Scommettiamo?

di Silice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Men on a mission ***
Capitolo 2: *** L'Olimpo dei maghi più astuti ***
Capitolo 3: *** Vasche e lecca lecca ***



Capitolo 1
*** Men on a mission ***


Ho scritto questa fanfiction per il contest a squadre indetto da B.S. Il giudizio finale  si troverà al fondo dell’ultimo capitolo, il terzo.

Sostanzialmente, ogni squadra aveva un pacchetto da sviluppare. La mia, composta da Mary e FabiFabi, doveva scrivere una fan fiction che contenesse gli elementi: Serpeverde, Corvonero, vasca e la citazione “Se stavi aspettando il momento giusto, era quello.” Tratta dai Pirati dei Caraibi.



 NOTE PERSONALI:

 

In alcuni punti della storia ho tratto ispirazione da altri autori o film: Leopold Bloom è il nome del protagonista dell’”Ulisse” di Joyce; il riferimento all’algida Regina delle Nevi è tratto da Bridget Jones. Nel terzo capitolo, tutta l’idea del bagno e della vasca mi è stata suggerita dal film “Robin Hood” con Kevin Costner, in cui Marion dice a Robin di andarsi a fare un bagno perché puzza. Mi è sempre sembrata un’idea assurda, banale e geniale allo stesso tempo, e ho ritenuto giusto di usarla anche qui ^^

 

 

1 - MEN ON A MISSION

 

Una risata rimbombò nel corridoio del terzo piano, rompendo il silenzio notturno.

“Fammi il piacere.” Il Barone Sanguinario scosse leggermente la parrucca ricciuta, sventolando l’uncino a mo’ di sfida.

“Che c’è? Credi che i miei studenti non siano abbastanza in gamba?” Una voce femminile risuonò nelle aule spoglie, minacciosa.“Ti ripeto: noi Corvonero siamo i migliori, i più intelligenti, i più furbi, i più…”

“Sì, come no.” Il tono ironico del Barone fece infuriare non poco la sua interlocutrice, che si sollevò in aria, assumendo un cipiglio minaccioso quanto la sua voce. “Direi che siete anche i più petulanti.” Aggiunse, sghignazzando.

Approfittando del silenzio che si era creato, dal momento che la figura accanto a lui non trovava le parole giuste per esprimere tutto il suo biasimo, continuò con il suo tono strafottente.

“Senti un po’, Dama dei miei stivali, se voi Corvonero siete davvero così incredibilmente superiori alla media, perché non scommetti?” Sembrava divertirsi immensamente, con quel suo sorrisetto sarcastico sotto i baffi lunghi e appuntiti.

“Io ho un nome, idiota: Dama Grigia.” Come a voler risplendere della solenne gloria che il nome arrecava, la Dama in questione si sollevò ancora più in alto, scontrandosi, o meglio, passando attraverso un lampadario, cosa che suscitò non poca ilarità nel Barone.

“In ogni caso, non vedo quale sia il problema. Accetto la scommessa.” Aggiunse lei, alzando il doppio mento e portando indietro le spalle, come a voler sottolineare tutta la sua superiore regalità.

Il Barone, stupito, rimase per qualche secondo senza parole, mentre fissava la figura ben piantata e dallo sfarzoso vestito che svolazzava a qualche metro da lui. Quando poi riprese a parlare, il tono era cambiato.

“Se sei sicura…” Alzò le spalle, e gettò un’occhiata alla Dama, per controllare che non avesse ripensamenti. “Va bene, allora. I termini della scommessa devono essere chiari: se uno dei tuoi studenti riesce a invitare al ballo la più algida delle serpi, la migliore, l’incredibile, insostituibile, inimitabile…”

“Sisi, vai avanti.” La Dama sbadigliò. “Sai, credo che tu stia iniziando ad invecchiare.”

Il Barone, irritato, si lisciò uno dei baffi, mentre prendeva in considerazione l’idea di tirare fuori la spada e porre fine alla causa dei suoi più svariati tormenti.

“Insomma, se uno dei tuoi, per qualche assurdo scherzo del destino, riesce a convincere Daphne Greengrass ad andare al ballo con lui,” il suo volto si piegò in una smorfia irrisoria “hai vinto tu. In caso contrario, com’è praticamente certo, ho vinto io. La scommessa si chiude il...”

Si lisciò la finta barba, pensieroso.

“Il 24 dicembre, la sera del ballo. Tre settimane esatte, a partire da ora.” La fissò, con un ghigno dipinto in volto.

Come una vera gentildonna, lei raddrizzò il busto, tenendo con le mani i lembi del suo enorme e ingombrante abito, e si avvicinò al Barone, tendendogli la mano.

“Che vinca il migliore.”

Dopo la stretta, si girò e iniziò a svolazzare verso la fine del corridoio, diretta al dormitorio di Corvonero.

“Ehi, ho dimenticato una cosa.” La profonda voce del Barone la fece voltare. Il fantasma di Serpeverde la guardava con un ghigno ancora più beffardo e irrisorio dei precedenti.

“Non valgono i filtri d’amore.”

Una seconda grottesca risata ruppe il silenzio di quella nuvolosa notte autunnale.

 

La Dama Grigia passò in rassegna i candidati. Camminava, o meglio, svolazzava, con le mani dietro la schiena, facendo ondeggiare l’abito dai numerosi merletti, e fissando ognuno dei presenti con aria truce. Aveva radunato nella sala comune tutti i ragazzi del quarto e quinto anno di Corvonero, facendoli mettere in fila, senza degnarli di una spiegazione. Fra essi, avrebbe dovuto scegliere i candidati migliori e che sarebbero potuti riuscire nell’impresa, facendola così risultare vincente. Ghignò, al pensiero della faccia del Barone, quando l’avrebbe battuto. In realtà, quella spavalderia non le si addiceva, considerati i suoi pensieri più nascosti e le sue più reali convinzioni: come poteva essere stata così stupida da lasciarsi incastrare in una scommessa con il Barone Sanguinario? Erano secoli che i due battibeccavano senza tregua, come una coppia di vecchi vicini di pianerottolo, ma fino ad allora non si era mai comportata così sconsideratamente da lasciarsi trascinare sul campo di battaglia in cui il Barone risultava sempre vincente. Tutti lo sapevano: il fantasma in questione aveva pochi interessi, che si sintetizzavano in rum, lavoro all’uncinetto e scommesse. E in tutte e tre le discipline, se così si potevano considerare, era imbattibile.

Si fermò davanti a loro, cercando di instaurare un contatto visivo con i più, un po’ come un generale con la sua truppa, prima di andare in battaglia.

“Ehm ehm.” Tossicchiò, per richiamare l’attenzione dei ragazzi che, intanto, confabulavano fra loro nel tentativo di chiarire il comportamento del fantasma della loro Casa. Si era sempre saputo che la Dama aveva qualche rotella fuori posto, ma non si era mai arrivati a dubitare seriamente della sua salute mentale, almeno fino a quel giorno.

