Sauron, la storia del lupo di nick nibbio (/viewuser.php?uid=103172)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** le origini. ***
Capitolo 2: *** Il giorno del mio credo ***
Capitolo 3: *** un incontro che mi cambiò la vita ***
Capitolo 4: *** il sorriso che vale più di qualsiasi tesoro ***
Capitolo 5: *** la melodia dell'addio ***
Capitolo 6: *** in viaggio verso il destino ***
Capitolo 7: *** Prigioniero degli Shad ***
Capitolo 8: *** Una luminosa eredità ***
Capitolo 9: *** il maestro della spada e delle grandi energie ***
Capitolo 10: *** il potere di creare una nuova realtà ***
Capitolo 11: *** la prova del lupo ***
Capitolo 12: *** il potere della speranza ***
Capitolo 13: *** Verso un nuovo inizio ***
Capitolo 1 *** le origini. ***
Chi sono e le mie origini
Ciao. Con questo piccolo crossover,
vi anticipo la storia di uno dei personaggi della mia storia
principale.
Credetemi quando vi dico che
sarà diverso da tutti gli altri. Buona lettura.
Aprii la
porta della mia stanza e vi entrai.
Sapevo che quella sarebbe stata
l’ultima volta che
avrei varcato quella soglia: che per tanto tempo era stato il mio
piccolo
mondo.
Si sa: bisogna crescere, anche se spesso non lo vorresti.
Mi avvicinai al comodino del mio letto e mi chinai
sull’unica cornice: dove era stato immortalato il momento
più bello della mia
infanzia, con la ragazza che mi fece sentire parte di questo mondo.
Chi sono? Sicuri di volerlo sapere?
Badate: la mia non
è una storia per i deboli di cuore.
Se qualcuno dirà che sono strano: avrà ragione,
almeno
in parte.
Salve, chiunque siate: io sono Sauron Folgore
Sandtimes e mi chiamano il Lupo, ma chiamatemi semplicemente Sauron.
Ho solo quindici anni, ma mi sembra di averne vissuti
100. Forse, in seguito, capirete il perché.
Se mi dovessi descrivere: direi che sono alto un metro
e settanta, ho un corpo snello ed atletico, la mia pelle è
leggermente
olivastra, tratto materno.
Il mio viso? Direi che è sottile, incoronato dai miei
capelli per natura alzati verso l’alto, nero scuro con delle
curiose linee
dorate, che li attraversano verticalmente; i miei occhi sono verde
smeraldo,
belli da vedere ma , a mio parere , un po’ malinconici..
Che altro dovrei dire?!
Ah giusto! Chi è la mia famiglia.
Mia madre si chiama Kaeelena Sandtimes ed appartiene
alla famiglia dei cosiddetti ”signori del tempo”:
cioè coloro che manipolano il
tempo tramite le mistiche sabbie del tempo. Il nostro simbolo? Una
clessidra
che perde sabbia verso l’alto ed il basso, chiusa in un
cerchio perfetto.
Lo porto orgogliosamente sul petto di ogni abito.
Mio padre? Non l’ho mai
conosciuto. Mia madre dice che
ho il suo stesso volto e, spesso i suoi stessi occhi.
Forse lo conoscete: si chiama Itachi Uchiha del clan
Uchiha.
Molti lo definiscono un assassino genocida, il più
terribile dei mostri, ma mia madre me lo ha sempre descritto come
un’anima
errante: la cui vita è piena di tristezza e segnata da un
profondo tormento,
che è riuscito a condividere solo con lei. Da quella
condivisione è nato un
grande amore e io ne sono il risultato finale.
In me risiedono le
abilità di entrambi i clan:
Sabbie del tempo e Sharingan, portati al loro
massimo livello; una mia caratteristica è che sono nato con
lo Sharingan
perfettamente sviluppato e. da poco, ho scoperto di essere dotato di un
livello
superiore a quello raggiunto da mio padre, lo Sharingan Ipnotico
Eterno, che io
preferisco chiamare Eternal Sharingan. Contrariamente a quanto sembra,
non
apprezzo raccontare di queste cose: diciamo che è una
premessa a quello che
avverrà dopo ed è uno dei miei tre principali
segreti.
All’inizio, ho detto di
avere l’impressione di aver
vissuto più di 100 anni. Forse è vero, ma
perché?
Per farvelo capire, credo valga la pena cominciare a
raccontare dalla mia nascita, almeno come me l’hanno
raccontata.
Era una sera tempestosa, la
mezzanotte era passata da
alcune ore. Era il 25 ottobre di quindici anni fa.
Mia madre, dopo un lungo travaglio, era riuscita a farmi
nascere e, in quel momento, mi stava abbracciando con le lacrime agli
occhi,
felice di vedere che il destino le aveva concesso la
possibilità di generare
una vita.
“Come lo
chiamerai?” chiese la ginecologa.
“Vorrei chiamarlo come suo padre, ma preferisco
qualcosa di nuovo”.
“Del tipo?”.
Mia madre spostò lo
sguardo da me verso la finestra e
osservò il tuono che saettava rapido nel cielo. Esso, per un
attimo, assunse
una strana forma, simile a quella di un rettile non precisato e lei lo
notò.
“Hai visto quel fulmine?” chiese mia madre.
“Già. È raro che un fulmine assuma una
forma animale,
prima di cadere , forse impossibile. Ma un amico ci ha insegnato che
niente è
impossibile vero?” .
“Si Luce! Hai ragione”
La ginecologa si chiamava Luce e,
tempo addietro,
insieme a mia madre e ad altri grandi eroi aveva contribuito a compiere
una
grande impresa: salvare il regno che rappresentava i sogni di tutti
coloro che
vivono nei vari mondi, Fantasy.
Racconterei volentieri la loro storia, ma mi
dilungherei troppo e non ho molto tempo, quindi andiamo avanti.
“Sai credo di aver
trovato un nome adatto”.
Si abbassò verso di me e disse: “Piccolo mio, ti
chiamerai Sauron Folgore.
È vero: è
curioso, ma sono sicura che ti porterà fortuna
più di qualsiasi altro nome” e
mi baciò delicatamente la fronte.
“Un bel nome. Sono sicura che anche quell’Itachi ne
sarebbe contento” commentò Luce.
“Me lo auguro” disse mia madre.
In un’altra dimensione,
un uomo dallo sguardo perso
nei suoi tristi ricordi, ebbe una strana sensazione, come se qualcosa
di bello
fosse nato dalla sua anima.
Si fermò e si toccò il cuore.
“Cosa c’è signor Itachi? Non vi sentite
bene” chiese
un uomo alto con il volto simile a quello di uno squalo.
“Va tutto bene, Kisame. Proseguiamo!” disse lui
tornando
serio. In realtà, mentre camminava, sentiva una strana
felicità. Non sapeva
cosa fosse, ma sperò di saperlo presto.
“Sai Luce. Credo che lui
lo abbia capito, in un certo
senso” disse mia madre.
“Probabilmente hai ragione” rispose Luce.
“Sauron! È un
nome davvero speciale, per un ragazzo
speciale.” Disse una voce.
Le due donne si voltarono di scatto verso la direzione
dalla quale veniva, ma non videro nessuno.
La finestra si aprì e da essa entrò una luce
dorata.
Da questa luce uscì lo spirito di un uomo virtuoso.
"Chi sei?” chiesero le due donne.
“Io mi chiamo Minato Namikaze e, un tempo, ero noto
come il Lampo Giallo del villaggio della Foglia nonché quarto Hokage”
disse lo spirito.
“Il quarto Hokage?” disse Luce.
“Esatto. Già avete conosciuto i ninja della foglia
e
avete visto anche mio figlio. Quel ragazzino turbolento di nome
Naruto” disse sorridendo
lo spirito di Minato.
“Tu sei il padre di Naruto?” disse mia madre
sbigottita.
“Si. Vi sarei lieto se non glielo diceste per favore.
Comunque, sono venuto per dare il benvenuto a questo bambino
speciale con un piccolo regalo” disse Minato.
“Un regalo? Gli spiriti
non possono fare regali” disse
Luce.
“In teoria è così. Ma quello che voglio
dargli è
qualcosa che appartiene al mondo dei vivi, che non posso più
tenere con me”
disse serio.
“Cosa sarebbe?” chiese mia madre.
Dalla mano del Quarto apparve una
sfera rossa, avvolta
da catene nere.
“Qui dentro è racchiusa la parte del Kyuubi che
non
sono riuscito a sigillare dentro mio figlio. Il mio dono è
questo”.
“Sta indietro!”
disse mia madre tenendomi stretto.
Anche Luce si frappose tra me e lo spirito.
“Comprendo la vostra paura. Nessuno dovrebbe portarsi
un simile fardello, soprattutto se appena nato. Ma credetemi: tra tutti
i
bambini che sono nati, lui è quello che meglio
può domare il potere di questo
essere, esattamente come mio figlio” disse calmo Minato.
“Non voglio che mio figlio diventi una forza portante
e soffra come è successo a Naruto e Gaara. Lui è
la mia vita adesso. Non credo
che riuscirei a sopportare..” si interruppe.
Davanti a lei si aprì lo
scorrere del tempo,
mostrandole quello che sarebbe stato il mio destino.
“Perché? Perché il destino vuole essere
così crudele
con lui? Perché ogni membro della nostra famiglia deve
ricevere una
maledizione?” disse piangendo.
Le sue lacrime caddero sul mio piccolo volto,
svegliandomi e rivelando il mio Sharingan, già sviluppato.
“Anche dal suo ramo paterno. Anche nella stirpe di suo
padre c’è una maledizione eterna.
Perché deve andare così? Perché non
può
vivere come un ragazzo normale” chiese guardandomi.
“Il destino che hai visto
è solo una parte” le disse
Minato “Il resto spetterà a lui costruirlo.
Credimi quando ti dico che sarà più
luminoso di come l’hai visto”.
“Come fai a saperlo?” chiese mia madre con gli
occhi
rossi.
“Ricorda che le anime del paradiso possono vedere nel
futuro senza alcun limite. Io so che il destino di Sauron
sarà glorioso.
In cuor mio, spero che il suo cammino si intrecci con
quello di mio figlio e che insieme possano sciogliere tutte le
maledizioni e
portare la pace che tutti vogliamo.
Quello che gli darò è l’augurio di un
nuovo futuro che
cambierà quello di entrambi i clan dai quali discende e dei
quali è ultimo
erede.
Kaeleena fidati di me”.
“Soffrirà
moltissimo ed io non riuscirò a lenire il
suo dolore” disse mia madre.
“Una madre è disposta a tutto per aiutare un
figlio:
la mia defunta moglie Kushina ne è stata la prova.
Tu sei molto forte e gli darai l’amore di cui avrà
bisogno per andare avanti. È questo il più grande
compito di un genitore:
riempire di amore un figlio”.
Mia madre annuì debolmente: “Non so se
potrò farcela
da sola”.
“Ti aiuterò io” intervenne Luce
“E lo stesso faranno
anche tutti gli altri. Ricordarti che siamo una squadra:
così come abbiamo
guidato Nick, guideremo anche Sauron.
Saremo con te, tutti quanti” e alzò il pollice.
“Grazie!” disse commossa mia madre.
“Hai l’appoggio
dei tuoi compagni, cos’altro ti
serve?” disse Minato “Anche io, nei miei limiti
veglierò su di lui, te lo
prometto”.
“Grazie!” ripeté lei “Allora
fallo!”
Minato si avvicinò a mia madre e spinse la sfera
dentro il mio corpo sigillandola col sigillo ottagonale e sparendo nel
nulla.
“Piccolo mio, te lo
prometto: ti sarò sempre vicino
con tutto il cuore, anche se ci saranno mari e monti a
separarci” e mi baciò la
fronte.
“E io ti sarò altrettanto vicina come
madrina” disse
Luce avvicinatasi “Sempre se tu sarai d’accordo
Kaeleena”.
“Non potrei essere più d’accordo. Grazie
Luce” disse
lei “Non sarai mai solo. È una promessa”.
Questo è ciò
che avvenne la notte della mia nascita.
Ricordare quell’evento mi fa pensare quanto sia stato
fortunato ad avere una
madre come lei.
La promessa che mi fece è sempre rimasta fissa ed io
sono stato felice.
Vorrei dire che il peggio fosse passato, ma non era
così: anzi, doveva ancora venire.
Che ne pensate di questo
primo
capitolo? Vorrei chiedervi la massima sincerità nelle vostre
recenzioni: accetto consigli e critiche, leggere se possibile.
Tengo molto a questo personaggio e a quello che farà, forse
più di quello della storia principale.
in attesa del prossimo capitolo, vi saluto tutti.
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Capitolo 2 *** Il giorno del mio credo ***
il giorno in cui nacque il mio credo
Salve
a tutti. Vi presento tutto d'un fiato il racconto di un'intera giornata
di questo piccolo, grande eroe. Spero che il capitolo precedente vi sia
piaciuto, perchè questo ha un tono molto diverso...
Buona
lettura.
I primi cinque anni della mia vita
furono segnati da
una profonda solitudine.
Sebbene nessuno sapesse che ero una forza portante,
molti mi evitavano per ciò che era mio padre.
Si. È proprio come pensate. Senza nemmeno conoscerlo
ero stato etichettato come un mostro, perché figlio di un
mostro.
A causa di questo: nessuno, a parte i compagni di mia
madre, si avvicinava a me.
Le persone mi vedevano con odio, i bambini mi
evitavano e mi emarginavano.
Se non sono impazzito lo devo solo all’amore di mia
madre che era sempre pronta a consolarmi e che mi spingeva ad andare
avanti
nonostante le difficoltà.
Ci sono così tanti
episodi della mia infanzia che
vorrei raccontare, ma quelli più significativi sono tre. Su
di essi gira tutta
la mia storia e il mio credo ed è per questo che ora li
racconterò.
Il primo di questi avvenne quando
avevo cinque anni e
mezzo: ero solo un bambino eppure già ragionavo come un
adulto, suscitando la
sorpresa di tutti soprattutto quella di mio nonno, Yaphisan Sandtimes,
il più
antico dei signori del tempo.
Neanche il passato di mio nonno era stato roseo: aveva
regnato come imperatore del tempo per migliaia di anni.
Poi, quando ricevette una chiamata ancora più grande e
fu costretto a fare una scelta, il tempo stesso lo maledì:
fu condannato a
perdere le sue fattezze umane e divenne lo Spettro del Tempo, uno
spirito di
sabbia col volto celato da una maschera eterna che mai più
lo avrebbe
abbandonato e l’avrebbe obbligato ad errare in eterno nello
spazio e nel tempo
senza mai trovare pace.
Nonostante questo maleficio, mio nonno forzò sé
stesso
a starmi vicino. Mi insegnò tutte le arti della nostra
famiglia e i più
importanti precetti del combattimento: la spada, l’arte dei
ninja, la
levitazione, il corpo, la mente, lo spirito e il cuore.
Tutte queste, insieme alle sue conoscenze, furono il
mio primo bagaglio che mai ho dimenticato.
Fu la sera dopo uno di questi allenamenti che capii il
mio credo.
Prima, per, permettetemi di
riassumere la giornata: a
parer mio, è altrettanto determinante e poi vi
dirò il resto.
Muovendomi nell’aria,
stavo esercitandomi a lanciare i
kunai in vari punti per centrare i bersagli.
Quella tecnica non era la mia specialità, ma non sono
mai stato il tipo che si arrende facilmente e continuai ad insisterei.
Quel pomeriggio, già trenta volte avevo provato ad
eseguire quei movimenti, senza riuscire a coordinarmi bene.
Ricordo ancora le testate che presi quel giorno d’Autunno
in cui soffiava un vento freddo.
“Direi che per oggi
può bastare Sauron” disse il nonno
“Torniamo a casa, altrimenti chi la sente tua
madre”.
“Per favore nonno, fammi provare un’ultima
volta” gli
dissi esausto “Sento che questa è la volta
buona”.
“L’avrai detto almeno dieci volte oggi.
L’aria si sta
caricando di umidità, fra poco pioverà.
È meglio interrompere e tornare a casa per oggi: non
voglio che ti prenda un raffreddore”.
“Facciamolo solo un’altra volta”
insistetti “Questa
volta ce la farò”.
Mio nonno sospirò ed acconsentì.
La pioggia aveva cominciato a
scendere ed io stavo
immobile in mezzo alla radura, incurante di ciò che mi
circondava.
Mi concentrai, cercando di localizzare tutti i
bersagli con la mente.
Poi saltai: mi capovolsi e, senza indugi, lanciai i
kunai verso le varie direzioni, cercando di direzionarne alcuni per
deviarne la
traiettoria.
Dopo il lancio feci una capriola e atterrai sul suolo
bagnato, scivolando nel fango.
“Sauron! Tutto bene?” disse mio nonno correndo
allarmato.
“Tranquillo sto bene” dissi alzandomi pieno di
fango.
Il nonno si fermò un attimo a guardarmi e poi
scoppiò
in una sonora risata.
“Che c’è da ridere” dissi
imbronciato.
“Dovresti vederti Sauron, sembri il mostro di
fango”
disse lui.
Feci il broncio e girai la testa offeso.
“Basta ridere adesso.
È meglio tornare a casa” disse lui.
“Aspetta! Devo vedere come sono andato” dissi e
corsi
nei punti in cui avevo lanciato i kunai.
Con mio grande rammarico, vidi che avevo fatto di
nuovo cilecca: avevo centrato solo un bersaglio.
“Beh! Almeno un progresso c’è: ne hai
preso uno” disse
allegro il nonno.
“Capirai che risultato!” sospirai
e starnutii.
“Visto? Ti stai raffreddando. Torniamo a casa prima
che ti ammali veramente. Penseremo domani a sistemare tutto”.
“Ma così i bersagli si rovineranno!”
dissi “Dobbiamo
raccoglierli”.
“I bersagli sono facilmente sostituibili, la tua
salute no. Adesso filiamo a casa” e si incamminò.
“Va bene!” dissi sconsolato e mi incamminai dietro
di
lui.
In quel periodo abitavo in una
piccola villa di
campagna, costruita a mo di castello arabo all’esterno, ma
dotata di ogni
confort all’interno.
Mia madre stava camminando nervosamente davanti
all’ingresso. Quando entrammo mi fece una bella strigliata
per come mi ero
ridotto.
Una volta che ebbe finito, mi disse:“Avanti tesoro, va
cambiarti. Non vorrai mica presentarti così davanti ai
nostri ospiti”.
“Ospiti?” feci io “Che ospiti?”
“La tua madrina e le sue amiche. Arriveranno fra
breve. Quindi non farti trovare in quel modo.
Papà dovrai pulirti anche tu!” disse rivolta al
nonno.
“Cosa?” fece
lui “Io che c’entro? Non sono mica..”.
“Niente ma!” lo interruppe mamma “Andate
subito a
lavarvi altrimenti a letto senza cena”.
Quando mamma faceva in quel modo non erano ammesse
repliche.
Io e il nonno ubbidimmo e andammo nella mia stanza a
cambiarci.
“Tua madre è
davvero terribile vero?” disse il nonno
mentre si lavava la maschera.
“E’ tua figlia. Avrà preso dalla
nonna!” dissi io.
“Le donne della famiglia sono davvero tremende!”
sospirò.
Cominciai a tossire ed a starnutire ripetutamente: a
quanto pare la doccia fuori programma, mischiata alla fatica di quel
giorno mi
avevano fatto ammalare.
Il nonno mi si avvicinò
e mi tocco la fronte.
“Accidenti. Sauron scotti. Ecco cosa succede a non
ascoltare il nonno quando dice di tornare a casa”.
“La testa dura è di famiglia” dissi
secco “Forza andiamo
a cena!” E mi incamminai, ma caddi a terra privo di sensi.
Mi risvegliai alcune ore dopo
sdraiato nel mio letto e
con un panno umido sulla fronte.
Intorno a me c’erano la mamma, il nonno, la mia
madrina Luce e le signorine Marina ed Anemone che mi osservavano
preoccupati.
“Devo essermi addormentato!” dissi scherzando.
“Quanto sei spiritoso!” esclamò mamma
“Mi hai fatto
davvero preoccupare. Per fortuna che Luce è venuta in
anticipo e ti ha dato
un’occhiata. Per qualche giorno dovrai restare a
letto”.
“No!” mi lamentai “Devo completare i miei
allenamenti”.
“Smettila di lagnarti monello!” mi riprese la
signorina Marina “Dovresti essere contento di poter restare a
letto a non far
niente. È il desiderio di tutti i bambini”.
“Di tutti i bambini che stanno bene, non di quelli che
hanno la febbre” ribattei.
“Vedi di
riprenderti in fretta allora” disse lei.
“Tanto guarisco in fretta!” dissi sconsolato.
“Buon per te, no? Ma adesso sei alla nostra
mercé”
disse lei mentre si avvicinava al mio letto con sguardo maniacale.
“No!” dissi
tirandomi le coperte addosso “Niente
pizzicotti, niente solletico. Non sono un bambino”.
“Questo lo dici tu piccolino” e cominciò
a
solleticarmi da sopra le coperte, facendomi scoppiare dalle risate.
Era abitudine degli amici della
mamma farmi quegli
scherzetti e lo facevano in modo del tutto naturale.
“Ehi Marina. Smettila di solleticarlo” la
interruppe
la signorina Anemone “Altrimenti non mi lasci
nulla”.
Come ho detto, è
abitudine.
Le due ragazze mi solleticarono
sotto lo sguardo divertito
di mamma del nonno e di Luce.
Alla fine venne mia madre che, sollevate le coperte
con il classico “Cucù” mi
tirò le guance e mi baciò la fronte, facendomi
arrossire.
Mi sono sempre vergognato a farmi baciare in pubblico
da mia madre, cosa naturale per tutti credo. Ma con amici tutto
è permesso,
penso.
Dopo di lei fu il turno di Luce, la
quale si sedette
sul mio letto e mi accarezzò i capelli.
Il suo tocco gentile: era la cosa che più preferivo.
Quella donna era sempre amorevole con me: mi faceva
credere di poter fare qualsiasi cosa: bastava il semplice sentimento
per curare
un qualsiasi dolore. Era questo il suo credo.
“Allora Sauron: come sono
andati gli allenamenti?” mi
chiese.
“Uno schifo!” dissi io.
“Agli inizi è sempre così. Tutto cambia
quando trovi la
tua consapevolezza”.
“Come quella che trovò Nick, il nostro grande
eroe?”
chiesi io mettendomi a sedere.
“Esatto. Proprio come lui” disse con un sorriso.
“Ti prego. Raccontami la sua storia. È la mia
preferita”.
“Ehi!” intervenne mamma “Sai che ore sono? A quest’ora
dovresti dormire. Se vuoi
riprenderti devi riposarti”.
“Si, ma non mi stancherei mai di sentirla” dissi io.
“Tu no. Ma noi abbiamo un po’ di sonno!”
disse mamma.
“Se farai il bravo te la racconterò la prossima
volta”
disse Luce.
“Quando tornerai a trovarmi?” chiesi.
“Il più presto possibile. Devo vedere come sta il
mio
paziente preferito” disse con un sorriso.
Sentendo quel sorriso e quegli
occhi puntati su di me,
mi sentii avvampare.
“Credo sia meglio
lasciarlo riposare” disse mamma
“Venite, vi accompagno alla porta.
Fa tanti bei sogni piccolo mio, che ti diano la giusta
ispirazione”.
“Buona notte mamma. Buona notte a tutti voi.
Perdonatemi se vi ho fatto preoccupare” dissi.
“Buona notte Sauron!” dissero tutti e uscirono
dalla
stanza chiudendo la porta.
Rimasi a lungo seduto sul mio letto
a pensare.
Nella mia mente ricordavo le avventure di Nick e dei
giovani ragazzi di cui si era circondato, i mitici Sun’s
Knights.
Nel mio cuore desideravo essere come loro: forte,
coraggioso e determinato.
Con la mente ripercorsi tutti gli
scontri che mi erano
stati raccontati, tante e tante volte da mia madre e dalla mia madrina:
di come
Nick avesse sconfitto Orochimaru e poi Abominon; della lotta contro i
primi
dieci generali infernali, uno più agguerrito
dell’altro; del viaggio nella
dimensione dei duelli in cui regnava il Sovrano Supremo e di come i
giovani
cavalieri lo avessero affrontato e sconfitto e di quello che ancora
avrebbero
dovuto affrontare.
Mi rendevo conto che quella storia era ancora lontana dal
concludersi, ma speravo di potervi prendervi parte e realizzare me
stesso.
Il mio salto di fantasia sparì così come era
apparso.
Ciò che desideravo, restava un desiderio
irrealizzabile, pensai.
Che cosa poteva fare un bambino per aiutare degli eroi
a salvare ciò che era veramente importante, quando nemmeno
comprendeva cosa
fosse questo qualcosa?
Sconsolato, scesi dal letto e mi
appoggiai al
davanzale della finestra ad osservare il cielo.
Ormai aveva smesso di piovere e la luna sorgeva
luminosa nel cielo ora sgombro. Osservare la candida signora nella sua
pienezza, mi illuminò lo spirito, dandomi
l’illusione di toccarla con un dito.
Mentre la osservavo estasiato, notai una stella
cadente attraversarla ed espressi il mio desiderio, pieno di speranze e
augurandomi una nuova vita.
Quella stella, dopo aver
attraversato la luna, si
illuminò e scese.
Stupefatto, la vidi schiantarsi, con un leggero
chiarore su un piccolo altopiano poco distante.
Senza nemmeno pensare alle conseguenze del mio gesto,
infilai un vestito pulito, aprii la finestra e mi misi a correre verso
la
direzione del bagliore.
Il vento ululava con forza,
sollevando tutta la
vegetazione.
Con le tempie che mi pulsavano e il viso rosso,
continuai a correre, cercando di ignorare la debolezza e la paura.
Mentre correvo, sentivo l’ululato dei lupi mischiarsi
a quello del vento, dandomi un senso di profondo terrore.
Non riuscivo a capire se fossero vicini o lontani,
tantomeno da quanto tempo stessi correndo.
Poi, all’improvviso, sentii un rumore di zampe.
Mi stavano inseguendo e non mi ero nemmeno preoccupato
di portarmi appresso un arma.
Tutto ciò che potevo fare era correre e sperare che la
febbre non mi annebbiasse la vista.
Con tutta la forza che avevo, accelerai il passo verso
l’altopiano, sperando di non commettere un grave errore.
Mentre stavo pensando a questo, un lupo mi apparve
davanti saltandomi addosso. Era una bestia enorme dal folto pelo nero:
le sue
enormi fauci si erano aperte e puntavano alla mia gola.
Stringendo i denti, saltai in alto,
evitando
l’assalto. Mentre mi sollevavo vidi in basso: rendendomi
conto di avere alle
calcagna un intero branco, composto da circa una dozzina di esemplari.
A quel punto la paura si impossessò del mio corpo: il
cuore cominciò a battermi all’impazzata, come se
volesse uscire dal petto e non
riuscivo a fermarlo.
Quando atterrai cominciai a correre alla cieca senza
sapere più dove stessi andando. Poi,
all’improvviso, tutto si fece buio.
Una foglia mi cadde sulla testa e
mi ridestai di
botto.
Spaventato mi alzai in piedi e mi guardai attorno
confuso.
Il mio respiro era agitato, incapace di fermarsi. Di
fronte ai miei occhi mi si parò lo spettacolo più
agghiacciante che avessi mai
visto: tutti i lupi erano a terra in una pozza di sangue ed io ero
interamente imbrattato di quel sangue.
Le mie mani erano rosse, dalle dita fino agli
avambracci.
Cercai di ricordare che cosa fosse
successo, ma tutto
quello che ricordavo era la mia corsa disperata.
Dove ero finito? La testa mi pulsava e non riuscivo a
capire più niente.
“Sauron!” disse
una voce.
Sobbalzai terrorizzato verso la direzione da cui essa
veniva.
Chi era che mi chiamava? Non riuscivo a capire chi
fosse e avevo paura.
“C-Chi è?” chiesi.
Il bagliore di una torcia mi attraversò il viso ed
apparve uno strano essere.
Spaventato feci
un passo indietro.
“Calmati Sauron. Sono io”.
La figurasi avvicinò e il nonno mi apparve davanti.
“No-Nonno!” dissi io e lo abbracciai piangendo.
“Che cosa ci fai qui figliolo? Questo posto non è
sicuro di notte”.
“Ho avuto tanta paura!” riuscii a dire.
Il nonno vide il macabro spettacolo, poi mi guardò
preoccupato.
“Che cosa è successo?” mi chiese.
“N-Non lo so! Tutto si è fatto buio”.
Ci vollero parecchi minuti pria che riuscissi a
riprendermi e a rielaborare ciò che era successo. Poi capii:
quel massacro era
opera mia.
Stavo scappando dai lupi:
l’adrenalina era al massimo
e le mie condizioni fisiche e mentali indebolite dalla febbre.
Poi una grande forza si era impossessata di me e il
desiderio di sangue mi aveva pervaso.
Lo strato del demone era uscito e la volontà delle
volpe si era impossessata di me e aveva straziato e distrutto le vite
di quelle
creature.
“Sono stato
io!” dissi traumatizzato “Ho lasciato che
la paura mi pervadesse e ho inconsciamente liberato la volpe”.
Il nonno si irrigidì. Poi, vedendo i miei occhi pieni
di paura, recuperò il sangue freddo si
inginocchiò davanti a me: “Ciò che hai
fatto non poteva essere evitato. Hai agito d’istinto per
salvare la tua vita. L’importante
è che nessun innocente ci abbia rimesso la vita”.
“Ma nonno” dissi isterico “Ho tolto la
vita a delle
creature. Mi sono macchiato del loro sangue senza potermi fermare e,
addirittura provandone un perverso piacere. Sono un mostro”.
“NON PENSARLO NEANCHE!” mi sgridò,
picchiandomi alla
guancia.
Lo guardai terrorizzato.
Mi abbracciò forte a sé: “Perdonami se
ho alzato la
voce nipotino mio”.
Ricambiai l’abbraccio, trovandone tutto l’affetto
possibile.
Dopo che mi fui definitivamente
calmato, mi staccai
dal nonno.
“E’ meglio tornare a casa. Se tua madre si accorge
che
sei stato qui avrà una crisi isterica!”
“Si. Va bene”.
C’incamminammo verso la strada di casa, sperando di
dimenticare tutto.
Ma la notte non era ancora finita: mi serbava ancora una
sorpresa illuminante, direi.
Mentre camminavo, vidi un bagliore
alla mia destra.
Mi fermai e cercai di capire che cosa fosse.
“Sauron. Che stai facendo?” chiese il nonno
giratosi
verso di me.
Indicai con la mano la direzione.
“Che cos’è?” disse, piegandosi
sulle ginocchia.
Come se fossi posseduto, mi incamminai verso la luce:
non sapevo se fosse la febbre, ma sentivo una voce che mi chiamava.
Dietro di me il nonno mi chiamava, ma la sua voce era
confusa, quasi incomprensibile alle mie orecchie.
Corsi a perdifiato fino a quando
non giunsi in
un’ampia radura: lì al centro vidi un cratere e,
in mezzo, una strana luce.
“Finalmente sei arrivato Sauron. È stata una lunga
attesa” disse il bagliore.
“Tu stavi aspettando me? Perché?” chiesi.
“Per realizzare il tuo desiderio e guidarti verso il
tuo futuro” rispose e mi avvolse in un luminoso abbraccio.
Il nonno giunse nella radura e si
fermò a pochi passi,
esterrefatto dallo spettacolo che gli si parò davanti.
“N-Non è possibile!” riuscì a
dire.
Il mio corpo era ricoperto da
un’armatura blu notte,
decorata con stelle e fulmini dorati, dall’elmo scendeva uno
spesso piumaggio
bianco come la luna piena, che mi avvolgeva tutta la schiena, quasi
come fosse
un mantello.
Tutto quello che avevo desiderato si era avverato:
avevo un’armatura, ero diventato ciò che
desideravo. Ero diventato un vero
Sun’s Knight.
“Quello è Incanto Di Folgore Il Cavaliere della
Luna”
disse il nonno, ripresosi dalla sorpresa ed avvicinatosi “A
quanto pare, hai
davvero fatto l’impossibile Sauron”.
“Ma come è possibile?” chiesi.
“Te lo spiego io Sauron” disse lo spirito.
Io e il nonno restammo senza parole.
“Quando hai espresso il
desiderio davanti alla luna,
essa ha voluto metterti alla prova” disse lo spirito.
“Alla prova?” feci.
“Esatto! I lupi che ti inseguivano erano la prova.
Ciò
che dovevi fare era affrontarli con i mezzi a tua disposizione. Non
importa il
potere che hai usato, hai ottenuto la tua vittoria e quindi il tuo
premio, cioè
io”.
“Quindi, adesso io
sono..” feci.
“Non ancora! È ancora troppo presto. Tuttavia mi
hai
conquistato e ti sarò sempre a fianco d’ora in
poi”.
Con un sospiro che era a
metà tra la felicità e la
tristezza, vidi lo spirito svanire e fluttuare intorno a me.
Il sangue che fino a poco fa mi aveva ricoperto, era
sparito, lasciando i miei abiti immacolati: quasi come se fosse
avvenuta una
cerimonia di purificazione della mia anima.
Sentii l’aria fresca attraversarmi il corpo, come se
fosse un’anima pura che mi prendeva nel suo caldo abbraccio.
“Sta per sorgere l’alba figliolo” mi
disse il nonno.
“E’ vero. Andiamo a vederla?” chiesi.
“Oramai ci siamo. Quindi andiamo”.
Senza rendercene conto, eravamo
giunti in cima
all’altopiano. Ma non era un qualsiasi altopiano: era il
leggendario “Altopiano
dell’eroe”, il luogo in cui colui che aveva salvato
il Fantasy aveva ritrovato
sé stesso e sciolto la maschera del dolore.
La luce del sole illuminò il mio volto ed io, per la
prima volta mi sentii libero.
“Sai?” disse il nonno “Si dice che questo
luogo sia
magico. Se lo raggiungi con il cuore leggero, la strada che percorri
trova un’illuminazione”.
“Le voci sono vere, direi.
“Hai avuto l’illuminazione?” mi chiese.
“Si. Ora ho trovato il mio credo”.
“Allora dillo con tutto il cuore”
Alzai le braccia al cielo e dissi:
“IO DIVENTERO’ UN
EROE. Ma non un semplice eroe. Mi impegnerò per cambiare i
destini di coloro
che incontrerò. Così come dalle tenebre della
notte sorge il giorno, illuminerò
la strada degli altri e un giorno: riuscirò a realizzare
quel sogno che è ha il
nome di pace”.
“Ah! Che credo complicato! Dovrai lavorare duramente per
realizzarlo” disse il nonno.
“Lo so! Ma adesso ho una ragione di vita e la
perseguirò fino alla fine”.
“Sei pronto a giurarlo?”’
“Fino alla morte”.
“Allora dovremo iniziare a metterci
d’impegno”.
“Sono pronto!” dissi mentre osservavo il sole.
Da allora ho messo tutto me stesso per realizzare questo sogno e non mi
arrenderò fino a quando
non lo vedrò esaudito.
Bel
finale vero? Mi sono preso la briga di mettere tutto insieme
per stupirvi .
Penso che, dal prossimo, proverò a spezzettare un po' la
narrazione, visto che non so quanto scriverò..
Vi prego di commentare questa storia con tutta sincerità.
Come sempre, vi dò appuntamento alla prossima
|
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Capitolo 3 *** un incontro che mi cambiò la vita ***
un incontro che mi cambiò la vita
Salve a tutti quanti.
Spero che questa
storia stia cominciando a piacervi e che i capitoli precedenti
vi abbiano un po' incuriosito.
Eccovi il nuovo capitolo e buona lettura.
Mi raccomando commentate.
Il secondo episodio più
importante della mia vita è
legato all’incontro di una ragazza, forse la prima che mi
abbia davvero rubato
il cuore: ed è la stessa che, adesso, è
riprodotta insieme a me nella cornice
che ho sul mobiletto.
Il suo nome è Selen.
Era una giornata tranquilla e
monotona: lezioni fino a
tardi, completamente ignorato dagli altri e considerato un mostro e un
visionario, per via del mio sogno che avevo deciso di gridare ai
quattro venti.
Ad esso si era aggiunta la presenza di Incanto di Folgore, che mi
fluttuava
sempre accanto che nessuno, a parte me poteva vedere: quindi ero
allontanato da
tutti.
A pensarci adesso mi viene da ridere, ma allora era un
ulteriore macigno che avevo addosso e questo mi faceva davvero male.
Stavamo per incominciare le
lezioni. La maestra entrò
nell’aula e fece una comunicazione alla classe:
“Buongiorno a tutti”.
“Buongiorno maestra!” dicemmo come pappagalli
(patetico).
“Prima di cominciare la lezione, dobbiamo dare il
benvenuto ad una nuova alunna. Prego, entra”.
Entrò una ragazzina. Il suo sguardo era malinconico,
ma molto dolce, accentuato dagli occhi rossi e luminosi. Una cosa che
mi
sorprese molto era il colore dei suoi capelli: lunghi e rosa luminoso ,
coperti
in parte da un berretto azzurro su cui erano disegnate delle ali.
“Salve a tutti” disse timidamente.
“Vi presento Selen Rose: viene dal Giappone della
dimensione 12. Vorrei che faceste subito amicizia con lei e le
indichiate il
programma che stiamo facendo.
