La Teoria dell'Immutabilità

di Morea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Essere nella Cacca ***
Capitolo 3: *** Lettere, Paella e Malfoy ***
Capitolo 4: *** Abitudini e Rivincite ***
Capitolo 5: *** Tempi Vecchi, Tempi Nuovi ***
Capitolo 6: *** Boccini, Sedani e Urgenze ***
Capitolo 7: *** La Nottata Mondiale del Gufo ***
Capitolo 8: *** Churros e Nasi ***
Capitolo 9: *** Ospiti Indesiderati ed Indesiderate Bugie ***
Capitolo 10: *** Mai Opporsi ad un Cercatore ***
Capitolo 11: *** Odore di Quidditch, Odore di Noce ***
Capitolo 12: *** La Gloria è a Pagina Quattro ***
Capitolo 13: *** Quel Lunedì Piovoso ***
Capitolo 14: *** Gatti e Calderoni ***
Capitolo 15: *** Amortentia ***
Capitolo 16: *** Ragni e Pancakes ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Prologo










Che niente fosse immutabile e fisso, era una questione che chiunque, sano di mente, doveva necessariamente accettare.
Era - purtroppo - impossibile far attecchire la stessa consapevolezza nelle menti dei due personaggi più in vista di tutta Hogwarts.
Il Salvatore del Mondo Magico aveva impiegato un'eternità a constatare che la piccola, timida ed innocente Ginevra Molly Weasley era ormai diversa nei lineamenti, nelle forme e nello spirito, e, quando finalmente aveva realizzato quanto quella trasformazione fosse irreversibile, gli era servita l'euforia di una vittoria a Quidditch per esternare la gioia per quell'inattesa scoperta.
Ronald - The King - Weasley, dall'alto della sua varietà di sentimenti di un cucchiaino, era naturalmente immune alla percezione delle soavi sfumature della realtà che lo circondava, cosicchè nessuno si aspettava da lui niente di lontanamente simile all'accettazione più o meno volontaria di variazioni del suo ordine personale delle cose: nel suo mondo Harry Potter era forse l'unica costante, assieme al Quidditch - e quindi Harry - e al timore reverenziale nei confronti dei suoi fratelli - che avrebbe potuto emulare solo assomigliando ad Harry in tutto e per tutto.
A molti, memori delle loro litigate e delle intense battaglie di frecciate sagaci ed implacabili, era sembrato piuttosto strano che Ronald Bilius Weasley ed Hermione Jean Granger fossero fatti l'uno per l'altra, ma erano stati puntualmente smentiti dal loro affiatamento dell'ultimo biennio, che, agli occhi dei più maliziosi, andava molto oltre la complicità emotiva e psicologica. In realtà, i più maligni vociferavano addirittura che Ron compensasse il dislivello intellettuale tra lui e la sua compagna con memorabili prestazioni sessuali, al cui pensiero Lavanda Brown si mangiava freneticamente e rabbiosamente le mani.
Del resto, se la metà dei suddetti 'maligni' avesse parlato un po' meno a sproposito e con maggior cognizione di causa, ci sarebbero state meno leggende sul potenziale erotico del Re, e qualche spiegazione in più al ritorno ad Hogwarts dell'unica ragazza del Trio delle Meraviglie.

Quello era stato il primo duro colpo alla Teoria dell'Immutabilità di Ron ed Harry, perchè, se c'era una sola cosa che i tre davano per scontata, era che il Trio era indivisibile e destinato a grandi avventure fuori e dentro da Hogwarts. Se il destino di Harry James Potter era quello di diventare Auror honoris causa, senza il noioso e faticoso iter che passava attraverso M.A.G.O. e tirocinio, quello doveva necessariamente essere anche il destino dei suoi due degni compari, altrettanto meritevoli di un avviamento al lavoro più rapido del normale. Chi, del resto, avrebbe avuto da ridire sull'avanzamento di carriera di tre maghi che avevano per sette lunghi anni messo a repentaglio la propria vita in nome della salvezza del mondo magico? In effetti, nessuno.
Fu una sorpresa per parecchi, al Ministero, festeggiare con brindisi e banchetti l'assunzione immediata di uno solo dei tre eroi.
Se Harry aveva salutato l'affrancamento dai Dursley - ed il contemporaneo coronamento del sogno di una vita - senza alcuna riserva e, anzi, con immensa determinazione, non si poteva dire lo stesso di Ron ed Hermione.
Se Hermione aveva rifiutato senza indugio l'offerta di abbandonare Hogwarts senza prima completare il suo piano di studi - offerta sacrilega ed indegna di qualsiasi considerazione -, Ron aveva accarezzato a lungo la soave idea di non allontanarsi dall'ala protettiva di Harry Potter, rimanendogli accanto nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, ma aveva scelto di dare una mano dove c'era più bisogno di lui, e quindi di sostituire in qualche modo la ben più lieta presenza di Fred ai Tiri Vispi Weasley. Se George inizialmente aveva insistito perchè seguisse la sua ben più alta aspirazione, si era altrettanto velocemente arreso al volere dell'intera famiglia rosso fuoco, ed aveva accolto l'aiuto del fratello più bistrattato - secondo in derisioni solo a 'Perfetto' Percy - con somma gioia e gratitudine, che ritenne opportuno dimostrare accogliendo il nuovo collega con l'offerta di Pasticche Vomitose mascherate da ben più innocue Gelatine Tuttigusti+1.

In realtà, Harry Potter si rese conto ben presto di aver scelto l'occupazione più noiosa fra le tre.
I Mangiamorte sopravvissuti erano stati catturati e g
ià condannati alle pene che meritavano - e quasi nessuno aveva avuto il coraggio o la forza di ribellarsi - e non si registravano attività oscure di alcuna entità, se si escludevano scherzi più o meno di cattivo gusto a Babbani creduloni; sembrava che la sconfitta di Voldemort avesse azzerato l'intraprendenza di ogni sorta di malintenzionato e le pattuglie di Auror si limitavano ad essere convocate come forze dell'ordine per eventi sportivi e culturali di una certa rilevanza, o come scorte personali per personaggi eminenti del mondo magico. In definitiva, il Regno Unito, epurato da Voldemort, era una noia totale.
Al contrario, i Tiri Vispi Weasley registravano incassi da record, in un periodo dove l'unico bisogno dichiarato di ogni mago era quello di festeggiare per tornare alla vita. Chi aveva partecipato più o meno attivamente alla Guerra, chi aveva subito o meno perdite in famiglia o tra gli amici, si riuniva spontaneamente ed incontrollabilmente in luoghi pubblici e non, ed era altrettanto naturale unire i calici ed i boccali di Burrobirra in brindisi gioiosi ed assordanti, così come era già successo diciassette anni prima, ma in modo immensamente amplificato.
Ed a Hogwarts... a Hogwarts, come al solito, non ci si annoiava mai. Se Hermione pensava di rifugiarsi nella sua amata Biblioteca per soffocare la tristezza per il distacco dai suoi due più cari amici - tre, contando anche Ginny - si sbagliava come mai era successo nella sua avventurosa ed acculturata vita. Perchè neanche il permesso speciale scritto di pugno dalla Preside McGranitt che la autorizzava ad usufruire a proprio piacimento di ogni tomo del Reparto Proibito, neanche il ruolo di Caposcuola, che agognava sin dal suo primo anno nella Scuola di Magia e Stregoneria, nemmeno la possibilità di raccogliere il testimone che era stato prima di Harry e poi di Neville a capo dell'ES - associazione mantenuta in onore del vecchio Preside - erano gratificazioni che potevano anche lontanamente competere con il passatempo che si sarebbe scelta nel giro di pochi mesi.
Passatempo che non avrebbe potuto discostarsi maggiormente dalla Teoria dell'Immutabilità.

Oh, e certamente Harry e Ron non potevano in alcun modo biasimarla per quell'imperdonabile infrazione alla Legge di Vita che avevano scelto per sè.
Perchè erano stati proprio loro a coinvolgerla.
E proprio loro avevano posto le basi per una mutazione di proporzioni più che epiche.



***








Grazie a chi è arrivato fin qui. :)

Effebì

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Capitolo 2
*** Essere nella Cacca ***


primocapitolo


Essere nella Cacca



A Valaus, per la sua Frustata.






Quando Barnabus Cuffe, noto Editore de La Gazzetta del Profeta, irruppe al Ministero della Magia con l'espressione più irrequieta e disperata dell'intero mondo magico, tutti coloro che si trovavano a passeggiare in quell'esatto momento nella hall strabuzzarono gli occhi, increduli. Doveva essere successo qualcosa di terribile ed impronosticabile, se il Direttore della Voce più autorevole di tutto il Regno Unito era talmente distrutto da aver perso tutto il decoro che si confaceva alla sua persona.
Quando poi varcò le griglie dorate dell'ascensore strapieno, dovette convivere fino al Primo Livello con un fastidioso formicolio alla base della nuca, innegabile conseguenza delle decine di sguardi che vertevano esattamente su di lui.
La metà dei maghi lì presenti dimenticò di uscire dall'ascensore al piano giusto, troppo curiosa di scoprire a cosa fosse dovuta quella disperazione in un periodo così lieto, l'altra metà venne colpita dagli svolazzanti promemoria interuffici mentre si alzava sulla punta dei piedi per scorgere meglio ogni singolo muscolo facciale appartenente all'angosciata figura del Signor Cuffe.
Barnabus Cuffe, nel frattempo, continuava a tirarsi nervosamente su le maniche di camicia, ad aggiustarsi il gilet sulle spalle, ed a rigirarsi il sigaro tra le labbra: i suoi abiti Babbani erano quantomai fuoriluogo al Ministero, ma, dopotutto 'io non ho tempo per le formalità, merda, dopotutto io sono uno che lavora, merda, quanto ci mette quest'ascensore?, merda, sto perdendo solo tempo, come se il Ministro potesse poi risolvere il mio problema, merda, spero solo di non essere venuto qui per non ottenere niente, merda!'.
Kingsley Shacklebolt poteva comunque ritenersi abbastanza fortunato, finchè l'intercalare preferito da Cuffe rimaneva semplicemente 'merda'. Chi lo conosceva o lavorava a stretto contatto con lui, sapeva quanto potessero essere presagi di sfuriate epiche imprecazioni come 'cazzo', 'porca puttana', e L'Imprecazione per eccellenza, appresa durante un viaggio di lavoro in Italia. Sì, perchè quando Barnabus Cuffe esclamava 'maremma maiala' con un accento che avrebbe fatto sbellicare dalle risate qualunque abitante della florida Toscana, chiunque gli fosse vicino sbiancava e cominciava ad augurarsi la morte, prima che essa avvenisse a causa di traumi cranici ed emorragie interne causate dal lancio improprio di qualsiasi oggetto potesse trovarsi sulla scrivania del Direttore. Ed erano rare le occasioni in cui sulla scrivania c'erano solamente pergamene o portapiume, perchè Barnabus Cuffe non si portava il lavoro a casa, ma la casa al lavoro. I suoi giornalisti più bistrattati ricordavano di essersi visti piombare addosso bollitori in rame, calderoni in peltro e persino uno sfrullatore di cui Cuffe si era appropriato durante un'intervista sotto mentite spoglie a dei Babbani aggrediti da una veletisione che invece di proiettare immagini, aveva proiettato i personaggi di quelle immagini nel salotto della tranquilla Famiglia Stone. Famiglia Stone che, incautamente, quella sera stava guardando un racconto di mostri, e che dopo l'Oblivion di Cuffe non ricordò più nè la trama del racconto, nè l'aggressione, nè di aver mai posseduto uno sfrullatore, che adesso giaceva inutilizzato tra pile di fogli e plichi di relazioni, in quanto quella coda lunga che terminava con tre punte doveva forse essere infilata da qualche parte, perchè non c'era verso di farlo funzionare.
Primo Livello. Ufficio del Ministro della Magia. Uffici del Personale di Supporto.
Barnabus Cuffe uscì dall'ascensore continuando ad imprecare qualcosa di simile a 'proprio al Primo Livello doveva stare, merda, ho dovuto sorbirmi tutte, tutte!, le fermate dell'ascensore, lento, lentissimo, straziante, come se non avessi niente da fare, merda!'.
- Signor Cuffe, la prego di aspettare...
Barnabus Cuffe non guardò neppure in viso la fonte di tanto fastidio. Sapeva solo che aveva una voce femminile e che, dunque, era stupida.
- Aspettare? Aspettare?! Lo sa che ore sono? 
- Sì, Signor Cuffe, ma il Ministro... 
Oltre che stupida, era anche insistente.
- Ditegli di muoversi, merda, mi aspettano per lo speciale sugli allenamenti del Puddlemere United, poi devo intervistare l'autrice di Belle. Come Diventarlo, e recarmi alla Gringott per... 
- Non mi interessa cosa deve fare dopo, cazzo!
Barnabus Cuffe sollevò la testa, decidendosi a guardare negli occhi quell'indegna sottospecie di donna che aveva osato rivolgersi a lui con quel tono, e che - soprattutto - aveva usato un termine che nella sua Scala di Improperi, era più volgare del suo, e, come tale, impossibile da usare prima che lui facesse lo stesso.
- Prego? 
La guardò con disgusto.
- Ho detto che non ho tempo da perdere per ascoltare i suoi impegni, che non mi paiono certo densi di significato. Adesso lei si siede composto, ed aspetta che il Ministro Shacklebolt abbia terminato la sua riunione... 
- Ma...? 
- Niente 'ma', porca puttana! 
In quell'esatto momento, mentre la segretaria personale di Kingsley Shacklebolt si voltava per fare ritorno alla sua scrivania, Barnabus Cuffe decise che l'avrebbe sposata.

***


- Ti rendi conto, Hermione? 
- Sì, Ginny. 
- Oh no, ma tu non puoi rendertene conto. 
- Okay, non me ne rendo conto. 
- Hermione, ma mi stai ascoltando? 
- Ginny, è da un'ora che non fai altro che parlare di Quidditch, come puoi pretendere che io ti stia ancora ascoltando? 
- Beh, ora mi ascoltavi, o non mi avresti risposto. 
Ginny Weasley si lasciò cadere sul divano della Sala Comune, con lo sguardo sognante rivolto al soffitto.
- Hermione? 
L'interpellata sospirò, rinunciando ad allontanarsi da lì, e cominciando a sparpagliare libri e pergamene sul tappeto di fronte al focolare.
- Sono qui. 
La testa di Ginny fece capolino da dietro il divano, mimetizzandosi quasi perfettamente con la stoffa vermiglia che lo ricopriva.
- Secondo te, io sono brava abbastanza? Voglio dire... Osservatori! 
Hermione sospirò. Da quando la sera precedente, al Banchetto di inizio anno, Minerva McGranitt aveva parlato del Torneo Trescope di Quidditch, a Hogwarts non si parlava d'altro. Hogwarts, Beauxbatons e Durmstrang avevano deciso di comune accordo di indire un Torneo di Quidditch che avrebbe avuto lo scopo di ricostruire i rapporti tra maghi, parzialmente, se non del tutto, perduti durante la Guerra, e, visto che il Torneo Tremaghi recava ricordi ancora troppo dolorosi ed indesiderati, si era optato per trasferire la Sfida su un piano prettamente sportivo. Quidditch, in poche parole. E la novità era che ci sarebbero stati Osservatori di alcune importanti squadre europee, nascosti sugli spalti, e che, quindi, tutti i partecipanti avrebbero dovuto dare sempre il massimo, se miravano ad un futuro nel dorato mondo dello sport magico più amato.
- Ginny, sai che non ci capisco niente di Quidditch, ma mi sembri brava, sì. 
Ma Ginny non la ascoltava già più.
- Certo, non ci saranno Osservatori delle Pride of Portree, sono solo madre e figlie lì, no, no... magari ci saranno Osservatori dei Chudley Cannons? Non vincono da un secolo, però... 
- Ginny? 
- Servirebbe a nulla dirti che dovremmo fare il tema di Pozioni? 
- No, Hermione, non credo. 
- Beh, io invece voglio farlo subito. Devo rinunciare al sogno illusorio di vederti comparire in Biblioteca, armata di piume e pergamene? 
- Sì, Hermione, credo di sì. 
La Caposcuola infilò un libro e delle pergamene nella propria borsa di pelle, dopodichè si avvicinò all'uscita del dormitorio. Quando era ormai vicinissima al ritratto della Signora Grassa, un urlo la fece voltare.
- Ferma! 
- Cosa c'è, Ginny? 
- Oh, Hermione, mi ero scordata che frequentiamo lo stesso anno, sai com'è, il Quidditch, le Wimbourne Wasps... 
- Non ricominciare! E, sopratutto, non mi ricordare che frequentiamo lo stesso anno... mi sento... bocciata. 
- Il giorno in cui Hermione Granger sarà rimandata in qualche materia, io entrerò nella Nazionale inglese di Qu... 
- No! 
- Okay, scusa Hermione, non parlerò più di quello, ma aspettami. 
- Perchè quest'improvvisa voglia di fare i compiti? - chiese, accigliata.
Mentre un'espressione forzatamente angelica compariva sul volto di Ginny, Hermione capì immediatamente perchè anche lei faceva Weasley di cognome, perchè anche lei aveva i capelli rossi, e perchè anche lei aveva quell'insopportabile ascendente su di lei e sulla sua pazienza.
- Non ti farò il tema, Weasley. 
- Ma non mi negherai un aiutino! - esclamò Ginny, raggiante, mentre insieme varcavano il buco del ritratto.

***


In quel preciso istante, Harry Potter sbuffò per la trentaquattresima volta.
Il conto dei sospiri era stato tenuto con cura maniacale da Percival Ignatius Weasley, temporaneamente trasferito nel suo ufficio, dato che parte del Quinto Livello era chiusa per ristrutturazione. Del resto, l'
Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia poteva permettersi dei giorni di ferie, data l'apatia che permeava i delinquenti di ogni sorta. I suoi ultimi interventi, tutti al limite del ridicolo, riguardavano maghi che avevano dimenticato di non esplodere di gioia di fronte a Babbani perplessi, facendo sprizzare scintille - o fuochi d'artificio - dalle bacchette, ed andando in giro con mantelli svolazzanti e variopinti. Roba da richiamo, multa di qualche galeone, e banale Oblivion sui Babbani coinvolti. Roba noiosa per chi faceva dell'applicazione delle regole il suo Credo, e si ritrovava ad esercitare la propria autorità su innocui maghi iperattivi.
Il trentacinquesimo sbuffo arrivò insieme ad un pugno sul tavolo.
- Niente, niente, niente! 
Percy alzò un sopracciglio, incerto se parlare o meno.
- Dovremmo esserne felici, Harry. 
- Oh, ma io sono felice, Percy! - esclamò un po' troppo in fretta, con l'effetto di risultare poco credibile.
- Ti capisco, sai, il nostro lavoro è noioso, in certi casi, ma far rispettare la legge deve essere nostro dovere soprattutto in questi periodi, dove abbassare la guardia può risultare fatale! 
- Fatale? Fatale?! Percy, nessuno ruba neppure uno zellino! 
Percy dissimulò una risatina dietro un esagerato colpo di tosse.
- Ti ho sentito, Percy. Cosa c'è da ridere? 
La sorpresa per l'essere stato scoperto causò a Percy un'autentica scarica di colpi di tosse, che rischiò di strozzarlo.
- Ora capisco perchè ti hanno messo a capo degli Auror, non ti si può nascondere niente, sei proprio, ehm, bravo, sai? 
- Le tue moine e i tuoi complimenti potevano essere utili con Caramell, ma non illuderti di fare lo stesso con me! Non cambiare discorso... 
Percy sbiancò, messo con le spalle al muro.
- Mi chiedevo se... il tuo malumore c'entra qualcosa con il Torneo Trescope. 
Harry Potter gli lanciò un'occhiata assassina, poi sbattè di nuovo il pugno sul tavolo, ed infine spezzò la prima piuma che gli capitò a tiro. Poi, per non passare direttamente dal Ministero ad Azkaban per aggressione od omicidio, optò per la cosa più innocua che sarebbe riuscito a fare in quel momento.
Il trentaseiesimo sbuffo.

***


- Prego, signorina De Torres, faccia entrare il signor Cuffe. 
La profonda voce, pacata fino alla noia, di Kingsley Shacklebolt riecheggiò nell'anticamera del suo ufficio, mentre un brusco cenno della testa della signorina De Torres indicò a Barnabus Cuffe il corridoio alla sua destra.
- De Torres? Sangre caliente? - borbottò il Direttore della Gazzetta del Profeta, alzandosi.
Lo spesso sopracciglio nero della segretaria si mosse impercettibilmente, stizzito come la proprietaria.
- Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina De Torres, un'altra parola sul mio sangre, e sarà il suo ad insozzare il pavimento. 
Barnabus Cuffe si grattò la testa. Chiunque avesse battezzato quella donna, l'aveva fatto spudoratamente a caso.
Candida quando la sua pelle era abbronzata ed i suoi vestiti scuri.
Flor quando la sua bocca ospitava una loquela per niente femminile e delicata.
Paciencia quando la sua pazienza l'aveva persa nel giro di due minuti e ventiquattro secondi dall'entrata di Barnabus nel suo territorio.
Dulcinea quando era dolce quanto una Manticora.
Fermina... Fermina sì, poteva andare. Aveva la fermezza e la determinazione di cento Harry Potter. O, peggio, di cento Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato.
Si congedò con un cenno della mano, che venne puntualmente ignorato da Candida eccetera eccetera.
- Signor Cuffe, il suo scambio di opinioni con la mia assistente è giunto fino alle orecchie mie e di tutti coloro che erano in quest'ufficio. 
Barnabus distolse lo sguardo dalla burrosa figura della signorina De Torres, voltandosi verso Kingsley Shacklebolt, che lo attendeva alla sua scrivania con un serafico sorriso dipinto sul volto. Si chiese come facesse a rimanere calmo con un'arpia del genere nelle vicinanze.
- Sa, Barnabus, di solito la signorina De Torres si comporta in maniera civile con i miei ospiti, ma, se provocata, tende a non rispondere più dei suoi comportamenti. 
- Avevo solo un po' fretta. 
- Oh, Candida odia la fretta. Dice che rovina qualsiasi buon lavoro. Deve essere per questo che l'hanno chiamata anche Paciencia. 
'Oh sì deve essere solo per questo', pensò silenziosamente l'Editore.
- Adesso arriviamo al dunque, per favore. 
Barnabus Cuffe si ricordò improvvisamente del perchè fosse lì, e l'agitazione si impossessò nuovamente di lui.
- Siamo nella merda! 

***



Hermione impiegò poco più di un'ora per scrivere un tema di due metri - a calligrafia ovviamente minutissima - mentre Ginny investì lo stesso tempo nel redarre una lettera per il suo Auror preferito. In quella lettera, che Hermione aveva sbirciato di tanto in tanto con aria di disapprovazione, Quidditch e Trescope erano le espressioni più ricorrenti, insieme a è un sogno! e ti rendi conto?.
- Harry non ne sarà molto felice - si limitò ad osservare.
Ginny scrollò le spalle.
- Io gliel'avevo detto di tornare ad Hogwarts, e invece no, il signor Io-Faccio-Tutto-Di-Testa-Mia è voluto diventare Auror subito, quando era chiaro che in un momento simile, anche le lezioni di Storia della Magia sarebbero state più emozionanti di un posto al Ministero. Per cui, mi pare più che lecito farlo morire di invidia. 
- Certe volte mi chiedo perchè tu non sia finita a Serpeverde, Ginny. 
- Perchè avevo i capelli troppo rossi. 
- Beh, il cognome non è poi così discriminante, guarda le sorelle Patil... 
- Oh, non mi riferivo a quello. Dicevo solo che i colori di Grifondoro sono gli unici che si intonano ai miei capelli. 
Hermione si rifiutò di replicare, aprendo il libro di Aritmanzia ad una pagina a caso e cominciando a leggere.
- Tu non scrivi a mio fratello, Hermione? 
La Caposcuola girò la pagina con un po' troppa foga, strappandola.
- Reparo - mormorò Ginny, e la pagina tornò intatta.
- Grazie.
Trascorsero altri secondi silenzio, prima che Ginny si decidesse ad interromperlo di nuovo.
- Beh? Hermione puoi dirmelo... non voglio abbastanza bene a mio fratello da non vedere ogni suo singolo difetto... 
- Ginny! 
- Oh, io gli voglio tanto bene, il problema è che lui ha difetti altrettanto enormi. 
- Non è qualcosa che ha fatto o detto... 
Ginny tese l'orecchio, interessata, ma Hermione si interruppe quasi subito; Madama Pince era in agguato dietro lo scaffale.
- Andiamo fuori.
- Ma Ginny, il tuo tema! - esclamò Hermione, sconvolta dall'indolenza della compagna.
- Il tema è per lunedì prossimo, e tu sei di sicuro l'unica ad averlo già fatto, Hermione. Muoviti! 
Ed Hermione la seguì riluttante, mentre con un rapido gesto della bacchetta appellava tutto il materiale rimasto sparpagliato sui tavoli. Era giunto decisamente il momento di parlare del suo problema con qualcuno.

***



Percival Ignatius Weasley continuava imperterrito a riordinare relazioni e documenti.
All'inizio aveva optato per un'ordinazione per data di redazione dei suddetti, poi aveva provato a dividerli secondo la loro rilevanza, ed infine aveva ripiegato su un banale, e per questo disapprovato, ordine alfabetico. Il suo sogno di apparire tra le Figurine delle Cioccorane in quanto Inventore del Miglior Metodo di Catalogazione di Documenti Ministeriali si era dunque infranto in quell'opaco primo lunedì di settembre, sconfitto dalla regolarità e dall'imperturbabilità della lingua inglese.
Anche lui, dunque, decise di contribuire al ricircolo dell'aria, regalando all'etere il suo primo sospiro della giornata, che fece eco al cinquantottesimo sbuffo di Harry Potter.
Harry Potter che non aveva ancora riaperto bocca da quando erano state pronunciate le due parole che odiava più al mondo, perlomeno in quella circostanza.
Torneo.
Trescope.
Il silenzio di tomba che regnava in quell'Ufficio del Secondo Livello, che solo respiri più rumorosi di altri e voci lontane provenienti da remote stanze del Ministero avevano osato rompere fino ad allora, venne improvvisamente scosso da un gufo grigio e spennacchiato, che aveva deciso di concludere in bellezza il proprio volo sbattendo violentemente contro la finestra, ovviamente chiusa.
- Non avete mai avuto un grande gusto in fatto di Gufi, voi Weasley - mormorò Harry mentre si avvicinava al luogo dell'impatto.
- Non è nostro, quel Gufo. 
- Lo so, ma questa lettera è chiaramente di tua sorella. 
Porse una ciotola d'acqua al pennuto sofferente, dopodichè mostrò a Percy una busta imbrattata con cuoricini e manici di scopa.
- Di tanto in tanto, riconosco ancora la Ginevra che ti ha attribuito occhi verdi e lucenti di rospo in salamoia. 
- Certe tendenze al romanticismo sono difficili da perdere. 
Nel dubbio che i disegni sulla busta anticipassero qualcosa sul suo contenuto, Percy decise saggiamente di allontanarsi da quell'Ufficio, adducendo come scusa la curiosità per l'avanzamento dei lavori al Quinto Livello. In realtà, sapeva benissimo che quella parte del Ministero era al momento inagibile, quindi decise di spostarsi nella stanza del Direttore dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, ovvero suo padre, neopromosso a tale ruolo.
- Percy! A cosa devo la tua presenza qui? - esclamò Arthur Weasley, raggiante e, anche lui, senza troppi impegni a cui dedicarsi.
- A tua figlia. 
- Cos'è successo alla mia bambina? 
- Oh, alla tua bambina non è successo niente, ma... shhhh! Ascolta. 
Un urlo di rabbia oltrepassò come se niente fosse le pareti di otto uffici diversi, e per qualche strano motivo, arrivò alle orecchie di padre e figlio addirittura amplificato.
- Era Harry, quello? - chiese Arthur, titubante.
- No, era il più giovane cercatore di Grifondoro da più di cento anni che non può partecipare al Torneo Trescope perchè ha scelto di ritirarsi in un Ufficio dove non ha niente da fare. 
Arthur alzò gli occhi al cielo.
- E Ginevra non ha perso tempo per farglielo notare... 
- Immagino di sì - convenne Percy - Spero solo che non abbia rimarcato anche un altro fatto. 
- E ciòè? 
- Che l'unico Cercatore al suo livello al momento presente ad Hogwarts è Draco Malfoy. 
- Conoscendo Ginny, credo che gliel'abbia anche sottolineato - mormorò Arthur, sospirando.


***






NOTE:


- Barnabus Cuffe è un personaggio menzionato dalla Rowling come membro del Lumaclub di Lumacorno, ma il suo carattere, le sue parole e le sue esperienze personali sono roba mia, in quanto non credo che nei libri sia stato specificato niente al suo riguardo, a parte il suo ruolo come Editore della Gazzetta del Profeta.
- Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres è invece un personaggio fuoriuscito dalla mia mente malata, come omaggio spassionato all'altrettanto ' fine ed aggraziato ' Fermin Romero de Torres, personaggio de L'Ombra del Vento di Zafon, che io adoro.
- Le scelte di vita del Trio, e il lavoro al Ministero di Arthur Weasley, sono - per ora - quelle decise per loro dalla Rowling, mentre Ginny non è ancora una giocatrice delle Holyhead Harpies, ma - immagino sia chiaro - lo diventerà alla fine dell'anno.
- Ho deciso per Percy Weasley un'altra mansione al Ministero, e doveva essere per forza qualcosa di relativo alla suprema Legge, conoscendolo.
- Gli occhi verdi e lucenti di rospo in salamoia sono un verso della sublime Valentina di Ginny per Harry, in Harry Potter e la Camera dei Segreti.







Effebì
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Capitolo 3
*** Lettere, Paella e Malfoy ***


cap2


Lettere, Paella e Malfoy





Ronald Weasley non era mai stato molto sicuro di sè.
Non aveva mai disposto di grandi ricchezze - nemmeno di piccole, a dire il vero -, era sempre stato oscurato dalla popolarità dei fratelli maggiori e da quella, inevitabile, di Harry Potter, e non aveva mai mostrato particolare attitudine per niente di diverso dagli scacchi magici. Poi, era arrivata lei.
Lei con la sua saccenza, con i suoi dentoni, e con i suoi capelli crespi.
Si era ritrovato chissà come ad amarla, di un amore passionale, scoperto in un momento in cui ad essere incerto non era più solamente lui, ma l'intero mondo magico, si era ritrovato ad attaccarsi a lei in maniera quasi morbosa, quando la paura di perderla si sovrapponeva al terrore di veder sparire tutto ciò in cui credeva e per cui voleva vivere. Non era mai apparso molto sensibile agli occhi degli altri, ma appariva sensibile ai suoi. Agli occhi di chi voleva in ogni modo possibile trovare in lui il fidanzato ideale, la spalla su cui piangere, la bacchetta su cui fare affidamento. Forse, ora che la Guerra era finita, erano venute contemporaneamente a mancare tutte quelle circostanze che li avevano tenuti uniti fino ad allora. L'ebbrezza del pericolo, le attese colme di incertezza, il timore dello scontro causavano emozioni talmente forti da essere scambiate facilmente per qualcos'altro. E su chi poteva fare affidamento il Trio delle Meraviglie, se non su se stesso?
E così, Ron aveva silenziosamente combattuto per Hermione, mentre Harry aveva ripiegato su una proiezione di tutto ciò che amava: i capelli rossi di Ron, i capelli rossi di sua madre, i capelli rossi di Ginny.
Tutto sembrava quindi perfetto. Potter, Weasley e Granger. Che fossero in quattro e non più in tre, non importava, perchè i nomi erano sempre quelli.
Poi, a Ron era crollato il mondo addosso, quando dopo gli anni di terrore e paura, di sfiducia ed avventura, si era ritrovato a guardare Hermione con gli occhi di un innamorato tranquillo.
E per la prima volta si era reso conto che Hermione non era più lei.
Lei saccente lo era un po' meno, lei ora aveva denti rimpiccioliti magicamente, lei adesso provava almeno a domare quei capelli.
Quando in una calda giornata d'agosto l'aveva beccata alle prese con Unguenti Liscianti e Lozioni Splendenti, aveva finalmente scoperto cos'era cambiato in Hermione negli ultimi tempi. E per la prima volta, gli era sembrata una donna.
Non che Hermione gliel'avesse mai tenuto nascosto, concendogli l'onore - e l'onere - del dono della sua illibatezza, ma, dopotutto, per Ronald Weasley, accettare certi cambiamenti era una difficoltà insormontabile, come poteva essere complicato mettersi a dieta, non giocare a Quidditch o vedere in un qualsiasi essere di genere femminile anche impercettibilmente diverso da Fleur Delacour un qualcosa in possesso di tette, gambe affusolate e ciglia ammalianti. Hermione aveva imparato a sopportare la sua infatuazione per la cognata attribuendola alle proprietà del suo sangue Veela, ma nutriva ancora l'illusoria speranza di sentirsi rivolgere un complimento o uno sguardo colmo di ammirazione come quelli tributati regolarmente alla Regina di Beauxbatons.
E Ron Weasley, ovviamente, non si era mai accorto del desiderio implicito e recondito della ragazza che amava.
O che credeva di amare.

Se non scrivi immediatamente ad Hermione, ti giuro che troverò il modo di allegare alla mia prossima lettera una Fattura Orcovolante.

Certe missive non avevano bisogno di essere firmate, per rivelare chi ne fosse il mittente.
Nel retrobottega di Tiri Vispi Weasley, Ron si grattò la testa, chiedendosi il motivo di tanto accanimento nei suoi confronti.
Quando credette di averlo intuito, mentre ringraziava mentalmente l'inventore della Fattura Orcovolante per aver reso indispensabile il contatto visivo per la buona riuscita della maledizione, il minaccioso volto di Ginevra Molly Weasley cominciò a delinearsi chiaramente nella sua mente, assumendo le grottesche caratteristiche di un boia assetato di sangue.

***


In bocca al lupo.
H.

Ginny sghignazzò per dieci minuti buoni dopo aver ricevuto quel messaggio - perchè chiamarlo 'lettera' era un insulto a qualsiasi epistola scritta dalle mani più disparate nel corso dei secoli.
Erano passati cinque giorni da quando aveva spedito la famosa lettera ad Harry, e, dopo quei cinque lunghi giorni, le uniche parole non offensive che la mente del Bambino Sopravvissuto era riuscito a partorire svettavano secche ed acide su una pergamena ingiallita e stropicciata. Un augurio che sapeva di minaccia, un concentrato di rabbia ed invidia, coronato da quell'iniziale perentoria che significava chiaramente 'riprovati a parlarmi del Torneo Trescope e puoi scordarti il mio nome ed il mio indirizzo'.
La rossa pensò di farsi due risate con Hermione riguardo a quella missiva, ma si rese presto conto che mostrarle una lettera, quando lei non riceveva neppure un pezzo di carta ridotto a brandelli come segno di interesse da parte di quell'idiota, poteva forse essere indice di superficialità e cattiveria da parte sua. Così appallottolò e mise in tasca quell'indimenticabile segno d'affetto del suo fidanzato, avvicinandosi all'amica.
- Caposcuola Granger, hai dimenticato di lisciare questa ciocca - asserì, prima di prendere un po' di Unguento tra le dita e passarlo sul gruppetto di capelli ribelli e trascurati.
- Oh grazie, Ginevra. 
Ginny storse un sopracciglio. - Sembri mia madre. 
- Okay, Ginny. 
- Adesso va meglio. Ti ha... ehm...? 
- No, non mi ha scritto - rispose secca Hermione, mentre Ginny si appuntava mentalmente di redarre al più presto una Strillettera coi fiocchi, ancora più epica delle altre tre che aveva già inviato a Ron negli ultimi tre giorni.
- E tu...? 
- Nemmeno. 
- Bene. 
Ginny fece per tornare in Sala Comune, ma Hermione la fermò.
- Ginny... tu credi che dovremmo farla finita? 
- Sì. 
- Sì e... basta? 
- Hermione, per certe cose non esistono mezze misure. Quindi, sì, e basta. E poi mio fratello è talmente tonto che riesce a comprendere solo cose, come dire, evidenti. Non ti perdere in tanti discorsi con lui, o alla fine ti chiederà di fargli riassunto e parafrasi. 
- Ma... 
- Ricordi cosa mi hai detto lunedì, Hermione? Hai parlato per due ore di problemi. Due ore di problemi e cinque minuti di 'salviamo il salvabile'. Decisamente, basta. 
Basta, ripetè silenziosamente Hermione.
Basta.
Forse ripeterlo l'avrebbe in qualche modo concretizzato.
- Basta - mormorò, questa volta dando una vera voce ai suoi pensieri.
- Così mi piaci, Caposcuola Granger. Adesso muoviti, Mielandia ci attende! 
Era sabato mattina, era una bella giornata, e sarebbero andate ad Hogsmeade.
Niente poteva turbare la loro tranquillità.
Niente, ripetè silenziosamente Hermione.
Niente.
- Niente. 
Ginny aggrottò le sopracciglia. - Eh? 
- Niente. 
Ginny accettò senza altre domande quella dichiarazione di intenti incomprensibile.
Niente.
Dopotutto le piaceva quella parola. Sembrava scevra da guai.
Sembrava.

***


- Dobbiamo scoprire cosa sta succedendo, Percy. 
In quei giorni, Harry Potter si era dimostrato poche volte risoluto come in quel momento.
La prima volta in cui aveva dimostrato una simile determinazione risaliva a tre giorni prima, quando durante una placida notte insonne a Grimmauld Place si era reso conto delle condizioni indecenti in cui versava il suo appartamento. Ovvia ed inevitabile era dunque apparsa la soluzione di prendersi mezza giornata di ferie per riordinare il caos che regnava incontrastato in tutti gli anfratti ereditati dal suo padrino: mai come in quel momento rimpianse l'assenza di Kreacher, ormai assunto a tempo pieno nelle cucine di Hogwarts.
La seconda decisione ineluttabile l'aveva presa due giorni prima: era sì vero che non poteva partecipare in prima persona al Torneo Trescope, ma era altrettanto vero che qualcuno doveva pur occuparsi della sicurezza del Torneo, e lui, in qualità di Auror in Capo, doveva necessariamente essere presente alla Competizione, attento non alle azioni di gioco, ma all'incolumità dei giocatori. Lui stesso si sentì un bugiardo della peggior specie, al solo pensiero di quelle menzogne sacrileghe.
La terza presa di posizione aveva avuto luogo quella mattina stessa, quando, con uno sforzo sovrumano, aveva risposto senza esagerare in offese alla sua dolce fidanzata. Voleva sentirsi la Sovrana del Quidditch in casa Potter? Bene. Ma che non si azzardasse a rinfacciargli di nuovo la grande opportunità che veniva concessa agli studenti di Hogwarts - e non agli ex studenti - che non si azzardasse a colpevolizzarlo per aver scelto il compito di Auror - perchè lui doveva salvare il mondo, non perdere tempo con stupidaggini come il Quidditch - che non si azzardasse anche solo a pensare di essere migliore di lui in qualcosa, perchè non l'avrebbe passata liscia.
Quando poi si era calmato, dopo aver già inviato il telegramma a Ginny, aveva realizzato che c'era una minima possibilità che lei si fosse arrabbiata per tanta freddezza, ed era stato quell'inspiegabile timore che la ragazza riusciva ad inculcare anche a distanza nelle persone a lei più vicine a spingerlo a compilare un'altra lettera, più lunga e meno acida, dove certamente non si sarebbe scusato, ma avrebbe specificato che il messaggio precedente era solamente uno scherzo.
Fatti valere, amore, sei la Cacciatrice migliore che esista ad Hogwarts.
Aveva specificato 'Cacciatrice' perchè un Cercatore in famiglia era più che sufficiente, come ripeteva spesso a mo' di battuta, anche se, più che una battuta era un invito a non misurarsi con lui in qualsiasi questione riguardante Boccini d'Oro.
Spero davvero che tu possa avere l'opportunità di dimostrare il tuo valore agli Osservatori.
E magari, una volta osservata, avrebbe potuto accennare qualcosina riguardo alle capacità sovrumane del suo fidanzato in qualità di Cercatore, chissà, invogliando i Dirigenti della squadra ad ingaggiare anche lui. Proposta che lui avrebbe ovviamente rifiutato in nome della salvezza dell'Universo.
Alla fine dell'anno avrai sicuramente un posto riservato tra i Ballycastle Bats o tra i Caerphilly Catapults.
Mi manchi.
Harry
Una conclusione anche troppo dolce ed accondiscendente.
Chiuse la busta e la affidò al suo nuovo Gufo personale, Godric, per poi rivolgersi nuovamente al collega.
- Percy, mi hai sentito? 
Il giovane Weasley aveva sperato che Harry fosse stato abbastanza distratto dalla scrittura della lettera, da non ricordare ciò che gli aveva detto poco prima. Purtroppo quella domanda - anche un po' stizzita, a dire il vero - confermava le sue peggiori ipotesi, e cioè che il tarlo della curiosità e del bisogno di avventura si era annidato di nuovo nell'ego iperattivo del migliore amico di suo fratello.
- Cosa dovrebbe succedere, Harry? 
- Beh, è ovvio che sta succedendo qualcosa! Altrimenti, perchè Barnabus Cuffe verrebbe qui tutti i santi giorni? 
Percy deglutì, prima di tirar fuori tutto il coraggio di cui era capace. - Per informarsi meglio sul Torneo Trescope? - pigolò timidamente.
Harry parve soppesare quella possibilità, che, come tutte le ipotesi più ovvie, non aveva lontanamente considerato prima di allora. - No - asserì alla fine.
- Perchè no? 
- Perchè non si è rivolto all'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici? 
Effettivamente, questa era un'ottima obiezione. - Forse voleva un parere più autorevole di quello di un successore di Ludo Bagman. - Percy pronunciò quel nome con una sorta di sdegno mal represso, ancora memore del comportamento indecoroso dell'ex membro del Ministero, disonesto come pochi al mondo.
- Poteva comunque rivolgersi al tuo Dipartimento, Percy. Cooperazione Magica Internazionale. 
Harry sapeva di aver toccato un nervo scoperto. Reputare altri Uffici non all'altezza di un certo compito era una cosa, asserire sibillinamente che anche il Reparto di Perfetto Weasley non era un punto di riferimento per lo stesso compito era un'altra.
Come aveva previsto, Percy gonfiò il petto come quello di un tacchino e cominciò a balbettare.
- N-non diciamo sciocchezze. Magari Cuffe ed il Ministro Shacklebolt sono semplicemente amici. 
- E allora, perchè non sorseggiano un tè comodamente seduti a casa di uno dei due, ma si incontrano qui al Ministero? 
Percy questa volta non seppe proprio cosa rispondere. Chinò sconfitto la testa sulla pergamena che aveva di fronte, cercando la concentrazione necessaria al compilamento di un rapporto dettagliato sull'impiego del legno di baobab nella produzione di bacchette magiche contraffatte.
- Noi scopriremo cosa sta succedendo lassù. 
E Percy alzò gli occhi al cielo cercando di non farsi notare, dato che quel Noi implicava una partecipazione da parte sua che era sicuro non gli fosse stata mai chiesta.
E che, di questo era ancora più sicuro, lui non aveva mai offerto.

***


Nel frattempo lassù, ovvero al Primo Livello, Barnabus Cuffe stava scavando dei veri e propri solchi nella moquette, girando in tondo nell'anticamera.
- Un'idea... geniale... Trescope... merda... gioco... scoop... ma certo... merda... tempo... quanto ci mette, cazzo?... tutte le volte la stessa storia... merda... 
- Potrebbe smetterla? 
- No - le rispose a tono.
Perchè Barnabus Cuffe aveva capito che una donna non si conquista con la gentilezza. O almeno, una donna del genere.
- Come vuole - mormorò Candida estraendo la bacchetta. - Silencio
L'Editore lanciò per qualche minuto improperi silenziosi contro la donna, che, da parte sua, si era dedicata alla nobile arte dello Smalto - smalto nero ovviamente, come era ovvio per qualcuno dal nome che richiamava neve e biancore - dopodichè si ricordò di essere un mago e si puntò la bacchetta alla gola, esclamando Sonorus. Quando si rese conto che stava continuando a boccheggiare come una triglia, realizzò che non aveva esclamato, ma si era ovviamente limitato a tentare di farlo.
- Prego, Barnabus! Entri pure. 
Ci mancava solo il Ministro, pensò. Si indicò la bocca, muto, sperando che capisse.
- Ha fame, signor Cuffe? Candida, può farci avere un vassoio di qualcosa, per favore? 
Barnabus Cuffe scosse freneticamente il capo.
- A quanto pare non lo vuole, quindi non credo che sarà necessario - deliberò la signorina De Torres.
- Vuole forse un bicchier d'acqua, Barnabus? 
E scosse di nuovo la testa.
- Quanto è patetico! - esclamò Candida alzandosi in piedi con la bacchetta sfoderata. - Neanche gli Incantesimi Non Verbali più semplici le riescono, signor Cuffe! Sonorus
E tornò seduta, appena in tempo per sentirsi scagliare addosso parole di fiele.
- Io la potrei denunciare per aggressione, merda! Mi ha preso a tradimento, e poi non stavo dando fastidio, stavo solo riflettendo a voce alta, cazzo
- Io stavo lavorando in silenzio, e lo facevo sicuramente in modo più efficiente di lei, che mi importuna tutti i santi giorni... anche di sabato, cazzo
- Suvvia, Candida, sai com'è Barnabus... è un po'... vivace - intervenne Kingsley Shacklebolt, mentre cominciava curioso e perplesso a far fremere le narici.
- Vivace un corno. La prego di essere più puntuale le prossime volte, Ministro. 
Kingsley Shacklebolt annuì, promettendo. E Barnabus Cuffe spalancò la bocca, quando si accorse che il Ministro della Magia prendeva ordini da quella sottospecie di torero.
- Togliamo il disturbo, cara Candida. Non sentirai volare una mosca. 
Barnabus Cuffe grugnì.
- Ne sono certa. Ah, signor Cuffe, sono sicura che si sia dimenticato qualcosa sulla poltrona. 
Quando l'Editore realizzò quale fosse l'unica cosa che poteva giacere abbandonata sulla poltrona, avvampò.
Ed il ghigno sul volto diabolico di Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres dimostrò che anche lei sapeva cosa conteneva quella piccola busta dall'odore inebriante che aveva ormai permeato tutta la stanza.
Paella Valenciana da asporto.
E a giudicare dalla grandezza del pacchetto, ce n'erano due porzioni.
L'insopportabile Editore Barnabus Cuffe le voleva offrire il pranzo.

***


- Hermione, passa di qua. 
- Perchè? 
- Malfoy. 
Il potere che quelle sei lettere avevano sulla Caposcuola era quasi imbarazzante. Lei, che aveva combattuto Mangiamorte di ogni tipo, affrontato i mostri più disparati, tenuto testa anche a Voldemort, aveva paura di quelle sei lettere.
Paura perchè Malfoy voleva dire Malfoy Manor.
E voleva dire Bellatrix Lestrange.
E voleva dire torture.
- Perchè... la McGranitt l'ha fatto... tornare? - singhiozzò stringendo i pugni.
- Non è l'unico Mangiamorte, o erede di Mangiamorte, ad essere qui, lo sai. 
- Lui non dovrebbe essere qui. 
Hermione tremò, prima di essere accolta dal caldo abbraccio dell'amica. Pianse lacrime amare, tra quelle braccia.
- Nessuno ti farà più del male. Nessuno. 
- Oh, Ginny, è così stupido... alcuni maghi sono morti, alcune famiglie distrutte, ed io mi lamento per... niente. 
- La Cruciatus non è niente. Tu sei stata torturata, e sarebbe meglio che... 
- Co-come hai fatto a capire cosa...? 
Ginny sbuffò. - Non hai mai avuto paura di quella Serpe, Hermione. Mai. Ti ha disprezzata, insultata, ti ha fatto del male, ma l'hai sempre affrontato a testa alta, senza vergognarti di ciò che eri. Tu non hai paura di lui. Tu hai paura di ciò che ti ricorda, o mi sbaglio? 
Hermione si asciugò le lacrime, quasi sollevata. - Non sono stata così brava con te... 
- Herm, guardami. Io non sono un uomo, d'accordo? Anche se amo il Quidditch, anche se ti stresso con Pluffe e Manici di Scopa, io certe cose posso capirle, al contrario di quei cetrioli... 
- Non ne parlerò con Ron. Nè con Harry. Hanno problemi più... 
- Non hanno problemi più importanti, Hermione! 
- Devo farcela da sola - esclamò risoluta.
- E' anche per questo, vero, che... voglio dire, è questa, una delle cose che non riesci a condividere con Ron. 
- Sì. Lui, cioè voi, avete perso un fratello, Ginny. Non posso lamentarmi con Ron per un po' di... dolore. 
Ginny si asciugò una lacrima, rapidamente. Era sfuggita al suo controllo senza che potesse far niente per arginarla. - L'avevo capito, sai, che c'era qualcosa di veramente grosso, celato nell'insieme dei problemi che non mi volevi descrivere. - Sorrise. - Eppure con me ne hai appena parlato. Perchè con Ron, no? 
- Innanzitutto, tu l'hai capito da sola, e poi Ron non... 
Hermione non finì la frase. Scrollò le spalle, pensando ad una conclusione sensata per quella risposta.
La trovò dentro di sè, senza che avesse il coraggio di riferirla a voce alta.
Crucio.
E la pelle che si squarcia.
Crucio.
Ed il dolore che esplode.
Crucio.
Lame, coltelli, punte dilanianti.
Come
raccontare una Cruciatus a chi non l'ha provata?
Inutile condividere un dolore così grande per crearne altro.
Ginny non provò neppure ad insistere. Continuò ad abbracciarla, perchè era l'unica cosa che poteva fare.

La Guerra era finita, Voldemort scomparso, la cicatrice a forma di saetta non faceva più male.

Ma c'erano altre cicatrici, che facevano molto più male.
E che necessitavano di una cura.
Magari di una cura inattesa.

***






NOTE:


- Non ricordo se Ron sia mai stato cruciato da qualcuno, ma ho deciso di mia spontanea volontà che sia estraneo ad una tortura simile.
- ho deciso di non riportare il dialogo tra Ginny ed Hermione accennato nello scorso capitolo, ma si dovrebbe capire da questo, a grandi linee, di cosa hanno discusso: oltre all'assenza di grandi emozioni ad alimentare il loro amore 'travagliato', si è aggiunta quest'impossibilità di condividere tutto, l'una con l'altro.
- Mi dispiace se qualcuna di voi resterà delusa dall'atteggiamento che Hermione ha adesso nei confronti di Draco, ma non mi sembrava credibile un' istantanea attrazione fatale dopo tutto quello che è successo.







Grazie a tutti, davvero :)







Effebì
Mi trovate... qui .










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Capitolo 4
*** Abitudini e Rivincite ***


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Abitudini e Rivincite








Draco Malfoy aveva molte abitudini.
Era abituato ad avvolgersi ogni mattina in una veste da camera di finissima seta, qualunque fosse la temperatura dell'aria che gli accarezzava la pelle seminuda.
Era abituato a prendere sempre il massimo in Pozioni, orgoglio tutto malfoyesco tramandato da secoli.
Era abituato a non uscire mai senza un po' di gel per tenere ordinati e splendenti i suoi capelli biondi, perchè ogni Purosangue - eccetto un qualunque Weasley - lo sapeva: compostezza e rigore venivano al primo posto, e se non venivano comunicati dal corpo in primis, era inutile sperare di ritrovarli nell'indole dell'individuo che si aveva di fronte.
Un'abitudine che forse nessuno si era mai premurato di tramandargli o insegnargli ex novo era però un'altra.
Draco Malfoy non era proprio avvezzo all'arte di farsi i fatti propri, e l'aveva dimostrato in più occasioni, negli anni precedenti: la soffiata su Norberto era stata solo la prima di una lunga serie.
Ma, del resto, un lupo perde il pelo ma non il vizio: se c'era stata necessità di coniare un proverbio simile, un fondo di verità ci doveva pur essere.
E se Malfoy avesse mai avuto la modestia di paragonarsi a un lupo come quella feccia di Remus Lupin, si sarebbe accorto di quanto poteva essere meno rischioso tenere il naso lontano dalle questioni altrui.
O magari si sarebbe accorto che l'essere meno abitudinari poteva comunque portare i suoi vantaggi.

***


- Ma Harry, non è corretto, finiremo in un mare di guai... 
- Zitto, Percy! Vuoi farci scoprire? 
C'era un ufficio vuoto, accanto a quello di Kingsley Shacklebolt, che veniva adibito a Sala d'Attesa per coloro che, in nome della propria riservatezza, non amavano attendere il proprio turno nell'anticamera.
Di sicuro, Harry Potter non era un cultore della Privacy - quando si trattava di quella altrui - ma aveva trovato improvvisamente irresistibile quella piccola stanzetta, tanto da trascinarsi dietro anche il fido Percy Weasley, sotto gli occhi sospettosi ed indagatori della formosa assistente del Ministro.
- Dai Harry, anche la segretaria se ne è accorta, che non avevamo nessun appuntamento... 
- Orecchie Oblunghe! Dio benedica i Tiri Vispi Weasley... 
Percy si limitò a sbuffare stizzito: un'intera generazione di Weasley aveva ricoperto ruoli della massima importanza in Ministero, e Fred e George invece avevano deciso di distinguersi in peggio. Forse non era esattamente auspicabile per loro un ruolo di grandi responsabilità, dati gli indegni risultati scolastici ottenuti - Dio, perdonali! - ma un negozio di scherzi! Rivolse lo sguardo al soffitto, immaginando di oltrepassarlo fino a vedere il cielo. Ed in qualche modo tra le venature dell'intonaco scorse Fred, concentratissimo nell'imitare le sue smorfie sdegnose, e sorrise.
- Percy! Vuoi darmi una mano? - sbottò Harry, disteso sul pavimento.
- Sì, sì, subito... - rispose sovrappensiero, ma senza smettere di provare una strana stretta al cuore.
- Ecco, così... ho scavato un piccolo buchetto nel paraspigoli, dovrebbe essere sufficiente. 
Toc.
Un solo colpo, perentorio. E la porta si spalancò.
- Signor Potter, signor Weasley, mi chiedevo se potevo portarvi qualcosa per ristorarvi. 
- N-non ce n'è bisogno - balbettò frettolosamente Harry, più che convinto di essersi strappato un muscolo nello scatto repentino che aveva fatto per alzarsi.
- Sicuri? Cerveza de Mantequilla? Cioè, una Burrobirra? Succo di Zucca? Whisky Incendiario? - insistè zelante la donna.
- No, grazie, ehm... signorina... 
- De Torres, signorina De Torres. Torno qua fuori allora, se avete bisogno, basta un cenno. 
- La ringrazio infinitamente. 
- Muchas gracias, señorita - concluse pomposo Percy, mentre la porta si richiudeva alle spalle della segretaria.
- E tu dove l'hai imparato, lo spagnolo? - chiese Harry, poco interessato alla risposta, a giudicare dal fatto che si stava già sdraiando di nuovo sul pavimento, snonando un lungo cavo fino a farlo entrare nella piccola apertura che aveva creato in precedenza.
- Cooperazione Magica Internaz... - rispose gonfiando il petto, ma venendo malamente interrotto dall'euforia del collega.
- Oh, sento già qualcosa! Qualcuno ha appena dato tre colpetti alla porta, ma... non è entrato, è strano, no? 
- Dopotutto il Ministro è già occupato... 
- Shhhhh! 
Percy sbuffò, mettendosi seduto poco distante. Veniva interpellato e poi tacitato subito, non era un gran modo di comportarsi, proprio no. Chi si credeva di essere quel... Si rispose da solo. Harry Potter. Si rassegnò a sopportarlo, mentre blaterava cose come 'te l'avevo detto', 'che cosa?!?!', 'pazzesco!'.
- Harry, non è educato tutto questo. Beh, in realtà non è neppure corretto, e ti dirò non sono neanche convinto che sia legale. 
- Cambierai idea, quando ti avrò detto cos'ho sentito. Zitto Percy - borbottò stizzito. - Anzi, vieni qui e ascolta, tanto c'è posto per due. 
Percy sospirò, dopodichè si chinò accanto a lui.
- Da quando mi sono arrivate quelle minacce in redazione, cazzo, non riesco più a dormire... tutti quei ragazzi, a Hogwarts, in pericolo... mi sono detto, merda, c'è bisogno di agire! 
- Signor Cuffe, il suo atteggiamento è encomiabile, ma sono certo che si tratti dell'opera di un pazzo, e che non ci sia da preoccuparsi. Il Torneo Trescope è così ben allestito e sicuro che...
- Lo era anche il Tremaghi - sbottò Harry, furioso.
- Sono sicuro che si tratti di un falso allarme, che sia opera di qualcuno che ha tanta voglia di scherzare... 
- Ma signor Ministro! 
- Niente 'ma', signor Cuffe. Non intendo coinvolgere il Ministero in questa caccia al tesoro ingiustificata. Se vuole andare in fondo alla questione, è liberissimo di assumere investigatori privati o che so io... 
- Si pentirà di questo atteggiamento, glielo posso assicurare! 
- Non alzi la voce Barnabus, non si dimentichi che io sono... 
- Non me ne frega un cazzo di chi è lei, porca puttana! 
E Barnabus Cuffe uscì dalla stanza sbattendo la porta. Beh, la situazione poteva dirsi sotto controllo se non c'era stato alcun...
- Maremma maiala, si tolga di mezzo, anche lei! 
No, la situazione era ufficialmente fuori controllo.
Ed a giudicare dagli improperi ispanici che risuonavano nel corridoio, era assolutamente, inevitabilmente, incontrovertibilmente ingestibile, se anche la pacata signorina De Torres aveva perso la pazienza.

***


- Dobbiamo andare da Scrivenshaft, Ginny. 
- Hermione, hai una serie di piume nuove da far invidia ad un pavone! 
- Non sono per me, sono per mia madre. Da quando le ho fatto tornare la memoria, le è tornata la fissa per tutto ciò che appartiene al nostro mondo: ha detto che vuole conoscermi ancora meglio per non aver paura di perdermi mai mai mai più - rispose imitando la voce cinguettante e preoccupata della madre.
- E per dimostrarti questo, ha bisogno di... piume? - chiese scettica Ginny.
- Finchè non mi costringe a mangiare di nuovo merendine senza zucchero, sono disposta anche ad inviarle calderoni. 

- Non vorrei essere nei gufi che...
Ginny non arrivò mai a parlare della sfortuna dei pennuti corrieri di un peso simile, ed il motivo di ciò era palesemente di fronte ai loro occhi.
Un'orda di Serpeverde popolava Scrivenshaft, e dove c'è Serpeverde c'è...
- Draco! 
Un'ammaliante Pansy Parkinson sembrava entusiasta come non mai di trovarsi in un negozio di piume, proprio lei che di scrivere, di norma, non aveva mai troppa voglia. Pansy, fedele a Draco dall'alba dei tempi, si muoveva sensualmente nella sua direzione, decisa più che mai a rimarcare la sua vicinanza soprattutto nel momento del bisogno.
C'era un motivo preciso, a giustificare la presenza di tanti Serpeverde fuori corso ad Hogwarts: chi era figlio di Mangiamorte era lì per riscattare il buon nome della famiglia, chi era figlio di Mangiamorte ravveduti era lì per vantare le capacità di adattamento e di redenzione dei genitori ed esaltare così il buon nome della famiglia, chi non aveva più i genitori o era ad Hogwarts per altre ragioni, mirava solo a conquistare un gran numero di M.A.G.O., come si confaceva al buon nome della famiglia. In definitiva, i Serpeverde tornati ad Hogwarts per convinzione, si contavano sulla punta delle dita. Per quelli convinti con la forza a tornare a scuola, non bastava un pallottoliere.
Non appena Ginny ed Hermione varcarono la soglia del negozio, sguardi gelidi di ogni tipo si posarono su di loro. In fondo, dovevano aspettarselo, Grifondoro, e per di più, protagoniste di gesta eroiche che spesso erano andate a scapito della gloria delle loro famiglie; senza contare che erano le persone più vicine ad Harry Potter e Ron Weasley, tanto amati dai maghi di tutto il mondo quanto odiati nei cavernosi sotterranei di Hogwarts. Nessuno, però, fiatò. Da quando era ricominciata la scuola, la Casa verde-argento sembrava aver eretto un'invisibile ed impenetrabile muraglia di indifferenza nei confronti di tutti gli altri studenti, ed era inutile specificare che i Grifoni rientravano nella categoria degli esseri viventi indegni di qualsiasi considerazione: Daphne Greengrass tornò ad osservare svogliata piume di aquila reale e di paradisea, Theodore Nott tornò ad osservare svogliato Pergamene Auto-Svanenti, Blaise Zabini tornò ad osservare svogliato Inchiostri Ammalianti, Pansy Parkinson tornò ad osservare ammaliata Draco Malfoy. Al contrario di chiunque sapesse come andavano le cose nel mondo, Pansy si ostinava a credere che la sua cotta adolescenziale per Draco sfociasse in qualcosa di più, senza fare i conti con le aspirazioni ben più alte dei suoi genitori: di sicuro, un Mangiamorte caduto in rovina, con un Manor confiscato dal Ministero e genitori che avevano perso il rispetto sia dei seguaci di Voldemort, sia dei loro rivali di sempre, non era quel che si dice il partito ideale per chi aveva fatto dell'ignavia una ragione di vita. Tenere il piede in più staffe, questo era stato da sempre il motto della famiglia Parkinson, ed era per questo che i Parkinson avevano ancora la loro reggia da qualche parte nelle campagne inglesi, erano scampati ad Azkaban e potevano ancora ambire a matrimoni combinati per ingigantire un altro po' il loro già cospicuo patrimonio.
- Percepisco la loro viscidezza solo a guardarli - borbottò stizzita Ginny. - Con quella puzza sotto il naso, come se potessero vantarsi della loro storia.
- Non credo che dovremmo giudicarli così a priori, Ginny - replicò Hermione mentre si rigirava tra le mani una lunga piuma di pavone, abbastanza bizzarra da placare la curiosità di sua madre per un paio di mesi. - Sarebbe come fomentare di nuovo l'astio che ci ha sempre divisi, e Silente non avrebbe voluto che il dopoguerra fosse così. 
- Non fingerò che quell'asse da stiro di Astoria Greengrass mi stia simpatica solo perchè Silente avrebbe voluto così, Hermione.
- Non ho parlato di trovarli simpatici, ho parlato di ignorarli, proprio come loro stanno facendo con noi.
- Granger, e Weasley - sputò una voce strascicata a poca distanza da loro. - Cosa ci fate qui?
- Compriamo piume, Malfoy. Cosa c'è di strano? - rispose sprezzante Ginny, stringendo forte la mano dell'amica, che aveva preso a tremare.
- C'è di strano che avete scelto proprio il momento in cui decine di Serpi si sono annidate in questo posto... immagino che l'abitudine di ficcare il naso ovunque sia difficile da perdere. 
- Ed io immagino che i tuoi peli di furetto non siano l'ideale per essere inzuppati in calamai e per scrivere in modo chiaro e nitido su pergamena, quindi, se vuoi scusarci... 
Hermione rise nervosamente alla battuta di Ginny, per poi avvicinarsi al bancone e pagare la piuma appena acquistata.
- E tu, Mezzosangue, perchè non dici niente? Qualcuno è finalmente riuscito a staccarti la lingua? 
Oh, non gliel'avevano staccata davvero.
Ma l'aveva sentita andare in fiamme, l'aveva sentita gonfiarsi in bocca fino a farle credere di essere soffocata dal suo stesso muscolo, l'aveva percepita muta, incapace di non urlare suoni sconnessi e privi di senso.
La lingua, che tante volte aveva dimostrato il suo coraggio, la sua sapienza, la sua freddezza.
Proprio la lingua, abilissima manipolatrice di incantesimi di qualsiasi difficoltà.
Proprio la lingua, che la rendeva così Hermione.
- Lasciala in pace, Malfoy, o te la vedrai con me. 
Hermione si lasciò trascinare fuori, inerme.
- Meno male dovevano ignorarci, eh? Ma io li ammazzo tutti! Hermione, per favore, respira a fondo, bene, così...
Un respiro.
Non doveva farlo più, non poteva essere così in balia di qualsiasi sua parola.
Due respiri.
Non era Bellatrix, non era Bellatrix, anche se aveva il suo sangue.
Tre respiri.
Era solo Malfoy, solo Malferret, solo un ragazzino.
Quattro respiri.
- Grazie Ginny. 
- Figurati! - esclamò sollevata, mentre lanciava un'occhiataccia a Millicent Bulstrode, che ridacchiando le indicava da dietro la vetrina di Scrivenshaft. - Io quella la Schianto. Molto probabilmente ride solo perchè Pansy le ha ordinato di farlo. 
- Vuoi una mano?
- Ma Hermione! Tu sei una Caposcuola, la paladina del nuovo corso della storia, della giustizia, dell'amore, della fratellanza...
- Infatti non la Schianteremo - rispose sogghignante Hermione, mentre balbettava qualcosa di incomprensibile.
Ginny scoppiò in una risata fragorosa, mentre a braccetto con Hermione si avviava verso i Tre Manici di Scopa.
Nel frattempo, Millicent Bulstrode notò con dispiacere che i suoi abiti erano stati fatti Evanescere, e che una canottiera e delle mutande ricamate con motivi quasi Umbridgiani nascondevano a fatica il suo fisico massiccio e nerboruto.
Hermione si pentì solo per un istante di averlo fatto: non era esattamente corretto sfogarsi su qualcuno che non aveva colpa della sua sofferenza... ma era pur sempre un modo per non pensarci.

***


- Buongiorno Signor Cuffe! - esclamò Harry, con una pessima imitazione del tono di riguardo che Percy spesso usava nei confronti di individui più importanti ed illustri di lui.
- Oh, Auror Potter... 
- Va tutto bene? L'ho sentita urlare, e pronunciare quello strano incantesimo... 
Da qualche parte dietro di loro, Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres sbuffò. - Claro, encantamiento... - Ed alzò gli occhi al cielo.
- Prego, signorina?
- Esto hombre es... volevo dire, quest'uomo non riuscirebbe a fare un incantesimo neanche se Albus Silente, pace all'anima sua, lo aiutasse a muovere la bacchetta.
Harry soffocò una risatina, nel vedere il volto di Cuffe farsi sempre più paonazzo. Cercando di recuperare il suo contegno, chiese: - Cos'era quel Mayrem May...
- Niente, signor Potter, niente! - rispose frettolosamente Barnabus. - Aveva bisogno di qualcosa? 
- Sì, vorrei parlarle, se per lei non è un problema... Percy, vieni anche tu. 
Il rosso, che fino ad allora aveva tentato invano di nascondersi dietro un ficus ornamentale, si presentò a malincuore al cospetto del collega, seguendolo fin dentro l'ascensore.
- Posso chiederle, ehm, il perchè delle sue continue visite al Ministro? - chiese Harry, abbandonando ogni indugio.
- Oh beh, in realtà sarebbe confidenziale, il contenuto delle nostre chiacchierate... - iniziò Barnabus, finchè non sembrò accenderglisi una lampadina in testa. - Se ve lo dico, voi mi aiuterete? 
Quello che a Harry apparve come il più bel momento della sua nuova vita, a Percy sembrò l'inizio di una nuova catastrofe.
- Beh, noi, in realtà... 
- Certo! - rispose Harry per entrambi, tacitando con un'occhiataccia il timido pigolio del collega.
- Potremmo parlarne in privato? - continuò Barnabus, abbassando la voce.
Se Harry Potter avesse potuto, avrebbe fatto comparire un tappeto rosso per stenderlo dall'ascensore fino al proprio Ufficio. Barnabus sembrava avere la chiave per risolvere l'inattività forzata degli ultimi tempi, sembrava un arcangelo piovuto dal cielo ad annunciare a Harry la venuta di un nemico implacabile ed inafferrabile, sembrava l'ambasciatore in grado di portar una pena che più gradita non poteva proprio essere. Fece accomodare l'Editore nella comoda poltrona di fronte alla sua scrivania, prima di sedersi sulla propria e congiungere le mani sotto il mento, posa che preannunciava un ascolto attento ed incondizionato.
- Lettere minatorie - cominciò Barnabus. - Mi sono piovute in Ufficio lettere minatorie dal mittente irrintracciabile, guardi - e gli tese una busta nera. - Sono tutte così. Tutte uguali. 
Harry accolse la busta con mani tremanti ed emozionate. Quella busta era il Riscatto, la Gloria, l'Azione, era un'Occasione scritta con inchiostro scarlatto.
Il tempo della Rivincita è arrivato.
Sarà chiaro per tutti alle Idi di maggio, tra i Bastioni della Conoscenza.
Là dove sono state poste le basi per una nuova era.
La lettera si concludeva così, senza una firma, o un accenno più chiaro a come si sarebbe manifestata la Rivincita.
- Rivincita? Tutti i Mangiamorte sopravvissuti sono stati puniti ed imprigionati... e Voldemort è morto - aggiunse con soddisfazione mal celata.
- E' quello che mi ha risposto anche il Ministro, signor Potter, prima di aggiungere che questa era l'opera di un pazzo, merda. Cioè, no, merda l'ho aggiunto io. 
Harry lo ignorò. - I Bastioni della Conoscenza sono chiaramente Hogwarts, la nuova era è stata inaugurata dalla fine di Voldemort, ma non capisco chi dovrebbe prendersi una Rivincita, e poi, perchè proprio le Idi di Maggio? 
- Il Quindici ci sarà la finale di Quidditch, del Trescope, Auror Potter. Credo che voglia colpire le nuove generazioni, chiunque sia. Hogwarts, Beauxbatons e Durmstrang saranno lì, signore. 
- Ma perchè avrebbe dovuto rivolgersi alla Gazzetta del Profeta? Non poteva minacciare direttamente il Ministero? 
- Io credo che volesse vedere la sua minaccia pubblicata, signor Potter. Credo che volesse allarmare tutti, puntando a darsi visibilità a mezzo stampa. Ma il mio Giornale non scrive spazzatura, sa? Io non pubblico notizie solo per guadagnare, cazzo.
Per la prima volta, Harry Potter dubitò delle parole di chi aveva di fronte. Che La Gazzetta del Profeta scrivesse di tutto, più o meno vero, pur di vendere più copie era un dato di fatto da sempre: le stupidaggini su Harry ed Hermione durante il Torneo Tremaghi, la campagna mediatica contro la presa di coscienza del ritorno del Signore Oscuro e, soprattutto, la presenza in redazione di Rita Skeeter erano un indice piuttosto chiaro dell'obiettività con cui certe notizie venivano riferite al pubblico.
- Ora come ora, effettivamente, non possiamo fare molto. Ma conti su di noi, - e Percy si mise le mani nei capelli - quando riceverà nuove missive dallo stesso mittente sconosciuto. Ho delle persone - e Percy cercò di sbattere violentemente la testa contro il muro - che potranno lavorare a questo caso. Io, di certo, sarò con lei in prima linea. 
A Barnabus Cuffe luccicarono gli occhi, colmi di gratitudine. - Grazie signor Potter, e anche a lei, davvero - balbettò commosso mentre stringeva le loro mani freneticamente. - Sapevo che qualcuno mi avrebbe ascoltato! - E uscì dalla porta continuando a rivolger loro benedizioni di ogni genere.

