Mythos

di controcorrente
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Icaro [Leah Clearwater] ***
Capitolo 2: *** Medusa [Rosalie Hale Cullen] ***
Capitolo 3: *** DEMETRA [Esme Cullen] ***
Capitolo 4: *** 4. Tiresia [Alice Cullen] ***
Capitolo 5: *** Psiche [Bella Swan Cullen] ***
Capitolo 6: *** 6 Orfeo [Edward Cullen] ***
Capitolo 7: *** Ulisse [Garrett] ***
Capitolo 8: *** Proteo [Alistair] ***
Capitolo 9: *** 9. Erinne [Victoria] ***
Capitolo 10: *** Era [Sulpicia] ***
Capitolo 11: *** Esculapio [Carlisle Cullen] ***
Capitolo 12: *** Titano [Felix] ***
Capitolo 13: *** Persefone [Didyme] ***
Capitolo 14: *** Ade [Marcus] ***
Capitolo 15: *** Atena [Jasper] ***
Capitolo 16: *** Pandora [Reneesme Carlie Cullen] ***
Capitolo 17: *** Dioscuri [Alec & Jane] ***
Capitolo 18: *** Eris/Concordia [Chelsea] ***
Capitolo 19: *** Argto [Charlie Swan] ***
Capitolo 20: *** Eos [Renee] ***
Capitolo 21: *** Ermes [Demetri] ***
Capitolo 22: *** Estia [Renata] ***
Capitolo 23: *** Circe [Zafrina] ***
Capitolo 24: *** Sirena [Heidi] ***
Capitolo 25: *** Poseidone [Caius] ***
Capitolo 26: *** Eracle [Emmett] ***
Capitolo 27: *** Cariti [Tanya Denali] ***
Capitolo 28: *** Kronos [Clan Rumeno] ***
Capitolo 29: *** Telemaco [Embry] ***
Capitolo 30: *** Paride [Sam Uley] ***
Capitolo 31: *** Anfitrite [Athenodora] ***
Capitolo 32: *** Elena [Emily Young] ***
Capitolo 33: *** Zeus [Aro] ***
Capitolo 34: *** Amazzone [Leah Clearwater] ***
Capitolo 35: *** Enea [Jacob] ***



Capitolo 1
*** Icaro [Leah Clearwater] ***


MYTOS

1.ICARO [Leah Clearwater]

Una volta a Leah Clearwater piacevano le favole dove la principessa alla fine sposava il Principe azzurro.

Amava soprattutto il fatto che  la protagonista coronava il suo sogno d'amore con un matrimonio fiabesco.

Per questo motivo, una volta diventata grande aveva curato il suo aspetto e tentato di migliorare il suo carattere. In breve tempo ebbe moltissime amiche, che stavano con lei solo perché era popolare tra i ragazzi. A Leah però non importava, perché desiderava con tutto il cuore di trovare qualcuno che la amasse.

Lo incontrò alla fine e le sembrò di toccare il cielo con un dito.

Si chiamava Sam e, cosa ancora più importante, la amava per come era e non per come appariva.

In quel periodo le sembrò di vivere in una favola.

Era così felice, da non poter credere che fosse vero.

Anche adesso non può credere di vivere nella realtà, ma per la ragione opposta.

Ora non è più la principessa della casa.

Ora non è più l'idolo della scuola.

Ora non è più l'eroina di una fiaba.

Il suo amato l'ha lasciata senza darle spiegazioni e tutti lo appoggiano.

Leah è sola ora con il suo abbandono e non può farci niente.

Ha voluto troppo forse, come il figlio di Dedalo.

Come Icaro è caduta nel vuoto.

Non è morta però, ma non sa se nuovamente potrà volare un giorno.

Questa è una piccola raccolta nella quale ad alcuni personaggi di Twilight ho accostato un personaggio del mito. La prima a fare la sua comparsa è Leah Clearwater. Il titolo "Icaro" si riferisce al figlio di Dedalo, che dopo essere fuggito dal palazzo di Minosse con le ali costruite dal padre si avvicinò troppo al sole. La cera con cui erano fatte le ali si sciolse a causa del calore ed Icaro precipitò in mare annegando.

Spero che vi sia piaciuta come storia.

 

Cicina

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Capitolo 2
*** Medusa [Rosalie Hale Cullen] ***


 2. Medusa [Rosalie Hale Cullen]
 
I capelli scendono come morbide onde d’oro lungo i fianchi sinuosi. Alcuni ciuffi le circondano il viso dai tratti alteri e seducenti. Uno sguardo orgoglioso accende il pallore della pelle marmorea.
Rosalie ha sempre amato i suoi capelli.
Quando era umana, erano la seconda cosa, dopo gli occhi, che apprezzava maggiormente del suo aspetto.
Adesso invece sono la prima, perché le ricordano la sua splendida e sfortunata vita passata.
La sua bellezza era stata la causa della sua rovina.
Era stata accecata dall’orgoglio e non aveva avuto la forza sufficiente per vedere in faccia la verità.
Non aveva voluto accettare di essere sempre stata un burattino, prima nelle mani della famiglia, e poi in quelle di Royce.
La bellezza che possedeva aveva abbagliato tutto il resto.
L’epilogo tragico in parte era colpa della sua miopia, anche se il grosso della responsabilità non le apparteneva completamente.
Era stata punita, questo era un dato inconfutabile, per l’eccessivo orgoglio che la vanità le suscitava.
Come Medusa, che si vantava troppo della bellezza della sua chioma, era stata trasformata in un mostro dallo sgurdo pietrificante e dai capelli di serpente, così lei, Rosalie Hale Cullen era diventata un essere invincibile che immobilizzava chiunque con la sua sola presenza.
Ora nessuno poteva farle del male.
Era bellissima, nessuno poteva sconfiggerla e la cosa stranamente le piaceva.
 
Questa è il secondo capitolo. Ho accostato Rosalie a Medusa. Secondo un mito era una mortale che sfidò Atena sostenendo di avere i capelli più belli di qualunque divinità. Sconfitta fu trasformata nella famosa Gorgone.Spero che vi sia piaciuta anche questa parte.
 
Cicina

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Capitolo 3
*** DEMETRA [Esme Cullen] ***


 3. Demetra [Esme Cullen]
Uno dei ricordi più forti che Esme Cullen aveva della sua vita precedente era la calda sensazione di essere circondata dai propri figli.
L’amore che nutriva per coloro che considerava come i suoi bambini era qualcosa che la rendeva felice ed appagata. Non riusciva a spiegare a parole questo incredibile calore.
Eppure, malgrado non fosse più sola, non riusciva a dimenticare.
Non poteva scordare il suo bambino.
I suoi vivaci occhi erano impressi a fuoco nella sua mente, così come il colorito roseo e la sua allegra risata.
Spesso pensava a lui, mentre la sua nuova mente lottava per salvare dalla nebbia del passato il ricordo dell’unico figlio che aveva generato.
Aveva dato tutto per lui, andando contro ogni convenzione.
Nel periodo che avevano passato insieme, aveva scoperto una felicità che aveva smesso di provare per tutta la durata del suo matrimonio. Suo marito la picchiava in ogni occasione e l’unico momento in cui non era stata triste era quando si trovava sola.
Non aveva sofferto quando era scappata di casa.
Non aveva sentito niente, tranne un senso di liberazione.
Aveva vissuto poi un periodo meraviglioso e carico di speranza: finalmente suo figlio sarebbe nato in un luogo sano. Non le importava di essere sola ad affrontare la gravidanza, perché quel bambino era con lei.
Era ciò che aveva atteso per così tanto tempo.
Era il destinatario del suo bisogno bruciante di affetto.
La sua morte improvvisa la gettò nello sconforto.
La sua speranza, la sua unica fonte di gioia, era scomparsa prima ancora di farle provare a pieno la felicità di essere madre. Esme si ritrovò improvvisamente prosciugata di ogni scintilla vitale.
Trascorse interi giorni a cercare ovunque, negli ospdali, negli orfanotrofi, nelle stanze della sua piccola casa, quel bambino. La gente la guardava con compassione. Non conosceva il suo dramma ma poteva percepire ugualmente la grandezza di quel dolore.
Esme non si curava dei loro sguardi compassionevoli, né delle loro parole di conforto.
Cercava.
Continuava a frugare in ogni angolo possibile nella speranza di poter trovare il suo bambino.
Anche quando si gettò dalla rupe.
Tutti dissero che aveva voluto uccidersi per disperazione.
Se Esme li avesse sentiti, però, avrebbe negato questa versione dei fatti: lei non voleva morire.
Voleva trovare il suo bambino, ovunque egli fosse stato portato.
In questo mondo o nell’altro.
 
Ho accostato in questo capitolo invece il personaggio di Esme Cullen a Demetra. Quando Proserpina è rapita da Plutone la madre inizia a cercarla su tutta la terra, senza sapere che la figlia è nel regno dei morti. Ho accostato la moglie di Carlisle da umana a questa dea.

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Capitolo 4
*** 4. Tiresia [Alice Cullen] ***


 4.Tiresia [Alice Cullen]
 
Il futuro.
Un incognita per i mortali.
Un concetto relativo per i vampiri che vivono rinchiusi in un presente eterno.
Alice non sa perché possiede questo potere.
Tutti le dicono che è una facoltà unica e rara e lei si è con il tempo adeguata al loro giudizio. Non le dispiace esistere, sapendo in anticipo, ciò che accade subito dopo. In qualche modo la rassicura e la rende priva di incertezze.
Chi meglio di un’indovino agisce con minori esitazioni?
Chi, avendo questo dono, possiede più fermezza e persuasione?
Nessuno.
La sua famiglia la ama e la rispetta anche per questo motivo.
Tutti la venerano.
Alice gode di questa ammirazione ma non riesce a gioirne fino in fondo. Nel momento in cui ha una visione infatti, perde per qualche istante la padronanza dei suoi sensi. I suoi occhi non vedono e le sue orecchie non percepiscono più alcun suono.
E’come se fosse fuori dal mondo.
Quando si trova in queste situazioni, non riesce a fare a meno di provare una punta di fastidio.
Un pensiero la assilla: è davvero vantaggioso perdere la vista per acquisire la preveggenza?
 
Questa è la quarta flashfic e spero che vi sia piaciuta. Vorrei ringraziarvi per aver letto ciò che ho scritto e naturalmente coloro che hanno espresso la loro opinione, recensendole.
Grazie ancora.

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Capitolo 5
*** Psiche [Bella Swan Cullen] ***


 5.Psiche [Bella Swan Cullen]
 
Si era innamorata di un essere perfetto.
Perfetto ed irraggiungibile.
Una creatura fantastica che aveva accettato i suoi sentimenti, superando gli stessi limiti che la propria natura d’immortale gli imponeva.
Aveva infranto ogni regola per rimanere al suo fianco.
Ancora adesso, Bella Swan non riusciva a crederci.
Malgrado i disagi, i pericoli che aveva corso, era riuscita a proteggere il sentimento che la univa a quel vampiro.
Forse nessuno glielo avrebbe riconosciuto ma anche lei, misera mortale, aveva lottato.
Era andata contro l’irrazionale ostilità di suo padre che, senza saperlo, non si fidava della persona amata da sua figlia.
Era andata contro la perplessità dei Cullen che non ritenevano possibile la nascita di una simile storia.
Era andata contro l’ostilità di Rosalie Cullen che aveva ostacolato il realizzarsi del suo sogno.
Aveva corso il rischio di essere uccisa dalla famiglia di vampiri più pericolosa del mondo pur di salvarlo e aveva compreso che non poteva vivere senza di lui.
Non le importava sapere che i loro mondi fossero così lontani.
Sapeva in cuor suo che una simile distanza non l’avrebbe fermata. Era un’umana ma questo non le impediva di poter amare qualcuno di così diverso da lei con assoluta devozione.
Di una cosa era certa: i suoi sforzi prima o poi l’avrebbero ripagata.
Come Psiche che, superate le prove impossibili impostegli, si unì ad Eros per l’eternità.
 
Mi sembrava doveroso inserire la protagonista della saga. Spero che vi sia piaciuta. Ho voluto darne un’immagine un po’ più forte di come la presenta la Meyer ma non mi sembra molto ooc. Voi che ne pensate?

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Capitolo 6
*** 6 Orfeo [Edward Cullen] ***


 6. Orfeo [Edward Cullen]
 
Era morta.
Bella, la sua cantante, la sua amata, non c’era più.
Così le aveva detto Rosalie al telefono.
Bella era morta.
Tre parole che pesavano come macigni sulla sua anima dannata.
Una realtà che lui, Edward Cullen, non riusciva ad accettare, benché fosse una possibilità tutto sommato inevitabile.
La morte, in fondo, era il destino di tutti i mortali. La caducità era una caratteristica propria degli uomini. Lui stesso aveva professato questa verità inevitabile per tentare di allontanarla da sé e ora si era realizzata.
Bella era morta.
Non avrebbe più visto arrossire quelle guance delicate.
Non avrebbe più visto quegli enormi occhi di cioccolato guardarlo con amore incondizionato.
Non avrebbe più sentito il suo corpo caldo stringersi al suo di ghiaccio.
Ormai era solo un involucro senza vita chiuso in una bara.
La sua cantante non avrebbe più ispirato la sua melodia che, dopo un secolo, aveva improvvisamente iniziato a scorrere come lava attraverso i bianchi tasti del pianoforte. La sua musica adesso era ritornata ad essere solo un’ accozzaglia di suoni privi di calore.
Era nuovamente solo, insieme alla sua musica morta.
 
Ok, mi è stato detto di non commentare troppo i testi ma questa volta non posso proprio evitarlo. Edward viene a sapere da Rosalie che Bella è morta: si riferisce a quanto raccontato in New moon. Vi ringrazio inoltre per aver letto le mie flashfic.
 

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Capitolo 7
*** Ulisse [Garrett] ***


 Salve a tutti e benvenuti nella raccolta Mytos. Vorrei ringraziarvi per aver letto le mie storie. L’idea di fare questa raccolta è venuta per caso, come tutte le fic che ho scritto. Non mi dilungherò molto su questi discorsi, per cui vi auguro buona lettura!
 
7. ULISSE [Garrett]
 
Il mondo.
Esplorare l’ignoto.
Conoscere nuove terre.
Mettersi alla prova.
Garrett aveva sempre avuto una vera e propria passione per le sfide, di qualunque genere fossero. Da umano si lanciava in competizioni di ogni tipo, da quelle sportive, a quelle intellettuali. Spesso si cacciava nei guai, ma non smetteva di gareggiare. Non poteva farci niente.
Era più forte di lui.
Anche adesso non è in grado di venire meno al suo spirito di avventura.
Che si tratti di un nuovo viaggio.
Di un invincibile nemico da battere.
Che si tratti di una nuova dieta, Garrett non si tira indietro.
Perché la competizione ed il desiderio di esplorare i propri limiti non conoscono tregua. Nemmeno per un vampiro.
 
Che ne pensate di questo accostamento. Garrett mi è sempre sembrato un personaggio che ama mettersi alla prova e quindi quale personaggio è più adatto di Ulisse?
Alla prossima.

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Capitolo 8
*** Proteo [Alistair] ***


 8 PROTEO [Alistair]
Silenzio.
Beata Solitudine.
Tranquillità.
Alistair gettò pigramente da una parte il cadavere di un mendicante che aveva appena dissanguato, non potendo fare a meno di sbuffare stizzito.
Guardò nuovamente con fastidio la lettera che gli era appena arrivata dagli Stati Uniti.
Era del suo amico Carlisle.
L’unico amico che avesse mai avuto.
L’unico che non aveva mai cercato d’invadere i suoi spazi.
Adesso abitava in un luogo dimenticato da Dio, chiamato Forks, e lo invitava nella sua casa perché aveva bisogno del suo aiuto.
Con un moto di irritazione, il vampiro accartocciò il foglio che aveva tra le mani. Chissà perché ma sentiva puzza di guai e pericolo. Nulla in quella lettera gli andava a genio.
Né il fatto che Carlisle si fosse scomodato a cercarlo.
Né che gli chiedesse di venire nella sua famiglia per aiutarlo a causa di un problema non specificato e, cosa grave, che non poteva conoscere, a meno che non fosse andato di persona in quel buco di città.
Né che fosse costretto in qualche modo ad accettare la richiesta di aiuto da parte dell’unico essere che riuscisse a considerare amico.
Né che, acconsentendo, dovesse trovarsi improvvisamente tra decine di vampiri dopo secoli di invidiabile isolamento.
Ma Carlisle era il suo unico amico.
Carlisle non gli aveva mai chiesto niente prima d’ora.
Carlisle lo invitava semplicemente a casa sua.
Ma lui, Alistair, non aveva alcuna voglia di muoversi a comando.
Eppure non aveva scelta.
 
Ecco, che ve ne pare del vampiro misantropo? Proteo invece è un dio marino dotato del potere della preveggenza, capace di trasformarsi e soprattutto non ama mettere il suo dono a disposizione di chi gli chiede consiglio.
Spero che vi sia piaciuto questo brano.
Alla prossima.