A questo punto bisogna trovarle un posto. Scegli pure
il posto che più preferisci”.
Di posti liberi ce
n’erano cinque: uno due banchi
avanti a me, affianco alla cattedra, uno al centro, nella zona delle
pettegole
di moda, due vicino alla porta, dove c’erano i patiti della
musica. L’ultimo
era quello vicino a me, di fianco alla finestra.
Da quando frequentavo la scuola,
nessuno si era mai
seduto vicino a me, considerando la mia stranezza. Ero sicuro che
avrebbe
scelto le patite di moda, quindi non ci feci caso e non feci alcun
gesto.
“Scusa!” mi
sentii chiamare “Potresti lasciarmi sedere
vicino la finestra? Mi piace guardare fuori”
Mi sentii attraversato da un fulmine a ciel sereno.
Quella ragazza, tra cinque posti liberi aveva scelto proprio quello che
nessuno
voleva: vicino a me.
Come un robot, mi alzai e la lasciai passare.
Mentre si sedeva: la osservai e lei, sentendo il mio
sguardo, arrossi e lo stesso feci io.
“Ciao!” mi disse timidamente “Io sono
Selen Rose”.
“Piacere” dissi io mentre mi sedevo come un automa
“Io
sono Sauron Folgore Sandtimes”.
La lezione andò
normalmente, salvo per il fatto che mi
sentivo lo sguardo di tutti sul collo. Alla cosa ero abituato, ma non
era odio
o paura che sentivo: bensì invidia, da parte dei maschi e
preoccupazione, da
parte delle femmine.
C’era anche un’altra cosa nuova: ero molto vicino
ad
una ragazza che non era né mia madre, né una sua
amica e la cosa mi piaceva.
Ma sapevo che non sarebbe durata a lungo.
Era ora di pranzo. Come mio solito,
mi ero seduto sul
tavolino più vicino alla porta, completamente solo a
consumare il mio pasto.
“Perché non chiedi a quella ragazzina di farti
compagnia?” mi disse lo spirito di Incanto di Folgore.
“Non servirebbe a niente” dissi dopo aver bevuto un
sorso di succo “Le altre l’avranno avvicinata e
detto qualcosa su di me. Non vale
la pena neanche provarci. Sono sicuro che, da domani, se ne
andrà da qualche
altra parte”.
“Allora non mi volterei, fossi in te. Spero che ti
vada di condividere il posto con qualcuno oggi” disse Incanto.
Alzai la testa e me la trovai
nuovamente davanti.
“Posso sedermi qui?” disse con lo sguardo basso.
“C-Certo!” dissi nuovamente rosso.
Mi si sedette davanti e cominciò a mangiare in
silenzio.
“Che cosa devo fare?” pensai.
“Dille qualcosa” propose Incanto che sentiva i miei
pensieri.
“Si. Ma cosa?” pensai.
“La prima cosa che ti viene in mente” disse.
La testa mi stava per scoppiare:
non riuscivo a
pensare a nulla e non riuscivo a toccare cibo.
Come potevo uscire da quella situazione così imbarazzante?
“Ciao Selen!” disse una ragazzina che passava di
lì.
“Ciao” disse lei aggiustandosi il berretto sulla
testa.
“Che ne dici di venire a sederti con noi? Questo
tavolo è il meno adatto per pranzare” facendo un
chiaro riferimento a me.
Lei mi guardò e poi guardò l’altra e
rispose
affermativamente.
Si alzò ed
andò via, ma prima, si voltò e mi
salutò.
La guardai allontanarsi e sedersi a tre tavoli di
distanza e accennai un sorriso.
“Hai visto come ti guardava?” disse Incanto
“Sembrava
triste”.
In quel momento non lo stavo ascoltando: la mia mente
sembrava lontana anni luce da quella stanza, sentivo il cuore leggero
come
l’aria. Sembrava stessi per volare in cielo.
“Sveglia bello addormentato” mi richiamò
Incanto.
“Come.. che stavi dicendo?” chiesi.
“Stavo parlando del suo sguardo: nascondeva tristezza.
E poi perché continua a tenersi quel berretto in testa: con
il caldo che fa qua
dentro starà morendo dal caldo”.
“Chi lo sa?”
feci
con occhi luminosi “Ognuno è libero
di fare quello che vuole”.
“Secondo me hai un po’ di febbre. Non mi sembri
messo
bene”.
“Forse si! Ho un po’ di febbre” dissi
sorridendo.
“Allora vattene da qui!” disse una voce stridula
dietro di me mentre mi cadeva del liquido addosso.
Mi voltai.
“Vi serve
qualcosa?” chiesi voltandomi.
“Certo! Che tu sparisca” dissero il cosiddetto trio
iena
della mia classe e mi spinsero all’indietro facendomi cadere.
Il vassoio del pranzo mi cadde
sulla testa e tutto il
suo contenuto mi finì sulla maglietta.
“Ah ah! mangi come un poppante. Perché non vai a
piangere dalla mamma?” disse quello al centro.
Ero abituato ai loro scherzi, ma mai si erano spinti
fino a quel punto. Era evidente che volevano farmi vedere come un verme.
“Una maglietta si può cambiare, ma un cervello
bacato
no!” dissi con tono inespressivo e distaccato.
“Come ti permetti, mostro!” disse quello alla
destra.
“Mi hai chiamato mostro?” chiesi calmo.
“Che sei sordo? Allora te lo ripeto” e mi
colpì con un
calcio “SEI UN MOSTRO” gridò.
L’intera sala mensa calò nel silenzio. Tutti si
erano
voltati a vedere la scena.
Sentendo gli sguardi di tutti su di
me, feci un
sorriso forzato e dissi: “Dite pure quello che vi pare: gli
idioti e gli
ipocriti vanno solo assecondati”.
“Come?” disse uno di loro avvicinandosi
“Non ti ho
sentito da lì!”
“Te lo ripeterò” dissi spalancando gli
occhi con lo
Sharingan attivo “Idiota e ipocrita, che non conosce il
valore dei sogni e
gioisce nel torturare quelli che ne hanno uno”.
I tre bulli ebbero un sussulto ed
arretrarono.
Quando attivavo lo Sharingan tutti scappavano, perché
vedevano in esso lo sguardo di un demone. In realtà lo usavo
solo per
spaventarli e togliermeli di mezzo.
“Che vi prende?” dissi freddo “Il gatto
vi ha mangiato
la lingua o avete, improvvisamente ricordato un impegno?”
I tre bulli erano impietriti dal terrore e tutti i
presenti tremavano, tutti tranne una persona.
Sentivo che qualcuno mi stava vedendo senza paura, ma
con comprensione. Mi voltai verso la mia sinistra ed incrociai lo
sguardo di
Selen,: dal cui volto stavano scivolando delle lacrime.
Vedendo le lacrime ebbi un sussulto
al cuore e
disattivai lo Sharingan.
Fu un grave errore: infatti i
bulli, notata la mia
distrazione, ne approfittarono per saltarmi addosso e buttarmi faccia
al muro.
Per un attimo mi si annebbiò la vista e sentii il
sapore del sangue in bocca.
Scivolai sulla parete e mi accasciai sul pavimento
tenendomi la testa sanguinante.
“Visto? Abbiamo steso il mostro” dissero trionfanti
i
tre.
“Steso?” dissi,
mentre mi alzavo a fatica, tenendomi
al muro.
Sentivo gli sguardi di tutti addosso: salvo Selen, che
piangeva, tutti mi guardavano con gli stessi occhi. Me li sentivo
gravare come
macigni e paralizzato dal loro peso. Odiavo quegli occhi.
“Hai ancora voglia di fare lo spaccone?” disse il
bullo alla destra.
“Mi
è sembrato
di averlo detto e ripetuto: io dico le cose come stanno senza cambiare
idea o
arrendermi. Io diventerò un vero eroe!” dissi
determinato.
Ci fu un attimo di silenzio, poi una risata generale.
“Vi divertite eh? Ridete
finché potete. Io diventerò
un eroe e vi dovrete rimangiare dieci volte le vostre stupide
angherie” dissi
con sfida.
“Tu un eroe?” disse il bullo centrale
“Non farmi
ridere. Sei tu il cattivo: tuo padre è un feroce assassino e
sei un peso per
tutta la tua famiglia”.
Fu la goccia che fece traboccare il
vaso.
Con un movimento rapido, ignorando il dolore, mi
portai davanti ai tre e li colpii con forza, scagliandoli
dall’altra parte
della stanza.
“Dammi pure del mostro. Prendi in giro il mio sogno se
vuoi” dissi furioso “Ma non azzardarti a nominare
la mia famiglia, altrimenti
ti riduco in pezzi”.
Sentivo la rabbia crescermi in
corpo e l’adrenalina
esplodere: il demone dentro di me desiderava uscire e.
Strinsi i pugni per trattenere il desiderio: non
volevo che gli altri vedessero ciò che avevo dentro. Ma i
miei occhi si erano
già fatti rossi con le pupille verticali e tutti tremavano,
confondendo li con
quelli della mia abilità innata.
“Fermati!”
disse Selen “Ti prego”.
Per l’ennesima volta in quella giornata, sentii i suoi
occhi fissi e imploranti su di me.
Mi voltai nuovamente verso di lei
e, per la prima
volta, lo notai: il suo sguardo era un turbinare infinito di emozioni
che
giravano senza meta.
Oltre quel turbinare, riuscii a vedere dell’altro:
qualcosa di strano, di anormale era chiuso nel suo profondo,
imprigionato da un
velo leggero.
Non sapevo che cosa fosse,
né da dove venisse. Ciò che
sapevo era un forte dolore, forse superiore a quello che avevo io.
Quella visione riuscì a farmi calmare e trattenere la
mia rabbia.
L’intera sala esplose:
tutti cominciarono a lanciarmi
carte e bicchieri addosso gridandomi contro ingiurie su ingiurie.
Senza esitare, lei mi si avvicinò, nonostante il caos
e mi abbracciò: “Non ascoltarli!” mi
sussurrò.
La ragazza di prima cercò di allontanarla da me
dicendo di non lasciarsi prendere dalla pietà verso di me.
Lei si rifiutò di lasciarmi, anzi mi tenne ancora
più
stretto.
Nessuno aveva mai preso le mie
difese, eppure lei lo
stava facendo. Perché continuavo a chiedermi.
La risposta mi giunse pochi istanti dopo.
Mentre
stavano
cercando di allontanarla da me, lei si divincolo e il berretto le
volò dalla
testa, mostrando il suo capo: su di esso c’erano delle strane
escrescenze
ossee, simili a corna.
Quando videro la cosa, tutto si fermò: il tempo, il
mondo, tutto.
Poi ci fu uno strillo seguito da grida di terrore: “Un
diavolo!”
La paura esplose e molti cercarono di scappare, altri
invece ci lanciarono contro qualsiasi cosa, dandoci dei mostri.
In quel momento qualcosa cambiò: il velo che la
copriva, si scostò, rivelando una furia carica
d’odio e di rabbia.
Gli occhi di Selen emanarono una luce sinistra, simile
a quella che vedevo in quelli della volpe.
Capii che stava per succedere
qualcosa di terribile:
dovevo fermarla, o ci sarebbe stata una carneficina.
“Restami vicino” mi disse.
Si girò verso gli altri, sprigionando qualcosa di
terribile.
Senza aspettare di vedere cosa fosse, liberai le
sabbie del tempo ed avvolsi l’area circostante, che si
riempì di impronte di
mani invisibili, che sfrecciavano rapide in tutte le direzioni.
Non sapevo cosa stesse facendo, ma
dovevo fermarla,
prima che compisse un passo dal quale non poteva tornare indietro.
Feci l’unica cosa che potevo fare: la stordii con un
colpo al collo.
Cadde in avanti, ma la presi tra le mie braccia e la
sollevai.
Senza perdere tempo, corsi fuori dalla sala mensa e
andai in infermeria.
Per tutto il pomeriggio, le restai
accanto, ripensando
a quello che avevo visto ed
alla sensazione
provata, cercando di darvi un senso.
“A che pensi?” mi chiese Incanto.
“A ciò che è successo a
mensa” risposi.
“Perché non lo chiedi direttamente a lei quando si
sveglierà?”
“No, è meglio di no!”
“Hai paura di sapere la verità?”
“Non è per quello”.
“E allora per quale motivo?”
Abbassai lo sguardo su di lei, guardando il suo viso:
“Perché lei è come me, soffre a causa
del pregiudizio altrui. Sono le persone
come lei che desidero aiutare”.
“Capisco!”
Gli occhi di Selen si aprirono, fissando il soffitto e
poi me: erano tristi e malinconici, come lo erano normalmente i miei.
“Come ti senti?” le chiesi.
La porta dell’infermeria
si aprì ed entrò la madre di
Selen.
“Selen. Piccola mia stai bene?” e
l’abbracciò.
Capendo di essere di troppo, mi alzai e mi diressi
verso la porta.
“Aspetta” mi chiamò sua madre.
Mi fermai senza voltarmi.
“Hai aiutato la mia bambina ed hai evitato che
qualcuno si facesse male. Ti ringrazio con tutto il cuore, sei un
piccolo
santo” mi disse.
Delle lacrime mi uscirono dagli occhi: qualcuno, per
la prima volta, mi aveva ringraziato. Fu davvero la cosa più
felice che avessi
mai sentito in vita mia.
“Si figuri” dissi forzandomi di mantenere la voce
ferma e uscii.
Spero abbiate
apprezzato questo capitolo. Ditemelo con un commento.
Non mancate al prossimo.Ciao.
|
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Capitolo 4 *** il sorriso che vale più di qualsiasi tesoro ***
il sorriso che durerà per sempre
Un saluto a
tutti voi bella gente!
In questo capitolo Selen spiegherà la sua condizione e ci
sarà molto altro ancora.
Spero che vi piacerà. Buona lettura.
Quella sera mia madre fu chiamata
dal preside della scuola. Le fu detto che
ero sospeso a tempo indeterminato.
Quando tornò, mi mise in castigo, proibendomi di uscire ed
esigendo di sapere
cosa fosse accaduto.
Le raccontai tutto, dall’inizio alla fine della giornata.
Dopo che ebbi finito, si morse il
labbro: “Quei piccoli mocciosi. Come
genitore, ti dovrei dire che non avresti dovuto rispondere alle
provocazioni ed ignorarli, ma sai che ti dico: avrei voluto
essere
presente per dargli il resto”.
“Accidenti figlia mia: mantieni sempre il carattere di quando
eri piccola”
disse il nonno “in qualsiasi caso, dico lo stesso. Se offendi
un membro della
famiglia, te la trovi tutta contro”.
“E’ vero” disse mamma “Domani
mi farò sentire sia alla scuola, sia ai genitori
di quei piccoli mostri”.
“Senza prove?” chiese il nonno.
“La sala mensa ha una
videocamera di sorveglianza: mi prenderò il video”
disse mamma con un sorriso diabolico.
“E come?” chiese spaventato
dall’espressione della mamma.
“Con le buone o con le cattive” rispose.
“E io che faccio nell’attesa di essere
discolpato?” chiesi.
“Resterai confinato in camera tua”.
“Va bene!” dissi e andai verso la mia stanza; poi,
dopo pochi passi, mi fermai
e chiesi: “Sai qualcosa di Selen?”
“Come mai ti interessa saperlo?” mi chiese.
“Ecco..” cominciai a dire imbarazzato.
Mamma, capendo, sorrise:
“Ho incontrato sua madre. Mi ha detto che è un
po’
scossa, ma sta bene. Ti manda i suoi saluti e ti ringrazia”.
Annuii con la testa e, con un sorriso in volto, mi
allontanai.“Sai, vorrei
conoscere anche io questa ragazzina. Sono sicura che è
davvero speciale come
te” mi disse da dietro.
“Ti voglio bene mamma!” e mi incamminai.
Quella notte non riuscii a chiudere
occhio: il mio cuore era leggero e il
mio viso era segnato da un profondo sorriso, che non se ne voleva
andare.
“Non riesci a dormire?” mi chiese Incanto.
“No non ci riesco. Non so spiegartelo, ma non sono mai stato
così bene in tutta
la mia vita”.
“Quella ragazzina ti ha rubato il cuore”.
“Ehi!” dissi alzandomi di botto “Non
è come pensi”.
“Sei tutto rosso!” mi disse.
Ebbi un tic nervoso e spalancai gli occhi: in pratica feci una faccia
molto
buffa.
“Quando la freccia di Cupido ti colpisce il cuore non
c’è più scampo.
Non c’è nulla di cui vergognarsi: è la
cosa più bella che si possa provare ed è
difficile da dimenticare”.
Affondai di nuovo la testa nel cuscino: “Mi chiedo se la
rivedrò!”.
“Il destino ha fatto girare la ruota. Non sai mai dove si
fermerà!”
“E’ vero!” e, senza accorgemene,
sprofondai nel mondo dei sogni.
La mattina dopo, quando mi
svegliai, il nonno mi disse che mamma era uscita
molto presto, dicendo di non aspettarla a pranzo.
“Quando vuole una cosa non la ferma nessuno. Avresti dovuto
vederla quando era
piccola: era davvero difficile tenerla a bada”.
“Avrò preso un po’ da lei?”
chiesi.
“Più di quanto tu possa credere” mi
disse il nonno mettendomi una mano sulla
testa.
Sorrisi imbarazzato.
Mamma tornò prima del
previsto con un sorriso trionfante e con in mano la
cassetta.
“Che hanno detto i genitori di quei bulletti?”
chiese il nonno.
“Di fronte alla prova dei fatti? Sono rimasti zitti e il
preside ha dovuto
rivedere la sua decisione”.
“Quindi non sono più in castigo?” chiesi
speranzoso.
“E perché dovresti esserlo” mi disse con
un sorriso “Dopodomani torni a scuola.
Ah! Un’ultima cosa: oggi a pranzo ci saranno degli
ospiti!”.“Immagino che
saranno sempre Luce e le sue amiche” dissi.
“Sbagliato” disse lei “Ho invitato la
piccola Selen e la sua famiglia ”.
Ebbi un leggero tremore e poi esplosi di felicità saltando
di felicità e
abbracciando mamma.
“I love you, Je t’eme,
s’agapò, te quero, ti adoro mamma!”
dissi in tutte le
lingue che conoscevo. Vidi l’orario: “Cavolo!
Sarà qui fra un’ora. Devo
sistemarmi” e mi fiondai in bagno.
"Mi raccomando: non farti troppo bello!" disse la mamma da dietro.
Non sapevo niente di Selen, se non che mi aveva davvero reso la persona
più
felice del mondo. Anzi: dell’universo intero e non riuscivo a
spiegarmi il
perché.
“Benvenute!”
disse mamma alla madre di Selen “E’ un piacere fare
la vostra
conoscenza”.
“Il piacere è tutto nostro, signora
Sandtimes” disse lei.
“E vostro marito?” chiese mamma.
“Lui.. non è più di questo
mondo” rispose abbassando gli occhi.
“Ah! scusatemi” disse imbarazzata.
Quando era entrata in infermeria
non l’avevo vista bene: la mamma di Selen
aveva i capelli rosa, come quelli della figlia, ma non aveva le corna,
inoltre
i suoi occhi erano castano rossiccio.
Dal punto di vista fisico era molto simile a mia madre, ovviamente non
andava
in giro con abiti scollati come lei, ma chiusi e con colori
brillanti.Dopo aver
rapidamente osservato la madre, portai il mio sguardo su Selen che era
dietro
la madre e leggermente imbarazzata.
Indossava una piccola gonna bianca e una camicetta gialla con dei bei
ricami;
sulla testa aveva un piccolo nastro che le nascondeva le corna.
Nel vederla le sorrisi e lei abbassò lo sguardo.“E
così saresti tu la piccola
Selen” disse il nonno apparendo dal nulla e beccandosi un
pugno in faccia da
mamma.
“Papà! È questo il modo di presentarsi
agli ospiti? Facendoli sobbalzare?”
disse mamma con la venetta.
“A-a-a-a! Scusate” disse nonno, mentre si alzava
con gli occhi stralunati.
“Scusatelo” dissi “il nonno è
un giocherellone. Si chiama Yaphisan”.
“Non sapevo di essere così, però se lo
dice mio nipote è vero!” disse ridendo.
“Uff!” facemmo io e mamma con la classica
“gocciolina” sulla testa.
Dopo pranzo, chiesi a Selen se
voleva venire un attimo con me e lei annuì.
“Non fate cose strane voi due!” disse mamma da
lontano.
Ebbi un tic nervoso e, dopo aver visto Selen, mi voltai meccanicamente
verso
mamma.
“Ma che ti viene in mente. Guarda che ho sei anni”
le dissi imbarazzato.
“Non hai sempre detto di non essere un bambino?”
disse di rimando.
Non le risposi, altrimenti sarebbe finita in tragedia e portai Selen
fuori.
“Tua madre è davvero una donna
incredibile!” disse Selen, mentre attraversava
la porta "Ed anche simpatica!".
“Già è vero!” risposi.
Ci sedemmo vicino ad una quercia
secolare del giardino dove, per lunghi
minuti, rimanemmo in silenzio.
Come il giorno prima, non riuscivo a dirle niente: non potevo fare a
meno di
fissarla intensamente e lei faceva lo stesso.
“Per quanto riguarda ieri..” iniziai a dire.
“Non scusarti per avermi
colpito. Se non l’avessi fatto, chissà cosa
sarebbe successo: ho i brividi al solo pensiero” disse lei
abbassando lo
sguardo.
“Ti era mai capitato prima?”
“Cosa? Desiderare di uccidere? Si, è
successo e devo ringraziare la mamma
se non mi sono spinta oltre”.
“Capisco” dissi “Tua madre è
incredibile allora e tu sei altrettanto
incredibile”.“No non è vero! Lei
è una grande fata, ma io sono un peso per lei”
disse malinconica.
“Bisogna essere forti per affrontare un problema. Tua madre
è molto forte e
quella forza è anche tua” dissi.
“Lo dici solo per consolarmi!”
“So cosa significa essere soli ed ignorati dagli altri: se
non fosse per le
nostre madri, che ci hanno trasmesso la loro forza, chissà
che avremmo
combinato”.Lei guardò il terreno: “Tu
non hai un segno evidente della tua
diversità, io invece si. Nella dimensione dalla
quale vengo, quelle come
me sono considerati mostri.
Ci chiamano Diclonius”.
“Diclonius?”“Si! Siamo una sorta di
mutanti, contaminati da uno strano virus:
ognuna di noi ha i capelli rosa e le corna. Ad essi si aggiungono delle
braccia
invisibili, chiamate impropriamente “vettori”:
tramite esse attacchiamo e
diffondiamo il virus di cui siamo portatrici.
Ciò che sappiamo fare meglio è portare la morte.
Per questo quelle della mia
razza vengono soppresse dopo la nascita”.Si girò
verso di me, aspettandosi di
vedermi spaventato. Ma io la capivo fin troppo bene e le sorrisi
comprensivo.
“Non ti spaventa la cosa?” mi chiese stupita.
“Perché dovrebbe? Io ti capisco, anzi: ti
ammiro”.
“Mi ammiri?” disse confusa.
“Si. Non eri obbligata a dirmi il tuo segreto, eppure lo hai
fatto. Io
invece non ho questo coraggio”.
“No, non è vero! Tu hai molto più
coraggio di me.
Hai combattuto sia il tuo demone che il mio per evitare che facessero
del male
agli altri. Se non ci fossi stato tu chissà cosa avrei
fatto.
Mi ammiri per il massacro che avrei potuto compiere?”Alzai
gli occhi verso il
cielo e lo osservai in tutta la sua immensità. Poi, dopo
quella che per me era
una profonda riflessione, tornai a guardare il suo volto con un sorriso.
“Ciò che sei, ciò che puoi fare, non
sono una mostruosità: sono un dono.
Gli altri ti etichettano come mostro perché non capiscono
questo dono. Sono
radicati nel pensiero che ciò che non è uguale a
loro possa essere perseguito
in ogni modo.
Tu non sei un mostro: sei una persona ed hai un cuore ed un anima come
tutti
gli altri. Ciò che cambia è che hai una marcia in
più ed è questo che ti rende
davvero speciale”.
Solo successivamente mi resi conto
che quelle parole erano riferite ad
entrambi e che era il mio modo di vedere la mia stessa vita.
Ripensarci ora mi fa sorridere: non mi rendevo ancora conto di quanto
dovessi
ancora crescere, così come non me ne rendo conto nemmeno
adesso.
“Anche tu sei speciale,
Sauron. Lo sei più di me”.
“Se sapessi chi sono in realtà, non lo
penseresti”.
“Allora dimmi chi sei, così potrò
dirtelo di nuovo” e sorrise.La guardai negli
occhi: tutto ciò che le avevo visto dentro sembrava sparito.
Forse si era
inabissato nel profondo della sua anima, oppure la mia comprensione
l’aveva
cambiata. Ciò che c’era era una piccola ma intensa
luce.
Vedendo quel piccolo bagliore, sentii una leggerezza nel cuore e
sorrisi.
“Va bene!”.
Non so quanto tempo
passò: il tempo sembrava essere l’unica cosa che
mi era
concesso di chiedere.
Quando ebbi finito, Selen mi si avvicinò fino a sfiorarmi la
mano con la sua.
“Sei davvero speciale, anche più di me. Ecco
perché sei un vero eroe e non un
mostro, come dicono gli altri. Lo sei sin da quando sei nato”.
Come allora, nemmeno adesso
riuscirei a descrivere il mio stato d’animo:
ero felice come mai eppure piangevo come un bambino, quale che ero.
“Grazie!” le dissi con il cuore in mano.
Prese un fazzoletto dalla tasca e mi asciugò il viso, poi
avvicinò il suo e mi
baciò.
Da allora Selen divenne il mio
mondo ed io divenni il suo.
Ogni cosa la facevamo insieme: studiavamo, giocavamo, ci allenavamo,
ridevamo e
ci proteggevamo.
Ci sono così tanti momenti belli di quel periodo che mi
piacerebbe raccontare:
le passeggiate per i campi, i tramonti e le albe delle giornate
più belle, le
gite e, soprattutto lo zoo.
Già, lo zoo che per
tanti bambini è la cosa più grande emozione per
noi fu
un vero sogno.
Avevamo tutti e due nove anni eppure correvamo di qua e di
là come se ne
avessimo ancora cinque, facendo perdere le staffe al nonno, offertosi
di
accompagnarci.
“Non ho.. più l’età per
queste cose!” esclamò.
“Allora perché non sei rimasto a casa?”
chiedemmo entrambi allegri.
“E chi ci resta a casa!” e si sedette su una
panchina.
“Non è che vuoi un gelato nonno
Yaphisan?” chiese Selen, ormai abituata a
chiamarlo così.
“Ciò di cui ho bisogno è di stendermi a
letto. Starvi dietro è impossibile”.
Ci mettemmo a ridere.
In quel momento passò un
fotografo dello zoo che notandoci ci propose una
foto.
Io e Selen provammo tutte le pose più strane, ma i risultati
non ci piacevano
il risultato.
“Perché la signorina non si toglie il berretto?
Sono sicuro che la foto sarà
magnifica” propose il fotografo. L’allegria provata
si affievolì: sapevamo
entrambi che ci sarebbe stato il panico generale se avesse mostrato le
sue
corna.“Beh? non avrai mica paura di mostrare il tuo bel
visino!” disse il
fotografo.
Fummo un po’ titubanti, poi Selen stringendomi la mano
annuì con il capo e s
tolse il berretto. Ci aspettavamo un'espressione spaventata, ma il
fotografo
non si scompose, anzi sorrise.
“Ah! ecco perché non ti volevi togliere il
cappello” disse allegro “Hai
indossato i cornetti magici!”
“Cornetti magici?” ripetemmo insieme.
“Certo! Sono un gadget speciale del nostro zoo: quando li
indossi non si
staccano più fino a quando non esci.
Quando uscirai di qui diventeranno tante piccole bolle che si alzeranno
verso
il cielo” disse lui.
“Cheeeeee!” dicemmo insieme e ci fissammo.
“Andiamo non lo sapevate? Li vendiamo per rendere la vostra
giornata ancor più
speciale e per dire che è bello fare qualcosa di diverso
ogni tanto”
Quella rivelazione fu forse la cosa più bella che avessimo
sentito.
Ci abbracciammo e sorridemmo con tutto il cuore. Quel giorno fu
immortalato nei
nostri cuori e mai lo avremmo dimenticato.
Questo evento è lo
stesso che è riprodotto nella foto che ho in mano: sia
io che Selen l’abbiamo sempre tenuto come il più
grande dei tesori.
Ahimè! Era troppo bello
per durare.
Cosa successe? Un anno dopo lei partì alla volta
di una nuova dimensione
per realizzare il sogno che aveva sin da bambina: diventare una fata.
Bel capitolo vero? Se siete
d'accordo o meno, ditemelo con un commento e vedrò
di regolarmi diversamente.
Per sapere cosa succederà: aspettate il prossimo capitolo.
Grazie per la lettura e buona settimana. Alla prossima
P.S. Per il personaggio di Selen
mi sono ispirrato all'anime di Elfen Lied.
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Capitolo 5 *** la melodia dell'addio ***
la melodia dell'addio
Yo! Un saluto a tutti quanti.
Questo capitolo è uno dei più commoventi che
abbia mai
scritto. Spero concorderete con me. Buona lettura e commentate.
Il giorno prima della sua partenza,
ci incontrammo
vicino alla mia villa di campagna: volevo portarla in un posto magico,
lo
stesso che aveva illuminato la mia vita.
Dove mi stai portando?”
mi chiese.
“In un posto magico!” le dissi.
“E aspetti adesso per portarmi lì?” mi
disse offesa.
“Volevo portatici in un’occasione speciale. Quale
migliore di questa?”
“Stupido” mi disse fermandosi.
Mi voltai verso di lei e la
osservai: accidenti quanto
era cambiata da quando c’eravamo conosciuti.
Era diventata più alta e anche molto carina: il suo
viso era diventato dolce e luminoso e non si vergognava più
di nascondere le
sue corna.
Anch’io ero cresciuto?
Credo proprio di si: ero un po’
come sono adesso, anzi ora c’è qualcosa di
più. Ma andiamo per ordine: è molto
meglio.
“Ha parlato
l’intelligentona!” e le feci la
linguaccia.
“Come ti permetti!” e ricambiò.
“La linguaccia a me? Ora si che mi hai fatto
arrabbiare, confettino rosa” dissi ironico.
“Ha parlato quello che ha i capelli a forma di
piramide?” e con le sue braccia invisibili mi tirò
le orecchie “Oh! ti sono
spuntate le orecchie da Dumbo” e rise.
“Così sarei Dumbo? Allora
“all’attacco”!” e le corsi
dietro.
La inseguii ridendo fino ai limiti
della foresta che
circondava l’altopiano dell’eroe: la leggendaria
Foresta del pensiero, il luogo
in cui ogni albero rappresentava la vita di ogni essere vivente e che
tutti
cercano di trovare; ma nessuno, tranne una persona, vi era mai
riuscito. Quella
persona era stata proprio il grande eroe del Fantasy. Chissà
come aveva fatto a
trovarlo e chissà quale fosse tra
l’infinità che la componeva.
In quel momento, comunque, pensavo solo a divertirmi e
lo stavo facendo.
Sulla prossimità c’era un piccolo ruscello. Selen
si
diresse lì e, una volta arrivata, cominciò a
schizzarmi, dando il via a una
battaglia di gavettoni.
Per
via di quella piccola monelleria, dovemmo fermarci
e toglierci tutti gli abiti, rimanendo completamente nudi.
“Ehi! Girati dall’altra parte
pervertito!” disse lei.
“E tu fai lo stesso!” dissi io.
Ci mettemmo schiena contro schiena e osservammo il
cielo.
“Sauron
c’è una cosa che devo chiederti!” mi
disse a
un tratto.
“Lo sai che puoi chiedermi qualsiasi cosa”.
“Ti mancherò?”
Voltai la testa e incontrai i suoi occhi. “Potrei non
sentire la tua mancanza? Sei la prima amica che abbia mai avuto. Sei
anche più
di questo: sei l’angelo che mi ha illuminato la
vita” e mi voltai in avanti
La sentii tremare.
“Lo pensi
davvero? Anche se ho le corna?” e scoppiò in
lacrime.
Mi misi davanti lei e, con il palmo dalla mano le
asciugai il viso: “Certo! Sei un piccolo angelo Selen e
queste corna
diventeranno un’aureola splendente come te.
Sei la persona migliore che abbia mai incontrato e lo
sarai sempre”.
Sorrise dolcemente e mi abbracciò.
Il sole stava ormai per tramontare
e noi eravamo
arrivati in cima.
“Che posto meraviglioso” disse.
“Si meraviglioso”. Feci qualche passo avanti e le
dissi: “Selen benvenuta nel leggendario altopiano
dell’eroe, il luogo in cui la
sua storia ha avuto inizio”.
“Allora esiste davvero!” disse meravigliata.
“Certo che esiste. Ricordi quando ti ho raccontato del
mio incontro con Incanto di Folgore? È avvenuto proprio qui,
in questa radura.
Ti ci avrei davvero voluto portare prima”.
“Hai aspettato il momento giusto. Prima scherzavo: non
ho nulla da rimproverarti. E poi, con te, ogni luogo è
magico” disse
sorridendo.
Le ricambiai il sorriso: “Vieni! Voglio farti vedere
il panorama”.
La portai alla fine dell’altopiano vicino a una
quercia secolare con un’incisione particolare”Nick
& Luce per sempre”. *
“Che cosa romantica!” disse Selen
“Chissà a chi
appartiene quest’albero!”
“Non lo so! Ma di chiunque sia, è stato insignito
di
una grande prova d’amore. Vieni a vedere qui” e le
indicai il panorama
illuminato dal tramonto.
Il sole stava calando tra le cime,
tingendo ogni cosa
di tanti colori: mostrando l’autentico spettacolo della
natura.
Mi voltai verso Selen: il suo viso era davvero
diventato splendente come quello di un angelo. Il pensiero che non
l’avrei più
rivisto mi fece venir voglia di piangere, ma mi trattenni.
“Sai!” cominciai “Dicono che se vieni qua
con il cuore
sereno, ottieni un’illuminazione sulla tua vita e un tuo
sogno si avvera”.
“A te è successo?” mi chiese guardandomi
con i suoi
occhi splendenti.
“Si!” dissi, rievocando la notte di sei anni fa
“Fu
davvero un’illuminazione. Tu invece? Hai un tuo
sogno?”
“L’ho da quando ti ho incontrato!”
“Allora dillo col cuore”.
Selen alzò le braccia al
cielo: ”DIVENTERO’ UNA FATA.
Diventerò una delle migliori come mia madre. Inoltre, voglio
rivoluzionare il
modo di vedere il diverso e rendere la vita dei Diclonius migliore,
così come
tu hai fatto con me”.
“E’ un sogno
complicato. O beh! Così come lo è il
mio”.
“Perché non lo rinnovi. Dillo di nuovo”.
Mi avvicinai a lei e, sollevate le
braccia al cielo,
rinnovai il mio sogno a pieni polmoni.
“Avvicinati!”
mi disse.
“Perché?”
“Farò una piccola magia. Serve per realizzare i
sogni.
Avvicinati a me”.
Mi avvicinai a lei, tanto da poter sentire il suo
respiro.
“Chiudi gli occhi!”
Feci come mi aveva detto.
Sentii il suo profumo avvicinarsi e le sue labbra
toccare le mie.
La mia anima si scaldò come mai era avvenuta. Era
davvero questo: quello che s’intendeva come amore?
Ciò che sapevo era che avrei voluto che il tempo si
fermasse per sempre.
In quel momento in tutto il Fantasy
suonò una strana e
meravigliosa melodia.
Sembrava il canto delle sirene che, dagli abissi del
mare, cantavano un inno di gioia e speranza.
Sembrava il vento che, leggermente, guidava come un
maestro d’orchestra il coro della natura.
Sembrava il cielo che, tinto di arancio, salutava
tutte le creature e infondendo in loro una grande armonia.
Non so come esprimere a parole
quella melodia: era
l’unione perfetta di ogni sentimento e anche più.
Alzammo gli occhi verso il cielo e sentimmo una forte
armonia con tutto il creato.
“Che canzone bellissima! Da dove verrà e cosa
vorrà
dire?” chiese Selen.
“Non lo so, ma prego chi la sta cantando di continuare
in eterno.”
Mi voltai verso di lei.
“Non ti dimenticherò mai. Dovesse passare
un’eternità,
ci rincontreremo” dissi.
“E quando questo accadrà, avremo realizzato i
nostri
sogni. Questa è una promessa!” finì lei.
“E’ una promessa!” dissi e la abbracciai.
La melodia continuò fino
a quando il sole non fu
completamente tramontato.
Quando essa finì, per noi due, non era cambiato
niente. Ciò che ci univa era diventato molto più
forte e così sarebbe rimasto
per sempre.
Sorridente, scostai con la mano un
ciuffo dei suoi
capelli e la baciai.
Durante quel lungo bacio, ripercorsi tutti i momenti
belli che avevo passato con lei e non riuscii più a
trattenere le lacrime.
Quando ci staccammo, entrambi piangevamo e non
riuscivamo a smettere. Allora, per non vederci frignare come bambini,
ci abbracciammo
stretti.
