Sauron, la storia del lupo

di nick nibbio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** le origini. ***
Capitolo 2: *** Il giorno del mio credo ***
Capitolo 3: *** un incontro che mi cambiò la vita ***
Capitolo 4: *** il sorriso che vale più di qualsiasi tesoro ***
Capitolo 5: *** la melodia dell'addio ***
Capitolo 6: *** in viaggio verso il destino ***
Capitolo 7: *** Prigioniero degli Shad ***
Capitolo 8: *** Una luminosa eredità ***
Capitolo 9: *** il maestro della spada e delle grandi energie ***
Capitolo 10: *** il potere di creare una nuova realtà ***
Capitolo 11: *** la prova del lupo ***
Capitolo 12: *** il potere della speranza ***
Capitolo 13: *** Verso un nuovo inizio ***



Capitolo 1
*** le origini. ***


Chi sono e le mie origini

Ciao. Con questo piccolo crossover, vi anticipo la storia di uno dei personaggi della mia storia principale. 

Credetemi quando vi dico che sarà diverso da tutti gli altri. Buona lettura.

Aprii la porta della mia stanza e vi entrai.

Sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei varcato quella soglia: che per tanto tempo era stato il mio piccolo mondo.
Si sa: bisogna crescere, anche se spesso non lo vorresti.
Mi avvicinai al comodino del mio letto e mi chinai sull’unica cornice: dove era stato immortalato il momento più bello della mia infanzia, con la ragazza che mi fece sentire parte di questo mondo.

 

Chi sono? Sicuri di volerlo sapere? Badate: la mia non è una storia per i deboli di cuore.
Se qualcuno dirà che sono strano: avrà ragione, almeno in parte.
Salve, chiunque siate: io sono Sauron Folgore Sandtimes e mi chiamano il Lupo, ma chiamatemi semplicemente Sauron.
Ho solo quindici anni, ma mi sembra di averne vissuti 100. Forse, in seguito, capirete il perché.
Se mi dovessi descrivere: direi che sono alto un metro e settanta, ho un corpo snello ed atletico, la mia pelle è leggermente olivastra, tratto materno.
Il mio viso? Direi che è sottile, incoronato dai miei capelli per natura alzati verso l’alto, nero scuro con delle curiose linee dorate, che li attraversano verticalmente; i miei occhi sono verde smeraldo, belli da vedere ma , a mio parere , un po’ malinconici..

 

Che altro dovrei dire?!
Ah giusto! Chi è la mia famiglia.
Mia madre si chiama Kaeelena Sandtimes ed appartiene alla famiglia dei cosiddetti ”signori del tempo”: cioè coloro che manipolano il tempo tramite le mistiche sabbie del tempo. Il nostro simbolo? Una clessidra che perde sabbia verso l’alto ed il basso, chiusa in un cerchio perfetto.
Lo porto orgogliosamente sul petto di ogni abito.

Mio padre? Non l’ho mai conosciuto. Mia madre dice che ho il suo stesso volto e, spesso i suoi stessi occhi.
Forse lo conoscete: si chiama Itachi Uchiha del clan Uchiha.
Molti lo definiscono un assassino genocida, il più terribile dei mostri, ma mia madre me lo ha sempre descritto come un’anima errante: la cui vita è piena di tristezza e segnata da un profondo tormento, che è riuscito a condividere solo con lei. Da quella condivisione è nato un grande amore e io ne sono il risultato finale.

In me risiedono le abilità di entrambi i clan:  Sabbie del tempo e Sharingan, portati al loro massimo livello; una mia caratteristica è che sono nato con lo Sharingan perfettamente sviluppato e. da poco, ho scoperto di essere dotato di un livello superiore a quello raggiunto da mio padre, lo Sharingan Ipnotico Eterno, che io preferisco chiamare Eternal Sharingan. Contrariamente a quanto sembra, non apprezzo raccontare di queste cose: diciamo che è una premessa a quello che avverrà dopo ed è uno dei miei tre principali segreti.

 

All’inizio, ho detto di avere l’impressione di aver vissuto più di 100 anni. Forse è vero, ma perché?
Per farvelo capire, credo valga la pena cominciare a raccontare dalla mia nascita, almeno come me l’hanno raccontata.

 

Era una sera tempestosa, la mezzanotte era passata da alcune ore. Era il 25 ottobre di quindici anni fa.
Mia madre, dopo un lungo travaglio, era riuscita a farmi nascere e, in quel momento, mi stava abbracciando con le lacrime agli occhi, felice di vedere che il destino le aveva concesso la possibilità di generare una vita.
 “Come lo chiamerai?” chiese la ginecologa.
“Vorrei chiamarlo come suo padre, ma preferisco qualcosa di nuovo”.
“Del tipo?”.

Mia madre spostò lo sguardo da me verso la finestra e osservò il tuono che saettava rapido nel cielo. Esso, per un attimo, assunse una strana forma, simile a quella di un rettile non precisato e lei lo notò.
“Hai visto quel fulmine?” chiese mia madre.
“Già. È raro che un fulmine assuma una forma animale, prima di cadere , forse impossibile. Ma un amico ci ha insegnato che niente è impossibile vero?” .
“Si Luce! Hai ragione”

 

La ginecologa si chiamava Luce e, tempo addietro, insieme a mia madre e ad altri grandi eroi aveva contribuito a compiere una grande impresa: salvare il regno che rappresentava i sogni di tutti coloro che vivono nei vari mondi, Fantasy.
Racconterei volentieri la loro storia, ma mi dilungherei troppo e non ho molto tempo, quindi andiamo avanti.

 

“Sai credo di aver trovato un nome adatto”.
Si abbassò verso di me e disse: “Piccolo mio, ti chiamerai Sauron Folgore.
È vero:  è curioso, ma sono sicura che ti porterà fortuna più di qualsiasi altro nome” e mi baciò delicatamente la fronte.
“Un bel nome. Sono sicura che anche quell’Itachi ne sarebbe contento” commentò Luce.
“Me lo auguro” disse mia madre.

 

In un’altra dimensione, un uomo dallo sguardo perso nei suoi tristi ricordi, ebbe una strana sensazione, come se qualcosa di bello fosse nato dalla sua anima.
Si fermò e si toccò il cuore.
“Cosa c’è signor Itachi? Non vi sentite bene” chiese un uomo alto con il volto simile a quello di uno squalo.
“Va tutto bene, Kisame. Proseguiamo!” disse lui tornando serio. In realtà, mentre camminava, sentiva una strana felicità. Non sapeva cosa fosse, ma sperò di saperlo presto.

 

“Sai Luce. Credo che lui lo abbia capito, in un certo senso” disse mia madre.
“Probabilmente hai ragione” rispose Luce.

“Sauron! È un nome davvero speciale, per un ragazzo speciale.” Disse una voce.
Le due donne si voltarono di scatto verso la direzione dalla quale veniva, ma non videro nessuno.
La finestra si aprì e da essa entrò una luce dorata. Da questa luce uscì lo spirito di un uomo virtuoso.
"Chi sei?” chiesero le due donne.
“Io mi chiamo Minato Namikaze e, un tempo, ero noto come il Lampo Giallo del villaggio della Foglia nonché  quarto Hokage” disse lo spirito.
“Il quarto Hokage?” disse Luce.
“Esatto. Già avete conosciuto i ninja della foglia e avete visto anche mio figlio. Quel ragazzino turbolento di nome Naruto” disse sorridendo lo spirito di Minato.
“Tu sei il padre di Naruto?” disse mia madre sbigottita.
“Si. Vi sarei lieto se non glielo diceste per favore.
Comunque, sono venuto per dare il benvenuto a questo bambino speciale con un piccolo regalo” disse Minato.

“Un regalo? Gli spiriti non possono fare regali” disse Luce.
“In teoria è così. Ma quello che voglio dargli è qualcosa che appartiene al mondo dei vivi, che non posso più tenere con me” disse serio.
“Cosa sarebbe?” chiese mia madre.

Dalla mano del Quarto apparve una sfera rossa, avvolta da catene nere.
“Qui dentro è racchiusa la parte del Kyuubi che non sono riuscito a sigillare dentro mio figlio. Il mio dono è questo”.

“Sta indietro!” disse mia madre tenendomi stretto.
Anche Luce si frappose tra me e lo spirito.
“Comprendo la vostra paura. Nessuno dovrebbe portarsi un simile fardello, soprattutto se appena nato. Ma credetemi: tra tutti i bambini che sono nati, lui è quello che meglio può domare il potere di questo essere, esattamente come mio figlio” disse calmo Minato.
“Non voglio che mio figlio diventi una forza portante e soffra come è successo a Naruto e Gaara. Lui è la mia vita adesso. Non credo che riuscirei a sopportare..” si interruppe.

Davanti a lei si aprì lo scorrere del tempo, mostrandole quello che sarebbe stato il mio destino.
“Perché? Perché il destino vuole essere così crudele con lui? Perché ogni membro della nostra famiglia deve ricevere una maledizione?” disse piangendo.
Le sue lacrime caddero sul mio piccolo volto, svegliandomi e rivelando il mio Sharingan, già sviluppato.
“Anche dal suo ramo paterno. Anche nella stirpe di suo padre c’è una maledizione eterna. Perché deve andare così? Perché non può vivere come un ragazzo normale” chiese guardandomi.

“Il destino che hai visto è solo una parte” le disse Minato “Il resto spetterà a lui costruirlo. Credimi quando ti dico che sarà più luminoso di come l’hai visto”.
“Come fai a saperlo?” chiese mia madre con gli occhi rossi.
“Ricorda che le anime del paradiso possono vedere nel futuro senza alcun limite. Io so che il destino di Sauron sarà glorioso.
In cuor mio, spero che il suo cammino si intrecci con quello di mio figlio e che insieme possano sciogliere tutte le maledizioni e portare la pace che tutti vogliamo.
Quello che gli darò è l’augurio di un nuovo futuro che cambierà quello di entrambi i clan dai quali discende e dei quali è ultimo erede.
Kaeleena fidati di me”.

“Soffrirà moltissimo ed io non riuscirò a lenire il suo dolore” disse mia madre.
“Una madre è disposta a tutto per aiutare un figlio: la mia defunta moglie Kushina ne è stata la prova.
Tu sei molto forte e gli darai l’amore di cui avrà bisogno per andare avanti. È questo il più grande compito di un genitore: riempire di amore un figlio”.
Mia madre annuì debolmente: “Non so se potrò farcela da sola”.
“Ti aiuterò io” intervenne Luce “E lo stesso faranno anche tutti gli altri. Ricordarti che siamo una squadra: così come abbiamo guidato Nick, guideremo anche Sauron.
Saremo con te, tutti quanti” e alzò il pollice.
“Grazie!” disse commossa mia madre.

“Hai l’appoggio dei tuoi compagni, cos’altro ti serve?” disse Minato “Anche io, nei miei limiti veglierò su di lui, te lo prometto”.
“Grazie!” ripeté lei “Allora fallo!”
Minato si avvicinò a mia madre e spinse la sfera dentro il mio corpo sigillandola col sigillo ottagonale e sparendo nel nulla.

“Piccolo mio, te lo prometto: ti sarò sempre vicino con tutto il cuore, anche se ci saranno mari e monti a separarci” e mi baciò la fronte.
“E io ti sarò altrettanto vicina come madrina” disse Luce avvicinatasi “Sempre se tu sarai d’accordo Kaeleena”.
“Non potrei essere più d’accordo. Grazie Luce” disse lei “Non sarai mai solo. È una promessa”.

 

Questo è ciò che avvenne la notte della mia nascita. Ricordare quell’evento mi fa pensare quanto sia stato fortunato ad avere una madre come lei.
La promessa che mi fece è sempre rimasta fissa ed io sono stato felice.
Vorrei dire che il peggio fosse passato, ma non era così: anzi, doveva ancora venire.      

 

Che ne pensate di questo primo capitolo? Vorrei chiedervi la massima sincerità nelle vostre recenzioni: accetto consigli e critiche, leggere se possibile.
Tengo molto a questo personaggio e a quello che farà, forse più di quello della storia principale.
in attesa del prossimo capitolo, vi saluto tutti.

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Capitolo 2
*** Il giorno del mio credo ***


il giorno in cui nacque il mio credo

Salve a tutti. Vi presento tutto d'un fiato il racconto di un'intera giornata di questo piccolo, grande eroe. Spero che il capitolo precedente vi sia piaciuto, perchè questo ha un tono molto diverso...

Buona lettura.

I primi cinque anni della mia vita furono segnati da una profonda solitudine.
Sebbene nessuno sapesse che ero una forza portante, molti mi evitavano per ciò che era mio padre.
Si. È proprio come pensate. Senza nemmeno conoscerlo ero stato etichettato come un mostro, perché figlio di un mostro.
A causa di questo: nessuno, a parte i compagni di mia madre, si avvicinava a me.
Le persone mi vedevano con odio, i bambini mi evitavano e mi emarginavano.
Se non sono impazzito lo devo solo all’amore di mia madre che era sempre pronta a consolarmi e che mi spingeva ad andare avanti nonostante le difficoltà.

 

Ci sono così tanti episodi della mia infanzia che vorrei raccontare, ma quelli più significativi sono tre. Su di essi gira tutta la mia storia e il mio credo ed è per questo che ora li racconterò.

 

Il primo di questi avvenne quando avevo cinque anni e mezzo: ero solo un bambino eppure già ragionavo come un adulto, suscitando la sorpresa di tutti soprattutto quella di mio nonno, Yaphisan Sandtimes, il più antico dei signori del tempo.
Neanche il passato di mio nonno era stato roseo: aveva regnato come imperatore del tempo per migliaia di anni.
Poi, quando ricevette una chiamata ancora più grande e fu costretto a fare una scelta, il tempo stesso lo maledì: fu condannato a perdere le sue fattezze umane e divenne lo Spettro del Tempo, uno spirito di sabbia col volto celato da una maschera eterna che mai più lo avrebbe abbandonato e l’avrebbe obbligato ad errare in eterno nello spazio e nel tempo senza mai trovare pace.
Nonostante questo maleficio, mio nonno forzò sé stesso a starmi vicino. Mi insegnò tutte le arti della nostra famiglia e i più importanti precetti del combattimento: la spada, l’arte dei ninja, la levitazione, il corpo, la mente, lo spirito e il cuore.
Tutte queste, insieme alle sue conoscenze, furono il mio primo bagaglio che mai ho dimenticato.
Fu la sera dopo uno di questi allenamenti che capii il mio credo.

 

Prima, per, permettetemi di riassumere la giornata: a parer mio, è altrettanto determinante e poi vi dirò il resto.

Muovendomi nell’aria, stavo esercitandomi a lanciare i kunai in vari punti per centrare i bersagli.
Quella tecnica non era la mia specialità, ma non sono mai stato il tipo che si arrende facilmente e continuai ad insisterei.
Quel pomeriggio, già trenta volte avevo provato ad eseguire quei movimenti, senza riuscire a coordinarmi bene.
Ricordo ancora le testate che presi quel giorno d’Autunno in cui soffiava un vento freddo.

“Direi che per oggi può bastare Sauron” disse il nonno “Torniamo a casa, altrimenti chi la sente tua madre”.
“Per favore nonno, fammi provare un’ultima volta” gli dissi esausto “Sento che questa è la volta buona”.
“L’avrai detto almeno dieci volte oggi. L’aria si sta caricando di umidità, fra poco pioverà.
È meglio interrompere e tornare a casa per oggi: non voglio che ti prenda un raffreddore”.
“Facciamolo solo un’altra volta” insistetti “Questa volta ce la farò”.
Mio nonno sospirò ed acconsentì.

 

La pioggia aveva cominciato a scendere ed io stavo immobile in mezzo alla radura, incurante di ciò che mi circondava.
Mi concentrai, cercando di localizzare tutti i bersagli con la mente.
Poi saltai: mi capovolsi e, senza indugi, lanciai i kunai verso le varie direzioni, cercando di direzionarne alcuni per deviarne la traiettoria.
Dopo il lancio feci una capriola e atterrai sul suolo bagnato, scivolando nel fango.
“Sauron! Tutto bene?” disse mio nonno correndo allarmato.
“Tranquillo sto bene” dissi alzandomi pieno di fango.
Il nonno si fermò un attimo a guardarmi e poi scoppiò in una sonora risata.
“Che c’è da ridere” dissi imbronciato.
“Dovresti vederti Sauron, sembri il mostro di fango” disse lui.
Feci il broncio e girai la testa offeso.

“Basta ridere adesso. È meglio tornare a casa” disse lui.
“Aspetta! Devo vedere come sono andato” dissi e corsi nei punti in cui avevo lanciato i kunai.
Con mio grande rammarico, vidi che avevo fatto di nuovo cilecca: avevo centrato solo un bersaglio.
“Beh! Almeno un progresso c’è: ne hai preso uno” disse allegro il nonno.
“Capirai che risultato!” sospirai  e starnutii.
“Visto? Ti stai raffreddando. Torniamo a casa prima che ti ammali veramente. Penseremo domani a sistemare tutto”.
“Ma così i bersagli si rovineranno!” dissi “Dobbiamo raccoglierli”.
“I bersagli sono facilmente sostituibili, la tua salute no. Adesso filiamo a casa” e si incamminò.
“Va bene!” dissi sconsolato e mi incamminai dietro di lui.

 

In quel periodo abitavo in una piccola villa di campagna, costruita a mo di castello arabo all’esterno, ma dotata di ogni confort all’interno.
Mia madre stava camminando nervosamente davanti all’ingresso. Quando entrammo mi fece una bella strigliata per come mi ero ridotto.
Una volta che ebbe finito, mi disse:“Avanti tesoro, va cambiarti. Non vorrai mica presentarti così davanti ai nostri ospiti”.
“Ospiti?” feci io “Che ospiti?”
“La tua madrina e le sue amiche. Arriveranno fra breve. Quindi non farti trovare in quel modo.
Papà dovrai pulirti anche tu!” disse rivolta al nonno.

“Cosa?” fece lui “Io che c’entro? Non sono mica..”.
“Niente ma!” lo interruppe mamma “Andate subito a lavarvi altrimenti a letto senza cena”.
Quando mamma faceva in quel modo non erano ammesse repliche.
Io e il nonno ubbidimmo e andammo nella mia stanza a cambiarci.

 

“Tua madre è davvero terribile vero?” disse il nonno mentre si lavava la maschera.
“E’ tua figlia. Avrà preso dalla nonna!” dissi io.
“Le donne della famiglia sono davvero tremende!” sospirò.
Cominciai a tossire ed a starnutire ripetutamente: a quanto pare la doccia fuori programma, mischiata alla fatica di quel giorno mi avevano fatto ammalare.

Il nonno mi si avvicinò e mi tocco la fronte.
“Accidenti. Sauron scotti. Ecco cosa succede a non ascoltare il nonno quando dice di tornare a casa”.
“La testa dura è di famiglia” dissi secco “Forza andiamo a cena!” E mi incamminai, ma caddi a terra privo di sensi.

 

Mi risvegliai alcune ore dopo sdraiato nel mio letto e con un panno umido sulla fronte.
Intorno a me c’erano la mamma, il nonno, la mia madrina Luce e le signorine Marina ed Anemone che mi osservavano preoccupati.
“Devo essermi addormentato!” dissi scherzando.
“Quanto sei spiritoso!” esclamò mamma “Mi hai fatto davvero preoccupare. Per fortuna che Luce è venuta in anticipo e ti ha dato un’occhiata. Per qualche giorno dovrai restare a letto”.
“No!” mi lamentai “Devo completare i miei allenamenti”.
“Smettila di lagnarti monello!” mi riprese la signorina Marina “Dovresti essere contento di poter restare a letto a non far niente. È il desiderio di tutti i bambini”.
“Di tutti i bambini che stanno bene, non di quelli che hanno la febbre” ribattei.
“Vedi di riprenderti in fretta allora” disse lei.
“Tanto guarisco in fretta!” dissi sconsolato.
“Buon per te, no? Ma adesso sei alla nostra mercé” disse lei mentre si avvicinava al mio letto con sguardo maniacale.

“No!” dissi tirandomi le coperte addosso “Niente pizzicotti, niente solletico. Non sono un bambino”.
“Questo lo dici tu piccolino” e cominciò a solleticarmi da sopra le coperte, facendomi scoppiare dalle risate.

Era abitudine degli amici della mamma farmi quegli scherzetti e lo facevano in modo del tutto naturale.
“Ehi Marina. Smettila di solleticarlo” la interruppe la signorina Anemone “Altrimenti non mi lasci nulla”.

 

Come ho detto, è abitudine.

 

Le due ragazze mi solleticarono sotto lo sguardo divertito di mamma del nonno e di Luce.
Alla fine venne mia madre che, sollevate le coperte con il classico “Cucù” mi tirò le guance e mi baciò la fronte, facendomi arrossire.
Mi sono sempre vergognato a farmi baciare in pubblico da mia madre, cosa naturale per tutti credo. Ma con amici tutto è permesso, penso.

 

Dopo di lei fu il turno di Luce, la quale si sedette sul mio letto e mi accarezzò i capelli.
Il suo tocco gentile: era la cosa che più preferivo.
Quella donna era sempre amorevole con me: mi faceva credere di poter fare qualsiasi cosa: bastava il semplice sentimento per curare un qualsiasi dolore. Era questo il suo credo.

 

“Allora Sauron: come sono andati gli allenamenti?” mi chiese.
“Uno schifo!” dissi io.
“Agli inizi è sempre così. Tutto cambia quando trovi la tua consapevolezza”.
“Come quella che trovò Nick, il nostro grande eroe?” chiesi io mettendomi a sedere.
“Esatto. Proprio come lui” disse con un sorriso.
“Ti prego. Raccontami la sua storia. È la mia preferita”.
“Ehi!” intervenne mamma “Sai che ore sono?  A quest’ora dovresti dormire. Se vuoi riprenderti devi riposarti”.
“Si, ma non mi stancherei mai di sentirla” dissi io.
“Tu no. Ma noi abbiamo un po’ di sonno!” disse mamma.
“Se farai il bravo te la racconterò la prossima volta” disse Luce.
“Quando tornerai a trovarmi?” chiesi.
“Il più presto possibile. Devo vedere come sta il mio paziente preferito” disse con un sorriso.

Sentendo quel sorriso e quegli occhi puntati su di me, mi sentii avvampare.

“Credo sia meglio lasciarlo riposare” disse mamma “Venite, vi accompagno alla porta.
Fa tanti bei sogni piccolo mio, che ti diano la giusta ispirazione”.
“Buona notte mamma. Buona notte a tutti voi. Perdonatemi se vi ho fatto preoccupare” dissi.
“Buona notte Sauron!” dissero tutti e uscirono dalla stanza chiudendo la porta.

 

 

Rimasi a lungo seduto sul mio letto a pensare.
Nella mia mente ricordavo le avventure di Nick e dei giovani ragazzi di cui si era circondato, i mitici Sun’s Knights.
Nel mio cuore desideravo essere come loro: forte, coraggioso e determinato.

Con la mente ripercorsi tutti gli scontri che mi erano stati raccontati, tante e tante volte da mia madre e dalla mia madrina: di come Nick avesse sconfitto Orochimaru e poi Abominon; della lotta contro i primi dieci generali infernali, uno più agguerrito dell’altro; del viaggio nella dimensione dei duelli in cui regnava il Sovrano Supremo e di come i giovani cavalieri lo avessero affrontato e sconfitto e di quello che ancora avrebbero dovuto affrontare.
Mi rendevo conto che quella storia era ancora lontana dal concludersi, ma speravo di potervi prendervi parte e realizzare me stesso.
Il mio salto di fantasia sparì così come era apparso.
Ciò che desideravo, restava un desiderio irrealizzabile, pensai.
Che cosa poteva fare un bambino per aiutare degli eroi a salvare ciò che era veramente importante, quando nemmeno comprendeva cosa fosse questo qualcosa?

Sconsolato, scesi dal letto e mi appoggiai al davanzale della finestra ad osservare il cielo.
Ormai aveva smesso di piovere e la luna sorgeva luminosa nel cielo ora sgombro. Osservare la candida signora nella sua pienezza, mi illuminò lo spirito, dandomi l’illusione di toccarla con un dito.
Mentre la osservavo estasiato, notai una stella cadente attraversarla ed espressi il mio desiderio, pieno di speranze e augurandomi una nuova vita.

Quella stella, dopo aver attraversato la luna, si illuminò e scese.
Stupefatto, la vidi schiantarsi, con un leggero chiarore su un piccolo altopiano poco distante.
Senza nemmeno pensare alle conseguenze del mio gesto, infilai un vestito pulito, aprii la finestra e mi misi a correre verso la direzione del bagliore.

 

Il vento ululava con forza, sollevando tutta la vegetazione.
Con le tempie che mi pulsavano e il viso rosso, continuai a correre, cercando di ignorare la debolezza e la paura.
Mentre correvo, sentivo l’ululato dei lupi mischiarsi a quello del vento, dandomi un senso di profondo terrore.
Non riuscivo a capire se fossero vicini o lontani, tantomeno da quanto tempo stessi correndo.
Poi, all’improvviso, sentii un rumore di zampe.
Mi stavano inseguendo e non mi ero nemmeno preoccupato di portarmi appresso un arma.
Tutto ciò che potevo fare era correre e sperare che la febbre non mi annebbiasse la vista.
Con tutta la forza che avevo, accelerai il passo verso l’altopiano, sperando di non commettere un grave errore.
Mentre stavo pensando a questo, un lupo mi apparve davanti saltandomi addosso. Era una bestia enorme dal folto pelo nero: le sue enormi fauci si erano aperte e puntavano alla mia gola.

Stringendo i denti, saltai in alto, evitando l’assalto. Mentre mi sollevavo vidi in basso: rendendomi conto di avere alle calcagna un intero branco, composto da circa una dozzina di esemplari.
A quel punto la paura si impossessò del mio corpo: il cuore cominciò a battermi all’impazzata, come se volesse uscire dal petto e non riuscivo a fermarlo.
Quando atterrai cominciai a correre alla cieca senza sapere più dove stessi andando. Poi, all’improvviso, tutto si fece buio.

 

Una foglia mi cadde sulla testa e mi ridestai di botto.
Spaventato mi alzai in piedi e mi guardai attorno confuso.
Il mio respiro era agitato, incapace di fermarsi. Di fronte ai miei occhi mi si parò lo spettacolo più agghiacciante che avessi mai visto: tutti i lupi erano a terra in una pozza di sangue ed io ero interamente imbrattato di quel sangue.
Le mie mani erano rosse, dalle dita fino agli avambracci.

Cercai di ricordare che cosa fosse successo, ma tutto quello che ricordavo era la mia corsa disperata.
Dove ero finito? La testa mi pulsava e non riuscivo a capire più niente.

“Sauron!” disse una voce.
Sobbalzai terrorizzato verso la direzione da cui essa veniva.
Chi era che mi chiamava? Non riuscivo a capire chi fosse e avevo paura.
“C-Chi è?” chiesi.
Il bagliore di una torcia mi attraversò il viso ed apparve uno strano essere.
 Spaventato feci un passo indietro.
“Calmati Sauron. Sono io”.
La figurasi avvicinò e il nonno mi apparve davanti.
“No-Nonno!” dissi io e lo abbracciai piangendo.
“Che cosa ci fai qui figliolo? Questo posto non è sicuro di notte”.
“Ho avuto tanta paura!” riuscii a dire.
Il nonno vide il macabro spettacolo, poi mi guardò preoccupato.
“Che cosa è successo?” mi chiese.
“N-Non lo so! Tutto si è fatto buio”.
Ci vollero parecchi minuti pria che riuscissi a riprendermi e a rielaborare ciò che era successo. Poi capii: quel massacro era opera mia.

 

Stavo scappando dai lupi: l’adrenalina era al massimo e le mie condizioni fisiche e mentali indebolite dalla febbre.
Poi una grande forza si era impossessata di me e il desiderio di sangue mi aveva pervaso.
Lo strato del demone era uscito e la volontà delle volpe si era impossessata di me e aveva straziato e distrutto le vite di quelle creature.

 

“Sono stato io!” dissi traumatizzato “Ho lasciato che la paura mi pervadesse e ho inconsciamente liberato la volpe”.
Il nonno si irrigidì. Poi, vedendo i miei occhi pieni di paura, recuperò il sangue freddo si inginocchiò davanti a me: “Ciò che hai fatto non poteva essere evitato. Hai agito d’istinto per salvare la tua vita. L’importante è che nessun innocente ci abbia rimesso la vita”.
“Ma nonno” dissi isterico “Ho tolto la vita a delle creature. Mi sono macchiato del loro sangue senza potermi fermare e, addirittura provandone un perverso piacere. Sono un mostro”.
“NON PENSARLO NEANCHE!” mi sgridò, picchiandomi alla guancia.
Lo guardai terrorizzato.
Mi abbracciò forte a sé: “Perdonami se ho alzato la voce nipotino mio”.
Ricambiai l’abbraccio, trovandone tutto l’affetto possibile.

Dopo che mi fui definitivamente calmato, mi staccai dal nonno.
“E’ meglio tornare a casa. Se tua madre si accorge che sei stato qui avrà una crisi isterica!”
“Si. Va bene”.
C’incamminammo verso la strada di casa, sperando di dimenticare tutto.
Ma la notte non era ancora finita: mi serbava ancora una sorpresa illuminante, direi.

 

Mentre camminavo, vidi un bagliore alla mia destra.
Mi fermai e cercai di capire che cosa fosse.
“Sauron. Che stai facendo?” chiese il nonno giratosi verso di me.
Indicai con la mano la direzione.
“Che cos’è?” disse, piegandosi sulle ginocchia.
Come se fossi posseduto, mi incamminai verso la luce: non sapevo se fosse la febbre, ma sentivo una voce che mi chiamava.
Dietro di me il nonno mi chiamava, ma la sua voce era confusa, quasi incomprensibile alle mie orecchie.

Corsi a perdifiato fino a quando non giunsi in un’ampia radura: lì al centro vidi un cratere e, in mezzo, una strana luce.
“Finalmente sei arrivato Sauron. È stata una lunga attesa” disse il bagliore.
“Tu stavi aspettando me? Perché?” chiesi.
“Per realizzare il tuo desiderio e guidarti verso il tuo futuro” rispose e mi avvolse in un luminoso abbraccio.

 

Il nonno giunse nella radura e si fermò a pochi passi, esterrefatto dallo spettacolo che gli si parò davanti.
“N-Non è possibile!” riuscì a dire.

Il mio corpo era ricoperto da un’armatura blu notte, decorata con stelle e fulmini dorati, dall’elmo scendeva uno spesso piumaggio bianco come la luna piena, che mi avvolgeva tutta la schiena, quasi come fosse un mantello.
Tutto quello che avevo desiderato si era avverato: avevo un’armatura, ero diventato ciò che desideravo. Ero diventato un vero Sun’s Knight.
“Quello è Incanto Di Folgore Il Cavaliere della Luna” disse il nonno, ripresosi dalla sorpresa ed avvicinatosi “A quanto pare, hai davvero fatto l’impossibile Sauron”.
“Ma come è possibile?” chiesi.
“Te lo spiego io Sauron” disse lo spirito.
Io e il nonno restammo senza parole.

“Quando hai espresso il desiderio davanti alla luna, essa ha voluto metterti alla prova” disse lo spirito.
“Alla prova?” feci.
“Esatto! I lupi che ti inseguivano erano la prova. Ciò che dovevi fare era affrontarli con i mezzi a tua disposizione. Non importa il potere che hai usato, hai ottenuto la tua vittoria e quindi il tuo premio, cioè io”.

“Quindi, adesso io sono..” feci.
“Non ancora! È ancora troppo presto. Tuttavia mi hai conquistato e ti sarò sempre a fianco d’ora in poi”.

Con un sospiro che era a metà tra la felicità e la tristezza, vidi lo spirito svanire e fluttuare intorno a me.
Il sangue che fino a poco fa mi aveva ricoperto, era sparito, lasciando i miei abiti immacolati: quasi come se fosse avvenuta una cerimonia di purificazione della mia anima.
Sentii l’aria fresca attraversarmi il corpo, come se fosse un’anima pura che mi prendeva nel suo caldo abbraccio.
“Sta per sorgere l’alba figliolo” mi disse il nonno.
“E’ vero. Andiamo a vederla?” chiesi.
“Oramai ci siamo. Quindi andiamo”.

Senza rendercene conto, eravamo giunti in cima all’altopiano. Ma non era un qualsiasi altopiano: era il leggendario “Altopiano dell’eroe”, il luogo in cui colui che aveva salvato il Fantasy aveva ritrovato sé stesso e sciolto la maschera del dolore.
La luce del sole illuminò il mio volto ed io, per la prima volta mi sentii libero.
“Sai?” disse il nonno “Si dice che questo luogo sia magico. Se lo raggiungi con il cuore leggero, la strada che percorri trova un’illuminazione”.
“Le voci sono vere, direi.
“Hai avuto l’illuminazione?” mi chiese.
“Si. Ora ho trovato il mio credo”.
“Allora dillo con tutto il cuore”

Alzai le braccia al cielo e dissi: “IO DIVENTERO’ UN EROE. Ma non un semplice eroe. Mi impegnerò per cambiare i destini di coloro che incontrerò. Così come dalle tenebre della notte sorge il giorno, illuminerò la strada degli altri e un giorno: riuscirò a realizzare quel sogno che è ha il nome di pace”.
“Ah! Che credo complicato! Dovrai lavorare duramente per realizzarlo” disse il nonno.
“Lo so! Ma adesso ho una ragione di vita e la perseguirò fino alla fine”.
“Sei pronto a giurarlo?”’
“Fino alla morte”.
“Allora dovremo iniziare a metterci d’impegno”.
“Sono pronto!” dissi mentre osservavo il sole.

 

 

Da allora ho messo tutto  me stesso per realizzare  questo sogno e non mi arrenderò fino a quando non lo vedrò esaudito.

Bel finale vero? Mi sono preso la briga di mettere tutto insieme  per stupirvi .
Penso che, dal prossimo, proverò a spezzettare un po' la narrazione, visto che non so quanto scriverò..
Vi prego di commentare questa storia con tutta sincerità. Come sempre, vi dò appuntamento alla prossima

 

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Capitolo 3
*** un incontro che mi cambiò la vita ***


un incontro che mi cambiò la vita

Salve a tutti quanti. Spero che questa storia stia cominciando a piacervi e che i capitoli precedenti vi abbiano un po' incuriosito. 
Eccovi il nuovo capitolo e buona lettura.
Mi raccomando commentate.

Il secondo episodio più importante della mia vita è legato all’incontro di una ragazza, forse la prima che mi abbia davvero rubato il cuore: ed è la stessa che, adesso, è riprodotta insieme a me nella cornice che ho sul mobiletto.

Il suo nome è Selen.

 

 

Era una giornata tranquilla e monotona: lezioni fino a tardi, completamente ignorato dagli altri e considerato un mostro e un visionario, per via del mio sogno che avevo deciso di gridare ai quattro venti. Ad esso si era aggiunta la presenza di Incanto di Folgore, che mi fluttuava sempre accanto che nessuno, a parte me poteva vedere: quindi ero allontanato da tutti.
A pensarci adesso mi viene da ridere, ma allora era un ulteriore macigno che avevo addosso e questo mi faceva davvero male.

 

Stavamo per incominciare le lezioni. La maestra entrò nell’aula e fece una comunicazione alla classe: “Buongiorno a tutti”.
“Buongiorno maestra!” dicemmo come pappagalli (patetico).
“Prima di cominciare la lezione, dobbiamo dare il benvenuto ad una nuova alunna. Prego, entra”.
Entrò una ragazzina. Il suo sguardo era malinconico, ma molto dolce, accentuato dagli occhi rossi e luminosi. Una cosa che mi sorprese molto era il colore dei suoi capelli: lunghi e rosa luminoso , coperti in parte da un berretto azzurro su cui erano disegnate delle ali.
“Salve a tutti” disse timidamente.
“Vi presento Selen Rose: viene dal Giappone della dimensione 12. Vorrei che faceste subito amicizia con lei e le indichiate il programma che stiamo facendo.
A questo punto bisogna trovarle un posto. Scegli pure il posto che più preferisci”.

