Life as we know it

di becky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1.1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 1.2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1.1 ***


Questa breve long-fic è legata alla serie “L’appartamento Spagnolo”, ma può essere letta anche in modo autonomo (magari qualche dettaglio può sfuggire, ma non compromette il senso dalla storia). Se posso permettermi, però, consiglio di dare un’occhiata a “L’appartamento spagnolo”!

Ringrazio Lunatica91 e moniko chan!

 

Life as we Know it

 

Capitolo 1 – Parte 1

 

Col passo felpato e morbido di un gatto, Antonio salì gli ultimi scalini. Il parquet sotto i suoi piedi nudi non fece il minimo rumore mentre giungeva ai piedi del letto.

Il suo bel volto abbronzato si aprì in un sorriso spontaneo nell’osservare il fagotto che dormiva docilmente tra le sue lenzuola. Di Romano spuntava solo qualche ciuffo di capelli scuri e un piede. Lentamente lo spagnolo scostò un lembo di coperta e rimase incantato per qualche secondo ad ammirare il volto finalmente sereno ed eccezionalmente dolce del ragazzo. Un lieve fremito delle palpebre gli fece intuire che fosse profondamente addormentato e che stesse sognando qualcosa di interessante. Sperò con tutto il cuore fosse anche qualcosa di bello.

Sorridendo gli risistemò la coperta e si sedette su una poltroncina accanto alla finestra, incapace di smettere di fissarlo. Ancora non gli sembrava vero che Romano fosse lì, nel suo letto. Che fosse il suo ragazzo, o qualcosa di vagamente simile. Se glielo avessero detto solo un paio di anni prima, sarebbe scoppiato a ridere. E invece, le cose erano andate proprio in quella direzione...

 

* * *

 

Con Romano era stato un colpo di fulmine, o qualcosa di molto vicino. Appena lo aveva visto, quel giorno di dicembre nell’appartamento dei ragazzi, aveva deciso che avrebbe fatto carte false per averlo.

Era andato da loro per farsi due risate con Francis, come sempre. Un birra, forse, o anche solo qualche parola leggera. Di certo non si sarebbe aspettato che quel giorno avrebbe finito per fare a botte col francese, anziché riderci assieme.

Appena entrato, con una caraffa di Sangria in mano, non ci aveva nemmeno fatto caso a quel moretto seduto sul divano accanto a Feliciano. Visto di spalle poteva essere uno come tanti: capelli scuri tagliati con cura, abiti italiani di buona fattura, piedi incrociati in modo piuttosto maleducato sul tavolino. Quando però il ragazzo si voltò, e lo guardò con quegli occhi ambrati screziati di verde, per poco non gli cadde la brocca dalle mani. Il ragazzo lo guardò con supponenza, come se la sua sola presenza lo infastidisse e gli lanciò un’occhiata sprezzante  per poi tornare a guardare il televisore, come se nulla fosse.

Antonio rimase folgorato da quegli occhi, tanto che dimenticò facilmente il motivo per cui era andato lì e si fiondò a presentarsi.

- Ciao! Scommetto che sei il fratello di Feliciano, vero? Gli assomigli da morire!- esclamò tendendogli una mano. Solo molto tempo dopo comprese che quella era stata la peggior presentazione che potesse trovare. Ma all’epoca come poteva sapere dello strano rapporto che intercorreva tra i due fratelli Vargas?

Romano lo guardò con disappunto e non accennò minimamente ad afferrargli la mano tesa.

- Romano- mormorò semplicemente distogliendo lo sguardo.

Nemmeno lui poteva sapere che Antonio non era il tipo da demoralizzarsi per così poco.

Col consueto sorriso sornione Antonio si accomodò al suo fianco – Allora, sei appena arrivato? Eri mai stato a Barcellona?-.

Sbuffando Romano scosse il capo – Prima volta-.

 – Quando vuoi ti faccio fare un giro! Ah, che stupido...io sono Antonio!-. Romano lo guardò di sfuggita con la coda dell’occhio, rimanendo quasi accecato dal sorriso dello spagnolo. Aveva un sorriso splendente come i riflessi del sole sul Mediterraneo. E lui lo sapeva bene, perché amava quel mare con tutto se stesso, come se fosse parte di lui.

Aprì la bocca per dire qualcosa, probabilmente un insulto, ma fu interrotto da Francis, che con poca grazia si gettò accanto a lui, dal lato opposto rispetto ad Antonio. Gli passò un braccio attorno alle spalle sottili ed esclamò – Tonio! Hai già conosciuto il caro Romano? Non è semplicemente incantevole?-. Allo spagnolo non sfuggì l’irrigidimento e il disagio dell’italiano.

Scoccò un’occhiata pericolosa al francese – Sì, ci stavamo presentando-. Il ghigno del biondo si ampliò e la stretta sulle spalle del ragazzino si fece più serrata – Ottimo! Si fermerà qui per qualche giorno....-. Si chinò sull’orecchio del moretto e sussurrò – Ti andrebbe di dormire nel mio letto? Staresti sicuramente più comodo!-. Romano impallidì e scosse vigorosamente la testa. Tentò di alzarsi ma Francis gli poggiò una mano sul ginocchio, tenendolo ancorato accanto a se.

Allo stesso tempo Antonio serrò la mascella e fissò truce l’amico. Conosceva quello sguardo e quel tono di voce basso e seducente. Lo sfoderava solo nelle grandi occasioni, quando decideva di portarsi a letto qualcuno. E quel qualcuno era proprio Romano. Al solo pensiero Antonio si sentì bruciare le viscere e scattò a sua volta poggiando una mano sul braccio di Romano.

- Francis!- sbottò simulando un tono scherzoso – Sei indecente! È appena arrivato! Prima fagli vedere la città! Che ne dici, Romano? Posso farti da guida?-.

Il sorriso di Francis svanì come neve al sole. – Indecente? Io? Oh, Antonio...sono solo amichevole! Romano è qui per divertirsi, no? E io mi assumo volentieri questo incarico! Non è vero, splendore?-. L’italiano sbottò solamente un infastidito – Vorrei che mi lasciaste in pace....- prima che Antonio esclamasse – Oppure potrei farlo io! Sono chiaramente più adatto di te, Francis!-.

Il francese aprì la bocca per replicare ma Romano scattò in piedi strillando – La volete piantare? Siete due sporchi maniaci! Piuttosto che farmi mettere le mani addosso da voi mi chiudo in bagno per il resto della settimana! Bastardi!-. Senza voltarsi indietro si chiuse in camera di Feliciano sbattendo fragorosamente la porta.

I due ragazzi restarono sbigottiti per una manciata di secondi prima di scagliarsi l’uno sull’altro.

- Complimenti, Antonio! L’hai fatto scappare!-.

- Ma se è tutta colpa tua! Tu e le tue proposte indecenti! Alle volte fai schifo pure a me!-.

- Ha parlato il santarellino! Quanto vuoi sai essere molto peggio di me...-.

Gli occhi verdi di Antonio saettarono pericolosamente. – Francis, te lo dico come amico: lascialo perdere. Stagli lontano, davvero, altrimenti potrei doverti fare del male-.

Il francese chiuse la bocca e scrutò con  attenzione l’amico. Raramente l’aveva visto così serio e determinato. E sapeva per esperienza diretta che era meglio non provocare lo spagnolo quando era in quello stato.

– Lascialo perdere, chiaro?-.

 

Feliciano era riuscito a trascinarsi dietro Romano, quella sera al bar di Antonio. E lo spagnolo non poteva esserne più lieto di così.

Romano era indiscutibilmente bello, tanto che quando passava molte persone si voltavano esplicitamente per guardarlo. Sapeva vendersi bene, Romano. Indossava abiti di alta sartoria, quasi sicuramente cuciti su misura per lui. Aveva uno stile personale e inconfondibile, non troppo appariscente ma neppure sciatto. Ma quello che più affascinava Antonio erano i suoi occhi. A seconda della luce sfumavano da un verde annacquato a un ambrato forte e potente. Erano gli occhi di un ragazzo deciso, maleducato e senza peli sulla lingua.

L’unica cosa di cui si dispiaceva Antonio era di non aver ancora potuto vedere il suo sorriso. Era intimamente sicuro che Romano avesse uno splendido sorriso, differente da quello costantemente sfoggiato dal fratello minore. Peccato che lo tenesse gelosamente per se, protetto dal resto del mondo.

Quando lo vide entrare, Antonio lasciò ogni cosa stesse facendo e gli si avvicinò, non prima di aver lanciato un’occhiata d’avvertimento a Francis.

- Benvenuti!- esclamò radioso allargando le braccia e mostrando il locale di cui andava tanto orgoglioso. Feliciano ricambiò il sorriso e salutò con un cenno Alfred, seduto in un angolo. L’attenzione di Antonio però era tutta per Romano. – Posso offriti qualcosa da bere? So preparare dei cocktail formidabili!- spiegò entusiasta facendosi largo fino ad un tavolino vuoto. L’italiano scrollò le spalle – Come vuoi tu-. Lo spagnolo ammiccò – Se mi dici così, potrei anche fraintendere!-. Scoppiò poi in una fragorosa risata che fece avvampare all’istante l’altro ragazzo. Si accomodarono assieme agli altri coinquilini e attesero che un cameriere portasse le loro ordinazioni. Improvvisamente si sentì il tipico rumore di una sedia che viene spostata bruscamente e qualcuno li chiamò.

- Tu sei Feliciano Vargas, vero?- esclamò un ragazzo seduto al tavolino accanto al loro, tendendo una mano all’italiano.

Il moretto annuì e ricambiò la stretta con un mezzo sorriso. – Ci conosciamo?-.

– Non di persona, ma ho visto una tua mostra il mese scorso, all’Accademia. Volevo farti i miei complimenti...sei un genio! Dipingi in modo favoloso!-. Feliciano arrossì ma non si schermì a tutti quei complimenti. Al contrario, Romano serrò la mascella e si fece leggermente indietro. Ad Antonio non sfuggirono quei piccoli dettagli, ma preferì tacere per il momento.

- Diventerai sicuramente un grandissimo artista! E io potrò dire di averti conosciuto di persona!- continuò il ragazzo.

– Grazie!- esclamò raggiante l’italiano. Poi si voltò verso il fratello e lo indicò con orgoglio – Sei ti interessi di arte, allora ti presento anche mio fratello Romano. Anche lui è un artista, un fotografo!-. Romano sgranò gli occhi, ma Antonio non fu sicuro che fosse per il piacere. Sembrava si stesse trattenendo dal mettersi a gridare. Il ragazzo del tavolo accanto storse il naso – Di arte me ne intendo, ma di lui non ho mai sentito parlare. Ha fatto qualche mostra?-. Romano chiuse entrambe le mani a pugno mentre Feliciano arrossiva ancora di più. Imbarazzato scostò lo sguardo – Oh, beh...ecco...in verità a lui non interessano molto queste cose...-. – Oh magari sono gli altri a non essere interessati a lui...- sibilò maligno un altro ragazzo. Feliciano alzò di scatto il capo – Non è vero! Romano è un ottimo fotografo! Ha talento e.... -.

- Basta, Feliciano- proruppe all’improvviso il maggiore, balzando in piedi – è inutile che fai il gentile. Goditi i tuoi stramaledetti complimenti e tienimi fuori da questa storia!-. Feliciano sgranò gli occhi scuri – Ma....Romano! Io dicevo sul serio! È vero, non hai mai fatto mostre o esposizioni, ma solo perchè per te la fotografia è un hobby! Se solo volessi....-. – Ma io non voglio!- lo rimbeccò astioso il moro – Non sono come te, chiaro? E non ho bisogno che tu mi consoli! Sei migliore di me, d’accordo? Era questo che volevi sentirti dire, Feliciano?-.

Il minore si alzò e cercò di avvicinarlo, ma l’altro si scansò.

– Romano, non voglio litigare! E non voglio neppure consolarti! Mi preoccupo solo per te!-.

– Sono io il fratello maggiore, sono io che dovrei occuparmi di te, non il contrario!-.

– Sì, ma io...-.

- Dannazione! La vuoi smettere di essermi sempre tra i piedi?- urlò rosso di rabbia il maggiore, lasciando Feliciano senza parole. Romano aveva gli occhi lucidi e le labbra che tremavano vistosamente. – Romano...mi dispiace...- sussurrò amareggiato il minore, ma il fratello scattò indietro – Vai al diavolo! Tu, il tuo fottuto talento e la tua compassione! Non me ne faccio niente!-. Un silenzio gelido calò sull’intero bar. Gli occhi di tutti i clienti erano solo per loro.

Antonio inspirò e prese le redini della situazione. Afferrò senza indugio Romano per le spalle e lo trascinò a viva forza verso l’uscita. – Andiamo a fare due passi, avanti- gli disse bloccando facilmente ogni sua protesta o tentativo di divincolarsi. – Francis, offri da bere a tutti- urlò rivolto all’amico – e metti anche un po’ di musica. Alfred, tu accompagna Feli a casa, per favore-. Si chiuse la pesante porta a vetri del locale alle spalle e la fredda aria di dicembre lo fece rabbrividire. Al contrario, Romano era paonazzo e livido. Sembrava sul punto di esplodere.

Antonio si morse il labbro inferiore e gli posò, senza alcuna malizia, una mano sulla spalla.

- Vieni, camminiamo un po’. Barcellona di notte è splendida, sai?-.

 

I due ragazzi camminavano fianco a fianco per uno dei grandi viali alberati di Barcellona, illuminato solo dalla luna e dai raffinati lampioni di ferro battuto.

Romano fece ondeggiare avanti e indietro la bottiglia di birra che aveva in mano e chinò il capo. Antonio lo osservò con la coda dell’occhio e si mise una mano in tasca.

- Me lo vuoi dire?- domandò alzando lo sguardo al cielo scuro.

- Di che parli?- sbottò l’italiano guardandolo in volto.

Lo spagnolo scrollò le spalle – Di quello che ti passa per la testa. Di quello che provi per tuo fratello-. – Non capisco cosa intendi- tentò di difendersi Romano, ma davanti agli occhi scuri e profondi di Antonio non c’era nulla da fare. Si sentiva completamente disarmato e vulnerabile. Sospirò profondamente. – Non ho nulla contro Feliciano. È solo che...-. –Che?-. – Che non capisco perchè qualcuno dovrebbe preferire me a lui!- soffiò alla fine, completamente rosso in volto. Sollevò il bavero del giubbotto cercando di coprirsi il più possibile ma fu del tutto inutile.

Antonio rimase per qualche attimo in silenzio, aspettando che proseguisse. Dato che Romano non aveva alcuna intenzione di aggiungere altro, lo spagnolo disse – Questa volta sei tu a doverti spiegare meglio. Perchè qualcuno non potrebbe preferire te a lui?-. – Perchè lui è migliore di me in tutto!- esalò d’impulso il più giovane – Feliciano è più carino, più socievole, più allegro, più appassionato. Sa dipingere meglio, risulta sempre simpatico a tutti, è affabile e disinvolto-.

Antonio lo osservò intensamente negli occhi e infine disse – Seriamente, non mi hai ancora detto nessun buon motivo per cui qualcuno dovrebbe preferire Feliciano a te-.

Romano sgranò gli occhi e sentì il proprio cuore fare un piccolo balzo indietro. Non aveva mai sentito nulla di simile in vita sua. Era la prima volta che qualcuno gli diceva una cosa del genere con tale serietà e decisione. Come se ci credesse veramente.

- Almeno è così che la penso io- precisò Antonio arrossendo. Quel suo breve imbarazzo aiutò Romano a riprendere il controllo di se.

– Allora sei davvero un coglione- disse l’italiano – Perchè dovrei piacerti io e non Feliciano?-. Antonio esplose in un sorriso disarmante – Perchè tu sei completamente diverso da lui! Sai essere brusco, irriverente, malizioso, insolente. Non ti abbassi mai a chiedere scusa, non ti rimangi mai neppure una parola. Non ti importa se vai contro le regole, o se agli altri non va bene quello che fai. Lo fai e basta. Mi piaci per questo-. Ancora una volta Romano si era ritrovato senza parole e col cuore che batteva troppo, troppo forte.

Quel dannato spagnolo gli dava sui nervi, lo irritava da morire il suo modo di fare. Era troppo sincero e sdolcinato per i suoi gusti. Ed era troppo diverso da tutti gli altri che aveva incontrato fino a quel momento. E glielo disse.

