Fantasmagoria

di Lalani
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Neverland ***
Capitolo 2: *** Alcune città sono splendide, di notte. ***
Capitolo 3: *** La sento negli occhi, in fondo ai miei occhi, Salire dal mare passando dal cuore ***
Capitolo 4: *** Why does it rain, rain, rain, down on Utopia? ***



Capitolo 1
*** Neverland ***


 
Buongiorno, fandom di Hetalia!
Lalani è approdata anche qui, per portare terrore e follia!

Allora, nonostante abbia persino indetto un concorso su questa tematica, non ho saputo resistere:
ecco a voi una raccolta su OC di paesi non reali, ovvero derivati dalla fantasia dell’uomo, o libri, o leggende, o miti, ecc…

Ma iniziamo subito!
Ecco voi:
James Kirkland: Neverland, ovvero l’Isola che non c’è.





Can  we  pretend  that  airplanes

In  the  night  sky

Are  like  shooting  stars



Era stato facilissimo.
Si era sciolto nei suoi pensieri, ormai liquefatti dall’acido, dalla folla della guerra: erano  puzzolenti e pieni di sangue, cosce magre e catrame.
Scorrevano in una fogna, proprio come il suo amato paese, vivendo grazie a brandelli di memoria e nutrendosi di deboli speranze.
Era stato facilissimo, come lasciarsi morire.
Arthur imprecò e mandò al diavolo la sua tipica eleganza inglese quando i suoi occhi verdi vennero bruciati da un sole troppo intenso e le mani vennero mangiucchiate da incandescenti granelli di sabbia: non c’era più l’acre sapore della guerra e grida disperate, acute e irreali.
Questo era l’odore del mare, un mare senza cadaveri?
Queste erano canzoni indiane?
Erano canti di sirena e non pianti di donne?
Era in paradiso?
Il paradiso erano due occhi verdi come i suoi, contro l’azzurro del cielo e la luce del sole.
“Cavoli!Guardate, bimbi sperduti! Un umano proprio come me, ma…molto più grande! E anche le sue sopracciglia lo sono…cavoli, sono davvero orrende…e ridicole! Guardate, guardate: ci potrei fare una scopa e spazzarci la casa!”
Il paradiso…per un attimo ci aveva creduto.


“Dai, prendimi, vecchione!”
“Fermati, piccolo mostro, fermati!”
Com’era possibile che James, con quel diafano volto da angelo, così diverso da quello di Arthur, che era gelido e spigoloso, riuscisse a fargli a saltare i nervi con un solo ghigno?
Non bastava la guerra…persino in quella minuscola isola delle meraviglie si poteva trasformare in un inferno.
“James, non lo ripeterò di nuovo: lasciala andare, i-m-m-e-d-i-a-t-a-m-e-n-t-e!!”.
“Eh no!La tua fata medievale ha offeso Tinkerbell!” esclamò cocciuto il bambino, che teneva per le ali una grossa e rubiconda fata “Non le hai insegnato le buone maniere??”.
“Cresci, ragazzino!” borbottò Arthur, riuscendo a salvare la sua povera creatura magica. E pensare che pochi mesi prima aveva sostenuto che non ci fosse nessuno più fastidioso di Alfred e Peter: ora avevano un valido avversario.
“Crescere??!!” inorridì James, facendo finta di vomitare, gli occhi smeraldini indignati “E diventare un acido vecchione come te?? E fare tutte quelle cose noiose?? Scordatelo!”.
Noiose, come no: i morti, le bombe e il terrore erano tutto meno che noiosi. Ma andava bene così: Arthur non avrebbe permesso a nessuno, nemmeno al suo terrore, alla sua ossessione e alla sua invidia di rovinare quel viso incorniciato da un’aureola di ciuffi biondi. Invidia…quanto detestava non poter sognare e dormire per tutta la vita, come James.
“Se potessimo sognare per sempre, non avremmo tempo per farci la guerra…” mormorò Arthur, sovrappensiero, mentre osservava l’onirico tramonto che scivolava dietro il mare.
“Cos’è la guerra, Arthur??” chiese James, curioso.
“Una delle cose noiose che fanno gli adulti, James”.