“Silenzio, uomini.” Urlò.

Trenta volti si voltarono verso di lei, sbigottiti. Uomini?

La Dama non si accorse di nulla, e continuò imperterrita.

“Siete qui, oggi, per uno scopo importante. Siete stati chiamati a difendere l’onore della vostra Casa. Siete stati chiamati…” Prese un profondo respiro, poi continuò, con aria drammatica: “Siete stati chiamati a difendere il vostro stesso onore.”

Il silenzio piombò nella Sala. Nessuno aveva capito di cosa stava parlando la Dama, ma sicuramente doveva essere una vicenda di vitale importanza.

“Oggi, io chiedo, anzi, vi ordino, di difendere la nostra essenza, il nostro stesso essere Corvonero, la nostra anima intellettiva con un atto di ineguagliabile coraggio.”

Un paio di Corvonero impallidirono, altri indietreggiarono. Qualsiasi dovesse essere questa missione, sarebbe stata dolorosa e, sicuramente, affatto semplice.

La Dama prese un altro respiro, e si portò un pugno al petto. L’aveva visto fare ne “Il Gladiatore”, il film babbano che aveva visto spiando da fuori la porta dell’aula. Doveva essere un gesto fondamentale in un discorso di tale importanza, pensò. O, almeno, così sperava.

“Ora, io stessa sceglierò alcuni di voi per questa delicata missione. Mettetevi bene in riga.”

Si avvicinò al primo della fila, un magrolino spaventato che continuava a lanciarle occhiate di sottecchi.

“Come ti chiami, soldato?” La Dama quasi urlava, presa da quell’indomabile spirito militaresco.

“Leopold… Leopold Bloom Sign-Signore, cioè, vo-volevo dire Signora…” Leopold guardò impacciato la fantasma, mentre alcune gocce di sudore gli percorrevano la fronte. “Dama. Signora Dama.” Balbettò confuso il ragazzo, per poi chiudersi in un imbarazzato silenzio.

“Pancia in dentro, spalle dritte, petto in fuori!” Urlò la Dama, in tutta risposta. I ragazzi, spaventati, drizzarono subito la schiena.

La Dama passò ciascuno di loro in rassegna visiva, finché non individuò quelli che più le piacevano.

“Tu! Come ti chiami?” assumendo un cipiglio feroce, come se avesse dovuto scegliere un guerriero dalla sua folta schiera di combattenti provetti, si avvicinò a un ragazzo biondo, che non distolse lo sguardo.

“Michael Corner, Signora.” Disse, sicuro, senza abbassare gli occhi di un millimetro.

La Dama lo fissò a lungo. “Tu giochi a Quidditch, vero?”

“Sissignora. Cercatore, Signora.”

Perfetto, pensò la Dama, gongolando interiormente, i giocatori di Quidditch piacciono molto alle ragazzine.

“Tu sei preso. Va’ nell’angolo.”

Michael Corner, per nulla spaventato, si spostò dalla riga, mentre tutti pensavano con mestizia e curiosità all’infelice compito che gli sarebbe toccato.

La Dama continuò a camminare, fissando uno a uno i presenti. Quando notò un ragazzo dai capelli castani che si fissava le scarpe, si avvicinò.

“Il tuo nome.”

Il ragazzo la guardò fingendo una certa spavalderia, che non gli si addiceva. Aveva uno sguardo dolce, e in qualche modo timido. Abbassò nuovamente gli occhi, ritornando a fissarsi le punte dei piedi.

“Anthony Goldstein.” Sussurrò, senza dire una parola di più.

La Dama lo guardò meglio. Era carino, un po’ timido, forse, ma niente di irrimediabile. Forse sarebbe valso un tentativo.

“Va all’angolo anche tu.”

Non appena il ragazzo si fu spostato, la Dama riprese la sua ispezione. Un ragazzo fra gli ultimi della riga ridacchiò sommessamente, e la fantasma-generale gli si avvicinò.

“Tu! Pivello! Che hai da ridere?”

Il ragazzo alzò lo sguardo con un ringhio divertito in faccia. I suoi occhi erano verdi e brillanti, in netto contrasto con i capelli scuri. Era magro e non troppo alto, e la Dama non si ricordava di averlo mai visto prima.

“Dunque? Rispondi!” Ordinò, simulando una finta rabbia.

Il ragazzo ci mise qualche secondo a scegliere le parole corrette. “Ridevo per la situazione, Signor Generale. Insomma, sembriamo una massa di cretini spaventati da chissà quale impresa…”

La Dama non rispose, ma continuò a fissarlo. Non era particolarmente bello, soprattutto per i canoni della sua epoca, ma aveva qualcosa che lo distingueva dagli altri, forse lo sguardo irrisorio o il ghigno beffardo che nascondeva una malcelata arguzia.

In fondo, che cosa costa tentare?

“Tu. Con gli altri.” Gli ordinò, senza perdersi in ulteriori discussioni. Rivolse poi la sua attenzione ai restanti Corvonero che, sempre più tesi, la guardavano incuriositi.

“Voialtri potete andare. Rompete le righe.”

Un sospiro di sollievo si diffuse nella Sala, mentre i ragazzi tornavano nelle loro camere, fra il chiacchiericcio generale. Qualcuno di loro lanciava ogni tanto un’occhiata ai tre malcapitati nell’angolo, che aspettavano con curiosità e ansia istruzioni dalla Dama sulla segreta e pericolosa missione che sarebbe stata loro affidata.

La Dama si avvicinò, facendo svolazzare il vestito dai mille merletti, e sorridendo appena. Era stata fortunata: quei tre ragazzi erano diversi l’uno dall’altro, ma avevano tutti caratteristiche che avrebbero fatto capitolare qualsiasi donna, anche l’algida Regina delle Nevi, denominata per i comuni mortali Daphne Greengrass.

“Ok, signori. Ora vi spiegherò velocemente la vostra missione.”

I tre ragazzi si scambiarono un’occhiata, trattenendo il respiro.

“Invitare al ballo Daphne Greengrass.” Pronunciò la Dama, con solennità.

Nella Sala calò il silenzio, interrotto di tanto in tanto dal crepitio della legna nel caminetto acceso. Michael guardava la Dama con un biondo sopracciglio alzato, i lineamenti perfetti contratti in una smorfia di incredulità. Il viso di Anthony cambiava espressione ogni secondo, esprimendo di volta in volta sollievo, sorpresa e felicità pura. Terry, invece, rimasto serio per qualche secondo, scoppiò in una sonora risata e si gettò sul divanetto blu di fianco al focolare.

“Tutto qui? Questo è quello che dobbiamo fare?” Terry Steeval balbettò questa domanda in direzione della Dama, fra una risata e l’altra.

