The Other

di wari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.prima parte ***
Capitolo 2: *** 2. seconda parte ***



Capitolo 1
*** 1.prima parte ***


UAMP: Utopico Allegro Mondo Perfetto. Dunque, ambientata in un futuro assolutamente impossibile (a sua volta ubicato nella mia ottusa, piccola mente di yaoi fangirl dissociata e priva di senso della realtà). Non è interessante e non è originale, c'è una buona percentuale di ooc (assolutamente non voluto T__T) e la trama ha ben poco senso. Meno male che nessuno è costretto a leggere , va *inneggia al libero arbitrio*


1.


C'è silenzio come non ne sentiva da un po'.
Non è un buon silenzio.
Stando molto tempo da soli, si impara a distinguere tra i silenzi buoni, quelli che fanno riposare le orecchie e la testa, quelli morbidi in cui è facile assopirsi, e i silenzi cattivi. 
I silenzi cattivi sono tesi, ventosi e alle volte cigolano e scricchiolano. 
I silenzi cattivi rimbombano accelerati nelle orecchie, entrano nella bocca e negli occhi, e soffocano; sono come scosse sotto la pelle, sanno di sangue e bile. 
Quando c'è il silenzio, quel silenzio, gli attimi diventano ere, e graffiano, stridendo nella testa in forma di ricordi acuti come urla e freddi come metallo. 
C'è la voglia di gridare che brucia nella gola; urlare, respirare, parlare al vuoto, solo per fare rumore, per assicurarsi di non esser stati risucchiati. Ma sarebbe da sciocchi. Poteva funzionare ad otto anni. 
Per questo, Sasuke sta zitto, teso. 
Non ha realizzato di preciso quando si sia svegliato, se da molto o solo da pochi minuti, ma è sicuro di non voler ricordare il perché. Stringe il pungo sulla coperta e la trascina un po', inutilmente, solo per sentire il fruscio lieve della stoffa che scorre sul materasso. 
C'è buio fitto negli angoli, buio fitto oltre la porta, tanto che non è sicuro se l'abbia chiusa o meno. 
Fissa lo sguardo in quel punto, sforzandosi di distinguere lo shoji nell'oscurità, e ottiene in cambio solo un bruciore fastidioso sotto le palpebre. 
Resta immobile per un altro paio di lunghissimi secondi, finché lo scroscio d'acqua improvviso non lo coglie in fallo, costringendolo ad emettere un impercettibile, mezzo sussulto di sorpresa. Ma è un sollievo sentire la pioggia che prende a ticchettare sul tetto, sui battenti, giù per le strade del ghetto deserto. 
Sasuke sbuffa, sommesso, e si volta su un fianco, la coperta al seguito. 
Gli strascichi dell'incubo si perdono del tutto nel gocciare ritmico, e il silenzio notturno non sembra più tanto innaturale. 
Lo rimpiangerà, si dice, quando Naruto farà ritorno dalla sua stupida missione. 
L'arancione gli si è infiltrato ovunque, ormai, e anche se in casa restano evidenti tracce del passaggio monocromatico e sgargiante di quell'insostenibile esemplare umano che è Naruto Uzumaki, non avere il soggetto sotto gli occhi – solitamente impegnato in arancioni attività di demolizione della sua infinita e magnanima pazienza – è comunque riposante, in un certo senso. 
Sembra quasi di avere ancora la situazione sotto controllo, prima del precipizio in cui è crollata la loro amicizia, dopo che lui ha perso del tutto il senno, decidendo inconsciamente che il ripristino del clan era una faccenda di secondaria importanza. 
Quando Naruto non c'è, Sasuke si racconta di avere di nuovo la sua esistenza in mano, cosa null'affatto scontata, considerati i precedenti.
Può svegliarsi tardi, tanto per cominciare, perché nessun eroe di Konoha è richiesto urgentemente dall'Hokage alle quattro del mattino; può mangiare quello che preferisce e persino non mangiare affatto: dopotutto, è uno spreco darsi da fare in cucina per una persona sola. Può andarsene a visitare i suoi morti in santa pace, e girovagare per il quartiere, per constatare ancora una volta lo stato di degrado del posto e guardare con profonda disapprovazione quel buon terzo di case che sono state risucchiate nel cratere creato ad arte da Pain. 
O può anche stare fermo e zitto, sedersi sul letto di Itachi e restarci un'ora intera, una giornata se preferisce, senza che nessuno dubiti della sua sanità mentale e si crucci fino allo spasmo per cose che non lo riguardano affatto; può restare nel suo, di letto, e allungare braccia e gambe come vuole, perché nessun dobe occupa due terzi del materasso, o lo calcia via; nessun dobe russa, gli fa caldo con il suo stupido corpo, ruba la coperta o ciarla a vanvera di cose assurde; ciarla pure mentre lo fanno, quel cretino lì, e sopprime ogni sorta di silenzio con la sua semplice esistenza. 
E' da appiccicarlo al muro, alle volte. Fortuna che ha le sue stupide missioni. 
Un tuono fa tremare la finestra e Sasuke mugugna pigramente la sua disapprovazione, avvoltolandosi meglio nella coperta. 
Abituato com'è a dover combattere per il suo lembo, lo fa con troppa irruenza, e si ritrova con metri di stoffa ammucchiata, a circondarlo in un bozzolo soffocante. I piedi, invece, neanche a farlo apposta, restano maleducatamente fuori. 
Seccato, lancia tutto per aria e si tira su, la fronte aggrottata in disappunto e le ginocchia affondate nel materasso cedevole; la coperta precipita dal letto e atterra al suono di un altro rombo di tuono. 
La pioggia si fa impetuosa, a scrosci violenti, e sembra impossibile che cinque minuti fa non ci fosse altro che silenzio: ogni tegola, ogni anta, ogni centimetro di strada, risuona di tonfi gocciolanti, in una cacofonia di rumori acquosi e brontolii. Persino il mugghio insofferente che Sasuke si lascia sfuggire dalle labbra, neppure troppo contenuto, finisce risucchiato nello sciabordio generale. 
L'ex nukenin rinuncia a lamentarsi e recupera la coperta, issandola di nuovo sul letto, prima di sistemarsi giusto al centro del materasso. 
Si stringe al cuscino con una mano e trattiene a stento uno sbadiglio non troppo silenzioso. 
Fa freddo, a pensarci. Senza Naruto, con la sua improbabile, perrennemente costante termoregolazione a mantenere la coperta ad una temperatura che da sola non potrebbe mai raggiungere, fa davvero freddo. 
Ecco, è un imbecille di proporzioni gigantopiche, però a qualcosa serve. Solo a quello, comunque. 
Sasuke chiude gli occhi e soffia dal naso, stringendosi di più nella coperta e sprofondando in un comodo sopore. 
Sbadiglia di nuovo, e quando riapre gli occhi c'è il bianco. 
Il bianco sbagliato, il bianco della faccia di Itachi. Itachi che sorride. 
A svegliarlo di colpo è il rumore di vetri infranti, improvviso e provvidenziale. 
Sasuke si blocca, l'orecchio teso, ed il respiro accellerato che ad un ninja fa molto poco onore. 
La copertà è finita di nuovo giù, chissà come, e la pioggia fuori sembra meno intensa: non si sente più il tintinnare di carabattole e l'ululato del vento; solo un fruscio continuo e monotono. Silenzio rumoroso, come un mormorio monocorde. 
Un altro colpo, qualcosa che emette un tonfo, giù al piano di sotto. 
Sasuke si immobilizza per un decimo di secondo, i nervi tesi, poi alza gli occhi al cielo, mentre la realizzazione gli fa risalire un brontolio a fior di labbra. 
E' Naruto. Naruto che torna in anticipo. 