Aveva portato la follia, in quel piccolo Eden.
Era come se l’arrivo di Arthur, l’unico adulto ammesso nell’Isola che non c’è, l’illusione di una mente troppo stanca, avesse contaminato il paradiso dei bambini.
Troppe volte ad Arthur sembrava vedere una mano morta dietro un cactus o spirali di sangue nella sabbia.
“Guarda, vecchione, guarda!” esclamò James, che tratteneva il fiato assieme agli altri bambini sperduti “Una stella cadente!”.
“James, quello è…”
“Esprimi un desiderio, un desiderio!”.
Un aereo, ecco cos’era. Era riuscita a contaminare persino nel cielo stellato dell’Isola che non c’è, quella guerra assurda. Si vedevano, da dietro le nuvole bombe, esplosioni e aerei che fischiavano.
James aveva gli occhi chiusi e concentrati, mentre cercava di desiderare qualcosa che non c’era sulla sua amata isola.
Le mani callose di Arthur accarezzarono, piano, i capelli morbidi del bimbo ed espresse un desiderio, Arthur: sperò che quel corpo abbandonato in mezzo al mare non fosse un bambino che stava sognando l’Isola che non c’è.


Dolore, troppo dolore.
Il mare stava scivolando via, il sole si spegneva e Arthur sapeva che sarebbe diventato una candela piena di cera morta.
E poi si sarebbe svegliato, come sempre.
Voleva dimenticare la guerra, voleva rimanere sull’Isola, voleva guardare per sempre i suoi stessi occhi nel volto di James.
Alfred e Francis, per sdrammatizzare il terrore che li avvelenava in quel tragico periodo, scaricavo su Arthur la loro paura, schernendo l’Isola che non c’è e i suoi abitanti, che, secondo loro, non erano nient’altro che mere illusioni, come gli unicorni e le fatine.
Ma Arthur non ci credeva: James era lì, vivo, aveva i suoi occhi, era il fratellino che non sarebbe mai cresciuto e che non l’avrebbe abbandonato.
Non può essere solo un sogno!
“Ho paura, James”.
“Cos’è, la paura? Un’altra cosa noiosa?”.
Arthur sorrise, faticosamente.
Già, noiosa e prevedibile.
“Ogni volta che mi sveglio, ho paura che la notte successiva non potrò più tornare sull’Isola che non c’è…non voglio che la mia vita diventi un incubo!”
Non voglio svegliarmi per sempre, James.
Sorride, sorride sempre, l’eterno bambino. E il suo sorriso sembra sospeso nell’aria.
“Senti vecchione, tu potrai anche aver perso la speranza, ma fin quando i bambini continueranno a sognare e volare con la fantasia, io non morirò. E non arriverà mai un giorno in cui i bambini abbandoneranno i loro sogni, mai. Non ti libererai di me, ah!
Arthur ride di quella minaccia.
“E se non riuscissi più a trovare la strada per Neverland?”
“Eddai vecchione, tutti la conoscono: seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino!”.
“E poi?”
“E poi la strada la trovi da te”.


 


Cominciamo con le note finali^^:
1)Avrei voluto chiamare il mio OC Peter, come l’abitante più famoso dell’Isola, ma c’era già Sealand…quindi ho ripiegato sul nome dello scrittore che ha inventato questo luogo: James Barrier.
2)Gli altri stati credono che l’isola che non c’è sia una delle solite visioni di Arthur, mentre lui sostiene il contrario…chi ha ragione??Questo spetta deciderlo solo a voi^^.
4)Il titolo della storia significa “Congerie di concetti, idee, dati, elementi che lascia confusi”.
3) Il titolo del capitolo deriva dalla canzone “Airplanes” di B.o.B.
4)La guerra a cui faccio riferimento è la seconda guerra mondiale, così cruenta e dolorosa che riesce ad avvelenare la mente di Inghilterra, che porta la sua “adulta” angoscia nella stessa Neverland(che è il nome originale dell’Isola che non c’è).
5) Accetto richieste e consigli: purtroppo il mio elenco di OC irreali non è lunghissimo…se volete propormi qualche idea sarò solo felice! Accetto felicemente anche critiche su un possibile OOC di Arthur, dato che non sono ancora pratica di questo fandom!


Grazie per la vostra attenzione,
LaLa


 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Alcune città sono splendide, di notte. ***



Attenzione: vagamente non-sense.
La visione del Cavaliere Oscuro nuoce gravemente alla mia salute.


Gotham City--->
Bruce Jones



Alcune città sono splendide, di notte.