“Sauron!” mi
disse, dopo chissà quanto tempo.
“Si?” le risposi continuando a stringerla.
“Promettimi questo: non disperarti per me e va avanti.
Trova te stesso e la tua vera metà!” e
appoggiò il viso sulla mia spalla.
“Te lo prometto, anche se... ” tirai su col naso
“Anche se la mia metà sei tu. Per questo non
riesco a smettere di piangere”.
Si staccò da me e mi
guardò con occhi lucidi e, con un
triste sorriso, disse: “Quando ci siamo incontrati,
l’ho pensato anch’io, ma
era solo un sogno. Le nostre strade, d’ora in poi,
prenderanno due direzioni
diverse. Cercherò di andare avanti e di trovare
l’uomo giusto; tu fa lo stesso.
Se il destino lo vorrà, ci rincontreremo e torneremo
qui vedendo il nostro sogno realizzato”.
“Va bene!” dissi con la voce strozzata dalle
lacrime
“In qualunque caso, ciò che ti ho detto prima
resterà immutato, per sempre. Tu
sei il mio piccolo angelo”.
La mattina seguente, dopo esserci
fatti mille promesse
e saluti, lei partì insieme alla madre.
Fino allora ero riuscito a mantenere il controllo, ma
in quel momento le lacrime mi stavano cadendo copiosamente dagli occhi.
Avrei voluto fare così tante cose con lei: crescere e
imparare insieme e diventare più di un semplice amico per
lei.
Ma il destino ci aveva separato, lasciandomi dentro un
vuoto che nessuno sarebbe mai riuscito a colmare.
“SELEN!” gridai con tutto il fiato che avevo in
corpo
“TE LO PROMETTO: NON TI DIMENTICHERO’
MAI!”
Da lontano, oltre il raggio
d’azione che aveva, un suo
vettore giunse fino a me e, prima di sparire, mi toccò
delicatamente il volto.
“Arrivederci Selen!” dissi con un sussurro.
Da allora tornai a vivere solo,
chiudendomi in me
stesso.
Le parole di conforto di mia madre, del nonno e di
Luce non riuscivano ad affrancare il mio cuore.
Ormai vivevo tutto passivamente, ignorando tutto e
tutti: nemmeno le storie che mi avevano sempre emozionato, mi toccavano
più.
Avevo promesso di diventare un eroe, ma come potevo
definirmi tale se il mio cuore si era chiuso a causa di un abbandono
forzato
dal destino?
Passavo ore intere a osservare la foto di quella
mattina allo zoo, senza sentire né fame né sete e
spesso, senza neanche
riuscire a prendere sonno.
Dopo tre mesi di silenzio, alla
fine una voce riuscì a
penetrare nel limbo nel quale mi ero chiuso: e apparteneva a Incanto di
Folgore.
“Comprendo il tuo dolore, ma non puoi ridurti
così!”
mi disse.
“Lasciami in pace!” gli dissi atono.
“Credi che a lei piacerebbe vederti
così?”
“No! Sono sicuro che mi farebbe il solletico e mi
stenderebbe con il suo sorriso. Il punto è che lei non
è qui. Se né andata
lasciandomi solo. Anche lei ora è sola e non riesco a
dimenticarla”.
“Perché non la chiami? Inviale un messaggio e
chiedile
come sta. Se il suo telefono funziona, chiamala. Non è mica
morta”.
“Non saprei nemmeno da dove iniziare”.
“Smettila di lagnarti e sii uomo!” mi disse
autoritario.
Rimasi rannicchiato senza rispondere.
“Allora non mi lasci scelta”.
Nonostante fosse uno spirito, mi prese e mi lanciò
fuori dalla finestra che andò in frantumi.
Caddi di schiena e mi graffiai la
fronte con una
pietra.
“Alzati rammollito!” disse Incanto.
Lentamente mi alzai e mi ritrovai
di nuovo a terra:
Incanto mi aveva colpito allo stomaco con un calcio.
“E questo lo chiami alzarti? Non hai nemmeno il
coraggio di alzare la testa.
La vita è fatta dei suoi alti e dei suoi bassi e
dovresti saperlo meglio di chiunque altro.
Quando credi di aver toccato il cielo con un dito,
d’improvviso cadi in un baratro senza fine.
Credevo che avessi la forza di fermarti e risalire con
le tue forze, per questo ho deciso di diventare il tuo spirito e di
renderti
ciò che avevi sempre desiderato.
Mi sbagliavo di grosso: non sei degno di avermi”.
Mia madre corse a perdifiato verso
di me, ma fu
fermata dal nonno.
“Lasciami!” gridava, ma il nonno non
mollò la presa.
“Alzati
codardo!” e mi prese per i capelli forzandomi a guardarlo
negli occhi.
“Sei debole! Vorresti
diventare un eroe? Si soffre per
diventarlo: si rinuncia alla propria vita, ai propri legami, alla
propria
famiglia e a molto altro ancora.
Ciò che è davvero importante per un eroe
è affrontare
le avversità di tutti i giorni e il dolore, qualunque ne sia
la causa. Questo
si chiama coraggio, volontà testardaggine, fede.
Te lo chiederò solo una volta ed esigo una risposta
esaustiva: Hai il coraggio e la volontà?”.
Il mio corpo fu scosso da una serie
di tremori:
quelle parole mi avevano trapassato come una lama e mi facevano male.
“Non riesco a sentire la tua voce. Parla o ti
picchierò giorno e notte” disse Incanto e mi
colpì in faccia con un pugno.
Che cosa stavo facendo? Continuavo
a restare passivo
in quel modo senza reagire? Senza dare una risposta
Mi stavo arrendendo al dolore e alla sofferenza. Cosa
mi avrebbe detto Selen se mi avesse visto in quel modo?
No! Non era quello il problema, non era quello il
quesito da porsi.
Che cosa stai facendo? Ecco: quella era la vera
domanda.
Sentivo così tanto la mancanza di Selen da dimenticare
ciò che le avevo promesso? Ci saremmo rivisti un giorno e i
nostri sogni si
sarebbero realizzati e avremmo trovato noi stessi.
Mi stavo comportando come uno
stupido e questo mi fece
riaprire finalmente gli occhi.
Bloccai il calcio di Incanto con la mano ed aprii gli
occhi.
“Sembra che tu abbia smesso di essere passivo, ma non
ho ancora sentito la tua risposta. Allora?” disse Incanto.
“Vuoi una risposta?” dissi fermo “Eccoti
servito” e lo
colpii con un calcio rovesciato.
Incanto sbatté contro il muro.
Come se avessi aperto gli occhi per
la prima volta,
osservai il cielo, la terra, l’acqua, la mia casa e la mia
famiglia.
Mi ero disperato a tal punto da dimenticare che
c’erano altre persone importanti nella mia vita.
Avevo fatto una promessa a Selen, alla mia famiglia, a
me stesso e al mondo intero: sarei diventato un eroe e avrei cambiato
gli animi
di tutti. Ed io mantengo sempre la mia parola, senza arrendermi mai.
“Incanto” dissi
“Io non mi sono arreso. Quando
prometto qualcosa la mantengo e non cambio idea: è questo il
mio credo”.
“Bene!” disse Incanto mentre si alzava
“Era questo che
volevo sentire. Ben tornato Sauron! Sono contento di vedere che hai
anche un
nuovo potere: lo Sharingan Ipnotico”.
Era vero, la partenza di Selen per
me era stato come
perderla, ma questo non mi aveva indebolito, anzi mi aveva reso
più forte di
prima, risvegliando un nuovo potere, lo Sharingan Ipnotico.
Qual era la sua forma? La pupilla era rossa ed era
attraversata da tante saette che confluivano verso il centro: questa
era la
forma del mio nuovo Sharingan, una folgore che squarcia il cielo.
*Se avesse saputo che
proprio quell'albero era quello a cui si riferiva.
Bel capitolo vero? Avevo detto che
era commovente e vi
anticipo che sentirete ancora parlare della melodia e della magia
dell’altopiano
dell’eroe.
Alla prossima con il prossimo capitolo.
Spazio dell’autore.
Sauron: “Vorrei chiedervi
una cosa signor autore”.
Io: “Certo! Chiedimi tutto quello che vuoi”.
Sauron: “Come mai ha deciso di mettere adesso lo
spazio d’autore? Non è un po’
tardi?”
Io: “Ecco.. volevo sperimentare la cosa”.
Selen: “E ha deciso di farlo quando me ne sono andata?
Non è per caso razzista?”
Selen tira fuori i vettori e Sauron lo Sharingan
Ipnotico.
Io (spaventato): “Non avevo idee prima. Ho avuto
l’ispirazione
da una persona. Non mi uccidete. Sono troppo giovane!”
Sauron (si avvicina minaccioso): “Chissà
perché mi
suona come scusa. Tu che dici Selen?”
Selen (con occhi di ghiaccio): “Direi di ucciderlo”.
Io (me la sto facendo addosso): “E’ la
verità. Una persona
cara mi ha dato l’ispirazione e poi non sono
razzista”.
I due si avvicinano: “Sai che ti diciamo?”
Chiudo gli occhi.
Sauron&Selen: “Che stavamo scherzando!
Fregato!”
Io: “VI SEMBRA QUESTO IL MODO DI SCHERZARE!”
(Svengo)
Sauron&Selen:
“Successo! A questo scherzo ci cascano
sempre tutti” (ridono).
E, dopo aver scherzato: io, Sauron
e Selen (che ahimè
lascia la storia) vi diamo appuntamento alla prossima. Ciao.
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Capitolo 6 *** in viaggio verso il destino ***
6. in viaggio verso il destino
Un
saluto a
voi tutti. Eccovi un altro capitolo della storia di Sauron. Cominciamo
ad
avvicinarci alla fine quindi state pronti a stappare lo champagne.
Detto
questo,
vi auguro buona lettura.
Il terzo e ultimo episodio che
rivoluzionò la mia vita
fu anche il motivo del mio soprannome e del mio terzo e più
pericoloso segreto.
L’alba era sorta da poco
ed io ero in piedi, pronto a
partire verso quello che sarebbe diventato il mio destino.
“Sei sicuro di non voler
salutare tua madre o tuo
nonno? Quello che hai in mente potrebbe costarti la vita” mi
disse Incanto.
“Tornerò sano e salvo e li saluterò
dopo e poi lo
conosci il detto “Chi non risica non
rosica”!” dissi mentre indossavo le
scarpe.
“Rischi di risicare troppo ragazzo mio!”
esclamò.
“Non sarà mai abbastanza”.
L’aria del mattino mi
solleticava il viso. Mi voltai
per osservare un’ultima volta la mia casa e poi
m’incamminai verso nord.
Facendo una serie di ricerche, ero riuscito a
localizzare il luogo nel quale si riteneva fosse imprigionata, sin dai
tempi
più antichi, una creatura molto pericolosa: Fenrir il lupo
dell’abisso, il
maggiore dei tre figli del dio asgardico Loki e considerato
l’origine del
fenomeno della licantropia.
Ciò che volevo fare era semplice: andare lì e
sconfiggere Fenrir, dimostrando così di avere tutte le carte
in regola per
diventare un eroe.
“Lo trovo
buffo!” dissi mentre camminavo.
“Cosa?”
“Il mio destino è iniziato con dei lupi e adesso
cercherò di realizzarlo sconfiggendo il più
potente di loro”.
“Direi che è folle! Fossi in te, me ne tornerei a
casa
e mi rimetterei sotto le coperte.
Andare nella tana del lupo è una cosa folle”.
“Anche se lo fosse ormai, ho deciso e non mi
tirerò
indietro”.
“Benedetto ragazzo!” esclamò.
Camminai in silenzio per mezza
giornata, fino a quando
non fui in prossimità della foresta bianca, luogo in cui
tutti gli alberi erano
bianchi come se l’inverno non cessasse mai.
“Credo valga la pena riposarsi un po’. Nessuno sa
cosa
si nasconde là dentro”.
“Hai intenzione di attraversarla?”
“Si, dopo aver fatto una pausa. È meglio essere in
forze prima di continuare”.
“In quella foresta si annida qualcosa di misterioso.
Se vuoi andare oltre, attraversala fin quando è giorno: le
cose peggiori
appaiono sempre di notte”.
“Hai ragione. Allora è meglio muoversi”.
“Prima riposa un po’. È meglio non
correre rischi
inutili”.
“Va bene. Mi fermerò qui per trenta minuti, poi mi
incamminerò”.
Dopo la mezzora pattuita, con
l’anima in spalla,
m’inoltrai nella foresta.
All’interno della foresta
bianca c’era un silenzio
assoluto, come se tutto stesse dormendo.
Camminavo sul terreno imbiancato, tendendo ogni senso
per percepire un possibile pericolo.
“Questo posto è spettrale” disse Incanto
“Evita di
rimanerci troppo”.
“Lo so!” bisbigliai “Dimmi se vedi
qualcosa di
strano”.
“Qua dentro tutto è strano, inoltre è
abbastanza
lungo. Facendo il conto, andando a questa velocità,
arriverai dall’altra parte
al tramonto”.
“Allora è meglio andare più
spedito” e aumentai
l’andatura.
Il sole cominciò a
tramontare ed io ero ancora dentro
la foresta. Da quello che Incanto mi diceva, ero quasi arrivato alla
fine e,
personalmente, non vedevo l’ora di potermi riposare un
po’.
“Guarda là” disse Incanto indicando
più avanti “La
foresta è quasi finita. Ancora 200 metri e siamo fuori di
qui”.
“E il bello è che ho dovuto camminare solo
io” dissi,
con chiaro riferimento al fatto che lui fosse uno spirito ed io invece
un
mortale.
“Se ti lamenti così, perché non voli:
arriveresti in
un battibaleno” disse lui.
“Volare vorrebbe dire segnalare la mia posizione. Sono
sicuro che mamma e nonno stanno setacciando l’intero
territorio”.
“E, considerando ciò che hai in mente, sono sicuro
che
questa volta non te la caverai a buon mercato. La piccola Selen ti
avrebbe
sicuramente fermato”.
Mi fermai un attimo per riprendere
fiato e mi voltai
verso di lui: “Ciò che sto facendo è
una promessa che le ho fatto. Per
realizzarla farò questo ed altro”.
“E’ vero che un eroe non si riconosce dalla forza
dei
suoi muscoli, ma da quella del cuore, ma adesso esageri
davvero”.
“Senti” gli dissi voltandomi verso di lui
“Te l’ho..”
mi bloccai.
“Cosa c’è!” mi chiese.
Davanti a me si stava avvicinando
una figura enorme e
mostruosa.
A descriverla non ci riesco, visto che cominciai a
correre più veloce che potevo.
Sentii il ruggito di quella creatura dietro di me e il
suo slancio in avanti.
“Corri più veloce!” mi gridò
Incanto “Quella cosa ti
sta raggiungendo.
“E secondo te che sto facendo!” gridai di rimando.
Con tutta la forza che avevo, corsi
verso il limite
della foresta e lo attraversai di gran carriera.
“Continua a correre! Quella cosa non si è
fermata”
disse Incanto.
Preso dal panico corsi a perdifiato
per tutta la
brughiera, inseguito da quella creatura.
Sentivo il suo raspare e il suo fiato avvicinarsi
sempre di più: oramai ero senza fiato e non sapevo
più che cosa fare.
“Dannazione!”
imprecò Incanto “Sta attento: ne stanno
arrivando altri dalle colline. Ci hanno circondato”.
Pochi minuti dopo, mi ritrovai
completamente
accerchiato da una ventina di quelle creature, pronte a saltarmi
addosso.
“Sono nei guai!” pensai.
“Sauron non farti prendere dal panico. Devi trovare
una soluzione per salvarti”.
"La fai facile tu!” dissi ansimante “Se non te ne
sei
accorto, sono esausto e sono già nel panico”.
Cercai di calmarmi e di ragionare:
ero circondato da
terribili creature che desideravano fare di me la loro cena, ero
esausto e
spaventato, ma non potevo di certo arrendermi. Non è da me.
“Non ho scelta
direi!”
“Che cosa intendi fare”.
Attivai lo Sharingan e Incanto capì.
“Non fare
pazzie”.
“O questo o mangiato. Quale delle due
preferisci?”
Le creature si lanciarono verso di me con le fauci
spalancate.
Accumulai il chakra che avevo nell’occhio destro poi:
“AMATERASU”.
Le terribili fiamme nere che tutto divorano fecero la
loro apparizione, avvolgendomi come uno scudo e proteggendomi
dall’assalto.
Dall’esterno sentii i lamenti di quelle creature che
bruciavano nel fuoco e che abbaiavano spaventate mentre bruciavano.
Sentii un dolore lancinante
all’occhio e cercai di
resistere allo svenimento, causato dalla totale mancanza di forze.
Quando non sentii più nessun uggiolato, con uno sforzo
immane, estinsi le fiamme nere e m’inginocchiai a terra,
tenendomi l’occhio.
“Sauron. Stai bene?” mi disse Incanto.
“Diciamo!” risposi e mi alzai disattivando lo
Sharingan e osservai ciò che restava.
Tutte le creature che mi avevano
accerchiato erano a
terra prive di vita nelle posizioni più macabre possibili.
“Mi dispiace ma non mi avete lasciato scelta” dissi.
“E’ pericoloso restare qui. Dobbiamo trovare un
posto
sicuro dove passare la notte”.
“Si hai ragione. Ma dove troviamo un posto sicuro?”
“Ti serve un riparo?” disse una voce
“Allora ti
accontento subito”.
Mi
voltai per vedere chi avesse parlato. Ciò che vidi fu
un bastone che mi colpì facendomi perdere i sensi.
Un
po’ corto vero?
Rispetto al solito direi di sì.
Vi
lascio il seguito per la
prossima settimana e, sperando che commentiate,
vi auguro buona Immacolata concezione.
Enciclopedia
del Fantasy.
Yaphisan (un
leggero inchino): “Ciao cuccioli! Oggi vi darò
un’immagine a grandi linee del
Fantasy.
Fantasy è un
mondo magico:
in cui i sogni di tutti si realizzano. Poiché è
fatto di sogni, il paesaggio è
alquanto variopinto: in esso si mescolano le proiezioni del mondo
interiore di
ogni individuo e si mescolano in un insieme armonico.
Gli abitanti del Fantasy
sono influenzati dalla vostra immaginazione, spesso, infatti, non sanno
a chi
dare retta e scioperano.
I luoghi più rilevanti
sono: la grotta dei mondi, il castello, la foresta del pensiero e, in
misura
minore, la foresta bianca.
Ci sono molti altri luoghi
che varrebbe la pena citare, ma..”
Un
pugno gli arriva in
faccia.
Kaeleena
(furiosa): “Si
può sapere che stai facendo?”
Yaphisan (rialzatosi):
“Introduco il Fantasy”.
Kaeleena (venetta
pulsante): “E Sauron? Non pensi a lui?”
Yaphisan: “Ma figlia mia, il
capitolo è finito”
Kaeleena
rompe un mobile
con un pugno.
Yaphisan:
“Vado subito a
cercarlo!”
Kaeleena: “Bravo!
MUOVITI!” e lo fionda fuori dallo studio con un calcio.
Kaeleena:
“Voi, che
seguite la storia, sapete dirmi dove è finito il mio
bambino? Per favore
aiutatemi!” e scoppia in lacrime.
E dopo
questo
piccolo show, vi saluto.
PS: non dite
a nessuno, dove si trova Sauron.
Eh Eh! Ciao.
|
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Capitolo 7 *** Prigioniero degli Shad ***
7. Prigioniero degli Shad
Ciao e
ben
ritrovati. Mi dispiace di avervi fatto aspettare, ma ho avuto un
piccolo
blocco. Ora ricomincerò da dove avevo interrotto.
Nickoku:
Grazie per il commento e per la tua pazienza. Gli show di fine
capitolo, se t’interessano,
li ho inseriti dopo aver letto alcune fic e anche degli anime, come
Bleach e
Naruto, che mi sono particolarmente piaciuti.
Prima
di
continuare, ci tengo a chiarire una cosa: i personaggi che compariranno
in
questo capitolo non vengono da Kingdom Heart. Anche se mi sto
cominciando a interessare,
non conosco molto la storia, quindi, se ci saranno analogie, vi
anticipo che è
una semplice coincidenza.
Detto questo,
incitandovi a commentare e a continuare a seguire la storia, vi auguro
buona
lettura.
Dell’acqua mi
arrivò in faccia, facendomi riaprire gli
occhi.
Mi ritrovai legato a una parete: le mie mani e i miei
piedi erano chiusi a delle catene che m’impedivano i
movimenti e mi tenevano
bloccato in una posizione alquanto scomoda.
“Buon giorno principino!
Ben tornato dal mondo dei
sogni” disse una voce molto fredda.
Nella penombra di quella che sembrava una prigione, un
piccolo gruppo mi stava osservando.
Chi aveva parlato si avvicinò, rivelando il suo volto:
era una donna alta e pallida in volto, vestita di nero e in viola,
indossava un
copricapo che finiva con delle corna e portava in mano un bastone con
una
sfera.
“Chi accidenti sei?” dissi stringendo i denti.
“Sei curioso eh?” disse lei guardandomi
dall’alto in
basso “Come padrona di casa, direi di dover fare le dovute
presentazioni. Il
mio nome è Malefica”.
Fui
scosso da un tremito che non era di paura ma di
rabbia.
“Malefica! Da quando in qua una Shad si trova così
lontano da casa?” dissi con un sorrisetto di sfida.
Prima
di proseguire, credo valga la pena spiegare
perché ho chiamato questa strega Shad.
All’inizio, avevo detto che nel Fantasy tutti i sogni
diventano realtà, giusto?
Avevo omesso di dire che i sogni sono di due tipi: sogni
buoni e sogni cattivi, o incubi.
I sogni buoni sono gli eroi di una storia o
dell’immaginazione
delle persone e vivono nel Fantasy.
I sogni cattivi, invece, sono gli antagonisti di
storie e creazioni.
Gli Shad sono proprio questi ultimi e hanno dimora in
un luogo chiamato Nightmary, la terra in cui gli incubi diventano
realtà.
Il loro scopo è attaccare e conquistare Fantasy,
perché è questo quello assegnatogli dai creatori.
Per fortuna il nostro regno è
protetto dai grandi eroi dei sogni ed è grazie a loro se non
ci sono mai
riusciti.
Tornando alla storia, durante il
mio viaggio verso la
caverna di Fenrir, ebbi modo di conoscerli.
“Che ragazzino
insolente!” disse un altro Shad mentre
si avvicinava: era alto, vestito con un abito arabo rosso e portava in
mano un
bastone a forma di cobra.
“Sarebbe davvero un buon bocconcino. Ho un po’ di
fame. Malefica me lo posso mangiare?” disse un lupo che,
incredibilmente,
riusciva a reggersi su due zampe e aveva uno sguardo affamato.
“Jafar, Lupo, miei cari! Non è il caso di trattare
così un nostro piccolo e gradito ospite” disse lei
e rise.
“Ehi!” dissi secco “Ti ho fatto una
domanda”.
“Cosa secondo te?” disse Jafar, avvicinandosi a me
con
quel volto da serpente.
“Il tuo alito puzza, vecchietto” dissi provocandolo.
“Piccolo moccioso!” gridò lui colpendomi
con un pugno.
“I tuoi pugni non farebbero male nemmeno a una
mosca”
dissi guardandolo fisso.
“Adesso vediamo se questo ti piace” disse lui
alzando
il bastone e preparandosi a colpirmi.
“Aspetta Jafar!” lo fermò Malefica.
“Che cosa vuoi?” disse lui.
“Se lo uccidi, non otterremo nessuna informazione,
quindi trattieniti per un po’” disse lei.
“Va bene!” disse lui e voltandosi verso di me.
“Pensate che parlerò tanto facilmente? Non
dirò niente
di Fantasy”.
“Sei solo un ragazzino, ma sei davvero coraggioso”
disse Malefica “Ma quanto resisterai senza i tuoi
poteri”.
Dicendo questo, avvicinò la mano al mio petto e, dopo
aver pronunciato delle parole magiche, la immerse in esso.
Un dolore lancinante e
indescrivibile, mi percorse
tutto il corpo e gridai come mai avevo fatto.
La strega tirò fuori la mano tenendo stretta una sfera
rossa e bianca e alzandola in alto.
“Ecco qua. I tuoi poteri sono nel palmo della mia
mano. Adesso dimmi ciò che voglio sapere o potrei anche
penare di ridarteli”
disse la strega con voce velata.
“Va al diavolo!” dissi.
“Cosa? Non credo di aver sentito” disse lei
avvicinandosi.
Respirai profondamente e gridai: “Va al diavolo
dannata strega!”
“Sai, non so dire se sei coraggioso oppure uno
stolto”
fece lei alzando la mano libera e colpendomi con un incantesimo simile
a un
fulmine nero e facendomi gridare per il dolore.
“Direi che possiamo
cominciare con l’interrogatorio”
disse Malefica con sguardo sadico “A ogni risposta negativa,
riceverai una scarica
più forte, ci siamo intesi?”
“Non è necessario, mia cara Malefica!”
disse una voce.
Tutti si voltarono verso quello che sembrava essere
l’ingresso del luogo in cui ero rinchiuso.
“E così sei venuto eh?” disse Jafar.
“Ne dubitavi” disse il misterioso individuo,
coperto
dal buio.
“Fatti avanti: voglio vedere l’espressione del
ragazzino quando ti vedrà!” disse ghignando la
strega.
“Come desideri!” disse lui e si avvicinò.
Quando riuscii a vederlo, sentii la
terra tremarmi
sotto i piedi: era appena arrivato un uomo di rango signorile, vestito
con un
abito ottocentesco completamente grigio, da collo a piedi, portava un
bastone
da passeggio fatto di legno di quercia e il suo bel viso, incoronato da
capelli
neri ricci, aveva uno sguardo privo di vita.
“Dorian Gray!” dissi con un filo di voce.
“Ciao Sauron, è da un bel po’ che non ci
vediamo
vero?” disse lui cordialmente.
“Che diavolo significa? Che ci fa lei qui?” dissi
sempre più agitato.
“La versione ufficiale è che ti stavo cercando: la
tua
mamma è molto preoccupata” disse calmo.
“In realtà, sei venuto a incontrare noi”
concluse
Malefica.
Mi sentii precipitare: Dorian, considerato uno dei
migliori spadaccini del Fantasy, era una spia degli Shad.
“Allora Dorian, vuoi
presentarci il ragazzino?” chiese
Malefica.
“Si chiama Sauron Folgore Sandtimes ed è il figlio
di
Kaeleena Sandtimes” rispose tranquillamente.
Un
pesante silenzio calò tra i presenti.
“Hai detto... Sandtimes?” chiese Jafar.
“Esattamente!” confermò lui
“Questa mattina presto ha
fatto perdere ogni sua traccia.
La madre ha immediatamente dato il via alle ricerche. Chi
si sarebbe mai immaginato che era un vostro gradito ospite!”.
“Interessante” disse uno Shad che si
avvicinò. Era
vestito con una tunica greca nera, la sua pelle era grigia e i suoi
capelli
erano una fiamma blu.
“Mi presento” disse “Io sono Ade, il dio
dell’Oltretomba e ho un piccolo conto in sospeso con la tua
famiglia. Sarà un
piacere ucciderti, piccolo discendente della stirpe dei signori del
tempo”.
Si avvicinò a me e
puntò la mano contro di me: da essa
si formò una sfera di fuoco, pronta a colpirmi.
“Aspetta un attimo Ade” disse Malefica.
“Cosa c’è!”
protestò lui.
“Voglio sapere qual cosina da lui: per esempio dove
stava andando! Potrebbe essere qualcosa di importante” disse
lei.
“Dorian tu lo sai?” chiese Jafar.
“No!” disse lui con no calanche “Nessuno
sa che cosa
frulla nella mente di questo ragazzo”.
“Allora sarà lui a dircelo” concluse
Malefica e tornò
a fissarmi “Allora, piccolino: dove stavi andando?”
Ero scosso dalla scoperta, ma non avevo perso la mia
lucidità e, ignorando, la domanda della megera mi rivolsi a
Gray: “Come ha
potuto farlo? Perché ci ha tradito?”
“La mamma non ti ha insegnato la buona educazione?”
disse Malefica “Si fa una domanda per volta” e mi
fulminò con l’incantesimo di
prima.
Il dolore fu indescrivibile, ma cercai di resistere
alla perdita di conoscenza: non potevo svenire; prima volevo delle
risposte.
“Allora?” disse
la strega “Rispondi alla mia domanda?”
In tutta risposta, le sputai in faccia.
“Piccolo insolente!” disse la strega e mi
lanciò uno
schiaffo “Vedremo se ti si scioglierà la lingua
dopo una notte qui dentro” e si
avviò verso la porta insieme agli altri Shad.
Dorian restò indietro e, voltandosi verso di me, mi
disse: “Se proprio vuoi saperlo, io seguo solo la mia natura,
né buona,
né cattiva. Cerca di riposarti
ragazzo: domani avrai molte cose da fare. Buonanotte” e
uscì, lasciandomi solo.
Rimasi da solo e nella
più totale disperazione,
svenni. Ero finito: avevo perso i miei poteri, ero in un posto che
neanche
conoscevo, circondato dagli Shad e nessuno sarebbe mai venuto a
salvarmi.
Mi ero cacciato in un bel guaio e non sapevo come
uscirne.
“Sauron!”
Aprii gli occhi e vidi Incanto davanti a me.
“Meno male. Stai bene ragazzo?” mi chiese.
“Incanto di Folgore. Sei davvero tu?” dissi.
“Certo che sono io! Chi potrei essere altrimenti”
“Provamelo” dissi.
“Giusto, non si può mai sapere se io sia un
impostore.
Il tuo sogno è diventare un eroe e cambiare il destino della
tua famiglia, per
questo sono diventato il tuo spirito.
Se non basta, ti dico il tuo cibo preferito: alette di
pollo impanate.
Allora?”
Tornando sereno, gli sorrisi: “La tua presenza la
riconoscerei tra mille!”
“E allora perché mi hai chiesto di provarti che
ero
io” disse confuso.
“Volevo ripassare le mie priorità” dissi
ridendo.
“Stupido!” e mi colpì in testa.
“Ahi!”
“Così impari!”
Passarono alcuni minuti di
silenzio, poi mi decisi a
parlare: “Allora? Come hai fatto a restarmi vicino?”
“Un legame con uno spirito non può essere spezzato
così facilmente. Malefica ti ha tolto solo i poteri che
derivano dalla tua
famiglia, non quelli che vengono da me e da quell’altro
spirito. In pratica,
puoi ancora combattere”.
“Quello avrei continuato a farlo anche senza nessun
potere” dissi “Piuttosto, perché non mi
liberi da queste catene?”
“Scusa: questo cos’è?” e mi
mostrò un lucchetto
forzato.
“COSA E CHE DIAVOLO ASPETTAVI A DIRMELO?” gli
gridai.
“Volevo ricordarti le tue priorità”
disse
semplicemente.
“Touchè!” dissi.
Una volta libero, chiesi a Incanto
che fine avesse
fatto la mia roba e lui me la lanciò.
“Pensavo l’avessero presa loro!” dissi.
“Era vicino alla porta, forse se la sono dimenticata
lì!”
“Se è così, qualcuno verrà a
prenderla e noi ne
approfitteremo”.
“Vuoi giocare l’elemento sorpresa: ottima idea.
Solo
una domanda: come pensi di uscire da questo posto”.
“Combattendo, non c’è altra
scelta” risposi “Prima,
però, devo riprendermi quello che mi è stato
rubato e poi voglio fare a pezzi
quella strega e Gray”.
“Allora dovremo faticare parecchio. Credo sia giunto
il momento di indossarmi dopo tanto tempo”.
“Si hai ragione”.
Incanto era il mio spirito da sette anni, ma solo una
volta lo indossai come armatura: cioè quando si
rivelò a me; era il momento del
bis.
“Prima di
cominciare” disse Incanto “devo informarti che non
ho una spada, quindi dovrai
cavartela a mani nude”.
“Vedrò di porre rimedio alla cosa” dissi.
In quel momento sentii delle voci.
“Stanno arrivando; Incanto quanti ne vedi?”
“Sono due: il lupo e Ade. Sembrano agitati”.
“Meglio così”.
A quanto sembrava, i due Shad erano tornati per
prendere quello che avevano dimenticato: ed io ero pronto a dare loro
una
sonora lezione.
“Accidenti! Come hai
fatto a dimenticarti lo
zainetto?” disse Ade aprendo la porta.
“Pensavo l’avessi preso tu: sei uscito dopo Dorian
e
hai chiuso la porta” rispose il lupo.
“Beh vediamo di prenderlo e basta. Non ho voglia di
sentire Malefica dare di matto”
“Hai ragione: non la sopporto proprio in quei
momenti”.
“Ehi! ma dov’è finito?” disse
allarmato il dio greco
dell’oltretomba.
“Era qui, ce l’avevi messo tu e gli altri hanno
detto
di non averlo toccato” fece il compagno.
“Controlliamo il moccioso!” disse agitato.
I due svicolarono e mi trovarono a
in mezzo alla
stanza con il volto coperto dal buio.
“Cercavate questo?” dissi indicando il mio zaino.
I due apparvero sorpresi nel vedermi libero.
“Come ha fatto a liberarsi” chiese il lupo.
“Non ne ho idea” disse Ade “Ma
l’occasione di
ucciderlo non me la faccio scappare” e tirò fuori
due palle di fuoco dalle
mani.
“Vediamo se ci riesci”, gli dissi mostrandogli il
medio.
“Adesso ti faccio vedere!” gridò lui e,
insieme al
lupo, mi si avventò contro.
Ade mi lanciò contro le
sue palle di fuoco, ma riuscii
a scansarle insieme con un primo assalto del lupo.
Feci una capriola e mi ritrovai con le spalle al muro.
“Eh eh! Sei in trappola moccioso” disse il lupo.
“Sicuro?” dissi e sparii in una nuvola di fumo.
“Cosa?” dissero i due in coro.
Con un calcio doppio, li colpii da dietro e li feci sfracellare
al muro.
A carponi, i due si rimisero in piedi e il primo a
recuperare la parola fu Ade: “Come diavolo hai fatto?
Malefica ti ha tolto
tutti i tuoi poteri”.
“Lasciate che vi presenti
un mio amico” dissi facendo
materializzare Incanto “Vi presento Incanto di folgore
cavaliere della Luna, il
mio spirito custode; quello che avete attaccato prima era lui,
trasformato in
me”.
“Dannazione! La magia di estrazione non funziona sugli
spiriti” disse il lupo “Così non
è leale”.
“Parlano quelli che mi hanno attaccato in due “
risposi “Ora vi schiaccio!”.
Una mano mi afferrò per la gola e un’altra
colpì
Incanto, spingendolo dall’altra parte della stanza.
A colpire era stato Ade stesso che aveva trasformato
le sue braccia in fumo nero e, servendosi delle tenebre, si era
avvicinato a
me.
Fui sollevato da terra e sentii la
mano dello Shad
stringersi al mio collo.
“Che cosa volevi farci?” disse Ade ironico.
“Sei sleale” dissi con un filo di voce.
“Sono uno Shad ragazzo” ribatté lui
“Adesso senti il
programma: ti spezzerò l’osso del collo, poi ti
decapiterò e, visto che il mio
amico lupo non ha cenato, gli farò mangiare il tuo corpo,
poi sigillerò il tuo
spirito custode e lo metterò sul mobile dei trofei insieme
ala tua testolina
infilzata su un paletto senza lingua e occhi. Quello che
resterà, lo manderò
tramite pony express alla tua cara mammina. Contento” e fece
maggiore
pressione.
Cercai di resistere con tutto, ma
sentivo le forze
abbandonarmi e perdere i sensi.
Pensai che
fosse giunta la fine, quando…
“AH AH AH AH!”
Mi ritrovai davanti a un’enorme gabbia, chiusa da un
sigillo: all’interno c’era il mostro che mi era
stato sigillato la notte della
mia nascita, la volpe dalle nove code.
Osservai quella creatura: non avevo mai visto nulla di
simile in vita mia; sentivo una terribile sensazione crescermi dentro,
la
paura.
“EHI TU! AVVICINATI”
mi
disse il demone.
Quasi meccanicamente, avanzai. Poi, percependo il
pericolo, saltai indietro ed evitai gli artigli del mostro, usciti per
prendermi.
“ACCIDENTI! VORREI
SBRANARTI E
SAZIARE LA MIA FAME, MA QUESTO SIGILLO M’IMPEDISCE
DÌ PRENDERTI. CHE COSA SEI
VENUTO A FARE QUI RAGAZZINO”.
Mi alzai di scatto e, scacciando la paura, la guardai
sicuro di me.
“E così tu saresti la volpe a nove code”
dissi “Non so
perché sono qui, ma visto che ci sono: voglio che tu mi dia
il tuo chakra. Non
credo che morire rientri nei tuoi piani, vero?”
La
volpe mi osservò per qualche minuto in silenzio,
poi esplose in una terribile risata: “MI STAI
MINACCIANDO RAGAZZINO? SEI
TROPPO
COMICO.
TUTTAVIA,
CONSIDERANDO LA TUA ATTUALE
SITUAZONE, NON POSSO ASTENERM DALL’AIUTARTI. ECCOTI IL MIO
POTERE: COME PREMIO
DELLA TUA ARROGANZA!”
