Detroit Anni Sessanta

di Kagura92
(/viewuser.php?uid=37812)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Detroit Anni Sessanta

GENERE: Generale, Drammatico
RATING: Giallo
AVVERTIMENTI: One-Shot, Linguaggio Pesante
FANDOM: Axis Power Hetalia
PERSONAGGI: Italia (Feliciano Vargas), Romano (Lovino Vargas), Altri
DISCLAIMER: La scelta di ambientare la seguente storia nell'America degli anni Sessanta non è affatto casuale e corrisponde a una precisa scelta dell'autrice di toccare temi legati alla questione del razzismo in tal luogo e in tale epoca. I personaggi, intesi come esseri umani e non come Nazioni, tenderanno a comportarsi in modo adeguato all'ambientazione. Nonostante il titolo i capitoli non hanno una collocazione spaziale precisa in una determinata città americana.

NOTE PRELIMINARI ESSENZIALI:Riporto qui le note essenziali allo svolgimento della fanfiction, senza la quali si rischia una non compressione della testa in quanto si possono perdere riferimenti in seguito essenziali.
[1] Attività tipica della mafia italo-americana, sopratutto durante gli anni d'oro, era la vendita delle sigarette, spesso compiuta da ragazzi giovani che desideravano diventare, prima o poi, uomini d'onore - condizione privilegiata concessa solo a chi nelle vene avesse solo sangue puramente italiano, in particolare siciliano; la mafia inoltre aveva l'abitudine di usare locali come pizzerie e macelleria come copertura e spesso, in cambio dei favori elargiti, chiedevano collaborazione o partecipazione a particolari affari.
[2] La condizione degli italiani emigrati in America non era affatto serena. Vi è un lungo elenco di insulti selezionati appositamente per gli italiani, considerati generalmente dall'opinione pubblica come ignoranti, sporchi, ladri, mafiosi e bugiardi. Numerosi anche i casi di linciaggio, sopratutto negli stati del Sud.
[3]Negli USA fu sempre impellente la necessità di catalogare le persone in base alle razze; verso gli anni '40, con l'aumento dell'immigrazione di europei orientali e meridoniali, si cominciò a catalogare i vari tipi di “bianchi”, etichettando gli slavi come caucasici e gli italiani come mediterranei : entambe le popolazioni erano generalmente considerate bianche ma di livello inferiore rispetto a anglofoni e nordici.

Inoltre, là dove i dialoghi sono in corsivo i personaggi parlano in francese – ho preferito evitare di costringere il lettore a saltare sulle traduzioni – e che alcuni i personaggi non parlino in italiano corretto o esitino sulle parole è dovuto alla loro non perfetta conoscenza della lingua.

1.

