Cuore di Demone

di VaniaMajor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Fine e inizio ***
Capitolo 2: *** 2- Agli ordini di Sesshomaru ***
Capitolo 3: *** 3 - La dimora del Signore dell'Ovest ***
Capitolo 4: *** 4 - Tetsuya ***
Capitolo 5: *** 5 - Una gita ***
Capitolo 6: *** 6 - Solo una spada ***
Capitolo 7: *** 7 - Una missione difficile ***
Capitolo 8: *** 8 - Inuzuka ***
Capitolo 9: *** 9 - Ti odio ***
Capitolo 10: *** 10 - Dimenticare ***
Capitolo 11: *** 11 - Cosa provi ***
Capitolo 12: *** 12 - Il cuore di un demone ***



Capitolo 1
*** 1- Fine e inizio ***


CAPITOLO 1 - FINE E INIZIO

La figura dello yokai si stagliò alla luce della luna, mentre saltava con agilità sorprendente da un ramo all’altro, attraversando la foresta. Era all’inseguimento di qualcosa che emanava un’oscurità ancora più profonda della sua, senza per questo essere un demone puro. Non era il solo. Davanti a lui, a poca distanza, altri correvano nella notte.
Sesshomaru lanciò una gelida occhiata alle figure in lontananza, prese dalla caccia. Naraku, il mezzo demone che trascinava con sé l’odio di molti, era fuggito dal monte Hakurei. Bankotsu, Jakotsu e Renkotsu, i guerrieri resuscitati dalla Sfera degli Shikon, avevano trovato una fine a suo giudizio fin troppo misericordiosa. Inuyasha, quel suo dannato fratello mezzosangue, era riuscito ad uccidere gli Shichinin-Tai, una volta che il bonzo e la cacciatrice avevano neutralizzato il sant’uomo e la sua barriera. Kagura, la creatura generata dal corpo di Naraku, e Kanna, la mocciosa albina, avevano distratto quel gruppetto di idioti capeggiato da suo fratello abbastanza a lungo perché Naraku fuggisse, portando le sue creature con sé. Tutte tranne il bambino, Kohaku, a cui Naraku aveva sottratto il frammento della sfera e che era morto tra le braccia della sorella. La sciocca donna di Inuyasha, la quale lo attendeva fuori dalla barriera, era stata rapita da Naraku e a quel punto l’hanyo deteneva, in un modo o nell’altro, tutti i pezzi della Sfera. 
Ora tutti coloro che avevano motivo di odiarlo lo inseguivano. Se fossero stati veloci, avrebbero potuto finalmente sconfiggere quel maledetto Naraku.
Sesshomaru li seguiva in lontananza, osservando con fredda curiosità la foga degli umani e del fratello. La rabbia dell’hanyo, la sua disperazione, riempivano l’aria. Sesshomaru corrugò la fronte. Non capiva la perdita di controllo dello stupido fratello che il destino beffardo gli aveva assegnato. Che importanza aveva la vita di una mortale di fronte alla vendetta, per cui occorreva sangue freddo e astuzia? Sorvolò sul fatto che la sua stessa vendetta riguardava una piccola umana di nome Rin. Dopotutto, Sesshomaru era irato per l’affronto subito, una questione di principio. Non poteva tollerare lo scherno di un essere inferiore. Aveva lasciato la bambina con Jaken e ora inseguiva il gruppo del fratello, il quale era troppo preso dal pensiero della sua donna in mani nemiche per accorgersi della sua presenza. Anche la sacerdotessa fatta di ossa e terra li seguiva, e il capo dei demoni lupo si era aggregato agli umani.
Che strana accozzaglia…non certo gente a cui lui, il Signore delle Terre dell’Ovest, si sarebbe accompagnato in circostanze normali.
«Non può essere molto lontano!» sentì dire al monaco, che cavalcava un demone gatto assieme alla cacciatrice.
«NARAKU! – ringhiò Inuyasha, riempiendo la foresta della sua ira – Se solo hai osato sfiorare Kagome…TI UCCIDERÒ!»
Sesshomaru corrugò di nuovo le sottili sopracciglia. Perché il fratello provava sentimenti di tale intensità? Era evidente che amava quella ragazzetta umana, che l’aveva scelta come sua compagna. Bah, lo stesso errore del padre… Non riusciva a capire. 
«Non c’è nessuno per cui valga la pena di soffrire così.» sussurrò con voce gelida. Spostò lo sguardo davanti a sé. Il bosco si allargava in una radura. Ora riusciva a vederlo. Naraku si era fermato e li stava aspettando. Il possesso di tutti i frammenti della sfera dava al maledetto la sicurezza di poter chiudere la partita una volta per tutte. Una parvenza di sorriso comparve sul volto del demone, che passò distrattamente una mano sulla morbida coda che fluttuava alle sue spalle.
«Questa notte vedrà la tua morte, Naraku…» mormorò, mentre Inuyasha e i suoi compagni sbucavano nella radura, pronti a dare battaglia. 

 

***


Inuyasha restò per un attimo interdetto trovandosi improvvisamente di fronte l’odiato nemico. Dietro di lui gli altri si fermarono, non aspettandosi che Naraku li attendesse. Inuyasha strinse gli occhi ambrati in due fessure, pieno d’ira e angoscia. Naraku lo accolse con un inchino beffardo, mentre tra le sue dita brillava la luce rosata della Sfera, praticamente integra. Solo il frammento custodito da Kagome mancava. Kanna e Kagura gli stavano attorno, attendendo ordini.
«Naraku…maledetto…» ringhiò Inuyasha, stringendo i pugni, il cuore straziato nel vedere il volto immoto di Kagome tra le braccia di Kagura, sordo alle esclamazioni di sorpresa e di rabbia dei suoi compagni. 
«È ancora viva, se è questo a preoccuparti. – lo avvisò Naraku, ridendo tra sé – Non sciuperò una così dolce reincarnazione di Kikyo. Oltre alla Sfera, avrò anche ciò che quello stupido di Onigumo non riuscì ad ottenere.»
«Non osare toccarla, maledetto!» gridò Koga, il capo dei demoni lupo, anticipando Inuyasha.
«Qualche problema, lupastro?» lo beffeggiò Naraku. Con un gesto secco, diede ordine ai suoi sottoposti di attaccare.
«TESSAIGA!» gridò Inuyasha, sguainando la spada e mirando alla testa di Naraku, il cui volto maligno era teso in un sorriso beffardo. I combattenti si riversarono sul luogo dello scontro e l’ultima, grande battaglia ebbe inizio.
Kikyo vi giunse in contemporanea a Sesshomaru. Vide l’inu–yokai attendere il momento adatto per intervenire, in piedi sulla cima di un albero. Lei non aveva intenzione di aspettare. Guardò in basso. Il combattimento era furioso. Il monaco, le pareva si chiamasse Miroku, stava combattendo contro Kanna, fianco a fianco con la taijiya, ancora sconvolta per la morte del fratello. Kagura aveva attaccato Inuyasha, ma Shippo e Kirara si erano messi in mezzo, impegnandola nello scontro così da consentire all’hanyo di attaccare Naraku. Il miasma del mezzo demone aveva già ammorbato l’aria, costringendo il demone lupo a rallentare gli attacchi. Solo Inuyasha continuava a lottare furiosamente contro Naraku. Niente più fantocci: stavolta l’odiata creatura combatteva di persona, tenendo stretta la Sfera degli Shikon.
Kikyo corrugò la fronte. Inuyasha non combatteva per la Sfera. Combatteva per quella ragazza chiamata Kagome. La realtà l’aveva colpita come uno schiaffo quando, dopo il crollo della barriera, aveva visto l’espressione sconvolta di Inuyasha nel venire a conoscenza che Kagome era stata rapita da Naraku. Lei lo aveva avvicinato, l’aveva esortato alla calma, ma le sue parole non l’avevano nemmeno sfiorato. Kikyo si era resa conto di non poter più pretendere di occupare il posto di un tempo nel cuore di Inuyasha. Non l’aveva in fondo sempre saputo?
Li aveva seguiti per abitudine più che per reale intenzione. Non sapeva cosa fare. Combattere Naraku? Decidere di morire portando ugualmente con sé Inuyasha? Uccidere quella Kagome?
Abbassò di nuovo lo sguardo sulla persona con cui avrebbe diviso la sua vita mortale se le cose fossero andate diversamente. Guardò quindi il volto immoto di Kagome, stesa vicino a Kagura, che in quel momento si teneva discosta dalla battaglia. Erano davvero identiche. Kikyo chiuse gli occhi. Se avesse ucciso Kagome o Inuyasha, non avrebbe fatto altro che farsi del male. Se davvero Kagome era il suo futuro alter ego, allora lei doveva fare in modo che quella reincarnazione potesse avvenire. Era l’unico modo che ancora le rimaneva per vivere con Inuyasha. Avrebbe nuovamente provato dei sentimenti. Perdendo se stessa, avrebbe guadagnato la felicità che aveva desiderato. Annuì e la parvenza di un sorriso le solcò il volto freddo.
«È giusto così.» mormorò. Chiuse nuovamente gli occhi. Dal suo corpo uscì una luce accecante. In un momento, gli spettri di Kikyo si trovarono a reggere niente più che un corpo senza vita.
Alla vista di quella luce, la battaglia si fermò per un attimo. Naraku imprecò, mentre Kagura saltava indietro con un grido di spavento, allontanandosi dal corpo di Kagome, misteriosamente illuminato. 
«Kikyo…» ansimò Inuyasha, comprendendo quello che stava succedendo. La miko stava restituendo a Kagome anche la sua parte di anima. Abbassò il capo. «Grazie, Kikyo…»
L’unica reazione di Sesshomaru fu il lieve inarcarsi di un sopracciglio. Inuyasha era uno stupido. Invece di approfittare della confusione di Naraku, stava a gingillarsi su ciò che accadeva alla sua compagna. Era evidente che Kagura era il punto debole di Naraku. La demone aveva passato quei minuti osservando con odio la schiena dell’hanyo. 
«Forse è ora che faccia qualcosa.» mormorò, spiccando un balzo dalla sua postazione. Vide gli occhi del fratello puntati su di lui, sbalorditi, quando atterrò tra Inuyasha e Naraku.
«Avete deciso di unirvi alla festa, vedo, Sesshomaru-sama.» disse Naraku.
«Sesshomaru?!» esclamò Inuyasha, sorpreso. La battaglia era ferma, tutti osservavano l’entrata in scena dello yokai. Miroku si voltò verso Sango.
«Cosa ci fa qui suo fratello?» chiese, incredulo. Sesshomaru non si mischiava mai con gli affari del fratellastro. La taijiya poté solo scuotere il capo, sorpresa quanto il monaco. Koga, sentendo provenire dallo yokai un odore molto simile a quello di Inuyasha, ringhiò sommessamente. Shippo corse verso Kagome, mentre la ragazza si svegliava.
«Kagome, stai bene?» chiese, gli occhi pieni di lacrime. Kagome si alzò lentamente a sedere, osservando la scena davanti ai suoi occhi. Scosse il capo, frastornata, poi sorrise debolmente di fronte al visetto preoccupato del piccolo yokai. Si sentiva stranita e confusa. Sapeva che l’anima di Kikyo era completamente ritornata dentro il suo corpo, poiché ora possedeva anche le memorie della miko. Non poteva più negare di esserne la reincarnazione…ma era ancora Kagome.
«Kagome!» 
Il richiamo preoccupato di Inuyasha le fece sollevare lo sguardo. I suoi amici stavano combattendo. Gli occhi del mezzo demone erano fissi su di lei con tale sollievo da procurarle un balzo al cuore.
«Sto bene, Inuyasha!» disse, sollevandosi in piedi.
«Kagura!» chiamò Naraku. Si voltò, irritato, quando la demone non rispose al suo appello. Sesshomaru sorrise freddamente.
«Non riesci a farti obbedire nemmeno dai tuoi sottoposti.– lo provocò– Quale pena, Naraku…»
Naraku sorrise a sua volta, per nulla impressionato.
«Moriranno. Non ho più bisogno di loro.» disse. Saltò via, sfuggendo a un fulmineo attacco di Sesshomaru, le cui unghie velenose trovarono il vuoto.
«Lascia stare, Sesshomaru! – ringhiò Inuyasha, lanciandosi contro Naraku – Questa battaglia è mia!»
«Sei lento.» fu la sua unica risposta, lanciandosi assieme al fratellastro e schioccando le lunghe falangi. Naraku allargò le braccia. Un’ondata di miasma proruppe dalla sua persona, sommergendo Inuyasha, che fu rigettato indietro. Sesshomaru saltò via, andando ad atterrare proprio di fronte a Kagura.
«Se vuoi liberarti dalla schiavitù, questo è il momento giusto.» le disse. La demone fece un passo indietro, con una smorfia.
«La mia vita è nelle sue mani.» ringhiò.
«Se la perderai, io potrò ridartela.» mormorò Sesshomaru, accennando alla sua spada, Tenseiga, prima di spiccare un nuovo balzo per lanciarsi contro Naraku. Kagura, sbalordita, rimase immobile.
Kagome si guardò attorno, cercando un’arma da poter usare. Senza il suo arco era inerme. Non sapeva ancora usare a dovere il potere di Kikyo. Koga le si portò di fianco.
«Andiamo, Kagome. – disse, facendo per prenderla in braccio – Ti porto via da qui.»
«No! – esclamò lei, allontanandosi dal demone lupo, che rimase sbalordito dalla sua veemenza – Devo aiutare Inuyasha!»
Kagura era impietrita ad osservare la battaglia, che si faceva sempre più caotica. Cosa doveva fare? Se Naraku avesse vinto l’avrebbe uccisa. Se avesse agito contro di lui, l’avrebbe uccisa ugualmente. Forse affidarsi a quell’inu-yokai che tanto la turbava era l’unica cosa che le restava da fare. Con un sorriso di autocommiserazione, la demone lanciò uno dei suoi attacchi contro Naraku.
«Kagura!» ringhiò lui, sorpreso. Quella stupida…Naraku si fece comparire in mano un cuore pulsante. Con una sola stretta lo ridusse in poltiglia e Kagura cadde a terra, morta, senza un grido. Questo, però, diede tempo a Miroku e Sesshomaru di colpirlo da due diverse angolazioni. Naraku, imprecando, saltò indietro, ma Inuyasha gli si avventò addosso, mancandolo per un soffio.
Inuyasha imprecò. Non poteva usare il Taglio nel Vento con tutta quella gente attorno. Avrebbe potuto uccidere i suoi amici assieme a Naraku.
«Hiraikotsu!» Il grido di Sango fu di poco precedente a quello di Kanna. Il grande boomerang colpì lo specchio della demone, che si infranse. Con esso, Kanna crollò a terra, mentre la sua vita si spegneva. «Questo è per mio fratello, bastardo!» gridò Sango.
Naraku imprecò ancora. Aveva solo una possibilità: ingoiare la Sfera e lasciare che i suoi poteri diventassero completi. Si liberò di Koga con un gesto distratto, sottraendosi agli attacchi, e si lanciò verso Kagome, che stava ancora cercando un’arma.
«KAGOME!» gridò Inuyasha, correndo dietro a Naraku. Lei non mostrò alcuna paura. Allungò le mani verso il suo aggressore. Una potentissima energia investì Naraku, che fu proiettato contro un albero. Tutti si impietrirono, sorpresi. Kagome risplendeva di luce, il suo viso normalmente dolce e sereno era pieno di rabbia.
«Ragazza…come osi…» disse Naraku, con voce rotta. La parte anteriore del suo corpo fumava in maniera preoccupante. 
«La tua malvagità non ha limiti. – disse lei, puntandogli addosso un dito accusatore – Non avrò pace finché non sarai sconfitto, Naraku!» Alzò la mano destra. Tra le sue dita brillava la Sfera dei Quattro Spiriti completa.
«No! – esclamò Naraku, lanciandosi verso di lei – La Sfera è mia!»
«Ora basta, dannato bastardo! Le tue malefatte saranno punite! – ringhiò Inuyasha – Ecco il Taglio nel Vento!» La lama lucente di Tessaiga sferzò l’aria con indicibile potenza. Sesshomaru balzò lontano, memore dell’ultima volta che aveva assistito in prima persona al Taglio nel Vento di Tessaiga. I compagni di Inuyasha si ripararono come poterono dalla potenza del colpo, mentre il grido di Naraku echeggiava nella radura. Quando questo finì, la figura di Inuyasha si stagliò in mezzo alla polvere, con Kagome al suo fianco. Di Naraku, già indebolito dalla purificazione di Kagome, era rimasta solo una testa sogghignante.
«Non potete…sconfiggermi…» disse, prima che il piede di Miroku la schiacciasse. In pochi istanti, non rimasero altro che polvere e silenzio.
«È…» mormorò Sango.
«È finita.» disse Inuyasha, riponendo Tessaiga nel fodero con espressione decisa. Miroku svolse il rosario che gli sigillava la mano. Cadde in ginocchio, abbassando il capo.
«Miroku!» gridò Shippo all’amico, preoccupato.
«Miroku, cosa…» cominciò Sango, avvicinandosi. Il monaco rivolse la mano verso gli amici, che fecero un passo indietro per riflesso. Non accadde nulla. Il palmo della mano di Miroku era integro e liscio.
«È finita davvero.» mormorò Miroku, mentre una lacrima gli rigava il volto. Sango e Shippo lo abbracciarono, felici, mentre tutti convergevano su di lui. Koga sbuffò, seccato da quei sentimentalismi. Sesshomaru lanciò un’occhiata al luogo in cui, fino a un istante prima, giaceva il corpo di Kagura. La demone si era trasformata in polvere assieme a Naraku. Lui non avrebbe potuto tenere fede alla promessa: non c’era corpo da far resuscitare. Voltò le spalle al gruppetto e fece per andarsene, quando sentì qualcosa che attirò nuovamente la sua attenzione.
«Tieni, Inuyasha. Ora potrai diventare un vero yokai.»
Si voltò. La ragazza, Kagome, stava tendendo la Sfera degli Shikon al fratello, che la guardava, sbalordito. Tutti tenevano il fiato sospeso. Sesshomaru alzò lievemente un sopracciglio. Quindi era questo il desiderio del fratello! Poteva capirlo.
«No, Kagome.» rispose Inuyasha, sorprendendoli tutti. Inuyasha prese delicatamente la Sfera e la sollevò alla luce. «Questa Sfera ha prodotto solo del male e io non voglio incrementare questa giostra senza fine.»
«Inuyasha…»
L’hanyo si chinò su di lei, sussurrandole parole che l’orecchio fino di Sesshomaru carpì. 
«Il mio solo desiderio, ora come ora, è restare assieme a te per sempre. Ti amo, Kagome.»
Kagome si lanciò tra le braccia di Inuyasha, piangendo e ridendo, mentre i loro amici sorridevano. Sesshomaru scrollò il capo,  sbuffando e voltando loro le spalle.
«Anch’io ti amo, Inuyasha. – mormorò Kagome – Il tuo desiderio è anche il mio.»
Che coppia di idioti.” pensò Sesshomaru, preparandosi a lasciare quel gruppo di stolti, mentre Koga sbraitava che l’avrebbe fatta pagare all’hanyo. Fu in quel momento che la Sfera si illuminò. Tra lo sbalordimento dei presenti, la sua luce rosata avvolse Kagome e Inuyasha. Quando questa svanì, portando con sé la Sfera, alcuni cambiamenti si erano verificati. Kagome pareva sempre la stessa, ma Inuyasha emanava un’aura di potere che non aveva mai avuto.
«Ma…cosa…» esclamò l’hanyo, gli occhi fissi sul palmo della sua mano, dove fino ad un momento prima c’era la Sfera degli Shikon.
«Pare che quella Sfera esaudisca davvero i desideri.» disse Sesshomaru, attirando l’attenzione su di sé.
«Cosa vuoi dire?» chiese Inuyasha, sulla difensiva. Sesshomaru fece un sorriso di scherno.
«Se non te ne sei accorto sei ancora più stupido di quel che credessi. – disse – Il tuo sangue è puro, ora. E l’odore della tua donna è cambiato.»
A Inuyasha bastò un attimo di concentrazione per comprendere le parole del fratello. Era diventato uno yokai. E Kagome…Kagome non era più una mortale?! La Sfera aveva fatto ciò che poteva per realizzare il loro desiderio di vivere per sempre insieme, e quindi era svanita, purificandosi. Inuyasha abbracciò Kagome, affondando il viso nei suoi capelli.
«Inuyasha, cos’è successo?» chiese lei, perplessa.
«Ora…ora ti spiego.» mormorò lui, la voce rotta dall’intensa felicità che provava.
Sesshomaru balzò via, lasciando quella scena melensa e stomachevole, immergendosi nella notte per tornare a prendere Rin e quel piccolo rospo di Jaken. Non lanciò più un’occhiata al luogo dello scontro, mentre si allontanava. Le emozioni del fratello l’avevano riempito di disagio, che presto avrebbe sfogato su qualche creatura incauta.
«Non c’è nessuno per cui valga la pena provare tutto questo.» disse ancora.

 

***


UNA SETTIMANA PRIMA
Kaede sospirò gravemente, scendendo di sella con movimenti rigidi dovuti alla lunga permanenza in sella, ma, soprattutto, all’età ormai avanzata. 
«State bene, Kaede-sama?» chiese uno degli uomini della sua scorta, accorrendo per aiutarla.
«Sì, sì…» rispose la sacerdotessa, burbera. Si guardò attorno. Erano appena giunti in un piccolo villaggio, costruito tra la foresta e un lago di modeste dimensioni. Kaede corrugò la fronte già rugosa. 
Era passato del tempo, ormai, da quando si era messa in viaggio. Era stata sua intenzione aspettare il ritorno di Inuyasha e degli altri al villaggio, ma un incubo ricorrente l’aveva spinta a partire alla loro ricerca, ricostruendo i loro movimenti tramite le deboli tracce che avevano lasciato. Kaede sospirò. Secondo i suoi sogni, presto sua sorella Kikyo sarebbe morta e la Sfera sarebbe stata completata. Quello che spaventava la sacerdotessa era il modo in cui questo sarebbe avvenuto. Se Inuyasha avesse espresso il desiderio di diventare un vero yokai, o se Kikyo non avesse rinunciato alla vita…sarebbe finita nel sangue. Spesso, i suoi incubi le mostravano un monte attorniato da una sacra barriera. Venuta a sapere che questo monte esisteva, vi si stava dirigendo, non fosse stato altro che per fugare i suoi timori.
«Coraggio, andiamo a chiedere informazioni.» disse alla sua scorta. Entrarono nel villaggio portando i cavalli alla cavezza. Kaede si rese subito conto che qualcosa non andava, laggiù. Le occhiate sospettose che venivano loro lanciate non erano giustificate da alcunché. Un vecchio le venne incontro.
«Buona giornata, miko-sama. – la salutò rispettosamente – Io sono il capo villaggio. Posso fare qualcosa per voi?»
«Mi auguro di sì.» rispose Kaede. Il vecchio la accompagnò alla sua casa, dove la sacerdotessa chiese informazioni sul gruppo di Inuyasha.
«Un mezzo demone con tre umani, un kitsune e un neko-yokai? – chiese l’uomo, perplesso – No, non sono passati da qui.»
«Grazie comunque. – sospirò Kaede – Potreste dirmi allora quanto è ancora lontano il Monte Hakurei?»
«Circa quattro giorni di viaggio verso nord-ovest, miko-sama. – disse il capo villaggio – Ma state attenta, pare che ultimamente laggiù accadano cose strane.»
«Lo so. – rispose Kaede, sospirando e alzandosi con un certo sforzo – Lo so bene.»
In quel momento, una testa fece capolino dalla stuoia in entrata. Il capo villaggio si alzò a sua volta.
«Cosa vuoi, Haneko?» chiese il vecchio.
«Potrei parlarvi, miko-sama?» chiese la donna, rivolgendosi a Kaede. La vecchia sacerdotessa annuì, seguendola all’esterno. Ella abbassò gli occhi, torturando una manica del suo yukata.
«Voi vi intendete di fenomeni strani, non è vero, miko-sama?» chiese quella. 
«Abbastanza.» disse Kaede, perplessa. Se non ne sapeva lei, coinvolta in quella battaglia contro Naraku…
«Potrei farvi conoscere una persona?» chiese la donna. Kaede annuì. A quel punto era diventata curiosa. Perdere ancora qualche minuto non avrebbe cambiato nulla. La donna, che le pareva si chiamasse Haneko, la condusse verso il fondo del villaggio. Arrivata in prossimità dei campi, indicò davanti a sé col dito. 
«Ecco. – sussurrò, come se temesse di essere sentita – La vedete?»
Kaede, in un primo tempo, non vide nulla di strano. Alcune donne stavano curando i campi, strappando le erbacce. Una di loro stava prendendo l’acqua dal pozzo, un’altra…Lo sguardo le ritornò sulla ragazza al pozzo. 
«Una straniera?» mormorò. La giovane, non doveva avere più di vent’anni, non somigliava affatto a tutte coloro che le stavano attorno. La sua pelle era molto pallida, un po’ come quella di Kagome e Kikyo, magra ma in salute. I capelli di un bel castano dorato le scendevano sulla schiena in morbide onde, trattenuti da un nastro sulle spalle. Kaede si voltò verso la donna.
«Avete qui una straniera? Sarebbe questo lo strano fenomeno?» chiese, perdendo interesse.
«Quella straniera…non sappiamo come sia arrivata qui. – sibilò la donna, lanciando un’occhiata astiosa alla ragazza – L’abbiamo trovata nel bosco. Era confusa e aveva addosso abiti dalla strana foggia. Non sapeva dove si trovasse. Parla la nostra lingua con uno strano accento. In più, non è rispettosa e ha qualcosa negli occhi…sembra quasi un demone!»
«Le parlerò.» disse Kaede. La sua curiosità era notevolmente aumentata.
Qualche minuto dopo, Kaede era in attesa che la ragazza arrivasse all’interno della casa del capo villaggio, che le aveva gentilmente concesso di utilizzarla per il colloquio. In quel momento, la stuoia venne sollevata e la strana ragazza entrò.
«Buona giornata, miko-sama.» salutò. Kaede annuì, facendole cenno di sedersi. Guardandola più da vicino, Kaede ammise che la ragazza aveva un che di ferino, ma sembrava più dolce di quello che Haneko le aveva fatto intendere. Gli occhi di lei, di un blu molto chiaro, la impressionarono. Sentiva che tutte le sue energie spirituali venivano attirate dalla ragazza. Aveva degli strani poteri latenti, ma era ben lontana dall’essere un demone.
«Qual è il tuo nome, ragazza?» chiese Kaede.
«Anna, miko-sama.» rispose lei. Kaede annuì. Anche il nome poteva essere straniero.
«Mi hanno detto che sei arrivata in questo villaggio in strane circostanze, ragazza.» continuò Kaede. Anna annuì. Quella giovane aveva fegato, la guardava dritta negli occhi senza alcun timore. «Non hai modo di tornare a casa?» chiese. Lei fece un sorriso di derisione, più per se stessa che verso la miko.
«Non credo, miko-sama. Il mio viaggio non è stato attraverso lo spazio, ma attraverso il tempo.» rispose. Kaede sbalordì.
«Conosco… – iniziò – conosco una ragazza che come te viene da epoche lontane. Ella può tornare a casa tramite un pozzo. Se anche tu vieni dalla sua epoca…»
«Quale ragazza? Un pozzo?!» chiese la ragazza, puntando i suoi occhi indagatori sulla sacerdotessa. 
«Il suo nome è Kagome. – rispose Kaede – Ella viene da..»
«Un momento. – la fermò Anna, impallidendo – Il vostro nome…non sarà Kaede?»
«Sì.» rispose lei, perplessa. 
«E la ragazza di cui state parlando si chiama Kagome Higurashi? Viaggia con un hanyo di nome Inuyasha?» insistette lei. Kaede annuì, sempre più stupita. La ragazza sembrò accasciarsi su se stessa. Si passò una mano sul volto, sospirando.
«Di bene in meglio.» quasi ringhiò, per poi esclamare qualcosa in una lingua che la miko non capì. 
«Qual è il problema? Come mai conosci Kagome?» chiese Kaede. La ragazza spostò nuovamente lo sguardo su di lei, occhi spenti rispetto a un minuto prima.
«Vedete, Kaede-sama, io vengo dalla stessa epoca di Kagome…» iniziò Anna.
«Allora non c’è problema!» esclamò Kaede, ma la ragazza alzò una mano per zittirla.
«Vengo dalla stessa epoca, ma non dallo stesso mondo, a quanto pare.» finì Anna. Sorrise all’occhiata confusa della miko. «Nel mondo da cui provengo, la vostra storia non è che questo: una favola. Kagome, voi, Inuyasha e gli altri siete personaggi nati dalla fantasia di una donna giapponese, di cui ho letto gli scritti.» 
Kaede mandò un’esclamazione. 
«Avevo capito di essere stata catapultata nella Sengoku Jidai e già questo era incredibile di per sé, ma trovarmi nella Sengoku Jidai di Inuyasha e Kagome è fuori da ogni comprensione. – sospirò Anna, corrugando le sopracciglia – Non potrò tornare a casa.»
I suoi occhi si scurirono. Kaede provò pena per quella giovane che, come Kagome, si era ritrovata in un mondo che non era il suo. Mentre Kagome, però, aveva trovato un modo per tornare a casa di quando in quando e uno scopo e amici in quest’epoca, pareva che Anna fosse detestata nel villaggio e non potesse che rassegnarsi a restare dove si trovava per il resto della sua vita.
«Un mondo parallelo… – mormorò Kaede, riflettendo – Raccontami come sei giunta fin qui.»
«Ero in viaggio. Stavo sorvolando il Giappone, ero qui per motivi di studio. – disse la giovane, la cui voce era scesa a un mormorio basso e freddo – D’un tratto, ho avuto una strana visione e ho sentito una forte energia colpirmi. Ho chiuso gli occhi e quando li ho riaperti ero nella foresta, accanto a questo villaggio.»
«Cos’hai visto?» chiese Kaede.
«Un palazzo. Un palazzo enorme e meraviglioso. – mormorò Anna, riflettendo – C’era qualcuno in piedi davanti alla porta di quel palazzo, ma non riuscivo a vederlo. Riuscivo solo a sentire…la sua tristezza e la sua solitudine.» 
«E poi ti sei ritrovata qui.» disse Kaede. Anna annuì. «È come se qualcuno ti avesse attirata a sé attraverso il tempo e le dimensioni, visto che provieni da un mondo parallelo a questo. Sarebbe interessante scoprire chi ha fatto questo.»
«Così forse potrei lasciare questo maledetto villaggio e la sua gente superstiziosa.» fu l’acido commento di Anna. Sospirò. «Perdonatemi, Kaede-sama, ho un umore irritabile. Piuttosto, com’è finita la ricerca della Sfera degli Shikon?»
«Non è finita, non ancora. È per questo che sono in viaggio.» rispose Kaede.
Anna annuì, mentre si alzava in piedi, seguendo l’esempio della miko.
«Spero che vada tutto per il meglio, Kaede-sama.» disse. La miko la guardò per un attimo mentre la giovane si inchinava rispettosamente per salutarla. «Non pensate più a me, avete fin troppe gatte da pelare. In qualche modo me la caverò. Non potreste fare nulla comunque.» furono le sue ultime parole, prima che uscisse per tornare ai suoi compiti.
Kaede partì dopo poco, lasciandosi il villaggio alle spalle, e per tutta la giornata gli occhi tristi e freddi di quella ragazza le tornarono alla mente.
Devo fare qualcosa per lei. – decise infine – Quando tornerò, le farò conoscere Kagome e gli altri. La porteremo con noi. Se non potrà tornare a casa, almeno renderemo la sua vita qui meno triste.” Con questa decisione, Kaede e la sua scorta si diressero verso il Monte Hakurei.

 

***


OTTO GIORNI DOPO
«Anna! Anna, brutta lavativa! Dove sei?»
«Ma stai zitta, cornacchia!» sibilò Anna, facendosi ancora più piccola dietro la botte dell’acqua a fianco alla casa. Haneko la stava cercando, sicuramente per affibbiarle un lavoro nei campi.
«Quella straniera! – sbraitava Haneko – Io la ospito, la sfamo, e lei non alza un dito!»
«Se dieci ore al giorno sotto la tua frusta le chiami poche…» mormorò Anna con astio, scivolando silenziosamente oltre la casa e inoltrandosi, non vista, nella foresta. La sua corsa rallentò fino a diventare un passo lento ma deciso. Per quel giorno, ne aveva abbastanza di quella negriera e delle battute allusive delle altre donne del villaggio. Aveva bisogno di stare sola. Sospirò, accarezzando i bassi cespugli e alzando gli occhi al cielo. L’imbrunire era vicino. Anna inciampò, imprecando tra i denti in una lingua che nessuno avrebbe capito. Quel maledetto vestiario, non c’era ancora abituata…
Sapeva bene quanto fosse pericoloso aggirarsi per la foresta da sola, soprattutto dal tramonto in avanti, ma la natura le restituiva una parvenza di sanità mentale. Aveva ascoltato con un orecchio solo gli avvertimenti riguardo i demoni che abitavano la foresta, ma d’ora in avanti non avrebbe più potuto ignorarli. Che storia pazzesca, era finita nel mondo di Inuyasha! Ne avrebbe ricavato una fiction eccezionale, se solo fosse stata ancora a casa sua. Si asciugò con rabbia gli occhi, che minacciavano lacrime. Se avesse pianto, se si fosse lasciata andare, non sarebbe più stata in grado di sopportare nulla.
Un suono sottile bloccò i suoi passi. Anna aguzzò le orecchie, pronta a scattare in una corsa folle verso il villaggio al primo segno di pericolo. Eppure quel suono non era minaccioso. Sembrava…sembrava…
«Un pianto?» chiese, senza nemmeno accorgersi di parlare ad alta voce. Erano proprio lamenti di bimbo. Anna pensò che uno dei bambini del villaggio si fosse perso nel bosco. Si diresse verso il suono, che si faceva sempre più straziante. D’un tratto, sbucò in una radura. Al centro di essa, seduta con la testa affondata tra le ginocchia, stava una bambina che singhiozzava disperatamente.
«Piccola…» mormorò Anna. La bimba alzò la testa, con un singulto spaventato. Doveva avere tra i sette e gli otto anni. Aveva occhi e capelli scuri, tagliati sulle spalle, una codina spiritosa su un lato della testa. I suoi occhi erano pieni di lacrime trattenute a stento, nonostante la ragazzina stesse cercando di recuperare la compostezza. Anna sorrise dolcemente. «Piccola, perché piangi?» chiese, con voce rassicurante. La bimba si passò entrambe le mani sugli occhi.
«Chi sei?» le chiese, con una vocina ancora spezzata.
«Io sono Anna.» rispose lei, avvicinandosi e accucciandosi vicino a lei. Quella bambina aveva occhi meravigliosamente puri. «Vuoi dirmi perché piangi?» chiese ancora. La bimba sospirò.
«Rin si è persa.» disse.
«Rin… – ripeté Anna, perplessa – Rin è il tuo nome?» La bambina annuì. Anna sorrise. La maniera di esprimersi di quella bambina era molto simpatica.
«Da quanto tempo ti aggiri per la foresta da sola, Rin?» le chiese.
«Da ieri, il sole era alto. Rin cercava fiori.» rispose la bimba. Sembrava riprendersi di minuto in minuto. La presenza di una persona amica la confortava. 
«Già più di ventiquattro ore, quindi. – mormorò Anna – Eri con i tuoi genitori?»
«No. I genitori di Rin sono morti.» rispose Rin, guardando al cielo per far asciugare gli occhi gonfi.
«Oh, mi spiace, Rin.» disse Anna. La piccola fece un sorriso smagliante.
«Ma Rin non è sola! – si fermò, tornando seria – Beh, non era sola…»
«Vuoi che cerchiamo insieme, piccola Rin?» chiese Anna. 
«Davvero? Aiuti Rin a ritrovare la strada, nee-chan?» esclamò Rin, saltando in piedi dalla gioia. Anna rise. Sorella?!
«Ma certo, Rin!» rispose. Quella bimba era proprio adorabile. 
«E…se non li troviamo?» chiese Rin. Di colpo, le sue piccole labbra tremarono e gli occhi si fecero di nuovo lucidi. Anna si sentì sommergere dalla tenerezza. Obbedendo al proprio istinto, attrasse a sé la bimba, accogliendola tra le braccia.
«Non piangere, Rin-chan. – mormorò, sistemandole la frangia e posandole un bacio sulla fronte – Sono certa che li troveremo. Se stasera faremo troppo tardi, dormirai con me al villaggio e domattina riprenderemo a cercare.»
Rin guardò negli occhi Anna, che sorrise.
«Rin non darà fastidio?» chiese la bambina.
«Se lavorerò anche per te, nessuno avrà da ridire.» rispose Anna, con una nota di spirito battagliero nella voce. Rin rimase seria.
«Tu sei buona con Rin, nee-chan.» mormorò. Anna la guardò, sorpresa, quindi la bimba saltò via dalle sue braccia. Anna sospirò e si alzò in piedi.
«Coraggio, in cammino! – disse, mostrando più entusiasmo e fiducia di quelli che provava – Chi dobbiamo cercare?»
«Oh, loro si chiamano…» iniziò Rin.
«Rin, ti ho cercata dappertutto.»
Una voce gelida alle spalle di Anna bloccò la ragazza sul posto. Rin, al contrario, lanciò un gridolino di gioia e la superò, correndo verso il nuovo arrivato. Anna si girò con cautela, avvertendo un pericolo dietro di sé. Alle sue spalle, con una piccola Rin saltellante di gioia appesa a una gamba, stava un uomo alto, vestito con eleganza. I suoi gelidi occhi d’ambra erano posati su di lei, i capelli lunghi e fini, di un bianco argentato, svolazzavano alla brezza serale. Una sorta di coda morbida gli poggiava su una spalla e due spade erano legate al suo fianco.
Avrei dovuto saperlo…” fu il pensiero di Anna, prima che le parole della piccola Rin fugassero tutti i suoi dubbi. 
«Guarda, nee-chan! Sesshomaru-sama ha trovato Rin!»

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Capitolo 2
*** 2- Agli ordini di Sesshomaru ***


CAPITOLO 2 - AGLI ORDINI DI SESSHOMARU

«Rin, ti ho cercato dappertutto.» disse Sesshomaru, cancellando dalla sua voce quella punta di preoccupazione che l’aveva spinto ad andare in cerca della bambina. Quando era tornato a prendere Jaken e Rin, dopo la battaglia contro Naraku, aveva trovato il piccolo rospo, ma non la bimba. Sesshomaru non aveva perso tempo a punire Jaken per la sua negligenza, per quello c’era sempre tempo. Doveva seguire Rin finché era discernibile il suo odore nell’aria. Un inu-yokai di medio retaggio l’aveva ostacolato, impegnandolo in una battaglia che gli aveva fatto perdere del tempo, ma finalmente aveva trovato la bambina. 
Rin, però, non era sola. Una donna umana era con lei. Il bel viso di Sesshomaru si corrucciò, mentre Rin correva ad abbracciarlo con un gridolino di gioia. Quella donna…emanava un’energia sorprendente. Non era l’energia spirituale delle miko, piuttosto qualcosa che l’accomunava alle fonti grezze di potere degli yokai. Che fosse un hanyo?
«Guarda, nee-chan! Sesshomaru-sama ha trovato Rin!»
Come al solito, la vocetta acuta di Rin gli trapanò le orecchie, ma Sesshomaru non spostò la sua attenzione dalla donna, che si stava voltando. Non era simile alle donne umane che aveva visto fino a quel momento. La sua pelle era chiara, il corpo fragile come quello di tutti gli esseri umani, ma i suoi capelli lunghi, trattenuti da un nastro, erano molto più biondi di quanto avesse mai visto in un ningen. Gli occhi erano di un freddo blu. Furono quegli occhi a mostrargli per un attimo un’anima selvaggia, piena di potere primordiale, nonché un lampo di riconoscimento alla sua vista che lo riempì di ulteriore curiosità. 
«Lo vedo, Rin-chan.» disse la donna, con voce delicata e un sorriso tirato. Abbassò il capo di fronte al viso inespressivo di Sesshomaru. «Sono lieta che abbiate ritrovato Rin.»
Sesshomaru non rispose. L’odore di quella donna era umano, inequivocabilmente. Era strano che possedesse un tale potere latente e ancora più strana la quasi totale assenza dell’odore acre della paura. Quella donna si sapeva controllare bene, per essere una ningen.
«Chi sei, donna?» chiese, con voce gelida.
«Io…» cominciò Anna, ma Rin la precedette.
«Oh, lei è Anna nee-chan! Stava aiutando Rin a ritrovare la strada di casa!» esclamò, sorridendo felice. Sesshomaru guardò Rin, quindi lanciò una breve occhiata alla donna.
«È vero, donna?» chiese. Anna annuì.
«La prossima volta non lasciatela col vostro sottoposto.  Come dimostrano i fatti, non è un tutore affidabile.» non poté fare a meno di aggiungere.
Sesshomaru corrugò la fronte, contrariato. Quella donna era troppo sfacciata. E come sapeva di Jaken? Non gli fu necessario guardare Rin per sapere che anche la bimba era sorpresa.
«Tu chi sei?» chiese, abbassando ulteriormente la sua temperatura vocale.
«Anna, Sesshomaru-sama, come Rin ha già avuto modo di dirvi. – rispose lei, tradendo finalmente un lieve nervosismo – Ora, se non c’è altro, mi congedo. La notte cala velocemente.»
«Addio, nee-chan.» mormorò Rin, correndo ad abbracciarla. Anna le accarezzò la testa, cercando di non badare alle fredde lame di ghiaccio degli occhi dello yokai, puntati su di lei. 
«Addio, Rin-chan. Stai sempre vicina a Sesshomaru-sama e a Jaken e non perderti più, mi raccomando.» Rin annuì, tirando su col naso. Anna le diede un lieve bacio sulla fronte, quindi si inchinò a Sesshomaru e si voltò per andarsene. Sesshomaru si trovò per un attimo spiazzato. Quella donna se ne stava andando senza aver soddisfatto alcuna delle sue curiosità. 
«Hai coraggio, donna, a voltarmi le spalle sapendo che potrei ucciderti.» disse, con lieve sarcasmo. La vide fermarsi e voltarsi a metà verso di lui.
«Se voleste uccidermi, non avrebbe alcuna importanza che io vi dessi le spalle o meno. So bene di essere nient’altro che una debole umana. Preferisco morire in dignità che in preda al terrore.»
Ci fu un momento di silenzio, quindi Anna preferì non continuare a provocare lo yokai – sapeva bene cosa fosse capace di fare – e si inoltrò tra i cespugli, verso il villaggio. 
«Sesshomaru-sama!»
La vocetta gracchiante di Jaken anticipò solo di un attimo la sua persona, che andò a finire dritta addosso ad Anna. I due caddero per terra, mentre Rin mandava un gridolino. 
«Ma che…» ringhiò Anna, cercando di alzarsi.
«Oh, vi ho trovato, Sesshomaru-sama! – esclamò Jaken, alzandosi e lanciando un’occhiata irata all’umana che gli stava accanto – Come osi intralciarmi, ragazza?» Alzò il bastone Ninto,  preparandosi a colpire quella sciocca mortale. Calò il bastone, ma una mano ferma lo bloccò. 
«Stavi cercando di colpirmi, rospo?» ringhiò Anna, strappando il bastone dalla presa di Jaken. Con esso rifilò al piccolo yokai una spinta che lo fece finire dall’altra parte della radura. Anna, seccata, lasciò cadere il bastone e si affrettò ad allontanarsi, prima che a Sesshomaru venisse in mente di fargliela pagare. Il demone, in realtà, aveva seguito con aria indifferente il volo del proprio sottoposto per non più di un secondo. Non riusciva a smettere di guardare quella strana donna, che si allontanava da loro a passo svelto. Quella non era una comune ningen.
Poche ore dopo, lo strano terzetto si riposava su una grande collina erbosa, sotto la luce della luna, uno spicchio luminoso. Sesshomaru guardava il cielo, preso da pensieri che ricadevano invariabilmente sulla donna che aveva trovato Rin quella sera. Molto di lei lo incuriosiva e non erano frequenti le cose che scatenavano il suo interesse. A parte un’evidente forza di carattere, l’umana possedeva un’energia che Sesshomaru non poteva fare a meno di desiderare a suo favore. Spostò lo sguardo su Rin, che dormiva poco distante. Mentre si allontanavano da quel villaggio, Rin gli aveva confidato, con una vocetta seria, che era preoccupata per la donna. Riteneva che fosse vessata dagli abitanti del villaggio, come lo era stata lei prima che l’inu-yokai la portasse via con sé. Sesshomaru non aveva proferito verbo, mentre Jaken si era lasciato andare a uno sproloquio contro la femmina umana. A un certo punto, Sesshomaru era stato costretto a zittirlo ricordandogli che ciò che aveva subito era nulla in confronto alla punizione che meritava. Nel frattempo, però, gli era venuta un’idea. Si alzò da terra con un movimento veloce e aggraziato. 
«Dove andate, Sesshomaru-sama?» chiese Jaken, teso al pensiero di avere ancora la bimba sul groppone.
«Ho qualcosa di cui occuparmi. – rispose lui, freddamente – Fai che trovi Rin, al mio ritorno. Non passerò sopra a un secondo fallimento.»
Tremante di paura, Jaken annuì, mentre il suo signore si alzava in volo ripercorrendo la strada di quella sera. Il rospo lanciò un’occhiata disgustata alla bambina addormentata. Che vita…

 
***

Sesshomaru entrò nel villaggio, nascondendosi nelle ombre. Non intendeva perdere tempo incontrando esseri umani terrorizzati. Annusò l’aria, catturando l’odore di quella donna. Portava a una casa in cui un lume era ancora acceso. In un lampo era sotto la finestra. All’interno, qualcuno discuteva.
«Quella maledetta è andata di nuovo nella foresta. – sentì, nonostante la voce mormorasse – Sono sicura che è in combutta con qualche yokai.»
«Non dire sciocchezze.» disse una voce di uomo.
«E allora come spieghi che tutte le notti quella pazza va a guardare la luna sul lago? Non è normale, te lo dico io!»
«Smettila di preoccuparti, Haneko. Non ci porterà yokai in casa.» sbuffò l’uomo.
«Spero solo che una notte se la portino via…» mormorò la donna. Dopodiché, il lume venne spento. Sesshomaru lasciò il villaggio, dirigendosi velocemente verso il lago. L’odore della ragazza si faceva più forte. Rin aveva ragione, quella donna non era amata dai suoi simili, forse perché era una gaijin, ma più probabilmente per quel potere vitale che la circondava. Non che i deboli esseri umani potessero comprendere il potere, ma ne erano disturbati. Fece un ironico sorriso. Realizzare la sua idea poteva essere più semplice di quanto avesse previsto.
Impiegò qualche istante a rendersi conto che le sue orecchie sensibili erano piene di un canto, sottile e melodioso. Rallentò i suoi passi, perplesso. Proveniva dal lago. Doveva essere quella donna a cantare.
Non capisco se il suo sia coraggio o pazzia. – pensò, corrugando la fronte – La udranno tutti i demoni nel raggio di miglia.” Si avvicinò alla radura che costeggiava il lago, mentre la musica faceva lentamente presa su di lui, annebbiando i suoi pensieri razionali. Poi, la vide. La ragazza era seduta sulla sponda del lago e gli dava le spalle. Si era sciolta i capelli, che ora ondeggiavano al vento, e cantava guardando la luna. Il suo viso gli si rivelava parzialmente, mostrando una tristezza profonda. Sesshomaru, per la prima volta nella sua lunga vita, rimase basito. Quella canzone senza parole, quella tristezza, gli avevano cancellato i pensieri. Invece di farsi avanti e interromperla per non perdere tutta la notte in sciocchezze, rimase dov’era, nascosto dagli alberi, fissando la ragazza.
Anna cantava alla luna, esprimendo la tristezza e il dolore che di giorno teneva relegati nella sua anima. Sapeva bene quanto fosse pericoloso aggirarsi nella foresta di notte, ma non le importava nemmeno di morire. Aveva perso tutto ciò che aveva, quindi la sua vita era già finita. Cantare era l’unico sfogo che le era rimasto. Nonostante questi pensieri, non poté fare a meno di trasalire quando si rese conto che qualcuno si nascondeva nell’ombra, dietro di lei. Le venne la pelle d’oca. Non era un umano: doveva essere uno yokai. Smise di cantare, sorridendo con cinismo per la propria sorte, e si alzò in piedi. Si voltò.
La paura le scivolò dal corpo come acqua fresca, sostituita da un grande sbalordimento e una strana stretta allo stomaco. Di fronte a lei stava Sesshomaru, i capelli bianchi scintillanti alla luce della luna. Lo yokai la fissava con occhi gelidi, in silenzio.
«Sesshomaru-sama. Mi sorprende rivedervi.» lo salutò lei, con voce incerta.
Sesshomaru non rispose, registrando il nervosismo della donna alla sua vista. Si concesse un sorrisetto ironico. Fece qualche passo avanti, ma lei non gli diede la soddisfazione di arretrare. 
«Dimostri ben poca prudenza, donna, nello sfidare con la tua presenza e il tuo canto gli yokai di questa foresta.» disse, fermandosi a pochi passi da lei.
«Ne sono conscia.» rispose lei, corrugando la fronte. Rimasero in silenzio. «Siete venuto a dirmi questo, Sesshomaru-sama?» chiese infine Anna, brusca. Gli occhi d’ambra del demone la mettevano a disagio. Sesshomaru si produsse in quella che avrebbe potuto definirsi un’espressione divertita.
«La tua vita non mi interessa, ningen, ma su un punto hai ragione: è a causa tua se mi trovo qui.»
L’inu-yokai si sentì soddisfatto. Finalmente aveva suscitato un brivido di paura in quella donna con troppa sfacciataggine. Anna corrugò la fronte, rendendosi conto di mostrarsi troppo debole, e lo guardò dritto negli occhi.
«Avete intenzione di uccidermi?» chiese, a bruciapelo. Sesshomaru alzò un sopracciglio. Era sfida quella che brillava negli occhi di quella debole umana? Impossibile, eppure sentiva i poteri latenti della donna ingigantire, avvolgendolo, tentando di prendere a la sua energia per essere in grado di combatterlo.
Se fosse stata uno yokai, sicuramente sarebbe stata in grado di assorbire le energie vitali e spirituali di chiunque, uomo o demone.” si disse, quasi ammirato. Decise di smettere di giocare con la donna. 
«Sono venuto a portarti via.» disse, invece. La rabbia di Anna sfumò, lasciando il posto alla sorpresa.
«Prego?» chiese, dopo qualche istante di silenzio.
«Hai capito. Non farmi perdere tempo.» disse Sesshomaru, passando le unghie sulla coda morbida che portava in spalla.
«E perché mai dovreste portarmi via?» chiese Anna, piccata.
«Non sono affari tuoi.»
«Permettetemi di dissentire.»
«Ho i miei motivi. – rispose Sesshomaru, decidendo, seccato, di darle una breve spiegazione – Rin ha bisogno di una figura materna. È una bambina umana, dopotutto, e affidarla a te, donna, oltre che a Jaken, le gioverebbe.»
«Per accudire Rin, quindi?» chiese Anna. Ripensando alla bimba sorrise, poi tornò seria. Sesshomaru non faceva mai nulla per gli altri. «E quale sarebbero le altre motivazioni?»
«Nulla che ti interessi, donna.» fu la fredda risposta dello yokai. Anna trattenne a stento un gesto irritato. Fece un passo indietro quando si accorse che il demone stava procedendo verso di lei.
«Cosa…cosa volete fare?» chiese, spaventata. 
«Portarti via.» rispose Sesshomaru, allungando un mano verso di lei. Con sua somma sorpresa, la donna ebbe l’ardire di schiaffeggiarla.
«Non vi ho ancora dato una risposta!» esclamò Anna, facendo altri passi indietro. Sesshomaru si rabbuiò.
«Imparerai, donna, che il grande Sesshomaru non ha bisogno di chiedere il consenso di nessuno.» disse, gelido. Fu in quel momento che qualcosa sfrecciò nell’aria, diretto verso di loro. Sesshomaru fece un balzo indietro, allontanandosi dalla donna. Una nube di fumo si alzò dall’erba, insieme a un grido. Quando la nube si dileguò, di Anna non c’era più traccia.
Sesshomaru inspirò l’odore della donna. Portava a est. Corrugò la fronte. Insieme a esso era legato un altro odore che poteva scombinare i suoi piani. 
«Come ho fatto a non accorgermene?» si chiese con un mormorio seccato mentre si metteva all’inseguimento di Anna. Non era solito a distrazioni di quel genere. Come aveva potuto non avvertire l’odore penetrante dell’inu-yokai che aveva sconfitto quel pomeriggio? Sesshomaru corrugò la fronte. L’inu-yokai era prossimo alla morte, il suo sangue era già scorso copiosamente e solo la forza di volontà lo teneva ancora in vita. Cosa voleva fare con quella donna umana, perché sprecare le sue ultime energie per rapirla? 
Poi capì. Anche l’inu-yokai aveva avvertito il potere latente della donna umana. Aveva intenzione di operare un incantesimo di fusione. Divorando la donna, ne avrebbe ricevuto il potere e questo lo avrebbe tenuto in vita, donandogli un nuovo corpo. L’anima della donna sarebbe stata annientata.
«Quel potere è riservato a me. La donna mi serve viva.» disse, accelerando la sua corsa nella notte.