Una considerevole quantità di energia uscì dalla
gabbia e m avvolse interamente.
Afferrai il braccio di Ade e lo strinsi con forza.
Lo Shad, sentendo le ossa scricchiolare, mollò la
presa e si allontanò da me insieme al suo compagno a quattro
zampe.
Sentivo il mio corpo esplodere, tanta era l’energia
che stava uscendo e alzai lo sguardo verso i miei due avversari: vidi i
loro
volti contorcersi in un’espressione in cui stupore e paura si
mescolavano,
lasciando poi spazio al terrore.
“Chi diavolo è questo moccioso!” disse
il lupo.
“Vi avverto” dissi con voce rauca “Non ho
intenzione
di fermarmi qui. Dovessi distruggere l’intera zona: vi
farò tutti a pezzi!”
Nel
prossimo
capitolo.
Sauron si
scatena e, dopo aver sconfitto Ade e il lupo, vaga per la base degli
Shad alla
ricerca dei suoi poteri e di Dorian.
Inoltre il
ragazzo scoprirà la natura dei suoi poteri e molto altro.
Questo e
altro al prossimo capitolo.
Angolo
dell’autore:
Enciclopedia del Fantasy
Anemone
(un inchino):
“Ciao! Oggi sostituisco il signor Yaphisan che è
momentaneamente impegnato.
L’argomento che tratteremo
è il fenomeno degli Shad.
Gli Shad sono gli
antagonisti delle storie create: cioè i cattivi, che devono
obbligatoriamente
esistere.
Gli Shad sono anche i
malvagi che voi create nelle vostre fiction, ovviamente non
compariranno mai in
questa storia: sarebbe offensivo nei vostri confronti.
La loro base si chiama Nightmary:
è lì che diventano reali e perseguono il loro
fine, cioè l’invasione del
Fantasy.
E chi deve proteggere il
Fantasy? Noi eroi dei sogni: è un compito arduo, ma ce la
mettiamo tutta, per
proteggere la nostra terra.
Chiederei a voi tutti di
non creare troppi cattivi, ma se lo facessi che eroina sarei?”
Entra
Ade.
Ade: “Sicuramente siamo
cattivi e ne siamo consapevoli, però non è giusto
che siate voi ad introdurci .
Da adesso ci penseremo noi a commentare le nostre azioni”.
Anemone: “Non per
offenderti, ma non è una cosa facile”.
Ade: “A si? E cosa ci
sarebbe di difficile?”
Anemone: “Innanzitutto
l’apertura”.
Ade (prende appunti): “Che
ci vuole!”
Anemone: “L’aspetto del
presentatore”.
Ade (piccolo tic): “Si!”
Anemone: “E i possibili
imprevisti”.
Ade (curioso): “Tipo?”
Da
dietro Ade appare
Pegaso e soffia sulla sua testa, spegnendo la fiamma.
Ade (con una mano sulla
testa e guardandosi in giro): “Chi mi ha spento i
capelli?”
Anemone (trattiene una
risata): “Tipo questo!”
Ade (col broncio): “Ho
capito! La prossima volta ti faccio vedere io”.
Scusate,
non
ho saputo resistere. La prossima volta sarà Ade a
presentare: come se la caverà
e scoprirà chi gli ha “spento i capelli?”
Alla prossima
settimana.
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Capitolo 8 *** Una luminosa eredità ***
8. Una luminosa eredità
Ciao!
Scusate
il ritardo: ho avuto qualche intoppo, ma adesso sono pronto a
presentarvi questo capitolo pieno di azione e di sorprese.
Vi avverto
che è completamente diverso da quelli precedenti, quindi
mettetevi comodi e
divertitevi.
Mi raccomando
ditemi che ne pensate: voglio vedere se sto andando bene.
Buona
lettura.
I due Shad non riuscivano a
muoversi, allora decisi di
muovermi io.
Con un passo rapido, mi portai
davanti a loro e colpii
il lupo con un pugno, schiantandolo verso il muro opposto; poi colpii
Ade con
un calcio, spingendolo all’indietro.
Il cosiddetto dio dell’oltretomba si schiantò
contro
il muro e sputò sangue nero.
Mi avvicinai a lui e, pieno di rabbia, gli dissi:
“Volevi uccidermi e mandare i pezzi del mio corpo a mia
madre, vero?
Quando
avrò
finito con te: non basteranno le pinze per raccoglierti” e
cominciai a colpirlo
selvaggiamente.
Non mi fermai fino a quando non lo vidi completamente
inerme, ma non lo uccisi, poi passai all’altro.
“Sauron, fermati!” mi disse Incanto mentre si
alzava a
fatica “Non macchiarti di una simile
atrocità!”
“E’ troppo tardi” risposi e mi apprestai
a colpire il
lupo.
“Ricorda ciò che hai promesso a Selen!”
Il pugno si fermò a
pochi centimetri dal volto del
lupo.
“Selen!” ripetei tra me.
In quel momento ricordai ciò che c’eravamo
promessi: anche
se separati, saremmo stati l’uno il blocco
dell’altra e viceversa.
Abbassai il braccio e presi un bel respiro, sedando la
rabbia.
“CHE COSA STAI FACENDO?
DITRUGGILI TUTTI!” disse la volpe.
“Ti ho detto di darmi il tuo chakra, è vero, ma
non mi
risulta di averti concesso il controllo del mio corpo. Impara a stare
al tuo
posto, mostro o ti confinerò nei meandri della mia
mente!”
“PICCOLO MOCCIOSO!”
disse il demone.
“Ricorda che sono io a comandare; io decido se usarti
o no!” dissi freddo “Se vuoi aiutarmi, sei la
benvenuta, ma dovrai seguire le
mie regole, mi sono spiegato?”
“AH AH! E SIA, MA NON
CREDERE
DÌ AVERE IL TOTALE CONTROLLO SU DÌ ME: QUANDO
SARA’ IL MOMENTO, ESIGERO’ IL
CONTO”.
“Non ci contare!”
Aprii gli occhi e guardai Incanto
con un sorriso.
“Mi hai fatto preoccupare ragazzo!” disse lui.
“Scusami: avevo dimenticato le mie
priorità” e risi.
“L’importante è che sei di nuovo
qui!” disse.
Poco dopo, uscii dalla cella e mi
guardai intorno: ero
dentro un sotterraneo, costituito da un lungo corridoio illuminato
dalla
fievole luce di alcune candele.
“Quanto è lungo?” chiesi smarrito.
“Circa trecento metri” rispose Incanto.
“Ho capito” risposi “Da adesso in poi
è meglio fare
attenzione. Sun’s
Knight Battle Armor Go!”
Incanto si attaccò al
mio corpo come armatura e mi
ricordò di essere sprovvisto di spada.
“Tuttavia, puoi ricorrere al potere che ti deriva da
me” mi disse.
“Il potere che deriva da te? E quale sarebbe?”
chiesi.
In tutti gli anni in cui era stato al mio fianco,
Incanto non mi aveva mai detto di che potere fosse dotato.
“Si chiama Tracciamento. È un potere che rientra
nella
seconda delle sette categorie di classificazione: tramite questo
potere, puoi
materializzare sottoforma di armi la tua stessa anima o gli spiriti che
hai con
te. Il guaio è che non hai mai usato questo
potere”.
“Non ti preoccupare, ce la farò” gli
dissi.
Chiusi gli occhi e, per la terza
volta, mi trovai di
fronte la volpe.
“Ascoltami volpe. Ho bisogno della tua collaborazione:
servendomi del potere di Incanto, ti trasformerò in una
spada. Mi dai la tua
disponibilità?”
“AH!
COMINCI SUBITO EH?
D’ACCORDO: SARA’ DIVERTENTE VEDERE COME TE LA CAVI ”.
“Perfetto!” dissi scandendo le parole.
Tesi le mani in avanti e mi concentrai su una spada:
cercai di darle una forma, una linea e una densità ben
definite senza
tralasciare i dettagli.
Alla fine sentii qualcosa sfiorarmi le mani,
diventando sempre più solida e pesante e, aprendo gli occhi
osservai la spada
che ero riuscito a creare: la sua lama era rosso acceso, con la punta
nera,
l’elsa aveva quattro punte per lato e una più
lunga sulla lama, l’impugnatura
era lunga a forma di zampa aperta.
La mia prima creazione sembrava uscita bene anche se
era un po’ piccola rispetto a come l’avevo
immaginato, ma risultava essere
difficile da maneggiare: probabilmente la volpe voleva complicarmi la
vita, ma
cercai di non farci caso.
“Niente male come prima creazione, si vede che sei un
piccolo genio” disse incanto “Come ti
senti”.
“Ho un po’ di fiatone, ma mi riprenderò
presto”
risposi “Speriamo che non si rompa: non so se
riuscirò a crearne una seconda”.
“Se l’hai costruita usando la volpe a nove code
come
modello, dubito che si romperà tanto facilmente!”
“Bene, allora andiamo” e mi misi a correre per il
lungo corridoio.
Passarono alcuni minuti, poco
più avanti vidi una
scalinata e salii fino al piano di sopra.
Giunto in cima, mi fermai e, lentamente, affacciai il
volto: la via sembrava libera.
“Da questo momento in avanti sarà meglio procedere
con
cautela” consigliò Incanto.
Senza rispondere, mi avventurai in quel tetro
corridoio, pieno di quadri che preferisco non descrivere.
Ogni mio senso era concentrato, ogni nervo teso, la
spada era salda nelle mie mani e pronta a colpire chiunque mi fosse
apparso
davanti: lì erano tutti nemici.
A un certo punto, una porta davanti a me si aprì e
qualcuno uscì.
Feci in tempo a nascondermi dietro una statua e a
sentire cosa stesse dicendo.
“Dove diavolo sono finiti
Ade e Lupo?” disse una voce
profonda.
“Conoscendo Ade, si starà divertendo a massacrare
quel
moccioso della famiglia Sandtimes” disse una voce femminile.
“Vorrei proprio sapere che cosa hanno fatto a
quell’idiota!” disse una terza voce dal tono
arrogante.
“Se lo sapessi, Gaston, rideresti di lui per un
mese”
disse la voce femminile.
“Ursula, tu sai che è successo?” chiese
il primo ad
aver parlato.
“Certo Shan Yu! Ero presente. Il solo ricordarlo mi fa
scoppiare dal ridere” disse la donna.
“Avanti: dicci che è successo, voglio ridere
anch’io
di lui” disse Gaston.
“Va bene!” disse la donna.
“Gaston, Ursula e Shan
Yu” pensai “Questi nomi li
conosco. Certo: sono quelli che quattro anni fa, insieme con altri tre,
erano
penetrati nella fortezza e causato scompiglio. Mamma, Luce e la signora
Rose li
conciarono per le feste, per aver rovinato la nostra gita al parco.
Allora è stata mia madre a suonarvele, ora ve le suono
io”.
“Sauron che hai in mente?” mi disse Incanto.
“Non è ovvio?” risposi
“Prenderò a calci quei bastardi
!”
“Non fare pazzie!” mi riprese.
“Troppo tardi!” dissi.
Come un fantasma, feci la mia
apparizione davanti ai
tre Shad, intenti nella loro conversazione: Gaston era un uomo alto,
muscoloso
con capelli neri, legati a coda e occhi azzurri; Shan Yu era pallido,
con una
barba nera incolta e una leggera calvizie gli mostrava la testa, i suoi
occhi
erano simili a quelli di un rapace che si fiondano su una preda ignara;
Ursula
era una donna grassa per metà polpo e un trucco disgustoso.
Quando mi videro,
apparvero stupiti.
Approfittai del momento e, con un calcio a mezz’aria, colpii
Gaston in faccia, facendolo cadere; con un fendente in rovescio,
sfiorai il
petto di Ursula e puntai allo sterno di Shan Yu.
Con un movimento felino, il quasi calvo, estrasse la
sua spada da dietro la schiena e parò il colpo, ma fu spinto
all’indietro da un
improvviso rilascio energetico causato dalla spada.
Senza perdere
l’equilibrio, il quasi calvo e la donna
polpo si allontanarono e si misero sulla difensiva.
“Ahia! La mia faccia! La mia bellissima faccia”
disse
imprecando il bell’imbusto “Chi si è
permesso di colpirmi!”
“Perché non togli le mani dalla faccia e non lo
scopri
da te!” disse Shan Yu.
Gaston si alzò e, dopo aver recuperato la vista,
disse: “Chi accidenti è questo?”
“Non è ovvio?” risposi “Sono
il vostro ospite. La
stanza non era di mio gradimento”.
I tre parvero stupiti.
“Tu sei quel moccioso!” disse Shan Yu “Se
sei qui,
significa che Ade e Lupo sono stati sconfitti. Che vergogna!”
“Ecco un altro pettegolezzo che varrà pena
raccontare”
ghignò Ursula.
“Me ne frego se sei un moccioso” disse Gaston
impugnando
il fucile da caccia che aveva dietro la schiena “Io lo faccio
a pezzi”.
“Provateci se ci riuscite, vermi!” dissi con aria
di
sfida.
I tre, provocati, si lanciarono verso di me.
Ero in svantaggio numerico, ma
vendei cara la pelle e non
mi arresi.
Gaston fu il primo a cadere: cercò di avvicinarsi a me
e di farmi saltare la testa puntandomi il fucile a pochi centimetri di
distanza, ma fui più veloce di lui e, con un colpo netto
della spada della
volpe, distrussi il fucile e gli provocai una ferita obliqua allo
sterno e,
incredibilmente tagliai anche il muro alle sue spalle.
Ursula approfittò del
mio momento di distrazione e mi
afferrò con i tentacoli, chiudendomi in una morsa
d’acciaio.
“Hai recitato le tue ultime preghiere?” disse la
donna
polpo trionfante.
“E tu hai pensato a cambiare il trucco” dissi di
rimando, mentre usai lo scudo per fare leva sui tentacoli, rompendo la
presa.
Una volta libero, vibrai un fendente in aria e, con
sorpresa, generai una potente onda d’urto che
schiantò la grassona contro il
muro, facendole perdere i sensi.
A quel punto, restava solo un
avversario da battere e
mi piombò addosso con un poderoso fendente che riuscii a
parare.
“Soltanto una cosa!” mi disse Shan Yu, a pochi
centimetri da me “Sei uno di quei ragazzini che usano gli
spiriti come
armature?” e spinse con più forza.
Riuscii ad allontanarmi e risposi: “Il nome è
Sun’s
Knight e comunque, si sono uno di loro. Sei sorpreso?”
“Ah Ah! al contrario” disse lui “Sono al
settimo
cielo: ho sempre desiderato confrontarmi con uno di voi. Un sogno che
si
realizza!” e sorrise arcigno.
“Siamo nel Fantasy amico: qui i desideri diventano
realtà!” dissi e mi lanciai verso di lui.
Ci scambiammo una rapida
successione di fendenti senza
darci tregua.
Rimasi sorpreso dalla sua abilità e dalla forza che
riusciva a imprimere nella sua spada: nonostante la mia, come avevo
capito,
potesse lanciare onde soniche e tagliare il vuoto, la sua lama rimase
intatta,
senza alcuna incrinatura; era chiaro che la sua esperienza era, molto
superiore
alla mia.
Si allontanò da me e alzando la spada nella posizione
dell’aquila (posa nella quale la spada è presa con
tutte e due le mani e
sollevata a pochi centimetri dalla testa) la calò con forza,
tagliando l’aria.
Riuscii a proteggermi con lo scudo, ma la forza fu
tale che la spada mi sfuggì di mano e volò
all’indietro.
“Riprendi la tua arma!” disse lui “Non
voglio battere
un avversario disarmato; non ci sarebbe alcun onore” e
lanciò un secondo
fendente.
“Le tue azioni tradiscono
le tue parole” dissi, ma
avevo capito che voleva invitarmi a darmi una mossa.
Chiusi gli occhi immaginai degli shuriken a stella: la
loro creazione non richiese molte energie e li materializzai subito,
dopodiché
li lanciai verso il mezzo calvo e mi spinsi all’indietro per
riprendere la
spada.
Quando la presi, la sentii
stranamente più leggera, a
quanto sembrava la volpe ci stava prendendo gusto.
“Puoi usare una magia di concretizzazione, a quanto
sembra: niente male!” disse Shan Yu “Sei davvero un
ragazzino interessante
moccioso, ma adesso basta giocare, ti batterò con il mio
attacco migliore” e
abbassò la spada, quasi toccando il pavimento.
Capii che quello era il suo ultimo attacco: dovevo
essere più veloce e colpirlo o quello a perdere sarei stato
io.
“Se avessi lo Sharingan, sarebbe una passeggiata, ma
adesso devo cavarmela da solo” pensai e mi lanciai verso di
lui.
“Attacco Aereo del Falco!” e si lanciò
anche lui.
Fu un istante: lui lanciò un attacco a quattro tempi,
un fendente orizzontale, uno verticale, uno obliquo e un affondo; io un
semplice fendente obliquo.
Ci trovammo uno di fronte
all’altro e poi..
“Complimenti ragazzo, hai vinto!” disse lui e cadde
a
terra, privo di sensi.
M’inginocchiai a terra per riprendere fiato. Nella mia
mente, ripercorsi quell’istante, fotogramma per fotogramma,
rivedendo la scena
a rallentatore.
“Sei stato in gamba Sauron” mi disse Incanto.
“Li ho visti tutti!” dissi più a me
stesso “Quasi come
se fossi riuscito a prevederli. Come ho fatto?”
Incanto si staccò da me
e mi osservò e, dopo poco,
spalancò gli occhi.
“Cosa c’è?” gli chiesi.
“Sauron” disse alzando un dito tremante
“I tuoi occhi,
lo Sharingan”.
“Cosa?” dissi sena capire.
“Lo Sharingan è apparso!” disse, senza
fiato.
Tremante, alzai le mani e vidi il flusso della mia
energia.
“Ma come è possibile! Malefica me l’ha
tolto insieme
alle sabbie del Tempo” esclamai.
“Se vuoi, ti spiego io
l’arcano” disse una voce.
Mi ritrovai in un immenso spazio bianco: davanti a me
c’era solo quel colore e nient’altro.
“Dove mi trovo!” dissi.
“Ciao!”
disse di
nuovo la voce dietro di me.
Mi voltai e sgranai gli occhi: davanti a me c’era un
uomo alto, sulla trentina, vestito con un’uniforme verde e
nera, avvolta da un
candido mantello bianco; il suo volto ambrato e sorridente era
illuminato dai
capelli biondi simili ai raggi del sole e dagli occhi azzurri come il
cielo.
Sulla fronte portava una fascia metallica con disegnata una foglia
stilizzata.
“Salve!” riuscii a dire.
“E’
un piacere rivederti
Sauron: sei cresciuto parecchio!” disse lui.
“Lei mi conosce? Chi siete?” chiesi.
“Il mio
nome è Minato
Namikaze e sono il quarto Hokage del villaggio della Foglia, e colui
che
sigillò la volpe dentro di te”
rispose abbassando lo sguardo.
Nel sentire quelle parole ebbi un
tuffo al cuore;
nemmeno adesso riesco a descrivere come mi sentii: di fronte a me era
apparso
colui che aveva contribuito a rendere la mia infanzia un vero inferno,
ma non
riuscivo a odiarlo; avrei voluto piangere o colpirlo, ma il mio corpo
non
rispondeva; avrei voluto gridargli contro tutto quello che avevo
passato, ma la
mia bocca era chiusa.
Perché non riuscivo a odiarlo? Perché non
riuscivo a
dire nulla?
Il mio corpo e la mia mente avrebbero voluto reagire,
ma il mio cuore rievocava un viso che, se non avessi avuto questo
mostro
dentro, non sarei mai riuscito a veder sorridere: Selen.
Ma cosa dico? Anche senza la volpe, la mia condizione
non sarebbe cambiata, la mia stessa nascita non sarebbe mai dovuta
avvenire.
Allora perché non sapevo cosa dire?
“Capisco come ti senti,
Sauron”
mi disse lui “So
di averti causato tanto dolore,
sigillandoti la volpe dentro il corpo. Credimi quando ti dico che mi
dispiace
averlo dovuto fare.
L’ho
fatto pensando al futuro che ti si
prospetta davanti!”
Lo guardai con occhi vuoti, non riuscivo a capire cosa
mi stesse dicendo; le mie orecchie erano chiuse.
“Che cosa state dicendo?” riuscii a dire con voce
bassa e atona.
“Sai, gli spiriti possono
vedere il futuro” riprese “Io ho visto il
tuo, ragazzo mio: esso sarà legato a quello di una persona
speciale come te che
ha conosciuto la sofferenza e la solitudine. Questa persona si chiama
Naruto
Uzumaki ed è mio figlio e condivide con te lo stesso mostro
che hai dentro”.
Quelle parole risuonarono nella mia anima con gran
forza riaccendendo qualcosa in me: il quarto Hokage aveva un figlio e
gli aveva
messo nel corpo lo stesso mostro che avevo io.
“Come avete potuto” dissi, con le lacrime agli
occhi
“Quale padre sigillerebbe un mostro nel corpo del figlio
condannandolo a vivere
nella solitudine? Come avete potuto fare lo stesso con me?
Per metà della mia vita sono stato solo: nessuno,
salvo la mia famiglia, si avvicinava a me, nessuno voleva essere mio
amico.
Non so quante volte ho invidiato gli altri, mentre li
vedevo giocare insieme; quante volte ho provato ad avvicinarmi a loro e
sono
stato allontanato.
Se non avessi incontrato Selen, sarei sprofondato in
un abisso dal quale nemmeno la più semplice carezza di mia
madre, o i dispetti
delle sue amiche mi avrebbero salvato.
Non oso pensare a cosa abbia passato vostro figlio,
che è cresciuto da solo, senza nessuno.
Con quale coraggio avete deciso di rovinare la vita di
due ragazzini, facendoci questo?” non riuscii a dire altro e
scoppiai a
piangere come mai avevo fatto.
“Capisco!”
disse
l’Hokage “Che
persona orribile che sono stato.
Di
una cosa, però, sono certo: in futuro
ciò che hai dentro ti permetterà di conoscere
tante persone che ti capiranno e
diventeranno i tuoi migliori amici. Sono sicuro che tu e mio figlio
diventerete
grandi amici e saprete aiutarvi a vicenda”.
“Anche se mi avete fatto questo” dissi
“non riesco a
odiarvi: non riesco a non pensare al viso sorridente della mia amica e
quello
che mi state dicendo.
Vorrei davvero conoscere vostro figlio e vedere che
tipo è, sapere che infanzia ha vissuto, che cosa ha provato,
cosa lo ha spinto
ad andare avanti”.
La mano del quarto Hokage mi
toccò la spalla: mi
trasmise calma, serenità, conforto; sentimenti che solo un
padre può
trasmettere a un figlio in quel modo.
Alzai lo sguardo e incrociai il
suo, splendente come
il sole ed espressi un desiderio che, ahimè, non si sarebbe
mai potuto
realizzare: “Soprattutto, avrei voluto avere un padre come
lei, quarto Hokage”.
Per un attimo, leggermente colpito, non disse nulla
poi mi sorrise: “Avere
due figli come te e Naruto,
sarebbe un sogno, ma tu hai un altro padre che, senza volerlo, ti ha
lasciato
una grandissima eredità!”
“Mio padre mi ha lasciato una grande
eredità?” dissi.
“Esatto!”
rispose “Tu
sei la sua ultima sorpresa, il frutto di un amore che
non è possibile dimenticare. La sua eredità sono
i sogni che non è riuscito a
realizzare, le sue speranze e il suo amore per la pace: lo Sharingan
che hai
appena attivato è la sintesi di tutto questo, il lato
luminoso dell’abilità
innata che ha creduto di aver perso molto tempo fa.
Il
tuo Sharingan e il suo sono destinati
a unirsi in un unico occhio: da quest’unione
nascerà qualcosa di nuovo che un
giorno riuscirà a dissipare la maledizione delle famiglie
dalle quali discendi.
Non è una bella eredità?”
“La più bella che un padre possa dare a un
figlio”
dissi, poi mi asciugai le lacrime e, con nuovo ardore continuai
“Deve scusarmi
quarto Hokage, ma adesso ho qualcosa che devo riprendermi!”
“Certo
ragazzo!” mi
disse “Vai
e non
arrenderti mai. Un giorno ci rivedremo” e la
stanza bianca sparì.
Riaprii gli occhi e mi ritrovai
disteso nel corridoio
in cui avevo combattuto, Incanto era vicino a me.
“Sauron stai
bene?” mi chiese “E’ da alcuni minuti che
hai perso conoscenza, mi hai fatto preoccupare!”
Mi rialzai e guardai Incanto con un sorriso.
“Perché stai sorridendo? Hai fatto un bel
sogno?”
“Di più!” dissi “Ora ho un
motivo in più per
recuperare il mio Sharingan. Incanto torna armatura!”
“Non so che cosa tu voglia dire, ma credo che lo
scoprirò presto. Bene, ricominciamo!” e mi
ricoprì nuovamente.
Sentii una strana sensazione: Incanto era stranamente
più leggero di prima, la stessa armatura era cambiata,
assumendo una nuova
forma. Che questa sensazione fosse merito della consapevolezza che
avevo
acquisito? Non lo sapevo, ma avrei continuato ad andare avanti.
Raccolsi la spada della volpe, sentendola leggera e
andai avanti.
Il corridoio dal quale i tre Shad
erano apparsi era
molto lungo, ma la cosa non mi turbò: alla fine avrei
ripreso ciò che mi era
stato rubato e punito il ladro.
Mentre pensavo a questo, vidi di sfuggita un bagliore
verde dal fondo del corridoio.
Feci appena in tempo a scansarmi, che vidi arrivare
una sfera di energia verde che mi mancò di poco.
“Che peccato, ti ho mancato!” disse una voce in
lontananza.
Mi alzai e puntai la spada in avanti.
Dal buio apparve un uomo alto, vestito con un abito
simile a quello di un monaco, con capelli e barba neri, legati da una
treccia e
di carnagione verdastra.
“E tu che cosa saresti,
uno zombie?” dissi ironico.
“Spiritoso” disse lo Shad con voce rauca
“Io sono
Rasputin il monaco maledetto, molto lieto” e fece un inchino.
“Il tuo nome non mi è nuovo!” dissi
“Certo, sei lo
Shad che, insieme ai tre di prima, tempo fa ha rovinato la gita che
avevamo in
mente di fare” e sorrisi.
“Ho fatto questo?” disse con una mano sulla bocca
“Scusami non volevo farti un simile sgarbo, ragazzo. Mi
dispiace per te, ma non
avrai più l’occasione per ripetere
quell’esperienza”.
Nell’altra mano teneva una strana lanterna che emanava
una luce sinistra e la puntò verso di me.
Il bagliore di prima riapparve e la sfera di prima
uscì dalla torcia.
Mi scansai e la evitai, ma ne vidi
arrivare delle
altre che mi bloccavano la strada.
L’unica cosa che potevo fare era difendermi e attivai
lo scudo.
“Interessante!” disse Rasputin
“Nascondevi uno scudo
dentro la manica. Tuttavia non ti proteggerà!” ed
intensificò l’attacco.
Continuai a resistere: non volevo neanche pensare che
cosa mi sarebbe successo se avessi perso.
“Sauron sta attento” mi disse Incanto.
Nascosti delle sfere, si erano avvicinati degli strani
mostriciattoli verdi e stavano per saltarmi addosso.
Feci la cosa più
imprevedibile: continuando a
proteggermi con lo scudo, cominciai a correre verso di lui e fui
assalito da
quelle strane cose.
“Ma che fai Sauron?” mi riprese Incanto.
“Passo all’attacco” dissi attivando lo
Sharingan.
Con un rapido movimento della
spada, tagliai le
creature verdi che si erano attaccate a me e, anticipandole, colpii le
altre a
mezz’aria.
“Cosa?” disse Rasputin “Come diavolo hai
fatto?”
Alzai lo sguardo verso di lui:
“Grazie a questi
occhi!”
“Che diavolo significa?” ringhiò il
russo, poi ebbe un
colpo “Aspetta! Non sarai mica il moccioso che tutti chiamano
“il figlio del
mostro dagli occhi color del sangue”, quell’umano
genocida”.
“Non so che aspetto abbia mio padre” dissi freddo
“ma
di una cosa sono sicuro: chiunque sia, mi ha lasciato
un’eredità preziosa e io
ho deciso di prenderla per infrangere le maledizioni della sua e della
mia
famiglia. Per questo non mi arrenderò fino a quando non ci
sarò riuscito” e mi
lanciai verso di lui.
“Non montarti la testa, maledetto” disse e
lanciò
un’altra sfera.
Per un attimo, sembrò che fossi stato colpito; in
realtà avevo usato un'illusione su Rasputin, facendoglielo
credere.
“E’ finita!” dissi e con la spada colpii
la lanterna,
tranciandola di netto.
“Più la usi, più evidente che
è quella strana lanterna
la fonte del tuo potere: senza di essa non hai possibilità
di difenderti” dissi
trionfante.
“NOOO!”
gridò il monaco “LA MIA ANIMA!” e fu
avvolto
da uno strano fuoco verde che lo bruciò.
“Che accidenti è successo?” esclamai.
“La lanterna era uno strumento demoniaco”
spiegò
Incanto “Quel folle aveva venduto la sua anima, rimanendovi
vincolato. Nel
momento in cui hai distrutto quell’oggetto, Rasputin ha perso
tutto ed è
bruciato all’inferno”.
Sentita la spiegazione mi accasciai
a terra e respirai
profondamente: avevo ucciso qualcuno. È vero, era uno Shad,
ma era comunque una
creatura vivente ed io l’avevo privata della vita. Mi sentivo
uno schifo.
“Sauron” mi richiamò Incanto
“So a cosa stai pensando
e non devi farlo. Chi vende la sua anima per il potere: diventa un
demone,
senza alcuna eccezione. È vero, Rasputin era uno Shad, ma ha
commesso un errore
che è stato fatale. Non hai nulla di cui pentirti,
ragazzo!”
“Allora perché non riesco a non pensare allo
sguardo
di paura che aveva poco prima di sparire?” dissi.
“Il tuo spirito ha
ragione, Sauron!” disse una voce in
lontananza “Non c’è peccato nel
distruggere un mostro, anzi fai solo del bene”.
Aprii gli occhi e li puntai verso la direzione della
voce: “Tu!” riuscii a dire.
“Si io!” disse Dorian, uscito dall’ombra
“Vedo che hai
fatto passi da gigante, rispetto a poche ore fa! Permettimi di testare
i tuoi
progressi, ragazzo” e, dal bastone da passeggio, estrasse la
sua spada.
“Non
chiedo di meglio!” dissi,
recuperando il mio sangue freddo.
Nel
prossimo
capitolo.
Sauron,
sconfitti i vari Shad, si appresta a battersi contro Dorian, che non
gli
renderà la vita facile.
Inoltre si
ritrova contro anche Jafar e Malefica, giunti in soccorso del loro
alleato.
Come se la caverà. Questo e altro al prossimo capitolo.
Enciclopedia
del Fantasy.
Ade
(con il copione in
mano): “Oggi presentiamo gli Shad che sono comparsi sinora:
1)
Malefica;
2)
Jafar;
3)
Lupo;
4)
Shan Yu;
5)
Gaston;
6)
Ursula;
7)
Rasputin;
Ecco..
Vediamo di intervistarli”.
Tutti:
“…..”
Ade
non sa che dire.
Anemone
(da dietro): “Te l’avevo detto che era difficile.
Se non mantieni il sangue
freddo, non riesci a spiccicare parola”.
Ade
(esplode): “Ma chi diavolo ha scritto questa dannata storia?
È davvero uno
schifo!”
Anemone:
“Sicurezza!”
Gli
uomini della sicurezza entrano nello studio e mettono in fuga gli Shad
con tre
idranti.
Ade
(depresso): “No! Il mio show è stato sospeso: e
pensare che mi ero messo il gel
ai capelli” e scappa.
Anemone
(in mezzo allo studio): “Direi che, per oggi va bene
così! Alla prossima”.
Che
fiasco! Mi sa che Ade dovrà fare un corso di presentatore.
Beh nessuno è
perfetto.
Ciao.
La
classificazione dei poteri è elencata nel capitolo 24 della
storia "Millennium Falcon: La storia di Nick Nibbio Blu"
|
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Capitolo 9 *** il maestro della spada e delle grandi energie ***
9. Il maestro di spada e delle grandi energie
Eccomi
di
nuovo. Il capitolo di oggi è pieno di azione e di colpi di
scena: spero che vi
piaccia.
Potete
dirmelo o con un commento o continuando a leggerlo, anche se vorrei
entrambe le
cose.
Per favore
non mi linciate, non so se riuscirei a resistere.
E, fatto
questo preambolo, ecco a voi il capitolo.
Attivai lo Sharingan senza fare
troppi complimenti:
Gray era famoso in tutto il Fantasy per la sua abilità come
spadaccino, pochi
potevano tenergli testa.
“Sbaglio, o quello è lo Sharingan?”
chiese confuso
“Malefica te l’ha tolto insieme alle Sabbie del
Tempo e ai tuoi poteri. Come
hai fatto a conservarlo?”
“Non sono cose che vi riguardano” dissi secco.
“Ci sono abbonato allora!” esclamò.
Non capii cosa volesse dire.
“Dalla tua faccia direi
di averti incuriosito”
commentò Gray “Vedi: diversi giovani si rifiutano
di confidarsi con me; quasi
mi considerano un mostro o un poco di buono.
È vero: sono un tipo particolare, sono immortale, ma
sono sempre disponibile per scambiare quattro chiacchiere.
Forse è questo uno dei motivi per cui lavoro con gli
Shad: almeno chiacchieriamo, senza dire frasi come “Non sono
cose che vi
riguardano” oppure “Non credo lei possa
aiutarmi”.
Accidenti, è davvero triste”.
“In pratica” dissi “Lei ci ha tradito
perché tutti la allontanavano?”
“E’ uno dei motivi, come ho detto”.
Per un secondo abbassai gli occhi: sapevo che era un
errore, ma conoscevo fin troppo bene quella sensazione di totale
estraneità.
“Mi sembri distratto
ragazzo!” commentò Gray “Cose
come queste, non si fanno di fronte all’avversario”
e, rapidamente, si avvicinò
a me e calò la lama.
Riuscii a evitare il colpo e a spostarmi verso il muro;
vidi che il colpo aveva lasciato il segno sul pavimento, con un solco e
sul mio
viso, ferendomi alla guancia.
“Lo usi bene quell’occhio ragazzo,
complimenti!”
sorrise Gray.
“Detto da lei è più di un semplice
complimento”
ricambiando il sorriso.
“Sono riuscito a farti sorridere: lo considero
eccezionale”.
“Deve scusarmi signor Gray” dissi “Prima
vi ho offeso,
ma adesso vedrò di rimediare”.
“Che vuoi dire?” chiese confuso.
“Lo Sharingan che vede: è il primo ed unico regalo
che
mi ha fatto mio padre. Io sono nato con lo Sharingan completo ed
è il mio
personale; questo, invece, apparteneva a mio padre: è la sua
eredità”.
“Incredibile!” sorrise Gray “E
così quello sarebbe o
Sharingan che tuo padre ti ha lasciato.
Avevo sentito dire che tu ne avessi due, ma pensavo
fosse una diceria”.
“Come scusi?” chiesi.
“Vedi: dopo la tua nascita, la tua madrina ti ha fatto
una serie di controlli, per vedere il tuo stato di salute
più che altro.
In una delle visite, fece una scoperta molto curiosa:
rilevò la presenza di un altro Sharingan che, stranamente
era rimasto sopito
dentro di te. Alla fine non ci fece molto caso: pensò fosse
una possibile evoluzione
di quello che avevi e pensò di restare a vedere.
Chi si sarebbe mai immaginato che quello in realtà
fosse l’ultima sorpresa di Itachi Uchiha?
Non fraintendermi: non ho niente contro di lui, anzi
mi è simpatico; vorrei potermi battere contro di lui e
vedere con i miei occhi
la sua forza”.
“Capisco” dissi “Fatto sta che adesso
vado di fretta:
devo riprendere ciò che mi è stato tolto.
Resterei volentieri a scambiare
qualche altra parola con lei, signor Gray, ma ho da fare”.
“Molto bene” disse alzando la spada
“Allora battimi,
se ci riesci”.
“Con piacere” dissi e alzai la mia spada.
Per lunghi minuti, restammo
immobili a osservarci, poi
Gray avanzò e, con un rapido ed elegante movimento, fece un
affondo.
Riuscii a schivarlo e contrattaccai con un fendente
orizzontale, ma lui lo parò e si allontanò; poi
cominciò ad attaccarmi con
rapidi colpi in ogni direzione, senza lasciarmi il tempo di
contrattaccare.
Cercai di schivare, ma non fu per niente facile:
nonostante avessi lo Sharingan, era così veloce che molte
volte fui sfiorato
dalla lama.
Per evitare i più pericolosi, indietreggiai verso la
parete e, alla fine, ci appoggiai le spalle: mi ero messo in trappola
da solo.
“Direi che è finita” fece lui e diresse
la spada verso
il mio cuore.
Istintivamente, attivai lo scudo di Incanto e riuscii
a parare il colpo, ma esso s’incrinò.
Approfittai della sorpresa di Gray per fare un affondo
e riuscii a farlo allontanare.
