The OutSider

di Apple90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Willgrave Lane ***
Capitolo 3: *** Solitudine ***
Capitolo 4: *** L'ultimo Malfoy ***
Capitolo 5: *** Intrighi Babbani ***
Capitolo 6: *** Il Complotto dei Rinascenti ***
Capitolo 7: *** L'ospite inatteso ***
Capitolo 8: *** La Signora Oscura ***
Capitolo 9: *** Il Fabbricante di Bacchette ***
Capitolo 10: *** Hogwarts ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The Outsider_ Prologo

Dedicato a Sarah, che si è sempre impegnata per starmi vicino nonostante i chilometri che ci dividono; e a al mio Puddy, e lei sa benissimo perché.

 

 

The Outsider

Il Destino dei Prescelti

Prologo

<< Avada Kedavra!>>

Un fiotto di luce verde scaturì dalla bacchetta di Draco, con una simile potenza da generare un immenso bagliore accecante. Il sottile ramoscello di legno che stringeva fra le dita iniziò a vibrare finché l’incantesimo non ebbe terminato il suo effetto.

Poco distante, il corpo minuto di Lisan Rowles ricadde a terra inerme come una bambola di pezza.

Hermione era salva.

Fu l’unica cosa che Draco riuscì a pensare prima di accorgersi che era finita.

La cerchia di mantelli neri che lo circondava si fece più stretta, le bacchette sguainate e gli occhi iniettati di sangue.

<< Scappa.>> Le sue labbra si mossero senza emettere alcun suono. Il cuore gli parve aver cessato di battere. Socchiuse gli occhi in attesa che la sua vita giungesse al termine. Hermione era salva. Non sarebbe morto in vano.

 

*°*°*°*


 

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Capitolo 2
*** Willgrave Lane ***


The Outsider_ Prologo Ecco il primo capitolo della storia. Ringrazio Dalastor per i preziosi consigli e Argentlam e Stizy per il "supporto morale". Impossibile non nominare Top Gun Forever, per tutte le ore spese a sopportarmi. Aspetto con ansia le vostre recensioni.


Capitolo 1

Willgrave Lane

 

Se c’era una cosa che Lisan sapeva fare alla perfezione, oltre trascorrere intere nottate insonni davanti al televisore a ingozzarsi di cioccolato, quello era rubare: per quel motivo si trovava lì, in quell’afoso ristorante che si affacciava su Piazza del Campo, senza una meta ben precisa né un motivo che la spingesse del tutto ad agire. Era come bloccata, paralizzata dagli eventi che erano accaduti troppo velocemente.

Due giorni prima si trovava a Los Angeles, rintanata nelle cantine di in ufficio di assicurazioni automobilistiche nel quale era stata costretta a nascondersi.

Ed ora, a distanza di appena quarantotto ore, le sue All Star logore stavamo calpestando  il pavimento ben lucidato di uno dei locali più eleganti di Siena.

Tutt’intorno a lei c’erano soffitti affrescati, camerieri in uniforme dall’aspetto rigido e ben curato e carrelli ricolmi di secchielli di ghiaccio, bottiglie di Chianti e piatti da portata decorati.

Molti clienti l’avevano osservata come si osservava un moscerino particolarmente fastidioso. Come biasimarli?

Lisan non si cambiava da due giorni; aveva addosso una giacca di due taglie superiori alla propria, i suoi capelli castani erano umidi e stopposi e le ricadevano disordinatamente sul viso. Non l’avrebbe sorpresa il fatto che qualche cameriere, di lì a poco, si sarebbe avvicinato per invitarla ad andarsene.

Ma non sarebbe successo. Non quel giorno.

 

*°*°*°*°

 

I fari della Giulietta illuminavano la scia di asfalto che correva dritta attraverso i vasti campi di vigneti, immersi in un sottile strato di nebbia mattutina.

L’alba stava facendo capolino alle spalle delle colline toscane, dei campi di girasoli in fiore e dei pochi casali in pietra sparsi sulle alture, tingendo in cielo di una delicata sfumatura rosata. I suoi raggi iniziavano a lambire le terre del Chianti; esse splendevano di un immenso fascino antico che nessuno, in quel tratto di strada deserta, avrebbe mai potuto scorgere.

Harry adorava l’aria frizzantina che si respirava al sorgere del sole e il dolce profumo di erba appena tagliata. Il vento che sibilava attraverso il finestrino gli scompigliò i capelli corvini, riportandogli alla mente le giornate di Hogwarts trascorse a studiare Storia della Magia nel parco della scuola insieme a Ron ed Hermione.

E spostò d’istinto lo sguardo sulla plancia dei comandi, dove una foto fissata con lo scotch capeggiava al di sopra del computer di bordo. I volti dei suoi due amici, sorridenti nelle loro nuove uniformi del Ministero della Magia, gli restituirono lo sguardo. Erano abbracciati nell’atrio principale del Ministero durante il primo Anniversario della Caduta del Signore Oscuro, periodo di grandi festeggiamenti nel mondo dei maghi.

Harry sospirò.

Erano trascorsi nove mesi dal giorno in cui era stata scattata quella fotografia. Quel piccolo pezzo di carta aveva attraversato tre continenti, due oceani, almeno quaranta città differenti ed un discreto quantitativo di chilometri.

Harry tornò a concentrarsi sulla guida.

Le quindici torri medievali di San Giminiano svettarono nel panorama in fondo alla valle, illuminate dai fiochi raggi dell’alba.

Durante il periodo medievale più fiorente di San Giminiano le torri erano più di settanta: ogni famiglia nobile ne possedeva una come dimostrazione del proprio prestigio, arrivando a litigarsi per chi edificasse la torre più alta.

La pensione nella quale Harry soggiornava si trovava in prossimità della Torre Rognosa, la più alta rimasta in piedi.

Dopo aver varcato le vecchie mura perimetrali del borgo, parcheggiò l’auto e proseguì a piedi con la sola compagnia di qualche gatto randagio e del frastuono fastidioso provocato dalle pulitrici che percorrevano le strade.

La pensione si chiamava “La Quinta Torre”, era gestita da una coppia di cinquantenni ospitali e discreti. Le camere erano una decina, l’ambiente silenzioso e riservato: il luogo babbano ideale dove trascorrere un paio di giorni.

Harry comparve nel piccolo ingresso in pietra della pensione quando l’orologio appeso alla parete della repection segnava le cinque e venti del mattino. Il campanello che sormontava la porta accompagnò il suo ingresso con un tintinnio rumoroso.

Pochi istanti dopo, una figura minuta avvolta in una spessa vestaglia color topo sbucò dalla porta dietro il bancone. << Signor Evans.>> lo salutò la titolare della pensione che, nonostante gli occhi gonfi di sonno, riuscì a rivolgergli un sorriso cordiale.

<< Mi dispiace molto di averla svegliata.>> si scusò Harry.  

<< Non si preoccupi.>> La donnina si alzò in punta di piedi per raggiungere il quadro di legno della reception sul quale erano appesi diversi mazzi di chiavi. Parlava un inglese discreto, la sua voce rassomigliava ad uno squittio acuto. << Dirò alla ragazza delle pulizie di non disturbarla, questa mattina. Avrà intenzione di riposare.>>

Harry la ringraziò tacitamente con un sorriso mentre riceveva le chiavi della propria stanza. << Buona giornata.>> mormorò in italiano, per poi sparire su per la rampa di scale. La stanza numero 117, l’unica delle dieci disponibili ad essere occupata, si trovava al secondo piano dell’edificio ed era poco più grande del suo vecchio sottoscala di Privet Drive. L’arredamento era semplice e ben curato, gli unici elementi di mobilio erano il letto ad una piazza e mezza sistemato in un angolo, affiancato da un minuscolo comodino e da un armadio. Le due finestre che si affacciavano sulla strada principale erano alte e schermite da lunghi tendoni color porpora.

Nonostante fosse completamente solo, si accertò che nessuno lo stesse osservando; poi estrasse la bacchetta da una tasca interna del giubbotto e la posò sul comodino.

Il sole era quasi sorto. Un forte raggio di luce penetrava attraverso lo spiraglio della finestra, illuminando un triangolo del parquet ai suoi piedi.

Aveva bisogno di qualche ora di sonno, di una doccia e di qualcosa di più sostanzioso del sandwich trangugiato di fretta la notte precedente.

Harry si rese conto di essere esausto. Si sfilò i vestiti mentre avanzava stancamente verso il letto, abbandonando i jeans e il maglioncino sullo schienale di una sedia.

Rimasto in boxer, si lasciò cadere all’indietro sul materasso. Una sensazione di torpore lo invase dalla cervicale fino alla punta dei piedi.

L’ultima cosa che vide, prima di sprofondare in un sonno profondo, furono i volti sorridenti di Ron ed Hermione che gli sorridevano alle spalle dell’atrio principale del Ministero della Magia.

 

*°*°*°*

 

Due figure comparvero dal nulla nell’oscurità di un vicolo, avvolte in lunghi mantelli neri che lambivano le loro caviglie.

Da qualche parte, in lontananza, il rumore di una sirena. Tombini scoperchiati e ratti solitari facevano da sfondo ad un quartiere di periferia decadente, illuminato solo dal fioco bagliore dei pochi lampioni posti ai lati del marciapiede.

<< Fa freddo.>> mormorò la prima figura con voce roca, stringendosi nelle spalle tremanti.

<< Ti scalderai camminando, Marcus.>> disse di rimando Hermione Granger.

Marcus Flint emise un suono a metà tra uno sbuffo ed una risata. << Perché ci siamo smaterializzati così lontano?>>

<< Trovo bizzarro che il sottosegretario più giovane del Wizengamot non abbia mai letto Storie di Hogwarts.>> Hermione non riuscì a trattenere un sorriso ironico. << A meno che il signor Gildeus Flint, che curiosamente coordina l’Ufficio Assunzioni del Ministero, non abbia ritenuto superfluo spiegare al figlio un concetto fondamentale della Smaterializzazione.>> Il sorriso si fece ancora più ampio quando Marcus Flint, tremante nel suo mantello ricamato in oro, la osservò con gli occhi attoniti di uno studente impreparato all’interrogazione.

<< In presenza di incantesimi protettivi posti ai confini di un territorio, non è possibile smaterializzarvisi al suo interno.>>

Lo sguardo dubbioso di Flint non cessò con la sua spiegazione.

<< Come ad Hogwarts.>> soggiunse Hermione. << Perciò dovremmo proseguire a piedi. Tieni il passo. Abbiamo poco tempo.>>

S’incamminarono l’uno di fianco all’altra lungo il sentiero che conduceva su un’altura lontana dal centro abitato. Si lasciarono l’umida periferia alle spalle, percorrendo per quasi un’ora una strada provinciale che sfociava nell’aperta campagna.

Nessuno dei due parlò.

Marcus Flint le arrancava alle spalle con il suo passo goffo e dinoccolato.

Si vociferava che suo padre avesse stretto importanti amicizie con i Mangiamorte ai tempi della Seconda Guerra, ma era stato prosciolto dal Wizengamot ancor prima dell’inizio del processo. La pace non era bastata a sollevare il marciume dal Ministero.

Imboccarono un sentiero che si snodava dalla strada principale addentrandosi nella fitta vegetazione di un bosco. Gli alberi nel cuore della notte avevano un aspetto spettrale, si piegavano ricurvi con le loro forme minacciose sui malcapitati passanti.

Flint accelerò il passo e, in pochi istanti, le stava camminando accanto.

<< Siamo arrivati.>> disse Hermione, dieci minuti più tardi.

In una radura persa nella boscaglia si nascondeva un piccolo edificio in pietra dal tetto alto e spiovente. Un mulino di legno sulla facciata principale roteava lentamente, attingendo l’acqua gorgogliante dal fiumiciattolo che attraversava la radura, proseguendo a zigzag fino ad addentrarsi fra gli alberi.

Attraversarono un ponte di corda e giunsero in prossimità del portoncino d’ingresso.

Hermione diede un’occhiata fugace a Marcus, alle sue spalle. Poi bussò tre volte.

<< Parola d’ordine.>> disse una vocetta stridula dall’altra parte dell’uscio.

<< Polpette di Drago.>>

Lentamente, la porta cigolò sui cardini e si aprì.

In equilibrio precario su una grossa pila di volumi polverosi, nel tentativo di osservare il loro arrivo dallo spioncino, c’era un piccolo e gracile elfo domestico.

Non appena ebbero varcato l’uscio, la creaturina balzò giù dalla scaletta improvvisata e sprofondò in un immenso inchino. Il suo naso adunco sfiorò il pavimento.

<< Benvenuti a Willgrave Lane, signori.>> I suoi occhi a palla rotearono su Hermione e, per qualche breve istante, la scrutarono con meraviglia. << Signorina Granger, il Capo degli Auror del Ministero della Magia!>> squittì. E si chinò ancora, prostrandosi quasi ai suoi piedi. << E’ un onore conoscerla!>>

Un sorriso gentile si aprì sul viso di Hermione, che mantenne con fatica il portamento  professionale.

Prima di diventare Auror aveva lavorato un anno nell’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, occupandosi in prima linea della salvaguardia dei diritti degli Elfi Domestici.

<< Il piacere è mio.>> rispose all’elfo. << Come ti chiami?>>

<< Dobby, signorina!>> squittì, facendola trasalire. << Mio padre era il migliore amico di Harry Potter. E’ morto per salvarlo.>> Il piccolo Dobby si sistemò il lurido straccio che indossava come vestito. I suoi enormi occhi divennero lucidi. << Dobby è onorato di averne ereditato il nome. Anche lei era presente quando il padre di Dobby è morto, signorina! Lei ha aiutato Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro!>>

Marcus Flint inarcò acidamente un sopracciglio. << Questa storia è molto commovente, sul serio. Ma abbiamo del lavoro da sbrigare.>>

Hermione si morse un labbro. Ebbe la tentazione di colpire Flint con un incantesimo Cresciverruche. Ma in fondo quell’idiota aveva ragione: avevano poco tempo a disposizione prima di rientrare al Ministero.

<< Accompagnaci dal tuo padrone, Dobby.>> si limitò a mormorare.

Avrebbe voluto prolungare la conversazione con il piccolo Dobby, invece fu costretta a seguire l’elfo domestico attraverso uno stretto corridoio. Sbucarono in un soggiorno ampio dalla forma quadrata. La pareti in pietra erano decorate con arazzi e quadri antichi. Un fuoco scoppiettante ardeva nel grande camino di pietra, attorno al quale erano sistemati un divano e due grosse poltrone in pelle nera.

Una delle poltrone era occupata. Hermione poté distinguere una chioma di capelli biondi ben pettinati che faceva capolino dallo schienale.

<< Siete in ritardo.>> disse Draco Malfoy.

Quando si alzò e percorse i pochi passi che lo separavano dai due, Hermione parve essersi dimenticata di quando fosse alto.

Indossava dei pantaloni eleganti in tweed, un maglioncino color prugna sotto il quale faceva capolino il colletto ordinato di una camicia.

Rispetto a Marcus, più robusto e goffo nei movimenti, Draco appariva come una figura distinta, dal portamento aristocratico e austero tanto simile a quello di Lucius Malfoy.

Gli occhi di ghiaccio di Draco la scrutarono per qualche lungo istante, e fu come se fosse percorsa da una scossa elettrica. Poi, lentamente, il ragazzo le porse la mano. << Granger.>> mormorò. << Dopo la Caduta del Signore Oscuro, non ho avuto mai più l’onore di incontrarti, comandante.>>

 << Comandante ad interim.>> precisò Hermione. La sua voce le risultò piò acuta del solito. Se la schiarì nervosamente. << Sostituisco il Capo degli Auror in carica durante la sua assenza.>>

Draco annuì distrattamente. Si spostò verso Marcus Flint e lo salutò con un abbraccio che le risultò quasi fraterno.

Flint, prima di staccarsi, gli diede alcune pacche amichevoli sulla schiena.

<< Accomodatevi.>> Draco indicò loro il divano vicino al camino con un ampio gesto del braccio.

Hermione prese posto nell’angolo più lontano, sedendo composta con la schiena rigida come un manico di scopa.

Marcus, invece, che sembrava trovarsi perfettamente a proprio agio in quell’ambiente, vi si lasciò cadere comodamente.

<< Mi dispiace avervi disturbato nel cuore della notte, ma ci sono alcune importanti questioni di cui vorrei parlare con il Ministero.>> disse Draco, che sedette sulla sua poltrona. << Tra due settimane inizierà l’anno scolastico. Non c’è molto tempo.>>

<< Molto tempo per cosa?>> domandò Hermione.

Draco non si preoccupò di guardarla. Tenne gli occhi fissi sull’amico, come se lei fosse un semplice e garbato componente dell’arredamento.

<< Tre anni fa il Wizengamot nel Grande Processo contro i Mangiamorte ha condannato ad Azkaban centoventidue persone, tra le quali figuravano molti miei parenti.>> Draco fece una piccola pausa, osservando le fiamme ardenti del camino. << Dopo la caduta del Signore Oscuro, prima di diventare docente di Pozioni a Hogwarts, mi sono costituito volontariamente ed ho testimoniato contro i Mangiamorte. Ho nominato almeno una cinquantina di sostenitori di Voldemort. Mio padre, mio zio Ezius, i miei cugini di secondo grado corrotti che lavoravano al Ministero. E molti altri.>>

Marcus annuì in silenzio, ricordando in prima persona quei momenti.

<< Secondo il protocollo standard di protezione del Ministero, in quanto Testimone Protetto, ti è stata assegnata un’opportuna protezione fin dai tempi del processo.>> disse Hermione. << Non è stata sufficiente, forse?>>

Draco scosse il capo. << Non sto parlando della mia protezione, ma di quella di mia madre.>> Si passò nervosamente una mano nei capelli. << Temo che le possa accadere qualcosa.>>

<< Anche Narcissa Malfoy è stata assegnata al Programma di Protezione Testimoni del Ministero.>> fece eco Hermione.

<< Lo so, maledizione. E solo che…>>

<< Hai ricevuto delle minacce?>>

Hermione lo osservò attentamente e non ebbe bisogno di una sua risposta per capire di avere ragione. Le pupille di Draco si dilatarono e, per un attimo, parve abbandonare il muro austero dietro il quale si stava nascondendo. Aveva paura. Glielo lesse in ogni più piccola espressione del volto.

Draco annuì impercettibilmente.

<< Minacce?>> Flint sobbalzò sul divano.

<< Ti conviene informarci, in questo caso. Ogni particolare potrebbe essere importante.>> convenne Hermione. << Non sei tu a tenere le redini del gioco, e noi non siamo qui per divertirci. Rappresentiamo il Ministero.>>

Draco prese a torturarsi le mani, piegandosi in avanti sulle ginocchia come un cane rabbioso. I suoi occhi s’illuminarono d’ira, e non bastò il bagliore del camino ad affievolire la rabbia che emanavano.

La sua lotta interiore era palpabile. Se Draco Malfoy aveva deciso di mettere da parte l’orgoglio per lasciarsi aiutare da una mezzosangue divenuta capo degli Auror, probabilmente la situazione era ben più grave del previsto.

<< E va bene.>> sospirò infine Draco. << Vi racconterò tutto.>>

 

*°*°*°*°



 

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Capitolo 3
*** Solitudine ***


The Outsider Capitolo 2

Ciao a tutti, mi rendo conto di essere in un immenso - quanto imperdonabile - ritardo. 
Lavoro sempre, il mio obiettivo di diventare geometra sta assorbendo gran parte del mio tempo e mi sto preparando all'esame. Ma, nel frattempo, sono riuscita a ritrovare l'ispirazione perduta. =) 

Spero davvero possiate apprezzare questo capitolo. Buona lettura a tutti =)

Capitolo 2

Solitudine

 

"Io stesso ero diventato per me un grosso problema."

(S. Agostino, Confesioni, IV, 4)

 

Harry si svegliò la mattina del giorno dopo, quando il sole era ormai alto nel cielo e il vociare del mercato nella strada principale era accompagnato dal ritmico rintocco del campanile. Erano le undici in punto.

Si fece una doccia, indossò abiti puliti e scese al piano di sotto per fare colazione.