Se però Percy Weasley ed Harry Potter avessero controllato la direzione dell'ascensore preso da Barnabus Cuffe, si sarebbero forse fatti altre domande.
Perchè Cuffe non tornò nella Hall per smaterializzarsi, ma salì di nuovo al Primo Livello.
Se poi avessero fatto caso ai suoi comportamenti, si sarebbero resi conto che Barnabus Cuffe non si era mai commosso prima, nè quando era nata sua nipote, nè quando i Ballycastle Bats avevano vinto il ventisettesimo scudetto, e nemmeno quando, pochi giorni prima, aveva trovato una bracchetta eclettica che sfrigolava quando insetti incauti ci si appoggiavano sopra. Era rimasto affascinato da quel suono secco e sfrigolante, era stato contentissimo quando si era accorto che bastava spostare una levettina per farlo funzionare anche nelle sue mani, ma non si era certo commosso, quando la tecnologia Babbana aveva mostrato di non essergli nemica giurata. Perchè a Barnabus Cuffe non luccicavano mai gli occhi, perchè era roba da femminucce, cazzo.
- Allora, Barnabus? 
- Ci hanno creduto, e si metteranno all'opera, signor Ministro. 
- Perfetto, ottima interpretazione. Allora dobbiamo contattare di nuovo il nostro complice. 
- Ed io... 
- Lei potrà pubblicare sul suo Giornale i pochi accenni alla cosa che abbiamo discusso. Mi raccomando, non nomini Hogwarts. 
- Certo, signor Ministro. Arrivederci. 
Fece per voltarsi, e si trovò di fronte niente di meno che Manolete vestito di raso e gonna svolazzante.
- Ottima interpretazione davvero, signore. 
- Ottima anche la sua, señorita. Sarebbe stato impossibile trovare una spia migliore di lei, senza il suo aiuto, Candida... 
- Per lei sono la signorina De Torres - puntualizzò, e Cuffe parve deluso.
- Senza di lei, signorina, non avremmo mai saputo quando parlare di quella cosa. 
- L'ho fatto per il Ministro - specificò la segretaria, ancheggiando fino alla propria scrivania. - Comunque, credevo fosse più stupido, Barnabus. 
- Per lei sono il signor... 
- Per me lei è Barnabus, e non si azzardi a dirmi come la devo chiamare. 
Barnabus Cuffe le rivolse un invito frettoloso, andandosene di corsa.
Perchè se aveva capito come funzionava quella señorita, quel 'Barnabus' era un segno di affetto.
E se quel 'Barnabus' era un segno d'affetto, il torero aveva un cuore.
E se quel torero aveva un cuore, gli aveva appena dato un buon motivo per commuoversi.
E per la prima volta, al Primo Livello del Ministero della Magia, Barnabus Cuffe ebbe gli occhi lucidi davvero.

***


Draco Malfoy non dimenticava mai niente in Dormitorio, perchè era nelle sue corde essere sempre preciso e puntuale, e la capacità di tenere sempre tutto a mente era una caratteristica tutta malfoyesca.
Che l'abilità di memorizzare dati e dettagli di ogni tipo fosse forse scaturita dagli ordini perentori ed impossibili da ignorare di Lord Voldemort in persona era del resto molto probabile: le punizioni più o meno corporali del Signore Oscuro erano temute da tutti i suoi seguaci, e scordarsi di un qualsiasi particolare delle sue operazioni poteva essere rischioso, se non letale.
Quindi, per il Serpeverde, l'aver dimenticato il Mantello nei sotterranei era stato uno spiacevole contrattempo quantomai irripetibile ed inaspettato, ma non potè fare a meno di pensare che la soave arte della Disattenzione era un lusso che non si era mai potuto permettere fino ad allora, e che simboleggiava una Libertà che gli era stata sempre negata.
Sorrise interiormente all'idea di non dover più rendere conto a nessuno delle sue azioni, e salutò con gioia recondita i venti minuti di ritardo sulla sua quotidiana tabella di marcia, che gli avevano impedito il suo puntuale arrivo in Sala Grande per la cena.
Nel voltare l'angolo, sbattè contro qualcuno che non doveva aver ben chiaro il significato delle lancette sull'orologio.
Lui aveva un buon motivo da addurre come giustificazione al suo ritardo, gli altri sicuramente no. Anzi, erano maleducati, irrispettosi ed insopportabilmente sprecisi.
Quando abbassò lo sguardo per vedere chi lo avesse urtato così malamente, scorse un volto affannato, incredulo, e quasi impaurito.
Hermione Granger sembrava incapace di parlare.
- Mezzosangue, proprio tu sei così in ritardo? Nessuno ti ha insegnato come si muovono queste
Le prese il polso con forza, costringendola a guardare le lancette sul suo orologio.
E ad Hermione vennero in mente altri modi per tener fermi i polsi.
Lacci, corde, anche catene.
Stringevano, ferivano, tagliavano.
E nel frattempo la immobilizzavano per permettere ad altro dolore di avvolgerla.
- Lasciami, Malfoy - boccheggiò.
Draco le strinse divertito il mento con l'altra mano, sollevandolo per costringerla a guardarlo negli occhi. - Sembra quasi che tu abbia paura di me, Granger. 
- Guardami, puttanella. 
La stessa stretta sul suo volto per costringerla ad osservarla mentre la torturava.
- Guarda il potere dell'Oscuro Signore! 
E la Cruciatus a sconvolgerla.
- Lasciami Malfoy! - urlò talmente forte da sorprenderlo.
E non appena lui allentò la presa, lei prese a correre.

Quella sera Hermione Granger non cenò, ma si limitò ad aspettare Ginny in Sala Comune.
E quando arrivò, le raccontò tutto.
Quella sera non cenò neppure Draco Malfoy.
E quando Pansy Parkinson tornò nei sotterranei, cinguettando il suo dispiacere e la sua preoccupazione nei confronti del ragazzo, Draco la scacciò via.
E poi, si impose di non andare mai più contro le abitudini di un buon Malfoy.
Credeva perfino di riuscirci.

***









NOTE:

- Puntualizzo che Manolete è stato un famoso torero spagnolo: per ulteriori informazioni, c'è sempre la benedetta Wikipedia.
- Per quanto riguarda Pansy Parkinson, ammetto di non ricordarmi la posizione precisa assunta dalla sua famiglia durante la Guerra: per questo, ho optato per una posizione intermedia, di fiducia all'Oscuro Signore celata dietro una maschera di imparzialità. Se così non è, perdonatemi la licenza :D




Alla fine me ne sono ricordata :D Ecco le risposte alle vostre recensioni:



@Kiamilachan: tu sei una Serpeverde in tutto e per tutto :D Il tuo amore per Ron e Harry raggiunge vette inarrivabili! Sei davvero simpaticissima, Chiara, e spero che l'apparizione più concreta del 'biondino superfigo' in questo capitolo abbia placato un po' la tua curiosità e la tua smania di vedere insieme la coppia più bella del mondo :D A presto!

@giuliabaron: come si sta dall'altra parte dell'Atlantico? non sai quanto ti invidio... adoro viaggiare! ma tu proprio vivi là, nel senso studi o lavori oltreoceano? ti posso chiedere dove? ok, mi sto altamente facendo i cavoli tuoi :D tornando alla storia... grazie. Volevo scrivere una storia non banale, ma in realtà ero partita con l'idea di incentrarla solo sui due protagonisti principali... poi il mio cervello logorroico ha partorito un Prologo diverso, e da lì è partito tutto. Grazie grazie per i tuoi complimenti ^^

@Valaus: approvo la tua idea del fan club: ormai sono loro che guidano la mia mano mentre scrivo, e credo che presto prenderanno il sopravvento loro e scriveranno l'intera fanfic; ogni tanto credo di essere sotto Imperius xD Okay, riacquistiamo un po' di controllo mentale: sono felice che tu apprezzi la mia scelta di comportamento per Draco ed Hermione, e sono altrettanto felice che tu veda Ron come lo vedo io. Ho letto fanfictions dove fa il dongiovanni e mi è scappato da ridere, perchè Ron, per come lo vedo io, è talmente imbranato e cieco che non saprebbe neppure come muoversi xD

@Emily Doyle: sono felice che a te piaccia la mia scelta  del 'rapporto' tra Draco ed Hermione, e quindi, credo che tu abbia apprezzato il loro 'scontro' in questo capitolo :) Aspettiamo di vedere cosa succederà nel prossimo... spero che tutto sia di tuo gradimento ^^

@semplicementeme: al nome Dolores ci avevo pensato, ma poi ho pensato che era un po' troppo strausato, come nome spagnolo xD (E poi ho come l'impressione che non causerà proprio tantissimo dolore a Barnabus.... chi vivrà vedrà!!) Per il resto, ti ringrazio per tante cose: per la recensione, per gli apprezzamenti, e per il tuo interessamento alla mia 'vita fuori dalla fiction' :D E' bello sentirsi appoggiate 'a distanza' ^^

@Mahoney: non sai quanto sono contenta che la mia storia piaccia proprio a te, dato quanto io stessa apprezzi le tue storie ed il tuo stile :) Poi sono strafelice di aver reso i personaggi IC - anche se su Harry ho un po' l'impressione di aver calcato la mano... ma non negherò che la mia ironia continua sia più che voluta :D - perchè l'ultima cosa che voglio fare è adattare i personaggi ai miei 'schiribizzi' del momento. Per il titolo, ti dirò che mi è venuto al volo quando ho scritto il prologo ed è rimasto tale sin dall'inizio: non ne sono mai stata convintissima, perchè come ci hanno sempre insegnato 'il titolo si mette alla fine' xD, ma a ripensarci bene... sisi, pare più che adatto anche a me!  Alla prossima ^^

@poison spring: tu sei un'altra autrice da cui mi lusinga ricevere un apprezzamento, dato il mio amore viscerale per la tua fanfiction, e sono felice che ti piaccia la mia resa delle sensazioni di Hermione, forse perchè mi rimane il personaggio più difficile da caratterizzare, almeno per il momento. Quindi grazie davvero, per la recensione, per i complimenti, ed anche per avermi aggiunto su FB :)








Effebì
Mi trovate... qui .













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Capitolo 5
*** Tempi Vecchi, Tempi Nuovi ***


hp4


Tempi Vecchi, Tempi Nuovi








Raramente Barnabus Cuffe apponeva la sua firma sulla sua amata Gazzetta del Profeta: si era sempre dichiarato un cacciatore di notizie e lasciava il soave uso della parola a chi riteneva meritevole di questo onore.
L'unico editoriale firmato che aveva scritto fino a quel momento - o meglio, che era stato obbligato a vergare in prima pagina - riguardava la presa di coscienza del ritorno di Voldemort da parte della stampa, presa di coscienza che parte del mondo magico aveva oculatamente pensato di eseguire tempo prima, giusto per non rimanere impreparata di fronte alla nuova, tremenda minaccia che aleggiava nell'etere.
Del resto, Barnabus Cuffe non era mai stato un Direttore normale: lontano dal considerarsi la Voce di una certa visione del mondo - che solo agli occhi suoi e dei suoi fedeli lettori non sembrava semplicistica e confortante - si limitava ad andare in cerca di scoop succulenti ed accattivanti che potessero far lievitare considerevolmente le sacchette di cuoio assicurate alle zampe dei suoi Gufi corrieri. Di zellino in zellino, aveva del resto racimolato una fortuna non indifferente: non andando in ferie da una vita e continuando a "vivere" nel minuscolo appartamento che aveva preso in affitto non appena uscito da Hogwarts, le sue pile di galeoni nei sotterranei della Gringott erano diventate sempre più alte, e non poche donne avevano tentato - e mai speranza fu più vana - di entrare nella sua vita per condividere quel biondo metallo inutilizzato. In realtà, resistere ad una delle sue pretendenti era stato abbastanza difficile, data la sua indiscutibile avvenenza, ma dopo averle chiesto come si chiamava ed averla sentita impiegare cinquanta secondi per ricordare tutti i suoi sette cognomi, aveva intuito che sarebbe stato meglio girarle alla larga per non essere l'ottavo trofeo sul suo - affollato - stato civile (e magari anche l'ottava testa esibita sulla parete del salotto).
Non pochi si stupirono quando il suo nome apparve in alto a sinistra, in prima pagina, lì dove lo spazio riservato alla Voce del Direttore aveva spesso lasciato il posto al Solvente Magico di Nonna Acetonella, alle Gelatine Tuttigusti+1 e a Stratchy & Sons - giusto per racimolare qualche galeoncino in più con un po' di sana pubblicità.

Il tempo della Rivincita è arrivato.

Titolava così, il suo Editoriale, ed a quelle sei parole ne seguivano poche altre.

Cari Lettori de La Gazzetta del Profeta,
Lettere minatorie sono giunte nella nostra redazione, e non potevamo che pubblicare il loro contenuto.
Fedeli alla nuova linea del nostro Giornale e della nostra nuova Società, dove Verità e Coesione hanno il Diritto ed il Dovere di essere al primo posto nelle nostre vite, abbiamo deciso di informarVi non appena ci è stato possibile.
I nostri lettori devono sapere tutto ciò che accade, perchè un'omissione può essere più grave di una menzogna, come l'Esperienza ci ha insegnato.
Ci auguriamo di non doverci preoccupare di niente, e speriamo con tutto il cuore che questi biglietti siano lo svago insulso di qualche burlone.
Vi terremo informati.
Barnabus Cuffe

Sì, è proprio un bell'articoletto,
pensò l'Editore, mentre lo rileggeva per la decima volta quella mattina. A Shacklebolt piacerà.
Gongolò per un altro po', felice di aver rispolverato la sua Piuma preferita, quella per le grandi occasioni, che riusciva a tirar fuori da lui la verve poetica che si addiceva ad un bravo Direttore. Quella frase a effetto poi, un'omissione può essere più grave di una menzogna, era proprio adatta, con quella velata ammissione di colpe che sapeva di sincero e pomposo pentimento.
Che poi, Barnabus Cuffe non si pentiva proprio di niente.
La sua campagna pro-anti-pro-anti-pro Potter gli aveva sempre fruttato un sacco di tintinnanti monetucce, ed ancora una volta, l'ignaro Bambino Sopravvissuto stava per rimpolpare le casse della Gazzetta del Profeta, riportando all'ovile tutte le pecorelle smarrite che in quel periodo di bonaccia avevano preferito abbonarsi a frivola spazzatura cartacea.
Che poi il buon Pastore non mirasse esattamente all'affetto ed alla protezione delle pecorelle smarrite, era un dettaglio insignificante: ci sarà più gioia in cielo per un lettore acquistato, che per novantanove aficionados abitudinari, recitava il suo personalissimo Credo. Dopotutto, uno zellino in più, era pur sempre
uno zellino in più, cazzo.

***



Cara Hermione,
Come stai?
A Diagon Alley tutto apposto, George ed io siamo impegnati con mille ordinazioni e consegne, spesso siamo costretti anche a fare gli straordinari qui ai Tiri Vispi. Anche alla Tana va tutto bene, ed anzi, mamma e papà ti salutano e tutti i giorni ripetono di essere orgogliosi di te per il tuo ruolo di Caposcuola.
A proposito, mamma mi ha già chiesto di che colore vuoi il maglione per Natale: io non ho saputo cosa rispondere, e reputo molto più sicuro chiederlo subito a te.

Hermione si interruppe e sorrise. Far entrare qualcosa nel testone di Ron era una causa persa in partenza, soprattutto quando si trattava dei suoi gusti personali: non avrebbe mai dimenticato le ciabatte rosa fucsia a forma di maiale (ed il maiale grugniva davvero) che le aveva regalato per San Valentino e la torta al cocco, glassata al cocco, con granella di cocco che le aveva preparato per il suo compleanno, e di cui le aveva infilato un pezzetto in bocca mentre teneva gli occhi chiusi - effetto sorpresa, lo chiamava - causandole una forte e virulenta reazione allergica. Una volta si sarebbe arrabbiata, magari trasfigurando qualsiasi cosa vicina al fidanzato in un ragno peloso e sovrappeso, ma ora tutto questo la faceva semplicemente... sorridere.

Beh, poi volevo dirti anche che... mi farebbe piacere parlarti.
E non perchè me lo ha ordinato Ginny, ma perchè... credo che ne abbiamo bisogno, ecco.
Sai, non mi è mai riuscito scriverti lettere degne di questo nome, e questa è un buon esempio della mia incapacità... era più facile prima, credo che sarai d'accordo con me.

Sì, Ron, era più facile prima
, si ritrovò a pensare. Perchè Ron stava girando vorticosamente intorno alla stessa questione che voleva sollevare lei... tutto era più facile prima, se si escludeva la presenza di Voldemort, ovviamente.

Fammi sapere quando sarà il prossimo finesettimana ad Hogsmeade, potremmo incontrarci là, se per te va bene.
Un abbraccio forte.
Ron

Un abbraccio, non un bacio. Neanche lei aveva voglia di baciarlo, dopotutto, anzi, le sembrava quasi strana solo l'idea di farlo.
Si chiese dove, quando, come si fossero allontanati in quel modo... ma arrivò a farsi un'altra domanda. Si chiese il perchè si fossero avvicinati troppo, quando la vicinanza che avevano sempre avuto era stata la misura perfetta: lei e Ron erano come due ioni di carica opposta, per grandi valori della loro distanza prevaleva la forza di attrazione, man mano che si avvicinavano era invece la repulsione a ripristinare la giusta lontananza. E loro avevano forzato troppo, pretendendo di avvicinarsi quando l'energia di legame era già minima e quindi stabile.
Magari a Ron non avrebbe presentato la situazione con questi stessi termini, ma... l'avrebbe fatto.
Era giunto il momento di rimettere le cose al loro posto: lei che rimbeccava Ron su ogni cosa, che confortava Harry in difficoltà, che amava tutti e due allo stesso modo.
Allo stesso modo, sì. Come gli amici che erano e che erano sempre stati.

Caro Ron,
A Hogwarts va tutto bene: è tutto molto tranquillo ed anche il mio compito da Caposcuola non mi ha mai rubato troppo tempo finora.
Puoi dire a tua madre che quest'anno mi piacerebbe ricevere un maglione di un bel verde brillante, e non c'è bisogno che lo ricami con motivi particolari o con l'iniziale del mio nome: mi piacerebbe un bel golf tinta unita, sì.
Sono felice che tu voglia parlarmi, perchè è ciò che voglio fare anch'io; scusami se non ti ho scritto prima, ma avevo bisogno di pensare, come credo abbia fatto anche tu in questi giorni lontano da me.
Torneremo ad Hogsmeade tra due sabati - sono molto più flessibili ad Hogwarts, ora che non c'è più alcun pericolo - e spero che tu riesca a liberarti per bere una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa come...

Si interruppe, pensando a tutti i caldi boccali che si erano avvicendati sui tavoli di Madama Rosmerta. Quanti pomeriggi più o meno spensierati in quel locale, quante chiacchiere...

...come ai vecchi tempi.
Mi mancano tanto i vecchi tempi, Ron.
Salutami tutti, e di' a George che ho già sequestrato un sacco di vostre 'creazioni'.
Ti voglio bene.
Hermione

Ti voglio bene,
aveva scritto.
Ron avrebbe capito tutto ciò che implicavano quelle tre parole.
Non erano un Ti amo, erano molto di
più.

***


Ginevra Molly Weasley era riuscita nell'impossibile, e, com'era ovvio, era più che decisa ad ammirare a lungo il simbolo del suo successo.
Quella mattina, tre gufi ministeriali erano planati sul tavolo dei Grifondoro tenendo tra le zampe un lungo, affusolato pacco marrone, il cui contenuto era lampante agli occhi di tutti: dentro quell'inviluppo vi era chiaramente una Scopa.
Quello che nessuno sapeva, era che Ginny aveva ricevuto La Scopa.
La Firebolt di Harry James Potter stava atterrando delicatamente tra fiaschi di succo di zucca e vassoi di pancetta, mentre il legittimo proprietario, a qualche miglio di distanza, stringeva rabbiosamente i pugni, fino a far diventare bianche le nocche delle mani. Harry Potter aveva pregato affinchè la Scopa arrivasse intatta, ed adesso che la sua preghiera era stata esaudita, aveva deciso di pregare affinchè lo rimanesse ancora per un po'.
Dopotutto a lui non serviva la Firebolt, come Ginny aveva ripetuto più e più volte nella sua accorata lettera di suppliche, e sarebbe stato meglio non lasciarla inutilizzata per non peggiorarne le prestazioni.
Aveva provato a ribattere dicendo che anche una scopa spezzata a metà avrebbe accusato il colpo in termini di velocità ed affidabilità, ma Ginny non aveva esitato a replicare che l'unico ad aver spedito una Nimbus dritta sul Platano Picchiatore era stato proprio lui.
A quel punto, Harry aveva ceduto di fronte all'insistenza, alla scaltrezza ed alle capacità persuasive della ragazza, forse anche perchè aveva velatamente alluso ad uno sciopero fastidioso in termini di... coccole.
Del resto, Harry Potter era il Bambino Sopravvissuto, il Prescelto, l'Eroe, ma era pur sempre un uomo, e come tale nientemeno che un pezzo di carne. E dato che la sua carne doveva già resistere a certi istinti almeno fino a Natale, aveva giudiziosamente deciso di non procrastinare.
Se condannare la Firebolt a morte certa era il prezzo per non rinunciare all'unica attività che lo gratificava più o meno quanto il Quidditch... forse era un prezzo più che giusto.
Tutto sommato, poteva sempre comprare un'altra Scopa.
Un'altra Ginny era piuttosto difficile da rimediare.

- Hermione, ce l'ho fatta!
Un turbine rosso con qualche sprazzo di marrone si avventò su di lei, stritolandola ed urtandola con qualcosa di non troppo morbido.
Non impiegò molto a capire per quale motivo fosse così su di giri. - Ah... la scopa. 
Ginny si ritrasse come se avesse bestemmiato. - Scopa? Questa è una Firebolt... non è una Scopa! 
- Sì, sì... quello che è. Non ho mai dubitato, sai, delle tue capacità di convincimento... quale ricatto hai usato questa volta? 
Lo sguardo malizioso della rossa le fece intendere al volo la risposta alla sua domanda. - Va bene... non rispondere. Piuttosto, vai a posare quella Scopa in Dormitorio, le lezioni stanno per iniziare... 
Ginny si irrigidì, continuando a contemplare la Firebolt con uno sguardo adorante che non aveva mai rivolto nè a Michael Corner, nè a Dean Thomas, e, forse, neppure allo stesso Harry. L'unico pigolio che riuscì ad emettere, senza staccare gli occhi colmi di tenerezza e di amore, assomigliava vagamente a 'mi darai tu gli appunti?', 'una Firebolt!', 'prendere confidenza', 'allenamenti'...
- Smetti di borbottare, e posa quel pezzo di legno, Ginny. 
- Dai, Herm, dopotutto è solo una lezione... - mormorò mentre continuava ad accarezzare il manico di frassino. - E questo non è un pezzo di legno! - sbraitò, chiedendo scusa per la scortesia dell'amica direttamente ai ramoscelli in betulla che formavano la coda. - Stasera ci sono gli allenamenti per rientrare nella squadra che rappresenterà Hogwarts al Trescope, non posso arrivarci senza aver mai provato come muovermi... non è certo come la mia Scopa, questa... 
- Fai come vuoi - si arrese Hermione. - Io non ti coprirò. Quidditch, Quidditch, sempre Quidditch... 
Si rese conto di aver imprecato contro una sedia vuota: quel 'fai come vuoi' aveva condotto l'amica molto lontano da lei, e molto probabilmente era ormai abbastanza vicina alla Foresta Proibita da non essere vista da professori ed altri studenti.
Hermione sospirò.
Non era la prima volta che veniva surclassata da uno stupido Manico di Scopa.
- Dannati Weasley - sputò stizzita, quando fu certa che nessuno la potesse sentire.

***


- Harry, calmati. Finchè non si farà di nuovo vivo, è inutile preoccuparsi inutilmente. Magari ci ha ripensato... 
Harry Potter fulminò Percy Weasley con un'occhiata lievemente somigliante ad un Avada Kedavra. Lo stesso Percy, a giudicare da come aveva cercato di ingoiare una saliva inesistente nella sua gola prosciugata dal terrore, si era stupito di non aver visto scintille verdi scaturire dalle iridi altrettanto verdi del collega. Con tutto quel verde, si chiese perchè mai non fosse stato smistato a Serpeverde, ma scacciò il pensiero altrettanto rapidamente, temendo un eventuale impegno nell'apprendimento della soave arte della Legilimanzia da parte dell'Occlumante più incapace dell'ultimo secolo.
- Hai ragione - borbottò senza smettere di digrignare i denti, e Percy tirò un sospiro di sollievo. - Ciò non toglie che dobbiamo stare all'erta... sono già arrivate una decina di lettere da parte dei lettori della Gazzetta del Profeta, che contano su di noi per risolvere la questione - concluse gonfiando il petto, il che lo rese più simile a Percy di quanto non fosse mai stato.
- Credo che Cuffe avrebbe potuto evitare quell'articolo, a mio avviso - azzardò Weasley, incoraggiato dalla lieve approvazione concessagli magnanimamente da Harry. - Non c'è motivo di allarmare inutilmente tutta l'Inghilterra. Almeno ha avuto il buonsenso di non nominare Hogwarts, questo gli va riconosciuto.
- Credo che non abbia agito male, invece. Ipotizziamo solo per un momento che Rita Skeeter avesse scoperto di queste lettere da sola, hai idea del polverone che avrebbe alzato su noi e sul Ministero? Soprattutto dopo che Shacklebolt si è rifiutato di aiutare la causa... credo che non ci sia bisogno che ti ricordi cosa successe con Bagman, Bertha Jorkins e Crouch, Weatherby. 
A Percy si spezzò la piuma d'aquila. In effetti, era troppo bello ed irrealistico, il fatto che il divino Harry Potter fosse d'accordo con lui... storse il naso, quel 'Weatherby' era proprio un colpo basso. Abbassò la testa, deciso a finir di compilare la sua relazione sulle migliorie apportate alla sicurezza di Azkaban, dovute all'allontanamento dei Dissennatori.
- E poi, non eri proprio tu a sostenere l'importanza del non abbassare la guardia? - ridacchiò il Salvatore del Mondo Magico. - La segretaria! - esclamò poi, come folgorato da un'illuminazione a dir poco divina.
Percy lo guardò perplesso: più passava il tempo e più pensava che forse chi l'aveva definito pazzo
durante e subito dopo il Torneo Tremaghi non avesse poi tutti i torti. La sua perplessità non fu però degnata di una qualche risposta.
Un tonfo, poi il rumore di qualcosa che andava in frantumi, un Wingardium Leviosa e un Reparo
lo informarono che il raccoglitore di documenti era caduto e poi era stato riportato al suo posto, e che il portapenne di vetro era andato in mille pezzi ed era altrettanto velocemente tornato integro. Borbottò un Wingardium Leviosa per riportare anche quello al suo posto sopra la scrivania, ma quando ebbe finito di pronunciare la formula, Scatto-Repentino-Harry-Potter era già sparito oltre la porta, ed a giudicare dai 'Largo', 'Spostatevi', 'Permesso' che risuonavano in lontananza, si era già fiondato all'interno dell'ascensore, diretto ovviamente al Primo Livello.
 

- Signorina De Torres! - esclamò sussiegoso, e fu solo per non incorrere nelle ire di Ginny che si trattenne dal materializzare un mazzo di fiori da offrirle in dono.
- Signor Potter, il Ministro è occupato - rispose brevemente Candida senza alzare la testa.
- Ma io stavo cercando lei! - continuò con un sorriso a trentadue denti.
- Me? - chiese titubante, ma continuando a scribacchiare qualcosa su un blocco per appunti.
- Sì, proprio lei! Le volevo chiedere dove aveva trovato quel delizioso profumo... 
Un uomo nota il profumo di una donna solo quando la suddetta mujer ha solo quello, addosso.
Signor Potter, non si sprechi in moine ed arrivi al dunque.
Era ufficiale: se Voldemort non era riuscito ad ucciderlo in quasi diciassette anni di tentativi, Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres rischiava di riuscirci in un paio di giorni. Aveva l'aria di non tollerare perdite di tempo, e solo in quel momento Harry Potter si rese conto che la sua escursione al Primo Livello poteva rivelarsi tale.
- MichiedevosesonoarrivatelettereperilMinistro. - Magari risparmiare sul fiato e quindi ottimizzare il tempo poteva rivelarsi una mossa saggia.
- Cosa le fa pensare che un'immigrata spagnola possa comprendere i suoi farfugliamenti in londinese approssimativo? Mi sta facendo perdere tempo, signor Potter. 
I peggiori timori di Harry Potter si erano appena concretizzati: il suo tentativo di risparmiare secondi preziosi l'aveva appena condannato a sprecarne molti di più, e questo poteva essere più pericoloso di un Sectumsempra.
- Mi chiedevo, se ovviamente può e vuole dirmelo, se sono arrivate lettere indirizzate al Ministro Shacklebolt. - Trattenne il fiato: non era esattamente sicuro che quel 'se ovviamente può e vuole dirmelo' non rientrasse tra le moine, e quindi, tra le cose detestate dalla donna.
- E cosa le fa pensare che la corrispondenza privata del Ministro sia affar suo? 
- N-niente - borbottò, ma la sua voce si spezzò non appena vide un'intestazione scarlatta su una busta nera come il giaietto. Riuscì solo a pensare che doveva prenderla a tutti i costi, ma la sua mano si rifiutava di mettere mano alla bacchetta, trattenuta da qualcosa di vagamente simile alla paura.
- Mi scusi, Signor Potter, ma se non ha altre domande... devo urgentemente andare dal Ministro. - Si alzò con movimenti studiati, sinuosa nel suo ancheggiare da ballerina di flamenco, nonostante i numerosi chili che avvolgevano generosamente la sua figura.
Bingo, non potè fare a meno di pensare Harry, che si avventò come un cane affamato sulla sua preda.
Dieci secondi dopo, era già al sicuro nella cabina dell'ascensore, e stringeva al petto il suo bottino.

Dieci secondi dopo, Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres sospirò, alzando gli occhi al cielo.
Certo che Harry Potter era proprio un idiota.
- L'ha presa? - le chiese ridacchiando Kingsley Shacklebolt.
- La ocasiòn hace al ladron.* 
- E' un sì? 
- Sì, signor Ministro. 
- Beh, era quello che volevamo. Perchè è così abbattuta? 
- Perchè, adesso, quell'idiota penserà che io sono un'idiota. 
- Via, via, è solo un po' curioso. 
- El que no oye consejo no llega a viejo.* 
- Non so cos'abbia detto, ma il suo tono non mi è piaciuto. 
- Pensavo che, ogni tanto, farebbe meglio a tenere il suo naso lontano dagli affari altrui. 
- Non ci è mai riuscito. Non abbia la pretesa di convertirlo lei, signorina. Potrebbe rimanerne delusa. 
- De abril y de la mujer, todo lo malo hay que temer.* 
- Ho capito solo 'aprile', ed il suo tono continua a non piacermi. 
- Sono nata io ad aprile - ridacchiò Candida, uscendo senza congedarsi dall'Ufficio del Ministro.

***


Ginny Weasley era rimasta fuori per tutta la mattina, ed Hermione Granger era irrequieta come uno Schiopodo Sparacoda.
Non tanto perchè avesse saltato le lezioni - affari suoi, pensò con distacco - ma perchè pareva aver inaugurato una moda: un'epidemia di febbre e nausee sembrava aver colpito gran parte della popolazione di Hogwarts, ma, misteriosamente, l'Infermeria era vuota, se si escludeva Euan Abercrombie, lo studente meno coraggioso che il Cappello Parlante avesse mai assegnato a Grifondoro, con un braccio fasciato nel lettino più lontano dalla porta. A quanto pare, la vista del Barone Sanguinario l'aveva atterrito a tal punto da fargli ruzzolare un'intera rampa di scale.
Irrequieta quanto Hermione era anche la Preside McGranitt, e mai come in quell'occasione le labbra di entrambe avevano raggiunto dimensioni irrisorie: entrambe le portavano così serrate da essere incapaci di emettere alcun suono.
Se Hermione pareva decisa a non rivolgere la parola a nessuno, dato che chiunque la circondasse era involontario testimone del suo insuccesso come Caposcuola, Minerva McGranitt si trovò costretta a farlo all'ora di pranzo. In pochi si chiesero come diavolo facesse ad uscirle la voce, tenendo le labbra così strette, proprio perchè pochi erano gli studenti ad essersi preoccupati lontanamente di avere uno stomaco da soddisfare.
- Granger, Nott, Abbott, Goldstein... dove diavolo sono tutti? 
Nessuno dei quattro Caposcuola parve trovare le parole per addolcire la realtà dei fatti.
Com'era prevedibile, fu Hermione a rompere il silenzio. - Quidditch, immagino siano tutti ad allenarsi per gli stupidi provini di stasera - sbottò, senza neanche provare a celare la stizza per quell'assurda perdita di tempo.
Le labbra della Preside divennero se possibile ancora più fini. - Ma dovremmo vederli... voglio dire... 
Hermione fece per replicare, ma la tremenda consapevolezza del dove si trovassero tutti si fece strada nella mente della Professoressa, tingendole il volto con una fosca ombra di disapprovazione.
- Giuro che toglierò centinaia di punti ad ognuno di quegli stupidi - sbraitò mentre varcava la soglia della Sala Grande, diretta verso la Foresta Proibita, seguita da tutto il corpo insegnanti.
Nello stesso momento, con un pigro movimento del polso, Draco Malfoy sprigionò dalla sua bacchetta scintille rosse, che esplosero come un fuoco d'artificio a qualche metro di distanza dalla finestra.
- Malfoy cosa diavolo fai?! - sbraitò Hermione, come ai vecchi tempi.
- Non ho intenzione di vedere i punti guadagnati da me andare in fumo per dei mediocri, se non scarsi, giocatori di Quidditch, Granger. 
- Perchè non ci sei anche tu, allora, là fuori? Mi sembra che tu sia un mediocre giocatore di Quidditch, Malfoy! 
Si rese conto che sfogare la rabbia su di lui in quel modo le piaceva. Ora che era passato l'attimo di incoscienza iniziale, che l'aveva portata ad urlargli contro senza rendersi pienamente conto di ciò che stava facendo, stava gridando consapevolmente.
- Mi lusinghi, Granger, credevo che avresti scelto scarso, come aggettivo - rispose sghignazzando, alzandosi per andarsene dalla Sala Grande. - Purtroppo per te, nella mia mediocrità, sono l'unico Cercatore degno di questo nome. 
Si allontanò tronfio dal tavolo di Serpeverde, quando un camaleonte con le fattezze di Ginny si affacciò ansimante sull'uscio della Sala.
- Chiunque sia stato, lo amo profondamente - esclamò, mentre tentava di riprendere fiato.
- Non so che farmene dell'amore di una Babbanofila, Weasley. Ah, facci il piacere di non Disilluderti, sicuramente sei più guardabile quando sembri una parete di pietra. 
Per tutta risposta, Ginny sfoderò la bacchetta per pronunciare il controincantesimo, rivelando orecchie più rosse dei suoi capelli. Dopodichè, puntò la stessa bacchetta in mezzo alla fronte di Draco. - Dammi solo un motivo per non Cruciarti, Malferret. 
- Innanzitutto, ti ho salvato il culo, se proprio vuoi saperlo. E poi, il secondo motivo è dietro di me. 
Ginny abbassò la bacchetta, e spalancò la bocca in una smorfia orripilata. Orripilata da ciò che aveva pensato e detto, orripilata da se stessa.
Dietro le spalle di Draco, Hermione Granger stava tremando.
Forse non bastava urlare contro Malfoy per guarire.

- Herm... io... 
- Non fa niente, Ginny, davvero. Dovrei abituarmici. 
Stavano salendo in Dormitorio, dato che le lezioni del pomeriggio erano state soppresse per permettere a Madama Bumb di provinare gli aspiranti ai posti di titolari e riserve della rappresentativa di Quidditch di Hogwarts.
Alla fine, gli insegnanti erano riusciti a punire solo una minima parte di coloro che avevano trascorso la mattinata nella Foresta Proibita, perdipiù novellini del primo o del secondo anno che non avevano ancora ben chiara la morfologia del territorio e la planimetria della Scuola, che invece gli studenti più anziani conoscevano come le proprie tasche. Qualcuno, come Ginny e Dean, aveva Disilluso sia il proprio corpo che la propria Scopa, altri avevano nascosto nella Foresta le Scope per poi correre a perdifiato verso il Lago Nero e far finta di studiare sulla riva, con libri di testo Appellati da chissà dove, altri avevano perso la testa e cominciato a darsela a gambe nelle direzioni più disparate, col risultato che o erano stati beccati mentre cercavano di rientrare nel Castello, oppure si erano smarriti ed erano stati costretti a sparare scintille rosse per farsi venire a prendere. In definitiva, i più stupidi si erano sorbiti le ramanzine dei Direttori delle rispettive Case, si erano visti assegnare tremende punizioni da Argus Gazza, si erano beccati le offese di molti compagni di Casa e, soprattutto, erano stati esclusi senza possibilità d'appello dai provini per la squadra di Quidditch, al che Madama Bumb tirò un sospiro di sollievo: se si erano fatti scoprire, significava che non avevano nè prontezza di riflessi, nè particolare abilità nel Volo, e ciò significava che le avrebbero fatto perdere tempo inutilmente.
- Ma ciò non toglie che non avrei dovuto dirlo... 
- Ginny, ormai è andata... dai, preparati, che devi farti prendere assolutamente nella squadra. 
- Oh, Hermione! - esclamò Ginny lanciandole le braccia al collo. - Ti voglio bene! - E sparì in camera, lasciando la compagna ad asciugarsi una lacrima sul divano della Sala Comune.
In realtà, Hermione non pensava realmente nè all'affetto che provava nei confronti di Ginny, nè a quegli stramaledettissimi provini di Quidditch.
In realtà, pensava a Malfoy. Che aveva capito tutto.
E che forse... sapeva.
Sapeva
cos'era davvero un Crucio.
- Hermione... posso parlarti un secondo? 
La Caposcuola si voltò verso Neville Paciock, che avanzava lentamente verso di lei. - Come al solito rimaniamo solo noi due gli allergici alle Scope, eh? - gli sorrise.
- Preferisco tenermi il Coraggio per altre attività. 
Risero insieme. - Volevi dirmi qualcosa? 
Neville parve soppesare le parole che stava per pronunciare. - Solo che serve tempo. 
Hermione sospirò. - Tu come hai fatto? 
- Ho scoperto perchè mi faceva così tanta paura. Credo che sia l'unico modo per affrontarne le conseguenze. 
- Credi che ci riuscirò anch'io? 
- Se non ci riesci tu, non ci riesce nessuno, Hermione. - La abbracciò calorosamente. - Andiamo a vedere questi provini? 
- Beh, magari a Ginny farebbe piacere, sì. Neville... - si interruppe, pensierosa. - Perchè ti faceva paura? 
Neville abbozzò un sorriso, scevro da gioia ed autocompiacimento. Sembrava un sorriso arido, se non addirittura forzato. - I miei genitori. Non volevo diventare come loro. Ora so di non essere diventato come loro. Non ho più niente da temere. 
- Scusami. 
- E per cosa? - Questa volta il sorriso di Neville era tornato caldo. Pieno della tenerezza e della dedizione che riversava nell'affetto per i suoi amici.
- Per averti fatto rinvangare... tutto. 
- Dovrò raccontarlo anche ai miei figli, ed ai miei nipotini, quando saranno pronti per ascoltarmi. Dovrò pur iniziare facendo un po' di pratica. - Le tese la mano, invitandola ad alzarsi.
Hermione prese quella mano, e si affidò a lui.
- Grazie, Neville. 
- Non sono Harry, nè Ron, ma a qualcosa servo anch'io - disse, facendole un occhiolino.

***





NOTE:

-
Traduzione dei Proverbi di Candida:
    * L'occasione fa l'uomo ladro.
    * Chi non sente consiglio non diventa vecchio.
    * Da aprile e dalla donna devi aspettarti ogni male.
- La donna dai sette cognomi è chiaramente la madre di Blaise Zabini.
- L'accenno al Buon Pastore si riferisce ad una parabola contenuta nei Vangeli, appunto quella del Buon Pastore, che nella versione originale era un filino meno blasfema di questa. xD La versione originale recitava:
Vi sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si converte che per novantanove giusti, i quali non hanno bisogno di conversione.
- Le pantofole rosa fucsia a forma di maiale prendono spunto dal regalo che il fidanzato di una mia amica le ha realmente fatto per San Valentino: ovviamente quelle non grugnivano, ma vi assicuro che erano ugualmente tremende. (E poi, lo so che Emma Watson ama il rosa più della sua stessa vita, ma credo e spero che Hermione non faccia altrettanto, quindi, sì, questa è una protesta nei confronti della mania insensata dell'attrice xD).
- La frase sugli ioni di carica opposta prende spunto dal mio libro di chimica, tra l'altro l'unico esame in cui ho preso 30 finora. :P Mi sembrava adatta alla cultura di Hermione, che nonostante gli studi magici, non credo che abbia trascurato di leggere nel tempo libero qualcosina di più Babbano.
- Nero come il giaietto si riferisce ad una frase del Calice di Fuoco, quando Voldemort chiama a raccolta i Mangiamorte premendo con l'indice sul Marchio Nero di Codaliscia. Il Marchio diventa appunto 'nero come il giaietto' e dato che questa similitudine mi aveva sempre affascinato (sebbene non mi fossi mai preoccupata di cosa fosse il giaietto xD) ho deciso di infilarla nella storia. :) (Sono pazza, lo so.)
- Euan Abercrombie è un personaggio della Rowling, che appare per la prima - e credo anche l'ultima - volta nell'Ordine della Fenice, con l'unica utilità di rappresentarci un ragazzino tremante in attesa dello Smistamento. Viene appunto assegnato a Grifondoro.







@poison spring: sono felice del fatto che in questa cosa non ci si capisca ancora un cavolo, perchè visto che ancora non ho tutto chiaro neppure io, ho più libertà d'azione :P che volpe! Per il resto, grazie per ogni tua recensione, per ogni tua parola, e per ogni tuo commento feisbucchiano a tutte le cavolate che scrivo :P

@semplicementeme: Arturo e Procione hanno lavorato bene a quanto pare :P Lungi da Draco Malfoy il bisogno di rivolgere ad Hermione qualche parola di conforto, ma comunque... ci sta lavorando :) Per il resto, se il mio capitolo è stato esilarante, la tua recensione lo è stata di più :D Ah, e alle parentele di Candida non ho ancora pensato, ma a come farle prendere per i fondelli Harry Potter sì (muahahahah). Magari mando Candida a vedersela anche con il mio prof di fisica, già che c'è... credo che mi farebbe prendere 30 in massimo 5 secondi di colloquio!

@Florence: taaaanta ciccia al fuoco anche in questo capitolo (anche se ho preferito evitare studentesse sarsicciose lasciate in mutande) :D Per il resto, la 'vittima involontaria' sta cominciando a farsi qualche domandina, sì... chissà chissà :P Comunque a quanto pare il Mayrem May... che ho tirato più e più volte in questi giorni è servito a qualcosa... yuppiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! messaggio subliminale ricevuto :P

@Emily Doyle:  aspetta aspetta gli altri capitoli, che prima o poi si chiarirà tutto :P Per tua gioia, Draco è ricomparso, ma stai sicura che dai prossimi capitoli cominceranno ad allungarsi gli spazi dedicati a lui... per ora, dovendo mettere tutta questa carne al fuoco, devo buttare accenni in qua ed in là a tutti i personaggi. Harry e Percy come Stanlio ed Ollio mi fanno morire xD Effettivamente sono ben assortiti, sìsì! :D

@kiamilachan: riferirò a Percy le tue condoglianze! Visto che anche Candida è della tua stessa opinione? Entrambe amate Harry alla follia :D Pensa pensa a cosa tramano tutti quanti... voglio proprio scoprire cosa vi hanno portato a pensare le mie frasi sconnesse :)

@Valaus: io vedo Draco esattamente come te. Non nego che gli piaccia il suo ruolo da straPurosangue, straricco, straviziato, e non lo vedo come qualcuno che vuole ad ogni costo rinnegare il proprio nome, perchè a lui essere un Malfoy piace, e parecchio. Essere un Malfoy condensa tutti gli ideali a cui è stato educato, che gli sono stati inculcati fin dalla tenera età, ed in cui lui stesso ha voluto credere. Semplicemente, Draco è sempre, sempre stato abituato alle cose semplici. E ritrovarsi a sedici anni nei panni del quasi assassino di Silente, non è stata esattamente una cosa adeguata ai suoi standard. E' proprio nel crescere che ha cercato di distaccarsi in qualsiasi modo dall'immagine che gli era stata cucita addosso, non con gesti eclatanti, ma nelle piccole cose, nei momenti di solitudine, in tutte le occasioni in cui non c'era il rischio di deludere le aspettative degli altri. Ed ora che tutto è finito... si gode la sua libertà (eccome, se se la godrà, urla l'autore onnisciente che è in me xD). Per quanto riguarda Harry e Percy... mi sa che la mia mente bacata ha accoppiato due personaggi complementari. xD

@Mirya: ...ed io sono felice di averti tra le mie lettrici. Sarai abituata ai complimenti ripetuti fino allo sfinimento, ma io non posso che rinnovarteli di continuo. Piacere ad un'autrice come te è veramente entusiasmante, e non esagero. Quindi, grazie, grazie, grazie per tutte le tue bellissime parole.







Effebì
Mi trovate... qui.




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Capitolo 6
*** Boccini, Sedani e Urgenze ***


5.


Boccini, Sedani e Urgenze









La rivalsa ha atteso più di tre anni.
E' giunta l'ora di rimediare.

Era sicuramente una grande fortuna per tutto il mondo magico, il fatto che lui si fosse appropriato di quella lettera prima che la aprisse il Ministro.
Già si immaginava l'espressione scettica sul volto di Shacklebolt, che poi, con il solito tono lento e pacato, avrebbe borbottato qualcosa sullo scherzo idiota di qualche burlone, e magari avrebbe anche accartocciato con noncuranza la missiva per lanciarla nel cestino. Si trattenne dall'esplodere in un moto di rabbia solo perchè Percy gli aveva tassativamente vietato di fare rumore, in quanto impegnato in un'importantissima e improcrastinabile conversazione via focolare con un esponente del Comitato Non-So-Quale per la Regolamentazione di Non-So-Cosa. Effettivamente non aveva prestato troppa attenzione alle sue parole, troppo preso dall'euforia data dal potersi rigirare un nuovo indizio tra le dita.
- Percy, mi serve il Camino. 
L'uomo lo gelò con uno sguardo talmente freddo e minaccioso che per un momento gli ricordò il Percy di tre anni prima, quello fuggito dalla Tana in nome della cieca obbedienza a Cornelius Caramell, quello dimentico di ogni affetto e calore familiare, votato all'ambizione ed all'incrollabile obbedienza alla Legge. Ripensandoci, la versione Serpeverde di Percy aveva giurato fedeltà anche alla Umbridge, e le lievi cicatrici sul dorso della mano destra non sembravano decise a perdonarlo per questo. Fu proprio per tale motivo che la sua mano destra afferrò una spalla di Percy per smuoverlo dalla posizione inginocchiata che aveva assunto di fronte al focolare.
- Harry, ma che diav...?
- E' urgente. Salve signor, ehm, Comitato, mi chiedevo se poteva riprendere la conversazione con il mio collega tra una decina di minuti. 
- Harry, non fare lo stupido. In fondo al corridoio ci sono decine di focolari pubblici, perchè non puoi usare quelli? 
- Ho bisogno di privacy. 
Il signor Comitato borbottò qualcosa sulla maleducazione dei parvenu e sparì dalla visuale dei due litiganti, inutilmente richiamato dalla voce supplicante di Percy.
- Harry, che ti salta in mente? - urlò arrabbiato, cercando di racimolare tutti i fogli dei suoi appunti sparsi sul pavimento.
- Se tu non fossi stato due ore di fronte al camino, avresti letto questa! - Gli tirò la lettera in faccia, mentre contemporaneamente infilava la testa nel focolare. - Barnabus Cuffe, Redazione de La Gazzetta del Profeta! - disse alla fuliggine.
E la fuliggine, che dall'altra parte di quel canale di comunicazione si stava pigramente spelacchiando i baffi ed altrettanto pigramente sorseggiava mezzo bicchiere di Whisky Incendiario, si allargò in un sorriso gongolante.
- Sì, signor Potter? - chiese con una voce al limite dello stucchevole, fissando il volto plasmato dalle fiamme del Bambino Sopravvissuto.
- Volevo sapere se le era arrivata... 
- Questa? - domandò sornione sventolando una busta nera. - Una tazza di tè, signor Potter? 
Per la seconda volta nel giro di pochi minuti, Harry pensò ai modi affettati della Umbridge.
Decisamente, la cosa non gli piaceva affatto.
- No, grazie, volevo solo controllare che... la lettera, sì. Può mostrarmela? 
Barnabus Cuffe gli porse immediatamente la busta.
- Sì, sono uguali. Grazie, signor Cuffe, mi tenga informato. - borbottò pensieroso.
- Ah, merda, me ne stavo dimenticando, signor Potter, un momento! 
Nel suo Ufficio al Ministero, Harry sospinse di nuovo la testa tra gli alari. - Sì? 
- C'era anche questo, dentro la busta. 

***


- Credi che Ginny ce la farà? 
- Si è presentata come candidata a due ruoli... credo che almeno per uno sarà scelta sicuramente. E' brava, credo. 
- Per due ruoli? 
- Cercatrice e Pluffatrice. 
- Si dice Cacciatrice, Neville, lo so anch'io questo. 
- Quello che è. - Sorrise.
- Certo, che se si è presentato lui, potevamo provarci anche noi - valutò Hermione, assistendo all'a dir poco ingloriosa prestazione di un ragazzo ad occhio e croce del secondo o terzo anno. - Quella invece sembra bravina. Credo si chiami Natalie, è una Grifondoro. 
- Beh, se proprio dobbiamo vincere questa Coppa, sarà bene che sia un trionfo più rosso e oro possibile. Non sopporterei Malferret che si pavoneggia per i corridoi perchè la partita è stata vinta perchè lui ha preso il Boccino. 
Hermione gli lanciò un'occhiata obliqua. - Non è questa la mentalità, Neville, lo sai... 
- Dai, Herm, non lo sopporteresti neppure tu. 
- Effettivamente, sarebbe più fastidioso di un Nargillo attaccato al vischio. 
Hermione si voltò verso il punto da cui proveniva una sognante voce femminile.
- Luna, non hai provato neppure tu? - chiese Hermione accennando al campo da Quidditch.
- Non mi piacciono i Manici di Scopa. Ci si annidano troppi Cappelletti Bollosi. 
Il profondo sospiro di Hermione fece eco alla risatina di Neville.
- Oh, guardate, ci stanno venendo addosso, tenete. 
Mentre Luna porgeva loro con estrema calma dei gambi di sedano - a suo dire portentosi nella lotta ai Cappelletti Bollosi, proprio per questo se li era portati dietro per avvicinarsi a tutte quelle scope -, Neville ed Hermione realizzarono una presenza quanto mai incomoda ed inaspettata in mezzo a loro. Un lieve scintillio dorato oscillava freneticamente ad un palmo dai loro nasi, ed otto scope parevano immensamente determinate ad avere la meglio su quel riverbero luminoso.
- Malferret, fermo! - urlò l'occupante della seconda Scopa, che a giudicare dalla scia infuocata che le partiva dalla testa era Ginevra Weasley.
- Non lascerò il Boccino a te, stupida Piattola - urlò sprezzante Draco Malfoy, che era momentaneamente il più vicino alla meta.
- Idiota! Sai benissimo che io giocherò come Cacciatrice... 
- Ti dovrei lasciar vincere questa sfida solo perchè tanto abdicheresti
- Da quando in qua sono diventata una sovrana, Malfoy? Hai lasciato ai Weasley il comodo trono della tua nobilissima famiglia
- Lascia stare la mia famiglia, Piattola, e togliti dai piedi - replicò freddo, accelerando improvvisamente.
Nel vedersi piombare non una, ma ben due Firebolt addosso, Hermione fece l'unica cosa che le passò per la testa, e l'ultima che avrebbe voluto realmente fare. Chiuse le dita intorno alle ali scalpitanti del Boccino d'Oro.
E le dita di Malfoy si chiusero intorno alle sue.
- Stupida Mezzosangue - biascicò, mentre tentava inutilmente di riprendere quota, vincolato dal braccio di Hermione.
Le piombarono addosso in due, lui e la sua stramaledettissima Scopa.
E Draco si ritrovò in bocca un gambo di sedano.

***


- Candida, cara? 
- Sì, signor Ministro? 
- Notizie da Barnabus? 
Candida storse il naso, Barnabus gliene aveva date anche troppe, di notizie. L' aveva trattenuta con la faccia nel Camino per dieci inutilissimi minuti, riempiendole la testa di stupidaggini. Sarebbe bastato dire poche parole chiave, sulla conversazione con Harry Potter, sulla lettera ed il suo contenuto... ed invece no, Barnabus Cuffe aveva insistito per parlare del tempo. Un minuto di notizie importanti, e nove minuti di 'peccato che il tempo si sia guastato, queste nuvole non promettono niente di buono...'.
- Allora, Candida? - insistè Kingsley.
- Il signor Potter ha chiesto a Cuffe se aveva ricevuto una lettera uguale alla sua, e poi Cuffe gli ha consegnato anche la snitch dorada
Cuffe, non Barnabus. Era importante ripristinare le giuste distanze. A dare troppa confidenza a quel giornalista da strapazzo si rischiava di votare la propria esistenza agli anticicloni delle Azzorre.
- E Potter? 
- L'ha presa e se ne è andato. 
- Ah, come vorrei vederlo impegnato a scervellarsi sugli indizi... 
- Se ho inquadrato bene Potter, più che a scervellarsi, sarà impegnato a rincorrere l'indizio per tutto l'Ufficio. Este hombre sigue siendo un ni
ño.* 
Rispose rapidamente ad un'occhiata interrogativa del Ministro. - Un bambino. 
- E' pur sempre il Bambino Sopravvissuto, cara Candida. - Rise.
- Non credo che continuerà ad essere sobreviviente* se non la smette di impicciarsi ovunque - concluse perentoria Candida.
- Non si dimentichi di aggiornare... 
- Sì, ya sé.* Gli scrivo subito. 
- Perfetto, cara. Torno nel mio Ufficio, sto aspettando ospiti. 
Candida si bloccò. - Oh! - sospirò con voce sognante. - Lui? 
- Non mi dirai che... - iniziò Kingsley, sornione.
La signorina de Torres avvampò. - Oh, certo che no, insomma... 
Il Ministro della Magia sparì ridacchiando nel proprio Ufficio, mentre Candida si fiondò in bagno armata di bacchetta. Quella lettera poteva aspettare, al momento era più preoccupata da come sarebbe apparsa ai suoi occhi. Con un colpo di bacchetta risistemò la crocchia mora, imprigionandovi tutte le ciocche ribelli; un altro lieve colpetto e le sue ciglia divennero improvvisamente più lunghe, eleganti e splendenti.
Tornò al suo posto dietro la scrivania, guardandosi febbrilmente intorno e riordinando tutti i documenti sparsi sul tavolo.
Quando intravide una ciocca di lunghi capelli biondi appena dietro la porta, andò in visibilio.
Peccato che quella ciocca, oltre a presagire l'arrivo dell'uomo dei suoi sogni, ne precedeva un'altra, altrettanto bionda.
Ed immediatamente capì che quella giornata non poteva rivelarsi altro che un fiasco totale: del resto, un futile dialogo sulle precipitazioni nel Surrey in compagnia di Barnabus Cuffe non poteva essere l'aprifila di niente di buono.
- Prego, il Ministro La sta aspettando - borbottò rivolgendosi volutamente ad uno solo dei due nuovi arrivati.

***


- Malfoy, sei un cretino! - urlò Ginny.
Draco non le rispose perchè al momento aveva la bocca ostruita, ma l'occhiata che le lanciò non prometteva niente di buono.
Nel frattempo, da qualche parte sotto di lui, Hermione non riusciva a trattenere le lacrime.
- Hermione! - gridò Neville, guardando qualcosa di non meglio identificato sotto la schiena della ragazza.
Luna Lovegood, invece, scuoteva ripetutamente la testa. - Tutta colpa dei Cappelletti, me l'aspettavo. Forse dovevo togliere le foglie al sedano, l'avrei reso più efficace. - Agitò più volte il suo gambo in direzione della Firebolt di Draco, ma non successe alcunchè. - Beh, se ne sono andati. E' già qualcosa. 
- Santo cielo, non esistono i Cappelletti Bollosi, Luna! - sbraitò Hermione, stringendo le palpebre come a volerle serrare il più possibile.
Quando Hermione perdeva la pazienza, era chiaro a tutti che ci fosse qualcosa di estremamente fastidioso, o pericoloso, od urgente in corso.
Se le Creature Magiche occasionalmente create dal Cavillo rientravano di certo nella sfera del fastidioso, in quanto prodotti di fantasia non riscontrabili in alcun libro di testo, si poteva altrettanto sicuramente escludere la presenza di qualcosa di pericoloso nell'etere, dato che Madama Bumb aveva momentaneamente sospeso gli allenamenti per analizzare l'accaduto ed eleggere il Cercatore titolare di Hogwarts. Restava da capire cosa ci fosse di così urgente, da far scattare di rabbia la Caposcuola.
Malfoy sputò altrettanto infuriato il gambo di sedano. - Granger, se tu lasciassi quel Boccino, io potrei anche alzarmi. 
- Non sono io che sto trattenendo la tua mano, idiota! Togliti di dosso! 
La stupidità di un tifoso di Quidditch poteva toccare vertici a dir poco imbarazzanti: Draco Malfoy era disposto a perseverare per ore in quella posizione, incastrato tra gli spalti, la scopa ed Hermione. Dopotutto, magari esisteva un qualche minuscolo cavillo del regolamento che stabiliva che la partita finisse in pareggio se il Boccino veniva afferrato da uno spettatore. O magari quello era uno dei settecento falli impossibili da memorizzare. O, eventualmente, una regola simile non era ancora stata stabilita perchè non si era mai verificata prima una situazione simile.
- Dovresti davvero toglierti... - pigolò Neville, terrorizzato dalla smorfia di dolore e di rabbia impressa sul volto dell'amica, ma altrettanto spaventato dalla determinazione del Cercatore.
- Che diavolo sta succedendo qui? Signor Malfoy, si tolga! - esclamò una voce stizzosa.
Una donna bassa, dai capelli grigi e gli occhi gialli planò verso di loro, soffiando un'infinità di volte nel suo fischietto. A Malfoy non restò da fare altro che abbandonare la sua preda, liberando il pugno stretto fino all'inverosimile di Hermione.
- Signorina Granger, che cosa?... Oh, un altro - bofonchiò, guardando Neville per un istante.
Hermione, che non accennava a mollare la presa sul Boccino, ma anzi, lo stringeva nervosamente fino quasi a stritolarlo, fissò il proprio polso sinistro, maneggiato con cura da Madama Bumb. Rotto.
- Malfoy, io ti... aaaaaaaaaargh! - urlò quando Madama Bumb provò a premerle un punto specifico della mano.
- Sì, non ci sono dubbi, è rotto. Signor Paciock, la accompagni in Infermeria, per favore. 
Neville la aiutò a rialzarsi, cingendola con un braccio. - Non preoccuparti, Hermione, Madama Chips te lo rimetterà apposto in un baleno. 
- Bene, tornando a voi... Malfoy Cercatore Titolare, Weasley Prima Riserva, Bell Seconda. 
La sorella minore di Katie Bell, Corvonero, per l'euforia staccò entrambe le mani dalla sua Tornado, rischiando di precipitare nel vuoto. Il fatto che avesse solo rischiato di farsi male la distingueva in positivo da Katie, che quando era ad Hogwarts sembrava portata in maniera eccezionale ad essere bersaglio di incidenti ed a riportare ferite più o meno gravi su tutto il corpo.
Madama Bumb la raggelò con un'occhiata torva, poi tornò al centro del campo per riprendere le selezioni. - Avanti con i Cacciatori! 
Con la calma di sempre, Luna Lovegood reputò più interessante raggiungere Hermione e Neville in Infermeria. Dopotutto, nel regno di Madama Chips non era permesso l'ingresso ai Cappelletti Bollosi. Lì sarebbe stata decisamente più al sicuro.

***


Harry!
Ce l'ho fatta!
Sono Cacciatrice Titolare della squadra di Hogwarts, ed anche la Prima Riserva per il ruolo da Cercatrice.
Harry rischiò di stritolare la pergamena. Quante volte glielo aveva detto: Cac-cia-tri-ce. E basta, il Cercatore era lui e solamente lui. Beh, perlomeno era solo una Riserva, certamente il Titolare non le avrebbe ceduto volentieri il proprio posto.
So che non sarai contento del mio provino da Cercatrice, ma scommetto che avresti preferito me come Titolare, al posto di Draco Malfoy.
Come tempo prima aveva ipotizzato Arthur Weasley, il nome del Serpeverde era, nell'ordine, sottolineato, cerchiato, evidenziato ed addirittura circondato da un nugolo di frecce dalla punta più che acuminata.
In molti credono che sarà sicuramente scelto dagli Osservatori, visto che è bravissimo.
Intorno all'aggettivo, Ginny, dopo aver giurato e spergiurato che non lo credeva veramente, perchè fare un complimento a Draco Lucius Malfoy era roba da pazzi, aveva cercato di erigere una sorta di monumento futurista, a giudicare dalle linee dritte, curve, spezzate che si annodavano e snodavano per incorniciarlo.
Ma Harry si trattenne dal fare la lettera in mille pezzi, distratto dal lieve sottofondo di un incessante battito d'ali.
Boccino d'oro = Torneo Trescope.
E qui il ragionamento non faceva una piega: il mittente delle lettere minatorie poteva averlo allegato alla missiva destinata a Barnabus Cuffe per rimarcare semplicemente l'evento che avrebbe sabotato.
Quando però l'associazione diventava un'altra, c'era di che preoccuparsi.
- Percy, tua sorella è... 
- Cacciatrice e Cercatrice, lo so. Credo abbia sguinzagliato decine di gufi diretti a tutta la famiglia - rispose nervoso Percy, chiaramente infastidito da tutta quell'attenzione maniacale dei giovani Weasley per il Quidditch.
- C'era un Boccino d'Oro nell'ultima busta destinata a Cuffe. Credi che... vogliano colpire Ginny e quindi me? 
Percy lo guardò storto, prima di borbottare qualcosa riguardo al fatto che bisognava sempre spiegargli tutto.
- Primo, che bisogno avrebbero di mettere in mezzo il Trescope, se volessero colpire te? Sei in questo Ufficio a non fare niente dalla mattina alla sera, - Harry sbuffò - in compagnia di un solo mago, senza protezione nè scorta, sanno dove trovarti e ti colpirebbero facilmente. Secondo te metterebbero in mezzo il Torneo più importante a livello europeo solo per te? 
Harry fu tentato dal rispondere 'certo che sì', ma si trattenne. Forse un fondo di verità c'era, nelle parole di Percy.
- E poi, Harry, Ginny è una Riserva, senza contare che i provini ci sono stati dopo che la lettera era già arrivata sia al Ministro che a Cuffe. Avrebbero potuto inviarti una Pluffa, del resto era certo che Ginny sarebbe entrata nella squadra come Cacciatrice. 
Odiava la razionalità di Percy. La odiava in maniera viscerale.
- Ma non c'entra una Pluffa... 
- Siamo maghi, Harry - sospirò Percy, che ancora non aveva il coraggio di credere nella stupidità del Bambino Sopravvissuto.
Poi, il volto dell'Eroe sembrò rischiararsi tutto d'un colpo. - Era certo che Ginny...? 
Percy ridacchiò. - Solo tu non hai mai voluto vedere che Ginny era brava quanto te. 
- Non intendevo quello - ringhiò Harry. - Intendevo che... cavolo, è così ovvio
Tutto ciò che era ovvio agli occhi di Harry, rischiava spesso di rivelarsi forzato, inconcludente e pericoloso, come del resto tutto ciò che lo riguardava.
Quindi, neanche lui si stupì quando Percy sobbalzò sulla sedia, lasciando ricadere con un sospiro la testa tra le braccia: non aveva neppure il coraggio di guardare.
- Chi era ovvio che diventasse Cercatore, ma solo perchè io non sono più a Hogwarts? - puntualizzò con aria trionfante.
Percy strabuzzò gli occhi. - No - si limitò a dire. - Non ricominciare. 
- Devo scrivere a Hermione. Passami la tua piuma! - ordinò, prima di Appellarla da solo.

