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di alicyana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [Prologue] - Facing her past ***
Capitolo 2: *** [Memory number one] - First meeting {dreaming you can stay with me forever} ***
Capitolo 3: *** [Memory number two] - Strange date ***
Capitolo 4: *** [Memory number three] - Kisses=Vices ***
Capitolo 5: *** [Memory number four] - Not that kind of holidays in the sun ***
Capitolo 6: *** [Memory number five] - Together, before the departure ***
Capitolo 7: *** [Memory number six] - Moonlight call ***
Capitolo 8: *** [Memory number seven] - Last meeting {Begging you to stay with me forever} ***
Capitolo 9: *** [Epilogue] - Hating herself ***



Capitolo 1
*** [Prologue] - Facing her past ***


[Prologue] - Facing her past



C’era stato un tempo in cui non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita a vivere in un posto così lontano dalla sua città. Non avrebbe mai nemmeno lontanamente pensato di lasciare il suo lavoro, i suoi colleghi – o meglio, la sua famiglia - , il suo piccolo appartamento nei pressi del centro della metropoli.

C’era stato un tempo in cui aveva creduto che la corporazione che aveva servito, per cui aveva rischiato diverse volte la vita, e a cui doveva quella stessa vita, fosse nel giusto, nonostante i suoi metodi non proprio pacifisti.

C’era stato un tempo in cui aveva indossato il rigido completo nero dei Turks, impugnato il suo fidato Rekka e aveva combattuto, catturato, ferito, ucciso per il bene della Shin-Ra.

Quella stessa Shin-Ra che l’aveva raccolta da un sudicio e polveroso angolo del Settore 6, le aveva teso la mano, le aveva offerto con grandi sorrisi e melliflue promesse la felicità, l’aveva condotta verso un barlume di speranza fra le ombre scure di Midgar.

Quella stessa Shin-Ra che l’aveva delusa, disgustata, tradita.

Che le aveva semplicemente dato tutto e con la stessa facilità gliel’aveva sottratto.

Tutto ciò che era stato, tutto ciò che aveva avuto e fatto, erano ormai solo lontani ricordi custoditi nei meandri della sua mente, offuscati dalla nebbia del tempo.

Una nebbia di quindici anni passati a cambiare continuamente città, nome, identità, senza mai dare spiegazioni, senza mai dare conto a nessuno, senza mai affezionarsi troppo, senza mai lasciare indizi utili a rintracciarla. Perché era una ricercata. E la Shin-Ra non si dimenticava delle foto sotto cui veniva imposto il timbro con scritto “Mandato di cattura”. Nemmeno dopo quindici anni.

Era una fuggitiva, e lo sarebbe stata per tutta la vita.

Il suo continuo peregrinare, da qualche mese a quella parte, l’aveva condotta all’estremo occidente del Pianeta, dopo uno scomodo viaggio su una barchetta a remi comprata per due soldi a Rocket Town. Era una bagnarola, ma era l’unica cosa che aveva potuto permettersi, date le sue scarse finanze.

In città, a Wutai, era conosciuta come Lena. A Rocket Town invece come Jackie, anche se a Icicle Inn tutti la chiamavano Meg. Aveva trovato ospitalità presso una famigliola non proprio ricca, ma molto cordiale, che possedeva un piccolo orto poco fuori il paese e un negozietto di souvenir caratteristici nel centro. I due figli stravedevano per lei e le chiedevano spesso di giocare con loro o di aiutarli coi compiti. Lei annuiva, col sorriso, e faceva tutto questo volentieri.

Faceva qualunque cosa pur di riempirsi il più possibile la giornata, per non lasciare spazio ai pensieri.

Ma fu proprio durante una delle sue innumerevoli faccende che i ricordi, più dolorosi che mai, tornarono a farle visita, diradando la nebbia che si era addensata su di loro.

Pensava di averla persa molto tempo prima, in realtà. Una vecchia foto rovinata e un po’ ingiallita, scattata una calda mattina di luglio, sulla spiaggia di Costa del Sol.

Yue, il figlio minore della coppia che le aveva offerto alloggio, era corso da lei una sera. Era sceso giù per le scale facendo i gradini a due a due, sventolando il piccolo pezzo di carta per aria.

<< Lena-san!>> l’aveva chiamata, avvicinandosi al tavolino presso cui si era seduta per leggere <>

I grandi occhi a mandorla di Yue la fissavano dritto sul viso, le manine stringevano la foto dietro la schiena, i piedini si muovevano irrequieti facendo scricchiolare le grandi assi di legno scuro.

Lei alzò lo sguardo dal piccolo volume poggiato sul ripiano, e perplessa ricambiò lo sguardo impaziente del bimbo << Sono qui, Yue. >> indicò con un cenno del capo le piccole braccia che reggevano la refurtiva << Cosa hai combinato stavolta?>>

Orgoglioso di ciò che aveva trovato, glielo mostrò senza troppi convenevoli, esibendo un sorrisone sdentato.

Spalancò i grandi occhi castani, quando il piccolo le mise davanti il bottino.

<< Dove l’hai trovata, questa?>> chiese, incredula.

<< Era nel giardino, Lena-san. Incastrata tra le piante.>> il bambino mutò espressione, forse capendo che sarebbe stato meglio non avergliela portata.

Doveva essere volata via, trascinata dal vento, forse quando aveva disfatto quei pochi bagagli che aveva portato con sé.

<< Ero sicura di non averla più.>> se la rigirò fra le mani, quasi ad esaminarla in ogni sua piccola parte, in ogni suo minimo dettaglio, incapace di credere che fosse davvero lei.

Sul retro, una piccola dedica. Due semplici parole, un cuoricino, un nome.

Quel nome che aveva cercato di dimenticare, che non aveva mai davvero lasciato la sua mente.

Si portò una mano alla bocca, mentre la poggiava accanto al libro, Yue che la fissava preoccupato dal basso.

<< Stai male, Lena-san?>> le chiese il piccolo, sporgendosi verso di lei.

Lei non rispose, continuando a fissare le due figure sorridenti e felici che facevano segno di vittoria davanti all’obbiettivo.

Era l’unica.

La sola che avessero mai scattato assieme.

Di colpo, tutto tornò nitido. Ebbe la sensazione di precipitare nuovamente in quell’abisso scuro da cui era uscita così faticosamente, costruendosi una vita fittizia che non le apparteneva.

Perché lei non era una contadina, né una negoziante, né una baby-sitter, né qualunque cosa fosse stata da quando era fuggita da sé stessa.

Si passò una mano sul viso, lo sguardo vitreo che fissava il nulla. Il fiato le si mozzò, gli occhi le diventarono umidi: nella sua mente immagini di una ragazza sorridente, dai fluenti capelli ramati, amica di tutti, dedita al suo lavoro, sempre pronta a mettersi in gioco.

Decine di corpi feriti, inermi. Fiamme, spari, il rombo fastidioso degli elicotteri, il rumore dei passi sulla ghiaia dei pesanti scarponi dei soldati. Sangue.

Flash che avrebbe preferito tenere rinchiusi lì dove avevano giaciuto per tutti quegli anni, rinchiusi nella cassaforte della sua memoria. Incubi che l’avevano tormentata per mesi, che l’avevano indotta a pensare molte volte che sarebbe stato meglio mollare tutto, trovare un altro lavoro, condurre una vita normale.

Eppure, nonostante tutti i momenti di sconforto, nonostante le debolezze, le difficoltà, era sempre rimasta.

Perché c’era lui.

Era stata un Turk, una spia, una mercenaria, un’assassina.

Ed era stata innamorata. Terribilmente innamorata di un uomo come lei.

Si alzò in piedi, barcollando appena, frastornata dalla moltitudine di fotogrammi sbiaditi che si erano susseguiti nella sua mente, troppi, troppo velocemente. Fece scorrere con troppa violenza il fragile fusuma che dava sull’engawa sul retro.

Aria. Ne aveva un assoluto bisogno.

Yue la osservò stranito, gli occhi sgranati, incapace di comprendere cosa fosse successo, mentre varcava la soglia e si incamminava a passi incerti lungo lo stretto corridoio in legno di ciliegio laccato.

Un incontrollabile senso di nausea le pervadeva tutto il corpo. Sentiva un gelo tremendo nelle ossa, le tempie pulsavano dolorosamente.

Quasi si trascinò ai piedi del grande albero secolare che la famiglia Seto custodiva nel suo giardino perfettamente curato. Si accasciò fra le nodose radici che facevano capolino fra l’erba smeraldina e umida della sera. Respirò a fondo, più volte, facendo entrare ed uscire l’aria fresca e limpida con ritmo regolare.

A quell’ora, stare all’aperto, soprattutto d’estate, era un perfetto toccasana per la mente e per il fisico. La fresca brezza del tramonto sulla pelle, e nei polmoni, sembrava liberare da tutti i problemi del mondo.

