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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Willgrave Lane ***
Capitolo 3: *** Solitudine ***
Capitolo 4: *** L'ultimo Malfoy ***
Capitolo 5: *** Intrighi Babbani ***
Capitolo 6: *** Il Complotto dei Rinascenti ***
Capitolo 7: *** L'ospite inatteso ***
Capitolo 8: *** La Signora Oscura ***
Capitolo 9: *** Il Fabbricante di Bacchette ***
Capitolo 10: *** Hogwarts ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
The Outsider_ Prologo
Dedicato
a Sarah, che si è sempre impegnata per starmi vicino nonostante i chilometri
che ci dividono; e a al mio Puddy, e
lei sa benissimo perché.
The Outsider
Il Destino dei Prescelti
Prologo
<<
Avada Kedavra!>>
Un
fiotto di luce verde scaturì dalla bacchetta di Draco, con una simile potenza
da generare un immenso bagliore accecante. Il sottile ramoscello di legno che
stringeva fra le dita iniziò a vibrare finché l’incantesimo non ebbe terminato
il suo effetto.
Poco
distante, il corpo minuto di Lisan Rowles ricadde a terra inerme come una
bambola di pezza.
Hermione era salva.
Fu
l’unica cosa che Draco riuscì a pensare prima di accorgersi che era finita.
La
cerchia di mantelli neri che lo circondava si fece più stretta, le bacchette
sguainate e gli occhi iniettati di sangue.
<<
Scappa.>> Le sue labbra si mossero senza emettere alcun suono. Il cuore
gli parve aver cessato di battere. Socchiuse gli occhi in attesa che la sua
vita giungesse al termine. Hermione era
salva. Non sarebbe morto in vano.
*°*°*°*
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Capitolo 2 *** Willgrave Lane ***
The Outsider_ Prologo
Ecco il primo capitolo della storia. Ringrazio Dalastor per i preziosi consigli e Argentlam e Stizy per il "supporto morale". Impossibile non nominare Top Gun Forever, per tutte le ore spese a sopportarmi. Aspetto con ansia le vostre recensioni.
Capitolo 1
Willgrave
Lane
Se
c’era una cosa che Lisan sapeva fare alla perfezione, oltre trascorrere intere
nottate insonni davanti al televisore a ingozzarsi di cioccolato, quello era
rubare: per quel motivo si trovava lì, in quell’afoso ristorante che si
affacciava su Piazza del Campo, senza una meta ben precisa né un motivo che la
spingesse del tutto ad agire. Era come bloccata, paralizzata dagli eventi che
erano accaduti troppo velocemente.
Due
giorni prima si trovava a Los Angeles, rintanata nelle cantine di in ufficio di
assicurazioni automobilistiche nel quale era stata costretta a nascondersi.
Ed
ora, a distanza di appena quarantotto ore, le sue All Star logore stavamo
calpestando il pavimento ben lucidato di
uno dei locali più eleganti di Siena.
Tutt’intorno
a lei c’erano soffitti affrescati, camerieri in uniforme dall’aspetto rigido e
ben curato e carrelli ricolmi di secchielli di ghiaccio, bottiglie di Chianti e
piatti da portata decorati.
Molti
clienti l’avevano osservata come si osservava un moscerino particolarmente
fastidioso. Come biasimarli?
Lisan
non si cambiava da due giorni; aveva addosso una giacca di due taglie superiori
alla propria, i suoi capelli castani erano umidi e stopposi e le ricadevano
disordinatamente sul viso. Non l’avrebbe sorpresa il fatto che qualche
cameriere, di lì a poco, si sarebbe avvicinato per invitarla ad andarsene.
Ma
non sarebbe successo. Non quel giorno.
*°*°*°*°
I
fari della Giulietta illuminavano la scia di asfalto che correva dritta attraverso
i vasti campi di vigneti, immersi in un sottile strato di nebbia mattutina.
L’alba
stava facendo capolino alle spalle delle colline toscane, dei campi di girasoli
in fiore e dei pochi casali in pietra sparsi sulle alture, tingendo in cielo di
una delicata sfumatura rosata. I suoi raggi iniziavano a lambire le terre del
Chianti; esse splendevano di un immenso fascino antico che nessuno, in quel
tratto di strada deserta, avrebbe mai potuto scorgere.
Harry
adorava l’aria frizzantina che si respirava al sorgere del sole e il dolce
profumo di erba appena tagliata. Il vento che sibilava attraverso il finestrino
gli scompigliò i capelli corvini, riportandogli alla mente le giornate di
Hogwarts trascorse a studiare Storia della Magia nel parco della scuola insieme
a Ron ed Hermione.
E
spostò d’istinto lo sguardo sulla plancia dei comandi, dove una foto fissata
con lo scotch capeggiava al di sopra del computer di bordo. I volti dei suoi
due amici, sorridenti nelle loro nuove uniformi del Ministero della Magia, gli
restituirono lo sguardo. Erano abbracciati nell’atrio principale del Ministero
durante il primo Anniversario della Caduta del Signore Oscuro, periodo di
grandi festeggiamenti nel mondo dei maghi.
Harry
sospirò.
Erano
trascorsi nove mesi dal giorno in cui era stata scattata quella fotografia.
Quel piccolo pezzo di carta aveva attraversato tre continenti, due oceani,
almeno quaranta città differenti ed un discreto quantitativo di chilometri.
Harry
tornò a concentrarsi sulla guida.
Le
quindici torri medievali di San Giminiano svettarono nel panorama in fondo alla
valle, illuminate dai fiochi raggi dell’alba.
Durante
il periodo medievale più fiorente di San Giminiano le torri erano più di
settanta: ogni famiglia nobile ne possedeva una come dimostrazione del proprio
prestigio, arrivando a litigarsi per chi edificasse la torre più alta.
La
pensione nella quale Harry soggiornava si trovava in prossimità della Torre
Rognosa, la più alta rimasta in piedi.
Dopo
aver varcato le vecchie mura perimetrali del borgo, parcheggiò l’auto e
proseguì a piedi con la sola compagnia di qualche gatto randagio e del
frastuono fastidioso provocato dalle pulitrici che percorrevano le strade.
La
pensione si chiamava “La Quinta Torre”, era
gestita da una coppia di cinquantenni ospitali e discreti. Le camere erano una
decina, l’ambiente silenzioso e riservato: il luogo babbano ideale dove
trascorrere un paio di giorni.
Harry
comparve nel piccolo ingresso in pietra della pensione quando l’orologio appeso
alla parete della repection segnava le cinque e venti del mattino. Il
campanello che sormontava la porta accompagnò il suo ingresso con un tintinnio rumoroso.
Pochi
istanti dopo, una figura minuta avvolta in una spessa vestaglia color topo
sbucò dalla porta dietro il bancone. << Signor Evans.>> lo salutò
la titolare della pensione che, nonostante gli occhi gonfi di sonno, riuscì a
rivolgergli un sorriso cordiale.
<<
Mi dispiace molto di averla svegliata.>> si scusò Harry.
<<
Non si preoccupi.>> La donnina si alzò in punta di piedi per raggiungere
il quadro di legno della reception sul quale erano appesi diversi mazzi di
chiavi. Parlava un inglese discreto, la sua voce rassomigliava ad uno squittio
acuto. << Dirò alla ragazza delle pulizie di non disturbarla, questa
mattina. Avrà intenzione di riposare.>>
Harry
la ringraziò tacitamente con un sorriso mentre riceveva le chiavi della propria
stanza. << Buona giornata.>>
mormorò in italiano, per poi sparire su per la rampa di scale. La stanza numero
117, l’unica delle dieci disponibili ad essere occupata, si trovava al secondo
piano dell’edificio ed era poco più grande del suo vecchio sottoscala di Privet
Drive. L’arredamento era semplice e ben curato, gli unici elementi di mobilio
erano il letto ad una piazza e mezza sistemato in un angolo, affiancato da un
minuscolo comodino e da un armadio. Le due finestre che si affacciavano sulla
strada principale erano alte e schermite da lunghi tendoni color porpora.
Nonostante
fosse completamente solo, si accertò che nessuno lo stesse osservando; poi
estrasse la bacchetta da una tasca interna del giubbotto e la posò sul
comodino.
Il
sole era quasi sorto. Un forte raggio di luce penetrava attraverso lo spiraglio
della finestra, illuminando un triangolo del parquet ai suoi piedi.
Aveva
bisogno di qualche ora di sonno, di una doccia e di qualcosa di più sostanzioso
del sandwich trangugiato di fretta la notte precedente.
Harry
si rese conto di essere esausto. Si sfilò i vestiti mentre avanzava stancamente
verso il letto, abbandonando i jeans e il maglioncino sullo schienale di una
sedia.
Rimasto
in boxer, si lasciò cadere all’indietro sul materasso. Una sensazione di
torpore lo invase dalla cervicale fino alla punta dei piedi.
L’ultima
cosa che vide, prima di sprofondare in un sonno profondo, furono i volti
sorridenti di Ron ed Hermione che gli sorridevano alle spalle dell’atrio
principale del Ministero della Magia.
*°*°*°*
Due
figure comparvero dal nulla nell’oscurità di un vicolo, avvolte in lunghi
mantelli neri che lambivano le loro caviglie.
Da
qualche parte, in lontananza, il rumore di una sirena. Tombini scoperchiati e
ratti solitari facevano da sfondo ad un quartiere di periferia decadente,
illuminato solo dal fioco bagliore dei pochi lampioni posti ai lati del
marciapiede.
<<
Fa freddo.>> mormorò la prima figura con voce roca, stringendosi nelle
spalle tremanti.
<<
Ti scalderai camminando, Marcus.>> disse di rimando Hermione Granger.
Marcus
Flint emise un suono a metà tra uno sbuffo ed una risata. << Perché ci
siamo smaterializzati così lontano?>>
<<
Trovo bizzarro che il sottosegretario più giovane del Wizengamot non abbia mai
letto Storie di Hogwarts.>>
Hermione non riuscì a trattenere un sorriso ironico. << A meno che il
signor Gildeus Flint, che curiosamente coordina l’Ufficio Assunzioni del
Ministero, non abbia ritenuto superfluo spiegare al figlio un concetto
fondamentale della Smaterializzazione.>> Il sorriso si fece ancora più
ampio quando Marcus Flint, tremante nel suo mantello ricamato in oro, la
osservò con gli occhi attoniti di uno studente impreparato all’interrogazione.
<<
In presenza di incantesimi protettivi posti ai confini di un territorio, non è
possibile smaterializzarvisi al suo interno.>>
Lo
sguardo dubbioso di Flint non cessò con la sua spiegazione.
<<
Come ad Hogwarts.>> soggiunse Hermione. << Perciò dovremmo
proseguire a piedi. Tieni il passo. Abbiamo poco tempo.>>
S’incamminarono
l’uno di fianco all’altra lungo il sentiero che conduceva su un’altura lontana
dal centro abitato. Si lasciarono l’umida periferia alle spalle, percorrendo
per quasi un’ora una strada provinciale che sfociava nell’aperta campagna.
Nessuno
dei due parlò.
Marcus
Flint le arrancava alle spalle con il suo passo goffo e dinoccolato.
Si
vociferava che suo padre avesse stretto importanti amicizie con i Mangiamorte
ai tempi della Seconda Guerra, ma era stato prosciolto dal Wizengamot ancor
prima dell’inizio del processo. La pace non era bastata a sollevare il marciume
dal Ministero.
Imboccarono
un sentiero che si snodava dalla strada principale addentrandosi nella fitta
vegetazione di un bosco. Gli alberi nel cuore della notte avevano un aspetto
spettrale, si piegavano ricurvi con le loro forme minacciose sui malcapitati
passanti.
Flint
accelerò il passo e, in pochi istanti, le stava camminando accanto.
<<
Siamo arrivati.>> disse Hermione, dieci minuti più tardi.
In
una radura persa nella boscaglia si nascondeva un piccolo edificio in pietra
dal tetto alto e spiovente. Un mulino di legno sulla facciata principale
roteava lentamente, attingendo l’acqua gorgogliante dal fiumiciattolo che
attraversava la radura, proseguendo a zigzag fino ad addentrarsi fra gli
alberi.
Attraversarono
un ponte di corda e giunsero in prossimità del portoncino d’ingresso.
Hermione
diede un’occhiata fugace a Marcus, alle sue spalle. Poi bussò tre volte.
<<
Parola d’ordine.>> disse una vocetta stridula dall’altra parte
dell’uscio.
<<
Polpette di Drago.>>
Lentamente,
la porta cigolò sui cardini e si aprì.
In
equilibrio precario su una grossa pila di volumi polverosi, nel tentativo di
osservare il loro arrivo dallo spioncino, c’era un piccolo e gracile elfo
domestico.
Non
appena ebbero varcato l’uscio, la creaturina balzò giù dalla scaletta
improvvisata e sprofondò in un immenso inchino. Il suo naso adunco sfiorò il
pavimento.
<<
Benvenuti a Willgrave Lane, signori.>> I suoi occhi a palla rotearono su
Hermione e, per qualche breve istante, la scrutarono con meraviglia. <<
Signorina Granger, il Capo degli Auror del Ministero della Magia!>>
squittì. E si chinò ancora, prostrandosi quasi ai suoi piedi. << E’ un
onore conoscerla!>>
Un
sorriso gentile si aprì sul viso di Hermione, che mantenne con fatica il
portamento professionale.
Prima
di diventare Auror aveva lavorato un anno nell’Ufficio Regolazione e Controllo
delle Creature Magiche, occupandosi in prima linea della salvaguardia dei
diritti degli Elfi Domestici.
<<
Il piacere è mio.>> rispose all’elfo. << Come ti chiami?>>
<<
Dobby, signorina!>> squittì, facendola trasalire. << Mio padre era
il migliore amico di Harry Potter. E’ morto per salvarlo.>> Il piccolo
Dobby si sistemò il lurido straccio che indossava come vestito. I suoi enormi
occhi divennero lucidi. << Dobby è onorato di averne ereditato il nome.
Anche lei era presente quando il padre di Dobby è morto, signorina! Lei ha
aiutato Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro!>>
Marcus
Flint inarcò acidamente un sopracciglio. << Questa storia è molto
commovente, sul serio. Ma abbiamo del lavoro da sbrigare.>>
Hermione
si morse un labbro. Ebbe la tentazione di colpire Flint con un incantesimo Cresciverruche. Ma in fondo quell’idiota
aveva ragione: avevano poco tempo a disposizione prima di rientrare al
Ministero.
<<
Accompagnaci dal tuo padrone, Dobby.>> si limitò a mormorare.
Avrebbe
voluto prolungare la conversazione con il piccolo Dobby, invece fu costretta a
seguire l’elfo domestico attraverso uno stretto corridoio. Sbucarono in un soggiorno
ampio dalla forma quadrata. La pareti in pietra erano decorate con arazzi e
quadri antichi. Un fuoco scoppiettante ardeva nel grande camino di pietra,
attorno al quale erano sistemati un divano e due grosse poltrone in pelle nera.
Una
delle poltrone era occupata. Hermione poté distinguere una chioma di capelli
biondi ben pettinati che faceva capolino dallo schienale.
<<
Siete in ritardo.>> disse Draco Malfoy.
Quando
si alzò e percorse i pochi passi che lo separavano dai due, Hermione parve
essersi dimenticata di quando fosse alto.
Indossava
dei pantaloni eleganti in tweed, un maglioncino color prugna sotto il quale
faceva capolino il colletto ordinato di una camicia.
Rispetto
a Marcus, più robusto e goffo nei movimenti, Draco appariva come una figura
distinta, dal portamento aristocratico e austero tanto simile a quello di
Lucius Malfoy.
Gli
occhi di ghiaccio di Draco la scrutarono per qualche lungo istante, e fu come
se fosse percorsa da una scossa elettrica. Poi, lentamente, il ragazzo le porse
la mano. << Granger.>> mormorò. << Dopo la Caduta del Signore
Oscuro, non ho avuto mai più l’onore di incontrarti, comandante.>>
<< Comandante ad interim.>> precisò Hermione. La sua voce le risultò piò acuta
del solito. Se la schiarì nervosamente. << Sostituisco il Capo degli
Auror in carica durante la sua assenza.>>
Draco
annuì distrattamente. Si spostò verso Marcus Flint e lo salutò con un abbraccio
che le risultò quasi fraterno.
Flint,
prima di staccarsi, gli diede alcune pacche amichevoli sulla schiena.
<<
Accomodatevi.>> Draco indicò loro il divano vicino al camino con un ampio
gesto del braccio.
Hermione
prese posto nell’angolo più lontano, sedendo composta con la schiena rigida
come un manico di scopa.
Marcus,
invece, che sembrava trovarsi perfettamente a proprio agio in quell’ambiente,
vi si lasciò cadere comodamente.
<<
Mi dispiace avervi disturbato nel cuore della notte, ma ci sono alcune
importanti questioni di cui vorrei parlare con il Ministero.>> disse
Draco, che sedette sulla sua poltrona. << Tra due settimane inizierà
l’anno scolastico. Non c’è molto tempo.>>
<<
Molto tempo per cosa?>> domandò Hermione.
Draco
non si preoccupò di guardarla. Tenne gli occhi fissi sull’amico, come se lei
fosse un semplice e garbato componente dell’arredamento.
<<
Tre anni fa il Wizengamot nel Grande Processo contro i Mangiamorte ha
condannato ad Azkaban centoventidue persone, tra le quali figuravano molti miei
parenti.>> Draco fece una piccola pausa, osservando le fiamme ardenti del
camino. << Dopo la caduta del Signore Oscuro, prima di diventare docente di
Pozioni a Hogwarts, mi sono costituito volontariamente ed ho testimoniato
contro i Mangiamorte. Ho nominato almeno una cinquantina di sostenitori di
Voldemort. Mio padre, mio zio Ezius, i miei cugini di secondo grado corrotti
che lavoravano al Ministero. E molti altri.>>
Marcus
annuì in silenzio, ricordando in prima persona quei momenti.
<<
Secondo il protocollo standard di protezione del Ministero, in quanto Testimone
Protetto, ti è stata assegnata un’opportuna protezione fin dai tempi del
processo.>> disse Hermione. << Non è stata sufficiente,
forse?>>
Draco
scosse il capo. << Non sto parlando della mia protezione, ma di quella di
mia madre.>> Si passò nervosamente una mano nei capelli. << Temo
che le possa accadere qualcosa.>>
<<
Anche Narcissa Malfoy è stata assegnata al Programma di Protezione Testimoni
del Ministero.>> fece eco Hermione.
<<
Lo so, maledizione. E solo che…>>
<<
Hai ricevuto delle minacce?>>
Hermione
lo osservò attentamente e non ebbe bisogno di una sua risposta per capire di
avere ragione. Le pupille di Draco si dilatarono e, per un attimo, parve
abbandonare il muro austero dietro il quale si stava nascondendo. Aveva paura.
Glielo lesse in ogni più piccola espressione del volto.
Draco
annuì impercettibilmente.
<<
Minacce?>> Flint sobbalzò sul divano.
<<
Ti conviene informarci, in questo caso. Ogni particolare potrebbe essere
importante.>> convenne Hermione. << Non sei tu a tenere le redini
del gioco, e noi non siamo qui per divertirci. Rappresentiamo il
Ministero.>>
Draco
prese a torturarsi le mani, piegandosi in avanti sulle ginocchia come un cane
rabbioso. I suoi occhi s’illuminarono d’ira, e non bastò il bagliore del camino
ad affievolire la rabbia che emanavano.
La
sua lotta interiore era palpabile. Se Draco Malfoy aveva deciso di mettere da
parte l’orgoglio per lasciarsi aiutare da una mezzosangue divenuta capo degli
Auror, probabilmente la situazione era ben più grave del previsto.
<<
E va bene.>> sospirò infine Draco. << Vi racconterò tutto.>>
*°*°*°*°
|
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Capitolo 3 *** Solitudine ***
The Outsider Capitolo 2
Ciao a tutti, mi rendo conto di essere in un immenso - quanto imperdonabile - ritardo.
Lavoro sempre, il mio obiettivo di diventare geometra sta
assorbendo gran parte del mio tempo e mi sto preparando all'esame. Ma,
nel frattempo, sono riuscita a ritrovare l'ispirazione perduta. =)
Spero davvero possiate apprezzare questo capitolo. Buona lettura a tutti =)
Capitolo 2
Solitudine
"Io
stesso ero diventato per me un grosso problema."
(S.
Agostino, Confesioni, IV, 4)
Harry
si svegliò la mattina del giorno dopo, quando il sole era ormai alto nel cielo
e il vociare del mercato nella strada principale era accompagnato dal ritmico
rintocco del campanile. Erano le undici in punto.
Si
fece una doccia, indossò abiti puliti e scese al piano di sotto per fare
colazione.
Davanti
a un Cappuccino bollente e brioche alla crema calde di forno, Harry si sentì
rincuorato dalle lunghe giornate trascorse lontano da casa.
Il
nome falso che aveva adottato gli sarebbe servito a garantire un margine di
sicurezza nel caso qualcuno, nel mondo dei maghi, avesse avuto la brillante
intuizione di cercarlo.
Non
aveva intenzione di tornare a casa. Non quando, dopo cinque anni di servizio al
Ministero della Magia come Capo degli Auror, aveva finito del perdere ogni
motivazione che lo tenesse attaccato a quel lavoro.
Vivere
senza una dimora fissa, spostandosi continuamente da un luogo all'altro fino
agli angoli più remoti del mondo, era stato come rinascere una seconda volta.
Perso
nei suoi pensieri, Harry fu attirato da una copia del quotidiano locale
abbandonata sul tavolino accanto. Sulla prima pagina, al di sotto del titolo a
caratteri cubitali, troneggiava la fotografia di una palazzina in fiamme.
Afferrò
il giornale e controllò furtivamente che nessuno lo stesse osservando.
I
due proprietari della pensione stavano parlottando allegramente in italiano
nella cucina sul retro. Poco più in là, in fondo alla piccola saletta da pranzo
nel quale si trovava, un pappagallo dal piumaggio esotico dormicchiava
placidamente sul suo trespolo.
Harry
puntò la bacchetta sulle pagine del quotidiano. << Translatium Soleniam.>>
I
caratteri di inchiostro stampati sulla carta iniziarono a danzare
vorticosamente scambiandosi gli uni con gli altri, cambiando la loro forma in
altre lettere, finché l’articolo non divenne perfettamente leggibile in
inglese.
Incendio
alla “Taverna del Palio”
Il
celebre ristorante senese dato alle fiamme. Muore turista ungherese.
SIENA
– Un turista ungherese di 45 anni giunto a Siena con la moglie per una vacanza
è morto soffocato nell’incendio divampato nel ristorante “La Taverna del Palio” in Piazza del Campo. Si chiamava Abél
Szilveszter. Sette persone sono rimaste lievemente ferite.
Quando
i vigli del fuoco sono giunti sul posto, dieci minuti dopo la chiamata, le
fiamme si erano già propagate e alcuni clienti del ristorante erano
nell’impossibilità di lasciare l’edificio a causa del fumo. “Alcune persone di
sono gettate dalle finestre” ha detto un responsabile dei vigili.
Con
la coordinazione dei Carabinieri, degli agenti della Polizia di Siena e della
squadra del 118 giunti sul posto, è stata attivata una rapida evacuazione che
ha permesso il salvataggio di tutte le persone rimaste intrappolate nell’incendio.
La
vittima, sofferente di asma, è stata colta dal panico al sopraggiungere delle
fiamme e ha trovato riparo sotto un tavolo, rimanendo all’interno del
ristorante durante l’evacuazione.
E’
stata la moglie Irina, 38 anni, a chiedere aiuto ad alcuni passanti e alle
forze dell’ordine appena scampata alle fiamme.
L’intervento
coraggioso di due pompieri ha consentito il salvataggio dell’uomo, che è stato
portato fuori dal locale e immediatamente soccorso dai medici del 118. La
rianimazione è stata inutile ed i medici ne hanno accertato il decesso pochi
minuti dopo, avvenuto per soffocamento per l’inalazione di fumo.
Le
fiamme sono state domate nel pomeriggio dai vigili del fuoco, che hanno messo
in sicurezza gli appartamenti sovrastanti il ristorante non coinvolti dai
danni.
Le
cause dell’incendio sono ancora in fase di accertamento. Escluso un possibile
cortocircuito dell’impianto elettrico.
“L’incendio
potrebbe essere stato causato da una stufa, forse troppo vicina a un divano” ha
dichiarato il Capo dei Vigili del Fuoco, Carlo Clementi. “Ma non abbiamo ancora
nessuna certezza. Ci stiamo lavorando.”
Il
ristorante era stato ristrutturato da poche settimane.
Sull’accaduto
è stata aperta un’inchiesta. Ora sulle dinamiche dell’incendio dovrà fare luce
la polizia di Siena.
Harry
richiuse il giornale.
Un
falso allarme. Un altro. Ne era convinto.
In
fondo era colpa sua: stava avvenendo tutto nella sua testa. Non c’era nessuna
remota possibilità che ci fosse la mano di un mago dietro quell’incendio.
Babbani. Solo Babbani.
Voldemort
era morto cinque anni prima e non c’era stato alcun attentato da parte dei
pochi Mangiamorte sfuggiti al Ministero. Probabilmente si erano rintanati in
qualche remoto angolo del mondo senza preoccuparsi del Ragazzo Sopravvissuto.
C’era
un lato oscuro in Harry che gli suggeriva di cercarli. Lui voleva mettersi nei
guai, non ne poteva fare a meno. Quei lunghi mesi di inattività al Quartier
Generale degli Auror lo avevano demotivato completamente.
Stava
forse impazzendo? Avvertire il pericolo dove non c’era poteva essere
classificato come un atto spontaneo di schizofrenia acuta.
Harry
sospirò. Aveva bisogno di rivolgere la parola a qualcuno, forse. Sconsolato,
tuffò l’ultimo morso di brioche nel cappuccino senza più badare al ristorante
in fiamme stampato sulla pagina del giornale.
*°*°*°*
<<
Tutto ciò è inaudito!>> Hermione entrò in casa sbattendo la porta, mentre
l’anziano gufo del Ministero che le aveva consegnato la missiva la seguì
svolazzando in cerca di un riparo dall’acquazzone.
<<
Permesso di ferie rifiutato? Il fatto che io stia lavorando venticinque ore al
giorno non sembra essere sufficiente, forse?>>
Hermione
abbandonò il mantello, il cappotto e la borsa da lavoro nell’ingresso e s’avviò
a grandi passi lungo il corridoio. Fuori dalle finestre, dove l’acqua
picchiettava insistentemente sui vetri, le prime luci del giorno facevano
capolino dalle colline.
Giunse
in cucina come una belva feroce. Il gufo compì una mezza piroetta per evitare
di essere inavvertitamente colpito da un suo gesto brusco della mano.
Hermione
additò rabbiosa il vecchio pendolo. La lancetta “Ron”, alle nove del mattino,
era ancora ferma su “Casa”.
<<
Sei in ritardo, dannazione.>> sbuffò.
<<
Buongiorno a te, tesoro.>>
Ron
spostò lo sguardo dal Profeta, che stava leggendo seduto al tavolo con una
tazza di tè caldo stretto fra le mani. Indossava una vestaglia a quadri con la
sua iniziale ricamata sul taschino ed il suo aspetto disordinato le fece
intuire che si fosse appena svegliato.
<<
Dovresti essere al lavoro da un pezzo!>>
Ron
bevve con calma un altro sorso di sé. << E’ domenica.>> E trattenne
una smorfia, simile all’espressione di un bambino al quale era appena stato
negato un nuovo giocattolo. << Lavorerai anche oggi, Herm?>>
Hermione
fece il giro del tavolo, lo baciò sulla fronte, poi sedette al suo solito posto
alle spalle della credenza. Si portò il volto fra le mani. Osservò i merletti
ricamati della tovaglia e si rese conto di aver perso ogni nozione del tempo.
Stava peggiorando.
<<
Se fossi in te, tornerei ad essere un normalissimo
Auror.>> incalzò Ron. << Da quando ti hanno affidato il nuovo
incarico sei stata completamente assorbita dal lavoro. Non sei mai a casa. Non
ceniamo più assieme da un mese.>>
<<
Sono stanca.>> sbuffò Hermione.
<<
Lo sei sempre, ultimamente>>
<<
Possiamo parlarne più tardi? Ho bisogno di dormire.>>
<<
Speravo facessi colazione con me. E magari mi chiedessi come sta andando ai
Tiri Vispi, o che strane idee hanno avuto Fred e George ultimamente.>>
Hermione
si alzò in piedi, massaggiandosi pigramente la schiena. Non dormiva da quasi
due giorni. << Vado a letto.>>
<<
Ti aspetto per pranzo? Mia madre ci ha spedito un gufo stamattina. Ha chiesto
se abbiamo piacere di pranzare con loro alla Tana.>>
<<
Ron...>>
<<
Va bene.>> Lui sospirò. Si versò dell’altro tè nella tazza. << Ti
preparo qualcosa da mangiare. Forse hai ragione, hai bisogno di dormire. Sei
uno straccio.>>
Hermione
lo salutò con un sorriso esausto.
Trascinò
i piedi nella camera da letto e richiuse accuratamente la porta alle sue
spalle. Poter finalmente trascorrere qualche ora nel caldo tepore del suo letto
le parve un miraggio.
Non
riusciva a capire come Ron riuscisse a mantenere un perfetto autocontrollo in
una situazione del genere: anche se le costò una fitta allo stomaco ricordarlo,
da quando Harry se n’era andato la loro vita di coppia era inevitabilmente peggiorata.
Parlavano
a stento, trascorrevano poche ore insieme ed i loro dialoghi non distanziavano
molto da quelli di una vecchia coppia di sessantenni in procinto di divorziare.
Hermione
si affacciò alla finestra e osservò i tetti londinesi che si estendevano a
perdita d’occhio fino all’orizzonte. La pioggia stava cadendo con più
insistenza. Premette la fronte contro il vetro freddo mentre l’immagine di
Harry le si stagliò vivida nella mente.
Perché
aveva fatto una cosa del genere? Perché se n’era andato, lasciandoli soli?
Hermione
aveva cercato di sostituirlo al meglio, impiegando tutte le sue forze per
dirigere l’Ufficio Auror senza che tutti quanti risentissero l’assenza di una
persona così importante. Harry era diventato un simbolo, una figura su cui ogni
Auror dell’ufficio poteva contare. Svolgeva quel lavoro con un’insolita
naturalezza. Nessuno sarebbe mai riuscito a rimpiazzarlo degnamente; nemmeno
lei, che lo conosceva meglio di chiunque altro.
<<
Dove sei, Harry?>> mormorò a mezza voce. Sperò che Harry, perso da
qualche parte nel mondo, l’avesse ascoltata.
*°*°*°*°*
Lisan
Rowles accelerò il passo. Aveva fame, le sue gambe la reggevano a stento e i
due balordi che la stavano seguendo non avevano certo buone intenzioni.
Si
costrinse a mantenere la calma. Mantenne un’andatura costante e non si voltò
mai indietro, fino a quando la voce roca di uno dei due non strepitò nel
vicolo.
<<
Ehi, piccola, cosa ci fai qui tutta sola?>>
<<
Avrai bisogno di compagnia.>> mormorò l’altro, con una vocina acida e
squillante.
Lisan
si volse. Li osservò come un leone avrebbe osservato una povera preda finita
inavvertitamente lungo il suo cammino. Non era il momento per fare del male a
qualcuno: la legge della strada era crudele, sopravvivevano solo i più forti e
quei due poveracci non si distanziavano molto dalle sue precarie condizioni.
<<
Andatevene.>> sbottò. << Cercatevi qualcun altro da importunare.>>
In
risposta, come aveva ampiamente previsto, i due scoppiarono a ridere.
<<
Che caratterino!>> esclamò l’omuncolo con la voce squillante.
<<
Mi piacciono le ragazze coraggiose.>> disse l’altro di rimando.
Lisan
ne ebbe abbastanza. Prima che potessero avvicinarsi, fece un passo indietro e
piantò saldamente le All Star logore nel terreno. La sua posizione poteva
assomigliare vagamente a quella di un felino rabbioso. << Ve lo dirò
un’ultima volta.>> Sentì la rabbia percorrerle le vene. Un immenso potere
scorreva come oro colato dentro di lei, trasmettendole una scarica di brividi
lungo la schiena. << Lasciatemi in pace.>>
Per
quanto fosse inusuale che una diciassettenne minacciasse due balordi senza la
minima esitazione, i due uomini si limitarono a ridere sguaiatamente.
<<
Vi avevo avvisato.>> E le bastò sollevare un braccio nella loro direzione
per sollevarli da terra come due bambole di pezza, fino ad una decina di metri
di altezza. I due urlarono. Intrappolati a mezz’aria, e Lisan provò un’irrefrenabile
soddisfazione.
In
quel vicolo abbandonato, a quell’ora di notte, nessuno si sarebbe mai accorto
della loro presenza. E se anche fosse successo, nel clima criminale che si
respirava nell’aria, di certo non avrebbero osato affacciarsi alla finestra per
vedere cosa stava succedendo.
<<
Mettici giù.>> la supplicarono.
Lisan
rise.
Con
un altro gesto verso il basso li vide atterrare violentemente al suolo,
schiantandosi con un fragore di un pesante sacco di farina precipitato da un
terrazzo. Avevano smesso di urlare. Probabilmente per sempre.
Proseguì
il cammino come se nulla fosse accaduto, lasciandosi alle spalle i due corpi
inerti.
All’inizio
le era sembrata una maledizione. Poi, con il passare del tempo, scoprire di
essere diversa dagli altri non era poi tanto male.
Prima
o poi sarebbe riuscita a stabilirsi da qualche parte, a condurre una vita
decente. Ai margini della società nessuno aveva pietà per nessuno. Se
sopravvivere significava eliminare i pericoli, lei lo stava facendo alla
perfezione.
Trascinò
i piedi fino in fondo al vicolo. Percorse un paio di miglia nelle periferie di
Firenze attraverso una zona industriale buia e decadente. Poi, dopo più di
un’ora di cammino, le fabbriche e i capannoni divennero alti condomini e una
striscia di rotaie comparve alla sua destra, oltre un parcheggio deserto.
Seguire
le rotaie significava giungere prima o poi ad una stazione, dove avrebbe potuto
spostarsi in fretta senza dare nell’occhio. Teletrasportarsi richiedeva
un’energia elevata che ancora non riusciva a padroneggiare al meglio; sarebbe
stato meglio mantenere un basso profilo e non rischiare di imbattersi in altri
guai.
La
fortuna, per uno strano caso, fu dalla sua parte: la stazione distava poco più
di un quarto d’ora di cammino. Intravide i primi treni in sosta e le luci delle
banchine.
