- REPORT - di alicyana (/viewuser.php?uid=41109)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [Prologue] - Facing her past ***
Capitolo 2: *** [Memory number one] - First meeting {dreaming you can stay with me forever} ***
Capitolo 3: *** [Memory number two] - Strange date ***
Capitolo 4: *** [Memory number three] - Kisses=Vices ***
Capitolo 5: *** [Memory number four] - Not that kind of holidays in the sun ***
Capitolo 6: *** [Memory number five] - Together, before the departure ***
Capitolo 7: *** [Memory number six] - Moonlight call ***
Capitolo 8: *** [Memory number seven] - Last meeting {Begging you to stay with me forever} ***
Capitolo 9: *** [Epilogue] - Hating herself ***
Capitolo 1 *** [Prologue] - Facing her past ***
[Prologue]
- Facing
her past
C’era
stato un tempo in
cui non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita a vivere in un
posto così lontano dalla sua città. Non avrebbe
mai nemmeno
lontanamente pensato di lasciare il suo lavoro, i suoi colleghi
– o
meglio, la sua famiglia - , il suo piccolo
appartamento nei
pressi del centro della metropoli.
C’era
stato un tempo in
cui aveva creduto che la corporazione che aveva servito, per cui
aveva rischiato diverse volte la vita, e a cui doveva quella stessa
vita, fosse nel giusto, nonostante i suoi metodi non proprio
pacifisti.
C’era
stato un tempo in
cui aveva indossato il rigido completo nero dei Turks, impugnato il
suo fidato Rekka e aveva combattuto, catturato, ferito, ucciso
per il bene della Shin-Ra.
Quella
stessa Shin-Ra che
l’aveva raccolta da un sudicio e polveroso angolo del Settore
6, le
aveva teso la mano, le aveva offerto con grandi sorrisi e melliflue
promesse la felicità, l’aveva condotta verso un
barlume di
speranza fra le ombre scure di Midgar.
Quella
stessa Shin-Ra che
l’aveva delusa, disgustata, tradita.
Che
le aveva
semplicemente dato tutto e con la stessa facilità
gliel’aveva
sottratto.
Tutto
ciò che era stato,
tutto ciò che aveva avuto e fatto, erano ormai solo lontani
ricordi
custoditi nei meandri della sua mente, offuscati dalla nebbia del
tempo.
Una
nebbia di quindici
anni passati a cambiare continuamente città, nome,
identità, senza
mai dare spiegazioni, senza mai dare conto a nessuno, senza mai
affezionarsi troppo, senza mai lasciare indizi utili a rintracciarla.
Perché era una ricercata. E la Shin-Ra non si dimenticava
delle foto
sotto cui veniva imposto il timbro con scritto “Mandato di
cattura”. Nemmeno dopo quindici anni.
Era
una fuggitiva, e lo
sarebbe stata per tutta la vita.
Il
suo continuo
peregrinare, da qualche mese a quella parte, l’aveva condotta
all’estremo occidente del Pianeta, dopo uno scomodo viaggio
su una
barchetta a remi comprata per due soldi a Rocket Town. Era una
bagnarola, ma era l’unica cosa che aveva potuto permettersi,
date
le sue scarse finanze.
In
città, a Wutai, era
conosciuta come Lena. A Rocket Town invece come Jackie, anche se a
Icicle Inn tutti la chiamavano Meg. Aveva trovato ospitalità
presso
una famigliola non proprio ricca, ma molto cordiale, che possedeva un
piccolo orto poco fuori il paese e un negozietto di souvenir
caratteristici nel centro. I due figli stravedevano per lei e le
chiedevano spesso di giocare con loro o di aiutarli coi compiti. Lei
annuiva, col sorriso, e faceva tutto questo volentieri.
Faceva
qualunque cosa pur
di riempirsi il più possibile la giornata, per non lasciare
spazio
ai pensieri.
Ma
fu proprio durante una
delle sue innumerevoli faccende che i ricordi, più dolorosi
che mai,
tornarono a farle visita, diradando la nebbia che si era addensata su
di loro.
Pensava
di averla persa
molto tempo prima, in realtà. Una vecchia foto rovinata e un
po’
ingiallita, scattata una calda mattina di luglio, sulla spiaggia di
Costa del Sol.
Yue,
il figlio minore
della coppia che le aveva offerto alloggio, era corso da lei una
sera. Era sceso giù per le scale facendo i gradini a due a
due,
sventolando il piccolo pezzo di carta per aria.
<<
Lena-san!>>
l’aveva chiamata, avvicinandosi al tavolino presso cui si era
seduta per leggere <>
I
grandi occhi a mandorla
di Yue la fissavano dritto sul viso, le manine stringevano la foto
dietro la schiena, i piedini si muovevano irrequieti facendo
scricchiolare le grandi assi di legno scuro.
Lei
alzò lo sguardo dal
piccolo volume poggiato sul ripiano, e perplessa ricambiò lo
sguardo
impaziente del bimbo << Sono qui, Yue. >>
indicò con un
cenno del capo le piccole braccia che reggevano la refurtiva
<<
Cosa hai combinato stavolta?>>
Orgoglioso
di ciò che
aveva trovato, glielo mostrò senza troppi convenevoli,
esibendo un
sorrisone sdentato.
Spalancò
i grandi occhi
castani, quando il piccolo le mise davanti il bottino.
<<
Dove l’hai
trovata, questa?>> chiese, incredula.
<<
Era nel
giardino, Lena-san. Incastrata tra le piante.>> il
bambino mutò
espressione, forse capendo che sarebbe stato meglio non avergliela
portata.
Doveva
essere volata via,
trascinata dal vento, forse quando aveva disfatto quei pochi bagagli
che aveva portato con sé.
<<
Ero sicura di
non averla più.>> se la rigirò fra
le mani, quasi ad
esaminarla in ogni sua piccola parte, in ogni suo minimo dettaglio,
incapace di credere che fosse davvero lei.
Sul
retro, una piccola
dedica. Due semplici parole, un cuoricino, un nome.
Quel
nome che aveva
cercato di dimenticare, che non aveva mai davvero lasciato la sua
mente.
Si
portò una mano alla
bocca, mentre la poggiava accanto al libro, Yue che la fissava
preoccupato dal basso.
<<
Stai male,
Lena-san?>> le chiese il piccolo, sporgendosi verso di
lei.
Lei
non rispose,
continuando a fissare le due figure sorridenti e felici che facevano
segno di vittoria davanti all’obbiettivo.
Era
l’unica.
La
sola che avessero mai
scattato assieme.
Di
colpo, tutto tornò
nitido. Ebbe la sensazione di precipitare nuovamente in
quell’abisso
scuro da cui era uscita così faticosamente, costruendosi una
vita
fittizia che non le apparteneva.
Perché
lei non era una
contadina, né una negoziante, né una baby-sitter,
né qualunque
cosa fosse stata da quando era fuggita da sé stessa.
Si
passò una mano sul
viso, lo sguardo vitreo che fissava il nulla. Il fiato le si
mozzò,
gli occhi le diventarono umidi: nella sua mente immagini di una
ragazza sorridente, dai fluenti capelli ramati, amica di tutti,
dedita al suo lavoro, sempre pronta a mettersi in gioco.
Decine
di corpi feriti,
inermi. Fiamme, spari, il rombo fastidioso degli elicotteri, il
rumore dei passi sulla ghiaia dei pesanti scarponi dei soldati.
Sangue.
Flash
che avrebbe
preferito tenere rinchiusi lì dove avevano giaciuto per
tutti quegli
anni, rinchiusi nella cassaforte della sua memoria. Incubi che
l’avevano tormentata per mesi, che l’avevano
indotta a pensare
molte volte che sarebbe stato meglio mollare tutto, trovare un altro
lavoro, condurre una vita normale.
Eppure,
nonostante tutti
i momenti di sconforto, nonostante le debolezze, le
difficoltà, era
sempre rimasta.
Perché
c’era lui.
Era
stata un Turk, una
spia, una mercenaria, un’assassina.
Ed
era stata innamorata.
Terribilmente innamorata di un uomo come lei.
Si
alzò in piedi,
barcollando appena, frastornata dalla moltitudine di fotogrammi
sbiaditi che si erano susseguiti nella sua mente, troppi, troppo
velocemente. Fece scorrere con troppa violenza il fragile fusuma
che dava sull’engawa sul retro.
Aria.
Ne aveva un
assoluto bisogno.
Yue
la osservò stranito,
gli occhi sgranati, incapace di comprendere cosa fosse successo,
mentre varcava la soglia e si incamminava a passi incerti lungo lo
stretto corridoio in legno di ciliegio laccato.
Un
incontrollabile senso
di nausea le pervadeva tutto il corpo. Sentiva un gelo tremendo nelle
ossa, le tempie pulsavano dolorosamente.
Quasi
si trascinò ai
piedi del grande albero secolare che la famiglia Seto custodiva nel
suo giardino perfettamente curato. Si accasciò fra le nodose
radici
che facevano capolino fra l’erba smeraldina e umida della
sera.
Respirò a fondo, più volte, facendo entrare ed
uscire l’aria
fresca e limpida con ritmo regolare.
A
quell’ora, stare
all’aperto, soprattutto d’estate, era un perfetto
toccasana per
la mente e per il fisico. La fresca brezza del tramonto sulla pelle,
e nei polmoni, sembrava liberare da tutti i problemi del mondo.