- Tu sei strano- annunciò Romano riprendendo a camminare – Sei diverso da tutti gli altri bastardi-.

- Penso sia un complimento- ridacchiò Antonio – ne hai incontrati tanti di bastardi?-. Le spalle di Romano si irrigidirono per un momento. – Più di quanti immagini-.

Il suo tono divenne freddo e rancoroso – Col cognome che porto sono pochi quelli a cui interessavo veramente. La maggior parte dei ragazzi con cui sono uscito era più interessato ai soldi e alla fama di mio nonno che a me. Luridi bastardi. All’inizio erano tutti regali e complimenti. Poi iniziavano a chiedere favori e agganci. E io finivo sempre nel dimenticatoio-. Aveva le mani che tremavano dalla rabbia. Antonio ebbe il buon senso di non commentare. Gli afferrò semplicemente una mano e l’avvolse nella propria, senza neppure guardarlo. Gliela scaldò con il suo calore, senza pretendere niente in cambio, come a volergli assicurare che lui non era come tutti gli altri, che a lui interessava solo Romano, e non il cognome che portava.

Ogni secondo che passava, Romano gli piaceva sempre di più e per la prima volta si sentiva terrorizzato dal mandare tutto all’aria, dal dire qualche cazzata delle sue e farlo scappare via.

Lentamente Romano si sciolse e intrecciò le dita alle sue. Guardavano entrambi la strada, assorti dai propri ragionamenti, ma quella stretta li univa indissolubilmente.

 

Finirono per ritrovarsi davanti alla porta dell’appartamento dei ragazzi. Sciolsero lentamente la stretta tra le loro mani e guardarono verso l’alto, alle finestre ancora illuminate del salotto.

- Bene- sussurrò nuovamente allegro Antonio – Ci vediamo domani, d’accordo? Vieni a fare colazione al bar, offro io. E poi se ti va facciamo un giro per la città-. Romano annuì lentamente, tormentandosi le dita delle mani. – Allora buona notte, Romano- soffiò dolcemente Antonio al suo orecchio, prima di depositargli sulla guancia un casto bacio. Romano si sentì andare a fuoco e rimase incapace di reagire per una manciata di secondi. Quando si riprese, Antonio si era già incamminato verso il proprio appartamento. Spaesato, l’italiano guardò prima verso le finestre oltre le quali sicuramente Feliciano lo stava aspettando, e poi di nuovo lo spagnolo. Camminava mani in tasca e gambe leggermente divaricate, occhi rivolti al cielo. Sembrava l’immagine stessa della serenità e della pacatezza. E solo il cielo sapeva quanto, al momento, Romano avesse bisogno di un po’ di serenità.

Prese un profondo respiro e chiamò.

–Ehi, bastardo!-.

Lo spagnolo si bloccò e girò su un piede, guardandolo stupito. – Che succede?- domandò allarmato. Romano si guardò la punta delle scarpe. – Hai per caso un letto in più? Solo per stanotte....-.  

 

 

 

 

 

NdB: ricominciamo. Non so bene a cosa porterà tutto ciò, ma sentivo l’intima esigenza di scrivere qualcosa su Spagna e Romano.

E come sempre sono qui a chiedervi un commento, anche piccolo piccolo, su cosa ne pensate!

A presto!

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Capitolo 2
*** capitolo 1.2 ***


Capitolo 1 – Parte 2

 

Il loft all’ultimo piano di Antonio era illuminato a giorno. La prima impressione che Romano ne ebbe fu di disordine totale, ma al tempo stesso di familiarità. Era un posto accogliente, anche se immerso nel caos. Lo spagnolo non sembrò affatto preoccupato per tutto quel pandemonio e sorrise orgoglioso della propria abitazione.

Calciò via le scarpe da ginnastica in un angolo e lanciò la giacca sulla prima sedia libera che gli capitò a tiro.

- Mettiti pure comodo- gli disse avviandosi verso la cucina e aprendo il frigo – Vuoi qualcosa da bere? Ho della Sangria appena fatta. E anche del caffè, credo-.

Romano scosse la testa e si guardò attorno. In un angolo, accanto alla finestra, notò un grande acquario pieno di piccole tartarughe marine. Vi si avvicinò e le scrutò con attenzione.

- Ti piacciono le tartarughe, eh?- scherzò senza staccare lo sguardo dagli animaletti che si dibattevano nell’acqua chiara. Sussultò vistosamente quando Antonio gli rispose ad una spanna dall’orecchio: non si era assolutamente accorto che si era avvicinato tanto.

- Già. Sono creature interessanti e sanno essere molto affettuose, sai?-. Romano si irrigidì sentendolo così vicino. Aveva un profumo troppo forte, che si attaccava alla pelle e lo stordiva. E poi aveva un tono di voce così languido e roco da far venire i brividi.

Romano deglutì e si scostò, tornando al centro dell’appartamento. Alzando lo sguardo intravide il soppalco sul quale spiccava un enorme letto matrimoniale, ancora sfatto.

- Io dove dormo?- domandò seccamente incrociando le braccia al petto. Lo spagnolo lo fissò con gli occhi socchiusi per qualche secondo, come a valutare una possibile risposta. Per un attimo Romano pensò di sentirsi fare l’ennesima proposta oscena, invece Antonio tornò al solito sorriso canzonatorio.

- Sul divano? È più comodo di quanto sembri, ed è vicino al bagno. Non vorrei che scendendo le scale al buio ti inciampassi e ti rompessi quel bel visino!- scherzò il ragazzo scoppiando a ridere. Romano si ritrovò a detestare quella risata così potente e contagiosa, che sembrava riempire tutto l’appartamento e scaldarlo.

- Va bene, io mi prendo il divano- sbottò acido Romano togliendosi le scarpe e buttandovici sopra. Antonio restò per un po’ ad osservarlo incantato, come se stesse riflettendo su qualcosa della massima importanza. Infine sospirò e si avviò sul soppalco.

Scese poco dopo, con in mano una coperta di lana pesante e un cambio d’abiti.

- Eccoti- gli mormorò porgendogli tutto quanto – I miei vestiti ti saranno un po’ grossi, ma per sta notte dovrebbero andare bene-. Romano si finse per un attimo oltraggiato, ma poi si decise a cambiarsi e scoprì immediatamente che era stato un grosso errore. La maglietta che Antonio gli aveva dato era totalmente impregnata dal suo profumo forte e mascolino che lo stordiva.

Dannazione, come avrebbe fatto a dormire avvolto da quell’odore così eccitante? Scosse vigorosamente il capo, come a cacciar via ogni possibile immagine di Antonio e della sua pelle scura.

Si distese sul divano coprendosi con la coperta fino al mento, facendosi cullare da quel dolce e rassicurante tepore. Stava per assopirsi quando Antonio si sporse dalla balaustra del soppalco e gli rivolse un sorriso meraviglioso.

– Buona notte, piccolo- soffiò facendogli l’occhiolino. Romano si sentì arrossire,ma per fortuna un secondo dopo le luci si spensero facendo calare l’oscurità sull’intero appartamento.

Romano si accovacciò avvolgendosi nella coperta e si strinse le ginocchia al petto. Adesso che attorno a lui non c’era altro che buio e silenzio, si sentiva solo e infreddolito, e soprattutto era giunto il momento di fare i conti con se stesso. Agli altri poteva anche propinare scuse idiote o non giustificarsi affatto, ma almeno con se stesso doveva essere chiaro e sincero.

Si era comportato come un bambino, urlando e insultando suo fratello, che colpe non ne aveva. Si era reso dannatamente ridicolo davanti a tutti, mostrandosi per il ragazzino maleducato e viziato che in realtà era. Sbuffò e serrò forte gli occhi, per ricacciare indietro le lacrime. Cazzo, quanto era stato stupido! Si era comportato come un perfetto idiota...

“Sai essere brusco, irriverente, malizioso, insolente. Non ti abbassi mai a chiedere scusa, non ti rimangi mai neppure una parola. Non ti importa se vai contro le regole, o se agli altri non va bene quello che fai. Lo fai e basta. Mi piaci per questo”.

Le parole di Antonio gli risuonarono nella mente all’improvviso, facendolo quasi boccheggiare. Antonio non pensava che lui fosse un idiota, e non gli interessava se si era comportato in modo infantile.

Ad Antonio andava bene così.

Romano odiò ferocemente il leggero sorriso che gli nacque spontaneamente sulle labbra umide. Quel maledetto spagnolo lo faceva stare fin troppo bene per i suoi gusti, lo faceva sorride con troppa facilità.

Sospirò e chiuse gli occhi, godendo di quella pace. Tese bene le orecchie cercando di carpire qualche piccolo rumore, anche solo il suono di una televisione o di una macchina in lontananza. L’unica cosa che udì fu il respiro lento e regolare dello spagnolo, poco sopra di lui.

Un brivido caldo gli percorse la schiena mentre se lo immaginava disteso sotto le lenzuola, abbracciato al cuscino, immerso nei suoi sogni.

Forse fu la stanchezza, o la sfuriata di qualche ora prima, o forse la birra bevuta per la strada, ma qualcosa lo fece alzare dal divano. A passo leggero si diresse verso le scale e vi restò fermo davanti per qualche minuto, indeciso se salire o tornarsene sul divano. Infine, con un profondo respiro, posò una mano sul corrimano e salì, un gradino per volta, con eccezionale lentezza, la breve scala.

Antonio era proprio come se l’era immaginato: dormiva a pancia in giù, con le coperte attorcigliate alle gambe nude e scattanti, e il viso abbronzato affossato nel cuscino. Era bello e sensuale, anche se non faceva proprio niente per esserlo. Era qualcosa di innato, di naturale, in lui, era una sensualità esuberante e semplice, che sapeva prenderti alla bocca dello stomaco e lasciarti senza fiato.

Romano fece un paio di passi avanti e lo spagnolo si rigirò, socchiudendo un occhio. Impiegò qualche secondo a riconoscere il ragazzo in piedi davanti a lui.

- Romano?- domandò mentre un vago sorrisino si faceva largo sul suo viso assonnato. Gli fece subito un po’ di posto accanto a se. Un tacito invito che l’italiano si era aspettato, certo, ma a cui non sapeva come reagire. Una parte di se, all’altezza del ventre, gli diceva di buttarsi accanto a lui, ma la parte più ragionevole scuoteva il capo e lo invitava a tornarsene sul divano.

Antonio sembrò capire i suoi sentimenti e attese, silenzioso e imperscrutabile, un qualche cenno. Gli diede tutto il tempo di cui aveva bisogno per decidere. Attese, ma non ottenne nulla, se non uno sguardo vago, preoccupato e indeciso.

Allora sospirò pesantemente e si rigirò dall’altra parte, dandogli la schiena. Non lo fece per stizza o cattiveria, ma solamente con stanchezza e rassegnazione. Bastò quello a sbloccare l’italiano. Ora che non aveva più gli occhi del moro su di se, ora che era stato lasciato davvero solo con se stesso, decise che non gli piaceva poi così tanto stare da solo. E che se c’era qualcuno per cui valeva la pena lasciarsi andare, non pensare ma agire, allora quella era proprio il dannato spagnolo.

A capo chino salì sul letto, alle spalle dello spagnolo, e si coprì fino al mento. Fortunatamente non vide il sorrisino divertito di Antonio quando avvertì l’altro ragazzo farsi largo accanto a se.

Era caldo, quel lato del letto, caldo e confortevole. Romano si sentì immediatamente meglio e si sciolse come burro. Senza rendersene conto si rigirò su un fianco e appoggiò la fronte alla schiena ampia e morbida di Antonio, che si beò in religioso silenzio di quel leggero contatto con l’italiano. Era pur sempre un inizio.

- Buona notte, piccolo- sussurrò per la terza volta.

- Buona notte-.

La terza è la volta buona

 

 

Romano si svegliò con il forte profumo di caffè che aleggiava nell’aria. Si mise a sedere a fatica, avvolto com’era nelle coperte si sentiva accaldato e con i movimenti limitati. Istintivamente si girò verso il lato dove aveva dormito Antonio, ma lo trovò vuoto. Un moto di stizza gli fece voltare di scatto la testa e schioccare la lingua per il disappunto. Non che si aspettasse delle coccole, ma almeno...

- Buon giorno!- esclamò vivace Antonio apparendo dalle scale con in mano un vassoio con caffè e brioches.

- Dormito bene? Ti ho portato del caffè...ci vuoi il latte?-.

Romano si stupì nel constare che era la prima volta che qualcuno faceva una cosa del genere per lui. Eppure per Antonio sembrava tutto quanto normale, la quotidianità. Ed era quasi bello che per lui le tenerezze fossero all’ordine del giorno.

Scocciato dai suoi stessi pensieri Romano afferrò una tazza di caffè e se la portò alle labbra, senza neppure ringraziare. Antonio si sedette accanto a lui, spiluccando una brioche, e lo osservò intensamente, sempre con l’immancabile sorrisino sulle belle labbra carnose. Quando Romano se ne accorse si irrigidì e per poco non si strozzò col caffè caldo.

- Che hai da guardare, bastardo?- sbottò infastidito, voltando il viso dall’altra parte per nascondere il rossore.

-Non posso guardarti? Lo fanno tutti! Sei talmente carino!-.

- Prima la colazione, poi i complimenti...ci stai provando con me?- ringhiò l’italiano rimanendo però senza fiato nello specchiarsi negli occhi verdi del moro.

Antonio ridacchiò maliziosamente e abbassò il tono di voce – Può darsi...non ti nascondo che mi interessi. Dico sul serio, Romano, mi piaci da morire. Ogni minuto che passa mi intrighi sempre di più-.

Spiazzato da quelle parole così genuine e intense, Romano si ritrovò incapace di ribattere con qualcosa di acido.

Lo spagnolo aveva la capacità di lasciarlo senza parole, di ammutolirlo con un semplice sorriso o con un lieve bacio a fior di labbra. Forse era proprio per questo che a Romano non piaceva per niente. Anzi, lo detestava, perché era decisamente più facile essere scontroso e antipatico con qualcuno che ti tiene testa, che ti insulta e ti spezza il cuore, piuttosto che con uno come lui, sempre disponibile e sorridente. Semplicemente irritante.

Antonio gli sottrasse dalle mani la tazza vuota e ghignò malizioso.

- Questa sarà la prima e ultima volta che me lo sentirai dire, quindi goditela: vestiti- sussurrò languido scoccandogli un’occhiata assurdamente profonda e divertita.

- Prego?- boccheggiò Romano sorpreso. Il sorriso di Antonio si allargò.

- Ho detto di vestirti. Avanti!-.

- Mi stai cacciando fuori di casa? Sei veramente un bastardo!- strillò oltraggiato l’italiano, sconvolto dal cambiamento improvviso dello spagnolo.

Il maggiore gettò il capo indietro e rise forte, tanto forte da far sussultare Romano.

- Non ti sto cacciando via, piccolo! Voglio solo che ti vesti, così posso portarti a fare un giro per Barcellona! Te l’ho promesso ieri, no?-. Antonio si godette per qualche istante l’espressione smarrita del ragazzo e gli accarezzò una guancia.

- Ti aspetto di sotto, ok?- sussurrò dolcemente sfiorandogli con un soffio caldo le labbra gonfie dal sonno.

Lo lasciò lì, ancora seduto sul letto, incapace di muoversi o infuriarsi.

Scese silenziosamente le scale e mormorò tra se – Figuriamoci se ti caccio via...ormai sei prigioniero, niño-.

 

 

- Ahi! Dannazione, bastardo, mi sta facendo male!-.

- Dai, non può fare così male...- sospirò bonario il maggiore – te lo sto solamente disinfettando!-.

- Ho detto che mi fa male! È tutta colpa tua...non avrei dovuto fidarmi!-.

Antonio sorrise e tornò a tamponare la pelle arrossata con del cotone.

- Buono, Romano- mormorò a qualche centimetro dal suo orecchio – Ho quasi finito-.

 

Era stata davvero una pessima idea quella di seguire Antonio, il bastardo, per i meandri di Barcellona. Lo spagnolo sembrava conoscere ogni singola via, anche quelle più oscure e tortuose, e ogni negoziante. Lo aveva condotto in luoghi dove i turisti non sarebbero mai arrivati, su per le colline avvolte dall’ombra dei grandi alberi, e poi in vicoli dimenticati dal mondo, in giardini splendidi che gli ricordavano quelli dei palazzi italiani.