Giunta
ai binari deserti, Lisan s’incamminò verso i grandi tabelloni nell’atrio d’ingresso
dov’erano indicati i treni in partenza.
L’Italia
le piaceva, sarebbe rimasta volentieri un paio di giorni nella zona, prima di
ripartire per chissà dove. Fece scorrere il dito lungo l’elenco dei treni fino
a quando non ne individuò uno di suo gradimento, che sarebbe partito due ore
più tardi al binario due.
Le
sarebbe piaciuto visitare San Giminiano. Era un posto tranquillo.
Acquistò
un biglietto dai distributori automatici, poi si sdraiò su due seggioline
scomode della sala passeggeri, sforzandosi di rimanere sveglia. Ma non ci
riuscì. Quando l’orologio della stazione segnava le cinque e venti del mattino,
Lisan precipitò in un sonno profondo.
*°*°*°*
Ricevere recensioni e critiche significa continuare a
migliorarsi. Io mi auguro davvero di riceverne, sopratutto critiche,
sperando di raggiungere un livello migliore di scrittura capitolo dopo
capitolo.
Vi ringrazio tutti. Un bacione enorme ai lettori.
PS: non vedo l'ora che sia il 13 luglio!
PPS: Argentlam, a te un bacione ancora più grande =)
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Capitolo 4 *** L'ultimo Malfoy ***
Capitolo 3_l'Ultimo Malfoy
- Ciao a tutti, posto subito un altro capitolo e ringrazio di cuore LadyNick per il commento (unico, sigh!) del capitolo precedente.
- Un saluto a tutti i lettori, sperando ce ne siano e possano apprezzare la storia. =)
-
- Capitolo 3
- L’ultimo Malfoy
-
- “Sii
come il mare, che infrangendosi contro gli scogli trova sempre la forza per
riprovarci”
- (Jim
Morrison)
-
-
- Il
sonno di Hermione fu interrotto dal beccare frenetico di un gufo contro i vetri
della camera da letto. Frastornata, andò ad aprire la finestra e lo osservò
svolazzare per la stanza ed atterrare malamente sulla scrivania. Era Anacleto,
gufo reale dell’Ufficio Auror, che solitamente le spedivano per avvertirla di
qualche straordinario inatteso.
- Slegò
la lettera dalla zampetta del gufo. La lesse velocemente mentre accarezzava la
testa dell’animale, che emise un suono stridulo di apprezzamento.
- Brividi
lungo la schiena. Hermione rilesse un’altra volta la lettera per accertarsi di
non aver sbagliato qualche passaggio. I suoi occhi castani si dilatarono, lo
stomaco si contrasse in una morsa.
- <<
Dove stai andando?>> borbottò Ron, dieci minuti più tardi, mentre la
osservava sfrecciare attraverso il soggiorno insieme al vecchio gufo.
- Hermione
corse ad infilarsi il cappotto. Agguantò la borsa dal lavoro che aveva lasciato
poco prima nell’ingresso. << Mi aspettano ad Azkaban.>> disse in un
mormorio. << Lucius Malfoy è morto.>>
-
- *°*°*°*
-
- L’autobus
si fermò e le portiere si aprirono con uno sbuffo.
- Dopo
quasi tre ore di viaggio ed un treno perso, Lisan era riuscita a raggiungere
San Giminiano. Bastò un primo sguardo agli antichi edifici che costeggiavano la
via per innamorarsene. Capì il motivo per cui definivano l’Italia come il Bel Paese: in ogni angolo sbucavano
meraviglie che in nessun altro luogo avrebbe mai potuto vedere.
- Strinse
a sé la borsa consunta nella quale erano radunati i suoi pochi averi e s’incamminò
verso il centro. Il sole era ormai alto e le nubi temporalesche si erano
allontanate, lasciando dietro di loro un cielo straordinariamente limpido ed
azzurro.
- Faceva
caldo. Lisan si sfilò la felpa e la legò alla propria vita, cercando con lo
sguardo un cartello che potesse indicarle una meta.
- Le
venne in mente il giorno in cui suo padre l’aveva portata allo zoo di Denver,
in Colorado, dove aveva vissuto fino all’età di dieci anni. Era stato uno dei
rari momenti felici prima del divorzio.
- A
undici anni era andata a stare a San Diego con la madre e con il suo nuovo
compagno, un certo Bill, camionista con problemi di alcool e con la fissa per
le corse automobilistiche. La comoda villetta di Denver era stata rimpiazzata
da una specie di roulotte in periferia.
- Bill,
quando era sobrio e non lavorava, le aveva insegnato a guidare la sua Mustang
del ’77 e a sparare alle bottiglie di birra nel cortile del retro. Quando
alzava il gomito, invece, era solito rincasare alle prime ore del mattino e
picchiare la madre e Lisan finché le forze non lo abbandonavano, per poi
lasciarsi cadere mezzo morto sul divano.
- Era
successo tutto una notte di agosto. Lisan aveva scoperto di essere una ragazza
speciale.
- Bill
aveva agguantato sua madre per un braccio e l’aveva sbattuta con violenza
contro una parete della roulotte. Lei aveva picchiato la testa ed era caduta a
terra. Prima che Bill si chinasse su di lei, urlandole ogni sorta di insulti,
la rabbia di Lisan era sfociata in qualcosa di ben più potente. E Malvagio.
- Aveva
desiderato con tutta se stessa che quel bastardo provasse dolore. Un dolore
cieco, intenso, come se mille lame gli trafiggessero ogni porzione di pelle del
suo corpo flaccido.
- All’improvviso
Bill aveva urlato. Era barcollato indietro ed aveva iniziato a dimenarsi come
in preda a convulsioni. Poi era scivolato a terra ed aveva iniziato a perdere
schiuma bianca dalla bocca.
- Lo
sceriffo della Polizia locale, qualche ora più tardi, aveva attribuito la morte
di Bill ad un malore causato dall’abuso di alcool.
- Lisan
e la madre, in stato di shock, erano state accompagnate alla stazione di
polizia di San Diego ed erano state offerte loro una coperta ed una tazza di
caffè caldo.
- Sei
mesi dopo si erano trasferite a Long Beach. Lisan aveva iniziato il liceo
sperando di potersi cacciare il passato alle spalle, sua madre aveva trovato
lavoro come donna delle pulizie in una grossa industria di calzature.
- Eppure
quella pseudo normalità era durata ben poco. Dalla morte di Bill i suoi strani
poteri non l’avevano più abbandonata.
- La
sorte di quell’idiota alcolizzato toccò anche al bulletto Steven Gordon e alla
sua fidanzata cheerleader Chintya, pochi giorni dopo aver deriso i vestiti di
seconda mano di Lisan davanti a tutta la classe.
- I
due ragazzi erano stati ritrovati in fin di vita nello spogliatoio della
palestra del liceo, in chiaro stato confusionale. Non si erano mai ripresi del
tutto dall’accaduto. La cheerleader,
appena uscita dall’ospedale, aveva incolpato Lisan dell’aggressione, definendola
senza mezze parole come una “strega”.
Nessuno ovviamente le aveva creduto, ma tutti quanti avevano iniziato ad osservare
Lisan con un velo di diffidenza.
- Gli
incidenti, a suo malgrado, non cessarono.
- Andarsene
di casa era stata una delle decisioni più difficili della sua vita. Ed ora, a
diciassette anni suonati, senza un lavoro né un tetto sopra la testa, Lisan si
trovava sola a fronteggiare chissà quale destino. In cuor suo sperava di
incontrare qualcuno come lei, che fosse in grado di rispondere alle sue
domande, e colmare i vuoti provocati da quegli incidenti.
- Chi
avrebbe potuto aiutarla?
- Ipotizzando
che quel qualcuno esistesse, dove avrebbe dovuto cercarlo?
-
- °*°*°*°
-
- I
piedi di Hermione atterrarono sulla fredda pietra dell’atrio principale della
prigione di Azkaban. La sua ultima visita risaliva ai tempi del processo contro
i Mangiamorte, eppure nessun elemento di quell’inferno sembrava essere mutato.
- Il
Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt aveva ordinato che i Dissennatori
abbandonassero il ruolo di guardie carcerarie. Al loro posto, una fidata e
ristretta cerchia di Auror ben addestrati controllava le prigioni giorno e
notte. Al Ministero quei poveretti erano stati soprannominati “I Temerari”, secondo Hermione nessun
nome rispecchiava meglio la loro professione.
- L’atrio
principale di Azkaban era un ambiente enorme, umido e poco illuminato che
pareva essere stato scavato nella pietra viva. Era circondato da due file di
colonne in pietra che s’innalzavano fino al soffitto a cupola. Su ognuna di
esse era stato scolpito il busto di un Auror che reggeva fieramente una torcia
fiammeggiante. La maggior parte dei loro volti richiamava alla sua memoria le
coraggiose anime cadute nella Guerra contro Voldemort.
- Al
centro dell’atrio era radunata una discreta folla di persone.
- A
notare per primo il suo arrivo fu Elphias Doge, vecchio membro dell’Ordine
della Fenice e consigliere onorario del Winzegamot. L’anziano dalla corta
chioma argentea avanzò di qualche passo verso Hermione, abbozzando ad un
sorriso cortese.
- <<
La tua presenza mi rassicura, Granger.>> proferì con voce affannosa,
stringendole forte una mano fra le sue, lunghe ed avvizzite. Indossava un
discutibile cappello color verde bottiglia ed una tunica scura. In altre
circostanze Hermione l’avrebbe scambiata per una tenuta da notte.
- <<
Dawlish e Savage saranno qui a momenti.>> disse Hermione, risoluta.
- Seguì
l’anziano e si unirono al gruppo di tuniche del Ministero.
- Tra
essi svettava per altezza la figura di un giovane dai capelli lunghi color
paglia raccolti da un nastro di seta. Stava dialogando animatamente con il
vecchio Percy Trewlis del Quartier Generale degli Obliviatori.
- Hermione
si schiarì la voce per far notare la sua presenza.
- <<…
perché sta succedendo tutto oggi?>> stava borbottando il giovane. Il suo
aspetto sembrava uscito da un libro di cavalleria medioevale. << Chiama
Rudolf McShave, il mio assistente. L’ho inviato a Londra in mie veci per avvisare
il Ministro di quanto accaduto stanotte. Dovremo organizzare presto una
conferenza stampa o quegli avvoltoi inizieranno a screditare il Ministero.>>
- Si
volse infine verso Hermione. Alle sue spalle Trewlis prese appunti su un
taccuino, si sistemò gli occhiali di corno sul naso, poi s’avviò di gran
carriera verso i cancelli d’ingresso dell’atrio e sparì nel nulla con un
piccolo pop.
- <<
Comandante Granger.>> esordì il giovane. La sua stretta di mano era
ferrea. << Non ho ancora avuto l’occasione di incontrarvi. Mi chiamo
Benjamin Fenwick, sono il nuovo Direttore di Azkaban. Ho sentito parecchio
parlare di voi.>>
- Fenwick. Aveva
letto la storia di suo padre, da cui aveva ereditato il nome. Ben Fenwick era
stato uno dei membri di spicco del primo Ordine della Fenice, morto
orribilmente per mano dei Mangiamorte.
- <<
In fondo.>> proseguì Fenwick, con tono cerimonioso. << Non è certo
facile prendere le veci del ragazzo sopravvissuto.>>
- <<
Non lo è per nessuno.>> tagliò corto Hermione. << Dov’è la sua cella?>>
- Quel
Fenwick non sembrava uno sprovveduto, ma aveva la brutta abitudine di parlare
troppo. Capì senza troppe pretese la fretta professionale degli Auror, perciò
si fece da parte e lasciò che la fila di Auror di Azkaban e i dipendenti del
Ministero s’avviasse verso le carceri. Le celle di Azkaban erano situate su
molti livelli collegati fra loro mediante rampe di scale in continuo movimento.
Il meccanismo, seppur adornato da pareti umide e nere come la pece, le ricordò
la Torre Nord di Hogwarts.
- Lungo
l’intero tragitto, mentre Fenwick intratteneva cerimoniosamente i dipendenti
del Ministero, Elphias Doge camminò accanto a Hermione senza mai distogliere lo
sguardo dalle celle. I lamenti e le urla stridenti provocavano un forte eco di
sottofondo che le provocò forti brividi lungo la schiena.
- Era
un luogo sconcertante, e si giurò di non metterci mai più piede in vita sua.
- <<
Qui era rinchiuso Lucius Malfoy.>>
- La
folla si fermò al terzo piano. Tutt’intorno i prigionieri guaivano ed
emettevano forti grida disperate; alcuni di essi presero a sbattere
furiosamente la testa e le braccia contro le sbarre per attirare l’attenzione.
Fra loro, molte facce note a Hermione che avevano commesso i più gravi crimini
durante la Guerra. Erano completamente impazziti.
- La
prigione di Lucius Malfoy era un piccolo anfratto scavato nella roccia di forma
poco regolare, delimitata da tre pareti di pietra massiccia e da una grata di
ferro che si affacciava sul corridoio. Dall’unica finestrella si poteva
intravedere il mare del Nord in tempesta. Il vento gelido penetrava sibilante
all’interno della stanzetta con la forza brutale di una bufera.
- Il
corpo di Lucius Malfoy era ammonticchiato in un angolo. All’apparenza
addormentato, versava su un lato con un braccio pendente lungo il fianco e
l’altro poggiato sul petto. I lunghi capelli bianchi e la barba incolta avevano
completamente modificato i suoi lineamenti, rendendoli più duri e sciupati. Gli
occhi erano aperti, spalancati, ricolmi di terrore.
- La
scena paralizzò tutti i presenti.
- <<
Comandante Granger.>> Fenwick le fece cenno di entrare nella cella.
<< Non abbiamo toccato nulla.>>
- Hermione
avanzò cauta facendo attenzione a non compromettere la scena del delitto. Era
chiaro che Lucius Malfoy non si era mosso da quella cella. Qualcuno si era
addentrato all’interno del carcere e l’aveva freddato con una maledizione senza
perdono. Ma come?
- <<
Quando l’hanno avvisata dell’accaduto?>>
- Fenwick
trasse un profondo sospiro. Si volse verso Elphias Doge, che stava parlando
fittamente con Savage e Dawlish appena sopraggiunti ad Azkaban.
- <<
Igor, Rufus.>> li richiamò Hermione. << Per favore, vorrei un
elenco di tutti i maghi e streghe che lavorano ad Azkaban nel corpo di Guardia.
E vorrei ispezionare la cella in silenzio, per
cortesia.>> Mostrò un sorriso forzato. Quei politicanti da strapazzo
stavano cercando una scusa plausibile per evitare figuracce con i cittadini
ancor prima che gli Auror avessero esaminato il cadavere.
- In
breve la folla fece ritorno nell’atrio principale. Elphias Doge, in coda alla
fila, prima di andarsene gettò un’ultima occhiata sprezzante al corpo di
Malfoy. << Meglio così.>> lo sentì farfugliare, mentre
s’incamminava giù per le scale.
- Rimasero
solo lei e Fenwick, che sembrava tutt’altro che sereno. Privarlo della sua cerchia
di fedeli sostenitori l’aveva reso incredibilmente silenzioso.
- <<
Mi diceva.>> proseguì Hermione, che estrasse un taccuino da una tasca
interna del mantello. La penna a sfera guizzò da sola sulle pagine, pronta a
prendere appunti. << Quando è stato avvisato dell’accaduto?>>
- <<
Sono stato avvisato dagli Auror di Guardia. Hanno sentito un gran trambusto
provenire da quassù. Sono corsi verso la cella ma era ormai troppo
tardi.>> Fenwick fece una pausa. << Lucius era già morto.>>
- <<
Non avrebbe dovuto essere sorvegliato costantemente giorno e notte?>>
- <<
Credetemi, comandante, le guardie sono vostri stessi colleghi. Ma sono esseri
umani, ed in numero inferiore rispetto ai dissennatori…>>
- <<
Mi sta dicendo che gli Auror non sono in grado di svolgere la mansione come i
Dissennatori?>>
- <<
Esattamente.>> Fenwick la guardò, per un istante nei suoi occhi Hermione
poté intravedere un bagliore di diffidenza. << i Dissennatori non sono
esseri umani. Sono creature che si cibano della paura e dell’odio. Non c’era posto
migliore di Azkaban per loro, ma sono stati cacciati. Decisione saggia, senza
ombra di dubbio, ma di certo gli Auror non possono coprire la guardia come i
Dissennatori. Gli Auror sono costretti ad alternarsi periodicamente, hanno
necessità fisiologiche che un mostro non può avere. Comprendete il mio discorso,
comandante?>>
- Hermione
annuì. << Avete trovato delle tracce di un possibile intruso?>>
- <<
Nessuna traccia.>>
- <<
Non può essere apparso e basta.>>
- <<
E’ ciò che mi sto chiedendo anch’io. Le condizioni di smaterializzazione ad
Azkaban sono le più restrittive e riservate del Protocollo Trasporti Magici del
Ministero. Nessuno può materializzarsi entro i confini del carcere senza
un’autorizzazione, altrimenti sarebbe immediatamente intercettato e schiantato
dalle Guardie.>>
- <<
E’ sicuro, signor Fenwick, che non ci sia alcun modo per entrare?>>
- Fenwick,
a quel punto, era visibilmente stizzito. << Questo è un carcere di
massima sicurezza. Vi pare possibile che chiunque possa apparire ed uccidere un
prigioniero sotto gli occhi di tutti?>>
- <<
E’ ciò che è accaduto.>> tagliò corto Hermione. La penna a sfera
continuava a scorrere sul taccuino, annotando ogni dettaglio. Si chinò per
esaminare il corpo, ma non trovò ad una prima analisi nessuna ferita o segno di
colluttazione.
- <<
Potrebbe trattarsi di una maledizione senza Perdono.>> disse Fenwick.
<< E’ successo tutto nell’arco di pochi minuti, comandante. Se volete
posso fare richiamare le due Guardie che sono intervenute per prime sul luogo
del…>>
- <<
Rufus.>> Hermione si rivolse a Dawlish, che la stava raggiungendo con
alcuni incartamenti di pergamene. << Manda un gufo a Kingsley. Digli che
appena ho finito qui ad Azkaban lo raggiungerò al più presto. Ho bisogno della
sua collaborazione.>>
- <<
Agli ordini.>> proferì l’Auror. << Cosa dobbiamo fare con il
corpo?>>
- <<
Copritelo e trasportatelo al laboratorio analisi magiche del Quartier
Generale.>>
- Dawlish
annuì. Savage lo raggiunse ed entrarono all’interno della minuscola cella;
scattarono alcune fotografie poi, con l’aiuto di un terzo Auror, coprirono il
cadavere con un lenzuolo.
- Fenwick
osservò gli Auror in silenzio. I suoi occhi grigi erano fissi ed inespressivi;
stava riflettendo freddamente sul da farsi, o semplicemente nascondeva qualcosa?
- <<
Bello.>> disse Hermione.
- <<
Prego?>>
- <<
Il suo anello. E’ il simbolo della sua casata, non è forse così?>>
- <<
Oh, l’anello.>> Fenwick accarezzò istintivamente l’anello all’anulare
sinistro, che recava il grosso emblema di un corvo con una “F” incisa in oro. Era stato scosso da un brivido. << Apparteneva a mio padre. E’
uno dei pochi ricordi che conservo di lui.>>
- Hermione
gli tese la mano. << I miei collaboratori le rivolgeranno alcune domande,
signor Fenwick. Mi occuperò personalmente dei giornalisti, parlerò in persona
con il Ministro della Magia per indire una conferenza stampa. Per il resto, mi
auguro conceda la massima disponibilità ai miei uomini per poter svolgere le
indagini.>>
- Fenwick
abbozzò ad un inchino cerimonioso. Le strinse forte la mano. << Nessuno
può entrare ad Azkaban senza permesso, comandante.>> precisò. <<
Non scartate nessuna pista.>>
- <<
Lo terrò presente.>> Hermione si volse e fece un cenno a Dawlish con il
capo. << Avvisa Marcus Flint. Voglio che mandi una squadra dell’Ufficio
Misteri per controllare ogni angolo più remoto della prigione.>>
- <<
Ma Hermione…>> obiettò l’Auror, perplesso.
- <<
Non m’importa. Voglio che ispezionino ovunque. Deve saltar fuori una falla, per
forza. L’assassino non può essere saltato fuori dal nulla. Preferisco credere a
quest’evenienza prima di indagare sul personale di guardia, sono nostri colleghi!>> Fece un sospiro
profondo. In qualità di comandante, sarebbe toccato a lei il difficile compito
di avvisare i familiari della vittima. << Voglio il rapporto sulla mia
scrivania entro stasera.>> soggiunse. << Se avete bisogno di me, io
sono al Ministero.>>
- <<
Abbiamo sempre bisogno di te.>> sospirò Dawlish, con una scrollata di
spalle.
- Hermione,
prima di congedarsi, gli posò una mano sulla spalla. << Anch’io di voi.
Non mi deludete.>> E si incamminò verso il grande atrio per
smaterializzarsi.
-
-
- *°*°*°*
-
- Come
aveva ampiamente previsto, quella notte il Ministro della Magia non era il solo
ad attenderla nel suo maestoso ufficio nel cuore del Ministero.
- Al
fianco di Kinglesy, in piedi con le braccia incrociate e lo sguardo cupo, Draco
Malfoy osservava freddamente la porta d’ingresso, come se stesse attendendo il
suo arrivo.
- La
comparsa di Hermione non lo sconvolse. Un sorrisetto ironico si aprì sul suo
volto immerso nella penombra. << Che puntualità.>> sghignazzò.
- Kingsley
non ebbe il tempo di alzarsi dalla sedia; Hermione aveva già estratto la
bacchetta da una tasca interna del mantello e l’aveva puntata in mezzo agli
occhi di Malfoy.
- <<
Sei un pazzo.>> ringhiò Hermione.
- Nemmeno
quel gesto parve sorprenderlo. Draco si limitò a sollevare le braccia.
- <<
Perché l’hai fatto, maledizione?>> urlò lei.
- Kingsley
si frappose fra i due, agguantando il polso di Hermione per deviarle il tiro
della bacchetta. << Non c’è bisogno di ricorrere alla violenza.>>
sentenziò, con tono pacato. E indicò Malfoy, alle sue spalle, con un cenno del
capo. << Si è presentato volontariamente al Quartier Generale degli Auror.
Voleva parlare con te.>>
- <<
Kinglsey, è uno sporco assassino!>> tuonò Hermione. << Mi ha
mentito! Tutto ciò che ha detto a me e Flint era ammasso di stupidaggini!>>
- <<
Hermione, calmati. Risolveremo la questione diplomaticamente.>>
- Hermione
rise. Si liberò dalla stretta del Ministro ed indietreggiò di qualche passo.
- Draco
Malfoy non si era minimamente scomposto, stava attendendo la sua sorte con la
stessa calma con la quale li aveva accolti a casa sua il giorno prima.
- <<
Non so cosa ti passi per la testa, ma il tuo gioco non mi piace, Malfoy.>>
Gli occhi color nocciola di Hermione divennero due tizzoni ardenti. << Non
ho la minima idea di come tu ci sia riuscito, ma sei stato tu. Tu hai hai
ucciso di Lucius Malfoy!>>
-
- *°*°*°*°*
-
-
-
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Capitolo 5 *** Intrighi Babbani ***
Capitolo 4
Intrighi babbani
“Non
accontentarti dell'orizzonte, cerca l'infinito.”
(Jim
Morrison)
Era giunto il momento di
andarsene.
Harry caricò i bagagli in auto e
si lasciò alle spalle le alte torri di San Giminiano.
La Giulietta sfrecciava rapida
lungo la strada che tagliava in due un immenso campo di girasoli. Il sole era
cocente; Harry attivò l’aria condizionata e picchiettò le dita sul volante a
ritmo di musica, lasciandosi trasportare per qualche istante in un mondo
lontano, dove le Guerre fra Maghi e gli intrighi al Ministero della Magia erano
solo un bieco ricordo. Lo erano tutt’ora, a dire il vero, ma quegli anni
trascorsi a combattere contro Voldemort gli avevano aperto una ferita interiore
difficile da ricucire.
Forse un giorno ci sarebbe
riuscito. Sarebbe arrivato in qualche angolo sperduto del mondo e avrebbe
capito che quell’infinito viaggio, finalmente, aveva trovato la sua meta
finale. Dopodiché sarebbe tornato a casa, in pace con sé stesso, e avrebbe
ripreso il suo lavoro come ogni giorno dopo la Guerra, a capo del Quartier
Generale.
I suoi pensieri furono interrotti da un fremito
dietro alle sue spalle, proveniente dal sedile posteriore. Che cosa diavolo
era?
Harry rallentò. Si voltò un breve istante, ma non
vide nulla di strano. Tornò a osservare la strada, scuotendo la testa.
In quell’istante ci fu un altro fremito, più
intenso e repentino del precedente.
<< Harry Potter.>> sibilò una
voce alle sue spalle. << Dimmi dov’è.>>
Harry sussultò. Qualcosa gli premette violentemente
sul collo. Era una bacchetta magica.
<< Dov’è la ragazzina?>>
proseguì la voce. Non riusciva a capirne il sesso, o quantomeno l’età. Forse
stava accadendo tutto nella sua testa.
Il sangue iniziò a raggelarsi nelle sue vene quando
capì, dal respiro affannoso alle sue spalle, che si trattava di una persona
vera.
Harry trasse un respiro profondo. Si sforzò di
mantenere la calma.
<< Chi sei?>>
<< Non ti interessa. Dimmi dov’è la
ragazzina.>>
<< Non so di cosa tu stia parlando. Non
conosco nessuna ragazzina.>>
La bacchetta premette più forte sul suo collo.
<< Non mi prendere in giro, Potter.>>
Erano passate da poco le sette del mattino. Le
strade erano deserte e le speranze che qualcuno avesse potuto risolvere
positivamente quel grosso problema erano ridotte allo zero.
<< Non rallentare. Se vuoi uscire con le
tue gambe da questa stupida scatola di latta babbana e dimenticarti per sempre
della nostra discussione, dimmi dov’è la ragazzina.>>
Harry sollevò piano una mano, fingendo di sistemare
lo specchietto retrovisore. Non vide nulla. La presenza doveva essersi nascosta
dietro qualche incantesimo protettivo.
<< Senti, io non so chi diavolo sei, ma io
non conosco affatto nessuna ragazzina.>>
<< Menti, sporco Auror!>>
<< Credi che mi diverta a raccontarti
stronzate sapendo che puoi uccidermi da un momento all’altro?>>
Harry iniziò a spazientirsi. Chiunque fosse quel
bastardo, lo stava considerando una fonte di informazioni. Una volta che gli
avesse detto ciò che gli serviva l’avrebbe ucciso. Se, invece, avesse scoperto
che Harry non c’entrava un accidente con quella storia, l’avrebbe ucciso lo
stesso. In ogni caso avrebbe corso il rischio.
<< E’ salita sulla tua automobile babbana.
L’ho vista con i miei occhi.>>
Harry, d’improvviso, rise. << Non so davvero
di cosa tu stia parlando.>> Diede una rapida occhiata allo specchietto,
poi tirò con veemenza il freno a mano. Sterzò, lasciando che l’auto compiesse
un testacoda e sballottasse con violenza entrando in contatto con la cunetta
erbosa ai margini della carreggiata.
Lo sconosciuto alle sue spalle emise un grido
rauco. Sentì la bacchetta rotolare da qualche parte sotto i sedili. Non gli
diede il tempo di recuperarla: estrasse la propria e mirò un punto
indeterminato dei sedili, sapendo che l’aggressore avrebbe subito cercato di
impossessarsi dell’arma.
<< Stupeficium!>>
Una luce rossa illuminò l’abitacolo.
L’incantesimo non andò a segno, saettò in direzione
di un finestrino e lo mandò in frantumi con il fragore di uno sparo.
<< Crucio!>>
Harry si abbassò di scatto, evitando per un soffio
la maledizione. Il parabrezza si sbriciolò in una miriade di schegge di vetro.
Gli piovvero addosso e servì a poco ripararsi alla meglio con le mani; avvertì
il bruciante dolore di mille piccole ferite che gli graffiavano il viso e ogni
porzione di pelle scoperta.
Harry urlò. Pigiò con un calcio la portiera e si
precipitò fuori dall’abitacolo poco prima che un’altra maledizione Cruciatus
venisse scagliata violentemente nella sua direzione. La scansò per la seconda
volta.
Nella fuga la manica della sua camicia si impigliò
nella leva del freno a mano. Harry lottò furiosamente per riuscire a liberarsi,
ma bastò quell’attimo a donare vantaggio al suo avversario.
<< Expelliarmus!>>
Si era lasciato sorprendere come un idiota.
Harry, ancora incastrato nell’auto, osservò la sua
bacchetta volare fuori nell’erba del campo di girasoli, lontano da lui e dalla
sua ormai ridotta possibilità di sopravvivenza.
Sangue caldo iniziò a sgorgagli sul viso. Il
respiro dell’aggressore si fece rovente sul suo collo. Era completamente inerme
e disarmato, pronto ad essere ucciso come il più ingenuo dei principianti.
<< Sei pronto a morire, Potter?>>
sibilò la voce.
No, non era pronto per niente. Chi lo sarebbe
stato, d’altronde?
*°*°*°*
<< Ho ucciso mio padre solo per evitare che
facesse una strage.>> disse Draco per l’ennesima volta, mentre sedeva
composto su una poltroncina di fronte alla scrivania del Ministro della Magia.
Kingsley, dall’altra parte, lo osservava in silenzio ammonticchiato sulla sua
sedia dallo schienale alto e rigido.
Hermione passeggiava avanti e indietro,
riascoltando la versione di Draco senza tuttavia credere ad una sola parola di
quel folle racconto.
Quando aveva fatto visita a casa sua, la notte
prima, aveva confidato loro di sentirsi minacciato. << Potrei
commettere qualsiasi gesto, pur di difendere mia madre. Qualsiasi.>>
aveva soggiunto, quando Marcus gli aveva domandato cos’avesse avuto intenzione
di fare nel caso i Mangiamorte fossero tornati. Era parso preoccupato, non
certo un assassino vendicativo pronto ad uccidere il proprio padre.
Il biondo ragazzo che le si parava dinnanzi
sembrava tutto fuorché un criminale. Elegante, freddo, calcolatore quanto
bastava certo, ma non un criminale. Un bugiardo, forse. Un mellifluo e ironico
figlio di papà pronto a schernirla.
Ma nei suoi occhi di ghiaccio Hermione non lesse
cattiveria. Era quasi sollevato dall’essersi privato di un grosso fardello.
<< Diamo per scontato che tu sia veramente
l’assassino di Lucius.>> proruppe Kingsley, che era rimasto in silenzio
fino a quel momento. << Per penetrare all’interno di Azkaban hai avuto
bisogno di un gancio, e una sola guardia Auror non basta per eludere la pesante
sorveglianza.>>
Draco sorrise. << E’ stata un’idea mia,
nessuno mi ha aiutato.>> Portò una mano sull’anello che indossava
all’anulare destro, recante il simbolo della casata dei Malfoy. In quell’attimo
Hermione ebbe un ricordo ben preciso di quel gesto: era lo stesso che il
Direttore di Azkaban Benjamin Fenwick aveva fatto durante il
ritrovamento del corpo di Lucius. Quel ragazzone era figlio di Auror massacrati
dai Mangiamorte durante la Prima Guerra, odiava Lucius Malfoy e tutti i
condannati al processo…
<<
Conoscevi Fenwick?>> domandò d’istinto Hermione.
Draco spostò lo sguardo su di lei. Non disse nulla,
ma spesso il linguaggio del corpo era abbastanza evidente da smascherare la
verità. Lo conosceva eccome.
<< E’ stato lui ad aiutarti ad entrare ad
Azkaban, non è così?>> lo incalzò Kingsley.
Draco emise uno sbuffo indispettito. Lasciò
immediatamente la presa dell’anello e inarcò un sopracciglio. Era visibilmente
provato. << Ho agito da solo.>>
<< Fingo di crederti.>> sibilò
Hermione. << Che minaccia rappresenterebbe tuo padre, rinchiuso ormai da
anni ad Azkaban da anni? A chi avrebbe potuto nuocere?>>
<< Gli Auror non sono Dissennatori. Ma i
Mangiamorte rimangono Mangiamorte e hanno mille modi per riuscire a contattare
i loro compagni al di fuori delle mura di una stupida prigione.>>
<< Corruzione?>>
<< No.>> Draco scosse il capo,
lasciandosi sfuggire un sorriso cupo. << Siete come dei burattini ciechi
del Ministero. Vi sembra che lo sporco ora sia stato pulito, che tutte le cose
siano tornate al loro posto e che la pace, come nelle migliori favole, sia
tornata nel mondo dei maghi. Ma vi sbagliate, dalla fine della Guerra sto
conducendo delle indagini per capire quanti altri traditori siano riusciti a
farla franca.>>
<< Apprezzo la tua buona volontà, ma ciò non
giustificherebbe affatto un omicidio.>> fu il caustico commento di
Hermione.
<< Sono intorno a noi, ovunque. Il Processo
ai Mangiamorte ne ha inchiodato solo la metà. Dovete credermi.>> I suoi
occhi di ghiaccio scorsero veloci da Kingsley a Hermione, quasi cercasse
conforto nel loro sguardo. << Io sono un professore di Hogwarts, non un
Auror. Fatemi marcire in cella al posto di mio padre, se volete. Ma vi ho
avvisati >> e additò con un gesto ampio del braccio le finte finestre
dell’ufficio, che rispecchiavano con un incantesimo il paesaggio nebbioso della
brughiera inglese. << Là fuori si stanno preparando. Vogliono riunirsi e
risorgere dalle loro ceneri, proprio come hanno fatto ormai tredici anni fa con
la rinascita del Signore Oscuro.>>
<< Voldemort è morto.>> sentenziò
Kingsley. Giocherellava nervosamente con una penna d’oca. << Credi che
qualcuno intenda sostituirlo?>>
<< Non ne sono convinto, ma mio padre ha
cercato di avvisarmi. Non chiedetemi come, lo so e basta. Lui era al corrente
di tutta questa faccenda e desiderava vendicarsi del Ministro e di tutti quelli
che l’hanno rovinato.>>
<< Sei stato tu a testimoniare contro Lu…>>
<< Bellatrix Lestrange è viva.>> proruppe
Draco, lasciando che il silenzio più profondo precipitasse cupamente all’interno
del maestoso ufficio. << Lei vuole far risorgere il Nuovo Signore Oscuro,
e per farlo aveva intenzione di far evadere mio padre e tutti i suoi
scagnozzi!>>
Kingsley sbuffò. << Stai manipolando il
prezioso tempo del Ministro della Magia, che ha ben altro da fare che stare ad
ascoltare le sciocche farneticazioni di un ragazzino impaurito.>>
<< Sto dicendo la verità!>> urlò il
ragazzo. << Mio padre era l’unico a non essere impazzito là dentro.