Davanti a un Cappuccino bollente e brioche alla crema calde di forno, Harry si sentì rincuorato dalle lunghe giornate trascorse lontano da casa.

Il nome falso che aveva adottato gli sarebbe servito a garantire un margine di sicurezza nel caso qualcuno, nel mondo dei maghi, avesse avuto la brillante intuizione di cercarlo.

Non aveva intenzione di tornare a casa. Non quando, dopo cinque anni di servizio al Ministero della Magia come Capo degli Auror, aveva finito del perdere ogni motivazione che lo tenesse attaccato a quel lavoro.

Vivere senza una dimora fissa, spostandosi continuamente da un luogo all'altro fino agli angoli più remoti del mondo, era stato come rinascere una seconda volta.

Perso nei suoi pensieri, Harry fu attirato da una copia del quotidiano locale abbandonata sul tavolino accanto. Sulla prima pagina, al di sotto del titolo a caratteri cubitali, troneggiava la fotografia di una palazzina in fiamme.

Afferrò il giornale e controllò furtivamente che nessuno lo stesse osservando.

I due proprietari della pensione stavano parlottando allegramente in italiano nella cucina sul retro. Poco più in là, in fondo alla piccola saletta da pranzo nel quale si trovava, un pappagallo dal piumaggio esotico dormicchiava placidamente sul suo trespolo.

Harry puntò la bacchetta sulle pagine del quotidiano. << Translatium Soleniam.>>

I caratteri di inchiostro stampati sulla carta iniziarono a danzare vorticosamente scambiandosi gli uni con gli altri, cambiando la loro forma in altre lettere, finché l’articolo non divenne perfettamente leggibile in inglese.

 

Incendio alla “Taverna del Palio”

Il celebre ristorante senese dato alle fiamme. Muore turista ungherese.

 

SIENA – Un turista ungherese di 45 anni giunto a Siena con la moglie per una vacanza è morto soffocato nell’incendio divampato nel ristorante “La Taverna del Palio” in Piazza del Campo. Si chiamava Abél Szilveszter. Sette persone sono rimaste lievemente ferite.

Quando i vigli del fuoco sono giunti sul posto, dieci minuti dopo la chiamata, le fiamme si erano già propagate e alcuni clienti del ristorante erano nell’impossibilità di lasciare l’edificio a causa del fumo. “Alcune persone di sono gettate dalle finestre” ha detto un responsabile dei vigili.

Con la coordinazione dei Carabinieri, degli agenti della Polizia di Siena e della squadra del 118 giunti sul posto, è stata attivata una rapida evacuazione che ha permesso il salvataggio di tutte le persone rimaste intrappolate nell’incendio.

La vittima, sofferente di asma, è stata colta dal panico al sopraggiungere delle fiamme e ha trovato riparo sotto un tavolo, rimanendo all’interno del ristorante durante l’evacuazione.

E’ stata la moglie Irina, 38 anni, a chiedere aiuto ad alcuni passanti e alle forze dell’ordine appena scampata alle fiamme.

L’intervento coraggioso di due pompieri ha consentito il salvataggio dell’uomo, che è stato portato fuori dal locale e immediatamente soccorso dai medici del 118. La rianimazione è stata inutile ed i medici ne hanno accertato il decesso pochi minuti dopo, avvenuto per soffocamento per l’inalazione di fumo.

Le fiamme sono state domate nel pomeriggio dai vigili del fuoco, che hanno messo in sicurezza gli appartamenti sovrastanti il ristorante non coinvolti dai danni.

Le cause dell’incendio sono ancora in fase di accertamento. Escluso un possibile cortocircuito dell’impianto elettrico.

“L’incendio potrebbe essere stato causato da una stufa, forse troppo vicina a un divano” ha dichiarato il Capo dei Vigili del Fuoco, Carlo Clementi. “Ma non abbiamo ancora nessuna certezza. Ci stiamo lavorando.”

Il ristorante era stato ristrutturato da poche settimane.

Sull’accaduto è stata aperta un’inchiesta. Ora sulle dinamiche dell’incendio dovrà fare luce la polizia di Siena.

 

Harry richiuse il giornale.

Un falso allarme. Un altro. Ne era convinto.

In fondo era colpa sua: stava avvenendo tutto nella sua testa. Non c’era nessuna remota possibilità che ci fosse la mano di un mago dietro quell’incendio.

Babbani. Solo Babbani.

Voldemort era morto cinque anni prima e non c’era stato alcun attentato da parte dei pochi Mangiamorte sfuggiti al Ministero. Probabilmente si erano rintanati in qualche remoto angolo del mondo senza preoccuparsi del Ragazzo Sopravvissuto.

C’era un lato oscuro in Harry che gli suggeriva di cercarli. Lui voleva mettersi nei guai, non ne poteva fare a meno. Quei lunghi mesi di inattività al Quartier Generale degli Auror lo avevano demotivato completamente.

Stava forse impazzendo? Avvertire il pericolo dove non c’era poteva essere classificato come un atto spontaneo di schizofrenia acuta.

Harry sospirò. Aveva bisogno di rivolgere la parola a qualcuno, forse. Sconsolato, tuffò l’ultimo morso di brioche nel cappuccino senza più badare al ristorante in fiamme stampato sulla pagina del giornale.

 

*°*°*°*

 

<< Tutto ciò è inaudito!>> Hermione entrò in casa sbattendo la porta, mentre l’anziano gufo del Ministero che le aveva consegnato la missiva la seguì svolazzando in cerca di un riparo dall’acquazzone.

<< Permesso di ferie rifiutato? Il fatto che io stia lavorando venticinque ore al giorno non sembra essere sufficiente, forse?>>

Hermione abbandonò il mantello, il cappotto e la borsa da lavoro nell’ingresso e s’avviò a grandi passi lungo il corridoio. Fuori dalle finestre, dove l’acqua picchiettava insistentemente sui vetri, le prime luci del giorno facevano capolino dalle colline.

Giunse in cucina come una belva feroce. Il gufo compì una mezza piroetta per evitare di essere inavvertitamente colpito da un suo gesto brusco della mano.

Hermione additò rabbiosa il vecchio pendolo. La lancetta “Ron”, alle nove del mattino, era ancora ferma su “Casa”.

<< Sei in ritardo, dannazione.>> sbuffò.

<< Buongiorno a te, tesoro.>>

Ron spostò lo sguardo dal Profeta, che stava leggendo seduto al tavolo con una tazza di tè caldo stretto fra le mani. Indossava una vestaglia a quadri con la sua iniziale ricamata sul taschino ed il suo aspetto disordinato le fece intuire che si fosse appena svegliato.

<< Dovresti essere al lavoro da un pezzo!>>

Ron bevve con calma un altro sorso di sé. << E’ domenica.>> E trattenne una smorfia, simile all’espressione di un bambino al quale era appena stato negato un nuovo giocattolo. << Lavorerai anche oggi, Herm?>>

Hermione fece il giro del tavolo, lo baciò sulla fronte, poi sedette al suo solito posto alle spalle della credenza. Si portò il volto fra le mani. Osservò i merletti ricamati della tovaglia e si rese conto di aver perso ogni nozione del tempo. Stava peggiorando.

<< Se fossi in te, tornerei ad essere un normalissimo Auror.>> incalzò Ron. << Da quando ti hanno affidato il nuovo incarico sei stata completamente assorbita dal lavoro. Non sei mai a casa. Non ceniamo più assieme da un mese.>>

<< Sono stanca.>> sbuffò Hermione.

<< Lo sei sempre, ultimamente>>

<< Possiamo parlarne più tardi? Ho bisogno di dormire.>>

<< Speravo facessi colazione con me. E magari mi chiedessi come sta andando ai Tiri Vispi, o che strane idee hanno avuto Fred e George ultimamente.>>

Hermione si alzò in piedi, massaggiandosi pigramente la schiena. Non dormiva da quasi due giorni. << Vado a letto.>>

<< Ti aspetto per pranzo? Mia madre ci ha spedito un gufo stamattina. Ha chiesto se abbiamo piacere di pranzare con loro alla Tana.>>

<< Ron...>>

<< Va bene.>> Lui sospirò. Si versò dell’altro tè nella tazza. << Ti preparo qualcosa da mangiare. Forse hai ragione, hai bisogno di dormire. Sei uno straccio.>>

Hermione lo salutò con un sorriso esausto.

Trascinò i piedi nella camera da letto e richiuse accuratamente la porta alle sue spalle. Poter finalmente trascorrere qualche ora nel caldo tepore del suo letto le parve un miraggio.

Non riusciva a capire come Ron riuscisse a mantenere un perfetto autocontrollo in una situazione del genere: anche se le costò una fitta allo stomaco ricordarlo, da quando Harry se n’era andato la loro vita di coppia era inevitabilmente peggiorata.

Parlavano a stento, trascorrevano poche ore insieme ed i loro dialoghi non distanziavano molto da quelli di una vecchia coppia di sessantenni in procinto di divorziare.

Hermione si affacciò alla finestra e osservò i tetti londinesi che si estendevano a perdita d’occhio fino all’orizzonte. La pioggia stava cadendo con più insistenza. Premette la fronte contro il vetro freddo mentre l’immagine di Harry le si stagliò vivida nella mente.

Perché aveva fatto una cosa del genere? Perché se n’era andato, lasciandoli soli?

Hermione aveva cercato di sostituirlo al meglio, impiegando tutte le sue forze per dirigere l’Ufficio Auror senza che tutti quanti risentissero l’assenza di una persona così importante. Harry era diventato un simbolo, una figura su cui ogni Auror dell’ufficio poteva contare. Svolgeva quel lavoro con un’insolita naturalezza. Nessuno sarebbe mai riuscito a rimpiazzarlo degnamente; nemmeno lei, che lo conosceva meglio di chiunque altro.

<< Dove sei, Harry?>> mormorò a mezza voce. Sperò che Harry, perso da qualche parte nel mondo, l’avesse ascoltata.

 

*°*°*°*°*

 

Lisan Rowles accelerò il passo. Aveva fame, le sue gambe la reggevano a stento e i due balordi che la stavano seguendo non avevano certo buone intenzioni.

Si costrinse a mantenere la calma. Mantenne un’andatura costante e non si voltò mai indietro, fino a quando la voce roca di uno dei due non strepitò nel vicolo.

<< Ehi, piccola, cosa ci fai qui tutta sola?>>

<< Avrai bisogno di compagnia.>> mormorò l’altro, con una vocina acida e squillante.

Lisan si volse. Li osservò come un leone avrebbe osservato una povera preda finita inavvertitamente lungo il suo cammino. Non era il momento per fare del male a qualcuno: la legge della strada era crudele, sopravvivevano solo i più forti e quei due poveracci non si distanziavano molto dalle sue precarie condizioni.

<< Andatevene.>> sbottò. << Cercatevi qualcun altro da importunare.>>

In risposta, come aveva ampiamente previsto, i due scoppiarono a ridere.

<< Che caratterino!>> esclamò l’omuncolo con la voce squillante.

<< Mi piacciono le ragazze coraggiose.>> disse l’altro di rimando.

Lisan ne ebbe abbastanza. Prima che potessero avvicinarsi, fece un passo indietro e piantò saldamente le All Star logore nel terreno. La sua posizione poteva assomigliare vagamente a quella di un felino rabbioso. << Ve lo dirò un’ultima volta.>> Sentì la rabbia percorrerle le vene. Un immenso potere scorreva come oro colato dentro di lei, trasmettendole una scarica di brividi lungo la schiena. << Lasciatemi in pace.>>

Per quanto fosse inusuale che una diciassettenne minacciasse due balordi senza la minima esitazione, i due uomini si limitarono a ridere sguaiatamente.

<< Vi avevo avvisato.>> E le bastò sollevare un braccio nella loro direzione per sollevarli da terra come due bambole di pezza, fino ad una decina di metri di altezza. I due urlarono. Intrappolati a mezz’aria, e Lisan provò un’irrefrenabile soddisfazione.

In quel vicolo abbandonato, a quell’ora di notte, nessuno si sarebbe mai accorto della loro presenza. E se anche fosse successo, nel clima criminale che si respirava nell’aria, di certo non avrebbero osato affacciarsi alla finestra per vedere cosa stava succedendo.

<< Mettici giù.>> la supplicarono.

Lisan rise.

Con un altro gesto verso il basso li vide atterrare violentemente al suolo, schiantandosi con un fragore di un pesante sacco di farina precipitato da un terrazzo. Avevano smesso di urlare. Probabilmente per sempre.

Proseguì il cammino come se nulla fosse accaduto, lasciandosi alle spalle i due corpi inerti.

All’inizio le era sembrata una maledizione. Poi, con il passare del tempo, scoprire di essere diversa dagli altri non era poi tanto male.

Prima o poi sarebbe riuscita a stabilirsi da qualche parte, a condurre una vita decente. Ai margini della società nessuno aveva pietà per nessuno. Se sopravvivere significava eliminare i pericoli, lei lo stava facendo alla perfezione.

Trascinò i piedi fino in fondo al vicolo. Percorse un paio di miglia nelle periferie di Firenze attraverso una zona industriale buia e decadente. Poi, dopo più di un’ora di cammino, le fabbriche e i capannoni divennero alti condomini e una striscia di rotaie comparve alla sua destra, oltre un parcheggio deserto.

Seguire le rotaie significava giungere prima o poi ad una stazione, dove avrebbe potuto spostarsi in fretta senza dare nell’occhio. Teletrasportarsi richiedeva un’energia elevata che ancora non riusciva a padroneggiare al meglio; sarebbe stato meglio mantenere un basso profilo e non rischiare di imbattersi in altri guai.

La fortuna, per uno strano caso, fu dalla sua parte: la stazione distava poco più di un quarto d’ora di cammino. Intravide i primi treni in sosta e le luci delle banchine.

Giunta ai binari deserti, Lisan s’incamminò verso i grandi tabelloni nell’atrio d’ingresso dov’erano indicati i treni in partenza.

L’Italia le piaceva, sarebbe rimasta volentieri un paio di giorni nella zona, prima di ripartire per chissà dove. Fece scorrere il dito lungo l’elenco dei treni fino a quando non ne individuò uno di suo gradimento, che sarebbe partito due ore più tardi al binario due.

Le sarebbe piaciuto visitare San Giminiano. Era un posto tranquillo.

Acquistò un biglietto dai distributori automatici, poi si sdraiò su due seggioline scomode della sala passeggeri, sforzandosi di rimanere sveglia. Ma non ci riuscì. Quando l’orologio della stazione segnava le cinque e venti del mattino, Lisan precipitò in un sonno profondo.

 

*°*°*°*

Ricevere recensioni e critiche significa  continuare a migliorarsi. Io mi auguro davvero di riceverne, sopratutto critiche, sperando di raggiungere un livello migliore di scrittura capitolo dopo capitolo.
Vi ringrazio tutti. Un bacione enorme ai lettori.

PS: non vedo l'ora che sia il 13 luglio!
PPS: Argentlam, a te un bacione ancora più grande =)

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Capitolo 4
*** L'ultimo Malfoy ***


Capitolo 3_l'Ultimo Malfoy
Ciao a tutti, posto subito un altro capitolo e ringrazio di cuore LadyNick per il commento (unico, sigh!) del capitolo precedente. 
Un saluto a tutti i lettori, sperando ce ne siano e possano apprezzare la storia. =) 
       
Capitolo 3
L’ultimo Malfoy
 
“Sii come il mare, che infrangendosi contro gli scogli trova sempre la forza per riprovarci”
(Jim Morrison)
 
 
Il sonno di Hermione fu interrotto dal beccare frenetico di un gufo contro i vetri della camera da letto. Frastornata, andò ad aprire la finestra e lo osservò svolazzare per la stanza ed atterrare malamente sulla scrivania. Era Anacleto, gufo reale dell’Ufficio Auror, che solitamente le spedivano per avvertirla di qualche straordinario inatteso.
Slegò la lettera dalla zampetta del gufo. La lesse velocemente mentre accarezzava la testa dell’animale, che emise un suono stridulo di apprezzamento.
Brividi lungo la schiena. Hermione rilesse un’altra volta la lettera per accertarsi di non aver sbagliato qualche passaggio. I suoi occhi castani si dilatarono, lo stomaco si contrasse in una morsa.
<< Dove stai andando?>> borbottò Ron, dieci minuti più tardi, mentre la osservava sfrecciare attraverso il soggiorno insieme al vecchio gufo.
Hermione corse ad infilarsi il cappotto. Agguantò la borsa dal lavoro che aveva lasciato poco prima nell’ingresso. << Mi aspettano ad Azkaban.>> disse in un mormorio. << Lucius Malfoy è morto.>>
 
*°*°*°*
 
L’autobus si fermò e le portiere si aprirono con uno sbuffo.
Dopo quasi tre ore di viaggio ed un treno perso, Lisan era riuscita a raggiungere San Giminiano. Bastò un primo sguardo agli antichi edifici che costeggiavano la via per innamorarsene. Capì il motivo per cui definivano l’Italia come il Bel Paese: in ogni angolo sbucavano meraviglie che in nessun altro luogo avrebbe mai potuto vedere.
Strinse a sé la borsa consunta nella quale erano radunati i suoi pochi averi e s’incamminò verso il centro. Il sole era ormai alto e le nubi temporalesche si erano allontanate, lasciando dietro di loro un cielo straordinariamente limpido ed azzurro.
Faceva caldo. Lisan si sfilò la felpa e la legò alla propria vita, cercando con lo sguardo un cartello che potesse indicarle una meta.
Le venne in mente il giorno in cui suo padre l’aveva portata allo zoo di Denver, in Colorado, dove aveva vissuto fino all’età di dieci anni. Era stato uno dei rari momenti felici prima del divorzio.
A undici anni era andata a stare a San Diego con la madre e con il suo nuovo compagno, un certo Bill, camionista con problemi di alcool e con la fissa per le corse automobilistiche. La comoda villetta di Denver era stata rimpiazzata da una specie di roulotte in periferia.
Bill, quando era sobrio e non lavorava, le aveva insegnato a guidare la sua Mustang del ’77 e a sparare alle bottiglie di birra nel cortile del retro. Quando alzava il gomito, invece, era solito rincasare alle prime ore del mattino e picchiare la madre e Lisan finché le forze non lo abbandonavano, per poi lasciarsi cadere mezzo morto sul divano.
Era successo tutto una notte di agosto. Lisan aveva scoperto di essere una ragazza speciale.
Bill aveva agguantato sua madre per un braccio e l’aveva sbattuta con violenza contro una parete della roulotte. Lei aveva picchiato la testa ed era caduta a terra. Prima che Bill si chinasse su di lei, urlandole ogni sorta di insulti, la rabbia di Lisan era sfociata in qualcosa di ben più potente. E Malvagio.
Aveva desiderato con tutta se stessa che quel bastardo provasse dolore. Un dolore cieco, intenso, come se mille lame gli trafiggessero ogni porzione di pelle del suo corpo flaccido.
All’improvviso Bill aveva urlato. Era barcollato indietro ed aveva iniziato a dimenarsi come in preda a convulsioni. Poi era scivolato a terra ed aveva iniziato a perdere schiuma bianca dalla bocca.
Lo sceriffo della Polizia locale, qualche ora più tardi, aveva attribuito la morte di Bill ad un malore causato dall’abuso di alcool.
Lisan e la madre, in stato di shock, erano state accompagnate alla stazione di polizia di San Diego ed erano state offerte loro una coperta ed una tazza di caffè caldo.
Sei mesi dopo si erano trasferite a Long Beach. Lisan aveva iniziato il liceo sperando di potersi cacciare il passato alle spalle, sua madre aveva trovato lavoro come donna delle pulizie in una grossa industria di calzature.
Eppure quella pseudo normalità era durata ben poco. Dalla morte di Bill i suoi strani poteri non l’avevano più abbandonata.  
La sorte di quell’idiota alcolizzato toccò anche al bulletto Steven Gordon e alla sua fidanzata cheerleader Chintya, pochi giorni dopo aver deriso i vestiti di seconda mano di Lisan davanti a tutta la classe.
I due ragazzi erano stati ritrovati in fin di vita nello spogliatoio della palestra del liceo, in chiaro stato confusionale. Non si erano mai ripresi del tutto dall’accaduto. La  cheerleader, appena uscita dall’ospedale, aveva incolpato Lisan dell’aggressione, definendola senza mezze parole come una “strega”. Nessuno ovviamente le aveva creduto, ma tutti quanti avevano iniziato ad osservare Lisan con un velo di diffidenza.
Gli incidenti, a suo malgrado, non cessarono.
Andarsene di casa era stata una delle decisioni più difficili della sua vita. Ed ora, a diciassette anni suonati, senza un lavoro né un tetto sopra la testa, Lisan si trovava sola a fronteggiare chissà quale destino. In cuor suo sperava di incontrare qualcuno come lei, che fosse in grado di rispondere alle sue domande, e colmare i vuoti provocati da quegli incidenti.
Chi avrebbe potuto aiutarla?
Ipotizzando che quel qualcuno esistesse, dove avrebbe dovuto cercarlo?
 