E poi, chissà come, tra un insulto e un gelato, tra uno sbuffo frustrato e una risata cristallina, si erano ritrovati nei pressi della baia. La neve non sembrava aver mai toccato quelle stradine contorte, e mentre osservava le vetrine delle botteghe artigianali, Romano ringraziò intimamente di aver incontrato qualcuno come Antonio.

- Ho sempre pensato di farmene uno...- esclamò all’improvviso lo spagnolo, facendolo sussultare e riportandolo alla realtà. Si trovavano davanti ad negozio di tatuaggi e piercing.

- Oddio- soffiò Romano sbalordito – non vorrai davvero...?-. Gli occhi verdi di Antonio si allargarono a dismisura, diventando simili a quelli di un cucciolo – Per favore, fallo con me! Voglio farmi un piercing ma da solo non ha senso! Lo facciamo assieme?-.

Qualche minuto dopo, seduto sulla poltrona dei piercing, Romano si maledisse per essersi lasciato convincere a fare una cosa tanto stupida e folle. Antonio intanto lo guardava con uno sfavillante anellino argentato sulla parte superiore dell’orecchio.

- Non fa male, davvero- lo rassicurò accarezzandogli il dorso della mano.

- Promesso?- domandò titubante Romano, da sempre terrorizzato dal dolore fisico.

- Promesso- lo rassicurò fiducioso lo spagnolo.

Non è che mentisse, rifletté Romano. Non aveva fatto particolarmente male farsi bucare la carne e infilarci dentro un pezzo di metallo. Quello, in fondo, era stato ancora passabile.

Era l’infezione che ne era uscita immediatamente dopo, ad essere decisamente dolorosa. Gli si era rapidamente gonfiato e arrossato l’intero orecchio, portando anche a qualche piccola stilla di sangue che lo aveva fatto sbiancare e insultare ancora di più il maledetto spagnolo *.

 

 

- Ahi- si lamentò ancora Romano, storcendo il naso e procurandosi in risposta uno scappellotto da Antonio.

- Ecco, ho finito!- esclamò soddisfatto, osservando il lobo non più sanguinante – Non posso averti fatto tanto male, no?-.

L’italiano alzò scetticamente un sopracciglio scuro, ma non rispose. In fondo le mani di Antonio erano state piuttosto delicate e poco invasive.

- Adesso lasciati guardare...- mormorò dolcemente il maggiore poggiandogli un dito sotto il mento e facendolo voltare verso di se. Tuttavia Romano sfuggì bruscamente al suo tocco e chinò il viso sul lato opposto.

Insospettito lo spagnolo si sporse maggiormente verso di lui, in cerca del suo sguardo, osservando i piccoli nei ai lati del naso e la minuscola cicatrice sulla guancia destra, ma più si avvicinava e più Romano gli sembrava sfuggente, come se non volesse farsi guardare direttamente in viso. Come se avesse qualcosa da nascondere. Lo spagnolo sbatté un paio di volte le palpebre e si rese conto di una cosa strana.

Antonio si chiese come aveva fatto a non notarlo prima. Romano odiava lasciarsi guardare in volto, si scansava sempre, evitava lo sguardo diretto, si voltava dall’altra parte. Anche mentre parlavano restava sempre di profilo, gli scoccava occhiate oblique e se si ritrovavano l’uno di fronte all’altro, senza possibilità di scappare, chinava il capo. Perfino quando abbracciava suo fratello nascondeva il viso nell’incavano tra spalla e collo, come se avesse paura, una paura cieca e irrazionale, di trovarsi troppo vicino ad un’altra persona.

- Perché non ti lascia mai guardare in viso?- sussurrò prendendo le sue guance arrossate tra le mani e scrutandolo negli occhi. Romano si morse il labbro inferiore e cercò di guardare da un’altra parte, ma gli occhi verdi dello spagnolo erano come calamite a cui neppure lui era in grado di resistere.

- Non ti interessa- sibilò sperando di nascondere il proprio turbamento. Antonio, per una volta, non rise, ma lo guardò ancora più intensamente, conscio di metterlo a disagio.

- Perché non ti lasci guardare?- ripeté con insistenza, ben deciso a farlo parlare. Romano si arrese con molta più facilità di quanto si potesse aspettare.

Con un sospiro tremante, pregno di emozioni contrastanti, l’italiano mormorò – Non voglio che le persone vedano i miei difetti. Io sono pieno di difetti, di imprecisioni, di piccole imperfezioni. E non mi piace che le persone come te le notino-.

- Per questo ti nascondi?-.

- Io non mi nascondo!- esclamò piccato il moro – Semplicemente evito che mi scrutino troppo attentamente!-.

Antonio sorrise piano, lentamente il suo bel viso si aprì in un sorriso di pura gentilezza e tenerezza. Gli accarezzò gli zigomi alti, il naso dritto, le palpebre, il mento sottile e le labbra piene, come se stesse scolpendo una statua. La statua migliore che potesse sognare.

- Tu...- disse in un sussurro roco e caldo, direttamente sulla sua bocca -...tu sei la creatura più interessante che abbia mai incontrato. Se solo potessi vederti dall’esterno, anche solo per un attimo! Sei pieno di vita, di energia, di malizia. Sei una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro, e Dio quanto vorrei che esplodessi tra le mie mani!-. Era così convinto di quelle parole che Romano percepì un brivido corrergli lungo tutta la schiena, scuotendolo dall’interno.

- Tu hai mille difetti, Romano. Eppure ognuno di essi ti rende ancora più unico e particolare. Imprecisioni, dici? Sì, sono piccole imprecisioni su questo viso altrimenti troppo perfetto, troppo irrealistico-.

Antonio si piegò leggermente in avanti e accarezzò con le labbra socchiuse un piccolissimo neo sullo zigomo dell’italiano, lasciandovi una traccia umida. Il ragazzo rabbrividì ma rimase immobile sotto i tocchi delicati ed esperti di Antonio.

- Io ti trovo bellissimo, Romano- sussurrò languido il maggiore e istintivamente l’italiano tentò di ritrarsi, ma Antonio lo tenne ben fermo. Sorrise, ma il suo tono non scherzava.

- Devi imparare ad accettare i complimenti! Lascia che ti dica che sei bellissimo, piccolo-. **

I polpastrelli vagarono sulla sua pelle scendendo poi alle labbra. Gliele accarezzò con dedizione, con i pollici, socchiudendole leggermente. E poi lo baciò. Così, improvvisamente, senza dire altro, accostò le proprie labbra a quelle di Romano e lo baciò.

L’italiano rimase sbigottito per un attimo, incapace di reagire in qualsiasi modo. Quando ritornò in pieno possesso delle sue facoltà alzò le braccia per scansarlo, ma invece che colpirlo, quelle traditrici si avvolsero al collo dello spagnolo e lo strinsero con forza, pregandolo silenziosamente di non smettere. Le labbra di Antonio erano buone da baciare, sapevano vagamente di pomodoro. Erano leggermente screpolate ma comunque morbide e invitanti, perfette da assaporare, leccare, succhiare o anche solo per accarezzarle.

Antonio sembrò sorridere in quel bacio improvvisato e falsamente casuale. Gli poggiò le grandi mani sui fianchi e strinse quasi possessivamente, ricambiando l’abbraccio dell’italiano.

Romano sospirò scoprendo quando fosse caldo il respiro di Antonio direttamente nella propria bocca umida e si lasciò trasportare. Scivolò lentamente indietro, fino a distendersi sul grande letto di Antonio, che lo soverchiò agilmente.

L’italiano ebbe la chiara impressione di essere imprigionato in una bolla d’aria, dove nulla aveva più senso se non la bocca di Antonio e le sue braccia, che lo avvolgevano sensuali.

I loro bacini fremevano in un contatto lungo e intenso, come se non avessero atteso altro da giorni. I vestiti volarono via altrettanto velocemente, lasciando che le mani dei due ragazzi esplorassero liberamente tutta la pelle, e la carne, che desideravano.

 

 

 

Quando Antonio socchiuse un occhio, ancora assonnato, intravide Romano, già vestito, cercare la propria borsa. La trovò sotto ad una poltrona e se la infilò a tracolla, pronto per andarsene.

Lo spagnolo si spostò su un fianco e mormorò – Quando parti?-.

- Ho l’aereo tra un paio d’ore, prima però devo passare a salutare mio fratello e gli altri-.

- Verrai di nuovo a trovarci?- domandò piano Antonio, come sempre sicuro di se e del proprio fascino.

- E chi lo sa?- scherzò Romano, che non voleva dargli una vittoria troppo facile.

Antonio gettò il capo indietro e ridacchiò – Guarda che se non vieni dovrò venire a prenderti io, sai?-.

- Allora staremo a vedere- lo sfidò Romano salutandolo con un cenno del capo.

Forse, col senno di poi, non avrebbe dovuto lanciargli quella piccola sfida, che portò ad entrambi lacrime e dispiaceri.

 

 

 

 

 

* Questa cosa merita una spiegazione, altrimenti sembra che sia uscita dal nulla. Il fatto è che ho recentemente notato che in moltissime fanart di Spagna e Romano i due hanno entrambi l’orecchino. L’idea mi sembrava carina, una cosa che li unisse (e poi, ammettiamolo, secondo me i ragazzi col piercing sono sexy). Ho solo modificato la cosa, facendoglielo fare sulla parte superiore dell’orecchio, perché al lobo faceva davvero troppo, troppo, gay!

** Citazione tratta da un bellissimo film che ho visto di recente, “Shelter”, che consiglio vivamente di vedere! Non può che essere fonte di grande ispirazione!

 

 

 

Prima di tutto ringrazio lunatica91 e moniko-chan! E poi tutti voi, che avete letto e commentato! Noto con grande piacere che la coppia Spagna-Romano va alla grande!

Spero che in questo capitolo Romano non sembri troppo una ragazzina complessata, ma volevo mostrare che tutti hanno dei problemi con se stessi, anche i ragazzi. Anche i ragazzi orgogliosi come Romano. Anche quelli che hanno la fortuna di dormire con Antonio… *invidia*

A parte tutte queste boiate, fin’ora Antonio sembra il ragazzo perfetto, ma se è tanto legato a Francis e a Gilbert un motivo ci sarà, no? Oh yes.

Hasta Luego!

 

 

 

Kurohime: anche io mi immedesimo da morire con Romano, ogni capitolo di più! L’unica cosa che mi manca è Antonio… XD

Amby: non hai idea di quanto mi abbia fatto piacere leggere il tuo commento! Sono impazzita dalla gioia! Ora però ho il cieco terrore di deluderti! Vorrei avere almeno un po’ la sicurezza dello Spagnolo! A presto!

Alynna: *annuisce* sì, Francis è decisamente un porco, ma almeno sa quando è l’ora di farsi da parte! Sono contentissima che ti sia piaciuto lo sfogo di Romano, perché per me era molto importante e speravo che fosse il più realistico possibile!

Clod88: anche io amo da morire i due fratelli Vargas! Mi unisco a te nello spupazzamento! Romano geloso di Feliciano secondo me è fantastico ed estremamente verisimile, in fondo tra fratelli è piuttosto normale! Spero di aggiornare il prima possibile!

Artemis00: ti ringrazio per il commento! spero davvero che sia IC anche questo capitolo, anche se Romano a prima vista potrebbe sembrare un po’ “mestruato”! Ma in fondo il ragazzo ha un cuore tenero, no? Tenero e complessato!

Rot Apfel:  tranquilla, so come ci si sente a non aver mai abbastanza tempo! Anche secondo me Antonio e Romano hanno due caratteri “strani”, nascondo molto più di quanto danno a vedere: ad esempio Sud Italia è molto più dolce e insicuro di quanto non voglia mostrare (almeno secondo me). Antonio invece…mah, non sono certa di averlo ancora compreso del tutto! XD baci

Erichan: devo confessare che questa è anche la mia coppia preferita: mi sono ritrovata ad amare tantissimo Romano e Spagna…beh, Spagna è Spagna! Come si fa a non volergli bene? A presto!

SethHorus: sono felicissima che questa storia ti soddisfi! Non so ancora bene quanti capitoli avrà: di solito prima di pubblicare ne metto giù una buona parte, con questa invece vado avanti capitolo per capitolo! Spero che venga fuori qualcosa di decente! Il prossimo capitolo comunque è già a buon punto, te lo assicuro! A presto, allora! Baci

 

 

 

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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Un leggero movimento delle coperte fece intuire ad Antonio che Romano finalmente si stava svegliando. Sorrise dolcemente mentre il visetto assonnato e confuso dell’italiano emergeva lentamente dalle coltri.

Si alzò dalla poltrona e gli si fece vicino, sedendosi sul bordo del letto accanto a lui.

- Buon giorno, tesoro- sussurrò languido accarezzandogli un ciuffo ribelle di capelli. Romano grugnì qualcosa di incomprensibile e gli si accoccolò addosso, facendolo scoppiare a ridere.

Romano si dimostrava tenero e romantico solamente quando era troppo stanco per ragionare a dovere, e quelli erano i momenti che lui amava maggiormente, quando poteva stringerlo al petto senza temere di incappare in una reazione violenta. Di norma calci e morsi erano la miglior dimostrazione d’affetto di Romano.

- Che ore sono?- sussurrò l’italiano con la voce impastata dal sonno.

– Quasi mezzo giorno, piccolo- ridacchiò tranquillamente Antonio, continuando ad accarezzargli la testa. Romano non sembrò reagire a quell’informazione. Se ne stava completamente nudo, acciambellato sotto le coperte calde, con Antonio che lo coccolava. Era tutto perfetto.

- Adesso mi spieghi perchè non vuoi far sapere a tuo fratello che sei in città?-.

Tutto perfetto, tranne la lingua lunga e scomoda di quel maledetto spagnolo. Non era capace a starsene zitto per dieci minuti e godersi quei momenti?

Romano scattò a sedere bruscamente e lo fulminò con lo sguardo.

- Perchè non ti fai i cazzi tuoi?-.

- Sono cazzi miei, in effetti. Sei mio ospite, ricordi? Dormi nel mio letto, mangi il mio cibo. Avrò il diritto di sapere perchè non vuoi dire a Feliciano che sei qui, no?-.

- No- rispose seccamente l’altro allontanando velocemente la mano dello spagnolo. Odiava dare spiegazione a qualcuno che non fosse se stesso, e con Antonio era ancora peggio perchè lui aveva lo strano potere di far emergere tutte quelle cose che invece avrebbe preferito dimenticare.

Lo spagnolo provò a rabbonirlo facendogli dolci grattini sulla nuca – Piccolo, voglio solo sapere cosa ti frulla nella testa. Perchè non me ne vuoi parlare?-. Romano sbuffò e incrociò le braccia al petto. – Non c’è nulla di cui parlare. Sono qui per te, d’accordo? Avevo voglia di vederti e stare un po’ con te, tutto qui -. Antonio alzò un angolo della bocca in un sorrisino intrigante, che fece sussultare il moretto.

- Sei qui per me?- lo provocò sornione e ruffiano come un gatto.

- Diciamo di sì. Non ti va bene? Non puoi accontentarti e stare zitto, una volta tanto? Non sei felice?-.

Lo spagnolo gettò il capo all’indietro e rise. – Se fosse vero ne sarei felicissimo- sospirò – ma non sono sicuro che sia tutto così semplice-. Romano si morse l’interno della guancia e sbuffò platealmente – Allora resta con i tuoi dubbi, bastardo-. Si stiracchiò languidamente e decise di zittire una volta per tutte il padrone di casa. Era decisamente meglio assecondare le sue voglie mattutine che starlo a sentire e dover subire un interrogatorio del genere. Ormai, dopo un paio di anni, aveva imparato come corrompere il ragazzo e ammutolirlo.

Gattonò sensualmente fino allo spagnolo, che lo guardò con gli occhi verdi sgranati.

- Vogliamo stare qui a parlare o facciamo qualcosa di più...divertente?- sussurrò malizioso Romano a fior di labbra. Antonio alzò gli occhi al cielo. Qualcosa gli diceva che sarebbe andata a finire in quel modo, e di certo non poteva lamentarsene.