“Il tuo spirito ti ha salvato” disse calmo
“Mi
meraviglia vedere la tua maestria, ragazzo mio. Spero che non resterai
sempre
sulla difensiva, potrei annoiarmi”.
Quelle parole mi provocarono parecchio, ma trattenni
l’impulso ad attaccarlo frontalmente, avrei commesso un
gravissimo errore a
stare al suo gioco.
“Beh! Non vieni?”
“Sa che le
dico?” feci “venga lei” e lo incitai con
la
mano.
“Errore madornale” disse e corse verso di me,
lanciando un rapido fendente.
Con un salto lo evitai e mi spinsi in avanti, usando
il muro come leva, menando un fendente aereo.
Il colpo fu fermato a mezz’aria e poi Dorian mi
afferrò e mi lanciò all’indietro,
facendomi rovinare a terra.
“Bella pensata!” commentò “Hai
provato ad approfittare
del mio slancio per colpirmi, ma quel trucco è vecchio
quanto l’universo; non
può fregarmi così”.
“A dire la verità” feci alzandomi e
abbassando la
spada verso il pavimento “Sapevo che mi avrebbe
schivato”.
“Che vuoi dire” fece Gray, poi osservando la mia
posizione capì.
“Ci è arrivato?” dissi
“Vediamo se le piace questa
mossa: attacco Aereo del Falco” e mi lanciai verso di lui.
Servendomi dell’o Sharingan, avevo copiato la tecnica
di Shan Yu e l’avevo fatta mia per battere Gray.
Con rapidi movimenti, riuscii a eseguire l’intera
combo, ma Gray scansò tutti i colpi e vibrò un
fendente che ruppe il busto
della mia armatura, causando un forte dolore a Incanto e mi
spazzò verso il
pavimento.
“Il tuo Sharingan non è male”
commentò Gray “Hai
copiato l’attacco di Shan Yu e hai provato a lanciarmelo
contro: peccato che lo
conosco già, altrimenti mi avresti colpito”.
Mi alzai e respirai profondamente: “Non ditemi che
gliel’avete insegnata voi”.
“Oh no! Non sono il tipo da insegnare simili cose. Le
me tecniche sono più eleganti”.
“Capisco!”
dissi.
“Incanto, stai bene” gli chiesi mentalmente.
“Non ti preoccupare, non è niente” mi
rassicurò
“L’importante è che tu stia
bene”.
“Sono stato meglio” risposi “Hai qualche
idea per
batterlo?”
“No, mi dispiace” disse, poi, però
cambiò espressione
“Aspetta, forse mi è venuta
un’idea”.
“Sarebbe?” chiesi.
“Il potere del tracciamento, permette di copiare anche
tutte le armi che vedi: ti basta un’occhiata per farne una
copia quasi
perfetta” disse “Sauron prova a riprodurre tutte le
armi che hai visto finora e
a lanciargliele contro. Quando sarà il momento giusto
colpiscilo”.
“Hai dimenticato una cosa, amico mio” dissi
“Non ho
energie sufficienti per ricreare tutte le armi che ho visto nella mia
vita”.
“Non preoccuparti di questo” mi
rassicurò “Lasciati
guidare da me: usa la mia energia e la mia esperienza e
battilo”.
“Sei sicuro di poterlo fare? Dopo di lui ci sono altri
Shad da battere”.
“Sbaglio o non è da te farti così tanti
problemi”.
“Hai ragione!” dissi “Allora
tentiamo”.
“Così mi piaci” fece.
Mi alzai e chiusi gli occhi per
concentrarmi: “Analisi
dei ricordi. Processo completato. Tracciamento in corso”.
Dietro di me apparvero un’infinità di armi sospese
nel
vuoto.
“Il potere del tracciamento” disse stupito Gray
“Non
mi sarei mai aspettato una cosa simile da te. Interessante! Vediamo di
che sei
capace” e circondò la spada di una strana luce
bianca, facendola diventare più
lunga e spessa.
“Blocchi rimossi!” dissi e poi gridai
“FUOCO CONTINUO
DI’ TUTTE LE PROIEZIONI”.
Le armi si lanciarono in avanti e si avventarono su
Gray. Lui roteò la spada e creò un vortice che
distrusse tutte le armi che si
avvicinarono a lui.
“Tutto qui?” disse Gray “Ammetto che il
tuo potere è
eccezionale, ma ti manca l’esperienza, ragazzo!”
“Accidenti!”
pensai.
“Scusa, ma adesso tocca a me!” disse Gray e, con un
movimento che lasciò la scia, mi si parò davanti
e vibrò un colpo devastante.
Grazie allo Sharingan, riuscii a evitarlo, ma ciò che
si trovava dietro di me fu tagliato in due per duecento metri.
“Incredibile!” riuscii a dire.
“Vero!” commentò Gray “Hai
appena assistito a una
dimostrazione dell’energia nota come: Spirito”.
“Lo Spirito” feci incredulo .
“Esatto!” confermò Gray “Lo
Spirito è una delle
quattro energie che compongono l’uomo: con esso è
lo stesso spirito a
combattere, rendendo gli attacchi e i movimenti così veloci
che ne vedi solo la
proiezione. Non dirmi che non sapevi che sono un maestro delle
energie”.
“Lo avevo solo sentito dire” risposi “ma
non mi sarei
mai aspettato che sapesse manipolare una delle quattro energie
base”.
“Chi ha detto che ne posso controllare solo una”
rispose e circondò la sua spada di altri due strati di
energia: uno giallo e
l’altro rosso cremisi.
“Quelli sono..”
“Proprio così: le altre tre energie.”
rispose Gray
“Procedo con la spiegazione, prendi appunti.
Le quattro energie sono l’essenza del tutto e solo un
grande guerriero può manipolarle alla perfezione: Corpo,
Mente, Spirito e
Cuore.
Il Corpo è la piattaforma che ognuno manipola come
vuole per ciò che fa nella vita.
La Mente è la forza del pensiero, che solo
un’adeguata
preparazione psichica permette di rendere concreto.
Lo Spirito è la manifestazione stessa della propria
forza combattiva che combatte al tuo fianco.
Il Cuore, il più difficile da apprendere, prende forza
dai singoli battiti del tuo cuore, simbolo dell’ardore e del
coraggio: e, con
esso, non esistono ostacoli che si possano rimuovere.
Scusa l’impeto, ma adoro fare questa lezione”.
“Sono
spacciato” pensai “Forse potrei tenere testa a
una sola, ma tutte e quattro è un impresa”.
“Sauron” mi richiamò Incanto
“Non ti lasciare prendere
dal panico. Calmati e rifletti: anche se Dorian le può usare
tutte e quattro
insieme non è impossibile batterlo”.
“Che stai dicendo, Incanto?” ribattei agitato
“Non
posso battere un maestro delle quattro energie: è
impossibile!”
“C’è un credo che hai sempre seguito, te
lo sei forse
dimenticato? Non esiste la parola “impossibile”:
solo i limitati la usano e tu
non fai parte di loro.
Per un eroe niente è impossibile!”
Mi sentii attraversare da un
fulmine.
“Che stupido!” pensai “Mi lascio
spaventare da così
poco? Incanto hai dannatamente ragione: io non conosco la parola
“impossibile”.
Anzi, so già come controbattere”.
Chiusi gli occhi e mi ritrovai di fronte alla volpe a
nove code.
“Ehi volpe! Ho bisogno che tu mi fornisca ogni minuto
il 10% del tuo potere”.
“EH? CHE HAI IN MENTE
RAGAZZINO?” disse la volpe.
“Lo vedrai” dissi con un sorrisetto.
“AH AH! MI’
PIACE QUEL
SORRISO. D’ACCORDO: VEDIAMO CHE IDEA TIRI FUORI”.
Riaprii gli occhi e attivai lo
Sharingan Ipnotico di
mio padre: a forma di shuriken.
“Tu guarda!” disse Gray “Da quanto puoi
usare quel
trucchetto?”.
“Da anni, signor Gray!” dissi con un sorriso
“Anche se
ho perso quello con cui sono nato, non vuol dire che ne ho dimenticato
la
sensazione”.
“Interessante!” disse Gray puntando la spada in
avanti
“Finalmente sto per battermi contro il vero potere dello
Sharingan. Non
deludermi”.
“Stia tranquillo: i
preparativi sono quasi ultimati”
dissi “Armor Down!” ordinai e Incanto si
staccò da me.
“Sauron che ti è saltato in mente?” mi
disse incanto.
“Preparati a diventare una spada imbattibile” gli
dissi.
Incanto spalancò gli occhi, poi, dopo avermi guardato,
annuì.
Nella mia mente disegnai una spada: ne definii la
forma e i materiali, senza tralasciare il minimo dettaglio, poi vi
collocai
Incanto e la completai.
Fu eccezionale: la lama occidentale
era blu, tinta di
saette dorate, la guardia nera e dorata era a forma di luna crescente,
l’impugnatura era una saetta dorata che finiva con un piccolo
velo color cielo
notturno, tinto di punti dorati.
Questa nuova spada si appoggiò delicatamente nella
mano sinistra e brillò di luce propria.
“Splendida!” disse Gray applaudendo “Hai
fatto un vero
capolavoro Sauron, si vede che hai gusto”.
“Grazie per il complimento” dissi “La
informo, che non
è solo bella, ma è anche molto forte” e
incrociai le due spade, facendole
crepitare.
“Non ne dubito, ma sarà capace di tenere testa
alle
quattro energie?”
Gray calò la spada in avanti, ma la evitai e, dopo
pochi secondi, vidi aprirsi una voragine che tagliò una
montagna e persino le
nuvole che coprivano la luna, permettendole di illuminarci il viso.
“Wow!” feci,
per nulla spaventato “Non avevo mai visto
una simile dimostrazione di forza. Tuttavia non mi tiro
indietro” e mi lanciai
all’attacco.
“Mente: difesa” disse Gray.
Lo strato giallo si ampliò e formò uno scudo
impenetrabile,
che colpii con la spada della volpe senza incrinarlo.
“Mente: attacco” disse di nuovo.
Lo strato giallo s’illuminò e divenne appuntito e
mi
puntò.
“Non così in fretta” dissi e misi in
avanti la spada
di Incanto: il velo s’ingrandì e mi avvolse,
proteggendomi come uno scudo.
“Niente male!” commentò Gray.
“Non ho ancora finito” dissi e, ritirato il velo,
vibrai un fendente con la spada, facendo esplodere una luce azzurra che
fendette l’aria.
“Difesa” disse Gray.
Lo strato giallo tornò simile a uno scudo e lo difese,
tuttavia cominciò a incrinarsi.
“Ritiro quello che ho detto” disse Gray
“Eccezionale.
Adesso, però ti attacco simultaneamente” e
concentrando i tre strati sulla
lama, la calò verso di me.
Rimasi fermo, sentendo qualcosa scendermi dall’occhio
destro: “Amaterasu!”
Le fiamme nere mi avvolsero, proteggendomi, impedendo
all’attacco di sortire i suoi effetti. Stranamente, non mi
faceva male, anzi:
non sentivo gli effetti collaterali di quell’occhio, era
strano, ma in quel momento
non ci feci caso.
“Wow!” disse
Gray elettrizzato “Non ho parole per
descrivere una simile meraviglia: Amaterasu, la fiamma nera
dell’inferno che
consuma qualsiasi cosa con cui viene a contatto. Da quanto desideravo
vederla”.
“Le conviene frenare l’euforia del momento, signor
Gray” dissi “La sua spada sta bruciando”.
Era vero: la punta della spada di Gray stava bruciando
a causa delle fiamme nere e presto si sarebbe consumata.
“Non me ne preoccupo!” disse annullando le energie
e
poi riattivandole pochi secondi dopo: in quel modo la fiamma, perdendo
la presa
su quello che stava bruciando, si estinse.
“Bella trovata!” commentai “Pensa di
riuscirci di
nuovo?” e diressi la fiamma verso di lui.
Servendosi dello Spirito, Gray si scansò e si
avvicinò
a me, pronto a decapitarmi.
Io, però, avevo altri
programmi: le punte sull’elsa
della spada della volpe si allungarono e puntarono al suo petto.
Accortosene, Gray si allontanò da me e praticò un
affondo nel vuoto ed io risposi con un fendente della spada della volpe.
Sapevo che tra i due colpi, il mio avrebbe perso, ma
volevo solo guadagnare tempo e spostarmi dalla direzione
dell’affondo.
Riuscii a praticare la mia idea e poi, sfruttando le
punte della spada della volpe, mi diressi velocemente verso Gray
portando in
avanti l’altra, pronta a colpire.
Gray, capendo di non potersi difendere contro di essa,
contrattaccò con un fendente.
Le due spade s’incrociarono e il pavimento
s’incrinò a
seguito dell’onda d’urto.
“Bel tentativo, ma ti serve più forza per
contrastare
le quattro energie riunite insieme” disse Gray e
cominciò a spingere.
“Non l’ha capito?” dissi di rimando e
vibrando un
fendente con l’altra spada “Ce l’ho
già! Adesso!”
Le due spade brillarono e
riuscirono a rompere il
controllo sulle quattro energie.
Con un colpo netto, tagliai la mano destra di Gray e,
girando su me stesso, affondai le lame nel suo petto.
Una forte onda d’urto invase il corridoio dietro di
lui, facendo tremare l’intera struttura.
Con uno strattone, spinsi Gray
verso il muro e liberai
le spade.
“Complimenti”
disse lui in un bagno di sangue “Sei
riuscito a battermi. Peccato che non mi puoi uccidere”.
“Ne sono consapevole” risposi facendo lunghi
respiri
“Conosco la vostra storia”.
“Meno male. In qualunque caso, mi hai danneggiato a
tal punto, che avrò bisogno di un po’ per
riprendermi del tutto” disse con un
sorriso “Prima di andare, puoi dirmi come hai fatto a
vincere”.
“Semplice” risposi “Mi sono servito della
forza della
volpe a nove code!”
Gray mi fissò stupito.
“Non mi guardi in quel modo, non c’è
nulla di cui stupirsi.
Vede: prima di creare la spada di Incanto, ho chiesto alla volpe di
darmi il
10% della sua forza a intervallo di un minuto.
Ogni volta che l’ho ricevuto, l’ho diviso in due
parti
uguali: una l’ho usata per potenziare le mie creazioni,
l’altra l’ho
accumulata, aspettando il momento giusto per rilasciarla tutta insieme.
Ora ha capito?”
“Sei un vero genio” disse sorridendo “Ti
stavi
battendo e, allo stesso tempo, hai fatto questo complicato processo.
Hai
davvero mantenuto alto i nomi delle famiglie da cui discendi”.
“Molte grazie” dissi “Comunque non avevo
calcolato
tutto: mi sono anche affidato al mio istinto per attaccare al momento
giusto”.
“Ciò che ho detto prima, non cambia!”
“Grazie! Ora deve perdonarmi, ma ho una cosa da
fare”.
“Non
disturbarti!” disse una voce in lontananza.
Una scarica di fulmini neri e raggi
rossi si avventò
conto di me, che schivai prontamente.
“Dovevo immaginarlo” dissi “Siete rimasti
nell’ombra a
godervi lo spettacolo, vero?”
“Non sono riuscita a non guardare” disse Malefica,
seguita da Jafar.
“Hai davvero dei poteri incredibili, ragazzino”
commentò
Jafar “Sono tali che nemmeno Malefica è riuscita a
toglierteli tutti”.
“I poteri che derivano dagli spiriti sono difficili da
togliere” rispose la strega “E poi lui è
il cosiddetto “Figlio del demone dagli
occhi color sangue”, un appellativo davvero
azzeccato”.
“Maledetta strega” dissi puntandole la spada di
Incanto “Restituiscimi ciò che mi hai tolto e,
forse, potrei anche decidere di
risparmiarti”.
“Oh che piccolo cavaliere!” sorrise Malefica
“La mamma
non ti ha mai detto che le donne non si toccano neanche con un
dito?”
“Certo!” risposi “Mi ha anche detto
“Mai farti
ingannare dalle apparenze” e tu sei tutto, fuorché
una donna”.
“Capisco” fece lei “Allora basta
chiacchiere, è il
momento di dirci addio. Jafar, Dorian uccidetelo!”
“Con piacere” rispose Jafar.
Gray si rialzò: le sue ferite erano sparite e la mano
ricresciuta aveva ripreso la spada.
“Cavolo” pensai “Sono messo male: mi
ritrovo a dover
combattere contro tre avversari. Cosa faccio?”
“Sai Sauron” fece Gray, ricoprendo la spada dei tre
strati energetici “L’insegnamento di tua madre
è davvero veritiero: mai farsi
ingannare dalle apparenze” e calò la lama, ma non
verso di me, bensì contro
Jafar.
Il vecchietto, accortosi dell’attacco,
indietreggiò e
gli gridò contro: “Dorian, che diavolo stai
facendo?”
“Pongo fine alla mia missione di spionaggio e passo
alla seconda fase” rispose Gray.
Stupito e senza parole, osservai Gray.
“Hai capito ragazzo mio!” disse Gray
“Sono una spia, è
vero, ma del Fantasy”.
“COSA!”
gridarono in coro Malefica e Jafar.
“Sì, avete capito” rispose
“Per tutto questo tempo, vi
ho semplicemente giocato: merito della mia indecifrabile
natura”.
“Maledetto!” ringhiò Malefica
“Non la passerai liscia.
Jafar uccidilo, io penserò al moccioso”.
“Ti prendi sempre i tipi più facili tu”
disse di
rimando il vecchietto e si lanciò contro Gray e finirono
fuori dalla struttura,
verso un dirupo.
Vidi Gray sorridermi e, ripresomi
dallo shock,
ricambiai.
“Iniziamo le danze, strega. Sto arrivando” e mi
lanciai verso di lei.
Nel
prossimo
capitolo.
Sauron
combatte contro Malefica, la quale scatenerà tutta la sua
furia.
Riuscirà il
ragazzo a sconfiggerla e a recuperare i suoi poteri?
Questo e
altro nel prossimo capitolo.
Angolo
dell’autore:
Enciclopedia del Fantasy
Anemone:
“Oggi spiegheremo
le quattro energie.
Ogni essere vivente è
formato da varie fonti di energia, alcune si sviluppano naturalmente,
altre
richiedono ungo processo di allenamento.
Le quattro grandi energie,
che riassumono in se le altre sono:
1)
Corpo;
2)
Mente;
3)
Spirito;
4)
Cuore.
Il
Corpo è l’energia
fisica che sviluppiamo quotidianamente e permette la nostra crescita.
Per le altre tre energie è
necessario seguire un programma preciso: atto a svilupparle”.
Entra
Sauron e si avvicina
alla ragazza.
Anemone: “Ciao Sauron”.
Sauron: “Ciao Anemone.
Visto che siamo in argomento, che programma bisogna seguire per
apprenderle?”
Anemone: “Mi dispiace, ma
non posso dirtelo”.
Sauron (tic): “E perché?”
Anemone: “Verrà spiegato
più avanti, ragazzo mio. Abbi pazienza”.
Sauron (broncio): “Uffa!
Perché il signor autore è così cattivo
e non ci fa una piccola anticipazione?”
Anemone: “Troppi spoiler
danneggiano una storia, quindi devi aspettare”.
Sauron: “Va bene.
Comunque avete visto? Ho
battuto le quattro energie: sono troppo forte”.
Entra
Dorian: “Veramente
no!”
Sauron (sorrisetto):
“Andiamo! Lo ammetta che l’ho stesa signor
Gray”.
Dorian: “Se proprio lo
vuoi sapere, l’ho fatto a posta”.
Sauron (bocca a
triangolo): “…. COSA!”
Dorian: “Pensavi davvero
di aver battuto un maestro come me?”
Sauron (depresso
all’angolo): “Non è giusto!”
Anemone
(a bassa voce):
“Perché non ammetti che hai perso per davvero? in
fondo lo hai ammesso tu di
aver perso”.
Dorian (anche lui a bassa
voce): “E’ vero, ma che figura ci faccio a dire che
sono stato battuto da un
bimbo? E poi non gli darei, manco morto, la soddisfazione di prendersi
gioco di
me.
Ma che dico? Io sono
immortale!” e si vanta tutto.
Che
tipo eh?
Tanto ti sei fregato da solo, noi sappiamo la verità.
Appuntamento
alla prossima, ciao!
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Capitolo 10 *** il potere di creare una nuova realtà ***
10. Il potere di creare una nuova realtà
Ciao e,
come
sempre, ben ritrovati per questo nuovo capitolo.
Spero di
riuscire a emozionarvi oggi: premetto che ci sarà molta
azione oggi.
Fria:
Ciao e
grazie per il commento. Non ti devi preoccupare, due storie riesco a
gestirle e
poi, certe volte, scrivere è un piacere.
Spero
continuerai a seguirmi.
Detto
questo,
chiedendo sempre un commento, vi auguro buona lettura.
Malefica cercò di
tenermi a distanza, lanciandomi
contro numerosi fulmini e ci riuscì perfettamente.
Alla lunga, quei fulmini si fecero più rapidi e
precisi: a quanto sembrava, aveva capito come mi muovevo e stava agendo
di
conseguenza.
Quei colpi aumentarono d‘intensità e, se non
avessi
avuto lo Sharingan, sarei stato colpito molte volte.
In quel momento, però, pensavo ad altro: delle strane
frasi si stavano insinuando nella mia mente e non riuscivo a capire
cosa questo
volesse dire.
“Che cosa significano queste parole?” mi chiesi.
Incanto non rispondeva ed io cominciavo ad agitarmi.
Un fulmine mi sfiorò e
mi ferii a un braccio.
“Avanti, dai! Non hai tempo per fermarti a
riposare”
disse Malefica e mi lanciò una sfera nera.
Mi difesi con il velo, ma l’impatto mi spinse
all’indietro e persi la presa sulle spade.
“Ho bisogno di qualcosa per la lunga distanza”
pensai,
mentre mi alzai e continuai a schivare “Mi servirebbero delle
armi da fuoco”.
Richiamai gli spiriti della volpe e Incanto e, nella
mia mente, tracciai delle pistole automatiche.
Nella mia mano destra apparve una lunga pistola rossa
da trentatré millimetri, con una spilla a nove punte
attaccata sul manico;
nella sinistra una trenta millimetri blu e nera, con un pendaglio a
forma di
fulmine.
“Vuoi giocare a tiro al bersaglio” disse Malefica
divertita “Vediamo se hai abbastanza munizioni” e,
con un incantesimo, sollevò
le pietre del muro e le lanciò.
Puntai le pistole e premetti il grilletto: i
“proiettili” che uscirono in realtà
erano fasci di energia concentrata che
perforarono le pietre e i fulmini.
Malefica, accortasene, innalzò una barriera magica per
proteggersi e annullò danni.
“Cavolo” pensai ansimante “Queste pistole
sono davvero
forti, ma il quantitativo di energia è troppo elevato. Volpe
aumenta il
rifornimento del 5%”.
“E’ TROPPO
DIVERTENTE! NON
FERMARTI” disse emozionato il demone.
“Sauron non esagerare” mi disse Incanto.
“Finalmente ti fai sentire” dissi.
“Scusami: ero concentrato sulla battaglia” si
giustificò.
“Piuttosto” tagliai corto “Che cosa
significano quelle
strane frasi?”
“Frasi?” fece Incanto “Quali
frasi?”
“E’ da un po’ che si stanno definendo
nella mia mente:
sono scritte in inglese e, più passa il tempo,
più premono, come se volessero
essere pronunciate” dissi.
“Che siano” disse incanto “No, non
è possibile che tu
possa già usarlo!”
“Cosa?” chiesi, poi qualcosa si accese nella mia
mente.
Per un istante, mi ritrovai in un altro posto: una
caverna tinta di rosso; sulle pareti giravano dei meccanismi; sul
terreno erano
conficcate un’infinità di armi.
Così com’era
apparsa, sparì e mi ritrovai nel
corridoio, ormai distrutto e Malefica davanti.
“Beh!” disse la strega, avvolta dalla barriera
“Non mi
attacchi più? Allora lo farò io” e
lanciò una marea di incantesimi.
“Sauron, svelto!” mi richiamò Incanto.
La spilla e il pendaglio s’illuminarono e divennero
uno scudo rosso e blu con le punte nere.
“Credi davvero che quello scudo possa difenderti”
disse la strega e tirò fuori una sfera rossa e bianca.
“Quella è..” dissi stupito.
“Esatto!” rispose con un sorriso trionfante
“Assaggia
i tuoi stessi poteri” e mi lanciò contro le mie
stesse Sabbie del Tempo, unite
ad Amaterasu.
Lo scudo fu colpito dall’attacco congiunto e sentii il
dolore dei due spiriti e le loro urla.
“Sauron” gridò Incanto
“PRONUNCIALE!”
“MUOVITI MOCCIOSO!”
gridò la volpe “NON
HO
VOGLIA DI’ MORIRE PER PROTEGGERTI”.
Sentii una
scossa invadermi e decisi di tentare quella
carta, non avevo scelta.
“I
am the bone of my sword!” dissi.
Lo scudo si
ampliò e rilasciò una potente
onda di energia che spazzò via l’attacco.
“Che cosa!” fece la strega stupita.
“Incredibile” pensai “E’
bastata una
semplice frase, per annullare l’attacco. Che strano
potere”.
“Piccolo moccioso” ringhiò la strega
“Si
può sapere che razza d’incantesimo hai
usato?”
“Incantesimo?” feci stupito.
“Non dirmi che non lo sai!” fece la strega
sbattendo il bastone sul pavimento “Quello che hai appena
fatto è un
incantesimo, molto potente per giunta, ma non te lo lascerò
fare di nuovo” e
lanciò una serie di sfere, avvolte da Amaterasu.
“Sauron, non ti fermare” disse Incanto
“Vai avanti”.
Non
capivo che cosa avessi appena fatto,
ma la paura iniziale era svanita: ora dovevo andare fino in fondo.
“Steel is my body,
and fire is my blood” continuai
a dire.
Le pistole vibrarono e cambiarono,
diventando più lunghe e, schivando l’attacco
sparai.
Dalle canne delle pistole uscì una luce
accecante che colpendo la barriera di Malefica, la distrusse.
“Cosa!” fece di nuovo la strega “Un altro
incantesimo”.
Io stesso rimasi stupito da quello che
avevo fatto: avevo potenziato il mio attacco, rendendolo dieci volte
più forte;
che cosa sarebbe successo se avessi concluso la serie che continuava a
rimbombarmi in testa?
In quel momento vidi la pistola di Incanto
trasformarsi in un arco e quella della volpe in una freccia rossa.
“Che cosa significa” pensai
“Perché le due
armi si sono trasformate?”
“Non esitare, Sauron” mi riprese incanto
“Scocca la freccia”.
Decisi di ascoltare il mio spirito e
incoccai la freccia prendendo la mira.
“Non ci contare” disse la strega che
creò
una serie di frecce elettriche e me le lanciò contro.
Una luce si propagò per la mia freccia e
poi lanciai.
Un’onda di
luce travolse il corridoio e il
muro crollò senza lasciare traccia.
Non avevo parole: ero riuscito a vincere
la strega.
“Maledizione!” gridò la strega, uscendo
dalla cortina di fumo che si era formata “Come diavolo hai
fatto a riprodurre
un’arma leggendaria”.
“Un’arma leggendaria” pensai con stupore
“Che accidenti sta dicendo? Io ho usato un’arma
leggendaria?”
“Sei un autentico mostro, ragazzino”
ringhiò Malefica “Proprio per questo, mi
assicurerò che tu non esca vivo da
qui” e, alzato il bastone, mi lanciò un potente
raggio nero.
In quel momento ero confuso, ma non potevo
permettermi di restare imbambolato a guardare il vuoto: dovevo reagire.
“Amaterasu” e le fiamme nere mi coprirono
proteggendomi dal raggio, ma la strega non si fermò e
continuò a bombardarmi.
“Accidenti!” feci.
“Continua a dire le parole” m'incitò
Incanto.
“Prima spiegami che diavolo sto facendo”
gli gridai.
“Fidati di me e continua” rispose.
“DIMMI CHE DIAVOLO STO FACENDO” gridai.
Spaventato e arrabbiato, osservai il mio
spirito: mi fidavo di lui, ma volevo sapere.
Dopo avermi guardato per un momento, che
sembrò un’eternità, disse:
“Scusami, sono davvero un pessimo partner. Il potere
del tracciamento non è solo la capacità di
materializzare gli spiriti come armi
e di riprodurle, può fare molto di più: creare
una nuova realtà che ne contiene
un infinito numero. La formula che stai recitando è la
chiave per aprire questa
realtà e accedere al massimo potere di cui sei
dotato”.
Quelle parole mi diedero un’altra scossa e
rievocai la visione di poco prima.
“Potevi dirmelo prima”.
“Adesso lo sai” disse Incanto.
“Allora ricominciamo”.
Feci
sparire le fiamme nere e aprii le braccia,
attivando uno scudo a stella.
“Che Cosa?” disse la strega.
“Ti finirò una volta per tutte.
I have created
over a thousand blades”
e materializzai numerose spade corte che lanciai verso la strega.
“Non so che cosa tu voglia fare, ma non ti
lascerò vivere oltre” disse lei e
innalzò una seconda barriera che fu
immediatamente distrutta con una potente esplosione.
Affidandomi completamente al mio istinto,
corsi in avanti e continuai la formula: “Unknown to death”
riapparvero le spade della volpe e
d’Incanto, poi le portai dietro la schiena “Nor known to life”
le due lame cambiarono forma, diventando
simili alle ali di un grifone.
Saltai e, tenendo le due armi ben salde,
le calai verso la strega generando una potente esplosione.
Seguii tutta la scena con lo Sharingan e
fui sicuro di averla colpita, ma mi sbagliavo: quella maledetta aveva
usato le
sabbie del Tempo per difendersi e poi usò
l’attacco “Vento del Destino” per
spingermi via.
Fui fiondato all’indietro e mi schiantai contro
il muro.
Sentii un mancamento e cercai di rimanere
cosciente e di rimettermi in piedi, ma delle catene d’acqua
mi afferrarono un
braccio e mi tirarono verso la strega che, una volta che fui a portata
di mano,
mi colpì col bastone facendomi rovinare sul pavimento.
“Non ho ancora finito” disse lei usando le
sabbie e creando un piccolo tornado che mi spazzò via.
“Dannazione” pensai “Quella dannata
strega
sta usando i miei stessi poteri per distruggermi. Di questo passo, non
riuscirò
a fare niente”.
“Non arrenderti Sauron”
m’incitò Incanto.
“Secondo te sono il tipo da arrendersi?”e
a fatica mi alzai in piedi.
“Sei
davvero duro a morire” disse Malefica
“Si vede che dovrò impegnarmi di
più”.
“Adesso basta” dissi “Porrò
fine a questa
storia e mi riprenderò ciò che mi hai
tolto”.
“Muori” e lanciò le sabbie avvolte dal
fulmine.
Mentre scansavo, ripresi la formula e,
questa volta, non mi sarei fermato fino alla fine: “Have Withstood pain to create many weapons”
chiusi gli occhi “yet
those hands will never hold anything”.
“Maledizione” disse la strega e lanciò
una
sfera di ghiaccio, pronta a esplodere.
“So, as i prey” e
aprii gli occhi “Fine dei giochi: "Unlimited
Blade Works”!”
L’intera
area fu avvolta dalle fiamme e,
una volta scomparse, ci trovammo nel luogo della mia visione.
“Questo è” disse la strega mentre
sgranava
gli occhi “Un Reality Marble. Impossibile”.
“Un Reality Marble?” pensai “un mondo
interiore, capace di sostituirsi alla realtà? È
dunque questo il mio vero
potere?”
“Esatto Sauron” disse Incanto trionfante
“Ora fai vedere a quella strega di cosa sei capace”.
“D’accordo!” risposi.
“Come
diavolo ci sei riuscito” ringhiò
Malefica “Come puoi realizzare una cosa simile?”
“Se devo essere sincero, neanch’io sapevo
cosa sarebbe successo”risposi “E’ la
prima volta che entro in questo posto”.
“Cosa!” fece stupita la strega.
“Basta parlare, adesso” dissi afferrando
una spada al mio fianco “Chiudiamo questa storia maledetta
strega. Pensi di
avere abbastanza magia per battermi” e mi lanciai
all’attacco.
“Non fare il gradasso, moccioso” disse lei
trasformando il bastone in un’ascia a doppia lama e, dopo
averla avvolta di
magia nera, si lanciò all’attacco.
Le due armi si
scontrarono, generando una
potente corrente di energia e, invece di subire il contraccolpo, spinsi
e
attaccai senza sosta.
“Impossibile” disse la strega, mentre
modificava l’arma in un paio di spade e attaccava.
“Aggiornati”, dissi mentre calai un
fendente “La parola “impossibile” non
esiste”.
Le spade si ruppero e la strega
indietreggiò: “Non mi farò battere da
un moccioso” e si avvolse di uno strano
fuoco verde.
Indietreggiai e materializzai le spade
della volpe e d’Incanto.
“Adesso Sauron Folgore Sandtimes,
assaggerai la mia ira e di tutte le forze del male” la fiamma
verde s’ingrandì
inghiottendola e prese le sembianze di un drago nero.
“Oh cavolo!” feci.
“Incredibile!” disse Incanto.
“CHE BELLO!”
disse la volpe.
“MUORI”
ruggì il
drago e, aperte le fauci, sputò fuoco.
Attivai lo scudo e mi difesi, poi
saltai all’indietro
e cercai una soluzione.
Il drago spalancò le sue grandi ali di pipistrello e
m’inseguì.
“Rifletti” pensai “In questo momento,
siamo
all’interno della mia creazione piena di armi che posso usare
come voglio; ho
le spade d’Incanto e della volpe in mano e lo Sharingan
attivo; mentre Malefica
si è trasformata in un drago e temo possa ancora utilizzare
i suoi incantesimi.
Per battere un drago devo colpire il cuore, ma dubito
sia così facile: mi serve qualcosa capace di
colpirla”.
Il drago aprì le fauci e sputò una fiammata di
Amaterasu.
Riuscii a evitare le fiamme librandomi in volo, ma fui
sfiorato dalla coda del mostro e, per un attimo, persi la
concentrazione e
caddi.
“Avanti Sauron” mi dissi
“Pensa!”
Stavo per essere colpito dalla zampa della strega, ma
riuscii a riprendermi e la evitai.
“NON
MI’ SFUGGIRAI”
ruggì Malefica (Non so proprio come chiamarla).
“Sauron rispondi agli attacchi!” disse Incanto.
“Hai un’idea da propormi?” gli chiesi.
“Hai ancora bisogno di aiuto?” mi riprese
“Ricorda che
questa è la tua creazione: usala”.
“Come?” chiesi, ma poi ebbi un’idea
“Lascia perdere.
Credo di aver trovato una soluzione”.
Mi concentrai sulle armi del mio
Reality Marble: cercai di controllarle a distanza e di
renderle qualcosa di nuovo, capace di distruggere qualsiasi cosa.
Le armi
risposero al mio comando e,
illuminatesi, si alzarono da terra e si diressero verso il drago, che
si difese
con una barriera magica.
Approfittai del momento per fare qualcosa
di nuovo: avvicinai le mie due spade e provai a combinarle in una sola.
“Fa che funzioni” dissi.
“NON TE LO
LASCERO’ FARE”
ruggì
Malefica e sputò fuoco, distraendomi dal processo.
“Accidenti!” dissi “Mi serve
più tempo”.
Usando il processo di analisi, ricoprii la volta della
caverna d’innumerevoli armi da taglio, tutte puntate sul
drago e, dopo aver
usato Amaterasu per formare una sottile pellicola, le lanciai.
In questo modo la barriera non avrebbe retto a lungo e
Malefica, attaccata da tutte quelle armi, sarebbe stata impegnata per
un po’.
Tornai al processo di unione: cercai di unire i due
spiriti in maniera equilibrata, di dar loro una forma capace di
abbattere
qualsiasi cosa; detti tutto me stesso in questa nuova creazione.
Alla fine i miei sforzi furono ricompensati, la spada
era completata: l’elsa dorata e finiva con una luna rossa; la
guardia d’oro era
a forma di ali aperte; la lama era viola e attraversata da saette
argentate.
“Il colore è un po’ curioso”
commentai “Ciò che conta
è quello che può fare”.
In quel momento, Malefica riuscì a liberarsi delle
armi che le avevo lanciato, contro e sputò fuoco verso di me.
“Vediamo che sapete fare insieme” dissi e calai la
spada.
Le fiamme si aprirono in due e un corno sulla testa
del drago saltò, provocandole un forte dolore.
“Wow!” feci e osservai la spada “Ora
cominciamo a
ragionare” e mi lanciai all’attacco.
Malefica non fece attendere una sua risposta e mi
lanciò contro le sabbie del Tempo e Amaterasu insieme
rincarando la dose con
un’altra fiammata.
Le ali della mia spada sbatterono e le fiamme
inestinguibili si spensero insieme con quelle del drago; la luna alla
fine
dell’elsa s’illuminò e le sabbie si
dispersero.
“COSA!”
fece
Malefica “E’
IMPOSSIBILE!”.
“Non farmi ripetere la stessa cosa due volte!”
gridai
mentre corsi in avanti e praticai un affondo, che bucò
l’ala destra di Malefica
“Mi sa che devo essere più preciso”.
