Black Leather

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** NOTE. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** NOTE. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** NOTE. II ***
Capitolo 10: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


C’era odore di sesso e sigarette spente. Raccolse i vestiti dal pavimento e li infilò in fretta; trovò un pacchetto di Marlboro ai piedi del letto e lo infilò nella tasca della minigonna. Camminò scalza sulla moquette sudicia, facendo attenzione a non pestare preservativi usati o lattine di birra, fino ad arrivare ai jeans strappati e consunti abbandonati in un angolo della stanza; si chinò ad estrarre un portafogli di pelle nera dalla tasca posteriore e lo aprì. Lanciò uno sguardo distratto al letto: una massa di capelli biondicci era riversa sul cuscino; il tizio in questione era ancora in coma post-sbornia. Meglio così. Prese un paio di verdoni dal portafogli e li infilò nel reggiseno; si alzò e sgattaiolò fuori dalla stanza. Il corridoio era disseminato di siringhe vuote e mozziconi di sigaretta; si fermò davanti allo specchio accanto alla porta: sistemò la cascata di capelli neri facendoli scendere su una spalla, guardando il riflesso negli occhi cerulei, segnati da un’aria stanca che si portava sempre addosso. Infilò gli stivali borchiati e si chiuse la porta alle spalle, divertita dalla matematica certezza con cui ogni volta che usciva da un appartamento sapeva che non ci avrebbe più rimesso piede. Una volta per strada, infilò gli occhiali da sole: una Los Angeles particolarmente afosa le dava il buongiorno. Si guardò intorno,goni volta le ci voleva un po’ per ricordarsi dove era finita la sera precedente. Aprì lo sportello della Camaro parcheggiata sull’altro lato della strada, lanciò la borsa sul sedile del passeggero, e sedendosi tirò un sospiro. Com’era facile fregare gli sbarbatelli capelloni che bighellonavano nei bassifondi: bastavano solo un bel culetto e una terza abbondante. Sorrise tra sé e sé scuotendo la testa. Si accese una sigaretta e mise in moto; in un paio di manovre azzardate e qualche sorpasso incosciente Eve era già sul Sunset Boulevard, parcheggiata di fronte a Starbucks. -Buongiorno!- -Che cazzo di fine avevi fatto Eve? Dopo le due ieri notte sei sparita.- Leslie era in mutande impalata davanti alla porta e la guardava con gli occhi sgranati: la divertiva un sacco quando si preoccupava così. Era la sua inquilina punk, ma sotto quella cresta ossigenata e gli innumerevoli anellini appesi alla faccia aveva l’anima di un agnellino. -Calma piccola, ero da uno. Ah, ti ho portato il caffè.- -Dovresti smetterla di scoparti uomini a caso.- Sbottò Leslie con una smorfia disgustata e mandò giù un sorso di caffè amaro dirigendosi in cucina. -E tu dovresti smetterla di scoparti donne a caso.-Eve era appoggiata all’uscio della sua camera e guardava il suo letto, con l’aria di chi sta lavando un cesso a mani nude. Una tipa coi capelli rossi dormiva beatamente tra le lenzuola di Eve, nuda. –Lesbica di merda, almeno portale nel tuo di letto!- -Fanculo, lo sai che la mia camera è impresentabile!- Eve pensò un attimo ai cartoni di pizza sul pavimento e alle mutande sporche ovunque in camera di Leslie: -In effetti nessuno avrebbe il coraggio di scopare in quel buco di culo. Vado a farmi una doccia, quando esco voglio trovare la tipa fuori dalla mia camera e le lenzuola pulite.- Leslie sbuffò. –Si chiama Jenny. …O Amy. E comunque è diversa dalle altre!- Eve ridacchiò e si chiuse in bagno. Si spogliò e gettò i vestiti sulla lavatrice. Aprì il getto gelido, l’acqua calda l’avevano staccata da un pezzo, fortuna che era estate. Si infilò nella doccia, spostando i capelli all’indietro. Le sembrava che l’acqua lavasse via dal suo corpo tutto lo schifo che aveva passato, il vuoto di quella vita squallida. Ma non era così: ne avrebbe portato sempre il peso.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Erano quasi le nove. Il sole precipitava verso l’orizzonte, baciando i tetti della città degli angeli. Eve era seduta a gambe incrociate sul suo letto, la sigaretta nella mano sinistra e lo sguardo assente verso la finestra. Le luci di Los Angeles cominciavano ad accendersi: era di notte che si svegliava la città. La stessa città che aveva visto i suoi sogni ingenui di bambina morire prematuramente. La stessa in cui si era rifugiata nel momento in cui gli abusi di suo padre facevano troppo male. Era arrivata lì tre estati fa: aveva solo quindici anni, le valigie troppo leggere e il cuore troppo pesante. Scosse via i ricordi che le bagnavano le guance: non le importava più. E la vita che faceva adesso non era poi così male: aveva un’amica vera, e i soldi per vivere riuscivano tutto sommato a tirarli su. Certo, non in maniera del tutto onesta; ma del resto il fine giustifica i mezzi. Eve attraversò il corridoio e prese il chiodo consunto dall’attaccapanni. Si diresse verso il salotto: le si presentò la solita visione squallida di Leslie che si ingozzava di patatine sul divano lercio, senza staccare gli occhi da una pubblicità di ragazze in bikini. Ad un tratto la TV si spense: Eve aveva in mano la spina. -Stasera tu esci con me- Leslie conosceva quel tono coercitivo, e sapeva benissimo che ribattere non sarebbe servito a un cazzo. Così si alzò con estrema lentezza e trascinò i piedi fino in camera sua, ancora masticando patatine al formaggio. Cinque minuti dopo si presentò davanti a Eve nella sua maglietta preferita che urlava “Fuck you, I’m a lesbian”. -Ecco qua- Leslie indossava anche una faccia non troppo contenta. - Adorabile- sbottò Eve infilando il chiodo con una sigaretta che penzolava dalle labbra. -E non fare quella faccia, che stasera ti faccio divertire!- In una folata di capelli neri era già giù per le scale. Leslie restò a guardare la porta per un po’ e scosse la testa. Quella ragazza era assurda. Ma sapeva che portava una maschera: lei era l’unica a cui fosse dato di vedere, di rado, i momenti di debolezza di Eve. Si chiuse la porta alle spalle e la seguì. -Fai guidare me stavolta?- -Tu sei negata, tesoro- Eve si piazzò sul sedile del guidatore e aspettò che Leslie la raggiungesse. La Camaro SS del 69 faceva le fusa sotto il tocco deciso di Eve, in una manciata di secondi erano solo un fulmine arancione sull’asfalto ancora caldo. Leslie prese una Marlboro dal pacchetto nel portaoggetti e l’accese. Accanto, Eve guardava le luci della città correre accanto a loro con aria assente, lasciando che il fumo e l’odore della notte le invadessero i polmoni. Scivolava tra le auto come un gatto, del tutto incurante degli insulti che si attirava contro. -Senti, ma dov’è che andiamo?- -Un posticino carino, buona musica, belle ragazze. Almeno è diverso da quelle fogne che frequenti di solito- Si riveriva al Palms, “paradiso delle lesbiche” come diceva l’insegna. Leslie l’aveva trascinata lì una volta, e lei si era ritrovata a prendere a pugni una cicciona ubriaca che le aveva messo insistentemente le mani addosso. -Fatti i cazzi tuoi, lì ci trovo tanta di quella figa!- Eve la guardò sorridendo: non poteva darle torto. Pochi minuti dopo la Camaro inchiodava di fronte al Roxy. Eve butto giù un sorso di Jack dalla bottiglia sotto il sedile e scesero dalla macchina.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