Lo
diceva sempre lui.
Zack
Fair – SOLDIER
di Prima classe.
Ucciso
sul campo.
Una
calda lacrima le rigò
la guancia sinistra. Lei sapeva. Non era andata così. Zack
non era
morto durante quella dannata missione a Nibelheim. Non era stato
ucciso quel giorno.
Il
PHS nero come la notte
riportava false notizie, in un ammasso di pixel insensati.
Chiuse
gli occhi, mentre
il sapore salato del dolore gli lambiva le labbra secche.
I
pezzi tornarono al loro
posto, ricostruendo lentamente, frammento per frammento, ogni cosa.
Le
baracche, ancora
ostinatamente in piedi, tra le vie polverose e dimenticate da tutti;
il palazzo della Shin-Ra, sotto il cielo senza stelle della squallida
Midgar, attorniato dalla luce sinistra del Mako; le luci al neon e il
pavimento in marmo, le scrivanie e le scartoffie; le porte degli
ascensori che si aprivano e lasciavano entrare ogni giorno centinaia
di impiegati; le segretarie sorridenti, strette nel loro tailleur
firmato, che ticchettavano fastidiosamente con le loro scarpe alte.
Il
presidente, con la sua
aria austera, che se ne stava sulla sua grande poltrona in pelle,
affiancato dal suo biondo erede; Reno con la sua faccia annoiata,
Rude impassibile dietro gli occhiali scuri, Tseng che riferiva
l’obbiettivo della prossima missione, il direttore Lazard che
le
sorrideva, Angeal che la salutava con un cenno rispettoso della
testa, Genesis che se ne stava vicino alle grandi vetrate in
compagnia della sua adorata lettura, Sephiroth seduto su in divanetto
assorto nei suoi pensieri.
Tutto
prese forma,
colore, consistenza quasi reale, come se fosse stato tutto
lì,
davanti a lei.
<<
Ehi, Cissnei!
>>
La
sua schiena da
ragazzo, ma già più muscolosa del normale. Le sue
braccia possenti,
i suoi capelli corvini e spettinati. I suoi occhi innaturalmente
azzurri, luminosi e vivaci. Il suo sorriso da furbetto, col piccolo
canino appuntito che prepotente si metteva in mostra.
La
sua voce ancora un po’
infantile che la chiama.
Zack
che cercava le sue
attenzioni, agitando la mano da lontano.
Le
scappò un sorriso,
fra le lacrime che ormai copiose le scivolavano lungo il viso, sui
vestiti.
Memorie
di risate, di
scherzi, di chiacchierate, di baci, di carezze, di momenti felici, di
abbracci.
Memorie
che facevano
male, ma che nonostante tutto erano più importanti forse
della sua
stessa vita.
Quasi
con un’ansia
febbrile, andò alla ricerca di ogni singolo brandello
strappato
dalle pagine che parlavano di lui, del loro amore.
Pretendere
di dimenticare
era impossibile, imporsi di poterlo fare, inammissibile.
Eppure
hai tentato.
Frugò
in ogni più
remota parte della sua mente, negli angoli più nascosti e
reconditi,
fra mille parole, gesti e sensazioni. Ed infine, li trovò.
Tutti
i momenti più
importanti che aveva vissuto al suo fianco.
Pian
piano fecero
capolino, in una sequenza precisa, ricostruendo la loro storia.
La
storia del loro amore
sfortunato.
Note dell'autrice:
Questa fan fiction assieme a One thousand needles, è forsela
mia preferita.
Mi sono impegnata molto nello scriverla, e spero riusciate adapprezzare
il mio lavoro : )
Il pairing non ha molto fandom (o forse non ne ha), però
chinon ha mai pensato a quanto sarebbero stati carini assieme?
Cissnei poi <3 Io l'ho adorata da subito, anche se ha un
ruolomarginale. Necessita di più amore
leiè__é
L'idea per questa storia è stata semplice: all'inizio
volevarivedere tutto Crisis Core in una chiave diversa, appunto
cambiando irapporti tra Zack, Cissnei ed Aerith.
Ma mi sono presto resa conto che era un'idea decisamente colossale
eforse impossibile.
Così mi sono limitata a dei "frammenti" che
nonnecessariamente hanno a che vedere con la trama principale del gioco.
A presto con il primo frammento! <3
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Capitolo 2 *** [Memory number one] - First meeting {dreaming you can stay with me forever} ***
[
Memory
number one] – First
meeting
{
Dreaming you can stay with me forever }
Blu,
azzurro, verde
chiaro.
Sembrava
quasi di vedere
uno scorcio del mare della Costa del Sol, dentro i vivaci occhi di
Zack Fair. Quel suo sguardo curioso, illuminato dal Mako e dal suo
entusiasmo piombò su di lei all’improvviso, una
prima goccia di
pioggia che avvisava l’imminente temporale in una giornata di
fine
estate.
Ad
essere sinceri, non
era la prima volta che lo vedeva. Svariate volte l’aveva
notato che
si aggirava per il palazzo della Shin-Ra, spesso accompagnato da uno
dei tre SOLDIER leggendari, Angeal Hewley, o con qualche altro suo
collega. Era diventato piuttosto famoso dopo la missione compiuta al
Forte Tamblin, nella quale aveva dimostrato una forza e un coraggio
invidiabili.
Alcune
malelingue
dicevano che la carica da Prima Classe gliel’avessero
regalata
perché era il favorito del direttore e il cocco di Angeal,
ma lei
era troppo intelligente per credere alle parole di qualche
gelosissimo Terza Classe.
Il
suo grado se l’era
conquistato grazie al lavoro e alla fatica, lo sentiva che era un
ragazzo vero e semplice come pochi.
Quell’azzurro
liquido
non mentiva: sapeva ciò che voleva, era sicuro di poter
ottenere
tutto ciò su cui andava a posarsi.
<<
Cissnei. >>
pronunciò il suo stesso nome lentamente, gli angoli della
bocca
piegati leggermente verso l’alto, con fare divertito.
Zack
inarcò un
sopracciglio, ancora sorpreso di aver visto una ragazza così
minuta
nelle vesti dei Turks e con un grande shuriken argentato fra le mani.
Lei
battè le palpebre
più volte, facendo muovere su e giù le lunghe
ciglia nerissime che
sottili le contornavano i grandi occhi nocciola.
<<
Io sono Zack,
dei SOLDIER.>> rispose lui, impettito, cercando di darsi
un
tono mostrando lo stemma della Shin-Ra che troneggiava sul suo
cinturone di pelle.
Si
scambiarono un largo
sorriso, che forse da fuori poteva sembrare uno di quelli di
circostanza, regalato per cortesia, dopo una dovuta presentazione.
Rimasero
lì, a
sorridersi e fissarsi, il Settore 8 tutto attorno a loro che si
faceva buio d’improvviso, le copie di Genesis a cui stavano
dando
la caccia che sparivano, le missioni e il lavoro che perdevano
importanza.
Solo
la luce fioca di un
lampione su di loro, il frusciare sommesso del vento che muoveva
l’elegante giacca del completo da Turk.
Era
il classico momento
infinito, quello che sembra durare un’eternità
perché il mondo
circostante si ferma d’improvviso. Il tipico modo di
innamorarsi
dei film vecchio stampo, il colpo di fulmine.
Eppure,
quel momento era
così perfetto nella sua banalità, che Cissnei
smise di pensare, per
una volta.
Si
limitò a godere
dell’acqua limpida delle sue iridi, la sentì quasi
sgorgare e
riversarsi dentro di lei, inondando tutto il suo corpo, placando la
sete e l’arsura, riempiendo, travolgente, il suo cuore di un
unico
pensiero, di un unico volto.
Zack
Fair l’aveva
incantata, e non ne era affatto consapevole.
Non
sapeva di avere quel
potere, non era conscio dell’effetto devastante che aveva
provocato
in lei quel mare cristallino.
Continuava
a tenere gli
angoli della bocca sollevati, a mostrare i bei denti bianchi, come se
fosse rimasto paralizzato anche lui.
<<
Zack, non eri
nel bel mezzo di una missione? >>
Qualcuno
fece scattare
nuovamente l’interruttore su “ON”,
illuminando lo spazio tutto
intorno, riportando alla realtà quelle due anime che
sapevano che la
loro vita sarebbe cambiata, dopo il loro incontro.
Una
voce profonda, li
risvegliò dal torpore, ricordando loro che il dovere li
stava
aspettando, impaziente.
<<
Beh dato che il
nostro obbiettivo è lo stesso, non posso dare una mano?
>> il
giovane SOLDIER fece la sua richiesta forse speranzoso di poter stare
ancora lì, ma un cenno netto della testa corvina di Tseng
gli diede
la temuta risposta.
<<
Grazie, ma
non…>>
“…ci
serve.” Cissnei continuò mentalmente il diniego
pacato del suo capo, delusa
quanto e più di quel soldato che la guardava decisamente
afflitto,
le sopracciglia piegate in una smorfia di dolore quasi improbabile da
assumere. L’acqua che si increspava, e si accendeva,
riponendo le
sue speranze in un intervento di persuasione da parte della ragazza.
<<
Che coraggiosi,
siamo! >> rise, scherzosa, in direzione di Zack.