E' già capitato altre volte che il dobe, preso da chissà quale smania, si sia presentato ansimante agli orari più assurdi, raccontando di « essersela sbrigata in fretta » perché aveva fame
Entra, fa un casino immane, e poi chiede scusa perché lo ha svegliato; e Sasuke, con la pazienza che lui stesso non avrebbe mai pensato di riuscire a mantenere nei confronti di un altro essere vivente, sbuffa e acconsente persino a fargli compagnia mentre lui trangugia la sua porzione di ramen precotto, assonnato e stanco, ma ancora capace di star lì a chiedere come sia andata la giornata - a lui, che non si è mosso da lì - o a raccontare aneddoti a suo dire spassosi sulle usanze dei paesi stranieri in cui lo spediscono a fare ambasciate. Il tutto con la tranquillità sorridente di chi è ritornato finalmente al posto giusto. 
Consapevole che non potrà tornarci per un bel po', Sasuke scende giù dal letto con notevole impaccio, ed è indeciso se picchiare Naruto per averlo disturbato o scaldargli l'acqua per il ramen e sedersi al tavolo con lui, in attesa di sentire le orecchie riempirsi di quella stupida voce squillante, che due volte su tre riesce non si sa bene come a scacciare buona metà delle sue paturnie, costringendole a ritirarsi in un angolo della testa. 
Registra distrattamente che lo shoji era in effetti aperto, e comincia a scendere le scale con tonfi attutiti, sbadigliando in silenzio. 
« Dobe. » esordisce, atterrando piano sull'ultimo gradino. 
Non riesce a staccare le dita dal corrimano della scala che qualcosa lo fa immobilizzare, quando ha già sollevato un piede per dirigersi in cucina, che era la sua destinazione fin dall'inizio. 
Non c'è la solita luce accesa e neanche il consueto tramestio di carabattole provocato da un idiota che non ricorda mai dove siano le pentole. 
Non c'è nulla, in effetti. Solo buio, il frascheggio della pioggia ed un soffio d'aria fredda, umida, che si intrufola a tradimento sotto la maglietta e fa rabbrividire. 
La finestra della cucina cigola di nuovo, e l'anta si schianta con un tonfo tremolante contro il battente. 
Sasuke percorre la distanza che lo separa dalla porta a passo svelto e mugghia un'imprecazione scocciata, quando scopre che manca la luce; l'interruttore va a vuoto. Da quando è passato Pain, a nessuno è venuto in testa di sistemare la rete elettrica in quella zona del villaggio: ad ogni folata di vento, la corrente salta del tutto, anche per diverse ore; cosa che ha contribuito ad alimentare quelle fantasiose dicerie che accusano il malvagio ex nukenin di vivere al buio e nutrirsi di bambini crudi con contorno di serpenti in salmì. 
« Grandioso. » commenta il malvagio ex nukenin, stizzito, quando incespica su quello che deve essere un mucchio di cocci acuminati sparsi sul pavimento. 
Zompettando in maniera assai poco dignitosa, allunga una mano per raggiungere l'anta della finestra, e sporgendosi si cura di ignorare il luccichio di biasimo che le ciotole sporche gli inviano dal lavello, rimproverandolo ancora una volta di aver ceduto a quella sciatta accidia che lo coglie ogni qualvolta Naruto non è lì a far disordine lui stesso. 
Con la finestra chiusa, la temperatura si fa più già più mite, e senza più il freddo a tenerlo sveglio Sasuke si accorge tutt'a un tratto che, al diavolo le stoviglie sporche, al diavolo quel bicchiere schiantatosi chissà come per terra, il sonno sta per portarselo via. 
I suoi piedi sembrano decidere autonomamente di portarlo di nuovo a letto, ed è quando si ferma un istante a valutare quale sia il percorso migliore per evitare di conficcarsi cocci di vetro nelle piante dei piedi, che lo sente. 
Un fruscio nitido, alle sue spalle. 
Si volta di scatto, sospettoso. 
Non vorrebbe ammetterlo ma, quando ha capito che non c'era Naruto, la prima cosa che gli è saltata in testa è stata che qualcuno si fosse introdotto in casa. 
Qualcuno di molto stupido, a giudicare dalla finestra lasciata aperta ed il bicchiere schiantatosi a terra con un fragore che avrebbe potuto svegliare l'intero vicinato, se ci fosse stato un vicinato. 
Ma Sasuke è un ninja, un buon ninja, oggettivamente parlando. E anche con gli occhi non proprio sanissimi, dubita seriamente che ci sia qualcuno tanto abile da nascodergli la sua presenza e al contempo tanto stupido da entrare senza riuscire ad evitare di martirizzare delle stoviglie. Probabilmente c'è un'altra finestra aperta in soggiorno. O magari quel rumore se l'è solo immaginato. 
Si passa una mano sul viso, stanco, e tira dritto fino al corridoio, con la ferma intenzione di rimettersi a dormire, e al diavolo i bicchieri, le finestre e gli stupidi sogni. 
Non ha neanche finito di formulare quel rassicurante pensiero, una mano già tesa sul corrimano della scala, che si volta di scatto. 
Stavolta l'ha sentito.
Come uno spostamento d'aria, lieve e quasi inudibile, alle sue spalle. 
Resta immobile, a scrutare torvo il corridoio e l'ingresso, che è solo una macchia nera indistinguibile. 
Non c'è niente. Solo buio, e freddo, e la pioggia battente di fuori. 
Non c'è niente, e soprattutto non c'è nessuno. 
E' quasi ridicola come l'idea di qualcuno lì, in quella casa, riesca paralizzarlo, come se davvero potesse avere qualcosa da temere da chiunque, lui: il malvagio ex nukenin tagliagole, quello che le donne con i neonati evitano, terrorizzate che possa avere terribili raptus omicidi mentre combatte per procurarsi le verdure al mercato. 
Sono gli altri a temerlo, concepire il contrario è semplicemente folle. 
Ma la situazione cambia quando si tratta di quella casa, la sua casa, che è anche il posto che più lo terrorizza al mondo, e di cui non riesce a liberarsi. 
Non è bastato Pain , a buttarla giù, e neanche Kyuubi. 
Perché in quella casa, in quel ghetto, ci sono ancora tutti. 
Non lo dice a Naruto, anche se è certo che lui labbia capito, perché altrimenti non avrebbe insistito tanto per convincerlo ad andar via, magari stare da lui, che ha una casa piccola, ma confortevole e accogliente come una casa dovrebbe essere. Dice che è male restare lì, dice che c'è da uscire pazzi, circondati da quel chilometro quadrato di silenzio. 
Ma lui non vede la zia Uruchi salutare con la mano, quando varca il cancello; non sente la risata di Shisui, che ghigna sornione dall'altro lato della strada; non vede suo padre seduto al tavolo in cucina, seppellito dietro al giornale, e neanche sua madre scivolare leggera e rapida per le stanze, sempre affaccendata, con qualcosa tra le mani. 
Non lo vede Itachi, lui. 
Itachi dentro le mura, Itachi fuori, Itachi nelle mura. 
Non è una cosa che può decidere di lasciare indietro, e non è neanche sicuro di volerci riuscire davvero. 
E, sì, probabilmente è solo l'ennesima di una serie infinita di scelte dannose e sbagliate. 
Perché quello è solo un posto come un altro, un edificio in stato di semidecadenza, tra altri edifici allo sfacelo, tutti deserti. 
I fantasmi sono solo nella sua testa. 
Peccato non ci sia modo di mandarli via.

spazio

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Il vecchio lastricato è tutto una pozzanghera.
Naruto ci sciacquetta dentro con i sandali, senza curarsi dell'acqua piovana che gli gela le dita dei piedi, già intirizzite di per sé. 
La missione è durata meno del previsto, o meglio, lui è tornato più rapidamente del previsto, appioppando le incombenze burocratiche a Sai, che si è ritrovato incastrato a redigere il resoconto della missione senza neanche capire come, almeno a giudicare dall'espressione perplessa che aveva sulla faccia quando lui lo ha salutato in fretta e si è messo a saltare di filato verso il vecchio quartiere degli Uchiha. 
E' migliorato nelle espressioni, Sai. Adesso si riesce persino a capire la differenza tra l'educata sorpresa ed il misurato disappunto, prima perfettamente assimilabili alla sua faccia standard, così come l'intera gamma delle espressioni umane. Naruto ridacchia da solo; è così stanco che la testa va per conto suo, forse perché attualmente l'unica cosa che desidera è spalmarsi sul letto e restarci fino all'indomani.