°*°*°*°
 
I piedi di Hermione atterrarono sulla fredda pietra dell’atrio principale della prigione di Azkaban. La sua ultima visita risaliva ai tempi del processo contro i Mangiamorte, eppure nessun elemento di quell’inferno sembrava essere mutato.
Il Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt aveva ordinato che i Dissennatori abbandonassero il ruolo di guardie carcerarie. Al loro posto, una fidata e ristretta cerchia di Auror ben addestrati controllava le prigioni giorno e notte. Al Ministero quei poveretti erano stati soprannominati “I Temerari”, secondo Hermione nessun nome rispecchiava meglio la loro professione.
L’atrio principale di Azkaban era un ambiente enorme, umido e poco illuminato che pareva essere stato scavato nella pietra viva. Era circondato da due file di colonne in pietra che s’innalzavano fino al soffitto a cupola. Su ognuna di esse era stato scolpito il busto di un Auror che reggeva fieramente una torcia fiammeggiante. La maggior parte dei loro volti richiamava alla sua memoria le coraggiose anime cadute nella Guerra contro Voldemort.
Al centro dell’atrio era radunata una discreta folla di persone.
A notare per primo il suo arrivo fu Elphias Doge, vecchio membro dell’Ordine della Fenice e consigliere onorario del Winzegamot. L’anziano dalla corta chioma argentea avanzò di qualche passo verso Hermione, abbozzando ad un sorriso cortese.
<< La tua presenza mi rassicura, Granger.>> proferì con voce affannosa, stringendole forte una mano fra le sue, lunghe ed avvizzite. Indossava un discutibile cappello color verde bottiglia ed una tunica scura. In altre circostanze Hermione l’avrebbe scambiata per una tenuta da notte.
<< Dawlish e Savage saranno qui a momenti.>> disse Hermione, risoluta.
Seguì l’anziano e si unirono al gruppo di tuniche del Ministero.
Tra essi svettava per altezza la figura di un giovane dai capelli lunghi color paglia raccolti da un nastro di seta. Stava dialogando animatamente con il vecchio Percy Trewlis del Quartier Generale degli Obliviatori.
Hermione si schiarì la voce per far notare la sua presenza.
<<… perché sta succedendo tutto oggi?>> stava borbottando il giovane. Il suo aspetto sembrava uscito da un libro di cavalleria medioevale. << Chiama Rudolf McShave, il mio assistente. L’ho inviato a Londra in mie veci per avvisare il Ministro di quanto accaduto stanotte. Dovremo organizzare presto una conferenza stampa o quegli avvoltoi inizieranno a screditare il Ministero.>>
Si volse infine verso Hermione. Alle sue spalle Trewlis prese appunti su un taccuino, si sistemò gli occhiali di corno sul naso, poi s’avviò di gran carriera verso i cancelli d’ingresso dell’atrio e sparì nel nulla con un piccolo pop.
<< Comandante Granger.>> esordì il giovane. La sua stretta di mano era ferrea. << Non ho ancora avuto l’occasione di incontrarvi. Mi chiamo Benjamin Fenwick, sono il nuovo Direttore di Azkaban. Ho sentito parecchio parlare di voi.>>
Fenwick. Aveva letto la storia di suo padre, da cui aveva ereditato il nome. Ben Fenwick era stato uno dei membri di spicco del primo Ordine della Fenice, morto orribilmente per mano dei Mangiamorte.
<< In fondo.>> proseguì Fenwick, con tono cerimonioso. << Non è certo facile prendere le veci del ragazzo sopravvissuto.>>
<< Non lo è per nessuno.>> tagliò corto Hermione. << Dov’è la sua cella?>>
Quel Fenwick non sembrava uno sprovveduto, ma aveva la brutta abitudine di parlare troppo. Capì senza troppe pretese la fretta professionale degli Auror, perciò si fece da parte e lasciò che la fila di Auror di Azkaban e i dipendenti del Ministero s’avviasse verso le carceri. Le celle di Azkaban erano situate su molti livelli collegati fra loro mediante rampe di scale in continuo movimento. Il meccanismo, seppur adornato da pareti umide e nere come la pece, le ricordò la Torre Nord di Hogwarts.
Lungo l’intero tragitto, mentre Fenwick intratteneva cerimoniosamente i dipendenti del Ministero, Elphias Doge camminò accanto a Hermione senza mai distogliere lo sguardo dalle celle. I lamenti e le urla stridenti provocavano un forte eco di sottofondo che le provocò forti brividi lungo la schiena.
Era un luogo sconcertante, e si giurò di non metterci mai più piede in vita sua.
<< Qui era rinchiuso Lucius Malfoy.>>
La folla si fermò al terzo piano. Tutt’intorno i prigionieri guaivano ed emettevano forti grida disperate; alcuni di essi presero a sbattere furiosamente la testa e le braccia contro le sbarre per attirare l’attenzione. Fra loro, molte facce note a Hermione che avevano commesso i più gravi crimini durante la Guerra. Erano completamente impazziti.
La prigione di Lucius Malfoy era un piccolo anfratto scavato nella roccia di forma poco regolare, delimitata da tre pareti di pietra massiccia e da una grata di ferro che si affacciava sul corridoio. Dall’unica finestrella si poteva intravedere il mare del Nord in tempesta. Il vento gelido penetrava sibilante all’interno della stanzetta con la forza brutale di una bufera.
Il corpo di Lucius Malfoy era ammonticchiato in un angolo. All’apparenza addormentato, versava su un lato con un braccio pendente lungo il fianco e l’altro poggiato sul petto. I lunghi capelli bianchi e la barba incolta avevano completamente modificato i suoi lineamenti, rendendoli più duri e sciupati. Gli occhi erano aperti, spalancati, ricolmi di terrore.
La scena paralizzò tutti i presenti.
<< Comandante Granger.>> Fenwick le fece cenno di entrare nella cella. << Non abbiamo toccato nulla.>>
Hermione avanzò cauta facendo attenzione a non compromettere la scena del delitto. Era chiaro che Lucius Malfoy non si era mosso da quella cella. Qualcuno si era addentrato all’interno del carcere e l’aveva freddato con una maledizione senza perdono. Ma come?
<< Quando l’hanno avvisata dell’accaduto?>>
Fenwick trasse un profondo sospiro. Si volse verso Elphias Doge, che stava parlando fittamente con Savage e Dawlish appena sopraggiunti ad Azkaban.
<< Igor, Rufus.>> li richiamò Hermione. << Per favore, vorrei un elenco di tutti i maghi e streghe che lavorano ad Azkaban nel corpo di Guardia. E vorrei ispezionare la cella in silenzio, per cortesia.>> Mostrò un sorriso forzato. Quei politicanti da strapazzo stavano cercando una scusa plausibile per evitare figuracce con i cittadini ancor prima che gli Auror avessero esaminato il cadavere.
In breve la folla fece ritorno nell’atrio principale. Elphias Doge, in coda alla fila, prima di andarsene gettò un’ultima occhiata sprezzante al corpo di Malfoy. << Meglio così.>> lo sentì farfugliare, mentre s’incamminava giù per le scale.
Rimasero solo lei e Fenwick, che sembrava tutt’altro che sereno. Privarlo della sua cerchia di fedeli sostenitori l’aveva reso incredibilmente silenzioso.
<< Mi diceva.>> proseguì Hermione, che estrasse un taccuino da una tasca interna del mantello. La penna a sfera guizzò da sola sulle pagine, pronta a prendere appunti. << Quando è stato avvisato dell’accaduto?>>
<< Sono stato avvisato dagli Auror di Guardia. Hanno sentito un gran trambusto provenire da quassù. Sono corsi verso la cella ma era ormai troppo tardi.>> Fenwick fece una pausa. << Lucius era già morto.>>
<< Non avrebbe dovuto essere sorvegliato costantemente giorno e notte?>>
<< Credetemi, comandante, le guardie sono vostri stessi colleghi. Ma sono esseri umani, ed in numero inferiore rispetto ai dissennatori…>>
<< Mi sta dicendo che gli Auror non sono in grado di svolgere la mansione come i Dissennatori?>>
<< Esattamente.>> Fenwick la guardò, per un istante nei suoi occhi Hermione poté intravedere un bagliore di diffidenza. << i Dissennatori non sono esseri umani. Sono creature che si cibano della paura e dell’odio. Non c’era posto migliore di Azkaban per loro, ma sono stati cacciati. Decisione saggia, senza ombra di dubbio, ma di certo gli Auror non possono coprire la guardia come i Dissennatori. Gli Auror sono costretti ad alternarsi periodicamente, hanno necessità fisiologiche che un mostro non può avere. Comprendete il mio discorso, comandante?>>
Hermione annuì. << Avete trovato delle tracce di un possibile intruso?>>
<< Nessuna traccia.>>
<< Non può essere apparso e basta.>>
<< E’ ciò che mi sto chiedendo anch’io. Le condizioni di smaterializzazione ad Azkaban sono le più restrittive e riservate del Protocollo Trasporti Magici del Ministero. Nessuno può materializzarsi entro i confini del carcere senza un’autorizzazione, altrimenti sarebbe immediatamente intercettato e schiantato dalle Guardie.>>
<< E’ sicuro, signor Fenwick, che non ci sia alcun modo per entrare?>>
Fenwick, a quel punto, era visibilmente stizzito. << Questo è un carcere di massima sicurezza. Vi pare possibile che chiunque possa apparire ed uccidere un prigioniero sotto gli occhi di tutti?>>
<< E’ ciò che è accaduto.>> tagliò corto Hermione. La penna a sfera continuava a scorrere sul taccuino, annotando ogni dettaglio. Si chinò per esaminare il corpo, ma non trovò ad una prima analisi nessuna ferita o segno di colluttazione.
<< Potrebbe trattarsi di una maledizione senza Perdono.>> disse Fenwick. << E’ successo tutto nell’arco di pochi minuti, comandante. Se volete posso fare richiamare le due Guardie che sono intervenute per prime sul luogo del…>>
<< Rufus.>> Hermione si rivolse a Dawlish, che la stava raggiungendo con alcuni incartamenti di pergamene. << Manda un gufo a Kingsley. Digli che appena ho finito qui ad Azkaban lo raggiungerò al più presto. Ho bisogno della sua collaborazione.>>
<< Agli ordini.>> proferì l’Auror. << Cosa dobbiamo fare con il corpo?>>
<< Copritelo e trasportatelo al laboratorio analisi magiche del Quartier Generale.>>
Dawlish annuì. Savage lo raggiunse ed entrarono all’interno della minuscola cella; scattarono alcune fotografie poi, con l’aiuto di un terzo Auror, coprirono il cadavere con un lenzuolo.
Fenwick osservò gli Auror in silenzio. I suoi occhi grigi erano fissi ed inespressivi; stava riflettendo freddamente sul da farsi, o semplicemente nascondeva qualcosa?
<< Bello.>> disse Hermione.
<< Prego?>>
<< Il suo anello. E’ il simbolo della sua casata, non è forse così?>>
<< Oh, l’anello.>> Fenwick accarezzò istintivamente l’anello all’anulare sinistro, che recava il grosso emblema di un corvo con una “F” incisa in oro.  Era stato scosso da un  brivido. << Apparteneva a mio padre. E’ uno dei pochi ricordi che conservo di lui.>>
Hermione gli tese la mano. << I miei collaboratori le rivolgeranno alcune domande, signor Fenwick. Mi occuperò personalmente dei giornalisti, parlerò in persona con il Ministro della Magia per indire una conferenza stampa. Per il resto, mi auguro conceda la massima disponibilità ai miei uomini per poter svolgere le indagini.>>
Fenwick abbozzò ad un inchino cerimonioso. Le strinse forte la mano. << Nessuno può entrare ad Azkaban senza permesso, comandante.>> precisò. << Non scartate nessuna pista.>>
<< Lo terrò presente.>> Hermione si volse e fece un cenno a Dawlish con il capo. << Avvisa Marcus Flint. Voglio che mandi una squadra dell’Ufficio Misteri per controllare ogni angolo più remoto della prigione.>>
<< Ma Hermione…>> obiettò l’Auror, perplesso.
<< Non m’importa. Voglio che ispezionino ovunque. Deve saltar fuori una falla, per forza. L’assassino non può essere saltato fuori dal nulla. Preferisco credere a quest’evenienza prima di indagare sul personale di guardia,  sono nostri colleghi!>> Fece un sospiro profondo. In qualità di comandante, sarebbe toccato a lei il difficile compito di avvisare i familiari della vittima. << Voglio il rapporto sulla mia scrivania entro stasera.>> soggiunse. << Se avete bisogno di me, io sono al Ministero.>>
<< Abbiamo sempre bisogno di te.>> sospirò Dawlish, con una scrollata di spalle.
Hermione, prima di congedarsi, gli posò una mano sulla spalla. << Anch’io di voi. Non mi deludete.>> E si incamminò verso il grande atrio per smaterializzarsi.
 
 
*°*°*°*
 
 Come aveva ampiamente previsto, quella notte il Ministro della Magia non era il solo ad attenderla nel suo maestoso ufficio nel cuore del Ministero.
Al fianco di Kinglesy, in piedi con le braccia incrociate e lo sguardo cupo, Draco Malfoy osservava freddamente la porta d’ingresso, come se stesse attendendo il suo arrivo.
La comparsa di Hermione non lo sconvolse. Un sorrisetto ironico si aprì sul suo volto immerso nella penombra. << Che puntualità.>> sghignazzò.
Kingsley non ebbe il tempo di alzarsi dalla sedia; Hermione aveva già estratto la bacchetta da una tasca interna del mantello e l’aveva puntata in mezzo agli occhi di Malfoy.
<< Sei un pazzo.>> ringhiò Hermione.
Nemmeno quel gesto parve sorprenderlo. Draco si limitò a sollevare le braccia.
<< Perché l’hai fatto, maledizione?>> urlò lei.
Kingsley si frappose fra i due, agguantando il polso di Hermione per deviarle il tiro della bacchetta. << Non c’è bisogno di ricorrere alla violenza.>> sentenziò, con tono pacato. E indicò Malfoy, alle sue spalle, con un cenno del capo. << Si è presentato volontariamente al Quartier Generale degli Auror. Voleva parlare con te.>>
<< Kinglsey, è uno sporco assassino!>> tuonò Hermione. << Mi ha mentito! Tutto ciò che ha detto a me e Flint era ammasso di stupidaggini!>>
<< Hermione, calmati. Risolveremo la questione diplomaticamente.>>
Hermione rise. Si liberò dalla stretta del Ministro ed indietreggiò di qualche passo.
Draco Malfoy non si era minimamente scomposto, stava attendendo la sua sorte con la stessa calma con la quale li aveva accolti a casa sua il giorno prima.
<< Non so cosa ti passi per la testa, ma il tuo gioco non mi piace, Malfoy.>> Gli occhi color nocciola di Hermione divennero due tizzoni ardenti. << Non ho la minima idea di come tu ci sia riuscito, ma sei stato tu. Tu hai hai ucciso di Lucius Malfoy!>>
 
*°*°*°*°*
 
 
 

 

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Capitolo 5
*** Intrighi Babbani ***


Capitolo 4

Intrighi babbani

 

“Non accontentarti dell'orizzonte, cerca l'infinito.”

(Jim Morrison)

 

Era giunto il momento di andarsene.

Harry caricò i bagagli in auto e si lasciò alle spalle le alte torri di San Giminiano.

La Giulietta sfrecciava rapida lungo la strada che tagliava in due un immenso campo di girasoli. Il sole era cocente; Harry attivò l’aria condizionata e picchiettò le dita sul volante a ritmo di musica, lasciandosi trasportare per qualche istante in un mondo lontano, dove le Guerre fra Maghi e gli intrighi al Ministero della Magia erano solo un bieco ricordo. Lo erano tutt’ora, a dire il vero, ma quegli anni trascorsi a combattere contro Voldemort gli avevano aperto una ferita interiore difficile da ricucire.

Forse un giorno ci sarebbe riuscito. Sarebbe arrivato in qualche angolo sperduto del mondo e avrebbe capito che quell’infinito viaggio, finalmente, aveva trovato la sua meta finale. Dopodiché sarebbe tornato a casa, in pace con sé stesso, e avrebbe ripreso il suo lavoro come ogni giorno dopo la Guerra, a capo del Quartier Generale.

I suoi pensieri furono interrotti da un fremito dietro alle sue spalle, proveniente dal sedile posteriore. Che cosa diavolo era?

Harry rallentò. Si voltò un breve istante, ma non vide nulla di strano. Tornò a osservare la strada, scuotendo la testa.

In quell’istante ci fu un altro fremito, più intenso e repentino del precedente.

<< Harry Potter.>> sibilò una voce alle sue spalle. << Dimmi dov’è.>>

Harry sussultò. Qualcosa gli premette violentemente sul collo. Era una bacchetta magica.

<< Dov’è la ragazzina?>> proseguì la voce. Non riusciva a capirne il sesso, o quantomeno l’età. Forse stava accadendo tutto nella sua testa.

Il sangue iniziò a raggelarsi nelle sue vene quando capì, dal respiro affannoso alle sue spalle, che si trattava di una persona vera.

Harry trasse un respiro profondo. Si sforzò di mantenere la calma.

<< Chi sei?>>

<< Non ti interessa. Dimmi dov’è la ragazzina.>>

<< Non so di cosa tu stia parlando. Non conosco nessuna ragazzina.>>

La bacchetta premette più forte sul suo collo. << Non mi prendere in giro, Potter.>>

Erano passate da poco le sette del mattino. Le strade erano deserte e le speranze che qualcuno avesse potuto risolvere positivamente quel grosso problema erano ridotte allo zero.

<< Non rallentare. Se vuoi uscire con le tue gambe da questa stupida scatola di latta babbana e dimenticarti per sempre della nostra discussione, dimmi dov’è la ragazzina.>>

Harry sollevò piano una mano, fingendo di sistemare lo specchietto retrovisore. Non vide nulla. La presenza doveva essersi nascosta dietro qualche incantesimo protettivo.

<< Senti, io non so chi diavolo sei, ma io non conosco affatto nessuna ragazzina.>>

<< Menti, sporco Auror!>>

<< Credi che mi diverta a raccontarti stronzate sapendo che puoi uccidermi da un momento all’altro?>>

Harry iniziò a spazientirsi. Chiunque fosse quel bastardo, lo stava considerando una fonte di informazioni. Una volta che gli avesse detto ciò che gli serviva l’avrebbe ucciso. Se, invece, avesse scoperto che Harry non c’entrava un accidente con quella storia, l’avrebbe ucciso lo stesso. In ogni caso avrebbe corso il rischio.

<< E’ salita sulla tua automobile babbana. L’ho vista con i miei occhi.>>

Harry, d’improvviso, rise. << Non so davvero di cosa tu stia parlando.>> Diede una rapida occhiata allo specchietto, poi tirò con veemenza il freno a mano. Sterzò, lasciando che l’auto compiesse un testacoda e sballottasse con violenza entrando in contatto con la cunetta erbosa ai margini della carreggiata.

Lo sconosciuto alle sue spalle emise un grido rauco. Sentì la bacchetta rotolare da qualche parte sotto i sedili. Non gli diede il tempo di recuperarla: estrasse la propria e mirò un punto indeterminato dei sedili, sapendo che l’aggressore avrebbe subito cercato di impossessarsi dell’arma.