<<
Tseng. Zack. Ci vediamo più tardi.>>
L’ultima
cosa che vide,
prima di voltare le spalle e correre nella direzione opposta, fu una
mano che, incerta, si protendeva verso di lei, come ad afferrarla.
Note dell'autrice:
Ed
ecco il primo frammento <3
W le situazione clichè e i colpi di fulmine vecchio stampo!
Il fatto che risulti così banale e già visto,
è puramente voluto.
La scelta è stata semplice ma non so se senza una dovuta
spiegazione si possa capire il ragionamento che c'è dietro
8c'è un ragionamento wow!)
Zack incontra Aerith. una ragazza molto speciale, in modo per nulla
ovvio: cade attraverso un buco nel tetto della chiesa atterrando su un
morbido letto di fiori <3
Con Cissnei, che invece è una ragazza come tante che ama il
suo lavoro, avviene "normalmente": è una sua collega, e
hanno un'obbiettivo comune.
Tuttavia se con Aerith il rapporto sia decisamente più
"etereo" e celato, con Cissnei c'è subito intesa e
attrazione.
E mi piace il fatto che questa situazione così normale sia
diventata poetica e pomposa LOL
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Capitolo 3 *** [Memory number two] - Strange date ***
[Memory
number 2] –
Strange date
Quel
vestito le stava
davvero male. Aveva sempre pensato che le sue gambe fossero orribili,
che le gonne corte non avrebbero mai occupato il suo armadio, ed ecco
che si ritrovava con un tubino nero che le arrivava poco sopra le
ginocchia.
Si
rimirò cento volte
davanti allo specchio, controllando ogni minimo particolare. Aveva
anche comprato delle scarpe nuove per l’occasione: un paio di
sandali neri lucidi con un piccolo fiocchetto a lato, forse troppo
alti per i suoi standard. Si era presa anche la briga di rispolverare
un paio di orecchini pendenti che aveva comprato qualche anno prima
con il suo primo stipendio.
Aveva
poi completato il
tutto raccogliendo i boccoli ramati in uno chignon morbido, lasciando
però sciolti i soliti due ciuffi davanti alle orecchie ad
incorniciarle il viso.
Eppure
pensava di non
essere ancora pronta, non era soddisfatta per niente del suo aspetto.
Il
vestito le sembrava
troppo stretto sui fianchi, le scarpe troppo vistose, lo chignon
troppo basso – o troppo alto - , il trucco rovinato, gli
orecchini
non abbinati.
Si
sentiva un disastro,
avrebbe voluto togliersi tutto e ricominciare l’opera da
capo,
scegliere degli indumenti diversi, un’altra pettinatura che
le
stesse meglio, se l’orologio non avesse decretato il suo
abbondante
ritardo.
Alle
8 davanti alla
fontana del settore 8.
Ed
erano le otto e venti.
“Maledizione,
maledizione, maledizione!”
Incespicando
sui tacchi
troppo sottili, afferrò di fretta la pochette di raso nero e
uscì,
dimenticando anche di chiudere la porta del suo appartamento a
chiave.
Il
cuore le batteva
all’impazzata e sentiva il mascara che cominciava a
sciogliersi per
il sudore.
Splendido,
davvero.
Sarebbe arrivata tardi al loro primo appuntamento.
Beh
sì, lei e Zack
sarebbero usciti quella sera. Fortunatamente, erano riusciti a
prendersi entrambi una giornata libera, anche se Tseng non era stato
particolarmente entusiasta della cosa.
L’invito
di Zack,
comunque, era stato improvviso e decisamente insolito.
Le
aveva telefonato un
pomeriggio, mentre si trovava in missione:
<<
Mi chiedevo se
ti andasse un giorno di uscire assieme.>>
Inizialmente,
era rimasta
basita, senza sapere cosa rispondere di preciso. Tutto si immaginava
fuorché una richiesta del genere quando aveva letto il suo
nome sul
display del PHS.
In
cuor suo ci aveva
sperato più volte però.
<<
Quando posso
darti la risposta? >> gli aveva chiesto, cominciando a
camminare in cerchio nervosamente. Sentì poi dei rumori che
non
riuscì subito ad identificare, un urlo, degli spari,
un’imprecazione, e dei fendenti di spada.
<<
Possibilmente…
>> rispose lui, ansimando <<…
anche subito, prima che
questo mostro mi faccia a fette!>>
<<
Stai
combattendo? >> si fermò di colpo, incredula
della situazione
tragi-comica in cui era stata catapultata << Sei
impazzito a
telefonarmi in un momento così pericoloso?>>
<<
Che ci posso
fare se.. WOAH!>> esclamò poi, forse evitando
un colpo <<…
se mi sei venuta in mente e ho pensato che vorrei uscire con te?
>>
Era
matto. Decisamente.
Aveva
sorriso e
accettato, ed eccola lì, sotto il grande lampione giallastro
affianco alla fontana.
Peccato
che di Zack non
ci fosse nemmeno l’ombra.
Incredibile,
e lei che
pensava che lo avrebbe trovato seduto sul bordo in pietra con
un’espressione annoiata e, forse, rassegnata.
Controllò
il cellulare,
giusto per essere sicuri che non l’avesse avvisata di un
qualche
imprevisto, ma non aveva ricevuto né alcun messaggio
né alcuna
chiamata.
20:35
Incrociò
le braccia
sotto il seno, come suo solito. Almeno la figuraccia non ce
l’avrebbe
fatta lei.
20:45
Ticchettò
col piede
velocemente un infinito numero di volte, il collo che le prudeva e un
qualcosa le era appena entrato nell’occhio. Non poteva
rovinare il
trucco, però.
20:50
Un
mucchio di gente
passeggiava per le vie, qualche coppietta a braccetto passava
lì
nella piazza e la guardava chiedendosi cosa ci facesse una ragazza
tutta sola a quell’ora.
Cominciava
a domandarselo
anche lei. Forse Zack si era dimenticato del loro appuntamento? Forse
aveva avuto dei problemi gravi? Forse era stato mandato in missione
all’ultimo momento?
Il
cellulare era però
muto. Il SOLDIER era in ritardo quasi di un’ora e non si era
degnato di farsi vivo, nemmeno per un semplice “Scusa, non
posso
più uscire.”
E
dire che le era
sembrato diverso dagli altri ragazzi.
Sospirando,
si sollevò,
e dando una rapida occhiata all’orologio - che segnava le 21:10
– si incamminò per tornare verso il suo
vuoto appartamento.
Avrebbe
finito la serata
davanti alla tv, guardando qualche squallido programma con stupide
galline sgambettanti. Magari mangiando patatine.
Tenendo
gli occhi
piantati per terra, camminò verso il vicolo che portava al
palazzo
della Shin-Ra, i piedi indolenziti inutilmente. Mentre stava per
svoltare l’angolo, una moto di grossa cilindrata le
sbarrò la
strada rombando fastidiosamente.
<<
Cissnei, ma dove
vai?>>
La
ragazza sollevò lo
sguardo, riconoscendo la voce: Zack troneggiava su di un bolide blu
notte fiammante, e la guardava stupito.
<<
Sai che ore
sono? >> Cissnei indicò il grande orologio
della piazza,
visibilmente irritata. Sembrava che per Zack non fosse successo nulla
di importante.
Lui
gettò un’occhiata
fugace al quadrante bianco, contorcendo le sopracciglia
innaturalmente rendendosi conto del guaio. Ruotò le pupille
in sua
direzione, facendo apparire sulle labbra un sorriso colpevole:
<<
Adesso sono qui, però. >>
La
rossa sbuffò,
sorridendo lievemente poi. Per quanto ci fosse rimasta male, la buffa
espressione che aveva assunto, congiungendo le mani come a chiedere
perdono, le aveva fatto passare tutto il malumore. Sospirò,
mettendosi le mani sui fianchi snelli, assumendo un atteggiamento di
finta superiorità:
<<
Potrei
perdonarti, ma chi mi dice che non succederà più?
>>
Il
SOLDIER si mise una
mano sul cuore, diventando improvvisamente serissimo: <<
Le
prometto che non accadrà una seconda volta,
signora.>>
Scoppiarono
poi in
un’allegra risata, all’unisono. In fondo non era
poi così
tragico.
Bastava
stare assieme.
<<
Ehi comunque che
è quel vestito? Ti sei fatta bella per me? >>
ammiccò il
moro, squadrandola da testa a piedi, gli occhi illuminati
dall’apprezzamento.
<<
Volevo essere
carina per il nostro primo appuntamento. >> Sorrise lei,
portandosi una ciocca dietro l’orecchio, leggermente in
imbarazzo.
<<
Però quella
gonna non è proprio il massimo per salire su questa
bellezza. >>
Zack
indicò con un
pollice la splendida Hardy Daytona su cui era seduto: era nuovissima
e lucente, e Cissnei si chiese dove e come l’avesse pescata,
quella
meraviglia. Prima che potesse chiedergli qualunque informazione, Zack
fece nuovamente rombare il motore.
<<
Ti dovrai sedere
con le gambe di lato, temo. >>
Suo
malgrado, stavano
viaggiando a tutto gas, col vento che le frustava le gambe scoperte
che - come aveva suggerito il suo cavaliere –
erano
strettamente unite lungo il fianco della moto.