Non fa alcun caso agli edifici in rovina tutt'attorno, e piuttosto butta uno sguardo assonnato al cielo, sospirando con immotivato appagamento in direzione delle nuvole spazzate via dal vento forte e del prepotente spicchio di sole che già invade di luce tetti e mura scrostate, infiltrandosi ostinato tra i vicoli, anche se è solo l'alba e non è ancora in grado di scaldare l'aria umida e fredda. 
E forse è un bene, dato che il vento sulla faccia è stato l'unica cosa che ha impedito a lui di crollare addormentato come una sacco di patate lungo la via del ritorno. 
Nonostante il vento, comunque, è convinto di doversi sbrigare, se non vuole davvero fare quella fine; perciò allunga il passo e svolta a sinistra, intravedendo già l'ingresso. 
E' indeciso tra il bisogno di svegliare Sasuke e l'altruistica considerazione che le cinque del mattino non siano esattamente un orario piacevole per abbandonare le coperte, specialmente se ti chiami Sasuke Uchiha e già di norma non sei una persona allegra e positiva, che comincia ogni giorno con un sorriso di speranza. 
Del resto, c'è anche da considerare il fatto che Sasuke dorme un sacco, e potrà dormire anche domani, e dopodomani, visto che, anche con tutta la buona volontà, va bene riammettere un ex nukenin al villaggio, ma se non si vogliono rischiare gravi incidenti diplomatici, gli si affidano solo entusiasmanti missioni di giardinaggio o al massimo operazioni suicide in posti sperduti, possibilmente su suolo neutrale. 
Ha perso la fiducia di tutti, Sasuke. 
Beh, non la sua. Quella mai. 
Anche se alle volte è messa a dura prova. 
« Teme. » esordisce infatti Naruto, stralunato, convinto di star avendo un'allucinazione causata dalla carenza di sonno. « Che diamine stai facendo? » 
Seduto per terra, davanti all'ingresso, Sasuke ruota un poco la testa, degnandolo della sua attenzione. 
Lo sguardo gli si illumina per un istante, prima che stringa le labbra, compunto e assuma una posa più composta, come se fosse non solo assolutamente normale, ma persino consigliabile, per un qualunque shinobi ligio al dovere, stare seduto fuori dalla porta di casa propria, alle cinque del mattino, in pigiama. 
La mascella di Naruto cede per un istante, mentre le sue pupille vagano costernate dalla maglietta larga e spiegazzata del suo compagno, appesa sulle spalle dritte, fino alla faccia pallida e seria di qualcuno assorto in profonde cogitazioni filosofiche, indegne dei miseri mortali appena rientrati da banali missioni di rango S.
« Un indizio, non gioco alla pelota. » alita il filosofo, con caustico scherno, davanti alla sua espressione non propriamente intelligente.
Naruto non capisce cosa c'entri la pelata. Ma forse Sasuke sta parlando di pomodori – il che sarebbe del tutto verosimile – quindi gli salta persino in testa di provare a ribattere qualcosa di arguto su quanto sia maleducato giocare con il cibo. 
Apre la bocca, pronto, ma finisce per frenarsi alla prima sillaba, inclinando la testa di lato e fermandosi a squadrare pensoso i capelli disordinati dell'altro, dall'alto, un istante prima di decidere di accovacciarsi giù, per guardarlo in faccia. 
« Te lo chiedo di nuovo. Che succede? » tenta, interrogandosi su quale sia l'origine di quella vena infinita di pazienza, quella incredibile forza d'animo che sta costringendo le sue palpebre a stare su e le sue orecchie a dar retta ad uno spostato – perché è questo che Sasuke è, c'è poco da fare – seduto sul pavimento alle cinque del mattino per ragioni ignote che, trattandosi di quello spostato, possono variare dal semplice « perché mi andava » fino ad arrivare a catastrofiche rivelazioni che potrebbero minare alla base la stabilità del villaggio.
Il tutto, mentre ogni muscolo del suo corpo gli sta intimando di trovare un piano orizzontale entro i prossimi dodici secondi, o lo abbandonerà definitivamente. Pure Kyuubi si deve essere addormentato, ormai. 
Ma Sasuke sembra di tutt'altro avviso mentre lo studia con aristocratica sufficienza, da sotto l'arco delle sopracciglia. 
Ha la faccia sbattuta anche lui, come se avesse trascorso la nottata a combattere con uno stuolo di shinobi per difendere un prezioso rotolo di tecniche proibite da consegnare all'Hokage. 
Solo che quello, quello che meno di un quarto d'ora fa ha ficcato il rotolo tra le mani di Sai e l'ha spedito a concludere il compito, è lui, non Sasuke. 
« Base chiama teme, rispondete. » scimmiotta, mimando la voce gracchiante delle trasmittenti, con una mano a coppa sulla bocca. 
La risposta è un colpo di nocche dritto tra gli occhi, che lo fa sbilanciare e cadere col sedere indietro, dritto nella pozzanghera. 
« Oh, che ti piglia?! » sbraita, piccato. 
« Mi piglia che sei un coglione. » brontola quello, lamentoso, appena prima di sbadigliare e trarsi in piedi con indolenza. 
Naruto gli lancia un insulto e lo segue, i calzoni zuppi di acqua piovana e l'espressione imbronciata. 
« Beh, bello essere a casa, eh. » mugugna, aspro, mentre lascia cadere i sandali nell'ingresso e si tasta i pantaloni fradici. 
Il tatami sembra caldo, per contrasto con i suoi piedi gelati, ed è piacevole come sensazione, dopo aver trascorso tre giorni tra un acquazzone e l'altro. 
Alza gli occhi dalle mani, che si stava frizionando nel vano tentativo di riattivare parte della circolazione, e incrocia la figura di Sasuke che, impalato accanto alla porta della cucina, lo squadra da capo a piedi. 
Naruto stringe le palpebre – le sue povere palpebre, che vorrebbero crollare giù e invece devono soffrire per dare corda ad uno psicopatico con le turbe comportamentali alle cinque del mattino – e fa per sputar fuori un insulto, una lamentela o qualsiasi altra cosa gli passi per la testa. 
Solo che gli occhi dell'imbecille, neri e foschi, stanno lì a fissarlo con una strana intensità, neanche lui fosse una specie di fantasma. 
« Oi, teme. Ma che succede? » chiede, di nuovo, stavolta con una punta di sincera preoccupazione. Si sveglia quasi, e non sembra più che le palpebre stiano per staccarsi dalla faccia e schiantarsi al suolo. 
Davanti a lui, Sasuke stringe impercettibilmente le labbra, a disagio, come se stesse sforzando le meningi per sintetizzare un lungo, complicatissimo discorso metafisico. 
« Ben tornato. » bofonchia, infine, secco e rapido, prima di puntare lo sguadro sulla parete ed, evidentemente, realizzare un'incombenza inderogabile che lo spinge a girare i tacchi di botto e lasciarsi inghiottire dalla cucina. 
Naruto non fa in tempo a richiudere la bocca, sorpreso, la curiosa sensazione di avere un mucchio di miccette accese nello stomaco, che arriva anche il « dobe. » di rito, più deciso, come degna conclusione. Anche quello però, nonostante il tono rude, ha una sfumatura calda, un suono attutito e piacevole. E anche se lo sa, di essere innamorato di uno psicolabile, Naruto non può far a meno di ridacchiare come un totale beota, prima di scrollare le spalle, sconfitto. 
