21 Lettere... per Naruto

di Rohchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Albero, Buco, Colore (strega tocca...) ***
Capitolo 2: *** Dubbio, Eco, Fortuna-sfacciata- ***
Capitolo 3: *** Gioco, Hanami, Ironia ***



Capitolo 1
*** Albero, Buco, Colore (strega tocca...) ***


Piccola sfida tra me ed Elos, che ci terrà occupate per qualche settimana.
Le regole sono semplici, considerato il mio Q.I.^^
Tre lettere a settimana, con cui devono iniziare i titoli delle fic, che devono obbligatoriamente essere:
- una drabble;
- una double drabble;
- una flash fic
nell'ordine che più ci aggrada.
Personaggi vari, poco OOC, niente AU.
Mi pare di non aver scordato nulla.
Credo.
Spero.

Buona lettura, e correte a leggere le sue, mi raccomando!
Rohchan



21 Lettere... per Naruto




ALBERO (drabble, team 7, Sakura centric)

Sakura ha sempre avuto una visione particolare della vita; la sua, quella dei suoi amici.
Soprattutto del Team 7.
Naruto è le radici dell’albero, squadra, la forza che li tiene ancorati a Konoha.
Lei è il fusto, il tronco. In lei scorre l’energia, il calore e l’amore che Naruto vorrebbe giungesse anche a Sasuke, ma lui è da sempre un po’ troppo cupo per permettersi di essere trattato con gentilezza ed affetto.

Ora l’albero è senza foglie, con rami secchi, sfibrati.
Sakura pensa che tornerà a germogliare e fiorire, come l’albero della vecchia fiaba, quando Sasuke saprà sorridere di nuovo.

BUCO (flash fic, Itachi/Sasuke, Itachi centric)

Itachi ricorda che da bambino Sasuke amava i buchi.
Era facile trovarlo occupato a cercare di infilare le dita in una serratura o nei graziosi merletti delle tovaglie di sua madre Mikoto.
Spesso passava i pomeriggi a tormentare un tronco d’albero con un kunai, cercando di rendere l’incisione il più circolare possibile, ed uno dei suoi giochi preferiti consisteva nel mettere alcune piccole biglie di vetro in buchi ricavati dalla forma del suo indice nella terra battuta del vialetto in giardino.

C’è in testa un pomeriggio di sole, un Sasuke nanerottolo e una maglia con un buco appena più in là della sua milza.
Colpa del pensiero del fratellino lontano che l’ha distratto meno di un attimo in una missione semplice, ma sufficiente a fargli rischiare la pelle, a non stare attento.
Ce l’ha fatta, comunque.
Ma la maglia è rovinata, e non sa se le mani da fata di sua madre riusciranno ad aggiustare lo straccio della stoffa.
Gli occhi di Sasuke sono occhietti di falco, però, e a loro non sfugge il segno del kunai nella stoffa, lo vede prima ancora che il fratellone si sia chinato per prenderlo in braccio come gli ha perentoriamente –e silenziosamente- ordinato stendendo le braccia verso di lui.
- Nii-san, c’è un buco…- dice con la sua vocetta da bambino, una campanella.
- Cosa dici, Sasuke?- brontola di rimando, pizzicandogli un fianco, cercando di distrarlo.
Itachi lo solletica e infastidisce, le dita leggere che corrono tra i capelli a scompigliare quella specie di nido che si ritrova sulla nuca, e che sa di camomilla.
Piccato, Sasuke inizia ad agitarsi come un’anguilla, finchè non lo rimette per terra.
Parte a razzo, caracollando in cucina alla ricerca della madre.
Non ci voleva.
- Mamma, mamma, Itachi ha rovinato la maglia!!! -
Immediatamente Fugaku poggia la tazza di the sul tavolo, alzando gli occhi verso il più grande dei suoi figli, che sta entrando in quel momento.
Sasuke ha pensato bene di andare a nascondersi dietro Mikoto, che sopporta sorridendo.
Il sorriso sparisce quando realizza che Sasuke ha ragione, la maglia di Itachi è rovinata, ma non è questo a preoccuparla, quanto la macchia dai bordi irregolari che sul nero sembra acqua ma è ridicolo anche solo pensarlo.
Ed è più pallido, Itachi.
Siede, biascica un saluto, poi è tutto nero, freddo, e l’ultimo ricordo è la voce di Sasuke che lo chiama spaventato.