Di posti liberi ce n’erano cinque: uno due banchi avanti a me, affianco alla cattedra, uno al centro, nella zona delle pettegole di moda, due vicino alla porta, dove c’erano i patiti della musica. L’ultimo era quello vicino a me, di fianco alla finestra.

Da quando frequentavo la scuola, nessuno si era mai seduto vicino a me, considerando la mia stranezza. Ero sicuro che avrebbe scelto le patite di moda, quindi non ci feci caso e non feci alcun gesto.

“Scusa!” mi sentii chiamare “Potresti lasciarmi sedere vicino la finestra? Mi piace guardare fuori”
Mi sentii attraversato da un fulmine a ciel sereno. Quella ragazza, tra cinque posti liberi aveva scelto proprio quello che nessuno voleva: vicino a me.
Come un robot, mi alzai e la lasciai passare.
Mentre si sedeva: la osservai e lei, sentendo il mio sguardo, arrossi e lo stesso feci io.
“Ciao!” mi disse timidamente “Io sono Selen Rose”.
“Piacere” dissi io mentre mi sedevo come un automa “Io sono Sauron Folgore Sandtimes”.

 

La lezione andò normalmente, salvo per il fatto che mi sentivo lo sguardo di tutti sul collo. Alla cosa ero abituato, ma non era odio o paura che sentivo: bensì invidia, da parte dei maschi e preoccupazione, da parte delle femmine.
C’era anche un’altra cosa nuova: ero molto vicino ad una ragazza che non era né mia madre, né una sua amica e la cosa mi piaceva.
Ma sapevo che non sarebbe durata a lungo.

 

Era ora di pranzo. Come mio solito, mi ero seduto sul tavolino più vicino alla porta, completamente solo a consumare il mio pasto.
“Perché non chiedi a quella ragazzina di farti compagnia?” mi disse lo spirito di Incanto di Folgore.
“Non servirebbe a niente” dissi dopo aver bevuto un sorso di succo “Le altre l’avranno avvicinata e detto qualcosa su di me. Non vale la pena neanche provarci. Sono sicuro che, da domani, se ne andrà da qualche altra parte”.
“Allora non mi volterei, fossi in te. Spero che ti vada di condividere il posto con qualcuno oggi” disse Incanto.

Alzai la testa e me la trovai nuovamente davanti.
“Posso sedermi qui?” disse con lo sguardo basso.
“C-Certo!” dissi nuovamente rosso.
Mi si sedette davanti e cominciò a mangiare in silenzio.
“Che cosa devo fare?” pensai.
“Dille qualcosa” propose Incanto che sentiva i miei pensieri.
“Si. Ma cosa?” pensai.
“La prima cosa che ti viene in mente” disse.

La testa mi stava per scoppiare: non riuscivo a pensare a nulla e non riuscivo a toccare cibo.
Come potevo uscire da quella situazione così imbarazzante?
“Ciao Selen!” disse una ragazzina che passava di lì.
“Ciao” disse lei aggiustandosi il berretto sulla testa.
“Che ne dici di venire a sederti con noi? Questo tavolo è il meno adatto per pranzare” facendo un chiaro riferimento a me.
Lei mi guardò e poi guardò l’altra e rispose affermativamente.

Si alzò ed andò via, ma prima, si voltò e mi salutò.
La guardai allontanarsi e sedersi a tre tavoli di distanza e accennai un sorriso.
“Hai visto come ti guardava?” disse Incanto “Sembrava triste”.
In quel momento non lo stavo ascoltando: la mia mente sembrava lontana anni luce da quella stanza, sentivo il cuore leggero come l’aria. Sembrava stessi per volare in cielo.
“Sveglia bello addormentato” mi richiamò Incanto.
“Come.. che stavi dicendo?” chiesi.
“Stavo parlando del suo sguardo: nascondeva tristezza. E poi perché continua a tenersi quel berretto in testa: con il caldo che fa qua dentro starà morendo dal caldo”.

“Chi lo sa?” feci  con occhi luminosi “Ognuno è libero di fare quello che vuole”.
“Secondo me hai un po’ di febbre. Non mi sembri messo bene”.
“Forse si! Ho un po’ di febbre” dissi sorridendo.
“Allora vattene da qui!” disse una voce stridula dietro di me mentre mi cadeva del liquido addosso.

Mi voltai.
“Vi serve qualcosa?” chiesi voltandomi.
“Certo! Che tu sparisca” dissero il cosiddetto trio iena della mia classe e mi spinsero all’indietro facendomi cadere.

Il vassoio del pranzo mi cadde sulla testa e tutto il suo contenuto mi finì sulla maglietta.
“Ah ah! mangi come un poppante. Perché non vai a piangere dalla mamma?” disse quello al centro.
Ero abituato ai loro scherzi, ma mai si erano spinti fino a quel punto. Era evidente che volevano farmi vedere come un verme.
“Una maglietta si può cambiare, ma un cervello bacato no!” dissi con tono inespressivo e distaccato.
“Come ti permetti, mostro!” disse quello alla destra.
“Mi hai chiamato mostro?” chiesi calmo.
“Che sei sordo? Allora te lo ripeto” e mi colpì con un calcio “SEI UN MOSTRO” gridò.
L’intera sala mensa calò nel silenzio. Tutti si erano voltati a vedere la scena.

Sentendo gli sguardi di tutti su di me, feci un sorriso forzato e dissi: “Dite pure quello che vi pare: gli idioti e gli ipocriti vanno solo assecondati”.
“Come?” disse uno di loro avvicinandosi “Non ti ho sentito da lì!”
“Te lo ripeterò” dissi spalancando gli occhi con lo Sharingan attivo “Idiota e ipocrita, che non conosce il valore dei sogni e gioisce nel torturare quelli che ne hanno uno”.

I tre bulli ebbero un sussulto ed arretrarono.
Quando attivavo lo Sharingan tutti scappavano, perché vedevano in esso lo sguardo di un demone. In realtà lo usavo solo per spaventarli e togliermeli di mezzo.
“Che vi prende?” dissi freddo “Il gatto vi ha mangiato la lingua o avete, improvvisamente ricordato un impegno?”
I tre bulli erano impietriti dal terrore e tutti i presenti tremavano, tutti tranne una persona.
Sentivo che qualcuno mi stava vedendo senza paura, ma con comprensione. Mi voltai verso la mia sinistra ed incrociai lo sguardo di Selen,: dal cui volto stavano scivolando delle lacrime.

Vedendo le lacrime ebbi un sussulto al cuore e disattivai lo Sharingan.

Fu un grave errore: infatti i bulli, notata la mia distrazione, ne approfittarono per saltarmi addosso e buttarmi faccia al muro.
Per un attimo mi si annebbiò la vista e sentii il sapore del sangue in bocca.
Scivolai sulla parete e mi accasciai sul pavimento tenendomi la testa sanguinante.
“Visto? Abbiamo steso il mostro” dissero trionfanti i tre.

“Steso?” dissi, mentre mi alzavo a fatica, tenendomi al muro.
Sentivo gli sguardi di tutti addosso: salvo Selen, che piangeva, tutti mi guardavano con gli stessi occhi. Me li sentivo gravare come macigni e paralizzato dal loro peso. Odiavo quegli occhi.
“Hai ancora voglia di fare lo spaccone?” disse il bullo alla destra.

“Mi  è sembrato di averlo detto e ripetuto: io dico le cose come stanno senza cambiare idea o arrendermi. Io diventerò un vero eroe!” dissi determinato.
Ci fu un attimo di silenzio, poi una risata generale.

“Vi divertite eh? Ridete finché potete. Io diventerò un eroe e vi dovrete rimangiare dieci volte le vostre stupide angherie” dissi con sfida.
“Tu un eroe?” disse il bullo centrale “Non farmi ridere. Sei tu il cattivo: tuo padre è un feroce assassino e sei un peso per tutta la tua famiglia”.

Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Con un movimento rapido, ignorando il dolore, mi portai davanti ai tre e li colpii con forza, scagliandoli dall’altra parte della stanza.
“Dammi pure del mostro. Prendi in giro il mio sogno se vuoi” dissi furioso “Ma non azzardarti a nominare la mia famiglia, altrimenti ti riduco in pezzi”.

Sentivo la rabbia crescermi in corpo e l’adrenalina esplodere: il demone dentro di me desiderava uscire e.
Strinsi i pugni per trattenere il desiderio: non volevo che gli altri vedessero ciò che avevo dentro. Ma i miei occhi si erano già fatti rossi con le pupille verticali e tutti tremavano, confondendo li con quelli della mia abilità innata.

“Fermati!” disse Selen “Ti prego”.
Per l’ennesima volta in quella giornata, sentii i suoi occhi fissi e imploranti su di me.

Mi voltai nuovamente verso di lei e, per la prima volta, lo notai: il suo sguardo era un turbinare infinito di emozioni che giravano senza meta.
Oltre quel turbinare, riuscii a vedere dell’altro: qualcosa di strano, di anormale era chiuso nel suo profondo, imprigionato da un velo leggero.

Non sapevo che cosa fosse, né da dove venisse. Ciò che sapevo era un forte dolore, forse superiore a quello che avevo io.
Quella visione riuscì a farmi calmare e trattenere la mia rabbia.

 

L’intera sala esplose: tutti cominciarono a lanciarmi carte e bicchieri addosso gridandomi contro ingiurie su ingiurie.
Senza esitare, lei mi si avvicinò, nonostante il caos e mi abbracciò: “Non ascoltarli!” mi sussurrò.
La ragazza di prima cercò di allontanarla da me dicendo di non lasciarsi prendere dalla pietà verso di me.       
Lei si rifiutò di lasciarmi, anzi mi tenne ancora più stretto.

Nessuno aveva mai preso le mie difese, eppure lei lo stava facendo. Perché continuavo a chiedermi.
La risposta mi giunse pochi istanti dopo.

 Mentre stavano cercando di allontanarla da me, lei si divincolo e il berretto le volò dalla testa, mostrando il suo capo: su di esso c’erano delle strane escrescenze ossee, simili a corna.
Quando videro la cosa, tutto si fermò: il tempo, il mondo, tutto.
Poi ci fu uno strillo seguito da grida di terrore: “Un diavolo!”
La paura esplose e molti cercarono di scappare, altri invece ci lanciarono contro qualsiasi cosa, dandoci dei mostri.
In quel momento qualcosa cambiò: il velo che la copriva, si scostò, rivelando una furia carica d’odio e di rabbia.
Gli occhi di Selen emanarono una luce sinistra, simile a quella che vedevo in quelli della volpe.

Capii che stava per succedere qualcosa di terribile: dovevo fermarla, o ci sarebbe stata una carneficina.
“Restami vicino” mi disse.
Si girò verso gli altri, sprigionando qualcosa di terribile.
Senza aspettare di vedere cosa fosse, liberai le sabbie del tempo ed avvolsi l’area circostante, che si riempì di impronte di mani invisibili, che sfrecciavano rapide in tutte le direzioni.  

Non sapevo cosa stesse facendo, ma dovevo fermarla, prima che compisse un passo dal quale non poteva tornare indietro.
Feci l’unica cosa che potevo fare: la stordii con un colpo al collo.
Cadde in avanti, ma la presi tra le mie braccia e la sollevai.
Senza perdere tempo, corsi fuori dalla sala mensa e andai in infermeria.

 

Per tutto il pomeriggio, le restai accanto, ripensando a quello che avevo visto  ed alla sensazione provata, cercando di darvi un senso.
“A che pensi?” mi chiese Incanto.
“A ciò che è successo a mensa” risposi.
“Perché non lo chiedi direttamente a lei quando si sveglierà?”
“No, è meglio di no!”
“Hai paura di sapere la verità?”
“Non è per quello”.
“E allora per quale motivo?”
Abbassai lo sguardo su di lei, guardando il suo viso: “Perché lei è come me, soffre a causa del pregiudizio altrui. Sono le persone come lei che desidero aiutare”.
“Capisco!”
Gli occhi di Selen si aprirono, fissando il soffitto e poi me: erano tristi e malinconici, come lo erano normalmente i miei.
“Come ti senti?” le chiesi.

 

La porta dell’infermeria si aprì ed entrò la madre di Selen.
“Selen. Piccola mia stai bene?” e l’abbracciò.
Capendo di essere di troppo, mi alzai e mi diressi verso la porta.
“Aspetta” mi chiamò sua madre.
Mi fermai senza voltarmi.
“Hai aiutato la mia bambina ed hai evitato che qualcuno si facesse male. Ti ringrazio con tutto il cuore, sei un piccolo santo” mi disse.
Delle lacrime mi uscirono dagli occhi: qualcuno, per la prima volta, mi aveva ringraziato. Fu davvero la cosa più felice che avessi mai sentito in vita mia.
“Si figuri” dissi forzandomi di mantenere la voce ferma e uscii.

Spero abbiate apprezzato questo capitolo. Ditemelo con un commento.
Non mancate al prossimo.Ciao.

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Capitolo 4
*** il sorriso che vale più di qualsiasi tesoro ***


il sorriso che durerà per sempre

 Un saluto a tutti voi bella gente! 
In questo capitolo Selen spiegherà la sua condizione e ci sarà molto altro ancora. 
Spero che vi  piacerà. Buona lettura.

Quella sera mia madre fu chiamata dal preside della scuola. Le fu detto che ero sospeso a tempo indeterminato.
Quando tornò, mi mise in castigo, proibendomi di uscire ed esigendo di sapere cosa fosse accaduto.
Le raccontai tutto, dall’inizio alla fine della giornata.

Dopo che ebbi finito, si morse il labbro: “Quei piccoli mocciosi. Come genitore, ti dovrei dire che non avresti dovuto rispondere alle provocazioni  ed ignorarli, ma sai che ti dico: avrei voluto essere presente per dargli il resto”.
“Accidenti figlia mia: mantieni sempre il carattere di quando eri piccola” disse il nonno “in qualsiasi caso, dico lo stesso. Se offendi un membro della famiglia, te la trovi tutta contro”.
“E’ vero” disse mamma “Domani mi farò sentire sia alla scuola, sia ai genitori di quei piccoli mostri”.
“Senza prove?” chiese il nonno.

“La sala mensa ha una videocamera di sorveglianza: mi prenderò il video” disse mamma con un sorriso diabolico.
“E come?” chiese spaventato dall’espressione della mamma.
“Con le buone o con le cattive” rispose.
“E io che faccio nell’attesa di essere discolpato?” chiesi.
“Resterai confinato in camera tua”.
“Va bene!” dissi e andai verso la mia stanza; poi, dopo pochi passi, mi fermai e chiesi: “Sai qualcosa di Selen?”
“Come mai ti interessa saperlo?” mi chiese.
“Ecco..” cominciai a dire imbarazzato.

Mamma, capendo, sorrise: “Ho incontrato sua madre. Mi ha detto che è un po’ scossa, ma sta bene. Ti manda i suoi saluti e ti ringrazia”.
Annuii con la testa e, con un sorriso in volto, mi allontanai.“Sai, vorrei conoscere anche io questa ragazzina. Sono sicura che è davvero speciale come te” mi disse da dietro.
“Ti voglio bene mamma!” e mi incamminai.

 

Quella notte non riuscii a chiudere occhio: il mio cuore era leggero e il mio viso era segnato da un profondo sorriso, che non se ne voleva andare.
“Non riesci a dormire?” mi chiese Incanto.
“No non ci riesco. Non so spiegartelo, ma non sono mai stato così bene in tutta la mia vita”.
“Quella ragazzina ti ha rubato il cuore”.
“Ehi!” dissi alzandomi di botto “Non è come pensi”.
“Sei tutto rosso!” mi disse.
Ebbi un tic nervoso e spalancai gli occhi: in pratica feci una faccia molto buffa.
“Quando la freccia di Cupido ti colpisce il cuore non c’è più scampo.
Non c’è nulla di cui vergognarsi: è la cosa più bella che si possa provare ed è difficile da dimenticare”.
Affondai di nuovo la testa nel cuscino: “Mi chiedo se la rivedrò!”.
“Il destino ha fatto girare la ruota. Non sai mai dove si fermerà!”
“E’ vero!” e, senza accorgemene, sprofondai nel mondo dei sogni.

 

 

La mattina dopo, quando mi svegliai, il nonno mi disse che mamma era uscita molto presto, dicendo di non aspettarla a pranzo.
“Quando vuole una cosa non la ferma nessuno. Avresti dovuto vederla quando era piccola: era davvero difficile tenerla a bada”.
“Avrò preso un po’ da lei?” chiesi.
“Più di quanto tu possa credere” mi disse il nonno mettendomi una mano sulla testa.
Sorrisi imbarazzato.

 

 

Mamma tornò prima del previsto con un sorriso trionfante e con in mano la cassetta.
“Che hanno detto i genitori di quei bulletti?” chiese il nonno.
“Di fronte alla prova dei fatti? Sono rimasti zitti e il preside ha dovuto rivedere la sua decisione”.
“Quindi non sono più in castigo?” chiesi speranzoso.
“E perché dovresti esserlo” mi disse con un sorriso “Dopodomani torni a scuola.
Ah! Un’ultima cosa: oggi a pranzo ci saranno degli ospiti!”.“Immagino che saranno sempre Luce e le sue amiche” dissi.
“Sbagliato” disse lei “Ho invitato la piccola Selen e la sua famiglia ”.
Ebbi un leggero tremore e poi esplosi di felicità saltando di felicità e abbracciando mamma.
“I love you, Je t’eme, s’agapò, te quero, ti adoro mamma!” dissi in tutte le lingue che conoscevo. Vidi l’orario: “Cavolo! Sarà qui fra un’ora. Devo sistemarmi” e mi fiondai in bagno.
"Mi raccomando: non farti troppo bello!" disse la mamma da dietro.
Non sapevo niente di Selen, se non che mi aveva davvero reso la persona più felice del mondo. Anzi: dell’universo intero e non riuscivo a spiegarmi il perché.

 

 

“Benvenute!” disse mamma alla madre di Selen “E’ un piacere fare la vostra conoscenza”.
“Il piacere è tutto nostro, signora Sandtimes” disse lei.
“E vostro marito?” chiese mamma.
“Lui.. non è più di questo mondo” rispose abbassando gli occhi.
“Ah! scusatemi” disse imbarazzata.

Quando era entrata in infermeria non l’avevo vista bene: la mamma di Selen aveva i capelli rosa, come quelli della figlia, ma non aveva le corna, inoltre i suoi occhi erano castano rossiccio.
Dal punto di vista fisico era molto simile a mia madre, ovviamente non andava in giro con abiti scollati come lei, ma chiusi e con colori brillanti.Dopo aver rapidamente osservato la madre, portai il mio sguardo su Selen che era dietro la madre e leggermente imbarazzata.
Indossava una piccola gonna bianca e una camicetta gialla con dei bei ricami; sulla testa aveva un piccolo nastro che le nascondeva le corna.
Nel vederla le sorrisi e lei abbassò lo sguardo.“E così saresti tu la piccola Selen” disse il nonno apparendo dal nulla e beccandosi un pugno in faccia da mamma.
“Papà! È questo il modo di presentarsi agli ospiti? Facendoli sobbalzare?” disse mamma con la venetta.
“A-a-a-a! Scusate” disse nonno, mentre si alzava con gli occhi stralunati.
“Scusatelo” dissi “il nonno è un giocherellone. Si chiama Yaphisan”.
“Non sapevo di essere così, però se lo dice mio nipote è vero!” disse ridendo.
“Uff!” facemmo io e mamma con la classica “gocciolina” sulla testa.

 

 

Dopo pranzo, chiesi a Selen se voleva venire un attimo con me e lei annuì.
“Non fate cose strane voi due!” disse mamma da lontano.
Ebbi un tic nervoso e, dopo aver visto Selen, mi voltai meccanicamente verso mamma.
“Ma che ti viene in mente. Guarda che ho sei anni” le dissi imbarazzato.
“Non hai sempre detto di non essere un bambino?” disse di rimando.
Non le risposi, altrimenti sarebbe finita in tragedia e portai Selen fuori.
“Tua madre è davvero una donna incredibile!” disse Selen, mentre attraversava la porta "Ed anche simpatica!".
“Già è vero!” risposi.

 

Ci sedemmo vicino ad una quercia secolare del giardino dove, per lunghi minuti, rimanemmo in silenzio.
Come il giorno prima, non riuscivo a dirle niente: non potevo fare a meno di fissarla intensamente e lei faceva lo stesso.
“Per quanto riguarda ieri..” iniziai a dire.

“Non scusarti per avermi colpito. Se non l’avessi fatto, chissà cosa sarebbe successo: ho i brividi al solo pensiero” disse lei abbassando lo sguardo.
“Ti era mai capitato prima?”
“Cosa? Desiderare di uccidere? Si,  è successo e devo ringraziare la mamma se non mi sono spinta oltre”.
“Capisco” dissi “Tua madre è incredibile allora e tu sei altrettanto incredibile”.“No non è vero! Lei è una grande fata, ma io sono un peso per lei” disse malinconica.
“Bisogna essere forti per affrontare un problema. Tua madre è molto forte e quella forza è anche tua” dissi.
“Lo dici solo per consolarmi!”
“So cosa significa essere soli ed ignorati dagli altri: se non fosse per le nostre madri, che ci hanno trasmesso la loro forza, chissà che avremmo combinato”.Lei guardò il terreno: “Tu non hai un segno evidente della tua diversità, io invece si. Nella dimensione dalla quale vengo, quelle come me sono considerati mostri.
Ci chiamano Diclonius”.
“Diclonius?”“Si! Siamo una sorta di mutanti, contaminati da uno strano virus: ognuna di noi ha i capelli rosa e le corna. Ad essi si aggiungono delle braccia invisibili, chiamate impropriamente “vettori”: tramite esse attacchiamo e diffondiamo il virus di cui siamo portatrici.
Ciò che sappiamo fare meglio è portare la morte. Per questo quelle della mia razza vengono soppresse dopo la nascita”.Si girò verso di me, aspettandosi di vedermi spaventato. Ma io la capivo fin troppo bene e le sorrisi comprensivo.
“Non ti spaventa la cosa?” mi chiese stupita.
“Perché dovrebbe? Io ti capisco, anzi: ti ammiro”.
“Mi ammiri?” disse confusa.
“Si. Non eri obbligata a dirmi il tuo segreto, eppure lo hai fatto.  Io invece non ho questo coraggio”.
“No, non è vero! Tu hai molto più coraggio di me.
Hai combattuto sia il tuo demone che il mio per evitare che facessero del male agli altri. Se non ci fossi stato tu chissà cosa avrei fatto.
Mi ammiri per il massacro che avrei potuto compiere?”Alzai gli occhi verso il cielo e lo osservai in tutta la sua immensità. Poi, dopo quella che per me era una profonda riflessione, tornai a guardare il suo volto con un sorriso.
“Ciò che sei, ciò che puoi fare, non sono una mostruosità: sono un dono.
Gli altri ti etichettano come mostro perché non capiscono questo dono. Sono radicati nel pensiero che ciò che non è uguale a loro possa essere perseguito in ogni modo.
Tu non sei un mostro: sei una persona ed hai un cuore ed un anima come tutti gli altri. Ciò che cambia è che hai una marcia in più ed è questo che ti rende davvero speciale”.

 

Solo successivamente mi resi conto che quelle parole erano riferite ad entrambi e che era il mio modo di vedere la mia stessa vita.
Ripensarci ora mi fa sorridere: non mi rendevo ancora conto di quanto dovessi ancora crescere, così come non me ne rendo conto nemmeno adesso.

 

“Anche tu sei speciale, Sauron. Lo sei più di me”.
“Se sapessi chi sono in realtà, non lo penseresti”.
“Allora dimmi chi sei, così potrò dirtelo di nuovo” e sorrise.La guardai negli occhi: tutto ciò che le avevo visto dentro sembrava sparito. Forse si era inabissato nel profondo della sua anima, oppure la mia comprensione l’aveva cambiata. Ciò che c’era era una piccola ma intensa luce.
Vedendo quel piccolo bagliore, sentii una leggerezza nel cuore e sorrisi.
“Va bene!”.

 

Non so quanto tempo passò: il tempo sembrava essere l’unica cosa che mi era concesso di chiedere.
Quando ebbi finito, Selen mi si avvicinò fino a sfiorarmi la mano con la sua.
“Sei davvero speciale, anche più di me. Ecco perché sei un vero eroe e non un mostro, come dicono gli altri. Lo sei sin da quando sei nato”.

Come allora, nemmeno adesso riuscirei a descrivere il mio stato d’animo: ero felice come mai eppure piangevo come un bambino, quale che ero.
“Grazie!” le dissi con il cuore in mano.
Prese un fazzoletto dalla tasca e mi asciugò il viso, poi avvicinò il suo e mi baciò.

 

Da allora Selen divenne il mio mondo ed io divenni il suo.
Ogni cosa la facevamo insieme: studiavamo, giocavamo, ci allenavamo, ridevamo e ci proteggevamo.
Ci sono così tanti momenti belli di quel periodo che mi piacerebbe raccontare: le passeggiate per i campi, i tramonti e le albe delle giornate più belle, le gite e, soprattutto lo zoo.

 

Già, lo zoo che per tanti bambini è la cosa più grande emozione per noi fu un vero sogno.
Avevamo tutti e due nove anni eppure correvamo di qua e di là come se ne avessimo ancora cinque, facendo perdere le staffe al nonno, offertosi di accompagnarci.
“Non ho.. più l’età per queste cose!” esclamò.
“Allora perché non sei rimasto a casa?” chiedemmo entrambi allegri.
“E chi ci resta a casa!” e si sedette su una panchina.
“Non è che vuoi un gelato nonno Yaphisan?” chiese Selen, ormai abituata a chiamarlo così.
“Ciò di cui ho bisogno è di stendermi a letto. Starvi dietro è impossibile”.
Ci mettemmo a ridere.

In quel momento passò un fotografo dello zoo che notandoci ci propose una foto.
Io e Selen provammo tutte le pose più strane, ma i risultati non ci piacevano il risultato.
“Perché la signorina non si toglie il berretto? Sono sicuro che la foto sarà magnifica” propose il fotografo. L’allegria provata si affievolì: sapevamo entrambi che ci sarebbe stato il panico generale se avesse mostrato le sue corna.“Beh? non avrai mica paura di mostrare il tuo bel visino!” disse il fotografo.
Fummo un po’ titubanti, poi Selen stringendomi la mano annuì con il capo e s tolse il berretto. Ci aspettavamo un'espressione spaventata, ma il fotografo non si scompose, anzi sorrise.
“Ah! ecco perché non ti volevi togliere il cappello” disse allegro  “Hai indossato i cornetti magici!”
“Cornetti magici?” ripetemmo insieme.
“Certo! Sono un gadget speciale del nostro zoo: quando li indossi non si staccano più fino a quando non esci. 
Quando uscirai di qui diventeranno tante piccole bolle che si alzeranno verso il cielo” disse lui.
“Cheeeeee!” dicemmo insieme e ci fissammo.
“Andiamo non lo sapevate? Li vendiamo per rendere la vostra giornata ancor più speciale e per dire che è bello fare qualcosa di diverso ogni tanto”
Quella rivelazione fu forse la cosa più bella che avessimo sentito.
Ci abbracciammo e sorridemmo con tutto il cuore. Quel giorno fu immortalato nei nostri cuori e mai lo avremmo dimenticato.

Questo evento è lo stesso che è riprodotto nella foto che ho in mano: sia io che Selen l’abbiamo sempre tenuto come il più grande dei tesori.

 

Ahimè! Era troppo bello per durare.
Cosa successe?  Un anno dopo lei partì alla volta di una nuova dimensione per realizzare il sogno che aveva sin da bambina: diventare una fata.

Bel capitolo vero? Se siete d'accordo  o meno, ditemelo con un commento e vedrò di regolarmi diversamente. 
Per sapere cosa succederà: aspettate il prossimo capitolo.
Grazie per la lettura e buona settimana. Alla prossima

P.S. Per il personaggio di Selen mi sono ispirrato all'anime di Elfen Lied.

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Capitolo 5
*** la melodia dell'addio ***


la melodia dell'addio

Yo! Un saluto a tutti quanti.
Questo capitolo è uno dei più commoventi che abbia mai scritto. Spero concorderete con me. Buona lettura e commentate.

 

Il giorno prima della sua partenza, ci incontrammo vicino alla mia villa di campagna: volevo portarla in un posto magico, lo stesso che aveva illuminato la mia vita.

 

Dove mi stai portando?” mi chiese.
“In un posto magico!” le dissi.
“E aspetti adesso per portarmi lì?” mi disse offesa.
“Volevo portatici in un’occasione speciale. Quale migliore di questa?”
“Stupido” mi disse fermandosi.

Mi voltai verso di lei e la osservai: accidenti quanto era cambiata da quando c’eravamo conosciuti.
Era diventata più alta e anche molto carina: il suo viso era diventato dolce e luminoso e non si vergognava più di nascondere le sue corna.

Anch’io ero cresciuto? Credo proprio di si: ero un po’ come sono adesso, anzi ora c’è qualcosa di più. Ma andiamo per ordine: è molto meglio.

“Ha parlato l’intelligentona!” e le feci la linguaccia.
“Come ti permetti!” e ricambiò.
“La linguaccia a me? Ora si che mi hai fatto arrabbiare, confettino rosa” dissi ironico.
“Ha parlato quello che ha i capelli a forma di piramide?” e con le sue braccia invisibili mi tirò le orecchie “Oh! ti sono spuntate le orecchie da Dumbo” e rise.
“Così sarei Dumbo? Allora “all’attacco”!” e le corsi dietro.

La inseguii ridendo fino ai limiti della foresta che circondava l’altopiano dell’eroe: la leggendaria Foresta del pensiero, il luogo in cui ogni albero rappresentava la vita di ogni essere vivente e che tutti cercano di trovare; ma nessuno, tranne una persona, vi era mai riuscito. Quella persona era stata proprio il grande eroe del Fantasy. Chissà come aveva fatto a trovarlo e chissà quale fosse tra l’infinità che la componeva.
In quel momento, comunque, pensavo solo a divertirmi e lo stavo facendo.

 
Sulla prossimità c’era un piccolo ruscello. Selen si diresse lì e, una volta arrivata, cominciò a schizzarmi, dando il via a una battaglia di gavettoni.

 Per via di quella piccola monelleria, dovemmo fermarci e toglierci tutti gli abiti, rimanendo completamente nudi.
“Ehi! Girati dall’altra parte pervertito!” disse lei.
“E tu fai lo stesso!” dissi io.
Ci mettemmo schiena contro schiena e osservammo il cielo.

“Sauron c’è una cosa che devo chiederti!” mi disse a un tratto.
“Lo sai che puoi chiedermi qualsiasi cosa”.
“Ti mancherò?”
Voltai la testa e incontrai i suoi occhi. “Potrei non sentire la tua mancanza? Sei la prima amica che abbia mai avuto. Sei anche più di questo: sei l’angelo che mi ha illuminato la vita” e mi voltai in avanti

La sentii tremare.
“Lo pensi davvero? Anche se ho le corna?” e scoppiò in lacrime.
Mi misi davanti lei e, con il palmo dalla mano le asciugai il viso: “Certo! Sei un piccolo angelo Selen e queste corna diventeranno un’aureola splendente come te.
Sei la persona migliore che abbia mai incontrato e lo sarai sempre”.
Sorrise dolcemente e mi abbracciò.

 

 

Il sole stava ormai per tramontare e noi eravamo arrivati in cima.
“Che posto meraviglioso” disse.
“Si meraviglioso”. Feci qualche passo avanti e le dissi: “Selen benvenuta nel leggendario altopiano dell’eroe, il luogo in cui la sua storia ha avuto inizio”.
“Allora esiste davvero!” disse meravigliata.
“Certo che esiste. Ricordi quando ti ho raccontato del mio incontro con Incanto di Folgore? È avvenuto proprio qui, in questa radura. Ti ci avrei davvero voluto portare prima”.
“Hai aspettato il momento giusto. Prima scherzavo: non ho nulla da rimproverarti. E poi, con te, ogni luogo è magico” disse sorridendo.
Le ricambiai il sorriso: “Vieni! Voglio farti vedere il panorama”.
La portai alla fine dell’altopiano vicino a una quercia secolare con un’incisione particolare”Nick & Luce per sempre”. *
“Che cosa romantica!” disse Selen “Chissà a chi appartiene quest’albero!”
“Non lo so! Ma di chiunque sia, è stato insignito di una grande prova d’amore. Vieni a vedere qui” e le indicai il panorama illuminato dal tramonto.

Il sole stava calando tra le cime, tingendo ogni cosa di tanti colori: mostrando l’autentico spettacolo della natura.
Mi voltai verso Selen: il suo viso era davvero diventato splendente come quello di un angelo. Il pensiero che non l’avrei più rivisto mi fece venir voglia di piangere, ma mi trattenni.
“Sai!” cominciai “Dicono che se vieni qua con il cuore sereno, ottieni un’illuminazione sulla tua vita e un tuo sogno si avvera”.
“A te è successo?” mi chiese guardandomi con i suoi occhi splendenti.
“Si!” dissi, rievocando la notte di sei anni fa “Fu davvero un’illuminazione. Tu invece? Hai un tuo sogno?”
“L’ho da quando ti ho incontrato!”
“Allora dillo col cuore”.

Selen alzò le braccia al cielo: ”DIVENTERO’ UNA FATA. Diventerò una delle migliori come mia madre. Inoltre, voglio rivoluzionare il modo di vedere il diverso e rendere la vita dei Diclonius migliore, così come tu hai fatto con me”.

“E’ un sogno complicato. O beh! Così come lo è il mio”.
“Perché non lo rinnovi. Dillo di nuovo”.

Mi avvicinai a lei e, sollevate le braccia al cielo, rinnovai il mio sogno a pieni polmoni. 

“Avvicinati!” mi disse.
“Perché?”
“Farò una piccola magia. Serve per realizzare i sogni. Avvicinati a me”.
Mi avvicinai a lei, tanto da poter sentire il suo respiro.
“Chiudi gli occhi!”
Feci come mi aveva detto.
Sentii il suo profumo avvicinarsi e le sue labbra toccare le mie.
La mia anima si scaldò come mai era avvenuta. Era davvero questo: quello che s’intendeva come amore?
Ciò che sapevo era che avrei voluto che il tempo si fermasse per sempre.

 

In quel momento in tutto il Fantasy suonò una strana e meravigliosa melodia.
Sembrava il canto delle sirene che, dagli abissi del mare, cantavano un inno di gioia e speranza.
Sembrava il vento che, leggermente, guidava come un maestro d’orchestra il coro della natura.
Sembrava il cielo che, tinto di arancio, salutava tutte le creature e infondendo in loro una grande armonia.

Non so come esprimere a parole quella melodia: era l’unione perfetta di ogni sentimento e anche più.  
Alzammo gli occhi verso il cielo e sentimmo una forte armonia con tutto il creato.
“Che canzone bellissima! Da dove verrà e cosa vorrà dire?” chiese Selen.
“Non lo so, ma prego chi la sta cantando di continuare in eterno.”

Mi voltai verso di lei.
“Non ti dimenticherò mai. Dovesse passare un’eternità, ci rincontreremo” dissi.
“E quando questo accadrà, avremo realizzato i nostri sogni. Questa è una promessa!” finì lei.
“E’ una promessa!” dissi e la abbracciai.

La melodia continuò fino a quando il sole non fu completamente tramontato.
Quando essa finì, per noi due, non era cambiato niente. Ciò che ci univa era diventato molto più forte e così sarebbe rimasto per sempre.