« Renditi conto, ho attraversato tutto il paese sotto la pioggia, restando miracolosamente asciutto, e tu sei riuscito a bagnarmi le chiappe con una sola stupida mossa. » argomenta, seguendolo a passo placido mentre si pizzica la stoffa dei pantaloni, prima che gli si appiccichi alle mutande, anch'esse bagnate. « Dovresti almeno chiedere scusa, eh. » 
Sa già che Sasuke non gli darebbe retta in ogni caso, ma non sentire alcuna replica acida lo lascia un po' stranito. Tanto più che quel genio del teme sta chinato sul pavimento a raccogliere cocci di vetro con espressione assorta, degnandolo della stessa considerazione che chiunque altro userebbe nei confronti di un soprammobile qualunque. E visto che prima gli era parso quasi partecipe, oltre che vagamente felice, per il suo ritorno, la cosa sfiora la schizofrenia. 
« Hai fatto cadere un bicchiere? » domanda, perplesso, mentre afferra una caraffa e ne cerca uno intero, per versarsi dell'acqua. 
Lui non alza neppure la testa, prima di comunicargli, secco, che l'oggetto è caduto da solo
Naruto si schiarisce la voce, aggrottando le sopracciglia e guardando Sasuke concludere l'operazione con gesti precisi, neanche stesse completando un jutsu. 
« Teme, secondo me dovremmo andarcene a dormire entrambi, uh? Oppure potremmo... » e fa per sghignazzare, vago. 
Sasuke lo sorprende alzandosi di scatto e facendosi incredibilmente vicino, di colpo. Gli schiaffa una mano sulla bocca, in maniera assai poco gentile, e si blocca, tendendo l'orecchio. 
« Hai sentito? » chiede, sottovoce, studiando la cucina con sospetto. 
Naruto, che, lo ammette, si era aspettato tutt'altra reazione – che diamine, manca da tre giorni, e la fase di isteria "che diavolo stiamo facendo, siamo due maschi e tu sei tu ed io sono io che diavolo stiamo facendo" se la sono lasciata alle spalle da qualche mese, ormai – strabuzza gli occhi e spinge via la mano, con veemenza. 
« Teme, ti sei bevuto il cervello? Che diavol- » 
« Non l'hai sentito? » domanda l'altro, in un sussurro. 
Naruto lo guarda, si sincera dell'assoluta serietà che legge chiaramente nei suoi occhi cerchiati di sonno e corruga le sopracciglia. 
La mano di Sasuke che, da quando l'ha spinta via, si è fermata distrattamente sul suo petto, come ad impedirgli di spostarsi o avanzare – neanche ci fosse un nemico nascosto nella credenza - si ritrae e va a a posizionarsi sulla faccia del suo proprietario, in un gesto di stanchezza che fa schizzare la preoccupazione di Naruto a livelli poco sostenibili. 
« Okay. D'accordo. » fa il jinchuuriki, senza staccare gli occhi dalla nuca dell'altro, che si è voltato a guardare oltre la porta, verso il corridoio. « Adesso mi spieghi che problema hai... e non dire che non c'è nessun problema! » sbotta, quando Sasuke fa per aprire la bocca, risentito. 
« Ho sonno. » mastica, alla fine l'ex nukenin, spiccio. « Andiamocene a dormire. » 
Naruto lo guarda, cerca di spiare negli occhi tutto quello che la solita faccia di cera non dice; ma anche i suoi di occhi sono stanchi da morire, e non è che ogni santa volta possa mettersi a fare l'interprete, lui. Non ce la fa, fisicamente. 
Uno sbadiglio prepotente preme per uscire, facendogli dilatare le narici e gonfiare le guance. 
« Andiamo a dormire. » accorda infine, esausto.

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L'idea di partenza era quella di dormire, davvero. 
Sembravano due zombie, entrambi, quindi non è che ci fossero margini per un'alternativa. Solo che – ed è strano da spiegare, o forse è semplice, e il complicato è tutto nella sua testa – già salendo le scale, quasi per sbaglio, si erano scambiati uno sguardo di quelli casuali che non sono casuali e, si dice Naruto, a quel punto erano già d'accordo, ancor prima di aver realizzato. E non aiuta il fatto che il letto sia piccolo, per due; si finisce per sfiorarsi, e dallo sfiorarsi si passa a toccarsi, e da lì, beh. 
Insomma, Naruto si è trovato nudo del tutto – i pantaloni fradici è quasi certo di averli buttati sul pavimento appena varcata la soglia della stanza – in compagnia di Sasuke, che pure è nudo ed esibisce un'espressione insolitamente vacua, altrettanto inconsapevole dei momenti precedenti. Ed altrettanto disinteressato ad indagare al riguardo, almeno a giudicare dal bacio che gli sta rifilando, respirandogli in bocca.
« Mh, questo va bene. » biascica Naruto, scostandosi per un istante e ridacchiando davanti al suo sguardo perplesso. Ha una faccia un po' scema, Sasuke, con i capelli che gli si appiccicano alle labbra. « Come bentornato, dico. Questo va bene. » 
« Usuratonkachi. » gli mugugna in risposta, soffiando via le ciocche traditrici. 
Naruto si lascia scappare un altro sbuffo divertito, ed uno sbadiglio, che si mescola direttamente ai capelli di Sasuke, prima che il suo cervello si spenga del tutto, ed il suo corpo si perda in una frenesia tutta istintuale. 
Quando riapre gli occhi, non ricorda neppure di essersi appisolato, ma non deve essere passato poi molto tempo; il sole che filtra dalle imposte chiuse è ancora lieve, e fa chiaro l'interno senza accecare. 
La sua mano destra è spiaccicata sotto la schiena calda di Sasuke, che studia il soffitto con aria distratta, come stesse riflettendo sullo stato dell'intonaco, macchiato di umido. 
Non sa se interromperlo o meno - magari intimargli di dormire - e nel dubbio, sbadiglia. 
« Oh. » fa lui, prendendo atto del fatto che è cosciente. 
Naruto si avvicina rotolando, mentre soffoca l'ennesimo sbadiglio. 
E' stata un'idea stupida quella di mettersi a far sesso invece che dormire come avrebbe fatto un qualunque saggio shinobi appena tornato da una missione impegnativa; ma anche se è più stanco di prima, non può far a meno di sentirsi anche stupidamente sereno, in certo senso. 
« Che pensi? » domanda sbadigliando ancora, il naso sulla spalla del compagno. Sasuke lo spia con la coda dell'occhio, senza neanche girare il collo. 
Resta in silenzio per un po', distante. 
« Tu ci credi ai fantasmi? » chiede dopo quasi un minuto, con la stessa partecipazione che chiunque altro adotterebbe nel parlare di pratiche burocratiche particolarmente tediose. 
Naruto riapre gli occhi, che aveva chiuso pigramente, abbandonandosi alla sensazione piacevole di quel contatto, e aggrotta le sopracciglia, dubbioso. Non è certo di aver afferrato la domanda, ma prova comunque a darsi un contegno, emettendo un mormorio interrogativo. 
Ma quella che Sasuke attende, a giudicare dall'occhiata che gli lancia, è una risposta, possibilmente articolata. 
« Fantasmi tipo mostri? » tenta lui, nervoso. 
« Fantasmi tipo fantasmi. Hai capito che intendo. » replica l'altro, secco. 
Naruto lo spia, nella penombra e Sasuke rantola un breve verso titubante. 
« Voglio dire... » e sembra che si stia sforzando persino più del solito, per emettere quei quattro monosillabi nei quali ogni giorno condensa concetti che meriterebbero esposizioni di un'ora ciascuno.« Hai capito, no? » conclude, fallendo miseramente. 
Naruto assume un'espressione corrucciata e si mette seduto. 
« No che non capisco se non me lo spieghi, teme. » lagna, piccato. « Fai domande strane e poi pretendi anche che ti si risponda come decidi t-» ma non conclude, perché Sasuke si tira su di scatto e lo zittisce con un gesto secco, il volto fisso alla porta. 
« Okay, teme. Mi sto ufficialmente preoccupando. » sbotta il jinchuuriki, facendo scorrere lo sguardo dagli occhi allucinati del compagno fino al pannello semiaperto dello shoji. 
Immobile, come tutto in corridoio. 
Sasuke resta impietrito per quasi cinque secondi, poi ruota la testa per guardarlo in viso, piano. 
« Non hai sentito niente. » dice, e non è una domanda. 