 
***

Quando Anna si svegliò non poté trattenere un grido. La prima cosa che vide, infatti, fu un volto mostruoso. La creatura fece una smorfia simile a un orrendo sorriso.
«Cosa…» disse Anna, con voce roca. Il cuore le batteva all’impazzata, mentre il demone la conduceva di peso all’interno di una grotta. Lo yokai rise sgradevolmente.
«Non è importante. – le disse – Presto staremo meglio entrambi, mia cara.»
La depositò per terra con malagrazia. Anna sbatté violentemente contro il duro terreno. Il corpo non le rispondeva, il fumo che aveva respirato l’aveva intorpidita. Alzò lo sguardo inorridito sulla creatura. Con sgomento, si rese conto del perché del suo aspetto mostruoso. Colui che l’aveva rapita era un inu-yokai come Sesshomaru. Qualcuno, o qualcosa, l’aveva ferito in maniera da provocargli una morte lenta e dolorosa. Il suo corpo era ricoperto del suo stesso sangue. Il dolore e la vicina morte avevano indebolito i suoi poteri di demone, cosicché alla sua forma umana si sovrapponeva continuamente la forma canina che gli apparteneva. Lo vide alzare il muso insanguinato, annusando l’aria. 
«Quel dannato è vicino. Ma gliela farò pagare.» Si volse verso la ragazza con una luce omicida negli occhi. «E tu mi aiuterai.»
«Cosa vuoi da me?» chiese Anna. A quel punto era veramente spaventata.
«Quel bastardo di Sesshomaru mi ha ridotto così, ma grazie al tuo potere latente riuscirò a sopravvivere. E a ucciderlo, finalmente.» disse lo yokai, con una risata sguaiata. Anna fece una smorfia.
«Io sono solo un essere umano. Non essere ridicolo!» gridò, irata.
«Davvero? Vedremo…» ridacchiò lo yokai, prima di lanciarsi contro Anna e morsicarle con violenza una spalla, spillando sangue. Anna gridò, inarcando il collo all’indietro per il dolore. Quel demone…aveva intenzione di divorarla! Beveva il suo sangue! La vista di Anna si offuscò, trascinandola nell’oblio.
No! – gridò nella propria mente, mentre sentiva che, insieme al suo corpo, veniva divorata anche la sua anima – Non posso, non voglio morire! Non così…non qui!
«Bene, la fusione sta avendo effetto.» mugolò lo yokai, osservando come l’aura di potere si trasferiva dal corpo esanime e pallido della donna umana al proprio. Si sentiva rinascere, il suo potere cresceva. Anna spalancò gli occhi di colpo, sbalordendo lo yokai.
«Dovresti essere già morta.» ringhiò, valutando la perdita di sangue dell’umana. Anna sollevò con uno scatto il braccio ancora utilizzabile, aggrappandosi allo yokai.
«Io… – disse, con voce rotta – …non sarò io a morire!» 
Con tutte le sue forze, si scagliò contro lo sbalordito yokai, mordendolo a sua volta. L’inu-yokai gridò. Un enorme potere esplose, creando una frana che seppellì i due. Anna precipitò nell’incoscienza senza opporre ulteriore resistenza. 

 
***

La prima cosa che Sesshomaru udì fu un grido di donna. Questo lo condusse all’imbocco di una caverna.
Maledizione, sono arrivato tardi.” pensò, seccato. All’odore della donna si stava mischiando quello della morte. Poi udì un grido: «Non sarò io a morire!» , seguito dall’urlo di dolore dell’inu-yokai.
«Ma cosa…» mormorò, prima che una violenta energia lo colpisse in pieno, mandandolo a volare fuori dalla caverna. Sesshomaru compì un’elegante evoluzione, sfruttando la spinta per atterrare sul ramo di un albero. Poco distante, la caverna collassò parzialmente, in una frana di sassi e terra. Sesshomaru attese, contrariato, che ogni movimento cessasse, quindi tornò al suolo e si avvicinò alla frana. La prima cosa che incontrò fu il corpo dell’inu–yokai, o meglio quello che ne rimaneva: niente più che una mummia, la pelle annerita e secca come pergamena, tesa su ossa che erano state bloccate a metà della trasformazione. Le orbite vuote erano fisse sul viso di Sesshomaru, che rimase impassibile. Quell’idiota aveva sbagliato persino l’incantesimo di fusione. Calpestando senza alcun riguardo le orribili spoglie, Sesshomaru avanzò, cercando il cadavere della donna senza eccessivo entusiasmo.
La trovò più velocemente con la vista che col naso. Poco distante, fra i sassi, si intravedeva un lembo del suo vestito. Sesshomaru si avvicinò e fece una smorfia. L’odore del sangue della donna permeava l’aria. Non vedeva la sua anima in procinto di raggiungere il mondo dei morti, quindi doveva essere stata assorbita dall’incantesimo.
«Mi chiedo come abbia fatto a commettere un tale errore.» mormorò, afferrando il vestito per tirar fuori il cadavere dalle macerie. Non che lui approvasse tali incantesimi. Il solo pensiero di unirsi in qualche modo a un essere umano lo faceva rabbrividire. Volere per sé un potere promettente aveva un senso, ma fondersi con un ningen era disgustoso. Con un gesto secco, liberò il corpo, sollevandolo da terra. Quasi lo lasciò cadere per la sorpresa. 
«Ma che…» disse. “Ho sbagliato, chi diavolo è questa?!” si chiese, spiazzato. Eppure, l’odore era il suo. Impercettibilmente diverso, ma ancora il suo. Il corpo inerte appeso alla sua presa ferrea apparteneva a una donna dall’aria fragile e dalla pelle d’alabastro. Le somiglianze però finivano qui. Questa donna aveva capelli d’oro, mani dalle dita lunghe ornate di artigli micidiali. L’immagine di una fiamma azzurra e dorata le tatuava il centro della fronte. Il suo vestito era coperto di sangue, ma non pareva avere ferite. Sesshomaru scaricò il corpo a terra senza troppe cerimonie. La donna non riprese conoscenza, ma il suo petto si muoveva a ritmo della respirazione e lui poteva avvertire il cuore battere. Le sollevò il labbro superiore, scoprendo canini aguzzi. Le guardò le orecchie. Erano appuntite.
Annusò nuovamente il suo odore. Quella era Anna. Era una inu-yokai.
«Si è fatto rubare il potere. – mormorò Sesshomaru, incredulo – Un inu-yokai è morto per crearne uno nuovo.»
Rimase in silenzio per un attimo, quindi sorrise. Sesshomaru era soddisfatto. Tutto questo giocava a suo vantaggio, a meno che l’anima della donna non avesse ceduto al temperamento del defunto inu-yokai.
«In quel caso la ucciderò.» disse, tornando mortalmente serio. Si sedette accanto alla donna, aspettando che il nuovo corpo nato dalla fusione di Anna e dell’inu-yokai si svegliasse.

 
***

Anna si svegliò lentamente da quello che sembrava essere stato il sonno più profondo della sua vita. Aveva l’impressione di aver sognato di nuovo il grande castello e la persona che l’attendeva sulla soglia, ma non ne era certa…
Fece una smorfia. La testa le doleva. Aveva in bocca un orribile sapore metallico. Aprì lentamente gli occhi e sopra di lei vide le stelle brillare. Si ricordò con un brivido del demone che l’aveva attaccata.
«Come posso essere ancora viva?» si chiese, confusa. Rimase immobile per un istante, respirando. L’aria della notte era così profumata! Non aveva mai percepito così tanti odori…Troppi odori! Che confusione! Sbuffando, si portò una mano al naso cercando di contenere quella marea di aromi. Bloccò il movimento a metà. Qualcosa non andava. Le unghie della sua mano avevano una lunghezza decisamente fuori dalla normalità.
«Che diavolo…» mormorò, alzandosi a sedere. Eppure non si sbagliava, artigli le ornavano le mani. Alzò gli occhi, avvertendo la presenza di qualcuno. Poco distante, seduto tra le pietre della caverna franata, stava Sesshomaru. La guardava senza proferire parola.
«Sesshomaru-sama…» sussurrò. Il demone si alzò in piedi per raggiungerla. Anna si alzò di scatto, pronta a dare battaglia. Quando si rese conto della velocità con cui aveva compiuto quel gesto, si fermò di nuovo, incerta. Si sentiva così strana…«Dov’è…» iniziò a chiedere.
«Morto.» disse Sesshomaru, precedendola e fermando i propri passi a breve distanza da lei. Anna corrugò la fronte.
«Morto?» chiese, perplessa. 
«L’hai assorbito. Non ricordi?» chiese Sesshomaru, le braccia conserte.
«Ma cosa dite, Sesshomaru-sama?! – esclamò Anna – Io non sono in grado di fare nulla di simile! Iniziate a stancarmi, con queste allusioni che non capisco!» Ricordava di averlo morso, certo, e poi un’esplosione. Aveva creduto di morire. 
«Guardati, donna.» ordinò Sesshomaru. La vide abbassare gli occhi su se stessa con titubanza, certa che lo yokai avesse in mente qualche trucco, quindi osservò il pallore che la colse alla vista dei suoi capelli d’oro.
«Cosa…» mormorò Anna, toccandosi con mano tremante le orecchie e sentendole appuntite. La sua lingua incontrò zanne affilate. Alzò lo sguardo su Sesshomaru, spaventata. «Cosa mi è successo? – chiese, tenendo la voce bassa – Cosa significa questo?» Alzò le mani artigliate verso di lui. Sesshomaru si accorse che tremavano. Al buio, bagliori dorati le incorniciavano le pupille.
«Hai assorbito il suo potere. – spiegò Sesshomaru – Gli hai fatto ciò che lui intendeva farti. Hai fuso la tua umanità con la sua natura di demone, ma il tuo corpo era troppo indebolito e ha perso la sua umanità, diventando demoniaco. Solo la tua anima, pare, è rimasta com’era in origine.»
Anna rimase in silenzio, cercando di digerire la notizia. Le sue mani si riabbassarono lentamente, mentre il cuore le batteva in petto come una furia. Uno yokai? Un inu-yokai?! Non poteva essere possibile.
«Non è preciso definirti uno yokai, come del resto non lo è definirti un hanyo. – continuò Sesshomaru, imperterrito, osservando i sentimenti contrastanti che le segnavano il volto – Corpo demoniaco, anima umana. Tutto ciò è curioso.»
«Curioso?» ripeté Anna, con voce atona. Si guardò ancora le mani, non riuscendo a capacitarsi della cosa. Dopo qualche istante di silenzio, alzò la testa. «Vorrei guardarmi. – mormorò – C’è acqua da queste parti?»
Sesshomaru le voltò le spalle, inoltrandosi nel bosco. Poco distante, scorreva un ruscello. Lo yokai si appoggiò a un albero con noncuranza, mentre la ragazza si inginocchiava sulla riva e si specchiava nell’acqua, a cui la luna conferiva riflessi argentei. La vide prendere nota di tutti i particolari, mentre si passava le mani sul volto, con espressione incredula: i capelli che avevano assunto una tinta dorata, il riflesso giallo attorno alle nuove, sottili pupille da yokai, l’aspetto ferino delle piccole zanne e delle orecchie appuntite, gli artigli dall’ingannevole aspetto fragile che le ornavano le dita.
Da lei provenivano l’odore acre della paura, della preoccupazione, della sconfitta…e, allo stesso tempo, una fremente eccitazione e l’esaltazione del potere che le scorreva nelle vene. Sesshomaru sorrise tra sé. Era proprio quello il secondo motivo che l’aveva spinto a cercare quella ragazza. Negli ultimi tempi, forse a causa di Rin, era giunto a provare curiosità per i sentimenti umani, che per lui erano un mistero. Quella giovane, oltre che un’arma potenzialmente utile, sembrava una fonte inesauribile di sentimenti intensi di ogni tipo.
D’un tratto, Anna chinò il capo. Le onde dei suoi capelli le coprirono il volto, nascondendolo allo sguardo di Sesshomaru. Un pungente odore di sale lo colpì. Stava piangendo?
«Pare… – disse la ragazza, alzando su di lui uno sguardo che non sembrava offuscato dalle lacrime – pare che la mia situazione sia in qualche modo peggiorata.» Fece un sorriso amaro.
«Non dire idiozie, donna. – rispose Sesshomaru – Questa è una fortuna, per te. Non avrai più a che fare coi deboli esseri umani, che comunque non ti accetterebbero. Naturalmente hai bisogno di fare l’abitudine ai tuoi nuovi poteri, ma io posso insegnarti ciò che ti occorre.»
Anna lo guardò con aria sbalordita e ancora confusa, quindi un lampo le passò negli occhi.
«Sembra abbiate detto la verità, Sesshomaru-sama: voi ottenete sempre quello che volete, in un modo o nell’altro.»
Lo yokai non rispose. Anna sospirò, quindi si alzò da terra.
«E se vi dicessi di no?» disse. Sesshomaru sollevò un sopracciglio, in una parvenza di sorpresa.
«Penserei che sei davvero una stupida. Poi dovrei ucciderti. Non si dice no impunemente al Grande Sesshomaru.»
Anna sorrise con cinismo.
«Capisco… – mormorò – Immaginavo qualcosa di simile. È proprio nel vostro stile, Sesshomaru-sama.»
«Cosa intendi dire?» chiese Sesshomaru, contrariato. Anna non rispose, limitandosi a sospirare.
«Pare che sia costretta a venire con voi. – disse, invece – Vi seguirò, Sesshomaru-sama. Mi occuperò di Rin.»
«Ancora una cosa.» disse l’inu-yokai, freddamente. Anna lo guardò con aria interrogativa.
«Anche se imparerai a contenere l’odore delle tue emozioni, voglio che, finché vivrai nella mia casa, non utilizzi questa capacità.» disse Sesshomaru, staccandosi dal tronco dell’albero con un movimento fluido. Anna scrollò le spalle.
«Per me, parlate in lingua straniera. Comunque, lo prometto, anche se non ne vedo l’utilità. Le emozioni altrui non vi danno fastidio?» borbottò.
«Limitati a fare ciò che ti ordino.» disse Sesshomaru. La afferrò per un polso, quindi si alzò in volo, trascinando la ragazza con sé.

 
***

Jaken sospirò di sollievo, notando la figura del proprio padrone avvicinarsi.
«Bentornato, Sesshomaru-sama!» lo salutò, correndo goffamente verso di lui e riparandosi gli occhi dalla luce del sole nascente. «Ma chi…» gracchiò. Dietro a Sesshomaru veniva uno yokai femmina, una inu-yokai, se non errava.
«Starà con noi.» furono le uniche parole di Sesshomaru, mentre lo superava per dirigersi verso Rin. Jaken alzò lo sguardo sulla donna, che era circondata dalla luce del mattino. I suoi capelli d’oro erano abbaglianti. Gli lanciò un’occhiata gelida e Jaken si affrettò a inchinarsi in segno di rispetto verso l’ospite. La donna yokai sorrise e lo superò senza una parola. Jaken si corrucciò. Dove aveva già visto quella donna? C’era qualcosa in lei che gli rievocava qualche ricordo spiacevole…come ad esempio un volo non desiderato tra gli alberi…
«Nee-chan? – udì gridare quella mocciosetta di Rin – Anna-nee-chan!»
«Eh?» gracchiò Jaken, vedendo la bimba gettarsi tra le braccia della donna, che rise e la strinse a sé.
«Da oggi lei si prenderà cura di te, Rin.» disse Sesshomaru, freddamente.
«Oh, Rin è felice! Molto felice!» continuava a gridare la bambina, toccando senza posa i capelli dorati della yokai. 
«Ma quella…quella…» gracchiò Jaken. Quella era la dannata donna umana che aveva osato colpirlo col bastone Ninto! Ma che cosa le era successo, per tutti i demoni? Sesshomaru si allontanò dalla coppietta felice e Jaken lo raggiunse di corsa.
«Sesshomaru-sama! Come potete…»
Un’occhiata particolarmente gelida gli congelò le parole in bocca. 
«Vedi la cosa dal lato positivo, Jaken. Non dovrai più stare alle costole di Rin.» mormorò Sesshomaru.
«Certo, Sesshomaru-sama.» borbottò Jaken, lanciando un’altra occhiata a quella dannata umana…ehm, yokai. Vederla dal lato positivo? Che schifo di vita…

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Capitolo 3
*** 3 - La dimora del Signore dell'Ovest ***


CAPITOLO 3 - LA DIMORA DEL SIGNORE DELL'OVEST

«Ma è contro la mia natura!»
«Fallo e basta.»
«Vi ripeto che non ci riesco. Come faccio a immedesimarmi in un…»
«È l’aspetto che hai adesso a essere una finzione, sciocca donna!»
«Non datemi della sciocca! Siete voi che pretendete troppo!»
La foresta echeggiava di queste voci che battibeccavano l’una con l’altra in toni aspri e seccati. Tutti gli animali del bosco, persino gli yokai, stavano abbandonando la zona, avvertendo la tensione precedente un combattimento nell’aria. Non era salutare restare nei paraggi quando due inu-yokai decidevano di darsele di santa ragione.
I due in questione, d’altra parte, erano troppo impegnati per accorgersi dell’effetto che stavano producendo sugli altri. Il primo, un uomo dai capelli d’argento, era già per metà trasformato e fissava con occhi di brace l’altra, una ragazza che in quel momento aveva le braccia conserte e guardava cocciuta il vuoto.
Sesshomaru si sedette su una roccia, seccato, mentre riprendeva la forma umana. Insegnare a quella testa dura della ragazza a usare il suo potere si stava rivelando un’impresa al di là delle sue forze. Erano passate già un paio di settimane da quando Anna si era trasformata in inu-yokai, perdendo la propria natura umana per sopravvivere all’attacco di uno yokai che mirava al suo potere latente. Sesshomaru l’aveva accolta nel suo gruppo con lo scopo di creare un’arma che l’avrebbe servito fedelmente, nonché di fornire a Rin una compagnia più indicata di un rospo logorroico. 
Si stavano quindi dirigendo alla grande magione che, dopo la morte del padre, era passata a Sesshomaru, la dimora del Signore delle Terre dell’Ovest. Durante il viaggio, ogni giorno, Sesshomaru si appartava con Anna per farla abituare ai suoi nuovi poteri e alle potenzialità del suo corpo demoniaco. Non si stava rivelando un’impresa facile. Anna era testarda e puntigliosa, e non si faceva remore nel rispondergli a tono quando le faceva un’osservazione, cosa che gli faceva perdere immediatamente la pazienza e che lo costringeva ad abbandonare gli allenamenti per non aggredirla e dover poi spiegare le sue ferite a una preoccupatissima Rin. La ragazza era una stupida. Faceva tante storie, gli procurava mal di testa atroci, e poi, come se nulla fosse, faceva esattamente quello che le aveva chiesto per tre ore. Lei lo rimproverava di non essere abbastanza paziente. Sciocchezze. Non aveva mai avuto tanti riguardi.
Bastava pensare a quando aveva cercato di spiegarle a che velocità poteva correre e con che slancio poteva saltare. Niente di concreto per più di un’ora. Benché il suo corpo fosse predisposto a sforzi per lei impensabili, si ostinava ad avere movenze troppo umane e quindi goffe. Alla fine, Sesshomaru si era stancato e si era allontanato saltando da un albero all’altro, tanto per sottolineare la sua superiorità. Le aveva detto di sbrigarsi, perché non l’avrebbe aspettata. Stava giusto pensando a quanto era stupida, quando aveva gettato uno sguardo all’indietro e l’aveva vista imitare i suoi movimenti, seppur goffamente. Aveva accelerato il passo per metterla in ulteriore difficoltà…e d’un tratto se l’era vista sfrecciare a fianco. E rideva! Rideva al cielo, mentre correva sempre più forte, ed emanava tanta di quella gioia di vivere che Sesshomaru era rimasto per un attimo sconvolto dall’intensità del suo odore nell’aria. Quindi si era arrabbiato, e molto. Ma come: aveva parlato al muro per un’ora e adesso lei correva e rideva come se nulla fosse accaduto? Aveva iniziato a inseguirla a folle velocità e in quel modo erano giunti fin dove Rin e Jaken li aspettavano. Quando erano arrivati, erano stravolti e l’ira di Sesshomaru si era dissolta. Lei gli aveva sorriso…bah, strana ragazza.
Da quel momento in poi, le cose erano andate meglio. Pareva che ad Anna piacesse combattere e stava imparando piuttosto bene, anche se Sesshomaru si sarebbe trasformato in un essere umano prima di ammetterlo. Il suo potere latente era ormai pienamente attivo. Anna poteva assorbire l’energia di qualunque creatura vivente e ora stava imparando a dosare questa forza. Dopo aver fatto seccare una quercia per errore, si era doppiamente impegnata nel controllare il suo potere. Sesshomaru sapeva che la spaventava, ma lui era molto soddisfatto. Lei stava maturando una certa fiducia in Sesshomaru, cosa che andava a suo vantaggio, Rin la adorava e Jaken…non osava esprimere la sua opinione. Sesshomaru l’aveva interrogata sul suo passato e aveva scoperto che arrivava addirittura da un’altra dimensione spazio-temporale. La cosa non l’aveva sorpreso, sapeva da tempo della loro esistenza; piuttosto, gli aveva fatto piacere. Nessun legame o rimpianto legato alla sua umanità che potesse portarla lontano e fargli sprecare tutto il tempo impiegato ad addestrarla. Ma ora lo stava facendo veramente impazzire! 
In quelle due settimane, non una volta Anna aveva cercato di assumere la sua forma reale, quella di inu-yokai. Sesshomaru se ne era reso conto e aveva deciso di porre rimedio. Le aveva quindi comandato di trasformarsi e lei l’aveva guardato con quei suoi irritanti, perplessi occhi azzurri. 
«Fai ciò che faccio io. Lascia che il tuo potere cresca dentro di te.» le aveva detto, per poi trasformarsi a sua volta, prendendo la propria forma canina. Abituato a suscitare terrore, era rimasto non poco seccato nel notare solo ammirazione nello sguardo di Anna, nonché un’aria confusa che era quantomeno irritante. Aveva atteso per qualche minuto. Lei aveva chiuso gli occhi, cercando di concentrarsi per mostrare almeno un po’ d’impegno, ma alla fine non erano arrivati ad alcun risultato.
«La mia vera forma è sempre stata questa! Come posso sapere cosa sarò d’ora in avanti? – aveva ribattuto lei quando aveva iniziato a sgridarla per il tempo che gli faceva perdere – Non capisco quello che devo fare!»
Così avevano cominciato una discussione inutile e frustrante e ora Sesshomaru non ne poteva più. Si accorse che Anna lo stava guardando. In effetti, era rimasto seduto in silenzio per diverso tempo. La ignorò, decidendo che ne aveva abbastanza.
«Non siete stanco di litigare, Sesshomaru-sama?» chiese lei, con un tono di voce più basso. Sesshomaru non la degnò di uno sguardo e Anna sospirò, paziente. «Mi ci vorrà del tempo per accettare la mia nuova natura. Prima o poi riuscirò a trasformarmi, ma ho bisogno di procedere gradualmente. Cercate di capire.»
Sesshomaru non rispose, né la guardò.
«Mi state ascoltando, Sesshomaru-sama?» chiese Anna, iniziando a irritarsi.
Sesshomaru, per tutta risposta, si alzò e cominciò a incamminarsi, dandole le spalle.
«Sesshomaru-sama!» gli gridò Anna, di nuovo in preda all’ira. Lo raggiunse e lo tirò per una manica, costringendolo a voltarsi. Sesshomaru le lanciò un’occhiata disgustata e si liberò con un gesto brusco dalla sua stretta.
«Sei seccante. – le disse, gelido – Non ho intenzione di sprecare il mio tempo. Se non sei in grado di accettare la tua natura, non mi sei di alcuna utilità.»
Anna ristette e impallidì, ritraendo la mano. Sesshomaru la fissò per un attimo con occhi gelidi, quindi si voltò di nuovo e si allontanò. Anna rimase con lo sguardo puntato sulla sua schiena, mordendosi le labbra per soffocare un inizio di pianto. 
Non sono in grado di accettare la mia natura? – pensò, abbassando lo sguardo sui suoi piedi – Non sono di alcuna utilità…” Strinse le palpebre. Sesshomaru e Rin erano le uniche persone con cui poteva vivere, ora. Non poteva tornare tra gli esseri umani. Non poteva stare tra gli yokai, che l’avrebbero sempre evitata per via della sua origine umana. Non poteva nemmeno tornare a casa. Se Sesshomaru avesse deciso che non aveva più alcun interesse per lei, sarebbe stata perduta. Lei si impegnava, ma non riusciva ad accettare ciò che era ora e Sesshomaru non poteva capirlo. 
Non era una stupida. Aveva compreso che Sesshomaru la stava addestrando per avere un buon alleato in caso di combattimento, qualcuno in grado di utilizzare il suo potere per difendere il proprio padrone. Perché di questo si trattava: accettando di seguirlo, Anna era diventata una sua proprietà. Gli era utile come arma, una sorta di Tessaiga di ripiego. E per Rin, certo.
«Io ce la sto mettendo tutta. – sibilò, le zanne scoperte, fissando la direzione in cui Sesshomaru era scomparso – Non ha alcun diritto di farmi sentire così.» 
Oh, certo! Vuoi fargliela pagare? Cos’è, vuoi morire?” si chiese la parte razionale della sua mente. Scrollò la testa e ciocche di capelli d’oro le ricaddero sul volto. Non voleva attaccarlo…eppure non aveva alcun diritto di farla sentire così! Lasciandosi alle spalle i pensieri razionali, Anna si lanciò all’inseguimento di Sesshomaru con una profonda rabbia negli occhi.
Mille e mille torture e frasi crudeli le passarono per la mente mentre gli correva dietro, ma tutto, compreso la sua rabbia, morì quando uscì in una radura e vide Rin aggrappata a una gamba di Sesshomaru, ridente mentre gli offriva un mazzo di fiori appena colti. Non che Sesshomaru accettasse la cosa con una qualsiasi espressione su quel maledetto viso dalla bellezza glaciale, ma la scena era tenera, nonostante tutto. La ragazza sospirò, scuotendo la testa e fermando i propri passi.
Sono davvero una stupida.” pensò.
«Nee-chan! – la salutò Rin, andandole incontro – Guarda! Ho colto fiori anche per te!»
«Grazie, tesoro.» le rispose, sorridendo debolmente e cercando di non dare a vedere il vuoto che aveva dentro. Accettò i fiori che Rin le porgeva, poi le prese la mano.
«Hai imparato tante cose oggi?» le chiese la bimba, mentre si incamminavano dietro a Sesshomaru, che aveva ricominciato la marcia, svegliando Jaken dal suo sonnellino pomeridiano con una pedata.
«Molte, Rin. – rispose lei, guardando con aria assente la morbida coda di Sesshomaru svolazzargli alle spalle – Moltissime.» “Più di quelle che avrei voluto.” finì nella sua mente, prima di prendere in braccio Rin e adeguarsi al veloce passo dell’inu-yokai.

 
***

Sesshomaru riposava su un ramo d’albero, incurante del forte vento che si era alzato da est. Era notte inoltrata e i suoi compagni di viaggio dormivano sotto di lui. Tutti tranne Anna, che quel giorno non aveva avuto un solo comportamento che le fosse abituale.
Sesshomaru abbassò lo sguardo e la vide seduta sull’erba, intenta a guardare il vuoto, per quel che ne poteva sapere. Corrugò la fronte. Era dal battibecco pomeridiano che la ragazza aveva qualcosa di strano. Non gli era sfuggito l’odore della sua rabbia, quando aveva avuto quella crisi dopo che si era liberato di lei in malo modo. Né gli era sfuggito il fatto che lo stesse inseguendo con intenzioni aggressive. Stupida ragazza, davvero stupida, aveva pensato, sordo alla vocetta allegra di Rin mentre attendeva che lei giungesse nella radura. Era proprio curioso di vedere se avrebbe avuto il fegato e l’incoscienza di attaccarlo, con la misera tecnica che possedeva. Giunti a quel punto, una piccola lezione su come era doveroso trattare il grande Sesshomaru si era resa necessaria.
Invece, non appena giunta nella radura, la rabbia aveva abbandonato la ragazza e il suo spirito combattivo si era volatilizzato. Quando si era voltato, l’aveva vista guardare Rin con occhi assenti, mentre la bimba le correva incontro tendendole i suoi fiori.
Sesshomaru era rimasto perplesso, oltre che pieno di disappunto per lo scontro mancato, che gli avrebbe perlomeno scaricato i nervi. Non sembrava che Anna avesse rinunciato perché d’un tratto impaurita dal gesto che stava per compiere. Prima che la rabbia scomparisse dal suo volto e dall’aura di yokai che la circondava, c’era stato un miscuglio di emozioni contraddittorie e senza senso. Dopodiché…il nulla. Da quando era uscita dalla foresta, dalla persona di Anna non proveniva l’odore di un’emozione che fosse una.
Sesshomaru ci aveva pensato su per l’intera giornata. Che la ragazza avesse iniziato a comprendere come celare le proprie emozioni? Era un’arte raffinata e complicata. Sesshomaru ne era un maestro e sapeva bene che pochi erano in grado di giungere al suo livello. Occorreva una notevole freddezza e un controllo rigoroso sul proprio corpo. Non credeva possibile che quella sciocca l’avesse appresa in così breve tempo, però…Forse intendeva vendicarsi per le caustiche parole che le aveva rivolto nel pomeriggio? In quel caso, sarebbe venuta meno ai patti e Sesshomaru sarebbe stato costretto a ucciderla. Lo yokai appoggiò la testa al tronco, trattenendo un sospiro seccato. 
No. Anche nelle più ardite delle ipotesi, era troppo presto perché possedesse quella capacità. Probabilmente le sue parole l’avevano talmente scossa da produrle un effetto temporaneo. Forse avrebbe dovuto essere meno duro, dopotutto se lei era turbata la faccenda andava a suo discapito. La mancanza di tatto era l’unica cosa che aveva in comune con quel bastardo di suo fratello Inuyasha…
«Nee-chan…» 
La voce di Rin lo distrasse dai suoi pensieri. Guardando giù, vide la bambina avvicinarsi ad Anna, che fece fatica quanto lui a tornare nel mondo reale.
«Cosa c’è, Rin-chan? – chiese Anna, la cui voce aveva il solito tono tenero e preoccupato, benché dalla sua persona non trasparisse nulla del genere – È molto tardi. Non riesci a dormire?»
Rin scosse il capo, sospirando, e Anna la fece sedere sulle sue gambe.
«Rin ha avuto un incubo.» borbottò Rin. 
«Un incubo? – chiese Anna, stringendosela al seno – Cos’hai sognato?»
«Lupi.» sospirò Rin. 
Sesshomaru si passò una mano tra i capelli, corrugando la fronte. Sempre lo stesso incubo. L’immagine della propria morte era rimasta nella mente di Rin, nonostante fosse scomparsa a livello conscio.
«Non aver paura, Rin-chan. – le disse Anna, iniziando a cullarla – Qui ci siamo io e Sesshomaru-sama, e c’è perfino quel rospaccio malefico di Jaken.» Rin ridacchiò e Jaken, disturbato, brontolò nel sonno. «Nessun lupo si avvicinerà. Non devi aver paura.» continuò a blandirla Anna.
«Sì, Rin lo sa.» mormorò Rin, prima di fare un grande sbadiglio. Anna cominciò a mormorare una canzone a bassa voce e presto la bimba le si addormentò tra le braccia.
Quella canzone…” pensò Sesshomaru, riconoscendo il motivo lento e malinconico. Era la stessa canzone che le aveva sentito cantare la notte in cui era diventata un’inu-yokai. Nonostante la bambina si fosse addormentata, Anna continuò a cantare tra sé, finché il motivetto non finì. Sesshomaru avvertì operarsi un cambiamento in lei. Dopo un attimo, Anna si circondò di un’aura di tristezza intensa. La vide stringere Rin ancora più forte e chinare il capo, schermandosi il viso coi capelli.
Ogni dubbio era fugato. Anna non aveva affatto imparato a contenere le sue emozioni. Si era soltanto bloccata. Soddisfatto, si rimise a guardare il cielo, attendendo l’alba. Ancora un giorno di marcia e sarebbero finalmente giunti a casa.

 
***

«Eccoci.»
La voce di Sesshomaru attirò l’attenzione dei tre che procedevano dietro di lui. Era tutto il giorno che camminavano, ma la vista che si godeva dall’alto della collina su cui si erano fermati valeva la fatica.
Nella valle sottostante si ergeva infatti una magione immensa, che occupava un’area degna di un intero villaggio. La grande casa, sfarzosa ma non pacchiana nella sua ricchezza, sorgeva al centro di tre cerchi di mura, l’uno più alto dell’altro, intervallati da meravigliosi giardini irrorati da canali artificiali e laghetti.
«È bellissima…» mormorò Anna, ammirata.
«Nee-chan, guarda quanti fiori! – esclamò Rin, battendo le mani per l’eccitazione – Quella casa è tutta un giardino!»
«Ovviamente è una casa bellissima! È la dimora di Sesshomaru–sama! – gracchiò Jaken, guardando le due con astio – Cos’altro vi aspettavate dal mio grande padrone, Signore delle Terre dell’Ovest?»
«Ma come può passare inosservata agli esseri umani? Non avete problemi da parte loro?» chiese Anna, perplessa, mentre Sesshomaru riprendeva a camminare.
«Una barriera protegge la casa da sguardi indiscreti. – rispose Jaken, gongolando quasi la cosa fosse merito suo – Le tre mura offrono sapienti difese contro vari tipi di yokai. Il tutto è stato progettato dal padre del mio signore, ma la barriera contro gli umani è stata riattivata solo dopo la sua morte, perché…» Jaken si morse la lingua nel vedere l’occhiata tagliente del proprio padrone e continuò a camminare in silenzio.
Anna guardò Sesshomaru. Non era difficile capire il senso delle parole di Jaken. Dopo essersi innamorato di un’umana, il padre di Inuyasha e Sesshomaru aveva abbassato la barriera. Sesshomaru, alla sua morte, si era affrettato a ristabilirla. Lui non voleva nemmeno sentire parlare di esseri umani. Rin era un’eccezione e lei stessa non si poteva più definire una ningen.
Giunsero presto alla base della prima cinta di mura, raggiungendo un grande portone nero decorato con smalto rosso. Gli spalti erano pieni di guardie, che si misero subito all’opera.
«È tornato il padrone!» sentirono gridare dall’alto. Molti corni vennero suonati mentre la grande porta veniva aperta. 
«Bentornato, Sesshomaru-sama!» salutò dall’alto quello che sembrava ricoprire la carica più elevata. Sesshomaru non lo degnò di un’occhiata, precedendoli all’interno del primo giardino, che sembrava disseminato di alberi da frutta. Anna e Rin si guardarono attorno, ammirate. Il nuovo olfatto di Anna recepiva più odori di quanti ne potesse gestire. Quella casa era stracolma di gente. Erano tutti yokai minori o hanyo, almeno dall’odore. Non avvertiva la presenza di alcun umano all’interno della casa e la cosa non la sorprese affatto.
Presto furono alla base della seconda cinta di mura, il cui portone era già aperto per accoglierli. Lo oltrepassarono, mentre le guardie li salutavano scambiandosi poi occhiate incerte e incuriosite alla vista della bambina umana e della nuova inu-yokai. Entrarono in un giardino in cui crescevano le varietà più bizzarre e colorate di fiori. Rin scappò quasi dalle braccia di Anna, tanto era rimasta rapita dallo spettacolo.
«Come mai le barriere non funzionano su di me?» chiese Anna, incuriosita. Aveva già attraversato metà del territorio e ancora non avvertiva alcuna forza a ostacolarla.
«È destinata a coloro che portano con sé intenti offensivi. – spiegò Jaken, dandosi arie di importanza – In quanto serva di Sesshomaru-sama, tu non puoi avere alcun istinto offensivo nei suoi confronti.»
Anna lanciò un’occhiata di odio a Jaken, quindi lo mandò gambe all’aria con noncuranza, continuando il suo cammino dietro a Sesshomaru. Non gradiva essere definita serva da un brutto rospo lecchino.
Sono un’arma, non una serva.” pensò. Sospirò. La cosa non cambiava poi molto. 
«Guarda quanta gente, nee-chan!» mormorò Rin, un poco spaventata, indicando di fronte a sé. Stavano per entrare nell’ultimo giardino e alla porta sembrava ci fosse l’intera popolazione del castello, riunitasi per accoglierli. Si fermarono sulla soglia.
«Bentornato, Sesshomaru-sama.» disse un vecchio yokai che pareva avere qualcosa in comune con i cavalli. Sesshomaru annuì in segno di saluto. Ci fu qualche istante di silenzio imbarazzato, quindi lo yokai chiese: «Possiamo chiedervi, Potente Signore, chi sono coloro che viaggiano con voi?»
Sesshomaru lanciò un’occhiata a coloro che lo seguivano, quasi si fosse dimenticato di loro, quindi fece un gesto distratto. 
«Questa sera parlerò di chi mi segue nella Grande Sala, dopo che tu mi avrai informato di ciò che è successo in questa casa durante la mia assenza.» rispose con voce gelida.
«Naturalmente, Sesshomaru-sama.» rispose il vecchio yokai, che doveva essere il Maestro di Palazzo, inchinandosi.
Tutti lasciarono che il gruppo procedesse nel suo cammino. Attraversarono la folla, avvertendo la loro curiosità. Anna corrugò la fronte, stringendo Rin a sé. Dovevano solo provare a toccare la bambina, e…Si inoltrarono in un grande giardino ricco di laghetti, ponti sottili e pergolati. Tutto aveva un’intensa sfumatura arancione, vista l’ora tarda. Anna si attardò a guardarsi intorno, ammirata dalla leggiadria del luogo.
«Vivrò qui, d’ora in avanti.» mormorò.
«Hai intenzione di restare laggiù tutto il giorno?» 
La voce dura di Sesshomaru la riscosse dai suoi pensieri. Si voltò con una risposta ben poco diplomatica sulla punta della lingua, ma le parole le morirono in gola. L’inu-yokai stava ritto di fronte alla porta della magione, guardandola con aria irritata, e il sole al tramonto strappava riflessi dorati ai suoi capelli d’argento. Eppure, per un istante, Anna ebbe la netta sensazione che fosse notte e che Sesshomaru fosse in realtà una persona disperata che stava gridando qualcosa…qualcosa che aveva udito prima di essere strappata dal suo mondo e portata in questo, ma che ora non ricordava più.
Come era arrivata, la sensazione la lasciò, senza però abbandonarla del tutto. Non fidandosi delle sue forze, lasciò che Rin riprendesse a camminare da sola.
«Arriviamo.» sussurrò, passandosi una mano sul volto. Non fu lieta di scoprire che quella mano tremava.
Non appena entrarono, Rin e Anna furono separate da Sesshomaru e affidate alle cure di alcune hanyo che servivano nella casa. Anna fu portata attraverso un intrico di corridoi eleganti e pieni di ornamenti fino a una grande balconata. Lì, le donne aprirono una porta e la introdussero in una camera sfarzosa e ampia, con un’alta finestra rivolta sull’altro lato del giardino. Le hanyo le spiegarono che quell’ala del castello era adibita ad alloggio per le donne e che se si fosse persa non avrebbe dovuto fare altro che chiedere ad una di loro.
La costrinsero a farsi lavare, vestire e pettinare. Mentre sedeva a una grande specchiera, aggiustandosi addosso l’abito nuovo, chiese di Rin.
«La bimba umana è nel secondo corridoio a destra, Anna-sama. – rispose una delle hanyo – Sesshomaru-sama ha ordinato che non fosse troppo distante da voi.»
«Non chiamatemi Anna-sama, vi prego.» brontolò Anna, imbarazzata. Le hanyo scossero il capo, quasi scandalizzate. Per loro era naturale rivolgersi in quel modo a uno yokai di sangue puro.
Le venne portata anche la cena senza che giungesse alcuna notizia di Sesshomaru. Anna si sedette accanto alla finestra, ora che le hanyo se ne erano andate, e cominciò a riflettere su quanto aveva visto quella sera. Non poté però pensarci a lungo perché un intempestivo Jaken venne a chiamarla.
Dopo molti corridoi – Anna cominciava a chiedersi seriamente quando avrebbe imparato a orientarsi in quel posto – giunsero in una grande sala illuminata. Molta gente era assiepata all’interno e altra aspettava fuori. Tutti mormorarono un saluto al passaggio di Jaken e Anna. La ragazza si guardò attorno, perplessa, cercando Rin, e la trovò tra due inu-yokai di basso rango, ben vestita e pettinata.
«Nee-chan! – esclamò la bambina, correndo da lei – Visto come hanno vestito bene Rin? Anche tu sei molto bella!»
Anna sorrise alla bimba, quindi alzò lo sguardo e incontrò gli occhi ambrati di Sesshomaru, che stava conferendo col Maestro di Palazzo. Sesshomaru notò la loro presenza e fece cenno di avvicinarsi al grande trono che occupava. Anna si approssimò con cautela, tenendo Rin ben stretta a sé. Notò che Sesshomaru non si era cambiato affatto in quelle ore. Non aveva nemmeno tolto l’armatura, ma, come al solito, non aveva un capello fuori posto.
Mentre loro gli si avvicinavano, Sesshomaru fece cenno alla folla di fare silenzio, ordine che venne immediatamente eseguito. Anna fece una breve smorfia. Non era difficile immaginare come l’obbedienza generale a Sesshomaru fosse generata dalla paura.
«Sono tornato da un lungo viaggio, lasciando la casa priva del suo Signore. – esordì Sesshomaru, spazzando la sala con lo sguardo – A parte alcuni casi di disobbedienza, ho avuto il piacere di trovare tutto invariato e in buone condizioni.»
Ci furono sospiri di sollievo. Evidentemente coloro che avevano disobbedito non erano più abbastanza presenti da poter provare paura alle minacce del padrone. Anna si fece un’idea di come Sesshomaru avesse occupato le ultime ore. Lo yokai abbassò lo sguardo e fece cenno a Rin di avvicinarsi a lui. La bimba lanciò un’occhiata ad Anna, quindi raggiunse Sesshomaru, che le mise una mano sulla testa e guardò con intenzione la folla davanti a sé.
«Questa bambina umana si chiama Rin ed è sotto la mia protezione. – disse Sesshomaru, gelido – Chiunque causerà danno alla bambina verrà ucciso. Chiunque farà commenti sulla cosa subirà la stessa sorte.»
Le parole vennero accolte da un silenzio di tomba. Sesshomaru lasciò andare Rin e afferrò un polso di Anna, che volse gli occhi su di lui di scatto, sorpresa. Sesshomaru non la guardò nemmeno.
«Questa è Anna. – disse Sesshomaru, ignorando la sorpresa di lei – È un’inu-yokai al mio servizio. I suoi ordini in questa casa saranno secondi ai miei, parlerà per mia bocca.» Jaken soffocò un’esclamazione di sdegno. In poche parole, Anna aveva usurpato il suo posto nella Grande Casa. «Chiunque violerà i suoi ordini, porterà danno alla mia persona. Per questo verrà ucciso.»
Altro silenzio accolse la notizia. Anna spiò di sottecchi Sesshomaru. Non le aveva ancora lasciato il polso. Uno strano formicolio le prese lo stomaco e la ragazza distolse lo sguardo, a disagio.
«Con questo ho finito. Tornate alle vostre occupazioni.» disse Sesshomaru. La folla iniziò a disperdersi e presto nella sala rimasero solo in quattro.
«Jaken, porta Rin nella sua stanza.» ordinò Sesshomaru, lasciando finalmente Anna, che si ritirò di scatto come se si fosse scottata. Il rospo, borbottando, accompagnò fuori Rin, che salutò tutti allegramente, dando la buonanotte. Anna e Sesshomaru rimasero in silenzio per qualche istante.
«Posso ritirarmi, Sesshomaru-sama?» chiese Anna alla fine, visto che non sembrava che lo yokai avrebbe parlato. Sesshomaru si voltò verso di lei con aria pensierosa, quindi si avvicinò.
Che…che ha intenzione di fare?” si chiese Anna, facendo un passo indietro. Sesshomaru le afferrò il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. Il cuore di Anna mancò un battito. Non gli era mai stata così vicina. D’un tratto, la bellezza del viso di Sesshomaru le divenne insopportabilmente palese.
«Se…Sesshomaru-sama…» disse, deglutendo a fatica.
«Che sia chiaro: il fatto che i tuoi ordini siano secondi ai miei non ti dà il diritto di abusarne.» disse Sesshomaru. Le sue parole le fecero l’effetto di una doccia gelata.
«Oh…ma certo.» rispose Anna, imbambolata. Sesshomaru la fissò ancora per un attimo quindi la lasciò.
«Non tollererò insubordinazioni. – disse, tornando al trono e sedendovisi – Vedi di ricordartelo, o subirai né più né meno il trattamento che riservo agli altri.»
«Ne sono conscia, Sesshomaru-sama.» rispose lei. Sesshomaru le fece cenno di ritirarsi e Anna si affrettò a lasciare la stanza, mormorando una stentorea buonanotte. Si avviò per i corridoi, con una mano poggiata sul suo cuore in tumulto.
Hai sempre conosciuto la sua bellezza. – si disse, cercando di dominare il rossore che le stava sorgendo sulle guance – Cosa te ne importa? È crudele e freddo. Vedi di darti una calmata, Anna, o Sesshomaru comincerà a pensare che tu…
«Che io…cosa?» mormorò, fermando i propri passi.
Ci mise un po’ per riprendere il cammino e ancora di più per ritrovare la sua stanza tra i mille corridoi in cui avrebbe vissuto da quel momento in poi.

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Capitolo 4
*** 4 - Tetsuya ***


CAPITOLO 4 - TETSUYA

Anna uscì dalla propria camera e si avviò lungo i corridoi, diretta verso la stanza di Rin.
«Buongiorno, Anna-sama.» la salutò una hanyo, passando con le braccia cariche di pezze di stoffa pulite. Anna salutò a sua volta con un gesto della mano. Quando quella fu passata, tornò seria e sospirò. Si fermò prima di lasciare la balconata e appoggiò una mano sulla ringhiera guardando il cortile interno, che in quel momento era quasi deserto.
Era passata da poco l’alba. Da quando era diventata uno yokai, Anna non aveva bisogno di dormire tutte le notti: lo faceva più per vecchia abitudine che altro. Le era diventato usuale alzarsi la mattina presto e poi vegliare il sonno di Rin, cosicché la bimba la trovava sempre al suo fianco quando si svegliava.
Quanto tempo era passato da quando avevano preso dimora nel grande palazzo? Forse nemmeno un mese, ma ad Anna sembrava una vita. Sospirò di nuovo e si appoggiò completamente alla balaustra, giocherellando con i suoi capelli d’oro. Rin si era ambientata nella nuova, sontuosa casa che era a sua disposizione. Stava esplorando tutti i giardini sotto l’occhio vigile di Anna, chiedeva spiegazioni ai giardinieri di palazzo, correva e giocava. Sembrava molto felice.
Per Anna non era lo stesso. Oh, certo, ormai conosceva il palazzo a memoria, riusciva a orientarsi anche grazie all’olfatto. Tutto era bello e confortevole, ma la sola bellezza stava cominciando a stancarla. A dirla tutta, se non fosse stato per Rin sarebbe stata preda di una noia opprimente.
Né Anna né Rin avevano più visto Sesshomaru in tutto quel tempo, se non sporadicamente. Lo yokai sembrava essersi dimenticato della loro esistenza. Convocava Anna circa una volta alla settimana per chiedere di Rin. I colloqui erano sempre brevi e concisi, molto freddi, quindi Sesshomaru la congedava. Provvedeva affinché avessero i vestiti migliori e fossero ben servite, ma non riteneva necessario passare il tempo in loro compagnia.
Anna aveva cercato di non badare alla cosa. Aveva giocato con Rin, esplorato il Palazzo, conosciuto un po’ tutta la servitù, si era perfino allenata nel combattimento da sola, in una grande palestra che stava nel sotterraneo. Eppure, il suo disagio non faceva che aumentare. Inutile prendersi in giro, non riusciva a vivere in quella casa, fredda quanto il suo padrone, senza la presenza del padrone stesso.
Le mancava Sesshomaru? Probabilmente sì, anche se non vedeva perché. Dopotutto, durante il loro viaggio verso il palazzo, Sesshomaru era sempre stato freddo e distaccato, sicuramente non una persona di compagnia. Alzò la mano destra, che non presentava più i lunghi artigli da yokai. Quella era una delle cose che Sesshomaru le aveva insegnato a nascondere per non ferire Rin inavvertitamente.
Tutta la sua natura di yokai era legata a Sesshomaru.
«Mi manca quel ghiacciolo senza cuore. Sono proprio ridicola.» mormorò.
Con un gesto nervoso, lasciò il balcone e si diresse verso la stanza di Rin.

 
***

Più tardi, Anna e Rin, con le mani piene di fiori raccolti in giardino, si dirigevano nuovamente alla grande balconata.
«Vedrai, nee-chan! – disse Rin, tenendo i fiori con cura e seguendo con dispiacere ogni petalo perduto – La tua stanza sarà bellissima! Faremo dei grandi mazzi e li metteremo un po’ dappertutto!»
«Non sarebbe meglio addobbare la tua camera, Rin-chan?» chiese Anna, conoscendo già la risposta.
«La camera di Rin è già piena di fiori, nee-chan! Rin vuole che Sesshomaru-sama si innamori della stanza di Anna nee-chan quando andrà a trovarla!» esclamò la bimba.
Anna sospirò, scuotendo il capo. Era inutile dire alla bimba che Sesshomaru non aveva intenzione di andarla a trovare e che per il suo naso fino il profumo era quantomeno intossicante. Avrebbe fatto sparire quei fiori al momento opportuno.
Arrivarono alla porta della camera di Anna. La yokai spostò l’intero mazzo su un solo braccio per afferrare la maniglia, quando tra il profumo dei fiori si fece strada un altro odore. C’era qualcuno nella stanza. Gli occhi di Anna si fecero gelidi, ma finse noncuranza. Si voltò verso Rin con un sorriso.
«Rin, tesoro, mi andresti a prendere il nastro per capelli? Credo di averlo lasciato in camera tua prima di scendere in giardino. Non posso lavorare così.» chiese. Rin annuì, notando che Anna aveva i capelli sciolti. Affidò anche il suo mazzo di fiori a lei e corse verso la sua camera. Appena la bimba svoltò l’angolo, il sorriso di Anna svanì.
Aprì la porta con disinvoltura. Chiunque fosse l’intruso, era appoggiato alla sinistra della porta. Con un movimento fulmineo, Anna attraversò la soglia e si spostò a sinistra, afferrando il collo dell’intruso e inchiodandolo alla parete, mentre il mazzo di fiori si spargeva per terra. Ci fu un grido di donna. L’intruso non era niente di più pericoloso di una hanyo per metà uccello che tremava sotto la sua stretta. Anna sbuffò e la lasciò andare, ma alla donna non ressero le gambe e crollò a terra, faticando a deglutire.
«Non entrare nella mia stanza senza che io lo sappia. – sospirò Anna, raccogliendo i fiori – Lo dico per la tua incolumità. Sono ipersensibile, ultimamente.»
Anna appoggiò il mazzo su un tavolo intagliato, quindi aprì la grande finestra che dava sul giardino.
«Ebbene?» chiese Anna. La hanyo non aveva ancora aperto bocca.
«Rin ha portato il nastro, nee-chan!» esclamò Rin, entrando in quel momento. Si fermò, perplessa, alla vista della hanyo ancora per terra. Anna le andò incontro e le prese il nastro dalle mani.
«Grazie, Rin-chan. Ora chiudi la porta e siediti accanto a me.»
Rin ubbidì. Anna versò del tè per sé e per la bimba, quindi porse una tazza alla hanyo. Questa, finalmente, sembrò scuotersi dalla sua immobilità e si avvicinò.
«Allora?» la incitò Anna.
«Perdonate la mia intrusione, Anna-sama…» mormorò la hanyo. Anna fece un gesto distratto per liquidare la questione. «Io sono Rika, prima concubina di Sesshomaru-sama.»
Il viso di Anna si indurì percettibilmente.
«Ah, capisco. – fu il suo gelido commento – Così, Sesshomaru-sama ha un concubinato.» Rin guardò le due, perplessa.
«È così, Anna-sama, benché…» La hanyo si fermò, incerta.
«Parla pure. Non mi stupisco più di nulla ormai.» Un concubinato…che orrore! Le mancava quel maledetto dal cuore di ghiaccio che si sfogava su ragazze che non amava nemmeno? Ecco come passava il tempo! Le veniva da vomitare.
«Ecco, è molto tempo, ormai, che Sesshomaru-sama non fa visita a nessuna di noi.» disse Rika. Anna la guardò per un istante, decidendo poi che la hanyo non mentiva.
«Cos’hanno a che fare certe attività di Sesshomaru-sama con la sottoscritta?» chiese, rifiutandosi di essere cordiale.
«In quanto principessa della Casa, mi chiedevo se Sesshomaru-sama vi avesse fatto menzione di una sua prossima visita a noi concubine per darvi riposo…» disse Rika, prima di zittirsi bruscamente vedendo Anna impallidire e i suoi occhi mandare lampi d’ira. La yokai sbatté la tazzina sul tavolo con tale violenza da incrinarla.
«Prima di tutto, Sesshomaru-sama non si è mai avvicinato a questa camera, né io alla sua. Quello che fa con le sue concubine è affar suo e io non voglio saperne nulla. Le uniche cose che faccio per Sesshomaru-sama sono curare Rin e combattere.» sibilò con ira. Cercò di calmarsi alzandosi e andando alla finestra. «In secondo luogo, io non sono la principessa della Casa. Se le sue attenzioni vi mancano così tanto, andate a dirglielo di persona.»
«No, Anna-sama! Non è questo! – disse Rika, in fretta – Una di noi ha un grave problema…ma forse non dovrei dirvelo.»
Anna si voltò, sorpresa.
«Allora è per questo che sei qui?» chiese Anna. Rika annuì.
«Se Sesshomaru-sama entrerà nel concubinato lo scoprirà. Ho pensato che voi avreste avuto il potere di evitarle la punizione che le spetta.» disse. Anna sospirò e si sedette di nuovo, più calma.
«Cos’è successo?» chiese. Rika cominciò a raccontare.