Una
posizione abbastanza
ridicola e scomoda, ma se voleva evitare di viaggiare quasi in
mutande, aveva dovuto farlo.
<<
Dove stiamo
andando? >> Cissnei alzò la voce, cercando di
sovrastare il
fracasso prodotto dalla Daytona.
<<
Voglio farti
vedere un posto!>> rispose lui, senza effettivamente
rispondere.
<<
Sai che ho
viaggiato molto durante le mie missioni? >> gli fece
notare
lei, stringendo di più la presa. << Conosco
bene tutte le
città e i paesi.>>
<<
Fidati! >>
esclamò lui semplicemente, e non aggiunse altro per il resto
del
viaggio.
La
ragazza si voltò,
tenendo però la guancia premuta contro la sua schiena e
guardò il
paesaggio che le sfrecciava attorno, in un turbinio di colori e forme
che si mischiavano innaturalmente, lasciavano una scia che spariva
poi magicamente subito dopo.
Il
terreno alla sua
destra era erboso e punteggiato qua e là di piccolo fiori
bianchi e
rosa che ondeggiavano tranquilli, contrastanti con la loro
velocità.
Il
cielo era sereno e
l’aria era fresca: sembrava la giornata perfetta per un
appuntamento.
Già,
erano assieme e
stavano andando chissà dove per stare un po’ da
soli. Chiuse gli
occhi, immaginando le cose che avrebbero fatto quella sera e come
sarebbe andata la loro uscita.
Chissà
cosa avrebbero
fatto nelle prossime, quanto sarebbero stati felici, quali avventure
avrebbero condiviso…
<<
Eccoci, siamo
arrivati. >>
La
moto si inclinò di
lato e subito Zack appoggiò un piede a terra, per reggere il
peso
della moto. Cissnei scostò il viso dalla schiena del
SOLDIER,
mantenendosi i riccioli che scappavano dall’acconciatura per
colpa
del vento.
<<
Beh, ti piace?
>> le chiese lui, facendo scattare il cavalletto.
Davanti
agli occhi
esterrefatti della Turk, l’oceano si stendeva a perdita
d’occhio,
si confondeva con l’orizzonte dipinto d’argento e
di bagliori
lunari.
Si
trovava su una
scogliera altissima, la spuma che si infrangeva potente contro la
roccia e tutto attorno a lei, che facevano capolino fra la pietra,
una miriade di fiori blu, di diverse grandezze, oscillanti al soffio
della brezza.
<<
Zack è…
bellissimo questo paesaggio. >> mosse qualche passo fra
le
rocce, facendo attenzione a non calpestare quelle splendide e fragili
creature ai suoi piedi. << Che fiori sono?
>>
<<
Genziane. >>
rispose sorridendo compiaciuto << Belle vero?
>>
Cissnei
si chinò,
osservando le corolle azzurre << Non le avevo mai
viste.>>
ne carezzò una, sentendo sulla pelle i petali vellutati.
<<
Sono rare, penso
crescano solo nei dintorni di questa scogliera. >>
osservò
Zack avvicinandosi alla ragazza << Sono i miei fiori
preferiti.
>>
La
giovane Turk si voltò
verso il suo interlocutore, un espressione un po’ diffidente
in
volto: << Ai SOLDIER piacciono i fiori? >>
<<
Non siamo
soldati senza cuore. >> Zack incrociò le
braccia al petto <<
Le cose belle sortiscono effetti anche su di noi, eh. >>
ammiccò poi, facendole l’occhiolino.
Lei
ricambiò con un
timido sorriso, poi tornò ad osservare la danza lenta ed
armoniosa
delle genziane: ne rimase rapita, come se i fiori stessi le stessero
facendo un qualche incantesimo che la spingeva ad unirsi a loro,
inneggiando alla luce della luna.
<<
Spesso, prima di
andare in missione, vengo qui a rilassarmi. >>
continuò lui,
confidando un segreto che sicuramente in pochi sapevano
<< E
questi piccoletti qui mi danno la forza per combattere. >>
Cissnei
aggrottò le
sopracciglia a quelle parole, voltandosi verso il SOLDIER.
<<
Determinazione.
>> rispose lui alla domanda silenziosa che gli avevano
posto i
grandi occhi indagatori della Turk. << E’
questo il loro
significato. Crescono in un clima abbastanza freddo e per di
più tra
le dure rocce.>> fece una piccola pausa, poi sentendosi
orgoglioso delle sue stesse parole sentenziò:
<< Sono fiori
forti, proprio come il sottoscritto. >>
La
Turk rise pacata,
vedendo la smorfia compiaciuta che troneggiava sul viso del giovane
militare.
Non
fece caso a quanto
tempo passarono l’uno accanto all’altra, in
perfetto silenzio, a
sorridersi in modo complice, cullati dalla brezza notturna.
Avrebbero
potuto rimanere
così anche tutta la notte, per quanto le riguardava.
Note dell'autrice:
Zack, ti
adoro. Il primo appuntamento con qualcuno che ci piace dovrebbe essere
sempre specialissimo, questo è proprio strano ed
imprevedibile.
In puro
stile Fair <3
Non ho
granchè da dire su questo, solo spero non sia ridicolo o
banale >.< E che vi piaccia : D
|
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Capitolo 4 *** [Memory number three] - Kisses=Vices ***
[Memory
number 3 ] –
Kisses = Vices
<<
L’obbiettivo
si trova a 300 metri di distanza.>> osservò la
Turk, la
schiena poggiata contro una roccia. Di fianco a lei il SOLDIER
annuì,
seguendo con lo sguardo la copia di Genesis che si avvicinava verso
la loro direzione.
<<
Io la distraggo
e tu la finisci. >> aggiunse poi, con decisione
<< Sembra
in fin di vita.>>
Lui
si accostò alla
fredda pietra, la pelle nuda del braccio premuta contro la dura
parete.
<<
E’ sempre più
vicino. >> lo informò, dopo aver gettato
un’altra rapida
occhiata oltre la roccia. << Stai pronto. >>
<<
Cissnei. >>
Il
ragazzo richiamò la
sua attenzione, accompagnando quel sussurro ad una stretta attorno al
suo polso sottile. Lei si voltò, trovandosi davanti il viso
abbronzato del SOLDIER, vicino, troppo vicino.
Le
dita che le
carezzavano la pelle sotto la manica stretta della giacca nera, le
labbra carnose e dischiuse che pretendevano le sue rosee e vellutate.
E
poi l’incontro, senza
un perché, senza alcun preavviso. In perfetto stile Zack
Fair.
Lei
sgranò gli occhi per
la sorpresa, per la situazione pericolosa ed insolita, per il dolce
sapore del loro primo bacio, così perfetto, così
agognato.
<<
Il momento non
era certo dei più consoni. >>
Aveva
poi detto lei,
tutto d’un fiato, quando, riluttanti, poco dopo, le loro
labbra si
erano lasciate.
<<
Dovevo darmi la
giusta carica. >> e le sorrise, afferrando il manico
della sua
spada, pronto all’azione.
Cissnei,
tenendo stretta
la sua Rekka nella mano tremante, si alzò in piedi,
ammiccando poco
prima di lanciarsi all’attacco: << Non
prenderci l’abitudine.
>>
Ma
in cuor suo, sperava
che diventasse un vizio.
Note dell'autrice:
Un
piccolo sprazzo d'amore in mezzo al campo di battaglia. Zack
è pazzo, lo so, ma è da lui fare cose strane e
pericolose XD
Questo
primo bacio è decisamente atipico... e non ha nulla di quel
romanticismo di cui era pregno il precedente appuntamento.
LOL Mi
sembra di scrivere note inutili e senza senso!
|
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Capitolo 5 *** [Memory number four] - Not that kind of holidays in the sun ***
[Memory
number 4 ] –
Not
that kind of
holidays
in the sun
Okay.
Questa davvero non
se la sarebbe mai aspettata.
Sole,
mare, spiaggia,
relax.
Il
tutto, condito da
serate al chiaro di luna con lui.
E
per giunta, tutto
pagato dalla ShinRa.
Costa
del Sol, la
meravigliosa città delle vacanze, risplendeva in tutta la
sua
esoticità.
E
Cissnei era pronta per
godersi quel meritato riposo, dopo tanto lavoro e missioni stancanti.
Afferrato
il telo da mare
e la borsa con gli effetti personali, si avviò verso la
spiaggia già
affollata. C’erano molti turisti come al solito, gruppi di
bambini
che giocavano rumorosamente, venditori ambulanti occasionali che
approfittavano dell’affluenza un po’ fuori stagione
e un cielo
sereno e limpido, perfetto per la tintarella.
Tutto
sarebbe stato
magnifico, se non fosse che il suo compagno di viaggio non sembrava
particolarmente entusiasta della situazione.
Appena
scese gli scalini
gialli che portavano al litorale, intravide Zack seduto sul suo
asciugamano con un espressione pensosa in volto. Alzò gli
occhi al
cielo, e sbuffando gli si avvicinò:
<<
Vuoi un po’ di
olio? >> gli chiese, accostandoglisi. Non
l’aveva proprio
notata.
Quello,
come ridestandosi
da uno strano sonno, sobbalzò, e con tanto
d’occhi, si voltò
verso la direzione da cui proveniva la voce della sua ragazza:
<<
Non ho bisogno
di quella roba! >> sbottò, aggrottando le
sopracciglia <<
Ma che diavolo è questo? >> chiese contrariato
<< Mi
hanno lasciato fuori dalle loro faccende un’altra volta?