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Capitolo 9
*** 9. Erinne [Victoria] ***


 9.Erinne [Victoria]
 
Doveva pagare.
Era tutta colpa sua.
Bella Swan doveva morire.
Questi erano i pensieri di Victoria mentre abbracciava il suo nuovo compagno Riley, sussurrandogli parole ammaliatrici. Il neonato la guardava con ammirazione ed amore, convinto che lei ricambiasse, ma nell’animo della vampira non c’era più spazio per questi sentimenti.
Essi erano morti con James, l’unico che meritasse il suo cuore di pietra.
La sua scomparsa, causata dallo stupido sentimento nato tra un vampiro ed un’umana, aveva acceso nella donna un corrosivo desiderio di vendetta. Niente poteva ripagare la sua perdita, nemmeno il suo secondo partner, che non possedeva la perversa intelligenza di James.
James non poteva essere sostituito con una pallida imitazione.
Victoria non poteva tollerare una simile verità e soprattutto che i Cullen dovessero vivere felici e contenti come se fossero al di sopra di tutto. Loro, che avevano ripudiato la loro stessa natura e non tenevano in minima considerazione il prezzo delle loro azioni.
Quei dannati ipocriti, afflitti da buonismi inutili e da un personale senso di giustizia.
Victoria sorrise.
Visto che amavano tanto la giustizia, sarebbe stata ben lieta di farne uso, applicando il codice dei vampiri. Aveva perso James e loro avrebbero dovuto rassegnarsi alla morte dell’umana, che non aveva fatto altro che darle problemi.
Non potevano opporsi perché era la legge del loro mondo e andava al di sopra di ogni principio personale.
Il ricordo di James reclamava la vita di un’insulsa umana e lei, Victoria, non si sarebbe tirata indietro dal soddisfare l’ultima richiesta del suo unico amore.
 
Spero che vi sia piaciuto il capitolo che ho riservato a Victoria. Se volete, fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.

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Capitolo 10
*** Era [Sulpicia] ***


 10. Era [Sulpicia]
 
Prima Heidi, poi Renata, poi Jane.
Ogni sera Aro non perde occasione d’intrattenersi con i membri femminili della guardia. E’ sempre stato così.
Non si stanca mai di tradirla, nemmeno in sua presenza. Aro non ha proprio ritegno.
Si apparta con l’amante di turno, passa qualche ora con lei e poi fa ritorno.
Le da un bacio galante sulla bocca e poi le prende la mano.
Un segno di amore affettuoso per chi non li conosce.
Nei fatti, una prova del controllo che suo marito applica sul suo corpo e la sua mente. Sulpicia non si ribella alla lettura del pensiero che Aro esercita continuamente su di lei. E’sua moglie e deve rispettarlo. Non è il primo a tradire la compagna, quindi perché stupirsi?
Anche questa sera fa ritorno nella stanza che condividono da secoli ormai, un luogo che non sembra risentire dello scorrere del tempo.
“Vi ho fatto attendere, mia sposa?”chiede Aro, baciandola e prendendo la sua mano nivea.
Sulpicia lo lascia fare, limitandosi ad osservarlo compiere quei gesti ed aggrottare la fronte perplesso.
“Che cosa c’è mio sposo?”chiede pacata, mentre un sorriso si fa strada sul suo volto.
“Non sento alcun pensiero di gelosia albergare nella vostra mente”fa perplesso.
“Infatti non ce ne sono.”conferma la moglie, con la medesima espressione di prima.
“Non mi amate più, mia sposa?”chiede sorpreso Aro, avvicinandosi al suo volto perfetto.
“Certo che no.” Fa la vampira, mentre l’altro le bacia sensualmente il collo.
“E allora?”chiede il compagno con uno sguardo acceso.
Sulpicia gli si avvicina a sua volta con la stessa espressione.
“Ricordatevi una cosa, marito. Voi potrete trovare piacere in altri talami, ma non avrete mai un’anima più ambiziosa e devota di me. Io sola posso essere vostra moglie, anche se non possiedo alcun dono.”risponde roca, prima di baciarlo con foga e possesso.
Lo sanno entrambi, ma non possono fare a meno di provocarsi.
Nessuna vampira può ricoprire il ruolo di regina come lei: né la capricciosa Jane, né la succube Renata, né la lussuriosa Heidi.
Quel posto le spetta di diritto e nessuno ha la possibilità di toglierglielo. Perfino quel narcisista di Aro lo sa ma non può fare a meno di provocarla: nessuno è in grado di tirare fuori la passione dall’algida Sulpicia come lui.
 
Bene per questo capitolo ho messo in scena uno scambio di battute tra Aro e Sulpicia. Questo è il modo in cui mi sono immaginata la loro relazione: Sulpicia è un personaggio marginale e ho pensato bene di darle un po’giustizia. Come vedete, pur essendo una moglie devota, non è completamente succube ed è particolarmente legata al suo ruolo. Quanto ad Aro, mi è sempre sembrato un personaggio abbastanza sadico, per questo l’ho descritto in questo modo.
Spero che vi sia piaciuto. Alla prossima!
 

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Capitolo 11
*** Esculapio [Carlisle Cullen] ***


 11. Esculapio [Carlisle Cullen]
La medicina è l’arte di saper curare le malattie.
Lo sanno tutti.
E’il sapere che dà la possibilita di salvare le vite, e Carlisle Cullen lo sa molto bene.
Vi si applica con passione devota, dedicando tutta la sua immortalità a questa professione che lo porta spesso e volentieri a forzare la sua natura.
Per molti, è un medico in gamba.
Per i vampiri tradizionali, un tipo eccentrico che gioca troppo con il cibo.
Per la sua famiglia, un esempio da seguire.
A Carlisle però tutto questo interessa davvero poco. E’ in secondo piano rispetto al suo desiderio di espiazione che passa attraverso lo stretto contatto con tagli, ferite sanguinolente e lamenti da parte dei malati. Il suo corpo vorrebbe servirsi del nettare rosso che sgorga spontaneo da quelle inaspettate sorgenti ma il senso di colpa, più forte ancora dello stesso istinto, riesce sempre a frenarlo.
Inizialmente era mosso soltanto da questo pentimento, ma con il tempo ha iniziato a essere compiaciuto delle sue opere.
Nessuno scherzo: Carlisle ama la medicina e desidera salvare più vite possibili.  Questo nuovo amore rende la sua penitenza molto più sopportabile, eppure sa che deve fare attenzione.
Ha il potere di salvare le vite, non di resuscitarle. O meglio è in grado di fare entrambe le cose ma non può approfittare troppo del suo dono. Un’immortalità senza eccessi, dunque, consapevole dei propri limiti e senza infrangere tabù.
Come fece invece Esculapio, l’inventore della medicina.
 
Questa flashfic è invece dedicata a Carlisle. Questo accostamento è abbastanza scontato. Nel mito Esculapio, figlio di Apollo, usò i suoi poteri per resuscitare i morti e in fondo i vampiri sono simili no? Spero che vi piaccia anche questo capitolo. Alla prossima.
 
 

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Capitolo 12
*** Titano [Felix] ***


 12 Titano [Felix]
La forza è il suo dono e il mezzo con cui infligge timore nel prossimo.
Felix è fiero delle sue doti e sa che nessuno può sconfiggerlo. E’la guardia  più forte dei Volturi e senza dubbio quella più fedele. Segue gli ordini dei suoi signori senza battere ciglio, desideroso di saggiare i suoi poteri.
Ha un aspetto terrificante.
Sembra una montagna.
Quando attacca è inarrestabile.
Infliggere dolore poi lo gratifica più dello stesso sangue con cui è ricompensato.
Anche adesso, mentre beve avido il rosso nettare che sgorga dalla gola squarciata da uno sfortunato turista,  non può fare a meno di pensare deliziato alle urla che il poveretto aveva lanciato prima di morire.
Solo questo gli importa.
Non si cura delle invisibili catene che lo legano ai suoi signori.
Lui è nato per obbedire.
Ha tutto ciò che desidera: a che gli serve una miserabile libertà?
 
Questo capitolo è dedicato a Felix. L’ho paragonato ad un Titano, una creatura mitologica dotata di incredibili poteri  e sottomessa agli dei dell’Olimpo. Ok, dovrei essere più precisa, ma perché annoiarvi. Spero che vi sia piaciuta. Alla prossima.
Ps. Vorrei ringraziare Asuka Michiru Chan, Jakefan e Voltura per le recensioni, e naturalmente coloro che hanno messo la raccolta tra le preferite:
 
1 - Fra_Volturi [Contatta]
2 - iaia_twl [Contatta]
3 - IsaBelle91 [Contatta]
4 - jakefan [Contatta]

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Capitolo 13
*** Persefone [Didyme] ***


 13. Persefone [Didyme]
I  fiori di biancospino ricoprivano buona parte di uno dei giardini del palazzo di Volterra. Come ogni anno erano sbocciati, mostrando al mondo tutta la loro voglia di vivere. Didyme si guardava attorno. Gli occhi pieni di stupore. Malgrado fossero passati secoli, non poteva fare a meno di stupirsi della vita che sembrava rinascere anno dopo anno.
Non importava che l’inverno fosse rigido e difficile.
I fiori di biancospino e tutta la vegetazione nascevano ugualmente, superando il gelo della stagione passata.
Didyme amava molto i fiori e sebbene vivesse ormai da secoli, era ancora innamorata della vita. Era più forte di lei.
Sapeva di essere morta, congelata nello spazio immutabile dell’eternità, eppure lo scorrere del tempo non faceva altro che affascinarla.
Era qualcosa di nuovo e lontano, da proteggere e rispettare.
La bellezza del mondo per lei non aveva prezzo.
Era qualcosa di fragile e al tempo stesso resistente.
Come potevano quei fiori che rischiavano di rompersi al minimo soffio di vento, rinascere con così tanto vigore anche dopo l’inverno più rigido?
Che cosa li spingeva a tentare ogni volta la difficile strada della sopravvivenza?
Mentre era immersa in questi pensieri si alzò il vento che, scuotendo i rami, faceva cadere una bianca pioggia sul suo corpo.
Stupita da quel velo bianco iniziò a ridere spensierata, camminando leggiadra tra i boschi. Marcus la guardava assorto dalla finestra, sembrava una dea.
Giovane, piena di speranza e ingenua.
Era l’incarnazione della primavera.
Sua moglie.
 
Bene, mi sembrava giusto mettere anche Didyme. Voi cosa ne pensate? Spero che le mie fic vi piacciano. Il prossimo capitolo e legato a questo.
 

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Capitolo 14
*** Ade [Marcus] ***


 Bene, mi sembrava giusto mettere anche Didyme. Voi cosa ne pensate? Spero che le mie fic vi piacciano. Il prossimo capitolo e legato a questo.
 
Eccovi un altro capitolo!
 
14. Ade [Marcus]
Didyme saltellava con entusiasmo in quella pioggia di fiori, felice di poter assistere a quella bellezza passeggera.
Marcus la guardava silenzioso dalla finestra della sua stanza, da cui non usciva quasi mai, nemmeno di notte. Come poteva non stupirsi ogni volta della sua gioia? Come faceva ad essere così piena di speranza e soprattutto a non odiarlo, malgrado lui stesso avesse condannato lei e suo fratello ad un eterna vita dannata?
Marcus sapeva che sua moglie lo amava e che lo aveva accettato anche dopo aver conosciuto la sua vera identità. Non lo aveva allontanato da sé, né lo aveva mai guardato con disprezzo e questo fatto il vampiro non riusciva proprio a comprenderlo.
Spinto da chissà quale forza, raggiunse la sua compagna nel giardino interno, dove Didyme amava passeggiare non appena calava la notte.
La vampira si accorse subito della presenza del marito.
Non appena sentì i suoi passi impercettibili si fermò immediatamente.
“Marcus”disse con un sorriso gioioso “finalmente sei venuto.”
Il volturo la osservò nuovamente.
“Sì, sono qui, mia amata”rispose, mentre la sua compagna si gettava tra le sue braccia.
Sorrideva sempre, senza alcuna finzione.
“Siete felice, Didyme?”chiese Marcus.
Per tutta risposta la donna fece un salto raggiungendo le fredde labbra dello sposo.
“Certo che lo sono”disse con uno sguardo pieno di luce scarlatta “se posso rimanere con te per tutta l’eternità, come potrei essere triste? Nulla mi addolorerebbe più di essere costretta a passare questo tempo infinito senza averti al tuo fianco: non sei d’accordo con me, Marcus?”
Il volturo non rispose, limitandosi a tenerla stretta tra le braccia.
Andava tutto bene.
Finché aveva Didyme anche lui, un morto, poteva essere vivo.
 
Anche questo capitolo è pronto. Ovviamente deve essere letto subito dopo quello precedente. I fatti naturalmente precedono la morte di Didyme.
 

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Capitolo 15
*** Atena [Jasper] ***


 Salve a tutti, sono l’autrice della raccolta Mytos. L’idea è nata per caso, dal mio amore per la mitologia. Spero che vi siano piaciute le mie storie e vorrei ringraziarvi per l’interesse che avete avuto per i miei lavori.
Qualche accostamento vi sembrerà un po’ strano. In quel caso cercherò di rimendiare con una spiegazione.
 
15. Atena [Jasper]
 
Gli scacchi.
I re dei giochi di strategia.
Si dice che i signori medievali li avessero inventati come passatempo durante i periodi di pace, quando non erano impegnati nelle battaglie.
Lo scopo era chiaro: in un mondo in cui la guerra era all’ordine del giorno, era impensabile non tenere costantemente in esercizio sia il corpo che la mente.
Un discorso simile poteva essere applicato al mondo dei vampiri, non sempre pacifico. L'empatico di casa Cullen lo sapeva bene, essendo stato creato per combattere i nemici, prima per la guerra negli eserciti umani, poi per guidare le truppe di Maria.
Per Jasper gli scacchi erano la terza cosa, dopo Alice e la sua famiglia, che amasse maggiormente.
Pensare alle mosse dell’avversario, a come prevenirle e controbatterle con una tattica ingegnosa e soprattutto efficace lo rendevano euforico. La sua mente studiava analitica tutte le varie possibilità, scegliendone poi la più sicura.
La mano invece si muoveva con lentezza studiata verso le pedine che voleva usare per la mossa del momento. Non aveva fretta Jasper: perdere la pazienza poteva essere rischioso.
Passava interi pomeriggi a giocare a scacchi e a pensare alle strategie da adottare per ogni diversa combinazione di mosse.
Agli occhi della sua famiglia poteva sembrare una fissazione ma Jasper sapeva che non era vero.
Era una necessità per lui proteggere quell’oasi felice che aveva appena ritrovato dopo secoli di agonia. Soprattutto ora che suo fratello Edward aveva trovato la sua cantante, Bella Swan, una ragazza che attirava i pericoli come la calamita con il ferro.
 
Allora, vi sembrerà strano che Jasper sia paragonato ad Atena ma ho sempre pensato che l’empatico di casa Cullen fosse una specie di tattico, soprattutto tenendo conto del suo passato. Fa un po’senso che sia paragonato ad una dea. Potevo scegliere Ares, ma quest’ultimo è il dio che presiede ai combattimenti è una divinità che si occupa maggiormente dell’aspetto fisico e brutale della guerra. Atena invece presiede alle strategie.
Spero che vi soddisfi questa spiegazione.
Vorrei inoltre ringraziarvi per le vostre recensioni. Grazie sul serio.
Cicina

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Capitolo 16
*** Pandora [Reneesme Carlie Cullen] ***


 Salve a tutti, cari lettori. Vorrei ringraziarvi per aver commentato i capitoli della mia raccolta. Mi fa molto piacere che le mie storie suscitino così tanto interesse. Vi ringrazio sinceramente per le vostre recensioni, soprattutto tenendo conto che la sezione di Twilight non è quella per la quale normalmente scrivo. Qualcuno di voi mi ha chiesto gentilmente di fare un capitolo mitologico su Jacob. Per ora non ho ancora deciso, ma ci penserò, va bene? Per ora vi auguro buona lettura con il nuovo capitolo.
 