Sorridente, scostai con la mano un ciuffo dei suoi capelli e la baciai.
Durante quel lungo bacio, ripercorsi tutti i momenti belli che avevo passato con lei e non riuscii più a trattenere le lacrime.
Quando ci staccammo, entrambi piangevamo e non riuscivamo a smettere. Allora, per non vederci frignare come bambini, ci abbracciammo stretti.

“Sauron!” mi disse, dopo chissà quanto tempo.
“Si?” le risposi continuando a stringerla.
“Promettimi questo: non disperarti per me e va avanti. Trova te stesso e la tua vera metà!” e appoggiò il viso sulla mia spalla.
“Te lo prometto, anche se... ” tirai su col naso “Anche se la mia metà sei tu. Per questo non riesco a smettere di piangere”.

Si staccò da me e mi guardò con occhi lucidi e, con un triste sorriso, disse: “Quando ci siamo incontrati, l’ho pensato anch’io, ma era solo un sogno. Le nostre strade, d’ora in poi, prenderanno due direzioni diverse. Cercherò di andare avanti e di trovare l’uomo giusto; tu fa lo stesso.
Se il destino lo vorrà, ci rincontreremo e torneremo qui vedendo il nostro sogno realizzato”.
“Va bene!” dissi con la voce strozzata dalle lacrime “In qualunque caso, ciò che ti ho detto prima resterà immutato, per sempre. Tu sei il mio piccolo angelo”.

 

La mattina seguente, dopo esserci fatti mille promesse e saluti, lei partì insieme alla madre.
Fino allora ero riuscito a mantenere il controllo, ma in quel momento le lacrime mi stavano cadendo copiosamente dagli occhi.
Avrei voluto fare così tante cose con lei: crescere e imparare insieme e diventare più di un semplice amico per lei.
Ma il destino ci aveva separato, lasciandomi dentro un vuoto che nessuno sarebbe mai riuscito a colmare.
“SELEN!” gridai con tutto il fiato che avevo in corpo “TE LO PROMETTO: NON TI DIMENTICHERO’ MAI!”

Da lontano, oltre il raggio d’azione che aveva, un suo vettore giunse fino a me e, prima di sparire, mi toccò delicatamente il volto.
“Arrivederci Selen!” dissi con un sussurro.

 

 

Da allora tornai a vivere solo, chiudendomi in me stesso.
Le parole di conforto di mia madre, del nonno e di Luce non riuscivano ad affrancare il mio cuore.
Ormai vivevo tutto passivamente, ignorando tutto e tutti: nemmeno le storie che mi avevano sempre emozionato, mi toccavano più.
Avevo promesso di diventare un eroe, ma come potevo definirmi tale se il mio cuore si era chiuso a causa di un abbandono forzato dal destino?
Passavo ore intere a osservare la foto di quella mattina allo zoo, senza sentire né fame né sete e spesso, senza neanche riuscire a prendere sonno.

 

Dopo tre mesi di silenzio, alla fine una voce riuscì a penetrare nel limbo nel quale mi ero chiuso: e apparteneva a Incanto di Folgore.
“Comprendo il tuo dolore, ma non puoi ridurti così!” mi disse.
“Lasciami in pace!” gli dissi atono.
“Credi che a lei piacerebbe vederti così?”
“No! Sono sicuro che mi farebbe il solletico e mi stenderebbe con il suo sorriso. Il punto è che lei non è qui. Se né andata lasciandomi solo. Anche lei ora è sola e non riesco a dimenticarla”.
“Perché non la chiami? Inviale un messaggio e chiedile come sta. Se il suo telefono funziona, chiamala. Non è mica morta”.
“Non saprei nemmeno da dove iniziare”.
“Smettila di lagnarti e sii uomo!” mi disse autoritario.
Rimasi rannicchiato senza rispondere.
“Allora non mi lasci scelta”.
Nonostante fosse uno spirito, mi prese e mi lanciò fuori dalla finestra che andò in frantumi.

Caddi di schiena e mi graffiai la fronte con una pietra.
“Alzati rammollito!” disse Incanto.

Lentamente mi alzai e mi ritrovai di nuovo a terra: Incanto mi aveva colpito allo stomaco con un calcio.
“E questo lo chiami alzarti? Non hai nemmeno il coraggio di alzare la testa.
La vita è fatta dei suoi alti e dei suoi bassi e dovresti saperlo meglio di chiunque altro.
Quando credi di aver toccato il cielo con un dito, d’improvviso cadi in un baratro senza fine.
Credevo che avessi la forza di fermarti e risalire con le tue forze, per questo ho deciso di diventare il tuo spirito e di renderti ciò che avevi sempre desiderato.
Mi sbagliavo di grosso: non sei degno di avermi”.

Mia madre corse a perdifiato verso di me, ma fu fermata dal nonno.
“Lasciami!” gridava, ma il nonno non mollò la presa.

 

 “Alzati codardo!” e mi prese per i capelli forzandomi a guardarlo negli occhi.

“Sei debole! Vorresti diventare un eroe? Si soffre per diventarlo: si rinuncia alla propria vita, ai propri legami, alla propria famiglia e a molto altro ancora.
Ciò che è davvero importante per un eroe è affrontare le avversità di tutti i giorni e il dolore, qualunque ne sia la causa. Questo si chiama coraggio, volontà testardaggine, fede.
Te lo chiederò solo una volta ed esigo una risposta esaustiva: Hai il coraggio e la volontà?”.

Il mio corpo fu scosso da una serie di tremori: quelle parole mi avevano trapassato come una lama e mi facevano male.
“Non riesco a sentire la tua voce. Parla o ti picchierò giorno e notte” disse Incanto e mi colpì in faccia con un pugno.

Che cosa stavo facendo? Continuavo a restare passivo in quel modo senza reagire? Senza dare una risposta
Mi stavo arrendendo al dolore e alla sofferenza. Cosa mi avrebbe detto Selen se mi avesse visto in quel modo?
No! Non era quello il problema, non era quello il quesito da porsi.
Che cosa stai facendo? Ecco: quella era la vera domanda.
Sentivo così tanto la mancanza di Selen da dimenticare ciò che le avevo promesso? Ci saremmo rivisti un giorno e i nostri sogni si sarebbero realizzati e avremmo trovato noi stessi.

Mi stavo comportando come uno stupido e questo mi fece riaprire finalmente gli occhi.
Bloccai il calcio di Incanto con la mano ed aprii gli occhi.
“Sembra che tu abbia smesso di essere passivo, ma non ho ancora sentito la tua risposta. Allora?” disse Incanto.
“Vuoi una risposta?” dissi fermo “Eccoti servito” e lo colpii con un calcio rovesciato.
Incanto sbatté contro il muro.

Come se avessi aperto gli occhi per la prima volta, osservai il cielo, la terra, l’acqua, la mia casa e la mia famiglia.
Mi ero disperato a tal punto da dimenticare che c’erano altre persone importanti nella mia vita.
Avevo fatto una promessa a Selen, alla mia famiglia, a me stesso e al mondo intero: sarei diventato un eroe e avrei cambiato gli animi di tutti. Ed io mantengo sempre la mia parola, senza arrendermi mai.

“Incanto” dissi “Io non mi sono arreso. Quando prometto qualcosa la mantengo e non cambio idea: è questo il mio credo”.
“Bene!” disse Incanto mentre si alzava “Era questo che volevo sentire. Ben tornato Sauron! Sono contento di vedere che hai anche un nuovo potere: lo Sharingan Ipnotico”.

Era vero, la partenza di Selen per me era stato come perderla, ma questo non mi aveva indebolito, anzi mi aveva reso più forte di prima, risvegliando un nuovo potere, lo Sharingan Ipnotico.
Qual era la sua forma? La pupilla era rossa ed era attraversata da tante saette che confluivano verso il centro: questa era la forma del mio nuovo Sharingan, una folgore che squarcia il cielo.

 

*Se avesse saputo che proprio quell'albero era quello a cui si riferiva.

 

Bel capitolo vero? Avevo detto che era commovente e vi anticipo che sentirete ancora parlare della melodia e della magia dell’altopiano dell’eroe.
Alla prossima con il prossimo capitolo.

 

Spazio dell’autore.

Sauron: “Vorrei chiedervi una cosa signor autore”.
Io: “Certo! Chiedimi tutto quello che vuoi”.
Sauron: “Come mai ha deciso di mettere adesso lo spazio d’autore? Non è un po’ tardi?”
Io: “Ecco.. volevo sperimentare la cosa”.
Selen: “E ha deciso di farlo quando me ne sono andata? Non è per caso razzista?”
Selen tira fuori i vettori e Sauron lo Sharingan Ipnotico.
Io (spaventato): “Non avevo idee prima. Ho avuto l’ispirazione da una persona. Non mi uccidete. Sono troppo giovane!”
Sauron (si avvicina minaccioso): “Chissà perché mi suona come scusa. Tu che dici Selen?”
Selen (con occhi di ghiaccio): “Direi di ucciderlo”.
Io (me la sto facendo addosso): “E’ la verità. Una persona cara mi ha dato l’ispirazione e poi non sono razzista”.
I due si avvicinano: “Sai che ti diciamo?”
Chiudo gli occhi.
Sauron&Selen: “Che stavamo scherzando! Fregato!”
Io: “VI SEMBRA QUESTO IL MODO DI SCHERZARE!” (Svengo)

Sauron&Selen: “Successo! A questo scherzo ci cascano sempre tutti” (ridono).

 

 

E, dopo aver scherzato: io, Sauron e Selen (che ahimè lascia la storia) vi diamo appuntamento alla prossima. Ciao.

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Capitolo 6
*** in viaggio verso il destino ***


6. in viaggio verso il destino

Un saluto a voi tutti. Eccovi un altro capitolo della storia di Sauron. Cominciamo ad avvicinarci alla fine quindi state pronti a stappare lo champagne.

Detto questo, vi auguro buona lettura.

 

 

 

 

 

Il terzo e ultimo episodio che rivoluzionò la mia vita fu anche il motivo del mio soprannome e del mio terzo e più pericoloso segreto.

 

 

 

L’alba era sorta da poco ed io ero in piedi, pronto a partire verso quello che sarebbe diventato il mio destino.

“Sei sicuro di non voler salutare tua madre o tuo nonno? Quello che hai in mente potrebbe costarti la vita” mi disse Incanto.
“Tornerò sano e salvo e li saluterò dopo e poi lo conosci il detto “Chi non risica non rosica”!” dissi mentre indossavo le scarpe.
“Rischi di risicare troppo ragazzo mio!” esclamò.
“Non sarà mai abbastanza”.

 

L’aria del mattino mi solleticava il viso. Mi voltai per osservare un’ultima volta la mia casa e poi m’incamminai verso nord.
Facendo una serie di ricerche, ero riuscito a localizzare il luogo nel quale si riteneva fosse imprigionata, sin dai tempi più antichi, una creatura molto pericolosa: Fenrir il lupo dell’abisso, il maggiore dei tre figli del dio asgardico Loki e considerato l’origine del fenomeno della licantropia.
Ciò che volevo fare era semplice: andare lì e sconfiggere Fenrir, dimostrando così di avere tutte le carte in regola per diventare un eroe.

 

“Lo trovo buffo!” dissi mentre camminavo.
“Cosa?”
“Il mio destino è iniziato con dei lupi e adesso cercherò di realizzarlo sconfiggendo il più potente di loro”.
“Direi che è folle! Fossi in te, me ne tornerei a casa e mi rimetterei sotto le coperte.
Andare nella tana del lupo è una cosa folle”.
“Anche se lo fosse ormai, ho deciso e non mi tirerò indietro”.
“Benedetto ragazzo!” esclamò.

 

Camminai in silenzio per mezza giornata, fino a quando non fui in prossimità della foresta bianca, luogo in cui tutti gli alberi erano bianchi come se l’inverno non cessasse mai.
“Credo valga la pena riposarsi un po’. Nessuno sa cosa si nasconde là dentro”.
“Hai intenzione di attraversarla?”
“Si, dopo aver fatto una pausa. È meglio essere in forze prima di continuare”.
“In quella foresta si annida qualcosa di misterioso. Se vuoi andare oltre, attraversala fin quando è giorno: le cose peggiori appaiono sempre di notte”.
“Hai ragione. Allora è meglio muoversi”.
“Prima riposa un po’. È meglio non correre rischi inutili”.
“Va bene. Mi fermerò qui per trenta minuti, poi mi incamminerò”.

 

Dopo la mezzora pattuita, con l’anima in spalla, m’inoltrai nella foresta.

 

All’interno della foresta bianca c’era un silenzio assoluto, come se tutto stesse dormendo.
Camminavo sul terreno imbiancato, tendendo ogni senso per percepire un possibile pericolo.
“Questo posto è spettrale” disse Incanto “Evita di rimanerci troppo”.
“Lo so!” bisbigliai “Dimmi se vedi qualcosa di strano”.
“Qua dentro tutto è strano, inoltre è abbastanza lungo. Facendo il conto, andando a questa velocità, arriverai dall’altra parte al tramonto”.
“Allora è meglio andare più spedito” e aumentai l’andatura.

 

Il sole cominciò a tramontare ed io ero ancora dentro la foresta. Da quello che Incanto mi diceva, ero quasi arrivato alla fine e, personalmente, non vedevo l’ora di potermi riposare un po’.
“Guarda là” disse Incanto indicando più avanti “La foresta è quasi finita. Ancora 200 metri e siamo fuori di qui”.
“E il bello è che ho dovuto camminare solo io” dissi, con chiaro riferimento al fatto che lui fosse uno spirito ed io invece un mortale.
“Se ti lamenti così, perché non voli: arriveresti in un battibaleno” disse lui.
“Volare vorrebbe dire segnalare la mia posizione. Sono sicuro che mamma e nonno stanno setacciando l’intero territorio”.
“E, considerando ciò che hai in mente, sono sicuro che questa volta non te la caverai a buon mercato. La piccola Selen ti avrebbe sicuramente fermato”.

Mi fermai un attimo per riprendere fiato e mi voltai verso di lui: “Ciò che sto facendo è una promessa che le ho fatto. Per realizzarla farò questo ed altro”.
“E’ vero che un eroe non si riconosce dalla forza dei suoi muscoli, ma da quella del cuore, ma adesso esageri davvero”.
“Senti” gli dissi voltandomi verso di lui “Te l’ho..” mi bloccai.
“Cosa c’è!” mi chiese.

Davanti a me si stava avvicinando una figura enorme e mostruosa.
A descriverla non ci riesco, visto che cominciai a correre più veloce che potevo.
Sentii il ruggito di quella creatura dietro di me e il suo slancio in avanti.
“Corri più veloce!” mi gridò Incanto “Quella cosa ti sta raggiungendo.
“E secondo te che sto facendo!” gridai di rimando.

Con tutta la forza che avevo, corsi verso il limite della foresta e lo attraversai di gran carriera.
“Continua a correre! Quella cosa non si è fermata” disse Incanto.

 

Preso dal panico corsi a perdifiato per tutta la brughiera, inseguito da quella creatura.
Sentivo il suo raspare e il suo fiato avvicinarsi sempre di più: oramai ero senza fiato e non sapevo più che cosa fare.

“Dannazione!” imprecò Incanto “Sta attento: ne stanno arrivando altri dalle colline. Ci hanno circondato”.

 

Pochi minuti dopo, mi ritrovai completamente accerchiato da una ventina di quelle creature, pronte a saltarmi addosso.
“Sono nei guai!” pensai.
“Sauron non farti prendere dal panico. Devi trovare una soluzione per salvarti”.
"La fai facile tu!” dissi ansimante “Se non te ne sei accorto, sono esausto e sono già nel panico”.

Cercai di calmarmi e di ragionare: ero circondato da terribili creature che desideravano fare di me la loro cena, ero esausto e spaventato, ma non potevo di certo arrendermi. Non è da me.

“Non ho scelta direi!”
“Che cosa intendi fare”.
Attivai lo Sharingan e Incanto capì.

“Non fare pazzie”.
“O questo o mangiato. Quale delle due  preferisci?”
Le creature si lanciarono verso di me con le fauci spalancate.
Accumulai il chakra che avevo nell’occhio destro poi: “AMATERASU”.
Le terribili fiamme nere che tutto divorano fecero la loro apparizione, avvolgendomi come uno scudo e proteggendomi dall’assalto.
Dall’esterno sentii i lamenti di quelle creature che bruciavano nel fuoco e che abbaiavano spaventate mentre bruciavano.

Sentii un dolore lancinante all’occhio e cercai di resistere allo svenimento, causato dalla totale mancanza di forze.
Quando non sentii più nessun uggiolato, con uno sforzo immane, estinsi le fiamme nere e m’inginocchiai a terra, tenendomi l’occhio.
“Sauron. Stai bene?” mi disse Incanto.
“Diciamo!” risposi e mi alzai disattivando lo Sharingan e osservai ciò che restava.

Tutte le creature che mi avevano accerchiato erano a terra prive di vita nelle posizioni più macabre possibili.
“Mi dispiace ma non mi avete lasciato scelta” dissi.
“E’ pericoloso restare qui. Dobbiamo trovare un posto sicuro dove passare la notte”.
“Si hai ragione. Ma dove troviamo un posto sicuro?”
“Ti serve un riparo?” disse una voce “Allora ti accontento subito”.

 Mi voltai per vedere chi avesse parlato. Ciò che vidi fu un bastone che mi colpì facendomi perdere i sensi.

 

 

 

 

 

Un po’ corto vero? Rispetto al solito direi di sì.                                                                                                                                                                       Vi lascio il seguito per la prossima settimana e, sperando che commentiate, vi auguro buona Immacolata concezione.

 

Enciclopedia del Fantasy.

Yaphisan (un leggero inchino): “Ciao cuccioli! Oggi vi darò un’immagine a grandi linee del Fantasy.
Fantasy è un mondo magico: in cui i sogni di tutti si realizzano. Poiché è fatto di sogni, il paesaggio è alquanto variopinto: in esso si mescolano le proiezioni del mondo interiore di ogni individuo e si mescolano in un insieme armonico.
Gli abitanti del Fantasy sono influenzati dalla vostra immaginazione, spesso, infatti, non sanno a chi dare retta e scioperano.
I luoghi più rilevanti sono: la grotta dei mondi, il castello, la foresta del pensiero e, in misura minore, la foresta bianca.
Ci sono molti altri luoghi che varrebbe la pena citare, ma..”

 Un pugno gli arriva in faccia.

Kaeleena (furiosa): “Si può sapere che stai facendo?”
Yaphisan (rialzatosi): “Introduco il Fantasy”.
Kaeleena (venetta pulsante): “E Sauron? Non pensi a lui?”
Yaphisan: “Ma figlia mia, il capitolo è finito”

Kaeleena rompe un mobile con un pugno.

Yaphisan: “Vado subito a cercarlo!”
Kaeleena: “Bravo! MUOVITI!” e lo fionda fuori dallo studio con un calcio.

Kaeleena: “Voi, che seguite la storia, sapete dirmi dove è finito il mio bambino? Per favore aiutatemi!” e scoppia in lacrime.

 

 

E dopo questo piccolo show, vi saluto.
PS: non dite a nessuno, dove si trova Sauron.
Eh Eh! Ciao.

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Prigioniero degli Shad ***


7. Prigioniero degli Shad

Ciao e ben ritrovati. Mi dispiace di avervi fatto aspettare, ma ho avuto un piccolo blocco. Ora ricomincerò da dove avevo interrotto.

 

Nickoku: Grazie per il commento e per la tua pazienza. Gli show di fine capitolo, se t’interessano, li ho inseriti dopo aver letto alcune fic e anche degli anime, come Bleach e Naruto, che mi sono particolarmente piaciuti.

 

Prima di continuare, ci tengo a chiarire una cosa: i personaggi che compariranno in questo capitolo non vengono da Kingdom Heart. Anche se mi sto cominciando a interessare, non conosco molto la storia, quindi, se ci saranno analogie, vi anticipo che è una semplice coincidenza.
Detto questo, incitandovi a commentare e a continuare a seguire la storia, vi auguro buona lettura.

 

 

Dell’acqua mi arrivò in faccia, facendomi riaprire gli occhi.
Mi ritrovai legato a una parete: le mie mani e i miei piedi erano chiusi a delle catene che m’impedivano i movimenti e mi tenevano bloccato in una posizione alquanto scomoda.

 

“Buon giorno principino! Ben tornato dal mondo dei sogni” disse una voce molto fredda.
Nella penombra di quella che sembrava una prigione, un piccolo gruppo mi stava osservando.
Chi aveva parlato si avvicinò, rivelando il suo volto: era una donna alta e pallida in volto, vestita di nero e in viola, indossava un copricapo che finiva con delle corna e portava in mano un bastone con una sfera.
“Chi accidenti sei?” dissi stringendo i denti.
“Sei curioso eh?” disse lei guardandomi dall’alto in basso “Come padrona di casa, direi di dover fare le dovute presentazioni. Il mio nome è Malefica”.

 Fui scosso da un tremito che non era di paura ma di rabbia.
“Malefica! Da quando in qua una Shad si trova così lontano da casa?” dissi con un sorrisetto di sfida.

 Prima di proseguire, credo valga la pena spiegare perché ho chiamato questa strega Shad.
All’inizio, avevo detto che nel Fantasy tutti i sogni diventano realtà, giusto?
Avevo omesso di dire che i sogni sono di due tipi: sogni buoni e sogni cattivi, o incubi.
I sogni buoni sono gli eroi di una storia o dell’immaginazione delle persone e vivono nel Fantasy.
I sogni cattivi, invece, sono gli antagonisti di storie e creazioni.
Gli Shad sono proprio questi ultimi e hanno dimora in un luogo chiamato Nightmary, la terra in cui gli incubi diventano realtà.
Il loro scopo è attaccare e conquistare Fantasy, perché è questo quello assegnatogli dai creatori. Per fortuna il nostro regno è protetto dai grandi eroi dei sogni ed è grazie a loro se non ci sono mai riusciti.

 

Tornando alla storia, durante il mio viaggio verso la caverna di Fenrir, ebbi modo di conoscerli.

 

“Che ragazzino insolente!” disse un altro Shad mentre si avvicinava: era alto, vestito con un abito arabo rosso e portava in mano un bastone a forma di cobra.
“Sarebbe davvero un buon bocconcino. Ho un po’ di fame. Malefica me lo posso mangiare?” disse un lupo che, incredibilmente, riusciva a reggersi su due zampe e aveva uno sguardo affamato.
“Jafar, Lupo, miei cari! Non è il caso di trattare così un nostro piccolo e gradito ospite” disse lei e rise.
“Ehi!” dissi secco “Ti ho fatto una domanda”.
“Cosa secondo te?” disse Jafar, avvicinandosi a me con quel volto da serpente.
“Il tuo alito puzza, vecchietto” dissi provocandolo.
“Piccolo moccioso!” gridò lui colpendomi con un pugno.
“I tuoi pugni non farebbero male nemmeno a una mosca” dissi guardandolo fisso.
“Adesso vediamo se questo ti piace” disse lui alzando il bastone e preparandosi a colpirmi.
“Aspetta Jafar!” lo fermò Malefica.
“Che cosa vuoi?” disse lui.
“Se lo uccidi, non otterremo nessuna informazione, quindi trattieniti per un po’” disse lei.
“Va bene!” disse lui e voltandosi verso di me.
“Pensate che parlerò tanto facilmente? Non dirò niente di Fantasy”.
“Sei solo un ragazzino, ma sei davvero coraggioso” disse Malefica “Ma quanto resisterai senza i tuoi poteri”.
Dicendo questo, avvicinò la mano al mio petto e, dopo aver pronunciato delle parole magiche, la immerse in esso.

 

Un dolore lancinante e indescrivibile, mi percorse tutto il corpo e gridai come mai avevo fatto.
La strega tirò fuori la mano tenendo stretta una sfera rossa e bianca e alzandola in alto.
“Ecco qua. I tuoi poteri sono nel palmo della mia mano. Adesso dimmi ciò che voglio sapere o potrei anche penare di ridarteli” disse la strega con voce velata.
“Va al diavolo!” dissi.
“Cosa? Non credo di aver sentito” disse lei avvicinandosi.
Respirai profondamente e gridai: “Va al diavolo dannata strega!”
“Sai, non so dire se sei coraggioso oppure uno stolto” fece lei alzando la mano libera e colpendomi con un incantesimo simile a un fulmine nero e facendomi gridare per il dolore.

 

“Direi che possiamo cominciare con l’interrogatorio” disse Malefica con sguardo sadico “A ogni risposta negativa, riceverai una scarica più forte, ci siamo intesi?”
“Non è necessario, mia cara Malefica!” disse una voce.
Tutti si voltarono verso quello che sembrava essere l’ingresso del luogo in cui ero rinchiuso.
“E così sei venuto eh?” disse Jafar.
“Ne dubitavi” disse il misterioso individuo, coperto dal buio.
“Fatti avanti: voglio vedere l’espressione del ragazzino quando ti vedrà!” disse ghignando la strega.
“Come desideri!” disse lui e si avvicinò.

Quando riuscii a vederlo, sentii la terra tremarmi sotto i piedi: era appena arrivato un uomo di rango signorile, vestito con un abito ottocentesco completamente grigio, da collo a piedi, portava un bastone da passeggio fatto di legno di quercia e il suo bel viso, incoronato da capelli neri ricci, aveva uno sguardo privo di vita.
“Dorian Gray!” dissi con un filo di voce.
“Ciao Sauron, è da un bel po’ che non ci vediamo vero?” disse lui cordialmente.
“Che diavolo significa? Che ci fa lei qui?” dissi sempre più agitato.
“La versione ufficiale è che ti stavo cercando: la tua mamma è molto preoccupata” disse calmo.
“In realtà, sei venuto a incontrare noi” concluse Malefica. 
Mi sentii precipitare: Dorian, considerato uno dei migliori spadaccini del Fantasy, era una spia degli Shad.

 

“Allora Dorian, vuoi presentarci il ragazzino?” chiese Malefica.
“Si chiama Sauron Folgore Sandtimes ed è il figlio di Kaeleena Sandtimes” rispose tranquillamente.

 Un pesante silenzio calò tra i presenti.
“Hai detto... Sandtimes?” chiese Jafar.
“Esattamente!” confermò lui “Questa mattina presto ha fatto perdere ogni sua traccia.
La madre ha immediatamente dato il via alle ricerche. Chi si sarebbe mai immaginato che era un vostro gradito ospite!”.
“Interessante” disse uno Shad che si avvicinò. Era vestito con una tunica greca nera, la sua pelle era grigia e i suoi capelli erano una fiamma blu.
“Mi presento” disse “Io sono Ade, il dio dell’Oltretomba e ho un piccolo conto in sospeso con la tua famiglia. Sarà un piacere ucciderti, piccolo discendente della stirpe dei signori del tempo”.

 

Si avvicinò a me e puntò la mano contro di me: da essa si formò una sfera di fuoco, pronta a colpirmi.
“Aspetta un attimo Ade” disse Malefica.
“Cosa c’è!” protestò lui.
“Voglio sapere qual cosina da lui: per esempio dove stava andando! Potrebbe essere qualcosa di importante” disse lei.
“Dorian tu lo sai?” chiese Jafar.
“No!” disse lui con no calanche “Nessuno sa che cosa frulla nella mente di questo ragazzo”.
“Allora sarà lui a dircelo” concluse Malefica e tornò a fissarmi “Allora, piccolino: dove stavi andando?”
Ero scosso dalla scoperta, ma non avevo perso la mia lucidità e, ignorando, la domanda della megera mi rivolsi a Gray: “Come ha potuto farlo? Perché ci ha tradito?”
“La mamma non ti ha insegnato la buona educazione?” disse Malefica “Si fa una domanda per volta” e mi fulminò con l’incantesimo di prima.
Il dolore fu indescrivibile, ma cercai di resistere alla perdita di conoscenza: non potevo svenire; prima volevo delle risposte.

 

“Allora?” disse la strega “Rispondi alla mia domanda?”
In tutta risposta, le sputai in faccia.
“Piccolo insolente!” disse la strega e mi lanciò uno schiaffo “Vedremo se ti si scioglierà la lingua dopo una notte qui dentro” e si avviò verso la porta insieme agli altri Shad.
Dorian restò indietro e, voltandosi verso di me, mi disse: “Se proprio vuoi saperlo, io seguo solo la mia natura,  né buona, né cattiva. Cerca di riposarti ragazzo: domani avrai molte cose da fare. Buonanotte” e uscì, lasciandomi solo.

 

Rimasi da solo e nella più totale disperazione, svenni. Ero finito: avevo perso i miei poteri, ero in un posto che neanche conoscevo, circondato dagli Shad e nessuno sarebbe mai venuto a salvarmi.
Mi ero cacciato in un bel guaio e non sapevo come uscirne.

 

“Sauron!”
Aprii gli occhi e vidi Incanto davanti a me.
“Meno male. Stai bene ragazzo?” mi chiese.
“Incanto di Folgore. Sei davvero tu?” dissi.
“Certo che sono io! Chi potrei essere altrimenti”
“Provamelo” dissi.
“Giusto, non si può mai sapere se io sia un impostore. Il tuo sogno è diventare un eroe e cambiare il destino della tua famiglia, per questo sono diventato il tuo spirito.
Se non basta, ti dico il tuo cibo preferito: alette di pollo impanate.
Allora?”
Tornando sereno, gli sorrisi: “La tua presenza la riconoscerei tra mille!”
“E allora perché mi hai chiesto di provarti che ero io” disse confuso.
“Volevo ripassare le mie priorità” dissi ridendo.
“Stupido!” e mi colpì in testa.
“Ahi!”
“Così impari!”
 

Passarono alcuni minuti di silenzio, poi mi decisi a parlare: “Allora? Come hai fatto a restarmi vicino?”
“Un legame con uno spirito non può essere spezzato così facilmente. Malefica ti ha tolto solo i poteri che derivano dalla tua famiglia, non quelli che vengono da me e da quell’altro spirito. In pratica, puoi ancora combattere”.
“Quello avrei continuato a farlo anche senza nessun potere” dissi “Piuttosto, perché non mi liberi da queste catene?”
“Scusa: questo cos’è?” e mi mostrò un lucchetto forzato.
“COSA E CHE DIAVOLO ASPETTAVI A DIRMELO?” gli gridai.
“Volevo ricordarti le tue priorità” disse semplicemente.
“Touchè!” dissi.

 

Una volta libero, chiesi a Incanto che fine avesse fatto la mia roba e lui me la lanciò.
“Pensavo l’avessero presa loro!” dissi.
“Era vicino alla porta, forse se la sono dimenticata lì!”
“Se è così, qualcuno verrà a prenderla e noi ne approfitteremo”.
“Vuoi giocare l’elemento sorpresa: ottima idea. Solo una domanda: come pensi di uscire da questo posto”.
“Combattendo, non c’è altra scelta” risposi “Prima, però, devo riprendermi quello che mi è stato rubato e poi voglio fare a pezzi quella strega e Gray”.
“Allora dovremo faticare parecchio. Credo sia giunto il momento di indossarmi dopo tanto tempo”.
“Si hai ragione”.
Incanto era il mio spirito da sette anni, ma solo una volta lo indossai come armatura: cioè quando si rivelò a me; era il momento del bis.
 “Prima di cominciare” disse Incanto “devo informarti che non ho una spada, quindi dovrai cavartela a mani nude”.
“Vedrò di porre rimedio alla cosa” dissi.

 

In quel momento sentii delle voci.
“Stanno arrivando; Incanto quanti ne vedi?”
“Sono due: il lupo e Ade. Sembrano agitati”.
“Meglio così”.
A quanto sembrava, i due Shad erano tornati per prendere quello che avevano dimenticato: ed io ero pronto a dare loro una sonora lezione.

 

“Accidenti! Come hai fatto a dimenticarti lo zainetto?” disse Ade aprendo la porta.
“Pensavo l’avessi preso tu: sei uscito dopo Dorian e hai chiuso la porta” rispose il lupo.
“Beh vediamo di prenderlo e basta. Non ho voglia di sentire Malefica dare di matto”
“Hai ragione: non la sopporto proprio in quei momenti”.
“Ehi! ma dov’è finito?” disse allarmato il dio greco dell’oltretomba.
“Era qui, ce l’avevi messo tu e gli altri hanno detto di non averlo toccato” fece il compagno.
“Controlliamo il moccioso!” disse agitato.
 

I due svicolarono e mi trovarono a in mezzo alla stanza con il volto coperto dal buio.
“Cercavate questo?” dissi indicando il mio zaino.
I due apparvero sorpresi nel vedermi libero.
“Come ha fatto a liberarsi” chiese il lupo.
“Non ne ho idea” disse Ade “Ma l’occasione di ucciderlo non me la faccio scappare” e tirò fuori due palle di fuoco dalle mani.
“Vediamo se ci riesci”, gli dissi mostrandogli il medio.
“Adesso ti faccio vedere!” gridò lui e, insieme al lupo, mi si avventò contro.
 

Ade mi lanciò contro le sue palle di fuoco, ma riuscii a scansarle insieme con un primo assalto del lupo.
Feci una capriola e mi ritrovai con le spalle al muro.
“Eh eh! Sei in trappola moccioso” disse il lupo.
“Sicuro?” dissi e sparii in una nuvola di fumo.
“Cosa?” dissero i due in coro.
Con un calcio doppio, li colpii da dietro e li feci sfracellare al muro.
A carponi, i due si rimisero in piedi e il primo a recuperare la parola fu Ade: “Come diavolo hai fatto? Malefica ti ha tolto tutti i tuoi poteri”.

“Lasciate che vi presenti un mio amico” dissi facendo materializzare Incanto “Vi presento Incanto di folgore cavaliere della Luna, il mio spirito custode; quello che avete attaccato prima era lui, trasformato in me”.
“Dannazione! La magia di estrazione non funziona sugli spiriti” disse il lupo “Così non è leale”.
“Parlano quelli che mi hanno attaccato in due “ risposi “Ora vi schiaccio!”.
Una mano mi afferrò per la gola e un’altra colpì Incanto, spingendolo dall’altra parte della stanza.
A colpire era stato Ade stesso che aveva trasformato le sue braccia in fumo nero e, servendosi delle tenebre, si era avvicinato a me.

 

Fui sollevato da terra e sentii la mano dello Shad stringersi al mio collo.
“Che cosa volevi farci?” disse Ade ironico.
“Sei sleale” dissi con un filo di voce.
“Sono uno Shad ragazzo” ribatté lui “Adesso senti il programma: ti spezzerò l’osso del collo, poi ti decapiterò e, visto che il mio amico lupo non ha cenato, gli farò mangiare il tuo corpo, poi sigillerò il tuo spirito custode e lo metterò sul mobile dei trofei insieme ala tua testolina infilzata su un paletto senza lingua e occhi. Quello che resterà, lo manderò tramite pony express alla tua cara mammina. Contento” e fece maggiore pressione.

Cercai di resistere con tutto, ma sentivo le forze abbandonarmi e perdere i sensi.
Pensai che fosse giunta la fine, quando…

AH AH AH AH!”
Mi ritrovai davanti a un’enorme gabbia, chiusa da un sigillo: all’interno c’era il mostro che mi era stato sigillato la notte della mia nascita, la volpe dalle nove code.
Osservai quella creatura: non avevo mai visto nulla di simile in vita mia; sentivo una terribile sensazione crescermi dentro, la paura.
EHI TU! AVVICINATI” mi disse il demone.
Quasi meccanicamente, avanzai. Poi, percependo il pericolo, saltai indietro ed evitai gli artigli del mostro, usciti per prendermi.
ACCIDENTI! VORREI SBRANARTI E SAZIARE LA MIA FAME, MA QUESTO SIGILLO M’IMPEDISCE DÌ PRENDERTI. CHE COSA SEI VENUTO A FARE QUI RAGAZZINO”.
Mi alzai di scatto e, scacciando la paura, la guardai sicuro di me.
“E così tu saresti la volpe a nove code” dissi “Non so perché sono qui, ma visto che ci sono: voglio che tu mi dia il tuo chakra. Non credo che morire rientri nei tuoi piani, vero?”