***


Era bastato un intruglio che sapeva lontanamente di gasolio e gelsomino a rimetterla in sesto.
Cosa ci fosse dentro, non era dato saperlo. Come fosse venuto in mente a Poppy Chips di accostare due fragranze simili, non era dato sapere neppure quello.
La Guaritrice si era semplicemente limitata a borbottare qualcosa sul superlavoro che le sarebbe toccato quell'anno, non bastava che si facessero male solo i giocatori, adesso si facevano male anche gli spettatori, dopodichè aveva buttato fuori a calci Neville e Luna, impedito a Ginny di entrare un'ora più tardi, e permesso l'ingresso solo ad un Gufo dall'aria imponente, che con aria altezzosa si era rifiutato categoricamente di attendere.
Il problema era uno solo: Madama Chips le aveva tassativamente vietato di muovere anche impercettibilmente il polso, ed aprire una busta rientrava nella categoria di attività rischiose punibili con la pena capitale.
- Ehm, Madama Chips, potrebbe aprirmela lei? 
Lo sbuffo che ricevette in risposta rischiò di renderla spettinata più di quanto non fosse già. - Grazie - borbottò quando Madama Chips le aprì la lettera di fronte agli occhi, premurandosi di non sbirciare.
Cara Hermione,
Come stai? Spero tutto bene.
La ragazza grugnì. Benissimo, si appuntò di rispondergli.
Devo parlarti urgentemente, pensi di riuscire a trovarti da sola vicino al focolare della Sala Comune stanotte all'una?
- Ehm, Madama Chips, tra quanto uscirò di qui? 
Madama Chips la guardò in cagnesco. - Poco, anche se per sicurezza dovrò fasciare il polso. 
- E... potrei rispondere a questa lettera? 
- Non se ne parla! 
- Ma scrivo con la destra! 
- Oh, fai come vuoi. - Sbuffò. - Non ti riaggiusterò, se qualcosa andrà storto, sappilo. 
Hermione sorrise, ed impugnò una delle piume sul comodino, a disposizione dei degenti.
Caro Harry,
Per stanotte non ci sono problemi.
Non va esattamente tutto bene, ma te ne parlerò via camino.
A più tardi.
Hermione
Posò delicatamente la piuma sul mobiletto, ma si trovò di fronte ad un altro, insormontabile, problema.
- Ehm...? 
Madama Chips si voltò di nuovo. - Visto che non siete così invincibili, voi pazienti? - chiese con stizza. - Se tu avessi aspettato, l'avresti imbustata da sola, questa lettera. 
Hermione si sforzò di produrre la faccia più angelica possibile, al che la Guaritrice non potè fare a meno di toglierle la pergamena di mano, piegarla, ed inserirla nella busta che aveva contenuto la missiva di Harry.
- C'è scritto Hermione, ma riportala ad Harry Potter - sussurrò al Gufo, che schioccò il becco con eleganza.
Si adagiò di nuovo tra i cuscini, in attesa di essere dimessa dall'Infermeria, e con la coda dell'occhio intravide Euan Abercrombie a parlottare con Madama Chips.
Chissà cosa voleva dirle Harry.
Quando usava la parola 'urgente', quella assumeva un solo significato: guai grossi.
Come se avesse bisogno di altri guai... la situazione con Malfoy stava diventando insopportabile.
Certo, nel loro scontro di quella giornata, non aveva avuto il tempo di essere assalita da strani, angoscianti pensieri, ma solo perchè il dolore lancinante del polso che si spezzava le aveva annebbiato la mente, prima di renderla fiera ed imbizzarrita come una belva selvaggia.
E pensare che il dolore del polso era niente in confronto a...
- Signor Malfoy, cosa ci fai qui? - sbraitò Madama Chips, chiaramente infastidita dal fatto che fosse completamente sano e per niente giustificato ad essere nel suo regno.
- Mi ha obbligato Madama Bumb a venire qui, ma se disturbo, non c'è alcuna ragione per cui io... - rispose strascicando le parole, come suo solito.
- Non se ne parla! Se la mia collega ti ha spedito qui... a fare cosa, di grazia? 
- A sincerarmi di non aver ucciso la Granger - sghignazzò.
- Beh, è viva e vegeta. Ed anzi, già che sei qui, aiutala a prendere le sue cose, e ad uscire. 
Se Madama Chips gli avesse tirato in faccia fegato di rospo in salamoia, molto probabilmente Malfoy avrebbe apprezzato maggiormente il gesto.
Il gesto di ordinargli di fare da sguattero alla Mezzosangue era decisamente insostenibile.
- Se l'ha rimessa in sesto, dovrebbe farcela anche da sola - sbottò, prima di voltare le spalle alle due donne.
- Non fa niente, Madama Chips. - Hermione provò a tranquillizzarla, dato che stava per scagliare chissà quale fattura su Malfoy e sulla sua impertinenza. - E' un po' arrabbiato, dopotutto mi sono rivelata una Cercatrice migliore di lui - aggiunse maligna.
Malfoy si immobilizzò. - Il giorno in cui non piangerai al solo pensiero di toccare una Scopa, ne riparleremo, Granger. Wingardium Leviosa! 
La bacchetta ed il mantello di Hermione, le uniche cose che aveva con sè al momento dell'incidente, si sollevarono in aria, mentre Draco li faceva volteggiare a suo piacimento.
- Mobilicorpus! 
Hermione si unì agli oggetti svolazzanti per l'Infermeria. - Malfoy, mettimi giù! 
- Visto che devo portarti fuori, ti porterò fuori a modo mio, Mezzosangue. 
Ignorò le proteste di Madama Chips, le sue minacce di togliergli venti punti - venti e basta? pensò infuriata Hermione, mentre rischiava di sbattere la testa contro lo stipite della porta - e continuò a manovrare i tre volatili, come un giocoliere navigato.
- Malfoy, ti prego, mettimi giù. 
Odiava volare, e lui lo sapeva.
Che fosse una Scopa, o un Thestral, o qualsiasi altra cosa, non sopportava di non avere i piedi ben piantati a terra.
Lo sapeva anche Bellatrix, e non era un caso se spesso, con lo stesso Incantesimo, la teneva sollevata ad altezze esagerate.
E la obbligava anche a girare la testa per guardare in basso, ed apprezzare con i suoi stessi occhi il baratro che la separava dal suolo.
Aveva pensato tante volte di abbandonarsi a quella mortale caduta libera, e talvolta Bellatrix le aveva anche concesso di sperare nella fine, sfracellata dopo un volo di chissà quanti metri.
Fine che non era mai arrivata, dolore che si era prolungato per giorni e giorni.
- Malfoy - sibilò senza più convinzione, come svuotata dalle sensazioni dilanianti che l'avevano attraversata.
E per qualche strano motivo, Malfoy la mise giù.
- Sei arrivata, Mezzosangue. 
Oh certo, l'aveva scaricata di fronte alla Sala Grande, certamente non era stato alcun nobile sentimento ad invitarlo a cessare quella tortura in miniatura.
Non disse nient'altro, limitandosi a riprendere bacchetta e mantello, ancora sospesi a mezz'aria.
Gli voltò le spalle, diretta al suo tavolo, dove i saluti gioiosi di Ginny e Neville le riscaldarono il cuore.

E Draco Malfoy si chiese perchè mai non l'avesse Trasfigurato in qualcosa di raccapricciante, giusto per vendicarsi di tutto ciò che le aveva combinato in un semplice pomeriggio.
Si chiese perchè non l'avesse insultato, offeso, o perchè non gli avesse semplicemente urlato in faccia qualsiasi cosa le passasse per la testa.
Si chiese perchè ad Hogwarts non fosse tornata Hermione Granger, ma la sua ombra.
E si chiese anche perchè stava pensando a tutte quelle stupidaggini.
Più la Mezzosangue teneva chiusa la bocca, e meglio vivevano tutti.

***





NOTE:

- Traduzioni dal Candidese: :D
* Quell'uomo è rimasto un bambino.
* Sopravvissuto.
* Sì, lo so.
- I Cappelletti Bollosi sono usciti dalla mia immaginazione. Sono un incrocio tra i Berretti Rossi ed i Ricciocorni Schiattosi. xD (Fantasia portami via!)
- La sorella di Katie Bell me la sono inventata di sana pianta: avevo serie difficoltà ad inventarmi un nome, ed ho optato per una soluzione che mi risparmiasse la fatica. :) (Ripeto, Fantasia portami via!)










Effebì
Mi trovate... qui .


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Capitolo 7
*** La Nottata Mondiale del Gufo ***


7.


La Nottata Mondiale del Gufo









Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina De Torres era nata a Bobadilla, sperduta località andalusa nel distretto di Antequera dimenticata dalle mappe e ricordata di tanto in tanto da qualche treno merci o regionale, dove i passeggeri con un minimo di senno comunque scarseggiavano, terrorizzati dalle quattrocento fermate previste dalla tabella di marcia. Nei mesi più caldi dell'anno, Bobadilla era talmente invivibile per il sole che infiammava il già desertico paesaggio che i pochi abitanti cercavano ristoro nella stazione ferroviaria, climatizzata 24 ore su 24, e mantenuta ad una temperatura talmente rigida da obbligare i suoi ospiti ad indossare abiti pesanti. Era ormai un rito per i pochi abitanti di Bobadilla ritrovarsi nelle ore più calde del giorno all'interno della sala d'aspetto, chi con un libro, chi sferrettando all'uncinetto, chi con cuscini e coperte, pronto per la siesta: tutti i presenti alla fine finivano per parlottare tra sè, spettegolando della vita di paese e soprattutto dei Señores De Torres tanto sfuggenti nel loro Palacio circondato da terre riarse, quanto strambi nelle loro uscite pubbliche.
I De Torres vivevano a Bobadilla da infinite generazioni, tanto che nessuno riusciva a ricordare con esattezza quando fossero piombati in quel Palacio: a dir la verità, nessuno ricordava con esattezza quando fosse spuntato quel Palacio tanto maestoso quanto inaccessibile. Erano addirittura fiorite delle leggende sul loro arrivo a Bobadilla, tramandate con cura e ricchezza di particolari da tutti i concittadini: le più fantasiose parlavano addirittura di un approdo dei primi De Torres a bordo di un tappeto persiano volante, e di una costruzione della loro umile dimora avvenuta in tempi record e, soprattutto, ad opera di pochissimi muratori - i più creativi mormoravano addirittura che nessuna ditta di costruzioni si fosse occupata di quell'abitazione.
Fatto sta che gli unici a non impiegare il proprio tempo libero nelle costruttive chiacchiere all'interno della stazione erano proprio i De Torres, e questo bastava ed avanzava ad ipotizzare che nascondessero qualcosa, e sicuramente qualcosa di losco.
Se a ciò si aggiungeva il fatto che nessun De Torres aveva mai frequentato le scuole del paese, e che da secoli ogni loro bambino spariva per circa sette anni, riapparendo solo durante l'estate, e che nel giro di un anno dal ritorno definitivo a Bobadilla il bambino (o la bambina) ormai cresciuto prendeva moglie (o marito), la conclusione era soltanto una: i De Torres appartenevano chiaramente ad una setta religiosa della peggior specie, molto probabilmente erano Vampiri millenari, ed era altrettanto possibile che fossero assassini, o mafiosi, o fantasmi.
Che fossero Maghi, nessuno l'aveva mai ipotizzato.
Almeno fino al giorno in cui Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres, nell'incoscienza dei suoi sette anni, scappò dalla rigida custodia dei genitori e venne ritrovata appollaiata su una palma, a discorrere amabilmente con un serpente, finito lassù chissà come.
Era servita un'intera squadra di Obliviatori per cancellare i ricordi di quella visione a tutti coloro che passeggiavano per Calle Zoilo in quella torrida mattinata di luglio, ed un'intera squadra di Auror per costringere Candida a scendere da quella palma ed a smettere di parlare con il suo nuovo migliore amico: l'unico modo per frenare la sua esuberanza fu trovato da un tale Antòn Navarro, che la Schiantò, beccandosi una settimana di sospensione per aver Schiantato una povera bambina indifesa. Quando però Antòn Navarro ed altri due o tre Auror mostrarono le proprie chiappe piene di pustole gorgoglianti, il loro Supervisore si convinse che quella piccola tanto indifesa non era, e revocò la punizione all'autore dello Schiantesimo.
Candida si arrabbiò talmente tanto per quell'ingiustizia, che alla veneranda età di sette anni, giurò vendetta a tutto il genere maschile ed a qualsiasi autorità in grado di superare la sua, mai formalizzata ma molto più impressionante, perchè innata.
Peccato che a casa De Torres anche i genitori fossero un'autorità in grado di superare la sua.
In realtà, si limitavano a provare a dettar legge su di lei.
Dopo i canonici sette anni di formazione alla piccola Scuola dell'Alhambra di Granada - in mezzo ad orde di turisti Babbani che, come al solito, non si rendevano minimamente conto che le aree cosiddette 'inagibili' erano in realtà molto più grandi di come apparivano e contenevano Aule, Dormitori, immense Sale e persino un Parco interno - Candida aveva imparato talmente bene a padroneggiare la magia da non temere più alcuna imposizione da parte della sua famiglia: quando, non appena ottenuti tutti Excepcional nei suoi esami finali, era tornata a casa per scoprire di essere stata promessa in sposa all'ennesimo De Carvajal già imparentato con la sua Casata, si era arrabbiata così tanto da impacchettare tutti i suoi effetti personali e da andarsene definitivamente da Bobadilla, mandando a monte - già che c'era - il matrimonio del fratello senza palle con l'inguardabile sorella del suo promesso sposo.
Da quel giorno, De Torres e De Carvajal non avevano più contrattato alcun matrimonio, il De Torres senza palle era stato costretto a sposarsi con una Babbana per non rimanere all'asciutto, e la De Torres con le palle si era trasferita a Londra, dove aveva rinnegato il suo sangre puro ed il suo orgoglio patriottico, imparando l'inglese e frequentando senza problemi Mezzosangue e Nati Babbani.
Le sue certezze sull'uguaglianza e sull'amore fraterno tra categorie diverse di Maghi avevano però vacillato pesantemente in due occasioni.
La prima, quando, vagando per Diagon Alley in cerca di lavoro, si era imbattuta in un giovane ed ancora scapolo Lucius Abraxas Malfoy.
La seconda, quando Harry Potter era entrato per la prima volta nel suo Regno, l'anticamera dell'Ufficio di Shacklebolt.
In entrambi i casi, era giunta alla conclusione che non sarebbe stato così male, se Voldemort non fosse stato sconfitto diciassette anni prima: lui, l'uomo dei suoi sogni, avrebbe sicuramente approvato, ed Harry Potter non l'avrebbe mai disturbata con la sua petulante presenza.
Del resto, Harry Potter era pur sempre l'attuale Supervisore degli Auror e, come tale, degno di essere il bersaglio della sua tremenda ed incessante voglia di rivalsa: erano passati ormai ventotto anni dalla sua materializzazione su una palma, e diciotto dalla sua fuga da Bobadilla, ma certe abitudini erano dure a morire.
Fu con un ghigno beffardo, che finì di istruire Aléjandro sul compito che doveva portare a termine.
Oltre a quello che aveva proposto Shacklebolt, poteva sempre permettersi qualche scherzetto fuori programma.

***


Hermione Jean Granger non amava andare a letto tardi, quando non aveva da studiare o da avventurarsi in qualche impresa letale insieme ai suoi degni alleati di sempre: proprio per questo motivo, quella sera rischiò di addormentarsi una decina di volte sul divano della Sala Comune, nonostante le chiacchiere ed il frastuono prodotti dai suoi chiassosi compagni di Casa.
Alla fine si addormentò davvero, ed a niente servirono i tentativi che Ginny fece per svegliarla: sconfitta, la Weasley salì in Dormitorio, seguita dai pochi studenti rimasti ancora in piedi.
Non appena l'ultimo capello fiammeggiante fu sparito dalla Sala Comune, Hermione cessò la sua prova da attrice e sbirciò furtivamente per vedere se qualcuno fosse ancora nei paraggi: quando fu certa che tutti fossero a letto, si alzò dal divano e si sedette più vicina al focolare, in modo da non rischiare di addormentarsi per davvero.
Quando il testone di Harry comparve nel fuoco con dieci minuti di anticipo, capì che la situazione era più grave del previsto.
O che almeno, per lui era della vitale importanza, ovviamente senza esagerare.
- Harry! - lo accolse con un largo sorriso.
- Hermione... tutto bene? - replicò l'altro con una smorfia non del tutto rilassata.
- Se si esclude il fatto che oggi Malfoy mi ha rotto un polso, sì, va tutto bene - mentì, evitando di guardare Harry negli occhi. Poi, ripensandoci, alzò lo sguardo fino ad incontrare il suo, tanto, con le sue profonde capacità in Legilimanzia, Harry avrebbe potuto credere anche a qualcuno che gli avesse detto che Natale veniva ogni 13 marzo. - Tu, come mai hai voluto parlarmi? 
Harry parve immensamente felice di arrivare direttamente al nocciolo della questione, tanto che Hermione ebbe quasi paura di riconoscere perfino tra le fiamme del camino lo sguardo da eroe che l'amico teneva in serbo per le grandi occasioni: c'è chi in casi speciali stappava bottiglie di Whisky invecchiato, e chi, come il Bambino Sopravvissuto, da sempre amante delle cose facili, innocue e per niente rischiose, sfoggiava un'autentica fiamma sinistra nelle iridi smeraldine, che presagiva guai, catastrofi ed in certi casi anche decessi, come Sirius Black non avrebbe avuto problemi a confermare.
- Il mondo è in pericolo, Hermione - dichiarò, con il chiaro intento di non far preoccupare nessuno.
C'erano diversi modi per reagire ad una notizia simile. Il primo, disperarsi, non era da Hermione. Il secondo, mobilitarsi, era avventato. Il terzo, chiedere spiegazioni, era da Hermione e non era avventato, e, soprattutto, poteva sempre essere un metodo per sgonfiare le certezze assolute dell'Eroe e rivelare la Verità, e cioè che non c'era alcun pericolo e che tutti potevano tornare a dormire tranquilli.
- Ehm, e cosa te lo fa pensare? 
- Queste - borbottò Harry lanciandole due lettere fuori dal focolare.
Le lesse in un batter d'occhio, dopodichè sbattè per un po' le palpebre, prima di parlare. - Harry... ma chi potrebbe volere questa vendetta? Non ci sono Mangiamorte in libertà... 
- Sì che ci sono! - Harry rispose talmente di getto che ingoiò anche qualche quintale di fuliggine e ceneri. - Malfoy! 
- Harry, ma loro... hanno collaborato... - replicò titubante.
- Collaborato un corno! Lo sai cosa c'era incluso nella seconda busta? Un Boccino! 
- Harry, ma... è normale... cioè, vogliono sabotare il Trescope... cosa dovevano metterci, un pezzo degli Scacchi? - Soffocò una risatina, ma vide immediatamente che non era il caso. Le parve di sentire qualcosa di vagamente simile ad 'è uguale a Percy', e, mentre si chiedeva cosa diavolo c'entrasse Perfetto Weasley in quel discorso, venne interrotta bruscamente da una dichiarazione d'intenti lodevole.
- Hermione, ho bisogno di te. - Era comunque un passo in avanti, dato che Harry James Potter era celeberrimo per sbrigare - male - ogni cosa da sè.
- Anch'io ho bisogno di te, Harry - sospirò, troppo piano perchè la potesse sentire.
- Devi stare addosso a Malfoy - ordinò, con un tono che non ammetteva repliche.
Repliche che Hermione avrebbe voluto urlargli in faccia, repliche che però le erano rimaste inspiegabilmente bloccate in gola.
- Non posso - si limitò a bisbigliare.
- Dai, Hermione, lo so che è un furetto insopportabile, ma chi dovrei metterci, Ginny? Lo fulminerebbe dopo due ore... tu sei la più intelligente delle mie amiche, la più scaltra, e so che faresti un ottimo lavoro, discreto, ma efficace. Ti chiedo di controllare un po' i suoi movimenti, di riferirmi se avviene qualcosa di sospetto... so che puoi farlo! - Oltre allo sguardo da eroe, Harry James Potter aveva sviluppato un secondo sguardo da cane bastonato. Occhi tristi, labbra unite ed increspate, come a pronunciare una supplica, e guance che si coloravano lievemente - ed Hermione si era sempre chiesta come facesse ad arrossire a comando. - A proposito, come mai ti ha rotto il braccio oggi? 
- Il polso, Harry, il polso. Durante i provini di Quidditch - Harry digrignò lievemente i denti e strinse la mascella - il Boccino stava svolazzando tra me, Neville e Luna, e lui non ha esitato a piombarmi addosso con la sua scopa. 
- E' chiaro, è tutto così chiaro... voleva vendicarsi su di te, per prima cosa. Se solo tu fossi stata da sola, chissà cosa ti avrebbe fatto... 
Hermione rise nervosamente. - E come avrebbe fatto a far finire il Boccino proprio accanto a me, Harry? - replicò stizzita. Tutto, poteva capitarle di tutto, ma non un pedinamento ai danni di Draco: doveva scongiurare quest'evenienza prima che fosse troppo tardi.
Ma Harry sembrava improvvisamente distratto, addirittura la sua testa galleggiante nel camino si voltò all'indietro, ed Hermione cominciò a spazientirsi.
Dopo qualche secondo, Harry Potter tornò a guardare la sua amica di sempre. Lo sguardo da eroe era improvvisamente ricomparso sul suo volto.
- Leggi questa, e poi dimmi se pensi ancora che sia tutta una coincidenza. 
Hermione prese lentamente il foglio che lui le porgeva, aprendolo con una calma estenuante.
Il Torneo inizia dai provini.
Ed anche la mia vendetta.
Contro coloro che hanno avuto a che fare col soave Boccino.
Le teste coperte mi porteranno alla Vittoria.
La lesse una decina di volte, fino a memorizzarla; poi, la restituì a Harry.
- Le 'teste coperte' sono i Mangiamorte! Ti rendi conto adesso della gravità della situazione? - sbraitò Harry.
Hermione annuì silenziosamente: qualcosa in tutto quello non la convinceva affatto, e soprattutto non vedeva come necessariamente la colpa dovesse essere di Malfoy.
- Farò come vuoi, Harry - sibilò mestamente. - Ma se non dovessi farcela... - aggiunse con un filo di voce.
- Ce la farai! Grazie Hermione! - la interruppe l'amico, sparendo in una voluta di fumo colorato.

***


Ronald Bilius Weasley malediva sempre con fervore quella dannata finestra del bagno che dimenticava sempre aperta.
Quando c'era vento, sbatteva incessantemente, quando pioveva, sembrava che l'acqua allagasse la stanza, quando era freddo, gli spifferi arrivavano fino a camera sua, costringendolo a rannicchiarsi nel letto in cerca di calore e, in ultima istanza, perfino ad alzarsi per andare a chiuderla. Quando quella sera si era coricato, ricordandosi un millesimo di secondo dopo che per l'ennesima volta quel vetro era rimasto socchiuso, non si era poi disperato così tanto: era una notte serena, non faceva troppo freddo ed il vento era pressochè assente, o comunque non troppo energico da riuscire a smuovere un doppio vetro con annesso serramento di legno lamellare.
Quello che non sospettava minimamente era che le finestre potevano agevolare anche le intrusioni.
Godric fu dunque molto contento di non dover picchiettare violentemente contro una finestra chiusa, nel più che utopico tentativo di svegliare il destinatario della sua lettera: dopotutto il becco era una parte delicata del suo corpo, poteva ammaccarselo, o rovinarlo in qualsiasi altro modo. Trovò quindi più saggio e comodo intrufolarsi a casa Weasley attraverso le imposte socchiuse della finestra del bagno, meravigliandosi di quanto potesse essere stato semplice consegnare una lettera in piena notte. Del resto, ad essere il Gufo di Harry James Potter, si imparava per prima cosa che la discrezione non era una qualità fondamentale: se c'era da tirare qualcuno giù dal letto alle tre di notte, si poteva farlo, senza indugi e rimorsi.
Fu con quella mentalità che fece cadere la busta dritta sul naso di Ron, e fu con quella convinzione che cominciò a becchettargli la guancia, in un tenero tentativo di strapparlo al caldo sonno che lo abbracciava.
Quando però Ron cominciò a mugolare ed a sventolare la mano intorno al volto, come nel tentativo di scacciare una zanzara, Godric si offese a morte.
Prese bene la mira, dopodichè rivolse la sua ultima, ma tremenda, beccata là dove faceva più male.
Fu con un urlo strozzato e stranamente bianco che Ron si alzò a sedere, con gli occhi serrati dal dolore e le mani a stringere la parte offesa, provando a darle sollievo.
Godric tubò leggermente, soddisfatto: essere il Gufo di Harry Potter poteva essere stranamente e sadicamente divertente. Dopotutto gliel'aveva detto lui, 'Sveglialo immediatamente!', e, da che mondo è mondo, il fine aveva sempre giustificato i mezzi.
Sicuro di aver attirato l'attenzione di Ronald Weasley, che nel frattempo piagnucolava e tirava pugni al cuscino, emise di nuovo un verso sommesso, invitandolo alla lettura.
- Chi diavolo l'ha deciso il nome Godric per te, brutto pennuto assassino?! 
Se il primo errore di Ron era stato lasciare la finestra aperta, il secondo era stato chiaramente quello. Il Gufo, che della bontà d'animo del vecchio fondatore di Grifondoro non conosceva neanche un accenno, planò nuovamente su di lui, tirandogli una beccata esattamente al centro della fronte.
- Leggo, leggo! Stai calmo, Salazar - balbettò Ron, sconfitto.
Godric schioccò il becco, in un chiaro segno di approvazione per quel nuovo nome che Ron gli aveva appioppato: gli piaceva decisamente di più di quello stupido appellativo datogli da quell'idiota di Harry Potter.
Dopo qualche minuto di attesa, in cui Salazar meditò più volte di invogliare quel Weasley a leggere più velocemente, Ron scarabocchiò qualcosa sul retro della lettera e la assicurò in fretta e furia al becco del Gufo, allontanando subito le mani per non rischiare altri rivoli di sangue gocciolanti lungo il profilo del naso.
Il pennuto gli rivolse un'occhiata gelida, dopodichè ripartì alla volta di Londra, stizzito per essere lievemente in ritardo sulla sua tabella di marcia.
Nel frattempo, Ronald Weasley si trovò costretto a dover andare in bagno per tamponare la ferita lasciatagli in mezzo alla fronte da quel Gufo maledetto: si alzò lentamente dal letto, si avviò lentamente verso il lavabo, e aprì con un lento colpo di bacchetta il rubinetto. Dopo essersi asciugato, rivolse uno sguardo di puro odio alla finestra, serrandola con un Colloportus talmente violento che incrinò addirittura il vetro. Balbettò un Reparo, dopodichè tornò lentamente a letto.
Nel breve tragitto tra la porta del bagno ed il suo caldo giaciglio, camminò con le gambe stranamente strette e bizzarramente piegate verso l'interno.
A diversi kilometri di distanza, Salazar non smetteva di sghignazzare.

***



Se Ron ce l'aveva con le finestre, Barnabus Cuffe, che non riusciva mai a limitarsi, imprecò contro i Santi, contro i Maghi, contro i Troll e contro tutte le Maremme Maiale del mondo, in una filippica incomprensibile ancora impastata dal sonno: uno stupido Gufo stava cercando di buttargli giù la finestra, ed erano le quattro del mattino. Poteva vederlo chiaramente perchè non aveva nè tende nè imposte: Barnabus Cuffe aveva l'assurda convinzione che potesse succedere qualcosa ad un palmo dal suo naso in ogni momento, e, se quel qualcosa fosse accaduto fuori dalla sua finestra, voleva e doveva assolutamente essere il primo a vederlo e, possibilmente, raccontarlo.
Mentre sognava quel pennuto arrosto, impugnò con rabbia la bacchetta che teneva sempre a portata di mano, sotto il cuscino, e la puntò contro le vetrate, spalancandole e cogliendo di sorpresa Godric, che gli giurò vendetta per quello spavento gratuito.
Il Gufo di Harry Potter planò sul petto di Barnabus, conficcandogli lievemente gli artigli nella carne e strappandogli un urlo. Mentre l'Editore pensava se fosse stato meglio friggerlo o lessarlo, aprì la busta, leggendola in fretta e furia.
- Cazzo, ma non dovevamo aspettare domattina? Stupido Shacklebolt... nel cuore della notte, merda! 
Scribacchiò qualcosa in risposta all'Auror, comunicandogli che anche lui aveva ricevuto la stessa lettera, questa volta senza alcun allegato.
- Tieni, serpe - borbottò mentre assicurava la missiva al becco del messaggero.
Poi, mentre spediva il Gufo - e la lettera - fuori da casa sua, con un lieve incoraggiamento magico non troppo delicato e sigillando la finestra per evitare ripercussioni da parte di quella bestia ululante, si figurò nella mente il suo prossimo editoriale, che avrebbe inserito nella Gazzetta del giorno successivo. Già se lo immaginava: 'stanno continuando ad arrivarci lettere minatorie... ma siamo sempre vigili e pronti a discuterne con le autorità...' e giù altre lettere dai suoi lettori, altra curiosità da parte del pubblico, altre copie da stampare, altri zellini da intascare senza averne sborsato nemmeno uno, se si escludeva la spesa per inchiostro e pergamene...
...Barnabus perdonò Gufo, Ministro, Potter, smise di imprecare contro il mondo intero e si gustò interamente le ore di sonno che gli rimanevano: la prospettiva di una nuova montagna di galeoni da aggiungere alle altre che teneva alla Gringott valeva bene una sveglia inattesa ed indesiderata alle quattro del mattino.

...Ma due sveglie inattese ed indesiderate no.
Alle quattro e mezzo, l'Editore si era appena riaddormentato, ed un nuovo Gufo cominciò ad accanirsi contro il vetro.
Barnabus si trattenne dall'impulso di lanciargli un Avada Kedavra e lo invitò cortesemente ad entrare, con un Accio talmente violento da spennargli mezza coda.
Il Gufo di Shacklebolt gli consegnò la lettera e si ritirò in fretta e furia, sparendo nei meandri di una Londra ancora silenziosa e lievemente illuminata dal chiarore dei lampioni.
Abbiamo anticipato l'operazione, è stato necessario per convincere la ragazza.
Il Ministro ti spiegherà.
C.F.P.D.F.d.T.
Nel leggere l'inconfondibile firma di Manolete, Barnabus pensò immediatamente che anche due sveglie inattese ed indesiderate potevano andar bene.

***


Quella doveva essere la Nottata Mondiale del Gufo, dato che a Draco Malfoy era appena giunta una lettera dai suoi genitori.
Alle cinque del mattino, come al solito, non di certo durante la colazione in Sala Grande, quando tutti potevano sbirciare il contenuto delle missive.
La riservatezza e la discrezione avevano sempre regnato sovrane a Malfoy Manor, ed anche adesso che il domicilio si era spostato in un'altra normale villa di campagna, il savoir faire Malfoy si era spostato di pari passo con i suoi detentori.
Draco lesse la lettera sbuffando: non capiva proprio perchè gliel'avessero mandata a quell'ora, se nella pergamena era chiaramente specificato che doveva fare assolutamente in modo che qualcuno notasse il nome del mittente.
Si rigirò nel letto, cercando di riaddormentarsi, ma non ci riuscì: mentre imprecava contro l'angolo del comodino, che aveva deciso simpaticamente di impattare contro il suo gomito, decise di alzarsi e di uscire dal Dormitorio. Del resto erano le cinque, non ci sarebbe certo stata sorveglianza nei corridoi.
Indossò l'uniforme e stregò la cartella con i libri, in modo che lo seguisse ovunque andasse, risparmiandogli il gravoso peso della tracolla.
Appena uscito dai Sotterranei, fu però costretto a ricredersi. C'era sorveglianza nei corridoi, per quanto fosse strano in quel periodo ed ancora più impensabile a quell'ora: la Caposcuola Mezzosangue doveva essersi imbarcata in un'altra delle sue avventure meravigliose, anche senza i suoi fidi aiutanti a fianco. Lei avrebbe potuto togliere quintali di smeraldi alla clessidra della sua Casa, se solo l'avesse visto...
No, non l'avrebbe fatto. Ripensandoci, Theodore Nott era sicuro e tranquillo nel suo letto in Dormitorio, ed era un Caposcuola quanto lei. Quindi, anche la Mezzosangue era fuori dal letto senza autorizzazione, e non poteva denunciarlo senza autodenunciarsi da sola.
- Mezzosangue! Qual buon vento... - sogghignò.
Hermione parve riscuotersi da una trance durata ore. Aveva camminato come uno zombie per tutti i corridoi della Scuola, dopo aver fallito miseramente in tutti i suoi tentativi di prendere sonno. Aveva passeggiato assorta, concentrata in pensieri impenetrabili, ed adesso che era stata svegliata dal suo pseudosonnambulismo, si guardava intorno stranita, come per capire dove fosse giunta trascinata dalle sue stesse gambe, dotate di una propria forza di volontà.
- M-Malfoy - realizzò dopo qualche secondo di silenzio. E fu allora che le tornò in mente la richiesta di Harry di stargli addosso. Come avrebbe fatto, se solo la sua vista le riportava alla mente ricordi tanto crudeli da mozzarle il fiato?
- Ma che bella scoperta, Granger. Sai il mio nome - mormorò lentamente, più curioso di sapere cosa diavolo stesse passando per la testa di quella ragazza che voglioso di prenderla in giro per qualsiasi cosa gli venisse in mente.
- Lo so anche troppo bene - soffiò Hermione mestamente, senza avere il coraggio di mostrargli i suoi occhi umidi.
- Cosa ci fai qua? - chiese Draco, sospettoso.
A Hermione tornò in mente il compito che doveva svolgere. Non si era mai tirata indietro di fronte a nessuna missione, e non l'avrebbe fatto neppure in quell'occasione: poteva mettere a tacere i suoi sentimenti più profondi, come aveva fatto innumerevoli volte di fronte a situazioni che richiedevano la sua cosciente ed attiva partecipazione. L'avrebbe fatto anche quella volta.
- Ti stavo seguendo - rispose ironica, ma non troppo, alzando il tono della voce e rivelando due occhi fieri e (quasi) indomiti. - Sono per i fatti miei, Malferret, cosa dovrei farci, qui? 
- Da una sporca Mezzosangue bisogna aspettarsi sempre di tutto... cosa c'è, ti mancano le passeggiatine fuori dal letto con Potter e Weasley? Anche tu sei in cerca di gloria, come lo Sfregiato? - sputò rabbioso.
Ma Hermione si era fermata a quello 'sporca Mezzosangue', l'aveva sentito così tante volte che... si perse, per un attimo. Vacillò di fronte a quell'accusa che Bellatrix le aveva rivolto in più occasioni, come se la sua nascita fosse un reato da pagare con la morte... poi mise a fuoco di nuovo i capelli biondi - e non neri - che aveva di fronte, gli occhi grigi - e non neri - che aveva di fronte, le occhiaie leggermente accennate - e non nere - che aveva di fronte. Malfoy, non Lestrange. Malfoy, non Lestrange.
- Non tutti siamo destinati alla gloria per diritto di nascita, Malfoy - replicò, senza cercare di nascondere il sarcasmo nel definire gloria la fine indegna di Lucius, in rovina di fronte a Voldemort e disprezzato dal nuovo mondo magico. - I più coraggiosi la ottengono con l'impegno. 
Draco venne colto da uno scatto d'ira. - Se non fosse stato per noi... 
- Se non fosse stato per voi, vent'anni fa Voldemort avrebbe avuto un alleato in meno! Non basta una buona azione a riscattare una vita di errori! - urlò Hermione, incurante che qualcuno la potesse sentire. La calma e l'indifferenza erano di nuovo lontani ricordi. Era colpa loro se Bellatrix l'aveva torturata. Di loro che l'avevano permesso, e di nessun altro.
- Smetti di parlarmi come se avessi ucciso Silente, Mezzosangue - sibilò gelido il Serpeverde, quasi in un disperato tentativo di discolpa.
- Oh, era certamente coraggio quello - lo rimbeccò Hermione, tremando di rabbia.
Draco spalancò la mano, mentre Hermione si preparava a rispondere allo schiaffo che avrebbe ricevuto con tutta la foga e la disperazione richiamate da tutto il corpo. Solo allora Draco si rese conto che la sua mano destra conteneva ancora qualcosa.
Cercò di coprire quel qualcosa con un piede, ma fu troppo lento.
Hermione aveva già letto chi ne fosse il mittente, e qualcosa di lontanamente simile a 'Vendetta' nel testo della missiva. La ragazza si chinò per raccoglierla, mentre bisbigliava sommessamente, leggendo più che poteva. - Le teste coperte... 
Draco la spinse via, facendola cadere. -... mi porteranno alla Vittoria - concluse lui per lei, dando fuoco alla pergamena ed andandosene divertito.


***






NOTE:

- A Bobadilla ci sono stata davvero. E' un posto sperduto nel deserto andaluso, dove ho dovuto cambiar treno per andare da Siviglia a Cordoba (e nel nome del risparmio made in Interrail, presi davvero due treni regionali dalle innumerevoli fermate).

- Calle Zoilo è un omaggio a Marziale, e soprattutto alla sua satira feroce contro questo Zoilo - divenuto l'idolo della quinta liceo: "
Perché col deretano, o Zoilo, insozzi la tinozza? / Tuffaci il capo, o Zoilo, per renderla più sozza." Chiaramente, Marziale amava alla follia questo suo contemporaneo, per definire la sua testa più sporca della cacca. xD E, tra l'altro, Calle Zoilo esiste davvero, ed è un piccolo vicolo di Siviglia in cui, non appena vidi il nome, mi detti alla pazza gioia omaggiando Zoilo, Marziale e tutti i miti di latino le cui parole avevano stimolato cazzate a non finire nell'anno della mia maturità. :)
- L'Alhambra di Granada è un Palazzo fatto costruire dai Mori, durante la loro dominazione nella Spagna meridionale, ed è spettacolare, come del resto tutta Granada: non credo sia una Scuola di Magia, ma... chi lo sa. Dopotutto quando ci sono stata da Babbana, deve essere stato protetto bene da chissà quali incantesimi. :D
- Alèjandro è un omaggio alle mie due Sailor preferite, e di conseguenza a Lady Gaga, a Shakira, ed ai loro derivati Malfoyeschi :)






Volevo rispondere ad ogni singola recensione, ma... non lo farò.
Perchè non trovo le parole per rispondere all'infinito e splendido papiro di Valaus, e preferisco di gran lunga comunicarle il mio amore stando ore ed ore su Facebook e rispondendo ad ogni sclero, link, nota o commento.
Perchè Lovechild mi ha lusingato talmente tanto da rendermi balbettante ed incredula.
Perchè la mia vicina di casa, Lola_, crede che le sue recensioni siano lunghe e noiose, ma in realtà mi riempono il cuore di gioia.
Perchè barbarak è stata allegra per una settimana intera, e se voi siete felici, lo sono anch'io.
Perchè poison spring mi ha disegnato i Cappelletti Bollosi, dedicato l'ultimo capitolo e omaggiato Barnabus di una citazione nella sua storia, e ditemi voi come diavolo posso fare a ricambiare anche in minima parte tutto ciò che ha fatto per me.
Perchè PaytonSawyer venera i miei pupilli, e vedere che i propri personaggi originali piacciono al pubblico è meraviglioso.
Perchè zxc ha letto tutta la storia d'un fiato e ha scelto di leggere la mia Dramione invece di scartarla, e questo mi fa gonfiare il petto come quello di Percy Caposcuola.
Perchè babi_2771, anche se mi dà della scienziata pazza :D, penserà a Draco con il sedano in bocca per sorridere, e questo mi rende più serena e sicura di me di un'intera boccetta di Felix Felicis.

Non so davvero come ringraziarvi tutte, e ringrazio anche chiunque legga, segua, preferisca, o ricordi.










Effebì
Mi trovate... qui .




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Capitolo 8
*** Churros e Nasi ***


8.


Churros e Nasi








Da che mondo è mondo, i Malfoy avevano avuto sempre qualcosa da nascondere.
Rintanati nel loro Manor, lontani da occhi indiscreti ed irrefrenabili malelingue, avevano condotto un'esistenza ai limiti della legalità e della moralità, in nome dei propri interessi e del proprio onore.
Onore insozzato da permanenze ad Azkaban, collusioni con il Signore Oscuro e traffici illeciti, da una parte; dignità contaminata dall'inettitudine nello svolgere il proprio compito, dallo stesso amore nutrito per il figlio e dal finale, decisivo alto tradimento, dall'altra.
Se i Malfoy potevano dunque sbagliare qualcosa, nella propria ricca e Purosangue vita, avevano sbagliato tutto, e ripartire da questi presupposti non era certo semplice.
Vivere di rendita era ormai impossibile, se volevano assicurare una degna eredità a Draco, con gran parte del patrimonio sperperata dai Mangiamorte e confiscata dagli Auror; presentarsi a Diagon Alley in cerca di un posto di lavoro, invece, era innanzitutto infamante per chi come Lucius Abraxas amava far allungare l'unghia del mignolo, ed era anche utopico perchè nessun negoziante avrebbe mai voluto avere contatti con qualcuno di così abietto ed infido.
Lucius e Narcissa si erano dunque rivolti a Kingsley Shacklebolt - o almeno era quello che sostenevano loro, visto che erano stati obbligati a farlo, se volevano evitarsi un soggiorno in celle separate nel Mare del Nord - per espiare le proprie colpe e rendersi utili alla società. Il fatto che questo suonasse un po' come una condanna a morte, per una delle famiglie più antiche del mondo magico che aveva fatto di autosufficienza ed indifferenza la propria condotta di vita, era del resto un dettaglio trascurabile, visto che i Malfoy avevano dimostrato più volte di tenere più alla propria testa che al proprio orgoglio.
Per il Ministro della Magia, quella collaborazione con i Malfoy si era rivelata assai proficua, ed in certi frangenti anche divertente: era uno spasso vero e proprio impartire ordini a quei nasi all'insù fieri e sdegnosi e leggere la compostezza e la sottomissione in quei lineamenti altezzosi ed avvezzi al comando. Lo spasso era condito anche dal gusto della rivincita: i Malfoy riflettevano quell'ideale di Mangiamorte ben impresso nella mente di ogni valido Auror o appartenente all'Ordine, impersonavano il nemico di sempre, il pericolo da debellare e scongiurare e, checchè ne dicessero gli animi più nobili e misericordiosi, vederli strisciare ed arrancare in un mondo opposto a quello vagheggiato dai seguaci di Voldemort era un premio impareggiabile per chi aveva rischiato tutto nella guerra al Lato Oscuro.
Kingsley Shacklebolt non aveva mai fatto mistero del suo profondo compiacimento per quella situazione: non aveva dimenticato il portamento tronfio che Malfoy teneva vicino a Caramell, non aveva dimenticato i suoi tentativi di scovare e distruggere l'Ordine della Fenice, e non aveva dimenticato le innumerevoli sfide a colpi di bacchetta fuori e dentro Hogwarts.
Aveva cominciato ad essere un po' meno compiaciuto, quando si era accorto che Lucius e Narcissa non mostravano alcun risentimento o stizza per le occhiate di scherno che venivano rivolte loro, o per l'ennesimo, beffardo incarico di spie che avevano ottenuto. Shacklebolt li aveva assunti volutamente come collaboratori nella lotta ai 'crimini minori', come furti, truffe e ricettazioni - del resto conoscevano gran parte dei criminali che affollavano Notturn Alley o altri luoghi simili - ma si era quantomeno atteso tentativi di ribellione e proteste (per quanto inutili): il ruolo di voltagabbana se lo erano talmente appiccicato addosso, che credeva di punirli in modo esemplare, relegandoli di nuovo al loro ruolo di inaffidabili traditori.
Invece, i Malfoy avevano accettato, e già condannato senza batter ciglio ad una degna punizione molti trafficanti di sostanze proibite, ricettatori di oggetti impregnati di magia oscura e ladri più o meno professionisti, che, in tempi non troppo lontani, avevano riempito fino a scoppiare una certa camera segreta nascosta sotto il pavimento del salotto di una Villa del Wiltshire.
Kingsley era dunque arrivato quasi a prenderli in simpatia, tanto da invitare i colleghi a non parlar male di loro, dato che stavano facendo tanto per rimediare ad una vita di errori.
A chi gli chiedeva se fosse sotto Imperius, per parlare in questo modo, rispondeva offeso che nessuno era mai riuscito a scagliargli una Maledizione; a chi gli ricordava che all'Ufficio Misteri Bellatrix Lestrange l'aveva colpito in pieno con un anatema, ingiungeva di tornare a lavorare a meno che non volesse ritrovarsi sospeso dal proprio incarico per una settimana.
Al Primo Livello, Kingsley non era comunque l'unico a stravedere per i Malfoy.
In realtà, l'altra appartenente al fan-club parteggiava per uno solo dei due coniugi, ma, se c'era da prendere le difese di Narcissa, non si tirava mai indietro, in nome del suo amore incondizionato per ogni singolo capello biondo di quella famiglia.
Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres fu dunque molto felice di trovarsi sempre più spesso a collaborare con il suo Lucius.
Durante quelle mattinate di 'lavoro' sperava anche con tutto il cuore che anche lui ricordasse ciò che lei aveva serbato nel cuore per decenni, ma si ripeteva ogni volta che povero, ne aveva passate talmente tante che era pienamente giustificato, se non ricordava una piccolezza simile.
In realtà, Candida non amava giustificare le persone, anzi, se commettevano errori più o meno gravi, si assicurava sempre di punirli a dovere.
Con lui, però, si poteva fare un'eccezione...
- Candida cara! Ti ho portato la colazione, guarda, churrasco! 
...Con quella piattola di Barnabus Cuffe, proprio no. Il suddetto impiastro aveva osato interrompere la stretta collaborazione di quella mattina, che in realtà consisteva nell'assistere adorante al fluido movimento della piuma di Lucius sulla liscia pergamena, mentre lo scrivente passava di tanto in tanto la mano tra le morbide ciocche bionde.
- Spero di no, Cuffe - sibilò gelida. - Il churrasco è carne alla griglia. 
- Ma la commessa di quel negozio Babbano mi ha detto... 
- Sono churros, Cuffe. Ed a meno che lei non mi abbia portato anche della cioccolata calda in cui inzupparli... 
- Ma certo, Candida cara! 
- LehogiàdettomillevoltechedevechiamarmiSignorinadeTorres! 
- Sì, señorita - rispose giulivo l'Editore, Evocando una tazza sulla scrivania, dritta dritta sulla pergamena che Lucius Malfoy stava compilando con tanta cura.
Candida gli rivolse un'occhiata di fiele. - Chieda scusa! - sbraitò.
- Ma insomma! - urlò un'altra voce, pacata ma insofferente al punto giusto. - Ho bisogno di concentrarmi! 
Kingsley Shacklebolt aveva appena ammutolito tutti: Lucius Abraxas Malfoy stava continuando imperterrito a far grattare la piuma sulla pergamena, la segretaria aveva un dito sospeso a mezz'aria, puntato minaccioso contro il petto dell'Editore, e quest'ultimo rivolgeva occhiate mortificate prima a lei e poi alla nuca coperta dai capelli dell'uomo, in un muto tentativo di fare ammenda per i propri peccati.
Il Ministro tornò nel suo Ufficio sbattendo la porta, lasciando la situazione sospesa e silenziosa, come se il tempo stesso si fosse fermato con quell'invito alla Quiete.
Quello che non sapeva, è che la Quiete precede o segue sempre qualcosa di vagamente ossimorico.
La calma Tempesta riesplose esattamente dieci secondi dopo la sparizione del Ministro dietro alla sua porta.
- Chieda scusa - ripetè lentamente e minacciosamente Candida.
Forse Barnabus stava davvero per farlo, quando Lucius Malfoy, senza mostrare minimamente di aver dato peso alla questione della tazza, si alzò di scatto arrotolando la pergamena a cui aveva dedicato l'ultima mezzora.
Si congedò con un cenno del capo e con un sorrisino freddo, per poi bussare alla porta di Shacklebolt ed accogliere il suo invito ad entrare.
Il cuore di Candida le sprofondò da qualche parte sotto l'ombelico: si era aspettata un commiato un po' più... caloroso.
Barnabus stesso sprofondò in un baratro di disperazione, quando notò l'occhio triste della segretaria, ben sapendo che non si sarebbe mai disperata così tanto per un suo mancato saluto.
C'era solo una cosa da fare, in una situazione colma di cotanta mestizia.
Barnabus si sedette, e si avvolse un fazzoletto attorno al collo taurino.
- Churros, hm? - borbottò, estraendone uno dal sacchetto ed inzuppandolo nella fumante cioccolata.
Per un momento, Candida lo fissò disgustata per la sua sensibilità inesistente. Dopodiché, convenne che non aveva tutti i torti.
Ogni donna del globo terracqueo, dopo una delusione amorosa, va inesorabilmente in cerca di endorfine, che trova celate dietro ad una maschera di dolcezza ipercalorica.
In mancanza dell'irresistibile scioglievolezza delle sue adorate Ranas de Chocolate, Candida optò per la soluzione più vicina, ed altrettanto golosa: addentò vorace lo spuntino fritto e rifritto offerto gentilmente da Barnabus, intingendolo nell'odiosa tazza che aveva rischiato di mandare a monte tutto il duro lavoro del suo Lucius.
Dopo la botta di endorfine, e con l'umore risollevato, volle quasi bene all'Editore.
Poi, si ricordò che quelle bombe l'avrebbero fatta ingrassare.
E Barnabus dovette sorbirsi nove minuti e quarantasette secondi di improperi traboccanti di acidità, finchè, finalmente, fu convocato da Shacklebolt.
Mentre rivolgeva un'occhiata di puro disgusto a Lucius Malfoy, ostacolo quanto mai insormontabile nell'assedio al Forte de Torres, rischiò di farsi andare di traverso il Churro che stava ancora masticando.
- Signor Cuffe? Ma...? 
- Mi stavo giusto alzando per andarmene, signor Potter! - balbettò rapidamente, rimettendo la sedia al suo posto.
- Ma perchè era qui? 
- Signor Potter, è pregato di non ficcare il naso negli affari altrui - intervenne Candida.
- Oh, señorita, non ci spererei, fossi in lei. - La voce fredda e strascicata che aveva pronunciato queste parole attirò Harry Potter come il miele avrebbe fatto con un gruppo di orsi.
- Malfoy Senior, quale onore - borbottò ironico. - Cosa c'è, anche oggi è a fare la spia
- Oh, non pretendere di sapere cosa faccio io, Potter. 
- Shacklebolt si potrà anche fidare di te, ma sappi che io ti starò sempre alle calcagna. 
- Come vuoi, Potter. Se hai così tanto tempo da perdere... - ridacchiò prima di andarsene.
Mentre Harry ribolliva come una teiera, ed il cervello di Barnabus scricchiolava incessantemente nel tentativo di partorire un pretesto per la sua presenza al Primo Livello, Candida continuava a fissare con occhi sognanti la porta che si era richiusa dietro alle spalle di Lucius. Le aveva rivolto la parola, e l'aveva chiamata señorita...
- Allora Cuffe? Perchè è qui? - insistè Harry, dopo aver riacquistato un briciolo di calma.
- Era qui per me... - mormorò Candida, sognante.
L'Eroe avvampò. - Qui per lei? 
- Sì! - confermò l'Editore, con un sospiro di sollievo. - Ero qui da lei per la colazione, sì. 
Harry scoccò ad entrambi un'occhiata dubbiosa, dopodichè sparì nell'Ufficio del Ministro.
- Mi ha chiamato señorita... - balbettò emozionata.
- Io la chiamo sempre señorita - borbottò Barnabus, deluso.
Quella frase pronunciata così bruscamente ebbe il potere di riportare Candida alla realtà. - Dove diavolo è quel Potter? 
Barnabus Cuffe strabuzzò gli occhi. - Ma se ci ha anche parlato, pochi attimi fa! Sta bene, señorita? 
- Io avrei parlato con chi? 
- Gli ha detto che io ero qui per lei. Ottima scusa, tra l'altro - farfugliò l'Editore, arrossendo.
Candida invece non arrossì. Lei non arrossiva mai.
- Non mi riferivo certo a lei, Cuffe - bofonchiò, prima di rimettersi a sedere dietro alla propria scrivania. - Ed ora sparisca, prima che Potter la ritrovi di nuovo qui - concluse secca.

***


Hermione aveva rimuginato per quasi due settimane sulla missiva sfuggita di mano a Draco. Ci aveva pensato durante le ore di lezione, durante i pomeriggi in biblioteca, persino durante i pasti in Sala Grande.
Quella lettera provava tutto e niente.
Provava che i Malfoy sapevano qualcosa, ma non che fossero sicuramente colpevoli; da una parte poteva avvalorare l'ipotesi di una rivincita dei Mangiamorte, data la loro vicinanza a quell'ambiente, ma dall'altra era innegabilmente improbabile che i più grandi traditori del Signore Oscuro tenessero particolarmente a riavvicinarsi ad un nome tanto scomodo come quello di Voldemort.
Di certo, ragionare a mente fredda sulla questione era abbastanza complicato, se ogni santissimo giorno Harry Potter le inviava un Gufo per chiederle se aveva scoperto qualcosa e per invitarla ad insistere sulla sua pista, ovvero la colpevolezza a tutti gli effetti di Malfoy senior, Malfoy junior ed anche Malfoy lady, giusto per non farsi mancar niente.
A dire il vero, non era riuscita moltissimo a stare addosso a Draco, data la sua proverbiale riservatezza: il suo lavoro di spionaggio si limitava all'accompagnare Ginny agli allenamenti di Quidditch, dove, di conseguenza, poteva assistere anche a quelli del Cercatore. Il problema era che Draco era effettivamente un Cercatore, e nient'altro. Non scagliava Maledizioni Senza Perdono dall'alto della sua Firebolt, non riceveva Gufi mentre dava la caccia al Boccino, nè girava con un cappuccio, urlando Morsmordre sopra le teste dei propri compagni di squadra. E non c'era possibilità che si fosse sbagliata sul suo conto, o che avesse perso dei dettagli fondamentali del suo comportamento, perchè pur di non perder tempo a sorbirsi stupide partite, Hermione era attenta a tutto: aveva notato ogni sua singola smorfia di disappunto quando si immaginava bagliori dorati inesistenti, ogni suo movimento sapiente eseguito per schivare Bolidi o non disturbare le azioni di gioco dei propri compagni, ogni lampo di trionfo che gli passava fugacemente nelle iridi quando le sue dita sapienti si chiudevano intorno alla sferetta dorata. Col vecchio Omniocolo regalatole da Harry alla Coppa del Mondo quattro anni prima ed ancora funzionante, non c'era proprio modo di lasciarsi sfuggire qualcosa: aveva infatti assistito alla perfezione all'impatto di un Bolide colpito maldestramente da Kevin Peakes con la Tornado di Kristen Bell ed alla sua successiva caduta verso il suolo, ed era stato solo grazie ad un Incantesimo scagliato contemporaneamente da lei e da Madama Bumb che Kristen si era risparmiata un soggiorno non troppo breve alla corte di Madama Chips. In quel frangente aveva notato anche lo sguardo di pura ammirazione rivoltole da un gruppetto di Grifondoro più piccoli, e ciò l'aveva lusingata non poco: per un momento la sua mente vagò fino ai suoi primi anni ad Hogwarts, quando combattere il Male era quasi un gioco, ed al massimo si guadagnavano centinaia di punti per la propria Casa...
- Hermione, andiamo? 
Ginny la stava osservando un po' perplessa. In effetti, da quando Harry le aveva assegnato quella missione, passava più tempo tra le sue elucubrazioni che nel mondo reale, e chissà quale stupida e vacua espressione rivolgeva a chi le stava intorno: non poteva però certo dirgli che un'oscura minaccia incombeva su tutti loro, dato che l'Eroe glielo aveva tassativamente vietato, e soprattutto non poteva confessarle che la sua mente andava di continuo a Draco Malfoy, o l'avrebbe presa per masochista o per pazza.
- Sei preoccupata per cosa dirai a mio fratello? 
Per poco Hermione non si conficcò lo spazzolino da denti in gola. Se ne era scordata, per qualche strano motivo, si era scordata che quel giorno avrebbe visto Ron. Non che ci fossero discorsi da preparare o particolari esercizi psicologici da mettere in atto per approntare al meglio l'incontro con il suo ormai ex fidanzato, ma Hermione Jean Granger non amava andare impreparata da nessuna parte.
- Sì - rispose quindi, senza mentire neanche un po'.
- Su su - la incoraggiò abbracciandola. - Sarà il discorso d'addio meno discorso e meno d'addio nella storia dei discorsi d'addio. Non sarà un discorso, perchè mio fratello non è in grado di sostenerne uno, non sarà d'addio perchè tornerete amici come prima, con te che lo sopporti e lo rimbecchi su tutto e lui che borbotta in sottofondo e non ha il coraggio di replicare. E poi, l'addio in quel senso ve lo siete detti già da un po', mi pare. 
Hermione non riuscì a non ridere. - Grazie, Weasley femmina. 
- Da quando in qua parli come Malferret? 
- Due settimane di allenamenti di Quidditch insegnano tante cose - rispose solenne la Caposcuola.
- Prima o poi mi dovrai spiegare il perchè segui tutti i miei allenamenti e non dedichi quelle preziose ore allo studio, Hermione. Non ti comincerà mica ad interessare il Quidditch? - ironizzò Ginny.
Hermione si morse il labbro: sapeva che prima o poi l'amica le avrebbe rivolto quella domanda. - Quando giocherai nel Campionato Nazionale e parlerai sempre di Quidditch, voglio riuscire a seguire i tuoi vaneggiamenti. Mi sto preparando al peggio, tutto qui. 
Se c'era una cosa che aveva imparato sin dal secondo anno, con il permesso per la consultazione del Reparto Proibito strappato a Gilderoy Allock, era che l'adulazione poteva salvare anche in situazioni difficili ed imbarazzanti. E fornire a Ginny l'illusione di un ruolo da titolare in una squadra della categoria più importante dell'intero Regno Unito rientrava a pieno titolo nelle adulazioni meglio riuscite di sempre. Gli occhi della rossa erano ormai persi in un mare di vaneggiamenti, i sospiri si accavallavano l'uno sull'altro ed il sorriso le andava da un orecchio all'altro. Ginevra Molly Weasley era completamente andata. E con lei se ne erano andate tutte le sue domande scomode, i suoi acuti sospetti e la sua curiosità disarmante. Netta vittoria per Hermione Granger.
- Forza, Ginny, andiamo! 
- Sì! 
La rossa la seguì senza fiatare, ancora smarrita in un mondo di Scope e Pluffe che riusciva a vedere soltanto lei.
Ed effettivamente avrebbe fatto bene anche ad Hermione, immaginarsi una visione diversa dalla realtà.
Perchè di fronte a lei, Draco Malfoy la guardava, sogghignando.
E quando Draco Malfoy sogghignava, c'erano guai in arrivo.
E se c'erano guai in arrivo, Harry James Potter era sicuramente dietro un angolo, pronto a far fuoco.
Girò la testa a destra a sinistra, quasi aspettandosi di vederlo davvero, ma lei e Ginny riuscirono ad arrivare fino ai cancelli di Hogwarts senza interruzioni di sorta, ed Hermione ringraziò silenziosamente il Fato, che pareva averle concesso una giornata tranquilla.
- Ehm, Hermione, io vi lascio soli - asserì Ginny, indicando il fratello con un rapido cenno del capo.
La Caposcuola si voltò di scatto: non aveva visto Ron perchè troppo concentrata sul pugno di Malfoy, che pareva contenere qualcosa... forse, cominciava semplicemente ad essere paranoica. Dopotutto, sette anni di vicinanza ad Harry Potter potevano essere deleteri, da questo punto di vista.
- Ron! - si gettò su di lui, stringendolo forte a sè. Diamine, quanto le mancavano i suoi due migliori amici...
- Risparmiateci le vostre effusioni, grazie - sibilò una voce strascicata poco dietro Hermione. - Ho appena fatto colazione. 
Ronald alzò gli occhi al cielo, mentre Hermione, ancora avvinghiata al suo petto, gli impediva qualunque movimento. - Stai calmo, Ron, stai calmo, Ron... - gli ripeteva incessantemente, come fosse un mantra.
- Malfoy, chiudi gli occhi, se non vuoi assistere. Non è così difficile - rispose Ron con un aplomb che stupì non poco l'amica.
Anche Draco sembrava incredulo. Tempo addietro, quel Weasley non avrebbe esitato a scagliargli un Mangialumache o a tirargli un pugno ben piazzato. - Weasley, hai rotto un'altra bacchetta? O non sai proprio più usarla? A giudicare dalla cicatrice che hai in fronte direi proprio di no... o forse te la sei fatta di proposito per assomigliare allo Sfregiato? 
Questa volta, Hermione sentì un muscolo irrigidirsi sul torace di Ron. O forse due, o tre, o un'intera cordigliera di muscoli. Finchè la mascella rimaneva rilassata, forse c'era un'impercettibile possibilità di evitare la rissa. Peccato che in quell'esatto momento, la mandibola fosse diventata dura come il marmo.
- Ehm, Ron, andiamo. - La Caposcuola lo spinse via di lì, non con poca fatica.
- George me lo ripete sempre, quando ho a che fare con i clienti. Devo. Stare. Calmo. Ma Malfoy non è un cliente, e gli ho già risposto troppo bene una volta. Posso fargli male? Posso? - sussurrò speranzoso Ron, rilassando un poco l'espressione.
- Non ti sembra di aver già rischiato troppe volte l'espulsione quando eri qui ad Hogwarts? Vuoi rischiarla anche da fuori? - rise Hermione. - E a proposito, Malferret ha ragione. Cos'è quella cicatrice? 
- Oh, questa? - chiese Ron, sfiorandosela. - Me l'ha lasciata l'erede di Salazar Serpeverde, più o meno due settimane fa. 
Hermione lo guardò scettica. - Per favore, non dirmi che stanno per riaprire la Camera dei Segreti - ridacchiò.
- No. Ma non mi dispiacerebbe rinchiudere quella belva insieme ad un Basilisco. 
La Caposcuola si bloccò, stizzita, come ogni volta in cui non gli veniva detto subito ed esattamente l'argomento della discussione. - Si può sapere cosa...? 
- Godric Potter, degno Gufo di Harry, mi è piombato addosso nel cuore della notte, tentando più volte di uccidermi. 
Le labbra di Hermione si incurvarono, ma senza particolare gioia. - Quindi lo sai anche tu? 
- Della Guerra Magica alle porte? Sì, Harry me l'ha detto. Ha detto anche che non devo preoccuparmi e che tutto è sotto controllo, il che mi pare un po' una contraddizione. 
- E tu che ne pensi? 
- Non per non credere a ciò che dice, ma... penso che siamo di fronte alla pace più duratura della storia. 
- Almeno su una cosa siamo d'accordo.
- Non solo su una, in realtà - sospirò Ron.
- Non solo su una - convenne Hermione.

***


Draco Malfoy aveva svolto per troppo tempo il ruolo della semplice marionetta, con i fili manovrati da genitori influenti o da convincenti colleghi e superiori.
Era per questo che si era sentito rinascere, con la disfatta di Voldemort: nessuno gli avrebbe più detto cosa fare o cosa non fare - anche se Lucius, abbastanza abituato a dare ordini, avrebbe continuato a farlo, con più o meno successo.
Grande fu quindi il suo scorno quando i suoi genitori cominciarono ad inviargli quelle lettere. Non che contenessero ordini veri e propri, ma gli davano comunque delle istruzioni sul comportamento da seguire che non gli erano così gradite, ed essere all'oscuro del perchè doveva fare certe cose, non gli piaceva affatto.
Come non gli piaceva girare per Hogsmeade ed imbattersi continuamente in tre Weasley, quando una a giro per la scuola bastava ed avanzava, un Potter, ed una Granger. Primo, non si spiegava la presenza dell'amico dello Sfregiato e del suo fratello secchione, secondo, non si spiegava la presenza dello Sfregiato stesso, terzo, non si spiegava come mai la Piattola non si fosse unita al gruppo degli Eroi, ma andasse in giro con Paciock e Lunatica. Decisamente, quei quattro nascondevano qualcosa, e doveva essere qualcosa di serio e pericoloso, se Potter non coinvolgeva la sua odiosa metà.
Quando poi i quattro verso le due del pomeriggio entrarono alla Testa di Porco, locale evitato come la peste da chi teneva almeno un minimo alla propria salute, provò l'irrefrenabile desiderio di impicciarsi. Cosa molto da Potter, pensò con disgusto. Purtroppo per lui, non aveva Mantelli dell'Invisilibtà o boccette di Polisucco, non era sicuro di essere in grado di potersi Trasfigurare in una Strega o in un Vampiro nè tantomeno era un Animagus, più o meno dichiarato. Con sommo scorno, si ritrovò a constatare l'impossibilità di una sua azione spionistica, almeno fino a quando non vide sopraggiungere un nugolo di infuocati capelli rossi, all'apparenza molto nervosi.
Ginevra Weasley si stava dirigendo verso il locale, con lo sguardo dritto in fronte a sè, tanto decisa nell'incedere quanto minacciosa nel serrare i pugni. Per un momento Draco pensò che si sarebbe schiantata contro il portone della Testa di Porco, ma questo si aprì di sua spontanea volontà, quasi temendo danni alla propria persona. Draco scrollò le spalle: se era la stessa donna di Potter ad offrirgli un diversivo su un piatto d'argento... Si coprì come meglio poteva con il mantello, Appellò il cappello di un passante frettoloso - che imprecò più volte contro il vento e decise di avere troppa fretta per fermarsi a cercare il copricapo - e dopo un fugace Gratta e Netta - per non arrecare danni inattesi al suo prezioso cuoio capelluto - lo indossò, facendo in modo che la tesa gli coprisse quasi alla perfezione la fronte e gli occhi.
Sgusciò nel locale, facendo attenzione a non farsi scorgere dagli astanti, e si sedette in un tavolino abbastanza vicino ai cinque ospiti d'onore, ovviamente dando loro le spalle.
- Harry James Potter! - L'urlo della Weasley femmina rischiò di perforargli i timpani. - Perchè diavolo non mi hai detto che saresti venuto qui! 
Dal tremolio della voce del Salvatore del Mondo Magico, Draco capì che Voldemort era una quisquilia, di fronte alla fotocopia dell'assassina di Bellatrix Lestrange. E solo il fatto che quella grassona di Molly Weasley avesse fatto fuori la più pericolosa e pazza seguace del Signore Oscuro era una prova abbastanza valida della pericolosità di una Weasley femmina.
- E' stata una sorpresa anche per me, Gin... 
- E non appena c'è stata la sorpresa, hai deciso di stare prima con loro e poi con me? - sbraitò. - Senza offesa eh, Hermione. 
- Il M-Ministro m-mi ha dato il permesso giusto un'ora fa... appena mi sono Materializzato qui, mi sono imbattuto in Ron ed Hermione, e poi... 
- E tu, fratellino? Cosa diavolo ci fai insieme a loro? 
Percival Ignatius Weasley aveva sperato con tutto il cuore di non essere coinvolto in quella pacata conversazione. Ne andava della sua dignità e del suo decoro... non si poteva permettere uno spettacolino pubblico del genere. Si schiarì la voce, iniziando a parlare pomposo. - Affari del Ministero - rispose semplicemente, beccandosi una gomitata in mezzo alle costole.
- Se Hermione e Ron, che non lavorano al Ministero, possono sapere di cosa state parlando, voglio saperlo anch'io - sentenziò, prendendo una sedia e sedendosi il più lontano possibile dal fidanzato.
- Ma Ginny, non è una cosa importante... - azzardò Ron, ma ottenne il risultato opposto: mentire non gli era mai riuscito, e tentare di accampare scuse disperate non era certo la sua più grande abilità.
- Oh, e va bene - sbottò Harry. - Lasciate parlare me.
Dentro di sè, Hermione sperò che non dicesse tutto. Ginny non le avrebbe mai permesso di indagare su Draco e, molto probabilmente, avrebbe parlato di quel suo piccolo problema: non se la sentiva di angustiare i suoi due più grandi amici, non ora che erano così tranquilli... Beh, Ron era sicuramente tranquillo. Harry no, ma non lo era mai, quindi poteva considerarlo tranquillo relativamente al suo sistema di riferimento.
- Molto probabilmente, il Torneo Trescope è in pericolo. 
Con la sua solita delicatezza, Harry Potter aveva appena comunicato ad una delle Cacciatrici titolari della squadra di Hogwarts che c'era una minima possibilità, forse, ma non era detto, quindi non era una cosa sicura, magari non c'era nemmeno da preoccuparsi, ma comunque andava presa in considerazione la probabilità che Ginny Weasley potesse morire da un momento all'altro, magari mentre schivava un Bolide o segnava una rete.
La ragazza, con la sua consueta calma, non si preoccupò minimamente della propria incolumità. Non tremò, non pianse, ma gonfiò il petto. E gonfiare il petto, a casa Weasley, preannunciava una sfuriata lunga secoli.
- E quando pensavi di dirmelo, idiota? Sei ancora affetto dalla mania del Salvatore, pensi di proteggermi lasciandomi nell'ignoranza? - Era ormai rossa quanto la propria chioma. - Vieni fuori - sibilò, frenando una rabbia che ormai fuoriusciva da tutti i pori.
Harry Potter decise che era meglio non ribattere, e si affettò a seguirla all'esterno.
Draco imprecò selvaggiamente. Era riuscito a scoprire solo che c'entrava il Torneo, in tutta quella storia, cosa che i suoi gli avevano taciuto, ma non era certo abbastanza.
- Percy, tu che lavori con lui, credi che c'entrino davvero i Malfoy? - chiese titubante Hermione.
A Draco sarebbe andata di traverso qualsiasi cosa, se solo non avesse evitato di ordinare alcunchè fino a quel momento.
- No, Hermione. Penso che Harry stia prendendo un granchio colossale. 
- Io non lo so - disse d'un tratto Ron. - Dopotutto l'hai beccato con quella lettera... 
Certo, quella poteva essere una prova notevole, ma... non era abbastanza. Non era grave abbastanza da riportare alla mente gli anni bui che avevano vissuto, non era grave abbastanza da sentirsi minacciati di nuovo da quei neri cappucci che tanto avevano fatto male al mondo e a... lei. Scacciò i pensieri funesti, scuotendo la testa. - Beh, senza Harry non ha senso che rimaniamo qui. - Buttò qualche falci sul tavolo. - Oggi offro io, mi fa piacere vedervi qui - sorrise, alzandosi per prima.
- Oh, ma non posso accettare, Hermione - rispose prontamente Percy, con voce autorevole.
- Non provare a contraddirla - suggerì Ron, con un largo sorriso.
Percy andò con lo sguardo dall'uno all'altra, incredulo. - L'ho sempre pensato che andaste più d'accordo da amici - sentenziò. - Per quanto sia possibile che voi due andiate d'accordo, certo - concluse, avviandosi fuori.
E Draco Malfoy rimase seduto al tavolo, con due sole informazioni.
La prima, abbastanza utile, era che i suoi e chissà chi altro stavano tramando per combinare qualcosa durante il Torneo, coinvolgendolo come al solito senza dirgli in cosa si stava cacciando.
La seconda, totalmente insignificante, era che Weasley e la Mezzosangue si erano lasciati.
Si alzò di scatto dalla sedia, imprecando silenziosamente per aver sprecato fatica inutile per travestirsi e spiare quegli idioti.
Anche di fronte al suo incedere incazzato nero, il portone della Testa di Porco si spalancò: doveva essere stato stregato per non ostacolare il passaggio di individui pericolosi.
Peccato che subito fuori dalla porta ci fosse Hermione Granger, ancora lì per chissà quale motivo.
- Ahia! - urlò da qualche parte sotto di lui. - Malfoy, mi vuoi morta? 
Per l'ennesima volta in quella giornata, Malfoy imprecò in ogni lingua che gli venne in mente. - Per essere una stupida Mezzosangue non sei poi tanto stupida. Ottime deduzione - sibilò, prima di togliersi da sopra il suo corpo. - Cosa ci fai ancora qui? 
- Aspettavo che tu uscissi, Malferret. Ce ne hai messo di tempo - rispose fiera, mentre si massaggiava il polso. - Spero per te che tu non me l'abbia rotto di nuovo. 
- C'è di peggio, Mezzosangue. 
- Non credere di insegnarlo a me - sussurrò, abbattuta. - Insomma, c'entri con questa storia, o no? Hai rischiato di cadere dalla sedia quando ho fatto il tuo cognome, prima. 
- Da quanto avevi capito che ero io? - la guardò di sottecchi.
- Non mi ha stupito l'entrata in scena di Ginny, prima, ormai sono abituata alle sue sfuriate. Quindi, mentre i cuor di leone la guardavano e tremavano, ho per caso visto colui che è entrato subito dopo di lei. Bel tentativo, Malferret. Ho l'impressione che tu abbia molto da imparare dal Trio delle Meraviglie. 
- Non mi hai risposto. Ti ho chiesto da cosa mi hai riconosciuto. 
Hermione parve pensarci per un istante. - Due cose. La prima, il tuo camminare da Malfoy, con quella puzza sotto il naso e quella sicurezza nauseante. La seconda, il naso, ovvero l'unica parte scoperta del tuo volto. 
Draco stava per strangolarla, per quell'osservazione sul suo incedere nauseante, ma poi, venne distratto da quell'affermazione sul suo volto. - Il naso? 
- Il naso, sì, Malfoy. Quella cosa che sta tra la tesa del cappello ed il bavero dei tuoi abiti, tra gli occhi e la bocca - ridacchiò.
- Stupida, non intendevo in quel senso. Intendevo, cosa diavolo ne sai tu, di com'è fatto il mio naso? 
Hermione si morse un labbro. - Hai il naso di tua... madre. 
- E tu che ne sai del naso di mia...? - si interruppe da solo, come colto da un'illuminazione.
Hermione indietreggiò, sentendosi vulnerabile e scoperta.
Quando fu abbastanza lontana da Malfoy, cominciò a correre.
Corse via da quel naso.
Dal naso delle sorelle Black.