<< Stupeficium!>>

Una luce rossa illuminò l’abitacolo.

L’incantesimo non andò a segno, saettò in direzione di un finestrino e lo mandò in frantumi con il fragore di uno sparo.

<< Crucio!>>

Harry si abbassò di scatto, evitando per un soffio la maledizione. Il parabrezza si sbriciolò in una miriade di schegge di vetro. Gli piovvero addosso e servì a poco ripararsi alla meglio con le mani; avvertì il bruciante dolore di mille piccole ferite che gli graffiavano il viso e ogni porzione di pelle scoperta.

Harry urlò. Pigiò con un calcio la portiera e si precipitò fuori dall’abitacolo poco prima che un’altra maledizione Cruciatus venisse scagliata violentemente nella sua direzione. La scansò per la seconda volta.

Nella fuga la manica della sua camicia si impigliò nella leva del freno a mano. Harry lottò furiosamente per riuscire a liberarsi, ma bastò quell’attimo a donare vantaggio al suo avversario.

<< Expelliarmus!>>

Si era lasciato sorprendere come un idiota.

Harry, ancora incastrato nell’auto, osservò la sua bacchetta volare fuori nell’erba del campo di girasoli, lontano da lui e dalla sua ormai ridotta possibilità di sopravvivenza.

Sangue caldo iniziò a sgorgagli sul viso. Il respiro dell’aggressore si fece rovente sul suo collo. Era completamente inerme e disarmato, pronto ad essere ucciso come il più ingenuo dei principianti.

<< Sei pronto a morire, Potter?>> sibilò la voce.

No, non era pronto per niente. Chi lo sarebbe stato, d’altronde?

 

*°*°*°*

 

 

<< Ho ucciso mio padre solo per evitare che facesse una strage.>> disse Draco per l’ennesima volta, mentre sedeva composto su una poltroncina di fronte alla scrivania del Ministro della Magia. Kingsley, dall’altra parte, lo osservava in silenzio ammonticchiato sulla sua sedia dallo schienale alto e rigido.

Hermione passeggiava avanti e indietro, riascoltando la versione di Draco senza tuttavia credere ad una sola parola di quel folle racconto.

Quando aveva fatto visita a casa sua, la notte prima, aveva confidato loro di sentirsi minacciato. << Potrei commettere qualsiasi gesto, pur di difendere mia madre. Qualsiasi.>> aveva soggiunto, quando Marcus gli aveva domandato cos’avesse avuto intenzione di fare nel caso i Mangiamorte fossero tornati. Era parso preoccupato, non certo un assassino vendicativo pronto ad uccidere il proprio padre.

Il biondo ragazzo che le si parava dinnanzi sembrava tutto fuorché un criminale. Elegante, freddo, calcolatore quanto bastava certo, ma non un criminale. Un bugiardo, forse. Un mellifluo e ironico figlio di papà pronto a schernirla.

Ma nei suoi occhi di ghiaccio Hermione non lesse cattiveria. Era quasi sollevato dall’essersi privato di un grosso fardello.

<< Diamo per scontato che tu sia veramente l’assassino di Lucius.>> proruppe Kingsley, che era rimasto in silenzio fino a quel momento. << Per penetrare all’interno di Azkaban hai avuto bisogno di un gancio, e una sola guardia Auror non basta per eludere la pesante sorveglianza.>>

Draco sorrise. << E’ stata un’idea mia, nessuno mi ha aiutato.>> Portò una mano sull’anello che indossava all’anulare destro, recante il simbolo della casata dei Malfoy. In quell’attimo Hermione ebbe un ricordo ben preciso di quel gesto: era lo stesso che il Direttore di Azkaban Benjamin Fenwick aveva fatto durante il ritrovamento del corpo di Lucius. Quel ragazzone era figlio di Auror massacrati dai Mangiamorte durante la Prima Guerra, odiava Lucius Malfoy e tutti i condannati al processo…

<< Conoscevi Fenwick?>> domandò d’istinto Hermione.

Draco spostò lo sguardo su di lei. Non disse nulla, ma spesso il linguaggio del corpo era abbastanza evidente da smascherare la verità. Lo conosceva eccome.

<< E’ stato lui ad aiutarti ad entrare ad Azkaban, non è così?>> lo incalzò Kingsley.

Draco emise uno sbuffo indispettito. Lasciò immediatamente la presa dell’anello e inarcò un sopracciglio. Era visibilmente provato. << Ho agito da solo.>>

<< Fingo di crederti.>> sibilò Hermione. << Che minaccia rappresenterebbe tuo padre, rinchiuso ormai da anni ad Azkaban da anni? A chi avrebbe potuto nuocere?>>

<< Gli Auror non sono Dissennatori. Ma i Mangiamorte rimangono Mangiamorte e hanno mille modi per riuscire a contattare i loro compagni al di fuori delle mura di una stupida prigione.>>

<< Corruzione?>>

<< No.>> Draco scosse il capo, lasciandosi sfuggire un sorriso cupo. << Siete come dei burattini ciechi del Ministero. Vi sembra che lo sporco ora sia stato pulito, che tutte le cose siano tornate al loro posto e che la pace, come nelle migliori favole, sia tornata nel mondo dei maghi. Ma vi sbagliate, dalla fine della Guerra sto conducendo delle indagini per capire quanti altri traditori siano riusciti a farla franca.>>

<< Apprezzo la tua buona volontà, ma ciò non giustificherebbe affatto un omicidio.>> fu il caustico commento di Hermione.

<< Sono intorno a noi, ovunque. Il Processo ai Mangiamorte ne ha inchiodato solo la metà. Dovete credermi.>> I suoi occhi di ghiaccio scorsero veloci da Kingsley a Hermione, quasi cercasse conforto nel loro sguardo. << Io sono un professore di Hogwarts, non un Auror. Fatemi marcire in cella al posto di mio padre, se volete. Ma vi ho avvisati >> e additò con un gesto ampio del braccio le finte finestre dell’ufficio, che rispecchiavano con un incantesimo il paesaggio nebbioso della brughiera inglese. << Là fuori si stanno preparando. Vogliono riunirsi e risorgere dalle loro ceneri, proprio come hanno fatto ormai tredici anni fa con la rinascita del Signore Oscuro.>>

<< Voldemort è morto.>> sentenziò Kingsley. Giocherellava nervosamente con una penna d’oca. << Credi che qualcuno intenda sostituirlo?>>

<< Non ne sono convinto, ma mio padre ha cercato di avvisarmi. Non chiedetemi come, lo so e basta. Lui era al corrente di tutta questa faccenda e desiderava vendicarsi del Ministro e di tutti quelli che l’hanno rovinato.>>

<< Sei stato tu a testimoniare contro Lu…>>

<< Bellatrix Lestrange è viva.>> proruppe Draco, lasciando che il silenzio più profondo precipitasse cupamente all’interno del maestoso ufficio. << Lei vuole far risorgere il Nuovo Signore Oscuro, e per farlo aveva intenzione di far evadere mio padre e tutti i suoi scagnozzi!>>

Kingsley sbuffò. << Stai manipolando il prezioso tempo del Ministro della Magia, che ha ben altro da fare che stare ad ascoltare le sciocche farneticazioni di un ragazzino impaurito.>>

<< Sto dicendo la verità!>> urlò il ragazzo. << Mio padre era l’unico a non essere impazzito là dentro. Durante una delle mie ultime visite al carcere ha approfittato della distrazione di una Guardia Auror per dirmi che il marchio era tornato visibile sul suo braccio. Voleva che lo aiutassi a fuggire! Voleva aderire alla convocazione del marchio per avere la sua vendetta nei confronti del Ministero!>>

<< Lucius Malfoy ti ha pregato di farlo evadere, e tu l’hai ucciso.>> sbottò Hermione. << Che eroe…>>

<< Cos’avrei potuto fare? Sarebbero andati a prenderselo loro… Mio padre sapeva troppe cose, toglierlo di mezzo è stata la mossa più giusta.>>

Hermione si ritrovò davanti a un bivio: o Draco era completamente pazzo, o aveva messo a rischio la sua intera esistenza, per non parlare della sua brillante carriera professionale, per poter evitare nuove stragi del mondo dei maghi.

La decisione spettava al Ministro della Magia.

<< Se il comandante Granger mi appoggia, c’è una sola soluzione logica a questa faccenda.>> disse Kingsley, dopo una lunga pausa di riflessione. << Verrai condotto al Quartier Generale degli Auror e sottoposto a un interrogatorio sotto Veritaserum.>> Sospirò, continuando a fare oscillare la penna d’oca fra le dita. << In tal modo avremo la prova che tu stia dicendo il vero.>>

<< Ma l’utilizzo di quella pozione…>> iniziò Hermione.

<< E’ illegale, lo so.>> la interruppe bruscamente il Ministro della Magia. << Ma siamo di fronte a un ipotetico assassino che sta profetizzando l’avvento della Terza Guerra Magica. Preferisci sbatterlo ad Azkaban gettando la chiave o concedergli una sola possibilità di redenzione?>>

Hermione non rispose. Si limitò a lanciare a Draco uno sguardo furioso. Poi, lentamente, anche se le costò uno sforzo immane, annuì.

 

 

*°*°*°*

 

Nei film di successo babbani il protagonista, sull’orlo della morte, avrebbe vissuto lunghi flash back durante i quali sarebbero emersi i suoi ricordi più cari. Rinfrancato da sentimenti eroici come amore e vendetta, il protagonista si sarebbe dunque liberato in grande stile dalle grinfie del cattivo di turno e l’avrebbe affrontato in un duello all’ultimo sangue. Vincendolo.

Un mucchio di stronzate.

Erano bastati pochi minuti per trasformare il viaggio di Harry in un duello contro un aggressore invisibile. Il destino, inesorabile calamita per guai, l’aveva portato a fronteggiare la morte per l’ennesima volta.

Ed ora era lì, inerte e disarmato, con il volto coperto di sangue.

<< Sei pronto a morire, Potter?>>

Un bagliore accecante lo investì, costringendolo a chiudere gli occhi.

Ci fu un colpo, seguito dal fragore di lamiere sfrigolanti che si contorcevano sotto il peso di una morsa. Qualcuno urlò.

Harry avvertì il familiare strappo dietro l’ombelico di un vorticoso viaggio con la metro polvere. L’auto si era sollevata in aria.

Trascorsero interminabili secondi di silenzio. Era vivo. Harry riaprì lentamente gli occhi ed annaspò goffamente fra le schegge che cospargevano l’abitacolo, riuscendo a rialzarsi quel tanto che bastava da sbirciare fuori dal finestrino.

In quell’istante l’automobile precipitò nel vuoto nella manciata di metri che la separavano dal suolo. Atterrò malamente sull’asfalto e si capovolse su sé stessa. Harry emise un urlo terrorizzato, ancora imprigionato nelle cinture di sicurezza che lo tennero inchiodato ai sedili e gli impedirono di balzare fuori dalla vettura.

Le sue orecchie furono pervase dal frastuono dell’antifurto. Gli airbag esplosero in ogni direzione. Una densa coltre di fumo nero sgorgava dal cofano.

<< Presto!>> urlò una voce femminile, da qualche parte alla sua destra.

Con un calcio ben assestato Harry riuscì a sfondare la portiera. Si dimenò con le poche forze che gli rimanevano e riuscì a slacciarsi la cintura.

Si trovava all’interno di una bomba ad orologeria che sarebbe esplosa da un momento all’altro. Salvarsi da una maledizione senza perdono, evidentemente, non era abbastanza.

<< Fai in fretta!>> urlò la voce.

Qualcosa lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dall’abitacolo.

L’adrenalina gli aveva impedito di avvertire dolore. Un bruciore intenso si diradò sul suo viso, lungo le braccia investite dallo scoppio del parabrezza. Molte schegge gli si erano conficcate nella pelle. Harry iniziò a respirare affannosamente. Il panico sostituì il terrore, e si ritrovò ad urlare e contorcersi sull’erba, mentre la sconosciuta lottava per trascinarlo lontano dall’automobile in fiamme.

<< Stai bene?>> domandò lei.

Lo adagiò nell’erba a debita distanza dall’auto, poi lo agguantò per le braccia obbligandolo a distendersi sulla schiena.

Non stava bene per niente. Era ferito, ricoperto di sangue e dolorante. Durante la caduta dell’auto aveva urtato con violenza la leva del cambio. Lo stomaco gli doleva come se avesse ricevuto un pugno.

<< Ho l’aria… di qualcuno… che sta bene?>> mugolò Harry. Si coprì il volto con le mani.

<< Mi dispiace. Oh, dio. Non volevo!>> Era terrorizzata. Dalla voce sembrava una ragazzina. << Sei un mago. Non puoi rigenerarti, o qualcosa del genere?>>

Che cosa diavolo stava dicendo? Se fosse stata una strega non avrebbe esitato a curarlo. Ma conosceva la sua vera identità. Chi diavolo era quella ragazzina?

<< Bacchetta.>> riuscì a bofonchiare Harry. Protrasse una mano in avanti, tastando nient’altro che l’aria. <<… dammi la mia… bacchetta…>>

<< Chiamo un’ambulanza!>>

<< Dammi… la mia cazzo… di bacchetta!>>

Attese pochi minuti. La vide tornare con il ramoscello di legno stretto fra le dita. La sua sagoma era ridotta ad un’ombra incerta oscurata dal sole cocente.

Harry emise un rantolo di dolore. Entrare di nuovo in possesso della sua bacchetta lo rincuorò. Socchiuse gli occhi, lottò per ignorare il dolore atroce, e la agitò in aria in un movimento elaborato. << Epismendo Totalis >>

Una fitta lancinante lo investì al volto e alle braccia, proiettandolo con il capo indietro nell’erba con uno spasmo.

Le schegge che gli si erano conficcate nella pelle, lentamente, una dopo l’altra, si estrassero da sole e ricaddero nell’erba. Le ferite si rimarginarono.

<< Wow.>> fu il commento della ragazza, che parve sollevata nell’osservare le sue ottime condizioni. Era inginocchiata al suo fianco e lo osservava con l’aria di una studentessa alle prese con un curioso esperimento di scienze. << Sei tornato come nuovo.>>

Harry, ancora sdraiato, non esitò a puntarle la bacchetta alla gola. << Sei stata tu ad aggredirmi?>> ringhiò. La afferrò per la t-shirt color senape sulla quale era disegnato il sorriso ebete di una spugna dei cartoni animati. Indossava un paio di jeans e delle All Star logore. << Sei una strega?>>

Lei non fece nulla per divincolarsi. Si limitò ad alzare le braccia. << No, non sono una… strega. O almeno credo.>> I suoi occhi erano di una delicata sfumatura viola dal riflesso cangiante. << Ho visto quel tizio che entrava nella tua auto. Mi stava dando la caccia da giorni. Ho pensato che avrebbe potuto farti del male, e così vi ho seguiti.>>

<< Hai una vaga idea di quello che è successo?>> la incalzò Harry, senza abbassare la guardia. << Se qualcosa o qualcuno ci ha visti, siamo nei guai seri. Nessuno può usare la magia davanti ai babbani, maledizione.>>

<< Babbani?>> La ragazza aggrottò la fronte.

<< Si può sapere chi diavolo sei?>>

<< Oh. Bella domanda. Mi chiamo Lisan.>>

<< E tu avresti sollevato un’automobile con due persone a bordo senza una bacchetta magica?>>

<< Prima ho cercato di uccidere quel bastardo con il mantello invisibile, ma è scappato. Per quanto riguarda la macchina, ecco… mi dispiace. Non so controllarmi a volte. Non so perché l’ho fatto, a dire il vero. Ma…>>

Harry la zittì lanciandole uno sguardo torvo. Si rimise in posizione seduta e prese a squadrarla attentamente. Aveva l’aspetto trasandato, i capelli in disordine. Ma qualcosa nei suoi occhi viola gli suggerì di fidarsi di lei.

Harry abbassò lentamente la bacchetta. Ricordò che il suo aggressore “con il mantello invisibile” aveva fatto chiaro riferimento ad una ragazzina. Doveva trattarsi di lei.

<< Da dove vieni, Lisan?>>

La ragazza lo aiutò a rialzarsi. Insieme osservarono quel che ne rimaneva dell’Alfa Romeo Giulietta accartocciata nel campo di girasoli.

<< Abitavo in California.>>

Le automobili scorrevano spedite lungo la statale senza che nessuno dei loro occupanti si accorgesse minimamente della loro presenza.

<< Ho fatto in modo che nessuno ci vedesse.>> Lisan si infilò con naturalezza le mani in tasca. << Riesco a rendermi invisibile, a volte. Non so esattamente come. Spesso se desidero tanto una cosa, quella cosa accade per davvero.>>

Era piuttosto avanti con l’età per non essere mai stata chiamata in una scuola di magia. I suoi poteri andavano al di fuori delle potenzialità di qualsiasi mago adolescente della sua età. Quella Lisan aveva appena salvato la vita ad un Auror esperto e ben addestrato. Forse nemmeno lei sapeva come.

<< Tu sei speciale, cazzo.>> disse Harry. Non era un’esclamazione colorita, ma semplicemente un dato di fatto. Si passò una mano nei capelli. << E ho la sensazione di non essere l’unico a pensarlo.>>

 

*°*°*°*

Grazie mille per i commenti. Mi auguro solamente che l'attenzione per Harry Potter con l'uscita dell'ultimo film che ha chiuso la saga non sia andata scomparendo del tutto. 
Ma so che un domani, quando magari avrò trent'anni e sarò finalmente geometra (speriamo), qualcuno avrà la brillante idea di girare una Serie Tv o scrivere un nuovo libro e questa mitica saga tornerà a farsi sentire come nei momenti d'oro. 

E' stato Harry a insegnarmi a leggere e scrivere. Non mi dimenticherò tanto facilmente di questo "dettaglio". 

 

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Capitolo 6
*** Il Complotto dei Rinascenti ***


Capit

NOTE DELL'AUTORE: 

Un grazie infinito a TopGun4ever, che mi sopporta sempre e in ogni modo, e a Princess Cake87, che mi hanno aiutata a unire le "tessere del puzzle" di questa Effe Effe. 

Grazie mille anche a Black_Yumi, LadyNick,Chaostheory e alla mia amica Argent per i commenti. =) 

Non mi resta che augurarvi buona lettura!

Capitolo 5

Il complotto dei Rinascenti

 

“Se la morte è il risveglio, la vita è un sogno”

(Jim Morrison)

 

Avere un tetto sopra la testa e una doccia calda a sua disposizione le sembrò irreale.

Il dolce torpore dell’acqua calda che le accarezzava la pelle, il profumo del bagnoschiuma e degli asciugamani puliti. Lisan socchiuse gli occhi e lasciò che la canzone dei Nickelback che stavano trasmettendo alla radio la trasportasse in un’altra dimensione; si lasciò cullare dalle melodia sotto la doccia bollente. Erano settimane che non si sentiva così bene.

Chiuse l’acqua dieci minuti dopo, a malincuore.

Lo speaker italiano stava commentando simpaticamente a proposito di calcio, ma non riuscì a capire bene il suo discorso. Avrebbe dovuto fare ancora molta pratica per imparare la lingua italiana. La trovava affascinante.

Lisan si infilò un accappatoio, lanciò un’occhiata fugace nello specchio e il riflesso di una diciassettenne sorridente le restituì lo sguardo. I suoi capelli castani erano tornati lucenti.

Percorse il corridoio della camera d’hotel a piedi nudi stringendo in mano una pila di asciugamani.

Harry era in soggiorno. Lisan lo osservò di sottecchi mentre se ne stava seduto alla scrivania accanto alla finestra a digitare freneticamente sulla tastiera del suo notebook. Quel tipo era freddo e taciturno. E piuttosto carino.

Sulla sua fronte c’era una strana cicatrice a forma di saetta, difficile che se la fosse procurata nell’incidente d’auto del giorno prima.

Harry avvertì la presenza alle proprie spalle e mosse la testa, ma Lisan fu abbastanza veloce da cambiare direzione e infilarsi nella propria camera da letto.

Per sdebitarsi le aveva offerto un rifugio sicuro per un paio di giorni, e intanto lei avrebbe potuto scambiare due chiacchiere con un mago in carne ed ossa.

