Superstar

di kannuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1: come ti stendo il prof... ***
Capitolo 2: *** Non c'è trippa per gatti ***



Capitolo 1
*** 1: come ti stendo il prof... ***


Nuova pagina 1

“Signorina, ma mi sta ascoltando?”

No certo che no, penso staccando a fatica gli occhi da quella meraviglia di divano nell’ufficio del mio prof. ‘la serpe’

Questo individuo lo odio. Lo odio da quando sono riuscita a stenderlo per sbaglio fuori dall’università. E’ andata così: Flashback!

 

"Corri corri corri!"
"Ma che corro?!" Urlo diretta alla mia amica che mi distanzia di quattro passi buoni "è già iniziata? Che figura di merda, in ritardo il primo giorno!"

 

Mi presento: Felicia, 25 anni, fuori corso e single per scelta, in ritardo alla prima lezione di Immunologia. Prof mai visto, amiche per supporto solo una, Charie, che si sta scapicollando in mezzo ad una massa d’architetti stravaccati e in attesa dell’uscita di qualche esonero.

 

Dribblo un tipo a destra, uno a sinistra e inciampo sul laccio delle Superstar bianche e blu, traballando e finendo dritto addosso ad un tipo che è appena sceso dalla moto.
Me lo vedo arrivare incontro alla velocità della luce: schiaccio il naso e il resto della faccia sul risvolto della giacca grigia fumo di Londra appena apparsa da un giubbotto da motociclista e sento la terra sotto i piedi mancare.

L’urto è tremendo e il botto della moto quando cade ancora di più. Finisco a terra insieme al motociclista che atterra pesantemente sul proprio sedere e lascia andare il casco che gli sfugge di mano e cade in testa alla sottoscritta, strappandole un altro grido di dolore. Il polso sinistro mi fa un male cane: l’ho storto per cercare di ammortizzare la caduta, la borsa è volata spargendo tutto il contenuto in strada e non sento più il ginocchio destro. Resto per qualche lungo istante ferma, cercando di alzarmi ma rinunciandoci quando sento il polso dolere, allo stesso tempo cerco di mettermi in ginocchio per sollevarmi da quel tipo che sta ringhiando sotto di me e mi massaggio la testa nel punto in cui sono stata colpita. Sento i peli del tessuto sulle labbra, il che vuol dire che il mio gloss rosso è finito sulla giacca di quel tipo macchiandola. Questo rende il fatto ancora più grave.

Non voglio neanche pensare ai graffi alla moto!
”Mi dispiace…scusi…” singhiozzo portandomi entrambe le mani alla testa e riuscendo almeno a scavalcarlo. “Mi si è slacciata una scarpa.. e quel maledetto architetto di mezzo mi ha tagliato quasi la strada!” urlò rivolta verso la gente che sta sghignazzando a più non posso.
Sento borbottare un ‘fa niente’ parecchio stizzito e osservo il motociclista tirare su la moto e stringere i denti alla vista del graffio.

Porca miseria, quello deve essere qui per qualche seminario, guarda te che vestito! Gli passo il casco sempre tenendo gli occhi fissi sulla macchia rossa “le ho macchiato il vestito” sussurro indicandola col dito.

Il tipo mi fulmina, stavolta. Mi manda il conto della tintoria, sicuro a palla!

“E’ indelebile?” Domanda chiudendo pesantemente il bauletto posteriore.

Scuoto la testa e cerco di tirarmi su, ma mi fa male il ginocchio da morire.  
”Felicia!! Che cavolo fai?”

“I danni!” urlo rivolta alla mia amica che mi guarda e zampetta sul posto “dai, su il prof ancora non è arrivato”
Mi da una mano ad alzarmi mentre osservo la sbucciatura sulla mano. Erano anni che non mi facevo così tanto male.

“Andiamo in bagno, va” mugugno lanciando un’altra occhiata al tipo che sta cercando di togliere il mio gloss dalla giacca. Pensa tu se è sposato! La moglie se lo mangia, stasera!

 

Tre minuti dopo entro in aula e sbatto la borsa sul primo tavolino libero. Tanto è un corso di indirizzo e la gente è poca e non si accalca per il posto migliore. “Ma sapete com’è fatto sto tipo? Umano, tre occhi, imparentato con una iena?” Domando alla prima ragazza che mi si affianca. Lei sorride e ammette che all’esame è un bastardo cronico.

