non trovai neppure la forza per schiantare Mort quando, nel tentativo di accendere un falò, appiccò fuoco al vestitino di Lily. D'altronde ci pensò ben lei a schiantarlo, come James andò in giro a raccontare per tutta la sera con gli occhi lucidi di paterno orgoglio (o di alcool, più probabilmente). Quando la beccò a leccarsi con Marshall sul divano del soggiorno, invece, trovò ben poco di cui vantarsi. 

Io, dal canto mio, passai la serata a fare la spola tra la casa ed il giardino con un grande sacco nero per i rifiuti al seguito. Hugo, impietosito da quella scena – o molto più probabilmente annoiato perché la ragazza con cui si scriveva non era stata invitata – decise di accorrere in mio aiuto. Era parecchio brillo e continuava a chiedere a chiunque passasse se avesse visto Scorpius, per poi darmi di gomito con aria complice, perciò dopo una decina di minuti gli mollai in mano un bicchiere di burrobirra e lo affidai alle amorevoli cure di James e Fred, che provvidero immediatamente a mettergliene in mano un secondo. 

Alle dieci e mezza, con il solito ritardo che riteneva di dovere alla sua immagine di diva, Dominique si degnò di onorarci con la sua meravigliosa presenza, condita di vestitino sfavillante e tacchi vertiginosi. A braccetto con lei stava Lorcan Scamandro, con tanto di fondotinta, foulard annodato al collo e camicia rosa: Dominique doveva averlo schiavizzato per truccarla e farle l'acconciatura. Immaginavo che ci tenesse parecchio ad essere più bella di Melinda, quella sera. 

La poca voglia che avevo di andare a salutarla svanì del tutto quando Scorpius pensò bene di andare a farlo al posto mio. Se non altro – osservai, ridacchiando – gli unici baci che ottenne furono due baci sulle guance da parte di Lorcan, che lo chiamò tesoro e si complimentò con lui per la magnifica maglietta che indossava e per il nuovo taglio di capelli. Scorpius, a quel punto, ebbe la saggia idea di battersela in ritirata. 

Lo feci anch'io, prima che Domi si accorgesse di me, e decisi di tornare dentro casa a controllare che nel frattempo nessuno si fosse fatto venire in mente di vomitare sui tappeti o di cercare di incantare gli elettrodomestici babbani (avevo ricordi traumatizzanti degli esperimenti di nonno Arthur, in merito). Fortunatamente pareva che nessuno stesse male o si fosse fatto del male, ma quando mi imbattei in Jason che ballava in modo assolutamente indecente con uno dei suoi amici Russi, mettendogli le mani in posti su cui preferii sorvolare, fui io a farmi parecchio male al coccige, cadendo all'indietro per la sorpresa. 

Misi a tacere Calvin, che a quella vista si era parecchio esagitato, e mi avvicinai a due improbabili ballerini prorompendo in un plateale colpo di tosse. 

« Hem! Jason? »

Il ragazzo si voltò nella mia direzione, rivolgendomi un sorriso allegro almeno la metà di quanto sembravano essere allegri lui ed il suo amico. 

« Oh, ciao, Rose. »

Gli lanciai un'occhiataccia. « Quanto sei ubriaco? »

« Un po', perché? »

« No perché... sai, forse dovresti smetterla di ballare in questo modo con il tuo amico... è un po', come dire, fraintendibile... » gli feci notare, accennando alla sua mano che si trovava saldamente piantata nella tasca posteriore dei pantaloni del suo amico. 

Jason sembrò parecchio stupito. 

« Oh, ma lui è Kirill, stiamo assieme. Non te l'ho detto? »

« No, dev'esserti sfuggito. »

Risposi, rivolgendo a lui e al suo “amico” Kirill un enorme sorriso palesemente falso. D'altronde Jason era solo passato all'altra sponda, una cosuccia da nulla: era del tutto comprensibile che gli fosse sfuggito di mente di accennarmelo. 

Jason si strinse nelle spalle, mentre Kirill continuava a guardarci con espressione vacua (non capii se perché era del tutto andato o perché non capiva l'Inglese). « Oh, beh, ora lo sai. »

Inarcai un sopracciglio. « E, se posso chiedertelo, da quando sarebbe che...? »

« Da quando sto con Kirill, suppongo. »

« Ah. »

Kirill gli lasciò un bacio sul collo – che finsi di non aver visto – e gli disse qualcosa in Russo. Jason annuì, poi si voltò nuovamente verso di me. 

« Beh, noi andiamo di là a prendere da bere. Ci si vede, Rose. »

« Sì, ci si vede... » borbottai, mentre la strampalata coppia si allontanava tenendosi per mano. 

« Wow... » commentò Lorcan, che era comparso accanto a me in quel momento « Non sapevo che Jason fosse... »

« Neanch'io. » tagliai corto, troppo shockata dalla mia recente scoperta per preoccuparmi di non suonare sgarbata. 

Stupendo... un branco di boy scout russi organizza un rave party in casa mia pensando bene di non chiedermi nemmeno il permesso... Mort probabilmente sta trafficando droga sul retro... Scorpius ha pensato bene di defilarsi e lasciare tutto il lavoro a me... e per completare il quadretto il mio migliore amico, o ex migliore amico, che dir si voglia, passa all'altra sponda e non mi dice nulla...

D'altronde avrei dovuto immaginarlo che prima o poi Jason avrebbe voluto fare l'alternativo anche su quello: conoscendolo, c'era da aspettarselo. 

Lorcan mescolò il suo cocktail rossastro con la cannuccia, lanciando uno sguardo che trovai sinceramente inquietante ai fondoschiena dei due “amici”. « Però, quando io e Jason eravamo compagni di dormitorio non avrei mai pensato che... » s'interruppe e bevve un sorso dal bicchiere « D'altronde Jason è cambiato un bel po' negli ultimi anni, vero? Non ricordavo che fosse così carino. »

Gli lanciai un'occhiataccia. « Lorcan, non ci pensare. »

« Ma no, figurati. » rispose lui « Era solo così, per dire qualcosa. »

Tanto era “solo per dire qualcosa”, però, che non staccò gli occhi dai due finché non furono spariti in cucina. Decisi di lasciar perdere le turbe ormonali di Lorcan e andai a controllare che le stanze al piano di sopra fossero integre. 

Per essere integre erano integre – fatta eccezione per una foto di Draco e dei suoi amici ai tempi di Hogwarts, a cui qualcuno aveva rotto il vetro (non che la cosa mi causasse dispiacere) – ma mi ci vollero venti minuti buoni per convincere una disperata (e parecchio ubriaca) Kathie a staccarsi dalla tazza del gabinetto e smetterla di descrivere il modo in cui si sarebbe suicidata perché James non se la filava ed il modo in cui lui poi si sarebbe sentito terribilmente in colpa per aver causato la sua morte prematura. Dovetti anche cacciare Lysander Scamandro – che apparentemente, oltre a voler fotografare gli ubriachi, aveva deciso di fare un documentario fotografico dei residui tossici nascosti sotto il mio letto – da camera mia. Parve parecchio deluso, ma a parte commentare che stava per fotografare un Nargillo non fece particolari proteste. Se non altro, una volta tornato al piano di sotto, poté scattare un servizio fotografico di un Albus totalmente sbronzo che, con una bottiglia di burrobirra in mano ed una corona di fiori che qualcuno gli aveva posato sulla testa, stava tenendo una filippica sulla pace in piedi sul tavolo del soggiorno. 

Hugo, che non sembrava messo molto meglio, comparve al mio fianco a braccetto con Louis e Roxanne. « Sembra... Woodstock... » sghignazzò, barcollando pericolosamente. 

Louis, che aveva le guance color porpora ed i capelli biondi incollati alla fronte, annuì con vigore. Alle sue spalle Molly sospese momentaneamente la ramanzina che stava facendo a sua sorella per aver comprato qualcosa da Mort e si voltò verso di noi con un'espressione agguerrita stampata in volto. « Ma è possibile che non ci sia una sola persona sobria in questa casa? » esclamò, lanciando un'occhiata disgustata ad Al che intanto era caduto dal tavolo ed ora stava facendo un appassionato discorso sull'amore ad una ragazza che chiamò “bella bionda”, apparentemente ignaro del fatto che si trattava di suo fratello con una parrucca in testa. 

« Io sono sobria! » sbottai, indignata. 

Molly stava per ribattere, ma quando Adam le porse una bottiglia di Vodka non ci pensò due volte a sorridergli come una cretina e scolarsela a collo (salvo poi voltarsi dall'altra parte per tossire ed asciugarsi le lacrime dagli occhi).

Hugo ridacchiò. « È sbronza... »

Evitai di fargli notare che lui lo era molto di più e mi feci largo tra la folla per staccare Al da James, prima che cercasse di stuprarlo. Al protestò sentitamente, accusandomi di essere una megera e riuscendo a chiamarmi nel contempo con tre nomi diversi (di cui uno maschile). 

« Razza di... Balena! No, befana! Sì, questo volevo dire! Lasciami stare, Lucy! Solo perché io ho una vita sentimentale! Non ci vengo con te, hai capito, Harry? »

Per fortuna in quel momento Scorpius intervenne e lo sollevò di peso da sotto le ascelle, costringendolo a sedersi sul divano. 

« Grazie... » sospirai, asciugandomi la fronte dal sudore. « Tu sei sobrio, vero? »

Scorpius mi sorrise, mandandomi il cervello totalmente in pappa. « Hanno cercato di propinarmi un bicchiere di vodka liscia, spacciandola per acqua, ma questa volta non mi sono fatto fregare. Tu? »

Calvin urlò qualcosa come “sono ubriaca di teee!”, ma lo misi a tacere brutalmente. 

« Sì, sobria. » risposi « Ho passato tutta la sera a raccogliere bottiglie vuote in giro, consolare gli ubriachi depressi e correre dietro a quelli troppo esaltati. Non farò mai più una cosa del genere, giuro. »

Scorpius scosse la testa. « A questo punto dovrei dirti che “te l'avevo detto”, lo sai, vero? »

Roteai gli occhi. « Suppongo che tu ne abbia il diritto. Avanti, dillo. »

« Nah, non c'è gusto così. Troverò un altro modo per vendicarmi. » 

I suoi occhi verdi guizzarono sul mio viso, divertiti, ed in contemporanea il mio stomaco fece un paio di salti mortali. Calvin ovviamente non poté fare a meno di espormi un paio delle sue deliziose congetture sadomasochiste sulla vendetta di Scorpius, la più casta delle quali comprendeva un paio di manette pelose ed un frustino di cuoio. 

Fui certa di essere arrossita parecchio. 

« Beh, ragazzi... » disse Al, alzandosi sulle gambe malferme « È stato un piacere parlare con voi. Io vado: c'è una bellissima ragazza bionda che mi aspetta. »

Lo ignorai, troppo impegnata a sciogliermi sotto lo sguardo di Scorpius. Lui mi sorrise per la seconda volta in meno di un minuto, mandando alle ortiche il briciolo di sanità mentale che mi restava. 

« Perché non lasci perdere quel sacco della spazzatura? » chiese « Ti aiuto io a mettere a posto, domani. Tanto vale che ci divertiamo un po' anche noi stasera, no? »

Il sorriso che mi spuntò sul viso doveva sembrare piuttosto idiota, ma me ne fregai. « Mi sembra giusto. »

« Anche a me. » concordò Scorpius, mentre una sua mano si posava sul mio fianco. « In fondo, sono due giorni che non fai altro che correre dietro ai tuoi amici. Adesso voglio un po' di attenzioni anche io. »

Calvin mi ricordò insistentemente della fantasia sulle manette pelose. Lo ignorai ed inarcai un sopracciglio. « Tu non sei sobrio. »

Trovai che il sorrisino colpevole in cui si stirarono le sue labbra fosse assolutamente adorabile. « D'accordo, forse prima di accorgermi che non era acqua ho bevuto un paio di sorsi di Vodka... »

Scoppiai a ridere. « Vabbé, per questa volta ti perdono. »

« Già, direi che me lo devi. »

La seconda mano di Scorpius andò a posarsi alla base della mia schiena e mi attirò gentilmente verso di lui. Posai le mani sulle sue spalle e mi alzai in punta di piedi, ma proprio in quel momento la risata sguaiata di Hugo si levò sopra il vociare della folla. 

« Si stanno picchiando! Hahaha, Merlino, sono proprio ubriachi! »

Mi staccai bruscamente da Scorpius, appuntandomi mentalmente di trovare i due idioti che avevano avuto la brillante idea di fare a botte e picchiarli io. 

« Per Morgana, che succede adesso? »

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Capitolo 27
*** LSD - la stronzaggine divampa ***


26.

LSD – la stronzaggine divampa

 

Esiste una piccola, dolce, succosa cosa nella vita, chiamata vendetta. 

È quella cosa che va servita fredda, come un buon cocktail con l'ombrellino ed i ghiaccioli. Quella cosa prelibata che bisogna saper cogliere al meglio, così come un abile scarpettaro sa come intingere la mollica di pane nel piatto per raccogliere tutto il sugo, fino all'ultima goccia. 

È anche quella cosa profondamente immorale, ingiusta ed infantile, se è per questo. 

Quella cosa che fanno i bambini di cinque anni quando il compagno di giochi ruba loro l'orsetto di pezza. Quella cosa che, alla faccia, spesso e volentieri fanno pure gli adulti, nonostante poi si prodighino a spiegare ai giovani quanto sia sbagliata. 

In poche parole la vendetta, giusta o sbagliata che sia, è quella cosa che fanno tutti, ma proprio tutti, dal primo all'ultimo. Su, avanti, non facciamo i moralisti: chi di voi sinceramente non si è mai vendicato per un torto subìto? 

Sarà anche una cosa disgustosa, meschina e riprovevole, ma almeno una volta nella vita lo abbiamo fatto tutti. E ci abbiamo pure goduto immensamente. 
(Salvo poi sentirci in colpa come dei criminali.)

 

***

 

La seconda mano di Scorpius andò a posarsi alla base della mia schiena e mi attirò gentilmente verso di lui. Posai le mani sulle sue spalle e mi alzai in punta di piedi, ma proprio in quel momento la risata sguaiata di Hugo si levò sopra il vociare della folla.

« Si stanno picchiando! Hahaha, Merlino, sono proprio ubriachi! »

Mi staccai bruscamente da Scorpius, appuntandomi mentalmente di trovare i due idioti che avevano avuto la brillante idea di fare a botte e picchiarli io.

« Per Morgana, che succede adesso? »

 

Quando Al si era alzato dal divano, a quanto pareva, aveva davvero intenzione di tornare dalla sua “bella bionda”. La quale, però, non aveva particolarmente apprezzato le attenzioni dedicatele. Almeno a giudicare dal pugno che gli aveva mollato sul naso. 

A quel punto Al doveva essersi accorto che la sua bella bionda in realtà altri non era che suo fratello e la sua indignazione era stata tanta da spingerlo a dimenticare i suoi ideali pacifisti (non che con James li avesse mai messi in pratica) per restituirgli il pugno. La situazione, a quel punto, non aveva potuto che degenerare in una sanguinosa faida familiare tra fratelli.

« Ehi, che cavolo, smettetela! » sbottai, parandomi tra i due litiganti. 

James borbottò qualcosa che assomigliava molto a un “vaffanculo Rose” e tentò di colpire Albus al di sopra della mia spalla. L'altro, dal canto suo, era così ubriaco che non si preoccupò di tentare di schivarmi per colpire James. 

Hugo ridacchiò. « Merlino, quanto sono andati... »

Piazzai un calcio nei denti a James ed afferrai il braccio di Al, torcendoglielo dietro la schiena. 

« Avanti gente, fine del gioco. » sbuffai, completamente sorda alle proteste di mio cugino « Adesso tu vieni con me e ti dai una calmata. » soggiunsi. 

Al tentò di divincolarsi. « Mi stai facendo male! Ahia, mi hai rotto il braccio! »

Alzai gli occhi al cielo. « Non ti ho rotto un bel niente. E se le smetti di agitarti non ti fa male. »

Mentre spingevo Al su per le scale, sentii Hugo che sghignazzava. « Hahaha, le hanno prese! »

Quando finalmente arrivammo in camera mia – da cui dovetti scacciare Lily e Marshall, che a quanto pareva erano stati incollati per la bocca da un incantesimo di adesione permanente – buttai Al sul letto e gli legai le gambe al materasso con un incantesimo. 

« Ora tu te ne resti qua. » ordinai, sbattendo un secchio sul comodino accanto alla sua testa. « E se ti viene da vomitare, non ti azzardare a farlo sulle coperte. »

Al grugnì. « Ma io non voglio... non sono ubriaco... »

Certo, e Calvin non è una pornostar.” pensai, con abbondante sarcasmo. 

Gli avvicinai di più il secchio alla testa, per assicurarmi di essere stata chiara riguardo ai posti dove poteva o non poteva vomitare. « Beh, comunque. » risposi « Dormire un po' non ha mai ucciso nessuno. » 

« A me si! » piagnucolò Al. 

Non mi degnai neanche di rispondergli e, dopo essermi serrata la porta alle spalle con un “Colloportus” (siano lodati gli anellini rossi di Mortimer) me ne tornai al piano di sotto. A quel punto, stando alle mie intenzioni – e a quelle di Calvin – avrei dovuto trovare Scorpius, trascinarlo in un angolo buio e lasciare che il resto degli invitati si scannassero ed affogassero nel loro vomito mentre noi due riprendevamo da dove eravamo stati sfortunatamente interrotti. Peccato che di Scorpius, in soggiorno, non c'era più traccia. Imprecai tra i denti ed uscii in giardino per cercarlo. 

Mi guardai attorno nel buio, ignorando Hugo che si rotolava per terra ridendo come un idiota e Mort che fumava una sigaretta dall'aria ben poco legale (sperai non fosse la causa dell'eccessiva ilarità di Hugo), nascosto dietro un albero. Poi, finalmente, mi parve di scorgere una testa bionda che si muoveva nel buio, in fondo al giardino. Scavalcai Hugo e puntai con decisione in quella direzione. 

Quando fui abbastanza vicina da distinguere meglio i tratti del misterioso biondo, però, mi accorsi con mio sommo disappunto che si trattava di Lorcan. Di Lorcan che si stava facendo le fusa con uno degli amici Russi di Jason. 

Merlino, non sapevo di aver organizzato un gay party...

Scossi la testa e mi voltai per tornare a continuare la mia ricerca dentro casa. Fu solo allora che notai Lysander, che se ne stava impalato a pochi passi da me con gli occhi sgranati e la macchina fotografica che gli pendeva mollemente attorno al collo. 

« Lys? » chiesi, avvicinandomi a lui per controllare che non fosse andato in coma etilico in piedi o che qualche burlone non gli avesse lanciato un Petrificus Totalus

Apparentemente, però, Lysander era ancora in possesso sia delle sue facoltà mentali sia di quelle motorie. Scosse la testa. 

« Non sapevo che Lorcan... »

Sollevai entrambe le sopracciglia. « Sinceramente, Lys, penso fossi l'unico che non si era ancora accorto che tuo fratello è gay. »

Lysander rabbrividì leggermente alla parola “gay”. 

« Bhe, sì, mi ero accorto che da piccolo preferiva le bambole ai modellini dei draghi… » borbottò « E, insomma, lo so che se ne va in giro sculettando, ma… ma beh, non credo di essere psicologicamente pronto ad affrontare una cosa del genere… »

Gli battei una pacca sulla spalla. « Vieni dentro? » chiesi « Magari è rimasto dell'alcool. »

Immaginai che istigare a bere l'unico invitato più o meno sobrio non fosse esattamente l'idea del secolo, ma in quel momento Lysander sembrava aver davvero bisogno di un bicchiere di Whisky. O anche due. 

Quando tornai dentro e vidi Scorpius e Dominique che parlavano fitto fitto tra di loro, poi, decisi che anche io avevo decisamente bisogno di due bicchieri di Whisky. Anzi, a ben pensarci anche tre.

Per un attimo mi parve che Scorpius mi avesse vista e che stesse per alzarsi e venirmi incontro, ma poi la mano di Dominique si posò sul suo polso e lui rimase seduto lì dov'era. 

Ignorai le urla indignate di Calvin e mi voltai verso il tavolo degli alcoolici, che però – come notai con estremo disappunto – era vuoto. Sbuffai e mi diressi verso la cucina, sperando che fosse rimasto ancora qualcosa in frigo. A parte un cespo di lattuga – che in quei giorni io e Scorpius ci eravamo guardati bene dal mangiare – e poche altre scorte alimentari, però, il frigo era decisamente vuoto. 

Imprecai e, dovendo trovare qualcuno contro cui farlo, decisi di lasciare in pace il solito Merlino ed optai per Scorpius e Dominique. Calvin, dall'angolino (d'accordo, forse era qualcosa in più di un angolino) malato del mio cervello, espresse la sua più sentita approvazione. Tuttavia – e nonostante il grande appagamento che mi diede – essere d'accordo sul fatto che Scorpius e Dominique fossero due teste di cazzo non avrebbe fatto comparire dal nulla una bottiglia di Vodka. Perciò mi adoperai per cercarla un po' meglio e mi chinai sotto il bancone, nell'ottimistica speranza di aver riposto qualcuna delle bottiglie nei cassetti là sotto. Di Vodka, com'era prevedibile, non ne trovai nemmeno una bottiglia vuota, ma in compenso scovai un paio di Burrobirre e quella che sembrava una fiaschetta di rum. Stavo per rialzarmi con il mio bottino quando qualcuno entrò in cucina facendo sbattere la porta. Mi ficcai le bottiglie sotto la maglietta e rimasi acquattata sotto il bancone, custodendo gelosamente il mio alcool: ero stata ad abbastanza feste da sapere che, quando resta solo poco alcool da bere, è bene che meno persone possibile sappiano della sua esistenza. 

Sporsi il viso oltre al bancone, sbirciando i piedi dei due nuovi arrivati: a giudicare dalle scarpe, erano un maschio ed una femmina. Sulle scarpe da ginnastica sgualcite del maschio non fui in grado di formulare altre supposizioni, ma i saldali vertiginosi della ragazza non lasciavano dubbi che fosse Dominique. 

« Allora, James, » sbottò lei, rivelandomi l'identità del ragazzo « Si può sapere che diavolo vuoi? »

Sembrava parecchio arrabbiata: come sempre quando si trattava di James, d'altronde. 

« No, si può sapere cosa vuoi tu?! » esclamò James. 

Lui, se possibile, sembrava ancora più arrabbiato di Domi. 

Domi emise uno sbuffo a metà tra l'irritato e l'incredulo. « Io?! Io da te non voglio proprio niente: sei tu che mi hai trascinata di peso qua dentro! »

« Oh, da me non vorrai niente, » rispose James « ma da Malfoy? »

« Da Malfoy? » ripeté Dominique, con un tono di voce vagamente tendente all'isterico « E da quando sono affari tuoi, quello che faccio o non faccio con Malfoy? »

Vidi i piedi di Dominique avvicinarsi a quelli ci James, fino a che le punte delle loro scarpe si sfiorarono quasi. 

« Che c'è? » chiese « Sei geloso? »

Le scarpe di James indietreggiarono precipitosamente ed un tonfo sordo mi informò che era andato a sbattere contro il muro. 

« Oh, ma che cazzo vuoi? » urlò « Merlino, sono tuo cugino! Sei così troia che adesso ci provi anche con me?! »

Dominique fece per ribattere, ma James la sovrastò nuovamente con la sua voce. « Non ti bastava fare la gattamorta con Malfoy, quando sai benissimo che lui e Rose si piacciono? A te di Malfoy non frega un emerito cazzo, neanche ti piacesse, ma per divertirti una sera con lui non ti fai il minimo problema a far star male Rose! Sei una stronza egoista, ecco cosa sei! Non te ne frega niente di nessuno, solo di te stessa e di andare in giro a farti figa coi tuoi vestitini da puttana! »

Mi sporsi un po' più da dietro il bancone, appena in tempo per vedere Dominique spintonarlo con violenza. 

« Non ti permettere di dire queste cose di me! » ringhiò, strapazzandogli la maglietta tra le mani « Tu non sai un cazzo di me, James, ok?! E non hai la più pallida idea di quello che facciamo io e Scorpius! Non hai il minimo diritto di esprimere i tuoi stupidi giudizi su cose di cui non sai niente! »

James le afferrò i polsi e se la staccò di dosso con rabbia. « Io so che stai ferendo i sentimenti di Rose, comportandoti in questo modo. » replicò « E le persone che feriscono i sentimenti altrui sono delle stronze. »

Dominique si allontanò da lui di un paio di passi e gli rivolse uno sguardo carico d'odio. « Allora non sono l'unica stronza, in questa stanza. » sibilò, serrando i pugni tremanti lungo i fianchi « Sai, solo perché non ti accorgi dei sentimenti che gli altri provano per te non vuol dire che tu non li ferisca, quei sentimenti! »

E, dette quelle parole, se ne andò sbattendo la porta. 

Rimasi a fissare i piedi di James per un paio di minuti, finché anche lui non se ne andò, borbottando un “Ma si può sapere cosa diavolo di problemi hanno, 'ste donne?”. 

Mi alzai lentamente, con le bottiglie tra le mani, ed uscii dalla cucina con la netta impressione che le cose, quella sera, non avessero la minima intenzione di mettersi a girare per il verso giusto. Quando vidi Scorpius e Dominique abbracciati in un angolino, poi, l'impressione si trasformò in una certezza. 

Appoggiai le bottiglie di burrobirra sul tavolo, ignorando i singhiozzi sconsolati di Calvin. La fiaschetta di rum, invece, la tenni per me: ne avevo davvero bisogno. Avevo appena finito di scolarmela quando la mano di Adam mi si posò sulla spalla. 

« Balli? » chiese, strizzandomi l'occhio. 

Immaginavo che se Scorpius era autorizzato a fare le fusa a mia cugina, io potevo benissimo ballare con suo cugino, perciò mi strinsi nelle spalle ed annuii. 

Mentre ci facevamo largo verso il centro del soggiorno, dove – spostando i mobili – era stata allestita una specie di pista da ballo, Adam mi sorrise. 

« Scorpius ogni tanto è davvero un imbecille. Non farci caso. »

 

***

 

La mattino dopo, entro ora di pranzo, se n'erano andati tutti. Anche Adam e Melinda erano ripartiti: prima di smaterializzarsi, Melinda mi aveva abbracciata e mi aveva rivolto un sorriso. 

« Mi farebbe molto piacere che ci scrivessimo delle lettere, se a te va. » aveva detto. 

Ancora in stato confusionale per il suo incomprensibile comportamento nei miei confronti, mi ero limitata ad annuire. 

Una volta che se n'erano andati anche loro, a me e Scorpius non era rimasto altro da fare che iniziare la monumentale opera di pulizia e riordino della casa. Per le prime due ore le cose filarono più o meno lisce: io me ne andai a pulire il giardino e lui ebbe la saggia idea di mettere a posto il primo piano, così evitammo di starci tra i piedi. Quando si trattò di mettere a posto il piano di sotto, però, evitarci fu impossibile. All'inizio ci facemmo ognuno i fatti propri, evitando accuratamente di rivolgerci la parola, ma quando, spostando il divano con la magia, Scorpius rischiò di travolgermi, fu chiaro che la cosa non avrebbe funzionato. 

« Io lo sposterei alla babbana. » dissi, lanciandogli un'occhiata glaciale « Se lasci dei buchi sul parquet tuo padre potrebbe ammazzarti. »

Non che la cosa mi dispiacesse troppo, ad ogni modo. 

Scorpius sbuffò. « Bene, allora forse potresti darmi una mano, che ne dici? »

« Naturalmente. » risposi « Non ho mai pensato che da solo ne fossi capace. »

« Gentile. » commentò Scorpius, con marcato sarcasmo. 

Quasi quanto te, quando mi hai piantata per andare a farti le smancerie con Dominique.

Ci sistemammo ai due lati del divano, guardandoci in cagnesco, e lo sollevammo in contemporanea. Pesava più o meno come un pachiderma obeso – non che ne avessi mai preso in braccio uno, ma immaginai che non dovesse essere troppo più pesante – perciò dopo nemmeno un metro fummo costretti a posarlo di nuovo. 

« Molto maturo da parte tua, comunque, ballare con mio cugino per ripicca. » commentò Scorpius. 

Che cosa?!

Sbattei le palpebre un paio di volte, chiedendomi se davvero Scorpius aveva appena detto quello che pensavo avesse detto o se era tutta una mia allucinazione. Non avevo una fede particolarmente profonda in Dio, ma nemmeno in Cartesio d'altro canto (sì, Melinda mi aveva effettivamente contagiata), perciò supposi che quello che avevo appena sentito provenisse effettivamente da Scorpius, e non da un genio maligno. 

Gli lanciai uno sguardo assassino. « Ballavo con tuo cugino perché mi ha chiesto di ballare, Scorpius. So che la cosa potrebbe risultarti difficile da comprendere, ma non è che tutto quello che faccio lo faccio per causa tua. »

In fondo era vero: avrei certamente accettato l'invito di Adam anche se Scorpius non fosse stato abbarbicato a Domi come una pianta rampicante. Certo, magari quello era stato un incentivo... ma con che faccia tosta poteva venirmi a fare la ramanzina, lui, che aveva cominciato per primo? 

Sollevammo nuovamente il divano e lo spostammo faticosamente di un altro metro. Poi Scorpius lo mollò di colpo e di conseguenza lo feci cadere anch'io, imprecando. 

« Merlino, stai attento, no? » sbottai. 

« Scusa. » disse Scorpius « Mi è scivolato. E comunque Adam ha la ragazza: se ti ha chiesto di ballare lo ha fatto solo perché ha visto che eri giù e ha deciso di darti una mano a farmi ingelosire. Conosco mio cugino, cosa credi? E – tra parentesi – non ha nemmeno funzionato. »

Trovai che avesse ripetuto che Adam aveva la ragazza un po' troppo spesso in quei giorni, per essere uno che non era geloso. 

Stupido biondo...

Sollevai la mia estremità di divano di scatto, riuscendo quasi a stirarmi la schiena, e Scorpius dovette fare un balzo indietro per non essere travolto. 

« Oh, secondo me ha funzionato fin troppo bene, invece. » soffiai, guardandolo con aria di sfida. 

Il viso di Scorpius prese un po' di colore, ma a parte quello nessun tradì la sua espressione glaciale. « Te l'ho detto, non sono geloso. Poi pensala un po' come ti pare, tanto lo fai sempre, no? » sbuffò « Ti stavo solo facendo notare che ti sei comportata in modo infantile. Insomma, non mi sembra che ci sia bisogno di farci i dispetti come se fossimo due bam... »

Lasciai cadere il divano senza alcun preavviso, sperando sinceramente di fargli male. Scorpius balzò indietro appena un attimo prima che il suo piede sinistro venisse schiacciato.

Acc... quasi...” 

« Potresti avvertirmi quando lo lasci andare?! » esclamò. 

Ignorai totalmente il suo ultimo commento, ripromettendomi di scegliere il tempo meglio, alla prossima occasione. « Invece io ci terrei a farti notare che sei tu quello che ha cominciato a comportarsi da idiota. Che mi dici di te e Dominique? »

« Io e Dominique stavamo parlando. » replicò Scorpius, irritato. Calcò sull'ultima parola in un modo che trovai a dir poco irritante, come se si stesse rivolgendo ad una bambina particolarmente dura di comprendonio « So che parlare civilmente con la gente non è una cosa a cui sei molto avvezza, ma le persone di tanto in tanto lo fanno, sai com'è. »

Spostammo il divano di quasi due metri, questa volta, e lo lasciammo andare con estrema malagrazia. Cadde sul pavimento con un tonfo così forte che, per un attimo, fui certa che l'avrebbe sfondato. 

E per fortuna che dovevate spostarlo in due per non lasciare segni sul parquet...” osservò Calvin, che – una volta appurato che io e Scorpius eravamo un caso irrecuperabile – si era sistemato in un angolino del mio cervello con Coca Cola e pop-corn. 

« Oh, sicuro! » sbottai « Perché naturalmente è indispensabile appiccicarsi a una persona come un koala mentre le si parla! »

Scorpius alzò gli occhi al cielo e sibilò qualcosa di non troppo lusinghiero nei confronti di Merlino e di Circe. « Ma che problema hai, si può sapere? Adesso vuoi anche dirmi che abbracciare una persona triste è un atto sessuale? Solo perché non sono un casanova, non vuol dire che se abbraccio una ragazza devo per forza essere attratto da lei. » mi lanciò uno sguardo di puro disgusto « Ma davvero credi che sia così sfigato? »

Stavo per ribattere che sì, a giudicare da come moriva dietro a Dominique ogni volta che lei sbatteva le ciglia era proprio uno sfigato di prim'ordine, ma fui interrotta dal tonfo di un paio di piedi che scendevano le scale. Ci voltammo entrambi verso Hugo, che fece la sua comparsa in soggiorno con i capelli rossi scarmigliati e due profonde ombre violacee sotto gli occhi. 

« Ragazzi » sbadigliò « io capisco che tra i vostri doveri di coppia sia incluso litigare ferocemente, ma non potreste farlo in un modo un po' meno rumoroso? »

Sbattei le palpebre un paio di volte, tanto perplessa da quell'improvvisa entrata in scena da dimenticarmi addirittura dei miei propositi di sgozzare Scorpius. « Hugo? Cosa ci fai tu qua? Non eri andato via con gli altri? » chiesi. 

Hugo si grattò la testa, lanciandomi uno sguardo vacuo: a giudicare dalla sua faccia, immaginai che avesse le idee confuse almeno quanto me, al riguardo. « In realtà non lo so bene. » rispose « So solo che mi sono addormentato e mi sono svegliato sul tetto dieci minuti fa. »

« Sul tetto? » ripeté Scorpius. 

Hugo si strinse nelle spalle. « C'è qualcosa da mangiare? Ho un certo appetito. »

 

***

 

Hugo rimase da noi anche dopo pranzo. Aveva troppo mal di testa per aiutarci a ripulire in giro, ma se non altro mi evitò la seccatura di dover rivolgere nuovamente la parola a Scorpius. Dire che ero arrabbiata era riduttivo: ero furibonda, letteralmente. Scorpius era un idiota sotto innumerevoli punti di vista, e su questo non ci pioveva, ma non si era mai comportato in un modo del genere prima: aveva iniziato lui a fare l'idiota con Dominique e poi pretendeva anche di dare la colpa a me e di essere innocente?! Non potevo credere che si fosse davvero comportato in un modo così meschino nei miei confronti: non era semplicemente da lui. 

E per quella ragione, naturalmente, non gli avrei più rivolto la parola fino alla fine dei tempi.

Non ci posso credere.” fu il commento sconsolato di Calvin “Ma davvero non siete capaci di andare d'accordo per più di due giorni senza finire a togliervi il saluto?”

« Non ci posso credere. » disse Hugo, ancora più sconsolato « Avete finito il caffè?! »

« L'ha finito Scorpius. » precisai, sedendomi al tavolo della cucina di fronte a lui. « Perché non ti fai un tè? »

Hugo inarcò un sopracciglio. « Significa perché non fai una tazza di tè che poi berrò io? »

Gli rivolsi un sorrisone innocente. « Beh, fanne due. »

Hugo alzò gli occhi al cielo ed aprì le ante della credenza per estrarne un bollitore. Lo riempì d'acqua e lo sbatté sui fornelli, prorompendo in uno sbuffo che trovai sinceramente esagerato. 

« Sempre la solita sfruttatrice. Piuttosto, con l'operazione LSD a che punto siamo? Idee? »

« Mmm... » grugnii « Non lo so, sono a corto di fantasia al momento. Anche se... » 

Il mio sguardo si posò su una pila di merendine marinare che James e Fred avevano cercato di mescolare ai pasticcini che qualcuno aveva portato alla festa, la sera prima, mentre un piano geniale quanto malvagio cominciava a formarmisi nella mente. Mi lasciai sfuggire un ghigno. 

« Sai, Hugo, ora che ci penso... direi proprio che abbiamo un piano. »

 

***

 

Dieci minuti dopo stavamo spiegando il nostro diabolico piano a Scorpius (pur di far separare mia madre e Draco, ero disposta a sospendere momentaneamente il mio voto solenne di non rivolgergli mai più la parola). Il biondino sopraccitato, invece, non sembrava altrettanto ben disposto nei miei confronti, al momento: non appena ebbi pronunciato la prima frase scosse vigorosamente il capo – evidentemente era ancora offeso perché Adam mi aveva chiesto di ballare – e quando completai la terza proruppe in uno sbuffo plateale. 

« Ma fai sul serio? » chiese. 

« Assolutamente sì. » risposi « Pensaci: se riusciamo a riunirli tutti e tre nello stesso posto contemporaneamente, è fatta. »

Scorpius inarcò un sopracciglio: non sembrava molto convinto. « Sono d'accordo con te che riunirli nella stessa stanza avrà effetti devastanti, ma dubito che questo si ripercuoterà anche sul fidanzamento di Hermione e mio padre. Non penso proprio che se costringi i tuoi genitori a parlarsi si salteranno addosso dichiarandosi amore eterno. »

Evidentemente Malfoy non aveva la più pallida idea che si potesse dare una spintarella illecita alle cose, di tanto in tanto, per farle andare nel verso giusto. Alzai gli occhi al cielo: Merlino, e per fortuna che era a Serpeverde!

« Naturalmente non penso che si salteranno addosso di loro spontanea volontà. » Spiegai, lanciandogli uno sguardo di sufficienza. 

A meno che non lo facessero per ammazzarsi, naturalmente: in tal caso ritenevo molto più che probabile che si balzassero addosso a vicenda come due puma inferociti. 

« Ma questo non vuol dire che non lo faranno loro malgrado. » Completò Hugo per me, sogghignando. « Mai sentito parlare di filtri d'amore, Scorpius? »

Mai sentito parlare di filtri d'amore, Rose?” gli fece eco Calvin, quando io e Scorpius ci lanciammo uno sguardo truce “Visto che senza, a quanto pare, non sei capace...

Lo misi a tacere brutalmente. 

« E pensate di risolvere la faccenda con un filtro d'amore? » chiese Scorpius, scettico. « Non per smontarvi, ma prima o poi l'effetto del filtro finirà. »

Inarcai un sopracciglio. « E allora? Pensi davvero che se tuo padre vedesse mia madre baciare mio padre non annullerebbe il matrimonio seduta stante? »

Scorpius scosse la testa, osservandomi come se fossi uno strano caso patologico da manicomio. « Non sto dicendo questo. Ma una volta finito l'effetto del filtro non pensi che i tuoi genitori ricomincerebbero a mandarsi vicendevolmente a quel paese e che mio padre e tua madre si chiarirebbero? » 

« Ovviamente sì. » rispose Hugo al posto mio « Ma questo intanto ci permetterà di prendere tempo. Sono testoni gli adulti: non si chiariranno così in fretta. »

« E così potremo lavorarci i nostri genitori e portare a compimento la fase finale del piano. » conclusi, orgogliosa della mia idea geniale. 

Scorpius si strinse nelle spalle ed alzò i palmi delle mani, come a voler dire che ok, ci dava ragione, basta che non lo contagiassimo con la nostra pazzia. 

« D'accordo, come vi pare. » cedette « Mi resta solo un dubbio: come pensate di fare a riunirli tutti e tre nella stessa stanza? »

Io e Hugo ci scambiammo uno sguardo criminale. 

« Oh, è qui che viene il bello. » risposi, senza riuscire (e nemmeno provare, per dirla tutta) a trattenere un ghigno sadico « Tu e Hugo dovrete fare indigestione di Merendine Marinare. »

Scorpius, a quelle parole, scoppiò in un attacco di tosse che lo piegò in due. Supposi che si fosse strozzato con la sua stessa saliva. 

« Che cosa?! » esclamò. 

Merlino, fortuna che era intelligente.

Sbuffai. « Tu » dissi, indicandolo come un colonizzatore inglese che tenta di comunicare con un selvaggio « e lui » continuai, puntando l'indice in direzione di mio fratello « dovrete mangiare » qui strinsi le dita della mano destra una sull'altra e le portai davanti alle labbra « delle Merendine Marinare » indicai le confezioni colorate che giacevano alla rinfusa sul bancone della cucina « così starete male e i nostri genitori dovranno venire al San Mungo. » l'occhiata assassina di Scorpius mi convinse a lasciar perdere il mimo nell'ultima parte della frase. 

« Chiaro? » chiesi. 

Scorpius arricciò le labbra in un'espressione schifata che trovai drachesca in un modo assolutamente inquietante. « Per niente. » rispose « Cosa ti fa pensare che io dovrei volermi intossicare per far tornare assieme i tuoi genitori? E, soprattutto, perché io e Hugo dovremmo intossicarci e tu no? »

Hugo scosse la testa. « Non è ovvio? »

Ridacchiai, divertita dal suo commento: era bello sapere di poter contare sul mio fratellino, in quelle situazioni. 

« Dobbiamo costringere tutti e tre i nostri genitori a venire al San Mungo, no? » intervenni « Quindi tu devi star male per forza, altrimenti tuo padre non verrebbe, e lo stesso vale per Hugo: dubito che mio padre si scomoderebbe a venire al San Mungo per me, se ci sono anche mia madre e Draco, visto che non mi ha in affidamento. »

« Nostra madre verrebbe in ogni caso, quindi così siamo a posto. »

Completò Hugo, scrollando le spalle come a dire che a lui non importava troppo di fare indigestione di Merendine Marinare per una buona causa. Appena Scorpius distolse lo sguardo, ci scambiammo uno sguardo d'intesa. Non c'erano dubbi: io e mio fratello eravamo due geni del male. 

Scorpius, tuttavia, rimase sospettoso. E a ragione, oserei aggiungere. 

« Continuo a non capire perché tu non dovresti avvelenarti come noi due. » disse, guardandomi storta « Se non altro per equità. »

Alzai gli occhi al cielo, mettendo su un'espressione annoiata. « Sì, e poi chi vi trascinerà al San Mungo? Chi farà bere il filtro d'amore ai miei genitori mentre voi ve ne state sui lettini d'ospedale a fare i moribondi? »

Hugo annuì con vigore. « Il piano fila. Ma se sei troppo poco uomo per mangiare un paio di Merendine Marinare basta dirlo, non è che ti costringeremo. »

Evidentemente la prospettiva di venir etichettato come codardo effeminato per il resto della sua vita – non che non avessi avuto un'idea simile di lui a Hogwarts, per i cinque anni precedenti – doveva spaventarlo più dell'idea di contorcersi nel suo stesso vomito, perciò Scorpius si affrettò a negare tutto. 

« Io non ho paura! » esclamò, con le guance tinte di rosso acceso « Avevo solo delle perplessità sull'efficacia del piano. Ma non ho il minimo problema a mangiare un paio di Merendine Marinare. »

« Bene. Allora è fatta. » conclusi. 

Mi alzai dal tavolo e puntai verso la porta, soddisfatta. Scorpius impallidì di botto, ma non osò protestare – cosa che, ovviamente, fece aumentare in modo esponenziale la mia soddisfazione. 

 

***

 

Poco prima di cena Hugo se ne andò, per far sapere a nostro padre che era ancora vivo e nel frattempo procurarsi il filtro d'amore e gli ingredienti per il nostro malefico piano. Mentre aspettavo che tornasse studiai svogliatamente un po' di Trasfigurazione – avevo studiato centosessantatré pagine su cinquecento e passa e mi restavano la bellezza di otto giorno per completare l'opere. Non male, no? No, infatti, era molto peggio che male. Dopo una ventina scarsa di pagine, la depressione per la mia imminente ed ineluttabile bocciatura divenne tanta che decisi di mandare al diavolo Ferguson e mi arrampicai sul letto per leggere qualche facciata del diario di Draco. Riaprii il quadernetto sulla pagina con il disegno del Marchio Nero, rabbrividendo un po' a quella vista, e mi affrettai a voltare pagina. Era vuota, così come la seguente e quella dopo ancora. Dovetti voltare pagina altre tre volte prima di trovare il paragrafo successivo. Notai subito che la grafia era diversa, dalla fatica che feci per decifrarla: le “m” e le “n” erano sempre ribaltate, le “l” solo un segmento verticale allungato e tutte le lettere avevano una stramba inclinazione verso destra, appena accennata, ma il segno tracciato dalla penna era meno netto, le lettere meno distinte, le parole più scarabocchiate ed incomprensibili, come se fossero state scritte da una mano frettolosa. Era la scrittura di Draco, senza dubbio, ma era anche la scrittura di un adulto. I miei occhi corsero istintivamente alla data, scritta come di consueto in alto a sinistra: 23 ottobre 1996. Quasi un anno e mezzo più tardi dell'ultima. 

 

23 ottobre 1996

 

Ho trovato questo quadernetto in fondo al mio baule, l'altro giorno. Non mi ricordavo nemmeno di avere un diario. D'altronde, il diario è una cosa da mocciosi. O da Tassorosso sentimentali, a seconda. 

Io non sono né l'uno né tantomeno l'altro, ovviamente, ma credo proprio che scriverò due parole. Giusto così, per passare il tempo. Giusto perché ho voglia di dire quello che penso a qualcuno che non giudichi e non parli. 

Sono un Mangiamorte, sai, la gente mi guarderebbe male. Non capirebbe che sono sempre lo stesso di qualche mese fa, che sono sempre io, Draco. No, ora sono diventato quello che ho marchiato sul braccio. Non interessa più a nessuno che io sia io: sono questo, ormai. Un Mangiamorte. Anzi, un Marchio. Sono un fottutissimo tatuaggio. Che fa anche cagare, poi: se dovessi farmene uno, ho sempre voluto farmi tatuare un drago sulla schiena. 

Non che sia brutto avere il Marchio, a volte: ti dà potere. Tiger, Goyle, Theo e Blaise mi chiedono sempre di raccontar loro cosa succede e cosa si dice al quartier generale dei Mangiamorte. Non che io ne sappia molto più di loro – sono una marionetta nelle mani di gente più potente di me, tutto qui – ma faccio il misterioso e racconto loro qualche storia. Pendono letteralmente dalle mie labbra. 

Pansy, poi, mi idolatra. Letteralmente. Immagino di avere il fascino del bello e dannato, al momento: quello importante che ha le mani impastate in affari grossi. 

Molto più grossi di me, in realtà. Ma questo gli altri non lo sanno. 

Così cerco di godermi la mia schiavitù, finché posso. Cerco di fare il prepotente con i pesci più piccoli, finché non arriverà lo squalo a mangiarmi. 

Perché arriverà, oh, se arriverà. È là, pronto: sta solo aspettando che io fallisca la mia missione. Sa che non posso farcela. 

Ma non voglio pensarci per adesso. Ho ancora tempo. 

Magari ne vengo fuori. 

Non so come. 

Magari è solo un incubo. Magari Potter lo ammazzerà prima che lui ammazzi me. 

Magari c'è ancora speranza. 

Perché no?

Anche se il Marchio non va più via dalla pelle... 

 

4 dicembre 1996

 

Mi sono scopato Pansy. 

Voleva consolarmi. Mi ha detto “Draco, farei qualsiasi cosa per tirarti su il morale”. 

Io ho riso, sprezzante, e le ho detto. “Fammi un pompino”. 

Me l'ha fatto sul serio. Poi l'ho scopata. 

Non che la cosa sia servita a tirarmi su il morale, ma se non altro non sono più vergine. Fanculo al grande amore della mia vita, non ho tempo di cercarlo. E probabilmente non me ne resta abbastanza per aspettarlo. 

Scopare è solo scopare, alla fine. Non lo si fa per amore. 

È solo per essere grandi. Mi costringono ad essere grande, no? Mi marchiano e mi fanno diventare un assassino. 

Bene, allora voglio prendermi anche le parti belle dell'essere grande. 

 

3 febbraio 1996 

 

Non va, non funziona. Quel maledetto Armadio... 

Più ci penso, più mi sembra che mi si stia fondendo il cervello. Passo in quella Stanza ogni fottutissimo giorno, ogni fottutissimo minuto libero che ho, ma niente, qualunque cosa provi non funziona. Continuo a pensarci, a fare piani, congetture, ma non so dove sto sbagliando. 

So solo che non funziona, dannazione. 

Perché è toccato a me tutto questo? La sfortuna non poteva scegliersi qualcun altro da tormentare?

Vorrei solo essere qualcun altro, in questo momento. Una qualsiasi altra persona, una a caso, anche Paciock di Grifondoro mi andrebbe bene. 

Vorrei solo che tutto questo non fosse successo a me. 

Io odio il Signore Oscuro e i Mangiamorte. Li odio tutti, dal primo all'ultimo, compresi mia zia e mio padre. 

L'unica a cui importa ancora qualcosa di me è mia madre. Ma tanto lei fa quello che dice mio padre, quindi siamo punto e accapo.

 

Trasalii, quando la maniglia scattò ed Hugo entrò in camera mia, portando tra le braccia una pila disordinata d'ingredienti e sacchetti. 

« Scorpius mi ha quasi sgamato. » disse « Mi ha chiesto a cosa diavolo mi servivano le radici di valeriana per il filtro d'amore. Accidenti, mi ero dimenticato che è il compagno di banco di Al. »

Posai il quadernetto sul comodino, scoprendo con un certo stupore di non essere più troppo interessata alla pozione e alle nostre meschine macchinazioni. 

« Tu che gli hai detto? » chiesi, comunque. 

Hugo si strinse nelle spalle e fece spazio tra il cumulo di carte disordinate che occupavano la mia scrivania per posarvi gli ingredienti. « Gli ho detto che è una ricetta indonesiana che ho scovato su un libro di pozioni esotiche: mamma e papà non sono così deficienti da non riconoscere un filtro d'amore classico. »

« E ti ha creduto? » indagai. 

« Non lo so. Spero. » rispose Hugo « Se chiede qualcosa ad Al siamo fregati. »

Scesi dal letto e lo aiutai ad estrarre il calderone dal mio baule sovraffollato. Hugo ignorò coraggiosamente il cumulo di biancheria usata che doveva essere rimasto là dentro da giugno (questo o quello precedente, non era da escludersi) e recuperò mestolo, coltello e tagliere. 

« Non penso che parlerà con Al, comunque. » dissi « Non è così stupido. Lo conosce bene quanto noi: sa perfettamente che se gli lasciasse intuire qualcosa del nostro piano lui andrebbe a raccontare tutto ai genitori e tanti saluti. »

Hugo estrasse la becchetta – munita di anellino rosso illegalmente importato da Mort – e fece librare il calderone ad una trentina di centimetri dal suolo. « Lo spero. Se non altro perché, anche se non gli raccontasse del filtro d'amore, potrebbe sempre alimentare i suoi sospetti sull'altra pozione: papà non aveva a casa tutti gli ingredienti, così ho dovuto chiederne alcuni ad Al. »

« Aguamenti. » sussurrai, picchiettando la bacchetta sul bordo del calderone. Quello si riempì immediatamente d'acqua. Alzai nuovamente lo sguardo su mio fratello. « E Al che ha detto? »

Hugo si strinse nelle spalle. « Niente, ha solo fatto qualche domanda e mi ha guardato storto. Non so se se la sia bevuta, onestamente. Gli ingredienti non erano abbastanza per risalire alla pozione, ma si è comunque insospettito parecchio: le zampe di rana velenosa, d'altronde, non si usano in molte pozioni. »

E la maggior parte delle pozioni in cui si usavano non erano certo sciroppi per la tosse. 