Lo diceva sempre lui.



Zack Fair – SOLDIER di Prima classe.

Ucciso sul campo.



Una calda lacrima le rigò la guancia sinistra. Lei sapeva. Non era andata così. Zack non era morto durante quella dannata missione a Nibelheim. Non era stato ucciso quel giorno.

Il PHS nero come la notte riportava false notizie, in un ammasso di pixel insensati.

Chiuse gli occhi, mentre il sapore salato del dolore gli lambiva le labbra secche.

I pezzi tornarono al loro posto, ricostruendo lentamente, frammento per frammento, ogni cosa.

Le baracche, ancora ostinatamente in piedi, tra le vie polverose e dimenticate da tutti; il palazzo della Shin-Ra, sotto il cielo senza stelle della squallida Midgar, attorniato dalla luce sinistra del Mako; le luci al neon e il pavimento in marmo, le scrivanie e le scartoffie; le porte degli ascensori che si aprivano e lasciavano entrare ogni giorno centinaia di impiegati; le segretarie sorridenti, strette nel loro tailleur firmato, che ticchettavano fastidiosamente con le loro scarpe alte.

Il presidente, con la sua aria austera, che se ne stava sulla sua grande poltrona in pelle, affiancato dal suo biondo erede; Reno con la sua faccia annoiata, Rude impassibile dietro gli occhiali scuri, Tseng che riferiva l’obbiettivo della prossima missione, il direttore Lazard che le sorrideva, Angeal che la salutava con un cenno rispettoso della testa, Genesis che se ne stava vicino alle grandi vetrate in compagnia della sua adorata lettura, Sephiroth seduto su in divanetto assorto nei suoi pensieri.

Tutto prese forma, colore, consistenza quasi reale, come se fosse stato tutto lì, davanti a lei.


<< Ehi, Cissnei! >>


La sua schiena da ragazzo, ma già più muscolosa del normale. Le sue braccia possenti, i suoi capelli corvini e spettinati. I suoi occhi innaturalmente azzurri, luminosi e vivaci. Il suo sorriso da furbetto, col piccolo canino appuntito che prepotente si metteva in mostra.

La sua voce ancora un po’ infantile che la chiama.

Zack che cercava le sue attenzioni, agitando la mano da lontano.

Le scappò un sorriso, fra le lacrime che ormai copiose le scivolavano lungo il viso, sui vestiti.

Memorie di risate, di scherzi, di chiacchierate, di baci, di carezze, di momenti felici, di abbracci.

Memorie che facevano male, ma che nonostante tutto erano più importanti forse della sua stessa vita.

Quasi con un’ansia febbrile, andò alla ricerca di ogni singolo brandello strappato dalle pagine che parlavano di lui, del loro amore.

Pretendere di dimenticare era impossibile, imporsi di poterlo fare, inammissibile.


Eppure hai tentato.


Frugò in ogni più remota parte della sua mente, negli angoli più nascosti e reconditi, fra mille parole, gesti e sensazioni. Ed infine, li trovò.

Tutti i momenti più importanti che aveva vissuto al suo fianco.

Pian piano fecero capolino, in una sequenza precisa, ricostruendo la loro storia.

La storia del loro amore sfortunato.

Note dell'autrice:
Questa fan fiction assieme a One thousand needles, è forsela mia preferita.
Mi sono impegnata molto nello scriverla, e spero riusciate adapprezzare il mio lavoro : )
Il pairing non ha molto fandom (o forse non ne ha), però chinon ha mai pensato a quanto sarebbero stati carini assieme?
Cissnei poi <3 Io l'ho adorata da subito, anche se ha un ruolomarginale. Necessita di più amore leiè__é
L'idea per questa storia è stata semplice: all'inizio volevarivedere tutto Crisis Core in una chiave diversa, appunto cambiando irapporti tra Zack, Cissnei ed Aerith.
Ma mi sono presto resa conto che era un'idea decisamente colossale eforse impossibile.
Così mi sono limitata a dei "frammenti" che nonnecessariamente hanno a che vedere con la trama principale del gioco.
A presto con il primo frammento! <3

                                         

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Capitolo 2
*** [Memory number one] - First meeting {dreaming you can stay with me forever} ***


[ Memory number one] – First meeting { Dreaming you can stay with me forever }



Blu, azzurro, verde chiaro.

Sembrava quasi di vedere uno scorcio del mare della Costa del Sol, dentro i vivaci occhi di Zack Fair. Quel suo sguardo curioso, illuminato dal Mako e dal suo entusiasmo piombò su di lei all’improvviso, una prima goccia di pioggia che avvisava l’imminente temporale in una giornata di fine estate.

Ad essere sinceri, non era la prima volta che lo vedeva. Svariate volte l’aveva notato che si aggirava per il palazzo della Shin-Ra, spesso accompagnato da uno dei tre SOLDIER leggendari, Angeal Hewley, o con qualche altro suo collega. Era diventato piuttosto famoso dopo la missione compiuta al Forte Tamblin, nella quale aveva dimostrato una forza e un coraggio invidiabili.

Alcune malelingue dicevano che la carica da Prima Classe gliel’avessero regalata perché era il favorito del direttore e il cocco di Angeal, ma lei era troppo intelligente per credere alle parole di qualche gelosissimo Terza Classe.

Il suo grado se l’era conquistato grazie al lavoro e alla fatica, lo sentiva che era un ragazzo vero e semplice come pochi.

Quell’azzurro liquido non mentiva: sapeva ciò che voleva, era sicuro di poter ottenere tutto ciò su cui andava a posarsi.

<< Cissnei. >> pronunciò il suo stesso nome lentamente, gli angoli della bocca piegati leggermente verso l’alto, con fare divertito.

Zack inarcò un sopracciglio, ancora sorpreso di aver visto una ragazza così minuta nelle vesti dei Turks e con un grande shuriken argentato fra le mani.

Lei battè le palpebre più volte, facendo muovere su e giù le lunghe ciglia nerissime che sottili le contornavano i grandi occhi nocciola.

<< Io sono Zack, dei SOLDIER.>> rispose lui, impettito, cercando di darsi un tono mostrando lo stemma della Shin-Ra che troneggiava sul suo cinturone di pelle.

Si scambiarono un largo sorriso, che forse da fuori poteva sembrare uno di quelli di circostanza, regalato per cortesia, dopo una dovuta presentazione.

Rimasero lì, a sorridersi e fissarsi, il Settore 8 tutto attorno a loro che si faceva buio d’improvviso, le copie di Genesis a cui stavano dando la caccia che sparivano, le missioni e il lavoro che perdevano importanza.

Solo la luce fioca di un lampione su di loro, il frusciare sommesso del vento che muoveva l’elegante giacca del completo da Turk.

Era il classico momento infinito, quello che sembra durare un’eternità perché il mondo circostante si ferma d’improvviso. Il tipico modo di innamorarsi dei film vecchio stampo, il colpo di fulmine.

Eppure, quel momento era così perfetto nella sua banalità, che Cissnei smise di pensare, per una volta.

Si limitò a godere dell’acqua limpida delle sue iridi, la sentì quasi sgorgare e riversarsi dentro di lei, inondando tutto il suo corpo, placando la sete e l’arsura, riempiendo, travolgente, il suo cuore di un unico pensiero, di un unico volto.

Zack Fair l’aveva incantata, e non ne era affatto consapevole.

Non sapeva di avere quel potere, non era conscio dell’effetto devastante che aveva provocato in lei quel mare cristallino.

Continuava a tenere gli angoli della bocca sollevati, a mostrare i bei denti bianchi, come se fosse rimasto paralizzato anche lui.

<< Zack, non eri nel bel mezzo di una missione? >>

Qualcuno fece scattare nuovamente l’interruttore su “ON”, illuminando lo spazio tutto intorno, riportando alla realtà quelle due anime che sapevano che la loro vita sarebbe cambiata, dopo il loro incontro.

Una voce profonda, li risvegliò dal torpore, ricordando loro che il dovere li stava aspettando, impaziente.

<< Beh dato che il nostro obbiettivo è lo stesso, non posso dare una mano? >> il giovane SOLDIER fece la sua richiesta forse speranzoso di poter stare ancora lì, ma un cenno netto della testa corvina di Tseng gli diede la temuta risposta.

<< Grazie, ma non…>>

“…ci serve.” Cissnei continuò mentalmente il diniego pacato del suo capo, delusa quanto e più di quel soldato che la guardava decisamente afflitto, le sopracciglia piegate in una smorfia di dolore quasi improbabile da assumere. L’acqua che si increspava, e si accendeva, riponendo le sue speranze in un intervento di persuasione da parte della ragazza.