Durante una delle mie ultime visite al carcere ha approfittato della
distrazione di una Guardia Auror per dirmi che il marchio era tornato visibile
sul suo braccio. Voleva che lo aiutassi a fuggire! Voleva aderire alla
convocazione del marchio per avere la sua vendetta nei confronti del
Ministero!>>
<< Lucius Malfoy ti ha pregato di farlo
evadere, e tu l’hai ucciso.>> sbottò Hermione. << Che eroe…>>
<< Cos’avrei potuto fare? Sarebbero andati a
prenderselo loro… Mio padre sapeva troppe cose, toglierlo di mezzo è stata la
mossa più giusta.>>
Hermione si ritrovò davanti a un bivio: o Draco era
completamente pazzo, o aveva messo a rischio la sua intera esistenza, per non
parlare della sua brillante carriera professionale, per poter evitare nuove
stragi del mondo dei maghi.
La decisione spettava al Ministro della Magia.
<< Se il comandante Granger mi appoggia, c’è
una sola soluzione logica a questa faccenda.>> disse Kingsley, dopo una
lunga pausa di riflessione. << Verrai condotto al Quartier Generale degli
Auror e sottoposto a un interrogatorio sotto Veritaserum.>> Sospirò,
continuando a fare oscillare la penna d’oca fra le dita. << In tal modo
avremo la prova che tu stia dicendo il vero.>>
<< Ma l’utilizzo di quella pozione…>>
iniziò Hermione.
<< E’ illegale, lo so.>> la interruppe
bruscamente il Ministro della Magia. << Ma siamo di fronte a un ipotetico
assassino che sta profetizzando l’avvento della Terza Guerra Magica. Preferisci
sbatterlo ad Azkaban gettando la chiave o concedergli una sola possibilità di
redenzione?>>
Hermione non rispose. Si limitò a lanciare a Draco
uno sguardo furioso. Poi, lentamente, anche se le costò uno sforzo immane,
annuì.
*°*°*°*
Nei film di successo babbani il protagonista,
sull’orlo della morte, avrebbe vissuto lunghi flash back durante i quali
sarebbero emersi i suoi ricordi più cari. Rinfrancato da sentimenti eroici come
amore e vendetta, il protagonista si sarebbe dunque liberato in grande stile
dalle grinfie del cattivo di turno e l’avrebbe affrontato in un duello
all’ultimo sangue. Vincendolo.
Un
mucchio di stronzate.
Erano bastati pochi minuti per trasformare il
viaggio di Harry in un duello contro un aggressore invisibile. Il destino,
inesorabile calamita per guai, l’aveva portato a fronteggiare la morte per
l’ennesima volta.
Ed ora era lì, inerte e disarmato, con il volto coperto
di sangue.
<< Sei pronto a morire, Potter?>>
Un bagliore accecante lo investì, costringendolo a
chiudere gli occhi.
Ci fu un colpo, seguito dal fragore di lamiere
sfrigolanti che si contorcevano sotto il peso di una morsa. Qualcuno urlò.
Harry avvertì il familiare strappo dietro
l’ombelico di un vorticoso viaggio con la metro polvere. L’auto si era
sollevata in aria.
Trascorsero
interminabili secondi di silenzio. Era
vivo. Harry riaprì lentamente gli occhi ed annaspò goffamente fra le
schegge che cospargevano l’abitacolo, riuscendo a rialzarsi quel tanto che
bastava da sbirciare fuori dal finestrino.
In
quell’istante l’automobile precipitò nel vuoto nella manciata di metri che la
separavano dal suolo. Atterrò malamente sull’asfalto e si capovolse su sé
stessa. Harry emise un urlo terrorizzato, ancora imprigionato nelle cinture di
sicurezza che lo tennero inchiodato ai sedili e gli impedirono di balzare fuori
dalla vettura.
Le
sue orecchie furono pervase dal frastuono dell’antifurto. Gli airbag esplosero
in ogni direzione. Una densa coltre di fumo nero sgorgava dal cofano.
<<
Presto!>> urlò una voce femminile, da qualche parte alla sua destra.
Con
un calcio ben assestato Harry riuscì a sfondare la portiera. Si dimenò con le
poche forze che gli rimanevano e riuscì a slacciarsi la cintura.
Si
trovava all’interno di una bomba ad orologeria che sarebbe esplosa da un
momento all’altro. Salvarsi da una maledizione senza perdono, evidentemente,
non era abbastanza.
<<
Fai in fretta!>> urlò la voce.
Qualcosa
lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dall’abitacolo.
L’adrenalina
gli aveva impedito di avvertire dolore. Un bruciore intenso si diradò sul suo
viso, lungo le braccia investite dallo scoppio del parabrezza. Molte schegge
gli si erano conficcate nella pelle. Harry iniziò a respirare affannosamente.
Il panico sostituì il terrore, e si ritrovò ad urlare e contorcersi sull’erba,
mentre la sconosciuta lottava per trascinarlo lontano dall’automobile in
fiamme.
<<
Stai bene?>> domandò lei.
Lo
adagiò nell’erba a debita distanza dall’auto, poi lo agguantò per le braccia obbligandolo
a distendersi sulla schiena.
Non
stava bene per niente. Era ferito, ricoperto di sangue e dolorante. Durante la
caduta dell’auto aveva urtato con violenza la leva del cambio. Lo stomaco gli
doleva come se avesse ricevuto un pugno.
<<
Ho l’aria… di qualcuno… che sta bene?>> mugolò Harry. Si coprì il volto
con le mani.
<<
Mi dispiace. Oh, dio. Non volevo!>> Era terrorizzata. Dalla voce sembrava
una ragazzina. << Sei un mago. Non puoi rigenerarti, o qualcosa del genere?>>
Che
cosa diavolo stava dicendo? Se fosse stata una strega non avrebbe esitato a
curarlo. Ma conosceva la sua vera identità. Chi
diavolo era quella ragazzina?
<<
Bacchetta.>> riuscì a
bofonchiare Harry. Protrasse una mano in avanti, tastando nient’altro che
l’aria. <<… dammi la mia… bacchetta…>>
<<
Chiamo un’ambulanza!>>
<<
Dammi… la mia cazzo… di
bacchetta!>>
Attese
pochi minuti. La vide tornare con il ramoscello di legno stretto fra le dita.
La sua sagoma era ridotta ad un’ombra incerta oscurata dal sole cocente.
Harry
emise un rantolo di dolore. Entrare di nuovo in possesso della sua bacchetta lo
rincuorò. Socchiuse gli occhi, lottò per ignorare il dolore atroce, e la agitò
in aria in un movimento elaborato. << Epismendo
Totalis >>
Una
fitta lancinante lo investì al volto e alle braccia, proiettandolo con il capo
indietro nell’erba con uno spasmo.
Le
schegge che gli si erano conficcate nella pelle, lentamente, una dopo l’altra, si
estrassero da sole e ricaddero nell’erba. Le ferite si rimarginarono.
<<
Wow.>> fu il commento della ragazza, che parve sollevata nell’osservare
le sue ottime condizioni. Era inginocchiata al suo fianco e lo osservava con l’aria
di una studentessa alle prese con un curioso esperimento di scienze. <<
Sei tornato come nuovo.>>
Harry,
ancora sdraiato, non esitò a puntarle la bacchetta alla gola. << Sei
stata tu ad aggredirmi?>> ringhiò. La afferrò per la t-shirt color senape
sulla quale era disegnato il sorriso ebete di una spugna dei cartoni animati. Indossava
un paio di jeans e delle All Star logore. << Sei una strega?>>
Lei
non fece nulla per divincolarsi. Si limitò ad alzare le braccia. << No,
non sono una… strega. O almeno credo.>> I suoi occhi erano di una delicata
sfumatura viola dal riflesso cangiante. << Ho visto quel tizio che
entrava nella tua auto. Mi stava dando la caccia da giorni. Ho pensato che
avrebbe potuto farti del male, e così vi ho seguiti.>>
<<
Hai una vaga idea di quello che è successo?>> la incalzò Harry, senza
abbassare la guardia. << Se qualcosa o qualcuno ci ha visti, siamo nei
guai seri. Nessuno può usare la magia davanti ai babbani, maledizione.>>
<<
Babbani?>> La ragazza aggrottò la fronte.
<<
Si può sapere chi diavolo sei?>>
<<
Oh. Bella domanda. Mi chiamo Lisan.>>
<<
E tu avresti sollevato un’automobile con due persone a bordo senza una
bacchetta magica?>>
<<
Prima ho cercato di uccidere quel bastardo con il mantello invisibile, ma è
scappato. Per quanto riguarda la macchina, ecco… mi dispiace. Non so
controllarmi a volte. Non so perché l’ho fatto, a dire il vero. Ma…>>
Harry
la zittì lanciandole uno sguardo torvo. Si rimise in posizione seduta e prese a
squadrarla attentamente. Aveva l’aspetto trasandato, i capelli in disordine. Ma
qualcosa nei suoi occhi viola gli suggerì di fidarsi di lei.
Harry
abbassò lentamente la bacchetta. Ricordò che il suo aggressore “con il mantello invisibile” aveva fatto
chiaro riferimento ad una ragazzina. Doveva trattarsi di lei.
<<
Da dove vieni, Lisan?>>
La
ragazza lo aiutò a rialzarsi. Insieme osservarono quel che ne rimaneva dell’Alfa
Romeo Giulietta accartocciata nel campo di girasoli.
<<
Abitavo in California.>>
Le
automobili scorrevano spedite lungo la statale senza che nessuno dei loro
occupanti si accorgesse minimamente della loro presenza.
<<
Ho fatto in modo che nessuno ci vedesse.>> Lisan
si infilò con naturalezza le mani in tasca. << Riesco a rendermi invisibile,
a volte. Non so esattamente come. Spesso se desidero tanto una cosa, quella
cosa accade per davvero.>>
Era
piuttosto avanti con l’età per non essere mai stata chiamata in una scuola di
magia. I suoi poteri andavano al di fuori delle potenzialità di qualsiasi mago
adolescente della sua età. Quella Lisan aveva appena salvato la vita ad un
Auror esperto e ben addestrato. Forse nemmeno lei sapeva come.
<<
Tu sei speciale, cazzo.>> disse Harry. Non era un’esclamazione colorita,
ma semplicemente un dato di fatto. Si passò una mano nei capelli. << E ho
la sensazione di non essere l’unico a pensarlo.>>
*°*°*°*
Grazie
mille per i commenti. Mi auguro solamente che l'attenzione per Harry
Potter con l'uscita dell'ultimo film che ha chiuso la saga non sia
andata scomparendo del tutto.
Ma so che un domani, quando magari avrò trent'anni e sarò
finalmente geometra (speriamo), qualcuno avrà la brillante idea
di girare una Serie Tv o scrivere un nuovo libro e questa mitica saga
tornerà a farsi sentire come nei momenti d'oro.
E' stato Harry a insegnarmi a leggere e scrivere. Non mi dimenticherò tanto facilmente di questo "dettaglio".
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Capitolo 6 *** Il Complotto dei Rinascenti ***
Capit
NOTE DELL'AUTORE:
Un grazie infinito a TopGun4ever, che mi sopporta sempre e in ogni modo, e a Princess Cake87, che mi hanno aiutata a unire le "tessere del puzzle" di questa Effe Effe.
Grazie mille anche a Black_Yumi, LadyNick,Chaostheory e alla mia amica Argent per i commenti. =)
Non mi resta che augurarvi buona lettura!
Capitolo 5
Il complotto dei Rinascenti
“Se la morte è il
risveglio, la vita è un sogno”
(Jim Morrison)
Avere
un tetto sopra la testa e una doccia calda a sua disposizione le sembrò
irreale.
Il
dolce torpore dell’acqua calda che le accarezzava la pelle, il profumo del
bagnoschiuma e degli asciugamani puliti. Lisan socchiuse gli occhi e lasciò che
la canzone dei Nickelback che stavano
trasmettendo alla radio la trasportasse in un’altra dimensione; si lasciò
cullare dalle melodia sotto la doccia bollente. Erano settimane che non si
sentiva così bene.
Chiuse
l’acqua dieci minuti dopo, a malincuore.
Lo
speaker italiano stava commentando simpaticamente a proposito di calcio, ma non
riuscì a capire bene il suo discorso. Avrebbe dovuto fare ancora molta pratica per
imparare la lingua italiana. La trovava affascinante.
Lisan
si infilò un accappatoio, lanciò un’occhiata fugace nello specchio e il
riflesso di una diciassettenne sorridente le restituì lo sguardo. I suoi
capelli castani erano tornati lucenti.
Percorse
il corridoio della camera d’hotel a piedi nudi stringendo in mano una pila di
asciugamani.
Harry
era in soggiorno. Lisan lo osservò di sottecchi mentre se ne stava seduto alla scrivania
accanto alla finestra a digitare freneticamente sulla tastiera del suo
notebook. Quel tipo era freddo e taciturno. E piuttosto carino.
Sulla
sua fronte c’era una strana cicatrice a forma di saetta, difficile che se la
fosse procurata nell’incidente d’auto del giorno prima.
Harry
avvertì la presenza alle proprie spalle e mosse la testa, ma Lisan fu
abbastanza veloce da cambiare direzione e infilarsi nella propria camera da
letto.
Per
sdebitarsi le aveva offerto un rifugio sicuro per un paio di giorni, e intanto
lei avrebbe potuto scambiare due chiacchiere con un mago in carne ed ossa.
Sei speciale, Lisan…
Sperava
dal profondo del cuore che Harry le insegnasse a governare i propri poteri.
Anche perché, dopo essersi smaterializzati ed aver abbandonato la carcassa
dell’automobile in fiamme, lui si era limitato a consigliarle di riposare.
Aveva passato tutta la notte attaccato al monitor del notebook senza prestarle
la minima attenzione.
<<
Stai meglio?>> le chiese Harry, cortese, quando Lisan fece il suo
ingresso un po’ impacciato in soggiorno. Le aveva comprato dei vestiti nuovi.
<<
Molto meglio. Grazie.>>
Davanti
a Harry, seduto sul divano, un grande schermo Sony occupava gran parte della
parete. Stavano trasmettendo un vecchio film poliziesco anni ’80.
Fuori
dalla finestra una distesa informe e sterminata di tetti si propagava fino all’orizzonte
illuminata dal sole cocente di agosto. Tra essi, in lontananza, svettava la
bianca Cupola di San Pietro. Poco più a destra, a guardia delle mura vaticane,
c’era Castel Sant’Angelo con il suo particolare color terracotta, che Lisan
aveva potuto osservare solamente in televisione.
<<
Posso parlare con te, adesso?>> domandò Harry.
<<
Che cosa vuoi sapere?>>
Lui
batté il palmo della mano sulla poltroncina accanto al divano. Lisan obbedì e
si sedette, sentendosi un po’ nervosa.
<<
Non ti è mai arrivata nessuna lettera che ti comunicasse la tua iscrizione ad
una qualche scuola di magia?>>
<<
No. Mai.>> mormorò Lisan.
<<
La parola Hogwarts ti dice
qualcosa?>>
<<
Assolutamente no.>>
Harry
sospirò profondamente. << E’ stato un caso fortuito che io ti abbia
trovata. Se prima di me ci fosse riuscito quel bastardo che ha cercato di
uccidermi, probabilmente i tuoi poteri fuori controllo non sarebbero serviti a
molto. Mi comprendi?>>
<<
Credo di sì.>>
<<
Tu non sei invincibile, Lisan. Voglio che tu lo sappia. Il fatto che tu mi
abbia salvato la vita è indiscutibile e io te ne sono molto grato. Ma devi
capire che non era un’eroina dei fumetti in grado di poter fare tutto ciò che vuoi.>>
Lisan
si strinse nelle spalle. << Io volevo solo cercare qualcuno come
me.>>
<<
L’hai trovato. Cercherò di fare il possibile per aiutarti. Ma rubare e gettare
ristoranti alle fiamme non è una mossa intelligente, è chiaro?>>
Il
cuore iniziò a batterle forte. << E tu come fai a saperlo?>>
bofonchiò.
<<
Casualmente ho letto un articolo di giornale sull’argomento.>> rispose
Harry, con tono risoluto. << Sei sola, spaesata e fuori controllo. Non
hai soldi e devi procurarti da mangiare in qualche modo. Ho fatto due più
due.>> Si passò una mano nella chioma di capelli corvini, mettendo in
mostra la cicatrice a forma di saetta sulla sua fronte. << La tua bravata
è costata la vita a un turista, lo sai questo?>>
<<
Io… ecco… no.>>
<<
Attorno a te capitano cose strane, col passare dei giorni capisci che sei
diversa da tutti gli altri e non riesci a trovare nessuno che ti possa
comprendere.>> Harry estrasse una penna dal taschino. Ci giocherellò per
qualche istante, poi la utilizzò per indicare Lisan. << Risponderò alle
migliaia di domande che ti frullano in testa con quattro semplici parole. Tu sei una strega.>>
Lisan
sbatté le palpebre. Scosse leggermente il capo. << Io sono cosa?>>
<<
Una strega. Cosa credevi di essere, una degli X-men?>>
<<
Quindi tu… tu sei veramente un
mago?>>
Harry,
i gomiti poggiati sulle ginocchia e il volto fra le mani, annuì. Sembrava
stranamente a disagio, come se gli costasse parecchio intavolare quel genere di
discorso. << Ti starai chiedendo come faccio a sapere tutto questo. Il tuo
volto esprime molte più informazioni di quante non ne comunichino le tue
parole.>>
<<
E cosa esprimerebbe il mio volto?>>
Harry
con la penna percorse il profilo delle sue sopracciglia. << Non ti fidi
ancora di me, ed è del tutto normale. E ti stai chiedendo come faccia a darti
così tanta fiducia, sapendo che sei una sottospecie di bomba ad orologeria con
due gambe.>> Sospirò. << Ti piacciono le serie tv americane, non è
vero?>>
<<
Oh, ecco… molto.>>
<<
Nel mondo dei maghi, io sono una specie di poliziotto. Da noi si chiamano Auror.>>
<<
Wow.>>
<<
Perciò.>> proseguì Harry. << Ho validi motivi per sospettare che il
mago che mi ha aggredito sia un Mangiamorte. E stava cercando te. Nella
migliore delle ipotesi si tratta di un criminale con poteri magici interessato
alle tue capacità. Il perché è pressoché evidente: non ho mai visto nessuno in
grado di utilizzare la magia senza una bacchetta magica come te, Lisan. Hai
delle doti straordinarie.>>
Lisan
arrossì. Prese ad arrotolarsi nervosamente una ciocca di capelli. << Loro
mi stanno cercando.>> mormorò. << E’ da quando ero a Varsavia che
mi danno la caccia. Erano in due. Indossavano dei mantelli neri e avevano delle
maschere sul volto. Uno sono riuscita a ucciderlo, ma l’altro ha continuato a
starmi alle costole.>>
Harry
le rivolse un sorriso. Allungò una mano e gliela posò sulla spalla. <<
Qui sei al sicuro. Nessuno potrà farti del male. Ma devi promettermi che non
userai più la tua magia per fare del male a qualcuno, se non in casi di estrema
necessità.>>
<<
Lo prometto.>> disse Lisan, risoluta. << ma tu devi aiutarmi a… controllarla.>>
<<
Siamo qui per questo. Altrimenti ti avrei schiantata sul posto e mi sarei
smaterializzato prima che te ne accorgessi.>>
<<
Dubito che ci saresti riuscito.>> sbottò Lisan, con una punta di sarcasmo
nella voce.
<<
Dì un po’, ragazzina, quanti anni hai?>>
<<
Diciassette.>>
Harry
scoppiò a ridere. Si alzò dal divano e andò a recuperare il telefonino
abbandonato sulla scrivania. Armeggiò con il touch-screen per comporre un numero
telefonico. << Alla tua età, stavo attraversando guai ben
peggiori.>> Le strizzò l’occhio, mentre si portava l’i-phone
all’orecchio. << Vuoi qualcosa da mangiare?>>
Lisan,
un po’ intimidita, annuì. La sua pancia emetteva da un paio d’ore intensi gorgoglii.
<<
Hermione?>> fece Harry, quando una voce femminile dall’altro lato
rispose. << Un Mangiamorte ha appena cercato di uccidermi e una strega di
diciassette anni di livello cinque passata inosservata al mondo dei maghi è
seduta sul divano di casa mia. Che cosa devo fare?>>
*°*°*°*°*
Era
Harry. La stava chiamando. Era lui.
Hermione
si immobilizzò. Si trovava nel suo ufficio al Quartier Generale e,
d’improvviso, il vecchio telefonino babbano che teneva nascosto in un cassetto
iniziò a squillare ininterrottamente.
Solo
una persona conosceva quel numero. Era stato Harry a regalarle il telefono
cellulare babbano, almeno avrebbero potuto comunicare liberamente senza il
rischio di essere intercettati dai Mangiamorte sfuggiti al controllo del
Ministero.
Hermione,
lentamente, portò il piccolo Nokia all’orecchio. Il cuore le batteva
all’impazzata nel petto. << Harry…>>
<<
Hermione?>> La sua voce. Sembravano essere passati solo un paio di
giorni. E invece erano trascorsi mesi interi. Un Mangiamorte ha appena cercato
di uccidermi e una strega di diciassette anni di livello cinque passata
inosservata al mondo dei maghi è seduta sul divano di casa mia. Che cosa devo
fare?>>
La
tachicardia non esitò a placarsi. Hermione era così ansiosa di ascoltarlo che
quasi non badò a recepire le sue parole. Non riuscì a dire nulla: l’Hermione orgogliosa nascosta dentro di
lei la spinse a chiudere la chiamata e riporre cautamente il telefono nel
cassetto.
Si
sedette e affondò il viso fra le mani, i gomiti appoggiati sulla scrivania
cosparsa di incartamenti. Che cos’aveva fatto? Dopo un tempo che le era
sembrato infinito, Harry l’aveva contattata, e aveva bisogno del suo aiuto.
No,
disse l’Hermione orgogliosa, ti ha
lasciata sola a comando del Quartier Generale senza nemmeno un preavviso. Merita
di essere ricambiato con la stessa moneta.
A
dire il vero non ebbe idea di quanto rimase in quella posizione osservando
nient’altro che la sua ombra proiettata sulla scrivania, tralasciando i suoi
doveri lavorativi per riflettere su come avrebbe dovuto comportarsi con Harry.
Infine,
l’Hermione Auror prevalse. Aprì il
cassetto e recuperò in fretta il telefonino. Le sue mani iniziarono a tremare
per l’ansia. O forse era semplicemente l’Hermione
orgogliosa che tentava un’ultima volta di ostacolarla?
Lui
rispose al terzo squillo.
<<
Harry.>> mormorò Hermione.
<<
Mi dispiace, Herm.>>
<<
Oh, certo, ti dispiace.>> sbottò lei causticamente. Si lasciò sprofondare
nella poltroncina dallo schienale alto foderato in pelle color smeraldo.
<< Hai una vaga idea di cosa ha comportato la tua assenza dal
Ministero?>>
<<
Ho bisogno di te.>>
Quelle
semplici parole, anche se non lo diede a vedere, placarono la sua ira
interiore. Ma a quel punto l’Hermione orgogliosa aveva preso in pieno controllo
della situazione, e non avrebbe mollato il comando tanto facilmente. <<
Dove sei?>> gli chiese.
Dall’altro
capo del telefono, Harry trasse un sospiro profondo. << Sono a
Roma.>>
<<
E che cosa ci fai in Italia, posso saperlo?>>
<<
Hermione, ti prego, non fare domande. Ho un disperato bisogno di te. Lascia
almeno che ti spieghi.>>
<<
Ti sto ascoltando.>> sibilò Hermione.
<<
Un Mangiamorte mi ha aggredito ieri. Ero in auto. Mi ha colto di sorpresa e
sarei di certo morto, se una strega di diciassette anni non mi avesse salvato
la vita.>>
<<
Commovente.>> Una morsa le strinse lo stomaco a pensarlo in pericolo.
Lottò contro sé stessa per mantenere inalterato il suo tono di voce. << E
chi sarebbe questa strega?>>
<<
A dire il vero, non lo esattamente.>> disse Harry. << Ma è sfuggita
al controllo dei maghi minorenni del Protocollo Internazionale dell’Istruzione
Magica. E’ stupefacente, Herm. Ha dei poteri che nemmeno Silente alla sua età
si sarebbe sognato di avere. E non ha la minima idea di cosa sia una bacchetta
magica.>>
Hermione
trasalì. Al diavolo l’orgoglio. << La stanno cercando, vero?>>
<<
Ho l’impressione che qualcuno sappia della sua esistenza e che cerchi in ogni
modo di… reclutarla.>> disse
Harry, preoccupato. << Non so che cosa fare.>>
Reclutare… proprio
come aveva detto Draco. Altre tessere andarono a incastrarsi nel puzzle.
Hermione rimase per qualche lungo istante di silenzio, riflettendo attentamente
sul da farsi. Non c’era tempo da perdere in chiacchiere. Se ciò che Harry
diceva era vero, ed era vero per forza, quella ragazza da sola sarebbe stata in
grado di far scoppiare la Terza Guerra. Quell’ipotesi così assurda non pareva
nemmeno tanto irreale, visto e considerato che Draco Malfoy, rinchiuso nella
cella del Quartier Generale, non faceva altro che avvertirli dell’imminente
ritorno dei Mangiamorte.
<<
Vieni immediatamente qui.>> sentenziò infine Hermione. << Porta con
te la ragazza. Se è davvero così potente nemmeno tu sarai in grado di
difenderla.>>
<<
Tra un’ora saremo lì.>> promise Harry, che soggiunse: << E’ bello
risentirti, Herm.>>
Hermione
non disse nulla. Poi, quando Harry riattaccò, emise un sospiro.
E’ bello risentirti, Harry.
*°*°*°*
Il
grattare cigolante di una chiave nella serratura lo destò dal sonno.
Draco
aprì gli occhi, rimirando stancamente la figura di un Auror avvolto nel
mantello d’ordinanza che entrava nella piccola cella con passo spedito.
Depositò senza troppa accortezza un vassoio sul tavolaccio di legno stipato in
angolo, gli rivolse uno sguardo sprezzante, poi sparì richiudendosi
pesantemente la porta alle spalle.
Un
illustre professore di pozioni era stato rinchiuso nella Cella del Quartiere
Generale degli Auror. Un gesto apparentemente semplice, ma che segnava un
crocevia importante nelle espressioni di quegli stupidi burattini del
Ministero.
Chi
era dietro le sbarre veniva considerato un criminale. Punto. Nulla e nessuno
avrebbero fatto credere il contrario a quel branco di idioti.
Ma
in fondo lo meritava. Aveva ucciso suo
padre.
Draco
rise. Si lasciò cadere indietro, appoggiando la schiena alla fredda parete di
mattoni.
La
porta d’ingresso tornò a cigolare. Savage e Dawlish, fidati collaboratori di
Hermione, fecero il loro ingresso nella cella. Si fermarono ai lati della porta
ed attesero in silenzio che Draco di alzasse per mangiare, ma lui non lo fece.
Poco
dopo arrivò Hermione.
<<
Ha bevuto?>> domandò ai due colleghi. Entrambi scossero il capo.
<<
Voglio che versiate il Veritaserum davanti ai miei occhi.>> disse Draco,
pacato.
Hermione
annuì. Era evidente che la diffidenza fosse reciproca. Estrasse una boccetta di
vetro contenente un liquido trasparente da una tasca interna del mantello, poi
afferrò il calice appoggiato sul vassoio del cibo e lo vuotò senza tanti
complimenti sul pavimento. Lo riempì nuovamente d’acqua con un incantesimo,
eseguendo ogni movimento con un’insolita lentezza in modo che Draco potesse
accertarsi che non vi fossero irregolarità.
<<
L’acqua naturale è di tuo gradimento, Malfoy?>> chiese Hermione, con una
vena ironica nella voce. I due Auror alle sue spalle ridacchiarono.
<<
Dammi da bere quella pozione e falla finita, Granger.>>
Hermione
stappò la boccetta e ne versò tre gocce nel calice. Lo fece oscillare tenendolo
fra l’indice e il pollice, osservando controluce che il colore della pozione
Veritaserum fosse ottimale. << Possiamo procedere.>> disse a
Dawlish e Savage.
Savage
si volse e richiuse la porta, facendo scattare il lucchetto della serratura con
un colpo di bacchetta.
Draco
ricevette la coppa fra le mani. La soppesò qualche istante, poi la vuotò tutta
d’un sorso. Era incolore e inodore, sembrava del tutto simile all’acqua ed
aveva un retrogusto metallico.
Avvertì
la testa farsi leggera, come se tutti i pensieri fossero stati riversati in un
pensatoio e del suo cervello non ne rimanesse altro che un ammasso molle e
gelatinoso privo di ogni ricordo. Era una sensazione meravigliosa.
La
vista gli si appannò. Riusciva a intravedere solo la figura di Hermione davanti
a sé.
<<
Qual è il tuo nome?>> domandò cautamente Hermione, mentre prendeva in
mano il suo taccuino degli appunti.
Le
parole gli uscirono di getto dalla bocca senza che riuscisse a controllarle.
<<
Draco Malfoy.>>
<<
Bene, Draco. Sei mai stato preso a pugni da una donna?>>
Qualcosa
dentro di lui lottò incessantemente per zittirlo. Ma le parole, ancora una
volta, furono pronunciate senza il suo controllo. << Sì.>>
<<
Mi dici il suo nome, per cortesia?>> Il tono di Hermione era affabile, ma
il suo sorriso nascondeva una luce vendicativa.
<<
Hermione Granger.>>
Dawlish
e Savage non riuscirono a trattenere una risata.
<<
Noto con piacere che il Veritaserum ha fatto effetto.>> Hermione
scribacchiò qualcosa sul taccuino. Rimase un istante in silenzio, soppesando le
domande da rivolgergli. << Sei stato tu a uccidere Lucius Malfoy?>>
<<
Sì.>>
<<
Puoi raccontarmi com’è successo?>>
Draco
annuì. << Ho architettato tutto un mese fa, durante la mia ultima visita
ad Azkaban. Mio padre voleva che lo facessi evadere. Voleva tornare in libertà
e unirsi ai Rinascenti per compiere il volere del Signore Oscuro. Ma io non
voglio che accada qualcosa del genere. Il mondo dei maghi andrebbe incontro
alla Guerra.>> Parlava ininterrottamente, senza quasi prendere fiato.
<< Fanno parte dei Rinascenti molti dei Mangiamorte sfuggiti al Ministero
durante la Seconda Guerra. Sono capitanati da Bellatrix Lestrange. Lei è viva e
vuole portare a compimento il volere di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Mio
padre, durante la mia ultima visita ad Azkaban, mi ha rivelato che Bellatrix è
riuscita a mettersi in contatto con lui. Era intenzionata a reclutarlo. Mio
padre l’ha sempre odiata, ma ero sicuro che si sarebbe unito a lei. Era una
pedina troppo importante per essere lasciato marcire in carcere.>> Emise
un sospiro. << Non volevo che accadessero altre cose terribili. L’ho
ucciso per il bene di tutti.>>
Hermione
cessò di scrivere appunti. Sollevò gli occhi color nocciola e lo osservò con
uno sguardo stupefatto e severo. << Non hai fatto nulla per opporti alla
morte di Silente. Né tantomeno hai pensato al bene del mondo magico quando sei
stato incaricato dal Signore Oscuro in persona di ucciderlo. Come hai fatto ad assassinare tuo padre, se
non sei riuscito a fare lo stesso con Silente? E con Harry…>>
<<
Le persone crescono.>> grugnì Draco.
Lei
tornò a concentrarsi sui suoi appunti. Non gli diede la soddisfazione di una
risposta. << Come sei entrato ad
Azkaban?>>
<<
Non sarei mai riuscito a penetrare all’interno del carcere da solo. E’ stato
Ben Fenwick ad aiutarmi. La sua famiglia è stata sterminata dai Mangiamorte ed
è sembrato sollevato all’idea che io volessi uccidere uno di loro. Lo conosco
piuttosto bene: suo figlio Harold frequenta il primo anno di Hogwarts. Fenwick
mi ha fatto entrare ad Azkaban e ha fatto in modo di distrarre le guardie Auror
per permettermi di raggiungere indisturbato la cella di mio padre. L’ho
ingannato facendogli credere che ero lì per farlo evadere, perlomeno sarebbe
stato zitto e non avrebbe attirato l’attenzione degli altri detenuti. Poi l’ho
freddato con una maledizione senza perdono. Non me ne pento affatto.>>
Non
c’era bisogno della pozione Veritaserum per capire quanto fosse soddisfatto.
<<
Hai detto di avere ucciso tuo padre perché sarebbe stato in grado di causare
gravi pericoli per il mondo magico. Puoi spiegarti meglio, Draco?>>
<<
Lui è… malvagio. Doveva morire.>>
<<
Perché?>> lo incalzò lei.
Uno
sguardo terrorizzato si dipinse sul volto di Draco. Si raggomitolò contro la
parete, stringendosi nelle spalle. << L’avrebbe rifatto.>>
<<
Rifatto cosa?>>
Draco
sbuffò. << Avrebbe rifatto quei maledetti esperimenti. Lui… voleva che Tu-sai-Chi
ritornasse. Passava giorni interi nello scantinato per trovare un corpo
ospitante che fosse in grado di ricevere il Signore Oscuro senza…
morire.>>
Hermione
lo interruppe schiarendosi la voce. << Che cosa intendi per “corpo
ospitante”? Spiega la storia dall’inizio.>>
<<
Quando Colui-che-non-deve-essere-nominato è stato sconfitto, la notte in cui
sono morti i Potter, mio padre era uno dei capi dei Mangiamorte. Ha cercato in
tutti i modi di aiutare il Signore Oscuro a risorgere, ma in vano. Lui era uno
spettro, un parassita. Non era in grado di rigenerarsi con un corpo proprio,
perciò mio padre ha iniziato a sperimentare dei metodi che potessero agevolare
la sua rinascita.>> Draco fece una pausa. Fu scosso da un fremito e
affondò il volto fra le mani, obbligando sé stesso a ricordare. << Avevo
otto anni. Passavo gran parte del mio tempo con la governante e con il mio
insegnante privato, un certo Filius Bode. A volte non vedevo mio padre per
mesi. Quella sera sgattaiolai nello scantinato e trovai mio padre insieme a due
uomini coperti da mantelli neri. Erano radunati attorno ad un tavolaccio di
legno sul quale era stato immobilizzato un bambino. Era poco più che un
neonato, aveva il volto paonazzo e piangeva ininterrottamente, ma i suoi
lamenti erano resi muti da un incantesimo. Lui…>> Draco si fermò ancora.