All’interno del locale il rumore era assordante. Si sedettero al bancone e ordinarono fiumi di Jack Daniel’s e birra; A Leslie era bastata mezz’ora per individuare la preda e provarci sfacciatamente, con l’ausilio dell’alcool e di qualche droga leggera. La ragazza in questione era una biondina con gli occhi da cerbiatta, con l’aria di essere decisamente etero. Eve si annoiava. Si alzò dallo sgabello e con il bicchiere in mano sgattaiolò tra la folla per avvicinarsi al palco. Da quello che aveva capito, la band stava introducendo un brano, e presto dagli altoparlanti sgorgò un riff di chitarra elettrica alquanto orecchiabile. Era una canzone d’amore. La voce graffiante e sinuosa ti si piantava dritta nel cervello; il cantante dalla chioma rosso fuoco si dimenava nei suoi pantaloni di pelle, con un gesto riusciva a mandare in delirio la folla. Eve era piantata nel bel mezzo di un oceano di mani in tempesta, ma lei rimaneva immobile con il bicchiere in una mano e la sigaretta nell’altra. Gli occhi fissi sul quel circo meraviglioso, le orecchie incantate dal suono caldo e avvolgente che colava dalle casse. Su quel palco c’erano cinque figure molto diverse. Accanto al folletto indemoniato dai capelli color rame, un bassista di due metri impacchettato in pantaloni di pelle e catene; più a sinistra, quasi eroicamente nell’ombra se ne stava un tizio che sembrava essere da solo con la sua chitarra; alla batteria un bambinone biondo che aveva l’aria di chi si sta divertendo un mondo. Ma sulla destra del palco, dietro una Les Paul malandata, sotto un cilindro e una nuvola di capelli neri, si ergeva un mezzobusto borioso che danzava al canto della sua chitarra. Le sue mani costruivano un assolo che in Eve ebbe l’effetto di un’iniezione di adrenalina, ogni nota seguiva la precedente con un’armonia perfetta, ipnotizzandola letteralmente. Quando il sussurro del cantante si trasformò in un latrato perfettamente intonato si allontanò a grandi falcate con la determinata intenzione di avvicinare quel chitarrista a show concluso.