“E’
INAMMISSIBILE”
ruggì Malefica “IO, UNO DEGLI SHAD
PIU’ POTENTI,
NON POSSO PERDERE CONTRO UN MOCCIOSO”.
“Prendi questo!” gridai e calai la spada verso il
suo
collo.
Con un rapido movimento, Malefica mosse la coda e mi
colpì, facendomi perdere la presa sulla spada e, con rapide
artigliate mi colpì
e, dopo aver perso molto sangue, precipitai e persi il controllo del Reality Marble, che sparì.
“PENSAVI
DAVVERO DI’ POTER
COMPETERE IN VELOCITA’ E FORZA CON UN DRAGO?”
e, trionfante, calò i suoi
artigli su di me, infilzandomi.
“AH AH AH AH!”
ruggì trionfante “HO VINTO!”
“Lo pensi davvero?” dissi.
“COSA!”
fece
incredula.
Incredibile, ma vero, nonostante
fossi stato trafitto
dai suoi artigli, non ero morto, anzi non li avevo proprio sentiti.
Il motivo? Le sabbie del Tempo mi avevano protetto,
rendendo il mio corpo intangibile.
“E’
IMPOSSIBILE! COME HAI
FATTO A RECUPERARE LE SABBIE?” ruggì.
Aprii gli occhi, rivelando un nuovo Sharingan,
l’Eternal e m’incamminai lentamente verso di lei:
“Pensavi davvero che la mia
nuova spada avesse solo lo scopo di ferirti? Ti sbagli: essa libera
ciò che è
stato imprigionato e lo restituisce al proprietario” tesi la
mano e la spada
rispose alla chiamata, venendomi in mano.
“MALEDETTO!”
ruggì
il drago inferocito dalla scoperta.
“Puoi usare tutti i trucchi che vuoi, trasformarti in
un drago, aumentare la tua forza anche all’infinito. Non
importa cosa fai”
dissi mentre continuavo a camminare.
Malefica si lanciò all’attacco.
“E’ tutto inutile!” gridai e mi lanciai
all’attacco.
La mia spada e i suoi artigli
s’incrociarono e
generarono un’imponente onda di energia.
Nonostante fossi più piccolo, rimasi fermo dove mi trovavo
e, con forza spinsi
in avanti.
Rievocai le
parole della volpe: “VOLGIO
PROPRIO VEDERE CHE COSA FARAI”
Ricordai le parole d’Incanto: “Per un
eroe, niente è impossibile!”
Risentii le parole del quarto Hokage: “Tu
hai una grande eredità! Vai e non arrenderti mai”.
Una nuova forza mi pervase e lanciai un
urlo.
Una luce accecante invase la zona e
Malefica fu spazzata via insieme all’intera struttura.
Mi ritrovai ansimante
sotto il cielo che
si stava schiarendo e, dopo essermi guardato intorno e preso un lungo
respiro,
lanciai un urlo liberatore e caddi a terra esausto.
Ce l’avevo fatta: avevo vinto, mi ero
ripreso ciò che mi era stato rubato e ottenuto qualcosa di
nuovo.
Osservai il cielo con una nuova luce e mi
resi conto di quanto fosse bello, essere vivo.
Poi sentii qualcosa muoversi intorno a me
e, poco dopo, apparve un enorme cobra reale rosso come il sangue.
“E
COSI’ SEI RIUSCITO A
BATTERE MALEFICA”
sibilò il rettile con una voce
inconfondibile.
“Jafar” dissi stringendo i denti mentre
cercavo di rialzarmi.
“ESATTO!”
sibilò “ANCHE SE
NON MI’ ANDAVA A GENIO,
VENDICHERO’ LA SUA SCOMPARSA UCCIDENDOTI”
e si lanciò verso di me,
pronto a divorarmi.
“Non così in fretta!” disse la voce del
signor Gray e che si parò davanti a lui a petto nudo e con
la spada illuminata dalle
quattro energie.
“VI’
DIVORERO’ ENTRAMBI”
sibilò Jafar e, come un fulmine, si lanciò su di
noi.
Il signor Gray, però, aveva altri
programmi e calò la spada: tagliando in due il corpo del
Cobra gigante che
cadde all’indietro senza vita.
Gray si
sdraiò a terra e respirò a pieni
polmoni.
“Quando torno a casa”, disse Gray dopo un
po’ “giuro che mi concedo una vacanza”.
“Considerando la fatica che avete fatto,
direi che ve la siete meritata”.
Entrambi scoppiammo a ridere allegramente.
Il sole fece la sua
comparsa e noi ce lo
godemmo pienamente.
“Allora, Sauron” mi disse Gray “Sei
pronto
a tornare a casa”.
Chiusi gli occhi e scossi la testa: “C’è
ancora una cosa che devo fare”.
“Direi che può aspettare, no? Adesso devi
riprenderti” disse Gray.
“La mia meta è ancora molto lontana”
dissi
“Non posso attendere oltre. Non provi a fermarmi signor
Gray”.
“Preferisco astenermi questa volta” disse
“Qualunque cosa tu voglia fare non ti
fermerò”.
“La ringrazio”e mi alzai.
“Dimmi solo una cosa? Vale la pena fare
questa cosa, qualunque essa sia?”.
“Sì!” risposi “La considero
una sorta di
prova”.
“E supera quello che hai fatto qui?”
chiese.
“Direi di si!” risposi “Questo potrei
definirlo una sorta di preparazione a quello che mi aspetta”.
“Suppongo che tu non voglia essere
accompagnato vero?” disse Gray preoccupato.
“La ringrazio, ma è qualcosa che devo fare
da solo” risposi “Se ci riuscirò, ci
rivedremo molto presto” e cominciai a
incamminarmi.
“Aspetta un attimo” mi richiamò Gray.
“Che cosa c’è ancora?” chiesi
voltandomi.
“Prendi questi” e mi lanciò un sacchetto
e
una mappa che presi al volo.
Dentro il sacchetto erano contenute delle
pillole della vita, cioè delle medicine ricostituenti e la
mappa mostrava
l’area in cui mi trovavo.
“La ringrazio” dissi e ingoiai una
pillola, riprendendomi completamente.
“Figurati”, disse Gray “E ricorda una
cosa: quando tornerai, vieni a trovarmi, farò di te un
maestro delle energie”.
Lo guardai stupito: mi aveva proposto di
diventare suo allievo. Nessuno, a parte un solo guerriero, era mai
stato
allenato da lui e questo era un immenso onore.
Inchinai la testa e dissi: “La ringrazio
per la vostra offerta. Accetto!”
“Ottimo!” fece Gray “Vedi di tornare
tutt’intero mi raccomando e non aspettarti favoritismi, va
bene?”
“Sarò all’altezza!” dissi e,
per
ringraziarlo, usai le sabbie del Tempo per far tornare perfettamente
intatti i
suoi vestiti.
“Questo è un punto in più”
disse con un
sorriso “Allora a presto Sauron”.
“A presto, maestro Gray” e feci un
inchino, dopodiché ripresi il mio viaggio.
“Quel Gray
si è rivelato un buon uomo
vero?” disse Incanto.
“Sì hai ragione” confermai
“Credo proprio
che questo sia l’inizio di una lunga amicizia”.
“Così sembra” disse Incanto “A
proposito,
come ti senti?”
Mi fermai e guardai il cielo: “Un po’
più
vicino al mio sogno” risposi.
“Bene!” disse Incanto “E, forse, sei
cresciuto un po’”.
“Sì, amico mio” risposi e ripresi il
cammino.
Ero cresciuto? Avevo
scoperto un nuovo
potere, che, col tempo, avrei sviluppato.
Avevo ottenuto un nuovo Sharingan, frutto
dell’unione con il mio e quello lasciatomi da mio padre, il
cui ricordo non
sarebbe mai più stato qualcosa da cui sfuggire: la sua forma
é uno shuriken
nero sulle cui punte s’incontrano delle saette.
Per
finire avevo un nuovo amico e maestro.
Tirando le somme, direi che, sì, ero
cresciuto.
E questo era solo l’inizio del viaggio per
raggiungere il mio sogno: diventare un vero eroe.
Nel
prossimo capitolo.
Dopo
lo scontro con gli Shad, Sauron riprende il suo viaggio per giungere
nel luogo
in cui è imprigionato il terribile Fenrir.
Che
cosa farà il piccolo aspirante eroe? Riuscirà a
realizzare il suo sogno?
Questo
e altro al prossimo capitolo.
Angolo
dell’autore.
Gray ha appena
finito di legare i vari Shad sopravvissuti e anche Malefica,
miracolosamente
sopravvissuta e Jafar che aveva usato un piccolo trucco di magia che
l’aveva
privato di ogni energia.
Arrivano alcuni
eroi del Fantasy, tra questi ci sono anche Kaeleena e Yaphisan.
Dorian (mano
sollevata”: “Ehilà!”
Yaphisan: “Ottimo
lavoro, Dorian. Vedo che ti sei scatenato!”
Dorian: “Veramente
ho avuto un piccolo aiuto da un tipo parecchio imprevedibile”.
Yaphisan
(colpito): “E chi sarebbe questo tipo?”
Ade (pieno di
bernoccoli e lividi): “Maledetti Sandtimes”.
Kaeleena (gli
mena un tacco in fronte): “E tappati la bocca, sfigato o ti
do il resto”.
Ade vede le
stelle e sviene.
Shan Yu (con
un sorriso soddisfatto): “Dubito che riuscirai a fare
più di tuo figlio”.
Kaeleena e
Yaphisan (si voltano di scatto): “COSA!”
Dorian (una
mano sulla testa): “E già! Sauron era qui. Ha
praticamente fatto tutto lui”.
Kaeleena (imbestialita):
“DORIAN!”.
Dorian
(brivido): “Aspetta, posso spiegarti!”
Kaeleena lo
ignora e va avanti e indietro chiamando il figlio a gran voce.
Yaphisan:
“Davvero
è stato Sauron a fare tutto questo” e si guarda
intorno.
Dorian (contempla
ciò che resta del nascondiglio degli Shad):
“Già! Ti faccio il riepilogo: dopo
essersi liberato dalle prigioni, ha pestato Ade e Lupo, come fossero
sacchi; ha
offeso la faccia di Gaston e di Ursula, messo ko Shan Yu, eliminato
Rasputin e,
dopo averle date anche a me, ha preso Malefica a calci nel sedere e
distrutto
il rifugio. Jafar l’ho sistemato io”.
Yaphisan (sembra
soddisfatto): “Bravissimo nipotino, sono fiero di
te”.
Kaeleena (avvolta
da un’aura di fuoco): “Dorian
dov’è il mio bambino!”
Dorian (suda
freddo): “Ecco… se n’è andato
verso nord”.
Kaeleena (esplode):
“E TU LO HAI LASCIATO ANDARE?”
Dorian (mani
in avanti): “L’ho perso solo per un attimo ed
è sparito” * Perdonami ragazzo,
ma preferisco non prenderle * {gli asterischi indicano un pensiero}
Kaeleena (in
lacrime): “Il mio piccolo Sauron è là
fuori tutto solo e indifeso. Che cosa
potrebbe mai succedergli”.
Malefica (esplode):
“Alla faccia dell’indifeso. Guarda come quel
piccolo demonio ci ha conciato”.
Kaeleena (si
alza): “Zitta brutta strega!” e le mena un poderoso
pugno, facendo volare lei e
gli altri Shad a testa in giù.
Jafar (vede le
stelle): “Malefica, la prossima volta tappati la
bocca”.
Malefica (stelline):
“Taci”
Kaeleena (sguardo
assassino): “Dorian!”
Dorian (tremarella):
“Vado subito a cercarlo”.
Kaeleena (esplode):
“E MUOVITI”.
Dorian (sull’attenti):
“SUBITO!” e parte.
Yaphisan: “Vado
anch’io”.
Kaeleena lo
guarda inferocita e il padre corre via.
Dorian e
Yaphisan corrono nella stessa direzione.
Dorian (domanda
spontanea): “Fa sempre così?”
Yaphisan: “Solo
quando è alterata”.
Dorian (pensa
tra se): “Sauron sei davvero un mito se riesci a sopportare
una madre così!”
A mezza
giornata di cammino, Sauron si ferma.
Incanto: “Qualcosa
non va?”
Sauron: “No,
niente. Qualcuno deve aver parlato di me”.
Incanto: “Di
solito si starnutisce”.
Sauron: “Non
sono il tipo”.
Neanche
tu ci scherzi, ragazzo. Speriamo che tu non abbia preso il carattere di
tua
madre o siamo messi male. Oh beh! Io lo già se è
così o no.
Ve
lo farò scoprire anche a voi, in seguito.
Ciao
e alla prossima settimana.
NB:
questa storia, salvo casi straordinari, è aggiornata ogni
domenica.
static.blogstorage.hi-pi.com/photos/jp15.blog.jeuxvideo.com/images/gd/1127803473/Kail...
Questa è un immagine a grandi linee di Sauron Folgore
Sandtimes,
protagonista della storia e aspirante eroe. Apparirà nella
seconda stagione
dell'altra storia Millennium Falcon: La storia di Nick Nibbio Blu, come
uno dei personaggi principali.
|
yuguillaume.free.fr/images/shinato.JPG
Questo è Incanto di Folgore, cavaliere della
luna, Spirito custode di Sauron
static.blogstorage.hi-pi.com/photos/jp15.blog.jeuxvideo.com/images/gd/1127803473/Kail...
Questo schianto è Keleena Sandtimes, madre di
Sauron ed eroina del Fantasy
republika.pl/blog_bh_1132010/2300074/tr/elfen-lied-nyu_...
Lei è Selen Rose, amica d'infanzia di Sauron e
qualcosa di più
|
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Capitolo 11 *** la prova del lupo ***
11. la prova del lupo
Ciao
a tutti! Eccomi tornato per presentare un nuovo capitolo della storia.
Ahimè,
siamo quasi alla fine, ma non preoccupatevi, Sauron tornerà
molto presto
nell’altra storia che sto scrivendo (a me piace chiamarle
storie, non fiction).
Angolo
dei commenti.
Fria:
ciao e grazie per il commento. Spero che questo capitolo ti piaccia.
Ciccio85:
E’ un piacere averti tra i miei lettori e ti ringrazio per il
tuo commento.
Le
frasi sono in inglese perché mi sono ispirato a un
bellissimo anime in cui il
personaggio le pronuncia così: si chiama Fate/Stay night e
Sauron vi è ispirato
per 1/4; infatti in esso confluiscono ben quattro trame di anime e
serie
televisive che poi spiegherò alla fine della storia.
Spero
di continuare a entusiasmarti.
Detto
questo, sperando di avere altri lettori e commenti, vi auguro buona
lettura.
Passarono due
settimane.
Il mio viaggio proseguiva regolarmente,
senza intoppi, alternato dagli allenamenti per controllare meglio i
miei nuovi
poteri: a detta d’Incanto avevo fatto passi da gigante.
Dopo questo periodo
di momentanea
tranquillità, giunsi a pochi passi dalla mia meta: il monte
della bestia, che
raffigurava una creatura abominevole, impossibile da descrivere a causa
delle
innumerevoli forme che aveva a seconda della prospettiva dalla quale si
guardava.
“Che forma orrenda” commentò Incanto.
“Hai ragione” confermai “Questo monte
è
forse il più antico di tutto il Fantasy. Non oso immaginare
che cos’altro possa
trovarsi lì dentro”.
All’improvviso, l’apparente tranquillità
di quel posto fu infranta da un potente ululato che sembrò
trattenuto da
qualcosa e, così com’era iniziato, smise.
“Che accidenti è?” chiese Incanto,
mentre
teneva le orecchie tappate.
“Temo che si tratti di Fenrir” risposi.
“Che ci abbia fiutato?” fece Incanto.
“Siamo sottovento” risposi “Quindi credo
di si”.
“Stai in guardia, potrebbe attaccarci da
un momento all’altro”.
“Impossibile. Secondo l’antica mitologia,
Fenrir fu legato a tre macigni da un nastro magico, fatto di cinque
elementi
che ora non esistono più in natura”.
“Ne sei sicuro?”
“Certo! Inoltre le sue fauci dovrebbero
essere bloccate da una potente spada che gli impedisce di
chiuderle”.
“Allora perché abbiamo sentito
quell’ululato?”
“Non saprei dirti-“ risposi.
“Se non sbaglio” intervenne Incanto “il
nastro è fatto di sei elementi: le radici delle montagne, la
saliva degli
uccelli, il respiro dei pesci, i tendini dell’orso, il passo
del gatto e la barba della donna.
In effetti, questi elementi non esistono
in natura, almeno i primi tre”.
“Perché dici questo”, mentre ripresi a
camminare.
“Credi davvero che gli orsi non abbiano i
tendini o i gatti non facciano rumore con i loro passi?” fece
Incanto “Questi
due elementi esistono, ma sono impercettibili, mentre gli altri non
sono mai
esistiti. È possibile creare un laccio magico con cose che
non esistono in
natura?”
“Gli antichi hanno detto un mucchio di
cose, per giustificare la mancanza di ciò che non si trova
in natura” dissi “E’
probabile che il nastro sia stato fatto da un potente incantesimo o da
qualche
altra cosa. Pensa che dicevano che, a causa della spada, Fenrir non
possa
chiudere la bocca e, per questo sbava da mattina a sera, creando un
fiume e poi
ulula come un matto. Ecco spiegato perché abbiamo sentito
l’ululato”.
“Chi mai andrebbe a farsi un bagno in un
fiume fatto dalla bava di un lupo?” disse Incanto disgustato.
“Non chiederlo a me” risposi
“Chissà se è
vera quell’altra diceria: che sia la causa della
licantropia”.
“Ora lo scopriremo” disse incanto “Anche
se non è troppo tardi per tornare indietro”.
“Non se ne parla” dissi “Me ne
andrò di
qui solo quando l’avrò sconfitto”.
“Certe volte hai davvero una testa dura,
ragazzo mio” fece Incanto poi si fermò un attimo.
“Che c’è?” chiesi.
“Te la sapresti immaginare una donna con
la barba?” disse lui, trattenendo le risate.
Mi fermai un attimo e, quasi
meccanicamente, immaginai mia madre con la barba.
“Oh cavolo!” e scoppiai a ridere.
“Già! E’ troppo comico!” e
anche Incanto
scoppiò.
“Sia ringraziata la natura che ha privato
le donne di quel particolare ormone, altrimenti come faremmo a
riconoscerle”
feci mettendomi in ginocchio per il troppo ridere.
“Basta o scoppio davvero!” disse Incanto
tenendosi la pancia.
Quel momento
d’ilarità fu interrotto da un
secondo ululato che fece tremare la terra.
“Accidenti!” feci tornando serio
“E’ quasi
come se ci stesse sfidando ad andare a prenderlo”
“Hai
ragione, è meglio andare” fece Incanto
“Piuttosto, non mi hai ancora detto che cosa intendi fare:
perché vuoi
affrontarlo?”
Fissai il monte per lunghi momenti prima
di rispondere: “Per dare un significato alla mia vita,
direi”.
“Che vuoi dire?” fece Incanto “Per caso
mi
stai nascondendo qualcosa?”
“Potrei mai farlo?” risposi “Forza
andiamo”.
In verità,
nemmeno io sapevo il perché:
quella era una domanda che mi ponevo da anni ormai. Forse era per
questo:
volevo una risposta.
Da quanto posso ricordare, sin da
piccolissimo sentivo di doverlo cercare: era come una voce che mi
richiamava,
facendomi passare notti insonni, quasi estraneo a tutto quello che mi
circondava.
A parte quella sensazione, non sapevo
altro e volevo scoprirlo.
Per circa
un’ora continuai a scalare
quella montagna senza mai fermarmi, finché non arrivai
all’ingresso della
caverna al cui interno lui era rinchiuso da millenni.
“Sto arrivando” e mi apprestai a entrare.
“Aspetta un momento” mi fermò Incanto
“Guarda là, sopra l’ingresso”.
Seguendo l’indicazione d’Incanto, alzai lo
sguardo verso il dolmen che sorreggeva la parte alta
dell’ingresso: cancellate
dal tempo, erano incise misteriose parole e agli estremi
c’erano dei segni
rossi.
“Chissà che cosa diranno?” fece Incanto
“Temo che non lo sapremo mai”.
“E chi lo dice?” feci e, attivate le
sabbie del Tempo, avvolsi la pietra.
In poco tempo la pietra tornò indietro nel
tempo, rivelando ciò che aveva celato per migliaia di anni:
sui lati erano
incise due lune divise in quattro parti, due bianche e due rosse; al
loro
interno erano incise parole di cui non conoscevo il significato, anche
se non
le consideravo importanti.
“Che lingua è?” chiesi senza troppo
interesse.
“Antiche rune germaniche, disposte a mo di
monito” rispose Incanto preoccupato.
“Tu le conosci?” chiesi stupito.
“Abbastanza” disse incanto “Aspetta un
po’: ora cerco di tradurla”.
Decisi di sedermi e fare una piccola
pausa: ne avevo bisogno, considerando ciò che mi aspettava.
Passarono alcuni minuti e Incanto continuò
a rimanere immobile, intento a decifrare quegli antichi caratteri.
“A grandi linee, credo di aver capito”
disse dopo altri minuti e si voltò preoccupato.
“Quindi?”
“E’ una maledizione!” rispose dopo alcuni
istanti di silenzio.
Un vento freddo attraversò la zona,
entrandomi nelle ossa.
“Una maledizione?” ripetei mentre mi
sentivo attraversare da un brivido.
“Esatto” rispose e si voltò verso
l’iscrizione “Anche se è un
po’ grossolana, la scritta recita queste parole:
“Entro di me si sprofonda nell’oscurità.
Entro di me solo la notte e la luna si
possono vedere. Entro di me, la natura stessa cambia: non
più pacifica e sana,
ma violenta e tinta di sangue per una luna ogni stagione in eterno. Tu,
che
entri sei avvisato: varca la soglia e in eterno sarai dannato.
Abbandona
speranze e sogni, perché mai più
realtà saranno se le zanne tinte d’odio,
libere saranno”. È un avvertimento fin troppo
evidente: se entrerai perderai
tutto, ragazzo mio”.
Per la prima volta
nella mia vita sentii
il desiderio di scappare, fuggire lontano e non voltarmi indietro, ma
il mio
corpo non rispose: rimase fermo completamente insensibile ai comandi
del
cervello.
“Sauron” mi disse Incanto “Non so che
cosa
tu voglia dimostrare, ma non fare qualcosa di cui potresti pentirti per
tutta
la vita, quindi, per una volta, dammi retta e torniamo a
casa”.
“Non posso” dissi tremando “Non ci
riesco.
La sento chiamare: sento quella voce sempre più forte. Non
la posso più
ignorare, non adesso” e senza dire altro, guidato
dall’istinto, corsi verso
l’ingresso ed entrai.
“Sauron!” mi gridò Incanto
“Fermati!”
Una volta varcata la soglia, mi fermai e
rimasi immobile poi, all’improvviso, mi accasciai a terra.
“Oh no! Sauron!” gridò Incanto e mi
corse
incontro.
“BLEAH!”
feci tirando la lingua di fuori,
facendolo saltare all’indietro e scoppiai a ridere.
“Come diavolo fai a scherzare in un
momento così!” disse lui e mi menò un
pugno in testa.
“Ahia!” feci tenendomi la testa.
“Sei un idiota, Sauron” mi gridò in
faccia
“Ti rendi conto di quello che hai fatto?”
Mi alzai e abbassai lo sguardo: “Me ne
rendo conto, ma è qualcosa che devo fare. Non so dirti che
cosa voglia
dimostrare, ma sento che devo andare avanti, riesci a
capirlo?”
Incanto mi fissò e, dopo lunghi attimi di
silenzio, sospirò: “Certe volte non riesco a
capire nulla di te, ma sono il tuo
spirito e quindi, accada quel che accada, ti sarò sempre
vicino”.
“Grazie!” feci.
Un altro potente
ululato c’investì facendoci
sobbalzare.
“Accidenti, sembra impaziente” fece
incanto.
“No” dissi “Sta gridando la sua rabbia e
il suo dolore”.
“Come fai a dirlo?” mi chiese Incanto.
“Lo sento nel profondo” risposi
“Anch’io
li ho provati molti anni fa”.
“L’unica differenza è che lui non ha
trovato il modo per placarli” fece Incanto di rimando.
“Andiamo!” dissi e cominciai a scendere.
Non sapevo cosa avevo
fatto o quale
maledizione mi fossi addossato, ma in quel momento non
m’importava: ciò che
volevo era andare avanti, senza guardarmi indietro.
Ripensandoci adesso, se avessi la
possibilità di tornare indietro rifarei questo sbaglio
all’infinito: anche se
adesso sono diverso, non me ne pento e mai lo farò.
Continuai a scendere
per non so quanto
tempo, finché non sentii un forte odore di saliva.
“Ci siamo!” dissi.
“Allora prepariamoci a ballare” disse
Incanto mettendomi una mano sulla spalla e annuii.
Attraversai una parete di pietra e,
finalmente, mi trovai di fronte all’oggetto della mia
ricerca: Fenrir il lupo
dell’abisso.
Era una bestia enorme, bianca come la
neve, magnifica e, allo stesso tempo terrificante: la sua bocca,
bloccata dalla
leggendaria spada, era spalancata mostrando i suoi denti, rossi di
sangue; non
potevo ancora vederli, ma sentivo che i suoi occhi mi fissavano con
odio e
ferocia e desideravano vedermi morto.
Il suo collo era bloccato dal leggendario
nastro magico, che gli aveva più volte penetrato le carni,
provandogli un
terribile dolore.
Povera bestia, pensai tra me e mi
avvicinai.
“Ascoltami” dissi con voce tremante
“Adesso ti toglierò la spada dalla bocca. Ti
chiedo solo di ascoltare ciò che
ho da dire, poi ti toglierò anche il collare”.
L’enorme lupo emise un ringhio e avvicinò
la bocca davanti a me.
Con mano tremante, presi la lama intrisa
della sua saliva e, con alcuni movimenti, la tolsi.
Fenrir, dopo tanto tempo, sentì la bocca
libera e cominciò a chiuderla e a riaprirla per recuperare
sensibilità, poi
posò i suoi occhi gialli su di me, fissandomi con ferocia.
“SE PENSI CHE
TI SIA GRATO
PER AVERMI TOLTO QUELLA DANNATA SPADA DALLA BOCCA, TI SBAGLI”
disse con voce profonda e fredda “HAI QUALCOSA
DA DIRMI? FAI
IN FRETTA. VOGLIO SAZIARE LA MIA FAME”.
Presi un lungo respiro e iniziai: “In
primo luogo, mi presento. Il mio nome è Sauron Folgore
Sandtimes, membro della
stirpe dei signori del tempo, lieto di conoscerti.
Sono qui non per ucciderti, ma per domarti
e adempiere una muta promessa che ho fatto ancor prima di venire a
questo
mondo: placare la tua rabbia”.
“CHE
SCIOCCHEZZE”
ringhiò il lupo “TU SEI QUI
SOLO PER APPAGARE UN TUO
STUPIDO DESIDERIO, FACENDOTI UNA REPUTAZIONE SULLA MIA PELLE. VOI UMANI
SIETE
TUTTI UGUALI, PER QUESTO VI’ DIVORERO’ TUTTI!”
“Ti dimostrerò quanto di sbagli e ti
sconfiggerò qui e adesso” e, materializzato un
kunai, lo lanciai verso i massi cui
era legato il nastro magico, distruggendoli.
“NIENTE MALE”
fece Fenrir afferrando il nastro e togliendoselo “ADESSO
SONO LIBERO E SCATENERO’ LA MIA FURIA SU TUTTA
L’UMANITA’ E TU LA PRECEDERAI
NELLA TOMBA” e
calò la zampa su di me, ma lo scudo
d’Incanto la respinse.
“Non
credere che sarà così facile
sconfiggermi” gli dissi “Passiamo alle maniere
forti.
I am the bone of
my sword. Unlimited Blades
work!”
Saltando
l’intera formula, attivai il mio
Reality Marble insieme all’Eternal Sharingan e alle Sabbie
del Tempo.
“NOTEVOLE”
fece Fenrir “SEI
COSI’ GIOVANE EPPURE SAI GIA’ USARE
UNA MAGIA DI’ QUESTA PORTATA. SARA’ INTERESSANTE BATTERTI”
e, sotto i miei occhi ridusse le sue
dimensioni e assunse sembianze umane.
Rimasi stupito: all’apparenza era un uomo
sui venticinque anni, biondo e con gli occhi gialli, vestiva con abiti
nordici
e la sua pelliccia bianca gli copriva petto e collo.
“Wow! Ecco spiegato perché ti definiscono
l’origine della licantropia: puoi diventare un uomo,
nonostante tu sia un
lupo”.
“L’origine
della licantropia?” fece Fenrir “E
così William ha lasciato un piccolo ricordino del suo
passaggio”.
“William?
E chi è?”
“Chi?
È il primo folle che tentò di domarmi per
ottenere il potere di un dio e fallì
miseramente.
Esattamente come te
venne qua, mi domò con dolci parole e mi portò
via con sé, mostrandomi quanto
voi umani siate meschini e crudeli. Dopo poco si rese conto di non
potermi
controllare e, con l’inganno, mi riportò qui e
m’imprigionò di nuovo, ma io
ottenni la mia vendetta e lo morsi.
La mia vera
intenzione era ucciderlo, ma non ci riuscii: il suo corpo aveva uno
strano
potere che a contatto con la mia saliva, reagì e lo
trasformò nel primo
licantropo”.
“In pratica aveva un particolare gene
mutante che l’ha trasformato” conclusi io.
“Non
so che cosa sia, ma chiamalo come ti pare”.
“Ok, ti sei
sfogato! Adesso dovrebbe
toccare a me, ma non ho intenzione di parlare. Forza passiamo ai
fatti”.
“Su
questo almeno siamo d’accordo, moccioso. Preparati a morire”
ed estrasse una spada di tipo occidentale, sulla cui lama erano
disegnate delle
zanne e l’elsa era identica a delle fauci spalancate, poi
attaccò.
In mano, avevo ancora la spada che fino a
poco prima aveva bloccato le sue fauci: decisi di tenerla e di
potenziarla con
il potere del tracciamento e provai a combinarla con gli spiriti
d’Incanto e
della volpe, ma non calcolai i tempi, perché Fenrir mi fu
addosso, impedendomi
di provare.
Parai il colpo con la spada e fui spinto
via dall’onda d’urto e questa mi volò
via.
Fenrir non mi lasciò il tempo di
recuperare l’equilibrio e attaccò di nuovo, ma io
usai le sabbie del tempo e mi
teletrasportai a qualche metro di distanza, rispondendo poi ad
Amaterasu.
Fenrir scansò l’attacco e puntata la spada
verso di me, mi lanciò contro un vento gelato che
m’investì in pieno, ma usai
la tecnica della moltiplicazione del corpo e dispersi alcune decine di
copie
tutt’intorno al Reality Marble.
“Notevole!”
commentò il lupo umano “Possiedi
anche il
dono dell’ubiquità. Hai i poteri di un dio,
complimenti”.
“Questa è una tecnica ninja” dissi con
tutte le copie “Si chiama “tecnica superiore della
moltiplicazione del corpo” e
permette di creare riproduzioni fisiche di se stessi e di altri. Le
altre cose
che, per il momento hai visto, sono abilità innate che
appartengono alle
famiglie da cui discendo. Non confondere il divino con quello che
l’uomo può
fare con la propria forza di volontà”.
“Forza
di volontà? Voi umani usate quella parola per spiegare solo
un sacco di idiozie
di cui ne ignorate il vero significato”
disse Fenrir “E poi un
pivello non deve permettersi di fare cose che
non sono alla sua portata”.
“Ti dimostrerò che ti sbagli” gridai e
tutte le copie afferrarono una spada lanciandosi all’attacco.
“Sono
curioso!”
ghignò e fece altrettanto.
Ogni copia attaccava
con perfetta sincronia
ma Fenrir sembrava prevedere i miei attacchi, schivando e colpendole
tutte
quasi come vedesse tutte le scene a rallentatore e ne intuisse il
prosieguo.
Alla fine rimasi solo io davanti a lui:
ogni mio attacco era stato vanificato e cominciavo a essere a corto
d’idee.
“Sauron” mi chiamò Incanto
“Tutto bene?”
“Più o meno!” risposi “Il tipo
è davvero
duro”.
“Quello
è Incanto di Folgore, vero?”
fece Fenrir.
“Cosa?” dissi stupito “Tu puoi
vederlo?”
“Certo
che posso” rispose
“Ti
ricordo che ho molti millenni alle spalle: cose come vedere uno spirito
sono
normale routine per me.
Non mi sarei mai
aspettato che lo spirito soprannominato “prova del
lupo” avesse scelto un umano
da proteggere: devi aver superato il suo test immagino”.
“Prova del lupo?” ripetei.
“Esattamente!
Incanto è sempre stato solito sottoporre i suoi possibili
padroni a questo
piccolo test: tu sei il primo ad averlo superato in cinque millenni; se
ci sei
riuscito alla tua giovane età, vuol dire che sei in gamba”.
Per lunghi momenti, rimasi immobile senza
parlare: ciò che avevo appena sentito mi aveva lasciato di
sasso. Quante
persone avevano subito la mia stessa sorte? Quante persone erano morte?
Quante
persone avevano espresso un desiderio e ne avevano trovato la morte?
Con sguardo indagatore guardai Incanto che
ricambiò.
“Non c’è bisogno che tu dica qualcosa,
ragazzo mio, so già cosa stai pensando” rispose
Incanto “Tu sei il nono che ho
sottoposto alla mia prova. Nessuno, prima di te è mai
riuscito a vincere le sue
paure e ne ha pagato il prezzo con la vita. Io non volevo questo,
ma” lo
interruppi con un cenno.
“Non è necessario che tu ti giustifichi”
dissi “Sin da quando ci siamo incontrati, ho capito che
nascondevi qualcosa,
legato al tuo passato, di cui ti sei sempre vergognato. Ora che conosco
la
verità, ammetto di avere avuto paura, ma solo
all’inizio.
Ciò che hai fatto è riprovevole, ma non
posso odiarti: perché tu sei il mio spirito e non solo; sei
un amico, un
fratello, una guida. Abbiamo passato così tanti bei momenti
insieme e
affrontato chissà quanti pericoli e tu mi hai sempre
assecondato. Perciò non
scusarti con me, perché non devi” alzai lo sguardo
verso Fenrir “Hai e avrai
sempre la mia piena fiducia, indipendentemente dagli errori che hai
commesso in
passato”.
“Sauron” fece Incanto per la prima volta
commosso “Ti ringrazio con tutto il cuore!”
“Che
scena commovente e patetica” disse
Fenrir alzando la spada “Hai finito
di parlare? Ho una certa fretta di distruggere
tutto”.
“Parli così perché non hai mai avuto
qualcuno che ti è stato amico” dissi io
“Sei sempre stato solo e non hai mai
provato ad avvicinarti agli altri e a fare amicizia. Ti
dimostrerò quanto un
amico possa essere prezioso”.
“Tutte
balle!”
ringhiò Fenrir “Vi
distruggerò insieme”.
“Ti sconfiggerò a qualunque costo”
afferrai la spada che era nelle sue fauci e determinato mi rivolsi ai
miei due
spiriti “Incanto, Kyuubi facciamogli vedere di che cosa siamo
capaci!”
“Con piacere!” rispose Incanto.
“ORA CI’
DIVERTIAMO”
ruggì la volpe.
Senza altre esitazioni, combinai i due
spiriti dentro la spada del lupo (così decisi di chiamarla)
e la riplasmai: la
lama divenne viola con una sottile linea argentata da cui partivano
delle
saette; l’elsa divenne rossa con guardia a nove punte bianche
e finiva con una
luna alata.
“Incredibile!
Puoi anche
modificare le armi già esistenti come se niente fosse.
Sarà uno spasso
ucciderti” disse
Fenrir e si lanciò all’attacco.
Alzai la mano sinistra e materializzai una
pistola viola e senza esitare, sparai un fascio di luce.
Fenrir lo scansò e riprese la carica, ma
si trovò di fronte un fuoco incrociato: consistente in una
miriade di armi che
si sollevarono da terra e si lanciarono contro di lui e nella pistola
che
sparava in continuazione.
“Non
credere che basti così poco a battermi”
ruggì Fenrir e mutò
nuovamente forma, diventando un lupo bipede, poi spalancò le
fauci e lanciò un
potente ululato che spazzò via tutto quello che gli era
intorno.
Mi lanciai in avanti e
calai la spada verso di lui,
generando una potente onda di energia che si abbatté sul
lupo che lanciò un
soffio di ghiaccio.
I due colpi si annullarono ed entrambi fummo spinti
all’indietro.
Fenrir atterrò e, ritrasformatosi in forma umana, si
lanciò all’attacco ed io risposi.
“Che
cosa cerchi?” disse una voce.
Spalancai gli occhi e arretrai.
“Che cosa è stato?” pensai.
“Non
ti distrarre moccioso” tuonò il lupo.
“Tappati la bocca, stupido lupo” e calai un
fendente,
che fu parato.
A quel punto, decisi di concludere lo scontro e
concentrai le Sabbie del Tempo, il potere del mio Sharingan e il mio
chakra di
tipo fulmine (curiosamente, la natura elementare del mio chakra
è di tipo
fulmine) nella spada, feci un giro su me stesso e gridai
“INCANTO DI’ FOLGORE”.