>>
Con
fare un po’
scocciato, si raggomitolò su sé stesso,
appoggiando il mento sulle
ginocchia.
La
giovane Turk,
poggiando sul telo appena steso la sua roba, rispose, cercando di
sembrare meno alterata possibile :
<<
Non va bene
staccare in questo modo, di tanto in tanto? >>
Lei
pensava che avrebbe
fatto bene ad entrambi, ma Zack sembrava fin troppo preso dal suo
lavoro. Era preoccupato della situazione a Midgar, e glielo si
leggeva in viso chiaramente.
Dopo
un breve ma teso
silenzio, il SOLDIER scattò in piedi esclamando:
<<
Ne ho avuto
abbastanza, ora chiamo il direttore!>>
<<
Il direttore non
si trova più lì. >> Rispose
Cissnei, senza lasciare il tempo
al ragazzo di replicare << La posizione di Lazard
è ignota. Si
pensa che abbia sostenuto le ricerche di Hollander con i soldi della
compagnia. >> Sbalorditivo, ma era la verità.
E i SOLDIER,
ovviamente, non ne sapevano nulla. Zack sgranò nuovamente
gli occhi.
<<
Lazard ha
davvero fatto questo? >> Incredulo, guardò
fisso la Turk,
cercando una conferma a quelle assurde parole. Lei annuì,
percependo
la delusione per la notizia.
<<
Ma che cosa…?
>> cercò di formulare Zack, ma si interruppe
prima di finire
di porre la domanda.
Scoraggiato
dalla notizia
pesante, si lasciò cadere all’indietro,
ritrovandosi supino sul
suo telo verde smeraldo. Cissnei abbassò lo sguardo,
rammaricata
per aver introdotto l’argomento: forse non avrebbe dovuto
farlo
preoccupare più del dovuto, ma non le era nemmeno sembrato
giusto
lasciarlo sulle spine. D’altronde aveva il diritto di sapere,
visto
che era un diretto sottoposto di Lazard.
Sospirò
rumorosamente:
il sole cocente cominciava a darle fastidio, ma non si sentiva per
nulla dell’umore per spalmarsi la protezione e stendersi a
crogiolare.
Di
fianco a lei, Zack
stava con gli occhi fissi al cielo, la fronte corrugata, la mente
lontana oltre l’oceano.
Cosa
poteva fare? Lui non
si sentiva per niente a suo agio lì, lo capiva perfettamente.
Solo…
lei aveva fatto
tanti programmi per quelle giornate, e sicuramente non avrebbero
avuto una seconda occasione del genere. Stavano così poco
assieme,
tra un raid e l’altro, che alla prospettiva di condividere un
riposo forzato si era fatta un mucchio di castelli in aria su cosa
avrebbero fatto, di quanto si sarebbero divertiti e rinfrancati un
minimo l’animo.
Ma
era insopportabile
vederlo in quello stato.
Cosa
doveva fare?
Erano
una coppia già da
un po’, un po’ discussa sul lavoro, ma lo erano. E
lei, era
felice assieme a lui. Stavano bene.
Però,
una relazione non
poteva essere fatta solo di bei momenti idillici, e lei lo sapeva
perfettamente. Ci sarebbero state anche situazioni difficili, in cui
la loro storia sarebbe stata messa a dura prova. Casi in cui
avrebbero dovuto dimostrare quanto fossero saldi i loro sentimenti,
il rispetto reciproco.
La
comprensione.
<<
Torniamo a Midgar. >> sentenziò
la Turk, dal nulla.
Non
aveva senso restare
lì, se lui non voleva. E lei sarebbe sempre stata al suo
fianco.
<<
Come? >>
il SOLDIER si mise a sedere, pensando di non aver sentito bene.
<<
Facciamo le
valigie e prendiamo il primo traghetto che troviamo. >>
Si
stava sacrificando per
il suo bene, e vedeva già gli occhi Mako del suo fidanzato
brillare
di quella luce familiare, quella della speranza.
<<
Grazie Cissnei!
>> il ragazzo la abbracciò con vigore,
affondando le grosse
mani fra i capelli ramati << Ti amo! >> le
schioccò poi
un sonoro bacio sulle labbra, prendendole la mano.
Un
po’ in effetti le
pianse il cuore, per aver perduto quell’occasione, ma subito
dopo
pensò che vedere il suo sorriso accendergli nuovamente il
volto,
fosse una consolazione ben più che adeguata.
Note dell'autrice:
Questo
frammento lo trovo particolarmente significativo. In ogni relazione
bisognerebbe capirsi a vicenda e cercare di rendersi felici, magari
anche a
discapito di sè stessi. E Cissnei ha mostrato una grande
maturità qui <3
|
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Capitolo 6 *** [Memory number five] - Together, before the departure ***
[Memory
number 5 ] –
Together, before the
departure
Era
diventata una prassi
ormai, uscire assieme prima della partenza per una missione. Che
fosse della Turk o del SOLDIER, o di entrambi.
Quella
sera però era
speciale. Zack era stato assegnato ad una missione molto importante
assieme a Sephiroth e non sapeva quanto sarebbe stato via. Sarebbero
partiti per Nibelheim, un paese nei pressi di North Corel, dove si
trovava un reattore Mako, a mattino inoltrato del giorno dopo.
Cissnei
non potè
nascondere al SOLDIER la sua preoccupazione: essere in coppia col
SOLDIER più forte di tutti i tempi significava che la
missione
sarebbe stata decisamente pericolosa.
Lui,
con uno dei suoi
soliti ghigni da birbante, aveva fatto cadere il discorso, e presala
per mano, l’aveva portata fuori dal grattacielo della
Shin-Ra,
ansioso di cominciare la serata in sua compagnia.
Erano
andati a zonzo per
un po’ nel centro di Midgar, guardando le vetrine dei negozi
con
tutti i loro colori e le luci psichedeliche, ridendo a crepapelle
davanti a degli spettacoli improvvisati da alcuni attori girovaghi,
mangiando fino a scoppiare.
E
per di più era sabato
sera, e i viali erano ancora più vivi e ricchi di
divertimenti degli
altri giorni.
In
mezzo a quel carosello
di suoni e figure, la ragazza venne però attirata da una
piccola
bancarella ai margini di Viale Loveless, un po’ in disparte,
lontana dalle altre.
Era
coperta da un
tendalino bianco un po’ sdrucito, e il suo padrone era un
uomo di
mezza età dall’aspetto bonario e una lunga barba
grigia. Ci si
avvicinò, portando con sé uno Zack un
po’ perplesso per quella
stramba scelta.
Il
vecchio signore
vendeva piccoli oggetti fatti a mano quali statuette in legno, o
soprammobili in vetro, quadretti caratteristici di paesaggi del
Pianeta, e poi, esposti in una teca di plastica, alcuni piccoli
gioielli fatti di pietre colorate e lucenti.
Cissnei
pensò subito che
fossero estremamente graziosi, e focalizzò la sua attenzione
su di
essi: in particolare, la colpì un ciondolo con tre pendagli.
Un
fiore, una spada e uno strano simbolo, tutti incastonati di pietre
azzurre.
<<
Mi scusi. >>
disse, rivolgendosi pacatamente al vecchietto << Il
simbolo di
quel ciondolo per caso sa cosa significa? >>
Il
signore sorrise
gentilmente, felice che qualcuno gli avesse posto quella domanda, e
rispose: << E’ un antico carattere in lingua
Cetra e sta per
“Coraggio”. O almeno, così si legge
nelle leggende. >>
<<
Lo trovo
bellissimo. >> il gioiello mandava bagliori dalle mille
sfaccettature, sembrava che volesse a tutti i costi farsi notare.
<<
Ti somiglia, sai? >>
Zack
si indicò con
l’indice destro, dopo essersi guardato attorno per accertarsi
che
non stesse dicendo a qualcun altro: << A me?
>>
<<
Le pietre hanno
lo stesso colore dei tuoi occhi, e i pendagli… ti
rispecchiano. >>
Continuò
ad osservarlo,
rapita dai giochi di luce che le piccole pietre producevano a seconda
del punto da cui le si osservava, ipnotizzata da quello splendore
irreale eppure così familiare.
<<
Ti piace eh,
signorina? >> chiese il vecchio, ridacchiando
<< Te lo
lascio per 400 guil. >>
Subito,
la ragazza si
voltò verso il suo fidanzato, sperando in un regalino fuori
programma Così, avendo quel ciondolo, si sarebbe sentita
come se il
suo Zack fosse sempre stato al suo fianco.
Il
SOLDIER si frugò le
tasche per un po’, cercando il portafogli, ma quando lo
aprì, la
sua espressione delusa lasciò intendere che non aveva
più il becco
di un quattrino.
<<
Temo di aver
finito i soldi per stasera… >>
commentò infine, riponendo il
portafogli. << Mi dispiace amore, te l’avrei
comprato… >>
<<
Non preoccuparti
ragazzo. >> il vecchietto fece un altro dei suoi sorrisi
gentili, accentuando la tela di rughe che gli incorniciava il volto
<< Te la posso tenere da parte per la prossima volta.