 La volpe mi osservò per qualche minuto in silenzio, poi esplose in una terribile risata: “MI STAI MINACCIANDO RAGAZZINO?  SEI TROPPO COMICO.
TUTTAVIA, CONSIDERANDO LA TUA ATTUALE SITUAZONE, NON POSSO ASTENERM DALL’AIUTARTI. ECCOTI IL MIO POTERE: COME PREMIO DELLA TUA ARROGANZA!

Una considerevole quantità di energia uscì dalla gabbia e m avvolse interamente.
 

Afferrai il braccio di Ade e lo strinsi con forza.
Lo Shad, sentendo le ossa scricchiolare, mollò la presa e si allontanò da me insieme al suo compagno a quattro zampe.
Sentivo il mio corpo esplodere, tanta era l’energia che stava uscendo e alzai lo sguardo verso i miei due avversari: vidi i loro volti contorcersi in un’espressione in cui stupore e paura si mescolavano, lasciando poi spazio al terrore.
“Chi diavolo è questo moccioso!” disse il lupo.
“Vi avverto” dissi con voce rauca “Non ho intenzione di fermarmi qui. Dovessi distruggere l’intera zona: vi farò tutti a pezzi!”

 

 

Nel prossimo capitolo.
Sauron si scatena e, dopo aver sconfitto Ade e il lupo, vaga per la base degli Shad alla ricerca dei suoi poteri e di Dorian.
Inoltre il ragazzo scoprirà la natura dei suoi poteri e molto altro.
Questo e altro al prossimo capitolo.

 

 

Angolo dell’autore: Enciclopedia del Fantasy

 

Anemone (un inchino): “Ciao! Oggi sostituisco il signor Yaphisan che è momentaneamente impegnato.
L’argomento che tratteremo è il fenomeno degli Shad.
Gli Shad sono gli antagonisti delle storie create: cioè i cattivi, che devono obbligatoriamente esistere.
Gli Shad sono anche i malvagi che voi create nelle vostre fiction, ovviamente non compariranno mai in questa storia: sarebbe offensivo nei vostri confronti.
La loro base si chiama Nightmary: è lì che diventano reali e perseguono il loro fine, cioè l’invasione del Fantasy.
E chi deve proteggere il Fantasy? Noi eroi dei sogni: è un compito arduo, ma ce la mettiamo tutta, per proteggere la nostra terra.
Chiederei a voi tutti di non creare troppi cattivi, ma se lo facessi che eroina sarei?”

 

Entra Ade.
Ade: “Sicuramente siamo cattivi e ne siamo consapevoli, però non è giusto che siate voi ad introdurci . Da adesso ci penseremo noi a commentare le nostre azioni”.
Anemone: “Non per offenderti, ma non è una cosa facile”.
Ade: “A si? E cosa ci sarebbe di difficile?”
Anemone: “Innanzitutto l’apertura”.
Ade (prende appunti): “Che ci vuole!”
Anemone: “L’aspetto del presentatore”.
Ade (piccolo tic): “Si!”
Anemone: “E i possibili imprevisti”.
Ade (curioso): “Tipo?”

 

Da dietro Ade appare Pegaso e soffia sulla sua testa, spegnendo la fiamma.
Ade (con una mano sulla testa e guardandosi in giro): “Chi mi ha spento i capelli?”
Anemone (trattiene una risata): “Tipo questo!”
Ade (col broncio): “Ho capito! La prossima volta ti faccio vedere io”.

 

 

Scusate, non ho saputo resistere. La prossima volta sarà Ade a presentare: come se la caverà e scoprirà chi gli ha “spento i capelli?”
Alla prossima settimana.

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Capitolo 8
*** Una luminosa eredità ***


8. Una luminosa eredità

Ciao! Scusate il ritardo: ho avuto qualche intoppo, ma adesso sono pronto a presentarvi questo capitolo pieno di azione e di sorprese.
Vi avverto che è completamente diverso da quelli precedenti, quindi mettetevi comodi e divertitevi.
Mi raccomando ditemi che ne pensate: voglio vedere se sto andando bene.
Buona lettura.

 

 

 

 

 

I due Shad non riuscivano a muoversi, allora decisi di muovermi io.

Con un passo rapido, mi portai davanti a loro e colpii il lupo con un pugno, schiantandolo verso il muro opposto; poi colpii Ade con un calcio, spingendolo all’indietro.
Il cosiddetto dio dell’oltretomba si schiantò contro il muro e sputò sangue nero.
Mi avvicinai a lui e, pieno di rabbia, gli dissi: “Volevi uccidermi e mandare i pezzi del mio corpo a mia madre, vero?
 Quando avrò finito con te: non basteranno le pinze per raccoglierti” e cominciai a colpirlo selvaggiamente.
Non mi fermai fino a quando non lo vidi completamente inerme, ma non lo uccisi, poi passai all’altro.
“Sauron, fermati!” mi disse Incanto mentre si alzava a fatica “Non macchiarti di una simile atrocità!”
“E’ troppo tardi” risposi e mi apprestai a colpire il lupo.
“Ricorda ciò che hai promesso a Selen!”

 

Il pugno si fermò a pochi centimetri dal volto del lupo.
“Selen!” ripetei tra me.
In quel momento ricordai ciò che c’eravamo promessi: anche se separati, saremmo stati l’uno il blocco dell’altra e viceversa.
Abbassai il braccio e presi un bel respiro, sedando la rabbia.

 

CHE COSA STAI FACENDO? DITRUGGILI TUTTI!” disse la volpe.
“Ti ho detto di darmi il tuo chakra, è vero, ma non mi risulta di averti concesso il controllo del mio corpo. Impara a stare al tuo posto, mostro o ti confinerò nei meandri della mia mente!”
PICCOLO MOCCIOSO!” disse il demone.
“Ricorda che sono io a comandare; io decido se usarti o no!” dissi freddo “Se vuoi aiutarmi, sei la benvenuta, ma dovrai seguire le mie regole, mi sono spiegato?”
AH AH! E SIA, MA NON CREDERE DÌ AVERE IL TOTALE CONTROLLO SU DÌ ME: QUANDO SARA’ IL MOMENTO, ESIGERO’ IL CONTO”.
“Non ci contare!”

 

Aprii gli occhi e guardai Incanto con un sorriso.
“Mi hai fatto preoccupare ragazzo!” disse lui.
“Scusami: avevo dimenticato le mie priorità” e risi.
“L’importante è che sei di nuovo qui!” disse.

 

Poco dopo, uscii dalla cella e mi guardai intorno: ero dentro un sotterraneo, costituito da un lungo corridoio illuminato dalla fievole luce di alcune candele.
“Quanto è lungo?” chiesi smarrito.
“Circa trecento metri” rispose Incanto.
“Ho capito” risposi “Da adesso in poi è meglio fare attenzione.
Sun’s Knight Battle Armor Go!”

 

Incanto si attaccò al mio corpo come armatura e mi ricordò di essere sprovvisto di spada.
“Tuttavia, puoi ricorrere al potere che ti deriva da me” mi disse.
“Il potere che deriva da te? E quale sarebbe?” chiesi.
In tutti gli anni in cui era stato al mio fianco, Incanto non mi aveva mai detto di che potere fosse dotato.
“Si chiama Tracciamento. È un potere che rientra nella seconda delle sette categorie di classificazione: tramite questo potere, puoi materializzare sottoforma di armi la tua stessa anima o gli spiriti che hai con te. Il guaio è che non hai mai usato questo potere”.
“Non ti preoccupare, ce la farò” gli dissi.

Chiusi gli occhi e, per la terza volta, mi trovai di fronte la volpe.
“Ascoltami volpe. Ho bisogno della tua collaborazione: servendomi del potere di Incanto, ti trasformerò in una spada. Mi dai la tua disponibilità?”
AH! COMINCI SUBITO EH? D’ACCORDO: SARA’ DIVERTENTE VEDERE COME TE LA CAVI ”.
“Perfetto!” dissi scandendo le parole.

 
Tesi le mani in avanti e mi concentrai su una spada: cercai di darle una forma, una linea e una densità ben definite senza tralasciare i dettagli.
Alla fine sentii qualcosa sfiorarmi le mani, diventando sempre più solida e pesante e, aprendo gli occhi osservai la spada che ero riuscito a creare: la sua lama era rosso acceso, con la punta nera, l’elsa aveva quattro punte per lato e una più lunga sulla lama, l’impugnatura era lunga a forma di zampa aperta.
La mia prima creazione sembrava uscita bene anche se era un po’ piccola rispetto a come l’avevo immaginato, ma risultava essere difficile da maneggiare: probabilmente la volpe voleva complicarmi la vita, ma cercai di non farci caso.
“Niente male come prima creazione, si vede che sei un piccolo genio” disse incanto “Come ti senti”.
“Ho un po’ di fiatone, ma mi riprenderò presto” risposi “Speriamo che non si rompa: non so se riuscirò a crearne una seconda”.
“Se l’hai costruita usando la volpe a nove code come modello, dubito che si romperà tanto facilmente!”
“Bene, allora andiamo” e mi misi a correre per il lungo corridoio.   

 

Passarono alcuni minuti, poco più avanti vidi una scalinata e salii fino al piano di sopra.
Giunto in cima, mi fermai e, lentamente, affacciai il volto: la via sembrava libera.
“Da questo momento in avanti sarà meglio procedere con cautela” consigliò Incanto.
Senza rispondere, mi avventurai in quel tetro corridoio, pieno di quadri che preferisco non descrivere.
Ogni mio senso era concentrato, ogni nervo teso, la spada era salda nelle mie mani e pronta a colpire chiunque mi fosse apparso davanti: lì erano tutti nemici.
A un certo punto, una porta davanti a me si aprì e qualcuno uscì.
Feci in tempo a nascondermi dietro una statua e a sentire cosa stesse dicendo.

 

“Dove diavolo sono finiti Ade e Lupo?” disse una voce profonda.
“Conoscendo Ade, si starà divertendo a massacrare quel moccioso della famiglia Sandtimes” disse una voce femminile.
“Vorrei proprio sapere che cosa hanno fatto a quell’idiota!” disse una terza voce dal tono arrogante.
“Se lo sapessi, Gaston, rideresti di lui per un mese” disse la voce femminile.
“Ursula, tu sai che è successo?” chiese il primo ad aver parlato.
“Certo Shan Yu! Ero presente. Il solo ricordarlo mi fa scoppiare dal ridere” disse la donna.
“Avanti: dicci che è successo, voglio ridere anch’io di lui” disse Gaston.
“Va bene!” disse la donna.

 

“Gaston, Ursula e Shan Yu” pensai “Questi nomi li conosco. Certo: sono quelli che quattro anni fa, insieme con altri tre, erano penetrati nella fortezza e causato scompiglio. Mamma, Luce e la signora Rose li conciarono per le feste, per aver rovinato la nostra gita al parco.
Allora è stata mia madre a suonarvele, ora ve le suono io”.
“Sauron che hai in mente?” mi disse Incanto.
“Non è ovvio?” risposi “Prenderò a calci quei bastardi !”
“Non fare pazzie!” mi riprese.
“Troppo tardi!” dissi.

Come un fantasma, feci la mia apparizione davanti ai tre Shad, intenti nella loro conversazione: Gaston era un uomo alto, muscoloso con capelli neri, legati a coda e occhi azzurri; Shan Yu era pallido, con una barba nera incolta e una leggera calvizie gli mostrava la testa, i suoi occhi erano simili a quelli di un rapace che si fiondano su una preda ignara; Ursula era una donna grassa per metà polpo e un trucco disgustoso. Quando mi videro, apparvero stupiti.
Approfittai del momento e, con un calcio a mezz’aria, colpii Gaston in faccia, facendolo cadere; con un fendente in rovescio, sfiorai il petto di Ursula e puntai allo sterno di Shan Yu.
Con un movimento felino, il quasi calvo, estrasse la sua spada da dietro la schiena e parò il colpo, ma fu spinto all’indietro da un improvviso rilascio energetico causato dalla spada.

 

Senza perdere l’equilibrio, il quasi calvo e la donna polpo si allontanarono e si misero sulla difensiva.
“Ahia! La mia faccia! La mia bellissima faccia” disse imprecando il bell’imbusto “Chi si è permesso di colpirmi!”
“Perché non togli le mani dalla faccia e non lo scopri da te!” disse Shan Yu.
Gaston si alzò e, dopo aver recuperato la vista, disse: “Chi accidenti è questo?”
“Non è ovvio?” risposi “Sono il vostro ospite. La stanza non era di mio gradimento”.
I tre parvero stupiti.
“Tu sei quel moccioso!” disse Shan Yu “Se sei qui, significa che Ade e Lupo sono stati sconfitti. Che vergogna!”
“Ecco un altro pettegolezzo che varrà pena raccontare” ghignò Ursula.
“Me ne frego se sei un moccioso” disse Gaston impugnando il fucile da caccia che aveva dietro la schiena “Io lo faccio a pezzi”.
“Provateci se ci riuscite, vermi!” dissi con aria di sfida.
I tre, provocati, si lanciarono verso di me.

 

Ero in svantaggio numerico, ma vendei cara la pelle e non mi arresi.
Gaston fu il primo a cadere: cercò di avvicinarsi a me e di farmi saltare la testa puntandomi il fucile a pochi centimetri di distanza, ma fui più veloce di lui e, con un colpo netto della spada della volpe, distrussi il fucile e gli provocai una ferita obliqua allo sterno e, incredibilmente tagliai anche il muro alle sue spalle.

Ursula approfittò del mio momento di distrazione e mi afferrò con i tentacoli, chiudendomi in una morsa d’acciaio.
“Hai recitato le tue ultime preghiere?” disse la donna polpo trionfante.
“E tu hai pensato a cambiare il trucco” dissi di rimando, mentre usai lo scudo per fare leva sui tentacoli, rompendo la presa.
Una volta libero, vibrai un fendente in aria e, con sorpresa, generai una potente onda d’urto che schiantò la grassona contro il muro, facendole perdere i sensi.

A quel punto, restava solo un avversario da battere e mi piombò addosso con un poderoso fendente che riuscii a parare.
“Soltanto una cosa!” mi disse Shan Yu, a pochi centimetri da me “Sei uno di quei ragazzini che usano gli spiriti come armature?” e spinse con più forza.
Riuscii ad allontanarmi e risposi: “Il nome è Sun’s Knight e comunque, si sono uno di loro. Sei sorpreso?”
“Ah Ah! al contrario” disse lui “Sono al settimo cielo: ho sempre desiderato confrontarmi con uno di voi. Un sogno che si realizza!” e sorrise arcigno.
“Siamo nel Fantasy amico: qui i desideri diventano realtà!” dissi e mi lanciai verso di lui.

 

Ci scambiammo una rapida successione di fendenti senza darci tregua.
Rimasi sorpreso dalla sua abilità e dalla forza che riusciva a imprimere nella sua spada: nonostante la mia, come avevo capito, potesse lanciare onde soniche e tagliare il vuoto, la sua lama rimase intatta, senza alcuna incrinatura; era chiaro che la sua esperienza era, molto superiore alla mia.
Si allontanò da me e alzando la spada nella posizione dell’aquila (posa nella quale la spada è presa con tutte e due le mani e sollevata a pochi centimetri dalla testa) la calò con forza, tagliando l’aria.
Riuscii a proteggermi con lo scudo, ma la forza fu tale che la spada mi sfuggì di mano e volò all’indietro.
“Riprendi la tua arma!” disse lui “Non voglio battere un avversario disarmato; non ci sarebbe alcun onore” e lanciò un secondo fendente.

“Le tue azioni tradiscono le tue parole” dissi, ma avevo capito che voleva invitarmi a darmi una mossa.
Chiusi gli occhi immaginai degli shuriken a stella: la loro creazione non richiese molte energie e li materializzai subito, dopodiché li lanciai verso il mezzo calvo e mi spinsi all’indietro per riprendere la spada.

Quando la presi, la sentii stranamente più leggera, a quanto sembrava la volpe ci stava prendendo gusto.
“Puoi usare una magia di concretizzazione, a quanto sembra: niente male!” disse Shan Yu “Sei davvero un ragazzino interessante moccioso, ma adesso basta giocare, ti batterò con il mio attacco migliore” e abbassò la spada, quasi toccando il pavimento.
Capii che quello era il suo ultimo attacco: dovevo essere più veloce e colpirlo o quello a perdere sarei stato io.
“Se avessi lo Sharingan, sarebbe una passeggiata, ma adesso devo cavarmela da solo” pensai e mi lanciai verso di lui.
“Attacco Aereo del Falco!” e si lanciò anche lui.
Fu un istante: lui lanciò un attacco a quattro tempi, un fendente orizzontale, uno verticale, uno obliquo e un affondo; io un semplice fendente obliquo.

 

Ci trovammo uno di fronte all’altro e poi..
“Complimenti ragazzo, hai vinto!” disse lui e cadde a terra, privo di sensi.
M’inginocchiai a terra per riprendere fiato. Nella mia mente, ripercorsi quell’istante, fotogramma per fotogramma, rivedendo la scena a rallentatore.
“Sei stato in gamba Sauron” mi disse Incanto.
“Li ho visti tutti!” dissi più a me stesso “Quasi come se fossi riuscito a prevederli. Come ho fatto?”

Incanto si staccò da me e mi osservò e, dopo poco, spalancò gli occhi.
“Cosa c’è?” gli chiesi.
“Sauron” disse alzando un dito tremante “I tuoi occhi, lo Sharingan”.
“Cosa?” dissi sena capire.
“Lo Sharingan è apparso!” disse, senza fiato.
Tremante, alzai le mani e vidi il flusso della mia energia.
“Ma come è possibile! Malefica me l’ha tolto insieme alle sabbie del Tempo” esclamai.

 

Se vuoi, ti spiego io l’arcano” disse una voce.
Mi ritrovai in un immenso spazio bianco: davanti a me c’era solo quel colore e nient’altro.
“Dove mi trovo!” dissi.
Ciao!” disse di nuovo la voce dietro di me.
Mi voltai e sgranai gli occhi: davanti a me c’era un uomo alto, sulla trentina, vestito con un’uniforme verde e nera, avvolta da un candido mantello bianco; il suo volto ambrato e sorridente era illuminato dai capelli biondi simili ai raggi del sole e dagli occhi azzurri come il cielo. Sulla fronte portava una fascia metallica con disegnata una foglia stilizzata.
“Salve!” riuscii a dire.
E’ un piacere rivederti Sauron: sei cresciuto parecchio!” disse lui.
“Lei mi conosce? Chi siete?” chiesi.
Il mio nome è Minato Namikaze e sono il quarto Hokage del villaggio della Foglia, e colui che sigillò la volpe dentro di te” rispose abbassando lo sguardo.

 

Nel sentire quelle parole ebbi un tuffo al cuore; nemmeno adesso riesco a descrivere come mi sentii: di fronte a me era apparso colui che aveva contribuito a rendere la mia infanzia un vero inferno, ma non riuscivo a odiarlo; avrei voluto piangere o colpirlo, ma il mio corpo non rispondeva; avrei voluto gridargli contro tutto quello che avevo passato, ma la mia bocca era chiusa.
Perché non riuscivo a odiarlo? Perché non riuscivo a dire nulla?
Il mio corpo e la mia mente avrebbero voluto reagire, ma il mio cuore rievocava un viso che, se non avessi avuto questo mostro dentro, non sarei mai riuscito a veder sorridere: Selen.
Ma cosa dico? Anche senza la volpe, la mia condizione non sarebbe cambiata, la mia stessa nascita non sarebbe mai dovuta avvenire. Allora perché non sapevo cosa dire?

 

Capisco come ti senti, Sauron” mi disse lui “So di averti causato tanto dolore, sigillandoti la volpe dentro il corpo. Credimi quando ti dico che mi dispiace averlo dovuto fare.
L’ho fatto pensando al futuro che ti si prospetta davanti!

Lo guardai con occhi vuoti, non riuscivo a capire cosa mi stesse dicendo; le mie orecchie erano chiuse.
“Che cosa state dicendo?” riuscii a dire con voce bassa e atona.

Sai, gli spiriti possono vedere il futuro” riprese “Io ho visto il tuo, ragazzo mio: esso sarà legato a quello di una persona speciale come te che ha conosciuto la sofferenza e la solitudine. Questa persona si chiama Naruto Uzumaki ed è mio figlio e condivide con te lo stesso mostro che hai dentro”.
Quelle parole risuonarono nella mia anima con gran forza riaccendendo qualcosa in me: il quarto Hokage aveva un figlio e gli aveva messo nel corpo lo stesso mostro che avevo io.
“Come avete potuto” dissi, con le lacrime agli occhi “Quale padre sigillerebbe un mostro nel corpo del figlio condannandolo a vivere nella solitudine? Come avete potuto fare lo stesso con me?
Per metà della mia vita sono stato solo: nessuno, salvo la mia famiglia, si avvicinava a me, nessuno voleva essere mio amico.
Non so quante volte ho invidiato gli altri, mentre li vedevo giocare insieme; quante volte ho provato ad avvicinarmi a loro e sono stato allontanato.
Se non avessi incontrato Selen, sarei sprofondato in un abisso dal quale nemmeno la più semplice carezza di mia madre, o i dispetti delle sue amiche mi avrebbero salvato.
Non oso pensare a cosa abbia passato vostro figlio, che è cresciuto da solo, senza nessuno.
Con quale coraggio avete deciso di rovinare la vita di due ragazzini, facendoci questo?” non riuscii a dire altro e scoppiai a piangere come mai avevo fatto.

 

Capisco!” disse l’Hokage “Che persona orribile che sono stato.
Di una cosa, però, sono certo: in futuro ciò che hai dentro ti permetterà di conoscere tante persone che ti capiranno e diventeranno i tuoi migliori amici. Sono sicuro che tu e mio figlio diventerete grandi amici e saprete aiutarvi a vicenda
”.
“Anche se mi avete fatto questo” dissi “non riesco a odiarvi: non riesco a non pensare al viso sorridente della mia amica e quello che mi state dicendo.
Vorrei davvero conoscere vostro figlio e vedere che tipo è, sapere che infanzia ha vissuto, che cosa ha provato, cosa lo ha spinto ad andare avanti”.

La mano del quarto Hokage mi toccò la spalla: mi trasmise calma, serenità, conforto; sentimenti che solo un padre può trasmettere a un figlio in quel modo.

Alzai lo sguardo e incrociai il suo, splendente come il sole ed espressi un desiderio che, ahimè, non si sarebbe mai potuto realizzare: “Soprattutto, avrei voluto avere un padre come lei, quarto Hokage”.
Per un attimo, leggermente colpito, non disse nulla poi mi sorrise: “Avere due figli come te e Naruto, sarebbe un sogno, ma tu hai un altro padre che, senza volerlo, ti ha lasciato una grandissima eredità!
“Mio padre mi ha lasciato una grande eredità?” dissi.

Esatto!” rispose “Tu sei la sua ultima sorpresa, il frutto di un amore che non è possibile dimenticare. La sua eredità sono i sogni che non è riuscito a realizzare, le sue speranze e il suo amore per la pace: lo Sharingan che hai appena attivato è la sintesi di tutto questo, il lato luminoso dell’abilità innata che ha creduto di aver perso molto tempo fa.
Il tuo Sharingan e il suo sono destinati a unirsi in un unico occhio: da quest’unione nascerà qualcosa di nuovo che un giorno riuscirà a dissipare la maledizione delle famiglie dalle quali discendi. Non è una bella eredità?

“La più bella che un padre possa dare a un figlio” dissi, poi mi asciugai le lacrime e, con nuovo ardore continuai “Deve scusarmi quarto Hokage, ma adesso ho qualcosa che devo riprendermi!”
Certo ragazzo!” mi disse “Vai e non arrenderti mai. Un giorno ci rivedremo” e la stanza bianca sparì.

 

 

Riaprii gli occhi e mi ritrovai disteso nel corridoio in cui avevo combattuto, Incanto era vicino a me.

“Sauron stai bene?” mi chiese “E’ da alcuni minuti che hai perso conoscenza, mi hai fatto preoccupare!”
Mi rialzai e guardai Incanto con un sorriso.
“Perché stai sorridendo? Hai fatto un bel sogno?”
“Di più!” dissi “Ora ho un motivo in più per recuperare il mio Sharingan. Incanto torna armatura!”
“Non so che cosa tu voglia dire, ma credo che lo scoprirò presto. Bene, ricominciamo!” e mi ricoprì nuovamente.
Sentii una strana sensazione: Incanto era stranamente più leggero di prima, la stessa armatura era cambiata, assumendo una nuova forma. Che questa sensazione fosse merito della consapevolezza che avevo acquisito? Non lo sapevo, ma avrei continuato ad andare avanti.
Raccolsi la spada della volpe, sentendola leggera e andai avanti.

 

Il corridoio dal quale i tre Shad erano apparsi era molto lungo, ma la cosa non mi turbò: alla fine avrei ripreso ciò che mi era stato rubato e punito il ladro.
Mentre pensavo a questo, vidi di sfuggita un bagliore verde dal fondo del corridoio.
Feci appena in tempo a scansarmi, che vidi arrivare una sfera di energia verde che mi mancò di poco.
“Che peccato, ti ho mancato!” disse una voce in lontananza.
Mi alzai e puntai la spada in avanti.
Dal buio apparve un uomo alto, vestito con un abito simile a quello di un monaco, con capelli e barba neri, legati da una treccia e di carnagione verdastra.

“E tu che cosa saresti, uno zombie?” dissi ironico.
“Spiritoso” disse lo Shad con voce rauca “Io sono Rasputin il monaco maledetto, molto lieto” e fece un inchino.
“Il tuo nome non mi è nuovo!” dissi “Certo, sei lo Shad che, insieme ai tre di prima, tempo fa ha rovinato la gita che avevamo in mente di fare” e sorrisi.
“Ho fatto questo?” disse con una mano sulla bocca “Scusami non volevo farti un simile sgarbo, ragazzo. Mi dispiace per te, ma non avrai più l’occasione per ripetere quell’esperienza”.
Nell’altra mano teneva una strana lanterna che emanava una luce sinistra e la puntò verso di me.
Il bagliore di prima riapparve e la sfera di prima uscì dalla torcia.

Mi scansai e la evitai, ma ne vidi arrivare delle altre che mi bloccavano la strada.
L’unica cosa che potevo fare era difendermi e attivai lo scudo.
“Interessante!” disse Rasputin “Nascondevi uno scudo dentro la manica. Tuttavia non ti proteggerà!” ed intensificò l’attacco.
Continuai a resistere: non volevo neanche pensare che cosa mi sarebbe successo se avessi perso.
“Sauron sta attento” mi disse Incanto.
Nascosti delle sfere, si erano avvicinati degli strani mostriciattoli verdi e stavano per saltarmi addosso.

Feci la cosa più imprevedibile: continuando a proteggermi con lo scudo, cominciai a correre verso di lui e fui assalito da quelle strane cose.
“Ma che fai Sauron?” mi riprese Incanto.
“Passo all’attacco” dissi attivando lo Sharingan.

Con un rapido movimento della spada, tagliai le creature verdi che si erano attaccate a me e, anticipandole, colpii le altre a mezz’aria.
“Cosa?” disse Rasputin “Come diavolo hai fatto?”

Alzai lo sguardo verso di lui: “Grazie a questi occhi!”
“Che diavolo significa?” ringhiò il russo, poi ebbe un colpo “Aspetta! Non sarai mica il moccioso che tutti chiamano “il figlio del mostro dagli occhi color del sangue”, quell’umano genocida”.
“Non so che aspetto abbia mio padre” dissi freddo “ma di una cosa sono sicuro: chiunque sia, mi ha lasciato un’eredità preziosa e io ho deciso di prenderla per infrangere le maledizioni della sua e della mia famiglia. Per questo non mi arrenderò fino a quando non ci sarò riuscito” e mi lanciai verso di lui.
“Non montarti la testa, maledetto” disse e lanciò un’altra sfera.
Per un attimo, sembrò che fossi stato colpito; in realtà avevo usato un'illusione su Rasputin, facendoglielo credere.
“E’ finita!” dissi e con la spada colpii la lanterna, tranciandola di netto.
“Più la usi, più evidente che è quella strana lanterna la fonte del tuo potere: senza di essa non hai possibilità di difenderti” dissi trionfante.

“NOOO!” gridò il monaco “LA MIA ANIMA!” e fu avvolto da uno strano fuoco verde che lo bruciò.
“Che accidenti è successo?” esclamai.
“La lanterna era uno strumento demoniaco” spiegò Incanto “Quel folle aveva venduto la sua anima, rimanendovi vincolato. Nel momento in cui hai distrutto quell’oggetto, Rasputin ha perso tutto ed è bruciato all’inferno”.

 

Sentita la spiegazione mi accasciai a terra e respirai profondamente: avevo ucciso qualcuno. È vero, era uno Shad, ma era comunque una creatura vivente ed io l’avevo privata della vita. Mi sentivo uno schifo.
“Sauron” mi richiamò Incanto “So a cosa stai pensando e non devi farlo. Chi vende la sua anima per il potere: diventa un demone, senza alcuna eccezione. È vero, Rasputin era uno Shad, ma ha commesso un errore che è stato fatale. Non hai nulla di cui pentirti, ragazzo!”
“Allora perché non riesco a non pensare allo sguardo di paura che aveva poco prima di sparire?” dissi.

 

“Il tuo spirito ha ragione, Sauron!” disse una voce in lontananza “Non c’è peccato nel distruggere un mostro, anzi fai solo del bene”.
Aprii gli occhi e li puntai verso la direzione della voce: “Tu!” riuscii a dire.
“Si io!” disse Dorian, uscito dall’ombra “Vedo che hai fatto passi da gigante, rispetto a poche ore fa! Permettimi di testare i tuoi progressi, ragazzo” e, dal bastone da passeggio, estrasse la sua spada.

“Non chiedo di meglio!” dissi, recuperando il mio sangue freddo.

 

 

 

Nel prossimo capitolo.
Sauron, sconfitti i vari Shad, si appresta a battersi contro Dorian, che non gli renderà la vita facile.
Inoltre si ritrova contro anche Jafar e Malefica, giunti in soccorso del loro alleato. Come se la caverà. Questo e altro al prossimo capitolo.

 

 

Enciclopedia del Fantasy.

 

Ade (con il copione in mano): “Oggi presentiamo gli Shad che sono comparsi sinora:

1)    Malefica;

2)    Jafar;

3)    Lupo;

4)    Shan Yu;

5)    Gaston;

6)    Ursula;

7)    Rasputin;

 Ecco.. Vediamo di intervistarli”.

 

Tutti: “…..”

 
Ade non sa che dire.
Anemone (da dietro): “Te l’avevo detto che era difficile. Se non mantieni il sangue freddo, non riesci a spiccicare parola”.

 

Ade (esplode): “Ma chi diavolo ha scritto questa dannata storia? È davvero uno schifo!”
Anemone: “Sicurezza!”

 

Gli uomini della sicurezza entrano nello studio e mettono in fuga gli Shad con tre idranti.
Ade (depresso): “No! Il mio show è stato sospeso: e pensare che mi ero messo il gel ai capelli” e scappa.

 
Anemone (in mezzo allo studio): “Direi che, per oggi va bene così! Alla prossima”.

 

 

Che fiasco! Mi sa che Ade dovrà fare un corso di presentatore. Beh nessuno è perfetto.
Ciao.

La classificazione dei poteri è elencata nel capitolo 24 della storia "Millennium Falcon: La storia di Nick Nibbio Blu"

 

 

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Capitolo 9
*** il maestro della spada e delle grandi energie ***


9. Il maestro di spada e delle grandi energie

Eccomi di nuovo. Il capitolo di oggi è pieno di azione e di colpi di scena: spero che vi piaccia.
Potete dirmelo o con un commento o continuando a leggerlo, anche se vorrei entrambe le cose.
Per favore non mi linciate, non so se riuscirei a resistere.
E, fatto questo preambolo, ecco a voi il capitolo.

 

 

 

 

Attivai lo Sharingan senza fare troppi complimenti: Gray era famoso in tutto il Fantasy per la sua abilità come spadaccino, pochi potevano tenergli testa.
“Sbaglio, o quello è lo Sharingan?” chiese confuso “Malefica te l’ha tolto insieme alle Sabbie del Tempo e ai tuoi poteri. Come hai fatto a conservarlo?”
“Non sono cose che vi riguardano” dissi secco.
“Ci sono abbonato allora!” esclamò.
Non capii cosa volesse dire.

“Dalla tua faccia direi di averti incuriosito” commentò Gray “Vedi: diversi giovani si rifiutano di confidarsi con me; quasi mi considerano un mostro o un poco di buono.
È vero: sono un tipo particolare, sono immortale, ma sono sempre disponibile per scambiare quattro chiacchiere.
Forse è questo uno dei motivi per cui lavoro con gli Shad: almeno chiacchieriamo, senza dire frasi come “Non sono cose che vi riguardano” oppure “Non credo lei possa aiutarmi”.
Accidenti, è davvero triste”.
“In pratica” dissi “Lei ci ha tradito perché tutti la allontanavano?”
“E’ uno dei motivi, come ho detto”.
Per un secondo abbassai gli occhi: sapevo che era un errore, ma conoscevo fin troppo bene quella sensazione di totale estraneità.

 

“Mi sembri distratto ragazzo!” commentò Gray “Cose come queste, non si fanno di fronte all’avversario” e, rapidamente, si avvicinò a me e calò la lama.
Riuscii a evitare il colpo e a spostarmi verso il muro; vidi che il colpo aveva lasciato il segno sul pavimento, con un solco e sul mio viso, ferendomi alla guancia.
“Lo usi bene quell’occhio ragazzo, complimenti!” sorrise Gray.
“Detto da lei è più di un semplice complimento” ricambiando il sorriso.
“Sono riuscito a farti sorridere: lo considero eccezionale”.
“Deve scusarmi signor Gray” dissi “Prima vi ho offeso, ma adesso vedrò di rimediare”.
“Che vuoi dire?” chiese confuso.
“Lo Sharingan che vede: è il primo ed unico regalo che mi ha fatto mio padre. Io sono nato con lo Sharingan completo ed è il mio personale; questo, invece, apparteneva a mio padre: è la sua eredità”.
“Incredibile!” sorrise Gray “E così quello sarebbe o Sharingan che tuo padre ti ha lasciato.
Avevo sentito dire che tu ne avessi due, ma pensavo fosse una diceria”.
“Come scusi?” chiesi.
“Vedi: dopo la tua nascita, la tua madrina ti ha fatto una serie di controlli, per vedere il tuo stato di salute più che altro.
In una delle visite, fece una scoperta molto curiosa: rilevò la presenza di un altro Sharingan che, stranamente era rimasto sopito dentro di te. Alla fine non ci fece molto caso: pensò fosse una possibile evoluzione di quello che avevi e pensò di restare a vedere.
Chi si sarebbe mai immaginato che quello in realtà fosse l’ultima sorpresa di Itachi Uchiha?
Non fraintendermi: non ho niente contro di lui, anzi mi è simpatico; vorrei potermi battere contro di lui e vedere con i miei occhi la sua forza”.
“Capisco” dissi “Fatto sta che adesso vado di fretta: devo riprendere ciò che mi è stato tolto. Resterei volentieri a scambiare qualche altra parola con lei, signor Gray, ma ho da fare”.
“Molto bene” disse alzando la spada “Allora battimi, se ci riesci”.
“Con piacere” dissi e alzai la mia spada.