- E va bene, piccolo arrogante – mormorò con voce bassa e roca – ma non credere che sia finita qua. Dopo riprendiamo il discorso-. – Dopo- sospirò seducente Romano prendendo poi a baciarlo con trasporto. Antonio non si fece affatto pregare, lo strinse con forza, accarezzando l’intero corpo nudo, le mani scivolarono dalle scapole ai fianchi e infine giù sulle cosce toniche.

Ridacchiando lo trascinò sotto di se, facendolo stendere sulle lenzuola sfatte e baciandolo ovunque potesse arrivare.

Romano era il ragazzo più incredibile e perfetto che avesse mai ospitato nel proprio letto. Non era perfetto nel senso canonico del termine, tutt’altro, ma era perfetto per lui. Della sua stizza, della sua testardaggine, dei suoi gemiti vogliosi trattenuti per orgoglio, dei suoi “bastardo” sussurrati sotto voce, non si sarebbe mai stancato.

E dire che solo due anni prima, poco dopo averlo sentito fremere sotto di se per la prima volta, dopo averlo amato per la prima volta, aveva rischiato di rovinare tutto...

 

* * *

 

Era stata una decisione improvvisa quella, presa senza un motivo reale o fondato.

Si sentiva solo, forse. O magari era solo per dimostrare a se stesso che aveva le palle per farlo. Romano non si crucciò troppo sul perchè avesse deciso di andare a trovare Antonio. Aveva fatto la valigia in fretta e furia, prima di cambiare idea, ed era salito sul primo aereo per Barcellona.

Aveva voglia di vedere di nuovo il sorriso caldo, sincero, di Antonio, questo sì. Ne aveva davvero voglia.

All’aeroporto, appena sbarcato, aveva comprato una bottiglia di vino rosso. Suo nonno gli aveva insegnato a non presentarsi mai a mani vuote da qualcuno, soprattutto se non si era attesi. Una bottiglia di vino gli era sembrata una buona idea. Allo spagnolo piaceva bere, e nemmeno lui disdegnava un bicchiere di tanto in tanto. Una bottiglia era qualcosa di poco impegnativo ma che poteva risultare opportunamente maliziosa e ambigua.

Una volta arrivato sotto l’attico di Antonio, prese il coraggio a due mani e decise che, se era arrivato fino a quel punto, tanto valeva andare fino in fondo.

 

Romano avrebbe dovuto far caso ai tanti piccoli particolari che lo circondavano. Avrebbe dovuto notare che sullo zerbino c’era un paio di scarpe in più, e che dall’interno dell’appartamento provenivano rumori quantomeno sospetti. Ma era troppo nervoso e agitato per prestarci attenzione.

Suonò una prima volta col cuore che gli martellava impetuoso nel petto e una vocina sadica nella testa che gli ripeteva che era stata una grandissima cazzata andare da lui.

Nessuno rispose, ma si udirono rumori frenetici e alcuni improperi.

Scocciato e impaziente come sempre Romano suonò una seconda volta, con maggior forza, e finalmente la porta si spalancò. Sulla soglia apparve un ragazzino che doveva avere all’incirca la sua stessa età. Era magrolino, pallido e con lunghi capelli chiari scompigliati. Ed era in mutande.

Il biondino lo squadrò da testa a piedi, e per una frazione di secondi Romano pensò, sperò, di aver sbagliato appartamento.

Ma tutto crollò quando dietro al ragazzo apparve Antonio, sudato e mezzo nudo, con un vistoso succhiotto sul collo e uno sul petto.

Non ci voleva certo un genio per capire cosa stessero facendo i due prima che Romano li interrompesse.

Antonio rimase sbigottito nel veder Romano davanti alla sua porta, con tanto di borsone e bottiglia di vino. Ci mise un attimo a realizzare la situazione, e quando comprese, impallidì di colpo. Una ventata di panico si impadronì di lui, lasciandolo senza fiato.

Tutto il suo stupore non era però paragonabile a quello di Romano. Incapace di muoversi, alternò lo sguardo da Antonio, bellissimo come sempre, al ragazzino che storceva il naso. Qualcosa si ruppe dentro di lui. Non sentiva più l’ansia e l’eccitazione che aveva provato salendo di corsa le scale. Non sentiva più niente, se non un dolore sordo sepolto da qualche parte dentro di lui.

Deglutì e abbozzò un vago sorriso per nascondere gli occhi che iniziavano a bruciargli.

- Avrei dovuto chiamare prima, eh?- ironizzò amaramente.

Antonio fece un passo avanti scostando dall’uscio il biondino, ma l’italiano fece rapido un passo indietro.

- Bastardo- sussurrò pianissimo, senza cattiveria ma con una buona dose di rimpianto. Si voltò in fretta e corse giù per le scale, lasciando Antonio con un braccio sollevato nel tentativo di fermarlo.

- Romano! Aspetta!- gridò lo spagnolo ma il ragazzo non rallentò.

 

Romano si stava odiando. Si odiava per quelle lacrime che premevano per uscire, per quel senso di vuoto e di dolore che lo aveva invaso quando aveva visto l’altro ragazzo con Antonio. Era da sciocchi arrabbiarsi per una cosa del genere. In fondo loro due non stavano assieme, non avevano nessun impegno reciproco. Non era una cosa seria, la loro, ed era stato Romano stesso a metterlo in chiaro fin dall’inizio. Era stato lui a non voler pressioni o vincoli.

Eppure, adesso che aveva avuto la chiara e pratica dimostrazione di cosa volesse dire “non avere impegni”, si sentiva malissimo. Si sentiva perso.

Sapeva di non poter pretendere la fedeltà di Antonio, ma una parte di lui ci aveva sperato lo stesso.  Si era illuso come un’adolescente alla prima cotta. Antonio era Antonio, ed era liberissimo di fare quello che voleva, di andare a letto con chi gli andava, non doveva rendere conto a nessuno, neppure a lui.

Ma allora cos’erano tutte quelle lacrime?

 

Antonio si precipitò giù per la rampa di scale rischiando più volte di rompersi l’osso del collo. Aveva a malapena avuto il tempo di infilarsi una maglietta e un paio di infradito (era febbraio inoltrato) e scendere giù nel tentativo di bloccare Romano. Notò di sfuggita che il ragazzo aveva abbandonato nell’atrio la borsa e le sue cose, ed era uscito per strada.

Senza pensarci due volte spalancò la porta a vetri e si buttò all’inseguimento.

- Romano! Dannazione, fermati!- urlò correndo come un pazzo. Per sua fortuna Romano non era molto veloce e riuscì a prenderlo alla fine della strada. Lo afferrò per un polso e lo trattenne. L’italiano tentò di divincolarsi, ma la presa di Antonio era di ferro.

- Non mi toccare!- strillò il ragazzo cercando di nascondere allo spagnolo il volto rigato dalle lacrime.

- Romano, per favore...stammi a sentire! Ti prego!- lo implorò tenacemente Antonio facendolo voltare a forza verso di lui. Il suo cuore fece uno spiacevole balzo all’indietro quando vide le lacrime del moro.

Sospirò profondamente e sussurrò – Mi dispiace. Non avrei voluto che vedessi...quello-. Romano si asciugò le lacrime con movimenti secchi e bruschi.

Antonio gli accarezzò una guancia e continuò – Romano...se vuoi una storia seria, se vuoi la fedeltà, se vuoi qualcosa di importante, ti darò tutto quello che chiedi. Tutto quanto, senza compromessi. Devi solo dirmelo, d’accordo?-.

L’italiano chinò il capo e si fissò intensamente la punta delle scarpe.

- Piccolo...è questo quello che vuoi?- domandò dolcemente Antonio, senza smettere di accarezzarlo.

- No- rispose sinceramente Romano. Non era quello che voleva da Antonio. Non voleva una storia a distanza, non voleva dirgli “ti amo”, non voleva anelli o fiori. Non voleva dover aspettare in ansia che il telefono squillasse, morire di gelosia o tormentarsi perchè il suo ragazzo viveva così lontano.

Non aveva bisogno di quelle cose, quello di cui invece aveva bisogno era l’affetto incondizionato di Antonio, la sua sola presenza, il suo tocco delicato e la sua voce profonda che lo rassicurassero, lo facessero sentire bene. Antonio era un veleno e al tempo stesso l’antidoto.

- No- ripeté a bassa voce, titubante.

- Va bene- sospirò Antonio – allora dimmi cosa vuoi. Sono pronto a darti tutto ciò che desideri, piccolo-.

- Voglio solo che mi abbracci- sussurrò l’italiano – Abbracciami forte-. – Forte- confermò Antonio stringendolo al petto con tutta l’intensità di cui era capace. Lo tenne stretto a se forte, non troppo da fargli male, ma abbastanza da fargli capire quanto ci tenesse a lui. Quanto fosse disposto a rischiare, a dare, per lui.

- Per me sei la cosa più importante- mormorò Antonio al suo orecchio e lo sentì tremare contro di se. Romano singhiozzò piano, disperato e felice al tempo stesso, e annuì contro la sua spalla.

- Torniamo a casa-.

 

Erano rimasti per l’intero pomeriggio coricati a letto, stretti l’uno all’altro, senza muoversi e senza far rumore. Non si erano detti nulla, nemmeno le cose più banali.

C’erano mille cose che Antonio avrebbe voluto chiedere, a partire dal perchè di quella visita tanto improvvisa quanto piacevole. Ma non disse nulla. Si limitò ad abbracciare il ragazzo, sfiorargli qualche volta il fianco con la punta delle dita, baciargli di tanto in tanto i capelli scuri.

Probabilmente, da quando erano andati a letto la prima volta, quello era stato l’incontro più casto e innocente. Ed era assolutamente incredibile per Antonio, sempre eccitato e affamato, essere rimasto tanto tempo accanto ad un ragazzo senza farci nulla. E invece era riuscito a passare intere ore ad ascoltare il battito del suo cuore e il suo respiro contro il petto.

Se Fancis l’avesse saputo sarebbe scoppiato a ridere e lo avrebbe preso in giro fino alla morte, ma Francis non avrebbe dovuto sapere nulla di quel pomeriggio. Non perchè se ne vergognasse, ma perchè lo custodiva come un tesoro prezioso.

Antonio si sentiva un mostro per le lacrime che aveva causato a Romano, e al tempo stesso si sentiva l’uomo più fortunato della terra per poterlo ancora sfiorare e sentire il suo profumo. Un profumo che doveva costare una fortuna e che addosso a Romano stava d’incanto, che si mescolava perfettamente con la sua fragranza naturale. Era un profumo denso e ostinato come il proprietario, di quelli che non puoi dimenticare facilmente e di cui scopri non poterne fare a meno.

- Hai un buon profumo- gli disse verso sera, strofinando il naso contro il suo collo. L’italiano sbuffò per camuffare la risata che gli era sorta spontanea dalle labbra – Lo so. Costa più del tuo intero stipendio-. Questa volta fu Antonio a ridacchiare sottovoce. Continuò ad annusarlo lentamente, mentre una suadente eccitazione si propagava tra loro due.

- Credo di essermi innamorato del tuo profumo- constatò in un sospiro caldo lo spagnolo, andando poi a lambire con le labbra l’orecchio del ragazzo.

– E credo di stare iniziando ad innamorarmi anche di te- concluse pianissimo, ma per Romano fu come sentirlo urlare. Sgranò gli occhi che andavano ad assumere tonalità sempre più scure nella luce soffusa del crepuscolo.

- Cosa?- domandò incredulo.

Antonio sorrise e scrollò le spalle, come se le sue parole fossero casuali  – Mi sto innamorando di te-.

- Non dire idiozie- sbuffò Romano tornando a chiudere gli occhi – Tre ore fa eri a letto con un altro ragazzo. Come puoi dire che mi ami?-.

- Io riesco a distinguere tra sesso e amore. Con quello era sesso, pura carnalità e attrazione fisica - spiegò pragmatico, ma Romano si sentì attorcigliare le budella a quelle parole. Al solo pensiero di Antonio a letto con un altro ragazzo si sentiva andare in fiamme. Era come vederlo davanti ai suoi occhi: nudo, eccitato, leggermente sudato e semplicemente bellissimo mentre si spingeva in un corpo caldo. Romano si fece schifo da solo per essersi quasi eccitato a quel pensiero.

- Con quello era sesso. Con te invece è diverso. È qualcosa di più simile all’amore, ecco. Non lo credi anche tu?-.

- No, affatto- soffiò Romano, imbarazzato. Antonio si attorcigliò una ciocca dei suoi capelli castani attorno al dito e sorrise – Non mentire. Ammetti che mi ami, piccolo-.

- Scordatelo. Tu sogni, bastardo-.

- Dimmelo, avanti-. 

- Mai-.

- Mai...credo che nel tuo caso mai durerà pochissimo tempo-.

- MAI-.

 

 

 

 

Questo capitolo finisce così, con quel “mai” che potrebbe dire tutto e dire niente.

 Io ci provo a fare Antonio bastardo e un po’ insensibile, ma alla fine cedo sempre al suo fascino…e viene fuori questo.  Cosa ci posso fare? Sono anche io perdutamente innamorata di lui!

Vi ringrazio infinitamente per leggere, seguire, commentare e tutto il resto! A presto allora! E ovviamente un grazie particolare va a Lunatica91 e Moniko-chan!

 

 

Kurohime: anche io mi sento un po’ pervertita, perché se potessi avere Antonio mezzo nudo e mezzo addormentato in un letto credo che non sopravvivrebbe! A presto!

AlinorRed: Ti ringrazio di cuore! Sono contenta che tu abbia apprezzato Romano e Antonio in questa mia versione un po’ diversa dal solito. Diciamo che è un esperimento! Spero solo che Antonio non risulti un po’ troppo sdolcinato, ecco! Alla prossima!

Amby: grazie! Al momento non so con esattezza cosa accadrà ai nostri due “eroi” ma abbi fiducia in me, ho ancora qualche asso nella manica! A presto!

Erichan: ed eccolo qua il nuovo capitolo! Diciamo pure che Romano è sulla buona strada per esplodere! E poi Antonio…beh, io davvero non posso smettere di amarlo! Baci

Clod88: hai perfettamente ragione! Solo uno come Spagna può gestire uno come Romano, e viceversa. Gli altri non reggerebbero due giorni! Sono contentissima che trovi Lovino IC, è una cosa a cui tengo davvero tanto!

TsunadeHime: Anche io lo amo da morire! Come si fa a non amarlo? Non sai quanto invidio Romano! È possibile invidiare un “proprio” personaggio? A presto!

SethHorus: Grazie!  come avevi previsto un po’ si lacrime ci sono! Beh, non potevano essere tutte rose e fiori, no? Tanto più considerando che questo è uno spin-off de l’appartamento spagnolo, e lì il rapporto tra Antonio e Romano è piuttosto…complicato? XD Comunque alla fine non riesco a tenerli separati per troppo tempo! Baci!

 

 

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


In questo capitolo (piuttosto lungo) ci sono numerose parolacce. Me ne scuso, ma erano necessarie per il realismo. Avanti, non pretenderete mica che uno come Romano possa dire “acciderbolina” o “perdindirindina!”, no? comunque io ho avvisato!

Ovviamente un grazie particolare a Lunatica91 e Moniko-chan!

 

Capitolo 3

 

Quel letto doveva avere davvero qualcosa di speciale se era riuscito a tenerli legati per così tanto tempo. Aveva assistito, silenzioso e malleabile, ad ogni loro incontro, e aveva seguito con attenzione l’evolversi della loro storia. Tra le sue lenzuola c’erano state sfuriate memorabili, notti piene di giochi e passioni, e anche qualche pianto.

Ma lui non si era mosso. Era rimasto lì, perfettamente immobile, come unico e indissolubile centro del loro piccolo mondo.

 

Antonio osservò Romano rigirarsi tra le coperte, scalciarle via e infine raggomitolarsi attorno al cuscino. Si sorprese nel constatare che erano già passati tre giorni dal suo arrivo, e ancora non aveva voluto spiegargli il motivo di quella visita inaspettata e quantomeno misteriosa.