Sei speciale, Lisan…

Sperava dal profondo del cuore che Harry le insegnasse a governare i propri poteri. Anche perché, dopo essersi smaterializzati ed aver abbandonato la carcassa dell’automobile in fiamme, lui si era limitato a consigliarle di riposare. Aveva passato tutta la notte attaccato al monitor del notebook senza prestarle la minima attenzione.

<< Stai meglio?>> le chiese Harry, cortese, quando Lisan fece il suo ingresso un po’ impacciato in soggiorno. Le aveva comprato dei vestiti nuovi.

<< Molto meglio. Grazie.>>

Davanti a Harry, seduto sul divano, un grande schermo Sony occupava gran parte della parete. Stavano trasmettendo un vecchio film poliziesco anni ’80.

Fuori dalla finestra una distesa informe e sterminata di tetti si propagava fino all’orizzonte illuminata dal sole cocente di agosto. Tra essi, in lontananza, svettava la bianca Cupola di San Pietro. Poco più a destra, a guardia delle mura vaticane, c’era Castel Sant’Angelo con il suo particolare color terracotta, che Lisan aveva potuto osservare solamente in televisione.

<< Posso parlare con te, adesso?>> domandò Harry.  

<< Che cosa vuoi sapere?>>

Lui batté il palmo della mano sulla poltroncina accanto al divano. Lisan obbedì e si sedette, sentendosi un po’ nervosa.

<< Non ti è mai arrivata nessuna lettera che ti comunicasse la tua iscrizione ad una qualche scuola di magia?>>

<< No. Mai.>> mormorò Lisan.

<< La parola Hogwarts ti dice qualcosa?>>

<< Assolutamente no.>>

Harry sospirò profondamente. << E’ stato un caso fortuito che io ti abbia trovata. Se prima di me ci fosse riuscito quel bastardo che ha cercato di uccidermi, probabilmente i tuoi poteri fuori controllo non sarebbero serviti a molto. Mi comprendi?>>

<< Credo di sì.>>

<< Tu non sei invincibile, Lisan. Voglio che tu lo sappia. Il fatto che tu mi abbia salvato la vita è indiscutibile e io te ne sono molto grato. Ma devi capire che non era un’eroina dei fumetti in grado di poter fare tutto ciò che vuoi.>>

Lisan si strinse nelle spalle. << Io volevo solo cercare qualcuno come me.>>

<< L’hai trovato. Cercherò di fare il possibile per aiutarti. Ma rubare e gettare ristoranti alle fiamme non è una mossa intelligente, è chiaro?>>

Il cuore iniziò a batterle forte. << E tu come fai a saperlo?>> bofonchiò.

<< Casualmente ho letto un articolo di giornale sull’argomento.>> rispose Harry, con tono risoluto. << Sei sola, spaesata e fuori controllo. Non hai soldi e devi procurarti da mangiare in qualche modo. Ho fatto due più due.>> Si passò una mano nella chioma di capelli corvini, mettendo in mostra la cicatrice a forma di saetta sulla sua fronte. << La tua bravata è costata la vita a un turista, lo sai questo?>>

<< Io… ecco… no.>>

<< Attorno a te capitano cose strane, col passare dei giorni capisci che sei diversa da tutti gli altri e non riesci a trovare nessuno che ti possa comprendere.>> Harry estrasse una penna dal taschino. Ci giocherellò per qualche istante, poi la utilizzò per indicare Lisan. << Risponderò alle migliaia di domande che ti frullano in testa con quattro semplici parole. Tu sei una strega.>>

Lisan sbatté le palpebre. Scosse leggermente il capo. << Io sono cosa?>>

<< Una strega. Cosa credevi di essere, una degli X-men?>>

<< Quindi tu… tu sei veramente un mago?>>

Harry, i gomiti poggiati sulle ginocchia e il volto fra le mani, annuì. Sembrava stranamente a disagio, come se gli costasse parecchio intavolare quel genere di discorso. << Ti starai chiedendo come faccio a sapere tutto questo. Il tuo volto esprime molte più informazioni di quante non ne comunichino le tue parole.>>

<< E cosa esprimerebbe il mio volto?>>

Harry con la penna percorse il profilo delle sue sopracciglia. << Non ti fidi ancora di me, ed è del tutto normale. E ti stai chiedendo come faccia a darti così tanta fiducia, sapendo che sei una sottospecie di bomba ad orologeria con due gambe.>> Sospirò. << Ti piacciono le serie tv americane, non è vero?>>

<< Oh, ecco… molto.>>

<< Nel mondo dei maghi, io sono una specie di poliziotto. Da noi si chiamano Auror.>>

<< Wow.>>

<< Perciò.>> proseguì Harry. << Ho validi motivi per sospettare che il mago che mi ha aggredito sia un Mangiamorte. E stava cercando te. Nella migliore delle ipotesi si tratta di un criminale con poteri magici interessato alle tue capacità. Il perché è pressoché evidente: non ho mai visto nessuno in grado di utilizzare la magia senza una bacchetta magica come te, Lisan. Hai delle doti straordinarie.>>

Lisan arrossì. Prese ad arrotolarsi nervosamente una ciocca di capelli. << Loro mi stanno cercando.>> mormorò. << E’ da quando ero a Varsavia che mi danno la caccia. Erano in due. Indossavano dei mantelli neri e avevano delle maschere sul volto. Uno sono riuscita a ucciderlo, ma l’altro ha continuato a starmi alle costole.>>

Harry le rivolse un sorriso. Allungò una mano e gliela posò sulla spalla. << Qui sei al sicuro. Nessuno potrà farti del male. Ma devi promettermi che non userai più la tua magia per fare del male a qualcuno, se non in casi di estrema necessità.>>

<< Lo prometto.>> disse Lisan, risoluta. << ma tu devi aiutarmi a… controllarla.>>

<< Siamo qui per questo. Altrimenti ti avrei schiantata sul posto e mi sarei smaterializzato prima che te ne accorgessi.>>

<< Dubito che ci saresti riuscito.>> sbottò Lisan, con una punta di sarcasmo nella voce.

<< Dì un po’, ragazzina, quanti anni hai?>>

<< Diciassette.>>

Harry scoppiò a ridere. Si alzò dal divano e andò a recuperare il telefonino abbandonato sulla scrivania. Armeggiò con il touch-screen per comporre un numero telefonico. << Alla tua età, stavo attraversando guai ben peggiori.>> Le strizzò l’occhio, mentre si portava l’i-phone all’orecchio. << Vuoi qualcosa da mangiare?>>

Lisan, un po’ intimidita, annuì. La sua pancia emetteva da un paio d’ore intensi gorgoglii.

<< Hermione?>> fece Harry, quando una voce femminile dall’altro lato rispose. << Un Mangiamorte ha appena cercato di uccidermi e una strega di diciassette anni di livello cinque passata inosservata al mondo dei maghi è seduta sul divano di casa mia. Che cosa devo fare?>>

 

*°*°*°*°*

 

Era Harry. La stava chiamando. Era lui.

Hermione si immobilizzò. Si trovava nel suo ufficio al Quartier Generale e, d’improvviso, il vecchio telefonino babbano che teneva nascosto in un cassetto iniziò a squillare ininterrottamente.

Solo una persona conosceva quel numero. Era stato Harry a regalarle il telefono cellulare babbano, almeno avrebbero potuto comunicare liberamente senza il rischio di essere intercettati dai Mangiamorte sfuggiti al controllo del Ministero.

Hermione, lentamente, portò il piccolo Nokia all’orecchio. Il cuore le batteva all’impazzata nel petto. << Harry…>>

<< Hermione?>> La sua voce. Sembravano essere passati solo un paio di giorni. E invece erano trascorsi mesi interi. Un Mangiamorte ha appena cercato di uccidermi e una strega di diciassette anni di livello cinque passata inosservata al mondo dei maghi è seduta sul divano di casa mia. Che cosa devo fare?>>

La tachicardia non esitò a placarsi. Hermione era così ansiosa di ascoltarlo che quasi non badò a recepire le sue parole. Non riuscì a dire nulla: l’Hermione orgogliosa nascosta dentro di lei la spinse a chiudere la chiamata e riporre cautamente il telefono nel cassetto.

Si sedette e affondò il viso fra le mani, i gomiti appoggiati sulla scrivania cosparsa di incartamenti. Che cos’aveva fatto? Dopo un tempo che le era sembrato infinito, Harry l’aveva contattata, e aveva bisogno del suo aiuto.

No, disse l’Hermione orgogliosa, ti ha lasciata sola a comando del Quartier Generale senza nemmeno un preavviso. Merita di essere ricambiato con la stessa moneta.

A dire il vero non ebbe idea di quanto rimase in quella posizione osservando nient’altro che la sua ombra proiettata sulla scrivania, tralasciando i suoi doveri lavorativi per riflettere su come avrebbe dovuto comportarsi con Harry.

Infine, l’Hermione Auror prevalse. Aprì il cassetto e recuperò in fretta il telefonino. Le sue mani iniziarono a tremare per l’ansia. O forse era semplicemente l’Hermione orgogliosa che tentava un’ultima volta di ostacolarla?

Lui rispose al terzo squillo.

<< Harry.>> mormorò Hermione.

<< Mi dispiace, Herm.>>

<< Oh, certo, ti dispiace.>> sbottò lei causticamente. Si lasciò sprofondare nella poltroncina dallo schienale alto foderato in pelle color smeraldo. << Hai una vaga idea di cosa ha comportato la tua assenza dal Ministero?>>

<< Ho bisogno di te.>>

Quelle semplici parole, anche se non lo diede a vedere, placarono la sua ira interiore. Ma a quel punto l’Hermione orgogliosa aveva preso in pieno controllo della situazione, e non avrebbe mollato il comando tanto facilmente. << Dove sei?>> gli chiese.

Dall’altro capo del telefono, Harry trasse un sospiro profondo. << Sono a Roma.>>

<< E che cosa ci fai in Italia, posso saperlo?>>

<< Hermione, ti prego, non fare domande. Ho un disperato bisogno di te. Lascia almeno che ti spieghi.>>

<< Ti sto ascoltando.>> sibilò Hermione.

<< Un Mangiamorte mi ha aggredito ieri. Ero in auto. Mi ha colto di sorpresa e sarei di certo morto, se una strega di diciassette anni non mi avesse salvato la vita.>>

<< Commovente.>> Una morsa le strinse lo stomaco a pensarlo in pericolo. Lottò contro sé stessa per mantenere inalterato il suo tono di voce. << E chi sarebbe questa strega?>>

<< A dire il vero, non lo esattamente.>> disse Harry. << Ma è sfuggita al controllo dei maghi minorenni del Protocollo Internazionale dell’Istruzione Magica. E’ stupefacente, Herm. Ha dei poteri che nemmeno Silente alla sua età si sarebbe sognato di avere. E non ha la minima idea di cosa sia una bacchetta magica.>>

Hermione trasalì. Al diavolo l’orgoglio. << La stanno cercando, vero?>>

<< Ho l’impressione che qualcuno sappia della sua esistenza e che cerchi in ogni modo di… reclutarla.>> disse Harry, preoccupato. << Non so che cosa fare.>>

Reclutare… proprio come aveva detto Draco. Altre tessere andarono a incastrarsi nel puzzle. Hermione rimase per qualche lungo istante di silenzio, riflettendo attentamente sul da farsi. Non c’era tempo da perdere in chiacchiere. Se ciò che Harry diceva era vero, ed era vero per forza, quella ragazza da sola sarebbe stata in grado di far scoppiare la Terza Guerra. Quell’ipotesi così assurda non pareva nemmeno tanto irreale, visto e considerato che Draco Malfoy, rinchiuso nella cella del Quartier Generale, non faceva altro che avvertirli dell’imminente ritorno dei Mangiamorte.

<< Vieni immediatamente qui.>> sentenziò infine Hermione. << Porta con te la ragazza. Se è davvero così potente nemmeno tu sarai in grado di difenderla.>>

<< Tra un’ora saremo lì.>> promise Harry, che soggiunse: << E’ bello risentirti, Herm.>>

Hermione non disse nulla. Poi, quando Harry riattaccò, emise un sospiro.

E’ bello risentirti, Harry.

 

*°*°*°*

 

Il grattare cigolante di una chiave nella serratura lo destò dal sonno.

Draco aprì gli occhi, rimirando stancamente la figura di un Auror avvolto nel mantello d’ordinanza che entrava nella piccola cella con passo spedito. Depositò senza troppa accortezza un vassoio sul tavolaccio di legno stipato in angolo, gli rivolse uno sguardo sprezzante, poi sparì richiudendosi pesantemente la porta alle spalle.

Un illustre professore di pozioni era stato rinchiuso nella Cella del Quartiere Generale degli Auror. Un gesto apparentemente semplice, ma che segnava un crocevia importante nelle espressioni di quegli stupidi burattini del Ministero.

Chi era dietro le sbarre veniva considerato un criminale. Punto. Nulla e nessuno avrebbero fatto credere il contrario a quel branco di idioti.

Ma in fondo lo meritava. Aveva ucciso suo padre.

Draco rise. Si lasciò cadere indietro, appoggiando la schiena alla fredda parete di mattoni.

La porta d’ingresso tornò a cigolare. Savage e Dawlish, fidati collaboratori di Hermione, fecero il loro ingresso nella cella. Si fermarono ai lati della porta ed attesero in silenzio che Draco di alzasse per mangiare, ma lui non lo fece.

Poco dopo arrivò Hermione.

<< Ha bevuto?>> domandò ai due colleghi. Entrambi scossero il capo.

<< Voglio che versiate il Veritaserum davanti ai miei occhi.>> disse Draco, pacato.

Hermione annuì. Era evidente che la diffidenza fosse reciproca. Estrasse una boccetta di vetro contenente un liquido trasparente da una tasca interna del mantello, poi afferrò il calice appoggiato sul vassoio del cibo e lo vuotò senza tanti complimenti sul pavimento. Lo riempì nuovamente d’acqua con un incantesimo, eseguendo ogni movimento con un’insolita lentezza in modo che Draco potesse accertarsi che non vi fossero irregolarità.

<< L’acqua naturale è di tuo gradimento, Malfoy?>> chiese Hermione, con una vena ironica nella voce. I due Auror alle sue spalle ridacchiarono.

<< Dammi da bere quella pozione e falla finita, Granger.>>

Hermione stappò la boccetta e ne versò tre gocce nel calice. Lo fece oscillare tenendolo fra l’indice e il pollice, osservando controluce che il colore della pozione Veritaserum fosse ottimale. << Possiamo procedere.>> disse a Dawlish e Savage.

Savage si volse e richiuse la porta, facendo scattare il lucchetto della serratura con un colpo di bacchetta.

Draco ricevette la coppa fra le mani. La soppesò qualche istante, poi la vuotò tutta d’un sorso. Era incolore e inodore, sembrava del tutto simile all’acqua ed aveva un retrogusto metallico.

Avvertì la testa farsi leggera, come se tutti i pensieri fossero stati riversati in un pensatoio e del suo cervello non ne rimanesse altro che un ammasso molle e gelatinoso privo di ogni ricordo. Era una sensazione meravigliosa.

La vista gli si appannò. Riusciva a intravedere solo la figura di Hermione davanti a sé.

<< Qual è il tuo nome?>> domandò cautamente Hermione, mentre prendeva in mano il suo taccuino degli appunti.

Le parole gli uscirono di getto dalla bocca senza che riuscisse a controllarle.

<< Draco Malfoy.>>

<< Bene, Draco. Sei mai stato preso a pugni da una donna?>>

Qualcosa dentro di lui lottò incessantemente per zittirlo. Ma le parole, ancora una volta, furono pronunciate senza il suo controllo. << Sì.>>

<< Mi dici il suo nome, per cortesia?>> Il tono di Hermione era affabile, ma il suo sorriso nascondeva una luce vendicativa.

<< Hermione Granger.>>

Dawlish e Savage non riuscirono a trattenere una risata.

<< Noto con piacere che il Veritaserum ha fatto effetto.>> Hermione scribacchiò qualcosa sul taccuino. Rimase un istante in silenzio, soppesando le domande da rivolgergli. << Sei stato tu a uccidere Lucius Malfoy?>>

<< Sì.>>

<< Puoi raccontarmi com’è successo?>>

Draco annuì. << Ho architettato tutto un mese fa, durante la mia ultima visita ad Azkaban. Mio padre voleva che lo facessi evadere. Voleva tornare in libertà e unirsi ai Rinascenti per compiere il volere del Signore Oscuro. Ma io non voglio che accada qualcosa del genere. Il mondo dei maghi andrebbe incontro alla Guerra.>> Parlava ininterrottamente, senza quasi prendere fiato. << Fanno parte dei Rinascenti molti dei Mangiamorte sfuggiti al Ministero durante la Seconda Guerra. Sono capitanati da Bellatrix Lestrange. Lei è viva e vuole portare a compimento il volere di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Mio padre, durante la mia ultima visita ad Azkaban, mi ha rivelato che Bellatrix è riuscita a mettersi in contatto con lui. Era intenzionata a reclutarlo. Mio padre l’ha sempre odiata, ma ero sicuro che si sarebbe unito a lei. Era una pedina troppo importante per essere lasciato marcire in carcere.>> Emise un sospiro. << Non volevo che accadessero altre cose terribili. L’ho ucciso per il bene di tutti.>>

Hermione cessò di scrivere appunti. Sollevò gli occhi color nocciola e lo osservò con uno sguardo stupefatto e severo. << Non hai fatto nulla per opporti alla morte di Silente. Né tantomeno hai pensato al bene del mondo magico quando sei stato incaricato dal Signore Oscuro in persona di ucciderlo.  Come hai fatto ad assassinare tuo padre, se non sei riuscito a fare lo stesso con Silente? E con Harry…>>

<< Le persone crescono.>> grugnì Draco.

Lei tornò a concentrarsi sui suoi appunti. Non gli diede la soddisfazione di una risposta.  << Come sei entrato ad Azkaban?>>

<< Non sarei mai riuscito a penetrare all’interno del carcere da solo. E’ stato Ben Fenwick ad aiutarmi. La sua famiglia è stata sterminata dai Mangiamorte ed è sembrato sollevato all’idea che io volessi uccidere uno di loro. Lo conosco piuttosto bene: suo figlio Harold frequenta il primo anno di Hogwarts. Fenwick mi ha fatto entrare ad Azkaban e ha fatto in modo di distrarre le guardie Auror per permettermi di raggiungere indisturbato la cella di mio padre. L’ho ingannato facendogli credere che ero lì per farlo evadere, perlomeno sarebbe stato zitto e non avrebbe attirato l’attenzione degli altri detenuti. Poi l’ho freddato con una maledizione senza perdono. Non me ne pento affatto.>>

Non c’era bisogno della pozione Veritaserum per capire quanto fosse soddisfatto.

<< Hai detto di avere ucciso tuo padre perché sarebbe stato in grado di causare gravi pericoli per il mondo magico. Puoi spiegarti meglio, Draco?>>

<< Lui è… malvagio. Doveva morire.>>

<< Perché?>> lo incalzò lei.

