Scommettiamo? di Silice (/viewuser.php?uid=70472)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Men on a mission ***
Capitolo 2: *** L'Olimpo dei maghi più astuti ***
Capitolo 3: *** Vasche e lecca lecca ***
Capitolo 1 *** Men on a mission ***
Ho
scritto questa fanfiction per il contest a squadre indetto da B.S. Il
giudizio
finale si
troverà al fondo dell’ultimo
capitolo, il terzo.
Sostanzialmente,
ogni squadra aveva un pacchetto da
sviluppare. La mia, composta da Mary e FabiFabi, doveva scrivere una
fan
fiction che contenesse gli elementi: Serpeverde, Corvonero, vasca e la
citazione “Se stavi aspettando il momento giusto, era
quello.” Tratta dai
Pirati dei Caraibi.
NOTE PERSONALI:
In
alcuni
punti della storia ho tratto ispirazione da altri autori o film:
Leopold Bloom
è il nome del protagonista
dell’”Ulisse” di Joyce; il riferimento
all’algida
Regina delle Nevi è tratto da Bridget Jones. Nel terzo
capitolo, tutta l’idea
del bagno e della vasca mi è stata suggerita dal film
“Robin Hood” con Kevin
Costner, in cui Marion dice a Robin di andarsi a fare un bagno
perché puzza. Mi
è sempre sembrata un’idea assurda, banale e
geniale allo stesso tempo, e ho
ritenuto giusto di usarla anche qui ^^
1
- MEN
ON A MISSION
Una
risata rimbombò nel corridoio del terzo piano,
rompendo il silenzio notturno.
“Fammi
il piacere.” Il Barone Sanguinario scosse
leggermente la parrucca ricciuta, sventolando l’uncino a
mo’ di sfida.
“Che
c’è? Credi che i miei studenti non siano
abbastanza in gamba?” Una voce femminile risuonò
nelle aule spoglie,
minacciosa.“Ti ripeto: noi Corvonero siamo i migliori, i
più intelligenti, i
più furbi, i più…”
“Sì,
come no.” Il tono ironico del Barone fece
infuriare non poco la sua interlocutrice, che si sollevò in
aria, assumendo un
cipiglio minaccioso quanto la sua voce. “Direi che siete
anche i più
petulanti.” Aggiunse, sghignazzando.
Approfittando
del silenzio che si era creato, dal
momento che la figura accanto a lui non trovava le parole giuste per
esprimere
tutto il suo biasimo, continuò con il suo tono strafottente.
“Senti
un po’, Dama dei miei stivali, se voi
Corvonero siete davvero così incredibilmente superiori alla
media, perché non
scommetti?” Sembrava divertirsi immensamente, con quel suo
sorrisetto
sarcastico sotto i baffi lunghi e appuntiti.
“Io
ho un nome, idiota: Dama Grigia.” Come a voler
risplendere della solenne gloria che il nome arrecava, la Dama in
questione si
sollevò ancora più in alto, scontrandosi, o
meglio, passando attraverso un
lampadario, cosa che suscitò non poca ilarità nel
Barone.
“In
ogni caso, non vedo quale sia il problema.
Accetto la scommessa.” Aggiunse lei, alzando il doppio mento
e portando
indietro le spalle, come a voler sottolineare tutta la sua superiore
regalità.
Il
Barone, stupito, rimase per qualche secondo senza
parole, mentre fissava la figura ben piantata e dallo sfarzoso vestito
che
svolazzava a qualche metro da lui. Quando poi riprese a parlare, il
tono era
cambiato.
“Se
sei sicura…” Alzò le spalle, e
gettò un’occhiata
alla Dama, per controllare che non avesse ripensamenti. “Va
bene, allora. I
termini della scommessa devono essere chiari: se uno dei tuoi studenti
riesce a
invitare al ballo la più algida delle serpi, la migliore,
l’incredibile,
insostituibile, inimitabile…”
“Sisi,
vai avanti.” La Dama sbadigliò. “Sai,
credo
che tu stia iniziando ad invecchiare.”
Il
Barone, irritato, si lisciò uno dei baffi, mentre
prendeva in considerazione l’idea di tirare fuori la spada e
porre fine alla
causa dei suoi più svariati tormenti.
“Insomma,
se uno dei tuoi, per qualche assurdo
scherzo del destino, riesce a convincere Daphne Greengrass ad andare al
ballo
con lui,” il suo volto si piegò in una smorfia
irrisoria “hai vinto tu. In caso
contrario, com’è praticamente certo, ho vinto io.
La scommessa si chiude il...”
Si
lisciò la finta barba, pensieroso.
“Il
24 dicembre, la sera del ballo. Tre settimane
esatte, a partire da ora.” La fissò, con un ghigno
dipinto in volto.
Come
una vera gentildonna, lei raddrizzò il busto,
tenendo con le mani i lembi del suo enorme e ingombrante abito, e si
avvicinò
al Barone, tendendogli la mano.
“Che
vinca il migliore.”
Dopo
la stretta, si girò e iniziò a svolazzare verso
la fine del corridoio, diretta al dormitorio di Corvonero.
“Ehi,
ho dimenticato una cosa.” La profonda voce del
Barone la fece voltare. Il fantasma di Serpeverde la guardava con un
ghigno
ancora più beffardo e irrisorio dei precedenti.
“Non
valgono i filtri d’amore.”
Una
seconda grottesca risata ruppe il silenzio di
quella nuvolosa notte autunnale.
La
Dama Grigia passò in rassegna i candidati.
Camminava, o meglio, svolazzava, con le mani dietro la schiena, facendo
ondeggiare l’abito dai numerosi merletti, e fissando ognuno
dei presenti con
aria truce. Aveva radunato nella sala comune tutti i ragazzi del quarto
e
quinto anno di Corvonero, facendoli mettere in fila, senza degnarli di
una
spiegazione. Fra essi, avrebbe dovuto scegliere i candidati migliori e
che
sarebbero potuti riuscire nell’impresa, facendola
così risultare vincente.
Ghignò, al pensiero della faccia del Barone, quando
l’avrebbe battuto. In
realtà, quella spavalderia non le si addiceva, considerati i
suoi pensieri più
nascosti e le sue più reali convinzioni: come poteva essere
stata così stupida
da lasciarsi incastrare in una scommessa con il Barone Sanguinario?
Erano
secoli che i due battibeccavano senza tregua, come una coppia di vecchi
vicini
di pianerottolo, ma fino ad allora non si era mai comportata
così
sconsideratamente da lasciarsi trascinare sul campo di battaglia in cui
il
Barone risultava sempre vincente. Tutti lo sapevano: il fantasma in
questione
aveva pochi interessi, che si sintetizzavano in rum, lavoro
all’uncinetto e
scommesse. E in tutte e tre le discipline, se così si
potevano considerare, era
imbattibile.
Si
fermò davanti a loro, cercando di instaurare un
contatto visivo con i più, un po’ come un generale
con la sua truppa, prima di
andare in battaglia.
“Ehm
ehm.” Tossicchiò, per richiamare
l’attenzione
dei ragazzi che, intanto, confabulavano fra loro nel tentativo di
chiarire il
comportamento del fantasma della loro Casa. Si era sempre saputo che la
Dama
aveva qualche rotella fuori posto, ma non si era mai arrivati a
dubitare
seriamente della sua salute mentale, almeno fino a quel giorno.