Dalla spada partì una sfera rotante color argento che
a contatto con Fenrir generò una potente esplosione.
Il colpo che avevo appena lanciato lo avevo elaborato
pensando di usarlo contro un avversario molto potente combinando tutti
i miei
poteri in un unico colpo, ciò di cui avevo bisogno, era un
tramite, cioè un
oggetto per concentrare l’energia e lanciarla.
All’inizio la cosa era un
problema, ma una volta che avevo scoperto il potere del tracciamento
avevo
risolto.
L’effetto collaterale era un consumo elevato di
energie, quindi potevo al massimo usarlo tre volte.
“Ce l’ho fatta!” dissi ansimante.
“No” disse incanto.
Fenrir emerse furente dal polverone
creato
dall’esplosione: anche se leggere, il suo corpo era pieno di
ferite e la sua
testa perdeva sangue.
“Come
hai osato farmi questo, misero umano”
ringhiò “TI
FARO’ A PEZZI” e mi attaccò
come una furia.
A fatica parai i colpi, ma non potevo resistere a
lungo: l’attacco di prima, l’evocazione del Reality
Marble e la creazione della
spada mi avevano prosciugato quasi del tutto e il chakra passatomi dal
Kyuubi
non era sufficiente.
Fenrir divenne di nuovo un lupo bipede, mi afferrò i
polsi e poi mi azzannò alla spalla.
Lanciai un urlo di dolore: sentivo le ossa spezzarsi e
le carni dilaniate.
Cercai di liberarmi ma le sue zanne penetrarono ancora
più in profondità quasi staccandomi la spalla e
non riuscivo a fare niente per
impedirglielo.
Il Reality Marble sparì e Fenrir mi sollevò da
terra e
mi lanciò verso una parete rocciosa. Sbattei di schiena e
sentii le ossa
scricchiolare pericolosamente.
“A
quanto sembra è finita”
ringhiò il lupo trionfante “Non ci si poteva aspettare
tanto da
un moccioso” e si avvicinò lentamente
a me.
Stavo per morire! Che cosa avevo sbagliato? Perché non
ero riuscito a contrastarlo come avevo fatto con Malefica e gli altri
Shad? Era
davvero così diverso il suo livello? Questi dubbi mi
schiacciarono ancora di
più e alla fine svenni, ma, stranamente la mia mente no e
continuai a vedere
cosa stava per succedermi.
“La
tua fine è giunta” disse il lupo e
presomi per il collo si apprestò ad
azzannarmi al cuore.
“Non farmi ridere!”
disse una voce non mia e, aprendo gli occhi colpii Fenrir sul muso.
Il lupo fu fiondato
dall’altra parte della caverna e
sbatté alla parete con un tonfo.
“Che
accidenti!” ruggì Fenrir uscito dalla
roccia, ma non proseguì.
Davanti ai suoi occhi, mi rialzai in piedi e le ferite
si rimarginarono all’istante, poi alzai gli occhi, rivelando
quelli del demone
che avevo dentro.
Che cosa era successo? La volpe aveva preso il controllo
del mio corpo e lo stava usando come se niente fosse ed io ero stato
relegato
in un angolo mentale dal quale potevo solo assistere senza intervenire.
“Che
cosa significa?” ringhiò Fenrir
“Si
può sapere chi sei? Il tuo odore è diverso da
prima”.
“Ah Ah Ah! Se credi
che io sia
quel moccioso ti sbagli di grosso bel lupetto!”
rise la volpe “IO SONO
LA SUA VERA FORZA” e, usando il mio corpo come
tramite, si trasformò completamente in se stessa.
“Una
volpe con nove code?” fece Fenrir stupito
“Non
dirmelo: sei il demone del mondo antico, noto come il
Re dei Binju”.
“CHE BRAVO! E TU SEI
FENRIR IL
LUPO DELL’ABISSO. DEVO RINGRAZIRTI: SONO RIUSCITO A
LIBEERARMI GRAZIE A TE. PER
RIPAGARTI TI FARO’ A PEZZI!”
“TI
SBAGLI STUPIDA VOLPE, SARO’ IO A FARTI A PEZZI E
MI’ DIVERTITO’ UN MONDO” ruggì Fenrir
tornando alle sue dimensioni
iniziali.
“ORA SI CHE
MI’ DIVERTO”
ruggì divertita la volpe e si lanciò
all’attacco.
Le due creature si affrontarono con ferocia con
graffi, morsi e testate senza alcuna interruzione.
In diverse occasioni si lanciavano contro onde di
energia dalla bocca generando enormi devastazioni all’interno
della caverna.
Potevo solo fare da spettatore
senza avere la
possibilità d’intervenire: ormai ero troppo debole
e la voce d’Incanto si stava
affievolendo sempre di più. Stavo per sparire e non ero
riuscito a fare niente.
“Selen mi dispiace, ma non sono riuscito a realizzare
il mio sogno” dissi infine e chiusi gli occhi.
“Sauron!”
risuonò di nuovo quella voce.
Aprii gli e rimasi senza parole:
non ero più in quel
luogo buio della mia mente, ma in un’immensa prateria, piena
di candida e verde
erba.
“Dove mi trovo?” mi chiesi mentre mi guardavo
attorno.
“Sono
qui!” disse di nuovo la voce.
Mi voltai
lentamente e, finalmente, lo
vidi: era un uomo alto, ben piazzato, sulla trentina, capelli grigi e
selvaggi,
occhi azzurri come il cielo, volto perfettamente curato, vestito con
una lunga
tunica nera su cui era disegnata una luna piena ricamata in argento.
“Tu chi sei?” chiesi.
Nel
prossimo
capitolo.
La misteriosa
figura fa un’importante domanda a Sauron per valutare la sua
forza di volontà.
Quando il
ragazzo riesce a soddisfare la richiesta, recupera la sua forza e,
rimessa la
volpe al suo posto, ricomincia a combattere contro Fenrir, sbloccando
un nuovo
incredibile potere
Questo e
altro nel prossimo capitolo.
Angolo
dell’autore.
Kaeleena,
Yaphisan e
Dorian stanno camminando verso nord cercando Sauron.
Alla fine raggiungono il polo
nord e si trovano davanti niente popò di meno che Babbo
Natale (ricordate che
siamo nel Fantasy).
Babbo
Natale:
“Oh Oh Oh! Salve
ragazzi. Posso sapere perché vi siete spinti fin
qui? Se volete il vostro regalo, è ancora troppo
presto”.
Yaphisan (inchino): “E’ un
piacere incontrarla signor Babbo Natale. Veramente siamo qui
perché stiamo cercando
una persona” e viene spinto via dalla figlia.
Kaeleena (in lacrime): “La
prego signor Babbo Natale, mi dica se ha visto il mio piccolo Sauron.
Non
riesco a trovarlo da nessuna parte e sono preoccupata per
lui”.
Babbo Natale: “Oh Oh Oh! Mi
dispiace piccola Kaeleena ma non lo vedo da Natale scorso, quando
riuscì a
sorprendermi sotto l’albero di Natale, però
possiamo cercarlo subito. Aspettate
qui e prendete un po’ di cioccolata calda, vi
aiuterà a scaldarvi” e si avvia
verso il magazzino.
Kaeleena:
“Speriamo bene!”
Yaphisan: “Ottima questa
cioccolata calda”.
Dorian: “Hai ragione. Devo
chiedere la ricetta e farmela preparare al posto del the del
pomeriggio”.
Kaeleena si volta e vede
suo padre e Dorian tranquillamente seduti a gustarsi la cioccolata
calda.
Yaphisan: “Vieni a sederti
figlia mia e gustatela anche tu, è deliziosa”.
Kaeleena (sguardo
omicida): “Stiamo cercando Sauron e ti metti a bere la
cioccolata calda?”
Yaphisan (brivido freddo):
“Andiamo figliola, Babbo Natale ci saprà aiutare,
stai tranquilla e rilassati
un attimo”.
Kaeleena è indiavolata.
Dorian (anche se sa che le
prenderà): “Perché non ti siedi e
aspetti? In alternativa puoi chiede di
riavere tuo figlio come regalo di Natale”.
Kaeleena si avvicina
minacciosa verso i due che si allontanano vero il muro.
Scena
troppo violenta.
Dorian
e Yaphisan sono
appesi al muro e impacchettati come pacchi natalizi mentre Kaeleena si
è
finalmente seduta e sorseggia la cioccolata calda.
Kaeleena (sembra
tranquilla): “Davvero ottima!”
Dorian e Yaphisan (occhi
con le rotelle): “Te l’avevamo detto”.
Torna
Babbo Natale e vede com’è
ridotta la stanza.
Babbo Natale (non perde il
sorriso): “Posso sapere che cosa è
successo?”
Kaeleena: “Niente, solo un
piccolo battibecco” alla faccia del battibecco
“Allora? Ha trovato il mio
Sauron”.
Babbo Natale: “No, nel
magazzino non c’è!”
Kaeleena
spalanca la bocca
e i due “appesi” cascano a terra.
Babbo Natale:
“Scherzetto!”
Tutti e tre (Facce
enormi): “LE SEMBRA QUESTO IL MOMENTO DI’
SCHERZARE?” a Babbo Natale vola il
cappello.
Babbo Natale (raccoglie il
cappello): “Scusate, non ho saputo resistere. Prendete questo
piccolo regalo” e
porge un regalo tutto rosso.
Kaeleena (prende il
regalo): “Grazie, ma non sono qui per il regalo”.
Babbo Natale: “Lì dentro
c’è un sofisticatissimo radar, vi
permetterà di trovare chi volete
semplicemente digitando il nome e le caratteristiche”.
Kaeleena (non resiste e lo
abbraccia): “Grazie infinite”.
Babbo Natale (leggermente
rosso): “Prego figliola. Ora, prima di andare avrei un favore
da chiedervi:
potete rimettere a posto la mia casetta”.
Kaeleena (si stacca dall’abbraccio
raggiante): “Certo nessun problema. Papà, Dorian
pensateci voi”.
Yaphisan e Dorian (non se la
tengono):
“Scordatelo! Ora ci pensi tu”.
Kaeleena (sguardo
assassino): “Avete detto qualcosa?”
Dorian e Yaphisan
(tremarella): “NO!” e si mettono al lavoro.
Babbo Natale: “Dovresti
essere più gentile con gli altri, figliola, altrimenti puoi
farli soffrire”.
Kaeleena (solare): “Ma io
sono sempre buona e gentile, solo che quando sono un po’
nervosa mi faccio
prendere”.
Dorian e Yaphisan (lo
pensano insieme): “E quand’è che non
è nervosa?”
Cavolo,
che
tipa! Speriamo che non sia davvero sempre così, altrimenti
siamo messi male
(XD).
Al prossimo
capitolo.
Ecco l'immagine di Sauron. Scusate se mi sono accorto solo
adesso dell'errore.
www.elfwood.com/art/m/a/may44/fenrir_03.jpg
www.azaya.com/images/fenrir_character.gif
Queste invece sono le immagini di Fenrir, lupo dell'abisso
in versione lupo gigante e lupo bipede; non sono riuscito a trovarne
una in forma umana.
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Capitolo 12 *** il potere della speranza ***
12. il potere della speranza
Ciao
a tutti e ben ritrovati per il penultimo capitolo di questa storia.
Scusate se
ho tardato due settimane: l’ho riscritto ben tre volte,
talmente ero
insoddisfatto. Spero che questo vada bene.
Detto
questo, sperando nei commenti per questo e il prossimo, vi auguro buona
lettura.
Ricapitoliamo: ero andato a cercare Fenrir
e l’avevo trovato, ma avevo perso il controllo e, quando ho
pensato che fosse
giunta la fine, la volpe si è liberata ed ha cominciato a
combattere al mio
posto. La cosa non basta: mi trovavo di fronte una strana figura che
non avevo
mai incontrato in un posto curioso.
Che cosa stava succedendo? Perché mi
trovavo in quel posto? Queste erano le domande cui non riuscivo a dare
risposta
e, la testa, già piena di domande, mi stava per esplodere.
“Mi
chiedi chi sono, Sauron?” disse
quel misterioso spirito “Eppure
dovresti conoscermi meglio di chiunque altro.
Sono la voce che ti ha sempre chiamato da quando sei nato: io sono
*******”.
Rimasi sorpreso, non tanto per quello che
avevo appena sentito, ma perché non riuscissi a capire il
suo nome.
“A
quanto sembra non sono ancora riuscito a raggiungerti”
disse lui.
“Che cosa vuoi dire?” feci senza capire
“Si può sapere chi sei? Perché dici che
ti conosco quando non ti ho mai
incontrato in vita mia? Perché mi stai chiamando da quando
ero piccolo?
Non ci capisco più niente” e mi misi le mani in
testa.
“Sauron, non lasciarti prendere dallo
sconforto: non è da te” mi disse Incanto apparsomi
alle spalle e
inginocchiatosi vicino a me.
“Mi dispiace amico mio, ti ho deluso:
pensavo di potercela fare e invece non riesco in niente”
dissi sentendo come uno straccio.
“Non dire così!” mi riprese il mio
spirito
e mi mise una mano sulla spalla “Tutti hanno i loro limiti,
ma essi sono fatti
per essere superati”.
“Il
tuo spirito ha ragione Sauron” disse
l’altro “I limiti
sono fatti per essere infranti e la debolezza
è il motivo per il quale si vuole diventare forti.
Ci sono
ostacoli che sembrano così grandi e invalicabili, ma in
realtà sono i più
semplici da superare.”.
Quelle parole sembravano semplici, ma in
realtà nascondevano un significato più profondo
che in quel momento non
riuscivo a cogliere: il dubbio, la disperazione e la paura mi stavano
attanagliando e non sapevo come scrollarmeli di dosso.
“Adesso
basta piangere” disse lo
spirito avvicinandosi a me “Alzati e
rispondi alla mia domanda e devi farlo,
altrimenti la maledizione s’impossesserà
completamente di te”.
“Maledizione!” dissi mentre cercavo di
rimettermi in piedi “Intendi dire quella che era scritta
all’ingresso della
grotta’”.
“Proprio quella” rispose “Se ti stai
chiedendo quale sia: è quella del licantropo”.
Spalancai gli occhi e mi sentii mancare la
terra sotto i piedi. Come avevo fatto a non capirlo prima? La scritta
voleva
dire diventare un licantropo. Ora si che ero davvero un mostro: io, che
volevo
diventare un eroe che affronta le creature delle tenebre, ero diventato
io
stesso una di esse. Se prima ero spaventato, adesso nei miei occhi si
poteva
leggere vero terrore per ciò che avrei fatto alle persone
che mi erano vicine
alle vite che avrei distrutto senza alcuna pietà. Tutto
questo perché avevo
seguito il mio istinto e la voce di quello spirito che mi aveva sempre
chiamato.
Alzai lo sguardo e puntai con rabbia il
dito su di lui: “Perché mi hai voluto fare questo?
Già la mia vita è difficile:
adesso è davvero una maledizione. Dovrei ucciderti, ma
così diventerei davvero
un mostro”.
“Se
vorrai uccidermi, fa pure, ma prima rispondi alla mia domanda poi
agisci come
credi” disse.
“Avanti parla” dissi mentre cercavo di
trattenermi.
“Che
cosa cerchi in realtà?”
Quella domanda mi
spiazzò e tutto ciò che
avevo nella mia testa, sparì. La domanda non era qualcosa
cui non sapevo dare
una risposta.
Mi sedetti sull’erba e fissai il cielo di
quello strano mondo e poi, come sono solito fare sempre, chiusi gli
occhi.
“Allora?”
chiese lo spirito che mi si sedette accanto “Qual
è la tua risposta?”
Aprii gli occhi e li fissai nei suoi: “La
tua è una domanda cui non so dare risposta”.
“Devi darne una Sauron: non puoi
astenerti” disse Incanto “Esattamente come la notte
di otto anni fa, adesso
devi rispondere a te stesso che cosa vuoi davvero”.
“Che cosa cambierebbe? Ormai il mio
destino è compiuto” dissi “Pensavo di
avere già una terribile maledizione,
invece scopro che ce n’è un’altra ancora
peggiore e me la sono andata a cercare
da solo. Ora sono un licantropo e sono condannato a uccidere tutti
coloro che
mi circondano: cosa può esserci di peggio?”
“La
maledizione è tale solo se non si ha la forza di abbatterla”
disse lo spirito “Se,
però, si ha
una giusta motivazione e la forza di andare avanti essa
sparirà e renderà
possibile la scomparsa delle altre”.
Sentii quelle parole ma mi parvero vuote e
senza senso e chiusi di nuovo gli occhi.
“Tu hai una
grande eredità!
Vai e non arrenderti mai”.
Aprii gli occhi e mi alzai in piedi: la
voce del quarto Hokage aveva raggiunto le mie orecchie.
“Quarto Hokage” dissi con un filo di voce.
“E ricorda una cosa: quando tornerai,
vieni a trovarmi, farò di te un maestro delle
energie”.
Anche la voce del signor Gray risuonò
nell’aria.
“Tu sei il mio piccolo tesoro. Qualunque
cosa accadrà io ti sarò sempre vicino”.
Anche la voce della mamma risuonò
nell’aria.
“Ah! Che credo
complicato! Dovrai lavorare duramente
per realizzarlo”.
Anche il nonno unì la sua voce alle altre.
“Promettimi questo: non disperarti mai e va avanti.
Trova te stesso e anche la tua vera metà!”
Le lacrime scesero dal mio viso e non riuscii a
fermarle: anche Selen era lì e mi stava incitando.
M’inginocchiai e piansi come mai avevo fatto.
“Le
hai sentite vero?” disse lo spirito “In questo solitario mondo
interiore in cui risiedo,
queste voci che rappresentano le tue speranze, risuonano ogni singolo
giorno e
continuano ad aumentare. Quello che sei diventato non ha cambiato
niente: ora
tutto è fermo e aspetta una tua risposta. Se sarà
sbagliata, ti perderai per
sempre, ma se la dirai col cuore e non avrai paura sarà la
tua nuova forza.
Avanti Sauron, che cosa mi rispondi?”
Mi alzai e mi
asciugai le lacrime, poi
presi un gran respiro e lo dissi: “Ciò che cerco
non si esaurisce con una sola
risposta. Tuttavia c’è una parola che riassume il
tutto: speranza. Io cerco la
speranza per il futuro, mio e di tutti coloro che mi stanno intorno.
Andrò
avanti e non mi arrenderò perché un vero eroe,
indipendentemente da quello che
è, non lo fa mai”.
“Questa
è un ottima risposta” disse lo
spirito accennando a un sorriso
“Ora
conosci la tua strada, percorrila
fino in fondo. Le zanne che usciranno da questa grotta non saranno
tinte di
odio, ma di speranza” e
sparì, lasciandomi solo con Incanto.
“Ottimo lavoro Sauron” disse Incanto.
“Grazie amico mio” dissi “Adesso torniamo
in
scena”.
Le due creature continuavano ad
affrontarsi senza sosta, segnando inevitabilmente quel luogo.
“NON MALE”
ringhiò il lupo dopo essersi distanziato.
“E NON HAI VISTO ANCORA
NIENTE,
STUPIDO LUPO”
sogghignò la volpe e avanzò.
In quel momento attivai l’Eternal Sharingan e bloccai i
movimenti del demone.
“CHE COSA!”
ruggì la volpe.
“Torna nella gabbia” dissi con forza “e
non farti più vedere fino a quando non ti avrò
chiamato io”.
“PICCOLO MOCCIOSO! COME
OSI
DARMI ORDINI”
ruggì di nuovo “NON
PUOI FARE NIENTE SENZA DI’ ME”.
“Ti sbagli” risposi “Non
c’è nulla che io
non possa fare. E adesso SPARISCI!”.
Con un urlo disperato, il demone fu
risucchiato dentro il mio corpo e risigillato e questa volta non
sarebbe mai
più uscito.
Rifeci la mia
comparsa e, senza più dubbi,
fissai Fenrir.
“Bel
numero di magia” disse il
lupo, mentre assumeva forma
umana “E adesso
che cosa
credi di fare?”
“Non è ovvio” risposi mentre mi
avvicinai
alla spada del lupo, miracolosamente salvatasi “Voglio
portarti con me”.
“Portarmi
con te?” fece
Fenrir incredulo “Non
montarti la testa moccioso: io non sono uno di quegli
stupidi botoli che ti considerano loro amico. Io sono un lupo e seguo
solo il
mio istinto”.
“E che cosa ti dice il tuo istinto?” chiesi,
mentre raccolsi la spada.
“Distruggere
tutto fino a quando l’ultima vita non si sarà
spenta”
rispose freddo.
“E’
quello che vuoi veramente oppure è una semplice
illusione?” chiesi senza
perderlo di vista.
“Vuoi
farmi dubitare di me stesso moccioso?”.
“Il mio
nome è Sauron ricordatelo bene”
dissi puntando la spada “perché, in futuro,
diventerò un eroe, degno di
camminare al fianco degli altri. E sai come lo diventerò:
spezzando le
maledizioni che affliggono tutti coloro che vivono nelle grandi
dimensioni e
non mi fermerò fino a quando non ci sarò
riuscito”.
“Bel
proclama, ma ti sei dimenticato di me”
disse il lupo.
“Tu rientri tra coloro che voglio salvare”
risposi e vidi il suo stupore “Entrambi abbiamo vissuto una
vita difficile, lo
so bene: tu dentro questa caverna, mentre io nel mondo esterno.
C’è solo una cosa che ci rende diversi: io
non ho smesso di arrendermi e di sperare.
Sono qui per liberarti dall’odio che
attanaglia il tuo cuore e darti ciò che non si
può mai estinguere: la speranza.
Che cosa mi rispondi?”
Per lunghi istanti Fenrir rimase immobile:
i suoi occhi erano persi nel vuoto; i suoi muscoli erano tesi, ma non
si
mossero. Poi, dopo aver recuperato il sangue freddo mi fissò
gelido: “Dici di
essere venuto qui a portarmi speranza? Vuoi liberarmi
dall’odio che ho dentro e a portarmi fuori da qui?
Spiacente, ma ormai
non ho più niente: sono solo un guscio vuoto in cui
albergano le tenebre
assolute. Io non ho più speranza”.
“Ti sbagli! La speranza non muore mai”
dissi “Ti aiuterò a trovarla con l’unico
modo che conosco: distruggendo il tuo
odio”.
“In
pratica mi stai sfidando!” fece
Fenrir “Se
è lo scontro che vuoi, ti accontento subito”
e si lanciò all’attacco, menando un potente
fendente.
Alzai la spada e parai il colpo restando
perfettamente dritto e mantenni gli occhi fermi su di lui.
“Smettila
di fissarmi”
ruggì Fenrir e si allontanò.
“Sai mi ero sbagliato” dissi materializzando
la mia armatura “Io non mi limito a creare la
realtà. Ciò che posso fare
veramente materializzare la mia essenza. I am the bone of my
sword!”
“Sta
zitto!”
ruggì Fenrir e lanciò un fendente devastante.
L’attacco andò a scontrarsi con lo scudo
d’Incanto esteso più di cinque metri.
“Che
cosa?” fece il
lupo stupito.
“Nella mia creazione albergano un numero
infinito di armi. Infinite come l’universo stesso.
Questa dimensione si chiama” alzai la mano
sinistra in avanti e chiusi gli occhi “Unlimited Blades
Work!”
Il mio Reality Marble riapparve più grande
di prima. Questa volta, però, avevo deciso di usarlo in modo
completamente
diverso: alzai la spada che avevo in mano e concentrai le mie nuove
energie
sull’intera creazione, ordinando a tutte le armi di riunirsi.
Ogni oggetto presente in quel luogo si
alzò e mi avvolse in un’enorme spirale metallica,
facendomi momentaneamente sparire.
Tutte le armi sparirono e si fusero
all’interno della spada del lupo, dandole un nuovo
incredibile potere, anche se
esteriormente non cambiò; dopodiché il Reality
Marble sparì.
“Si
può sapere che diavolo hai combinato?”
chiese il lupo seccato.
“Ho ricreato questa spada, fondendola con
tutte le armi contenute nella mia creazione” risposi
“Quella che vedi adesso,
non è più la spada che conoscevi: ora
è diventata parte di me”.
“Che
sciocchezze!”
ringhiò Fenrir “Hai
rinunciato a quell’arsenale per una sola arma? Sei
davvero un folle”.
“Non ho perso niente” risposi con un
leggero sorriso “il mio Reality Marble si è
già riempito di nuove armi e
continuerà a farlo fino a quando avrò vita e
considerando ciò che sono diventato,
vivrò molto a lungo. Ciò che sono
l’abbraccio: perché lo trasformerò in
qualcosa di nuovo che mi permetterà di cambiare le cose.
Adesso basta parlare. Iniziamo Fenrir.
Pensi di avere abbastanza forza per tenermi a bada” e mi
lanciai all’attacco.
“Non
ti montare la testa moccioso” e si
lanciò all’attacco.
Attaccai senza esitazioni, ruotando la
lama con assoluta leggerezza e precisione.
Fenrir non riusciva a stare al passo e
arretrò sempre di più fino a ritrovarsi con le
spalle al muro. Alla fine,
furioso, calò un potente fendente che mi costrinse a
indietreggiare, ma mi
ripresi e, continuai ad attaccare.
“Non
ci posso credere” disse
mentre parava “Mi sto
facendo battere” e mi
spinse via con un
calcio, ma atterrai bene “Da un
misero
MOCCIOSO” e con una
ferocia inaudita si lanciò in
avanti ripetendo la parola “Maledetto” ogni volta
che calava la spada.
La spada di Fenrir brillò di una luce
bianca e calò un fendente ghiacciato che
m’investì in pieno, ma riuscii a
difendermi con lo scudo di Incanto e a limitare i danni.
“Muori
maledetto moccioso”,
ruggì Ferir portandosi alle mie spalle
e calando la spada verso la mia schiena, ma usai le sabbie del Tempo e
mi
allontanai da lui.
“Non
mi sfuggirai”
ruggì e cambiò forma in lupo umanoide.
“Vediamo se questo ti calma un po’” dissi
abbassando la spada fino a toccare il pavimento “Attacco
Aereo del Falco” e
usai la tecnica di Shan Yu.
Il lupo fu colpito ma l’attacco lo ferì di
striscio: i suoi riflessi l’avevano salvato.
“Adesso
tocca a me”
ruggì Fenrir e, spalancate le fauci
lanciò un soffio ghiacciato.
“Non ci casco una seconda volta” dissi e
attivai Amaterasu per proteggermi dall’attacco.
“Che
quelle fiamme nere siano maledette”
ringhiò il lupo.
“Quelle che vedi, sono le fiamme infernali
da cui nulla si salva, nemmeno l’acqua le può
spegnere” dissi annullando la
tecnica e asciugandomi la lacrima di sangue “Il solo evocarle
è una maledizione
per l’utilizzatore: ne causa la cecità”.
“La
cecità?” fece
Fenrir chiudendo un occhio “Vuoi
dire che più lo usi, più la tua vista si
abbassa?”
“In teoria dovrebbe essere così”
confermai
“Nel mio caso, però, non succede: ho raggiunto lo
stadio finale della mia
abilità innata e non subisco più gli effetti
collaterali”.
“Capisco!”
fece il lupo “Tuttavia,
vedo che
il suo utilizzo ti stanca molto”.
“Così come l’hanno fatto tutte le altre
mosse che ho usato” risposi “Comunque neanche tu
sei messo bene, vero?”
“Queste
ferite non sono niente rispetto a quello che ho passato. Mi
basterà mangiare
qualcosa per riprendermi” disse
mentre si leccava le labbra.
“Spiacente, ma non sono compreso nel
menù!” dissi con un sorriso di sfida.
“Aspetta
ancora un po’ e poi ne riparliamo”
ruggì e si lanciò
all’attacco.
“Voglio proprio vedere” risposi mentre
feci altrettanto.
Anche se cominciavo a
sentire la
stanchezza, continuai ad attaccare: non potevo fermarmi, non adesso che
ero
riuscito a trovare l’oggetto della mia ricerca.
Nella mia mente si disegnò l’immagine di
un’arma alquanto curiosa: l’elsa era una pistola
nera e la lama era bianca e lunga.
Non riuscivo a spiegarmi da dove fosse uscita una cosa simile, ma
decisi di
materializzare quell’arma singolare e usai la spada del lupo
come modello e la
resi reale; poi
puntai la lama verso
Fenrir e premetti il grilletto.
Dalla lama partì una palla di fuoco che si
diresse verso il lupo che, vedendola, la schivò
all’ultimo momento.
“Wow!” esclamai dopo averla osservata
meglio “Certe volte mi stupisco di me stesso: senza nemmeno
essermene accorto
ho creato un Gunblade”.
“Moccioso!
Che diavolo hai fatto?”
ringhiò Fenrir.
“Semplice: ho creato un Gunblade, la
fusione tra una spada e una pistola.” Risposi “Ti
piace?”
“La
trovo disgustosa”
ringhiò.
“Davvero?” feci “Beh ognuno ha i suoi
gusti” e puntai di nuovo verso Fenrir.
A quel punto la sfida
entrò nel vivo: da
una parte c’ero io che mi tenevo a distanza e sparavo sfere
di energia,
dall’altra il lupo dell’abisso che scansava e
lanciava soffi di ghiaccio per
colpirmi.
Anche se ero in vantaggio, non potevo
ancora cantare vittoria: cominciavo a sentire la stanchezza e, se
avessi
continuato in quel modo, avrei perso.
A quel punto mi venne un’idea e
materializzai la pistola d’Incanto nella mano sinistra e
concentrai la mia
energia dentro di essa, per renderla qualcosa di più forte.
“Che
cosa credi di fare”
ringhiò Fenrir.
“Ora lo vedrai!” risposi.
Drizzai il braccio e aumentai la
concentrazione, generando delle potenti scariche elettriche che lo
invasero
interamente. Alla fine la pistola mi ricoprì tutto il
braccio, assumendo la
forma di un enorme cannone blu notte che finiva con delle ali
d’angelo
all’altezza della spalla sinistra.
“E
quello che diavolo è?” fece il
lupo stupefatto.
“Ti presento l’Angel Arm: l’evoluzione
finale della mia anima. Considerati onorato: non ho mai provato ad
usarla, ma
cercherò di controllarne il potere distruttivo; non
è mia intenzione farti del
male”.
“Hai
ancora il coraggio di dire quest’assurdità”
ruggì Fenrir “TI RIDUCO
IN BRICIOLE” e assunse le sue reali
dimensioni, dopodiché
spalancò le fauci e caricò un’enorme
sfera di energia bianca.
“VEDIAMO SE CI’ RIESCI” gridai
“PRENDI
QUESTO!” e lanciai il colpo e Fenrir fece lo stesso.
La caverna
saltò in aria e il monte della
bestia fu completamente raso al suolo dall’incredibile
deflagrazione creata
dallo scontro.
Ciò che rimasero in piedi fummo io e
Fenrir entrambi ansimanti e poco propensi a cedere.
“Mi
complimento” fece il
lupo “La tua
forza di volontà è impressionante: non ti pieghi
di fronte a niente eh?”
“Vedo che l’hai capito” dissi
“Non sono il
tipo che si arrende e non lo farò mai: è questo
il modo di agire di un eroe”.
“Aspiri
a diventare un eroe, nonostante la maledizione che ti sei andato a
cercare con
le tue stesse mani” fece il
lupo divertito “Non
esaudirai mai un sogno simile: ormai ti è impossibile
da raggiungere”.
“Ti sbagli!” ribattei “Io
diventerò un
eroe e spezzerò la mia maledizione e quelle degli altri e
farò lo stesso con la
tua”.
“Illuso!”
ringhiò Fenrir assumendo forma umana “Una
cosa come questa è impossibile”.
“La parola “impossibile” non
esiste” ribattei
con un sorriso “Solo i limitati la usano” alzai la
spada, tornata alla sua vera
forma e la puntai verso di lui “E adesso te lo
dimostrerò”.
“Mi
hai seccato! Sparisci!” fece
Fenrir e calò la spada
travolgendomi in pieno.
“Sei tu che mi hai stancato” dissi e
sparii in una miriade di corvi.
“Cosa!”
fece Fenrir.
“Io sono qui” gridai spuntando dal terreno
e calai un potente fendente che colpì Fenrir in pieno petto.
Fenrir cadde all’indietro e crollò a terra
senza riuscire a muovere un muscolo.
“A quanto sembra ho vinto io” dissi
avvicinandomi a lui.
“Maledetto,
come diavolo hai fatto?”..
“Semplice” dissi “Il mio attacco, in
realtà era un bluff: il mio scopo era riuscire a farti
fermare e a colpirti con
un’illusione che ti facesse credere di avermi colpito. In
realtà mi sono
nascosto sotto le macerie e ho aspettato il momento giusto per
colpirti. Adesso
ti è chiara la situazione?
Come vedi non mi sono arreso e ho
continuato a lottare e, alla fine, ho vinto”.
“Niente
male” sorrise
Fenrir “Il
tuo piano ha funzionato e io ci sono cascato come uno stupido. MA LA
PARTITA
NON E’ ANCORA FINITA” e con uno sforzo
inaudito si rialzò e, diventando
lupo umanoide, si lanciò all’attacco e
calò gli artigli colpendomi allo sterno
e lanciandomi all’indietro.
Persi la presa sulla spada e crollai a terra senza
riuscire ad attutire la caduta: le mie energie erano ormai agli
sgoccioli.
Ansimante, Fenrir si avvicinò: nel suo sguardo si
vedeva la sua fame di carne e di violenza.
“Adesso
vengo a mangiarti, piccolo moccioso” disse
mentre avanzava lentamente.
Era la fine! Non riuscivo a muovere
nemmeno un muscolo
e non avevo idee. Quel che era peggio: era che avevo liberato un essere
terribile e desideroso di distruggere tutto.
Per colpa mia tutto sarebbe sparito e le persone a me
care avrebbero fatto una fine orribile.
Alla fine svenni.
“Vuoi davvero arrenderti” disse una voce.
Aprii gli occhi e rimasi senza parole.
“Dove mi trovo?” pensai.
Il luogo in cui mi trovavo era immenso, non se ne vedeva
la fine: illuminato da migliaia di stelle e da nuvole a forma di
spirali dove
ruotavano strane sfere colorate.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!” gridai spaventato
“MA
QUESTO E’ L’UNIVERSO!”
“Esatto!” disse di nuovo la voce.
Mi voltai di scatto e rimasi senza parole: davanti a
me c’era un uomo mediamente alto, avvolto da una mantella
nera con nuvole
rosse, ciò che potevo vedere bene era il suo viso pallido
come la luna, messo
in maggiore evidenza dai capelli corvini legati a coda dietro la
schiena; ciò
che davvero m’ipnotizzò di lui erano i suoi occhi
neri che mi osservavano
penetranti.
Non avevo mai visto quell’uomo in vita mia, eppure
qualcosa nel profondo mi diceva che lo conoscevo benissimo.
“Tu chi sei?” chiesi senza parole “Per
caso sei lo
spirito della spada che si è evoluto?”
La mia ipotesi era assurda, ma in quel momento non
riuscivo a collegare la bocca col cervello.
Un sorriso si disegnò su quel bellissimo e ipnotico
viso mentre si avvicinò a me: “No Sauron, io non
sono lo spirito della spada
che bloccava la bocca di Fenrir: lui ricomparirà in un
futuro prossimo.
A dire la verità, questo non è il mio vero
aspetto:
l’ho assunto per poter parlare con te.
L’uomo che vedi è qualcuno che ha permesso la tua
venuta in questo mondo”.
“Allora
chi
sei?” chiesi col cuore che batteva a mille “E chi
è questa persona di cui hai
assunto le sembianze”.
“Lo vuoi davvero sapere?” mi disse con voce pacata.
“Sì!” risposi.
“Io sono l’Universo” nel sentirlo
spalancai gli occhi,
ma la vera sorpresa doveva ancora arrivare “E
l’uomo di cui ho assunto le
sembianze, è chi dovresti chiamare padre: Itachi
Uchiha”.
Sentii un brivido scorrermi in
tutto il corpo: non
solo mi trovavo dinanzi all’universo, cioè la
fonte dell’immenso potere di cui
solo quattro persone ogni generazione possono disporre, ma finalmente
potevo
vedere il volto di mio padre.
Ciò che sentivo dentro è tuttora indescrivibile:
il
solo pensarlo mi fa scoppiare la testa.
“So cosa stai pensando
ragazzo, ma …” s’interruppe.
Guidato dall’istinto, feci ciò che non avevo mai
pensato di poter fare: corsi verso di lui e lo abbracciai cominciando a
piangere senza vergogna.
“Finalmente so qual è il suo viso” e,
anche se
percepivo un’energia che superava l’umana
concezione, strinsi più forte: quello
fu uno dei momenti più belli della mia vita.
“Piccolo Sauron” disse l’Universo
mettendomi una mano
sulla testa “Comprendo pienamente i tuoi sentimenti e non
vorrei rovinare il
momento, ma devi lasciarmi o rischi di morire”.
“Si!” e, a malincuore, mi staccai e mi asciugai le
lacrime “Perdonami”.
“Non ti preoccupare” mi disse con un dolce sorriso
e
mi chiesi se mio padre avesse mai sorriso in quel modo
“Adesso siediti e
ascoltami, non abbiamo molto tempo”.