 
***

Sesshomaru sedeva in cima agli spalti della cinta di mura più esterna. Il vento giocava coi suoi capelli e col vestito elegante che portava in casa, libero dall’armatura che indossava quando era in viaggio. Non era più abituato all’inattività della vita casalinga, non gradiva i pensieri che lo ingabbiavano nelle loro reti. Attorno a lui, le guardie svolgevano il loro lavoro in silenzio, cercando di disturbarlo il meno possibile.
Sesshomaru corrugò la fronte. Era passato un mese da quando era tornato a casa e ancora non aveva approntato un nuovo piano per appropriarsi di Tessaiga. In realtà, il pensiero stesso della spada faticava a farsi strada nella sua mente. Forse perché aveva una nuova arma in Anna? Era potente, capace di togliere la vita col semplice tocco, senza contare i suoi poteri di yokai. Sapeva che si allenava ogni giorno, aveva spie che lo informavano di qualsiasi movimento compiesse.
Non aveva cercato la sua compagnia né quella di Rin, preferendo restare solo e mettere ordine nei suoi pensieri. Dopotutto, erano solo un’arma e un oggetto di studio. Eppure, a volte non poteva fare a meno di voltarsi verso l’eco della risata di Rin, che gli giungeva dai giardini. Quando Anna cantava, restava alla finestra ad ascoltarla. Naturalmente le due non lo sapevano, non c’era alcun motivo per cui dovessero conoscere i suoi motivi e le sue azioni. In quel caso specifico, non le capiva nemmeno lui. Questo suscitava altri pensieri e altra necessità di solitudine.
«Forse dovrei lasciare di nuovo il palazzo per qualche tempo…» mormorò.
«Mio signore, Sesshomaru-sama!»
Sesshomaru abbassò lo sguardo, seccato per l’interruzione. Jaken stava accorrendo col suo passo barcollante alla base del muro.
«Che c’è, Jaken?» chiese Sesshomaru, annoiato.
«Ho scoperto una cosa Sesshomaru-sama! – disse Jaken, quasi saltando per l’eccitazione – Una delle vostre concubine ha macchiato il vostro onore!»
Sesshomaru corrugò la fronte. Scese dal muro e afferrò Jaken per la collottola, alzandolo al suo livello. Jaken si affrettò a snocciolare l’intera storia. Una guardia e una delle concubine avevano consumato il loro amore proibito, e durante l’assenza di Sesshomaru la concubina aveva dato alla luce un figlio bastardo, che ora allevava in segreto all’interno del concubinato.
«La ucciderete, vero, Sesshomaru-sama?» chiese Jaken, pieno di aspettativa, mentre Sesshomaru lo lasciava andare, facendolo cadere per terra. Lo yokai non rispose, dirigendosi in silenzio verso il palazzo. Non gli importava nulla del suo concubinato. Era un regalo di un vecchio amico di suo padre, ma Sesshomaru ne aveva approfittato solo raramente e in giovane età. Ormai si era quasi dimenticato della sua esistenza. Tuttavia, quelle donne gli dovevano rispetto e l’azione dei due amanti andava punita.
Entrò nel palazzo e si diresse senza esitazione nell’ala riservata alle donne. Tutti si ritrassero al suo passaggio, avvertendo il gelo che il padrone di casa emanava. Sesshomaru raggiunse una grande porta e la aprì con un colpo della mano. Le donne al suo interno si volsero verso di lui, spaventate.
«Se…Sesshomaru-sama…» mormorarono, guardandosi con aria smarrita e preoccupata, quindi cercarono di avvicinarlo, ma Sesshomaru le respinse. Il suo naso colse subito l’odore dell’infante. Si avvicinò a una yokai di basso rango, dalle sembianze volpine.
«È inutile che lo nascondi, donna.» disse. Lei si mise a tremare, ma non smise di stringersi al seno un fagotto in movimento. «Non posso tollerare che mi si disonori. – disse, senza un minimo d’espressione sul viso – Muori.» Alzò la mano artigliata, quindi la calò sulla yokai, che chiuse gli occhi e cercò di proteggere il figlio in un ultimo gesto disperato.
«NO!»
La voce che gli giunse alle spalle rallentò il movimento mortale della mano di Sesshomaru, i cui artigli, un istante dopo, incontrarono un corpo che non era quello della concubina. Sotto i suoi occhi stupefatti, Anna si era frapposta tra lui e la sua vittima. Gli artigli le si erano conficcati in una spalla, spillando sangue, ma l’espressione di Anna era densa di cocciutaggine e sfida.
«Cosa diavolo stai facendo?» chiese Sesshomaru, ritraendo la mano.
«Non è giusto che la uccidiate.» disse Anna, continuando a proteggere la yokai, che la guardava con espressione incredula.
«Ciò che è giusto in questa casa è affar mio.» disse Sesshomaru. 
«A voi non importa nulla di queste donne! – replicò Anna, con violenza – Lasciate che amino e che crescano i loro figli, se questo sarà il loro desiderio!»
Sesshomaru corrugò la fronte. Che discorsi stava facendo quella stupida?
«Mi pareva di averti accennato al fatto che non tollero insubordinazioni…» cominciò, ma in quel momento Rika e Rin entrarono nel concubinato. Gli occhi di Rin s’ingrandirono enormemente nel vedere Anna insanguinata.
«Nee-chan!» esclamò, venendo avanti. Rika la fermò, guardando con aria disperata Sesshomaru e Anna.
«Cosa dovrei fare con loro, sentiamo.» sospirò Sesshomaru, dopo un istante di silenzio meditativo. Anna sorrise. Aveva vinto. In quel momento cadde su un ginocchio, il volto pallido e sudato, e Sesshomaru corrugò la fronte.
«Stupida. Hai in circolo il mio veleno.» mormorò. Con somma sorpresa di Anna, Sesshomaru la prese in braccio, quindi si rivolse alle concubine.
«Da questo momento, non fate più parte del concubinato. Chiederete a questa stupida quali saranno le vostre nuove mansioni.» disse, gelido, prima di dirigersi fuori dalla sala. 
«Grazie Sesshomaru-sama, hime-sama…» mormorarono le concubine. Rin si aggrappò a Rika, preoccupata.
«Anna nee-chan guarirà?» chiese. Rika sorrise.
«Certo! Sesshomaru-sama si occuperà di lei.» rispose.
Sesshomaru uscì mentre Jaken arrivava, trafelato, convinto di essersi perso la scena principale. Rimase basito e a bocca aperta quando vide il proprio padrone portare in braccio Anna. 
«Porta l’antidoto al mio veleno.» gli ordinò Sesshomaru, prima di scomparire. Lo yokai trasportò Anna nella sua stanza, quindi la fece stendere sul futon. Guardò per un attimo il suo viso immobile e pallido, quindi scosse il capo, andando verso la finestra.
«Cosa le sarà saltato in mente…È davvero stupida.» mormorò.
Nonostante questo, pochi minuti dopo era ancora al suo capezzale a curarle le ferite.

 
***

Anna si riprese dal veleno in due giorni, che videro Sesshomaru spendere una considerevole quantità di tempo al suo capezzale a squadrarla con aria critica e a sottoporla a strenui interrogatori.
«Perché ti sei messa in mezzo e non hai lasciato che la uccidessi?» era la domanda più ricorrente. Anna stava cominciando a perdere la pazienza. Glielo aveva spiegato infinite volte, usando lo stesso tono conciliante che si usa con i bambini turbolenti, ma sembrava che Sesshomaru avesse le orecchie foderate.
Anna sospirò quando quella domanda fece di nuovo la sua comparsa assieme al questionante. Ormai il veleno era scomparso dalle sue vene, grazie all’antidoto che Sesshomaru le aveva fatto somministrare in quegli ultimi due giorni. Anna dubitava che litigare con lui potesse aiutarla a guarire più velocemente, ma era inutile tirare in ballo l’argomento. Dopotutto, anche se la sua compagnia era esasperante, la ragazza era segretamente contenta che Sesshomaru si degnasse di passare del tempo con lei, anche se irritandola fino all’estremo. 
«Non riesco a capire il tuo punto di vista.» ribadì Sesshomaru, squadrandola con aria di sufficienza. Anna sospirò, sedendosi a gambe incrociate.
«Come vi ho già spiegato, Sesshomaru-sama, – cominciò, conoscendo il copione a memoria – stavate per uccidere una madre col suo bambino. È un’azione sbagliata. Erano due esseri più deboli alla vostra mercé.»
«Chi è più debole è ancora più facile da schiacciare.» osservò Sesshomaru, rifiutando di seguire il suo ragionamento.
«Non è giusto imporre la propria forza su esseri più deboli, che per di più non vi stanno attaccando in alcun modo.» disse Anna.
«Prima di tutto, la mia forza esiste perché la imponga su qualcuno. – sottolineò Sesshomaru – Secondo, quella donna e la sua creatura mi hanno procurato offesa.» Anna sbuffò e Sesshomaru si scurì in volto.
«Non dite stupidaggini, Sesshomaru-sama. – borbottò Anna – Non ve ne importa un fico secco delle vostre concubine. È solo che avete un ego spropositato.»
Gli lanciò un’occhiata, conscia di aver detto troppo, ma Sesshomaru parve riflettere sulle sue parole.
«Mettiamo il caso che sia vero ciò che dici, cioè che non mi importa nulla delle concubine. – disse Sesshomaru, sorprendendola – In questo caso, esse sono diventate inutili ai miei occhi. Perché hai voluto che continuassero a vivere nel palazzo? La loro vita non ha senso. Perché non uccidere ciò che non è più utile?»
Anna si coprì il volto con una mano, sconfortata. Ma che razza di ragionamenti erano?!
«Sesshomaru-sama, il mondo non gira attorno a voi. – quasi ringhiò – La gente non vive per compiacervi, morendo dopo aver perso ogni utilità. Nessuno è un oggetto.»
«Coloro che vivono quaggiù sono mie proprietà.» disse Sesshomaru, gelido.
«E anche di se stessi, e di altre persone ancora. – disse Anna con veemenza, toccata sul vivo – Anche se una persona non vi serve più, può essere indispensabile per qualcun altro e in ogni caso provare un forte attaccamento alla propria esistenza. La vita non si deve togliere con leggerezza!»
Sesshomaru si prese un istante per riflettere, quindi aprì bocca per rispondere quando qualcuno bussò alla porta.
«Entra, Jaken.» dissero i due yokai in coro, riconoscendo il suo odore. Il demone rospo entrò con un’espressione contrariata sul viso. Non gli andava che il suo padrone passasse troppo tempo ad ascoltare le chiacchiere insulse di quella strana ragazza. Non voleva che al padrone venissero messe delle strane idee in testa. Fin da quando Sesshomaru aveva resuscitato Rin con Tenseiga, Jaken aveva dei bruttissimi presentimenti. Si accorse che Sesshomaru lo stava guardando con una punta di impazienza per il suo prolungato silenzio e tornò in sé con un sobbalzo.
«Ehm, perdonate, Sesshomaru-sama, – disse, girandosi tra le mani il bastone Ninto – ma pare ci sia un ospite alla Prima Porta.»
«Mandalo via.» disse Sesshomaru, voltandosi di nuovo verso Anna. 
«Ma è un amico di vostro padre!» disse Jaken, con un borbottio. Sesshomaru corrugò la fronte, quindi si alzò con un movimento fluido e si diresse alla porta. Prima di uscire si voltò.
«Continueremo in seguito questa…curiosa conversazione.» disse ad Anna, prima di uscire e chiudere il pannello dietro di sé. Anna continuò a guardare la porta per un istante, sbalordita, quindi si buttò sul letto, sospirando.
Curiosa conversazione? Kami-sama, forse avrebbe fatto meglio ad arrendersi e a lasciare che Sesshomaru continuasse a pensare come aveva sempre fatto. Non che ci fosse stato qualche progresso…
«Però mi sta ascoltando. Già è un passo avanti.»
«Anna nee-chan!» si sentì chiamare fuori dalla porta. Anna sorrise e Rin fece irruzione in quel momento nella sua stanza, portando un cesto di frutta più grande di lei. «Guarda, hanno regalato tutta questa frutta a Rin! La mangiamo?»
Anna sorrise e annuì.
«Andiamo fuori, però. – disse, iniziando a vestirsi – Sono stanca di vedere sempre e solo la mia camera.»
Le due si recarono nel giardino appena fuori dal Palazzo, sistemandosi sotto un salice accanto a uno dei laghetti dalle acque scure. Furono presto raggiunte da Rika e dalla kitsune col suo bambino, Misao e Shuei. Anna aveva dato loro l’incarico di far compagnia a Rin quando lei non poteva starle vicina. In realtà, era solo una scusa per dare loro la possibilità di rimanere al castello: presumeva che da allora in poi avrebbero sempre passato le giornate in cinque.
Chiacchierando e ridendo, si misero a mangiare la frutta di Rin. Anna stava giusto stupendo la bimba tenendo su un dito una farfalla blu, quando si accorse che Sesshomaru si stava dirigendo verso casa in compagnia di qualcuno.
«Così, è quello l’ospite?» mormorò, cercando di carpirne le sembianze. Era uno yokai che manteneva una forma umana, vestito con opulenza, ma senza ombra di dubbio era molto potente. Doveva essere un demone maggiore. Vide Rika ritrarsi e cercare di nascondersi dietro Misao. «Ne sai qualcosa, Rika?» chiese.
«È un vecchio amico del padre del nostro Signore, Anna-sama. – disse Rika, a disagio – È un demone rettile molto potente. Fu lui a regalarci a Sesshomaru-sama.»
Anna storse la bocca in una smorfia. Quel demone non le piaceva in partenza.
«Beh, probabilmente non avremo mai modo di conoscerlo.» disse.
La farfalla volò via.

 
***

«Rin può tenerlo, Misao?» chiese Rin, tendendo le braccia verso Shuei mentre tornavano in casa dopo il pomeriggio passato all’aperto.
«Ma certo, Rin. – rise la kitsune – Stai attenta, il mio piccolo Shuei è molto irrequieto.»
«Hime-sama!»
Anna sospirò platealmente e fermò i propri passi alla voce che la chiamò dal fondo del grande atrio. Quando avrebbero abbandonato quell’hime-sama?! 
«Sì?» chiese, girandosi verso il Maestro di Palazzo, che stava raggiungendo il loro gruppetto. Il vecchio yokai si inchinò, quindi disse: «Sesshomaru-sama vi invita a raggiungerlo nelle sue stanze tra un’ora e mezza. Consumerete la cena con lui e con il suo ospite.»
Gli occhi di Anna si riempirono di sbalordimento, ma non aprì bocca, limitandosi ad annuire. Il Maestro di Palazzo si inchinò di nuovo e si allontanò, diretto verso altre faccende.
«Dovrete prepararvi come si conviene, Anna-sama!» esclamò Rika, contenta, quasi spingendola verso la sua stanza. Rin saltellò dietro a loro, seguita da Misao.
«È solo una cena, Rika.» sospirò Anna, ma la lasciò fare.
Più tardi, Anna si fermò davanti alla porta, lisciando meccanicamente le pieghe dell’elegante vestito che Rika l’aveva obbligata a indossare. I suoi capelli dorati erano stati acconciati in una coda alta e folta. Perché essere nervosa? Forse perché non si era mai avvicinata agli appartamenti di Sesshomaru? O perché era stata invitata a dividere la cena con lui? 
Ma in che razza di pensieri ti stai perdendo?” pensò, seccata con se stessa. Bussò una sola volta e il Maestro di Palazzo le aprì la porta. 
«Seguitemi, hime-sama.» disse, voltandosi e incamminandosi attraverso una grande atrio ricco di oggetti preziosi. Anna si guardò attorno, incuriosita. L’amore per la bellezza sembrava essere la caratteristica preponderante in Sesshomaru, insieme alla leggendaria freddezza.
Venne condotta attraverso tre stanze, quindi fu introdotta in una sala al cui centro troneggiava un lunghissimo tavolo apparecchiato. Sesshomaru sedeva in fondo, a capotavola. Alla sua sinistra sedeva l’ospite, che in quel momento stava ridendo, in contrasto col volto mortalmente serio di Sesshomaru. L’inu-yokai si voltò verso di lei.
«Entra.» disse, facendole cenno di sedersi alla sua destra. Anna si inchinò brevemente all’ospite, quindi si fece avanti. La porta venne chiusa dietro di lei. 
«Buonasera.» mormorò Anna, prendendo posto di fronte all’ospite. 
«Così, è questa la nostra piccola novizia!» disse lo yokai rettile, protendendosi sulla tavola e prendendole una mano per baciarla con galanteria. Anna alzò un sopracciglio. Lo yokai aveva un aspetto umano, ma la sua pelle aveva un leggero colorito verdastro e gli occhi erano gialli. I capelli neri erano tagliati corti e il sorriso strafottente mostrava denti acuminati. Dimostrava pochi più anni di Sesshomaru, anche se doveva essere più vecchio di secoli.
«Sono Anna.» precisò lei, con un sorriso molto breve.
«Anna, questo è Tetsuya, un vecchio amico di mio padre.» disse Sesshomaru, freddamente. Anna annuì, ritirando la mano, e lo yokai fece un burlesco inchino, poi si rivolse a Sesshomaru.
«Ottima scelta, mio caro. Bell’aspetto e potente. Ottima per generare figli!»
Rise all’espressione gelida di Sesshomaru.
«Non ho alcuna intenzione di generare figli. – rispose Sesshomaru – Tantomeno questa è la compagna che ho scelto. Ella combatterà per me quando arriverà l’occasione.»
«Vuoi dire che non ti intrattiene?» lo provocò Tetsuya. Anna decise che quello yokai era in cima alla sua lista nera. «Nemmeno un pochino?» disse ancora il rettile, con voce piagnucolosa. Sesshomaru gli lanciò un’occhiata irritata e Tetsuya rise. «Va bene, va bene. So che sei un misogino! Però questa dolcezza è proprio sprecata! Scommetto che non è brava solo a combattere…»
Anna ignorò deliberatamente lo yokai e si servì da mangiare.
La cena si svolse in uno strano clima di tensione. Tetsuya continuò a lanciare frecciatine maliziose ad Anna, ora che era certo non ci fosse nulla tra lei e Sesshomaru; la yokai lo detestava ma si comportava con fredda cortesia. Sesshomaru, semplicemente, non partecipava alla discussione. Non appena poté, Anna si alzò da tavola e si congedò.
Tetsuya seguì i suoi movimenti finché non fu scomparsa oltre la porta, quindi un ampio sorriso gli comparve sul viso.
«Davvero fantastica, non c’è che dire. Forse un po’ freddina, ma un vero bocconcino.» disse, sfregandosi le mani. Guardò Sesshomaru, che non aveva proferito verbo. «Che ne dici di prestarmela per stanotte?» chiese.
Sesshomaru lo guardò con occhi gelidi. 
«No.» rispose.
«Oh, andiamo! Tanto non te ne fai nulla, tu. – insistette lo yokai – Io, al contrario, avrei un paio di idee.»
La contrarietà di Sesshomaru si manifestò con un leggero contrarsi della mano che poggiava sul tavolo, tanto impercettibile che Tetsuya non se ne accorse nemmeno. Sesshomaru trovava la presenza dello yokai irritante. Non amava i suoi modi lascivi ed esuberanti, lo aveva accolto solo perché in passato aveva aiutato il padre durante una battaglia contro alcuni demoni che avevano deciso di muovere guerra contro la sua famiglia.
Aveva accettato di ospitarlo per una notte. Purtroppo, lo yokai aveva sentito dire che nel castello, ora, c’era una principessa, e l’aveva pregato di fargliela conoscere. Inutile dirgli che Anna era tutto tranne che la principessa del castello. Ora che l’aveva compreso, però, Tetsuya era diventato ancora più appiccicoso. Non che a Sesshomaru importasse qualcosa di Anna, ma era palese che lei lo trovava fastidioso e che non avrebbe subito passivamente le attenzioni dello yokai. Poteva finire male. Poteva perdere una potenziale arma, oppure trovarsi fra i piedi il cadavere di un vecchio amico di suo padre.
«Ho detto di no, Tetsuya. – ribadì, alzandosi da tavola – Non gradirebbe le tue attenzioni e ti assicuro che sa difendersi.»
«Ma come sei premuroso! – cinguettò Tetsuya – Sei cambiato, ragazzo mio. Una volta non ti importava di niente e di nessuno. Ti stai ammorbidendo, come tuo padre prima di te.»
Sesshomaru si voltò di scatto e afferrò Tetsuya per il collo.
«Attento. – gli disse, avvicinando il proprio volto al suo – Potrei non aspettare che sia Anna a farti fuori. Non insultare la mia ospitalità.»
Dopodiché, Sesshomaru lo lasciò e uscì dalla stanza. Tetsuya si massaggiò il collo con un sorrisetto.
«Invece mi ringrazierai, ragazzo mio. – ridacchiò – Ho la sensazione che la mia venuta serva proprio a evitarti il peggio.»

 
***

«Idiota, deficiente, maiale…» ringhiò Anna, entrando nella propria stanza e sbattendo la porta. Brutto porco di uno yokai, ma come si permetteva?! Trattarla come una…come una…
La finestra si infranse, accompagnata da una risata. Anna si tese, pronta a combattere.
«Presumo tu non stessi parlando del giovane Sesshomaru!» disse la voce, presto seguita dalla persona di Tetsuya, che entrò dalla finestra con un salto.
«Fuori di qui.» ringhiò Anna, scoprendo le zanne.
«Sesshomaru ha detto che avresti apprezzato la mia visita, tesoro.» tubò Tetsuya. Anna non ci vide più dalla rabbia.
«Ti avverto: fuori o la pagherai cara!» disse. Tetsuya rise, quindi si lanciò contro Anna, che schivò. Allungò una mano per portargli via la vita, poi la ritrasse, imprecando. Quello era un ospite di Sesshomaru, maledizione! In più, lei non aveva ancora tolto la vita a nessuno, eccettuato lo yokai che l’aveva uccisa come essere umano. Schivò un altro paio di attacchi, quindi attaccò a sua volta, riuscendo a ferire lo yokai al volto.
«Brava, bambina! – disse Tetsuya, pulendosi il sangue dal viso – Ma non credere di poterlo rifare!»
La attaccò di nuovo e Anna subì un violento colpo allo stomaco che la mandò lunga distesa sul pavimento. Tetsuya le fu addosso, emanando dalla sua persona una nube verdognola dall’odore acido. Anna cercò di non respirare, ma questo le impediva di usare tutte le sue forze per togliersi di dosso il demone.
«Ecco, fai la brava. Ora ci divertiamo un po’.» ridacchiò Tetsuya.
Anna chiuse gli occhi, disperata. Cosa doveva fare, usare il suo potere e ucciderlo? Prima che avesse il tempo di decidere, sentì il peso che la schiacciava venire meno. 
«Mi sembrava di averti detto di lasciarla stare.» disse una voce gelida.
Aprì gli occhi. Sopra di lei, Sesshomaru teneva Tetsuya sollevato per il collo.
«Sesshomaru-sama…» disse Anna, schiarendosi la gola infiammata dal veleno dello yokai rettile. Sesshomaru non la guardò nemmeno, continuando a stringere il collo di Tetsuya con volto mortalmente serio.
«Non gradisco che si tocchi ciò che è mio.» disse, prima di spedire lo yokai contro la parete con estrema violenza, facendo volare schegge ovunque. Tetsuya si rialzò un po’ a fatica, ma con un sorriso strafottente sul volto. 
«Ragazzo mio, sei troppo impaziente! – disse, spolverandosi i vestiti – Ti assicuro che l’esperienza non potrà farle che bene.»
Anna ringhiò e il viso di Sesshomaru si oscurò ancora di più.
«Tu hai offeso la mia ospitalità. – disse Sesshomaru, preparandosi ad attaccare col potere micidiale dei suoi artigli – E hai deliberatamente ignorato la mia volontà. Non è mia abitudine sorvolare su questo genere di offese.»
«Sei sicuro di volermi attaccare, Sesshomaru? – chiese Tetsuya, con una risata – Dopotutto, ero un amico di tuo padre.»
«La cosa non mi riguarda. – disse Sesshomaru, con un sorriso cinico – Tu, piuttosto. Sei sicuro di voler contrattaccare mentre sei all’interno di questa casa?»
Tetsuya rimase basito per un istante e Sesshomaru ne approfittò per attaccarlo. Tetsuya schivò, ma il sorriso era scomparso dal suo volto.
«Maledizione!» sibilò, prima di saltare fuori dalla finestra e correre via. 
Sesshomaru gli balzò dietro, ignorando il richiamo di Anna, che uscì nel giardino a sua volta. Vide i due yokai inseguirsi, saltando tra le mura, diretti all’esterno del terreno del Palazzo.
Il cuore di Anna batteva a una velocità spaventosa. La yokai vi poggiò sopra una mano, cercando di placarlo. Sesshomaru era venuto a salvarla, non l’aveva venduta a quello yokai…certo, era venuto a salvare una sua proprietà, ma la cosa non le dispiaceva lo stesso. Si chiese perché Tetsuya fosse scappato a quel modo e d’un tratto le sovvenne. Ma certo, le barriere! Chiunque avesse attaccato il Signore all’interno del castello sarebbe stato soggetto alla barriera contro gli yokai! Quei due avevano dunque intenzione di combattere fuori dal castello?
Le mani di Anna si strinsero a pugno. Sesshomaru era potente e non aveva mai perso, tranne che contro il proprio fratello, ma quel dannato era un demone molto più anziano. E se Sesshomaru si fosse trovato in difficoltà? Sarebbe stata colpa sua!
Anna si morse un labbro. Sapeva che Sesshomaru non avrebbe gradito la sua intrusione nel combattimento, ma non poteva lasciarlo da solo, dopo che l’aveva salvata. Non aveva più alcuna remora: in caso di necessità, avrebbe tolto la vita a Tetsuya. Era ora che dimostrasse la sua utilità a Sesshomaru. Anna si recò negli appartamenti di lui, quindi iniziò a correre dietro ai due, balzando sulle mura mentre gli artigli crescevano sulle sue dita e le sue pupille riprendevano il chiarore demoniaco che le contraddistingueva.

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Capitolo 5
*** 5 - Una gita ***


Author's note: Grazie mille a tutti coloro che stanno leggendo e commentando questa fic! Vi amo! Indovinate chi compare alla fine di questo capitolo?...Read and enjoy!

CAPITOLO 5 - UNA GITA

Sesshomaru era esaltato dal combattimento. Finalmente aveva l’opportunità di battersi contro un altro demone maggiore. La cosa lo galvanizzava. Aveva quasi scordato il motivo principale della lite; i suoi obiettivi erano dimostrare la propria forza e cancellare dalla faccia della terra quella seccatura formato rettile. Tetsuya lo squadrò con aria di superiorità, mettendosi le mani sui fianchi.
«Ragazzo mio, pondera le tue azioni. – disse, scrollando il capo – Non sei nemmeno armato e a quanto so la spada di tuo padre non servirebbe comunque.»
«Le tue chiacchiere non mi interessano.» disse Sesshomaru. Tetsuya sospirò.
«Va bene, visto che vuoi morire…sono pronto.» Diventando improvvisamente serio, il demone rettile attaccò.
Tra i due si ingaggiò una lotta terribile, la cui velocità non avrebbe permesso a un comune essere umano di scorgere altro che due confuse sagome in movimento. La loro abilità era tale che nessuno dei due riusciva a infliggere all’altro nemmeno una ferita, pur essendo entrambi in estrema difficoltà. Fu in quel momento che Anna balzò dall’ultimo cerchio di mura sul luogo dell’incontro, senza degnare di uno sguardo le sentinelle che seguivano lo scontro, terrorizzate.
«Non toccarlo!» ringhiò, avvicinandosi di corsa e sfoderando gli artigli. Sesshomaru avvertì la sua presenza. Si distrasse dal combattimento e si volse verso di lei.
«Stanne fuori, la cosa non ti riguarda!» esclamò, guardandola con occhi completamente demoniaci. 
Anna si bloccò dov’era, incerta, poi le sfuggì un grido quando Sesshomaru venne colpito da un’artigliata che tracciò tre solchi sanguinosi sul suo petto. Sesshomaru contrattaccò con la sua coda, che avviluppò Tetsuya e lo spedì lontano, mandandolo a cozzare duramente al suolo. Anna raggiunse Sesshomaru, che non sembrava soffrire per le ferite.
«Sesshomaru-sama!» chiamò, avvicinandosi a lui.
«Ti avevo detto di non venire!» ringhiò Sesshomaru. Anna si accorse che lo yokai era per metà trasformato, ma non si fece intimidire, porgendogli, invece, ciò che aveva recuperato a Palazzo.
«Ho pensato che avrebbe potuto esservi utile.» disse. Sesshomaru la guardò con sorpresa, quindi prese la spada Tokijin dalle sue mani, annuendo. Tetsuya, in quel momento, si alzò da terra, ridacchiando.
«Ho avuto premura per te, Sesshomaru, per rispetto verso tuo padre. – disse – Ma ora non ho più remore! Crepa con la tua piccola strega!»
«Non respirare.» mormorò Sesshomaru ad Anna, comprendendo le intenzioni dello yokai. Difatti, dal corpo di Tetsuya proruppe una nube tossica di enormi proporzioni, che si sparse su una grande area, avviluppando tutto.
Anna fu sbalzata all’indietro, non aspettandosi una tale violenza, e subito l’acido della nube le aggredì la pelle e gli occhi, che la yokai chiuse. Non avrebbe potuto comunque vedere nulla attraverso quella nebbia verde. Le giunsero i suoni ovattati delle grida delle sentinelle, mentre cercava di proteggersi il naso con una manica della veste. Si rese conto in quel momento che Sesshomaru non era più accanto a lei.
«Sesshomaru-sama!» gridò, disperata. L’acido le aggredì la gola, facendola tossire, ma Anna non vi badò. Dov’era lui? Col cuore che le batteva all’impazzata, Anna si inoltrò alla cieca nella nebbia.
Tetsuya frattanto rideva, anche se solo lui poteva udire la propria voce, grazie al potere ovattante della nube.
«Povero caro, cinque minuti qui dentro e sarà morto stecchito.» ridacchiò.
«Cinque minuti sono un tempo sufficiente a ucciderti, Tetsuya.» disse una voce gelida dinanzi a lui. Sesshomaru comparve a pochi centimetri dal suo naso e un dolore atroce gli esplose nel ventre.
«Come…hai fatto a trovarmi…» gorgogliò, fissando con occhi vuoti la spada che gli aveva trapassato il ventre, mentre il sangue gli scorreva a rivoli dalla bocca.
«Al contrario di te, – mormorò Sesshomaru, parlandogli in un orecchio – ho un fiuto che non si fa distrarre da una nube d’acido.»
Detto questo, Sesshomaru gli staccò la testa dal collo. Il corpo di Tetsuya cadde ai suoi piedi.
Ho vinto. – pensò Sesshomaru, stringendo l’elsa di Tokijin nella mano – Ho vinto un demone di poco inferiore a mio padre!
Fu allora che gli effetti di tutto l’acido che aveva respirato si fecero sentire. Il fiato gli si bloccò in gola. Sentì qualcosa di caldo uscirgli dal naso.
Sangue?” si chiese, vedendo a malapena il rosso che gli macchiava le dita. Cadde in ginocchio. «Maledizione, sta facendo effetto.» sibilò. Era al centro della nube, non era in grado di uscire da lì. La vista gli si stava oscurando. Ma…chi era? Anna? Era Anna che lo aveva raggiunto? Aveva detto a quella stupida donna di restarne fuori! Si sentì sollevare da terra.
«Vi porto fuori di qui!» sentì mormorare. Sì, era proprio quella stupida. 
Venne sollevato da terra e portato via. Sesshomaru avvertì che anche Anna stava subendo l’effetto dell’acido. La sua andatura era lenta.
L’importante è che ne usciamo fuori vivi.” pensò. Si stava ancora chiedendo perché avesse usato il plurale, quando perse conoscenza. 
Si svegliò che era notte inoltrata. Aprì gli occhi, conscio di trovarsi nel suo letto. La camera sapeva vagamente di acido e di medicinale. Fece una smorfia, cercando di alzarsi. Non ci riuscì. Evidentemente gli avevano dato un disintossicante, ma subiva ancora la parziale paralisi del corpo. Difatti, non si sentiva le gambe. Sospirò, comunque soddisfatto. Aveva ucciso un potente yokai. Nessuno poteva mettere in discussione il suo titolo di Signore delle Terre dell’Ovest. 
Il respiro profondo gli ricordò che un altro odore permeava la stanza. Si voltò. Alla sua destra, rannicchiata in una posizione che non poteva definirsi comoda, dormiva Anna. 
Sesshomaru corrugò la fronte. Cosa ci faceva lì la yokai? Pensò di chiamare Jaken per farla portare via, poi ci ripensò.
La sua decisione di prenderla con sé aveva iniziato a dare i suoi frutti. Anna non aveva disobbedito ai suoi ordini, se non per portargli la spada. Aveva dimostrato abbastanza fegato e intelligenza. Inoltre, l’aveva salvato a costo della vita. Era sempre utile avere qualcuno pronto a offrire la sua vita per la tua. Tra le mani della ragazza c’era la ciotola in cui aveva versato il disintossicante. Doveva averne assunto anche lei, sicuramente era stata aggredita a sua volta dall’acido. Si era presa cura del suo padrone. Bene, l’accordo che avevano preso funzionava alla perfezione.
Continuò a guardarla per un po’, impossibilitato comunque a muoversi. Di tutti gli sproloqui che Tetsuya aveva fatto nella sua casa, l’unica cosa giusta che aveva detto riguardava la bellezza di Anna. Sesshomaru lo notò solo in quell’istante. Anna era bella. Corrugò la fronte, guardando altrove. Gli pareva strano non essersene mai accorto. Lui sapeva riconoscere la bellezza, ma per quanto riguardava la ragazza aveva sempre pensato solo alla sua funzionalità.
«E ora che lo sai?» si chiese, mormorando.
«Sesshomaru…»
Sesshomaru si voltò di scatto, sentendosi chiamare. Anna dormiva.
«Sesshomaru…» lo chiamò ancora, mormorando nel sonno.
Sesshomaru si incupì. Nessuno, nella sua vita, l’aveva mai chiamato semplicemente col suo nome, a parte i suoi genitori e quel bastardo di suo fratello. Tutti lo riverivano, in quanto principe della potente famiglia inu-yokai, tutti aggiungevano il sama al suo nome. Chi non lo faceva, moriva presto.
Sesshomaru si rese conto che il suo nome, sulle labbra di Anna, gli piaceva. Gli piaceva sentirlo, sapere che lei lo chiamava così quando non era impegnata a discutere con lui con quella sua maledetta testardaggine di donna.
«Perché mi piace?» chiese al soffitto, che, naturalmente, non rispose.
Guardò Anna ancora per un attimo. D’un tratto, il suo profumo gli agitò il sangue. Allungò una mano per toccare il suo viso…e improvvisamente si rese conto di stare per toccarla con la mano sinistra. La mano che non aveva più da quando Inuyasha gli aveva tagliato il braccio.
«Ma cosa…» disse. Un braccio integro e sano gli partiva dalla spalla, completandogli l’arto mancante. La pelle era leggermente verdastra, ma per il resto tutto funzionava alla perfezione. Aveva un nuovo braccio, preso a Tetsuya dalla inu-yokai che gli dormiva accanto. Senza parole, Sesshomaru rimase a guardare il sonno di Anna ancora per molto tempo, con un lieve sorriso di soddisfazione sul volto.

***

Quando Anna si svegliò, la prima cosa che avvertì fu un pulsante mal di capo.
«Dannato maiale di un rettile…» disse, facendo una smorfia al pensiero dell’acido respirato e girandosi sulla schiena.
«In effetti, non ha dimostrato troppa grazia.» disse una voce. 
Anna spalancò gli occhi di colpo e si accorse che Sesshomaru era seduto sul letto a braccia conserte. La yokai si sedette a sua volta con uno scatto.
«Sesshomaru-sama! – esclamò, cercando di contenere la sorpresa – State bene, ora?» Si maledisse per essersi addormentata sul letto dello yokai. Sesshomaru fece uno strano sorrisetto, poi annuì.
«Noto che hai cominciato a rispettare i nostri patti.» fu il suo freddo commento. Fletté il nuovo braccio, osservandolo con aria critica. «Anche se, forse, dovrei addirittura ringraziarti. Hai avuto abbastanza presenza di spirito, per essere ciò che sei.»
Anna fece una smorfia. Era impossibile che Sesshomaru le facesse un vero e proprio complimento.
«Avreste dovuto svegliarmi. – borbottò, facendo per alzarsi dal letto – Mi dispiace di avere occupato spazio in questo modo.» Non appena fu in piedi, le gambe le cedettero. Non seppe più cosa pensare quando Sesshomaru frenò la sua caduta prendendola tra le braccia.
«Non ha importanza, la tua camera è comunque distrutta e la tua presenza non mi ha arrecato fastidio. – disse Sesshomaru, ignorando il rossore che le stava salendo alle guance – Ho fatto approntare una nuova camera per te. Riposa laggiù per oggi, le due…come si chiamano, baderanno a Rin.»
Sesshomaru la portò fino a una camera agli inizi del quartiere femminile. Lì la depositò sul pavimento, quindi uscì senza una parola, troncando sul nascere qualunque ringraziamento Anna stesse cercando di formulare.
Anna guardò il soffitto con aria inebetita. Cos’era tutta quella gentilezza? Sesshomaru era tutto tranne che gentile, quell’atteggiamento era stravagante per un tipo come lui. Che avesse davvero apprezzato il pensiero di Anna riguardo il braccio di Tetsuya?
«Mi confonde quando fa così.» mormorò, poi si diede della stupida. Se era freddo non le andava bene, se era gentile la confondeva…ma allora che diavolo voleva da lui? Si girò su un fianco, perplessa.
«Non lo so cosa voglio.» disse a nessuno in particolare. Aggrottò la fronte. “E se volessi lui, sarei proprio una stupida. – aggiunse tra sé – Perché mai dovrebbe provare qualcosa di particolare per me?
Qualunque illusione Anna si fosse mai fatta, fu duramente fatta a pezzi nelle due settimane che seguirono. Sesshomaru, infatti, non si fece vedere, nemmeno per continuare la “curiosa chiacchierata” che non avevano mai finito, o per chiedere di Rin. Anzi, quattro giorni dopo la battaglia contro Tetsuya, Rika disse ad Anna che il padrone aveva lasciato il Palazzo durante la notte.
«E chi se ne importa?» fu il suo laconico commento. Dopodiché, lasciò una perplessa Rika con Rin e Misao, si avviò verso la palestra sotterranea e lì si allenò con tale violenza da distruggere tutti gli oggetti disponibili. 
«Non ti va nemmeno di parlare con una creatura come me, vero? – ringhiava nel frattempo – Preferisci andartene, non è vero?!»
Più Sesshomaru restava lontano da casa, più la rabbia di Anna cresceva, senza che lei volesse comunque ammetterla.
Adesso ti concio per le feste. – pensava ogni tanto, spesso sconcertando Rin per l’espressione assassina che le solcava il volto – Fai il bello e il cattivo tempo solo perché riesci a leggere le mie emozioni. Beh, caro mio, non sei il solo ad essere capace di nasconderle!
Sapeva che questo trasgrediva gli accordi che avevano preso, ma Anna era talmente furiosa che non le importava nulla. Certo, doveva agire d’astuzia, nasconderle un po’ alla volta in maniera da inscenare una perdita progressiva del suo animo umano. Era più che certa che ce l’avrebbe fatta. Una sera, mentre raccontava una storia a Rin per farla addormentare, la bimba fece la domanda fatidica.
«Anna nee-chan, ti manca Sesshomaru-sama?» chiese. Il viso di Anna non cambiò espressione, ma le sue mani artigliarono il vestito che portava.
«Certo che no, Rin-chan.» rispose, con un sorriso finto quanto una moneta di stagno. Perché mai avrebbe dovuto mancarle quel maledetto? Lei si faceva in quattro per fargli capire cosa era giusto e cosa sbagliato, lo aiutava nei combattimenti, gli offriva su un piatto d’argento un maledettissimo braccio nuovo e lui se ne andava via senza quasi ringraziarla. Perché diavolo avrebbe dovuto mancarle?! Rin si intristì e si tirò le coperte fino al naso.
«A Rin-chan, invece, Sesshomaru-sama manca molto.» mormorò. Anna, sorpresa, le accarezzò la fronte.
«Sesshomaru-sama tornerà presto, Rin.» le disse, con un sorriso. Rin annuì.
«Era bello, sai, – disse, piano – viaggiare sempre con lui, e poi ancora più bello quando sei arrivata tu, nee-chan. A Rin sembrava proprio una bellissima famiglia.»
Anna rimase in silenzio. Non avrebbe comunque saputo come replicare. Rin sbadigliò, accoccolandosi sotto le coperte.
«Da quando siamo qui, è tutto più freddo. – mormorò ancora la bimba – Sesshomaru-sama non sta mai con noi e tu sei triste…e anche Rin è triste.»
Anna sospirò. Non credeva che a Rin pesasse la situazione, invece la bambina aveva capito molto più di quanto lei si aspettasse.
«Rin-chan…» iniziò, prima di rendersi conto che la bimba era profondamente addormentata.
Anna passò una notte insonne, seduta con le braccia attorno alle ginocchia davanti alla finestra aperta, riflettendo sulle parole di Rin. Era vero, tutta quella aggressività le derivava dal fatto che Sesshomaru le mancava. Probabilmente stava accadendo la cosa peggiore di tutte: si stava innamorando di lui.
«Kami-sama…» mormorò, affondando la testa tra le ginocchia. Tra tutte le cose terribili che le erano accadute, forse questa era la peggiore. Non aveva possibilità di penetrare il cuore gelido di Sesshomaru. Se non voleva soffrire maledettamente, nell’eternità di quella sua nuova vita da yokai, era meglio soffocare quel sentimento prima che avesse tempo di crescere e radicarsi in lei.
«Sono davvero, davvero una stupida…» mormorò, al cielo grigio del primo mattino. Rimase così per un po’, la mente ancora confusa, poi un suono di passi e un odore familiare le si insinuarono nella mente, riportandola sulla terra.
«Cosa…» disse, prima che la porta della sua camera venisse aperta con naturalezza. La figura che si stagliò sulla soglia era quella di Sesshomaru. «Ses…» cominciò Anna, sbalordita, facendo per alzarsi.
«Prepara Rin. – furono le parole dell’inu-yokai – Andiamo a fare una gita.»
Sesshomaru si voltò e se ne andò, lasciando Anna a fissare la porta con espressione sbalordita.
«Una gita?!» chiese la yokai alla stanza vuota.

***

«Ma è bellissimo!» esclamò Rin, estasiata.
Erano in viaggio da quattro ore e la mattina ormai era inoltrata. 
Anna aveva preparato Rin come richiesto e Sesshomaru, senza una parola di spiegazione, le aveva ordinato di seguirlo, dirigendosi verso sud-est. Avevano corso in totale silenzio, mentre Rin giaceva, ancora piuttosto assonnata, tra le braccia di Anna, nascondendo il viso nella sua spalla per sottrarsi al vento. Quando Sesshomaru aveva annunciato che erano arrivati, Anna era troppo turbata per guardare veramente il luogo che era loro meta, ma l’esclamazione di Rin la costrinse a prestare attenzione.
«Kami-sama… – mormorò, abbacinata – È davvero meraviglioso!»
Si trovavano in una piccola valle fra le colline, un prato di erba alta e rigogliosa, pieno di fiori e di farfalle. Un torrente lo attraversava, nascendo da una cascata fra le rocce alla loro destra. Il sole splendeva alto e il cielo era di un azzurro purissimo. Sembrava un grande quadro, perfetto in ogni dettaglio.
Anna lasciò libera Rin, quindi guardò Sesshomaru con una certa sorpresa. Gli pareva strano associare lo yokai a quel paesaggio così solare.
«È… – la voce di Anna incespicò – è meraviglioso, Sesshomaru-sama.»
Lo yokai annuì e procedette, mentre Rin, ridendo gioiosa, dava la caccia alle farfalle. Anna entrò nella valle, ancora stupefatta. Si rese conto che in quel luogo l’odore di Sesshomaru era molto presente. Non poté trattenersi dal chiedergli se fosse rimasto laggiù in quei giorni d’assenza.
«Sì. – rispose lui – È un luogo che conosco da tempo. Mi aiuta a pensare.»
Anna annuì, sentendo quasi scemare tutto il suo risentimento, quindi raggiunse Rin, che la stava chiamando per giocare con lei. Rimasero là a lungo, le due a rincorrersi e Sesshomaru seduto sull’erba, a guardare alternativamente loro e il cielo. Rin fece tante collane di fiori per poi disfarle, insoddisfatta del risultato. Alla fine ne creò una per sé, una di fiori azzurri per Anna e una di fiori bianchi per Sesshomaru. 
«Sesshomaru-sama, questa è per voi!» esclamò Rin, correndo dallo yokai. Anna sospirò, scuotendo il capo e sorridendo. Non credeva proprio che Sesshomaru avrebbe apprezzato. Prima di arrivare allo yokai, però, Rin inciampò e la coroncina di fiori finì giusto in testa allo yokai, sghemba e in una nuvola di petali caduti.
Di fronte all’espressione perplessa di Sesshomaru, Rin e Anna non poterono fare a meno di scoppiare a ridere.
«È così divertente?» chiese Sesshomaru, prendendo la coroncina fra due dita e guardandole come se fossero impazzite. Rin annuì, sempre ridendo, e Anna si asciugò una lacrima. La sua faccia gelida in contrasto con i capelli ricoperti di petali era esilarante. Sempre ridacchiando, si avvicinò a Sesshomaru.
«Rin-chan, dovrai farne un’altra. – disse alla bambina, che si allontanò ancora ridendo – Sesshomaru-sama, se volete che noi si smetta di ridere sarà meglio che vi facciate levare questi petali dai capelli.»
Sesshomaru le lanciò un’occhiata storta, quindi annuì. La cosa prese diverso tempo ad Anna, perché districare i petali dai bei capelli d’argento dello yokai non era roba da poco. Il sorriso, a poco a poco, venne sostituito da un’espressione malinconica. Le piaceva toccare quei bellissimi capelli…un po’ troppo, per la sua salute mentale. Decise di fare conversazione per distrarsi.
«Funziona bene il nuovo braccio, Sesshomaru-sama?» chiese. Non le giunse risposta. «Sesshomaru-sama?» chiamò ancora.
Sesshomaru faticò a destarsi dalla trance in cui era caduto sentendo le dita di Anna passare tra i suoi capelli. Non permetteva mai a nessuno di toccarli, quindi non aveva previsto una simile reazione da parte sua.
«Sì?» chiese, un po’ seccato. Anna scosse il capo e si affrettò ad ultimare l’operazione di eliminazione dei petali.
«Niente di importante, Sesshomaru-sama.» disse nervosa, facendo cenno di alzarsi. Sesshomaru le afferrò una mano, bloccandola.
«Sesshomaru.» disse. Anna, attonita, rimase immobile. «Io mi chiamo Sesshomaru.» ribadì, fissandola negli occhi, che si stavano facendo sempre più grandi per lo sbalordimento. Si voltò di nuovo, lasciandole la mano. «E ora, finisci di pettinarmi. Non mi piace che si lascino i lavori a metà.» ordinò.
Veramente non ti stavo pettinando. – fu il pensiero semi coerente di Anna – Ma chi sono io per contraddirti?
«Sì…Sesshomaru.» rispose lei, affondando di nuovo le dita in quei meravigliosi capelli d’argento. “Non darmi speranze, ti prego…

***

Fu verso il tramonto che le cose presero una piega negativa. Grosse nuvole oscurarono il cielo, promettendo pioggia.
«Rientriamo.» ordinò Sesshomaru. 
I tre corsero nella foresta, diretti al castello. Anna, però, si accorse presto che l’aria era permeata da una strana tensione.
«C’è qualcosa qui attorno.» disse. Sesshomaru fece un sorrisetto cinico.
«Siamo seguiti.» disse.
«Ma da chi?» chiese Anna, perplessa. Sesshomaru non rispose. Presto le fu pienamente percepibile le presenza di almeno otto yokai di discreta potenza. Correvano attorno a loro, nascosti tra gli alberi.
«Basta, mi hanno seccato.» commentò Sesshomaru, fermandosi. Anna si arrestò accanto a lui, stringendo Rin mentre alcune sagome oscure cominciavano a profilarsi tra le ombre del crepuscolo. «Mi controllano da tre giorni, ma non credevo avessero il fegato di attaccarmi.» disse l’inu-yokai, con aria beffarda.
«Ma chi sono?» insistette Anna.
«Non ne ho idea. – rispose Sesshomaru – Lo chiederò all’ultimo, prima di ucciderlo. Tu porta via Rin.»
Anna si voltò verso Sesshomaru.
«Ma…» disse. Lo yokai la guardò con impazienza.
«Non discutere e portala via. Qui la bambina è d’impiccio.»
Senza attendere la sua risposta, Sesshomaru attaccò con mossa fulminea il primo yokai che gli capitò a tiro. Anna ebbe la tentazione di aiutarlo, poi chiuse gli occhi e scappò, tenendo Rin stretta a sé.
«Cosa succede, nee-chan?!» chiese Rin, spaventata, quando due yokai tentarono di fermarle.
«Tieniti forte, Rin-chan!» disse Anna, allontanando gli yokai con due rapidi colpi e correndo a tutta velocità. Fuggirono, mettendo più distanza possibile fra loro e il luogo dello scontro.
Devo lasciare Rin da qualche parte e tornare ad aiutarlo. – pensò febbrilmente Anna, scandagliando la foresta con lo sguardo – Ma dove potrebbe essere al sicuro? Dove?!
«Ehi, chi sono quelli, nee-chan?» chiese Rin, indicando verso destra. La grande velocità con cui Anna procedeva non le permise di vedere altro che due macchie confuse, ma un odore la colpì subito, facendola fermare. Kami-sama, era così simile a quello di lui! Possibile che fosse…
Fece un balzo verso il punto indicato da Rin e si trovò davanti uno yokai e una donna umana. Lo yokai si mise in posizione difensiva, sguainando un’enorme spada e tenendo nascosta la ragazza dietro di sé.
«Che diavolo vuoi, donna?» chiese, minaccioso e sgarbato.
Ottimo!” pensò Anna, sbalordita da tanta fortuna. «Vi prego di ascoltarmi. Ho bisogno del vostro aiuto.» disse, facendo un passo verso i due.