Il suo respiro divenne affannoso. << Lui piangeva… e mio padre sembrava
infischiarsene. Stava maneggiando una sostanza gelatinosa all’interno di un
calderone di peltro. Disse qualcosa ai due Mangiamorte che erano con lui e uno
di essi agguantò il calderone e lo riversò sul neonato. Ci fu una specie di
esplosione. Ricordo una puzza di gomma bruciata. Il neonato piangeva e si
dimenava. Poi c’è stato il silenzio.>>
Hermione
si inginocchiò in modo che i loro sguardi fossero alla stessa altezza. Lo
ascoltò con attenzione senza mai scomporsi. Ma i suoi occhi esprimevano una
profonda tristezza.
<<
Lucius Malfoy faceva degli esprimenti per trovare un corpo che potesse ospitare
l’anima parassita di Voldemort?>>
<<
Non nominare quel nome!>> urlò Draco, ancora in preda ai ricordi dell’infanzia.
<< Lui… potrebbe ritornare… potrebbero ripetere quegli
esperimenti!>>
Hermione
sospirò. Allungò una mano e gliela premette forte sulla spalla, quasi volesse
farlo rinsavire. << Voldemort è morto e non ritornerà. Di questo puoi
starne certo. La nostra preoccupazione più grande è che qualcuno possa aspirare
a occupare il suo posto, capisci che cosa intendo?>>
Draco
annuì. << Bellatrix Lestrange.>>
<<
E’ stata uccisa da Molly Weasley durante la battaglia di Hogwarts.>>
<<
Quella non era Bellatrix.>> sbottò Draco, come se fosse la cosa più ovvia
del mondo. << Non ho idea di come abbia fatto a sopravvivere. Mio padre
non mi ha spiegato fino a che punto un mago più compiere simili magie
utilizzando le Arti Oscure. Ma, conoscendo il potere di Tu-sai-Chi, non mi stupisco
che Bellatrix avesse escogitato un piano per sfuggire alla morte.>>
<<
Quella donna è più malvagia di Voldemort stesso.>> fu il commento di
Hermione. Si morse un labbro.
Dwalish
e Savage, che piantonavano la porta, apparivano piuttosto sconvolti. Ad ogni affermazione
di Draco si lanciavano occhiate allarmate.
<<
Durante gli esperimenti condotti da tuo padre, venivano utilizzati solo
neonati?>> domandò improvvisamente Savage, che si affrettò a mormorare: <<
Domando scusa>> a Hermione quando lei lo raggelò con lo sguardo.
<<
All’inizio, sì. Ma non ne è sopravvissuto nessuno.>> Draco fu scosso da
un altro fremito. << I neonati sono puri e incorrotti, possono accogliere
nel miglior modo l’anima oscura di Tu-Sai-Chi, ed egli è in grado di assumerne
il totale controllo. Con gli adulti, invece, è molto più difficile. Il loro
potere magico è nettamente superiore e può accadere che si ribellino all’anima
parassita.>>
<<
Non è un caso, quindi, che Voldemort si sia impossessato del professor
Raptor.>> disse Hermione.
<<
E’ stato mio padre.>> mormorò Draco, con un filo di voce.
Nella
cella cadde un lungo silenzio.
Dall’esterno
si udì un enorme vociare, seguito dal rumore di passi che si susseguivano
velocemente lungo i corridoi. Ci fu un
applauso fragoroso.
<<
Può bastare, per ora.>> affermò Hermione. Si rialzò in piedi e finì di scrivere
appunti con la penna d’oca sul suo taccuino. Scarabocchiò una firma volante in
calce, poi rivolse un cenno a Dwalish e Savage. << Aspettate che l’effetto
del Veritaserum svanisca, poi accompagnatelo nel mio Ufficio. Manderò un gufo
al Ministro della Magia per avvisarlo che l’interrogatorio è terminato.>>
Draco
la osservò allontanarsi dalla cella. Le beatitudine tornò ad aleggiare nella
sua testa. Sorrise da solo, senza un motivo apparente, appoggiandosi con le
braccia incrociate dietro la nuca alla parete.
I
due Auror ora lo osservavano con occhi diversi, ma non dissero una sola parola.
Savage sembrava sull’orlo di una crisi di nervi. Non si mossero né osarono
parlargli finché, circa mezz’ora dopo, la testa di Draco fu scossa da una fitta
lancinante. Strizzò gli occhi e si contorse sul pavimento. Il dolore cessò all’istante,
scomparendo insieme alla sensazione di gioia. La sua testa tornò a farsi
pesante come se qualcuno gliel’avesse riempita di piombo fuso.
<<
Che diavolo è successo?>> ringhiò Draco, mentre si massaggiava la nuca.
Dwalish
e Savage si lanciarono un’occhiata. Dwalish agguantò il vassoio sul tavolaccio
di legno e glielo porse lentamente, quasi avesse paura che Draco glielo potesse
rivoltare in faccia da un momento all’altro.
<<
Mangia qualcosa.>> sbottò. << Poi ti accompagneremo dal comandante.>>
Draco
scoprì di avere molta fame. Il suo stomaco gorgogliava e si accorse che non
aveva toccato cibo da un giorno intero. << Grazie.>> si limitò a
mormorare, sorprendendosi da solo per la gentilezza nei confronti di un Auror,
prima di iniziare a trangugiare avidamente la sua cena.
*°*°*°*
Attendo con ansia critiche e commenti. Grazie a tutti =)
|
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Capitolo 7 *** L'ospite inatteso ***
dd
NOTE DELL'AUTORE
Buongiorno
a tutti, perdonate il ritardo nella pubblicazione del capitolo ma sono
rientrata in Italia domenica pomeriggio, dopo una vacanza a Barcellona
di una settimana.
Questo
è un capitolo che probabilmente giudicherete un po' "noioso", ma
lo reputo fondamentale per il proseguo della trama.
Gradirei, se vi è possibile, che lasciate qualsiasi vostra idea, critica
o commento. Mi fareste davvero molto felice perchè è
fondamentale, per ogni scrittore, avere nuovi elementi per giudicare il
proprio operato.
Noi
di EFP chiaramente scriviamo gratis (magari guadagnassi per scrivere!),
e leggere i commenti positivi o negativi è come ricevere lo stipendio. =)
Dedico questo capitolo allo sporco, idiota, maledetto, impestato e schifoso
figlio di buona donna che ha pensato bene di rubarmi la borsa a
Barcellona. Non c'è che dire, è stato proprio bravo.
Buona lettura a tutti.
Capitolo 6
L’ospite inatteso
“La vita é quello che ti succede mentre sei impegnato a fare altri
programmi”
(John Lennon)
Fuori
dalla cella interrogatori si stava consumando un gran baccano. I corridoi del
Quartier Generale si erano tutto d’un tratto affollati di persone vocianti.
Hermione
dovette appiattirsi contro la porta per evitare di essere investita dal
capannello di segretarie dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale,
che transitarono compatte e si diressero rumorosamente verso la Sala Comune degli
Auror.
<<…
me l’ha confidato la vecchia Lorinda Bath, che lavorava al Profeta con mio
marito. Qualcuno all’Ufficio Misteri ha spifferato che fosse in missione
segreta per conto del Quartier Generale.>> stava dicendo una di loro.
<<
Sicuramente una missione molto importante.>>
le fece eco la collega, che aveva dei lineamenti vagamente familiari.
<<
Finalmente è tornato a comandare il Quartier Generale!>>
L’altra
scoppiò in una risatina eccitata. Era Cho Chang.
Hermione
si sfilò il mantello da Auror dalle spalle e lo ripiegò frettolosamente. Fece
attenzione a non essere calpestata dalla folla e si unì al corteo di persone vocianti.
Sgomitò,
riuscendo ad avanzare verso le due giovani streghe. Ma non fu affatto semplice:
una strega tarchiata e dall’aria austera, accorgendosi che Hermione tentava di
scavalcarla, rispose all’affronto con un violento movimento dall’anca. Non
soddisfatta, rivolse a Hermione uno sguardo acido non appena lei approfittò di
una rientranza del corridoio per sgattaiolare via.
Le
doleva una costola e la tentazione di schiantare quelle oche starnazzanti era
notevole.
Non
ebbe bisogno di chiedere qual’era il motivo di tutto quel caos: fin da quando
aveva avvertito i primi scrosci di applausi dalla cella interrogatori, aveva
capito che Harry Potter era tornato al Ministero.
Il
solo pensiero che dì a poco avrebbe rivisto Harry le provocò un nodo alla gola.
Rilassati. Le
disse l’Hermione orgogliosa. Petto in
fuori e sguardo fiero. Sei tu il comandante ora.
La
Sala Comune del Quartier Generale era un vasto atrio rettangolare addobbato con
arazzi color porpora. Nelle nicchie delle pareti laterali erano posizionate le
statue degli Auror più celebri finemente scolpiti nel marmo; i loro sguardi
solenni incrociavano una piccola fontana di pietra che zampillava al centro
della sala.
<<
Comandante!>> strillò il giovane Devin Colbert, che prese ad agitare
freneticamente le mani per farsi notare. Era ingenuo, inesperto e palesemente
in preda al panico. << Comandante Granger! Venga da questa parte, la
prego!>>
All’improvviso
tutta la folla che la circondava parve attenuarsi. Molte paia di occhi si
voltarono nella sua direzione.
E’ il tuo momento.
Strepitò l’Hermione orgogliosa. Fai
vedere chi sei.
Non
ebbe difficoltà a raggiungere il giovane Auror appena entrato in servizio. Nel
tragitto si infilò il mantello dagli alamari d’oro, lasciando che gran parte
dei presenti potessero chiaramente intravedere l’effige del Quartier Generale
degli Auror ricamato sulla sua divisa. L’Hermione
orgogliosa aveva ragione: era lei che comandava adesso.
La
curiosità e l’impazienza divennero ira. L’ira divenne sete. Sete di risposte e
di rivalsa.
<<
Dov’è, Colbert?>> strepitò Hermione.
Il
ragazzo additò la porta del suo ufficio, assiepata di curiosi. << E’
arrivato da pochi minuti.>> bofonchiò. << Comandante
Granger?>>
Hermione
aveva preso a camminare con passo spedito. Man mano che avanzava la folla si dischiudeva
davanti a lei, aprendole un varco. I suoi passi rimbombarono in un insolito
silenzio.
Colbert
la inseguì. << Comandante, l’ho fatto accomodare nel suo ufficio. Non
avevo idea di dove…>>
<<
Ottimo lavoro, Colbert.>> Hermione lo congedò con un cenno del capo. Poi,
in un sussurro, soggiunse: << Fai sparire tutta questa gente.>>
Accennò ad un sorriso di convenienza, oltrepassò gli ultimi gruppi di curiosi e
serrò le dita attorno alla maniglia. Fece il suo ingresso nel suo ufficio
richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo secco.
Al
di fuori, nel corridoio, il silenzio si trasformò in un sonoro brusio.
L’ufficio
del Comandante le apparteneva solo da pochi mesi, ma erano bastati per
permettere all’ordine di regnare sovrano. Se c’era una cosa che Hermione odiava
più di Harry Potter, in quel momento, erano le cose fuori posto.
Osservare
Harry Potter che giocherellava con un boccino d’oro raccolto da uno scaffale,
comodamente seduto sulla SUA poltrona, dietro la scrivania, la fece
letteralmente impazzire.
Senza
una parola, si diresse ferocemente verso di lui.
Harry
scattò in piedi goffamente, appoggiando l’oggettino sottratto dalla libreria su
una pila di incartamenti ordinati. << Hermione.>> mormorò,
rivolgendole un sorriso.
Lei
non rispose. Mosse indietro il braccio e lo fece scattare fulminea, colpendolo violentemente con un pugno. Avvertì le nocche delle
mani entrare in contatto con il suo naso.
Lui
emise un rantolo soffocato e barcollò indietro, andando a cozzare contro la
finestra. Il paesaggio incantato alle sue spalle, che prima mostrava una
tiepida brughiera inglese, d’improvviso divenne una tempesta.
<<
Harry!>> urlò qualcuno alla sua destra.
Hermione
si accorse solo in quel momento di non essere sola con Harry nell’ufficio. Una
ragazzina stava osservando Harry con gli occhi sgranati. Non appena vide lo
sguardo rabbioso di Hermione puntato su di sé, si apprestò immediatamente a
tapparsi la bocca le mani. << Mi s-scusi.>> balbettò. Era
terrorizzata. << Se vuole io… me ne vado…>>
Aveva
i capelli color castano ramato lunghi fino alle spalle, un ciuffo le ricadeva
sugli occhi nascondendole, in parte, il viso sottile. Gli occhi erano grandi e
di una strana sfumatura violacea. Indossava abiti babbani: una t-shirt di una
squadra di calcio e dei jeans scoloriti. Ai piedi delle scarpe da ginnastica
gialle, nere e rosa che sembravano fuoriuscire da un incidente cromatico, c’era
una borsa da liceale.
Era
lei la strega di livello cinque? Una teenager dall’aria spaesata?
Hermione
si limitò a tenderle freddamente la mano. << Hermione Granger. Comando il
Quartier Generale degli Auror.>>
La
ragazzina gliela strinse con circospezione. << Lisan Rowles.>>
<<
Potete accomodarvi sulle sedie davanti alla scrivania. Grazie.>>
Sottolineò la parola “davanti” con una certa enfasi. Detto ciò, senza
considerare Harry, fece il giro della scrivania e prese posto sulla sua
poltrona.
Lisan
sedette nervosamente. Probabilmente desiderava domandare a Harry come stava, ma
non ne ebbe il coraggio. Rimase in silenzio osservando attentamente i propri
piedi mentre Hermione afferrava il boccino d’oro e lo infilava in un cassetto.
Harry
si massaggiò il naso. Un rivolo di sangue gli stava colando sulle labbra.
L’Hermione orgogliosa ruggì splendente nel
suo petto. Si sentì sazia, priva di un peso che le attagliava lo stomaco. Aveva
dato a Harry esattamente ciò che si meritava.
<<
Dunque, Harry, mettiamo in chiaro una cosa. Io non sono una ventenne segretaria
starnazzante esaltata dal tuo ritorno. Sono la tua migliore amica e, per
qualche minuto ancora, il tuo comandante.>> Hermione strinse le labbra.
Aveva colto l’attimo fuggente. Il suo momento di gloria si affievolì all’idea
che dì lì a poco avrebbe dovuto consegnargli il distintivo e tornare ad essere
la sua fidata assistente. Spostò una mano nella tasca interna del mantello.
<<
Puoi tenertelo.>> mormorò Harry, come se le avesse letto nel pensiero.
<< Non sono qui per questo, Herm. Sono sicuro che sei in grado di
ricoprire l’incarico meglio di me.>>
Lisan
continuava a lanciare a Harry sguardi preoccupati, per poi tornare a scrutare
il pavimento o il soffitto. Sembrava evitare con cura gli occhi di Hermione.
Quel semplice comportamento bastò a infastidirla. Una persona non osservava
negli occhi il proprio nemico per due unici motivi: o aveva qualcosa da nascondere o non era abbastanza degna di guardarlo.
<<
Bene.>> esordì Hermione. Nascose con cura il proprio distintivo nella
tasca del mantello insieme alla sua bacchetta, ed accennò ad un ampio gesto del
braccio. << Qual è il problema, Harry?>>
Harry
si asciugò il sangue con la manica della camicia. Si accorse solo in quel
momento che non portava gli occhiali. Il suo fisico era esile, slanciato, i
capelli un tempo più lunghi e indomabili ora erano più corti e scompigliati
come i babbani della televisione. Un accenno di barba sul mento faceva da
sfondo ai suoi intensi, espressivi occhi verde smeraldo, che la guardarono così
profondamente da penetrarle dentro l’anima.
<<
Ero depresso, Hermione.>> si limitò a mormorare. << Non so a dire
il vero perché me ne sono andato. Mi sentivo inutile, qui dentro. In fondo lo
sappiamo entrambi che la più meritevole sei tu. Io sono stato eletto comandante
solo perché ero il ragazzo sopravvissuto.>>
Sospirò. << Solo perché ho ucciso Voldemort.>>
<<
Non dire sciocchezze, Harry.>> sentenziò aspramente Hermione.
<<
Avevo bisogno di riposarmi. O almeno speravo di farlo.>> Harry indicò
Lisan, al suo fianco, con un cenno del capo. Le raccontò dell’aggressione del
mangia morte e di come quella ragazzina fosse riuscita a salvarlo, costringendo
il nemico a fuggire. Ammirevole, non
c’era che dire. Senza bacchetta, poi. Eppure Hermione non era del tutto
convinta di quella strana ragazzina.
<<
Sono quasi certo che i Mangiamorte la stiano cercando per reclutarla nel loro
esercito.>> soggiunse Harry. Lisan annuì energicamente per rafforzare la
sua tesi. << Non abbiamo idea di chi possa capeggiare il loro gruppo, ma
è certo che due Mangiamorte l’hanno inseguita per mezza Europa senza mai
riuscire ad avvicinarla. Uno è morto. L’altro è giunto fino in Italia, per la
precisione a San Giminiano, dove mi ha aggredito e ha fatto in modo che la mia
automobile andasse in fumo.>> Harry si schiarì la voce. Non sembrava del
tutto sincero su quell’ultimo particolare, ma preferì non interromperlo.
<< Non è stato facile spiegarlo all’agenzia di Roma dove l’ho affittata,
devi credermi. In ogni modo, Lisan è in pericolo. Dobbiamo scoprire chi la sta
inseguendo e, soprattutto, perché è così interessato ai suoi poteri.>>
<<
Se è così forte come dici sicuramente farebbe gola a qualsiasi
rivoltoso.>> commentò Hermione, che parlava di Lisan come se non fosse
presente. << Tuttavia, non abbiamo prove in mano. Come faccio a sapere se
ciò che la ragazza dice sia vero?>>
Gli
occhi viola di Lisan fiammeggiarono. Il suo viso, per qualche frazione di
secondo, si contorse in una smorfia feroce. Si sforzò di abbassare nuovamente
lo sguardo sui propri piedi.
<<
Non ti basta la mia testimonianza, Hermione?>> fece Harry, incredulo.
<<
Una strega di livello cinque è in grado di controllare la mente delle persone.
Se ciò non bastasse, avrai di certo sbattuto la testa nell’incidente.>>
<<
Stai insinuando che sono così stupido da lasciarmi leggere nella mente?>>
Harry era diventato tutto ad un tratto serio. La guardava con la delusione
dipinta sul volto, come se morisse dentro all’idea che Hermione mettesse in
dubbio le sue parole.
<<
Non sto dicendo questo, Harry. Ma anche Voldemort è riuscito a penetrarti nella
mente svariate volte, e non di certo perché tu fossi stupido. Era semplicemente
un mago potente. Come potrebbe esserlo Lisan, per quanto ne sappiamo. O per
come vuole farci credere.>> Hermione, senza scomporsi, la guardò,
costringendola a ricambiare lo sguardo. I loro occhi si incontrarono per la
prima volta. Quelli di Lisan sembravano profondi come due pozzi neri senza un
fondale.
<<
Avanti, Lisan. Mostrami quello che sei in grado di fare.>> Hermione prese
a tamburellare le unghie sul legno laccato della scrivania.
<<
Io… non posso.>> disse Lisan. << Non riesco a controllare le mie
capacità.>>
<<
Oh, io dico che tu sappia controllarle a meraviglia.>> ribadì Hermione
con tono affabile, sfoderando un sorriso fin troppo pronunciato. << Hai
salvato la vita a Harry, avrai dovuto usare la magia in qualche modo,
no?>>
<<
Non posso.>> Lisan strinse i pugni << Ho detto che non riesco a
controllarla.>>
<<
E’ un vero peccato che tu non possa mostrarmi i tuoi poteri, Lisan.>>
Hermione si esibì in una smorfia dispiaciuta.
Harry,
mentre Lisan non lo guardava, la supplicò con lo sguardo di smetterla. Ma
l’ultima idea di Hermione era quella di gettare la spugna sul più bello.
<<
Mi dispiace molto, Harry, ma la Legge Magica parla chiaro. Se non ho prove
tangibili ho le mani legate. E poi, se posso permettermi, il Comitato Magico
Internazionale per il Controllo dei Maghi Minorenni non le ha mai spedito
nessuna lettera per avere accesso ad una regolare scuola di magia. E’ passata
del tutto inosservata al loro controllo. Da questo potrei dedurre che…>>
Non ebbe il tempo di terminare la frase.
Le
librerie che fiancheggiavano la scrivania, alte e possenti, iniziarono a
tremare. Alcuni pesanti volumi rilegati in pelle precipitarono a terra con un
tonfo. Il tavolino di cristallo in un angolo, sul quale era posizionata la
scultura in legno di un elfo domestico, iniziò anch’esso a scuotersi finché,
con uno scoppio simile allo sparo di un fucile, non andò fragorosamente in
pezzi disperdendosi in una marea di schegge sul prezioso tappeto persiano
donatole da Kingsley il natale precedente.
Lisan
era furibonda. Aveva afferrato i braccioli della sedia e guardava Hermione con
il sorriso malvagio di chi la sfida l’aveva vinta dal principio. Avrebbe
continuato finché il comandante del Quartier Generale degli Auror non l’avesse
pregata di smettere.
Perciò
Hermione, che aveva avuto la prova palese della sua forza, levò in alto una mano.
Il suo sguardo esprimeva sconcerto e timore. << Può bastare per
ora.>> mormorò.
Harry
era sconvolto. Si guardava attorno osservando i danni, gli occhi color smeraldo
spalancati e attoniti. Prima di parlare allentò il nodo della cravatta e si
sbottonò la camicia, traendo due profondi respiri. << Tutto questo
è…>>
<<
Pazzesco.>> confermò Hermione. << Avevi ragione, Harry. E’ del
tutto fuori controllo.>>
<<
Io sono qui!>> ululò d’improvviso Lisan. << Non parlare di me come
se fossi invisibile! Forse non ho tutti quei blasoni cuciti sul mantello, ma
sono in grado di ucciderti quanto mi pare e piace!>>
Hermione
scattò in piedi sfoderando la bacchetta con un guizzo fulmineo, ma Harry fu più
veloce. Si frappose fra lei e Lisan, parandosi davanti alla scrivania, e puntò
la bacchetta in mezzo agli occhi della ragazza. << Dì ancora una cosa del
genere, ragazzina.>> ringhiò ferocemente. << E io, lo giuro sulla
tomba di Silente, ti spedisco all’altro mondo.>>
Lisan,
d’improvviso, si fece piccola e tornò ad afflosciarsi sulla sedia. Nascose il
volto fra le mani e iniziò a singhiozzare.
Harry
respirava affannosamente. Rimise la bacchetta in una tasca dei jeans, ma non si
mosse dalla sua posizione difensiva. << Ha molto da imparare.>> mormorò
a voce bassa, ancora visibilmente scosso. << Dobbiamo avere
pazienza.>>
Hermione
osservò la sua nuca e i suoi capelli corvini scompigliati. Non gli servì
guardarlo negli occhi per esprimergli la sua gratitudine. Da un lato ne fu
felice: se Harry si fosse voltato avrebbe visto gli occhi del Comandante farsi
luccicanti, anche solo per un brevissimo istante; ma sufficiente a mostrare una
sua debolezza.
*°*°*°*
Draco
Malfoy abbandonò la sala interrogatori. Non aveva idea di quanto tempo avesse
trascorso rinchiuso fra quelle quattro mura umide, ma il suo umore migliorò
nettamente quando i due Auror che lo scortavano lo condussero dinnanzi
all’ufficio di Hermione Granger.
All’interno,
dietro la scrivania in legno massiccio, il Ministro della Magia e Hermione
stavano parlando fittamente tra loro. Erano in piedi e davano le spalle alla
grande finestra che mostrava il cielo cupo in tempesta. Pesanti gocce d’acqua
picchiettavano violentemente contro i vetri.
Poco
più in là alcuni addetti alla sicurezza del Terzo Livello erano impegnati a
sistemare con la magia quel che ne rimaneva di un tavolino di cristallo. Uno di
essi, un ometto con un paio di grossi occhiali che facevano sembrare i suoi
occhi come due palle da biliardo, era alle prese con la ricostruzione della
statua di un elfo domestico.
I
due Auror lo condussero fino alla scrivania. Lo lasciarono andare solo quando
Hermione interruppe la conversazione con il Ministro, rivolgendo loro un cenno
rapido della mano.
<<
Grazie.>> si limitò a mormorare. << Potete andare.>>
Kinglsey
Shaklebolt era scuro in volto. Faceva scorrere i suoi occhi color pece da
Hermione a Draco, con l’aria di chi stava soppesando una decisione importante.
<<
Ora mi credete?>> domandò Draco, gelido.
<<
Sì.>> risposero Hermione e Kingsley all’unisono. Ne seguì un breve
silenzio.
Draco
si accarezzò i capelli, sistemandosi la chioma bionda all’indietro. Odiava
sentirsi in disordine. Nulla del suo aspetto, in quel momento, pareva essere a
posto. Si sedette nervosamente sulla poltroncina di fronte alla scrivania e
prese a tormentarsi le mani.
<<
Verrò rinchiuso in cella o avete intenzione di liberarmi?>>
Hermione
e Shaklebolt si lanciarono un’altra occhiata fugace. Pareva che nessuno di loro
due trovasse la forza per assumere il controllo della situazione.
Il
fato venne loro in soccorso: la porta dell’ufficio tornò ad aprirsi e la figura
di Harry Potter si stanziò nella penombra dell’ambiente. La sua comparsa fece
arrestare immediatamente gli addetti del Ministero che armeggiavano con le
riparazioni. L’ometto con gli occhiali spessi si rialzò goffamente abbozzando
ad un pomposo inchino di riverenza. << Bentornato, signor Potter.>>
farfugliò al suo passaggio.
Harry
lo ringrazio con un sorriso sfuggente.
Vederlo
lì, in carne ed ossa, dopo mesi di assenza, fu per Draco un irreale sollievo.
In qualche modo aveva presagito fin dall’inizio che dietro la sua scarcerazione
ci fosse lo zampino folle di quello sfregiato.
La rigidità professionale di Hermione gli avrebbe garantito di vedere il sole a
strisce per il resto della sua esistenza, ma qualcosa dopo il suo
interrogatorio l’aveva spinta a cambiare idea. Draco dedusse che Potter fosse
lì per un motivo ben preciso. Quell’aria ebete e scanzonata avrebbe illuso
chiunque, ma non lui. Lo conosceva fin troppo bene.
<<
San Potter è tornato.>> sghignazzò Draco, che non riuscì a trattenere una
risata.
<<
Non riderei molto, se fossi in te.>> ringhiò Hermione. << E’ stato
Harry ad appoggiare la tua tesi, ed è stata tua la decisione di
convocarti.>>
<<
L’avevo intuito.>> rispose Draco. Accavallò le gambe e si appoggiò
comodamente ai braccioli della poltroncina, facendo oscillare ritmicamente il
piede in attesa che qualcuno si degnasse di fornirgli maggiori informazioni.
Harry
si fermò dinnanzi alla scrivania, come se aggirarla ed affiancare Hermione
significasse varcare un confine invalicabile. Evidentemente era lei ancora il
comandante Auror in carica. Draco avrebbe dovuto calcolare con cura ogni mossa,
quella sporca mezzosangue non vedeva l’ora di farlo marcire in prigione e non
avrebbe esitato ad inchiodarlo al primo passo falso.
<<
La situazione è molto semplice, Malfoy.>> tagliò corto Harry, che non
perse tempo nemmeno per salutarlo. << Sei in possesso di preziose
informazioni su Lucius Malfoy e sui Mangiamorte sfuggiti al Ministero. L’anno
scolastico a Hogwarts sta per ricominciare e la preside McGranitt pretende che
il professore di pozioni occupi puntualmente la sua cattedra. Pertanto >>
prese un respiro profondo. << io non ho assolutamente intenzione di contraddirla.
Nessuno, a dire il vero, sarebbe così stupido.>>
<<
Che cosa vuoi sapere?>> chiese Draco, con tono pacato. << Sono già
stato interrogato sotto l’effetto del Veritaserum, non è sufficiente?>>
Harry
appoggiò le mani sui braccioli della poltrona e si spinse in avanti fino a che
i loro nasi non si sfiorarono. Nonostante i suoi occhi verdi elettrici
fiammeggiassero a pochi millimetri dai suoi, Draco non si scompose minimamente.
<<
Non ho voglia di scherzare, Malfoy.>>
<<
Ed io di parlare con te, Potter.>> sibilò Draco. << Ne ho
abbastanza delle tue sciocche manie di grandezza. Hai già ucciso il Signore
Oscuro con la tua sfacciata fortuna, ma la sorte non ti aiuterà di certo una
seconda volta.>>
Harry
si ritrasse, livido in volto. Aveva colpito nel segno.
<<
Vuoi sapere se i Mangiamorte vogliono tornare? Certo che sì, ormai lo sapranno
anche i muri di questo stupido ufficio. Vuoi sapere perché ho ucciso mio padre?
L’ho fatto solo perché avrebbe causato una strage ben più grande di quanto
possiate immaginare. Di certo non l’ho ucciso per salvare il tuo bel visino,
Potter.>>
Era
bastato poco per alterarlo. Harry sferrò un pugno sulla scrivania, lanciando
un’occhiataccia a Hermione e al Ministro della Magia, che aveva assistito in
silenzio alla scena senza intervenire.
<<
In quanto testimone chiave, non credo affatto che Malfoy possa tornare a
insegnare a Hogwarts senza un’adeguata protezione.>> proruppe Kingsley.
<< Non c’è bisogno di innervosirsi, Harry. Il ragazzo ha passato due
giorni parecchio intensi ed ha tutto il diritto di riposare. Potremmo
interrogarlo domani, con maggiore calma, e fare maggiore chiarezza sulla
situazione.>>
<<
Non c’è abbastanza tempo, Kingsley.>> borbottò Harry. Additò con impeto
Malfoy, e lui non poté fare a meno che sorridere. << Malfoy ha detto che
suo padre conduceva esperimenti per trovare un corpo ospitante in grado di
accogliere l’anima di Voldemort quand’era debole, dopo la morte dei miei
genitori. Ha rapito bambini innocenti e li ha uccisi brutalmente senza provare
rancore. Evidentemente ha capito che i neonati non erano abbastanza forti da
sopravvivere, perciò ha deviato il tiro optando per corpi adulti. Il professor
Raptor ne è l’esempio lampante.>>
Hermione
guardava Harry con un’espressione nauseata dipinta sul volto.
<< Bellatrix è sopravvissuta, e dobbiamo
sapere come.>> proseguì Harry. << Se stava cercando Lucius per
reclutarlo nel suo nuovo esercito di Mangiamorte significa che ha intenzione di
ripetere quel genere di esperimenti. Sapete meglio di me quanto sia fuori controllo.>>
<<
Io non ho mai detto che Bellatrix volesse mio padre per quegli esperimenti, Potter>> lo interruppe Draco. << Né
tantomeno ho mai detto che ha ucciso tutti
i neonati purosangue che hanno ospitato l’anima del Signore Oscuro.>>
<<
Che cosa?!>> tuonò Hermione, con uno strillo convulso.
Draco
annuì. Era l’unico a mantenere un portamento rilassato. Si lasciò affondare
nello schienale della poltroncina, osservando la tempesta che si consumava
fuori dalla finestra. Un fulmine illuminò a giorno l’ufficio, seguito dal
fragore di un tuono.
<<
C’è qualcosa che non volete dirmi.>> affermò. Non era una domanda: ne era
assolutamente certo. << Pretendete informazioni a senso unico senza che
io possa rendermi conto completamente della situazione. Giocate ai piccoli detective, ma questo gioco non
mi sta affatto bene.>>
Harry
serrò i pugni. Era livido e impaziente.
<<
Digli di Lisan.>> mormorò Hermione, con un filo di voce.
<<
Io non voglio scendere a compromessi con lui!>> strepitò Harry, furente.
<<
Siamo costretti a farlo, altrimenti non ci aiuterà.>> proruppe Kingsley.
<< Se non lo farai tu, Harry, in qualità di Ministro della Magia è mio
compito salvaguardare il mondo magico. Perciò non esiterò a delucidare il
signor Malfoy dell’esistenza di una strega di livello cinque nascosta nel
ripostiglio del Quartier Generale.>>
Draco
ebbe un sussulto. Fece scorrere lo sguardo su tutti i presenti e la sua
compostezza svanì del tutto. << Voi state mentendo!>> urlò.
<< Gli unici maghi di quel calibro erano Voldemort e Albus Silente. E
sono morti entrambi!>>
<<
Evidentemente Lucius Malfoy ha contribuito a crearne un terzo, se ciò che dici
è vero.>> disse Kingsley, pensieroso. << Se anche solo uno di quei
neonati purosangue fosse sopravvissuto ai barbati esperimenti dei seguaci di
Voldemort, avrebbe in sé parte dell’anima stessa del Signore Oscuro.>>
<<
Impossibile, Ministro.>> sbottò Hermione. << Altrimenti sarebbe
stato un Horcrux, e Voldemort non avrebbe potuto morire. Sarebbe plausibile, in
effetti, che sia rimasta in lei traccia del potere di Voldemort. Una specie di impronta.>>
Kingsley
agrottò un sopracciglio. << Vero, Hermione. Ma come potremo provarlo?>>
<<
Qualcuno potrebbe dirmi, gentilmente, chi diavolo è questa Lisan?>>
strepitò Draco, che perse del tutto la pazienza.
Nello
stesso ufficio erano radunati la più importante carica magica d’Inghilterra,
due Auror e un assassino. E tutti quanti erano palesemente intenzionati a
litigare.
Harry
prese alcuni respiri profondi e socchiuse gli occhi. Cacciò fuori l’aria con
uno sbuffo. << Lisan è, probabilmente, se le congetture del Ministro e le
tue dichiarazioni sono vere, una potenziale neonata sopravvissuta.>>
affermò. << Per il momento è l’unica ipotesi plausibile. La sua età
coincide con la prima caduta di Voldemort, durante il periodo in cui tutti lo
credevano morto.>>
Hermione
si portò una mano alla bocca. Era terrorizzata.