Anche ora la sua maglia nera ha un buco all’altezza della milza.
Potrebbe anche preoccuparsi di una seconda cicatrice in quel punto, ma sarebbe una stupidaggine.
Ci sono tanti buchi nella sua maglia, ma Sasuke non sembra farci caso.
Lo guarda confuso, invece; il muro da scavalcare, l’assassino, la persona che l’ha protetto, salvato.
La sola persona che ha odiato per tanto tempo.
Sorride folle, Itachi, e gli indica il segno del suo kunai sulla maglia, così nitido e preciso che sembra impossibile sia nato in battaglia.
Si accascia.
È un sussurro, non più il grido di un bimbo, l’ultimo ricordo.

COLORE (Strega tocca…) (double drabble, missing moment, Naruto centric)

- …tocca color…VIOLA!!-
Si sente un rumore di piccoli piedi che corrono frenetici, piccoli urli, schiamazzi.
Disteso sul letto nel suo micro-appartamento, in pantaloni corti- rigorosamente arancioni-, a braccia e gambe spalancate e coi capelli ancora praticamente fradici, cerca un po’ di refrigerio dalla calura dell’estate.
- Strega tocca color…ARANCIONE!!-
Sorride tra sé, pensando che nella strada…
- Non vale! L’unica cosa arancione qui è la giacca di Naruto-kun, ma è troppo in alto! Sei un baro!-
- Anche la mia maglia è arancione…- ribatte lo stregone.
- Sì, così divento la strega!-
Uno sbuffo scocciato. Poi…
- Strega tocca color…ROSSO!!!-

Un giorno, tanti anni prima, quando ancora tutto era luminoso e perfetto.
Aspettavano Kakashi, e l’idea era stata di Sakura.
Sasuke aveva deciso, dopo essere stato costretto a giocare, che sarebbe stata lei la strega; la ragazzina non aveva obiettato; tutto, pur di giocare insieme.
Lui era scattato come un fulmine, lanciandolesi addosso.
- Dobe…ora sei tu la strega…-
- Stai zitto! Rosso ha detto e rosso è!!!-
Sorrideva, Naruto, mentre Sakura imbarazzata cercava di divincolarsi e lui stringeva tra le braccia quella vita sottile, annusando il suo profumo di pulito.
E poi così ho la scusa per abbracciarla…

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Capitolo 2
*** Dubbio, Eco, Fortuna-sfacciata- ***


Seconda puntata della sfidina tra me ed Elos -che il cielo me la conservi. Sono ancora in fase adorazione per l'epilogo di Tagliavento *ç*.
Questa settimana scendono in campo le lettere D, E, F. Le regole continuano ad essere sempre le solite, personaggi vari, poco OOc, una drabble, una double drabble ed una flash fic.
Al solito, spero vogliate perdonare eventuali miei errori grossolani; tenete conto che mi sto ancora facendo le ossa, e mica è facile scrivere su questi personaggi.
Mi sento lo spirito di Kishimoto armato di mazza ferrata giusto dietro le spalle. Sigh.

I ringraziamenti, doverosi, a:

RYANFOREVER cara...è sempre un piacere ritrovarti. Ti ho incontrata con InuYasha e non mi hai più persa di vista (psss...la Stella Cadente è in revisione....shhhh...>.>)
Grazie dei complimenti. Devo dire che scrivere su Itachi e Sasuke mi fa male al cuore, ma insomma...dovrò ben rendere omaggio un po' a tutti...^^ Grazie grazie grazie. Spero possano piacerti anche queste tre...

ELOS mia mia mia...awwww...mani di fata...? No.
Prodigio della scrittura...? Nemmeno, non funziona.
Musa...?Ugh. Già vedo kisame affilare la Samehada. Ma io ti voglio bene...ç^ç
Com'era...? Piccolo genio della scrittura in crescita...?
Grazie, per il commento e i complimenti. Hai accettato la sfida di una che è più imprevedibile della pioggia estiva (e non prenderlo come se mi stessi vantando di me stessa. DETESTO gli acquazzoni estivi, specialmente quando sono in giro senza ombrello.)
Che dire...mi spiace non essere riuscita a fare delle cose allegre e felici, ma scrivere su quei tre, soprattutto, mi prende la vena della tristezza e non ne riesco a cavare quasi nulla di divertente, senza uscire dal seminato. e noi dobbiamo restarci, è parte della sfidina. u.u Spero che queste ti possano piacere...