Naruto deglutisce, cauto, ma non fa in tempo a replicare una sillaba che Sasuke si è già ributtato sul letto, e gli dà le spalle. 
« Ehi! » richiama, brusco. 
Attende una risposta in silenzio e quando capisce che rischia davvero di aspettare per ere, si arrischia ad avvicinarsi gattoni, superando la sua spalla con la testa, per poterlo guardare in volto. 
« Che dovevo sentire? » domanda, senza far caso al fatto che Sasuke lo stia ignorando deliberatamente. Resta a fissarlo, i capelli biondi che pendono giù, spettinati e scomposti. 
Sasuke storce il naso, infatidito. 
« Niente. » replica, lapidario, considerando evidentemente chiusa la parentesi. 
Naruto stringe le labbra e poi si tira su, con un mezzo ruggito scoraggiato. 
« Che cazzo, teme! Non si capisce mai che problema hai! Sembra sempre che ci dobbiamo preparare per la fine del mondo! » sbraita, frustrato. « E dì qualcosa, per la miseria! » 
« Piantala di gridare come l'imbecille che sei, imbecille! » esplode Sasuke, di rimando, puntellandosi su un gomito. « Che vuoi che ti dica? Che sono pazzo e sento le voc- » 
Si bloccano entrambi, voltandosi simultaneamente verso la porta, Sasuke a metà frase e Naruto già pronto a replicare, in ginocchio sul materasso, le mani levate. 
« Che è stato? » chiede il jinchuuriki, sorpreso, senza distogliere lo sguardo dal corridoio. 
Sasuke chiude la bocca, deglutisce impercettibilmente e poi lo studia in volto, con calma. 
« L'hai sentito anche tu? » articola. La faccia è ancora encomiabilmente impassibile, ma la voce non riesce a mascherare del tutto un certo turbamento. 
Si guardano per una frazione di secondo, prima di rivolgere di nuovo gli occhi alla cornice della porta, aperta sul corridoio in penombra. 
Un altro fruscio, lievissimo ed inudibile. 
« C'è qualcuno in casa. » conclude Naruto, per entrambi.

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Nda
Il titolo, poiché sono una mentecatta, è una rivisitazione scemerrimissima del film "The Others". Chiedo scusa all'esimio regista (Alejandro Amenabar) e a Nicole Kidman *si inchina* 
Comunque, c'è un altro entusiasmante (ahaha. No) capitolo, perché sono una capra logorroica che inizia le cose cercando di cavarsela con una one shot e finisce per sparlare pagine intere senza alcuna logica. 
Insomma, arriva anche quello, tra un po' (giorni, credo. Boh, vediamo, se la connessione aiuta). 
Eh. sì. Che gioia *striscia via*


Edit: per Grazia e Gloria di Mayumi_san (ovazioni, prego) dovrei aver corretto i duecentordici e più errori di battitura T__T. Sì, sono una cretina, otouto *strizza*

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Capitolo 2
*** 2. seconda parte ***


Uhn, seconda parte (sì, pubblico, ché tanto anche se continuo a guardarla intensamente non migliora d'una virgola). Se qualcuno si fosse, per qualche ragione, trovato a nutrire intelligenti aspettative, le riponga: questa roba è una vaccata (non sono certa d'averlo specificato adeguatamente nella parte precedente) =__='.
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2.
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Al ventiseiesimo sbadiglio, persino Shikamaru gli rivolge un'occhiata incuriosita.
Naruto ha così tanto sonno da non essere certo di star camminando in linea retta, o anche di star camminando veramente.
Magari è semplicemente sdraiato nel letto, accanto a Sasuke, e per qualche ragione sta sognando di trascinarsi per le vie di Konoha, strascicando i piedi sul selciato.
« Ore piccole? » chiede lo Shikamaru molto realistico che procede meno di un passo davanti a lui, le mani affondate nelle tasche e l'andatura pigra.
Naruto soffoca un altro sbadiglio e ciondola un poco la testa, annuendo.
Ha passato la mattinata ad esplorare casa Uchiha, cosa sempre difficoltosa ai limiti del tollerabile, considerato che Sasuke impedisce ad ogni essere umano che non sia se stesso di entrare in determinate stanze – a Naruto è permesso vagare al piano di sotto, ma per quanto riguarda il resto, a parte il bagno e la stanza di Sasuke, è tutto rigorosamente, insopportabilmente off limits - e, ovviamente, non ha trovato nulla: la casa è vuota, come vuoto è il quartiere. Gli unici a stare lì sono loro due, qualche cane di passaggio e gli uccelli che hanno nidificato su uno dei tralicci, poco distante dal giardino sul retro.
Semplicemente, ogni tanto le assi scricchiolano e ci sono degli spifferi.
Lui si è fatto suggestionare dal teme ed ha finito per dargli corda.
Insomma, in quel posto non c'è nessuno.
Concetto semplice e lampante che lui non ha problemi a concepire, al contrario del padrone di casa. E infatti Sasuke non è tranquillo per nulla; non lo dice ad alta voce, ma non c'è certo bisogno di essere Shikamaru per accorgersi che ha qualcosa che non va.
Naruto non ha ancora capito se sia convinto di veder spuntare lenzuola svolazzanti, zombie o semplicemente tema di star perdendo il senno; fatto sta che la mattina Sasuke l'ha passata a girovagare inquieto, seguendolo con lo sguardo mentre lui si dava da fare per ispezionare la casa. Non ha partecipato attivamente, preferendo piuttosto oscillare con studiata indolenza tra cucina e soggiorno, le stanze più ariose.
E Naruto vorrebbe dirglielo, che così non va, e che la soluzione, l'unica sacrosanta soluzione, sarebbe abbandonare quel posto morto che gli fa tanto male all'anima, e accettare una buona volta di venire a vivere con lui da qualche altra parte – a casa sua, quella che il capitano Yamato ha costruito, uguale a tutte le altre nuove case del villaggio, o anche da un'altra parte, non ha poi molta importanza – magari con delle scale che non scricchiolino ed un letto che sia abbastanza grande per entrambi.
Ecco, a proposito del letto: vorrebbe davvero essere rimasto sul materasso, appiccicato al corpo caldo di Sasuke, che ci fossero o meno presenze occulte in casa; perché la missione per la quale è stato convocato d'urgenza – e che l'ha costretto a finire il suo ramen precotto lungo il tragitto da casa al palazzo - è stata di un'imbecillità più che abissale: non è neanche del tutto certo che fare da scorta alla moglie del daimyo, in visita diplomatica a Konoha al fianco del marito, sia da considerarsi una missione.
Più che altro, si è trattata di un'incombenza cretina. Un incarico che, se avesse riguardato una persona qualunque, sarebbe stato affidato al massimo ad una squadra di genin freschi d'accademia, ma di certo non a due jounin d'elite nel loro giorno di riposo. Ma la loro presenza, sua e di Shikamaru, è stata richiesta direttamente dal daimyo, e anche se il tutto è consistito nell'accompagnare una pingue nobildonna ed il suo fedele, bisbetico barboncino, in giro a fare shopping, l'Hokage non ha potuto far nulla per esentarli.
Hanno quindi speso mezza giornata tra gioielli, abiti che avevano molto in comune con sontuose federe di divano per prezzi e fantasie decorative, e scarpe – centinaia di scarpe – di ogni forma ponderabile ed imponderabile; e la cosa, per due ninja abituati ad usare lo stesso tipo di sandali dai quattordici mesi in su, è stata sufficientemente sconvolgente.
Un pomeriggio sprecato. Un pomeriggio che Naruto avrebbe potuto utilizzare per recuperare qualche ora di sonno, ad esempio.
A giudicare dall'espressione, anche la testa di Shikamaru pare attraversata da pensieri simili, mentre cammina al suo fianco, fiacco.
Naruto procede un po' discosto, un passo indietro, e gli studia il codino, indeciso.
« Tu ci credi nei fantasmi? » butta lì d'un tratto, accordando l'andatura a quella del compagno.
Shikamaru non fa una piega, e lo spia con la coda dell'occhio, senza smettere di camminare.