“Silenzio,
uomini.” Urlò.
Trenta
volti si voltarono verso di lei, sbigottiti. Uomini?
La
Dama non si accorse di nulla, e continuò
imperterrita.
“Siete
qui, oggi, per uno scopo importante. Siete
stati chiamati a difendere l’onore della vostra Casa. Siete
stati chiamati…”
Prese un profondo respiro, poi continuò, con aria
drammatica: “Siete stati
chiamati a difendere il vostro stesso onore.”
Il
silenzio piombò nella Sala. Nessuno aveva capito
di cosa stava parlando la Dama, ma sicuramente doveva essere una
vicenda di
vitale importanza.
“Oggi,
io chiedo, anzi, vi ordino, di difendere la
nostra essenza, il nostro stesso essere Corvonero, la nostra anima
intellettiva
con un atto di ineguagliabile coraggio.”
Un
paio di Corvonero impallidirono, altri
indietreggiarono. Qualsiasi dovesse essere questa missione, sarebbe
stata
dolorosa e, sicuramente, affatto semplice.
La
Dama prese un altro respiro, e si portò un pugno
al petto. L’aveva visto fare ne “Il
Gladiatore”, il film babbano che aveva
visto spiando da fuori la porta dell’aula. Doveva essere un
gesto fondamentale
in un discorso di tale importanza, pensò. O, almeno,
così sperava.
“Ora,
io stessa sceglierò alcuni di voi per questa
delicata missione. Mettetevi bene in riga.”
Si
avvicinò al primo della fila, un magrolino
spaventato che continuava a lanciarle occhiate di sottecchi.
“Come
ti chiami, soldato?” La Dama quasi urlava,
presa da quell’indomabile spirito militaresco.
“Leopold…
Leopold Bloom Sign-Signore, cioè, vo-volevo
dire Signora…” Leopold guardò
impacciato la fantasma, mentre alcune gocce di
sudore gli percorrevano la fronte. “Dama. Signora
Dama.” Balbettò confuso il
ragazzo, per poi chiudersi in un imbarazzato silenzio.
“Pancia
in dentro, spalle dritte, petto in fuori!”
Urlò la Dama, in tutta risposta. I ragazzi, spaventati,
drizzarono subito la
schiena.
La
Dama passò ciascuno di loro in rassegna visiva,
finché
non individuò quelli che più le piacevano.
“Tu!
Come ti chiami?” assumendo un cipiglio feroce,
come se avesse dovuto scegliere un guerriero dalla sua folta schiera di
combattenti provetti, si avvicinò a un ragazzo biondo, che
non distolse lo
sguardo.
“Michael
Corner, Signora.” Disse, sicuro, senza
abbassare gli occhi di un millimetro.
La
Dama lo fissò a lungo. “Tu giochi a Quidditch,
vero?”
“Sissignora.
Cercatore, Signora.”
Perfetto,
pensò la Dama, gongolando interiormente, i
giocatori di Quidditch piacciono molto
alle ragazzine.
“Tu
sei preso. Va’ nell’angolo.”
Michael
Corner, per nulla spaventato, si spostò
dalla riga, mentre tutti pensavano con mestizia e curiosità
all’infelice
compito che gli sarebbe toccato.
La
Dama continuò a camminare, fissando uno a uno i
presenti. Quando notò un ragazzo dai capelli castani che si
fissava le scarpe,
si avvicinò.
“Il
tuo nome.”
Il
ragazzo la guardò fingendo una certa spavalderia,
che non gli si addiceva. Aveva uno sguardo dolce, e in qualche modo
timido.
Abbassò nuovamente gli occhi, ritornando a fissarsi le punte
dei piedi.
“Anthony
Goldstein.” Sussurrò, senza dire una parola
di più.
La
Dama lo guardò meglio. Era carino, un po’ timido,
forse, ma niente di irrimediabile. Forse sarebbe valso un tentativo.
“Va
all’angolo anche tu.”
Non
appena il ragazzo si fu spostato, la Dama
riprese la sua ispezione. Un ragazzo fra gli ultimi della riga
ridacchiò
sommessamente, e la fantasma-generale gli si avvicinò.
“Tu!
Pivello! Che hai da ridere?”
Il
ragazzo alzò lo sguardo con un ringhio divertito
in faccia. I suoi occhi erano verdi e brillanti, in netto contrasto con
i
capelli scuri. Era magro e non troppo alto, e la Dama non si ricordava
di
averlo mai visto prima.
“Dunque?
Rispondi!” Ordinò, simulando una finta
rabbia.
Il
ragazzo ci mise qualche secondo a scegliere le
parole corrette. “Ridevo per la situazione, Signor
Generale. Insomma, sembriamo una massa di cretini spaventati
da chissà
quale impresa…”
La
Dama non rispose, ma continuò a fissarlo. Non era
particolarmente bello, soprattutto per i canoni della sua epoca, ma
aveva
qualcosa che lo distingueva dagli altri, forse lo sguardo irrisorio o
il ghigno
beffardo che nascondeva una malcelata arguzia.
In
fondo, che
cosa costa tentare?
“Tu.
Con gli altri.” Gli ordinò, senza perdersi in
ulteriori discussioni. Rivolse poi la sua attenzione ai restanti
Corvonero che,
sempre più tesi, la guardavano incuriositi.
“Voialtri
potete andare. Rompete le righe.”
Un
sospiro di sollievo si diffuse nella Sala, mentre
i ragazzi tornavano nelle loro camere, fra il chiacchiericcio generale.
Qualcuno di loro lanciava ogni tanto un’occhiata ai tre
malcapitati nell’angolo,
che aspettavano con curiosità e ansia istruzioni dalla Dama
sulla segreta e
pericolosa missione che sarebbe stata loro affidata.
La
Dama si avvicinò, facendo svolazzare il vestito
dai mille merletti, e sorridendo appena. Era stata fortunata: quei tre
ragazzi
erano diversi l’uno dall’altro, ma avevano tutti
caratteristiche che avrebbero
fatto capitolare qualsiasi donna, anche l’algida Regina delle
Nevi, denominata
per i comuni mortali Daphne Greengrass.
“Ok,
signori. Ora vi spiegherò velocemente la vostra
missione.”
I
tre ragazzi si scambiarono un’occhiata,
trattenendo il respiro.
“Invitare
al ballo Daphne Greengrass.” Pronunciò la
Dama, con solennità.
Nella
Sala calò il silenzio, interrotto di tanto in
tanto dal crepitio della legna nel caminetto acceso. Michael guardava
la Dama
con un biondo sopracciglio alzato, i lineamenti perfetti contratti in
una
smorfia di incredulità. Il viso di Anthony cambiava
espressione ogni secondo,
esprimendo di volta in volta sollievo, sorpresa e felicità
pura. Terry, invece,
rimasto serio per qualche secondo, scoppiò in una sonora
risata e si gettò sul
divanetto blu di fianco al focolare.
“Tutto
qui? Questo è quello che dobbiamo fare?”
Terry Steeval balbettò questa domanda in direzione della
Dama, fra una risata e
l’altra.