Un grazie anche a chi legge senza commentare, o mette la faccenda tra le preferite e/o le ricordate...
Buona lettura...e filate a leggere l'alfabeto di Elos, "Dopo...domani". Merita MOLTO più di questo.
Rohchan






DUBBIO (drabble, slice of life, Kakashi centric)

Kakashi era stato un ninja superbo, tronfio, in principio.
Poi Obito aveva cambiato tutto con il suo sacrificio, ed a lui non era rimasto che adeguarsi, come un sentiero segue una curva tra i grandi tronchi di una foresta.

Ora, negli occhi scuri e scontrosi del giovane Genio vede il Kakashi di tanti anni prima, e in quelli tinta cielo del Custode della Volpe il giovane Obito che l’aveva salvato.
Chissà, si chiede, se Sasuke saprà accorgersi in tempo di ciò che rischia di perdere.
Lui non era riuscito a salvare Obito.
Ma ce l’avrebbe messa tutta per aiutare Sasuke.

ECO (double drabble, Gaara centric)

…Sleep with one eye open,
Grippin’ your pillow tight…
-“Enter Sandman”, METALLICA-

Ogni notte, dalla prima di cui ha coscienza, Gaara sente qualcosa cercare di spingere la sua coscienza umana in un angolo.
Non servivano già da quel momento le favole, le parole della sola persona che non lo trattava come un mostro.
I suoi fratelli gli attribuivano il rispetto che si porterebbe a qualcosa di terribile, i suoi vecchi compagni di giochi sono scomparsi, ormai da troppi anni, come i miraggi provocati dal sole della sua terra.
Non è mai stata una sensazione piacevole, ma con gli anni ha imparato a conviverci. Ora esige la deferenza, ha fatto dell’odio per il prossimo la sua sola ragione di vita.

Gaara lo sa, che ogni volta che cerca di chiudere gli occhi il suo mostro personale è lì, e nessuno all’infuori di lui può fare qualcosa.
Dietro le sue palpebre chiuse, il Tasso della Sabbia gratta con le unghie possenti i cancelli della sua coscienza, cercando di abbatterli.
È per questo che non dorme più, da tanto, tanto tempo. E spesso, quando la luna è una lampada gelida sulla sua terra sterile, sente l’eco di una voce carica d’odio, uno stridio di catene, giù in fondo all’anima.
Prima o poi sarai mio, soffia.

FORTUNA –SFACCIATA- (flash fic, Kushina p.o.v.)

- Che cosa?! Konoha?-
- Dicono ci sia un prodigio, laggiù. Minato.-
Corrono lungo i sentieri di Izu, costeggiando i canali che la percorrono in lungo e in largo come sottili nastri azzurri.
La giovane Kushina non è entusiasta del luogo scelto per gli esami; onestamente, avrebbe preferito Suna.
La fama del “ragazzo di Konoha” è arrivata fino ad Izu, scatenando le chiacchiere delle comari sfaccendate.
Dicono sia giovane, ovviamente bello e naturalmente irresistibile. Forte, coraggioso, solare ed intelligente.
Kushina pensa che uno così, ammesso che esista, deve avere qualche difetto. La perfezione non è di questo mondo, borbotta.
Lei ha dei terribili capelli rosso scuro, che stridono da morire col verde gentile dei suoi occhi, ed è piatta come una tavola; per contro, è determinata e dotata di intelligenza pratica, il che le permette di ottenere ciò che vuole con poco sforzo.
Se questo tizio è davvero come lo descrivono, come minimo deve avere un enorme foruncolo sulla fronte.
O il naso come quello della sua prozia, vecchia zitella con il naso a becco d’aquila.
Le viene improvvisamente da ridere, mentre nella sua testa l’immagine di un bel ragazzo diventa di colpo un vecchio volatile spennacchiato, con la voce stridula ed il naso così grosso e curvo da farle venire in mente le streghe delle favole.