« Bah, che ne sa, » sbuffai « magari servivano a James e Fred per qualcuno dei loro esperimenti e hanno mandato te in avanscoperta perché sapevano che a loro non li avrebbe mai dati. » Mi chinai sotto il calderone ed accesi un fuocherello azzurro nell'aria con un secondo incantesimo: non avrebbe bruciato niente, ma era abbastanza da scaldare la pozione. « E comunque ormai sono le dieci: se ha intenzione di fare qualche indagine la farà domattina e per allora sarà troppo tardi. »

Hugo annuì e si sistemò sulla scrivania con tagliere e coltello, per cominciare a sminuzzare i primi ingredienti. « Andiamo a memoria o prendiamo il libro? » chiese. 

« Memoria. » risposi, sicura. 

La pozione era venuta fuori in una delle domande teoriche del GUFO, qualche mese prima: ero sicura di poterla ricreare senza batter ciglio. In fondo, fatto salvo per Trasfigurazione – che era un caso perso in partenza –, avevo studiato davvero nel trimestre prima degli esami. 

Hugo cominciò a tagliare le radici di valeriana in pezzettini lunghi appena qualche millimetro. « Erano mesi che non ti vedevo così in vena di fare cattiverie. » osservò, sogghignando « Da quando i Serpeverde vi hanno truccato le scope prima dell'ultima partita di campionato. »

Scavai tra i residui tossici del mio baule e, tra un calzino ingrigito e quello che sembrava un mezzo panino avariato, scovai il mio bilancino, con cui pesai tre grammi esatti di polvere di Luna. 

« Ho un conto in sospeso con Scorpius. » risposi, cospargendo la superficie ancora liscia dell'acqua con un pizzico di polverina. Cominciai a mescolare in senso orario, con energia. « Ti ricordi la diarrea, al secondo anno? »

Hugo annuì. « Quella per cui sei andata avanti mesi ad incolpare James? »

Arrossii furiosamente, sentendomi ancora in colpa nonostante fossero passati parecchi anni, ormai. « Beh, ho scoperto che era stato Scorpius. » dissi, bruscamente « Incantesimo della diarrea. Semplice ma letale. »

Hugo alzò un sopracciglio. « Come l'hai scoperto? »

« Ho le mie fonti. » 

Già, come la maniacale passione dai Malfoy per i diari segreti – mi dissi, soffocando a fatica un ghigno. Hugo si alzò dalla scrivania e, al mio cenno affermativo, rovesciò nel calderone metà delle radici di valeriana tagliuzzate. La pozione cominciò a colorarsi di un azzurro violetto, mentre sul fondo e sui bordi si formavano le prime bolle. Iniziai a mescolare in senso antiorario, più lentamente ora. 

Hugo ridacchiò. « Beh, te lo concedo: è una scusa assolutamente credibile per vendicarti di lui e Dominique. »

Ebbi come l'impressione che la temperatura delle mie guance fosse aumentata di colpo di una ventina di gradi, ma negai tutto. « Non sono così infantile da prendermela solo perché Scorpius va d'accordo con mia cugina. » affermai, facendo del mio meglio per scacciare i sensi di colpa « Non mi sto vendicando per quello. »

Hugo mi lanciò un'occhiatina divertita. « Ah no? »

 

***

 

La mattina dopo, alle otto e mezza, eravamo tutti e tre giù in cucina, pronti a mettere in atto la prima fase dell'operazione LSD. Posai due muffin sul tavolo, uno davanti a Scorpius e l'altro davanti a Hugo. Feci molta attenzione a mettere quello con le due gocce di cioccolato in cima davanti a Scorpius. 

« Bene. » dissi « Direi che ci siamo. »

Scorpius sollevò il suo muffin, scrutandolo con aria sospettosa. « Che Merendina Marinara è? » chiese « Non ne ho mai vista una del genere. »

« Naturalmente no. » risposi, con un tono che sparai risultasse naturale e convincente « Pensi che al San Mungo non se ne accorgerebbero in meno di due secondi, se faceste indigestione di merendine Marinare già messe in commercio? Questo è un nuovo prototipo: fa venire la febbre gialla. Hanno appena finito di testarlo, » aggiunsi « è sicuro. »

Scorpius non sembrava sicuro affatto, però. Aggrottò le sopracciglia e si rigirò il muffin tra le mani, con l'aria di star macchinando chissà quali pensieri nel frattempo. Cominciai a sudare freddo, mentre Hugo mi guardava con aria altrettanto preoccupata. 

« È tutto a posto? » chiesi. 

Scorpius annuì lentamente, cosa che non fece che aumentare la mia già sproporzionata apprensione. D'altronde, quando inganni il ragazzo che nonostante tutto ti piace (e a cui nonostante tutto speri di piacere ancora anche tu), non è facile tenere a bada i sensi di colpa, né tantomeno la paura che ti scopra e che si arrabbi così tanto da non volerti mai più rivolgere la parola. Sentivo la mia determinazione vacillare sempre di più, ma mi costrinsi a restare zitta e ferma dov'ero, senza lasciar trasparire nessuna emozione sul mio viso. O almeno così sperai: molto più probabilmente avevo la faccia sconvolta da un qualche tipo di smorfia tutto meno che naturale. Immaginavo che la mia ultima possibilità, a quel punto, fosse sperare che Scorpius interpretasse il mio nervosismo come conseguenza del nostro rischioso piano ai danni dei genitori. 

Scorpius alzò lo sguardo su di me e quando incrociai le sue iridi verde chiaro sperai sinceramente di sprofondare nel pavimento e sparire per sempre dalla faccia del pianeta. « Rose, posso parlarti un secondo? » 

Lanciò uno sguardo molto eloquente a Hugo, che si affrettò a defilarsi. « D'accordo, io vado a guardare la tv di là. » disse « Terrò il volume alto così, sia che vogliate ammazzarvi o che abbiate intenzione di fare sesso, non sentirò niente. »

Notai comunque lo sguardo preoccupato che mi lanciò prima di chiudersi la porta alle spalle. Decisi di sedermi e feci del mio meglio per tenere lo sguardo lontano da Scorpius, mentre lui aspettava chissà quale intervento divino per cominciare a parlare. Calvin, che mi puntava il dito contro urlandomi “traditrice!” - e questo era solo il più gentile degli insulti che mi rivolse – non contribuiva particolarmente a migliorare la situazione. 

« Allora? » chiesi, in fine, quando fui certa che se avesse aspettato ancora un minuto in quel silenzio mi sarebbero saltati i nervi. 

Scorpius si sedette di fronte a me e qualcosa nell'intensità del suo sguardo mi impedì di distogliere gli occhi dal suo viso, questa volta. 

« Mi dispiace per come mi sono comportato ieri mattina. Hai ragione, ero geloso. » disse, veloce, sputando fuori le parole tutto d'un fiato. Immaginai che gli costasse parecchio ammetterlo. « Ma ero anche arrabbiato perché non ti fidi di me: quando mi hai visto con tua cugina, hai subito pensato male e te ne sei andata a ballare con Adam. Io non voglio dire che non fosse una situazione fraintendibile, ma pensavo che l'avessi capito, ormai, che non sono quel tipo di persona. »

Se possibile, dopo quelle parole, mi sentii anche peggio. Per un attimo pensai davvero di togliere il muffin dalla sua portata prima che potesse mangiarlo ed inventarmi qualche scusa per cambiare le carte in tavola all'ultimo minuto. 

Deglutii a vuoto un paio di volte, mentre Calvin, nella mia scatola cranica, faceva un baccano infernale. Anche se non l'avesse fatto, comunque, dubitavo che sarei riuscita a formulare una risposta coerente. 

« Io... non è vero che non mi fido di te... » balbettai « è solo che.... beh, cosa avrei dovuto pensare, scusa? Dimmi come stanno le cose, se non è così! »

D'accordo, la verità era che non mi fidavo proprio per niente. Non che pensassi male di Scorpius o altro. Solo, conoscevo Dominique e sapevo che effetto facevano ai maschi i suoi riccioli biondi ed i suoi occhioni azzurri. 

Scorpius scosse la testa. « Dominique aveva bisogno di parlare con qualcuno. Non è un gran bel periodo per lei e... beh, non me la sono sentita di piantarla là da sola. Era veramente giù di morale. »

Se Scorpius pensava che la cosa avrebbe dovuto rassicurarmi, si sbagliava di grosso: le sue parole riuscirono soltanto a pungermi ancora più a fondo nell'orgoglio, la qual cosa, ovviamente, mi provocò un discreto fastidio. Ero io la migliore amica di Dominique, ed ero io la prima a sapere qualunque problema avesse, sempre. Lo ritenevo una specie di diritto inalienabile, che Scorpius ora pretendeva di usurpare. 

Ma chi crede di essere?

« Ah, così... » dissi, annuendo « Sì, certo, mi sembra logico, la mia migliore amica ha bisogno di confidarsi con qualcuno e viene a farlo da te! »

« Evidentemente sì. » rispose Scorpius, freddamente. 

Gli lanciai un'occhiataccia e dovetti fare un certo sforzo per contenere il volume della mia voce, quando parlai di nuovo. « E, di grazia, di cosa ti avrebbe parlato? »

Quel “di grazia” suonava tanto come un “ho voglia di riempirti di botte”, ma non me ne preoccupai più di tanto: essere educata, in quel momento, non rientrava tra le mie priorità. Non quando Scorpius aveva la faccia tosta di venire ad inventarsi quelle storie con me, credendo che non conoscessi la mia migliore amica abbastanza da rendermi conto di quanto inverosimili fossero: a Dominique non era mai importato nulla di Scorpius, in nessun senso. Tanto meno come amico o confidente. Avevo sentito cosa si era detta con James, la sera della festa. 

Scorpius scosse la testa. « Non posso dirtelo. Mi ha chiesto di non dirlo a nessuno. »

Certo, ovvio. Non poteva dirmelo: era un segreto di stato. Come avevo fatto ad essere così idiota da non arrivarci? 

Scorpius sbuffò. « Non mi credi, vero? »

« No, non è vero. » mentii « Ti credo. »

Neanche un po'.

Scorpius non sembrò bersela nemmeno per un attimo, ma non replicò. Si limitò a prendere il suo muffin e portarselo alla bocca. 

« D'accordo. Allora, si va al San Mungo, immagino. » disse. 

Non lo fermai, quando dischiuse le labbra e si riempì la bocca con un grande morso. 

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Capitolo 28
*** come imparare a voler bene a Draco Malfoy in tre semplici passi ***



27.

Come imparare a voler bene a Draco Malfoy in tre semplici passi

 

È curioso come nella vita le cose riescano ad andare secondo i piani e, allo stesso tempo, prendere strade totalmente imprevedibili. È curioso come mi guardi allo specchio e non riconosca gli occhi che restituiscono il mio sguardo. È curioso che io non li voglia riconoscere.

Silente è morto. L'assassinio del Ministro della Magia è stato pianificato nei minimi dettagli. Piton è stato designato come nuovo preside di Hogwarts. I Mangiamorte sono tornati al potere.

Se c'è un momento per essere orgoglioso di quello che sono – quello che mi hanno costretto ad essere – e di quello che ho fatto – quello che mi hanno costretto a fare – allora il momento è questo. Ed è proprio questo che mi fa riflettere. È proprio il fatto che io, orgoglioso, non lo sono nemmeno un po'. 

Non mi sono sporcato le mani con il sangue di Silente. Ma la verità è che le mani si puliscono, la coscienza no. La verità è che qua non si tratta più di uccidere i Babbani e far salire al potere i Purosangue. La verità è che questa è una guerra civile, di maghi contro altri maghi. La verità è che sono tutti dei fottuti assassini.

E io sono solo un fottuto codardo.

 

***

 

« Mamma? » 

La linea era parecchio disturbata. Mi chiesi se fossero all'estero e di colpo realizzai di non avere la più pallida idea di dove fossero andati in viaggio di nozze. 

« Mamma? » ripetei, a voce più alta. 

La cornetta del telefono crepitò come se la stesse per friggersi. Poi la voce di mia madre, distorta e quasi irriconoscibile, mi risuonò nell'orecchio. 

« Rose, che succede? »

Non avrei saputo dirlo con certezza, visto il rumore da sciame di vespe inferocite che copriva la conversazione, ma sembrava parecchio preoccupata. Se avevo rotto il mio solenne voto di non rivolgerle mai più la parola doveva immaginare che fosse una cosa piuttosto grave. 

Lanciai uno sguardo a Scorpius, che si contorceva sul divano, tenendosi la pancia. Hugo, accucciato accanto al bracciolo su cui era appoggiata la sua testa, gli batté una pacca compassionevole sulla spalla. 

« È stata una gran bastardata, in effetti. » ammise « Su, vedrai che passa. Ora ti portiamo al San Mungo. »

Scorpius sibilò un paio di parolacce che non avrei mai sospettato conoscesse. Calvin, nella mia testa, me ne rivolse anche di peggiori. Ignorai entrambi i biondini, facendo del mio meglio per ignorare anche gli enormi sensi di colpa che mi imbrattavano la coscienza. Fu un po' più difficile, con questi ultimi.

« Mamma, è... è successa una cosa. » balbettai, sfoderando le mie insospettate qualità di attrice « Io e Hugo volevamo fare uno scherzo a Scorpius con una Merendina Marinara non ancora messa in commercio e... beh, ecco... forse non era ancora stata testata su esseri umani... »

Feci una pausa, mentre una voce di sottofondo – probabilmente quella di Draco, a giudicare dal tono aristocratico – diceva. « Ah, ora si degna di parlarti. Gentile da parte sua. » 

Lo squittio atterrito di mia madre mi perforò il timpano. 

« D'accordo, d'accordo, non faceva ridere. » ritrattò Draco « Avanti, non fare quella faccia. Sembra che sia morto qualcuno. »

Dopo una pausa, in cui immaginai che la faccia di mia madre si fosse fatta ancora più apocalittica, la voce di Draco apparve assai meno gioconda. 

« Ma... ma non è morto nessuno, vero? »

Mamma parve ritrovare la voce solo in quel momento. « Dimmi che stai scherzando. » sibilò. 

Il suo tono era così minaccioso che per un attimo ventilai seriamente l'ipotesi di dirle che sì, era tutto uno scherzo, mettere giù la cornetta e fiondarmi a preparare l'antidoto. Ma poi raccolsi il poco coraggio che mi restava e mi preparai a firmare la mia condanna a morte.

« Ehm... in realtà no... ma... ma è tutto sotto controllo, comunque. » balbettai « Abbiamo avvertito papà e ha detto che sta venendo a portarci al San Mungo... q-quando avete la Passaporta? »

Al posto della risposta mi giunse un urlo belluino, seguito da una sequela confusa di insulti alle mie facoltà mentali, minacce di morte ed invettive contro i più grandi maghi della storia. Rimasi seriamente colpita dal vocabolario di mia madre, in quella circostanza. 

Per fortuna, in quel momento, Merlino doveva essere così offeso che decise di intervenire in mio favore, facendo cadere la linea. Allontanai il telefono dall'orecchio, sospirando di sollievo. 

Hugo inarcò un sopracciglio. « Che ha detto? » chiese. 

« Accidenti a quel frocio di Merlino. » risposi, non sapendo bene se scoppiare a ridere o iniziare a piangere per la morte ormai certa che mi attendeva « Ha detto accidenti a quel frocio di Merlino. »

 

***

 

Un paio di minuti più tardi mio padre si materializzò in soggiorno, scarmigliato e con l'aria di non aver ancora ben capito cosa stava succedendo. Dal camino di casa sua, quando lo avevamo avvisato con la Metropolvere, era parso ancora troppo assonnato per connettere a dovere tutti i punti di quello che gli stavamo dicendo. La sua prima reazione era stata corrugare le sopracciglia e domandare: « E io che c'entro? ». In effetti era sembrato molto più seccato all'idea di doversi svegliare a quell'ora di domenica mattina che a quella di Scorpius piegato in due dai crampi allo stomaco. Non che il suo stato attuale si potesse definire come “svegliato”, in ogni caso. Squadrai la camicia rosa, la giacca verde e l'orrenda cravatta viola a pois che era stata annodata al contrario e pendeva mollemente sul suo petto, chiedendomi se si fosse accorto di indossare ancora i pantaloni del pigiama sotto l'improbabile abbinamento di vestiti che gli copriva la parte superiore del corpo. Immaginavo che non fosse il momento migliore per porre una domanda del genere, comunque, perciò preferii tenermela per me. 

Mio padre si grattò la nuca e lanciò uno sguardo enormemente perplesso a Scorpius, che era rotolato giù dal divano ed ora si stava contorcendo sul tappeto, piagnucolando. Non era un gran duro né tantomeno uno abituato a sopportare il dolore senza metter su un melodramma (vedi Malfoy Senior), ma vederlo in quello stato mi fece comunque sentire uno schifo. 

« Ragazzi, che è successo qua? » chiese papà, squadrandoci con l'aria imbarazzata di chi non sa bene come comportarsi con il suo interlocutore. Nella fattispecie, se battergli il cinque o rimproverarlo. « Io... ehm... lo sapete che il tentato omicidio è punibile per legge, vero? »

« Tentato un corno! » intervenne la voce strozzata di Scorpius, da un punto non meglio precisato ai nostri piedi « È riuscito benissimo! »

Papà sollevò la gamba sinistra e scavalcò il suo corpo con un lungo passo cauto, come un cane scavalcherebbe i cocci di un vaso che ha appena distrutto, fingendo di non averlo visto. Magari poi ci farebbe pure sopra la pipì, non era da escludersi a priori. 

« Certo, » meditò, ignorando i gemiti strozzati di Scorpius con perfetta nonchalance « possiamo dire che è stato un incidente... non vi sbatterebbero dentro, ma potreste sempre avere dei problemi con la scuola e vostra madre non lo gradirebbe molto... a meno che non diciate che ha fatto tutto lui, certo... in queste condizioni, un Confundus, quasi quasi... o un Oblivion, perché no... lo scambierebbero per un effetto collaterale del... » si bloccò, staccando il dito indice dalle labbra e levandolo in aria davanti alla sua espressione corrucciata « A proposito, cosa gli avete fatto? »

Scorpius tossì e disse qualcosa, ma Hugo si affrettò a parlargli sopra. « Una Merendina Marinara difettosa. » 

Scorpius sembrò sul punto si protestare, ma prima che potesse smentirlo Hugo lo afferrò da sotto le ascelle e lo costrinse ad alzarsi. Non una gran strategia da usare con un malato, a conti fatti, ma se non altro da quel momento Scorpius fu troppo impegnato a grugnire di dolore per ricordarsi di smascherare la bugia di Hugo. 

Mio fratello si voltò verso me e papà con un sorrisetto vagamente imbarazzato, come se si stesse scusando per il disturbo arrecato da Scorpius, e lo trascinò di peso fuori dal soggiorno. « Vieni, ti porto in bagno. » disse « Magari se ti liberi un po' dopo stai meglio. »

« Se mi libero di voi sto meglio! » sbottò Scorpius, divincolandosi « Dannati Weasley, aveva ragione mio nonno a dire che… »

Ma non avemmo mai l'onore di scoprire su cos'aveva ragione suo nonno, perché Hugo gli assestò una gomitata tra le costole e lo trascinò su per le scale tra un concerto di urla dolore e promesse di vendetta. Scossi la testa e lanciai un'occhiata molto significativa a papà. 

« Dovremmo davvero portarlo al San Mungo. »

Papà, per tutta risposta, inarcò un sopracciglio. « Merendina Marinara, eh? »

Non sembrava per nulla dispiaciuto all'idea che avessimo avvelenato Scorpius. O che, come avevamo raccontato, gli avessimo fatto mangiare per sbaglio una Merendina Marinara “difettosa”. 

Che credesse o meno alla nostra versione dei fatti, comunque, dieci minuti dopo ci trovavamo nel grande atrio del San Mungo, in fila dietro ad una vecchietta con un paio di enormi ali di farfalla al posto delle orecchie ed un impiegato di mezz'età che continuava a sputare palle di pelo. Mamma, in quel lasso di tempo, mi aveva scritto la bellezza di undici messaggi: dieci per informarmi che ero un babbuino sottosviluppato e che per tale ragione sarei stata scuoiata e vivisezionata al più presto, l'ultimo per farmi sapere che lei e Draco sarebbero arrivati al San Mungo nel giro di mezz'ora. 

Scorpius era accovacciato su una sedia a rotelle che Hugo aveva trovato abbandonata in un angolo e si teneva una mano premuta sullo stomaco. Di tanto in tanto le sue interiora emettevano dei brontolii inquietanti e lui stringeva i denti e piagnucolava parole sconnesse. Approfittando della temporanea distrazione di mio padre, mi chinai vicino al suo orecchio e bisbigliai. 

« Come stai? »

In risposta ottenni uno sguardo assassino. « Come dovrei stare? » sibilò. 

Calvin, dall'angolino che aveva ormai acquisito per usucapione all'interno del mio cervello, mi lanciò uno sguardo di rimprovero. Notai che, sotto ai pochi vestiti che indossava, appariva più piccolo e magro del solito, come un bambino affamato e bisognoso di cure. Quando sbatté gli occhioni verdi e mi lanciò uno sguardo da bestiolina bastonata, mi resi conto del suo subdolo piano. 

Non ci provare.” pensai, irritata. 

Calvin sbatté le palpebre un paio di volte e si portò l'indice al mento, socchiudendo appena le labbra in un'espressione adorabilmente confusa. “Provare a fare cosa?” chiese, con una vocina insolitamente candida per un modello/spogliarellista. 

Decisi di lasciar perdere e lo costrinsi a ficcarsi addosso un paio di pantaloni. Intanto Scorpius – quello vero – mugolò. 

« Siete degli stronzi... »

Immaginai che il mal di pancia fosse l'unico motivo per cui aveva momentaneamente rinunciato ai suoi propositi di vendetta. Ma quel pensiero non contribuì per niente ad alleviare i miei sensi di colpa, perciò lo scacciai prima che Calvin potesse spogliarsi di nuovo. 

« Anche tu mi hai lanciato una fattura della diarrea, una volta. » gli ricordai, rifiutandomi categoricamente di sentirmi in colpa per avergli restituito il favore « E sono rimasta in infermeria per una settimana. »

Ok, forse non era proprio una settimana, ma poco via. Diciamo cinque o sei giorni. Forse quattro... d'accordo, tre. Ma, beh, il concetto era lo stesso. 

Scorpius inarcò un sopracciglio, in un'espressione che, senza la smorfia di dolore che la deturpava, sarebbe risultata di sarcasmo allo stato puro. « Al secondo anno? E te ne ricordi adesso? »

Incrociai le braccia attorno al petto, con aria di sfida. « Sì, e allora? »

Scorpius aprì la bocca per protestare – o, presumibilmente, per mandarmi a quel paese – ma le sue parole furono troncate sul nascere dal sopraggiungere di un'infermiera. Lasciai che fosse Hugo a spiegare, per l'ennesima volta, la versione ufficiale dei fatti e nel mentre mi assicurai che Scorpius non spiattellasse quella ufficiosa. Quando la donna si voltò verso papà e gli chiese « Lei è il padre? » vidi i suoi capelli rossi rizzarsi sulla nuca e le sue labbra storcersi in una smorfia disgustata. 

« No, no, Merlino, no. » rispose, come se fosse appena stato accusato di aver compiuto un rito satanico « Sono qui solo in veste di... ehm... » esitò, scrutando Scorpius alla ricerca di un motivo onorevole per cui avrebbe potuto accompagnare il figlio di Draco Malfoy all'ospedale. Alla fine, non trovandone nessuno, risolse di sbottare. « Miseriaccia, ma i Medimaghi arrivano? »

L'infermiera si concesse appena il tempo di lanciargli un'occhiata dubbiosa, poi prese il comando della carrozzella e la spinse in un corridoio laterale, facendoci cenno di seguirla. Papà per un attimo sembrò valutare seriamente la possibilità di darsi alla fuga ed abbandonare Scorpius al suo destino, ora che lo aveva smaterializzato al San Mungo e si era sottratto ad ogni possibile accusa di mancato soccorso, ma alla fine la seguì, riluttante. In teoria, visto che eravamo entrambi minorenni, in quella settimana io avrei dovuto andare a stare da papà e Scorpius da i suoi nonni. Se fosse venuto fuori che Scorpius era rimasto a casa da solo poi si sarebbe saputo che io avevo fatto lo stesso, perciò papà era più o meno costretto a coprire le spalle a Malfoy Senior, per quanto la cosa lo disgustasse palesemente. Mentre camminava, con la cravatta annodata al contrario ed i polpacci ricoperti di peluria rossiccia che spuntavano dai calzoncini del pigiama, lo sentii borbottare un paio di oscenità irripetibili. 

Quando fu certo che nessuno ci stesse guardando, Hugo mi sfiorò la mano con la sua e poi m'infilò in tasca la boccetta di filtro d'amore. 

« Pronta per l'operazione LSD? » sussurrò. 

Annuii, mentre l'adrenalina cominciava a scorrermi nelle vene e spazzava via tutti i sensi di colpa e le incertezze. Nella mia mente, al posto di Scorpius piegato in due dal mal di pancia e dello sguardo accusatorio di Calvin, comparve un'immagine di noi quattro: io, Hugo, mamma e papà. Come ai vecchi tempi. 

Feci scivolare la mano in tasca e la serrai sulla boccetta. « Pronta. »

 

***

 

Fu molto più facile del previsto. 

Quando mamma e Draco arrivarono al San Mungo, i Medimaghi si stavano ancora dando da fare per trovare un rimedio al mal di pancia di Scorpius. Io e Hugo avevamo aggiunto molta più acqua del previsto alla pozione, in modo da rendere i suoi effetti più deboli, ma anche da renderla più difficile da individuare. Al sarebbe stato fiero di noi. Se solo non avessimo usato la nostra abilità di pozionisti per separare la coppietta dell'anno ed avvelenare il suo migliore amico, certo.

Fui molto colpita dalla reazione di Draco: appena messo piede nella stanza si fiondò al capezzale do Scorpius, bombardando i Medimaghi di domande isteriche. Per un attimo i miei sensi di colpa si alleviarono: quando Draco posò la mano sulla spalla di Scorpius e mandò a quel paese un infermiere che gli aveva suggerito di non saltare addosso a suo figlio in quelle condizioni, vidi il volto di Scorpius aprirsi in un mezzo sorriso. Erano secoli che suo padre non gli dedicava così tante attenzioni: forse, in fondo, qualcosa di buono lo avevo anche fatto. Mia madre, ovviamente, non la pensava allo stesso modo: appena accertato che Scorpius non sarebbe morto nei prossimi cinque minuti, afferrò me e Hugo per la collottola e ci trascinò in corridoio, urlando a papà di seguirci. Lui sobbalzò, spaventato dall'imminente ramanzina quanto e forse più di me e Hugo messi assieme. 

« No, davvero, io non c'entro... » balbettò. 

« Tu c'entri eccome! » sbraitò mamma, strattonando la mia maglietta come se la colpa fosse stata tutta del povero indumento « Sono o non sono i tuoi figli?! »

Papà chinò il capo e la seguì mestamente in corridoio, borbottando frasi sconnesse sul fatto che in un modo o nell'altro ci finiva sempre di mezzo lui e, miseriaccia, ma guarda un po' se gli toccava farsi cazziare in questo modo anche dopo il divorzio. Mamma ci spinse in un angolo, rischiando di travolgere un'infermiera che stava percorrendo il corridoio con una tazza di pozione in mano. 

« Allora. » iniziò, senza nemmeno fermarsi a chiedere scusa all'infermiera « Cosa.Cavolo.È.Successo? »

Finalmente si accorse che mi stava strozzando e lasciò andare la mia maglia. Boccheggiai, grata di poter finalmente riempire i polmoni d'aria. Hugo mi lanciò un breve sguardo d'intesa, poi si fece avanti e disse. « Mamma, papà, lasciate stare Rose. Lei non c'entra: è stata colpa mia. Pensavo di fare lo spiritoso e invece... »

Mentre mamma e papà cominciavano a litigare sulle reciproche responsabilità nella cattiva educazione di Hugo, occasionalmente rivolgendosi a Hugo per dirgli che era un idiota (questo solo mamma), sgattaiolai via. Al primo distributore di bevande presi due tazze di tè e ci versai dentro un paio di gocce di filtro d'amore, poi feci dietrofront e tornai da mamma, papà e Hugo. Mamma stava ancora sbraitando, sotto gli sguardi infastiditi dei Medimaghi e degli infermieri, che presumibilmente avrebbero gradito un po' più di silenzio, sia per loro che per i pazienti. 

« Mamma, » intervenni, porgendole una tazza « calmati per favore. È vietato fare rumore nei corridoi. I pazienti hanno bisogno di silenzio. »

L'unica cosa che ottenni fu uno sguardo truce. « Non pensare di essertela cavata così facilmente, tu. » sibilò « So benissimo che ci sei dentro come uno Snaso nel fango. »

Ma poi si guardò attorno con aria colpevole, terrorizzata dalla prospettiva di venir ripresa da un infermiere, e svuotò la pazza di tè in pochi sorsi. Porsi l'altra tazza a papà. 

« Pensavo che magari ne volevi un po' anche tu. » spiegai « Non ti abbiamo nemmeno lasciato il tempo di fare colazione, stamattina. »

Papà annuì e mugolò una specie di ringraziamento. Era mortalmente pallido e la sua espressione diceva chiaramente che avremmo dovuto impegnarci molto di più per risarcirlo dei danni psicologici causatigli da nostra madre, ma bevve anche lui. 

Ci vollero un paio di secondi prima che il filtro facesse effetto. Poi, di colpo, entrambi cominciarono a sbattere le ciglia con aria confusa, guardandosi come se fosse la prima volta che si vedevano nella loro vita. Io e Hugo ci scambiammo un sorriso trionfante e andammo ad appostarci dietro l'angolo, da dove avremmo comodamente potuto spiarli senza invadere la neonata intimità che si era instaurata tra di loro. 

Devo dire che Draco ebbe davvero un tempismo perfetto: aprì la porta della stanza di Scorpius proprio mentre le labbra di mamma e Ron si toccavano. 

« I Medimaghi hanno detto che... » iniziò, ma trovandosi davanti alla sua fidanzata che baciava il suo ex marito non poté far altro che ammutolire. Mamma e papà non si accorsero nemmeno della sua presenza o forse, semplicemente, erano troppo presi dalla loro “attività” per curarsi di un ex Mangiamorte biondo che li fissava dal vano della porta con l'aria di voler svenire. 

In favore di Draco, bisogna dire che non tentò di schiantarli, ma si limitò ad annuire con l'aria sconfitta di chi riconosce di star combattendo una battaglia persa dall'inizio. La sua espressione, prima che si chiudesse la porta alle spalle, esprimeva un dolore così grande che per un attimo mi chiesi se non avesse ingerito anche lui un po' della pozione della diarrea. 

Fu il primo passo. 

 

***

 

Mi sedetti sul bordo del materasso, nella piccola mansarda in cui avevo dormito per gli ultimi due mesi. Fuori aveva cominciato a piovere ed il vento spazzava la brughiera, piegando e poi risollevando i lunghi steli d'erba giallastra ed i cespugli incolti che costeggiavano il recinto del giardino. Faceva freddo. Mi sfregai le mani sulle braccia, trovandole ruvide per la pelle d'oca. 

Mamma e papà erano andati assieme da qualche parte, probabilmente a Diagon Alley. Io e Hugo li avevamo lasciati soli: ci sarebbe stato tempo per stare di nuovo tutti e quattro assieme. O forse, semplicemente, vederli che si tenevano per mano e si baciavano era così strano che avevamo preferito lasciare che lo facessero per conto loro. Eravamo tornati al piano terra dell'ospedale ed avevamo chiesto di poter usare la Metropolvere per tornare a casa. Hugo mi aveva chiesto se mi andava di fare un giro per la Londra babbana assieme a lui, ma avevo scosso la testa e mi ero giustificata dicendo che dovevo studiare Trasfigurazione per l'esame. Forse avrei dovuto farlo davvero. 

Mi alzai dal letto, rabbrividendo, e andai a prendere una felpa dall'armadio. Me la infilai dalla testa, senza aprire la zip, e tornai a sedermi sul letto. Pensavo che, una volta portato a termine il piano, sarei stata felice. Pensavo che sarei stata risucchiata in una di quelle vecchie foto in famiglia in bianco e nero, in cui io e Hugo ci rincorrevamo per il soggiorno e mamma e papà ridevano, seduti uno accanto all'altra sul divano. Pensavo che... 

No, in realtà non sapevo nemmeno più cosa avevo pensato. Sapevo solo che ero nella mansarda di una casa deserta, che fuori pioveva a catinelle e dentro di me anche. Continuavo a rivedere mamma e papà che si baciavano e poi Draco che apriva la porta e la sua espressione quando li vedeva e il dolore nei suoi occhi grigi... 

Ficcai le mani in tasca, cercando in vano di scaldarmi un po'. Sotto la mia mano destra sentii il crepitare di una pergamena che si spiegazzava. La estrassi e me la aprii sulle ginocchia: era la lettera di mia madre, quella che avevo trovato sul divano la mattina che lei e Draco erano partiti. 

 

14 agosto 2024

 

Cara Rose,

non so bene da dove cominciare questa lettera. Forse da quando mi hai fatta diventare mamma, da quando ti ho tenuta tra le braccia per la prima volta, al San Mungo. Sapevo che non sarebbe stato un compito facile, quello di fare la madre, eppure ti ho accolta con tutto l'amore che avevo da donare.

Ma sarebbe una storia lunga, se partissi da quando sei nata, e so che la tua pazienza non è altrettanto duratura. Probabilmente, conoscendoti, stai già meditando di stracciare questa lettera, sempre che tu non lo abbia già fatto. Cercherò di essere breve, nella speranza che tu la legga fino all'ultima riga. 

Sono tua madre, Rose, e come tale non posso non amarti con tutta me stessa. E questo mi ha procurato tante gioie quanti sono stati i dolori derivati dai tuoi fallimenti nella vita e, soprattutto, dai miei fallimenti come madre. In ogni tuo errore vedo un mio fallimento: il fallimento della famiglia perfetta che avevo sognato, il fallimento dei miei progetti per un futuro in cui i miei figli non avrebbero dovuto affrontare le stesse difficoltà che ho affrontato io da giovane. Ogni volta che ti vedo cadere e provo a rialzarti e tu mi mandi via, mi si apre una ferita nel petto. E penso: è colpa mia. È colpa mia, che non le sono stata abbastanza vicina quando aveva bisogno di me. O che le sono stata troppo vicina e l'ho soffocata con le mie attenzioni ossessive. È colpa mia che voglio dalla sua vita quello che lei non vuole, che voglio il meglio per lei e senza rendermene conto faccio il peggio. 

Abbiamo litigato tante volte, Rose, ed altrettante volte ti ho detto delle cose orribili, che non pensavo. Spero tu sappia che non pensavo nessuna delle brutte cose che ti ho detto negli ultimi anni. Vorrei anche che sapessi che, nonostante io sia una persona adulta ed abbia molti anni più di te, non so sempre cosa fare e come affrontare le situazioni. Anzi, non lo so quasi mai. A volte ho addirittura l'impressione di aver sbagliato tutto con te, fin dall'inizio. A volte, quando cerco di starti vicino e vengo respinta dal muro che ti sei costruita attorno, vorrei piangere e gridare e scuoterti forte per costringerti a lasciarmi entrare. Vedo che, pian piano, anche solo per poco, lasci entrare tutti dentro al tuo muro: tutti trovano uno spiraglio per insinuarsi al suo interno. Tutti. Ho guardato Scorpius diventare pian piano tuo amico, poi un tuo confidente, forse quasi un fratello. O qualcosa di diverso. Ho visto le tue barriere abbassarsi, il tuo orgoglio cedere ed i tuoi pregiudizi svanire. Lo hai fatto entrare. E hai fatto entrare anche Draco: gli hai aperto appena uno spiraglio, grande appena quanto serviva per vedere cosa c'era dentro il muro. Ma ti sei aperta anche a lui. E a me no. A me no. 

Ci sono giorni in cui ti vedo confabulare con Scorpius in giardino, in cui ti vedo rispondere ai commenti sarcastici di Draco nel vostro strano gioco di insulti e sorrisi nascosti, e poi, quando cerco di avvicinarmi e parlarti, di colpo ti ricordi che devi studiare o che devi farti la doccia e scappi via come si fuggirebbe il Demonio. In quei giorni mi sembra che tu mi odii davvero e mi montano dentro una rabbia ed una disperazione tali che devo per forza evitarti, fingere che tu non esista, per sfuggire al dolore che mi dilania da dentro. Sono davvero stata così cattiva con te? Ho davvero fallito fino a questo punto?

Me lo chiedo, Rose, me lo chiedo ogni giorno. E non so darmi una risposta. 

Poi, a volte, la risposta arriva e mi colpisce in pieno petto. Ho fallito in tutto, Rose, in tutta la mia vita. Non solo con te. Ho fallito con la nostra famiglia, ho fallito con Hugo, ho fallito con Ron. E non voglio fallire anche con Draco. Io lo amo. 

Penso che tu sia abbastanza grande per capire queste parole, ormai. Spero che tu sia abbastanza saggia e matura da accettarle. Ho voluto credere che tu lo potessi fare. Pensane quello che vuoi, ma davanti ai miei occhi tu sei sempre stata una ragazza intelligente e capace di comprendere le cose. Forse non intelligente nel modo che avrei voluto, forse non una studentessa modello. Ma questo non può impedirmi di nutrire una grandissima stima ed una fiducia ancora maggiore nei tuoi confronti. E so che sono entrambe ben riposte.

Ti scrivo questa lettera e nel farlo ti confesso tutte le mie paure più profonde, Rose. Abbine cura, sono cose che per me hanno una grande importanza. Ti confesso i miei fallimenti e le mie insicurezze, alcuni dei quali non ho mai avuto il coraggio – o l'umiltà – di confessare a nessun altro. 

Ho paura anche per Draco, Rose. Ho paura che sparisca, che da un giorno all'altro torni il Draco Malfoy che a Hogwarts mi insultava e mi disprezzava. Ho paura che l'uomo che ho conosciuto con tanta fatica e al prezzo di tante sofferenze se ne vada e mi spezzi il cuore. 

Lui mi capisce, Rose. Sa cosa voglia dire aver fallito con la propria vita, con la propria famiglia, con i propri figli. Ha fatto errori molto peggiori dei miei; errori che lo hanno marchiato a fuoco per sempre. Eppure ha avuto il coraggio e la forza di risollevarsi e riscattarsi, proprio quando tutto sembrava perduto. Ha avuto il coraggio di presentarsi un giorno al corso Auror e chiedere di essere accettato. Ha avuto il coraggio di prendere in mano vent'anni della sua vita e gettarli via. Ha avuto il coraggio di perdere tutto, per poter ricominciare. 

Non giudicarlo, Rose. Il suo passato è difficile e pieno di ombre; non ne parla facilmente e so di non poterti chiedere di capirlo, quando lui è il primo a nascondersi come un animale ferito e fare di tutto per non essere capito in quella che è la sua essenza più intima e sincera. Non pretendo nemmeno che tu gli voglia bene. Ma ti chiedo, almeno, di non odiarlo. Ti chiedo di dargli una possibilità. Gliela stavi dando, fino a qualche giorno fa, e per quei pochi giorni mi hai – mi avete –  resa la donna più felice del mondo. Poi è arrivato il fidanzamento e tutto quello che si era faticosamente costruito in questi mesi è saltato nuovamente in aria. 

Un altro fallimento, l'ennesimo. Ed ora sto per partire per il mio viaggio di nozze e non ti ho nemmeno salutata. Dovrei essere fuori di me dalla gioia ed invece non faccio che pensare a te e a come non mi vuoi parlare. Mi stai chiedendo di scegliere tra te e Draco, è questo quello che vuoi?

Cerco di non pensarci, perché sarebbe il fallimento peggiore della mia vita. 

 

Ti voglio bene.

Molto più di quanto immagini.

Molto più di quanto si possa esprimere a parole.

 

Mamma

 

Una porta, al piano di sotto, sbatté con forza. 

Piegai la lettera e la infilai nuovamente nella tasca della felpa. Avevo la testa completamente vuota, incapace di formulare dei pensieri su quello che avevo appena letto. E probabilmente era meglio così. Molto meglio. 

Mi alzai e scesi al piano di sotto. Scorpius stava aprendo la porta di camera sua in quel momento. 

« Scorpius. » lo chiamai. 

Non sapevo cosa volevo da lui. Forse volevo solo che mi consolasse, che facesse qualcosa per riempire la voragine che avevo dentro, prima che la riempissero i sensi di colpa e le parole di mia madre. 

Ho visto le tue barriere abbassarsi, il tuo orgoglio cedere ed i tuoi pregiudizi svanire. Lo hai fatto entrare. E hai fatto entrare anche Draco: gli hai aperto appena uno spiraglio, grande appena quanto serviva per vedere cosa c'era dentro il muro. Ma ti sei aperta anche a lui. E a me no.

Tirai su con il naso. Scorpius mi lanciò un'occhiata indecifrabile. 

« Che vuoi? » chiese, con voce brusca. 

Scossi la testa. Aveva ragione: cosa volevo ancora da lui? 

« Non lo so... » balbettai « Mi dispiace... »

Scorpius rise. Non lo avevo mai sentito ridere così: una risata fredda, ironica, tagliente. La risata di chi vuole fare male. 

« Ti dispiace di avermi avvelenato? » chiese, con quell'odioso sorriso cattivo ancora stampato sulle labbra « Carino che tu scelga di dispiacerti per questo, con tutte le cose di cui potresti dispiacerti. »

Entrò in camera sua e si tirò la porta alle spalle, ma scattai dietro di lui e gli impedii di chiuderla.

« Scorpius... » ripetei, e suonò tanto come una supplica. 

Non sapevo cosa dire per far sparire quell'espressione dura dal suo volto. Probabilmente non c'era niente che potessi dire. Eppure ero dentro la sua stanza, ostinata, senza scuse e senza parole per chiedergliene. Me ne stavo là, nonostante lui volesse chiaramente sbattermi fuori, semplicemente rifiutandomi, con la mia stessa presenza fisica, di accettarlo. 

Scorpius scosse la testa. « No, Scorpius un cazzo. » disse. 

La sua voce era perfettamente calma. Perfettamente fredda. Perfettamente Serpeverde. Perfettamente dolorosa. 

Afferrai il suo braccio e lo strinsi forte, strattonandolo: non poteva dire quelle cose. Non poteva. Doveva capire.... capire cosa? Non lo capivo nemmeno io. Ma era proprio per questo che avevo bisogno che almeno lui capisse. 

« Non voglio aver rovinato tutto... » sussurrai « Non voglio che vada così... »

Nella mia testa, la parola vada fu sostituita da una ben peggiore: finisca. Non  poteva finire così. Non potevamo tornare ad essere due estranei. Scorpius non poteva tornare a odiarmi, perché io non sarei mai più riuscita a odiarlo. 

Scorpius si liberò dalla mia presa con uno strattone così forte che mi fece quasi perdere l'equilibrio. Così forte che, mi resi conto, era abbastanza più grosso e più forte di me da potersi benissimo difendere da tutte le mie mosse di Karate, se solo avesse voluto farlo. Quel pensiero mi serrò lo stomaco in una morsa dolorosa. 

« Sai, certe volte le cose non basta volerle. » disse Scorpius « Certe volte vuoi una cosa per cinque anni e poi quando la ottieni ti rendi conto che è tutto il contrario di quello che avresti voluto. » 

Il suo sguardo era carico di disprezzo, ma nella sua cattiveria era più sincero di quanto non fosse mai stato. Il suo viso era aperto ora: non temeva di dire la verità. Non la temeva: voleva dirla. 

E non c'erano dubbi, non c'era modo di fraintendere: ero io la cosa che aveva voluto per cinque anni. Ero io la cosa che lo aveva profondamente deluso. 

« Certe volte » continuò Scorpius, senza la minima pietà « certe volte ti fai un'idea delle cose ed ami quell'idea e fai di tutto per non abbandonarla. Chiudi un occhio, li chiudi anche tutti e due per non vedere la verità. Per non vedere che la tua idea non esiste, per non vedere che quello che hai tanto amato è solo un parto della tua mente. E poi, quando finalmente hai quello che volevi, sei costretto a rendertene conto. E fa male. Ti fa piangere da quanto fa male. »

E intanto i suoi occhi parlavano per lui e dicevano che lo avevo fatto stare male, che lo avevo fatto soffrire molto più di quanto avrei potuto anche solo immaginare. 

Scorpius fece un passo indietro e poi scrollò le spalle, come a dire che comunque ormai se n'era fatto una ragione. « Ma alla fine le persone mature lo accettano e vanno avanti. È l'unica cosa da fare: lasciar perdere. »

Ed era fin troppo ovvio quello che stava dicendo. Stava dicendo tutte le cose che non ci eravamo detti in quei mesi, tutte in quelle poche parole cattive: stava dicendo che lo sapeva, che mi piaceva, e che gli ero piaciuta anch'io. Che gli ero piaciuta tanto, per tanto tempo. E stava anche dicendo che era finita, finita definitivamente. Che non era un litigio come gli altri, quello. 

Stava dicendo che avemmo potuto fare pace, diventare amici, tutto quello che volevo. Ma che tutto il resto era finito per sempre. E lo avevo distrutto io. 

Le lacrime cominciarono a scorrermi sul viso, ma Scorpius ancora non ne aveva avuto abbastanza. E la sua voce mi riempì le orecchie di nuovo, aprendomi una nuova ferita nel petto. 

« Ma tu proprio non te ne rendi conto, vero? Continui a comportarti come una bambina, ad agire prima e pensare poi. Pensi che si possa aggiustare tutto, che tutti debbano capirti e perdonarti quando ti penti dei tuoi errori. Ma non è così, Rose. Ci sono cose che non si aggiustano. »

Ed era chiaro, una vota di più, fin troppo. Era chiaro che io non ero quello che Scorpius aveva pensato che fossi almeno quanto lui non era quello per cui io l'avevo scambiato. Scorpius non era il secchioncello sfigato incapace di far male ad una mosca. Scorpius poteva fare male e poteva farne tanto, molto più di quello che potevo fargliene io, se si arrabbiava. Scorpius poteva prendersi il mio cuore e calpestarlo e disintegrarlo sotto i suoi piedi. Poteva fare tutto quello che gli avevo fatto io in quei mesi, e poteva farlo molto meglio. Io avevo solo giocato con lui, avevo giocato ad arrabbiarmi e tenergli il muso, ad ingelosirmi e a farmi desiderare. Quello che non sapevo era che anche lui stava giocando: stava giocando a lasciarmi fare, a lasciarmi pensare che lui era troppo buono per reagire, che era troppo buono per non perdonarmi sempre, che potevo fare quello che volevo di lui. 

Scorpius mi aprì la porta, facendomi un cenno molto eloquente. « Grazie, comunque. Mi hai insegnato un sacco di cose interessanti. »

Uscii, senza dire niente, e lui mi chiuse la porta alle spalle. Mi accasciai là, nel corridoio davanti alla sua porta, in preda ai singhiozzi. Non mi curai nemmeno di piangere in silenzio: che mi sentisse pure. Che mi sentisse chi voleva. Non me ne importava più niente. 

Scorpius era un Serpeverde. E i serpenti non si lasciano ferire senza contrattaccare. Aspettano solo il momento giusto per dare il colpo letale. 

Come avevo fatto a capire così poco di lui in tutto quel tempo?

 

***

 

Era mattina inoltrata. Forse era già ora di pranzo, non lo sapevo. Draco era stato fuori tutta la notte: era tornato solo quella mattina presto, barcollando. Lo avevo sentito inciampare sui gradini della veranda e bestemmiare. Non si era più rialzato, tranne un paio di volte per andare a vomitare nell'erba, e da quel momento avevo sentito solo i suoi singhiozzi. La mia notte non era stata molto migliore. Solo, non avevo vomitato: quella sensazione orribile di nausea mi era rimasta incastrata nelle viscere e non ero più riuscita a liberarmi di lei. 

Mamma non era tornata a casa e senza di lei nessuno si era preoccupato di alzarsi e preparare la colazione. Ora anche Draco taceva: era seduto sui gradini della veranda e guardava fisso davanti a sé. Non sembrava che stesse piangendo. L'unico rumore era stato il suono del pianoforte per una ventina di minuti, di mattina presto, poco dopo l'alba. Avevo pensato che due mesi prima mi sarei fiondata di sotto e avrei minacciato Scorpius di morte per un tale affronto. Lui mi avrebbe mandata a quel paese, cogliendo magari l'occasione per precisare che quello che stava suonando era Bach e non Beethoven, e poi ci saremmo guardati in cagnesco per tutta la mattina, fingendo di non essere attratti l'uno dall'altra. Dopo quel pensiero avevo ricominciato a piangere. 

Calvin non aveva avuto il cuore di trattarmi male: si era limitato a battermi delle gentili pacche sulla spalla finché non avevo finito le lacrime. Non aveva nemmeno proposto di fare uno spogliarello. 

Mi rotolai sul materasso, chiedendomi dove fossero e cosa stessero facendo mamma e papà in quel momento. Il pensiero che almeno loro due fossero felici non mi fece sentire meglio. Anzi, l'idea di avere la mia famiglia riunita mi fece tornare la nausea. Sul comodino giaceva ancora il diario di Draco. Allungai la mano e lo presi. Lo aprii e sfogliai la pergamena ingiallita finché non ritrovai l'ultima data a cui ero arrivata: mancavano una manciata di pagine alla fine del quadernetto. Decisi che avrei finito di leggerlo. 

 

18 marzo 1997

 

Ieri ho chiesto ad Astoria Greengrass di uscire con me. 

Non so bene perché l'ho fatto: stavo andando nella Stanza delle Necessità, come al solito, e l'ho incontrata in un corridoio deserto. Se ne stava accanto ad una finestra, a guardare il parco fuori con aria imbronciata. Non triste, nemmeno arrabbiata: sembrava solo accigliata, come una bambina viziata che mette il muso per abitudine, anche se non le importa davvero di ottenere quello per cui si sta lagnando. Una bellissima bambina viziata, come una di quelle bamboline di porcellana, con il viso infantile e rotondo ed i boccoli morbidamente raccolti in una coda fermata da un nastro nero. Ero incuriosito da quegli occhi chiari, oscurati da un'ombra d'insoddisfazione, così mi sono avvicinato e le ho chiesto cosa avesse. Non mi importava davvero saperlo, come non mi importava un granché del suo sguardo serio o della sua boccuccia serrata. Credo che più che altro stessi cercando una scusa per non andare nella Stanza delle Necessità. 