“Dobbiamo
farci la Greengrass?” Michael Corner, a
differenza dell’amico, era mortalmente serio.
La
Dama gli rivolse uno sguardo gelido. “No, Signor
Corner. Non dovete farvi la
Greengrass. Dovete convincerla a venire al ballo con voi. Non mi
interessa chi,
purché un Corvonero ci riesca.”
Terry
si calmò, e si sedette in posizione più
composta, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
“Sta
scherzando?”
“No,
Signor Steeval, non sto scherzando. È di vitale
importanza che uno di voi ci riesca. Suggerisco un approccio non
proprio
diretto, magari uno per…”
“Un
attimo.” Anthony Goldstein, che fino a quel
momento non aveva detto una parola, balbettò, fissandosi le
mani. “Greengrass?
Daphne Greengrass? Quella
Greengrass?”
La
Dama sospirò, facendo tremolare il suo vistoso
doppio mento. Forse avrebbe dovuto scegliere candidati un tantino
più
intelligenti.
“Sì,
Signor Goldstein. Quella
Greengrass.” Con solennità, riprese il suo
discorso: “Come
stavo dicendo, dovrete agire uno per volta. Suggerisco che il primo ad
invitarla sia proprio il Signor Goldstein. Se lui fallirà,
gli altri avranno
campo libero.” Prese una pausa, affinché i ragazzi
assimilassero con cura le
sue parole. “Vi concedo la massima libertà, ma
ricordate che avrete tempo solo
per tre settimane, cioè fino alla data del ballo.”
“C’è
un premio per chi ci riesce?” Michael la
interruppe.
Lei
alzò un sopracciglio. Non ci aveva minimamente
pensato, ma ora che ci rifletteva, forse sarebbe stato meglio se
avessero avuto
un incentivo in più.
“Sì,
certo. Ma è una sorpresa. Qualcosa di
inimmaginabile.” Affermò, spavalda, e
maledicendosi interiormente per aver
detto una tale assurdità, senza alcun idea di come mantenere
la promessa.
“E
se noi non volessimo invitare al ballo quella
Serpe?” Terry Steeval era rimasto serio, mentre formulava la
domanda. Anche a
questo la Dama non aveva pensato, ma cercò di non darlo a
vedere.
“Escogiterò
una punizione ancor più inimmaginabile.”
Disse, con aria minacciosa, e nessuno osò ribattere.
“Bene
Signori. Questo è il vostro compito.”
Svolazzò
verso l’uscita della Sala, mettendo in risalto la sua
imponente figura. “Mi
raccomando: non potete farne parola con nessuno. E, ancora
più importante, non
potete fallire.”
Detto
questo, uscì dalla stanza, lasciando i tre
Corvonero a fissarsi con aria incredula.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** L'Olimpo dei maghi più astuti ***
2
– L’OLIMPO DEI MAGHI PIU’ ASTUTI
“Ce
la puoi fare.”
“No,
non è vero.”
“Sì
invece. Che vuoi che sia…”
“Mi
sbranerà.”
“Orsù,
un po’ di coraggio. Non è così
terribile. In fondo.”
“Molto
in fondo.”
Anthony
Goldstein sospirò. Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato
costretto a
gettarsi in un’impresa così disperata, per la sua
Casa. Sicuramente, quel
giorno si sarebbe giocato tutta la sua dignità, e forse
anche qualcosa di più. Sospirò
nuovamente.
Terry
Steeval e Michael Corner, al suo fianco, lo guardavano seri e
estremamente
preoccupati. Prima che la missione, se così si poteva
chiamare, avesse inizio
si erano spartiti equamente le tre settimane che avevano disposizione.
Il tempo
di Anthony, tuttavia, era finito presto, e tutto ciò che era
riuscito a
racimolare erano state occhiate affascinanti e tenebrose da parte sua,
gelide
da parte della sua preda, e un qualcosa come “Spostati,
cretino” all’inizio
della lezione di Erbologia del Martedì mattina da parte
della sua bella.
La
missione non stava andando affatto bene, anzi, stava decisamente
andando a
rotoli. Dunque, Anthony aveva deciso di giocarsi la sua ultima carta
per
conquistare Daphne Greengrass e portarla al ballo: un approccio diretto.
Si
lisciò distrattamente i pantaloni della divisa, e si
rassettò i capelli
specchiandosi in un vetro. Non era mai stato così teso in
vita sua. Le sue mani
erano sudate, le sue guance erano leggermente chiazzate di rosso e
aveva il
respiro corto. Si girò e, insieme ai due amici, si
appostò dietro l’angolo in
attesa che la porta dell’aula di Trasfigurazione si
spalancasse e che la preda
ne uscisse.
Daphne
Greengrass uscì dall’aula, il viso deformato da
una smorfia beffarda, che
esprimeva tutta la sua soddisfazione. L’espressione rabbiosa
e invidiosa di
Pansy aveva contribuito a innalzare il suo morale alle stelle, come se
esso non
fosse già abbastanza alto per la recente notizia della sua
elezione a Prefetto
di Serpeverde. Vedere le sue compagne di Casa morire di invidia,
tuttavia, era
fonte impagabile di gaudio: anche quel giorno, durante la lezione della
più
detestata professoressa, era stata la migliore e il suo Oltre Ogni
Previsione
era stato il voto più alto.
Si
tolse con una mano i capelli biondi dalla fronte. Al suo apparire nel
corridoio, un paio di ragazzini del primo anno non tentarono nemmeno di
nascondere la loro ammirazione verso tanto splendore, che si dirigeva
fieramente verso la Sala Grande, scortata a ruota dalle sue
più fedeli
compagne, Pansy Parkinson e Millicent Bulstrode, le Serpi.
Daphne
Greengrass non era stupida. I pochi che la conoscevano per come era
veramente,
sapevano che l’ostentata bellezza e la tanto rinomata
crudeltà erano solo la
punta dell’iceberg: al di sotto, si nascondevano una mente
brillante, un’animo
testardo e l’orgoglio del proprio sangue. La bionda,
d’altronde, aveva fatto
sempre buon uso delle sue qualità: nei vari intrighi e
complotti all’interno
delle mura di Hogwarts, lei aveva sempre avuto l’ultima
parola, e ne era sempre
uscita vincitrice. Nulla poteva fermarla, e in quella consapevolezza
Daphne si
cullava ogni giorno. Nulla sarebbe mai riuscito a sconvolgere il suo
elegante e
raffinato paradiso che si era costruita a furia di astuzie, inganni e
abusi di
potere.
Anthony
deglutì, si passò una mano fra i capelli castani,
rendendo vano tutto il suo
impegno per renderli un po’ più ordinati e
uscì dal suo nascondiglio, incitato
dalle spinte dei compagni. Mentre l’osservavano allontanarsi,
i due si
guardarono sconsolati.
“Ce
la farà, secondo te?”
“No.
Se lo mangerà vivo. Lei è… Daphne
Greengrass. Non so se mi spiego.”
Sobbalzarono,
al suono di una voce alle loro spalle.
“Fate
silenzio, ragazzi. Dovete sostenervi a vicenda.”