« Se credo nell'aldilà, intendi? » domanda, educatamente annoiato.
Naruto prende a gesticolare, un po' vago.
« Beh, no. O sì. Insomma, più una cosa tipo presenze occulte, spiriti vaganti... cose così. »
Shikamaru si concede una lunga frazione di secondo per osservarlo, le sopracciglia tese in un arco alto sulla fronte spaziosa. Naruto si sente per un attimo come analizzato, almeno finché il compagno non distoglie lo sguardo e prende a grattarsi placido il naso, il mento all'insù e gli occhi socchiusi.
« Stare nel vecchio quartiere degli Uchiha comincia a farsi inquietante anche per l'eroe di Konoha? » domanda, mentre contempla distratto il sole che tramonta, illuminando il villaggio di arancio vivo.
Il risolino vago di Naruto si fa sovrastare dal vociare di una banda di bimbetti armati di finti kunai, che si rincorrono facendo lo slaloom tra i passanti. Shikamaru sbuffa e ne evita uno, impedendogli di collidere contro le sue gambe.
« Non credo nei fantasmi, Naruto. » fa, una mano a grattarsi la nuca e gli occhi a seguire la schiena del ragazzino che si allontana, incespicando per raggiungere gli altri. Prosegue, riprendendo a camminare. « Ci sono modi diversi per ricordare chi è morto, e qualcosa resta sempre, o almeno a me piace pensarla così. Ma di certo non credo agli zombie, o... »
« Alle lenzuola volanti? » replica il jinchuuriki, in una risata. « Sì, afferrato. » si studia per un istante le dita dei piedi, prima di riprendere a gesticolare, rapido. « Quindi ad ogni fenomeno paranormale, deve corrispondere necessariamente una spiegazione sensata, no? »
Shikamaru aggrotta le sopracciglia per un istante, come a ponderare sull'affermazione. Poi pare rilassarsi, disinteressato, e solleva le spalle.
« Mh, direi di sì. Solo perché non si vede, non significa che non ci sia una spiegazione perfettamente razionale. Basta cercare, suppongo. Ah, la mia ombra è arrivata. » annuncia infine, indicando alla sua sinistra, lì dove la sua ombra si proietta fino all'ingresso del viale.
Naruto ride e ricambia il saluto dell'altro, levando la mano.
Fa per riprendere a camminare, quando la voce di Shikamaru, che ha già raggiunto la porta di casa, lo richiama, costringendolo a voltarsi di nuovo.
« Ehi. » fa il genio, lanciandogli un sorriso sghembo e sbuffante. « Non farti metter sotto dai fantasmi! »
Il jinchuuriki rimane interdetto per un secondo, prima di ghignare, le braccia dietro la nuca.
« Per chi mi hai preso? Sono o non sono l'eroe di Konoha? »
Resta per un poco ad osservare la schiena di Shikamaru che si fa inghiottire dalla porta, poi sospira, soffocando uno sbadiglio.
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Nell'ordine: ha riparato il tetto, ripulito il giardino dalle erbacce, biasimato il cratere di Pain, litigato con un cane randagio di passaggio e spazzato l'ingresso.
Ed è un caso che siano tutte attività da svolgersi all'aperto.
In casa non c'è nulla che possa preoccuparlo – nulla. Hanno controllato in due – e non significa niente che anche al dobe sia parso di sentire indistinti fruscii.
La costruzione è vecchia e piena di spifferi, ed è ridicolo inquietarsi per via di un bicchiere che cade e un paio di rumori.
Del resto, non è che lui sia inquieto. Solo ragionevolmente perplesso.
E potrebbe tranquillamente restare in casa, ma insomma, quando è nella sua insopportabile modalità eroica, dispensatrice di consigli, Naruto si lamenta sempre della sua abitudine di stare tappato tra le quattro mura come fosse una salma nel loculo, e che non prenda mai una boccata d'aria; quindi Sasuke si è sentito non solo autorizzato – non è che necessiti dell'autorizzazione del dobe, sia chiaro – ma persino magnanimo, nel decidere di trascorrere l'intero pomeriggio ottemperando ad utili servizi per la società.
Nello specifico, la società, per quel che lo interessa, sono solo lui e Naruto. E visto che il dobe è stato chiamato – praticamente evocato, considerato lo scarso preavviso e la fretta nera che gli è venuta addosso quando se n'è andato, con mezzo ramen fumante tra le mani – dall'Hokage per l'ennesima missione imbecille, Sasuke ha deciso che magari sarebbe stato sensato fare qualcosa di costruttivo.
Deve aver commesso qualche errore di valutazione, però.
Avrebbe per esempio potuto sottrarre una ventina di minuti al biasimo per il cratere, così da averne altrettanti in più per poter cercare di riparare il quadro elettrico.
Perché il sole sta tramontando e lui comincia seriamente a non distinguere più tra cavi rossi e cavi blu, e a perdersi nelle sterminate file di interruttori e fusibili.
« Fantastico. » si lascia sfuggire dalle labbra, burbero, quando realizza di aver passato gli ultimi due minuti a cercare di far scattare interruttori già alzati. Fissa con gelida stizza i cavi aggrovigliati che penzolano davanti al suo naso e quelli si dondolano con sprezzo, sfoggiando fili di rame che sbucano arroganti dalle guaine rose dal tempo.
Li osserva ancora per un paio di secondi e poi caccia una mano nella vecchia cassetta degli attrezzi di suo zio.
Ne tira fuori una tronchesi arrugginita, la studia, se la rigira in mano, decide che non ha la più pallida idea di cosa ci si dovrebbe fare e la rimette al suo posto, chiudendo un istante le palpebre con profonda irritazione.
Il cielo si sta facendo pericolosamente viola, e la luce è sparita tutta dietro la montagna degli Hokage, seguendo il sole che pare essere calato giù come avesse avuto fretta di andarsene.
La centralina invece se ne sta lì, ferma.
Sasuke le rivolge un'occhiata malevola e poi rituffa la mano nella cassetta, estraendone una torcia a pile. La soppesa per un secondo, soddisfatto, e poi fa scorrere l'interruttore, puntandola fiducioso verso il quadro elettrico.
« Oh, certo. Figurarsi se funziona qualcosa, in questo posto. » bofonchia con atona esasperazione, all'indirizzo della torcia spenta, tralasciando di soffermarsi a pensare che, forse, è normale che l'oggetto sia inservibile, a dieci anni e passa dalla morte del proprietario.
Pare ci sia la rivolta dell'elettricità; da far venir voglia di lanciare la torcia e scaricare un Chidori sul pannello elettrico, così, per vedere che succede. Tanto, peggio di come funziona ora, non può funzionare. Ma una vocina sensata nella testa gli sta facendo notare, col tono pacato di Kakashi, che l'idea potrebbe essere potenzialmente inutile, oltre che dannosa.
Sentire voci nella sua testa non è una cosa che lo tranquillizzi particolarmente, a dire la verità, ma nonostante questo decide comunque di venire a più miti consigli e si limita a muggire sdegnoso, prima di rialzarsi, facendo leva sulle braccia.
Col calare della sera s'è alzato pure un vento fastidioso, che trascina con sé polvere fluttuante, spazzatura e fogliame rotolante di varia origine. L'aria odora di umido, e le nuvole che si avvicinano da ovest sembrano promettere altra pioggia.
C'è di nuovo silenzio, e a separarlo da casa solo una trentina di metri.
E' buio, fa freddo, il vento sussurra alle sue spalle e lui si sente stupidamente a disagio al pensiero di rientrare.
Quel che è peggio, anche l'idea di restar fuori non lo alletta per nulla. Rimane lì, a titubare davanti alla porta, ritto come un tronco di quercia, sentendosi però un ragazzino di otto anni. E non è mai una bella sensazione.
Indugia ancora per svariati secondi, poi soffia brevemente dal naso e ficca le mani in tasca, estraendone la chiave. La tasta per un poco, perché è buio pesto e non capisce neppure da che lato la debba infilare, quando un improvviso scalpiccio lo fa voltare di scatto.