Sembrava essere tornato tutto a posto tra lui e Feliciano, eppure non voleva far sapere al minore che si trovava in città. Non lo voleva vedere, non lo voleva sentire, non voleva neppure parlare di lui. E Antonio non era del tutto sicuro che fosse tutta colpa dell’ingombrante presenza di Ludwig, il nuovo ragazzo di Feliciano. Il tedesco poteva anche non piacere al maggiore degli italiani, ma di certo non era sufficiente per giustificare quell’atteggiamento schivo e più scontroso del solito.

Lo spagnolo sbadigliò sonoramente, passandosi una mano tra i capelli scuri e cercando di non pensare troppo a tutta quella faccenda. Avrebbe ottenuto solo un gran mal di testa.

Sorrise, pensando che Romano aveva sempre avuto la straordinaria capacità di fargli perdere la pazienza e stancarlo semplicemente eludendo le sue domane. Tuttavia, poteva dirlo con certezza, Antonio riusciva comunque ad ottenere quello che voleva. Sempre.

 

* * *

 

C’erano giorni in cui camminare da soli, per le vie affollate di Barcellona, mani in tasca e viso sepolto nella sciarpa di lana, magari con un bicchiere di cappuccino in mano, era davvero piacevole. Era questo a cui stava pensando Antonio quella mattina grigia ma non opprimente di dicembre. A questo, e a Romano, ovviamente. A Romano, quell’arrogante ragazzino con la puzza sotto il naso e un complesso di inferiorità grande quanto lui, che aveva conosciuto esattamente un anno prima.

Tirò su il viso, osservando i cornicioni lavorati dei grandi palazzi gotici della città. L’aria pungente del primo mattino era un piccolo fastidio tollerabile, dato il suo buon umore.

La sera precedente aveva chiamato Romano, cosa che faceva raramente, e solo in occasioni speciali. E quella era davvero un’occasione speciale: il loro primo anno “assieme”. Forse “assieme” non era il termine più adatto, non erano una coppia, non si sentivano o vedevano spesso, non vivevano neppure nella stessa città. Ma per Antonio era comunque un’occasione speciale, e aveva sentito l’esigenza di condividerla con l’italiano.

Era stato bello sentire la sua voce al telefono. Il ragazzino aveva sbraitato, lo aveva insultato e aveva cercato di sviare il discorso, ma alla fine erano stati al telefono per un paio d’ore.

Antonio ridacchiò da solo, ripensando a quello che si erano detti prima di riattaccare.

 

- Hai finito di dire stronzate, bastardo?Avrei anche altre cose da fare!-.

- Va bene, piccolo, ti lascio. Sta notte penserò a te, mentre dormi teneramente sotto le coperte e...-.

- Ho detto basta! Vuoi che riattacchi?-.

- Ok, ok, scusa!-.

- ... -

- Ehi, piccolo? Sai cosa vorrei per Natale? Vorrei averti qui ... ci verresti?-.

- Cosa ?! -.

- Dai, passa qui le vacanze! Per favore!-.

- Ma ... sei serio?Antonio?-.

- Perfetto! Lo prendo per un sì! Allora ti prenoto il volo!-.

- No, aspetta, non ho detto che...-.

- Ti aspetto! Ah...ti amo, piccolo-.  

 

Non era poi così difficile ottenere qualcosa da Romano. Bastava prenderlo in contropiede e il gioco era fatto, pensò ridendo tra se e se lo spagnolo.

 

* * *

Romano era una di quelle persone davvero difficili da gestire. Aveva continui sbalzi d’umore e tendeva a trincerarsi dietro maschere di arroganza e freddezza, difficilmente scalfibili.

Antonio era uno dei pochi a potersi vantare di conoscere anche altri aspetti del ragazzo, oltre alla sua perenne maleducazione, la sua lingua tagliente e l’apparente indifferenza verso il resto del mondo. Di lui conosceva anche l’insicurezza, l’imbarazzo, il peso dell’orgoglio che si portava costantemente sulle spalle.

Ma questo, ovviamente, non lo esonerava dal sorbirsi la sua buona dose di insulti e occhiate gelide.

Appena arrivato in città Romano gliene aveva riversate addosso a dismisura, accusandolo di essere un egoista perditempo, di averlo praticamente costretto ad andare da lui per Natale e molte altre cose di cui presto perse il conto.

L’italiano mise subito in chiaro che non sarebbe rimasto a casa sua, non quella volta almeno. Si sarebbe sistemato per qualche giorno a casa dei ragazzi, dove Francis si era premurosamente occupato di lasciargli libera la stanza. E, almeno inizialmente, Romano ne era stato felice. In fondo gli piaceva trascorrere un po’ di tempo con suo fratello, gli ricordava l’infanzia a casa del nonno, fino a quando il vecchio bastardo non li aveva mandati in qualche collegio austriaco o spagnolo.

Ben presto il ragazzo aveva però scoperto che vivere in quell’appartamento non faceva per lui. Suo fratello passava tutto il tempo a rimpinzarsi di panettone e pasta al forno, Alfred, lo stupido americano senza cervello, teneva la musica troppo alta, e soprattutto c’era da considerare i continui attacchi di Francis. Il biondo sembrava fuori di se dalla gioia per avere il maggiore degli italiani a sua completa disposizione. Non c’era cena in cui il francese non gli facesse piedino, e non c’era mattina in cui non se lo ritrovasse ai piedi del letto, pronto a saltargli addosso. Era stressante, ma nemmeno troppo pericolosa come situazione. Era evidente che per Francis lui era poco più che un passatempo, un gioco con cui intrattenersi. O almeno fu così fino alla vigilia di Natale.

 

Romano si sciacquò con cura i denti e si guardò allo specchio sopra il lavabo, controllando di essere perfettamente in ordine. Si era appena fatto la barba, spuntato i ciuffi ribelli dei capelli e ora controllava di non avere brufoli. Ovviamente non lo faceva perché Antonio stava per arrivare, no di certo. Semplicemente voleva essere in ordine, si diceva illudendosi da solo.

Improvvisamente la sagoma alta e slanciata del francese gli si parò alle spalle, avvolgendogli un braccio attorno alla vita.

- Splendido!- affermò col suo accento morbido e femminile. Romano gli scoccò un’occhiataccia, spostandosi di lato.

- Non ho ancora finito- sibilò ma il francese scrollò amabilmente le spalle sottili.

- Io non ho neppure cominciato!-.

- Oh, avanti, Francis! Lasciami stare, almeno oggi!-.

Francis sorrise predatore. – Non ci penso neppure! In amore e in guerra non ci sono regole, e nemmeno pause!-.

L’italiano ridacchiò – Seriamente, ti conviene smetterla perché mi sto infastidendo! E poi oggi non ho tempo per te!-.

- Ah ah – sussurrò Francis facendosi sempre più vicino – Dimenticavo che oggi sei occupato col tuo bello! Emozionato?-.

Romano si sentì avvampare e si dimenticò perfino di allontanarsi dalle braccia tentacolari del francese.

- Non dire idiozie! Perché dovrei essere emozionato? Non sono certo una ragazzina!-.

- Peccato, credo che mi piacerebbe vederti in versione femminile...- sussurrò suadente Francis bloccandolo contro le piastrelle.

Romano sbuffò sonoramente e lo tenne a debita distanza poggiandogli le mani sul petto.

- Francis- lo rimproverò aspramente – Prova ancora una volta a immaginarmi con la gonna e ti ritrovi un ginocchio tra la palle, claro?-.

- Claro que sì - ridacchiò il biondo facendogli l’occhiolino. In quel preciso momento si udirono dei passi pesanti e qualcuno fermarsi oltre la porta.

 

Antonio aprì di colpo la porta del bagno e fece qualche passo prima di accorgersi che era già occupato.

- Scusate!- mormorò intravedendo i lunghi capelli di Francis, e fece per andarsene, ma poi notò l’altra persona nel bagno, quella che il francese teneva pigiata tra il lavandino e la doccia.

Antonio si impietrì all’istante, incapace di muovere un singolo muscolo. Il suo cervello faceva fatica a connettere le informazione, sembrava quasi che si rifiutasse di fornirgli la soluzione più ovvia.

Romano voltò il capo verso di lui e sbarrò gli occhi. Francis, al contrario, sembrava del tutto rilassato. Gli rivolse un sorriso smagliante – Buongiorno, caro. Ti vuoi unire a noi?-. Ma lo spagnolo non era ancora in grado di rispondere. Spostava lo sguardo dal suo migliore amico all’italiano, che posto accanto al francese sembrava ancora più piccolo e indifeso.

Deglutì e prese un profondo respiro. Non sapeva davvero con chi essere più furioso. Col suo migliore amico che ci stava spudoratamente provando con il ragazzo che amava, o col suddetto ragazzo che si era lasciato circuire da Francis? Ma in fondo il colpevole non è mai uno solo.

Scosse il capo e indurì i tratti del volto, tanto che il francese ritrasse immediatamente le mani dalla presa su Romano.

Francis era una delle poche persone ad aver visto Antonio davvero arrabbiato, e ne aveva seriamente paura. A differenza sua, quando Antonio si infuriava, perdeva davvero il controllo di se. Sembrava bruciare da dentro.

Solo vedendo lo sguardo ardente dell’amico, Francis comprese che aveva giocato un po’ troppo col fuoco. Forse avrebbe dovuto ascoltarlo fin dal principio e lasciar perdere del tutto l’italiano.

- Io...ascolta, Tonio, non...- provò a giustificarsi ma lo spagnolo indicò con un gesto secco la porta.

- Fuori!- scandì Antonio e Francis non osò replicare. Teneva molto di più alla sua incolumità fisica che all’amor proprio.

Lentamente si staccò da Romano e si diresse alla porta, passando accanto allo spagnolo. Per un attimo temette che gli avrebbe tirato un pugno, o gli avrebbe sbattuto la testa contro lo specchio, ma Antonio non si mosse. Si limitò a rivolgergli un’occhiata ferita e rammaricata.

Il francese sospirò e si richiuse la porta alle spalle, sperando con tutto il cuore che Antonio non perdesse del tutto il controllo di se. Gli sarebbe dispiaciuto ritrovare Romano senza qualche arto. Sarebbe stato un vero spreco.

Antonio e Romano si guardarono nervosamente per qualche secondo.

- Lasciami spiegare...- proruppe l’italiano ma lo spagnolo lo fermò freddamente.

- Non credo di voler ascoltare delle scuse-.

- Non sono scuse! È la verità!-.

- Ho detto che non mi interessa!- sbraitò forte Antonio e tutto il bagno sembrò tremare. Romano si fece piccolo piccolo e si accucciò contro la parete. Non gli piaceva affatto quel lato di Antonio. Aveva qualcosa di violento, di insensato, che gli faceva venire i brividi. E non erano brividi piacevoli questa volta.

- Avrei capito tutti, tutti, ma non Francis. Non il mio migliore amico- mormorò improvvisamente affaticato Antonio, prendendo un profondo respiro.

L’italiano chiuse gli occhi, turbato. Sussurrò – Non è successo niente, davvero. Dovresti conoscere Francis, fa il brillante ma alla fine non conclude...-. Non riuscì a finire la frase, Antonio sbottò  secco – So come è fatto, Francis, grazie! É te che non conosco!-.

Fu come una sferzata per il minore. Chinò il capo, addolorato. Come poteva pensare che si sarebbe davvero fatto abbindolare dal sorriso di Francis? Lo conosceva davvero così poco?

Dio, se lo faceva incazzare! Il suo orgoglio ruggì indignato e, digrignando i denti, esplose.

- Non vuoi starmi nemmeno ad ascoltare? Perfetto, fatti tuoi! Ma sappi che ti stai sbagliando, bastardo!-.

- Io credo ai miei occhi- rispose brutale l’altro – Sono entrato e so quello che ho visto!-.

- Cos’hai visto? Io e Francis stavamo facendo qualcosa di male? Mi stava baciando? Mi stava toccando? No!-.

- Ma so quello che avreste potuto fare! Dio, è il mio migliore amico! Non potevi cercare qualcun altro? La città è piena di persone, dovevi per forza provarci con qualcuno che abita in casa mia?-.

Romano alzò il mento e gli lanciò uno sguardo di sfida che celava profonda frustrazione. Si sentì offeso per essere tenuto in così bassa considerazione dallo spagnolo.

- A volte mi sembri davvero idiota, Antonio - disse ritrovando un tono di voce umano – Come puoi anche solo pensare che farei qualcosa con Francis?-.

Lo spagnolo tacque e si cacciò le mani nelle tasche dei jeans sgualciti.

- Io...non so cosa pensare, al momento- confessò dopo qualche secondo di teso silenzio.

- Grandioso!- esclamò piccato Romano – Allora dovresti pensare prima di reagire in quel modo!-.

- Quello che so è che ti ho invitato io qui, e che poi ti ritrovo a fare chissà cosa in bagno col mio migliore amico. Ecco cosa so!-.

Romano sentì nuovamente la rabbia rimontare. – E secondo te io ho fatto un viaggio di 800 chilometri per farmi molestare in un bagno da Francis? Io sono venuto qui per te! Per te e basta! E come ricompensa mi devo prendere i tuoi insulti? Le tue scenate? Grazie tante, davvero, la prossima volta resterò in Italia!-.

Antonio rimase letteralmente senza parole. In fondo doveva ammettere che avevano senso le parole di Romano. Molto più senso delle sue, per lo meno. Era più probabile che Francis stesse solo giocando, piuttosto che il contrario, e che Romano fosse davvero lì solo e unicamente per lui.

Improvvisamente tutta la rabbia che aveva provato un attimo prima si dissolse nel nulla, soppiantata da un leggero senso di colpa e dalla speranza che una parte di Romano ricambiasse i suoi sentimenti.

- Mi dispiace- mormorò a bassa voce, cercando lo sguardo del ragazzo. Romano però voltò il capo e incrociò le braccia al petto.

- Sei uno stronzo. Uno stronzo che mi considera una specie di puttana-.

- Non è vero!-.

- Beh, questo è quello che ho capito io- ribatté l’italiano, sapendo però che non era vero. Antonio con lui era sempre stato perfetto, gli aveva mostrato il suo amore a parole e a gesti. Eppure al momento sentiva la profonda esigenza di fargli del male, di ferirlo e di vederlo piegato in due. E se non poteva farlo con i pugni, lo avrebbe fatto con le parole. Parole che erano uscite dalla bocca dello spagnolo e che ora gli si rivoltavano contro, come serpi.

- Io non stavo facendo nulla di male, stavo cercando di allontanarmi da Francis, e tu mi hai accusato di andare con chiunque! Non so te, ma a me suona tanto come “puttana”!-.

Antonio scattò indietro, ferito. – Romano, aspetta un attimo, non travisare! Ero fuori di me, non puoi pretendere che...-.

- Va al diavolo, bastardo!- sbottò l’italiano – Ti detesto!-. Uscì velocemente dal bagno, andandosi a chiudere nella stanza del fratello.

Qualche minuto dopo Antonio bussò ripetutamente, ma lui non si degnò neppure di rispondergli.

- Romano, dobbiamo parlare!-.

Ancora silenzio, duro e pesante. E poi un sospiro.

- Romano! Mi dispiace, veramente! Possiamo parlarne un attimo?-.

- No! Non credo di voler ascoltare delle scuse!- lo scimmiottò amaramente il ragazzino.

Dopo un minuto, Antonio tornò alla carica.

- Va bene, come vuoi. Ma sta sera io e te andiamo fuori a cena, e non accetto scuse, chiaro?-. E dal suo tono, Romano comprese che sarebbe stato anche capace di trascinarlo fuori a forza, se necessario.

 

Il ristorante che Antonio aveva scelto era elegante e raffinato, di quel genere che Romano apprezzava profondamente. Antonio sembrava vagamente a disagio in giacca e cravatta, ma il sorrisino che gli solcava il volto era sempre lo stesso. Probabilmente, rifletté Romano, Antonio era più un tipo da taverna, da ristorante informale con tovaglie a quadretti e bicchieri di plastica. Se aveva scelto un ristorante così elegante e costoso lo aveva fatto unicamente per impressionarlo, e di questo non poteva che esserne felice. Gli piaceva l’ascendente che aveva sullo spagnolo, lo faceva sentire un po’ meno perso di lui. Intimamente sapeva che tra i due, nonostante le mille sdolcinatezze dello spagnolo, era Romano quello più infatuato. Il potere che sembrava avere su di lui però gli dava una notevole forza, e lo faceva anche sentire leggermente colpevole per il trattamento che gli aveva riversato quel pomeriggio. Lo aveva volutamente ferito e offeso solo per prendersi una rivincita, mentre Antonio era stato disposto a perdonargli qualsiasi cosa.