«Fuori, Guinea1 bastardo!»
Non picchia la testa sul marciapiede, e per un soffio non si ritrova anche la bocca coperta di fango dopo essere stato buttato nella pozzanghera: è la terza volta in un giorno che lo cacciano via, ma la prima in tutta la vita che qualcuno lo butta fuori come un sacco della spazzatura.
«Vee~ », sospira sollevandosi. Si pulisce una mano sui pantaloni e sente le tasche: vuote. Comincia a guardarsi attorno, agitando le mani nell'acqua sporca per cercare quel pezzo di carta che per lui in America è tutto.
«Cioè, ma allora è vero che voi italiani siete tipo tutti stupidi»
Rialza la testa e vede il suo permesso di soggiorno sventolargli davanti. Si allunga per afferrarlo e quello va più in alto, all’altezza degli occhi di un ragazzo che lo guarda come se fosse un animale interessante.
«Come ti è venuto in mente di cercare lavoro tipo lì?» gli indica la bandiera americana fieramente appiccicata sulla vetrina del negozio degli alimentari «Cioè…»
Alza di nuovo la mano quando l’italiano salta in piedi: «Ti prego, ridammelo!»
«Sei tutto tipo infangato!» ribatte l’altro piccato «Lo devi tenere pulito questo!»
Lascia che il pezzo di carta gli sfugga dalle dita non appena l’altro allunga una mano frettolosamente pulita sui pantaloni.
«Ma quanti anni hai?» chiede ancora, guardandolo meglio, inclinando il capo «Tipo sedici?»
«Diciasette» risponde, esaminando il foglio prima di piegarlo con cura.
Il ragazzo inclina la testa dall’altra parte «Tra noi, i tuoi erano fascisti?»
Strascica le parole, un accento allo stesso tempo duro e dolce, ma pur sempre l’americano più semplice che abbia sentito finora – anche se quella domanda gliel’hanno già fatta un migliaio di volte.
Ha dei capelli di un bel biondo brillante e occhi verdi e intensi, la pelle bianchissima. «No» risponde, semplicemente.
«E non sei un maledetto un crucco. Senti un po’, sai cucinare?»
Non è che sappia cucinare, è che ama cucinare e ha passato le sere attaccato alla gonna di sua madre, guardandola con le mani bianche di farina e il mestolo in mano, annusando il basilico e il rosmarino e mescolando il sugo rosso del pomodoro.
«…perché dove lavoro io serve un…»
«Oh, sì! Sì, sì, sì!»
«Ehi!»
Protesta, ma non lo scaccia e non si ritira schifato, alza solo il mento per evitare di sporcarsi di fango.
Per il resto lascia che un italiano sconosciuto lo abbracci in mezzo alla strada, sommergendolo di ringraziamenti in una lingua che non conosce.
«Cioè, ora calmati, non è che mi devi tipo...» una pausa, mentre cerca inutilmente la parola giusta «...vabbe', dai, muoviamoci!»
«Mi hai salvato la vita» dice finalmente l'italiano, staccandosi. Il ragazzo sogghigna «Però non so il culo!»

L’uomo gli passa una mano tra i capelli – che Feliks gli ha prima sporcato e poi pulito per renderlo più patetico – scompigliandoli: « Sei davvero carino... Non trovi anche tu, Arthùr?» L'uomo al tavolo, nascosto dal giornale, grugnisce.
«Mai io non posso che ubriacarmi di te» continua, in francese; l'altro uomo gira la pagina con stizza. «L'importante è che sappia cucinare»
«Non è inglese» sentenzia il suo benefattore e torna a sorridergli. È l'uomo più affettuoso che abbia incontrato in tre mesi nella metropoli, benché sia quello che capisce di meno; il suo accento francese straborda e avvolge ogni parola, rendendola sinuosa e sfuggente, mischiandola assieme alle altre in un unico strascicare sempre assurdamente allegro.
«Se lo fosse farebbe un thè decente» borbotta l'uomo e gira ancora una pagina «Smettila di adottare cuccioli»
«Sai che è la mia passione» il signor Bonnefoy increspa leggermente le labbra, poi torna a guardare l'italiano «Feliciano, sì? La cucina apre alle sette, prendi servizio alle sette e mezza, Feliks ti darà la divisa... non puoi portarla a casa, naturalmente» conclude e l'ultima parola sembra un sibilo «Ti consiglio di andare in cucina a prepararti»
Feliciano annuisce e va in cucina, l'unica parola che è riuscito a distinguere in uno sciorinare simile a una risata.