<< Che coraggiosi, siamo! >> rise, scherzosa, in direzione di Zack. << Tseng. Zack. Ci vediamo più tardi.>>

L’ultima cosa che vide, prima di voltare le spalle e correre nella direzione opposta, fu una mano che, incerta, si protendeva verso di lei, come ad afferrarla.

Note dell'autrice:
Ed ecco il primo frammento <3
W le situazione clichè e i colpi di fulmine vecchio stampo! Il fatto che risulti così banale e già visto, è puramente voluto.
La scelta è stata semplice ma non so se senza una dovuta spiegazione si possa capire il ragionamento che c'è dietro 8c'è un ragionamento wow!)
Zack incontra Aerith. una ragazza molto speciale, in modo per nulla ovvio: cade attraverso un buco nel tetto della chiesa atterrando su un morbido letto di fiori <3
Con Cissnei, che invece è una ragazza come tante che ama il suo lavoro, avviene "normalmente": è una sua collega, e hanno un'obbiettivo comune.
Tuttavia se con Aerith il rapporto sia decisamente più "etereo" e celato, con Cissnei c'è subito intesa e attrazione.
E mi piace il fatto che questa situazione così normale sia diventata poetica e pomposa LOL

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Capitolo 3
*** [Memory number two] - Strange date ***


[Memory number 2] Strange date


Quel vestito le stava davvero male. Aveva sempre pensato che le sue gambe fossero orribili, che le gonne corte non avrebbero mai occupato il suo armadio, ed ecco che si ritrovava con un tubino nero che le arrivava poco sopra le ginocchia.

Si rimirò cento volte davanti allo specchio, controllando ogni minimo particolare. Aveva anche comprato delle scarpe nuove per l’occasione: un paio di sandali neri lucidi con un piccolo fiocchetto a lato, forse troppo alti per i suoi standard. Si era presa anche la briga di rispolverare un paio di orecchini pendenti che aveva comprato qualche anno prima con il suo primo stipendio.

Aveva poi completato il tutto raccogliendo i boccoli ramati in uno chignon morbido, lasciando però sciolti i soliti due ciuffi davanti alle orecchie ad incorniciarle il viso.

Eppure pensava di non essere ancora pronta, non era soddisfatta per niente del suo aspetto.

Il vestito le sembrava troppo stretto sui fianchi, le scarpe troppo vistose, lo chignon troppo basso – o troppo alto - , il trucco rovinato, gli orecchini non abbinati.

Si sentiva un disastro, avrebbe voluto togliersi tutto e ricominciare l’opera da capo, scegliere degli indumenti diversi, un’altra pettinatura che le stesse meglio, se l’orologio non avesse decretato il suo abbondante ritardo.

Alle 8 davanti alla fontana del settore 8.

Ed erano le otto e venti.

“Maledizione, maledizione, maledizione!”

Incespicando sui tacchi troppo sottili, afferrò di fretta la pochette di raso nero e uscì, dimenticando anche di chiudere la porta del suo appartamento a chiave.

Il cuore le batteva all’impazzata e sentiva il mascara che cominciava a sciogliersi per il sudore.

Splendido, davvero. Sarebbe arrivata tardi al loro primo appuntamento.

Beh sì, lei e Zack sarebbero usciti quella sera. Fortunatamente, erano riusciti a prendersi entrambi una giornata libera, anche se Tseng non era stato particolarmente entusiasta della cosa.

L’invito di Zack, comunque, era stato improvviso e decisamente insolito.

Le aveva telefonato un pomeriggio, mentre si trovava in missione:

<< Mi chiedevo se ti andasse un giorno di uscire assieme.>>

Inizialmente, era rimasta basita, senza sapere cosa rispondere di preciso. Tutto si immaginava fuorché una richiesta del genere quando aveva letto il suo nome sul display del PHS.

In cuor suo ci aveva sperato più volte però.

<< Quando posso darti la risposta? >> gli aveva chiesto, cominciando a camminare in cerchio nervosamente. Sentì poi dei rumori che non riuscì subito ad identificare, un urlo, degli spari, un’imprecazione, e dei fendenti di spada.

<< Possibilmente… >> rispose lui, ansimando <<… anche subito, prima che questo mostro mi faccia a fette!>>

<< Stai combattendo? >> si fermò di colpo, incredula della situazione tragi-comica in cui era stata catapultata << Sei impazzito a telefonarmi in un momento così pericoloso?>>

<< Che ci posso fare se.. WOAH!>> esclamò poi, forse evitando un colpo <<… se mi sei venuta in mente e ho pensato che vorrei uscire con te? >>

Era matto. Decisamente.

Aveva sorriso e accettato, ed eccola lì, sotto il grande lampione giallastro affianco alla fontana.

Peccato che di Zack non ci fosse nemmeno l’ombra.

Incredibile, e lei che pensava che lo avrebbe trovato seduto sul bordo in pietra con un’espressione annoiata e, forse, rassegnata.

Controllò il cellulare, giusto per essere sicuri che non l’avesse avvisata di un qualche imprevisto, ma non aveva ricevuto né alcun messaggio né alcuna chiamata.

20:35

Incrociò le braccia sotto il seno, come suo solito. Almeno la figuraccia non ce l’avrebbe fatta lei.

20:45

Ticchettò col piede velocemente un infinito numero di volte, il collo che le prudeva e un qualcosa le era appena entrato nell’occhio. Non poteva rovinare il trucco, però.

20:50

Un mucchio di gente passeggiava per le vie, qualche coppietta a braccetto passava lì nella piazza e la guardava chiedendosi cosa ci facesse una ragazza tutta sola a quell’ora.

Cominciava a domandarselo anche lei. Forse Zack si era dimenticato del loro appuntamento? Forse aveva avuto dei problemi gravi? Forse era stato mandato in missione all’ultimo momento?

Il cellulare era però muto. Il SOLDIER era in ritardo quasi di un’ora e non si era degnato di farsi vivo, nemmeno per un semplice “Scusa, non posso più uscire.”

E dire che le era sembrato diverso dagli altri ragazzi.

Sospirando, si sollevò, e dando una rapida occhiata all’orologio - che segnava le 21:10 – si incamminò per tornare verso il suo vuoto appartamento.

Avrebbe finito la serata davanti alla tv, guardando qualche squallido programma con stupide galline sgambettanti. Magari mangiando patatine.

Tenendo gli occhi piantati per terra, camminò verso il vicolo che portava al palazzo della Shin-Ra, i piedi indolenziti inutilmente. Mentre stava per svoltare l’angolo, una moto di grossa cilindrata le sbarrò la strada rombando fastidiosamente.

<< Cissnei, ma dove vai?>>

La ragazza sollevò lo sguardo, riconoscendo la voce: Zack troneggiava su di un bolide blu notte fiammante, e la guardava stupito.

<< Sai che ore sono? >> Cissnei indicò il grande orologio della piazza, visibilmente irritata. Sembrava che per Zack non fosse successo nulla di importante.

Lui gettò un’occhiata fugace al quadrante bianco, contorcendo le sopracciglia innaturalmente rendendosi conto del guaio. Ruotò le pupille in sua direzione, facendo apparire sulle labbra un sorriso colpevole: << Adesso sono qui, però. >>

La rossa sbuffò, sorridendo lievemente poi. Per quanto ci fosse rimasta male, la buffa espressione che aveva assunto, congiungendo le mani come a chiedere perdono, le aveva fatto passare tutto il malumore. Sospirò, mettendosi le mani sui fianchi snelli, assumendo un atteggiamento di finta superiorità:

<< Potrei perdonarti, ma chi mi dice che non succederà più? >>

Il SOLDIER si mise una mano sul cuore, diventando improvvisamente serissimo: << Le prometto che non accadrà una seconda volta, signora.>>

Scoppiarono poi in un’allegra risata, all’unisono. In fondo non era poi così tragico.

Bastava stare assieme.

<< Ehi comunque che è quel vestito? Ti sei fatta bella per me? >> ammiccò il moro, squadrandola da testa a piedi, gli occhi illuminati dall’apprezzamento.

<< Volevo essere carina per il nostro primo appuntamento. >> Sorrise lei, portandosi una ciocca dietro l’orecchio, leggermente in imbarazzo.

<< Però quella gonna non è proprio il massimo per salire su questa bellezza. >>

Zack indicò con un pollice la splendida Hardy Daytona su cui era seduto: era nuovissima e lucente, e Cissnei si chiese dove e come l’avesse pescata, quella meraviglia. Prima che potesse chiedergli qualunque informazione, Zack fece nuovamente rombare il motore.

<< Ti dovrai sedere con le gambe di lato, temo. >>



Suo malgrado, stavano viaggiando a tutto gas, col vento che le frustava le gambe scoperte che - come aveva suggerito il suo cavaliere – erano strettamente unite lungo il fianco della moto.