Brillavano.
Non erano dipinti con delicata acqua limpida, senza misteri, come quelli di Alfred.
Erano di ghiaccio, come la loro anima.
“E dire che hai il nome e il cognome di un eroe, Bruce”.
“Infatti non sono venuto meno ai miei nobili doveri, caro fratello”.
“Dici?”
Alfred F. Jones avrebbe dato qualsiasi per sentirsi a suo agio nella gemella di New York, nella sua perversa sorella, quella con le gambe lunghissime e il languido sorriso da puttana, da mangiarselo; e invece le vie di Gotham city gli trasmettevano paura, rabbia, fame e una crescente agitazione.
Il baratro della malavita era talmente profondo e appiccicoso che ci si poteva sguazzare senza rendersene conto.
Come gli occhi del…del suo distorto riflesso, della sua nemesi. Nella sua narcisistica megalomania, Alfred non riesce a considerarlo suo fratello.
“Dico, certo, Alfred” mormorò Bruce, spostandosi elegantemente un ciuffo color pece dietro l’orecchio “Ho salvato da una morte atroce diversi grattacieli, questo week-end...Gotham ne avrebbe risentito dal punto di vista scenico!E ovviamente, con essi, anche decine di vite!”.
“Dimmi…quale dei due nomi ti ispira queste nobili gesta?” mormorò Alfred, socchiudendo appena le palpebre stanche: quella lampada da interrogatorio lo stava uccidendo “Bruce o Jones? Perché l’altra parte ti induce a mettere l’esplosivo proprio in quei grattacieli scenici”.
Bruce avrebbe voluto allargare le mani, eleganti e sottili, ma i suoi polsi erano incatenati dalle manette.
Sorrise, mellifluo, semi-nascosto dall’oscurità.
“Io sono un angelo misericordioso. Un angelo furbo” mormorò amabilmente, sistemandosi la cravatta con le mani imprigionate “Non come te: io nascondo le mie malefatte nella notte, il mio elemento, e di giorno mostro il mio sorriso migliore. Di giorno, divento l’eroe del mio paese. Non come te, fratellino: tu affronti glorie e catastrofi con lo stesso volto beota. Ad esempio, se avessi scaricato la colpa su un altro o su un tuo alter-ego, per quella brutta faccenda sul petrolio…”.
Fratellino: l’aveva sentito troppe volte, quel dannato diminutivo.
“È una filosofia grottesca, Bruce…”
“Ed efficace, Alfred”.
Sorrise, il ragazzo biondo, con la sua solita smorfia ingenua. Allungò la mano e accarezzò quella della sua gemella maligna e tenebrosa: gemella ma differente, pallida e flessuosa. Bruce ricambiò la carezza, dolcemente.
Labbra da baciare, labbra da mangiare.
“Hai ragione, caro Bruce, hai perfettamente ragione” esclamò con il suo solito sorriso gioioso “Ma vedi, anch’io posso contare su una maschera, su un’identità oscura”.
Bruce sollevò le fini sopracciglia: l’unico della famiglia anglo-americana che usava le pinzette.
“E chi sarebbe questa maschera??” chiese, vagamente curioso.
“Tu, ovviamente. E come ogni maschera si può buttare. Si deve buttare”.
Niente più luce o tenebra: c’era sola la pallida paura sul volto stravolto di Bruce.
“Tu hai due volti, come la tua città, ma anch’io possiedo un lato oscuro: quello che uso con te, o meglio, quello che tu rappresenti. E proprio per i recenti avvenimenti che hanno sconvolto il mio paese, che hanno sconvolto Alfred F. Jones, ho deciso che sarò un eroe a tutti gli effetti, senza macchie o timori. Non ho più bisogno di scaricare i miei dissapori su di te: il mio paese mi accetterà per ciò che sono veramente, anche se non sarò sempre un angelo misericordioso. Non ho più bisogno di te: puoi anche sparire”.
Non era facile, per nessuno dei due: lasciar crollare una città come Gotham nell’ombra e lasciarla morire con una lenta eutanasia sembrava un’eresia e l’abbandono di ogni violenza, di ogni ombra da parte Alfred sembrava paradossale, impossibile.
Ma ora, mentre il sole tramontava per l’ultima volta su Gotham, nemmeno Bruce riusciva più a ghignare. Era rimasto solo il sorriso sincero  e troppo, troppo splendente di Alfred.
Brillava.
“Why so serious, Bruce?”