Ecco, cominciamo bene, penso alzando le sopracciglia. Questa è l’ultima cosa che devi dire ad una persona che deve affrontare un corso con relativo test finale.

“Buongiorno, scusate il ritardo” tuona una voce vagamente seria. Mi volto verso la cattedra e il sangue mi si ghiaccia nelle vene. O porca miseria ladra!

Il prof mi guarda con aria trita. Il tipo che ho sdraiato! Mi boccia per partito preso! Rimugino tutto insieme mentre quello mi fissa ancora. Cerco di fare finta di niente, ma Charie mi sussurra che sto diventando viola e mi domanda se sto bene.

“No…non vedi che è quello della moto?” bisbiglio facendo finta di spostarmi per prendere il quaderno dalla borsa.

Lei lo studia e storce la bocca “già… sei fottuta”

La guardo e mi domando se è davvero mia amica. Fortuna che dice di volermi bene!

 

La lezione va avanti tranquilla, ho un mucchio di domande da fargli, ma me le tengo tutte sulla punta della lingua, finchè non esplode la solita cascata di quesiti che ascolta senza battere ciglio. Mi risponde garbatamente e continua a fissarmi come fossi una cacchetta di poco conto. Mi prende in giro e sogghigna a certe domande che ritiene ‘del tutto sciocche.’

Brutta bestiaccia! A parte che sta materia la so meglio di tutti gli altri, qua dentro, perché è la mia passione, che bisogno c’è di prendermi in giro?

“E’ stato esaurientissimo” ringhio mollando la penna sul banco e guardandolo storto.

Già lo odio…

Ed è solo la prima lezione!

 

Capito, quale enorme disgrazia mi è piombata sulla testa?!
Meno male che non è sposato: sai che casino spiegare alla moglie, tracce tanto evidenti di rossetto? Ti è andata bene che non è quello indelebile, penso tornando a fissarlo con aria di sfida.

Non sarebbe neanche tanto sgradevole se non aprisse bocca per parlare. E finchè mi racconta la lezione posso anche sopportarlo. Sono le battutine sarcastiche quando chiedi spiegazioni, che non mi sconfinferano. Sono le occhiatine che ti lancia tanto per farti sentire una merda perché non sai un’acca di Immunologia, che non mi vanno giù.

Risultato, se voglio fare l’esame, devo prima capire sto benedetto complesso MHC e devo sopportare quella penna nera che va su e giù su foglio bianco tracciando molecole e strati lipidici. Credi che sia stupida? So benissimo come funziona un anticorpo, non credere di farmi fessa, penso rispondendo più o meno questo al quella serpe dagli occhi azzurri che sorride e crede di parlare ad una demente.

“E allora se lo sa, perché è venuta a disturbarmi?”

 

“Smettila stai sbavando”

“Non sbavo!”

“Si che sbavi: hai anche l’occhio lubrico da gatta in calore”

“Vaff…. Charie! La mia è rabbia e odio. Sto cercando di fulminarlo a distanza!”

 

Quanto non sopporto i professori che mi danno del lei. Chiamami con il numero di matricola, visto che ci sei, rimugino stringendo i denti per non dirgli ciò che penso.

“Perché mi sfugge il concetto di interazione dell’antigene”ribatto con forza, fulminandolo nuovamente.

Lui getta la penna sul foglio e si tira indietro, mantenendo un sangue freddo che mi ghiaccia le vene. Ecco, adesso sbrocca di brutto e all’esame si vendica.


Quella benedetta ragazza me la ritrovo nell’aula senza volerlo. Le farei pagare tutti i danni alla moto, ma bisogna ammettere che non è colpa sua se è caduta. Forse, se si fosse allacciata meglio le scarpe prima di uscire di casa, non sarebbe franata in quel modo. Certo che correva, quasi non l’ho vista arrivare! Mi sono ritrovato a terra senza rendermene conto, mentre quella poveretta moriva d’imbarazzo e diventava di tutti i colori. Carina, ma una trifolamaroni da niente. Siamo solo alla prima lezione e già discute di cose che, in teoria, dovrei spiegare fra un mese. Mi da l’idea della prima della classe un po’ leccapiedi.