***


Ron, Percy, Ginny ed Harry - apparentemente più rilassati - la stavano aspettando ai cancelli di Hogwarts.
Dir loro che si sarebbe dovuta fermare di nuovo, purtroppo, con suo sommo scorno e con immenso fastidio da Scrivenshaft per comprare l'ennesima piuma a sua madre si era rivelata una scusa assai efficace per toglierseli di torno: tutti e quattro non erano molto propensi a rinchiudersi per chissà quanto tempo nel negozio forse più noioso di tutta Hogsmeade.
- Hermione, finalmente! Ce ne hai messo di tempo! - Percy era chiaramente insofferente, magari doveva correre a Londra per finire di redarre una relazione sulle frange dei tappeti volanti.
Per tutta risposta, lei si limitò a scrollare le spalle. - Ero molto indecisa. 
- Noi dobbiamo andare - disse Harry, accarezzando una guancia di Ginny. - Mi raccomando - mormorò poi, fissando Hermione.
- 'Mione, noi... - iniziò titubante Ron.
- Ci sentiamo presto - concluse per lui, sorridendo.
Si abbracciarono in silenzio, ripensando a quanto si erano detti quella mattina, e a quanto era evidente che si sarebbero amati per sempre.
Perchè volersi bene era qualcosa che trascendeva ogni forma di amore carnale.
- Stammi bene, Hermione - borbottò Ron.
- Anche tu, Blimey. 
Ron sorrise a quell'appellativo, anche quella mattina aveva ripetuto 'miseriaccia' chissà quante volte.
I due Weasley ed Harry si smaterializzarono.
- Non è stato un discorso d'addio, vero? - rise Ginny.
Hermione si voltò verso di lei, sbuffando. - E' stato il discorso d'addio meno discorso e meno d'addio nella storia dei discorsi d'addio - la scimmiottò.
Poi, scoppiarono a ridere insieme.
- Qualunque cosa succeda, Hermione, noi saremo sempre in quattro, mai in due - stabilì Ginny con voce stentorea.
- Oh beh, spero in cinque o sei, prima o poi. Prima o poi io e Ron troveremo qualcun altro, no? - ridacchiò.
- Basta che tu non trovi Cormac McLaggen - rispose Ginny senza celare una nota di disgusto nella voce.
Ridendo, camminarono verso il Castello.

Dietro di loro, qualcuno che rideva meno le seguiva a debita distanza.
E mentre camminava, malediva il proprio naso.
E sebbene non amasse confessarlo nemmeno a se stesso, non era infuriato con quel profilo affilato perchè aveva permesso alla Granger di riconoscerlo.
Era infuriato perchè quel naso, tempo prima, aveva Cruciato anche lui.

***





NOTE:

- Farsi allungare l'unghia del mignolo era un'usanza piuttosto diffusa tra i benestanti, soprattutto al Meridione o nella Penisola Iberica. Il potersi permettere un'unghia lunga era infatti indice del mancato bisogno di lavorare della nobiltà, che considerava lo sporcarsi e rovinarsi le mani una cosa da poveracci.
- 'Fieri e sdegnosi'
è una citazione 'adattata' da Traversando la Maremma Toscana di Carducci (Dolce paese, onde portai conforme l'abito fiero e lo sdegnoso canto...) e volendo è una citazione anche un po' Dantesca e Ariostesca (permettetemi l'obbrobrio), dove le alme sdegnose si sprecano.
- La camera segreta sotto il pavimento del salotto dei Malfoy esiste davvero ed è citata in Harry Potter e la Camera dei Segreti, quando Ron ed Harry si intrufolano nella Sala Comune dei Serpeverde.
- Churrasco e Churros sono due piatti tipici spagnoli (il Churrasco è anche un po' brasiliano in realtà): il primo è appunto carne alla griglia, i Churros sono pastella fritta (tipo le 'zonzelle' senesi, se le conoscete) da inzuppare nella cioccolata calda. Io a colazione li ho provati, e non ho mangiato per un giorno intero, sono un filino pesanti. xD
- Tutti i miei vaneggiamenti sulla quiete e la tempesta sono riferimenti sconnessi a La Quiete dopo la Tempesta di Leopardi.
- L'irresistibile scioglievolezza è chiaramente pubblicità occulta.
- Kevin Peakes e Kristen Bell sono due personaggi inventati da me, i fratelli minori di Jimmy Peakes (Battitore dopo la squalifica di Fred e George, al quinto anno di Harry) e di Katie Bell. La mia estrema fantasia nell'inventarmi i nomi mi ha spinta ad allargare le famiglie di questi due, spero che non me ne vorranno. :) Ah, Kristen Bell credo sia il nome dell'attrice che ha interpretato Veronica Mars, se ricordo bene. La mia fantasia spopola, proprio.
- Erede di Serpeverde, Camera dei Segreti e Basilisco si riferiscono alle vicende del secondo libro. 'Temete, nemici dell'erede!'
- L'espressione tranquillo rispetto al suo sistema di riferimento viene dritta dritta dal mio studio poco matto e poco disperatissimo di Fisica I e II. Non starò a spiegarvi cosa sono i sistemi di riferimento perchè ormai quella roba mi dà la nausea. -.-
- 'Blimey' è il 'Miseriaccia' di Ron in lingua originale. Visto che lo ripete con una frequenza disarmante, ho pensato che a Hermione potesse venir voglia di chiamarlo così.






Grazie, grazie, grazie, se siete arrivati a leggere fino a quaggiù. :)









Effebì
Mi trovate... qui .







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Capitolo 9
*** Ospiti Indesiderati ed Indesiderate Bugie ***


8.


Ospiti Indesiderati ed Indesiderate Bugie



A PrincesMonica e a tutti coloro che mi hanno votato ai NESA.
A quelli che leggono, seguono e recensiscono, e mi hanno aspettato per tre settimane.
A chi era con me al Lucca Comics, a fangirlare dietro a chiunque ed a parlare di sogni erotici con Milord.
Vi voglio bene.









- Mezzosangue. 
Il sussurro non riuscì a scalfire la barriera che pareva separare Hermione Granger dal resto del mondo.
- Mezzosangue - ripetè una voce strascicata, sempre più insofferente ed agitata. Il suo proprietario non sapeva se essere più nervoso per quello che voleva dire alla ragazza, o più ansioso al pensiero di essere visto lì con lei, addormentata ed inerme. Poteva quasi sembrare una scenetta tenera, agli occhi di un osservatore distratto.
La Caposcuola, da parte sua, non accennava neanche un movimento che potesse preludere ad un risveglio. Continuava a rimanere immobile, rilassata e serena, con un libro appoggiato sulle gambe e la schiena contro il tronco di un albero, illuminata da un tiepido e quanto mai insolito sole autunnale che si rifletteva anche sulla superficie del Lago Nero, rendendolo meno spettrale.
- Mezzosangue - borbottò di nuovo, con un tono appena più alto e scrollandola per le spalle.
Per la prima volta, Draco Malfoy vagliò l'ipotesi che fosse morta. O aveva passato tutta la notte sui libri, cosa del resto non troppo improbabile, vista la persona con cui aveva a che fare, oppure aveva le funzioni vitali decisamente ridotte al minimo: le occhiaie che le incorniciavano le palpebre chiuse lo fecero propendere per la prima ipotesi. In realtà, si obbligò a credere quell'ipotesi, dato che per un ex Mangiamorte farsi trovare accanto al cadavere della migliore amica di Potter poteva essere quanto meno imbarazzante, se non addirittura problematico.
Le conficcò la bacchetta tra le costole, trattenendosi dallo scagliarle anche qualche fattura o controfattura più o meno letale.
Come al solito, Hermione Granger fu più decisa e reattiva di lui. Era ormai un'abitudine, non dormire mai per davvero, stare sempre all'erta e con i nervi a fior di pelle. La ragazza strinse il pugno intorno alla bacchetta, che le era rimasta in mano dopo gli esercizi di Incantesimi ai quali si era dedicata per una mezzoretta, prima di pisolare sulla riva del Lago, e fece fuoco.
Fu con un'imprecazione che Draco Malfoy realizzò di essere stato Impastoiato. E fu con un'altra imprecazione che realizzò di essere stato addirittura Disarmato.
Eppure, doveva aspettarselo. Se Weasel e la Mezzobabbana Zannuta potevano aver imparato qualcosa da quell'idiota dello Sfregiato, quella cosa era sicuramente l'Expelliarmus, e la Granger doveva averlo imparato bene, come del resto tutto ciò in cui si cimentava.
- Malfoy! - urlò Hermione, rischiando di soffocarsi per la sorpresa.
- In persona - replicò l'altro. - Slegami e ridammi la bacchetta. Dobbiamo parlare. 
Hermione parve soppesare la risposta. - Nè l'una, nè l'altra cosa. Puoi parlare anche disarmato e con i piedi immobilizzati.
Malfoy alzò gli occhi al cielo, ed in un secondo decise di non perdersi in mille discorsi e di arrivare al sugo di tutta la storia. - Granger, per quanto tu possa credere il contrario, ti giuro che non sono mia zia. Ho i capelli biondi ed un tasso di umanità lievemente più elevato, credo che basti per distinguerci. Quindi smetti di guardarmi come se fossi un mostro ed ascoltami.
Dritto al punto, viscido come una serpe e perfido come un demonio. E più acuto di quanto pensasse.
- Ti ascolto - sussurrò Hermione, posando la bacchetta di Malfoy sopra un ciuffo d'erba.
- Liberami, o...
- O cosa, Malfoy? Proprio perchè non sei tua zia, non mi farai mai niente di peggio di quanto abbia fatto lei - sputò rabbiosa.
- E chi te lo dice?
I sopraccigli biondi del ragazzo si incurvarono, quasi a formare un'espressione curiosa.
- Non ci crederai, ma non ti ritengo così meschino e pericoloso. Ma soprattutto, ti ritengo un emerito codardo.
- Touchè, Granger. Ora che mi hai propinato il tuo discorso da Grifondoro senza macchia e senza paura, spero tu sia più felice e tranquilla. Comunque, nel caso tu voglia mantenere la situazione in questo stato così... fastidioso, non parlerò. Farò da solo, come al solito.
Dritto al punto, viscido come una serpe e perfido come un demonio. E più acuto di quanto pensasse.
In un secondo, alla Grifondoro fu chiaro che se i Serpeverde potevano vantare amicizie importanti, ricchezze inestimabili e ruoli di prestigio, dovevano tutto alla propria faccia tosta. Ed anche alla soave arte del Ricatto e dell'Inganno, come se ci fosse bisogno di specificarlo.
- Poco male. Non so nemmeno cosa avresti voluto dirmi, non sarà una grande perdita - mentì, più a se stessa che al suo interlocutore.
- Cazzate, Granger. Sai di cosa voglio parlare, e so che ti stai mangiando le mani, arrovellandoti su quell'ultimo messaggio che ti è stato recapitato. Vuoi una risposta alle tue domande, e non mi stupirebbe scoprire che quelle occhiaie sono dovute alle tue indagini notturne sul caso.
- Cosa vuoi in cambio? - sbottò la ragazza, furiosa per essere stata gabbata così ad arte.
- Innanzitutto, le mie gambe. Dopo, quel delizioso rametto di biancospino accanto alle tue ginocchia. Poi, la tua attenzione. Infine, la tua collaborazione.
Hermione Granger strabuzzò gli occhi.
- Non ho parlato di aiuto, ho parlato di collaborazione, Mezzosangue - puntualizzò svogliatamente.
Per quanto la Caposcuola avesse sempre apprezzato le sfumature insite nella scelta del lessico, nella modulazione dei suoni e nell'intonazione della voce, non riuscì proprio a cogliere la differenza tra i due termini adoperati da Malfoy.
- Ti aiuterò - rispose sogghignando, mentre liberava Malfoy dalle Pastoie. - Ma questa - continuò impugnando la bacchetta dell'altro - la tengo io. 
C'era una soddisfazione intrinseca e fortemente radicata, nella risposta che gli aveva rifilato. Perchè essere implorata da un Malfoy andava Oltre Ogni Previsione.
E per quanto il suo voto preferito fosse il più altisonante Eccezionale, per una volta poteva pure accontentarsi.
- Ti ascolto - concluse, lisciandosi la gonna, e benedicendo il momento in cui aveva terminato tutti i compiti, regalandosi un sabato pomeriggio di completo relax.
Relax che, chissà come, per una volta comprendeva anche la presenza dell'ospite più indesiderato.

***


Per tutti i De Torres della storia, le regole erano sempre state facoltative, tutto ciò che era facoltativo era sempre stato considerato una semplice comodità, e le comodità erano sempre state idolatrate come le uniche regole da seguire e rispettare.
Se questo sillogismo fosse veramente stato degno di questo nome, ci sarebbe stata una palese contraddizione di fondo, ma neanche Aristotele avrebbe potuto niente, contro la ferrea logica dei De Torres.
Per i Don e le Donzelle di Bobadilla, la conclusione finale ed ovvia era che ognuno dovesse seguire le regole che gli parevano più apprezzabili.
La comodità prima di tutto, tutte le regole che la escludevano potevano essere tranquillamente ignorate.
E sebbene Candida si fosse sdetorresizzata con la sua fuga verso Londra, di certo non poteva far niente contro il buon vecchio sangre dei suoi avi.
E fu per questo motivo che aggiunse qualcosa di poco simile allo zucchero nella tazza di Barnabus Cuffe, come al solito seduto in fibrillazione di fronte alla sua scrivania in mogano.
Molto probabilmente Candida stava infrangendo una decina di leggi Babbane e Magiche, ma aveva sempre preferito il verbo ignorare, al ben più drastico infrangere.
E poi, Barnabus Cuffe non era certo una comodità, e le leggi non scritte dei De Torres parlavano chiaro, sul fatto di eliminare qualsiasi ostacolo al proprio benessere.
- Señorita, lei è così deliziosa a prepararmi un tè a quest'ora!
Candida sogghignò, mentre rimescolava il liquido ambrato e fumante. - Latte, Barnabus?
- Preferisco del limone, se non disturbo. Sa, sono sempre stato un po' intollerante al latte.
La segretaria si appuntò mentalmente quel dettaglio, proponendosi di utilizzarlo a suo favore quanto prima. - Allora tenga. - E gli posò la tazza su un piattino.
L'Editore era entrato in quell'anticamera alle undici del mattino, ovvero tre ore prima: il limite di sopportazione di Candida, per sua sfortuna, era stato quindi valicato già da tre ore. Finchè Cuffe transitava dal suo territorio semplicemente per essere ricevuto dal Ministro, la cosa era accettabile, quando invece si dimenticava di prendere appuntamento e decideva di aspettare Shacklebolt lì, le orecchie della donna cominciavano a fumare, ed il serpente insito in lei si agitava, borbottando e minacciando di stritolare l'ospite indesiderato seduta stante. Aveva deciso di cambiare il suo modo di agire: più maltrattava Cuffe con punzecchiature e frasi al vetriolo, e più lui pareva divertirsi ed apprezzare la sua prontezza di spirito, rimanendo sempre più ancorato alla sua sedia. Da quel giorno, l'avrebbe trattato con gentilezza. Trovando ovviamente altri metodi, forse più efficaci, per toglierselo dai piedi.
Barnabus Cuffe continuava a scribacchiare su un foglio, facente parte di quel lavoro che non rinunciava mai ad eseguire, neanche se ammaliato dalle burrose grazie di una caliente segretaria. Quel giorno, doveva selezionare il candidato o la candidata che avrebbero sostituito Gwendolyn Jones, l'autrice della rubrica di moda della Gazzetta del Profeta, divenuta protagonista principale delle pagine del Settimanale delle Streghe da quando era scappata dall'Inghilterra con un modello australiano, Babbano a tutti gli effetti. Il suo collaboratore gli aveva inviato i provini degli autori a suo dire più promettenti, ma Cuffe non pareva intenzionato ad assumere nessuno, molto probabilmente perchè non capiva un'acca di quello che scrivevano: aveva sempre considerato la moda una futile ed idiota bazzecola, e si era convinto ad integrare il suo Giornale con tale spazzatura solo perchè non poteva effettivamente riempire le sue pagine con notizie più interessanti. Mentre leggeva chissà cosa sull'ultima tendenza in tema di fogge dei mantelli, sorseggiò lentamente il suo tè, un po' più tiepido.
- Mmmmm, ottimo, señorita.
Candida sorrise affabile. - Beva, beva.
E Barnabus fece come gli aveva suggerito. Nel frattempo cestinò altri sei provini e si apprestò a leggere gli ultimi quattro.
Fu mentre si gustava il settimo, che fu colpito contemporaneamente da due illuminazioni: la prima che lo folgorò fu il rendersi conto che quella bozza sulla moda povera lo intrigava tantissimo per la sua originalità. La seconda illuminazione, invece, era inconfessabile, di fronte ad una bella donna per cui poteva avere un certo interesse.
- Beh, señorita, si è fatto un po' tardi, e mi sono appena ricordato di dover consegnare queste bozze per la stampa di domani.
Candida unì le sopracciglia in una muta richiesta di spiegazioni.
- Non si preoccupi,
señorita, e chieda scusa al Ministro, ma devo proprio andare - ansimò in fretta, mentre borbottava qualche incantesimo che spedisse tutti i suoi fogli dritti dritti nel suo Ufficio. - Forse tornerò più tardi.
La segretaria sfoggiò la migliore faccia contrita del suo repertorio, celando sapientemente l'esplosione di gioia la cui miccia era appena stata accesa nel suo spirito. Il fiammifero autore di quel fuoco era giusto appeso al suo collo, mascherato da pendente in argento ed oro bianco.
- Hasta la vista, señor.
Benedisse più e più volte il giorno in cui aveva deciso di portarsi sempre dietro una piccola scorta di Essenza di Prugnola Costringente. Se assunta in piccole dosi, la salvava dalla stitichezza che funestava il suo equilibrio fisico sin dall'infanzia; se invece l'intero contenuto del suo ciondolo veniva inavvertitamente rovesciato in bevande o simili, l'assetato si ritrovava a trascorrere chiuso nell'intimità del bagno preziose ore, se non giorni. Aveva calcolato che non avrebbe rivisto Cuffe per più o meno otto ore intere, e che quindi quel 'forse tornerò più tardi' era una promessa che non avrebbe mai potuto mantenere.
Con Cuffe lontano, si liberò in una risata tanto poco delicata da attirare perfino l'attenzione del Ministro.
La testa di Kingsley Shacklebolt fece capolino da dietro la porta del suo Ufficio, perplessa e vagamente preoccupata. - Cos'era quella risata malefica?
Candida si portò una mano di fronte alla bocca, tramutando quella manifestazione così aperta della sua contentezza in una sommessa risatina fine e quasi aggraziata.
- E soprattutto, dov'è Cuffe? - chiese di nuovo Shacklebolt, i cui dubbi avevano appena acquistato la consistenza di un troll di montagna di quattro o cinque metri.
- Impegni improrogabili. Tornerà più tardi - rispose con tutta la poca serietà che poteva permettersi in quell'istante.
- Allora venga lei nel mio Ufficio, Candida. Sono curioso di sapere perchè ieri sera il signor Harry Potter si è ritrovato un boa nel letto.
La risata di Candida si fece se possibile ancora più fragorosa di quella precedente. - Non sapevo che el niño avesse una passione nascosta per le sciarpe piumate e variopinte.
Il cipiglio di Shacklebolt si fece più severo. - Un boa constrictor, Candida.
La segretaria ridacchiò. - Il solito esagerato, sarà stata una biscia.
- C'era Weasley con lui, e lui non esagera.
Candida sbuffò. - Niños. E, se posso chiederlo, cos'è successo di così grave?
- Oh niente, se si esclude il quasi infarto che la biscia ha causato ad entrambi. A quanto mi hanno detto, era una bestiola veramente simpatica. Potter deve aver provato a dirgli qualcosa in Serpentese, ma ovviamente non c'è riuscito; pare che la biscia a quel punto si sia offesa, sentendosi rivolgere tutti quei suoni sconnessi e sibilanti.
- E...?
- E ha fatto finta di stritolarli, per poi rilasciarli e sparire nel nulla.
- Ma Cuffe mi ha detto anche che...
- ...Che si sono definitivamente convinti che il pericolo sia serio e connesso ai Mangiamorte - ammise il Primo Ministro.
Sul volto di Candida si dipinse un'espressione trionfante e sadica. - E quindi...?
Kingsley Shacklebolt sbuffò. - E quindi... bel lavoro, ma se lei continuerà a far di testa sua ci ritroveremo con un Auror morto di paura.
Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres pensò che dopotutto quell'eventualità non sarebbe stata affatto male.
- Mi assicurerò che Aléjandro non prenda più... iniziative.
Nello stesso istante in cui disse ciò, si ripromise di passare al Serraglio Stregato, prima di tornare a casa. Aveva qualche quintale di topi morti da acquistare, per il suo piccolo eroe.

***


Harry Potter e Percy Weasley non erano mai stati così vicini come in quella giornata.
Erano vicini psicologicamente, entrambi shockati dalle carezze di un serpente gigantesco e minaccioso, ed erano vicini anche fisicamente, dal momento che si spostavano schiena contro schiena, con due paia di orecchie sempre tese e pronte a cogliere ogni minimo sibilo misterioso. Entrambi scattavano quando un bizzarro soffio di vento sfiorava le foglie dei platani, entrambi si agitavano quando pile di fogli venivano fatte scorrere sulle scrivanie, ed entrambi si alzavano di scatto quando percepivano il rumore di oggetti spostati, per poi scoprire semplicemente che qualcuno si era dondolato sulla sedia.
In quel regime di coatta vicinanza, avevano anche spedito insieme decine e decine di Gufi a Barnabus Cuffe, che invece pareva svanito nel nulla. Avevano ipotizzato per lui le sorti più tremende, prima fra tutte la possibilità di essere stato stritolato dalle spire del boa che aveva consegnato la lettera anche a loro: partirono quindi alla volta della sede della Gazzetta del Profeta.
Si smaterializzarono con un crac ed un pop, per riapparire al cospetto di un imponente buttafuori, al momento impegnato ad allontanare una ragazza urlante.
- Ancora il posto non è stato assegnato, signorina. Se ne vada, la prego.
- Mais je... ma io bisogna quel lavoro! Mon Dieu, je dois voir Monsieur Cuffè!
Il buttafuori alzò sconsolato gli occhi al cielo. - Non la capisco, signorina. Le faranno sapere, se ne vada!
Percy si sentì improvvisamente ispirato da un moto incontenibile di cavalleria. - La prego, signore. Lasci che ci parli io.
Il buttafuori fece spallucce, voltandosi verso Harry Potter. - In cosa posso aiutarvi?
- Cercavamo Barnabus Cuffe. E' nell'edificio?
- Mi dispiace, signor Potter. Oggi pomeriggio il signor Cuffe non è venuto: a quanto pare, non è in buona salute.
Harry Potter lesse in queste parole tre evidentissimi indizi, tutti in rapida successione: primo, Barnabus Cuffe era stato rapito, secondo, molto probabilmente era già morto, terzo, qualunque cosa fosse capitata, lui doveva immediatamente andare a salvarlo.
Si avventò quindi su Percy strappandolo ai suoi francesismi, che almeno sembravano aver placato l'agitazione della ragazza.
- Muoviti! Cuffe è in pericolo!
Percy sbuffò: di sicuro Cuffe era in pericolo quanto poteva esserlo Ginny tra le braccia della signora Weasley; se il loro nuovo presunto 'nemico' fosse stato pericoloso anche la metà di Bellatrix Lestrange, l'affettuosa Molly l'avrebbe sistemato in poco meno di cinque minuti.
- Au revoir, Mademoiselle.
I lunghi capelli biondi della ragazza che aveva di fronte sussultarono, in un ultimo singhiozzo liberatorio. - Merci, Percy! - esclamò in un tripudio di accenti.
- Harry, se Barnabus non è in pericolo io ti...
Non disse mai cosa gli avrebbe fatto perchè Harry non gli dette neanche il tempo di Smaterializzarsi. Lo Smaterializzò lui, e si ritrovarono entrambi dall'altra parte di Londra.
- Corri! Forse siamo ancora in tempo! - esclamò l'Eroe, con il suo solito piglio melodrammatico.
Per tutta risposta, Percy continuò a camminare con tutta la calma del mondo, incurante delle urla sempre più insostenibili dell'altro. Arrivò di fronte alla porta dell'appartamento dell'Editore - situata al quinto piano, quindi dopo un centinaio di scalini - senza il fiatone che contraddistingueva Harry, che nel frattempo prendeva a pugni la porta.
- Cuffe! Tutto bene là dentro?
Nessun suono proveniva dall'interno.
- Forse si è preso un pomeriggio di ferie - azzardò Percy. - Starà facendo compere a Diagon Alley.
Harry lo fulminò e riprese a bussare. Stava per desistere, quando sentì un mugolio indistinto, un suono emesso a labbra chiuse che ricordava vagamente l'espressione di uno sforzo.
- Cuffe, stiamo arrivando! - Era talmente preso dall'azione che neanche si ricordò di rinfacciare a Percy il fatto di essersi sbagliato. - Alohomora!
La porta, evidentemente priva di incantesimi anti-effrazione, si spalancò di colpo.
Il primo senso ad essere risvegliato dopo la botta di adrenalina fu, per entrambi, l'olfatto.
Contemporaneamente, i due pensarono all'unica causa che avrebbe potuto provocare un tale fetore.
Improvvisamente, realizzarono insieme che forse c'era qualcosa di peggio di un boa constrictor di quattro metri beatamente avvinghiato intorno alle membra.
- Cuffe? - chiese timidamente Percy, tossendo e tappandosi il naso.
Dopo un'altra espressione di puro, tremendo, sforzo la voce tremante di Barnabus Cuffe arrivò a loro da un angolo remoto della casa.
- Sono qui.
- Tutto... ehm... bene?
- Più o... aaaaargh... meno...
- Aperio! - esclamò più volte Harry, puntando la bacchetta contro tutte le finestre che riuscì ad individuare. - Ci eravamo preoccupati per lei.
- Oh, non ce n'era bisogno... - replicò Barnabus con un filo di voce, e senza nemmeno arricchire la frase con qualche imprecazione più o meno colorita. - E' solo un disturbo...
- La portiamo al San Mungo, se vuole! - propose Percy, chiaramente inorridito alla sola idea.
- Non importa... poi non posso alzarmi... state di là, vi prego.
Harry e Percy si guardarono: non avevano pensato di raggiungere Cuffe nella sua sala del trono neanche per un istante.
- Ci chiedevamo se anche lei ha ricevuto l'ultima missiva per mezzo di un enorme serpente - sparò Percy, chiaramente intenzionato a ridurre al minimo i tempi di permanenza in quell'abitazione invivibile.
- No - rispose Barnabus dopo qualche secondo, rimuginando ed imprecando interiormente sulla mancata comunicazione del cambio di programma da parte di Shacklebolt. Sperò di aver dato la risposta giusta.
- Ma anche nella sua c'era scritto... - Harry estrasse una pergamena stropicciata dalla tasca - Ogni richiesta è un inganno...
- Signor Potter, se le dicessi che non è il momento...? - azzardò Cuffe, tra un mugolio e l'altro.
- Oh, Signor Cuffe, mi perdoni ma è una questione della massima importanza. Allora, ogni richiesta è un inganno, ogni aiuto uno sbaglio?
- Sì - sibilò Barnabus, sfinito, ma lievemente rinfrancato dall'effetto che quelle due righe avrebbero avuto sui suoi lettori. Chissà, magari avrebbe dovuto aumentare la tiratura di un altro migliaio di copie.
- Allora, ehm... stia bene, Signor Cuffe. Noi andiamo - esordì Harry, un po' titubante.
- Sì, noi togliamo il disturbo - concluse Percy, già corso verso la porta d'ingresso.
Un arrivederci stiracchiato riecheggiò nel lugubre silenzio della casa.
Non appena però i due se ne furono andati, per la casa riecheggiò un suono più stentoreo e sicuro, un suono con talmente tanti decibel incorporati da spaventare la vicina di casa, da attirare l'attenzione di un passante, da interferire nei collegamenti radio del Canale della Manica e da arrivare come un leggero brusio alle orecchie di qualche buttero dall'udito fine.
Il suo Maremma Maiala, però, era decisamente necessario: l'unica sua possibilità di avere la bacchetta e di mangiare qualcosa, per compensare anche in minima parte le dure perdite subite dal suo fisico, era svanita non appena le ombre dei suoi visitatori avevano sceso cinque rampe di scale, si erano richiuse il portone alle spalle e si erano Smaterializzate con un crac ed un pop, per finire chissà dove.

***


- Libera di crederci o no, Mezzosangue, ma io non c'entro niente.
Hermione aggrottò le sopracciglia: non poteva certo negare che Malfoy fosse un signor attore. Ad ogni modo, l'unico mezzo per ottenere la sua fiducia era offrirgli la propria, anche a costo di fare la figura dell'idiota.
Che c'era di strano, in effetti, era che Draco non aveva ricevuto l'ultima missiva. O meglio, molto probabilmente non l'aveva scritta. Ne doveva dedurre che non era lui solo ad agire, ma che aveva uno o più complici, e che tali complici non erano neppure troppo intelligenti, per dimenticarsi di informarlo riguardo ad una mossa così importante. A meno che... a meno che Draco Malfoy non stesse mentendo anche su quello.
- Non farmi ridere, Malfoy. Mi stai dicendo che tu non sai niente di questa storia, delle lettere e tutto il resto? Vieni a dirlo a me dopo esserti perfino vantato delle teste coperte che ti avrebbero portato alla vittoria?
Il ragazzo scrollò le spalle. - Non credevo che il gioco sarebbe durato così a lungo. Credevo che avrebbero smesso di inviarmi quelle lettere, ma continuo a riceverle. E se proprio vuoi saperlo, sono stufo di essere sempre il primo indiziato dello Sfregiato ed anche il tuo, a quanto pare.
Hermione si morse il labbro: in realtà aveva difeso i Malfoy, in quell'ultima occasione, e non credeva affatto che ci fosse in ballo qualcosa di pericoloso, ma il comportamento del Serpeverde non lasciava spazio ad alcun dubbio. Era quanto meno curioso che Draco Malfoy le chiedesse aiuto e comprensione proprio quel pomeriggio, dopo che la mattina Harry Potter l'aveva informata di aver ricevuto quella misteriosa missiva direttamente dalle spire di un enorme rettile. Proprio un serpente, poi.
- Ho bisogno che tu mi convinca, Malfoy.
Lo vide inalberarsi. - Sei proprio una sciocca, Mezzosangue. Pensi che verrei a parlarne con te, se fosse una vera trappola?
Sì, pensò. Proprio a me?, si chiese poi. - Proprio a me? - ripeté, questa volta a voce alta.
Malfoy si voltò verso il Lago, quasi a cercare ispirazione per ciò che stava per dire. - Mezzosangue, se avessi voluto fregare qualcuno, starei parlando con la Donnola, in questo momento - borbottò a denti stretti.
- Smettila di chiamare Ron...! - Si interruppe a metà frase, da sola. - Malfoy, mi hai appena detto che sono intelligente?
- Ho appena detto che hai un cervello e che talvolta lo usi, Granger - puntualizzò - al contrario dei tuoi compari, che ne hanno uno giusto per riempire il cranio. Anche se, effettivamente, credo che abbiano una scorta di culo anche lassù, nel caso che la Fortuna li abbandoni per cinque minuti, cosa che del resto alle persone normali succede.
- Sono coraggiosi, al contrario di qualcun altro - replicò stizzita.
- Talmente coraggiosi da aver paura dei ragni e di usare un Incantesimo lievemente più difficile dell'Expelliarmus.
- Da quel che ne so, al primo anno non è stato Harry ad urlare di paura nella Foresta Proibita, piccolo indifeso Dracuccio.
- E da quel che ne so io, io non ho paura di un Naso, Granger.
Dritto al punto, viscido come una serpe e perfido come un demonio. E più acuto di quanto pensasse.
Hermione si alzò di scatto, e non prestò attenzione neppure al fruscio proveniente dagli intricati arbusti alle sue spalle.
- Cos'era quel rumore, Granger?
Non rispose, intenta ad Appellare tutto il materiale scolastico che aveva sparpagliato intorno a sè, ore prima.
Nel frattempo, Draco recuperò la propria bacchetta, lasciata incustodita. - Granger, dovresti smetterla.
La ragazza lo guardò con un'espressione sconvolta. - Smetterla? Smetterla?! Malfoy, tu non hai idea...
- Incarceramus!
Questa volta, Hermione fu colta di sorpresa: si ritrovò avvinta da strette corde, impossibilitata a muoversi. - Malfoy, liberami subito!
- No - rispose semplicemente l'altro, e fu il suo turno di prenderle la bacchetta, ignorando le sue proteste ed i suoi occhi fuori dalle orbite. - Non puoi andare avanti così.
- Perchè ti interessa, Malfoy? Credi che sia divertente, farmi ricordare tutto questo?
- Credi di essere l'unica, ad essere stata Cruciata? - sputò rabbioso. - Credi che io lo trovi divertente?
Ed Hermione tacque. E capì, anche.
Malfoy sapeva. Lo sapeva fin troppo bene.
- Tua zia...
- Zia? - rise amaramente. - La sorella della tua sporca madre Babbana sarebbe in grado di infilzarti con decine di lame ardenti, per sentirti urlare, senza donarti neppure il beneficio della Morte? Dimmelo, Mezzosangue. Li hai sentiti anche tu gli spilli conficcati in testa, la pelle ustionata dalle fiamme...?
- Basta! - urlò, senza fiato. Aveva appena provato di nuovo tutte quelle sensazioni su di sè.
Il vuoto.
L'anima mutilata.
Il corpo perforato.
E quella risata...
Vile, inarrestabile, malvagia, tagliente.
Sua.
- Cosa c'è, Mezzosangue, fa male? Di' un po', credi ancora che io mi diverta?
Scosse la testa, svuotata.
- Non voglio la tua compassione, Granger. E tu non vuoi la mia. Diffindo.
Si sentì almeno liberata, mentre Malfoy si alzava, pronto ad andarsene. Balbettò per un istante, prima di trovare le parole. - Chi ti manda quelle lettere? - chiese infine.
Draco si voltò, stupito per quel repentino cambio d'argomento. - Non lo so - mentì. - Sono anonime - precisò, evitando il contatto visivo con la sua interlocutrice. Non voleva dirle, che ancora una volta c'entrava suo padre, che ancora una volta era solo una stupida marionetta in mano ad un artista più grande di lui. E per quanto non comprendesse ancora la situazione, non voleva che qualcuno minasse di nuovo la tranquillità della sua famiglia. La stabilità di sua madre.
- Ti credo - mentì anche Hermione. Ti credo perchè devo farlo, sarebbe stata la risposta più autentica. - Lavoreremo insieme - concluse, senza guardarlo.
- Non mi piace lavorare con chi non affronta i problemi, Granger.
- E a me non piace dare corda a chi si chiude nei bagni a piangere con Mirtilla Malcontenta, ma credo che non ci siano alternative.
Malfoy la fissò, a metà tra l'incredulo ed il divertito. - A questo punto... mi è arrivata anche questa.
Le lanciò una pergamena appallottolata, che Hermione aprì con mani tremanti.
Ogni richiesta è un inganno, ogni aiuto uno sbaglio.
- Vuoi ancora aiutarmi?
Era solo un maledetto manipolatore. Tutta la loro conversazione era dunque imperniata sul mettersi alla prova?
- A che gioco stai giocando, Malfoy?
- Pensavo fosse chiaro. Ti sto chiedendo fiducia, cosa che a quanto pare accordi solo a chi ha cicatrici in mezzo alla fronte o capelli rosso pomodoro. Io sto giocando a carte scoperte.
Lei doveva giocare come le era stato detto di fare: fingere di fidarsi, stare addosso a Malfoy ed indagare il più possibile su di lui.
- Mi fido - mentì di nuovo.
- Guardami negli occhi, Mezzosangue.
Provò a svuotare la mente da ogni pensiero, rilassandosi, e lo fissò. - Mi fido - ripeté, col cuore in gola.

Quando Malfoy si allontanò, Hermione si chiese quanto fosse bravo in Occlumanzia.
E quando sparì dalla sua vista, si chiese se non avesse trascurato qualche aspetto dello sbarrare bene la mente durante il contatto visivo, incatenata dallo sguardo penetrante che lui le aveva rivolto.
Si chiese se, per caso, non avesse avuto alcun motivo per liberare la testa dalle proprie riflessioni.
E si chiese persino se, per qualche strana ragione, lei non si fidasse davvero di lui.

***


- El niño
ha riferito ciò che ha visto.
- Ed ha visto ciò che ci aspettavamo?
- Sì. Ha avuto una splendida idea, señor.
- Lo conosco troppo bene, per avere dei dubbi sui suoi comportamenti: non sopporta di essere usato e gli eventi gli hanno insegnato quanto non sia prudente fare tutto da sè.
Si intromise una terza voce. - Dunque, anche la signorina Granger è sistemata.
- Immagino di sì.
- Lo mejor està por venir.
Candida fu oggetto di due sguardi perplessi. - Il bello deve ancora venire - tradusse, e gli altri annuirono.
- Quindi...?
- Quindi è il momento di spedire la prossima lettera.
Candida annuì. - Aléjandro ne sarà immensamente felice.

***






E' stato un parto.
E' stato un parto l'orale di Fisica Generale, incubo di un anno intero finalmente conclusosi a lieto fine, ed è stato un parto questo capitolo, perchè finchè c'è da scherzare e scrivere boiate mi riesce bene, quando poi c'è da entrare nei momenti Dramioneschi, beh... mani nei capelli. Scrivo col terrore di essere scontata, di andare OOC e di deludere le vostre aspettative, quindi, se l'ho fatto, ditemelo immediatamente, così corro ai ripari.
Vorrei gongolare un altro po', prima di passare alle Note.
Questa storia ha vinto i premi Best WIP, Best Comedy e Readers' Choice ai Neverending Story Awards. Partecipavano un sacco di fanfictions, e trionfare in tre categorie è stato a dir poco... elettrizzante. A quanto ne so, Candida ha minacciato di sguinzagliare Aléjandro contro PrincesMonica, la Giudicia, per non averla proclamata vincitrice nella categoria Best Original Character, ma ha chinato la testa di fronte a Ioan Varga, protagonista di Draconarius, e, per ora, ha deciso di starsene buona buona, dove per buona buona intende buona buona a causare epiche diarree a quella piaga di Barnabus.

Volevo anche ringraziare di nuovo Valaus, Vogue, Lilyblack e Rem semplicemente perchè esistono.  
E Milord, per la rosa.
E Conad il Barbaro, perchè è un idolo.
E chi ha insistito perchè aggiornassi, anche minacciandomi di morte.
Quanto vi amo.



Passiamo alle NOTE:

- il sugo di tutta la storia:
citazione Manzoniana, dritta dritta dai Promessi Sposi.
- la ripetizione di "
Dritto al punto, viscido come una serpe e perfido come un demonio. E più acuto di quanto pensasse." è un omaggio a Mirya. Direte voi, che c'entra? C'entra, perchè Francesca è solita ripetere più volte una certa frase nei suoi capitoli, dandole ogni volta sfumature diverse, od usandola per rimarcare un concetto. Io l'ho ripetuta solo tre volte, perchè andare oltre mi sembrava praticamente offensivo nei suoi riguardi (e soprattutto perchè non sarei stata in grado di riproporla una quarta xD), ma ho voluto citarla in qualche modo, perchè giusto questa settimana riflettevo con lei che i miei Barnabus e Candida sono stati ispirati dalla sua Linee, ed in particolar modo da Mab e dalla mia recensione al suo ultimo capitolo. E' un discorso contorto, degna espressione di una riflessione contorta. Credo che lei abbia capito, però. :)
- il verbo sdetorresizzarsi riprende lo spiemontesizzarsi dell'Alfieri, quando abbandonò baracca e burattini e si tolse dalle scatole. Si dimenticò di abbandonare un sacco di soldini: a quanto pare la sua visione dell'andarsene di casa non comprendeva il considerare indegna la sua cospicua eredità. Era molto Slytherin, Vittorio.
- chi ha letto una certa altra mia storia, saprà chi è l'autrice del settimo provino esaminato da Barnabus, e chi è la ragazza in lacrime di fronte alla sede della Gazzetta del Profeta. Volevo farle fare un piccolo cameo in questa storia, vedrò più avanti se farla ricomparire o meno.
- l'Essenza di Prugnola Costringente è una mia invenzione. Dubito che i Maghi conoscano l'Activia o le pasticche antistitichezza. :D
- Puntualizzo una cosa. Harry non parla più il Serpentese, dopo la sconfitta di Voldemort. E' per questo che ha dei problemi di comunicazione con Aléjandro.
- Aperio! è un incantesimo inventato da me. Ho immaginato che l'Alohomora servisse solamente ad aprire le porte, per le finestre ho scelto dunque un altro latineggiamento.
-
I butteri sono i pastori a cavallo della Maremma Toscana... e chissà, magari il Maremma Maiala l'hanno inventato loro.
- I continui riferimenti all'Expelliarmus servono prima di tutto a sfottere Potter, e poi ad omaggiare anche la mia Rea, che ha parlato della 'questione culo' nell'ultimo capitolo del suo capolavoro.



Imploro perdono, ma se mi metto a rispondere anche alle recensioni, non posto più.
Vi dico solo un grazie collettivo, immenso e totalizzante.







Effebì
Mi trovate... qui .





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Capitolo 10
*** Mai Opporsi ad un Cercatore ***


9.


Mai Opporsi ad un Cercatore



A Rea, che con i suoi regali mi lascia balbettante.










Quel sabato mattina, in molti si alzarono col cuore in gola.
Il primo fu Harry James Potter, che però col cuore in gola ci viveva.
Il secondo fu Percy Ignatius Weasley, che a forza di andare con l'angosciato, aveva imparato ad angosciarsi.
Il terzo fu il penultimo Weasley, Ronald Bilius, svegliato malamente da Godric Salazar con una beccata sul naso ed una busta nell'occhio.
La quarta fu Hermione Jean Granger, che quando spalancò le palpebre, lesse la lettera e cercò Ginevra, senza trovarla nel suo letto.
Il quinto fu Draco Lucius Malfoy, lungi dall'esser senza macchia e senza paura.
Dopo un'attenta analisi delle missive ricevute, però, qualcuno decise di riportare il cuore al suo posto, tra le costole, poco spostato verso sinistra.
Non Harry Potter, che continuò a tenere il miocardio nel suo luogo abituale.
Non Percy, che cominciò a temere non tanto per il mittente della lettera e per le sue intenzioni, quanto per ciò che il Bambino Sopravvissuto aveva in mente di far fare ad un povero impiegato del Ministero proprio nel suo giorno libero.
Non Ron, perchè Harry aveva quasi sempre ragione, soprattutto quando aveva torto.
Non Hermione, che si alzò di scatto e corse in Sala Comune, con la mente rivolta a Ginny ed a ciò che poteva esserle capitato.
Draco Malfoy, invece, appallottolò la pergamena e la gettò sotto il letto, rigirandosi sull'altro lato.
Il suo cuore, seraficamente tranquillo, batteva all'altezza dei polmoni, perfettamente incastonato tra le costole, un po' spostato verso sinistra.
Si rese presto conto di non poter dormire, ma il suo stato d'ansia poco c'entrava con il foglio che un diligente Elfo Domestico avrebbe gettato via di lì a poche ore, non appena il Dormitorio fosse stato vuoto e pronto ad essere lustrato da cima a fondo.
Conosceva benissimo l'emozione che gli attanagliava il petto: era una sensazione che aveva provato molte altre volte, in occasioni che erano state ormai offuscate dal tempo e dagli eventi, soffocate nei più reconditi angoli dell'animo ed archiviate come 'frivolezze'. In quegli ultimi due anni, aveva avuto responsabilità ben più grandi dell'acchiappare un Boccino, ed ora che il Quidditch era tornato a pieno titolo nella sua vita non poteva non apprezzare l'ansia, la tensione ed il respiro accelerato che lo aggredivano ogni volta che pensava a come sarebbe stato stringere le dita intorno alla sferetta dorata. Si sentiva quasi un bambino, emozionato ed intraprendente, e nella cassa toracica non c'era nessun peso ad opprimerlo: c'era un cuore spensierato, un cuore leggero, un cuore puro, come se non fosse mai stato sporcato dall'inchiostro nero che drappeggiava uno scarno teschio sul suo avambraccio.
Si ritrovò ad allungare l'indice verso quell'angosciante figura. Ne disegnò i bordi, indugiò nelle cavità delle orbite, seguì sinuoso la serpe che si snodava fluida, ebbe paura anche quella volta: paura che la Guerra non fosse finita, che lo Sfregiato non avesse mai sconfitto Voldemort, che da un momento all'altro il Marchio potesse bruciare, evocando colui che l'aveva impresso sulle braccia di ogni adepto.
Anche quella volta non successe niente, e la felicità gli invase il petto, riscaldandolo.
Si ritrovò a sorridere, stropicciandosi gli occhi e voltandosi verso il proprio baule.
Era chiuso ermeticamente, sigillato con Incantesimi a prova di Potter: non che la cultura magica del Bambino Sopravvissuto fosse un granchè, in effetti, dato che si era salvato il culo in più occasioni con una stoccatina da principiante, ma era comunque qualcosa, dal momento che Draco era diventato irrimediabilmente il suo nuovo Indiziato Numero Uno. Nuovo, ridacchiò, ripensandoci. Forse solo Piton era stato più indiziato di lui, in tutti quegli anni a Hogwarts, e se sul professore Potter aveva avuto torto su tutti i fronti, lo stesso non si poteva dire di ciò che aveva ipotizzato su di lui. Il non aver ucciso quel rimbambito di Silente, dopotutto, non poteva cancellare l'Armadio Svanitore, la Collana di Opali ed il Whisky Incendiario avvelenato. Dettagli.
Scacciò il passato dalla sua mente nello stesso momento in cui puntò la bacchetta contro il baule: mormorò qualcosa di incomprensibile e, quando la serratura scattò, la saliva cessò improvvisamente di umettargli la lingua e le labbra.
Tutta quell'emozione per un contenitore aperto, e non era nemmeno il suo compleanno, pensò, figurandosi nella mente tutti i pacchi colorati che gli venivano recapitati ogni cinque giugno.
Di fronte a lui c'era il dono più grande che avesse mai ricevuto, il dono della nuova vita che qualcuno aveva intagliato nel legno, l'unico dono capace di entusiasmarlo tanto da sollevarlo da terra, da librarlo nell'aria e da farlo sfrecciare più veloce dei suoi stessi pensieri.
Fissò la sua Firebolt e la amò di nuovo, perchè significava libertà.
Mentre Gregory grugniva nel sonno, si alzò furtivamente, Appellando un comodo abbigliamento sportivo ed indossandolo in fretta.
Theodore respirava pesantemente, quando Draco imboccò il breve corridoio che l'avrebbe condotto in Sala Comune.
Blaise, invece, lo fissava con occhi sbarrati. - Dove vai?
- Non sono affari tuoi, Zabini - replicò divertito, soffermandosi sulla porta.
- Nevica, prendi gli occhiali.
Si trattenne dallo scoppiare a ridere. Lui e quel figlio di puttana - e con questo appellativo intendeva essere realista, non offensivo - non si erano mai sopportati reciprocamente, ma Zabini gli regalava incomparabili momenti di follia notturna ed anche una buona dose di ilarità, almeno per qualche ora. - Lo farò.
- Ti cercava un Troll, aveva un vestito a fiori.
Dopo quell'uscita, Draco seppe di non poter più resistere nella stessa stanza del Mezzoitaliano: alle cinque di mattina i suoi addominali non erano abbastanza pronti ad affrontare una sessione interminabile di risate.
E c'era un'altra cosa da non sottovalutare: Zabini, da sonnambulo, era maledettamente permaloso.
Si eclissò in Sala Comune con il suo Manico di Scopa e cominciò a sfrondarlo delicatamente, seduto sul divano.
Almeno fino a quando non sentì bussare.
Si rifiutò all'istante di credere che fosse un Serpeverde, colui che batteva imperterrito le nocche contro la parete di pietra: non c'erano certo stupidi Paciock nella loro Casa e nessuno a memoria d'uomo aveva mai smarrito o dimenticato le Parole d'Ordine. Era dunque un intruso, un curioso, qualcuno con un certo disprezzo per le regole, se vagava per il Castello quando ancora l'alba non era sopraggiunta. Incuriosito, fu lui ad aprire la porta per accogliere l'intruso in Sala Comune.
Si trovò di fronte un'intrusa.
Una persona curiosa, certo.
Ma di certo non l'emblema del disprezzo per le regole.
- L'hai presa tu, lo so.
Fissò la Granger allibito. - Cosa ci fai qui?
Lei rispose alla domanda con un'altra domanda. - Dov'è Ginny?
- Stai infrangendo le regole per lei?
- Dimmi dov'è - insistè, ferma sulla porta.
- Di sicuro non qui. Come hai fatto a non... Potter - concluse da sè.
Hermione annuì. - Aiutami a trovarla.
- Non ci penso nemmeno.
- Vuoi che mi fidi di te?
- Voglio dormire, prima di tutto.
- Vuoi che mi fidi di te?
- E' evidente che non lo fai, non vedo perchè sprecarmi per convincerti.
- Vuoi che mi fidi di te?
- Vuoi che spifferi a Gazza che sei qui? E' la Piattola, Mezzosangue, non mi scomoderò per lei.
Hermione non ripetè la litania che mandava avanti imperterrita da qualche minuto.
Vide la parete di pietra sigillarsi di fronte ai suoi occhi, ed in quello stesso istante sentì un'imprecazione giungere forte e chiara dall'altra parte della barricata.
In quell'istante seppe che Draco Malfoy era appena diventato anche il suo Indiziato Numero Uno.
Stava per andarsene a setacciare il Castello, quando la parete si riaprì.
- Che bella giornata, uh, signorina? Credo che darò una falciatina in giardino.
La parete si richiuse inghiottendo di nuovo gli occhi di Blaise Zabini, che spiccavano come lampioni nell'incarnato scuro.
Sentì un'altra voce sghignazzare, prima che la barriera acustica si interponesse di nuovo tra lei ed il Dormitorio Serpeverde.
Poi, il suono degli incastri e dei movimenti dei blocchi di granito che si scambiavano di posto attirò di nuovo la sua attenzione.
- Come sapevi che ero sveglio? - chiese Malfoy, sovrapponendo la propria voce al chiasso delle pietre.
- Quidditch - grugnì in risposta. - ...Quidditch!
Draco Lucius Malfoy si grattò la testa, quando la vide sparire nel buio dei corridoi.
Tornò sul divano, a cullare la sua Firebolt.
E si ritrovò a pensare che, di sicuro, colei che era stata sua zia aveva fatto un buon lavoro: la Mezzosangue era ufficialmente, incontrovertibilmente ed irrimediabilmente impazzita.

***


A miglia e miglia di distanza, Harry Potter non sapeva ancora che Ginny si era volatilizzata nel nulla, il che era una cosa buffa, dato che negli anni precedenti era sempre stato il primo a sapere tutto ed a comportarsi di conseguenza: tuttavia, questa mancanza poteva addirittura essere un bene per la giovane Weasley, visto che l'Auror si dilettava spesso nella nobile arte dell'interpretare male le proprie visioni e sensazioni.
Era sempre stato così: incapace di controllarsi. Aveva causato la morte di Sirius, era quasi morto nell'imboscata di Godric's Hollow, aveva condannato lui, Hermione e Ron alla deportazione a Malfoy Manor. Come poi il suo sublime sfruttamento delle rotonde mele avesse tratto utili conseguenze da fatti così disastrosi era ancora un mistero per tutti, una benedizione per pochi, una catastrofe per molti.
Di certo, quel giorno il Culo gli stava suggerendo di correre ad Hogwarts, dove sarebbe sicuramente successo qualcosa di terribile. Nemmeno per un istante lo sfiorò il pensiero che potesse essere una trappola - non doveva aver capito bene la morale insita nella favola dell'Ufficio Misteri - e soprattutto, non pensò minimamente alla contraddizione stessa racchiusa nella sua decisione. Se i mittenti di quelle lettere volevano lui, a che pro consegnarsi a loro in un luogo gremito come Hogwarts?
Bazzecole
, per chi vantava la fortuna di sedersi ogni giorno sul cuscino della Dea Bendata - Dea che più bendata, doveva essere strabica, dato che i suoi occhi si incrociavano su un solo obiettivo.
Comunque, niente e nessuno avrebbero potuto impedirgli di tornare a Hogwarts.
Primo, perchè aveva rotto talmente tanto le scatole a Shacklebolt con tutte quelle chiacchiere sulla sicurezza e sull'importanza di dare un'immagine forte del Ministero - quando fosse nato tutto il suo interesse per il buon nome delle Autorità era un'altra questione da appurare - che adesso si ritrovava con un posto garantito in Tribuna d'Onore e sarebbe stato brutto lasciare un posto vuoto in un settore così in vista.
Secondo, perchè lui doveva esserci, quando la minaccia vergata sull'ultima missiva sarebbe diventata realtà: era fondamentale che fosse presente un Disarmatore di professione, quando i cattivi avrebbero preso il sopravvento.
Fu con quel proposito che alle cinque di mattina si vestì in fretta e furia e si Materializzò nel piccolo appartamento di Percy Weasley, che nel frattempo aveva assunto un colorito verdognolo, aveva seppellito la testa sotto le coperte, aveva mormorato qualche sillaba impugnando la bacchetta ed era riemerso dal suo nascondiglio con il volto gonfio ed i lineamenti sformati.
Harry lo fissò con disgusto. - Hermione mi ha ridotto in quel modo l'anno scorso. Vuoi che alla controfattura ci pensi io, o la annulli da solo quella Pungente?
Percy si maledì, senza nemmeno premurarsi di farlo a bassa voce, e maledì anche il momento in cui aveva concesso a Potter l'autorizzazione a Materializzarsi entro i confini di casa sua, in qualunque momento avesse voluto farlo. Del resto, come poteva negare al settimo Weasley maschio il permesso di trattarlo da ennesimo fratello?
- Vestiti, dobbiamo partire.
Percy guardò l'orologio a cucù appeso alla parete. - Adesso?
Se non fosse stato sicuro di aver visto la mano dell'Auror ben lontana dalla sua bacchetta, avrebbe potuto giurare che si fosse appena Trasfigurato in una teiera fumante. Capì che quello era un sì.
Si alzò senza troppo entusiasmo, inforcando i suoi immancabili occhiali cerchiati di corno. - Sei preoccupato? - chiese alla fine, con quello che parve un immenso sforzo.
- Certo! Non oso pensare a cosa avrà in mente Malfoy... Oggi c'è anche la partita!
Percy decise di fissare il soffitto, che di certo reputava più interessante di una discussione con Harry. - Ancora Malfoy?
- Non da solo, certamente. Tu non hai visto che sguardo aveva Lucius Malfoy, dal Ministro...
Percy sospirò: era chiaro che non poteva niente contro i superpoteri di Potter, così come era chiaro a tutti che non si poteva niente contro il suo radar per la sfiga.
Si eclissò in bagno, preparandosi a tempo di record ed eliminando dal volto la Fattura con cui l'aveva stregato; neanche in piedi di fronte alla tavoletta del water riuscì però a vivere in pace.
- Sai chi mi ha consegnato la lettera, Percy?
Nessuna voce rispose all'Auror: Percy lasciò l'oneroso compito del discutere con Potter allo scroscio della pipì che si infrangeva contro la superficie dell'acqua.
- Il boa dell'altro giorno.
Le ultime gocce di liquido risposero timide ed impaurite alla rivelazione: solo il pensiero di quel rettile aveva congelato all'istante ogni singolo nervo di Percy.
- Però non mi ha attaccato. E' sparito così com'era arrivato ed io non ho fatto in tempo a fermarlo.
Sempre nella solita posizione, rilassò di nuovo i muscoli. - Ah - replicò, dato che non sapeva più cosa emettere in sostituzione della voce.
- Muoviti! - sentì urlare poco dopo.
Sputacchiò l'acqua e la schiuma che gli invadevano la bocca, sempre più di malumore. - Arrivo.
Lanciò lo spazzolino nel bicchiere, prima di spalancare la porta del bagno. Harry Potter era già lì davanti, con in mano la saccoccia che aveva già preparato per la partenza, ovviamente frugando tra le sue cose: lo squadrò con odio, prima di prenderlo a braccetto.
In un secondo, si ritrovarono ad Hogsmeade, con gli stomaci in subbuglio e le menti confuse: Materializzarsi di prima mattina non era esattamente l'ideale.
- Andiamo! - esordì Harry, incamminandosi verso Hogwarts.
Percy non si mosse di un millimetro, poi, inforcò la direzione opposta.
- Percy, ma che diavolo fai? - sbraitò l'Auror.
- Colazione - grugnì in risposta, continuando a dirigersi verso i Tre Manici di Scopa.
- La possiamo fare a Hogw...
- Io la voglio fare ora.
Non si voltò.
E per una volta, Harry Potter lo seguì, in silenzio.
Percy sapeva che quella era solamente la Quiete prima della Tempesta, ma decise di farsela bastare.
Fu con immensa soddisfazione che divorò pancakes ricoperti di sciroppo, sotto lo sguardo soddisfatto di Madama Rosmerta.
Ma fu con immensa rassegnazione che inzuppò l'ultima briciola nel suo latte caldo.
Dieci minuti dopo l'ingresso trionfale nel locale, Harry Potter assunse il cipiglio severo che le donne di casa Prewett-Weasley si trasmettevano di generazione in generazione: come quel pezzetto di DNA si fosse trasmesso anche a Potter era sempre rimasto un mistero inconfessabile.
Percy risolse l'enigma quando non erano ancora arrivati ai cancelli di Hogwarts.
Harry non era il settimo Weasley.
Era la seconda Weasley.

***


Quel giorno, Ron Weasley non poteva assolutamente evitare di recarsi al lavoro.
Era sabato, Verity era ancora in maternità e George non poteva affrontare l'invasione dei clienti da solo, soprattutto adesso che stavano aprendo una filiale dell'attività anche a Hogsmeade, nel locale che una volta aveva ospitato l'Emporio degli Scherzi di Zonko.
Per quanto Harry fosse sempre venuto prima di ogni altra cosa, nella sua scala di valori, Ron non era comunque certo che accadesse qualcosa di male proprio quel giorno, e George l'avrebbe scuoiato vivo se solo non si fosse presentato in Diagon Alley per correre dietro ad uno dei soliti spettri potteriani.
Quando si Materializzò ai Tiri Vispi, Diagon Alley era appena rischiarata dalle prime luci del giorno: vi regnava un silenzio quasi assoluto, disturbato unicamente dai crac di qualche passante appena arrivato, o dal battito d'ali di qualche Gufo addetto alle consegne, o dalle voci di edicolanti e baristi, che come al solito erano i primi ad aprire le proprie attività. Si affacciò alla vetrina, in mancanza d'altro da fare: George non era ancora arrivato, e per il momento non si vedevano neppure i fornitori di Polvere Buiopesto all'orizzonte.
La civetta dell'edicola più vicina sbandierava ai quattro venti l'evento del giorno: la prima sfida del Torneo Trescope. Tutta la locandina era incentrata su di essa: Grifondoro contro Beauxbatons era l'interesse principale di tutti, quel giorno, tanto che oscurava qualsiasi altra notizia - o forse era semplicemente l'unica notizia.
Curioso, Ron decise di acquistare la Gazzetta del Profeta, nell'attesa.
L'edicolante lo guardò di traverso, dato che era ancora occupato a disporre in pile ordinate tutti i nuovi arrivi di quel giorno, e fu con un colpo di bacchetta un po' irruento che gli spiaccicò il giornale in faccia. Ron si appuntò mentalmente di fargli avere qualche caramellina colorata, la mattina successiva - e si rese anche conto di essere diventato il terzo gemello Weasley, con quell'unico pensiero. Non vi trovò niente di cui stupirsi, in quel lato scherzoso del suo carattere: in qualcuno doveva pur reincarnarsi lo spirito di Fred, e si complimentò mentalmente col fratello per l'ottima scelta.
Sfogliò la Gazzetta comodamente seduto di fronte ad una caraffa di Succo di Zucca, quella che lui e George tenevano nella dispensa dei Tiri Vispi, tra la Burrobirra e l'Idromele - Ron sapeva per certo dell'esistenza di un mobiletto stracolmo di Whisky Incendiario, ma non era mai riuscito a trovarlo. Lesse la prima pagina, poi la seconda, ammirando gli scatti degli allenamenti che un abile fotografo doveva aver immortalato in quell'ultima settimana, e non potè non provare una punta d'invidia per l'armadio che si notava in lontananza, posto a guardia dei tre anelli. Rimase incantato a lungo su quelle immagini in movimento, poi fu qualcos'altro ad attirare la sua attenzione.
Metà della quarta pagina era occupata da un articolo di Barnabus Cuffe: non che fosse un grande esperto in giornalismo, ma Ron era quasi sicuro che un Direttore non si prendesse la briga di scrivere articoli 'insignificanti' come quello.
L'immagine di un'alterata Madama Chips troneggiava sulla carta ingiallita, mentre sullo sfondo si intravedeva un lettino dell'Infermeria.
Brutto incidente per il Cercatore di Beauxbatons.
Scorse l'articolo velocemente, soffermandosi solamente sulle ultime frasi.
Che la maledizione dei Tornei scolastici sia tornata ad infestare anche il Trescope?
Forse le misteriose lettere cui abbiamo accennato fin da settembre c'entrano qualcosa con questa storia?
Non vi resta che seguirci, Vi terremo informati.
Per la prima volta da quando quella faccenda era iniziata, Ron si trovò ad appoggiare Harry Potter in tutto e per tutto.
Recuperò da una tasca la lettera che gli aveva spedito quella mattina, contenente il messaggio minatorio.
Non vi lesse niente di ciò che effettivamente vi era impresso sopra.
Vi lesse solo tre parole, enormi, lampanti, impossibili da ignorare.
Malfoy.
E'.
Colpevole.
Ripose la lettera in tasca, preparandosi ad inviarne un'altra al suo migliore amico.
Mentre la compilava, non riuscì però a non sentirsi più sereno.
Se la vittima designata era quel francese sconosciuto, perlomeno poteva tirare un sospiro di sollievo per quanto riguardava i suoi amici più cari.
Hermione era salva.
Almeno per ora.
- Ronnieeeeee! - esclamò la voce della signora Weasley, facendolo sobbalzare sulla sedia.
Nascose in fretta e furia la lettera in tasca, preparandosi ad affrontare la madre, capitata lì per chissà quale motivo.
Ed invece, si trovò davanti George.
- Dov'è la mamma?
Il fratello sghignazzò, e gli uscì una risata leggiadra. - Bisogna festeggiare! Oggi si mette in commercio la CambiaVoce! - urlò con una voce non sua.
Ron, ancora incredulo, lo vide impugnare la bacchetta e puntarla nell'angolo del magazzino dove inciampava sempre, senza sapere il perchè. Quell'angolo accolse presto un cubo di legno, dai contorni sempre più definiti. Un mobiletto.
I suoi occhi furono attraversati da un lampo di comprensione, mentre George rimuoveva completamente l'Incantesimo di Disillusione ed apriva l'anta con un colpo di bacchetta.
Eccolo, il tesoro di Fred e George, che aveva sempre avuto sotto il naso senza mai trovarlo.
- Ma non sono nemmeno le sei! - titubò, mentre un tintinnio gli annunciava che George aveva appena evocato due bicchierini.
George fece spallucce, senza smettere di sorridere. - Non è mai troppo presto per un po' di Whisky Incendiario, fratellino!
Era paradossale che fosse la voce di Molly Prewett in Weasley a pronunciare quelle precise parole.
- Come hai fatto ad inventare quella cosa?
George lo guardò con disgusto, poi rivolse lo sguardo verso l'alto. - Oh Fred, perdonalo, perchè non sa quello che dice... Idiota di un fratello! - urlò, questa volta in direzione di Ron. - Come posso spiegartelo... quanto avevi a Pozioni, Accettabile? - Ron annuì lentamente. - Avevi più di me, e non capisci da cosa viene questa?
Il minore dei due fratelli rimase in silenzio. - Meno male che almeno in famiglia è nato un genio. Cioè, due, ma anche il secondo si è reincarnato in me. Polisucco, Ronnie, Polisucco!
Ron annuì, chiedendosi come George fosse riuscito ad adeguare una Pozione complicata come quella ai suoi scopi.
Arrivò alla conclusione che davvero Fred si era reincarnato nel gemello, e che in lui non c'era neanche un briciolo della sua anima: di conseguenza, nessuna caramellina colorata sarebbe finita nelle mani dell'edicolante che gli aveva tirato la Gazzetta in faccia.
Fece spallucce, mentre buttava giù una sorsata di Whisky, rischiando di strozzarsi.
Dopotutto, lui era sempre il miglior amico di Potter.
Dunque, era figo quanto i due gemelli fusi insieme.