Astoria sulle prime è sembrata stupita dall'attenzione che le stavo dedicando, ma poi ha scrollato le spalle e ha risposto. « Corin Leighton, di Corvonero, mi ha detto che ho le gambe storte. »

A me non sembrava che avesse le gambe storte. Gliel'ho detto e lei ha sorriso, poi ha alzato le spalle di nuovo. « Non importa. Margaret Dawson dice che è solo geloso perché ho passato il pomeriggio al Lago Nero con il suo migliore amico. E Margaret la sa sempre lunga, con la sua mania di ficcare il naso negli affari altrui... in effetti ogni tanto è piuttosto seccante... l'altro giorno l'ho beccata a ficcanasare nel mio baule e me la sono presa parecchio...  »

E poi non so cosa mi è preso, ma sentirla blaterare dei suoi futili problemi da adolescente, con quel tono vagamente distaccato, come se in fondo anche lei li trovasse stupidi, mi ha fatto venir voglia di... di normalità, credo. 

Lei mi sembrava così normale, una qualunque ragazzina purosangue, troppo egocentrica per rendersi conto che al mondo esistono problemi più grandi di quello che dice Corin Leighton delle sue gambe, troppo viziata per non pensare che, comunque, qualcun altro penserà a risolverli. E per un attimo ci ho quasi creduto anch'io, che il più grande problema del mondo fosse quello che diceva Corin Leighton delle sue gambe. 

Allora gliel'ho chiesto, senza neanche pensarci. Le ho chiesto se le andava di venire a Hogsmeade con me, questo sabato.

Non so perché l'ho fatto. Forse ho solo un disperato bisogno di normalità. 

 

4 aprile 1997

 

Oggi sono stato a Hogsmeade con Astoria. È la seconda volta che ci andiamo, solo che questa sera eravamo in incognito.

Astoria era eccitata come una bambina alla vigilia di Natale... Merlino, Astoria è una bambina. Abbiamo comprato un sacchetto di dolci da Mielandia e poi siamo andati a mangiarli in una radura deserta, vicino alla Stamberga Strillante. Anche qui, ovviamente, Astoria è partita: si è messa a raccontarmi tutte le storie allucinanti che circolano su quella vecchia catapecchia, succhiando la sua piuma di zucchero tra le labbra a cuore, a volte rabbrividendo un po', non so se per il freddo o per i fantasmi di cui parlava. 

È bella, Astoria. Di una bellezza pura, infantile. A volte mi sorprendo a pensare che abbia solo due anni e mezzo meno di me: sembrano molti di più. Alla sua età Daphne era quasi più alta di me, come se i centimetri che rubava alla gonna dell'uniforme si aggiungessero alla sua statura, e aveva parecchia mercanzia da sollevare con il push-up. Astoria, invece, supera a stento il metro e sessanta e sembra non rendersi conto del suo esser donna. Forse perché una donna, in fondo, non lo è ancora.

Non so quanto tempo siamo stati in quella radura. Lei a parlare ed io a guardare la neve, con la sua voce infantile, ma non fastidiosa, che faceva da sottofondo ai miei pensieri. E di pensieri non ne avevo poi molti: Margaret Dawson che l'aveva fatta arrabbiare ed ora pareva che avessero litigato e che Astoria non avesse la minima intenzione di scusarsi per prima; il tizio di Corvonero, che aveva trovato qualcosa da ridire anche sul suo naso; l'amico, che aveva detto o fatto qualcos'altro, anche se forse ero troppo distratto per capire cosa. 

Non so come, non so perché, e a dirla tutta nemmeno me ne frega, ma quando sono con lei mi sembra che la Stanza delle Necessità sia solo un miraggio, solo un sogno che appare come uno sgabuzzino, la notte, mentre scappi da Gazza, e poi non esiste più. Mi sembra che il Marchio Nero, sulla pelle del mio avambraccio sinistro, bruci di meno. Mi sembra che il Signore Oscuro sia solo un'ombra, nascosta da qualche parte, troppo lontana e troppo impegnata a tramare oscuri piani di vendetta per curarsi delle persone normali. E io mi sento avvolto dalla normalità che si sprigiona dall'esile figura di questa ragazzina, come se anche io di colpo facessi parte del suo mondo perfettamente normale, quello in cui i Serpeverde devono preoccuparsi solo di farla in barba ai Grifondoro, in una guerra che nasce e si estingue negli insulti che volano nei corridoi, talvolta accompagnati da qualche scintilla. 

Astoria non ha paura di Lui, forse non ha nemmeno realizzato che esiste davvero. Lo considera come una malattia rara, una di quelle che colpiscono una persona su centomila e lei, da ragazzina fortunata quale è sempre stata, ritiene a buon diritto di essere una delle novantanovemilanovecentonovantanove che della malattia conosceranno solo il nome... forse nemmeno quello. 

Forse io sono malato, forse dovrei starle lontano, prima di contagiarla.

Astoria parla, ride, s'imbroncia e raramente tace, con quel suo strano modo di raccontare le cose come se l'annoiassero a morte, offendendosi però se gli altri non la prendono sul serio. 

E mi sono chiesto se ha mai baciato qualcuno, questa sera, mentre la stringevo a me in un angolo buio del castello, respirando piano per non farmi sentire da Mr Purr.

Mi sono chiesto se l'avessi baciata io, cosa sarebbe successo. 

 

17 aprile 1997

 

Mi viene da ridere. Immagino che in questo momento anche Astoria sia in camera sua, nel dormitorio del terzo anno di Corvonero, a scrivere sul diario che ci siamo baciati. Starà scrivendo le solite osservazioni su come si sente felice – spero – su come bacio bene – ritengo – e altre cose di questo genere, riempiendo il margine di cuoricini. 

Io i cuoricini eviterei di metterli, giusto perché ho ancora una parvenza di dignità e virilità da difendere, eppure sono anche io qui a scrivere di come avevo le farfalle nello stomaco, di come le sue mani piccole e delicate sul mio collo mi hanno fatto venire i brividi, di come le sue labbra erano morbide e di come i suoi capelli profumavano di fiori e spensieratezza. Merlino, ho voglia di ridere, giuro. Di ridere e sporcarmi la camicia nuova rotolando nell'erba del parco. 

Devo essere impazzito, ma me ne frego altamente. Come sono giorni che me ne frego dei commenti di Theo e Blaise, che dicono che sono cotto e sghignazzano e mi tirano gomitate ogni volta che vedono Astoria in giro per i corridoi. 

 

19 aprile 1997

 

Mi sento un po' idiota. Stamattina ho incrociato Potter nel corridoio e l'ho pure salutato. Lui ovviamente mi ha guardato come a dire “guarda che non ci casco nei tuoi giochetti, Malfoy” e mi ha mandato a cagare. Non gli ho nemmeno lanciato dietro uno Schiantesimo. 

 

27 aprile 1997

 

Ieri è stata una delle prime giornate tiepide dell'anno. Astoria ha insistito per trascinarmi a prendere il sole – per quanto poco ce ne fosse – in riva al Lago Nero. Dice che sono pallido come un fantasma e che dovrei uscire un po' di più. Io annuisco sempre e le rispondo che ho molto da studiare. Una volta ha insistito e mi ha chiesto più nel dettaglio cosa faccio in tutti quei pomeriggi che passo rintanato chissà dove: è stata l'unica volta che ho alzato la voce con lei, e da allora non mi ha più fatto domande. 

Gran parte del pomeriggio, oggi, è passata come al solito, con lei che parlava senza sosta dei suoi problemi da ragazzina ordinaria ed io che la ascoltavo – o fingevo di farlo, mentre il suono della sua voce argentina mi cullava. Poi, però, ha cambiato argomento di colpo. Ha detto che ha visto Corin Leighton baciare una ragazza di Tassorosso. 

« Una ragazza di Tassorosso brutta. » ci ha tenuto a precisare « E un anno più piccola di me. »

« E allora? » le ho chiesto « Ti ha dato fastidio? »

A me non ne dava: non pretendo di essere per lei quello che è per me. Anche perché, poi, cos'è lei per me? 

Astoria ha detto che no, non le dava fastidio, e ha messo il broncio. Non molto credibile. 

Stava facendo buio, così l'ho riaccompagnata alla Torre di Corvonero. Quando siamo arrivati davanti all'ingresso del Dormitorio, Astoria mi ha chiesto se mi andava di andarla a trovare in camera sua, dopo cena. 

« Margaret e le mie amiche saranno a un pigiama party nel dormitorio delle ragazze del quarto anno. » Mi ha detto. Immagino che Margaret e le sue amiche le avessero anche spiegato che biancheria indossare e come fare un pompino. 

Le ho risposto che dovevo studiare. 

Lei ci è rimasta un po' male, ma ha fatto cenno di sì con la testa ed è sparita dietro la porta. 

Stamattina, Theo mi ha chiesto perché non me la sono scopata. Ho scrollato le spalle e non gli ho risposto: non sapevo neanche cosa dire. Non mi andava di scoparmi una tredicenne. O forse non mi andava di scoparmi Astoria e basta. 

 

3 maggio 1997 

 

Il Marchio brucia. Stanotte non sono riuscito a chiudere occhio. 

Mi sono alzato presto, prima delle quattro, e sono andato nella Stanza delle Necessità. Ho saltato tutte le lezioni della mattina, per lavorare. Credo che manchi poco. 

Zia Bella dice che mi saranno tributati grandi onori se riuscirò a portare a termine la missione; è molto fiera di me. Io non credo di esserlo tanto. 

Non voglio essere questo. Non ho mai chiesto di esserlo. 

Facile per Potter guardarmi con disprezzo ed andarsene in giro a farsi osannare dai “buoni”. Ma se fosse nato lui al mio posto ed io al suo, crede che sarebbe stato diverso da quello che sono io adesso? Crede che avrebbe potuto opporsi al suo destino?

Nessuno può opporsi al suo destino. Siamo tutti segnati dalla nascita: i fortunati da una cicatrice, gli altri da un teschio sul braccio. 

 

7 maggio 1997 

 

Ho piantato Astoria. Non che fossimo mai stati assieme ma... beh, comunque le ho detto che è infantile. Se l'è presa molto, ovviamente: è parecchio permalosa. 

Mi ha detto che sono uno stronzo. Non avevo nessuna obiezione in merito. 

Theo e Blaise, quando l'hanno saputo, erano parecchio stupiti. Ho spiegato loro che non volevo tirarla in mezzo a qualsiasi cosa succederà dopo. In realtà non ho mai davvero pensato al dopo: nemmeno so se ci arriverò, al dopo. Blaise e Theo però si sono convinti: era una risposta ragionevole, la mia. 

Ma la verità è semplicemente che mi ero stufato di lei. Mi ero stufato di far finta che la mia vita fosse normale, di fingere e di prendermi per il culo da solo. Il tempo che ho passato con Astoria non è mai appartenuto davvero alla mia vita: era il tempo di un altro Draco, in una vita parallela. Un tempo che potrei pagare per avere, forse, ma che semplicemente non mi appartiene. 

Non si può cambiare il proprio destino. 

 

3 giugno 1997

 

Ho pensato, se devo andarmene all'Inferno, almeno voglio farlo con stile. Se devo crepare, voglio crepare da uomo. Se devo essere il cattivo, allora voglio essere il cattivo affascinante e trasgressivo. 

Non possiamo scegliere quale e quando sarà la nostra fine, ma possiamo pur sempre scegliere come andarle incontro. E se devo, voglio andarle incontro da dio. 

Se questa doveva essere la mia ultima notte, volevo passarla sveglio. Non hai tempo per dormire, quando sai che presto potresti faro per sempre. 

Così sono andato in camera di Pansy. C'era anche una sua amica bionda, del quinto anno. 

Volevo passarla in paradiso, questa mia ultima notte prima della grande prova. 

Come l'addio di un eroe, no? 

No, forse non sono un eroe. Sono solo un Mangiamorte. 

Neanche: sono una pedina. 

Ma non mi interessa il realismo, in questo momento. Lasciami illudere. 

Forse ce la faccio, forse lo ammazzo. 

 

29 luglio 1997

 

È curioso come nella vita le cose riescano ad andare secondo i piani e, allo stesso tempo, prendere strade totalmente imprevedibili. È curioso come mi guardi allo specchio e non riconosca gli occhi che restituiscono il mio sguardo. È curioso che io non li voglia riconoscere.

Silente è morto. L'assassinio del Ministro della Magia è stato pianificato nei minimi dettagli. Piton è stato designato come nuovo preside di Hogwarts. I Mangiamorte sono tornati al potere.

Se c'è un momento per essere orgoglioso di quello che sono – quello che mi hanno costretto ad essere – e di quello che ho fatto – quello che mi hanno costretto a fare – allora il momento è questo. Ed è proprio questo che mi fa riflettere. È proprio il fatto che io, orgoglioso, non lo sono nemmeno un po'. 

Non mi sono sporcato le mani con il sangue di Silente. Ma la verità è che le mani si puliscono, la coscienza no. La verità è che qua non si tratta più di uccidere i Babbani e far salire al potere i Purosangue. La verità è che questa è una guerra civile, di maghi contro altri maghi. La verità è che sono tutti dei fottuti assassini.

E io sono solo un fottuto codardo. Perché se avessi un minimo di coraggio me ne sarei già andato da tempo. Sarei già passato dall'altra parte. 

L'ho sognato... quante notti? Inforco la mia scopa e volo via, lontano. Volo da Potter – questo lo faccio solo di notte, quando il mio orgoglio dorme – volo da Potter e lui cerca di ammazzarmi e io lo schianto. Weasley urla, la Granger piange. E io punto la bacchetta contro di loro e dico tutto, tutto, tutto quello che so. Tutti i piani dei Mangiamorte, tutti i loro segreti, tutti i loro punti deboli. Poi me ne vado. 

No, in certi sogni resto. Mi chiedono di restare. Si fidano. E io resto. 

Sono i sogni più umilianti, quelli che mi fanno svegliare e correre in bagno a lavarmi il viso e schiaffeggiarmi le guance con forza. Quelli che mi fanno piangere e mordere le labbra dall'umiliazione. Quelli che rimpiango di più quando mi sveglio, perché da sveglio non posso permettermi di sognarli. Solo di notte posso perdonarmelo, perché i sogni non hanno senso.

Solo di notte Voldemort muore e sulla Gazzetta del Profeta, accanto al volto di Potter e dei suoi amici, compare il mio. E per una volta la gente mi acclama come un eroe. E per una volta non guardo Potter da un angolo buio, nutrendomi della mia stessa invidia. Per una volta sono sotto la luce del sole come lui. Per una volta sono uno dei buoni anche io. 

Solo di notte. 

Poi fa giorno e so che non lo farò mai. Fa giorno e odio Potter ancora di più, perché è sempre lui l'eroe e io non lo sarò mai. Fa giorno e odio me stesso, perché il Marchio brucia ed io obbedisco agli ordini. Mi dico: è per la mia famiglia. 

No, è perché non ho il coraggio. 

 

E quello fu il secondo passo. 

 

***

 

L'orologio del soggiorno segnava le quattro del pomeriggio. Draco era ancora seduto nella veranda, immobile come una statua di cera. Quando mi sedetti accanto a lui l'odore acre di Whisky e vestiti indossati per troppo tempo mi riempì le narici. 

Draco mosse la testa di qualche millimetro e mi lanciò uno sguardo vacuo. Non c'era più alcuna traccia di superbia nel suo volto. Non disse niente ed io feci lo stesso: mi limitai a posargli in grembo il suo diario. Draco abbassò lo sguardo sul quadernetto nero e sfogliò le prime pagine: in condizioni un po' meno catastrofiche mi avrebbe sicuramente impalata sull'antenna della tv per aver osato leggere il suo diario, ma quella mattina si limitò a scrollare le spalle e continuò a non dire niente. 

Restammo seduti fianco a fianco per una manciata di minuti. Poi glielo chiesi. 

« Come hai sposato Astoria? »

Draco alzò lentamente lo sguardo su di me: i suoi occhi grigi erano ancora annebbiati dal dolore, ma capii subito che quel dolore non era per Astoria. Non più. Non in quel momento. 

Ma alla fine le persone mature lo accettano e vanno avanti. È l'unica cosa da fare: lasciar perdere.

Per un attimo pensai che Draco non avrebbe risposto, che non avesse la forza di aprire la bocca e parlare, ma poi le parole iniziarono ad uscire dalle sue labbra una dopo l'altra, appena sussurrate.

« Avevo ventuno anni. Avevo finito la scuola da due anni, ma non avevo ancora trovato un lavoro. Certo, avrei potuto impegnarmi un po' di più ed accettare un impiego umile, ma non è il genere di cosa che un Malfoy farebbe. E per quanto riguarda il lavoro importante che mio padre voleva per me... beh, dopo la guerra non ero esattamente in cima alla lista per ottenere un posto del genere. Il risarcimento che avevamo dovuto pagare per i danni di guerra aveva impoverito sostanzialmente il patrimonio di famiglia, così mio padre decise di organizzarmi un matrimonio vantaggioso. I Greengrass non avevano origini nobili quanto le nostre, ma negli anni avevano accumulato un patrimonio enorme, perciò le nostre famiglie si accordarono e un giorno mio padre entrò in camera mia e mi disse che avrei sposato Astoria. Si era appena diplomata, all'epoca. Non protestai: per essere un matrimonio combinato mi era andata molto meglio di quanto avrei potuto ragionevolmente sperare. Solo che Astoria non mi aveva mai perdonato per come l'avevo piantata a scuola. Ero stato stronzo, le avevo lasciato intendere che avevo solo giocato con lei. E Astoria era una delle persone più orgogliose e permalose che mi sia mai capitato di conoscere. » un sorriso malinconico gli increspò le labbra « La prima volta che ci incontrammo da soli, dopo il fidanzamento, cercai di essere gentile con lei. Non la vedevo da secoli e non mi importava se anche non ci saremmo amati. Non mi importava più di un sacco di cose, in quel periodo. Ma volevo almeno che avessimo un buon rapporto: non volevo che il mio matrimonio finisse come quello dei miei genitori, con mio padre che dava gli ordini e mia madre che obbediva e lo odiava in silenzio. Ma Astoria mi odiava. E non era più la tredicenne viziata ed egocentrica che avevo conosciuto a scuola: era una donna, ormai, e le sue parole non erano quelle di una ragazzina offesa. Per quello che era successo tra noi anni prima, mi trovava sinceramente antipatico. Ma mi odiava perché era stata costretta a sposarmi, mentre sua sorella Daphne avrebbe avuto un matrimonio d'amore con Blaise. Quando le proposi di uscire e cominciare a conoscerci un po', prima del matrimonio, mi disse che aveva un uomo e che non l'avrebbe lasciato per me. Mi avrebbe sposato perché era costretta a farlo, avrebbe dormito nel mio stesso letto perché doveva, ma non mi avrebbe mai amato. E non sarebbe mai stata mia. A dispetto di tutto, non mi offesi più di tanto. Al contrario, la ammirai molto: avendo passato tutta la vita ad obbedire passivamente a mio padre, trovai in quella diplomata ribelle tutto quello che io non ero mai riuscito ad essere. Passò il tempo, ed io e Astoria non ci vedemmo più se non nelle occasioni formali in cui le nostre famiglie richiedevano che fossimo presenti. Incontrai anche il suo uomo, in un paio di occasioni: era un bel ragazzo moro, ex Corvonero, ex giocatore di Quidditch. Faceva solo il quarto anno all'epoca della Battaglia di Hogwarts, ma era rimasto a scuola a combattere. All'inizio non me ne importava. Così come non mi importava che Potter fosse diventato Auror in un tempo record e che tutto il Mondo Magico lo osannasse. Mi scivolava tutto addosso, nulla riusciva più a ferirmi. Ci avevo messo anni per imparare, ma ormai nulla poteva scalfire la mia apatia. Poi, però, Astoria cominciò a far breccia nel mio muro: era bella, intelligente, ribelle e coraggiosa. Anche dolce, sospettavo, nonostante la sua dolcezza non fosse mai riservata a me. E cominciai a detestare il suo amante. Inizialmente provai un senso d'inferiorità e pensai che un ex Mangiamorte, che si era macchiato sia di tradimento che di codardia, non avrebbe mai potuto competere con lui. Poi scoprii che aveva passato i MAGO con i voti migliori del suo anno e di colpo i voti del tutto normali del mio diploma mi fecero vergognare. Lui aveva proseguito i suoi studi a Londra e mentre studiava Magisprudenza lavorava in un pub. Non onorevole, ma rispettabile. Io invece non facevo niente: non lavoravo, non studiavo, non uscivo. Passavo le mie giornate chiuso nella mia stanza, disteso sul mio letto a guardare il soffitto. Una volta sentii Astoria parlare di me con delle sue amiche: dissero delle cose orribili. Una di loro disse che a scuola ero tanto carino, com'era possibile che mi fossi ridotto in quello stato? Barba non fatta, occhiaie, magro da far paura. Dissero che sembravo un vecchio. Un'altra disse che non avevo una donna da cinque anni e, ridacchiando, aggiunse che probabilmente Astoria non sarebbe nemmeno stata costretta a fare sesso con me. Mi scivolò tutto addosso. Tutto, tranne quello che disse Astoria. Perché a lei non importava che mi fossi ridotto ad uno straccio. Non le importava che mi interessasse o non mi interessasse di avere un figlio. Che volessi o non volessi consumare il nostro matrimonio. Ricordo le sue parole come se fosse qui a sussurrarmele all'orecchio, ancora oggi. “Non era così, quando uscivo con lui, a scuola. Era silenzioso, cupo, chiuso ne suo mondo, ma non era rassegnato. Ora, invece, è come un morto. Non voglio sposare una persona del genere: non fa niente, dalla mattina alla sera. Non combatte, non gliene importa nulla. La gente parla di lui, dice cosa infamanti, e a lui non importa. Gli ho detto che ho un amante, speravo che si arrabbiasse, che reagisse in qualche modo, ma niente. Non gli importava. E io non voglio sposare un uomo del genere. Un uomo che non combatte, che se ne sta chiuso in una stanza ed aspetta e si fa comandare come un burattino da suo padre.” Fu in quel momento che decisi, credo. Decisi che sarei cambiato. » Draco scosse la testa e si passò una mano sul viso, come se le sue dita stessero sfiorando le tracce di un antico dolore « Mi ferì così tanto... Il giorno dopo mi presentai a casa sua ed annullai il matrimonio. Credevo che così l'avrei fatta felice, invece Astoria mi chiese perché lo stavo facendo, mi chiese se me ne fregava così poco di lei da volerla anche piantare in asso, mettendola in ridicolo davanti a tutta la società. Mi chiese se mio padre aveva cambiato idea e di colpo aveva deciso che lei non era abbastanza per me. Ed io le risposi che non avevo ancora detto a mio padre che avrei annullato il matrimonio e le dissi che mi dispiaceva metterla in ridicolo, ma non volevo sposare una persona che evidentemente non provava per me quello che io provavo per lei. Le dissi che speravo che fosse felice con il suo Corvonero e che quello era tutto ciò che era in mio potere di fare per renderla felice. Poi me ne andai. Quella sera parlai con mio padre – litigai, a dire il vero – e me ne andai anche da lì. Le nostre fortune non erano del tutto dissestate, così affittai un appartamento a Diagon Alley. Due settimane dopo andai al Ministero della Magia e feci domanda per iscrivermi al corso di formazione per Auror. »

« E la accettarono? » chiesi.

Draco scosse la testa. « Naturalmente no. Non si fidavano di me. All'inizio pensai di lasciar perdere, che evidentemente non era destino che io prendessi in mano la mia vita e riparassi ai miei errori. Ma poi decisi che non potevo arrendermi così in fretta, come avevo sempre fatto. Decisi che avrei trovato un altro lavoro e che avrei continuato a vivere nell'appartamento di Diagon Alley. Un paio di giorni dopo qualcuno venne a trovarmi: era Astoria. Mi disse che aveva lasciato il suo Corvonero. Annuii e le risposi “Mi fa piacere. Mi stava sulle palle.” Astoria sorrise e disse. “Speravo che lo dicessi.” Poi disse che aveva saputo che avevo chiesto di entrare nel corso per Auror e che mi avevano rifiutato. Disse che secondo lei avrei dovuto riprovare e che prima o poi li avrei convinti della mia buona fede. Poi aggiunse. “Dovresti anche farti la barba e andare un po' in palestra. Oh, e farti una doccia, decisamente.” Rise, e scoppiai a ridere anch'io. Erano anni che non ridevo in quel modo. »

Draco tacque e seppi che la storia finiva lì. Fu probabilmente quello, il terzo passo. 

E mi chiesi come potesse una persona soffrire come aveva sofferto lui e ancora sopportare un nuovo dolore e sopravvivere. Mi chiesi come dovesse essere stato orrendo per lui perdere Astoria ed ora anche mia madre. Per colpa mia. 

Mi accorsi che stavo piangendo di nuovo solo quando la mano di Draco di posò sulla mia spalla. 

« È una storia tanto deprimente? » chiese. 

Le sue labbra erano stese in un sorriso forzato, il sorriso della persona più triste del mondo che cerca invano di consolare il suo contendente al titolo. Scossi la testa, ma non riuscii a scacciare le parole di Scorpius, che mi rimbombavano impietose tra le orecchie. 

Ma tu proprio non te ne rendi conto, vero? Continui a comportarti come una bambina, ad agire prima e pensare poi. Pensi che si possa aggiustare tutto, che tutti debbano capirti e perdonarti quando ti penti dei tuoi errori. Ma non è così, Rose. Ci sono cose che non si aggiustano.

Già, c'erano cose che non si potevano aggiustare. Io e Scorpius, per esempio. Quel noi vacillante che era caduto in pezzi ancora prima di diventare realtà. Ma in quel momento realizzai che Scorpius non intendeva solo quello, con le sue parole: c'erano altre cose che non si potevano aggiustare. Le famiglie, per esempio. Astoria e Draco, perché nulla gli avrebbe più restituito la sua Astoria. E poi la mia famiglia. Io e Hugo potevamo tramare quanto volevamo, somministrare filtri d'amore ai nostri genitori e farli baciare davanti a Draco Malfoy, ma la nostra famiglia non sarebbe mai stata riparata. Non si poteva. Era semplicemente troppo tardi, ammesso che fosse mai esistito un tempo in cui non lo era. 

Lui mi capisce, Rose. Sa cosa voglia dire aver fallito con la propria vita, con la propria famiglia, con i propri figli. Ha fatto errori molto peggiori dei miei; errori che lo hanno marchiato a fuoco per sempre. Eppure ha avuto il coraggio e la forza di risollevarsi e riscattarsi, proprio quando tutto sembrava perduto. Ha avuto il coraggio di presentarsi un giorno al corso Auror e chiedere di essere accettato. Ha avuto il coraggio di prendere in mano vent'anni della sua vita e gettarli via. Ha avuto il coraggio di perdere tutto, per poter ricominciare.

Guardai il volto di Draco attraverso lo strato di lacrime che mi offuscava la vista. Avrei voluto chiedergli come si faceva a cancellare tutto e cambiare. A dimenticare una vita e fabbricarsene una nuova. A rimediare ai propri errori. Avrei voluto chiederglielo, perché io non sapevo come fare. 

Calvin mi lanciò uno sguardo molto intenso. Mi accorsi con un brivido che i suoi occhi erano diventati grigi, i suoi capelli quasi albini ed il suo mento più lungo ed affilato. “Sì che lo sai.” disse, con una voce strascicata. Ed aveva ragione: lo sapevo. 

Mi asciugai le lacrime e cominciai a parlare, senza fretta: non avevo paura di cambiare idea e fermarmi prima di aver detto tutto. Non questa volta. 

« Mamma non amava papà. » dissi, e quelle parole mi dilaniarono il petto con la forza di un'ammissione che avrei dovuto fare a me stessa molto tempo prima « Non lo amava e basta. Non lo so da quando non lo amava più, ma non ho un solo ricordo in cui loro due assieme sembrassero una coppia davvero innamorata. Stavano assieme per noi, credo. Per me e Hugo, perché eravamo troppo piccoli. Quando si sono lasciati, mamma ha pianto per mesi. Ma non perché lo amava. Ha pianto perché aveva fallito. E lei odia fallire. È Hermione Granger. »

Parlavo e dicevo cose che non avevo mai capito prima, eppure mentre pronunciavo quelle parole mi rendevo conto di aver sempre saputo che era così, da qualche parte nei meandri del mio subconscio. Le lacrime mi solcavano le guance e scivolavano sul collo e sotto la felpa, il cuore mi faceva male ad ogni battito, come se qualcuno avesse davvero lacerato la sua carne con un coltello. Faceva male ammetterlo, dopo tutti quei mesi. Dopo tutti quegli anni. 

Scossi la testa. « Era solo un filtro d'amore. Poi l'effetto finirà e lei tornerà da te. Perché ama te, non lui. »

L'ultima frase fu soffocata da un singhiozzo e poi non fui più in grado di parlare. Nascosi il viso nelle braccia e piansi più forte, tremando tutta, perché ora anche Draco mi avrebbe odiata e sarei rimasta sola su quella veranda. Sola con i miei sensi di colpa e con tutte quelle verità dolorose che non ero mai riuscita ad ammettere a me stessa. 

Ma Draco non se ne andò. Di colpo le sue braccia si serrarono attorno al mio corpo e mi strinse forte, tanto forte che quasi mi incrinò un paio di costole. Lo strinsi anch'io e pregai che quell'abbraccio durasse per sempre, perché ne avevo bisogno. Sì, avevo bisogno delle braccia di Draco Malfoy che mi stringessero e mi consolassero, perché gli volevo bene. 

Gli volevo bene. 

Non mi stupii nemmeno per quella nuova verità che fino a quel momento mi ero così energicamente ostinata a negare. Ne avevo ammesse tante, di verità orrende, in quelle poche ore. Messa a confronto con le altre, questa era quasi una verità accettabile. 

Affondai le dita nella stoffa della sua camicia, aggrappandomi al suo corpo. Volevo che restasse lì con me, che non se ne andasse più. Ma poi, con un tuffo al cuore, realizzai che non poteva restare. Che io non potevo lasciarlo restare. 

Strinsi le dita sulla sua camicia in un ultimo spasmo, poi la lasciai andare e mi allontanai da lui. 

« Devi andare da Scorpius. » dissi. « Ha bisogno di te. »

E Draco annuì e se ne andò in fretta. Forse sapeva che se non si fosse sbrigato la mia determinazione avrebbe ceduto e gli avrei chiesto di restare con me ancora un po'. 

Appoggiai la schiena al muro e ricominciai a piangere. 

Poi fa giorno e so che non lo farò mai. Fa giorno e odio Potter ancora di più, perché è sempre lui l'eroe e io non lo sarò mai. Fa giorno e odio me stesso, perché il Marchio brucia ed io obbedisco agli ordini. Mi dico: è per la mia famiglia. No, è perché non ho il coraggio.

Faceva male, faceva dannatamente male, quel coraggio Grifondoro che avrei dovuto trovare tanto tempo prima. 

Avevo perso la mia famiglia e avevo perso Scorpius. Per sempre.

Mi dissi che non importava. Avevo fatto la cosa giusta. 

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Capitolo 29
*** un tassello alla volta ***


Capitolo 28

Un tassello alla volta

 

Quando ero piccola detestavo fare i puzzle: erano il tipico passatempo da pomeriggio di noia totale alla Tana, quando nonna Molly si stufava di avere una tribù di nipotini tra i piedi e ci parcheggiava tutti sul tappeto del soggiorno, davanti ad un puzzle da duemila pezzi. All'inizio accapigliarsi con James e Roxanne per un pezzo dalla forma particolare che ognuno sosteneva di aver visto per primo era divertente, ma, dopo dieci minuti passati a cavarci gli occhi e litigare senza riuscire ad attaccare assieme più di tre o quattro pezzi, la faccenda cominciava a diventare snervante.

Nel giro di quindici minuti tutti i cugini più turbolenti si erano stufati di far chiasso attorno al puzzle e allora Molly assumeva il controllo della situazione e si rivolgeva ai pochi cugini ancora interessati all'attività, spiegando che bisognava iniziare separando i pezzi. Da una parte i bordi, che andavano uniti tutti per formare la cornice, poi bisognava dividere i pezzi a seconda del colore: tutti i tasselli azzurri del cielo da una parte, quelli verdi del prato da un'altra, quelli colorati della figura centrale da un'altra ancora. Io m'intestardivo a fare di testa mia e continuavo a cercare di comporre l'immagine centrale senza separare i pezzi, perché fare le cose per bene era noioso ed io avevo troppa fretta di veder formarsi la parte interessante del puzzle: del cielo e dei bordi non me ne importava un fico secco. Ecco perché – secondo Molly – da sola non ero mai stata capace di finire nemmeno un puzzle da trecento pezzi.

In realtà, Molly aveva molta più ragione di quanto avrei potuto immaginare a sette anni, quando mi offendevo per i suoi consigli ed abbandonavo il puzzle per andare a fare a botte con Jamie: per tutta la vita, non avevo fatto altro che trascurare le questioni marginali e cercare di risolvere i miei problemi partendo dal nocciolo della questione. Ed avevo sempre, inevitabilmente, finito per fallire miseramente.

 

***

 

Passai quell'intera notte ad esercitarmi sugli incantesimi di Trasfigurazione. All'inizio continuavo a pensare a quanto si sarebbe arrabbiata mia madre, a quanto si era già arrabbiato Scorpius e a quello che avrebbe detto Hugo quando avrebbe scoperto che avevo mandato all'aria tutti i nostri piani. Mi sembrava di aver tradito la mia famiglia, spifferando tutto a Draco, come se fossi diventata più Malfoy che Weasley in quei pochi mesi di convivenza. Quei pensieri erano così invadenti e chiassosi che nemmeno dopo due ore di allenamento con il sacco da boxe ero riuscita a disfarmene. Quando ero salita in camera mia e mi ero imposta di sedermi alla scrivania, davanti al libro di Trasfigurazione aperto, lo avevo fatto solo perché Scorpius e Draco avevano deciso di cucinare la cena assieme ed io mi ero sentita così estranea in quella scena che avevo fatto del mio meglio per eclissarmi. Per dire la verità Draco aveva provato – seppure con assai scarsa convinzione – a chiedermi di unirmi a loro, ma era chiaro che né lui né tantomeno Scorpius avevano bisogno della mia presenza quella sera. Così mi ero rintanata nella mia mansarda e, dopo aver disperatamente cercato qualcosa da fare per tenermi occupata, mi ero ritrovata a fissare i paragrafi fitti di lettere del libro di Trasfigurazione. Ero certa che non sarei riuscita a capire una parola delle istruzioni che leggevo, figurarsi a metterle in pratica, ma poi, un po' alla volta, ero riuscita a trovare la concentrazione necessaria per trasformare il mio portapenne in un gattino e poi di nuovo in un portapenne senza incidenti di percorso. Le formule degli incantesimi e le immagini nitide dei risultati che volevo ottenere con le Trasfigurazioni, tentativo dopo tentativo, si erano sostituite ai miei sensi di colpa, permettendomi di trovare un po' di pace. Non avevo mai pensato che immergersi totalmente nello studio potesse dare un sollievo così grande, prima di quel momento.

Dormii solo un paio d'ore, un sonno senza sogni, dall'alba fino a poco dopo le nove di mattina. Quando aprii gli occhi, nel bagliore grigiastro di una tipica mattinata inglese, sentivo la testa pesante sulle spalle ed avevo una gran voglia di abbassare le tapparelle con un incantesimo, girarmi sull'altro fianco e rimettermi a dormire, ma sapevo che, se non mi fossi sbrigata a trovare qualcosa da fare, i pensieri che tanto temevo si sarebbero di nuovo impossessati della mia mente. Perciò mi alzai e andai in bagno a farmi una lunga doccia fresca, ripassando mentalmente i paragrafi di teoria che avevo letto quella notte. Una volta che mi fui lavata, asciugata e pettinata con cura tornai in camera mia e indossai una canottiera aderente con le spalline larghe – di quelle che si usano per fare sport – ed un paio di pantaloncini elasticizzati. Sciolsi il nodo che avevo fatto ai laccetti la prima volta che li avevo messi addosso e che non avevo mai più disfatto, anche se non ne avevo il minimo bisogno per infilarmeli, e poi lo rifeci un po' più stretto. Mi sentivo vagamente come uno zombie, mentre mi muovevo per la casa e compievo tutti quei gesti in modo automatico, badando bene a far sì che la mia mente fosse occupata soltanto dalle azioni che svolgeva il mio corpo ed allo stesso tempo avendone a stento una vaga ed annebbiata consapevolezza, ottenebrata dall'abitudine e dai processi ripetitivi che compivano le mie mani, le mie gambe, i miei piedi. L'istinto di riemergere da quello stato d'intorpidimento e schiarirmi le idee mi tentò, un paio di volte volte, ma badai bene a ricacciarlo indietro prima che potesse portare a galla con sé anche tutte le cose alle quali non dovevo assolutamente pensare.

Mi accostai al comodino e presi in mano il cellulare: l'orologio sul dorso dello sportellino superiore segnava le dieci e qualche minuto. C'erano una quindicina di messaggi non letti. Ne fui un po' stupita: non li controllavo da meno di due giorni.

Il primo messaggio era di Dominique e risaliva al pomeriggio precedente.

Domi – Ho le allucinazioni o quelli che ho visto camminare per mano in mezzo a Diagon Alley erano tua madre e tuo padre? …È successo qualcosa che dovrei sapere?

I messaggi successivi erano quasi tutti di mio fratello, fatta eccezione per un paio di minacce di morte provenienti dal numero di Al.

Hugo – Mamma e papà sono appena tornati a casa, qui a Godric's Hollow. Non ti dico cosa stavano facendo perché se no ti si blocca la crescita :D Comunque sono qua che faccio la guardia per tenere lontana Romilda, in caso decida di venire a trovarci. Hai ancora tu il filtro, vero? Quando hai un attimo libero ce la fai a portarmelo? Non so quanto dureranno gli effetti :) Ah, magari vieni a dormire da noi, no?

Hugo – Ehi, Rose, come va? Mi sei sembrata molto giù al San Mungo, prima. Forse abbiamo un po' esagerato con Scorpius, in effetti... Quando torna a casa chiedigli scusa anche da parte mia, ok? E se si arrabbia con te digli che è stata tutta un'idea mia :) Tra parentesi, come siamo messi con questo filtro? Ti serve una Passaporta per venire? Forse riesco a procurartene una.

Sev – Voi NON LO AVETE FATTO.

Hugo – Rose? Sei viva?

Hugo – Vodafone, informazione gratuita. Hai una chiamata persa da questo numero alle ore 19.34.

Hugo – Rose, il filtro, cazzo!

Hugo – Vodafone, informazione gratuita. Hai una chiamata persa da questo numero alle ore 21.12.

Hugo – Vodafone, informazione gratuita. Hai una chiamata persa da questo numero alle ore 21.47.

Sev – Non ho parole. Siete veramente delle teste di cazzo.

Hugo – Rose, quando leggi i messaggi vieni IMMEDIATAMENTE.

Hugo – Gli effetti del filtro stanno cominciando a svanire. Dove cazzo sei?

Hugo – Vodafone, informazione gratuita. Hai una chiamata persa da questo numero alle ore 08.53.

Hugo – Vodafone, informazione gratuita. Hai una chiamata persa da questo numero alle ore 09.14.

Mi rigirai il cellulare tra le mani per un paio di secondi, soppesando la possibilità di chiamare Hugo e spiegargli cos'era successo, ma poi le parole taglienti di Scorpius cominciarono a riaffiorarmi nella memoria e mi affrettai a rimettere il cellulare sul comodino, lasciandolo andare dalla mia presa come se scottasse. Non volevo che anche Hugo...

Hugo niente, non ci pensare.

Decisi che sarei andata ad allenarmi un po' con il sacco da boxe. E intanto avrei ripassato tutti gli incantesimi di Trasfigurazione che avevo imparato dal primo anno a quella parte. E anche quelli delle altre materie, se mi fosse avanzato del tempo.

 

***

 

Scorpius era in soggiorno che leggeva un libro, stravaccato sul divano con un piede sul bracciolo e l'altro posato a terra. In un altro momento, davanti ad un atteggiamento così poco Malfoy, avrei speso come minimo un paio di secondi per mettere in dubbio la sua sanità mentale, ma quel giorno mi limitai a passargli davanti senza degnarlo di più dell'attenzione necessaria a non andargli a sbattere contro. Fu lui, però, ad interrompere quel silenzio – cosa che non lasciava più dubbi sull'attuale stato di devastazione delle sue facoltà mentali.

« Buongiorno, Rose. » mi salutò con voce affabile.

Quando mi voltai nella sua direzione, chiedendomi se per caso non ci fosse un'altra Rose nella stanza, mi trovai a fronteggiare il suo sorriso gentile. Calvin si bloccò con una mano posata sull'orlo dei boxer, guardandomi con l'espressione spaesata di chi ha appena visto un pinguino prendere il volo. Dal canto mio, non potei fare a meno di aggrottare le sopracciglia.

« Mi prendi per il culo? » volli sapere.

Ogni volta che Scorpius ed io litigavamo – o più in generale, ogni volta che Scorpius aveva un diverbio con chiunque – le probabilità di incontrarlo in giro per la casa erano praticamente nulle, visto che si rinchiudeva in camera sua e ne usciva solo per il tempo necessario ad assolvere le funzioni biologiche che richiedevano l'uso di un bagno. Ed ora invece eccolo lì, stravaccato sul divano con quell'aria da imperatore del mondo, come se non vedesse l'ora di farsi trovare.

Il sorriso sulle labbra di Scorpius si fece ancora più largo. « Nient'affatto. »

Stronzo.” pensai, mentre milioni di piccole schegge mi trafiggevano la memoria, portando con sé brandelli della nostra ultima conversazione. Serrai i pugni, mentre per una volta Calvin, nella mia testa, alzava uno striscione in mio sostegno, inneggiando alla vendetta contro Scorpius. Non sapevo cosa facesse più male, se il ricordo delle sue parole o il vederlo seduto scompostamente su quel divano, con quel sorriso così poco da Scorpius sulle labbra.

Questo non è lui...” Non poteva esserlo.

Non persi tempo a cercare una risposta sufficientemente volgare da dargli: mi limitai a girare i tacchi ed uscire di casa, diretta verso il platano a cui era appeso il sacco da boxe.

Incantesimo ingigantente di primo grado: Engorgio. Puntare la bacchetta contro l'oggetto prescelto e muovere il polso in un gesto secco e non troppo ampio, come a dover dare una piccola frustata. Mantenere saldamente la presa sulla bacchetta finché...

Era quasi ora di pranzo quando, con uno schiocco secco ed il rumore di un paio di piedi che affondavano nel fango del vialetto, mia madre tornò a casa. Ero ancora in giardino, alle prese con il sacco da boxe, perciò prima che potessi anche solo pensare di darmela a gambe lei mi aveva già vista ed aveva già cominciato a marciare verso di me con l'espressione più spaventosa che le avessi mai visto in faccia. E ne avevo viste tante di espressioni omicide, sul suo volto. Le rivolsi un sorrisetto nervoso e cominciai ad indietreggiare, nascondendomi dietro il sacco da boxe con tutta l'intenzione di usarlo come scudo o anche semplicemente di correrci attorno in cerchio finché mamma non si fosse stufata d'inseguirmi.

« Rose! » urlò.

E non fu il solito “Rose Weasley” tagliente e carico di disprezzo con cui m'interpellava quando ne combinavo una delle mie. Non fu nemmeno il “Rosie” ironico e affettato con cui mi chiamava in cucina, attendendomi dietro una porta con un'ascia in mano – pronta ad affettare me, tanto per restare in tema. Era semplicemente il mio nome, gridato con una voce stridula che oltre alla rabbia celava anche una profonda delusione.

Mi feci più piccola che potei dietro al sacco da boxe, mentre mamma era ormai arrivata abbastanza vicina da potermi raggiungere con uno sputo. Cosa che non era da escludersi a priori, vista la sua espressione assolutamente sconvolta.

« Come hai potuto fare una cosa del genere?! »

La sua voce stridette come i freni arrugginiti di una vecchia bicicletta, riuscendo quasi a ferirmi le orecchie.

« Come?! Nemmeno nel peggiore dei miei incubi avrei pensato che potessi... »

Stavo seriamente cominciando a pentirmi di non aver mai redatto un testamento, quando Draco uscì di corsa dalla porta sul retro ed agguantò mia madre per i fianchi, placcandola.

« Hermione! » esclamò. Poi la sua voce si spense sulle labbra di mia madre, in un bacio che trovai sinceramente esagerato. Neanche fossero stati lontani per mesi...

Nascosi il volto dietro il sacco da boxe, tappandomi gli occhi.

« Hermione, sei tornata! »

« Draco... io... non è come pensi, te lo giuro. È stato... »

« Lo so, lo so... » sussurrò Draco, e poi le loro voci furono nuovamente sovrastate da risucchio gutturale dei loro baci.

Aprii uno spiraglio tra le dita delle mani e sbirciai oltre il sacco da boxe: erano avvinghiati come un paio di salamandre in calore durante il periodo della riproduzione, talmente stretti uno all'altra che non seppi davvero dire dov'era che finiva uno e cominciava l'altra. Le loro loro labbra sembravano unite da un incantesimo di adesione permanente: una sopra l'altra, una dentro l'altra, come se si stessero mangiando la faccia a vicenda. E dai rumori che emettevano sembrava davvero che fossero due cannibali estremamente poco civilizzati durante un pasto a base di labbra umane.

Tornai a tapparmi gli occhi e grugnii. « Mi state bloccando la crescita... »

Per un attimo il rumore disgustoso prodotto dalle loro attività non-del-tutto-lecite si bloccò. Lo presi per un buon segno e mi tolsi le mani dal viso, trovandomi a fronteggiare lo sguardo imbronciato di mia madre: non sembrava più decisa ad uccidermi, ma pareva ancora che non avrebbe disdegnato una Cruciatus. Se non altro tutto quello schifo con le lingue aveva avuto il pregio di rabbonirla un po', mi dissi.

« Rose, io e te dobbiamo ancora fare un bel... »

Draco le tappò la bocca con una mano e con l'altra estrasse un orologio dalla tasca dei jeans. « Dopo, Hermione. » disse, lanciandomi l'orologio « Scommetto che ora Rose ha voglia di uscire un po'. Vero, Rose? »

Afferrai l'orologio al volo e lo squadrai con aria perplessa, per poi lanciare un'occhiata se possibile ancora più perplessa in direzione di Draco. Feci appena in tempo a cogliere il suo occhiolino e la sua espressione complice che l'orologio tra le mie mani si illuminò di una luce azzurrina e cominciò a vibrare: una Passaporta. Per un attimo i miei istinti Weasley, che erano stati coltivati a dovere per oltre sedici anni, mi suggerirono di mollare immediatamente la presa su quello che sicuramente era il mezzo di una delle tante perfidie dei Malfoy. Ma poi – ignorando bellamente il mio istinto di sopravvivenza, che mi stava urlando a gran voce quanto fossi idiota – decisi di fidarmi di Draco. Eravamo quasi amici, adesso, no?

Prima che potessi cambiare idea una seconda volta la Passaporta cominciò a ruotare ed i miei piedi furono strappati dal terreno, mentre venivo risucchiata a forza in un vortice di luci e colori. L'attimo dopo atterrai sul prato della nostra vecchia casa di Godric's Hollow, quella dove abitavano ancora Hugo e papà. Nel giardino della villetta accanto, stesa su una sdraio con un paio di occhiali da sole a cavallo del naso ed una limonata ghiacciata in mano, Lily stava prendendo il sole. Quando mi vide mi fece un cenno di saluto.

« Ehi, Rose! Tutto bene? Al vuole ucciderti, per la cronaca ».

Oh, beh, ora che me l'aveva detto senza dubbio non poteva che andare bene. Ricambiai il suo saluto con scarso entusiasmo. « Ciao, Lily. È una storia lunga... »

« Che include tua madre e tuo padre che tornano a casa dichiarando di voler scappare a Las Vegas per risposarsi? » s'informò Lily, mentre una delle sue sopracciglia ramate si sollevava oltre il bordo delle lenti.

« Davvero lo hanno fatto? » chiesi, tentando di immaginare i miei genitori in versione “ubriachi fradici conosciutisi cinque minuti prima che decidono di andare a Las Vegas e sposarsi seduta stante”. Non era decisamente un'immagine che si accordava alla definizione canonica di “Hermione Granger”.

« Davvero » confermò James, che mi planò sopra la testa in quel momento.

Dovetti abbassarmi sulle gambe per non venir colpita alla nuca dalle sue scarpe.

« A papà stava prendendo un mezzo infarto quando li ha visti. È stata una cosa abbastanza disgustosa, in effetti » aggiunse, smontando dalla scopa accanto a me. « Insomma, non quanto tua madre e Malfoy... » precisò poi. « Ma sì, disgustoso, in ogni caso. Comunque ciao, Rose ».

Indossava un paio di bermuda marroni e dei sandali con i calzini – per i quali Domi lo avrebbe senza dubbio linciato – mentre dalla vita in su aveva a coprirlo solo la pelle arrossata dall'attività fisica e – sospettavo – dalla sua abilità nello sfuggire a zia Ginny quando lo inseguiva per spalmargli la lozione protettiva. Non ci avevo fatto caso nei giorni precedenti – anche perché, obiettivamente, avevo cose ben più urgenti di cui preoccuparmi – ma di colpo realizzai che era dimagrito parecchio nelle ultime settimane. Mingherlino non lo era di sicuro, ma il sottile strato di grasso che ricopriva i suoi muscoli si era quasi del tutto volatilizzato. Mi chiesi cosa avesse provocato quel cambiamento: d'estate non c'erano allenamenti di Quidditch e che James si mettesse a dieta era semplicemente impensabile.

Gli rivolsi un cenno del capo, ignorando il commento su mia madre e Draco.

« Ciao, James. Come va? ».

« Bene » rispose, mentre in contemporanea Lily diceva: « Male ».

Feci scorrere uno sguardo perplesso tra i due fratelli.

« Basta che vi decidiate, eh ».

« Kathie continua a scrivergli » spiegò Lily, sorseggiando la limonata con un sorrisino divertito. « E Domi non gli rivolge più la parola ».

James storse la bocca in una smorfia. « Parla lei » sbuffò. « Io almeno non mi scrivo con un Serpeverde ».

In risposta al mio sguardo interrogativo, Lily si limitò a scrollare le spalle con il suo solito atteggiamento noncurante. « Marshall ».