La vedo biascicare con l’amica invece di ascoltarmi, ho capito che le fa male il polso e il ginocchio, ma non è un buon motivo per stare disattenta in quel modo. La riprendo un paio di volte, neanche stessi insegnando ad una classe di liceali e lei mi fulmina con quegli occhietti scuri e scintillanti. La tigre tira fuori gli artigli! Vedrai quanto ti faccio penare, bella mia!

Test di autovalutazione fra tre giorni … voglio vedere se ringhierai ancora in quel modo.

 

“Non ti sfugge. Non lo sai perché invece di studiare passi le giornate a pomiciare con il tuo ragazzo” borbotta con un altro di quei mezzi sorrisi cattivi.

È troppo! Ma che ne sa di quello stronzo di quello che faccio? Mi parte il lume della ragione tutto insieme, tiro indietro la sedia facendola strusciare rumorosamente sul pavimento e gli strappo via il foglio dalle mani “direi che è stato esauriente nella spiegazione. La ringrazio” ringhio a denti stretti per evitare di mordergli la testa. “La ringrazio di aver perso tempo a spiegarmi come ‘non impiegare il mio tempo’” borbotto mentre infilo i libri nella borsa che pesa già un accidente “e per sua informazione non ho un ragazzo con cui passare le giornate a pomiciare. Sono già troppo occupata a sopportare le sue noiosissime e misogine lezioni per riuscire a sopportare ulteriore presenza maschile nella mia vita.”

Ecco, brava! Insisti vedrai che all’esame ti si fa quattro volte e mentre ti stai chiedendo come ha fatto a fregarti, ti ha già messo alla porta, pondero nervosa fino all’ultimo capello.

La serpe non replica ma mi guarda con aria distaccata e gelida “non ho mai avuto una classe peggiore della vostra. Sono abbondantemente pagato per insegnarvi. Che capiate o no, non è un mio problema”

Che testa di cazzo! Alzo la testa e lo fulmino un’altra volta “lei mi ricorda tantissimo il mio professore d’inglese del liceo. Ci spaccava in quattro, ci puniva, ma l’inglese ce lo insegnava!”

“Vedo. Sei l’unica che ha capito qualcosa del test in lingua del 13 ottobre” afferma rovistando in un armadio e traendo un pacco di compiti. “Ti ho messo anche 28”

Mi allunga il foglio che prendo con due dita e immediatamente mi apro in un sorriso di soddisfazione.

“All’esame pretendo un trenta. Quindi, se non hai tempo da perdere per pomiciare, perdi tempo a studiare. E se non capisci qualcosa, il mio orario di ricevimento è sulla porta”conclude rimettendosi a sedere e non degnandomi di un’ulteriore occhiata.

Brutto bastardo! Adesso vorrebbe che mi scusassi! Poso il compito sulla scrivania e mi avvicino alla porta col mento alto e una battutaccia pronta. Poi torno a guardare il divano e sorrido cattiva “Ma cosa ci fa un divano del genere nella tana di un serpente?”

“Lo uso per estorcere sesso alle studentesse indisponenti come lei” afferma a mezza bocca lasciandomi stupita.
Toh fa anche le battute, penso chiudendomi la porta alle spalle e ridacchiando. Questa è da raccontare!

 

Nuova lezione. La serpe va su e giù, muove la mano destra continuamente, mostrando a tutte le studentesse quanto è figo, mentre si gratta un angolino della bocca e continua a rispiegare per l’ennesima volta il concetto che non capivo l’altro giorno.

Non ha tutti i torti: le mie amiche si fanno gli affari loro, messaggiano, sfogliano la prossima lezione e sono disattente, finchè il cerbero non sbatte sulla scrivania i compiti. Io sono tranquilla, ma vedo le ragazze agitarsi.

Li distribuisce senza emettere un fiato, alzando le spalle alle lamentele. Per un momento ho paura che il mio 28 si sia tramutato in un 18 e quando mi porge il foglio, mi lancia un’occhiata strana.

Cos’è, un avvertimento a non divulgare la notizia della precedente conoscenza del mio voto? Tranquillo cocco, qua è una guerra aperta con i cosiddetti ‘colleghi’.