La
Dama Grigia, con tutta la sua imponente mole, si era appostata proprio
dietro
di loro, e fissava la scena con aria apprensiva. Cercava di dimostrarsi
fiduciosa davanti ai due Corvonero, ma dentro di sè non
nutriva grandi
speranze: Anthony era sicuramente un candidato eccellente, carino e
sensibile;
tuttavia, la timidezza non era esattamente una delle qualità
da cui Daphne
Greengrass era più affascinata.
In
silenzio, i tre osservarono il Corvonero avanzare nella direzione
opposta a
quella percorsa dalla bionda. Fu nell’esatto momento in cui
Anthony si fermò
sul posto e rivolse un’occhiata che sperava essere ammaliante
a Daphne, che la
Dama capì che il ragazzo non aveva alcuna speranza di
riuscire nell’impresa.
“Obscuro!”
Una
nuvola di fuliggine avvolse la testa di Anthony, che si
lasciò sfuggire un
urlo, mentre mulinava le braccia in cerca di un appiglio per non cadere.
“Si
può sapere cosa vuoi tu? È tutta la settimana che
mi lanci sguardi da pesce
lesso… Ora mi sa proprio che non lo farai
più.”
Daphne
ridacchiò, e le sue seguaci seguirono l’esempio.
In un misto di risolini e
commenti poco cordiali, si allontanarono, mentre la bionda
lanciò uno sguardo
indietro, che lasciava ben poco spazio alla pietà.
“Che
fastidio, ‘sti sfigati.”
Non
appena la Serpe e le sue compari scomparvero dietro l’angolo,
Terry e Michael
sbucarono fuori e raggiunsero il loro compagno, seguiti a ruota dalla
Dama che,
sconsolata, scuoteva la testa.
Mentre
i due liberavano l’amico dall’incantesimo, nella
mente della defunta Corvonero
i pensieri si accumulavano senza sosta: Anthony aveva fallito, era
vero, ma, in
fondo, le rimanevano ancora due candidati; tuttavia, non si poteva
certamente
dire che la missione stesse andando a gonfie vele.
Dopo
essersi accertata che Anthony stava bene, si allontanò
bofonchiando, lasciando
il ragazzo a lamentarsi con gli amici della presunta pazzia della
Greengrass.
Era
ora di scendere in campo.
La
Dama Grigia battè le mani grassocce, il naso rosso e le
guance sporgenti
dall’eccitazione. Sapeva di essere intelligente, ma da quel
giorno avrebbe
anche potuto vantarsi di essere una gran cospiratrice. Quel
lampo di genio le avrebbe fatto guadagnare un posto
nell’Olimpo dei Maghi più
astuti. Se, eventualmente , avesse messo qualcuno al corrente del suo
sordido
piano, cosa che non doveva assolutamente accadere.
Era
stata incredibilmente fortunata con la scelta del ragazzo. Non soltanto Michael Corner era carino,
intelligente e
giocatore di Quidditch, ma in qualche modo avrebbe suscitato la
simpatia della
gelida Serpeverde, se lo sentiva. Per tutta la settimana il ragazzo non
aveva
fatto altro che mandare alla Greengrass fiori, cioccolatini e biglietti
che
cantavano a squarciagola ampie descrizione sulla sua fulgida bellezza.
Tuttavia, come la sua brillante mente le suggerì, non era
ancora tempo di
poltrire e aspettare che la natura facesse il suo corso: era solo
all’inizio
del suo infallibile intrigo, e si sentiva in dovere di dare una mano
alla
Fortuna.
Fischiettando
e gettando intorno occhiate con aria guardinga si inoltrò
nel corridoio del
primo piano. Ogni volta che incontrava qualcuno, faceva finta di
rassettarsi il
vestito stile ‘500, spostando merletti di qua e pizzi di
là, convinta che
nessuno avrebbe mai sospettato che il suo comportamento maniacale
nascondesse
qualcosa. Raggiunse la bacheca di fronte all’Ufficio della
McGranitt e le
camminò davanti tre volte, prima di decidersi a fermarsi.
Lì, sempre
guardandosi intorno con aria circospetta, e sempre fischiettando,
pronunciò a
bassa voce un incantesimo. Magicamente, i nomi degli studenti si
ricomposero,
sconvolgendo i turni di sorveglianza di quella settimana.
Martedì:
Michael Corner e Daphne
Greengrass
Pienamente
soddisfatta, e questa volta fischiettando non per nascondere il
nervosismo, ma
per pura e semplice felicità, si allontanò
velocemente dal luogo del misfatto.
Michael
Corner si aggirava spavaldo per i corridoi, in attesa di incontrare la
sua
futura fidanzata. Non riusciva ancora a credere di essere stato
così fortunato
da essere stato sorteggiato per lo stesso turno di guardia di Daphne
Greengrass, e, grazie alla sua brillante mente, che gli aveva
guadagnato
l’ammissione alla Casa di Corvonero, aveva in qualche modo
intuito che forse
non era stata tutta opera del Caso. Tuttavia, aveva già
deciso di sfruttare
quel “colpo di fortuna” a suo favore: in fondo, la
Greengrass era già ai piedi
dell’ “ammiratore segreto”, una piccola
spinta e la rivelazione della sua reale
identità, et voilà, ecco completata la missione.
Con
il sorriso in volto, camminò baldanzosamente per il
corridoio del terzo piano, finché
non vide un’ombra avanzare verso di lui. Si fermò,
e un attimo dopo la bionda
Serpeverde gli si parò davanti, facendo mostra del suo corpo
perfetto.
“Corner.”
“Daphne.”
La
ragazza alzò un sopracciglio. Nessuno osava mai chiamarla
per nome, tranne i
suoi compagni di casa. In qualche caso, neanche a loro era concesso
tale
privilegio.
“Facciamo
così. Io perlustro dal primo al terzo, tu il
resto.” Si voltò, senza chiedere
il parere del ragazzo.
“Come
vuoi tu, Daphne.”
Proprio
mentre era sul punto di andarsene, la bionda si fermò e si
girò, con
espressione furente.
“Come
mi hai chiamato?”
Il
ragazzo le sorrise ammaliante, e le si avvicinò con fare
affascinante. O,
almeno, sperava che fosse così, e che non assomigliasse alla
camminata di un
ubriaco.
“Daphne.
È il tuo nome, no?”
“Per
te sono Greengrass.” La bionda fece per girarsi nuovamente,
quando venne
afferrata par il polso.
“Su,
Daphne. Appianiamo le divergenze. In fondo, non mi sembra che ti
dispiacesse
così tanto essere chiamata con il tuo nome, quando ricevevi
i biglietti…”
La
ragazza lo guardò per un momento costernata.
L’espressione che seguì non era
esattamente quella romantica e perdutamente innamorata in cui Michael
sperava.
“Quindi
sei stato tu? Sei stato tu a mandarmi tutti quei
fiori, biglietti, cioccolatini…”
Il
ragazzo sorrise, questa volta leggermente più incerto.
“Certo,
ma cherie.”
La
bionda si mise le mani sui fianchi; se prima era furiosa, ora aveva
superato se
stessa.
“Quindi
sei stato tu a mettermi in imbarazzo tutti i giorni di questa
settimana? Sei
stato tu a farmi recapitare un biglietto urlante nel mezzo della
lezione di
Piton, che ha pensato bene di darmi una bella D? E non ti è
neanche passato per
l’anticamera del cervello che io fossi allergica alle rose e
che i tuoi
cioccolatini da quattromila calorie l’uno non coincidessero
esattamente con il
mio ideale di dieta ipocalorica?”