Cicina
 
16. Pandora [Reneesme Carlie Cullen]
 
Era unica nel suo genere.
Mezza vampira, mezza umana.
A metà tra due mondi apparentemente incompatibili.
La sua nascita rappresentava per tutti un evento ancora più incredibile delle stesse creature soprannaturali che abitavano il mondo senza che gli uomini lo sapessero. Lei era speciale, completamente inattesa.
Reneesme si muoveva con curiosità nello strano ambiente, sotto l’occhio vigile della sua famiglia. Il luogo dove si trovava era bello e pieno di colori. Fiori e oggetti strani e bellissimi lo popolavano. Qualcosa di colorato svolazzava in aria ma nessuno sembrava curarsene. Nessuno tranne la bambina.
Reneesme allungò le braccine verso l’alto. Voleva catturare lo strano esserino che vedeva in controluce, ma non riusciva a raggiungerlo.
“Vuoi la farfalla, tesoro?”disse la voce melodiosa della tata bionda.
La piccola annuì, illuminandola con un radioso sorriso.
Rosalie si chinò ad osservarla con aria pensierosa, poi scosse la testa in segno di diniego.
La mezzavampira la fissava a sua volta, con un’espressione che sembrava chiedere spiegazioni.
“Perché tesoro”disse la tata bionda “se la catturassi non potrebbe più volare. Le farfalle hanno le ali coperte da una polverina che permette loro di librarsi in aria. Se la prendessi, non potrebbero più svolazzare sui fiori e sulle belle bambine come te”.
Detto questo le accarezzò gentilmente la testa.
Reneesme non era molto convinta, ma la tata non le aveva mai mentito. Era molto gentile con lei e la copriva di moine e regali. La vestiva e la coccolava come una bambola. Tutti le facevano regali di ogni tipo, sorridendole calorosi.
Era la prima bambina nata da una mortale e da un vampiro.
Era speciale e preziosa.
Era unica nel suo genere.
Forse la capostipite di una nuova razza.
Come Pandora, la prima donna creata dagli dei.
Come Pandora, il suo destino era incerto.
Nessuno infatti poteva sapere se i gesti che avrebbe compiuto la bambina in futuro avrebbero portato benefici, come tutti speravano, o disastri come invece causò la prima donna, nata dall’unione di acqua e terra e animata dal volere degli dei.
 
Bene questo capitolo è dedicato alla piccola Reneesme. Ho paragonato la mezzavampira a Pandora. Non mi metterò a parlare del mito, ma se volete spiegazioni ve le darò non vi preoccupate.
Vorrei ringraziarvi per aver letto le mie storie e tutti coloro che molto gentilmente hanno voluto esprimere il loro parere su questa raccolta.
Grazie ancora
 
Cicina

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Capitolo 17
*** Dioscuri [Alec & Jane] ***


 Salve a tutti e benvenuti alla raccolta di Mytos. Ringrazio tutti coloro che hanno letto il mio lavoro e che si sono gentilmente presi l’impegno di recensire.
Buona lettura!
 
17. Dioscuri [Alec e Jane]
 
Sempre insieme se ne vanno silenziosi per i vicoli del palazzo dei Volturi. Entrambi vestiti con neri mantelli che celano il loro corpo ed impediscono di distinguere l’uno dall’altro.
Sono loro, i gioielli della collezione di Aro, il più carismatico dei signori di Volterra.
Tutti li conoscono.
La collerica e sadica Jane, capace di infliggerti dolore con uno solo sguardo.
L’accidioso e indolente Alec, in grado di annichilire ogni senso.
Dolore e apatia.
Due effetti opposti tra loro eppure complementari.
I due fratelli non si separano mai e sono molto rare le volte in cui non sono insieme. Spesso sembrano muoversi come se fossero un’unica persona.
Seguono ciecamente gli ordini dei loro padroni, con una fedeltà quasi inquietante.
Non si oppongono ai capricci di Aro, colui che favorì il loro ingresso ad una nuova vita, anzi lo venerano senza riserve. Per loro è un salvatore, non un assassino, e non si turbano delle azioni orribili che compiono.
E’una semplice prassi ai loro occhi.
L’importante è rimanere insieme.
Per l’eternità.
 
Bhé, questa è la parte riservata a Alec e Jane. Vi dirò, dovendoli paragonare a dei personaggi mitologici, ho pensato subito ai Dioscuri. Nel mito i due fratelli erano figli di due padri diversi (uno di Zeus, l’altro di un mortale). Alla loro morte, i due, a causa di questa differente origine, avrebbero vissuto separati ma grazie all’opposizione di entrambi l’immortalità dell’uno venne divisa a metà. Questo è a grandi linee il mito.
Mi rendo conto che non è un tema molto semplice ma vi ringrazio lo stesso per le vostre recensioni. Lo apprezzo molto.
 
Cicina
 

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Capitolo 18
*** Eris/Concordia [Chelsea] ***


 Salve a tutti, cari lettori. Sono l’autrice di questa raccolta. Se devo dire la verità, Mytos è nato quasi per scherzo ma sono contenta che questo mio lavoro vi sia piaciuto. In realtà non ho scritto molto per Twilight. Le mie fic sono quasi tutte legate a Lady Oscar e se volete potete farci un salto. Non tutti i capitoli di questa raccolta sono stati semplici da creare ma, considerando la difficoltà mi posso dire abbastanza soddisfatta. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto, commentato e preso in considerazione la mia storia: non pensavo di attrarre così tanto la vostra attenzione.
Il prossimo personaggio è un po’scontato ma spero che vi piaccia.
 
Buona lettura!
 
18. Eris/Concordia [Chelsea]
 
Se mai aveste la sfortuna d’incontrare i Volturi, credo proprio che non vedrete mai Chelsea. Non è un personaggio molto appariscente, come la sua collega Renata del resto. Negli scontri se ne sta in disparte, ben nascosta agli occhi di tutti.
Eppure, come spesso si dice, l’apparenza inganna.
I nemici non ci fanno caso inizialmente e, quando se ne accorgono, è ormai troppo tardi.
Non esistono unioni o alleanze nate dall’interesse che questa vampira non possa rafforzare o, al contrario, indebolire.
Per lei i rapporti interpersonali sono pari ad una massa informe che può manipolare a suo piacimento. Gli avversari non se ne rendono conto ma sono creta nelle sue mani.
Chelsea prova divertimento a generare amicizie inattese o a scatenare insanabili discordie. E’un passatempo piacevole che può creare ogni volta che lo desidera.
Tutti la temono e hanno ragione.
Nessuno è più pericoloso di chi può rompere e riannodare a suo piacimento i legami con il prossimo.
 
Questo capitolo è molto breve, me ne rendo conto. Il titolo come vedete è ambiguo, ma ha lo scopo di rendere bene la doppia capacità di questa voltura. Spero che abbiate apprezzato il mio sforzo.
Grazie ancora per aver letto il mio lavoro.
 

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Capitolo 19
*** Argto [Charlie Swan] ***


 Salve a tutti, cari lettori. Benvenuti nella mia raccolta Mytos. Sono molto contenta che i miei lavori suscitino il vostro interesse, anche se il tema non è proprio accessibile.  Cerco come sempre di fare del mio meglio e spero che apprezziate il mio sforzo. Prima di leggere questo capitolo vi informo che la situazione descritta avviene dopo la fine di Breaking Dawn. Ho immaginato che dopo alcuni anni, a causa dell’aspetto, i Cullen siano comunque costretti a trasferirsi per non suscitare sospetti alla popolazione di Forks.
 
19. Argo [Charlie Swan]
 
Se ne era andata.
Aveva fatto la stessa scelta di sua madre. Non era la prima volta che Charlie vedeva la sua unica figlia andarsene. Da quando era nata, aveva fatto le valigie diverse volte.
La prima, quando sua madre aveva deciso di lasciare Forks.
La seconda, più recente, quando aveva pensato bene di scappare per raggiungere il figlio del dottore.
La terza, sempre a causa di Edward Cullen.
Charlie ricordava bene tutti questi momenti ed ogni volta era come ricevere una pugnalata al cuore. Come adesso, quando aveva visto sua figlia varcare per l’ultima volta la sua casa dai colori spenti per andare a vivere in un'altra città insieme al figlio di Carlisle, con il quale si era sposata cinque anni prima. Gli aveva promesso che si sarebbe fatta sentire.
Charlie l’aveva ascoltata in silenzio.
Era cambiata molto sua figlia, soprattutto nell’aspetto, ma non era ancora così abile da mentirgli senza tradire nervosismo. In questo doveva ancora imparare dal marito.
Non gli piaceva molto Edward ma sua figlia lo amava e non poteva farci niente.
Come sua madre, aveva anteposto la sua felicità a quella del prossimo.
Charlie mantenne un’espressione rassicurante, la stessa che usava quando parlava al telefono con la sua ex, che solo di recente stava smettendo di amare. Bella non era un’attrice come Reneé, ma aveva ereditato la stessa testardaggine.
Se aveva deciso qualcosa, non si sarebbe fermata di fronte a nulla. Eppure, anche quando era evidente che non avrebbe cambiato idea, continuava a preoccuparsi. Pensieri inutili, perché non avrebbe desistito dai suoi propositi, per i quali era disposta perfino ad annullarsi.
Charlie sorrise mestamente.
Era inutile che sua figlia lo coprisse di false promesse.
Non sarebbe tornata più a fargli compagnia.
Aveva finto di non vedere le stranezze di Bella da dopo che era entrata a far parte della famiglia Cullen. Il suo carattere era rimasto pressoché immutato, ma il suo corpo aveva subito dei cambiamenti sconcertanti. La bambina che avevano adottato, Reneesme era anche questa molto bizzarra.
In altre parole, il vecchio Swan aveva fatto buon viso a cattivo gioco e pure in quel momento fece lo gnorri. Non chiese spiegazioni e finse di bersi quelle  che sua figlia gli forniva con abbondanza di dettagli.
Non appena Bella ebbe finito di parlare gli diede un delicato abbraccio, poi si recò sulla soglia. Lo sceriffo prese una delle valigie e la accompagnò alla macchina.
“Vai pure tranquilla, tesoro. Me la caverò, vedrai.”fece, simulando un’allegria che non provava.
Vide sua figlia inarcare un sopracciglio, poi dopo un altro saluto, entrò nella macchina e partì lasciandolo solo.
Charlie, fissò il veicolo all’orizzonte e sospirò profondamente.
Anche questa volta era stato abbandonato.
Prima sua moglie, poi la sua unica figlia.
In entrambi i casi aveva vissuto nell’attesa del loro ritorno ma sapeva benissimo che si stava illudendo. Loro lo avevano abbandonato, andando ognuna per la sua strada.
Entrambe gli avevano detto di fare la sua vita, di scegliere il modo in cui avrebbe trascorso il suo tempo da quel momento.
Senza saperlo avevano deciso per lui, indirizzandolo nella via dell’abbandono.
Ma Charlie non voleva rassegnarsi.
Avrebbe atteso pazientemente.
Giorni.
Settimane.
Mesi.
Anni.
Come Argo, il fedele cane di Ulisse.
 
Okay, immagino sappiate chi sia Argo, no? Non so voi, ma Charlie mi ha sempre fatto un po’pena e mi sembrava doveroso metterlo. Bella avrà avuto i suoi motivi ma alla fin fine si comporta da egoista. Non mi sembra che abbia molti dubbi a scegliere la sua strada. E’un’opinione personale ma non amo molto la protagonista. Spero comunque che vi sia piaciuto anche questo capitolo, alla prossima!
 

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Capitolo 20
*** Eos [Renee] ***


 Salve a tutti! Spero che vi siano piaciute le mie storie. Eccovi la prossima. Buona Lettura!
 
20. Eos [Renee]
 
Allegra.
Spensierata.
Vivace.
Lunatica.
Incosciente.
Queste sono le caratteristiche di Renée Dwyers. Tutti conoscono i suoi difetti e malgrado ciò, non possono fare a meno di amare il suo animo caloroso. E’uno spirito libero, che ama il sole, i colori e qualcuno che segua i suoi ritmi.
Quando ha incontrato Phil, il suo attuale marito, ha capito di aver fatto la scelta giusta.
Phil è l’uomo adatto a lei.
Solare, sportivo e capace di mettere di buon umore chiunque gli stia accanto. Il compagno perfetto, l’unico in grado di starle accanto senza essere consumato dai suoi continui sbalzi di umore. E Renee è felice di aver trovato la sua stabilità.
Non sa di essersi dimenticata di Charlie e della sua unica figlia.
O meglio, ci pensa, ma è troppo incosciente per preoccuparsene.
La sua vita sta prendendo la piega che desidera ed è convinta che anche per loro le cose si riaggiusteranno. Sa che sono abbastanza resistenti per andare avanti.
Ed è felice Reneé.
Felice, spensierata e smemorata.
Dimentica tutto in fretta, soprattutto le cose spiacevoli come il dovere.
Come Eos, che dimenticò di chiedere l’immortalità per il bellissimo Titono.
 
Come potete vedere Renee non poteva proprio mancare no?
Bene, non so se conoscete il mito di Eos o Aurora. Ve lo dico: si innamorò di un bellissimo mortale di nome Titono. Il giorno delle nozze chiese a Zeus di dargli l’immortalità ma si dimenticò l’eterna giovinezza, condannando lo sfortunato sposo ad essere un eterno vecchietto.
Sono un po’scolastica forse, ma visto che alcuni personaggi sono paragonati a miti poco noti è bene spiegarsi no?
Vorrei ringraziarvi nuovamente per l’attenzione avuta per la mia raccolta.
 
Cicina.

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Capitolo 21
*** Ermes [Demetri] ***


 21. Ermes [Demetri]
 
E’lui, il segugio della casa reale dei Volturi.
Non possiede doti particolari tranne forse un fiuto straordinario. Aro e i suoi fratelli lo inviano molto spesso in avanscoperta, come messaggiero. E’, se è lecito dirlo, il portavoce dei signori di Volterra. Possiede astuzia, diplomazia e intelligenza.
Lo sanno i padroni della città.
Lo sanno tutti i vampiri.
Demetri è a ragione, uno dei gioiellini della collezione della casa reale. Ha un tono amabile e cortese con chiunque e spesso nessuno riesce a cogliere cosa si celi dietro al suo tono dimesso e pacato.
Solo Aro è a conoscenza dei suoi pensieri, grazie alla sua dote e, proprio in virtù del suo dono, sa di potersi fidare delle sue competenze. Gli affida spesso le missioni fuori da Volterra, spalleggiato dal brutale Felix.
Demetri non sempre è entusiasta di svolgere questi incarichi insieme al suo collega. Lo considera troppo impulsivo e animalesco per i suoi gusti, decisamente più raffinati. Demetri è comunque un vampiro estremamente sadico ma la sua crudeltà è nascosta dietro ad una maschera di cortesia.
Forse è proprio per questa sua particolarità che è più pericoloso.
Perché è in grado di unire la sua forza soprannaturale ad un’intelligenza sopraffina.
Ogni vampiro lo conosce.
Il suo nome è sinonimo di Volturi.
Perché è il messaggero della temuta famiglia reale.
 
Questa è la pagina dedicata a Demetri. Spero che abbiate apprezzato il capitolo. Non sono molto sicura del risultato ma ho sempre pensato che Demetri è una sorta di portavoce dei Volturi.
 

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Capitolo 22
*** Estia [Renata] ***


 22. Estia [Renata]
Cammina timorosa per i corridoi del palazzo, tenendo costantemente la testa bassa. Ha un’aspetto piuttosto ordinario che non mette in evidenza nulla della sua natura vampiresca. Renata ha sempre avuto un carattere introverso e votato all’essere subordinata a qualche autorità più importante, sia durante la sua vita da umana, che adesso. Non le piace essere al centro dell’attenzione, preferendo rimanere nell’ombra insieme a Chelsea. A differenza della sua collega però, non trae piacere dal trovarsi in compagnia dei suoi simili.
Preferisce la solitudine ed il silenzio.
Il resto della guardia la tiene un po’in disparte, temendo la sua posizione ed il suo potere.
Jane la guarda con indifferenza ma non la considera una minaccia per la sua posizione. Sa che Renata ha un potere puramente difensivo e che non la attaccherebbe mai.
Sa che non può farle del male, come è consapevole del fatto che Renata non lascia mai Aro e Volterra.
Non le è permesso.
I suoi signori hanno bisogno della sua difesa in caso di attacchi improvvisi. Sembra quasi non avere vita propria, tanto è legata al compito di difendere Aro. Ad un occhio esterno è quasi un appendice del suo corpo.
Non ha interessi particolari, né si distingue in qualche attività.
Ha nel complesso una personalità piatta e priva di interesse. La sua stessa esistenza è data dallo scudo che è in grado di creare, una difesa capace di tenere lontano qualsiasi nemico.
Aro pretende che lei rimanga costantemente al suo fianco e Renata lo sa bene.
E’perfettamente consapevole del suo ruolo.
Sa che non può lasciare il fianco del suo signore.
Sa che gli deve obbedienza.
Sa che è nata per questo scopo.
Lei è lo scudo del suo sovrano e la sua unica vera sicurezza.
Renata è felice della situazione perché se Aro la considera così importante vuol dire che è vero. L’interesse del suo padrone è la prova che la sua esistenza conta qualcosa.
In fondo però non potrebbe essere altrimenti.
La sua vita ritirata e legata totalmente al suo signore sono la prova che è la base del potere dei signori di Volterra.
Il pilastro.
Il centro della forza di un impero millenario.
Come la dea del focolare, Estia, per Roma.
 
Allora, confesso che non so bene come mi sia venuto in mente di fare un capitolo su un simile personaggio. Forse perché sulla dea Estia non ci sono molti miti, a parte il culto delle vestali. So che a Roma la dea si chiamava Vesta ma dato che ho scelto la versione romana del nome della divinità mi sono presa una specie di licenza letteraria. Tornando a Renata, ho sempre pensato a lei come uno strumento per la sicurezza di Aro e che per tale motivo è in qualche modo tenuta ad avere una vita ritirata. La dea Vesta o Estia era molto venerata a Roma. La pena capitale che la città imponeva alle sacerdotesse che venivano meno all’obbligo di castità trentennale era dovuto al fatto con il loro gesto avevano macchiato e indebolito la forza della città, mettendo in pericolo il rapporto ed il favore degli dei. Questo mi ha spinto ha paragonare Renata a Estia.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

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Capitolo 23
*** Circe [Zafrina] ***


 E’molto tempo che non aggiorno la raccolta e mi scuso per non essermi fatta sentire. Spero però che questo capitolo vi faccia piacere. Mi è stato chiesto di scrivere qualcosa su Circe e questa è l’idea che è nata. Nel frattempo vi auguro Buone Feste!
 