Uno sguardo terrorizzato si dipinse sul volto di Draco. Si raggomitolò contro la parete, stringendosi nelle spalle. << L’avrebbe rifatto.>>

<< Rifatto cosa?>>

Draco sbuffò. << Avrebbe rifatto quei maledetti esperimenti. Lui… voleva che Tu-sai-Chi ritornasse. Passava giorni interi nello scantinato per trovare un corpo ospitante che fosse in grado di ricevere il Signore Oscuro senza… morire.>>

Hermione lo interruppe schiarendosi la voce. << Che cosa intendi per “corpo ospitante”? Spiega la storia dall’inizio.>>

<< Quando Colui-che-non-deve-essere-nominato è stato sconfitto, la notte in cui sono morti i Potter, mio padre era uno dei capi dei Mangiamorte. Ha cercato in tutti i modi di aiutare il Signore Oscuro a risorgere, ma in vano. Lui era uno spettro, un parassita. Non era in grado di rigenerarsi con un corpo proprio, perciò mio padre ha iniziato a sperimentare dei metodi che potessero agevolare la sua rinascita.>> Draco fece una pausa. Fu scosso da un fremito e affondò il volto fra le mani, obbligando sé stesso a ricordare. << Avevo otto anni. Passavo gran parte del mio tempo con la governante e con il mio insegnante privato, un certo Filius Bode. A volte non vedevo mio padre per mesi. Quella sera sgattaiolai nello scantinato e trovai mio padre insieme a due uomini coperti da mantelli neri. Erano radunati attorno ad un tavolaccio di legno sul quale era stato immobilizzato un bambino. Era poco più che un neonato, aveva il volto paonazzo e piangeva ininterrottamente, ma i suoi lamenti erano resi muti da un incantesimo. Lui…>> Draco si fermò ancora. Il suo respiro divenne affannoso. << Lui piangeva… e mio padre sembrava infischiarsene. Stava maneggiando una sostanza gelatinosa all’interno di un calderone di peltro. Disse qualcosa ai due Mangiamorte che erano con lui e uno di essi agguantò il calderone e lo riversò sul neonato. Ci fu una specie di esplosione. Ricordo una puzza di gomma bruciata. Il neonato piangeva e si dimenava. Poi c’è stato il silenzio.>>

Hermione si inginocchiò in modo che i loro sguardi fossero alla stessa altezza. Lo ascoltò con attenzione senza mai scomporsi. Ma i suoi occhi esprimevano una profonda tristezza.

<< Lucius Malfoy faceva degli esprimenti per trovare un corpo che potesse ospitare l’anima parassita di Voldemort?>>

<< Non nominare quel nome!>> urlò Draco, ancora in preda ai ricordi dell’infanzia. << Lui… potrebbe ritornare… potrebbero ripetere quegli esperimenti!>>

Hermione sospirò. Allungò una mano e gliela premette forte sulla spalla, quasi volesse farlo rinsavire. << Voldemort è morto e non ritornerà. Di questo puoi starne certo. La nostra preoccupazione più grande è che qualcuno possa aspirare a occupare il suo posto, capisci che cosa intendo?>>

Draco annuì. << Bellatrix Lestrange.>>

<< E’ stata uccisa da Molly Weasley durante la battaglia di Hogwarts.>>

<< Quella non era Bellatrix.>> sbottò Draco, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. << Non ho idea di come abbia fatto a sopravvivere. Mio padre non mi ha spiegato fino a che punto un mago più compiere simili magie utilizzando le Arti Oscure. Ma, conoscendo il potere di Tu-sai-Chi, non mi stupisco che Bellatrix avesse escogitato un piano per sfuggire alla morte.>>

<< Quella donna è più malvagia di Voldemort stesso.>> fu il commento di Hermione. Si morse un labbro.

Dwalish e Savage, che piantonavano la porta, apparivano piuttosto sconvolti. Ad ogni affermazione di Draco si lanciavano occhiate allarmate.

<< Durante gli esperimenti condotti da tuo padre, venivano utilizzati solo neonati?>> domandò improvvisamente Savage, che si affrettò a mormorare: << Domando scusa>> a Hermione quando lei lo raggelò con lo sguardo.

<< All’inizio, sì. Ma non ne è sopravvissuto nessuno.>> Draco fu scosso da un altro fremito. << I neonati sono puri e incorrotti, possono accogliere nel miglior modo l’anima oscura di Tu-Sai-Chi, ed egli è in grado di assumerne il totale controllo. Con gli adulti, invece, è molto più difficile. Il loro potere magico è nettamente superiore e può accadere che si ribellino all’anima parassita.>>

<< Non è un caso, quindi, che Voldemort si sia impossessato del professor Raptor.>> disse Hermione.

<< E’ stato mio padre.>> mormorò Draco, con un filo di voce.

Nella cella cadde un lungo silenzio.

Dall’esterno si udì un enorme vociare, seguito dal rumore di passi che si susseguivano velocemente lungo i corridoi.  Ci fu un applauso fragoroso.

<< Può bastare, per ora.>> affermò Hermione. Si rialzò in piedi e finì di scrivere appunti con la penna d’oca sul suo taccuino. Scarabocchiò una firma volante in calce, poi rivolse un cenno a Dwalish e Savage. << Aspettate che l’effetto del Veritaserum svanisca, poi accompagnatelo nel mio Ufficio. Manderò un gufo al Ministro della Magia per avvisarlo che l’interrogatorio è terminato.>>

Draco la osservò allontanarsi dalla cella. Le beatitudine tornò ad aleggiare nella sua testa. Sorrise da solo, senza un motivo apparente, appoggiandosi con le braccia incrociate dietro la nuca alla parete.

I due Auror ora lo osservavano con occhi diversi, ma non dissero una sola parola. Savage sembrava sull’orlo di una crisi di nervi. Non si mossero né osarono parlargli finché, circa mezz’ora dopo, la testa di Draco fu scossa da una fitta lancinante. Strizzò gli occhi e si contorse sul pavimento. Il dolore cessò all’istante, scomparendo insieme alla sensazione di gioia. La sua testa tornò a farsi pesante come se qualcuno gliel’avesse riempita di piombo fuso.

<< Che diavolo è successo?>> ringhiò Draco, mentre si massaggiava la nuca.

Dwalish e Savage si lanciarono un’occhiata. Dwalish agguantò il vassoio sul tavolaccio di legno e glielo porse lentamente, quasi avesse paura che Draco glielo potesse rivoltare in faccia da un momento all’altro.

<< Mangia qualcosa.>> sbottò. << Poi ti accompagneremo dal comandante.>>

Draco scoprì di avere molta fame. Il suo stomaco gorgogliava e si accorse che non aveva toccato cibo da un giorno intero. << Grazie.>> si limitò a mormorare, sorprendendosi da solo per la gentilezza nei confronti di un Auror, prima di iniziare a trangugiare avidamente la sua cena.

 

*°*°*°*

Attendo con ansia critiche e commenti. Grazie a tutti =)

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Capitolo 7
*** L'ospite inatteso ***


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NOTE DELL'AUTORE 

Buongiorno a tutti, perdonate il ritardo nella pubblicazione del capitolo ma sono rientrata in Italia domenica pomeriggio, dopo una vacanza a Barcellona di una settimana. 

Questo è un capitolo che probabilmente giudicherete un po' "noioso", ma lo reputo fondamentale per il proseguo della trama. 

Gradirei, se vi è possibile, che lasciate qualsiasi vostra idea, critica o commento. Mi fareste davvero molto felice perchè è fondamentale, per ogni scrittore, avere nuovi elementi per giudicare il proprio operato. 

Noi di EFP chiaramente scriviamo gratis (magari guadagnassi per scrivere!), e leggere i commenti positivi o negativi è come ricevere lo stipendio. =)

Dedico questo capitolo allo sporco, idiota, maledetto, impestato e schifoso figlio di buona donna che ha pensato bene di rubarmi la borsa a Barcellona. Non c'è che dire, è stato proprio bravo. 

Buona lettura a tutti.

Capitolo 6

L’ospite inatteso

 

La vita é quello che ti succede mentre sei impegnato a fare altri programmi

(John Lennon)

 

Fuori dalla cella interrogatori si stava consumando un gran baccano. I corridoi del Quartier Generale si erano tutto d’un tratto affollati di persone vocianti.

Hermione dovette appiattirsi contro la porta per evitare di essere investita dal capannello di segretarie dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, che transitarono compatte e si diressero rumorosamente verso la Sala Comune degli Auror.

<<… me l’ha confidato la vecchia Lorinda Bath, che lavorava al Profeta con mio marito. Qualcuno all’Ufficio Misteri ha spifferato che fosse in missione segreta per conto del Quartier Generale.>> stava dicendo una di loro.

<< Sicuramente una missione molto importante.>> le fece eco la collega, che aveva dei lineamenti vagamente familiari.

<< Finalmente è tornato a comandare il Quartier Generale!>>

L’altra scoppiò in una risatina eccitata. Era Cho Chang.

Hermione si sfilò il mantello da Auror dalle spalle e lo ripiegò frettolosamente. Fece attenzione a non essere calpestata dalla folla e si unì al corteo di persone vocianti.

Sgomitò, riuscendo ad avanzare verso le due giovani streghe. Ma non fu affatto semplice: una strega tarchiata e dall’aria austera, accorgendosi che Hermione tentava di scavalcarla, rispose all’affronto con un violento movimento dall’anca. Non soddisfatta, rivolse a Hermione uno sguardo acido non appena lei approfittò di una rientranza del corridoio per sgattaiolare via.

Le doleva una costola e la tentazione di schiantare quelle oche starnazzanti era notevole.

Non ebbe bisogno di chiedere qual’era il motivo di tutto quel caos: fin da quando aveva avvertito i primi scrosci di applausi dalla cella interrogatori, aveva capito che Harry Potter era tornato al Ministero.

Il solo pensiero che dì a poco avrebbe rivisto Harry le provocò un nodo alla gola.

Rilassati. Le disse l’Hermione orgogliosa. Petto in fuori e sguardo fiero. Sei tu il comandante ora.

La Sala Comune del Quartier Generale era un vasto atrio rettangolare addobbato con arazzi color porpora. Nelle nicchie delle pareti laterali erano posizionate le statue degli Auror più celebri finemente scolpiti nel marmo; i loro sguardi solenni incrociavano una piccola fontana di pietra che zampillava al centro della sala.

<< Comandante!>> strillò il giovane Devin Colbert, che prese ad agitare freneticamente le mani per farsi notare. Era ingenuo, inesperto e palesemente in preda al panico. << Comandante Granger! Venga da questa parte, la prego!>>

All’improvviso tutta la folla che la circondava parve attenuarsi. Molte paia di occhi si voltarono nella sua direzione.

E’ il tuo momento. Strepitò l’Hermione orgogliosa. Fai vedere chi sei.

Non ebbe difficoltà a raggiungere il giovane Auror appena entrato in servizio. Nel tragitto si infilò il mantello dagli alamari d’oro, lasciando che gran parte dei presenti potessero chiaramente intravedere l’effige del Quartier Generale degli Auror ricamato sulla sua divisa. L’Hermione orgogliosa aveva ragione: era lei che comandava adesso.

La curiosità e l’impazienza divennero ira. L’ira divenne sete. Sete di risposte e di rivalsa.

<< Dov’è, Colbert?>> strepitò Hermione.

Il ragazzo additò la porta del suo ufficio, assiepata di curiosi. << E’ arrivato da pochi minuti.>> bofonchiò. << Comandante Granger?>>

Hermione aveva preso a camminare con passo spedito. Man mano che avanzava la folla si dischiudeva davanti a lei, aprendole un varco. I suoi passi rimbombarono in un insolito silenzio.

Colbert la inseguì. << Comandante, l’ho fatto accomodare nel suo ufficio. Non avevo idea di dove…>>

<< Ottimo lavoro, Colbert.>> Hermione lo congedò con un cenno del capo. Poi, in un sussurro, soggiunse: << Fai sparire tutta questa gente.>> Accennò ad un sorriso di convenienza, oltrepassò gli ultimi gruppi di curiosi e serrò le dita attorno alla maniglia. Fece il suo ingresso nel suo ufficio richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo secco.

Al di fuori, nel corridoio, il silenzio si trasformò in un sonoro brusio.

L’ufficio del Comandante le apparteneva solo da pochi mesi, ma erano bastati per permettere all’ordine di regnare sovrano. Se c’era una cosa che Hermione odiava più di Harry Potter, in quel momento, erano le cose fuori posto.

Osservare Harry Potter che giocherellava con un boccino d’oro raccolto da uno scaffale, comodamente seduto sulla SUA poltrona, dietro la scrivania, la fece letteralmente impazzire.

Senza una parola, si diresse ferocemente verso di lui.

Harry scattò in piedi goffamente, appoggiando l’oggettino sottratto dalla libreria su una pila di incartamenti ordinati. << Hermione.>> mormorò, rivolgendole un sorriso.

Lei non rispose. Mosse indietro il braccio e lo fece scattare fulminea, colpendolo  violentemente con un pugno. Avvertì le nocche delle mani entrare in contatto con il suo naso.

Lui emise un rantolo soffocato e barcollò indietro, andando a cozzare contro la finestra. Il paesaggio incantato alle sue spalle, che prima mostrava una tiepida brughiera inglese, d’improvviso divenne una tempesta.

<< Harry!>> urlò qualcuno alla sua destra.

Hermione si accorse solo in quel momento di non essere sola con Harry nell’ufficio. Una ragazzina stava osservando Harry con gli occhi sgranati. Non appena vide lo sguardo rabbioso di Hermione puntato su di sé, si apprestò immediatamente a tapparsi la bocca le mani. << Mi s-scusi.>> balbettò. Era terrorizzata. << Se vuole io… me ne vado…>>

Aveva i capelli color castano ramato lunghi fino alle spalle, un ciuffo le ricadeva sugli occhi nascondendole, in parte, il viso sottile. Gli occhi erano grandi e di una strana sfumatura violacea. Indossava abiti babbani: una t-shirt di una squadra di calcio e dei jeans scoloriti. Ai piedi delle scarpe da ginnastica gialle, nere e rosa che sembravano fuoriuscire da un incidente cromatico, c’era una borsa da liceale.

Era lei la strega di livello cinque? Una teenager dall’aria spaesata?

Hermione si limitò a tenderle freddamente la mano. << Hermione Granger. Comando il Quartier Generale degli Auror.>>

La ragazzina gliela strinse con circospezione. << Lisan Rowles.>>

<< Potete accomodarvi sulle sedie davanti alla scrivania. Grazie.>> Sottolineò la parola “davanti” con una certa enfasi. Detto ciò, senza considerare Harry, fece il giro della scrivania e prese posto sulla sua poltrona.

Lisan sedette nervosamente. Probabilmente desiderava domandare a Harry come stava, ma non ne ebbe il coraggio. Rimase in silenzio osservando attentamente i propri piedi mentre Hermione afferrava il boccino d’oro e lo infilava in un cassetto.

Harry si massaggiò il naso. Un rivolo di sangue gli stava colando sulle labbra.

L’Hermione orgogliosa ruggì splendente nel suo petto. Si sentì sazia, priva di un peso che le attagliava lo stomaco. Aveva dato a Harry esattamente ciò che si meritava.

<< Dunque, Harry, mettiamo in chiaro una cosa. Io non sono una ventenne segretaria starnazzante esaltata dal tuo ritorno. Sono la tua migliore amica e, per qualche minuto ancora, il tuo comandante.>> Hermione strinse le labbra. Aveva colto l’attimo fuggente. Il suo momento di gloria si affievolì all’idea che dì lì a poco avrebbe dovuto consegnargli il distintivo e tornare ad essere la sua fidata assistente. Spostò una mano nella tasca interna del mantello.

<< Puoi tenertelo.>> mormorò Harry, come se le avesse letto nel pensiero. << Non sono qui per questo, Herm. Sono sicuro che sei in grado di ricoprire l’incarico meglio di me.>>

Lisan continuava a lanciare a Harry sguardi preoccupati, per poi tornare a scrutare il pavimento o il soffitto. Sembrava evitare con cura gli occhi di Hermione. Quel semplice comportamento bastò a infastidirla. Una persona non osservava negli occhi il proprio nemico per due unici motivi: o aveva qualcosa da nascondere o non era abbastanza degna di guardarlo.

<< Bene.>> esordì Hermione. Nascose con cura il proprio distintivo nella tasca del mantello insieme alla sua bacchetta, ed accennò ad un ampio gesto del braccio. << Qual è il problema, Harry?>>

Harry si asciugò il sangue con la manica della camicia. Si accorse solo in quel momento che non portava gli occhiali. Il suo fisico era esile, slanciato, i capelli un tempo più lunghi e indomabili ora erano più corti e scompigliati come i babbani della televisione. Un accenno di barba sul mento faceva da sfondo ai suoi intensi, espressivi occhi verde smeraldo, che la guardarono così profondamente da penetrarle dentro l’anima.

<< Ero depresso, Hermione.>> si limitò a mormorare. << Non so a dire il vero perché me ne sono andato. Mi sentivo inutile, qui dentro. In fondo lo sappiamo entrambi che la più meritevole sei tu. Io sono stato eletto comandante solo perché ero il ragazzo sopravvissuto.>> Sospirò. << Solo perché ho ucciso Voldemort.>>

<< Non dire sciocchezze, Harry.>> sentenziò aspramente Hermione.

<< Avevo bisogno di riposarmi. O almeno speravo di farlo.>> Harry indicò Lisan, al suo fianco, con un cenno del capo. Le raccontò dell’aggressione del mangia morte e di come quella ragazzina fosse riuscita a salvarlo, costringendo il nemico a fuggire. Ammirevole, non c’era che dire. Senza bacchetta, poi. Eppure Hermione non era del tutto convinta di quella strana ragazzina.

<< Sono quasi certo che i Mangiamorte la stiano cercando per reclutarla nel loro esercito.>> soggiunse Harry. Lisan annuì energicamente per rafforzare la sua tesi. << Non abbiamo idea di chi possa capeggiare il loro gruppo, ma è certo che due Mangiamorte l’hanno inseguita per mezza Europa senza mai riuscire ad avvicinarla. Uno è morto. L’altro è giunto fino in Italia, per la precisione a San Giminiano, dove mi ha aggredito e ha fatto in modo che la mia automobile andasse in fumo.>> Harry si schiarì la voce. Non sembrava del tutto sincero su quell’ultimo particolare, ma preferì non interromperlo. << Non è stato facile spiegarlo all’agenzia di Roma dove l’ho affittata, devi credermi. In ogni modo, Lisan è in pericolo. Dobbiamo scoprire chi la sta inseguendo e, soprattutto, perché è così interessato ai suoi poteri.>>

<< Se è così forte come dici sicuramente farebbe gola a qualsiasi rivoltoso.>> commentò Hermione, che parlava di Lisan come se non fosse presente. << Tuttavia, non abbiamo prove in mano. Come faccio a sapere se ciò che la ragazza dice sia vero?>>

Gli occhi viola di Lisan fiammeggiarono. Il suo viso, per qualche frazione di secondo, si contorse in una smorfia feroce. Si sforzò di abbassare nuovamente lo sguardo sui propri piedi.

<< Non ti basta la mia testimonianza, Hermione?>> fece Harry, incredulo.

<< Una strega di livello cinque è in grado di controllare la mente delle persone. Se ciò non bastasse, avrai di certo sbattuto la testa nell’incidente.>>

<< Stai insinuando che sono così stupido da lasciarmi leggere nella mente?>> Harry era diventato tutto ad un tratto serio. La guardava con la delusione dipinta sul volto, come se morisse dentro all’idea che Hermione mettesse in dubbio le sue parole.

<< Non sto dicendo questo, Harry. Ma anche Voldemort è riuscito a penetrarti nella mente svariate volte, e non di certo perché tu fossi stupido. Era semplicemente un mago potente. Come potrebbe esserlo Lisan, per quanto ne sappiamo. O per come vuole farci credere.>> Hermione, senza scomporsi, la guardò, costringendola a ricambiare lo sguardo. I loro occhi si incontrarono per la prima volta. Quelli di Lisan sembravano profondi come due pozzi neri senza un fondale.

<< Avanti, Lisan. Mostrami quello che sei in grado di fare.>> Hermione prese a tamburellare le unghie sul legno laccato della scrivania.

<< Io… non posso.>> disse Lisan. << Non riesco a controllare le mie capacità.>>

<< Oh, io dico che tu sappia controllarle a meraviglia.>> ribadì Hermione con tono affabile, sfoderando un sorriso fin troppo pronunciato. << Hai salvato la vita a Harry, avrai dovuto usare la magia in qualche modo, no?>>

<< Non posso.>> Lisan strinse i pugni << Ho detto che non riesco a controllarla.>>

<< E’ un vero peccato che tu non possa mostrarmi i tuoi poteri, Lisan.>> Hermione si esibì in una smorfia dispiaciuta.

Harry, mentre Lisan non lo guardava, la supplicò con lo sguardo di smetterla. Ma l’ultima idea di Hermione era quella di gettare la spugna sul più bello.