“Dobbiamo farci la Greengrass?” Michael Corner, a differenza dell’amico, era mortalmente serio.

La Dama gli rivolse uno sguardo gelido. “No, Signor Corner. Non dovete farvi la Greengrass. Dovete convincerla a venire al ballo con voi. Non mi interessa chi, purché un Corvonero ci riesca.”

Terry si calmò, e si sedette in posizione più composta, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.

“Sta scherzando?”

“No, Signor Steeval, non sto scherzando. È di vitale importanza che uno di voi ci riesca. Suggerisco un approccio non proprio diretto, magari uno per…”

“Un attimo.” Anthony Goldstein, che fino a quel momento non aveva detto una parola, balbettò, fissandosi le mani. “Greengrass? Daphne Greengrass? Quella Greengrass?”

La Dama sospirò, facendo tremolare il suo vistoso doppio mento. Forse avrebbe dovuto scegliere candidati un tantino più intelligenti.

“Sì, Signor Goldstein. Quella Greengrass.” Con solennità, riprese il suo discorso: “Come stavo dicendo, dovrete agire uno per volta. Suggerisco che il primo ad invitarla sia proprio il Signor Goldstein. Se lui fallirà, gli altri avranno campo libero.” Prese una pausa, affinché i ragazzi assimilassero con cura le sue parole. “Vi concedo la massima libertà, ma ricordate che avrete tempo solo per tre settimane, cioè fino alla data del ballo.”

“C’è un premio per chi ci riesce?” Michael la interruppe.

Lei alzò un sopracciglio. Non ci aveva minimamente pensato, ma ora che ci rifletteva, forse sarebbe stato meglio se avessero avuto un incentivo in più.

“Sì, certo. Ma è una sorpresa. Qualcosa di inimmaginabile.” Affermò, spavalda, e maledicendosi interiormente per aver detto una tale assurdità, senza alcun idea di come mantenere la promessa.

“E se noi non volessimo invitare al ballo quella Serpe?” Terry Steeval era rimasto serio, mentre formulava la domanda. Anche a questo la Dama non aveva pensato, ma cercò di non darlo a vedere.

“Escogiterò una punizione ancor più inimmaginabile.” Disse, con aria minacciosa, e nessuno osò ribattere.

“Bene Signori. Questo è il vostro compito.” Svolazzò verso l’uscita della Sala, mettendo in risalto la sua imponente figura. “Mi raccomando: non potete farne parola con nessuno. E, ancora più importante, non potete fallire.”

Detto questo, uscì dalla stanza, lasciando i tre Corvonero a fissarsi con aria incredula.

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Capitolo 2
*** L'Olimpo dei maghi più astuti ***


2 – L’OLIMPO DEI MAGHI PIU’ ASTUTI

 

“Ce la puoi fare.”

“No, non è vero.”

“Sì invece. Che vuoi che sia…”

“Mi sbranerà.”

“Orsù, un po’ di coraggio. Non è così terribile. In fondo.”

“Molto in fondo.”

Anthony Goldstein sospirò. Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato costretto a gettarsi in un’impresa così disperata, per la sua Casa. Sicuramente, quel giorno si sarebbe giocato tutta la sua dignità, e forse anche qualcosa di più. Sospirò nuovamente.

Terry Steeval e Michael Corner, al suo fianco, lo guardavano seri e estremamente preoccupati. Prima che la missione, se così si poteva chiamare, avesse inizio si erano spartiti equamente le tre settimane che avevano disposizione. Il tempo di Anthony, tuttavia, era finito presto, e tutto ciò che era riuscito a racimolare erano state occhiate affascinanti e tenebrose da parte sua, gelide da parte della sua preda, e un qualcosa come “Spostati, cretino” all’inizio della lezione di Erbologia del Martedì mattina da parte della sua bella.

La missione non stava andando affatto bene, anzi, stava decisamente andando a rotoli. Dunque, Anthony aveva deciso di giocarsi la sua ultima carta per conquistare Daphne Greengrass e portarla al ballo: un approccio diretto.

Si lisciò distrattamente i pantaloni della divisa, e si rassettò i capelli specchiandosi in un vetro. Non era mai stato così teso in vita sua. Le sue mani erano sudate, le sue guance erano leggermente chiazzate di rosso e aveva il respiro corto. Si girò e, insieme ai due amici, si appostò dietro l’angolo in attesa che la porta dell’aula di Trasfigurazione si spalancasse e che la preda ne uscisse.

Daphne Greengrass uscì dall’aula, il viso deformato da una smorfia beffarda, che esprimeva tutta la sua soddisfazione. L’espressione rabbiosa e invidiosa di Pansy aveva contribuito a innalzare il suo morale alle stelle, come se esso non fosse già abbastanza alto per la recente notizia della sua elezione a Prefetto di Serpeverde. Vedere le sue compagne di Casa morire di invidia, tuttavia, era fonte impagabile di gaudio: anche quel giorno, durante la lezione della più detestata professoressa, era stata la migliore e il suo Oltre Ogni Previsione era stato il voto più alto.

Si tolse con una mano i capelli biondi dalla fronte. Al suo apparire nel corridoio, un paio di ragazzini del primo anno non tentarono nemmeno di nascondere la loro ammirazione verso tanto splendore, che si dirigeva fieramente verso la Sala Grande, scortata a ruota dalle sue più fedeli compagne, Pansy Parkinson e Millicent Bulstrode, le Serpi.

Daphne Greengrass non era stupida. I pochi che la conoscevano per come era veramente, sapevano che l’ostentata bellezza e la tanto rinomata crudeltà erano solo la punta dell’iceberg: al di sotto, si nascondevano una mente brillante, un’animo testardo e l’orgoglio del proprio sangue. La bionda, d’altronde, aveva fatto sempre buon uso delle sue qualità: nei vari intrighi e complotti all’interno delle mura di Hogwarts, lei aveva sempre avuto l’ultima parola, e ne era sempre uscita vincitrice. Nulla poteva fermarla, e in quella consapevolezza Daphne si cullava ogni giorno. Nulla sarebbe mai riuscito a sconvolgere il suo elegante e raffinato paradiso che si era costruita a furia di astuzie, inganni e abusi di potere.

Anthony deglutì, si passò una mano fra i capelli castani, rendendo vano tutto il suo impegno per renderli un po’ più ordinati e uscì dal suo nascondiglio, incitato dalle spinte dei compagni. Mentre l’osservavano allontanarsi, i due si guardarono sconsolati.

“Ce la farà, secondo te?”

“No. Se lo mangerà vivo. Lei è… Daphne Greengrass. Non so se mi spiego.”

Sobbalzarono, al suono di una voce alle loro spalle.

“Fate silenzio, ragazzi. Dovete sostenervi a vicenda.”