Senza
pensarci due volte, si girò per andarsene. Fu a quel punto
che Michael fece
l’errore più sconsiderato che potesse commettere:
le afferrò nuovamente il
polso per trattenerla.
In
tutta risposta, Daphne si girò e lo colpì con uno
schiaffo in piena faccia.
“Ma cherie un corno.”
Detto
questo se ne andò, lasciando nel buio corridoio Michael
Corner a massaggiarsi
la guancia nel punto in cui la sagoma della mano della Serpeverde
risaltava con
incredibile rossore.
Se
qualcuno avesse fatto ben attenzione, quella notte, avrebbe potuto
sentire un
singhiozzo sommesso provenire da dietro un tenda del corridoio al terzo
piano.
La
Dama Grigia sbuffò sonoramente, mentre tornava al
dormitorio. Non era così che
se l’era immaginata. Affatto.
Chissà perché,
aveva pensato che ci sarebbe stata una specie di attrazione fra quei
due, che
ci sarebbe stato un frisson, e
invece
lei era scappata indignata dopo averlo schiaffeggiato. No,
decisamente il suo piano non stava andando affatto bene. Stava andando
letteralmente a rotoli. Niente
stava andando
come aveva sperato, ma almeno aveva ancora un candidato nelle sue mani:
le sue
possibilità di vittoria non erano completamente azzerate. La
Dama si grattò il
mento della faccia paffuta con le sue dita grassocce, immersa nei suoi
pensieri.
Calma,
concentrati. In fondo sei
una Corvonero, no?
La Dama strizzò gli
occhi, e posò le mani cicciottelle sulle
tempie, nel vano tentativo di farsi venire un’idea. Daphne
Greengrass.
L’algida, fredda e inarrivabile regina delle Serpi, un
miscuglio di cattiveria
e astuzia. Chi mai avrebbe potuto conquistarla? E,
soprattutto, come?
Ok, prendi un bel
respiro… Maledettissimo
Barone. Come posso farmi fregare da uno che non sa neanche che la
parrucca
tutta boccoli è ormai passata di moda? Che figura ci farei a
farmi battere da
uno che non riesce ad avere un’idea furba neanche se quella
gli sbattesse
contro ballando e urlando “guardami, sono qui!”?Ma
come diamine…
Un
soddisfatto sorriso si allargò improvvisamente sul volto
della Dama. Aveva
trovato. Il Barone avrebbe dovuto ricredersi.
“No.”
“Non
importa se sei contrario.”
“No.”
“Te
lo ordino, in quanto fantasma della tua Casa…”
“Assolutamente
no.”
La
Dama sbuffò. Non si ricordava di aver mai conosciuto nessuno
come Terry Steeval,
così cocciuto e irritante. Gli aveva appena comunicato il
suo brillante piano,
il modo in cui far finalmente capitolare la Greengrass e ottenere la
vittoria,
e la sua reazione era stata un no secco.
“Ricordati
del premio. E, ancor di più, della punizione che riceverete tutti e tre in caso di
sconfitta.”
Quando
il ragazzo udì che i suoi amici erano stati chiamati in
ballo, alzò lo sguardo
contrariato e smise di percorrere ad ampie falcate la Sala Comune.
“Non
so neanche perché sono qui. La Greengrass non mi interessa,
anzi… e non mi
interessa neanche questa stupida missione.”
Sbuffò, sedendosi sul divanetto.
“Non
puoi più tirarti indietro.” Gli ricordò
gelidamente la Dama.
Terry
rimase in silenzio per qualche minuto, poi finalmente
biascicò un “va bene” in
tono sommesso.
La
Dama trattenne a stento un gridolino di gioia, ma si concesse comunque
un ampio
sorriso. Non tutto era perduto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Vasche e lecca lecca ***
3
– VASCHE E LECCA LECCA
“Ehi
Blaise.”
Un
ragazzo moro, alto e decisamente affascinante si voltò verso
Terry e gli
rivolse un ampio sorriso. Draco Malfoy, alla sua destra, rivolse al
Corvonero
una smorfia ben poco amichevole: tollerava malamente che il suo
migliore amico
avesse rapporti di amicizia con studenti di altre Case, soprattutto con
Mezzosangue. Blaise Zabini, tuttavia, non ci fece molto caso, e si
avviò verso
il Corvonero con le braccia spalancate.
“Terry!
Cosa ci fai qui? Credevo che avessi Incantesimi con i
Grifondoro…”
Il
Corvonero abbassò lo sguardo con un mezzo sorriso.
“Infatti. Sono qui per
chiederti un favore.”
“Chiedi
pure, amico.” Il sorriso invitante di Blaise
incoraggiò Terry: ancora oggi si
chiedeva perché quel ragazzo così amichevole e
cordiale fosse potuto finire a
Serpeverde.
“Sì,
ecco…” Terry era visibilmente imbarazzato. Maledetta
Dama Grigia e le sue stupide scommesse. “Posso
venire a Hogsmeade con voi,
Sabato?”
Il
sorriso sul viso di Blaise, così com’era venuto,
sparì. “Noi chi, Terry?”
chiese, insicuro di aver capito bene.
“Voi…
Serpeverde.” Terry sperò che il suolo lo
inghiottisse all’istante. Chiuse gli
occhi per un millesimo di secondo, ma quando li riaprì,
invece di trovare
terriccio, come aveva immaginato, vide Blaise che, perplesso, valutava
la sua
bizzarra richiesta.
Contro
ogni pronostico, Blaise tirò fuori nuovamente il suo
ineguagliabile sorriso.
“D’accordo. Ci vediamo Sabato.”
Fece
per andarsene, ma poi si girò nuovamente verso Terry, che
fissava la sua
schiena sorpreso e sollevato assieme.
“Posso
sapere perché vuoi venire con noi?” chiese il
moro, con sguardo indagatore.
Terry,
nella sua testa, aveva formulato una quantità tale di scuse
bizzarre e
assolutamente insensate che, in quel momento, si accavallarono tutte, e
dalla
sua bocca non ne uscì neanche una. Quasi consapevole che
nessuna possibile
spiegazione avrebbe potuto farlo apparire meno ridicolo, scosse il capo
e
sorrise debolmente verso l’amico.
“No.”
Blaise,
inaspettatamente, sorrise, ma questa volta l’espressione sul
suo volto non
esprimeva più allegria, bensì arguzia e un
po’ di malizia. Terry rabbrividì, e
comprese immediatamente perché l’amico si trovasse
in quella Casa.
“Spero
proprio di vederti, Sabato.”
Solitamente,
i fantasmi di Hogwarts non uscivano dalle mura del Castello. Era fin
troppo
comune che la gente non li notasse e passasse attraverso, con
spiacevoli
conseguenze. Inoltre, la maggior parte di loro era per definizione
assillata da
paure incontrastabili o da pigrizia cronica, dunque il problema
dell’uscire o
meno, la maggior parte delle volte, non si poneva neanche.