La serpe tuona e sibila verso le insufficienze e ci ricorda che siamo ricercatori, non avvocati e che l’inglese lo dobbiamo sapere.

Lui sì che lo sa. Ho fatto una bella ricerca su Google e ho trovato il suo curriculum. Ne ha fatte di cose, il bel Paolo ‘occhi azzurri e ghigno da stronzo’.

Lo stronzo non ha neanche 40 anni e ha una lista di ricerche all’attivo impressionante. Sono sinceramente colpita. Mi viene da ridere alla battuta del divano e ci metto molto tempo a togliermi quel risolino dalla faccia.

Lui m’intercetta e mi fulmina. Cammina fino a me, primo banco solo perché sono miope e stamattina le lenti a contatto mi davano un fastidio della madonna, tanto che mi hanno costretto a mettere gli occhiali e sorride amabilmente, cosa che mi mette i brividi.

“Felicia, dico giusto? Ci spiegherebbe il concetto d’interazione, visto che me l’ha chiesto più volte e si permette di essere disattenta?”

Figlio di puttana! “Non ero disattenta, per il semplice fatto che non stava spiegando ma pontificando sulla necessità dello studio della lingua inglese” borbotto sfidandolo un’altra volta.

Alla terza volta, questo capace di mettermi sulle ginocchia e sculacciarmi.

Non posso pensarci, mi viene troppo da ridere.

Mi strozzo dalle risate e qualcuno accanto a me anche. Risultato? Mi sbatte fuori dell’aula senza tanti complimenti.

Resto a guardare la porta chiusa intercettando un mio amico che transita e ci andiamo a prendere un panino al bar. Lui mi consiglia di chiedere scusa, stavolta.

Mi sa tanto che è il caso, penso tornando su e aspettando che la porta si apra. Mentre escono, le mie amiche mi danno lo stesso suggerimento di Andrea.

Attendo che se ne siano andate tutte e rientro nell’aula a passo calmo. La serpe sistema le slides e mi lancia un’occhiata in tralice.

“Le volevo chiedere scusa per il mio comportamento” cantileno senza molta convinzione.

“Le scuse sono sentite, a quanto posso capire” mi rintuzza ghignando.

Ma sarà stronzo?

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Capitolo 2
*** Non c'è trippa per gatti ***


“Le volevo chiedere scusa per il mio comportamento” cantileno senza molta convinzione

“Le volevo chiedere scusa per il mio comportamento” cantileno senza molta convinzione.

“Le scuse sono sentite, a quanto posso capire” mi rintuzza ghignando.

Ma sarà stronzo? “No, non sono sentite. Ma se non mi scuso con lei, non mi fa fare l’esame” ammetto seguendolo mentre sale le scale e si dirige nell’ufficio. Gli sto correndo letteralmente dietro! “Mi scusi, ma non posso farci niente se mi fa ridere”

E proviamo con la verità, va!

“E cosa la fa ridere?” domanda freddo come un cubetto di ghiaccio

E’ ripassato al lei, grave!

“Il suo modo di fare…” mi tengo larga perché già mi viene da ridere all’idea delle fustigate che mi darà all’esame!

“Interessante, continui” borbotta mentre sistema le sue cose e io risiedo sulla poltroncina davanti alla scrivania “non c’è nulla da dire” ammetto alzando le spalle “le chiedo davvero scusa. Come farebbe una brava bambina.” E dai, ma allora sono demente!

“Se ne vada” sibila per nulla divertito. “Non voglio più vederla se non in sede d’esame”

“Mi boccerà, cosa vengo a fare?” domando con la faccia funebre. Mi sa che ha sentito il tono disperato perché adesso mi guarda.
“Devo valutare le sue capacità, non la simpatia nei miei confronti”

“Beh..” Ammetto appoggiandomi pesantemente allo schienale “allora è un genio incorruttibile. Nessuno dopo un tale affronto è capace distare lucido. Se ci riesce, ha tutta la mia ammirazione” ammetto annuendo e fissandolo dritto negli occhi.