Fu l'unico – laconico – chiarimento che mi fu dato di avere. Lily si sistemò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio, scoprendo una porzione di fronte costellata dalle lentiggini, e posò il bicchiere sul bracciolo della sdraio. Pensai che assomigliava vagamente alla caricatura in versione adolescente di una di quelle avvenenti pin-up che posavano per i calendari in riva al mare, eppure riusciva a non sembrare per nulla goffa o ridicola. Aveva decisamente preso da zia Ginny, in quello: la serafica e a volte maliziosa sicurezza con cui la più piccola di casa Potter affrontava la vita non le veniva di certo dallo zio Harry. Quando ero più piccola pensavo che Lily fosse una specie di ochetta viziata – beh, probabilmente perché a dieci anni lo era pure – ma con il tempo avevo elaborato una teoria diversa: Lily era l'esatta fusione di Albus e James, in versione femminile. Abbastanza scaltra da riuscire a salvarsi la pelle in ogni situazione – diventarlo era stato un obbligo, per sopravvivere ai suoi fratelli maggiori –, accostava il sottile ingegno di Al ad una mente malandrina di chiara provenienza Weasley e a quel pizzico di sfacciataggine che distingueva i Grifondoro. Non disdegnava le coccole che venivano tributate di diritto alla più piccola della famiglia, ma se da un lato essere viziata indubbiamente le piaceva, dall'altro era altrettanto certo che la sua era una fine strategia per scaricare la colpa sui fratelli, quando le cose si mettevano male. Era lei quella che comandava tra i fratelli di casa Potter, alla fin fine: Albus e James erano l'uno contro l'altro a prescindere e solo l'intervento di Lily, che sceglieva di volta in volta con quale dei due allearsi, decideva le sorti delle loro liti. Se c'era una cosa che bisognava riconoscerle, era che Lily sapeva come farsi valere.

« A proposito di Serpeverde... » commentò Lily, lanciandomi un'occhiatina molto allusiva. « Marshall mi ha detto un sacco di cose su un suo certo compagno di dormitorio... Non che alla festa a casa vostra non si sia già visto abbastanza, comunque ».

A quelle parole sentii un milione di piccoli aghi trafiggermi il petto, ognuno di essi accompagnato da un frammento delle parole di Scorpius, o anche solo dal suo sguardo gelido. Decisi che avrei adottato la strategia del “fingi di non aver sentito e cambia argomento”.

« Aspetta un secondo... e da quand'è che vi scrivete, tu e Marshall? » chiesi.

Lily scrollò le spalle mentre James, al mio fianco, grugniva tutto il suo disappunto. « Dall'inizio di quest'estate. Ci siamo fatti coinvolgere nel giro di scommesse su te e Scorpius e la cosa è un po' degenerata ».

Concluse la sua spiegazione rivolgendomi un sorrisino angelico, come a volersi scusare per aver ordito loschi complotti alle mie spalle anche se, più che palesemente, non le dispiaceva per niente di averlo fatto. Aggrottai le sopracciglia.

« Giro di scommesse? » chiesi.

Lily ridacchiò. « Sul serio, Rose, è da giugno che più o meno tutta la scuola fa scommesse su te e Scorpius e su quando, se e come vi metterete assieme. In effetti è da cinque anni che la gente si chiede quando la smetterete di mandarvi a quel paese e vi deciderete ad uscire, ma da quando siete andati a vivere nella stessa casa il “fenomeno” si è intensificato di parecchio. Non lo sapevi? »

In realtà no. E nemmeno volevo saperlo, visto che io e Scorpius non ci saremmo mai messi assieme e tutta le gente che aveva puntato su di noi ci avrebbe rimesso un bel po' di Galeoni. L'unico pensiero che mi consolava era che Al avesse gettato al vento i suoi risparmi per colpa delle sue stupide congetture hippy.... No, in realtà non era molto consolante come pensiero.

Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, come un pesce che un bambino pestifero ha acciuffato per la coda ed estratto dalla boccia, ma non trovai nulla da dire. Faceva incredibilmente male scoprire che tutta la scuola aveva puntato su di noi e che a quanto pareva quella che ero riuscita a mandare a monte era tutt'altro che un'utopia. Rendeva quello che mi era sfumato tra le dita più concreto, più vicino, più realizzabile. E allo stesso tempo più lontano che mai, ora che mi rendevo conto di quanto mi fosse stato vicino, forse addirittura per anni interi.

James mi lanciò uno sguardo perplesso e vagamente preoccupato. « Rose, va tutto bene? ».

« Certo che no ».

Sbuffò Lily, muovendo una mano con impazienza, come se dovesse scacciare una zanzara. Poi afferrò nuovamente il suo bicchiere di limonata, si ficcò in bocca la cannuccia e mi lanciò un'occhiatina colpevole.

« Davvero non ne sapevi niente? » chiese. « Insomma, mi dispiace di essere stata così diretta. Pensavo solo che qualcuno prima o poi avrebbe dovuto dirtelo, ecco ».

La fatica di trovare la voce e spiegare che no, non c'era problema, che stavo bene – riuscendo così ad aggiudicarmi il premio di più grande ballista del mondo, tra l'altro – mi fu risparmiata dall'arrivo di Al, che mi afferrò per il braccio e mi trascinò via prima ancora che potessi salutarlo.

« Idioti. Vi avevo detto di dirmelo, se veniva » borbottò, guardando in cagnesco i suoi fratelli. « Ora se non vi dispiace vi priverò della compagnia di Rose. Abbiamo un conto in sospeso io e lei ».

Lily serrò le labbra sulla cannuccia e spalancò gli occhi chiari, con l'espressione di chi, dopo aver appena spostato un cucciolo di Beagle dal centro della strada al marciapiede, lo vede mentre viene investito da una bicicletta. « Buona fortuna... » commentò, mordicchiando la cannuccia.

« Se torni viva magari facciamo due tiri con la Pluffa, ti va? » propose James.

Nessuno dei due ebbe il coraggio di opporsi ad Al: in effetti, quando reclamava il sangue delle sue vittime, Al non era esattamente il pacifismo fatto persona. Annuii in direzione di James ed incespicai dietro ad Al senza dir niente. In fondo, non si poteva dire che non meritassi una punizione esemplare per quello che avevo combinato, anche se mi restavano dei dubbi riguardo la pena capitale.

Insomma, va bene essere drastici, ma...

Al, senza ritenere necessario darmi spiegazioni di alcun genere, estrasse una Passaporta a forma di paperella dalla tasca e me la ficcò in mano. Ebbi appena il tempo di chiedergli se fosse la paperella portafortuna di James e di cogliere il suo ghigno, prima che la Passaporta si illuminasse e ci trasportasse nella corte sul retro del Paiolo Magico. Albus schiacciò il ventre della paperella tra le dita ed al posto del consueto suono di trombini fradici nel fango l'animaletto di gomma spalancò il becco e gracchiò “Jamie puzza”. Soddisfatto, Al se la rimise in tasca e cominciò a picchiettare il muro di mattoni con la bacchetta, finché davanti a noi si aprì l'arco che dava l'accesso a Diagon Alley.

« Gelato da Florian Fortebraccio? » propose, stendendo il braccio in direzione della lunga strada affollata che scendeva per centinaia di metri fino alla Gringott.

Mossi alcuni passi con cautela, non ancora del tutto sicura di essere stata graziata. « Non mi uccidi? » chiesi.

« Dopo » rispose Al.

Sempre meglio che niente” mi dissi, seguendolo verso la gelateria. Camminammo in silenzio per un po', facendoci largo tra la ressa di maghi e streghe che si accalcavano fuori dai negozi per procurarsi il materiale necessario ad affrontare il nuovo anno scolastico. Tra la folla scorsi un paio di volti amici, ma Al non mi lasciò il tempo di fermarmi e salutarli. Che avesse intenzione di uccidermi o meno – valutai, sgomitando per farmi largo tra una strega alquanto robusta ed un gruppetto di bambini che inseguivano una palla stregata – Al aveva indubbiamente una certa fretta. Come nel caso di tutte le sue “missioni di pace”, doveva ritenere che il suo compito fosse piuttosto urgente.

Quando arrivammo alla gelateria, Al scelse un tavolino nascosto in un angolo e si lasciò cadere su una sedia, sbuffando in modo alquanto teatrale. « Basta, io ci rinuncio con voi due » disse. « Adesso ci si è messo pure Scorpius ».

Mi sedetti di fronte a lui, senza dir niente. Quando gli fu chiaro che non avrei risposto, Al sbuffò di nuovo e chiese. « Si può sapere cos'avete combinato? ».

Scrollai le spalle. « Niente di che ».

A quelle parole Calvin sollevò un sopracciglio in modo parecchio eloquente. “Niente di che?” mi scimmiottò.

A parte litigare ferocemente e mandare all'aria definitivamente i precedenti tentativi di far funzionare le cose tra di noi, certo. Nulla che fosse il caso di far sapere ad Al, ad ogni modo: ne avevo avuto abbastanza di Scorpius che stava stravaccato sul divano con un sorrisetto stronzo stampato in faccia, di gente che scommetteva su quando ci saremmo messi assieme e di Albus che ci organizzava il matrimonio. Perché di colpo, proprio quando avevo un disperato bisogno di togliermelo dalla testa, tutti quanti sembravano fare del loro meglio per ricordarmi di Scorpius?

« Pensavo dovessi arrabbiarti con me per la storia del filtro d'amore » osservai, prima che Al potesse dar voce al suo scetticismo nei confronti della mia ultima affermazione.

Al afferrò il menù e lo aprì, lanciandomi un'occhiataccia. « Sì, certo, e poi staremo seduti qua a guardarci negli occhi e prenderci per il culo tutto il giorno » sbuffò, scorrendo l'elenco dei gelati con un dito. « Cosa vuoi che ti dica, che sei stata brava per esserti accorta da sola che era una stronzata ed aver detto la verità a Draco? Era il minimo che potessi fare ».

Mi chiesi come diavolo facesse Al a sapere sempre tutto quello che era successo quasi prima che succedesse, ma immaginai che quello non fosse esattamente il momento migliore per porgli una domanda del genere. Così mi limitai a scrollare le spalle.

« Beh, se non ritieni che meriti un applauso per averlo fatto, almeno potresti evitare di strapazzarmi, no? »

Al scosse la testa, voltandosi per attirare l'attenzione della cameriera.

« Prenderti a calci in culo, ecco cosa dovrei fare... a te e a quell'altro idiota... »

Ordinammo i nostri gelati alla cameriera, che trascrisse le nostre parole su un blocchetto rosa, masticando rumorosamente una Gommabolla Bollente. Non appena se ne fu andata Al abbandonò l'espressione affabile con la quale le si era rivolto, provandoci piuttosto spudoratamente nonostante avesse almeno cinque anni meno di lei, e tornò a stamparsi in viso una smorfia molto poco rassicurante.

« Allora, hai qualcosa da dire in tua difesa o vuoi che ti esponga la mia teoria? »

Alzai gli occhi al cielo e piantai il gomito sul tavolino, appoggiando la guancia sul palmo della mano e spostando ostentatamente lo sguardo dall'altra parte della strada. « È proprio necessario? » mi informai.

« Inevitabile » confermò Al.

Sbuffai: « Bene, divertiti, allora ».

« La mia teoria » iniziò Al, mentre simulavo un improbabile interesse nei confronti di una formica che camminava sul bordo del tavolino. « È che tu abbia combinato un'immane cazzata delle tue e che Scorpius abbia dato di matto. Potrei sbagliarmi, naturalmente, ma quando ricevi un gufo dal tuo migliore amico che dichiara di odiare tua cugina e di non vedere l'ora di tornare a scuola per levarsela dai pied... »

Decisi di lasciar perdere la formica alpinista e voltai bruscamente la testa verso Al.

« Severus, piantala » sibilai.

L'unica risposta che ottenni fu un sorrisetto che la diceva lunga.

« Quindi non solo riconosci di aver fatto una cazzata » osservò con il compiacimento uno scienziato che ha appena ricevuto la prova sperimentale di una sua ipotesi. « Ma te ne assumi anche tutte le responsabilità. Curioso... L'unica volta che Scorpius ha torto marcio... »

« Al, per favore » ritentai. « Non mi interessa quello che hai da dire. E non sai nemmeno cos'è successo, tra parentesi ».

Al sgranò gli occhioni verdi, con un'espressione tutto fuorché sorpresa. « Mi stai davvero chiedendo di tacere mentre ti dico che secondo me Scorpius ha torto? » chiese, scandendo le parole con voce forte e chiara, come a volersi assicurare che avessi capito bene ciò che aveva detto. Un folletto della Gringott non avrebbe potuto suonare più incredulo nel chiedere a Draco Malfoy se avesse davvero intenzione di donare tutti i suoi risparmi in beneficenza. Salvo che Al, come al solito, sembrava star recitando una battuta che si era preparato a tavolino, sapendo già esattamente come avrei reagito.

Lui e le sue manie di onniscenza....

Stavo per alzarmi e andarmene o, in alternativa, tirargli un pugno o forse anche estrarre la bacchetta dalla tasca, ficcargliela su per il naso e poi pronunciare uno Schiantesimo o beh... in realtà non avevo ancora esattamente deciso cosa fare, ma sarebbe sicuramente stato un gesto molto sgarbato e possibilmente anche parecchio doloroso. La fatica di decidermi tra le varie, subdole opzioni che mi erano state proposte dalla mia immaginazione mi fu risparmiata dalla cameriera, che posò due coppette di gelato sul tavolino, guardandoci con l'espressione compassionevole di chi vede una coppietta sul punto di lasciarsi. La ignorai ed attaccai il mio gelato con ferocia, sollevandone immense cucchiaiate e ficcandomele in bocca a velocità record. Speravo che la sua pallina di Menta Piperita avrebbe temporaneamente distratto Al dalla spiegazione delle sue irritanti teorie sentimentali, ma evidentemente mio cugino era perfettamente in grado di rompere le scatole, mangiare il suo gelato e scrutarmi con aria torva in contemporanea.

« È incredibile... » borbottò. « Scorpius comincia a comportarsi da bambino e tu cominci a comportarti da Scorpius... lasciatelo dire: voi due avete dei seri problemi ».

Grazie tante, come se non me ne fossi già accorta da sola. Posai il cucchiaino nella coppetta ormai mezzo vuota e mi costrinsi a sostenere il suo sguardo.

« Al, sul serio, non mi va di parlarne ».

Per un attimo Al parve soppesare la possibilità di continuare ad infierire, sordo alle mie suppliche, ma poi sembrò ricordarsi di essere un accanito predicatore della pace e dell'amore e si limitò a scrollare le spalle.

« Davvero non vuoi sentirmi dire che Scorpius ha avuto una reazione esagerata e che si sta comportando da immaturo? » chiese.

« Davvero » assentii.

Non me ne importava nulla di chi avesse ragione e chi no – o di chi avesse più torto dell'altro, a quel punto –: volevo solo che Al e la nostra chilometrica lista di parenti la smettessero di tirare in ballo Scorpius e quello che avremmo potuto essere assieme. Nemmeno Calvin ce la faceva più a sopportarli, il che era tutto dire.

Al sospirò e stese la mano sul tavolo per posarla sopra la mia, scuotendo la testa con espressione rassegnata.

« Siete due idioti ».

« Lo so ».

 

***

 

Era quasi ora di cena quando la paperella sottratta a James ci Materializzò a Godric's Hollow. Stavo cominciando a chiedermi come avrei fatto a tornare a casa, visto che la Passaporta di Draco non sembrava programmata per portarmici, ma in quel momento la mia attenzione fu attratta dalla chioma rossa di Hugo, in un angolo del giardino. Mio fratello era seduto a gambe incrociate nell'erba e stava scribacchiando su un foglio di pergamena appoggiato al dorso di un libro, con il calamaio aperto in bilico su un ginocchio. Da quando mamma era tornata a casa, non mi aveva più scritto. Era molto meno Weasley di me, in quello: quando si arrabbiava o ci restava male per qualcosa preferiva il broncio alle sfuriate. Almeno finché non esplodeva...

Mi fermai in mezzo al vialetto che separava i giardini delle due case. 

« Dici che dovrei...? »

« Sì, dovresti » rispose Al. « Io l'ho già cazziato ». 

Alzai gli occhi al cielo. « Farti gli affari tuoi ti è così estraneo come concetto? »

« Pensi che mi diverta a corrervi dietro e a tentare di rimediare ai vostri disastri? » sbuffò lui, spingendomi in direzione di Hugo. « Avanti, va' a comportarti da persona matura ».

Mi allontanai, rivolgendogli una boccaccia. Quando giunsi di fronte a mio fratello, però, la mia espressione si trasformò immancabilmente in una smorfia a metà fra quella di un condannato a morte per giusta causa e quella di un animaletto domestico che torna dal padrone con la coda tra le zampe dopo aver ridotto a brandelli le tende del soggiorno. Hugo si era accorto della mia presenza fin da quando la Passaporta aveva Materializzato me ed Al a Godric's Hollow, ne ero sicura, ma continuava a fingere di non avermi notata: muoveva frettolosamente la penna sulla pergamena, come se stesse scrivendo, nonostante l'inchiostro nella punta fosse finito un paio di righe più in alto.

Per un attimo fui colta da un'ondata di terrore, mentre la parte più codarda della mia coscienza mi suggeriva di darmela a gambe prima che anche Hugo potesse arrabbiarsi con me: non volevo un'altra sfuriata, un'altra persona che mi guardasse come se fossi una bambina viziata e mi urlasse contro che mi ero comportata da immatura e che ne avrei pagato le conseguenze. Eppure sapevo di non avere scampo: dovevo mettere a posto tutto il puzzle, tassello dopo tassello, errore dopo errore.

Pensai a Draco, a come aveva avuto il coraggio di ricominciare nel modo giusto, anche se a testa bassa, anche se era appena in grado di sollevarsi dal suolo per gattonare avanti. Mi feci coraggio – per la verità Calvin fu costretto a sopprimere violentemente la Rose codarda che continuava a piagnucolare ed incitarmi alla fuga, in un angolino del mio cervello – e mi sedetti di fronte a Hugo. 

In fondo – mi dissi, fiduciosa – il peggio era già passato: dopo le parole di Scorpius, potevo sopravvivere tranquillamente ad un paio di insulti alla Weasley. Sperai solo che Hugo non avesse con sé la bacchetta: non ero altrettanto sicura di poter ricevere una Fattura Orcovolante in pieno petto e sopravvivere per raccontarlo.

Presi un profondo respiro.

« Ehi, Hugo... »

« Che vuoi? » grugnì lui, senza staccare gli occhi dalla pergamena. 

Mi mordicchiai le labbra, chiedendomi se fosse meglio optare per un approccio diretto o prendere la conversazione alla lontana, partendo da qualche argomento leggero come le nuove divise che avevo visto esposte nel negozio di Madama McClan, passando magari per alcune osservazioni del tutto inutili sulla partita amichevole tra Scozia e Polonia della settimana prima e finendo, dopo aver zigzagato abilmente tra amabili commenti sul tempo ed un paio di battute di spirito, per arrivare al nocciolo della questione. Immaginai che Hugo mi avrebbe Schiantata ancor prima di sapere la verità, se avessi impiegato così tanto tempo per dirgliela, perciò optai per la franchezza. Anche perché, per restare in tema di franchezza, le nuove divise scolastiche mi erano sembrate del tutto uguali a quelle dell'anno scorso, la partita tra Scozia e Polonia non ricordavo nemmeno come fosse andata a finire e di amabili commenti sulle nuvole inglesi non è che ce ne fossero poi tanti da fare.

Così mi limitai a richiamare all'ordine le mie corde vocali – assai poco intenzionate a collaborare, al momento – e sputai fuori la verità a bruciapelo.

« Ho detto tutto a Draco. Io... Non mi sembrava giusto, ecco. Quando mamma se n'è andata piangeva e, sai, in fondo non penso che sia proprio così stronzo. Un pochino, forse... » gli concessi. « Insomma, un po' tanto, certe volte » ritrattai subito dopo. « Ma, beh, la ama davvero. E se la ama il resto non conta, giusto? La mamma è felice, con lui: si capiscono e, al di là delle ovvie differenze, penso che abbiano anche delle cose in comune. Io... io penso che sia giusto così, ecco ». 

Hugo finalmente alzò gli occhi su di me, osservandomi con espressione assente, come se in realtà fossi trasparente e lui stesse guardando da qualche parte oltre le mie spalle. Colsi una punta di dolore nei suoi occhi azzurri: lo stesso dolore che avevo provato io, scoprendo che non avrei mai più potuto riavere la mia famiglia così com'era una volta. 

Sospirai. 

« Hugo, mi dispiace. Lo so che ho preso questa decisione senza dirti niente ed ora sono qui a sbatterti in faccia il fatto compiuto, ma non avevo calcolato di farlo. L'ho capito solo all'ultimo momento, che era la cosa giusta. E, davvero, mi dispiace di essermene accorta così tardi e di averti tirato in mezzo a tutta questa storia. Sono stata un'imbecille ». 

Posai la mano sulla sua e la strinsi forte tra le dita, cercando di trasmettergli tutto quello che con le parole non sarei riuscita a dire. Sapevo cosa stava pensando e come si sentiva, lo sapevo fin troppo bene: mi ero sentita così anche io, fin troppe volte, in quei mesi. Anzi, in tutti quegli anni, sin da quando mamma e papà avevano cominciato a litigare nel cuore della notte e a lanciarsi dietro Schiantesimi. 

« Non volevo venire qua e informarti di aver preso una decisione che ti riguarda senza che tu ne sapessi niente, come hanno fatto la mamma ed il papà per anni con noi due » sussurrai, accarezzando il dorso della sua mano con il pollice. « È orribile e mi sento uno schifo per averlo fatto con te, quando so benissimo cosa si prova e come ci si sente esclusi e traditi proprio da chi ci dovrebbe amare di più... »

Come quando la mamma aveva deciso di andare a convivere con Draco e non mi aveva detto niente. O come quando gli aveva detto il “sì” cruciale, di nuovo senza interpellarmi prima di prendere la sua decisione.

« Non voglio giustificarmi per aver mandato a monte tutti i nostri sforzi » proseguii. « Insomma, l'ho fatto, ormai. Volevo solo spiegarti il perché ».

Hugo sbuffò e scrollò le spalle, come a dire che non aveva importanza.

« Avanti » borbottò, sfilando la mano dalla mia. « Lo sappiamo perché l'hai fatto. C'è Scorpius e tutto il resto e hai paura che a scuola tornerete ad ignorarvi se i vostri genitori si separano ».

Inclinai il capo, un po' perplessa, mentre l'eco di parole crudeli e lontane mi rimbombava nella testa, infilandosi negli anfratti di silenzio tra un pensiero e l'altro. Non faceva più così male. Non tanto come quella mattina.

C'è Scorpius e tutto il resto e hai paura che a scuola tornerete ad ignorarvi.

No, non avevo paura: si ha paura delle possibilità, che appaiono sfocate all'orizzonte del non ancora realizzato, ma non delle certezze. Ed in realtà, per quanto fossi indubbiamente preoccupata dalla prospettiva del ritorno a scuola e da come avrei affrontato la regressione del nostro rapporto al suo stato primordiale, non avevo mai considerato la questione di Hermione e Draco da quel punto di vista. Mi sembrava abbastanza ovvio che io e Scorpius e l'insuccesso dei nostri tentativi di relazionarci in modo quantomeno civile non avessimo  nulla a che fare con i nostri genitori ed il loro matrimonio. Eppure le parole di Hugo – coniugate con una certa occhiatina allusiva da parte di Calvin – mi mi instillarono il dubbio che, in fondo, tutto quello l'avessi fatto anche un po' per Scorpius. Perché prima di lui, prima di noi, prima di quell'estate, non avevo mai provato il bisogno di dimostrare che potevo essere anch'io una persona matura e responsabile, che potevo fare le scelte giuste, anche quando erano quelle più difficili.

Non era importante, comunque. Non più. 

Scossi la testa. 

« No, Hugo. Non l'ho fatto per via di Scorpius: l'ho fatto perché Draco è una brava persona e l'ho fatto perché la mamma se lo merita ». 

Cercai di nuovo la sua mano e Hugo non la ritrasse. Lo considerai un buon segno: non aveva nemmeno tentato di affatturarmi, per il momento. 

Decisi di concludere il mio illuminante discorso prima che la mia fonte di parole ispirate si esaurisse (cosa più che probabile dato che, per quanto ne sapevo, tale fonte prima di allora non era nemmeno mai esistita). 

« Lo sai che lei ha sempre cercato di renderci felici e si è sempre sacrificata tanto per noi, anche se è una pazza paranoica e spesso e volentieri ha finito per essere solo troppo severa o troppe esigente, ma... beh, siamo abbastanza grandi, ormai, non credi? Io penso che dovremmo fare qualcosa noi per lei, adesso. Si è presa cura di noi per sedici anni e sì, ha sbagliato centinaia di volte, ma chi non sbaglia? Io penso che un regalo dovremmo proprio farglielo, per una volta ».

Alzai gli occhi su Hugo, un po' nervosa, mentre scrutavo il suo volto alla ricerca di qualche segno che tradisse la sua reazione alle mie parole, ma la sua espressione rimase impenetrabile: continuò a fissare l'erba tra le sue gambe incrociate, in silenzio.

Tossicchiai, a disagio. 

« Ehm... Io ho finito » annunciai infine, tanto per assicurarmi che fosse chiaro.

« Me n'ero accorto » replicò Hugo.

« E quindi? »

Hugo scrollò le spalle. « Niente. Ho solo due domande ».

Continuava a non guardarmi in faccia, ma sembrava relativamente tranquillo. Tutto sommato, mi sembrava che stesse andando molto meglio di quanto avevo temuto. 

« D'accordo » dissi. « Chiedi pure ».

« La prima domanda è: credi davvero di potertene venire qua a farmi questi discorsi profondi e che per me sarà tutto a posto? Domanda numero due: dove hai battuto la testa per diventare così matura e responsabile? »

Finalmente Hugo alzò gli occhi per incontrare i miei ed il suo volto si aprì in un sorrisetto un po' mesto. Ricambiai il sorriso, sollevata. 

« Non sono venuta qua per sentirmi dire “brava”.Volevo solo spiegarti perché l'ho fatto e... beh, sì, mi piacerebbe se tu capissi. Sarebbe bello se fossimo d'accordo su questo, almeno un po', visto che è una cosa che ci riguarda entrambi ». 

Hugo sbuffò e strappò una manciata di steli d'erba dal terreno. 

« Per capire lo capisco » disse. « Anche a me è sembrato strano vedere mamma e papà di nuovo assieme, che si facevano le fusa e si dicevano cose sdolcinate. Insomma, era sbagliato, non erano loro. E per quello che hai detto sulla mamma... beh, sì, in teoria hai ragione. In pratica non lo so... non nutro questa gran simpatia per i Malfoy, io ». Si morse l'interno delle guance, scavando due identiche fossette ai lati del proprio viso. « Non lo so, non è facile da accettare. Immagino che tu abbia avuto tempo per abituarti, in questi mesi. Io no. E me ne serve un po' ».

Sì, era giusto. Hugo spesso reagiva in modo molto più maturo e responsabile di quanto facessi io e per questo, di solito, tendevo a dimenticare chi dei due fosse il fratello maggiore. Ma Hugo aveva pur sempre quindici anni e a me ci erano voluto mesi per capirlo: non potevo pretendere che le cose andassero a posto con un semplice “scusa” ed uno schiocco di dita. Ed in fondo era giusto così. 

Non potei evitare di rivolgergli un gran sorriso.

« Quindi non vuoi uccidermi? » indagai. 

Hugo scosse la testa, ricambiando il mio sorriso con un piccolo ghigno un po' stentato.  

« Nah... vedrò di fartela pagare in qualche modo, quando torniamo a scuola ».

« Allora è tutto a posto? » insistetti.

Hugo inarcò un sopracciglio, apparentemente divertito dalle mie domande.

« Tutto a posto direi di no. Hai pur sempre mandato a monte il nostro magnifico piano ». 

« Ma mi vuoi ancora bene, no? »

Hugo aggrottò le sopracciglia, con l'aria di uno studente impreparato a cui è stata appena posta una domanda di Aritmanzia incredibilmente complicata. Finse di pensarci per un po', poi mi assestò una gomitata tra le costole. 

« Ma sì, dai » me la diede vinta, infine.

« Allora va bene » dichiarai. « Se mi vuoi ancora bene sopporterò tutto ». 

Hugo mi lanciò un'occhiatina malvagia. « Oh, ne avrai di cose da sopportare, sì... »

Gli restituii il colpo in pancia. 

« Aha, per esempio cosa? » chiesi.

Hugo ridacchiò e schivò il mio secondo colpo. 

« Non lo so... mi farò venire in mente qualcosa. Mentre ci penso resti da noi per cena? » 

Gli rivolsi un sorrisetto complice.

« Solo se non cucina papà ».  

Provai una punta di orgoglio mentre mi rendevo conto che per una volta ce l'avevo fatta davvero, a sistemare le cose. Non tutte, non definitivamente, ma un tassello alla volta stavo cominciando a rimettere a posto il puzzle della mia vita.

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Capitolo 30
*** tra mago e streghetta non ci metter la bacchetta ***


***

Salve :) 
No, questo non è il capitolo, come ormai avrete intuito. Lo metterò online più tardi, verso ora di pranzo/primo pomeriggio.
Non so perché ho fatto questa bastardata, in effetti. Ero momentaneamente ispirata dal Maligno.
Vi amo tanto, a fra poco <3
***
 

Qualche ora dopo la bastardata del secolo (che andava conservata)...

Va bene, d'accordo, ho capito, aggiorno. 
Che sennò mi uccidete (più che giustamente). Pensavo di cancellare il (finto) capitolo scorso, perché in teoria cose del genere non si dovrebbero fare né tantomeno pubblicare, ma mi sono divertita così tanto a leggere le vostre recensioni (a proposito, ve l'ho mai detto che siete adorabili quando mi minacciate di morte? <3) che penso proprio che li unirò e lo conserverò ad imperitura memoria. Non li unisco adesso perché non vorrei fare casino, così sono sicura che sapete tutti che ho aggiornato con il capitolo vero ed evitate di mandarmi a casa pacchi-bomba.
Detto ciò, visto che i vostri sguardi omicidi mi fanno intuire che un capitolo non è abbastanza per farsi perdonare, vi dirò anche che il prossimo è scritto e sto iniziando a copiarlo. Mi impegnerò per copiarlo in fretta e questa volta vi prometto - e lo farò davvero, a costo di restar sveglia di notte a scrivere - che arriverà presto. La data di pubblicazione è fra due settimane esatte, cascasse il mondo. Qundi, secondo l'agenda, il 19.
 Detto ciò vi lascio al capitolo, con il benestare della nostra amata Zuzallove, che ha blandito le mie crisi da scrittrice isterica ed insicura ed permesso a questo capitolo di venir pubblicato così in fretta (insomma... relativamente in fretta. Più in fretta che se non ci fosse stata lei, ecco). Un grazie alla Zuz, tutti assieme. Anche per avermi fatto da psicologa. 
Ah, no, scherzavo. Ultima cosa. Ultima davvero. Mi dispiace di non aver risposto alle recensioni - come al solito, direte voi. Sì, avete ragione. Ma oggi sono in vena di promesse: le recensioni in arretrato sono troppe e se solo penso che dovrei rispondere a tutte mi viene un colpo, ma, perché siamo giunti al fatidico ma, prometto che risponderò a tutte le recensioni di questi ultimi capitoli. Giurin giurello.
Davvero, questa storia sta per finire, e dopo avervi fatti aspettare e penare tanto, senza nemmeno rispondere a tutte le vostre adorabili recensioni, mi sto sentendo così in colpa che sento il bisogno di redimermi ai vostri occhi. Beh, ci sto provando. Anche con questo capitolo. Perché non so cosa ne direte di questo Scorpius, ma io direi che è cotto come una pera matura ed impermalosito da morire <3

La vostra disastrosa RoseScorpius :))

 



Capitolo 29

Fra mago e streghetta non ci metter la bacchetta

 

Trovo molto simpatico che, nel momento in cui finalmente decidi di lasciar perdere una causa chiaramente persa, il resto del mondo si metta in testa di prendere le tue difese e portarla avanti per te. Credo che sia una legge di Murphy, o qualcosa del genere.

In fondo, mi pare evidente che debba sempre esserci qualche idiota pronto ad immolare se stesso (e spesso e volentieri anche i propri conoscenti) in onore di una qualche allucinazione irrealizzabile. Il mondo è pur sempre pieno di chiese, moschee e sinagoghe, dopotutto. Ora, a quanto pare, è anche pieno di cugini Weasley-Potter che abbracciano con entusiasmo i progetti nuziali di Al. Perché è ovvio che nel momento in cui tu e il tuo quasi (magari, ti sarebbe piaciuto, ma peccato che no) ragazzo vi toglierete il saluto ci sarà una schiera di parenti ed amici pronti a mettersi i mezzo ed improvvisarsi psicologi e consulenti matrimoniali. 

 

***

 

Mio padre tornò a casa estremamente pallido, con l'aria di un naufrago che ancora non si capacita di essere sopravvissuto alla tempesta. Immaginavo che non dovesse essere stato troppo piacevole avere a che fare con mia madre subito dopo che gli effetti del filtro d'amore erano svaniti. Quando si gettò sul prato accanto a me e Hugo, però, mi sembrò che fosse felice.

« Romilda mi ha piantato » dichiarò, estasiato.

Poi, scoppiando in una risatina estremamente acuta, ripeté: « Romilda mi ha piantato, ci credete? »

Mio fratello ed io ci scambiammo un'occhiata vagamente preoccupata.

« E questo è... ehm... un bene? » indagò Hugo, cauto.

Papà continuò a ridacchiare. 

« Lo ha fatto davanti a mezzo Ministero della Magia... avreste dovuto sentirla. È stato... beh, è stato esilarante. Anche un po' imbarazzante, suppongo » soffocò una risata, girandosi sulla pancia e premendo il volto tra l'erba. « E Malfoy, la faccia di Malfoy... non mi sono mai divertito tanto a sue spese... e vostra madre... Merlino se era arrabbiata, mi ha praticamente sbranato vivo... miseriaccia... »

Lasciammo papà a rotolarsi sull'erba ridendo come un Troll sotto l'effetto di qualche prodotto non ancora testato dei Tiri Vispi Weasley e decidemmo di andare in cucina a preparare la cena. Mentre rovistavamo nel frigo, alla ricerca di qualcosa di commestibile (e possibilmente non avariato), Hugo si picchiettò un dito sulla tempia.

« Quel filtro deve avergli fatto male... » 

Mi strinsi nelle spalle ed annusai un cartoccio di pesce che aveva tutta l'aria di essere rimasto a decomporsi nel frigo per qualche mese. 

« Bah, almeno sembrava contento ».

« E se non altro abbiamo portato a termine la metà dell'operazione LSD che riguardava lui e Romilda » aggiunse Hugo, un po' rincuorato. « Almeno non mi chiamerà più Huge... »

« Già. Non è stato proprio un fiasco totale, in fondo » concordai, affrettandomi a far Evanescere il pesce con un colpo di bacchetta. 

Mentre sistemavamo sul tavolo della cucina i pochi alimenti dall'aspetto non letale che eravamo riusciti a reperire, Hugo approfittò dell'occasione per assestare un calcio a Grattastinchi II, di passaggio tra i suoi piedi. Il gatto ringhiò come un cucciolo di lupo mannaro in una notte di luna piena (ed estremamente storta) e ci squadrò con i due occhietti gialli carichi di disprezzo. Poi, tirando su la coda con fare altezzoso, si diresse verso la porta e se ne andò ancheggiando, non prima di aver lasciato un escremento sul tappeto.

Hugo sospirò, sconfortato. 

« Odio quel gatto... »

 

***

 

Quando la Passaporta (non so quanto legale) creata da mio padre mi Materializzò davanti alla porta di casa mia, ampiamente oltre la mezzanotte, trovai mia madre ad aspettarmi in soggiorno. 

« Tuo padre mi ha mandato un Patronus e mi ha detto che non saresti tornata a casa per cena » disse appena appoggiai le dita del primo piede dentro casa.

Scivolai silenziosamente nell'ingresso, cercando di capire se volesse ancora uccidermi o se avesse rinunciato ai suoi propositi omicidi.

« Sì, ho cenato da lui, con Hugo... » spiegai, mentre aggiravo il divano in un goffo tentativo di raggiungere le scale prima che le sue mani potessero raggiungere il mio collo. 

Piuttosto stupido, dal momento che aveva una bacchetta magica e che, comunque, ero abbastanza sicura che fosse capace di uccidere con lo sguardo, come un Basilisco. Avrei decisamente dovuto chiamarla per chiederle il permesso prima di accettare l'invito a cena: in fondo, avrei dovuto sapere che non c'era da fidarsi se anche papà sosteneva che loro due avevano fatto la pace e che da quel momento in poi sarebbero andati d'accordo.

« È stato maturo da parte sua, avvertirmi... » aggiunse mamma, in un sussurro appena udibile, come se stesse parlando a se stessa ed io fossi solo parte del mobilio.

Forse se continuava a preoccuparsi più dei propri pensieri che di me avevo una possibilità di...

« A proposito ». 

La sua voce, questa volta alta e decisa, spazzò via tutte le mie speranze. 

Mi bloccai con un piede a mezz'aria per posarsi sul primo gradino della scala. 

« Se davvero fossi arrabbiata con te ti avrei già Schiantata ». 

« Oh, bene... » borbottai, sollevata. 

« Quindi non c'è bisogno di sgattaiolare via in quel modo » aggiunse lei, facendomi cenno di raggiungerla sul divano. « Andrai a letto illesa fra cinque minuti. Volevo solo dirti due parole ».

Rimasi a fissarla, tentando di decidere se fidarmi o no. In fondo, poteva benissimo essere tutta una trappola. Era estremamente probabile che fosse tutta una trappola, visto quello che avevo combinato. 

« Con illesa intendi dire che non mi punirai? » indagai. 

« Non ti punirò » confermò mia madre. 

« E non attenterai ai miei diritti umani fondamentali in nessun altro modo? » insistetti. 

Mamma roteò gli occhi. « Oh, avanti, Rose! Non sono Lord Voldemort! »

« Era un pivello, in confronto a te... » brontolai, ma la raggiunsi sul divano e mi sedetti cautamente nell'angolo più lontano da lei.

Mamma mi squadrò per alcuni istanti e sollevò l'indice della mano destra, come se stesse per pronunciare la perla di saggezza del secolo, ma poi parve cambiare idea e lo riabbassò con un sospiro.

« Io e Ronald siamo stati dei pessimi genitori, vero? » chiese. 

Scrollai le spalle, ancora troppo felice di non essere stata sbranata viva per mettermi a polemizzare.

« Un po' » minimizzai.

Un po' tanto... diciamo pure un po' troppo...

Mamma annuì ed incassò il colpo. 

« Sì, suppongo che... beh, suppongo che d'ora in poi dovremo provare a rimediare. Insomma, non che approvi quello che tu e tuo fratello avete fatto » precisò, cogliendo l'occasione per lanciarmi un'occhiataccia. « Ma mi avete fatto capire delle cose ». 

Senza sapere bene perché mi ritrovai a distogliere lo sguardo da lei, mentre reprimevo un sorrisetto. Era strano avere una conversazione del genere con mia madre, dopo tutto il tempo che avevamo passato a litigare e fare del nostro meglio per rovinarci l'estate a vicenda: mi dava una certa soddisfazione, ma era anche incredibilmente imbarazzante.

« Io... beh... mi fa piacere » borbottai, arrossendo. « Credo di aver capito anche io delle cose... »

Quando mi arrischiai a rialzare lo sguardo su di lei, mamma stava sorridendo. 

« Draco mi ha raccontato di quello che vi siete detti, sai ».

« Oh, bene » grugnii. « Questo sì che è imbarazzante... »

Restammo in silenzio per una manciata di quelli che mi parvero i secondi più lunghi che avessi mai vissuto, poi mamma si alzò e si lisciò le pieghe della camicia da notte, tossicchiando.

« Bene, allora, credo che andrò a dormire » disse.

Mi alzai anche io, o per dirla proprio tutta balzai in piedi. 

« Sì, andrò anch'io... »

« Allora buona notte ».

« Buona notte ».

Quando raggiungemmo il corridoio del primo piano, mamma si fermò davanti alla porta della propria stanza e mi rivolse uno sguardo incerto.

« E... Rose? Stavo pensando... ti serve una mano con lo studio? »

Se Merlino stesso fosse risorto dalla tomba per salvarmi da morte certa non avrei potuto essergli più grata di così. Sorrisi, sollevata, cominciando a pensare che forse, in fondo, avevo ancora una possibilità di venir promossa.

« Magari... » balbettai, arrossendo.

Mamma non sembrò minimamente turbata dalla mia implicita ammissione di colpa, quando abbassai gli occhi con la tipica espressione colpevole da studente disperato ed irrimediabilmente ignorante. Addirittura, il che cominciò a farmi seriamente dubitare che dentro al suo corpo ci fosse proprio mia madre, sembrò felice di potersi rendere utile. 

« D'accordo. Vai a letto, ora. Ci penseremo domani ».

La ringraziai in silenzio e mi affrettai a sparire in mansarda, prima che potesse tornare in sé e ricordarsi che tra le prerogative di Hermione Granger rientrava a pieno diritto quella di scannarmi quando non studiavo a sufficienza. 

 

***

 

Il giorno dopo, com'era piuttosto prevedibile, mia madre mi aveva preparato un intero piano di studi per coprire tutti gli argomenti e sottoargomenti e postille inutili del GUFO nei pochi giorni che mi restavano prima dell'esame. Squadrai con circospezione la tabella dai colori sgargianti – presumibilmente programmata per strillarmi addosso ingiurie di ogni sorta se non l'avessi rispettata – che mi mise in mano a colazione: la quantità di ore di studio previste era mostruosa, ma se non altro – osservai, con una risatina vagamente isterica – mi erano state concesse due pause pipì giornaliere, per un totale di due minuti e mezzo. I pasti naturalmente non erano nulla che non potesse essere consumato con un libro aperto accanto al piatto, secondo la filosofia di vita di mia madre. A quanto pareva mamma non aveva minimamente rinunciato alla sua prerogativa di scannarmi: aveva solo scelto un modo estremamente lento e doloroso per farlo. 

Dopo alcuni attimi di sconforto, mi accorsi di aver già imparato gli argomenti previsti per i primi due giorni di studio selvaggio e suicida, così, leggermente sollevata, picchiettai la bacchetta sulla prima casella, che recitava “Incantesimi Dimensionali”. Per tutta risposta la pergamena si liberò dalla mia presa e, svolazzandomi davanti al naso, mi chiese il primo assioma della Trasfigurazione Dimensionale. Raccolsi le idee, cercando di ricordare la definizione data dal libro, poi mi schiarii la gola e – sentendomi decisamente idiota – cominciai a recitare l'assioma a voce alta. 

« La Trasfigurazione Dimensionale avviene per moltiplicazione delle particelle componenti i corpi, quindi con cambiamento quantitativo ma non qualitativo. Essa non ha un limite massimo di grandezza, ma ha un limite minimo, essendo la materia composta da particelle non divisibili all'infinito ». 

« Sì, lo penso anch'io » dichiarò Draco, passandomi accanto per prendere una tazza dalla credenza. 

Lo incenerii con un'occhiataccia e tornai a dedicarmi alla tabella. Quella, non ancora del tutto soddisfatta, mi chiese l'esecuzione pratica di un incantesimo. Dopo che ebbi rimpicciolito la sedia su cui Draco stava per sedersi alle dimensioni di una tazzina da caffè – e dopo i dovuti insulti che ne seguirono – la casella venne finalmente barrata da una X rossa. Proseguii l'interrogatorio per metà della mattina e riuscii a convincere la tabella della mia competenza in tutti gli argomenti che avevo già studiato, fatta eccezione per la Trasfigurazione Animale Commutativa, di cui non ricordavo nulla se non che durante una lezione pratica avevo fatto comparire una pinna di squalo al posto del naso della mia compagna di banco. Ferguson mi aveva tolto una trentina di punti, sostenendo che l'avevo fatto di proposito, quando chiaramente, invece, non ricordavo nemmeno il nome dell'incantesimo che avevo appena usato. 

Appena la tabella ebbe stabilito quali argomenti mi restavano da studiare, le caselle si riorganizzarono, cancellando quelle che erano state barrate. Se non altro ora le pause pipì che mi venivano graziosamente concesse si erano estese alla durata di cinque minuti. La quantità di studio giornaliero era comunque troppa per un qualunque mortale, ma per l'occasione decisi di sfoderare i miei geni Granger – da qualche parte dovevo pur averceli, no? – ed iniziai a studiare. Anche perché, con l'esame alle porte, non mi restavano molte alternative. 

Mentre io studiavo, Draco, che quel giorno avrebbe avuto il turno di notte (come andava ripetendo con aria da vittima sacrificale da più o meno una settimana), passò la mattina a bighellonare in giro per la casa. Il che, dopo una decina scarsa di minuti durante i quali sfogliò svogliatamente un libro e tentò senza successo di accendere la televisione, significò necessariamente venire a reclamare le attenzione che riteneva gli spettassero di diritto.

« Un mio collega mi ha regalato due biglietti per la partita dei Falcons, domani sera » disse, sedendosi al tavolo della cucina di fronte a me.

Alzai uno sguardo seccato dal dal libro di Trasfigurazione Avanzata, premurandomi di palesargli tutto il mio fastidio. Giusto per mantenere le vecchie abitudini. 

« Non ha trovato nessun modo migliore per disfarsene? » chiesi. 

« E tu davvero non potevi trovare un commento meno antipatico? » replicò lui, storcendo il naso in una delle sue più abusate espressioni di aristocratico disappunto.

Un tempo l'avrei trovata insopportabile. In realtà anche adesso, ma supponevo che non facesse testo dal momento che mentre studiavo sarei stata capace di trovare insopportabile persino uno chef assunto per servirmi crêpes alla Nutella ventiquattr'ore al giorno.

« Bene, direi che abbiamo sbrigato i convenevoli » tagliai corto. « Che vuoi? »

L'espressione di Draco si fece se possibile ancora più schifata. 

« Volevo portartici, se pensi di farcela a non essere così insopportabile per un paio d'ore ».

« Sì, e poi chiederai ad un Dissennatore di rendere felici le persone? » lo aggredii. . 

Sorvolando sul fatto che la tabella avrebbe potuto uccidermi se avessi abbandonato lo studio per una partita di Quidditch, non ero esattamente dell'umore più indicato per andare a tifare una delle squadre che detestavo maggiormente nel campionato inglese.

Mi chinai sul libro per sottolineare un paio di righe, ma, quando mi accorsi che Draco non aveva la minima intenzione di lasciar cadere la conversazione lì dove si era arenata, fui costretta a lasciar perdere. Sbuffai. 

« Portaci Scorpius, se ci tieni così tanto ».

« Lo farei, se non fosse che gli interesserebbe di più una gara di corsa tra lumache carnivore » rispose Draco. 

« Non lo biasimo: se giocano i Falcons, anche io preferisco le lumache » commentai.

Il che non era del tutto vero, ma ci sono certe soddisfazioni che è d'obbligo non dare ad un Malfoy. Nemmeno se ci vai d'accordo, o quasi. E tantomeno come ringraziamento per averti salvata dalle ire di tua madre. 

Draco non doveva essere dello stesso parere, a giudicare dal modo in cui mi guardò.

« Hai mangiato uno yogurt andato a male o sono solo problemi femminili di cui non voglio approfondire la conoscenza? » s'informò. 

« Mai preso in considerazione l'idea che possa essere la tua presenza? » replicai. 

Draco non si scompose minimamente. 

« No, mai ».

« Bene, comincia a farlo, allora » sbuffai. « E, tanto per sapere, quando è stata l'ultima volta che hai chiesto a Scorpius se gli andava di vedere una partita con te? »

Draco parve parecchio imbarazzato da quella domanda. Le sue guance pallide furono sommerse da un'improvvisa vampata di rossore e le sue labbra si serrarono nell'espressione colpevole che avrei potuto assumere io davanti a Ferguson che mi chiedeva i compiti delle vacanze di Trasfigurazione.

« Non lo so... » borbottò, a voce così bassa che fui costretta ad indovinare le sue parole. 

« Beh, allora fa' in modo che sia oggi » tagliai corto. 

L'idea di perdermi una partita di Quidditch per Scorpius – da un posto in tribuna d'onore, probabilmente, il che compensava quasi la presenza in campo dei Falcons – non era esattamente allettante, visto il modo in cui mi aveva trattata negli ultimi giorni. E visto che lui avrebbe a stento capito quale delle due squadre in campo doveva tifare, tra l'altro. Ma avevo fatto una promessa muta allo Scorpius troppo timido e gentile per reclamare le attenzioni di suo padre, tempo prima, e l'avrei rispettata. In fondo, non si poteva dire che non avessi meritato lo Scorpius stronzo.

Quando rialzai lo sguardo dal libro di Trasfigurazione scoprii che Draco era ancora seduto di fronte a me e che mi stava scrutando con espressione accigliata. 

« Quanto ti devo per la consulenza psicologica sui miei problemi familiari? » chiese, infine. 

« Cento Galeoni, oppure puoi lasciarmi studiare in pace. Sarebbe ugualmente apprezzato » grugnii, tornando a chinarmi sui libri. 

« Ti comprerò una pozione per il buonumore » decise Draco, senza manifestare la minima intenzione di schiodarsi prima della prossima era glaciale.

« E... Rose? » aggiunse, esitante. 

« Eh? » sbuffai. 

« Lo sai che non ti faranno santa nemmeno se passi la vita a crocifiggerti, vero? » mi chiese. « Anche perché i santi sono roba da Cattolici ed in ogni caso i canoni per la santificazione sono decisamente al di là della tua portata ». 

Alzai uno sguardo infastidito su di lui. 

« E questo mi vieta di “crocifiggermi”? » domandai, scimmiottando il termine che aveva usato.

« No » rispose Draco. « Ma potresti evitarlo, non trovi? »

Lo liquidai con un gesto secco della mano e sollevai la copertina del primo quaderno che mi capitò sotto mano, tanto per rendere chiaro che avevo di meglio da fare che stare lì ad ascoltarlo mentre tentava maldestramente di psicanalizzarmi.

« Non far finta che t'interessi » borbottai. 

« Non m'interessa, infatti » replicò Draco, con un'invidiabile faccia di bronzo. 

Fui costretta a reprimere un sorrisetto.

« Bene, ora che me l'hai reso noto puoi anche andare ». 

Draco si strinse nelle spalle e si alzò, come a dire che in ogni caso la mia compagnia non gli stava particolarmente a cuore.

« Come ti pare. Per la prossima partita mi procurerò tre biglietti ». 

« Quattro » lo corressi. « O Hugo non mi rivolgerà più la parola ». 

« Vada per quattro » mi concesse Draco dopo una breve esitazione condita dalla consueta smorfia schifata. « Non dobbiamo invitare anche tuo padre, vero? » chiese poi, con una vaga sfumatura di terrore nella voce. 

Per un attimo immaginai la scena di una partita dei Cannoni contro i Falcons, con mio padre e Draco che attentavano alle rispettive vite per festeggiare ogni goal segnato o subito. 