La Dama Grigia, con tutta la sua imponente mole, si era appostata proprio dietro di loro, e fissava la scena con aria apprensiva. Cercava di dimostrarsi fiduciosa davanti ai due Corvonero, ma dentro di sè non nutriva grandi speranze: Anthony era sicuramente un candidato eccellente, carino e sensibile; tuttavia, la timidezza non era esattamente una delle qualità da cui Daphne Greengrass era più affascinata.

In silenzio, i tre osservarono il Corvonero avanzare nella direzione opposta a quella percorsa dalla bionda. Fu nell’esatto momento in cui Anthony si fermò sul posto e rivolse un’occhiata che sperava essere ammaliante a Daphne, che la Dama capì che il ragazzo non aveva alcuna speranza di riuscire nell’impresa.

“Obscuro!”

Una nuvola di fuliggine avvolse la testa di Anthony, che si lasciò sfuggire un urlo, mentre mulinava le braccia in cerca di un appiglio per non cadere.

“Si può sapere cosa vuoi tu? È tutta la settimana che mi lanci sguardi da pesce lesso… Ora mi sa proprio che non lo farai più.”

Daphne ridacchiò, e le sue seguaci seguirono l’esempio. In un misto di risolini e commenti poco cordiali, si allontanarono, mentre la bionda lanciò uno sguardo indietro, che lasciava ben poco spazio alla pietà.

“Che fastidio, ‘sti sfigati.”

Non appena la Serpe e le sue compari scomparvero dietro l’angolo, Terry e Michael sbucarono fuori e raggiunsero il loro compagno, seguiti a ruota dalla Dama che, sconsolata, scuoteva la testa.

Mentre i due liberavano l’amico dall’incantesimo, nella mente della defunta Corvonero i pensieri si accumulavano senza sosta: Anthony aveva fallito, era vero, ma, in fondo, le rimanevano ancora due candidati; tuttavia, non si poteva certamente dire che la missione stesse andando a gonfie vele.

Dopo essersi accertata che Anthony stava bene, si allontanò bofonchiando, lasciando il ragazzo a lamentarsi con gli amici della presunta pazzia della Greengrass.

Era ora di scendere in campo.

 

La Dama Grigia battè le mani grassocce, il naso rosso e le guance sporgenti dall’eccitazione. Sapeva di essere intelligente, ma da quel giorno avrebbe anche potuto vantarsi di essere una gran cospiratrice. Quel lampo di genio le avrebbe fatto guadagnare un posto nell’Olimpo dei Maghi più astuti. Se, eventualmente , avesse messo qualcuno al corrente del suo sordido piano, cosa che non doveva assolutamente accadere.

Era stata incredibilmente fortunata con la scelta del ragazzo. Non soltanto  Michael Corner era carino, intelligente e giocatore di Quidditch, ma in qualche modo avrebbe suscitato la simpatia della gelida Serpeverde, se lo sentiva. Per tutta la settimana il ragazzo non aveva fatto altro che mandare alla Greengrass fiori, cioccolatini e biglietti che cantavano a squarciagola ampie descrizione sulla sua fulgida bellezza. Tuttavia, come la sua brillante mente le suggerì, non era ancora tempo di poltrire e aspettare che la natura facesse il suo corso: era solo all’inizio del suo infallibile intrigo, e si sentiva in dovere di dare una mano alla Fortuna.

Fischiettando e gettando intorno occhiate con aria guardinga si inoltrò nel corridoio del primo piano. Ogni volta che incontrava qualcuno, faceva finta di rassettarsi il vestito stile ‘500, spostando merletti di qua e pizzi di là, convinta che nessuno avrebbe mai sospettato che il suo comportamento maniacale nascondesse qualcosa. Raggiunse la bacheca di fronte all’Ufficio della McGranitt e le camminò davanti tre volte, prima di decidersi a fermarsi. Lì, sempre guardandosi intorno con aria circospetta, e sempre fischiettando, pronunciò a bassa voce un incantesimo. Magicamente, i nomi degli studenti si ricomposero, sconvolgendo i turni di sorveglianza di quella settimana.

Martedì: Michael Corner e Daphne Greengrass

Pienamente soddisfatta, e questa volta fischiettando non per nascondere il nervosismo, ma per pura e semplice felicità, si allontanò velocemente dal luogo del misfatto.

 

Michael Corner si aggirava spavaldo per i corridoi, in attesa di incontrare la sua futura fidanzata. Non riusciva ancora a credere di essere stato così fortunato da essere stato sorteggiato per lo stesso turno di guardia di Daphne Greengrass, e, grazie alla sua brillante mente, che gli aveva guadagnato l’ammissione alla Casa di Corvonero, aveva in qualche modo intuito che forse non era stata tutta opera del Caso. Tuttavia, aveva già deciso di sfruttare quel “colpo di fortuna” a suo favore: in fondo, la Greengrass era già ai piedi dell’ “ammiratore segreto”, una piccola spinta e la rivelazione della sua reale identità, et voilà, ecco completata la missione.

Con il sorriso in volto, camminò baldanzosamente per il corridoio del terzo piano, finché non vide un’ombra avanzare verso di lui. Si fermò, e un attimo dopo la bionda Serpeverde gli si parò davanti, facendo mostra del suo corpo perfetto.

“Corner.”

“Daphne.”

La ragazza alzò un sopracciglio. Nessuno osava mai chiamarla per nome, tranne i suoi compagni di casa. In qualche caso, neanche a loro era concesso tale privilegio.

“Facciamo così. Io perlustro dal primo al terzo, tu il resto.” Si voltò, senza chiedere il parere del ragazzo.

“Come vuoi tu, Daphne.”

Proprio mentre era sul punto di andarsene, la bionda si fermò e si girò, con espressione furente.

“Come mi hai chiamato?”

Il ragazzo le sorrise ammaliante, e le si avvicinò con fare affascinante. O, almeno, sperava che fosse così, e che non assomigliasse alla camminata di un ubriaco.

“Daphne. È il tuo nome, no?”

“Per te sono Greengrass.” La bionda fece per girarsi nuovamente, quando venne afferrata par il polso.

“Su, Daphne. Appianiamo le divergenze. In fondo, non mi sembra che ti dispiacesse così tanto essere chiamata con il tuo nome, quando ricevevi i biglietti…”

La ragazza lo guardò per un momento costernata. L’espressione che seguì non era esattamente quella romantica e perdutamente innamorata in cui Michael sperava.

“Quindi sei stato tu? Sei stato tu a mandarmi tutti quei  fiori, biglietti, cioccolatini…”

Il ragazzo sorrise, questa volta leggermente più incerto.

“Certo, ma cherie.”

La bionda si mise le mani sui fianchi; se prima era furiosa, ora aveva superato se stessa.

“Quindi sei stato tu a mettermi in imbarazzo tutti i giorni di questa settimana? Sei stato tu a farmi recapitare un biglietto urlante nel mezzo della lezione di Piton, che ha pensato bene di darmi una bella D? E non ti è neanche passato per l’anticamera del cervello che io fossi allergica alle rose e che i tuoi cioccolatini da quattromila calorie l’uno non coincidessero esattamente con il mio ideale di dieta ipocalorica?”