>>
<<
Purtroppo però
domani devo partire per lavoro… >> fece notare
tristemente il
giovane, cercando con gli occhi l’appoggio della sua amata,
che in
risposta, aggrottò le sopracciglia sconsolata.
<<
… e non so
dirle quando sarò di nuovo a Midgar. >>
<<
Aspetterò. >>
aprì i piccoli occhi incavati, mostrando l’iride
verde smeraldo <<
Tanto sono sempre qui. >>
Cissnei
fece un largo
sorriso al suo ragazzo, facendo risplendere tutto il viso di gioia.
<<
Allora, ti
prometto una cosa Cissnei. >> Zack si schiarì
la voce, dando
teatralità alla scena << Ti prometto che
quando sarò tornato,
la prima cosa che farò sarà comprarti questo
ciondolo. >>
Lei
gli buttò le braccia
al collo, stringendolo forte, affondando le mani fra i folti capelli
neri.
<<
Zack! Ti amo! >>
erano giorni che non si sentiva così contenta. E
l’amore che
nutriva per il SOLDIER era come un toccasana per i suoi nervi provati
dal lavoro.
Con
un grande sorriso
sulle labbra, ringraziò il vecchio artigiano, e afferrato il
braccio
del suo fidanzato, lo condusse alla fine del viale. Camminarono
stretti l’uno all’altra per un po’ in
silenzio, godendosi la
confusione di musica e suoni che pian piano si faceva sempre
più
tenue, lontana, assieme alle luminarie giocose e all’odore di
zucchero a velo.
Era
stata una serata
indimenticabile, perfetta, magica. Ma mancava qualcosa.
La
piccola Turk si fermò,
e sollevandosi sulla punta dei piedi, posò un lieve bacio
sull’angolo della bocca di Zack, staccando le labbra
lentamente,
maliziosa.
Sapeva
esattamente come
concludere quell’uscita nel migliore dei modi. Si
avvicinò
all’orecchio del ragazzo e con tono suadente
sussurrò:
<<
Che ne dici di
andare da me? >>
Note dell'autrice:
Personalmente,
adoro questo frammento. E' così pieno d'amore che mi fa
vomitare <3
Questi
due sono proprio una coppietta pucciosa <3
(commenti
random LOL)
|
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Capitolo 7 *** [Memory number six] - Moonlight call ***
[Memory
number 6 ] –
Moonlight call
<<
Cissnei?>>
Pronunciò
il suo nome
con una nota gioiosa che le fece provare un’enorme
soddisfazione
per aver pensato di telefonargli.
<<
Ciao Zack.>>
lo salutò, rigirandosi nel suo piccolo letto
<< Come sta
andando?>>
<<
Non
preoccuparti, è tutto sotto controllo qui. >>
la rassicurò,
con la sua voce calda e gentile.
<<
Mi manchi,
sai?>> si raggomitolò, stringendo fra le
braccia il morbido
cuscino bianco. Si sentiva decisamente sola da quando era partito.
<<
Anche tu
Cissnei…>> fece una piccola pausa
<< Andare in missione
senza di te è triste… aggiungiamo che Nibelheim
è uno dei posti
più deprimenti che abbia mai
visto…>> sospirò ampiamente,
prima di aggiungere << Ti amo.>>
La
piccola Turk ebbe un
tuffo al cuore. Era da tanto che non lo sentiva pronunciare quelle
parole, e ogni volta che lo faceva sentiva sempre un immenso calore
bruciarle la pelle in ogni parte del corpo.
<<
Tornerai presto,
vero? >> gli chiese, desiderosa di sentire una risposta
affermativa. Non vedeva l’ora di poterlo riabbracciare, ogni
volta
che venivano separati per missioni differenti era uno strazio:
potevano telefonarsi, certo, ma non era ovviamente abbastanza.
<<
Questo non lo
so, dipende dai tempi, lo sai come vanno queste
cose…>>
rispose lui, un po’ rattristato dalle sue stesse parole
<< Tu
aspettami, come al solito. >>
<<
Mh. >>
annuì lei, non proprio soddisfatta della risposta ricevuta.
Però
era così, lui non poteva farci nulla d’altronde.
<< Ti
prego, fai attenzione.>> sussurrò infine,
chiudendo gli occhi.
Non
sapeva perché, ma da
quando Zack si trovava a Nibelheim aveva avuto uno strano
presentimento su quella missione. Sentiva che sarebbe successo
qualcosa, e aveva paura.
Si
fidava ovviamente
delle capacità del suo ragazzo, l’aveva visto in
azione diverse
volte e se l’era sempre cavata egregiamente. Aveva la
sensazione
che stavolta sarebbe successo qualcosa di troppo grosso anche per
lui.
<<
Stai tranquilla,
dai. So badare a me stesso. >> ridacchiò lui,
scherzoso.
Cercava di rasserenarla in qualche modo, di allentare la tensione che
gli aveva trasmesso con quelle poche parole.
<< Tornerò sano e
salvo fra le tue braccia. >>
Eppure,
non si sentì
affatto più tranquilla.
Note dell'autrice:
E qui,
inizia la parte finale.
Chi
conosce gli eventi di Crisis core e di FFVII sa di cosa sto parlando...
Zack,
sei sempre così adorabile ed eroico ç_ç
|
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Capitolo 8 *** [Memory number seven] - Last meeting {Begging you to stay with me forever} ***
[
Memory number 7 ] –
Last
meeting { Begging you to stay with me forever }
Smontò
dalla moto dopo
un quantitativo di ore non ben definito, i muscoli delle gambe e
delle braccia indolenziti come non mai. Era stanchissima, ma la
fatica di quel viaggio interminabile era stata subito surclassata
dall’agitazione.
Secondo
le informazioni
che le erano state date poco prima, dovevano trovarsi dietro la rupe
che le stava di fronte.
Dopo
cinque anni di
attesa insopportabile, avrebbe potuto rivederlo. Era ancora vivo.
Ogni
giorno, per tutto
quel tempo, aveva sperato di vederlo varcare la grande porta a vetri
della Shin-Ra, col suo grande sorriso stampato sulle labbra, aveva
sognato di baciarlo, di stringerlo fra le braccia, di stare ancora
assieme.
Per
mesi aveva atteso il
suo ritorno: quel messaggio sul PHS, quello che ne annunciava la
morte, sapeva che non poteva essere vero. E infatti aveva continuato
ad avere fede nel suo ritorno, per tanto tempo.
Fino
a quel giorno in
cui, dal nulla, Tseng l’aveva chiamata nel suo ufficio. Era
da
qualche settimana che non veniva mandata in missione, e
l’idea di
distrarsi un po’ non le dispiaceva.
Quando
aveva varcato la
soglia della fredda stanza però, aveva sentito subito sulla
pelle
una sensazione strana. Tseng non aveva sollevato lo sguardo dal suo
incarico nemmeno una volta, e il suo tono era stato diverso dal
solito.
<<
Cissnei, ho una
missione per te. >>
Lei
aveva annuito, in
silenzio, impaurita da quella strana aura che permeava ogni cosa
lì
dentro.
<<
Devi recarti a
Nibelheim e trovare i fuggitivi Zack Fair e Cloud Strife. La Shin-Ra
li sta cercando poiché importanti ai fini di alcuni studi.
>>
poi le aveva porto un mazzetto di chiavi scure, sollevandosi dalla
sua larga poltrona. << Conto su di te. >>
Cissnei
non capiva il
perché di quell’atteggiamento, ma al sentire il
nome dell’uomo
che amava e che aveva atteso con ansia, di colpo non le era
più
importato un granchè di come Tseng le avesse offerto
quell’occasione
d’oro. Sì, perché l’aveva
fatto di proposito. Almeno di quello
era certa.
Senza
esitare, era corsa
ai parcheggi, il cuore in gola e pieno di aspettative.
Ed
era lì, a qualche
metro da lei, ora.
Deglutendo,
fece qualche
passo avanti, facendo scricchiolare un rametto secco sotto il peso
dei suoi tacchi spessi. In meno di una frazione di secondo, si
ritrovò ad un palmo dal naso la punta di qualcosa di
pericolosamente
affilato.
<<
Cissnei? >>
La
lama di metallo scese
velocemente, lasciando intravedere il viso di uno Zack esterrefatto.
La
spada gli cadde di
mano, e per un momento si guardarono dritto negli occhi, come la
prima volta che si erano incontrati.
<<
Zack… >>
sussurrò lei, avanzando lentamente verso il SOLDIER
<< … sei
proprio tu. Sei vivo… >>
Sentiva
il respiro farsi
pesante, i battiti diventare irregolari, le mani tremare; voleva
toccarlo, sentire che era davvero lì davanti ai suoi occhi,
che non
stava sognando.
Zack
la raggiunse e le
sfiorò piano una guancia, quasi avendo paura di un contatto
che da
troppo tempo gli era stato precluso. Lei poggiò la sua mano
su
quella del ragazzo, godendo di quel tocco familiare, e assaporandone
ogni piccola sfumatura. Erano davvero assieme, finalmente.
All’unisono,
si
strinsero in un abbraccio serrato, bramosi ognuno del corpo
dell’altro: Cissnei afferrò la stoffa del maglione
sulla schiena
affondando il viso nel petto muscoloso e sicuro di Zack, vi si
aggrappò con tutte le forze che aveva in corpo, le lacrime
che
cominciavano a rigarle le guance.