<<
Non ho altre spiegazioni, per il momento. Il suo potere è forse superiore a
quello di Tom Riddle, quando aveva la sua età. Non ha ricevuto alcuna
istruzione magica, non ha documenti né è in grado di spiegarmi esattamente il
suo passato. Tutto coincide. Forse è
per questo motivo che Bellatrix la sta cercando.>> Harry ebbe il bisogno
di sedersi. Prese posto sulla poltroncina accanto a quella occupata da Draco e
si mise le mani nei capelli.
<<
Posso sapere come hai fatto a trovarla?>> domandò Draco.
<<
E’ stata lei a trovare me.>> mormorò Harry. << Sono una specie
di…>>
<<
Calamita.>> osservò
disgustosamente Draco. << E’ palese, Potter. Attiri i guai meglio di
chiunque altro.>>
<<
Il fatto è che questa ragazza è all’oscuro di ogni cosa.>> proseguì
Harry, che fece scorrere lo sguardo su tutti i presenti. << Lei deve
imparare a controllare il suo potenziale. Mi ha spiegato di essere cresciuta in
America. Non ha mai conosciuto suo padre e, da quel poco che ha detto, ha
involontariamente ucciso il compagno alcolizzato della mamma all’età di otto
anni.>>
<<
Notevole.>> fu il commento di Draco.
<<
L’ho vista con i miei stessi occhi.>> intervenne Hermione. << Per
quanto mi riguarda, ho la sensazione che sia capace di qualsiasi cosa. E’ stata
inseguita da Mangiamorte per mezza Europa ed è riuscita a fronteggiarli da
sola, smaterializzandosi in decine di posti senza che nessun Ministero della Magia
la localizzasse.>>
L’umore
di Draco volò sempre più in alto.
<<
Dobbiamo reperire una lista di tutti i neonati purosangue scomparsi in quel
periodo.>> disse Harry, risoluto. << Se Lisan è veramente un corpo
ospitante sopravvissuto, il suo nome deve comparire in una denuncia di
scomparsa.>>
<<
Strabiliante.>> Draco era estasiato. Il suo cuore batteva all’impazzata
nel suo petto come quello di un bambino in attesa di scartare i regali di
Natale. Stava aggiungendo tessere al puzzle. Decine di migliaia di tessere. Chi l’avrebbe detto che San Potter e
la mezzosangue gli sarebbero tornati utili?
Il
Ministro della Magia, dopo lunghi attimi di incertezza, riacquistò la saggia
fermezza che l’aveva da sempre contraddistinto. Si mosse per la prima volta
dalla finestra e, con grandi passi, si frappose fra Hermione e i due ragazzi,
appoggiando la schiena al pianale cosparso di incartamenti. <<
Ascoltatemi bene, voi tre. Parlo come Ministro e come padre. Io non ho affatto
intenzione che la pace nel mondo dei maghi sia intaccata da una strega fuori
controllo innamorata di un mostro ormai caduto. Voglio risolvere la faccenda il
prima possibile, senza creare inutili allarmismi fra i maghi. Pertanto pretendo
la collaborazione di tutti. >> sospirò, piegando le sopracciglia in
un’espressione contrariata nell’osservare il sorrisetto ironico di Draco.
<< Anche la tua, Malfoy.>> soggiunse. << Non sei esente dal
mio discorso. I Mangiamorte saranno di certo al corrente della morte di tuo
padre. Secondo quanto prescritto dal Codice Magico Internazionale, in quanto
testimone chiave delle indagini, sarai assegnato in custodia al comandante
Auror in carica.>>
Il
silenzio più profondo ricadde nell’ufficio.
Harry
e Hermione si lanciarono occhiate terrorizzate. Evidentemente entrambi avevano
soppesato l’idea di abbandonare sulla scrivania il distintivo e di cedere il
compito all’altro, ma nessuno aveva trovato il coraggio di obiettare l’ordine
del Ministro.
<<
Hermione si preoccuperà della tua incolumità.>> disse il Ministro, ed Harry
non nascose un sospiro di sollievo. << Harry, invece, dovrà occuparsi temporaneamente
della ragazzina. Si fida di lui.>>
Hermione
divenne paonazza. Si morse la labbra e lottò ferocemente per non esplodere. Per
Draco, invece, apprendere quella notizia non gli scatenò alcuna reazione. Odiava
i pomposi discorsi dei politici, che usavano trenta parola quando ne bastavano
quattro. Pensò solo in quel momento a cosa significasse essere preso in
custodia da Hermione Granger, ed una acuta gli attanagliò lo stomaco. Piuttosto la morte.
<<
Harry ha ragione, non c’è tempo da perdere.>> Kingsley batté il pugno sul
palmo aperto della mano, col fare determinato di un leader. << Io, Harry
e una cerchia ristretta di Auror accompagneremo la giovane strega a Hogwarts.
L’anno scolastico sta per iniziare ed è l’unico luogo sicuro dove la ragazza
potrà imparare a controllare al meglio i suoi poteri. Nel frattempo, Hermione
proseguirà le indagini al Quartier Generale. E il signor Malfoy, finché le
lezioni non avranno inizio, rimarrà sotto la sua protezione.>>
<<
Non mi è chiaro un punto.>> obiettò Hermione, che parlò lentamente
scandendo le parole con la voce rotta dall’ira più profonda. << Per quale
motivo devo proteggere un assassino?>>
<<
In questo momento Draco Malfoy è un assistente del Quartier Generale e un
prezioso testimone, pertanto dovrà sempre
rimanere al tuo fianco.>> Il sorriso educato di Kingsley nascondeva in
realtà un’amara sentenza. << E’ un ordine.>> sottolineò, e quelle
parole per Draco furono più pesanti di un Avada
Kedavra nel petto.
<<
Nessuna informazione dovrà fuoriuscire all’esterno del Quartier Generale. Mi
invierete rapporti dettagliati giornalieri sull’evoluzione delle indagini. Mi
preoccuperò di informare immediatamente la professoressa McGranitt
dell’accaduto, e sono del tutto certo che appoggerà completamente la mia linea
decisionale.>> Kingsley raccolse il mantello dall’attaccapanni. Estrasse
la bacchetta da una tasca e la agitò in direzione dei due addetti del
Ministero, che fino a quel momento avevano potuto ascoltare attoniti ogni loro
parola. I loro volti divennero improvvisamente sereni, le espressioni ebeti e
sorridenti. << Mi dispiace.>> mormorò il Ministro fra sé e sé,
mentre li osservava abbandonare l’ufficio con passo incerto. << Lisan
Rowles è un’arma preziosa. Non dovrà cadere in mani sbagliate.>> E, prima
che qualcuno dei presenti potesse domandargli qualsiasi cosa, si smaterializzò
scomparendo nel nulla con un piccolo pop.
*°*°*°*
Lisan
sgattaiolò all’interno dell’ufficio del comandante degli Auror e si accorse fin
da subito che di lì a momenti si sarebbe consumata una rissa.
Harry,
Hermione Granger e un ragazzo biondo che non aveva mai visto si stavano
fronteggiando al centro della stanza, urlando come forsennati, senza
preoccuparsi minimamente della sua presenza.
Il
ragazzo biondo continuava a strepitare epiteti contro un certo Shake-e-qualcosa, definendolo senza
mezzi termini come un pomposo figlio di buona donna.
<<
Non è colpa di Kingsley se siamo in questa situazione!>> ululò Hermione
Granger, lontana anni luce dalla composta e professionale figura di Comandante
a cui Lisan l’aveva associata. Aveva tutti i capelli arruffati, la cravatta
fuori posto e l’aria di chi avrebbe iniziato a menare pugni e calci a chiunque
avesse osato contraddirla.
<<
Lui è il Ministro della Magia, maledizione, ha semplicemente preso la decisione
più conveniente per salvaguardare il
mondo dei maghi.>> Adirata, indicò rabbiosamente Harry, di fronte a lei.
<< La colpa è di quell’emerito, immondo, sciocco idiota babbanizzato che ha abbandonato il
Quartier Generale per attirare decine di guai su di sé!>>
<<
Io non ho fatto proprio un bel niente!>> si difese Harry, che alzò la
voce per sovrastare quella di Hermione. << Cercavo solamente di
rilassarmi, dannazione! Stava andando tutto liscio finché un Mangiamorte non ha
tentato di uccidermi e quella ragazzina è sbucata dal nulla per salvarmi la
vita!>>
<<
Avresti dovuto ucciderla immediatamente!>> urlò il ragazzo biondo.
<< Lei è solo un danno collaterale. Era perfettamente evitabile!>>
<<
Ragioni esattamente come un Mangiamorte!>> ringhiò Harry. << Sei
degno di tuo padre. Potrei uccidere anche te, in effetti, ormai hai vuotato il
sacco e non avremmo più testimoni scomodi da proteggere!>>
<<
Siete solo due stupidi bambini decerebrati. Uccidersi a vicenda non servirà
proprio a niente!>> strepitò Hermione, con voce stridula. << In
assenza del Ministro, fino a prova contraria, sono io il vostro comandante.
Perciò vi ordino di…>>
<<
Taci, sporca mezzosangue!>> ululò
il ragazzo biondo.
In
un istante, tutti e tre sfoderarono le bacchette: Harry la puntò contro il
ragazzo biondo, lui ricambiò mirando Harry, mentre Hermione direzionò la
propria bacchetta facendola scorrere da uno all’altro, tenendo entrambi i
rivali sotto tiro.
<<
Smettetela, cazzo!>> gridò Lisan. La sua voce acuta da adolescente
risuonò nell’ufficio con un’insolita solennità. Levò rabbiosamente una mano in
aria e fece volare via le loro bacchette, osservandole schizzare in tre
direzioni diverse.
Harry,
Hermione e il ragazzo biondo rimasero goffamente immobili, impugnando
nient’altro che l’aria, e parvero impiegare molto tempo prima di capacitarsi di
essere stati disarmati nello stesso istante.
<<
E va bene, ho mentito!>> strepitò Lisan. << Non sono del tutto
incapace di controllare i miei poteri, ma ciò non vuol dire che io sia una
pazza assassina!>>
Harry
mosse le dita della mano e il polso, si accertò che la sua bacchetta fosse
effettivamente scomparsa dalla sua vista. La vide rotolare in un angolo della
stanza, scivolando sotto la libreria. Trattenne a stento un’imprecazione.
<<
Lisan Rowles!>> Il ragazzo biondo sfoderò un sorriso smagliante, si
diresse verso di lei a grandi passi e le afferrò una mano, stringendogliela
energicamente fra le sue. Era diventato improvvisamente sereno e affabile. <<
Draco Malfoy.>> si presentò. << Professore di Pozioni di Hogwarts.
Ordine di Merlino di Seconda Classe. Occlumante e Serpentologo esperto. A tua
completa e personale disposizione.>>
Lisan
ritrasse la mano con un’espressione disgustata. Arretrò di qualche passo e
cercò lo sguardo di Harry. Lui era ancora visibilmente scosso, ma ricambiò con
una strizzata d’occhio rassicurante.
<<
Devi sapere fin da subito, Lisan, che non tutti i maghi sono buoni e
affidabili. Dovrai imparare a concedere la tua fiducia alle persone giuste.>>
proseguì difilato Draco Malfoy, che non badò assolutamente ai due Auror
attoniti alle sue spalle. << Ciò che hai sentito era una piccola e
insignificante discussione fra colleghi, ovviamente non mi stavo riferendo a te
quando ho pronunciato le parole danno
collaterale.>> Si schiarì la voce, senza togliersi dalla faccia il
suo sorriso sfacciato e mellifluo. << Sono sicuro che diventeremo ottimi
amici.>>
Hermione
storse il naso in una smorfia disgustata. << Potrei vomitare,
Malfoy.>>
<<
Seriamente, Draco, come fai a guardare il tuo riflesso nello specchio la
mattina?>> le fece eco Harry.
<<
Stavamo solo scherzando, vero
ragazzi?>> Draco sfoderò l’ennesimo, forzato sorriso. E, quando Lisan
spostò nuovamente lo sguardo verso Harry, lo sentì mormorare qualcosa
sottovoce, udendo solo le parole “troppo
giovane” e “morire”.
<<
Quel che Malfoy sta cercando di dire.>> mormorò Hermione, incerta.
<< E’ che si scusa per essere stato poco educato nei tuoi
confronti.>>
<<
Non c’è problema.>> tagliò corto Lisan. << Mi aiuterete,
vero?>>
<<
Il Ministro della Magia ha ordinato il tuo trasferimento alla Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts, in modo che tu possa ricevere un adeguato
insegnamento.>> le spiegò Hermione, il cui tono era divenuto serio e
glaciale. << Abbiamo motivo di credere che i Mangiamorte abbiano ricreato
un esercito.>>
<<
I Mangiamorte sono malvagi?>>
<<
Più di quanto tu possa immaginare.>>
<<
E vogliono me, presumo.>>
<<
Di questo non devi preoccuparti.>> sentenziò Hermione. << La tua
incolumità è garantita dal Quartier Generale. Per il momento è meglio che tu
rimanga con Harry. Ho parecchie faccende da sbrigare e questa folle giornata è stata più dispendiosa
del previsto.>> Rivolse un cenno eloquente a Harry e Draco Malfoy.
<< Quindi, se non vi dispiace, gradirei che spariate entrambi dalla mia
vista e non vi facciate vedere prima di domattina.>>
<<
Ma Kingsley…>> bofonchiò Harry.
Gli
occhi gelidi e iracondi di Hermione lo trapassarono da parte a parte come se
fosse un lurido moscerino pronto da schiacciare con la carta moschicida.
<<
Ho detto di togliervi dai piedi.>> ringhiò. << Tutti
quanti!>>
*°*°*°*
NOTE DELL'AUTORE
Mi
scuso per eventuali errori di battitura, l'ho riletto solamente un paio
di volte prima di postarlo. Ma lo editerò successivamente,
quando sarò meno incasinata.
Un bacio a tutti
Apple
|
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Capitolo 8 *** La Signora Oscura ***
`•.¸¸.•´´¯`••._.• NOTE
DELL’AUTORE `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Dedico
il capitolo a PrincessCake87, che
non ha letto ancora un’emerita mazza della mia Effe Effe, ma la conosce
praticamente a memoria. Viceversa, un grazie a TopGun4ever che ha letto la Effe Effe, ma da Auror convinta ha
scelto giustamente di non intervenire più come Beta Reader. Un bacione enorme
ad entrambe.
Rivolgo
un ringraziamento particolare a LutherBlisset per la sua preziosa
recensione. L’ho trovata critica e motivante, e spiego – cercando di
sintetizzare – il perché.
Tralasciando il fatto che Lisan “ti stia sulle ovaie” – per carità,
ognuno ha le sue simpatie e preferisco che la giudichi antipatica piuttosto che inutile
– vorrei spiegare il mio punto di vista sui suoi poteri così straordinari.
Harry, Hermione e Draco sono dei maghi molto
esperti, anche se ancora giovani, hanno combattuto la Guerra Magica (in modi
diversi) ma non sono assolutamente delle mezze calzette. Volevo contrappore
alla loro esperienza un personaggio acerbo, fuori controllo, che non potesse
essere etichettato in alcun modo, volutamente troppo potente.
Sottolineo che Lisan NON è una Xmen, ha delle
debolezze e delle necessità come ogni adolescente. All’inizio, quando scopre di
avere quegli straordinari poteri, si sente invincibile, ma d’altronde come
darle torto? Chiunque a diciassette anni si sarebbe divertito a massacrare il
bullo della scuola che ti prende in giro.
La storia si evolve dal punto di vista di Lisan, in
certi passaggi. Cresce, scopre il mondo dei maghi e inizia un processo di
maturazione interiore. Quindi, se all’inizio la mostravo volutamente come una
la Hit Girl di turno – perché lei si sentiva davvero così – con il proseguo
della storia di sicuro la situazione cambierà.
Non ci sarebbe divertimento: sarebbe come gareggiare
ad una corsa di Fiat Panda con una McLaren :D
Buona lettura a tutti
Capitolo 7
La Signora Oscura
“Se un uomo sogna da solo, quel sogno rimarrà
solo un sogno. Se molti uomini sognano, quel sogno diverrà realtà”
(Helder
Camara)
<<
Dove andremo?>> domandò Lisan, frastornata, mentre lei e Harry stavano
percorrendo il groviglio di corridoi del Quartier Generale. Diverse paia di
occhi si voltavano a fissarli al loro passaggio, sbucando dalle porte degli
uffici.
Harry
era conosciuto più di un attore di Hollywood e aveva tutta l’aria di chi
odiasse profondamente essere al centro dell’attenzione.
<<
Di certo non ti farò dormire su una panchina nel parco.>> la rassicurò
Harry. << Ho una casa a Londra. Andremo lì momentaneamente, nell’attesa
che la belva si plachi.>>
Lisan
soffocò una risatina. L’antipatia che Hermione Granger serbava nei suoi
confronti era a dir poco ricambiata.
<<
Mi dispiace averti trascinato in questa situazione.>> si scusò Harry,
mentre imboccarono una maestosa rampa di scale. << Anche il mondo dei
maghi ha delle Leggi. Presentarti al Quartier Generale era necessario per
ottenere un programma di protezione.>>
<<
Sono stata affidata a te?>> domandò Lisan, speranzosa.
<<
Non ne ho idea.>> Harry scrollò le spalle.
Ogni
qualvolta incrociavano un mago per i corridoi – e alcuni di loro, notò con
disappunto Lisan, erano conciati in un modo a dir poco bizzarro – Harry era
costretto a fermarsi, stringergli la mano e ricevere una dose massiccia di
complimenti.
<<
Perché sei così famoso?>> domandò Lisan.
<<
E’ una storia piuttosto lunga. Per ora accontentati di sapere che, quando avevo
più o meno la tua età, ho ucciso un mago oscuro molto potente.>>
<<
Wow.>>
Le
troppe informazioni reperite in quel paio di giorni le stavano annebbiando il
cervello.
Harry
la condusse in un ascensore, assicurandosi che fosse deserta.
Dieci
minuti dopo, quand’ebbero attraversato l’Atrio Principale del Ministero della
Magia mescolandosi nella folla per non essere notati, si ritrovarono dinnanzi
ad una tipica cabina telefonica londinese sospesa a mezz’aria a qualche decina
di centimetri da terra.
Tutt’intorno
a loro maghi e streghe di ogni fattezza e dimensione transitavano lungo
l’enorme corridoio dal soffitto a volta, provocando un gran vociare di
sottofondo.
<<
Entra.>> disse Harry.
Si
strinsero all’interno della cabina, senza nessuno prestasse loro attenzione.
Harry agguantò la cornetta e compose distrattamente un numero, per poi
riagganciare con la manualità di chi aveva ripetuto quel gesto almeno un
migliaio di volte.
La
cabina schizzò in alto con uno scossone, facendola sobbalzare. Probabilmente,
se Harry non l’avesse agguantata in tempo per un braccio, sarebbe caduta
rovinosamente a terra.
La
cabina arrestò la sua corsa in superficie. La luce del sole ovattata dalle nubi
londinesi la obbligò a ripararsi gli occhi con una mano.
<<
Muoviti, ragazzina.>> Harry, nonostante fosse visibilmente provato – il
suo naso era gonfio e sporco di sangue secco – riuscì a rivolgerle un sorriso.
<< Abbiamo parecchie commissioni da sbrigare prima di tornare al
Ministero.>>
Ritornare
nel “mondo normale” fu meno facile del previsto. La sua innata curiosità la
spingeva a desiderare con tutta sé stessa che Harry facesse altre magie, ma
dovette accontentarsi di seguirlo come un segugio fedele attraverso le vie del
centro.
Harry
acquistò due biglietti della metropolitana e, per tutto il tragitto, nessuno
dei due disse una parola.
Lisan
non era mai stata a Londra, né tantomeno aveva idea di dove si stessero
dirigendo. Passò tutto il viaggio a scrutare i passeggeri che andavano e venivano
ad ogni fermata, divertendosi ad immaginare quale fosse la storia di ognuno di
loro.
Scesero
alla stazione di Hampstead mezz’ora più tardi, lontani dal centro frenetico
cittadino, e proseguirono a piedi lungo una strada costeggiata da palazzine in
mattoni rossi. Camminarono in silenzio per un tempo che le parve infinito. Le
case si fecero più rade e la via proseguì all’interno di un parco.
<<
Siamo arrivati.>> annunciò Harry, dieci minuti dopo.
Si
erano fermati in un vialetto al limitare del parco, dinnanzi ad una delle
villette a schiera in mattoni che fiancheggiavano la stradina alberata.
L’abitazione
era disposta su due piani, con grandi finestre verniciate bianco e parecchi
camini; era circondata da un piccolo giardino dall’erba incolta, nel quale
svettava la cuccia vuota di un cane.
Harry
tuffò le mani in una tasca e ne estrasse un mazzo di chiavi di vari colori e
dimensioni. Iniziò a infilarne una per una nella serratura finché non riuscì – dopo
parecchi tentativi – a varcare la soglia del cancello.
<<
Vivi qui?>> domandò Lisan, incerta.
Quella
casetta era il luogo meno magico dove Harry avesse mai potuto abitare.
Le
ipotesi formulate da Lisan in metropolitana – secondo le quali i maghi vivevano
in profonde basi sotterranee o in splendidi castelli infestati da draghi
invisibili ai babbani – furono del
tutto scartate.
All’interno
della villetta regnava un disgustoso odore di stantio. Diverse ragnatele
calavano dalle pareti e donavano al minuscolo ingresso un’aria sporca e
spettrale.
Harry
passò in rassegna a tentoni la parete alla ricerca dell’interruttore. Lo
premette con veemenza un paio di volte, scoprendo con passiva rassegnazione che
la lampadina era bruciata.
<<
Lumos.>>
Un
bagliore intenso illuminò a giorno l’ambiente. Era scaturito da una parola così
semplice. Lumos. Suonava bene. Lisan
rimase estasiata da quell’incantesimo, e sperò con tutta sé stessa che fosse il
primo di una lunga serie. Hermione Granger aveva detto che qualcuno a breve
l’avrebbe addestrata: al solo pensiero il suo cuore ruggì di gioia.
<<
Non ha un aspetto molto accogliente.>> constatò Harry. << E’ da
quasi cinque mesi che non torno a casa.>>
<<
Cinque mesi?>> fece Lisan, stupefatta. << E dove sei stato per
tutto questo tempo?>>
<<
In giro.>> rispose lui, con una scrollata di spalle. << Vieni, ti
mostro il resto della casa.>>
L’abitazione
era squadrata, di medie dimensioni. Al piano terreno, oltre l’ingresso dal
quale si inerpicava una stretta rampa di scale che conduceva al piano superiore,
c’era un ampio soggiorno con un angolo cottura dall’aspetto nuovo di zecca.
Lisan dedusse che Harry non fosse un ottimo cuoco.
Nessun
dettaglio lasciava presagire che in quella casa abitasse un mago. C’era un
camino in muratura pieno di fotografie e di ricordi, un televisore al plasma
appeso alla parete e un bel divano bianco dall’aria comoda. Nessun manico di
scopa incantato o teste mozzate di troll. Forse l’unico particolare che attirò
l’attenzione di Lisan fu, senza dubbio, il ritratto di una fenicie appeso
vicino al camino.
<<
Si chiama Fanny.>> disse Harry, alle sue spalle, che sembrò apprezzare la
sua curiosità nei confronti del ritratto. << Era la fenicie del mio
vecchio Preside, il professor Albus Silente. Tieni a mente questo nome, perché
appartiene al più grande mago di tutti i tempi.>>
<<
Il più grande mago di tutti i tempi era il tuo Preside?>> Lo stupore di
Lisan non aveva freni.
Con
un colpo di bacchetta Harry ripulì il soggiorno dalla polvere, che si raccolse
in un grande cumulo di fumo ed evaporò davanti ai loro occhi. Non aveva la più
pallida idea di come aveva fatto, ma era il primo incantesimo che voleva
imparare.
Lisan
avrebbe voluto chiedergli di Albus Silente, dei troll feroci e del mago oscuro
che Harry aveva ucciso quando aveva poco più di diciassette anni, ma Harry la
obbligò a seguirlo al piano di sopra per prepararle la camera da letto.
<<
Verrai anche tu alla scuola di magia?>> chiese Lisan, speranzosa, dieci
minuti dopo.
<<
Pensa a riposare, adesso.>> tagliò corto Harry. Le rivolse uno sguardo supplichevole,
di un ragazzo abituato alla solitudine che faticava ad abituarsi alla presenza
di un’adolescente curiosa al suo fianco. << Devo dare una sistemata a
questo posto. Domattina la sveglia è alle sette. Hai bisogno di vestiti e di
oggetti utili per il tuo addestramento. Ti accompagnerò in centro per comprare
tutto ciò di cui hai bisogno.>>
<<
Io non ho soldi, Harry.>> ammise tristemente Lisan, avvilita.
<<
Di questo non devi preoccuparti.>> Harry le strizzò l’occhio. <<
Buonanotte, ragazzina.>>
<<
‘notte.>> farfugliò lei, e lo osservò sparire nel corridoio richiudendosi
la porta alle spalle.
La
sua nuova camera da letto non era molto grande. Dalla finestra che si
affacciava sul vialetto principale Lisan osservò la notte farsi spazio nel
cielo ovattato di nubi.
L’unica
presenza di vita nelle vicinanze era quella di un anziano signore nel giardino
della casa di fronte intento ad annaffiare placidamente un’aiuola fiorita
mentre la moglie, dalla soglia, gli sbraitava qualcosa a proposito della sabbiera
dei gatti.
Poco
più in là, una candida civetta grigia era appollaiata su un palo della luce.
Quando Lisan si voltò nella sua direzione lei emise un urlo stridulo. Spiccò il
volo e svolazzò dietro una siepe, come se non volesse essere disturbata.
Le civette non sono così
intelligenti. Si disse Lisan. Ma giurò di aver visto un
particolare insolito in quella scena: una lettera scarlatta legata alla
zampetta dell’animale era caduta nel loro giardino.
La
curiosità un giorno o l’altro avrebbe finito per ucciderla. Fece attenzione che
Harry non la vedesse, si sfilò le scarpe da ginnastica per non fare rumore e
sgattaiolò in punta di piedi verso la porta del retro al piano terra.
L’erba
incolta era disseminata di attrezzi da giardino inutilizzati ed escrementi di
piccione. Avanzò rapida fino a raggiungere il punto dov’era caduta la lettera.
La intravide incastrata fra i rami della siepe divisoria del retro. La districò
cautamente sforzandosi di produrre meno rumore possibile, se la infilò sotto la
maglietta e si smaterializzò involontariamente, ritrovandosi sdraiata sul letto
della sua camera.
Il
cuore le batteva all’impazzata del petto e ogni osso del suo corpo le
scricchiolava, come se fosse stata investita da un camion in corsa. Era
successo di nuovo. Quando desiderava ardentemente qualcosa, quel qualcosa finiva inevitabilmente per accadere.
Lisan
si tastò istintivamente la pancia. Avvertì lo scricchiolio della carta da
lettera sotto la sua maglietta. La strana busta scarlatta ed diventata
bollente. Se la sfilò velocemente di dosso e la rimirò per qualche istante fra
le dita.
Non
c’era scritto alcun mittente, né tantomeno l’indirizzo del destinatario.
Con
una piccola vibrazione, scie d’inchiostro color pervinca iniziarono a tingere
la carta come rigagnoli di sangue colante. Con suo più grande stupore, Lisan
scoprì che si stavano formando delle parole.
Sig.rina Lisan Chaterine Rowles
Wildwood Grove n.7
Hampstead Park
Londra
Come
aveva fatto a riconoscerla? E perché c’era scritto Chaterine? Cosa diavolo significava quel nome?
Un
misto di paura ed eccitazione prese possesso del suo stomaco, che rispose
contorcendosi in una morsa.
Per
avere ogni risposta, non avrebbe dovuto fare altro che aprire la lettera.
Strappò l’apertura della busta e la scrollò sul letto, lasciandovi scivolare il
contenuto fra le coperte. Ne fuoriuscì solo un piccolo foglio di carta
ripiegato così tante volte da aver assunto le dimensioni di un francobollo.
Esso prese a dimenarsi e vibrare furiosamente. Si sollevò di qualche decina di
centimetri, compiendo balzi e scossoni, aprendosi da solo ed emettendo
scricchiolii sinistri.
Lisan
non riuscì a trattenere un grido.
In
un attimo, Harry spalancò la porta e piombò a grandi passi nella stanza. Si
fermò al suo fianco, sorprendendola mentre sedeva a gambe incrociate sul letto
con le mani nella marmellata. Poi, con un’espressione allarmata, spostò lo
sguardo sul foglietto di carta scarlatto che si scuoteva rumorosamente.
Fu
il turno di Harry per urlare.
Il
foglio emise un ultimo, prolungato scricchiolio, per poi dissolversi nel nulla
in una pioggia di granelli di polvere.
<<
Che cos’era?>> farfugliò Lisan, impaurita.
Harry
le si avvicinò e, per la prima volta, intravide sul suo volto l’ira più nera. <<
E’ una Spettrolettera.>> disse,
con voce bassissima, quasi non riuscisse a parlare. E levò i suoi occhi verdi
su di lei, spalancati e colmi di terrore. << Saranno qui a momenti.>>
<<
Chi?>> domandò Lisan, con uno strillo acuto.
<<
I Mangiamorte!>> urlò Harry. La agguantò violentemente per il bavero
della maglietta e la obbligò a tirarsi su a sedere sul letto, strattonandola
con poca delicatezza per farla alzare in piedi. << Dove diavolo hai
trovato quella lettera?!>>
<<
Una civetta l’ha lasciata cadere nel giardino, non sapevo che cosa fosse…
Harry, te lo giuro io non volevo… non credevo che…>>
Harry
la zittì tappandole la bocca con una mano. Dei rumori attutiti, come se dei
sacchi pesanti fossero atterrati sul pavimento, si susseguirono in rapida
successione al piano di sotto.
<<
Se hai dei poteri straordinari, stupida
piccola idiota ficcanaso, faresti meglio ad usarli.>> ringhiò
sottovoce. << Quella Spettrolettera ha rivelato la nostra posizione,
eludendo gli incantesimi difensivi che ho posto a protezione della
casa.>> Sfoderò rapido la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans. Il
suo respiro si fece affannoso. << Sei pronta?>>
<<
No.>> mugolò Lisan.
I
rumori si passi rimbombarono per la rampa di scale, invadendo il corridoio del
primo piano. Qualcuno pronunciò parole soffuse in una lingua sconosciuta.
Harry
agitò la bacchetta e la cassettiera in un angolo della stanza schizzò rapida
contro la porta, seguita dall’attaccapanni e da uno specchio a muro.
Quest’ultimo avanzò goffamente saltellando sul suo treppiedi fino a collocarsi di
sbieco contro l’imposta per sbarrare l’accesso a chiunque avesse cercato di
entrare.
<<
Scusami..>> riuscì a mormorare Lisan, mentre Harry ribaltava il letto e
lo utilizzava come trincea per nascondersi.
<<
Ne parleremo dopo.>>
<<
Io non volevo, credevo che fosse una lettera come tante altre! Non avevo idea
che…>> Un colpo violento alla porta la fece sobbalzare. Qualcuno,
dall’altra parte, prese a colpire ripetutamente l’imposta di legno con una tale
violenza che essa, al quinto tentativo, crollò inesorabilmente in pezzi.
<<
Avada Kedavra!>> ruggì una
voce, ed un bagliore verde illuminò la camera da letto. L’incantesimo si
infranse contro la parete e fece precipitare alcune cornici appese, che
s’infransero rumorosamente al suolo.
Harry
si sporse rapidamente da un lato del letto ribaltato. << Stupeficium!>>
<<
Crucio!>>
Il
braccio di Harry fu investito di striscio dal fiotto di luce e, per qualche
istante, Lisan temette che si fosse spezzato.
Harry
ululò dal dolore, ma riuscì a mettersi al riparo. << Maledetti.>>
ringhiò fra sé, appiattendo la schiena contro il materasso.
<<
Che cosa significa Avada Kedavra?>>
domandò Lisan, sull’orlo del pianto, mentre una sequenza interdetta di luci
verdi e rosse saettavano in ogni direzione, infrangendo tutti gli oggetti che
incontravano sulla loro traiettoria.
<<
Non è il momento per studiare Difesa contro le Arti Oscure, maledizione, cerca
di renderti utile e uccidi quei bastardi!>>
<<
Come faccio?>> bofonchiò Lisan, in preda al panico.
Harry
fu costretto ad abbassarsi. Un incantesimo troncò di netto parte del materasso
dove, pochi attimi prima, era appoggiata la sua testa. Quando tornò a
incrociare lo sguardo di Lisan, nei suoi occhi vi era l’opposto della fierezze
impavida di un eroe.
<<
Non posso affrontarli tutti da solo.
Cerca di renderti utile!>> ululò Harry, per poi sporgersi nuovamente
dalla trincea. << Pietrificus
Totalis!>>
Questa
volta l’incantesimo andò a segno. Si avvertì un urlo, seguito dal tonfo sordo
di un nemico che cadeva inerte sulla cassettiera ammonticchiata nell’ingresso.
L’altro Mangiamorte, che fino a quel momento si era nascosto nel corridoio,
tentò di fare irruzione nella camera ma finì per inciampare goffamente nel
corpo del compagno pietrificato.
Harry
ne approfittò per mettere a segno un altro incantesimo. Lunghe corde argentate
fuoriuscirono dalla sua bacchetta e legarono i due aggressori come salami,
ancorandoli fermamente al suolo.
<<
Attento, Harry!>> urlò Lisan.
Un
altro Mangiamorte era sbucato dal nulla alla loro destra, eludendo il loro
riparo di fortuna. Harry si mosse d’istinto senza l’uso della magia,
rialzandosi di scatto e colpendolo violentemente al volto con una testata. Il
colpo generò uno scricchiolio secco di ossa spezzate: il Mangiamorte emise un
rantolo soffocato e precipitò al suolo, il volto ricoperto da una maschera di
sangue.
Lisan
doveva fare qualcosa. Ma non era facile.
La paura le impediva di ragionare freddamente, di calcolare ogni mossa. La
teneva inchiodata sul posto come una bambola di pezza inerme.
Mentre
Harry mandava al tappeto un altro nemico con uno Stupeficium, altri tre incappucciati si fecero largo fra le macerie
e i corpi ammonticchiati nel corridoio, avanzando a colpi di maledizioni che
costrinsero Harry e Lisan a ricacciarsi al riparo.
<<
Ho paura.>> gemette Lisan. Una
paura fottuta, avrebbe voluto aggiungere, se solo gliel’avessero permesso.