Quel
Sabato mattina, tuttavia, la Dama pose per la prima volta dopo
quattrocento
anni il naso fuori dalle spesse mura. Era il giorno del piano, della
sua ultima
possibilità di strappare la vittoria della scommessa al
Barone. Mentre si
dirigeva frettolosamente verso la strada principale del paesino, stando
attenta
a non incrociare nessuno, ripassò accuratamente il piano.
Era piuttosto
semplice: arrivati a Mielandia, Terry avrebbe dovuto recarsi in una
delle varie
stanze con Daphne Greengrass, regalarle un enorme lecca lecca a forma
di cuore
e chiederle di venire al ballo con lui. Alla Dama spettava il compito
di
chiudere con un incantesimo la stanza in cui i due ragazzi si sarebbero
trovati, e magari di consigliare a Terry il lecca lecca giusto. Il
Corvonero si
era opposto strenuamente all’intera faccenda del dolciume,
sostenendo che era
una cosa totalmente ridicola, ma lei era stata ferrea: niente come un
lecca
lecca a forma di cuore faceva capitolare il cuore di una ragazza. Ah,
se
qualcuno le avesse regalato un lecca lecca per San Valentino…
Queste
sue sdolcinate riflessioni furono interrotte dalla vista del gruppetto
di
Serpeverde che si avvicinava al negozio di dolci, e lei, pur sapendo di
essere
semi trasparente, e che probabilmente nessuno l’avrebbe
distinta dallo sfondo
innevato, si nascose dietro l’angolo della strada e li
osservò. Blaise Zabini,
Draco Malfoy, Pansy Parkinson e Daphne Greengrass erano accompagnati da
Terry
Steeval, e gli ultimi tre erano particolarmente assorti
dall’affascinante gara
a chi lo fissava con più disprezzo. Il premio per il
vincitore sarebbe
sicuramente andato a Malfoy, che guardava il Corvonero come si guarda
un
particolare tipo di lumaca bavosa.
“Perché
non entriamo?” propose il moro. Tre volti decisamente poco
cordiali li
rivolsero un’occhiata di biasimo. I Serpeverde non entravano,
generalmente, a
Mielandia: troppo zucchero.
“Perché
no?” rispose Blaise con un sorriso, apparentemente ignaro di
essersi messo così
in conflitto con i suoi compagni di Casa, che nonostante ciò
non fiatarono per
opporsi.
Terry
entrò insieme agli altri. Le sue mani erano sudate, e
continuava a lanciare
occhiate verso Daphne, che non gli aveva rivolto più di sei
parole, cinque
delle quali erano state “e tu chi diavolo sei?”
quando lo aveva visto arrivare,
prima che Blaise spiegasse a lei e agli altri che aveva invitato un
amico, quel
giorno, a uscire con loro.
Tutto
stava andando secondo quel ridicolo piano di quella pazza della Dama
Grigia.
Terry scosse la testa: ma come diavolo aveva fatto a mettersi in un
tale
pasticcio? Gemette silenziosamente, ma poi si fece coraggio: in una
mezzoretta
avrebbe perso la sua dignità e ci avrebbe guadagnato qualche
schiaffo, era
vero, ma almeno poi sarebbe stato libero di tornare alla sua vita, ben
lontano
da quell’assurda missione.
“Tieni.”
Qualcuno
gli sussurrò all’orecchio, mentre gli metteva
qualcosa fra le mani. Terry
sobbalzò, e digrignò i denti quando vide un
enorme lecca lecca a forma di cuore
fra le sue mani.
“Dama
Grigia! Mi ha spaventato.”
La
Dama ridacchiò, facendo scuotere il suo doppio mento.
“In fondo, sono o non
sono un fantasma? Ora vai. La Greengrass sta entrando in quella stanza.
Da
sola.”
Terry
mandò giù un po’ di saliva. Daphne
stava entrando in una piccola stanzetta,
dove si trovavano le più svariate caramelle e gli animali di
zucchero, senza
essere accompagnata da nessuno. Non appena il ragazzo vide i fluenti
capelli
della bionda scomparire dietro la porta si fece coraggio e la
seguì.
Davanti
a lui, Daphne stava osservando rapita una piccolo leone di glassa che
si stava
avventando contro un’antilope dello stesso materiale.
Entrambi i minuscoli
animali erano rinchiusi in una teca, e lei teneva una mano sul vetro,
fissandoli estasiata.
“Ora.”
Il
sussurro della Dama alle sue spalle lo fece sobbalzare. Quello era il
momento
giusto, in cui Daphne non sembrava per nulla aggressiva, e in cui forse
non
avrebbe rischiato di essere sbranato come la povera antilope di
zucchero.
“Ehi
Daphne! Cosa c’è qui dentro?” Pansy
Parkinson fece capolino dalla porta alle
spalle di Terry, mentre la Dama si nascose in tutta fretta e Terry si
girò,
facendo finta di essere interessato a una teca contenente farfalle di
cioccolato più che alla bella bionda.
La
Dama, vicino al ragazzo, che stava tentando di recuperare il suo
normale
battito cardiaco, scosse la testa, in un misto di rabbia e delusione.
“Se
stavi aspettando il momento giusto, era quello.”
Terry
sbuffò. Quella stupida messinscena era durata più
che abbastanza. Se la Dama
non era contenta, nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto e stava
facendo,
non le avrebbe dato
ulteriori motivi di
delusione. Fece per uscire dalla porta, ma proprio in quel momento
Blaise
chiamò Pansy in un’altra stanza, con la scusa di
farle vedere dei folletti di
caramello che saltellavano vicino a un ruscello di cioccolato. In
quello stesso
istante, con una velocità di reazione che avrebbe fatto
invidia a un centometrista,
la Dama uscì, chiuse la porta e la sigillò con un
incantesimo, lasciando così
Terry in compagnia della terribile Serpe che avrebbe dovuto conquistare.
Oh,
diamine.
Terry
cercò di darsi un contegno. Era pur sempre un Corvonero, e
se era finito in quella
Casa significava che aveva un cervello, e che in qualche modo sapeva
farlo
funzionare.
Si
avvicinò alla teca che la Serpeverde stava ancora ammirando,
e si schiarì la
gola.
“Ehm
ehm.”
La
bionda alzò i scintillanti occhi verdi, guardandolo con
fastidio.
“Che
c’è?”
Era
lui che aveva caldo, o la temperatura si era effettivamente alzata?
Controllò
che il lecca lecca nelle sue mani non si fosse sciolto.
“Sai…
Io mi stavo chiedendo se… Vorresti per
caso…”
Terry
stava balbettando. Lui, il Corvonero più spigliato e arguto
della sua Casa,
stava balbettando di fronte a una ragazza che neanche gli piaceva, con
un
imbarazzante lecca lecca in mano.
“Oh,
ma chi voglio prendere in giro.” Scosse la testa e
posò il lecca lecca vicino
alla teca. “Non ti offendere, ma tu proprio non mi piaci. E
non ho alcuna
intenzione di portarti al ballo solo per compiacere una svalvolata
fantasma che
passa la sua eternità a fare stupide scommesse.”
Daphne
lo guardò come se fosse completamente fuori di testa, senza
capire una parola
di ciò che stava dicendo.
“Ma
sei impazzito?”