« Teme! » esordisce il fautore del rumore, agitando una mano da lontano.
L'arancione si intuisce anche nel buio della strada; Naruto sarebbe perfettamente riconoscibile persino muto e legato ad un albero a duecento metri di distanza.
« Che fai in giro? Si crepa di freddo! » osserva l'eroe, fermandosi ad analizzare con espressione confusa la cassetta degli attrezzi che Sasuke si trascina dietro. Ormai pare che trovarlo fuori di casa ad orari e condizioni climatiche improbabili stia diventando la norma.
« Lavori socialmente utili. » lo liquida lui, riprendendo ad armeggiare con le chiavi sulla serratura. Riesce a sbagliare tre volte, prima di centrare il buco.
Con estrema delicatezza, Naruto si astiene dal commentare e piuttosto lamenta le necessità, nell'ordine, di mangiare, dormire e picchiare il daimyo del Paese del Fuoco; non prima di aver calciato fino ad Oto il barboncino psicotico della sua consorte che, a quanto pare, gli ha pure morso un dito.
Si zittisce solo per stiracchiarsi nell'ombra dell'ingresso, mentre Sasuke tenta di rimettere le chiavi al loro posto, pur non riuscendo a distinguere il mobilio dalla parete.
Nel momentaneo silenzio, Naruto stringe un attimo le labbra, prima di parlare ancora, indeciso se cominciare o meno una conversazione che, lo sa già, finirà in lite.
« Secondo Shikamaru i fantasmi non esistono. » buttà lì, casuale.
Perso a ponderare la possibilità di ignorare la voce ragionevole di Kakashi e distruggere davvero il quadro elettrico a colpi di Chidori, per un istante Sasuke quasi non fa caso all'affermazione. Alza lo sguardo dal punto in cui presume sia atterrato il suo sandalo destro ed inarca impercettibilmente un sopracciglio.
« Mh. E Shikamaru che c'entra? » emette, togliendo anche l'altra scarpa.
« Ma niente! » fa il jinchuuriki, ignorando il suo tono seccato e precedendolo lungo il corridoio. « Ci siamo trovati a parlare... insomma. E' la verità. Niente fantasmi, lenzuola volanti... è una stupidata. »
Sasuke lo squadra da sotto in su.
« Ah, beh. Se lo dice Shikamaru. » lo canzona acido, sorvolando su quell'insensato riferimento a fantomatiche lenzuola volanti che, in tutta sincerità, non vuole sapere da dove gli sia uscito, al cretino. « Quindi i bicchieri si suicidano gettandosi giù dai tavoli. Insolito. »
« Sarebbe più normale che dei fantasmi passassero per spingerli, giusto. » si lascia sfuggire l'altro, in uno sbuffo.
« Non sto dicendo questo. » scatta Sasuke, sulla difensiva, trincerandosi dietro ad una faccia granitica.
Naruto si trattiene dal ruotare gli occhi indietro, nonostante il sonno mini decisamente il suo già non propriamente ferreo autocontrollo.
« Dai teme! Non c'è nessuno qui! » sbotta, esasperato. « Ti è parso di sentire qualche rumore e poi mi hai un po' suggestionato, tutto qua! Magari è stato qualcosa di fuori... ha una strana acustica, 'sto posto. » si imbroncia, realizzando che, persino nel buio pesto del corridoio, conosce Sasuke abbastanza bene da poter immaginare la sua espressione di impassibile minaccia, quella con gli occhi freddi e sottili come lame, che lui usa per farsi largo tra le massaie, al mercato ortofrutticolo del giovedì.
« Quindi io sarei un pazzo che sente le presenze e tu un idiota suggestionabile. » riepiloga l'ex nukenin, con crudele sintesi.
Naruto fa per ribattere, ma non è abbastanza pronto ed il decimo di secondo che utilizza per spalancare la bocca, viene interpretato come un tacito assenso.
« Grandioso. » sibila Sasuke, con amarezza, appena prima di voltargli bruscamente le spalle e superarlo, per avviarsi in direzione della scale, lì dove il corrimano si intuisce nella penombra.
Naruto chiude la mascella e gli afferra una spalla, prima che lui abbia il tempo di defilarsi con sdegno in qualche angolo.
« Non puoi sempre girare le spalle e andartene! » ringhia, feroce, prima di deglutire, immaginando l'occhiata al fiele che di certo gli è appena stata rifilata. « Non sto dicendo che sei pazzo. E' solo che, ecco... te l'ho detto che questo posto non fa bene. » conclude, a disagio.
« Questa è casa mia. »
« E' solo una casa. » replica Naruto, con forza. « E anche in stato di decadenza, se proprio lo vuoi sapere. Insomma, Sasuke. Questo posto è morto. »
Aspetta una risposta e sta quasi per risolversi a rifilargli un cazzotto e tanti saluti, quando arriva. Ed è esattamente quello che si era aspettato.
« Tu non capisci. » sentenzia infatti Sasuke, incolore. E sembra chiudersi, mentre lo dice. Ogni volta che lo fa, a Naruto pare che gli sia sbattuta una porta in faccia; una porta di marmo, piatta, grigia e fredda, che non si può fracassare a colpi di Rasengan.
« Non c'è niente da capire, teme! Niente! » ruggisce, stringendo i pugni. « Sei solo tu, con le tue ossessioni da autolesionista che- »
« Ah, certo. Scusa tanto se la mia famiglia ha pensato di farsi sterminare qui. » replica, in un sibilo irato che stride col solido silenzio del corridoio.
Naruto digrigna i denti nel buio e allarga le braccia, finendo per dare una sonora manata alla parete.
« Appunto! E' quello che dico... cavolo, anche io avrei problemi a stare qui, al posto tuo! Perché vuoi star male? Perché non sei capace di andare avanti, di- »
« Andare avanti? Ma certo! E' facile per voi, andare avanti sulla pelle di mio fratello. » accusa, senza curarsi di averlo interrotto.
Naruto colpisce ancora la parete, stavolta del tutto intenzionalmente.
« Lo vedi? Ritorni sempre lì, non riesci a- »
« Scusa tanto se sono una persona così manchevole. Come oso non gioire della vita come fa ogni singolo abitante di questo ridicolo villaggio felice? »
« Ma ti senti quando parli?! Esisti solo tu, solo tu hai sofferto! L'unica cosa che ti riesce è continuare ad odiare l'universo! Scusa tanto se non ci sto, se mi pare assurdo che... teme. » si blocca di colpo, l'orecchio teso.
« Non starò qui a sentire la tua paternale idiota su quanto sarebbe giusto purificarsi dal rancore e aprirsi all'amore per tutte le creature! Non me ne frega un cazzo di niente di quello che tu... non mi stai ascoltando. » conclude, stizzito, quando si accorge che l'altro si è voltato e gli dà la nuca.
« Cos-, quando avrei parlato dell'amore, scusa... ? No, intendo... teme. » si incarta Naruto, prima di fermarsi. « Tu non l'hai sentito, stavolta.»
« Cosa. » replica lui, con ira glaciale.
Qualcosa si schianta in cucina, con un colpo secco.
Si voltano contemporaneamente, presi alla sprovvista, ammutolendo di botto.
Il primo a scattare è Naruto, che fa due passi indietro e sta già per imbucare la porta. Non fa in tempo a superare la cornice che inciampa in avanti, sottolineando il tutto con un'esclamazione colorita.
« Dobe, che cazzo fai? » chiede Sasuke con voce per nulla controllata, ancora nel pieno del suo attacco collerico.
« C'è qualcosa! Mi... mi è passato qualcosa sotto le gambe, ci stavo cadendo su! » ribatte quello, scontroso, poggiandosi allo stipite. « E' buio pesto qua dentro, porca miseria. Domani giuro che vado dall'Hokage e faccio un casino... teme? » conclude seguendo lo sguardo dell'altro, che è finito a fissare lo spicchio di soggiorno che si vede dal corridoio.
Nel buio, fumoso e scuro, due lumicini cangianti fluttuano a mezz'aria, fermi.