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Capitolo 4
*** NOTE. ***


Vi ringrazio per le ottime recensioni e per i consigli, ma purtroppo questo pc del cazzo non vuole saperne di scaricarmi un altro programma. Ergo dovrete accontentarvi del testo attaccato e minuscolo, Scusate! Comunque sono contenta che la storia vi stia prendendo: nel terzo capitolo in particolare ho cercato di metterci tutta l'ammirazione per i Guns che ho, e di descrivere le reazioni che è in grado di innescare in me Sweet Child 'o' Mine (sì, esatto: è lei). Che altro dire... Buona lettura.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Appoggiata alla parete del Roxy accanto all’entrata, aspettava. La brezza notturna ridisegnava i tratti quasi felini del suo viso e giocava con i capelli sparpagliando nastri di seta nera sulle guance.
Faceva un gran caldo dentro, soprattutto se avevi passato due ore a scatenarti su un palco sotto quattro enormi riflettori: non avrebbe atteso molto.
-Hai del fuoco?- una voce grave e rauca: fumatore accanito.
Di tutta risposta, Eve estrasse lo Zippo dalla tasca e accese la sigaretta che pendeva dalle labbra carnose dell’interlocutore.
-Bel pezzo, l’ultimo-
-Grazie. In genere li scrivono perlopiù Axl e Izzy, ma ci ho messo del mio- sorrise e inspirò una boccata di fumo facendolo uscire dalle narici. Quando si era avvicinato l’aveva squadrata dalla testa ai piedi, ma ora la fissava negli occhi. Sembravano ghiaccio: erano belli. Lei era bella.
-Eve-
-Io sono Slash, il dio della chitarra- e con un occhiolino strinse la mano che lei gli porgeva.
-Forse esageri, però ci sai fare- Eve gettò la sigaretta con una schicchera e alzò lo sguardo. Il ragazzo si era avvicinato.
-Vedo che te ne intendi- sorrideva sornione.
-Suonavo anch’io, molto tempo fa-
-Poi cos’è successo?-
Non le andava di spiegare. Non l’avrebbe fatto in ogni caso.
-Devo andare adesso-
-Speravo ti andasse di fare una visita nei camerini. Stiamo dando una festa-
-Sarà per la prossima volta- piegò la testa da un lato e sfoderò il suo sorriso migliore.
Un po’ deluso, Slash tirò fuori dal portafogli un biglietto e lo mise nella mano di Eve. Era un biglietto da visita con un numero di telefono.
La ragazza ricambiò l’occhiolino e si voltò per attraversare la strada.
Smise di sorridere, non capiva: ci stavano tutte. Quella lì sarebbe stata sicuramente una gran scopata, cazzo. Alzò le spalle, spense la sigaretta sotto la suola degli stivali e rientrò. Non sarebbe stato difficile trovare un altro buco, però quella tipa era forte. Ma la sua mente, già fumosa per via dell’alcool, fu rapita dalla visione di due ragazze che limonavano su un divanetto.

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Capitolo 6
*** NOTE. ***


Un grazie particolare a Maybe Charlie Knows, che mi ha fatto presente il trucchetto del < br >!
Ah, scusate se i capitoli sono brevi, ma è perchè io personalmente preferisco leggere cose corte. Non creso che le dimensioni contino molto, in questo caso, no? ;)
Tranquille che il prossimo arriva presto, e vi assicuro che Eve cederà al noto sex appeal del caro Slash...
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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


-Spiegami perché non gliel’hai data-
-Che palle, Leslie. Te lo sto dicendo detto da una settimana: volevo solo giocarci un po’-
-Era un tipo interessante! Non che abbia cambiato orientamento, ma ti dirò che se fossi stata etero gliel’avrei sbattuta in faccia-
Eve sbuffò, un po’ perché quel discorso idiota le stava facendo saltare i nervi, un po’ perché la Ford scassata davanti a loro non accennava a darsi una mossa. Mise la quarta ed esibì l’ennesimo sorpasso azzardato, rientrando sulla corsia di destra appena in tempo perché il camion che viaggiava in senso opposto non le prendesse in pieno.
-E poi, se proprio dovevi lasciarmi a piedi per fare la tua cazzo di uscita teatrale, almeno l’avessi fatto col chitarrista sexy sul sedile del passeggero, no?-
-Povero tesoro, meno male che la biondina ti ha fatto dormire nel suo letto-
Leslie rise. –Meno male sì, cazzo. Peccato che la mamma non abbia gradito che la figlia sedicenne fosse andata a letto con una donna: ho provato a spiegarle che a volte l’alcool può far perdere la cognizione di ciò che è giusto o sbagliato, ma ha preso a urlare minacciandomi di…-
Eve scosse la testa, sorridendo all’amica che blaterava agitando la bottiglia di Jack e accostò, spegnendo la macchina.
-Che cazzo fai?- Per l’ennesima volta, Leslie non capiva.
Una decina di metri più avanti una Mustang nera del 65 era ferma sul ciglio impolverato della strada. Una mano tozza e inanellata tamburellava nervosamente sul cofano aperto, mentre da uno dei finestrini posteriori penzolava un paio di stivali texani.
Eve scese dalla Camaro avvicinandosi lentamente; poggiò un braccio sul tettuccio e bussò.
-Avete bisogno di una mano, eh?-
Il rosso che sonnecchiava beatamente sul sedile si era alzato a sedere stiracchiandosi e le fissava le tette con un ghigno malizioso.
-Guarda un po’ chi c’è. Non hai più chiamato, stronza- I toni di Slash erano scherzosi, ma Eve sapeva leggere tra le righe e intuì una punta di delusione che le fece scappare un sorriso di tenerezza.
-Ho avuto da fare- spiegò semplicemente alzando le spalle, mentre dava un’occhiata al motore fumante. Sotto gli sguardi interrogativi dei presenti, prese uno straccio dal cruscotto della Camaro e tornò al motore della Mustang, esaminando per qualche minuto la situazione.
-Il volano è bloccato: la compressione dà problemi perché la guarnizione della testata è andata-
Axl sembrava il più confuso di tutti; perlomeno Slash faceva finta di averci capito qualcosa. Eve alzò gli occhi al cielo.
-Vi converrà farla sostituire alla stazione di servizio più vicina, a circa due miglia a sud- spiegò pazientemente avvicinandosi al rosso, per poi tornarsene alla macchina.
-Aspetta. Abbiamo bisogno di un passaggio-
Si accese una sigaretta e fece cenno di salire.
-Ok, ti dico solo questo: se te lo fai scappare di nuovo sei un’idiota- Ancora una volta Leslie sputava sentenze.
-Che cazzo ne sai tu di maschi?- Ridacchiò lei portandosi i capelli indietro.
I ragazzi presero posto sul sedile posteriore.
-Cazzo, ma cosa sei, un meccanico?- domandò Axl impertinente.
-Lavoro in un’officina. E comunque voi ragazzoni dovreste capirci qualcosa di motori- lo guardò divertita dallo specchietto retrovisore. Sembravano entrambi imbarazzati.
Sotto la chioma rigogliosa, Slash sorrideva. Gli fece l’occhiolino.
-Ho una fame pazzesca- sbottò Leslie.
-Sono d’accordo con te. Non ci hanno ancora presentati tesoro: io sono Axl, il dio del sesso-
-Io sono Leslie, e mi piacciono le donne-
La mano di Axl rimase a mezz’aria. In effetti Leslie era una che rimorchiava abbastanza. Peccato fosse molto selettiva.