23. Circe [Zafrina]
La foresta amazzonica si stendeva davanti ai suoi occhi come un’immensa macchia verde. Zafrina scrutava il paesaggio monotono davanti ai suoi occhi. Pur essendo pieno giorno, il cielo perennemente coperto di nubi che incombeva sulla foresta, le permetteva di andarsene in giro tranquillamente senza dare nell’occhio.
Senna e Kachiri erano a caccia, mentre lei aveva preferito rimanersene un po’ da sola.
Non capitava spesso, tranne quando aveva voglia di esercitare i suoi poteri. Solo allora dava sfogo a tutte le sue doti, sicura di non far cadere nessuno vittima delle illusioni create. Zafrina chiuse gli occhi per concentrarsi.
Il paesaggio iniziò lentamente a deformarsi.
Gli alberi dalla chioma piatta e larga lasciarono il posto ad abeti. La fitta vegetazione fu sostituita da una piccola radura circondata da neri boschi, nella quale si trovava una graziosa casetta.
Zafrina sorrise.
L’abitazione divenne sempre più particolareggiata e nell’aria iniziò ad udirsi la risata di una bambina. Poi la porticina della piccola casa si aprì e finalmente la vampira la vide.
I suoi capelli bronzei e riccioluti.
Il viso sorridente e compiaciuto.
La piccola Reneesme era lì davanti a lei e la salutava con la mano.
Improvvisamente con il braccio la invitò a farsi avanti, ma Zafrina non si mosse.
La mezzavampira allora rinnovò la sua richiesta silenziosa e davanti alle sue suppliche sempre più insistenti,Zafrina fece un passo avanti per raggiungerla e fu allora che accadde.
Gli uccelli smisero di cantare ed il cielo cambiò colore.
Il verde scuro dei boschi di Forks lasciò il posto a quello smeraldo della foresta amazzonica.
La casa scomparve.
Reneesme sorrise felice alla vampira poi svanì.
Zafrina fece un profondo sospiro e scosse la testa.
Si era mossa e la sua concentrazione era stata ostacolata dall’istinto.
La magia del suo potere aveva perso efficacia di fronte ai sentimenti affettuosi che nutriva per la mezzavampira.
Era inutile nasconderlo a sé stessa: le mancava terribilmente.
Per secoli aveva vissuto isolata dal resto del mondo, preferendo la natura incontaminata della sua terra alla civiltà. Le sorelle, per affetto e per condivisione delle sue idee, l’avevano seguita nel suo desiderio. Proprio durante questo isolamento aveva scoperto la capacità di creare illusioni. Fu uno dei momenti più belli della sua vita da immortale. Ogni volta che creava nuove immagini, le sembrava di fare una magia. Era una strega con i canini e la cosa la divertiva più del lecito: rispetto ai suoi simili, aveva delle doti extra di tutto rispetto e, cosa ancora più importante, nessuno poteva uguagliarla.
Eppure adesso non riusciva più a trarne lo stesso piacere di un tempo. Non era più in grado di mantenere la medesima concentrazione, pur essendo consapevole che la sua dote non era andata persa. Già da umana aveva queste facoltà, anche se non così forte come adesso.
Zafrina scosse la testa cercando di togliersi dalla mente quel pensiero che non faceva altro che pungolarla da qualche mese.
Era inutile, non poteva fare a meno di pensarla.
Quella bambina, Reneesme,le mancava terribilmente. Un fatto insolito, soprattutto per una vampira che aveva scelto volontariamente di vivere isolata. La piccola immortale era riuscita ad andare oltre quella barriera di diffidenza nei confronti del prossimo, che l’aveva spinta a scegliere una quasi totale solitudine, dopo aver vissuto troppi dolori come umana.
Era andata in uno dei luoghi più remoti della terra, lontana anche dagli stessi umani di cui si nutriva, ed era soddisfatta della vita che conduceva. Eppure aveva nostalgia della piccola Nessie.
Voleva rivederla, ma aveva promesso.
Un giorno la piccola mezzavampira sarebbe venuta a farle visita e allora le avrebbe mostrato il suo mondo. Doveva solo aspettare, anche se quell’attesa la rendeva impaziente. Una cosa rara, per un immortale che aveva per sua natura tutto il tempo che voleva.
Zafrina scosse nuovamente la testa. Era proprio vero quello che diceva sua madre quando era umana: quando si desidera qualcosa e si vive nell’attesa, il tempo sembra non passare mai.
Eppure la vampira non aveva altra scelta. La sua magia poteva giocare sulle illusioni ma non sulla realtà. Malgrado ciò era sicura di una cosa: quel giorno così atteso sarebbe arrivato prima o poi. Per il momento doveva accontentarsi del piacere suscitato dalle sue visioni.
 
Questa shot è stata molto difficile per me, ma spero che abbiate apprezzato lo sforzo. Vorrei ringraziarvi per aver letto i miei capitoli e rinnovo fin da ora i miei auguri di buone feste.
 
cicina

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Capitolo 24
*** Sirena [Heidi] ***


 Ennesima shot, ennesimo personaggio, ennesimo mito. Spero di non annoiarvi con questa raccolta. Vorrei ringraziarvi per i vostri commenti Adesso però vi lascio al prossimo personaggio.
 
24. Sirena [Heidi]
 
La bellezza è qualcosa di soggettivo, per quanto la maggior parte delle persone dicano il contrario. Non esistono ricette assolute per definire qualcuno bello, anche se molti uomini hanno provato, nei secoli, con ogni mezzo a formulare le loro ipotesi.
Heidi, nel corso della sua vita mortale ed eterna, ha sentito molte voci in proposito e non riesce a non ridere, quando vede la sicurezza nei volti di quelle persone. Come sono stupidi questi saggi.
La bellezza non è qualcosa che si può apprendere o imbrigliare, né tantomeno sfoggiare con impudenza.
Heidi sa di essere una privilegiata ed ogni volta che vede la sua immagine in uno dei numerosi specchi che ricoprono la sua stanza, non può fare a meno di ghignare. Il suo corpo, così come i tratti e la voce, sono qualcosa che è impossibile ignorare.
Pure adesso che sta passeggiando per i corridoi del palazzo di Volterra, non può non sorridere. Sente l’eccitazione dei suoi simili, che la osservano con desiderio, ogni volta che passa davanti ai loro occhi.
E’inutile che le vampire la fissino con invidia.
Non ne hanno motivo, dato che hanno doti diverse dalla sua.
E compiti altrettanto diversi.
Loro sono brave ad uccidere.
Lei, Heidi, ha uno scopo più subdolo ma non meno importante: attirare le vittime del pasto dei Volturi. La sua bellezza serve a questo e la vampira lo sa benissimo.
Mentre è immersa in questi pensieri, vede sulla soglia il segugio. Lui, Demetri.
Heidi si ferma, con la sua migliore posa ammiccante.
Il vampiro, vestito come sempre in modo impeccabile e anonimo, la fissa con aria severa.
“Buongiorno, Demetri” fa la cacciatrice di Volterra.
“Buongiorno a te, Heidi” dice l’altro. Poi, inarcando le sopracciglia, scruta con attenzione i vestiti che indossa, un gesto al quale la donna è abituata.
“Qualcosa non va?”chiede con aria disinvolta la vampira, senza nascondere un sorriso consapevole. Quegli shorts aderenti e quel top fasciavano il suo corpo come una seconda pelle.
“No, nulla” risponde il segugio, distogliendo lo sguardo. Heidi sorride, vedendo il disagio di Demetri, senza dubbio il vampiro più galante di Volterra.
“Demetri” sussurra roca, facendolo voltare di scatto. E’un momento. In un lampo la cacciatrice gli si avvicina, puntando, priva di ogni inibizione, la sua bellezza sfacciata sotto al suo sguardo. Il segugio deglutisce rumorosamente ma non può fare a meno di ritornare a fissarla. Il sorriso della vampira si allarga ulteriormente sul suo volto
“Mmm” fa l’ammaliatrice, alludendo all’eccitazione crescente della sua vittima “non mi sembra che quello che vedi ti lasci indifferente”
Punto dall’orgoglio, il segugio le lancia un’occhiata truce ma Heidi, ignorando la sua irritazione, si mette di fronte a lui. Con calcolata lentezza fa per cingere le braccia attorno al collo di Demetri e nello stesso tempo avvicina il suo viso fino ad essere vicina al suo. Non lo tocca, rimanendo lì, a pochi centimetri di distanza.
Senza accorgersene, il vampiro, inizia a respirare affannosamente. Heidi osserva rapita quelle iridi rosse diventare lucide come rubini e l’irrazionalità iniziare a prendere possesso del corpo dell’uomo. Demetri sente il profumo di Heidi investirlo con forza e al colmo dell’eccitazione non può fare a meno di chiudere gli occhi, in attesa di qualcosa che lo liberi dalla frenesia che lei gli ha gettato addosso.
Nulla di ciò che si aspetta però avviene.
Quando Demetri apre gli occhi, Heidi si è ormai allontanata di alcuni metri. Il segugio si da dello stupido per non essersi accorto che la scia di Heidi si è nel frattempo indebolita, per quanto forte ancora possa essere.
Heidi vedendo lo stupore ed un’ iniziale rabbia per le aspettative frustrate ride sonoramente.
“Vedi, mio caro Demetri, come ti sono indifferente?” dice con un’espressione trionfante.
“Non è vero, lurida serpe! Che diamine mi hai fatto?” fa stizzito il segugio.
“Io?” dice con un’aria da oca, che non le appartiene, malgrado si vesta provocante “Nulla.”
Il segugio si irrita ulteriormente per il suo scherno.
“Però, caro Demetri” fa tornando nuovamente con la sua voce suadente “vedi che ho ragione?”
“Su cosa?” chiede con un’espressione a metà strada tra il tormento e la frustrazione.
Heidi ride nuovamente, senza spostarsi da dove si trovava.
“Tu e gli altri della guardia, avete tanti poteri, lo so bene. Ma devi ammettere che sono utile pure io, anche se dici il contrario. Una volta mi chiedesti che potere avessi.” Inizia, facendo un giro su se stessa. Un movimento che inevitabilmente cattura l’attenzione del freddo Demetri.
“Adesso hai la tua risposta, tesoro” dice con un tono scherzoso, che il suo interlocutore non apprezza per niente.
“Ah sì? E quale sarebbe: il tuo bel faccino, forse?” ribatte, tentando di essere sarcastico, il vampiro.
“Ah, uomini, uomini” fa scuotendo la testa Heidi “Per fare il mio compito non basta essere belle ed accondiscendenti. E’una cosa più sottile, per la quale non serve mostrare né fare nulla.”
Demetri la fissa senza capire, mentre la vede allontanarsi da lui, con quel passo dondolante, simile ad una danza.
Heidi senza rispondere si avvia tranquilla verso la porta, poi improvvisamente si volta, non ancora soddisfatta di aver vinto sul suo avversario. “Tu, Demetri, affermi di non conoscere la risposta. Forse la tua mente dice il vero” dice sogghignando “ma il tuo corpo ha capito benissimo cosa intendo.”
Il segugio abbassa la testa verso i pantaloni e solo allora si accorge del rigonfiamento e non può fare a meno d’imprecare.
Come sempre in presenza di Heidi.
“A me, caro segugio” continua sadica “non serve correre dietro ad una preda per catturarla. Sono loro che vengono da me, senza neanche sforzarmi. E ora scusami ma devo andare in missione per portarvi la cena.” “Piuttosto”dice,ritornando ad essere dolce e carezzavole, come se non fosse accaduto niente prima. “Ci vediamo dopo in camera mia come sempre?”
“Non ci contare” risponde l’altro, fissandola furente.
“Sì, sì” dice la vampira, fingendo di non sentirlo “dite tutti così. Ti aspetto lì, e vedi di non essere impaziente. L’attesa non fa altro che aumentare il divertimento, no?”
Uomini, pensa, tutti uguali. Provocare Demetri è sempre qualcosa di stuzzicante e vedere la graduale perdita del suo leggendario controllo la rende piena di orgoglio. Fa tanto il sostenuto, ma finisce come gli altri.
Nessuno ha mai resistito al suo richiamo. Come le Sirene, anche lei attira le sue prede con un’espressione rassicurante e carica di promesse.
Come le Sirene, finisce le vittime nella maniera più atroce, senza sciogliere l’incantesimo suscitato dalla sua bellezza.
Heidi a quel pensiero sorride superba.
A differenza di quelle creature, non ha ancora conosciuto l’onta di un novello Ulisse e questo la inorgoglisce senza rimedio.
Lei è una Sirena sanguinaria e sprezzante, la cui bellezza non può essere sconfitta in alcun modo, anche se Demetri non fa che provarci continuamente. E alla vampira va bene anche così: nessun passatempo è migliore della visione dell’orgoglioso Demetri soggiogato dal suo potere.
 
Ho dedicato questo capitolo ad Heidi e spero che vi piaccia. Non faccio tanti commenti, ma se avete delle domande non esitate a farmele, ok?
Intanto vi faccio nuovamente gli auguri.
 
cicina

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Capitolo 25
*** Poseidone [Caius] ***


Buona sera a tutti, gentili lettori, il prossimo personaggio che vi presenterò è stato abbastanza difficile da inquadrare, così come il successivo, che scriverò a breve. Mi fa davvero piacere che apprezziate i miei lavori. Vorrei rassicurare i lettori che prima o poi scriverò qualcosa anche su Jacob: un’idea ce l’ho, anche se ancora molto abbozzata. Quando sarò sicura di aver creato qualcosa di decente, ve la pubblicherò, ok?
Per il momento vorrei presentarvi il prossimo personaggio ed augurarvi nuovamente Buone Feste!
 
25. Poseidone [Caius]
 
Impulsivo.
Collerico.
Testardo.
Questi sono gli aggettivi che chiunque ha in mente, quando pensa a Caius Volturi, signore dei vampiri.  Tutti sanno che è il più implacabile tra i tre sovrani, il più intransigente, quando si tratta di applicare la legge del loro mondo. La guardia lo rispetta per questo e vede nel suo attaccamento alle tradizioni una garanzia di ordine.
Più dell’apatico Marcus.
Più del narcisista Aro.
L’antico vampiro accetta con malcelata soddisfazione gli ossequi che tutti gli rivolgono, consapevole che il suo è un compito importante, al pari dei suoi colleghi di potere.
Un tempo, quando era ancora agli inizi della sua immortalità, provava invidia nei loro confronti. Le doti extra di Aro e Marcus lo facevano sentire in qualche modo di troppo. Dei tre, infatti, era l’unico a non avere niente di speciale, e questa mancanza lo irritava senza rimedio.
Ancora adesso non ama questo lato della sua immortalità ma allo stesso tempo non sa se questo sia davvero un difetto di cui lamentarsi.
Se avesse qualche potere, non esiterebbe a liberarsi di Aro, e suo fratello lo sa benissimo. Infatti, non perde occasione di leggere la sua mente e di sorridere dei suoi sogni di gloria infranti. E’ impossibile ribellarsi alla sua autorità e non è un mistero per nessuno che l’essere in possesso di qualche qualità, non sia sempre positivo quando nei paraggi c’è Aro.
Basti pensare a Didyme. Sia chiaro, Aro non ha mai rivelato a nessuno i dettagli della morte della moglie di Marcus ma, per quanto non possieda doti speciali, Caius non è così sciocco da non vedere le ragioni che hanno spinto il vampiro a compiere un simile gesto.
Tutti,lui medesimo, a Volterra, sono delle pedine sacrificabili, per la stabilità del potere. Ha quindi intuito che la mano di Aro è in qualche modo coinvolta nella morte della vampira e questo forse spiega per quale motivo il suo collega legga la sua mente con maggiore frequenza del solito.
A quel pensiero il collerico vampiro non può fare a meno di ghignare. Certo, se Marcus non fosse diventato quel rottame, avrebbe potuto benissimo allearsi con lui e liberarsi di Aro. 
Marcus era senza dubbio, il collega ideale.
Calmo, saggio e dai modi pacati.
L’esatto opposto di lui.
Il problema era che aveva perso il senno e la voglia di reagire, da quando era morta la sua compagna. Caius sache la ragione dell’assassinio di Didyme era dovuta alla volontà di Marcus di abbandonare il sodalizio secolare con Aro.
Il fratello telepatico non si era liberato di lui solo perché aveva bisogno dei suoi poteri ma Caius sa che quella persona non avrebbe esitato a fare quella scelta, se al suo posto ci fosse stato lui e non Marcus.
Per questo se ne sta al suo fianco, consolandosi della sua posizione di secondo.
In fondo le punizioni di Aro potevano essere davvero terribili ed umilianti, anche per un vampiro. Caius è noto per avere un carattere collerico ed impulsivo, ma sa che la suaè una maschera: è come un leone in gabbia, rinchiuso in un recinto ampio e dotato di ogni confort, ma pur sempre una prigione.
E Caius cha ama godere del potere senza alcun  controllo, non può accettarlo con cuore leggero. Per questo, è sempre rabbioso e facilmente irritabile, come il dio del mare.
La sua ira si abbatte su tutti i suoi sottoposti, esclusi i fratelli e la moglie, le uniche persone che non osa sfiorare. Tutti però apprezzano il suo attaccamento al dovere e non mancano di rispettarlo per questo.
Caius, di fronte alla loro sottomissione, non può che gioire di ciò ed è in quei momenti che trova consolazione dal fastidio di essere controllato costantemente dal fratello. Non capisce perché chieda la sua collaborazione, dato che non ha realmente bisogno di lui, o almeno così teme.
Un giorno, mentre il fratello controllava come sempre i suoi pensieri, osò chiedergli se lo considerava così pericoloso da prendere simili provvedimenti contro di lui e se era intenzionato ad ucciderlo un giorno. In fondo era in possesso di notizie non trascurabili, che poteva svelare in qualsiasi momento.
Aro che aveva letto questi pensieri, rise per niente spaventato dalle sue minacce velate.
“Caius, Caius” disse sghignazzando “i tuoi timori mi divertono non poco, lo sai? Sei come un fratello per me ed una valida spalla per i miei progetti di dominio. La tua curiosità mi stupisce e voglio risponderti, come ricompensa per la tua fedeltà. No, non sei una minaccia per me, ma ricorda una cosa. Qualora tu volessi agire come Poseidone, sappi che non userò nei tuoi confronti la stessa clemenza di Zeus e non basteranno le mura di Troia per soddisfare la mia ira. Non ti conviene giocare con me ed accontentati di ciò che ti permetto di fare, fratello
 