 

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Capitolo 6
*** 6 - Solo una spada ***


Author's note: Finalmente è entrato in scena Inuyasha! Solo che...le cose si complicano! E anche molto! Sesshomaru, si sa, non è un tipo comprensivo...Read and enjoy!

CAPITOLO 6 - SOLO UNA SPADA

L’aveva sentita arrivare già da un po’, ma non avvertiva alcun istinto aggressivo in lei, così si era limitato a rallentare un po’ il passo per non incrociarla. Invece quella yokai, dopo averli superati, aveva arrestato bruscamente la sua corsa ed era balzata loro innanzi. Non aveva idea di cosa volesse, ma non intendeva correre rischi.
Inuyasha nascose Kagome dietro di sé per precauzione e sguainò Tessaiga, brandendola in direzione della yokai.
«Che diavolo vuoi, donna?» chiese in un ringhio, notando nei suoi occhi un lampo di riconoscimento che non gli piacque. 
Inuyasha era grato del fatto che il suo cuore umano fosse sufficiente per utilizzare ancora la spada del padre, nonostante lui fosse ormai uno yokai a tutti gli effetti. Non tutti i demoni sapevano che la Sfera degli Shikon era scomparsa e spesso lui e gli altri subivano ancora attacchi fastidiosi. Quella inu-yokai sembrava piuttosto agile, ma se cercava rogne Inuyasha sarebbe stato ben lieto di ingaggiare battaglia.
«Vi prego di ascoltarmi. Ho bisogno del vostro aiuto.» disse quella, venendo avanti. Inuyasha aggrottò la fronte e Kagome gli pose una mano sulla spalla. La sua Kagome…ancora non poteva credere di avere la possibilità di vivere assieme a lei per l’eternità.
«Inuyasha. – mormorò la ragazza – Non mi sembra minacciosa. Proviamo a parlare con lei.»
«Feh! Non farti incantare solo perché tiene una bambina in braccio! Quella tipa ha un odore che mi irrita.» rispose Inuyasha.
E lo irritava davvero! Non solo c’era qualcosa di assolutamente estraneo alla natura di yokai in lei, ma al suo odore era legato quello di qualcun altro e gli stava dando sui nervi.
«Chi sei? – chiese Kagome alla yokai, lanciando un’occhiata di rimprovero a Inuyasha – Cosa vuoi da noi?»
«Ehi!» protestò vanamente Inuyasha, quando Kagome si fece avanti, uscendo dal raggio della sua protezione. La yokai sorrise brevemente.
«Il mio nome è Anna. E questa è Rin.» La bimba fece un saluto con la mano. «Vi prego, terreste la bambina con voi fino al mio ritorno?» chiese di getto, sbalordendoli.
«Cos…» cominciò Inuyasha.
«Tenere la bambina? Perché?» chiese Kagome.
Anna si morse un labbro. Non sapeva da dove cominciare e ogni parola sarebbe stata un istante perso.
«Per avere spiegazioni, chiedete pure a Rin. – disse, mettendo la bimba a terra – Io devo aiutare una persona che è presa da una battaglia. Non posso mettere Rin in pericolo, così vorrei che la teneste al sicuro fino al mio ritorno.»
«Chi credi che siamo, stupida? – disse Inuyasha, mettendosi una mano sul fianco e appoggiando la spada sulle proprie spalle– Ti sembro una balia?»
«Va bene, la terremo noi.» disse Kagome, con un sorriso. Inuyasha quasi cadde per terra.
«Come sarebbe: la teniamo noi?!» esclamò, mentre Kagome si avvicinava a Rin. La ragazza si voltò verso Inuyasha con un sorriso radioso.
«Oh, avanti! È così carina!»
Di fronte al suo bellissimo sorriso, Inuyasha non poté che capitolare.
«Feh! Fai come ti pare!» borbottò, rinfoderando Tessaiga. Anna sorrise.
«Grazie mille, Kagome e Inuyasha!» mormorò, prima di sparire nella foresta con un balzo.
«Di nulla!» disse Kagome, salutandola insieme a Rin. D’un tratto, però, il sorriso le morì sulle labbra. Si voltò verso Inuyasha, con espressione sconvolta.
«Beh? Che c’è?» chiese Inuyasha, a braccia conserte.
«Come sapeva i nostri nomi?» chiese Kagome. Inuyasha e la ragazza si scambiarono un’occhiata sorpresa. «Rin-chan, sarà meglio che ci racconti tutto.» disse Kagome.
«Ma certo! – disse la bimba, lieta di avere tutta quella attenzione – Rin vi racconterà la storia di Anna nee-chan!»

***

«Certo che quella yokai era proprio strana…» borbottò Inuyasha, mentre si mettevano comodi per ascoltare la storia di Rin. Un fuoco era stato acceso per tenere lontana la notte imminente, mentre aspettavano il ritorno di Anna.
«Oh, Anna nee-chan è una yokai ma è anche umana.» disse Rin, con noncuranza, mentre mangiava con gusto le provviste uscite dallo zaino di Kagome.
«Che…che cosa?!» gridò Inuyasha, alzandosi in piedi per la sorpresa. Rin annuì.
«Anna nee-chan era come Rin e Kagome-chan, prima. – ribadì la bambina – Poi, uno yokai cattivo ha cercato di farle del male, ma lei lo ha sconfitto e gli ha preso tutti i poteri. Me lo ha raccontato lei!»
Inuyasha e Kagome si guardarono, sorpresi.
«Ma…è possibile?» chiese Kagome. Inuyasha si grattò un orecchio.
«In realtà, non lo so. – borbottò – È Miroku l’esperto in queste cose. Però il suo odore mi era sembrato molto strano. Questo potrebbe essere il motivo.»
«Rin è stata felice quando nee-chan si è unita a noi. – disse la bimba, con un sorriso – Lei aveva aiutato Rin a ritrovare gli altri e più tardi ha deciso di viaggiare con noi perché non sapeva nulla su come essere uno yokai.»
«Con noi chi, Rin?» chiese Kagome. Evidentemente, la persona che Anna voleva disperatamente salvare era uno del gruppo.
«Con Rin, Jaken e Sesshomaru-sama!» rispose Rin. La bimba rimase un attimo perplessa vedendo che sia Kagome che Inuyasha la fissavano a bocca aperta in perfetto silenzio.
«Con Se…Ses…» biascicò Inuyasha, incapace di formulare la domanda.
«Sesshomaru? – chiese Kagome, portandosi le mani alla bocca – Ma è impossibile!»
«Conoscete Sesshomaru-sama? – chiese Rin, entusiasta – Lui ha salvato la vita a Rin, quando i lupi l’hanno attaccata. Lui si prende cura di Rin e la fa vivere nella sua grande casa.»
«Dev’esserci un altro Sesshomaru, è l’unica spiegazione. – disse Inuyasha, incredulo – Quel bastardo non riesce nemmeno a guardare un essere umano senza assumere un’aria schifata.»
«Ma, Inuyasha, – obiettò Kagome – non può esistere un altro inu-yokai col suo nome che si fa accompagnare da un Jaken!»
Inuyasha si rifiutò di parlare. Sesshomaru non si era mai comportato così. Non era proprio possibile che quel ghiacciolo senza cuore avesse salvato una bambina.
«Sesshomaru-sama ha accolto anche Anna nee-chan. – continuò la bimba – Lui non sta molto con noi, ma io credo che le voglia bene, perché la ascolta sempre.»
«Feh! Ecco, questo prova che non può essere quel maledetto! – disse Inuyasha, con espressione soddisfatta – Lui l’avrebbe fatta fuori, ma anche se per qualche motivo l’avesse tenuta in vita non le avrebbe mai permesso di spiaccicare parola!»
«Tu somigli molto a Sesshomaru-sama! – disse Rin, sorridendo – Hai gli stessi capelli e gli stessi occhi. Però lui non ha quelle orecchie così carine!» 
Ridendo, Rin si inerpicò sulla schiena di Inuyasha e cominciò a tastargli le orecchie morbide, ma lo yokai era troppo preso dai suoi pensieri perfino per intimarle di smetterla. Kagome lo guardò, preoccupata.
«A questo Sesshomaru manca un braccio?» chiese Inuyasha, improvvisamente.
«Prima sì. – rispose Rin sorpresa, smettendo finalmente di torturarlo – Ma ora nee-chan gliene ha regalato uno nuovo.»
«Questa prova è inconfutabile, Inuyasha.» mormorò Kagome. Inuyasha annuì ma non parlò. Poco dopo, quando Rin giaceva profondamente addormentata sotto una coperta di Kagome, la ragazza si avvicinò al taciturno yokai e gli si sedette a fianco.
«Cosa pensi?» mormorò, appoggiando la testa sulla sua spalla. Inuyasha, con volto grave, sospirò, ma le passò un braccio attorno alle spalle e se la strinse al petto.
«Questa storia non ha senso. – mormorò Inuyasha – Sesshomaru non è…insomma, lo conosci anche tu! È freddo e crudele. Non ha un briciolo di cuore. Non riesco a capire le sue azioni.»
«Forse sta iniziando ad assomigliarti un po’…» scherzò Kagome, per tirarlo un po’ su, ma ottenne solo un breve sorriso. Kagome sospirò e prese a grattare distrattamente la base di un orecchio di Inuyasha, che mostrò di gradire avvicinando la propria testa alla sua.
«Forse sta davvero cambiando. – continuò Kagome – Dopotutto, avete lo stesso sangue. Era anormale che foste così diversi. Probabilmente, a Sesshomaru serve qualcuno che gli insegni a provare sentimenti.»
«Non puoi provare sentimenti senza un cuore.» ringhiò Inuyasha.
Kagome corrugò la fronte.
«Non sei felice che stia cambiando?» chiese, dopo un po’. Inuyasha sbuffò.
«Feh! Non cambierà mai! – rispose, acido – È sempre stato un bastardo, il suo unico divertimento è fare del male. Sono sicuro che entrambe avranno di che pentirsi di essersi fidate di Sesshomaru anche per un solo istante.»
Kagome affondò il viso nel petto di Inuyasha, sorridendo.
«Mi piaci quando ti preoccupi per gli altri.» disse. Inuyasha non poté esimersi dall’arrossire e Kagome ridacchiò.
«Comunque sia, non vedo motivo per cui la bimba possa essergli utile. – osservò la ragazza – L’ha salvata perché la voleva viva. Questa è una bella cosa da parte sua.»
«E la donna? – disse Inuyasha – Sono certo che la tiene accanto a sé apposta per combattere, ho avvertito il suo potere!»
«Non pretendere subito la luna, Inuyasha! – replicò Kagome – Probabilmente è vero, ma io non credo che Anna stia con lui solo per dovere.»
«Cosa vuoi dire?» chiese Inuyasha, perplesso. Kagome si sciolse dall’abbraccio, mettendosi più comoda.
«Non hai notato che sguardo preoccupato aveva mentre parlava della persona che doveva salvare?» chiese. Inuyasha scosse il capo, nella più completa ignoranza. Kagome sospirò. «Ho l’impressione che quella yokai sia innamorata di Sesshomaru.»
La mandibola di Inuyasha subì improvvisamente una forte spinta gravitazionale verso il basso.
«CO…» cominciò a gridare, prima che Kagome gli si gettasse addosso, premendogli le mani sulla bocca.
«Ssh!! Svegli la bambina!» gemette Kagome.
«Cos’hai detto?!» disse Inuyasha, in tono più contenuto.
«Che credo sia innamorata di…» ricominciò Kagome.
«Nessuno può amare un essere del genere! È un sentimento autodistruttivo!» disse Inuyasha, sedendosi a braccia conserte con aria cocciuta e disgustata. Kagome non replicò. Dopo un po’, Inuyasha disse: «Era quello l’odore irritante che le sentivo addosso. L’odore di Sesshomaru. Devono essere stati vicini per diverso tempo.»
«Forse anche lui prova qualcosa per lei. – disse Kagome, abbracciandolo – Lei potrebbe cambiarlo, no?»
«Lui non cambierà.» disse Inuyasha, scuotendo la testa. 
Kagome lo guardò con tristezza. Pur non ammettendolo, Inuyasha avrebbe senz’altro voluto un vero fratello, invece di uno yokai alla sua perenne caccia con l’intento di ucciderlo. Soprattutto durante l’infanzia, la cosa doveva essergli pesata molto. Inuyasha aveva iniziato a confidarsi di più con lei, ma non parlava quasi mai di Sesshomaru. Erano in viaggio da un po’ perché Inuyasha desiderava vedere il grande Palazzo di suo padre, sperando che Sesshomaru non fosse in casa. Per quel che ne sapeva lei, lo yokai aveva sempre e solo attentato alla vita di Inuyasha le rare volte in cui si erano visti. Eppure avevano lo stesso sangue nelle vene. Perché Sesshomaru aveva sempre provato quest’odio per Inuyasha?
«Non cambierà mai.» mormorò ancora Inuyasha. I due rimasero abbracciati, in silenzio.

***

Anna uccise l’ultimo yokai che la teneva occupata, quindi volse lo sguardo su Sesshomaru. In quel momento, l’inu-yokai stava tenendo uno dei nemici per il collo, bloccandolo contro un albero.
Era contenta di aver preso la decisione di ritornare. Sesshomaru poteva farcela da solo, ma gli aggressori erano stati raggiunti da molti rinforzi e, dopotutto, era nei patti che lei combattesse per lui. Sesshomaru non aveva subito nemmeno un graffio e ora si accingeva a interrogare l’ultimo superstite a quella strage. Anna distolse lo sguardo dai corpi insanguinati con una smorfia. Per fortuna, Rin era ben lontana.
Si voltò giusto in tempo per vedere la testa dello yokai rotolare via. Sesshomaru si pulì la mano insanguinata sul tronco dell’albero.
«Chi li ha mandati?» chiese Anna. 
«Non lo sapeva. – rispose Sesshomaru – Questi erano solo un avviso. Qualcuno ha intenzione di sfidarmi. Spero che faccia presto, lo combatterò con piacere.» Si accorse solo in quel momento che Anna non avrebbe dovuto trovarsi lì. «Dov’è Rin?» chiese, stringendo gli occhi. Anna fece un sorrisetto nervoso.
«Al sicuro, non preoccuparti. Ho pensato che il mio aiuto ti sarebbe stato utile.»
Sesshomaru annuì, volgendole le spalle. Sentire la ragazza dargli del tu gli faceva uno strano effetto.
«Va bene. – disse, freddamente – Andiamo a prenderla e torniamo a Palazzo.»
«No!» esclamò Anna, facendolo voltare. Anna si mordicchiò un labbro. «Ehm…no, Sesshomaru. Lascia stare, ci vado io. Tu precedici pure.»
«Ho detto: andiamo a prenderla e torniamo a Palazzo.» ripeté lo yokai. Anna imprecò mentalmente. Era meglio non far incontrare i due fratellini, o non sarebbero ritornati a casa tanto presto.
«È meglio che vada solo io.» borbottò. Sesshomaru corrugò le sopracciglia. Iniziava a seccarsi.
«Dove l’hai lasciata? In un villaggio di umani? – chiese – Non li sterminerò, se è questo che temi.»
«No, io…» cominciò Anna.
«Dove l’hai lasciata?!» chiese Sesshomaru, con tono imperioso. Anna deglutì nervosamente. Al diavolo, non poteva girarci attorno per sempre.
«Ho incontrato tuo fratello Inuyasha, e…» disse. Sesshomaru la afferrò per le spalle con un movimento fulmineo.
«Mio…fratello? – chiese Sesshomaru, con un sibilo poco rassicurante – L’hai lasciata con quel mezzosangue?»
«Sarà al sicuro. Ora vado a prenderla e chiudiamo la questione.» disse Anna, arrabbiandosi a sua volta.
«Lui non deve permettersi di avvicinarsi a ciò che è di mia proprietà.» disse Sesshomaru, stringendola fino a farle male. Quindi la lasciò e spiccò un balzo, allontanandosi nella boscaglia nella direzione da cui era giunta Anna.
«Sesshomaru!» lo chiamò lei, correndogli dietro. Maledizione! Cominciava a pensare che incontrare Inuyasha e Kagome non fosse stata una vera e propria fortuna.

***

Una voce femminile si fece strada nella mente immersa nel sonno di Kagome. Aprì gli occhi a fatica, rendendosi conto di essere sdraiata per terra, accanto al fuoco. Si alzò a sedere di scatto quando non vide Inuyasha accanto a lei.
Lui era in piedi, teso e con la spada già sguainata, e le dava le spalle.
«Sesshomaru!» si sentì echeggiare nella foresta. Poteva essere Anna?
«Inuyasha…» iniziò a dire Kagome, alzandosi.
«Sta arrivando. – mormorò Inuyasha senza voltarsi – Allontanati assieme alla bambina.»
«Ma…» tentò di protestare Kagome.
«Portala via.» disse ancora Inuyasha. Kagome annuì e prese in braccio la bambina addormentata, allontanandosi di qualche metro tra gli alberi.
In quel momento, una velocissima sagoma bianca uscì dalla foresta, gettandosi contro Inuyasha, che balzò all’indietro e menò un fendente con la spada, che però l’altro evitò. Il tutto si svolse a una pazzesca velocità, tanto che Kagome si rese conto che entrambi gli attacchi non erano andati a segno solo quando vide i due fratelli osservarsi con astio senza segni evidenti di ferite.
Sesshomaru osservò il fratello con sguardo critico, a braccia conserte, mentre Inuyasha continuava a tenere la spada di fronte a sé, con aria buia.
«Sei diventato più veloce. – considerò Sesshomaru, senza eccessivo entusiasmo – Combattere con te, ora, potrebbe rivelarsi più stimolante.»
«Feh! Ti sconfiggerei ancora più facilmente di quanto facevo in passato.» replicò Inuyasha, con un sorriso feroce sul volto.
«Sarebbe interessante fare un prova, caro il mio fratellino…» mormorò Sesshomaru, stringendo impercettibilmente gli occhi. In quell’istante, Anna balzò fuori dagli alberi. «…ma ho avuto il dispiacere di incontrarti solo a causa di Anna e Rin. Ridammi la bambina.» finì. Anna si avvicinò a Kagome e Rin, che stava ancora dormendo.
«Vedi? Rin sta bene! – disse Anna, mostrando Rin a Sesshomaru con una punta d’ira nella voce – Lascia stare tuo fratello!»
Sesshomaru sentì crescere in sé la contrarietà. Per quale motivo Anna prendeva le difese di quell’insulso essere che nemmeno conosceva? Anche per questo odiava quell’idiota dalle orecchie da cane. Persino il padre lo preferiva a lui, un bastardo mezzosangue occupava nel cuore del genitore il posto a cui l’erede non avrebbe mai potuto ambire. E ora Anna, che era a tutti gli effetti sua e dipendente da lui, osava contraddirlo e porsi in difesa di Inuyasha?!
«Stai zitta.» disse, freddamente. Un bagliore rosso gli accese gli occhi per un istante.
Inuyasha rise con ironia, reagendo con cattiveria ora che finalmente aveva il potere di combattere alla pari con Sesshomaru. Era stanco di essere l’oggetto del sarcasmo del fratello, quell’iceberg che sapeva solo uccidere e che gli aveva reso la vita un inferno.
«Non sapevo che ti fossi trovato una ragazza, Sesshomaru! – disse, provocandolo – Noto che sei sceso sulla terra e hai smesso di farti riverire come si conviene al Principe degli inu-yokai! Segui il consiglio della ragazza, la tua salute ne guadagnerà!»
«Inuyasha!» disse Kagome, osservando preoccupata la reazione di Anna e Sesshomaru. Capiva l’astio di Inuyasha, ma stava andando troppo oltre. La tensione che si stava accumulando attorno a Sesshomaru era impressionante. Anna era mortalmente pallida. Sesshomaru attaccò senza preavviso, sfoderando Tokijin. Le due lame si scontrarono con un tremendo clangore, mentre Inuyasha indietreggiava leggermente, subendo la potenza dell’attacco.
«Non sono più quello di una volta!» gridò Inuyasha, contrattaccando. 
Sesshomaru dovette ammettere con se stesso che i movimenti di Inuyasha erano diventati molto più difficili da prevedere. Somigliavano ai suoi in maniera impressionante. Schivò un altro paio di attacchi. Sesshomaru, però, conosceva le proprie capacità alla perfezione, mentre Inuyasha non era ancora abituato alle nuove abilità che aveva acquisito. Non poteva perdere. Mimò un nuovo attacco con la spada, mirando in realtà alla mano con cui Inuyasha impugnava l’elsa di Tessaiga. Colpì la mano di Inuyasha con forza incredibile, facendogli cadere la spada, quindi lo afferrò per il collo e lo sollevò da terra.
«Credevi di essere migliore di me? Rimarrai sempre un essere inferiore!» disse Sesshomaru.
«Urgh!» gemette Inuyasha, mentre cercava di liberarsi dalla ferrea presa di Sesshomaru. Il veleno del fratello gli stava già bruciando la pelle.
«No! Inuyasha!» gridò Kagome, spaventata, mentre Rin si svegliava. La bimba guardò con orrore la scena e si aggrappò ad Anna, terrorizzata. La yokai imprecò. Non voleva che Rin vedesse il lato peggiore di Sesshomaru.
«Basta!» gridò Anna, prima che Inuyasha colpisse con incredibile violenza il viso di Sesshomaru, liberandosi della sua presa e facendo volare il sorpreso yokai contro un albero. Sesshomaru si tirò in piedi con aria divertita, passandosi una mano sul volto ammaccato, mentre Inuyasha si teneva una mano sulla gola.
«Non male, fratellino.» mormorò Sesshomaru.
«Vieni, che ce n’è ancora.» ringhiò Inuyasha, facendo un gesto d’invito.
Kagome decise che la cosa era durata abbastanza. Afferrò il proprio arco e si preparò a tirare una freccia a Sesshomaru, ma Anna la fermò.
«No, ti prego! Non voglio che Rin veda queste cose!»
«Ma se non li fermiamo…» disse Kagome. In quel momento, Sesshomaru e Inuyasha ricominciarono a combattere.
«Ci penso io. – disse Anna, con tono urgente – Ti prego, non tirare la freccia.»
Kagome fece per replicare, poi vide l’intensità del sentimento che bruciava negli occhi della yokai e annuì. Anna sorrise brevemente in segno di ringraziamento, quindi si voltò e colpì appena Rin sulla nuca. La bimba svenne.
«È meglio che tu non veda oltre, Rin.» mormorò Anna, lasciandola a Kagome e scattando verso i due contendenti.
Né Sesshomaru né Inuyasha si resero conto del suo avvicinarsi, presi com’erano dal proprio combattimento personale, e questo facilitò le mosse della yokai. Anna si gettò con violenza su Sesshomaru, impattando contro di lui e spedendolo lontano da Inuyasha, che colpì lei invece del fratello.
«Tu?! – esclamò Inuyasha, sbalordito – Ma cosa…»
Sesshomaru era così stupefatto di essere stato colpito da Anna che rimase seduto, senza parole. Non seppe se stupirsi ulteriormente quando Anna afferrò Inuyasha per le spalle e iniziò a sottrargli l’energia vitale. Inuyasha cadde su un ginocchio e Kagome gridò.
«Anna, cosa fai?!» disse, portandosi le mani alla bocca per l’orrore. La yokai gli stava portando via la vita! In quel momento, Anna lasciò Inuyasha, che rimase in ginocchio.
«Spero… – disse Anna, ansimando per la potente energia che aveva assimilato – spero che ora vi sia passata la voglia di combattere.»
Inuyasha la guardò con un’espressione così perplessa e irata che Anna dovette distogliere lo sguardo. Non le piaceva quello che aveva fatto, ma con le buone maniere non avrebbe mai fermato quei due testardi. Sesshomaru si alzò e le andò incontro. Inuyasha tentò di alzarsi, ma invano. Quella donna gli aveva sottratto troppe energie e sarebbe passato un po’ di tempo prima che fosse stato in grado di muoversi.
Dannazione, sono alla loro mercé.” pensò, preparandosi a subire l’attacco del fratello. Invece, davanti ai suoi occhi, Sesshomaru colpì violentemente Anna alla faccia. La yokai cadde per terra senza una parola.
«Non osare…» disse Sesshomaru, stringendo le mani a pugno. L’indignazione che gli tremava nella voce era grandissima. «Non osare mai più colpirmi!» disse. Inuyasha rimase basito e così Kagome. Non avevano mai visto Sesshomaru perdere in quel modo il controllo.
Lo sapevo. – pensò Inuyasha – Sapevo che le avrebbe fatto del male. Mio fratello è un bastardo idiota e lei è una stupida.” Nonostante questo pensiero, non poté fare a meno di provare una stretta al cuore di fronte a quella scena.
«Tu mi appartieni! Il tuo valore corrisponde al massimo a quello di una spada! – disse ancora Sesshomaru, afferrando Anna per il vestito e alzandola a livello del suo viso – Non tollero che tu…»
Si fermò quando vide l’espressione assente sul volto di Anna. Non c’era emozione sul suo volto, nemmeno una traccia. Non piangeva né aveva un’espressione addolorata. Le sue parole avevano il preciso intento di ferirla, ma sembrava che lei fosse priva di ogni emozione. La lasciò andare e le voltò rigidamente le spalle. Si sentiva addosso gli sguardi di suo fratello e di quella dannata donna umana. Come aveva potuto perdere in quel modo il controllo?!
«Vattene. – disse, gelido – Porta Rin a Palazzo.»
Anna si alzò da terra e si diresse verso Rin e Kagome.
«Come desiderate, Sesshomaru-sama.» disse, con voce inespressiva. Inuyasha fu l’unico in grado di vedere che, a quelle parole, Sesshomaru era trasalito. Anna si inginocchiò accanto a Kagome e prese Rin dalle sue braccia. Kagome vide che una guancia della ragazza era gonfia e l’occhio era quasi chiuso. La cosa spaventosa del volto della yokai, però, era la sua totale inespressività.
«Anna…» mormorò Kagome, incerta. Anna fece un sorriso che le trasmise i brividi. Non c’era nulla in quel sorriso.
«Mi dispiace. È stata colpa mia. – mormorò Anna – Avrei voluto incontrarvi in altre circostanze.»
Si alzò, quindi si allontanò tra gli alberi, scomparendo velocemente. I tre rimasero in silenzio, poi Sesshomaru diede le spalle a Inuyasha e si incamminò tra gli alberi.
«Sei uno stupido.»
La voce di Inuyasha lo fece voltare. Suo fratello si stava rimettendo in piedi con l’aiuto della sua donna umana.
«Ti conviene lasciarmi stare, Inuyasha. – disse Sesshomaru – Non sono in vena di ascoltare le tue ramanzine. Ringrazia che non ho intenzione di finirti.»
«È sempre così. – continuò Inuyasha, imperterrito – Quando trovi qualcosa di prezioso, lo distruggi. Quando ti renderai conto di essere solo, cosa farai, Sesshomaru?»
Sesshomaru si oscurò in volto.
«Io, nella mia imperfezione, mi sono reso conto dello sbaglio che facevo allontanando tutto e tutti! – esclamò Inuyasha – Ora sono felice! Tu puoi dire altrettanto?»
Sesshomaru fece una smorfia irata e disgustata.
«Voi e i vostri stupidi sentimenti umani. – sibilò – Sia maledetto il giorno in cui ho cominciato a darvi ascolto.»
Sesshomaru si voltò e se ne andò, lasciando Inuyasha e Kagome da soli. Kagome abbracciò Inuyasha, affondando il viso nel suo petto.
«Ehi, Kagome…» disse Inuyasha, stringendola a sé.
«Avevi ragione tu. Non cambierà mai.» disse Kagome, la voce soffocata dalla stoffa. Inuyasha sospirò. 
«Forse, invece, sta cambiando. – mormorò – Ma non so se lei resisterà abbastanza da compiere il miracolo.» 

***

Sesshomaru rimase nella foresta per tutta la notte.  Lei gli si era ribellata. Aveva salvato la vita di quell’imbecille di suo fratello. L’aveva colpito per distoglierlo dalla battaglia.
Imperdonabile. Imperdonabile!
Aveva fatto più che bene a colpirla. Se l’era cavata fin troppo facilmente. Nessuno contrariava il grande Sesshomaru senza pagare con la vita. Lei se l’era cavata con un semplice colpo al viso. Il suo bel viso, acciaccato e senza espressione.
Alzò la mano che aveva usato per punirla. Un semplice colpo al viso, nulla di più. Lui aveva ricevuto lo stesso trattamento da Inuyasha qualche istante prima e non provava nemmeno più dolore, quindi…Ma cosa stava facendo? Stava cercando giustificazioni?! L’aveva colpita, punto e basta. Era quello che meritava.
Ma lei l’aveva chiamato di nuovo Sesshomaru-sama. C’era odio nella sua voce? No, non c’era nulla. Ce l’aveva con lui perché l’aveva colpita? O perché aveva detto che era solo la sua spada? Era la verità, e non c’era alcun bisogno di giustificazione per la verità. 
Ma non c’era risentimento nella sua voce. Non c’era proprio nulla. Poteva essere un altro blocco emotivo temporaneo.
«Quando le passerà, sentirò il suo odio per me.» mormorò. E allora? Era abituato a essere odiato e temuto, su questo si fondava la sua esistenza.
Il mio nome è Sesshomaru.
Quant’erano delicate le sue dita tra i suoi capelli. Quanto era bello il suo nome sulle sue labbra. Perché?
«La costringerò a chiamarmi di nuovo per nome.» disse alla notte. Ma sapeva che in questo modo esso avrebbe avuto un suono amaro e non gli sarebbe piaciuto. Il viso che aveva colpito, una volta aveva avuto la tentazione di accarezzarlo. Che sensazione sarebbe stata? Sarebbe stato più soddisfacente dell’impatto derivante dal colpire?
Suo malgrado, credeva di sì.
Tu distruggi tutto ciò che hai di prezioso.” aveva detto quell’idiota di Inuyasha. Perché, era preziosa quella stupida femmina che aveva osato colpire il suo padrone? “Quando ti renderai conto di essere solo, cosa farai, Sesshomaru?” Lui era sempre stato solo. E andava benissimo così.
Lei se ne andrà.
Il pensiero gli attraversò la mente come un fulmine doloroso.
«E dove? – disse, sarcastico – Perché dovrebbe?»
Eppure sapeva che era vero. Lei se ne sarebbe andata. 
Distruggi tutto ciò che hai di prezioso.
«Non m’importa se se ne andrà.» disse. Invece gli importava. Non voleva che se ne andasse. Si era abituato alla sua presenza, era interessante argomentare con lei, quando si sentiva in vena.
«Non se ne andrà.» disse ad alta voce. Forse, invece, l’aveva già fatto. «Non glielo permetterò.» disse ancora. 
E come, la colpirai di nuovo?” chiese una voce beffarda nella sua mente. Sesshomaru abbassò di nuovo lo sguardo sulla propria mano. Colpirla lo aveva riempito di uno strano disagio. Non gli era mai successo prima. Aveva sempre colpito e ucciso senza un minimo di ripensamento.
«Non voglio più colpirla.» mormorò.
Allora non riuscirai a fermarla. – disse ancora quella voce – Perché vuoi che resti?
Perché era interessante litigare con lei.
Perché gli piaceva sentirla cantare.
Perché lei gli sorrideva.
Perché sognava di lui e lo chiamava per nome.
Perché gli piacevano tutte queste cose e ancora non era riuscito a capirne il motivo.
«Non le permetterò di andarsene.» disse.
Lasciò l’albero su cui era seduto e si diresse a gran velocità verso la propria casa. Quando vi giunse, fu come l’arrivo di un tornado. Tutto e tutti dovettero fargli largo per non essere travolti.
«Donna!» chiamò, entrando con furia nella stanza della ragazza. Lei non c’era. Sesshomaru si voltò. L’odore di lei portava ai suoi appartamenti.
«Donna!» chiamò ancora, entrando nella grande sala che utilizzava per consumare i pasti. Nulla. Più avanti?
«ANNA!» esclamò, sbattendo una porta. Sentì che nella casa i servitori bisbigliavano tra loro, incapaci di comprendere il comportamento del padrone. Arrivò alla porta che collegava i suoi appartamenti alla Sala del Trono. Lei era lì, seduta composta, che lo aspettava.
«Sesshomaru-sama.» lo salutò con un lieve cenno del capo. Sesshomaru si bloccò.
«Ah, sei qui. Rin riposa?» disse, indifferente.
«Sì, Sesshomaru-sama.» disse lei, fredda quanto lui. Sesshomaru nascose un moto di stizza.
Piantala di chiamarmi così!” pensò. 
«Allora puoi ritirarti. – disse, voltandosi di nuovo verso la porta – Delle tue azioni di stanotte, parleremo domani.» Si incamminò nuovamente verso i suoi appartamenti. Era meglio porre ordine nei suoi pensieri prima di compiere altri gesti sconsiderati. L’importante era che lei non se ne fosse andata prima che lui potesse capire…
«Sesshomaru-sama, gradirei che ne parlassimo ora.»
La voce di Anna lo fece voltare.
«Perché mai?» chiese. 
Il volto della yokai era ancora privo di qualunque emozione, benché il segno della mano di Sesshomaru fosse pressoché scomparso dalla sua guancia. Capì improvvisamente come doveva apparire lui stesso agli occhi degli altri: una cosa fredda e senza vita. Anna abbassò per un attimo gli occhi, come cercando le parole giuste, quindi sospirò.
«Perché, Sesshomaru-sama, domani tornerò a casa.»

 

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Capitolo 7
*** 7 - Una missione difficile ***


CAPITOLO 7 - UNA MISSIONE DIFFICILE

Rin sbirciava le mosse di Anna con viso afflitto. La sua nee-chan se ne stava andando. La yokai stava dando un’ultima occhiata alla propria camera, accertandosi di non aver dimenticato nulla. Rin avvertì una stretta al cuore. Non sapeva cosa stesse spingendo Anna via da quella casa, lontano da lei.
Non aveva voluto crederci quando Anna, quella mattina, le aveva comunicato con voce gentile che avrebbe tentato di ritornare a casa. Rin le aveva chiesto quando sarebbe tornata al castello, con un gran sorriso. Sapeva che, come Sesshomaru-sama, anche Anna poteva percorrere grandi distanze ad alta velocità, quindi, ovunque fosse la casa di Anna nee-chan, lei sarebbe tornata sicuramente presto.
Anna, invece, aveva sospirato, un sospiro che non le era piaciuto per niente, e le aveva raccontato del luogo dal quale proveniva. Un luogo così lontano che lei non riusciva a immaginarselo.
«Se riuscirò a tornare a casa, non credo che potrò facilmente recarmi di nuovo in questo mondo, Rin-chan. – le aveva detto Anna – Ti porterei con me, ma non ritengo sia il caso di costringerti a vivere in un mondo così estraneo. Ti prego, perdonami, ma è davvero ora che me ne vada.»
Rin aveva pianto, l’aveva supplicata, ma Anna, benché non fosse stata brusca e l’avesse consolata pazientemente, era stata irremovibile. Ora aveva preparato il minimo indispensabile per il viaggio. Entro mezz’ora avrebbe lasciato il Palazzo. Rin lanciò un’occhiata a Misao e Rika, sedute in un angolo con aria triste. Perché nemmeno gli adulti tentavano di fermarla?
Era stato tutto così bello, il giorno prima! Rin era stata così felice di vedere vicini Anna nee-chan e Sesshomaru-sama, sembrava che stessero per realizzarsi i suoi sogni! Ma quella notte era successo qualcosa, Rin se lo sentiva dentro. Non ricordava quasi nulla. Sapeva solo che Sesshomaru-sama si era messo a combattere contro quello yokai dalle orecchie carine che gli somigliava tanto. Anna e Kagome gridavano, poi era svenuta.
Da quando erano tornati, però, gli occhi di Anna erano strani. Sembravano…vuoti. Jaken non aveva voluto dirle niente e Rin pensava che nemmeno lui ne sapesse nulla.
Nessuno…nessuno aiuta Rin a fermarla?” pensò, chiudendo gli occhi e stringendo i pugni. “Sesshomaru-sama!” Rin si alzò e corse fuori dalla stanza. Anna la seguì con lo sguardo.
«Perdonami, Rin-chan.» mormorò.
Rin corse a perdifiato per i corridoi, evitando di scivolare parecchie volte, quindi si introdusse negli appartamenti di Sesshomaru.
«Sesshomaru-sama! – gridò, vedendolo in assorta contemplazione del giardino oltre la finestra – Sesshomaru-sama, fermate Anna nee-chan!»
Sesshomaru abbassò lo sguardo sulla bambina sconvolta, che lo guardava con occhi imploranti. Le accarezzò distrattamente i capelli. Sesshomaru sapeva che le sue parole non avrebbero fermato Anna. Non poteva dirlo alla bambina, già faticava lui stesso a rendersi conto che le proprie parole, per una volta, non avrebbero avuto peso. Aveva avuto una sola occasione di chiederle di restare e l’aveva perduta. Sì, perché avrebbe dovuto chiedere. Avrebbe dovuto, probabilmente, scusarsi. Cose inconcepibili.
Infatti, quando lei aveva dato voce ai suoi pensieri dicendogli che se ne sarebbe andata, invece di darle ordini o minacciarla di morte se fosse fuggita, tutto ciò che era uscito dalla sua bocca era stato: «Fai come credi.»
E lei stava facendo come credeva, non c’era alcun dubbio.
«Se lei desidera andarsene, che se ne vada.» disse, smettendo di accarezzarle il capo e volgendo di nuovo lo sguardo all’esterno.
«Non fate così! – gridò Rin – Rin è sicura che Anna nee-chan mancherà anche a voi! Perché non la volete fermare?! Se avete litigato, potete sempre fare la pace!»
Sesshomaru fece una smorfia. Cosa ne sapeva Rin? Si rifiutò di rispondere.
«Almeno… – singhiozzò la bimba – Almeno le potreste chiedere di ritornare…»
Sesshomaru avvertì una strana sensazione nel petto. Non gli piaceva vedere Rin così affranta. Se era per quello, non gli piaceva nemmeno che Anna se ne andasse.
«Può sempre ritornare, già…» mormorò. Inaspettatamente, Rin si voltò e corse via. Sesshomaru si oscurò in volto. No. Non le avrebbe mai chiesto nulla. Che quella maledetta femmina testarda facesse come le pareva e la smettesse di complicargli l’esistenza. Era meglio che si allontanasse da lui prima che facesse altri danni.
Poco dopo, Anna era all’esterno del Palazzo. Tutta la servitù che non era altrimenti occupata era uscita per salutarla, Misao e Rika in testa. Mancavano solo Sesshomaru e Jaken, ovviamente. Anna salutò tutti con un sorriso, nonostante non sentisse che freddo nel cuore. Quando fu il momento di salutare Rin, le cose si fecero più complicate anche per lei. Abbracciò la bimba, che non riusciva più a smettere di piangere, e le raccomandò di comportarsi bene con Rika e Misao e di sorridere il più possibile.
«Lui…lui ha detto di ritornare, nee-chan.» le mormorò Rin all’orecchio. Anna la guardò in volto con una strana espressione. Rin trattenne un singhiozzo. «Sesshomaru-sama…ha detto di ritornare.»
Negli occhi di Anna passò qualcosa che Rin non riconobbe, poi la yokai la lasciò. Fece un nuovo cenno di saluto a tutti. Fu allora che si accorse della presenza di Sesshomaru, che la guardava da una delle balconate superiori. Il suo volto divenne duro come il marmo, rivaleggiando in freddezza con quello di lui, quindi gli voltò le spalle. Non voleva più guardarlo in faccia, dopo quello che le aveva fatto. Ritornare? Desiderava solo mettere più distanza possibile tra lei e quel bastardo!
Mi stavo innamorando di lui…” pensò con animo pieno d’ira prima di allontanarsi, lasciando il Palazzo del Signore dell’Ovest. 
Sesshomaru la seguì con lo sguardo fin dove poté, poi gli giunse una risatina.
«Finalmente se ne è andata, Sesshomaru-sama. – ridacchiò Jaken, soddisfatto – Non era che una seccatura. Se siamo fortunati, non la vedremo mai più!»
Sesshomaru tirò a Jaken un calcio così forte da farlo volare dall’altra parte del lungo corridoio. Lanciò un’occhiata terribile al piccolo yokai, che era rimasto a bocca aperta, terrorizzato.
«Se Anna non ritorna, Jaken, – disse Sesshomaru, voltandosi – io ti uccido.»

***

Anna impiegò alcuni giorni per raggiungere la foresta in cui si era ritrovata quando le era capitato quello strano fenomeno sull’aereo, ma molti meno di quanti ne aveva spesi all’andata. Corse il più velocemente possibile, senza mai voltarsi indietro. Il pensiero di Sesshomaru la tormentava, sebbene cercasse di nasconderlo e soffocarlo. Evitò come la peste i luoghi in cui si erano fermati per allenarsi. 
L’immagine di lui che la colpiva, che la trattava come un oggetto, la tormentava giorno e notte. Che stupida era stata! Si era fatta abbindolare, per poi essere ferita. Avrebbe dovuto saperlo che Sesshomaru non l’avrebbe mai…mai…
«Basta!» ringhiò, cancellando il pensiero prima che venisse formulato e accelerando ulteriormente la sua corsa. Era vicina, ormai. Forse un paio d’ore di cammino. Nessuno l’aveva attaccata, rallentando la sua corsa. Probabilmente l’aura di rabbia che la circondava era un deterrente sufficiente per uomini e yokai.
La prima cosa che vide fu il lago. Si fermò sulla riva, guardandosi attorno con aria buia. Su quella sponda aveva incontrato Sesshomaru, la notte in cui era divenuta una yokai. Cantava alla luna, dando sfogo alla tristezza per l’impossibilità di tornare a casa, per la vita che aveva perduto. Poche ore dopo, aveva perduto anche la sua umanità.
«Non ti avessi mai incontrato, maledetto!» sibilò, corrugando la fronte. Le giunse un grido. Si voltò, seccata, sentendo odore di esseri umani. Il villaggio era vicino e due donne si stavano avvicinando al lago, quando l’avevano vista. Anna le fissò con noncuranza, togliendosi dalla spalla la folta coda di capelli dorati. Una di loro era Haneko, quella stupida. 
«Yokai…una yokai…» continuava a ripetere, impietrita per la paura. 
«Esseri deboli e patetici…» cominciò a borbottare, prima di mordersi la lingua. Le sembrava di ripetere le parole di Sesshomaru. La rabbia la riempì di nuovo e Anna sfrecciò via, passando come un lampo accanto alle attonite donne del villaggio e dirigendosi verso la foresta più profonda, dove iniziò la sua ricerca.
Quando si concesse un po’ di requie, era esausta. Aveva passato una notte e un giorno a cercare un buco, uno strappo nello spazio-tempo, qualunque cosa, insomma, l’avesse scaraventata nella Sengoku Jidai. Niente. Nemmeno il suo fiuto l’aveva aiutata. Anna appoggiò la schiena contro un albero, stringendo i pugni e mordendosi un labbro per evitare di dare sfogo alla propria frustrazione. 
«Non posso essere arrivata qui dal nulla.» ringhiò, fissando con astio la vegetazione. Era l’imbrunire, ormai. Da diverse notti non dormiva e la rabbia stava consumando le sue energie. D’un tratto, avvertì qualcosa. Si volse verso sinistra, in posizione difensiva. Tra gli alberi si nascondeva qualcosa che riluceva d’argento.
«Chi sei?» chiese Anna. Non avvertiva alcun odore provenire da quella creatura.
«Non potrai tornare a casa in questo modo.» disse quello, con voce profonda e bella. Anna fece una smorfia.
«Tu mi conosci, altrimenti non sapresti cosa sto cercando. – disse, senza rilassare nemmeno un mignolo – Svela il tuo nome.»
La creatura, qualunque cosa fosse, rimase in silenzio per qualche istante.
«Non puoi tornare. – le disse poi – Sei una yokai, non potresti più vivere in mezzo agli esseri umani. Ti escluderebbero, o ti condannerebbero. Sei diversa. Non ti aggrada per niente vivere qui? Non sei più un essere umano.»
Anna fece un sorrisetto gelido.
«È inutile che tu mi dica… – disse, prima di lanciarsi contro la creatura – cose che so già!» Anna colpì solo il terreno, scavando una buca profonda, mentre la creatura argentata saltava alle sue spalle, più lontano. Anna si voltò, decisa a sfogarsi su quella incauta creatura, ma quel che vide la bloccò sul posto.
Un essere che aveva tutta l’aria di essere un inu-yokai la guardava con aria solenne e triste, a braccia conserte. Capelli d’argento legati in una coda gli svolazzavano alle spalle. I suoi occhi ambrati erano fissi su di lei con espressione grave. Il viso dimostrava una trentina d’anni e presentava tre segni irregolari di un rosso brillante, due sulle guance e uno in mezzo alla fronte. Indossava un’armatura da guerriero imponente e su una spalla gli poggiava una folta coda rossa. La cosa più impressionante era che Anna poteva vedere la vegetazione attraverso di lui.
«Uno… spirito?» mormorò, senza fiato. Quello annuì.
«Io sono Inuken. Somiglio a qualcuno?» chiese lui, con un sorriso appena accennato, notando lo sguardo indagatorio di Anna. La ragazza incassò la testa fra le spalle. Per tutti i demoni, quell’essere assomigliava in maniera impressionante a Sesshomaru e Inuyasha! Sembrava un miscuglio dei due. Come se l’avesse udita, lo spirito annuì.
«È così. Io sono il padre di Sesshomaru e Inuyasha. Sono io ad averti portata qui. Dovevi essere il mio dono a Sesshomaru.»
Anna sentì le gambe cederle. Si sedette per terra, senza lasciare con gli occhi la figura dello spettro.
Il padre di…oh, kami-sama. – pensò, sconvolta – E mi ha portata lui fin quaggiù. Ho l’intera famiglia contro!
«Mi dispiace averti coinvolta in questo…» cominciò lo spettro. Anna si riebbe dalla sorpresa e scoprì le zanne in una smorfia di rabbia.
«Ti…spiace?! – sibilò – Mi hai strappata dal mio mondo! Che motivo avevi per farlo?! Io voglio tornare a casa mia!»
«L’ho fatto per un motivo ben preciso. – la interruppe il demone, con voce da cui traspariva una notevole autorità – Ti chiedo di ascoltarmi senza discutere, poiché ogni minuto che passo qui mi causa la sofferenza di non restare in comunione con lo spirito della mia sposa.»
«Nessuno te l’ha chiesto.» disse Anna, rifiutandosi di essere cordiale. Lo spettro sospirò profondamente.
«Ti riporterò nel tuo mondo, se lo desidererai ancora dopo che ti avrò mostrato ciò che devo. Vorrei che tornassi da Sesshomaru, perché il mio erede ha un grande bisogno di te.» disse. Anna si alzò da terra con espressione sarcastica.  «Capirai molte cose di lui e del suo comportamento avventato. – aggiunse lui – Ti prego, dammi la possibilità di farti vedere qualcosa.»
«Pare che io non abbia molta scelta. – disse, cinica – Avete tutti il vizio di mettere la gente con le spalle al muro.»
«Ti prego, Anna.» ripeté lo spettro, tendendole una mano. Anna si oscurò in volto.
«Fammi vedere ciò che vuoi. – disse, venendo avanti – Ma non cambierò idea.»
Lo yokai sorrise. Il mondo le girò attorno e d’un tratto Anna fu in un luogo che conosceva fin troppo bene. 
«Il Palazzo? – chiese Anna, guardandosi attorno – Mi hai riportato quaggiù?»
Lei e il padre di Sesshomaru erano all’interno del secondo giardino. 
«Non è proprio lo stesso Palazzo.» disse l’inu-yokai. Si udì una risata di bimbo. Anna voltò lo sguardo e vide due bambini rincorrersi. Uno di loro era un ragazzino umano, che rideva spensieratamente. L’altro era un bambino yokai dai capelli bianchi tagliati sulle spalle. Il bimbo umano correva, l’altro aspettava che si fosse allontanato, quindi lo raggiungeva con un balzo. L’umano fingeva di spaventarsi e, ridendo, scappava ancora. 
«Quello è…Sesshomaru?» chiese Anna. L’inu-yokai annuì. Il bimbo yokai non rideva, ma perlomeno sul suo viso c’era un sorriso. Anna scosse il capo. Non avrebbe mai creduto che quel ‘voi umani, esseri inferiori’ avesse mai avuto un amico mortale.
«Gli avevo dato un compagno di giochi. – mormorò l’inu-yokai – Non ero mai a Palazzo. La madre di Sesshomaru era una yokai selvaggia che morì poco dopo la sua nascita in un combattimento. Pensai gli servisse una compagnia. Feci uno sbaglio, però, ad affiancargli un essere umano.»
«Perché?» chiese Anna. D’un tratto, si trovarono in una camera da letto. Anna si coprì immediatamente il naso sensibile con una smorfia. La stanza era impregnata del fetore della morte.
«Perché gli umani muoiono.» mormorò l’inu-yokai.
Sesshomaru era al capezzale del suo amichetto, che era morto da giorni. Gli occhi ambrati del bambino era fissi sul volto in decomposizione dell’umano. Le sue labbra continuavano a ripetere: «Sono solo…sono solo…»
«Kami-sama…» mormorò Anna, impressionata. Lo spettro abbassò lo sguardo.
«Tornai a Palazzo solo quattro anni più tardi. Ero andato in Cina e mi ero completamente dimenticato del figlio che avevo avuto. – disse – Quando tornai, Sesshomaru disprezzava talmente la debolezza degli umani che non voleva nemmeno sentirli nominare. Se ne incontrava uno, lo uccideva subito. Ci teneva a dimostrare la sua forza, la forza yokai che avrebbe sconfitto anche la morte.»
«Per dimenticare il dolore.» disse Anna, con voce atona. L’inu-yokai annuì. 
«Fu colpa mia. Come ciò che avvenne in seguito.»
La scena cambiò di nuovo. Si trovavano davanti alla porta chiusa della Grande Sala del trono. Sesshomaru, ragazzino, stava seduto ai suoi piedi, l’espressione gelida che lo contraddistingueva già sul suo volto.
«Cosa succede?» chiese Anna.
«In questo giorno, presentai Sesshomaru quale mio erede agli altri esponenti della nostra razza. – rispose l’inu-yokai – Essi, però, non seppero tenere a freno la lingua.»
«Hai intenzione di concedere a quel debole scricciolo di succederti?» rombò una voce all’interno.
«Debole scricciolo…» ripeté Sesshomaru, inespressivo.
«Non ho altri figli.» rispose la voce dell’inu-yokai. Anna non poté esimersi dal lanciare a colui che le stava a fianco un’occhiata di fuoco. 
«Andiamo, sembra una femminuccia! È così delicato e placido che fa impressione!» commentò qualcun altro. Ci fu un coro di risa.
«Una…femminuccia?» disse Sesshomaru, passandosi una mano sul volto fine. Fece uno strano sorriso, quindi balzò via.
«Due ore dopo tornò e fece irruzione nella Sala, sbattendo sul tavolo le frattaglie di almeno dieci yokai centenari che aveva ucciso fuori dal castello.» raccontò Inuken. Sospirò gravemente. «Cercava di essere l’erede che avrei voluto. Forte, sicuro, freddo. Era l’unico modo che aveva per ottenere la mia attenzione.»
Anna non parlò, preferendo non esprimere la propria opinione. Inuken sorrise debolmente.
«Forse non ero ancora pronto ad essere padre. Ma non è una scusante. Feci tantissimi errori con lui, fra cui preferirgli Inuyasha senza alcun riguardo.»
«Il figlio della vostra seconda moglie.» mormorò Anna. L’aveva sempre sospettato. Lo spettro annuì.
«Amavo sua madre con tutto me stesso. Non avevo mai provato un sentimento del genere. – disse, perdendosi nei ricordi – Sesshomaru non mi perdonò mai di aver scelto di passare i miei giorni con una debole umana, di aver addirittura concepito un figlio con lei. Ogni sicurezza avesse avuto con la sua nomina ad erede, era stata minata dalla comparsa di quel nuovo bambino. Sesshomaru lo odiò fin da subito. Mi resi conto che avrei dovuto tenerli distanti, ma questo fece un effetto ancora peggiore.»
Ci fu qualche istante di silenzio.
«Poi ebbi la visione della mia morte.» disse.
«Sapevate che…» esclamò Anna. Inuken annuì.
«Feci forgiare le due spade che ora i miei figli portano al fianco, quindi mi ritirai in meditazione per capire a chi affidare l’una e l’altra. – raccontò lo spettro – Vidi che Inuyasha avrebbe salvato vite con la spada della morte e decisi che Tessaiga sarebbe stata sua. E poi…vidi che la spada Tenseiga avrebbe restituito dei sentimenti al cuore di Sesshomaru. Vidi una bambina e una donna. La decisione era presa.»
«E Sesshomaru non la mandò giù.» disse Anna. Inuken sorrise debolmente.
«No, infatti. Il resto lo sai. Ti ho cercata attraverso le dimensioni, per affidarti il compito di restituire i sentimenti a mio figlio. È l’unico modo che mi resta per espiare i miei errori. Ti prego, non abbandonarlo.»
«Non ho intenzione di ritornare! – ringhiò Anna – Sesshomaru ha avuto le sue occasioni per cambiare e le ha sempre sprecate. Sono certa sia lieto che me ne sia andata!»
«Credi?» chiese Inuken. Alzò una mano e una scena si creò a mezz’aria. Sesshomaru la guardava partire. Jaken faceva uno dei suoi acidi commenti e Sesshomaru lo spediva dall’altra parte del corridoio con un calcio.
Se Anna non ritorna, Jaken, io ti uccido.” 
La scena scomparve. Inuken si voltò verso Anna, che era rimasta in silenzio con aria buia.
«Perché io?» chiese la ragazza.
«Perché la tua anima riesce a toccare la sua.» rispose Inuken. Anna non disse nulla. «Rifletti fino a domattina. – le disse, mentre attorno a loro ricompariva la foresta – Se mi chiederai ancora di riportarti nel tuo mondo lo farò. Ma, ti prego, riflettici.» Anna non rispose. Inuken la salutò con un gesto e scomparve, lasciandola sola.
Quando tornò, la mattina dopo, Anna non c’era più.