«Cioè, non mi perderò mica!» dice Feliks e agita la mano, schizzando qua e là acqua e sapone «Però lui continua ad aspettarmi. Cioè, boh. Tu stai a Little Italy, tipo?»
«Oh, sì » Feliciano risciacqua il piatto per l’ennesima volta e l’osserva controluce: a parte i graffi delle forchette non c’è più traccia di sugo.
Feliks continua a lavare le posate «E tuo fratello che fa?» chiede, smettendo di parlare del suo compagno – il cameriere, un lituano dall’aria nervosa che ha conosciuto sulla nave e non ha più abbandonato – mentre prende un asciugamano.
«Per ora niente» comincia a strofinare una delle pentole con attenzione «Pensava di andare a Sud, ci sono tanti italiani che lavorano...»
Il polacco tiene in mano un coltello da torta che gocciola sul pavimento che poi dovranno pulire, fissando Feliciano.
«Cioè, ma siete davvero tutti scemi»
«Perchè?»
«Ma non hai sentito cos'è successo l'altro giorno? Lo sa tutto il paese!»
Scuote la testa. L'altro giorno l'ha passato con suo fratello a scaricare frutta finchè non si è quasi rotto un dito e hanno dovuto svegliare il dottor Scatanassi in piena notte.
«Ne hanno impiccati due. Cioè, di italiano uno, l'altro era un giudeo2. Li hanno visti uscire da un...» esita «Vabbe', da un posto, e poi ci hanno trovato un uomo morto, uno vestito bene.» Finalmente mette il coltello sotto il getto d'acqua. Feliciano continua a non capire.
«E allora?»
«E allora hanno detto che l'avevano ucciso loro, no? Sai, mafia» conclude tranquillo sistemando il coltello con le altre posate.
«Ma...cioè, l'avevano ucciso loro?» Il polacco scrolla le spalle «E io che ne so? Li hanno uccisi perchè pensavano di sì»
«Ma non è illegale?» chiede, scandendo bene la prima parola che ha imparato in americano. «Sì, ma cioè, loro lo pensavano e quindi l'hanno fatto. Hai capito?»
A Feliciano viene in mente l’ufficiale della dogana, quando in una mano stringeva una collana di perle e nell’altra il polso di una donna che trascinava per tutta la sala, mentre lei cercava di tenersi addosso la gonna troppo larga; “Ca’ mia è!”, urlava.
«Sì» risponde, e il polacco annuisce soddisfatto. Toris appare sulla porta con delle banconote che Feliks gli strappa di mano all’istante.
« Aaah!» guarda le banconte controluce con un sorriso «Liet3, domani voglio Zurek!»
«Feliks!» protesta il ragazzo all’istante, ma lui non se ne cura «Zurek, zurek! Vero che me lo fai, Liet?»
«No, lo sai che dobbiamo risparmiare»
«Eddai, un uovo solo…»
Feliciano non ha ancora detto parola, fissa la banconota stretta tra le dita.
«Il signor Bonnefoy ti ha dato un supplemento visto che è il tuo primo giorno di lavoro» gli dice il lituano cogliendo il sorriso ebete che deve avere sul volto «Inoltre…»
«Domani dovrò ringraziarlo, veee~» dice lui senza sentirlo davvero. Sulla banconota verde c’è scritto “In God we trust”.
È corso via salutandoli con la mano, lasciando che le raccomandazioni di Toris e le risate di Feliks gli scivolassero addosso: i pochi dollari sono al sicuro nelle mutande e non canta solo per non fare rumore. Fa solo attenzione a stare vicino ai lampioni illuminati cercando di ricordare i profili dei palazzi e la strada per ritrovare suo fratello. Non vede l’ora di dargli la notizia, non vede l’ora di arrivare a casa per poter mangiare finalmente un piatto di pasta tutto intero, non vede l’ora che venga mattina per correre al ristorante e cominciare il lavoro: viene pagato per cucinare!
Salta un tombino; viene pagato per cucinare e Feliks gli ha detto che se ne avanza più che abbastanza del più possono dividerselo e portarselo a casa, e che domani probabilmente il signor Bonnefoy li manderà al mercato del pesce e di quello ne avanza sempre, come la verdura – perché gli americani non sanno mangiare; l’ultima volta che hanno fatto la spesa suo fratello ha preso tanti pomodori, quindi forse riuscirà a fare un po’ di zuppa di pesce.
Deve trattenersi dal fare una piroetta, ma comincia a canticchiare a passa voce.