Avvertì un dolore cieco dietro alla nuca e si sentì proiettare ad alta velocità
contro una parete. L’urto fu atroce. Avvertì ogni più piccola parte del suo
corpo impattare violentemente contro i mattoni, per poi afflosciarsi in modo
scomposto sul pavimento.
<<
Lisan!>> sentì l’urlo di Harry distante, ma non riuscì a vederlo.
Nessuno
era mai riuscito a colpirla, aveva la vista annebbiata e le braccia tremolanti
le impedirono di rialzarsi. Fu investita da un altro bagliore di luce, il suo
corpo fu sollevato in aria verso il soffitto e rigettato brutalmente a terra. Lisan
cercò di frenare la caduta riparandosi con le mani. Atterrò vicino alla
finestra e, per qualche lungo istante, perse del tutto la sensibilità della
schiena.
E’ tutto inutile.
Pensò. Nel migliore dei casi sarebbe finita su una sedia a rotelle. O forse, in
un certo senso, morire sarebbe stato nettamente più sbrigativo.
<<
Prendete la ragazzina.>> sibilò una voce femminile.
Era
tutta colpa sua. Le avevano teso un’esca e lei aveva abboccato come una stupida
idiota. Sentì Harry urlare mentre due Mangiamorte lo agguantavano da dietro,
immobilizzandolo e sollevandolo in piedi, mentre un terzo lo colpiva con un
pugno allo stomaco.
Lisan
utilizzò le poche forze rimaste per focalizzare la sagoma del Mangiamorte che
l’aveva colpita. Levò l’avambraccio tremolante nella sua direzione ma lui,
sogghignando, fece scattare un piede e le calpestò con violenza una mano. Lisan
emise un urlo che poco ebbe di umano. Il dolore fu così atroce che desiderò
morire in quello stesso istante.
<<
Smettila, Bode, lurido idiota!>>
Il
Mangiamorte ritrasse immediatamente lo stivale, drizzandosi sull’attenti come
un goffo militare. << Domando scusa, mia signora.>>
Una
donna dalla lunga chioma corvina ed il viso pallido ed affilato come un
coltello comparve nel suo ristretto ed annebbiato campo visivo. Indossava lo
stesso mantello nero degli altri Mangiamorte, ma il suo cappuccio era
abbassato.
Rivolse
uno sguardo fugace ai compagni che stavano infierendo con violenza su Harry.
Uno di essi aveva iniziato a colpirlo al volto, mandando a segno un gancio che
parve frantumargli di netto il setto natale.
<<
Può bastare così, Avery.>> affermò. Levò in alto una mano dalle dita
lunghe e nodose. << Legatelo, per il momento. Potrebbe tornarci utile, in
un modo o nell’altro.>> Sfoderò un sorriso affabile, si chinò verso Lisan
e sfiorò la sua mano con la punta della bacchetta. << Rigenerus Solenum.>> mormorò,
disegnando un movimento elaborato con la bacchetta.
Lisan,
accecata dal dolore, vide quel che ne rimaneva della sua mano e, per poco, non
si rovesciò su un fianco in preda a conati di vomito. Una sensazione intensa di
calore le investì le dita, che iniziarono a raddrizzarsi con una serie di
cigolii inquietanti. L’effetto proseguì sul dorso della mano, diradandosi lungo
il braccio e proseguendo inarrestabile su ogni osso rotto. Il dolore svanì
all’istante.
<<
Mi dispiace molto, Chaterine.>>
disse la donna, con una stridula voce in falsetto, sforzandosi di mantenere un
tono materno mentre tendeva la mano disarmata verso Lisan per aiutarla a
rialzarsi. I suoi occhi cerchiati di nero sembravano due folli tizzoni ardenti.
<<
Ho ordinato che nessuno ti torcesse un capello. Ma, evidentemente, qualcuno ha
contraddetto i miei ordini.>> i suoi occhi si posarono per qualche
interminabile istante sul Mangiamorte di nome Bode, che le aveva frantumato la
mano con il suo stivale, e lui prese a tremare. << E’ la seconda volta
che mi deludi, Bode. Quando Chaterine
ti ha risparmiato, in Polonia, uccidendo Phinneas e Doge, ho sperato che avessi
imparato la lezione. E invece.>> Levò in aria la bacchetta con una
leggera scrollata di spalle. << Avada
Kedavra.>> Lo disse tranquillamente, quasi sorridendo, ed altrettanto
serena osservò il corpo del Mangiamorte afflosciarsi inerte a terra.
<<
Forse hai sbagliato persona.>> ringhiò Lisan. La familiare sensazione di
rabbai profonda prese ad attanagliargli le viscere. << Non mi chiamo
Chaterine.>>
La
donna dallo sguardo occhi folle, in risposta, scoppiò in una risata tetra.
<< Certo che no, tesoro. Non nel mondo babbano.>> Notando che Lisan
non aveva alcuna intenzione di afferrare la sua mano, mosse la bacchetta e la
fece rialzare in piedi in un istante. << Probabilmente non serbi nessun
ricordo di me, ma io ti conosco molto bene. Sono Bellatrix Lestrange, Oscura
Signora dei Rinascenti.>>
Harry,
nonostante avesse il volto solcato da rivoli di sangue, non riuscì a trattenere
una risata sprezzante.
<<
Quel buon vento, Potter.>> sibilò Bellatrix, che gli rivolse uno sguardo
gelido. << Probabilmente nella tua inutile, piccola testolina ti starai chiedendo come faccio ad essere qui, in carne ed ossa, non è vero?>>
<<
Illuminami.>> la esortò Harry in un sussurro, abbozzando ad un sorriso di
sfida.
<<
Il Supremo Signore Oscuro mi ha donato la forza, la vista e l’arguzia per
padroneggiare alla perfezione le arti oscure, Potter. Credevate che quella
stupida palla di lardo di Molly Weasley fosse riuscita a uccidermi?>>
Scoppiò in una risata stridula. Poi, tutto d’un tratto, tornò seria. << Sbagliato.>>
A
quanto pare quella folle strega era scampata alla morte. Lisan non sapeva chi
fosse Molly Weasley, ma dallo sguardo velenoso che Harry riservò a Bellatrix
capì che gli era molto cara.
<<
Voi Auror non avete nemmeno idea di cosa significa conoscere la magia. Vi
limitate all’apparenza, alle gesta eroiche dei poveri stupidi che sono stati
schiacciati dal Supremo Lord Voldemort. Vi illudete di mantenere la pace.>>
I
Mangiamorte sopravvissuti alla battaglia, che si erano assiepati nel corridoio
e nella camera da letto, risero sguaiatamente come cani ben addestrati.
Bellatrix
tornò a sollevare la bacchetta, che indirizzò contro Harry. << Crucio!>>
I
Mangiamorte che lo trattenevano furono costretti a serrare la presa per evitare
che Harry, scosso da uno spasmo di dolore lancinante, non li trascinasse con sé
a terra.
Lisan
lo sentì urlare e il sangue le si raggelò nelle vene. L’ira aveva raggiunto il
suo apice, le mani le tremavano e, nonostante la sua testa fosse annebbiata,
seppe che era giunto il momento di fare qualcosa.
Approfittò
della distrazione di Bellatrix per colpirla alle spalle. Le saltò
selvaggiamente sulla schiena mordendole il collo e un orecchio mentre, con la
mano non impegnata ad affondarle le unghie nella carne, tentò di sfilarle la
bacchetta. Bellatrix strillò, tentò di scrollarsela di dosso. Fece
istintivamente un passo indietro, inciampando nella sua stessa veste.
Sbilanciata dal peso di Lisan che le era appesa al collo, la strega ricadde
all’indietro e rotolarono assieme sul pavimento, annaspando e graffiandosi a
vicenda come due tigri feroci. La bacchetta della strega rotolò da qualche
parte sul pavimento.
In
quell’istante, mentre Lisan era impegnata a distrarre Bellatrix, si udirono
delle urla e dei tonfi sordi provenienti dal corridoio. L’incantesimo si era
interrotto ed Harry, con suo immenso sollievo, aveva smesso di contorcersi e di
urlare.
Lisan
riuscì a sgattaiolare di lato, sferrando calci e pugni alla cieca quando si
accorse di essere ormai in trappola, relegata in un angolo della stanza.
Bellatrix,
a cui aveva staccato parte dell’orecchio destro, si rimise in piedi barcollante
con gli occhi sgranati di una vipera ferita. << Lurida, sporca ragazzina!>>
abbaiò, ignorando il sangue che le colava sui vestiti. << Ti caverò gli occhi dal cranio!>>
<<
Tu non le farai proprio un bel niente, cagna schifosa!>> ringhiò la voce
di Hermione Granger, che comparve alle sue spalle. Levò la bacchetta per
pronunciare in incantesimo, ma Bellatrix si dissolse nel nulla in un turbinio
di sbattiti d’ali di pipistrelli, lasciando al suo posto solamente il mantello
insanguinato.
<<
Cosa diavolo è successo qui dentro?>> esclamò un’altra voce, in
lontananza.
Draco
Malfoy fece il suo ingresso nella stanza facendo attenzione a non calpestare i
corpi senza vita dei Mangiamorte sparsi ovunque. Camminava con un’insolita
grazia, cercando – per quanto gli fosse possibile – di non sporcarsi le scarpe.
<< Potter.>> mormorò poi,
senza fiato, fermandosi di colpo. << Oh, no. Non ditemi che è morto, per
favore. Chi la terrà a bada la ragazzina, adesso?>>
Hermione
e Lisan si voltarono istantaneamente verso di lui. Ai piedi di Malfoy, accanto
a tre Mangiamorte morti, vi era il corpo di Harry. Era sdraiato con il volto
premuto sul pavimento e i capelli incrostati di sangue. Malfoy, con aria
profondamente disgustata, lo punzecchiò con la punta della sua bacchetta.
<< Respira.>> riuscì a constatare, prima che Hermione gli
assestasse uno spintone e si chinasse per esaminare il corpo di Harry.
Lisan
la raggiunse con il cuore in gola, si accucciò al suo fianco e rimase in
silenzio con gli occhi imperlati di lacrime, nell’attesa che dicesse qualcosa. Parla, cazzo. Dì che sta bene. Non aveva
idea di quel che stava succedendo, né tantomeno di come avessero fatto a
raggiungerli così velocemente. Era tutta colpa sua. Solo e soltanto sua.
<<
E’ vivo.>> disse Hermione con un filo di voce. << Aiutatemi a
voltarlo.>>
Insieme,
tutti e tre, afferrarono delicatamente Harry e lo fecero rotolare sulla
schiena. Il suo volto era gonfio e coperto di sangue, in altre circostanze
Lisan l’avrebbe giudicato del tutto irriconoscibile.
<<
Dobbiamo portarlo al San Mungo.>> disse Hermione. << Non sono in
grado di curarlo. Non ho la minima idea di cosa gli sia successo.>>
Strinse i pugni, i suoi occhi divennero due tizzoni ardenti.
<<
Che cosa ne facciamo di tutti questi corpi?>> proruppe Draco. <<
Trovo alquanto improbabile che i babbani non
abbiano sentito niente.>>
<<
Di questo non bisogna preoccuparsi. Harry è il capo degli Auror, per la
miseria, avrà schermato adeguatamente la sua abitazione con incantesimi
protettivi!>> Hermione parlò senza mai staccare gli occhi da Harry. Gli
afferrò una mano e la tenne stretta fra le sue. << Dobbiamo avvisare il
Quartier Generale.>>
Fino
a quel momento i due maghi si erano comportati come se Lisan fosse una presenza
del tutto invisibile, o quantomeno della stessa importanza di uno dei cadaveri
abbandonati sul pavimento. D’improvviso, Lisan si ritrovò i glaciali occhi di
Draco Malfoy proiettati su di sé. La osservò per qualche lungo istante,
penetrandole in profondità, come se fossero in grado di leggerle l’anima.
<<
Con i tuoi immensi poteri, sbarazzarti di quei Mangiamorte sarebbe stato un
giochetto per una come te, o sbaglio?>>
<<
Non me ne hanno dato il tempo.>> si difese Lisan.
<<
Oh, certo. Avrebbero dovuto attaccarvi con più
calma. Capisco perfettamente.>>
Lisan,
che in altre circostanze sarebbe sobbalzata come una leonessa feroce, rimase in
silenzio e abbassò lo sguardo. Si sentiva pienamente colpevole dell’accaduto.
L’idea che Harry fosse in fin di vita per causa sua le fece precipitare un
macigno pesante sullo stomaco.
<<
E’ colpa mia.>> mormorò a mezza voce, mentre Hermione estraeva un
aggeggio dorato simile a uno specchio portatile e lo utilizzava per chiamare i
soccorsi. << Un gufo ha lasciato una lettera in giardino. Harry mi ha
ordinato di rimanere in camera e di non uscire per nessun motivo. Ma non gli ho
dato retta, ero curiosa di vedere cos’era, così l’ho raccolta e l’ho portata in
casa.>>
<<
Una Spettrolettera.>> disse
Draco, che incrociò le braccia. << Ottimo espediente per rintracciare una
stupida ficcanaso.>>
Hermione
terminò la sua “chiamata”, se così si
poteva definire. Ripose lo specchio in una tasca interna del mantello e sollevò
il suo sguardo grave su Lisan, che era in piedi. Non aveva mai smesso di
stringere forte la mano di Harry, che respirava a stento.
<<
Le Spettrolettere all’apparenza
possono apparire come normali missive, ma sono in grado di comunicare
immediatamente al mittente il nome di colui che l’ha aperta e, ovviamente, il luogo dove esso si
trova.>>
<<
Per questo motivo Potter ti ha ordinato di startene buona in camera.>>
sostenne acidamente Draco.
<<
Aiutami, Malfoy.>> disse poi Hermione, irrequieta. << I miei
colleghi saranno qui a momenti, ma non c’è tempo per aspettarli. Dobbiamo
smaterializzarci subito in ospedale!>>
<<
La ragazzina rimarrà qui, vero?>>
Lo
sguardo eloquente di Hermione gli strappò uno sbuffo scocciato.
<<
E va bene.>> borbottò Draco Malfoy. Agguantò senza troppi complimenti il
braccio di Lisan, senza concederle il tempo di dire una sola parola. <<
Tieniti forte.>> sbottò.
E
scomparvero nel nulla.
°*°*°*°
La
civetta grigia spalancò le ali e si lasciò cadere in picchiata, sorvolando
dall’alto le torri del nero castello ammonticchiato ai piedi di una cascata. Se
non fosse stato per due, alti torrioni che svettavano nella nebbia, la
costruzione poteva essere scambiata per un vecchio fortino di guerra. Le mura
erano color pece e parevano un prolungamento della roccia viva nel quale il
castello era stato scolpito.
Puntò
dritto verso l’unica finestrella spalancata, situata sulla Torre Est. Il freddo
era pungente e il vento sibilava sinistramente fra le piume delle sue ali.
Attraversò
la finestra come un proiettile ma, al posto di una civetta infreddolita, in
piedi nel corridoio illuminato da fiaccole comparve un uomo avvolto in un
pesante mantello grigio. Aveva gli occhi incavati simili a due bottoni neri, il
naso ricurvo ed aquilino.
L’uomo
percorse a grandi passi il corridoio. Attraversò un piccolo arco di pietra, ai
piedi di una maestosa scalinata, e si infilò attraverso uno stretto passaggio
che lo condusse in una stanza semibuia. Era un ambiente rettangolare,
fiancheggiato da torce accese che emanavano un bagliore tremolante. Un tappeto
color verde bottiglia correva fino in fondo alla sala, dove s’inerpicava un
piccolo rialzo sul quale era stato sistemato un trono. Un lungo tavolo di
legno, in un angolo, era occupato da alcuni uomini incappucciati.
La
sua comparsa fece precipitare la sala nel più profondo dei silenzi.
<<
Benvenuto, Nadim.>> disse Bellatrix Lestrange, che sedeva con aria
scocciata sul trono, il viso premuto contro il palmo di una mano e gli occhi
quasi socchiusi. Aveva le gambe accavallate, coperte fino alle ginocchia dalla
gonna in pelle nera. Faceva oscillare ritmicamente lo stivale dal tacco a
spillo, contando ogni passo che separava Nadim dal suo trono.
<<
Ce l’avete fatta?>> domandò Nadim, con voce roca.
<<
Certo che no.>> sbottò acidamente Bellatrix, che si levò dal trono e
discese rapida gli scalini, raggiungendo l’uomo che le arrivava in altezza di
poco sotto il mento. Era una bellissima donna, ma i suoi lineamenti erano
logori, quasi consumati. Gli occhi dilatati e cerchiati di nero e i capelli
neri arruffati le donavano un aspetto del tutto folle.
<<
Se fossi riuscita a mettere le mani su quella maledetta strega, non ti avrei convocato d’urgenza!>>
<<
Ho fatto tutto ciò che mi avete ordinato, mia Signora.>> proseguì Nadim,
che abbozzò ad un inchino ossequioso. << Ho visto la ragazzina
raccogliere la Spettrolettera con i
miei stessi occhi, mentre mi allontanavo in volo dall’abitazione di
Potter.>>
<<
Sei uno dei pochi sostenitori del Signore Oscuro degno di tal nome, Nadim. Hai
sempre servito egregiamente la nostra causa.>> Il tono di Bellatrix si
placò, divenendo più profondo. << Il primo tentativo è fallito, ma
d’altronde quel Potter non è così stupido come sembra. Se la ragazzina non
avesse abboccato alla nostra trappola, gli incantesimi che permanevano
sull’abitazione ci avrebbero impedito ogni via d’accesso.>> Storse la bocca
in una smorfia disgustata. Sfoderò la bacchetta da una tasca della veste e
prese a giocherellarci, trattenendola tra gli indici nodosi. << Hanno
abbandonato Londra, questo è certo. L’unico modo per rintracciare la ragazzina
è trovare un Auror disposto a vuotare il sacco. Altrimenti sarò costretta ad
usare le maniere cattive.>> E
fece pressione con le dita, flettendo la bacchetta. << Il Signore Oscuro
deve tornare.>>
<<
Così sia.>> Nadim, a sentir nominare Voldemort, si promulgò
in un altro profondo inchino. << Posso domandarvi, se mi è consentito , il motivo
per il quale la Pozione della Fenice non ha avuto alcun effetto?>>
Gli
occhi di Bellatrix si soffermarono in un punto indeterminato del pavimento. I
Mangiamorte seduti al tavolo, il cui brusio di sottofondo rimbombava fin nelle
volte più alte del soffitto affrescato, d’improvviso tornarono smunti e
silenti.
<<
Nessuno è mai risorto una seconda volta con la Pozione della Fenicie. Nessuno
poteva prevedere quale sarebbe stato il
risultato. La Pozione non ha funzionato, Nadim, ed io ne pago il fallimento
in prima persona.>> Bellatrix fece scivolare la manica della veste verso
il gomito, rivelando all’uomo la sua mano destra pallida ossuta. Era una mano
d’oro. << L’insuccesso mi è costato una mano e la derisione dei
Rinascenti. Io pretendo di riportare al mio fianco il Supremo Signore Oscuro e
non sarà una stupida pozione a fermarmi, a costo di dover utilizzare ogni più
piccolo frammento d’ossa di Potter e di quella stupida ragazzina.>>
<<
Ed è il motivo per il quale mi ha avete convocato, dunque, mia Signora?>>
<<
Tu andrai ad Hogwarts.>> sentenziò Bellatrix. << Le difese del
castello, al momento, sono insormontabili per qualsiasi essere umano, Animagus,
Nano o Folletto che abbia intenzione di accedere illegalmente oltre le sue
mura. Come Codaliscia prima di te, utilizzerai le tue doti da Animagus per
penetrare nel castello. Il Reparto Proibito della Biblioteca è l’unico luogo al
mondo che custodisce la chiave per la Rinascita di Lord Voldemort.>>
<<
E la ragazzina?>> domandò Nadim.
Pareva
essere uno dei pochi eletti ai quali Bellatrix concedesse fiducia.
<<
Un errore.>> sbottò lei, con tono isterico. << La credevamo
morta.>>
<<
Permettetemi, mia Signora, un’altra domanda. E’ veramente come lui?>>
Bellatrix
si lasciò sfuggire una risata malvagia. << Quando abbiamo fatto irruzione
in casa, è rimasta imbambolata come una stupida ad osservare i miei uomini che
massacravano Potter. Lei racchiude dentro di sé l’ultimo frammento dell’essenza
del Signore Oscuro, che si manifesta trasmettendole capacità magiche fuori dal
comune. Ma è una babbana, Nadim,
amico fidato.>> Serrò la mano d’oro in un pugno, la bocca semiaperta in
un’espressione estasiata. << Una stupida, piccola e ingenua Babbana. Che,
entro pochi giorni, sarà così gentile da sacrificarsi in favore della Rinascita
del Mio Oscuro Signore.>>
*°*°*°*°
|
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Capitolo 9 *** Il Fabbricante di Bacchette ***
Capitolo 8
Il Fabbricante di Bacchette
“Due cose mi hanno sempre sorpreso:
l'intelligenza degli animali e la bestialità degli uomini”
(Tristan Bernard)
Quando
Harry riaprì gli occhi, aveva un forte male alla testa e la vista quasi del
tutto annebbiata. Mosse un braccio a tentoni, sfilandosi le lenzuola di dosso,
sporgendosi oltre la testata del letto per cercare i suoi occhiali sul
comodino. Ma la sua mano vagò senza meta nel vuoto, accompagnata da quello che
gli parve un urlo stridulo di sorpresa.
Pochi
attimi dopo, Harry avvertì una presenza al suo fianco ed il campo visivo
annebbiato gli fu del tutto ostruito da una sagoma scura.
<<
Harry caro, finalmente!>> La familiare voce della signora Weasley
rimbombò nelle sue orecchie. Avvertì una mano accarezzargli dolcemente una
guancia. << Ron, George! Harry si è svegliato!>>
Due
sedie grattarono sul pavimento, poi un susseguirsi frenetico di passi si
avvicinò al suo letto.
<<
Harry Potter!>> esclamò la voce allegra di George. << Se non avessi
quella cicatrice sulla fronte – e ora non sarà la sola di cui dovrai
preoccuparti – ti avrei scambiato per un babbano. Uno di quelli che stanno
sulle riviste di moda. Non è vero, Ron?>>
<<
George.>> lo redarguì
aspramente sua madre, che parve assestargli una poderosa gomitata. <<
Lascialo respirare.>>
<<
Tutto bene, Harry?>>
Riascoltare
la voce di Ron gli riempì il cuore di gioia. Harry strizzò forte gli occhi e,
lentamente, il viso lentigginoso di Ron Weasley gli comparve davanti,
affiancato da George e dalla Signora Weasley dalle guance imperlate di lacrime.
Erano
tutti e tre lì al suo fianco, esattamente come Harry li aveva lasciati. A dire
il vero, sembrava che fossero trascorsi solo un paio di giorni dall’ultima
volta che era stato alla Tana. Eppure erano passati sei mesi.
<<
Cosa mi è successo?>> farfugliò Harry. Sentì la testa incredibilmente
vuota.
<<
Schiantato.>> rispose George, con naturalezza. La signora Weasley,
accanto a lui, annuì energicamente.
<<
Schiantato per bene.>> proruppe Ron. << Quelli del Quartier Generale non vogliono dirci una parola, ma hai
tutta l’aria di uno che se l’è passata abbastanza male. Voglio dire, sono
felice che tu ti sia ripreso, Harry. Ma non hai un bell’aspetto.>>
Harry
lo guardò sconcertato. << Dov’è Hermione?>>
<<
Al lavoro, ovviamente.>> rispose tetramente Ron. << Ci cose ben più
importanti da sbrigare di un amico ridotto in fin di vita.>>
<<
Adesso stai esagerando, Ronald.>> sibilò la signora Weasley. << Ti
ricordo che, se non fosse stato per Hermione e Draco Malfoy, Harry non sarebbe
mai arrivato vivo al San Mungo! E poi è rimasta al suo fianco tutta la notte,
l’altro ieri.>>
<<
Un momento.>> Harry si massaggiò la testa, lasciandosi ricadere indietro
sul cuscino. << Da quanto tempo mi trovo in ospedale?>>
<<
Tre giorni.>> rispose George.
<<
Tre giorni?!>> urlò Harry in
risposta, che tentò immediatamente di alzarsi. I ricordi tornarono vividi nella
sua testa. Riportò alla mente l’attacco dei Mangiamorte, il letto rovesciato
come una trincea ed il volto paralizzato dal terrore di Lisan, poco prima che
venisse spedita contro il muro con uno schiantesimo. Una fitta di dolore allo
stomaco, unito al pronto intervento di Ron, lo obbligarono a sdraiarsi. Era
così debole che non avrebbe potuto muovere un solo passo.
Sudava
freddo. La vista iniziò a venirgli meno.
<<
Io sto bene.>> mentì, risuonando bugiardo perfino a sé stesso.
<<
Non dire sciocchezze, caro.>> la signora Weasley gli rimboccò le lenzuola
fin sotto il mento. << Hai bisogno di riposare. I medimaghi sono stati
molto chiari in proposito. Assoluto
riposo a letto per almeno una settimana.>>
<<
Che cosa ha detto?>> biascicò Harry. << Lei è pazza!>>
Non
gli era mai capitato di rivolgersi in quel modo alla madre di Ron, ma la
signora Weasley accettò di buon grado quell’insolita reazione e congedò Harry
con un affettuoso bacio sulla fronte. Poi rivolse a Ron e George un cenno
eloquente. << Lasciamolo riposare.>> mormorò. << Povero caro,
è una specie di calamita per i guai.>>
Harry
non seppe quanto tempo trascorse nel dormiveglia, sospeso nel limbo di emozioni
che aleggiavano leggere lontane dal suo corpo. Qualcuno entrò, parecchio tempo
dopo, e gli prelevò del sangue inserendogli un ago nel braccio. Poi Harry
ritornò solo a vagare nel nulla cosmico dei suoi pensieri, sentendosi vuoto e
disperso come un neonato appena venuto al mondo. Iniziò a formulare i primi
pensieri di senso compiuto quando ormai le tenebre erano calate fuori dalle
finestre della sua camera d’ospedale. Al di fuori, nel corridoio, rumori di
barelle cigolanti e brusii soffocati. L’odore di disinfettante gli era
penetrato così a fondo nelle narici da averlo privato quasi del tutto
dell’olfatto.
Poi,
quando ormai Harry si era arreso all’evidenza, convinto di essere stato
abbandonato per sempre su quel lettino, la porta della stanza si aprì.
Una
mano premette sul lenzuolo all’altezza del suo petto. Scorse fra le lenzuola
fino a sfiorare la sua, stringendogliela forte.
<<
Hermione.>> sussurrò Harry, rincuorato. Una sensazione di calore gli si
diffuse in tutto il corpo.
Hermione,
che indossava la divisa d’ordinanza da Auror, lasciò cadere la borsa di pelle
ai piedi del letto e si sporse per baciarlo sulla guancia. Afferrò una sedia e
la trascinò al suo fianco. << Va tutto bene.>> gli disse con un
sorriso. I suoi occhi color nocciola erano sereni e sinceri. Andava tutto bene davvero. << La
Signora Weasley mi ha avvisata subito del tuo risveglio, ma non sono riuscita
ad uscire dall’ufficio prima delle otto. Ti senti meglio, Harry?>>
<<
Alla grande.>> mormorò Harry, che sollevò un pollice in segno
affermativo.
<<
Ti fa male?>>
<<
Che cosa dovrebbe farmi male, Hermione?>>
Lei
rimase in silenzio e strinse le labbra. << Oh.>> disse, dilatando
gli occhi. Lentamente, come se quel gesto le costasse uno sforzo immane,
raccolse la borsa sulle sue ginocchia e vi tuffò dentro una mano. << Ti
prego, Harry, promettimi di non urlare.>>
Perché
avrebbe dovuto urlare? Era sano come un pesce, forse ancora debole e bisognoso
di riposo, ma pur sempre con tutti i pezzi attaccati al loro posto. Ricevette
fra le mani un piccolo specchio rotondo, che Hermione estrasse dalla busta dei
cosmetici.
Harry,
con noncuranza, lo direzionò su di sé.
Urlare, a
dire il vero, gli sembrò la cosa più naturale del mondo.
<<
I miei capelli!>> ululò, disperato, portandosi la mano libera sulla nuca.
Come aveva fatto a non essersene accorto prima? La sua testa era stata
completamente rasata. Non aveva un solo capello degno di tal nome attaccato
alla pelle. Gli parve di accarezzare una palla da biliardo ben levigata.
<< Cosa è successo ai miei capelli?!>>
Le
sue dita incontrarono una superficie più ruvida. Seguì i suoi contorni con i
polpastrelli, muovendo lo specchio di lato per osservarsi meglio. Una grossa
cicatrice gli correva su un lato nella nuca, arrossata e in rilievo come il
dorso squamoso di un dinosauro. Con profondo orrore, Harry lasciò ricadere lo
specchio fra le lenzuola e rivolse a Hermione uno sguardo smarrito. Il suo
aspetto era orribile.
<<
Che cosa mi è successo?>> gemette.
<<
L’importante è che tu stia bene, Harry. I capelli ricresceranno.>>
<<
Potremmo chiamare Madama Olimpia della Bottega Crescicappa di Diagon
Alley.>> azzardò Harry, speranzoso, che non smise di accarezzarsi la nuca
rasata. << E’ riuscita a compiere un miracolo con il vecchio Gazza.
Potrebbe fare lo stesso con me, giusto?>>
<<
Era l’unico modo per poterti curare.>> Hermione lo fissò accigliata.
<< Trovo sciocco e infantile che un comandante Auror si preoccupi del suo
aspetto estetico a tal punto da infischiarsene di tutto il resto. Ci sono cose
più importanti.>> Si fissarono per qualche lungo istante. Hermione non
riuscì a trattenere un sorriso. << E poi, Harry, non sei poi tanto male.>>
Scoppiarono
a ridere entrambi.
Fu
come ritornare ai tempi di Hogwarts. Harry per un attimo accantonò Lisan e il
ritorno di Bellatrix, oltre al fatto di essere stato completamente rasato. Che
cosa importava, in fondo? Aveva al suo fianco la sua migliore amica. Ed era vivo.
Hermione
era visibilmente stanca. Ma, al contrario di Ron, sembrava di ottimo umore. Gli
raccontò dell’irruzione dei Mangiamorte e di Bellatrix, che si era
smaterializzata non appena Hermione e Draco erano corsi in loro soccorso.
<<
Non sono una sprovveduta. E non mi fido di quella ragazzina. Le ho messo una spiocimice nella borsa, prima che ne
andasse. Così sarei riuscita a rintracciarvi in qualsiasi momento!>>
La
sua ferita alla testa, a quanto pareva, era stata causata da una maledizione. I
Medimaghi non erano ancora riusciti a capire esattamente di cosa si trattasse.
Ma erano certi che Harry fosse del tutto fuori pericolo.
<<
Dobbiamo trovare quella puttana.>>
sbottò Harry, senza mezzi termini.
<<
E’ tutto sotto controllo, Harry. Adesso devi pensare a rimetterti in
sesto.>> Hermione gli premette una mano sul petto e lo rispedì indietro
sul cuscino, placcando il suo tentativo di rialzarsi. << La signora
Weasley ha insistito per ospitare Lisan a casa sua. E’ stato un azzardo, certo,
ma la Tana è protetta adeguatamente e Kingsley si è mostrato fin da subito
favorevole. Per il momento ci siamo tolti un peso.>>
<<
E’ stata ferita?>> domandò Harry, preoccupato.
<<
A quanto sappia, no.>> fu la glaciale risposta della strega, che scrollò
le spalle. << Io, nel frattempo, sono costretta a occuparmi di Malfoy.
Manca poco più di una settimana alla riapertura di Hogwarts, dopodiché potrà
tornarsene alla sua cattedra.>>
<<
Devo tornare al lavoro.>> proferì Harry, deciso. << E tu devi
convincere i medimaghi a dimettermi
dall’ospedale.>>
<<
Sai benissimo che non farò mai una cosa del genere, Harry.>>
Sì,
lo sapeva molto bene. Ma aveva tentato inutilmente di corromperla. Come sempre.
In quei casi Hermione era più irremovibile di un muro.
<<
Harry, te l’ho detto, è tutto sotto controllo. Per fortuna quella casa era solo
un avamposto del Ministero, pensa a
cosa sarebbe successo se i Mangiamorte avessero fatto irruzione a Notting Hill.>>
Al
solo pensiero di vedere la propria casa distrutta, a Harry si raggelò il sangue
nelle vene.
<<
Ora cerca di dormire. Domattina Kingsley vuole farti visita per rivolgerti un
paio di domande. Nulla di grave. I
Mangiamorte che ti hanno attaccato sono tutti morti, non siamo riusciti a
catturare nessuno. Ma loro, d’altro canto, non potranno più rintracciare Lisan
in nessun modo. Siamo, per così dire, in una situazione di stallo.>>
Harry
annuì. Iniziò ad avvertire fastidiose fitte di dolore alla testa. George aveva
ragione: la sua vecchia cicatrice sulla sua fronte sarebbe stata in ottima compagnia.
*°*°*°*
Erano
trascorsi cinque giorni dall’arrivo di Lisan Rowles al Ministero, ed erano
accadute così tante cose da farli sembrare un’eternità. Un susseguirsi di
avvenimenti imprevisti, di attacchi di Mangiamorte accertati o presunti, di
segnalazioni allarmate da parte di cittadini che – grazie ai velenosi articoli
del Profeta – si domandavano se
Voldemort fosse morto davvero, o se fosse stato il Ministero della Magia ad
aver insabbiato la questione etichettando Harry come l’eroe sopravvissuto.
L’idea
del complotto aveva affascinato una generosa fetta di lettori grazie alle
inchieste di Rita Skeeter. Quella cagna ficcanaso era un nemico ben peggiore di
Bellatrix.
<<
La ucciderò, un giorno o l’altro.>> dichiarò Hermione, che addentò
nervosamente una fetta di bacon.
Di
fronte a lei, le pagine aperte della Gazzetta del Profeta mostravano il volto
di Harry Potter in prima pagina, sorridente mentre stringeva la mano a Kingsley
Shacklebolt. Il titolo era inequivocabile: “Harry
Potter: vita e segreti di un Auror”
<<
Uccidere Rita Skeeter?>> Il volto cupo di Draco Malfoy fece capolino dal
giornale. Lo ripiegò distrattamente e lo depositò senza troppa cura sul tavolo,
concentrandosi sulle sue uova strapazzate. << Impossibile. Mio padre ci ha provato almeno cinque volte, senza mai
riuscirci. Avrà degli Horcrux, da qualche parte. O una Pietra della
Resurrezione Tascabile.>>
<<
Stavo solo scherzando.>> sbottò
Hermione, torva.