“Lei è insopportabile e indisponente. E m’irrita oltremisura”

“Mi dispiace, ma è un effetto che faccio a molti” replico per nulla turbata dalle sue parole “stronza è l’aggettivo che mi definisce meglio”

“Frigida stronza è sicuramente più attinente alla sua persona”

Ecco, ora esagera “non cominciato con gli appellativi, serpente” ringhio indispettita “che battuta da caserma!”

“E’la verità” ribatte alzandosi e stirandosi quella maledetta giacca “ora se ne vada.

 

“Non me la spiega la processazione del linfocita, vero?” Mugugno perché non mi va di studiarla e mi piace stare qui a far incazzare la serpe. Lui ghigna, si spiega su di me e scuote la testa “poteva essere presente a lezione invece di bighellonare nei corridoi”

Inspiro rabbia e ira “mi ha gettato fuori lei! Serpe velenosa” sbotto alzandomi e appiccicandogli quasi la faccia alla sua. Certo che ha gli occhi belli, è tutto il resto che è fallato.

Me lo guardo per bene, il bel Paolo e lui fa lo stesso con me “non hai il fidanzato perchè hai un carattere tremendo” mormora lasciandomi a corto di battutine. E poi che cavolo di tasto tocchi, brutto coso?

Ma togliti” sbotto spingendolo via e sentendo la lama della ghigliottina che cala sulla mia testa.

“Toccato un brutto tasto?”

“Non sta me dirglielo”

“Ci siamo solo tu ed io” ribatte con un sorrisetto “dai, dimmi perché non ce l’hai e forse, dico forse, all’esame ti faccio passare con un diciotto immeritato”

“Cos’è, un ricatto?” domando un po’ confusa. Come siamo arrivati a questo punto?

“No, se era un ricatto ti avrei ordinato di fare sesso con me.”

“Te lo sogni!” rido un bel po’ imbarazzata.

Lui scuote la testa e incrocia le braccia “beh, si…da qualche notte si. Hai un bel culo e un carattere da domare che è una vera sfida per uno come me”

Ma sta scherzando?! Ho finito tutte le battute e tutte le parole e lo fisso come fosse una bestia rara da toccare con un bastone… da molto lontano. “Sa che potrei denunciarla al Consiglio dei Professori per molestie sessuali?” butto lì per vedere che effetto fa.
Niente, non si smuove di una virgola. Però si toglie la giacca e mi fa fare un salto all’indietro. “Nervosa, eh? Tranquilla: litigare con te fa solo aumentare la sudorazione. Nient’altro.

Che ti stramaledicano! “Sorpresa che un docente si comporti in questo modo. Avevo sentito un sacco di storie su di lei, ma arrivare a questo..” Sibilo allungando una mano verso di lui.

“A cosa? A qualche battutina stupida?” replica con aria innocente che mi fa avvelenare ancora di più. E quando mi arrabbio, vuol dire che il tipo mi piace.

Resto un attimo disorientata dalla considerazione e comincio a fissare un punto sul muro. Non so come uscire con eleganza da questa situazione, in più la serpe mi fissa col suo solito cipiglio “Allora?”
”Allora cosa?”

Perché non hai il ragazzo?”

E dagli! “Gusti difficili”

“I loro o i tuoi?”

Bastardo, pezzo… “i miei”

Mi apro in un bel sorriso al vetriolo. Mi è tornata la lingua lunga e adesso sono cavoli acidi “e da quanto ho potuto vedere dal suo lunghissimo curriculum, anche lei ha un bel po’ di tempo libero. Gusti difficili? Misoginia protratta?”

La serpe non risponde ma si vede che è incazzato nero. Gli sfodero un bel sorriso di soddisfazione per aver avuto l’ultima parola e la mia mano si muove da sola e lo agguanta per la cravatta tirandolo verso di me “non sai più che dire, serpente?”

Lo costringo a piegarsi un po’, l’arrabbiatura diventa sempre più visibile e come al mio solito, devo insistere per farlo scoppiare. Di solito, quando i miei amici si arrabbiano, gli tiro un bacetto per farli ridere. Di solito riesce.
Di solito.