*


«Son giunchi che piegano le spade vendute…»4
Canticchia a bassa voce strofinandosi le mani. Se non ricorda male di pomodori gliene sono rimasti tre, di patate due. Di pasta solo mezzo chilo, ma oggi possono mangiarsela tutta.
Si strofina le mani guardando nell’oscurità; non vede l’ora che arrivi suo fratello che non fa che diventare sempre più esile, non vede l’ora di potergli dire che stasera non c’è nessun razionamento da fare. Anzi, magari domani potrebbero mangiare carne; il nipote del dottore, la mangia tutte le sere ed è mezzo americano – lui invece italiano lo è tutto, come ha sottolineato l'amico del dottore mentre Lovino strofinava il pavimento della sua pizzeria per ripagare la visita a suo fratello .
Sbuffa vedendo Feliciano apparire all’angolo della strada saltando come un coniglio; il fiato diventa vapore bianco come fumo di sigaretta. Fottutissime sigarette, che basta venderle per mangiare carne tutte le sere e senza che nessuno gli sputi addosso – e poi non era mica niente di grave, l'aveva detto anche l'amico del dottore che di queste cose se ne intendeva, l'agente Ross era amico suo e chiudeva un'occhio; e Lovino si fidava, ché se era amico del dottore quello doveva essere un uomo d'onore .
Si strofina le mani perché fa sempre più freddo; Feliciano lo raggiunge con un abbraccio, sempre più pallido nonostante le gote arrossate.
Deve chiedere all'amico del dottore cosa deve fare per avere un po’ di cioccolata, magari dei vestiti più caldi, una stufa che si accenda come si deve, un padrone di casa un po’ più rispettoso - il nipote di Scatanassi quelle cose le ha tutte, perchè è un bravo ragazzo e lavora bene per il suo don. Che poi, come faceva di nome? Corleone?


[1] Guinea: Diminuitivo di Guinea Negro insulto nato dalla colorazione scura di alcuni italiani che venivano pertanto assimiliati agli africani.
[2] Giudeo: Il termine non è stato con il preciso intento di mostrare inclinazioni razziali di Feliks; per quanto una notevole percentuale di polacchi non considerò nel Dopoguerra come particolarmente grave lo sterminio del popolo ebraico, il termine giudeo è un'espressione di massimo odio in molti paesi cattolici ed è allo stesso tempo di uso comune.
[3] Liet: No, non sono rimbecillita di colpo; il soprannome Liet, esattamente come in Hetalia, deriva dall'abbreviazione del corrispondente polacco per “Lithuania”; credo che a Feliks sia venuto naturale e immediato, come soprannome, sopratutto nei primi tempi al posto di “Ehi tu, lituano!”. Poi è diventato un soprannome affettuoso.
[4] Son giunchi che piegano le spade vendute…: Quarta strofa dell'Inno di Italia, perchè la mia beta è carina e coccolosa e trova sempre citazioni più adatte delle mie.
[5] Corleone: in realtà nessuna famiglia mafiosa italo-americana si è mai chiamata "Corleone"; avevo la sensazione tuttavia che nomi veri come Gambino o Genovese fossero troppo pochi conosciuti e avrei perso in immediatezza.

Ringrazio innanzitutto la mia beta, Chyko, che è una seme figherrima[cit] che ha sopportato me e i miei isterismi, le mie frasi ermetiche e incomprensibili e i miei apostrofi vaganti senza chiedere proprio nulla in cambio. Un po' come Nitta che lavora per passione. <3
Ringrazio anche tutti coloro che hanno letto, coloro che hanno recensito, coloro che recensiranno o ricorderanno la mia storia, nonché coloro che decideranno di dedicarmi qualche istante del loro tempo per indicarmi cosa, dove, come e sopratutto perchè da qualche parte ho sbagliato.
Chiedo sopratutto di indicarmi i punti che possono risultare poco comprensibili, perchè tra compagni di classe appassionati di film di mafia e vecchi telefilm anni '80 - come l'Ispettore Tibbs, che adoro – tendo a dare alcune cose per scontato XD
Ho deciso di articolare la storia in tre capitoli, tuttavia è molto probabile che io ne aggiunga un quarto, ambientato in tempi più moderni... almeno per metà. I capitoli saranno legati tramite avvenimenti e personaggi accennati di sfuggita nel capitolo precedente, escludo di scrivere ancora sullo stesso personaggio, a meno di illuminazioni improvvise. Cercherò di aggiornare in tempi brevi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


Detroit Anni Sessanta

GENERE: Generale, Drammatico
RATING: Giallo
AVVERTIMENTI: One-Shot, Linguaggio Pesante
FANDOM: Axis Power Hetalia
PERSONAGGI: America (Alfred Jones), Canada (Matthew Williams), Altri
DISCLAIMER: La scelta di ambientare la seguente storia nell'America degli anni Sessanta non è affatto casuale e corrisponde a una precisa scelta della sottoscritta di toccare temi legati alla questione del razzismo in tal luogo e in tale epoca. I personaggi, intesi come esseri umani e non come Nazioni, tenderanno a comportarsi in modo adeguato all'ambientazione. Nonostante il titolo i capitoli non hanno una collocazione spaziale precisa in una determinata città americana.