Terry
fece fatica a non scoppiare a ridere. “Scusami. È
che è tutto così strano…”
“Ma
si può sapere di che stai parlando?” La ragazza si
mise le mani sui fianchi,
sentendosi presa in giro.
“Hai
presente Anthony Goldstein e Michael Corner? I due Corvonero che ti
hanno
invitato al ballo le scorse settimane? Ecco, vedi, l’hanno
fatto per una
scommessa. La Dama Grigia ci ha costretti, per vincere contro il Barone
Sanguinario. Ora, come vedi, eccomi qui, l’ultimo candidato
che annuncia la sua
disfatta. Io mi ritiro.”
Appena
ebbe finito di pronunciare il suo discorso, Terry si rese conto che non
aveva
alcun senso per chi non fosse a conoscenza dell’intera
storia. Arrossì per
l’imbarazzo, e si rinchiuse nel più totale
silenzio.
Il
suono che seguì, tuttavia, lo stupì non poco. Una
risata argentina e squillante
riempì la stanza, talmente alta che il leone di zucchero
distolse per un attimo
l’attenzione dalla sua preda per spostarla sulla ragazza
bionda davanti alla
sua teca, che era piegata in due dalle risate.
“Una..
Una scommessa?” balbettò, fra una risata e
l’altra.
Terry,
incredulo, biascicò un sì, incerto su quale fosse
la risposta migliore. Si
sarebbe aspettato rabbia, indignazione e stupore, ma non sicuramente
una reazione
del genere.
“Voi
siete fuori.” Sussurrò Daphne, sollevando il busto
e respirando a pieni polmoni
per recuperare la calma.
Certo
che è strana,
pensò Terry. Tuttavia, se quella reazione l’aveva
sopreso, non era certamente
preparato a ciò che sarebbe seguito.
“Qual
è la ricompensa?” Daphne era tornata abbastanza
seria, anche se un sorriso si stagliava
sul suo perfetto volto.
Terry
esitò. Qual era il premio? Decise di essere sincero.
“Non lo so. La Dama ha
detto che sarebbe stato un gran premio, incredibile come la punizione
che ci
avrebbe dato se non ce l’avessimo fatta.”
Daphne
riflettè un momento, appoggiando le sue lunghe e curate dita
sul mento.
“Ci
sto. A patto di ricevere la metà del premio.”
Terry
rimase senza parole. Boccheggiando, squadrò la bionda,
incerto sulla verità
delle sue intenzioni. Di fianco al ragazzo, il leone di zucchero aveva
finalmente finito di mangiare la povera antilope, e adesso fissava i
due
giganteschi umani come se sapesse ciò che stava succedendo.
“Terry
Steeval, giusto?” Daphne gli si avvicinò un poco,
come per controllare che
avesse recuperato tutte le sue facoltà mentali.
“Facciamo così. Tu mi vieni a
prendere verso le sette. Metti una cravatta chiara, magari grigia o
argento,
perché il mio vestito è verde, e ho come il
sospetto che tu non abbia una
cravatta di quel colore.”
Terry,
che ancora non si era ripreso dalla sorpresa, la fissava come in
trance, senza
dire una parola.
Daphne,
accorgendosene, ghignò.
“Sarà
un piacere fare affari con te, Terry.”
La
Dama era letteralmente fuori di sé dalla gioia. Il meglio,
tuttavia, non era
ancora arrivato: quella sera, davanti a tutti, il Barone avrebbe dovuto
ammettere la propria disfatta, e allora la sua vittoria sarebbe stata
completa.
La Dama si rassettò il vestito e si aggiustò il
colletto di pizzo. Quando
finalmente fu pronta, uscì dalla Sala Comune di Corvonero e
si recò nella Sala
Grande.
Tutto
ciò che vide superò ampiamente le sue
aspettative: le decorazioni e i tavoli
erano perfetti, magia e eleganza trasudavano da ogni angolo, e i primi
invitati, rigorosamente in abito da sera, stavano già
arrivando. Il palco era
stato lasciato libero per i partecipanti al Torneo Tremaghi, che
avrebbero
aperto le danze.
Decisamente,
l’aria di attesa e eccitazione che permeava il luogo
contribuiva a rendere la
Dama ancor più emozionata. Svolazzò in lungo e in
largo per l’ampia Sala, alla
ricerca degli altri fantasmi. Si unì al Frate Grasso e a
Nick
Quasi-Senza-Testa, e insieme si appartarono in un angolo del soffitto,
in modo
da godersi meglio la visuale dell’apertura delle danze.
“Buonasera,
Signori.”
Il
Barone Sanguinario, con tutto il seguito di catene e boccoli, li
raggiunse. La
Dama fece del suo meglio per nascondere una ghigno soddisfatto: non
aveva
alcuna intenzione di svelare la sua vittoria, voleva che il Barone la
potesse
ammirare da sé.
“Quanto
manca all’apertura delle danze?” chiese il fantasma
di Serpeverde, guardandosi
attorno.
“Una
decina di minuti, direi.” Rispose pacato il Frate Grasso, con
voce annoiata.
“Perfetto.”
Mormorò il Barone, sfregandosi le mani. Sicuro di avere la
vittoria in pugno,
già pregustava il senso di superiorità che ne
sarebbe derivato.
I
quattro fantasmi aspettarono l’arrivo delle prime coppie, che
scendevano dalla
scala principale. Ron Weasley fece la sua comparsa con Padma Patil,
seguito da
sua sorella e Neville Paciock. Quando il Barone vide finalmente la
coppia reale
di Serpeverde, Draco Malfoy e Pansy Parkinson, fare la sua maestosa
entrata,
proruppe in un’esclamazione orgogliosa e soddisfatta.
Infine,
venne il tanto bramato momento, annunciato dalla vista di un drappo
verde che
faceva capolino dalle scale. La Dama trattenne il respiro, e
così fece il
Barone, che la guardò di sottecchi.
Un
centinaio di teste si voltarono verso la fulgida figura che stava
scendendo con
eleganza verso la Sala. Daphne Greengrass, fasciata in un costosissimo
abito
verde, camminava come una vera diva, in modo da mettere in risalto il
suo corpo
perfetto. I capelli biondi erano raccolti sulla nuca, il sorriso
perfido sembrava
emanare luce propria. Il Barone sorrise soddisfatto
all’apparire della Regina
delle Serpi, ma quella stessa espressione felice scomparve appena il
cavaliere
di tale oggetto di ammirazione le porse la mano al fondo delle scale:
Terry
Steeval, Corvonero.
Digrignò
i denti in direzione del moro, che, invece, sorrideva a tutti, in
qualche modo
fiero di essere riuscito a invitare una dama tanto bella, anche se
insopportabilmente acida. Il Barone dovette fare un vero sforzo di
volontà per
non scagliarsi verso il ragazzo, che, ignaro, camminò con la
bionda Serpe verso
di loro, mentre tutti gli invitati commentavano l’apparizione
dell’inattesa
coppia.
Terry,
tenendo per mano Daphne, sorrise in direzione dei due fantasmi e,
mentre la
Serpeverde scambiava due parole con il Barone, il suo cavaliere si
rivolse
sussurrando alla Dama: “Dunque? Qual è il
premio?”