***


Quando Barnabus Cuffe si impomatò i baffi alle sei e mezzo, convenne, di comune accordo con lo Specchio, che non era mai stato così bello.
Si era agghindato alla perfezione non solo perchè sarebbe apparso nelle foto del suo stesso quotidiano, che come al solito aveva l'esclusiva degli eventi sportivi e non più importanti del mondo magico, ma perchè sarebbe apparso in quelle foto con la compagnia più lieta che avesse mai potuto auspicare.
Manolete si sarebbe seduta alla sua destra, in Tribuna d'Onore: ufficialmente perchè Kingsley Shacklebolt gli aveva procurato due biglietti e, guarda caso, lei era l'unica persona a cui aveva pensato di chiedere di accompagnarlo, ufficiosamente perchè l'Editore aveva supplicato talmente tanto e talmente a lungo il Primo Ministro da non poter accettare un no in risposta al suo invito. Del resto, Candida aveva abbandonato ogni speranza riguardo ad un invito formale di Lucius Malfoy: se sedersi vicino a Cuffe e sopportarlo per tutto il giorno era il prezzo da pagare per vedere da lontano una chioma di lunghi capelli biondi, era disposta a sborsare tutti i suoi risparmi in termine di pazienza e sopportazione.
Anche lei, nella propria abitazione, si stava vestendo e truccando con una cura insolita.
Aléjandro, in un angolo, la osservava ammirato, sibilando di tanto in tanto qualche apprezzamento: non poteva che sentirsi lusingato per avere una padrona così affascinante, degna discendente della nobile stirpe dei Serpeverde.
Un pop ed un debole toc toc annunciarono l'arrivo discreto di Cuffe, intorno alle sette.
Candida ignorò volutamente quel suo modo di annunciarsi: primo, perchè le vere donne dovevano farsi attendere, secondo, perchè anche due minuti sottratti alla compagnia dell'Editore potevano rendere una giornata immensamente più soddisfacente.
Al terzo toc toc, seguito da un colpetto di tosse, decise che era giunto il momento del sacrificio.
Sospirò, ed Aléjandro le cinse la vita, avvolgendosi intorno al suo corpo e poggiandole la testa su una spalla.
Quando aprì la porta, i baffi impomatati di Barnabus Cuffe si afflosciarono, intimiditi dai penetranti occhi gialli del boa. L'Editore deglutì lentamente, nascondendosi dietro al mazzo di gigli che aveva intenzione di donare a Candida, bianchi e puri come il suo nome. Di certo, quello sfoggio di codardia non fu esattamente la via più breve ed efficace per accattivarsi la sua simpatia.
- Es inofensivo, conejo.
Di certo Barnabus Cuffe non poteva capire il Serpentese, ma dagli sguardi di fiele che quella biscia gli stava lanciando, poteva dedurre solo una cosa: forse non l'avrebbe ucciso, ma non l'avrebbe neanche mai sopportato. - I-innocuo, dice?
Candida sbuffò, Appellando i gigli ed infilandoli in un vaso con un unico, fluido movimento della bacchetta. - Andiamo?
Barnabus, privato anche dell'ultimo scudo che poteva salvarlo dallo sguardo di Aléjandro, fu più che felice di annuire. Assistè in religioso silenzio al commiato tra Candida ed il suo amico, ovviamente senza capire neppure una parola.
Quando però la segretaria tornò per un attimo in camera, per prendere il soprabito, Aléjandro decise di dimostrare quanto fosse innocuo.
Non appena lo vide avvicinarsi, l'Editore sbiancò completamente, e si dovette appoggiare allo stipite dell'ingresso per non cadere a terra.
Il boa gli si avvinghiò alle membra, fino a portare la testa a contatto con la sua guancia smunta.
- Ehm, signor Aléjandro, così non respiro bene... - azzardò, mentre il boa lo stringeva ancora di più. - Aléjandrino... la prego... per favore... ti supplico, fai la brava lucertolina...
Non seppe mai se avesse sbagliato a dargli della lucertola, o a dargli della femmina: lo vide scendere sempre più in basso, e si ritrovò con un unico taglio sul polso, mentre il serpente strisciava placidamente verso il punto dove l'aveva lasciato Candida.
- Innocuo?! - sbraitò, non appena la vide uscire dalla camera. Le mostrò il polso insanguinato. - Innocuo?!
Candida lo esaminò, scettica. - E' un taglio, se lo sarà fatto appoggiandosi al mobiletto, è un po' scheggiato.
Barnabus, che nel frattempo era tornato ad essere lievemente più rosa, la guardò di traverso. - E' stato lui!
La donna rise. - I serpenti mordono, non tagliano, Cuffe.
L'Editore allungò il collo in direzione della belva. La scoprì a ridere, se quella smorfia equivaleva ad un ghigno, nella mimica facciale di un rettile. Sempre ridacchiando, Aléjandro spalancò la bocca, per mostrargli l'unica zanna insanguinata.
- Guardi! Candida, guardi!
Quando la segretaria si voltò, Alèjandro si era già avvolto in spire, con il capo appoggiato sull'ultimo strato, gli occhi chiusi ed il respiro regolare. - Sta dormendo, Cuffe! Shhhht! - bisbigliò, con lo sguardo più dolce che le avesse mai visto dipinto sul volto.
Barnabus era sgomento.
Si allontanò dalla porta, porgendo il braccio alla signorina de Torres.
Prima che l'uscio venisse sigillato dalla proprietaria, si voltò un'ultima volta verso la biscia.
Gli parve addirittura che lo stesse salutando beffardamente, agitando la punta della coda come fosse un fazzolettino.
In quello stesso istante, gli dichiarò guerra.
E l'avrebbe anche vinta quella guerra, Maremma Maiala.

***


Hermione Granger aveva girato in lungo ed in largo tutta Hogwarts, senza però trovare Ginny Weasley.
L'aveva cercata anche nella Stanza delle Necessità, esprimendo lo stesso desiderio che di sicuro avrebbe voluto concretizzare la rossa: voglio trovare un luogo per allenarmi a Quidditch,
voglio trovare un luogo per allenarmi a Quidditch, voglio trovare un luogo per allenarmi a Quidditch, ma non era apparsa nessuna porta. Non sapeva se fosse perchè la Stanza riusciva a percepire il suo scetticismo, mentre ripeteva il desiderio più improbabile per una come lei, o perchè forse era già occupata: nel dubbio, si sedette lungo il muro.
Ma nessuno era uscito nella prima mezzora di guardia, ed in più occasioni Hermione aveva preso in considerazione la possibilità di avvertire Harry o chiunque altro potesse aiutarla a scovare la ragazza: le era venuto in mente solamente Malfoy, ed in un certo senso l'aveva rassicurata, ricordandogli - senza neanche volerlo - che un motivo valido per la sua sparizione poteva essere il bisogno irrefrenabile di un allenamento prima della partita. Era una cosa da Ginny, voler essere al massimo della condizione fisica e psicologica per una sfida così importante, ed era da Ginny anche il rifugiarsi in un luogo che ormai l'Ordine della Fenice conosceva come le proprie tasche.
Di sicuro, non era da Hermione risvegliarsi alle dieci del mattino, nella solita posizione che aveva adottato più di quattro ore prima.
Non era da Hermione neanche l'essere risvegliata con un Aguamenti.
Non era da Hermione l'essere risvegliata da Draco Malfoy.
- Granger, hai donato il tuo letto agli Elfi Domestici, in nome della santa alleanza tra tutte le Creature Magiche?
Hermione si guardò intorno spaesata, con la bocca ancora impastata dal sonno ed i capelli ed i vestiti fradici. - Che ore...? - chiese, con immensa fatica, e con la mano di fronte alle labbra.
- Le dieci, Mezzosangue. Sei in giro da stamani? Mi chiedo perchè con tutti i passaggi segreti che avrete sperimentato tu e i tuoi amichetti, tu abbia deciso di dormire in mezzo ad un corridoio. Ho sempre creduto che tu fossi approssimativamente furba.
Lo fissò con occhi stralunati. - La lettera, Malfoy. Ginny! - continuò senza togliersi la mano dalla bocca.
- Prima di tutto, togli quella stupida mano. Poi, sì, la lettera l'ho ricevuta anch'io. E la Piattola è giù. Tu piuttosto, cosa ci fai qui?
- Cre-credevo che fosse nella Stanza delle Necessità.
Draco scoppiò a ridere. - Bellatrix ti ha reso stupida, Granger. Più di prima, intendo.
Hermione si trattenne dal prenderlo a pugni: quando l'aveva schiaffeggiato, al terzo anno, avevano più o meno la stessa stazza, quella di due ragazzini magri ed acerbi, adesso, Malfoy era almeno venti centimetri più alto di lei, e di certo più forte, senza bacchetta. - Perchè? - si limitò a chiedere.
- L'Ardemonio, Mezzosangue. Dimenticavo che voi buoni fate caso solo alle morti di qualcuno dei vostri - replicò, con la voce leggermente incrinata.
Hermione si sentì una stupida. Non esisteva più alcuna Stanza delle Necessità: al massimo, al di là del muro, c'era la spoglia ed annerita tomba di Vincent Tiger. - Mi dispiace.
Draco scrollò le spalle. - La Weasley è viva, purtroppo. E' nel Parco, come tutti, e non è lei, ad opporsi a me.
Hermione estrasse dalla tasca la pergamena appallottolata ricevuta quella notte.
Chi mi si oppone, sarà messo fuori gioco, mormorò piano, cercando risposte.
- Finalmente hai tolto quella mano, Granger. Per un momento, ho creduto che ti fossero tornati i denti da castoro, ma ho capito che c'era un motivo ben peggiore per non mostrare quelle labbra.
Hermione impallidì. - E' sempre così, dopo aver dormito. E' una cosa naturale - aggiunse, stizzita.
- Fossi in te, mi porterei dietro lo spazzolino. Fallo la prossima volta in cui deciderai di dormire fuori, è un consiglio da amico.
Cercò la bacchetta per puntargliela contro, ma non la trovò. - Cerchi questa? - chiese Malfoy, sventolandogliela di fronte al naso.
- Ridammela.
- Ho imparato la lezione, sai? Ho imparato che armata sei pericolosa, e sono corso ai ripari. Oggi ho anche imparato che il tuo alito è pestilenziale, ma non credo che mi sarà utile saperlo, nella vita.
- Il mio alito non è... oh diamine, Malfoy! Nemmeno dovessi baciarmi! Rendimi la bacchetta e sparisci!
- No, effettivamente non ho la minima intenzione di baciarti, ma nemmeno quella di renderti la bacchetta. Per tua fortuna, ho intenzione di sparire: mi aspetta un sacco di gente, fuori.
- Come? E' di già... Ginny!
Si alzò di scatto, rassettandosi in fretta. - Cosa ci facevi quassù, comunque? - chiese poi, colta da un dubbio improvviso.
L'altro fece spallucce. - Evitavo la gente - rispose evasivo.
- Draco Malfoy se la sta facendo sotto per una stupida partita di Quidditch?
Draco sbuffò. - Non si può raccontare il Quidditch a chi non l'hai mai provato, Granger.
Hermione rimase in silenzio. Tempo prima aveva pensato la stessa cosa, ma non riguardo al Quidditch. Era buffo che Malfoy avesse usato le sue stesse identiche parole.
- Hai scoperto qualcosa? - chiese poi, cambiando discorso.
- No.
Le lanciò la bacchetta, senza preavviso, e se ne andò senza nemmeno salutare.
Hermione rimase a fissarlo, impalata, finchè non si alzò per raggiungere Ginny giù.
Mentre era intenta a lanciarsi addosso un getto d'aria calda per asciugarsi, fu però fermata da uno dei Gufi della Scuola.
L'Hermione scritto sulla busta in fretta e furia non mentiva su chi fosse il mittente, così la aprì senza pensarci due volte.
Sono già qui.
E Malfoy ha già colpito, me lo ha detto Ron stamattina.
Incontriamoci dopo la partita, mentre tutti saranno a pranzo, di fronte alla nostra Sala Comune.
Harry
Hermione sorrise per un momento, leggendo quel nostra. Harry non riusciva proprio a non sentirsi più parte di Hogwarts.
Poi, rifletté su ciò che aveva letto. Cosa diavolo c'entrava Malfoy con qualunque cosa fosse successa?
Continuò la sua corsa verso la Sala Grande, schivando gli studenti di Durmstrang che cominciavano ad avviarsi al Campo per godersi la partita senza patimenti o ansie, dato che non era la loro squadra a giocare. Trovò Ginny seduta al tavolo di Grifondoro, mentre fissava una caffettiera senza distogliere lo sguardo nemmeno per un istante.
Si trattenne dall'urlarle contro: di certo, aveva dormito poco, se non niente. - Sono stata in pensiero per te - bisbigliò semplicemente. - Credevo che ti avesse preso il... nemico.
Lo sguardo di Ginny la attraversò senza vederla veramente. Si voltò di nuovo verso la caffettiera, senza rispondere.
Non emise nemmeno un suono, almeno finchè una mano grande quanto la sua schiena le dette una pacca così amichevole da farla tossire disperatamente.
- Ce la vinciamo eh, oggi? - esclamò un Rubeus Hagrid su di giri.
Ginny lo guardò quasi in lacrime. Quando poi il guardiacaccia fece il gesto di accarezzarle il viso, rischiò di piangere davvero: avrebbe potuto staccarle la testa, se avesse usato anche un briciolo di energia in più.
- Io ce l'ho detto ad Olympe. Ho detto, la vedi la rossa? Quella vi farà viola!
La abbracciò rischiando di stritolarla. - In gamba, Ginny, in gamba!
E se ne andò fischiettando, salutando con un sorriso sia lei che Hermione.
La Caposcuola rispose a quel cenno amichevole, Ginny tornò a guardare il caffè. Si decise a parlare dopo dieci minuti, quando la McGranitt invitò anche gli studenti di Beauxbatons a prendere posto sugli spalti o negli spogliatoi. - Ho volato per otto ore nella Foresta Proibita.
Hermione strabuzzò gli occhi. - Come hai fatto ad andare fuori di notte...?
Ginny la guardò torva. - Essere la fidanzata di Signor-Sgattaiolo-Fuori-Quando-Mi-Pare ha i suoi benefici. Pochi, ma ce li ha.
Tornò a guardare il caffè, ed Hermione capì che non avrebbe più detto nient'altro. Quando poi Madama Bumb convocò fuori la squadra, le augurò buona fortuna con un abbraccio, e la seguì fino al portone d'ingresso.
Hogwarts si era ormai svuotata: gli studenti si erano mescolati a giocatori e riserve - nonostante le urla dell'allenatrice - incitandoli durante il cammino verso il Campo da Quidditch.
Rilesse un'altra volta la lettera di Harry, finchè non sentì dei passi. - Malfoy, che ci fai ancora qui? - chiese, dopo averlo scorto in lontananza.
Nascose la pergamena in fretta e furia, chiedendosi se non fosse in pericolo, da sola, con lui, in mezzo ad un corridoio deserto.
- Mi urta il sistema nervoso incrociarti ovunque io vada, Granger. Spero che tu non voglia anche accompagnarmi fuori, dato che l'unica ragione per cui vado incontro alla predica della Bumb è il voler evitare lo stuolo di tifosi e tutte quelle urla sovreccitate.
- Voglio sapere solo una cosa.
Draco grugnì. - Non faranno giocare Potter al mio posto, se non mi presenterò. Puoi smetterla di trattenermi.
Hermione lo ignorò, non era certo il momento di scherzare. - Se non sei tu, Malfoy, non hai paura?
La guardò di traverso. - Perchè dovrebbe avercela con me, chi scrive quelle lettere?
- Perchè non dovrebbe avercela con te?
Draco sbuffò, annoiato. - Un Malfoy ha paura soltanto di una cosa, Granger.
- Di avere coraggio? - replicò lei, incapace di trattenersi.
- No, Mezzosangue. Ci sono cose meno futili del coraggio.
- E sarebbero?
Draco fece spallucce. - E' inutile, non capiresti.
Si allontanò con la Firebolt in spalla ed il passo deciso, mentre un timido raggio di sole filtrava da un grosso finestrone, rendendo ancora più sgargianti i colori della sua uniforme.
D'un tratto, senza alcun preavviso, si fermò. - Un Malfoy ha solo una cosa, e non vuole perderla. - Aveva parlato da lontano, in un soffio tanto lieve quanto deciso.
Riprese a camminare come se niente fosse, come se non ci fossero state centinaia di studenti ad aspettarlo fuori, come se non ci fossero stati sette giocatori pronti a disarcionarlo, come se fossero stati solamente lei e lui, immersi in una chiacchierata amichevole in mezzo ad un corridoio deserto.
Hermione lo guardò uscire nel Parco, chiedendosi quale tesoro potesse celare un Malfoy.
Chiedendosi quanto oro avrebbe potuto comprare la flebile attrattiva del Riscatto.

***




NOTE:

- Ad andare con l'angosciato, aveva imparato ad angosciarsi: modo di dire ricalcato sul proverbio "Ad andare con lo zoppo, si impara a zoppicare".
- Aveva sempre ragione, soprattutto quando aveva torto: sono le testuali parole del mio prof di Meccanica Razionale, l'unico vero professore che mi ritrovo quest'anno, che sostiene appunto di aver sempre ragione. Lui sì che rulla (anche se ci farà un cuuuuuuulo così :D).
- Blaise sonnambulo è un delirio mio, dell'ultima ora: di lui sappiamo poco, solo che è un tipo solitario, spocchioso ed arrogante. Lui e Malfoy potrebbero essere perfetti come amici, se solo la Rowling non avesse sempre fatto intendere che si odiano reciprocamente. Comunque, sapendo poco di lui, ognuno può darne l'interpretazione che preferisce. E la mia, ovviamente, è la più boiata di tutte. Il figlio di puttana si riferisce appunto alla di lui madre, che, avendo fatto fuori sette mariti intascandosi l'eredità, dubito che sia tanto dissimile da una meretrice per professione.
- Sparsi ci sono diversi riferimenti agli avvenimenti del sesto e del settimo libro: non sto a specificare ognuno di essi, dato che chi ha letto i libri certamente li conosce già. Per chi non avesse letto la saga, sono disponibilissima a rispondere ad eventuali domande di chiarimenti. :)
- Quiete prima della Tempesta: è Leopardi, con la sola modifica dell'avverbio. (E' anche già la seconda volta che uso questa citazione. Proverò ad essere più originale, d'ora in avanti. xD)
- Verity è la commessa dei Tiri Vispi Weasley. E' citata nel Principe Mezzosangue. L'ho spedita in maternità perchè mi ero scordata di inserirla nella storia fin dall'inizio. :D
- La civetta dell'edicola più vicina...: non si riferisce alla civetta-pennuto. La civetta è la locandina con le notizie più importanti di un giornale, che gli edicolanti espongono fuori.
- Oh Fred, perdonalo, perchè non sa quello che dice!: è blasfemia pura. :D
- Es inofensivo, conejo: traduzione, "E' innocuo, coniglio."
- Non si può raccontare il Quidditch a chi non l'hai mai provato, Granger: Hermione aveva pensato la stessa cosa della Cruciatus, in uno dei primi capitoli.
- Hagrid parla sgrammaticato anche nella mia storia, come ha sempre fatto nella Saga.
- Olympe è Madame Maxime, Direttrice di Beauxbatons.



Fossi in voi, starei attenta al titolo (cosa che io, idiota, non faccio mai).
E' un titolo stupido, ma vuol dire taaaaaante cose.





Effebì:
Come al solito, sono qui.

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Capitolo 11
*** Odore di Quidditch, Odore di Noce ***


8.


Odore di Quidditch, Odore di Noce




Al mio unico lettore vero, che si dà tante arie perchè sa come ricattarmi da qui alla fine dei miei giorni.

E poi, come al solito,
a Zab, che si è cibata di spoiler,
a V, Rea, Lys e Rem, ognuna per un motivo diverso,
a chi mi ha minacciato e sostenuto affinché aggiornassi,
a chi mi ha seguito anche negli altri progetti,
a chi si è appena unito a questo progetto delirante che è la Teoria.
E al mio Trenta in Meccanica Razionale, perché sì.









Non era la prima volta che Hermione Jean Granger imboccava la strada opposta a quella seguita da tutti, in occasione di una partita di Quidditch: non era una cosa che le interessasse particolarmente, del resto, non quanto una ricerca sui suoi amati libri o una sortita per bruciare mantelli neri e salvare la vita di un amico. Non si era sempre rivelata una buona idea, questa, dato che se al secondo anno non avesse vagato per il Castello deserto con uno specchio in mano, il Basilisco non si sarebbe limitato ad immobilizzarla per qualche settimana: c'era anche da dire che le sue fiamme e il suo scarso interesse per lo sport avevano salvato Harry Potter dalle maledizioni bisbigliate da Quirinus Raptor, al primo anno, anche se indirettamente.
Riusciva sempre a raggiungere conclusioni brillanti, quando era una camminata solitaria per i corridoi di Hogwarts a stimolarle la mente: si chiese se non sarebbe avvenuto lo stesso anche in quell'occasione, tra le mura che attutivano le urla e gli schiamazzi provenienti dall'esterno, lasciandola libera di concentrarsi.
Pensò più volte che
non aveva alcuna ragione per fare ciò che aveva in mente, ma aveva una quarantina di minuti di margine, prima che cominciasse la partita dell'anno; non le importava di avere i posti migliori, nè di allestire le coreografie che di certo Luna Lovegood aveva preparato per la sfida: le importava - come al solito - di saperne di più.
Imboccò il corridoio che l'avrebbe portata in Infermeria: da dentro provenivano urla assordanti ed incomprensibili, come se i rispettivi proprietari neanche si capissero, ma trovassero lo stesso dei buoni argomenti di discussione - o meglio, dei buoni argomenti per insultarsi, ed odiarsi, reciprocamente.
Man mano che si avvicinava alla porta, per Hermione non fu difficile riconoscere la voce di uno dei due occupanti della stanza. Madama Chips aveva un timbro inconfondibile, di quelli che ti entravano nelle orecchie e riuscivano a farti accartocciare fino a diventare piccolo piccolo, pur di non incorrere nella sua ira funesta, eppure l'altro non pareva essere intimorito dall'esplosione di rabbia della Guaritrice. Molto probabilmente perchè non la capiva.
Nello stesso momento in cui riconobbe alcune delle parole francesi pronunciate dal ragazzo, Hermione sorrise: stava bene, dopotutto.
Se anche Draco Malfoy fosse stato il responsabile del suo incidente, aveva almeno avuto la premura di metterlo fuori gioco soltanto per qualche giorno.
Bussò una, due volte, ma in Infermeria i due litiganti non sembravano disposti ad una tregua. Alla fine Hermione entrò lo stesso, schiarendosi la voce.
Poppy Chips si immobilizzò, brandendo un flacone di Pozione Ricostituente come fosse una sciabola.
L'altro, il Cercatore, si voltò a squadrare la nuova arrivata, il disprezzo ancora dipinto sul volto.
- Signorina Granger - esordì seccata Madama Chips - Perchè non sei con tutti gli altri?
Pensa, pensa, pensa. - In qualità di Caposcuola, volevo assicurarmi che nessuno fosse rimasto all'interno del Castello - proclamò, imitando scrupolosamente l'atteggiamento che Percy amava assumere in presenza dei superiori.
- Seulement moi, n'est-ce pas? - si intromise l'altro.
Gli occhi di Madama Chips saettarono nella sua direzione. Sembrava quasi volerlo capire, ma quel quasi era sommerso dalla voglia di strangolarlo per la sua insolenza. Non aveva capito un'acca di tutto ciò che le aveva detto, ma il senso delle sue parole era evidente dai gesti e dagli atteggiamenti che assumeva: quell'idiota preferiva sfracellarsi su una Scopa, piuttosto che stare zitto e fermo su un comodo lettino dell'Infermeria. Doveva essere parente di Potter, non c'era alcun dubbio.
- Seulement toi - rispose Hermione, che in Francia c'era stata solamente in vacanza e per poco tempo, ma abbastanza a lungo da aver letto due o tre libri in lingua originale.
- Elle ne me laisse pas aller...
- Elle a raison. Elle a
toujours raison.
Gli strizzò l'occhio, sorridendo.
Madama Chips seguiva lo scambio di battute con un cipiglio sempre più severo: finchè aveva dei problemi di comunicazione con uno solo dei suoi ospiti poteva anche andar bene, ma che addirittura Hermione Granger passasse dalla parte del nemico era insostenibile. - Granger, puoi dirmi cosa sta succedendo?
- Vuole andare alla partita.
- Se pensa di giocare in quelle condiz...
- Non vuole giocare - spiegò pazientemente Hermione. - Vuole solo vederla, fare il tifo.
Madama Chips si sgonfiò leggermente. - E ha provato a dirmi questo, finora?
- Credo di sì - replicò scrollando le spalle.
La donna non smise di guardarla di traverso, poi, guardò l'orologio. - In ogni caso, è troppo tardi perchè scenda in campo... quindi accompagnalo, signorina Granger.
Il Cercatore scattò in piedi, forse incoraggiato dallo sbrigativo movimento del polso di Poppy Chips. - Merci, Madame - e le baciò la mano.
La Guaritrice lo guardò perplessa: un momento prima la aggrediva verbalmente, un attimo dopo le diceva educatamente mersìmadam, che doveva essere una forma di cortesia, a giudicare dal lieve inchino che le aveva rivolto.
Hermione, nel frattempo, stava esultando tacitamente: il suo bersaglio le era stato consegnato su un piatto d'argento e senza neppure un briciolo di fatica.
- Je m'appelle Sébastien.
- Moi, je suis Hermione.
- Ermioné?
Hermione alzò gli occhi al cielo. Al di fuori di Hogwarts, non esisteva neanche un Cercatore in grado di pronunciare il suo nome in maniera decente: decise di sorvolare, mentre uscivano dall'Infermeria.
- Est-ce que tu parles Anglais, Sébastien?
L'altro annuì lievemente, lasciando che qualcuno dei suoi capelli neri gli cadesse di fronte agli occhi.
- Come ti sei fatto male? - scandì lentamente.
Il ragazzo parve soppesare la risposta. - J'ai perdu le control... oh, perdere controllo. Ma Tornadò a désarçonné... buttato jù, c'est compris?
Hermione annuì, pensierosa. Forse non era stato difficile Confonderlo, o perfino maledirlo: quel Sébastien poteva essere un tipo affascinante, con quei capelli corvini e quegli occhi altrettanto scuri... ma non sembrava troppo sveglio. Se era stato Malfoy, doveva essere stato decisamente un gioco da ragazzi.
D'un tratto, Sébastien si fermò, inspirando a fondo e ad occhi chiusi.
- Tu as douleur? - gli chiese, preoccupata.
- Respirer! Respira, Ermioné. C'est Qviddisc!
In effetti, erano davvero arrivati al Campo, ma quell'odore di Quidditch Hermione non riusciva proprio a sentirlo. Al massimo poteva esserci odore di erba bagnata, date le piogge dei giorni precedenti, o ad esagerare puzza di bruciato, dato che non era da escludere la presenza di piccoli fuochi d'artificio sulle tribune.
Sébastien le rivolse un lieve inchino, per poi baciarle la mano. - Merci beaucoup, ma chérie. J'espére que... vedere ancora, c'est compris?
Hermione si corresse. Al di fuori di Hogwarts, non esisteva neanche un Cercatore in grado di pronunciare il suo nome in maniera decente e di non fare il cascamorto con lei. Gli sorrise, annuendo e giurando a se stessa di stargli alla larga da lì alla fine dei suoi giorni.

***


- Dobbiamo andare a sederci, Cuffe - ripetè Candida per la seconda volta di seguito, ovvero per l'ennesima.
L'Editore, ancora convinto di avere a che fare con una donna normale, la ignorò per la seconda volta, ovvero per la seconda volta. Per lui il concetto di 'seconda' era univoco, tranquillo ed inconfutabile; diventò meno univoco, tranquillo ed inconfutabile non appena Candida voltò i tacchi e si avviò da sola sugli spalti, lasciandolo alle sue chiacchiere con un Monsieur Bonaud su di giri. L'allenatore della squadra di Beauxbatons pareva poco incline alle discussioni amichevoli in un momento così fondamentale come il pre-partita, ma aveva risposto, seppur sbrigativamente, ad ogni domanda di Barnabus: benedisse l'amore e chi l'aveva sparso per il mondo non appena vide la faccia del suo interlocutore diventare improvvisamente pallida ed agitata, non appena vide le sue labbra articolare un arrivederscì - molto probabilmente credeva addirittura di essersi espresso in francese corretto - e non appena lo vide correre verso le scalette che avevano portato la spagnola sulle tribune.
Si rilassò un po' meno ed odiò l'amore quando vide arrivare quel disgraziato di Sébastien insieme ad una nemica.
La ragazza, abbastanza graziosa, gli stava sorridendo: si era fatta addirittura baciare la mano da quel traditore, magari promettendogli perfino un appuntamento.
Si trattenne dall'inveire contro entrambi solo perchè urtato da un uomo maldestro. Prima gli mettevano ko Sébastien, e poi ci provavano addirittura con lui. In realtà, Monsieur Bonaud uscì completamente illeso da quello scontro: la peggio era andata a Barnabus Cuffe, di nuovo tra i suoi piedi, questa volta nel vero senso della parola. Brandiva una macchina fotografica, che aveva salvato dall'urto col terreno sacrificando il proprio mento: la teneva sollevata, al momento in una direzione imprecisata, e negli occhi aveva un lampo di gioia e di trionfo.
Immortalare il redivivo Cercatore di Beauxbatons con nientemeno che la Granger era giusto quel che serviva per tranquillizzare i lettori ed i genitori degli studenti francesi e non, che a giudicare dalle lettere che gli inviavano in Ufficio cominciavano ad essere troppo preoccupati dalla pericolosità del Torneo. Dopotutto, Shacklebolt era stato chiaro: tutto doveva rimanere misterioso ed accattivante, ma senza sconfinare nel pauroso. Hogwarts aveva già rischiato di chiudere troppe volte, negli ultimi anni: non c'era alcun bisogno di fornire buoni motivi perchè questo, prima o poi, succedesse davvero.
- Parton, Messier!
- esclamò Cuffe, da qualche parte lì sotto.
Monsieur Bonaud nemmeno gli rispose. In effetti, non gli avrebbe proprio più parlato, finchè non si fosse deciso a smetterla con l'inventarsi il francese.
Si avviò di corsa verso gli spogliatoi, senza smettere di maledire Sébastien: sperò che almeno non l'avesse visto nessuno, mentre si inchinava di fronte alla sua nuova bella.
Di certo, non sapeva che il giorno successivo l'avrebbe visto mezzo mondo Magico, dato che eccezionalmente la Gazzetta del Profeta sarebbe uscita tradotta in più lingue nell'intera Europa, in modo da mettere tutti al corrente dell'esito delle sfide del Torneo Trescope.
Del resto, non sapeva neppure che a Ronald Weasley ed Harry Potter sarebbe caduta la mandibola, in un eccesso di stupore.
Non sapeva neanche che una mandibola fine, diafana ed appuntita sarebbe crollata perfino a Draco Malfoy.
Ma questo era perdonabile.
Dopotutto, non lo sapeva neanche lui.

- Scerìììììì!
- gongolò Cuffe, trotterellando verso la sua amata. Il fatto che la suddetta amata l'avesse appena squadrato con aria assassina non parve dissuaderlo dallo sfoggiare tutta la sua esigua cultura linguistica, sdilinquendosi in salamelecchi e moine.
Candida non gli rispose, continuando a scrutare lo Stadio, pensierosa e delusa. Eppure, Kingsley le aveva assicurato che... Poi lo vide. Era appena arrivato, insieme a quell'asse da stiro di sua moglie: forse sarebbe stato persino facile spingerla di sotto e far passare tutto per un incidente... Strappò il programma della giornata che teneva in mano, in un eccesso d'ira.
Barnabus Cuffe non impiegò molto nè a riparare il foglio nè a piombare in un silenzio di tomba. Cosa ci trovasse una donna così adorabile in un uomo così meschino ed inquietante, proprio non lo capiva. Non era forse lui, il migliore tra i due? Certo, forse non aveva il suo sciàrm nel vestire, la sua nonscialans nei movimenti, o il suo aplomp negli atteggiamenti. Forse poteva essere fastidiosa quella sua figura non troppo esile, o i suoi occhi banalmente marroni potevano apparire insignificanti e noiosi. Ma in quanto a personalità, lui non aveva da invidiare niente a nessuno, maremma maiala. Gonfiò il petto, sistemandosi il mantello sulle spalle ed infilandosi la pipa in bocca.
Non fiatò per lunghissimi minuti, minuti in cui Candida ringraziò un Dio in cui non credeva ed in cui lui rimuginò tanto a lungo sul da farsi da non accorgersi che non l'aveva nemmeno accesa, la pipa.
Poi, entrambi videro arrivare Weasley e la Granger e tesero le orecchie, silenziosi.
- Per ragioni di sicurezza, è meglio se stai qui, Hermione... possiamo difenderti meglio...
- Percy, non sono in pericolo! Cosa ti ha messo in testa Harry? Voglio vedere la partita dagli spalti, come tutti!
Percy Weasley finse di non sentirla, continuando a trascinarla verso la tribuna d'onore. - Siediti là, io ed Harry saremo un po' più in basso. Per qualsiasi cosa, non esitare a chiamarci - concluse senza neanche riprendere fiato.
Hermione sbuffò: finché Harry si comportava da paranoico, non c'era niente di nuovo sotto il sole, ma se ci si metteva anche Percy, la cosa diventava lievemente preoccupante. Ormai, però, non poteva assolutamente tornare indietro. Non mancava poi così tanto all'inizio della partita e, se non altro, da quel posto avrebbe avuto sicuramente una buona visuale di ciò che le interessava. Nessuno avrebbe potuto Confondere nessuno, questo era certo, se lei avesse vigilato sul corretto svolgimento delle azioni di gioco.
Si sedette sul seggiolino che Percy le aveva indicato, salutando con un piccolo sorriso la sua vicina.
- Buenos dìas - le rispose l'altra.

***


Non ci fu calma studiata nei movimenti di Draco Lucius Malfoy quando, in ritardo per il discorso pre-partita di Madama Bumb, appoggiò la borsa sul pavimento senza premurarsi di farlo in silenzio.
L'aveva visto, fra il pubblico in attesa di sistemarsi sugli spalti: aveva visto come le sue sopracciglia si erano talmente arcuate da nascondere la cicatrice sotto la frangia, aveva visto quella stupida smorfia impressa sulle sue labbra, quell'atteggiamento da Io so tutto che aveva scolpito sul volto. Non sapeva un cazzo, ecco qual era l'unica cosa che doveva sapere.
L'aveva visto anche prendere posto in tribuna d'onore, in quei sedili che tanto tempo prima lui e suo padre potevano vantare di avere di diritto, ad eventi forse più importanti dello stesso Trescope: c'era Caramell, Voldemort si nascondeva, tutto manteneva quell'apparenza di normalità che a lui piaceva immensamente. Era una normalità fatta di frivolezze, di privilegi, di prestigio. Era una normalità da Malfoy, scevra da preoccupazioni o fastidi d'ogni sorta.
Vederlo lì, il pugno chiuso intorno alla Gazzetta del Profeta del giorno, la stessa che un Gufo Corriere aveva consegnato quella mattina a lui, gli fece contorcere lo stomaco in maniera spiacevole. Spiacevole, come il senso di vergogna che non mai riusciva a soffocare, nel suo inconscio.
Non ambiva ad onoreficenze ed allori, perchè non avrebbe avuto alcuna ragione per riceverne. Il suo istinto di autoconservazione l'aveva spinto a nascondersi, ad agire il meno possibile a discapito degli Eroi, l'aveva spinto a fallire, come se avesse avuto bisogno di aiuti d'ogni sorta per ottenere la più mera delle sconfitte: l'affetto che lo legava ai genitori - e che legava loro a lui - bastava ed avanzava a spronarlo a vivere, a sopravvivere, anche per rivederli una sola volta, anche solo per dire a Lucius che gli era vicino, anche solo per sussurrare a Narcissa che tutto sarebbe finito presto.
E lui aveva mantenuto quelle promesse che non era mai riuscito ad esternare: era stato con Lucius di fronte ad ogni umiliazione, aveva spinto Narcissa ad abbandonare ogni briciolo di fiducia nel Signore Oscuro, a salvare Potter, a non combattere, a far finire la Guerra ancora prima.
Eppure, c'era sempre quel maledetto nome a pendere sui loro capi come una condanna.
Malfoy.
- Malfoy, sto parlando con te! -
Appunto.
Alzò il capo, questa volta lentamente, ma non parlò: era facile far passare la scortesia per ansia, era sempre stata una buona scusa, fin dal secondo anno, il primo nella Squadra di Serpeverde.
- Voglio che tu prenda il Boccino solo se siamo in vantaggio, o in pareggio, o in svantaggio di centoquaranta punti. Noi dobbiamo vincere questa partita, ad ogni costo. Se l'altro Cercatore vede il Boccino prima di te, tiragli una gomitata, disarcionalo, incantalo...
- Hanno trovato un altro Cercatore? - chiese, mentre lo stomaco gli si annodava.
- Credo sia una Cercatrice. De La Roche, o qualcosa del genere.
Da qualche parte dietro di loro, Theodore Nott, in qualità di portaborse schiavizzato dall'allenatrice cinque minuti prima della partita, mugugnò.
- Hai qualche informazione utile, Nott? - chiese secca la Bumb, scocciata per essere stata interrotta.
- E' mia... cognata, credo si dica così.
- Sciocco ragazzo, intendo informazioni utili in campo sportivo!
Theodore Nott, che di per sè parlava poco, perse ogni voglia di rispondere, di fronte alle gote imporporate della Professoressa. Scrollò le spalle e tacque.
- Malfoy, tu hai capito?
Draco annuì, con la stessa espressione svogliata che ostentava quando una cosa non lo premeva per niente, o quando al contrario significava la sua stessa vita. Quella partita rientrava chiaramente nel secondo gruppo: fu per questo che quasi sbadigliò, per mostrare agli altri quanto poco fosse in ansia e a se stesso quanto si sarebbe dannato se avessero perso.
- Allora state pronti: avremo un arbitro superpartes al massimo. E' greco ed ha studiato a Delfi: non conosce l'inglese, non conosce noi, non conosce i francesi e spero vivamente che non conosca le regole. Siate pronti a violarle, se sarà necessario ed anche se non lo sarà. L'importante è vincere, non part... oh diavolo, tanto l'avete sempre pensato anche voi, checché ne dicesse Silente. Weasley, vai tu per prima.
Draco alzò un sopracciglio, interrogativo: gli era sfuggito l'esatto momento in cui la Piattola era diventata il Capitano della squadra.
Poi vide le lentiggini, i capelli rossi, lo stemma di Grifondoro sulla borsa e l'uniforme che faceva capolino attraverso la cerniera semi-aperta.
Non lo sapeva forse meglio di tutti, quanto contasse un nome?
Strinse la Firebolt a sè con un gesto protettivo, e in un attimo gli parve di avere di nuovo dodici anni.
Lui non si era comprato l'ammissione in Squadra.
Anche lui era stato scelto per il talento.

Si vide abbracciato ad una Nimbus Duemilaeuno, a dare per la prima volta della Sanguesporco ad una Hermione zannuta e petulante.
Doveva vederlo anche lei, che era un Cercatore con le palle.
Avrebbe preso quel Boccino, anche a costo di ucciderla, quella Cercatrice Gallica.

***


Harry Potter avrebbe battuto il lancio d'inizio. Il che era una colossale stupidaggine, dato che al primo - fittizio - fischio iniziale ne sarebbe seguito un altro, quello autentico, e solo in seguito a quello la partita sarebbe iniziata davvero, con tanto di azioni al cardiopalma e gomitate da Annales. Nessuno se l'era sentita di togliergli quel privilegio, però, non quando l'aveva proposto lui stesso, innocentemente ed umilmente. Aveva salvato il Mondo Magico, almeno potevano fargli sfiorare la Pluffa che avrebbe consacrato tanti nuovi campioni e campionesse di Quidditch, dato che lui non sarebbe mai rientrato in quella categoria di persone.
In condizioni normali, Ginevra Molly Weasley si sarebbe sbellicata dalle risate, di fronte ad un gesto così pomposo ed artificiale: quel giorno, invece, non riusciva ad articolare neppure mezzo muscolo facciale, dato che quelli intorno alla bocca erano tesi da ore, tanto da non permetterle di emettere alcun suono. Seguì il lancio di Harry distrattamente, con lo stesso atteggiamento distaccato con cui non udì il suo In bocca al lupo - un po' forzato, a dire il vero - e con cui seguì la traiettoria della Pluffa che veniva riposizionata al centro del Campo, pronta ad essere lanciata in aria dall'arbitro greco.
Poi, il lampo rosso di una sfera che si muoveva le fece scattare qualcosa nel cervello. La Firebolt si lanciò quasi automaticamente verso l'alto, e quando strinse le mani intorno alla Pluffa seppe per certo che la sua partita era appena cominciata. Schivò un Bolide, lanciando la palla ad un compagno di squadra, che a sua volta fu costretto a ripassarla indietro.
Al quinto passaggio, Hermione si era già stufata.
C'era poco da fare, il Quidditch non le era mai piaciuto: tutta quell'ansia e quelle aspettative per una stupida partita distoglievano gli studenti dalla concentrazione e dall'impegno scolastico, senza contare il fatto che innalzavano a miti dei semplici sportivi, con nessun'altra capacità se non quella di non soffrire di vertigini ed avere mano ferma. Certo, non le era riuscito di convertire Harry e Ron alla serietà in sette anni, non poteva certo pretendere di far rinsavire uno stadio intero in cinque minuti.
Tra l'altro, quella doveva essere la partita più brutta da qualche secolo: i Bolidi sfrecciavano ovunque, unici protagonisti dello scontro, nessuno aveva ancora segnato alcun punto e sia Malfoy che l'altra Cercatrice descrivevano larghi giri nell'aria, senza che nessuno dei due scattasse in qualche direzione per aggiudicarsi il Boccino. Gli spalti rumoreggiavano, urlando prima contro una formazione, poi contro l'altra: Lee Jordan, ormai commentatore sportivo per Radio Potter - eletta a radio normale, dopo la conclusione della Guerra - cercava di trovare spunti per una cronaca emozionante, ma con scarso successo. Aveva ormai ripetuto per la seconda vota nomi e date di nascita di tutti i giocatori scesi in campo, quando fu costretto ad interrompere le sue chiacchiere su un certo Bernard Lemaire, Battitore tracagnotto ripetente ormai per la terza volta: Ginny aveva schivato un avversario e stava sfrecciando verso il Portiere francese, con spalle larghe quanto i Cerchi stessi. Hermione chiuse gli occhi: se l'amica non avesse rallentato al più presto, si sarebbe sicuramente schiantata contro quella tonnellata di pettorali. Riaprì le palpebre solo per sbirciare, quando lo Stadio esplose in un boato di gioia mista a disperazione: riuscì a vedere la Pluffa che si infilava in uno dei tre Cerchi e l'esultanza di Thomas Corner, a quanto pare autore del gol.
Sentì chiaramente la voce di Harry, qualche fila più sotto di lei, liberarsi in un urlo neanche troppo educato: si chiese perchè diavolo dovesse perdere la testa in quel modo tutte le volte che si trattava di Scope. Non sembrava più molto in tensione per le lettere, per le minacce e per il Cercatore ferito: il suo encefalo era momentaneamente sintonizzato su quell'unica frequenza che andava sotto il nome di Quidditch. Sospirò, alzando gli occhi al cielo. Come al solito, il lavoro sporco sarebbe toccato a lei.
Ora che gli spalti si erano calmati e la partita era ripresa con il possesso di Pluffa di Beauxbatons, Hermione non riusciva più a distinguere Malfoy, in quel nugolo indistinto di ragazzi svolazzanti; anche la De La Roche - il cui nome era appena stato ripetuto per la terza volta da Lee Jordan - non si vedeva. Hermione cercò di orientare il proprio sguardo nella stessa direzione di quello di Harry: se non altro, era sicura che si stesse sforzando in ogni modo di vedere il Boccino prima del Serpeverde, come a ribadire una supremazia in campo sportivo che al momento non poteva neanche vaneggiare. Eppure, pareva nervoso anche Harry, là sotto. La piccola sferetta dorata doveva essere sparita addirittura fuori dal Campo, o addirittura... sotto di esso.
Hermione sgranò gli occhi - mentre era il turno di Beauxbatons di segnare, almeno da quanto dedusse dalle imprecazioni di Lee - perchè il Boccino si era infilato tra le assi che costituivano l'impalcatura più bassa degli spalti: a quanto pareva, i due Cercatori si erano lanciati in un duello per la conquista della vittoria in cui rischiavano a turno di schiantarsi contro legno e ferro, giusto per non farsi troppo male. Poi, appena il Boccino riemerse da là sotto, sparì di nuovo: Draco ed Apolline Dauphine si divisero - abbastanza contrariati, a giudicare da come entrambi frenarono stizziti - per cominciare di nuovo la ricerca.
Hogwarts e Beauxbatons erano fermi sul dieci a dieci, Harry aveva già imprecato dieci volte, Lee Jordan si era già auto-censurato dieci volte, Minerva McGranitt l'aveva già Silenciato dieci volte.
Gli unici che sembravano trovare la partita quanto meno interessante erano la donna che aveva di fianco e l'uomo che a sua volta sedeva alla destra di lei. La donna, fasciata in un bell'abito nero, non aveva smesso di sogghignare neanche per un secondo. L'altro si strappava di tanto in tanto i baffi con la mano sinistra, mentre con la destra non cessava neanche per un attimo di prendere appunti su un piccolo blocchetto: che cosa avesse da scrivere rimaneva un mistero, dato che non smetteva di imprimere l'inchiostro sulla pergamena neppure nei punti più morti della sfida.
Hermione decise di concentrarsi di nuovo sulla fonte delle sue preoccupazioni.
Da quanto aveva potuto apprendere negli anni, guardando Harry impegnato nelle partite contro le altre Case, il Cercatore, pur essendo principalmente concentrato sulla ricerca del Boccino, non esitava a perdersi di tanto in tanto nella contemplazione della partita che si svolgeva sotto o sopra di lui: tante volte l'aveva visto esultare per un gol, o lanciarsi in mezzo alle azioni di gioco per aiutare come poteva i suoi compagni, ma di certo non l'aveva mai visto isolato come Draco Malfoy, che scrutava il cielo senza che neppure un alito di vento dispettoso potesse deconcentrarlo dalla sua missione.
Nell'ordine, ora che la partita si era fatta un po' più movimentata, avevano segnato Ginny, una certa Sophie Mercier, ancora Ginny, Kevin Bletchley di Serpeverde ed Armand Dubois, a quanto pare l'idolo di tutta la componente femminile di Beauxbatons: non c'erano state urla quando aveva segnato, ma soltanto sospiri sognanti, ed anche metà della tifoseria inglese si era ammutolita, non solo per la delusione. Il bilancio era di quaranta a trenta, e Malfoy non aveva mosso neppure un sopracciglio: nè quando Ginny aveva rischiato di venir disarcionata da un Bolide scagliato dal ripetente, nè quando il suo compagno di Casa aveva spinto la Pluffa nel Cerchio con la punta delle dita, in una mossa tanto ardita quanto spettacolare, nè quando Armand si era atteggiato a divo passandosi la mano nei lunghi capelli ramati.
Hermione sbuffò. Si sentiva stranamente simile a lui, dato che anche lei aveva colto solo di striscio le azioni fondamentali dello scontro: lei aveva una motivazione più che valida, ovvero tenerlo d'occhio, ma Malfoy che ragione aveva per non partecipare emotivamente a qualcosa che lo coinvolgeva in prima persona?
- Pare che abbiamo lo stesso problema, señorita - mormorò piano una pittoresca voce femminile, alla sua destra.
Hermione si voltò a guardarla, un po' corrucciata. - Lei è...?
- La sua futura suocera - rispose baldanzosa Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres, tendendole una mano smaltata di nero.
Hermione strabuzzò gli occhi. Non aveva mai visto prima quella donna, e le sue s lievemente sibilanti non le piacevano affatto. Decise comunque di replicare nella maniera più ovvia possibile: magari l'aveva semplicemente confusa con qualcun altro.
- Ma io non sono fid...

- Il problema non è certo questo -  proferì sicura la donna dai lineamenti forti ed abbronzati, con un cenno della testa eloquentemente diretto al centro del campo da Quidditch. - Il problema è quello - precisò, senza preoccuparsi dei gridolini di dispiacere emessi dall'uomo seduto nel sedile vicino.
Hermione si voltò nella direzione indicatole da quella strana interlocutrice, individuando lo sguardo gelido di Narcissa Black. Tornò a fissare le sopracciglia scure e tese della donna che aveva di fronte, con aria interrogativa.
- Sono troppo biondi, in quella casa. Servono due diversivi, señorita. Tu prenderai il giovane, io quello bello - esclamò perentoria e solenne.
Quella conversazione stava rasentando il ridicolo. La sua futura suocera esordiva dal nulla con delle dichiarazioni simili, senza che l'avesse mai conosciuta prima: tra l'altro, il solo pensiero che avesse potuto intuire un suo interesse nei confronti di Malfoy era bizzarro, se non addirittura fantascientifico.
- Cosa le fa credere che...?

Candida mosse bruscamente la mano destra, come a scacciare una mosca fastidiosa. - Alquimia. E' ovvio. Lo stai fissando da quando è cominciata la partita.
- Io non lo sto fiss...
- Sì, che lo fai. Non come una che vuole mangiarselo, o spogliarselo, o scop... - L'uomo accanto a lei gemette, sempre più distrutto. - ...arselo - concluse lei senza alcun indugio. - Tu lo stai studiando, querida. E non si studia ciò che non ci interessa.
Hermione si sentì quasi offesa, per quell'ultima frase. Lei studiava tutto, a prescindere.
Riportò lo sguardo su Malfoy, a scrutare ogni suo movimento, ogni suo sguardo, ogni suo gesto sospetto: continuò a non trovare niente di diverso da virate, occhi fissi sul Boccino o dita fra gli sparuti capelli che disturbavano la sua ricerca, oscurandogli la vista.
E poi, lo vide scattare in avanti.
E mentre lo scrutava - appiccicato alla Firebolt, tutt'uno con la curva acerba del manico, un fascio di nervi tesi e concentrati - diverse rivelazioni la colpirono, con l'intensità di uno sparo di fucile.
Primo, nessuno tranne la sua futura suocera era mai riuscito a non farla parlare, soprattutto perchè lei non aveva mai torto.
Quando, cinque secondi dopo, un ruggito si alzò da ogni angolo della curva dei tifosi inglesi, le tornarono in mente dei capelli vaporosi, degli occhi simili a quelli di un insetto e degli scialli tintinnanti di perline.
La trascendenza di Sibilla Patricia Cooman si sovrappose alla trascendenza del momento della Vittoria, quando tutto rimaneva immobile in un limbo di gioia inesplosa, quando l'attesa del fischio finale immortalava i volti degli Eroi in una smorfia di liberazione trattenuta.
E quando l'arbitro accostò le labbra al fischietto, il ricordo di una fuga sconvolgente le si affacciò nella mente.
Al terzo anno, non aveva studiato Divinazione.
Neanche lei aveva perso tempo a studiare ciò che non le interessava.

***


Intorno a lui, tutti sembravano aver perso la testa.
I suoi compagni di squadra si stavano abbracciando, ancora a cavallo delle proprie Scope: stavano cercando anche lui, con lo sguardo, lui che ancora volteggiava qualche metro sopra tutti, stringendo il Boccino tra le dita. Persino la Weasley - forse un Bolide l'aveva colpita in testa - lo chiamava a gran voce, affinché si unisse ai cori di giubilo: non poteva che definire buffo, l'effetto inebriante che una semplice vittoria pareva avere su chiunque. Tempo un'ora e la Piattola sarebbe tornata ad odiarlo con tutta se stessa, tempo un'ora e tutti i suoi compagni di squadra si sarebbero ricordati che lui si chiamava Draco. Che si chiamava anche Lucius, come a rimarcare una colpa che dai padri ricadeva sempre sui figli. Che si chiamava persino Malfoy, quasi per scacciare ogni dubbio sulla sua colpevolezza innata.
Intanto, quel Boccino l'aveva preso senza uccidere nessuno.
La Cercatrice francese stava procedendo a capo chino verso gli spogliatoi: forse perchè semplicemente sapeva che era tutta colpa sua, se Beauxbatons aveva perso. A Draco non era sfuggito il movimento completamente sbagliato che aveva compiuto quando aveva indirizzato la Tornado nella direzione in cui credeva di aver visto il Boccino: aveva virato troppo, perdendo il controllo della Scopa per un misero istante, istante che però le era costato caro. Non che avesse avuto qualche possibilità contro di lui già in partenza, ma forse...
- Perffavvore.
Si voltò verso l'uomo che aveva parlato in quel modo così strano, ritrovandosi di fronte l'arbitro, con la mano tesa e pronta ad accogliere il Boccino. Certo, era la prassi, doveva restituirlo...
- Suo nomme?
Per un semplice, effimero attimo fu tentato dal rispondere Potter, o Weasley, solo per vedersi rivolgere un sorriso, o una stretta di mano. Ma, dopotutto, le sue gesta potevano essere giunte anche in Grecia? O semplicemente, per quell'unica persona in tutta Hogwarts, lui era uno studente qualsiasi?
- Malfoy - rispose alla fine.
L'arbitro non batté ciglio, annotando il suo nome sul tabellino, e Draco tirò un sospiro di sollievo.
Sospiro che venne dissimulato da uno dei ghigni che lo avevano reso celebre, quando scorse tra il pubblico della tribuna d'onore una faccia conosciuta. La smorfia sul viso di Harry Potter parlava chiaro sul suo stato d'animo: era l'unico in grado di esultare freddamente, stringendo mani ed abbracciando torsi e contemporaneamente lanciando occhiate di fuoco sia a lui che alla Weasley. A quanto pare, il nobile e puro animo dell'Eroe non era immune all'invidia.
In fondo, Draco realizzò che poteva anche sentirsi una persona quasi normale, durante quegli scampoli di tempo ebbro di felicità. Volò fino a raggiungere i suoi compagni di squadra, pensando bene di abbracciare per sbaglio la Piattola. Quando volse di nuovo lo sguardo verso la tribuna d'onore, lesse sul volto dello Sfregiato qualche altro sentimento non troppo consono alla sua personalità: la gelosia campeggiava sulla sua pelle impallidita con tratti decisi e colori marcati.
Se non avesse avuto un naso full optional, l'avrebbe quasi potuto scambiare per Voldemort.

Fu Madama Bumb, qualche minuto dopo, a riportare tutti all'ordine.
Era lampante che in quel fischio prolungato non c'era neanche un briciolo di compassione per gli sconfitti: c'era solo una prassi da seguire, un terzo tempo da rispettare, che sarebbe cominciato con delle strette di mano e terminato con un lauto banchetto, almeno nelle intenzioni degli sfidanti corretti. Che poi, come in ogni sacrosanta sfida a Quidditch, si finisse per fare a pugni, più o meno di nascosto, lo sapevano già tutti: era per questo che Kevin Bletchley già faceva scrocchiare insistentemente le falangi, squadrando minacciosamente Bernard Lemaire. A quanto pare il francese era colpevole semplicemente di aver fatto il proprio lavoro: in qualità di Battitore, gli aveva scagliato un Bolide addosso, ma il Serpeverde non aveva gradito l'urto della sfera proprio contro la rotula che già tante volte gli aveva teso brutti scherzi.
Ormai a terra, i quattordici giocatori si strinsero amichevolmente le mani. La De La Roche era ancora scossa dai singhiozzi, sebbene poco distante ci fosse una ragazza che le somigliava come una goccia d'acqua a sussurrarle frasi che parevano d'incoraggiamento e conforto; Ginny, invece, non riusciva a non sorridere, nonostante gli sguardi di pura stizza che le venivano rivolti direttamente da tutta l'Oltremanica.
I ranghi si sciolsero subito dopo l'aggiornamento del tabellone con l'esito della sfida, e le due formazioni si diressero verso i rispettivi spogliatoi, l'una imprecando, l'altra bisbigliando eccitata.
Tutto era andato liscio come l'olio, tutto era stato meravigliosamente perfetto.
- Malefoi! Tu es le coupable! - gridò infine qualcuno, giusto un attimo prima di scomparire dietro la porta, in uno strano bagliore forse provocato dalla condensa delle docce già aperte.
Draco si immobilizzò, stringendo i pugni. Non era la prima volta che qualcuno lo chiamava Malfuà: alcuni uomini d'affari stranieri con cui in passato aveva trattato suo padre storpiavano il suo cognome allo stesso modo, seguendo quell'abitudine molto nazionalista che li portava a francesizzare tutte le parole che masticavano. E dal tono con cui qualcuno aveva pronunciato quella frase, ci voleva poco a capire che anche il resto del discorso non significava niente di buono.
La sua fama poteva non essere giunta a Delfi, ma a Parigi c'era arrivata, eccome.
Decise di non dar peso a quell'episodio isolato: era un Malfoy e come tale si sarebbe tenuto fuori dai guai, in quell'eccesso di coraggio che aveva sempre contraddistinto la sua indole. Continuò a camminare come se niente fosse verso gli spogliatoi, e lì lasciò che l'acqua calda gli scorresse addosso come quelle parole che non aveva voluto memorizzare.
Sapeva già che quel calore era solamente un'illusione.
La doccia l'avrebbe lasciato pulito e profumato.
Quelle parole continuavano a farlo sentire sporco.
E quello che fiutava, continuava ad essere l'odore della vergogna.

***


-
Sanos y salvos,
Potter.
Harry fissò quello strano trio formato da Candida, Barnabus ed Hermione, che provava a divincolarsi dalla loro stretta ferrea. Più indietro camminava Percy, senza smetterla di guardarsi intorno, preoccupato da chissà cosa.
- Harry! - Hermione assunse il cipiglio severo che serbava per le ramanzine o per le sfuriate: restava solo da evincere dal resto delle sue parole cosa avesse in programma per quel momento. - Puoi dire a questi tre che so difendermi anche da sola?
Quello era ufficialmente il caso peggiore. Quella era una ramanzina che preludeva ad una sfuriata in separata sede, ed Harry si era appena ricordato che la separata sede lo attendeva entro qualche minuto, di fronte alla loro Sala Comune. Rivisitate a distanza di qualche ora, quelle parole parevano più una condanna a morte, piuttosto che una rimpatriata tra amici.
Harry accennò un sorriso, che Hermione fece scomparire dal suo volto in più un meno un milionesimo di secondo. - Allora?! - sbraitò lei, battendo il piede a terra.
Nella sua breve ma travagliata vita, Harry Potter era stato certo di poche cose, sempre travolto da imprevidibili sorprese mai troppo piacevoli. In quel momento non potè fare a meno di pensare che dopo le sue esperienze con Hermione, con Ginny e, per ultima, anche con Candida, aveva aggiunto un'altra certezza nella sua personalissima lista: se Voldemort fosse nato sotto il nome di Thomasina O. Riddle, le sue speranze di sopravvivenza si sarebbero ridotte al minimo. Serpenti giganteschi, Horcrux e Maledizioni Senza Perdono erano niente, in confronto ad una donna indemoniata.
- Potete... andarvene - deglutì.
Candida gli rivolse uno sguardo di puro disgusto, per poi ammirare estasiata quel pezzo di donna di Hermione. - Quello giovane, querida! Cada oveja con su pareja! Camaròn que se duerme, se lo lleva la corriente! - le bisbigliò rapidamente in un orecchio, prima che Barnabus - con delicatezza - la trascinasse via di lì.
- Cosa ti ha detto? - chiese curioso Harry.
- La curiosità è femmina - borbottò un contrariato Percy Weasley, mentre si allontanava. La seconda Weasley, la seconda Weasley.
- Non saprei - rispose Hermione, un po' più calma. - Andiamo? Vorrei mettere qualcosa sotto i denti, se non ti dispiace.
- Ed io dopo devo vedere Ginny e complimentarmi con lei. Non so cosa potrebbe farmi, se non mi faccio vedere al Banchetto - concluse, allentandosi il colletto della camicia.
- Lei ti terrorizza, Harry - ridacchiò Hermione, mentre si avviava con lui alla volta del Castello. - Cosa c'è, ti ha già lasciato un'altra cicatrice da qualche parte, provando ad avadakevadrizzarti?
L'altro sbuffò. 
- Come sta Ron? - chiese lei, cambiando discorso.
- Bene... sarebbe venuto volentieri oggi, ma non poteva lasciare George da solo ai Tiri Vispi... ci sediamo qui?
Hermione si guardò intorno: erano in un punto piuttosto isolato del Parco, di sicuro un teatro abbastanza appropriato per la discussione che li attendeva. - Non vuoi tornare nella nostra Sala Comune? - chiese, divertita, per poi sederglisi accanto, su un ciuffo d'erba. - Ti manca, eh?
- Guardala - sospirò Harry, alzando gli occhi. - Come si fa a non averne nostalgia?
- Hai scelto un luogo suggestivo per sedersi, Harry - sorrise. - Da qui si vede la finestra della nostra Sala Comune, la Torre di Astronomia... quella laggiù è quella di Divinazione, guarda! Persino il Platano, laggiù in fondo... uno scorcio niente male.
- Non voglio pensarci. - Scosse la testa. - Parliamo di cose serie.
- Che tradotto significa, parliamo di cose che non mi fanno pensare all'enorme stupidaggine che ho fatto.
- Che tradotto significa, se non la smetti ti affatturo.
Hermione lo guardò compassionevole. - Tu? Mmmm... improbabile.
Harry la fulminò con lo sguardo, alzando la bacchetta, che gli sfuggì di mano subito dopo, finendo dritta dritta in quella di Hermione.
- Incantesimi Non Verbali. O meglio, il Tuo Incantesimo, Non Verbale.
Harry incrociò le braccia ed appoggiò la schiena ad un tronco. - Malfoy - disse solamente.
- Sono tutta orecchie - replicò placidamente Hermione, distendendosi vicino a lui.

- Ti dico che lui non c'entra, Harry - ripeté lei per la millesima volta, quando ormai, nella Sala Grande, i commensali dovevano aver già finito gli antipasti: il suo stomaco gorgogliò, protestando.
- Ma come fai ad esserne così sicura? C'era scritto nelle lettere, che ogni richiesta sarebbe stata un inganno, ogni aiuto uno sbaglio!
Hermione alzò gli occhi al cielo. - E sarebbe stato intelligente da parte sua, invitarci a diffidare del suo stesso operato. Un ragionamento geniale, sul serio.
- L'ha fatto apposta. E poi? Guarda caso si è fatto male il Cercatore di Beauxbatons. E, guarda caso, la Scopa dell'altra Cercatrice ha virato in maniera strana, quando lui si è lanciato per prendere il Boccino...
- Può avere sbagliato lei, no? - chiese timidamente Hermione.
Come aveva previsto, Harry si infervorò. - A questi livelli, non si può sbagliare!
- Mi correggo, la gente normale può sbagliare... ma è inutile parlare con te. Continuerai a dubitare di lui? - chiese alla fine, esasperata.
- Tutti gli indizi...
- Appunto, Harry! Sono indizi, non prove!
La guardò, un po' stanco di quella discussione. - Proverò a cercare anche in altre direzioni, va bene?
Hermione sapeva benissimo quanto flebile fosse quella promessa, ma decise di crederci lo stesso. - Va bene - e sorrise.
- Andiamo?
- Preferisco aspettare altri cinque minuti qua, Harry. Tu avviati, devo un po' far sbollire l'agitazione... mi hai fatto passare la fame - e gli fece l'occhiolino.
- Come vuoi, io vado, o Ginny...
Non seppe mai cosa gli avrebbe fatto Ginny, perchè nel giro di un istante l'amico aveva già ripreso la sua bacchetta, aveva già iniziato a correre verso l'ingresso del Castello, e nel giro di due istanti si era già seduto fra le autorità, senza dimenticarsi di salutare la fidanzata con un bacio mozzafiato.
A Draco Malfoy, invece, il fiato si mozzò quando un Homenum Revelio lo sbalzò fuori dal suo nascondiglio artigianale: una siepe poco lontana dal punto in cui Hermione ed Harry avevano discusso per mezzora.
- Come diav...?
- Bagnoschiuma. Non saprei dirti quale usi, ma sono abbastanza sicura che nè io nè Harry abbiamo avuto il tempo per una doccia, negli ultimi minuti. Se siete uomini e non vi rendete conto di quanto sia compromettente andarsene in giro con un odore simile addosso, non è certo colpa mia.
- Ti fidi così tanto di me, Mezzosangue?
Hermione smise di dissertare sulla netta superiorità dell'olfatto femminile su quello maschile, stupita per l'inequivocabilità della domanda. Non si aspettava una replica così decisa, da parte di Draco, non subito, almeno. - Olio di noce.
- Cos'è, la vostra nuova Parola d'Ordine? Non ho tutta questa voglia di fare un salto nel vostro Dormitorio stracolmo di onore e coraggio, Mezzosangue...
- E' il tuo profumo. L'ho sentito a casa mia, ne avevo uno simile... e poi anche l'anno scorso, quando eravamo... in fuga.
Draco alzò gli occhi al cielo. - E quindi...?
- E' buono - rispose, e scrollò le spalle.
- Granger, stiamo sul serio parlando di un po' di sapone?
- La bacchetta di tua zia era di noce. Quel legno sapeva di te.
Draco spezzò un arbusto, preso dall'ira. - Ti fidi di me, o no?
- Potrei aver finto, con Harry. Sapevo che eri lì dietro.
- Mezzosangue - la prese per un polso, schiacciandola contro il tronco che aveva sorretto la schiena di Harry. - Non ho tempo per questi giochetti. Anche i francesi sospettano di me: sono stanco.
Hermione perse un battito, nel ritrovarsi intrappolata tra lui e l'albero: non si aspettava che perdesse la pazienza in quel modo. - Credo di fidarmi di te - rispose in un soffio.
Si sentì più leggera, quando tutta quella noce le si tolse di dosso.
Si massaggiò il punto in cui la corteccia del tronco aveva graffiato la sua schiena per poi spezzarsi in qualche scheggia e cadere giù, mescolandosi alla terra.
Puzzava di noce ed era violento come lei.
Malfoy, poco lontano, teneva le mani in tasca, indugiando poco lontano dalla borsa con la tenuta sportiva, quasi in attesa. - Andiamo? - chiese dopo un'eternità.
Hermione indugiò.
- Lo so, che hai fame: non c'è più nessuno Sfregiato da allontanare con una scusa. Muoviti.
Non aveva decisamente più niente, da obiettare.
- Sembravi un bambino, Malfoy.
L'altro si voltò, fermandosi di scatto. - Eh?
- Sulla tua Scopa, sembravi un bambino emozionato, anche se non lo davi a vedere. Se vuoi che io ti creda, voglio che tu ti comporti come il Cercatore che ho visto in Campo, non come il nipote di Bellatrix Lestrange che mi ha sbattuta contro ad un tronco.
- Non avrai le mie scuse, se le stai chiedendo, Granger.
- Non era una richiesta di scuse, la mia. Era un avvertimento. Fai il bravo bambino, Malfoy.
E accelerò, varcando per prima l'ingresso della Scuola.
E lui rimase lì, immobile, e dopo un po', per qualche strano motivo, sorrise.

Aveva stretto la Firebolt a sè con un gesto protettivo, e in un attimo gli era parso di avere di nuovo dodici anni.
Un
bambino.
Lui non si era comprato l'ammissione in Squadra.
Anche lui era stato scelto per il talento.

Si era visto abbracciato ad una Nimbus Duemilaeuno, a dare per la prima volta della Sanguesporco ad una Hermione zannuta e petulante.
L'aveva visto anche lei, che era un Cercatore con le palle.
Aveva preso quel Boccino, e senza ucciderla, quella Cercatrice Gallica.


La Granger non avrebbe mai saputo che se Hogwarts aveva vinto, lo doveva anche a lei.
Che una vittoria a Quidditch fosse quasi opera sua, era quasi più irrazionale ed incredibile di una favola di Beda il Bardo.
Purtroppo per Draco Lucius Malfoy, qualcuna di quelle favole un fondo di verità ce l'aveva.