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


L’insegna diceva “Rainbow Bar & Grill”. Un posto che offriva uno sgabello, una birra e qualcosa di commestibile alle band sventurate dei bassifondi di Los Angeles. Entrando Eve si accese distratta una sigaretta, quando qualcuno le cinse i fianchi con le braccia.
-Dove sei stata tutto questo tempo, piccola?-
-Bret!-
Eve era davvero felice di vederlo. Uno dei pochi ragazzi di cui si fidava, e suo amante occasionale.
Pochi passi dietro, Slash che aveva seguito la scena girò alla larga dall’amico ossigenato di Eve e si sedette al tavolo in fondo al locale, scomparendo nella sua nuvola di fumo.
-Che hai tesoro?- Leslie si sedette accanto a lui rubando una Marlboro dal pacchetto sul tavolo, mentre Axl prendeva posto di fronte.
-E’ una vecchia conoscenza- sbottò il chitarrista. –Ho suonato con lui-
Axl ridacchiò –Già. E poi la Barbie con l’uccello l’ha sbattuto fuori-
-Fanculo-
Eve li raggiunse al tavolo e si sedette accanto ad Axl. Ordinarono da mangiare, e soprattutto da bere: uscirono dal locale un paio d’ore dopo tutti completamente ubriachi.
Leslie non si reggeva in piedi, e Axl era ben felice di aiutarla. In realtà poteva toccarle il culo senza che se ne accorgesse.
Eve invece, ora rideva alle battutine idiote di Slash. Lui non l’aveva mai vista ridere sul serio, come adesso. E quel sorriso così difficile da strappare era fottutamente bello.
Arrivarono alla bettola scricchiolante dove vivevano i Guns: era un tugurio che i ragazzi amavano chiamare affettuosamente Hellhouse.
Il pavimento di legno marcio era coperto di bottiglie vuote di Jack Daniel’s e siringhe. Duff, Steven e Izzy erano collassati chi sul divano, chi per terra, strafatti. Axl si stravaccò sulla branda nell’angolo, trascinandosi addosso una Leslie ridacchiante e del tutto inebetita.
Slash si diresse verso una stanzetta alla fine del corridoio, ammobiliata solo grazie a un letto a due piazze e una poltrona di pelle logora, dove si abbandonò Slash, mentre Eve si sedette sul letto.
Lui la guardò, lei lo guardò.
-Perché non mi hai più chiamato?-
-Te l’ho detto, ho avuto da fare. Non credevo ci tenessi-
-Infatti. Ma sei la prima che non lo fa-
Eve rise.
Si alzò dal letto dirigendosi lentamente verso la poltrona. Si fermò quando fu in piedi di fronte a lui. Slash sorrise sornione.
Lei si sedette a cavalcioni su di lui.
-Che c’è, ti ho ferito nell’orgoglio, chitarrista?- sussurrò.
Slash dimenticò quello che stava per dire. Un brivido gli attraversò la schiena. Le afferrò i fianchi e scivolò sotto la maglietta accarezzandole la schiena calda. Eve si chinò a mordergli le labbra. Sentiva l’eccitazione crescere nei jeans di lui.
Fu un bacio lungo, affamato. Era solo passione. Bruciante. Ma dopo infiniti attimi lei si staccò lentamente e lasciò che lui si perdesse nello specchio dei suoi occhi.
-Devo andare- Si alzò di scatto e raccolse la borsa. Si accese una sigaretta.
Slash la guardò interrogativo. Ormai aveva afferrato l’incomprensibilità di quella donna, così si alzò sistemandosi il contenuto delle mutande con aria rassegnata.
-Ti accompagno-
-Non c’è bisogno- Gli si avvicinò stampandogli un ultimo bacio e attraversò il corridoio, chiudendosi la porta alle spalle.
Slash andò a prendersi una birra in cucina, piuttosto confuso. Sbattè lo sportello del frigo e si voltò per tornare in camera, ma restò piuttosto interdetto.
Alzò le spalle e se ne andò chiedendosi perché come riuscisse Axl a scoparsi anche le lesbiche.

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Capitolo 9
*** NOTE. II ***


Grazie Miss Rose, Maybe Charlie Knows e Lau_Mckagan per le recensioni. Scusate per l'assenza prolungata ma ho avuto diciamo... altro a cui pensare. Sono contenta che il nuovo capitolo vi piaccia :)In effetti Eve ha un grande autocontrollo persino ubriaca, è una 'tutta d'un pezzo'. Mi metto a lavoro per un seguito. Baci!
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Capitolo 10
*** Capitolo 7 ***