 

Per lunghi minuti, restammo immobili a osservarci, poi Gray avanzò e, con un rapido ed elegante movimento, fece un affondo.
Riuscii a schivarlo e contrattaccai con un fendente orizzontale, ma lui lo parò e si allontanò; poi cominciò ad attaccarmi con rapidi colpi in ogni direzione, senza lasciarmi il tempo di contrattaccare.
Cercai di schivare, ma non fu per niente facile: nonostante avessi lo Sharingan, era così veloce che molte volte fui sfiorato dalla lama.
Per evitare i più pericolosi, indietreggiai verso la parete e, alla fine, ci appoggiai le spalle: mi ero messo in trappola da solo.
“Direi che è finita” fece lui e diresse la spada verso il mio cuore.
Istintivamente, attivai lo scudo di Incanto e riuscii a parare il colpo, ma esso s’incrinò.
Approfittai della sorpresa di Gray per fare un affondo e riuscii a farlo allontanare.

 
“Il tuo spirito ti ha salvato” disse calmo “Mi meraviglia vedere la tua maestria, ragazzo mio. Spero che non resterai sempre sulla difensiva, potrei annoiarmi”.
Quelle parole mi provocarono parecchio, ma trattenni l’impulso ad attaccarlo frontalmente, avrei commesso un gravissimo errore a stare al suo gioco.
“Beh! Non vieni?”

“Sa che le dico?” feci “venga lei” e lo incitai con la mano.
“Errore madornale” disse e corse verso di me, lanciando un rapido fendente.
Con un salto lo evitai e mi spinsi in avanti, usando il muro come leva, menando un fendente aereo.
Il colpo fu fermato a mezz’aria e poi Dorian mi afferrò e mi lanciò all’indietro, facendomi rovinare a terra.
“Bella pensata!” commentò “Hai provato ad approfittare del mio slancio per colpirmi, ma quel trucco è vecchio quanto l’universo; non può fregarmi così”.
“A dire la verità” feci alzandomi e abbassando la spada verso il pavimento “Sapevo che mi avrebbe schivato”.
“Che vuoi dire” fece Gray, poi osservando la mia posizione capì.
“Ci è arrivato?” dissi “Vediamo se le piace questa mossa: attacco Aereo del Falco” e mi lanciai verso di lui.
Servendomi dell’o Sharingan, avevo copiato la tecnica di Shan Yu e l’avevo fatta mia per battere Gray.
Con rapidi movimenti, riuscii a eseguire l’intera combo, ma Gray scansò tutti i colpi e vibrò un fendente che ruppe il busto della mia armatura, causando un forte dolore a Incanto e mi spazzò verso il pavimento.
“Il tuo Sharingan non è male” commentò Gray “Hai copiato l’attacco di Shan Yu e hai provato a lanciarmelo contro: peccato che lo conosco già, altrimenti mi avresti colpito”.
Mi alzai e respirai profondamente: “Non ditemi che gliel’avete insegnata voi”.
“Oh no! Non sono il tipo da insegnare simili cose. Le me tecniche sono più eleganti”.

 

“Capisco!” dissi.
“Incanto, stai bene” gli chiesi mentalmente.
“Non ti preoccupare, non è niente” mi rassicurò “L’importante è che tu stia bene”.
“Sono stato meglio” risposi “Hai qualche idea per batterlo?”
“No, mi dispiace” disse, poi, però cambiò espressione “Aspetta, forse mi è venuta un’idea”.
“Sarebbe?” chiesi.
“Il potere del tracciamento, permette di copiare anche tutte le armi che vedi: ti basta un’occhiata per farne una copia quasi perfetta” disse “Sauron prova a riprodurre tutte le armi che hai visto finora e a lanciargliele contro. Quando sarà il momento giusto colpiscilo”.
“Hai dimenticato una cosa, amico mio” dissi “Non ho energie sufficienti per ricreare tutte le armi che ho visto nella mia vita”.
“Non preoccuparti di questo” mi rassicurò “Lasciati guidare da me: usa la mia energia e la mia esperienza e battilo”.
“Sei sicuro di poterlo fare? Dopo di lui ci sono altri Shad da battere”.
“Sbaglio o non è da te farti così tanti problemi”.
“Hai ragione!” dissi “Allora tentiamo”.
“Così mi piaci” fece.

 

Mi alzai e chiusi gli occhi per concentrarmi: “Analisi dei ricordi. Processo completato. Tracciamento in corso”.
Dietro di me apparvero un’infinità di armi sospese nel vuoto.
“Il potere del tracciamento” disse stupito Gray “Non mi sarei mai aspettato una cosa simile da te. Interessante! Vediamo di che sei capace” e circondò la spada di una strana luce bianca, facendola diventare più lunga e spessa.
“Blocchi rimossi!” dissi e poi gridai “FUOCO CONTINUO DI’ TUTTE LE PROIEZIONI”.
Le armi si lanciarono in avanti e si avventarono su Gray. Lui roteò la spada e creò un vortice che distrusse tutte le armi che si avvicinarono a lui.   
“Tutto qui?” disse Gray “Ammetto che il tuo potere è eccezionale, ma ti manca l’esperienza, ragazzo!”

 

“Accidenti!” pensai.
“Scusa, ma adesso tocca a me!” disse Gray e, con un movimento che lasciò la scia, mi si parò davanti e vibrò un colpo devastante.
Grazie allo Sharingan, riuscii a evitarlo, ma ciò che si trovava dietro di me fu tagliato in due per duecento metri.
“Incredibile!” riuscii a dire.
“Vero!” commentò Gray “Hai appena assistito a una dimostrazione dell’energia nota come: Spirito”.
“Lo Spirito” feci incredulo .
“Esatto!” confermò Gray “Lo Spirito è una delle quattro energie che compongono l’uomo: con esso è lo stesso spirito a combattere, rendendo gli attacchi e i movimenti così veloci che ne vedi solo la proiezione. Non dirmi che non sapevi che sono un maestro delle energie”.
“Lo avevo solo sentito dire” risposi “ma non mi sarei mai aspettato che sapesse manipolare una delle quattro energie base”.
“Chi ha detto che ne posso controllare solo una” rispose e circondò la sua spada di altri due strati di energia: uno giallo e l’altro rosso cremisi.

“Quelli sono..”
“Proprio così: le altre tre energie.” rispose Gray “Procedo con la spiegazione, prendi appunti.
Le quattro energie sono l’essenza del tutto e solo un grande guerriero può manipolarle alla perfezione: Corpo, Mente, Spirito e Cuore.
Il Corpo è la piattaforma che ognuno manipola come vuole per ciò che fa nella vita.
La Mente è la forza del pensiero, che solo un’adeguata preparazione psichica permette di rendere concreto.
Lo Spirito è la manifestazione stessa della propria forza combattiva che combatte al tuo fianco.
Il Cuore, il più difficile da apprendere, prende forza dai singoli battiti del tuo cuore, simbolo dell’ardore e del coraggio: e, con esso, non esistono ostacoli che si possano rimuovere.
Scusa l’impeto, ma adoro fare questa lezione”.

 

“Sono spacciato” pensai “Forse potrei tenere testa a una sola, ma tutte e quattro è un impresa”.
“Sauron” mi richiamò Incanto “Non ti lasciare prendere dal panico. Calmati e rifletti: anche se Dorian le può usare tutte e quattro insieme non è impossibile batterlo”.
“Che stai dicendo, Incanto?” ribattei agitato “Non posso battere un maestro delle quattro energie: è impossibile!”
“C’è un credo che hai sempre seguito, te lo sei forse dimenticato? Non esiste la parola “impossibile”: solo i limitati la usano e tu non fai parte di loro.
Per un eroe niente è impossibile!”

Mi sentii attraversare da un fulmine.
“Che stupido!” pensai “Mi lascio spaventare da così poco? Incanto hai dannatamente ragione: io non conosco la parola “impossibile”. Anzi, so già come controbattere”.
Chiusi gli occhi e mi ritrovai di fronte alla volpe a nove code.
“Ehi volpe! Ho bisogno che tu mi fornisca ogni minuto il 10% del tuo potere”.
EH? CHE HAI IN MENTE RAGAZZINO?” disse la volpe.
“Lo vedrai” dissi con un sorrisetto.
AH AH! MI’ PIACE QUEL SORRISO. D’ACCORDO: VEDIAMO CHE IDEA TIRI FUORI”.

 

Riaprii gli occhi e attivai lo Sharingan Ipnotico di mio padre: a forma di shuriken.
“Tu guarda!” disse Gray “Da quanto puoi usare quel trucchetto?”.
“Da anni, signor Gray!” dissi con un sorriso “Anche se ho perso quello con cui sono nato, non vuol dire che ne ho dimenticato la sensazione”.
“Interessante!” disse Gray puntando la spada in avanti “Finalmente sto per battermi contro il vero potere dello Sharingan. Non deludermi”.

“Stia tranquillo: i preparativi sono quasi ultimati” dissi “Armor Down!” ordinai e Incanto si staccò da me.
“Sauron che ti è saltato in mente?” mi disse incanto.
“Preparati a diventare una spada imbattibile” gli dissi.
Incanto spalancò gli occhi, poi, dopo avermi guardato, annuì.
Nella mia mente disegnai una spada: ne definii la forma e i materiali, senza tralasciare il minimo dettaglio, poi vi collocai Incanto e la completai.

Fu eccezionale: la lama occidentale era blu, tinta di saette dorate, la guardia nera e dorata era a forma di luna crescente, l’impugnatura era una saetta dorata che finiva con un piccolo velo color cielo notturno, tinto di punti dorati.
Questa nuova spada si appoggiò delicatamente nella mano sinistra e brillò di luce propria.
“Splendida!” disse Gray applaudendo “Hai fatto un vero capolavoro Sauron, si vede che hai gusto”.
“Grazie per il complimento” dissi “La informo, che non è solo bella, ma è anche molto forte” e incrociai le due spade, facendole crepitare.
“Non ne dubito, ma sarà capace di tenere testa alle quattro energie?”
Gray calò la spada in avanti, ma la evitai e, dopo pochi secondi, vidi aprirsi una voragine che tagliò una montagna e persino le nuvole che coprivano la luna, permettendole di illuminarci il viso.

“Wow!” feci, per nulla spaventato “Non avevo mai visto una simile dimostrazione di forza. Tuttavia non mi tiro indietro” e mi lanciai all’attacco.
“Mente: difesa” disse Gray.
Lo strato giallo si ampliò e formò uno scudo impenetrabile, che colpii con la spada della volpe senza incrinarlo.
“Mente: attacco” disse di nuovo.
Lo strato giallo s’illuminò e divenne appuntito e mi puntò.
“Non così in fretta” dissi e misi in avanti la spada di Incanto: il velo s’ingrandì e mi avvolse, proteggendomi come uno scudo.
“Niente male!” commentò Gray.
“Non ho ancora finito” dissi e, ritirato il velo, vibrai un fendente con la spada, facendo esplodere una luce azzurra che fendette l’aria.
“Difesa” disse Gray.
Lo strato giallo tornò simile a uno scudo e lo difese, tuttavia cominciò a incrinarsi.
“Ritiro quello che ho detto” disse Gray “Eccezionale. Adesso, però ti attacco simultaneamente” e concentrando i tre strati sulla lama, la calò verso di me.
Rimasi fermo, sentendo qualcosa scendermi dall’occhio destro: “Amaterasu!”
Le fiamme nere mi avvolsero, proteggendomi, impedendo all’attacco di sortire i suoi effetti. Stranamente, non mi faceva male, anzi: non sentivo gli effetti collaterali di quell’occhio, era strano, ma in quel momento non ci feci caso.

 

“Wow!” disse Gray elettrizzato “Non ho parole per descrivere una simile meraviglia: Amaterasu, la fiamma nera dell’inferno che consuma qualsiasi cosa con cui viene a contatto. Da quanto desideravo vederla”.
“Le conviene frenare l’euforia del momento, signor Gray” dissi “La sua spada sta bruciando”.
Era vero: la punta della spada di Gray stava bruciando a causa delle fiamme nere e presto si sarebbe consumata.
“Non me ne preoccupo!” disse annullando le energie e poi riattivandole pochi secondi dopo: in quel modo la fiamma, perdendo la presa su quello che stava bruciando, si estinse.
“Bella trovata!” commentai “Pensa di riuscirci di nuovo?” e diressi la fiamma verso di lui.
Servendosi dello Spirito, Gray si scansò e si avvicinò a me, pronto a decapitarmi.

Io, però, avevo altri programmi: le punte sull’elsa della spada della volpe si allungarono e puntarono al suo petto.
Accortosene, Gray si allontanò da me e praticò un affondo nel vuoto ed io risposi con un fendente della spada della volpe.
Sapevo che tra i due colpi, il mio avrebbe perso, ma volevo solo guadagnare tempo e spostarmi dalla direzione dell’affondo.
Riuscii a praticare la mia idea e poi, sfruttando le punte della spada della volpe, mi diressi velocemente verso Gray portando in avanti l’altra, pronta a colpire.
Gray, capendo di non potersi difendere contro di essa, contrattaccò con un fendente.
Le due spade s’incrociarono e il pavimento s’incrinò a seguito dell’onda d’urto.
“Bel tentativo, ma ti serve più forza per contrastare le quattro energie riunite insieme” disse Gray e cominciò a spingere.
“Non l’ha capito?” dissi di rimando e vibrando un fendente con l’altra spada “Ce l’ho già! Adesso!”

Le due spade brillarono e riuscirono a rompere il controllo sulle quattro energie.
Con un colpo netto, tagliai la mano destra di Gray e, girando su me stesso, affondai le lame nel suo petto.
Una forte onda d’urto invase il corridoio dietro di lui, facendo tremare l’intera struttura.

Con uno strattone, spinsi Gray verso il muro e liberai le spade.

 

“Complimenti” disse lui in un bagno di sangue “Sei riuscito a battermi. Peccato che non mi puoi uccidere”.
“Ne sono consapevole” risposi facendo lunghi respiri “Conosco la vostra storia”.
“Meno male. In qualunque caso, mi hai danneggiato a tal punto, che avrò bisogno di un po’ per riprendermi del tutto” disse con un sorriso “Prima di andare, puoi dirmi come hai fatto a vincere”.
“Semplice” risposi “Mi sono servito della forza della volpe a nove code!”
Gray mi fissò stupito.
“Non mi guardi in quel modo, non c’è nulla di cui stupirsi. Vede: prima di creare la spada di Incanto, ho chiesto alla volpe di darmi il 10% della sua forza a intervallo di un minuto.
Ogni volta che l’ho ricevuto, l’ho diviso in due parti uguali: una l’ho usata per potenziare le mie creazioni, l’altra l’ho accumulata, aspettando il momento giusto per rilasciarla tutta insieme.
Ora ha capito?”
“Sei un vero genio” disse sorridendo “Ti stavi battendo e, allo stesso tempo, hai fatto questo complicato processo. Hai davvero mantenuto alto i nomi delle famiglie da cui discendi”.
“Molte grazie” dissi “Comunque non avevo calcolato tutto: mi sono anche affidato al mio istinto per attaccare al momento giusto”.
“Ciò che ho detto prima, non cambia!”
“Grazie! Ora deve perdonarmi, ma ho una cosa da fare”.

 

“Non disturbarti!” disse una voce in lontananza.

Una scarica di fulmini neri e raggi rossi si avventò conto di me, che schivai prontamente.
“Dovevo immaginarlo” dissi “Siete rimasti nell’ombra a godervi lo spettacolo, vero?”
“Non sono riuscita a non guardare” disse Malefica, seguita da Jafar.
“Hai davvero dei poteri incredibili, ragazzino” commentò Jafar “Sono tali che nemmeno Malefica è riuscita a toglierteli tutti”.
“I poteri che derivano dagli spiriti sono difficili da togliere” rispose la strega “E poi lui è il cosiddetto “Figlio del demone dagli occhi color sangue”, un appellativo davvero azzeccato”.
“Maledetta strega” dissi puntandole la spada di Incanto “Restituiscimi ciò che mi hai tolto e, forse, potrei anche decidere di risparmiarti”.
“Oh che piccolo cavaliere!” sorrise Malefica “La mamma non ti ha mai detto che le donne non si toccano neanche con un dito?”
“Certo!” risposi “Mi ha anche detto “Mai farti ingannare dalle apparenze” e tu sei tutto, fuorché una donna”.
“Capisco” fece lei “Allora basta chiacchiere, è il momento di dirci addio. Jafar, Dorian uccidetelo!”
“Con piacere” rispose Jafar.
Gray si rialzò: le sue ferite erano sparite e la mano ricresciuta aveva ripreso la spada.
“Cavolo” pensai “Sono messo male: mi ritrovo a dover combattere contro tre avversari. Cosa faccio?”
“Sai Sauron” fece Gray, ricoprendo la spada dei tre strati energetici “L’insegnamento di tua madre è davvero veritiero: mai farsi ingannare dalle apparenze” e calò la lama, ma non verso di me, bensì contro Jafar.
Il vecchietto, accortosi dell’attacco, indietreggiò e gli gridò contro: “Dorian, che diavolo stai facendo?”
“Pongo fine alla mia missione di spionaggio e passo alla seconda fase” rispose Gray.
Stupito e senza parole, osservai Gray.
“Hai capito ragazzo mio!” disse Gray “Sono una spia, è vero, ma del Fantasy”.

 

“COSA!” gridarono in coro Malefica e Jafar.
“Sì, avete capito” rispose “Per tutto questo tempo, vi ho semplicemente giocato: merito della mia indecifrabile natura”.
“Maledetto!” ringhiò Malefica “Non la passerai liscia. Jafar uccidilo, io penserò al moccioso”.
“Ti prendi sempre i tipi più facili tu” disse di rimando il vecchietto e si lanciò contro Gray e finirono fuori dalla struttura, verso un dirupo.

 

Vidi Gray sorridermi e, ripresomi dallo shock, ricambiai.
“Iniziamo le danze, strega. Sto arrivando” e mi lanciai verso di lei.               

 

 

Nel prossimo capitolo.
Sauron combatte contro Malefica, la quale scatenerà tutta la sua furia.
Riuscirà il ragazzo a sconfiggerla e a recuperare i suoi poteri?
Questo e altro nel prossimo capitolo.

 

 

Angolo dell’autore: Enciclopedia del Fantasy

 

Anemone: “Oggi spiegheremo le quattro energie.
Ogni essere vivente è formato da varie fonti di energia, alcune si sviluppano naturalmente, altre richiedono ungo processo di allenamento.
Le quattro grandi energie, che riassumono in se le altre sono:

1)    Corpo;

2)    Mente;

3)    Spirito;

4)    Cuore.

Il Corpo è l’energia fisica che sviluppiamo quotidianamente e permette la nostra crescita.
Per le altre tre energie è necessario seguire un programma preciso: atto a svilupparle”.

 

Entra Sauron e si avvicina alla ragazza.
Anemone: “Ciao Sauron”.
Sauron: “Ciao Anemone. Visto che siamo in argomento, che programma bisogna seguire per apprenderle?”
Anemone: “Mi dispiace, ma non posso dirtelo”.
Sauron (tic): “E perché?”
Anemone: “Verrà spiegato più avanti, ragazzo mio. Abbi pazienza”.
Sauron (broncio): “Uffa! Perché il signor autore è così cattivo e non ci fa una piccola anticipazione?”
Anemone: “Troppi spoiler danneggiano una storia, quindi devi aspettare”.
Sauron: “Va bene.
Comunque avete visto? Ho battuto le quattro energie: sono troppo forte”.

 

Entra Dorian: “Veramente no!”
Sauron (sorrisetto): “Andiamo! Lo ammetta che l’ho stesa signor Gray”.
Dorian: “Se proprio lo vuoi sapere, l’ho fatto a posta”.
Sauron (bocca a triangolo): “…. COSA!”
Dorian: “Pensavi davvero di aver battuto un maestro come me?”
Sauron (depresso all’angolo): “Non è giusto!”

 

Anemone (a bassa voce): “Perché non ammetti che hai perso per davvero? in fondo lo hai ammesso tu di aver perso”.
Dorian (anche lui a bassa voce): “E’ vero, ma che figura ci faccio a dire che sono stato battuto da un bimbo? E poi non gli darei, manco morto, la soddisfazione di prendersi gioco di me.
Ma che dico? Io sono immortale!” e si vanta tutto.

 

 

Che tipo eh? Tanto ti sei fregato da solo, noi sappiamo la verità.
Appuntamento alla prossima, ciao!
 

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Capitolo 10
*** il potere di creare una nuova realtà ***


10. Il potere di creare una nuova realtà

Ciao e, come sempre, ben ritrovati per questo nuovo capitolo.
Spero di riuscire a emozionarvi oggi: premetto che ci sarà molta azione oggi.

 

Fria: Ciao e grazie per il commento. Non ti devi preoccupare, due storie riesco a gestirle e poi, certe volte, scrivere è un piacere.
Spero continuerai a seguirmi.

 

Detto questo, chiedendo sempre un commento, vi auguro buona lettura.

 

 

 

 

 

Malefica cercò di tenermi a distanza, lanciandomi contro numerosi fulmini e ci riuscì perfettamente.
Alla lunga, quei fulmini si fecero più rapidi e precisi: a quanto sembrava, aveva capito come mi muovevo e stava agendo di conseguenza.
Quei colpi aumentarono d‘intensità e, se non avessi avuto lo Sharingan, sarei stato colpito molte volte.
In quel momento, però, pensavo ad altro: delle strane frasi si stavano insinuando nella mia mente e non riuscivo a capire cosa questo volesse dire.
“Che cosa significano queste parole?” mi chiesi.
Incanto non rispondeva ed io cominciavo ad agitarmi.

 

Un fulmine mi sfiorò e mi ferii a un braccio.
“Avanti, dai! Non hai tempo per fermarti a riposare” disse Malefica e mi lanciò una sfera nera.
Mi difesi con il velo, ma l’impatto mi spinse all’indietro e persi la presa sulle spade.
“Ho bisogno di qualcosa per la lunga distanza” pensai, mentre mi alzai e continuai a schivare “Mi servirebbero delle armi da fuoco”. 
Richiamai gli spiriti della volpe e Incanto e, nella mia mente, tracciai delle pistole automatiche.
Nella mia mano destra apparve una lunga pistola rossa da trentatré millimetri, con una spilla a nove punte attaccata sul manico; nella sinistra una trenta millimetri blu e nera, con un pendaglio a forma di fulmine.
“Vuoi giocare a tiro al bersaglio” disse Malefica divertita “Vediamo se hai abbastanza munizioni” e, con un incantesimo, sollevò le pietre del muro e le lanciò.
Puntai le pistole e premetti il grilletto: i “proiettili” che uscirono in realtà erano fasci di energia concentrata che perforarono le pietre e i fulmini.
Malefica, accortasene, innalzò una barriera magica per proteggersi e annullò danni.
“Cavolo” pensai ansimante “Queste pistole sono davvero forti, ma il quantitativo di energia è troppo elevato. Volpe aumenta il rifornimento del 5%”.
E’ TROPPO DIVERTENTE! NON FERMARTI” disse emozionato il demone.
“Sauron non esagerare” mi disse Incanto.
“Finalmente ti fai sentire” dissi.
“Scusami: ero concentrato sulla battaglia” si giustificò.
“Piuttosto” tagliai corto “Che cosa significano quelle strane frasi?”
“Frasi?” fece Incanto “Quali frasi?”
“E’ da un po’ che si stanno definendo nella mia mente: sono scritte in inglese e, più passa il tempo, più premono, come se volessero essere pronunciate” dissi.
“Che siano” disse incanto “No, non è possibile che tu possa già usarlo!”
“Cosa?” chiesi, poi qualcosa si accese nella mia mente.
Per un istante, mi ritrovai in un altro posto: una caverna tinta di rosso; sulle pareti giravano dei meccanismi; sul terreno erano conficcate un’infinità di armi.

 

Così com’era apparsa, sparì e mi ritrovai nel corridoio, ormai distrutto e Malefica davanti.
“Beh!” disse la strega, avvolta dalla barriera “Non mi attacchi più? Allora lo farò io” e lanciò una marea di incantesimi.
“Sauron, svelto!” mi richiamò Incanto.
La spilla e il pendaglio s’illuminarono e divennero uno scudo rosso e blu con le punte nere.
“Credi davvero che quello scudo possa difenderti” disse la strega e tirò fuori una sfera rossa e bianca.
“Quella è..” dissi stupito.
“Esatto!” rispose con un sorriso trionfante “Assaggia i tuoi stessi poteri” e mi lanciò contro le mie stesse Sabbie del Tempo, unite ad Amaterasu.
Lo scudo fu colpito dall’attacco congiunto e sentii il dolore dei due spiriti e le loro urla.
“Sauron” gridò Incanto “PRONUNCIALE!”
MUOVITI MOCCIOSO!” gridò la volpe “NON HO VOGLIA DI’ MORIRE PER PROTEGGERTI”.

 

Sentii una scossa invadermi e decisi di tentare quella carta, non avevo scelta.
I am the bone of my sword!”
dissi.

 

Lo scudo si ampliò e rilasciò una potente onda di energia che spazzò via l’attacco.
“Che cosa!” fece la strega stupita.
“Incredibile” pensai “E’ bastata una semplice frase, per annullare l’attacco. Che strano potere”.
“Piccolo moccioso” ringhiò la strega “Si può sapere che razza d’incantesimo hai usato?”
“Incantesimo?” feci stupito.
“Non dirmi che non lo sai!” fece la strega sbattendo il bastone sul pavimento “Quello che hai appena fatto è un incantesimo, molto potente per giunta, ma non te lo lascerò fare di nuovo” e lanciò una serie di sfere, avvolte da Amaterasu.
“Sauron, non ti fermare” disse Incanto “Vai avanti”.

 

Non capivo che cosa avessi appena fatto, ma la paura iniziale era svanita: ora dovevo andare fino in fondo.
“Steel is my body, and fire is my blood”
continuai a dire.
Le pistole vibrarono e cambiarono, diventando più lunghe e, schivando l’attacco sparai.
Dalle canne delle pistole uscì una luce accecante che colpendo la barriera di Malefica, la distrusse.
“Cosa!” fece di nuovo la strega “Un altro incantesimo”.
Io stesso rimasi stupito da quello che avevo fatto: avevo potenziato il mio attacco, rendendolo dieci volte più forte; che cosa sarebbe successo se avessi concluso la serie che continuava a rimbombarmi in testa?
In quel momento vidi la pistola di Incanto trasformarsi in un arco e quella della volpe in una freccia rossa.
“Che cosa significa” pensai “Perché le due armi si sono trasformate?”
“Non esitare, Sauron” mi riprese incanto “Scocca la freccia”.
Decisi di ascoltare il mio spirito e incoccai la freccia prendendo la mira.
“Non ci contare” disse la strega che creò una serie di frecce elettriche e me le lanciò contro.
Una luce si propagò per la mia freccia e poi lanciai.

 

Un’onda di luce travolse il corridoio e il muro crollò senza lasciare traccia.
Non avevo parole: ero riuscito a vincere la strega.
“Maledizione!” gridò la strega, uscendo dalla cortina di fumo che si era formata “Come diavolo hai fatto a riprodurre un’arma leggendaria”.
“Un’arma leggendaria” pensai con stupore “Che accidenti sta dicendo? Io ho usato un’arma leggendaria?”
“Sei un autentico mostro, ragazzino” ringhiò Malefica “Proprio per questo, mi assicurerò che tu non esca vivo da qui” e, alzato il bastone, mi lanciò un potente raggio nero.
In quel momento ero confuso, ma non potevo permettermi di restare imbambolato a guardare il vuoto: dovevo reagire.
“Amaterasu” e le fiamme nere mi coprirono proteggendomi dal raggio, ma la strega non si fermò e continuò a bombardarmi.
“Accidenti!” feci.
“Continua a dire le parole” m'incitò Incanto.
“Prima spiegami che diavolo sto facendo” gli gridai.
“Fidati di me e continua” rispose.
“DIMMI CHE DIAVOLO STO FACENDO” gridai.
Spaventato e arrabbiato, osservai il mio spirito: mi fidavo di lui, ma volevo sapere.
Dopo avermi guardato per un momento, che sembrò un’eternità, disse: “Scusami, sono davvero un pessimo partner. Il potere del tracciamento non è solo la capacità di materializzare gli spiriti come armi e di riprodurle, può fare molto di più: creare una nuova realtà che ne contiene un infinito numero. La formula che stai recitando è la chiave per aprire questa realtà e accedere al massimo potere di cui sei dotato”.
Quelle parole mi diedero un’altra scossa e rievocai la visione di poco prima.
“Potevi dirmelo prima”.
“Adesso lo sai” disse Incanto.
“Allora ricominciamo”.

 

Feci sparire le fiamme nere e aprii le braccia, attivando uno scudo a stella.
“Che Cosa?” disse la strega.
“Ti finirò una volta per tutte.
  I have created over a thousand blades
” e materializzai numerose spade corte che lanciai verso la strega.
“Non so che cosa tu voglia fare, ma non ti lascerò vivere oltre” disse lei e innalzò una seconda barriera che fu immediatamente distrutta con una potente esplosione.
Affidandomi completamente al mio istinto, corsi in avanti e continuai la formula: “
Unknown to death” riapparvero le spade della volpe e d’Incanto, poi le portai dietro la schiena “Nor known to life” le due lame cambiarono forma, diventando simili alle ali di un grifone.
Saltai e, tenendo le due armi ben salde, le calai verso la strega generando una potente esplosione.
Seguii tutta la scena con lo Sharingan e fui sicuro di averla colpita, ma mi sbagliavo: quella maledetta aveva usato le sabbie del Tempo per difendersi e poi usò l’attacco “Vento del Destino” per spingermi via.
Fui fiondato all’indietro e mi schiantai contro il muro.
Sentii un mancamento e cercai di rimanere cosciente e di rimettermi in piedi, ma delle catene d’acqua mi afferrarono un braccio e mi tirarono verso la strega che, una volta che fui a portata di mano, mi colpì col bastone facendomi rovinare sul pavimento.
“Non ho ancora finito” disse lei usando le sabbie e creando un piccolo tornado che mi spazzò via.
“Dannazione” pensai “Quella dannata strega sta usando i miei stessi poteri per distruggermi. Di questo passo, non riuscirò a fare niente”.
“Non arrenderti Sauron” m’incitò Incanto.
“Secondo te sono il tipo da arrendersi?”e a fatica mi alzai in piedi.

 

“Sei davvero duro a morire” disse Malefica “Si vede che dovrò impegnarmi di più”.
“Adesso basta” dissi “Porrò fine a questa storia e mi riprenderò ciò che mi hai tolto”.
“Muori” e lanciò le sabbie avvolte dal fulmine.
Mentre scansavo, ripresi la formula e, questa volta, non mi sarei fermato fino alla fine: “
Have Withstood pain to create many weapons” chiusi gli occhi “yet those hands will never hold anything”.
“Maledizione” disse la strega e lanciò una sfera di ghiaccio, pronta a esplodere.
“So, as i prey”  e aprii gli occhi “Fine dei giochi: "Unlimited Blade Works”!”

 

L’intera area fu avvolta dalle fiamme e, una volta scomparse, ci trovammo nel luogo della mia visione.
“Questo è” disse la strega mentre sgranava gli occhi “Un Reality Marble. Impossibile”.
“Un Reality Marble?” pensai “un mondo interiore, capace di sostituirsi alla realtà? È dunque questo il mio vero potere?”
“Esatto Sauron” disse Incanto trionfante “Ora fai vedere a quella strega di cosa sei capace”.
“D’accordo!” risposi.

 

“Come diavolo ci sei riuscito” ringhiò Malefica “Come puoi realizzare una cosa simile?”
“Se devo essere sincero, neanch’io sapevo cosa sarebbe successo”risposi “E’ la prima volta che entro in questo posto”.
“Cosa!” fece stupita la strega.
“Basta parlare, adesso” dissi afferrando una spada al mio fianco “Chiudiamo questa storia maledetta strega. Pensi di avere abbastanza magia per battermi” e mi lanciai all’attacco.
“Non fare il gradasso, moccioso” disse lei trasformando il bastone in un’ascia a doppia lama e, dopo averla avvolta di magia nera, si lanciò all’attacco.

 

Le due armi si scontrarono, generando una potente corrente di energia e, invece di subire il contraccolpo, spinsi e attaccai senza sosta.
“Impossibile” disse la strega, mentre modificava l’arma in un paio di spade e attaccava.
“Aggiornati”, dissi mentre calai un fendente “La parola “impossibile” non esiste”.
Le spade si ruppero e la strega indietreggiò: “Non mi farò battere da un moccioso” e si avvolse di uno strano fuoco verde.
Indietreggiai e materializzai le spade della volpe e d’Incanto.
“Adesso Sauron Folgore Sandtimes, assaggerai la mia ira e di tutte le forze del male” la fiamma verde s’ingrandì inghiottendola e prese le sembianze di un drago nero.
“Oh cavolo!” feci.
“Incredibile!” disse Incanto.
CHE BELLO!” disse la volpe. 
MUORI ruggì il drago e, aperte le fauci, sputò fuoco.

 

Attivai lo scudo e mi difesi, poi saltai all’indietro e cercai una soluzione.
Il drago spalancò le sue grandi ali di pipistrello e m’inseguì.
“Rifletti” pensai “In questo momento, siamo all’interno della mia creazione piena di armi che posso usare come voglio; ho le spade d’Incanto e della volpe in mano e lo Sharingan attivo; mentre Malefica si è trasformata in un drago e temo possa ancora utilizzare i suoi incantesimi.
Per battere un drago devo colpire il cuore, ma dubito sia così facile: mi serve qualcosa capace di colpirla”.
Il drago aprì le fauci e sputò una fiammata di Amaterasu.
Riuscii a evitare le fiamme librandomi in volo, ma fui sfiorato dalla coda del mostro e, per un attimo, persi la concentrazione e caddi.
“Avanti Sauron” mi dissi “Pensa!”
Stavo per essere colpito dalla zampa della strega, ma riuscii a riprendermi e la evitai.
NON MI’ SFUGGIRAI” ruggì Malefica (Non so proprio come chiamarla).
“Sauron rispondi agli attacchi!” disse Incanto.
“Hai un’idea da propormi?” gli chiesi.
“Hai ancora bisogno di aiuto?” mi riprese “Ricorda che questa è la tua creazione: usala”.
“Come?” chiesi, ma poi ebbi un’idea “Lascia perdere. Credo di aver trovato una soluzione”.
Mi concentrai sulle armi del mio Reality Marble: cercai di controllarle a distanza e di renderle qualcosa di nuovo, capace di distruggere qualsiasi cosa.

Le armi risposero al mio comando e, illuminatesi, si alzarono da terra e si diressero verso il drago, che si difese con una barriera magica.
Approfittai del momento per fare qualcosa di nuovo: avvicinai le mie due spade e provai a combinarle in una sola.
“Fa che funzioni” dissi.
NON TE LO LASCERO’ FAREruggì Malefica e sputò fuoco, distraendomi dal processo.
“Accidenti!” dissi “Mi serve più tempo”.
Usando il processo di analisi, ricoprii la volta della caverna d’innumerevoli armi da taglio, tutte puntate sul drago e, dopo aver usato Amaterasu per formare una sottile pellicola, le lanciai.
In questo modo la barriera non avrebbe retto a lungo e Malefica, attaccata da tutte quelle armi, sarebbe stata impegnata per un po’.
Tornai al processo di unione: cercai di unire i due spiriti in maniera equilibrata, di dar loro una forma capace di abbattere qualsiasi cosa; detti tutto me stesso in questa nuova creazione.
Alla fine i miei sforzi furono ricompensati, la spada era completata: l’elsa dorata e finiva con una luna rossa; la guardia d’oro era a forma di ali aperte; la lama era viola e attraversata da saette argentate.
“Il colore è un po’ curioso” commentai “Ciò che conta è quello che può fare”.
In quel momento, Malefica riuscì a liberarsi delle armi che le avevo lanciato, contro e sputò fuoco verso di me.
“Vediamo che sapete fare insieme” dissi e calai la spada.
Le fiamme si aprirono in due e un corno sulla testa del drago saltò, provocandole un forte dolore.
“Wow!” feci e osservai la spada “Ora cominciamo a ragionare” e mi lanciai all’attacco.
Malefica non fece attendere una sua risposta e mi lanciò contro le sabbie del Tempo e Amaterasu insieme rincarando la dose con un’altra fiammata.
Le ali della mia spada sbatterono e le fiamme inestinguibili si spensero insieme con quelle del drago; la luna alla fine dell’elsa s’illuminò e le sabbie si dispersero.
COSA!” fece Malefica “E’ IMPOSSIBILE!”.
“Non farmi ripetere la stessa cosa due volte!” gridai mentre corsi in avanti e praticai un affondo, che bucò l’ala destra di Malefica “Mi sa che devo essere più preciso”.
E’ INAMMISSIBILE” ruggì Malefica “IO, UNO DEGLI SHAD PIU’ POTENTI, NON POSSO PERDERE CONTRO UN MOCCIOSO”.
“Prendi questo!” gridai e calai la spada verso il suo collo.
Con un rapido movimento, Malefica mosse la coda e mi colpì, facendomi perdere la presa sulla spada e, con rapide artigliate mi colpì e, dopo aver perso molto sangue, precipitai e persi il controllo del Reality Marble, che sparì.