***

Era ormai la fine di giugno. La vegetazione era un tripudio di vita e su un prato in particolare, da cui si poteva godere la vista di un meraviglioso castello circondato da tre giardini – a meno che non si fosse un essere umano– fiori e farfalle coloravano di un arcobaleno accecante la terra.
Chiunque avesse guardato dall’alto avrebbe però notato una farfalla in particolare, decisamente più grande delle altre, ammantare di oro e azzurro una zona del prato. Questa grossa farfalla era in realtà una yokai di nome Anna…una yokai non poco perplessa, in quel momento.
Anna era sdraiata sul prato, con la veste azzurra e i capelli dorati sparsi sull’erba attorno a lei, mentre guardava il cielo tra il via vai degli insetti che le passavano davanti al viso. In teoria, stava per ritornare al Palazzo di Sesshomaru. In pratica, aveva già passato l’intera mattinata sdraiata lì a riflettere. Conoscere il padre di Inuyasha e Sesshomaru l’aveva confusa. Assistere in prima persona agli avvenimenti che avevano portato un ragazzo già problematico come Sesshomaru a diventare lo yokai gelido e sanguinario che era aveva ulteriormente minato il suo rancore e la sua voglia di tornare a casa.
Sospirò, incrociando le mani dietro la testa. Inutile girarci attorno. Suo malgrado, nonostante il modo in cui la trattava, nonostante il fatto che avesse osato – e qui non si transigeva, aveva osato – picchiarla, Anna si era innamorata senza speranza dell’anima che ogni tanto faceva capolino attraverso i bellissimi occhi ambrati di Sesshomaru. Quello che si nascondeva dietro la terribile armatura che Sesshomaru si era costruito negli anni era così bello e fragile che al solo pensarci le veniva da piangere e sentiva il bisogno impellente di abbracciarlo. Ah, che stupida! Arrossì suo malgrado e si girò su un fianco, accoccolandosi in una posizione fetale.
Inuken aveva fatto bene i suoi conti. Dopotutto, era stato uno yokai infinitamente potente e con un cervello fino per le emozioni degli altri, tratto che non si poteva dire avesse trasmesso ai figli. Secondo Inuken, lei poteva toccare la sua anima. Anna desiderava con tutto il cuore provarci. Proprio per questo aveva lasciato la foresta e si era diretta nuovamente verso il castello. Ora, però, era preda dei dubbi. 
Nonostante avesse deciso di ritentare, non era tanto stupida da volersi mettere totalmente nelle mani di Sesshomaru, sempre che la volesse davvero veder tornare, come le aveva fatto intendere la visione mostratale da Inuken. Era necessario, d’ora in avanti, tenere segreti i suoi sentimenti e quindi utilizzare ogni giorno ciò che aveva appreso mentre era preda all’ira: come celare l’odore delle sue emozioni. Certo, era contro il patto che aveva stipulato con lui, ma ad Anna non importava più. Si era spezzato tutto quando lui l’aveva colpita inducendola a fuggire. Era giusto che fosse Anna a gestire la situazione, ora. 
Se teneva a lei almeno un po’, Sesshomaru si sarebbe reso conto che la cosa era dovuta al suo comportamento. Magari avrebbe tentato di rimediare.
Ah, basta Anna! Sembri una ragazzina con una cotta!” si disse, seccata. Aveva una voglia di vederlo tanto intensa da farle male. Stare lì a rimuginare per tutta la giornata non avrebbe risolto il problema. Meglio darsi una mossa e affrontarlo di petto. Si alzò a sedere di scatto e da poco più in alto si udì un debole grido di donna.
«Un umano?» mormorò Anna, avvertendo il suo odore attraverso quello dei fiori e voltandosi. In cima al pendio da cui partiva il prato, c’era una ragazza dai capelli d’ebano scintillanti al sole che indossava quella che sembrava tanto un’uniforme scolastica e che stava facendo dei cenni di scusa, dicendo: «Ah, mi dispiace! Non volevo disturbare, ma c’era un verme e…»
Le due ragazze si fissarono un istante, sorprese, quindi esclamarono all’unisono:
«Anna!»
«Kagome!»
Anna si alzò in piedi, mentre Kagome correva verso di lei agitando una mano in segno di saluto. Anna scrollò la testa, incredula.
«Kagome, ma che ci fai qui? – chiese, sorridendo – Sei l’ultima persona che mi aspettavo di vedere.»
«Sono con Inuyasha, che è qui da qualche parte. Stavamo cercando… – disse, per poi restare un attimo in silenzio, sorpresa – beh, quello.» Indicò col dito oltre Anna, che si voltò a metà.
«Il Palazzo? Riesci a vederlo coi tuoi poteri di miko?»
«Pare di sì. – disse Kagome, perplessa – Sarà meglio che dia una voce a Inuyasha.» Ciò detto, gridò il nome dello yokai e Anna trattenne a stento una smorfia al dolore intenso che si propagò nelle sue orecchie.
«Ops, scusa! Dimenticavo che anche tu sei una inu-yokai.» disse Kagome, premurosa. Anna sorrise e scrollò le spalle. Inuyasha apparve in quel momento, balzando con sguardo truce da oltre l’orlo del pendio.
«Cosa c’è Kagome? Qualche problema?» chiese. Quando vide Anna, i suoi occhi si strinsero impercettibilmente. «Che diavolo ci fa qui questa donna?» ringhiò, mentre metteva una mano sull’elsa della Tessaiga. Kagome lo tirò per una manica.
«Non fare lo sgarbato! Guarda là, piuttosto!» lo sgridò. Inuyasha rimase sorpreso nel trovarsi davanti il grande castello che era stato la sua casa nei pochi momenti felici dell’infanzia. Quanto tempo era passato da allora…Rimase in silenzio, tenendo la mano di Kagome come per restare ancorato al presente e non farsi portare via dai brutti ricordi di come era stato costretto a lasciare il castello dopo la morte del padre…e di come la madre era morta.
«Per tutti i demoni, quanto tempo è passato…» mormorò, quindi si voltò con aria seccata verso Anna, che era rimasta in silenzio poco distante da loro. «Beh, sei ancora qui? – le chiese, acido – Non vai ad avvertire il tuo prezioso Sesshomaru che sto camminando liberamente attorno alla sua proprietà?»
«Inuyasha! Chiedi scusa!» esclamò Kagome, indignata.
«Feh!» fu tutta la risposta di Inuyasha, che si voltò dall’altra parte a braccia conserte.
«Osuwari.» disse Kagome. In un istante, Inuyasha si trovò con la faccia nel terreno per almeno quattro centimetri. Anna osservò la scena con aria sbalordita, quindi non poté esimersi dal mettersi a ridere.
«Che diavolo ridi?!» ringhiò Inuyasha, la voce soffocata dal terreno in cui era sepolta.
«Te lo sei meritato. – disse Kagome, accovacciandosi accanto a lui con aria corrucciata – Non sono più sicura di voler imparare quell’incantesimo per distruggere il rosario.»
«Ma…Kagome!» protestò Inuyasha, più che preoccupato al solo pensiero di dover tenere quell’aggeggio addosso per tutta la vita.
«Come mai non gliel’hai ancora tolto, Kagome?» chiese Anna, asciugandosi una lacrima mentre tentava di smettere di ridere. Kagome sospirò.
«È un rosario molto tenace. Posso toglierglielo, ma ritorna sempre al suo posto. – spiegò – Sto imparando da Kaede un incantesimo per ridurlo in polvere.» Kagome sembrò ricordarsi qualcosa e batté le mani davanti a sé. «Ah, quasi dimenticavo! Kaede ha detto che ti conosce!» esclamò, mentre Inuyasha riusciva finalmente ad alzarsi a sedere, dando loro le spalle e borbottando qualcosa di, per loro fortuna, intelligibile. Anna sorrise.
«È vero. Kaede ed io ci siamo conosciute quando ero ancora un essere umano.» disse, annuendo. Kagome mandò un gridolino eccitato.
«Allora è vero quello che ha detto! Vieni da un mondo parallelo al nostro! Per quello ci conosci tutti!» disse. Anna annuì, un po’ confusa.
«Beh, più o meno è così. – disse, sorridendo – Sono lieta che si ricordi di me.» Kagome accennò a dire qualcosa, quindi chiuse la bocca, arrossendo leggermente. «Chiedi pure, Kagome.» la incitò Anna.
«Ehm, dunque…non vorrei sembrare invadente, ma…com’è finita con Sesshomaru dopo quella…quella volta?»
«Me ne sono andata.» rispose semplicemente Anna, con un sorriso.
«Oh…» mormorò Kagome, intristita. Inuyasha sbuffò.
«Bah, non ci credo. – disse, voltandosi a metà – Se fosse vero, non saresti ancora qui. Oppure ti ha mandata via lui e tu non riesci a rassegnarti?»
«Su un punto hai ragione, Inuyasha. Non riesco a rassegnarmi. – disse Anna, annuendo – Infatti sto tornando da lui. Non so se vorrà accettarmi ancora, ma non riesco proprio a lasciarlo perdere.»
«Sei una masochista o cosa?!» chiese Inuyasha, disgustato.
«Tu lo ami, vero?» chiese Kagome. Dopo un istante, Anna annuì.
«Feh, questo dimostra che sei davvero fuori di testa!» esclamò Inuyasha, alzandosi in piedi nell’impeto della sua indignazione.
«Inuyasha!» disse Kagome con voce terribile. Anna le pose una mano sulla spalla per tranquillizzarla.
«Hai tutte le ragioni del mondo per odiarlo. – disse a Inuyasha, che si fermò e la guardò con aria truce – E le avevo anch’io. Qualcuno, però, mi ha fatto vedere cosa si nasconde ancora sotto la lastra di ghiaccio. Questa persona mi ha chiesto di non lasciarlo e io…beh, non è stato così difficile convincermi.»
«Qualcuno? Un altro idiota che pensa Sesshomaru sia recuperabile?» chiese Inuyasha, acido. Anna alzò un sopracciglio.
«Il suo nome era Inuken.» disse. Inuyasha impallidì.
«Non scherzare su queste cose.» mormorò, quasi senza voce.
«Non lo farei mai.» disse Anna. Kagome li guardò alternativamente, perplessa.
«Inuyasha, chi è Inuken?» chiese. Inuyasha abbassò gli occhi e strinse i pugni.
«Era…Inuken è il nome di mio padre.» disse. Kagome rimase a bocca aperta. 
«Ma…tuo padre è morto! Abbiamo visitato la sua tomba, quando Sesshomaru voleva rubare Tessaiga!»
«Infatti era solo uno spirito. – disse Anna – Lui è lieto di come tu hai deciso di vivere la tua vita, Inuyasha, ma non riesce a scordare gli errori che fece nel crescere Sesshomaru. Mi ha chiesto di tentare di raggiungere il suo cuore e io vorrei accontentarlo.»
Inuyasha rimase in silenzio per qualche istante, quindi si voltò e si allontanò di qualche passo.
«Feh! Buon divertimento. – disse – Ti aspetta un bel lavoro, non c’è che dire!»
«Credo sia un po’ commosso.» mormorò Kagome, seguendolo con lo sguardo. C’era tanto amore in quegli occhi che Anna avvertì una stretta al cuore. Se lei avesse guardato Sesshomaru in quello stesso modo, era certa che lo yokai non le avrebbe fatto fare nemmeno un passo all’interno del castello.
«Spero solo di farcela. – mormorò Anna – Forse dovrei somigliarti di più, Kagome. Tu hai fatto miracoli, con Inuyasha.»
«No, non è vero.» si schermì Kagome, arrossendo. Le due ragazze si sorrisero, complici.
«Vorrei farvi entrare a Palazzo, ma ho già difficoltà a credere di poterci rientrare io.» sospirò Anna.
«Mi va bene guardarlo. – disse Inuyasha, da lontano – Non vorrei mai avere il naso pieno del disgustoso odore di mio fratello.»
«Come avete ragione, principe Inuyasha.» mormorò qualcuno. I tre si voltarono di scatto verso l’orlo del pendio. Un demone dal corpo di scarafaggio e dalla faccia da uomo sogghignava, osservandoli dall’alto. 
«E tu chi diavolo sei?» chiese Inuyasha, seccato.
«Sono uno yokai a cui piace la giustizia, principe. – disse quello, inchinandosi sul corpo goffo – Sono qui per farvi una proposta interessante.»
«Qualunque cosa sia, non mi interessa. Vattene.» disse Inuyasha.
«Vengo dal lontano Est per portarvi un messaggio del mio Signore, principe. – disse quello, deplorando i suoi modi sbrigativi – È una proposta che vi permetterebbe di prendervi ciò che è vostro.»
Anna prestò immediatamente attenzione oscurandosi in volto, mentre Inuyasha sorrideva con cinismo.
«Se voglio qualcosa, so prendermelo senza bisogno di aiuti non richiesti, grazie.» disse, voltando le spalle a quell’essere invadente. 
«Ma se aiuterete il Signore dell’Est, egli vi donerà il governo di queste terre, principe Inuyasha!» esclamò lo scarafaggio.
«Il Signore dell’Est?» mormorò Anna, corrugando la fronte. Che fosse la fonte degli attacchi subiti recentemente? Lo scarafaggio sorrise con malignità.
«Il mio Signore sa quanto sia sanguinario il figlio maggiore del grande Inuken. Egli vuole destituirlo e portare la pace all’Ovest. Voi potreste governare qui al suo posto.» spiegò lo scarafaggio.
«In parole povere, dovrei fare da vassallo al Signore dell’Est? – disse Inuyasha, con un sorriso strafottente – Bah, nemmeno morto! Governare su un mucchio di terra non mi interessa affatto. Che se ne occupi quell’idiota di mio fratello. Non voglio avere niente a che fare con i vostri giochetti di potere.»
«Ma…principe Inuyasha!» replicò lo scarafaggio, venendo avanti per cercare di convincerlo. Anna si frappose immediatamente tra i due.
«Spiegami bene: cosa vorrebbe fare il Signore dell’Est?» disse allo scarafaggio. Quello si bloccò, incerto. Dalla yokai non proveniva alcuna aura aggressiva, ma si sentiva lo stesso sulle spine.
«Sembri potente, signora. Aggregati anche tu a noi. – cercò di adularla – Presto il nostro esercito sarà completo e allora attaccheremo lo yokai.»
«Spiacente, stai parlando con la persona sbagliata.» disse Anna, pensierosa. Lo scarafaggio fece un paio di passi indietro. «Cosa ne facciamo, Inuyasha?» chiese Anna, voltandosi indietro. Inuyasha scrollò le spalle.
«Fai tu. A me non interessa nulla.» disse lui, scrollando le spalle. Anna sospirò, quindi con un gesto velocissimo staccò la testa di netto allo scarafaggio. «Grazie per le informazioni. Purtroppo non posso lasciarti andare.» disse al corpo defunto.
«Davvero non ti interessa governare, Inuyasha?» chiese Kagome, distogliendo lo sguardo dalla scena cruenta.
«Proprio tu me lo chiedi? – chiese Inuyasha, sorpreso – Ti sembro adatto a fare una cosa del genere? No, grazie. È una delle cose che quel cretino di Sesshomaru non ha mai capito.»
«Inuyasha, Kagome, io devo andare. – disse Anna, lanciando un’ultima occhiata al corpo del demone – Devo avvertire Sesshomaru e poi…beh, vedere se mi permetterà di restare.»
«Ma certo, Anna. Buona fortuna!» disse Kagome, stringendole la mano. Anna accennò un ultimo saluto e fece per andarsene.
«Ehi. – la richiamò Inuyasha, guardando altrove – Nel caso andasse male, tiragli un pugno sul muso anche per me e poi vieni al nostro villaggio. Là, ormai, un demone in più o in meno non fa molta differenza.»
Anna lo guardò, sorpresa, quindi sorrise. 
«Grazie, Inuyasha!»

***

«Jaken-sama! Jaken-sama!» gridò la guardia, avvicinandosi di corsa al galoppino del padrone.
«Che c’è?» chiese il rospo, gongolando. Da quando quella femmina invadente se n’era andata, il suo posto nell’ordine delle cose era tornato quello di sempre.
«Jaken-sama, una fantastica notizia!» disse la guardia, sorridendo. Un sorriso? Jaken fece una smorfia. Non gli piaceva quell’aria allegra nella guardia. Stonava con l’ambiente.
«Che hai da essere tanto allegro? Non fare baccano, o il padrone si arrabbierà.» chiese, acido.
La guardia incassò la testa tra le spalle, accusando il colpo, poi però riprese a sorridere, abbassando solo di poco il tono della voce.
«C’è Anna-sama che chiede di entrare. È alla Prima Porta!» disse. La bocca di Jaken si spalancò. Quella maledetta era tornata?! Doveva farla sparire subito, prima che il padrone avvertisse…
«Apri la porta.» disse una voce fredda. Jaken girò la testa al rallentatore, mentre la guardia correva via, ben felice di eseguire l’ordine. Sesshomaru stava alle sue spalle e lo guardava con aria divertita. «Pare che la tua vita sia salva.» disse, prima di tornare da dove era venuto. Jaken si batté una mano sulla fronte rugosa, sconfortato. Poco dopo, Anna entrò nel suo campo visivo.
«Jaken.» lo salutò appena. Jaken borbottò qualcosa, quindi le fece cenno di seguirla e la accompagnò fino alla stanza del padrone, visto che non poteva fare altro.
Anna entrò, col cuore in tumulto ma la mente più che lucida e attenta a non far trasparire nulla di ciò che sentiva. Sesshomaru era seduto al tavolo utilizzato durante quella tremenda cena con Tetsuya. Kami-sama, la sua vista dopo più di due settimane minacciava di farle cedere le gambe.
Sesshomaru, senza alcun indizio su cosa stesse pensando Anna in quel momento, era preda a sua volta di uno strano sentimento. Era soddisfatto di vederla. No, soddisfatto non arrivava nemmeno alla realtà di ciò che provava. Non sapeva darle un nome, ma quella sensazione gli piaceva lo stesso. Gli piaceva vederla mentre si sedeva all’altro capo della tavola e lo salutava con un cenno del capo.
«Sei tornata.» si sentì dire, prima ancora di aver formulato il pensiero.
«Sono venuta a dirvi una cosa.» disse Anna, sviando l’argomento. Sesshomaru corrugò la fronte.
«Dunque?» chiese. Era indispettito. Anna aveva ancora qualcosa di strano. Da lei sopraggiungevano pochissimi odori. Era ancora arrabbiata con lui.
«Ho scoperto chi vi sta attaccando. Sono sicari del Signore delle terre dell’Est. – disse Anna – Ha intenzione di muovervi guerra e sta preparando un esercito.»
Sesshomaru rifletté sulla cosa. Non aveva alcun timore di quello sciocco, ma non intendeva rischiare che i suoi domini venissero danneggiati. Forse occorreva parlarne alla Grande Famiglia. 
«Quello stupido. – mormorò, sprezzante – Non è riuscito a sconfiggere il padre e tenta col figlio.» Rifletté ancora per qualche istante, quindi tornò al presente e all’atmosfera tesa che si era creata nella stanza. «È tutto qui?» chiese, visto che Anna era rimasta in silenzio. La ragazza annuì e il volto di Sesshomaru si oscurò. Anna era troppo fredda, molto più del solito. In realtà, la ragazza stava aspettando invano che Sesshomaru le chiedesse di restare, o che le desse un minimo indizio che era la benvenuta. Dopo qualche minuto di assoluto silenzio, Anna si arrese all’evidenza e si alzò.
«Allora, Sesshomaru-sama…» disse.
«Perché sei tornata? Il tuo scopo era avvisarmi?» chiese Sesshomaru. Anna si fermò. «Non desideravi tornare a casa tua?» continuò, imperterrito. Anna si oscurò in volto.
«Mi è stato chiesto di tornare qui.» mormorò. Sesshomaru sollevò un sopracciglio.
«E da chi, di grazia?» chiese, sarcastico. Non certo da lui! Se voleva andarsene, la porta era giusto dietro di lei. Anna fece uno strano sorriso.
«Potremmo dire che è stata Tenseiga.» rispose Anna. Sesshomaru la fissò come se fosse impazzita e la yokai sospirò. «Comunque, sapevo che non sarei stata gradita. Ora me ne vado.»
Si voltò e raggiunse la porta.
«Puoi restare.»
Anna si voltò di scatto. L’espressione di Sesshomaru era fredda come sempre.
«Prego?» chiese Anna.
«Puoi restare. – ripeté Sesshomaru – Se mi chiami per nome. Non mi piace dover ripetere le cose. Ormai dovresti saperlo.»
Anna sorrise e, dopo un attimo, annuì. Le sembrò di sentire il trionfo di Inuken mischiarsi col proprio.
«Allora, col vos… tuo permesso, vado a salutare Rin. Mi è mancata molto.» Ciò detto uscì, lottando con tutte le sue forze per contenere la gioia per quella inaspettata richiesta. Forse c’era speranza di realizzare i desideri di Inuken…e i suoi.
Sesshomaru rimase immobile. Non si era quasi reso conto delle sue azioni. Era come se qualcosa l’avesse spinto a fermarla prima che se ne andasse di nuovo. Il suo sorriso l’aveva riempito di calore. Guardò la spada Tenseiga. Cosa aveva voluto dire Anna? Possibile che…
«Padre…» mormorò, accarezzando distrattamente il fodero della spada che aveva sempre denigrato. Se era sua volontà che Anna rimanesse al suo fianco, che così fosse. Sesshomaru, considerando le sensazioni che la vicinanza della ragazza gli provocava, pensò che non sarebbe stato poi così spiacevole obbedire.
Fu così che Anna riprese il proprio posto all’interno del castello di Sesshomaru. Il suo ritorno fu accolto con gioia da quanti erano riusciti a conoscerla in quei mesi. Da quando la ragazza se ne era andata, tutta la servitù era ripiombata nel terrore del proprio padrone. Si bisbigliava che il cattivo umore del Signore dell’Ovest fosse dovuto alla mancanza della presenza solare di Anna; nessuno, naturalmente, osava fiatare sull’argomento in presenza di Sesshomaru o di Jaken. La vita era una sola, dopotutto.
Ora che la loro hime era tornata, tutto sarebbe andato per il meglio. Perfino il volto del signore del castello pareva più disteso. Il malcontento di Jaken fu soffocato inesorabilmente nella contentezza generale.
Inutile dire che Rin accolse il ritorno di Anna con gioia spropositata. Pianse, rise, la trascinò da Misao e Rika, le quali furono ben felici di vederla, le raccontò tutto quello che aveva fatto, neanche fosse stata via un anno, quindi la sequestrò per l’intera giornata, rifiutando di addormentarsi senza che la sua Anna nee-chan dormisse al suo fianco.
Anna era felice a sua volta. Rin le era mancata molto ed era un piacere stare ancora con lei. In più, constatare di essere benvoluta in quella grande casa l’aveva riempita di un bellissimo calore. Non le era più così difficile considerare il Palazzo la sua nuova casa.
Mentre era sdraiata sul letto, insonne, tenendo ancora la mano di Rin, profondamente addormentata al suo fianco, Anna riportò alla mente il suo colloquio con Sesshomaru. Era sicura che lui non le avrebbe mai chiesto di restare, ma, inaspettatamente, l’aveva fatto. In qualche modo. Ora che ci pensava, non era che avesse chiesto. Si era limitato a esprimere una possibilità. Anna sbuffò. Era tipico di Sesshomaru. In questo modo, non si capiva mai cosa lo yokai pensasse veramente.
Procediamo un passo alla volta. – pensò, chiudendo gli occhi per un attimo – Mi ha permesso di restare. Forse ciò che mi ha mostrato Inuken è la verità, ma non lo scoprirò se gli paleserò i miei sentimenti. Non è ancora pronto per una cosa del genere e io non voglio soffrire.
Ormai sapeva nascondere i propri sentimenti. Probabilmente non avrebbe retto di fronte a forti shock, ma aveva tutto il tempo per lavorarci su. Doveva essere Sesshomaru ad avvicinarsi a lei, non l’inverso. Anna sarebbe stata sempre disponibile e al suo fianco, ma niente di più. Sesshomaru doveva imparare a decifrare i propri sentimenti prima di essere pronto a capire i suoi. E magari accettarli. O condividerli.
«Basta…» borbottò, la voce soffocata dalle mani con cui si coprì il viso. Dall’indomani, le cose dovevano cambiare. Meglio pensare a come aiutare al meglio Sesshomaru per la guerra che si stava profilando all’orizzonte.
Sesshomaru, dal canto suo, aveva notato con una certa dose di stupore l’affetto che pareva legare i suoi sottoposti ad Anna. Il loro sollievo al ritorno della ragazza non era certo passato inosservato ai suoi occhi. Sesshomaru si chiedeva perché. Non gli risultava che i servi avessero mai provato affetto per qualcuno.
Per lui, no di certo. Per suo padre rammentava solo rispetto e lui aveva sempre fatto in modo che questo non mancasse sotto il suo governo. Ma l’affetto? Perché? Da cosa derivava? Era quasi contrariato dal fatto che Anna suscitasse sentimenti del genere negli altri.
Si passò una mano tra i capelli, seccato. Non era il caso di perdersi in simili pensieri. Anna era tornata e qui la questione doveva chiudersi. Aveva recuperato ciò che aveva perduto, forse per l’intercessione del volere paterno, forse perché la ragazza aveva desiderato ritornare. Questo bastava. Sesshomaru aveva intenzione di passare del tempo con lei. Molto tempo. Anna costituiva un mistero dalle mille sfaccettature e ormai Sesshomaru era intenzionato a svelarne ogni aspetto. Quando Anna avesse perso ogni attrattiva, allora Sesshomaru sarebbe stato libero da quella specie di pungolo che gli colpiva il petto ogni volta che pensava a lei.
Piuttosto, c’era una guerra che si stava preparando. Il pensiero non lo riempì della solita soddisfazione, ma nemmeno lo infastidì. Un po’ d’azione, finalmente. Se il Signore dell’Est aveva bisogno di una rinfrescatina alla memoria per quanto concerneva il potere della Grande Famiglia Inu-yokai, Sesshomaru sarebbe stato ben lieto di dargliela.
Ora era necessario studiare le mosse del nemico e stilare dei precisi rapporti riguardo le forze che aveva a disposizione. Sesshomaru non credeva vi fosse dietro nulla di serio, ma era meglio non doversi spossare uccidendo un intero esercito di yokai. Dopotutto, grazie a quel bastardo di suo fratello Inuyasha, non possedeva la Tessaiga. Pensare a Inuyasha gli faceva rammentare l’episodio del pugno con cui aveva colpito Anna, quindi Sesshomaru lo scacciò velocemente.
Doveva mandare delle spie e tenersi pronto. Se proprio le cose fossero andate male e le notizie fossero state peggiori del previsto, avrebbe indetto una riunione speciale a Inuzuka. Sperava di evitarlo, ma, nel caso, si sarebbe fatto accompagnare da Anna. 
Soddisfatto, Sesshomaru chiamò Jaken e gli ordinò di convocare le sue spie migliori.

 

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Capitolo 8
*** 8 - Inuzuka ***


CAPITOLO 8 - INUZUKA

Le spie tornarono. Non tutte, né troppo in buona salute, ma tornarono, portando con loro ampie notizie riguardo ciò che li attendeva.
Il Signore dell’Est stava facendo sul serio. Non solo stava organizzando ingenti truppe di yokai, ma aveva portato dalla sua parte anche guerrieri umani, miko e monaci, galvanizzandoli alla prospettiva di distruggere il sanguinario Sesshomaru, uccisore di indifesi esseri umani e sterminatore di yokai. Sembrava che il giorno fosse lontano, poiché le forze dovevano ancora organizzarsi e mancava un accordo vero e proprio tra gli yokai e gli esseri umani, ma si poteva star certi che, presto o tardi, il Signore dell’Est si sarebbe mosso.
Sesshomaru non si scompose affatto alla notizia. Accolse le nuove delle spie con volto freddo e calmo, seduto con noncuranza sul trono, mentre Anna stava in piedi alla sua destra. L’unica reazione di lei fu un lieve corrugarsi della fronte, mostra della sua contrarietà. Le spie non poterono trattenersi dallo scambiarsi una occhiata stranita: non era proprio il genere di notizie per cui stare tranquilli, invece sembrava che avessero appena riferito ai due di aver trovato un pesce morto in uno dei laghetti del castello. Giusto una seccatura, nulla più.
In realtà, i due si erano preparati da tempo al peggio. Fin dal giorno successivo alla partenza delle spie, Sesshomaru aveva iniziato a valutare la forza delle armate di cui disponeva, il potere a sua disposizione e gli alleati che poteva vantare. Ad Anna era stato affidato il compito di trascrivere tutti i commenti che Sesshomaru faceva tra sé studiando mappe e carte, per poi farne un resoconto comprensibile, offrendogli una visione unitaria delle riflessioni della giornata.
In un paio di giorni, Anna si era talmente calata nel proprio compito che aveva iniziato a partecipare alle riflessioni di tattica e politica. Sesshomaru aveva trovato le sue parole acute e dirette, e aveva inconsciamente iniziato a discutere con lei di ogni particolare.
Questo lavoro era durato quasi un mese, durante il quale avevano passato insieme ogni momento della giornata e molte notti insonni, a stilare messaggi per gli alleati o a studiare tattiche e fare previsioni. Sia Sesshomaru che Anna, ormai, sapevano bene su cosa potevano contare. In più, ognuno forniva nuove idee all’altro, una fonte inesauribile di soluzioni ai problemi. 
Sesshomaru congedò le spie, quindi rimase in silenzio, riflettendo.
«Mi sorprende che si stia affidando a degli umani.» mormorò. Anna si sedette ai suoi piedi.
«Pare che stia progettando una guerra totale. – disse, alzando gli occhi verso di lui – Se parliamo di poteri spirituali buddisti e shintoisti al suo servizio, la cosa si fa grave.»
«Umani.» disse Sesshomaru, stizzito, facendo un gesto secco con la mano. Anna non replicò, ben sapendo che era un semplice sfogo e che la mente acuta di Sesshomaru stava già lavorando per risolvere il problema. A furia di stare vicini, aveva imparato ad assecondare i suoi tempi. «Comunque sì, questo non era previsto. – disse, infatti, qualche istante dopo – Troveremo una soluzione. Intanto sarà il caso di riunire la Grande Famiglia e discutere sul da farsi.»
«Hai deciso di convocarla?» chiese Anna. Sesshomaru le aveva parlato della Grande Famiglia della razza inu-yokai, di cui lui era il sovrano. Ne facevano parte tutti gli inu-yokai di sangue puro. Non avevano obblighi l’uno verso l’altro, come Anna aveva dedotto dal fatto che Sesshomaru avesse quasi ucciso quello che poi lei aveva assorbito, ma nei casi di estremo pericolo si poteva convocare un’Assemblea speciale. Tutti i convocati erano tenuti a partecipare e la riunione si svolgeva su un luogo sacro, la collina di Inuzuka, su cui, si narrava, era nato il primo della loro specie e su cui il sangue di nessuno di loro poteva essere versato. Ancora adesso il luogo aveva una forte attrazione per i cani e per gli uomini che li amavano. 
Sesshomaru annuì.
«Non credo che saranno di alcuna utilità, – disse, con aria sprezzante – ma faranno numero e probabilmente potranno fornirmi altri alleati.»
Anna annuì. Sapeva che Sesshomaru detestava la Grande Famiglia, anche se lo yokai non ne aveva mai accennato. Dopotutto, la Grande Famiglia non l’aveva forse deriso quando Inuken l’aveva presentato come proprio erede? 
Quella sera, Sesshomaru uscì da solo e si diresse fuori dal Palazzo. Appena oltre le mura si trasformò, prendendo la sua forma originaria e lasciando che il potere gli scorresse nelle vene. Alzò la testa alla luna, esaltato. Era molto che rimaneva nella propria forma umana. Spesso si chiedeva perché ci tenesse tanto. La luna calante faceva splendere il suo pelo bianco come la neve. Sesshomaru alzò il muso alla luna e ululò con tutto il fiato che aveva in corpo. Gli echi si propagarono ovunque, riempiendo la foresta, la valle, perfino il cielo. Era il richiamo a cui nessuno poteva resistere. Scandì i nomi nella lingua primordiale della loro razza, abbaiando e ululando finché anche l’ultimo non fu chiamato.
«Andrai a Inuzuka?»
Sesshomaru si voltò. Anna era poco distante e lo guardava. Una luce dorata, demoniaca, le brillava negli occhi, evidente nel buio notturno. Si avvicinò di un passo, incombendo su di lei, che nella sua forma umana sembrava così fragile. Sesshomaru si chiese per l’ennesima volta quando Anna si sarebbe trasformata. Ormai stava diventando…curioso. Uno dei pochi sentimenti umani che a volte provava. Si ritrasformò.
«Sì. – disse, chiudendo per un attimo le palpebre – E tu verrai con me.»
Quando riaprì gli occhi, di nuovo due gocce d’ambra, Anna sorrise. Sesshomaru avvertì di nuovo quel fastidioso pungolo all’altezza del cuore.
«Sì.» rispose lei.
***
Il giorno successivo i due partirono per Inuzuka, dirigendosi verso nord, soli e senza bagaglio. Erano due yokai potenti, in grado di badare a loro stessi.
Anna, molto nervosa prima della partenza, si rilassò progressivamente con l’andare del tempo. Correvano in silenzio per tutta la giornata, poi si fermavano al crepuscolo e riposavano durante la notte. Sesshomaru era molto silenzioso durante il giorno e Anna rispettava questa sua decisione, ma nonostante questo lo yokai era ben lungi dall’essere la persona fredda e distante di poco tempo prima. Anna si sentiva vicina a lui anche nel silenzio. Sesshomaru non la stava escludendo.
Durante la notte, parlavano ancora e sempre del Signore dell’Est e delle sue mosse. A volte, uno dei due dormiva e l’altro stava di guardia. Quand’era Sesshomaru a riposare, Anna passava lo ore osservando il suo viso. Il cuore le faceva male per lo sforzo di contenere l’amore profondo che ormai la legava a lui. Il loro rapporto era cambiato, lo sapeva, eppure cos’erano ora? Più che padrone e schiava, naturalmente. Ma meno che amici, non si poteva negarlo. Non avevano mai parlato di argomenti personali. Il tempo che avevano passato insieme li aveva resi più vicini, in grado di anticipare le parole e le mosse dell’altro. Sapeva che Sesshomaru la rispettava e apprezzava il suo appoggio, ma non più di questo.
Grazie agli dei, Sesshomaru non sospettava minimamente che la persona efficiente e disponibile al suo fianco faceva tutto ciò nella speranza di scorgere l’ombra di un pur piccolo affetto nei suoi occhi quando la guardava. Speranza folle, forse.
Sesshomaru, naturalmente, non notò nulla, però era ben conscio di quanto apprezzasse la compagnia della ragazza, invece che quella di Jaken. Anna rispettava il suo silenzio, conversava con lui quando riposavano. La sua voce dolce lo rilassava, spazzando via la punta di nervosismo accumulata durante la giornata al pensiero di dover incontrare quegli inetti della Grande Famiglia.
Una sera, un paio di giorni prima di giungere a Inuzuka, chiese ad Anna di parlargli del suo mondo. Si accorse di averla sorpresa, ma la ragazza si riprese e gli raccontò in breve della sua vita umana, dei genitori e delle abitudini che aveva abbandonato, non proprio di sua spontanea volontà. Quando finì di raccontare, Sesshomaru annuì. 
«Una vita molto…differente. – commentò – Non mi stupisce che tu non riesca ancora a staccarti dalla tua natura umana. Anche se stai facendo progressi.» Le lanciò un’occhiata, ma Anna non fiatò. In realtà, in quel momento era troppo sbalordita per pensare. «Il mio destino era scritto alla nascita. Il tuo è stato sconvolto.» disse ancora lui, toccando distrattamente la Tenseiga al suo fianco.
«Un destino di vita.» disse Anna. Sesshomaru la guardò, perplesso, e Anna indicò la spada. «Un destino di vita. – ripeté – Ma tu cerchi di sfuggirlo dando la morte.» Sesshomaru corrugò la fronte e non parlò.
«Tu non sai molte cose.» disse dopo un po’, con voce dura. Anna sospirò.
«È difficile che le sappia, se non me le dici.» replicò. Il suo tono dolce fece oscurare ancora di più il volto di Sesshomaru.
Non osare giudicarmi. Non sono affari che ti riguardano.” pensò, voltandosi per chiudere l’argomento. In quel momento, Anna sbadigliò molto prosaicamente.
«Scusa. – borbottò – Sono due notti che non dormo.»
Il risentimento di Sesshomaru scivolò via come acqua fresca. Si sentì, anzi, quasi divertito nel vedere l’espressione assonnata di Anna.
«Vieni qui.» le disse. 
«Cosa?» chiese Anna, d’un tratto più presente.
«Sei troppo stanca. Non voglio essere rallentato da te, domani. – disse, sarcastico – Vieni qui e appoggiati alla mia coda. È morbida. Riposerai come si deve.»
Anna faticò non poco a trattenere il rossore che le stava salendo alle guance, ma non fiatò, notando l’occhiata gelida di Sesshomaru. Ostentando una calma che era ben lungi dal provare, Anna accettò e si sedette a fianco a lui, appoggiando il capo sulla morbida ‘cosa’ rosa che gli passava sopra la spalla. 
Kami-sama, non dormirò mai così!” si disse, il cuore in tumulto, mentre Sesshomaru la avvicinava un po’ di più a sé. Invece, forse a causa del calore del corpo dello yokai, forse per la sensazione di protezione che le trasmetteva, qualche minuto dopo Anna era profondamente addormentata, col capo appoggiato sulla spalla di Sesshomaru, il quale, a quel punto, si stava pentendo della decisione azzardata.
Il profumo di Anna gli stava incendiando il sangue. Non aveva mai sperimentato niente di simile, neppure nell’estasi della battaglia. I suoi occhi erano attratti irresistibilmente dai lineamenti fini della ragazza. La sentiva respirare, le labbra appena socchiuse. Avrebbe voluto posarvi le sue. Gli occhi di Sesshomaru si sgranarono per la sorpresa. Ma che diavolo di pensieri gli giravano per la testa? Aveva sempre considerato con fastidio quel genere di cose! Mai era stato preda dei propri istinti in quel modo ignominioso! Era meglio allontanarsi da Anna, prima che…
Quasi avesse intuito le sue intenzioni, la ragazza si accoccolò meglio contro il suo petto, trasmettendogli un calore che lo riscaldò fin nelle ossa.
«In che modo riesci a farmi questo?» mormorò. Appoggiò le labbra sul suo capo. Un’ondata dolce e malinconica che non capì lo invase. Sesshomaru strinse Anna a sé e appoggiò il capo al tronco dell’albero che aveva alle spalle, cercando di decifrare quella strana sofferenza.
Fu così che si addormentò a sua volta.
***
Il mattino dopo, Anna si svegliò sotto l’attacco pressante di un raggio di sole. Aprì gli occhi, schermandosi il viso. Era appoggiata al tronco di un albero. Accanto a lei non c’era nessuno. Anna si alzò a sedere di scatto, guardandosi intorno. Sesshomaru, in piedi poco distante, la guardò con blanda curiosità.
«Sveglia?» chiese.
«Uh…sì.» rispose Anna, stranita, riavviandosi i capelli spettinati. Come sospettava, alla fine dei conti Sesshomaru l’aveva fatta dormire contro un albero, dopo che si era assopita. La cosa non la sorprendeva, eppure, nel dormiveglia, aveva avuto la netta impressione di avvertire il calore del suo corpo e il peso del suo capo sopra il proprio, la bellissima sensazione del suoi capelli tra le dita. Follia, naturalmente. Un bel sogno distrutto dalla cruda realtà. Anna sospirò, alzandosi. Meglio evitare di dormire, d’ora in avanti. Se avesse parlato nel sonno, visti i sogni che faceva, si sarebbe rovinata.
«Possiamo andare?» chiese Sesshomaru. Anna lo guardò, non mancando di notare il tono insolitamente mite dello yokai, quindi annuì e gli rivolse un bel sorriso. Sesshomaru le voltò le spalle e si mise in marcia, ben sapendo che lei l’avrebbe seguito.
Quel che Anna non sapeva era che Sesshomaru stava ancora facendo fatica a credere alla fortuna che aveva avuto. Si era svegliato non più di cinque minuti prima di lei, trovandosi in una posizione decisamente equivoca. Lei gli riposava sul petto, una ciocca dei suoi capelli in una mano. Lui aveva il capo poggiato su quello di lei e la teneva stretta a sé con un braccio. Svegliandosi, era rimasto per un attimo paralizzato sentendo un corpo così vicino al proprio, esperienza nuova per lui, poi era stato di nuovo sommerso da quella strana sensazione che aveva avvertito la sera prima. Inconsciamente, aveva annusato i capelli profumati di Anna e lei si era mossa nel sonno, riportandolo alla realtà.
Se Anna si fosse svegliata, avrebbe creduto che…Che cosa? In ogni caso, questo…qualcosa avrebbe peggiorato la situazione.
Così aveva utilizzato tutto il suo freddo autocontrollo per slacciarsi dall’abbraccio della ragazza e appoggiarla al tronco dell’albero, allontanandosi poi di qualche passo per recuperare la calma. Lei si era svegliata poco dopo. Davvero, davvero una gran fortuna! 
Mentre correva con lei alla volta di Inuzuka, non poté fare a meno di essere conscio della sua presenza in un modo che era quasi doloroso. Sesshomaru non riusciva a capire nulla di ciò che stava provando, se non che tutto derivava dal calore: quello del corpo di lei contro il suo, che gli scorreva nelle vene quando avvertiva il suo profumo, che gli colmava il petto e gli serrava lo stomaco quando lei sorrideva o lo guardava dritto negli occhi. Sesshomaru non aveva mai conosciuto il calore. La sua vita era fatta di ghiaccio fin nel profondo.
Ora, tutti i suoi sensi anelavano quell’esperienza che si era sempre negato più o meno coscientemente. Sesshomaru era sempre stato certo di essere superiore a questo genere di cose e aveva disprezzato coloro che ne cadevano vittime, giudicandoli deboli e schiavi di coloro che desideravano. Suo padre gli era apparso così, quando aveva condotto a casa quella stupida donna umana. Chi ama soffre. L’amore è inutile e debilitante, svia gli intenti e indebolisce il potere. Questo aveva sempre pensato. Eppure adesso soffriva nel privarsi del contatto con quella ragazza. Avrebbe dovuto sentirsi debole, invece avvertiva una sorta di pace dell’anima che lo sconcertava ancora di più. Perché lei riusciva a fargli quell’effetto? Quale malia aveva lanciato sul grande Sesshomaru?
Lo yokai, nei due giorni che seguirono, rifletté a lungo sulla cosa, senza che Anna ne avesse il minimo sentore. Arrivò perfino a pensare di soddisfare velocemente il suo desiderio, in maniera da essere poi libero da quello strano fuoco intrigante che lo rodeva, ma qualcosa lo frenò. Non riusciva a trattare Anna come una qualsiasi altra creatura a lui inferiore, il che, nel suo gergo, comprendeva più o meno tutti gli esseri viventi sulla faccia della Terra. Non poteva più pensare di farle del male. Questo lo irritava e lo metteva a disagio. Eppure, sopportava tutto questo per poter provare di nuovo la magnifica ondata di calore quando lei lo guardava con quegli occhi che parevano dirgli: «Tu sei importante.»
Ed era la prima, forse l’unica, che pensava questo di lui in quanto Sesshomaru e non in quanto Signore delle Terre dell’Ovest. Per Sesshomaru era tutto una nuova esperienza.
Iniziò a preoccuparsi. Stava portando Anna al cospetto della Grande Famiglia. Quando gli altri inu-yokai avessero conosciuto la sua origine, avrebbero cercato di farle del male. Lui non aveva mai avuto nessuno da proteggere, tranne se stesso. La piccola Rin aveva parzialmente modificato la sua natura egoistica, ma ora il pensiero delle parole crudeli che i membri della Famiglia avrebbero rivolto ad Anna lo riempì di un gelido furore.
Sesshomaru non voleva cedere alle lusinghe di quegli occhi sorridenti, ma non voleva nemmeno sentirsi in debito. Sarebbe stato lui a proteggere Anna da quei dannati. L’importante era non cedere, non cedere assolutamente. Ci mancava solo che Anna diventasse importante per lui.
***
 «Non è molto diversa dalle altre qui attorno.» considerò Anna, camminando a fianco di Sesshomaru lungo il pendio erboso della grande collina di Inuzuka e osservando i colli circostanti. 
«Lo è abbastanza.» fu il lapidario commento di Sesshomaru, che non aggiunse altro. Anna sospirò. Da quella mattina Sesshomaru era tornato taciturno. Ormai avevano raggiunto Inuzuka e sicuramente la mente dello yokai era concentrata sulla riunione che si sarebbe svolta da lì a poco, ma Anna si sentiva defraudata di quel poco d’attenzione che Sesshomaru le aveva riservato negli ultimi due giorni.
Avevano appena superato un piccolo tempietto la cui aura benefica era stata inghiottita dalla natura demoniaca del terreno circostante. Secondo Sesshomaru, poco più avanti, tra gli alberi, avrebbero trovato una grande casa, ove la riunione avrebbe avuto inizio. 
«Non parlare se non sei interpellata. – le ricordò Sesshomaru per l’ennesima volta – Stammi vicina e non provocarli.»
«Me l’hai già detto mille volte. Ti sembro così stupida?» disse Anna, piccata. Dove stava andando a finire tutta la considerazione di quei giorni? Sesshomaru le lanciò un’occhiata seccata, quindi tornò a guardare di fronte a sé. Anna, però, notò una luce preoccupata in fondo ai suoi occhi e se ne stupì. Che Sesshomaru fosse preoccupato per lei? La cosa sfiorava il miracoloso. «Comunque, non devi preoccuparti. Farò come vuoi.» disse Anna, più mite. Sesshomaru la guardò di nuovo, più a lungo, quindi annuì. Anna ne fu sbalordita. Sesshomaru era davvero preoccupato per lei, perché non aveva sotterrato le sue parole sotto quintali della sua gelida ironia.
Raggiunsero presto una grande macchia d’alberi, tra cui si poteva già intravedere la grande costruzione che li avrebbe ospitati. Le narici di Anna furono immediatamente piene dell’odore di almeno una ventina di inu-yokai, più o meno potenti, che attendevano il Signore Sesshomaru ciondolando nella zona.
«Non allontanarti…» cominciò a ripetere Sesshomaru, con voce assente.
«Da te, lo so. – disse Anna, avvicinandosi a lui ancora di più – Forza, fammi conoscere la mia razza.»
Nella boscaglia tutti i movimenti si fermarono. L’avvicinarsi del Principe dei Demoni era stato avvertito. Sesshomaru e Anna sbucarono davanti all’entrata di una grande casa un po’ rovinata dal tempo, decorata con smalti rossi. Schierati in ordine sparso, più che altro in atteggiamento curioso o impaziente, diciotto inu-yokai accolsero in silenzio la loro comparsa. Anna notò che erano tutti dissimili tra loro. A parte un odore di fondo inequivocabile, nelle loro forme umane gli inu-yokai non si assomigliavano per niente. La maggior parte di loro dimostrava pochi più anni di Sesshomaru, alcuni sembravano di mezz’età, un paio parevano avere la stessa età di Anna. I loro sguardi le scivolarono sopra senza realmente vederla e tutti si concentrarono su Sesshomaru.
 «Sesshomaru-sama. Siete puntuale. – osservò uno di quelli più anziani – Spero ci abbiate convocati per un buon motivo.» 
«Non sono solito sprecare il mio tempo. – disse Sesshomaru, gelidamente – Come non sono solito tollerare che si usurpi il controllo che mi spetta su queste faccende. Non ti è stato chiesto di parlare.» Le sue parole sferzarono le facce indolenti dei presenti come frustate. Di colpo, tutti abbassarono gli occhi e il silenzio tornò a regnare. «Andiamo dentro.» ordinò Sesshomaru, osservandoli con aria sprezzante.
La riunione della Grande Famiglia Inu-yokai si protrasse per tutta la giornata e la notte successiva. Gli yokai, seduti a un enorme tavolo, ascoltarono le ultime nuove dall’Est e, come Sesshomaru aveva previsto, reagirono con sdegno. Nessuno dei presenti gradiva la sua presenza in qualità di capo della Famiglia, ma allo stesso tempo erano così orgogliosi della propria razza che un affronto tale li avrebbe uniti come nient’altro avrebbe potuto fare. Così, ognuno di loro si impegnò a offrire al gelido Principe tutti gli alleati e le forze di cui disponeva. La cosa fu lunga, poiché Sesshomaru pretese una lista puntigliosa e precisa. Anna, seduta accanto alla porta scorrevole che dava sull’esterno, prese nota di tutto, come era suo compito da quando quella storia era cominciata.
Verso l’alba, la lista venne ultimata e il clima si rilassò. Gli inu-yokai iniziarono a chiacchierare tra loro, chiedendo solo sporadicamente l’attenzione di Sesshomaru, che in quel momento era preso dalla lettura delle note che Anna gli aveva passato.
«E quando intendete attaccarlo, Sesshomaru-sama?» chiese lo yokai di mezz’età che l’aveva provocato al suo arrivo.
«Intendo aspettarlo, non attaccarlo. – disse Sesshomaru, senza alzare gli occhi dal foglio e suscitando silenzio nei presenti – È preferibile combattere su un territorio conosciuto. Non abbiamo ancora rimedio contro gli esseri umani con potere spirituale.»
«Avete ragione, Sesshomaru-sama. – commentò una donna yokai con i capelli rossi e l’aria arrogante – Uomini, feccia del cosmo! Non c’è macchia peggiore dell’essere umani.»
Qualcuno rise, altri ripresero a chiacchierare, ma Sesshomaru non rispose. Anna rimase impassibile e continuò a guardare il mutare del cielo nel sorgere del sole. Avrebbe dovuto essersi abituata a questi discorsi da yokai, ma le davano ancora fastidio. La sua anima, dopotutto, era ancora dolorosamente umana. In più, se pensava a quello che aveva dovuto sicuramente subire Inuyasha da quegli stessi yokai, le ribolliva il sangue dallo sdegno.
Gli occhi della donna dai capelli rossi, però, in quel momento si focalizzarono su di lei. Con un sorriso vago ma maligno sul volto, si alzò con un movimento fluido e superò Sesshomaru, avvicinandosi ad Anna. Sesshomaru si tese, avvertendo nella donna un’aura combattiva intensa. Si voltò a metà, gelido, pronto a squartare la yokai in due se solo avesse sfiorato Anna…che in quel momento gli parve bellissima, con i capelli dorati fluttuanti sulle sue spalle e l’aria vagamente malinconica con cui guardava il cielo.
Anna si accorse dell’avvicinarsi della yokai, ma non le diede peso. Quella donna era una stupida. Non ci voleva un genio per capire che aveva intenzioni aggressive. 
«Sesshomaru-sama, avete portato una bambolina davvero carina. – tubò la yokai, mettendosi le mani sui fianchi e piegandosi per guardare Anna in volto con aria canzonatoria – Sembra una inu-yokai, ma non è della Famiglia, giusto?»
Sesshomaru corrugò la fronte, ma Anna gli lanciò un’occhiata che comprese immediatamente. Aveva ragione, meglio mettere le cose in chiaro.
«Anna è una nuova creatura. – disse, gelido, appoggiando le note sul tavolo – Era una donna umana con del potere. Per questo è stata attaccata da uno della Famiglia, che ha tentato un incantesimo di fusione. Lei, invece di essere assorbita, è riuscita a sopraffarlo. Ora è una demone quanto te.»
Bisbigli e occhiate disgustate vennero lanciati ad Anna, che non cambiò espressione di una virgola. Sesshomaru si chiese cosa fosse cambiato in lei. Possibile non provasse più molto? Da quando l’aveva colpita, le emozioni di Anna non erano mai realmente avvertibili. 
«Beko è scomparso qualche mese fa. – disse l’anziano, corrugando la fronte – Si tratta di lui?»
Sesshomaru annuì. La donna coi capelli rossi rise.
«Beh, che io sia dannata se non è molto più carino a vedersi, ora! – sogghignò – Sei una bella bambolina. Non mi sorprende che Sesshomaru-sama ti tenga con sé. Davvero un soprammobile grazioso! Non parla, non si muove…»  
«Una femmina gelosa. – mormorò Anna, guardandola con aria annoiata – Ridicola.»
La donna dai capelli rossi rimase basita e divenne paonazza. 
«Co…sa?!» chiese, senza fiato. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, incapace di digerire tanta impudenza, quindi sbottò: «Come osi, feccia umana?!» 
«Insulto noioso e prevedibile. – commentò Anna, volgendo il capo dall’altra parte – L’odore della tua gelosia è così intenso e nauseante che l’avrei avvertito perfino da umana.»
Sesshomaru non poté trattenere un sorrisetto. Anna non si sarebbe mai fatta mettere sotto da una sciocca yokai impulsiva come la rossa.
«Strega!» ringhiò quella, allungando le mani artigliate verso il collo di Anna. La ragazza scomparve da sotto le sue grinfie e ricomparve alle sue spalle senza scomporsi.
 «Non è colpa mia se Sesshomaru-sama non si è mai accorto della tua esistenza. – commentò Anna, scacciandosi i capelli dalla spalla – Non sono io ad averti creata così inutile.» 
«Kima, adesso basta.» la riprese qualcuno. 
«Io ti sfido, brutta strega!» sbraitò quella. Anna alzò le spalle, accettando. 
«Kima! – la sgridò uno dei più anziani – Sai bene che non si può spargere sangue su questo terreno!»
«Non c’è problema. La mangerò in un boccone e il terreno non avrà di che lamentarsi.» ringhiò la yokai.
«Sesshomaru-sama, fermatele!» disse qualcuno. Sesshomaru si alzò.
«Se Anna vincerà, voi la accetterete nella Famiglia.» furono le sue uniche parole, accolte da un silenzio attonito. Kima divenne ancora più furiosa. 
«Usciamo da qui, ragazzina. Scoprirai chi è Kima.» ringhiò.
Anna seguì con noncuranza la rossa all’esterno. Le due si fronteggiarono su un terreno aperto, circondate dagli inu-yokai.
«Ora scoprirai cos’è il terrore, mocciosa!» ringhiò Kima, prendendo forma canina. Anna la guardò con sufficienza. Era nemmeno la metà di Sesshomaru. Se Kima voleva impressionarla, avrebbe dovuto sforzarsi un po’ di più.
«E tu non ti trasformi, ragazza?» chiese uno degli spettatori.
«Un umano basta a sconfiggere un cane del genere.» fu la risposta gelida di Anna. Il cane rosso ringhiò, scavando solchi nel terreno con gli artigli. Kima si gettò su Anna con le fauci spalancate. Anna saltò con noncuranza e atterrò a braccia conserte sul dorso di Kima, che si voltò di scatto, sorpresa.
«Sei lenta.» disse Anna, saltando via di nuovo, mentre la yokai si voltava sulla schiena per schiacciarla. Sesshomaru seguiva lo scontro con aria inespressiva, sordo alle grida di incitamento degli altri yokai, che si stavano facendo prendere dalla battaglia. Il comportamento di Anna non era normale. Non avvertiva il minimo istinto combattivo e questo non era possibile. Era stata insultata e Sesshomaru conosceva bene quanto la ragazza fosse portata ad arrabbiarsi. Aveva sperimentato di persona la sua rabbia. Ora, questo suo comportamento sembrava lo specchio del proprio. Qualcosa non andava.
Anna giocò con Kima ancora per un po’, nonostante le urla di incitamento degli altri, che la definivano “debole umana”, “piccola bastarda” e altre amenità del genere, l’avessero già fatta uscire dai gangheri. Era lieta di essere ormai in grado di contenere le sue emozioni. Non avrebbe mai dato a quei dannati la soddisfazione di sentire la sua sofferenza a quelle parole…e alla mancanza di reazioni da parte di Sesshomaru.
«Basta, sono stanca.» mormorò dopo aver evitato l’ennesimo attacco. Anna saltò sul capo di Kima e vi poggiò una mano. Una grande energia passò immediatamente dentro di lei, mentre la yokai crollava a terra, uggiolando, quasi senza vita. Anna la lasciò e il grande corpo rimase riverso a terra, ansimando.
«Non ti ucciderò. – disse Anna, fredda – Ma vedi di imparare a frenare la lingua, grande e potente Kima.»
«È…potente, Sesshomaru-sama. – mormorò uno dei più anziani – Siete stato saggio a tenerla con voi.»
Sesshomaru annuì distrattamente, continuando a osservare Anna. Possibile che…                          
«Sarà potente, ma non è pura. – ringhiò un altro – Non possiamo comunque accettarla nella Famiglia.» 
«Ma non hai visto come ha battuto Kima?!» disse una delle altre ragazze, impressionata. Si generò una disputa sul da farsi piuttosto accesa. Anna, seccata oltre ogni limite, si voltò e si inoltrò nella foresta, ignorando deliberatamente l’ordine di Sesshomaru di non allontanarsi. 
Sesshomaru aveva continuato a fissarla con aria inespressiva, senza dire nemmeno una parola in suo favore. Cos’aveva, era seccato perché aveva avuto l’ardire di combattere contro una yokai pura? E allora? Era stata insultata, era il minimo che potesse fare! Perché nei momenti in cui aveva bisogno del suo appoggio era così maledettamente freddo?!
«Cosa sono ora per te?» sibilò, lasciando per un istante libera la sua ira profonda, ormai al culmine. Fortunatamente non vi era pericolo, Sesshomaru era insieme agli altri yokai, che riempivano l’atmosfera delle loro aure rabbiose. Sarebbe passata inosservata. Frustrata, tirò un pugno a un albero, sfondandone il tronco, quindi continuò a camminare, sigillando di nuovo i propri sentimenti. Anna, però, non sapeva che Sesshomaru aveva lasciato gli altri inu-yokai a discutere e si era alzato in volo per seguirla nel suo cammino. Così, da lontano, aveva assistito al suo scoppio d’ira.
«Mi ha ingannato.» mormorò Sesshomaru, guardandola allontanarsi. Anna sapeva contenere le sue emozioni. Era venuta meno al patto con coscienza. Da quando? Da quanto tempo lo ingannava? Ma certo, era ovvio. Da quando lui l’aveva colpita.
«Mi ha mostrato un volto felice quando le ho detto di restare…» 
Probabilmente era una menzogna.
«Era gentile e calma.»
Mentiva.
«Mi guardava come se fossi importante.»
Sicuramente mentiva.
Anna lo stava ingannando da molto tempo e lui c’era quasi cascato. Nulla di ciò che lei gli aveva mostrato corrispondeva a ciò che provava davvero. Probabilmente lo odiava. Restava con lui perché era tanto stupido da offrirle vitto e alloggio dei più lussuosi. Si stava facendo strada nel suo animo con un’abilità che aveva dello spaventoso.
«Maledetta donna. – sibilò Sesshomaru, mentre stringeva i pugni – Hai osato ingannarmi!»
Gliel’avrebbe fatta pagare cara. Non si faceva questo al grande Sesshomaru senza pagare il prezzo più alto. Il pensiero del calore che la sua vicinanza gli procurava gli causò il solito dolore al petto, ma Sesshomaru lo scacciò. L’unico calore che avrebbe riempito la sua vita d’ora in avanti sarebbe stato quello della rabbia.