Onestamente, non sono molto convinta del risultato di questa shot. Secondo la mitologia, Poseidone era dipinto come un dio impetuoso e collerico e non sono certa di aver reso bene la situazione del Volturo. Mi è piaciuto scrivere questa pagina ma non sono sicura di avergli dato incisività. Per quanto riguarda la parte finale ho tratto ispirazione da un mito. Poseidone aveva guidato un tentativo di spodestare Zeus dal trono insieme agli altri dei. Sconfitto fu condannato a costruire le mura di Troia insieme ad Apollo che era stato suo complice.
Spero di non essere stata troppo pedante sulla cosa e mi scuso se vi ho dato questa impressione. Non esitate comunque a farmi sapere cosa ne pensate di questi capitoli perché le vostre recensioni non possono che farmi piacere.
Grazie ancora a tutti e, come sempre, Buone Feste!
 
cicina

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Capitolo 26
*** Eracle [Emmett] ***


 Benvenuti ad una nuova puntata di questa raccolta di composizioni sull’accostamento tra mito e Twilight. Avete avuto modo di vedere alcuni personaggi e spero che vi sia piaciuto questo mio lavoro. Non mi resta che augurare intanto buona lettura a tutti voi.
 
Cicina
 
24. Ercole [Emmett Cullen]
 
Il grizzly che aveva appena dissanguato era stato piuttosto combattivo e irritabile. Doveva essere appena uscito dalla tana e questo spiegava la sua aggressività.
Emmett sorrise divertito.
Tra tutti gli animali, erano la sua preda preferita, non tanto per il sangue, quanto per l’adrenalina che scaturiva da ogni scontro. Il vampiro sapeva di essere il più forte e che quindi sarebbe sempre uscito da ogni scontro vincitore.
Era inevitabile comunque che l’esito non potesse essere diverso, ciononostante l’eccitazione della lotta imminente era qualcosa a cui non riusciva proprio a rinunciare.
Le battute di caccia erano diverse le une dalle altre. Sapevi come andavano a finire ma non ne conoscevi lo sviluppo e questo mistero era la parte più divertente
Ogni volta metteva alla prova la sua forza.
La caccia per lui era sempre stata una sfida, sia da umano che da immortale. Adesso che era un vampiro e dotato di una forza spaventosa, era un’attività ancora più divertente. Non aveva bisogno del fucile per affrontare quegli animali selvatici. Erano sufficienti le sue braccia per mettere fuori combattimento i grizzly.
Si sentiva un supereroe.
Un essere che affrontava prove sempre più difficili per sfoggiare le sue doti. Questa volontà di superare i propri limiti fisici era un aspetto che aveva portato dalla sua vita mortale,quando era un ragazzo spericolato e competitivo. L’agonismo era tutto per lui. Era l’essenza stessa della vita, che rendeva tutto più bello e degno di essere vissuto.
Perché quando metti in gioco la tua vita arrivando al limite delle tue forze e superando la prova che la sorte ti pone di fronte, la felicità di aver dimostrato le tue doti è impagabile e la ricompensa senza pari.
In parte era stato così anche per lui: era andato oltre le sue possibilità umane ed era riuscito a vincere,diventando un immortale.
Come Ercole al termine delle sue fatiche.
 
Con Emmett ho finito l’allegra famiglia Cullen. Ho pensato che il personaggio più appropriato per lui sia Ercole che dopo le 12 fatiche e la morte a seguito del sangue del centauro Nesso ottenne l’immortalità. Spero che il risultato sia apprezzabile. Grazie ancora per aver letto questa storia. Non sempre l’accoppiata è molto azzeccata e nel caso di Emmett, questo era l’unico personaggio che potevo associare. Ercole o Eracle sono spesso raffigurati in modo selvaggio e si ritrovano spesso in luoghi sperduti o esotici.
 
 
Alla prossima!
Cicina

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Capitolo 27
*** Cariti [Tanya Denali] ***


26. Cariti [Tanya]
 
Tre.
Sempre insieme. Indissolubili.
Questa è l’essenza del clan Denali. Irina, Kate e Tanya sono la guida di questa grande famiglia allargata. Niente le può separare. Le bionde vampire hanno attraversato i secoli, senza screzi né discordie, godendo dei piaceri che l’immortalità ha loro concesso. Ognuna di loro, dietro all’aspetto leggiadro e perfetto, possiede delle caratteristiche particolari.
L’algida e schiva Irina, che non concede con facilità il proprio cuore ma che, quando ciò accade, dà tutta sé stessa.
L’allegra e competitiva Kate, che non permette a nessuno di fare del male alle sue sorelle, ma che non rinuncia ad avere fiducia negli altri.
La disincantata e saggia Tanya, che non rinuncia ai piaceri, ben sapendo che la sua anima è completamente devota alla propria famiglia. Ognuna di loro vive i propri passatempi con la consapevolezza di avere tutta l’eternità a disposizione e che niente può separarle.
Lo credevano tutte.
Lo credeva pure Tanya, che aveva smesso di aggrapparsi a questi ideali.
Fino a quel giorno,quando si presentò alla sua porta quella persona. Si chiamava Laurent e diceva di voler provare il loro stile di vita.La vampira non aveva rifiutato l’idea di ospitarlo. Come capo del clan, era suo preciso dovere essere generosa con chi  non si dimostrava ostile nei loro confronti. Così aveva fatto con Eleazar e Carmen, così avrebbe fatto con Laurent.
Quella persona aveva dei modi cortesi e affabili, tanto che sembrò apprezzare fin dall’inizio il loro modo di vivere. Per seguirlo nella loro dieta, Tanya aveva chiesto ad Irina di aiutarlo a non commettere sciocchezze. Sua sorella non era d’accordo con la sua scelta e le aveva chiesto perché avesse voluto che fosse lei.
A quella domanda Tanya non aveva saputo rispondere. Forse desiderava concedere alla schiva Irina la possibilità di essere felice. Forse aveva visto una scintilla d’interesse far capolino nello sguardo vinaccia del nuovo arrivato, chi poteva dirlo?
Eppure, quella decisione sembrò all’epoca la più adatta.
Dopo alcuni giorni, Irina aveva iniziato a sorridere e la sua risata rieccheggiava nell’aria della loro immensa casa. Il suo viso splendeva di luce propria e sembrava aver perso la malinconia che da secoli la dominava. Iniziò a passare ogni istante del proprio tempo in compagnia di quella persona, al punto da trascurare le sue sorelle. Tanya, che non aveva mai amato davvero, osservava con preoccupazione il cambiamento di Irina, che sembrava essersi vestita delle emozioni di Laurent. Più di una volta, aveva provato a chiederle di venire con lei e Kate, ma la presenza del nuovo arrivato non le permetteva più di trascorrere un momento insieme alla propria sorella con la stessa complicità di un tempo.
Senza poterlo prevedere, Irina si era innamorata. Alla maniera dei vampiri, ovvero in modo cieco ed indissolubile.
Tanya sentiva il legame con la sorella farsi sempre più precario nel corso dei giorni, a causa forse della dipendenza via via più forte tra la fragile Irina e il nuovo arrivato. Aveva inoltre osservato come quel vampiro non rispettasse le loro regole, attaccando umani per saziare la propria sete. Più di una volta lo aveva rimproverato ma quel Laurent si nascondeva dietro alla sorella che, per parte sua, difendeva l’innocenza del proprio amato, minacciandola di lasciare la loro casa per sempre.
A quelle parole, Tanya si ritrovava costretta ad abbassare la testa. Non voleva perdere Irina. Era la sua famiglia ed aveva bisogno di lei e di Kate. Il loro era un legame indissolubile, l’unica cosa forse nella quale Tanya credeva davvero nella sua esistenza immortale.
Per questo, aveva chiesto spiegazioni ai Cullen, per la fine di Laurent per mano dei mutaforma.
Per questo, non era intervenuta in difesa dell’umana contro Victoria.
Irina non avrebbe gradito che la morte del suo amato fosse messa in secondo piano rispetto alle vicende di quella famiglia. Per rispetto al dolore della sorella, Tanya aveva negato il proprio aiuto a Carlisle. Credeva in questo modo di poter aiutare Irina, di farle capire che lei e Kate le erano vicine e che lo sarebbero state per sempre, ma si sbagliava.
Irina, non era più la stessa.
Non passava più il suo tempo con loro, preferendo starsene da sola.
Tanya e Kate avevano fatto il possibile per impedirle di fare sciocchezze ma invano. Le tre vampire erano cresciute come sorelle e conoscevano bene ciascuna le abitudini dell’altra. Irina ne aveva approfittato, per compiere una vera follia: chiedere l’intervento dei Volturi.
La vampira dai capelli mossi, non appena venne a sapere del colpo di testa di quest’ultima, non poté fare a meno di provare un senso di sconfitta. Aveva creduto che il suo legame con Irina fosse saldo ma non aveva preso in considerazione la cieca fedeltà di un vampiro verso il proprio partner e adesso stava pagando. Aveva provato ad illudersi, contando sul legame centenario che da sempre le teneva unite.
Quando però la vide dall’altra parte dello schieramento, tra quelle cappe scure, sola e leggermente spaesata, ma fermamente decisa a vendicarsi, le sue ultime difese caddero, facendola precipitare nello sconforto. Irina non sarebbe più tornata. Non avevano più gli stessi ideali ed interessi. Sua sorella aveva smesso di esistere da molto tempo e lei non aveva voluto vedere. Pur di seguire Laurent, si era messa contro i suoi stessi alleati, e tale scelta l’aveva portata alla sua tragica fine.
Qualcosa si spezzò dentro Tanya, non appena notò come la testardaggine della sorella avesse minato i loro rapporti.
Che la loro amicizia fosse solo un’illusione?
Che solo lei avesse creduto di poter vivere del solo amore per Kate e Irina?
Vedendo Garrett e Kate insieme, non poteva che affermare di sì.
Aveva sacrificato tutto per le sue due sorelle.
Aveva creduto che sarebbero rimaste insieme per l’eternità.
In parte era così, in effetti.
Irina non avrebbe mai lasciato i suoi ricordi.
Kate era rimasta con lei.
Eppure, malgrado tutto si sentiva sola.
Le sue sorelle avevano avuto l’opportunità di essere felici con la persona amata, cosa che Tanya non si era mai concessa, e mai lo avrebbe fatto. Il suo cuore non era così tenero come quello delle altre due vampire, no.
Lei non cedeva ai sentimenti con una simile facilità, pur non negandosi la passione.
La sua mente era sempre separata dal corpo, e così doveva essere. Perché di una cosa Tanya Denali era certa: lei era il punto di riferimento della casa, l’ultimo vero legame del rapporto simbiotico che ancora la legava alla sorella. Il giorno in cui lei avrebbe ceduto all’amore per un’altra persona che non era Kate, quel giorno tale catena invisibile e salda avrebbe cessato di esistere.
E lei non era ancora pronta per un simile distacco.
La famiglia era l’unica cosa che la sosteneva ancora, malgrado i dolori passati.
Come creatura immortale, non amava i cambiamenti e sapeva che se avesse voluto farlo, non sarebbe mai più tornata indietro.
Tanya era consapevole che avrebbe dovuto rinunciare alla famiglia Denali così come l’aveva conosciuta fino a quel momento. Avrebbe dovuto sacrificare l’ultimo pezzo della propria anima per provare ad essere felice per sé stessa, ma non se la sentiva ancora. Colei che aveva amato come una madre era morta per loro e lei, in quanto sorella maggiore, sentiva sulle sue spalle il peso del compito che un tempo apparteneva alla loro creatrice.
Non poteva dare il proprio cuore, interamente, al proprio partner. Quello era completamente occupato dalla preoccupazione di vegliare sulla felicità di Kate, l’unica sorella che le era rimasta, e sugli altri. Erano loro, il cuore del clan.
Irina, con il suo amore cieco e assoluto, aveva rischiato di minare l’equilibrio della famiglia e lei, Tanya, non voleva, né poteva permettersi un tale errore.
Per questo sopportava quel vuoto.
Per questo viveva della gioia riflessa negli occhi di Kate.
Per salvare l’armonia.
 
Allora questo è l’ennesimo capitolo della raccolta. Le Cariti o Grazie erano tre dee, raffigurate sempre insieme, e secondo il mito portavano felicità e armonia tra gli dei e i mortali. Tanya è un personaggio spesso e volentieri visto negativamente e ho voluto dargli in questo capitolo un’immagine un po’insolita. Spero che vi sia piaciuto.
Alla prossima e grazie a tutti coloro che hanno letto!
cicina

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Capitolo 28
*** Kronos [Clan Rumeno] ***


 Cari lettori, spero che vi sia piaciuta fino a questo momento la mia raccolta. Come sempre, faccio del mio meglio per darvi un  lavoro apprezzabile. Sono una scrittrice dilettante, in fondo. Vi ringrazio per aver letto fino a questo momento i miei capitoli, alcuni apprezzabili, altri meno felici.
Non so quando terminerò la raccolta ma spero di rendere all’altezza delle vostre aspettative.
 
26. Kronos [Clan Rumeno]
 
Il tempo.
Un concetto meccanico per i viventi.
Un processo inarrestabile per le creature mortali.
Un qualcosa di astratto e relativo per i vampiri. Vladimir, dall’alto del suo trono, fissa Stefan che non mostra alcun tipo di espressione. Gli occhi scrutano qualcosa d’indefinito, immerso nella nebbia della pianura che si stende sotto di loro. I troni in pietra intarsiata sono antichi e preziosi, come quelli che si trovano nelle chiese medievali. Insieme ai tesori che affollano la stanza nella quale accoglievano chi un tempo recava loro omaggio, sono l’unico ricordo dei loro secoli d’oro.
Ricordi lontani e impossibili da rivivere, anche per un immortale.
Tra le mani il vampiro tiene una lettera.
Un messaggio dal mondo esterno.
Una richiesta di soccorso.
Improvvisamente un sorriso si stende sul suo volto bianco e la mente corre al giorno in cui avevano perso il potere, quando erano stati schiacciati dai Volturi. Ricorda bene il viso trionfante di Aro, che derideva la sua sottomissione e l’ira per lo smacco subito.
“Avete fatto il vostro tempo. E’ora che il nostro mondo abbia un nuovo governo, libero dalla violenza e dai vostri capricci.” Annunciò vittorioso, non senza disprezzo per gli sconfitti.
Vladimir ricorda bene quelle parole. Sono incise a fuoco nella sua testa. Inchiostro indelebile sulla sua immortale memoria. Erano stati costretti a chinare la testa, da servi quali erano diventati. Come Kronos, e Urano prima di lui, erano stati detronizzati e privati di quel trono che spettava loro di diritto, per far spazio ad un nuovo mondo. Avevano segnato un’epoca che si era conclusa con il loro allontanamento dal potere.
La loro fine, ironia della sorte, era avvenuta quando avevano creduto di poter essere inattaccabili. Una superbia che aveva accecato la loro abituale prudenza.
Dall’alto della loro prigione dorata, Vladimir e Stefan osservano l’operato dei loro nuovi sovrani e ne seguono il corso, in attesa.
Prima o poi avrebbero commesso un passo falso. Era questione di pazientare un po’, fossero minuti, giorni, anni. Il fato non poteva essere fermato, neppure da un vampiro.
Loro erano il passato, fermi nel loro dominio di potenza. Avevano permesso che la parola e la persuasione generassero il seme della rivolta, fornendo nuova linfa a chi desiderava prendere il loro posto. Cosa che era avvenuta, con l’ascesa dei Volturi. Essi li avevano detronizzati, condannandoli all’oblio.
Ora toccava a loro e quella lettera testimoniava il cambiamento. Carlisle, il loro pacifico ed idealista amico, chiedeva sostegno per difendersi dalla venuta dei Volturi e loro sarebbero stati ben lieti di assecondarlo. La presunzione di quel vampiro italiano aveva ormai superato la misura, accecandolo, come un tempo era capitato a loro.
“Il momento è arrivato, Stefan. Aro sta sottovalutando il suo avversario ed è giusto che riceva la sua ricompensa.” Fece, sorridendo.
“Una magnifica notizia è quella che sento. Ora quella lingua biforcuta riceverà il castigo che merita. Che sia forse giunta per noi…” iniziò a dire l’altro ma Vladimir lo fermò.
“Ogni stagione ha i suoi protagonisti. C’è un tempo per conquistare, uno per regnare, uno per riflettere. Noi apparteniamo al passato, ma questo non toglie che i Volturi siano in declino. Non so cosa potrà accadere in futuro ma una cosa è certa: le cose seguiranno il loro corso e noi non possiamo fare altro che assecondarlo. Comunque vadano le cose, il loro dominio cambierà.”disse.
“E allora che cosa facciamo?”chiese Stefan.
“Carlisle ci ha supplicato soccorso e quale persona non aiuterebbe un possibile alleato? Andremo dalla sua famiglia. Noi, con le nostre azioni, abbiamo creato l’attuale famiglia regnante e dobbiamo farcene carico. Inoltre, prendila come una rivincita personale, Stefan: comunque vada a finire la cosa, Aro potrebbe non ricevere soddisfazione per i suoi sogni di gloria e questo, amico mio, è uno spettacolo che non possiamo perdere assolutamente.” Concluse sogghignando.
 