PENSAVI DAVVERO DI’ POTER COMPETERE IN VELOCITA’ E FORZA CON UN DRAGO?” e, trionfante, calò i suoi artigli su di me, infilzandomi.
AH AH AH AH!” ruggì trionfante “HO VINTO! 
“Lo pensi davvero?” dissi.
COSA!” fece incredula.


Incredibile, ma vero, nonostante fossi stato trafitto dai suoi artigli, non ero morto, anzi non li avevo proprio sentiti.
Il motivo? Le sabbie del Tempo mi avevano protetto, rendendo il mio corpo intangibile.
E’ IMPOSSIBILE! COME HAI FATTO A RECUPERARE LE SABBIE?” ruggì.
Aprii gli occhi, rivelando un nuovo Sharingan, l’Eternal e m’incamminai lentamente verso di lei: “Pensavi davvero che la mia nuova spada avesse solo lo scopo di ferirti? Ti sbagli: essa libera ciò che è stato imprigionato e lo restituisce al proprietario” tesi la mano e la spada rispose alla chiamata, venendomi in mano.
MALEDETTO!” ruggì il drago inferocito dalla scoperta.
“Puoi usare tutti i trucchi che vuoi, trasformarti in un drago, aumentare la tua forza anche all’infinito. Non importa cosa fai” dissi mentre continuavo a camminare.
Malefica si lanciò all’attacco.
“E’ tutto inutile!” gridai e mi lanciai all’attacco.

 

La mia spada e i suoi artigli s’incrociarono e generarono un’imponente onda di energia.  
Nonostante fossi più piccolo, rimasi fermo dove mi trovavo e, con forza spinsi in avanti.

Rievocai le parole della volpe: “
VOLGIO PROPRIO VEDERE CHE COSA FARAI
Ricordai le parole d’Incanto: “Per un eroe, niente è impossibile!”
Risentii le parole del quarto Hokage: “
Tu hai una grande eredità! Vai e non arrenderti mai”.  
Una nuova forza mi pervase e lanciai un urlo.
Una luce accecante invase la zona e Malefica fu spazzata via insieme all’intera struttura.

 

Mi ritrovai ansimante sotto il cielo che si stava schiarendo e, dopo essermi guardato intorno e preso un lungo respiro, lanciai un urlo liberatore e caddi a terra esausto.
Ce l’avevo fatta: avevo vinto, mi ero ripreso ciò che mi era stato rubato e ottenuto qualcosa di nuovo.
Osservai il cielo con una nuova luce e mi resi conto di quanto fosse bello, essere vivo.
Poi sentii qualcosa muoversi intorno a me e, poco dopo, apparve un enorme cobra reale rosso come il sangue.

 

E COSI’ SEI RIUSCITO A BATTERE MALEFICA” sibilò il rettile con una voce inconfondibile.
“Jafar” dissi stringendo i denti mentre cercavo di rialzarmi.
ESATTO!” sibilò “ANCHE SE NON MI’ ANDAVA A GENIO, VENDICHERO’ LA SUA SCOMPARSA UCCIDENDOTI” e si lanciò verso di me, pronto a divorarmi.
“Non così in fretta!” disse la voce del signor Gray e che si parò davanti a lui a petto nudo e con la spada illuminata dalle quattro energie.
VI’ DIVORERO’ ENTRAMBI” sibilò Jafar e, come un fulmine, si lanciò su di noi.
Il signor Gray, però, aveva altri programmi e calò la spada: tagliando in due il corpo del Cobra gigante che cadde all’indietro senza vita.

 

Gray si sdraiò a terra e respirò a pieni polmoni.
“Quando torno a casa”, disse Gray dopo un po’ “giuro che mi concedo una vacanza”.
“Considerando la fatica che avete fatto, direi che ve la siete meritata”.
Entrambi scoppiammo a ridere allegramente.

 

 

Il sole fece la sua comparsa e noi ce lo godemmo pienamente.
“Allora, Sauron” mi disse Gray “Sei pronto a tornare a casa”.
Chiusi gli occhi e scossi la testa: “C’è ancora una cosa che devo fare”.
“Direi che può aspettare, no? Adesso devi riprenderti” disse Gray.
“La mia meta è ancora molto lontana” dissi “Non posso attendere oltre. Non provi a fermarmi signor Gray”.
“Preferisco astenermi questa volta” disse “Qualunque cosa tu voglia fare non ti fermerò”.
“La ringrazio”e mi alzai.
“Dimmi solo una cosa? Vale la pena fare questa cosa, qualunque essa sia?”.
“Sì!” risposi “La considero una sorta di prova”.
“E supera quello che hai fatto qui?” chiese.
“Direi di si!” risposi “Questo potrei definirlo una sorta di preparazione a quello che mi aspetta”.
“Suppongo che tu non voglia essere accompagnato vero?” disse Gray preoccupato.
“La ringrazio, ma è qualcosa che devo fare da solo” risposi “Se ci riuscirò, ci rivedremo molto presto” e cominciai a incamminarmi.
“Aspetta un attimo” mi richiamò Gray.
“Che cosa c’è ancora?” chiesi voltandomi.
“Prendi questi” e mi lanciò un sacchetto e una mappa che presi al volo.
Dentro il sacchetto erano contenute delle pillole della vita, cioè delle medicine ricostituenti e la mappa mostrava l’area in cui mi trovavo.
“La ringrazio” dissi e ingoiai una pillola, riprendendomi completamente.
“Figurati”, disse Gray “E ricorda una cosa: quando tornerai, vieni a trovarmi, farò di te un maestro delle energie”.
Lo guardai stupito: mi aveva proposto di diventare suo allievo. Nessuno, a parte un solo guerriero, era mai stato allenato da lui e questo era un immenso onore.
Inchinai la testa e dissi: “La ringrazio per la vostra offerta. Accetto!”
“Ottimo!” fece Gray “Vedi di tornare tutt’intero mi raccomando e non aspettarti favoritismi, va bene?”
“Sarò all’altezza!” dissi e, per ringraziarlo, usai le sabbie del Tempo per far tornare perfettamente intatti i suoi vestiti.
“Questo è un punto in più” disse con un sorriso “Allora a presto Sauron”.
“A presto, maestro Gray” e feci un inchino, dopodiché ripresi il mio viaggio.

 

 

“Quel Gray si è rivelato un buon uomo vero?” disse Incanto.
“Sì hai ragione” confermai “Credo proprio che questo sia l’inizio di una lunga amicizia”.
“Così sembra” disse Incanto “A proposito, come ti senti?”
Mi fermai e guardai il cielo: “Un po’ più vicino al mio sogno” risposi.
“Bene!” disse Incanto “E, forse, sei cresciuto un po’”.
“Sì, amico mio” risposi e ripresi il cammino.

 

Ero cresciuto? Avevo scoperto un nuovo potere, che, col tempo, avrei sviluppato.
Avevo ottenuto un nuovo Sharingan, frutto dell’unione con il mio e quello lasciatomi da mio padre, il cui ricordo non sarebbe mai più stato qualcosa da cui sfuggire: la sua forma é uno shuriken nero sulle cui punte s’incontrano delle saette.
 Per finire avevo un nuovo amico e maestro.
Tirando le somme, direi che, sì, ero cresciuto.
E questo era solo l’inizio del viaggio per raggiungere il mio sogno: diventare un vero eroe.

 

 

 

Nel prossimo capitolo.
Dopo lo scontro con gli Shad, Sauron riprende il suo viaggio per giungere nel luogo in cui è imprigionato il terribile Fenrir.
Che cosa farà il piccolo aspirante eroe? Riuscirà a realizzare il suo sogno?
Questo e altro al prossimo capitolo.

 

 

Angolo dell’autore.

 

Gray ha appena finito di legare i vari Shad sopravvissuti e anche Malefica, miracolosamente sopravvissuta e Jafar che aveva usato un piccolo trucco di magia che l’aveva privato di ogni energia.
Arrivano alcuni eroi del Fantasy, tra questi ci sono anche Kaeleena e Yaphisan.

 

Dorian (mano sollevata”: “Ehilà!”
Yaphisan: “Ottimo lavoro, Dorian. Vedo che ti sei scatenato!”
Dorian: “Veramente ho avuto un piccolo aiuto da un tipo parecchio imprevedibile”.
Yaphisan (colpito): “E chi sarebbe questo tipo?”
Ade (pieno di bernoccoli e lividi): “Maledetti Sandtimes”.
Kaeleena (gli mena un tacco in fronte): “E tappati la bocca, sfigato o ti do il resto”.
Ade vede le stelle e sviene.
Shan Yu (con un sorriso soddisfatto): “Dubito che riuscirai a fare più di tuo figlio”.
Kaeleena e Yaphisan (si voltano di scatto): “COSA!”
Dorian (una mano sulla testa): “E già! Sauron era qui. Ha praticamente fatto tutto lui”.
Kaeleena (imbestialita): “DORIAN!”.
Dorian (brivido): “Aspetta, posso spiegarti!”
Kaeleena lo ignora e va avanti e indietro chiamando il figlio a gran voce.

Yaphisan: “Davvero è stato Sauron a fare tutto questo” e si guarda intorno.
Dorian (contempla ciò che resta del nascondiglio degli Shad): “Già! Ti faccio il riepilogo: dopo essersi liberato dalle prigioni, ha pestato Ade e Lupo, come fossero sacchi; ha offeso la faccia di Gaston e di Ursula, messo ko Shan Yu, eliminato Rasputin e, dopo averle date anche a me, ha preso Malefica a calci nel sedere e distrutto il rifugio. Jafar l’ho sistemato io”.
Yaphisan (sembra soddisfatto): “Bravissimo nipotino, sono fiero di te”.
Kaeleena (avvolta da un’aura di fuoco): “Dorian dov’è il mio bambino!”
Dorian (suda freddo): “Ecco… se n’è andato verso nord”.
Kaeleena (esplode): “E TU LO HAI LASCIATO ANDARE?”
Dorian (mani in avanti): “L’ho perso solo per un attimo ed è sparito” * Perdonami ragazzo, ma preferisco non prenderle * {gli asterischi indicano un pensiero}
Kaeleena (in lacrime): “Il mio piccolo Sauron è là fuori tutto solo e indifeso. Che cosa potrebbe mai succedergli”.
Malefica (esplode): “Alla faccia dell’indifeso. Guarda come quel piccolo demonio ci ha conciato”.
Kaeleena (si alza): “Zitta brutta strega!” e le mena un poderoso pugno, facendo volare lei e gli altri Shad a testa in giù.
Jafar (vede le stelle): “Malefica, la prossima volta tappati la bocca”.
Malefica (stelline): “Taci”

 

Kaeleena (sguardo assassino): “Dorian!”
Dorian (tremarella): “Vado subito a cercarlo”.
Kaeleena (esplode): “E MUOVITI”.
Dorian (sull’attenti): “SUBITO!” e parte.
Yaphisan: “Vado anch’io”.
Kaeleena lo guarda inferocita e il padre corre via.

 

Dorian e Yaphisan corrono nella stessa direzione.
Dorian (domanda spontanea): “Fa sempre così?”
Yaphisan: “Solo quando è alterata”.
Dorian (pensa tra se): “Sauron sei davvero un mito se riesci a sopportare una madre così!”

 

 

 

A mezza giornata di cammino, Sauron si ferma.
Incanto: “Qualcosa non va?”
Sauron: “No, niente. Qualcuno deve aver parlato di me”.
Incanto: “Di solito si starnutisce”.
Sauron: “Non sono il tipo”.

 

 

Neanche tu ci scherzi, ragazzo. Speriamo che tu non abbia preso il carattere di tua madre o siamo messi male. Oh beh! Io lo già se è così o no.
Ve lo farò scoprire anche a voi, in seguito.
Ciao e alla prossima settimana.
 

NB: questa storia, salvo casi straordinari, è aggiornata ogni domenica. 

 


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Questa è un immagine a grandi linee di Sauron Folgore Sandtimes, protagonista della storia e aspirante eroe. Apparirà nella seconda stagione dell'altra storia Millennium Falcon: La storia di Nick Nibbio Blu, come uno dei personaggi principali.

 

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Questo è Incanto di Folgore, cavaliere della luna, Spirito custode di Sauron




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Questo schianto è Keleena Sandtimes, madre di Sauron ed eroina del Fantasy



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Lei è Selen Rose, amica  d'infanzia di Sauron e qualcosa di più

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Capitolo 11
*** la prova del lupo ***


11. la prova del lupo

Ciao a tutti! Eccomi tornato per presentare un nuovo capitolo della storia. Ahimè, siamo quasi alla fine, ma non preoccupatevi, Sauron tornerà molto presto nell’altra storia che sto scrivendo (a me piace chiamarle storie, non fiction).
Angolo dei commenti.

 

Fria: ciao e grazie per il commento. Spero che questo capitolo ti piaccia.

 

Ciccio85: E’ un piacere averti tra i miei lettori e ti ringrazio per il tuo commento.
Le frasi sono in inglese perché mi sono ispirato a un bellissimo anime in cui il personaggio le pronuncia così: si chiama Fate/Stay night e Sauron vi è ispirato per 1/4; infatti in esso confluiscono ben quattro trame di anime e serie televisive che poi spiegherò alla fine della storia.
Spero di continuare a entusiasmarti.

 

Detto questo, sperando di avere altri lettori e commenti, vi auguro buona lettura.

 

 

 

 

Passarono due settimane.
Il mio viaggio proseguiva regolarmente, senza intoppi, alternato dagli allenamenti per controllare meglio i miei nuovi poteri: a detta d’Incanto avevo fatto passi da gigante.

 

Dopo questo periodo di momentanea tranquillità, giunsi a pochi passi dalla mia meta: il monte della bestia, che raffigurava una creatura abominevole, impossibile da descrivere a causa delle innumerevoli forme che aveva a seconda della prospettiva dalla quale si guardava.
“Che forma orrenda” commentò Incanto.
“Hai ragione” confermai “Questo monte è forse il più antico di tutto il Fantasy. Non oso immaginare che cos’altro possa trovarsi lì dentro”.
All’improvviso, l’apparente tranquillità di quel posto fu infranta da un potente ululato che sembrò trattenuto da qualcosa e, così com’era iniziato, smise.
“Che accidenti è?” chiese Incanto, mentre teneva le orecchie tappate.
“Temo che si tratti di Fenrir” risposi.
“Che ci abbia fiutato?” fece Incanto.
“Siamo sottovento” risposi “Quindi credo di si”.
“Stai in guardia, potrebbe attaccarci da un momento all’altro”.
“Impossibile. Secondo l’antica mitologia, Fenrir fu legato a tre macigni da un nastro magico, fatto di cinque elementi che ora non esistono più in natura”.
“Ne sei sicuro?”
“Certo! Inoltre le sue fauci dovrebbero essere bloccate da una potente spada che gli impedisce di chiuderle”.
“Allora perché abbiamo sentito quell’ululato?”
“Non saprei dirti-“ risposi.
“Se non sbaglio” intervenne Incanto “il nastro è fatto di sei elementi: le radici delle montagne, la saliva degli uccelli, il respiro dei pesci, i tendini dell’orso, il passo del gatto e la barba della donna.
In effetti, questi elementi non esistono in natura, almeno i primi tre”.
“Perché dici questo”, mentre ripresi a camminare.
“Credi davvero che gli orsi non abbiano i tendini o i gatti non facciano rumore con i loro passi?” fece Incanto “Questi due elementi esistono, ma sono impercettibili, mentre gli altri non sono mai esistiti. È possibile creare un laccio magico con cose che non esistono in natura?”
“Gli antichi hanno detto un mucchio di cose, per giustificare la mancanza di ciò che non si trova in natura” dissi “E’ probabile che il nastro sia stato fatto da un potente incantesimo o da qualche altra cosa. Pensa che dicevano che, a causa della spada, Fenrir non possa chiudere la bocca e, per questo sbava da mattina a sera, creando un fiume e poi ulula come un matto. Ecco spiegato perché abbiamo sentito l’ululato”.
“Chi mai andrebbe a farsi un bagno in un fiume fatto dalla bava di un lupo?” disse Incanto disgustato.
“Non chiederlo a me” risposi “Chissà se è vera quell’altra diceria: che sia la causa della licantropia”.
“Ora lo scopriremo” disse incanto “Anche se non è troppo tardi per tornare indietro”.
“Non se ne parla” dissi “Me ne andrò di qui solo quando l’avrò sconfitto”.
“Certe volte hai davvero una testa dura, ragazzo mio” fece Incanto poi si fermò un attimo.
“Che c’è?” chiesi.
“Te la sapresti immaginare una donna con la barba?” disse lui, trattenendo le risate.
Mi fermai un attimo e, quasi meccanicamente, immaginai mia madre con la barba.
“Oh cavolo!” e scoppiai a ridere.
“Già! E’ troppo comico!” e anche Incanto scoppiò.
“Sia ringraziata la natura che ha privato le donne di quel particolare ormone, altrimenti come faremmo a riconoscerle” feci mettendomi in ginocchio per il troppo ridere.
“Basta o scoppio davvero!” disse Incanto tenendosi la pancia.

Quel momento d’ilarità fu interrotto da un secondo ululato che fece tremare la terra. 
“Accidenti!” feci tornando serio “E’ quasi come se ci stesse sfidando ad andare a prenderlo”
 “Hai ragione, è meglio andare” fece Incanto “Piuttosto, non mi hai ancora detto che cosa intendi fare: perché vuoi affrontarlo?”
Fissai il monte per lunghi momenti prima di rispondere: “Per dare un significato alla mia vita, direi”.
“Che vuoi dire?” fece Incanto “Per caso mi stai nascondendo qualcosa?”
“Potrei mai farlo?” risposi “Forza andiamo”.

 

In verità, nemmeno io sapevo il perché: quella era una domanda che mi ponevo da anni ormai. Forse era per questo: volevo una risposta.
Da quanto posso ricordare, sin da piccolissimo sentivo di doverlo cercare: era come una voce che mi richiamava, facendomi passare notti insonni, quasi estraneo a tutto quello che mi circondava.
A parte quella sensazione, non sapevo altro e volevo scoprirlo.

 

 

Per circa un’ora continuai a scalare quella montagna senza mai fermarmi, finché non arrivai all’ingresso della caverna al cui interno lui era rinchiuso da millenni.
“Sto arrivando” e mi apprestai a entrare.
“Aspetta un momento” mi fermò Incanto “Guarda là, sopra l’ingresso”.
Seguendo l’indicazione d’Incanto, alzai lo sguardo verso il dolmen che sorreggeva la parte alta dell’ingresso: cancellate dal tempo, erano incise misteriose parole e agli estremi c’erano dei segni rossi.
“Chissà che cosa diranno?” fece Incanto “Temo che non lo sapremo mai”.
“E chi lo dice?” feci e, attivate le sabbie del Tempo, avvolsi la pietra.
In poco tempo la pietra tornò indietro nel tempo, rivelando ciò che aveva celato per migliaia di anni: sui lati erano incise due lune divise in quattro parti, due bianche e due rosse; al loro interno erano incise parole di cui non conoscevo il significato, anche se non le consideravo importanti.
“Che lingua è?” chiesi senza troppo interesse.
“Antiche rune germaniche, disposte a mo di monito” rispose Incanto preoccupato.
“Tu le conosci?” chiesi stupito.
“Abbastanza” disse incanto “Aspetta un po’: ora cerco di tradurla”.
Decisi di sedermi e fare una piccola pausa: ne avevo bisogno, considerando ciò che mi aspettava.
Passarono alcuni minuti e Incanto continuò a rimanere immobile, intento a decifrare quegli antichi caratteri.
“A grandi linee, credo di aver capito” disse dopo altri minuti e si voltò preoccupato.
“Quindi?”
“E’ una maledizione!” rispose dopo alcuni istanti di silenzio.
Un vento freddo attraversò la zona, entrandomi nelle ossa.
“Una maledizione?” ripetei mentre mi sentivo attraversare da un brivido.
“Esatto” rispose e si voltò verso l’iscrizione “Anche se è un po’ grossolana, la scritta recita queste parole: “Entro di me si sprofonda nell’oscurità. Entro di me solo la notte e la luna si possono vedere. Entro di me, la natura stessa cambia: non più pacifica e sana, ma violenta e tinta di sangue per una luna ogni stagione in eterno. Tu, che entri sei avvisato: varca la soglia e in eterno sarai dannato. Abbandona speranze e sogni, perché mai più realtà saranno se le zanne tinte d’odio, libere saranno”. È un avvertimento fin troppo evidente: se entrerai perderai tutto, ragazzo mio”.

 

Per la prima volta nella mia vita sentii il desiderio di scappare, fuggire lontano e non voltarmi indietro, ma il mio corpo non rispose: rimase fermo completamente insensibile ai comandi del cervello.
“Sauron” mi disse Incanto “Non so che cosa tu voglia dimostrare, ma non fare qualcosa di cui potresti pentirti per tutta la vita, quindi, per una volta, dammi retta e torniamo a casa”.
“Non posso” dissi tremando “Non ci riesco. La sento chiamare: sento quella voce sempre più forte. Non la posso più ignorare, non adesso” e senza dire altro, guidato dall’istinto, corsi verso l’ingresso ed entrai.
“Sauron!” mi gridò Incanto “Fermati!”
Una volta varcata la soglia, mi fermai e rimasi immobile poi, all’improvviso, mi accasciai a terra.
“Oh no! Sauron!” gridò Incanto e mi corse incontro.

 

“BLEAH!” feci tirando la lingua di fuori, facendolo saltare all’indietro e scoppiai a ridere.
“Come diavolo fai a scherzare in un momento così!” disse lui e mi menò un pugno in testa.
“Ahia!” feci tenendomi la testa.
“Sei un idiota, Sauron” mi gridò in faccia “Ti rendi conto di quello che hai fatto?”
Mi alzai e abbassai lo sguardo: “Me ne rendo conto, ma è qualcosa che devo fare. Non so dirti che cosa voglia dimostrare, ma sento che devo andare avanti, riesci a capirlo?”
Incanto mi fissò e, dopo lunghi attimi di silenzio, sospirò: “Certe volte non riesco a capire nulla di te, ma sono il tuo spirito e quindi, accada quel che accada, ti sarò sempre vicino”.
“Grazie!” feci.

 

Un altro potente ululato c’investì facendoci sobbalzare.
“Accidenti, sembra impaziente” fece incanto.
“No” dissi “Sta gridando la sua rabbia e il suo dolore”.
“Come fai a dirlo?” mi chiese Incanto.
“Lo sento nel profondo” risposi “Anch’io li ho provati molti anni fa”.
“L’unica differenza è che lui non ha trovato il modo per placarli” fece Incanto di rimando.
“Andiamo!” dissi e cominciai a scendere.

 

Non sapevo cosa avevo fatto o quale maledizione mi fossi addossato, ma in quel momento non m’importava: ciò che volevo era andare avanti, senza guardarmi indietro.
Ripensandoci adesso, se avessi la possibilità di tornare indietro rifarei questo sbaglio all’infinito: anche se adesso sono diverso, non me ne pento e mai lo farò.

 

 

Continuai a scendere per non so quanto tempo, finché non sentii un forte odore di saliva.
“Ci siamo!” dissi.
“Allora prepariamoci a ballare” disse Incanto mettendomi una mano sulla spalla e annuii.
Attraversai una parete di pietra e, finalmente, mi trovai di fronte all’oggetto della mia ricerca: Fenrir il lupo dell’abisso.
Era una bestia enorme, bianca come la neve, magnifica e, allo stesso tempo terrificante: la sua bocca, bloccata dalla leggendaria spada, era spalancata mostrando i suoi denti, rossi di sangue; non potevo ancora vederli, ma sentivo che i suoi occhi mi fissavano con odio e ferocia e desideravano vedermi morto.
Il suo collo era bloccato dal leggendario nastro magico, che gli aveva più volte penetrato le carni, provandogli un terribile dolore.
Povera bestia, pensai tra me e mi avvicinai.
“Ascoltami” dissi con voce tremante “Adesso ti toglierò la spada dalla bocca. Ti chiedo solo di ascoltare ciò che ho da dire, poi ti toglierò anche il collare”.
L’enorme lupo emise un ringhio e avvicinò la bocca davanti a me.
Con mano tremante, presi la lama intrisa della sua saliva e, con alcuni movimenti, la tolsi.
Fenrir, dopo tanto tempo, sentì la bocca libera e cominciò a chiuderla e a riaprirla per recuperare sensibilità, poi posò i suoi occhi gialli su di me, fissandomi con ferocia.
SE PENSI CHE TI SIA GRATO PER AVERMI TOLTO QUELLA DANNATA SPADA DALLA BOCCA, TI SBAGLI” disse con voce profonda e fredda “HAI QUALCOSA DA DIRMI? FAI IN FRETTA. VOGLIO SAZIARE LA MIA FAME”.
Presi un lungo respiro e iniziai: “In primo luogo, mi presento. Il mio nome è Sauron Folgore Sandtimes, membro della stirpe dei signori del tempo, lieto di conoscerti.
Sono qui non per ucciderti, ma per domarti e adempiere una muta promessa che ho fatto ancor prima di venire a questo mondo: placare la tua rabbia”.
CHE SCIOCCHEZZE” ringhiò il lupo “TU SEI QUI SOLO PER APPAGARE UN TUO STUPIDO DESIDERIO, FACENDOTI UNA REPUTAZIONE SULLA MIA PELLE. VOI UMANI SIETE TUTTI UGUALI, PER QUESTO VI’ DIVORERO’ TUTTI!
“Ti dimostrerò quanto di sbagli e ti sconfiggerò qui e adesso” e, materializzato un kunai, lo lanciai verso i massi cui era legato il nastro magico, distruggendoli.
NIENTE MALE” fece Fenrir afferrando il nastro e togliendoselo “ADESSO SONO LIBERO E SCATENERO’ LA MIA FURIA SU TUTTA L’UMANITA’ E TU LA PRECEDERAI NELLA TOMBA” e calò la zampa su di me, ma lo scudo d’Incanto la respinse.

 

“Non credere che sarà così facile sconfiggermi” gli dissi “Passiamo alle maniere forti.
I am the bone of my sword.
Unlimited Blades work!”

 

Saltando l’intera formula, attivai il mio Reality Marble insieme all’Eternal Sharingan e alle Sabbie del Tempo.
NOTEVOLE” fece Fenrir “SEI COSI’ GIOVANE EPPURE SAI GIA’ USARE UNA MAGIA DI’ QUESTA PORTATA. SARA’ INTERESSANTE BATTERTI” e, sotto i miei occhi ridusse le sue dimensioni e assunse sembianze umane.
Rimasi stupito: all’apparenza era un uomo sui venticinque anni, biondo e con gli occhi gialli, vestiva con abiti nordici e la sua pelliccia bianca gli copriva petto e collo.
“Wow! Ecco spiegato perché ti definiscono l’origine della licantropia: puoi diventare un uomo, nonostante tu sia un lupo”.
L’origine della licantropia?” fece Fenrir “E così William ha lasciato un piccolo ricordino del suo passaggio”.
“William? E chi è?”
Chi? È il primo folle che tentò di domarmi per ottenere il potere di un dio e fallì miseramente.
Esattamente come te venne qua, mi domò con dolci parole e mi portò via con sé, mostrandomi quanto voi umani siate meschini e crudeli. Dopo poco si rese conto di non potermi controllare e, con l’inganno, mi riportò qui e m’imprigionò di nuovo, ma io ottenni la mia vendetta e lo morsi.
La mia vera intenzione era ucciderlo, ma non ci riuscii: il suo corpo aveva uno strano potere che a contatto con la mia saliva, reagì e lo trasformò nel primo licantropo
”.
“In pratica aveva un particolare gene mutante che l’ha trasformato” conclusi io.
Non so che cosa sia, ma chiamalo come ti pare”.

 

“Ok, ti sei sfogato! Adesso dovrebbe toccare a me, ma non ho intenzione di parlare. Forza passiamo ai fatti”.
Su questo almeno siamo d’accordo, moccioso. Preparati a morire” ed estrasse una spada di tipo occidentale, sulla cui lama erano disegnate delle zanne e l’elsa era identica a delle fauci spalancate, poi attaccò.
In mano, avevo ancora la spada che fino a poco prima aveva bloccato le sue fauci: decisi di tenerla e di potenziarla con il potere del tracciamento e provai a combinarla con gli spiriti d’Incanto e della volpe, ma non calcolai i tempi, perché Fenrir mi fu addosso, impedendomi di provare.
Parai il colpo con la spada e fui spinto via dall’onda d’urto e questa mi volò via.
Fenrir non mi lasciò il tempo di recuperare l’equilibrio e attaccò di nuovo, ma io usai le sabbie del tempo e mi teletrasportai a qualche metro di distanza, rispondendo poi ad Amaterasu.
Fenrir scansò l’attacco e puntata la spada verso di me, mi lanciò contro un vento gelato che m’investì in pieno, ma usai la tecnica della moltiplicazione del corpo e dispersi alcune decine di copie tutt’intorno al Reality Marble.
Notevole!” commentò il lupo umano “Possiedi anche il dono dell’ubiquità. Hai i poteri di un dio, complimenti”.
“Questa è una tecnica ninja” dissi con tutte le copie “Si chiama “tecnica superiore della moltiplicazione del corpo” e permette di creare riproduzioni fisiche di se stessi e di altri. Le altre cose che, per il momento hai visto, sono abilità innate che appartengono alle famiglie da cui discendo. Non confondere il divino con quello che l’uomo può fare con la propria forza di volontà”.
Forza di volontà? Voi umani usate quella parola per spiegare solo un sacco di idiozie di cui ne ignorate il vero significato” disse Fenrir “E poi un pivello non deve permettersi di fare cose che non sono alla sua portata”.
“Ti dimostrerò che ti sbagli” gridai e tutte le copie afferrarono una spada lanciandosi all’attacco.
Sono curioso!” ghignò e fece altrettanto.

 

Ogni copia attaccava con perfetta sincronia ma Fenrir sembrava prevedere i miei attacchi, schivando e colpendole tutte quasi come vedesse tutte le scene a rallentatore e ne intuisse il prosieguo.
Alla fine rimasi solo io davanti a lui: ogni mio attacco era stato vanificato e cominciavo a essere a corto d’idee.
“Sauron” mi chiamò Incanto “Tutto bene?”
“Più o meno!” risposi “Il tipo è davvero duro”.

 

Quello è Incanto di Folgore, vero?” fece Fenrir.
“Cosa?” dissi stupito “Tu puoi vederlo?”
Certo che posso” rispose “Ti ricordo che ho molti millenni alle spalle: cose come vedere uno spirito sono normale routine per me.
Non mi sarei mai aspettato che lo spirito soprannominato “prova del lupo” avesse scelto un umano da proteggere: devi aver superato il suo test immagino
”.
“Prova del lupo?” ripetei.
Esattamente! Incanto è sempre stato solito sottoporre i suoi possibili padroni a questo piccolo test: tu sei il primo ad averlo superato in cinque millenni; se ci sei riuscito alla tua giovane età, vuol dire che sei in gamba”.
Per lunghi momenti, rimasi immobile senza parlare: ciò che avevo appena sentito mi aveva lasciato di sasso. Quante persone avevano subito la mia stessa sorte? Quante persone erano morte? Quante persone avevano espresso un desiderio e ne avevano trovato la morte?
Con sguardo indagatore guardai Incanto che ricambiò.
“Non c’è bisogno che tu dica qualcosa, ragazzo mio, so già cosa stai pensando” rispose Incanto “Tu sei il nono che ho sottoposto alla mia prova. Nessuno, prima di te è mai riuscito a vincere le sue paure e ne ha pagato il prezzo con la vita. Io non volevo questo, ma” lo interruppi con un cenno.
“Non è necessario che tu ti giustifichi” dissi “Sin da quando ci siamo incontrati, ho capito che nascondevi qualcosa, legato al tuo passato, di cui ti sei sempre vergognato. Ora che conosco la verità, ammetto di avere avuto paura, ma solo all’inizio.
Ciò che hai fatto è riprovevole, ma non posso odiarti: perché tu sei il mio spirito e non solo; sei un amico, un fratello, una guida. Abbiamo passato così tanti bei momenti insieme e affrontato chissà quanti pericoli e tu mi hai sempre assecondato. Perciò non scusarti con me, perché non devi” alzai lo sguardo verso Fenrir “Hai e avrai sempre la mia piena fiducia, indipendentemente dagli errori che hai commesso in passato”.
“Sauron” fece Incanto per la prima volta commosso “Ti ringrazio con tutto il cuore!”

 

Che scena commovente e patetica” disse Fenrir alzando la spada “Hai finito di parlare? Ho una certa fretta di distruggere tutto”.
“Parli così perché non hai mai avuto qualcuno che ti è stato amico” dissi io “Sei sempre stato solo e non hai mai provato ad avvicinarti agli altri e a fare amicizia. Ti dimostrerò quanto un amico possa essere prezioso”.
Tutte balle!” ringhiò Fenrir “Vi distruggerò insieme”.
“Ti sconfiggerò a qualunque costo” afferrai la spada che era nelle sue fauci e determinato mi rivolsi ai miei due spiriti “Incanto, Kyuubi facciamogli vedere di che cosa siamo capaci!”
“Con piacere!” rispose Incanto.
ORA CI’ DIVERTIAMO” ruggì la volpe.
Senza altre esitazioni, combinai i due spiriti dentro la spada del lupo (così decisi di chiamarla) e la riplasmai: la lama divenne viola con una sottile linea argentata da cui partivano delle saette; l’elsa divenne rossa con guardia a nove punte bianche e finiva con una luna alata.
Incredibile! Puoi anche modificare le armi già esistenti come se niente fosse. Sarà uno spasso ucciderti” disse Fenrir e si lanciò all’attacco.
Alzai la mano sinistra e materializzai una pistola viola e senza esitare, sparai un fascio di luce.
Fenrir lo scansò e riprese la carica, ma si trovò di fronte un fuoco incrociato: consistente in una miriade di armi che si sollevarono da terra e si lanciarono contro di lui e nella pistola che sparava in continuazione.
Non credere che basti così poco a battermi” ruggì Fenrir e mutò nuovamente forma, diventando un lupo bipede, poi spalancò le fauci e lanciò un potente ululato che spazzò via tutto quello che gli era intorno.
Mi lanciai in avanti e calai la spada verso di lui, generando una potente onda di energia che si abbatté sul lupo che lanciò un soffio di ghiaccio.
I due colpi si annullarono ed entrambi fummo spinti all’indietro.
Fenrir atterrò e, ritrasformatosi in forma umana, si lanciò all’attacco ed io risposi.