NOTE PRELIMINARI ESSENZIALI:Riporto qui le note essenziali allo svolgimento della fanfiction, senza la quali si rischia una non compressione della testa in quanto si possono perdere riferimenti in seguito essenziali.
[1] Negli stati del Sud il mischiarsi, parlare, frequentare, ridere e stringere amicizia con persone non bianche portava a considerare non bianca chi lo faceva; piuttosto famoso è un caso in Alabama dove un'italiana, colpevole di aver sposato un nero, fu assolta dall'accusa di matrimonio interrazziale in quanto la familiarità tra italiani e neri rendeva quindi i primi non bianchi e quindi non sussisteva reato.
[2] I casi di linciaggio, sopratutto negli stati del Sud, erano numerosi e spicci.
[3] Là dove i dialoghi sono in corsivo – o meglio, visto che si tratta di un flashback, in non corsivo - i personaggi parlano in francese – ho preferito evitare di costringere il lettore a saltare sulle traduzioni.

2.


« Schifoso italiano, quand’ero giovane io, nessuno di questi bastardi si sarebbe permesso di chiedere un lavoro in questo negozio» il droghiere sbatte una lattina di fagioli sul bancone:
«È tutta colpa tua, Lou » dice il commesso più giovane pulendosi le mani nel grembiule «Appendi un sacchetto di carta1 all’ingresso e vedi che non entrano più» guarda fuori dalla porta «Perfettamente dentro la pozzanghera»
«Così torna del suo colore» borbotta l’altro contando il resto «Questo era un po’ poco colorato»
Alfred allunga la mano a ricevere i suoi cinquanta centesimi; li conta con cura prima di metterli nel vecchio portafoglio. Poi afferra la busta di carta e Lou lo saluta melodiosamente con il suo accento del sud ben calcato. Riesce a sorridere anche al cane che lo segue trotterellando.
Fuori dal negozio l’italiano si è rialzato, e ora sta abbracciando un altro ragazzo. E’ esile ma di un biondo brillante. Dev’essere tedesco. Si morde le labbra e continua a camminare, le urla dell’italiano che sembrano seguirlo finchè non svolta l’angolo. Fascisti e nazisti come culo e camicia, pensa.

Come al solito al parco c’è lui sull’altra panchina: tira fuori quello strano pane a maniglia con molta calma e sorride. Poi comincia a spezzarlo, a sbriciolarlo lentamente con un sorriso ancora più ampio se possibile. Non ricorda di averlo mai visto con un’espressione diversa, né con un diverso cappotto.
Grant2 strofina il naso contro la sua gamba, poi si sdraia pacioso. Alfred allora distoglie lo sguardo dall’altro uomo e finalmente apre il giornale. Una grande foto troneggia sulla pagina; il titolo urla “Doppio linciaggio”
…spinge gli occhiali sul naso, come faceva sempre Matthew: e non vede più il giornale.

Gli occhiali di suo fratello li cadevano storti sul viso con le lenti infrante, l’ultima volta che li aveva visti: Matthew ci aveva sempre tenuto molto ai suoi occhiali, perfettamente puliti e con la montature d’oro dritta e ben lucida.
Uno dei gemelli d’oro che gli aveva regalato quand’era diventato avvocato era stato strappato, l’altro pendeva sbilenco dalla manica della giacca.
«Gli hanno tagliato la cravatta» aveva detto il poliziotto, indicandogli il collo sotto la camicia strappata «Probabilmente li ostacolava» una linea violacea lo attraversava, circondandolo. Alfred non aveva detto niente, continuava a fissare gli occhiali; erano sempre stati molto diversi dai suoi, tondi e grandi gli davano un’aria vulnerabile.
« È stato un tragico incidente» aveva aggiunto poi il poliziotto, aggiustandosi la cravatta «Vostro fratello si trovava in compagnia di un negro, e….»
« È un cubano» lo aveva interrotto.
«Eh?»
Si era sentito tremare, trattenendo lacrime e risate : «E’ un cubano»