<<
Ti ho aspettato
per così tanto tempo… >>
sollevò lo sguardo per scrutare i
lineamenti del SOLDIER: apparivano provati e induriti dal tempo e
dalle fatiche, ma le trasmettevano sempre quel piacevole senso di
serenità che tanto le era caro.
<<
Mi dispiace,
amore… è successo davvero un enorme
casino… >> le baciò
la fronte calda e imperlata di sudore << Siamo dei
ricercati,
vero? >>
Indicò
con la coda
dell’occhio verso la sua destra, dove Cissnei vide, poggiato
al
muro, il corpo inerme di un ragazzo vestito con la divisa da SOLDIER.
<<
Lui deve essere
il ragazzo che è scappato assieme a
te…>> l’altro
ricercato, Cloud Strife.
Zack
annuì tristemente
allentando un po’ la presa sulla vita stretta della giovane
Turk.
<<
Mi sei mancata
da morire… >> sussurrò poi,
sporgendosi per baciarla. Le
loro labbra di incontrarono quasi timidamente all’inizio, per
poi
riprendere familiarità e sciogliersi in un bacio
appassionato e
nostalgico al tempo stesso, salato di lacrime e pregno di sofferenza.
Le
loro lingue si
districarono piano, dopo un apnea interminabile, e le loro bocche si
divisero nuovamente, per poi rincontrarsi subito dopo, più
volte,
dolcemente, sfuggevoli.
Fu
con non poca fatica
che poi, dopo innumerevoli mordi e fuggi, alternati ad altri momenti
di passione, infine i loro volti si allontanarono.
<<
Perché sei qui?
>> le chiese il giovane soldato, carezzandole i capelli
dolcemente << E’ pericoloso, non avresti dovuto
seguirci…>>
Cissnei
non rispose,
spostando un’altra volta lo sguardo sul piccolo Cloud.
<<
Sta davvero
male… ma che è successo? >>
nonostante fosse adagiato contro
la parete di pietra, la testa gli ciondolava da una parte, le mani
erano abbandonate ai lati del corpo, e lo sguardo era spento, vitreo,
senza vita.
<<
Avvelenamento da
Mako, e piuttosto serio. >> l’espressione di
Zack mutò di
colpo, diventando rabbiosa. Chissà cosa avevano dovuto
sopportare…
<<
E’ per colpa
degli esperimenti, vero? >> era una domanda dalla
risposta
piuttosto ovvia, se ne rese conto subito dopo averla formulata.
Ma
che cosa stava
tramando la Shin-Ra? Cosa stava nascondendo?
D’un
tratto, guardando
il corpo immobile del soldato, provò una repulsione totale
per sé
stessa, per aver lavorato tanto tempo per
quell’organizzazione che
stava conducendo esperimenti terribili, che aveva fatto soffrire la
persona più importante della sua vita.
Zack
annuì mestamente.
Dopo
qualche attimo di
esitazione, Cissnei si allontanò di qualche passo e preso in
mano il
cellulare, digitò velocemente un numero a memoria.
<<
Ehi, Cissnei,
che fa…? >>
<<
Tseng, gli
obiettivi sono scappati. >> disse lei velocemente,
chiudendo
la chiamata subito dopo.
Si
rimise il telefono in
tasca, e si voltò verso il ragazzo che incredulo, la fissava
a bocca
aperta.
<<
Cosa…? >>
<<
Tseng mi aveva
ordinato di riportarvi a Midgar. >> rispose lei,
sovrastando la
domanda flebile di Zack << Ma io… non voglio
che torniate
alla Shin-Ra. Ho appena mentito al mio capo, Zack. E’ come se
avessi disertato. >>
Ora
erano in due ad
essere sconcertati. Cissnei sgranò gli occhi,
sentì lo stomaco
andare in subbuglio, tutto all’improvviso era sconosciuto.
Aveva
appena voltato le
spalle al suo passato, al suo lavoro, alla sua casa.
Il
SOLDIER le si
avvicinò, e le mise le mani sulle spalle, guardandola dritto
negli
occhi.
<<
Cissnei, io…
>>
<<
E questo non è
nemmeno il mio vero nome! >> le lacrime ricominciarono a
sgorgare dagli occhi stanchi della ragazza, questa volta copiose
<<
Zack, non so più chi sono… ho appena
abbandonato… tutto ciò che
mi ha tenuta in vita finora. >> scosse il capo
più volte,
gettando occhiate nervose da ogni parte, per poi soffermarsi infine
sul viso dell’unica vera certezza rimanente a quel mondo
<<
Mi sei rimasto solo tu ormai. >> allungò le
mani verso di lui,
poggiandole sulle sue guance incavate << Guarda.
>> lo
afferrò per un braccio, portandolo vicino al sidecar
parcheggiato
poco lontano << Ecco le chiavi. >> disse
poi, mostrando
il mazzetto che teneva fra le dita.
Zack
lo prese, un po’
titubante e lo osservò, rigirandoselo fra le mani
più volte.
Sollevò poi lo sguardo incontrando quello della ragazza,
arrossato
dal pianto.
Seguì
un silenzio
piuttosto ambiguo, nervoso e pesante, e Cissnei percepì il
disagio
che Zack sentiva. Probabilmente non capiva quali fossero le sue vere
intenzioni, il motivo di quel suo gesto.
Nemmeno
lei era tanto
sicura di ciò che stava per dire, ma non aveva alternative.
Indietro, non si poteva tornare. C’era solo il futuro davanti
a lei
e sapeva benissimo con chi voleva incamminarsi verso di esso.
<<
Portami con te.
>>
Scandì
quelle tre parole
in modo limpido, quasi come se il cuore non le stesse scoppiando,
cercando di trattenere le lacrime che già minacciavano di
sgorgare
una seconda volta.
<<
Ti rendi conto
di quello che…>>
<<
Non m’importa
di nulla! >> sbottò lei <<
Dovunque tu voglia andare…
qualunque cosa tu voglia fare io… voglio stare al tuo
fianco! >>
si gettò fra le braccia del suo amato, afferrando la maglia
all’altezza dei pettorali << Non
m’importa di nulla… >>
<<
Sai che non è
possibile. >> sentenziò il giovane SOLDIER ,
poggiando le mani
sui fianchi stretti della piccola ex- Turk e scostandola da
sé con
delicatezza.
<<
Perché!? >>
gridò lei, ora di nuovo in preda al pianto <<
Perché non è
possibile!? >> battè i pugni sul petto
scolpito del soldato,
scuotendo la testa più volte.
<<
Sarebbe troppo
pericoloso, lo sai. Mi troveranno, prima o poi. >>
dolcemente,
le sollevò il viso bagnato ed arrossato << Non
voglio che tu
corra dei rischi per causa mia. >>
<<
Sarei pronta ad
affrontarli! >> esclamò Cissnei, gli occhi
spalancati,
stanchi, supplicanti.
<<
Mi uccideranno!
>> il tono e l’espressione di Zack mutarono di
colpo,
facendosi rabbiose. La ragazza non l’aveva mai visto
così, e ne
rimase un po’ impaurita: quel bagliore che tanto la
tranquillizzava, ora sembrava bruciare, dando al suo sguardo
un’aria
minacciosa e sinistra.
<<
E non dire frasi
come “Morirei con te” o qualcosa del genere.
>> le prese
una mano ancora chiusa a pugno, e dopo avergliela aperta con
decisione, vi pose sopra le chiavi che poco prima lei stessa gli
aveva consegnato. << Scappa, prima che mi trovino.
>>
<<
Zack, no! >>
insistette lei, ormai singhiozzando << Ti
prego… >>
<<
Cissnei, per
favore… >>
<<
Ti amo Zack…
ti prego… >>
<<
Scappa, Cissnei…
>>
<<
No… portami
con te… >>
<<
Cissnei… >>
<<
Non sarò di
nessun peso… quindi… >>
<<
Vai via. >>
<<
Zack, ti
scongiu…>>
<<
VAI VIA! >>
L’eco
della voce di
Zack continuò a risuonare per qualche secondo, martellando i
timpani
di Cissnei, perforandoli, insinuandosi nel suo cervello, continuando
a rimbombare nella sua testa, come una melodia che, pur non piacendo,
si ricorda perfettamente.
Indietreggiò
di due
passi, le gambe tremanti e deboli, che inesorabili, la trascinarono a
terra poco dopo. Si ritrovò con le ginocchia al suolo,
impolverata e
sconvolta, incapace di muoversi, pensare, parlare.
Zack,
pentitosi subito
dopo per aver reagito a quel modo, contrasse il viso in una smorfia
addolorata, e si passò una mano sul viso, sospirando
pesantemente.
<<
Cissnei,
credimi… è per il tuo bene. >>
Lei
non rispose, gli
occhi fissi ai piedi del SOLDIER.
Piangeva,
e non riusciva
a smettere; tremava, continuamente, come una debole foglia stremata
dalle intemperie. Si sentiva delusa, tradita, abbandonata. Sola.
Ora,
lo era davvero.
<<
… Io ti amo
Cissnei. Davvero… >> si inginocchiò
davanti a lei,
portandosi alla sua altezza
<<
… ti amerò
sempre. Perdonami. >> allungò una mano incerta
verso il suo
viso impallidito, sfiorandole una guancia con il dorso ruvido della
mano. Lei non si mosse, non reagì, continuò a
guardare di fronte a
lei, nel vuoto.