Dall’altra parte della città, i promettenti musicisti riemergevano lentamente dal mondo dei sogni.
Izzy, già sveglio e cosciente, fumava e leggeva il giornale seduto al tavolo della cucina.
Axl stava cercando del caffè. Ne trovò una tazza mezza piena con una cicca che galleggiava dentro. Lo bevve lo stesso.
Duff e Steven stavano guardando i cartoni stravaccati sul divano.
Slash apparve dal corridoio, vestito di un paio di mutande bucherellate.
Si sedette con Izzy ed Axl e si accese una sigaretta incrociando i piedi sul tavolo.
-Te l’ha data?- Axl lo guardò irrisorio. Sapeva benissimo com’era andata a finire.
Slash non disse nulla.
-Forse non era ubriaca abbastanza- Ghignò Izzy.
Nessuno dei Guns finora era mai andato in bianco. Erano inspiegabilmente capaci di scuotere l’equilibrio ormonale femminile.
-Stronzi- Si alzò e infilò i primi jeans logori che gli capitarono davanti e una canotta sgualcita.
-Porto a riparare la macchina-
-Dove cazzo vai? Dobbiamo provare per stasera-
-Ci vediamo oggi pomeriggio- e scomparve in una nuvola di fumo sbattendosi la porta alle spalle.
Prese la macchina di Izzy e si fermò al primo bar che vide. Voleva del caffè, ma non sopportava la compagnia di quei coglioni.
Si sedette allo sgabello e prese un giornale dal bancone. -Buongiorno tesoro. Che prendi?-
Slash alzò lo sguardo: la cameriera masticava vistosamente una gomma rosa. Aveva appoggiato i gomiti al bancone mettendo in evidenza un seno prosperoso e lo guardava interessata.
Lui sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori.
-Una tazza di caffè. Riempila tutta, e che sia bollente- Con un occhiolino la biondina diede segno di aver recepito l’informazione e prese la brocca dietro il bancone.
Versò il caffè nella tazza con un sorriso allo stesso tempo ebete e malizioso e si allontanò per servire altri clienti.
Il chitarrista mandò giù un sorso dalla grossa tazza bianca e guardò in basso. Il tovagliolo, oltre ad un cerchio di caffè, portava la scritta “Cindy 818-841-9842”.
Il buon vecchio Saul faceva ancora centro.


-Stasera suonano di nuovo-
-Che c’è, vuoi andare a vederli? Non ti è bastata la lezione del rosso?-
-Stronza. Ero ubriaca-
-Anch’io, ma non mi sono scopata nessuno-
-Voglio solo trovare quel tizio e prenderlo a calci in culo. Ci vieni?-
-Se insisti-
Eve abbandonò il piatto nel lavandino, insieme alla montagna di stoviglie sporche, guardando Leslie che ruminava con quell’aria assente che le era piombata addosso quella mattina.
-Posso farti una domanda almeno?-
-Spara-
-Ti è piaciuto?-
Ma Leslie tacque, e tornò al suo piatto con una faccia che la diceva lunga su quello che aveva assaggiato quella notte.


Entrarono al Roxy verso le dieci. Leslie si guardava intorno nervosamente, mentre Eve, che come sempre aveva la situazione sotto controllo, si sedette al bancone e accese una sigaretta, facendo cenno all’amica di prendere posto accanto a lei.
Leslie si arrampicò sullo sgabello e ordinò del Jack Daniel’s.
Guardò Eve di soppiatto, sorseggiando piano. Quella sera aveva curato il suo aspetto più del solito: se ne stava lì stretta in un fasciante tubino blu elettrico con inserti in pelle, le gambe infilate in stivali che arrivavano a coprirle le ginocchia. Indossava sempre quello sguardo enigmatico da sfinge.
-Ci siamo agghindate stasera?-
-Fa parte della strategia- disse nel bicchiere di Jack, alzando un sopracciglio. Si era truccata.
Leslie scosse la testa. Non capiva tutti quei misteri e giochi strani tra maschi e femmine. Era un mondo che le era estraneo, ma doveva ammettere che la aveva sempre affascinata.
Ma un sussurro violò i suoi pensieri.
-Buonasera, dolcezza- Sentì il fiato accarezzarle il collo: un brivido le corse giù per la schiena.
Girò lo sgabello , trovandosi puntati addosso come spilli gli occhi felini che tanto aveva maledetto.
-Hai lasciato le mutandine da me- Non riusciva a scrollarsi quello sguardo di dosso: era sempre più irritante.
-Si dà il caso, Mr. Rose, che la notte scorsa ho voluto provare qualcosa di nuovo-
Axl la guardava beffardo, visibilmente fiero di sè.
-Ma considerando la scarsa qualità della prestazione, credo tornerò alle vecchie abitudini-
Leslie scese dallo sgabello e si allontanò, lasciandosi alle spalle il rosso ammutolito.
Eve ghignava dietro il bicchiere di whiskey.
-Non prendertela, Rose. Sono sicura che ti rifarai- lo rassicurò con un occhiolino.
Axl si appoggiò allo sgabello guardando Leslie allontanarsi e poi si voltò verso Eve, sorridendole malizioso.
-Non hai bisogno di rassicurarmi, tesoro- le disse.
–La tua amica è stronza, ma non quanto me- Le mandò un bacio volante, per poi girare sui tacchi e sparire tra la folla, probabilmente in cerca di qualche altra preda.
Poi, lo vide. Bevve l’ultimo sorso di Jack e si diresse piano verso i divanetti in fondo al locale. Tutti i membri della band erano lì, abbracciati o meno alla sgualdrina di turno.
-Non mi presenti i tuoi amici?-
Slash alzò lo sguardo. Rimase interdetto per un attimo, Si tolse una bambolona bionda di dosso e si alzò in fretta, avvicinandosi a Eve. Le mise le mani sui fianchi, guardandola dalla testa ai piedi. Non sapeva se fosse per il suo comportamento sfuggente, ma era la cosa più desiderabile che avesse visto. lei gli sorrise, leggendogli nel pensiero.
-Beh, questi sono Izzy, Duff e Steven- Tutti le strinsero la mano fin troppo educatamente e la invitarono a prendere posto in mezzo a loro. Avevano capito chi fosse dalle descrizioni che Slash aveva fatto dell’anatomia della ragazza e tutti diedero un qualche cenno di approvazione. Probabilmente avrebbero fatto a gara per chi fosse riuscito a farsela per primo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 8 ***