Stavolta esagero in tutti i sensi e gli stampo un bacio sulla bocca. Ha le labbra tiepide e chiuse che urtano piacevolmente contro le mie, più morbide e carnose. Non mi ero mai accorta del buon profumo che porta. E’ discreto e non violenta i turbinanti come fanno molti. Mi sbilancio un po’ e mi appoggio a lui non volendo, lasciando andare la cravatta e posandogli la mano sulla spalla per sorreggermi. Evvai! Dopo questa, non mi laureerò mai più!!!

Però succede qualcosa che non mi aspettavo, perché il bacio, seppure lieve e canzonatorio, mi lascia una diffusa sensazione di estraniamento nel corpo.

Lo lascio andare di colpo tirandomi indietro. Beh? Che vuol dire?

Si vede che la cosa l’ha toccato. Non ha più l’aria nervosa di prima e neanche quel ghignetto che gli è tanto caro.
”Mi dispiace…”farfuglio sentendo vampate di calore alle guance. Adesso come ne esco con eleganza?
Non ne esco perché mi sento abbracciare e stavolta è un bacio profondo e appassionato quello che m’impone.

Imporre è una parola grossa, perché passati i primi attimi di smarrimento, lo ricambio con  molta convinzione. Il cuore galoppa a più non posso e un fuoco gelido scende lungo le gambe e ristagna nel ventre, soprattutto quando mi apre le labbra con le sue e mi sfiora la lingua invogliandomi a ricambiarlo. Mi accarezza la schiena e continua a baciarmi e sento solo ondate di dolcezza che provengono da quel tipo astioso e mi lasciano tramortita.

Gli occhiali m’infastidiscono; vorrei toglierli, ma sono troppo concentrata su di lui per muovere un dito. Hai i capelli ispidi e quell’angolino della bocca che si gratta sempre è ruvido di barba appena accennata sotto l’epidermide. Si stacca da me, mi toglie la montatura leggera ma assolutamente ingombrante per baciare e riprende come prima, sedendosi quasi sulla scrivania e facendomi appoggiare a lui. Ora lo sto abbracciando del tutto, neanche fossimo due fidanzatini che pomiciano nel tempo libero.
Sento un rumore di carta: si è seduto sui fogli sui quali scriveva. Vorrei lasciarlo ma ora che ho cominciato non mi va assolutamente di smettere. Per un momento penso alla possibilità che entri qualcuno, poi me ne frego e lo assecondo in quel bacio che mi risucchia dentro di lui.

Quando ci allontaniamo è terribilmente imbarazzante. La serpe sa baciare molto bene ed è di una dolcezza unica… è tutto il resto…

Si schiarisce la gola più volte voltandosi appena a guardare quei fogli piegati sotto di lui. Ingoia e torna a guardarmi. E sembra parecchio imbarazzato. “Può restare fra noi…questo?”

Quel tono guardingo e impacciato mi sorprende. Annuisco perché non riesco ad emettere una vocale: la cosa ha fatto un certo effetto anche a me. E’ il tipo che abbaia e ulula alla luna, ma sotto sotto è un cucciolo. Mi fa sorridere, che dolce!

“Sì, certo.”

Quasi quasi lo minaccio di divulgare la cosa se non mi mette trenta, ma ho pietà di lui che sembra veramente in crisi. ”Arrivederci” mormoro afferrando la sacca con i libri e uscendo dalla stanza. C’è qualcosa che non va… non vedo nulla!

Torno indietro e lo vedo venirmi incontro con gli occhiali in mano. “Non cadere dalle scale” mi prende in giro infilandomeli.

Bizzarra visione, mettere a fuoco un volto. Li sistemo lo stesso da me e accenno un sorriso. Senza quell’aria compassata, è veramente carino! Carino a dir poco. “Di solito prendo l’ascensore”

“Per scendere due piani?”

“La borsa pesa” spiego mostrandola. Resto un altro po’ a dondolarmi sulle gambe finchè non lo vedo piegarsi di qualche centimetro e fissarmi.

“Ci hai preso gusto?” domando con un sorriso imbarazzato, lanciando un’occhiata dietro di me.

“Mh… si” ammette accarezzandomi per un secondo il collo e smettendo subito: gente in arrivo.

“La ringrazio della spiegazione” ridacchio ad alta voce, abbozzando un sorriso fin troppo largo.

Le mie amiche mi guardano e si accorgono subito che la solita aria nervosa quando parlo con l’essere è del tutto assente.