Una posizione abbastanza ridicola e scomoda, ma se voleva evitare di viaggiare quasi in mutande, aveva dovuto farlo.

<< Dove stiamo andando? >> Cissnei alzò la voce, cercando di sovrastare il fracasso prodotto dalla Daytona.

<< Voglio farti vedere un posto!>> rispose lui, senza effettivamente rispondere.

<< Sai che ho viaggiato molto durante le mie missioni? >> gli fece notare lei, stringendo di più la presa. << Conosco bene tutte le città e i paesi.>>

<< Fidati! >> esclamò lui semplicemente, e non aggiunse altro per il resto del viaggio.

La ragazza si voltò, tenendo però la guancia premuta contro la sua schiena e guardò il paesaggio che le sfrecciava attorno, in un turbinio di colori e forme che si mischiavano innaturalmente, lasciavano una scia che spariva poi magicamente subito dopo.

Il terreno alla sua destra era erboso e punteggiato qua e là di piccolo fiori bianchi e rosa che ondeggiavano tranquilli, contrastanti con la loro velocità.

Il cielo era sereno e l’aria era fresca: sembrava la giornata perfetta per un appuntamento.

Già, erano assieme e stavano andando chissà dove per stare un po’ da soli. Chiuse gli occhi, immaginando le cose che avrebbero fatto quella sera e come sarebbe andata la loro uscita.

Chissà cosa avrebbero fatto nelle prossime, quanto sarebbero stati felici, quali avventure avrebbero condiviso…

<< Eccoci, siamo arrivati. >>

La moto si inclinò di lato e subito Zack appoggiò un piede a terra, per reggere il peso della moto. Cissnei scostò il viso dalla schiena del SOLDIER, mantenendosi i riccioli che scappavano dall’acconciatura per colpa del vento.

<< Beh, ti piace? >> le chiese lui, facendo scattare il cavalletto.

Davanti agli occhi esterrefatti della Turk, l’oceano si stendeva a perdita d’occhio, si confondeva con l’orizzonte dipinto d’argento e di bagliori lunari.

Si trovava su una scogliera altissima, la spuma che si infrangeva potente contro la roccia e tutto attorno a lei, che facevano capolino fra la pietra, una miriade di fiori blu, di diverse grandezze, oscillanti al soffio della brezza.

<< Zack è… bellissimo questo paesaggio. >> mosse qualche passo fra le rocce, facendo attenzione a non calpestare quelle splendide e fragili creature ai suoi piedi. << Che fiori sono? >>

<< Genziane. >> rispose sorridendo compiaciuto << Belle vero? >>

Cissnei si chinò, osservando le corolle azzurre << Non le avevo mai viste.>> ne carezzò una, sentendo sulla pelle i petali vellutati.

<< Sono rare, penso crescano solo nei dintorni di questa scogliera. >> osservò Zack avvicinandosi alla ragazza << Sono i miei fiori preferiti. >>

La giovane Turk si voltò verso il suo interlocutore, un espressione un po’ diffidente in volto: << Ai SOLDIER piacciono i fiori? >>

<< Non siamo soldati senza cuore. >> Zack incrociò le braccia al petto << Le cose belle sortiscono effetti anche su di noi, eh. >> ammiccò poi, facendole l’occhiolino.

Lei ricambiò con un timido sorriso, poi tornò ad osservare la danza lenta ed armoniosa delle genziane: ne rimase rapita, come se i fiori stessi le stessero facendo un qualche incantesimo che la spingeva ad unirsi a loro, inneggiando alla luce della luna.

<< Spesso, prima di andare in missione, vengo qui a rilassarmi. >> continuò lui, confidando un segreto che sicuramente in pochi sapevano << E questi piccoletti qui mi danno la forza per combattere. >>

Cissnei aggrottò le sopracciglia a quelle parole, voltandosi verso il SOLDIER.

<< Determinazione. >> rispose lui alla domanda silenziosa che gli avevano posto i grandi occhi indagatori della Turk. << E’ questo il loro significato. Crescono in un clima abbastanza freddo e per di più tra le dure rocce.>> fece una piccola pausa, poi sentendosi orgoglioso delle sue stesse parole sentenziò: << Sono fiori forti, proprio come il sottoscritto. >>

La Turk rise pacata, vedendo la smorfia compiaciuta che troneggiava sul viso del giovane militare.

Non fece caso a quanto tempo passarono l’uno accanto all’altra, in perfetto silenzio, a sorridersi in modo complice, cullati dalla brezza notturna.

Avrebbero potuto rimanere così anche tutta la notte, per quanto le riguardava.


Note dell'autrice:

Zack, ti adoro. Il primo appuntamento con qualcuno che ci piace dovrebbe essere sempre specialissimo, questo è proprio strano ed imprevedibile.

In puro stile Fair <3

Non ho granchè da dire su questo, solo spero non sia ridicolo o banale >.< E che vi piaccia : D

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Capitolo 4
*** [Memory number three] - Kisses=Vices ***


[Memory number 3 ] – Kisses = Vices


<< L’obbiettivo si trova a 300 metri di distanza.>> osservò la Turk, la schiena poggiata contro una roccia. Di fianco a lei il SOLDIER annuì, seguendo con lo sguardo la copia di Genesis che si avvicinava verso la loro direzione.

<< Io la distraggo e tu la finisci. >> aggiunse poi, con decisione << Sembra in fin di vita.>>

Lui si accostò alla fredda pietra, la pelle nuda del braccio premuta contro la dura parete.

<< E’ sempre più vicino. >> lo informò, dopo aver gettato un’altra rapida occhiata oltre la roccia. << Stai pronto. >>

<< Cissnei. >>

Il ragazzo richiamò la sua attenzione, accompagnando quel sussurro ad una stretta attorno al suo polso sottile. Lei si voltò, trovandosi davanti il viso abbronzato del SOLDIER, vicino, troppo vicino.

Le dita che le carezzavano la pelle sotto la manica stretta della giacca nera, le labbra carnose e dischiuse che pretendevano le sue rosee e vellutate.

E poi l’incontro, senza un perché, senza alcun preavviso. In perfetto stile Zack Fair.

Lei sgranò gli occhi per la sorpresa, per la situazione pericolosa ed insolita, per il dolce sapore del loro primo bacio, così perfetto, così agognato.

<< Il momento non era certo dei più consoni. >>

Aveva poi detto lei, tutto d’un fiato, quando, riluttanti, poco dopo, le loro labbra si erano lasciate.

<< Dovevo darmi la giusta carica. >> e le sorrise, afferrando il manico della sua spada, pronto all’azione.

Cissnei, tenendo stretta la sua Rekka nella mano tremante, si alzò in piedi, ammiccando poco prima di lanciarsi all’attacco: << Non prenderci l’abitudine. >>

Ma in cuor suo, sperava che diventasse un vizio.

Note dell'autrice:

Un piccolo sprazzo d'amore in mezzo al campo di battaglia. Zack è pazzo, lo so, ma è da lui fare cose strane e pericolose XD

Questo primo bacio è decisamente atipico... e non ha nulla di quel romanticismo di cui era pregno il precedente appuntamento.

LOL Mi sembra di scrivere note inutili e senza senso!

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Capitolo 5
*** [Memory number four] - Not that kind of holidays in the sun ***


[Memory number 4 ] Not that kind of holidays in the sun


Okay. Questa davvero non se la sarebbe mai aspettata.

Sole, mare, spiaggia, relax.

Il tutto, condito da serate al chiaro di luna con lui.

E per giunta, tutto pagato dalla ShinRa.

Costa del Sol, la meravigliosa città delle vacanze, risplendeva in tutta la sua esoticità.

E Cissnei era pronta per godersi quel meritato riposo, dopo tanto lavoro e missioni stancanti.

Afferrato il telo da mare e la borsa con gli effetti personali, si avviò verso la spiaggia già affollata. C’erano molti turisti come al solito, gruppi di bambini che giocavano rumorosamente, venditori ambulanti occasionali che approfittavano dell’affluenza un po’ fuori stagione e un cielo sereno e limpido, perfetto per la tintarella.

Tutto sarebbe stato magnifico, se non fosse che il suo compagno di viaggio non sembrava particolarmente entusiasta della situazione.

Appena scese gli scalini gialli che portavano al litorale, intravide Zack seduto sul suo asciugamano con un espressione pensosa in volto. Alzò gli occhi al cielo, e sbuffando gli si avvicinò:

<< Vuoi un po’ di olio? >> gli chiese, accostandoglisi. Non l’aveva proprio notata.