"Alcune città sono splendide, di notte.
Gotham non è una di queste"




AiutoO_O
1) Il nome di Gotham deriva da Bruce Wayne, la vera identità di Batman. E Alfred è il suo maggiordomoXD
2)Allora, come avrete capito il rapporto tra i due è piuttosto complesso: Alfred si è “inventato” Gotham city per scaricare tutta l’ira e la frustrazione per i vari problemi mondiali che non può mostrare in pubblico( per questo appare sempre sorridente e giocondoXD). Insomma, Gotham è l’alter-ego di New York, il posto più nascosto della mente di America dove poter essere il cattivo e non l’eroe, per una volta. Ecco perché Gotham viene rappresentata come la maschera di Alfred. Una maschera che però lo sta avvelenando e proprio per questo decide di buttare prima che prenda il controllo sulla sua mente.
3) Bruce è un’antitesi continua perché alterna personaggi fin troppo nobili e, oserei dire, ingenui, a psicopatici totali. Ecco perché viene rappresentato come un “angelo della morte”, ovvero qualcuno che di nascosto crea scompiglio solo per risolverlo e passare per l’eroe di turno.
4) Il problema del petrolio, sì, è quello attuale: un ulteriore macchia sul nostro bel mondo.
5) "Alcune città sono splendide, di notte. Gotham non è una di queste", citazioni di Batman in persona. Se lo dice lui…
6) “Why so serious?”…aaaahh Joker*___*


Risposte alle recensioni!
Kurohime: dopo sopracciglione e assassino culinario ci mancava vecchione…XDpovero Arthur! D’altra parte cosa si aspetta da un eterno bambino?? Sono felice che ti sia piaciuta la mia idea e specialmente che Inghilterra ti sembri IC! Grazie mille!
amby: per fortuna alla fine hai aggiunto un’altra recensione perché cominciavo a preoccuparmiXDXD Scherzo^^ ho apprezzato moltissimo la tua analisi: hai capito benissimo il legame tra i due “fratelli” e il loro tentativo di istaurare un rapporto, anche se sono completamente differenti. E ovviamente sono felice che ti piaccia il mio stile!Sarei felicissima di ricevere un’altra tua critica elaborata( ma anche il tuo entusiasmo^^!)Grazie mille!


Grazie per la vostra attenzione,
LaLa
 

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Capitolo 3
*** La sento negli occhi, in fondo ai miei occhi, Salire dal mare passando dal cuore ***



Consiglio:
Se non sapete cosa sia l’effetto Fatamorgana(no, non è la strega del ciclo bretone) vi consiglio di andare a leggere la nota n°1.