Bene questo è un capitolo nel quale compare il clan rumeno. Kronos fu detronizzato da Zeus ed è questo episodio che mi ha fatto venire in mente la shot pubblicata. Spero che non sia una schifezza, anche se onestamente ho preferito il capitolo su Tanya tra gli ultimi scritti.
Vorrei comunque ringraziarvi per le vostre osservazioni, che non possono che farmi piacere.
Alla prossima!
cicina

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Capitolo 29
*** Telemaco [Embry] ***


 Benvenuti cari lettori e lettrici a questo nuovo capitolo di Mytos. Spero che questi capitoli vi piacciano ma non posso saperlo. Se qualcuno mi volesse inviare qualche recensione per dirmi cosa ne pensa della mia raccolta, sappia che è il benvenuto.  Per il momento non so dirvi quanto sarà lunga la raccolta ma credo che tra un po’finirà. Il capitolo che state per leggere è venuto così, casualmente.
 
27. Telemaco [Embry]
 
Che cos’era un padre? Una figura severa e saggia? Un uomo egoista che si ritrovava improvvisamente responsabile di altre vite? Un uomo orgoglioso della sua famiglia?
Spesso, Embry si domandava come fosse avere una figura maschile in casa e vedeva con invidia i suoi compagni di giochi passeggiare per le strade mano nella mano di mamma e papà. La sua mente registrava le loro espressioni di gioia e vivacità quando venivano presi in braccio dal padre e vezzeggiati con moine di ogni sorta. Ogni immagine, quando aveva l’occasione di osservarla, si riversava in lui come un sasso gettato in un pozzo vuoto. Mille domande allora esplodevano nella sua testa.
Perché non aveva un papà?
Perché sua madre era sempre sola?
Perché tutti parlavano alle loro spalle, quando passavano per strada?
Il cuore di Embry si riempì lentamente di risentimento, non verso Ann Call ma verso quella figura indistinta che l’aveva abbandonata, senza voltarsi indietro. Sua madre era una donna eccezionale. Gli aveva dato tutto quando molti, alla notizia della gravidanza inattesa, le avevano voltato le spalle. Era stata insieme madre e capofamiglia, un compito che era riuscita a portare avanti tra mille difficoltà. Col tempo, anche il ragazzo aveva iniziato ad aiutarla, nei limiti del possibile. Avrebbe voluto diventare presto grande e forte e trovare un lavoro dignitoso, lontano da quella riserva che continuava a spettegolare su di loro. Voleva diventare qualcuno, in modo che tutte quelle serpi capissero quanto i Call valessero e per farlo, doveva frequentare una buona università e lasciare il posto in cui era nato e che non riusciva a sentire come casa sua.
Ann Call, quando sentiva i suoi progetti, sorrideva divertita ma rifiutava la sua idea di andarsene da La Push ed Embry non capiva perché. “Quando vorrai andare via, fallo, ma io non ti seguirò. E’giusto che tu segua la tua strada senza questa donna petulante che è tanto orgogliosa di te” diceva, scherzando sul suo carattere protettivo.
Embry non ribatteva, anche se non riusciva a capire come sua madre potesse rimanere là, in balia dei pettegolezzi. Sembrava sempre in attesa di qualcosa o qualcuno. A volte, la sorprendeva a fissare assorta una piccola collana con un minuscolo ciondolo che portava sempre con sé e dal quale non si separava mai. Quando la vedeva in quello stato, era preso da sentimenti contrastanti.
Da un lato era incredulo: come poteva sua madre amare, dopo essere stata usata ed abbandonata, quell’uomo? Non riteneva possibile un simile atteggiamento, non quando c’era la responsabilità di una famiglia da crescere. Ann gli diceva che era in giro per il mondo ma Embry, vedendo fuggire il suo sguardo da lui, aveva ormai capito che stava mentendo. Eppure faceva finta di crederci: se la signora Call non voleva parlare, non poteva costringerla. Amava troppo sua madre per non lasciarle questa illusione.  Avevano troppi problemi per potersi lasciar crogiolare sull’abbandono di uno schifoso egoista che odiava senza rimedio. Inoltre, si era reso conto, crescendo, che i mormorii della gente di La Push non erano dovuti al fatto che era figlio di una ragazza madre. All’inizio erano solo sospetti, fino al giorno in cui era caduto preda della febbre.
La stessa che aveva colpito Sam, Jared, Paul, Jacob, Quil,  i fratelli Clearwater e altri.
E fu allora che capì.
La verità che aveva tanto cercato e che ora malediva, senza possibilità di opporsi.
Era un Quileute ed un mutaforma. Suo padre era un discendente di quei guerrieri e lui era obbligato a seguire le sue orme. Embry sapeva di non poter fare altro che piegarsi al suo destino, combattendo i Freddi e tutti i nemici di quella che ora sapeva essere la sua tribù. Finalmente sapeva di poter far parte della terra in cui era nato e che suo padre era lì da qualche parte. Un giorno avrebbe scoperto la verità del suo abbandono ma non era ancora il momento.
Aveva la responsabilità del suo popolo da rispettare e lui era intenzionato a prendersene carico.
Non si trattava però di rendere omaggio alla sua stirpe. Il suo era un desiderio diverso e tutt’altro che altruistico come molti invece credevano. L’uomo che aveva abbandonato sua madre, se ne era andato senza farsi carico della famiglia che aveva creato e lui non voleva assolutamente assomigliargli.
Almeno su quello, voleva essere diverso, migliore di quell’irresponsabile.
 
Bhé, non so come sia nata questa shot. Embry è figlio di una ragazza madre e ho pensato bene di renderlo simile a Telemaco che, senza il genitore è costretto a crescere in fretta per proteggere Penelope. Nel libro non si sa chi sia il padre di Embry e per una volta ho voluto dare di questo licantropo un’immagine diversa. Spero che vi sia piaciuta anche se ammetto che non sempre queste shot mi vengono bene. Fatemi sapere cosa ne pensate: i vostri commenti mi piacciono molto!

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Capitolo 30
*** Paride [Sam Uley] ***


 Benvenuti cari lettori a questa raccolta. Spero che il mio racconto vi piaccia. Qualche tempo fa ho detto di voler cancellare la serie “La bussola d’oro” ma non lo farò. Quando l’ispirazione tornerà aggiornerò con nuovi capitoli.  Per il momento ho nuove idee per la stesura di alcuni capitoli di questa raccolta. Spero che li apprezzerete.
 
28. Paride [Sam]
 
Il destino è un padrone crudele e imperscrutabile. Governa le vite degli uomini, impedendo di scegliere e dando loro l’illusione di essere padroni delle proprie esistenze. Sam Uley, dall’alto della sua esperienza,  può dire di essere da sempre schiavo della sorte. Il Destino gli ha dato come padre, un uomo irresponsabile ed egoista, che non ha mai dimostrato un minimo di comprensione nei suoi riguardi. Una persona della quale il figlio non può non vergognarsi.
Privo di una famiglia vera e propria, Sam aveva cercato di sopravvivere con le sue sole forze, affrontando i vari problemi nella più completa solitudine.
Si era trovato con il tempo una sistemazione, recuperando, seppure parzialmente, quella pace che Uley senior gli aveva tolto: una casa sua, una fidanzata fantastica e degli amici.
Sam era arrivato al punto da sentirsi un uomo fortunato. Malgrado le sofferenze passate, era riuscito a costruirsi un’esistenza che lo rendeva felice. Era contento di passare il suo tempo con la sua amata Leah e sognava di trovarsi un lavoro che gli avrebbe permesso di mettere su famiglia, l’obiettivo che rincorreva da una vita intera, l’unica cosa che non aveva mai avuto.
Era felice, sereno.
Soddisfatto di aver ottenuto tutto con le sue sole forze, aveva pensato di essere al riparo da ogni inconveniente.
Questo fino a quando non fu colto dalla febbre.
Fu allora che il destino gli giocò l’ennesimo tiro mancino. Dopo quella che in un primo tempo aveva pensato essere una semplice febbre, Sam comprese di essere cambiato. Non era più lo stesso di prima. Era più forte, più veloce, più pericoloso. Aveva provato ad allontanare la sua amata Leah per qualche tempo, preoccupato per la sua incolumità. Poi, non riuscendo più a starle lontano, aveva ripreso a frequentarla, convinto che i legami  che aveva allacciato con grande fatica, fossero rimasti intatti.
Ci aveva creduto, sul serio. Si era illuso che la sua natura di licantropo non avrebbe cambiato nulla.
Avrebbe sposato Leah, la donna che amava, la futura madre dei suoi figli, come aveva sempre sognato.
Sarebbe diventato un padre responsabile, diverso dal quello che aveva avuto.
Avrebbe continuato la sua vita tranquilla, insieme agli affetti che si era conquistato con gran fatica.
Obiettivo al quale non voleva rinunciare.
Eppure era un’illusione che non poteva continuare.
Ora infatti sapeva quale era il suo destino ed i suoi progetti non coincidevano con il disegno che il sangue aveva deciso per lui. Sam aveva lottato contro questa verità scomoda, preferendo non vedere né sentire. L’illusione di essere ancora il vecchio Sam, era qualcosa di troppo rassicurante per essere abbandonata in questo modo, soprattutto per uno come lui, che non aveva mai avuto una famiglia e che era sempre stato solo.
Non voleva essere un mutaforma.
Non voleva essere un capo.
Desiderava non essere più solo e rimanere con la donna che lui si era scelto.
Un sogno legittimo ma che non gli apparteneva.
Tutto crollò, non appena i suoi occhi si posarono sul viso di Emily Young.
Fu allora che comprese: non poteva scegliere.
Il suo destino era piegarsi ai voleri del Fato, con la consapevolezza che qualunque strada si fosse presentata, non sarebbe stato un cammino indolore e senza conseguenze.
Per l’ennesima volta si sentì sconfitto.
Tutti i suoi sforzi non erano stati sufficienti. Doveva obbedire al destino e così fece, troppo stanco per combattere ancora: da uomo libero quale era, divenne schiavo dei voleri del sangue e suo strenuo difensore. Niente aveva importanza di fronte alla pace che l’adeguarsi alla sua natura poteva dare. Nemmeno l’amore.
 
Allora questo capitolo mi è venuto in questo modo ma confesso che non mi è piaciuto molto. Per Sam ho pensato a Paride. Nel mito, prima di andare sull’Olimpo per incoronare la dea più bella, abbandona una ninfa innamorata di lui e che non amerà più dopo aver visto Elena, la donna che gli dei gli concedono.
L’idea nasce da questo punto ma non so se è venuta bene.
Ho notato che molti dei miei capitoli non sono stati commentati. Volevo dirvi che mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate della mia storia ma non siete obbligati a recensire se non volete. Vorrei comunque ringraziarvi per aver letto le mie shot e tutti coloro che hanno messo questa raccolta tra le preferite, le seguite o le ricordate.
Grazie ancora e alla prossima!

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Capitolo 31
*** Anfitrite [Athenodora] ***


 Benvenuti ad un nuovo capitolo di Mytos. Vi ringrazio per aver letto le mie storie. Questa raccolta ha ancora qualche altro capitolo, prima di giungere alla sua conclusione. Il prossimo personaggio che sto per scrivere non compare molto nel libro ma spero che vi piaccia.
Alla prossima!
 