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Capitolo 9
*** 9 - Ti odio ***


Author's note: Un ringraziamento di cuore a tutti voi che state leggendo Cuore di Demone! Siamo ad un punto critico!

CAPITOLO 9 - TI ODIO

Anna tornò alla grande casa solo verso sera. Il sole era già tramontato. Sapeva che tutti stavano dormendo, recuperando il sonno perduto a causa della riunione, quindi si inoltrò nei corridoi a passo felpato. Sospirò per l’ennesima volta in quella giornata pensando alla propria stupidità nello sperare l’impossibile, quindi aprì la porta della camera che le era stata assegnata.
Poco visibile tra le ombre della stanza, Sesshomaru la attendeva, in piedi, appoggiato a una parete. Volse i suoi occhi ambrati verso di lei.
«Sesshomaru?» disse Anna, incerta. Sesshomaru non era mai entrato nella sua stanza senza che lei fosse presente. Soprattutto dopo il calare del sole. Sesshomaru rimase immobile e in silenzio. Anna si rese conto che qualcosa non andava. C’era troppa tensione nell’aria.
«Sesshomaru, cosa…» iniziò. Sentiva un impulso irresistibile di voltarsi e fuggire.
«Entra e chiudi la porta. – disse Sesshomaru, con voce così fredda da farla rabbrividire – Io e te dobbiamo parlare.»
Il cuore di Anna tentò di compiere un balzo doloroso, ma la yokai riuscì a tenerlo a freno. Cos’avevano da parlare? Sesshomaru era arrabbiato, forse per il suo intermezzo con quella…come si chiamava…Kima? Preparandosi a una sonora sgridata, Anna entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di sé. Sulla stanza calò un buio profondo e un silenzio altrettanto cupo. Anna sentiva i battiti del cuore scandire il tempo, mentre i suoi occhi rimanevano concentrati sulla figura delineata dai pochi raggi di luce che entravano dalla finestra. Il silenzio di Sesshomaru la metteva a disagio. 
«Senti, mi dispiace per Kima…» disse Anna, tentando di anticipare gli eventi e di sciogliere quella maledetta tensione.
«Sei stata molto furba.» disse Sesshomaru, seppellendo le sue parole sotto una coltre di gelo. Fu allora che Anna cominciò ad avere paura. Qualcosa era terribilmente sbagliato. Non somigliava all’inizio di una delle loro solite schermaglie. Sesshomaru sembrava ancora più distante di quella notte in cui lei era diventata uno yokai, quando erano due sconosciuti.
 «Sesshomaru, non capisco cosa…» disse, con ben poca sicurezza. In realtà, un sospetto terribile le si stava insinuando nella mente.
«Stai zitta. – disse Sesshomaru, cominciando a muoversi verso di lei – Sono stanco di farmi riempire la testa delle tue dannate menzogne umane.» Incapace di muoversi, Anna seguì i movimenti di Sesshomaru, fino a quando lui si fermò davanti a lei. Anna lo guardò in volto e il disprezzo che gli lesse negli occhi le congelò il sangue nelle vene.
«Da quanto tempo?» chiese lui.
«D…da quanto tempo cosa?» chiese Anna. Sesshomaru la afferrò per le spalle, affondandole le dita nella carne con tale violenza che Anna cercò di ritrarsi, spaventata. Cosa stava succedendo? Perché faceva così?! «Mi fai male!» disse, cercando di sottrarsi.
«Da quanto tempo mi nascondi quello che provi?» disse Sesshomaru, in un sibilo pericoloso. Anna smise di reagire, scioccata. 
«Mi hai vista?» disse, quasi senza voce. Sesshomaru sorrise cinicamente e Anna chiuse gli occhi, maledicendosi. Che leggerezza aveva commesso! «Non è come credi…» disse Anna, ma Sesshomaru la strinse più forte, uccidendo sul nascere qualunque cosa lei stesse cercando di dire.
«Non osare cercare scuse, stupida donna. – disse Sesshomaru, mentre i suoi occhi diventavano rossi di furia – Come hai osato ingannare me, il grande Sesshomaru? Con quale coraggio mi hai mostrato la tua faccia menzognera in tutto questo tempo?!»
«Non ti ho mai mentito!» disse Anna. No! No! Perché, perché stava andando tutto a rotoli?!
«Questa non è stata forse una menzogna?!» ringhiò Sesshomaru, scrollandola. Anna scosse il capo, inondandosi il viso di capelli e cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di prendere il sopravvento su di lei. «E io sono stato tanto ingenuo da cadere nella tua trappola! Mi ero quasi…» Sesshomaru smise di parlare di colpo, limitandosi a stringerla più forte. Anna aprì gli occhi di scatto, sbalordita. Sesshomaru…Sesshomaru era così irato perché si era affezionato a lei? Era questo il punto? Pensava che gli avesse mentito quando lo trattava con gentilezza? No, si sbagliava! Il solo pensiero che ora la odiasse le dilaniava il cuore.
«Sesshomaru, ti prego, ascoltami. – disse, cercando di trattenere il tremito della sua voce – È vero, ti ho nascosto i miei sentimenti fin da quando sono tornata a Palazzo, dopo quella…quell'incidente di percorso. Il fatto è che…»
«Non voglio sentire scuse. – disse Sesshomaru, gelido, portandole una mano alla gola – Mi hai arrecato del danno, ma fortunatamente sono ancora in tempo per rimediare.» Si bloccò quando la mano di Anna toccò quella che stava per stringere la sua gola con inaspettata tenerezza. La guardò negli occhi e il cuore smise di battergli. Brillava qualcosa di così intenso, in quegli occhi, da fargli male. Ma non poteva, non poteva essere sincera!
«Sesshomaru, io avevo paura di mostrarti quello che provo. Tu non eri ancora pronto.» disse lei.
«Decido io se sono pronto per qualcosa o meno.» disse Sesshomaru, aumentando la stretta sulla sua gola. Ad Anna sfuggì una smorfia ma non smise di guardarlo negli occhi.
«Non sei pronto nemmeno adesso. – mormorò Anna, quindi gridò con ira mista a disperazione – Credi davvero che mi piaccia non poter essere del tutto sincera con te?!»
Sesshomaru fece una smorfia irata. Quella donna era andata troppo oltre e lui le aveva dato la possibilità di parlare anche troppo. Era andato là per umiliarla e ucciderla, quindi era meglio farla finita. La guardò un’ultima volta, guardò quegli occhi che sembravano forargli l’anima tanto sembravano sinceri…Sesshomaru non capì mai come accadde esattamente quello che seguì.
Anna comprese di essere finita quando l’ira gli balenò sul volto. Chiuse gli occhi, aspettando il colpo finale, troppo disperata per il proprio fallimento per poter anche solo pensare di reagire, quando si sentì sospinta verso di lui. Un istante dopo, le labbra di Sesshomaru si posarono sulle sue, in un bacio violento e appassionato che la lasciò basita.
Sesshomaru la stava baciando?! Anna era troppo sbalordita per pensare coerentemente, ma i suoi sensi di yokai avvertirono tutta la rabbia e la confusione insita in quel bacio, sommandosi alle sensazioni che già la divoravano. Una lacrima le scese sul volto. In quell'istante, Sesshomaru aprì gli occhi di scatto, rendendosi conto del proprio gesto folle, e scagliò Anna lontano da sé, ponendo fine al bacio e dandole le spalle.
Anna, gettata a terra come un mucchio di stracci, rimase dov’era, sconvolta, mentre le lacrime continuavano a sgorgare dai suoi occhi senza che lei se ne accorgesse. Sesshomaru era disgustato di se stesso. Non aveva mai, mai, perduto il controllo in quel modo. Non solo non l’aveva uccisa, ma l’aveva addirittura…baciata! Quale debole stava diventando?!
«Non voglio mai più vedere la tua faccia.» disse, con voce atona. Se non riusciva a ucciderla, doveva allontanarsi da lei il più possibile.
«Sesshomaru… – disse Anna con voce tremante, alzando il viso per guardarlo – Sesshomaru, ti prego…»
«Se ti presenterai a Palazzo, darò ordine di ucciderti. – disse Sesshomaru, voltandosi e dirigendosi verso la porta – Per quanto mi riguarda, sei già morta.» Con questo, Sesshomaru aprì la porta e uscì.
Anna rimase nella stanza buia a guardare con occhi pieni di lacrime la porta chiusa.
«Non potevo dirti che ti amo. – disse, mentre tutto il suo controllo si scioglieva come neve al sole – E ora mi odi…Non odiarmi…Non odiarmi, ti prego!» Le ultime parole si persero nei singhiozzi che le scossero il petto.
Sesshomaru, nel corridoio, fermò i suoi passi per un istante, come per un ripensamento. Si sentiva vuoto, ma il suo cuore batteva all’impazzata. Tenseiga sembrava pulsare di indignazione al suo fianco. Si toccò le labbra, quindi se le sfregò con ira, cancellando ogni traccia di quel maledetto bacio. Riprese a camminare con decisione, ricostruendo la perfetta armatura di ghiaccio attorno al proprio cuore.

***

Anna passò una notte terrificante. Era disperata e, soprattutto, non aveva la minima idea di cosa fare per porre rimedio al disastro che era successo. Sesshomaru la odiava, ma tutto questo era accaduto perché non aveva capito! Lei lo amava con tutta l’anima!
Poco prima dell’alba, Anna si alzò dal pavimento su cui aveva passato la notte, a piangere e guardare il soffitto. Il suo viso era ancora striato di lacrime, ma Anna non se ne curò. Doveva assolutamente chiarire le cose con Sesshomaru. Non se ne sarebbe andata senza dirgli che lo amava. Sesshomaru non avrebbe cambiato idea, ma lei non poteva sopportare il pensiero di non vederlo mai più, di essere disprezzata in quel modo.
Uscì dalla sua stanza e si diresse, come una sonnambula, verso la stanza di lui. Si avvicinò alla porta, cercando dentro di sé il coraggio per bussare, quando dall’interno le giunsero delle voci. Sesshomaru stava parlando con qualcuno.
«Quindi non è la vostra compagna.» disse questo qualcuno. Anna si bloccò. Non riusciva a collegare la voce alla faccia, ma era certa che quello fosse l’inu-yokai che per primo aveva replicato alla richiesta di farla entrare nella Famiglia. Sesshomaru non rispose, ma l’altro capì e rise.
«Come immaginavo, Sesshomaru-sama. Voi non macchiereste mai la vostra nobile stirpe con una simile creatura.» disse quello. Anna strinse i pugni e si morse un labbro, continuando ad ascoltare.
«Mi sembra ovvio.» disse Sesshomaru, con voce gelida. L’altro ridacchiò.
«Quindi non avete niente in contrario alla proposta che vi ho fatto?» chiese lo yokai.
«Puoi fare ciò che credi.» rispose Sesshomaru. 
«Vi ringrazio, Sesshomaru-sama. – disse l’inu-yokai – Sono a corto di amanti e quella donna andrebbe bene per darmi dei figli. Avrà una lurida anima umana, ma almeno ha sangue demoniaco. In cambio, cercherò di tirare dalla nostra parte i demoni lupo della zona.»
«Ci conto.» rispose Sesshomaru.
La testa di Anna sembrava volesse esplodere, tanto il sangue le pulsava forte nelle vene. Sesshomaru la stava vendendo a quell'inu-yokai!
«Una cosa. – aggiunse Sesshomaru – Se non riuscirai a domarla, ti conviene ucciderla. È una creatura infida e ha abbastanza potere da dare del filo da torcere. Non lasciare che ti sfugga di mano.»
«Sarà mia premura accertarmene, Sesshomaru-sama.» rispose l’altro, sogghignando.
La porta si aprì improvvisamente con un colpo violento. Sesshomaru e il suo ospite si voltarono verso la soglia, sul cui vano, stringendo i pugni e mostrando le zanne in una smorfia d’ira terribile, stava Anna.
«Mi stai vendendo a lui.» ringhiò Anna. Dai suoi pugni chiusi cominciarono a cadere piccole gocce di sangue.
«Si parla del diavolo…» disse l’inu-yokai, fischiando.
«Mi sembrava di averti detto che non volevo più vedere la tua faccia.» disse Sesshomaru, accennando a voltarsi.
«Volevi sapere che cosa provo, Sesshomaru?» chiese Anna, con voce che parve inaspettatamente fonda e inumana. Sesshomaru si voltò di nuovo, perplesso suo malgrado. Si accorse con sorpresa che le zanne di Anna erano più lunghe e che gli occhi le erano diventati dorati. La sclera era blu profondo.
«Datti una calmata. – disse l’altro inu-yokai, stizzito – Se ti trasformi qui, rovinerai il corridoio.»
Anna non lo degnò di un’occhiata, continuando a tenere i propri occhi sul volto immobile di Sesshomaru.
«Vorresti sapere cosa provo ora, Sesshomaru?! – disse Anna, aumentando il volume della propria voce – Ecco, prenditi pure tutto ciò che provo! Prenditelo tutto!» Ciò detto, Anna lasciò che i propri sentimenti fluissero liberamente da lei. Una mostruosa ondata di odio, disperazione e spirito combattivo riempì la stanza, colpendo quasi fisicamente i due occupanti. «Io ti odio, Sesshomaru! – gridò Anna, coprendosi il volto con le mani artigliate in un impeto di disperazione – Ti odio! TI ODIO!»
Con un’ultima occhiata che trafisse Sesshomaru da parte a parte, Anna si voltò e corse via a velocità spaventosa. 
«Stolta donna. – ringhiò l’inu-yokai, correndo dietro ad Anna – Ci penso io, Sesshomaru-sama!»
Sesshomaru era pietrificato. Non poteva credere di aver suscitato una reazione tale in lei. Allora non gli aveva mentito? Lui…si era forse sbagliato? Perché ora aveva reagito così? Non riusciva a sopportare quell'odio così profondo. Era un sentimento altrettanto profondo quello che gli aveva nascosto in quei mesi con tanta cura? Voleva capire, maledizione!
«Anna… – disse, ritrovando parzialmente la voce – Ferma!»
Doveva fermarla prima che combattesse contro gli altri inu-yokai.
Anna corse via, lasciando che il proprio furore prendesse il sopravvento. Il suo sangue yokai pulsava come mai prima, riempiendola di un vigore sconosciuto ed esaltante. Avvertiva l’allarme degli inu-yokai attorno a sé, mentre usciva dalla casa, ma non vi dedicò più di un pensiero. Si sentiva cambiata, più affilata e più grande. Le uniche parole che le solcavano la mente erano odio e morte. Accolse con gioia il rombo di un tuono in lontananza. Con un paio di balzi era già al limitare di Inuzuka, mentre gli animali fuggivano nell’avvertire la sua potente aura demoniaca. Si voltò di scatto, seccata. Un inu-yokai bruno era proprio dietro di lei. Anna lo riconobbe. Era il maledetto che aveva cercato di comprarla a Sesshomaru. Ringhiando, senza rendersi conto di essere ormai radicalmente mutata e di avere alle calcagna tutti gli inu-yokai di Inuzuka, Anna si voltò per dare a quel maledetto la lezione appropriata.
Sesshomaru non poté quasi credere ai suoi occhi, quando, in testa al corteo di inu-yokai in corsa, vide i due contendenti fronteggiarsi. Anna, per la prima volta da quando era diventata una inu-yokai, aveva assunto la sua forma canina. Un gigantesco cane dorato, dal pelo lungo e lucente, gli occhi d’oro con la sclera blu e una grande fiamma blu e oro che si diramava fin sopra le orecchie. L’ira sanguinaria che le brillava negli occhi non lasciava presagire niente di buono. Un lampo balenò sopra la sua testa.
«Anna, fermati! – gridò, accelerando ancora di più la propria corsa – Sei ancora all’interno di Inuzuka!»
Ma Anna, alla vista di Sesshomaru, perse anche quel poco di razionalità che le era rimasto. Quando l’inu-yokai bruno la attaccò, lei gli tirò una zampata che lo fece rotolare giù per il pendio, sradicando alberi che caddero più a valle. Un attimo prima che Sesshomaru la raggiungesse, Anna spiccò un balzo e atterrò sul suo rivale, azzannandolo alla gola e togliendogli tutta l’energia vitale con un solo morso. Sesshomaru si fermò, tra le grida indignate degli altri inu-yokai, vedendo Anna alzare il muso insanguinato al cielo e ululare selvaggiamente, sopra al corpo senza vita dell’inu-yokai.
«Ti ho fatto questo…» mormorò, mentre una breve immagine della ragazza sorridente si sovrapponeva per un istante a quella del mostro sanguinario che aveva di fronte. Anna ululò di nuovo, quindi strappò la testa dell’inu-yokai e la gettò agli altri in segno di dispregio. Con le fauci colanti sangue e l’ira ancora negli occhi, l’inu-yokai che era stato Anna voltò le spalle alla figura bianca di Sesshomaru e corse via.
Sesshomaru rimase immobile, senza quasi avvertire che gli altri inu-yokai stavano ululando con furia, richiamando i loro servi per dare la caccia a colei che aveva macchiato il terreno di Inuzuka. Un’orda di demoni passò sopra le loro teste, all’inseguimento del grande cane dorato. Con un ultimo, grande tuono, iniziò a piovere violentemente.
«Venite via, Sesshomaru-sama. – disse uno degli anziani – I nostri servi saranno sufficienti a punire questa incresciosa azione.»
Sesshomaru non rispose, continuando a fissare il corpo senza vita dello yokai mentre l’acqua lavava via il sangue, scolorendolo. 

***

Il grande cane dorato era stanco.
Li aveva uccisi quasi tutti, finalmente, ma erano giorni ormai che correva e combatteva, correva e combatteva, senza sosta.
Giorni? Quanti? Non lo sapeva. Era importante? No, l’importante era allontanarsi da…da…Non voleva pensarci. Meglio ringhiare, sbranare e uccidere, riempirsi dell’energia di quegli stupidi per compensare almeno un po’.
E quella maledetta pioggia! Incessante, lo accompagnava nella sua (fuga) corsa, come lo accompagnavano quegli stupidi demoni, tanto idioti da non capire quando desistere e ritirarsi. Non fosse stato per la pioggia, il grande cane dorato sarebbe stato rosso del sangue dei suoi nemici. E del proprio, certo. Non poteva dire di non essere mai stato colpito, ma il dolore era meglio che niente. Meglio soffrire che essere morti, o no?
Li aveva spinti fin laggiù (ma dove?), un grande fiume che lo inseguiva. Aveva evitato i villaggi degli esseri umani. Non sapeva perché. Non gli importava degli esseri umani, ma i suoi passi prendevano inevitabilmente la direzione degli spazi aperti, dov’era più difficile fare vittime innocenti.
I demoni non avevano mai attaccato per davvero, desideravano solo stancarlo. Ora che era stanco, però, tutti quelli che non avevano incontrato precedentemente le sue zanne e i suoi artigli l’avevano assalito. Il grande cane dorato non sapeva da quanto stava andando avanti quella battaglia. Sapeva solo che non aveva mai smesso di piovere e che il terreno sotto (i suoi piedi) le sue zampe, era coperto di cadaveri. Azzannò un grosso yokai uccello, spezzandogli la colonna vertebrale di netto, quindi sferrò un paio di zampate, uccidendo una decina di piccoli yokai. Per l’inferno, ma quanti erano?!
«Hiraikotsu!»
Una voce umana? Il grande cane dorato volse gli occhi irati verso la voce. Sì, un umano. Anzi, due. Una femmina e un maschio. Il maschio sembrava un monaco potente. Un grosso boomerang d’osso si fece largo tra alcuni dei suoi assalitori, uccidendoli, per poi tornare nelle mani della guerriera umana. Dannazione, non voleva aiuto dagli esseri umani! Il cane si sfogò su quello che restava dei suoi nemici, mentre il boomerang colpiva ancora. Fu in quel momento, quando anche l’ultimo dei piccoli yokai cadde, che il monaco attivò una barriera attorno al grande cane dorato.
Maledizione! Era troppo debole e provato per resistere. Ma non voleva soccombere. Cercò di forzare la barriera, ma il monaco era potente e (lei) lui era troppo, troppo stanco…
Tornò alla forma umana, cedendo, mentre tutto attorno a lei si faceva sempre più grande…o era lei che era così piccola? Anna cadde in ginocchio al centro della barriera. Attraverso le ciocche bagnate appiccicate al viso, lanciò un’occhiata densa d’odio a quei due umani che l’avevano intrappolata e che ora si stavano avvicinando. Una taijiya con un grosso boomerang e un grande demone gatto al suo fianco, con i capelli scuri raccolti in una coda e un’aria interrogativa negli occhi castani; un monaco giovane nella tipica veste del suo ordine.
«È una donna, Miroku.» disse la taijiya. 
«Vedo, Sango.» disse il monaco, con una punta di divertimento all’occhiata ammonitoria della taijiya.
«Miroku? Sango?» disse Anna, con voce roca per il mancato uso. Sì, non si sbagliava! Erano proprio loro! «Inuyasha e Kagome. – mormorò, sorprendendoli – Li conosco. Lasciatemi andare…lasciate…mi…»
Qualunque cosa volesse dire, non poté finire la frase. Stremata per tutto ciò che era successo, Anna perse i sensi.

***


«Dici che era umana?» chiese il piccolo kitsune, gironzolando attorno al futon con aria circospetta.
«Lo era l’ultima volta che l’ho vista, Shippo.» disse Kaede, alzandosi da terra con movimenti rigidi. Il piccolo Shippo fece una smorfia poco convinta e continuò a scrutare la figura addormentata nel futon, rinchiusa in una barriera spirituale anti-yokai. «Inuyasha e Kagome ne avevano già parlato, non ricordi?»
«Mmh…» brontolò Shippo. Kaede ridacchiò.
«Sei ancora arrabbiato con Inuyasha?» chiese la vecchia miko. Shippo si chiuse in un silenzio offeso e Kaede faticò a non ridere di nuovo. Un paio di settimane prima, Kagome era ritornata nel suo mondo per qualcosa che aveva a che fare con l’onnipresente scuola e Inuyasha l’aveva seguita. Shippo aveva cercato di aggregarsi, ma Inuyasha l’aveva scovato nello zaino di Kagome e l’aveva legato a un albero per impedirgli di seguirli. Kagome, naturalmente, non ne era al corrente, ma Shippo pregustava già la sfilza di osuwari con cui Inuyasha sarebbe stato punito una volta che lui l’avesse raccontato alla ragazza.
Da quando era finita la ricerca dei frammenti della sfera, Inuyasha era diventato fin troppo possessivo nei confronti di Kagome! Che c‘era di male se voleva passare un po’ di tempo con la sua amica?
«Vado a cercare Sango e Miroku-sama. Mi raccomando, se si sveglia vieni subito a chiamarci.» disse Kaede. Shippo annuì e la vecchia miko uscì.
Trovò Sango non molto distante, intenta a esaminare il suo Hiraikotsu. Sentendola avvicinarsi, la ragazza alzò gli occhi su di lei.
«Kaede-sama! Novità?» chiese Sango, sorridendo. Kirara faceva le fusa, accoccolata sulle sue gambe. Kaede scosse il capo.
«Dorme ancora. E non mi sorprende, se la metà di quello che abbiamo sentito corrisponde a verità.»
Sango annuì. Qualche giorno prima, nel villaggio era giunta la notizia che un grande inu-yokai stava facendo strage di demoni, portando con sé una grande massa di malvagità nella sua corsa attraverso le foreste. Sango e Miroku avevano deciso di agire per difendere la popolazione del villaggio in cui risiedevano ormai stabilmente. Si erano preparati a un’aspra battaglia, invece tutto si era svolto molto velocemente e con ottimi risultati. Avevano catturato il cane dorato, stremato, e questo si era rivelato essere una donna. In più, pareva proprio che si trattasse dell’umana diventata demone che viveva al fianco di Sesshomaru da qualche tempo, almeno a giudicare dai racconti di Inuyasha e Kagome.
«Mi dispiace solo che questo sia successo durante l’assenza di Kagome-chan e Inuyasha. – disse Sango, pensierosa – Mi domando cosa abbia spinto quella donna fin qui.»
«E in quello stato, poi. – annuì Kaede – Sembrava che le cose stessero prendendo una buona piega, fra lei e Sesshomaru. Inuyasha aveva saputo che era stata di nuovo accettata nel suo Palazzo.»
«Non è cosa comune che avesse tutti quegli yokai alle calcagna. Dev’essere successo qualcosa di grave.» disse Sango. Si riscosse dalle sue riflessioni. «Piuttosto, Kaede-sama, avevate bisogno di me?»
«Vorrei che tu e Miroku-sama veniste nella mia casa. – annuì Kaede – Lei dorme ancora, ma è da questa mattina che la sua aura sta diventando più potente. Vorrei fossimo tutti lì, quando si sveglierà.» Sango annuì e Kaede si guardò attorno. «E…ehm, dov’è Miroku-sama?»
«Hoshi-sama? – chiese Sango, acida – Dove volete che sia? Starà facendo la corte a metà delle ragazze del villaggio.»
«Che lo respingeranno, come sempre. Non c’è motivo di arrabbiarsi, Sango.» sospirò Kaede, scuotendo il capo.
«Non sono affatto arrabbiata. Hoshi-sama può rendersi ridicolo fino alla fine dei suoi giorni, per quel che me ne importa.» rispose Sango, stizzita. Kirara, avvertendo aria di tempesta, saltò giù dalle gambe della padrona.
«Davvero? – la punzecchiò Kaede – Eppure, ultimamente lo chiami Hoshi-sama solo quando ti fa arrabbiare.»
Le guance di Sango si colorarono di un brillante rosso porpora. Per nascondere l’imbarazzo, Sango si alzò e si sistemò l’Hiraikotsu sulle spalle.
«Quando agisce come un essere umano e non come un pervertito, posso anche considerarlo un amico. – borbottò – Vado a cercarlo, Kaede–sama.»
Kaede osservò Sango allontanarsi con passo deciso e sospirò, scuotendo il capo.
«Benedetti ragazzi. Troppo orgoglio…» Ciò detto, si voltò e si diresse nuovamente verso la propria casa.
Sango trovò Miroku esattamente dove aveva immaginato che fosse: al centro di un gruppo di ragazze ammirate e impietosite. Fece una smorfia. Morta e sepolta la storia del foro del vento, Miroku aveva cominciato a recitare la parte del sant’uomo che per seguire la via del buddismo era destinato a non conoscere mai l’amore di una donna. Improvvisamente, Miroku era diventato l’uomo ideale di tutte le giovani donne del villaggio, decise a strappare l’aitante giovane a quel destino atroce. Non si vuole mai qualcosa finché non ci viene negato…Sango sospirò, seccata. Per quel che ne sapeva, Miroku poteva averne già approfittato innumerevoli volte, anche se lei non l’aveva mai colto sul fatto. Anzi, se non fosse stata così sicura della sua natura di pervertito, Sango avrebbe detto che quella di Miroku era davvero tutta scena.
Vedendolo preso dalla sua parte, con tutte quelle ragazze così carine a fissarlo con sguardi adoranti, Sango si sentì triste tutt’a un tratto. Miroku aveva mai parlato con lei con quei toni pacati, guardandola con quegli occhi gentili? Le guance le si infiammarono di nuovo al ricordo di quando, sul Monte Hakurei, lei gli aveva gridato che sarebbe morta con lui. Stupida, stupida, stupida! Non era cambiato assolutamente nulla nel loro rapporto da allora. Per Miroku lei non aveva alcuna attrattiva. Infatti, era l’unica ragazza a cui non avesse chiesto di dargli un figlio.
«E chi vuole che me lo chieda?!» ringhiò a bassa voce, arrabbiata con se stessa. Accelerò il passo, decisa a sfogare il suo nervosismo su di lui.
Miroku alzò gli occhi dal suo pubblico adorante e vide Sango avvicinarsi con aria scura. Sorrise e fece un cortese cenno di saluto.
«Sango! – la salutò – Mi rechi qualche novità o avevi solo voglia di vedermi?»
Sango si fermò a breve distanza dal gruppetto, distribuendo occhiate assassine a destra e a manca. Le ragazze, intimorite, trovarono subito qualcos’altro da fare e Miroku si fece scappare una risatina nervosa. Sango era proprio nera! Non che gli dispiacesse la sua gelosia, sempre che lo fosse, ma il fatto che si fosse portata dietro Hiraikotsu non era propriamente una bella notizia.
«Kaede-sama ci vuole vedere. – disse Sango, burbera – Crede che la ragazza si sveglierà presto.»
«Perfetto! Sono proprio curioso di sapere cosa può averla spinta fin quaggiù.» disse Miroku, incamminandosi con Sango e facendo tintinnare il suo bastone ad ogni passo. Sango non proferì verbo e Miroku le lanciò un’occhiata preoccupata. «Tutto bene, Sango-chan?» chiese, a metà fra il tono scherzoso e quello preoccupato. Sango faticò a tenere a freno l’imbarazzo nel sentirsi chiamare in quel modo. Ultimamente, Miroku la canzonava chiamandola familiarmente, così Sango era caduta nel vizio di chiamarlo semplicemente Miroku…tranne quando era arrabbiata, certo. Sango era convinta che Miroku l’avesse fatto apposta…
«Tutto benissimo.» disse, lanciandogli un’occhiata ammonitoria. Miroku sospirò, ma non aggiunse altro.
La guardò di nuovo, mentre il suo volto si addolciva nel constatare, per l’ennesima volta, quanto Sango fosse bella. Sospirò ancora. Nonostante avesse fatto di tutto per farla cadere in fallo e mostrargli i suoi sentimenti, Sango resisteva. Miroku cominciava a pensare di essere meno esperto del previsto in quel genere di faccende. Quando stava con Sango, non sapeva come comportarsi e alla fine faceva sempre qualcosa per farla arrabbiare, perché non riusciva a sopportare la tensione che si creava fra loro…e se avesse cercato di prenderla tra le braccia, di sicuro gli sarebbe arrivato l’Hiraikotsu sulla testa, accompagnato dal grido indignato della ragazza che amava. 
«…Hoshi-sama? Miroku?»
Miroku si scosse a fatica dai propri pensieri, accorgendosi che Sango lo stava chiamando da un po’.
«Uh…sì?» chiese, sorridendole. Sango lo guardò come se fosse un essere senza cervello, quindi scrollò le spalle.
«Nulla. – disse – Credevo fossi in pensiero per qualcosa.» D’un tratto, Sango si trovò di fronte gli occhi luccicanti di Miroku, mentre le sue mani erano state fagocitate da quelle di lui.
«Oh, Sango! Eri preoccupata per me?!» chiese Miroku, teatrale. Sango cercò di liberarsi dalla stretta del monaco.
«Io…no! Assolutamente…» cominciò a protestare Sango. Improvvisamente, sentì una mano delicata accarezzarle il fondoschiena. La faccia di Sango divenne di un bel rosso pomodoro.
«HENTAI!»
Il grido e il seguente tonfo del boomerang sulla testa del malcapitato monaco echeggiarono per il villaggio. Kaede e Shippo si scambiarono un’occhiata.
«Direi che stanno arrivando.» disse Shippo. Kaede scosse la testa con rassegnazione.

***

Anna aprì gli occhi.
«Ecco, ecco! Si è svegliata!» disse qualcuno con una vocetta a metà tra l’eccitato e l’impaurito. Anna volse lo sguardo, avvertendo attorno al futon su cui era sdraiata la presenza di una potente barriera. Miroku, Sango e Kaede erano seduti al suo capezzale, attendendo il suo risveglio, presumeva. Shippo era aggrappato a una spalla di Miroku, curioso. Kirara era accovacciata accanto alla padrona.
«Come ti senti?» chiese la vecchia miko. Anna rimase in silenzio per un istante.
«Kaede-sama… – mormorò – Bene. Sto bene. Non avverto dolore.»
«Le tue ferite sono guarite velocemente.» annuì Kaede, mentre Sango e Miroku si scambiavano un’occhiata. La ragazza aveva riconosciuto Kaede, quindi doveva essere davvero la Anna dei racconti di Inuyasha e Kagome. Anna annuì.
«Un privilegio dell’essere yokai. Vi dispiacerebbe rimuovere questa barriera? Sono tornata in me e non ho intenzione di divorarvi.» mormorò.
Miroku corrugò la fronte, notando la totale mancanza di espressione nella voce della yokai, ma annuì e rimosse i sigilli sacri. La barriera si dissolse. Anna si alzò a sedere, constatando con aria distratta di avere i vestiti strappati in più punti.
«Ho fatto parecchia strada.» osservò, spostando di nuovo lo sguardo sugli altri. Sango quasi rabbrividì. La yokai era priva di vitalità. Kagome l’aveva descritta come una ragazza simpatica e forte di carattere. Cosa poteva esserle successo? «Ho ucciso qualcuno?» chiese Anna, sbalordendoli.
«Vuoi dire che…» cominciò Kaede.
«Non ricordi?» chiese Miroku.
«Ricordo poco della mia lunga corsa. – ammise Anna – Vi prego di dirmelo, se lo sapete.»
«Hai fatto una grande strage di yokai sul tuo cammino. – disse Sango, scrutandola – È per questo che siamo intervenuti io e Hoshi-sama.» Miroku si trattenne in tempo dal lanciarle un’occhiata ferita; Sango era ancora arrabbiata con lui. Anna rifletté.
«Rammento gli yokai.» disse.
«Per quale motivo ti inseguivano?» chiese Miroku, gentilmente.
«Ho… – una breve smorfia le solcò il volto – ho commesso un atto per cui alcuni ritengono io debba essere punita. Ho ucciso sul terreno di Inuzuka.»
«Capisco.» mormorò Miroku, riflettendo.
«Noi no, Miroku. Perché non ci spieghi?» chiese Shippo. 
«Inuzuka è terreno sacro per gli inu-yokai, a quanto ne so. È vietato versarvi sangue.» spiegò il monaco.
«E per quale motivo hai contravvenuto a questa regola?» chiese Kaede. Anna sviò la domanda con un gesto svogliato.
«Comunque, non mi riferivo agli yokai. – disse la ragazza – Parlavo di vittime umane.»
«Non lo sappiamo.» rispose Sango, dopo aver scambiato un’occhiata perplessa con Shippo e Miroku.
«Capisco.» mormorò Anna, pensierosa. Si riscosse a fatica. «Kagome e Inuyasha? Non sono qui con voi?» chiese.
«No. Sono dall’altra parte del pozzo.» rispose Shippo, gonfiando le guance in una smorfia seccata.
«Oh. – fu il commento di Anna – Forse è meglio così.» Fece per alzarsi, ma Kaede la fermò.
«Cosa credi di fare? È ancora troppo presto perché tu ti alzi.» la sgridò.
«Lasciatemi andare, Kaede-sama, o vi porterò in casa tutti gli yokai mandati a punirmi.» disse Anna, sottraendosi alla stretta e alzandosi. Le gambe le tremarono, ma trovò la forza di restare in piedi.
«C’entra Sesshomaru, vero?» chiese Miroku. Sango vide il viso di Anna indurirsi percettibilmente.
«Miroku!» sibilò, voltandosi per chiudergli la bocca. Si fermò quando vide la serietà sul volto di Miroku, che non abbassò lo sguardo di fronte agli occhi gelidi di Anna.
«Siamo al corrente di quale fosse la tua situazione. Kagome e Inuyasha, quali nostri amici, ce ne hanno parlato. – continuò Miroku, imperterrito – Era strano ai miei occhi che l’equilibrio tra voi perdurasse. Kagome-sama ti ha descritta come una creatura forte e gentile. Per costringerti a commettere un crimine così deleterio per la tua incolumità, Sesshomaru deve averti fatto qualcosa.» Anna rimase in silenzio, in un clima di tensione insostenibile. «Noi non ti chiederemo nulla. Ma, ti prego, attendi almeno il ritorno di Inuyasha e Kagome. Non ci perdonerebbero di averti lasciata andare via in questo stato.» finì Miroku.
La tensione svanì. Anna rifletté per qualche istante, quindi annuì.
«Va bene, resterò ancora un po’. – mormorò Anna – Siete…davvero delle brave persone.»
Miroku sorrise e Sango gli lanciò un’occhiata sorpresa e ammirata. Sapeva da sempre che Miroku era bravo con le parole, ma la sua abilità non cessava mai di sorprenderla.

 

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Capitolo 10
*** 10 - Dimenticare ***


Author's note: Qui le cose vanno peggiorando e a quanto pare la 'cretineria' di Sesshomaru è diventata di dominio pubblico! Secondo voi Anna tornerà sui propri passi? Ecco un nuovo capitolo! Ah, sapete che su YouTube c'è un video con immagini di Cuore di Demone / Heart of Youkai nel profilo di VaniaMajor? Chi lo troverà? ;) Enjoy!

CAPITOLO 10 - DIMENTICARE

«Hentai!»
«No, Sango! Ouch!»
«Ma la finiranno mai?» borbottò Shippo, scuotendo la testa. Alzò gli occhi verso Anna, che era seduta con lui su un ramo d’albero. La yokai seguì la scena tra Miroku e Sango con un lieve sorriso sulle labbra, ma non rispose, continuando a mantenere la sua aria assente.
Shippo sospirò, guardandosi i piccoli piedi volpini. Erano due settimane che Anna viveva con loro al villaggio e in tutto quel tempo non aveva mai raccontato nulla di quanto le era successo. Shippo capiva che doveva essere qualcosa di molto grave, ma non sapeva proprio se fosse il caso di introdurre il discorso. A dispetto della sua espressione fredda e lontana, però, Anna si era rivelata una ragazza gentile, premurosa e disponibile.
Sango, dopo un primo approccio diffidente, l’aveva presa in simpatia, tanto che le aveva regalato uno dei suoi semplici kimono per rimpiazzare il vestito elegante ma rovinato. Miroku aveva iniziato con le sue solite tiritere galanti e le scene di lotta e fuga si erano sprecate. Shippo seguiva Anna dappertutto, visto che lei era così gentile da cantare per lui e raccontargli storie. Un ottimo diversivo, in mancanza di Kagome. In più, Shippo si era reso conto che sotto il ghiaccio Anna doveva essere davvero amabile.
Purtroppo la ragazza, benché sorridesse, non partecipava a nulla di ciò che la circondava. Stava attendendo che Inuyasha e Kagome tornassero, forse perché si sentiva in debito verso la loro gentilezza, ma non era davvero presente nemmeno quando partecipava alle loro conversazioni. Sembrava avesse lasciato la mente e il cuore da un’altra parte, e Shippo non era così piccino da non capire dove. In quel momento, Miroku, con un paio di fantastici bernoccoli sulla fronte, fece la sua comparsa alla base dell’albero.
«Anna! – gridò, a mani giunte – Mia dolce dea dai capelli d’oro, aiutami!»
«Mi dispiace, Miroku, ma Sango ha ragione.» rispose Anna, sorridendo lievemente.
«Ma non avevo ancora fatto nulla!» protestò Miroku.
«Te lo do io, il nulla, brutto maniaco! – gridò Sango, facendolo scappare di nuovo – Sei solo un polipo!»
«Che bambini…» brontolò Shippo.
«Ma quei due non si sono ancora chiariti?» chiese Anna. Shippo la guardò con curiosità. Era la prima volta che Anna gli faceva domande sui suoi amici. Shippo sospirò, dandosi arie da adulto esperto.
«L’hanno capito tutti tranne loro stessi. – disse, faceto – Ci vorrà un miracolo perché si liberino del loro orgoglio.»
«Mmh…» mormorò Anna, pensierosa. Poi, mentre le grida di Sango e Miroku si allontanavano, si mise a cantare e Shippo si accoccolò meglio vicino a lei per godersi la canzone.
Dal canto loro, a furia di correre Miroku e Sango arrivarono fin quasi al Goshinboku. Il monaco, ormai stremato, si voltò a metà verso Sango, che aveva ancora l’Hiraikotsu in mano ma che non sembrava più molto arrabbiata.
«Sango-chan, che ne dici di smetterla? – disse Miroku, sorridendo – Ti prometto che non lo faccio più!»
«Le conosco, le tue promesse. – ringhiò Sango – E non chiamarmi Sango-chan!»
«No, ti prego, Sango…» iniziò Miroku, vedendo Sango prendere la rincorsa per lanciargli il boomerang, ma si fermò quando la ragazza inciampò malamente in una radice. Sango chiuse gli occhi, mentre il terreno le veniva incontro e l’Hiraikotsu le cadeva di mano, ma, invece del duro suolo e dell’erba, sentì attorno a sé delle braccia forti. Aprì gli occhi di scatto. Miroku l’aveva presa prima che cadesse.
«Tutto bene, Sango?» chiese Miroku, preoccupato.
«Certo che sì! Io…» iniziò Sango, aggressiva, cercando di sottrarsi dalle sue grinfie da maniaco, poi alzò gli occhi sul suo viso e l’aggressività sfumò completamente. Lui sembrava così preoccupato…quasi amorevole, mentre la rimetteva in piedi senza fatica. «Io…scusa, Miroku. Forse ho esagerato.» mormorò.
«Scusami tu, Sango. – disse Miroku, cortese – Non riesco mai a fermarmi in tempo.» Le tolse uno stelo d’erba dai capelli e i loro occhi si incontrarono. «Sango, io…» mormorò Miroku, la voce improvvisamente rauca. Senza potersi trattenere, il monaco avvicinò il viso a quello di lei. Sango trattenne il fiato quando capì le intenzioni di Miroku. Doveva fermarlo assolutamente, prima che…

"Non posso! Non posso fermarlo! – pensò, rapita – Desidero da tanto tempo che lo faccia…” Sango chiuse gli occhi, attendendo di sentire le labbra di Miroku sulle proprie…finalmente…
«Ehi, voi due! Che state facendo?»
Sango e Miroku si congelarono a non più di tre centimetri l’uno dall’altro. Rossi come peperoni, si voltarono rigidamente verso la voce, che proveniva dal pozzo. Inuyasha ne stava uscendo con aria perplessa, mentre Kagome, ancora per metà all’interno, sospirava.
«Inuyasha, hai la sensibilità di un elefante. – si stava lamentando la ragazza – Non potevi aspettare ancora qualche minuto per parlare?»
«Uh? E perché?» chiese Inuyasha, ignaro.
«Ehm…bentornati! – disse Miroku, riprendendosi per primo, mentre Sango si scostava bruscamente da lui e andava ad aiutare Kagome – Ce ne avete messo di tempo!»
«Feh! È colpa della dannata scuola di Kagome.» borbottò Inuyasha.
«Sono libera dagli esami di recupero!» annunciò Kagome, trionfante, lanciando un’occhiata impietosita al volto ancora arrossato dell’amica.
«Congratulazioni, Kagome-sama!» disse Miroku, quindi, non appena Sango prese da parte la ragazza per parlare con lei, diede un sonoro colpo sulla testa a Inuyasha.
«Ehi! – ringhiò Inuyasha, prendendolo per la veste – E questo per cos’era?!»
«Per la tua intempestività, deficiente!» ringhiò Miroku allo stesso modo.
«Ma che vuoi, bonzo pervertito?!» disse Inuyasha, alzando un pugno.
«Impara un po’ di sensibilità da Kagome-sama, imbecille!» disse Miroku, alzando il bastone.
«Inuyasha!»
La voce di Kagome li fece voltare di scatto. Inuyasha incassò la testa nelle spalle, aspettandosi un osuwari, ma lasciò andare Miroku quando vide l’espressione preoccupata sul volto della ragazza.
«Kagome, cosa c’è?» chiese, raggiungendola.
«Anna è qui, Inuyasha.» disse Kagome, chiedendo conferma con lo sguardo a Sango, che annuì.
«È venuta a trovarci?» chiese Inuyasha. Gli fu subito chiaro dalle espressioni serie degli altri che non era così. «Sesshomaru… – ringhiò – che le ha fatto?»
«Non lo sappiamo. Non ha voluto raccontarci nulla. – disse Sango – È arrivata fin qui scappando da un luogo chiamato Inuzuka.»
«Sì, lo conosco.» disse Inuyasha, facendo una smorfia e scoprendo le zanne. 
«Anna ha ucciso un inu-yokai sul suolo sacro. Quando l’abbiamo trovata, era in forma demoniaca e aveva fatto strage degli yokai che la inseguivano per punirla. Lei crede che prima o poi ne arriveranno altri, per questo voleva andarsene già da tempo.» spiegò Miroku, serio.
«Kami-sama, Inuyasha… – disse Kagome, preoccupata – Perché Sesshomaru non l’ha difesa?»
«Anna non mi sembra il tipo da agire avventatamente. – disse Inuyasha, corrugando la fronte – Non la conosco bene, ma mi sembra una tipa a posto. Fin troppo, per stare con mio fratello. L’unica persona che può averle fatto perdere il controllo in quel modo è Sesshomaru.»
«Andiamo da lei, Inuyasha.» disse Kagome. Inuyasha annuì e la prese sulle spalle.
«Non so se vorrà parlarne. È…sembra molto distaccata, ma credo che soffra molto.» li avvertì Sango.
«Parlerà, che lo voglia o no.» brontolò Inuyasha, avvertendo l’odore della ragazza nell’aria. Era con Shippo.
«Vedrai che con noi parlerà, Sango.» disse Kagome, fiduciosa. Inuyasha si mise a correre verso il villaggio, lasciando indietro Sango e Miroku.
«Speriamo. – mormorò Sango – Parlare le farebbe bene.»
Nel silenzio che seguì, Sango e Miroku si resero conto di essere di nuovo soli. Imbarazzati, si incamminarono verso il villaggio, fingendo indifferenza.