« Non sarà necessario » lo rassicurai.

Draco sembrò parecchio sollevato. 

« Bene » disse. Poi ci tenne a precisare: « Perché non l'avrei fatto comunque ». 

Gli indirizzai un sorrisino divertito prima di rimettermi a studiare.

« Mai pensato il contrario ». 

 

***

 

Giovedì 25 agosto andammo a Diagon Alley per procurarci il materiale necessario a sopravvivere al nuovo anno scolastico, che era ormai alle porte. Al Paiolo Magico, non so se per caso o per una cospirazione abilmente orchestrata da Al, incontrammo metà del clan Potter-Weasley, che era diretta a Diagon Alley per il nostro stesso motivo. 

Zio Harry, zia Ginny e zio Bill sembrarono tutto fuorché entusiasti di passare una già di per sé estenuante giornata di shopping in compagnia dei Malfoy, ma per non fare un torto a mia madre risolsero d'ingoiare il boccone amaro e fingere che l'uomo biondo al loro fianco non esistesse. Albus, al contrario, fu estasiato di vederci. Estasi che durò giusto il tempo di rendersi conto che io e Scorpius continuavamo a non rivolgerci la parola e che quindi si trasformò in fastidio e sconforto. Lo stesso che si dipinse sul volto di James quando Dominique lo avvicinò per fargli sapere che la sua maglietta aveva una macchia d'unto sotto al colletto.

Prima che riuscissero a litigare, comunque, la comitiva decise di mettersi in marcia. Mentre percorrevamo l'ampio viale gremito di gente (« Lo dicevo io che dovevamo venire prima » grugnì Draco, attirandosi le occhiate omicide di Harry e Ginny), Al mi si affiancò. 

« Allora » chiese, con tono ben poco amichevole. « Come va con Scorpius? »

« Semplicemente non va » fu la sincera risposta, che però non venne da me.

Mi voltai, incredula, per scoprire che Scorpius ci si era avvicinato con nonchalance e si era intromesso nel nostro discorso nel modo più sgradevole e cafone di cui fosse capace.

« Non avrei saputo dirlo meglio » grugnii, evitando accuratamente il suo sguardo.

Non volevo dargli la soddisfazione di fargli sapere quanto le sue parole mi avessero ferita. Si era ridotto tutto alla vecchia faida Serpeverde contro Grifondoro, alla fine: lui faceva la serpe ed io mi fingevo molto più forte di quanto in realtà fossi.

« Quindi, Al » continuò Scorpius, con la voce pacata di chi sta parlando delle previsioni del tempo davanti ad una tazza di tè. « Saresti gentilmente pregato di smetterla con questa buffonata dell'agenzia matrimoniale. È più che evidente che tra me e Rose non potrebbe mai funzionare ».

Di nuovo, non avrebbe potuto dirlo meglio. Mi sentii come se uno schiaffo mi avesse colpita in pieno viso, ma continuai a camminare al fianco dei due Serpeverde, impassibile. Per fortuna in mio aiuto intervenne Lily, che mi prese a braccetto e rivolse un sorriso sornione a Scorpius.

« Ehi, Scorp, come va la vita? »

Scorpius scrollò le spalle. 

« Molto bene, grazie. Tu? »

Non calcò particolarmente sul “molto”, ma non ce ne fu bisogno per rendere chiaro il concetto. Lily continuò a sorridere, affabile. Un po' troppo affabile, in effetti, per non assomigliare ad Albus nei suoi momenti di maggiore perfidia. 

« Oh, non mi lamento » disse Lily. « A proposito, tu e Al siete compagni di dormitorio di Marshall, vero? » aggiunse.

Scorpius scrollò le spalle una seconda volta, mentre Albus annuì. 

« Sì, perché? Sei interessata? Mi hanno detto che alla festa di Rose e Scorpius te lo sei ripassata per bene ».

« Mentre tu eri ubriaco fradicio e cercavi di limonarti Jamie, sì » replicò Lily, per nulla scalfita dal commento del fratello. Poi, facendomi l'occhiolino, aggiunse: « Comunque non si può dire che Marshall non sia un gran bel pezzo di ragazzo, non trovi, Rose? »

La smorfia scontenta di Scorpius mi convinse a stare al gioco. 

« Mmh.... sì, beh, è bello ».

« Più che bello » precisò Lily, mentre Al e Scorpius ci fissavano con due identiche espressioni corrucciate. « Siete stati assieme al terzo anno, non è vero? »

Scorpius si ficcò le mani in tasca e distolse lo sguardo, puntandolo sulla vetrina di un negozio di abbigliamento per streghe. Repressi un sorrisino soddisfatto. 

« Già, stavamo assieme ». 

« Pensi anche tu che baci benissimo? » insistette Lily, mentre la faccia di Albus s'illuminava di comprensione e diventava divertita. Quella di Scorpius, invece, appariva sempre più tetra.

Sorrisi, rinfrancata dalla mia piccola rivincita. 

« Oh, sì, dei ragazzi che ho baciato era sicuramente il migliore ».

« Oh, ci intendiamo, allora » esclamò Lily, raggiante. « Dopotutto tu stavi anche con quel figaccione di Baston, sapevo che potevo fidarmi dei tuoi gusti ».

L'espressione di Scorpius, ora, era identica a quella che avrebbe avuto Draco trovando un Babbano sul divano nel soggiorno di casa sua. Lily gli lanciò un'occhiatina estremamente soddisfatta.

« Non ti dispiace se ti rubo Marshall per un po', vero, Rose? »

Feci spallucce. 

« No, fai pure ».

« Bene, allora io e Rose ce ne andiamo a discutere di affari privati » annunciò Lily, trascinandomi via per un braccio. « A dopo, ragazzi ». 

Appena fummo fuori portata d'orecchio, tirai un sospiro di sollievo. 

« Grazie, Lily ». 

« E di che? » rispose lei. « È tutta la vita che faccio l'avvocato divorzista delle coppie di Al che falliscono ».

Non fece altri commenti a proposito di Scorpius, né mi disse che secondo lei era ancora cotto di me e che saremmo tornati ad andare d'accordo presto. Doveva sapere bene quanto fosse sfiancante ed inopportuno Al, nei momenti sbagliati. Gliene fui immensamente grata. 

Quando entrammo al Ghirigoro, mia madre e Scorpius s'illuminarono di gioia. Draco sbuffò, Harry sbuffò perché Draco aveva palesato al mondo la sua esistenza e James sbuffò, presumibilmente perché stavamo entrando in un posto pieno zeppo di libri. Albus, al posto di sbuffare, si stava lamentando rumorosamente con zia Ginny. 

« Perché devo sempre avere i libri di seconda mano di James? Li scarabocchia tutti e fa un sacco di disegnini idioti sui margini! Prova tu a studiare da un libro pieno di gigantografie del Boccino d'Oro! »

« Vogliamo parlare di me? » urlò Lily di rimando. Poi, in modo che solo io potessi udirla, aggiunse. « Le donne nude scommetto che non ce le disegna James ».

Mentre Ginny scendeva a compromessi con Al, che per tacere voleva un nuovo libro sui veleni e sulle pozioni mortali (i cui possibili futuri impieghi impensierivano la madre non poco), io e Lily ci addentrammo nella libreria. Lily, come Al, aveva già tutti i libri che le servivano – sorvolando sulle condizioni pietose in cui erano ridotti, che mi furono descritte con dovizia di particolari – mentre io sapevo per esperienza che ai miei avrebbe provveduto mia madre, aggiungendo qualche tomo integrativo “per cultura personale” che non avrei mai aperto. Perciò, non avendo nulla di meglio da fare, bighellonammo un po' per la libreria , soffermandoci nel reparto di Babbanologia per sfogliare il Grande Manuale dei Manufatti Babbani e dei loro Usi, secondo il quale gli asciugacapelli servivano come scacciamosche ed i telefoni cellulari erano degli attrezzi da palestra portatili studiati per rinforzare la muscolatura delle dita. Stavamo giusto leggendo un paragrafo che spiegava  più nel dettaglio le malformazioni congenite degli arti Babbani quando un'odiosa vocina a me fin troppo familiare ci interruppe.

« Ehm-ehm... buon pomeriggio, Rose ».

Strinsi i pugni, imponendomi di mantenere la calma, e mi voltai per fronteggiare Tessa MacMillan. Durante l'estate era cresciuta ancora – o forse erano i pochi centimetri di tacco dei suoi sandali a farla sembrare tanto più alta di me – ma comunque fosse mi ritrovai a guardarla da sotto in su, rimpiangendo amaramente i giorni, al primo e secondo anno, quando ancora ero più alta di lei.

I suoi capelli – palesemente schiariti con qualche pozione – erano biondo miele e lunghi fino a metà della schiena, mentre il suo seno era fastidiosamente grande rispetto al mio (complice anche un reggiseno imbottito, conoscendola). Aggiungiamoci pure che fino a quattro mesi prima era stata la ragazza di Scorpius e la mia irritazione nell'incontrarla rasentava gli istinti omicidi. Calvin, per una volta, si professò pienamente d'accordo con me e mi propose alcune immagini di Tessa impiccata e sviscerata nei modi più bizzarri e fantasiosi.

« Tessa » la salutai, senza il minimo entusiasmo. « È un piacere vederti ».

Lei mi sorrise, con l'espressione affabilmente stronza che l'aveva sempre contraddistinta.

« Il piacere è tutto mio, Rose » rispose, tutta zucchero e miele. « Ho saputo che tua madre ha fatto una scenata al Ministero per farti avere una seconda possibilità in Trasfigurazione. Buona fortuna per l'esame, in tal caso. Ne avrai bisogno ».

« D'altronde, a quanto pare, non si può avere fortuna con madre natura e con lo studio nella stessa vita » s'intromise Dominique, comparendo all'improvviso da dietro uno scaffale. 

Calvin fece per obiettare a quell'affermazione, ma lo misi a tacere brutalmente. Lily, al mio fianco, represse una risatina, mentre le guance di Tessa si tingevano di rosso. Con un certo sollievo, osservandola di sottecchi, constatai che il suo naso era comunque rimasto a forma di patata, che il suo corpo esibiva qualche rotondità in eccesso e che la sua pelle – sotto i chili di fondotinta – era sempre martoriata dall'acne. Non mi capitava spesso di fare dei paragoni simili, ma pensai con una certa soddisfazione che potevo essere ritenuta più bella di lei a buon diritto.

Tessa aprì e richiuse la bocca per un paio di volte senza trovare nulla da dire, ma si riprese in fretta dall'affronto subìto e tornò alla carica con ferocia, ignorando totalmente il commento di Dominique.

« Ho saputo che tu e Scorpius avete litigato. Mi dispiace così tanto, proprio ora che avevate cominciato ad andare d'accordo... »

A giudicare dal suo ghigno crudele, le sarebbe dispiaciuto di più vincere un milione di Galeoni alla lotteria. Mi sforzai di sorridere, o quantomeno di non strozzarla.

« No, non fa... »

« Dopo che ci siamo lasciati io e Scorpius non ci siamo parlati per mesi » mi interruppe Tessa. « Per fortuna ora abbiamo riallacciato i rapporti e andiamo d'accordo come prima ». 

« Una vera fortuna » commentò Dominique tra i denti.

Tessa sorrise, odiosa come sempre. 

« Avrei voluto passare a trovarlo quest'estate, so che per lui è stato un periodo difficile, ma non volevo disturbarti ». 

La risposta che le diedi, con voce calma ed affabile, stupì me per prima. 

« Non ti preoccupare, vieni quando ti pare. In ogni caso a me non dà fastidio, sarò in camera mia a studiare. E sono sicura che a Scorpius farebbe molto piacere ».

Tessa rimase completamente spiazzata dalle mie parole: arrossì, sbiancò, infine annuì e mi voltò le spalle.

« D'accordo, passerò a fare un saluto » disse, prima di sparire tra gli scaffali.

Dominique si voltò verso di me con espressione scandalizzata.

« Rose, hai appena... »

« Lo so quello che ho appena fatto, grazie tante » sbuffai, ficcando il Grande Manuale dei Manufatti Babbani e dei loro Usi nel primo scaffale che trovai.

« Ma, Rose... » disse Lily, con un filo di voce. « Tu odi Tessa MacMillan... »

Certo che la odiavo, ma scoprii che non me ne importava più di tanto: se non potevo avere Scorpius, non faceva alcuna differenza il fatto che sposasse Tessa o no. Né tantomeno mi interessava vendicarmi. Volevo solo tornare a scuola a testa alta e dimostrare a Scorpius che la sua cattiveria non mi scalfiva minimamente. Poi, possibilmente, non sarebbe neanche stata una brutta idea riuscire a fare in modo che tale dimostrazione corrispondesse all'effettiva realtà. 

Sospirai. 

«  Non importa. Basta che mi stia fuori dai piedi ». 

« E perciò logicamente l'hai invitata a casa tua » s'intromise Al, raggiungendoci in quel momento con il suo amico biondo al seguito. 

Scorpius mi lanciò un'occhiata così sconvolta che pensai fosse sul punto di svenire. Lo ignorai totalmente e mi diressi verso la scala che portava al secondo piano. Si riprese in fretta, in ogni caso: avevo appena posato un piede sul primo gradino quando la sua voce ruppe il silenzio alle mie spalle.

« Tessa è più carina, abbronzata. Non trovi, Al? »

Lo schiocco secco di uno schiaffo risuonò nell'aria. 

« Idiota » sibilò Dominique, che, a giudicare dal tono bellicoso, doveva essere l'autrice del precedente atto di violenza.

James, che stava sfogliando un manuale di Quidditch nella sezione lì accanto, gli si avvicinò con aria compassionevole e gli batté una pacca sulla spalla.

« Lasciala perdere. Si irrita facilmente ».

Continuai a salire la scala senza voltarmi. Dominique e Lily mi raggiunsero poco dopo, sul soppalco da dov'era possibile vedere gran parte della libreria.

« È ancora cotto di te » sentenziò Domi. « Se gli importasse qualcosa di Tessa si sarebbe fatto vivo prima e l'avrebbe salutata ». 

Mi chiesi distrattamente da quando Domi era tornata ad essere la mia consolatrice, dal momento che aveva passato gran parte dell'estate immersa nei problemi del suo immenso ego e la restante parte a fare l'amica intima (e magari anche più intima che amica) di Scorpius, ma non commentai. Mi limitai a prendere in mano un libro sulla geografia dei luoghi incantati in Europa e a fingere di leggerlo, mentre al piano di sotto Albus bisbigliava concitatamente con Scorpius, presumibilmente facendogli la ramanzina del secolo.

Alzai gli occhi al cielo, esasperata. “È davvero necessario che tutta la famiglia Weasley s'interessi della mia deludente vita sentimentale?

Al piano di sotto Scorpius sbuffò e minacciò Al di fargli ingoiare la bacchetta se non l'avesse lasciato in pace. Per tutta risposta la mano di mio cugino lo colpì sulla guancia, lasciandogli l'impronta rossastra di cinque dita come un tatuaggio sulla pelle chiara.

« Piantala tu, o la bacchetta te la ficco dentro io, e non vuoi sapere da dove! » replicò.

Lily ridacchiò e diede una gomitata a Dominique. 

« Sai, se non foste cugini dovreste sposarvi, voi due » commentò.

In quel momento Jamie passò accanto ai due Serpeverde e tirò una poderosa librata in testa al fratello.

« Idiota. Cerca il tuo dannato libro di pozioni invece di rompere le palle alla gente » sbuffò.

L'espressione di Domi si fece estremamente tirata. 

« Non sono favorevole all'incesto... » borbottò. « Ma se dovessi cambiare idea ti farò sapere ».

Mi parve di sentire una nota d'incertezza nella sua voce, ma decisi che dovevo essermi sbagliata: Domi mi sembrava più o meno l'ultima persona sulla faccia della terra che avesse il diritto di essere insicura, tantomeno per un motivo così futile.

James, intanto, si era voltato verso Scorpius, che gli tese la mano per ringraziarlo.

« Oh, quasi dimenticavo » aggiunse, e gli abbatté il libro sul cranio.

Scorpius balzò indietro e si diede alla fuga, urlando qualcosa come: « Voi Weasley siete tutti dei mafiosi! »

Lily si dovette aggrappare alla ringhiera del soppalco per non cadere di sotto.

« Beh » sghignazzò, quando si fu ripresa abbastanza da riuscire a respirare. « Pare che anche Jamie ti voglia sposare ».

Dominique s'incupì e non rispose. Io feci spallucce e tornai a dedicarmi al mio libro di geografia. 

 

***

 

Sev – Lascialo perdere. È in fase “stronzo-troppo-figo-per-te”. Ma vedrò di fargli ritrovare il briciolo di ragionevolezza che aveva. 

Rose – Sì, ciao anche a te, Al... Non hai davvero nulla di meglio da fare?

Sev – Se ce l'avessi pensi che starei qua ad impazzire per voi due idioti?

Rose – Tu hai bisogno di un hobby...

Sev – Tu e Scorpius avete bisogno di un miracolo, invece.

Rose – E tu fai miracoli?

Sev – Ci provo. Perché siete così deficienti?

Rose – Capita anche ai migliori. 

Sev – Non fare la filosofa, adesso. 

Rose – Tanto per sapere, rompevi così tanto anche a Scorpius quando ritenevi che io mi comportassi da idiota?

Sev – Può darsi che l'abbia fatto.

Rose – Idiota. 

Sev – Siete solo troppo orgogliosi per ammettere che avete disperatamente bisogno di me. 

Sev – … Rose?

Sev – Quanto sei permalosa...

Rose – Magari ho finito i soldi, no? Non fare sempre la vittima.

Sev – E ora ti sei magicamente fatta la ricarica?

Rose – No, ciao. 

Sev – E comunque riuscirò a farvi mettere assieme, fosse l'ultima cosa che faccio. 

Sev – Sì, brava, ignorami...

Sev – E lo so che ti piace ancora. Non fingere con me, signorinella.

Sev – Ok, non rispondere. Io continuerò a mandarti messaggi finché non ti stuferai d'ignorarmi. 

Sev – Sei una pigna...

Sev – La rosa è in fior. Nasce l'amor. Scorpius e Rose si vogliono sposar...

Sev – Ok, mi sono rotto le scatole. Tanti saluti. 

Sev – Post Scrittum: ti odio. 

 

Chiusi lo sportellino superiore del cellulare e lo lanciai sul divano. Da quando avevo iniziato a studiare seriamente, avevo colonizzato il soggiorno con una quantità industriale di libri, quaderni e pergamene. La tabella malefica, che avevo incollato sulla copertina del Manuale di Trasfigurazione Avanzata, non mancava di farmi compagnia con i suoi gradevoli commenti sulla mia intelligenza: ogni volta che tentavo di alzarmi per andare a prendere qualcosa da mangiare in cucina gracchiava “Pelandrona, ti bocceranno!” e, se solo mi azzardavo a posare lo sguardo sul telecomando, cominciava a strillare una caterva d'insulti, il più gentile dei quali era “Minorata mentale!”. Negli ultimi dieci minuti avevo letto i messaggi di Al con il sottofondo costante dei suoi “Metti via quell'aggeggio e studia, caprona!”.

« Allora? » sbottò la tabella in quel momento, facendomi sobbalzare. « Hai intenzione di restare a girarti i pollici ancora per molto? Ti restano ancora quarantasette pagine da studiare per oggi ».

« Sì, sì, taci » sbuffai, e ricominciai a studiare.

Da quando mamma aveva deciso di condividere con me la sua somma sapienza le cose andavano decisamente meglio: continuavo a trascinarmi a letto con un mal di testa infernale ogni sera, ma quando non era di turno al Ministero mamma passava ore intere a studiare con me. Non sapevo dove trovasse la voglia di farlo, ma gliene ero estremamente grata: gli incantesimi più complessi, spiegati da lei, sembravano sempre molto più semplici.

Poco dopo l'ora di pranzo, quando le pagine da studiare per quel giorno si erano abbassate alla pur sempre deprimente quota di ventitré, Tessa fece la sua sgradita comparsa in casa. La salutai con un cenno del capo e andai a chiudermi in camera mia. Tanto per sicurezza, insonorizzai la porta. 

Calvin, che se ne stava in punta di piedi su una sedia con un cappio attorno al collo, tentò disperatamente di attirare la mia attenzione, ma lo ignorai e ricominciai a studiare. 

Più tardi, quando la tabella mi fece notare che avevo studiato dodici pagine più del necessario, decisi di chiudere i libri e scendere in soggiorno a cercare qualcos'altro da fare. Scorpius e Tessa non c'erano: un biglietto abbandonato sul tavolo della cucina m'informò che Scorpius sarebbe stato fuori per cena. Il pianoforte, in soggiorno, era aperto: forse aveva suonato per Tessa, mentre io ero di sopra a studiare. Al di là della scenata isterica di Calvin e dell'ovvio tuffo al cuore che ne seguì, scoprii che non me ne importava più di tanto. Stavo diventando brava, ad auto-convincermi. 

Mi sedetti davanti allo spartito e, con un tuffo al cuore, riconobbi la melodia a quattro mani che avevo promesso a Scorpius di suonare con lui. Passai le dita sui tasti del pianoforte, producendo una serie di suoni sgraziati. Dire che non ricordavo nulla delle poche cose che avevo mai saputo di musica, spartiti e pianoforti, era quasi riduttivo: ci misi venti minuti abbondanti per decifrare lo spartito e scrivere a matita i nomi delle note sotto il pentagramma. Poi, dopo una leggera esitazione su quale tasto fosse il Do, ne impiegai altri quaranta per riuscire a strimpellare la prima riga senza fermarmi a cercare le note degli accordi sulla tastiera. Quando Scorpius tornò a casa, un paio d'ore più tardi, ero arrivata a metà della quinta riga.

Sentii i suoi piedi fermarsi sulla soglia ed ebbi la netta sensazione che mi stesse fissando. Con insistenza, anche. Lo ignorai e continuai a strimpellare. 

Alla fine, dopo avermi osservata con un misto di ostilità e stupore, si decise a chiedermi:

« Perché suoni il mio pianoforte? »

Scrollai le spalle e stonai l'accordo che stavo maldestramente tentando di cambiare.

« Non posso? »

Scorpius non rispose e se ne andò al piano di sopra. Si fermò nel corridoio, dove a quanto pareva fu bloccato da Draco. 

« Dove sei stato? » gli chiese il padre con un tono da genitore-gendarme che, come sapevo per esperienza personale, non prometteva nulla di buono.

« A cena fuori » sbuffò Scorpius. « Ho anche lasciato un biglietto ». 

« Pensavo che ci andassi con Rose ». 

« Evidentemente no » replicò Scorpius, impassibile.

La voce di Draco si fece se possibile ancora più inquisitoria e decisamente molto poco amichevole.

« E con chi sei stato? »

« Con un'amica. La smetti di farmi il terzo grado?! » sbottò Scorpius.

Sentii una porta chiudersi con uno schianto e poi venir riaperta con un “Alohomora” estremamente irritato.

« Non sapevo che ti fossi fatto la ragazza » osservò Draco freddamente. « E prova di nuovo a sbattermi fuori da camera tua e ti faccio Evanescere la porta ».

« Non sapevo che la mia vita sentimentale t'interessasse così tanto, tutto ad un tratto » rispose Scorpius.

« Non mi interessa, infatti » gli assicurò Draco. « È la tua sindrome premestruale che mi preoccupa ». 

Scorpius sbuffò sonoramente.

« Papà, ma da che parte stai? »

« Io? » chiese Draco, candidamente. Un po' troppo candidamente, in effetti. « Non capisco di che parli ».

« Lo sai benissimo, invece » grugnì Scorpius.

« D'accordo, come ti pare. Vedi di darti una calmata, ora: ti si consumeranno gli occhi se non la smetti di andartene in giro a guardare tutti come se volessi ucciderli ».

Scorpius sibilò qualcosa di molto poco carino e chiuse la porta di camera sua per la seconda volta. Draco non glielo impedì, questa volta. Qualche minuto dopo scese in salotto e, passandomi accanto, mi batté una pacca consolatoria sulla spalla. 

« Sai, anche io ed Hermione a scuola... »

Lo fulminai con un'occhiata truce. 

« Non ci provare ». 

 

***

 

Il giorno seguente Dominique si presentò in casa nostra, mi salutò con un cenno del capo e puntò dritto verso la stanza di Scorpius. Ne riemerse pochi secondi dopo, trascinandosi dietro il malcapitato biondino. Quando raggiunsero l'ingresso e Domi tentò di spingerlo fuori, Scorpius decise di passare alla rivolta armata.

« Ma che c'è?! » sbottò, puntandole contro la bacchetta. « Adesso tu ed Al mi volete pure giustiziare?! »

« Se dipendesse da Al, sì » taglio corto Domi. « Quindi ringrazia che ti abbia trovato prima di lui e metti via quella bacchetta ». 

Scorpius per un paio d'istanti parve sul punto di Schiantarla, ma poi si limitò ad emettere un sospiro esasperato, abbassò la bacchetta e seguì Domi fuori dalla porta. Scrollai le spalle e continuai a studiare: il fatto che non avessi intenzione di tormentare Scorpius dopo gli ultimi risvolti del nostro non-rapporto non significava necessariamente che volessi intervenire in sua difesa se i miei cugini decidevano di seviziarlo al posto mio. In effetti era quasi divertente, finché nessuno mi tirava in mezzo.

Divertente come un manico di scopa nel culo, sì” sbottò Calvin, offeso.

Cosa che doveva pensare anche Scorpius quando tornò a casa, quella sera, con un'espressione di profondo scoramento dipinta sul volto. Prima di andare a dormire, si fermò a sbirciare gli appunti che stavo studiando oltre la mia spalla e dopo un commento un po' inacidito sulla Trasfigurazione Umana mi augurò la buona notte. Supposi che Dominique lo avesse torchiato per bene, quel pomeriggio.

Lo fece anche il giorno dopo, o almeno – per quello che ne sapevo – tornò a casa nostra e rapì Scorpius per una seconda volta. Anche quel giorno, prima di ritirarsi in camera sua, Scorpius mi augurò la buona notte.

La mattina dell'esame, quando scesi a fare colazione con mia madre che mi pedinava per ripetermi ossessivamente tutti i principali incantesimi del programma, trovai Scorpius già in piedi, che ci aspettava seduto sul divano. Mamma lo salutò distrattamente e si fiondò in cucina a preparare il caffè (« Solo una tazzina » mi avvertì, sistemandomi febbrilmente i capelli sulla nuca. « O poi diventi troppo nervosa e non è il caso... Oh, e mettici tanto zucchero. E mangia, o ti verrà un calo di zuccheri durante lo scritto »). Mentre mamma, dalla sua postazione ai fornelli, continuava ad urlarmi formule e definizioni, Scorpius si alzò e mi rivolse un rigido cenno con il capo.

« Nervosa? » chiese.

Mi strinsi nelle spalle. « Meno di mia madre, per quello che può valere ».

Scorpius emise un piccolo sbuffo, che sembrava un sorriso troppo sostenuto per concedere al mondo di vederlo.

« Bene. Suppongo di doverti augurare buona fortuna, allora ».

Annuii. « Grazie, allora ».

Scorpius fece per tornare a sedersi, ma poi parve ripensarci e si voltò di nuovo.

« E... senti... » disse, con una certa riluttanza. 

« No, lascia perdere » lo interruppi. « Non ho bisogno delle tue scuse ».

O forse dovrei dire delle scuse di Dominique?” mi corressi, mentre Calvin sbatteva rumorosamente la testa contro le pareti della mia scatola cranica, dandomi dell'idiota in tutte le lingue a me note ed ignote. In ogni caso, non aveva importanza: non era rimasto molto da salvare, con le sue scuse. 

Scorpius ci rimase parecchio male, a giudicare dalla smorfia con cui accolse le mie parole, ma si ricompose in fretta e si nascose dietro un'espressione neutra.

« Bene ».

« Già » borbottai cupamente.

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Capitolo 31
*** di ri-addii al celibato e pillole sbronza-astemi ***


Ma quanto sono lol, questa volta aggiorno in anticipo di tre giorni. Motivo per cui dovete ringraziare esclusivamente la Zuz, che trova il tempo e la voglia di betare di sabato notte, dopo esser tornata dai bagordi (è mostruosa... io non so come faccia).
E sì, che ci crediate o no, ho anche risposto alle recensioni. Ne mancano solo un paio, a cui sto provvedendo in questo momento.
Dai, ditemelo che sono stata brava :D
Comunque, passando ad altro, questo è il penultimo capitolo. Quindi manca ancora il mega-super-fluffoso(?) capitolo finale, più l'epilogo. Ho già fissato la data di pubblicazione del prossimo capitolo, che è il 3 gennaio 2023, o giù di lì. No, scherzi a parte, l'ultimo capitolo è tosto e mi ci vorrà del tempo per scriverlo, perché è la conclusione della storia e voglio renderlo al meglio, ma cercherò di non metterci troppo.
Per il momento godetevi il trentesimo capitolo, in cui c'è tanto Scorpius e c'è anche una sorpresina finale per una cosa che era rimasta in sospero da tanti capitoli ^^
Sob,
la vostra RoseScorpius in crisi da "sto per finire la long"

 


Capitolo 30

Di ri-addii al celibato e pillole sbronza-astemi

 

Gran bella cosa, le tecniche di auto-convinzione e di autoipnosi: funzionano a meraviglia, finché si ha un buon diversivo su cui convogliare la propria attività intellettuale.

Nella mia breve vita, in effetti, ho visto le persone più disparate convincersi di una serie di assurdità tra le più impensabili: ho visto mio padre affermare con certezza che i Cannoni di Chudley avrebbero vinto il Campionato, ho visto Dominique illudersi che il ragazzo di cui era perdutamente innamorata la ricambiasse, nonostante Nott fosse palesemente più interessato agli spinelli che a lei, ho visto mio cugino Albus convincersi che io e Scorpius ci saremmo messi assieme e saremmo stati la coppia perfetta e ho visto persino me stessa crederci ciecamente e poi convincermi che sarei riuscita a dimenticarmene.

Ma la verità è che, prima o poi, le cose saltano fuori. Tutte le cose: anche le più imbarazzanti, le più scomode, le più dolorose. 

Già mentire agli altri è un'impresa non da poco. Figuriamoci mentire a se stessi. 

 

***

 

L'esame, tutto sommato, sarebbe potuto andare molto peggio.

L'orale fu un calvario, lo scritto se possibile ancor più difficile: supponevo che, dopo le insistenze di mia madre, gli esaminatori non fossero esattamente ben disposti nei miei confronti. Se non altro, comunque, erano convinti che fossi un'idiota e quando me la cavai in entrambe le prove rimasero sbigottiti.

Uscii dal Ministero della Magia alle tre del pomeriggio, spossata, ma decisamente soddisfatta: forse (sicuramente, vista la gaffe che avevo fatto quando mi era stato chiesto di tingermi i capelli di biondo ed avevo fatto diventare verdi quelli dell'esaminatore) non avrei preso Eccezionale, ma ero certa di essere passata. E tanto mi bastava, alla faccia di Ferguson.

Parcheggiata davanti al marciapiede trovai un'automobile del Ministero ad attendermi. Dal posto di guida mia madre mi rivolse un cenno di saluto estremamente nervoso: sembrava piuttosto in ansia, ma comunque meno esagitata di cinque ora prima, quando mi aveva stesa con una librata in faccia nella fretta di spingermi dentro ad uno degli ascensori dorati del Ministero. Mentre aspettava con me fuori dall'aula dove si sarebbe tenuto l'esame, ero stata io a doverle tenere la mano per evitare che andasse nel panico. Ricambiai il saluto con un sorriso rassicurante e aprii la portiera posteriore dell'automobile. Il sedile all'interno, ampliato magicamente, avrebbe potuto tranquillamente ospitare una decina di persone. Al posto del passeggero era seduto Scorpius, che teneva una cartina stradale della Londra Babbana aperta sulle ginocchia. Dietro, stretto tra nonna Jean e nonno Wendell, stava un pallido e preoccupatissimo Draco.

« Salve, gente » dissi, prendendo posto accanto a nonno Wendell.

Lui ricambiò il saluto, allegro.

« Ciao, Hugo. Come stai? »

« Bene, grazie, nonno » risposi, ignorando il nome con cui mi si era rivolto. Ormai ci ero troppo abituata per scompormi. « Tu come stai? »

Nonno Wendell emise un sospiro sofferente.

« Ah, lo stavo giusto raccontando a Ronald... » spiegò, battendo una pacca sulla spalla di Draco, che storse il naso come se un drago di grossa taglia gli avesse appena defecato sulla scarpa.

« Vedi, Ronald » riprese il nonno, continuando a tenere la spalla di Draco. « Mi manca l'Australia. Capisci, l'aria inquinata di Londra non fa bene ad un povero vecchio come me... E poi ti dicevo di quel mio vicino, il signor Morlow... » aggiunse, mentre la sua espressione si tramutava in una smorfia cospiratoria.

Nonna Jean tese il braccio oltre Draco per posare una mano sulla gamba del marito.

« Greg, caro, non annoiare Draco con queste storie ».

Il nonno si liberò dalla sua mano, indignato.

« Se tu avessi voluto restare in Australia, Monica, non avrei nessuna storia da raccontare sul signor Morlow! »

Mamma mise in moto con un rumore molto più forte del necessario e Draco, dal sedile posteriore, sussultò, lanciandole l'espressione diffidente di chi vede un Troll di montagna con in mano una bacchetta magica.

« Com'è andato l'esame, Rose? » mi chiese mamma, mentre armeggiava con il volante per uscire dal parcheggio.

La sua voce sembrava tutto sommato abbastanza controllata, ma nello specchietto retrovisore ebbi modo di vedere che la sua espressione era tutto fuorché rilassata. Se le avessi detto cosa avevo fatto ai capelli dell'esaminatore sarebbe morta sul colpo, come minimo, perciò decisi di tenermi sul vago. In fondo, se lei pensava che per una virgola sbagliata un esame fosse insufficiente, non mi sembrava necessario che fosse informata proprio di quella virgola. Scrollai le spalle.

« Direi bene ».

« Quanto bene? » indagò con tono aggressivo.

« Bene abbastanza » risposi. « Insomma, penso di essere stata promossa ».

Evidentemente, però, “bene abbastanza” non era una rassicurazione sufficiente per mia madre. Anzi, a giudicare dal modo in cui svoltò bruscamente in una strada laterale, sgommando, doveva star pensando che l'esame fosse stato un disastro e che stessi tentando di arrampicarmi sugli specchi finché potevo.

« E quando arrivano i risultati? » chiese ancora lei.

Alzai gli occhi al cielo e scambiai un'occhiatina divertita con Draco, che in realtà a giudicare da come si teneva aggrappato al sedile, non doveva essere divertito proprio per niente da quella situazione.

« Fra un paio di giorni » sbuffai. « Manderanno un gufo ».

E grazie tante per la stima immensa nei confronti della mia intelligenza!

Qualche mese prima me la sarei presa a morte e le avrei rinfacciato di non avere la minima fiducia in me e nelle mie capacità intellettuali, ma al momento ero troppo sollevata per fargliene una colpa, perciò mi limitai a scuotere la testa mentre mamma si mordeva le labbra con aria palesemente preoccupata. In fondo era pur sempre Hermione Granger: era risaputo che fosse spaventata a morte da qualsiasi tipo di attività che prevedesse una valutazione finale.

« E comunque è andata bene sul serio! » sbottai, tanto perché almeno la smettesse di pensare alla mia bocciatura e si concentrasse sul traffico londinese prima di essere coinvolti in un incidente.

Scorpius voltò il capo verso di me e mi sembrò che mi avesse rivolto l'ombra di un sorriso incoraggiante. Nonno Wendell mi batté una vigorosa pacca sulla spalla.

« E brava la mia Rose » si complimentò. « Quindi ora sei capace di trasformare le persone in animali, giusto? »

Si fregò le mani con un'espressione decisamente inquietante stampata sul volto.

« Finalmente Morlow avrà quel che merita... » 

« Greg! » sbottò nonna Jean, tirandogli una poderosa manata sulla coscia.

Nonno Wendell si ritrasse, offeso oltre ogni dire, non sapevo se più per lo schiaffo o perché nonna Jean non credeva che il signor Morlow meritasse di essere Trasfigurato in un criceto.

« Monica, cara, ti ho detto decine di volte cosa nasconde Morlow in cantina! » esclamò. « Non so ancora come tu possa credere che sia una brava persona, quel guardone, truffatore, ignobile... » 

Draco, in mezzo al battibecco tra i due coniugi Granger, aveva tutta l'aria di star pregando Merlino per trovarsi ovunque meno che lì. Anche perché mamma – tra il mio esame, le stramberie del nonno Wendell e la sua ovvia crisi premestruale di mezz'età causata dell'imminente matrimonio per cui, ci scommettevo, riteneva ed avrebbe sempre ritenuto di non essere pronta – stava guidando con la destrezza di uno Snaso a cavallo di una Firebolt. Mentre Scorpius dava a mia madre indicazioni per l'aeroporto di Gatewick – nonno Wendell era troppo scombussolato per venir trasportato con una Passaporta Continentale – Draco si arrischiò a chiedere: « Hermione, non che non mi fidi di te, sia chiaro, ma tu sei sicura... » 

Ebbe un momento di esitazione, che presumibilmente impiegò per riflettere sul suo futuro matrimonio e chiedersi se e come quel commento avrebbe potuto rovinarlo. Alla fine parve decidere che la sicurezza della sua regale persona veniva prima dell'orgoglio mezzosangue di mia madre, perché terminò la frase con un gemito. « …Sei sicura che spostarsi su questo affare non sia pericoloso? »

A giudicare da come teneva la mano serrata sulla bacchetta doveva essere seriamente convinto che la morte stesse per piombargli addosso. Ridacchiai sotto i baffi, mentre nonno Wendell si professava d'accordo con lui.

« Ah, non so mica se questo triciclo è sicuro, io ».

Nonna Jean roteò gli occhi, con l'aria rassegnata che assumeva ogni volta che il marito ricominciava con uno dei suoi discorsi.

« Vi avrei portati con la mia macchina » continuò nonno Wendell, ignorandola con la solita testardaggine con cui ignorava chiunque gli dicesse che il suo cognome era Granger e che sua moglie di nome non faceva Monica. « Se solo quella canaglia di Morlow non mi avesse rubato il motore da sotto il cofano, l'altra notte ».

A giudicare dall'espressione che si dipinse sul volto di Draco, in quel momento doveva star amando incondizionatamente il signor Morlow. Nonna Jean, invece, doveva starsi chiedendo perché diavolo non avesse scelto di andare a vivere qualche isolato più in là.

« Greg, caro » sospirò. « Era solo finita la benzina ».

« E allora ce l'ha rubata Morlow dal serbatoio » concluse nonno Wendell, che a quanto pareva necessitava di prove ben più schiaccianti per lasciarsi dissuadere. « L'ho visto che girava per il giardino tutto tronfio con delle taniche in mano, questa mattina, e mi stavo giusto chiedendo cosa avesse in mente quel disgraziato... »

Poi, voltandosi verso Draco come se lo avesse visto per la prima volta solo in quel momento, il nonno aggiunse: « E tu, Ronald, ragazzo... non avevi i capelli rossi, una volta? » 

A quella domanda furono le guance di Draco a tingersi di rosso.

« Veramente, signore... » 

Mamma sbuffò, esasperata. « È Draco, papà ». 

« Oh » sobbalzò il nonno, guardandosi attorno con aria profondamente tradita. « E perché accidenti non me l'avete detto prima? » 

Rimase intento a scrutare Draco dalle punte (laccate) delle scarpe alle punte (altrettanto laccate) dei capelli per un paio di secondi. Poi sembrò accettare il fatto che non si trattava di Ron e si strinse nelle spalle.

« Certo che li cambi in fretta ».

 

***

 

Che i Malfoy fossero ricchi sfondati, pur con tutte le tasse di guerra che erano stati costretti a pagare, era risaputo. Ma che il castello in Costa Azzurra in cui fummo accolti quel pomeriggio fosse di loro proprietà superò ogni mia più sfrenata fantasia. Mentre seguivamo un maggiordomo impomatato all'interno dell'edificio, pensai confusamente che Draco doveva aver riallacciato i rapporti con  i genitori, se gli era stato permesse di dare il ricevimento in casa loro. Una delle loro tante case – pardon, regge – come ebbe cura di precisare il maggiordomo. 

Varcai l'enorme arco di pietra che dava accesso alla corte interna del maniero, a bocca aperta. Il sole estivo, grande e giallo come in Inghilterra non si era mai visto negli ultimi cent'anni, batteva sul lastricato grigio della corte, facendolo risplendere di una bella sfumatura calda. L'aria profumava di lavanda e di pino e quando, di tanto in tanto, un colpo di brezza si insinuava sotto gli archi del castello, portava con sé un lieve aroma di mare. Una targa di marmo, appena sopra il portone che dava accesso al corpo centrale del castello, recitava:

 

Famiglia Malfoy

Residenza Estiva

 

Mi voltai verso Draco, sbattendo le palpebre nel tentativo di abituarmi alla vista di tutto quel sole e di tutta quella meraviglia.

« T-tu mi vuoi dire che... che venivi qua ogni estate? » balbettai.

Draco mi rivolse uno sguardo perplesso, come se non capisse il motivo di tanto trambusto per un banale castello in Francia.

« No, non spesso » rispose. « Mia madre preferiva la villa in Italia ».

« La villa in Italia... »

Non mi ero ancora del tutto ripresa dallo sconcerto quando, davanti a noi, comparvero due signori alti, distinti, entrambi con i capelli così chiari che non capii se fossero biondo albino o semplicemente bianchi. Forse, in fondo, Draco non era tinto.

I coniugi Malfoy vestivano in modo estremamente elegante, ma allo stesso tempo austero, e anche i loro volti regali ma segnati dalle rughe trasudavano un misto di alterigia, sdegno e chiusura che mi mise a disagio da subito. Ci salutarono entrambi educatamente – ma non cordialmente – e Narcissa si sporse rigidamente verso mia madre per sfiorarle appena la guancia con la sua. Scorpius si avvicinò ai nonni e li salutò con un certo imbarazzo, come se temesse che potessero dimostrarsi disgustati anche davanti a lui.

Calvin, dico, ma che razza di famiglia è mai questa?

Quando fu il mio turno di salutare e di venir presentata, Lucius Malfoy mi rivolse uno sguardo che, se non fosse stato troppo gelido per lasciar trasparire un'emozione del genere, sarebbe stato di puro schifo.

Calvin mise giù il cartellone con cui stava inneggiando al mio ingresso in “che razza di famiglia è mai questa” tramite matrimonio con Scorpius e cominciò a riconsiderare seriamente la propria opinione sui Malfoy.

« Tu sei Rose Weasley, suppongo » disse Lucius senza quasi staccare le labbra mentre parlava.

Mi ritrovai ad essere combattuta tra l'istinto di rispondere male al capostipite dei Malfoy e quello di non mandare a rotoli il matrimonio di mia madre. Il secondo, in realtà. Al primo ci avevano ben pensato lei e mio padre. La fatica di decidermi mi fu risparmiata da Draco, che sopraggiunse in quel momento e mi posò una mano sulla spalla.

« Io trovo che Rose Granger suoni molto meglio » disse.

L'espressione sdegnata in cui si esibì Lucius lasciò chiaramente intendere che il cognome Granger non lo schifasse meno del precedente. Ma tutto ciò non fu nulla in confronto all'espressione di cieco terrore che si dipinse sul suo volto quando nonno Wendell si fece avanti e gli strinse calorosamente la mano tra le sue.

« Perché non Rose Wilkins? » propose. « Tra gli aborigeni australiani è tradizione dare ai figli il cognome della madre ».

Lucius, che chiaramente non vedeva alcuna differenza tra mio nonno e gli aborigeni australiani, si affrettò a sfilare la mano dalla sua presa e sibilò un tutto fuorché credibile: « Piacere ».

Narcissa, al suo fianco, avrebbe probabilmente dato di stomaco se non fosse stata troppo aristocratica per farlo in pubblico. La salutai nel modo più educato che mi venne in mente e restai in sua compagnia il minimo indispensabile perché non mi si potesse rinfacciare di esser stata scortese. A quel punto, con mio (e suo) sommo sollievo, borbottai qualche idiozia sul fatto che era stato un vero piacere conoscerla e mi aggregai alla piccola comitiva che stava entrando nel castello per provare gli abiti da cerimonia.

I Malfoy, ovviamente, erano troppo ricchi e troppo aristocratici per non avere una schiera di Elfi Domestici al loro servizio, perciò, subito oltre il portone d'ingresso, fummo avvicinati da una losca creaturina raggrinzita. Aveva il naso lungo, con la punta rivolta verso il basso, ed indossava un cencio che aveva tutta l'aria di essere più lercio delle magliette ormai date per disperse che di tanto in tanto venivano rinvenute sotto il letto di Jamie.

« Seguitemi, signorino Scorpius, prego » disse, guardando il suo padroncino con aria adorante.

Mia madre, quando si trovò tra le gambe un Elfo che si offrì di scortarla nelle sue stanze e di aiutarla a provare l'abito da sposa, ebbe un mezzo infarto, ma per amor di Draco – o forse solo per non venir ammazzata dalla padrona di casa – s'improvvisò schiavista.

Ma quanti ne hanno? Cos'è, un esercito?

Sbuffai, mentre un terzo Elfo Domestico mi veniva incontro con l'aria di chi è stato costretto ad ospitare in casa sua un ex detenuto e non è del tutto sicuro di potergli voltare le spalle senza ritrovarsi un Anatema che Uccide in mezzo alle scapole. O, più probabilmente, vista l'opinione che i suoi padroni dovevano avere di noi Weasley, era solo convinto che se non mi avesse tenuta d'occhio avrei cercato di rubare l'argenteria. Alzai gli occhi al cielo e mi incamminai dietro Scorpius, con l'Elfo che mi sorvegliava attentamente a qualche passo di distanza. Provai l'irrefrenabile impulso di dare fuoco ad uno dei preziosi arazzi che decoravano le pareti solo per dargli fastidio.

Appena mi fu fatto vedere l'abito che avrei dovuto indossare al matrimonio – un orrendo vestito rosa con maniche a sbuffo e gonna a palloncino – mi sorse il sospetto che tutto ciò fosse un complotto. L'abito di Scorpius era un normalissimo abito nero da mago, elegante e raffinato, ma non appariscente. Gli unici dettagli davvero di nota erano gli orli verde-argento e i bottoni con lo stemma dei Malfoy. Come il vecchio Scorpius, era bello, ma banale: solo da vicino si vedevano le piccole cose che lo rendevano unico.

Mi riscossi con un sussulto da quei pensieri assolutamente fuori luogo e fuori di testa.

Calvin... cosa diamine sto pensando?” piagnucolai. “No, aspetta...” mi affrettai ad aggiungere, davanti al teatrino di marionette in cui stava facendo sbaciucchiare un pupazzo biondo ed una bambola dalla chioma rossa. “Cosa diavolo stai pensando tu! Piantala di confondermi le idee! E vestiti, per Merlino!

Lanciai uno sguardo implorante all'Elfa Domestica che mi stava porgendo l'orrendo abito rosa.

« Questo... è il mio vestito? » chiesi, anche se definirlo un vestito mi sembrava decisamente troppo lusinghiero.

« Sì, signorina » rispose quella piuttosto sgarbatamente, e stese il braccino ossuto per tendermi il vestito.

Fui costretta a fare un passo indietro per non venire in contatto con la ripugnante seta rosa dell'abito. Chissà perché, ero certa che se l'avessi anche solo sfiorato mi sarei trasformata in una specie di confetto formato gigante. In fondo, provenendo dai Malfoy, non si poteva certo escludere che fosse stato maledetto.

« Non è che per caso c'è stato un errore? » tentai ancora, speranzosa.

L'Elfa mi ficcò l'abito in mano senza tante cerimonie.

« No, signorina, nessun errore » tagliò corto.

Quando vidi l'abito destinato a Hugo – un vestito azzurro pieno di pizzi e merletti che sembrava essere appena saltato fuori da un tendone del circo – capii che l'unico errore, lì, era la presenza della stirpe Weasley al matrimonio.

Storsi il naso, mentre Scorpius s'infilava in una stanza adiacente per provare il suo abito. L'Elfa mi scoccò un'occhiatina malevola.

« Non provate il vestito, signorina? »

« Non so da che parte s'infili » replicai. « Sai, noi Weasley di solito viviamo nei porcili e ci vestiamo con pelli di montone ».

L'Elfa mi guardò con disgusto e sibilò qualcosa che preferii non capire (“Dico, ma si è vista lei com'è vestita?”). Ad ogni modo, non aggiunse altro.

Pochi secondi dopo, Scorpius uscì dalla stanza che aveva usato come camerino. Malgrado tutto, non potei evitare di rimanere impalata a fissarlo con la bocca aperta ed una faccina da cerebrolesa per la quale ringraziai sentitamente Godric di non avere uno specchio sotto il naso. Calvin, che a quanto pareva era appena riuscito a conquistare l'ultimo angolino di cervello funzionante di cui disponevo, smise di giocherellarsi dentro le mutande ed assunse immediatamente un contegno più aristocratico.

Scorpius inarcò un sopracciglio.

« Mi va troppo corto? » chiese, in direzione della mia espressione tutto-meno-che-decorosa.

Più che come gli stava il vestito, in effetti, sembrava che mi avesse appena chiesto implicitamente in che condizioni erano i miei neuroni. Non che non me lo chiedessi anch'io.

« No, ti sta da... insomma, è a posto... » risposi debolmente, mentre l'Elfa Domestica si sperticava nelle lodi più sfrenate, con cui concordai segretamente.

Calvin si sistemò il colletto della camicia bianca e lisciò la stoffa del raffinato mantello da mago con un gesto estremamente elegante. Mi chiesi disperatamente se ci fosse un incantesimo in grado di accopparlo e liberarmi per sempre delle sue imbarazzanti turbe ormonali.

Calvin, non puoi farmi questo! Sono già nella cacca di drago fino al collo, è meschino infierire in questo modo!

Scorpius girò il collo per controllare il vestito da tutte le angolature, poi annuì con aria soddisfatta.

« Direi che va bene. Grazie, Tipsy »

L'Elfa Domestica sembrò sul punto di svenire dalla gioia per quel “grazie” ed emise un urletto adorante.

« Oh, voi non dovete ringraziare, signorino Scorpius... Siete un ragazzo così gentile... Non come la feccia Mezzosangue che imbratta il buon nome dei maghi » aggiunse, voltandosi verso di me tanto per assicurarsi di essere stata abbastanza chiara nel suo riferimento.

Per tutta risposta le rivolsi una smorfia grottesca.

« Tipsy, sai che mio padre non vuole che tu dica queste cose sui suoi ospiti » la riprese Scorpius blandamente. « Se hai voglia di parlarne il nonno sarà più che felice di ascoltarti ».