Lo show stava iniziando. La voce di Axl risuonava negli amplificatori, e dalla folla si levarono urla di approvazione. Aprirono con Welcome To The Jungle, proseguendo con Nightrain, It’s So Easy.
-Siamo i Guns n’ fuckin’ Roses. Questo pezzo.. l’abbiamo scritto di recente.. voglio dedicarlo alla mia amica Leslie- biascicò Axl, completamente ubriaco –si chiama… Anything Goes- E un ghigno malizioso gli si aprì in volto.
La vecchia Les Paul cominciò a latrare, e presto si levò anche la voce arrogante di Mr. Rose. La componente femminile del pubblico impazziva ad ogni gesto osceno di Axl, che mimava atti sessuali con la malizia pura dipinta in volto.
Con lo scorrere della canzone l’espressione di Leslie passava dallo stupore alla furia omicida. Se non fosse stata assurdamente accecata dalla rabbia, avrebbe ammesso che era una mossa mica male.
Eve aspirava indifferente dalla Marlboro mentre le groupies, sedute accanto a loro, ridacchiavano starnazzando frecciatine sulla protagonista del pezzo. In fin dei conti erano poco più che tredicenni ma per loro sfortuna, anche gli unici capri espiatori a portata di mano di Leslie in quel momento.
Fu un attimo. Scattò in piedi come un gatto a cui hanno pestato la coda, soffiando insulti irripetibili sulle ragazze, che tacquero all’istante.
-Pensate sia divertente?- Il suo tono di voce si abbassò di colpo.
Insoddisfatta, ghermì la chioma bionda della più vicina, avvicinandola al suo viso al punto che i nasi quasi si sfioravano.
-Apri le orecchie puttanella, se tu o una delle tue amichette sfondate vi azzardate a fiatare ancora vi gonfio così tanto che non sarete più nemmeno in grado di fare un pompino. Troia- e si allontanò a grandi falcate, spintonando chiunque le si parasse davanti.
La ragazza, che accasciata sul divanetto si massaggiava la nuca quasi piangendo dal dolore, guardò i visi increduli delle altre, per poi girarsi verso Eve, che ricambiò lo sguardo, con l’aggiunta di un ghigno irrisorio.
-Te la sei cercata, dolcezza- e tornò alla sigaretta. Leslie si dirigeva verso i camerini, senza un’intenzione ben precisa. Sprofondò nella poltrona logora e si accese una Marlboro, aspettando.
Non passò molto, che Axl spalancò la porta barcollando, rimanendo interdetto alla vista della ragazza. Lei si alzò lentamente e chiuse a chiave la porta alle sue spalle. Voleva picchiarlo. Insultarlo… Parlargli. Non sapeva con esattezza cos’aveva in mente.
Poi mise a fuoco la situazione. Lo guardò, sentendo crescere la rabbia, e la incanalò nel braccio destro. I riflessi annebbiati del rosso non riuscirono ad evitargli un sonoro ceffone in pieno volto.
Ma adesso erano gli occhi di entrambi a gridare vendetta... Rose le si fiondò addosso, stringendole i polsi con forza. Leslie si dimenava, cercando di assestargli un calcio negli attributi. Ma qualche strano recondito meccanismo scattò nelle menti dei due… E Axl cominciò a strapparle maglietta e reggiseno, scoprendo i piccoli seni perfetti. Leslie smise di opporre resistenza e diresse la sua attenzione sui pantaloni di pelle, che scivolarono via come un guscio, assieme ai suoi shorts di jeans. Nudi, sudati, pieni di rabbia ed eccitazione. In quell’orgia di capelli e pelle bianca l’odio era diventato puro piacere fisico.

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Capitolo 12
*** Capitolo 9 ***