Senza pensarci due volte, si girò per andarsene. Fu a quel punto che Michael fece l’errore più sconsiderato che potesse commettere: le afferrò nuovamente il polso per trattenerla.

In tutta risposta, Daphne si girò e lo colpì con uno schiaffo in piena faccia.

Ma cherie un corno.”

Detto questo se ne andò, lasciando nel buio corridoio Michael Corner a massaggiarsi la guancia nel punto in cui la sagoma della mano della Serpeverde risaltava con incredibile rossore.

Se qualcuno avesse fatto ben attenzione, quella notte, avrebbe potuto sentire un singhiozzo sommesso provenire da dietro un tenda del corridoio al terzo piano.

 

La Dama Grigia sbuffò sonoramente, mentre tornava al dormitorio. Non era così che se l’era immaginata. Affatto. Chissà perché, aveva pensato che ci sarebbe stata una specie di attrazione fra quei due, che ci sarebbe stato un frisson, e invece lei era scappata indignata dopo averlo schiaffeggiato. No, decisamente il suo piano non stava andando affatto bene. Stava andando letteralmente a rotoli. Niente stava andando come aveva sperato, ma almeno aveva ancora un candidato nelle sue mani: le sue possibilità di vittoria non erano completamente azzerate. La Dama si grattò il mento della faccia paffuta con le sue dita grassocce, immersa nei suoi pensieri.  

Calma, concentrati. In fondo sei una Corvonero, no? La Dama strizzò  gli occhi, e posò le mani cicciottelle sulle tempie, nel vano tentativo di farsi venire un’idea. Daphne Greengrass. L’algida, fredda e inarrivabile regina delle Serpi, un miscuglio di cattiveria e astuzia. Chi mai avrebbe potuto conquistarla? E, soprattutto, come?

 Ok, prendi un bel respiro… Maledettissimo Barone. Come posso farmi fregare da uno che non sa neanche che la parrucca tutta boccoli è ormai passata di moda? Che figura ci farei a farmi battere da uno che non riesce ad avere un’idea furba neanche se quella gli sbattesse contro ballando e urlando “guardami, sono qui!”?Ma come diamine…

Un soddisfatto sorriso si allargò improvvisamente sul volto della Dama. Aveva trovato. Il Barone avrebbe dovuto ricredersi.

 

“No.”

“Non importa se sei contrario.”

“No.”

“Te lo ordino, in quanto fantasma della tua Casa…”

“Assolutamente no.”

La Dama sbuffò. Non si ricordava di aver mai conosciuto nessuno come Terry Steeval, così cocciuto e irritante. Gli aveva appena comunicato il suo brillante piano, il modo in cui far finalmente capitolare la Greengrass e ottenere la vittoria, e la sua reazione era stata un no secco.

“Ricordati del premio. E, ancor di più, della punizione che riceverete tutti e tre in caso di sconfitta.”

Quando il ragazzo udì che i suoi amici erano stati chiamati in ballo, alzò lo sguardo contrariato e smise di percorrere ad ampie falcate la Sala Comune.

“Non so neanche perché sono qui. La Greengrass non mi interessa, anzi… e non mi interessa neanche questa stupida missione.” Sbuffò, sedendosi sul divanetto.

“Non puoi più tirarti indietro.” Gli ricordò gelidamente la Dama.

Terry rimase in silenzio per qualche minuto, poi finalmente biascicò un “va bene” in tono sommesso.

La Dama trattenne a stento un gridolino di gioia, ma si concesse comunque un ampio sorriso. Non tutto era perduto.

 

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Capitolo 3
*** Vasche e lecca lecca ***


3 – VASCHE E LECCA LECCA

 

“Ehi Blaise.”

Un ragazzo moro, alto e decisamente affascinante si voltò verso Terry e gli rivolse un ampio sorriso. Draco Malfoy, alla sua destra, rivolse al Corvonero una smorfia ben poco amichevole: tollerava malamente che il suo migliore amico avesse rapporti di amicizia con studenti di altre Case, soprattutto con Mezzosangue. Blaise Zabini, tuttavia, non ci fece molto caso, e si avviò verso il Corvonero con le braccia spalancate.

“Terry! Cosa ci fai qui? Credevo che avessi Incantesimi con i Grifondoro…”

Il Corvonero abbassò lo sguardo con un mezzo sorriso. “Infatti. Sono qui per chiederti un favore.”

“Chiedi pure, amico.” Il sorriso invitante di Blaise incoraggiò Terry: ancora oggi si chiedeva perché quel ragazzo così amichevole e cordiale fosse potuto finire a Serpeverde.

“Sì, ecco…” Terry era visibilmente imbarazzato. Maledetta Dama Grigia e le sue stupide scommesse. “Posso venire a Hogsmeade con voi, Sabato?”

Il sorriso sul viso di Blaise, così com’era venuto, sparì. “Noi chi, Terry?” chiese, insicuro di aver capito bene.

“Voi… Serpeverde.” Terry sperò che il suolo lo inghiottisse all’istante. Chiuse gli occhi per un millesimo di secondo, ma quando li riaprì, invece di trovare terriccio, come aveva immaginato, vide Blaise che, perplesso, valutava la sua bizzarra richiesta.

Contro ogni pronostico, Blaise tirò fuori nuovamente il suo ineguagliabile sorriso. “D’accordo. Ci vediamo Sabato.”

Fece per andarsene, ma poi si girò nuovamente verso Terry, che fissava la sua schiena sorpreso e sollevato assieme.

“Posso sapere perché vuoi venire con noi?” chiese il moro, con sguardo indagatore.

Terry, nella sua testa, aveva formulato una quantità tale di scuse bizzarre e assolutamente insensate che, in quel momento, si accavallarono tutte, e dalla sua bocca non ne uscì neanche una. Quasi consapevole che nessuna possibile spiegazione avrebbe potuto farlo apparire meno ridicolo, scosse il capo e sorrise debolmente verso l’amico.

“No.”

Blaise, inaspettatamente, sorrise, ma questa volta l’espressione sul suo volto non esprimeva più allegria, bensì arguzia e un po’ di malizia. Terry rabbrividì, e comprese immediatamente perché l’amico si trovasse in quella Casa.

“Spero proprio di vederti, Sabato.”

 

Solitamente, i fantasmi di Hogwarts non uscivano dalle mura del Castello. Era fin troppo comune che la gente non li notasse e passasse attraverso, con spiacevoli conseguenze. Inoltre, la maggior parte di loro era per definizione assillata da paure incontrastabili o da pigrizia cronica, dunque il problema dell’uscire o meno, la maggior parte delle volte, non si poneva neanche.