Mi sedetti nel vuoto e ascoltai quello che mi doveva
dire.
“Immagino che tu lo sappia già, ma lo
dirò ugualmente,
figliolo. Tra le infinità di esseri viventi che mi popolano,
solo quattro
persone hanno l’enorme onore di poter usare del mio potere e
sono io a
sceglierle.
Sauron tu hai tutti i requisiti per diventare un
guerriero universale ed essere uno di quelli che, un giorno,
distruggeranno il
male puro”.
“Mi offri qualcosa che non credo di meritare” dissi
abbassando gli occhi “Io sono stato maledetto e dubito che
qualcuno mi
accetterà adesso. Sono diventato un mostro per sempre
condannato a fare del
male ai miei compagni.
Non mi ritengo degno di un simile onore”.
“Non è vero ragazzo” ribatté
l’universo “Tu, proprio
come ha detto lo spirito, puoi piegare questa maledizione e renderla
qualcosa
di meglio. Non sei stato tu a dire che un vero eroe non si arrende di
fronte a
niente?”
“E’ vero, ma …” la mano
dell’universo mi toccò la
fronte e alzai lo sguardo.
“La tua paura è infondata: ti trasformerai solo
quattro volte l’anno, quindi ogni tre mesi per un solo
plenilunio; è questo che
voleva dire l’iscrizione.
Inoltre le zanne d’odio, non sono le tue, ma quelle di
Fenrir: è il lupo dell’abisso che soffre e che
solo tu puoi placare quella
sofferenza, perché l’hai vissuta sulla tua pelle.
Per finire, non sarai mai da solo: la tua famiglia
sarà sempre con te e, presto farai la conoscenza di amici
che non ti
giudicheranno per ciò che nascondi dentro, ma per quello che
sei veramente.
Non devi mai perdere la speranza, perché è quella
la
tua vera forza che ti rende capace di fare qualsiasi cosa”.
Per lunghi momenti, osservai quella figura senza dire
una parola; alla fine, compreso che avevo ancora molte cose da fare e
molte
persone da incontrare, annuii.
“Sei pronto a non arrenderti mai?” mi chiese
l’universo alzatosi in piedi.
“Certo che sono pronto” risposi facendo lo stesso
“Non
sono il tipo da arrendersi così. Continuerò ad
andare avanti e a sperare nel
futuro e cambierò i destini delle persone che
incontrerò. Questa è una
promessa”.
“Allora non ho più nulla da dirti”
sorrise l’universo
“Vai e non arrenderti mai: io sarò sempre con
te” e sparì insieme alla visione.
Riaprii gli occhi e mi ritrovai alzato davanti a uno
stupito Fenrir.
“Piccolo
moccioso, come fai a rimetterti in piedi?”
ringhiò il lupo.
“Perché ho molte cose da fare” risposi
“E adesso
spezzerò la catena d’odio che
t’impedisce di vedere le cose come sono
realmente”.
“Ancora
con queste sciocchezze!” fece Fenrir.
“Le consideri sciocchezze, perché credi che
nessuno
possa capirti” dissi “Ma io so cosa
provi”.
“….” Il lupo rimase senza parole.
“Fin da bambino sono stato allontanato da tutti: ero
considerato un mostro, perché figlio di assassino privo di
ogni sentimento;
inoltre nel mio corpo è stata sigillata la creatura contro
cui hai combattuto
poco prima. Per sei anni della mia vita sono stato visto con odio e
sono
sprofondato in un baratro. Solo la presenza di mia madre e di mio nonno
mi
hanno impedito d’impazzire.
Poi ho incontrato qualcuno come me, che soffriva come
me ed è diventata la mia nuova forza, rendendomi quello che
sono.
Adesso sono qui per realizzare una promessa che ho
fatto a me stesso e a quella persona: sono venuto qua per darti
speranza e
portarti via da questo luogo di solitudine.
Vieni con me e butta tutto il resto alle spalle” e
tesi la mano in avanti.
Il lupo dell’abisso mi
osservò con senza fiato, poi
esplose in un feroce ruggito: “IO
NON VOGLIO LA TUA COMPASSIONE, TANTOMENO LA TUA AMICIZIA. TI
FARO’ SPARIRE PER
SEMPRE” e,
ignorando il dolore,
si lanciò contro di me.
“Allora non mi lasci altra scelta” dissi.
“Puoi contare sempre su di me” disse la voce
dell’universo.
Annuii e guardai con risolutezza Fenrir che si stava
avvicinando: “Adesso ti farò vedere il potere che
può cambiare il destino.
UNIVERSAL POWER”.
Il cielo si aprì e una colonna di luce gialla con
tratti neri mi avvolse: sentii un’incredibile forza crescermi
dentro ed era
inarrestabile”.
“COSA!”
fece Fenrir “Impossibile!”
“Se ci credi davvero, niente è
impossibile” dissi e,
con un passo rapido, arrivai davanti a lui e lo colpii allo stomaco con
un
pugno, fiondandolo verso le macerie.
Con uno sforzo inaudito, Fenrir si rialzò nuovamente e
divenne gigantesco: “ADESSO
TI
AMMAZZO!” e calò la zampa verso di
me, ma la bloccai con una mano e
spinsi in avanti.
Il gigantesco lupo fu spinto all’indietro, ma
riuscì a
mantenersi in equilibrio e ad attaccare di nuovo, ma io fui
più veloce e lo
colpii alla mascella con un pugno volante facendolo finire con la testa
tra le
rocce.
Ancora più furioso, Fenrir si rialzò e
spalancò le
fauci verso di me.
“Finiamola qui” dissi e lanciai il mio ultimo
attacco
“TEMPESTA LUNARE” e lanciai una tempesta argentata
di pugni che poi si
riunirono in un solo colpo simile a un meteorite lunare.
Il colpo andò a segno e Fenrir fu sollevato da terra e
volò in verticale per qualche centinaio di metri e poi
precipitò verso una
serie di spuntoni naturali, ma io non volevo ucciderlo e lo presi
mettendolo
delicatamente a terra.
“Perché?”
fece con un filo di voce “Perché
mi hai salvato?”
“Te l’ho detto, io non voglio ucciderti, ma
liberarti
dall’odio che attanaglia il tuo cuore” e, allungata
la mano, accarezzai il suo
morbido pelo.
“Che cosa credi di poter guadagnare?” chiese
cambiando
tono di voce.
Ritirai la colonna di luce e gli sorrisi gentilmente:
“Niente e parte un nuovo amico” e continuai ad
accarezzarlo.
“Amico?”
chiese.
“Certo!” risposi “E, se lo vorrai, una
famiglia che ti
darà calore e amore”.
Dai suoi occhi gialli scesero copiose delle grandi
lacrime e sentii il suo enorme cuore battere leggero.
“Sei davvero un ragazzino strano, Sauron Folgore
Sandtimes” disse Fenrir “Questa tua stranezza,
però, è il tuo più grande pregio
e virtù. Forse c’è qualcosa che questo
stupido lupo divino può ancora fare per
rendere la migliore la sua vita: d’ora in avanti ti
sarò sempre vicino e
proteggerò te e coloro che ami per sempre” e
tirata fuori la lingua mi leccò la
faccia e parte del corpo.
“Ah Ah!” risi “Allora ben venuto nella
famiglia” e
presi due pillole della vita che ci fecero tornare come nuovi.
Fenrir assunse le dimensioni di un
lupo di circa due
metri e m’invitò a salire sul suo dorso.
“Allora?” chiese “Dove andiamo, piccolo
lupo”.
“A casa!” dissi “E, ti prego, chiamami
Sauron”.
“Ti ci vuole un piccolo soprannome, ragazzo e credo
che “il Lupo” ti calzi a pennello”, disse
lui.
“Sauron il Lupo” dissi meditabondo “Mi
piace!”
“Allora andiamo Sauron il Lupo, torniamo a casa” e
si
mise a correre verso sud.
Mentre sentivo il vento spettinarmi
i capelli,
osservai la spada del lupo che avevo raccolto: mi sentivo rinato a
nuova vita.
Non importava ciò che ero diventato, ciò che ero
e che
tuttora sono, resterà il mio fardello e lo
sopporterò continuando a sperare nel
futuro: perché è questo che fa un eroe.
Nel
prossimo
capitolo.
Tornato a
casa, Sauron presenta Fenrir alla sua famiglia e spera di essere
accettato
dalla madre, che non tarderà a dargli una risposta positiva.
Per l’aspirante
eroe la vita comincia a cambiare e, dopo due anni, giunge il momento di
lasciare la terra in cui è nato e ricominciare tutto daccapo.
Questo e
altro nel prossimo capitolo.
Angolo
dell’autore:
enciclopedia del Fantasy.
Anemone
(inchino): “Questa
è l’ultima puntata, quindi concludiamo alla
grande, spiegando che cosa sia il
potere universale.
Lo Universal Power è l’energia
stessa dell’universo, che avvolge il corpo
dell’eletto, donandogli un potere
quasi divino, capace di dissipare la peggiore oscurità.
Ci sono però dei limiti al
suo utilizzo: un corpo non abituato, rischia di collassare, inoltre
può essere
usato solo in momenti particolari indicati dall’istinto.
Non si sa per quanto tempo
si possa utilizzare, ma è consigliato il minimo
indispensabile per ragioni che saranno
spiegate nei capitoli della storia principale, quindi pazientate e li
saprete
tutti.
Una cosa che bisogna
tenere bene a mente è che non si nasce guerrieri universali:
è l’universo
stesso che sceglie il suo utilizzatore, apparendogli nei momenti di
massima
disperazione sotto forma di persone che hanno inciso su di loro.
I guerrieri universali che
abbiamo incontrato finora sono:
1)
Nick Nibbio Blu;
2)
Naruto Uzumaki;
3)
Jaden Yuki;
4)
Sauron Folgore Sandtimes;
5)
Un altro guerriero che
apparirà nel seguito.
L’autore
manda a dire che
ce ne saranno degli altri, provenienti da diverse dimensioni e
generazioni,
quindi ci troveremo pieni di tipi curiosi. Non vedo l’ora
d’incontrarli.
Personalmente non saprei
che altro dire, quindi direi che possiamo chiudere”.
Kaeleena
(si fionda nello
studio in lacrime): “Non è giusto. Il radar che
Babbo Natale mi ha regalato si
è rotto”.
Anemone (la guarda
preoccupata): “Davvero? Fai vedere” dopo un
po’ “La causa è stato un forte
flusso di energia che ha danneggiato l’apparecchio”.
Kaeleena: “Come è
possibile? Le istruzioni dicono che può sopportare
un’energia paragonabile a
dieci mila bombe atomiche. Che diavolo è
successo!” e piange come una fontana.
Anemone: “Direi che c’è
stato un flusso d’energia che superava quello
prescritto”.
Kaeleena (a terra in
lacrime): “Il mio piccolo Sauron! Dove sarà a
quest’ora?”
Anemone: “Tranquilla, è un
ragazzo in gamba, sono sicura che starà bene”.
Kaeleena è al massimo
della disperazione e prende un pugnale affilato.
Anemone (spaventata): “FERMA!
CHE VUOI FARE?”
Kaeleena: “Quello che
avrei dovuto fare molto tempo fa”.
Anemone
(cerca di calmarla
con un massaggio): “E cosa sarebbe?”
Kaeleena (appare un
tendone ed entra): “Ovvio!” si sente uno strappo e
poi quando esce, ho un
grembiule da cuoco “Imparare a cucinare per il mio
bambino”.
Anemone (°_°): “Che cosa
c’entra?”
Kaeleena (in lacrime): “Tutto!
Mi ha sempre detto che gli piacerebbe mangiare qualcosa preparato da me
e non
dalla servitù, ma io non so cucinare. Imparerò e
lo farò tornare disperdendo nell’aria
il profumo del suo cibo preferito: le alette di pollo” e
corre via.
Anemone
(°______°): “Nemmeno
all’ultima puntata riesco a stare tranquilla. È
proprio destino”.
Tranquilla
Kaeleena,
il tuo ragazzo sta tornando con un amico, ma l’idea
d’imparare a cucinare non è
poi così cattiva. In bocca al lupo (XD).
Alla prossima
con l’ultimo capitolo.
L’Angel
Arm è
un omaggio all’arma speciale usata dal protagonista
dell’anime Trigun.
Il
Gunblade è
un mio omaggio a Final Fantasy VIII, uno dei miei preferiti.
Lo
spirito che
è apparso a Sauron è la sua Zampakutò
che si rivelerà nella seconda stagione
della storia: Millennium Falcon La storia di Nick Nibbio Blu.
Sarà la terza
Zampakutò ad apparire davanti al suo padrone.
L’ispirazione
di quest’arma è l’anime di Bleach.
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Capitolo 13 *** Verso un nuovo inizio ***
13. Verso un nuovo inizio
Ciao a
tutti!
Eccovi il capitolo conclusivo di questa fic.
Cavolo: è una
sensazione incredibile finire la mia prima fic, non so proprio che dire
se non
ringraziare tutti quelli che l’hanno letta e commentata e
sperare che
continuerete a seguire le prossime che scriverò.
Detto questo,
ecco a voi l’ultimo capitolo di questa storia.
Dopo due giorni di corsa, io e il
mio nuovo amico
arrivammo a casa e, ad accoglierci, trovammo la mamma e il nonno
preoccupatissimi: avevano fatto i salti mortali in quel periodo per
cercarmi ma
non ci erano riusciti.
In quel momento, però dovevo dire loro la verità
e
presentare Fenrir, che era rimasto fuori la porta ad aspettare una
risposta.
“Mamma, nonno” incominciai “Devo dirvi
una cosa” e, in
piedi davanti a loro, strinsi i pugni fino a farli sbiancare.
“Sappiamo tutto Sauron” rispose il nonno
comodamente
seduto su una poltrona del salotto “Il corso del tempo ci a
mostrato questo
momento la notte della tua nascita.
Sapevamo che avresti fatto una simile follia già da
molto tempo”.
“…” la mamma teneva lo sguardo basso e
le lacrime
scendevano dalle sue guance.
Nel vederla in quello stato, mi sentivo male, come
fossi un verme.
“E’ vero: ho fatto una follia, ma se era il mio
destino non potevo cambiarlo in nessun modo” dissi
“Tuttavia non ho rimpianti.
Partendo per il mio destino ho scoperto molte cose che prima ignoravo:
il
potere del mio spirito, l’eredità che mio padre mi
ha lasciato, il futuro che
mi attende, la forza che mi permette di mantenere
quell’umanità che considero
ancora più preziosa, ho rafforzato il mio credo, visto il
volto di mio padre e
scoperto di essere scelto dall’universo stesso; ho trovato un
nuovo amico e
l’ho liberato dal suo odio e portato con me.
So cosa sono diventato, ma non permetterò che le
persone cui tengo soffrano a causa mia: non me lo perdonerei mai.
Ciò che farò
sarà domare la mia maledizione e trasformarla per renderla
in un dono e, con
essa, spezzerò le maledizioni delle persone che
incontrerò.
È forse sbagliato desiderare questo?”
Il nonno si alzò dalla poltrona e mi si avvicinò:
“No
Sauron, non è sbagliato. Per rompere la maledizione di
qualcuno bisogna
comprendere che cosa questa provi e solo avendone una che ti grava
sulle spalle,
te lo può permettere. Anche io sono maledetto e posso capire
come ti senti: per
questo non posso rimproverarti e sono sicuro che capisci quello che
provo” e mi
abbracciò con tutto l’affetto che aveva per me.
Il nonno comprendeva bene come mi sentivo e dire altro
non sarebbe servito a niente: quell’abbraccio valeva
più di mille parole.
Quella che davvero dovevo convincere era la mamma: le
volevo un bene dell’anima e anche lei mi voleva bene, ma in
quel momento non
sapevo cosa stesse pensando.
Abbassai la testa e, mentre guardavo il pavimento,
dissi: “Se ti ho mai deluso, mi dispiace. Tu sei la mia mamma
e non posso ….”.
“Non dire altro” m’interruppe lei.
Alzai la testa e la vidi in piedi e ancora in lacrime,
ma vedevo i suoi occhi fissarmi con intensità; poi, dopo
interminabili momenti
di silenzio, s’inginocchiò davanti a me e mi
strinse a se.
“Tu sei il mio tesoro più prezioso piccolo
mio” dissi
mentre appoggiava la testa sulla mia spalla “Fin dalla tua
nascita, nonostante
avessi un mostro dentro, io ho continuato ad amarti e a rimanerti
vicino,
perché sono tua madre e nessuno ti conosce meglio di me e so
che sei una
persona nobile e gusta. Non importa se adesso sei un licantropo, io
sarò sempre
dalla tua parte e niente lo potrà cambiare”.
“Mamma!” dissi senza riuscire a trattenere le
lacrime
e la abbracciai “Sei la migliore che possa mai
esistere”.
Dopo quel momento, che durò per un tempo
interminabile, ci staccammo e sorridemmo.
A quel punto, mancava solo qualcuno che doveva unirsi
a noi, ossia Fenrir che fu accolto a braccia aperte dai miei e promise
che si
sarebbe preso cura di me e di tutte le persone a me care.
Da allora ricominciò la
mia vecchia vita, però con qualche
novità: il signor Gray divenne mio maestro e
m’insegnò a controllare le quattro
energie; il nonno e un suo amico mago m’insegnarono a
controllare i miei
poteri; Fenrir, ogni fine settimana, mi portava nelle foreste a ovest
del
Fantasy e mi fece conoscere lupi e altri animali. Tra questi ne
incontrai uno
che m’insegnò a seguire la voce della natura e a
muovermi sugli alberi come
fossi su una tavola da surf: quasi come Tarzan.
Anche il modo di guardarmi degli altri era cambiato:
da quando si era saputo che da solo avevo sconfitto alcuni pericolosi
Shad, che
ero un Sun’s Knight e un guerriero universale per giunta,
paura e odio furono
sostituiti dall’ammirazione. Le ragazze cominciavano a
girarmi attorno e a
provarci con me, ma Fenrir non era d’accordo e le allontanava
sempre dicendomi
sempre: “Ti ho fatto un favore!” ed io ridevo.
Passarono due anni, forse i più intensi che avessi mai
vissuto, alternati da momenti di gioia e di tristezza: tra questi
rientravano
le notti in cui mi trasformavo, perdendo completamente ragione e
coscienza. Per
evitare che facessi del male alle persone che avevo vicino, fu creato
uno
speciale sigillo che mi confinava in una barriera mistica fino
all’alba del
giorno dopo, impedendomi di fare del male agli altri.
Un giorno, l’altro ieri, mentre mi stavo allenando con
una tecnica di mia invenzione, mio nonno venne a chiamarmi.
“Sauron” mi disse “Il nostro re, Galax ti
ha
convocato. Devi presentarti immediatamente davanti a lui”.
“Galax? E chi sarebbe?” chiese Fenrir che non mi
perdeva mai di vista.
“E’ il re del Fantasy” gli risposi
“Non ho mai avuto
il piacere d’incontrarlo, ma se vuole parlarmi,
andrò subito da lui”.
“Allora andiamo!” disse Fenrir e, dopo che gli fui
salito in groppa, partì verso il castello del regno.
Era la prima volta in assoluto che
entravo nel
castello del Fantasy: era una costruzione dorata, piena di alte torri
che si
alzavano fino al cielo, sulle guglie rosse svolazzavano grandi bandiere
bianche
e immacolate.
“Che visione magnifica!” esclamai.
“Non c’è che dire” fece Fenrir.
Fummo raggiunti dalla zia Luce che
ci salutò con un sorriso
e ci condusse davanti al re.
Galax XII era un uomo magnifico, un degno re: era
alto, con capelli biondi e ben ordinati che incorniciavano un viso
sempre
giovanile illuminato da intensi occhi castani. Il suo vestiario era una
tunica
blu che scendeva fino alla vita, le gambe erano protette da
un’aderente
calzamaglia bianca, le braccia muscolose erano coperte da una camicia
riccamente decorata con merletti dorati, le sue spalle erano coperte da
un
lungo mantello rosso.
Nel trovarmi di fronte al re mi vergognai: non ero
assolutamente presentabile con scarpe da tennis nere, pantaloncini
bianchi
corti che lasciavano scoperte le ginocchia e una maglietta a
mezzamanica nera e
col simbolo dei Sandtimes sul petto, sudato e con peli di lupo addosso.
In quel momento sarei voluto sprofondare per la
vergogna, ma mi limitai a inginocchiarmi in segno di riverenza.
“Non inginocchiarti ragazzo mio” disse il re con
voce
solare “e non preoccuparti per il tuo abbigliamento:
l’abito non fa il monaco”
e sorrise.
“Colto nel segno”, fece Fenrir con una leggera
risatina.
“Fenrir!” esclamai imbarazzato.
“Non ti preoccupare, alzati: preferisco parlare con te
come una persona normale” disse Galax.
“Una persona normale?” ripetei. Per me quelle
parole
erano diventate vuote ormai: non ero più umano da due anni.
“So cosa stai pensando, ma ti sbagli” disse Galax
avvicinandosi a me “Essere un licantropo non significa essere
un mostro: vuole
dire essere una persona con una marcia in più; spetta alla
persona scegliere
quale ingranare” e mi toccò la spalla.
Lo guardai fisso senza dire una parola: ciò che aveva
appena affermato era una delle cose più belle che avessi mai
sentito. Era
davvero un grande re e sarei stato onorato di servirlo.
“Non c’è che dire” fece Fenrir
fissandolo intensamente
“Hai un carisma davvero eccezionale re Galax”.
“Ti ringrazio per il complimento nobile Fenrir” e
gli
sorrise.
“Smettila con tutte queste smancerie e passa al
sodo”
fece il lupo, voltandosi dall’altra parte.
“Giusto” e tornò a posare i suoi occhi
su di me
“Sauron ti ho fatto chiamare per darti
un’importante comunicazione”.
“Una comunicazione?” feci “Quale
sarebbe?”
“E’ giunto il momento che tu lasci il
Fantasy” disse.
“Cosa?” dissi sgranando gli occhi “Mi
state cacciando?”
“Assolutamente no!” disse abbassando leggermente il
sorriso “Tu sei un Sun’s Knight e i tempi sono
maturi perché tu possa
incontrare altri ragazzi che, come te, hanno avuto
quest’onore. Inoltre farai
la conoscenza di Nick e, se non sbaglio, è sempre stato il
tuo sogno
incontrarlo. Ora ne hai la possibilità”.
In quel momento le parole non bastavano a descrivere
il mio stato d’animo: guardavo il re con stupore e il suo
sorriso mi spiazzava
completamente.
“E così è tempo di andare a fare la
conoscenza degli
altri Sun’s Knights” disse Fenrir
“Chissà come sono”.
“Potrai chiederlo a Nick quando verrà a
prendervi”
rispose Galax.
Ci vollero un paio di secondi per
capire quello che re
Galax aveva appena detto, poi esplosi: “CHEEEEEE!
SARA’ PROPRIO NICK A VENIRMI
A PRENDERE? QUEL NICK”.
“E chi altri!” fece con un sorriso
“Sarà qui
dopodomani a mezzogiorno. Per allora fatti trovare pronto”.
Mettendomi sull’attenti feci:
“SIGNORSI’!” e cominciai
a incamminarmi verso la porta.
“Sei davvero cresciuto Sauron” mi disse dietro il
re.
Mi fermai un momento e tornai a fissarlo.
“Tu non te lo ricordi, ma io ti ho tenuto in braccio
quando avevi un anno” disse Galax “Dopo
“mamma” la tua prima parola è stata zio
e chiamasti me in quel modo. Da allora non ho più avuto modo
di rivederti, per
via dei vari impegni, ma non ho dimenticato il tuo piccolo sorriso.
Adesso, dopo quattordici anni ho avuto modo di rivederti
e sono contento di sapere che, nonostante ciò che hai
passato, non hai perso il
tuo sorriso. Sei cresciuto molto: per questo voglio farti due piccoli
regali”.
Lo fissai stupito e nuovamente senza parole: davvero
mi aveva preso in braccio quando ero solo un bambino? Il solo pensarlo
mi rese
felice e sorridendo annuii.
“Il primo regalo che voglio farti è
questo” e schioccò
le dita.
I miei vestiti s’illuminarono e cambiarono forma: era
apparso una cotta di maglia nera attraversata da fulmini dorati, sul
petto, con
un bianco acceso, era disegnato il simbolo dei Sandtimes. La cotta
arrivava
fino alla vita ed era chiusa da una cintura di pelle; dei lunghi jeans
neri
coprivano le mie gambe aderendovi perfettamente, un paio di scarpe nere
con una
linea rossa verticale ai lati coprivano i miei piedi; una camicia nera
e leggera
come la seta copriva il resto del mio corpo e, in aggiunta, un lungo
giubbotto
di pelle nera mi copriva le spalle.
Mi osservai stupito e ammirato da quel cambio
improvviso di vestiario. Mi voltai verso Fenrir e gli chiesi come stavo.
“Wow!” disse il lupo con un sorriso
“Farai strage di
cuori”.
“Noto che è di tuo gradimento, ne sono
contento” disse
re Galax “Quell’abito è fatto con un
materiale molto elastico e resistente,
inoltre è magico e può apparire e scomparire con
un semplice schiocco di dita.
Se poi guardi il tuo polso sinistro noterai un’altra
sorpresa”.
Alzai il braccio e notai un braccialetto bianco con
una piccola scatolina al centro.
“Questo è un porta tutto magico” dissi
stupito “Può
contenere qualunque cosa senza che se ne senta il peso”.
“Esattamente” rispose Galax “Anche Nick
ne ha uno
identico: ti sarà molto utile credimi. Adesso passiamo al
secondo regalo, vieni
con me” e si diresse verso l’uscita.
Io e Fenrir seguimmo Galax per molte stanze del
palazzo, osservando tutti gli oggetti che contenevano.
Alla fine entrammo in una stanza spoglia e in penombra
e ci dirigemmo verso il fondo, dove si trovavano una serie di statue
raffiguranti animali con in bocca degli strani amuleti.
Galax si avvicinò a una di esse e prese l’amuleto,
dopodiché me lo diede.
“Questo amuleto è un sigillo magico della natura,
ti
proteggerà da ciò che nascondi dentro e, in un
futuro prossimo, ti permetterà
di domarlo completamente. Indossalo e portalo sempre con te”.
Osservai l’amuleto: era una piccola gemma gialla
chiusa dentro un pendaglio rotondo su cui era disegnato un lupo. Non
capivo a
cosa mi sarebbe servito, ma era un regalo del re e non potevo
rifiutarlo, così
lo indossai.
“Adesso vai pure Sauron, ci rivedremo tra due giorni.
Porta i miei saluti a tua madre”.
“Con immenso piacere re Galax” dissi con un inchino
“E
grazie ancora” dopodiché mi voltai e me ne andai
insieme a Fenrir.
Tornai a casa e informai mamma e
nonno: pensavo che
avrebbero detto no, ma mi dettero la loro benedizione.
“Il tuo destino non si realizzerà qui ragazzo
mio”
disse il nonno “Solo viaggiando potrai realizzare il tuo
sogno, ma non temere
non sarai da solo”.
“Si piccolo mio” disse mamma “Nella
dimensione in cui
andrai, incontrerai molti amici che ti apprezzeranno per quello che sei
realmente e, se il destino vorrà, vedrai anche tuo
padre”.
“Se questo deve essere il mio destino, lo coglierò
al
volo” dissi “realizzerò il mio sogno e
aiuterò anche i miei futuri amici con il
proprio”.
“Che stiamo
aspettando” disse Fenrir “Andiamo a
prepararci”.
“Sì!” dissi e andai nella mia stanza a
preparare i
bagagli.
Prima di partire, decisi di andare nel posto che segnò
la mia vita: l’altopiano dell’eroe.
Il giorno della partenza mi alzai di buon’ora e, senza
svegliare nessuno, andai lì e mi sedetti affianco
dell’albero su cui era stata
intagliata la promessa di due innamorati.
Osservai il cielo e ripercorsi tutti i momenti della
mia vita, dai più belli ai più brutti e pensai
che non tutti mali vengano per
nuocere.
“Stai riflettendo su qualcosa di particolare?” mi
chiese Incanto apparsomi dietro.
“Un po’ a tutto” risposi “Tutto
quello che ho passato
in questi anni, mi ha aiutato a capire un sacco di cose e a sollevare
molti
dubbi”.
“Dubbi di che tipo?”
“Per esempio il motivo per cui tu mi hai scelto come
padrone”.
“Capisco!” disse chiudendo gli occhi “Non
c’è un
motivo preciso: si sceglie il proprio padrone per il suo
cuore”.
“E nel mio che hai visto?”
“In una parola: la speranza per un mondo migliore. Ci
sono molte altre persone che hanno questo grande potere nel cuore e
sono sicuro
che le incontrerai durante questo tuo nuovo viaggio”.
“Lo spero anch’io” risposi.
“Cambiando argomento, ti sei sentito con Selen?”
“Sì” risposi “Le ho raccontato
le mie peripezie e lei
ha sorriso. Mi ha augurato buona fortuna e spera di rivedermi un giorno.
Sarà difficile poterla risentire”.
“Prima o poi vi rincontrerete” disse Incanto
“Forza
adesso! È il momento di andare”.
“Sì!” e mi alzai “Lo prometto:
quando tornerò qui,
sarò un eroe e andrò a trovarla insieme ai miei
futuri compagni” tirai un lungo
respiro e poi tornai a casa.
Quando rincasai, vidi che mamma e
Fenrir stavano
parlando e mi limitai a salutarli e poi mi diressi in camera mia.
Aprii la porta della mia camera sapendo che era l’ultima
volta che vi sarei entrato: presi tutto quello che mi serviva e lo misi
nel mio
porta tutto.
Presi la cornice che mi raffigurava insieme a Selen e,
dopo averla baciata, la misi insieme alle altre cose: me la sarei
portata
sempre con me come il mio più grande tesoro e non
l’avrei mai lasciata, questa
è un’altra promessa che manterrò per
sempre.
Adesso mi trovo seduto insieme a
Fenrir sul pavimento
di legno del cosiddetto palazzo dell’Hokage e sto aspettando
che mi chiamino
per presentarmi ai ninja di Konoha.
Se vi state chiedendo per il viaggio, non è stato
niente di speciale: arrivato al castello, ho stretto la mano al mio
idolo,
salutato i miei e re Galax e poi ho attraversato un portale
spazio-dimensionale
che mi ha portato qui.
“Entra” mi dice una voce.
“E’ il momento!” mi dice Fenrir.
“Sì! Si va in scena!” e mi alzo.
È
il momento di voltare pagina: la mia vita sta per
prendere una nuova piega e spero che sia buona. Il solo pensiero mi
mette in
agitazione e non so che cosa pensare se non avvicinarmi alla porta e
mettere la
mano sul pomello.
A
questo punto il libro della mia vita chiude un
capitolo e ne inizia uno nuovo, ma non dimenticherò mai
quello che ho scritto
in precedenza: spero solo che la penna non si esaurisca sul
più bello.
Chi sono io? Io sono Sauron Folgore Sandtimes: sono il
figlio di Kaeleena Sandtimes e di Itachi Uchiha, Sun’s Knight
di Incanto di
Folgore cavaliere della luna, sono un tracciatore, il guardiano di
Fenrir lupo
dell’abisso, forza portante della parte oscura del Kyuubi e
un licantropo.
Il mio soprannome è “il Lupo” e il mio
sogno è
diventare un eroe che porta speranza e spezza le maledizioni degli
altri.
Da adesso in poi, il mio cammino ha inizio e la porta
del futuro si è finalmente aperta in una calda luce che
illumina la via. Questa
è la strada di un eroe.
FINE
Angolo
dell’autore: saluto
finale.
Tutti
quanti: “Evviva!”
Io: “Che felicità! Ho
completato la mia prima storia. Non ho parole per descrivere come mi
sento
dentro”.
Yaphisan (mi passa un
bicchiere di champagne): “Pensa solo a festeggiare figliolo,
prendi!”
Io: “Grazie! Salute!”
Tutti (alzano i
bicchieri): “Salute!”
Sauron
e un po’ giù di
morale e mi avvicino.
Io: “Cos’è quella faccia?”
Sauron (alza la testa): “Il
fatto che adesso dovrò aspettare moltissimo prima di
comparire nella storia
principale. La cosa mi deprime”.
Io (gli metto una mano
sulla spalla): “Non ti preoccupare, non sarai fuori gioco per
molto tempo. Ho già
in mente una nuova storia in cui comparirai insieme a nuovi
amici!”
Sauron: “Davvero?”
Io: “Certo! Dammi un
mesetto per organizzare le idee e scrivere una bozza dei primi capitoli
e
ricomparirai alla grande. Ti avviso che non sarai solo tu il
personaggio
principale”.
Sauron (pugno alzato): “Non
ha importanza! Se ricomparirò più fico di adesso
e con un sacco di amici, sono
già al colmo della gioia”.
Io: “Ottimo!”
Si
avvicinano Fenrir e
Selen: “E noi?”
Io: “Anche voi comparirete
in questa nuova storia. Tu Selen sarai insieme ad un gruppetto di
maghi, tu
Fenrir sarai un amico da ritrovare”.
Fenrir (col broncio): “Protesto!
Se non sto in compagnia di Sauron non ci sto”.
Io: “Ci starai,
tranquillo!”
Fenrir: “Mi sa che dovrò
aspettare la fine di tutto, prima di poter ricomparire”.
Io: “No, solo la metà!”
Sauron e Selen: “Che
bello! Ci ritroveremo tutti insieme”.
Arancio:
“Ehi! Guarda che
non mi va di stare ad aspettare fino alla terza stagione della tua
storia. Vedi
di fare qualcosa”.
Io: “Tranquillo Ichigo
anche tu comparirai insieme ai tuoi amici”.
Arancio: “Aspetta! Mi hai
chiamato per nome? Perché cazzo l’hai
fatto?”
Io: “Mi è scappato! Non
temere: fra poco potrai usarlo tutte le volte che vorrai”
Arancio(sorriso
compiaciuto): “Ottimo! Non vedo l’ora di fare la
mia entrata”.
Gom: “Shishishi! Comparirò
pure io?”
Io (pensieroso): “Sto
ancora decidendo, ma ti farò sapere presto!”
Naruto (si fionda): “E io?
Una storia non è tale senza di me!”
Scimmione: “Urka! C’è la
possibilità che anche io compaia?”
Viene anche un ragazzo con
lunghi capelli bianchi e delle curiose orecchie di cane: “Ha!
Se non ci sono
anche io, non se ne fa niente. Modestia a parte sono il
migliore”.
Sauron – Naruto – Ichigo: “Stai
zitto e a cuccia!”
Il ragazzo con le orecchie
di cane finisce faccia a terra e i tre se la ridono.
Io (mi piego ad aiutarlo):
“Tutto bene Inuyasha?”
Inuyasha (esplode): “BASTARDI!”
ed è rissa tra i quattro.
Gom: “Ci sono anch’io!” e
si getta nella mischia.
Arriva un uomo alto con un
cappello rosso in testa e una giacca dello stesso colore e con un
sorriso accattivante:
“Spero che ci sarò anch’io in questa
nuova storia. L’idea di dover aspettare
fino alla seconda e poi la terza stagione mi da il nervoso”.
Io: “Certamente che
comparirai Alucard! Sarai una delle punte di diamante della nuova
storia”.
Alucard (sorride ancora di
più): “Molto bene! Allora vado a prepararmi per
fare un paio di massacri” e se
ne va.
Selen (agitata): “Davvero
comparirà anche lui? Mi fa paura!”
Fenrir: “Tranquilla ti
proteggo io da lui. Gli amici di Sauron sono i anche i miei amici.
E VOI SMETTETELA DI’
MENARVI E’ UNA FESTA NON UNA RISSA!”
I cinque smettono e
abbassano la testa: “Scusa!”
Io:
“Ovviamente faranno la
loro comparsa altri personaggi, oltre a voi ma preferisco sorprendere i
lettori
se ci riesco. Inoltre ho in mente qualche altra storia: devo solo
trovare il tempo
di scriverle. Tranquilli ragazzi, non vi farò aspettare
troppo!”
Gom: “Shishishi! Non vedo
l’ora!”
Sauron – Naruto - Ichigo –
Inuyasha - Scimmione: “Neanche io e sarò il
migliore!” e alzano il pugno.
Io
(rivolto a voi
lettori): “Lettori e Lettrici abbiate un po’ di
pazienza e molto presto potrete
leggere delle nuove storie che vi faranno emozionare come non mai.
Augurandomi di ritrovarvi
numerosi, vi do appuntamento alla prossima storia. Grazie di tutto e
che Dio vi
benedica. Salute!”
Tutti: “Salute!”
Il
saluto ve
l’ho fatto. Non preoccupatevi per la storia principale:
continuerà ad avanzare
senza interruzioni e, prima che ve ne possiate rendere conto,
sarà piena di
nuovi personaggi e avventure.
Come
promesso,
ecco a voi le storie che hanno ispirato il personaggio di Sauron:
1)
Naruto;
2)
Underworld;
3)
Fate stay night;
4)
Bleach;
5)
Hellsing.
A
questo
punto vi saluto e ringrazio ognuno di voi, vecchi e nuovi lettori, per
aver
seguito questa storia e avermi dato la soddisfazione di scriverla.
Ciao e grazie
di tutto!
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