Quello, come ridestandosi da uno strano sonno, sobbalzò, e con tanto d’occhi, si voltò verso la direzione da cui proveniva la voce della sua ragazza:

<< Non ho bisogno di quella roba! >> sbottò, aggrottando le sopracciglia << Ma che diavolo è questo? >> chiese contrariato << Mi hanno lasciato fuori dalle loro faccende un’altra volta? >>

Con fare un po’ scocciato, si raggomitolò su sé stesso, appoggiando il mento sulle ginocchia.

La giovane Turk, poggiando sul telo appena steso la sua roba, rispose, cercando di sembrare meno alterata possibile :

<< Non va bene staccare in questo modo, di tanto in tanto? >>

Lei pensava che avrebbe fatto bene ad entrambi, ma Zack sembrava fin troppo preso dal suo lavoro. Era preoccupato della situazione a Midgar, e glielo si leggeva in viso chiaramente.

Dopo un breve ma teso silenzio, il SOLDIER scattò in piedi esclamando:

<< Ne ho avuto abbastanza, ora chiamo il direttore!>>

<< Il direttore non si trova più lì. >> Rispose Cissnei, senza lasciare il tempo al ragazzo di replicare << La posizione di Lazard è ignota. Si pensa che abbia sostenuto le ricerche di Hollander con i soldi della compagnia. >> Sbalorditivo, ma era la verità. E i SOLDIER, ovviamente, non ne sapevano nulla. Zack sgranò nuovamente gli occhi.

<< Lazard ha davvero fatto questo? >> Incredulo, guardò fisso la Turk, cercando una conferma a quelle assurde parole. Lei annuì, percependo la delusione per la notizia.

<< Ma che cosa…? >> cercò di formulare Zack, ma si interruppe prima di finire di porre la domanda.

Scoraggiato dalla notizia pesante, si lasciò cadere all’indietro, ritrovandosi supino sul suo telo verde smeraldo. Cissnei abbassò lo sguardo, rammaricata per aver introdotto l’argomento: forse non avrebbe dovuto farlo preoccupare più del dovuto, ma non le era nemmeno sembrato giusto lasciarlo sulle spine. D’altronde aveva il diritto di sapere, visto che era un diretto sottoposto di Lazard.

Sospirò rumorosamente: il sole cocente cominciava a darle fastidio, ma non si sentiva per nulla dell’umore per spalmarsi la protezione e stendersi a crogiolare.

Di fianco a lei, Zack stava con gli occhi fissi al cielo, la fronte corrugata, la mente lontana oltre l’oceano.

Cosa poteva fare? Lui non si sentiva per niente a suo agio lì, lo capiva perfettamente.

Solo… lei aveva fatto tanti programmi per quelle giornate, e sicuramente non avrebbero avuto una seconda occasione del genere. Stavano così poco assieme, tra un raid e l’altro, che alla prospettiva di condividere un riposo forzato si era fatta un mucchio di castelli in aria su cosa avrebbero fatto, di quanto si sarebbero divertiti e rinfrancati un minimo l’animo.

Ma era insopportabile vederlo in quello stato.

Cosa doveva fare?

Erano una coppia già da un po’, un po’ discussa sul lavoro, ma lo erano. E lei, era felice assieme a lui. Stavano bene.

Però, una relazione non poteva essere fatta solo di bei momenti idillici, e lei lo sapeva perfettamente. Ci sarebbero state anche situazioni difficili, in cui la loro storia sarebbe stata messa a dura prova. Casi in cui avrebbero dovuto dimostrare quanto fossero saldi i loro sentimenti, il rispetto reciproco.

La comprensione.

<< Torniamo a Midgar. >> sentenziò la Turk, dal nulla.

Non aveva senso restare lì, se lui non voleva. E lei sarebbe sempre stata al suo fianco.

<< Come? >> il SOLDIER si mise a sedere, pensando di non aver sentito bene.

<< Facciamo le valigie e prendiamo il primo traghetto che troviamo. >>

Si stava sacrificando per il suo bene, e vedeva già gli occhi Mako del suo fidanzato brillare di quella luce familiare, quella della speranza.

<< Grazie Cissnei! >> il ragazzo la abbracciò con vigore, affondando le grosse mani fra i capelli ramati << Ti amo! >> le schioccò poi un sonoro bacio sulle labbra, prendendole la mano.

Un po’ in effetti le pianse il cuore, per aver perduto quell’occasione, ma subito dopo pensò che vedere il suo sorriso accendergli nuovamente il volto, fosse una consolazione ben più che adeguata.


Note dell'autrice:

Questo frammento lo trovo particolarmente significativo. In ogni relazione bisognerebbe capirsi a vicenda e cercare di rendersi felici, magari

anche a discapito di sè stessi. E Cissnei ha mostrato una grande maturità qui <3

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Capitolo 6
*** [Memory number five] - Together, before the departure ***


[Memory number 5 ] – Together, before the departure


Era diventata una prassi ormai, uscire assieme prima della partenza per una missione. Che fosse della Turk o del SOLDIER, o di entrambi.

Quella sera però era speciale. Zack era stato assegnato ad una missione molto importante assieme a Sephiroth e non sapeva quanto sarebbe stato via. Sarebbero partiti per Nibelheim, un paese nei pressi di North Corel, dove si trovava un reattore Mako, a mattino inoltrato del giorno dopo.

Cissnei non potè nascondere al SOLDIER la sua preoccupazione: essere in coppia col SOLDIER più forte di tutti i tempi significava che la missione sarebbe stata decisamente pericolosa.

Lui, con uno dei suoi soliti ghigni da birbante, aveva fatto cadere il discorso, e presala per mano, l’aveva portata fuori dal grattacielo della Shin-Ra, ansioso di cominciare la serata in sua compagnia.

Erano andati a zonzo per un po’ nel centro di Midgar, guardando le vetrine dei negozi con tutti i loro colori e le luci psichedeliche, ridendo a crepapelle davanti a degli spettacoli improvvisati da alcuni attori girovaghi, mangiando fino a scoppiare.

E per di più era sabato sera, e i viali erano ancora più vivi e ricchi di divertimenti degli altri giorni.

In mezzo a quel carosello di suoni e figure, la ragazza venne però attirata da una piccola bancarella ai margini di Viale Loveless, un po’ in disparte, lontana dalle altre.

Era coperta da un tendalino bianco un po’ sdrucito, e il suo padrone era un uomo di mezza età dall’aspetto bonario e una lunga barba grigia. Ci si avvicinò, portando con sé uno Zack un po’ perplesso per quella stramba scelta.

Il vecchio signore vendeva piccoli oggetti fatti a mano quali statuette in legno, o soprammobili in vetro, quadretti caratteristici di paesaggi del Pianeta, e poi, esposti in una teca di plastica, alcuni piccoli gioielli fatti di pietre colorate e lucenti.

Cissnei pensò subito che fossero estremamente graziosi, e focalizzò la sua attenzione su di essi: in particolare, la colpì un ciondolo con tre pendagli. Un fiore, una spada e uno strano simbolo, tutti incastonati di pietre azzurre.

<< Mi scusi. >> disse, rivolgendosi pacatamente al vecchietto << Il simbolo di quel ciondolo per caso sa cosa significa? >>

Il signore sorrise gentilmente, felice che qualcuno gli avesse posto quella domanda, e rispose: << E’ un antico carattere in lingua Cetra e sta per “Coraggio”. O almeno, così si legge nelle leggende. >>

<< Lo trovo bellissimo. >> il gioiello mandava bagliori dalle mille sfaccettature, sembrava che volesse a tutti i costi farsi notare. << Ti somiglia, sai? >>

Zack si indicò con l’indice destro, dopo essersi guardato attorno per accertarsi che non stesse dicendo a qualcun altro: << A me? >>

<< Le pietre hanno lo stesso colore dei tuoi occhi, e i pendagli… ti rispecchiano. >>

Continuò ad osservarlo, rapita dai giochi di luce che le piccole pietre producevano a seconda del punto da cui le si osservava, ipnotizzata da quello splendore irreale eppure così familiare.

<< Ti piace eh, signorina? >> chiese il vecchio, ridacchiando << Te lo lascio per 400 guil. >>

Subito, la ragazza si voltò verso il suo fidanzato, sperando in un regalino fuori programma Così, avendo quel ciondolo, si sarebbe sentita come se il suo Zack fosse sempre stato al suo fianco.

Il SOLDIER si frugò le tasche per un po’, cercando il portafogli, ma quando lo aprì, la sua espressione delusa lasciò intendere che non aveva più il becco di un quattrino.

<< Temo di aver finito i soldi per stasera… >> commentò infine, riponendo il portafogli. << Mi dispiace amore, te l’avrei comprato… >>

<< Non preoccuparti ragazzo. >> il vecchietto fece un altro dei suoi sorrisi gentili, accentuando la tela di rughe che gli incorniciava il volto << Te la posso tenere da parte per la prossima volta. >>

<< Purtroppo però domani devo partire per lavoro… >> fece notare tristemente il giovane, cercando con gli occhi l’appoggio della sua amata, che in risposta, aggrottò le sopracciglia sconsolata.