Tipsy abbassò lo sguardo, afflitta da quel mezzo rimprovero, e piagnucolò le sue scuse, promettendo che si sarebbe buttata giù dalla torre più alta del castello per punizione. Mentre Scorpius le spiegava pazientemente che suicidarsi tutto sommato era un po' eccessivo, mi ritrovai – per l'ennesima volta – ad osservarlo di sottecchi.

Non avevo mai visto Scorpius nel suo habitat naturale e non riuscii a capacitarmi di quanto – proprio lui, lo Scorpius troppo timido anche per chiedere un favore ad un compagno di scuola – sembrasse a proprio agio in quei panni nobiliari. L'abito nero gli calzava alla perfezione e, nonostante come scelta di abbigliamento non rientrasse propriamente nei miei gusti, era impossibile non notare come lo faceva sembrare più grande e più sicuro di sé. Anche perché Calvin me lo stava urlando nelle orecchie da una decina buona di minuti, dannato modello dall'arrapo facile.

Sembrava una specie di baronetto Serpeverde, con i capelli biondi e appena un po' mossi che sfioravano gli orli del colletto alto e gli occhi verde chiaro, limpidi ed espressivi. Bello, intelligente, ricco. Per un attimo mi venne quasi da ridere, perché centinaia di ragazze se lo sarebbero sposato senza esitazioni solo per l'ultimo motivo, o magari anche per il primo, mentre io me n'ero a stento accorta. Mi ero a stento accorta di chi fosse Scorpius in realtà, per tutto quel tempo; di quanto io e lui fossimo diversi e provenissimo da famiglie diverse, nonostante ci fossimo trovati a dover condividere un genitore.

Quando Scorpius alzò gli occhi ed incrociò il mio sguardo, ebbi un tuffo al cuore. Per un paio d'istanti rimasi immobile, persa nei suoi occhi chiari, mentre il mio unico neurone superstite mi urlava furiosamente di distogliere lo sguardo da lui. Ma non ce la facevo, accidenti a me e a Calvin, non ce la facevo proprio. E non potevo farci niente. 

Come diavolo ho fatto a trovarlo banale e addirittura bruttino, per tutti questi anni?” mi chiesi, ripensando a tutte le volte che mi era passato sotto il naso in Sala Grande e avevo storto il naso con malcelato disgusto. Ripensando a come, negli ultimi giorni, mi ero illusa che sarei riuscita a farlo di nuovo, una volta tornati a scuola.

E di colpo, quando ormai la preoccupazione per l'esame si era dissolta e sembrava che andasse tutto bene, la verità mi crollò addosso con tutto il suo peso. Su di me, su di lui, su di noi. E, soprattutto, sulla mia immensa stupidità.

Stupida, stupida, stupida!

Arrossii violentemente e, prima che Scorpius potesse informarsi sullo stato di salute del neurone di cui sopra, mi affrettai a sparire dietro la prima porta che trovai, blaterando qualche insensatezza a proposito di provarmi l'orrendo vestito rosa. Appena sentii la serratura scattare alle mie spalle, mi tirai un ceffone in pieno viso. Forte.

Miseriaccia! Quanto sono stupida!

Appoggiai la schiena alla porta e chiusi gli occhi, cercando di calmarmi (più o meno con lo stesso successo di un pinguino obeso che tenta di spiccare il volo, ma sorvoliamo).

Miseriaccia, miseriaccia e ancora miseriaccia! Calvin, lo vedi che mi hai definitivamente fatta impazzire?

Calvin abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzato, e lasciò perdere la cintura che aveva baldanzosamente cominciato a slacciare quando gli occhi di Scorpius avevano intercettato i miei.

L'abitino rosa cadde a terra e la lucida seta si stropicciò sotto i miei piedi, ma non mi degnai di raccoglierlo. In realtà, se l'avessi ridotto così male da non poterlo più indossare, sarebbe stata probabilmente l'unica nota positiva di quel pomeriggio di merda.

E a proposito di merda...

Sono nella merda fino al collo, Calvin!” piagnucolai.

Come diavolo avevo fatto a pensare che sarei riuscita a dimenticarlo con un semplice schiocco di dita, in un paio di settimane? Tessa MacMillan aveva ragione, tutto sommato: dovevo essere proprio un'idiota senza speranze.

Pensavo di esserci quasi riuscita sul serio... ma diamine, qua sono tutti che si sposano e che vivranno per sempre felici e contenti e... merda... quanto sono idiota...

Scossi la testa con un sospiro sconsolato.

Seriamente, Calvin, adesso non posso innamorarmi anche dello Scorpius stronzo...

Peccato che, come il modello mi fece notare con un certo imbarazzo, era già successo.

 

*** 

 

I coniugi Malfoy si erano cortesemente rifiutati di avere la marmaglia Weasley a meno di dieci chilometri di distanza dalla loro proprietà, perciò fu predisposto che gli invitati venissero alloggiati in un paese lì vicino. Di invitati, a dire il vero e vista la discrepanza tra le amicizie di Draco e quelle di mia madre, ce ne furono assai pochi al di fuori dei parenti. La mattina del giorno dopo, quando volai al villaggio sulla vecchia Nimbus 2001 di Draco, riuscii a vedere di sfuggita solo una Pansy Parkinson truccata vistosamente ed ancor più vistosamente di pessimo umore e un paio di altri vecchi compagni di scuola di mia madre, tutti con la stessa aria perplessa di chi non sa bene cosa ci faccia in Costa Azzurra al matrimonio di due ex nemici giurati.

Ebbi appena il tempo di salutare Adam e Melinda Zabini prima che Roxanne mi tendesse un agguato e mi trascinasse in spiaggia.

« Che succede? » chiesi, alquanto perplessa e – per dirla tutta – anche piuttosto preoccupata per la sua sanità mentale.

Mi aspettavo una ramanzina da Roxie più o meno quanto mi aspettavo che lo zio George la smettesse di prendere in giro zio Perce.

« Vedrai » tagliò corto lei.

Quello che vidi, quando arrivammo in spiaggia, fu un enorme motoscafo Babbano ancorato a un centinaio di metri dalla riva. Aguzzai lo sguardo e, sul ponte, riuscii a distinguere un paio di teste rosse dall'aria familiare. A riva, James e Fred stavano tentando di caricare a bordo di un gommone sovraccarico una cassa di prodotti dei Tiri Vispi Weasley alquanto sospetta, mentre, pochi metri più in là, Dominique e Scorpius stavano complottando a bassa voce. Quando ci videro, smisero immediatamente di parlare. Dominique alzò gli occhi al cielo, seccata, e Scorpius arrossì e si voltò dall'altra parte. Mi chiesi con una sorprendente dose di fastidio e d'interesse se lo stesse ancora rimproverando per me o se, deciso che io e lui non avevamo più speranze, era passata a lavorarselo per se stessa. A quel pensiero, Calvin rischiò seriamente di strozzarsi. Anche io, in realtà.

Considerato che quell'estate Domi aveva passato praticamente più tempo con Scorpius che con me, ritenevo che quell'eventualità non fosse affatto improbabile. Trattenni una smorfia irata solo per non dare a Scorpius la soddisfazione di sapere che m'interessavo ancora della sua vita sentimentale e mi rivolsi a James e Fred.

« Cosa state combinando, qua? »

« Gita in barca » rispose Fred. « O avevi intenzione di passare la giornata a farti presentare vecchi compagni di scuola di tua madre ed assistere mentre Calì Patil e Pansy Parkinson si scannano a vicenda? »

« No, la gita va benissimo » grugnii. « Ma da dove salta fuori la barca? »

James sogghignò.

« Quello, intendi? » chiese, indicando l'enorme imbarcazione con il capo. « L'abbiamo noleggiato e nonno Arthur ci ha dato una mano a sistemare i comandi di bordo ».

« Sai che il nonno è sempre entusiasta quando c'è da mettere le mani sugli aggeggi Babbani » aggiunse Fred.

Preferii non sapere altro sulle manomissioni operate dal nonno Arthur e mi limitai a squadrare il motoscafo con scetticismo.

« Sarà costato una fortuna... » osservai. « Dove avete trovato i soldi? »

« Oh » spiegò Fred, muovendo la mano come per scacciare una mosca. « Quelli sono una generosa concessione di Scorpius ».

Mi voltai verso il diretto interessato, che si stava osservando i piedi con l'espressione imbarazzata di chi sta fingendo di non aver appena origliato spudoratamente.

« Fantastico » sibilai tra i denti.

Balzai in sella alla scopa e volai verso il motoscafo senza dire altro. Tutto quel teatrino del nobile ricco sfondato stava cominciando a darmi decisamente sui nervi. E il peggio era che, a giudicare dalle espressioni estasiate dei miei cugini a bordo, Scorpius era anche riuscito perfettamente nel suo intento di comprarsi la loro benevolenza. No, aspetta, il peggio era che ci ero cascata pure io.

Dannazione! Perché non riesco a togliermelo dalla testa?

Lasciai cadere la scopa dove capitava – tanto era di Draco e risaliva al paleolitico, che finisse pure in mare – e mi ritirai sottocoperta, furente. Non sopportavo quella brutta copia dello Scorpius che avevo conosciuto durante l'estate, eppure non riuscivo a smettere di morirgli dietro come l'idiota che poi ero. Mi tirai l'ennesimo ceffone in pieno viso, mentre Calvin mio guardava con pietà.

No, non dire niente”.

 

***

 

La giornata in barca, tutto sommato, non andò così male. L'unica seccatura fu evitare Scorpius, che continuava a confabulare con Dominique e nel frattempo si nascondeva da Albus, e ignorare una sconosciuta quattordicenne mora che mi fu presentata come la figlia di Pansy Parkinson e che continuò a guardare Scorpius con interesse per tutta la gita. Per il resto, il mare e le trovate criminali di James e Fred contribuirono a tenermi di buon umore, fatta eccezione per il momento in cui divenni la vittima designata dei loro scherzi e fui gettata in mare con tutti i vestiti.

Restammo in barca fino a sera inoltrata: pareva che quella notte i coniugi Malfoy avessero insistito per organizzare una festa di addio al celibato (forse speravano di far cambiare idea a Draco in extremis con delle spogliarelliste) e nessuno di noi aveva troppa voglia di immischiarsi né, tantomeno, ne avevano gli adulti di averci tra i piedi, presumibilmente.

Poco dopo il tramonto, mentre navigavamo verso il porto, stavo seduta sopra coperta a guardare il cielo rossastro, assorta nei miei pensieri. Quella era stata senza dubbio l'estate più strana che avessi mai passato: forse la migliore, più probabilmente la peggiore, troppo lunga ed al tempo stesso troppo corta per contenere la burrasca di avvenimenti che erano successi. Ora che mancavano due giorni all'inizio del nuovo anno scolastico e che era tempo di tirare le somme e di fare un bilancio finale, mi ritrovai a chiedermi come l'avrei ricordata in futuro e come l'avrebbe ricordata Scorpius.

Una voce fin troppo familiare interruppe le mie riflessioni.

« Posso sedermi? »

Alzai lo sguardo e mi ritrovai a fissare gli occhi verdi di Scorpius. Per la prima volta da giorni sembravano gli occhi trasparenti del vecchio Scorpius, gli occhi che non sapevano mentire e che io non sapevo come dimenticare.

Feci spallucce e Scorpius mi si sedette accanto, tendendomi una bottiglia di Burrobirra già stappata. La accettai in silenzio e me la portai alle labbra.

« Allora » chiese Scorpius, mentre bevevo. « Piaciuta la giornata? »

Colsi un certo nervosismo nella sua voce e ne dedussi – con una discreta dose di soddisfazione – che quella conversazione stava mettendo a disagio anche lui. Mal comune mezzo gaudio, se non altro.

« Sì, perché no? È stato divertente » risposi, senza sbilanciarmi troppo.

La verità era che, se mi fossi lasciata andare, gli avrei probabilmente urlato in faccia che lo odiavo, che volevo prenderlo a pugni e che ero ancora dannatamente cotta di lui in rapida sequenza. E non mi sembrava esattamente il momento più opportuno per commettere un'idiozia del genere.

Non mi spreco neanche più a ricordarti che sei un idiota e che è tutta colpa tua, Calvin”.

Scorpius parve soddisfatto della mia risposta e bevve un paio di sorsi dalla propria bottiglia.

« Mi è dispiaciuto che siamo rimasti tutto il tempo in Inghilterra, quest'estate » disse. « Il prossimo anno mi piacerebbe invitarti nella villa in Italia o anche qui in Francia, se ti piace di più ».

Lo guardai con sospetto al di sopra della mia bottiglia.

« Non credo che ai tuoi nonni farebbe altrettanto piacere » commentai, storcendo la bocca.

« Beh, non devono venire per forza anche loro » commentò Scorpius. « E poi posso sempre dire che ci vado con Éstelle ».

Non avevo la più pallida idea di chi fosse, ma il semplice sentirla nominare da Scorpius riuscì a farmela stare enormemente antipatica.

« Éstelle? » ripetei, inarcando un sopracciglio.

Ero rimasta a Dominique, se permetti”.

Scorpius fece un cenno noncurante, come se volesse liquidare una faccenda di scarsa importanza.

« È la figlia di Pansy Parkinson. Suo padre è un membro del governo magico francese ed i miei nonni la reputano molto... » esitò. « Molto appropriata come amica per me, suppongo ».

Amica, certo”.

Mi morsi l'interno delle labbra con ferocia. Ecco dove voleva andare a parare, allora: su quanto noi Weasley fossimo inadeguati e plebei e su quanto non fossimo degni di stare accanto alla sua magnifica persona. Oh, e ovviamente anche su quanto la sua “amica” Éstelle fosse appropriata.

« Non ti scomodare » tagliai corto con freddezza, mentre in realtà sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. « Non ho bisogno della tua carità ».

Scorpius parve un po' sorpreso dal mio commento e mi rivolse uno sguardo che non riuscii bene a decifrare.

« Volevo solo farti piacere, ma se preferisci possiamo andare in vacanza per Natale. Mio padre era molto incuriosito da quello sport Babbano di cui parlava Hermione... »

Mi chiesi da quando fosse diventato un attore così bravo.

« Avete anche una casa in montagna? » indagai, con un tono forse un po' troppo feroce. Decisamente troppo feroce.

Scorpius scosse la testa.

« No, ma potremmo affittarne una, volendo ».

« Beh, allora fatelo » conclusi. « Io starò dai miei nonni: a Natale stiamo con loro, è una tradizione di famiglia. Ma non mi aspetto che tu capisca: suppongo che queste siano cose da plebei ».

Scorpius posò la bottiglia accanto alle proprie gambe e mi scrutò dapprima con espressione confusa, poi con crescente irritazione.

« Ti fanno tanto schifo i soldi? » chiese.

« I tuoi? » lo aggredii.

Scorpius ammutolì. Provai una certa soddisfazione nel constatare che, nonostante tutto, ero ancora capace di tenergli testa in una discussione.

« Non mi fanno né caldo né freddo, i tuoi soldi » dichiarai. « Solo, non li voglio. Ho un'altra idea del valore delle cose, grazie tante ».

Il motoscafo si arrestò di colpo (sotto coperta qualcosa cadde a terra con un tonfo sordo e qualcuno imprecò sonoramente contro Merlino e contro Fred), così mi accorsi che eravamo arrivati. Lasciai la mia bottiglia accanto a quella di Scorpius e mi alzai senza aggiungere altro.

Anche lui si alzò e tese una mano verso di me, come se volesse afferrarmi per il braccio e fermarmi, ma poi cambiò idea e la lasciò ricadere lungo il fianco.

« Stavo solo cercando di essere gentile! » sbottò. « Sai com'è, è un po' brutto togliere il saluto per sempre ad una persona dopo che ci si è quasi baciati! »

Come se fossi stata io, a sbatterlo fuori da casa mia sputandogli in faccia che era tutto finito e che mi ero sbagliata di grosso su di lui.

Scorpius alzò le braccia e poi le riabbassò di scatto, in un gesto esasperato.

« Perché ogni volta che uno prova a mettere a posto le cose devi essere così...? »

S'interruppe di colpo, rendendosi conto di aver urlato di fronte a metà dei miei cugini, che osservavano la scena in silenzio – chi divertito, chi con gli occhi strabuzzati dalla sorpresa e chi semplicemente sconsolato. Mi guardai attorno, arrossendo furiosamente, mentre Fred ridacchiava e Molly gli mollava uno scappellotto sulla nuca, sibilandogli di non essere insensibile. A salvarci dall'imbarazzo – o forse a peggiorare ulteriormente le cose, non ne ero sicura – ci pensò Dominique, che a quel punto si avvicinò a Scorpius con espressione truce e gli tirò un pizzicotto dall'aria parecchio dolorosa.

« Far colpo con i soldi: bella trovata, genio! » sibilò, rompendo il silenzio.

« Sei davvero un coglione » concordò Al, premurandosi di appioppargli un secondo pizzicotto sul braccio.

Poi, voltandosi verso Dominique, aggiunse: « Ti dispiacerebbe lasciarmelo per un po'? »

Per tutta risposta Domi spinse Scorpius verso di lui.

« No, per niente: è tutto tuo. E non c'è niente da guardare qua, gente! » sbottò, disperdendo l'orda di cugini che si era affollata a vedere la scena con un'occhiata minacciosa.

Dal canto mio, decisi di accogliere quel consiglio prima che la situazione si potesse fare così imbarazzante da convincermi a lanciarmi addosso un incantesimo di Disillusione permanente. Appellai la scopa con un gesto secco della bacchetta e volai a riva, abbandonando Scorpius al suo triste destino tra le grinfie di Al.

La verità era che non capivo più niente di quello che stava succedendo nella mia testa, in quella di Scorpius, in quella di Dominique... Mi sembrava di non conoscere più nessuno. O forse ero solo io che, come al solito, non avevo capito un accidente.

 

***

 

Quando arrivammo a Villa Malfoy, poco dopo le undici, trovammo ad aspettarci la desolazione più totale: le (poche) donne presenti avevano pensato bene di svignarsela per un ri-addio al nubilato, da cui l'eternamente imbronciata Pansy Parkinson – a quanto pareva – si era dissociata, mentre gli uomini si aggiravano in silenzio per il parco, sgranocchiando stuzzichini e guardandosi di sottecchi. Ogni tanto capitava che un Neville Paciock incrociasse accidentalmente un Theodore Nott, o che un Dean Thomas si ritrovasse seduto sulla stessa panchina di Marcus Flitt, allora volavano sguardi in cagnesco, ognuno ripeteva il nome dell'altro come un insulto in una lingua straniera di cui non era certo di ricordare la corretta pronuncia, e dopo una breve stretta di mano ognuno tornava sulla sua strada, più immusonito di prima.

« Che mortorio! » esclamò Fred, mentre un tipo che mi sembrava si chiamasse Montague ci passava accanto, scrutandoci con l'aria chi sta per chiamare un'impresa di disinfestazione. « Se la staranno passando meglio gli Elfi Domestici nelle cucine ».

Poi cominciò a frugarsi nelle numerose tasche dei pantaloni, da cui notoriamente poteva saltare fuori di tutto, a partire dal cadavere del criceto di Lucy (lei non si era ancora ripresa da quella perdita), e si allontanò borbottando qualcosa a proposito di un flacone di pillole. Roxanne lo seguì con uno sguardo assassino finché non fu sparito nel buio.

« Devo dedurne che me le ha rubate lui, Jamie? » chiese, piazzando una gomitata tra le costole dell'imbarazzatissimo cugino Potter.

James arrossì vistosamente.

« Ehm... non saprei... magari non le hai cercate bene: hai un sacco di vestiti nei cassetti sotto l'armadio... »

Gli occhi di Roxanne si assottigliarono in un'espressione che ricordava vagamente nonna Molly durante uno dei suoi momenti peggiori. 

« Perché naturalmente te l'ho detto io che le avevo nascoste nei cassetti sotto l'armadio, vero? »

La faccia di James, ormai, era di un rosso tanto violento da rasentare il viola.

« Oh, beh... ora che mi ci fai pensare magari te le ha proprio rubate Fred ».

« E magari tu lo hai aiutato » s'inacidì Roxanne, picchiettandosi la bacchetta sul palmo della mano.

Sentendo che non tirava una buona aria, decisi di battermela in una veloce ritirata: non ci tenevo particolarmente a finire in mezzo ad una battaglia all'ultima maledizione tra James e Roxanne. Anche perché, se James poteva essere considerato fondamentalmente innocuo, girava voce che gli ex di Roxanne non fossero finiti in Infermeria con la faccia coperta di foruncoli per caso.

Pochi metri più in là, su una panchina nascosta dietro un cespuglio di rose, mi imbattei in Draco, che se ne stava seduto a fissare il suo calice vuoto con aria torva.

« Ve la state spassando, vedo » commentai con abbondante sarcasmo.

« E voi? » replicò Draco, accennando con il capo a James e Roxanne che bisticciavano, mentre Scorpius, di poco discosto da loro, si stava docilmente lasciando cazziare da Dominique.

« Non è la nostra festa di addio al celibato » grugnii, forse più irritata dalla vista di Scorpius e Dominique di nuovo assieme che dalle parole di Draco.

« Neanche la mia » replicò lui. « L'ho fatta diciotto anni fa, quella, e nessuno aveva invitato Potter ».

Stavo per dirgli esplicitamente cosa ne pensavo di lui e dei suoi capricci da scuola materna, ma la figura austera di Lucius Malfoy che incedeva verso di noi mi convinse a darmela a gambe per la seconda volta in pochi minuti. Sgattaiolai dietro il cespuglio e mi nascosi accanto al tavolo delle bevande, dove trovai Fred che armeggiava in modo alquanto sospetto con delle pillole violette ed una caraffa di Succo di Zucca. Accanto a lui James e Roxanne, che non sembravano più intenzionati a scannarsi vicendevolmente, stavano tentando di convincere un Elfo Domestico a servire un vassoio carico di bevande analcoliche. L'Elfo, dal canto suo, protestava furiosamente e batteva i piedi a terra, sostenendo che non avrebbe preso ordini dalla feccia Weasley.

Non sprecai nemmeno fiato per chieder loro cosa stesse succedendo: mi limitai a fare da silenziosa spettatrice alla scena e a supporre quanto di peggio mi venisse in mente. Quando si trattava di James e Fred, generalmente, si poteva contare che un'ipotesi del genere fosse azzeccata. La conferma che – tanto per cambiare – le cose stavano esattamente come avevo temuto, e peggio, mi arrivò dopo qualche minuto di accanito mercanteggiare, quando Scorpius interpellò seccamente l'Elfo e gli ordinò di obbedire.

« Cosa state facendo? » chiese poi, squadrando i tre Weasley con sospetto. Ovviamente, non si degnò nemmeno di voltarsi nella mia direzione.

Fred sogghignò e lasciò cadere una pillola bianca dentro uno dei bicchieri.

« Movimentiamo un po' la serata… » spiegò, evasivo.

Scorpius non parve minimamente tranquillizzato: al contrario, se prima la sua espressione era parsa vagamente preoccupata, ora sembrava spaventato a morte. Immaginai che ricordasse piuttosto bene la sua ultima disavventura con le Merendine Marinare, quando io e Hugo l'avevamo fatto finire al San Mungo, e non potei fare a meno di sentirmi vagamente in colpa.

Quanto sono stata idiota. Se non avessi combinato quel disastro magari io e Scorpius saremmo ancora...” m'interruppi davanti al sopracciglio alzato di Calvin. “Beh... qualunque cosa fossimo...

Mentre io mi imprecavo contro nell'intimità della mia scatola cranica e Fred continuava a far scivolare pillole bianche dentro ai bicchieri, Scorpius sollevò una bottiglia di champagne rimasta aperta sul tavolo e la annusò con diffidenza.

« Cosa sono quelle pillole? » chiese.

« Si chiamano pillole Sbronza-Astemi » rispose Fred con un ghigno che non prometteva assolutamente nulla di buono. « Non hanno nessun effetto strano, ma ti fanno venire una dannata voglia di bere. Aspetta dieci minuti e vedrai ».

E, in effetti, dieci minuti dopo vedemmo. Per la precisione vedemmo Draco, mio padre e lo zio Harry che brancolavano per il parco cantando canzoni di dubbio gusto e sorreggendosi a vicenda per non rovinare ingloriosamente tra i cespugli di lavanda.

Una risatina sommessa alla mia sinistra mi avvisò dell'arrivo di Hugo.

« Dici che papà e lo zio Harry si sono accorti di chi tengono sottobraccio? » chiese, occhieggiando il bizzarro trio che avanzava a zig-zag verso di noi.

« Dici che Draco si è accorto di chi lo tiene sottobraccio? » replicai.

Hugo sogghignò.

« Ne dubito ».

Quando il mal assortito trio ci raggiunse, Draco si fermò davanti a noi e rimase a fissarci con espressione corrucciata per un po', strizzando gli occhi. Forse stava cercando di associare i nostri volti a dei nomi, o più verosimilmente stava solo cercando di metterli a fuoco.

« Tu! » sbottò infine, tenendo una mano serrata sul collo di una bottiglia vuota per indicare Hugo. « Portami un'altra bottiglia di Whisky! »

« Due bottiglie di Whisky! » lo corresse mio padre, levando un braccio al cielo e sventolando il pugno con fare cameratesco.

« Tre bottiglie di Wilki! » si accodò lo zio Harry, che a quanto pareva quella sera aveva seri problemi di pronuncia, nonché altrettanto evidenti difficoltà nella deambulazione.

Mio padre si voltò verso di lui, sventolandogli il dito sotto il naso e colpendo quello di Draco nel mentre.

« Hai detto Wilki » lo rimproverò.

« No, non è vero! » si difese lo zio Harry con veemenza.

Papà mise su una faccia saputa e fece cenno di no con l'indice, schioccando la lingua con atteggiamento da maestrina.

« Hai detto Wilki, ti ho sentito ».

« No, invece! Ho detto Wil... Wils... Wol... Welsink... Wollaby! » sbottò Harry infine, spazientito.

Draco gettò il capo all'indietro e gridò la nuova parola, entusiasta.

« Uhu! Wollaby! Tre bottiglie di Wollaby! »

« Dieci bottiglie di Wollaby! » esclamò mio padre.

Zio Harry, elettrizzato dal successo riscosso dalla sua parola, si esibì in un ululato di giubilo.

« Cento bottiglie di Wollaby! »

I tre si allontanarono barcollando e continuando a ritrattare entusiasticamente sul numero delle bottiglie di Wollaby. Mentre mi godevo lo spettacolo (per cui avrei volentieri pagato, in una situazione diversa), presi un boccale di succo di zucca dal tavolo e lo sorseggiai distrattamente.

« Rose, io non so se ti conviene... » cominciò Hugo.

« Cosa? » chiesi.

Per tutta risposta Hugo si limitò ad indicarmi Fred, che stava svuotando un flacone di pillole nella ciotola del punch. Feci correre uno sguardo dal mio bicchiere mezzo vuoto alle losche operazioni di Fred e poi di nuovo al mio bicchiere.

« Oh ».

Per un attimo cominciai a preoccuparmi seriamente, ma poi mi venne un'irresistibile voglia di prosciugare la collezione di Vini Elfici dei Malfoy e dimenticai tutto il resto. Da quel momento in poi, l'intera faccenda divenne piuttosto confusa e decisamente bizzarra. Così bizzarra, in effetti, che – non sapevo bene come e, in tutta sincerità, nemmeno volevo saperlo – dopo il quarto calice di vino (o era il quinto?) mi ritrovai a discutere animatamente di Quidditch con Lucius Malfoy.

Presi al volo da un vassoio il sesto bicchiere della serata e ne tracannai metà con un sorso.

« Cioè, capiamoci » declamai, sventolando in aria il calice. « Non è una questione di razzismo o cosa, ma diamine, è un dato oggettivo, i Nati Babbani a Quidditch sono delle mezze seghe ».

Lucius annuì con convinzione.

« L'ho sempre detto. Anni fa proposi al Ministro della Magia di vietare il Quidditch ai Sanguesporco, ma Caramell era un tale inetto... »

Sventolai il calice con più vigore e mi schizzai con alcune gocce di vino.

« Ma non è neanche questione di vietarlo: tanto non ci giocano comunque... »

« Nella squadra di Quidditch di Serpeverde non si è mi visto un giocatore Nato Babbano da... beh, da mai, probabilmente » concordò Lucius, orgoglioso.

Poi, con un risolino deliziato, aggiunse: « D'altronde a Serpeverde non li prendiamo mica, i Sanguesporco ».

« Quello neanche noi, nella squadra di Grifondoro » blaterai, rovesciandomi il resto del vino sulla maglietta. « Cioè, magari sono anche bravi, niente da dire, ma alla prima caduta da più di due metri d'altezza si prendono uno spavento tale che non si avvicinano ad un manico di scopa per il resto della loro vita. Capisci, loro hanno quelle specie di lattine volanti, gli aeroplani, che quando si guastano si schiantano e ammazzano duecento persone in un colpo solo. Crescono sentendosi dire di non sporgersi dalle finestre, che se cadono si ammazzano, e poi vuoi che ti facciano acrobazie su una scopa? Diciamocelo, i Babbani hanno una fifa blu dell'altezza. Mentre i maghi ce l'hanno nel sangue, non so se mi spiego, imparano a volare ancora prima di imparare a camminare... »

Lucius batté le mani in segno di approvazione, poi Appellò una bottiglia e si riempì nuovamente il bicchiere.

« Esatto, esatto, sta tutto nel sangue » disse. « I Babbani, figuriamoci, quelli hanno guano di drago al posto del sangue. Ho sempre pensato che i Nati Babbani non dovessero essere ammessi a Hogwarts, ma Silente no, lui era troppo rimbambito per rendersi conto di quale feccia girasse per i corridoi della sua lurida scuola di Babbanofili. Oh, ma al primo preside decente che arriva, vedrai... »

Mi bloccai, interdetta, con il calice vuoto ancora levato a mezz'aria, rendendomi conto che il filo della conversazione mi era un po' sfuggito di mano. Mentre Lucius continuava a tenere la sua orazione in compagnia della bottiglia, mi affrettai a svignarmela.

Non andai molto lontano, ad ogni modo: ebbi appena il tempo di percorrere alcuni metri e di svoltare un angolo prima di inciampare su qualcosa di non meglio definito e ritrovarmi stesa a pelle di leone sul pavimento di pietra. Imprecai sonoramente e mi rimisi in piedi con una certa fatica, mentre il "qualcosa di non meglio definito" assumeva la forma confusa di due Scorpius Malfoy al fianco di un imprecisato numero di Dominique Weasley. Gemetti e mi presi la testa tra le mani.

« Calvin, perché mi fai questo? »

« Calvin? » ripeté una delle (troppe) Dominique, perplessa.

Mi limitai ad aumentare il volume e la portata drammatica dei miei gemiti, mentre il mondo, tutt'attorno a me, sembrava non volerne sapere di cancellare i duplicati di troppo che mi danzavano confusamente davanti agli occhi.

Maledizione!

Dominique (una delle tante) storse il naso e mi guardò dall'alto in basso con l'aria leggermente schifata di uno scienziato che osserva i risultati di un esperimento particolarmente mal riuscito.

« Scorpius, te ne vuoi occupare tu? » chiese.

I due Scorpius fecero una smorfia strana, a metà tra il perplesso e il preoccupato.

Ecco, bravo, pensa a quanto devo essere perplessa io... non me ne bastava uno, di te!

« Ehm... » tossicchiarono i gemelli Scorpius. « Cosa intendi esattamente per “occuparmi” di lei? »

« Beh, qualcuno dovrà pur metterla a letto, no? » replicò la Dominique che mi stava più vicino con tono ovvio.

Poi, prima che i gemelli Scorpius potessero ribattere, la banda di Dominique sfocate e traballanti si allontanò lungo il corridoio, lasciandomi sola in compagnia dei gemelli. I due sospirarono e mi lanciarono un'occhiata strana.

« Ce la fai a camminare da sola? »

« Certo che ce la faccio! » sbottai, e mi tirai su di scatto per dar prova della mia evidente sobrietà.

Non so bene come, ma l'attimo dopo ero di nuovo per terra e avevo come l'impressione di essermi fatta discretamente male al fondoschiena. 

« No, aspetta, ma sto bene, eh... » borbottai, tentando di tirarmi su.

I gemelli sbuffarono e, prima che potessi dimostrare la veridicità delle mie parole, mi sollevarono tra le braccia. O almeno così credetti, perché in un istante mi ritrovai sospesa nel vuoto e tremendamente vicina al petto di Scorpius. Lo tastai, per assicurarmi che non fosse un'allucinazione.

« Oh, sei tornato uno » constatai con sollievo.

Scorpius sbuffò e non si degnò di rispondere.

Il viaggio su quel comodo seppur bizzarro mezzo di trasporto durò decisamente troppo poco per i miei gusti, lasciandomi alquanto insoddisfatta. Scorpius, invece, parve assolutamente soddisfatto di avermi appena scaricata sul mio letto come se fossi un sacco di patate.

« Merlino se pesi... » commentò, massaggiandosi le braccia.

Prima che potesse allontanarsi, però, lo agguantai per il colletto della camicia e lo costrinsi a restare chinato su di me, il viso a pochi centimetri dal mio.

« Non ti allontanare... » piagnucolai. « Se ti allontani poi torna il tuo gemello... »

E Calvin a quel punto si sarebbe probabilmente soffocato con le sue stesse bave, cosa che non doveva assolutamente accadere, perché non volevo cadaveri bavosi e puzzolenti dentro la mia scatola cranica.

Scorpius scosse la testa e si mise a sedere sul pavimento, accanto al capezzale. Continuai a tenergli saldamente il polso, per assicurarmi che non decidesse di volatilizzarsi da un momento all'altro, come aveva fatto il suo gemello, e Scorpius lasciò che lo facessi.

Mi sistemai meglio sul cuscino, squadrando i contorni confusi del suo volto. Poi decisi che, visto che mi sentivo lo stomaco tutto scombussolato e presto avrei probabilmente vomitato le farfalle, avevo tutto il diritto di lagnarmi un po'.

« Perché va sempre a finire che ci parliamo quando siamo ubriachi? »

Scorpius emise uno sbuffo che mi parve piuttosto sarcastico e mi tirò le lenzuola fin sopra le spalle.

« Tu sei ubriaca ».

« E tu no? » chiesi. 

« No » rispose. « Ho imparato che non è il caso di accettare nulla che ti sia stato offerto da uno dei tuoi cugini. Specie se si tratta di Fred o di James ».

« Ecco, bravo » grugnii, e misi il muso.

Le farfalle svolazzavano sempre più insistentemente all'interno delle mie intestina e a dirla tutta non mi sentivo un granché bene.

Stupide farfalle e stupido Scorpius... ma guarda un po' se devo stare così per colpa loro!

Passò un po' di tempo, non avrei saputo dire con precisione se qualche minuto o qualche era geologica, ma quando mi riscossi dal pensiero delle farfalle scoprii che Scorpius era ancora seduto accanto al letto e che le mie mani stringevano il suo... oh, ora era la sua mano.

Sbattei le palpebre, un po' stupita.

« Ma tu non mi odiavi? » chiesi.

Scorpius ridacchiò e mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

« No, non ti odio » rispose. « Al momento sembri innocua ».

Aggrottai le sopracciglia, per nulla convinta.

« Ma... ma mi hai trattata male e... e vuoi andare in vacanza con quella francese... e hai detto davanti a tutti quella cosa di quando ci siamo quasi baciati per farmi sembrare stupida e... e... e poi devi smetterla di fare il fighetto aristocratico, mi dà sui nervi! » sbottai. 

Scorpius ridacchiò e mi assicurò che non aveva la minima intenzione di andare in vacanza con la sua “amica” Éstelle, ma lo ignorai.

« Tu mi odi » dichiarai con sicurezza. « Perché sei qua adesso? »

« Perché ti devo un favore » spiegò.

La qual cosa mi lasciò piuttosto dubbiosa.

« Un favore? »

« Già » confermò Scorpius. « Ricordi quella festa a cui ci ha trascinati Dominique? »

Oh, giusto”. 

La famosa festa in cui Scorpius mi aveva praticamente vomitato sulle punte delle scarpe e ci eravamo anche... “Calvin, smettila immediatamente di mimare quelle cose!

Sbuffai.

« Certo che me la ricordo. Sei tu che non ti ricordi che... »

« Che ti ho baciata? » mi interruppe Scorpius con un sorriso sereno.

Spalancai gli occhi ed ammutolii.

« Tu... tu... » gracchiai.

Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, a corto di parole.

« Te lo ricordi? » riuscii a sussurrare alla fine.

Scorpius sfilò la mano dalla mia presa e mi rimboccò le coperte che, nel frattempo, non sapevo bene come, erano finite tutte accartocciate in un angolo del materasso. Annaspai nel tentativo di riafferrarla, ma ormai lui si era già alzato ed era fuori portata.

« Potevo dimenticarlo? » chiese con un sorrisetto amaro. « Sei tu che non ricorderai questo ».

E, prima di andarsene, si chinò a posarmi un bacio sulla fronte.

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Capitolo 32
*** e vissero tutti felici e parenti ***


Capitolo 31
E vissero tutti felici e parenti

 
E poi, beh, poi c'è il lieto fine.
Perché se è vero che la vita è fatta di probabilità e di circostanze che si verificano con la casualità del lancio di un dado, allora è matematico che, per quanto coglione tu possa essere e nonostante l'impegno che ci avrai messo per fare in modo che ciò non accada, prima o poi arriverà il momento in cui le cose ti andranno come avrebbero dovuto andare fin dall'inizio.
E magari non sarà il finale da favola che sognavi da bambina, magari tu non sarai una principessa e lui non avrà un cavallo bianco. Magari, in effetti, sarete solo due idioti che ci hanno girato attorno per anni senza mai riuscire a concludere niente. E magari continuerete anche ad esserlo, dopo: è impossibile, lo so benissimo, che dopo anni passati a portarti sfiga da sola di colpo tutto diventi rose e fiori e ci resti per sempre.
Ma la verità è che, quando arriverà quel momento, non te ne fregherà niente di tutto ciò.
Perché il vero lieto fine non è il famoso “e vissero tutti felici e contenti (possibilmente con orde di bambini urlanti e senza mai litigare)”.
Il vero lieto fine è il Per Sempre. O quasi...
 

***

 
Il giorno del matrimonio mi svegliai con un mal di testa martellante e con l'insopportabile sensazione di malinconia lasciata da un sogno troppo bello che si dissolveva davanti allo squallore della realtà. Tuffai la testa sotto le lenzuola e per qualche minuto tentai di immergermi nuovamente nell'atmosfera che mi aveva cullata nel sonno, ma la voce di Scorpius, il suo sorriso e quel leggero bacio sulla fronte erano ormai solo il ricordo di immagini mai esistite.
Diamine, Calvin, perché adesso devo pure mettermi a sognare queste cose?!
Mi trascinai giù dal letto, più depressa che mai, e andai a ficcarmi sotto la doccia. Il ché, comunque, non sortì grandi effetti, a meno di non voler considerare un “grande effetto” il fatto di essere riuscita a procurarmi ustioni sia da freddo che da caldo nel giro di trenta secondi. In effetti, ci voleva una certa maestria per riuscire nell'impresa.
Quando uscii dal bagno, trovai due cose che non erano come le avevo lasciate nella mia stanza: la prima era mia madre, che saltellava in giro come se l'avesse morsa un'Acromantula, la seconda era un grosso barbagianni che se ne stava appollaiato sul baldacchino del letto e la scrutava con una vaga aria di superiorità.
Inarcai un sopracciglio, perplessa quanto il volatile.
« ...Mamma? »
« Oh, Rose! » si riscosse lei, e mi marciò incontro tendendomi una pergamena.
Feci scorrere uno sguardo terrorizzato dalla sua espressione spiritata al foglio che stringeva tra le mani. Il fatto che mi avesse chiamata per nome lasciava ben sperare, ma avevo imparato sulla mia pelle che con mia madre non si poteva mai dare la propria salvezza per scontata. In secondo luogo sembrava davvero troppo su di giri, per i suoi e per qualsiasi altro standard, il qual segno dava adito ad interpretazioni per niente confortanti.
Tentai maldestramente di indietreggiare e di portarmi fuori tiro,  ma lei mi afferrò un avambraccio e mi ficcò la pergamena tra le dita.
« Sono arrivati i risultati dell'esame... » spiegò con voce concitata. « Spero non ti offenderai se ho già aperto la lettera, ma volevo assicurarmi che... oh, non importa! » e così dicendo mi strappò il foglio di mano prima ancora che potessi spiegarlo. « Hai preso Oltre Ogni Previsione! »
Mi lasciai abbracciare, stritolare, baciare sulle guance e torturare con qualsiasi altra esternazione di affetto mia madre ritenesse necessaria, anche se scoprii che non me ne importava molto di aver passato l'esame con un buon voto. In realtà, al momento avrei volentieri barattato una decina di Oltre Ogni Previsione in Trasfigurazione perché il sogno di quella notte fosse stato reale.
« È bello vedere che ti ricordi di volermi bene solo quando prendo un bel voto » commentai non appena mamma mi lasciò tornare a respirare.
Lei alzò gli occhi al cielo e replicò alla mia frecciatina con uno sguardo esasperato.
« Oh, avanti, lo sai che ti voglio bene sempre. Anche se... oh, sono così orgogliosa di te! Sapevo di aver fatto la cosa giusta a darti fiducia! Su, dimmi: cosa vuoi? » riprese, riacquistando immediatamente il tono eccitato e vagamente isterico di poco prima. « Un regalo? Al primo weekend libero ti vengo a prendere a Hogwarts e andiamo a fare shopping a Diagon Alley o... o dove vuoi, anche nella Londra Babbana. E poi potremmo cenare assieme, anche con Hugo, e... »
« Mamma » la interruppi.
Le posai entrambe le mani sulle spalle ed aspettai che si fosse calmata un po' prima di ricominciare a parlare.
« Hai un matrimonio oggi. Non dovresti essere da qualche parte a lisciarti i capelli o a indossare il vestito? »
Per un attimo vidi un lampo di panico sfrecciarle nelle iridi castane, poi sospirò e si lasciò cadere pesantemente sul mio letto, ignorando con una certa audacia la pila di calzini usati che erano stati gettati alla rinfusa tra le lenzuola nella speranza che qualche Elfo Domestico avesse la pietà di portarli via e lavarli. Gettai a terra un paio dei suddetti calzini per farmi spazio e mi sedetti accanto a lei, in paziente attesa.
La cosa andò un po' per le lunghe, ma dopo un paio di minuti di silenzio, mordicchiamenti di unghie e snervante tamburellare di piedi sul pavimento, mamma emise un gemito sofferente e si lasciò cadere di schiena tra i calzini sporchi.
« Non credo di essere psicologicamente pronta per risposarmi » dichiarò.
Sentii le mie sopracciglia inarcarsi sulla fronte senza che potessi fare niente per contenere la mia espressione scettica.
« E te ne preoccupi adesso? » chiesi.
La voce di mia madre si fece molto più alta e molto più isterica.
« Non sono matura abbastanza! »
Mi sfilai un calzino da sotto il sedere e lo gettai a terra, continuando a fissare la donna più matura e responsabile che conoscessi mentre se ne stava distesa su un letto sfatto e faceva i capricci come una bambina di tre anni e mezzo.
« Mamma... » grugnii, tentando di instillarle un minimo della razionalità che aveva evidentemente dimenticato in qualche recondito angolo del castello.
« Lo so, sono patetica » convenne lei prima che potessi terminare la frase. « E anche stupida. Oh, e isterica. Non dimentichiamolo. Sono incommensurabilmente isterica ».
Spalancai gli occhi, cominciando seriamente a ventilare l'ipotesi che i coniugi Malfoy le avessero gettato addosso una qualche strana maledizione che le aveva spappolato la corteccia cerebrale.
« Hai detto tutto tu, eh... »
Per tutta risposta lei si coprì il volto con le mani ed emise un lungo sospiro sconsolato.
« Oh, Rose, sto cominciando davvero a pensare che tu e Hugo non aveste tutti i torti, quando volevate impedirmi di stare con Draco. In fondo, io e lui siamo così diversi... e poi non siamo più tanto giovani: forse dovremmo occuparci solo dei nostri figli invece di sposarci e... e se poi qualcosa va male anche questa volta? Insomma, abbiamo passato anni a detestarci a vicenda; non credo che ora metterci un anello al dito sia una buona idea. Non lo credo per niente. Siamo stati stupidi e romantici ed impulsivi... Sono sicura che cambieremo idea appena sposati e non penso assolutamente di poter sopravvivere ad un altro divorzio. Non era questa la vita che avevo in mente alla tua età... »
Aprì uno spiraglio tra le dita per sbirciarmi con l'aria terrorizzata di chi improvvisamente si è trovato davanti ad una banda di Mollicci.
« Rose... » balbettò. « E se avessi sbagliato tutto? »
Per un attimo finii quasi per prenderla sul serio ed una piccola, microscopica parte di me suggerì di riprendere l'operazione LSD e di creare un piano C da adottare in situazioni di emergenza come quella.
In fondo non tutto è perduto. Non ancora”.
Ma poi, con un piccolo brivido, mi resi conto di non voler assolutamente che mia madre annullasse il matrimonio. Né, tanto meno, lo voleva lei.
« Mamma... » esordii per la seconda volta nel giro di due minuti, facendo del mio meglio per non suonare esasperata o eccessivamente conciliante.
D'altronde, supponevo che si avesse il diritto di essere un po' in paranoia, tre ore prima di sposarsi con l'ossigenatissimo erede di una delle casate Purosangue più ricche ed antiche d'Inghilterra. Io lo sarei stata.
Anche se dubito potrebbe mai capitarti, visto come si è evoluto ultimamente il tuo rapporto con Scorpius...
Lanciai un rotolo di carta igienica in testa a Calvin e lo cacciai malamente a piangere da un'altra parte, lontano dalla parte cosciente del mio cervello.
« D'accordo » sbuffai, e al diavolo la calma. « Non sono molto esperta di queste cose, ma immagino che sia normale andare nel panico prima di sposarsi. Cerca di calmarti e vedrai che... »
« Non provare a dire che andrà tutto bene! » sbottò lei. « Ci sono trilioni di cose che possono andare storte! Come, per esempio, il buffet potrebbe essere avariato e causare un'indigestione a tutti gli ospiti, oppure il gazebo potrebbe crollare e ferire qualcuno, o ancora... »
Quando si accorse di avermi praticamente aggredita, si azzittì bruscamente e tornò a distendersi tra le lenzuola con l'aria di un condannato al Bacio di Dissennatore. Il che, pur con tutto quello che Draco poteva meritatamente far pensare di sé, mi sembrava davvero un po' eccessivo.
« Scusa... » borbottò. « Sono un po' nervosa... »
Ma giusto un po'...
Scossi la testa e posai una mano sulla sua, trovandola fredda e sudaticcia.
« Mamma, lo so che è stata dura con Draco e che metà dei tuoi amici ti hanno praticamente disconosciuta per colpa sua, ma ormai il danno è fatto, no? » dissi, cercando di suonare logica e ragionevole.
A giudicare dal gemito che seguì le mie parole non ci riuscii molto bene. In effetti, a conti fatti, avrei potuto trovare un'argomentazione migliore.
« Ok, d'accordo, cancella quello che ho appena detto » ritentai. « Tu lo ami sul serio, no? Insomma, anche io pensavo che ti avesse dato di volta il cervello, all'inizio... cioè, diciamo pure per tutta l'estate... » tossicchiai, a disagio. « E questo non vuole neanche dire che il cervello non ti abbia effettivamente dato di volta. Ma quando ho letto la lettera che mi hai scritto prima di partire per il viaggio con Draco... beh, dopo le cose che mi hai detto di lui mi sembra davvero stupido doverti ricordare quanto lo ami, perché è così ovvio... »
Mi sforzai di sorriderle e, con mio sommo stupore, ci riuscii egregiamente.
« E anche lui ti ama, ci metterei una mano sul fuoco ».
A quel punto, prima che la faccenda si facesse troppo sdolcinata, mi sentii in dovere di aggiungere una smorfia, tanto per mantenere inalterate le antiche tradizioni.
« Certo, è pur sempre un irritante, biondo, Purosangue Malfoy ed è convinto che gli aeroplani siano delle armi di sterminio di massa... Ma sai, credo che potrei farci l'abitudine, ad averlo come vice-papà. Insomma, in fin dei conti non è poi così male... »
Dopo il finale imbarazzante del mio monologo, a cui seguì inevitabilmente l'autocombustione delle mie guance, ci furono alcuni istanti di silenzio, in cui mia madre mi fissò con gli occhi sgranati e né io né lei sembrammo riuscire a credere che mi fossi lasciata sfuggire quelle informazioni così compromettenti.
Non vogliocrederci. Da quando sono diventata così sentimentale?
Alla fine fu mamma a rompere il silenzio imbarazzante che si era creato.
« Q-quindi... ho... ho il tuo permesso di sposare Draco? » balbettò, incredula.
Davanti alla sua espressione stralunata, non potei che scoppiare in una risata sincera.
« Hai il mio obbligo di sposarlo, mamma ».
 