Quel Sabato mattina, tuttavia, la Dama pose per la prima volta dopo quattrocento anni il naso fuori dalle spesse mura. Era il giorno del piano, della sua ultima possibilità di strappare la vittoria della scommessa al Barone. Mentre si dirigeva frettolosamente verso la strada principale del paesino, stando attenta a non incrociare nessuno, ripassò accuratamente il piano. Era piuttosto semplice: arrivati a Mielandia, Terry avrebbe dovuto recarsi in una delle varie stanze con Daphne Greengrass, regalarle un enorme lecca lecca a forma di cuore e chiederle di venire al ballo con lui. Alla Dama spettava il compito di chiudere con un incantesimo la stanza in cui i due ragazzi si sarebbero trovati, e magari di consigliare a Terry il lecca lecca giusto. Il Corvonero si era opposto strenuamente all’intera faccenda del dolciume, sostenendo che era una cosa totalmente ridicola, ma lei era stata ferrea: niente come un lecca lecca a forma di cuore faceva capitolare il cuore di una ragazza. Ah, se qualcuno le avesse regalato un lecca lecca per San Valentino…

Queste sue sdolcinate riflessioni furono interrotte dalla vista del gruppetto di Serpeverde che si avvicinava al negozio di dolci, e lei, pur sapendo di essere semi trasparente, e che probabilmente nessuno l’avrebbe distinta dallo sfondo innevato, si nascose dietro l’angolo della strada e li osservò. Blaise Zabini, Draco Malfoy, Pansy Parkinson e Daphne Greengrass erano accompagnati da Terry Steeval, e gli ultimi tre erano particolarmente assorti dall’affascinante gara a chi lo fissava con più disprezzo. Il premio per il vincitore sarebbe sicuramente andato a Malfoy, che guardava il Corvonero come si guarda un particolare tipo di lumaca bavosa.

“Perché non entriamo?” propose il moro. Tre volti decisamente poco cordiali li rivolsero un’occhiata di biasimo. I Serpeverde non entravano, generalmente, a Mielandia: troppo zucchero.

“Perché no?” rispose Blaise con un sorriso, apparentemente ignaro di essersi messo così in conflitto con i suoi compagni di Casa, che nonostante ciò non fiatarono per opporsi.

Terry entrò insieme agli altri. Le sue mani erano sudate, e continuava a lanciare occhiate verso Daphne, che non gli aveva rivolto più di sei parole, cinque delle quali erano state “e tu chi diavolo sei?” quando lo aveva visto arrivare, prima che Blaise spiegasse a lei e agli altri che aveva invitato un amico, quel giorno, a uscire con loro.

Tutto stava andando secondo quel ridicolo piano di quella pazza della Dama Grigia. Terry scosse la testa: ma come diavolo aveva fatto a mettersi in un tale pasticcio? Gemette silenziosamente, ma poi si fece coraggio: in una mezzoretta avrebbe perso la sua dignità e ci avrebbe guadagnato qualche schiaffo, era vero, ma almeno poi sarebbe stato libero di tornare alla sua vita, ben lontano da quell’assurda missione.

“Tieni.”

Qualcuno gli sussurrò all’orecchio, mentre gli metteva qualcosa fra le mani. Terry sobbalzò, e digrignò i denti quando vide un enorme lecca lecca a forma di cuore fra le sue mani.

“Dama Grigia! Mi ha spaventato.”

La Dama ridacchiò, facendo scuotere il suo doppio mento. “In fondo, sono o non sono un fantasma? Ora vai. La Greengrass sta entrando in quella stanza. Da sola.”

Terry mandò giù un po’ di saliva. Daphne stava entrando in una piccola stanzetta, dove si trovavano le più svariate caramelle e gli animali di zucchero, senza essere accompagnata da nessuno. Non appena il ragazzo vide i fluenti capelli della bionda scomparire dietro la porta si fece coraggio e la seguì.

Davanti a lui, Daphne stava osservando rapita una piccolo leone di glassa che si stava avventando contro un’antilope dello stesso materiale. Entrambi i minuscoli animali erano rinchiusi in una teca, e lei teneva una mano sul vetro, fissandoli estasiata.

“Ora.”

Il sussurro della Dama alle sue spalle lo fece sobbalzare. Quello era il momento giusto, in cui Daphne non sembrava per nulla aggressiva, e in cui forse non avrebbe rischiato di essere sbranato come la povera antilope di zucchero.

“Ehi Daphne! Cosa c’è qui dentro?” Pansy Parkinson fece capolino dalla porta alle spalle di Terry, mentre la Dama si nascose in tutta fretta e Terry si girò, facendo finta di essere interessato a una teca contenente farfalle di cioccolato più che alla bella bionda.

La Dama, vicino al ragazzo, che stava tentando di recuperare il suo normale battito cardiaco, scosse la testa, in un misto di rabbia e delusione.

“Se stavi aspettando il momento giusto, era quello.”

Terry sbuffò. Quella stupida messinscena era durata più che abbastanza. Se la Dama non era contenta, nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto e stava facendo, non  le avrebbe dato ulteriori motivi di delusione. Fece per uscire dalla porta, ma proprio in quel momento Blaise chiamò Pansy in un’altra stanza, con la scusa di farle vedere dei folletti di caramello che saltellavano vicino a un ruscello di cioccolato. In quello stesso istante, con una velocità di reazione che avrebbe fatto invidia a un centometrista, la Dama uscì, chiuse la porta e la sigillò con un incantesimo, lasciando così Terry in compagnia della terribile Serpe che avrebbe dovuto conquistare.

Oh, diamine.

Terry cercò di darsi un contegno. Era pur sempre un Corvonero, e se era finito in quella Casa significava che aveva un cervello, e che in qualche modo sapeva farlo funzionare.

Si avvicinò alla teca che la Serpeverde stava ancora ammirando, e si schiarì la gola.

“Ehm ehm.”

La bionda alzò i scintillanti occhi verdi, guardandolo con fastidio.

“Che c’è?”

Era lui che aveva caldo, o la temperatura si era effettivamente alzata? Controllò che il lecca lecca nelle sue mani non si fosse sciolto.

“Sai… Io mi stavo chiedendo se… Vorresti per caso…”

Terry stava balbettando. Lui, il Corvonero più spigliato e arguto della sua Casa, stava balbettando di fronte a una ragazza che neanche gli piaceva, con un imbarazzante lecca lecca in mano.

“Oh, ma chi voglio prendere in giro.” Scosse la testa e posò il lecca lecca vicino alla teca. “Non ti offendere, ma tu proprio non mi piaci. E non ho alcuna intenzione di portarti al ballo solo per compiacere una svalvolata fantasma che passa la sua eternità a fare stupide scommesse.”

Daphne lo guardò come se fosse completamente fuori di testa, senza capire una parola di ciò che stava dicendo.

“Ma sei impazzito?”