Gli uccellini lo evitavano come sempre, forse per il ringhio sommesso di Grant quando li vedeva avvicinarsi; attorniavano le gambe del suo solito silenzioso compagno, i capelli di un biondo quasi bianco, forse per la vecchiaia, mangiando le briciole che lasciava cadere sulla ghiaia apposta per loro.
Quand’erano piccoli scacciava sempre via gli uccelli, correva per spaventarli ignorando le proteste di suo fratello, che sbriciolava per loro tutto quello che aveva. Aveva una voce impacciata e sottile anche quando protestava, spingendo gli occhiali sul naso.

Gli occhi di suo fratello fiammeggiavano, in un’espressione che non aveva mai visto, in un francese forte come quella della loro madre:
«
Smettila» aveva detto «Smettila».
«
Perché, cosa ti aspettavi?» erano seduti in salotto, loro tre, con quello che almeno aveva il buon senso di fumare e far finta di niente «Mi hai portato un negro in casa » quello spense la sigaretta nel suo portacenere di vetro «Dovrebbe tagliar cotone»
«
È cubano3 » aveva sibilato Matthew. Poi si era alzato in piedi «Ti ringrazio dell’ospitalità, Alfred, ma io e Santiago abbiamo un treno da prendere» quello si alzò sempre con il cappello tra le mani e guardò Alfred dritto negli occhi senza fare una piega, porgendogli la mano : «E’ stato un piacere conoscerla, signor Jones»
«Non preoccuparti Matthew» si alzò incrociando le braccia «Io devo fare le pulizie»
Era uscito di casa sbattendo la porta; li vide lasciare il palazzo dalla finestra, e quello posò una mano sulla spalla di suo fratello.
“Now I know you won’t believe me, So I’m gonna tell you why , The Kajun Ku Klux Klan, Is gonna get you by and by…”4


Era mezzogiorno; chiuse il giornale e si avviò verso l’uscita del parco, cercando di non turbare gli uccellini che l’altro uomo pareva cullare con gli occhi: sorrideva, come ogni giorno degli ultimi venti anni era seduto nell’angolo più assolato dell’intero parco.

Matthew rideva, e l’altro uomo anche, mentre camminavo insieme.
«Il nostro mare è tutta un’altra cosa» l’accento ispanico si intrecciava alle parole americane dandogli calore « Lo vedrai, quando splende di blu e il vento soffia tra le palme. E la musica, quella devi sentirla. Assomiglia un po’ al vostro jazz » l’odore agrodolce del sigaro li avvolgeva mentre tornavano alla stazione.
L’altro annuiva, camminando senza vedere davvero il profilo delle strada, della ringhiera di legno vicino ai binari.
«Eccoli!» risuonò uno sparo.


Grant agitava la coda impaziente, mentre cercavano di fendere la folla per tornare a casa; negli ultimi due anni Alfred aveva cominciato a deviare. Anziché svoltare a sinistra, in un vicolo, attraversava la larga via guardando le donne bianche ben vestite di tutto punto e quelle nere, raggruppate, che parlavano tra di loro attendendo di essere scelte per pulire le loro case, lavare i loro vestiti, accudire i loro bambini. Era una scena che ai suoi antenati doveva essere familiare; per lui era normale e strana allo stesso tempo.

«Non abbiamo fatto niente! Sono un avvocato, non abbiamo fatto niente!» qualcosa lo colpì allo stomaco mozzandogli in fiato «Dago5 di merda!»
Non riusciva a distinguere le loro facce tra i frammenti di lente, non vedeva più Santiago e poteva solo sentirlo; li stavano trascinando, forse da secondi e forse da ore, tossì, il sapore del sangue in bocca. «Lasciateci, non abbiamo fatto niente! Sono un avvocato!»
Sentì l’erba secca tra le dita finalmente, poi l’odore delle scarpe in faccia; urlò, un dolore lancinante al naso e il sangue caldo ovunque, poi un martellare incessante lungo tutto il corpo, una costola dopo l’altra, piegato in due era costretto al silenzio. Qualcuno lo sollevò per la camicia e urlò qualcosa che si perse nella grida della folla; qualcosa luccicava, forse un coltello.