<< Mi dispiace molto, Harry, ma la Legge Magica parla chiaro. Se non ho prove tangibili ho le mani legate. E poi, se posso permettermi, il Comitato Magico Internazionale per il Controllo dei Maghi Minorenni non le ha mai spedito nessuna lettera per avere accesso ad una regolare scuola di magia. E’ passata del tutto inosservata al loro controllo. Da questo potrei dedurre che…>> Non ebbe il tempo di terminare la frase.

Le librerie che fiancheggiavano la scrivania, alte e possenti, iniziarono a tremare. Alcuni pesanti volumi rilegati in pelle precipitarono a terra con un tonfo. Il tavolino di cristallo in un angolo, sul quale era posizionata la scultura in legno di un elfo domestico, iniziò anch’esso a scuotersi finché, con uno scoppio simile allo sparo di un fucile, non andò fragorosamente in pezzi disperdendosi in una marea di schegge sul prezioso tappeto persiano donatole da Kingsley il natale precedente.

Lisan era furibonda. Aveva afferrato i braccioli della sedia e guardava Hermione con il sorriso malvagio di chi la sfida l’aveva vinta dal principio. Avrebbe continuato finché il comandante del Quartier Generale degli Auror non l’avesse pregata di smettere.

Perciò Hermione, che aveva avuto la prova palese della sua forza, levò in alto una mano. Il suo sguardo esprimeva sconcerto e timore. << Può bastare per ora.>> mormorò.

Harry era sconvolto. Si guardava attorno osservando i danni, gli occhi color smeraldo spalancati e attoniti. Prima di parlare allentò il nodo della cravatta e si sbottonò la camicia, traendo due profondi respiri. << Tutto questo è…>>

<< Pazzesco.>> confermò Hermione. << Avevi ragione, Harry. E’ del tutto fuori controllo.>>

<< Io sono qui!>> ululò d’improvviso Lisan. << Non parlare di me come se fossi invisibile! Forse non ho tutti quei blasoni cuciti sul mantello, ma sono in grado di ucciderti quanto mi pare e piace!>>

Hermione scattò in piedi sfoderando la bacchetta con un guizzo fulmineo, ma Harry fu più veloce. Si frappose fra lei e Lisan, parandosi davanti alla scrivania, e puntò la bacchetta in mezzo agli occhi della ragazza. << Dì ancora una cosa del genere, ragazzina.>> ringhiò ferocemente. << E io, lo giuro sulla tomba di Silente, ti spedisco all’altro mondo.>>

Lisan, d’improvviso, si fece piccola e tornò ad afflosciarsi sulla sedia. Nascose il volto fra le mani e iniziò a singhiozzare.

Harry respirava affannosamente. Rimise la bacchetta in una tasca dei jeans, ma non si mosse dalla sua posizione difensiva. << Ha molto da imparare.>> mormorò a voce bassa, ancora visibilmente scosso. << Dobbiamo avere pazienza.>>

Hermione osservò la sua nuca e i suoi capelli corvini scompigliati. Non gli servì guardarlo negli occhi per esprimergli la sua gratitudine. Da un lato ne fu felice: se Harry si fosse voltato avrebbe visto gli occhi del Comandante farsi luccicanti, anche solo per un brevissimo istante; ma sufficiente a mostrare una sua debolezza.

 

*°*°*°*

 

Draco Malfoy abbandonò la sala interrogatori. Non aveva idea di quanto tempo avesse trascorso rinchiuso fra quelle quattro mura umide, ma il suo umore migliorò nettamente quando i due Auror che lo scortavano lo condussero dinnanzi all’ufficio di Hermione Granger.

All’interno, dietro la scrivania in legno massiccio, il Ministro della Magia e Hermione stavano parlando fittamente tra loro. Erano in piedi e davano le spalle alla grande finestra che mostrava il cielo cupo in tempesta. Pesanti gocce d’acqua picchiettavano violentemente contro i vetri.

Poco più in là alcuni addetti alla sicurezza del Terzo Livello erano impegnati a sistemare con la magia quel che ne rimaneva di un tavolino di cristallo. Uno di essi, un ometto con un paio di grossi occhiali che facevano sembrare i suoi occhi come due palle da biliardo, era alle prese con la ricostruzione della statua di un elfo domestico.

I due Auror lo condussero fino alla scrivania. Lo lasciarono andare solo quando Hermione interruppe la conversazione con il Ministro, rivolgendo loro un cenno rapido della mano.

<< Grazie.>> si limitò a mormorare. << Potete andare.>>

Kinglsey Shaklebolt era scuro in volto. Faceva scorrere i suoi occhi color pece da Hermione a Draco, con l’aria di chi stava soppesando una decisione importante.

<< Ora mi credete?>> domandò Draco, gelido.

<< Sì.>> risposero Hermione e Kingsley all’unisono. Ne seguì un breve silenzio.

Draco si accarezzò i capelli, sistemandosi la chioma bionda all’indietro. Odiava sentirsi in disordine. Nulla del suo aspetto, in quel momento, pareva essere a posto. Si sedette nervosamente sulla poltroncina di fronte alla scrivania e prese a tormentarsi le mani.

<< Verrò rinchiuso in cella o avete intenzione di liberarmi?>>

Hermione e Shaklebolt si lanciarono un’altra occhiata fugace. Pareva che nessuno di loro due trovasse la forza per assumere il controllo della situazione. 

Il fato venne loro in soccorso: la porta dell’ufficio tornò ad aprirsi e la figura di Harry Potter si stanziò nella penombra dell’ambiente. La sua comparsa fece arrestare immediatamente gli addetti del Ministero che armeggiavano con le riparazioni. L’ometto con gli occhiali spessi si rialzò goffamente abbozzando ad un pomposo inchino di riverenza. << Bentornato, signor Potter.>> farfugliò al suo passaggio.

Harry lo ringrazio con un sorriso sfuggente.

Vederlo lì, in carne ed ossa, dopo mesi di assenza, fu per Draco un irreale sollievo. In qualche modo aveva presagito fin dall’inizio che dietro la sua scarcerazione ci fosse lo zampino folle di quello sfregiato. La rigidità professionale di Hermione gli avrebbe garantito di vedere il sole a strisce per il resto della sua esistenza, ma qualcosa dopo il suo interrogatorio l’aveva spinta a cambiare idea. Draco dedusse che Potter fosse lì per un motivo ben preciso. Quell’aria ebete e scanzonata avrebbe illuso chiunque, ma non lui. Lo conosceva fin troppo bene.

<< San Potter è tornato.>> sghignazzò Draco, che non riuscì a trattenere una risata.

<< Non riderei molto, se fossi in te.>> ringhiò Hermione. << E’ stato Harry ad appoggiare la tua tesi, ed è stata tua la decisione di convocarti.>>

<< L’avevo intuito.>> rispose Draco. Accavallò le gambe e si appoggiò comodamente ai braccioli della poltroncina, facendo oscillare ritmicamente il piede in attesa che qualcuno si degnasse di fornirgli maggiori informazioni.

Harry si fermò dinnanzi alla scrivania, come se aggirarla ed affiancare Hermione significasse varcare un confine invalicabile. Evidentemente era lei ancora il comandante Auror in carica. Draco avrebbe dovuto calcolare con cura ogni mossa, quella sporca mezzosangue non vedeva l’ora di farlo marcire in prigione e non avrebbe esitato ad inchiodarlo al primo passo falso.

<< La situazione è molto semplice, Malfoy.>> tagliò corto Harry, che non perse tempo nemmeno per salutarlo. << Sei in possesso di preziose informazioni su Lucius Malfoy e sui Mangiamorte sfuggiti al Ministero. L’anno scolastico a Hogwarts sta per ricominciare e la preside McGranitt pretende che il professore di pozioni occupi puntualmente la sua cattedra. Pertanto >> prese un respiro profondo. << io non ho assolutamente intenzione di contraddirla. Nessuno, a dire il vero, sarebbe così stupido.>>

<< Che cosa vuoi sapere?>> chiese Draco, con tono pacato. << Sono già stato interrogato sotto l’effetto del Veritaserum, non è sufficiente?>>

Harry appoggiò le mani sui braccioli della poltrona e si spinse in avanti fino a che i loro nasi non si sfiorarono. Nonostante i suoi occhi verdi elettrici fiammeggiassero a pochi millimetri dai suoi, Draco non si scompose minimamente.

<< Non ho voglia di scherzare, Malfoy.>>

<< Ed io di parlare con te, Potter.>> sibilò Draco. << Ne ho abbastanza delle tue sciocche manie di grandezza. Hai già ucciso il Signore Oscuro con la tua sfacciata fortuna, ma la sorte non ti aiuterà di certo una seconda volta.>>

Harry si ritrasse, livido in volto. Aveva colpito nel segno.

<< Vuoi sapere se i Mangiamorte vogliono tornare? Certo che sì, ormai lo sapranno anche i muri di questo stupido ufficio. Vuoi sapere perché ho ucciso mio padre? L’ho fatto solo perché avrebbe causato una strage ben più grande di quanto possiate immaginare. Di certo non l’ho ucciso per salvare il tuo bel visino, Potter.>>

Era bastato poco per alterarlo. Harry sferrò un pugno sulla scrivania, lanciando un’occhiataccia a Hermione e al Ministro della Magia, che aveva assistito in silenzio alla scena senza intervenire.

<< In quanto testimone chiave, non credo affatto che Malfoy possa tornare a insegnare a Hogwarts senza un’adeguata protezione.>> proruppe Kingsley. << Non c’è bisogno di innervosirsi, Harry. Il ragazzo ha passato due giorni parecchio intensi ed ha tutto il diritto di riposare. Potremmo interrogarlo domani, con maggiore calma, e fare maggiore chiarezza sulla situazione.>>

<< Non c’è abbastanza tempo, Kingsley.>> borbottò Harry. Additò con impeto Malfoy, e lui non poté fare a meno che sorridere. << Malfoy ha detto che suo padre conduceva esperimenti per trovare un corpo ospitante in grado di accogliere l’anima di Voldemort quand’era debole, dopo la morte dei miei genitori. Ha rapito bambini innocenti e li ha uccisi brutalmente senza provare rancore. Evidentemente ha capito che i neonati non erano abbastanza forti da sopravvivere, perciò ha deviato il tiro optando per corpi adulti. Il professor Raptor ne è l’esempio lampante.>>

Hermione guardava Harry con un’espressione nauseata dipinta sul volto.

 << Bellatrix è sopravvissuta, e dobbiamo sapere come.>> proseguì Harry. << Se stava cercando Lucius per reclutarlo nel suo nuovo esercito di Mangiamorte significa che ha intenzione di ripetere quel genere di esperimenti. Sapete meglio di me quanto sia fuori controllo.>>

<< Io non ho mai detto che Bellatrix volesse mio padre per quegli esperimenti, Potter>> lo interruppe Draco. << Né tantomeno ho mai detto che ha ucciso tutti i neonati purosangue che hanno ospitato l’anima del Signore Oscuro.>>

<< Che cosa?!>> tuonò Hermione, con uno strillo convulso.

Draco annuì. Era l’unico a mantenere un portamento rilassato. Si lasciò affondare nello schienale della poltroncina, osservando la tempesta che si consumava fuori dalla finestra. Un fulmine illuminò a giorno l’ufficio, seguito dal fragore di un tuono.

<< C’è qualcosa che non volete dirmi.>> affermò. Non era una domanda: ne era assolutamente certo. << Pretendete informazioni a senso unico senza che io possa rendermi conto completamente della situazione. Giocate ai piccoli detective, ma questo gioco non mi sta affatto bene.>>

Harry serrò i pugni. Era livido e impaziente.

<< Digli di Lisan.>> mormorò Hermione, con un filo di voce.

<< Io non voglio scendere a compromessi con lui!>> strepitò Harry, furente.

<< Siamo costretti a farlo, altrimenti non ci aiuterà.>> proruppe Kingsley. << Se non lo farai tu, Harry, in qualità di Ministro della Magia è mio compito salvaguardare il mondo magico. Perciò non esiterò a delucidare il signor Malfoy dell’esistenza di una strega di livello cinque nascosta nel ripostiglio del Quartier Generale.>>

Draco ebbe un sussulto. Fece scorrere lo sguardo su tutti i presenti e la sua compostezza svanì del tutto. << Voi state mentendo!>> urlò. << Gli unici maghi di quel calibro erano Voldemort e Albus Silente. E sono morti entrambi!>>

<< Evidentemente Lucius Malfoy ha contribuito a crearne un terzo, se ciò che dici è vero.>> disse Kingsley, pensieroso. << Se anche solo uno di quei neonati purosangue fosse sopravvissuto ai barbati esperimenti dei seguaci di Voldemort, avrebbe in sé parte dell’anima stessa del Signore Oscuro.>>

<< Impossibile, Ministro.>> sbottò Hermione. << Altrimenti sarebbe stato un Horcrux, e Voldemort non avrebbe potuto morire. Sarebbe plausibile, in effetti, che sia rimasta in lei traccia del potere di Voldemort. Una specie di impronta.>>  

Kingsley agrottò un sopracciglio. << Vero, Hermione. Ma come potremo provarlo?>>

<< Qualcuno potrebbe dirmi, gentilmente, chi diavolo è questa Lisan?>> strepitò Draco, che perse del tutto la pazienza.

Nello stesso ufficio erano radunati la più importante carica magica d’Inghilterra, due Auror e un assassino. E tutti quanti erano palesemente intenzionati a litigare.

Harry prese alcuni respiri profondi e socchiuse gli occhi. Cacciò fuori l’aria con uno sbuffo. << Lisan è, probabilmente, se le congetture del Ministro e le tue dichiarazioni sono vere, una potenziale neonata sopravvissuta.>> affermò. << Per il momento è l’unica ipotesi plausibile. La sua età coincide con la prima caduta di Voldemort, durante il periodo in cui tutti lo credevano morto.>>

Hermione si portò una mano alla bocca. Era terrorizzata.

<< Non ho altre spiegazioni, per il momento. Il suo potere è forse superiore a quello di Tom Riddle, quando aveva la sua età. Non ha ricevuto alcuna istruzione magica, non ha documenti né è in grado di spiegarmi esattamente il suo passato. Tutto coincide. Forse è per questo motivo che Bellatrix la sta cercando.>> Harry ebbe il bisogno di sedersi. Prese posto sulla poltroncina accanto a quella occupata da Draco e si mise le mani nei capelli.

<< Posso sapere come hai fatto a trovarla?>> domandò Draco.

<< E’ stata lei a trovare me.>> mormorò Harry. << Sono una specie di…>>

<< Calamita.>> osservò disgustosamente Draco. << E’ palese, Potter. Attiri i guai meglio di chiunque altro.>>

<< Il fatto è che questa ragazza è all’oscuro di ogni cosa.>> proseguì Harry, che fece scorrere lo sguardo su tutti i presenti. << Lei deve imparare a controllare il suo potenziale. Mi ha spiegato di essere cresciuta in America. Non ha mai conosciuto suo padre e, da quel poco che ha detto, ha involontariamente ucciso il compagno alcolizzato della mamma all’età di otto anni.>>

<< Notevole.>> fu il commento di Draco.

<< L’ho vista con i miei stessi occhi.>> intervenne Hermione. << Per quanto mi riguarda, ho la sensazione che sia capace di qualsiasi cosa. E’ stata inseguita da Mangiamorte per mezza Europa ed è riuscita a fronteggiarli da sola, smaterializzandosi in decine di posti senza che nessun Ministero della Magia la localizzasse.>>

L’umore di Draco volò sempre più in alto.

<< Dobbiamo reperire una lista di tutti i neonati purosangue scomparsi in quel periodo.>> disse Harry, risoluto. << Se Lisan è veramente un corpo ospitante sopravvissuto, il suo nome deve comparire in una denuncia di scomparsa.>>

<< Strabiliante.>> Draco era estasiato. Il suo cuore batteva all’impazzata nel suo petto come quello di un bambino in attesa di scartare i regali di Natale. Stava aggiungendo tessere al puzzle. Decine di migliaia di tessere. Chi l’avrebbe detto che San Potter e la mezzosangue gli sarebbero tornati utili?

Il Ministro della Magia, dopo lunghi attimi di incertezza, riacquistò la saggia fermezza che l’aveva da sempre contraddistinto. Si mosse per la prima volta dalla finestra e, con grandi passi, si frappose fra Hermione e i due ragazzi, appoggiando la schiena al pianale cosparso di incartamenti. << Ascoltatemi bene, voi tre. Parlo come Ministro e come padre. Io non ho affatto intenzione che la pace nel mondo dei maghi sia intaccata da una strega fuori controllo innamorata di un mostro ormai caduto. Voglio risolvere la faccenda il prima possibile, senza creare inutili allarmismi fra i maghi. Pertanto pretendo la collaborazione di tutti. >> sospirò, piegando le sopracciglia in un’espressione contrariata nell’osservare il sorrisetto ironico di Draco. << Anche la tua, Malfoy.>> soggiunse. << Non sei esente dal mio discorso. I Mangiamorte saranno di certo al corrente della morte di tuo padre. Secondo quanto prescritto dal Codice Magico Internazionale, in quanto testimone chiave delle indagini, sarai assegnato in custodia al comandante Auror in carica.>>

Il silenzio più profondo ricadde nell’ufficio.

Harry e Hermione si lanciarono occhiate terrorizzate. Evidentemente entrambi avevano soppesato l’idea di abbandonare sulla scrivania il distintivo e di cedere il compito all’altro, ma nessuno aveva trovato il coraggio di obiettare l’ordine del Ministro.

<< Hermione si preoccuperà della tua incolumità.>> disse il Ministro, ed Harry non nascose un sospiro di sollievo. << Harry, invece, dovrà occuparsi temporaneamente della ragazzina. Si fida di lui.>>

Hermione divenne paonazza. Si morse la labbra e lottò ferocemente per non esplodere. Per Draco, invece, apprendere quella notizia non gli scatenò alcuna reazione. Odiava i pomposi discorsi dei politici, che usavano trenta parola quando ne bastavano quattro. Pensò solo in quel momento a cosa significasse essere preso in custodia da Hermione Granger, ed una acuta gli attanagliò lo stomaco. Piuttosto la morte.

<< Harry ha ragione, non c’è tempo da perdere.>> Kingsley batté il pugno sul palmo aperto della mano, col fare determinato di un leader. << Io, Harry e una cerchia ristretta di Auror accompagneremo la giovane strega a Hogwarts. L’anno scolastico sta per iniziare ed è l’unico luogo sicuro dove la ragazza potrà imparare a controllare al meglio i suoi poteri. Nel frattempo, Hermione proseguirà le indagini al Quartier Generale. E il signor Malfoy, finché le lezioni non avranno inizio, rimarrà sotto la sua protezione.>>

<< Non mi è chiaro un punto.>> obiettò Hermione, che parlò lentamente scandendo le parole con la voce rotta dall’ira più profonda. << Per quale motivo devo proteggere un assassino?>>

<< In questo momento Draco Malfoy è un assistente del Quartier Generale e un prezioso testimone, pertanto dovrà sempre rimanere al tuo fianco.>> Il sorriso educato di Kingsley nascondeva in realtà un’amara sentenza. << E’ un ordine.>> sottolineò, e quelle parole per Draco furono più pesanti di un Avada Kedavra nel petto.

<< Nessuna informazione dovrà fuoriuscire all’esterno del Quartier Generale. Mi invierete rapporti dettagliati giornalieri sull’evoluzione delle indagini. Mi preoccuperò di informare immediatamente la professoressa McGranitt dell’accaduto, e sono del tutto certo che appoggerà completamente la mia linea decisionale.>> Kingsley raccolse il mantello dall’attaccapanni. Estrasse la bacchetta da una tasca e la agitò in direzione dei due addetti del Ministero, che fino a quel momento avevano potuto ascoltare attoniti ogni loro parola. I loro volti divennero improvvisamente sereni, le espressioni ebeti e sorridenti. << Mi dispiace.>> mormorò il Ministro fra sé e sé, mentre li osservava abbandonare l’ufficio con passo incerto. << Lisan Rowles è un’arma preziosa. Non dovrà cadere in mani sbagliate.>> E, prima che qualcuno dei presenti potesse domandargli qualsiasi cosa, si smaterializzò scomparendo nel nulla con un piccolo pop.

 

*°*°*°*

 

Lisan sgattaiolò all’interno dell’ufficio del comandante degli Auror e si accorse fin da subito che di lì a momenti si sarebbe consumata una rissa.