Effetto Fatamorgana--->Scilla Vargas


La sento negli occhi, in fondo ai miei occhi,

Salire dal mare passando dal cuore




“Ciao, Ita-chan!”
Era una voce che sembrava un tintinnio di campana, un sibilo nel dormiveglia, uno sogno sbucciato dalla realtà.
Eppure la bellezza di quella voce non era lontanamente paragonabile a quella del viso e del soffice corpo a cui apparteneva.
Era una ragazza emersa dal mare.
“C-ciao” mormorò timidamente la piccola Italia: nonostante la sua evidente indole pacifica, quella ragazza la intimidiva, come d’altra parte tutti i dettagli di quell’Italia che lei, preclusa nella casa di Austria e tra le nebbie del nord, non aveva mai visto.
Davvero nella sua terra esisteva un mare così limpido, che si tingeva di sangue e zafferano all’alba?
Davvero c’erano così tanti ulivi, annodati su stessi?
Era sempre la sua Italia, quella piena di colori, di danze forsennate e dialetti incomprensibili?
“S-stavo cercando mio fratello…” balbettò l’Italia del Nord, impaurita.
“Ma anch’io sono tua sorella!” esclamò entusiasta “Io sono Scilla Vargas!”.
L’avrebbe abbracciata e baciata, questa sorella sconosciuta dai capelli celesti, occhi blu e un tenero sorriso “alla Vargas” sul volto bruciato dal sole. Ma lei fluttuò via, come un’onda.
“Nostro fratello Lovino è andato a farsi una gita su quell’isola” spiegò allegra la ragazza, puntando l’indice curato contro il breve tratto di mare che separava la punta meridionale delle sua nazione con un enorme isola. Chibitalia allargò la bocca, sorpresa: le sue isole nella laguna Veneta erano atolli, al suo confronto.
“Vuoi raggiungerlo, Italia-chan?” chiese melliflua sua sorella; le sue parole erano dense e lente come miele e i suoi capelli celesti si avviluppavano sul suo corpo come se lo stessero abbracciando.
“Sì, sì, voglio vedere Lovino!” esclamò Italia estasiata. E per un attimo, la Sicilia appariva molto più vicina: ecco il profumo delle arance, le morbide colline e qualche tempio che assomigliava a quelli di Hercules.
Un piccolo paradiso immerso tra acque sacrali.
“Andiamo, Scilla, andiamo da Lovino!” gridò eccitata la piccola Italia gettandosi in acqua, con una voce da usignolo che venne coperta dalle onde scure in pochi attimi.
Era là, ne era sicura, proprio là, a pochi metri, la poteva sfiorare, la Sicilia; com’era possibile che si stesse allontanando, come un sogno?
Come un…miraggio?
“Sorellona Scilla, aiuto! L’acqua è troppo profonda e la corrente troppo forte…” annaspò Chibitalia, mentre la paura che le stava lentamente attanagliando il piccolo corpo la trascinava sul fondo. L’acqua cristallina era diventata petrolio. Petrolio sul quale Morgana volteggiava, come un fata. Ma il suo sorriso tenero, alla “Vargas”, degnerò in un smorfia demoniaca e i suoi capelli volteggiarono come un mare in tempesta. La furia distorceva l’eleganza del suo viso e dei suoi movimenti, una furia indomabile e intensa che Chibitalia, nella sua ingenua tenerezza, non poteva concepire.
“Italia e Italia…non è una coincidenza che siate in due: potete credere di essere fratelli, di avere la stessa storia e la stessa lingua, di mangiare lo stesso cibo e di prostrarvi davanti agli stessi padroni, di condannare gli stessi criminali e di festeggiare gli stessi santi…ma non sarete mai una cosa sola, l’Italia rimarrà divisa per sempre!”.
Ma Chibitalia non aveva sentito che metà di quel delirante discorso, prima di essere inghiottita dal mare. Una fredda morsa che congelava il sole più caldo, il sole della Sicilia.
Quando si era risvegliata, Chibitalia era tra le braccia di un ancora più chibi Romano; il suo viso arrossato e collerico sembrava proprio un succoso pomodoro. Questa sua innocente contestazione le costò una dura strigliata.
“Io non sono un pomodoro, razza di ingrata!Ringrazia che conosco al meglio i mari della mia terra, scema che non sei altro! Eri finita in una zona pericolosissima, piena di vortici e mulinelli!”
“Io…” balbettò ancora terrorizzata la piccola Italia “Io volevo soltanto stare con te, fratellone…oppure non posso? Davvero non potremo mai stare insieme? Scilla ha detto…”.
“Hai visto Scilla? Ah, ora ho capito…” l’espressione di Romano si addolcì, e accarezzò i capelli color castagna di Chibitalia con una tenerezza solitamente estranea nei suoi gesti.
“Non dovrai più ascoltarla, mai più. È come tutti gli altri, ci vuole dividere; è veleno, per noi, è nostra nemica…”.
Romano strinse forte la mano di Chibitalia, talmente forte da lasciare sulla sua pelle pallida un giuramento, una promessa, scottante come il tramonto che riposava sull’orizzonte.
“Un giorno staremo insieme. Staremo insieme per sempre”.


“Non ce la farete mai. Te lo dico io, non ce la farete mai! Lo dice persino Cariddi…vero, micio??”.
Scilla alzò il suo gatto al livello del viso e attese invano una sua risposta, che si tradusse in un indecifrabile miagolio lamentoso.
“Ve…” mormorò Feliciano, che si stava godendo un immeritata pausa sotto il cocente sole calabrese “Non essere così pessimista, sorellina!”.
“Pessimista? Come potrò vivere con quel serpente d’acciaio tra le mie acque! Non è giusto, sporgerò denuncia, non posso avere un’autostrada in casa!!” ululò Scilla con una cadenza vagamente isterica, indicando la strada che avrebbe attraversato lo stretto di Messina.
Romano nascose la faccia, rossa come un pomodoro dalla rabbia, nei grafici della costruzione, per evitare di prendere a pugni quella strega.
Per fortuna Feliciano aveva adottato una strategia infallibile: non bisognava disperare dei parenti noiosi…bastava renderli utili!
“Vee, Scilla, perché non dimostri che le culture settentrionali sono troppo  diverse da quelle meridionali: mostra a loro gli arancini!”.
“Giusto!” esclamò Scilla, entusiasta, mentre prendeva il vassoio e correva verso i turisti che osservavano la futura autostrada  e attendevano i traghetti “Hey gente!Vendo arancini! Guardate come sono starni, non preferite tornare nelle vostre montagne, dalla vostra polenta?? ”.
Feliciano sorrise seraficamente, mentre osservava la sua inconsapevole sorella fare del lavoro utile: ora non si spaventava più per la delirante disperazione di Scilla e per la sua ira velenosa. Erano passati anni e aveva assaggiato la sua stessa paura, il terrore che animava quell’iracondo miraggio: la paura di morire.