***

La sala è piena di gente.
Colori, suoni, odori che arrivano da luoghi di cui la ragazzina di Izu non ha mai nemmeno sospettato l’esistenza.
Ordinatamente divisi in file, aspettano il loro turno bisbigliando sottovoce con i compagni di squadra.
Ad un tratto, il drappo di stoffa pesante che copre l’ingresso al piccolo palco dell’Hokage si muove, e il silenzio cala tra i presenti come se qualcuno avesse reso tutti muti per incantesimo.
Era ora, pensa Kushina sbuffando silenziosamente. È stanca di stare ferma, è in piedi da troppo tempo, la schiena inizia ad infastidirla e le è preso un crampo al piede destro.
Fantastico.
Ascolta distratta qualcuno proclamare l’inizio dell’ultima parte dell’esame.
A lei toccherà vedersela con un ragazzo alto e dinoccolato, con capelli neri ed unti lunghi fino alle spalle.

Osserva un po’ svogliata gli incontri dei suoi compagni dalla balconata, e quando arriva il suo momento scende pronta a darle di santa ragione al suo avversario, determinata a vincere.
È una voce mielosa, inequivocabilmente femminile, a distoglierla dal veloce riscaldamento che sta facendo.
Ha pronunciato un nome con dolcezza infinita, e lei alza la testa incuriosita.
Minato.

Di colpo sente le sue certezze andare in briciole, finire in fumo come incendiate.
Minato è esattamente, dannatamente come l’hanno descritto.
Alto, forte, bello, sembra anche gentile.
Niente foruncoli né nasi aquilini.
Kushina sbuffa, mentre il cuore le sobbalza nel petto e si sente arrossire quando Minato si avvicina per dare inizio allo scontro, e prima di dare il via li osserva negli occhi.
Non bastava tutto il resto. Anche gli occhi del colore che ha sempre sognato.
Fortuna sfacciata, pensa, mentre un po’ scossa si mette in posizione di guardia.

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Capitolo 3
*** Gioco, Hanami, Ironia ***


Lo so, lo so.
Non ci posso credere nemmeno io. Meglio che non guardo quanti mesi sono passati, vah, che sennò mi vergogno ancora di più. Ugh.
Ringrazio sentitamentissimamente RYANFOREVER, ELOS E SLICE, la prima e la terza per il commento che mi ha aperto il cuore, quella di mezzo perchè oltre ad aver commentato ha avuto anche la pazianza di aspettarmi, santa donna.
Propongo di canonizzarla insieme ad Itachi, ecco. Io l'ho detto.

Per tutti gli altri, mi scuso davvero tantissimo per questo vergognoso ritardo...mi spiace tantissimissimo. Cospargo il capo di cenere e mi inginocchio sui gusci di noce implorando perdono. Spero vorrete leggere ancora le puntate seguenti di questa sfida, che sarà aggiornata da parte mia un po' alla svelta perchè non voglio far aspettare troppo Elos, fino a raggiungerla.

Grazie mille
Debby




GIOCO (flash fic, Shikamaru centric)

Shikamaru aveva sempre amato passare i pomeriggi a giocare a shoji con suo padre; quelli troppo freddi dell’inverno erano l’ideale per stare in casa, le gambe rannicchiate sotto al pesante kotatsu imbottito e con la tazza di the che lasciava scivolare fumo tiepido e profumato sulle pedine di legno d’eucalipto.
Anche quelli primaverili andavano bene, quando pioveva troppo per uscire ad esercitarsi con i suoi compagni di team, Ino e Choji, e anzi a volte capitava che l’amico si sedesse al tavolo con loro, una tazza di the anche per lui, a guardarli giocare mentre mangiava patatine.
D’estate poi era l’ideale, con la brezza gentile che scivolava sulle assi di legno dell’engawa. Era bello lasciarsi scivolare nella concentrazione del gioco cullati dal canto degli uccellini e dallo stormire lieve delle foglie in giardino, mentre il battere secco e ritmico del bambù che sgocciolava l’acqua della grondaia teneva il tempo del giorno che si fondeva nella sera.
Ma secondo lui, il fascino dello shoji cresceva a dismisura in autunno, quando c’era la nebbia ed i pomeriggi, se non i giorni interi, sembravano non passare mai; allora riflettere gli sembrava più semplice, e riusciva a vincere più spesso contro suo padre.