“Beh? Hai trovato un punto d’incontro col serpente?”

Si, gli ho divorato le uova” ammetto con un ghigno malefico che le fa sorridere… e ho fatto approfondita conoscenza con la sua lingua. Stranamente non è biforcuta.

“E’ tutto fumo: non morde, alla fine”

 

Le ultime parole famose! All’esame mi straccia in cinque minuti e faccio una fatica tremenda a finire l’interrogazione senza mettermi a piangere o tirargli il libro in faccia. Mica mi aspettavo un trattamento di favore, ma almeno uguale a tutti gli altri!

“Farebbe meglio a tornare” borbotta senza neanche guardarmi e sbarrando il mio nome con una riga nera che cancella un mese della mia vita.

“Così mi costringe a rivedere i miei piani per la laurea” sibilo iperventilando e agitando sempre di più il ginocchio sotto il banco “serpe!” sibilo fra i denti in modo che mi senta solo lui.

Mi lancia uno sguardo strano e poi si gira verso l’altro prof. Si mettono a confabulare dandomi le spalle e io mi volto a guardare i miei amici tutt’occhi a quella scenata, già preoccupati per la loro sorte.

“Va bene. Più di 27 non possiamo metterle”

“A me va benissimo!” sbotto gelida, allungandogli il libretto e non dicendo una parola. Mi è costato un mese di ulcera, st’esame del cazzo.

“Grazie!” sibilo sarcastica afferrandolo e tirandolo con una certa violenza. Esco senza salutare e mi dirigo fuori a dare la bella notizia ai miei. Inspiro per calmarmi, tutta sta tensione nervosa mi ammazza e la boccetta d’acqua che beve sempre per quietarmi prima di un esame non mi fa effetto.

Entro nel bagno, mi lavo il viso e mi appoggio al lavandino chiudendo gli occhi. Ok, è andata anche questa. Siamo a meno tre esami.

Quando esco, vedo Andrea venirmi incontro. Ha assistito alla scena dalla porta e mi vuole consolare. Amico mio, quanto ti voglio bene.

“Adesso che mi ha registrato l’esame, lo aspetto su e me lo inculo! Gli dico tutto quello che penso di lui, tanto chi lo rivede?” o avverto salendo le scale con foga e mettendomi fuori ad aspettare. Tanto per l’ora di pranzo devi farti vedere, stronzo!

 

Dopo un’ora in cui mi sono preparata tutti i miei discorsetti, lo vedo uscire dall’ascensore con una faccia annoiata che mi sorprende. Mi guarda e non fa una piega, mentre apre lo studio “sei venuta a lamentarti del trattamento ingiusto?”

“No, volevo dirti quanto sei pezzo di merda a cercare di bocciarmi e poi mollarmi un 27 come se niente fosse” sibilo sbattendo la porta quando lui getta il libro sulla scrivania e si sbraca pesantemente sul divano.
“Dopo aver interrogato te, mi sono annoiato a morte a sentire quelle ciance. Le tue amiche cercano tutte di leccare e la cosa mi da un fastidio inumano. Almeno tu mi davi filo da torcere. Borbotta senza ascoltarmi. Sensuale in quella posizione! “Non ti avrei bocciato, cercavo di farti urlare un po’. Sono tre settimane che non vieni più a chiedere spiegazioni e devo accontentarmi di vederti in fondo alla sala con aria persa. Hai cambiato gli occhiali.

Ehilà che spirito d’osservazione. Si, certo che non sono più venuta. Se ricapitava, poi, come facevo a mantenere il giusto distacco? “Il resto era semplice” mento per non rivelargli le telefonate che ho fatto a Pamela e Francesca a tutte le ore per avere una spiegazione decente.  Strano, sembra quasi che gli dispiaccia non vedermi più.

“Di un po’, prof… non sei contento di esserti liberato di una piantagrane come me?” Lo rintuzzo con aria divertita. Ho una mezza nostalgia di sentire quelle labbra sulle mie.

Lui scuote un po’ la testa e mi guarda “adesso che sei libera, potresti anche fare sesso con me”

Mi metto a ridere di cuore, scuotendo decisamente la testa “e no… la vedo difficile!”