<< … e non so dirle quando sarò di nuovo a Midgar. >>

<< Aspetterò. >> aprì i piccoli occhi incavati, mostrando l’iride verde smeraldo << Tanto sono sempre qui. >>

Cissnei fece un largo sorriso al suo ragazzo, facendo risplendere tutto il viso di gioia.

<< Allora, ti prometto una cosa Cissnei. >> Zack si schiarì la voce, dando teatralità alla scena << Ti prometto che quando sarò tornato, la prima cosa che farò sarà comprarti questo ciondolo. >>

Lei gli buttò le braccia al collo, stringendolo forte, affondando le mani fra i folti capelli neri.

<< Zack! Ti amo! >> erano giorni che non si sentiva così contenta. E l’amore che nutriva per il SOLDIER era come un toccasana per i suoi nervi provati dal lavoro.

Con un grande sorriso sulle labbra, ringraziò il vecchio artigiano, e afferrato il braccio del suo fidanzato, lo condusse alla fine del viale. Camminarono stretti l’uno all’altra per un po’ in silenzio, godendosi la confusione di musica e suoni che pian piano si faceva sempre più tenue, lontana, assieme alle luminarie giocose e all’odore di zucchero a velo.

Era stata una serata indimenticabile, perfetta, magica. Ma mancava qualcosa.

La piccola Turk si fermò, e sollevandosi sulla punta dei piedi, posò un lieve bacio sull’angolo della bocca di Zack, staccando le labbra lentamente, maliziosa.

Sapeva esattamente come concludere quell’uscita nel migliore dei modi. Si avvicinò all’orecchio del ragazzo e con tono suadente sussurrò:

<< Che ne dici di andare da me? >>

Note dell'autrice:

Personalmente, adoro questo frammento. E' così pieno d'amore che mi fa vomitare <3

Questi due sono proprio una coppietta pucciosa <3

(commenti random LOL)

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Capitolo 7
*** [Memory number six] - Moonlight call ***


[Memory number 6 ] – Moonlight call


<< Cissnei?>>

Pronunciò il suo nome con una nota gioiosa che le fece provare un’enorme soddisfazione per aver pensato di telefonargli.

<< Ciao Zack.>> lo salutò, rigirandosi nel suo piccolo letto << Come sta andando?>>

<< Non preoccuparti, è tutto sotto controllo qui. >> la rassicurò, con la sua voce calda e gentile.

<< Mi manchi, sai?>> si raggomitolò, stringendo fra le braccia il morbido cuscino bianco. Si sentiva decisamente sola da quando era partito.

<< Anche tu Cissnei…>> fece una piccola pausa << Andare in missione senza di te è triste… aggiungiamo che Nibelheim è uno dei posti più deprimenti che abbia mai visto…>> sospirò ampiamente, prima di aggiungere << Ti amo.>>

La piccola Turk ebbe un tuffo al cuore. Era da tanto che non lo sentiva pronunciare quelle parole, e ogni volta che lo faceva sentiva sempre un immenso calore bruciarle la pelle in ogni parte del corpo.

<< Tornerai presto, vero? >> gli chiese, desiderosa di sentire una risposta affermativa. Non vedeva l’ora di poterlo riabbracciare, ogni volta che venivano separati per missioni differenti era uno strazio: potevano telefonarsi, certo, ma non era ovviamente abbastanza.

<< Questo non lo so, dipende dai tempi, lo sai come vanno queste cose…>> rispose lui, un po’ rattristato dalle sue stesse parole << Tu aspettami, come al solito. >>

<< Mh. >> annuì lei, non proprio soddisfatta della risposta ricevuta. Però era così, lui non poteva farci nulla d’altronde. << Ti prego, fai attenzione.>> sussurrò infine, chiudendo gli occhi.

Non sapeva perché, ma da quando Zack si trovava a Nibelheim aveva avuto uno strano presentimento su quella missione. Sentiva che sarebbe successo qualcosa, e aveva paura.

Si fidava ovviamente delle capacità del suo ragazzo, l’aveva visto in azione diverse volte e se l’era sempre cavata egregiamente. Aveva la sensazione che stavolta sarebbe successo qualcosa di troppo grosso anche per lui.

<< Stai tranquilla, dai. So badare a me stesso. >> ridacchiò lui, scherzoso. Cercava di rasserenarla in qualche modo, di allentare la tensione che gli aveva trasmesso con quelle poche parole.

<< Tornerò sano e salvo fra le tue braccia. >>

Eppure, non si sentì affatto più tranquilla.

Note dell'autrice:

E qui, inizia la parte finale.

Chi conosce gli eventi di Crisis core e di FFVII sa di cosa sto parlando...

Zack, sei sempre così adorabile ed eroico ç_ç

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Capitolo 8
*** [Memory number seven] - Last meeting {Begging you to stay with me forever} ***


[ Memory number 7 ] Last meeting { Begging you to stay with me forever }


Smontò dalla moto dopo un quantitativo di ore non ben definito, i muscoli delle gambe e delle braccia indolenziti come non mai. Era stanchissima, ma la fatica di quel viaggio interminabile era stata subito surclassata dall’agitazione.

Secondo le informazioni che le erano state date poco prima, dovevano trovarsi dietro la rupe che le stava di fronte.

Dopo cinque anni di attesa insopportabile, avrebbe potuto rivederlo. Era ancora vivo.

Ogni giorno, per tutto quel tempo, aveva sperato di vederlo varcare la grande porta a vetri della Shin-Ra, col suo grande sorriso stampato sulle labbra, aveva sognato di baciarlo, di stringerlo fra le braccia, di stare ancora assieme.

Per mesi aveva atteso il suo ritorno: quel messaggio sul PHS, quello che ne annunciava la morte, sapeva che non poteva essere vero. E infatti aveva continuato ad avere fede nel suo ritorno, per tanto tempo.

Fino a quel giorno in cui, dal nulla, Tseng l’aveva chiamata nel suo ufficio. Era da qualche settimana che non veniva mandata in missione, e l’idea di distrarsi un po’ non le dispiaceva.

Quando aveva varcato la soglia della fredda stanza però, aveva sentito subito sulla pelle una sensazione strana. Tseng non aveva sollevato lo sguardo dal suo incarico nemmeno una volta, e il suo tono era stato diverso dal solito.

<< Cissnei, ho una missione per te. >>

Lei aveva annuito, in silenzio, impaurita da quella strana aura che permeava ogni cosa lì dentro.

<< Devi recarti a Nibelheim e trovare i fuggitivi Zack Fair e Cloud Strife. La Shin-Ra li sta cercando poiché importanti ai fini di alcuni studi. >> poi le aveva porto un mazzetto di chiavi scure, sollevandosi dalla sua larga poltrona. << Conto su di te. >>

Cissnei non capiva il perché di quell’atteggiamento, ma al sentire il nome dell’uomo che amava e che aveva atteso con ansia, di colpo non le era più importato un granchè di come Tseng le avesse offerto quell’occasione d’oro. Sì, perché l’aveva fatto di proposito. Almeno di quello era certa.

Senza esitare, era corsa ai parcheggi, il cuore in gola e pieno di aspettative.

Ed era lì, a qualche metro da lei, ora.

Deglutendo, fece qualche passo avanti, facendo scricchiolare un rametto secco sotto il peso dei suoi tacchi spessi. In meno di una frazione di secondo, si ritrovò ad un palmo dal naso la punta di qualcosa di pericolosamente affilato.

<< Cissnei? >>

La lama di metallo scese velocemente, lasciando intravedere il viso di uno Zack esterrefatto.

La spada gli cadde di mano, e per un momento si guardarono dritto negli occhi, come la prima volta che si erano incontrati.

<< Zack… >> sussurrò lei, avanzando lentamente verso il SOLDIER << … sei proprio tu. Sei vivo… >>

Sentiva il respiro farsi pesante, i battiti diventare irregolari, le mani tremare; voleva toccarlo, sentire che era davvero lì davanti ai suoi occhi, che non stava sognando.

Zack la raggiunse e le sfiorò piano una guancia, quasi avendo paura di un contatto che da troppo tempo gli era stato precluso. Lei poggiò la sua mano su quella del ragazzo, godendo di quel tocco familiare, e assaporandone ogni piccola sfumatura. Erano davvero assieme, finalmente.

All’unisono, si strinsero in un abbraccio serrato, bramosi ognuno del corpo dell’altro: Cissnei afferrò la stoffa del maglione sulla schiena affondando il viso nel petto muscoloso e sicuro di Zack, vi si aggrappò con tutte le forze che aveva in corpo, le lacrime che cominciavano a rigarle le guance.