Mhà. Capitolo strano, non mi soddisfa un granché.
Ma Lei mi intrigaXD

1) Ecco la spiegazione delle’effetto fata Morgana. Da wikipedia “In ottica la Fata Morgana, o Fatamorgana, è un tipo di miraggio in cui l'immagine apparente muta velocemente forma; Italia, questo raro fenomeno si manifesta nelle calde giornate estive dalla costa calabrese dello Stretto di Messina.
Si tratta di un effetto dovuto alla particolare distribuzione dell'indice di rifrazione della luce del sole in diversi strati d'aria e quindi per certi versi analogo al miraggio. La differenza consiste nel fatto che fino ad una certa altezza l'indice di rifrazione assume un valore crescente con essa per poi tornare a diminuire, per questo a differenza del miraggio le immagini sono molto mutevoli e deformate, difficilmente riconoscibili”.
2) Ecco una divertente leggenda su questo effetto ottico: “Una leggenda ampiamente diffusa in tutta l'area dello Stretto narra che durante le invasioni barbariche in agosto, mentre il cielo e il mare erano senza un alito di vento, e una leggera nebbiolina velava l'orizzonte, un'orda di conquistatori dopo avere attraversato tutta la penisola giunse alle rive della città di Reggio e si trovò davanti allo stretto che divide la Calabria dalla Sicilia. A pochi chilometri sull'altra sponda sorgeva un'isola - la Sicilia - con un gran monte fumante - l'Etna - ed il Re barbaro si domandava come fare a raggiungerla trovandosi sprovvisto di imbarcazioni, quindi impotente davanti al mare. All'improvviso apparve una donna molto bella, che offrì l'isola al conquistatore, e con un cenno la fece apparire a due passi da lui. Guardando nell'acqua egli vedeva nitidi, i monti, le spiagge, le vie di campagna e le navi nel porto come se potesse toccarli con le mani. Esultando il Re barbaro balzò giù da cavallo e si gettò in acqua, sicuro di poter raggiungere l'isola con un paio di bracciate, ma l'incanto si ruppe e il Re affogò miseramente. Tutto infatti era un miraggio.”
3)La prima parte è ambientata prima dell’unità d’Italia e durante il primo ipotetico viaggio al sud di Chibitalia. La seconda parte invece si svolge ai tempi nostri.
4) Ho deciso di chiamare questo OC Scilla in onore la mitologico mostro che dimora nello stretto di Messina e che ha dato del filo da torcere al povero Ulisse assieme al suo collega Cariddi, un altro mostro(per questo ha chiamato così il suo gatto).
5) il carattere di Scilla è mellifluo e ingannevole, ma principalmente perché ha paura di scomparire. Infatti, nella prima parte delle storia, ha il terrore che con l’unità d’Italia, il paese diventi più forte, e che possa “avvicinare” la sua isola, o meglio, le sue usanze e le sue tradizioni, alla terraferma, facendole perdere potere. Inoltre lei è molto orgogliosa e protettiva verso la Sicilia: vuole che sia solo sua. Per questo è terrorizzata dalla costruzione di una strada sullo stretto di Messina. Oddio, è una leghista!!°___°
6) non ti preoccupare Scilla!!Non riusciranno mai a costruire quella dannata stradaç___ç.
7)Il titolo deriva dalla canzone “Fata Morgana” dei Litfiba.


Risposta alle recensioni:
 Kurohime: grazie per il commento^^Ci aveva pensato a Narnia e alla terra di Mezzo, ma non so ancora in quale contesto porli…ci dovrò ragionare ben bene e soprattutto, sapendo che ti interessano, mi impegnerò a scrivere qualcosa su di loro^__^
amby: “non pochi cadono dalle stelle alle stalle in pochissimo” ecco appunto^^’’ mi sa che questo capitolo è un po’ una caduta di stileXD La sintesi sul mio precedente capitolo è perfetta: mi è piaciuto far vedere la natura un po’ più seria di Alfred e di come riesca a rimanere sempre sorridente nonostante il mondo gravi praticamente sulle sue spalle. È vero, non mi dilungo tanto sulle descrizioni perché le ultime fic che ho scritto erano tutti polpettoni prolissi e sospesi per aria: questa raccolta invece sarà perlopiù composta da capitoli brevi e incisivi. Grazie mille!!!*__*

Grazie per la vostra attenzione,
LaLa
 

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Capitolo 4
*** Why does it rain, rain, rain, down on Utopia? ***


Storia di fine estate, per racimolare gli ultimi ricordi e poi riporli.
Capitolo tristissimo e confusionario, ma, bè, ci doveva essere per forza^^’’
Non-sense a go-go.