“Lo sapevo. Infatti scherzavo” ribatte con un sorriso “non te lo chiederei mai così”

“E se ti dicevo di si?” lo provoco immediatamente con un sorriso a 36 denti.

“Ti baciavo”

Quella risposta mi lascia senza parole. Certo, signore mio, anche a me piacerebbe baciarti, ma non vuol dire che…

“Interessa?”

Dondolo un po’ sorridendo “sei molto sicuro di te”

Mica tanto” bofonchia inclinando la testa da una parte “adesso che sei libera, potresti anche baciarmi”

“Non vuol dire che farei sesso con te.”

“Non importa.”

“Hai unito i due concetti, uno è imprescindibile dall’altro.

“Assolutamente” ridacchia alzandosi “finisco alle quattro, aspettami qui fuori”

A quelle parole lo guardo divertita “e perché dovrei?”

“Perché alle quattro finiamo e possiamo..” S’inclina verso di me, fino a toccarmi quasi le labbra con le sue “Possiamo parlare di quel bacio” sussurra sfiorandomi appena e costringendomi a seguirlo in quel balletto.

“Serpente” mormoro quando alla fine non mi bacia e si sposta con un’espressione che è tutto dire.
Stupido, se ti va di baciarmi, baciami, no? 

 

Sono le quattro e mezza quando lo vedo riemergere con aria disfatta e nervosa. Resta sorpreso di vedermi, lo vedo da come sgrana gli occhi per un secondo. Pensava che me ne sarei andata via? Mi fa entrare e chiude immediatamente la porta a chiave. Beh?

Non faccio in tempo a dirlo che mi sento abbracciare la vita con una forza che mi lascia senza parole.

“Ehi! Piano, mi rompo” ridacchio cercando di farmi mollare. “Quanti ne hai bocciati?”

“Neanche uno. Ero stranamente di buon umore…” confessa stringendomi “avevo un certo appuntamento con una studentessa indisponente, ma non sapevo se fossi rimasta o no” mormora baciandomi tutto il viso e a spingermi verso il divano nella penombra della stanza. Si mette a sedere con me in braccio

“Ti avevo detto di sì.”

“Non avevi riposto nulla..” Precisa scendendo sul collo. Un sospiro trova l’uscita e lui si stacca, guardandomi. Cosa credeva, che fossi indifferente ai suoi baci?

Lo osservo fra le palpebre socchiuse, abbassando gli occhi sulle sue labbra e sporgendomi per baciarlo ma mi ferma e riprende a studiarmi “non ho capito nulla di te. Ti pensavo una tigre…ringhi graffi… ma sembri più una micetta, adesso.”
Mi stacco da lui innervosita. Quel discorso mi ha urtato perché non mi piace ammettere debolezze. Anche in amore.
“Certo che sei intelligente. Dentro un ufficio col via vai che c’è!” sbotto alzandomi e afferrando la borsa. Mi da un fastidio cronico che mi dicano quella cosa. Che bisogno c’è di parlarne? Se te ne accorgi, tienitela per te, no?

Mi agguanta prima che riesca ad arrivare alla porta. “Ferma, buona. Cos’è successo?”
”Sono le cinque, vado a casa. Ho palestra alle sei e un mucchio di gente che torna a casa da lavoro da scansare” sillabo meccanicamente. Non è vero: è alle sette e trenta, ma la scusa del traffico è indiscutibile. Mi lascia, infila le mani in tasca e annuisce. Esco senza salutarlo, il che è un male perché dopo questa sessione potrò vederlo solo sporadicamente.

“Tigre…”
”Che c’è, serpe?” domando con tono ironico e sfacciato.

Quando graffi fai male”

Ci resto di merda perché il tono che usa, e come lo usa, mi fa capire che sto sbagliando di brutto. “Lo so” commento a mezza bocca fissandolo un po’ troppo “ciao. 

 

Esco dalla stanza camminando decisa. Solo all’ultimo mi volto e me lo trovo lì. Immobile a fissarmi. Gli strizzo l’occhio e me ne vado.

 

Però sarebbe stato fico non voltarsi…




Ok, fine del delirio! (mi sono anche finiti i prof belli, purtroppo... X( ) Cmq c'è da vergognarsi a pubblicare sta storia!  

 



 

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