***








Roba da chiodi, l'ho finito, se Dio vole.
Ma ora vi attendono le note, che fooorse sono ancora più lunghe del capitolo stesso. xD




NOTE:

- Nelle prime righe ci sono riferimenti a Harry Potter e la Camera dei Segreti ed a Harry Potter e la Pietra Filosofale.
- La traduzione del dialogo tra Hermione e Sébastien è questa:
    "Solamente io, non è vero?"
    "Solamente tu."
    "Lei non mi lascia andare..."
    "Lei ha ragione. Lei ha sempre ragione."
    "Grazie signora."
    "Mi chiamo Sébastien."
    "Io sono Hermione."
    "Ermionè?"
    "Parli inglese, Sébastien?"
    "Ho perso il controllo... la mia Tornado mi ha disarcionato, buttato giù, capisci?"
    "Hai dolore?"
    "Respira, Ermionè! Questo è Quidditch!"
    "Molte grazie, mia cara. Spero che... vedere ancora, capisci?"
- Le parole francesi orribilmente massacrate da Barnabus sono nell'ordine "Pardon, Monsieur", ovvero "Mi scusi, signore",  "Chérie", ovvero "Tesoro", "charme", "nonchalance" e "aplomb".
- Niente di nuovo sotto il sole, è una citazione biblica.
- "Buenos dìas" significa "Buongiorno".
- Apolline Dauphine De La Roche (si nota l'assonanza? xD) è la sorella della protagonista di Loony Parents. Ho deciso, date le molte richieste, di far apparire la mia Amandine Delphine anche in questa storia (è anche in questo capitolo, anche se non nominata apertamente).
-
Lui non si era comprato l'ammissione in Squadra. Anche lui era stato scelto per il talento. Ho ripreso le parole usate da Hermione - anche se ovviamente in maniera opposta - contro Malfoy al secondo anno, quando era entrato nella squadra di Serpeverde grazie all'acquisto di sette Nimbus Duemilaeuno per lui e per i suoi compagni.
- L'allenatore di Beauxbatons e tutti i giocatori di Quidditch nominati in questo capitolo, tranne ovviamente Ginny e Draco, sono personaggi originali: Thomas Corner l'ho immaginato come fratello minore di Michael Corner di Corvonero, Kevin Bletchley è il fratello di minore di un Serpeverde più 'anziano', che mi sembra facesse il Portiere quando Harry frequentava ancora il primo anno.
- "Querida" significa "Mia Cara".
- Chiedo perdono al Signore Oscuro per la battuta sul naso full optional e per il successivo gioco di nomi con Tom/Thomasina. E per averlo paragonato a Ginny, sia chiaro.
- Il terzo tempo è un'abitudine nata col rugby, che poi l'ACF Fiorentina (mia adorata!) ha tentato di trasmettere anche al calcio, con scarsi risultati, c'è da dirlo: consiste nel far salutare i giocatori come persone civili e di far trascorrere loro la serata successiva alla partita in armonia e fratellanza. Nul rugby ciò non è fantascientifico, nel calcio sì: dato che il Quidditch in quanto a comportamenti mi sembra più simile al secondo, ho deciso di ipotizzare che i saluti amichevoli non fossero poi così autentici.
- Malefoi! Tu es le coupable! significa "Malfoy, sei tu il colpevole!". Ringrazio Rea per avermi concesso la sua stessa lettura alla francese per il cognome di Draco.
- Che i francesi francesizzino ogni vocabolo straniero non è una mia invenzione, ma è vero e sacrosanto.
- Nell'ordine, Candida dice: "Sani e Salvi", "Ogni pecora con il suo montone" e "Il gambero che dorme se lo porta via la corrente".
- Lo scorcio è un omaggio-citazione al mio lettore vero, che crede di avermi mostrato la vista più suggestiva di tutta Firenze. E' un pallone gonfiato, sì. u_u
- Homenum Revelio è un Incantesimo che svela la presenza di persone nascoste nell'ambiente circostante.
- La bacchetta di Bellatrix è davvero di noce, lo dice la Row ne I Doni della Morte.
- Le Favole di Beda il Bardo le conoscerete tutti, più o meno. Il fondo di verità a cui mi riferisco è quello della Favola dei Tre Fratelli, legata ai Doni della Morte e blablabla.








Credo di aver scritto tutto, ma con questo capitolo, non si sa mai. -.-'
Sapete dove trovarmi... qui .
Mi dileguo :D
Un bacio ed un grazie enorme a tutte/i voi.















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Capitolo 12
*** La Gloria è a Pagina Quattro ***


8.


La Gloria è a Pagina Quattro



A Barbara, perchè il 27 era il suo compleanno e io, come al solito, i regali li faccio in ritardo.
Alle mie Sex and the Slyth, e non c'è neanche da dire perchè.

Al mio unico lettore vero, che non è più solamente un lettore e anzi, è MIO e basta.
Alla neve.
E, per una volta, a Trenitalia e ai suoi disagi.









I Tornei scolastici portano solamente rivalità?
Leggere per credere!
(Continua a pagina 4)

La lettura della Gazzetta del Profeta non era sempre piacevole, quando si era in possesso di un cervello e di uno spirito di autocritica anche debole.
Barnabus Cuffe non aveva mai esitato a schierarsi dalla parte di chi comandava, o semplicemente a favore delle sue personalissime idee e convinzioni. Inutile dire che la sportività non era contemplata in un quotidiano orientato come pochi: gli articoli sul Torneo Trescope rasentavano l'Apologia di Hogwarts, esaltando le meravigliose prestazioni degli eroi inglesi e quasi denigrando le incolori gesta degli avversari, colpevoli, secondo gli autori degli articoli, semplicemente di essere nati Oltremanica. Le ironie su creste, zampe e penne di Gallo si sprecavano, sebbene potessero essere colte solo dai lettori più attenti: soltanto la prima pagina poteva essere sufficiente per guadagnarsi denunce ed ingiunzioni, se solo qualcuno si fosse preso la briga di perdere tempo con
Cuffe e i suoi sudditi.
Perlopiù, Beauxbatons si limitava a sorridere di quel sarcasmo gratuito: più le labbra degli studenti e dei professori francesi si distendevano in smorfie di serenità, e più covavano all'interno sentimenti di ripicca e di vendetta, già più che determinati a trionfare nel girone di ritorno. In definitiva, trovare un Gallo sorridente per i corridoi di Hogwarts equivaleva a rischiare la vita, come già aveva sperimentato Kristen Bell. Che poi lei inciampasse di normale in qualsiasi asperità del terreno era cosa risaputa, ma nessuno poteva negare che Bernard Lemaire avesse bisbigliato qualcosa a labbra serrate, facendole piegare le ginocchia in maniera innaturale. Ovviamente lei non si era fatta niente di male: i continui urti e contorsioni a cui erano sottoposti i suoi arti l'avevano resa più o meno di gomma, ma era innegabile che l'atmosfera dentro Hogwarts fosse tesa e quasi pericolosa.
Era soprattutto Hermione Jean Granger a storcere il naso, di fronte a questa situazione di rivalità portata all'ennesima potenza. Camminare per Hogwarts non era mai stato esattamente equivalente ad una scampagnata in pace ed armonia: gli appartenenti alle quattro diverse Case non si erano mai preoccupati di mostrarsi accondiscendenti nei confronti dei rivali, ma al di là di qualche Densaugeo o Sectumsempra, era sempre rimasto tutto sotto controllo e facilmente arginabile grazie all'intervento di Professori e non. Che poi la situazione dovesse inevitabilmente peggiorare, lo asserivano la Legge di un certo Murphy e la semplice esperienza personale: tutto era precipitato man mano che si appressava la Seconda Guerra Magica, ed anche adesso che questa si era conclusa, una nuova Guerra solo in apparenza più leggera funestava gli animi degli studenti.
Ginevra Molly Weasley poteva essere definita la nuova Bellatrix Lestrange, se solo l'esistenza dell'una non avesse precluso quella dell'altra. La determinazione con cui sfilava a testa alta di fronte a qualsiasi studente francese era ammirevole quasi quanto la cieca fedeltà della sua quasi-assassina nei confronti del Signore Oscuro: c'era anche da dire che entrambe avevano - o avevano avuto - l'innata capacità di sapersi difendere benissimo da sole, ed anche quella di attaccare a sangue freddo, nel caso si fossero sentite minacciate.
Kevin Bletchley e Bernard Lemaire erano alla fine riusciti a darsele di santa ragione: si erano sfidati a duello per poi finire col picchiarsi senza alcun tramite, come dimostravano le loro nocche sbucciate. Casualmente, entrambi ripetevano che erano caduti per le scale, addirittura nel medesimo istante: a quanto pareva, avevano qualcosa in comune, ovvero lo spasmodico terrore di essere buttati fuori dalle rispettive squadre e dal Torneo in generale.
Gli unici rimasti fuori dagli schieramenti erano paradossalmente i giocatori più di spicco. Draco Lucius Malfoy ed Apolline Dauphine De La Roche transitavano nei corridoi solamente quando questi erano deserti o quasi: eppure non erano pochi gli studenti che cercavano il primo per congratularsi con lui o la seconda per consolarla, per quanto fosse possibile.
Hermione Granger accantonò la propria copia della Gazzetta, non appena ebbe scorso tutta pagina tre: non c'era niente che la interessasse e, oggettivamente, aveva di meglio da fare.
Da completa ignorante in materia di Quidditch, riteneva di avere tutti i requisiti per un interrogatorio in piena regola: da donna, si credeva anche perfettamente in grado di parlare con una sua simile e, nel migliore dei casi, di riuscire a tirarle su il morale. Restava solo da superare lo scoglio non indifferente che aveva fatto nascere lei ed il suo obiettivo in due nazioni differenti: da paladina dell'amore tra i popoli riteneva di poter uscire indenne da questa difficoltà iniziale, ma certamente non aveva considerato il fatto che spesso lo sport riusciva a creare più inimicizie di un'invasione barbarica. Si chiese cosa avrebbe pensato De Coubertin, se fosse nato in quell'epoca ormai lontana dal 1896; si chiese anche cosa avrebbe fatto l'Hermione Granger dell'anno ormai passato, dopo essere stata rispedita per tre volte a debita distanza dagli alloggi di Beauxbatons.
Forse avrebbe ingerito Polisucco, se solo avesse avuto il tempo di prepararla, o di rubarla, o di procurarsi capelli, peli o unghie di qualche francese.
Forse si sarebbe nascosta sotto il Mantello dell'Invisibilità, se solo non fosse stato custodito da Harry Potter nel buio di Grimmauld Place.
O forse avrebbe improvvisato, che era quello che si richiedeva ad una Strega scaltra ed imprevedibile.
Del resto, non si poteva certo pretendere che una bacchetta risolvesse sempre tutto.
Si alzò, con una strana luce negli occhi; si affacciò sul cortile, scrutando attentamente i ragazzi impegnati nelle più disparate attività.
Poi lo vide, e ghignò.
Forse ciò che stava per fare andava contro i suoi ideali, ma c'era anche da considerare che il suo ideale principale non era esattamente l'essere onesta, proba, leale. Il primo comandamento di Hermione Jean Granger recitava: fai tutto ciò che rientra nelle tue possibilità, pur di ottenere il risultato più giusto. Forse era un modo carino per sottolineare come il fine giustificasse i mezzi, ma a lei piaceva più la sua personalissima versione del detto.
Si guardò per l'ultima volta allo specchio, pregando affinchè l'Incantesimo temporaneo con cui aveva stregato i suoi capelli resistesse almeno per un'ora. Poi, uscì dal Dormitorio e dalla Sala Comune, senza dimenticare di mettere in ordine i libri e le pergamene su cui aveva studiato fino a poco prima.
Chi la incrociò per scale e corridoi ridacchiò, ma lei non si premurò di scoprire il perchè di quell'atteggiamento: forse le erano rimasti cinquantanove minuti di capelli presentabili, e non poteva sprecarne neppure uno.
Intanto, mentre lei usciva nel Parco, un'altra Hermione Granger era rimasta in Dormitorio, piegata a metà.
E mentre lei raggiungeva la sua preda, la stessa preda era appoggiata sul suo letto, con occhi ammaliatori e modi gentili.
Entrambe le prede baciarono le mani di due Hermione Granger in perfetta sincronia.


***

Ronald Bilius Weasley non avrebbe mai immaginato di associare la parola Hermione alla parola Quidditch.
A quanto pareva, l'illustre Direttore della Gazzetta del Profeta non la pensava come lui, dal momento che aveva scritto ripetutamente quei due vocaboli all'interno dello stesso articolo: un articolo discretamente importante, se si trovava a pagina quattro.
Molly Weasley, in quella fredda domenica, amalgamò il contenuto delle sue pentole con più energia del solito: nel corso degli anni aveva amato Hermione ogni giorno di più, quasi elevandola al livello degli altri sette - sei - figli, ma grazie all'ormai celebre pagina quattro non poteva fare a meno di ripensare a come l'aveva definita al quarto anno. Si sa, una madre individua più facilmente le donne scarlatte al di fuori del proprio nido, persino quando nel proprio nucleo familiare ne ha una verso cui puntano tutti gli indizi: che la piccola Ginny fosse rossa di capelli ed avesse cambiato tre fidanzati nel giro di un anno era del resto cosa normale e per niente indicativa, se paragonata alla passione per i giocatori di Quidditch che almeno Hermione dilazionava negli anni.
- Non può essere - mormorò Ron, con lo sguardo fisso di fronte a sè.
- Via, fratellino... ha tutte le ragioni per vedere qualcun altro, dopo essere stata mesi e mesi con te! - esclamò George, dandogli una pacca sulla spalla talmente forte da farlo finire con la faccia nella zuppa di farro.
- Effettivamente è un po' prestino - sibilò Molly a denti stretti, puntando la bacchetta verso il lago marrone che deturpava la tovaglia candida.
- Mamma, non cominciare - si intromise Percy. - Io c'ero ad Hogwarts, e non ho mai visto Hermione insieme a quello.
- Mangiamo? - chiese timidamente Arthur, non appena notò la scintilla minacciosa nello sguardo della moglie.
Molly parve riflettere qualche secondo. Alla fine, in preda a chissà quale ispirazione, si mise a sedere. - Noi amiamo Hermione. E la Gazzetta... è spazzatura, sì. - Agitò la bacchetta rapidamente, servendo zuppa a tutti gli astanti. - Ma tu, Ronnie, proprio non...?
- No, mamma - rispose l'altro, impugnando il cucchiaio.
La madre sospirò. - Sicuro? - riprovò, guardandolo di sottecchi.
- Posso? - intervenne una nuova voce, risparmiando a Ron la fatica di rispondere all'ennesima domanda ovvia.
- Harry caro! - esclamò la signora Weasley, scattando in piedi ed abbracciandolo - alle sue spalle, Percy stava cercando di affogarsi nel piatto. - A cosa dobbiamo la tua visita? - continuò, invitandolo a sedersi.
- Lavoro, purtroppo, ma... può attendere.
- Hai già mangiato, Harry caro?
Harry scosse la testa ed immediatamente un piatto, delle posate ed un bicchiere gli apparvero davanti.
- Come procede a Diagon Alley? - chiese, portandosi il cucchiaio alle labbra.
Ron scrollò le spalle. - Normale. Riceviamo sempre un sacco di ordini... ma non dirlo a Hermione: non sono sicuro che i nostri articoli siano ammessi a Hogwarts.
- Credo che sia l'ultimo dei problemi di Hermione - borbottò Molly.
Ron le lanciò un'occhiata in tralice. - Ne parliamo dopo, Harry.
L'amico annuì in silenzio, continuando a mangiare. Cosa strana ma vera, quel giorno la Tana fu silenziosa: per la prima volta la famiglia Weasley riuscì ad udire le posate che tintinnavano nei piatti.

- Allora, perchè sei qua? - chiese rapidamente Ron, subito dopo essersi richiuso alle spalle la porta della camera.
- Hermione pensa che Malfoy non c'entri niente con questa storia.
Ron deglutì. - Effettivamente, potrebbe...
- Tu non l'hai vista la partita, Ron! - sbottò Harry, furioso. - Non è umanamente possibile che due Cercatori di Beauxbatons siano stati messi fuori uso...
- Due?
- Il primo era infortunato da qualche giorno, era quello della lettera.
- Ma l'altra non ha giocato, ieri?
- Sì, ma ha giocato male.
Ron non era mai stato molto sveglio e veloce e capire alla prima le insinuazioni degli altri: non era tonto ma, 
come amava ripetere, amava meditare. Quella frase di Harry l'aveva in effetti lasciato un po' basito, ed in preda alle sue farraginose elucubrazioni mentali non riusciva ad arrivare ad una degna risposta da offrire all'amico. Gli sfuggiva proprio il collegamento tra Malfoy ed il 'giocar male', e la smorfia perplessa che aveva impressa sul volto non doveva aver reso troppo felice Harry.
- Ron, ha sbagliato una mossa facilissima. E' stata chiaramente Confusa.
Ron parve soppesare a lungo le parole, prima di cominciare a dire la sua. - Ma deve essere stato per forza Malfoy? Voglio dire, Harry... tutta Hogwarts voleva vincere quella partita...
Certe cose si potevano arginare: un Protego poteva affievolire l'effetto di una maledizione, un Mantello dell'Invisibilità poteva difendere da sguardi indesiderati, una parola non detta poteva risparmiare discussioni ed imprecazioni a non finire. Certe cose, al contrario, non potevano mai essere evitate, e la rabbia di Harry Potter era tra queste. - Sei sempre stato dalla sua parte!
Il rosso strabuzzò gli occhi: difendere Malfoy non era esattamente rientrato nelle sue corde, in sette anni di conoscenza.
- Non da quella di Malfoy, da quella di Hermione! - precisò l'Eroe, esasperato. - Cerchi sempre di darle ragione, per non farla arrabbiare e per star bene con lei!
- Nel caso ti sia sfuggito qualcosa, Harry... io e Hermione non siamo più fidanzati - annunciò gelido.
Harry parve sgonfiarsi, come se quella risposta così fredda avesse avuto la consistenza di una lamina di ghiaccio, lucida ed acuminata. - Scusami - borbottò, qualche minuto dopo. - E' che... mi manda in bestia, non capire.
- L'anno scorso siamo stati mesi senza capire, Harry. Eppure ero io quello che perdeva la testa... non tu. Lascia perdere, allontanati da questi pregiudizi indiscriminati. Mi costa fatica dirlo, ma per una volta, credo che Malfoy non c'entri davvero. E poi, nessuno si è davvero fatto male finora...
- Il Cercatore francese...
- Sta bene, Harry. Rilassati un po'. Ed ascolta Hermione... voglio dire, è accaduto spesso che avesse ragione lei, no?
Che Ronald Weasley avesse tutte le buone ragioni del mondo, era qualcosa di cui non si poteva assolutamente dubitare.
Certo, Ronald Weasley non era Harry Potter, nè aveva mai imparato a ragionare come il suo migliore amico.
Il fatto di avere torto era una cosa che lui aveva imparato ad accettare, nel corso degli anni, comportandosi spesso da persona immatura e poco ragionevole.
Harry Potter si era altresì comportato in determinate occasioni nello stesso identico modo.
Il problema era che il suo 'tutto è bene quel che finisce bene' equivaleva al 'fine che giustifica i mezzi' oppure al simile comandamento di Hermione.
Che lui avesse avuto torto in più occasioni era cosa risaputa ed inequivocabile; che i suoi torti continui e reiterati avessero portato alla sconfitta di Voldemort era una cosa altrettanto insindacabile ed inconfutabile.
Saltando un po' di passaggi, in nome di qualche proprietà associativa mutuata dalla matematica che gli era stata impartita prima di approdare a Hogwarts, la conclusione era una sola, ovvero che lui non aveva mai veramente torto.
E che quindi, Malfoy c'entrava per forza qualcosa.
Sorrise a Ron, in un segno d'accondiscendenza che celava un significato tanto evidente quanto falso, ed altri tanto reconditi quanto autentici.
Ron avrebbe colto solo un "Avete ragione, cercherò in altre direzioni".
Hermione avrebbe colto tutto il resto.
Ma, per fortuna - per sfortuna - lei non era lì.


***

A Draco Malfoy era sempre piaciuta la Gloria.
Era sempre stato attratto in maniera quasi morbosa dalla figura di suo padre, che quella gloria pareva potergliela garantire, aveva sempre amato seguirlo nei luoghi frequentati dai suoi amici, veicoli apparentemente infallibili per un futuro illustre e quantomai sicuro: non si era mai curato del rischio di continuare a vivere nella sua ombra, se quell'ombra poteva essere efficace quanto quella di un salice in pieno luglio. Purtroppo per lui, proprio vivendo alle fronde dei salici si era reso conto che se quelle piante venivano soprannominate 'piangenti' c'era un motivo più che evidente: quella Mano della Gloria che aveva bramato da Magie Sinister amava rifilare carezze e schiaffi a chi la sfiorava, e i Malfoy avevano ricevuto dei cazzotti in piena regola.
Se era vero che quella Mano possedeva la millantata proprietà di far luce solamente a chi la Gloria la teneva stretta in pugno, Draco non si era mai sentito al buio come in quel momento.
Fino a qualche tempo prima, non avrebbe esitato ad accogliere col sorriso sulle labbra tutti coloro che gli si avvicinavano per congratularsi con lui.
Era quello che aveva sempre desiderato, no? Essere sempre al centro dell'attenzione e del favore di tutti, come era sempre capitato a Potter. Come era capitato anche a Weasley, per chissà quale buona sorte lo avesse affiancato all'Eroe. Come era sempre capitato - soprattutto - alla Granger.
Senza mezzi termini, lui li invidiava - lui la invidiava. Era solo per colpa di chissà quale destino beffardo, che quei tre si fossero sempre trovati nel momento giusto, al posto giusto: era un caso anche il fatto che avessero sempre scelto di agire nel modo più giusto, beffandosi dei mille e più motivi che avrebbero potuto decretare la loro sconfitta. Sfidare un Troll ad undici anni? Una bazzecola, per il Trio. Penetrare fino alle profondità di Hogwarts, fino a scovare la Camera dei Segreti? Una stupidaggine. Sarebbe potuto andare avanti con altri mille esempi, se solo avesse avuto la voglia di ripercorrere - senza sorrisi - le tappe che avevano condotto quei tre alla Gloria più assoluta.
Per lui, invece, niente era mutato, negli anni. Era sempre rimasto quel ragazzino pallido, spocchioso ed arrogante che arrancava alle spalle dei più forti, che tramava ai loro danni, complottando con le Rita Skeeter e le Umbridge che fossero passate di lì, che falliva, rigorosamente ed inevitabilmente, ogni anno, in qualsiasi azione di disturbo si fosse cimentato. C'era una sorta di bolla di vetro a dividerlo da quei tre, una bolla che difendeva loro da ogni cosa e che quando si infrangeva, le sue schegge le gettava addosso a lui.
Si era reso conto solamente con il tempo che forse era giusto così.
Gli erano bastati pochi mesi tra le fila di Voldemort per capire quanto fosse sbagliato tutto ciò che lo circondava. E non per chissà quale ravvedimento riguardo alle sue convinzioni - figuriamoci, Purosangue era e tale rimaneva - ma perchè quella dannata Guerra l'aveva toccato più di quanto lui stesso potesse immaginare: era la sua famiglia ad aver perso l'onore, era stato sua padre a vedersi sfuggire di mano la Gloria. Il tonfo di quella bolla era stato più grosso: le schegge sprigionate non si erano limitate a gettargli un po' di cristallo sui vestiti, ma l'avevano tagliato, accoltellato, ferito. Gli eventi l'avevano pugnalato, di nuovo: in quella specie di gioia repressa per la conclusione delle ostilità, era riesploso quell'orgoglio leso, quell'invidia incontrollabile per coloro cui la guerra aveva portato nuova Gloria, qualunque ne fosse stato il prezzo.
Insieme all'odio, per quanto si sforzasse di negarlo, aveva ruggito un altro sentimento, quello che fino ad allora aveva nutrito unicamente per Lucius. L'ammirazione gridava gratitudine nei confronti degli Eroi, ma al tempo stesso giaceva silenziosa, nascosta e soffocata.
Quella stessa ammirazione che Hogwarts gli stava tributando in quel momento, volatile ed effimera come un alito di vento.
Ammirazione che - figuriamoci - dagli Eroi non gli arrivava neanche per sbaglio.
Non si aspettava niente da Potter, non lo aveva mai fatto. Del resto, non si era aspettato un cesto di primizie o una fornitura mensile di Whisky Incendiario, come ringraziamento per la sua prova di attore a Malfoy Manor, quando aveva finto di non riconoscerlo per salvarlo dalle grinfie di sua zia. E da Weasley doveva aspettarsi forse un biglietto di auguri per Natale? Dalla Granger no di sicuro, dopo tutte le offese che le aveva rivolto.
Di certo, il pensiero di congratularsi con lui non l'aveva neanche sfiorata, quando le era passata davanti veloce come un treno, rischiando persino di urtarlo con la forza della sua determinazione. Dennis Canon stava continuando a blaterare qualcosa sulla sua meravigliosa virata per prendere il Boccino, quando la Granger lo aveva asfissiato con il suo profumo, passandogli ad un centimetro di distanza, diretta verso il Parco. Forse ci aveva fatto il bagno nell'acqua di colonia, dato che quella puzza continuava ad aleggiare intorno a lui, immobile e stantia come un formaggio muffito.
Se solo avesse saputo che del Trio era quella che ammirava di più, forse si sarebbe fermata - non che gliene importasse qualcosa, del rispetto di una Sanguesporco.
Quell'ammirazione taciturna era qualcosa che non poteva evitare, come non poteva evitare di impomatarsi il ciuffo o di rivolgersi con deferenza ai coniugi Malfoy.
La Granger era l'unica del Trio che, in fondo, meritava un po' di Gloria. Potter si era ritrovato ad essere il Prescelto diciassette anni prima, e non certo per una sua decisione: gli eventi gli erano piombati addosso, spazzando via la sua famiglia ed incaricandolo di una missione che aveva onorato nel modo migliore - o quasi. Weasley l'aveva seguito per quella stupida amicizia cieca che lo legava a lui: l'aveva seguito anche per essere all'altezza dei fratelli, per quanto potesse negarlo. La Granger, invece, che motivi poteva avere per rischiare la vita giorno dopo giorno? Perchè non si era nascosta da qualche parte, perchè non era sparita non appena la situazione fosse stata la più propizia per farlo?
Per quanto la ritenesse stupida - fosse stato in lei, sarebbe emigrato dall'altra parte del mondo, pur di non ritrovarsi coinvolto tra Mangiamorte, Ordine della Fenice e Auror - non poteva fare a meno di ammirarla. In silenzio, com'era ovvio. Odiandola, così come doveva essere.
Ma non erano forse i più stupidi ad avere l'incoscienza necessaria per diventare degli Eroi?
Lui era semplicemente troppo intelligente per tutte quelle complicazioni.
Continuò ad ascoltare Canon e qualche altro piccoletto che sproloquiava intorno a lui, con la mente altrove.
Prendere un Boccino non era la Gloria.
La Gloria aveva smesso di cercarla non appena la sua ricerca aveva cominciato a schiacciarlo, come un'insignificante formica scalpitante.
Era destino dei Malfoy crearsi una propria Gloria, fittizia, evanescente, di facciata.
La Gloria vera era per gli eroi.
La Gloria autentica era per la Granger.


***


Hermione Jean Granger era nata curiosa: quella smania di sapere e di scoprire che si portava dietro da sempre non era qualcosa che aveva imparato con il tempo, ma qualcosa che era sbocciata insieme a lei il 19 settembre del 1979, quando aveva allungato le manine ancora tozze per esplorare il volto della madre che ancora non poteva vedere. Nessuno aveva capito che quel gesto non era unicamente il riflesso inconsulto di una neonata: Hermione era stata scambiata per una bambina normale, vivace, ma fondamentalmente ordinaria.
Anche a lei stessa non piaceva porre l'accento su quella voglia irrefrenabile di conoscere e partecipare in prima persona ad ogni azione o evento si verificasse nei paraggi: essere la migliore amica di Harry Potter era già una motivazione più che valida per trovarsi sempre al centro dell'attenzione con lo spirito necessario ad affrontare situazioni d'ogni sorta, e a lei piaceva 'dare la colpa' all'amico di ogni suo coinvolgimento nella gesta eroiche che la riguardavano da ormai sette anni.
Di certo, a Hermione la Gloria non era mai piaciuta. Non si era gettata in ogni avventura con l'intenzione di uscirne da trionfatrice assoluta: lottava semplicemente per le sue convinzioni, in nome dell'amicizia per Harry, Ron, Ginny e gli altri, in nome di quegli ideali in cui credeva con tutta se stessa, in nome di un masochismo irrefrenabile che la portava a rischiare la vita di giorno in giorno. Non aveva mai contemplato l'ipotesi della fuga, neanche quando i rastrellamenti di Ministero e Mangiamorte miravano a colpire lei come Sanguesporco più di chiunque altro: era stata in prima linea sempre, anche quando la speranza di una vittoria era diventata flebile come un sospiro.
In quel momento, sentiva di meritarsi un po' di riposo. Sentiva. Il suo corpo ne era più che convinto, così come gran parte della sua mente. Era lei a non esserne pienamente sicura. Certo, lo sforzo che avrebbe dovuto impiegare in quell'occasione era minimo, se non addirittura irrisorio, in confronto a quello infuso contro Voldemort: forse era minimo addirittura il pericolo corso, dato che quell'allocco di Sébastien Bonaud era caduto dalla Scopa senza conseguenze - magari ce ne fosse stata qualcuna, si ritrovò a pensare malignamente.
Per l'appunto, l'allocco era appollaiato nel Parco, steso pigramente in mezzo a qualcuno dei suoi compagni francesi - compagne, più che altro: pareva disteso e tranquillo, nonostante la sconfitta della sua squadra - molto probabilmente, lo era perchè lui, in quella sconfitta, non c'entrava niente, anzi ne era la prima vittima. Non era ancora così vicina a lui, quando lo vide strabuzzare gli occhi.
- Ermioné!
Respira,
Hermione. E che diamine, non poteva neanche respirare, senza ripensare a quel fantomatico odore di Quidditch - e a quello meno fantomatico di noce.
- Sébastien! Stavo cercando proprio te! - esclamò, ripetendosi fino allo sfinimento che avrebbe mentito a fin di bene.
Lui le baciò la mano - anche lui, le baciò la mano.
- Ermionè, je suis très heureux de vous voir! Tu es très jolie, aujourd'hui.
Non le era mai piaciuto il francese, così carico di accenti che poco si confacevano alla praticità del suo linguaggio: quel giorno, lo odiò, nella maniera più assoluta.
- Merci, Sébastien. Comment ça va?
- Très bien. Madame
Scips a été merveilleuse.
Per un momento Hermione immaginò la smorfia di disgusto che Poppy avrebbe articolato, se solo si fosse sentita chiamare Scips.
- Vorrei chiederti una cosa, Sébastien. - L'allocco annuì, un po' disorientato dal cambio di tono e - soprattutto - da quello di lingua. - Com'è che sei esattamente caduto dalla Scopa?
Il Cercatore parve perplesso, addirittura quasi titubante. - Pourquoi...?
- Stavi bene? Ti girava la testa? Hai avuto un mancamento?
Che nella mente del francese si stesse agitando un guazzabuglio medievale era lampante: non era un abile attore, questo era poco ma sicuro.
- Oui - proclamò alla fine, col petto in fuori. - Mi sgirava la testa, per questo sono caduto.
In quello stesso istante, a Hermione crollò il mondo addosso. Quell'ammissione significava una cosa sola: Confundus.
- Ma Ermionè, non parliamo di moi. Parliamo di noi.
Forse, cinque secondi prima a Hermione non era crollato proprio tutto il mondo addosso. Se c'era qualcos'altro che poteva cadere, l'aveva appena fatto: si era sentita piombare l'Africa intera sulla testa, poi le Americhe e poi l'Antartide, il tutto bagnato a dovere dall'Oceano Atlantico.
- Noi? - sillabò piano, con un soffio di voce.
- Oui... noi! Siamo belli insieme, no?
Aveva ricevuto pochi apprezzamenti sul suo aspetto fisico, da quando era a Hogwarts. C'era stato quello timido di Neville, quando l'aveva invitata invano al Ballo del Ceppo, c'erano stati quelli di Viktor Krum, che al Ballo ce l'aveva portata davvero ed aveva provato ad instaurare con lei qualcosa di diverso dall'amicizia; c'erano stati quelli amichevoli di Harry, pronunciati con affetto sincero - ma proprio per questo, poco sinceri -, c'erano stati quelli di Ron, carichi forse più di volontà di compiacerla che di convinzione vera e propria. Quelli di Sébastien Bonaud erano se non altro i più originali. Perchè non le aveva detto che era bella, ma che loro due erano belli insieme.
- Insieme?
Sébastien le porse una copia della Gazzetta del Profeta, storcendo il naso di fronte alla prima pagina.
Fu allora che Hermione arrivò per la prima volta a pagina quattro e che rischiò di avere un mancamento.
Perchè a lei la Gloria non era mai piaciuta, ed adesso le arrivava nel modo che aborriva di più: le arrivava per mezzo di un uomo, per meriti non suoi e che neanche pretendeva di avere.
Un oggetto, ecco come si sentiva di fronte a quella pagina.
Alzò gli occhi di nuovo, per incontrare quelli del Cercatore.
Vi trovò una vanità fredda, fredda ma gioiosa: Sébastien era malato di popolarità, e di certo quella maledetta pagina quattro gliene aveva fornita un bel po'.
Stava per scaraventargli il giornale in faccia, quando vide lei.
Lei che avanzava taciturna e mesta come al solito, lei che arricciava le labbra in un sorriso tirato solo quando si trovava in mezzo ai suoi più cari amici. Provò a sorridere anche nei confronti di Sébastien, prima di abbassare di nuovo le ciglia: Hermione deglutì, pronta a comportarsi come non avrebbe mai pensato di fare in vita sua.
Prese a braccetto il Cercatore, sorridendogli vagamente e trascinandolo verso il punto preciso in cui si era seduta Apolline.
- Bonjour - proferì nella maniera più cordiale possibile.
L'altra la guardò interrogativa, squadrando prima lei poi Sébastien. - C'est vrai.
Sébastien la guardò col naso all'insù. - Oui - rispose semplicemente, facendo inorridire Hermione.
La Caposcuola decise di riprendere in mano la situazione. - Volevo farti i miei complimenti - sillabò lentamente.
- Lo so, l'inglese, al contrario di mia sorella - rispose l'altra, stizzita. - E non c'è bisogno di fare ironia sulla mia prestazione, grazie.
- Ma io...
- Tu ne peux pas... - si intromise Sébastien.
- Je peux!
-
Ehm... scusate...
- Zitta!
A Hermione erano sempre piaciute le donne di polso, come lei. Le piacevano almeno sino a quando la lasciavano parlare a suo piacimento, senza interromperla e contraddicendola solo quando potevano permetterselo. Uno 'Zitta' non rientrava nei 'Dieci migliori modi per stare simpatica a Hermione Granger', anzi non era proprio in classifica.
- Io - e le puntò un dito contro il petto - sono qui - e la guardò minacciosa - solamente perchè ho apprezzato la tua prestazione e perchè - abbassò di poco il tono di voce - credo che la virata finale sbagliata non sia dipesa da te. Ti è girata la testa o quant'altro? - si interruppe, ansimante.
Apolline scosse la testa, senza smettere di guardarla in cagnesco. - Ho sbagliato io, va bene?
Forse qualche isoletta del Pacifico non era ancora cascata in testa a Hermione, perchè lo fece in quell'esatto momento. Ufficialmente, quella situazione era un groviglio inestricabile: perchè Malfoy avrebbe dovuto Confondere Sébastien e non la De La Roche, se quest'ultima era la sua più diretta avversaria in partita?
- Va bene - rispose pensierosa.
Apolline incrociò le braccia al petto, mentre Sébastien le rivolgeva occhiate stranite.
Fu osservando la faccia da cucciolo bastonato di Bonaud che Hermione tirò un sospiro di sollievo: quella pagina quattro conteneva un mucchio di fandonie e tutta Beauxbatons non avrebbe creduto neppure a una virgola.
Forse l'unica a crederci era stata Apolline, a giudicare dall'aggressività che aveva dimostrato nei suoi confronti.
Ma quella rabbia non era dovuta certo alla stizza per la partita e per i complimenti che aveva ritenuto ironici.
Quello era un sentimento più semplice, più naturale, più inevitabile.
- Vi lascio soli - annunciò Hermione, voltando le spalle ai due francesi.
Sébastien non provò nemmeno a trattenerla: la sua fredda vanità non gioiva più, anzi, non si esprimeva affatto, ammutolita dagli artigli gelosi - ed innamorati - di Apolline Dauphine De La Roche.


***

Quando Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres ebbe finito di leggere tutta pagina quattro, scaraventò il giornale in faccia a Barnabus Cuffe, che non conosceva domeniche, non quando c'erano in ballo un pugno di galeoni.
Il povero Editore, che già faticava a comprendere la psiche della sua amata, la guardò con occhi mesti e bisognosi di una spiegazione, che ovviamente non arrivò.
- Bonaud - sillabò con disprezzo. - Maldito! Come ti è saltato in mente, Cuffe?
Barnabus riprese in mano la sua Gazzetta, sfogliandola fino a pagina quattro. - Cosa c'è che non va? - pigolò, fissando la foto in cui il Cercatore francese baciava la mano della Granger, foto che tra l'altro gli era costata un ginocchio sbucciato.
- E' evidente che alla señorita di quel francese non importa niente! Ma, claro, eres hombres. Esta es una tonteria!
- E tu, cosa ne sai? - la rimbeccò Cuffe, sfoggiando un coraggio che in realtà non aveva affatto.
Avrebbe sicuramente fatto meglio a tenersi per sè quell'osservazione del tutto indesiderata. Primo, perchè aveva dato del tu a Candida. Secondo, perchè si era ribellato a Candida. - Una mujer lo sa!
- Urlate anche di domenica? - si intromise il Primo Ministro, facendo capolino dal suo Ufficio, con uno strano ghigno beffardo sul volto ambrato.
- Ministro, guardate cosa ha scritto! L'amore sboccia a Hogwarts... l'armonia tra le diverse scuole... l'amore degli opposti che rende idilliaca la situazione al Castello...
- Un lavoro magistrale - ridacchiò Kingsley, mentre Barnabus gonfiava il petto, scoccando a Candida sguardi di superiorità.
- Ma non è vero! - si inalberò Candida.
- Per esperienza personale - replicò Shacklebolt - so che la Gazzetta raramente scrive qualcosa di vero, mia cara. - Barnabus si sgonfiò immediatamente, punto nell'orgoglio. - Ma... se posso saperlo, perchè ti interessano così tanto le vicende della nostra Hermione?
La segretaria arrossì, come succedeva ogni volta che si parlava di lui, e, miracolosamente, rimase in silenzio.
Fu Barnabus a non trattenersi. - Vuole accasarla con Malfoy, e prendersi il padre.
Non appena ebbe finito di parlare, uno strano sibilo preannunciò l'arrivo di un boa. Aléjandro non aveva mai tollerato che la sua povera Candida venisse sbeffeggiata gratuitamente, per questo era comparso non appena l'aveva sentita imprecare in Serpentese: si strinse intorno al robusto corpo di Barnabus, fino a fronteggiarlo in volto, pupilla contro pupilla. Candida rise soddisfatta.
- Non è che lo ammazza, vero, cara? - chiese timidamente Shacklebolt.
- Ci penso io - rispose ghignando Candida. - E' in buonissime mani, señor.
- Allora noi possiamo parlare di...
Qualcuno bussò alla porta, prima che Kingsley finisse la frase. A giudicare dalla voce che aveva chiesto il permesso di entrare, e dalla sagoma che poco dopo era effettivamente entrata senza attendere una risposta, la situazione era quantomeno tragica. Kingsley si fiondò di nuovo in Ufficio, mentre Candida ordinava frettolosamente ad Aléjandro di lasciar stare Barnabus.
Aléjandro, però, non fu altrettanto veloce a nascondersi, nè Candida finì altrettanto presto di esprimersi a sibili.
Harry Potter aveva assistito, se non a tutta la scena, almeno a metà di essa.
E, per qualche strano motivo, aveva un indiziato in più.
O un'indiziata, più precisamente.
Era facile dimenticarsi i pregiudizi, una volta che non se ne era più il bersaglio preferito: che anche l'Eroe del Mondo Magico avesse parlato Serpentese e che questo avesse salvato in più occasioni la vita a lui e a molte altre persone era ormai in secondo piano.
In primo piano c'era di nuovo la diffidenza per uno dei principali indicatori di cattiveria: che Candida la lingua biforcuta ce l'avesse sempre avuta, anche senza bisogno di sibilare come un boa, era un dettaglio trascurabile.
Era quella nuova lingua biforcuta a preoccupare Potter.
La stessa lingua biforcuta che stava facendo imprecare silenziosamente Barnabus Cuffe.
Lui, in fondo, l'aveva sempre saputo: mai fidarsi delle donne, mandano sempre tutto a monte.
Al contrario, Candida non era affatto preoccupata.
Anzi, forse per lei stava per cominciare il divertimento: prendere per il culo Potter era diventato da settimane il suo hobby preferito.
Finalmente, il topo si era insinuato di sua spontanea volontà tra i suoi artigli, letali come quelli di una pantera.
Sorrise cordiale, sedendosi dietro la sua scrivania. - Ha già conosciuto Aléjandro, signor Potter? Lo stavo giusto presentando al caro Barnabus.
Harry James Potter deglutì.
Improvvisamente Aléjandro gli parve più pericoloso di Nagini, sebbene - forse - non conservasse alcun brandello d'anima della De Torres.
C'era quel 'forse' a preoccuparlo.
Se Voldemort fosse nato donna... Scacciò quel pensiero, sforzandosi di sorridere.
- Piacere - mormorò, accarezzando delicatamente la testa del serpente.


***

- Mezzosangue - esordì una voce strascicata, bloccando all'istante i passi svelti di Hermione.
- Malfoy - replicò piano, perplessa. - Cosa c'è?
- Mi chiedevo solo se prima o poi ti getterai anche fra le mie braccia, visto che è il tuo passatempo preferito. Preferirei che tu mi avvertissi, in tal caso, voglio essere pronto a difendermi con le unghie e con i denti, quando succederà.
- Sei un idiota.
Fece per andarsene, senza neanche dar peso a quelle parole, come del resto aveva sempre fatto, quando c'erano di mezzo lui e la sua ghenga.
- E' vero o no? - riprese lui, sornione.
- No che non è vero, Malfoy. Pretendo un po' di cervello nei miei spasimanti, il che ti esclude sicuramente dai miei attacchi futuri, se ciò ti fa stare meglio. Posso andarmene adesso?
- Granger ti contraddici da sola, tu sei stata con Weasley. E comunque no, non puoi andartene - la bloccò lui, afferrandola per un braccio.
- La devi smettere di mettermi le mani addosso, Malf...
- Stai zitta e seguimi. Qui possono sentirci.
Era già la seconda volta che Hermione veniva messa a tacere nel giro di poco, dopo che anche il giorno prima era stata sistemata da quella stravagante donna ispanica. Qualcosa doveva essere mutato nel suo modo di essere e di relazionarsi con gli altri, e ciò non le piaceva affatto.
- I francesi sospettano di me. Qualcuno mi ha offeso ieri, mentre tornavamo negli spogliatoi.
- Nessuno sospetta di te... non Sébastien, almeno, anche se dubito che sia intelligente a sufficienza per nutrire dei dubbi su qualcuno.
- Non sei tu a fomentare tutti contro di me, vero? - la interruppe. - Chi diavolo è a conoscenza di questa storia, Granger?
Hermione si ritrasse, sconvolta. Gli aveva dimostrato in più occasioni di non sentirsi minacciata - almeno apparentemente - da lui, e Malfoy se ne veniva fuori con quell'inesplicabile accusa.
- Forse aveva ragione quel biglietto, lo sai? Non dovevo offrirti il mio aiuto, se è così che lo ripaghi.
- Granger, non essere ridicola. Pensavi forse che ti avrei baciata e ti avrei dichiarato eterno amore, per ricambiare la tua cieca fedeltà nei miei confronti? Svegliati, Mezzosangue. Io rimango Malfoy, tu rimani la Granger. Non è cambiato niente, nè cambierà, quindi smetti di illuderti con le tue storielle sull'armonia dei popoli e la pace tra tutte le creature.
- Sei un idiota, Malfoy.
- Questo l'hai già detto. Adesso dimmi se ci sono sviluppi.
- Nessuna lettera - rispose meccanicamente. - Nessuna lettera e nessuno a Beauxbatons sospetta di te, almeno non Bonaud e la De La Roche.
- Ma allora perchè diavolo...?
- Sicuro di non essertela sognata, quella voce? Mi sembra che ultimamente tu ti diverta ad essere al centro dell'attenzione.
Malfoy le strinse un polso, parlandole ad un centimetro dal volto. - Questo è ciò che piace a te e ai tuoi amichetti, Granger.
Quel dannato odore di noce era dappertutto, mentre le stava così vicino. O si faceva trenta docce al giorno, oppure quell'odore era il suo. - Togliti, Malfoy - intimò, spingendolo via.
- Non mi toglierò di qui finchè non giurerai di non fare il doppio gioco, Granger.
- Sei paranoico, Malfoy. Credi che abbia qualche interesse a cacciarmi in una nuova battaglia, per quanto le proporzioni siano diverse? Credi forse che io mi diverta a giocare all'investigatrice? Forse sì, hai ragione. Sono curiosa, nè ho mai potuto ovviare a questo difetto. Ma non mi creo problemi dove non esistono. Dovresti seguire il mio esempio, lo sai? L'esempio di una stupida Sanguesporco, se non è troppo oltraggioso per te.
- Granger - le respirò addosso, ansimando. - Io non mi sono mai creato problemi dove non esistevano, dovresti saperlo. Tendo a tenermi fuori dai guai, almeno fino a quando loro non trovano me.
- Lo diceva anche Harry - replicò sarcastica. - Lui è un Eroe... tu, cosa sei?
- Io mi ritengo una persona intelligente, al contrario del tuo Cavaliere. Dei tuoi Cavalieri, anzi.
- Sei stato lo stesso un Mangiamorte, mi pare - ammiccò al suo avambraccio sinistro, lievemente scoperto dal polsino della camicia. - Sarai pur intelligente, ma quell'acume non l'hai sfruttato a dovere, ne sono sicura.
Draco si trattenne dall'impulso di schiaffeggiarla. - Fai tutto facile, stupida Granger. A voi gli onori, a me la polvere, e ho rischiato il collo quanto voi. - La prese per i fianchi, stringendola.
- Tu l'hai rischiato perchè hai dovuto, noi perchè l'abbiamo scelto.
- Il che mi riporta al discorso di prima. Io sono intelligente, voi siete irrimediabilmente stupidi.
La spinse via, facendola inciampare e cadere a terra.
- Sparisci, Malfoy. Non dovevo neanche provare ad aiutarti... - mormorò massaggiandosi una coscia dolorante.
- Sapevi già da prima com'ero, Granger. Perchè ci hai provato lo stesso?
Hermione alzò lo sguardo, fiera. - Perchè tutti possono cambiare. Perchè tutto cambia, e credevo l'avessi fatto anche tu.
- Se non fossi cambiato, non starei parlando con te, Mezzosangue.
In quell'occasione, la Caposcuola si auto-ammutolì. Parlò solo dopo qualche secondo, perplessa. - Hai uno strano modo di dimostrarlo. Voglio che tu mi dica se vuoi il mio aiuto o no.
In quegli istanti di silenzio, un Gufo spennacchiato li raggiunse, volteggiando nell'aria senza un briciolo di coordinazione.
Hermione e Draco.
L'intestazione sulla busta non lasciava spazio ad equivoci.
Si bloccarono, in un attimo d'ansia. Poi, stracciarono quella busta insieme.
Sarete insieme anche quando il prossimo incidente minerà l'equilibrio di Hogwarts?
Attenti alle Idi, di nuovo.
Era una scrittura diversa, più appuntita, più sinuosa, più sicura.
Era chiaro che c'erano più mittenti diversi.
Non era chiaro chi fosse l'ultimo mittente, nè perchè sapesse che i due si trovavano a discutere in quel momento, da soli in un'aula.
Era chiara solo una cosa, ovvero che quell'intestazione non piaceva a nessuno dei due.
Fu Draco il primo ad alzare lo sguardo, fissando perplesso Hermione.
Poi fu il turno di lei. - Dimmi che hai bisogno del mio aiuto.
- Non essere stupida, Granger.
- Dimmelo, o non saremo più insieme molto prima delle Idi.
Malfoy sbuffò, gettando la missiva in un angolo e voltando le spalle alla Caposcuola.
Parlò solo quando fu sotto lo stipite della porta, in un soffio.
Inclinò solo lievemente la testa all'indietro, senza degnare Hermione della pienezza del suo sguardo.
- Ho bisogno di te.
Sparì nel corridoio, senza voltarsi indietro.
Nell'aula, erano rimasti solamente Hermione ed un forte odore di noce.



***







La Teoria si fermerà per un bel po', miei cari.
Inizia la temibile sessione d'esami ingegneristici, e quando dico temibile non scherzo. :D
Mi dispiace un sacco, anche perchè so già che quando mi rimetterò a scrivere dovrò scervellarmi per due giorni o tre per riprendere il filo e pensare a cosa infilare nel prossimo capitolo (ovvero, sputare sangue e bile per far tornar tutto).
Ci sentiamo tra un bel po', mi sa. :(
Buon Anno!





NOTE:

- Apologia = Esaltazione, Celebrazione. Celebre è l'Apologia di Socrate scritta da Platone, che ripercorre il processo ai danni del filosofo (infatti, inizialmente l'Apologia era la difesa in sede di processo di una persona accusata).
- Legge di Murphy: vi rimando a Wikipedia, che la spiega sicuramente meglio di me. (Qui) Se non avete voglia di leggere, vi basti sapere che il suo assioma fondamentale è: "Se qualcosa può andar male, lo farà".
- Il Barone Pierre de Coubertin è stato il fondatore dei Giochi Olimpici moderni.
- Alle Fronde dei Salici è una poesia di Salvatore Quasimodo. (Questa) Il suo significato profondo non c'entra niente con la leggerezza di questa fanfiction, volevo semplicemente citare uno degli autori che ho amato di più.
- "Hermione, sono molto felice di vederti! Sei molto carina, oggi."
"Grazie, Sébastien. Come va?"
"Molto bene. Madama Chips è stata meravigliosa."
"Perchè...?"
- Guazzabuglio medievale è una citazione da uno dei cartoni animati Disney più belli di tutti i tempi, "La Spada nella Roccia".
- Vanità fredda, fredda ma gioiosa: omaggio a Faber, e alla sua "Ballata dell'Amore Cieco".
- "Buongiorno."
"E' vero."
"Sì."
- Un altro riferimento a Faber, equivalente a quello già riportato sopra.
- Un pugno di galeoni: velato riferimento a "Per un pugno di dollari" di Sergio Leone.
- Maldito! = Maledetto!
- Claro, eres hombres. Esta es una tonteria! = E' chiaro, siete uomini. Questa è una stupidaggine!











Effebì
Mi trovate... qui .




Grazie, grazie davvero.















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Capitolo 13
*** Quel Lunedì Piovoso ***


12


Quel Lunedì Piovoso



Al mio primo anno su EFP ed alla fatica che ho fatto per festeggiarlo in tempo.
E a te, che forse ritroverai il tuo lampo di genio fra queste righe.




 




C'era qualcosa di particolare, nei fianchi della Granger.
Non erano ossuti, ma carnosi: le dita non vi trovavano uno scudo invalicabile, ma un soffice strato di cotone in cui affondare, morbido al tatto e piacevole da pizzicare.
Erano così anche i suoi polsi, o almeno uno dei due: non erano secchi, scarni o spigolosi, ma delicati.
Non che si fosse fatto scrupoli per anche mezzo secondo, quando l'aveva strattonata per l'una o l'altra parte del corpo: i suoi modi sbrigativi non prevedevano l'inchino di fronte a delicatezza e grazia altrui.
Eppure quella carne soffice gli si era impressa nei polpastrelli, sotto le unghie, tra le falangi, insistente quanto una pioggia d'autunno: ricordava anche un'altra sensazione, forse semplicemente immaginata, quella di una scossa elettrica partita da quelle iridi grandi e spalancate e terminata nelle sue, strette e gelide.
Che occhi banali aveva la Granger: marroni, insignificanti e privi di distinzioni quanto il suo sangue dozzinale.
Era banale anche il suo volto, con quel naso regolare, quelle labbra nè troppo fini nè troppo pronunciate, quelle lentiggini imprecise, buttate là come schizzi di colore su una tela dipinta da un pittore inesperto.
Dove terminava il mento cominciava l'uniforme, e solamente questo gli aveva impedito di trovare altre banalità seminate lungo l'intero fisico.
Una cosa, però, andava riconosciuta: quei fianchi non erano banali, neanche sotto strati e strati di abiti.
E chissà perchè, questo gliela rendeva ancora più odiosa.
Lo stava evitando, in quel lunedì piovoso. Volteggiava come una trottola tra una classe e l'altra come faceva sin dal primo anno, quando aveva cominciato a considerare le pause come perdite di tempo e i pasti cali di concentrazione: un libro in braccio ed i restanti nella sacca, per non perdere neanche un solo minuto di tempo sfruttabile per ripassi o approfondimenti. Era sempre in biblioteca, quando non aveva lezione: circondata dal silenzio, dalla polvere, da tomi vecchi e consunti che vivevano nel riverbero di una fiaccola tremante, ma che per lei vivevano di luce propria.
L'aveva tenuta d'occhio, allungando la testa per controllare cosa stesse facendo in ogni momento del giorno. Aveva notato solo testi di Trasfigurazione e Pozioni e aveva sbuffato, quando si era reso conto del fatto che le interessavano solamente i compiti e non la loro ricerca: non che avessero indizi particolari o piste sicure da seguire, ma la Granger precedeva sempre tutti di un anno luce e non si poteva escludere che sapesse già in che direzione cercare.
Eppure pareva assorta in quello che sicuramente era l'ultimo tema assegnato da Lumacorno, sulla dannata Pozione Calmante che quella stessa mattina aveva preso nel suo calderone sfumature turchesi, piuttosto che blu oltremare. Non se ne era stupito: per creare calma serve calma, come aveva ripetuto un'infinità di volte il vecchio, e lui la tranquillità l'aveva dimenticata ormai da tempo. Nonostante questa consapevolezza, non poteva che indignarsi per non aver avuto la mano precisa che lo contraddistingueva da sempre: Severus Piton gli aveva regalato più volte punti immeritati, ma non si poteva negare che gli avesse donato anche una passione viscerale per le Pozioni e per la soave arte della loro preparazione.
Sbuffò, intingendo di nuovo la penna nell'inchiostro e chinando la testa sul foglio: lo trovò ancora insopportabilmente immacolato - neanche Weasley avrebbe saputo fare di peggio.
Allungò di nuovo la testa, scorgendo una pergamena intrisa d'inchiostro: la Mezzosangue doveva aver raggiunto il traguardo del primo metro di tema. Troppo.
Decise di raggiungerla nell'esatto momento in cui lei, subito dopo aver guardato frettolosamente l'orologio ed aver emesso un gridolino soffocato di sorpresa, cominciò a riporre tutto il suo materiale scolastico sparso sulla scrivania nella sacca, come se fosse in ritardo. Draco lanciò uno sguardo furtivo alla pendola posta dietro il profilo di Madama Pince: mancava ancora mezzora alla lezione successiva, perchè diamine la Granger doveva fuggire in quel modo?
Sparì dalla sua vista in un battito di ciglia.
Pochi secondi dopo, Draco Lucius Malfoy scrisse la prima parola del suo tema.
E gli parve talmente semplice infilare un vocabolo dopo l'altro che, perso nella contemplazione del suo linguaggio forbito, non si rese neanche conto che senza la Granger tra i piedi, concentrarsi era immediato quanto bere un bicchier d'acqua.

***


Una mano scorreva lentamente sulla carta ingiallita.
Lettere squadrate, chiare e marcate si susseguivano umide e lucenti, ponderate e lineari: erano scarlatte e sinistre come una linea di sangue, regolari e senza sbaffi come l'inevitabilità della catastrofe.
Sorrise alla pergamena, quando ripose la piuma d'aquila nel calamaio di porcellana nera quanto il bucchero; soffiò con una smorfia innaturale su quei rivoli vermigli, ammirandoli di nuovo.
Poi, una busta accolse quei sibili minacciosi, prima di venire assicurata alla zampa di un Gufo reale.
Un ghigno sadico e soddisfatto sfrigolò nella penombra; la Vendetta si avvicinava.

***


Harry Potter non chiudeva occhio da due giorni.
Non chiudeva occhio per colpa di una donna, ed era di quello che si stupiva: pensare prima a Cho Chang e poi a Ginny, negli anni passati, l'aveva tenuto sveglio al più per un'ora, prima di crollare lo stesso sotto il peso della stanchezza accumulata nella sua frenetica vita.
Che la De Torres non fosse una donna qualunque era però evidente: già chiudere un occhio sul suo essere così spagnola era difficile, ma mai quanto ignorare il suo affetto incrollabile per quella bestia viscida e sinuosa, quell'Aléjandro che gli riportava alla mente scenari tanto inquietanti quanto eccitanti.
Sì, eccitanti.
Harry James Potter non era così sadico da sguazzare nella sofferenza altrui - senza contare che già la propria l'aveva segnato fin dalla tenerissima età -, ma non poteva negare che gli mancasse quell'adrenalina che aveva sempre caratterizzato la sua esistenza, ed in fondo non era da escludere che quell'ormone gli avesse causato una sorta di dipendenza, come una qualsiasi sostanza stupefacente. Gli mancava quell'agitazione costante, quel senso di soddisfazione raggiunto ad ogni progresso, ad ogni nuova scoperta: Prescelto da Voldemort stesso per affrontare una vita di battaglie, non riusciva ancora ad arrendersi all'idea che quella in corso fosse davvero un'era di pace.
Mentre si rigirava tra le mani quel sottile fascicolo, trafugato - no, trafugato non era la parola giusta: gli era stato gentilmente prestato da Bill Canon, che dell'ormai defunto figlio condivideva l'ammirazione smodata per gli Eroi - dall'Ufficio Assunzioni, Harry non potè fare a meno di pensare che forse l'unica dipendenza che aveva davvero sviluppato era un'altra.
La sua psiche era come assuefatta alle sfuriate di Ron, alle sue lamentele, anche alle sue stupidaggini; la sua mente non riusciva a ragionare correttamente se non aveva Hermione costantemente vicina, con i suoi consigli, la sua intelligenza, perfino il suo essere insopportabile.
E che cosa gli avrebbe detto Ginny, se l'avesse visto concentrato sul nuovo caso, potenzialmente pericoloso ed irrimediabilmente impegnativo? E se qualcosa fosse andato storto... - E' di nuovo coperto di sangue! Perchè è sempre coperto di sangue? - Le aveva già dato tanti di quei grattacapi... Per un attimo si chiese perfino se fosse giusto, l'aver accettato il ruolo di Capo Auror. Se non fosse troppo egoista per lui coronare il sogno di una vita costringendo quella della sua famiglia - sì, perchè prima o poi lui e Ginny lo sarebbero stati - all'incertezza perpetua, al pericolo costante.
Fissò Percy, immerso in chissà quale relazione sull'inutile perfezione di qualche congegno magico: gli parve così felice, mentre grattava con la penna sul foglio, mentre si immergeva nella stucchevole ordinarietà delle sue adorate norme... - Harry?
Si riscosse, scuotendo rapidamente la testa ed alzando gli occhi. - Cosa c'è, Percy?
Gli parve titubante, mentre si rigirava tra le mani la sua pergamena - come se un rapporto dettagliato sul diametro dei calamai ministeriali fosse una questione di vita e di morte.
- Harry, conosci qualcuno che sappia il francese?
Si stupì non poco di quella domanda: che cosa gliene poteva mai importare al Ministro Toupin dell'altezza regolamentare delle scrivanie inglesi? - No, Perce. Forse Hermione...
Percy mordicchiò la punta della sua piuma, imbarazzato: rimirò la sua lettera, sicuro che non fosse perfetta come desiderava che fosse.
Fu Harry a riscuoterlo, facendogli distendere per un attimo la fronte corrucciata. - A cosa ti serve? Non puoi farla tradurre dall'Ufficio Relazioni con l'Estero?
Percy avvampò. - Potrei... - pigolò con voce incerta, facendo per metter via la pergamena.
Com'era ovvio quando si era in compagnia dell'uomo più curioso di tutta la Gran Bretagna, non vi riuscì. Il foglio gli sfuggì dalle mani prima ancora che potesse rendersi conto che Harry aveva impugnato la bacchetta; in un istante maledì Vitious e le sue maledette lezioni di Incantesimi, ed il giorno stesso in cui si era premurato di illustrare ai suoi studenti l'uso dell'Accio. Non urlò isterico, implorandolo di rendergli la lettera: non era una cosa da lui, né del resto avrebbe sortito alcun tipo di effetto; si limitò a chinare la testa sul lavoro che aveva da sbrigare, sbuffando stizzito ed arpionando di nuovo la piuma con rabbia e frustrazione.
- Che c'è scritto? - sentì lamentarsi il suo molesto coinquilino dopo quasi un minuto.
- Non sono affari tuoi - gli rispose in un grugnito. Tanto era questione di secondi, lo sapeva...
Sentì un risolino soffocato provenire dalla scrivania adiacente alla sua: alzò gli occhi finché non incontrò quelli sornioni di Harry. Le sue dannate labbra arricciate sillabavano ogni parola pur senza conoscerne il reale significato, alzando di tanto in tanto lo sguardo per incontrare il suo, furente.
Percy credette di morire in un istante quando Harry James Potter decise di dar voce ai suoi mugolii inconsistenti, scandendo a chiare lettere un nome, anzi due, ripetuti chissà quante volte tra  quelle righe.
- Amandine Délphine?

***


Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres, in cuor suo, sapeva di aver troppo da invidiare a Narcissa Black - purtroppo Malfoy.
La vedeva sfilare quasi ogni giorno di fronte alla sua scrivania, algida nel portamento, aggraziata nei modi, vestita di tutto punto con sete pregiate, broccati raffinati e, soprattutto, con pura e semplice eleganza. Narcissa Black - continuava a rifiutarsi di chiamarla Malfoy - era una di quelle donne che ti inchiodava con un solo sguardo, che ti ricordava di essere solo una banale femmina dai lineamenti ispanici e forti, inferiore in bellezza ma soprattutto in rango, perchè con la puzza sotto al naso non si diventa, ma si nasce.
Candida la odiava.
Non avrebbe saputo dire se odiasse di più ogni suo singolo crine color dell'oro - o forse platino, più chiaro e più prezioso, più freddo del giallo solare del metallo dei suoi monili - oppure quelle strane sfumature che racchiudeva in una semplice iride, che sul suo volto raggiungeva la complessità di un mosaico: quel che era certo era che più adorava l'uomo che l'accompagnava, più diventava invidiosa della sua fortuna, del successo che riscuoteva dappertutto.
Non sapeva più dire se fosse o meno innamorata di Lucius Abraxas Malfoy, o se la travolgente attrazione che provava per lui fosse ormai una subdola sublimazione di pura e semplice invidia femminile: sapeva solamente che la presenza quasi giornaliera della coppia nel suo Ufficio era dannosa per il suo ego, la sua autostima e, in fondo, anche per il suo cuore. Le parevano perfetti, su quelle poltroncine scomode, pallide imitazioni dei troni che sicuramente tenevano nel loro Manor o in qualche altra dimora signorile: sarebbero apparsi composti, immobili, leggiadri perfino su uno sgabello con una gamba sola.
Eppure lei era elegante, fine, aggraziata, quando ci si metteva.
Non era magra, ma si muoveva con leggiadria; si vantava di saper camminare sui tacchi con la sinuosità di una top model ed ogni giorno non poteva fare a meno di vestirsi con un certo stile.
Tutto svaniva non appena quel dannato Barnabus entrava nel suo territorio. Non appena con la sua maleducata ineleganza la istigava a punzecchiarlo, ad offenderlo, ad abbandonare il linguaggio forbito che fingeva di usare tutti i giorni per ritrovarsi ad imprecare come la peggior barista di Bobadilla, non appena lui le porgeva qualcuno dei suoi indesideratissimi regali e nella foga di farle un inchino la urtava e magari la faceva perfino inciampare.
L'aveva vista sorridere - non ridere, un'esplosione di risa sarebbe stata decisamente inappropriata, per una come lei - in occasione di uno di quei siparietti: Barnabus le aveva portato una decina scarsa di rose rosse, e lei l'aveva apostrofato per la sua tirchiaggine, beccandosi una gomitata - involontaria, certo, dato che Cuffe non riusciva a controllare i suoi movimenti neanche sotto tortura - mentre l'Editore provava invece a scusarsi facendo ammenda del suo immenso peccato.
Aveva seguito con lo sguardo lei ed il marito mentre entravano nell'Ufficio di Shacklebolt, uniti, insieme, mentre a lei non restava altro che la molesta compagnia di un ippopotamo mancato.
Quel lunedì piovoso, Candida si sentiva così: triste, malinconica, meteoropatica com'era sempre stata. Non era da lei tacere, non era da lei risparmiare a Barnabus anche solo una frecciatina in più: non era da lei sentirsi sola, mentre osservava una famiglia.
Forse non avrebbe più rivisto nè il suo Lucius, nè Narcissa, dopo quel giorno.
Avevano collaborato abbastanza, fornendo una quantità incommensurabile di informazioni utili al Ministero: avevano espiato le loro colpe, almeno in quella misera parte che era possibile estinguere, dopo aver combattuto al fianco di Voldemort. Quel giorno avrebbe significato la loro liberazione, la restituzione del Manor, lo status di Maghi davvero - quasi - innocenti.
- Se non la smetti di biascicare quel chewing gum, chiamo lo Zoo. C'è una gabbia libera, tra i cammelli ed i lama.
Barnabus esultò, nel sentirla parlare così. - Ti ho vista triste, stamattina... c'è qualcosa che non va, Candida?
Lei non gli rispose. Ma non lo rimproverò nè per quell'uso sconsiderato del tu, nè per l'affronto e la sfacciataggine insiti nell'averla chiamata con il suo nome.
E a Barnabus - mentre si appuntava di aumentare il numero di rose da dieci a trenta - bastò.

***


Kingsley Shacklebolt accarezzò di nuovo il bordo della busta grigia che aveva sul tavolo - grigia, poi, perchè grigia?
Fu con sguardo grave che alzò gli occhi sui Malfoy, appena entrati.
Loro annuirono, altrettanto gravemente.
E fu in quel gioco di sguardi che nell'aria volarono imprecazioni silenziose - uscite perfino dalla bocca muta dell'aggraziatissima Narcissa Black - Malfoy.