Oggi c’era anche un gruppo di neri in abiti scuri col capello ben calcato e fogli bianchi in mano; e urlavano come gli altri neri sui loro banchetti che qualche volta scorgeva agli angoli delle strade6 .

«Sei bellissima sorella nera! » girdò uno di loro, dagli occhiali tondi e dorati «Sì, hai sentito bene, ti ho detto che sei bellissima e che sei nera, perché nero è bello!»

«Beh, purtroppo è stato inevitabile» aveva continuato il poliziotto dopo un minuto di silenzio «Un italiano ha violentato una donna e le ha rubato la valigetta. E vostro fratello era con quel negro e….» i capelli biondi di Matthew erano impolverati, cadevano lisci sulla pelle lattea «…beh, lei può capire»

Per la prima volta Alfred non aveva potuto.



[1] sacchetto di carta : Tradizione all'epoca popolare negli USA era appendere fuori dalla porta delle feste esclusive un banale sacchetto di carta marrone e vietare l'accesso a chiunque fosse più scuro della carta. Tra le altre cose gli italiani era chiamati “mozzarella-nigger”, ossia “mozzarella-negra” perchè considerati più neri che bianchi. .
[2] Grant: Ulysses Simpson Grant ( 27 aprile 1 – 23 luglio 1885) 18° presidente americano, abolì il Ku Klux Klan.
[3] cubano: La “razza” latino-americana era considerata diversa dalla “razza nera”; tuttavia in realtà il latino-america si contraddistingue per una mescolanza di “razze” - meticci, mulatti, indios, neri, bianchi, cinesi e giapponesi anche volendo – tale che generalmente il razzismo viene considerato inesistente. Nel caso particolare, Cuba nell'anime viene mostrato di pelle molto scura, direi nera, com'è una buona parte della popolazione cubana.
[4] The Kajun Ku Klux Klan, Is gonna get you by and by…: Un paio di versi di una canzone di Johnny Rebel dei primi anni Sessanta : è la storia di Levi Coon, un nero che cercò di far valere i propri diritti di cittadino americano in un bar e il KKK andò a insegnarli il modo giusto di comportarsi – incoraggia i neri a non uscire di casa.
[5] Dago: Da “dagger”, pugnale, usato in senso dispregiativo per riferirsi ai latini tutti, italiani e italoamericani.
[6] Agli angoli delle strade: Negli anni Sessanta gli afromericani cominciarono a protestare per richiedere il riconoscimento dei loro diritti, ed era usanza tenere comizi anche in mezzo alle strade per incitare la gente all'auto-coscienza e a ricordare che il loro essere neri non li rendeva inferiori ai bianchi.

Ringrazio innanzitutto la mia beta, che mi sopporta sempre. Ringrazio tutti coloro che mi hanno aggiunta tra i preferiti – Akrois e miristar – tra le ricordate – Kuro_Renkinjutsushi- e tra le seguite – JhonSavor, lullaby3 e Mangetsu the Swordsman.

Ringrazio moltissimo anche i lettori silenziosi e coloro che mi hanno recensito, ovvero miristar, Kokoro, JhonSavor e  nihal the revenge; sono felice che abbiate apprezzato.

In questo capitolo ho cercato di scrivere in modo più chiaro, anche se è nello stendere questa fanfiction non riesco a scrivere in modo diverso; farò in modo di migliorare. Vi ringrazio in anticipo di eventuali consigli e critiche.

Fare quel che ho fatto a Matthew e a Santiago è stato piuttosto faticoso – diavolo, mi sono deliberatamente accanita su di loro : mi è dispiaciuto molto, come accaduto per Lovino. E per chi se lo stesse chiedendo sì, l'uomo del parco è Russia. Da.
Il prossimo capitolo pur essendo già stato steso necessita di una riscrittura, quindi potrebbe volerci più tempo prima del prossimo aggiornamento, sopratutto perchè manca poco ad Halloween e avrei un paio di progetti in cantiere.

A presto e grazie ancora dell'attenzione.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=582204