Utopia--->Sharon



Why does it rain, rain, rain

down on Utopia?



Solo a coloro che possiedono, con innocenza, il sorriso è dato di evocare l'utopia.



“Piangi?”
“No, piovo.”
Non c’è aria, in quella candida stanza d’ospedale, e se ci fosse, sarebbe pesante come neve. Forse le sue lacrime l’avrebbero lavata via…eppure Ivan non le vuole lo stesso, quelle lacrime dal sapore dolce.
“Non piangere, Lituania”.
Come poteva anche solo paragonare quelle mani tiepide e lunghissime a quelle morbide e minuscole del suo Toris?
Un fruscio, e una mano sui suoi occhi ciechi, stanchi.
“È comodo vivere in un mondo avvolto dalle tenebre, Ivan? È facile fingere?” mormora una voce vellutata e angustiata.
Oh, l’avrebbe ammazzata. Sì, le avrebbe mangiato via quegli occhi porpora, quegli occhi demoniaci, avrebbe scavato nelle sue orbite come i più viscidi vermi. Eppure lei sarebbe rimasta perfetta, per sempre, come un sogno, come un incubo.
“Dormi, Ivan”.
“Sarai ancora qui quando mi sveglierò?” implora la nazione ferita.
Ha il corpo di un uomo troppo vecchio, i capelli di un biondo surreale, un’aureola di cristallo e le mani di un assassino; eppure è solo un bambino, un bambino che non sa più sognare.
“Toris…Toris…rimarrai qui?”.
L’aria odora di rivoluzione, di bandiere rosse e di neve fangosa. Ma là fuori c’è ancora la guerra, quella che ha attanagliato tutto il mondo, e a Sharon basta alzarsi in punta di piedi per vederla.
Oh, eccola là, oltre il cielo russo, con i suoi occhi affamati: li aspetta, aspetta che la rivoluzione russa si affoghi con le sue stesse mani per tornare a cacciarli.
Sharon sbuffa, preoccupata, e uno dei miliardi dei suoi boccoli color lilla scivola tra i suoi seni, alla ricerca di  calore.
Un respiro gracchiante, ferito, esce dalle labbra martoriate.
“Quando ti ho portato a casa mia, eri…un miracolo” mormora Ivan, stanco e disperato “ho visto Dio, sai, quando ti ho vista. Il mio popolo non ci vuole più credere, a Dio e alla chiesa, ma io…io ho visto te. E tu sembravi avere tutte le risposte, eri la mia salvezza…lo eri, vero, Sharon?”.
Non parla, non respira nemmeno, Sharon.
Piange e basta.
Piange.
Piange.
Piange.
Si alza come una marionetta spezzata e apre gli occhi, finalmente.
Le iridi di Ivan bruciano.
Per la neve, troppo candida, troppo pura. La neve è come sale, per la sua anima ferita.
Per i corpi ancora ammassati tra le strade e i bambini che chiedono aiuto, a tutti e a nessuno. Non chiamano i genitori: non possono ricordarli, non sanno chi o cosa siano. Il generale Inverno li ha rapiti tutti.
Bruciano per quella ragazza troppo bella, surreale, in quell’aurea miracolosa, avvolta in una bandiera rossa che puzza di fumo.
“Eri la mia salvezza, Sharon!”
Smash, smash. Perché il rumore della neve è così assordante?
“Guarda cosa ci hai fatto! Mi hai trascinato in una rivoluzione, in una guerra civile, un ennesima guerra! Io devo schiacciare Germania e Austria, non rimanere qui, nel fango e nel sangue: ora chi devo proteggere, chi devo comandare, chi devo uccidere? I miei figli, i miei figli, i miei figli, mi stai portando via i miei figli! Mi hai fatto uccidere il mio popolo!Per che cosa??Per un mondo che non esiste!”.
Sharon piove e piange.
“Miracolo” sussurra disperato Ivan, mentre si avvicina alla ragazza e le prende il viso tra le mani, con incredibile delicatezza “Guardati, sei un mostro!Non sei come noi!”.
Sharon aveva contemplato decine di volte il suo viso allo specchio: oh, sembrava puro e bellissimo, come quello delle bambole. Ma poi, eccoli: gli occhi cangianti pieni di sfumature marce e mostruose, il naso con quell’ attaccatura irreale e le labbra storte, come due serpenti attorcigliati.
Era stata spezzettata e assemblata, stuprata e accarezzata, bruciata e baciata: erano troppe le ideologie che conteneva, troppe le speranze di scrittori e di poeti che conservava, troppi erano gli uomini che la sognavano. E i russi le avevano dato un volto, un nome, persino un governo: l’avevano eletta come dea, come regina. L’avevano idolatrata e adorata.
“Non riesci nemmeno ad essere Toris, per un attimo!!” urlò Ivan, sofferente, mentre si accartocciava di nuovo sul letto “Perché se n’è andato? Perché sei rimasta tu?”.
Sharon gli accarezza la guancia, dolcemente.
“Ti prego, Ivan…dormi e sogna”.
Sognami, perché solo lì potrò continuare a vivere.
Sogna i girasoli e un sole caldo che abbracci tutto il tuo paese…è anche questa un’Utopia, lo sai?
Sharon continua a sfregare quel volto perfetto, umano, finché Ivan non cade addormentato.
Piove, piove sempre su Utopia.
Sono le lacrime di una ragazza che sa di non esistere, ma che vivrà per sempre.