***


Harry James Potter non aveva esitato a scagliare lontano la stupida lettera di Percy, quando un'altra lettera era atterrata precisamente sulla sua scrivania, tra il portapiume ed il fascicolo.
La solita busta di sempre, oramai troppo familiare perfino per preoccuparlo.
La copiò immediatamente, per spedirne un fac simile a Hermione: mentre Percy gli si avvicinava, con la mano tesa a riprendere il proprio tesoro, porse l'originale anche a lui, aspettando una sua reazione.
Percy storse il naso, ancora scettico su quella minaccia non troppo comprensibile.
Harry corrugò la fronte, a cercare il significato nascosto tra quelle parole.
Entrambi erano ancora intenti a grattarsi la cute, pensierosi, quando Candida irruppe nel loro Ufficio, senza neanche bussare.
Harry si lanciò sul fascicolo, Percy deglutì, nascondendo nervosamente la lettera per Amandine dietro la schiena.
- Il Ministro mi ha mandato a chiedervi se...
Harry Potter le mostrò la busta nera, prima ancora che finisse la frase: nel frattempo studiò le espressioni del suo viso, mesto e lapalissiano come non l'aveva mai visto. La segretaria non era mai stata una donna facile da interpretare: preferiva mantenere un'espressione impenetrabile, lasciando che fossero gli occhi a scagliare dardi infuocati quando si fosse sentita minacciata da qualcosa o da qualcuno.
- Cos'ha da guardare, Potter?
Di certo, però, lo sguardo di Candida restava minaccioso anche se imperlato da note di tristezza: Harry sbiancò, quando si ritrovò sulla traiettoria delle sue iridi corvine, così simile a quelle ormai spente di Severus Piton. Era una cosa che avevano in comune quella, pensò: parevano leggerti dentro senza alcuno sforzo e, soprattutto, senza lasciarti scampo. Scosse la testa, cercando di articolare la smorfia più perplessa che avesse in repertorio - come quando mentiva a Piton sulle sue scorribande notturne, ora che ci pensava.
Candida decise di non indugiare oltre: Potter aveva sempre l'assurda capacità di spazientirla semplicemente esistendo. - Cos'avete intenzione di fare? - chiese soltanto.
- Indagare - rispose prontamente Percy, e Harry annuì.
- Per quanto ne sappiamo, non colpiranno prima di due settimane. Hanno come bersaglio la sfida tra Beauxbatons e Durmstrang...
- Imbécil! Non c'è scritto che colpiranno per forza uno dei giocatori, né sono così prevedibili da attendere il giorno stesso della sfida! - si infervorò lei, per fortuna a debita distanza dalla sua bacchetta.
- E lei cosa ne sa? E' solo una segretaria!
Harry James Potter capì molto presto di aver detto la cosa sbagliata: quella consapevolezza gli piombò tra capo e collo senza che nemmeno potesse scansare anche in minima parte l'ira funesta che ne seguì.
C'era qualcosa di decisamente dolce nello sguardo di Aléjandro, quando apparve da dietro le spalle di Candida con la sua bacchetta ben salda tra quelle che approssimativamente potevano essere definite labbra - pareva un cane da riporto, uno di quelli che correrebbero anche per kilometri pur di riportare una palla di gomma all'adorato padrone. Candida, dopo averlo debolmente accarezzato con uno sguardo carico d'amore, prese delicatamente la sua bacchetta e fu sempre con tutta la calma del mondo che la puntò contro Harry Potter, impietrito ed incapace di muovere anche solo un muscolo.
Fu con un ghigno sadico che agitò quella bacchetta sillabando un Expelliarmus, mentre divertita osservava il volo della bacchetta di agrifoglio all'interno del cestino dei rifiuti. Osservò rapidamente Percy, prima di procedere, come a sfidarlo anche solo a respirare.
Poi, scagliò a Potter uno dei suoi Incantesimi preferiti: non era un Silencio qualunque, ma un particolare Incanto Tacitante scoperto tanti anni prima nella biblioteca di famiglia, in uno di quei libri seppelliti dalla polvere che neanche i più anziani De Torres degnavano più di uno sguardo - lei, alla veneranda età di dieci anni o poco più, l'aveva fatto.
Fu con immensa soddisfazione che uscì da quell'Ufficio senza salutare, tremendamente felice del fatto che Harry Potter, per qualcosa come ventiquattro ore filate, non avrebbe più aperto bocca. Neanche per mangiare. Al massimo, con una cannuccia ben affilata, poteva permettersi di centellinare un po' d'acqua, giusto per mera sopravvivenza.
Ciò che però Candida non poteva sapere era che per ficcare il naso negli affari altrui, a Harry Potter, bastava molto meno.
Non poteva neanche sapere che con quel misero agitare di bacchetta aveva dissimulato tutti i dubbi dell'Eroe riguardo al suo cacciarsi spesso in questioni più grandi di lui.
Fu in un impeto di rabbia che Harry Potter, sotto lo sguardo preoccupato ma ancora immobile di Percy, disseppellì il fascicolo dalla tonnellata di documenti e plichi che gli aveva riversato sopra, tentando di nasconderlo agli occhi della segretaria.
Ruppe la cordicella che lo teneva chiuso, sperando che Bill Canon potesse sostituirla senza problemi - anzi no, non gliene fregava proprio niente, a voler esser precisi.
Non dovette fare nemmeno troppa fatica per trovare ciò che gli interessava.
Certo, fu comunque sorpreso di trovare una conferma dei suoi sospetti proprio in prima pagina, su una pergamena dall'inchiostro sbiadito ma leggibile, su quel documento in una lingua che non conosceva e che neanche gli interessava conoscere.
Non ci voleva una grande fantasia per tradurre Nombre y Apellido.
Nè per capire che tra i mille nomi che Candida si portava dietro, si scordava sempre di citarne uno.
C'era un Apellido che non amava ostentare, lo stesso Apellido che pareva non stingere neanche in mezzo all'umidità degli archivi dell'Ufficio Assunzioni.
Harry Potter cercò di cacciare un grido di soddisfazione, mentre porgeva quella pergamena ad un allibito Percy.
L'altro - che doveva aver esaurito tutto il coraggio Grifondoro in occasione della Battaglia di Hogwarts - svenne, senza aggiungere altro.

***


Hermione sospirò, nel ritrovarsi di nuovo un'altra lettera di Harry fra le mani.
Fuori continuava a piovere, ed era nel buio di un tramonto che arrivava sempre prima che le stille ticchettavano incessanti su davanzali, finestre, mura e tetti, lasciando un'eco caotica a pervadere le menti stanche degli studenti esausti: Hermione non era tra questi - figuriamoci, avrebbe continuato a studiare fino a notte inoltrata, se fosse stato necessario - ma in quell'istante anche lei aveva l'attenzione catalizzata da altro che non fosse il tomo di Difesa Contro le Arti Oscure.
E forse non era la lettera che stringeva in pugno, ormai banale e simile ad ogni altra, a renderla incapace di studiare.
Non erano neanche le luci sempre più soffuse nella notte incombente a farla sentire stanca ed assonnata.
Non riusciva a capire perchè diamine quella faccenda dovesse unire lei e Draco Malfoy, in quel modo così angosciante, opprimente e fastidioso, nè perchè lei stessa fosse così assurdamente convinta della sua innocenza da non voler ascoltare alcuna voce che glielo presentasse sotto una luce sinistra.
Decise di non pensarci, appallottolando la missiva e spedendola a fare compagnia ad appunti e libri nella sua cartella quasi pronta: era ora di cena, ed il soffitto della Sala Grande avrebbe riflesso il tumulto del cielo, o forse quello della sua anima.
Non c'era poi tutta questa differenza, si ritrovò a pensare quando un lampo squarciò il cielo - o solo il soffitto? - illuminandolo a giorno.
Ginny le stava facendo cenno di avvicinarsi - era ancora zuppa, non poteva fare a meno di allenarsi neanche con quelle condizioni meteo proibitive: Hermione le si sedette accanto senza troppo entusiasmo, sicura che prima o poi l'amica l'avrebbe costretta a sputare il rospo.
Si impose di stamparsi in viso lineamenti distesi e sereni, per quanto fosse difficile data la scarsa collaborazione dei suoi muscoli facciali.
- Ginevra, ti ammalerai!
L'altra annuì, con la bocca ancora impastata da un paio di patate al forno. - Lo so, mangio veloce e torno in Dormitorio, contenta? - rispose dopo aver deglutito, sorridendo all'amica.
- Contenta - sorrise Hermione, contenta più per il fatto che se ne sarebbe andata a breve che per altro. - Tutto bene al Campo?
- Come al solito - scrollò le spalle. - Qualche incidente potenzialmente mortale, Dennis Canon ad emettere gridolini di meraviglia ed Euan Abercrombie a fargli compagnia. Prima o poi ci faranno delle statue, ne sono più che convinta.
- Si è fatto male qualcuno?
- E' Quidditch, Hermione. Qualcuno si fa sempre male.
E a Hermione quella frase accese una lampadina in testa. Ma non una lampadina normale, ma una di quelle a risparmio energetico che i suoi genitori amavano tenere in casa, e che sicuramente avevano comprato anche da rifugiati in Australia, perchè certe abitudini non si cancellavano neppure con un Oblivion. Era una luce flebile, quella che ora ardeva nel suo cervello; una luce destinata a raggiungere il suo picco massimo in chissà quanto tempo, forse all'improvviso, forse con una lentezza tale da non rendersi neanche conto del preciso momento della rivelazione. Quella frase le si impresse nella mente, misero indizio per chissà quale illuminante - appunto - scoperta futura: fu con il cuore più leggero che anche lei addentò una salsiccia arrostita, mentre Ginny le raccontava di una certa astrusa mossa che aveva sperimentato per acchiappare la Pluffa a testa all'ingiù.
- ...E Malfoy ha perso la testa, stasera.
A Hermione cadde la forchetta, con tutto il suo carico di purè.
- Non tollerava alcun richiamo della Bumb, volava distrattamente e pareva pensare ad altro... ci credo che poi è stato spedito a farsi la doccia in anticipo. Chissà dov'è finito, ora che ci penso...
Era clamoroso il fatto che le fosse passata anche la fame, solo a sentir parlare di qualche intemperanza di quel cretino borioso ed arrogante - che aveva bisogno di lei, ma quello era un dettaglio. E perchè doveva aver perso la testa in quel modo, solo per l'ultima lettera che avevano ricevuto? Dopotutto era solamente un'altra minaccia campata in aria... o forse era semplicemente lei a volerla vedere in questo modo.
- Beh, Hermione, ci vediamo in Dormitorio, sto gelando...
Annuì distratta. - Arriverò tra un paio d'ore, dovrò fare un giro di controllo quando scatterà il... coprifuoco. - Sorrise, sforzandosi di essere credibile.
- Il vantaggio di essere Caposcuola... stare fuori dalla Sala Comune addirittura fino alle nove!
Assunse un cipiglio severo, uno di quelli che perfino Percy le avrebbe invidiato. - La reputo una regola giustissima... la McGranitt fa benissimo a...
Ginny si alzò, divertita. - Ci sarebbe ancora Voldemort, se tu, Harry e Ron aveste rispettato il coprifuoco in questi anni - ridacchiò. - Ci vediamo dopo... buon lavoro!
Era vero, pensò serena mentre la guardava allontanarsi. E forse era in nome di quell'atavica abitudine di voler salvare il mondo se aveva mentito alla sua migliore amica, con quella patetica scusa sul suo ruolo da Caposcuola.
Le apparve di fronte un vassoio stracolmo di biscotti al cioccolato: ne prese uno, offrendone un altro a Neville.
- Come va, Caposcuola Granger? - le chiese lui, sorridendo.
- Va - rispose semplicemente lei.
- Dovremmo ripartire con le riunioni dell'ES... o qualcosa che gli assomigli.
- Giusto! La McGranitt mi aveva detto di...
- Lascia stare la Preside, Hermione. Non è lei a dover esser pronta... sei tu.
- Io... ci riuscirò, Neville.
- Non da sola... io ho avuto voi, per tutto il tempo, anche se non ve l'ho mai detto. Tu hai un sacco di persone che ti vogliono bene, Hermione... affidati a chi ritieni più opportuno, non voglio insistere per essere io quel qualcuno.
La abbracciò forte, prima di alzarsi. - Ah, Hermione... ti voglio bene, anche se lo saprai già.
Guardò andarsene anche lui, mentre sorrideva di fronte a quella dimostrazione d'affetto.
Ma non era lui, quello più opportuno.
Non era lui.

Era sceso in Sala Grande quando ormai questa era pressoché deserta.
Aveva sbuffato, non appena si era reso conto che neanche una briciola era rimasta sui quattro lunghi tavoli, già sistemati dagli Elfi Domestici: i pochi rimasti seduti ai tavoli stavano giocando a Scacchi, o a Sparaschiocco, in attesa dell'ora in cui ognuno si sarebbe ritirato nel proprio angolo di Castello.
Lei l'aveva atteso. Un libro posato sul tavolo, pergamene scomposte di fronte a lei.
Quando lo vide entrare, ancora non era riuscita a darsi una risposta alla domanda tacita che le riecheggiava nella mente: perchè fosse lì, a voler sapere di più sul suo scatto d'ira, sulla sua disperazione, non era un quesito a cui si potesse rispondere con facilità. Si impose di credere di essere ancora lì perchè loro, in fondo, dovevano collaborare.
Lui la vide e voltò la testa, ma per Hermione fu abbastanza.
Impiegò più o meno dieci secondi a rimettere in ordine tutto il materiale su cui stava ripassando, altri cinque per essere alla porta d'ingresso della Sala Grande, altri cinque per inviduarlo alla fine del corridoio, quindici per accelerare il passo e raggiungerlo, cinque per rallentare ed affiancarlo. Quaranta secondi di niente, in cui non pensare, per non impazzire.
- Ho fame, Granger. Lasciami in pace.
- Non ti lascio in pace, non finchè non mi dirai cosa ti è preso.
Draco alzò gli occhi al cielo. - Le voci corrono, eh? Oh, ero con la Weasley, giusto... non riuscirebbe a tenere la bocca chiusa neanche sotto tortura.
Hermione non replicò, limitandosi a seguirlo nei sotterranei.
- Cosa vuoi, Granger?
- Perchè ti ha turbato così tanto quella lettera? Cosa c'è di diverso dalle altre? La solita minaccia, qualcuno sta sabotando questo Torneo e blablabla... di solito non prendo le cose alla leggera, ma non si è fatto male nessuno, Malfoy. Nessuno. A meno che tu non sappia qualcosa che io non so, ed in tal caso giocheresti un po' troppo sporco, per i miei gusti.
L'altro si immobilizzò, voltandosi di scatto verso di lei e prendendola per le spalle.
Come Bellatrix.
- Lasciami in pace - sillabò soltanto, prima di provare ad andarsene.
Hermione inspirò, per poi seguirlo di nuovo. - A stomaco pieno sarai meno intrattabile. Seguimi.
Deviarono, lasciando la via per raggiungere il Dormitorio Serpeverde e ritrovandosi di fronte ad un dipinto colorato: un cesto di frutta, in cui spiccava una pera dal morbido profilo.
Hermione si avvicinò alla tempera, allungando l'indice fino a toccare il frutto che dal verde sfumava verso il marrone.
- Stai facendo il solletico a una pera? - le chiese l'altro, scettico.
Le porte delle Cucine si spalancarono per loro due, mentre cinque o sei Elfi Domestici si inchinavano per dar loro il benvenuto.
Draco Malfoy strabuzzò gli occhi. - Gemelli Weasley? O almeno, quello che ne resta?
La Caposcuola lo trafisse con uno sguardo di ghiaccio, poi annuì scocciata. - Anche Fred è tra quelli che hanno dato la vita per te, stupido idiota ossigenato. - Gli mollò un ceffone dritto in viso, inaspettato come una pioggia estiva - perchè tutti erano più intrattabili, quando pioveva.
- Noto che certe abitudini sono difficili da perdere, Granger. Non hai provato a prendere a schiaffi anche mia zia?
Come se avesse parlato del tempo o dell'ultima sconfitta dei Cannoni di Chudley, Draco Malfoy si sedette comodamente di fronte ad un lungo tavolo - quello che casualmente corrispondeva a quello dei Serpeverde, posto in Sala Grande - cominciando a speluzzicare qua e là dai vassoi che gli erano stati portati.
Hermione, al contrario, era rimasta impietrita, incredula, allibita: il rapporto tra lei e Malfoy faceva un passo avanti e quattro indietro, di continuo. - E' un modo tanto subdolo quanto urlato di mandarmi via, Malfoy?
- Può darsi - ribatté lui mentre morsicava una coscia di pollo con poca eleganza.
- Quindi la smetterai di fare battute idiote su ciò che è successo a casa tua?
-
A quanto pare, è necessario affrontare il problema, Granger, non evitarlo. Cosa che tu, troppo impegnata a schiaffeggiarmi ogniqualvolta ne hai l'occasione, non riesci a fare.
Ingollò una fetta di torta di mele come fosse una mollica di pane.
- Mangi sempre come un orso bruno dopo il letargo, Malfoy?
- Solo quando non mi vede nessuno - replicò alzandosi, senza degnare di uno sguardo gli Elfi che erano accorsi a chiedergli se voleva altro.
- Io non sono nessuno.
- E io non sono nè uno stupido, nè un idiota, nè ossigenato. Vattene, Granger.
Lo seguì, mentre usciva dalla Cucina; si trattenne dall'impulso di prenderlo a schiaffi - di nuovo - e si limitò ad urlargli contro. - Mi farai impazzire, Malfoy! Prima chiedi il mio aiuto, poi scappi! Che diavolo ti salta in testa? Qual è il tuo problema, Malfoy? Cosa ti ha turbato dell'ultima lettera, più di quanto non abbiano fatto le altre? Dimmelo!
Le fu addosso in un istante e di nuovo lei tremò, perchè quella era la stessa irruenza di Bellatrix. Lo stesso modo di lanciarsi su un osso di un cane affamato, la stessa brama di risolvere i problemi di chi conosce la violenza come unico modo di affrontarli. E il naso, di nuovo. E la noce.
- Lasciami... - mugolò, incapace di prendere la bacchetta.
- Sei tu che mi manderai fuori di testa, Mezzosangue. Sei così convinta che ti farò del male? Crucio!
Lei, sconvolta, chiuse gli occhi, attendendo che un'esplosione di dolore le attanagliasse i sensi.
Attese, con il fiato sospeso e le sopracciglia unite in un'espressione di sforzo sovrumano.
Non accadde niente.
Quando riaprì gli occhi, vide la bacchetta di Malfoy puntata in un angolo del corridoio, dove uno scarafaggio riverso innalzava le zampe al nulla, divincolandosi freneticamente.
Lui aveva lo sguardo rivolto al pavimento, una smorfia di puro disgusto dipinta sul volto.
- Non sono un Avada Kedavra ambulante, Granger. Non ho saputo scagliarlo su un vecchio moribondo e non ho provato tutto questo interesse per esercitarmi, nell'ultimo anno.
Hermione riprese a respirare, seppur lentamente. - La lettera...
- Mi perseguiteranno sempre, dovevo aspettarmelo. - Appoggiò le mani contro la parete, chinando la testa. - Mi cercano, ci cercano, e prima o poi ci troveranno. Ci prenderanno, un giorno: nessuno ci vedrà più. Nessuno si chiederà dove saremo finiti: spariremo in un attimo e saremo morti ancor prima che qualcuno cominci a cercarci.
Lei lo fissò, allibita. - Ma che ne sai tu...?
- L'hai letta anche tu la lettera, Granger. - Draco estrasse dalla tasca una busta grigia come la cenere - grigia? - che bruciò con un semplice colpo di bacchetta, lasciandola ardere a mezz'aria e soffiare via da uno spiffero leggero. - Vogliono me, vogliono noi.
- Ma la prossima partita è Beauxbatons contro Durmstrang...
- Cosa vuoi che interessi a loro, di questo stupido Torneo? Lo sapevo che eri troppo inetta per aiutarmi...
Fu allora che Hermione si inalberò: era disposta ad accettare qualsiasi offesa, ma di certo non un' "inetta" così su due piedi. Lo spinse via, ma insieme alla sua presenza opprimente sentì sfilarsi via da lei qualcos'altro.
Malfoy giocherellava con la sua bacchetta, un sorriso sornione dipinto sulle labbra. - Non ti piace sentirti dare dell'incapace, eh, Granger? - Gliela puntò contro, fino ad appoggiarsi di nuovo a lei, finchè non si ritrovarono separati semplicemente da quel sottile pezzetto di legno. - Non puoi tremare ogni volta in cui mi vedi, Granger.
Si impose di non farlo, di non pensare che ancora una volta era disarmata di fronte ad un Black.
- Li sento, i tuoi fremiti.
Sapeva giocare con la paura, doveva essere una dote trasmessa geneticamente, in quella famiglia.
- Posso inspirare la tua paura, quando ti passo accanto. Guardami, Mezzosangue.
Obbedì, cercando di dare una parvenza di sfida al suo sguardo umido - non avrebbe pianto, non di fronte a lui. Lui le si fece più vicino, in un battito di ciglia.
- Voglio solo che tu capisca.
E ci sentì una nota di disperazione, in quelle parole. Quello non era da Bellatrix.
Lei si appoggiò alla parete, rilassandosi, esausta. - Cosa ci sarebbe da capire? - mormorò.
- Tutto e niente - rispose lui sibillino, ricevendo una muta domanda dalle iridi marroni - banalissime - che aveva di fronte. Fece un altro passo in avanti, mentre la schiena di Hermione aderiva perfettamente al muro, di nuovo tesa.
- Malfoy...
- Zitta - la interruppe lui, con un dito sulle sue labbra rese asciutte dal timore. Continuò a muovere le sue, mentre appoggiava la sua fronte contro quella di lei, mentre tutto sembrava immobile - perfino l'ombra proiettata dalle lampade non sfrigolava più come la fiamma che le animava, perfino il rumore della pioggia arrivava ovattato, attutito, incorporeo: lui sussurrava qualcosa, ripeteva una parola che Hermione comprese solo quando fu emessa ad un millimetro dal suo volto. - Liberami.
Le appoggiò le labbra tra i capelli, per poi sentire quella stessa testa svanire, man mano che Hermione si lasciava cadere a terra, lo sguardo fisso di fronte a sè.
A Draco non restò che guardarla abbandonarsi, mentre si chiedeva cosa avesse fatto e perchè: non riuscì a darsi una risposta esauriente, mentre tutte le ipotesi che gli si affacciavano alla mente erano una più spaventosa dell'altra.
- Malfoy...
Solo un soffio, dopo una manciata di minuti. Si voltò dall'altra parte, ignorando quella voce e lei che si stava rialzando e, scavalcandolo, guadagnava l'uscita.
Solo il suo nome, nient'altro, mentre una massa di capelli cespugliosi spariva nel corridoio.
- Mezzosangue - le rispose in un sussurro, quando ormai fu troppo lontana.



***








Con un ritardo epico, ho aggiornato in questo primo febbraio, in questo giorno scialbo ma significativo per le mie scorribande da fanwriter.
E' stato un anno colmo di cambiamenti, di abbandoni, di soddisfazioni: ho lasciato alcune storie intraprendendone altre, salutato forse per sempre qualche fandom, inaugurato con chissà quali prospettive la mia 'carriera' in altri. E' buffo ritrovarsi a crescere di fronte ad un pc, a voler sempre migliorare, a costringersi a scrivere anche a notte fonda pur di pubblicare in tempo: avrò cambiato una decina di stili di scrittura, per piacere prima di tutto a me stessa e poi anche a voi.
E' al mondo fanfictionesco di Harry Potter che voglio dire il mio grazie più sentito.
Non ho mai ottenuto altrove tutte le soddisfazioni racimolate qui, nè avuto un dialogo più bello con lettori ed altri autori di quello che ho instaurato qua.
Voglio dirvi solo grazie, perchè è la cosa meno stupida che posso aggiungere.





NOTE:

- Finalmente è giunto il fatidico momento di aggiungere l'avvertimento OOC a questa storia. Ho tentato di evitarlo il più a lungo possibile, mantenendo i personaggi fedeli agli originali con ogni sforzo ma, si sa, questa è una L&L, e prima o poi il momento di snaturare il Canon arriva - e non mi dispiace neanche un po'.
- Avrete notato (perchè siete attenti) che questo capitolo ha atmosfere più cupe, in confronto ai precedenti: ciò è dovuto innanzitutto ai cambiamenti epici che avvengono in questo capitolo, in secondo luogo alla nuova minaccia ancora incognita - questa volta autentica - e soprattutto alla mia meteoropatia. Tutta questa mestizia non poteva che collocarsi in un giorno di pioggia, evento atmosferico che, almeno nel mio caso, esalta sentimenti e percezioni - spesso inasprendo quelli più cupi. Siamo più o meno al culmine della "disperazione" di Draco e Hermione, quella che poi sfocerà in altro: non riesco a non condividere le emozioni dei miei personaggi, almeno in parte, ed è per tale motivo che questo capitolo non avrà toni esageratamente scanzonati o irriverenti.
- Bill Canon, inventato da me, padre dei fratelli Canon (un minuto di silenzio per il mio povero Colin). Sempre in tema ministeriale, l'Ufficio Assunzioni e l'Ufficio Relazioni con l'Estero sono inventati da me.
- E' di nuovo coperto di sangue! Perchè è sempre coperto di sangue?: parole estratte da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, pronunciate da Ginny, per l'appunto.
- Amandine Delphine è la sorella di Apolline Dauphine, nonchè mio personaggio originale creato in occasione della shot Loony Parents. Se non l'avete letta e non avete intenzione di farlo, peggio per voi (muahahah, scherzo: se non la conoscete, potete considerare Amandine come un personaggio originale, non c'è niente di fondamentale da sapere su di lei... forse).
- Nombre y Apellido: Nome e Cognome.
- Quaranta secondi di niente: meravigliosa canzone dei Verdena (il cui testo è qui: non notate una certa affinità con il capitolo?).
- Sulla questione del quadro e della pera, tutte le informazioni su come si entra nelle Cucine di Hogwarts sono qui.
- Forse Draco sembrerà un po' troppo disperato, piagnucolone, troppo OOC, in questo capitolo. Credo di poter replicare dicendo che se al sesto anno si è chiuso in un bagno a piangere con Mirtilla Malcontenta, può aver reputato più saggio confrontarsi con una persona vera, capace di dargli un aiuto più concreto di un fantasma che adora tuffarsi nei cessi.









Effebì
Mi trovate... qui .




Grazie, grazie davvero.












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Capitolo 14
*** Gatti e Calderoni ***


13


Gatti e Calderoni



A voi, che (mi) avete aspettato.




 




Ginevra Molly Weasley era sempre stata un'acuta osservatrice.
Era per quello che non aveva mai provato alcun interesse nei confronti della Divinazione: per lei, tutto era scritto in segni tangibili, autentici, evidenti, e non c'era alcun bisogno di scomodare le stelle o le foglie di tè per interpretare la realtà che si aveva di fronte.
Era stato dunque molto facile per lei capire che qualcosa, nella Caposcuola Granger, non andava affatto.
Studiava, non c'era da stupirsene.
La sua mano era sempre la prima a svettare in classe, in ogni occasione, come era sempre accaduto.
Ma gli occhi di Hermione non mentivano, mai. Poteva cascarci la Umbridge, facendosi trascinare nella Foresta Proibita, poteva cascarci Ron, autoconvincendosi che tutto andasse bene. Gli occhi di Hermione, però, non riuscivano ad ingannare lei.
L'aveva osservata a lungo, quando si sedeva al tavolo di Grifondoro senza quasi toccare cibo: l'aveva vista persino dispensare sorrisi stiracchiati a chi regalava battute ai compagni di Casa, in quella smorfia che poteva deformarle le labbra ma non certo arrivare ai suoi occhi. Si era sentita quasi offesa, quando con lo stesso sguardo le aveva risposto che non c'era niente che non andasse, che era stanca perchè lo studio, lo stress, la confusione la destabilizzavano, e che nel giro di qualche giorno le sarebbe passato tutto.
Era sabato, ormai, e non le era passato proprio niente.
Eppure non sarebbe stato difficile lasciarsi influenzare dall'aria di festa che si percepiva in tutta Hogwarts.
La sfida tra Beauxbatons e Durmstrang monopolizzava le menti di tutti, azzerando ogni altro pensiero: gli inglesi facevano calcoli, pensando a tutte le possibili soluzioni per rimanere in testa alla classifica, dall'alto dei loro centosessanta punti di vantaggio, i francesi erano animati dal desiderio di riscatto, tutti gli altri dalla fiamma del debutto.
Attorno alla delegazione di Durmstrang, aleggiava ancora la nebbia del mistero. Gelidi come le lande da cui provenivano, era raro vederli aggirarsi per il Castello: come quattro anni prima, preferivano rimanere rintanati nella loro nave, celata in un'insenatura del Lago Nero, da cui scendevano solamente in occasione di pasti e allenamenti, quasi avessero paura di socializzare troppo con i nemici.
Dovevano essere scesi per la colazione intorno all'alba, dato che erano le otto e mezzo e non c'era traccia di loro da nessuna parte: il tavolo dei Serpeverde era vuoto per metà, senza gli occupanti stranieri seduti nei posti a disposizione per loro.
Eppure, mentre Ginevra fissava il lato della Sala Grande più lontano dal tavolo di Grifondoro, non potè fare a meno di notare qualcos'altro.
Non era effettivamente difficile individuare Draco Malfoy: il colore dei suoi capelli non era di certo il più diffuso in Gran Bretagna, come del resto la sua pettinatura, più unica che rara. Era facilmente riconoscibile anche per un'altra caratteristica, che solamente un'acuta osservatrice poteva cogliere.
Perchè Draco Malfoy non era mai circondato da un branco di amici urlanti o in preda alle risate, e per di più sorrideva raramente, soprattutto in quell'ultimo anno a Hogwarts: i Serpeverde non erano mai stati l'anima pulsante di Hogwarts, così ligi al decoro delle proprie famiglie e troppo snob per mescolarsi al baccano di studenti qualsiasi - feccia, nella maggior parte dei casi -, ma quell'anno sembravano spaccati addirittura al loro interno, divisi in gruppetti e diffidenti l'uno nei confronti dell'altro.
Qualcuno sembrava addirittura morto dentro. Gregory Goyle, senza alcun dubbio, assomigliava ad un guscio vuoto: la sua espressione già non troppo sveglia di normale era vacua, disattenta, perennemente deconcentrata, come se ciò che aveva intorno non lo riguardasse in alcun modo. Oltre a lui, c'erano molti altri personaggi collusi coi Mangiamorte a non essere più gli stessi degli anni precedenti: non era raro trovare espressioni di apatia, mestizia, malinconia incorniciate da cravatte verdi-argento, nè c'era da stupirsi se Pansy Parkinson mostrava un volto più posato, tirato e consapevole di quello frivolo e superficiale che aveva indossato per sette anni.
Eppure, a Ginny non era sfuggito che qualcosa, nel pallido volto di Draco Malfoy, suggeriva che fosse ben più preoccupato del solito.
Era semplicemente una delle sue sensazioni, e si dava il caso che Ginny non sbagliasse mai su certe cose: non si sbagliava mai su turbamenti interiori che dagli occhi perturbavano ogni lineamento, non si perdeva nessuna smorfia insolita, nessuno sguardo inusuale, nessun sospiro irrequieto.
Ginny Weasley non si perse alcunchè neanche quel giorno, nemmeno l'esatto momento in cui le iridi di Draco Lucius Malfoy si alzarono di scatto, in cui le sue pupille saettarono, lanciando un'occhiata penetrante al vuoto, un'occhiata che oltrepassò i tavoli di Tassorosso e Corvonero come se non fossero esistiti.
Avrebbe potuto giurare che quell'occhiata ne avesse incontrata un'altra: pupille strette come quelle dei gatti, per mettere paura, un'espressione dolce ma tirata, a dimostrare che era proprio lei a non essere immune alla paura.
Ma quanto Ginny cercò di ricostruire per la seconda volta quel filo teso ed invisibile che collegava un estremo della Sala all'altro, non trovò che dei brandelli, eterei ed impalpabili.
Hermione fissava di nuovo il suo piatto.
Di Malfoy non era rimasto che un lembo di uniforme: non fece in tempo a fissarlo nella mente che era già sparito, fuori dal suo tavolo, fuori dalla Sala Grande, fuori dalla ragnatela.

***


- Dopo di lei, señorita.
- Dobbiamo Smaterializzarci, Cuffe. Non c'è bisogno di precedermi fuori dalla mia porta di casa.
L'Editore deglutì, più o meno certo che neanche le trenta rose rosse che le aveva portato quella mattina avessero sortito alcun effetto positivo su Candida.
- Aléjandro, tesoro, tu non puoi venire con noi...
Lo stava accarezzando, stava accarezzando un boa lungo qualche centinaia di metri! Barnabus Cuffe si ritrovò a sudare freddo, inorridito: certo, quello poteva essere un discreto ostacolo al loro sogno d'amore... Si impose di non pensarci. Alla serpe avrebbe pensato poi.
- Candiduccia, faremo tardi...
Lei lo ignorò cordialmente, continuando a sibilare: Aléjandro le stava stringendo i polpacci, come un bambino capriccioso che non si vuole separare dalla mamma per andare a scuola. Barnabus alzò gli occhi al cielo.
- Cuffe? Ti vuole salutare.
Deglutì. - C-cosa?
Aléjandro avanzò verso di lui, fino a che non azzerò la distanza fra di loro: alzò gli occhi per incontrare i suoi, e lo gelò con quell'unico sguardo.
- Vuole che lo accarezzi, Cuffe. Muoviti!
Nel sentire tali parole, Barnabus nascose ancora di più le mani dietro la schiena.
- Vi lascio soli... visto che ti vergogni, Cuffe.
Le mani dell'Editore riapparirono in un secondo, mentre fendevano l'aria nel vano tentativo di fermarla; Aléjandro assottigliò le pupille, gongolando, e risalendo il suo corpo avvinghiandolo tra le spire.
- Aléjandrino... buono... buono...
Il serpente lo guardò a lungo, infastidito. Poi, cominciò a stringerlo più intensamente.
- Aléjandrino... io voglio bene a Candida...
Forse fu lo sforzo immane che Cuffe aveva fatto per parlare, a sorprendere Aléjandro. O fu la sua espressione, forse, talmente abbattuta e dolce da commuoverlo - quasi. Fatto sta che lo stritolò un'altra volta soltanto, prima di lasciarlo libero ed allontanarsi da lui.
Dietro la porta, Candida sorrise.
- Cuffe, andiamo!
Barnabus la seguì, massaggiandosi il collo. Poi si presero per mano, e per lui quello fu l'istante più bello di sempre.
In un crac furono a Hogsmeade: lei era divertita, lui emozionato.

Harry James Potter era già ad aspettarli a Hogwarts, assieme al fido Percy - che quella volta non aveva neanche finto lebbra, morbillo o ferite mortali, ormai ansioso quanto l'Eroe di venire a capo di quella faccenda.
Quel che era più buffo, era che entrambi non riuscivano a staccare gli occhi di dosso alla segretaria del Ministro: sarebbero potuti passare per due spasimanti insoddisfatti, se solo non avessero tenuto un assetto anti-sommossa in grado di far impallidire un'intera squadra di Indicibili.
- Potrebbe ucciderci all'istante... - sibilò Percy a mezza bocca, fingendo un sorriso con l'altra metà e partorendo solo una smorfia storta e innaturale.
Harry Potter sembrò rimuginarci qualche secondo, poi gonfiò il petto. - Sono già sopravvissuto una volta. - Alzò la voce. - Buongiorno Cuffe. Signorina Torres. - Abbassò lievemente la testa, in segno di rispettoso saluto.
- Mi è appena andata di traverso la colazione - biascicò Candida, stringendosi al fianco di Cuffe, che per l'occasione divenne paonazzo.
- E' quasi più simpatica di Orvoloson.
- Che cosa...? - azzardò Barnabus, frastornato.
Candida trasalì, solo per un istante. - Agua que no has de beber, déjala correr, Potter.

Trascinò via l'Editore, mentre un accigliato Percy si grattava la fronte, pensieroso. - Che ha detto?
Il Ragazzo Sopravvissuto non rispose, stringendosi nelle spalle e cominciando a camminare. Si rese presto conto di camminare da solo quando voltandosi vide la sagoma di Percy lontana qualche decina di metri, quando si accorse che i suoi capelli corti e rossastri avevano intorno un'aura più chiara, nei toni dell'ocra, e soprattutto quando, avvicinandosi, cominciò a percepire il suo tono pomposo e affettato allo stesso tempo.
- Sono felice che abbiate accettato il mio invito...
L'Auror si fermò abbastanza vicino da poter udire tutto.
- Mais... veramonte io...
- Mi lusinga la vostra compagnia, il fatto che me l'abbiate accordata così gentilmente è...
- Oh, Percì, io...
- Tra l'altro, questa meravigliosa giornata di sole non poteva che essere migliorata dalla vostra figura...
- Amandine! - intervenne una terza voce.
Harry vide Percy voltarsi spaesato.
- E' arrivata Audrey... vuoi salutarla?
Amandine annuì con una convinzione senza pari.
- Ci sediamo là, amore?
Theodore Nott le scoccò un bacio sulle labbra, prima di prenderla per mano e condurla verso gli spalti.
La mandibola di Percy cadde a terra con un tonfo secco e rotolò via, fino ai piedi di Harry James Potter. Fu con un tatto che aveva dimostrato ben poche volte che quest'ultimo la raccolse, appoggiando un palmo aperto sulla spalla dell'amico e portandolo via di lì.
- Lei... non mi aveva mai detto che...
- Non è niente, Percy... le sarà passato di mente. Perché non vai a sederti in tribuna? Io cerco Ginny...
Percy annuì, incapace di spiccicar parola. Sentì l'Auror pestare i piedi in terra mentre si allontanava, e prese ad andare nella direzione opposta.
- Tu es Percì Ouisly?
Quella voce improvvisa alle spalle lo fece sobbalzare.
- Amandine m'a dit que...
Percy la ascoltò di malavoglia: doveva essere quell'Audrey nominata da Nott.
- Tu es en train de... Mi stai ascoltando, santa Cleopatra?
Strabuzzò gli occhi, incredulo. - Parli inglese?
- Non ha importanza. Amandine mi ha detto che le dispiace per tutto l'equivoco che si è venuto a creare, e che è qui semplicemente per il suo ragazzo, Theodore, e per sua sorella Apolline, che giocherà tra non molto.
- E non poteva dirmelo lei?
- Santa Cleopatra, non spiccica una parola in inglese! Ti pare che abbia fatto pochi danni finora, con il suo linguaggio preciso?
Percy si strinse nelle spalle, scocciato.
- Ho letto la tua relazione sui calderoni, un po' di tempo fa. Ottimo lavoro.
Si voltò e sparì nella folla prima che Percy riuscisse ad assimilare e digerire le sue parole.
- Fratellone!
Ginny gli saltò al collo, mentre alle sue spalle Harry lo guardava stranito. - Non ti avevo detto di salire in tribuna?
Percy non mosse neanche un sopracciglio. - Calderoni - disse, apatico.

***


C'era un che di anacronistico nel quadretto che svettava in mezzo alla tribuna. Tre teste, una più bionda dell'altra, sopra schiene dritte e petti in fuori: tre teste ben pettinate e incorniciate da sete pregiate, tre teste di pelle diafana e quasi timorosa della luce del sole. Tre Malfoy, uno accanto all'altro e con la stessa puzza sotto il naso di qualche anno prima. Tre Malfoy come se niente fosse cambiato, da quando l'amicizia con Cornelius Caramell li portava ad avere posti di prim'ordine alla Coppa del Mondo o agevolazioni e privilegi in tutto ciò di cui avessero bisogno.
Hermione era sicura che avrebbe sentito un madre quasi medievale, se solo si fosse avvicinata a quei tre - e soprattutto, se le avessero permesso di farlo. Era sicura che avrebbe trovato affetto nascosto da frasi congelate in un algido distacco, se solo avesse origliato qualcuno dei loro scambi. Sicura del fatto che avrebbe percepito sofferenza, forse per la prima volta, tra quelle sillabe raffinate.
Era quasi buffo trovarsi a provare un briciolo di compassione per chi l'avrebbe fatta volentieri a fettine tempo prima, e che magari covava ancora quel segreto desiderio di toglierla di mezzo, possibilmente uccidendola lentamente e dolorosamente. Era buffo ritrovarsi a pensare che era persino sopportabile l'idea di un Lucius tronfio a pavoneggiarsi in occasione di grandi eventi pubblici o ad accattivarsi le simpatie dei potenti nei meandri del Ministero, che era tollerabile l'idea di un Draco altezzoso nei corridoi di Hogwarts, sdegnoso coi Mezzosangue e adulatore con personaggi di spicco, che era perfino meglio tornare ai tempi in cui Severus Piton era uno sfegatato tifoso della sua Casa, che avrebbe ignorato i successi di Hermione, Harry e Ron anche a costo di passare per stupido. Che era sopportabile tutto, in luogo di quello che era accaduto prima e dopo gli anni dell'innocenza, che era tollerabile qualsiasi cosa, nel caso bastasse a cancellare la Guerra e le sue conseguenze.
Poi, vide Draco alzarsi, congedarsi dai suoi con un inchino e con un bacio sulla fronte della madre, e allontanarsi.
Lo vide andare verso di lei, mentre si chiedeva se l'avesse effettivamente vista, lì dietro quel nugolo di tifosi francesi.
Lo vide procedere a testa dritta, col mantello che oscillava lievemente negli angoli e i piedi che si susseguivano in un incedere talmente sicuro da sembrare quasi marziale.
Le fu davanti, alla fine: la guardò negli occhi senza parlare, per poi accennare il movimento di una mano e sparire di nuovo tra la folla che cominciava ad accalcarsi.
Hermione si guardò intorno, e non vide alcuno sguardo rivolto a lei: nessuno l'aveva notata, era al sicuro. Imboccò lo stesso sentiero che aveva condotto Draco lontano da lì: senza scorgerlo, seguì l'istinto più della ragione, e per questo se lo ritrovò di nuovo davanti, mentre infilava passi abbastanza rapidi da dare l'impressione di non voler essere imitati.
Lui si fermò quando le voci del Campo furono abbastanza lontane, quando l'odore di terra smossa ed erba appena irrigata furono abbastanza distanti da perdersi nel profumo ben più pungente delle cortecce di pino.
- Mi hanno detto di nascondermi - biascicò poi, appoggiandosi mollemente a un tronco.
- Neanche giochi tu... - rispose velocemente Hermione, senza pensarci neanche troppo.
Draco scosse la testa. - Non capisci, eh?
- Capire cosa? Non mi pare che tu mi abbia dato modo di parlarti dopo quello che è successo lunedì! - sbottò infuriata.
- Non è successo niente, lunedì - rispose gelido.
- Se non è successo niente, ti è venuta improvvisamente voglia di giocare a nascondino?
Lui la guardò interrogativo. - Che diamine è...?
- Non è niente. Perchè ti nascondi? Da chi, ti nascondi?
- Granger, non vogliono i giocatori, vuoi capirlo? Non vogliono il Torneo, vogliono noi!
- Noi chi?
- L'ultima lettera, stupida.
- Uguale alle altre. Nè più nè meno.
Draco scrollò le spalle, mentre in lontananza un fischio acuto e delle grida incontrollate segnavano l'inizio della partita. Hermione, invece, si incupì. - Hai bruciato una busta grigia, lunedì - mormorò, soppesando le parole.
Lui annuì scocciato.
- Non nera, grigia.
- Mezzosangue, stiamo perdendo tempo.
- Siamo nascosti ai bordi della Foresta Proibita, senza far niente, e ti lamenti se perdiamo tempo? E poi, io che diavolo ci faccio qui?
Malfoy ridacchiò. - Ma è ovvio, mi proteggi. - Gli arrivò un altro schiaffo - l'ennesimo - in pieno viso.
Coi pugni di nuovo stretti, Hermione sbottò. - Si può sapere che diavolo mi nascondi?!
- E' una lunga storia, Granger - fece lui, sedendosi.
- Mi hai reclutato a mia insaputa per morire per te, Malfoy. Mi ritengo piuttosto disposta ad ascoltarla.

***


Gli avevano detto che prenderla sarebbe stato facile.
Che, diamine, sarebbe stato un gioco da ragazzi quel rapimento: tutti a seguire la partita con sguardi adoranti e nessuno abbastanza disposto a preoccuparsi d'altro.
Gli avevano detto che l'avrebbe trovata da sola, e invece c'era quel dannato biondo ossigenato con lei.
Aleksandr Krolik portava il nome di diversi Zar ed un cognome che con la tempra e la personalità di quei governanti ormai andati non aveva niente da spartire: in effetti, il carattere di Krolik si era scolpito secondo l'ereditarietà, che nemmeno un nome altisonante come Aleksandr era riuscito a sconfiggere. Il Coniglio, come l'avevano chiamato in tanti grazie a una conoscenza del russo piuttosto elementare, non si era mai lamentato del trattamento beffardo riservatogli dai superiori: si accontentava di vivere in sordina, gioiva per i suoi tratti ordinari - capaci di lasciare indifferenti i più - e si beava delle sue discrete capacità di Mago, che metteva alla prova in occasioni come quella.
Il Coniglio stringeva tra le dita un capello moro come l'ebano, regalo involontario di uno studente di Tassorosso colpito da diarrea fulminante: muoveva la testa freneticamente, dietro a occhiali spessi e finti, senza che però arrivasse mai il momento giusto per agire. Continuava a fissarla, mordendosi le mani, mentre sempre più chiara gli si affacciava alla mente la luce assassina degli occhi di Rachmaninov: se avesse fallito... non poteva neanche pensarci.
- Krolik - si sentì chiamare da una voce lenta e austera.
Si voltò verso un corpo slanciato, fine, in dei punti quasi spigoloso. Si avvicinò ad esso, lasciando perdere la partita e allontanandosi dalla parte più gremita della tribuna giornalistica.
- Chtob mne provalit'sya...

La donna non rispose, anzi rimase a capo chino. Una ciocca di impalpabili capelli biondi le pendeva da una spalla, perdendosi in un alito di vento.

***


Harry James Potter non era mai stato meno interessato a una partita di Quidditch.
Certo, avrebbe finto lo stesso di sapere l'esatta posizione del Boccino con chiunque gliel'avesse chiesta, sarebbe riuscito a criticare l'assetto tattico di Beauxbatons e l'aggressività esagerata di Durmstrang se gli fossero arrivate domande specifiche, ma senza riuscire a dissimulare del tutto la sensazione intrinseca che stesse per succedere qualcosa di infausto.
A viver di premonizioni, ci aveva un po' fatto il callo: a tenerlo coi sensi all'erta c'era un pizzicorino lieve ma insistente alla nuca, un peso sullo stomaco che non si decideva ad andar giù e l'inspiegabile volontà di alzarsi e scattare come una molla ovunque l'avessero condotto le sue narici attente.
Eppure, in campo tutto filava liscio come l'olio: nessuna bacchetta sguainata all'improvviso, nessuna schermaglia tra giocatori, nemmeno una mezza occhiataccia tra allenatori rivali.
Viktor Krum era come al solito assorto nella contemplazione dei suoi: si muoveva con calma, anche se la faccia tirata la diceva lunga su quanto quella tranquillità fosse solamente apparente. Bonaud, dall'altra parte, imprecava spazientito: i suoi Cacciatori stentavano a concretizzare azioni degne di nota, e molti tiri si erano infranti contro il portiere più mingherlino e agile che avesse mai visto, tal Petrov, che dimostrava dieci anni e l'esperienza di un trentenne.
I Parbleu si sprecavano, ma l'attenzione del pubblico non era più così ipnotizzata come all'inizio dello scontro. In tribuna, soprattutto, i giornalisti borbottavano per la scarsa qualità delle azioni di gioco e la conseguente noia mortale che avrebbero dovuto raccontare negli articoli: in molti si guardavano intorno, in cerca di stimoli un po' più accattivanti, e la maggior parte continuava a tener fisso lo sguardo sul campo, senza però guardare alcunchè.
Candida De Torres sbadigliava dietro una mano annoiata. Calma, maledettamente calma, pensò Potter non senza una punta di fastidio. Doveva succedere qualcosa, se lo sentiva! Perché diamine quella creatura diabolica se ne stava semplicemente seduta a lanciare di soppiatto occhiatacce sparute a Narcissa Malfoy, punte di gelosia fini a se stesse?
Harry Potter sbuffò, mentre qualche altro calderoni si perdeva gorgogliante nell'aria.

***


- Avanti - disse imperiosa Hermione, sedendosi sull'erba e scacciando come una mosca fastidiosa l'idea di essere assolutamente fuori posto.
- Sei tesa, Mezzosangue - sibilò piano Draco, guardando da tutt'altra parte.
Un fischio lontano riecheggiò fino a loro, e si voltarono quasi contemporaneamente, nel tentativo impossibile di capire cosa fosse successo.
- Durmstrang - borbottò Malfoy dopo poco. Hermione lo guardò interrogativa. - Hanno segnato loro. Hanno esultato troppe voci maschili... a Beauxbatons non ci sono così tanti uomini. E Hogwarts non tifa Durmstrang, questo è poco ma sicuro.
- Cosa te lo fa pensare?
- Krum. Ha osato contrapporsi a Potter nel Tremaghi... un'onta punibile con la morte, per quella cricca di esaltati buonisti.
La Caposcuola sbuffò. - Sei invidioso... sei solo maledettamente invid...
- L'hai salutato, il tuo Viktor? - chiese all'improvviso l'altro, come colto da un pensiero inaspettato.
Lei si strinse nelle spalle, stizzita. - Non sono affari tuoi. E... no.
- Oh, capisco, Weasel potrebbe esserne geloso.
- Io e Ron non...!
- E chi allora, Granger? Chi avrà l'onore di disporre vita natural durante del tuo cervellino incandescente?
- Preferirei salvare la vita a uno Schiopodo Sparacoda, piuttosto che a te.
Il volto di Malfoy fu attraversato da un lampo di trionfo. - L'ho sempre saputo che le creature del bestione facevano schifo anche a te...
- Hagrid non è un...!
- Shhhhhhhhhhhht!
Fu un attimo. Fu un attimo avere Malfoy di fronte agli occhi e subito dopo dietro alle spalle. Fu un attimo avere una delle sue mani sulla bocca, e il suo respiro teso a un passo dai capelli.
Un fruscio si perse tra i cespugli, come il fischio di una vipera tra i massi.
Hermione parlò, per non pensare. - Ma prc... - Quando si rese conto di non saperlo fare, la turbarono delle dita sulle labbra, una carezza involontaria alla lingua, dei polpastrelli che le schiacciavano sempre di più una delle fossette.
La turbò la presa stretta sul suo polso, lo sfregarsi delle uniformi, la tensione dei muscoli. Sbottò, quando tutto si allentò. - Malfoy, vuoi spieg...
- Sono i Fedeli - rispose senza smettere di guardarsi intorno. Si appoggiò a un tronco solo dopo essersi sincerato che nel raggio di parecchi metri non ci fosse nessuno, con un Homenum Revelio.
- Spiegati. E siediti, Merlino, sembri paranoico.
Soffocò una risatina sarcastica, che gli uscì in un soffio dal naso. - Paranoie. Quelle di Potter erano lampanti illuminazioni, le mie sono paranoie. Devo essermi dimenticato chi dei due abbia dei pregiudizi, qui.
Hermione gonfiò il petto. - Detto da uno che mi vorrebbe senza bacchetta o molto più probabilmente seppellita da qualche parte solo perchè ho sangue Babbano...
- Sei una Sanguesporco, Granger. Ti concederei la bacchetta solo per velocizzare la preparazione dei pasti al Manor, se potessi avere l'immenso onore di ridurti in schiavitù e darti ordini da mattina a sera. Purtroppo per te, hanno inventato gli Elfi Domestici, quindi la bacchetta non ti serve affatto.
- Chi sono i Fedeli?
- Ecco, qui si spiega perchè mai io tolleri che tu abbia una bacchetta e soprattutto perchè io mi faccia andar bene la tua presenza qui.
- Malfoy, puoi arrivare gentilmente al punto?
- Gli ultimi seguaci di Voldemort.
Hermione spalancò la bocca. - Ce ne sono altri? - mormorò piano.
Draco distolse lo sguardo, nel sentire un altro fischio lontano. Annuì, senza voltarsi. - Beauxbatons - disse, poi.
Hermione pensò a una decina di improperi più o meno violenti - come diavolo poteva pensare alla partita dopo una rivelazione come quella? -, salvo poi calmarsi. - Chi sono?
- Nessuno lo sa. Voldemort non si fidava di nessuno, certe cose le teneva per sè. Ma è ovvio che avesse qualcuno al di fuori dell'Inghilterra... uno come lui non si sarebbe fermato. Uno come lui avrebbe voluto tutto. - Tremò leggermente. - Appena avesse fatto fuori Potter, avrebbe lasciato qualcuno a controllare per lui il Ministero e si sarebbe diretto altrove, con i suoi seguaci più potenti. Non gli bastava un solo esercito, lui voleva l'Europa, almeno per il momento.
- Tu come fai a...?
- Credevo che ci saresti arrivata anche tu, Granger.
Hermione rimase in silenzio, un po' scocciata.
- La Coppa del Mondo - chiarì lui, senza ricevere risposta. - Oh, però, sei proprio idiota. - Un altro schiaffo, l'ennesimo. - Me lo staccherai il viso, alla fine.
- Non chiedo di meglio - borbottò l'altra, massaggiandosi il palmo.
- In molti hanno creduto che fosse un attacco a effetto. L'evento più importante a livello mondiale si teneva in Inghilterra, un sacco di gente allo stadio, tra cui molti esponenti del nostro mondo a portata di mano e tanti Mezzosangue e Sanguesporco a fare il tifo. Perfetto, teatrale, no?
Hermione annuì, senza capirci poi tanto, ancora.
- A qualcuno, però, cominciarono a venire dei dubbi. Sorsero domande tra i Mangiamorte, a cui venne chiesto di esporsi in maniera pericolosa in occasione di un evento così importante, dopo tanti anni in cui il Marchio non bruciava. Tutti si convinsero che fosse una prova di immensa fedeltà richiesta dall'Oscuro Signore, e i dubbi si acquietarono nel giro di poco.
- Continuo a non capire - ammise la Caposcuola.
Malfoy alzò gli occhi al cielo. - Il segnale forte che Voldemort desiderava non era per i Mangiamorte. Non era per Potter, non era per il Ministero. Non solo, almeno. Perchè ha scelto la Coppa del Mondo, secondo te?
- No - sillabò categorica Hermione, salvo poi coprirsi la bocca tonda per lo stupore.
- Voleva farsi notare da più gente possibile, altrimenti si sarebbe forse accontentato di un paio di effetti speciali in Diagon Alley e tanti saluti.
- Se per effetti speciali intendi Babbani appesi a testa all'ingiù, io ti...
- Granger, i Fedeli stanno venendo a cercare noi.
- Oddio, Harry, Ron! Devo dirglielo sub...
Lui fermò con poco sforzo lo scatto repentino con cui Hermione si era voltata e diretta al Campo. - Non direi noi, se ciò comprendesse quei due.
- E allora chi...? - Si bloccò, incredula per un momento. Respirò a fondo, una, due, tre volte, senza smettere di guardarlo negli occhi. - Oh - sospirò, alla fine. - Tu e...
- I miei genitori, sì. Siamo gli ultimi e più schifosi traditori dell'Oscuro Signore...
Hermione lasciò che Draco parlasse, senza ascoltarlo veramente. Quel noi, per un momento, l'aveva fatta vacillare senza che nemmeno riuscisse a spiegarsi il perché di tale turbamento. Le era parso... confortante, in un effimero momento di pazzia.
- ...Quando mia madre ha detto a Voldemort che Potter era morto...
Le parve di essere stata privata di qualcosa - qualcosa di assai poco invidiabile, a dire il vero, ma di talmente inebriante da togliere il fiato.
- ...Non coinvolgere Potter, Mezzosangue. Shacklebolt già sa, e sarà lui a decidere che fare.
- Perché io?! - sbottò Hermione tutto d'un fiato, quasi portando a termine quei ghirigori mentali che neanche lei riusciva a capire dove volessero andare a parare.
Draco tacque, scrollando le spalle.
- Perché io! - ripetè lei, con un'impazienza che non ammetteva repliche.
- Chiamalo istinto.
- Ma i tuoi compagni di Casa non...?
- Primo, non ci si può fidare fino in fondo di un Serpeverde. Entrando nel dettaglio, convivo con il figlio di un ex-Mangiamorte, con un altro che parla nel sonno e tenta di farmi sposare con sua madre, con un altro per cui darei la vita, ma che è troppo stupido. E le altre sono ragazze.
- Anch'io sono una ragazza!
- Tu sei Hermione Granger - sentenziò calmo.
- E...era un complimento?
- Era una constatazione. Della mia furbizia, peraltro, dato che mi sto mettendo in delle mani piuttosto salde.
- Tu ti fidi di me?
Draco la guardò storto. - Come potrei fidarmi di un gatto.
- Cosa ci dovrebbe entrare, un gatto?
- Fedele quando lo proteggi, lo accarezzi, ci giochi. Fedele con un posto caldo in cui dormire, con la ciotola sempre piena. Ma bisogna sempre stare attenti a chi lo sfama.
- Non crederai che io possa passare dalla parte dei Fedeli?
- Sotto Imperius, magari. Ma non è questo il mio timore.
- E quale sarebbe? - chiese Hermione, sempre più confusa.
- Temo che... tu arrivi a sapere troppo di me. Che due moine di Potter e quattro di Weasley potrebbero spingerti a vuotare il sacco con loro, a tradire la mia fiducia.
- Non lo farei m...
- Lo faresti. Per loro faresti tutto - sputò con una punta d'amarezza.
- Vuoi fidarti o no?
Draco la guardò storto. - Karkaroff.
Gli arrivò uno sbuffo. - Cos'è, un indovinello?
- Igor Karkaroff. E' un indizio, è una prova.
E Hermione capì. - L'unico Mangiamorte straniero...
- ...Morto in circostanze non troppo misteriose, ma abbastanza evidenti per capire che sapeva troppo. Era fuggito, si era dato alla macchia, era troppo vigliacco per unirsi a Silente: perchè mai Voldemort si sarebbe dovuto premurare di inviare un sicario in Nord Europa, apposta per lui?
- I Fedeli, quindi...
- E' probabile che vengano da quelle terre. Probabile, ma non scontato. Voldemort non è mai stato prevedibile, eccetto quando c'entrava di mezzo Potter.
Un fischio più lungo degli altri li riscosse da quei pensieri. - Durmstrang - borbottò Draco dopo un po', ancora assorto. - Per l'appunto. Possiamo tornare, nessuno mi ha torto un capello.
- Ti avevano spedito qui temendo un attacco dei Fedeli?
Draco deglutì, incerto se continuare o meno. - I miei... si sono esposti loro, pur di farmi nascondere. A nessuno dei due interessava questa partita... eppure sono lì, pronti a battersi al posto mio.
Era così che ci si sentiva, ad essere protetti?
Era da sette anni che Hermione proteggeva gli altri. Solo l'anno prima aveva spedito i suoi in Australia, pur di non farli scovare ai Mangiamorte. Aveva protetto Ron, Harry, gli altri, da errori troppo stupidi che avrebbero potuto portare conseguenze gravi: aveva pensato sempre a tutto, arrivando un passo avanti agli altri.
E Malfoy era così... cullato, che le veniva quasi da ridere. E rise davvero, senza il quasi, quando le venne spontaneo prenderlo in giro.
- Sempre al sicuro, eh, povero piccolo Draco?
Lui la gelò. - Imperius. Sai, soluzioni drastiche per genitori iperprotettivi.
Si morse la lingua. - Non dovevo dirlo.
Stettero in silenzio per un po', prima di mescolarsi senza dare nell'occhio a una folla in tumulto a metà tra l'esaltazione e la mestizia. Durmstrang esultava davvero, con canti dai toni tanto cadenzati da sembrare marziali e pose tanto rigide quanto buffe.
Fu una domanda stupida a permetter loro di parlare di nuovo.
- Malfoy, che ne pensi dei gatti?
Lui la squadrò, assicurandosi prima del fatto che nessuno lo stesse guardando.
Alla fine parlò a mezza bocca, con tono cospiratore. - Sono allergico - sillabò, prima di sparire in un abbraccio materno, con Hermione ormai lontana.

***


Barnabus Cuffe non aveva aspettato un solo secondo, prima di lanciarsi su Viktor Krum. Aveva sempre avuto una sorta di mania per i personaggi di spicco, sportivi e non, e aveva ereditato da quello che un tempo era stato il suo Professore preferito la voglia di collezionarli tutti, immortalandoli con articoli e fotografie sulla sua adorata Gazzetta. Da Horace Lumacorno non aveva per fortuna preso lo sgradevole vizio di vantarsene in giro, nè quello di accettare regali dai suoi intervistati - non che questi pensassero neanche minimamente di comprare qualcosa per lui -: la sua era mera soddisfazione personale, 'mera' in quanto l'unico vantaggio che decisamente apprezzava era l'aumento continuo dei suoi Galeoncini tintinnanti.
Quando Viktor Krum lo vide arrivare gonfiò un po' il petto, gesto che però fu parzialmente annullato dalle sue spalle ricurve. Candida, dietro Barnabus, gli rivolse uno sguardo eloquente, che Krum accolse con un occhiolino.
- Signor Krum, due parole sulla vittoria di Durmstrang?
Mentre il bulgaro cominciava a parlare - non senza qualche difficoltà -, dietro le spalle di Candida fecero capolino altri due personaggi, titubanti ma non troppo.
Harry James Potter aveva gonfiato il petto - e su di lui, sì, che si vedeva la differenza - mentre Percy se ne stava un po' dimesso, corrucciato, con le labbra increspate di continuo da sillabe soffuse. Non appena Viktor li vide, sorrise sinistramente.
Harry continuava a guardarsi intorno, quasi annoiato, eppure altero e fiero come una statua equestre. E Viktor, che non era mai stato troppo sveglio, ma abbastanza da rendersi conto della sfida tra celebrità che lo vedeva partecipare in prima persona, non si trattenne più. - Afere bisogno di kualkosa, Herr Potter?
Harry si sgonfiò appena, agitandosi come un gufo permaloso. - Io? Io? Solo chiedervi come state, Herr Krum. E che fine avete fatto - aggiunse, non senza una punta di superbia.
Percy si riscosse appena, pregustando scintille.
- Vinto Kampionato. Premio Meglio Cerkator di anno, Herr Potter. E foi?
-
Ammazzato Foldemort.
- Fi hanno dato Premio, Herr Potter?
Harry si appuntò mentalmente di far fuori anche lui, il prima possibile. Poi, si sentì mettere una mano sulla spalla.
- Patetico, Potter. A rey muerto, rey puesto. Voldemort è roba vecchia.
L'Eroe si voltò verso Candida, stizzito. - Strano, che sia proprio lei a dirlo.
Lei rise sarcastica. - Cuando el diablo no tiene que hacer, con el rabo mata moscas.
- CALDERONI!
Quando Harry, Candida, Krum e Cuffe si voltarono, trovarono i borbottii di Percy neutralizzati da quell'urlo, e l'urlo neutralizzato a sua volta dalla corsa di Percy che si allontanava sempre di più.
- Una desgracia nunca viene sola - sentenziò Candida, guardando prima la corsa sfrenata di Percy, poi di nuovo Potter.
Quest'ultimo non rispose, ancora stupefatto. Poi, gli andò dietro.

***


Lucius Malfoy parve sollevato nel vedere sua moglie con Draco tra le braccia.
Nel frastuono, tra le voci, nel viavai continuo di studenti e adulti non riusciva a vedere e sentire altro che non fosse quel quadro familiare, quei capelli biondi che li distinguevano fra tutti, per il loro chiarore quasi biancastro.
Aveva avuto ragione Narcissa: quel giorno non c'era niente, niente da temere. Una madre che vuole riabbracciare un figlio è impossibile da trattenere, e per questo lei si era avviata per prima giù dalle tribune, lasciandolo indietro di qualche minuto, perso in qualche chiacchiera superficiale con chi gli era stato seduto accanto.
Si avvicinò a loro, mentre tutto intorno la confusione scemava e i più facevano ritorno al castello.
Vide passare di corsa uno della risma dei Weasley, con la solita, unica, inguardabile chioma rossa: gli parve talmente esaltato da poter passare quasi per ubriaco, mentre lo urtava per sbaglio e blaterava qualcosa di incomprensibile. Di norma, l'avrebbe ripreso, insultato, rimesso al suo posto: quel giorno non ci riuscì.
Non mentre Harry Potter, correndo dietro a Weasley, lo urtava per la seconda volta, facendolo quasi cadere.
Non mentre Hermione Granger, incuriosita dagli altri due, li seguiva di buon passo, rischiando quasi di sfiorarlo con la sua pelle immonda.
Non mentre Draco, il suo Draco, spintonava Narcissa.
Lo vide respirare a fatica, mentre squadrava sua madre con un'espressione impossibile da qualificare.
- Draco, cosa...?
Ma bastò che sua moglie alzasse gli occhi per capire cos'aveva visto Draco, in quelle iridi chiare e attente.
- Chi sei tu?
L'aveva chiesto piano, con una rabbia pacata, trattenuta e per questo malcelata. Nel sentire quelle parole, si era fermata perfino Hermione Granger, a qualche metro di distanza, senza che nessuno la notasse.
Lucius Malfoy si avvicinò alla donna bionda che gli stava di fronte. La guardava con disprezzo, con un odio che mai e poi mai avrebbe rivolto nei confronti di chi amava.
Ed era proprio quell'amore che rischiava di essere dato per scontato, dopo così tanti anni di matrimonio, dopo che Narcissa era diventata la signora Malfoy e poco altro, dopo che su un'unione combinata erano state spese tante parole - troppe fuori posto -, ad averla smascherata, subito, insindacabilmente.
Ogni abbraccio è diverso dall'altro, e Draco venerava quello di sua madre.
Ogni sguardo è diverso dall'altro, e non basta un aggettivo a definirlo.
L'espressione che nessuno aveva mai visto sul volto di Narcissa Malfoy - quella smorfia che le tendeva gli zigomi in maniera tanto fuori posto da sembrare innaturale, quella tensione increspata sui lineamenti, quelle labbra che articolavano le stesse parole, ma non le stesse emozioni - si mutò in un'esplosione di risa.
E si bloccarono perfino Barnabus e Candida, appena arrivati lì, si bloccarono Harry e Percy, che tra un calderoni e l'altro aveva visto sparire la sua più grande illusione e si lasciava riportare di nuovo all'ordine, si bloccò Draco, in una posa puramente terrorizzata, si bloccò Lucius, troppo basito per riuscire a capire davvero.
E quando i capelli biondi cominciarono ad accorciarsi, quando il viso un po' scarno riacquistò colore e guance piene, quando gli occhi da blu divennero verdi, la risata si mutò in un grido, il divertimento in un ordine. - Krolik!
Il Coniglio, a metà tra il suo aspetto e quello di un altro, apparve da dietro il Castello in sella a una Scopa. I capelli mezzi d'ebano e mezzi di ciliegio, il volto a metà tra la peluria e la barba, la dolcezza di un bambino e la cattiveria di un adulto: Aleksandr gioiva per ciò con cui Rachmaninov l'avrebbe premiato, e per l'ammirazione che magari Franziska gli avrebbe tributato.
Franziska sparì in un balzo e in una nuvola di buio, che neanche Hermione riuscì ad impedire in tempo.
Fu nella disperazione più acuta che un Narcissa si perse agonizzante nell'aria.
E fu nell'incredulità che un madre lo seguì. Un madre che venne raccolto da Hermione in un abbraccio. Un abbraccio di quelli diversi, dati al buio e per tentativi.

Il buio sparì dopo un minuto. Hermione si era allontanata da Draco, lasciandolo libero di correre dal padre e di non vergognarsi di quell'attimo di debolezza. Di un attimo di debolezza con lei, per di più.
Si accarezzò le braccia, incrociandole all'altezza dei gomiti: cercò di trattenere il calore, mentre si chiedeva stupidamente il perché lo facesse.
E poi ci fu Harry a interrompere tutto, a spazzar via quelle sensazioni che non poteva fare a meno di trovare belle, a riportare tutto e tutti alla realtà.
- Adesso basta! - sbottò all'improvviso.
Lo guardarono tutti con aria interrogativa, mentre alcuni Professori e la Preside McGranitt si precipitavano lì per scoprire la causa di quel buio inaspettato.
Harry James Potter ebbe l'ardire di puntare il dito contro Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres.
- Signorina Gaunt... ha per caso qualcosa da dirci?





***








Sono per caso un filino in ritardo?





NOTE:

Agua que no has de beber, déjala correr: proverbio spagnolo che letteralmente significa 'l'acqua che non devi bere, lasciala scorrere'. In poche parole, è un 'Fatti i cazzi tuoi', come molto più poeticamente suggerirebbe Cetto Laqualunque.
- Audrey non è un personaggio mio. Cioè, non è nemmeno della Rowling, dato che ha buttato il suo nome in un'intervista ed è finita lì... diciamo che ce l'abbiamo in compartecipazione. E che avrà un ruolo discretamente importante, pur come personaggio di contorno... e che se continuo a far riferimento alla Row, alle interviste e a Percy vi svelo come va a finire la sua storia. Taccio, anche se tutti avrete già capito di chi si tratta e di cosa farà.
Traduco i suoi interventi in francese:
Sei Percì Ouisly?
Amandine mi ha detto che...
Tu stai...
Mi stai ascoltando, Santa Cleopatra?
E sì, a proposito del 'Santa Cleopatra': perché mai una francese dovrebbe imprecare così? Perchè io ho riguardato per la trecentesima volta Johnny Stecchino durante la stesura di questo capitolo, e perchè Nicoletta Braschi mi ha fatto adorare questa imprecazione. E perchè dopo ottocento cazzo, porca puttana e maremma maiala ci doveva pur essere qualche boccuccia fiorita a riportare questa storia a un livello di volgarità accettabile.
- Aleksandr Krolik: lui sì che è un personaggio inventato da me. E' l'ennesimo e potevo anche evitarmi di infilare la quattordicesima lingua in questa storia (a questo giro ho deciso di storpiare il russo), ma il mio cervello va da sè e bisogna essere accondiscendenti. Rachmaninov è un'altra mia creazione, e prende il nome di un celebre pianista che mi ha sempre inquietato, quando studiavo pianoforte. Ero piuttosto giovane e impressionabile, già il nome di per sè mi metteva ansia e la musica anche. E' roba mia anche Franziska. Chi è? Che fa? Che vuole? Vedremo.
Chtob mne provalit'sya: assomiglia vagamente al Blimey (Miseriaccia) di Ron, sebbene sia la sua versione russa e un pochino meno colloquiale. Ringrazio WikiRea (alias Poison Spring) per avermi aiutato nella ricerca di un'imprecazione adeguata, lei che sa tutto e che può insegnarlo a tutti, quando e come vuole.
- Parbleu è la più celebre delle espressioni di meraviglia/scorno/quello che serve francesi. E' un "Cazzo!" molto più fine, che può essere adeguato alle più disparate situazioni. Nella situazione narrata da me, vi dovete immaginare Monsieur Bonaud a tirar calci alla panchina e a imprecare come un turco (vi prometto che il turco non ce lo infilerò, nella Teoria).
- Come un gufo permaloso: mi è venuto in mente Anacleto, de La Spada nella Roccia, e non avrei saputo in che altro modo rendere la scena. Si capirà poco dal testo, ma immaginarmi Harry così, mi sta facendo ridere da un quarto d'ora.