 

Che cosa cerchi?” disse una voce.
Spalancai gli occhi e arretrai.
“Che cosa è stato?” pensai.
Non ti distrarre moccioso” tuonò il lupo.
“Tappati la bocca, stupido lupo” e calai un fendente, che fu parato.
A quel punto, decisi di concludere lo scontro e concentrai le Sabbie del Tempo, il potere del mio Sharingan e il mio chakra di tipo fulmine (curiosamente, la natura elementare del mio chakra è di tipo fulmine) nella spada, feci un giro su me stesso e gridai “INCANTO DI’ FOLGORE”.
Dalla spada partì una sfera rotante color argento che a contatto con Fenrir generò una potente esplosione.
Il colpo che avevo appena lanciato lo avevo elaborato pensando di usarlo contro un avversario molto potente combinando tutti i miei poteri in un unico colpo, ciò di cui avevo bisogno, era un tramite, cioè un oggetto per concentrare l’energia e lanciarla. All’inizio la cosa era un problema, ma una volta che avevo scoperto il potere del tracciamento avevo risolto.
L’effetto collaterale era un consumo elevato di energie, quindi potevo al massimo usarlo tre volte.
“Ce l’ho fatta!” dissi ansimante.
“No” disse incanto.

 

Fenrir emerse furente dal polverone creato dall’esplosione: anche se leggere, il suo corpo era pieno di ferite e la sua testa perdeva sangue.
Come hai osato farmi questo, misero umano” ringhiò “TI FARO’ A PEZZI” e mi attaccò come una furia.
A fatica parai i colpi, ma non potevo resistere a lungo: l’attacco di prima, l’evocazione del Reality Marble e la creazione della spada mi avevano prosciugato quasi del tutto e il chakra passatomi dal Kyuubi non era sufficiente.
Fenrir divenne di nuovo un lupo bipede, mi afferrò i polsi e poi mi azzannò alla spalla.
Lanciai un urlo di dolore: sentivo le ossa spezzarsi e le carni dilaniate.
Cercai di liberarmi ma le sue zanne penetrarono ancora più in profondità quasi staccandomi la spalla e non riuscivo a fare niente per impedirglielo.
Il Reality Marble sparì e Fenrir mi sollevò da terra e mi lanciò verso una parete rocciosa. Sbattei di schiena e sentii le ossa scricchiolare pericolosamente.
A quanto sembra è finita” ringhiò il lupo trionfante “Non ci si poteva aspettare tanto da un moccioso” e si avvicinò lentamente a me.
Stavo per morire! Che cosa avevo sbagliato? Perché non ero riuscito a contrastarlo come avevo fatto con Malefica e gli altri Shad? Era davvero così diverso il suo livello? Questi dubbi mi schiacciarono ancora di più e alla fine svenni, ma, stranamente la mia mente no e continuai a vedere cosa stava per succedermi.
La tua fine è giunta” disse il lupo e presomi per il collo si apprestò ad azzannarmi al cuore.
Non farmi ridere!” disse una voce non mia e, aprendo gli occhi colpii Fenrir sul muso.

 

Il lupo fu fiondato dall’altra parte della caverna e sbatté alla parete con un tonfo.
Che accidenti!” ruggì Fenrir uscito dalla roccia, ma non proseguì.
Davanti ai suoi occhi, mi rialzai in piedi e le ferite si rimarginarono all’istante, poi alzai gli occhi, rivelando quelli del demone che avevo dentro.
Che cosa era successo? La volpe aveva preso il controllo del mio corpo e lo stava usando come se niente fosse ed io ero stato relegato in un angolo mentale dal quale potevo solo assistere senza intervenire.

 

Che cosa significa?” ringhiò Fenrir “Si può sapere chi sei? Il tuo odore è diverso da prima”.
Ah Ah Ah! Se credi che io sia quel moccioso ti sbagli di grosso bel lupetto!” rise la volpe “IO SONO LA SUA VERA FORZA” e, usando il mio corpo come tramite, si trasformò completamente in se stessa.
Una volpe con nove code?” fece Fenrir stupito “Non dirmelo: sei il demone del mondo antico, noto come il Re dei Binju”.
CHE BRAVO! E TU SEI FENRIR IL LUPO DELL’ABISSO. DEVO RINGRAZIRTI: SONO RIUSCITO A LIBEERARMI GRAZIE A TE. PER RIPAGARTI TI FARO’ A PEZZI!
TI SBAGLI STUPIDA VOLPE, SARO’ IO A FARTI A PEZZI E MI’ DIVERTITO’ UN MONDO  ruggì Fenrir tornando alle sue dimensioni iniziali.
ORA SI CHE MI’ DIVERTO” ruggì divertita la volpe e si lanciò all’attacco.
Le due creature si affrontarono con ferocia con graffi, morsi e testate senza alcuna interruzione.
In diverse occasioni si lanciavano contro onde di energia dalla bocca generando enormi devastazioni all’interno della caverna.

 

Potevo solo fare da spettatore senza avere la possibilità d’intervenire: ormai ero troppo debole e la voce d’Incanto si stava affievolendo sempre di più. Stavo per sparire e non ero riuscito a fare niente.
“Selen mi dispiace, ma non sono riuscito a realizzare il mio sogno” dissi infine e chiusi gli occhi.
Sauron!” risuonò di nuovo quella voce.

 

Aprii gli e rimasi senza parole: non ero più in quel luogo buio della mia mente, ma in un’immensa prateria, piena di candida e verde erba.
“Dove mi trovo?” mi chiesi mentre mi guardavo attorno.
Sono qui!” disse di nuovo la voce.

Mi voltai lentamente e, finalmente, lo vidi: era un uomo alto, ben piazzato, sulla trentina, capelli grigi e selvaggi, occhi azzurri come il cielo, volto perfettamente curato, vestito con una lunga tunica nera su cui era disegnata una luna piena ricamata in argento.
“Tu chi sei?” chiesi.

 

 

Nel prossimo capitolo.
La misteriosa figura fa un’importante domanda a Sauron per valutare la sua forza di volontà.
Quando il ragazzo riesce a soddisfare la richiesta, recupera la sua forza e, rimessa la volpe al suo posto, ricomincia a combattere contro Fenrir, sbloccando un nuovo incredibile potere
Questo e altro nel prossimo capitolo.

 

 

Angolo dell’autore.

 

Kaeleena, Yaphisan e Dorian stanno camminando verso nord cercando Sauron.
Alla fine raggiungono il polo nord e si trovano davanti niente popò di meno che Babbo Natale (ricordate che siamo nel Fantasy).

 

Babbo Natale: “Oh Oh Oh! Salve ragazzi. Posso sapere perché vi siete spinti fin qui? Se volete il vostro regalo, è ancora troppo presto”.
Yaphisan (inchino): “E’ un piacere incontrarla signor Babbo Natale. Veramente siamo qui perché stiamo cercando una persona” e viene spinto via dalla figlia.
Kaeleena (in lacrime): “La prego signor Babbo Natale, mi dica se ha visto il mio piccolo Sauron. Non riesco a trovarlo da nessuna parte e sono preoccupata per lui”.
Babbo Natale: “Oh Oh Oh! Mi dispiace piccola Kaeleena ma non lo vedo da Natale scorso, quando riuscì a sorprendermi sotto l’albero di Natale, però possiamo cercarlo subito. Aspettate qui e prendete un po’ di cioccolata calda, vi aiuterà a scaldarvi” e si avvia verso il magazzino.

 

Kaeleena: “Speriamo bene!”
Yaphisan: “Ottima questa cioccolata calda”.
Dorian: “Hai ragione. Devo chiedere la ricetta e farmela preparare al posto del the del pomeriggio”.
Kaeleena si volta e vede suo padre e Dorian tranquillamente seduti a gustarsi la cioccolata calda.
Yaphisan: “Vieni a sederti figlia mia e gustatela anche tu, è deliziosa”.
Kaeleena (sguardo omicida): “Stiamo cercando Sauron e ti metti a bere la cioccolata calda?”
Yaphisan (brivido freddo): “Andiamo figliola, Babbo Natale ci saprà aiutare, stai tranquilla e rilassati un attimo”.
Kaeleena è indiavolata.
Dorian (anche se sa che le prenderà): “Perché non ti siedi e aspetti? In alternativa puoi chiede di riavere tuo figlio come regalo di Natale”.
Kaeleena si avvicina minacciosa verso i due che si allontanano vero il muro.

 

Scena troppo violenta.

 

Dorian e Yaphisan sono appesi al muro e impacchettati come pacchi natalizi mentre Kaeleena si è finalmente seduta e sorseggia la cioccolata calda.
Kaeleena (sembra tranquilla): “Davvero ottima!”
Dorian e Yaphisan (occhi con le rotelle): “Te l’avevamo detto”.

 

Torna Babbo Natale e vede com’è ridotta la stanza.
Babbo Natale (non perde il sorriso): “Posso sapere che cosa è successo?”
Kaeleena: “Niente, solo un piccolo battibecco” alla faccia del battibecco “Allora? Ha trovato il mio Sauron”.
Babbo Natale: “No, nel magazzino non c’è!”

 

Kaeleena spalanca la bocca e i due “appesi” cascano a terra.
Babbo Natale: “Scherzetto!”
Tutti e tre (Facce enormi): “LE SEMBRA QUESTO IL MOMENTO DI’ SCHERZARE?” a Babbo Natale vola il cappello.
Babbo Natale (raccoglie il cappello): “Scusate, non ho saputo resistere. Prendete questo piccolo regalo” e porge un regalo tutto rosso.
Kaeleena (prende il regalo): “Grazie, ma non sono qui per il regalo”.
Babbo Natale: “Lì dentro c’è un sofisticatissimo radar, vi permetterà di trovare chi volete semplicemente digitando il nome e le caratteristiche”.
Kaeleena (non resiste e lo abbraccia): “Grazie infinite”.
Babbo Natale (leggermente rosso): “Prego figliola. Ora, prima di andare avrei un favore da chiedervi: potete rimettere a posto la mia casetta”.
Kaeleena (si stacca dall’abbraccio raggiante): “Certo nessun problema. Papà, Dorian pensateci voi”.
Yaphisan e Dorian (non se la tengono): “Scordatelo! Ora ci pensi tu”.
Kaeleena (sguardo assassino): “Avete detto qualcosa?”
Dorian e Yaphisan (tremarella): “NO!” e si mettono al lavoro.
Babbo Natale: “Dovresti essere più gentile con gli altri, figliola, altrimenti puoi farli soffrire”.
Kaeleena (solare): “Ma io sono sempre buona e gentile, solo che quando sono un po’ nervosa mi faccio prendere”.
Dorian e Yaphisan (lo pensano insieme): “E quand’è che non è nervosa?”

 

 

Cavolo, che tipa! Speriamo che non sia davvero sempre così, altrimenti siamo messi male (XD).
Al prossimo capitolo.

   


Ecco l'immagine di Sauron. Scusate se mi sono accorto solo adesso dell'errore.



www.elfwood.com/art/m/a/may44/fenrir_03.jpg


www.azaya.com/images/fenrir_character.gif




Queste invece sono le immagini di Fenrir, lupo dell'abisso in versione lupo gigante e lupo bipede; non sono riuscito a trovarne una in forma umana.



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Capitolo 12
*** il potere della speranza ***


12. il potere della speranza

Ciao a tutti e ben ritrovati per il penultimo capitolo di questa storia. Scusate se ho tardato due settimane: l’ho riscritto ben tre volte, talmente ero insoddisfatto. Spero che questo vada bene.
Detto questo, sperando nei commenti per questo e il prossimo, vi auguro buona lettura.

 

 

 

 
Ricapitoliamo: ero andato a cercare Fenrir e l’avevo trovato, ma avevo perso il controllo e, quando ho pensato che fosse giunta la fine, la volpe si è liberata ed ha cominciato a combattere al mio posto. La cosa non basta: mi trovavo di fronte una strana figura che non avevo mai incontrato in un posto curioso.
Che cosa stava succedendo? Perché mi trovavo in quel posto? Queste erano le domande cui non riuscivo a dare risposta e, la testa, già piena di domande, mi stava per esplodere.

 

 

Mi chiedi chi sono, Sauron?” disse quel misterioso spirito “Eppure dovresti conoscermi meglio di chiunque altro. Sono la voce che ti ha sempre chiamato da quando sei nato: io sono *******”.
Rimasi sorpreso, non tanto per quello che avevo appena sentito, ma perché non riuscissi a capire il suo nome.
A quanto sembra non sono ancora riuscito a raggiungerti” disse lui.
“Che cosa vuoi dire?” feci senza capire “Si può sapere chi sei? Perché dici che ti conosco quando non ti ho mai incontrato in vita mia? Perché mi stai chiamando da quando ero piccolo? 
Non ci capisco più niente” e mi misi le mani in testa.
“Sauron, non lasciarti prendere dallo sconforto: non è da te” mi disse Incanto apparsomi alle spalle e inginocchiatosi vicino a me.
“Mi dispiace amico mio, ti ho deluso: pensavo di potercela fare e invece non riesco in niente” dissi sentendo come uno straccio.
“Non dire così!” mi riprese il mio spirito e mi mise una mano sulla spalla “Tutti hanno i loro limiti, ma essi sono fatti per essere superati”.
Il tuo spirito ha ragione Sauron” disse l’altro “I limiti sono fatti per essere infranti e la debolezza è il motivo per il quale si vuole diventare forti.
Ci sono ostacoli che sembrano così grandi e invalicabili, ma in realtà sono i più semplici da superare.
”.

 
Quelle parole sembravano semplici, ma in realtà nascondevano un significato più profondo che in quel momento non riuscivo a cogliere: il dubbio, la disperazione e la paura mi stavano attanagliando e non sapevo come scrollarmeli di dosso.
Adesso basta piangere” disse lo spirito avvicinandosi a me “Alzati e rispondi alla mia domanda e devi farlo, altrimenti la maledizione s’impossesserà completamente di te”.
“Maledizione!” dissi mentre cercavo di rimettermi in piedi “Intendi dire quella che era scritta all’ingresso della grotta’”.
“Proprio quella” rispose “Se ti stai chiedendo quale sia: è quella del licantropo”.
Spalancai gli occhi e mi sentii mancare la terra sotto i piedi. Come avevo fatto a non capirlo prima? La scritta voleva dire diventare un licantropo. Ora si che ero davvero un mostro: io, che volevo diventare un eroe che affronta le creature delle tenebre, ero diventato io stesso una di esse. Se prima ero spaventato, adesso nei miei occhi si poteva leggere vero terrore per ciò che avrei fatto alle persone che mi erano vicine alle vite che avrei distrutto senza alcuna pietà. Tutto questo perché avevo seguito il mio istinto e la voce di quello spirito che mi aveva sempre chiamato.
Alzai lo sguardo e puntai con rabbia il dito su di lui: “Perché mi hai voluto fare questo? Già la mia vita è difficile: adesso è davvero una maledizione. Dovrei ucciderti, ma così diventerei davvero un mostro”.
Se vorrai uccidermi, fa pure, ma prima rispondi alla mia domanda poi agisci come credi” disse.
“Avanti parla” dissi mentre cercavo di trattenermi.
Che cosa cerchi in realtà? 

 

Quella domanda mi spiazzò e tutto ciò che avevo nella mia testa, sparì. La domanda non era qualcosa cui non sapevo dare una risposta.
Mi sedetti sull’erba e fissai il cielo di quello strano mondo e poi, come sono solito fare sempre, chiusi gli occhi.
Allora?” chiese lo spirito che mi si sedette accanto “Qual è la tua risposta?
Aprii gli occhi e li fissai nei suoi: “La tua è una domanda cui non so dare risposta”.
“Devi darne una Sauron: non puoi astenerti” disse Incanto “Esattamente come la notte di otto anni fa, adesso devi rispondere a te stesso che cosa vuoi davvero”.
“Che cosa cambierebbe? Ormai il mio destino è compiuto” dissi “Pensavo di avere già una terribile maledizione, invece scopro che ce n’è un’altra ancora peggiore e me la sono andata a cercare da solo. Ora sono un licantropo e sono condannato a uccidere tutti coloro che mi circondano: cosa può esserci di peggio?”
La maledizione è tale solo se non si ha la forza di abbatterla” disse lo spirito “Se, però, si ha una giusta motivazione e la forza di andare avanti essa sparirà e renderà possibile la scomparsa delle altre”.
Sentii quelle parole ma mi parvero vuote e senza senso e chiusi di nuovo gli occhi. 

 

Tu hai una grande eredità! Vai e non arrenderti mai”.
Aprii gli occhi e mi alzai in piedi: la voce del quarto Hokage aveva raggiunto le mie orecchie.
“Quarto Hokage” dissi con un filo di voce.
“E ricorda una cosa: quando tornerai, vieni a trovarmi, farò di te un maestro delle energie”.
Anche la voce del signor Gray risuonò nell’aria.
“Tu sei il mio piccolo tesoro. Qualunque cosa accadrà io ti sarò sempre vicino”.
Anche la voce della mamma risuonò nell’aria.

“Ah! Che credo complicato! Dovrai lavorare duramente per realizzarlo”.
Anche il nonno unì la sua voce alle altre.
“Promettimi questo: non disperarti mai e va avanti. Trova te stesso e anche la tua vera metà!”
Le lacrime scesero dal mio viso e non riuscii a fermarle: anche Selen era lì e mi stava incitando.
M’inginocchiai e piansi come mai avevo fatto.
Le hai sentite vero?” disse lo spirito “In questo solitario mondo interiore in cui risiedo, queste voci che rappresentano le tue speranze, risuonano ogni singolo giorno e continuano ad aumentare. Quello che sei diventato non ha cambiato niente: ora tutto è fermo e aspetta una tua risposta. Se sarà sbagliata, ti perderai per sempre, ma se la dirai col cuore e non avrai paura sarà la tua nuova forza. Avanti Sauron, che cosa mi rispondi?

Mi alzai e mi asciugai le lacrime, poi presi un gran respiro e lo dissi: “Ciò che cerco non si esaurisce con una sola risposta. Tuttavia c’è una parola che riassume il tutto: speranza. Io cerco la speranza per il futuro, mio e di tutti coloro che mi stanno intorno. Andrò avanti e non mi arrenderò perché un vero eroe, indipendentemente da quello che è, non lo fa mai”.
Questa è un ottima risposta” disse lo spirito accennando a un sorriso “Ora conosci la tua strada, percorrila fino in fondo. Le zanne che usciranno da questa grotta non saranno tinte di odio, ma di speranza” e sparì, lasciandomi solo con Incanto.
“Ottimo lavoro Sauron” disse Incanto.
“Grazie amico mio” dissi “Adesso torniamo in scena”.

 

 
Le due creature continuavano ad affrontarsi senza sosta, segnando inevitabilmente quel luogo.
NON MALE” ringhiò il lupo dopo essersi distanziato.
E NON HAI VISTO ANCORA NIENTE, STUPIDO LUPO” sogghignò la volpe e avanzò.
In quel momento attivai l’Eternal Sharingan e bloccai i movimenti del demone.
CHE COSA!” ruggì la volpe.
“Torna nella gabbia” dissi con forza “e non farti più vedere fino a quando non ti avrò chiamato io”.
PICCOLO MOCCIOSO! COME OSI DARMI ORDINI” ruggì di nuovo “NON PUOI FARE NIENTE SENZA DI’ ME”.
“Ti sbagli” risposi “Non c’è nulla che io non possa fare. E adesso SPARISCI!”.
Con un urlo disperato, il demone fu risucchiato dentro il mio corpo e risigillato e questa volta non sarebbe mai più uscito.

 

Rifeci la mia comparsa e, senza più dubbi, fissai Fenrir.
Bel numero di magia” disse il lupo, mentre assumeva forma umana “E adesso che cosa credi di fare?
“Non è ovvio” risposi mentre mi avvicinai alla spada del lupo, miracolosamente salvatasi “Voglio portarti con me”.
Portarmi con te?” fece Fenrir incredulo “Non montarti la testa moccioso: io non sono uno di quegli stupidi botoli che ti considerano loro amico. Io sono un lupo e seguo solo il mio istinto”.
“E che cosa ti dice il tuo istinto?” chiesi, mentre raccolsi la spada.
Distruggere tutto fino a quando l’ultima vita non si sarà spenta” rispose freddo.
 “E’ quello che vuoi veramente oppure è una semplice illusione?” chiesi senza perderlo di vista.
Vuoi farmi dubitare di me stesso moccioso?”.
 “Il mio nome è Sauron ricordatelo bene” dissi puntando la spada “perché, in futuro, diventerò un eroe, degno di camminare al fianco degli altri. E sai come lo diventerò: spezzando le maledizioni che affliggono tutti coloro che vivono nelle grandi dimensioni e non mi fermerò fino a quando non ci sarò riuscito”.
Bel proclama, ma ti sei dimenticato di me” disse il lupo. 
“Tu rientri tra coloro che voglio salvare” risposi e vidi il suo stupore “Entrambi abbiamo vissuto una vita difficile, lo so bene: tu dentro questa caverna, mentre io nel mondo esterno.
C’è solo una cosa che ci rende diversi: io non ho smesso di arrendermi e di sperare.
Sono qui per liberarti dall’odio che attanaglia il tuo cuore e darti ciò che non si può mai estinguere: la speranza. Che cosa mi rispondi?”
Per lunghi istanti Fenrir rimase immobile: i suoi occhi erano persi nel vuoto; i suoi muscoli erano tesi, ma non si mossero. Poi, dopo aver recuperato il sangue freddo mi fissò gelido: “
Dici di essere venuto qui a portarmi speranza? Vuoi liberarmi dall’odio che ho dentro e a portarmi fuori da qui?
Spiacente, ma ormai non ho più niente: sono solo un guscio vuoto in cui albergano le tenebre assolute. Io non ho più speranza
”.  
“Ti sbagli! La speranza non muore mai” dissi “Ti aiuterò a trovarla con l’unico modo che conosco: distruggendo il tuo odio”.
In pratica mi stai sfidando!” fece Fenrir “Se è lo scontro che vuoi, ti accontento subito” e si lanciò all’attacco, menando un potente fendente.
Alzai la spada e parai il colpo restando perfettamente dritto e mantenni gli occhi fermi su di lui.
Smettila di fissarmi” ruggì Fenrir e si allontanò.

 
“Sai mi ero sbagliato” dissi materializzando la mia armatura “Io non mi limito a creare la realtà. Ciò che posso fare veramente materializzare la mia essenza. I am the bone of my sword!”
Sta zitto!” ruggì Fenrir e lanciò un fendente devastante.
L’attacco andò a scontrarsi con lo scudo d’Incanto esteso più di cinque metri.
Che cosa?” fece il lupo stupito.
“Nella mia creazione albergano un numero infinito di armi. Infinite come l’universo stesso.
Questa dimensione si chiama” alzai la mano sinistra in avanti e chiusi gli occhi “Unlimited Blades Work!”
Il mio Reality Marble riapparve più grande di prima. Questa volta, però, avevo deciso di usarlo in modo completamente diverso: alzai la spada che avevo in mano e concentrai le mie nuove energie sull’intera creazione, ordinando a tutte le armi di riunirsi.
Ogni oggetto presente in quel luogo si alzò e mi avvolse in un’enorme spirale metallica, facendomi momentaneamente sparire.
Tutte le armi sparirono e si fusero all’interno della spada del lupo, dandole un nuovo incredibile potere, anche se esteriormente non cambiò; dopodiché il Reality Marble sparì.
Si può sapere che diavolo hai combinato?” chiese il lupo seccato.
“Ho ricreato questa spada, fondendola con tutte le armi contenute nella mia creazione” risposi “Quella che vedi adesso, non è più la spada che conoscevi: ora è diventata parte di me”.
Che sciocchezze!” ringhiò Fenrir “Hai rinunciato a quell’arsenale per una sola arma? Sei davvero un folle”.
“Non ho perso niente” risposi con un leggero sorriso “il mio Reality Marble si è già riempito di nuove armi e continuerà a farlo fino a quando avrò vita e considerando ciò che sono diventato, vivrò molto a lungo. Ciò che sono l’abbraccio: perché lo trasformerò in qualcosa di nuovo che mi permetterà di cambiare le cose.
Adesso basta parlare. Iniziamo Fenrir. Pensi di avere abbastanza forza per tenermi a bada” e mi lanciai all’attacco.
Non ti montare la testa moccioso” e si lanciò all’attacco.

 
Attaccai senza esitazioni, ruotando la lama con assoluta leggerezza e precisione.
Fenrir non riusciva a stare al passo e arretrò sempre di più fino a ritrovarsi con le spalle al muro. Alla fine, furioso, calò un potente fendente che mi costrinse a indietreggiare, ma mi ripresi e, continuai ad attaccare.
Non ci posso credere” disse mentre parava “Mi sto facendo battere” e mi spinse via con un calcio, ma atterrai bene “Da un misero MOCCIOSO” e con una ferocia inaudita si lanciò in avanti ripetendo la parola “Maledetto” ogni volta che calava la spada.
La spada di Fenrir brillò di una luce bianca e calò un fendente ghiacciato che m’investì in pieno, ma riuscii a difendermi con lo scudo di Incanto e a limitare i danni.
Muori maledetto moccioso”, ruggì Ferir portandosi alle mie spalle e calando la spada verso la mia schiena, ma usai le sabbie del Tempo e mi allontanai da lui.
Non mi sfuggirai” ruggì e cambiò forma in lupo umanoide.
“Vediamo se questo ti calma un po’” dissi abbassando la spada fino a toccare il pavimento “Attacco Aereo del Falco” e usai la tecnica di Shan Yu.
Il lupo fu colpito ma l’attacco lo ferì di striscio: i suoi riflessi l’avevano salvato.
Adesso tocca a me” ruggì Fenrir e, spalancate le fauci lanciò un soffio ghiacciato.
“Non ci casco una seconda volta” dissi e attivai Amaterasu per proteggermi dall’attacco.
Che quelle fiamme nere siano maledette” ringhiò il lupo.
“Quelle che vedi, sono le fiamme infernali da cui nulla si salva, nemmeno l’acqua le può spegnere” dissi annullando la tecnica e asciugandomi la lacrima di sangue “Il solo evocarle è una maledizione per l’utilizzatore: ne causa la cecità”.
La cecità?” fece Fenrir chiudendo un occhio “Vuoi dire che più lo usi, più la tua vista si abbassa?”
“In teoria dovrebbe essere così” confermai “Nel mio caso, però, non succede: ho raggiunto lo stadio finale della mia abilità innata e non subisco più gli effetti collaterali”.
Capisco!” fece il lupo “Tuttavia, vedo che il suo utilizzo ti stanca molto”.
“Così come l’hanno fatto tutte le altre mosse che ho usato” risposi “Comunque neanche tu sei messo bene, vero?”
Queste ferite non sono niente rispetto a quello che ho passato. Mi basterà mangiare qualcosa per riprendermi” disse mentre si leccava le labbra.
“Spiacente, ma non sono compreso nel menù!” dissi con un sorriso di sfida.
Aspetta ancora un po’ e poi ne riparliamo” ruggì e si lanciò all’attacco.
“Voglio proprio vedere” risposi mentre feci altrettanto.

 

Anche se cominciavo a sentire la stanchezza, continuai ad attaccare: non potevo fermarmi, non adesso che ero riuscito a trovare l’oggetto della mia ricerca.
Nella mia mente si disegnò l’immagine di un’arma alquanto curiosa: l’elsa era una pistola nera e la lama era bianca e lunga. Non riuscivo a spiegarmi da dove fosse uscita una cosa simile, ma decisi di materializzare quell’arma singolare e usai la spada del lupo come modello e la resi reale;  poi puntai la lama verso Fenrir e premetti il grilletto.
Dalla lama partì una palla di fuoco che si diresse verso il lupo che, vedendola, la schivò all’ultimo momento.
“Wow!” esclamai dopo averla osservata meglio “Certe volte mi stupisco di me stesso: senza nemmeno essermene accorto ho creato un Gunblade”.
Moccioso! Che diavolo hai fatto?” ringhiò Fenrir.
“Semplice: ho creato un Gunblade, la fusione tra una spada e una pistola.” Risposi “Ti piace?”
La trovo disgustosa” ringhiò.
“Davvero?” feci “Beh ognuno ha i suoi gusti” e puntai di nuovo verso Fenrir.

 

A quel punto la sfida entrò nel vivo: da una parte c’ero io che mi tenevo a distanza e sparavo sfere di energia, dall’altra il lupo dell’abisso che scansava e lanciava soffi di ghiaccio per colpirmi.
Anche se ero in vantaggio, non potevo ancora cantare vittoria: cominciavo a sentire la stanchezza e, se avessi continuato in quel modo, avrei perso.
A quel punto mi venne un’idea e materializzai la pistola d’Incanto nella mano sinistra e concentrai la mia energia dentro di essa, per renderla qualcosa di più forte.
Che cosa credi di fare” ringhiò Fenrir.
“Ora lo vedrai!” risposi.
Drizzai il braccio e aumentai la concentrazione, generando delle potenti scariche elettriche che lo invasero interamente. Alla fine la pistola mi ricoprì tutto il braccio, assumendo la forma di un enorme cannone blu notte che finiva con delle ali d’angelo all’altezza della spalla sinistra.
E quello che diavolo è?” fece il lupo stupefatto.
“Ti presento l’Angel Arm: l’evoluzione finale della mia anima. Considerati onorato: non ho mai provato ad usarla, ma cercherò di controllarne il potere distruttivo; non è mia intenzione farti del male”.
Hai ancora il coraggio di dire quest’assurdità” ruggì Fenrir “TI RIDUCO IN BRICIOLE  e assunse le sue reali dimensioni, dopodiché spalancò le fauci e caricò un’enorme sfera di energia bianca.
“VEDIAMO SE CI’ RIESCI” gridai “PRENDI QUESTO!” e lanciai il colpo e Fenrir fece lo stesso.

 

La caverna saltò in aria e il monte della bestia fu completamente raso al suolo dall’incredibile deflagrazione creata dallo scontro.
Ciò che rimasero in piedi fummo io e Fenrir entrambi ansimanti e poco propensi a cedere.
Mi complimento” fece il lupo “La tua forza di volontà è impressionante: non ti pieghi di fronte a niente eh?
“Vedo che l’hai capito” dissi “Non sono il tipo che si arrende e non lo farò mai: è questo il modo di agire di un eroe”.
Aspiri a diventare un eroe, nonostante la maledizione che ti sei andato a cercare con le tue stesse mani” fece il lupo divertito “Non esaudirai mai un sogno simile: ormai ti è impossibile da raggiungere”.
“Ti sbagli!” ribattei “Io diventerò un eroe e spezzerò la mia maledizione e quelle degli altri e farò lo stesso con la tua”.
Illuso!” ringhiò Fenrir assumendo forma umana “Una cosa come questa è impossibile”.
“La parola “impossibile” non esiste” ribattei con un sorriso “Solo i limitati la usano” alzai la spada, tornata alla sua vera forma e la puntai verso di lui “E adesso te lo dimostrerò”.
Mi hai seccato! Sparisci!” fece Fenrir e calò la spada travolgendomi in pieno.
“Sei tu che mi hai stancato” dissi e sparii in una miriade di corvi.
Cosa!” fece Fenrir.
“Io sono qui” gridai spuntando dal terreno e calai un potente fendente che colpì Fenrir in pieno petto. 
Fenrir cadde all’indietro e crollò a terra senza riuscire a muovere un muscolo.
“A quanto sembra ho vinto io” dissi avvicinandomi a lui.
Maledetto, come diavolo hai fatto?”..
“Semplice” dissi “Il mio attacco, in realtà era un bluff: il mio scopo era riuscire a farti fermare e a colpirti con un’illusione che ti facesse credere di avermi colpito. In realtà mi sono nascosto sotto le macerie e ho aspettato il momento giusto per colpirti. Adesso ti è chiara la situazione? 
Come vedi non mi sono arreso e ho continuato a lottare e, alla fine, ho vinto”.
Niente male” sorrise Fenrir “Il tuo piano ha funzionato e io ci sono cascato come uno stupido. MA LA PARTITA NON E’ ANCORA FINITA” e con uno sforzo inaudito si rialzò e, diventando lupo umanoide, si lanciò all’attacco e calò gli artigli colpendomi allo sterno e lanciandomi all’indietro.
Persi la presa sulla spada e crollai a terra senza riuscire ad attutire la caduta: le mie energie erano ormai agli sgoccioli.
Ansimante, Fenrir si avvicinò: nel suo sguardo si vedeva la sua fame di carne e di violenza.
Adesso vengo a mangiarti, piccolo moccioso” disse mentre avanzava lentamente.

 

 

Era la fine! Non riuscivo a muovere nemmeno un muscolo e non avevo idee. Quel che era peggio: era che avevo liberato un essere terribile e desideroso di distruggere tutto.
Per colpa mia tutto sarebbe sparito e le persone a me care avrebbero fatto una fine orribile.
Alla fine svenni.

 
“Vuoi davvero arrenderti” disse una voce.
Aprii gli occhi e rimasi senza parole.
“Dove mi trovo?” pensai.
Il luogo in cui mi trovavo era immenso, non se ne vedeva la fine: illuminato da migliaia di stelle e da nuvole a forma di spirali dove ruotavano strane sfere colorate.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!” gridai spaventato “MA QUESTO E’ L’UNIVERSO!”
“Esatto!” disse di nuovo la voce.

 
Mi voltai di scatto e rimasi senza parole: davanti a me c’era un uomo mediamente alto, avvolto da una mantella nera con nuvole rosse, ciò che potevo vedere bene era il suo viso pallido come la luna, messo in maggiore evidenza dai capelli corvini legati a coda dietro la schiena; ciò che davvero m’ipnotizzò di lui erano i suoi occhi neri che mi osservavano penetranti.
Non avevo mai visto quell’uomo in vita mia, eppure qualcosa nel profondo mi diceva che lo conoscevo benissimo.
“Tu chi sei?” chiesi senza parole “Per caso sei lo spirito della spada che si è evoluto?”
La mia ipotesi era assurda, ma in quel momento non riuscivo a collegare la bocca col cervello.
Un sorriso si disegnò su quel bellissimo e ipnotico viso mentre si avvicinò a me: “No Sauron, io non sono lo spirito della spada che bloccava la bocca di Fenrir: lui ricomparirà in un futuro prossimo.
A dire la verità, questo non è il mio vero aspetto: l’ho assunto per poter parlare con te.
L’uomo che vedi è qualcuno che ha permesso la tua venuta in questo mondo”.
 “Allora chi sei?” chiesi col cuore che batteva a mille “E chi è questa persona di cui hai assunto le sembianze”.
“Lo vuoi davvero sapere?” mi disse con voce pacata.
“Sì!” risposi.
“Io sono l’Universo” nel sentirlo spalancai gli occhi, ma la vera sorpresa doveva ancora arrivare “E l’uomo di cui ho assunto le sembianze, è chi dovresti chiamare padre: Itachi Uchiha”.

 

Sentii un brivido scorrermi in tutto il corpo: non solo mi trovavo dinanzi all’universo, cioè la fonte dell’immenso potere di cui solo quattro persone ogni generazione possono disporre, ma finalmente potevo vedere il volto di mio padre.
Ciò che sentivo dentro è tuttora indescrivibile: il solo pensarlo mi fa scoppiare la testa.

 

“So cosa stai pensando ragazzo, ma …” s’interruppe.
Guidato dall’istinto, feci ciò che non avevo mai pensato di poter fare: corsi verso di lui e lo abbracciai cominciando a piangere senza vergogna.
“Finalmente so qual è il suo viso” e, anche se percepivo un’energia che superava l’umana concezione, strinsi più forte: quello fu uno dei momenti più belli della mia vita.
“Piccolo Sauron” disse l’Universo mettendomi una mano sulla testa “Comprendo pienamente i tuoi sentimenti e non vorrei rovinare il momento, ma devi lasciarmi o rischi di morire”.
“Si!” e, a malincuore, mi staccai e mi asciugai le lacrime “Perdonami”.
“Non ti preoccupare” mi disse con un dolce sorriso e mi chiesi se mio padre avesse mai sorriso in quel modo “Adesso siediti e ascoltami, non abbiamo molto tempo”.