Il palco era deserto ormai, solo qualche bicchiere vuoto rotolava per terra.
Quiete sul campo di battaglia, mentre la folla ancora reclamava i ragazzi. Ma ognuno di loro era davanti alla sua piccola piacevole medaglia; bicchiere, donna, striscia, sigaretta che fosse…
Seduto nel backstage, Izzie guardava la sua Gibson come probabilmente non avrebbe mai guardato nessuna donna in vita sua.
Duff e Steven brindavano al successo, già ubriachi, in compagnia di ingenue fanciulle; mentre Axl si rivestiva nei camerini, con la sigaretta che gli penzolava dalle labbra come una lingua bianca, confuso, ma non per via dell’alcool. Leslie, dietro di lui, si rannicchiava sulla poltrona,fissava il pavimento stringendo le ginocchia al petto; poi raccolse da terra quei brandelli di dignità che le erano rimasti.
E Slash si faceva spazio tra la folla, mantenendosi ancora in piedi chissà per quale grazia celeste. La vista annebbiata frugava tra la gente... Tante paia di occhi, ma non quelli che stava cercando.
Alla fine li riconobbe. Lo fissavano.
Si sedette sullo sgabello e la guardò, accendendosi una sigaretta. Non si salutarono, non aveva senso.
-Ti ho pensata-
Eve ciccò nel bicchiere vuoto.
-Mi hai pensata?- Questa volta era sorpresa. Più che altro da una frase del genere in bocca ad una macchina del sesso che andava a Jack Daniel’s.
-Sul palco-
Lo vide alzare lo sguardo, lentamente, timidamente. Sbirciare attraverso i ricci neri che gli cascavano davanti. Era la prima volta che un ragazzo le faceva tenerezza: le avevano fatto pena, schifo, paura. Lui no. Doveva essere l’alcool.
-Insomma, stavo suonando quella canzone… e mi sei venuta in mente, tutto qui-
-Quale canzone?- Ora era sorpresa davvero.
Non erano più gli occhi glaciali di un felino, Ma quelli grandi di una bambina. Piegava leggermente la testa, curiosa. Aveva perso di vista per un momento il ruolo di femme fatale che si era cucita addosso. Dio, che bella che era...
Non le rispose, abbassò lo sguardo nel bicchiere di whisky tamburellando sul vetro con le dita.
Lei però capì che non era l’unica ad aver bisogno di una maschera per camminare ogni giorno contro il mondo. Ma soffiò via quel pensiero come se fosse cenere sul tavolo.
-Slash, sei solo ubriaco e arrapato- sorrise e scosse la testa, abbassando gli occhi. Giocherellava con il gancetto di un bracciale, cercando disperatamente di non perdere il controllo.
Lui scese dallo sgabello e le scostò una ciocca di capelli dal volto, portandola dietro l’orecchio.
Le prese il mento tra due dita, facendo sì che si guardassero negli occhi, mettendo fine a quell’assurdo nascondino di sguardi..
Ora poteva guardarli bene quegli occhi, prima sempre all’ombra del cilindro. Vide timidezza, vide una dolcezza che non immaginava.
La facciata da stronzo cadde... Cadde anche la sua.
E la baciò.
Un bacio diverso dal primo. Un bacio non più gridato dall’eccitazione, ma sussurrato da un sentimento che ancora doveva rivelarsi. Un bacio che sapeva di alcool e sigarette. Un bacio infantile, timido, che bussava prima di entrare.
Eve lo guardò mordendosi il labbro. Poi frugò nella tasca del chiodo e mise qualcosa nella mano di Slash. Le chiavi della macchina.
-Andiamo a casa mia.-
Si sedette al posto del guidatore e aspettò che Eve chiudesse lo sportello della Camaro. Si sorrisero come bambini, e lui accese il motore.
Guidava piano, si girava a guardarla. Possibile che non avesse fretta di scopare? Non ci credeva.
Lei gli indicò la strada, e quando arrivarono a casa sua salirono le scale muti e complici. Non smisero di guardarsi, affamati com’erano l’uno dell’altra…
La porta si chiuse. Caddero i giubbotti, caddero i jeans, e nel frattempo erano già arrivati al letto.
La luce blu filtrava dai vetri, baciando le carni che si infrangevano l’una contro l’altra come onde. Il mare era calmo stasera, mosso solo dagli aliti caldi e dai sospiri. Non avevano fretta, stavolta non era una semplice corsa all’orgasmo.
Non volevano solo scoparsi.
Volevano toccarsi, guardarsi, ascoltarsi, assaggiarsi, respirarsi.
I capelli si intrecciavano, le mani si aggrappavano alla schiena…
Finchè i volti si contrassero in una smorfia di piacere.

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Capitolo 13
*** Capitolo 10 ***


Si accese una sigaretta, guardandosi allo specchio del camerino.
Chi era?
La persona che aveva costruito era stata demolita. Si sentiva una puttana.. Incapace di resistere a un uomo, attratta inspiegabilmente da qualcosa che aveva sempre repulso.
E Rose era il maschilismo fatto persona, viscido e perverso; eppure era diventata un giocattolo nelle sue mani sporche, nient’altro che un buco.
E lui cos’era per lei? Avrebbe voluto raccontarsi che per lei era la stessa cosa.
Ma era nata così maledettamente donna, nonostante tutto… Lo guardò spegnere la sigaretta sotto il tacco degli stivali e scuotere i capelli in una fiammata.
Ma ecco quello che temeva: alzò lo sguardo. E peggio, aprì bocca.
-Quello che avevi assaggiato non ti era piaciuto..- Alzò il sopracciglio –Eppure hai fatto il bis-
Leslie fu pronta a rivestirsi del suo ruolo.
-Hai ragione Rose- non avrebbe mai ammesso che aveva un debole per lui
-Mi piace giocare con te, tutto qui-
Con un occhiolino uscì.
E una volta fuori, tutta la confusione, la rabbia, il ribrezzo, le uscirono dagli occhi. Trovò rifugio nel backstage e si sedette tra la polvere. Protetta da qualche cassa di legno poteva chinare la testa e scivolare nella voragine che le si era aperta dentro, mentre il mascara disegnava righe nere sulle guance pallide.
-Che succede, piccola?-
Alzò lo sguardo, spaventata. Un’ombra longilinea si stagliava davanti a lei, ma non riusciva a riconoscerne la sagoma, né il timbro di voce.
Chiunque fosse, le porse una mano e l’aiutò ad alzarsi. Uscirono dalla porta sul retro.
La luce fioca di un lampione illuminava a stento un vicolo sudicio... Sentiva puzza di piscio, ma fu felice di riempirsi i polmoni con l’aria della sera.
Si voltò verso il ragazzo e lo riconobbe.
-Vuoi?- Le porse un una bottiglia di Jack. Se non altro, sapeva come si curano le ferite al cuore.
-Allora, che succede?-
Leslie si asciugò la bocca con il polso e lo guardò. Poteva fidarsi o avrebbe sputtanato tutto ad Axl? Non gliene importava.
Vomitò fuori tutto, quello che era successo, quello che aveva dentro… E non sapeva neanche il nome della persona che aveva di fronte.