-
A rey muerto, rey puesto: 'Morto un re, se ne fa un altro'. In italiano si dice 'papa', ma è lo stesso.
- Cuando el diablo no tiene que hacer, con el rabo mata moscas: 'Quando il diavolo non ha niente da fare, uccide le mosche con la coda'.
-
Una desgracia nunca viene sola: 'Le disgrazie non vengono mai da sole'.
- La mia visione del matrimonio tra Lucius e Narcissa prevede un amore sconfinato tra i due, e soprattutto un amore sconfinato per Draco. Protesto, protesto, protesto contro le fanfictions che vedono Lucius come un despota, Narcissa come una strega cattiva e Draco come il povero piccino maltrattato: per me, nei Doni della Morte, c'è stata la dimostrazione più chiara ed evidente dell'amore che li lega, e continuerò a ripeterlo fino alla morte. Sul fatto dell' "unione combinata", mi sono già espressa in una drabble che scrissi tempo fa. Per me, essendo entrambe le famiglie Malfoy e Black altolocate e di sangue purissimo, il matrimonio tra Lucius e Narcissa è stato in qualche modo incoraggiato, se non addirittura obbligato. Ciò non ha impedito che da matrimonio combinato, la loro unione si trasformasse in un puro, splendente rapporto d'amore.







Effebì
Mi trovate... qui.




Grazie, grazie davvero.















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Capitolo 15
*** Amortentia ***


14.



Amortentia



A voi, che (mi) avete aspettato (di nuovo).
E' stato buffo, ritrovarsi a rileggere questa storia a mesi e mesi di distanza e trovarci mille, diecimila, centomila cose da cambiare: odio gran parte dei corsivi di cui ho infarcito le mie frasi, odio tante espressioni, odio la pesantezza di certi passaggi, odio il fatto di non avere la voglia di modificarli. (E odio anche questo capitolo, ma sento che devo riprendere un po' la mano nello scrivere, sono un po' troppo arrugginita.)
Ma sapete che c'è?
C'è che questa è la prima long che mi ha dato soddisfazioni inimmaginabili, c'è che è stata una delle mie prime fanfiction di cui andare abbastanza orgogliosa, c'è che in fondo mi viene da sorridere nel rileggere alcuni brani, a ripensare a cosa è successo in tutto questo tempo, alle persone che ho conosciuto, che ho amato, che ho perso, a cui ho detto addio senza nemmeno dirlo per davvero.
Sono cambiata in questi mesi, è cambiato il mio modo di scrivere, di pensare, di agire, e revisionare anche una sola pagina di questa storia mi sembrerebbe un po' come falsare qualcosa.
Quindi... godetevela così com'è, se vi va.

Bentornati, o benvenuti tra le parole di questa storia, che in fondo è un po' la mia.




 




- Harry, non saltare a conclusioni affrettate - tentò Kingsley Shacklebolt, decisamente imbarazzato dalla piega che stava prendendo la questione.
- Affrettate? - scattò Harry. - AFFRETTATE?! Questa donna è palesemente interessata a Lucius Malfoy dal primo momento in cui l'ha visto e improvvisamente Narcissa scompare...
- Silencio. Bene, Ministro, adesso possiamo continuare la conversazione in maniera civile.
Kingsley guardò la signorina De Torres un po' di traverso. - Preside McGranitt, avrò bisogno dei Gufi più veloci di Hogwarts - aggiunse poi, mentre Minerva lo raggiungeva con un'espressione sconvolta. - E avrò bisogno di voi due - concluse, mentre i due Malfoy già si avvicinavano in silenzio. - Se volete seguirmi...
Harry Potter, farfugliando senza però spiccicare neanche una sillaba, si unì al gruppetto, sebbene nessuno l'avesse chiamato. - Oh, Sonorus - mormorò Percy, puntandogli contro la bacchetta.
- ...E' inconcepibile che lei continui a proteggerla, Ministro, è palese che...
- Silencio.
- Candida, non... oh, lasciamo perdere. Sonorus.
- ...Perchè la mia Autorità viene messa in discussione da questa donna, e non è giusto che...
- Potter! - sbraitò stremato Shacklebolt, e riuscì quasi a zittirlo per davvero.
- Mi scusi - pigolò Harry, fermandosi un attimo. Parve soppesare a lungo qualunque idea avesse nella mente, dopo scacciò ogni indugio scuotendo la testa freneticamente. - Ma...
L'ennesimo Silencio non tardò ad arrivare.

- Bene - sentenziò il Primo Ministro mentre guardava volar via l'ultimo Gufo dalla finestra dell'Ufficio del Preside. - E' giunto il momento, Barnabus.
L'Editore, una volta tanto, pareva preoccupato per davvero. - Le lettere...
- Un test - sintetizzò Candida, spazientita. - Le lettere, i Malfoy, la minaccia, il Quidditch erano un test. Un modo per risollevare le finanze de La Gazzetta del Profeta, anche, le cui vendite erano crollate per l'apatia di questi mesi e rischiavano di minare la stabilità di troppi posti di lavoro, ma principalmente un test sull'opinione pubblica e sulla Sua opinione, Potter.
Harry pareva indignato, mentre continuava a gesticolare come un ossesso. Nessuno, ovviamente, pensò neanche un attimo a restituirgli il dono della parola.
- Abbiamo pensato di sfruttare questo momento di relativa calma per controllare la tua attitudine al comando, Harry. Non ti offendere - continuò Shacklebolt - ma la tua nomina è avvenuta sull'onda di un'euforia collettiva che poteva difficilmente essere ignorata. Hai sconfitto Lord Voldemort, e di certo questo non è un curriculum trascurabile, ma il Capo degli Auror non può e non deve agire da solo: deve dimostrare abilità di coordinamento, capacità di usare tutti i mezzi a sua disposizione e soprattutto...
- ...E soprattutto deve essere libero da pregiudizi - sottolineò Lucius Malfoy, con meno cattiveria del previsto. - E dal modo in cui hai sospettato subito di noi...
Harry lo guardò in cagnesco.
- Cosa dirò ai miei lettori, cazzo?!
- Barnabus, troveremo...
- Noi non troveremo un bel niente, Ministro! Sono io quello che ci rimette la faccia, merda!
- Non necessariamente... troveremo il modo.
- Ma lei non...
- Silencio. Il Ministro ha detto che troverà il modo, quindi troverà il modo.
- Candida, se continua a Silenciare tutti, qui...
- Prima finiamo di spiegare la faccenda, Ministro, meglio è - sentenziò a testa alta, lanciando un'occhiata colma di sussiego anche all'indirizzo del signor Malfoy. A Narcissa non avrebbe mai augurato di finire rapita da degli assassini, ma già che c'era poteva lasciarsi ammirare un pochino dal marito, no?
- Non ha tutti i torti. Insomma, abbiamo creato tutta questa situazione per valutare la prontezza dei nostri Auror e quella della gente comune, perchè è proprio in questi momenti di calma piatta che si annidano le insidie più dannose. Non c'è più voglia di combattere, c'è semplicemente il bisogno di vivere delle vite tranquille e serene, e può essere controproducente lasciar perdurare questo atteggiamento. Non vogliamo un altro Voldemort, Harry, e vogliamo essere sempre all'erta per scongiurare il pericolo. Il signor Cuffe, qui, ha commesso un grave errore nell'assecondare Cornelius Caramell, quando le avvisaglie del ritorno dei Mangiamorte si facevano sempre più evidenti. Ha lasciato credere alla gente quello che faceva più comodo a tutti, messo a tacere le voci discordanti, come non faticherai a ricordare, e se non fosse stato per noi dell'Ordine il bilancio della Seconda Guerra Magica sarebbe stato quasi certamente più inclemente.
- C'è da dire che ci siamo anche divertiti...
- Candida, ti prego...
- ...che ci siamo decisamente divertiti nel vederti perdere la testa, Eroe. Aléjandro si è guadagnato una discreta quantità di cibo, eseguendo i miei ordini, ed in generale era molto appagante vederti correre qua e là con il tuo collega in cerca di indizi messi sempre più ad arte. E' decisamente un peccato che alla nostra falsa minaccia se ne sia aggiunta una nuova...
- Ma gli indizi? - intervenne Percy. - Le soffiate su ciò che avveniva a Hogwarts, gli incidenti... come avete fatto?
- Non erano incidenti - rispose semplicemente Barnabus.
- El niño - gli fece eco Candida.
Kingsley sospirò. - E' difficile notare i più silenziosi, ancor meno dei silenziosi in uniforme... nessuno si è accorto che qualcuno era sempre presente, in Infermeria, agli allenamenti, nei corridoi, in Sala Grande...
- Uno studente? - azzardò Percy.
- Juàn Abercrombie.
- Euan - la corresse Barnabus. - Un tipo tranquillo, piuttosto anonimo, conosciuto dai suoi Compagni di Casa e pochi altri. Sua madre è impiegata al Ministero, e spesso si lamenta perchè è convinta che il suo piccolo bambino non arriverà mai da nessuna parte, con quell'atteggiamento dimesso e riservato. Le abbiamo proposto questa cosa e si deve essere convinta che almeno come spia sarebbe stato un fenomeno... ha deciso di provare a 'farlo sfondare' così.
Candida storse il naso. - Quel niño è furbo come una volpe, è sua madre che è stupida come...
- Candida!
- Dico solo le cose come stanno. Fatto sta che stiamo solo perdendo tempo, Ministro. La mujer Malfoy è in pericolo e gli Auror veri sono appena arrivati.
- Vada a chiamarli, Candida - suggerì il Ministro, ignorando volutamente le ultime parole della segretaria. - E' giusto che ormai finisca di raccontare. Draco e la sua famiglia si sono semplicemente prestati a quest'operazione, Harry. Ricordi la tua ossessione per la colpevolezza di Piton, al primo anno e non solo? Vogliamo evitare che si ripeta, eppure ti sei scagliato subito contro i Malfoy sin dal primo momento, e adesso ti sei anche convinto che Candida sia colpevole di qualcosa, solo perchè ti ha risposto male un paio di volte...
Harry era paonazzo, mentre Candida sghignazzava. - Sonorus! - disse lei, a sorpresa, giusto per godersi un attimino gli improperi dell'Auror.
- Risposto male? RISPOSTO MALE?! Lei parla in Serpentese e...
- E tu, Harry? Lo facevi fino a non molti mesi fa...
- Ma lei si chiama Gaunt!
- E tu, ancora una volta, hai pensato di averlo scoperto per primo. Pensi che non lo sapessi, Harry? Pensi che il Primo Ministro non li scelga con un po' di cura, i suoi collaboratori?
Harry ammutolì all'istante, prima di mormorare qualcosa di imprecisato.
- Sì? - lo esortò Candida, maligna.
- Io pensavo che...
- E' qui il problema, Potter - sbottò Lucius. - Tu pensi.
- Chiudiamo un attimo il discorso, prima di decidere il da farsi con tutta la tua squadra, Harry. Non c'è stato nessun vero incidente sportivo. Il Cercatore francese è titolare nella formazione di Beauxbatons solo perchè suo padre ne è l'allenatore. E' un totale incapace, e ogni singolo studente di Beauxbatons lo vorrebbe fuori dalla squadra, ma non osa parlare per non incorrere nelle ire del Professore.
- E voi come fate a...? ...Fleur.
- Gabrielle, per la precisione. Abbiamo dovuto coinvolgere un bel po' di persone, in effetti. Lei, comunque, ci ha assicurato che nessuno si sarebbe disperato per l'assenza di quel bellimbusto, anzi.
- Chi avete coinvolto a Durmstrang? - chiese Harry, colto da un fulminante sospetto.
- Non ti viene in mente niente, Harry? Il Boccino, come firma in una delle lettere di Barnabus... Boccino che hai ovviamente interpretato prima come una minaccia nei tuoi confronti, e poi come una minaccia da parte di Malfoy.
La consapevolezza funestò la già indignata espressione sul volto dell'Eroe. - Quindi Viktor Krum mi sta ridendo dietro da mesi?
- Se vuoi vederla così... c'era un altro indizio, anche se devo complimentarmi con l'editore del Cavillo. I Cappelletti Bollosi sono creature provenienti da una leggenda bulgara. Erano loro le teste coperte, non i Mangiamorte. Luna Lovegood potrebbe spiegarti un'infinità di cose sul loro legame con il Quidditch... eppure anche questa volta hai ragionato da solo, senza chiedere aiuto a nessuno. Okay, questo indizio era piuttosto geniale e difficile da comprendere, ma ciò non toglie che tu non sia fatto per lavorare in una squadra. E con squadra non intendo tu ed Hermione Granger e al massimo Ron Weasley, intendo una squadra di veri Auror.
- Sono licenziato?
Kingsley sospirò. - No, Harry. Sei solo un po' più addestrato, forse.
- Eccoci - esclamò Candida, non appena entrò seguita da un'orda di Auror capeggiati da... Hermione.
- Signorina Granger, lei non potrebbe...
- Ministro, lei sa meglio di me che Harry verrebbe a raccontarmi tutto tra mezz'ora.
Kingsley allargò le braccia, sconfitto.
- Abbiamo una traccia di qualche tipo, Shacklebolt? - chiese un uomo allampanato coi capelli brizzolati.
- Solo un nome, Krolik.
A quell'informazione seguì un borbottio indistinto: sembrava che nessuno avesse mai sentito quel nome, prima. Draco alzò gli occhi al cielo, forse per nascondere una punta di tristezza. Fu Lucius a prendere la parola, dopo quella che sembrò un'eternità. - Quell'uomo, quella gente... hanno mia moglie - sentenziò, senza riuscire a dissimulare il suo timore. - Spero che sia chiaro a tutti. Chiunque, qui dentro, sa che noi Malfoy non siamo più nella posizione di esercitare pressione su qualcuno, e io per primo vi offro la mia completa disposizione per ogni cosa riguardante il rapimento, ma... La signora Malfoy è in pericolo. Voi - indugiò su Harry, prima di continuare con tono solenne - avete il dovere di riportarmela, sana e salva. Abbiamo cercato di fare ammenda di tutte le nostre colpe, risalenti a prima e durante la guerra, ed esigo che non ci siano rancori o scarso impegno a causa dei nostri trascorsi. Io e Draco siamo una famiglia mutilata, non siamo più i Mangiamorte che vi hanno costretto a combattere, o a subire delle perdite. Se non siete disposti ad accettare questa realtà... la troveremo da soli. Mia moglie non rischierà la vita per degli stupidi preconcetti. Tutto chiaro?
Harry James Potter, con una fatica immensa, annuì. - Siete tutti dei nostri? - chiese poi, rivolto ai suoi subalterni.
Nessuno fiatò. - Perfetto. Adesso diteci tutto quello che sapete. Partendo dall'inizio.

***


- Narcissa Malfoy è stata rapita?! - squillò la voce di Ginny, attirando l'attenzione di tutta la Sala Comune.
Hermione annuì, tentando di far rientrare l'allarme. Mai un tentativo fu più vano di quello.
- La madre di Draco?
- La Mangiamorte?
- Narcissa, quella Narcissa?
- La mantenuta?
- La gnocca bionda? ...Beh, è vero...
- Hermione, io non...
- Lo so, Euan, lo so. Mi hanno raccontato tutto ed è l'ultimo dei nostri problemi, davvero.
- Caposcuola Granger, puoi dirci cosa...?
- Oh, va bene, ma fate silenzio. In realtà ciò che sappiamo è ben poco: la signora Malfoy è stata rapita da un gruppo di fanatici nostalgici di Voldemort. - Qualcuno tremò al suono di quel nome. - Si pensa che facciano parte di un nucleo stanziato in Europa orientale...
- Io l'ho sempre detto che quelli di Durmstrang sono cattivi - bisbigliò un ragazzino del primo anno, mentre un'altra bambina annuiva.
Hermione alzò la voce, scocciata. - Vi prego di non traslare ciò che è avvenuto sul piano sportivo. E comunque sono solo supposizioni, non è detto che la nostra pista sia...
- La vostra? - sbraitò Ginny. - Come al solito vi ci tuffate voi a capofitto, eh? La piccola Ginevra deve restarne fuori!
- Ginny, ti prego...
- Ginny un cavolo! Voglio proprio sentire come si discolperà quel cret...
- Ginny!
- Se pensate di andare a rischiare l'osso del collo da qualche parte, io, io...
- Gi-ne-vra.
- E così si parte per la Russia, eh? E GINEVRA LASCIAMOLA PURE A STUDIARE A HOGWARTS!
- Ginny, nessuno andrà da nessuna parte - riuscì a dire alla fine, anche se con un filo di voce.
Chissà come, le urla di Ginny riecheggiavano ancora nella stanza, anche se lei nel frattempo era ammutolita. - Oh.
- Forse ci sarà inviata una squadra di Auror...
Ginny tornò più rossa dei suoi capelli. - Lo sapevo che Harry, oh ma mi sentirà, quel delinquente...!
- Ginny, Harry non andrà da nessuna parte.
- ...Oh.
- Molto probabilmente sono tutti nascosti in Inghilterra, da qualche parte. Non avrebbe senso imbastire una rivoluzione dove troverebbero solo l'appoggio di pochi... qui hanno tutto quello che serve loro: persone su cui sfogare la propria vendetta, nostalgici a cui instillare nella mente qualche scintilla di rivalsa...
- Ma nessuno li seguirà - pigolò un dodicenne. - ...No?
Hermione sospirò. - Non lo sappiamo, ma... no, crediamo di no. Purtroppo non sappiamo quanti sono... oggi abbiamo visto solo due componenti di quel gruppo, quelli che hanno partecipato attivamente al rapimento di Narcissa, quindi...
- E quella signora Gaunt? - sbottò una ragazza del terzo anno.
- E' la segretaria personale di Kingsley Shacklebolt, e se non possiamo fidarci del Primo Ministro...
- Beh, non è che ci siamo fidati di tanti Ministri, finora... - puntualizzò Ginny, prima che Hermione le pestasse un piede.
- Non possiamo basarci su un cognome per processare qualcuno, ragazzi - predicò la Caposcuola col suo tono più adeguato. - E in questa Casa non voglio sentire discorsi generalizzanti nè su discendenti di Salazar Serpeverde, nè su studenti dell'Est Europa, nè su Case diverse dalla nostra. Ci siamo intesi?
- Lo dice solo perchè è stata fidanzata con Viktor Krum - bisbigliò un po' troppo forte Romilda Vane, un secondo prima che Ginny la affatturasse.
- Dieci punti in meno, Weasley! - la fulminò Hermione, mentre Romilda lottava contro una coda suina.
- Oh, ne è valsa la pena, eccome. Devo proprio dire a Hagrid che questo Incantesimo è una bomba, sì.
- Falla sparire o te ne tolgo cinquanta!
Romilda Vane divenne improvvisamente dello stesso colore degli arredi posti dietro di lei.
- Oh, dicevi la coda, non lei, Hermione! Peccato, non so come annullare la Disillusione, buonanotteeeee!
Hermione annullò entrambi gli Incantesimi in meno di un minuto, mentre toglieva altri venti punti a Grifondoro. - VIENI SUBITO QUI! E voi, andate tutti a letto! - sbraitò, mentre la inseguiva.
- Mi dà sui nervi, Hermione, è inutile che provi a farmi pentire. E ci ha anche provato con Harry, e ha rischiato di ammazzare Ron, nel caso non te lo ricordassi.
- E ci avresti ripensato stasera perchè...? - Hermione alzò un sopracciglio. - Non puoi sfogarti sulla prima che passa, Ginny, lo sai, vero?
- Mi dai sui nervi anche tu, quando capisci tutto con mezzo sguardo, sai? E va bene, sono preoccupata. Preoccupata da morire. Harry è...
- Harry sa badare a se stesso. Ne è sempre stato capace... e questo ora è davvero il suo lavoro, Ginny. Deve farlo, capisci?
Ginevra sbuffò. - Hermione - disse poi, guardandola fissa negli occhi. - Lo so che a me non dirà mai niente. E' fatto così...
- Ma lui si fida di te, non credere che...
Ginny scosse la testa. - Non sto dicendo questo, Hermione. Mi dà fastidio non sapere cosa architetta da mattina a sera, soprattutto adesso che... che viene pagato per questo, ecco, e che lo farà ogni santo giorno della sua vita. E' che... a te certe cose le dice, perchè ci è... abituato, ecco. Non vuole me tra i piedi perchè... perchè non sopporterebbe di vedermi coinvolta, in pericolo, vulnerabile. Non dico che preferisca sacrificare te... dico solo che non è abituato a vedermi come una compagna di battaglie, ma mi vede ancora come qualcosa di piccolo, da custodire. E lo so che dovrei essere felice per questo... ma la verità è che preferirei rischiare la mia vita anche cento volte, piuttosto che non sapere cosa accade là fuori, perciò ti chiedo solo una cosa. Se le cose diventeranno pericolose... me lo dirai. Se vuole tenermi fuori dai suoi piani lo accetterò, se mi chiederà di non impicciarmi cercherò di non farlo, ma... promettimi che saprò se qualcosa andrà storto o che gli farai sapere che potrà contare in ogni momento sul mio aiuto.
- Ginny, tutto questo è...
- Promettimelo, Hermione.
Lei annuì, quasi commossa. - Ginevra, lo sai che si fida ciecamente di te, vero?
- Questo è ovvio. In caso contrario, non sarebbe certo il mio fidanzato.
La Caposcuola la stritolò in un abbraccio. - Dieci punti a Grifondoro.
Ginny la allontanò, strabuzzando gli occhi. - Che ho fatto?
- Esisti.

***


- Mangia, ci servi viva.
Franziska non era mai stata una donna dai modi gentili. L'unico che aveva tentato in qualche modo di vedere in lei una ninfa aggraziata e delicata era Aleksandr Krolik, che al momento le trotterellava intorno rischiando di versare tutto il contenuto di una ciotola sul pavimento. La zuppa che sarebbe stata la cena di Narcissa Malfoy aveva un colore inquietante, e per lei non fu particolarmente difficile rifiutarla voltandosi dalla parte opposta. Per quella prima sera di prigionia poteva digiunare, si ripetè. Le sofferenze dovute all'inedia sarebbero cominciate solo nei giorni seguenti, e se non le avessero fatto mancare un po' d'acqua potabile molto probabilmente avrebbe resistito quasi una settimana senza masticare un bel niente. Se la volevano viva, dopotutto, sarebbe stato anche nel loro interesse farla mangiare, in un modo o nell'altro. Lei, di certo, non si sarebbe abbassata a supplicarli per un tozzo di pane.
- Dove siamo? - chiese per quella che doveva essere la dodicesima volta.
- Fatti gli affari tuoi, principessa. E ringraziami, se ancora non ti ho torturato come meriterebbe una traditrice dell'Oscuro Signore.
Per tutta risposta, Narcissa si allontanò con aria indifferente verso il punto più lontano dalle sbarre di quella cella umida e buia. Franziska tirò un calcio alla ciotola, rovesciandola. - Prima o poi dovrai mangiare... e sarò lì quando leccherai il pavimento.
Primo giorno, si appuntò mentalmente Narcissa. Il letto è un po' scomodo, il clima spiacevole, l'ambiente sporco. Aspettate che lo venga a sapere mio marito.
Oh, le sarebbe servita un bel po' d'ironia per sopravvivere lì dentro, le sarebbe servita...
- Crucio - sentì urlare da qualche parte, troppo tardi per prepararsi psicologicamente.
Mentre una Strillettera registrava le sue urla, capì cosa sarebbe stato fondamentale avere lì dentro.
Voce.
Finchè avesse conservato quella, i suoi avrebbero saputo che era viva. Prima di perdere ogni briciola di ragione e accasciarsi svenuta al suolo, Narcissa pensò che magari Lucius avrebbe addirittura capito cosa stava cercando di dirgli, tra quelle vocali sconnesse che erano l'unico suono che riusciva ad emettere.
Ti amo, salva nostro figlio. Poi, vieni a salvarmi.

***


La notte aveva calato Hogwarts in un bozzolo di silenzio.
Gli studenti di Durmstrang, già poco festosi di suo, avevano approfittato del clima di tensione e preoccupazione per rintanarsi nei loro locali isolati, senza lasciarsi andare a una felicità inappropriata, dopo una sola partita del Torneo; gli studenti di Beauxbatons, che di motivi per festeggiare ne avevano ancora meno, erano spariti dalla circolazione dopo aver ingurgitato un boccone in fretta e furia, per paura di battutine sulle loro scarse prestazioni.
La verità era che nessuno, di nessuna nazionalità, aveva troppa voglia di scherzare: neanche gli inglesi, o forse soprattutto loro. Tutta quella storia, i Mangiamorte, persone scomparse... tutto questo dava i brividi, a chi aveva smesso di vivere nel terrore solo qualche mese prima.
I passi di Hermione Granger echeggiavano nei corridoi, incerti. Sperando che non fosse in Dormitorio, l'avrebbe trovato sicuramente... lì.
- Granger... - chinò la testa all'indietro, scivolando lungo il muro e finendo seduto per terra. Sembrava aver perso dieci chili in mezza giornata: guance più incavate del solito, occhiaie scure, capelli spettinati. E Draco Malfoy non dimenticava mai di pettinarsi, lo sapevano tutti.
- Hai pianto? - chiese lei, quasi fosse la cosa meno stupida da dire.
Draco la ignorò. - Come sapevi che mi avresti trovato qui?
- Ci sono posti significativi più strani di altri - rispose semplicemente lei.
- Solo il mio è di fronte a una Stanza che non esiste neanche più, immagino.
- Forse. Ma di certo anche il tuo è di fronte a un amico.
Lui si sforzò quasi di sorridere. - Avrò un sacco di posti, immagino, se continuerò a perdere tutte le persone a cui tengo.
Hermione gli prese una mano. - Non abbiamo ancora perso tua madre. E non la perderemo.
- Parli a nome di Potter per abitudine o perchè stai facendo pratica come segretaria leccapiedi?
- Che tu lo pensi o no, c'eri tu in quel noi, Malfoy. Abbiamo iniziato questa farsa insieme, è così che dovremo finirla, anche se la situazione si è complicata appena.
- Perfetto, ma puoi anche togliermi le mani di dosso.
Hermione ritrasse il braccio, furiosa. - Dimenticavo di poterti contaminare solo respirando.
- Oh, non è quello. E' che tendono a non interessarmi certe... dimostrazioni d'affetto, se erano queste le tue intenzioni.
La Caposcuola sbuffò, scettica. - Pensi che ti farà stare meglio, crogiolarti nell'autocommiserazione? Credi di essere così invincibile dietro a quell'apparenza di pietra, rigida e invalicabile? Sei solo uno stupido, se pensi di potertela cavare da solo. - Si alzò, infuriata. - Sempre a pensare di poter fare da solo...!
- Granger, frena...
- ...La guerra non ti ha insegnato niente? Oh no, perchè tu sei Malfoy, figuriamoci, tu puoi affrontare tutto e grazie tante, tu...
- Granger... io ti ho detto...
- ...Granger qui, Granger lì, e invece...
- ...di fidarmi di te.
- ...Oh. - Hermione si sedette, un po' abbattuta. - E' che sono tesa, preoccupata, e anche Ginny è...
- Non vedo cosa c'entri la Piattola, adesso, ma posso vedere facilmente che parte del tuo cervello è andata irrimediabilmente persa, durante questa Guerra, quindi non farò domande.
Lei corrugò la fronte. - Vuoi ancora lavorare con me?
- Nonostante tu sia irrimediabilmente suonata?
- No... - indugiò appena. - Nonostante ci sia la salvezza di tua madre in ballo.
Draco riflettè poco più di un attimo. - Potter ti tirerebbe in mezzo comunque, e a me non piace avere troppi intermediari.
Lei scoppiò a ridere, mentre incrociava le gambe e le ginocchia le sbucavano da sotto l'uniforme. - Va bene, Malfoy, dopotutto hai usato una scusa quasi ingegnosa.
Lui la guardò di traverso. - Dovrei avere qualche altro motivo, per avere tra i piedi proprio te?
- Forse solo un po' di cervello - gli rispose in un sospiro.
- Sembri dispiaciuta, Granger. Hai talmente paura di perdere il tuo piedistallo di So-Tutto-Io a Hogwarts da non apprezzare l'intelletto altrui? - Gli arrivò un pizzicotto in un braccio. - Comunque, stiamo già perdendo tempo, Granger - sentenziò, alzandosi.
- Che possiamo fare, secondo te? Volare a caso, ispezionare ogni angolo, e seguendo cosa, il tuo fiuto?
- E' mia madre!
- E tu sei avventato, il che ci riporta a considerare che sotto sotto un cervello ce l'hai, se hai chiesto il mio aiuto.
- Hai un'idea migliore?
Hermione si alzò in piedi, risoluta. - Domani, alle quattro.
- E dove andiamo?
- Nel posto più ovvio.
- Little Hangleton? Godric's Hollow?
Lei storse il naso, deridendolo. - Oh, andiamo.
Si alzò anche Draco, prendendola per un braccio e spingendola contro la parete. - Abbiamo scherzato finora, Granger. In un certo senso mi ha fatto quasi bene, distrarmi per un attimo. Da adesso, non ammetterò giochetti o prese in giro. E non usare la parola ovvio, con me.
- Mi stai facendo male.
Lui le lasciò il polso, in malo modo. Quando lei fece per andarsene, offesa, le si parò di nuovo davanti. Era pur sempre uno strano modo di sentirsi in trappola.
- Non ti azzardare a trattarmi mai più in questo modo, Malfoy, o qualsiasi sia il nostro attuale patto, lo straccerò in un secondo, e tanti saluti a Krolik.
- E' tanto difficile dirmi cos'hai intenzione di fare? - sbraitò, fuori di sè. - Sono stanco di essere trattato come l'imbecille di turno, voglio sapere cosa faremo, e voglio sentirmelo dire in un modo che mi piaccia!
- In biblioteca, cretino ossigenato. E dove, sennò?
Lo spinse via, arrabbiata come non mai. Se ne andò quasi di corsa, cercando di calmarsi, e arrendendosi all'evidenza tre piani più in basso: non ci sarebbe mai riuscita. Con lui di mezzo era impossibile.

***


Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres aveva una serie di cose preferite da fare la sera che comprendevano le attività più disparate.
Aveva un sacco da boxe, attaccato in camera, un paio di ferri da uncinetto, con una discreta quantità di polvere sopra, perfino un libro di cucina, da qualche parte. Per Candida, qualsiasi attività decidesse di intraprendere subito dopo cena era sacra: il momento in cui chinava la testa su un libro, o si esercitava con un Incanto più o meno lecito, perfino l'attimo esatto in cui il suo intestino le comunicava che era l'ora, e quello sì che era uno stimolo da non ignorare.
Quella sera, Barnabus Cuffe le scombinò la routine serale con la forza di un uragano.
Prima cosa, che diamine ci facesse a casa sua era un mistero tutto da chiarire. Possibilità numero uno: si era perso. Caso numero due: lo aveva invitato lei. Probabilità numero tre: si era autoinvitato.
Seconda cosa, perchè occupasse il suo divano sacroesacrosanto nel fine settimana era una questione di una certa importanza. Ogni idea le venisse in mente cominciava sul divano, lì si sviluppava e lì veniva portata a termine. Yoga? Sul divano. Spezzatino di manzo? Sul divano. Letteratura spagnola? Sul divano. Barnabus Cuffe? Su un letto da fachiro. Oh sì, un letto da fachiro! E l'Editore ci mese poco a scappare da quel divano, appena Trasfigurato in qualcosa di molto più scomodo.
Terza cosa, a meno che non mettesse su un vinile Babbano o accendesse la radio magica, in casa sua doveva necessariamente regnare il silenzio. E Barnabus, tolti gli strilli dovuti a qualche chiodo conficcatosi in punti dove non si dovrebbe mai conficcare un chiodo, singhiozzava ininterrottamente da ore, lamentandosi di chissà cosa.
Candida, la cui pazienza aveva un limite, limite per altro superato da almeno un centinaio di minuti, si decise a Silenciarlo di nuovo.
- Scriveremo quest'editoriale insieme, Cuffe, ora la smetta di annaffiarmi le begonie.
E Barnabus fece l'ennesimo errore della sua vita: la abbracciò.
- Incarceramus.

***


- L'avresti mai detto, Krolik?
Franziska non lo chiamava mai per nome, forse per dargli del Coniglio più spesso o magari perchè non aveva mai avuto la voglia di impararlo. Ad Aleksandr andava bene così. - Cosa, Franziska? - Pendeva dalle sue labbra, e sognava di farlo per davvero.
- Lei... - Gli porse una fotografia sbiadita, ma abbastanza chiara da non mascherarne per niente il soggetto.
- Lei? Ma lei lavora con...
- Dovete prenderla - ordinò una terza voce, al suono della quale si inchinarono entrambi.
Franziska prese a tremare. - Mio Signore...
- Sì, aspettami lì.
Un lampo di soddisfazione folle attraversò gli occhi della bionda, mentre la disperazione più cupa funestava quelli del Coniglio. Di lì a poco l'avrebbe sentita urlare... per finta, per davvero, non l'avrebbe mai saputo. E i suoi occhi erano sempre rossi di dolore, quando tornava indietro, eppure bruciavano, ardevano di una gioia che non poteva essere raccontata a parole.
- Krolik, vai con gli altri. Elabora un piano per prelevarla.
Rachmaninov si voltò verso l'esile figura di Franziska: aveva già una spalla nuda, e sfilava senza premurarsi di non dare nell'occhio. Era lei la Prescelta, anche quella sera.
Krolik serrò i pugni, vedendo sparire anche l'ultimo segno della sua presenza nell'oscurità più nera.
- Vasiliy, Kalisa, lei.
Kalisa squadrò l'immagine, ghignando. - Lei... e lui. Buffo.

***


Era quasi arrivata di fronte alla Signora Grassa. Sbuffando, pestando i piedi, imprecando a mezza bocca. Le aveva messo le mani addosso, come osava quello stupido idiota impomatato - che quella sera non si era neanche impomatato, ora che ci pensava (ma da quando in qua faceva caso al gel sulla testa di Malfoy?) - che senza di lei non sarebbe stato in grado neanche di cavare un ragno dal buco?
Stava per concordare, in qualità di Caposcuola, la nuova parola d'ordine con il ritratto, quando sentì un rumore improvviso. Si voltò di scatto, prima di convincersi che non c'era assolutamente niente di strano.
- Buonasera cara, per questa settimana proporrei Amortentia, che ne dici?
Sorrise al quadro. - La comunicherò a tutti, sperando che anche Neville non la dimentichi.
Alla Signora Grassa sfuggì una risatina. - Oh, quel bel giovanottone, quante ne ha passate... Ricordo ancora quando al primo anno...
Ma Hermione non la ascoltava già più. C'erano troppi rumori che provenivano dal corridoio adiacente, troppi perchè fosse semplicemente un falso allarme. Tornò indietro, svoltando l'angolo. Qualcuno la spinse di nuovo contro il muro, spalle contro la pietra, petto contro petto.
- Zitta - disse quel qualcuno, semplicemente.
Amortentia, ripetè Hermione fra sè e sè, per non dimenticare i suoi doveri di Caposcuola, mentre quel bacio rischiava di farle dimenticare anche il suo nome.
Amortentia, mentre Draco si allontanava, scottato, chiedendosi palesemente che cosa gli fosse saltato in testa.
Amortentia, nel momento in cui lo vide correre via, vulnerabile, preoccupato, distrutto, fragile.
Amortentia, quando capì che non si sarebbe presentato in Biblioteca, nè il giorno successivo nè mai.
Amortentia, perchè realizzò che lui aveva cercato in lei tutto quello che gli era stato tolto. Qualcuno che aveva perso, che era sparito, di cui aveva bisogno.
- Io non ho visto niente - sentenziò la Signora Grassa, mentre la lasciava passare senza chiederle neanche una sillaba.
Amortentia.
Noce.
- Neanch'io.







Effebì
Mi trovate... qui.




Grazie, grazie davvero.















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Capitolo 16
*** Ragni e Pancakes ***


15.



Ragni e Pancakes



Avvertimento: in questo capitolo si accenna lievemente a un incesto. Non ci sono scene erotiche, così come previsto dal regolamento di EFP, ma dato che la tematica potrebbe infastidire qualcuno preferisco avvisarvi fin da subito.

Poi: sono pessima, nevvero? (Sono pessima anche a dire
nevvero, ma chiudiamo un occhio, mi piace. XD)
Non ho risposto a diverse recensioni e a mia discolpa posso dire di non averne avuto davvero il tempo. Se vi siete offesi o mi volete infamare per la mia scortesia, la prossima recensione potrete infarcirla di tutti gli improperi che volete, non mi offendo. E' che preferisco aggiornare in fretta, dato che gli esami (e la laurea?) si avvicinano inesorabilmente e sto riducendo i passatempi al minimo, per vedere di tirarne fuori qualcosa di buono. Se poi esigete una risposta, minacciatemi di morte nella maniera che preferite, mi adeguerò. :P
Capitolo molto frammentato: dovevo raccontare un sacco di eventi avvenuti in contemporanea e non sapevo come altro fare. Spero di aver almeno creato un ritmo piacevole.
Mi cheto, che come al solito chiacchiero troppo. Buona lettura!




 


- Hermione.
Stava piovendo, doveva completare un tema di Aritmanzia. Non c'era nient'altro.
- Hermione.
La colazione le era rimasta un po' sullo stomaco, forse quei pancakes erano un po' troppo pesanti... la prossima volta li avrebbe evitati.
- Hermione.
All'ora successiva avrebbe avuto Difesa Contro le Arti Oscure: si era esercitata così tanto negli Incantesimi Paralizzanti che in tutta Hogwarts non volava più una mosca.
- Hai scritto Luna invece di Runa.
E allora la ascoltò. - Oh, dove ho la testa! Grazie Ginny.
- Vorrei saperlo anch'io - borbottò la rossa, mentre radunava i suoi libri e pergamene senza troppa cura.
E fu allora che Hermione capì che un comportamento di quel genere era inammissibile. Punto primo: Draco Malfoy l'aveva baciata senza chiederle il permesso. Punto secondo: Draco Malfoy non era più importante del suo tema di Aritmanzia. Punto terzo: Draco Malfoy era Draco Malfoy, e non poteva perdere tempo con pensieri che lo riguardassero. A priori.
- Ginny, hai finito il tuo tema?
- Diciamo di sì.
- Vuoi che te lo riguardi nei prossimi giorni?
Per poco l'amica non spalancò la bocca. - C...certo.
- Perfetto... allora possiamo andare.
Appellò tutta la sua roba, creando una pila ordinata e riponendola nel baule.
Ginevra la seguì, giurando di non toccare mai più un pancake in tutta la sua vita. Non poteva permettersi effetti allucinogeni indesiderati: quei maledetti di Beauxbatons e Durmstrang volevano sicuramente farli squalificare tutti per Magidoping e, poteva giurarci, le colazioni le avevano avvelenate loro. Aggiunse una voce all'elenco delle cose da fare dopo pranzo: stanare gli Elfi Domestici infiltrati in Cucina. Possibili obiettivi: Elfe svenevoli dalle ciglia lunghe, Elfi robusti e borbottanti.
- Ginny, a cosa stai pensando? - Hermione la stava guardando di traverso, mentre usciva dalla Sala Comune.
- Al Qu...
La Caposcuola alzò un sopracciglio.
- ...Quadrato delle Ipotesi di Merlino.
- Oh... Trasfigurazione. Dovrò ripassarla, più tardi.
Ginevra annuì, ridacchiando sotto i baffi. Lei doveva ancora aprirlo, quel capitolo.
- A-ehm, Caposcuola Granger.
Hermione si voltò verso la Signora Grassa. C'era anche l'immancabile Violet, ed ebbe subito l'impressione che la stesse guardando in modo strano.
- Sì? - chiese, un po' sulle spine.
- Tutto bene?
Hermione annuì, mentre Ginny la fissava, sempre più stranita (e Violet la guardava invece con talmente tanto interesse che non riusciva più a inzuppare i pasticcini nel tè). - Ha cambiato idea, Signora?
L'inquilina del quadro si tirò meglio lo scialle sulle spalle. - Idea su cosa?
- Sull'aver visto.
Violet cambiò espressione. - Te l'avevo detto che se ne sarebbe accorta subito! Oooooh, non dovevi dirmelo! - bisbigliò un po' troppo forte perchè due paia di orecchie potessero non sentirla.
- Qualcuno può dirmi cosa sta succedendo qui?! - sbraitò Ginevra. - Visto cosa?!
- Faremo tardi per la lezione - concluse freddamente Hermione. - Andiamo, Ginny.
- Noi non andiamo da nessuna parte, io...!
- Ho chiesto alla Signora Grassa di tener d'occhio la situazione nel Castello. Sai... per via del Quidditch. - L'espressione di Ginny si rischiarò immediatamente. - Non vorrei che qualche nostro avversario si comportasse in modo... strano, ecco. - Hermione si fece mentalmente un fragoroso applauso. Ginny anticipò l'ispezione in Cucina di un'ora. - Che so, trappole, scherzi...
Ginny si fermò, mettendo una mano sul braccio di Hermione e parlando solennemente. - Hermione Jean Granger, sei la migliore Caposcuola che Hogwarts abbia mai avuto. Il mondo sportivo te ne è infinitamente grato. - Detto questo, si offrì di portarle i libri fino in aula.
Quando Draco Malfoy la vide entrare con quel sorriso sibillino sulla faccia, si chiese se per caso fosse sul punto di essere ucciso. Invece, Hermione Granger si sedette al suo solito posto, mentre Ginevra le disponeva in ordine geometricamente maniacale penne, calamaio e pergamene su tutta la superficie del tavolo. Quando la lezione cominciò, cadde il silenzio.
Era un giorno come tanti altri, si ripeté lui. Stava piovendo, doveva finire un tema, doveva trovare sua madre.
- Signor Malfoy...
Quel giorno aveva mangiato pancakes - non li mangiava mai, i pancakes - ma decise che sarebbe stato meglio evitarli, aveva già abbastanza pesi sullo stomaco senza che ci dovesse aggiungere anche quelli.
- Malfoy...
Gli Incantesimi Paralizzanti. Era discretamente sicuro che gli sarebbero riusciti, nonostante si fosse completamente dimenticato di esercitarsi.
- Insomma, Draco Lucius Malfoy, vuoi ascoltarmi? Dieci punti in meno a Serpeverde!
Sentir tintinnare quegli smeraldi ormai evaporati risvegliò prima la sua coscienza e poi lui. - Sì, Professore? Mi dispiace, ero sovrappensiero.
- Devi scendere in Sala Grande, gli Auror hanno bisogno di parlarti. - Lui annuì, alzandosi in silenzio e promettendo di tornare appena possibile. - Bene, possiamo cominciare...
Forse l'ossessione atavica del fratello per i ragni doveva averle dato alla testa, pensò Ginny: non era possibile che ogni volta le sembrasse che ci fossero fili invisibili galleggianti nelle stanze più disparate. Fatto sta che la penna di Hermione Granger rischiò di arare il foglio, mentre prendeva appunti. E che quei pancakes avevano dato alla testa a un po' troppa gente, dato che già in due quella mattina erano stati un po' troppo sovrappensiero rispetto al normale. Le sembrò di vedere un filo invisibile che teneva in tensione i muscoli del collo di Hermione: era come se volesse girarsi, con tutte le sue forze, e non ci riuscisse - o non volesse. Era come se quel filo la tirasse fuori da quell'aula, e lei non volesse cedere a quegli strattoni sempre più indelicati.
Due ore dopo, quando il Professore assegnò loro una ricerca sull'uso degli Incantesimi Trappola nel corso della storia, Draco Malfoy non era ancora rientrato.
Due ore dopo, le stesse due ore dopo, all'altro capo della ragnatela, Hermione Granger si lasciò trascinare dal filo.
Ginevra la vide Appellare la sua roba in mezzo secondo e uscire dall'aula ad una velocità quasi inappropriata.
I ragni dovevano essere allergici ai pancakes, pensò, mentre due più due cominciava a fare quattro.
Ginny Weasley lasciò immediatamente perdere gli Elfi infiltrati e si concentrò sulle dodici zampe che le erano improvvisamente apparse nella mente. Sei di Hermione e sei di...
Non poteva essere.
Violet, avrebbe fatto parlare Violet. Per un giorno, il Quidditch poteva aspettare.

***


Vasiliy e Kalisa erano identici: nel taglio degli occhi, nelle labbra, nel naso. Si distinguevano per i capelli, per il seno di lei, per un neo che lui aveva sulla punta del dito mignolo. Vasiliy e Kalisa erano alti, androgini, bellissimi.
Rachmaninov li aveva trovati quasi per caso venti anni prima, abbandonati, semi-assiderati, senza neanche la forza di piangere. Li avrebbe lasciati morire senza alcun rimpianto, se solo non fosse scivolato non una, ma ben due volte, sul ghiaccio siberiano. Si era voltato subito verso quell'ammasso informe di lana, e aveva scorto due paia di occhi che lo guardavano con quello che sembrava... disgusto. Aveva provato a rialzarsi, lui, il più grande Mago di tutto il continente, e non c'era riuscito - di nuovo. Quello che poi battezzò Vasiliy pareva divertirsi, anche se le sue smorfie erano congelate.
Decise che sarebbero stati dei grandi Maghi - non potevano essere altrimenti -, e che se si fossero rilevati una delusione sarebbero stati lo stesso ottima carne da macello. Per ora non avevano dimostrato di essere nè l'una nè l'altra cosa. Di certo, erano degli ottimi fanatici: in vent'anni di vita, non avevano sentito altra voce che non fosse la sua.
I due erano determinati a portare a termine la loro missione. Dovevano prelevarla - senza torcerle un capello, o almeno causandole danni più che riparabili - e consegnarla nelle mani dell'unica persona che erano disposti a chiamare padre.
- Io li trovo carini - osservò Kalisa, mentre un rivolo di capelli neri le sfuggiva dalla coda.
Vasiliy osservò il suo ritratto, storcendo il naso. - Non mi dire che ti inteneriscono...
Lei rise, e ad un passante venne la pelle d'oca. - Sciocco fratello, il fatto che siano carini non salverà loro la vita.
- Ti ricordo che non dobbiamo farle del male...
- A lei. Ma sai da quant'è che non uccido qualcuno, Vasjura? E tu, tu che mi dici? - gli sfiorò il polso, guardandolo maliziosa. Con la lingua gli solleticò un orecchio. - Non ti eccita sentir scorrere un po' di sangue?
- Kalisa, piantala.
- Cosa c'è, fratellino? - Gli accarezzò il petto con un dito. - Fai finta di niente?
- Kalisa, sei...
- Dammi un bacio, Vasjura. Un bacio solo, per la vittoria.
Vasiliy capitolò. Amava sua sorella. La amava più di qualsiasi altra cosa.

***


Barnabus Cuffe cominciò a ricevere Gufi e Strillettere già da metà mattina.
Tutta quella posta era perfino riuscita a scovarlo dall'altra parte di Londra, tanto che diverse missive portavano sulla busta l'indirizzo Divano di Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres, e tutto quel caos non accennava a diminuire.
Candida decise di risolvere il problema alla radice, e Barnabus si ritrovò in breve tempo fuori dalla sua porta, in maglietta e boxer.
Decisamente, quella trovata non era piaciuta ai suoi lettori, che lo accusavano di averli fatti stare in pensiero, di essere solo un avido sfruttatore di bufale e gli auguravano diversi mali, più o meno letali. Barnabus si strinse nelle spalle. Il suo giornale non sarebbe certo entrato in crisi, ora che un'altra tragedia era alle porte, e che la gente aveva voglia di documentarsi un po'.
- Lei è disgustoso - sentenziò Candida, fissandolo.
Lui, che neanche si era accorto che la donna aveva riaperto la porta, tanto era felice e sguazzante in Galeoni immaginari, sbiancò. - Come, signorina Candida?
- Ho detto che lei è repugnante, Cuffe. Come può solo pensare...?
- Suvvia Candiduccia - tentò di giustificarsi, spelacchiandosi un baffo. - I nostri Auror risolveranno tutto, io mi limiterò a ricamarci un po' su...
- Vergonzoso. Le piacciono le tragedie!
Lui cominciò a sudare freddo. - Non ho detto questo, io, io...
- Conosco la Legilimanzia, signor Cuffe, non provi nemmeno a mentirmi.
Divenne rosso come un pomodoro. Per la prima volta, Barnabus Cuffe si stava vergognando. Scosse velocemente la testa, sussiegoso. - Mi impegnerò a cambiare, signorina Candida. Per lei.
Lei, fissandolo come fosse un Vermicello particolarmente viscido, gli sbatté la porta in faccia.

***


- Audrey Hollande, enchantée.
Calderoni, pensò Percy Weasley, mentre l'Auror si presentava e introduceva alla commissione inglese tutti i colleghi che la Divisione Internazionale aveva messo a disposizione per l'affare Malfoy.
- Merci -
continuò lei, mentre Kingsley Shacklebolt le stringeva la mano.
Calderoni, continuò a pensare Percy, mentre Harry gli sventolava la sua, di mano, di fronte agli occhi.
- Noi della Divisione Internazionale siamo stati informati su tutto, signor Malfoy. Li troveremo, ne stia pur certo. Suo padre è a Diagon Alley, ed è già stato informato riguardo al nostro interessamento nella questione.
Draco era lì da un paio d'ore e non ne poteva più. Prima c'era stato quell'idiota di Harry Potter a garantirgli che il Ministero stava facendo tutto il possibile. Poi era arrivato quell'idiota ancora più idiota di Percy Weasley, a tagliargli qualche ciocca di capelli e qualche unghia per creare chissà quale Pozione Rintracciante, e sperare così di trovare i suoi geni in qualche punto preciso della mappa che aveva di fronte. Infine era arrivato Kingsley, a rassicurarlo perchè prima o poi, Pozione o non Pozione, avrebbero trovato lo stesso sua madre. In seguito c'erano stati tutti gli Auror inglesi, e ora ci si metteva anche quell'accozzaglia di nazionalità diverse, vestita più o meno decentemente, a ripetere per la settecentesima volta che sì, tutti avrebbero fatto il possibile. E perchè cazzo pensavano di farlo lì, tutto il possibile?
- Se non ci sono altre cose, Ministro, noi preferiremmo andare e metterci al lavoro.
Era ora, pensò Draco.
Calderoni, pensò Percy.
- Grazie infinite, signorina Hollande.
- MERCI! - urlò qualcuno dal fondo della Sala Grande.
Hermione, che stava entrando giusto in quel momento, squadrò Percy dubitando della sua sanità mentale. Sanità di cui dubitò ancora di più quando una giovane minuta ma determinata gli si avvicinò sorridendo. - Persì!
Lui aveva uno sguardo così imbambolato che Hermione provò a disincantarlo, nel caso qualcuno gli avesse fatto un Incantesimo Rammollente per scherzo. E invece Percy continuava ad avere ancora la stessa faccia.
- Calderoni - disse all'Auror francese, cercando di darsi un contegno e ottenendo l'effetto opposto.
Ad Audrey Hollande si congelò il sorriso. Doveva avere una calamita per i matti, Santa Cleopatra.
Scambiò uno sguardo di intesa con la ragazza dai capelli cespugliosi che si era trovata di fronte: poi, da come la vide guardare quel Draco che aveva appena conosciuto, capì una semplice, linearissima cosa. Quella studentessa aveva una calamita più grossa.
- Pos-so of-frir-le il pran-zo? - sillabò lentamente Percy, respirando tra una parola e l'altra. Ce l'aveva fatta. Le aveva parlato.

Audrey lo guardò con dolcezza. - Dobbiamo reperire del materiale in Diagon Alley... ci vediamo lì?
Percy annuì freneticamente, prima di seguirla fuori, mescolandosi nella folla della Divisione Internazione.
- PERCY VIENI SUBITO QUI! - sbraitò Harry, tanto che Ginny, appena arrivata, guardò prima il fratello poi il fidanzato con aria sempre più interrogativa. No, decise, avrebbe smesso di cercare di capirci qualcosa. Anche perchè quel giorno la priorità andava a...
- Alle quattro in biblioteca, Granger - sputò, freddo, Draco Malfoy. - E non fare tardi.
Le sinapsi di Ginny si strinsero le mani, orgogliose di se stesse. Doveva fare un discorsino con suo fratello - l'altro, quello sano di mente... no, impossibile, neanche Ron era sano di mente -: i ragni erano delle gran belle bestiole, intelligenti e ordinate. E lineari. Linearissime.

***


Vasiliy espirò una boccata di fumo. Era difficile, era tremendamente difficile.
Kalisa giocherellava con una punta dei suoi capelli, sembrava spensierata. Del resto, lei l'aveva già chiarita la sua linea d'azione. Uccidere tutti quelli che si fossero posti sulla strada tra loro e lei. Se Rachmaninov la voleva, non avrebbe badato ai costi dell'operazione, neanche a quelli in vite umane.
Vasiliy, invece, voleva fare le cose più pulite, minimizzare i rischi. Non potevano attirare troppo l'attenzione, dovevano prenderla e sperare che nessuno se ne accorgesse per qualche minuto, giusto il tempo di fuggire.
- Vasjura... Guardala, è là.
Circondata da gente d'ogni tipo, come si aspettava. Troppa gente, veramente troppa.
Kalisa impugnò la bacchetta e fece per alzarsi. A lui tornò in mente la prima volta in cui l'aveva fatto: aveva poco più di un anno e si era alzata in piedi prima di lui. Quando si era accorta che lui non era ancora in grado di seguirla, non ci aveva più riprovato, riprendendo a gattonare e dimenticando quell'episodio. Piccola, dolce, Kalisa...
- No - le disse seccamente, prendendola per un polso e riportandola a sedere vicino a lui, in quel punto dove nessuno poteva vederli. - Non ancora.
Lei sbuffò. - Non le faccio niente, lo prometto...
La zittì con un bacio tra i capelli. - Arriverà il momento in cui sarà da sola, vedrai.
- E' con un altro traditore del Signore Oscuro... - strinse i pugni, furibonda. Vasiliy dovette trattenerla in un abbraccio quasi soffocante, per non lasciarla andare.
- Baju Bajushki Baju... Ne lascisja na craiu...
Kalisa spalancò gli occhi, calmandosi immediatamente. Era caldo Vasiliy, lo era sempre stato. Forse se non fosse stato per lui non sarebbe neanche sopravvissuta a quella notte.
- Prijdiot serenkij volciok...
Vasiliy era tutto, avrebbe fatto qualsiasi cosa lui avesse desiderato.
- I ukusit za bociok...
Kalisa capitolò e chiuse gli occhi. Amava suo fratello. Lo amava più di qualsiasi altra cosa.

***


Hermione si affidava raramente ai presentimenti. Trovava irrimediabilmente stupido preoccuparsi di qualcosa che non era ancora successo, e che neanche doveva succedere per forza. Come se non bastasse, un suo presentimento era già stato smontato da Draco Malfoy. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa sul fatto che quel giorno avrebbe disertato l'incontro in Biblioteca, e invece...
Aveva ricontrollato il tema di Ginny impiegando trenta secondi netti, fingendo di non notare le occhiate che Ginny lanciava a lei, Violet lanciava a Ginny, la Signora Grassa lanciava a Violet. Poi si era in qualche modo convinta che Romilda Vane stesse fissando Ginny, che Lavanda Brown stesse fissando Romilda, e che le gemelle Patil - sì, tutte e due, all'ora di pranzo - stessero fissando Lavanda, imitate da Neville, Euan, una Corvonero del quinto anno, metà tavolo dei Serpeverde e cinque o sei Tassorosso.
Aveva una sorta di prurito alla base della nuca, come se tutti quegli occhi le facessero il solletico, ed era scappata dal tema prima di morire dal ridere. E proprio in quel momento Ginny aveva avuto la conferma che due più due faceva proprio quattro, e proprio le quattro spaccate, dato che a quell'ora aveva fatto in modo di essere in Biblioteca dietro a una pila di tomi impolverati. Avrebbe segnato quel giorno nel calendario: lei, appostata dietro a strani libri sulla coltivazione del Pomodoro Farfallino nel corso dei secoli, a spiare Hermione Granger, che aspettava Draco Malfoy. Se fosse sopravvissuta agli scherzi di quei Quidditchari da strapazzo di Beauxbatons e Durmstrang (perchè sì, ne era convinta, sotto sotto qualcosa stavano tramando davvero), ci avrebbe scritto un libro.
Alle tre e cinquanta, Hermione aveva già sparso una serie di tomi su uno dei tavoli, cominciando a sfogliarne qualcuno. In realtà non riusciva a concentrarsi, aveva ancora addosso quello strano odore di pericolo che non riusciva a togliersi dal naso. E beh, continuava a sentirsi almeno un paio di pupille puntate addosso, ma quella era di certo solo suggestione.
Alle quattro spaccate, Draco Malfoy le si sedette accanto, afferrando bruscamente un tomo dalla copertina porpora e chiedendole cosa diavolo stiamo cercando - Ginny prese appunti, sarebbe stato un incipit niente male per il suo romanzo.
Hermione lo fissò, togliendogli il libro di mano e aprendolo all'indice.
- Sai leggere, Malfoy? Influenza della Magia Oscura in Europa.
- E allora?
- E allora stiamo cercando tutto. Datti da fare - concluse, ributtandosi sul suo tomo.
Draco la guardò per un attimo, indeciso sul da farsi. Doveva ucciderla subito? O aspettare che gli ritrovasse sua madre? Certo, se l'alternativa al fidarsi di lei era mettersi nelle mani di Harry Potter...
Ginny, dietro lo scaffale, era più che delusa. Tutto quel polverone e poi quei due semplicemente collaboravano? Stava sprecando una giornata di studio per niente - macchè di studio, si corresse poi, di Quidditch.
Si alzò di scatto, senza neanche premurarsi di fare piano.
Esattamente cinque secondi dopo la sua uscita definitiva di scena, il dorso della mano di Draco urtò un dito di Hermione. Per sbaglio, ovviamente.

***


Barnabus Cuffe aveva uno strano presentimento - anche lui - mentre bussava ininterrottamente alla porta di Candida, supplicandola di rendergli almeno i pantaloni. Non sapeva che si era già Smaterializzata più o meno un'ora prima, e che già correva per mezzo Ministero, sbrigando le sue commissioni abituali e tutte quelle extra dovute alla massiccia quantità di posta che era arrivata quel giorno. Oh, e Candida odiava la posta già di suo... quel giorno, con tutte quelle lamentele, avrebbe volentieri dato fuoco a tutto.
Kingsley Shacklebolt era ancora fuori, lei era da sola con Lucius Malfoy - e neanche poteva tallonarlo continuamente, dato che era indaffarata come non mai e viveva più in ascensore che nei corridoi. Odiava quella mezza giornata libera che le era stata concessa, odiava non essere arrivata in Ufficio alle otto in punto, odiava non aver già finito il suo lavoro con ore d'anticipo, come le capitava ogni volta, e odiava anche quei maledetti rapitori di Narcissa Malfoy, che la facevano sentire in colpa anche solo a guardarlo, Lucius.
Alle cinque e mezzo si accasciò sulla sua scrivania, esausta. Forse le avanzavano cinque minuti per sistemarsi le unghie... La vista di quelle di Lucius Malfoy, completamente rose dall'angoscia, le fece passare la voglia.
- Posso portarle qualcosa, signor Malfoy? - esitò, mentre si alzava in piedi non senza un minimo di fatica.
Gli occhi grigi di Lucius la fissarono per un secondo interminabile. - Penso di volermi riposare anch'io, signorina De Torres. Se vuole, potremmo uscire dal Ministero, offro io.
- Oh no, questo mai!
- Non sia mai che un Malfoy sia in debito di un tè, signorina. Usciamo?
Candida, armeggiando con la bacchetta dietro alla schiena per risistemarsi le unghie a tempo di record, annuì. Ah, se solo fosse successo vent'anni prima... Si concesse di fantasticare un attimo, un attimo solo.
A qualche decina di km di distanza, il brutto presentimento di Barnabus si fece talmente pesante che decise di lasciar perdere i pantaloni.

***


Hermione Granger aveva imparato a dare un nome al suo presentimento.
Il suo presentimento era, innanzitutto, una schiappa nella consultazione dei libri: non indovinava mai le parole chiave da Appellare, arricciava le pagine ed era lentissimo a leggere. Aveva provato a spiegarglielo, intorno alle cinque, che era inutile che massacrasse i tomi, se non obbedivano al suo volere: era lui a non saperli usare, non loro a nascondergli le cose.
Draco, per tutta risposta, aveva scagliato Influenza della Magia Oscura in Europa dall'altra parte del tavolo, con un colpo di bacchetta. - Inutile. Passamene un altro, Granger.
Lei si appuntò di ricontrollarlo più tardi, da sola. Non si era mai fidata dei presentimenti, e non le sembrava il giorno più adatto per cominciare a farlo.
Gli passò Gruppi Oscuri da Oriente a Occidente, e tentò di concentrarsi di nuovo sul libro che aveva scelto per sè.
Eppure era come se qualcuno la fissasse ancora, con uno sguardo ancora più penetrante.

***


- Vasiliy, mi annoio.
Lui, che non sapeva davvero come replicare, annuì. - Sono da soli, potrebbe essere il momento buono.
Lei non aspettò neanche per un istante le sue direttive. Vasiliy si voltò e lei era già scomparsa.

***


- Ha sentito per caso il Ministro, signorina?
Candida scosse la testa, dispiaciuta. - Ormai credo che si Materializzerà in Ufficio a fine giornata, signor Malfoy. Immagino che sia stato tutto il giorno a coordinare le attività con la Divisione Internazionale.
- Possiamo fidarci? - chiese lui, attraversandola con un solo sguardo. Lei tremò un attimo. Non sapeva cosa rispondergli, davvero.
La porta tintinnò, mentre Harry Potter e Percy Weasley facevano il loro ingresso nella piccola caffetteria, e Lucius Malfoy cambiò subito espressione. - Pensavo che foste occupati con gli Auror Internazionali, voi due. E invece vedo che la voglia di lavorare non è un optional solo per noi aristocratici...
Percy guardò timidamente Harry: era rigido dalla testa ai piedi, sembrava non riuscisse ancora a spiccicar parola. Che c'era di più strano, è che anche Potter non sembrava aver molta voglia di chiacchierare. Alla fine i due decisero di ignorare sia Lucius che Candida, e si avvicinarono al bancone.
Lei, per tutta risposta, cominciò a far scroccare le dita. - Mi perdoni, signor Malfoy, ma quel Potter non mi è mai stato simpatico. Vado e torno.
E Lucius la guardò alzarsi, divertito. Almeno fin quando un altro avvenimento non lo fece divertire di più: Barnabus Cuffe era appena piombato nel locale. In mutande.

***


- E' lei, no? - sussurrò piano Kalisa, per non far udire la propria voce.

***


Hermione cominciava a sentirsi davvero troppo strana. Impugnò la bacchetta, facendo segno a Draco Malfoy di restare in silenzio.
I libri avevano imparato a parlare? Aveva controllato mille volte: la Biblioteca si era totalmente svuotata, eccezion fatta per loro due. E allora, perchè sentiva bisbigliare da dietro ogni scaffale?
Forse doveva semplicemente arrendersi: stava diventando paranoica. Ma lei non era mai in ansia - agitata sì, quando c'era in ballo l'esito di un esame, ma non in ansia, come se ad ogni passo ne andasse della sua vita -, eppure quel giorno era su di giri, isterica, senza fiato.
E ora che strisciava con le spalle contro la libreria medica si sentiva ridicola come non mai. Ma che diamine stava facen...

***


- Non è carino da parte sua non salutare, signor Potter. Capisco che la sua permalosità tocchi vette inarrivabili, ma...
Lucius Malfoy si accasciò a terra.
- Barnabus, non è il momento di fare l'eroe tragico! Capisco che sia geloso, ma...
I boxer a pois ondeggiarono per un attimo, prima di cadere trascinandosi dietro tutto il loro contenuto. L'Editore giaceva prono sul pavimento, come morto.
E fu allora che Candida capì perché Harry Potter non l'aveva salutata, e perchè Percy Weasley aveva per la prima volta un'espressione sveglia, seppur timida.

***


...do.
Non doveva fidarsi dei presentimenti, lo sapeva, ma come poteva non lasciarsi andare, se le davano quei baci che sapevano di tutto?
- Adesso puoi smettere di stare in ansia, Granger - le sussurrò sulle labbra, mentre lei lasciava cadere la bacchetta, e le sue gambe lasciavano cadere lei.
Da qualche parte dietro al reparto culinario, l'urlo di Violet e della Signora Grassa riecheggiò di cornice in cornice. Le voci... Hermione si dette mentalmente della stupida.

***


Kalisa smise di sussurrare all'orecchio di Vasiliy: Candida le stava puntando contro una bacchetta, e parava senza difficoltà gli Incantesimi dei due fratelli.
Il suo ghigno si allargò in un paio di labbra carnose, il suo naso divenne più appuntito, i suoi occhi riacquistarono ciglia più lunghe.
- Metamorfomagus... - balbettò Candida, incredula.
- Perché non la smetti di combattere, linda, e ci segui senza fare domande? Potremmo fare grandi cose con te...
- Mai - sputò, risentita. - Stupeficium!
Vasiliy parò l'Incantesimo, scagliandole contro una Cruciatus. - Cos'è, Gaunt, proprio tu non riesci a usare queste Maledizioni? Non possiamo portare una fregatura a Rachmaninov...
- Potete portargli il mio disprezzo! - sibilò Candida, mentre riusciva a ferire Kalisa a un braccio.
E fu allora che Vasiliy cambiò completamente espressione. - Se non vuoi seguirci con le buone...
Un fascio di luce azzurra le sfiorò una gamba. - Non sai fare niente di meglio? - afferrò Kalisa per il braccio sanguinante, strappandole un gemito di dolore.
- Lasciala stare o io ti...
A Vasiliy morirono le ultime parole in bocca: qualcuno aveva colpito Candida al posto suo. Non gli aveva permesso di prendersi cura della piccola Kalisa... era riuscito solo a starsene lì, inerme, senza poterla aiutare... Kalisa singhiozzava fissando il proprio vestito, completamente macchiato. Lui corse ad abbracciarla, scavalcando il corpo immobile steso sul pavimento. - Ti proteggerò, nessuno potrà più farti del male...
- Non c'è tempo per le vostre moine.
La bacchetta di Rachmaninov fumava ancora, mentre si copriva la testa col mantello. - Prendete il corpo. Andiamocene.

***


Mentre Ginny segnava un gol, con addosso uno strano presentimento, uno strano presentimento continuava a stare addosso a Hermione.
Gli aveva dato un nome, a quel presentimento, ma c'era qualcos'altro...
- Oh p-per M-merlino - disse, tra un bacio e l'altro.
Draco Malfoy la guardò, senza nascondere una certa soddisfazione. - Addirittura, Granger...
- Oh, taci per una buona volta! - lo zittì lei, lanciandosi di nuovo sul libro che aveva lasciato aperto a metà. - Lo sapevo, lo sapevo! Malfoy, dobbiamo chiamare il Ministro!
Se a Draco avessero schiacciato un piede di proposito, sarebbe stato più contento. - Granger, non so se hai notato il momento...
Lei lo lasciò lì, correndo verso la Guferia. E lui le corse dietro, senza evitare di sentirsi ancora più stupido.
- I F-fedeli - ansimò lei, correndo. - Hanno b-bisogno di un surrogato, d-dell'ultimo segno della presenza di Voldemort sulla Terra...
- Ma non li hai distrutti tu gli Horcrux, coi tuoi amichetti del cazzo?
Hermione ignorò il suo linguaggio scurrile (ma non ignorò il regolamento di Hogwarts, che prevedeva di togliere cinque punti a Serpeverde: cinque smeraldi evaporarono all'istante). - Non è sparito il suo sangue, Malfoy, e grazie a Harry hanno scoperto esattamente dove cercarlo, se non lo sapevano già da prima.
Malfoy si fermò di scatto. - Quell'imbecille di Potter ha urlato ai quattro venti l'identità della segretaria di Shacklebolt...
Hermione lo guardò con aria grave, mentre scriveva freneticamente su una pergamena sgualcita.
E poi capì, quale fosse il vero nome del presentimento che l'aveva assillata per tutto il giorno.
Hanno preso Candida - recitava uno scarabocchio appeso alla zampa di un Gufo appena rientrato.
Hermione lo porse a Malfoy, incredula.
Il suo presentimento si chiamava troppo tardi.













NOTE:

- Vasjura è il diminutivo di Vasiliy.
- Tutta quella sequela di parole russe è una ninna nanna (io non so un'acca di russo, Google sì). :P




Effebì

Mi trovate... qui.




Grazie, grazie davvero.














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