***

«Non ne vedo l’utilità.» disse Anna, fredda, osservando con occhi distratti le mani della vecchia Kaede, che stava rintuzzando il fuoco.
«Non me ne frega un accidente se non ne vedi l’utilità. – disse Inuyasha, cocciuto – Diccelo e basta!»
«Inuyasha!» lo sgridò Kagome. Anna sospirò, guardando la platea in attesa seduta attorno a lei con il fantasma di un cipiglio seccato sul volto.
Era tramontato da poco il sole ed erano tutti in casa di Kaede. Inuyasha e Kagome erano tornati al villaggio quel pomeriggio. Anna era stata felice di vederli. Quasi. Se fino a poco tempo prima provava cose così intense da doverle nascondere, dall’episodio di Inuzuka non sentiva davvero quasi più niente. Si chiese vagamente se agli occhi degli altri avesse qualche somiglianza con Kikyo…o con Sesshomaru stesso, perché no?
«Sfogarti ti farebbe bene, Anna.» La voce di Kagome si insinuò nei suoi pensieri e Anna spostò lo sguardo sulla ragazza. 
Non si erano quasi nemmeno salutati. Sia Kagome che Inuyasha le avevano immediatamente fatto il terzo grado sui motivi che l’avevano spinta fin laggiù e Anna, benché apprezzasse la preoccupazione evidente di Kagome e quella più criptica di Inuyasha, non aveva una gran voglia di scavare nelle sue memorie di quella brutta giornata.
«Forse è meglio lasciarla stare, no? – chiese Shippo – Ce lo dirà se ne avrà voglia…Ouch! Kagome, Inuyasha mi ha picchiato!» strillò Shippo, tenendosi la testa.
«Perché dici delle bestialità, scemo!» ringhiò Inuyasha, il pugno pronto a colpire ancora.
«Inuyasha! – lo sgridò Kagome, prendendo Shippo in braccio – Shippo ha solo espresso la sua opinione!»
«Che è anche la mia, Kagome-sama. – intervenne Miroku, seduto con la schiena contro la parete – Non mi pare appropriato costringerla, benché le vostre domande siano dettate da affetto e preoccupazione.»
«Miroku, non cominciare anche tu…» lo avvertì Inuyasha.
«Credo anch’io che sarebbe meglio dare tempo al tempo, Kagome-chan.» disse Sango, ignorando Inuyasha. Kagome abbassò gli occhi, riflettendo.
«Oi! Non è stata richiesta la vostra opinione!» disse Inuyasha, indispettito.
«Ragazzi…» borbottò Kaede, mentre si accendeva una discussione fra i membri del gruppo. Anna osservò la scena che aveva davanti agli occhi, mentre un lieve sorriso le compariva sulle labbra. Quel gruppo di amici era meraviglioso. Anche quando litigavano, il che, se ben rammentava, succedeva spesso. Da quando era giunta al villaggio, le stavano dando un posto tra loro. Forse era giusto estinguere il debito che aveva nei loro confronti.
«Parlerò.» mormorò. Immediatamente tutti tacquero. 
«Cosa?» chiese Inuyasha, convinto di non aver sentito bene. Anna fece un altro sorriso, che lo yokai non poté che giudicare un pallido fantasma di quelli che aveva visto in altri momenti.
«Parlerò. – ripeté Anna, abbassando gli occhi – Ve lo devo.»
«Feh! Era ora che lo capissi!» esclamò Inuyasha, sedendosi pesantemente a braccia conserte. Kagome lo tirò per il rosario, contrariata. Anna sorrise di nuovo, quindi iniziò, sotto lo sguardo attento di sei paia d’occhi, di cui un paio ambrati come quelli che avrebbe voluto dimenticare per sempre.
«Dopo che Sesshomaru mi permise di restare a Palazzo…»
Anna raccontò tutto, partendo dal lungo mese di collaborazione per i preparativi di guerra, seguitando poi con la decisione di partire per Inuzuka. Spiegò loro come Sesshomaru avesse convocato la Grande Famiglia e come avesse preso la decisione di portarla con sé. Non si soffermò molto sul loro viaggio; passò immediatamente alla riunione e allo scontro con Kima. Descrisse la leggerezza che aveva commesso e la conseguente scenata di Sesshomaru.
«Mi disse di non voler più vedere la mia faccia. Per lui, ero morta. – disse Anna, talmente assorta da non rendersi conto della profondità del silenzio dei suoi ascoltatori – Io non riuscivo a reggere il suo disprezzo per me, così decisi di confessargli ciò che provavo prima di andarmene. Lo colsi in flagrante mentre mi stava vendendo a uno degli altri inu-yokai.»
«Kami-sama…» mormorò Kagome, lanciando un’occhiata a Inuyasha. Lui era mortalmente serio. Anna fece un mezzo sorriso.
«La rabbia che provai mi tolse il senno. Mi trasformai in inu-yokai per la prima volta, uccisi colui che avrebbe voluto comprarmi e fuggii, con quella marea di demoni dietro di me. Questo è tutto.» finì Anna.
«Come, è tutto? E Sesshomaru?» chiese Sango, sorpresa.
«Sesshomaru? – chiese Anna, perplessa – Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire…non ha cercato di intervenire in nessun modo? Non ha tentato di fermarti?» continuò Sango.
«Io… – mormorò Anna, concentrata – non so, non mi ricordo. So che era presente sulla scena e forse mi ha anche detto qualcosa, ma non ricordo. Comunque, non è importante.»
«Potrebbe esserlo.» disse Kagome, agitata. Anna sorrise.
«Non cercare l’oro dove non c’è, Kagome. Io ho smesso di farlo.» Si alzò da terra con un solo movimento. «Ora, se permettete, parlare di quei giorni mi ha disgustata abbastanza. Esco a prendere una boccata d’aria.» Ciò detto uscì, lasciando il gruppo dietro di sé. Shippo lanciò un’occhiata di scuse a Kagome, quindi uscì a sua volta, seguendo Anna. Non gli andava che restasse da sola con i suoi pensieri. Dopotutto, erano stati loro a costringerla a parlare.
«Povera Anna…» mormorò Kagome, triste.
«Mi dispiace dirlo, ma avevo un brutto presentimento sin da quando ci menzionaste la cosa, Kagome-sama. – disse Miroku, serio – Quel poco che conosco di Sesshomaru non si adattava a una relazione di qualche genere con Anna.»
«È riuscito a farla diventare fredda quasi quanto lui. – disse Kagome, arrabbiandosi al pensiero – Avrebbe potuto almeno venire a cercarla, per sapere cosa ne è stato di lei!»
«Non hai sentito, Kagome? – disse Inuyasha, acido, parlando per la prima volta – Per lui, Anna è morta. Quando fa affermazioni di quel tipo, puoi star certa che corrispondono a verità.»
Tirando un pugno frustrato al pavimento, Inuyasha si alzò e si diresse a grandi passi verso l’esterno. Fece sbattere la stuoia dietro di sé, quindi si sedette accanto alla porta, fuori dalla stanza. Gli altri osservarono in silenzio la sua uscita di scena, quindi Kagome abbassò gli occhi.
«Reagisce così perché, in fondo, si era illuso anche lui. Non riesco a immaginare cosa significhi avere un fratello che, allo stesso tempo, è la persona che ti odia di più al mondo.» mormorò.
«Anna non poteva fare miracoli, Kagome-chan. – cercò di confortarla Sango – Ora che è qui con noi, dimenticherà e vivrà più serenamente.»
«Sempre che gli altri demoni non la trovino.» disse Kagome, scuotendo il capo. Non credeva che Anna sarebbe più tornata quella di prima.
«Fortunatamente, ha piovuto molto durante la fuga di Anna. Le sue tracce dovrebbero essere state cancellate, quindi sarà difficile che riescano a trovarla.» disse Sango, cercando conferma in Miroku. Il monaco annuì.
«Fortunatamente sì, anche perché sospetto che Anna ci lascerà non appena avrà sentore che i suoi inseguitori le siano alle calcagna. Non vuole metterci in pericolo.» disse, alzandosi.
«È da lei.» annuì Kagome. Anche Sango si alzò.
«Noi ci congediamo, per stasera abbiamo parlato abbastanza e l’atmosfera non è delle migliori. – disse Miroku – Buonanotte, Kagome-sama, Kaede-sama.»
«Buonanotte a tutti e due.» disse Kagome, in coro con Kaede.
«Ci vediamo domattina, Kagome-chan.» salutò Sango, uscendo dalla casa insieme a Miroku. «’Notte, Inuyasha.» Inuyasha rispose con un grugnito.
«Si trovano bene qui, non è vero?» chiese Kagome, mentre Kaede preparava i letti per sé e per lei. La vecchia miko annuì.
«Sì. Ma Sango ha voluto una casa all’estremità opposta del villaggio rispetto a quella di Miroku.» Kagome sorrise, mentre dall’esterno venivano ancora le voci dei due.
«Lascia che ti accompagni, Sango. Non è sicuro che una donna giri di notte…» 
«…con te.»
«Sango! Questo è un colpo al cuore!»
«Va bene, fai quello che ti pare.»
«Non vedo l’ora che si chiariscano. – mormorò Kagome, stendendosi – Se solo anche Anna e Sesshomaru…»
Kaede spense il fuoco e il buio cadde nella stanza.

***

Shippo raggiunse Anna. La ragazza era seduta con la schiena contro un albero e stava mormorando tra sé una canzone che il kitsune aveva già sentito e che gli piaceva molto. Anna si accorse della sua presenza e smise di cantare.
«Shippo-chan. Che ci fai qui?» chiese, mentre il piccolo kitsune le saltava in braccio.
«Non mi piaceva che uscissi da sola. – rispose Shippo – E poi volevo essere sicuro che tu non fossi arrabbiata con noi.»
«Perché dovrei? Eravate solo preoccupati e io lo apprezzo.» disse Anna, sorridendo e accarezzando la testa di Shippo. Il kitsune sorrise, più sollevato. «Mi dispiace solo per Inuyasha.» mormorò Anna.
«E perché? – chiese Shippo, sorpreso – Tanto Inuyasha odia suo fratello.»
«Non abbastanza, credo. Forse ho deluso anche le sue aspettative.» disse Anna, guardando lontano. Shippo la osservò con perplessità. Non riusciva a capire cosa Anna intendesse dire. Sesshomaru e Inuyasha avevano sempre cercato di farsi fuori a vicenda, quindi…D’un tratto, si rammentò delle parole di Totosai, il giorno in cui Inuyasha era riuscito a carpire il segreto del Taglio nel Vento. “Non sei riuscito a ucciderlo senza pietà, non è così?” Shippo spalancò gli occhi, sorpreso, quindi guardò Anna.
«Forse ho capito quello che vuoi dire…» disse, prima che un suono di voci lo facesse voltare.
«Miroku e Sango?» chiese, quando si sentì afferrare per la collottola. Anna lo portò dietro all’albero, nascondendosi a sua volta.
«Anna, cosa…» fece per chiedere il piccolo kitsune.
«Ssh. – mormorò Anna – Sento che questa potrebbe essere un’occasione propizia.» Scambiò un’occhiata d’intesa con Shippo, che si mise una mano davanti alla bocca per non mettersi a ridere.
 «Mi dispiace anche per Kagome-chan. Si è presa molto a cuore la questione.» stava dicendo Sango, mentre camminavano verso la casa che era stata costruita per lei. Miroku annuì, ma non disse nulla. Sango si indispettì. Era da quando avevano lasciato la casa di Kaede che lei parlava e lui rispondeva a monosillabi o con dei cenni del capo. Sango non era affatto dispiaciuta di camminare a fianco di Miroku in una notte così bella, ma il monaco, dopo aver ottenuto il suo permesso, non era stato di grande compagnia. Anzi, sembrava non la considerasse nemmeno. Lanciò un’occhiata al suo volto serio e distante e lo stomaco le si strinse in una morsa. 
Sango guardò altrove alla svelta. Maledizione, a lei il solo guardarlo faceva quell’effetto e lui, invece, non la considerava nemmeno. Eppure quel pomeriggio aveva cercato di baciarla, no? Le guance di Sango si colorirono al pensiero. Bah, un altro dei suoi stupidi trucchi da pervertito. E lei ci era quasi cascata! Ormai arrabbiata, Sango accelerò improvvisamente il passo, lasciando indietro uno sbalordito Miroku.
«Ehi!– chiamò– Ehi, Sango! Aspettami!» Miroku dovette mettersi a correre per raggiungere la ragazza. «Sango, cosa c’è?» chiese. Lei gli lanciò un’occhiata inceneritrice.
«Cosa vuoi?! – chiese, arrabbiata – Visto che ti è fastidioso persino parlarmi, tornatene a casa!»
«Fastidioso…?! Sango, ma cosa stai dicendo?» chiese il monaco perplesso.
«Lasciami in pace.» disse Sango, ma Miroku la fermò per un braccio, facendola voltare verso di lui.
«Sango, cosa - stai - dicendo? – compitò Miroku, guardandola dritto in faccia – Chi ti ha detto che non mi piace parlarti?!»
«Oh, andiamo! Non hai fatto che rispondermi a monosillabi, mentre io cercavo di fare conversazione! – lo aggredì Sango, seccata – Non fai così con Kagome-chan, o con le altre ragazze del villaggio…» Sango si morse la lingua. Adesso Miroku l’avrebbe canzonata per la sua gelosia e lei sarebbe stata costretta a picchiarlo. Miroku, invece, la guardò con aria contrita.
«Perdonami, Sango. – disse – Ti ho ascoltata, ma…ecco, sono molto nervoso, stasera.»
Sango lo guardò con sorpresa. Non capitava spesso che Miroku rivelasse quali fossero i suoi reali stati d’animo. Si sentì d’un tratto stupida a essersi inalberata a quel modo. 
«Ah, capisco. La storia di stasera…» mormorò Sango, abbassando gli occhi.
«Veramente non è per quello.»
Qualcosa nella sua voce la costrinse a guardarlo di nuovo. Poteva sbagliarsi, ma…le sembrava che Miroku fosse arrossito.
«Io stavo pensando a oggi pomeriggio. – confessò Miroku, passandosi una mano sulla nuca con disagio – Più precisamente a…a quello che Inuyasha, con la sua solita grazia, ha interrotto.»
Il volto di Sango andò in fiamme. La ragazza fu improvvisamente conscia che era sola con Miroku, senza nessuno in vista. Il cuore prese a batterle furiosamente in petto.
«Pensavo… – continuò Miroku, schiarendosi la voce – a come recuperare ciò che avevo perso senza che la ragazza coinvolta pensasse che sono solo un lurido pervertito maniaco. Pensavo...a come dirle che…»
«Cosa?» chiese Sango, praticamente senza voce. Era tutto troppo bello per essere vero. Ora Miroku avrebbe detto qualcosa per rovinare tutto, o avrebbe cercato di palparle il sedere come al solito.
«Che io…lei… – incespicò Miroku – Ah, mai avuto tanta difficoltà con le parole.» Prese un bel respiro, quindi tirò Sango a sé e le posò un breve bacio sulla bocca. «Ti amo. – mormorò contro le sue labbra – Ecco, l’ho detto. Che fatica!» La sua bocca venne immediatamente chiusa da quella di Sango, che gli gettò le braccia al collo e lo baciò.
«Era ora che lo dicessi. Stupido.» gli disse Sango, quando finalmente si staccarono l’uno dall’altro. Miroku sorrise.
Non molto distante, tra gli alberi, due involontarie spie si scambiarono un five.

***

Kagome uscì dalla casa di Kaede. Tutto era buio e silenzioso, la notte era ormai fonda. Si diresse senza indugio verso la forma seduta accanto alla casa, a braccia conserte. La luna era piena e colpiva la figura di Inuyasha, facendo luccicare i suoi capelli argentei e soffermandosi sulle belle linee del suo volto. Kagome sospirò, notando la serietà del viso di Inuyasha. Aveva ingenuamente sperato che tutti i loro problemi fossero finiti con Naraku, ma Inuyasha aveva ancora molte faccende in ballo. Una di queste era senza dubbio suo fratello. Inuyasha si voltò verso di lei, avvertendo la sua presenza.
«Non dormi?» le chiese. Kagome scosse la testa, sedendosi accanto a lui.
«Non posso. – mormorò, accoccolandosi accanto a lui – Tu non sei accanto a me.»
Inuyasha sorrise leggermente, ma non rispose. 
«Avevano torto e io avevo ragione.» disse, dopo qualche istante di silenzio.
«Mmh? Cosa intendi dire?» chiese Kagome, perplessa. Inuyasha appoggiò la testa alla parete e chiuse gli occhi.
«Anna e mio padre. Avevano torto riguardo a Sesshomaru. – spiegò il demone, riaprendo gli occhi e respirando profondamente – E io avevo ragione.»
«Ti dispiace aver avuto ragione?» chiese Kagome. 
«Non lo so. – mormorò Inuyasha, rabbuiandosi – Non lo so.»
Kagome gli spostò i capelli dalla fronte con mano gentile, guardandolo con preoccupazione. Inuyasha si voltò verso di lei e le sorrise, quindi le posò un bacio sulle labbra.
«Meno male che ci sei tu con me, Kagome. – sussurrò, stringendola a sé e annusando il suo profumo – La mia vita si può chiamare tale, da quando ci sei tu.» Le diede un altro bacio sulla fronte, quindi appoggiò la testa su quella di lei. Fu così che i due si addormentarono.

***

Il demone era ormai alle strette.
Aveva cercato ovunque, senza risultato. Perfino la pioggia aveva giocato contro di lui. Erano settimane che girava a vuoto, seguendo le chiacchiere di quegli insulsi esseri umani.
Il grande cane dorato. Sembrava fosse stato ovunque e in nessun luogo. Non ci si poteva fidare degli esseri umani. C’era una guerra che si stava preparando, ma il pensiero non lo toccava.  Il suo primo compito era trovare il cane dorato prima di loro.
Gli altri erano sulle sue tracce. Speravano li conducesse all’obiettivo. Sciocchi, se credevano di approfittarsi di lui in quel modo. I demoni serventi non erano stati in grado di trovarlo. Bene, meglio. Sapeva che il grande cane dorato aveva fatto strage dei precedenti inseguitori e la cosa non lo stupiva.
Si chiese come sarebbe stato il loro incontro. Pensieri futili, prima doveva trovarlo. Trovare lei.
«Dove sei, Anna?» mormorò, spazzando con lo sguardo il territorio attorno a sé. Aveva cercato dappertutto. Dove poteva essersi nascosta? Sicuramente non era più in forma canina, poiché lui avrebbe avvertito la sua aura anche a grande distanza. La conosceva bene…ma forse non così bene come pensava. Infatti, se l’era fatta scappare e ancora non l’aveva ritrovata.
«Dove sei? – mormorò ancora, ascoltando il vento – In quale luogo hai trovato rifugio?»
Spalancò gli occhi di colpo. C’era un luogo in cui non si era ancora avventurato, un luogo che avrebbe preferito evitare ma che ora gli sembrava più che plausibile. Lei non aveva forse un debole per quel bastardo?
Lascia stare tuo fratello!” gli aveva gridato una volta.
«Sei con Inuyasha, Anna?» ringhiò, mentre una collera che raramente aveva sperimentato gli bruciava nelle vene. Quella era forse…gelosia? Era così che la chiamavano? Non aveva importanza. Inuyasha si sarebbe pentito se avesse anche solo sfiorato Anna. 
Accertatosi che i suoi inseguitori fossero ancora lontani, Sesshomaru partì di corsa verso il villaggio di Inuyasha.

***

«Che cosa?! – esclamò Kagome, aprendo a dismisura gli occhi e sorridendo – Sango, finalmente!»
Sango, imbarazzata, sorrise con aria nervosa e le fece cenno di abbassare la voce.
«Quando è successo? E come? – continuò Kagome, eccitata dalla notizia – Oh, Sango-chan, non sai quanto sono felice per te!» Sango sorrise e arrossì.
«Beh, è successo mentre mi accompagnava a casa, ieri sera…» mormorò Sango, costretta a snocciolare tutta la storia nei particolari. Anna guardò le due e sorrise. Finalmente Miroku si era fatto avanti e Sango non l’aveva rifiutato. Tutt’altro! 
Anna scosse il capo, mentre Kagome costringeva Sango a farsi raccontare tutto, e si allontanò, incamminandosi verso il bosco. Kaede–sama aveva bisogno di altra legna e Anna si era offerta di sbrigare questa piccola faccenda per lei. Dopotutto, era inattiva da parecchio tempo.
«Anna!»
La yokai distolse la propria mente dai pensieri che la occupavano e guardò davanti a sé, mentre percorreva la strada tra le risaie. Miroku la stava salutando sventolando allegramente una mano, mentre accanto a lui Inuyasha aveva la faccia scura.
«Buongiorno.» li salutò Anna, sorridendo. 
«Buongiorno a te, Anna!– rispose Miroku– La luce del mattino ti rende ancora più radiosa.»
Anna rise piano e Inuyasha fece una smorfia.
«Miroku, sei quasi disgustoso.» commentò.
«Anche tu dovresti imparare a fare i complimenti, se non vuoi che Kagome–sama ti lasci per un galantuomo mio pari.» commentò laconicamente il monaco. 
«Oi! Che intendi dire?» chiese Inuyasha, a metà tra l’aggressivo e il preoccupato.
«Dove stai andando?» chiese Miroku ad Anna, ignorando il demone.
«A prendere legna. Ci metterò un paio di minuti. – rispose Anna – Comunque, Miroku, d’ora in avanti sarà meglio che conservi i tuoi complimenti migliori per Sango.»
Inuyasha guardò i due con aria perplessa, mentre la facciata tranquilla di Miroku veniva sostituita per un istante da sorpresa e imbarazzo.
«Ehm…lo sai già?» chiese Miroku, ridendo e passandosi una mano sulla nuca. Anna annuì, con un sorriso.
«Sai cosa? – chiese Inuyasha, irritato di essere l’unico ignaro dell’argomento in discussione – Che è successo di nuovo con Sango?» Si bloccò, poi puntò un dito accusatore su Miroku. «Ho capito! Cosa le hai fatto, stavolta? – esclamò, con aria di superiorità – Sei il solito pervertito!»
«Non hai capito.» disse Anna.
«Non vedi che non ho i connotati rivoluzionati? – chiese Miroku, sospirando con rassegnazione – Hai uno spirito d’osservazione ben povero, amico mio.»
«E allora che è successo?» chiese Inuyasha, perplesso.
«Avrei preferito tenerlo segreto per un po’, visto che siete una compagnia di ficcanaso, ma…beh…Io e Sango ci siamo dichiarati, la notte scorsa.» disse Miroku, rassegnato, rigirandosi tra le mani il bastone.
«Vi siete cosa?» chiese Inuyasha. Miroku gli lanciò un’occhiata astiosa.
«Te lo devo compitare?» ringhiò. Anna notò che il monaco era non poco imbarazzato. Inuyasha si batté il pugno sul palmo, comprendendo.
«Ah, ho capito! Voi… – spalancò gli occhi – Allora Kagome aveva ragione su voi due! Congratulazioni!» Diede una pacca sulla schiena all’amico, che quasi si ribaltò. Inuyasha ridivenne serio e si mise a riflettere. «Anche se non vedo come Sango possa sposare un monaco deviato come te.» disse dopo un attimo.
«Come osi?!» disse Miroku. Anna rise e il giovane si ricordò da dove era nata la questione. «A proposito, Anna, come l’hai saputo? Sango non starà…»
«Kagome l’ha costretta a raccontare tutto.» ammise Anna, sorridendo di fronte all’evidente sconforto di Miroku. Sorvolò sul fatto che lei e Shippo avevano assistito all’anteprima. Inuyasha soffocò una risata e Miroku sospirò di nuovo. Anna passò in mezzo a loro, riprendendo a camminare.
«Ci vediamo più tardi. Vado a sbrigare questa commissione per Kaede-sama.» disse, salutandoli.
Sia Inuyasha che Miroku tornarono seri non appena si fu allontanata.
«Sembra normale.» disse Inuyasha, aggrottando la fronte.
«Ha parlato di me e Sango con tale naturalezza che non sembra abbia avuto una delusione d’amore. – disse Miroku – Mi chiedo cosa pensi veramente.»
«Se avessi qui Sesshomaru gli spaccherei la testa con le mie mani. – disse Inuyasha, stringendo i pugni e voltando la schiena alla figura lontana di Anna – È stato così cieco e stupido da farla scappare.»
«Inuyasha, ma tu…» disse Miroku, osservando la rabbia del demone. 
«Non mi fraintendere. – lo avvertì Inuyasha, seccato, puntandogli un dito contro – Non me ne frega niente di mio fratello. Mi dispiace solo perché il desiderio di mio padre non è stato esaudito.»
«Io non avevo ancora detto niente.» si difese Miroku, ricominciando a camminare verso il villaggio.
«Credi che non sappia cosa ti stava passando per la testa? – ribatté Inuyasha, seguendolo – Ma ora anch’io ho un’arma contro di te! Potrei dire a Sango di quando hai tentato di spiarla…»
«No, Inuyasha! Ti prego, non voglio morire…» gemette Miroku.
«Uhm, vedremo.» ridacchiò il demone.
«Allora io dirò a Kagome-sama di quando…»
«Ehi, io non sono come te! Cosa vuoi insinuare?!»
La discussione andò avanti ancora un bel po’.

***

La sera dopo gli amici organizzarono una cena all’aperto. Ufficialmente non avevano alcun motivo particolare, ma tutti sapevano che era un’idea di Kagome per festeggiare la nuova coppia. Mangiarono e bevvero, scherzando e riandando con la memoria ai primi tempi della loro caccia agli Shikon no Kakera. Anna si interessò molto ai loro racconti e li confrontò con la storia che aveva letto nel suo mondo, intervenendo quando gli interessati – soprattutto Inuyasha– davano una versione parziale degli avvenimenti.
«Anna ne sa anche più di noi, sembra.» commentò Miroku, impressionato.
«Conosco i vostri più reconditi pensieri.» disse Anna, con voce profetica. Tutti si zittirono, ognuno pensando con terrore a quanto di compromettente avessero mai potuto pensare, e Anna rise. «Dovreste vedere le vostre facce!» disse.
«Vorrei vedere te!» borbottò Inuyasha, mentre gli altri si univano alla risata. Sorrise anch’egli, suo malgrado. Finalmente una risata spontanea da quella ragazza.
Quando finirono di mangiare, Inuyasha e Miroku si misero comodamente sdraiati su un fianco, satolli, mentre Anna, Sango e Kagome cantarono una canzone.
«È molto bella. Cos’è?» chiese Miroku a Shippo, che mormorava la canzone tra sé mentre le ragazze iniziavano il primo ritornello.
«È una canzone del mondo di Anna. Si chiama Mai Wiri, o qualcosa di simile – spiegò Shippo – L’ha insegnata alle ragazze oggi pomeriggio e loro sono state molto liete di impararla.» Shippo fece un sorrisetto malizioso a Inuyasha e Miroku.
«Hai un’espressione terribile, Shippo, per essere un bambino.» disse Miroku, perplesso.
«Parla chiaro, palla al piede.» disse Inuyasha, troppo sazio per essere davvero aggressivo.
«Non sentite che struggente canzone d’amore? – chiese Shippo, facendo gli occhioni luccicanti e giungendo le manine in una posa femminile – Anna ha detto che è stata composta per qualcosa che riguarda la nostra storia, in particolare il rapporto delle ragazze con voi.»
Miroku e Inuyasha rimasero basiti. La canzone finì. Kirara sbadigliò.
«In questo caso…» mormorò Miroku, riprendendosi. Si alzò da terra e si avvicinò a Sango, abbassandosi per mormorarle qualcosa all’orecchio. La ragazza arrossì e annuì.
«Ci scusate, vero?» disse Miroku, aiutandola ad alzarsi con galanteria. Kagome sorrise e annuì, come del resto fece Anna. Miroku si allontanò con Sango sottobraccio. Passando accanto a Inuyasha, gli fece l’occhiolino.
«Approfittane anche tu.» mormorò. Inuyasha ristette per un secondo, poi ebbe una visione di cosa poteva voler dire “approfittarne” nel gergo di Miroku e avvampò. Shippo sbadigliò.
«Io vado a dormire. – disse, mentre Kirara si stiracchiava, pronta a seguirlo – Anna, Kagome, venite anche voi?»
«Fra poco, Shippo-chan.» rispose Anna.
«Buonanotte, Shippo-chan.» salutò Kagome.
Shippo si allontanò insieme a Kirara e attorno al fuoco rimasero in tre. Anna si alzò quasi subito, volendo evitare di fare il terzo incomodo.
«Beh, sarà meglio che vada a letto anch’io.» disse, anche se non aveva sonno. Era meglio lasciare la coppia da sola. Inuyasha andò nel panico. Il cuore gli batteva a mille, avvertiva la presenza di Kagome come un dolore fisico insopportabile. C’era un solo modo di sopire quel dolore, ma Inuyasha non voleva forzare Kagome nemmeno per un solo istante. Meglio non rischiare di perdere il controllo…e maledizione a Miroku e alle sue parole allusive!
Così, sospirando tristemente nell’animo, Inuyasha disse: «Non è meglio se vai a letto anche tu, Kagome? Domani vorrei portarti a vedere un posto speciale e dovremo alzarci presto.»
«Davvero, Inuyasha? – chiese Kagome, entusiasta, non comprendendo il dilemma interiore di Inuyasha – Oh, grazie! Allora vado via con Anna.» Si avvicinò al demone e lo baciò sulla guancia, abbracciandolo forte per un istante. «Buonanotte.» gli disse ancora, con quella voce dolce che lo faceva impazzire.
«’Notte.» rispose Inuyasha, con voce rauca. Colse al volo l’occhiata di Anna, che sembrava volergli dire: “Dovrai trovare il fegato di affrontare la questione, prima o poi.” 
Il demone voltò risolutamente il capo dall’altra parte e Anna si allontanò insieme a Kagome. Inuyasha rimase accanto al fuoco ancora acceso per un po’, quindi lo spense e si diresse a grandi balzi verso la foresta, fermandosi su un ramo del Goshinboku. Appoggiò la testa al tronco, permettendo alla fresca aria della sera di calmargli i bollenti spiriti. Negli ultimi tempi i baci di Kagome non gli bastavano più, ma Inuyasha aveva molta paura di farle del male. Era ormai un demone, però aveva inconsciamente mantenuto il suo aspetto di hanyo. Inuyasha sapeva che il suo aspetto demoniaco era diverso, ma non l’aveva ancora assunto. Non voleva farlo. Non voleva fare assolutamente niente che l’allontanasse da Kagome…o che lo facesse diventare in qualche modo simile a suo fratello Sesshomaru.
Ripensando al modo in cui Sesshomaru aveva trattato Anna e al fatto di avere il suo stesso sangue nelle vene, Inuyasha rabbrividì. Kagome non avrebbe mai dovuto sopportare nulla del genere da lui. Immerso nei suoi pensieri, si rese conto dell’avvicinarsi di qualcuno solo quando questo sbucò dal folto vicino al Goshinboku. Abbassò gli occhi, disturbato.
«Anna.» disse, riconoscendo la ragazza.
«Ti disturbo?» chiese lei, dal basso. Inuyasha scrollò le spalle, indifferente. Anna sorrise. «Sei un po’ codardo, lo sai?» lo punzecchiò. Inuyasha fece una smorfia. 
«Non sai quali motivi ho per agire così.» disse, seccato, incrociando le braccia sul petto. Anna fece spallucce.
«Posso averne un’idea. Ma tu non sei lui, Inuyasha. Non ti tormentare. Kagome ti ama per quello che sei. Per tutto quello che sei.»
Inuyasha rimase in silenzio, riflettendo.
«Volevo chiederti scusa, Inuyasha.» disse Anna. Inuyasha guardò di nuovo in basso, sorpreso.
«Scusa? Per cosa?!» chiese, perplesso. Lei accarezzò distrattamente la corteccia del Goshinboku.
«Ho deluso tuo padre, ma non ho possibilità di scusarmi con lui. Vorrei farlo almeno con te.» mormorò lei. Alzò gli occhi per guardarlo. «Mi dispiace di non essere stata in grado di arrivare al suo cuore. Ho tentato, ma non ne sono stata capace.»
Inuyasha sgranò gli occhi.
«Feh! Ma sei impazzita?! – chiese, saltando giù dal ramo per guardarla in faccia – Io non c’entro nulla. Per quanto mi riguarda, Sesshomaru si può affogare e tanti saluti! Sei tu, che eri innamorata di lui, a essere rimasta ferita!»
Anna fece uno strano sorriso.
«Volevo solo dirtelo. Ora mi sento meglio.» disse Anna, voltandosi per andartene.
«Tu lo ami ancora?» chiese Inuyasha. Anna si voltò. «Kagome…Kagome crede che nel tuo cuore lui ci sia ancora. – continuò Inuyasha – E crede che anche lui, nel profondo, provi qualcosa per te. Forse ha ragione, perché io non l’ho mai visto nello stato in cui era quando stava con te.»
Anna rimase in silenzio talmente a lungo che chiunque avrebbe potuto prenderla per un altro, strano albero del bosco.
«Io ho tentato. – disse, con voce distante – Ma ora l’unica cosa che voglio è dimenticarmi di lui. Non m’importa cosa prova. Semplicemente, non voglio vederlo mai più.» Il suo viso si addolcì. Anna sollevò una mano e accarezzò il volto di Inuyasha. «Ma ti ringrazio. Sei gentile Inuyasha.»
Ciò detto, si voltò e se ne andò, sparendo verso il villaggio. Inuyasha scosse il capo, quindi alzò il viso al cielo, decidendo che per quella sera aveva riflettuto anche troppo. Fu allora che il cuore gli fece un balzo in petto.
«Che…» mormorò, portandosi una mano al cuore. Sentiva il sangue pulsargli nelle vene, martellargli nelle tempie. Si sentiva…fuori controllo. «Che diavolo sta succedendo?» ringhiò, spaventato. Che il suo sangue demoniaco stesse agendo sul suo corpo per qualche motivo? Inuyasha si costrinse a calmarsi e ad analizzare quelle sensazioni. Il suo corpo agognava la lotta, era teso all’estremo. Perché? Lui non ne aveva motivo, anzi, era addirittura malinconico fino a qualche istante prima. Inuyasha capì che quella sensazione era causata da qualcosa che i suoi istinti yokai avevano avvertito prima della sua mente razionale, qualcosa che lo chiamava e che proveniva dall’esterno del suo corpo.
Con due veloci balzi, Inuyasha fu in piedi, in cima al Goshinboku, aguzzando tutti i suoi sensi.
Ovest.
Quella sensazione proveniva da ovest. Correva verso di lui a grande velocità. Era focalizzata su di lui, ma non sembrava una cosa voluta, quanto una conseguenza dell’avvicinarsi di qualcuno. Inuyasha chiuse gli occhi. Il suo sangue rombava per la vicinanza di qualcuno che aveva quasi il suo stesso odore…la stessa aura…sentiva che si avvicinava.
«Per la miseria, è Sesshomaru.» mormorò, sorpreso.
Sesshomaru si stava avvicinando. I sentimenti che lo spingevano erano tanto intensi da aver trovato risonanza nel sangue del fratello. Gelosia, rabbia, disperazione…Inuyasha riuscì a fatica a riprendere il controllo sul proprio corpo. Non sospettava che Sesshomaru potesse provare sentimenti di tale intensità. Non aveva mai avvertito nulla provenire da lui, se non gelo. Non avrebbe mai immaginato che il sangue di Sesshomaru fosse tanto forte da coinvolgere il suo, nel caso avesse provato qualcosa di intenso. E ora lo provava; oh, se lo provava! 
«Quanto sei stupido. – mormorò Inuyasha – Beh, era ora, fratellone.»
Balzò agilmente giù dall’albero e corse verso il villaggio. Era il momento di prendere in mano la situazione e aveva bisogno dell’aiuto di Kagome. Entrò silenziosamente in casa di Kaede e si chinò sulla ragazza addormentata.
«Kagome!»
Kagome si svegliò a fatica e aprì gli occhi assonnati su Inuyasha, che era chino su di lei.
«Inu…» iniziò a dire, alzandosi, ma Inuyasha la zittì coprendole la bocca con mano gentile.
«Sesshomaru sta venendo qui.» sussurrò Inuyasha, guardando nervosamente la porta. Anna non era ancora andata a dormire e poteva rientrare da un momento all’altro. Kagome spalancò gli occhi. «Avevi ragione, prova qualcosa per lei. La sta cercando, sono riuscito a sentirlo.» Kagome lo spronò a continuare con gli occhi. «Io vado da lui. Voglio dare a quei due testoni un’altra possibilità, a costo di sfasciare la testa a Sesshomaru. Tu copri la mia assenza.»
«E come faccio?» disse Kagome, mentre Inuyasha le toglieva la mano da davanti alla bocca.
«Non lo so, ti verrà in mente qualcosa. – disse, frettoloso, poi le stampò un bacio sulla bocca – Ti amo.» Sorridendo, Inuyasha uscì dalla casa di Kaede. Kagome sorrise, poi si ridistese, cercando di pensare a una buona scusa per giustificare l’assenza di Inuyasha.

 

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Capitolo 11
*** 11 - Cosa provi ***


Author's note: Tra minacce di denunce e di punizioni varie, non posso fare altro che aggiornare la fanfiction! XD Poi non dite che non ve la siete andata a cercare...Enjoy!

C
APITOLO 11 - COSA PROVI

Sesshomaru avvertì la presenza familiare molto prima di riuscire a raggiungerla. 
Inuyasha…aveva il fegato di andargli incontro e affrontarlo, dopotutto. Perlomeno non era un vigliacco. L’avrebbe costretto a rivelargli dove fosse Anna, poi si sarebbe sbarazzato di lui e sarebbe andato a prenderla. Ma cosa sarebbe successo quando l’avrebbe vista? Maledizione, non voleva pensarci.
Stava diventando insopportabilmente doloroso il pensiero di lei, del suo sorriso, dell’oro dei suoi capelli. Sesshomaru non riusciva a credere di averle dato della bugiarda. Lei, così pulita e sincera. Aveva bisogno di Anna, non resisteva più. Si era dannato più volte per ciò che aveva fatto, ma nessuno tranne lei poteva dargli il perdono. E nel frattempo la parte che in lui era più radicata, gelida e sarcastica, gli faceva notare subdolamente in che stato di prostrazione si era ridotto, lui, il grande Sesshomaru, in balia dei sentimenti incomprensibili suscitati da una semplice donna…ma ormai Anna era tutt’altro che semplice per lui. Doveva averla a qualsiasi costo. Anche a costo di soffrire. Non stava forse già soffrendo?
Vide un lampo di rosso nel verde, poi Inuyasha fu di fronte a lui. Sesshomaru si fermò e i due si squadrarono.
«Dimmi dov’è e ti lascerò vivere.» disse Sesshomaru, schioccando le lunghe falangi velenose.
«Feh! Quasi non ti aspettavamo più, Sesshomaru.» disse Inuyasha, battendo le unghie sull’elsa di Tessaiga. Sesshomaru attaccò improvvisamente, ma Inuyasha riuscì a schivare.
«Datti una calmata. – disse Inuyasha – Ti conviene ascoltarmi, perché non appena Anna avvertirà la tua presenza, scapperà via di nuovo.»
Un lampo d’ira passò negli occhi di Sesshomaru. «Dammi la risposta che cerco e questa perdita di tempo si concluderà.» 
«Ti darò la tua risposta. – disse Inuyasha, facendo una smorfia – E con essa un’altra possibilità. Ma ti conviene ascoltarmi, o perderai Anna per sempre.»
Sesshomaru fece per replicare gelidamente, poi notò la serietà negli occhi del fratello. Per la prima volta in decenni, Sesshomaru e Inuyasha rimasero a fissarsi senza cercare di attaccarsi l’un l’altro, quindi Sesshomaru annuì.
«Va bene, parla. In via del tutto eccezionale, ti presterò ascolto.»
«Dunque, vediamo un po’ di analizzare le tue azioni, fratello.» disse Inuyasha, sarcastico, sedendosi per terra. Sesshomaru lo guardò come fosse un animale strano.
«Non allungare il discorso più di quanto occorra. – disse, seccato – Non ho tutto questo tempo da perdere.»
«Hai tutta l’eternità davanti, anche se parli con me un’oretta non cascherà il mondo!» commentò Inuyasha, acido.
«Sono seguito, idiota.» lo freddò Sesshomaru.
«Seguito? – chiese Inuyasha, sorpreso – Da chi?» 
«Anna non vi ha raccontato…» iniziò Sesshomaru.
«Di Inuzuka? Certo. – lo precedette Inuyasha, comprendendo – Allora gli inu-yokai della Famiglia sono ancora sulle sue tracce? Dannati bastardi!» Inuyasha scoprì le zanne, ricordando il suo unico incontro con la Famiglia. Un ricordo che avrebbe preferito cancellare. Quante umiliazioni per lui, per la sua povera madre…e lo yokai che ora gli stava di fronte non gli aveva certo dato una mano. Gli lanciò un’occhiata astiosa, ma si accorse che anche Sesshomaru era assorto nei suoi pensieri.
«Avevi detto che per te era morta. Perché la stai cercando? – chiese Inuyasha, facendo tornare Sesshomaru sulla terra – Vuoi condurli a lei?»
«Non dire assurdità. – disse Sesshomaru, seccato – Non m’importa delle leggi della Famiglia. La mia volontà è la mia legge.» Inuyasha si trattenne dal sospirare platealmente. La sicurezza in se stesso di Sesshomaru era di dimensioni spropositate.
«Va bene, ma se non t’importa nulla della vendetta della Famiglia, che diavolo ci sei venuto a fare, qui?» chiese. Sesshomaru non rispose. «Perché vuoi vedere Anna? Non le hai fatto abbastanza male?» chiese Inuyasha, incalzandolo. Sesshomaru lo fulminò con lo sguardo.
«Non sta a te giudicare le mie azioni.» commentò, gelido. Inuyasha iniziò ad arrabbiarsi.
«E invece mi riguarda! Anna è nostra amica!» disse, secco. Sesshomaru sollevò un sopracciglio.
«Amica?» chiese, perplesso.
«Sì, amica, brutto scemo! – inveì Inuyasha – E tu sei l’unico maledettissimo fratello che ho, anche se cerchiamo sempre di farci fuori a vicenda!» Sesshomaru lo guardò in silenzio e Inuyasha si pentì immediatamente di ciò che aveva detto. «Feh! Non che me ne freghi qualcosa di te, ma nostro padre voleva che tu, bestia che non sei altro, fossi felice, e non posso ignorare un suo desiderio!»
«Allora era vero…» mormorò Sesshomaru.
«Guarda che Anna non mente.» disse Inuyasha. Si sorprese di vederlo impallidire. Sospirò e cercò di calmarsi. «Senti, veniamo al punto, visto che continuiamo ad arrabbiarci e basta. – disse Inuyasha, cercando di fare la persona matura – Sei venuto a prenderla perché ti sei pentito di ciò che le hai fatto e mi basta guardarti in faccia per capirlo.» Il volto di Sesshomaru divenne gelido e Inuyasha scosse il capo. «Guarda che non è un disonore. – disse, rassegnato – Anzi, è un progresso, dal ghiacciolo che eri. Non c’è onta anche se ammetti di amarla.»
Sesshomaru aggrottò le sopracciglia.
«Io la amo?» chiese, più che altro a se stesso. Inuyasha quasi si ribaltò.
«V…vuoi dire che non lo sai?!» chiese, imbambolato. Sesshomaru lo guardò con aria seccata, quindi fece un gesto vago con la mano.
«Che ne posso sapere io dei vostri stupidi sentimenti umani?!» disse, guardando altrove. Inuyasha rimase a bocca aperta.
«Sei più scemo di me, non posso crederci…» mormorò dopo un istante, soffocando una risata quando vide l’occhiata fulminante del fratello. «Senti, – cercò di recuperare – facciamo una cosa. Tu dimmi le sensazioni che provi e io te le traduco. Sono sicuramente più esperto di te in questo campo, non credi?»
«Cosa dovrei fare? – chiese Sesshomaru, quasi sorpreso – Io dovrei spiegarti…» Sesshomaru si oscurò in volto e diede le spalle al fratello. «Non se ne parla. Mi hai seccato, creatura inutile e idiota.» disse Sesshomaru.
«Guarda che io non ti ci porto da lei senza sapere se la ami davvero. – disse Inuyasha, alzandosi a sua volta e incamminandosi lentamente nella direzione da cui era arrivato, le mani incrociate sulla nuca – E senza la mia presenza, lei scapperà via.»
Sesshomaru fece una smorfia di rabbia. Il solo pensiero di sviscerare i propri sentimenti lo riempiva di un disagio così forte da serrargli lo stomaco. Non li ammetteva nemmeno con se stesso, quindi non si sentiva in grado di dar loro voce. Non voleva dar loro voce! Non c’era nulla di più imbarazzante e avvilente di questo! Mettere poi il suo cuore in mano a Inuyasha?! Il solo pensiero era rivoltante! Quel bastardo di suo fratello avrebbe avuto un potere che non meritava su di lui. Maledizione ad Anna! Era a causa sua se gli stava succedendo tutto questo, se si sentiva così umiliato!
Sesshomaru sospirò. No, Anna non c’entrava nulla. Lui la voleva a tutti i costi. 
Inuyasha, intanto, era seccato. Suo fratello continuava a restare in silenzio. Sbuffando, si voltò, decidendo che era ora di usare la forza.
«Quando lei sta con me…» iniziò Sesshomaru. Inuyasha si bloccò. «Io…provo…calore. Non sto parlando di desiderio fisico. Fosse solo quello, il problema non si sarebbe posto.» continuò Sesshomaru, pronunciando con uno sforzo di volontà ogni singola parola. «Quando lei canta, non posso fare a meno di fermare le mie attività e mettermi ad ascoltarla. – continuò Sesshomaru, concentrato come se stesse per sferrare un attacco mortale – Il solo guardarla mi accelera i battiti del cuore.» 
Il viso di Inuyasha si addolcì. Sesshomaru stava facendo uno sforzo immane. Non poteva vederlo in viso, ma i pugni di suo fratello erano stretti, le sue braccia e la schiena tremavano dalla tensione. Per la prima volta nella sua vita, Inuyasha comprese il tormento del fratello.
«Quel calore… – gli venne incontro – lo provavi specialmente quando lei ti sorrideva?»
«Sì.» rispose Sesshomaru.
«E quando ti veniva vicino, o ti sfiorava per sbaglio?» chiese ancora Inuyasha. Diavolo, gli sembrava di sviscerare a sua volta i propri sentimenti per Kagome!
«Sì.» rispose ancora Sesshomaru, seccato. Si voltò verso Inuyasha e si sorprese di trovarlo non meno sulle spine di lui. «Beh? Che hai, imbecille? Dovrei essere io ad essere a disagio.» chiese, sarcastico.
«Feh! Anch’io non sopporto di parlare di queste smancerie, cosa credi? – disse Inuyasha, arrossendo e voltandosi da un’altra parte con aria seccata – Sarà un tratto di famiglia…»
Sesshomaru rimase in silenzio. Notò i tratti in comune che possedeva con quel fratello bastardo che la sorte gli aveva assegnato. E, per la prima volta nella sua vita, non sentì lo stomaco rivoltarsi al solo pensiero di avere una parentela con Inuyasha.
Una donna è riuscita a cambiarmi così tanto?” chiese a se stesso, corrugando la fronte.
«Comunque sia…» disse Inuyasha. Sesshomaru tornò alla realtà e guardò suo fratello. «…questo si chiama proprio amore, fratello. Hai fatto tutte queste stupidaggini perché la amavi e non volevi ammetterlo. Per questo l’hai quasi persa.»
«Va bene, ho capito. Ora che sei soddisfatto, portami da lei.» disse Sesshomaru, chiudendo l’argomento.
«Ti devo avvisare, Sesshomaru. Lei mi ha detto di non volerti vedere mai più.» disse Inuyasha, guardandolo con aria seria. Sesshomaru faticò a non far trasparire il dolore immediato che quelle parole generarono.
Come mi sono ridotto…” pensò, seccato.
«Ma credo che ci sia ancora la tua ombra nel suo cuore. – continuò Inuyasha – Io ti porterò da lei, ma poi starà a te trovare le parole giuste per riportarla al tuo fianco.»
Sesshomaru si oscurò in volto e Inuyasha gli diede una pacca d’incoraggiamento sulla spalla. Sesshomaru cercò di colpirlo con un pugno, seccato, ma Inuyasha lo schivò.
«Coraggio, ce la faremo!» disse al fratello, sorridendo. Sesshomaru lo fissò per un attimo con aria sbalordita e Inuyasha ricambiò con un’occhiata perplessa. Sesshomaru scosse il capo, distogliendo lo sguardo.
«Ultimamente la gente mi sorride per strani motivi.» mormorò, a disagio. 
«Sì, beh…non aspettartelo così spesso, da me. – borbottò Inuyasha, voltandosi – Andiamo.»
I due presero a correre a gran velocità verso il villaggio.
Quand’è stata l’ultima volta che gli ho sorriso? L’avevo mai fatto?” si chiese Inuyasha, mentre correva a fianco del fratello maggiore. Gli lanciò un’occhiata di traverso. Beh, sì, ma era stato molto, molto tempo prima.
Inuyasha si trovò suo malgrado a ripensare alla prima volta in cui aveva incontrato suo fratello. 
Abitava nel grande Palazzo, allora. Era solo un piccolo hanyo circondato dall’amore del padre e della madre. Non aveva ancora idea di quale sarebbe stato il suo futuro, o di cosa il mondo pensava di lui. Non sapeva nemmeno il significato di “bastardo” o “mezzosangue”, parole che l’avrebbero poi accompagnato tutta la vita. Ricordava che, quando aveva circa sei anni, al palazzo era giunto un inu-yokai che assomigliava maledettamente a suo padre. Inuken glielo aveva presentato come suo fratello Sesshomaru, di ritorno da un lungo viaggio. Inuyasha aveva osservato lo yokai, che non era granché diverso dal Sesshomaru odierno, e il notare l’evidente somiglianza che li legava gli aveva fatto piacere. Finalmente avrebbe avuto qualcuno con cui giocare, a parte i genitori. Avrebbe avuto un amico…diavolo, un fratello! Che cosa grandiosa, aveva pensato. Sesshomaru l’aveva salutato educatamente, ma Inuyasha non aveva badato alla sua freddezza e gli aveva rivolto un luminoso sorriso, a cui il fratello maggiore aveva risposto con una copia decisamente più pallida. 
Negli anni seguenti Inuyasha aveva visto Sesshomaru solo di rado, ma lo yokai si era sempre comportato con cortesia e, se non premura, perlomeno gentilezza. I guai erano iniziati poco prima della morte di Inuken. Una sera, Inuyasha aveva sentito il padre e Sesshomaru litigare aspramente, quindi Sesshomaru era uscito da una stanza sbattendo la porta. Vedendolo, gli aveva lanciato un’occhiata che gli aveva fatto seccare la bocca per la paura, prima di tornare a comportarsi come al solito e rivolgergli un cenno di saluto. Inuyasha aveva chiesto al padre quale fosse il problema, ma egli non aveva risposto, limitandosi ad abbracciare il figlio minore con affetto. 
Due settimane dopo, suo padre era morto. Sesshomaru era scomparso dopo la battaglia che aveva decretato la morte di Inuken e la Grande Famiglia degli inu-yokai aveva occupato il Palazzo, costringendo alla fuga Inuyasha e sua madre. I due si erano rifugiati in una casetta tra le montagne, e là, una notte, Sesshomaru l’aveva trovato. Inuyasha si era svegliato con il viso scarmigliato e insanguinato del fratello davanti al proprio, mentre una mano di Sesshomaru lo inchiodava alla parete per il collo, soffocandolo. Inuyasha era rimasto paralizzato dall’odio che poteva leggere in quegli occhi. In quel momento aveva capito davvero cosa lui rappresentasse per il fratello maggiore: meno di niente.
«Dov’è Tessaiga?» gli aveva chiesto Sesshomaru in un sibilo. Inuyasha era rimasto in silenzio, non sapendo nemmeno di cosa Sesshomaru stesse parlando. «Dammela, maledetto moccioso!» aveva detto Sesshomaru, preparandosi a trafiggerlo con le sue unghie velenose. Inuyasha non reagì quella volta. Era troppo piccolo, non sapeva combattere. Fu la madre a salvarlo, mettendosi tra lui e Sesshomaru, che si ritirò, forse per non offendere la memoria del padre.
«Prima o poi tu morirai, donna. – aveva detto Sesshomaru, prima di andarsene – Allora ucciderò tuo figlio e prenderò l’eredità che mi spetta!»
E così aveva fatto, più o meno. Da quando la madre di Inuyasha era morta, il giovane hanyo aveva dovuto subire attacchi di ogni sorta da parte del fratello, che l’aveva seguito ovunque, agognando Tessaiga. Nonostante il potere di Inuyasha fosse nettamente inferiore a quello di Sesshomaru, non aveva mai perduto uno scontro. Inuyasha non si era mai chiesto perché, limitandosi a gioire per il fatto di essere ancora in vita e ad odiare sempre di più Sesshomaru. Ora, correndo al suo fianco per la prima volta nella sua vita, Inuyasha si chiese come questo fosse stato possibile. Sesshomaru aveva sempre esitato nello sferrare il colpo finale: possibile che anche lui avesse qualche remora nell’uccidere il proprio fratello?
Turbato, Inuyasha lanciò un’occhiata a Sesshomaru. Forse Anna stava facendo più miracoli di quanti credesse.
«Quando arriveremo?» chiese Sesshomaru, notando che ormai il fratello riusciva a stargli dietro senza difficoltà. Quella Shikon no Tama aveva lavorato bene.
«Domattina.» rispose Inuyasha.
«E il tuo piano quale sarebbe, di grazia?» chiese Sesshomaru, sarcastico. Inuyasha fece un sorrisetto.
«Hai mai notato quanto il nostro odore e le nostre yuki siano simili? – chiese Inuyasha, ignorando la smorfia di derisione del fratello – Ho intenzione di coprire la tua presenza con la mia. Anna è abbastanza tranquilla, al villaggio; non noterà che siamo in due finché non sarà troppo tardi.»
«C’è ancora differenza nelle nostre yuki, fratello mio. – gli fece notare Sesshomaru, secco – Il tuo piano fa acqua.»
«Aspetta un istante.» mormorò Inuyasha, concentrandosi. Sesshomaru assistette con sorpresa alla trasformazione di Inuyasha, che assunse tratti completamente demoniaci. I suoi capelli diventarono più fini, prendendo una considerevole somiglianza coi suoi. Le orecchie canine sparirono, sostituite da orecchie appuntite. Tre segni rossi, due sulle guance e uno in mezzo alla fronte, comparvero sul suo viso. La sua yuki divenne più potente.
«Non male, vero?» chiese Inuyasha, con un sogghigno. 
«Perché non resti così, idiota? – chiese Sesshomaru, sarcastico – Non comprendo la tua ostinazione nel mantenere le tue mediocri sembianze di hanyo.» “Quanto somiglia a nostro padre…” pensò, suo malgrado.
«Lo faccio per Kagome. – disse Inuyasha, oscurandosi in volto – Non voglio che pensi che anche il mio animo sia mutato. Per lei, sarò sempre l’Inuyasha che ha conosciuto e imparato ad amare.»
«La tua donna?» chiese Sesshomaru, ricordando la miko dai capelli neri. Inuyasha annuì.
«Quindi ti coprirò solo finché non saremo nei paraggi del villaggio. Poi ti dovrai arrangiare.»
Sesshomaru e Inuyasha si scambiarono un sorrisetto sarcastico, quindi continuarono a correre in silenzio.
Anna, non hai idea del miracolo che hai fatto. – pensò Inuyasha – Ti prego, dagli un’altra possibilità.