<< Ti ho aspettato per così tanto tempo… >> sollevò lo sguardo per scrutare i lineamenti del SOLDIER: apparivano provati e induriti dal tempo e dalle fatiche, ma le trasmettevano sempre quel piacevole senso di serenità che tanto le era caro.

<< Mi dispiace, amore… è successo davvero un enorme casino… >> le baciò la fronte calda e imperlata di sudore << Siamo dei ricercati, vero? >>

Indicò con la coda dell’occhio verso la sua destra, dove Cissnei vide, poggiato al muro, il corpo inerme di un ragazzo vestito con la divisa da SOLDIER.

<< Lui deve essere il ragazzo che è scappato assieme a te…>> l’altro ricercato, Cloud Strife.

Zack annuì tristemente allentando un po’ la presa sulla vita stretta della giovane Turk.

<< Mi sei mancata da morire… >> sussurrò poi, sporgendosi per baciarla. Le loro labbra di incontrarono quasi timidamente all’inizio, per poi riprendere familiarità e sciogliersi in un bacio appassionato e nostalgico al tempo stesso, salato di lacrime e pregno di sofferenza.

Le loro lingue si districarono piano, dopo un apnea interminabile, e le loro bocche si divisero nuovamente, per poi rincontrarsi subito dopo, più volte, dolcemente, sfuggevoli.

Fu con non poca fatica che poi, dopo innumerevoli mordi e fuggi, alternati ad altri momenti di passione, infine i loro volti si allontanarono.

<< Perché sei qui? >> le chiese il giovane soldato, carezzandole i capelli dolcemente << E’ pericoloso, non avresti dovuto seguirci…>>

Cissnei non rispose, spostando un’altra volta lo sguardo sul piccolo Cloud.

<< Sta davvero male… ma che è successo? >> nonostante fosse adagiato contro la parete di pietra, la testa gli ciondolava da una parte, le mani erano abbandonate ai lati del corpo, e lo sguardo era spento, vitreo, senza vita.

<< Avvelenamento da Mako, e piuttosto serio. >> l’espressione di Zack mutò di colpo, diventando rabbiosa. Chissà cosa avevano dovuto sopportare…

<< E’ per colpa degli esperimenti, vero? >> era una domanda dalla risposta piuttosto ovvia, se ne rese conto subito dopo averla formulata.

Ma che cosa stava tramando la Shin-Ra? Cosa stava nascondendo?

D’un tratto, guardando il corpo immobile del soldato, provò una repulsione totale per sé stessa, per aver lavorato tanto tempo per quell’organizzazione che stava conducendo esperimenti terribili, che aveva fatto soffrire la persona più importante della sua vita.

Zack annuì mestamente.

Dopo qualche attimo di esitazione, Cissnei si allontanò di qualche passo e preso in mano il cellulare, digitò velocemente un numero a memoria.

<< Ehi, Cissnei, che fa…? >>

<< Tseng, gli obiettivi sono scappati. >> disse lei velocemente, chiudendo la chiamata subito dopo.

Si rimise il telefono in tasca, e si voltò verso il ragazzo che incredulo, la fissava a bocca aperta.

<< Cosa…? >>

<< Tseng mi aveva ordinato di riportarvi a Midgar. >> rispose lei, sovrastando la domanda flebile di Zack << Ma io… non voglio che torniate alla Shin-Ra. Ho appena mentito al mio capo, Zack. E’ come se avessi disertato. >>

Ora erano in due ad essere sconcertati. Cissnei sgranò gli occhi, sentì lo stomaco andare in subbuglio, tutto all’improvviso era sconosciuto.

Aveva appena voltato le spalle al suo passato, al suo lavoro, alla sua casa.

Il SOLDIER le si avvicinò, e le mise le mani sulle spalle, guardandola dritto negli occhi.

<< Cissnei, io… >>

<< E questo non è nemmeno il mio vero nome! >> le lacrime ricominciarono a sgorgare dagli occhi stanchi della ragazza, questa volta copiose << Zack, non so più chi sono… ho appena abbandonato… tutto ciò che mi ha tenuta in vita finora. >> scosse il capo più volte, gettando occhiate nervose da ogni parte, per poi soffermarsi infine sul viso dell’unica vera certezza rimanente a quel mondo << Mi sei rimasto solo tu ormai. >> allungò le mani verso di lui, poggiandole sulle sue guance incavate << Guarda. >> lo afferrò per un braccio, portandolo vicino al sidecar parcheggiato poco lontano << Ecco le chiavi. >> disse poi, mostrando il mazzetto che teneva fra le dita.

Zack lo prese, un po’ titubante e lo osservò, rigirandoselo fra le mani più volte. Sollevò poi lo sguardo incontrando quello della ragazza, arrossato dal pianto.

Seguì un silenzio piuttosto ambiguo, nervoso e pesante, e Cissnei percepì il disagio che Zack sentiva. Probabilmente non capiva quali fossero le sue vere intenzioni, il motivo di quel suo gesto.

Nemmeno lei era tanto sicura di ciò che stava per dire, ma non aveva alternative. Indietro, non si poteva tornare. C’era solo il futuro davanti a lei e sapeva benissimo con chi voleva incamminarsi verso di esso.

<< Portami con te. >>

Scandì quelle tre parole in modo limpido, quasi come se il cuore non le stesse scoppiando, cercando di trattenere le lacrime che già minacciavano di sgorgare una seconda volta.

<< Ti rendi conto di quello che…>>

<< Non m’importa di nulla! >> sbottò lei << Dovunque tu voglia andare… qualunque cosa tu voglia fare io… voglio stare al tuo fianco! >> si gettò fra le braccia del suo amato, afferrando la maglia all’altezza dei pettorali << Non m’importa di nulla… >>

<< Sai che non è possibile. >> sentenziò il giovane SOLDIER , poggiando le mani sui fianchi stretti della piccola ex- Turk e scostandola da sé con delicatezza.

<< Perché!? >> gridò lei, ora di nuovo in preda al pianto << Perché non è possibile!? >> battè i pugni sul petto scolpito del soldato, scuotendo la testa più volte.

<< Sarebbe troppo pericoloso, lo sai. Mi troveranno, prima o poi. >> dolcemente, le sollevò il viso bagnato ed arrossato << Non voglio che tu corra dei rischi per causa mia. >>

<< Sarei pronta ad affrontarli! >> esclamò Cissnei, gli occhi spalancati, stanchi, supplicanti.

<< Mi uccideranno! >> il tono e l’espressione di Zack mutarono di colpo, facendosi rabbiose. La ragazza non l’aveva mai visto così, e ne rimase un po’ impaurita: quel bagliore che tanto la tranquillizzava, ora sembrava bruciare, dando al suo sguardo un’aria minacciosa e sinistra.

<< E non dire frasi come “Morirei con te” o qualcosa del genere. >> le prese una mano ancora chiusa a pugno, e dopo avergliela aperta con decisione, vi pose sopra le chiavi che poco prima lei stessa gli aveva consegnato. << Scappa, prima che mi trovino. >>

<< Zack, no! >> insistette lei, ormai singhiozzando << Ti prego… >>

<< Cissnei, per favore… >>

<< Ti amo Zack… ti prego… >>

<< Scappa, Cissnei… >>

<< No… portami con te… >>

<< Cissnei… >>

<< Non sarò di nessun peso… quindi… >>

<< Vai via. >>

<< Zack, ti scongiu…>>

<< VAI VIA! >>

L’eco della voce di Zack continuò a risuonare per qualche secondo, martellando i timpani di Cissnei, perforandoli, insinuandosi nel suo cervello, continuando a rimbombare nella sua testa, come una melodia che, pur non piacendo, si ricorda perfettamente.

Indietreggiò di due passi, le gambe tremanti e deboli, che inesorabili, la trascinarono a terra poco dopo. Si ritrovò con le ginocchia al suolo, impolverata e sconvolta, incapace di muoversi, pensare, parlare.

Zack, pentitosi subito dopo per aver reagito a quel modo, contrasse il viso in una smorfia addolorata, e si passò una mano sul viso, sospirando pesantemente.

<< Cissnei, credimi… è per il tuo bene. >>

Lei non rispose, gli occhi fissi ai piedi del SOLDIER.

Piangeva, e non riusciva a smettere; tremava, continuamente, come una debole foglia stremata dalle intemperie. Si sentiva delusa, tradita, abbandonata. Sola.

Ora, lo era davvero.

<< … Io ti amo Cissnei. Davvero… >> si inginocchiò davanti a lei, portandosi alla sua altezza

<< … ti amerò sempre. Perdonami. >> allungò una mano incerta verso il suo viso impallidito, sfiorandole una guancia con il dorso ruvido della mano. Lei non si mosse, non reagì, continuò a guardare di fronte a lei, nel vuoto.