Allora…questo capitolo angosciante è scritto per riprendere questa raccolta…è triste ma dovevo scrivere sull’Utopia^^.
1)Il capitolo è ambientato durante la rivoluzione russa del 1917, che ha costretto la Russia a lasciare il teatro della prima guerra mondiale.
2)Cosa posso dire di Sharon…proprio perché è un’Utopia l’ho descritta con colori irreali(porpora e lilla) e come un sogno, agognato, bene o male, da tutti. Purtroppo gli uomini hanno trasformato Sharon in un progetto realizzabile: lei è diventata umana proprio perché c’erano uomini che credevano fermamente in lei, o meglio nell’ideologia che rappresentava(il comunismo, l’uguaglianza tra i ceti, ecc…). Ma l’Utopia non è un fenomeno esclusivamente russo( è stata pensata e immaginata da tantissimi uomini) e proprio per questo l’ho descritta come una ragazza dai tratti confusi e surreali: rappresenta le idee e i sogni di uomini di lingua e nazionalità totalmente diversa(infatti lei non ha nemmeno un cognome preciso). Lei stessa piange sempre perché sa che non potrà mai esistere veramente, non sarà mai un nazione con il suo popolo. Vive e vivrà per sempre nel mondo dei sogni.
3)Ivan, prima del suo popolo, si accorge che l’ideologia rappresentata da Sharon è impossibile, e per questo se la prende con lei, rea di averlo condotto verso l’ennesima strage. Inoltre lei è colpevole di non riuscire a colmare il vuoto lasciato da Toris. Si, sono una fan della RussiaLituania*____*.
4) Il nome di Utopia deriva dalla cantante dei Within Temptation, Sharon den Adel, per cui provo una stima infinita( ma che non voce non hai, Sharon???). è lei che canta la frase che ho messo nel titolo, estrapolata dalla canzone “Utopia”, per l’appunto.
5)Può non sembrare…ma mi piace tanto tanto la povera Utopia^^.
Recensioni^^:
Kurohime: grazie mille per la recensione^^Sì, lascerò correre un po’ di tempo prima di riprendere in mano Arthur…però ho qualche idea su Narnia**Baci!
Amby: mamma mia, sono felicissima che anche questo capitolo ti piaccia e sono molto lusingata da tutti questi complimenti, mi spronano a continuare!(eh, sì, adoro le tue recensioni^__^). Spero che tu abbia gradito anche questo capitolo…un po’ angoscianteXD Allora non siamo lontanissime, io sto vicinissimo a Milano! A proposito, i miei sono andati dalle tue parti e hanno detto che ci sono dei paesi davvero bellissimi…insomma, storia a parte, ti invidio molto! Ci farò sicuramente un salto, prima o poi! Grazie ancora, bacioni!!


Grazie per la vostra attenzione,
LaLa

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