Malfoy
scrollò le spalle. I suoi occhi di ghiaccio sembravano essere attirati dal Profeta come una calamita.
<<
Che cosa c’è scritto?>> lo incalzò Hermione.
Lui
finse di non averla sentita. Addentò una tartina salata e masticò il boccone
più a lungo del solito, fingendo disinteresse.
<<
Ti ho fatto una domanda, Malfoy.>>
Il
ragazzo, senza pronunciar parola, gli porse fra le mani il giornale.
<<
E’ la solita spazzatura del complotto.>>
<<
Pagina quattro.>> sbottò Malfoy.
L’articolo,
che era corredato dalla foto a mezzobusto di una strega tarchiata con un grosso
cappello a punta adornato con girasoli, occupava gran parte della pagina.
25
agosto. Triste anniversario per Rebecca Swinton.
I
genitori dei neonati scomparsi durante la Prima Caduta del Signore Oscuro
non
smettono di sperare
LONDRA – Oggi ricorre
l’anniversario della Scomparsa del piccolo Tom Swinton-Trevors. A raccontarci
la sua storia è la madre, Rebecca Swinton, segretaria presso lo stabilimento di
Scope da Corsa Stellafreccia di Belfast. La sua battaglia dura da ormai
diciassette anni.
All’epoca dei fatti Tom
aveva appena compiuto tre mesi. “Eravamo a casa, in un quartiere babbano nei
dintorni di Belfast. Ci eravamo trasferiti lì a causa del mio lavoro. Qualcuno,
quella notte, è penetrato all’interno della nostra abitazione e ha rapito mio
figlio” racconta Rebecca, visibilmente commossa. “Il Ministero della Magia ci
ha assicurato che avrebbero aperto un’inchiesta, ma nessuno è mai riuscito a
capire cosa realmente sia successo, né, tantomeno, chi è stato a prendere Tom.”
Diciassette anni dopo,
Rebecca spera di riabbracciare suo figlio. E di avere delle risposte.
“Tutt’oggi io e mio marito non
abbiamo la minima idea di quale possa essere stato l’esito delle indagini. Ci
siamo mossi individualmente, per conto nostro, ed abbiamo scoperto che molti
altri genitori disperati avevano denunciato la scomparsa dei propri figli.
Tutti neonati, tutti provenienti da famiglie di maghi. E’ solamente un caso?
Anche uno Schiopodo Sparacoda avrebbe dei dubbi.”
L’articolo
proseguiva con la storia del piccolo Tom e di altri neonati strappati dalle
braccia materne da uno “sconosciuto
aggressore”, sottolineando più volte il silenzio del Ministero a riguardo,
come se l’intenzione non troppo celata fosse quella di insabbiare la vicenda.
Hermione
strappò di netto la pagina di giornale, la ripiegò fino a farla diventare delle
dimensioni di un tovagliolo e se la cacciò in una tasca dei pantaloni.
<<
Potrebbe tornare utile.>> disse. << Per scagionarti dall’accusa di
omicidio.>>
<<
Da quando in qua hai intenzione di aiutarmi, Granger?>>
<<
Io non ti sto affatto aiutando.>> fu la sua risposta, fredda e velata.
<< Io sto semplicemente analizzando
i fatti in modo oggettivo. Rapire dei neonati e usarli come cavie da
laboratorio è un gesto orribile e disumano. Se tuo padre era il responsabile,
non sono affatto dispiaciuta della sua morte. Ecco tutto, Malfoy.>>
<<
Le tue parole mi commuovono.>> cantilenò lui, in tono irrisorio.
<<
Finisci la colazione.>> tagliò corto Hermione, che diede un’occhiata
all’orologio da polso. << Dobbiamo andare a prendere Lisan alla
Tana.>>
<<
Il tuo maritino Weasley la sta
accudendo?>>
Aveva fatto centro,
finalmente. Hermione strinse forte le labbra e incassò il colpo
mascherando il dolore con un sorriso di scherno.
Evitò
di dirgli che Ron era tornato alla Tana perché le cose tra loro non
funzionavano ormai da un pezzo, che il loro matrimonio da un anno e mezzo era miseramente
naufragato e che presto avrebbe fatto ritorno in quella casa per portar via le
sue cose.
Il
lavoro non le dava mai tregua. Era rimasta da sola in un’abitazione che aveva
perso il profumo di famiglia e di zuccotti di zucca appena sfornati.
I
suoi occhi color nocciola vagarono nel vuoto per qualche lungo istante, per poi
tornare a soffermarsi imperturbabili e austeri sulle iridi di ghiaccio di Draco
Malfoy.
<<
Ci muoveremo con mezzi babbani.>> disse Hermione. << In modo da non
essere rintracciabili dai Mangiamorte, che senz’altro staranno tenendo d’occhio
i movimenti dei maggiori esponenti del Ministero. Nessuno al di fuori del
Quartier Generale è a conoscenza della verità sulla morte di Lucius Malfoy,
perciò è ipotizzabile che Bellatrix non sappia ancora il nome del responsabile.
Ma dobbiamo stare attenti. Il minimo errore potrebbe compromettere
l’operazione. E tu moriresti nel giro di un battito d’occhi.>>
Malfoy
non si sentì molto rinfrancato dalle sue parole, ma non disse nulla. Nessun
commento velenoso o sarcastico accompagnò la loro discesa lungo la rampa di
scale a chiocciola che conduceva nel garage. Una Mini Cooper color azzurro
metallico apparve loro dinnanzi quando scesero l’ultimo scalino. La bandiera
del Regno Unito risplendeva sul tettuccio e gli specchietti erano verniciati di
una tinta rosa antico.
<<
Dobbiamo arrivare alla Tana su questo coso?>>
<<
Sali.>> ordinò Hermione, che ignorò lo sguardo oltraggiato di Malfoy
all’idea di metter piede su un’automobile.
Dieci
minuti dopo la Mini era uscita dal garage e si era immersa nella fitta e
intricata rete stradale di Soho, centralissimo quanto affollato quartiere di
Londra. Ron si era da sempre dichiarato contrario all’acquisto di quel loft, ma
l’aveva accontentata per via della vicinanza alle loro rispettive sedi di
lavoro. Era stato ben felice di andarsene,
pensò Hermione. Ed entro un’ora l’avrebbe
rivisto alla Tana, in qualità di Auror.
*°*°*°*°*
Quando
Harry fece il suo ingresso nell’ufficio del Ministro della Magia, quattro giorni
dopo il suo ricovero al San Mungo, per lui fu come essere tornati a casa dopo
un lungo viaggio. Nulla era cambiato dall’ultima volta che era stato lì. I
quadri dei Ministri che avevano ricoperto l’incarico prima di Kingsley erano
ammonticchiati sulle pareti, gli uni sugli altri, fin quasi a raggiungere
l’alto soffitto a volta.
Kingsley
levò lo sguardo al di sopra della pergamena sulla quale stava facendo scorrere
la penna d’oca. << Bentornato.>> disse, con un sorriso composto.
Harry
non aveva intenzione di perdersi in convenevoli. << Voglio essere
reintegrato in servizio, Kingsley.>>
Il
Ministro della Magia intinse la penna d’oca nel calamaio incastonato nello
scrittoio, tornando a tracciare eleganti ghirigori d’inchiostro sulla
pergamena. << Sono felice che tu stia meglio.>> asserì, senza
staccare gli occhi dal suo lavoro. << Era prevedibile che mi avresti
domandato di tornare al lavoro. La tua determinazione, forse, supera la tua
naturale propensione per i guai. E di questo ne sono molto orgoglioso, Harry,
si chiaro. Tuttavia >> Cessò di
scrivere e levò il suo sguardo autorevole su Harry. << Non posso
riabilitarti al servizio finché non sarai idoneo. E’ la Legge, Harry. Non posso
fare altrimenti.>>
Harry
strinse i pugni. Era palesemente indignato dal trattamento che Kingsley gli
aveva riservato, come se fosse un qualsiasi
segretario del Primo Livello alle prese con un brutto mal di schiena. Lui
era il comandante del dipartimento, maledizione.
Kingsley
rispose tacitamente con una scrollata di spalle. << La colpa è mia, in
fondo. Ti ho sempre concesso carta bianca. Con l’attacco dei Mangiamorte al
rifugio di Wilwood Grove ho capito i miei errori. Hai rischiato di morire a
causa della mia fiducia smisurata.>>
<<
Ora sto bene.>> tagliò corto Harry, stizzito. << Posso riavere il
mio distintivo, per favore?>>
<<
No, mi dispiace.>>
Ci
fu un concitato istante di silenzio. L’aria era così tesa da essere tagliata a
fettine con un coltello. Harry prese un respiro profondo, ignorando l’ira che
si faceva largo dentro di lui. << Quanto devo aspettare prima di
rientrare al Quartier Generale?>>
<<
Questo, ovviamente, dipende da te.>> Kingsley rovistò in un cassetto. Ne
estrasse una busta color acquamarina che recava il sigillo del San Mungo e
gliela porse con un gesto garbato. << Il Dottor Medimago Capo Farewell mi ha indirizzato questa missiva
subito dopo averti dimesso dall’ospedale. Sostiene che sei ricorso alle minacce per ottenere una sua
dichiarazione firmata, è così?>>
<<
Non ho minacciato nessuno.>> si difese Harry. << Sto bene. Ho
ventisei anni e sono in grado di capire autonomamente se sono in grado di
lavorare. Non ho certo bisogno della diagnosi
di un Medimago.>>
<<
Molto bene.>> Kingsley ripiegò la lettera e la gettò nel caminetto
spento. Con un colpo di bacchetta, esso s’infiammò impetuosamente e ridusse in
cenere la missiva del San Mungo. << Il fatto che il Medimago Capo
Farewell sia cugino di primo grado con Rufus McDowell, che hai sbattuto ad
Azkaban per associazione oscura, è una valida attenuante. Tuttavia, fino a
prova contraria, il tuo capo sono io.>>
Harry
annuì, frastornato. Non aveva la minima idea di dove Kingsley voleva andare a
parare.
<<
Trascorrerai due settimane di convalescenza a Fell’s Church, sotto il Programma
di Protezione, con le false sembianze di un anziano dipendente del Ministero in
pensione. Laggiù c’è la base operativa del Distaccamento
Ricerche sulle Arti Oscure, potrebbe esserti utile per le indagini.>>
Harry
lo ascoltò esterrefatto. << Mi stai dicendo che dovrò andarmene in un
paesino sperduto a indagare segretamente su Bellatrix in attesa di poter essere
riabilitato?>>
<<
Sto cercando di aiutarti, Harry.>>
<<
No, Kingsley. Stai cercando di dimostrare al Ministero che tratti tutti esattamente nello stesso modo. E
intanto, senza che nessuno lo sappia, mi permetti di lavorare alle indagini. E’
iniziata la campagna elettorale, per caso?>>
Kingsley
ripose con cura la penna d’oca in un astuccio di pelle viola. Ripiegò la
pergamena che stava scrivendo e la siglò con la ceralacca scarlatta del
Ministero, imprimendovi con forza l’anello d’argento che portava all’indice.
<<
Guardami, Kingsley.>> ringhiò Harry. << Io non sono uno stupido elettore. Perché stai facendo
questo?>>
<<
Per il tuo bene.>> si limitò a rispondere il Ministro della Magia.
<< E ora, se non ti dispiace, ho delle faccende urgenti da
sbrigare.>>
Harry
non se lo fece ripetere due volte. Abbandonò a grandi passi l’ufficio senza
rivolgergli il saluto. I suoi occhi verdi traboccavano d’ira e le mani strette
lungo i fianchi tremavano senza alcun controllo.
<<
Verrai trasferito a Fell’s Church domattina.>> strepitò la voce di
Kingsley, alle sue spalle, prima che Harry richiudesse pesantemente la porta.
*°*°*°*°*
Il
bussare frenetico alla porta della Tana distolse l’attenzione di Lisan dalla
sua colazione, ed il suo cuore ebbe un sussulto. Abbandonò immediatamente la
ciotola di latte con Cioccalderoni e balzò giù dalla sedia, osservando di
soppiatto Ginny che si avviava ad aprire.
La
sua speranza discese fin sotto le suole delle sue All Star logore quando,
dall’ingresso, comparve la figura alta e flessuosa di Hermione Granger, seguita
a ruota dall’immancabile Malfoy. Per la prima volta da quando li aveva
conosciuti, entrambi vestivano abiti normali.
<<
Come sta Harry?>> chiese Ginny ai due maghi, mentre li invitava ad
entrare.
<<
E’ stato dimesso dal San Mungo ieri pomeriggio.>> rispose Hermione.
<< Ma dovrà rimanere a riposo per almeno quindici giorni in un luogo
sicuro. Le ferite di una maledizione non guariscono in un batter
l’occhio.>>
<<
Oh, certamente. Portategli i miei saluti, se lo vedete.>> Ginny aveva
un’aria frastornata. << Accomodatevi.>> Levò una mano e fece loro
cenno di precederla in cucina, dove lei e Lisan fino a quel momento si erano
intrattenute a far colazione sperimentando i dolciumi di Mielandia.
Lisan,
che aveva scoperto di adorare le Cioccorane, ora possedeva almeno cinquanta
figurine di Maghi e Streghe famosi. Gran parte di essi erano doppioni che Ginny
le aveva gentilmente donato dalla sua collezione.
<<…
mi dispiace interrompere la vostra colazione, ma Kingsley ci ha ordinato di
scortare Lisan a Diagon Alley per comprare tutto l’occorrente per Hogwarts.>>
stava dicendo Hermione. << La professoressa McGranitt mi ha fornito la
lista dei libri di testo.>>
Lisan
tornò a sedere a suo posto e finse con cura di non averli origliati. Rivolse a
Hermione e Malfoy un glaciale cenno di saluto del capo, concentrandosi con
tutta sé stessa sulla confezione colorata di Cioccocalderoni.
<<
I tuoi abiti puliti sono in lavanderia.>> le disse Ginny, con un sorriso
gentile, mentre entrava in cucina sistemandosi la maglia del pigiama. <<
Corri a cambiarti. Abbiamo perso fin troppo tempo con le Figurine!>>
<<
Dov’è Harry?>> proruppe Lisan.
<<
Sta bene. Non devi preoccuparti per lui.>> tagliò corto Hermione.
<< Ti aspettiamo nel cortile. Ti accompagneremo a comprare l’occorrente
per la scuola.>>
<<
Ma io non ho soldi.>> obiettò Lisan.
<<
Sarai sovvenzionata dal Ministero della Magia. Ora vai a cambiarti.>>
Lisan
obbedì senza replicare. Mentre si infilava una maglietta e i jeans puliti,
ripensò a quanto Harry l’avesse aiutata. Lei non poteva ricambiare in nessun
modo, e si sentì piccola e inutile.
Durante
la permanenza alla Tana, che le era parsa meravigliosa a confronto del
trattamento riservatole dagli Auror del Ministero, nessuno era stato
autorizzato a dirle cosa fosse accaduto a Harry. “E’ in ospedale, presto verrà
a trovarti” si era limitata a dirle Ginny, un pomeriggio, durante una
passeggiata al Colle dell’Ermellino. E la signora Weasley aveva aggiunto che,
in ogni caso, Lisan in quella casa era al sicuro e avrebbe potuto rimanerci per
tutto il tempo che voleva.
Erano
maghi completamente diversi dai pomposi e professionali segugi del Quartier
Generale. La facevano sentite una di famiglia. L’unico a non averle suscitato
una particolare simpatia era Ron. Se ne stava sempre per conto suo nella sua
stanza al terzo piano, uscendo solo durante i pasti e per andare al lavoro. Per
il resto Lisan trascorreva la maggior parte del suo tempo insieme a Ginny.
Non
sapeva che lavoro facesse, ma aveva un sacco di tempo libero. Insieme, in quei
giorni, si erano prese cura del giardino della Tana. Ginny le aveva insegnato a
sbarazzarsi degli Gnomi che si nascondevano fra le sterpaglie e a cavalcare un
manico di scopa. Anche se, a dire il vero, all’inizio Lisan era riuscita a
malapena a staccare i piedi da terra. Le era sembrato fantastico. Il cibo, poi,
era letteralmente straordinario.
Una
sera, all’insaputa della signora Weasley, Ginny era entrata nella sua stanza con
due bottiglie di Burrobirra ghiacciata. Avevano bevuto e chiacchierato a lungo.
Ginny le aveva raccontato che suo fratello Ron era il marito di Hermione
Granger, e che ultimamente aveva deciso di fare ritorno alla Tana per colpa di
alcune incomprensioni familiari. “Spero che tutto si risolva per il meglio.”
aveva concluso Ginny, preoccupata. Ma si era sbagliata di grosso, o almeno
quella fu la prima impressione alla vista dello sguardo arcigno che Hermione
aveva dipinto sul volto, come una severa professoressa in attesa di bacchettare
i propri studenti.
Lisan
salutò Ginny con un abbraccio. La strinse forte, avvertendo l’innata sensazione
di vuoto all’idea di abbandonare la seconda persona che si fosse mostrata
amichevole nei suoi confronti.
<<
Non ti preoccupare. Ci rivedremo presto.>> Ginny le strizzò l’occhio.
<< Ti riporteranno qui. Trascorrerai alla Tana gli ultimi giorni prima
della partenza.>>
Lisan
si sentì rincuorata. Uscì fuori di casa e seguì Hermione e Malfoy nel cortile,
dov’era parcheggiata una Mini Cooper. Scorgere un’automobile alla Tana era
fuori luogo come un elefante in uno stagno, eppure l’idea di raggiungere Diagon
Avenue, o come diavolo si chiamava, a bordo di quel piccolo bolide azzurro non
le dispiacque affatto.
Durante
il viaggio nessuno parlò. La tranquilla vallata circondata da colline erbose fu
sostituita, fuori dal finestrino, da un’autostrada che correva diritta verso
Londra. Lisan si accoccolò sul sedile posteriore e finì per addormentarsi. Sognò
che cinque Mangiamorte la stavano inseguendo lungo un corridoio senza fine. Più
lei correva, più i nemici alle sue spalle si facevano vicini. Quando uno dei
due la afferrò per il collo ed iniziò a scuoterla, fra le sue grida, Lisan aprì
gli occhi di scatto e scoprì che Malfoy l’aveva svegliata con una leggera
gomitata.
<<
Siamo arrivati.>> annunciò.
Hermione
era già scesa e stava armeggiando con un parchimetro. Quando ebbero sistemato
il tagliando color senape all’interno dell’auto parcheggiata, si avviarono nel
traffico londinese immergendosi nella folla di pedoni che assiepavano i
marciapiedi di Charing Cross Road.
Percorsero
mezzo miglio prima che Hermione si degnasse di spiegarle dov’erano diretti.
<<
Diagon Alley è invisibile all’occhio degli esseri umani privi di poteri magici.>>
le disse. Lisan notò che era l’unica a pronunciare raramente la parola Babbani.
Giunsero
di fronte ad un vecchio pub dall’aria malconcia chiamato il Paiolo Magico. La
gente vi passava distrattamente davanti senza prestarvi la minima attenzione.
Hermione
e Malfoy la scortarono all’interno del locale, che era piuttosto buio e
dimesso. Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchiere
di sherry. Una di loro era visibilmente ubriaca. Poco più in là, seduto su una
botte, un ometto dalla folta barba argentea stava fumando una pipa, emettendo
nell’aria densi anelli di fumo. Stava chiacchierando con il barman, un uomo
calvo e sdentato, che – non appena notò la loro presenza – interruppe
bruscamente la conversazione.
<<
Comandante Granger. Professor Malfoy.>> mormorò con tono ossequioso,
accennando ad un inchino del capo. << E’ un piacere ospitarvi al Paiolo
Magico. In cosa posso esservi utile?>>
<<
Siamo qui di passaggio, Tom.>> disse Hermione. << Dobbiamo passare dall’altra parte.>>
Un
attimo dopo, ignorando gli sguardi curiosi dei presenti, trascinarono Lisan nel
minuscolo cortile del retro e Malfoy richiuse pesantemente la porta alle
proprie spalle. Era un cubicolo angusto, sbarrato da uno spesso e alto muro di
mattoni. Hermione, che con una mano tratteneva Lisan come se temesse che
potesse sfuggirle, sfoderò la bacchetta e con la sua punta sfiorò alcune
mattonelle. Esse presero a vibrare e spostarsi. In breve, tutti i mattoni
iniziarono a diradarsi quel tanto che bastava da lasciar vuoto uno stretto
passaggio all’interno del muro.
Lisan
oltrepassò l’apertura dopo la strega. Draco chiudeva il terzetto e anch’egli
estrasse la bacchetta da un elegante fodero di velluto che portava legato alla
cintola.
Diagon
Alley, agli occhi di Lisan, fu una meraviglia inaspettata.
Era
una via tortuosa che serpeggiava senza una fine visibile, fiancheggiata da
negozi e botteghe di ogni tipo. Una marea di maghi e streghe assiepava la
strada e le vetrine. Decine di gufi planavano sopra le loro teste, trasportando
lettere e piccoli pacchetti.
Una
bottega al loro fianco vendeva calderoni di ogni tipo. Poco più in là, a
sinistra, l’emporio chiamato “Il
Serraglio Stregato” aveva esposto ogni sorta di animale. Una moltitudine di
gabbie era accatastata ai lati dell’ingresso ed ognuna di esse conteneva gufi,
rospi, serpenti e civette. L’attenzione di Lisan fu attirata da un grosso e
maestoso gufo reale dal manto fulvo, elegantemente poggiato sul trespolo dietro
la vetrina. Aveva un aspetto saggio e orgoglioso.
<<
Questo posto è… wow.>> si
limitò a bofonchiare Lisan, e d’improvviso si sentì come un’impacciata liceale
alle prese con il suo primo giorno di scuola.
Hermione,
che sembrava intenzionata a non perdere tempo, la accompagnò subito da Madama
McClan, abiti per tutte le occasioni,
dove acquistarono due divise scolastiche e un cappello a punta da strega. Era
pieno zeppo di ragazzini dall’aria spaesata che se ne stavano goffamente ritti
sui piedistalli in attesa che la sarta facesse provare loro le nuove divise.
Draco le aspettò fuori e, quando uscirono dalla bottega, scoprirono che aveva
appena acquistato un calderone e un grosso set di provette di vetro.
<<
A Hogwarts mi insegneranno a mescolare pozioni?>> domandò Lisan,
speranzosa.
Lui
le regalò uno sguardo accigliato. << Non dovrai imparare a mescolare semplici pozioni,
Rowles.>> sbottò. << Le Pozioni non sono un passatempo, ma una disciplina.>>
<<
E chi sarà il mio professore?>> lo incalzò lei, che mise da parte la
diffidenza per lasciar posto alla più ingenua e morbosa curiosità.
<<
Io.>> rispose Malfoy, con leggerezza, come se fosse la cosa più ovvia del
mondo. << E non sperare in un trattamento di favore. Se non dimostrerai
impegno come tutti gli altri studenti, non esiterò a divenire il tuo peggiore incubo.>>
Non aveva dubbi, a
dire il vero. Ma preferì tenere quel commento per sé.
Proseguirono
le compere al Ghirigoro, antica libreria anch’essa discretamente affollata.
Hermione estrasse dalla borsetta una pergamena dov’erano elencati tutti i libri
di testo e, nel giro di mezz’ora, una pila di volumi rilegati in pelle si
aggiunse al calderone e alle divise per la scuola.
<<
Dove andiamo adesso?>> domandò Malfoy, che stringeva due borse per mano e
sembrava infastidito da tutta quella folla che lo urtava da ogni parte.
<<
Da Olivander.>> disse Hermione.
<< Accompagnala tu, per favore. La mia scorta di Vermicoli Tignosi si sta
esaurendo. Faccio un salto all’Emporio delle Erbe. Ci vediamo davanti alla
Gringott.>>
Anche
se non aveva capito pressoché nulla di quel che aveva detto Hermione, Lisan si
limitò ad annuire stupidamente e la osservò sparire nella folla.
<<
Che cos’è un Vermicolo Tignoso?>> chiese a Malfoy, ma lui la afferrò per
un braccio e la condusse da Olivander senza concederle una risposta.
Quest’ultimo
negozio, a dispetto dei precedenti, era angusto e sporco. Un insegna a
caratteri d’oro sbiaditi sopra la porta diceva “Olivander. Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 A.C.”
Era un luogo molto piccolo. Lisan e Malfoy fecero il loro ingresso accompagnati
dallo scampanellio della porta, ma dovettero attendere lunghi istanti prima che
una figura umana e scarna li accogliesse.
Olivander,
il fabbricante di bacchette, era un uomo esile con una folta chioma di capelli
bianchi. Le sue pupille erano vitree e si soffermarono a lungo su di lei,
osservandola così intensamente da scavarle all’interno dell’anima.
<<
Professor Malfoy, è un piacere rivederla.>> esordì. << Qualcosa non
funziona per il verso giusto nella sua nuova bacchetta, professore?>>
<<
No, affatto.>> si limitò a rispondere Draco. << Purtroppo mia
cugina, che si è trasferita in Inghilterra da poco, ha avuto uno spiacevole
incidente e la sua bacchetta è andata distrutta.>> Batté meccanicamente
la mano sulla spalla di Lisan e la sospinse verso il bancone. << Sono
sicuro che il signor Olivander abbia esattamente ciò che fa al caso
tuo.>>
<<
Non c’è alcun dubbio, professore.>> ribadì ossequiosamente Olivander. I
suoi occhi profondi tornarono a squadrarla attentamente. << Quale mano
utilizzi per impugnare la bacchetta?>>
<<
Sono mancina.>> rispose Lisan.
Lui
estrasse da un taschino del gilet di tweed un centimetro, con il quale prese a
misurarle il braccio sinistro. Pronunciò ogni misura a voce alta, ed un
taccuino sospeso a mezz’aria prese ad annotarsi da solo ad ogni sua parola. Dopo
pochi istanti Lisan scoprì che Olivander era scomparso. Il centimetro continuò
a svolgere il suo compito autonomamente misurando, oltre alla lunghezza delle
sue dita, anche la distanza dal suo braccio sinistro alla spalla, e la distanza
dal gomito fino alla punta delle dita.
Nel
frattempo Olivander si era arrampicato su una ripida scaletta ed aveva iniziato
a frugare fra decine di scatolette ordinatamente ammonticchiate le une sulle
altre in enormi scaffali.
<<
Americana, non è vero?>> fece Olivander, che giunse al bancone con le
mani piene di scatole. << Ebbene, non conosco nessun mago di quelle parti
che sia in grado di eguagliare la leggendaria arte anglosassone della
fabbricazione di bacchette. Non rimarrà delusa, signorina… come ha detto che si
chiama?>>
<<
Ashley.>> si affrettò a rispondere Draco, che si era accomodato su una
seggiola vicino alla vetrina polverosa. << Ashley Malfoy.>>
<<
Tipico nome americano.>>
Olivander sorrise a denti stretti, estrasse la prima bacchetta da una scatola e
gliela porse delicatamente fra le mani. << Noce. Nove pollici e mezzo.
Flessibile. Corda di cuore di drago.>>
Lisan
lo fissò attonita, senza sapere minimamente cosa fare. << Su, la agiti!>> la esortò
Olivander. Lei obbedì, ma non accadde nulla. Impugnare un ramoscello di legno
raccolto nel bosco avrebbe sortito lo stesso effetto. Aveva davvero dei poteri magici?
<<
Non si preoccupi.>> la tranquillizzò Olivander, notando la sua
apprensione. << E’ la bacchetta a scegliere il mago. Provi
questa.>> E le porse un’altra bacchetta, poco più grande della
precedente. << Salice. Dieci pollici e mezzo. Leggermente flessibile.
Crine di Unicorno.>> Niente. Nessun segnale o sprazzo di magia degno di
nota. Così accadde con le altre ventiquattro bacchette magiche che le passarono
fra le mani. Solo una di esse emise leggeri bagliori argentati, ma Olivander
gliela strappò di mano ancor prima che Lisan potesse accorgersene.
<<
Un cliente difficile. Ma non deve tormentarsi, signorina. Credo di avere
qualcosa che faccia al caso suo. Anche se, effettivamente, i Malfoy non hanno
mai maneggiato una tipologia del
genere.>>
Lei
non era affatto una Malfoy, e d’improvviso capì perché le aveva rifilato
bacchette sempre sbagliate. Olivander
fece ritorno con una scatola polverosa. Prima di estrarre la bacchetta rimase
lì immobile a rimirare la copertina lucida dell’involucro. << Sambuco.
Dieci pollici e mezzo. Leggermente flessibile. Piuma di Fenice.>>
Quando Lisan la impugnò una sensazione di
calore le si diffuse in tutto il corpo. Fu come se la bacchetta fosse diventata
un naturale prolungamento del suo braccio. La agitò leggermente, e dorate
scintille sgorgarono dalla punta come una cascata di coriandoli.
<<
Eccellente!>> esclamò
Olivander, sollevato.
Malfoy
pagò dieci galeoni d’oro e venti falci d’argento la bacchetta. Fece scorrere un
braccio attorno alle spalle di Lisan e la trasse a sé, prima che Olivander
potesse rivolgerle altre domande. << Le auguro una buona
giornata.>>
<<
Anche a lei, professore.>> Poi Olivander si rivolse a Lisan e, durante
l’inchino, le parve che il negoziante le avesse strizzato l’occhio. << E
a lei, signorina Malfoy, che è stata scelta dopo quasi mezzo secolo da una
bacchetta avente le medesime caratteristiche di quella impugnata da
Voldemort.>>
Quella
frase, anche se non ne comprese a fondo il significato, la turbò. Fu trascinata
fuori dal negozio e la luce del sole parve accecarla.
<<
Cosa voleva dire Olivander?>>
<<
Troppe domande.>> sbuffò Draco. << Ti spiegherò tutto quando saremo
a Hogwarts. Per ora ti basti sapere che la tua presenza alla scuola di magia e
stregoneria è, ovviamente, un segreto. Pertanto assumerai le sembianze di
un’altra persona. Ashley Malfoy per
l’appunto, mia cugina di secondo grado appena trasferita in Inghilterra. Con
questo espediente della parentela ti portò tenere maggiormente
d’occhio.>>
<<
Ma io ho diciassette anni, sono più grande degli allievi del primo
anno.>>
<<
A questo la magia può porre rimedio.>> tagliò corto Draco. << Oh,
eccola laggiù. Sta arrivando la Granger.>>
Hermione
comparve nella calca di maghi e streghe trascinando con sé le borse con le
divise e il calderone. Lisan notò la presenza di una grossa gabbia, che la
strega sembrava trasportare con un grande sforzo. Al suo interno c’era il
maestoso gufo reale che aveva visto nella vetrina del Serraglio Stregato.
<<
La McGranitt ha detto che non era necessario.>> commentò aspramente
Malfoy.
Hermione
li raggiunse e lasciò ricadere tutti gli incartamenti a terra, emettendo un
sospiro di sollievo. << Oh, taci, Malfoy.>> sbottò. Si riavviò la
folta chioma di capelli castani all’indietro. I suoi occhi color nocciola
indugiarono per qualche istante su Lisan. Notò che stringeva fra le mani la sua
nuova bacchetta magica. << Durante l’addestramento potrai difficilmente
varcare le mura del castello, perciò ho pensato che, ecco, avessi bisogno di un
gufo per comunicare con il Quartier Generale.>>
<<
Ma è bellissimo.>> commentò Lisan, estasiata. E, senza alcun preavviso,
colma di gioia all’idea di possedere per la prima volta un animale così
straordinario, mollò a terra le sue borse e la abbracciò.
Hermione
dapprima rimase di sasso e si irrigidì. Poi, lentamente, le batté qualche
colpetto sulla schiena, finché Lisan non si allontanò. << Dovrai
prenderti cura di lui. E’ una responsabilità, certo, ma sono felice che tu
abbia apprezzato questo dono.>>
<<
Amo gli animali.>> mormorò timidamente Lisan. Non ne fu del tutto
convinta, ma le parve che gli occhi della strega si fossero illuminati. Poi il
cipiglio professionale da Auror tornò a farsi insistente sul suo volto.
Hermione la aiutò a radunare tutte le borse e proseguirono le compere a Diagon
Alley. Lisan guidava il terzetto perdendosi da una vetrina all’altra, tenendo
stretta la gabbia con il suo nuovo gufo.
<<
Ha un nome?>> domandò, mentre transitavano davanti ad un negozio che
vendeva scope da corsa. Un magnifico esemplare di Firebolt 4 era esposto in
vetrina, oscurata in gran parte dalla folla di ragazzini vocianti.
<<
Credo di no.>> rispose Hermione. << Come vorresti
chiamarlo?>>
<<
Gandalf.>> disse Lisan, sicura. Aveva un aspetto saggio ed orgoglioso e
quel nome gli calzava a pennello. Ignorò lo sguardo confuso di Draco e s’avviò
con passo deciso lungo il ciottolato. Sentì Hermione, alle sue spalle, che
spiegava al biondo il significato di quel nome. <<… libro babbano. Ha
venduto milioni di copie.>> gli stava dicendo a bassa voce. << Io
l’ho letto.>> soggiunse poi. E forse, constatò Lisan, Hermione Granger
non era poi così acida e severa come voleva farle credere.
*°*°*°*°
NOTE DELL'AUTORE
Grazie mille ai due commentatori dell'ultimo capitolo. Grazie ad Argent per il supporto che non smette mai di offrirmi. In particolare grazie anche a LutherBlisset, spero
con tutto il cuore che le tue analisi della storia siano sempre
critiche e molto "professionali", ciò mi aiuterebbe molto a
migliorare. E grazie, infine, a TopGunForever,
che mi ha letteralmente smontato ogni più piccola parte della
effe effe, criticandola in lungo e in largo. Magari un giorno
riuscirò a sorprenderla :D
Perdonatemi eventuali inesattezze o errori di battitura, non ho
molto tempo a disposizione e spesso, nelle riletture, ometto troppi
errori grammaticali. (Alzi la mano chi odia Word e la sua innata
demenza senile cronica nella correzzione automatica del testo XD)
Un abbraccio a tutti, aspetto le vostre recensioni
|
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Capitolo 10 *** Hogwarts ***
`•.¸¸.•´´¯`••._.• NOTE
DELL’AUTORE `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Mi
scuso per l'ennesimo ritardo, ma sto studiando per l'esame. (unitamente
al praticantato semi part-time da un geometra). Mi è piaciuto
molto scrivere questo capitolo, e spero che a voi piacerà
altrettanto leggerlo.