***

 
L'abitino rosa – oltre ad essere indiscutibilmente osceno – mi andava anche un po' grande, in modo che la stoffa si raccoglieva in pieghe mollicce attorno alla vita e ai fianchi per poi ricadermi  sgraziatamente fin sotto le ginocchia, facendomi sembrare ancora più bassa del solito. Il ché, visti i già pochi centimetri di cui mi aveva fornita Madre Natura, non era assolutamente necessario. Se poi ci si aggiungevano l'imbarazzante trucco infantile che era stato imposto alle damigelle dalla signora Malfoy e l'altrettanto umiliante fatto che sul volto di Dominique stesse benissimo lo stesso, guardando la mia immagine riflessa nello specchio non potei che sospirare, sconsolata.
Mi abbandonai contro lo schienale della sedia e nello stesso istante in cui ebbi la malaugurata idea di farlo sentii che una folta ciocca di capelli mi veniva estirpata dal cranio. Domi imprecò e riprese ad accanirsi sulla mia chioma vilipesa.
« Vuoi stare ferma? »
Persino Lily – che pure aveva i capelli più rossi dei miei – riusciva ad risultare guardabile dentro il suo abito da damigella.
Mentre io sembro un clown...
« Accidenti, Rose » sbuffò Lily, che stava osservando con aria rapita la delicata (non nel senso fisico del termine, chiaro) operazione repressiva in atto sulla mia testa. « È il matrimonio di tua madre! Che faccia avrai al suo funerale? »
Aprii la bocca per replicare, ma l'interesse di Lily nella conversazione si dissolse non appena la porta del bagno si spalancò, rivelando la figura impeccabile di Marshall.
« Buongiorno, damigelle, disturbo? » ci salutò allegramente, soffermandosi in particolare su Lily.
La più piccola dei Potter sobbalzò sulla sedia ed arrossì leggermente, ma si ricompose quasi subito.
« Marshall... » rispose, mentre io e Dominique ci accodavamo con due identici grugniti infastiditi. « Cosa ci fai qua? »
Marshall ridacchiò.
« La signora Narcissa è molto amica di mia nonna e così siamo stati invitati al matrimonio. Sai, intrallazzi fra Purosangue... » spiegò. « Tra l'altro, credo che io e Scorpius siamo cugini di terzo grado, o qualcosa del genere ».
Lily, considerato che Marshall era la sua ultima fiamma, non sembrò troppo contenta di vederlo. Al contrario, si alzò in fretta e si sistemò le pieghe del vestito, sorridendogli nervosamente.
« D'accordo, allora... ehm... che ne dici se io e te ce ne andiamo a fare un giro nel parco, lontano dagli altri, dove nessuno potrà vederti? » propose. Poi, con una smorfia preoccupata, aggiunse: « Non hai incontrato Al, vero? »
Marshall allargò un gomito in modo che lei potesse prenderlo a braccetto e le rivolse un sorrisino condiscendente.
« No, non ho ancora avuto la fortuna di sentire in prima persona i suoi piani per il nostro a quanto pare imminente matrimonio, ma in compenso tuo fratello James ha colto l'occasione per minacciarmi di morte ».
Lily si schiaffò una mano sul volto.
« Stupendo... sono uno più idiota dell'altro... »
In ogni caso non disdegnò il braccio che Marshall le stava porgendo e lo trascinò fuori dal bagno, presumibilmente alla volta di un luogo dove i fratelli non avrebbero potuto trovarli e dove loro due avrebbero potuto fare tutte le altre cose che si convenivano al caso.
Sospirai, pensando con una certa dose di velleità suicide che la felice coppietta in fuga dai parenti Weasley avremmo potuto essere io e Scorpius, se solo...
« Ahia! » esclamai, quando Dominique mi strappò l'ennesima ciocca di capelli.
Per tutta risposta lei imprecò e lasciò andare la complicata treccia che aveva tentato di comporre negli ultimi dieci minuti.
« Scusa... » borbottò, rabbuiandosi.
A quanto pareva, non ero l'unica ad essere molto più pensierosa e cupa del solito.
« Non fa niente ».
Mi strinsi nelle spalle e lisciai il tessuto della gonna con una mano, aspettando che ricominciasse ad intrecciarmi i capelli. Mi sembravano passati secoli dall'ultima volta in cui ci eravamo trovate nella stessa stanza senza che ci fosse una terza persona a mediare la conversazione e di colpo, sole io e lei, non sapevo bene cosa dire. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che solo due mesi prima avessimo passato il viaggio di ritorno da Hogwarts chiuse in uno scompartimento alla fine del treno, chiacchierando senza sosta delle nostre idiozie, quando ora a stento ci parlavamo. Nonostante fosse Domi – e la cosa non deponeva assolutamente a suo favore – mi resi conto che un po' mi mancava essere cugine-migliori-amiche. D'accordo, mi mancava molto.
Tossicchiai e mi sistemai meglio sulla sedia, visto che Domi non accennava a voler rimettere mano alla treccia. Certo, aveva fatto di tutto e di più per meritare ogni singola cosa orribile che avevo pensato di lei nell'arco dell'estate, ma in fondo avevo sempre saputo che era fatta così e che si ricordava dell'esistenza del resto del mondo solo quando le faceva comodo.
Da qualche parte fuori dalla finestra, probabilmente nella corte interna, provennero lo schianto di un incantesimo scagliato a vuoto e le urla di una voce che era inequivocabilmente quella di James.
« Ehi, Lily, calmati! Non volevo fare troppo male al tuo amico, lo giuro! Papà ha detto che non c'è bisogno di ammazzarlo, comunque... »
Un secondo schianto, più fragoroso del primo, annunciò rumorosamente che – no – Lily non si era calmata proprio per niente.
« TU LO HAI DETTO A PAPÀ?! »
« Certo che gliel'ho detto: è tuo padre, ti serve il suo permesso per frequentare qualcuno e poi ho pensato che... »
La terza esplosione fece tremare la vetrata della finestra.
« Accidenti, Lily, quella era una Cruciatus! »
« Vuoi vedere che so fare anche un'Avada Kedavra?! »
Gli schianti e le urla belluine di Lily – che intimava al fratello di tornare indietro a farsi ammazzare da uomo – furono piuttosto eloquenti sul fatto che James le credeva sulla parola e non aveva la minima intenzione di sperimentare di persona la sua abilità nelle Maledizioni Senza Perdono.
« Ha preso da zia Ginny, no? » commentai, tanto per spezzare il silenzio imbarazzante tra me e Domi.
Lei si limitò a fare un cenno d'assenso con il capo.
« Già ».
« James invece non so da chi abbia preso... » aggiunsi, posandomi un dito sul mento in quello che ritenevo essere un dignitoso atteggiamento meditabondo. « Spero che sia un gene portato dal ceppo Potter, comunque ».
Almeno questo spiegherebbe perché Al continua a campare in aria progetti matrimoniali senza la minima prospettiva di riuscita...
Domi emise un sospiro pesante di malinconia e di tante cose non dette. Alzai gli occhi sulla superficie dello specchio e vidi la sua immagine riflessa allontanarsi dallo schienale della mia sedia e andare ad aprire la porta del bagno.
« Torno subito... » sussurrò con un filo di voce. « Devo solo... »
E si richiuse la porta alle spalle prima di aver completato la frase. Decisamente, quella mattina Domi non era quello che si sarebbe potuto definire un distributore automatico di ottimismo e buon umore. Sbuffai e mi soffiai via dagli occhi una ciocca di capelli rimasta abbandonata fuori dall'acconciatura.
Che accidenti le prende, adesso?
Per un attimo fui sopraffatta da un moto d'irritazione, ma fu strano rendermi conto che non era assolutamente per via di Scorpius e della possibilità che se lo stesse lavorando per qualche losco secondo fine. Cioè, forse un po' anche per quello. Ma, in realtà, cominciai a riconsiderare l'assurdità dei castelli che avevo campato in aria su mia cugina e Scorpius: certo, di motivi per credere che stesse tentando di soffiarmelo ne avevo avuti, ma ne avrei avuti molti altri per non crederlo. Chiusi gli occhi e mi piegai sul ripiano del lavandino, posando la fronte sulla superficie fredda del marmo.
Ho davvero fatto bene a prendermela tanto con lei? O invece ho solo lasciato che un ragazzo rovinasse una delle amicizie a cui tenevo di più?
Più ripensavo alle cose che avevo fatto, detto e pensato negli ultimi mesi, più le idiozie e gli errori di giudizio che avevo commesso mi si stagliavano davanti agli occhi in tutta la loro colossale stupidità. Domi era alta, magra, bionda e bella in una maniera imbarazzante per qualsiasi altro essere di sesso femminile presente sulla faccia del pianeta, per non contare che era di un anno più grande di lui e che avrebbe potuto trovarsi un ragazzo molto più bello: perché avrebbe dovuto fissarsi con Scorpius? Dominique sapeva essere discretamente stronza quando voleva, certo, ma era davvero così stronza? E Scorpius? Scorpius mi avrebbe davvero presa in giro senza motivo, se gli fosse interessata mia cugina? No, tutti i litigi e le parole taglienti che c'erano stati tra di noi erano stati unicamente colpa mia e sua: Dominique non c'entrava più di quanto c'entrasse uno qualsiasi degli altri pretesti idioti che avevo addotto a giustificazione quando le cose non erano andate come avrei voluto.
O no?
Magari ci aveva davvero fatto la stupida e magari Scorpius era rimasto abbagliato dai suoi occhi azzurri e dai suoi capelli biondi, come un qualsiasi altro essere di sesso maschile avrebbe fatto. Ma era davvero quello il motivo per cui le cose tra me e Scorpius non avevano funzionato? Il mondo brulicava di ragazze più bionde e più belle di me, eppure la gente mediocre si innamorava e viveva felice lo stesso.
E se le avessi solo dato la colpa di tutto quello che non funzionava perché era più facile che ammettere di essere un disastro su tutto il fronte?
Magari negli ultimi giorni Domi aveva davvero tentato di convincere Scorpius a smetterla di trattarmi male. Magari, per una volta tanto, le cose erano proprio semplici come apparivano.
Rialzai la fronte dal piano del lavandino e scoccai uno sguardo malevolo al mio riflesso nello specchio.
Ciò non toglie che io sia immensamente arrabbiata con Domi, comunque”.
Perché, fino a prova contraria, io ero sempre stata la sua confidente per eccellenza e ora invece non avevo la più pallida idea del perché fosse così abbattuta. Pareva che si fosse addirittura andata a confidare con Scorpius (sempre che non fosse tutta una balla per coprire i loro loschi affari alla festa, certo...), mentre a me non aveva detto niente di niente per tutta l'estate, impegnata com'era a trattare male James, confabulare con Scorpius, essere più bella di me e covare gelosamente i propri stupidi segreti.
Calvin, che nel frattempo aveva smaltito la crisi di pianto e si era messo a prendere appunti sul mio flusso di coscienza con l'atteggiamento professionale di uno psicologo, mi lanciò un'occhiatina divertita.
Beh, non si può dire che tu non sia gelosa marcia di tua cugina. Ma forse non è Scorpius il vero motivo...
Dover dare totalmente, incondizionatamente ragione a Calvin per la prima volta da quando aveva avuto la malaugurata idea di comparire all'interno della mia scatola cranica era quanto di più umiliante potesse venirmi in mente, ma quella volta non ebbi scelta: la verità era che, più di tutto, ero incazzata come una iena perché Dominique sembrava aver trovato dei confidenti migliori di me. E non riuscivo a capire perché: d'accordo, io ero stata occupata ad infatuarmi di Scorpius e lei a stare dietro al proprio egocentrismo galoppante, ma Domi non aveva mai avuto una vera amica, all'infuori di me, e non mi sembrava per nulla verosimile che potesse avermi rimpiazzata così in fretta.
E comunque non è per niente detto che non abbia tentato di soffiarmi Scorpius.
Scossi la testa e lanciai l'ennesima occhiata infastidita allo specchio, che continuava a rimandarmi l'immagine di una patetica ragazzina lentigginosa travestita da confetto. Erano passati almeno dieci minuti da quando Domi era sparita oltre la porta e non si era ancora fatta viva per finire la treccia, che ormai si era decomposta in un informe groppo di capelli. Mi alzai dalla sedia e decisi di andare a sincerarmi delle sue condizioni, tanto per assicurarmi che non fosse stata rapita da un branco di Ippogrifi impermaliti. Quando aprii la porta, però, tutte le osservazioni sarcastiche che mi ero preparata circa lo stato dei miei capelli mi morirono sulle labbra.
« D-Domi? » balbettai, incerta.
Mia cugina alzò lo sguardo su di me e per un attimo i miei occhi incrociarono i suoi, rossi e lucidi di lacrime. Era seduta sul bordo del materasso e si cingeva la vita come se stesse cercando di trasmettersi un po' di calore con le braccia magre e pallide. Quando mi vide, la sua schiena ebbe un sussulto ed un singhiozzo soffocato le sfuggì dalle labbra.
« Va tutto bene? » chiesi, sorvolando sull'ovvio fatto che sembrava sull'orlo del suicidio.
In risposta ottenni una specie di rantolo disperato. Dominique si passò un dito sotto gli occhi per asciugare le tracce di trucco che le era colato dalle ciglia.
« Pensi che sia una troia, vero? » chiese a bruciapelo.
Preferii non rispondere: forse Dominique non era la causa prima delle mie disgrazie con Scorpius e forse mi mancava essere amiche, ma il mio giudizio in merito tendeva comunque più verso il sì che verso il no. Decisamente più verso il sì. Domi distolse lo sguardo dal mio e chinò il capo.
« Io... Io non volevo portarti via Scorpius » sussurrò. « Mi dispiace, mi dispiace tanto... È che avevo bisogno di qualcuno con cui parlare e lui era là e... »
Tacque di colpo e si attorcigliò nervosamente le dita in grembo. Poi, come se le fosse venuta in mente una questione d'importanza cruciale, alzò lo sguardo e si affrettò ad aggiungere: « Tu non pensi che lui mi piaccia, vero, Rose? »
Per la seconda volta, non risposi.
L'erba del vicino è sempre più verde, sai come si dice...
Domi sospirò e tornò a studiarsi le mani, cosa che avrebbe anche potuto essere molto nel suo stile, se invece di nascondere le lacrime il suo intento fosse stato quello di controllare lo stato dello smalto.
« Lo sai che io non ho molti amici, Rose » sussurrò. « La maggior parte della gente che conosco pensa che sia una stronza o una da “solo una scopata e via”. Ho solo voi cugini e con voi non potevo parlare di... »
S'interruppe nuovamente e strinse le labbra tra loro come se temesse di lasciarsi sfuggire una parola di troppo. Il trucco ormai le era colato lungo tutte le guance e quelle scie grigiastre sul volto le conferivano l'aspetto più triste che si potesse immaginare.
« Scorpius è abbastanza di famiglia da poter capire di cosa parlavo, ma non è un cugino » riprese, parlando a voce così bassa che dovetti fare un certo sforzo per ricostruire le sue parole. « E non potevo parlarne con voi, Rose, sennò cosa avreste pensato di me? »
Singhiozzò più forte e si nascose il volto tra le mani. Le vene, sugli avambracci e sul dorso delle mani, erano pericolosamente sporgenti ed il suo corpo magro – troppo magro – sembrava sul punto di spezzarsi ad ogni singhiozzo che lo scuoteva. Forse era dimagrita ancora, nell'arco dell'estate. Non ci avevo mai fatto caso, ma di colpo mi venne in mente che avrei dovuto.
« Avevo solo bisogno di un amico, Rose... mi... mi dispiace così tanto. Io non volevo... non volevo farti pensare che... E poi mi sentivo così in colpa e ho tentato di rimediare, di aiutarlo a sistemare le cose con te, ma... ti prego, Rose, non mi odiare... avevo solo bisogno di un amico... »
Rimasi immobile, in piedi di fronte a lei, a guardarla piangere senza profferir parola. Una parte di me si sentiva terribilmente crudele e avrebbe voluto lasciar da parte l'orgoglio per correre ad abbracciarla. Perché, in fondo, avevo sempre saputo che Domi era troppo fragile per il mondo in cui viveva.
Se dipendesse da lei, vivremmo nel Paese dei Balocchi e gli uomini sarebbero tutti Principi Azzurri.
Ma c'era pur sempre l'altra parte di me, quella che non riusciva a mettere da parte i dubbi e che mi costringeva a restare immobile lì dov'ero. Quella che continuava a pensare, nonostante tutto, che le stesse più che bene essere accasciata su quel letto a piangere da sola.
Ho già dovuto fare da psicologa a mia madre. E con Scorpius va tutto uno schifo: che cavolo, sono io quella che dovrebbe venir consolata!
Dominique si premette i palmi delle mani sulle guance e si asciugò le lacrime con un gesto secco. I singhiozzi si erano un po' diradati, ora, ma i suoi occhi chiari traboccavano ancora di lacrime e d'incertezza. Mi scrutò da sotto in su per alcuni istanti, come se stesse valutando una qualche ipotesi, e poi tirò su col naso e si spostò sul materasso, in modo da farmi spazio accanto a sé.
« S-se vuoi sederti... » spiegò, con voce tremante.
Poi, visto che non lo feci, si strinse le braccia contro il petto e ricominciò a parlare con un filo di voce.
« So che sei arrabbiata con me, però non devi esserlo anche con Scorpius. Se non ti vuoi fidare di me, fidati di lui, almeno... »
Finalmente, dopo una lunga e sanguinosa lotta alla quale Calvin aveva assistito senza saper bene con quale fazione schierarsi, la parte di me che voleva credere alla sua buona fede prevalse. Domi sembrava davvero troppo fragile, in quel momento, e in fondo avevo sempre saputo che era un'egocentrica di prim'ordine e che lo sarebbe rimasta. Ma era pur sempre mia cugina e non potevo non volerle bene.
Sospirai e andai a sedermi al suo fianco, sconfitta.
« Senti, lascia perdere Scorpius. Non importa, comunque, è acqua passata » mentii.
Non importa, comunque, ho mandato tutto all'aria” mi corressi mentalmente.
Dominique annuì mestamente.
« Posso dirti una cosa, Rose? » mi chiese.
La sua voce era tremante, insicura, ma lasciava trapelare un briciolo di determinazione in più. Di colpo, senza sapere bene perché, capii che era una cosa importante. Forse la conoscevo solo da troppo tempo.
« Sì ».
« È una cosa importante... » aggiunse Domi, facendo di tutto per evitare il mio sguardo. « E so che mi giudicherai anche se ora prometti di non farlo. Però... non ce la faccio più a tenermi tutto dentro... »
« Ti ascolto » dissi. « E ti prometto che non penserò male ».
Forse...
Accompagnai la mia risposta con un cenno del capo e raddrizzai la schiena.
In fondo,” pensai, con una discreta soddisfazione e una ancor più consistente dose di orgoglio, “al diavolo lei e le idiozie che ha blaterato sul fatto di non poterne parlare con noi cugini: sono pur sempre io la sua confidente numero uno”.
Ero così in attesa per la confessione che sembrava finalmente essersi decisa a farmi che, quando Dominique aprì la bocca per parlare di nuovo, non potei che restarci di cacca. Letteralmente. Perché quello che disse non si avvicinava nemmeno lontanamente alla confessione del secolo per la quale sarei stata disposta a concederle il mio perdono. Quello che disse, in effetti, non aveva il minimo senso.
« Mi piace James ».
Ci misi qualcosa come una decina di minuti per metabolizzare le sue parole. A quel punto, dopo aver scorso con attenzione la lista di tutti i James che conoscevo, mi decisi a chiedere: « Intendi James Stewart, di Corvonero? »
Ci fu una breve pausa, in cui io annuii con convinzione, nella certezza che in quel modo avrei convinto anche lei della veridicità delle mie parole, e Domi si morse le labbra. Poi scosse la testa.
Sgranai gli occhi e cominciai a spremermi le meningi, chiedendomi quali altri James sessualmente appetibili potessero esistere tra le conoscenze di mia cugina. Non che Stewart fosse particolarmente intrigante, in effetti, e poi aveva quindici anni, ma...
Calvin, cosa diamine stai facendo vestito in quel modo?!” sbottai, guardandolo con espressione scandalizzata.
Calvin, all'interno della mia scatola cranica, mi stava facendo i segnali di fumo. Il che, per i suoi standard, sarebbe stato anche piuttosto normale, se non avesse avuto i capelli inspiegabilmente scuri e se non avesse indossato la maglietta preferita di James. Mio cugino James. Che si trovava, tra l'altro, nella sconveniente posizione di essere anche cugino di Dominique.
Spalancai la bocca, folgorata improvvisamente dalla consapevolezza.
« James... Jamie? » balbettai, mentre Dominique arrossiva come un pomodoro maturo.
« Ma tu non sopporti James » obiettai, tentando di suonare razionale. « Lo tratti sempre da idiota... »
Il rossore sulle sue guance si fece più intenso. Non diede una conferma esplicita alle mie supposizioni, ma in fondo non ce ne fu bisogno. Anche perché Calvin aveva appena ripescato una serie di ricordi che non lasciavano molti dubbi in merito: Dominique infuriata perché avevo combinato un appuntamento tra James e Kathie, Dominique che cercava di incenerire la suddetta Kathie con lo sguardo, Dominique che sbirciava James con un'espressione strana appena credeva che nessuno la vedesse, Dominique che tentava maldestramente di provarci con James alla festa...
« Oh... » balbettai, senza sapere bene che altro dire.
Nella sua totale assurdità, la cosa aveva anche una certa parvenza di logica: James era troppo tonto per fare male ad una mosca. Goffo e tenero com'era, era probabilmente l'essere di sesso maschile che più si avvicinasse all'idea che aveva Domi del Principe Azzurro. O se non altro, almeno, era innocuo. Il che era già un gran miglioramento, visti gli stronzi che si era riuscita a trovare Dominique negli ultimi anni.
Anche se... Jamie. Merlino, ce ne vuole di coraggio per farselo piacere...
« Beh, questo sì che è un bel casino... » commentai, nel tentativo di spezzare l'imbarazzante silenzio che era calato.
Dominique mi lanciò uno sguardo dubbioso, come se non sapesse bene se aspettarsi una reazione a scoppio ritardato.
« Quindi... quindi non pensi che sia pazza, o che sia una cosa disgustosa, o che... »
« Sarebbe più disgustoso se tu ricominciassi ad uscire con Nott » le assicurai.
In realtà, ero ancora troppo stordita da quella notizia per formulare un'opinione sensata sul fatto che Dominique aveva una cotta per James. Cioè, mia cugina Dominique aveva una cotta per mio cugino James. Ovvero suo cugino James.
Mentre quella consapevolezza affondava lentamente nel mio subconscio, trascinandosi dietro bizzarre quanto inquietanti immagini di James e Dominique che pomiciavano sul divano della Tana, mentre Lily e Hugo si dichiaravano amore eterno e Lucy flirtava con Louis, cominciai a pensare che in effetti era solo questione di tempo prima che dessi di matto.
Cioè... Jamie!
La faccenda aveva dell'inquietante: a quel punto io avrei potuto lasciar perdere Scorpius per mettermi con un Elfo Domestico e la cosa non sarebbe risultata poi così assurda.
Dominique, però, sembrò così sollevata e così immensamente grata per le mie parole che non me la sentii di rimangiarmele. Rimasi a guardarla in silenzio mentre si asciugava le ultime lacrime e poi, lasciandomi ancora più sconcertata di quanto la sua rivelazione non avesse già fatto, mi rivolgeva un sorriso sincero.
« Non so come hai fatto a sopportarmi quest'estate, ma... grazie ».
Mio malgrado, fui costretta a ricambiare il sorriso.
« Non so come ho fatto a sopportarti in questi sedici anni, Domi. Ma immagino che sia questo che si fa, per la tua migliore amica ».
Poi, senza sapere bene chi aveva cominciato l'abbraccio, ci ritrovammo strette l'una all'altra, come quando eravamo delle pre-adolescenti imbecilli e ci rintanavamo in qualche remoto angolo della Tana per spettegolare dei nostri importantissimi segreti. Domi non aggiunse altro su James e gliene fui estremamente grata, perché non ero psicologicamente pronta ad affrontare le sue eventuali fantasie su di lui, ma fui certa che da quel momento avrei sentito parlare di Jamie molto più spesso. In fondo, avrei potuto anche farci l'abitudine, se questo significava riavere indietro la vecchia Dominique, quella un po' più sognatrice e un po' meno stronza.
« Allora » dissi, districandomi dall'abbraccio. « Finiamo di prepararci? »
Domi annuì e si passò la mano sulle guance sporche di trucco per l'ennesima volta.
« Tremo al solo pensiero dello stato in cui dev'essere ridotta la mia faccia... »
La sua risatina fu un po' forzata e vagamente isterica, ma non ci furono altri silenzi imbarazzati da quel momento. La cosa bella di essere cugine, oltre che migliori amiche, era che potevamo perdonarci e tornare ad essere quelle di sempre in un batter di ciglia.
 

***

 
La cerimonia, tutto sommato, andò bene.
Poco prima di entrare nella cappella Draco mi fermò per chiedermi nervosamente come gli stesse l'abito da cerimonia – d'altronde era ormai assodato che quel giorno ero diventata la psicologa di tutti – e solo dopo svariate domande terrorizzate sull'umore e sui sentimenti di mia madre riuscì a ricomporsi e mi liquidò con un: « Comunque cosa vuoi capirne, tu, di queste cose ».
Evitai di mandarlo a quel paese solo perché mi sembrava già abbastanza in crisi di suo. D'altronde tutti erano in crisi quel giorno, o difficilmente si sarebbero visti costretti a fare affidamento sulle mie inesistenti capacità di psicoterapeuta.
Ma almeno Dominique sembrava più serena rispetto a quella mattina ed io ero troppo felice di essere di nuovo la sua confidente preferita per non condividere il suo stato d'animo. Certo, se avessi smesso di immaginare lei e Jamie che si mangiavano la faccia nel salotto della Tana sarei stata più felice. E ancor di più lo sarei stata se Scorpius avesse smesso di essere così dannatamente perfetto in quell'abito da Purosangue e se Calvin avesse smesso di ricordarmelo con tanta insistenza (e senza vestiti).
Abercrombie, tu sarai la mia rovina.
Scorpius Malfoy a parte, però, il matrimonio filò così liscio che l'unico reale problema si presentò quando dovetti attraversare la navata reggendo il velo a mia madre, il tutto senza inciampare nelle scarpe alte che ero stata costretta a indossare per colmare la differenza d'altezza con le altre damigelle. Secondo Draco ci fu anche un secondo problema, in realtà, ma nessuno degli altri invitati trovò sconveniente il fatto che mio padre, dopo avergli fatto i migliori auguri per il matrimonio ed essersi raccomandato (con una discreta dose di minacce raccapriccianti) di trattare bene mia madre, gli avesse tirato un pugno nei denti. Nemmeno lo zio Perce trovò qualcosa da obiettare e, anzi, si limitò ad accettare una manciata di Galeoni da George, con una certa aria soddisfatta.
« Non tutte le questioni internazionali si possono risolvere con la diplomazia, in fondo » aveva dichiarato, sistemandosi la cravatta con un gesto pomposo. « In certe situazioni, per sancire alleanze durature o stipulare trattati di pace stabili, per quanto la cosa possa apparire paradossale, si rende necessario un atto di forza, come ad esempio accadde qualche anno fa quando, nell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, di cui sono il Vicecapo... »
A quel punto zio George e chiunque altro si trovasse nei paraggi si era dileguato, lasciando zio Percy solo con il suo gran discorso, che morì ben presto. Nel rinnovato silenzio che ne seguì, tutti gli occhi tornarono a posarsi su mio padre e sullo sposo, che erano ancora uno di fronte all'altro, papà con il pugno alzato e Draco con l'aria di chi è troppo oltraggiato per potersi riprendere dallo sconcerto entro la fine del secolo.
Mio padre si massaggiò le nocche ed infilò nuovamente la mano in tasca, annuendo in direzione del naso di Draco e del rivolo di sangue che gli era colato sul mento.
« Sì, beh... era a scopo preventivo » spiegò. « In caso ti venisse in mente di trattarla male o cosa so io... »
Draco gli scoccò uno sguardo assassino, ma si limitò ad asciugarsi il naso con una manica e gli rivolse un cenno affermativo.
« Certo che la tratterò bene, Weasley. Sono stato educato a dovere, io ».
Papà accettò il mezzo insulto con una smorfia e si fece indietro, in modo che anche gli altri invitati potessero congratularsi con i novelli sposi. A quel punto zio Harry, che quella mattina era stato ritrovato addormentato in un cespuglio di lavanda, con addosso null'altro che le mutande e quella che era stata in seguito identificata come una delle cravatte di Draco, si fece avanti ed annuì con un certo imbarazzo.
« Sì, ehm, Malfoy... » borbottò. « Fai come ti ha detto lui ».
Draco, altrettanto imbarazzato, si limitò a rivolgergli un rigido cenno d'assenso con il capo.
Per un attimo provai un moto di curiosità, ma poi – notando l'espressione feroce della zia Ginny e quella sconsolata dello zio – decisi che preferivo di gran lunga non sapere nulla di quella faccenda.
In fondo, nessuno dovrebbe sapere quello che succede durante le notti di addio al celibato. Soprattutto se ci vanno di mezzo delle pillole non ancora messe sul mercato...
 

***

 
Più tardi, quando ormai era quasi ora di cena, me ne stavo seduta nei prati attorno al castello, scrutando in silenzio il magnifico panorama della campagna francese. L'allegria portata dal matrimonio era scemata in fretta e dopo l'ennesima tartina al salmone non ce l'avevo più fatta a sopportare gli sguardi felici di tutti gli invitati che mi stavano attorno. Persino Dominique, qualche ora prima, si era dileguata con un sorriso smagliante e con James che la tirava impazientemente per il polso. Avevo più o meno dovuto minacciarlo di morte per convincerlo a farle provare la scopa nuova di zecca che aveva ricevuto in regalo dopo che i Cannoni di Chudley gli avevano proposto un ingaggio per l'anno seguente. E avevo dovuto adoperare minacce ancor più terribili con Dominique per dissuaderla dal dargli dello scimmione e per farle entrare in testa che nessuno avrebbe sospettato che era cotta di lui, se anche non lo avesse trattato come un cane rognoso. Ma ero abbastanza convinta che ne valesse la pena. Anche se l'immagine di James e Domi nel salotto della Tana continuava a farmi accapponare la pelle...
Sospirai e mi strofinai una mano sulle guance, trovandole umide di lacrime. Sembrava che tutti fossero felici, quel giorno. E di colpo, mentre me ne stavo seduta in un angolo ad ingozzarmi di tartine, quell'atmosfera gioiosa si era fatta insopportabile e mi ero sentita crollare addosso un'enorme tristezza. Perché, quel giorno, erano felici tutti tranne me.
È insopportabile. Come fa la gente ad avere tutta questa voglia di divertirsi e di festeggiare quando io vorrei solo sotterrarmi da qualche parte?
Certo, ero contenta per Draco e per mia madre, e per Domi, e per chiunque altro fosse contento in quel momento, però...
Però non sono contenta per me.
Perché c'era sempre lui. O meglio, non c'era.
Perché non riesco proprio a dimenticarlo...
Scorpius.
Il fruscio di steli d'erba e cespugli di lavanda che si piegavano e spezzavano sotto l'avanzata decisa di un paio di scarpe mi avvertirono del suo arrivo molto prima che si sedesse al mio fianco. Evitai di sbuffare solo perché accorgermi della sua presenza mi causò uno scompenso emotivo tale da mozzarmi il fiato per un paio di secondi, come dopo una corsa lunga e logorante.
« Ehi, Rose... » mi salutò lui, esitante.
Maledizione, ma queste entrate in scena ad effetto non poteva tirarle fuori un po' prima?
Prima che ci mandassimo vicendevolmente a quel paese, tanto per fare un esempio. Se non altro, comunque, il suo tono di voce non sembrava ostile. Tirai su con il naso e mi affrettai ad asciugarmi le guance dalle tracce scure di lacrime e trucco che vi erano rimaste. Per quanto fosse difficile crederci, avevo ancora un orgoglio ed una dignità, ragione per la quale feci di tutto pur di non guardarlo negli occhi mentre parlavo.
« Perché non sei a festeggiare con gli altri? »
Scorpius sospirò, come una maestra stanca di dover ripetere sempre le stesse cose ai suoi tardi studenti.
« Perché tu sei qua » rispose semplicemente.
Strinsi le lebbra in una smorfia d'indifferenza, nonostante sapessi che lui non poteva vedermi in viso e nonostante sapessi ancor meglio di non essere per niente indifferente alla faccenda.
« E allora? » chiesi, facendo del mio meglio per esibire un certo distacco.
« E allora ti dovrei parlare » sbuffò Scorpius. « Sai com'è, ora siamo quasi fratelli. Mi sembrava quantomeno dignitoso chiarire questa situazione, dal momento che in teoria ora tu potresti anche decidere di prendere il mio stesso cognome ».
Perfetto” pensai, triturando un fiore di lavanda tra i polpastrelli. “Ora mi dirà che gli dispiace per essersi comportato da stronzo e mi offrirà una parte del suo ingente patrimonio di famiglia in cambio di una serena convivenza come fratelli... Quale onore...
Feci del mio meglio per ricacciare indietro il magone che mi aveva ostruito la gola. Non volevo che sentisse la mia voce tremare, mentre parlavo, o peggio ancora che mi vedesse piangere. In realtà avrei preferito che se ne andasse e basta, visto che a quanto pareva non era venuto per rimangiarsi tutto e dichiararmi eterno amore.
Sì, perché, per quanto me la potessi raccontare, in fondo un po' ci speravo ancora.
Idiota”.
Mi morsi un labbro. Avevo la netta impressione che non sarei riuscita a mantenere la voce ferma e calma nemmeno se avessi aspettato di diventare una maestra di Yoga prima di aprire bocca nuovamente, perciò lasciai perdere a prescindere e posi la mia domanda.
« Sarà una cosa lunga, questo discorso? »
« Sì » disse Scorpius, smontando ogni mia residua speranza. « Sarà lungo ».
La sua voce sembrava decisa e, mio malgrado, fui costretta a prendere seriamente in considerazione l'eventualità di passare il resto del pomeriggio su quel campo di lavanda ad intrattenere fitti rapporti diplomatici con l'erede della nobilissima casata Malfoy.
Stupendo... ora non ci si può nemmeno più deprimere in pace...
« È proprio necessario? » chiesi in un ultimo, assai poco convinto, tentativo.
In fondo non si sapeva mai, magari si sarebbe reso conto che era una causa persa in partenza e avrebbe desistito prima che potessi perdere il controllo e scoppiargli a piangere sotto il naso, gettando alle ortiche ogni residua possibilità di mettere di nuovo piede a Hogwarts con uno straccio di dignità. Non sarebbe stato male evitare che una cosa del genere si verificasse, considerato che eravamo ufficialmente diventati quasi-fratelli e che presumibilmente la gente si sarebbe aspettata che ci rivolgessimo quantomeno la parola, da quel momento in poi. Cosa che, chiaramente, sarebbe stata fuori discussione se mi fossi gettata tra le sue braccia dichiarandogli eterno amore e lui si fosse ritratto e avesse ritirato le sue profferte di fratellanza con educato disgusto.
E dopo questa, Edipo può tranquillamente lucidarmi le scarpe... a me e a Domi...
Ci misi un po' per accorgermi che Scorpius non aveva risposto alla mia ultima domanda. Quando mi fu chiaro che sarebbe rimasto a fissarmi – perché sentivo che lo stava facendo, e con una discreta insistenza per giunta – finché non mi fossi voltata a guardarlo, mi arrischiai a lanciargli una rapida occhiata.
« Beh, e allora? »
Scorpius si sistemò il colletto dell'abito con un gesto palesemente studiato.
« Sì, direi che è proprio necessario » confermò con un sorrisetto.
Supposi che si sentisse molto soddisfatto per avermi costretta a guardarlo in faccia. Tornai a voltargli le spalle, prima che si accorgesse di quanto erano rossi i miei occhi: non ero sicura di poter addurre la scusa di una presunta allergia alla lavanda, come spiegazione. Non se ci tenevo a risultare credibile almeno in minima parte.
« Allora avanti, dimmi quello che hai da dirmi e facciamola finita » grugnii.
Scorpius tossicchiò.
« Suppongo che chiederti di non mostrarmi la schiena sarebbe troppo... »
« Già » concordai seccamente.
Per un attimo si sentirono solo il leggero soffiare del vento tra i cespugli di lavanda ed il fruscio di una pergamena che veniva estratta da una tasca e spiegata. Non riuscii a trattenere un piccolo sbuffo ironico.
« Che c'è, ti sei pure scritto il discorso? »
« Naturalmente » rispose Scorpius.
Di colpo, però, la sua voce non sembrava più tanto sicura. Se lo conoscevo abbastanza, doveva essere letteralmente aggrappato alla pergamena con una mano, mentre con l'altra si stava spasmodicamente sistemando gli occhiali a cavallo del naso. Doveva essere proprio il discorso del secolo, se era così nervoso.
Certo, dimenticavo che un Malfoy è pur sempre un Malfoy. Figurati se non farà un discorso degno di essere presentato davanti al Wizengamot: ci sarà pure un motivo se negli ultimi secoli i Malfoy si sono impastati le mani e pure tutti gli avambracci in qualsiasi intrigo politico accadesse in Inghilterra...
Strappai l'ennesimo stelo di lavanda e me lo arrotolai attorno all'indice, mentre attendevo l'inizio dell'ormai famigerata orazione. Scorpius deglutì e si schiarì la voce un paio di volte, poi un fruscio di carta m'informò che aveva sollevato il foglio.
« D'accordo, Rose » cominciò con voce solenne. « Spero che apprezzerai quello che sto per dirti, perché non è una cosa facile da dire. E tu in particolare dovresti saperlo molto bene ».
Prese un profondo respiro e poi, con voce concitata, iniziò a riversarmi addosso una frase dopo l'altra.
« Dopo quello che è successo negli ultimi giorni – diciamo pure nell'ultima settimana – e su cui credo non ci sia bisogno di soffermarci ulteriormente, perché sappiamo entrambi di cosa sto parlando – io credo di doverti delle scuse, Rose Weasley. Cioè... insomma... » s'impappinò. « Beh, sono certo di doverti delle scuse, ecco. E... quindi... sì, insomma... oh, accidenti! Aspetta un secondo... »
Strappai un secondo stelo di lavanda e cominciai ad intrecciarlo con il primo, con l'unico risultato di spezzarli entrambi.
« Fai con calma, non c'è problema » gli dissi con una vena d'ironia.
Quel discorso era appena iniziato e già lo detestavo dal più profondo del cuore, del cervello, di Calvin e di qualunque altra entità avesse voce in capitolo all'interno della mia instabile sfera emotiva. Odiavo tutte quelle formalità inutili, quelle frasi fatte disgustosamente diplomatiche e vuote e tutti quegli ampollosi artifici per dire le cose in modo diverso da come stavano realmente.
Un bel “ti detesto ma dobbiamo andare d'accordo e poi i tuoi cugini mi hanno minacciato di morte” sarebbe stato di gran lunga più gradito, per quanto mi riguardava. Ma Scorpius evidentemente la pensava in modo ben diverso, perché proseguì imperterrito con la propria filippica.
« D'accordo, bene... Come ti stavo dicendo poc'anzi, ti devo delle scuse. Nell'ultima settimana o giù di lì mi sono comportato scorrettamente nei tuoi confronti – … d'accordo, diciamo pure che sono stato uno stronzo – e ti chiedo scusa per questo. La verità è che ce l'avevo a morte con te ed ero arrabbiato perché ogni volta che sembrava che saremmo riusciti ad andare d'accordo finivamo sempre per rovinare tutto e per toglierci il saluto ed evitarci come se avessimo la Spruzzolosi. Ero stufo marcio di questa situazione e così, quando ho pensato che oltre a rovinare il rapporto tra di noi fossimo anche riusciti a rovinare quello dei nostri genitori, non ce l'ho più fatta a tenermi tutto dentro e... beh, sai cos'è successo dopo. Avrei dovuto chiederti scusa prima, probabilmente, ma ero ancora arrabbiato e poi pensavo che anche tu mi dovessi delle scuse, così ho aspettato che facessi il primo passo. Ma tu non lo hai fatto e io ho continuato a trattarti con freddezza per farti capire che ce l'avevo con te e volevo che ti scusassi per prima. In realtà, non pensavo di averti ferita così tanto. O forse sì, non lo so... insomma, mi dispiace. È che mi è sembrato davvero che per te andasse bene così, che avessi accettato quello che ti avevo detto in un momento di rabbia... Ho avuto paura che mi avessi preso alla lettera e che fossi intenzionata a non rivolgermi mai più la parola. E... Beh, forse è stato stupido da parte mia, ma quel pensiero mi ha fatto infuriare ancora di più. Ho cercato di stuzzicarti, di farti arrabbiare, di provocare una reazione, ma tu niente, sei rimasta come una statua di marmo, perfettamente indifferente. Allora ho pensato che forse avrei dovuto scusarmi io per primo, anche se era un po' tardi. Ma ormai tu stavi studiando notte e giorno per l'esame e... Insomma, non era neanche facile per me smetterla di comportarmi in quel modo di punto in bianco e ammettere di essermi comportato da idiota. Così... beh, ho aspettato. E in questi ultimi giorni ho provato ad essere gentile con te, per vedere se eri disposta a metterci una pietra sopra, ma tu non hai fatto altro che respingere qualunque mio tentativo di essere carino nei tuoi confronti... »
S'interruppe di colpo e nel silenzio che seguì le sue parole lo sentii ansimare, come se quel discorso e la concitazione che l'aveva preso mentre parlava a raffica lo avessero lasciato stremato. Mi arrischiai a lanciargli un'occhiata clandestina: aveva il volto arrossato e gli occhi scintillanti di un sentimento che non seppi ben definire. Rimase a squadrare la pergamena, ormai ridotta a poco più di una cartaccia stropicciata, con un'espressione di odio profondo, come se la ritenesse responsabile di tutti i suoi mali. Poi, all'improvviso, la strappò in due con un gesto secco ed estrasse la bacchetta dalla tasca.
« Incendio » borbottò, ed immediatamente la carta prese fuoco.
Rinfoderò la bacchetta e si alzò in piedi, pestando malamente un cuscinetto di lavanda sotto le scarpe di pelle di drago.
« Oh, sai che ti dico?! » sbottò. « Al diavolo! Al diavolo tu, tua cugina ed il suo maledetto discorso strappalacrime! »
Rimasi così allibita da quel suo repentino cambio d'umore che ne fui quasi spaventata. Mi affrettai a rimettermi in piedi, per fronteggiarlo ed eventualmente scappare, nel caso avesse deciso di attuare i piani omicidi che sembrava star covando in quel momento.
Scorpius mi piantò uno sguardo deciso negli occhi, uno di quegli sguardi che non ammettono repliche e che non mi sarei mai aspettata da lui. Aprii la bocca per chiedergli cosa diamine gli fosse preso, ma lui sollevò l'indice e me lo puntò contro, muovendolo su e giù come se avesse un concetto di basilare importanza sulla punta della lingua e fosse indispensabile che non lo interrompessi proprio in quel momento. Deglutii, piuttosto a disagio: il pizzicore agli occhi e la voglia di piangere mi erano passati del tutto, ma in compenso non avevo la più pallida idea di cosa aspettarmi da Scorpius nell'immediato futuro. Forse, dopotutto, era ancora arrabbiato con me e le minacce di morte dei miei cugini avevano solo peggiorato la situazione...
O forse sta solo dando di matto... Magari in realtà non approva per niente questo matrimonio e a furia di tenersi tutto dentro è impazzito completamente...
« Ok, stammi bene a sentire, Weasley » esordì Scorpius. « Perché non ripeterò due volte quello che ho da dirti ».
Non mi sfuggì il fatto che mi aveva chiamata Weasley al posto di Rose.
Scorpius annuì e borbottò qualcosa tra sé e sé, come se stesse cercando di darsi coraggio, poi tornò a piantarmi addosso quello sguardo duro e determinato.
« Non ho la minima intenzione di chiederti scusa » spiegò, dopo aver preso un gran respiro.
E questa volta lo fece con voce calma e ben scandita, come se in quella frase si celassero tutte le verità nascoste dell'universo e lui fosse lo scienziato che si faceva carico di rivelarle al mondo. Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, senza trovare nulla da dire, ma la fatica di replicare mi fu risparmiata, perché Scorpius a quanto pareva aveva appena iniziato spiegarmi le numerose verità dell'universo.
« E non mi interessa se ho torto marcio, non me ne importa proprio nulla » aggiunse, serafico. « Cancella tutto quello che ti ho detto fino a questo momento: non avrai nessuna scusa da me. Non dopo tutte le volte che ti sei comportata da mocciosa offesa e mi hai fatto stare di merda. E sì, non fare quella faccia, ho detto proprio merda. E la vuoi sapere un'altra cosa? Se le cattiverie che ti ho detto nell'ultima settimana ti hanno fatta stare male anche solo la metà di quanto tu hai fatto stare male me in questi anni, penso che tu te le sia meritate tutte, dalla prima all'ultima. Anzi, ti dirò di più: ci ho anche goduto a dirtele e a pensare che per una volta saresti stata tu la povera innamorata lasciata a marcire nei propri sentimenti mentre io ti trattavo male come tu hai sempre fatto con me ».
Probabilmente, con l'umore che mi ritrovavo quel giorno e dopo quello che mi ero appena sentita dire, in una circostanza analoga avrei avuto un collasso e sarei scoppiata in una di quelle crisi di pianto di ventiquattr'ore filate. Eppure Scorpius pareva tanto calmo, tanto sereno – tanto poco arrabbiato, insomma – che non potei fare altro che restare a fissarlo con gli occhi sgranati mentre lui continuava ad espormi la propria visione del nostro rapporto.
« Sì, lo ammetto, per una volta sono stato io quello che si è comportato da idiota e tu hai fatto la persona matura. Nessun problema, è andata così. Quindi? Quante volte sei stata tu a comportarti come una bambinetta viziata? E quante volte mi hai chiesto scusa per averlo fatto? Forse una, due volte. Magari, sì, io ti devo anche delle scuse, ma se facessimo il conto delle scuse che mi devi tu, potresti stare qua a ripetere “mi dispiace” per ore intere, come un grammofono rotto ».
Si concesse un fugace sorriso soddisfatto prima di riprendere a parlare.
« Dunque, in definitiva, mi terrò le mie scuse per me. Tutto sommato, ormai, dovresti anche averlo capito che non sono un santo, no? Insomma, pensi davvero che debba sempre essere io a fare i primo passo per sistemare le cose? O pensi che debba tornare da te con la coda tra le zampe ogni volta che ti dico quello che meriti di sentirti dire, solo perché ho una cotta per te dal primo giorno che ti ho vista? Immagino che ti risulti difficile renderti conto di certe ovvietà, ma se in questi mesi sono sempre stato gentile è solo perché non ho fatto altro che provarci spudoratamente con te. E dovresti saperlo che quando un ragazzo ci prova tende ad essere molto più galante del solito, a meno che non sia un totale cafone. Cosa che ritengo di non essere, nonostante abbia profuso un certo impegno nel dimostrare il contrario, ultimamente. Tu, piuttosto, hai dimostrato di essere discretamente idiota, visto che hai preso sul serio tutte le idiozie che ti ho detto dopo il San Mungo, quando era più che palese che fossero solo lo sfogo di un ragazzo cotto e senza speranze. Perché sì, tirati via quell'espressione dalla faccia, dopo che mi avevi avvelenato avrei certamente dovuto presumere che te ne importasse molto di me, non è così? Ma sorvoliamo, non è questo il motivo principale per cui ti sto dando dell'idiota. In effetti il motivo principale è adesso. Perché, onestamente, per l'unica volta che sono stato io a fare l'egoista egocentrico come hai sempre fatto tu, potevi anche sopportarmi e perdonarmela, invece di togliermi il saluto per il resto dei nostri giorni, no? Per non parlare del fatto che la prima volta che ho tentato di scusarmi mi hai messo a tacere e la seconda volta mi hai dato la schiena per tutto il tempo. Immagino tu possa capire che, dopo un po', ad una persona saltano i nervi ».
Fece una breve pausa e mi guardò intensamente attraverso le lenti degli occhiali, con due iridi verdi e brillanti come non le avevo mai viste.
« Io non ci credo, Weasley » dichiarò infine con voce ferma.
« A cosa non credi? » balbettai.
« Non ci credo » ripeté. « Non ci credo che ti sei già dimenticata di me, che te ne sei fatta una ragione e – tanti saluti – ora andremo a Hogwarts e sarà tutto come prima. Sei la persona più immatura e testarda che conosca, Weasley » sollevò gli angoli delle labbra in un sorrisetto vagamente spaccone. « E ti conosco, credimi. Non ci credo che hai lasciato perdere tutto ».
Da qualche parte, dentro di me, provai l'istinto di sibilargli che invece era proprio così, che avevo lasciato perdere tutto, come lui mi aveva detto solo poco tempo prima. Provai l'istinto di ferirlo nel profondo così come lui aveva ferito me, di ritorcergli contro tutte le sue parole e di prendermi la rivincita per la mia ultima, ingloriosa sconfitta. Invece mi limitai a scrollare le spalle, perché non mi andava di litigare, ma nemmeno di dargli ragione. Avevo giurato che non gli avrei lasciato vedere quanto ci stavo male e quello che mi aveva appena detto non cambiava la situazione.
Scorpius alzò gli occhi al cielo e poi tornò a puntarli su di me. Per un attimo, davanti a quello sguardo, ebbi il folle pensiero che avrebbe finalmente messo da parte la calma e mi sarebbe saltato addosso per strozzarmi. Ed in effetti la calma, almeno in parte, la perse, ma per il momento non tentò di assassinarmi.
« Merlino, Weasley, tu mi farai davvero impazzire prima o poi! » sbottò invece. « Devo per forza fare lo stronzo per convincerti che sono perdutamente innamorato di te e che non starò qua tutta la vita ad aspettare che tu te ne accorga? »
...
Ci fu una lunga pausa di silenzio dopo quelle parole, durante la quale ebbi tutto il modo di studiare ogni singola sillaba della frase “sono perdutamente innamorato di te” e di compierne un'accurata analisi logica, etimologica e grammaticale.
Sono perdutamente innamorato di te”.
Sì, mi avevano detto che lo era. Al lo ripeteva dal primo anno e ad un certo punto, probabilmente, me l'ero anche detto da sola. Eppure, quando sentii quelle parole uscire dalle sue labbra, fu come se le avessi sentite per la prima volta in tutta la mia vita, come se non avessero mai davvero avuto un senso in tutti quei film Babbani in cui le avevo sentite pronunciare.
Sono perdutamente innamorato di te”.
E io mi ritrovai perdutamente persa nei suoi occhi verdi, senza riuscire a spiccicare una sola parola. Probabilmente ora mi stavano anche tornando su le lacrime: in realtà, ero così scombussolata che non ero del tutto certa di dover essere felice. Mi sembrava tutto così surreale, in quel campo di lavanda, da qualche parte in Francia, nel parco di un castello...
E, dettaglio non meno importante, Scorpius continuava a guardarmi come se volesse strangolarmi.
Sbattei le palpebre imbrattate di mascara umido.
« T-tu... tu sei... »
« Sì, Weasley, hai capito benissimo quello che ho detto » mi interruppe Scorpius. Poi, prima che potessi anche solo pensare di rispondere qualcosa, tornò alla carica. « Ho passato anni ad aspettare che ci arrivassi. Ho fatto di tutto perché ti accorgessi di me: ti ho detestata, ho ricambiato le tue scortesie e poi ho cercato di essere gentile, ti sono stato amico, ho sopportato tutte le tue crisi isteriche, i tuoi momenti di schizofrenia, i tuoi comportamenti idioti... E sono rimasto ad aspettarti, nonostante tutto. Ma per te che cos'ero? Un giocattolo? Per divertirti un po' quando ti andava e poi piantarmi in asso?! È così dal primo anno con te, Weasley, e ti sarò anche piaciuto ad un certo punto, ma non hai mai smesso di trattarmi in questo modo. E allora, spiegami, cosa dovrei fare per farti capire che io non ti aspetterò per sempre? Sono stufo marcio di questo tira e molla: io voglio esserci sempre per te, non solo quando la cosa ti garba. E, se non è possibile, allora non voglio esserci proprio: non resterò a fare la comparsa nella tua vita, Rose » calcò il mio nome con forza, dopo tutti i “Weasley” che mi aveva rivolto. « Voglio il ruolo da protagonista, o niente ».
Sbattei le ciglia ancora e ancora, quasi aspettandomi che tra un battito e l'altro Scorpius, il castello in Francia ed il campo di lavanda sarebbero scomparsi, e restando sempre più stupita quando non lo fecero. Senza nemmeno accorgermi di quello che le mie labbra stavano facendo, mi sentii balbettare: « Ce l'hai già, il ruolo di protagonista ».
Per un attimo gli occhi di Scorpius si illuminarono di una luce strana, felice, ma di una felicità vagamente compiaciuta, come di un bambino un po' viziato che ottiene finalmente il regalo desiderato.
« Bene » disse infine con la voce piatta e distaccata che aveva usato spesso per apostrofarmi a Hogwarts.
Solo allora mi resi conto di quanto in realtà, dietro a quella voce, Scorpius non fosse per niente distaccato, e mi chiesi se non fosse stato così anche per tutti quegli anni. In fondo, era abbastanza risaputo che avevo due fette di bistecca di drago incollate sugli occhi.
Scorpius esitò ed il suo fiato, mozzato a metà di un respiro, aleggiò nell'aria tesa fra di noi. Per un attimo parve sul punto di mandare al diavolo il suo contegno e lasciare che fossero di nuovo le emozioni a dominare il proprio volto e le proprie parole, ma poi evidentemente cambiò idea, perché aggiunse: « E potresti evitare di piangere, per favore? Mi farai venire dei sensi di colpa allucinanti ».
Non potei fare a meno di trovare divertente il tono imperioso, e decisamente più falso di un Galeone di Lepricano, dietro cui si nascose.
In fondo, non sembra che voglia uccidermi davvero. Sta solo facendo un po' di scena”.
« Non sto piangendo » mentii, asciugandomi una lacrima che mi era scivolata lungo la guancia.
Scorpius represse una specie di sorriso e sbuffò.
« Certo che no. Fammi indovinare: ti è finita una pagliuzza nell'occhio ».
Annuii e mi asciugai anche l'altra guancia.
« Già ».
Restammo entrambi in silenzio, in uno di quei momenti imbarazzati che si protraggono sempre più a lungo di quanto dovrebbero.
Scorpius sembrava un po' insicuro, ora che aveva esaurito la scorta di parole arrabbiate a cui attingere. Dopotutto, anche lui doveva avere un orgoglio da salvare.
« Allora » sbottò Scorpius ad un tratto. « Mi vuoi o no? »
Tutto sommato, pensai che per quella volta avrei anche potuto sacrificare il mio, di orgoglio, per lui. Per quello che aveva detto.
Sono perdutamente innamorato di te”.
Pensavo di averlo perso, di aver rovinato tutto per sempre, ed invece lui mi voleva ancora.
« E con mi vuoi intendo sempre, anche quando avrai il ciclo vorrai incenerire il mondo intero » precisò. « Anche quando la tua famiglia ti farà impazzire e non avrai voglia di comportarti in maniera civile con nessuno ».
Non potevo lasciarlo andare: era questo che mi stava chiedendo, no? Mi stava chiedendo di essere io a chiedergli di restare, per una volta. Di essere io a perdonarlo senza pretendere delle scuse in cambio. Mi stava chiedendo di essere io a fare il primo passo, a fargli capire quanto ci tenevo a lui, in quello strano gioco in cui mi diceva di essere innamorato di me ed al contempo parlava come se volesse respingermi e farsi desiderare.
« Anche quando Grifondoro perderà contro Serpeverde nel campionato di Quidditch. Anche quando io farò il Malfoy e tu farai la Weasley e avrai voglia di Schiantarmi. Anche quando... »
« Sì, Malfoy, ti voglio! » sbottai. « Ti voglio, anche quando io mi comporterò da persona matura e tu ti comporterai da stronzo. Anche quando Albus ci proporrà liste con i nomi dei nostri futuri figli. Anche quando tuo padre ci sfotterà a morte e farà battutine imbarazzanti. Anche quando... »
« Anche quando ti dirò “sta' zitta e baciami”? » m'interruppe.
Rimasi a fissarlo, senza fiato e senza parole, mentre il mio cuore era probabilmente sul punto di collassare e consegnarmi ad imperitura memoria come la ragazza sana come un pesce che morì d'infarto a sedici anni.
Ha veramente detto “baciami”? Calvin, perché non fai nessun balletto sconcio quando serve?
Scorpius si morse il labbro inferiore e sembrò riconsiderare le parole che mi aveva appena vomitato addosso, pentendosene amaramente, supposi.
« Scusa » sospirò, come se la rabbia che lo aveva animato fino a qualche istante prima fosse scemata di colpo, lasciandolo svuotato e privo di forze. « Avevo bisogno di sfogarmi... Da qualcosa come cinque anni, credo ».
Ci misi un po' per decidere cosa e come rispondergli, mentre Calvin, all'interno dell'area ormai contaminata compresa tra le mie orecchie, sedeva sconsolato sulle pile di DVD dove aveva salvato i fastosi film mentali di dichiarazioni sulla Torre Eiffel, sotto la pioggia, con tanti cuoricini ed ancor più numerose crêpes alla Nutella. Nemmeno lui, che in fondo in fondo era un gran romanticone di pornoattore, sapeva bene come reagire di fronte a quella dichiarazione così diversa dalle scene che avevamo a lungo fantasticato. Sempre che di dichiarazione si potesse parlare, poi: io continuavo a propenderle per catalogarla sotto l'etichetta di “aggressione verbale”.
Eppure, al diavolo il cervello, mi resi conto che la parte irrazionale di me aveva già deciso dal momento in cui Scorpius aveva detto “sono innamorato di te”, o forse anche da prima. Forse da qualcosa come due mesi, in effetti. O magari da tutta la vita: in quel momento mi sembrava di essere sempre stata innamorata di Scorpius.
E non posso rovinare tutto per l'ennesima volta”.
Accettai le prime scuse sincere di quella giornata con un piccolo sorriso e stesi un braccio per posargli una mano sul petto. Sfiorai appena la stoffa scura e sottile della sua veste, con la punta delle dita, e sentii il calore della sua pelle attraverso il tessuto. Al pensiero che quella pelle calda e liscia potesse finalmente appartenermi come sentivo che la mia apparteneva a Scorpius, al pensiero di poterla sfiorare, toccare o anche solo guardare quando e come avessi voluto, sentii una scarica di brividi percorrermi il braccio e tutto il corpo.
« Ti è passato, adesso? » chiesi, senza più abbandonare i suoi occhi.
E al diavolo tutto!
Finalmente Scorpius mi degnò di un sorriso aperto e vagamente colpevole.
« Credo di sì... Posso baciarti sul serio? »
Arrossì parecchio nel pronunciare quelle parole e finalmente, nel tocco esitante con cui sfiorò la mia mano e poi risalì a carezzarmi il volto, riconobbi il vecchio Scorpius. Quello che portava un buffo paio di occhialetti rettangolari e che si rintanava negli angoli più remoti del giardino per leggere i suoi libri, quello che aveva buone maniere da vendere ma quando si trattava di fare il cavaliere con una ragazza s'imbarazzava sempre, quello così goffo e adorabile da chiedermi il permesso di baciarmi. Eppure Scorpius non era solo quello: mentre me ne stavo immobile, sospesa nell'attesa di quel bacio, mi resi conto che il vero Scorpius era un misto di tutte le facce che avevo visto o scorto di sfuggita in quell'estate: era educato, intelligente, riservato e sapeva essere la persona più buona del mondo quando non si sentiva minacciato, ma era pur sempre un Serpeverde, figlio unico, Malfoy, e negli affetti restava un po' viziato. C'erano cose che si rifiutava di dire e che esigeva fossero comprese, delle esclusive che pretendeva, e per tutto questo non pestava i piedi né s'impuntava. Semplicemente aspettava, chiuso nel suo mutismo offeso. E poi, se qualcuno invadeva il suo spazio vitale e lo feriva troppo, feriva a sua volta. Disintegrava, con una stoccata secca, un paio di frasi cattive. Era pur sempre un Serpeverde, pur sempre fragile, e aveva pur sempre bisogno di proteggersi. O di qualcuno che lo proteggesse, ogni tanto.
Sì, questa volta ero sicura di sapere chi era il ragazzo che mi stava davanti. Questa volta ero sicura di conoscere Scorpius davvero.
Forse sorrisi, a quel pensiero, perché Scorpius arrossì ancora. Fece per chinarsi su di me, poi cambiò idea e tossicchiò.
« Allora siamo d'accordo, la prossima volta che ce l'avrai con me ti leverai lo sfizio di mandarmi a quel paese e non mi metterai il muso? » chiese.
« Promesso » risposi. « E tu, la prossima volta che ti manderò al paese, mi lancerai una fattura ed eviterai di togliermi il saluto per una settimana? »
Scorpius ponderò le mie parole per qualche istante. Poi, con un sorrisino, acconsentì.
« Mi sembra un accordo equo.  Le Maledizioni Senza Perdono non sono comprese, suppongo ».
« Temo di no ».
« Me ne farò una ragione ».
Di nuovo, la conversazione naufragò in un silenzio imbarazzante e di nuovo tra di noi rimase la distanza di un bacio che nessuno si decideva ad iniziare. Le guance di Scorpius ormai erano color peperone, mentre le mie probabilmente stavano subendo un'eruzione vulcanica o qualche fenomeno geologico affine.
« Quello della notte scorsa... » sussurrai, tanto per riempire un po' quel silenzio. « Non era un sogno, vero? »
Scorpius sorrise e mi posò il pollice sotto il mento per sollevarmi il viso.
« La gente tende a sopravvalutare di molto l'effetto dell'alcool, quando si tratta del suo potere obliviante » convenne, chinandosi un po' di più verso di me.
Restavano forse una decina di centimetri, fra i nostri volti, e da quella distanza potevo distinguere le pagliuzze dorate nelle sue iridi verde chiaro. Come lui probabilmente poteva distinguere i miei pori che sprizzavano lava e lapilli ed i battiti accelerati del mio cuore, che rintoccavano nel silenzio come campane. Non era nemmeno così imbarazzante, finché la mia attenzione restava totalmente assorbita dal suo viso, dalle sue labbra, dai suoi occhi e dalla lieve pressione del suo braccio che mi aveva circondato la schiena...
Calvin sbuffò sonoramente, mandando in mille pezzi l'atmosfera idilliaca in cui mi sentivo immersa fino alle punte dei capelli.
Non dovevate baciarvi?” mi ricordò con una certa vena di sarcasmo.
Oh... ehm... già...
Alzai uno sguardo imbarazzatissimo su Scorpius e, certa che di lì a poco sarei morta di vergogna e che le mie guance sarebbero state ribattezzate una Ercolano e l'altra Pompei, dissi:
« Ora forse potremmo anche... sai, il bacio... »
Le guance di Scorpius si fecero di un rosso tanto intenso che per un attimo temetti che avrebbero soffiato il titolo di Ercolano e Pompei alle mie, ma lui si affrettò ad annuire.
« Sono assolutamente d'accordo ».
Poi – e a quel punto non seppi mai se fu lui a chinarsi o io ad alzarmi sulle punte dei piedi o se fummo entrambi – ci ritrovammo aggrovigliati in una matassa di braccia e mani e sentii il sapore delle sue labbra sulle mie. Grata, per la prima e presumibilmente volta in vita mia, di avere addosso quelle micidiali scarpe con il tacco, mi alzai più che potei sulle punte dei piedi.
Calvin! Calvin! Hai visto?! Guarda cosa sto facendo!
A quel punto l'unica cosa che dovette vedere Calvin fui io che perdevo ingloriosamente l'equilibrio. Scorpius mi trattenne per rallentare la caduta, ma invece di tirarmi in piedi lasciò che mi posassi con la schiena sull'erba e mi si distese accanto. O sopra. O mezzo sopra e mezzo accanto, insomma...
Calvin, perché di colpo sei tu quello con gli ormoni a posto?
« Non penso che ti dispiacerà troppo sporcare questo vestito, no? » ridacchiò Scorpius.
Per tutta risposta mi avventai sulle sue labbra ed infilai una mano tra i suoi capelli, stringendoli tra le dita. Scorpius ricambiò il bacio e i pochi ormoni che non mi erano ancora morti d'infarto scoppiarono come petardi, innescando uno spettacolo pirotecnico che mandò completamente in tilt il mio cervello. Così in tilt che non avrei nemmeno saputo dire cosa stavo facendo io, o cosa stavano facendo le mie mani, o quelle di Scorpius, o il resto del mondo, se non che – miseriaccia! – lo stavo baciando davvero.
Oh Merlino! Oh Merlino, Circe e Morgana! Calvin, ma hai visto? No dico, hai...
« Ehm-ehm... »
Mi bloccai di colpo, realizzando solo in quel momento di avere una mano ancorata sulla nuca di Scorpius e l'altra intenta a slacciargli il colletto della veste.
Calvin... hai sentito?” balbettai, inorridendo man mano che la lista di possibili equivoci per cui mi era appena sembrato di sentire la voce di Draco Malfoy si andava accorciando drasticamente.
Merlino, non può essere... non dirmi che...
Sbirciai timidamente oltre la spalla di Scorpius, mentre una banda di archeologi revocava ufficialmente il titolo di Patrimonio dell'Umanità a Pompei ed Ercolano per assegnarlo alle mie guance.
Draco Malfoy, in piedi a pochi metri da noi (che ci stavamo rotolando per terra avvinghiati come due salamandre durante il periodo della riproduzione, lo sottolineo), storse il naso.
« Mi dispiace interrompervi in un momento così cruciale, ma ci servirebbe la terza damigella per le foto... »
Accidenti! Porca miseria! Quel vaccone di Morgana...
Spinsi Scorpius di lato e mi affrettai a rialzarmi, tirandomi giù la gonna (perché diamine mi era risalita fino al fianco?!) e sistemando la scollatura del vestito (ma era sempre stata così bassa?!) con tutta la dignità che riuscii a racimolare. Quindi, sempre con estrema dignità, raccolsi le scarpe da terra (quando accidenti me le ero tolte?!), aggirai quelle di Scorpius (quando accidenti se le era tolte?!) e la sua cravatta (quando accidenti se l'era... gliel'avevo... no, aspetta, non volevo saperlo) e lo seguii verso il castello.
« Oh, sì, certo, le foto. Arrivo subito... stavo solo... cioè... ma adesso vengo... »
« Già, le foto » convenne Draco. « E... ehm... credo che tu abbia qualcosa come un cespuglio di lavanda tra i capelli... »