Terry fece fatica a non scoppiare a ridere. “Scusami. È che è tutto così strano…”

“Ma si può sapere di che stai parlando?” La ragazza si mise le mani sui fianchi, sentendosi presa in giro.

“Hai presente Anthony Goldstein e Michael Corner? I due Corvonero che ti hanno invitato al ballo le scorse settimane? Ecco, vedi, l’hanno fatto per una scommessa. La Dama Grigia ci ha costretti, per vincere contro il Barone Sanguinario. Ora, come vedi, eccomi qui, l’ultimo candidato che annuncia la sua disfatta. Io mi ritiro.”

Appena ebbe finito di pronunciare il suo discorso, Terry si rese conto che non aveva alcun senso per chi non fosse a conoscenza dell’intera storia. Arrossì per l’imbarazzo, e si rinchiuse nel più totale silenzio.

Il suono che seguì, tuttavia, lo stupì non poco. Una risata argentina e squillante riempì la stanza, talmente alta che il leone di zucchero distolse per un attimo l’attenzione dalla sua preda per spostarla sulla ragazza bionda davanti alla sua teca, che era piegata in due dalle risate.

“Una.. Una scommessa?” balbettò, fra una risata e l’altra.

Terry, incredulo, biascicò un sì, incerto su quale fosse la risposta migliore. Si sarebbe aspettato rabbia, indignazione e stupore, ma non sicuramente una reazione del genere.

“Voi siete fuori.” Sussurrò Daphne, sollevando il busto e respirando a pieni polmoni per recuperare la calma.

Certo che è strana, pensò Terry. Tuttavia, se quella reazione l’aveva sopreso, non era certamente preparato a ciò che sarebbe seguito.

“Qual è la ricompensa?” Daphne era tornata abbastanza seria, anche se un sorriso si stagliava sul suo perfetto volto.

Terry esitò. Qual era il premio? Decise di essere sincero. “Non lo so. La Dama ha detto che sarebbe stato un gran premio, incredibile come la punizione che ci avrebbe dato se non ce l’avessimo fatta.”

Daphne riflettè un momento, appoggiando le sue lunghe e curate dita sul mento.

“Ci sto. A patto di ricevere la metà del premio.”

Terry rimase senza parole. Boccheggiando, squadrò la bionda, incerto sulla verità delle sue intenzioni. Di fianco al ragazzo, il leone di zucchero aveva finalmente finito di mangiare la povera antilope, e adesso fissava i due giganteschi umani come se sapesse ciò che stava succedendo.

“Terry Steeval, giusto?” Daphne gli si avvicinò un poco, come per controllare che avesse recuperato tutte le sue facoltà mentali. “Facciamo così. Tu mi vieni a prendere verso le sette. Metti una cravatta chiara, magari grigia o argento, perché il mio vestito è verde, e ho come il sospetto che tu non abbia una cravatta di quel colore.”

Terry, che ancora non si era ripreso dalla sorpresa, la fissava come in trance, senza dire una parola.

Daphne, accorgendosene, ghignò.

“Sarà un piacere fare affari con te, Terry.”

 

La Dama era letteralmente fuori di sé dalla gioia. Il meglio, tuttavia, non era ancora arrivato: quella sera, davanti a tutti, il Barone avrebbe dovuto ammettere la propria disfatta, e allora la sua vittoria sarebbe stata completa. La Dama si rassettò il vestito e si aggiustò il colletto di pizzo. Quando finalmente fu pronta, uscì dalla Sala Comune di Corvonero e si recò nella Sala Grande.

Tutto ciò che vide superò ampiamente le sue aspettative: le decorazioni e i tavoli erano perfetti, magia e eleganza trasudavano da ogni angolo, e i primi invitati, rigorosamente in abito da sera, stavano già arrivando. Il palco era stato lasciato libero per i partecipanti al Torneo Tremaghi, che avrebbero aperto le danze.

Decisamente, l’aria di attesa e eccitazione che permeava il luogo contribuiva a rendere la Dama ancor più emozionata. Svolazzò in lungo e in largo per l’ampia Sala, alla ricerca degli altri fantasmi. Si unì al Frate Grasso e a Nick Quasi-Senza-Testa, e insieme si appartarono in un angolo del soffitto, in modo da godersi meglio la visuale dell’apertura delle danze.

“Buonasera, Signori.”

Il Barone Sanguinario, con tutto il seguito di catene e boccoli, li raggiunse. La Dama fece del suo meglio per nascondere una ghigno soddisfatto: non aveva alcuna intenzione di svelare la sua vittoria, voleva che il Barone la potesse ammirare da sé.

“Quanto manca all’apertura delle danze?” chiese il fantasma di Serpeverde, guardandosi attorno.

“Una decina di minuti, direi.” Rispose pacato il Frate Grasso, con voce annoiata.

“Perfetto.” Mormorò il Barone, sfregandosi le mani. Sicuro di avere la vittoria in pugno, già pregustava il senso di superiorità che ne sarebbe derivato.

I quattro fantasmi aspettarono l’arrivo delle prime coppie, che scendevano dalla scala principale. Ron Weasley fece la sua comparsa con Padma Patil, seguito da sua sorella e Neville Paciock. Quando il Barone vide finalmente la coppia reale di Serpeverde, Draco Malfoy e Pansy Parkinson, fare la sua maestosa entrata, proruppe in un’esclamazione orgogliosa e soddisfatta.

Infine, venne il tanto bramato momento, annunciato dalla vista di un drappo verde che faceva capolino dalle scale. La Dama trattenne il respiro, e così fece il Barone, che la guardò di sottecchi.

Un centinaio di teste si voltarono verso la fulgida figura che stava scendendo con eleganza verso la Sala. Daphne Greengrass, fasciata in un costosissimo abito verde, camminava come una vera diva, in modo da mettere in risalto il suo corpo perfetto. I capelli biondi erano raccolti sulla nuca, il sorriso perfido sembrava emanare luce propria. Il Barone sorrise soddisfatto all’apparire della Regina delle Serpi, ma quella stessa espressione felice scomparve appena il cavaliere di tale oggetto di ammirazione le porse la mano al fondo delle scale: Terry Steeval, Corvonero.

Digrignò i denti in direzione del moro, che, invece, sorrideva a tutti, in qualche modo fiero di essere riuscito a invitare una dama tanto bella, anche se insopportabilmente acida. Il Barone dovette fare un vero sforzo di volontà per non scagliarsi verso il ragazzo, che, ignaro, camminò con la bionda Serpe verso di loro, mentre tutti gli invitati commentavano l’apparizione dell’inattesa coppia.

Terry, tenendo per mano Daphne, sorrise in direzione dei due fantasmi e, mentre la Serpeverde scambiava due parole con il Barone, il suo cavaliere si rivolse sussurrando alla Dama: “Dunque? Qual è il premio?”