Era finita.

Lo era davvero. E lei non poteva far nulla per impedirlo.

Tutto era giunto ad una conclusione che mai avrebbe voluto.

Abbandonata in mezzo al nulla, con solo una vecchia moto come compagna.

Il mondo attorno cominciò a diventare buio, confuso, sconosciuto.

I suoni si affievolirono, i colori si spensero, l’aria diventò irrespirabile.

Lui si allontanò, trascinando con sé il ragazzo intossicato, dandole le spalle.

Tre ciondoli si infransero nella sua mente, assieme ad una dolce promessa.

Poi, più nulla.

Note dell'autrice:

Ci avviamo verso la fine, con questo ultimo frammento. manca solo l'epilogo.

Questo ricordo è tremendo: quando mi misi davanti al pc per scriverlo, una rabbia e una tristezza incredibile mi attanagliarono la gola.

Ho anche pianto mentre digitavo le lettere con una lentezza estenuante. Seriamente, non volevo scriverlo.

Ma ho dovuto farlo, la storia lo esigeva dopotutto.

Ringrazio tutti coloro che mi seguono per aver letto e compreso l'amore e la dedizione che ho profuso in questo progettino, 

e sono davvero felice per i commenti e i complimenti che ho ricevuto.

La soddisfazione più grande per me è sapere che il  mio lavoro viene apprezzato.

A presto, con l'ultimo capitolo <3

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Capitolo 9
*** [Epilogue] - Hating herself ***


[Epilogue] – Hating herself


Una bambina stava immobile, seduta sul marciapiede sconnesso della periferia di Midgar.

I suoi vestiti erano laceri, bruciacchiati. La sua pelle sporca di fuliggine e di sangue.

Sotto gli occhi, due righe più chiare le solcavano le guance. Doveva aver pianto molto.

Stava lì, senza far nulla. Tremava, forse per il freddo, forse per la paura di essere sola al mondo.

Sola, nella grande metropoli del Mako, seduta in mezzo ai topi che rosicchiavano la spazzatura fetida.

Era scalza, e teneva i piedini martoriati l’uno sopra l’altro, le ginocchia vicino al petto circondate dalle braccina esili e pallide.

Le macchine le sfrecciavano davanti, i passanti non si giravano nemmeno a guardarla.

E lei era lì, sotto i loro occhi. Ma trasparente come il vetro.

Lei non era più nessuno ormai. Non aveva più nulla.

Erano tutti morti. Bruciati.

Perché solo lei si era salvata? Perché la mamma, il papà, sua sorella invece no?

Le fiamme avrebbero dovuto divorare lei, non loro.

Perché solo lei era riuscita a scappare?

Si strinse ancora di più in quel tentativo di abbraccio, poggiando il viso lacero e bruciacchiato alle gambe magre e stanche.

Non era riuscita a fare nulla per loro.

Non aveva fatto nulla per aiutarli.

Aveva avuto troppa paura.

E ora si piangeva addosso, per aver perso la casa, la famiglia, l’identità.

Ed era solo colpa sua. Solo sua.

Ti odio.

Ti odio, sei una stupida ragazzina inutile.

Cosa ci fai al mondo?

Non sei nessuno.

Un uomo le si avvicinò. Aveva un abito nero e i capelli neri legati in una coda.

Aveva uno sguardo severo, ma non incuteva timore.

<< Stai bene? >> le aveva chiesto, scuotendola lievemente.

Chi sei?

Cosa è questa luce?

<< E’ tutto a posto ora, tranquilla. >>

Perché è tutto così luminoso ora?

<< Devi essere stremata per aver dormito così tanto… >>

Dormito così tanto? Cosa sta dicendo?

Io sono solo scappata dal settore 2…

<< Per fortuna stai riprendendo conoscenza… >>

Di chi è questa voce?

Dov’è l’uomo vestito di nero?

Dove mi trovo?


La ragazza aprì faticosamente gli occhi, infastiditi dalla luce del sole cocente. Si sentiva intorpidita e dolorante, la testa che girava.

Come era finita in quel posto? Un tizio sconosciuto la fissava, chiedendosi se stesse bene.

<< Ehi, come stai? >> un ragazzo dai capelli biondi a spazzola, visibilmente preoccupato, le porse un bicchiere d’acqua fresca, che lei non rifiutò.

Fece scendere il liquido giù per la gola, godendo della freschezza sulla gola riarsa.

Doveva essere svenuta nei dintorni di un qualche paesino disperso nel nulla. Ricordava di aver finito la benzina e di essersi disperata accanto alla sua moto…

Spalancò gli occhi, ricordandosi che sotto il sellino teneva la borsa con le poche cose che era riuscita a portarsi dietro.

<< Dov’è la moto? >> chiese, dopo aver bevuto l’ultimo sorso.

Il ragazzo sorrise, felice di vederla reagire : <>

La rossa annuì, e si mise a sedere sul letto. Accanto a lei, sul comodino c’era un vassoio con un po’ di pane e una scodella di minestra fumante. Sentì lo stomaco lamentarsi.

Da quanto non mangiava? Quanto tempo aveva passato su quella moto?

Quanto tempo era passato da quando…?

<< Ecco, queste sono le tue cose giusto? >> le chiese lui, poggiando sul letto il bagaglio che aveva trovato nella moto << Ah… non ho frugato! Giuro. >>

<< Non preoccuparti… >> sussurrò lei, sorridendo appena. Lui rispose al sorriso, sedendosi su di uno sgabello vicino al letto.

<< Da dove vieni? >> le chiese, incuriosito. << Non ti ho mai vista da queste parti. >>

<< Io… >> la ragazza esitò, prima di continuare <<… vengo da Nibelheim. >>

<< Non ci sono mai stato… >> osservò pensieroso << E come ti chiami? >>

<< Non lo so. Non so più chi sono. >> rispose immediatamente lei, atona.

Il giovane rimase interdetto per qualche secondo, poi riprese a parlare:

<< E cosa pensi di fare una volta che ti sarai rimessa in forze? >>

<< Andrò via. >> sentenziò mestamente, al pensiero di essere anch’essa una ricercata.

Calò il silenzio nella stanza, intercalato dal battere del vento sulle imposte di legno scuro.

Non era cambiato nulla allora.

Tutto era esattamente come dodici anni prima.

Era sola, non aveva più un posto dove tornare, una famiglia che l’avrebbe accolta con grandi sorrisi o con pacati cenni del capo. Non aveva più un’identità, un nome. Non era più nessuno.

Un’altra volta.


Non è cambiato nulla, eh?

Sei rimasta la solita ragazzina sporca e tremante di un tempo.



<< Irene. >> la voce della ragazza ruppe l’imbarazzante tensione fra i due << Puoi chiamarmi così.>>

Se era il suo destino quello di non avere un’identità, ne avrebbe avute quanti fossero stati i paesi, i villaggi, le città del Pianeta. Avrebbe viaggiato, e ogni volta sarebbe stata qualcun altro.


Ti odio.

Non sei nessuno.


Il biondo fece un largo sorriso e annuì con forza. Si sarebbe fermata lì per un po’.


Non sei nessuno.

Note dell'autrice:

Questa è la fic più lunga che abbia mai scritto finora ò.ò

Sono riuscita a postarla tutta, pezzo per pezzo, con tanto amore per questa coppia adorabile <3

L'epilogo è davvero triste, lo so ç_ç Perdonatemi.

Passiamo ai ringraziamenti <3

@the one wunged angel: oddio, sono commossa. I tuoi commenti mi hanno resa felice in alcune giornate un pò difficili, per questo arigatou gozaimasu <3

@nacchan: Grazie Gatto, che hai voluto leggere nonostante non conoscessi i personaggi e la storia vera <3 Sei troppo pucci

@Alister90: *_*  grazie mille per aver recensito, sono strafelice <3 E mi fa piacere che trovi i miei personaggi così IC <3

@Frances: <3 <3 I tuoi commenti sono sempre i migliori e quelli che mi rendono più felice (anche se per estorcerteli ci vuole tempo XD). Grazie mille mia cara, senza il tuo aiuto a quest'ora non saprei nemmeno come iniziare a scrivere fan fiction. Sei sempre fonte d'ispirazione per me e un modello da seguire <3 Ti adoro.

Ah, e sono molto contenta che tutti voi amiate questa frase:
"Si limitò a godere dell’acqua limpida delle sue iridi, la sentì quasi sgorgare e riversarsi dentro di lei, inondando tutto il suo corpo, placando la sete e l’arsura, riempiendo, travolgente, il suo cuore di un unico pensiero, di un unico volto.
Perchè la amo anche io <3
Alla prossima fic, e spero di ricevere altre belle recensioni!









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