29. Anfitrite [Athenodora]
 
Crash! Athenodora sobbalzò leggermente, per poi rilassarsi di nuovo e ritornare a leggere il libro che ormai non faceva che sfogliare da qualche tempo. Con la coda dell’occhio, osservava intanto i cocci del vaso di ceramica che giacevano a terra, insieme a molti altri, e che circondavano la sagoma furente e minacciosa del suo sposo. Ce ne erano a centinaia, mute prede della furia del consorte.
La vampira chiuse per un momento gli occhi, chiedendosi cosa lo avesse fatto arrabbiare questa volta.
Una nuova umiliazione da parte di Aro?
L’ennesima insoddisfazione data da una chiacchierata ( o, per meglio dire, monologo) con Marcus?
Non sapeva davvero cosa pensare a riguardo. Era comunque certa che non fosse per via di qualche membro della guardia. Jane non vedeva che Aro, Renata idem, Chelsea aveva Afton.
Quanto ad Heidi, era noto a tutti il suo viscerale narcisismo, così come tutti sapevano che da qualche tempo era oggetto delle attenzioni di Demetri. Se mai il suo consorte avesse quindi preso in considerazione l’idea di tradirla, il suo piano avrebbe certamente fatto cilecca su ogni fronte.  Sicura di questi pensieri, Athenodora continuava a leggere le pagine del suo libro. Poteva ritenersi fortunata. Aveva uno sposo che la amava e rispettava, sebbene fosse invidioso, affetto da complesso cronico di inferiorità, irritabile, lagnoso, soggetto a scatti d’ira continui e chi più ne ha più ne metta. Sì, il suo marito non era perfetto, per quanto i vampiri siano considerati all’unanimità creature prive di pecche. A volte si era chiesta per quale motivo fosse diventata la sua compagna.
Caius andava dicendo che l’aveva conquistata con una corte pressante, così decisa da costringerla a darsi alla fuga. Athenodora sogghignò a quel pensiero. In effetti, si era negata non poco a quello che era diventato il suo sposo. Non per i difetti di Caius, quanto piuttosto perché odiava il matrimonio. Della sua vita di umana ricordava bene la sua fuga dalla casa paterna per sfuggire alle nozze con un uomo scelto dalla sua famiglia, un vecchio affetto da gotta e schifosamente ricco. In seguito a ciò, si era unita ad una compagnia di attori girovaghi, facendo perdere le sue tracce.
Era stato allora che aveva incontrato Caius.
A quel ricordo, Athenodora inclinò leggermente la testa. In verità, quello strano e bellissimo personaggio gli aveva fatto una pessima impressione.
Troppo lunatico.
Troppo imprevedibile.
Troppo permaloso.
Nemmeno la sua bellezza immortale, era riuscita a scalfire quell’idea e solo dopo un corteggiamento pressante, la giovane Colombina ( così era conosciuta nel mondo del teatro) aveva ceduto le armi. La mora si massaggiò leggermente la testa, accarezzando la sua chioma color noce, che le cadeva sulla schiena come una morbida cascata. Dopo essersi sposata con lui, aveva iniziato a prendere in considerazione il modo in cui si sarebbe dovuta presentare agli occhi della corte dei Volturi. Era la sposa di uno dei tre sovrani di Volterra e doveva assumere un certo tipo di comportamento. Non aveva l’atteggiamento spensierato e sognatore di Dydime, né, tantomeno, il carattere esibizionista e vanesio di Sulpicia, costretta a sopportare i tradimenti del marito per il resto dell’eternità.
No, l’indole di Athenodora era molto diversa.
Schiva, riservata, razionale e camaleontica: queste erano le sue caratteristiche.
Rimaneva spesso sulle sue, intenta ad osservare e studiare tutto ciò che le stava attorno, adeguandosi in un attimo a qualunque scherzo della sorte. Tali doti la facevano passare inosservata anche tra le compagne dei fratelli del marito. Era forse l’unica regina davvero invisibile tra loro ma non era questo ciò che la rendeva davvero speciale. Sapeva ascoltare come poche persone al mondo ed era sicuramente l’unica, in tutto l’universo vampiresco, in grado di sopportare le fisime di Caius senza battere ciglio. Spesso lo stesso Aro si domandava come potesse quella vampira sopportare le lagne continue del consorte ma l’unica risposta che era riuscito ad ottenere dall’interessata era: sono sua moglie.
La mente del leader dei Volturi era rimasta spiazzata da quel pensiero e, convinto delle stranezze della compagna del suo lunatico e represso fratello, aveva preferito non indagare oltre. Mai avrebbe immaginato che cosa si celasse dietro a quelle parole. Mai avrebbe scoperto che Athenodora amava il consorte proprio per questi difetti.
La vampira infatti era un’attenta osservatrice e aveva compreso, fin dall’inizio del suo matrimonio, che avrebbe sempre avuto in futuro e per l’eternità un ruolo di comparsa. Compito che, per un’attrice consumata come lei, era particolarmente noioso. Le sue giornate erano sempre le stesse, dettate da ritmi identici e privi di cambiamenti. Per ovviare a questo inevitabile difetto dell’eternità, la giovane Athenodora aveva fatto proprio il passatempo dell’osservazione.
Il suo soggetto preferito era il collerico consorte, la cui indole era per lei particolarmente interessante. Non si sarebbe mai annoiata ad osservarlo e studiarlo, dall’altro della sua privilegiata posizione di soprammobile. Ogni volta che era prossima ad una valutazione del suo carattere, Caius la coglieva impreparata, costringendola a ricominciare da capo. Per questo motivo, si sentiva fortunata ad averlo sposato: non la annoiava mai. Persino in quel momento, mentre stava dando sfogo alla sua irritazione, era divertente.
Improvvisamente, si rese conto che il rumore dei vasi rotti era improvvisamente cessato.
Athenodora alzò la testa, vedendo di fronte a sé la sagoma seria del marito che la fissava con ostinazione. La vampira chiuse allora il libro che stava leggendo.
“Aro?” disse questa, senza smettere di guardarlo.
Caius si mise a sedere di fianco a lei. “Sempre lui. Non ne posso più delle sue stramberie.” Mormorò sconsolato, massaggiandosi la testa. La moglie non disse nulla, limitandosi a cingergli le spalle e a farlo adagiare sul suo grembo. Il biondo si lasciò coccolare, ringhiando piano, come se facesse le fusa. La sua espressione seria e crucciata rimaneva però immutata, come se non volesse darle soddisfazione. Quel tentativo di mantenere un improbabile contegno, la fece sorridere. “Anche Aro ha un ruolo. Come te.” Disse quella.
“Lo dici solo per consolarmi! Io sono l’ultima ruota del carro!”sbottò irritato il marito, ma la vampira continuò ad accarezzargli la testa, in un moto lento e regolare, come le onde sul bagnasciuga.
“Non dire sciocchezze! Se anche fosse come dici, pensi davvero che la tua assenza di poteri extra sia qualcosa per cui tu debba considerarti inferiore? Ricordatelo bene: tu sei l’elemento di equilibrio per garantire il nostro potere. Se non ci fossi tu, Aro e Marcus non combinerebbero nulla, credi a me!”rispose, terminando il tutto con un bacio poco casto, che ebbe il potere di rabbonirlo del tutto. La vampira sorrise trionfante.
Come aveva previsto, il suo compagno si era placato, cosa che solo lei riusciva a fare.
Lei, la silenziosa e pacata Athenodora era l’unica in grado di calmare l’irascibile e polemico Caius senza troppi sforzi.
Un dubbio le attraversò la mente per un attimo: che fosse questo il suo potere supplementare?
 
Allora, onestamente non so come possa essere nata questa shot ma mi auguro che abbiate apprezzato lo sforzo. Anfitrite è la sposa di Poseidone ed il suo nome si riferisce alle acque tranquille. Rispetto a Era e Persefone è una figura che passa decisamente in sordina. Ne ho dato una personale interpretazione che spero abbiate apprezzato. Ho immaginato che fosse un’attrice e che pertanto fosse abituata ad osservare tutto ciò che le sta intorno. Dato che le regine di Volterra sono delle comparse sotto ogni punto di vista, ho pensato che Athenodora, con uno sposo ingombrante come Caius, sia una che lascia cuocere l’altro nel proprio brodo prima d’intervenire. Non so se questi capitoli sono venuti bene ma ci tengo a ringraziarvi per avermi seguito fino ad ora.
Grazie a tutti!
cicina

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Capitolo 32
*** Elena [Emily Young] ***


 Benvenuti ad un nuovo capitolo della raccolta Mytos. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto fino a questo momento questa raccolta. Vorrei scusarmi se per diverso tempo non ho aggiornato ma sono impegnata in diversi fronti, nonché in una serie di impegni della vita quotidiana. E’per me un piacere scrivere queste storie e vorrei ringraziare tutti i lettori silenziosi  e quelli che coraggiosamente hanno lasciato qualcosa. Vorrei per questo ringraziarvi.
 
Cicina
 
30. Elena [EmilyYoung]
 
Lo specchio è un vetro che riflette la verità in tutto il suo spietato realismo. Emily fissava assorta il suo viso, cercando di riconoscere i tratti che un tempo la rendevano graziosa e piacevole.
La sua fronte, o meglio quella visibile e non coperta da una benda, si increspò leggermente. Nulla. Il suo volto non era più quello di un tempo. Il dottore era stato chiaro: la ferita che quel grosso animale le aveva inferto avrebbe lasciato le sue cicatrici per tutta la vita.
Non sarebbe più tornata quella di prima.
Forse era per quel motivo che  quel ragazzo, che sua cugina Leah aveva chiamato Sam, era così angosciato. L’infermiera le aveva detto ridacchiando, che non aveva mai lasciato il suo capezzale e si era sempre tenuto informato sulle sue condizioni. Tanto era lo zelo, che la donna lo aveva scambiato per il suo fidanzato.
A quelle parole, la ragazza aveva iniziato a ridere.
Fidanzata con un uomo come Sam? Lei?
No no, pensava scuotendo la testa, non era possibile. Sam era troppo per lei, senza contare che era impegnato con Leah. L’idea di mettersi insieme a lui non la toccava manco per sbaglio. Senza contare poi la sua faccia rovinata.
Sam era bellissimo, gentile e premuroso.
Il sogno di ogni donna.
Il modo in cui la trattava poi la faceva arrossire, lusingata, ogni volta. Era così dolce…così perfetto. Quando era insieme a lui, aveva quasi la sensazione che lo sfregio che portava sul viso non esistesse. Che non avesse importanza. Quando Sam la guardava, sentiva di essere il centro del mondo, la fiamma che attrae una falena. A quel pensiero, un nuovo scoppio di risa le sconquassò il petto. No, non era possibile. Non poteva credere che quel tale la venerasse come se fosse la più bella del mondo. Non era mai stata una Venere e l’incidente appena capitato, allontanava qualsiasi dubbio. Eppure, Sam sembrava pensarla diversamente e lei non sapeva perché.
Spesso aveva quasi il timore di chiedergli la ragione di un simile interesse nei suoi confronti.
Lo sentiva. Era qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Più forte di una semplice attrazione. Più incontrollabile dell’amore stesso. Emily sentiva distintamente questa forza, propagarsi nello spazio quando quel ragazzo era nei paraggi. Era come una vertigine, come un tuffo con il bungee-jumping, dove ti lanci nel vuoto in cerca di adrenalina, sapendo di avere le spalle coperte dall’equipaggiamento. Di fronte a quell’interesse, si sentiva perduta e più vulnerabile di quanto già non fosse.
Non voleva tutto questo.
La sua razionalità non desiderava intrecciare un simile legame e si dibatteva frenetica, non appena i suoi occhi incontravano lo sguardo di lui. Sembrava quasi destino.  Sam la faceva sentire la più bella donna del mondo e non la stava prendendo in giro.
Doveva essere meno triste, eppure sentiva che vi era qualcosa di sbagliato.
Il suo istinto le gridava di assecondare questa attrazione ma la mente si rifiutava di fare altrettanto. Le rammentava le possibili conseguenze della sua azione. Il dolore che avrebbe arrecato a colei che era la persona più cara e leale: sua cugina. Non voleva distruggere tutto per una banale cotta.Sapeva infatti che il danno che avrebbe portato non sarebbe stato rimediabile come quelli passati. Aveva visto l’amore che Leah portava, ricambiata a Sam. Tradirla era sbagliato e sleale. Di questo voleva convincersi. Era sbagliato.
Doveva stare lontano da quell’uomo bellissimo e perfetto e andare avanti.
Per la famiglia di Sue.
Per sua cugina.
Per sé stessa.
….
Doveva fare finta che non stesse succedendo niente ma il pensiero di vivere senza Sam, appariva ai suoi occhi come qualcosa d’intollerabile. Emily non credeva nella Fortuna ma non poteva spiegarsi quel legame improvviso in altra maniera. Il Destino l’aveva privata della sua bellezza per essere il centro della vita di un uomo che lei non doveva desiderare. Una persona che ricambiava questo legame con la stessa forza e tormento.
In cuor suo, la ragazza voleva allontanarlo da sé, spaventata dalla grandezza delle emozioni che la sommergevano ogni volta che le sue iridi incontravano i carboni scuri di Sam. Lottare contro quella forza si faceva ogni giorno sempre più insostenibile e lei era troppo debole per opporsi.
Per questo, baciò Sam Uley, fidanzato storico della sua amata cugina Leah, in quella stanza che puzzava di disinfettante. 
Per questo, non ribatté alle accuse di quest’ultima, di fronte alla notizia del tradimento.
Perché non si può lottare contro qualcosa che ci manovra come burattini. Non quando a tessere le fila sono i capricci di un Fato beffardo.
 
Bhé, questa shot è su Emily. Ho pensato a lei a come un burattino manovrato dalla sorte. Ho ripensato all’imprinting delle Meyer e mi è venuto questo lavoro. E’probabile che fra un po’ termino la raccolta ma dato che non pianifico nulla non posso fare previsioni. Vorrei ringraziarvi per avermi seguito e vi aspetto al prossimo capitolo della storia.
 
Cicina

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Capitolo 33
*** Zeus [Aro] ***


 Dunque, cari lettori, benvenuti a questa raccolta. Posso dire che manca poco alla fine della raccolta. Voi direte “Era ora!”.Il fatto è che ogni volta che mi accingevo a scrivere la parola “fine” saltava fuori un’altra idea. La shot che state per leggere è quasi scontata ma non potevo fare diversamente.Spero  che vi piaccia.
Alla prossima!
 
31. Zeus [Aro volturi]
 
Il potere è un amante geloso, che non accetta di essere condiviso né, tantomeno, di passare in secondo piano. Nulla deve oscurarne la venerazione ed il controllo.
Né l’affetto per i familiari.
Né il piacere personale.
Tutto deve essere finalizzato a mantenere l’ordine stabilito al momento della presa del potere. Una volta ottenuto un simile risultato, l’equilibrio che ne deriva deve essere mantenuto con ogni mezzo. Come diceva Machiavelli? Per conquistare il potere devi essere golpe o leone? Aro, che ha avuto l’occasione di conoscere il fiorentino, non ha potuto fare a meno di condividerne il pensiero, pur domandandosi come mai non sia riuscito quello a metterlo in pratica. L’autore del Principe predicava bene e razzolava male, non ha alcun dubbio in proposito.
Dall’alto del suo trono, il vero signore di Volterra non può fare a meno di osservare, con quel suo sorriso schifosamente soddisfatto, la grandezza delle conquiste, cose che lo galvanizzano in ogni momento, come se fossero  recenti. In fondo, il tempo per i vampiri è un concetto relativo ed astratto, non passa mai. Aro osserva i secoli con la stessa curiosità che potrebbe avere una divinità nei confronti delle creature inferiori, alternando momenti di stupore ad attimi di sconcerto per le sciocchezze che gli uomini compiono continuamente, malgrado lo scorrere delle epoche. A volte si chiede come possano i popoli perdere il dominio, cedendo a sciocche emozioni,  oppure come grandi menti cadano in disgrazia a causa della debolezza di ideali senza senso.
Spesso quando pensa a questo, non può fare a meno di ridere divertito. I vampiri non sono preda di simili debolezze, poiché servono unicamente il proprio piacere. Certo, esistono tipi bizzarri come il suo amico Carlisle, che preferiscono tradire la propria natura in nome di inutili principi etici. Aro si domanda a volte come possa un simile individuo, dotato di grande acume e profondità di pensiero, essere così masochista. Lui non lo farebbe mai, questo è certo.
Non sarebbe sempre così devoto e fedele alla sposa e, ovviamente, non si curerebbe dei suoi pensieri riguardo alla propria condotta. E’un sovrano, rispettato e temuto, al quale tutti devono obbedienza. Sulpicia lo sa, come è consapevole del suo ruolo. Non deve intromettersi nel suo personale rapporto con il potere ma assisterlo nel suo compito di garantire l’equilibrio, come semplice comparsa. In cambio, l’astuto vampiro le concede onori e ricchezze che mettono a tacere qualsiasi lamentela da parte dell’augusta consorte. Aro sa che non può trovare nessuna come Sulpicia, eppure mai si sognerebbe di darle conferma della sua convinzione di essere necessaria. Farlo significherebbe darle importanza e magari istillarle l’idea di poter fare a meno di lui.
Troppo rischioso e deleterio.
Da quando è al potere, il mondo dei vampiri, sottoposto alla sua autorità, vive più o meno in pace, senza troppi conflitti come in passato. Aro è soddisfatto di questa situazione così statica.
Sentirsi come il fautore della pace, giustifica ogni suo crimine, purché il misfatto sia celato dietro ad una maschera di legalità, finzione su cui ha lavorato per secoli. Il vampiro sa di potersi permettere simili concessioni, a patto di non eccedere troppo. L’equilibrio del mondo che governa è più importante di tutto.
Del piacere personale.
Degli affetti.
Degli alleati.
Di sé stesso.
Questa è la chiave della sua sovranità e nessuno ha il diritto di  toglierla alla sua persona, tranne Aro stesso.
 
Questo è il capitolo dedicato ad Aro. Spero che vi sia piaciuta. Mancano almeno due personaggi prima della fine della raccolta e vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno letto le mie storie e messo tra i preferiti, seguiti o ricordati i miei lavori. Grazie ancora a tutti.
 
cicina

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Capitolo 34
*** Amazzone [Leah Clearwater] ***


Salve a tutti, cari lettori! Sono lieta di annunciare che presto questa raccolta terminerà. Questo è il penultimo capitolo della raccolta, che dedico al mio personaggio preferito. Prima di lasciarvi, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto la mia raccolta. Non so se la concludero per Pasqua. In ogni caso vi faccio i miei migliori auguri in proposito.

Cicina

Ringrazio intanto quelle 5 persone che hanno gentilmente messo la mia storia tra i preferiti, 1 tra le ricordate e 9 tra le seguite.