La Dama esitò. Aveva rimuginato tutta la settimana su come premiare Terry, ma alla fine si era arresa, e si era ripromessa di pensarci più tardi. Ora che se lo trovava davanti, tuttavia, doveva inventarsi qualcosa dal nulla.

Cercando di assumere un’espressione stupita e estasiata insieme, proruppe in esclamazioni.

“Ma giovanotto! Non è un premio abbastanza grande, questo? L’amore, è il premio, l’amore che ci sarà!”

Terry stupito, non disse una parola, ma mollò istintivamente la mano di Daphne. La bionda, che era stata per tutto il tempo ben attenta alla conversazione, digrignò i denti in un’espressione agguerrita.

“Mi scusi, sta scherzando, vero?”

“Ma no, caro figliolo, no! Pensa al valore dell’amicizia, della solidarietà delle Case! Non è un premio abbastanza grande, questo?” La Dama sperò con tutto il cuore che il suo sorriso non sembrasse troppo tirato.

Terry non aveva parole per esprimere tutto il suo disappunto, e sicuramente non voleva mettersi a urlare lì davanti a tutti. Guardò Daphne, che non diceva una parola, ma esprimeva tutta la sua rabbia attraverso il silenzio.

“Vuoi ballare?” Le propose Terry pensando che, in fondo, non aveva nulla da perdere. A parte la dignità e il naturale colorito della sua guancia, pensò un attimo dopo, rimpiangendo amaramente di averle proposto una cosa a cui una Serpeverde non si sarebbe mai abbassata.

Inaspettatamente, Daphne alzò le spalle, e sussurrò “va bene” con un mezzo sorriso.

I due si allontanarono, raggiungendo il resto degli studenti sulla pista da ballo, increduli per il loro stesso gesto.

La Dama, si sporse e sussurrò all’orecchio del Barone: “Ho vinto io.”

Il fantasma di Serpeverde tentò di controllare la rabbia, stringendo i pugni e mordendosi il labbro. Dopo un paio di minuti, riuscì a riprendere il controllo del suo respiro, e si voltò con la testa bassa verso la Corvonero al suo fianco.

“Complimenti. Cosa vuoi adesso?”

La Dama, sorpresa da tanta arrendevolezza, fece finta di pensarci su. Nei giorni precedenti, pregustando la vittoria, aveva escogitato ogni possibile punizione, ma niente le era sembrato adatto.

“Non lo so. Decidi pure tu la tua penitenza.” Disse, calma. In fondo, il Barone le faceva un po’ pena.

Il Barone rifletté per qualche secondo, poi sorrise malefico. “Direi che la peggiore punizione sarebbe ballare con te.” La sconfitta non aveva messo a tacere il suo sarcasmo.

La Dama sbarrò gli occhi, indignata. “Mi sembra di aver vinto, non perso. Ballare con te, sarebbe la peggior punizione per me.”

Il Barone scoppiò in una risata grottesca. “Invece ne saresti onorata, ammettilo.”

La Dama, se avesse potuto arrossire, l’avrebbe fatto. “Fammi il piacere. Non ballerei mai con te.”

“E perché mai?” Il fantasma di Serpeverde, ora, sembrava curioso e leggermente indignato.

“Perché puzzi.” Rispose lei, semplicemente.

Il Barone rimase qualche momento a bocca spalancata e occhi sbarrati. Gli aveva appena detto che lui, inimitabile e insuperabile fantasma di Serpeverde, puzzava?

“Cosa?” chiese, indispettito.

“Beh, sì. Insomma, forse non era il migliore modo di dirtelo, ma… tu puzzi. E parecchio direi. Ti porti sempre dietro ‘sta parrucca piena di forfora e ‘ste catene ossidate e sporche, che, per la carità, rendono bene l’idea di fantasma, ma non contribuiscono granché a mantenere l’igiene. E poi scommetto che sono secoli che non ti fai un bel bagno.”

Il Barone si prese qualche secondo per assimilare le parole della Dama, poi rispose, guardandola come se fosse effettivamente uscita di testa.

“I fantasmi non possono farsi il bagno. L’acqua ci passa attraverso!”

La Dama scosse la testa. “No, che dici. Esistono altri tipi di acqua, che possiamo usare anche noi. Non lo sapevi?”

“Ma fammi il piacere.” Bofonchiò il Serpeverde.

La Dama si avvicinò e con voce ammaliante sussurrò in modo che solo lui potesse sentire.

“Scommettiamo?”

 

Il Barone si avvicinò con aria sospettosa alla porta. Le indicazioni della Dama erano state piuttosto chiare: seconda porta a destra del quarto piano, e nella vasca la terza manopola da sinistra. Guardandosi attorno per controllare che nessuno lo vedesse, spinse la porta con una delicatezza che non gli si addiceva. Una volta entrato sigillò la porta alle sue spalle, e si addentrò per il luogo buio.

Con un incantesimo illuminò l’ambiente: il bagno era perfetto, candele si innalzavano a mezz’aria e un intenso profumo, personalizzato a seconda di chi ne usufruiva, permeava l’ambiente. Una musica dolce costituiva il sottofondo, e il tutto contribuiva a creare un’atmosfera rilassante che, malgrado il carattere burbero e malevolo, il Serpeverde apprezzava. Il fantasma si riscosse: non era venuto lì per perdersi in tali sciocchezze, ma aveva uno scopo preciso, ovvero dimostrare alla Dama che aveva torto, e che un fantasma non poteva fare il bagno.

Si avvicinò deciso alla vasca vuota e, completamente vestito, vi entrò. Svolazzò verso le varie manopole, stupendosi immediatamente per il loro numero spropositato.

“Terza manopola da sinistra…” sussurrò a se stesso, ricordando le istruzioni della Dama. Con un incantesimo, dal momento che non poteva usare le mani, la fece ruotare. Dai numerosi rubinetti fuoriuscì una sostanza grigiastra: non era acqua, ma era in tutto e per tutto simile alla stessa sostanza semi trasparente che costituiva il corpo dei fantasmi. Incredulo, allungò una mano verso un rubinetto e, incredibilmente, se la bagnò. Rimase a bocca aperta per qualche minuto, senza parole. Quando realizzò che la Dama aveva ragione, un’espressione rabbiosa e delusa gli si dipinse il viso, lasciandolo da solo a inveire contro i rubinetti. I fantasmi potevano farsi il bagno.

Maledizione. Ho perso di nuovo. Dama Grigia dei miei stivali.

 

 

Et voilà ;)

È una storiella, diciamo. Nulla di vagamente profondo o importante. Tuttavia ringrazio profondamente tutti coloro che hanno lasciato una recensione, quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti, alle seguite o alle storie da ricordare, ma più di tutti ringrazio mio fratello, che ha sghignazzato non meno del Barone Sanguinario mentre gli leggevo la storia nei miei momenti di confusione.

Insomma, grazie.

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