Col passare delle stagioni, Shikamaru s’era fatto un giocatore sempre migliore: i piccoli trucchi e strategie che gli erano stati insegnati perché potesse iniziare a giocare gli si erano cristallizzati nella mente, solidificandosi ed indurendosi come le fondamenta in pietra di un castello, ed attorno e sopra di esse il ragazzo aveva costruito strategie nuove, leggere come colonnati o possenti come segrete col soffitto a volta, ingarbugliate come la successione dei tratti di un complesso kanji o invece semplici ma letali come il volo di uno shuriken. E aveva lentamente imparato la sottile connessione tra il gioco e la vita, tra la scacchiera e la missione, tra le pedine ed i suoi compagni ed avversari: tanto più evolveva nelle mosse del gioco, tanto meglio riusciva a pianificare un’azione, proteggendo sé stesso ed i suoi e catturando od uccidendo i nemici.

Non solo; un giorno –non ha ancora deciso se bello o brutto: sa solo che era un giorno di sole tiepido e aria profumata- aveva anche scoperto che avere a che fare con una donna era come giocare a shoji. Una lunga, estenuante, difficilissima partita a shoji.
La partita in questione era, appunto, iniziata in un giorno di sole tiepido e aria profumata, e ancora non si era conclusa; la sua avversaria, insospettabile stratega col cervello fine come quello d’un generale, lo costringeva a studiare mosse sempre nuove per chiudere almeno la giornata con un punto di vantaggio.
Ma Ino lo lasciava sempre in pareggio, con la fastidiosa sensazione che in realtà non fosse poi il grande genio che tutti raccontavano; inclinava di un nulla la testa, socchiudeva leggermente gli occhi e lo guardava, le labbra schiuse in un’espressione di studiata innocenza, e mandava all’aria qualsiasi piano lui stesse covando.
Ma aveva stabilito che –forse- andava bene così.
Avrebbero giocato ancora.

HANAMI (double drabble, Naruto p.o.v. AUGURI- in ritardo- SCHEGGIA DI SOLE!!ndA )

La festa dei ciliegi in fiore.
Tutti erano a passeggio nel grande parco della Foglia: coppiette, famiglie, gruppi di ragazze coi cestini del pranzo ed il kimono della festa sedute sotto le cupole fiorite come belle bambole in un negozio e ragazzi alla ricerca – senza farsi notare!- della ragazza perfetta tra i rami carichi di fiori rosa, i cui petali volavano leggeri nella brezza primaverile.
Naruto era riuscito a trascinare lì Sasuke con l’inganno di una missione fasulla, e ora il compagno lo guardava truce con le braccia incrociate al petto, la divisa da ANBU terribilmente in contrasto con tutto quel rosa; nemmeno Sakura sembrava aver gradito, dopo aver scoperto che l’invito di Sasuke era nient’altro che una copia abilmente creata dallo scrivano dell’Hokage su richiesta di Naruto.
Il kimono tinta ciclamino con le lunghe maniche coperte di ricami di farfalle e piccoli fiori stava pagando al posto suo l’ira della ragazza; il nuovo Hokage sapeva che sarebbe stato salutare, per lui, non presentarsi alla vista della ninja per almeno tre giorni, se non voleva ritrovarsi le ossa rotte.
Ma Naruto era felice. Contemplava i suoi fiori più belli –suoi, suoi, suoi- nella cornice migliore che il villaggio sapesse offrirgli.

IRONIA (drabble, team Serpe, Sasuke centric)

Aveva giurato che avrebbe fatto da solo.
Avrebbe ucciso chi gli aveva portato via tutto, spazzato via il suo passato con la sola forza del suo odio.
Niente compagni, legami, nessun aiuto. Nessuno cui dover rendere conto, nessuna seccatura da trascinarsi dietro. Un solo passo, un solo ritmo.
Ma quando gli incubi lo tormentavano, quando il peso della vendetta lo accartocciava serrandogli la testa come una morsa, e ricordava che la sola medicina che conosceva era a decine di miglia di distanza e l’avrebbe rivista solo per ucciderla, scopriva che sentire altri respiri accanto al suo, nella notte, lo aiutava.

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