La cena procedette piuttosto serenamente (almeno per i loro canoni) fino alla conclusione. Al momento dei dolci Antonio sfoderò un sorriso intrigante e si schiarì leggermente la voce.

- Lo so, è in ritardo, ma accettalo ugualmente- esclamò radioso Antonio porgendogli un pacchetto dorato. Romano lo scrutò con vivida attenzione dall’altra parte del tavolo, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Un regalo. Era banale e scontato che Antonio avesse un regalo per lui, eppure lui non ci aveva pensato. Forse era perché loro non erano una coppia normale, o forse perché lo spagnolo faceva sempre il contrario di quello che uno si aspetterebbe, ma Romano non aveva proprio considerato l’idea di ricevere un regalo da lui, soprattutto considerata la litigata appena avvenuta.

Accigliato afferrò il pacchetto e lo scartò lentamente, sperando con tutto il cuore che dentro ci fosse qualche stupidaggine. Sarebbe stato sicuramente più semplice insultarlo e sbattergli in faccia la mediocrità del suo regalo piuttosto che ringraziarlo e non aver nulla con cui contraccambiare.

Ma, come volevasi dimostrare, Antonio non faceva mai qualcosa di aspettato o scontato.

Una volta tolta la carta dorata, Romano trattenne rumorosamente il fiato e il ghigno di Antonio raggiunse livelli spropositati.

- Non...non ci posso credere!- sbottò l’italiano aprendo in fretta la scatola e rigirandosi tra le mani l’antica, ma in perfette condizioni, macchina fotografica.

- Questa è una Reflex del ’40! Dio...è stupenda!-.

- Sapevo che ti sarebbe piaciuta!- ridacchiò smagliante lo spagnolo, scostandogli distrattamente un ciuffo di capelli – Non hai idea della fatica che ho fatto per trovarla! Ma ne valeva la pena...la tua espressione è impagabile!-.

Romano alzò di scatto la testa, arrossendo completamente. Una parte di lui, quella che adorava Antonio e avrebbe fatto qualsiasi cosa per i suoi occhi verdi, gli sarebbe saltata al collo all’istante, urlando – Grazie! Grazie! Grazie!-. Ma il suo orgoglio lo lasciava inchiodato alla sedia e gli riversava addosso un profondo senso di vergogna e imbarazzo.

Antonio si occupava sempre di lui in maniera impeccabile, e lui lo ripagava spesso e volentieri con insulti gratuiti, scenate e cattiverie. 

Si sentì male, malissimo, al pensiero di quello che gli aveva detto nel bagno, e desiderò con tutto se stesso sprofondare nella terra. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di affrontare lo sguardo allegro e speranzoso dello spagnolo.

 

 

Antonio si appoggiò allo specchio dell’ascensore e premette distrattamente l’ultimo pulsante. Romano, davanti a lui, giocherellava nervosamente con uno dei bottoni del cappotto e teneva lo sguardo malinconico ben piantato a terra.

Odiava sentirsi in quel modo, colpevole e rammaricato, e la colpa era come sempre dello spagnolo, dei suoi modi gentili e pieni di attenzioni anche quando non era necessario.

Lo detestava, davvero, perché nessuno oltre a lui era in grado di lasciarlo così, senza parole, e con un profondo turbamento nel cuore. E fu per questo che quando lo spagnolo provò ad abbracciarlo da dietro, si scostò bruscamente.

Antonio, per fortuna, non era il tipo da lasciar perdere facilmente. Si passò la lingua sulle labbra e ritornò all’attacco, avvolgendolo tra le proprie braccia e accarezzandogli con la bocca il collo profumato. L’italiano provò a divincolarsi ma nemmeno con tutta la convinzione del mondo ci sarebbe riuscito.

L’ascensore continuò a salire lentamente, senza rumore o scossoni, e Antonio gli sussurrò all’orecchio – Ehi, che c’è? Non hai voglia?-. Le mani scesero abilmente e sinuosamente per il petto magro dell’italiano, arrivando alla chiusura dei costosi pantaloni. Romano si lasciò sfuggire un minuscolo gemito e scosse il capo.

Non era che non ne avesse voglia. Dannazione, Antonio avrebbe scaldato perfino un pezzo di ghiaccio! Aveva un respiro così caldo e speziato, una voce roca e bassa, un tocco delicato ma leggermente possessivo...

No, non era che non volesse. Era l’imbarazzo a frenarlo, la vergogna per non aver potuto contraccambiare il regalo con niente altro che un misero “grazie” e soprattutto per essersi comportato in modo così assurdamente vendicativo e puerile. Probabilmente chiunque altro al suo posto avrebbe scrollato le spalle e avrebbe fatto faville in quell’ascensore, in fondo un regalo mancato non era niente di grave, e poi Antonio sembrava aver dimenticato l’incidente del bagno, o per lo meno ci era passato sopra come suo solito. Ma lui era diverso, lo era sempre stato, non era come tutti gli altri, ed era per questo che si rodeva l’anima.

Antonio lasciò che si adagiasse contro la sua schiena e gli baciò la pelle dietro l’orecchio, causandogli una miriade di piccoli brividi caldi.

- Ancora con questo stupido orgoglio, vero? Lascia perdere, Romano. Ti distruggerà. Dimentica quello che è successo con Francis, e non ti preoccupare per nient’altro, non oggi. Non ti ho regalato quella macchina fotografica per avere qualcosa in cambio, o per metterti in imbarazzo. L’ho fatto solo per vederti felice. Non voglio nessun regalo, nessuna scatola impacchettata e agghindata. Voglio solo dimenticare tutto il resto e stare qualche ora da solo con te-.

Ecco. Ecco perché una parte di Romano, ben nascosta sotto chili di paura e fierezza, si era innamorata di Antonio. Antonio riusciva sempre a leggergli nella mente, a capire da un singolo gesto o da una sola parola, cosa stesse provando a nascondere. E, ovviamente, sapeva sempre come risollevarlo.

Lo spagnolo lo fece voltare e lo appoggiò con la schiena alla parete dell’ascensore. Lo guardò negli occhi, più castani del solito, e sussurrò – Mi basta che tu sia qui, credimi. Ci riesci?-. L’ascensore si fermò e dopo un sibilo sinistro le porte si aprirono, ma loro due non si mossero.

Infine, dopo qualche tentennamento, Romano annuì e tentò anche un piccolo sorriso. Se Antonio era riuscito a perdonarlo, a metterci una pietra sola e a non dare troppo peso alle sue parole, o al suo comportamento stupido, poteva farlo tranquillamente anche lui.

Uscirono esattamente un secondo prima che le porte si richiudessero e, ancora mano nella mano, Antonio aprì la porta di casa.  Sembravano due sciocchi fidanzatini al loro primo appuntamento, ma forse per loro lo era davvero.

C’era profumo di cioccolata nell’appartamento di Antonio. Non c’erano molti arredi natalizi, a parte un piccolo ma curato presepe sopra il davanzale della finestra. Al di là del vetro si scorgevano i tetti di Barcellona e le stelle nel cielo scuro.

Romano si guardò attorno curioso, cercando i tanti piccoli segni della presenza dello spagnolo. Sorrise nel vedere una maglia abbandonata scompostamente sul divano, un paio di scarpe spaiate sotto il tavolo, una tazza vuota sulle scale. Come sempre quella casa parlava di lui, del suo modo di vivere caotico e distratto, ma comunque caloroso e passionale.

-Dobbiamo festeggiare!- esclamò Antonio sparendo oltre la parete della cucina – E brindare! Tra qualche ora sarà Natale, giusto?-.

Romano alzò gli occhi al cielo ma sorrise sentendo la confusione proveniente dalla cucina. Dato che il ragazzo non si decideva a venirne fuori, si affacciò e sbirciò dentro. Lo spagnolo stava aprendo all’incirca tutti gli sportelli presenti, compreso quello del forno.

- Ehi, bastardo, che stai facendo?-.

- Pensavo di avere del vino qui in casa, ma non lo trovo- sospirò Antonio grattandosi la nuca. Poi i suoi occhi si illuminarono – Aspettami solo un secondo, ok? Corro a prenderlo in cantina!-. Gli prese il viso confuso tra le mani e gli baciò teneramente la fronte – Ci metto solo un attimo, promesso! Tu non ti muovere!-.

Romano annuì sovrappensiero e si lasciò cadere sul divano. Si passò una mano sugli occhi stanchi e prese un profondo respiro.

Antonio era semplicemente troppo Antonio per lui. Non riusciva a capacitarsi di come potesse essere tanto dolce e premuroso con lui, e poi trasformarsi in una furia per delle sciocchezze, come quel pomeriggio in bagno. Era stato strano, vagamente inquietante, vederlo in quel modo. Ma quello che lo aveva turbato più di tutto era  stata la sensazione che regnava in quella piccola stanza: la paura. Era palpabile, intensa e distruttiva. Era la paura di Antonio di perdere Romano, di essere tradito dal suo stesso migliore amico, di non poter far nulla per evitarlo. E poi c’era la paura di Romano di essere frainteso, di essere considerato un ragazzino viziato e menefreghista, di vedere Antonio andarsene per sempre.

Eppure, nonostante tutta quella pressione, Antonio era riuscito a fare un passo avanti e rimediare a tutto quel disastro. Aveva salvato la situazione e ora era andato a prendere del vino per festeggiare. Ma festeggiare cosa? La stupidità dell’italiano? La troppa pazienza dello spagnolo?

A Romano venne quasi da singhiozzare. Come aveva potuto rischiare di lasciarsi sfuggire un ragazzo come Antonio? Per quanto stupido, disordinato, irritantemente sorridente potesse essere, era  comunque perfetto per lui. Non glielo aveva mai detto, ma Antonio era davvero l’ideale per lui, non voleva nessun altro.

Aprì gli occhi e capì che doveva farlo. Ci sono cose, nella vita, che uno non può rimandare per sempre, che prima o poi deve affrontare o dimostrare. Magari non a parole, ma devono essere comunque dimostrate.

 

- Avevo solo del rosso, spero che ti piaccia!- urlò Antonio richiudendo la porta con un piccolo calcio. Sollevò lo sguardo e per poco la bottiglia non gli cadde sul pavimento.

Appoggiato al divano Romano, quasi nudo, lo guardava senza ombra di imbarazzo. Indossava solo un paio di boxer scuri e ai polsi un nastro rosso, ricavato da chissà quale pacchetto o ghirlanda.

- Wow- soffiò lo spagnolo non riuscendo a staccare gli occhi dai polsi bendati di Romano.

Abbandonò la bottiglia di vino su un tavolino e si avvicinò, prendendo tra le mani il nastro che l’italiano gli stava offrendo.

Oh, il suo piccolo, adorabile e malizioso Romano. Come poteva non essere completamente pazzo di lui?

Lasciò scorrere tra le dita il nastro scarlatto e guardò negli occhi il ragazzo. Vi vide, finalmente, tutto il suo desiderio di essere amato, vezzeggiato, adorato, e perché no?, anche dominato. Era riuscito a mettere da parte, per quella sera, il suo orgoglio e ora si lasciava andare completamente, fiducioso che Antonio si sarebbe preso ottima cura di lui. E lui come avrebbe potuto rifiutarsi o deluderlo?

- Ti adoro- mormorò lo spagnolo vagando incredulo con gli occhi su ogni centimetro di pelle esposta.

Romano ghignò –Lo so. Ho pensato che anche tu meritassi un piccolo regalo...-.

Lo spagnolo alzò lo sguardo di scatto sui suoi occhi e colse la palla al balzo. – In effetti ci sarebbe un’altra cosa che vorrei da te. Solo un paio di parole...-.

Il ghigno dell’italiano vacillò per un istante, ma poi tornò più ampio di prima. Chinò la testa di lato e si umettò le labbra, catalizzando subito l’attenzione del moro.

- Non ho alcuna intenzione di dirtelo – mormorò deciso Romano, sebbene una strana scintilla maliziosa brillasse nei suoi occhi oscurati dalla penombra.

Antonio sogghignò, già pronto ad usare tutte le sue armi per strappargli dalle labbra quelle due paroline. Se in spagnolo o in italiano, poco importava, l’importante era il significato.

Ma Romano sembrò intuire i suoi pensieri e irrigidì la mascella.

- No, Antonio, non te lo voglio dire. È inutile girarci attorno-.

- Perché?- domandò accigliato lo spagnolo.

- Perché non voglio espormi così tanto. Perché dirtelo significherebbe rendere tutto più serio, più concreto, compreso questo sentimento. Ed io...io non penso di essere pronto a rischiare tanto. Se la posta è così alta, la perdita potrebbe essere semplicemente troppo per me-.

E mentre parlava gli accarezzò una guancia, andando poi a tuffare le lunghe dita sottili nei morbidi ricci castani di Antonio.

Lo spagnolo si morse il labbro inferiore ma attese in silenzio. Poteva vantarsi di conoscere abbastanza bene il ragazzino per poter aspettare.

E infatti un attimo dopo le sue iridi tornarono a brillare e le labbra a incurvarsi verso l’alto, in un piccolo sorriso strafottente.

- Non te lo dirò, Antonio. Però...- si avvicinò a un soffio dalla sua bocca già sorridente – però sono qui-.

Alle volte, i gesti valgono più di tutte le parole che potrebbero essere dette. Ed essere lì, in quel momento, per Romano era la miglior dichiarazione d’amore che potesse fare, Antonio lo sapeva bene.

 

* * *

 

Antonio pensò che quello doveva essere stato uno dei migliori Natali delle sua vita. Forse non aveva ottenuto le parole che desiderava, ma svegliarsi la mattina di Natale con Romano allacciato al petto era stato semplicemente incredibile, da togliere il fiato.

Sovrappensiero accarezzò la frangetta di Romano, ancora nel mondo dei sogni. Non si sarebbe mai stancato della sua espressione infantile e così terribilmente naive mentre era addormentato.

Intimamente sperò che non se ne andasse mai, che rimanesse con lui per sempre, e se davvero chiedeva troppo, pregò di svegliarsi tutti i 25 dicembre nel suo stesso letto.

Ma qualcosa, dentro di lui, lo mise in guardia. Romano ultimamente aveva un atteggiamento insolito, più scostante che mai. C’era qualcosa che non andava ma che presto sarebbe venuta a galla. Pregò, silenziosamente, che qualsiasi cosa fosse non lo allontanasse da quel letto.

 

 

 

 

 

 

NdB: So di essere in ritardo spropositato, ma come ben comprenderete il finale de “l’appartamento spagnolo” ha risucchiato ogni mia goccia di energia! Però ora che è terminato, posso dedicarmi a tempo pieno a questa!

Vi ringrazio per continuare a seguirla nonostante il clamoroso ritardo! E ovviamente un grazie ancora più grande a chi commenta! XD

PS: colgo l’occasione per ringraziare chi ha commentato l’ultimo capitolo dell’appartamento…mi sono commossa nel leggere ogni singola recensione! Thanks…

A presto!

 

 

Kurohime: eh, Antonio, Antonio, Antonio…ne dovrebbero fare di più di ragazzi come lui! Alla fine cosa avete deciso per la gita? Sia Londra che Barcellona sono così belle! Come ti invidio…

Anthy: ti ringrazio per il commento, mi ha fatto tantissimo piacere! Guarda, in effetti lo ammetto io stessa che Romano si è comportato in modo un po’ strano, ma la verità è che tutto il loro percorso deve portare più o meno al capitolo 12 de “l’appartamento spagnolo”. Il rapporto che di deve creare tra i due è all’incirca quello! Comunque grazie ancora e a presto!

Erichan: grazie! Sono felice che ti sia piaciuto e Antonio…beh, ormai non ho più parole da spendere su di lui! Spero solo che non risulti troppo “amabile”, in senso irrealistico intendo!

Miristar: eh sì, diciamo pure che il loro rapporto è quantomeno “complicato”. Nessuno dei due sa quello che vuole, e anche se lo sa non lo dice! Molto male! Meno male che però Antonio sa come addolcire la sua dolce metà! Grazie ancora per il commento, alla prossima!