Era
finita.
Lo
era davvero. E lei non
poteva far nulla per impedirlo.
Tutto
era giunto ad una
conclusione che mai avrebbe voluto.
Abbandonata
in mezzo al
nulla, con solo una vecchia moto come compagna.
Il
mondo attorno cominciò
a diventare buio, confuso, sconosciuto.
I
suoni si affievolirono,
i colori si spensero, l’aria diventò irrespirabile.
Lui
si allontanò,
trascinando con sé il ragazzo intossicato, dandole le spalle.
Tre
ciondoli si
infransero nella sua mente, assieme ad una dolce promessa.
Poi,
più nulla.
Note dell'autrice:
Ci
avviamo verso la fine, con questo ultimo frammento. manca solo
l'epilogo.
Questo
ricordo è tremendo: quando mi misi davanti al pc per
scriverlo, una rabbia e una tristezza incredibile mi attanagliarono la
gola.
Ho anche
pianto mentre digitavo le lettere con una lentezza estenuante.
Seriamente, non volevo scriverlo.
Ma ho
dovuto farlo, la storia lo esigeva dopotutto.
Ringrazio
tutti coloro che mi seguono per aver letto e compreso l'amore e la
dedizione che ho profuso in questo progettino,
e sono
davvero felice per i commenti e i complimenti che ho ricevuto.
La
soddisfazione più grande per me è sapere che il
mio lavoro viene apprezzato.
A
presto, con l'ultimo capitolo <3
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Capitolo 9 *** [Epilogue] - Hating herself ***
[Epilogue]
– Hating
herself
Una
bambina stava
immobile, seduta sul marciapiede sconnesso della periferia di Midgar.
I
suoi vestiti erano
laceri, bruciacchiati. La sua pelle sporca di fuliggine e di sangue.
Sotto
gli occhi, due
righe più chiare le solcavano le guance. Doveva aver pianto
molto.
Stava
lì, senza far
nulla. Tremava, forse per il freddo, forse per la paura di essere
sola al mondo.
Sola,
nella grande
metropoli del Mako, seduta in mezzo ai topi che rosicchiavano la
spazzatura fetida.
Era
scalza, e teneva i
piedini martoriati l’uno sopra l’altro, le
ginocchia vicino al
petto circondate dalle braccina esili e pallide.
Le
macchine le
sfrecciavano davanti, i passanti non si giravano nemmeno a guardarla.
E
lei era lì, sotto i
loro occhi. Ma trasparente come il vetro.
Lei
non era più nessuno
ormai. Non aveva più nulla.
Erano
tutti morti.
Bruciati.
Perché
solo lei si era
salvata? Perché la mamma, il papà, sua sorella
invece no?
Le
fiamme avrebbero
dovuto divorare lei, non loro.
Perché
solo lei era
riuscita a scappare?
Si
strinse ancora di più
in quel tentativo di abbraccio, poggiando il viso lacero e
bruciacchiato alle gambe magre e stanche.
Non
era riuscita a fare
nulla per loro.
Non
aveva fatto nulla per
aiutarli.
Aveva
avuto troppa paura.
E
ora si piangeva
addosso, per aver perso la casa, la famiglia,
l’identità.
Ed
era solo colpa sua.
Solo sua.
Ti
odio.
Ti
odio, sei una
stupida ragazzina inutile.
Cosa
ci fai al mondo?
Non
sei nessuno.
Un
uomo le si avvicinò.
Aveva un abito nero e i capelli neri legati in una coda.
Aveva
uno sguardo severo,
ma non incuteva timore.
<<
Stai bene? >>
le aveva chiesto, scuotendola lievemente.
Chi
sei?
Cosa
è questa luce?
<<
E’ tutto a
posto ora, tranquilla. >>
Perché
è tutto così
luminoso ora?
<<
Devi essere
stremata per aver dormito così tanto…
>>
Dormito
così tanto?
Cosa sta dicendo?
Io
sono solo scappata
dal settore 2…
<<
Per fortuna stai
riprendendo conoscenza… >>
Di
chi è questa voce?
Dov’è
l’uomo
vestito di nero?
Dove
mi trovo?
La
ragazza aprì
faticosamente gli occhi, infastiditi dalla luce del sole cocente. Si
sentiva intorpidita e dolorante, la testa che girava.
Come
era finita in quel
posto? Un tizio sconosciuto la fissava, chiedendosi se stesse bene.
<<
Ehi, come stai?
>> un ragazzo dai capelli biondi a spazzola, visibilmente
preoccupato, le porse un bicchiere d’acqua fresca, che lei
non
rifiutò.
Fece
scendere il liquido
giù per la gola, godendo della freschezza sulla gola riarsa.
Doveva
essere svenuta nei
dintorni di un qualche paesino disperso nel nulla. Ricordava di aver
finito la benzina e di essersi disperata accanto alla sua
moto…
Spalancò
gli occhi,
ricordandosi che sotto il sellino teneva la borsa con le poche cose
che era riuscita a portarsi dietro.
<<
Dov’è la
moto? >> chiese, dopo aver bevuto l’ultimo
sorso.
Il
ragazzo sorrise,
felice di vederla reagire : <>
La
rossa annuì, e si
mise a sedere sul letto. Accanto a lei, sul comodino c’era un
vassoio con un po’ di pane e una scodella di minestra
fumante.
Sentì lo stomaco lamentarsi.
Da
quanto non mangiava?
Quanto tempo aveva passato su quella moto?
Quanto
tempo era passato
da quando…?
<<
Ecco, queste
sono le tue cose giusto? >> le chiese lui, poggiando sul
letto
il bagaglio che aveva trovato nella moto <<
Ah… non ho
frugato! Giuro. >>
<<
Non
preoccuparti… >> sussurrò lei,
sorridendo appena. Lui
rispose al sorriso, sedendosi su di uno sgabello vicino al letto.
<<
Da dove vieni?
>> le chiese, incuriosito. << Non ti ho mai
vista da
queste parti. >>
<<
Io… >>
la ragazza esitò, prima di continuare
<<… vengo da
Nibelheim. >>
<<
Non ci sono mai
stato… >> osservò pensieroso
<< E come ti chiami? >>
<<
Non lo so. Non
so più chi sono. >> rispose immediatamente
lei, atona.
Il
giovane rimase
interdetto per qualche secondo, poi riprese a parlare:
<<
E cosa pensi di
fare una volta che ti sarai rimessa in forze? >>
<<
Andrò via. >>
sentenziò mestamente, al pensiero di essere
anch’essa una
ricercata.
Calò
il silenzio nella
stanza, intercalato dal battere del vento sulle imposte di legno
scuro.
Non
era cambiato nulla
allora.
Tutto
era esattamente
come dodici anni prima.
Era
sola, non aveva più
un posto dove tornare, una famiglia che l’avrebbe accolta con
grandi sorrisi o con pacati cenni del capo. Non aveva più
un’identità, un nome. Non era più
nessuno.
Un’altra
volta.
Non
è cambiato nulla,
eh?
Sei
rimasta la solita
ragazzina sporca e tremante di un tempo.
<<
Irene. >>
la voce della ragazza ruppe l’imbarazzante tensione fra i due
<<
Puoi chiamarmi così.>>
Se
era il suo destino
quello di non avere un’identità, ne avrebbe avute
quanti fossero
stati i paesi, i villaggi, le città del Pianeta. Avrebbe
viaggiato,
e ogni volta sarebbe stata qualcun altro.
Ti
odio.
Non
sei nessuno.
Il
biondo fece un largo
sorriso e annuì con forza. Si sarebbe fermata lì
per un po’.
Non
sei nessuno.
Note dell'autrice:
Questa
è la fic più lunga che abbia mai scritto finora
ò.ò
Sono
riuscita a postarla tutta, pezzo per pezzo, con tanto amore per questa
coppia adorabile <3
L'epilogo
è davvero triste, lo so ç_ç
Perdonatemi.
Passiamo
ai ringraziamenti <3
@the one
wunged angel: oddio, sono commossa. I tuoi commenti mi hanno resa
felice in alcune giornate un pò difficili, per questo
arigatou gozaimasu <3
@nacchan:
Grazie Gatto, che hai voluto leggere nonostante non conoscessi i
personaggi e la storia vera <3 Sei troppo pucci
@Alister90:
*_* grazie mille per aver recensito, sono strafelice
<3 E mi fa piacere che trovi i miei personaggi così
IC <3
@Frances:
<3 <3 I tuoi commenti sono sempre i migliori e quelli che
mi rendono più felice (anche se per estorcerteli ci vuole
tempo XD). Grazie mille mia cara, senza il tuo aiuto a quest'ora non
saprei nemmeno come iniziare a scrivere fan fiction. Sei sempre fonte
d'ispirazione per me e un modello da seguire <3 Ti adoro.
Ah, e sono molto contenta
che tutti voi amiate questa frase:
"Si limitò a godere dell’acqua limpida
delle sue iridi, la sentì quasi sgorgare e riversarsi dentro
di lei, inondando tutto il suo corpo, placando la sete e
l’arsura, riempiendo, travolgente, il suo cuore di un unico
pensiero, di un unico volto.
Perchè la amo anche io <3
Alla prossima fic, e spero di ricevere altre belle recensioni!
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