 
Mi sedetti nel vuoto e ascoltai quello che mi doveva dire.
“Immagino che tu lo sappia già, ma lo dirò ugualmente, figliolo. Tra le infinità di esseri viventi che mi popolano, solo quattro persone hanno l’enorme onore di poter usare del mio potere e sono io a sceglierle.
Sauron tu hai tutti i requisiti per diventare un guerriero universale ed essere uno di quelli che, un giorno, distruggeranno il male puro”.
“Mi offri qualcosa che non credo di meritare” dissi abbassando gli occhi “Io sono stato maledetto e dubito che qualcuno mi accetterà adesso. Sono diventato un mostro per sempre condannato a fare del male ai miei compagni.
Non mi ritengo degno di un simile onore”.
“Non è vero ragazzo” ribatté l’universo “Tu, proprio come ha detto lo spirito, puoi piegare questa maledizione e renderla qualcosa di meglio. Non sei stato tu a dire che un vero eroe non si arrende di fronte a niente?”
“E’ vero, ma …” la mano dell’universo mi toccò la fronte e alzai lo sguardo.
“La tua paura è infondata: ti trasformerai solo quattro volte l’anno, quindi ogni tre mesi per un solo plenilunio; è questo che voleva dire l’iscrizione.
Inoltre le zanne d’odio, non sono le tue, ma quelle di Fenrir: è il lupo dell’abisso che soffre e che solo tu puoi placare quella sofferenza, perché l’hai vissuta sulla tua pelle.
Per finire, non sarai mai da solo: la tua famiglia sarà sempre con te e, presto farai la conoscenza di amici che non ti giudicheranno per ciò che nascondi dentro, ma per quello che sei veramente.
Non devi mai perdere la speranza, perché è quella la tua vera forza che ti rende capace di fare qualsiasi cosa”.
Per lunghi momenti, osservai quella figura senza dire una parola; alla fine, compreso che avevo ancora molte cose da fare e molte persone da incontrare, annuii.
“Sei pronto a non arrenderti mai?” mi chiese l’universo alzatosi in piedi.
“Certo che sono pronto” risposi facendo lo stesso “Non sono il tipo da arrendersi così. Continuerò ad andare avanti e a sperare nel futuro e cambierò i destini delle persone che incontrerò. Questa è una promessa”.
“Allora non ho più nulla da dirti” sorrise l’universo “Vai e non arrenderti mai: io sarò sempre con te” e sparì insieme alla visione.

 

 
Riaprii gli occhi e mi ritrovai alzato davanti a uno stupito Fenrir.
Piccolo moccioso, come fai a rimetterti in piedi?” ringhiò il lupo.     
“Perché ho molte cose da fare” risposi “E adesso spezzerò la catena d’odio che t’impedisce di vedere le cose come sono realmente”.
Ancora con queste sciocchezze!” fece Fenrir.
“Le consideri sciocchezze, perché credi che nessuno possa capirti” dissi “Ma io so cosa provi”.
“….” Il lupo rimase senza parole.
“Fin da bambino sono stato allontanato da tutti: ero considerato un mostro, perché figlio di assassino privo di ogni sentimento; inoltre nel mio corpo è stata sigillata la creatura contro cui hai combattuto poco prima. Per sei anni della mia vita sono stato visto con odio e sono sprofondato in un baratro. Solo la presenza di mia madre e di mio nonno mi hanno impedito d’impazzire.
Poi ho incontrato qualcuno come me, che soffriva come me ed è diventata la mia nuova forza, rendendomi quello che sono.
Adesso sono qui per realizzare una promessa che ho fatto a me stesso e a quella persona: sono venuto qua per darti speranza e portarti via da questo luogo di solitudine.
Vieni con me e butta tutto il resto alle spalle” e tesi la mano in avanti.

 

Il lupo dell’abisso mi osservò con senza fiato, poi esplose in un feroce ruggito: “IO NON VOGLIO LA TUA COMPASSIONE, TANTOMENO LA TUA AMICIZIA. TI FARO’ SPARIRE PER SEMPRE  e, ignorando il dolore, si lanciò contro di me.
“Allora non mi lasci altra scelta” dissi.
“Puoi contare sempre su di me” disse la voce dell’universo.
Annuii e guardai con risolutezza Fenrir che si stava avvicinando: “Adesso ti farò vedere il potere che può cambiare il destino. UNIVERSAL POWER”.
Il cielo si aprì e una colonna di luce gialla con tratti neri mi avvolse: sentii un’incredibile forza crescermi dentro ed era inarrestabile”.
COSA!” fece Fenrir “Impossibile!
“Se ci credi davvero, niente è impossibile” dissi e, con un passo rapido, arrivai davanti a lui e lo colpii allo stomaco con un pugno, fiondandolo verso le macerie.
Con uno sforzo inaudito, Fenrir si rialzò nuovamente e divenne gigantesco: “ADESSO TI AMMAZZO!” e calò la zampa verso di me, ma la bloccai con una mano e spinsi in avanti.
Il gigantesco lupo fu spinto all’indietro, ma riuscì a mantenersi in equilibrio e ad attaccare di nuovo, ma io fui più veloce e lo colpii alla mascella con un pugno volante facendolo finire con la testa tra le rocce.
Ancora più furioso, Fenrir si rialzò e spalancò le fauci verso di me.
“Finiamola qui” dissi e lanciai il mio ultimo attacco “TEMPESTA LUNARE” e lanciai una tempesta argentata di pugni che poi si riunirono in un solo colpo simile a un meteorite lunare.
Il colpo andò a segno e Fenrir fu sollevato da terra e volò in verticale per qualche centinaio di metri e poi precipitò verso una serie di spuntoni naturali, ma io non volevo ucciderlo e lo presi mettendolo delicatamente a terra.
Perché?” fece con un filo di voce “Perché mi hai salvato?
“Te l’ho detto, io non voglio ucciderti, ma liberarti dall’odio che attanaglia il tuo cuore” e, allungata la mano, accarezzai il suo morbido pelo.
“Che cosa credi di poter guadagnare?” chiese cambiando tono di voce.
Ritirai la colonna di luce e gli sorrisi gentilmente: “Niente e parte un nuovo amico” e continuai ad accarezzarlo.
 “Amico?” chiese.
“Certo!” risposi “E, se lo vorrai, una famiglia che ti darà calore e amore”.

 
Dai suoi occhi gialli scesero copiose delle grandi lacrime e sentii il suo enorme cuore battere leggero.
“Sei davvero un ragazzino strano, Sauron Folgore Sandtimes” disse Fenrir “Questa tua stranezza, però, è il tuo più grande pregio e virtù. Forse c’è qualcosa che questo stupido lupo divino può ancora fare per rendere la migliore la sua vita: d’ora in avanti ti sarò sempre vicino e proteggerò te e coloro che ami per sempre” e tirata fuori la lingua mi leccò la faccia e parte del corpo.
“Ah Ah!” risi “Allora ben venuto nella famiglia” e presi due pillole della vita che ci fecero tornare come nuovi.

 

Fenrir assunse le dimensioni di un lupo di circa due metri e m’invitò a salire sul suo dorso.
“Allora?” chiese “Dove andiamo, piccolo lupo”.
“A casa!” dissi “E, ti prego, chiamami Sauron”.
“Ti ci vuole un piccolo soprannome, ragazzo e credo che “il Lupo” ti calzi a pennello”, disse lui.
“Sauron il Lupo” dissi meditabondo “Mi piace!”
“Allora andiamo Sauron il Lupo, torniamo a casa” e si mise a correre verso sud.

 

Mentre sentivo il vento spettinarmi i capelli, osservai la spada del lupo che avevo raccolto: mi sentivo rinato a nuova vita.
Non importava ciò che ero diventato, ciò che ero e che tuttora sono, resterà il mio fardello e lo sopporterò continuando a sperare nel futuro: perché è questo che fa un eroe.  

 

 

 

Nel prossimo capitolo.
Tornato a casa, Sauron presenta Fenrir alla sua famiglia e spera di essere accettato dalla madre, che non tarderà a dargli una risposta positiva.
Per l’aspirante eroe la vita comincia a cambiare e, dopo due anni, giunge il momento di lasciare la terra in cui è nato e ricominciare tutto daccapo.
Questo e altro nel prossimo capitolo.

 

 

 

Angolo dell’autore: enciclopedia del Fantasy.

 

Anemone (inchino): “Questa è l’ultima puntata, quindi concludiamo alla grande, spiegando che cosa sia il potere universale.
Lo Universal Power è l’energia stessa dell’universo, che avvolge il corpo dell’eletto, donandogli un potere quasi divino, capace di dissipare la peggiore oscurità.
Ci sono però dei limiti al suo utilizzo: un corpo non abituato, rischia di collassare, inoltre può essere usato solo in momenti particolari indicati dall’istinto.
Non si sa per quanto tempo si possa utilizzare, ma è consigliato il minimo indispensabile per ragioni che saranno spiegate nei capitoli della storia principale, quindi pazientate e li saprete tutti.
Una cosa che bisogna tenere bene a mente è che non si nasce guerrieri universali: è l’universo stesso che sceglie il suo utilizzatore, apparendogli nei momenti di massima disperazione sotto forma di persone che hanno inciso su di loro.
I guerrieri universali che abbiamo incontrato finora sono:

1)    Nick Nibbio Blu;

2)    Naruto Uzumaki;

3)    Jaden Yuki;

4)    Sauron Folgore Sandtimes;

5)    Un altro guerriero che apparirà nel seguito.

L’autore manda a dire che ce ne saranno degli altri, provenienti da diverse dimensioni e generazioni, quindi ci troveremo pieni di tipi curiosi. Non vedo l’ora d’incontrarli.
Personalmente non saprei che altro dire, quindi direi che possiamo chiudere”.

Kaeleena (si fionda nello studio in lacrime): “Non è giusto. Il radar che Babbo Natale mi ha regalato si è rotto”.
Anemone (la guarda preoccupata): “Davvero? Fai vedere” dopo un po’ “La causa è stato un forte flusso di energia che ha danneggiato l’apparecchio”.
Kaeleena: “Come è possibile? Le istruzioni dicono che può sopportare un’energia paragonabile a dieci mila bombe atomiche. Che diavolo è successo!” e piange come una fontana.
Anemone: “Direi che c’è stato un flusso d’energia che superava quello prescritto”.
Kaeleena (a terra in lacrime): “Il mio piccolo Sauron! Dove sarà a quest’ora?”
Anemone: “Tranquilla, è un ragazzo in gamba, sono sicura che starà bene”.
Kaeleena è al massimo della disperazione e prende un pugnale affilato.
Anemone (spaventata): “FERMA! CHE VUOI FARE?”
Kaeleena: “Quello che avrei dovuto fare molto tempo fa”.

 

Anemone (cerca di calmarla con un massaggio): “E cosa sarebbe?”
Kaeleena (appare un tendone ed entra): “Ovvio!” si sente uno strappo e poi quando esce, ho un grembiule da cuoco “Imparare a cucinare per il mio bambino”.
Anemone (°_°): “Che cosa c’entra?”
Kaeleena (in lacrime): “Tutto! Mi ha sempre detto che gli piacerebbe mangiare qualcosa preparato da me e non dalla servitù, ma io non so cucinare. Imparerò e lo farò tornare disperdendo nell’aria il profumo del suo cibo preferito: le alette di pollo” e corre via.

 

Anemone (°______°): “Nemmeno all’ultima puntata riesco a stare tranquilla. È proprio destino”.

 

 

 

Tranquilla Kaeleena, il tuo ragazzo sta tornando con un amico, ma l’idea d’imparare a cucinare non è poi così cattiva. In bocca al lupo (XD).
Alla prossima con l’ultimo capitolo.
 

 

L’Angel Arm è un omaggio all’arma speciale usata dal protagonista dell’anime Trigun.

 

Il Gunblade è un mio omaggio a Final Fantasy VIII, uno dei miei preferiti.

 

Lo spirito che è apparso a Sauron è la sua Zampakutò che si rivelerà nella seconda stagione della storia: Millennium Falcon La storia di Nick Nibbio Blu.
Sarà la terza Zampakutò ad apparire davanti al suo padrone.
L’ispirazione di quest’arma è l’anime di Bleach.

 

  

 

 

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Capitolo 13
*** Verso un nuovo inizio ***


13. Verso un nuovo inizio

Ciao a tutti! Eccovi il capitolo conclusivo di questa fic.
Cavolo: è una sensazione incredibile finire la mia prima fic, non so proprio che dire se non ringraziare tutti quelli che l’hanno letta e commentata e sperare che continuerete a seguire le prossime che scriverò.
Detto questo, ecco a voi l’ultimo capitolo di questa storia.

 

 

 

 

Dopo due giorni di corsa, io e il mio nuovo amico arrivammo a casa e, ad accoglierci, trovammo la mamma e il nonno preoccupatissimi: avevano fatto i salti mortali in quel periodo per cercarmi ma non ci erano riusciti.
In quel momento, però dovevo dire loro la verità e presentare Fenrir, che era rimasto fuori la porta ad aspettare una risposta.
 

“Mamma, nonno” incominciai “Devo dirvi una cosa” e, in piedi davanti a loro, strinsi i pugni fino a farli sbiancare.
“Sappiamo tutto Sauron” rispose il nonno comodamente seduto su una poltrona del salotto “Il corso del tempo ci a mostrato questo momento la notte della tua nascita.
Sapevamo che avresti fatto una simile follia già da molto tempo”.
“…” la mamma teneva lo sguardo basso e le lacrime scendevano dalle sue guance.
Nel vederla in quello stato, mi sentivo male, come fossi un verme.
“E’ vero: ho fatto una follia, ma se era il mio destino non potevo cambiarlo in nessun modo” dissi “Tuttavia non ho rimpianti. Partendo per il mio destino ho scoperto molte cose che prima ignoravo: il potere del mio spirito, l’eredità che mio padre mi ha lasciato, il futuro che mi attende, la forza che mi permette di mantenere quell’umanità che considero ancora più preziosa, ho rafforzato il mio credo, visto il volto di mio padre e scoperto di essere scelto dall’universo stesso; ho trovato un nuovo amico e l’ho liberato dal suo odio e portato con me.
So cosa sono diventato, ma non permetterò che le persone cui tengo soffrano a causa mia: non me lo perdonerei mai. Ciò che farò sarà domare la mia maledizione e trasformarla per renderla in un dono e, con essa, spezzerò le maledizioni delle persone che incontrerò.
È forse sbagliato desiderare questo?”
Il nonno si alzò dalla poltrona e mi si avvicinò: “No Sauron, non è sbagliato. Per rompere la maledizione di qualcuno bisogna comprendere che cosa questa provi e solo avendone una che ti grava sulle spalle, te lo può permettere. Anche io sono maledetto e posso capire come ti senti: per questo non posso rimproverarti e sono sicuro che capisci quello che provo” e mi abbracciò con tutto l’affetto che aveva per me.
Il nonno comprendeva bene come mi sentivo e dire altro non sarebbe servito a niente: quell’abbraccio valeva più di mille parole.
Quella che davvero dovevo convincere era la mamma: le volevo un bene dell’anima e anche lei mi voleva bene, ma in quel momento non sapevo cosa stesse pensando.
Abbassai la testa e, mentre guardavo il pavimento, dissi: “Se ti ho mai deluso, mi dispiace. Tu sei la mia mamma e non posso ….”.
“Non dire altro” m’interruppe lei.
Alzai la testa e la vidi in piedi e ancora in lacrime, ma vedevo i suoi occhi fissarmi con intensità; poi, dopo interminabili momenti di silenzio, s’inginocchiò davanti a me e mi strinse a se.
“Tu sei il mio tesoro più prezioso piccolo mio” dissi mentre appoggiava la testa sulla mia spalla “Fin dalla tua nascita, nonostante avessi un mostro dentro, io ho continuato ad amarti e a rimanerti vicino, perché sono tua madre e nessuno ti conosce meglio di me e so che sei una persona nobile e gusta. Non importa se adesso sei un licantropo, io sarò sempre dalla tua parte e niente lo potrà cambiare”.
“Mamma!” dissi senza riuscire a trattenere le lacrime e la abbracciai “Sei la migliore che possa mai esistere”. 
Dopo quel momento, che durò per un tempo interminabile, ci staccammo e sorridemmo.
A quel punto, mancava solo qualcuno che doveva unirsi a noi, ossia Fenrir che fu accolto a braccia aperte dai miei e promise che si sarebbe preso cura di me e di tutte le persone a me care.

 

 

Da allora ricominciò la mia vecchia vita, però con qualche novità: il signor Gray divenne mio maestro e m’insegnò a controllare le quattro energie; il nonno e un suo amico mago m’insegnarono a controllare i miei poteri; Fenrir, ogni fine settimana, mi portava nelle foreste a ovest del Fantasy e mi fece conoscere lupi e altri animali. Tra questi ne incontrai uno che m’insegnò a seguire la voce della natura e a muovermi sugli alberi come fossi su una tavola da surf: quasi come Tarzan.
Anche il modo di guardarmi degli altri era cambiato: da quando si era saputo che da solo avevo sconfitto alcuni pericolosi Shad, che ero un Sun’s Knight e un guerriero universale per giunta, paura e odio furono sostituiti dall’ammirazione. Le ragazze cominciavano a girarmi attorno e a provarci con me, ma Fenrir non era d’accordo e le allontanava sempre dicendomi sempre: “Ti ho fatto un favore!” ed io ridevo.

 

 
Passarono due anni, forse i più intensi che avessi mai vissuto, alternati da momenti di gioia e di tristezza: tra questi rientravano le notti in cui mi trasformavo, perdendo completamente ragione e coscienza. Per evitare che facessi del male alle persone che avevo vicino, fu creato uno speciale sigillo che mi confinava in una barriera mistica fino all’alba del giorno dopo, impedendomi di fare del male agli altri.
Un giorno, l’altro ieri, mentre mi stavo allenando con una tecnica di mia invenzione, mio nonno venne a chiamarmi.
“Sauron” mi disse “Il nostro re, Galax ti ha convocato. Devi presentarti immediatamente davanti a lui”.
“Galax? E chi sarebbe?” chiese Fenrir che non mi perdeva mai di vista.
“E’ il re del Fantasy” gli risposi “Non ho mai avuto il piacere d’incontrarlo, ma se vuole parlarmi, andrò subito da lui”.
“Allora andiamo!” disse Fenrir e, dopo che gli fui salito in groppa, partì verso il castello del regno.

 

Era la prima volta in assoluto che entravo nel castello del Fantasy: era una costruzione dorata, piena di alte torri che si alzavano fino al cielo, sulle guglie rosse svolazzavano grandi bandiere bianche e immacolate.
“Che visione magnifica!” esclamai.
“Non c’è che dire” fece Fenrir.

 

Fummo raggiunti dalla zia Luce che ci salutò con un sorriso e ci condusse davanti al re.
Galax XII era un uomo magnifico, un degno re: era alto, con capelli biondi e ben ordinati che incorniciavano un viso sempre giovanile illuminato da intensi occhi castani. Il suo vestiario era una tunica blu che scendeva fino alla vita, le gambe erano protette da un’aderente calzamaglia bianca, le braccia muscolose erano coperte da una camicia riccamente decorata con merletti dorati, le sue spalle erano coperte da un lungo mantello rosso.
Nel trovarmi di fronte al re mi vergognai: non ero assolutamente presentabile con scarpe da tennis nere, pantaloncini bianchi corti che lasciavano scoperte le ginocchia e una maglietta a mezzamanica nera e col simbolo dei Sandtimes sul petto, sudato e con peli di lupo addosso.
In quel momento sarei voluto sprofondare per la vergogna, ma mi limitai a inginocchiarmi in segno di riverenza.
“Non inginocchiarti ragazzo mio” disse il re con voce solare “e non preoccuparti per il tuo abbigliamento: l’abito non fa il monaco” e sorrise.
“Colto nel segno”, fece Fenrir con una leggera risatina.
“Fenrir!” esclamai imbarazzato.
“Non ti preoccupare, alzati: preferisco parlare con te come una persona normale” disse Galax.
“Una persona normale?” ripetei. Per me quelle parole erano diventate vuote ormai: non ero più umano da due anni.
“So cosa stai pensando, ma ti sbagli” disse Galax avvicinandosi a me “Essere un licantropo non significa essere un mostro: vuole dire essere una persona con una marcia in più; spetta alla persona scegliere quale ingranare” e mi toccò la spalla.
Lo guardai fisso senza dire una parola: ciò che aveva appena affermato era una delle cose più belle che avessi mai sentito. Era davvero un grande re e sarei stato onorato di servirlo.
“Non c’è che dire” fece Fenrir fissandolo intensamente “Hai un carisma davvero eccezionale re Galax”.
“Ti ringrazio per il complimento nobile Fenrir” e gli sorrise.
“Smettila con tutte queste smancerie e passa al sodo” fece il lupo, voltandosi dall’altra parte.
“Giusto” e tornò a posare i suoi occhi su di me “Sauron ti ho fatto chiamare per darti un’importante comunicazione”.
“Una comunicazione?” feci “Quale sarebbe?”
“E’ giunto il momento che tu lasci il Fantasy” disse.
“Cosa?” dissi sgranando gli occhi “Mi state cacciando?”
“Assolutamente no!” disse abbassando leggermente il sorriso “Tu sei un Sun’s Knight e i tempi sono maturi perché tu possa incontrare altri ragazzi che, come te, hanno avuto quest’onore. Inoltre farai la conoscenza di Nick e, se non sbaglio, è sempre stato il tuo sogno incontrarlo. Ora ne hai la possibilità”.
In quel momento le parole non bastavano a descrivere il mio stato d’animo: guardavo il re con stupore e il suo sorriso mi spiazzava completamente.
“E così è tempo di andare a fare la conoscenza degli altri Sun’s Knights” disse Fenrir “Chissà come sono”.
“Potrai chiederlo a Nick quando verrà a prendervi” rispose Galax.

 

Ci vollero un paio di secondi per capire quello che re Galax aveva appena detto, poi esplosi: “CHEEEEEE! SARA’ PROPRIO NICK A VENIRMI A PRENDERE? QUEL NICK”.
“E chi altri!” fece con un sorriso “Sarà qui dopodomani a mezzogiorno. Per allora fatti trovare pronto”.
Mettendomi sull’attenti feci: “SIGNORSI’!” e cominciai a incamminarmi verso la porta.
“Sei davvero cresciuto Sauron” mi disse dietro il re.
Mi fermai un momento e tornai a fissarlo.
“Tu non te lo ricordi, ma io ti ho tenuto in braccio quando avevi un anno” disse Galax “Dopo “mamma” la tua prima parola è stata zio e chiamasti me in quel modo. Da allora non ho più avuto modo di rivederti, per via dei vari impegni, ma non ho dimenticato il tuo piccolo sorriso.
Adesso, dopo quattordici anni ho avuto modo di rivederti e sono contento di sapere che, nonostante ciò che hai passato, non hai perso il tuo sorriso. Sei cresciuto molto: per questo voglio farti due piccoli regali”.
Lo fissai stupito e nuovamente senza parole: davvero mi aveva preso in braccio quando ero solo un bambino? Il solo pensarlo mi rese felice e sorridendo annuii.
“Il primo regalo che voglio farti è questo” e schioccò le dita.
I miei vestiti s’illuminarono e cambiarono forma: era apparso una cotta di maglia nera attraversata da fulmini dorati, sul petto, con un bianco acceso, era disegnato il simbolo dei Sandtimes. La cotta arrivava fino alla vita ed era chiusa da una cintura di pelle; dei lunghi jeans neri coprivano le mie gambe aderendovi perfettamente, un paio di scarpe nere con una linea rossa verticale ai lati coprivano i miei piedi; una camicia nera e leggera come la seta copriva il resto del mio corpo e, in aggiunta, un lungo giubbotto di pelle nera mi copriva le spalle.
Mi osservai stupito e ammirato da quel cambio improvviso di vestiario. Mi voltai verso Fenrir e gli chiesi come stavo.
“Wow!” disse il lupo con un sorriso “Farai strage di cuori”.

 
“Noto che è di tuo gradimento, ne sono contento” disse re Galax “Quell’abito è fatto con un materiale molto elastico e resistente, inoltre è magico e può apparire e scomparire con un semplice schiocco di dita. Se poi guardi il tuo polso sinistro noterai un’altra sorpresa”.
Alzai il braccio e notai un braccialetto bianco con una piccola scatolina al centro.
“Questo è un porta tutto magico” dissi stupito “Può contenere qualunque cosa senza che se ne senta il peso”.
“Esattamente” rispose Galax “Anche Nick ne ha uno identico: ti sarà molto utile credimi. Adesso passiamo al secondo regalo, vieni con me” e si diresse verso l’uscita.
Io e Fenrir seguimmo Galax per molte stanze del palazzo, osservando tutti gli oggetti che contenevano.
Alla fine entrammo in una stanza spoglia e in penombra e ci dirigemmo verso il fondo, dove si trovavano una serie di statue raffiguranti animali con in bocca degli strani amuleti.
Galax si avvicinò a una di esse e prese l’amuleto, dopodiché me lo diede.
“Questo amuleto è un sigillo magico della natura, ti proteggerà da ciò che nascondi dentro e, in un futuro prossimo, ti permetterà di domarlo completamente. Indossalo e portalo sempre con te”.
Osservai l’amuleto: era una piccola gemma gialla chiusa dentro un pendaglio rotondo su cui era disegnato un lupo. Non capivo a cosa mi sarebbe servito, ma era un regalo del re e non potevo rifiutarlo, così lo indossai.
“Adesso vai pure Sauron, ci rivedremo tra due giorni. Porta i miei saluti a tua madre”.
“Con immenso piacere re Galax” dissi con un inchino “E grazie ancora” dopodiché mi voltai e me ne andai insieme a Fenrir.

 

 

Tornai a casa e informai mamma e nonno: pensavo che avrebbero detto no, ma mi dettero la loro benedizione.
“Il tuo destino non si realizzerà qui ragazzo mio” disse il nonno “Solo viaggiando potrai realizzare il tuo sogno, ma non temere non sarai da solo”.
“Si piccolo mio” disse mamma “Nella dimensione in cui andrai, incontrerai molti amici che ti apprezzeranno per quello che sei realmente e, se il destino vorrà, vedrai anche tuo padre”.
“Se questo deve essere il mio destino, lo coglierò al volo” dissi “realizzerò il mio sogno e aiuterò anche i miei futuri amici con il proprio”.

“Che stiamo aspettando” disse Fenrir “Andiamo a prepararci”.
“Sì!” dissi e andai nella mia stanza a preparare i bagagli.

 
Prima di partire, decisi di andare nel posto che segnò la mia vita: l’altopiano dell’eroe.
Il giorno della partenza mi alzai di buon’ora e, senza svegliare nessuno, andai lì e mi sedetti affianco dell’albero su cui era stata intagliata la promessa di due innamorati.
Osservai il cielo e ripercorsi tutti i momenti della mia vita, dai più belli ai più brutti e pensai che non tutti mali vengano per nuocere.
“Stai riflettendo su qualcosa di particolare?” mi chiese Incanto apparsomi dietro.
“Un po’ a tutto” risposi “Tutto quello che ho passato in questi anni, mi ha aiutato a capire un sacco di cose e a sollevare molti dubbi”.
“Dubbi di che tipo?”
“Per esempio il motivo per cui tu mi hai scelto come padrone”.
“Capisco!” disse chiudendo gli occhi “Non c’è un motivo preciso: si sceglie il proprio padrone per il suo cuore”.
“E nel mio che hai visto?”
“In una parola: la speranza per un mondo migliore. Ci sono molte altre persone che hanno questo grande potere nel cuore e sono sicuro che le incontrerai durante questo tuo nuovo viaggio”.
“Lo spero anch’io” risposi.
“Cambiando argomento, ti sei sentito con Selen?”
“Sì” risposi “Le ho raccontato le mie peripezie e lei ha sorriso. Mi ha augurato buona fortuna e spera di rivedermi un giorno.
Sarà difficile poterla risentire”.
“Prima o poi vi rincontrerete” disse Incanto “Forza adesso! È il momento di andare”.
“Sì!” e mi alzai “Lo prometto: quando tornerò qui, sarò un eroe e andrò a trovarla insieme ai miei futuri compagni” tirai un lungo respiro e poi tornai a casa.

 

 

Quando rincasai, vidi che mamma e Fenrir stavano parlando e mi limitai a salutarli e poi mi diressi in camera mia.
Aprii la porta della mia camera sapendo che era l’ultima volta che vi sarei entrato: presi tutto quello che mi serviva e lo misi nel mio porta tutto.
Presi la cornice che mi raffigurava insieme a Selen e, dopo averla baciata, la misi insieme alle altre cose: me la sarei portata sempre con me come il mio più grande tesoro e non l’avrei mai lasciata, questa è un’altra promessa che manterrò per sempre.

 

 

Adesso mi trovo seduto insieme a Fenrir sul pavimento di legno del cosiddetto palazzo dell’Hokage e sto aspettando che mi chiamino per presentarmi ai ninja di Konoha.
Se vi state chiedendo per il viaggio, non è stato niente di speciale: arrivato al castello, ho stretto la mano al mio idolo, salutato i miei e re Galax e poi ho attraversato un portale spazio-dimensionale che mi ha portato qui.
“Entra” mi dice una voce.
“E’ il momento!” mi dice Fenrir.
“Sì! Si va in scena!” e mi alzo.

È il momento di voltare pagina: la mia vita sta per prendere una nuova piega e spero che sia buona. Il solo pensiero mi mette in agitazione e non so che cosa pensare se non avvicinarmi alla porta e mettere la mano sul pomello.

 A questo punto il libro della mia vita chiude un capitolo e ne inizia uno nuovo, ma non dimenticherò mai quello che ho scritto in precedenza: spero solo che la penna non si esaurisca sul più bello.
Chi sono io? Io sono Sauron Folgore Sandtimes: sono il figlio di Kaeleena Sandtimes e di Itachi Uchiha, Sun’s Knight di Incanto di Folgore cavaliere della luna, sono un tracciatore, il guardiano di Fenrir lupo dell’abisso, forza portante della parte oscura del Kyuubi e un licantropo.
Il mio soprannome è “il Lupo” e il mio sogno è diventare un eroe che porta speranza e spezza le maledizioni degli altri.
Da adesso in poi, il mio cammino ha inizio e la porta del futuro si è finalmente aperta in una calda luce che illumina la via. Questa è la strada di un eroe.

 

 

 

                                                                    FINE

 

Angolo dell’autore: saluto finale.

 

Tutti quanti: “Evviva!”
Io: “Che felicità! Ho completato la mia prima storia. Non ho parole per descrivere come mi sento dentro”.
Yaphisan (mi passa un bicchiere di champagne): “Pensa solo a festeggiare figliolo, prendi!”
Io: “Grazie! Salute!”
Tutti (alzano i bicchieri): “Salute!”

 

Sauron e un po’ giù di morale e mi avvicino.
Io: “Cos’è quella faccia?”
Sauron (alza la testa): “Il fatto che adesso dovrò aspettare moltissimo prima di comparire nella storia principale. La cosa mi deprime”.
Io (gli metto una mano sulla spalla): “Non ti preoccupare, non sarai fuori gioco per molto tempo. Ho già in mente una nuova storia in cui comparirai insieme a nuovi amici!”
Sauron: “Davvero?”
Io: “Certo! Dammi un mesetto per organizzare le idee e scrivere una bozza dei primi capitoli e ricomparirai alla grande. Ti avviso che non sarai solo tu il personaggio principale”.
Sauron (pugno alzato): “Non ha importanza! Se ricomparirò più fico di adesso e con un sacco di amici, sono già al colmo della gioia”.
Io: “Ottimo!”

 

Si avvicinano Fenrir e Selen: “E noi?”
Io: “Anche voi comparirete in questa nuova storia. Tu Selen sarai insieme ad un gruppetto di maghi, tu Fenrir sarai un amico da ritrovare”.
Fenrir (col broncio): “Protesto! Se non sto in compagnia di Sauron non ci sto”.
Io: “Ci starai, tranquillo!”
Fenrir: “Mi sa che dovrò aspettare la fine di tutto, prima di poter ricomparire”.
Io: “No, solo la metà!”
Sauron e Selen: “Che bello! Ci ritroveremo tutti insieme”.

 

Arancio: “Ehi! Guarda che non mi va di stare ad aspettare fino alla terza stagione della tua storia. Vedi di fare qualcosa”.
Io: “Tranquillo Ichigo anche tu comparirai insieme ai tuoi amici”.
Arancio: “Aspetta! Mi hai chiamato per nome? Perché cazzo l’hai fatto?”
Io: “Mi è scappato! Non temere: fra poco potrai usarlo tutte le volte che vorrai”
Arancio(sorriso compiaciuto): “Ottimo! Non vedo l’ora di fare la mia entrata”.

 
Gom: “Shishishi! Comparirò pure io?”
Io (pensieroso): “Sto ancora decidendo, ma ti farò sapere presto!”
Naruto (si fionda): “E io? Una storia non è tale senza di me!”
Scimmione: “Urka! C’è la possibilità che anche io compaia?”
Viene anche un ragazzo con lunghi capelli bianchi e delle curiose orecchie di cane: “Ha! Se non ci sono anche io, non se ne fa niente. Modestia a parte sono il migliore”.
Sauron – Naruto – Ichigo: “Stai zitto e a cuccia!”
Il ragazzo con le orecchie di cane finisce faccia a terra e i tre se la ridono.
Io (mi piego ad aiutarlo): “Tutto bene Inuyasha?”
Inuyasha (esplode): “BASTARDI!” ed è rissa tra i quattro.
Gom: “Ci sono anch’io!” e si getta nella mischia.
Arriva un uomo alto con un cappello rosso in testa e una giacca dello stesso colore e con un sorriso accattivante: “Spero che ci sarò anch’io in questa nuova storia. L’idea di dover aspettare fino alla seconda e poi la terza stagione mi da il nervoso”.
Io: “Certamente che comparirai Alucard! Sarai una delle punte di diamante della nuova storia”.
Alucard (sorride ancora di più): “Molto bene! Allora vado a prepararmi per fare un paio di massacri” e se ne va.
Selen (agitata): “Davvero comparirà anche lui? Mi fa paura!”
Fenrir: “Tranquilla ti proteggo io da lui. Gli amici di Sauron sono i anche i miei amici.
E VOI SMETTETELA DI’ MENARVI E’ UNA FESTA NON UNA RISSA!”
I cinque smettono e abbassano la testa: “Scusa!”

 

Io: “Ovviamente faranno la loro comparsa altri personaggi, oltre a voi ma preferisco sorprendere i lettori se ci riesco. Inoltre ho in mente qualche altra storia: devo solo trovare il tempo di scriverle. Tranquilli ragazzi, non vi farò aspettare troppo!”
Gom: “Shishishi! Non vedo l’ora!”
Sauron – Naruto - Ichigo – Inuyasha - Scimmione: “Neanche io e sarò il migliore!” e alzano il pugno.

 

Io (rivolto a voi lettori): “Lettori e Lettrici abbiate un po’ di pazienza e molto presto potrete leggere delle nuove storie che vi faranno emozionare come non mai.
Augurandomi di ritrovarvi numerosi, vi do appuntamento alla prossima storia. Grazie di tutto e che Dio vi benedica. Salute!”
Tutti: “Salute!”

 

 

Il saluto ve l’ho fatto. Non preoccupatevi per la storia principale: continuerà ad avanzare senza interruzioni e, prima che ve ne possiate rendere conto, sarà piena di nuovi personaggi e avventure.

 

Come promesso, ecco a voi le storie che hanno ispirato il personaggio di Sauron:

1)    Naruto;

2)    Underworld;

3)    Fate stay night;

4)    Bleach;

5)    Hellsing.

A questo punto vi saluto e ringrazio ognuno di voi, vecchi e nuovi lettori, per aver seguito questa storia e avermi dato la soddisfazione di scriverla.
Ciao e grazie di tutto!  

 

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