E' un passaggio importante per l'evolversi della trama, siamo dopo la
metà della effe effe e, all'incirca, direi che il Gran Finale
potrebbe aggirarsi attorno al capitolo 15 o 16, a seconda della mia
ispirazione.
Non voglio scrivere una Divina Commedia questa volta, credo di avervi abbastanza tediato con Destinty: Nel ricordo dei suoi occhi, con oltre trenta capitoli. ^^
Ho
in progetto un restlyling completo della Effe Effe, scritta tra una
pausa di studio e l'altra, o nelle ore tarde della sera. Ci sono molti
errori che vorrei evitare, e mi scuso già ora di questo
inconveniente.
Al
momento NON ho un Beta Reader. Faccio tutto da sola. E credo si veda,
ci sono molti errori ^^ Se c'è qualche volontario, alzi la mano!
:D
Capitolo 9
Hogwarts
“La via più rapida per porre fine a una guerra è
quella di perderla.”
(George Orwell)
I giorni
che la separavano dalla partenza per Hogwarts trascorsero molto lentamente.
Lisan passò la maggior parte del suo tempo insieme a Gandalf nel giardino del
retro della Tana. Imparò discretamente a maneggiare il vecchio manico di scopa
dei Weasley e lo utilizzò per seguire Gandalf durante i suoi voli notturni.
Sembrava esserle profondamente grato per averlo liberato, ed ogni tanto faceva
ritorno nella sua camera da letto portandole in dono topi morti o bisce di
campagna.
Lisan
pensò spesso a sua madre. L’idea che migliaia di chilometri le separassero le
faceva male, ma era l’unico modo per mettere fine a quegli incidenti. Quello
era il suo mondo, era riuscita a trovare persone come lei che potessero
insegnarle a controllarsi. Si promise che, al termine dell’Addestramento,
sarebbe tornata negli Stati Uniti.
Infine, arrivò
la vigilia della partenza.
La signora
e il signor Weasley, insieme a Ginny, prepararono una deliziosa cena all’aperto
e trascorsero insieme la serata raccontando a Lisan divertenti aneddoti
risalenti alla loro esperienza scolastica. Tutti i maghi d’Inghilterra avevano
frequentato quella scuola, che godeva di un prestigio indescrivibile.
<<
Fai attenzione alle scale, cara. Cambiano spesso direzione.>> le disse la
signora Weasley, mentre servivano il dessert a base di Torta di Mele e Cornetti
Balzerini alla crema. Quest’ultimi sembravano comuni brioche farcite, ma
avevano la brutta abitudine di saltellare qua e là per la tavola. << A
seconda del giorno o del periodo della giornata, possono condurti in posti differenti.>>
<< E
dimenticati gli aggeggi babbani come i telefonetti
o i lettori musicali.>>
soggiunse Arthur Weasley, che sedeva a capotavola. << A Hogwarts non ne
avrai bisogno. Se ne hai voglia, ovviamente, potresti lasciarli alla Tana. Mi
occuperò personalmente di conservarli nel magazzino degli attrezzi.>>
<<
Oh, Arthur, smettila con questa storia!>> sbottò la signora Weasley.
<< Solo se ne ha voglia, Molly.>>
proseguì il marito, sulla difensiva. E tornò a rivolgersi a Lisan con una
strizzatina d’occhio. << Vedi, sono molto interessato al vostro mondo. Voialtri siete così pieni
di sorprese. Le automobili, poi, sono quelle che preferisco in assoluto! Harry
possiede due modelli di automobili molto costosi, ogni tanto mi porta a Londra
a fare un giro.>>
Harry. Dov’era finito? Come stava? Presto, in un modo o
nell’altro, l’avrebbe scoperto.
La cena si
protrasse fino a tardi. A mezzanotte la signora Weasley sparecchiò tavola con
un colpo di bacchetta e ordinò di andare tutti a dormire, perché l’indomani si
sarebbero dovuti svegliare presto. Nessuno le spiegò come avrebbero fatto a
raggiungere Hogwarts, ma Lisan aveva la pancia così piena e la testa
ciondolante dal sonno che preferì adagiarsi sulla sua brandina nella vecchia
camera di Ginny, addormentandosi quasi subito.
La
speranza che Harry Potter comparisse sulla soglia della Tana per accompagnarla
a Hogwarts si affievolì il mattino seguente, quando Hermione e Malfoy fecero il
loro puntuale ingresso in casa accompagnati da un Auror che Lisan non aveva mai
visto prima, che disse di chiamarsi Devin. Aveva l’aspetto di un ragazzino
appena uscito dalle superiori, un fisico minuto e parecchie lentiggini sul
naso.
<<
Normalmente gli studenti arrivano a Hogwarts in treno.>> le spiegò
Hermione, mentre Malfoy e Ginny la aiutavano a chiudere e imbustare tutti i
bagagli. Il giorno prima avevano chiuso tutti i vestiti, i libri di testo e gli
oggetti per la scuola di Lisan in un grosso baule consunto, che Malfoy trascinò
a fatica giù per le scale.
<<
Ma tu non sei una studentessa normale,
e viaggiare sull’Espresso comporterebbe il rischio di mettere a repentaglio la
vita di molti altri studenti. I Mangiamorte potrebbero rintracciarti, perciò
utilizzeremo delle scope volanti protette.>>
<<
Ginny mi ha insegnato a volare.>> disse orgogliosamente Lisan, ma in
risposta ottenne solo uno sguardo severo.
<<
Non avrebbe dovuto.>> sentenziò Hermione. << Fingerò di non aver
sentito. Viaggerai insieme a Malfoy. Io e Colbert vi faremo da scorta. Sei
pronta?>>
<< I
miei bagagli?>> strepitò Lisan. << E Gandalf?>>
<<
Gandalf dovrà restare in gabbia, temo. Lo porterai con te. I bagagli verranno
rimpiccioliti e trasportati nella mia borsa. Durante l’ultima trasvolata
abbiamo perduto un baule sui tetti di Birmingham. Non ci tengo a ripetere
l’esperienza.>>
Detto
fatto, giunse il momento di partire. Lisan costrinse a malincuore Gandalf ad
entrare nella gabbia. Abbracciò la signora Weasley e Ginny, strinse
calorosamente la mano al signor Weasley e ringraziò tutti per l’ospitalità,
promettendo di spedire settimanalmente lettere alla Tana.
Ginny,
mentre si salutavano, le aveva infilato un pacchetto incartato in una tasca, e
fece ben attenzione a non farsene accorgere dagli Auror.
Lisan salì
a bordo del manico di scopa intarsiato di Malfoy, gettando un’ultima occhiata
alla Tana. Malfoy e Ginny si scambiarono un freddo cenno di saluto.
<<
Ci vediamo a Hogwarts.>> sbottò Malfoy. << Quest’anno la Coppa sarà
nostra.>>
<< Speraci.>> replicò gelidamente
Ginny, le braccia conserte.
Ron,
com’era prevedibile, non si fece vedere. Era rinchiuso da almeno due giorni
nella sua stanza e non si era nemmeno degnato di salutarla.
I tre
manici di scopa decollarono e le figure dei Weasley sulla soglia di casa si
fecero sempre più piccole, fino a divenire tre minuscole macchiette inghiottite
nella semioscurità dell’alba. Il sole rossastro si stava levando dal Colle
dell’Ermellino, tingendo d’oro i versanti delle colline tutt’intorno.
Lisan si
strinse alla schiena di Malfoy per paura di precipitare nel vuoto. Al contrario
del vecchio manico di scopa dei Weasley, quelle avevano tutta l’aria di essere
delle Firebolt.
Viaggiarono
a lungo, mantenendosi in una serrata formazione, senza scambiarsi molte parole.
Nel primo pomeriggio atterrarono in un vasto campo deserto immerso nella
brughiera inglese e pranzarono con sandwich al tonno e Zuccotti di Zucca. Lisan
scoprì che l’incarto di Ginny nascondeva una confezione di Gelatine
Tuttigusti+1. Le gustò segretamente durante in volo nel tardo pomeriggio,
tenendo stretta a sé la gabbia di Gandalf.
Le
Firebolt iniziarono a diminuire di quota solo verso sera. Lisan, elettrizzata,
cercò di individuare nei dintorni una costruzione che le ricordasse una scuola,
ma l’unica presenza artificiale era un villaggio ammonticchiato vicino a un
grande lago nero, circondato da alte montagne innevate. Scesero maggiormente di
quota e Lisan notò che i tetti delle case erano tutti appuntiti, gli edifici in
legno e pietra stretti gli uno contro gli altri come un’antica borgata
medievale. Il cartello appeso su una staccionata recava la scritta “Hogsmeade”
Atterrarono
in un campo di patate nelle vicinanze di una vecchia stalla. Riposero le scope
dietro alcune balle di fieno e si affrettarono verso i vicoli del paese.
<<
Utilizzeremo un passaggio segreto.>> disse Hermione. << Niente
domande, per ora. La Preside McGranitt sarà lieta di fornirti tutte le
spiegazioni di cui hai bisogno.>>
Le strade
erano semideserte. Raggiunsero un vecchio casolare fatiscente, la cui insegna
cigolante sopra la porta diceva “Testa di
Porco”. All’interno regnava un odore di stantio.
<<
Siete in ritardo.>> sentenziò il vecchio barista dietro il bancone, che
aveva una volta barba bianca così lunga da essere fermata all’interno della
cintura.
<<
C’era un brutto temporale. Abbiamo dovuto virare verso Bristol.>> si
giustificò Hermione. << Notizie dal fronte,
Abertforth?>>
<<
Nessuna.>> fu la tetra risposta. << Gli uomini di Chandra hanno
setacciato a lungo i boschi attorno a Hogwarts, senza risultati.>>
Hermione
estrasse il baule in miniatura dalla borsa e lo riportò alle sue dimensioni
originali. Gandalf, all’interno della gabbia, emise un urlo stridulo e sbatté
forte le ali contro la grata.
<<
Aberforth Silente è un fidato collaboratore del Quartier Generale.>> le
disse Hermione, che le posò una mano sulla spalla. << Il nostro compito è
terminato. Da questo momento in poi la tua custodia è affidata alla Preside di
Hogwarts. Buona fortuna, Lisan.>> Diede un colpetto affettuoso alla
gabbia di Gandalf, per poi avviarsi verso l’uscita. Malfoy la seguì in
silenzio.
<< Vigilanza costante.>> disse
Abertforth a mo’ di saluto. << Professor Malfoy, la invito a farmi visita
durante l’anno scolastico.>>
I due
maghi avevano raggiunto l’uscita. Hermione si raccomandò un’ultima volta di
essere tenuta informata sul suo addestramento. Poi, dopo un ultimo cenno di saluto,
la porta si richiuse e Lisan si ritrovò sola in compagnia del vecchio mago, che
aveva tutta l’aria di odiare quella sua nuova veste da fidato collaboratore.
<<
Seguimi.>> borbottò, e la condusse attraverso uno stretto passaggio che
conduceva nel retrobottega. Era una stanza spoglia, l’unico addobbo era un
quadro dalla cornice in ottone appeso ad una parete. Al suo interno, abituata a
scrutare figure in movimento, non c’era stranamente nulla al di fuori di un
paesaggio campagnolo.
<<
Dovrebbe essere qui a momenti.>> disse Aberthfort Silente.
Ed
infatti, in quel momento, qualcosa nel dipinto cambiò: un gatto soriano
dall’espressione intelligente avanzò lungo il sentiero, percorrendo con passo
spedito la distanza che lo separava da Lisan. Che assurdità. Penso lei. Non
può certo uscire fuori dalla cornice! E invece fece molto di più. Quando il
gatto fu abbastanza vicino, la tela emise un cigolio ed iniziò ad aprirsi
scorrendo sui cardini incastonati nel muro, fino a rivelare un piccolo
passaggio buio. Il gatto soriano era lì, in carne ed ossa, ritto sulle zampe
posteriori.
<<
Buonasera, Preside McGranitt.>> Il vecchio mago si chinò in un profondo
inchino.
Dove un
attimo prima vi era il gatto soriano, Lisan notò la presenza di una strega. I
cerchi che l’animale aveva attorno agli occhi avevano la stessa forma dei suoi
occhiali a mezzaluna poggiati sul naso adunco. Era alta, il suo aspetto non più
giovane appariva solenne e severo.
<<
Buonasera, Preside.>> mormorò Lisan, insicura.
La
McGranitt la scrutò imperturbabile dalla testa ai piedi. Sotto il mantello
color verde bottiglia, la sua mano impugnava la bacchetta magica. << Mi
segua, signorina Rowles.>> disse, severa, e fece scomparire i suoi
bagagli nel nulla. << I suoi effetti personali verranno trasferiti nella
sua camera. La invito a lasciare il suo gufo qui. Il signor Abertforth si
occuperà personalmente di ricondurlo al castello.>>
Lisan la
seguì all’interno del buco del ritratto, che era così stretto da consentire a
stento il passaggio di un adulto.
<<
Il comandante Granger mi ha informata debitamente sui fatti. Capirà bene,
signorina Rowles, che la sua convocazione a Hogwarts rappresenta un’eccezione. Lei ha diciassette anni,
mentre gli studenti del primo anno ne hanno undici. Ho predisposto un piano che
le consenta di accedere al suo addestramento senza essere in alcun modo
riconosciuta. Il professor Malfoy le ha già accennato qualcosa?>>
Lisan
scosse il capo. << In effetti, no, signora Preside.>>
<<
Questo passaggio segreto è stato restaurato dopo la Seconda Guerra Magica,
durante la quale era stato completamente distrutto. Conduce direttamente nel
mio ufficio. Eseguirò un incantesimo trasfigurativo sul suo volto, signorina
Rowles. Dovrà sembrare un’undicenne, esattamente come tutti gli altri.>>
Lisan
annuì, ma le sue gambe si fecero più molli del previsto e dovette faticare per
starle dietro. Camminarono per dieci interminabili minuti, finché il passaggio
buio e stretto non sfociò in una stanza quadrata dove un enorme Gargoyle di
pietra piantonava l’unica uscita.
<<
Liquerizie Bollenti.>> disse la
McGranitt, e la bestia di bronzo scivolò pesantemente su un lato, lasciando
loro libera la strada.
Risalirono
una ripida scala a chiocciola adornata ai lati con splendidi arazzi antichi.
L’ufficio della Preside McGranitt era situato in un torrione. Era un ambiente
molto ampio, pieno zeppo di pesanti librerie stracolme di volumi. Alle spalle
della scrivania in legno massiccio, oltre una piccola rampa di scale, c’era un
grosso telescopio d’oro.
<<
Le ricordo che la sua presenza a Hogwarts non è vincolante. Il Ministero le
garantisce asilo politico ed un’adeguata protezione, ma di certo non la obbliga
a studiare. Se è venuta qui per riscaldare il banco, l’avviso fin da
subito che la scelta più saggia è fare ritorno a casa.>>
<<
Voglio padroneggiare al meglio i miei poteri magici, signora Preside.>>
<<
Mi chiami Professoressa.>> la esortò la McGranitt. Detto ciò, in modo
sbrigativo, sfoderò la bacchetta. << E’ pronta?>>
<<
Mi farà male?>> gemette Lisan.
<<
Non più del dovuto. Ora chiuda gli occhi.>>
Lisan
eseguì l’ordine e, con le gambe tremanti ed il fiato corto, rimase impalata sul
posto vicino alla scrivania della Preside in attesa che l’incantesimo compisse
il suo effetto. Subire un ringiovanimento
non doveva essere poi tanto male.
Sentì
la McGranitt pronunciare una formula a lei sconosciuta, e fin da subito una
sostanza umida simile alla gelatina entrò in contatto con la sua pelle. Non
volle aprire gli occhi per nessun motivo. Un prurito fastidio le invase la
faccia. Naso, orecchie, occhi e guance iniziarono a deformarsi lentamente,
senza che avvertisse il minimo dolore. Fu una sensazione assurda e magnificamente bizzarra.
<<
Dimentichi il suo vero nome, almeno per ora, d’ora in avanti a scuola lei acquisterà
il nome di Ashley Malfoy.>> le spiegò la McGranitt, che non sembrò
ammettere repliche. << Ho sparso la voce fra gli studenti del quinto anno
che una parente del nostro professore di Pozioni giungerà a Hogwarts. Come lei
ben saprà, non c’è modo migliore per diffondere una notizia. Tutti gli studenti
ormai saranno a conoscenza della sua storia e ciò le fornirà un’ottima
copertura.>>
Lisan
annuì, frastornata. Non aveva ancora avuto modo di guardarsi allo specchio. Si
tastò il volto con le mani, ma ad un primo contatto non notò nulla di
significativamente diverso nei suoi lineamenti.
La
McGranitt fece comparire dal nulla un minuscolo specchio portatile e glielo
porse con un gesto frettoloso. << Non c’è molto tempo, signorina Rowles.
Lo Smistamento inizierà a momenti. Indossi la sua divisa.>>
Ma
Lisan era troppo impegnata a scrutare il suo nuovo volto da undicenne per
prestarle la minima attenzione. Sollevò gli occhi da quell’assurda visione
solamente quando, pochi istanti più tardi, il pesante portone d’ingresso si
aprì cigolante e sulla soglia comparve la figura di un uomo avvolto in un
mantello blu pervinca. Aveva il naso adunco e ammaccato, piccoli occhi vitrei
ed una rada chioma di capelli color paglia spettinata. Avanzò zoppicando verso
la McGranitt, rivolgendole un cenno di saluto con il capo. La sua corporatura
robusta e ingobbita lo faceva rassomigliare ad un grosso pachiderma ferito.
<<
Il Professor Jones la accompagnerà alla Sala Grande.>> disse la
McGranitt.
Lisan
si cambiò nel ripostiglio dell’ufficio e, come un cane obbediente, seguì quello
strano individuo. Si ritrovò a passeggiare lungo bui corridoi di pietra al
fianco di quello strano individuo, che non disse una sola parola durante
l’intero tragitto. Discesero ben quattro rampe di scale, raggiungendo un atrio
quadrato dov’erano esposte decine di armature medievali. Grandi arazzi
pendevano dal soffitto, così alto da non intravederne la fine.
<<
Aspetti qui.>> borbottò il professor Jones. I suoi occhi rotearono
guardinghi su di lei, come se temesse che, da un momento all’altro, Lisan si
trasformasse in un’enorme lucertola squamosa e lo attaccasse alle spalle. <<
E, per cortesia, non si muova.>>
Lisan
lo vide sparire giù per una rampa di scale. Qualcosa, dentro di lei, si accese.
Fuoco vivo. Rabbia latente. Era stata sballottata come un misero pacco postale
da estranei che l’avevano etichettata come “La
pazza fuori controllo”, o “La
protetta del Ministero”. Che cos’era lei per la Preside? Un ordine da
rispettare, punto.
I
suoi pensieri vennero interrotti da un’altra figura. Stranamente, in quella
Scuola di Magia, il giovane uomo che le comparve dinnanzi aveva tutta l’aria di
una persona normale, di un giovanotto
facilmente individuabile fra le strade di Londra in attesa dell’autobus o fra
le vetrine di un centro commerciale. Era tarchiato e indossava un maglioncino
dal quale trapelava il colletto ordinato di una camicia. Alle sue spalle, l’eco
sordo di centinaia di passi che scalpicciavano lungo le antiche rampe di scale
di pietra. Nel giro di pochi istanti si ritrovò circondata da una calca di
studenti.
Il
loro vociare venne interrotto dall’uomo con il maglioncino, che levò in alto
una mano per farsi notare dalla folla. << Silenzio, per favore.>>
disse, con voce amichevole, sfoderando un sorriso cortese. << Il mio nome
è Neville Paciock, e sarò il vostro insegnante di Erbologia.>> Trasse un
sospiro, come se conoscesse quel discorso a memoria. << Vi ricordo che
non è permesso condurre all’interno del castello animali vietati dal Regolamento.
Potete portare con voi solo un gufo, un gatto un rospo. Alcuni passaggi sono al
momento in fase di ristrutturazione. Dopo lo Smistamento, il signor Gazza si
preoccuperà di fornirvi una mappa di Hogwarts per aiutarvi a raggiungere più
agevolmente le lezioni.>> Detto ciò colpì con la bacchetta il pesante
portone intarsiato alle sue spalle, che si spalancò mostrando loro la Sala
Grande. I racconti estasiati di Ginny non le facevano abbastanza giustizia: era
uno dei luoghi più incantevoli che Lisan avesse mai visto. Decine di centinaia
di candele aleggiavano a mezz’aria sopra quattro lunghi tavoli di legno,
attorno ai quali sedevano tutti gli studenti delle quattro case. In fondo, su
un palco di legno rialzato, c’era il tavolo degli Insegnanti preseduto dalla
Preside McGranitt. Al suo fianco una sedia vuota – probabilmente destinata al
professor Paciock. Tra gli insegnanti, seduta accanto all’ingobbito e burbero
professor Jones, c’era una figura femminile dai capelli rossi intenta a
chiacchierare allegramente con un enorme gigante barbuto.
Lisan
trasalì. Era Ginny Weasley.
<<
Da questa parte, prego!>> Neville la agguantò delicatamente per un
braccio, invitandola a proseguire nel corridoio lasciato libero dalle tavolate.
Il
loro ingresso aveva gettato la Sala Grande in un silenzio concitato.
In
fondo, di fronte agli sguardi del corpo docente, era stato sistemato uno
sgabello sul quale era adagiato un vecchio capello da mago dall’aria consunta.
Molti studenti lo guardarono con aria incuriosita e ammirata di chi la lunga a
riguardo, gustandosi con apparente divertimento le espressioni terrorizzate dei
ragazzi appena giunti al castello.
Neville
si schiarì la voce ed estrasse un foglio di pergamena ripiegato da una tasca
dei pantaloni. << Quando sentirete il vostro nome, recatevi allo
sgabello, per favore.>>
<<
Professor Paciock.>> lo interruppe la McGranitt. E indicò il vecchio
capello con un cenno eloquente del capo.
<<
Domando scusa, professoressa.>> Sembrava uno studente troppo cresciuto,
dall’aspetto giovane e un po’ impacciato. Si passò meccanicamente una mano
nella chioma di capelli castani. << Prima dell’inizio della Cerimonia
dello Smistamento, il Cappello Parlante – come ogni anno – ci riserverà la
Canzone di Apertura.>>
Il
vecchio capello, accompagnato da scrosci di applausi, si animò. Uno dei suoi
grossi strappi scuciti si aprì in uno smagliante sorriso.
Son
sogno,o son desto?
Il
mio animo è puro ed errante
Il
mio aspetto è consunto e modesto
E la
mia saggezza pura e danzante
Gli
anni oscuri sono ormai un ricordo
Pietra
su pietra Hogwarts è rinata
La
colpa fu di un mago malvagio ed ingorgo
La
cui sorte, in fortuna, fu beffata
Hogwarts,
Hogwarts, sempre più forte
Un
eco compatto e vociante
Le
bugie su questo sgabello han le gambe corte
Farò
di ognun di voi uno studente esemplar ed aitante
E’
forse Grifondoro il vostro futuro?
Culla
di cuor e coraggio
Di
talento e di animo puro
L’amicizia
per costoro sarà certo un vantaggio
O,
magari, Tassorosso,
dove
chi alberga è giusto e leale
la
cui costanza è infinita
ed
il duro lavor non è innaturale
Oppure
Corvonero, saggio e studioso
Talentuoso
e pronto di mente
Regna
sovrano e mai ozioso
Come
si confà a simil gente
Ultimo,
e non per importanza
C’è
Serpeverde, ragazzi miei
Tra
costoro ci sono amici in abbondanza
Studenti
astuti ed affatto babbei
Dunque,
venite senza paura
E
mettetemi in capo all’istante
Con
me sarete in mani sicure
Perché
io sono il Cappello Parlante!
Al
termine della Canzone ci fu un altro caloroso scroscio di applausi, poi il
professor Paciock levò la pergamena e iniziò l’appello degli studenti.
<<
ANDERSON Gillian.>>
Una
ragazzina dall’aria timida, con un grosso paio di occhiali spessi che le
incorniciavano il volto e i capelli tutti arruffati, avanzò goffamente e
sedette sullo sgabello. Paciock gli calò il capello parlante sulla testa,
lasciando intravedere solo la punta del suo naso.
<<
Serpeverde!>> strepitò il
cappello, dopo una lunga riflessione.
<<
Che strano.>> commentò un ragazzo alle spalle di Lisan, che aveva un
marcato accento irlandese. << I genitori di Gillian lavorano entrambi al
Ministero, e discendono da una famosa stirpe di Corvonero.>>
Lisan
si volse, e i suoi occhi di una delicata sfumatura violacea incrociarono i
suoi, a mandorla e sottili. Sotto la chioma corvina spettinata faceva capolino
un viso fine, quasi femmineo. Il suo tono era composto e garbato.
<<
Spero di andare a Grifondoro.>> proseguì, difilato. << Lì c’è stato
Harry Potter. Lui si che è diventato un grande mago.>>
Una
fitta profonda le accartocciò lo stomaco al ricordo di Harry. Ovviamente, non
avrebbe dovuto parlarne con anima viva. Perciò finse vago interesse annuendo
appena, e tornò a concentrarsi sullo Smistamento. ANNETH Jhoanne e BAILEY
Thomas erano stati assegnati ai Tassorosso.
<<
Come ti chiami?>> domandò il ragazzo dai lineamenti orientali.
Lisan
si volse. Sperò con tutto il cuore che si fosse rivolto a qualcun altro, ma con
suo tremendo stupore scoprì che stava guardando lei.
<<
Li… Ashley.>> bofonchiò, sentendosi un’idiota. << Ashley
Malfoy.>>
<<
GRIFONDORO!>> urlò in quell’istante il Cappello Parlante, facendola
trasalire. Ci fu un boato e grida festaiole dal tavolo scarlatto ad accogliere
il nuovo arrivato Richard Baker.
<<
Per tutti i Troll d’oltremanica!>> esclamò il ragazzo, e parecchie paia
di occhi fra i nuovi arrivati si posarono su Lisan. << Sei la cugina di
Draco Malfoy!>>
<<
Io… ecco… non ci tenevo molto a dirlo in giro, a dire il vero. Ma…>>
<<
E’ un onore conoscerti. Dico sul serio.>> Lui le agguantò una mano e la
strinse energicamente fra le sue. << Mi chiamo Kawanari Foster. Ma tutti
quanti mi chiamo Kyo. I miei nonni paterni sono giapponesi. Mio padre ha
lasciato Osaka e si è trasferito in Inghilterra per frequentare l’Università di
Medicina. Un Babbano come tanti,
penserai! Poi si è innamorato di una strega.>>
Parlava
a macchinetta e si chiese come facesse a riprendere fiato. << Tutti
quanti dicono che il professor Malfoy sia il degno erede di Piton. Lo
conoscerai senz’altro no? Un valoroso combattente della Seconda Guerra. Harry
Potter ha insistito perché gli facessero una statua, qui a Hogwarts.>>
<<
DAVIES Athena!>> chiamò il professor Paciock.
Una
ragazza bionda al fianco di Lisan, che aveva ascoltato di sottecchi la loro
conversazione, avanzò nella calca di mantelli e andò incontro al Cappello
Parlante.
<<
Serpeverde!>>
Lo
Smistamento proseguì a ritmo serrato, il numero di studenti del primo anno in
trepidante attesa diminuì velocemente.
<<
FOSTER Kawanari!>>
Al
ragazzino, che fino a quel momento aveva mostrato un piglio deciso e sicuro di
sé, sembrò svanire tutta la saccenteria dimostrata nei suoi discorsi. Divenne
pallido come un tovagliolo e, lentamente, avanzò verso lo sgabello come se ciò
rappresentasse un patibolo di morte. Sedette nervosamente e gli venne calato il
Cappello Parlante, che impiegò molto tempo per sancire la decisione. Lisan
sentì il cappello borbottare, indeciso sul da farsi. Infine, con un sospiro,
annunciò: << Serpeverde!>>
Kawanari
parve molto deluso e s’avviò avvilito verso i suoi nuovi compagni.
Dopo
di lui furono smistati tre Tassorosso, un Serpeverde e ben sette Grifondoro. In
quell’istante, sommerso dagli applausi dei Grifondoro per la nuova arrivata
McGeady Amanda, il professor Paciock si schiarì la voce e lanciò un’occhiata
intensa ai colleghi seduti al tavolo degli Insegnanti.
<<
MALFOY Ashley.>>
La
sua voce risuonò nel silenzio e tutto il vociare della Sala Grande scomparve
nel nulla, come se fosse stato risucchiato dal tasto “Off” di un telecomando.
Era
il suo turno. Anche se aveva diciassette anni e non si considerava una ragazzina da un bel pezzo, le sue gambe
faticarono a reggerla mentre si incamminava verso lo sgabello. I suoi occhi
indugiarono sui Professori: il gigante barbuto sembrava tifare per lei e le
strizzò l’occhio; Ginny sollevò di nascosto un pollice, come per
tranquillizzarla; Draco Malfoy, invece, stava rimirando attentamente gli
intarsi del calice di vino che sorreggeva in mano e se infischiò letteralmente
della sua sorte.
<<
Come sta Harry?>> le domandò il professor Paciock, sottovoce, mentre le
calava il cappello sulla testa.
<<
Non lo so.>> bofonchiò Lisan,
agitata. Il Cappello le copriva gli occhi e non riuscì a vedere più niente. Udì
solo una voce, sogghignante e profonda, che le penetrò nella testa.
<<
Mmm… difficile. Molto difficile.>>
sospirò il Cappello Parlante. << Erano
quasi sessant’anni che non avvertivo nulla di simile, Lisan. C’è talento quanto
basta per decidere in fretta la tua sorte. Ma…>> e s’interruppe,
emettendo un suono a metà tra una risata roca ed un colpo di tosse. <<… avverto uno “spaccamento”, come se una parte
di te fosse del tutto estranea dal resto. Come se possedessi due anime, Lisan.
E’ curioso, non trovi?>>
L’aveva
già smascherata. Come iniziò non fu dei migliori.
<<
Coraggio da vendere, vedo. E una
testolina niente male. C’è molta rabbia in te, Lisan. Voglia di riscatto e
ambizione in abbondanza, non v’è dubbio! Sì, ho deciso…>> E, più
forte, strepitò: << Serpeverde!>>
*°*°*°*°*
La
sua nuova dimora di Fell’s Church era poco più grossa di una roulotte da campo
ed aveva l’aspetto di una minuscola villetta decadente. Harry attraversò il
giardino incolto, sognando di trasferirsi stabilmente da qualche parte nel Kent
lontano da occhi e orecchie indiscrete. Invece era stato costretto a vivere in
quel cubicolo per due, interminabili settimane. Perlomeno la sua testa
completamente rasata, coperta a dovere da un cappello con la visiera dei
Blackburn Rovers, l’avrebbe aiutato a non essere riconosciuto.
Svuotò
le sue cose al piano di sopra, nella piccola stanzetta umida occupata solo da
un armadio, una scrivania, una piccola sedia e dal letto che pareva una branda
militare.
La
suoneria del telefonino interruppe i suoi pensieri e si ritrovò a tastare ogni
tasca della felpa per trovarlo. Maledetto
I-phone. << Pronto?>> mormorò Harry.
<<
Mi dispiace, Harry.>> disse Hermione dall’altra parte. << Voglio
dire, un po’ te la sei cercata.>>
<<
Ti ringrazio immensamente per il supporto morale.>>
<<
Non ti ho certo telefonato per rincarare la dose, stavo solo cercando di dirti
che trattare male il Ministro della Magia non è una mossa intelligente, ecco
tutto.>>
<<
Come procede al Quartier Genere?>> domandò Harry, che s’incastrò
l’I-phone tra la spalla e l’orecchio e vagò per la camera alla ricerca di un
attaccapanni.
<<
Stamattina siamo andati alla Tana, abbiamo prelevato Lisan e l’abbiamo portata
a Hogwarts. Scope volanti, mezzi non intercettabili. Neville mi ha appena
spedito un gufo: l’hanno smistata a Serpeverde.>>
Harry
soffocò una risata. << Chissà perché, ciò non mi sorprende
affatto.>>
<<
Per un po’ non dovremo preoccuparci di lei. E’ al sicuro e imparerà a
controllarsi. Nel frattempo, Harry, sai benissimo che non sei stato spedito a
Fell’s Church senza motivo. Se fossi in te, domattina, farei un salto alla
biblioteca.>>
Harry
trovò quel che stava cercando sotto il letto. Si rialzò goffamente e appese la
felpa nell’armadio, sollevando una coltre di polvere nell’aria.
<<
Qui è nata Bellatrix Lestrange. E qui, da
qualche parte, avrà lasciato di sicuro qualche indizio interessante sul suo
passato, che ci consentirà di capire dove si nasconde, o quantomeno cos’abbia
in mente. Conosco la prassi, Hermione. Fino a poco tempo fa, ero il tuo
comandante.>>
Dall’altra
parte si udì un sospiro sommesso. Poi l’Hermione
Orgogliosa tornò a farsi sentire prepotentemente nella sua voce altera. <<
Se fossi in te, eviterei in futuro di trattare in quel modo Kingsley. O ti
troverai senza lavoro.>>
<<
Non accadrà mai più, Herm. Ero stanco e nervoso.>>
<<
Preoccupato per Lisan, forse.>> soggiunse lei, con una punta di accidia.
<< Ti lascio al tuo lavoro. Sono sicura che ne avrai molto, viste le
condizioni in cui sarà la casa. E’ disabitata da oltre due anni. Ci abitava
Alarick Jones, prima che si trasferisse a Hogwarts.>>
<<
Quasimodo Jones?>> fece Harry
di rimando.
<<
Oh, Harry, piantala. E’ un ottimo insegnante di Difesa Contro le Arti
Oscure.>>
<<
Quand’è lucido e non farnetica di essere inseguito da Disennatori,
probabilmente.>>
<<
Ci sentiamo domani.>> tagliò corto lei. << Attendo notizie da
Fell’s Church.>>
<<
Buonanotte, Hermione.>> mormorò Harry, ma scoprì che lei gli aveva appena
attaccato il telefono in faccia.
*°*°*°*°*°*°
`•.¸¸.•´´¯`••._.• RINGRAZIAMENTI `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Un grazie enorme a Scar,
la mia felicità di leggere le sue recensioni dopo così
tanto tempo è paragonabile a quella del mio Harry di fronte ad
un'automobile nuova.
Grazie a TopGunForever, come al solito, che mi sopporta. Grazie a PrincessCake, che non ha ancora letto la mia storia, nonostante ripeta ogni santo giorno che lo farà.
Grazie a LutherBlisset, un bacione alla mitica Argent e
quei maledetti rincorri palloni che hanno deciso di scioperare,
privandomi per una domenica della mia passione più grande.
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