Note dell'autrice:
Non credo di poter commentare questo capitolo .Sono in uno stato emotivo a dir poco disastroso, complici le condizioni estreme in cui sto pubblicando questo capitolo (chiavetta Internet che prende e non prende, computer non mio e, quel che è peggio, Windows, casino in casa, i tecnici di fastweb che dovrebbero venire e non vengono, scleri vari...).
Appena riuscirò a riavere la mia connessione e il mio computer con Internet funzionante mi farò viva per rispondere alle recensioni. Per ora non ho altro da dire, perché sono in crisi da sto pubblicando il capitolo finale, sono ancora più in crisi perché è la terza volta che lo sto pubblicando e questo odioso Windows mi incasina....
D'accordo, sono veramente ridotta a uno straccio. Non credevo che pubblicare l'ultimo capitolo potesse farmi un effetto del genere, ma visto che evidentemente lo fa ora mi ritiro. Ci tenevo ad aggiornare per voi, perché so che vio ho fatte aspettare un sacco e non mi sembrava giusto farmi desiderare ancora. Spero che il capitolo sia una conclusione decente a questa storia, anche se probabilmente non è il finale romantico e fluffoso che vi siete aspettate. Se è comunque decente, lo dedico a Zuzallove.
Scusate per queste NdA pessime, ci risentiremo con l'EPILOGO, quando spero di riuscire ad essere un po' più lucida e a dire le cose che vanno dette.
Rose

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Capitolo 33
*** epilogo - benvenuto in famiglia ***


Epilogo

Benvenuto in famiglia

 

 

La banchina del binario 9 e ¾ era gremita di maghi e streghe, come accadeva il primo settembre di ogni anno. Erano solo le dieci e quaranta, ma si vedeva già una calca di nanerottoli elettrizzati e terrorizzati in egual misura – molti dei quali erano già vestiti di tutto punto, con divisa e cappelli a punta – che si spintonavano attorno alle porte dei vagoni per accaparrarsi un posto negli scompartimenti migliori. Trattenni a stento un sorrisetto compassionevole.

« Non hanno ancora capito che gli scompartimenti migliori spetteranno sempre e comunque a quelli degli ultimi anni » osservai, sistemandomi la cravatta rosso-oro che avevo indossato sopra la maglietta Babbana tanto per indispettire Draco di prima mattina.

Scorpius si frugò nella tasca dei jeans e ne estrasse la spilla di Prefetto, che si appuntò sulla polo scura in previsione del turno di sorveglianza che gli sarebbe toccato di lì a poco.

« Dici che dovremmo essere così vili da sfrattarli? » chiese.

Aggrottai le sopracciglia, mentre individuavo tra la folla quello che era senz'ombra di dubbio James, a giudicare dal modo in cui teneva il baule caricato in spalla e rischiava di stendere un paio di primini ogni volta che si girava. Un ragazzino moro e paffuto protestò a gran voce e Fred, che come al solito era l'ombra di James (ammesso che non fosse viceversa), si chinò su di lui e gli disse qualcosa con aria terribilmente seria. Mi sembrò di leggergli sulle labbra le parole “Harry Potter”. Il ragazzino ammutolì, arrossì violentemente e si affrettò a scappare, mentre James e Fred se la ridevano di gusto. Molly, di passaggio accanto a loro assieme ad una pila fluttuante di libri che non era riuscita a stipare nel baule, li redarguì con un'occhiataccia.

« Sì, fate i bulli finché potete. Tanto appena metteranno piede nel castello si renderanno conto che voi due non avete un briciolo di dignità ».

Fred le scoccò un bacio nell'aria.

« Ora ci toglierai dei punti, Caposcuola? »

Ridacchiai, mentre Molly – che apparentemente non trovava la faccenda altrettanto divertente – lo mandava al diavolo. Tornando a voltarmi verso Scorpius, commentai: « Non credo che ce ne sarà bisogno: i miei cugini provvederanno a svuotare un vagone intero, se li conosco. Ci sediamo con loro? »

Scorpius non parve troppo entusiasta della prospettiva.

« Non che non ami alla follia i tuoi parenti » rispose, con una certa vena d'ironia. « Ma non è che potremmo sederci nello scompartimento dei Serpeverde con Al, Marshall e Mort? I tuoi cugini di Grifondoro mi guardano sempre in cagnesco... »

« Oh, non ti preoccupare, vuol dire che ti considerano uno di famiglia » lo rassicurai. « Se stessero davvero tramando contro di te si comporterebbero in modo da non farti sospettare nulla ».

Scorpius parve se possibile ancora più spaventato, ma si limitò ad annuire debolmente.

« Me ne ricorderò, nel caso in futuro qualcuno di loro mi offra dei pasticcini sospetti ».

« Quello lo faranno a prescindere » precisai, accompagnando le parole con gesto noncurante della mano. « Ora che fai parte della famiglia, aspettati di venir trasformato in un canarino gigante o di ricoprirti di pustole verdi almeno un paio di volte a settimana ».

Le labbra di Scorpius si storsero in un'espressione alquanto malfoyesca.

« Non è molto incoraggiante, sai... » commentò.

Dopo essermi assicurata che non ci fossero genitori o zii nei paraggi, intrecciai furtivamente le mie dita alle sue.

« Ci farai l'abitudine: fa parte dell'essere un Weasley » spiegai con una scrollata di spalle.

Scorpius stava per ribattere, ma la voce sospettosa di Mortimer lo precedette.

« Uhm... bentornati, ragazzi » ci salutò, sbucando all'improvviso da dietro un gruppo di giocatori della Squadra di Quidditch di Tassorosso.

Si ficcò in tasca un paio di Falci che doveva aver appena racimolato con qualche attività commerciale non-del-tutto-lecita e spostò lo sguardo sulle nostre mani, inarcando un sopracciglio.

« Mi sono perso qualcosa? » aggiunse con una discreta dose di sarcasmo.

Ebbi la netta impressione di essere arrossita fino alle punte dei capelli (sì, beh, non che quelli non fossero già rossi per conto loro), ma ciononostante feci del mio meglio per mantenere una parvenza contegno. Scorpius, al mio fianco, non fu altrettanto padrone di sé: non ebbi il coraggio di voltarmi a guardarlo, ma dal gemito strozzato che gli uscì dalle labbra fui certa che si fosse appena ingoiato la lingua.

Mort sembrò discretamente soddisfatto della reazione causata dal suo commento. Si lisciò l'odiosa camicia gialla a motivo hawaiano con cui avrebbe ricordato a tutti che aveva passato l'estate ad abbronzarsi sulle spiagge dorate del Brasile, mentre noi altri ce ne stavamo a prendere la pioggia inglese, e ci rivolse un sorrisetto canzonatorio.

« Avanti, non c'è bisogno di imbarazzarsi tanto, dicevo tanto per dire. In fondo nessuno vi ha mai presi sul serio quando dicevate di odiarvi ».

Aprii la bocca per replicare, ma Mort mi mise a tacere con un gesto annoiato della mano.

« Piuttosto, passando a parlare di cose serie » riprese. « Quand'è di preciso che avete deciso di sotterrare l'ascia di guerra? Sapete, ho un paio di scommesse in ballo da giugno scorso e non vorrei mai che la vostra inettitudine mi facesse perdere dei soldi ».

« Al matrimonio dei loro genitori, due giorni fa » intervenne Marshall, comparendo in quel momento con un vistoso succhiotto sul collo. Poi, battendo una pacca compassionevole sulla spalla di un Mortimer a dir poco contrariato, aggiunse: « Mi dispiace, amico, mi devi cinque galeoni ».

Mortimer sibilò un'imprecazione e ci rivolse uno sguardo astioso, mettendo in chiaro che ci riteneva direttamente responsabili per quella perdita economica.

« Troverò il modo di farvela pagare... » sibilò. « Quanto a te, Matthews » continuò. « Sappi che aspetterò con ansia il giorno in cui il Capo del dipartimento Auror scoprirà che te la fai con sua figlia ».

Marshall si grattò il collo, proprio sulla porzione di pelle arrossata dal succhiotto, e gli rivolse un sorrisino velatamente strafottente.

« Non credo che io e Lily ci faremo beccare a pomiciare su un campo di lavanda, ma... »

« Ma per fortuna Lily ha due fratelli maggiori volenterosi che non vedono l'ora di fare le veci del padre, in queste situazioni » intervenne Albus. « Vero, James? »

James – no, un secondo, da quando James e Albus giravano assieme e non tentavano di ammazzarsi? – posò una delle sue grandi manacce da Cacciatore sulla spalla di Marshall (che aveva la sfortuna di essere cinque centimetri buoni più basso) e gli rivolse un sorriso alquanto minaccioso. Marshall deglutì rumorosamente e si fece più piccolo che poté, inclinando il capo nel vano tentativo di nascondere il succhiotto che fino a tre secondi prima aveva sbandierato come se si trattasse di un Ordine di Merlino Prima Classe.

« Naturalmente, Sevvy » si professò d'accordo James. « E questo vale anche se dovesse succedere qualcosa a Rose, sempre che Hugo non ti trovi prima di noi... » chiarì, voltandosi verso Scorpius con un ghigno che ormai era uguale in tutto e per tutto a quello di un pazzo omicida.

Sentii le unghie di Scorpius conficcarsi nel dorso della mia mano.

« Io, ehm... credo di aver dimenticato una cosa... è meglio se... insomma... » balbettò, alla disperata ricerca di una scappatoia.

Nonostante tutto, non potei evitare di ridacchiare sotto ai baffi quando James si offrì di accompagnarlo. Scorpius diventò pallido come un fantasma e balbettò che certo, non c'era problema, ne era felice, e mi strattonò il braccio per trascinarmi con sé. Peccato che Al – per una delle sue solite cospirazioni, avevo ragione di presumere – avesse deciso di intervenire proprio in quel momento.

« Mentre Scorpius e James socializzano ». 

La parola “socializzano”, curiosamente, suonò molto più minacciosa di quanto avrebbe dovuto. 

« Che ne dici se io e te facciamo due chiacchiere, Rose? »

Scorpius si aggrappò con più forza al mio braccio, più o meno saltandomi addosso.

« Non mi lasciare da solo con lui... ti prego... » sussurrò.

« Oh, non ti preoccupare » lo rassicurai, districandomi dalla sua presa. « Te l'ho detto, no? James abbaia, ma non morde ».

« E devo rischiare la mia vita per dimostrare che hai ragione? » riuscì a sibilare Scorpius, prima che Albus mi arpionasse un braccio e mi trascinasse via, tra la folla.

Mentre ci allontanavamo ebbi modo di vedere James e Fred (da dove era saltato fuori Fred, poi?) che prendevano Scorpius a braccetto, uno da una parte e uno dall'altra, mentre Marshall ne approfittava per svignarsela. Parecchi studenti degli ultimi anni, al loro passaggio, si voltarono a guardarli con espressioni stralunate.

« Oh, sarà divertente quando scopriranno di te e Scorpius » disse Albus con un sorrisino deliziato. « Sarete al centro di tutti i pettegolezzi che gireranno a Hogwarts per almeno tutto il primo quadrimestre ».

« E in che modo la cosa dovrebbe confortarmi? » sbuffai.

« Piuttosto » saltò su Albus, ignorando totalmente le mie parole. « Ora che tu e Scorpius siete sistemati, dovrò occuparmi di James ».

« Di James? » ripetei.

Qualcosa, nella sua espressione cospiratoria, lasciava intuire che quella che bolliva nel calderone era una pozione tutt'altro che innocua. Un qualche filtro d'amore illegale, se lo conoscevo abbastanza.

« Precisamente » confermò Al, e la sua espressione si fece ancora più invasata. « Ho già un piano in testa, e tu mi aiuterai ad attuarlo ».

« No, aspetta un momento, non credo di voler essere coinvolta nelle tue cospirazioni » protestai.

Col cavolo!

Avevo una vaga idea di cosa voleva dire essere al centro dei progetti matrimoniali di Al, e non me la sarei sentita di augurare una sfiga del genere nemmeno a Tessa.

Albus fece un gesto secco con la mano, come a voler scacciare una mosca.

« La cosa è del tutto irrilevante: mi devi un favore enorme ».

Inarcai un sopracciglio.

« Che sarebbe? »

« Averti fatta mettere con Scorpius » rispose Al, con tono ovvio.

Oh, già, dimenticavo. Come avremmo fatto a chiarirci senza le tue minacce di morte?

« La smetterai mai di reclamare il merito di azioni non tue? » m'informai, assottigliando gli occhi. « E poi, per la cronaca, io e Scorpius non stiamo assieme ».

Tacqui di colpo, arrossendo, e mi affrettai a rettificare: « Cioè, insomma, spero di sì, però non è che lui si sia messo in ginocchio e mi abbia chiesto di stare assieme o roba del genere... »

Albus alzò gli occhi al cielo e mi strattonò un braccio per farmi scansare un ragazzo di passaggio.

« Oh, ma lo vedi che devo pensare sempre a tutto io? Bene, da questo momento voi due state ufficialmente assieme. Provvederò io a informare Scorpius ».

« Come faremmo senza di te... » borbottai, senza risparmiarmi una buona dose di sarcasmo. Poi, più per distogliere la sua attenzione dalla mia vita di coppia che per reale interesse, aggiunsi: « Piuttosto, si può sapere chi è la sventurata che hai designato come vittima dei tuoi futuri complotti matrimoniali? »

« Intendi la ragazza di cui James non sa ancora di essere pazzamente innamorato? »

« E di cui tu lo costringerai a innamorarsi, naturalmente ».

« Naturalmente » rispose Al, con un gran sorriso inquietante.

Povero James... nemmeno lui merita una cosa del genere...

Per non parlare del fatto che, se lo avesse scoperto, Dominique avrebbe avuto l'imbarazzo della scelta tra il suicidio e l'omicidio di Al.

« Sì, intendo lei » grugnii. « Ti rendi conto che nessuna persona sana di mente vorrebbe mai mettersi con James, vero? »

Al mi rivolse un ghigno che non mi piacque per niente.

« È una fortuna che noi Weasley non siamo sani di mente, allora » commentò.

Per tutta risposta rimasi a fissarlo con la bocca semiaperta.

« Eh? »

Al scosse la testa e mi tirò di lato prima che potessi cadere dalla banchina, senza risparmiarsi un'occhiataccia di superiorità.

« Sto parlando di Dominique. Intendi nostra cugina Dominique? Sì, proprio lei. Oddio, come fai a sapere di Dominique? Ho costretto Scorpius a rivelarmelo con la tortura. Hai altre domande? » concluse, inarcando un sopracciglio.

« Solo una » risposi non appena mi fui ripresa dallo shock di sentire mio cugino parlare in falsetto in una (pessima) imitazione della mia voce. « Che razza di problemi mentali hai? Cioè, dopo James e Dominique che farai, cercherai di far sposare Molly e Fred? »

Mi azzittii di colpo, notando che Al sembrava avermi presa fin troppo sul serio.

« …Oh, no, non fare quella faccia... non ci pensare nemmeno, non... »

« Molly e Fred, eh? » mi interruppe Al, con aria meditabonda. « Non sei stupida come sembri, lo sai? »

Mi schiaffai una mano sul viso, prendendo mentalmente nota di non fare mai più battute del genere in presenza di mio cugino.

« Ti prego, dimmi che non fai sul serio... »

Ma Albus ormai era partito per la tangente.

« James con Dominique e Fred con Molly... ma te li immagini? Addirittura meglio di te e Scorpius... voglio dire, Fred e Molly... a zio George prenderebbe un infarto. E zio Perce... beh, lui... »

Ciao. Abbiamo perso Al.

« Avanti, sarebbe stupendo. Ne verrebbero fuori delle uscite a quattro memorabili... »

« Molly e Dominique si scannerebbero » lo interruppi.

Se un plurimo omicidio con tanto di incesto è la tua idea di memorabile, poi... 

« Nah » replicò Al, esibendo l'ennesimo sorrisetto poco raccomandabile nel giro di cinque minuti. « Sarebbero troppo impegnate a scannare i rispettivi ragazzi ».

« Albus! » sbottai, e già che c'ero gli tirai uno scappellotto sulla nuca. Tanto per essere sicura che il messaggio passasse. « Non ci pensare nemmeno! »

« Però, potrebbe funzionare davvero... » ovviamente Albus mi rivolse lo stesso grado di attenzione che uno studente medio dedicava alle lezioni di Rüf. « Ehi, dovrei davvero farci un pensierino... »

« Albus! »

« Cosa c'è? » chiese, scansando un secondo schiaffo.

Il terzo lo colpì sul braccio, con uno schiocco che trovai assolutamente delizioso.

E che cavolo! Ogni tanto la violenza ci vuole!

« Fred esce con quella tipa di Tassorosso » gli ricordai, guardandolo in cagnesco. « E Molly è fidanzata con i suoi libri. E poi sono cugini. E se anche non lo fossero non sei minimamente autorizzato ad accoppiare persone a caso solo perché secondo i tuoi distorti meccanismi mentali starebbero bene assieme! »

« Giusto, hai ragione » convenne Al, senza perdere un briciolo della sua espressione esaltata. « Una sola coppia alla volta. Dunque, si diceva di James e Dominique... »

Evitai di prendermi a schiaffi da sola solo perché mi sarebbe seccato farmi vedere da Scorpius con le guance gonfie come quelle di un criceto. La fatica di trovare un modo per dissuaderlo dai suoi propositi (o almeno di provarci con scarsa convinzione, giusto per essere a posto con i sensi di colpa) mi fu risparmiata dalla voce di Dominique, che risuonò per tutta la banchina.

« Razza di idiota! Stupido babbuino microcefalo! Lo sapevo che non dovevo fidarmi! »

Al sospirò, deliziato.

« Oh, si amano proprio, non è vero? »

Non mi degnai nemmeno di rispondergli mentre sgomitavo tra la folla per raggiungere la fonte del rumore. James, prevedibilmente, si stava sorbendo la ramanzina a testa bassa, mentre Dominique gli sventolava la bacchetta sotto al naso. Hugo e Lily, a distanza di sicurezza, se la ridevano di gusto, mentre Fred si guardava attorno fischiettando nella migliore simulazione d'innocenza di cui fosse capace e Scorpius assisteva alla scena con l'aria di chi ha tutta l'intenzione procurarsi un documento falso e fuggire in Sudafrica al più presto.

« Come accidenti hai fatto a perdere i miei compiti di Trasfigurazione?! Ferguson mi ammazza! Lo sapevo che non dovevo prestarteli, razza di beota... »

Al scosse la testa.

« Mi ricordano qualcuno... » commentò, dandomi un colpetto sul braccio.

Gli risposi con un'occhiataccia.

« Io non ho mai fatto copiare i miei compiti di Trasfigurazione a Scorpius ».

« Tu non hai mai fatto i compiti di Trasfigurazione » mi corresse Al.

« Beh, può darsi, ma non è questo il pun... » 

Fui interrotta dall'urlo atterrito di Scorpius, i cui pantaloni a quanto pareva erano appena stati incendiati da un getto di scintille provenienti dalla bacchetta di Domi.

« E io non ho mai sbagliato mira quando dovevo lanciargli una fattura » aggiunsi con un certo orgoglio, mentre Domi si scusava brevemente con Scorpius e riprendeva i tentativi di omicidio di James da dove li aveva interrotti.

« Grazie per essere intervenuti in mio aiuto, voi due, eh... » commentò Scorpius appena ci vide.

« Oh, ma te la stavi cavando benissimo » ghignò Al.

Poi, con un ultimo sorrisetto invasato, si voltò per lanciarsi all'inseguimento di Domi, che a sua volta stava inseguendo James con la bacchetta sfoderata.

« Beh, io credo che andrò » disse. « Avremo un mucchio di lavoro da fare quest'inverno... »

Quando Al fu sparito tra la folla, Scorpius mi rivolse uno sguardo perplesso.

« Di che parlava? »

« Non vuoi saperlo, davvero » gli risposi. « Oh, e per la cronaca » aggiunsi, indicandogli il buco nei pantaloni dove la stoffa si era bruciata, e le bolle verdi che ricoprivano la pelle al disotto. « Credo che dovresti farti vedere in Infermeria, quando arriviamo a scuola ».

Scorpius impallidì visibilmente e si piegò per esaminarsi il polpaccio.

« Credi... credi che siano velenose? » chiese, picchiettando una pustola particolarmente orrenda con la punta della bacchetta.

Mi limitai a battergli una pacca compassionevole sulla spalla.

« Benvenuto in famiglia ».

 

***

 

Alle undici meno cinque Draco ci aiutò a caricare i bauli sul treno. Supponevo che il suo attacco di gentilezza fosse solo una scusa per fuggire dalle grinfie di mio padre e degli zii Weasley (e dallo zio Harry, che a sua volta era sembrato piuttosto smanioso di Smaterializzarsi e non farsi rivedere mai più), perciò – ovviamente – ritenni necessario farglielo notare.

« Battiamo in ritirata, eh? » ridacchiai.

Le guance di Draco si tinsero di un lieve color ciclamino.

« Taci ».

Quando anche Scorpius scoppiò in una risatina l'espressione di Draco passò dall'irritato al profondamente oltraggiato.

« Sì, ridete pure, piccioncini... » sibilò. « Aspettate solo che Hermione e tutta la banda di Weasley scoprano cosa fate voi due quando nessuno guarda, e poi non avrete più tanta voglia di fare gli spiritosi... »

In effetti, la cosa sarebbe stata verosimilmente dolorosa. E molto. Non facevo fatica ad immaginare mio padre che si lanciava addosso a Scorpius con urla belluine e tentava di ucciderlo a mani nude. Il tutto condito dalle incitazioni di Harry e George.

Arrossii.

« Noi non siamo... » balbettai.

« Non è come sembra... » aggiunse Scorpius.

« No, certo, eravate inciampati nella lavanda... » commentò Draco, lanciandoci un'occhiatina ironica.

Mi ritrovai a pregare ardentemente di venir ingoiata dal terreno e di rispuntare da qualche parte in Australia in mezzo ai canguri.

« Non eravamo noi che stavamo prendendo in giro te? » grugnì Scorpius, le cui guance avevano assunto un colore estremamente curioso.

Draco scrollò le spalle.

« Le cose cambiano. Non eri tu che sei tornato a casa dopo il primo anno a Hogwarts urlando che Rose Weasley era odiosa e che volevi andartene a Durmstrang e non rivederla mai più? »

Le orecchie di Scorpius si fecero se possibile ancora più rosse. Nonostante le mie non fossero in condizioni migliori, visti i commenti di Draco, non potei evitare di ridacchiare.

« Lo hai fatto davvero? » chiesi.

« Io... non... beh, eri una stronza al primo anno! » sbottò Scorpius, piccato.

« Ahh, l'amore » sospirò Draco, con aria sognante.

« Oh, va' al diavolo, papà! » sbottammo io e Scorpius in contemporanea.

Ero così impegnata a pensare che Scorpius aveva appena mandato al diavolo suo padre che ci misi un po' per realizzare cosa avevo detto io.

Oh... oh... OH! Miseriaccia...

Draco inarcò un sopracciglio.

« Come mi hai chiamato, scusa? »

Sentii un'ondata di calore avvolgermi il viso.

« In nessun modo » risposi precipitosamente, e mi affrettai a filare sul treno prima che Draco potesse dire qualsiasi cosa. 

 

 


FINE (?)


 

...e invece...
SEQUEL: Perché sul campanello di casa mia c'è scritto Malfoy e basta?!

 

 

 

 

Note finali:

Non credo di crederci. Insomma, è finita davvero.

Ci sono molte cose importanti che devo dire a questo punto, ma vorrei evitare di annoiarvi troppo, quindi cercherò di dividerle per sezioni, così potete saltare le parti che non v'interessano. O saltare tutto, non lo so. Io però queste cose le devo proprio dire, a questo punto: ci sono delle spiegazioni da dare, degli scleri da mettere nero su bianco. Insomma, ho tenuto un po' di sentimentalismi in serbo per questo momento e ora ve li subirete tutti <3

 

Sezione 1: RINGRAZIAMENTI

Sezione 2: PROGETTI PER IL FUTURO (ok, sembra che voglia invitarvi al mio matrimonio, detta così. Per la cronaca sono single :D )

Sezione 3: AMMISSIONI DI COLPA

 

RINGRAZIAMENTI

Premetto che senza il vostro supporto questa storia non sarebbe arrivata nemmeno a dieci capitoli. Sono una persona abbastanza incostante: sono piena di progetti, di idee, ma difficilmente ne porto qualcuno a termine. Non avevo la minima idea che ce l'avrei fatta a finire questa storia, e se ripenso a tutti i capitoli che ho scritto, a tutte le cose che sono successe in questi due anni e mezzo, a tutte le volte che dopo una lunga assenza sono tornata a pubblicare... beh, la cosa ha del miracoloso. E indovinate un po'? Sì, lo devo tutto solo a voi. E' stata la prima long che sono riuscita a portare a termine e non lo avrei fatto se non fosse stato per voi e per il vostro continuo e instancabile supporto. Pubblicare questo epilogo vuol dire tanto per me, vuol dire dimostrare che sono capace di scrivere una storia così lunga e di portarla a termine. Mi avete dato fiducia, mi avete fatto credere in me, e non potrò mai ringraziarvi abbastanza per questo.

Comunque, visto che devo cercare di dimostrarvi la mia riconoscenza in qualche modo, c'è giusto qualche migliaio di persone a cui vorrei dire grazie. E no, non scherzo. Ma, davvero, ci tenevo a ringraziarvi tutti quanti, dal primo all'ultimo.

Prima, però, ho dei ringraziamenti speciali da fare. 

 

In primis, un grazie grande grande a Jules_Black, che ha betato alcuni capitoli di questa storia prima che io sparissi inghiottita dal nulla per cinque mesi. Non ho avuto il coraggio di rifarmi viva, dopo una latitanza tanto lunga, ma sarei un escremento di gufo se non la citassi nei ringraziamenti.

 

Poi beh, ci sono alcuni lettori/recensori di cui miracolosamente ricordo i nomi, probabilmente perché hanno recensito spesso la storia o perché ci ho parlato o perché ho letto le loro storie. Ne cito quelli che mi vengono in mente, ma so già di starne dimenticando tantissimi, quindi, beh... prendetevela con la mia memoria... ehm... 

Fiammablade3466 (l'ho letto il capitolo 12, lo giuro. Solo che è un periodaccio e non avevo tempo/voglia di recensire. Ma passo a lasciarti un commento anche adesso, se in cambio ti muovi ad aggiornare [sì, lo so, da che pulpito... <3])

Cate Tassorosso

Lailetta ( <3 )

ThisDick__ (no, beh, il nome è indimenticabile <3 )

Mitsuki91 (mi sembrava doveroso, anche se i Vampiri sono odiosi)

Hp_Ily

OrochiMary (il quadro di Munch basta e avanza come motivo)

altovoltaggio

bonza corrotta

TITTI1906

Alice_ordine della fenice

Gangsta_B

verox

roselline

DarkViolet92

Merope Molly Lestrange

hevelina

_aspasia_

mymindisamess

flopi

Montgomery

_LenadAvena_

ravenwood

jakefan (perché è l'unica sana di mente che shippa Bella con Jacob. Meglio lui che Cullen, se non altro)

ronloveshermione

RoseFelicis31697 (ha lasciato una recensione che mi ha colpita, ma non ho mai risposto perché sono una testa di cazz...)

Yuchan_

Picci1989

Ella_Sella_Lella

lucluc

Lione94

Pickwick

Dubhe

MyPassion

hermione12

JiuJiu91

nisba

Lylasly

ir3ne7

stellale

Smiley Marty

nausicaa87

E tanti, tanti altri che ora davvero non mi vengono in mente, perché sono stupida e meschina e mi dimentico le cose <3 Grazie a tutti quelli che hanno perso un po' del loro tempo per lasciarmi una recensione, sia quelli che ho citato qua sopra, sia quelli che ho dimenticato di menzionare <3

 

Ma soprattutto, il grazie più grande di tutti va a...

No, vabbé, è prevedibile. E sia, un enorme cuore per la solita zuzallove, che senza di lei la baracca non andava avanti <3

 

Per finire tutti voi che avete letto, seguito, preferito e tutto il resto vi dovrete accontentare di un grazie sommario ma pur sempre immenso, perché col cavolo che riesco a mettere gli elenchi. Ovviamente il documento viene troppo grande. E' che siete proprio tantissimi <3

Un grazie super-mega-iper-galattico alle 790 persone che hanno inserito questa storia tra le Preferite,

Alle 1047 che l'hanno inserita tra le Seguite,

Alle 184 persone che l'hanno messa tra le Ricordate,
E ai 370 debosciati che mi considerano tra i loro Autori Preferiti.

Grazie a tutti, davvero <3

 

 

 

 

PROGETTI PER IL FUTURO
(ovvero le ultime parole famose prima di mettersi a scrivere il sequel. Perché io sono una persona coerente, sì)

 

Ok, non farò spam delle altre storie che ho scritto/sto scrivendo. Se vi interessano siete tutti capaci di andarvele a cercare dal mio profilo, suppongo. Piuttosto, credo di dover parlare dell'eventuale sequel, visto che in molti me l'hanno chiesto. Allora, piano e bene, andiamo con ordine. 

 

Questa esperienza di due anni e mezzo su EFP per me è stata grandiosa e mi ha insegnato tantissimo, va detto. Però credo di voler andare oltre: scrivere un libro vero è sempre stato uno dei miei sogni più grandi, se non il più grande in assoluto, e... niente. Ho un Fantasy piuttosto impegnato che sto portando avanti da un po', quindi vorrei concentrarmi solo su quello se possibile. Mi piacerebbe tanto poterlo condividere con voi qui e sentire i vostri pareri su dei personaggi che per una volta sono “tutti miei”, ma per ovvi motivi non lo posso fare.

 

Quindi il succo della questione è che la mia esperienza “vera” su EFP finisce qui. Non smetterò di pubblicare del tutto perché sarebbe carino portare a termine le altre cose che ho cominciato (i vari spin off di questa long, soprattutto), però mi concentrerò di più su cose che non posso pubblicare su Internet. Parlando del fatidico seguito, noterete che mi sono lasciato aperto un vero e proprio portone per scriverlo. Io l'ho plottato abbastanza, e ci ho segamentalizzato anche di più. Potete farlo anche voi, in fondo Jamie e Domi sono così pucciosi. Però sinceramente non so se avrò il tempo e la freschezza di scrivere alcunché. Non posso promettere niente.

 

Oh, al diavolo, auguratemi buona fortuna per questo dannato Fantasy. È stato bello fare la ficcynara pazzoide, ma ora è il momento di avere dei personaggi e un mondo tutti miei. Se andrà male o mi vergognerò troppo per mandare le mie schifezze a una casa editrice, prometto di pubblicarla qui :D

 

 

AMMISSIONI DI COLPA

 

Per concludere, ho molte ammissioni di colpa da fare. Come che non mi faccio la ceretta da ottobre e sto cominciando a pensare che pettinatura farmi sul polpaccio sinistro. O che ho finito io il vasetto di Nocciolata e ho dato la colpa a mio fratello. 

Già, Nocciolata, avete capito bene. E no, la Nutella non mi piace. È troppo dolce e mi dà un discreto senso di nausea (probabilmente perché qualche anno fa un mio amico mi ha detto che usano grasso animale in putrefazione come addensante). Questa è una confessione davvero terribile, lo so.

 

Oh, ma c'è di peggio. Per esempio, se qualcuno ha letto la mia biografia, no, non mi chiamo Lara. Il mio nome non ci va vicino nemmeno per sbaglio: è Margherita. Il che è umiliante come poche cose, dal momento che deriva da quell'orrenda canzone di... chi era? Cocciante? Vabbé, non lo voglio sapere, ma per la cronaca non sono né bella né buona né dolce né pura o cosa so io. Non assomiglio nemmeno a una perla (in latino Margherita vuol dire perla. Quando la prof di Latino del biennio me l'ha detto ci sono rimasta tipo “oh, che figo, veramente?” e lei mi ha risposto “sì, era nella versione da fare per oggi” *facepalm*). In definitiva credo che, delle alternative possibili, la migliore sia assomigliare a una pizza. Bella roba, eh? Ma insomma, via, facciamo outing come si deve. Voi mi avete supportato tanto nella scrittura di questa storia e mi sembra come minimo di dover essere sincera fino in fondo a questo punto. Quindi niente più identità tarocche da internet, sticcazzi. Oh, e sono anche bisex. O sessualmente confusa, vedetela come più vi aggrada.

(E se ve lo state chiedendo no, non potete criticare il mio orientamento sessuale. Accanitevi sul nome, che si presta meglio :D )

 

Poi vabbé, penso che il mio terzo scabroso segreto non sia poi così segreto, ma ehi, voglio urlarlo al mondo comunque. Io odio rispondere alle recensioni, gente. È una cosa che odio con tutto il cuore. E no, non è perché odio i recensori o le recensioni. In realtà, nei miei momenti più meschini, me ne starei a contare le recensioni come zio Paperone con l'oro. La semplice verità è che sono pigra. Pigra come il dannato gatto dei miei vicini che se ne sta a rotolarsi in giardino ogni mattina mentre io esco per andare a scuola. Bestiaccia... E' che rispondere a quaranta recensioni a capitolo è un trauma, ve lo assicuro. Se non lo fai ti senti una cacca di piccione. Se lo fai ti senti una cacca di piccione lo stesso, perché hai risposto “grazie, baci” a tutti e poi sembra che hai fatto copia-incolla. Così ti tocca rispondere a ogni recensione con un papiro, in modo che sembri roba personalizzata, e ci perdi le ore. Oppure ti metti a cercare tutte le varianti possibili di “grazie tesoro, un bacio!”, ma dopo la ventesima recensione a cui rispondi in questo modo non sai più che faccina inventarti, o che sinonimo di tesoro scrivere. Allora generalmente mandi a cagare tutto.

 

D'accordo, credo di essermi sputtanata abbastanza. Ancora solo un paio di cose, per finire in gloria.

Innanzitutto, sono stata profondamente convinta per mesi (o anni) che le mie lettrici fossero per la maggior parte delle bimbeminkia tredicenni dall'arrapo facile. Alcune lo saranno di sicuro e spero che non si offendano perché tutti a tredici anni sono dei bimbiminkia (io in primis. Ho ancora i diari di quell'età e sarebbero una lettura interessante solo per Freud, fidatevi). Però... però la verità è che sono una personcina altamente presuntuosa e immodesta, io. Magari ne ho anche i motivi, con la media del nove e il fatto di saper scrivere e tutto il resto, ma ciò non toglie che di base sono una secchiona egocentrica convinta di essere la più intelligente del mondo. Brutta cosa, credetemi. Quindi, in definitiva, ho dovuto ricredermi: la maggior parte delle persone che ho conosciuto sul sito sono delle persone mature, in possesso di un'invidiabile cultura e probabilmente molto migliori di me sul piano umano. Il che non spiega perché, se non sono delle bimbeminkia, abbiano letto questa storia demenziale, ma non importa, de gustibus non est disputandum. Mi dispiace molto di aver fatto certe generalizzazioni solo perché c'era uno schermo tra me e voi, credetemi. Mi dispiace anche di avervi considerate come una parte del numero di recensioni della storia nelle classifiche, e non come singole persone, tutte diverse e uniche. Ho imparato di più dalle poche cose che mi avete insegnato voi, dalle vostre critiche, che da tutte le altre esperienze di scrittrice che ho fatto sul sito. Mi avete insegnato ad essere più umile e più aperta ai pareri degli altri, ma allo stesso tempo mi avete insegnato ad essere sempre me stessa, anche se sono nascosta dietro uno schermo.

Tipo, ve l'ho detto che ho un enorme brufolo sul mento? Ha raggiunto le proporzioni di un piccolo vulcano dopo la quarta volta che ho grattato via la crosta. Così, tanto per interrompere l'atmosfera zuccherosa che si era formata. Che non ci venga il diabete, per carità!

 

Sono contenta di avervi detto queste cose, dalla prima all'ultima. Non ho paura che mi giudichiate male per questo, perché tutti pensano cose di cui farebbero bene a vergognarsi, ma se ora pensate che io sia una persona schifosa almeno lo pensate della vera me. Il che è già un buon punto di partenza, non pensate? :D

(E sì, la ripetizione di pensare è voluta. Non trovavo dei sinonimi decenti, così ho optato per farlo sembrare intenzionale).

 

PS. Non ho Word, era una balla. Uso Open Office :P 

E peso sessantadue porchissimi chili. Di muscoli e di cervello, si dice, quando chiedono. Ma beh, sì, non credo che quella cosa flaccida sull'interno coscia sia il bicipite femorale.

 

 

 

Grazie ancora per tutto il sostegno che mi avete dato,

nonostante io sia chiaramente una pazza ritardataria incostante <3

 

Vi voglio bene,

sul serio sul serio.

 

Marghe 

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