Naruto si volta del tutto e avverte Sasuke irrigidirsi, accanto a sé; lui stesso si sente un po' fuori dal suo stesso corpo, in effetti.
Deglutisce, ricordando che, una volta, Jiraiya gli aveva parlato dei fuochi fatui, divertendosi a cercare di terrorizzarlo – tra l'altro con scarso successo – in viaggio, durante una notte di tempesta.
E a proposito di tempeste, un lampo squarcia il cielo, illuminando la strada di fuori, e la casa, in controluce; le forme dei mobili si stagliano nitide per un istante, prima che il lampo si spenga e segua il tuono, in un rombo che fa tremolare la finestra, in cucina.
In quel momento, neanche fosse stato attivato un interruttore, torna la corrente, di colpo.
Si accende il lampadario in cucina e, di sopra, nel bagno, lì dove Sasuke ha smanettato con gli interruttori non funzionanti.
La corrente torna e loro restano lì, ritti in piedi, incorniciati dalla porta, la luce alle spalle come in un ritratto a mezzobusto, le facce non molto intelligenti e gli occhi fissi al salotto.
Lì la luce è spenta, ma quella che viene dal lampadario della cucina basta a definirne chiaramente l'interno.
« E' un gatto. » conclude Naruto, chiudendo la mascella.
Sasuke pare aver dimenticato come si parla, la faccia rigida come una maschera impassibile e gli occhi fissi.
Si prende due secondi di raccoglimento, lo sguardo completamente perso, e poi aggrotta le sopracciglia.
« Un gatto. » emette, monocorde.
Naruto solleva un braccio a grattarsi la nuca, poi azzarda un passo avanti.
Il gatto se ne sta lì, sul tavolo basso del soggiorno, forse in cerca di altri bicchieri da scaraventare giù. Non sembra particolarmente disturbato, anzi. Abbassa le orecchie e sbadiglia, saltando giù, placido.
Naruto si lascia sfuggire uno sbuffo sordo e, prima che Sasuke abbia il tempo di voltarsi a guardarlo, è già piegato in due dal ridere.
« Un gatto! » soffoca, tra le risa, accovacciandosi a terra con le mani sulla pancia. E sta ancora ridendo, quando allunga una mano ed improvvisa un « qui, micio micio » in direzione della bestiola.
Quella si avvicina, con cauta diffidenza, mostrandosi alla luce del corridoio in tutto il suo grasso, grosso, peloso splendore arancione.
Gli occhi emettono guizzi di luce ad ogni movimento e si bloccano, fissandosi su un azzurrastro chiaro, solo quando si ferma a guardare Naruto; poi si risolve ad avvicinarsi, trotterellando sul tatami con un fruscio di pelo.
« Un gatto... » ripete il jinchuuriki, per la dodicesima volta. E ride, accarezzandogli il mento con le dita. « Come abbiamo fatto a non accorgerci di un gatto? Sarà entrato ieri... Gran bei ninja davvero, io e te! Non raccontiamola in giro! » e giù a ridere di nuovo, seduto scompostamente sul tatami.
« Fuori. »
Naruto ed il gatto si voltano di scatto, il primo con le spalle ancora scosse da risatine, l'altro nel mezzo delle fusa.
Sasuke li fissa, il gelo negli occhi e le labbra strette.
« Fuori di qui, subito. » ordina, indicando il gatto.
Naruto smette di ridere e si avvicina la bestiola.
« Ma piove, fuori. » osserva, calmo.
« Non me ne frega nulla. Fuori, e basta. » replica Sasuke, continuando a fissare il gatto con muto sdegno. « Adesso. »
Naruto lo ignora, tornando a grattare le orecchie che il felino gli sta offrendo, strusciandosi contro le sue gambe.
« E se invece lo tenessimo? » chiede, deliziato.
« No. » risponde Sasuke, rapido e definitivo. « Non se ne parla. Assolutamente no. »
« Oh, andiamo, teme! » fa Naruto, prendendo in braccio la bestia. Il pelo arancio si mescola in una strana amalgama col colore della tuta. «Che hai contro i gatti? E questo è pure intelligente. »
« E cosa lo renderebbe intelligente, di grazia? » si informa Sasuke, con un'evidente nota di scherno nel tono.
« Ci ha fatti cagare sotto a tutti e due, mica è poco. » rimbecca l'altro, ridendo deliziato.
Il gatto approva con un miagolio pigro.
« Parla per te, razza di usuratonkachi, io non- »
« Sì, sì, come dici tu. » lo liquida Naruto, consapevole che altrimenti dovrebbero iniziare un'altra lite. E non ne ha proprio voglia.
Sbadiglia, ed il gatto con lui.
« Perché invece non fai un po' di cena? » chiede, ignorando volutamente l'espressione mortalmente scontrosa del compagno, che sembra promettere vendetta imperitura.
Si solleva il gatto all'altezza del viso, ghignando.
« Anche tu hai fame, vero? » chiede alla bestia.
Quella stringe gli occhi ed emette un acuto miagolio di assenso.
Naruto pare trovare la cosa estremamente divertente. Hanno due sorrisi fessi, entrambi, gatto e dobe.
« Io mi rifiuto di sprecare del cibo per quel... quel coso. » denuncia Sasuke, oltraggiato, con gli occhi che emanano lampi furibondi, neanche il gatto fosse stato in combutta con Danzou.
Naruto sbuffa, querulo.
« Non è un 'coso', teme. Anzi, bisogna trovargli un nome. » decide, osservando il felino con aria critica, come fosse certo di poter scovare un cartellino identificativo nascosto nel pelo.
Il gatto non si scompone, lo lascia fare. Sembra divertito: ha un sorriso scemo, gli occhi stretti e le labbra ricurve, coi baffi ondeggianti.
« Naruto. » sbotta Sasuke all'improvviso, in uno schiocco secco.
« Cosa? » chiede il jinchuuriki, ancora molto concentrato nell'esaminare la bestia da ogni angolazione. Deve essere una delusione constatare che sia completamente arancione, senza alcun segno particolare – una macchia dalla forma strana, delle strisce, qualcosa - e che quindi il nome non potrà derivare da alcun dettaglio fisico.
Sasuke lo fissa, stranamente, inesplicabilmente ilare.
« Il nome, dico. » spiega, con crudele sussiego. « Naruto. O anche Naruto Due, se preferisci. »
Lui lo guarda per un paio di secondi, completamente stralunato.
« E' arancione, ha un'espressione stupida... » elenca Sasuke, solerte e impietoso.
« Teme, ma quanto sei cretino... »
« Naruto, vieni. » sillaba Sasuke, ignorando il compagno con alterigia. Fulmina la bestiola con un'occhiataccia e quella scatta, sgusciando via dalle braccia del Naruto vero ed atterrando sul tatami, appena prima di trotterellare al seguito dell'ex nukenin, che lo precede in cucina.
« Sei uno stronzo! » trilla il dobe, quando anche la coda del gatto è sparita, fluttuando oltre lo stipite della porta.
Sospira, solo, seduto a gambe incrociate sul pavimento in corridoio, e si lascia sfuggire uno sbadiglio.
C'è un conto aperto ed una litigata da finire, ché lo sa che ha parlato troppo, e Sasuke gliela farà pagare; ma c'è anche rumore di pentole, ed un gatto che « no assolutamente no » e invece, a quanto pare, resta.
Magari per cena si farà una tregua; per prendersi a pugni il tempo si trova sempre.

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Nda
Dicevo. E' una vaccata di dimensioni megagalattiche: il Millennium Falcon ci si è schiantato sopra scambiandola per una porzione di spazio interstellare.
Sì, la pianto, okay. Grazie mille per aver sprecato minuti preziosi a leggere questa s. Questa st.
No, non si può chiamare storia *crolla*
Ho scoperto (?) che c'è il nuovo sconvolgente comando “rispondi alla recensione”. Mi rimbocco le maniche e tento di farlo funzionare senza causare incredibili bug o implosioni del server. Ci provo, ecco u__u'.


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