Eve sfilò una sigaretta dal pacchetto che le porgeva Slash.
-Vieni qui-
Appoggiò la testa sul suo petto, sincronizzando istintivamente il respiro con quello di Slash.
Che strano non dover sgattaiolare da qualche sudicia bettola, per lei che aveva conosciuto solo il sesso disinteressato, quello che ti fa sentire in colpa.
Aveva smesso di sentirsi vuota e sporca…
E in quel momento poche parole cancellarono un passato di squallore, abusi e violenza.
-Sweet Child O’Mine- disse Slash
-La canzone era Sweet Child O'Mine-

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Capitolo 14
*** Capitolo 11 ***


Si sentiva di nuovo forte. Peccato però che si trattasse di una forza che poneva le fondamenta sull'abnorme bugia che aveva raccontato a se stessa per non sentirsi esattamente una merdaccia.
-Mi piace fare sesso con Axl, quindi lo faccio. Siamo il giocattolo sessuale l'uno dell'altra- raccontò ad Eve con aria saccente. L'amica, che di certo non era il tipo che snocciola consigli ma preferiva aspettare di avere ragione, fece spallucce e affondò la faccia nella tazza di caffè amaro.
Era lampante che Leslie avrebbe preferito la più atroce delle agonie piuttosto che arrendersi alla verità. -Tu invece? Ti ho persa di vista dopo essere andata a cercare Axl-
Eve la guardò. La sua espressione parlò al posto suo.
-Era ora, cazzo!- ridacchiò la biondina -E... Possiamo ritenerci soddisfatte?-
-Oh, se possiamo ritenerci soddisfatte-
Fu allora che una figura barcollante apparve accanto ad Eve.
-Buongiorno- biascicò sbadigliando.
-L'hai addirittura portato qui?- Leslie spalancò gli occhi, sorpresa -Beh, fagli almeno mettere qualcosa addosso- si voltò, indignata.
-Che c'è bambina, sei scandalizzata?- Slash alzò un sopracciglio, ghignando soddisfatto -Niente a che vedere con William, eh?- ridacchiò beffardo
Leslie lo fulminò. Poi, lentamente, appoggiò le mani sul tavolo e si sporse verso di lui.
-Si dà il caso che quello che faccio con Mr. Rose siano cazzi miei-
-Beh, lui non sembra pensarla allo stesso modo- disse, stringendosi tra le spalle color caffellatte -L'ha detto a tutti-
Aveva toccato un tasto che avrebbe fatto meglio a non toccare. Leslie, furiosa, ripescò le Doctor Martens giallo fluorescente dietro il divano e si sbattè la porta d'ingresso alle spalle.
Lo sguardo interrogativo di Slash cercava risposte in Eve. Non le trovò. Ma trovò qualcosa che gli fece dimenticare la domanda.

Chissà da quanto tempo stavano bussando alla porta.
-Cazzo, sto arrivando.- Steven aprì stropicciandosi gli occhi.
-Dov'è il figlio di puttana?- sbottò Leslie. Sembrava un esattore delle tasse.
-Axl è sul pavimento del bagno. Dopo il corridoio, prima porta a sinistra- E si scostò per farla passare; oltre, ci mancherebbe altro, a guardarle il culo. Poi andò a cercare i cereali.

Lo svegliò con un calcio, poi si accovacciò e strinse il mento del rosso nella mano destra, portando il volto all'altezza del suo. Era ancora troppo intontito per reagire, meglio così.
-Apri le orecchie cazzone, racconta a qualcuno quello che è successo ieri sera e ti sventro come un maiale- Poi restò a guardarlo per qualche attimo. Si alzò in piedi, senza staccare gli occhi da lui... Girò sui tacchi e in un attimo era sparita.
Axl si alzò a sedere, massaggiandosi la faccia. Però, era una tipa cazzuta quella. E anche un gran bel pezzo di figa.

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Capitolo 15
*** Capitolo 12 ***


Sunset Boulevard. 12.47 am.
-Dico sul serio- Eve non la guardò nemmeno. Sbuffò. -Tireremmo su un po' di soldi extra. E conosco un paio di tipe che ci starebbero-
-Non mi va- Spense la sigaretta sul muro, annoiata. Conversazione inutile.
-Io sono una batterista con i controcazzi, lo sai-
-Non ce l'hai nemmeno una batteria-
-Hannah...Ashley...Sì insomma, questa mia amica è disposta a vendermi la sua. Sarebbe un ottimo investimento-
Mandò giù un sorso di caffè amaro.
-Trovare un lavoro sarebbe un ottimo investimento. Non andremo avanti per molto così-
Leslie giocherellava con il cucchiaino con aria assorta.
-Non mi hai ancora spiegato perchè Jim ti ha licenziata- sbottò.
-A quanto pare prendere a pugni il capo non è permesso in quell'officina-
Leslie alzò le spalle e tornò al caffè. Eve si alzò stiracchiando e tirò fuori cinquanta dollari dalla tasca dei pantaloncini, gettandoli sotto il naso di Leslie con aria distratta.
-Sono gli ultimi. Fatti dare quella batteria, ma non mettermi in mezzo ai tuoi progetti assurdi- infilò gli occhiali da sole ed uscì dal locale. Questa donna era insopportabile.
Leslie si passò la mano fra i capelli e appoggiò il gomito al bancone, sbuffando. Fissava la banconota logora. Era sicura.
La infilò nei jeans, si alzò di scatto e si diresse decisa verso la porta di vetro.
Era impaziente.

Eve si abbandonò sul sedile. Si odiava. Come aveva potuto perdere l'autocontrollo due sere prima? Giurò a se stessa che non si sarebbe mai più fatta dominare dai sentimenti. Non voleva guinzagli. Basta. Basta cazzate.
Spostò lo specchietto in modo da guardarsi negli occhi: le promesse fatte a sè stessi vanno mantenute. A qualunque costo. Fece ruggire il motore per qualche secondo, si accese l'ennesima Marlboro e sparì.

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