Clod88: per come la vedo io, Romano è decisamente infatuato di Antonio, e probabilmente tra i due è quello più “preso”, anche se non lo dimostra come Spagna! Comunque, per quanto riguarda il biondino, ha capito che non c’era più storia (giustamente…) e se n’è andato via per conto suo. Poi…sì, la storia “al presente”, esclusi i flashback si svolge durante l’anno dell’appartamento spagnolo, diciamo verso Febbraio-Marzo! Spero solo che si capiscano i salti temporali!

Aerith1992: eh, Antonio ha questo fascino latino difficilmente ignorabile! A me, personalmente, piace pure quando è arrabbiato! A presto!

Light Vampire: ti ringrazio e ti do assolutamente ragione, Romano non è facile da gestire! Si ritrova davvero un caratterino che solo Antonio può sopportare! Santo ragazzo, meno male che c’è lui! Allora alla prossima! XD

Veralya: oh, Antonio rasenta davvero la perfezione! Io lo adoro perfino in versione “incazzata” (passami il termine!). Purtroppo non credo che in questa storia appariranno scene “hot” esplicite, ma, al contrario di Romano, io penso: mai dire mai! A presto!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

Romano spostò la valigia ormai piena in un angolo e si sedette ai piedi del letto per allacciarsi una scarpa. Antonio incrociò le braccia al petto e lo scrutò con attenzione facendo schioccare fastidiosamente la lingua.

- Sei stato qui una settimana intera e non hai sentito neppure una volta tuo fratello- osservò piatto.

- Lo so- confermò l’altro.

- Pensi di dirmi perché?-.

- No, non credo-.

Lo spagnolo sbuffò esasperato e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

Era stata una gran bella settima, doveva ammetterlo. Praticamente non erano mai scesi dal letto, fatta eccezione per un paio di puntatine in cucina, dove Antonio si era preoccupato di farlo piegare a novanta sul tavolo e sprecare un po’ di miele per altri scopi. Per il resto erano usciti solo una volta da casa, per fare due passi nelle strada caotiche di Barcellona e comprare qualche cosa da mettere nello stomaco. Ma anche in quell’occasione Romano si era tenuto ben alla larga dall’appartamento di suo fratello e dei ragazzi.

Avevano fatto tanto, tantissimo sesso, e per una volta Romano aveva accettato, senza protestare troppo, le tenerezze dello spagnolo.

L’unico grande, insormontabile problema che Antonio ancora si poneva riguardava il perché di tutto quello. Gli sarebbe piaciuto illudersi e credere che Romano fosse lì unicamente per passare un po’ di tempo assieme, ma sapeva che non era così. Stava scappando, da se stesso o da qualcun altro ancora non lo sapeva.

Il suo appartamento per Romano era una specie di rifugio, un posto sicuro, e di questo Antonio ne era ben contento. Semplicemente si chiedeva cosa lo avesse portato lì senza preavviso e senza una spiegazione.

Lentamente, facendo il minimo rumore possibile, si inginocchiò tra le sue gambe e gli sfiorò con i polpastrelli le guance morbide e prive di barba, facendolo sussultare.

- Romano, per una volta non fare il bambino...spiegami cosa ti sta succedendo!-.

Gli occhi del ragazzo si indurirono e cercò di allontanarsi – Proprio niente, te l’ho già detto! Perché non mi lasci in pace? Ho il volo tra poco!-.

Antonio rimase immobile, granitico, e lo rimise a sedere sul bordo del letto.

- Si tratta di Feliciano,vero? È per Ludwig? Sei geloso?-.

Era l’unica cosa che gli fosse venuta in mente, l’unica spiegazione plausibile. Suo fratello aveva letteralmente perso la testa per il tedesco, e tutti quanti sapevano quanto Romano fosse possessivo nei confronti del minore. Per questo Antonio credeva davvero di aver colto nel segno. Invece l’espressione dura e fredda dell’italiano fece vacillare la sua convinzione.

Romano si alzò di scatto, facendo rotolare lo spagnolo a terra, e gridò – Perché diavolo pensate tutti che sia per quel tedesco di merda? Non me ne frega assolutamente niente di lui! Non è lui il problema!-.

- E allora qual'è?- incalzò Antonio cogliendo lo sfogo del compagno e sfruttandolo.

- Feliciano! È sempre e solo Feliciano!-.

- Scusa ma davvero non ti capisco- rifletté ad alta voce Antonio sedendosi meglio sul legno del pavimento e tirandosi le gambe al petto – Cosa ha fatto Feliciano questa volta?-.

Romano, rosso in viso, si muoveva nella camera come una pantera in gabbia. Sinuoso, nervoso e affascinante come una grande pantera dagli occhi chiari e i denti pronti a squarciare. 

Si morse le labbra e sbottò aspramente – Se ne sta andando, sta prendendo le distanze da me, e l’unica cosa che ha da dirmi è “Sai? Credo proprio di essermi innamorato di Lud! Per te non è un problema, vero?”. Non me ne frega nulla di Lud, dannazione! È Feliciano quello che si sta allontanando-. Ormai Romano era un fiume in piena, camminava e gesticolava più infuriato che mai. E intanto Antonio cercava di decifrare le frasi senza nessi e senza senso che uscivano da quella bocca infernale.

- Con calma, piccolo – gli disse dopo averlo visto tirare un calcio al letto – Parlami, ma con calma-.

- Non c’è affatto da stare calmi- ribatté l’italiano frustrato – Non lo vedi anche tu? Feliciano mi sta abbandonando. Sta prendendo la sua strada, si sta costruendo la sua vita, e tutto questo senza di me. Ci sono volte in cui sembra che io non esista neppure! Non gli interessa più niente di me, di quello che faccio, di dove sono. Il tedesco è solo l’ultima goccia, ma non è lui il nocciolo della questione -. Era un discorso amaro ma che covava dentro da lungo tempo, propagandosi e distruggendo come un cancro.

Romano si lasciò cadere sul materasso e si coprì gli occhi umidi con un braccio. Lo spagnolo restò in silenzio, immaginandosi cosa passasse nella sua testa. Non voleva che lui lo vedesse piangere un’altra volta, e non a causa di suo fratello. L’ultima volta che era successo era stato due anni prima, quando si erano appena conosciuti. Ma ora le cose erano diverse, e anche Romano le vedeva in modo differente.

- Feliciano si sta lasciando tutto, compreso me, alle spalle. E io non ci posso fare niente. L’hai notato, vero? Da quando ha iniziato a studiare qui, lontano da casa, è cambiato. Qui ha la sua vita, i suoi amici, i suoi studi, la sua carriera, e ora il suo ragazzo. Cosa lo tiene ancora legato a casa? A me?-.

Antonio avrebbe voluto dire qualcosa, ma non trovava le parole. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era al modo strano, quasi impersonale e sarcastico, con cui Romano pronunciava “casa”. Era la stessa parola che pronunciava lui, ma avevano due significati diversi, decisamente lontani.

 

* * *

 

Quando Antonio uscì, ancora gocciolante, dal bagno, trovò Romano intento a curiosare in giro e ad osservare con attenzione le tante fotografie appese alle pareti, apparentemente in ordine sparso.

Gli si avvicinò di soppiatto, sfiorandogli con le dita umide i fianchi sottili. Romano sussultò ma non si allontanò. Al contrario prese una fotografia in mano e se la portò davanti agli occhi.

- Questi chi sono?- domandò piano passando l’indice sul vetro della fotografia.

Antonio la osservò distrattamente e sorrise. – I miei genitori-. Indicò la bella donna dai lunghi capelli corvini – Questa è mia madre, Isabella Fernandez, e lui è mio padre, Ferdinando Carriedo*-. L’uomo nella foto assomigliava in modo impressionante ad Antonio, ed era più che evidente la parentela che correva tra di loro. Romano pensò subito che fosse una cosa molto bella e carica d’affetto tenere una loro foto accanto a tutte le altre, vicino a quelle degli amici più cari.

- Non li ho mai visti...- mormorò assorto, cercando di ricordare i loro volti tra i clienti abituali del bar.

- Perché non vivono qui- confermò lo spagnolo sedendosi sul divano – Hanno una tenuta poco più a Nord di Barcellona, dove coltivano pomodori. È lì che sono nato e dove ho sempre vissuto, finché non sono diventato abbastanza grande da potermi trasferire qui -.

Romano annuì mordendosi l’interno della guancia e non si mosse.

- Lo so, lo so, scommetto che dal punto di vista la mia vita è sciatta e monotona – ridacchiò Antonio. Lo disse con ironia, scherzando, ma Romano lo fulminò con lo sguardo.

- Tutto il contrario- mormorò alla fine il minore – Sottovaluti la bellezza di una famiglia normale, di una casa, di un infanzia serena-. I loro occhi si incontrarono in uno sguardo leggermente malinconico.

Antonio era convinto che Romano non avrebbe aggiunto una sola parola sull’argomento evidentemente scottante, invece il ragazzo si lasciò cadere sul divano accanto a lui e chiuse gli occhi stancamente. Con un sospiro sussurrò – Io e Feliciano siamo cresciuti solo con nostro nonno. Lui era sempre in viaggio per affari e quando era in casa si dedicava solo a feste e incontri galanti. Appena siamo stati abbastanza grandi da potercela cavare da soli  ci ha mandato in collegio, forse perché pensava che così avremmo avuto un’ottima educazione, o forse perché così si toglieva un peso. Io sono stato mandato a Madrid, in un collegio cattolico, mentre Feliciano in Austria-.

Aveva le labbra che tremavano di una rabbia antica e mai sopita. Era più che evidente che non dovevano essere stati anni piacevoli quelli trascorsi da solo in un collegio straniero.

- Ci ha diviso, capito? Io e mio fratello siamo stati divisi senza remore, come se fosse una cosa naturale. Ma non è così. Io e Feliciano non possiamo, non dobbiamo, venir separati. Siamo una cosa sola!-.

Romano aprì lentamente le palpebre e il suo sguardo determinato e fiero si perse chissà dove.

- Feliciano è il mio unico fratello, e dobbiamo prenderci cura l’uno dell’altro. Hai idea di quanto sia stato doloroso venir separato da lui? Quanto è stato difficile sopravvivere distanti?-.

Antonio poteva solo immaginarlo, perciò si limitò a passargli un braccio attorno alle spalle e ad accarezzargli dolcemente la nuca.

- Io e Feli non abbiamo un posto che consideriamo veramente “casa” nostra. La villa del nonno? È solo un posto dove stare, dove ritrovarci per le vacanze. La verità è che siamo l’uno la casa dell’altro, siamo tutto ciò che abbiamo-.

 

 

La paura di Romano era una paura antica, che nasceva dalla loro infanzia turbolenta. Come poteva, ora, Antonio dirgli di non preoccuparsi? Che tutto sarebbe tornato a posto? Sarebbe stata una bugia. Anche lui vedeva che ogni giorno che passava Feliciano stava prendendo la sua strada, sempre più lontana da quella del fratello maggiore. Era inutile che Romano cercasse di inseguirlo, di riportarlo sui suoi passi, di tenerlo legato a se.

Quello che inconsciamente Romano voleva era un rapporto al limite del morboso, dove esistessero sempre e solo loro due. Ma se un tempo, durante l’adolescenza, questo era vagamente possibile, ormai non era più così.

Ad Antonio si strinse il cuore pensando che non c’era proprio nulla da fare, se non lasciar andare Feliciano e cercare di guardare avanti. Era tempo che Romano si distaccasse da lui e che iniziasse a vivere la sua vita, proprio come faceva il minore.

- Romano, tuo fratello non è più un bambino – sussurrò lo spagnolo sollevandogli la mano dagli occhi e accarezzandola –è giusto che abbia la sua vita, anche se questo comporta tenerti lontano da lui-.

- Non è giusto. Lo odio- mormorò infantile il ragazzo, facendo sorridere lo spagnolo.

- Devi lasciarlo andare. E anche tu, dovresti vivere a modo tuo, finalmente. Impara ad agire non in base a quello che fa lui, ma come vuoi tu. Non stare sempre a guardare tuo fratello!-.

Romano strinse i denti e ringhiò, ma nei suoi occhi c’era una certa rassegnazione che Antonio colse immediatamente. Ci sarebbe voluto del tempo, lo sapeva, ma Romano era molto meno debole di quanto sembrasse, e se la sarebbe cavata anche quella volta. Aveva solo bisogno di una spinta, più o meno dolce e comprensiva.

- In piedi, adesso! Sbaglio o avevi un volo da prendere? Muoviti!-.

 

 

Antonio accostò l’auto al marciapiede accanto all’entrata dell’aeroporto e aiutò l’italiano a scaricare il suo bagaglio. Lo osservò mentre controllava di aver chiuso tutto e poi cercare un modo poco imbarazzante per salutarsi.

Antonio gli sorrise e gli sistemò con discrezione un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.

- Sono stato contento che tu sia venuto. È stata una settimana...fantastica-. Il suo sorriso malizioso e privo di censura parlava praticamente da solo, mentre davanti agli occhi gli scorrevano le immagine delle piacevoli attività di quei giorni.

Romano arrossì e abbassò lo sguardo – Sì, beh, non male. Grazie del passaggio, bastardo-.

Sospirò e si voltò, trascinandosi dietro il trolley. Antonio lo lasciò allontanare di qualche passo per poi richiamarlo, questa volta con un’espressione più seria.

- Ehi, Romano!-.

L’italiano si voltò ed ebbe un leggero sussulto al petto nel vedere lo sguardo deciso del ragazzo.

- Dovresti davvero parlare con Feliciano. Dovete chiarire questa cosa, perché non puoi scappare e nasconderti da lui per sempre. Anche se si sta facendo una sua vita, rimane pur sempre tuo fratello, e ha diritto di sapere cosa pensi di lui-.

Romano rimase per qualche secondo interdetto, lo sguardo fisso sugli occhi verdi dello spagnolo, mentre tra loro passavano turisti e viaggiatori trafelati.

- E poi dovresti prendere davvero una decisione per quanto riguarda la tua vita. Farne qualcosa, seriamente. Sei giovane, hai talento e iniziativa. Non limitarti a vivere da mantenuto alle spalle di tuo nonno, piccolo. Puoi davvero fare grandi cose, se lo vuoi-.

Un attimo di silenzio, poi concluse tornando al sorriso consueto – è per questo che mi piaci Romano. Ricordi? Tu sei il tipo di persona che non si lascia mettere freni da nessuno. Non limitarti da solo!-.

Romano aprì la bocca per rispondere, ma ci ripensò e la richiuse. Gli lanciò un cenno di saluto col capo ed entrò nell’edificio, più titubante di quando era sceso dalla macchina dello spagnolo.

Se Romano prese davvero quell’aereo oppure no, Antonio non lo seppe mai. In fondo quelle erano questioni che i due fratelli Vargas dovevano risolvere tra loro, e lui forse aveva già detto troppo. Ovviamente quando osservò distrattamente l’aereo decollare, non poteva saperlo, ma le sue parole, dette per spronare il ragazzo e incoraggiarlo, gli si sarebbero ritorte contro.

 

 

 

* Ovviamente mi riferisco a Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona!

 

 

 NdB: sorry per il ritardo, ma ero al Lucca Comics e non ho potuto aggiornare prima. Scommetto che anche un sacco di voi c’era, perché ho visto tantissimi cos play di Hetalia, e ne sono rimasta estasiata! Io volevo vestirmi da Bielorussia ma il mio “accompagnatore” non mi ha lasciato! Ma non divaghiamo. Questo è il penultimo capitolo, dopo la fatica de L’appartamento spagnolo non riesco ad andare oltre i cinque capitoli! Spero di non deludervi proprio al fotofinish e grazie ancora per continuare a seguire e commentare! In particolare grazie a Monikochan e a Lunatica91!

 

 

Kurohime: allora, per la gita come procede? Incrocio le dita per te affinché andiate a Barcellona, sai? Purtroppo anche questa storia sta per finire, ma presto entrerà in scena il piccolo Axel, promesso! A presto!

Aerith1992: grazie mille! Eh, mi rendo conto che le mie “frasi finali” sono sempre un po’ ambigue, ma il tutto è voluto per creare un minimo di suspence! E anche per far capire che in fondo è tutto collegato, ad ogni azione corrisponde una reazione! A presto!