***

«Che hai Kagome?» chiese Anna, osservando con perplessità la ragazza. Kagome si riscosse bruscamente, sorridendo per riflesso.
«Io? Nulla, perché?» chiese, continuando a raccogliere bacche. Anna fece una smorfia.
«Perché è mezz’ora che raccogli foglie invece di bacche, Kagome.» disse la yokai, indicando il suo cestino. Kagome si fermò con la mano a mezz’aria, arrossendo.
«Kagome-chan non è tanto brava a recitare.» sospirò Sango, lanciando un’occhiata a Miroku e Shippo. Erano due giorni che Inuyasha era partito dal villaggio per cercare Sesshomaru. Lo sapevano tutti tranne Anna, a cui era stato raccontato che Inuyasha era andato a cercare il vecchio Myoga. Pareva che Anna non fosse granché convinta, ma fortunatamente non aveva fatto domande. Purtroppo quella mattina Kagome era svagata. Il pensiero di Inuyasha ad affrontare Sesshomaru da solo la metteva in uno stato di nervosismo palese e la cosa non era passata inosservata ai sensi yokai di Anna.
«È per Inuyasha?» chiese Anna, corrugando la fronte.
«No, io… – cominciò Kagome per riflesso, quindi incrociò l’occhiata di Sango e colse la palla al balzo – Beh, in realtà sì. È parecchio tempo che non restiamo separati e sono un po’ nervosa.»
«Mmh, capisco.» mormorò Anna. Gli altri tirarono un sospiro di sollievo, poi la ragazza sorrise e alzò la testa verso ovest. «Buone notizie, Kagome! Inuyasha è qui vicino, sta tornando.» disse Anna, indicando la direzione. La ragazza fermò il movimento a metà, mentre il sorriso moriva in un’espressione perplessa.
«Finalmente!» mormorò Kagome, sospirando con sollievo.
«Che c’è, Anna? – chiese Sango, tentando di ridere per scaricare la tensione – Non sei felice che Inuyasha stia tornando?»
«La sua yuki è più potente del solito. – mormorò Anna, corrugando la fronte – È strano.» Spalancò gli occhi e volse lo sguardo di scatto sugli altri. «Cosa…c’è qualcuno con lui!» disse, scrutandoli. Gli altri si scambiarono un’occhiata, fingendo ignoranza. Il cuore di Anna fece un balzo e una scarica di adrenalina le passò nelle vene. «Non può essere… – mormorò, sconvolta – È Sesshomaru! Inuyasha, come hai potuto?!» 
«Anna, ascolta…» cercò di placarla Kagome.
«No!» gridò Anna, lanciando loro un’occhiata ferita. Si voltò e si mise a correre.
«An…» iniziò Kagome.
«ANNA!» La voce anticipò di un solo istante il lampo bianco che passò attraverso il gruppo di amici e si lanciò all’inseguimento di Anna. Inuyasha arrivò tra loro dopo un attimo.
«Maledizione. Se ne è accorta subito.» ansimò lo yokai.
«Era Sesshomaru, vero? – gli chiese Kagome, aggrappandosi al suo abito – Allora avevamo ragione!» Inuyasha annuì.
«La cercava da settimane. Diavolo, si allontanano velocemente! Seguiamoli, non voglio che succeda qualcosa di strano.»
«Strano? Che cosa intendi?» chiese Miroku, mentre Inuyasha prendeva Kagome sulla schiena.
«Gli inu-yokai ci stanno seguendo. Non voglio che li attacchino in un momento tanto delicato.» disse Inuyasha, mettendosi a correre. 
«Gli inu-yokai? Maledizione!» mormorò Miroku, guardandoli allontanarsi.
«Sali o resti qui?»
Miroku si voltò verso Sango, che era già in groppa a Kirara insieme a Shippo, e sorrise.
«Non potrei mai separarmi da te, Sango-chan.» disse il monaco, saltando in groppa a sua volta, mentre Kirara si lanciava all’inseguimento di quegli strani corridori. 

***

L’unico pensiero di Anna era la fuga. 
Si sentiva ferita dal tradimento di Inuyasha e di coloro che credeva suoi amici. Naturalmente pensavano di aver agito a fin di bene, ma non avevano idea del male che le avevano fatto. Anna strinse i denti, correndo e serrando le palpebre. Il suo cuore le spediva ondate di dolore in tutto il corpo. Il solo sentire l’odore di Sesshomaru dopo quelle settimane di distanza, di torpore, l’aveva colpita nel profondo, distruggendo con un sol colpo la diga. I suoi sentimenti si erano nuovamente riversati fuori dal suo cuore in una marea senza più controllo. Anna mandò un grido roco, a denti serrati, sentendo che lo yokai guadagnava terreno. Era sempre stato più veloce di lei…e più forte…e molto più crudele. 
Che qualcuno mi svegli da questo incubo! – pensò, sconvolta, mentre la gola le si occludeva di pianto – Non voglio più sentire questo dolore! Perché non posso vivere senza più provare nulla?!
«Anna!» gridò Sesshomaru. La sua sola voce la trafisse come cento spade. Anna evitò la mano di Sesshomaru, protesa verso di lei, e gridò: «Lasciami stare!» cercando di accelerare ancora di più. Non le importava che i polmoni le andassero in fiamme. Non le importava che le sue gambe fossero stanche. Avrebbe sopportato qualunque cosa, se quel dannato cuore avesse cessato di farle male, di batterle così forte. Fu in quel momento che Sesshomaru riuscì ad aggrapparsi a una manica del suo vestito. La corsa di Anna venne bloccata e la ragazza si sentì trascinata indietro e costretta a voltarsi.
«Lasciami!» gridò Anna, tenendo la testa bassa e gli occhi chiusi. Sentì le mani di Sesshomaru prenderla saldamente per le braccia. Dei, le sue mani…La disperazione, la tristezza che Anna aveva dentro erano insostenibili. La sua presenza…così vicino, per tutti i demoni, eppure ormai così distante da lei. “Perché mi tormenti? Perché vuoi che muoia dentro? Non mi lasci niente, mi stai facendo male!” pensò. Ogni battito del cuore era una nuova ondata di pena. «No, non toccarmi! Mi fai male, mi fai male, non toccarmi!» gridò Anna, dimenandosi come un gatto selvatico. 
«Anna, smettila.» disse Sesshomaru. Anna sentì le mani che la tenevano allentare la stretta, quasi Sesshomaru avesse paura di farle male, come quella notte in cui le aveva detto che per lui era morta.
«Perché Inuyasha mi ha fatto questo?! – gridò Anna, sempre cercando di liberarsi, senza mai alzare gli occhi – Tutti quanti! Perché mi fate male? Perché mi fai sempre male?! Sparisci! Ti prego, sparisci!»
«Non posso. – disse Sesshomaru – Non mi è possibile.» Anna smise di lottare, affranta, spossata. Rimase inerte tra le braccia di Sesshomaru, silenziosa e ferma come una bambola. «Non chiedermi questo. – mormorò Sesshomaru – Ti ho cercata ovunque e Inuyasha mi ha aiutato. L’ha fatto per me…e per te.»
Anna non rispose né si mosse. Le mani di Sesshomaru tremarono lievemente, ma lo yokai strinse le labbra e riprese il controllo. Lo odiava così tanto? Tutto in lei lo respingeva: perché? Ora che l’aveva trovata voleva solo che lei gli sorridesse ancora, ma non lo guardava nemmeno. I suoi occhi erano fissi sul terreno. 
«Guardami, Anna. Devo parlarti.»
Di nuovo, lei non si mosse. Il cuore di Sesshomaru si strinse. Non poteva sopportare questo nulla! Aveva pensato innumerevoli volte al loro incontro, alle parole che le avrebbe detto quando l’avrebbe vista di nuovo. Aveva pensato giorno e notte al cambiamento che si sarebbe operato sul volto di lei, mentre avrebbe placato la sua rabbia e l’avrebbe ricondotta al suo fianco…e che nulla osasse più frapporsi fra loro! Ma questa mancanza di reazioni…Sesshomaru non era mai stato ignorato. Non sapeva cosa doveva fare.
«Anna…» la chiamò ancora, incerto. Lei era sempre lì, distante un palmo che equivaleva all’intero Giappone. Il suo viso pallido era così bello, nonostante linee di dolore e tristezza lo segnassero. I suoi occhi erano nascosti dalle palpebre socchiuse, dalle belle ciglia lunghe e nere che le sfioravano le guance. L’animo di Sesshomaru tremò per l’intensità di ciò che provava. “Quanto mi sei mancata.” pensò.
«Anna, guardami.» mormorò ancora, portando una mano al suo viso e carezzandole una guancia. Finalmente, lei parve scuotersi. Tremò lievemente al tocco di Sesshomaru, quindi accennò ad alzare il capo. Sesshomaru soffocò un’esclamazione di dolore quando Anna affondò le zanne nella sua mano. Per riflesso, la lasciò e fece un passo indietro e Anna ne approfittò per sferrargli un’artigliata che gli ferì una guancia.
«Non mi toccare!» gridò Anna, stringendo i pugni e fissando Sesshomaru con ira, stravolta. Sesshomaru non badò nemmeno al sangue che gli colava dalla mano e dal viso, ma impallidì di fronte all’odio e al dolore che riempivano gli occhi di Anna, che finalmente erano fissi su di lui e lo trapassavano da parte a parte. Anna impallidì a sua volta, impreparata all’effetto che la vista del suo viso avrebbe avuto su quello che restava dell’armatura attorno al suo cuore.
Sesshomaru vide il viso di Anna tendersi in una smorfia di sofferenza così intensa che se ne sentì lacerato. 
«Ti ho fatto questo…» mormorò Sesshomaru, mentre Anna chiudeva gli occhi con forza, quasi piegandosi in due tanto la sofferenza la dilaniava. “È troppo, non posso sopportarlo! – si disse lo yokai – Non voglio sopportare anche questa perdita!” Immediatamente, la parte razionale di Sesshomaru cercò di attivare l’unica difesa che conosceva e che aveva sempre utilizzato con successo. Una cappa di gelo cercò di scendere sul suo cuore, andando a spegnere le braci di qualunque sentimento lo stesse turbando. Ma il gelo si sciolse di nuovo, inesorabilmente, alla vista delle lacrime che cominciarono a solcare le guance di Anna.
«Perché? Non mi merito questo! – disse la ragazza, portandosi le mani al viso e asciugandosi le lacrime con rabbia – Perché sei entrato nella mia vita?!»
Sesshomaru non rispose. Anna scosse il capo, frustrata, continuando a tenere gli occhi serrati. Il volto di Sesshomaru…la sua bellezza non cessava mai di incantarla, nonostante la scia di sangue che vi aveva tracciato. Ma sembrava così cambiato, la sua freddezza sembrava così fragile, pronta a rompersi a un suo minimo cenno, tanto che Anna non ne aveva sopportato la vista. Perché tornava a sconvolgere la sua vita?! Perché tornava a guardarla con quegli occhi di ambra che le toglievano la volontà di combattere, di fargli tutto il male che meritava?
«Vorrei essere morta quella notte. – disse Anna, fra i singhiozzi – O essere diventata un vero yokai. Se solo non avessi avuto la mia anima, ora il mio cuore sarebbe di ghiaccio. Non sentirei questo dolore!» Si artigliò il petto, straziata, piangendo. «Non sentirei nulla, esattamente come te. Vorrei essere morta quella notte!» gridò, la voce spezzata dal pianto.
Sesshomaru non resistette più. Si lanciò contro Anna e la strinse a sé, sorprendendola. 
«Non dirlo mai più.» mormorò Sesshomaru, scostandosi appena per poterla guardare negli occhi e chiudendole gentilmente la bocca con una mano per sottolineare le sue parole. «Il tuo cuore…tutto di te è così bello…ma il ghiaccio non è il modo adatto per conservare tutto questo.» mormorò Sesshomaru, guardandola con tale intensità che Anna smise di pensare, perdendosi nel dolore di quegli occhi ambrati. Sesshomaru tolse la mano da quelle labbra, che tremavano sotto il suo palmo, e sfiorò una guancia bagnata da un pianto che non accennava a scemare. Il viso di Sesshomaru si indurì.
«Anch’io maledico quella notte, poiché fu quell’evento a dare inizio a tutto. – disse, con voce dura – Se solo non ti avessi conosciuta, tutto questo mi sarebbe stato risparmiato. Tutte queste umiliazioni, questi pensieri.» Anna tentò di ritrarsi, ma Sesshomaru non glielo permise. «Questo dolore che sento nel petto.» finì lo yokai. Anna volse il capo. Non voleva lasciarsi abbindolare di nuovo da lui, non intendeva soffrire ancora e sempre di più. Sesshomaru la lasciò e fece un passo indietro. Anna rabbrividì nel perdere il contatto con lui, ma fece a sua volta un passo indietro, stringendosi le braccia al petto.
«Tu puoi odiarmi e maledirmi, come i tuoi occhi e i tuoi gesti mi comunicano. – disse Sesshomaru – Ma io non posso. E proprio questa mia impossibilità a odiarti, a trattarti come sempre ho fatto con tutti gli altri, mi ha spinto a dire e fare cose…che non pensavo.»
Anna non poté esimersi dal guardarlo. Voleva dirgli di smettere di parlare. Ogni parola rendeva più fonda la sua pena. Allo stesso tempo, l’avrebbe pregato di continuare se solo avesse osato fermarsi.
«Io ti ho ferita. È ciò che so fare meglio e con te ho raggiunto il massimo livello. Volevo sapere cosa c’era dietro la porta che dava al tuo cuore, ma invece di cercare la chiave ho deciso di sfondarla. – disse Sesshomaru, poi fece uno strano sorriso – Mio fratello mi disse “Distruggi sempre ciò che hai di prezioso” e io lo derisi. Forse Inuyasha è meno stupido di quanto sembri, perché ora, che sei qui davanti a me, mi rendo conto di quanto sono stato vicino a distruggerti. Di quanto ancora ci sono vicino.» Sesshomaru alzò il capo e il suo viso si indurì. «Tu mi hai fatto del male, anche se forse non ci crederai. Qualunque cosa accadrà dopo questa nostra discussione, potrai sempre vantarti di aver ferito il grande Sesshomaru più in profondità di qualsiasi altro nemico.» disse Sesshomaru.
«Cosa vuoi che me ne importi?! – lo aggredì Anna, combattendo dentro di sé la confusione e la sciocca speranza che la stavano divorando – Non era questo il modo in cui volevo giungere al tuo cuore!»
«Tu hai distrutto la mia armatura. Io dovrei soltanto odiarti.» mormorò Sesshomaru, corrugando la fronte. Anna fece un altro passo indietro, stringendo i pugni. «Ma non posso.» Anna si fermò, sbalordita, e guardò Sesshomaru. La dolcezza, la tensione che gli lesse in viso la inchiodarono sul posto. Perché aveva ancora tutto quel potere su di lei? Perché non poteva sopportare di vederlo così…ferito? Perché?!
Io…lo amo ancora?” si chiese Anna, mentre il suo cuore si arrestava per un istante e la risposta si materializzava chiaramente nel suo animo.
«Ascoltami bene, poiché non mi ripeterò una seconda volta. – disse Sesshomaru, venendo avanti di un passo – Sappi che non mi arrenderò mai e che sfrutterò l’eternità per avere ciò che desidero. Questa è la mia parola, e sai che sarà verità.»
Anna rimase in silenzio. La tensione divenne insostenibile, mentre Sesshomaru, per la prima volta nella sua vita, cercava dentro di sé sufficiente coraggio per finire quello che aveva cominciato. Fu questo il motivo per cui non vide l’espressione sbalordita e quindi piena di paura di Anna.
«Io ti…»
«Sesshomaru, attento!» gridò lei, muovendosi in un lampo. 
Sesshomaru sentì le mani di Anna colpirgli il petto e spingerlo via. Dopodiché, il suo mondo esplose.

***

Inuyasha li vide arrivare da ogni dove, diretti verso di lui.
«Maledetti!» disse, mentre Kagome stringeva forte il tessuto del kariginu sulle sue spalle, preoccupata.
«Inuyasha…» disse Kagome.
«È la Grande Famiglia al completo. – disse Inuyasha, senza spostare lo sguardo – Ho paura che saremo costretti a fermarci per qualche istante.»
Inuyasha si fermò e fece scendere Kagome, tenendola dietro di sé e poggiando con precauzione una mano sull’elsa di Tessaiga. Gli inu-yokai avevano rallentato il passo e ora convergevano su di lui.
«Kagome, fai parlare me e non reagire in nessun modo. Sono più pericolosi di quanto sembrino.» mormorò Inuyasha.
Kagome guardò Inuyasha. Lui era teso, senza alcun dubbio, ma non mostrava altro che fredda dignità mentre attendeva che gli inu-yokai si riunissero attorno a lui. Kagome aveva saputo da Inuyasha che la Grande Famiglia era stata responsabile della sua fuga a fianco della madre dal Palazzo che era dimora del Signore dell’Ovest. Kagome sapeva quale odio e rancore Inuyasha portava verso coloro che stavano convergendo verso di lui. Era a causa loro se aveva vissuto di stenti, se la madre, in quella vita di privazioni, mai accettata dagli uomini per il figlio hanyo che l’accompagnava, si era ammalata ed era quindi morta. Il dolore di Inuyasha era il suo.
Kagome gli poggiò una mano sulla spalla. Non voleva solo essere protetta. Voleva far sapere a Inuyasha che lei era sempre lì, al suo fianco. Lui parve capire, perché le lanciò un breve sorriso. Gli inu-yokai, una ventina, fecero cerchio attorno a loro, chiudendoli all’interno delle loro aure distanti e gelide.
«Inuyasha! Kagome-sama!»
Inuyasha si voltò in contemporanea allo yokai anziano che stava di fronte a lui.
«Statene fuori.» disse, con voce controllata, agli amici che stavano sopraggiungendo. Kirara, a un ordine di Sango, si fermò all’esterno del cerchio di inu-yokai. Sango e Miroku obbedirono all’ordine dell’amico, ma rimasero tesi e all’erta, pronti a intervenire al minimo cenno aggressivo.
«Figlio di Inuken, sei cresciuto.» disse il più anziano di loro. A queste parole gli altri si fermarono.
«Così sembra.» disse Inuyasha, duro. Lo yokai guardò Kagome, che corrugò la fronte, affrontando senza paura lo sguardo dello yokai.
«Ma come tuo padre hai scelto una femmina umana. – continuò lo yokai, facendo una smorfia – Fortunatamente, Inuken aveva già un erede.»
«Questi non sono affari che vi riguardano.» disse Inuyasha, gelidamente, stringendo l’elsa della propria spada. «Cosa volete?»
«Vendetta.» dichiarò lo yokai, volgendo lo sguardo nella direzione in cui Sesshomaru e Anna si erano allontanati. «Ella ha infranto la nostra legge.»
«Feh! La vostra legge è idiota quanto voi. – disse Inuyasha, con una smorfia – Non disturbateli.»
«Ne hai assunta di arroganza, sporco hanyo!» disse uno dei più giovani, sputando in terra con dispregio. Inuyasha si voltò verso di lui con un sorriso che mise i brividi a Kagome e agli altri.
«Non tollero insulti da uno yokai il cui sangue non possiede nemmeno un decimo della forza di Inuken.» disse Inuyasha, lasciando per un attimo libera la sua aura demoniaca. Avvertendo la sua potenza, tutti gli inu-yokai non poterono fare a meno di mostrare il loro nervosismo.
«Sei diventato uno yokai.» mormorò l’anziano, sbalordito.
«Ora il mio sangue è puro, ma non rinnego il mio cuore umano. Anche per questo, non vi permetterò di fermare ciò che Anna ha cominciato.» Inuyasha estrasse Tessaiga. La sua imponente lama si frappose fra il giovane e lo yokai anziano. 
«Non so di cosa tu stia parlando, ma non abbiamo tempo da perdere con te. – disse l’anziano – Conducici da lei. Perdoneremo l’errore a Sesshomaru, in quanto egli è l’unico in grado di portarci in battaglia, ma non vogliamo restare in questo luogo più del necessario.»
«Credo abbiano paura di Inuyasha, sai?» osservò Shippo, parlando all’orecchio di Miroku. Si ritrasse, spaventato, quando un inu-yokai si voltò e gli lanciò un’occhiata omicida.
«Taci, kitsune maledetto. – ringhiò quello – Siamo in territorio del Signore dell’Est. La zona pullula dei suoi sporchi galoppini.»
«Il Signore dell’Est?» chiese Inuyasha. D’un tratto, si rammentò del demone scarafaggio che aveva cercato di convincerlo a passare dalla parte del Signore dell’Est, qualcuno che desiderava sopra a tutto estinguere il sangue di Inuken. Ricordò i racconti di Anna sul fatto che perfino guerrieri e monaci umani si erano schierati dalla sua parte. «Cosa intendete?»
«I suoi sottoposti umani pattugliano questo confine. Questa zona non è sicura, per noi.» disse l’anziano. Kagome alzò la testa di scatto.
«Inuyasha! – lo chiamò febbrile – Qualcuno sta per usare del potere spirituale! Lo sento distintamente!»
«Potere…maledizione! – ringhiò Inuyasha – Sesshomaru e Anna!»
«È in quella direzione, Inuyasha!» disse Miroku, indicando più oltre.
«Vai, Kirara!» ordinò Sango, dando di sprone al demone gatto, che superò con un balzo il cerchio di inu-yokai.
«Ecco perché avete perso tempo con me. – disse Inuyasha, stringendo i denti – Maledetti! Non permetterò che venga fatto loro del male! Non adesso!»
Inuyasha tirò Kagome contro di sé e la cinse con un braccio, quindi spiccò un balzo, seguendo Kirara.
«Fermatelo.» mormorò lo yokai anziano, facendo un rapido gesto.
«Non osate ostacolarmi!» disse Inuyasha, menando due rapidi fendenti agli inu-yokai che tentarono di fermarlo. Inuyasha e gli altri si allontanarono velocemente.
«Li seguiamo?» chiese uno dei due feriti.
«Non ancora. – disse l’anziano – Questa potrebbe essere un’ottima occasione per attuare la nostra vendetta senza muovere un dito e allo stesso tempo quella macchia nel nobile sangue della nostra stirpe potrebbe essere cancellata.»
Gli inu-yokai annuirono e rimasero in silenzio, attendendo.
Dobbiamo arrivare in tempo!” pensò Inuyasha, correndo a perdifiato, seguito dagli amici, che però avevano perso terreno. Una schiarita tra gli alberi gli permise di vedere le figure di Anna e Sesshomaru. I due erano in piedi e si fissavano. Anna aveva il viso rigato di lacrime.
«Sesshomaru, attenz…» iniziò Inuyasha, avvertendo la presenza di almeno una decina di umani nei dintorni. Non riuscì a finire la frase.
Evidentemente Sesshomaru era così coinvolto in ciò che stava accadendo che non aveva dato importanza alla presenza di umani nei dintorni, ma Anna aveva compreso…anche se tardi. Inuyasha vide il suo viso deformarsi in una smorfia di paura.
«Sesshomaru, attento!» gridò la ragazza, spingendo lo yokai.
«Oh, no!» gridò Kagome. 
Dai cespugli partirono sette frecce cariche di potere spirituale, dirette senza fallo contro il Principe dei Demoni.
«Sesshomaru! Anna!» gridò Inuyasha, mentre Kagome e Miroku, sopraggiunto in quel momento, cercavano di concentrarsi per neutralizzare le frecce. “Non c’è tempo…” pensò Inuyasha, febbrilmente. 
Colpito da Anna, Sesshomaru perse l’equilibrio e cadde. Anna si voltò di scatto ed espulse dal proprio corpo quasi tutta l’energia vitale demoniaca, tentando di corrompere le frecce e renderle nuovamente delle semplici armi. Una grande esplosione di luce azzurra si propagò dal corpo di Anna.
Forse per questo suo gesto, forse perché Miroku e Kagome avevano fatto in tempo, le frecce che vennero a contatto con la luce si ridussero in frantumi. Una…due…quattro…cinque. Inuyasha faticava a vedere attraverso tutta quella luce. Riuscì a cogliere confusamente che la sesta si era infranta a pochi centimetri dalla testa di Anna. Poi la luce si spense bruscamente come era nata. La vista di Inuyasha si schiarì. Sesshomaru toccò il suolo con un tonfo. Anna rimase in piedi…con l’asta di una freccia consacrata che le usciva dal petto.
«No…» mormorò Inuyasha.
Ci fu una grande esplosione, che ridusse la freccia in frantumi e che fece lo stesso al petto di Anna. La yokai si accasciò a terra e rimase immobile sotto gli occhi inorriditi dei presenti.
Il tutto, in poco più di dieci secondi.

 

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Capitolo 12
*** 12 - Il cuore di un demone ***


CAPITOLO 12 - IL CUORE DI UN DEMONE

Non è vero.” pensò.
Anna giaceva lì, davanti ai suoi occhi, immobile, e l’unica cosa che poteva fare era fissarla come se stesse facendo un brutto sogno. Non aveva la forza di alzarsi e constatare quali ferite avesse riportato. Non aveva la forza di parlare. Non aveva nemmeno la forza di pensare coerentemente.
«Anna…» mormorò, la bocca secca e insensibile. Avvertì con difficoltà che Inuyasha e i suoi amici stavano sopraggiungendo. Vide la compagna di Inuyasha, Kagome, avvicinarsi ad Anna con viso sconvolto.
«Anna…» la chiamò lei, sfiorando con mano tremante i capelli dorati della yokai. Anna non si mosse. 
«Kagome-sama, lascia che sia io a controllare.» disse il monaco, Miroku, avvicinandosi alla ragazza. Sesshomaru osservò in silenzio il monaco che voltava il corpo di Anna, senza poter reagire. Miroku girò il capo di scatto, chiudendo gli occhi e Kagome si coprì la bocca con le mani, mentre le lacrime cominciavano a scenderle lungo il viso.
«Miroku?» disse Shippo, con la vocetta tremante, mentre Sango chinava il capo.
«Non guardare, Shippo. – disse Miroku, a denti stretti – La freccia…le ha distrutto il petto.»
«Anna è…» disse Sango, con voce rauca. Kagome si alzò in piedi e si gettò tra le braccia di Inuyasha.
«Oh, Inuyasha! Anna è morta! – singhiozzò la ragazza, affondando il viso nel suo petto – L’hanno uccisa, l’hanno uccisa!» Inuyasha la strinse a sé, quindi guardò Sesshomaru.
«Morta.» ripeté senza emettere suono Sesshomaru. 
«Mi dispiace. – mormorò Inuyasha – Non hai idea di quanto mi dispiace.»
Sesshomaru guardò ancora il corpo di Anna con aria stupefatta, mentre attorno a lui, tutti manifestavano in qualche modo la loro tristezza. No, non era vero. Anna non poteva essere morta. L’aveva appena ritrovata, stava per dirle la cosa più importante che avesse mai voluto dire in tutta la sua vita. Lei doveva ascoltarlo e poi sorridergli di nuovo. Voleva vederla tornare a casa con lui e giocare con Rin, e cantare nei giardini che sembravano fatti apposta per lei. Voleva godersi la faccia di Jaken quando l’avrebbe vista tornare come la compagna del suo padrone. Voleva che lei gli insegnasse ad amare…ad amarla. Lei non poteva lasciarlo così!
Ma il suo odore era cambiato. Sesshomaru non poteva prendersi gioco di se stesso al punto da non riconoscere che all’odore di Anna era ormai legato quello della morte. Il desiderio che lei aveva espresso solo pochi istanti prima era divenuto realtà. La frase terribile che le aveva detto la notte in cui l’aveva cacciata gli si era ritorta crudelmente contro.
«No…» mormorò, abbassando gli occhi. 
Gliel’avevano portata via. Via per sempre. Quei maledetti umani, sporchi servi del Signore dell’Est. Perché non aveva dato peso alla loro presenza? Perché aveva perso il suo sangue freddo proprio quando ne avrebbe avuto bisogno?! Ma avrebbero pagato…un prezzo che non avrebbe comunque mai eguagliato il valore di ciò che aveva perduto.
«Sesshomaru…» disse Inuyasha, lasciando Kagome a Sango e avvicinandosi al fratello. Sesshomaru si alzò in piedi, rigido, senza guardarlo. Lo yokai alzò il capo, annusando l’aria. «Sesshomaru, la zona non è sicura. Potremmo subire un altro attacco da un momento all’altro.» disse Inuyasha, avvicinandosi. Quando fu colpito dal furore di Sesshomaru, quasi perse l’equilibrio. Da suo fratello proveniva un’aura demoniaca di tale intensità che nessuno dei loro nemici avrebbe mai potuto eguagliare. 
Inuyasha fece una smorfia nel notare che gli occhi di Sesshomaru erano rossi. Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Sesshomaru scattò con rapidità incredibile verso i cespugli, dove gli umani si nascondevano. Il potere spirituale era ancora nell’aria.
«Fermati, stupido! Ti farai ammazzare!» gridò Inuyasha. Imprecò e si mise all’inseguimento del fratello. Sesshomaru non aveva niente da temere da un normale essere umano, ma quelle dannate frecce consacrate…
Inuyasha.
Il cuore di Inuyasha sobbalzò quando la voce si materializzò nella sua testa. Una voce che proveniva dal passato, una voce familiare.
«Padre?!» chiese, insicuro.
Tenseiga. – disse la voce – Ricordagli Tenseiga.”
«Padre?!» chiese ancora Inuyasha, ma stavolta non ebbe risposta. Tenseiga? La spada che poteva resuscitare cento demoni per volta? Resuscitare…Ma certo! «Ci penso io, padre.» disse Inuyasha, accelerando il passo e concedendosi un mezzo sorriso di speranza.
***
A Sesshomaru, i poteri spirituali di quegli sciocchi insetti non facevano nemmeno il solletico. Bastava la sua aura demoniaca a corrompere ogni benefico influsso quegli inetti tentassero di infondere nelle loro armi. C’erano anche dei soldati, oltre ai monaci. Sesshomaru li uccise senza discriminazioni.
Non uccideva un essere umano dal giorno in cui aveva preso Rin con sé. Poi, con l’arrivo di Anna, il solo pensiero di uccidere un essere umano aveva iniziato a riempirlo di vero e proprio disagio, quasi un senso di colpa. Ma ora gli umani gli avevano tolto Anna. 
Così, Sesshomaru passava come la falce della morte stessa, squartando e mutilando, affondando le mani nel sangue senza alcuna emozione. Era bene così. Uccidere e uccidere e uccidere ancora, senza più provare nulla. Tornare alla vita di sempre e passare l’eternità così. Erano tutti esseri inferiori. 
Umani.
Yokai.
Nessuno era importante. Anna lo era, ma lei non c’era più. Ogni volta che formulava questo pensiero, la vista del sangue e il suono delle grida d’agonia gli risultava più gradito.
«Maledizione. Che macello!» disse Inuyasha, con una smorfia, osservando i corpi squartati. Comprendeva la furia omicida del fratello, dopotutto lui avrebbe fatto lo stesso se solo avessero toccato Kagome, ma la crudeltà con cui quelle uccisioni venivano perpetrate era propria di Sesshomaru, senza alcun dubbio.
Lo yokai non si limitava ad uccidere. C’erano uomini che ancora gridavano d’agonia, con le budella in grembo, c’era gente che stava morendo dissanguata. Avvistò suo fratello che spezzava in quel momento la colonna vertebrale di un monaco con aria distratta e lontana.
«Sesshomaru! – lo chiamò – Sesshomaru, basta!» Si avviò verso di lui di corsa.
«Non seccarmi.» fu il commento dello yokai, che gli lanciò un’occhiata gelida e abbandonò il corpo ai suoi ultimi spasmi d’agonia, voltandosi per trovare nuove vittime.
«Ho detto basta! Questo è troppo!» disse Inuyasha, afferrandogli una spalla. Sesshomaru lo colpì al viso, mandandolo lungo disteso per terra, quindi si voltò e si avventò su un soldato, che si era nascosto, tremando, sotto un grosso cespuglio.
«Muori.» mormorò Sesshomaru, puntando le unghie velenose al suo ventre. Inuyasha ringhiò, quindi si gettò contro Sesshomaru, bloccandogli le braccia.
«Ti ho detto basta, stupido testone!» gridò, ribaltando il fratello con la schiena a terra e bloccandolo con mani e ginocchia. Il soldato corse via, gridando. «Vuoi darmi retta, una buona volta?!» ansimò Inuyasha, faticando a tenere fermo Sesshomaru, che stava facendo una strenua resistenza.
«Non ti immischiare, Inuyasha.» disse lo yokai.
«Idiota! Credi che Anna sarebbe contenta di vederti fare questo scempio?!» gli ringhiò in faccia Inuyasha. Sesshomaru fece una smorfia.
«Non nominarla. Non osare nominarla!» sibilò, forzando la presa di Inuyasha, che quasi cedette. Lo inchiodò di nuovo al terreno con uno sforzo.
«Allora dimmi: preferisci continuare a dare la morte o vuoi provare a ridare una vita?» disse Inuyasha, fissandolo intensamente.
«Cosa vuoi dire, stupido…» iniziò a replicare per riflesso Sesshomaru, quindi sbiancò. «Tenseiga!» mormorò rauco. Inuyasha annuì.
«Non so come si usa, ma forse può riportare Anna in vita.» disse Inuyasha. Un secondo dopo si trovò sbattuto per terra. Sesshomaru stava già correndo verso il luogo in cui avevano lasciato gli altri.
«Come ho potuto non pensarci?! – sibilò Sesshomaru – Padre mio, fai che sia ancora in tempo!» Sbucò nella radura come un lampo, mentre Inuyasha, dietro di lui, faticava a tenere il passo. “Ti prego, fai che sia ancora in tempo.” pensò febbrilmente, estraendo Tenseiga dal fodero. Immediatamente, la porta tra il mondo terreno e quello celeste gli fu visibile. Il corpo di Anna era freddo, morto, oscuro ora che l’anima l’aveva abbandonato.
No! Non possono averla già portata via, non possono!” pensò, correndo verso di lei. Scandagliò i dintorni con aria febbrile, cercando gli esseri che avrebbero trascinato lontano da lui l’anima di Anna…che forse l’avevano già trascinata via.
No! Solo perché ho sempre sottovalutato questa spada?! Solo per questo, la sto davvero perdendo?!” pensò, disperato.
Guarda in alto, figlio mio.”
«Padre?» mormorò Sesshomaru, stupefatto.
Guarda in alto.”
Sesshomaru alzò lo sguardo. Lassù, volando sempre più in alto, gli spiriti dell’aldilà stavano compiendo la loro missione. Sesshomaru scoprì le zanne in una smorfia aggressiva, stringendo l’elsa di Tenseiga.
«Non osate toccarla!» gridò, facendo un balzo eccezionale e menando un tremendo colpo con la spada. Indifesi, i messi dell’aldilà perirono sotto la potenza della sua spada, lasciando libera l’anima che avevano in custodia. Sesshomaru toccò di nuovo terra, con viso stanco ma sereno.
«Grazie, padre.» mormorò.
Buona fortuna, figlio mio.”
Sesshomaru guardò la spada che aveva in mano, la spada che aveva sempre denigrato. La sua eredità.
«Grazie.» ripeté Sesshomaru, rinfoderando Tenseiga, mentre Inuyasha lo raggiungeva.
***
Inuyasha da un lato e i suoi amici dall’altro assistettero con stupore all’incredibile balzo di Sesshomaru.
«Non osate toccarla!» gridò lo yokai, mentre menava un colpo tremendo con la spada, colpendo il nulla.
«Che la perdita tremenda l’abbia fatto impazzire?»  chiese Miroku, mentre Sesshomaru tornava a terra con un’espressione stanca ma soddisfatta.
«Non capisco.» mormorò Sango, mentre Kagome si asciugava le lacrime, tentando di contenere il proprio pianto. Shippo si avvicinò ad Anna, mentre le lacrime gli rigavano il piccolo viso, e le accarezzò i capelli.
«Ti volevo bene.» disse, facendo uno sforzo per non scoppiare in singhiozzi. Voleva darle un bacio per salutarla, anche se Miroku gli aveva consigliato di non avvicinarsi. Shippo era un bambino, ma aveva assistito a molte carneficine e se ora non avesse avuto il coraggio di portare a termine quell’ultimo gesto d’affetto solo perché impressionato da una ferita, non avrebbe più avuto il coraggio di guardarsi allo specchio. Così, si avvicinò e scostò i capelli dal viso di Anna, preparandosi alla terribile vista del suo petto squarciato. Invece che orripilato, rimase sbalordito.
«Mi…Mi…» balbettò.
«Shippo-chan, ti avevamo detto di…» mormorò Kagome, avvicinandosi al kitsune e fraintendendo i suoi balbettii.
«Miroku! Mi hai mentito, il petto di Anna non ha alcuna ferita terribile!» strillò Shippo.
«Shippo, cosa dici?!» disse Sango, sorpresa. Miroku corrugò la fronte e si avvicinò al corpo di Anna.
«Shippo, non essere ridi…» iniziò il monaco, quindi impallidì. 
«Miroku, cosa…» chiese Kagome. Miroku alzò gli occhi sulle ragazze, sbalordito.
«La ferita è scomparsa. E…sta respirando.»
Tutti rimasero in un silenzio attonito. Inuyasha e Sesshomaru giunsero in quel momento.
«Lasciala a me.» disse Sesshomaru, duro, inginocchiandosi a terra e prendendo Anna dalle braccia di Miroku.
«Anna…» mormorò. Il suo animo si riempì di speranza quando la sentì respirare. «Anna, ti prego, svegliati.» mormorò, accarezzandole una guancia, dimentico di coloro che stavano seguendo la scena con attenzione. “Svegliati, ti prego.” pensò, tremando nell’animo per l’aspettativa.
Anna aprì gli occhi. Tutti trattennero il fiato quando le lunghe ciglia tremarono e quindi si sollevarono, mostrando loro gli occhi azzurri di Anna…occhi vivi, che dopo un attimo di estraniamento si posarono sul volto di Sesshomaru.
«Sesshomaru…?» mormorò. 
Sesshomaru non poteva credere ai suoi occhi. Anna era lì, tra le sue braccia, viva. Lo stava guardando, aveva pronunciato il suo nome. Per un istante, non capì l’espressione di stupore sul suo volto. Poi, la vide alzare una mano e toccargli una guancia. Abbassò gli occhi e vide le dita di lei bagnate di lacrime. Le sue lacrime, che gli stavano uscendo dagli occhi senza che lui se ne accorgesse. Stava piangendo per la prima volta nella sua vita.
«Sesshomaru, stai piangendo.» mormorò Anna, vicina al pianto lei stessa. Sesshomaru la strinse a sé, affondando il viso nei suoi capelli.
«Non farlo mai più. – disse, a voce talmente bassa che solo Anna poté sentirlo – Stavi per andartene e io non ti avevo ancora detto che ti amo.»
Gli occhi di Anna si spalancarono dalla sorpresa, mentre si riempivano di lacrime.
«Anch’io ti amo. – mormorò lei, ricambiando l’abbraccio – Non ti lascerò mai più. Lo giuro. Lo giuro.»
«Non ho capito nulla di quello che è successo.» disse Shippo, perplesso.
«Sesshomaru ha usato Tenseiga appena in tempo.» spiegò Inuyasha.
«Ne consegue che è tutto sistemato?» mormorò Miroku a Sango. Inuyasha lanciò un’occhiata ai due e strinse a sé Kagome, che era commossa. 
«Fino al prossimo litigio, direi di sì. – disse Inuyasha, con un sorriso che Kagome giudicò molto dolce – Lasciamoli stare. Verranno da noi quando si sentiranno in grado. Ora sarà meglio controllare che gli inu-yokai se ne siano andati.»
Più con le cattive che con le buone, Inuyasha convinse gli amici a ritornare al villaggio. Anna e Sesshomaru rimasero soli nella radura.
«Quegli scocciatori umani se ne sono andati?» mormorò Sesshomaru dopo qualche istante. Anna ridacchiò e si scostò un po’ da lui, asciugandosi le lacrime. I due si guardarono negli occhi.
«Hai ucciso gli uomini.» mormorò Anna, sfiorandogli una mano ancora macchiata di sangue. Sesshomaru si oscurò in volto e Anna sorrise. «Non è un rimprovero. Se non fossi riuscita a salvarti, avrei fatto lo stesso.»
Sesshomaru le accarezzò il viso.
«Non permetterò più a nessuno di farti del male. – mormorò – Nemmeno a me stesso. Non permetterò che tu muoia ancora.»
«Potrei prometterti la stessa cosa.» disse Anna, sorridendo ancora. 
«Allora esaudiresti un mio desiderio?» disse.
«Tutto ciò che desidera Sesshomaru-sama.» scherzò Anna.
«Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?» mormorò Sesshomaru, prima di baciarla. Anna avvertì tutto il sentimento che si celava dietro quel bacio, del tutto diverso da quello rude e rabbioso che le aveva dato la notte in cui si erano separati. La sua disperazione quando lei era morta, la speranza quando aveva usato Tenseiga, l’amore…
Già. Ora poteva sentirlo. Il cuore di Sesshomaru, un cuore di demone che era sempre stato freddo e privo di sentimenti, ora riusciva ad amare. E amava lei. 
Quando finalmente si separarono, erano entrambi senza fiato. Rimasero così, abbracciati, la fronte dell’uno appoggiata contro quella dell’altro, in silenzio.
«Torniamo a casa?» chiese Sesshomaru, alla fine.
Anna sorrise.
«Sì. – mormorò – Torniamo a casa.»
***
«Quindi vai via con lui, Anna.» disse Kagome, parlando con la yokai.
«Sì.» disse Anna, lanciando un’occhiata a Sesshomaru, che si era allontanato con Inuyasha. Sango e Kagome non poterono non notare l’amore che si celava in quell’occhiata. «Torno a casa.»
«Sono felice per te, Anna. – disse Kagome, abbracciandola – Tanto, tanto felice.»
«Grazie, Kagome.» mormorò Anna, ricambiando l’abbraccio.
«Sei sicura di quello che fai? – chiese Kaede, preoccupata – Dopotutto, ricordati che è sempre Sesshomaru.»
«Non voglio che cambi, Kaede-sama. – disse Anna – Volevo solo che mi amasse e il mio desiderio è stato esaudito. Se cambieremo, cambieremo insieme.»
«Buona fortuna, dolce Anna. – disse Miroku, baciandole la mano con galanteria – Torna quando vuoi.»
«E stai tranquilla, a questo maniaco ci penso io.» disse Sango, sorridendo e al contempo strozzando il povero Miroku, che stava allungando una mano dove non doveva.
«Penso che ci rivedremo presto, ragazzi. – disse Anna, sorridendo divertita – Abbiate cura di voi.»
«Mi mancherai, Anna!» disse Shippo, abbracciandola.
«Anche tu, Shippo-chan. – disse Anna, ricambiando l’abbraccio con affetto – Quando verrai a trovarmi ti farò conoscere Rin.»
Anna sospirò e tutti restarono in silenzio, quindi Anna sembrò riscuotersi.
«Bene, vi lascio. Vado a salutare Inuyasha e poi…beh…Mi mancherete, ragazzi.» li salutò, facendo un sorriso e voltandosi per raggiungere Sesshomaru.
«Anche tu, Anna. – mormorò Kagome – Anche tu.» Gli amici rimasero fermi, guardando la ragazza allontanarsi.
***
«Allora l’hai sentita anche tu?» chiese Inuyasha, sorpreso.
«La voce di nostro padre? Sì.» disse Sesshomaru, guardando altrove con aria pensierosa. Inuyasha annuì, poi si oscurò in volto. 
Sesshomaru stava per andarsene. Gli inu-yokai avevano lasciato la zona non appena avevano avvertito che Anna era morta, così per un po’ li avrebbero lasciati stare. La breve parentesi di fratellanza stava per concludersi. Se conosceva bene Sesshomaru, non appena avesse avuto l’occasione avrebbe ricominciato ad agire freddamente. Probabilmente stava già pensando a come impadronirsi di Tessaiga. 
«Stavo pensando…» iniziò Sesshomaru. Inuyasha gli lanciò un’occhiata sospettosa e Sesshomaru corrugò la fronte. «È questo il modo di guardare tuo fratello?»
«Non mi fido troppo di quello che pensi. – disse Inuyasha – Di solito sono coinvolto.» 
Sesshomaru rifletté e annuì, soprappensiero. 
«Pensavo che puoi tenerti Tessaiga.» disse. Inuyasha lo guardò con sbalordimento tale che Sesshomaru si irritò.
«Oi, ma ti senti bene?» chiese Inuyasha.
«Forse non rammenti il significato della parola rispetto, Inuyasha.» disse Sesshomaru, seccato.
«Beh, ammetterai che è strano. – disse Inuyasha, faticando a riprendersi – È tutta la vita che mi insegui per avere Tessaiga.»
«Non mi piace tuttora l’idea che una così grande spada sia in mano a uno sciocco come te. – commentò Sesshomaru, acido – Ma…» Guardò Tenseiga e ne strinse l’elsa. «Credo che la mia eredità non sia inferiore alla tua.» Inuyasha quasi sorrise e Sesshomaru lo guardò con aria scura. «Questo non significa che le cose tra noi cambieranno. Sei sempre una pulce insopportabile.» disse freddamente.
«Feh! E tu lo stesso ghiacciolo di sempre.» lo rimbeccò Inuyasha. I due si scambiarono un’occhiata infuocata, poi Sesshomaru scosse il capo.
«Il Signore dell’Est pagherà amaramente l’affronto che mi ha fatto. Siete nel suo territorio. Dovrete decidere da che parte stare.» disse Sesshomaru.
«Combatterò. Per nostro padre, non per te.» disse Inuyasha, lanciando un’occhiata alla ragazza che si stava avvicinando.
«Non m’importa. Almeno non rinnegherai il tuo sangue.» annuì Sesshomaru. Si voltò verso Anna. «Andiamo?» le chiese. Lei annuì.
«Arrivederci, Inuyasha. – disse, porgendogli una mano – Grazie di tutto.»
«Bah, non so quanto durerete stavolta, ma buona fortuna.» borbottò Inuyasha, stringendole la mano. Anna sorrise, poi si mise a fianco di Sesshomaru, che si alzò in volo con lei.
«Raggiungeteci presto. Dovremo parlare a lungo.» disse Sesshomaru.
«Contaci.» rispose Inuyasha. Lo yokai guardò i due partire, scomparendo in lontananza. Si voltò quando Kagome lo raggiunse. Sorrise.
«Sai, Kagome? – disse, andandole incontro e abbracciandola – Ho la sensazione che questa volta tutto andrà benissimo.» Guardò ancora nella direzione in cui i due erano scomparsi. «Sì. – mormorò, mentre lei gli prendeva una mano – Da adesso in poi, tutto andrà benissimo.»
***
Li vide arrivare dal retro del Palazzo, il Signore dei Demoni e la sua nuova compagna.
«A casa, finalmente.» mormorò il principe dai capelli d’argento.
«Perché tutta questa segretezza?» chiese la ragazza. Lui le cinse la vita con le braccia.
«Perché questa è la nostra notte. Non voglio che ci disturbino.»
«Oh…» mormorò la ragazza, arrossendo. Abbassò la testa. «Credo…che avrai molto da insegnarmi.»
«Lo spero davvero.» mormorò il demone, prima di baciarla.
Aveva visto abbastanza. Suo figlio era felice. Lo lasciava in ottime mani. Con un sorriso, Inuken se ne andò, lasciando il mondo dei vivi per tornare dalla sua sposa, dalla donna che amava ben oltre la morte. Il suo desiderio si era avverato.
«Grazie, Anna.» mormorò.
La ragazza parve avvertire qualcosa, perché pose fine al bacio. Di fronte allo sguardo perplesso di Sesshomaru, Anna scosse il capo e sorrise. 
I due entrarono nel Palazzo e la porta si richiuse dietro di loro.


 
FINE


Author's note: Un grazie immenso a tutti coloro che hanno letto questa fanfiction, che la leggeranno o che l'hanno letta di nuovo (vero, Kenjina? Che bello ritrovarti!). Un ringraziamento particolare a chi a trovato il tempo e la voglia di commentare, non avete idea di quanto bene mi avete fatto. Con questa fanfiction, la storia di Sesshomaru e Anna...non è conclusa affatto! Che vi credete, che li lascerò tranquilli?! No, no! Preparatevi al seguito, presto su questi schermi: La Fonte dei Desideri, un crossover Inuyasha/Ranma! A presto!!

 

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