La
Dama esitò. Aveva rimuginato tutta la settimana su come
premiare Terry, ma alla
fine si era arresa, e si era ripromessa di pensarci più
tardi. Ora che se lo trovava
davanti, tuttavia, doveva inventarsi qualcosa dal nulla.
Cercando
di assumere un’espressione stupita e estasiata insieme,
proruppe in
esclamazioni.
“Ma
giovanotto! Non è un premio abbastanza grande, questo?
L’amore, è il premio,
l’amore che ci sarà!”
Terry
stupito, non disse una parola, ma mollò istintivamente la
mano di Daphne. La
bionda, che era stata per tutto il tempo ben attenta alla
conversazione,
digrignò i denti in un’espressione agguerrita.
“Mi
scusi, sta scherzando, vero?”
“Ma
no, caro figliolo, no! Pensa al valore dell’amicizia, della
solidarietà delle
Case! Non è un premio abbastanza grande, questo?”
La Dama sperò con tutto il
cuore che il suo sorriso non sembrasse troppo tirato.
Terry
non aveva parole per esprimere tutto il suo disappunto, e sicuramente
non
voleva mettersi a urlare lì davanti a tutti.
Guardò Daphne, che non diceva una
parola, ma esprimeva tutta la sua rabbia attraverso il silenzio.
“Vuoi
ballare?” Le propose Terry pensando che, in fondo, non aveva
nulla da perdere.
A parte la dignità e il naturale colorito della sua guancia,
pensò un attimo
dopo, rimpiangendo amaramente di averle proposto una cosa a cui una
Serpeverde
non si sarebbe mai abbassata.
Inaspettatamente,
Daphne alzò le spalle, e sussurrò “va
bene” con un mezzo sorriso.
I
due si allontanarono, raggiungendo il resto degli studenti sulla pista
da
ballo, increduli per il loro stesso gesto.
La
Dama, si sporse e sussurrò all’orecchio del
Barone: “Ho vinto io.”
Il
fantasma di Serpeverde tentò di controllare la rabbia,
stringendo i pugni e
mordendosi il labbro. Dopo un paio di minuti, riuscì a
riprendere il controllo
del suo respiro, e si voltò con la testa bassa verso la
Corvonero al suo
fianco.
“Complimenti.
Cosa vuoi adesso?”
La
Dama, sorpresa da tanta arrendevolezza, fece finta di pensarci su. Nei
giorni
precedenti, pregustando la vittoria, aveva escogitato ogni possibile
punizione,
ma niente le era sembrato adatto.
“Non
lo so. Decidi pure tu la tua penitenza.” Disse, calma. In
fondo, il Barone le
faceva un po’ pena.
Il
Barone rifletté per qualche secondo, poi sorrise malefico.
“Direi che la
peggiore punizione sarebbe ballare con te.” La sconfitta non
aveva messo a
tacere il suo sarcasmo.
La
Dama sbarrò gli occhi, indignata. “Mi sembra di
aver vinto, non perso. Ballare
con te, sarebbe la peggior punizione per me.”
Il
Barone scoppiò in una risata grottesca. “Invece ne
saresti onorata, ammettilo.”
La
Dama, se avesse potuto arrossire, l’avrebbe fatto.
“Fammi il piacere. Non
ballerei mai con te.”
“E
perché mai?” Il fantasma di Serpeverde, ora,
sembrava curioso e leggermente
indignato.
“Perché
puzzi.” Rispose lei, semplicemente.
Il
Barone rimase qualche momento a bocca spalancata e occhi sbarrati. Gli aveva appena detto che lui, inimitabile
e insuperabile fantasma di Serpeverde, puzzava?
“Cosa?”
chiese, indispettito.
“Beh,
sì. Insomma, forse non era il migliore modo di dirtelo,
ma… tu puzzi. E
parecchio direi. Ti porti sempre dietro ‘sta parrucca piena
di forfora e ‘ste catene
ossidate e sporche, che, per la carità, rendono bene
l’idea di fantasma, ma non
contribuiscono granché a mantenere l’igiene. E poi
scommetto che sono secoli
che non ti fai un bel bagno.”
Il
Barone si prese qualche secondo per assimilare le parole della Dama,
poi
rispose, guardandola come se fosse effettivamente uscita di testa.
“I
fantasmi non possono farsi il bagno. L’acqua ci passa
attraverso!”
La
Dama scosse la testa. “No, che dici. Esistono altri tipi di
acqua, che possiamo
usare anche noi. Non lo sapevi?”
“Ma
fammi il piacere.” Bofonchiò il Serpeverde.
La
Dama si avvicinò e con voce ammaliante sussurrò
in modo che solo lui potesse
sentire.
“Scommettiamo?”
Il
Barone si avvicinò con aria sospettosa alla porta. Le
indicazioni della Dama
erano state piuttosto chiare: seconda porta a destra del quarto piano,
e nella
vasca la terza manopola da sinistra. Guardandosi attorno per
controllare che
nessuno lo vedesse, spinse la porta con una delicatezza che non gli si
addiceva. Una volta entrato sigillò la porta alle sue
spalle, e si addentrò per
il luogo buio.
Con
un incantesimo illuminò l’ambiente: il bagno era
perfetto, candele si
innalzavano a mezz’aria e un intenso profumo, personalizzato
a seconda di chi
ne usufruiva, permeava l’ambiente. Una musica dolce
costituiva il sottofondo, e
il tutto contribuiva a creare un’atmosfera rilassante che,
malgrado il
carattere burbero e malevolo, il Serpeverde apprezzava. Il fantasma si
riscosse: non era venuto lì per perdersi in tali
sciocchezze, ma aveva uno
scopo preciso, ovvero dimostrare alla Dama che aveva torto, e che un
fantasma
non poteva fare il bagno.
Si
avvicinò deciso alla vasca vuota e, completamente vestito,
vi entrò. Svolazzò
verso le varie manopole, stupendosi immediatamente per il loro numero
spropositato.
“Terza
manopola da sinistra…” sussurrò a se
stesso, ricordando le istruzioni della
Dama. Con un incantesimo, dal momento che non poteva usare le mani, la
fece
ruotare. Dai numerosi rubinetti fuoriuscì una sostanza
grigiastra: non era
acqua, ma era in tutto e per tutto simile alla stessa sostanza semi
trasparente
che costituiva il corpo dei fantasmi. Incredulo, allungò una
mano verso un
rubinetto e, incredibilmente, se la bagnò. Rimase a bocca
aperta per qualche
minuto, senza parole. Quando realizzò che la Dama aveva
ragione, un’espressione
rabbiosa e delusa gli si dipinse il viso, lasciandolo da solo a inveire
contro
i rubinetti. I fantasmi potevano farsi il bagno.
Maledizione.
Ho perso di nuovo.
Dama Grigia dei miei stivali.
Et
voilà ;)
È
una storiella, diciamo. Nulla di vagamente profondo o
importante. Tuttavia ringrazio profondamente tutti coloro che hanno
lasciato
una recensione, quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti, alle
seguite
o alle storie da ricordare, ma più di tutti ringrazio mio
fratello, che ha
sghignazzato non meno del Barone Sanguinario mentre gli leggevo la
storia nei
miei momenti di confusione.
Insomma,
grazie.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=539583
|