Veralya: eh, il buon Romano sa come farsi perdonare e come farsi volere bene, no? Xd Comunque Francis è sopravvissuto intatto, almeno per questa volta. Alla fine Antonio gli vuole troppo bene per fargli davvero del male! Alla prossima!

Miristar: lo so, ormai è un po’ una topos come cosa, ma l’idea mi era venuta vedendo una fan art fantastica e non ho proprio potuto trattenermi! Sono contenta che tu abbia notato che sto cercando (a grandi linee, ovvio) di ripercorrere il manga! A presto!

Erichan : Anche a me Antonio arrabbiato intriga tantissimo! Solo che poi mi dispiace vederlo pentito! Sono una donna piena di problemi, lo so. Bene, per sapere come si risolverà l’atteggiamento di Romano, ti rinvio al prossimo capitolo! Alla prossima!

Maleficent: ti ringrazio di cuore! Ti confesso che scrivere di Romano per me non è affatto semplice, ho sempre paura di sfociare nell’OOC o renderlo esagerato, ma se ti piace così allora sono contenta! E ti annuncio che presto arriverà qualcosa su Axel!

Vale GilBird: Grazie! L’IC per me è il problema principale, perché è una cosa a cui tengo tantissimo e ho sempre paura (soprattutto per quanto riguarda Romano) di sfociare in qualcosa di terribilmente diverso! E poi Antonio…beh, Antonio possessivo per me è il massimo. Rotolo al solo pensiero! A presto!

FullmetalParody: Scusa per il ritardo, ma alla fine eccolo qua il nuovo capitolo! Il prossimo sarà l’ultimo, ma ti anticipo che arriverà ancora qualcosa legato a l’appartamento spagnolo! Alla prossima, allora!

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Capitolo 6
*** capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

Il bel volto di Antonio si aprì istintivamente in un sorriso limpido e pulito quando vide Romano varcare la soglia del bar. Gli bastarono però solo una manciata di secondi per capire che c’era qualcosa che non andava, qualcosa che non gli avrebbe fatto per nulla piacere.

Bastava guardare gli occhi di Romano, chini sulle proprie scarpe, e il modo nervoso che aveva di sistemarsi i capelli, per intuire che non portava buone notizie.

Improvvisamente gli si serrò la bocca dello stomaco nel rivedere, nell’atteggiamento dell’italiano, il proprio modo di fare il giorno in cui era andato dai ragazzi per annunciargli la vendita dell’appartamento. Irrazionalmente pensò che fosse il karma, il destino, qualcosa: ora toccava a lui stare dall’altra parte, ascoltare in silenzio qualcosa che gli avrebbe fatto comunque male.

Si sforzò di rimanere tranquillo e sorridente, e andò ad abbracciarlo.

- Piccolo, com’è andato il viaggio? Tutto bene?-.

Romano si aggrappò per una frazione di secondi alle sue spalle, solo un istante, e poi si divincolò come sempre, mettendo su un’espressione strafottente.

- Non male, ma poteva andare meglio. Allora? Non mi offri niente da bere, bastardo?-.

Si sedettero sugli alti sgabelli del bancone e osservarono in silenzio il loro riflesso finché un cameriere non gli versò qualcosa di scuro e amaro nei bicchieri.

- Tuo fratello come sta?- domandò cauto Antonio buttando giù una sorsata di quel liquido così forte e poco adatto al primo pomeriggio. Romano scrollò le spalle e si rigirò il bicchiere tra le mani – Diciamo meglio. Ha appena iniziato a lavorare come pubblicitario, gli piace e almeno si distrae un po’. Così non pensa troppo a ...-. Non riuscì ad andare avanti.

- A Ludwig – concluse per lui lo spagnolo ricordando i volti allegri e ingenui dei due ragazzi. Pensò che dovesse essere stato difficile per entrambi andare avanti, ricostruirsi una vita, non avere più notizie dell’altro. Ma se si amavano davvero, come avevano potuto lasciare che andasse in quel modo? Se Ludwig amava davvero Feliciano allora perché non l’aveva seguito? Perché l’aveva lasciato andare? Antonio scosse piano la testa ritrovando nei riflessi ambrati del suo bicchiere il colore degli occhi di Romano.

- E tu?- domandò lo spagnolo ammiccando verso il ragazzo – Qualcosa in cantiere?-.

- In verità...sì- mormorò in un soffio Romano distogliendo lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.

Antonio sgranò gli occhi, sorpreso. Gli faceva piacere che Romano finalmente avesse qualche cosa da portare a termine, un progetto, ma la cosa lo sorprendeva. Era raro vedere Romano davvero preso da qualcosa, interessato o anche solo attirato da un lavoro. Fin’ora tutto ciò a cui si era veramente appassionato era solo l’alta moda, la buona cucina, il calcio e più raramente la fotografia.

- Davvero? E di che si tratta? Dai, raccontami tutto!- esclamò raggiante ordinando ancora due bicchieri.

- E se andassimo a fare due passi?- propose nervosamente l’italiano, lasciando ancora una volta lo spagnolo senza parole – Andiamo?-.

Fu allora che Antonio ebbe la conferma che c’era davvero qualcosa che non andava. Perché lui conosceva Romano da anni, e mai prima di allora aveva voluto andare a fare una passeggiata con lui. In generale, non gli aveva mai proposto nulla, lasciava che le cose gli scorressero addosso e che fosse Antonio a prendere l’iniziativa.

Quell’improvviso cambio di rotta, quelle piccole prese di posizione dell’italiano, lo destabilizzarono più di tutte le urla e gli insulti che si erano scambiati in quegli anni.

 

Il Parc Guel era così grande e contorto che se uno non ci avesse fatto attenzione avrebbe potuto facilmente perdersi. Ma forse era proprio quello che voleva Romano: perdersi e non pensare ad altro, almeno per un po’.

Mentre camminavano fianco a fianco in uno dei grandi viali alberati del parco, circondati da palme e da sculture ad opera della mano di Gaudì, Antonio sospirò e prese per mano il ragazzo, che sussultò ma non si distaccò. Non si curava degli sguardi degli altri passanti, o delle risatine delle ragazzine, o dell’ipocrisia dei perbenisti. Cosa gli importava? Non aveva forse tutti i diritti del mondo di tenere per mano il ragazzo che amava? Chi erano gli altri per rimproverargli qualcosa?

Prese un profondo respiro e domandò – Allora? Questo nuovo lavoro?-. Romano tremò leggermente e inspirò.

- Già, il nuovo lavoro - disse con lo sguardo che si perdeva oltre i rami degli alberi – Mi ha contattato un’agenzia fotografica, qualche tempo fa’. Mi hanno proposto di realizzare un reportage assieme ad un gruppo di ... boh? Ricercatori? Animalisti? Che cazzo vuoi che mi interessi. Con qualcuno, ecco-.

Antonio ridacchiò e gli accarezzò dolcemente un ciuffo di capelli, facendolo arrossire.

- Non è grandioso? Se ti hanno contattato è perché vogliono proprio te!-.

L’italiano annuì, chinando lo sguardo.

- La verità è che è un lavoro a lungo termine, in giro per il mondo. Dovrei seguire questo gruppo di ricercatori tra foreste e deserti, ovunque debbano andare-.

- A lungo termine? Quanto lungo, scusa?-.

- Circa due anni, senza interruzioni-.

Antonio nemmeno si rese conto di star stritolando le dita di Romano nella mano, almeno finché l’altro non ringhiò frustrato.

Due anni. Due anni sono un sacco di tempo, pensò banalmente lo spagnolo. Strano come nei momenti più drammatici, più memorabili, tutto ciò che viene in mente siano terribili stupidaggini. Forse è un meccanismo di difesa del cervello, che per proteggersi decide di non pensare e sdrammatizzare. Una specie di black out.

Romano alzò il capo di scatto e guardò Antonio dritto negli occhi, trapassandolo da parte a parte.

- E io credo di voler accettare-.

Antonio restò fermo, immobile come una statua di marmo dalla fattezze umane e bellissime. Faticava a mettere insieme i pezzi, ma qualcosa dentro di se era già giunta alla conclusione che Romano se ne sarebbe andato.

C’era una sorta di triste e sadica ironia in tutto quello, come un cerchio che finalmente, dopo tanto tempo, si chiude. Ora Antonio era davvero dall’altra parte, ora sapeva come si erano sentiti i ragazzi quando li aveva sfrattati dal loro appartamento.

Non riuscì a dire una parola, rimase semplicemente fermo ad osservare Romano che diventava man mano più rosso e che cercava di sottrarsi allo sguardo dello spagnolo.

- Prima non avrei neppure pensato di accettare un lavoro del genere- continuò l’italiano, accarezzandogli languidamente le dita – Ma ora...ora credo di doverlo fare-.

- Perché?-.

- Per quello che mi ha detto tu, no? Non te ne sarai dimenticato, vero bastardo? Sei stato tu a dirmi che prima o poi avrei dovuto lasciare andare Feliciano e costruirmi una vita mia. Mi hai detto tu di trovare qualcosa da fare, a cui dedicare tutto il mio tempo-.

Sospirò pesantemente mentre Barcellona, attorno a loro, sembrava improvvisamente più quieta e silenziosa che mai.

- Forse...beh, forse avevi ragione- riprese Romano – forse è arrivato il momento di cambiare le cose, di vivere per conto mio. Lo so, iniziare con un viaggio per il mondo lungo due anni non è semplice, forse non è nemmeno la cosa più giusta da fare, ma al momento è tutto quello che mi offrono-.

Antonio socchiuse gli occhi, immaginandosi Romano, con le sue belle camice firmate e gli stivali di Gucci, in giro per la savana a fare foto ai leoni. Gli venne da ridere, ma si trattenne, perché sapeva che ne sarebbe uscita solamente una risata amara.

- Secondo te...- tentò Romano - ...faccio bene ad accettare?-.

Antonio non si era mai sentito così diviso, così scisso, come in quel momento. Tutto quello che voleva fare era stringerlo forte e pregarlo di non partire, di non mollare tutto e soprattutto di non lasciarlo lì a marcire da solo a Barcellona.

Ma poi come avrebbe potuto ancora definirsi un uomo? Con che occhi avrebbe potuto guardarsi allo specchio?

Lo spagnolo sentì distintamente i due demoni dentro di lui dimenarsi e ferirlo a morte, tentando entrambi di prevalere. Cosa doveva fare?

La verità, egoista e crudele, era che voleva che Romano restasse, che rimanesse per sempre il ragazzino strafottente e permaloso che aveva conosciuto anni prima, quel ragazzino indisponente che aveva un disperato bisogno di lui e che lo faceva sentire bene, come un vero uomo.

Ma proprio per questo non voleva che lo facesse. Voleva bene a Romano, davvero bene, e pensando al suo futuro lasciarlo partire era la soluzione migliore.

Per una volta doveva comportarsi da uomo maturo e scegliere la strada migliore, anche se la più dolorosa. Almeno per lui.

Lo aveva spronato a rifarsi una vita, a crescere e a prendere la sua strada. Ora non poteva certo rimangiarsi tutto e tenerlo legato a se per un mero bisogno egoistico. Doveva invece cercare di essere lungimirante, e di aver fiducia in lui. E soprattutto in loro due.

Si sforzò di sorridere e lo abbracciò forte, soffiandogli tra i capelli ramati – Sì. Vai e divertiti-.

Romano tremò tutto e singhiozzò affondando il viso nel suo collo. Non si accorse degli occhi straordinariamente lucidi e arrossati dello spagnolo quando gli sussurrò – Però poi torna, ok? Torna qui da me-.

 

* * *

 

- Ohi, Antonio!- esclamò tonante Gilbert avvicinandosi a lui con il piccolo Axel tra le braccia e un piccolo pacchetto in mano – Ti hanno portato questo!-.

Antonio corrucciò la fronte e afferrò il pacchetto, allontanandosi dalla piccola folla del locale addobbato a festa per il suo compleanno.

Doveva ammettere che Kiku e Feliciano avevano fatto le cose in grande, tra palloncini colorati e ghirlande floreali. E anche Francis aveva messo del suo, cucinando spuntini squisiti e portando alcune casse di vino francese. Per sicurezza, caso mai la sangria iniziasse a scarseggiare.

Con un lieve sorriso e un rinnovato calore nel petto, Antonio lesse il mittente e aprì la busta.

 

 

12/02

Cascate Victoria

 

Bastardo, guarda che lo so che oggi è il tuo compleanno, non me ne sono dimenticato. Anche volendo, sarebbe impossibile dati gli “innumerevoli” messaggi che continui a mandarmi.

Sei fastidioso, lo sai?

Comunque, non so se te ne sei accorto, ma stai invecchiando mostruosamente. Va bene che mi piacciono gli uomini maturi, ma se quando torno ti trovo ingrassato e pieno di rughe faccio marcia indietro e risalgo sul primo aereo. E non sto scherzando, quindi cerca di mantenerti in forma!

Spero che assieme alla lettera sia arrivato anche il mio pacchetto (non mi fido troppo delle poste internazionali). E se non è arrivato, sappi che era un piccolo ciondolo a croce in madreperla con lapislazzuli e perle nere. Bello, eh? L’ho preso in Congo, qualche settimana fa’. Sapevo che ti sarebbe piaciuto, solo a te possono piacere cose tanto pacchiane ed appariscenti. E non dirmi che è un regalo banale e l’idea riciclata, altrimenti me lo riprendo, lo giuro!

Se ti piace, bene. Se non ti piace, cazzi tuoi, me lo posso riprendere quando vuoi.

Ah, alcune mie fotografie appariranno sul prossimo numero di National Geographic. Gradirei se me ne comprassi una copia e la tenessi da parte per quando tornerò, capito bastardo?

Beh, buon compleanno.

Ah, non credere che te lo dica, perché non lo farò. Non mi manchi. E non penso affatto a te. E non è vero che non vedo l’ora di rivederti, per nulla.

Solo... buon compleanno.

A presto,

Romano.

 

 

 

 

NdB:  THE END. Come tutte le cose belle (?) anche questa era destinata a finire!

Ok, questo capitolo è volutamente legato a “L’appartamento Spagnolo”. Le citazione sono volute, non è che sono monotona o poco creativa, eh!

È anche voluta la sua brevità, perché su Romano e Antonio ci sarebbero troppe cose da dire, ma io non sono qui per questo. In fondo questa è “Life as we know it”, solo una parte, una sfumatura della loro vita.

E comunque (come mio solito) lascio il finale aperto a possibili interpretazioni. Come disse qualcuno molto molto più saggio di me “Chi ha orecchie per intendere, intenda”, no?

Ancora una cosa poi, chiudo: restate nei paraggi, perché il piccolo Axel and family stanno tornando!

Hope you like it! E grazie a chi ha continuato a seguire e commentare nonostante i miei tempi biblici! And thanks to Lunatica91 and Moniko-chan

Becky

 

 

 

Vale GilBird: Romano sotto sotto è un buon fratello maggiore, aveva solo bisogno di una piccola “spintarella” per lasciar andare Feliciano e soprattutto per lasciarsi andare lui stesso! Sono stra contenta che questa storia ti sia piaciuta, grazie mille per i commenti! A presto!

Aerith1992: Grazie! Beh, sì, questo capitolo spiega perché Romano non c’era a festeggiare capodanno con tutti gli altri…piccolo, era in qualche foresta a fotografare i coccodrilli! Non che vedere Francis ubriaco e nudo correre per strada fosse meglio, ma…vuoi mettere baciare Antonio a mezzanotte? A presto!

BabiSmile: Prima di tutto, grazie mille per i commenti (anche a L’appartamento)! Eh sì, Antonio fa sciogliere un sacco di gente, me compresa! Dovrebbero produrne in massa! Intanto ti annuncio che sto scrivendo qualcosa su Axel, e la cosa spero vedrà la luce molto presto! Sappi comunque che Axel è un bambino bellissimo! In fondo, con un padre così…Alla prossima!

 Veralya: ti ringrazio per l’ultimo commento, perché mi ha reso davvero felice! E sono molto contenta che questa storia ti sia piaciuta! Antonio e Romano sono così dannatamente complicati! È davvero difficile “entrare nel loro mondo”, ho sempre il sacro terrore di sfociare nell’OOC! E sono lieta che tu condivida la mia opinione sui fratelli Vargas! A presto allora! Besos

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