32 Amazzone [Leah Clearwater]

Zac! Zac!
Le ciocche ebano cadevano lentamente a terra, creando sul pavimento della camera una piccola macchia d’inchiostro. La mano impugnava le forbici, eseguendo tagli rapidi e precisi, mentre gli occhi non si staccavano dall’immagine riflessa allo specchio. 
Iridi chiare, un tempo piene di vita e ora cariche di rabbia e risentimento.
Nella sua testa, le immagini dei traditori rimbombavano nella mente, accrescendo la sua insofferenza per la piega imprevista degli eventi.
Fatti di cui la ragazza cerca, senza riuscire davvero, ad ignorare la responsabile.
Lei, la figlia dello sceriffo. Non può non pensare che è tutta colpa sua se la propria vita è andata a rotoli. Eppure nessuno vuole vedere quanti problemi creino agli altri quel suo amore egoista. Un sorriso sarcastico si disegna sul viso duro e bellissimo della ragazza.
Già, nessuno vuole vedere le conseguenze dannose dell’intromettersi nelle faccende di Bella.
Una persona timida, silenziosa, fragile ed incosciente, che merita di essere protetta.
Non come lei.
A quel pensiero la ragazza stringe convulsamente i pugni, fino a rendere le nocche completamente bianche. Con un gesto di stizza deposita le forbici sul comodino, senza notare che ha deformato l’impugnatura. Ormai non fa più caso alla sua improvvisa forza e, sebbene si trattenga quasi sempre, non riesce tuttavia a sopprimere la nuova natura con cui, bene o male, deve convivere. A farne le spese sono gli oggetti in casa e, ovviamente, i vestiti.
Senza pensarci troppo, Leah si libera degli abiti che porta, osservando critica il suo aspetto.
Ad occhio esterno, è sempre la stessa.
A detta della mamma, è ancora una bellissima ragazza.
Al ricordo di quelle parole, la mutaforma non può fare a meno di ridere amara. Sua madre tenta d’indorarle la pillola ma la verità è che la vecchia Lee-Lee è morta da tempo. Ciò che è ancora visibile è solo il suo involucro. Nessuno vuole vederlo o, forse, la ritengono troppo stupida per accorgersene. A quell’amara costatazione, alza le spalle con noncuranza. Ormai ha esaurito le lacrime e non ha voglia di piangere ancora per quel branco di ottusi egoisti.
Piangere per le ingiustizie della vita non è da lei.
Da Emily forse, ma non da Leah.
Dulcis in fundo, come se il fatto di aver perso l’amore della sua vita non fosse abbastanza, il suo corpo si è fermato, diventando sterile come quello delle femmine dei Freddi. In altre parole, la cicogna non busserà mai alla sua porta e questo è forse il dolore più grande. Non che avere figli le importi molto, ma è sempre cresciuta con il sogno di avere una famiglia unita come quella di sua madre e sapere che ciò non accadrà mai, a meno che non scoppi il miracolo ( e lei sa di non essere così fortunata da averlo),  la avvilisce più di ogni altra cosa al mondo. La consapevolezza poi di essere l’unica licantropa mai apparsa nella storia della tribù, la fa inoltre sentire sola e priva di comprensione.
Lei non è più una donna, questa è la verità. 
Lo dice il suo corpo.
Lo pensano i suoi “fratelli”.
Lo vede negli sguardi compassionevoli che sua madre, talvolta, non riesce a nascondere.
E la cosa le fa rabbia.
Non basta il suo dolore, deve anche farsi carico dell’egoismo, travestito da pena,  di tutti coloro che le stanno intorno e lei è stanca di essere incompresa o, peggio ancora, compatita. Come se non bastasse, deve assistere alle nozze di Sam come damigella d’onore della cugina: di questa scelta la licantropa non sa se deve ridere o indignarsi.
Forse non è un male per lei non avere l’imprinting. Per quello che ha potuto vedere, rende solo idioti e falsamente felici. Lo trova innaturale ma, data la sua condizione, preferisce tacere per non passare per invidiosa. Perché lei non lo è, di questo è certa. Non può perdonare il comportamento scorretto ed insensibile dei due sposini ma non vorrebbe allo stesso tempo essere nei panni di Emily. Perché quel Sam che lei sta per sposare non è l’uomo che aveva giurato amore eterno alla cugina pochi giorni prima di quel colpo di fulmine lupesco e, sicuramente, la –per pochi giorni ancora- signorina Young non avrebbe mai posato i suoi occhi su Uley, dato che non rientrava nel suo ideale di uomo, ma questo, per il sangue dei mutaforma, non ha alcuna importanza. Ora entrambi sono solo nelle mani dei disegni della tribù, nient’altro. Leah non può fare altro che guardare impotente lo svolgersi degli eventi.
Spesso ripercorre con la mente i momenti felici passati, mentre lo stomaco si contorce per la nostalgia di quei giorni. Vorrebbe tornare indietro a volte, altre invece non baratterebbe il suo stato attuale per nient’altro al mondo.
Ora è un essere fortissimo, leggendario, capace di mettere al tappeto senza troppo sforzo quegli insulsi bevitori di sangue.
Nessuno riesce a batterla nella corsa.
Forse suo padre aveva ragione, quando le diceva che non era destinata a vivere un’esistenza ordinaria. Il vecchio Harry spesso le confessava ridendo, che il suo coraggio e decisione erano troppo grandi per stare nel corpicino di una ragazza così mingherlina. Uno scoppio di risa esplose violento nella sua gola, mentre il corpo veniva scosso da tremiti crescenti. Passarono dei minuti interminabili prima che quell’attacco d’ilarità passasse.
Non appena quelle risate cessarono, la ragazza fece dei profondi respiri, per cercare di calmarsi. Il suo amatissimo genitore aveva sicuramente ragione su tutta la linea, per quanto riguardava il suo carattere.
Lei non poteva essere una donna come tutte le altre.
Lei non era in grado di fare la damigella bisognosa di protezione, anzi.  Spesso era la sola persona in grado di tirare fuori dai pasticci il fratello e l’unica con abbastanza fegato per affrontare una situazione spiacevole. Era sempre stata una combattente, una persona che preferiva affidarsi alle sue forze piuttosto che pretendere aiuto dagli altri.
Fu proprio guardando la sua nuova immagine che prese una decisione.
Il destino non aveva voluto per lei una vita come una donna della sua tribù.
Il sangue degli antenati aveva deciso diversamente e lei, benché il prezzo fosse alto, si sarebbe fatta carico delle conseguenze, come Clearwater.
Da quel momento, la vecchia Lee-Lee non esisteva più.
Ora c’era la coraggiosa Leah Clearwater, discendente degli antichi protettori della sua gente e guerriera ella stessa. Cose tipicamente femminili non avevano più ragione di esistere nel suo animo. Non quando la sicurezza del suo popolo era in pericolo. Il destino l’aveva scelta privandola delle gioie della maternità e dell’abbraccio di un compagno per conferirle una vita da amazzone.
Un’esistenza libera eppure fedele ai principi dei Quileute.
Una vita solitaria e fuori dal comune.
Una vita a metà strada tra due mondi, senza appartenere a nessuno di essi.
L’amazzone.


Questo è il penultimo capitolo della raccolta, dedicato al mio personaggio preferito. Non piace a molti eppure sono convinta che sia tra tutti quello che merita di più. L’ho paragonata ad un’Amazzone e non credo ci sia bisogno di spiegazioni. Mi è sembrato necessario, visto che l’ho trattata poco bene nella prima shot. Spero che vi sia piaciuta. Per ora vi do l’appuntamento all’ultimo capitolo di Mytos, quello che mi sta dando più problemi per ora.
A presto

cicina


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Capitolo 35
*** Enea [Jacob] ***


 Benvenuti all’ultimo capitolo della raccolta.  Non avrei mai pensato di mettere finalmente fine a questo lavoretto fatto quasi per scherzo. Dedico questo capitolo a Jakefan e a tutti i fan del mitico mutaforma. Vi dico subito che questa shot è stato un autentico parto. Non mi veniva in mente un abbinamento che mi soddisfacesse.  Alla fine ci sono riuscita e spero che lo apprezzerete. Nel frattempo, vi ringrazio per avermi seguito in questa mia scommessa.
Ah, dimenticavo! Se per caso seguite le altre mie storie, per qualsiasi informazione su aggiornamenti ed affini, guardate nel mio blog che trovate nella pagina autore. Cerco di aggiornarlo tutte le volte che è possibile, per cui potete darci un’occhiata!
 
Alla prossima
Cicina
 
Enea [Jacob]
 
Gli scalini si susseguivano uno dietro l’altro, uguali tra loro. Jakob alzò leggermente la testa, guardando quanti ne rimanessero prima di raggiungere il piano, ed in cuor suo esultò: erano quasi arrivati. L’ingresso faceva capolino proprio lì, di fronte a loro, con la sua insegna anonima. Al mutaforma la vista di quel nome sembrò quasi come la sorgente di un’ oasi agli occhi di un viandante nel deserto.
“Papà” disse alla figura che se ne stava a cavalluccio sulle sue spalle “ci siamo.”
Billy Black, che se ne stava abbarbicato alla sua schiena, come una conchiglia sul paguro, lanciò un’occhiata alla porta che si apriva di fronte a sé e non poté fare a meno di sbuffare. “Jake” lo rimproverò con un tono lamentoso “ma che ci siamo venuti a fare? Tanto non serve a niente. Non mi piace questo posto. Voglio tornare a casa.” Quest’ultimo, sentendo per l’ennesima volta le lagnanze del genitore ( che, per la cronaca, erano iniziate nel momento in cui avevano varcato la porta per uscire dalla loro abitazione) si piantò immobile davanti alla scritta  “ENDOCRINOLOGIA” e gli riservò un’occhiataccia furente, la stessa che regalava a Seth quando questi si lasciava prendere troppo dall’entusiasmo. “Prevenzione” disse severo e scocciato “si chiama prevenzione e non voglio sentire altre lamentele. Ora ti porto là dentro e fai le analisi che servono…e smettila di tenermi il muso, che non attacca!”
Non era possibile, si diceva il ragazzo sull’orlo di una crisi di nervi, che quell’uomo, uno dei saggi della sua tribù, rispettato e onorato da tutti, facesse così tante storie alla vista di una siringa: era inconcepibile. Eppure, tutte le volte che occorreva fare dei prelievi, quel vecchio iniziava a fare le bizze peggio di un bambino capriccioso, mentre l’altro lo trascinava, non senza sforzo, in ospedale. La scena era sempre la stessa, con l’ennesima, fastidiosa inversione dei ruoli, come se Jake fosse il padre e non il figlio. Grottesco.
Il capofamiglia Black borbottò nuovamente qualcosa ma subito tacque stizzito, non appena vide la porta aprirsi e fare la sua comparsa un’infermiera dal sorriso smagliante e due occhi da cerbiatta.
“Oh” disse la donna, calorosa “finalmente siete arrivati! Il dottore iniziava a spazientirsi.”
“Scusate, infermiera Foster, ma ho avuto dei problemi. La carrozzella di mio padre  si è rotta, l’ascensore è guasto ed io mi sono trovato costretto a raggiungere il settimo piano a piedi, portando mio padre sulle spalle.” Spiegò, simulando una stanchezza che non provava. Era un mutaforma, ma non voleva dare nell’occhio. Sarebbe stato strano infatti che un ragazzo della sua stazza, per quanto ben piantato e muscoloso, non avesse nemmeno il fiatone dopo aver fatto decine di rampe.
Certo, portare a cavalluccio suo padre non era proprio il massimo delle sue aspirazioni.
Il vecchio Billy inoltre non aveva smesso di dimenarsi un attimo per tutto il tragitto, come un’anima in pena, irritando non poco il figlio che lo sorreggeva con un solo braccio. L’altro era infatti impegnato a tenere per mano la piccola Nessie che, di tanto in tanto, lo strattonava altrove, rapita dal nuovo ambiente in cui si trovava e, purtroppo, dall’odore di sangue dei pazienti.  Jake la osservava a metà strada tra il rapito e l’esasperato. La sua amata, ancora bambina, era un vero terremoto.
Non stava mai ferma, neppure in quel momento. Muoveva la testolina da una parte all’altre, facendo ondeggiare i suoi ricci, cercando ogni volta il suo sguardo, come se fosse lo scoglio per un naufrago. E Jacob, sotto quelle iridi cioccolatose, non poteva fare a meno di sorridere ebete e pensare a come sarebbe diventata la sua Reneesme in futuro. La sua mente si perdevae nei meandri della sua fantasia, immaginando, con estrema ricchezza di particolari, la futura vita insieme alla sua –non ancora- fidanzata e moglie. Pensava a quanto sarebbe diventata bella e ai momenti che avrebbero passato insieme, alle seratine romantiche sulla spiaggia di La Push, e non poteva fare a meno di piantarsi in viso un sorriso idiota e schifosamente felice. L’assenza in quel momento del futuro suocero leggipensieri poi, gli permetteva di fantasticare come desiderava, senza correre il rischio di urtare vampiri con superpoteri. Certo, per il momento le immagini erano ancora innocenti ma era noto a tutti quanto l’imprinting potesse essere insidioso. Un momento vedevi il tuo sole come una sorellina da proteggere, un attimo dopo come una donna da amare, con gravi problemi con la famiglia della persona con la quale avevi l’imprinting.
Nel caso di Reneesme poi, il rischio di essere trasformato in un grazioso tappetino da mettere fuori dalla porta non era poi così irrealizzabile. Jacob si era ormai reso conto di quanto la mezzavampira avesse stregato tutti: umani, mutaforma e vampiri. Farla soffrire equivaleva a firmare una vera e propria condanna a morte.
Non si poteva comunque dire che fosse afflitto da tutto l’affetto che il mondo sembrava riservare alla mezzavampira, anzi. Da quando aveva posato i suoi occhi su quelli della bambina, aveva compreso che tutte le sofferenze patite in passato avevano avuto uno scopo. Forse non era stato un caso per lui essersi innamorato prima di Bella, poi di Nessie.
Il destino era la chiave di tutta la rocambolesca vicenda che aveva vissuto negli ultimi anni.
Gli aveva dato inizialmente il compito di occuparsi dell’anziano genitore, cosa che continuava ad assolvere con stoico impegno, malgrado suo padre non fosse proprio un pezzo di pane. Per lui, era diventato un figlio devoto ed obbediente, che non si lamentava mai dei problemi che la salute di questi poteva provocare.
Si era poi innamorato perdutamente di Bella Swan e, credendo scioccamente che la sua abilità nel capire quella ragazza timida e silenziosa, avrebbe risolto ogni incomprensione, si era convinto che potesse ricambiare un giorno i suoi sentimenti. Mai scelta si era rivelata più dolorosa.
La figlia dello sceriffo aveva infatti donato il suo cuore ad un vampiro.
In un primo momento, si era quasi rassegnato. Jacob, non sapendo ancora della natura dei Cullen, pensava di non essere alla loro altezza, di non poter offrire niente a Bella. Poi il suo sangue si era risvegliato, sottoponendolo al secondo dei doveri che come Quileute era tenuto a rispettare: la protezione della sua terra e del suo popolo.
Difendere la sua famiglia.
Difendere la gente di La Push.
Questi erano i suoi compiti: l’amore che portava per Bella però non coincideva con nessuno di essi, dilaniando il suo cuore che non si capacitava di come potesse essere successo tutto questo. Scegliere Bella e seguirla, battendosi per conquistarla, avrebbe significato venire meno ai doveri verso il suo genitore, che aveva bisogno di lui, e verso la tribù che necessitava della sua forza per essere al sicuro. Combattere per quel legame che viveva purtroppo solo nella sua fantasia, era stato fonte di sensi di colpa, rimorsi e frustrazioni, nonché d’indicibili sofferenze.
Jake chiuse per un momento gli occhi, ripensando a quei momenti. Ora che era finito tutto, poteva vedere in tutta la sua chiarezza, quale fosse il destino che gli era stato riservato. In passato vi si era opposto con ogni mezzo, non riuscendolo ad accettare, ma adesso non ne aveva più motivo. Strinse lievemente la manina di Reneesme, per trattenerla al suo fianco ed impedirle di cacciarsi nei guai. L’interessata gli rivolse prima uno sguardo incuriosito. Jake si limitò a sorriderle luminoso e rassicurante.  
Il volere dei suoi antenati lo aveva reso un guerriero e portato a compiere delle scelte spesso dolorose, donandogli alla fine una compagna che il mutaforma sentiva di amare con tutto sé stesso. Un sentimento che mirava unicamente alla felicità di quest’ultima, senza dover chiedere ossessivamente di donargli il proprio cuore, in quel limbo senza pace che era stata la sua passata infatuazione per Bella. Black spesso si stupiva di come era diventato naturale per lui comportarsi con rispetto e devozione verso un’altra che non fosse la Swan, senza provare gelosia o incertezza.
Nessie era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Pace.
Sicurezza.
Gioia.
Felicità.
Non sapeva se il suo volerle bene potesse definirsi amore e non era nemmeno interessato a scoprirlo.
Nessie era il suo porto sicuro, la sua stella polare nell’immensa eternità che lo attendeva. Era tutto ciò di cui aveva bisogno, niente di più niente di meno. Forse non era la felicità comunemente intesa ma a Black andava bene così.
Ora che aveva trovato Reneesme, si sentiva completo: non era forse anche questo amore?
 
Ok , con il nostro licantropo preferito si chiude la raccolta Mytos. Avevo deciso fin da subito di accostarlo ad Enea ma non sapevo come impostare il capitolo. Poi mi è venuta in mente l’immagine con cui Enea viene spesso rappresentato, con il padre sulla schiena ed il figlio per mano mentre lascia Troia. Questa è la prima similitudine. La seconda è quella legata al destino che gli dei decidono per Enea, portandolo a perdere la moglie Creusa, a lasciare Didone, per trovare finalmente la sposa predestinata ovvero Lavinia. Mi sono dilungata molto in questa spiegazione ma mi sembrava doveroso. Mi pare che sia venuto bene come accostamento, non credete? Quando avevo pubblicato il primo capitolo della raccolta, non avrei mai creduto di creare qualcosa di così esteso ma le idee venivano in continuazione e non riuscivo mai a mettere la parola fine. Alcuni accostamenti sono stati riusciti meglio di altri ma nel complesso, come autrice dilettante, non posso fare a meno di considerarmi soddisfatti. Più scrivo e meno mi risulta difficile mettere le idee su carta. Strano ma vero. Il solo fatto di aver posto fine a questo lavoro è per me motivo di grande soddisfazione
Vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno letto, messo tra preferiti o ricordati o seguiti e naturalmente tutte le anime pie che mi hanno lasciato una recensione. Vi sono davvero grata, così come sono contenta di aver trovato questo sito che mi ha permesso di pubblicare le mie storie.
Grazie a tutti!
 
Cicina
 Ps. Ringrazio nuovamente
 
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Che mi hanno messo tra le ricordate ed ovviamente tutti coloro che silenziosamente hanno letto la mia fatica.
Grazie nuovamente di cuore!
 
cicina

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