Harry, Hermione Granger e un ragazzo biondo che non aveva mai visto si stavano fronteggiando al centro della stanza, urlando come forsennati, senza preoccuparsi minimamente della sua presenza.

Il ragazzo biondo continuava a strepitare epiteti contro un certo Shake-e-qualcosa, definendolo senza mezzi termini come un pomposo figlio di buona donna.

<< Non è colpa di Kingsley se siamo in questa situazione!>> ululò Hermione Granger, lontana anni luce dalla composta e professionale figura di Comandante a cui Lisan l’aveva associata. Aveva tutti i capelli arruffati, la cravatta fuori posto e l’aria di chi avrebbe iniziato a menare pugni e calci a chiunque avesse osato contraddirla.

<< Lui è il Ministro della Magia, maledizione, ha semplicemente preso la decisione più conveniente per salvaguardare il mondo dei maghi.>> Adirata, indicò rabbiosamente Harry, di fronte a lei. << La colpa è di quell’emerito, immondo, sciocco idiota babbanizzato che ha abbandonato il Quartier Generale per attirare decine di guai su di sé!>>

<< Io non ho fatto proprio un bel niente!>> si difese Harry, che alzò la voce per sovrastare quella di Hermione. << Cercavo solamente di rilassarmi, dannazione! Stava andando tutto liscio finché un Mangiamorte non ha tentato di uccidermi e quella ragazzina è sbucata dal nulla per salvarmi la vita!>>

<< Avresti dovuto ucciderla immediatamente!>> urlò il ragazzo biondo. << Lei è solo un danno collaterale. Era perfettamente evitabile!>>

<< Ragioni esattamente come un Mangiamorte!>> ringhiò Harry. << Sei degno di tuo padre. Potrei uccidere anche te, in effetti, ormai hai vuotato il sacco e non avremmo più testimoni scomodi da proteggere!>>

<< Siete solo due stupidi bambini decerebrati. Uccidersi a vicenda non servirà proprio a niente!>> strepitò Hermione, con voce stridula. << In assenza del Ministro, fino a prova contraria, sono io il vostro comandante. Perciò vi ordino di…>>

<< Taci, sporca mezzosangue!>> ululò il ragazzo biondo.

In un istante, tutti e tre sfoderarono le bacchette: Harry la puntò contro il ragazzo biondo, lui ricambiò mirando Harry, mentre Hermione direzionò la propria bacchetta facendola scorrere da uno all’altro, tenendo entrambi i rivali sotto tiro.

<< Smettetela, cazzo!>> gridò Lisan. La sua voce acuta da adolescente risuonò nell’ufficio con un’insolita solennità. Levò rabbiosamente una mano in aria e fece volare via le loro bacchette, osservandole schizzare in tre direzioni diverse.

Harry, Hermione e il ragazzo biondo rimasero goffamente immobili, impugnando nient’altro che l’aria, e parvero impiegare molto tempo prima di capacitarsi di essere stati disarmati nello stesso istante.

<< E va bene, ho mentito!>> strepitò Lisan. << Non sono del tutto incapace di controllare i miei poteri, ma ciò non vuol dire che io sia una pazza assassina!>>

Harry mosse le dita della mano e il polso, si accertò che la sua bacchetta fosse effettivamente scomparsa dalla sua vista. La vide rotolare in un angolo della stanza, scivolando sotto la libreria. Trattenne a stento un’imprecazione.

<< Lisan Rowles!>> Il ragazzo biondo sfoderò un sorriso smagliante, si diresse verso di lei a grandi passi e le afferrò una mano, stringendogliela energicamente fra le sue. Era diventato improvvisamente sereno e affabile. << Draco Malfoy.>> si presentò. << Professore di Pozioni di Hogwarts. Ordine di Merlino di Seconda Classe. Occlumante e Serpentologo esperto. A tua completa e personale disposizione.>>

Lisan ritrasse la mano con un’espressione disgustata. Arretrò di qualche passo e cercò lo sguardo di Harry. Lui era ancora visibilmente scosso, ma ricambiò con una strizzata d’occhio rassicurante.

<< Devi sapere fin da subito, Lisan, che non tutti i maghi sono buoni e affidabili. Dovrai imparare a concedere la tua fiducia alle persone giuste.>> proseguì difilato Draco Malfoy, che non badò assolutamente ai due Auror attoniti alle sue spalle. << Ciò che hai sentito era una piccola e insignificante discussione fra colleghi, ovviamente non mi stavo riferendo a te quando ho pronunciato le parole danno collaterale.>> Si schiarì la voce, senza togliersi dalla faccia il suo sorriso sfacciato e mellifluo. << Sono sicuro che diventeremo ottimi amici.>>

Hermione storse il naso in una smorfia disgustata. << Potrei vomitare, Malfoy.>>

<< Seriamente, Draco, come fai a guardare il tuo riflesso nello specchio la mattina?>> le fece eco Harry.

<< Stavamo solo scherzando, vero ragazzi?>> Draco sfoderò l’ennesimo, forzato sorriso. E, quando Lisan spostò nuovamente lo sguardo verso Harry, lo sentì mormorare qualcosa sottovoce, udendo solo le parole “troppo giovane” e “morire”. 

<< Quel che Malfoy sta cercando di dire.>> mormorò Hermione, incerta. << E’ che si scusa per essere stato poco educato nei tuoi confronti.>>

<< Non c’è problema.>> tagliò corto Lisan. << Mi aiuterete, vero?>>

<< Il Ministro della Magia ha ordinato il tuo trasferimento alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, in modo che tu possa ricevere un adeguato insegnamento.>> le spiegò Hermione, il cui tono era divenuto serio e glaciale. << Abbiamo motivo di credere che i Mangiamorte abbiano ricreato un esercito.>>

<< I Mangiamorte sono malvagi?>>

<< Più di quanto tu possa immaginare.>>

<< E vogliono me, presumo.>>

<< Di questo non devi preoccuparti.>> sentenziò Hermione. << La tua incolumità è garantita dal Quartier Generale. Per il momento è meglio che tu rimanga con Harry. Ho parecchie faccende da sbrigare e questa folle giornata è stata più dispendiosa del previsto.>> Rivolse un cenno eloquente a Harry e Draco Malfoy. << Quindi, se non vi dispiace, gradirei che spariate entrambi dalla mia vista e non vi facciate vedere prima di domattina.>>

<< Ma Kingsley…>> bofonchiò Harry.

Gli occhi gelidi e iracondi di Hermione lo trapassarono da parte a parte come se fosse un lurido moscerino pronto da schiacciare con la carta moschicida.

<< Ho detto di togliervi dai piedi.>> ringhiò. << Tutti quanti!>>

 

*°*°*°*

NOTE DELL'AUTORE 

Mi scuso per eventuali errori di battitura, l'ho riletto solamente un paio di volte prima di postarlo.  Ma lo editerò successivamente, quando sarò meno incasinata. 

Un bacio a tutti
Apple

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Capitolo 8
*** La Signora Oscura ***



`•.¸¸.•´´¯`••._.• NOTE DELL’AUTORE `•.¸¸.•´´¯`••._.•

 

Dedico il capitolo a PrincessCake87, che non ha letto ancora un’emerita mazza della mia Effe Effe, ma la conosce praticamente a memoria. Viceversa, un grazie a TopGun4ever che ha letto la Effe Effe, ma da Auror convinta ha scelto giustamente di non intervenire più come Beta Reader. Un bacione enorme ad entrambe. 

 

Rivolgo un ringraziamento particolare a LutherBlisset per la sua preziosa recensione. L’ho trovata critica e motivante, e spiego – cercando di sintetizzare – il perché.

 Tralasciando il fatto che Lisan “ti stia sulle ovaie” – per carità, ognuno ha le sue simpatie e preferisco che la giudichi antipatica piuttosto che inutile – vorrei spiegare il mio punto di vista sui suoi poteri così straordinari.

 Harry, Hermione e Draco sono dei maghi molto esperti, anche se ancora giovani, hanno combattuto la Guerra Magica (in modi diversi) ma non sono assolutamente delle mezze calzette. Volevo contrappore alla loro esperienza un personaggio acerbo, fuori controllo, che non potesse essere etichettato in alcun modo, volutamente troppo potente.

 Sottolineo che Lisan NON è una Xmen, ha delle debolezze e delle necessità come ogni adolescente. All’inizio, quando scopre di avere quegli straordinari poteri, si sente invincibile, ma d’altronde come darle torto? Chiunque a diciassette anni si sarebbe divertito a massacrare il bullo della scuola che ti prende in giro.

La storia si evolve dal punto di vista di Lisan, in certi passaggi. Cresce, scopre il mondo dei maghi e inizia un processo di maturazione interiore. Quindi, se all’inizio la mostravo volutamente come una la Hit Girl di turno – perché lei si sentiva davvero così – con il proseguo della storia di sicuro la situazione cambierà.

 
Non ci sarebbe divertimento: sarebbe come gareggiare ad una corsa di Fiat Panda con una McLaren :D

 

Buona lettura a tutti

Capitolo 7

La Signora Oscura

 

Se un uomo sogna da solo, quel sogno rimarrà solo un sogno. Se molti uomini sognano, quel sogno diverrà realtà

(Helder Camara)

 

 

<< Dove andremo?>> domandò Lisan, frastornata, mentre lei e Harry stavano percorrendo il groviglio di corridoi del Quartier Generale. Diverse paia di occhi si voltavano a fissarli al loro passaggio, sbucando dalle porte degli uffici.

Harry era conosciuto più di un attore di Hollywood e aveva tutta l’aria di chi odiasse profondamente essere al centro dell’attenzione.

<< Di certo non ti farò dormire su una panchina nel parco.>> la rassicurò Harry. << Ho una casa a Londra. Andremo lì momentaneamente, nell’attesa che la belva si plachi.>>

Lisan soffocò una risatina. L’antipatia che Hermione Granger serbava nei suoi confronti era a dir poco ricambiata.

<< Mi dispiace averti trascinato in questa situazione.>> si scusò Harry, mentre imboccarono una maestosa rampa di scale. << Anche il mondo dei maghi ha delle Leggi. Presentarti al Quartier Generale era necessario per ottenere un programma di protezione.>>

<< Sono stata affidata a te?>> domandò Lisan, speranzosa.

<< Non ne ho idea.>> Harry scrollò le spalle.

Ogni qualvolta incrociavano un mago per i corridoi – e alcuni di loro, notò con disappunto Lisan, erano conciati in un modo a dir poco bizzarro – Harry era costretto a fermarsi, stringergli la mano e ricevere una dose massiccia di complimenti.

<< Perché sei così famoso?>> domandò Lisan.

<< E’ una storia piuttosto lunga. Per ora accontentati di sapere che, quando avevo più o meno la tua età, ho ucciso un mago oscuro molto potente.>>

<< Wow.>>

Le troppe informazioni reperite in quel paio di giorni le stavano annebbiando il cervello.

Harry la condusse in un ascensore, assicurandosi che fosse deserta.

Dieci minuti dopo, quand’ebbero attraversato l’Atrio Principale del Ministero della Magia mescolandosi nella folla per non essere notati, si ritrovarono dinnanzi ad una tipica cabina telefonica londinese sospesa a mezz’aria a qualche decina di centimetri da terra.

Tutt’intorno a loro maghi e streghe di ogni fattezza e dimensione transitavano lungo l’enorme corridoio dal soffitto a volta, provocando un gran vociare di sottofondo.

<< Entra.>> disse Harry.

Si strinsero all’interno della cabina, senza nessuno prestasse loro attenzione. Harry agguantò la cornetta e compose distrattamente un numero, per poi riagganciare con la manualità di chi aveva ripetuto quel gesto almeno un migliaio di volte.

La cabina schizzò in alto con uno scossone, facendola sobbalzare. Probabilmente, se Harry non l’avesse agguantata in tempo per un braccio, sarebbe caduta rovinosamente a terra.  

La cabina arrestò la sua corsa in superficie. La luce del sole ovattata dalle nubi londinesi la obbligò a ripararsi gli occhi con una mano.

<< Muoviti, ragazzina.>> Harry, nonostante fosse visibilmente provato – il suo naso era gonfio e sporco di sangue secco – riuscì a rivolgerle un sorriso. << Abbiamo parecchie commissioni da sbrigare prima di tornare al Ministero.>>

Ritornare nel “mondo normale” fu meno facile del previsto. La sua innata curiosità la spingeva a desiderare con tutta sé stessa che Harry facesse altre magie, ma dovette accontentarsi di seguirlo come un segugio fedele attraverso le vie del centro.

Harry acquistò due biglietti della metropolitana e, per tutto il tragitto, nessuno dei due disse una parola.

Lisan non era mai stata a Londra, né tantomeno aveva idea di dove si stessero dirigendo. Passò tutto il viaggio a scrutare i passeggeri che andavano e venivano ad ogni fermata, divertendosi ad immaginare quale fosse la storia di ognuno di loro.

Scesero alla stazione di Hampstead mezz’ora più tardi, lontani dal centro frenetico cittadino, e proseguirono a piedi lungo una strada costeggiata da palazzine in mattoni rossi. Camminarono in silenzio per un tempo che le parve infinito. Le case si fecero più rade e la via proseguì all’interno di un parco.

<< Siamo arrivati.>> annunciò Harry, dieci minuti dopo.

Si erano fermati in un vialetto al limitare del parco, dinnanzi ad una delle villette a schiera in mattoni che fiancheggiavano la stradina alberata.

L’abitazione era disposta su due piani, con grandi finestre verniciate bianco e parecchi camini; era circondata da un piccolo giardino dall’erba incolta, nel quale svettava la cuccia vuota di un cane.

Harry tuffò le mani in una tasca e ne estrasse un mazzo di chiavi di vari colori e dimensioni. Iniziò a infilarne una per una nella serratura finché non riuscì – dopo parecchi tentativi – a varcare la soglia del cancello.

<< Vivi qui?>> domandò Lisan, incerta.

Quella casetta era il luogo meno magico dove Harry avesse mai potuto abitare.

Le ipotesi formulate da Lisan in metropolitana – secondo le quali i maghi vivevano in profonde basi sotterranee o in splendidi castelli infestati da draghi invisibili ai babbani – furono del tutto scartate.

All’interno della villetta regnava un disgustoso odore di stantio. Diverse ragnatele calavano dalle pareti e donavano al minuscolo ingresso un’aria sporca e spettrale.

Harry passò in rassegna a tentoni la parete alla ricerca dell’interruttore. Lo premette con veemenza un paio di volte, scoprendo con passiva rassegnazione che la lampadina era bruciata.

<< Lumos.>>

Un bagliore intenso illuminò a giorno l’ambiente. Era scaturito da una parola così semplice. Lumos. Suonava bene. Lisan rimase estasiata da quell’incantesimo, e sperò con tutta sé stessa che fosse il primo di una lunga serie. Hermione Granger aveva detto che qualcuno a breve l’avrebbe addestrata: al solo pensiero il suo cuore ruggì di gioia.

<< Non ha un aspetto molto accogliente.>> constatò Harry. << E’ da quasi cinque mesi che non torno a casa.>>

<< Cinque mesi?>> fece Lisan, stupefatta. << E dove sei stato per tutto questo tempo?>>

<< In giro.>> rispose lui, con una scrollata di spalle. << Vieni, ti mostro il resto della casa.>>

L’abitazione era squadrata, di medie dimensioni. Al piano terreno, oltre l’ingresso dal quale si inerpicava una stretta rampa di scale che conduceva al piano superiore, c’era un ampio soggiorno con un angolo cottura dall’aspetto nuovo di zecca. Lisan dedusse che Harry non fosse un ottimo cuoco.

Nessun dettaglio lasciava presagire che in quella casa abitasse un mago. C’era un camino in muratura pieno di fotografie e di ricordi, un televisore al plasma appeso alla parete e un bel divano bianco dall’aria comoda. Nessun manico di scopa incantato o teste mozzate di troll. Forse l’unico particolare che attirò l’attenzione di Lisan fu, senza dubbio, il ritratto di una fenicie appeso vicino al camino.

<< Si chiama Fanny.>> disse Harry, alle sue spalle, che sembrò apprezzare la sua curiosità nei confronti del ritratto. << Era la fenicie del mio vecchio Preside, il professor Albus Silente. Tieni a mente questo nome, perché appartiene al più grande mago di tutti i tempi.>>

<< Il più grande mago di tutti i tempi era il tuo Preside?>> Lo stupore di Lisan non aveva freni.

Con un colpo di bacchetta Harry ripulì il soggiorno dalla polvere, che si raccolse in un grande cumulo di fumo ed evaporò davanti ai loro occhi. Non aveva la più pallida idea di come aveva fatto, ma era il primo incantesimo che voleva imparare.

Lisan avrebbe voluto chiedergli di Albus Silente, dei troll feroci e del mago oscuro che Harry aveva ucciso quando aveva poco più di diciassette anni, ma Harry la obbligò a seguirlo al piano di sopra per prepararle la camera da letto.

<< Verrai anche tu alla scuola di magia?>> chiese Lisan, speranzosa, dieci minuti dopo.

<< Pensa a riposare, adesso.>> tagliò corto Harry. Le rivolse uno sguardo supplichevole, di un ragazzo abituato alla solitudine che faticava ad abituarsi alla presenza di un’adolescente curiosa al suo fianco. << Devo dare una sistemata a questo posto. Domattina la sveglia è alle sette. Hai bisogno di vestiti e di oggetti utili per il tuo addestramento. Ti accompagnerò in centro per comprare tutto ciò di cui hai bisogno.>>

<< Io non ho soldi, Harry.>> ammise tristemente Lisan, avvilita.

<< Di questo non devi preoccuparti.>> Harry le strizzò l’occhio. << Buonanotte, ragazzina.>>

<< ‘notte.>> farfugliò lei, e lo osservò sparire nel corridoio richiudendosi la porta alle spalle.

La sua nuova camera da letto non era molto grande. Dalla finestra che si affacciava sul vialetto principale Lisan osservò la notte farsi spazio nel cielo ovattato di nubi.

L’unica presenza di vita nelle vicinanze era quella di un anziano signore nel giardino della casa di fronte intento ad annaffiare placidamente un’aiuola fiorita mentre la moglie, dalla soglia, gli sbraitava qualcosa a proposito della sabbiera dei gatti.

Poco più in là, una candida civetta grigia era appollaiata su un palo della luce. Quando Lisan si voltò nella sua direzione lei emise un urlo stridulo. Spiccò il volo e svolazzò dietro una siepe, come se non volesse essere disturbata.

Le civette non sono così intelligenti. Si disse Lisan. Ma giurò di aver visto un particolare insolito in quella scena: una lettera scarlatta legata alla zampetta dell’animale era caduta nel loro giardino.

La curiosità un giorno o l’altro avrebbe finito per ucciderla. Fece attenzione che Harry non la vedesse, si sfilò le scarpe da ginnastica per non fare rumore e sgattaiolò in punta di piedi verso la porta del retro al piano terra.

L’erba incolta era disseminata di attrezzi da giardino inutilizzati ed escrementi di piccione. Avanzò rapida fino a raggiungere il punto dov’era caduta la lettera. La intravide incastrata fra i rami della siepe divisoria del retro. La districò cautamente sforzandosi di produrre meno rumore possibile, se la infilò sotto la maglietta e si smaterializzò involontariamente, ritrovandosi sdraiata sul letto della sua camera.

Il cuore le batteva all’impazzata del petto e ogni osso del suo corpo le scricchiolava, come se fosse stata investita da un camion in corsa. Era successo di nuovo. Quando desiderava ardentemente qualcosa, quel qualcosa finiva inevitabilmente per accadere.

Lisan si tastò istintivamente la pancia. Avvertì lo scricchiolio della carta da lettera sotto la sua maglietta. La strana busta scarlatta ed diventata bollente. Se la sfilò velocemente di dosso e la rimirò per qualche istante fra le dita.

Non c’era scritto alcun mittente, né tantomeno l’indirizzo del destinatario.

Con una piccola vibrazione, scie d’inchiostro color pervinca iniziarono a tingere la carta come rigagnoli di sangue colante. Con suo più grande stupore, Lisan scoprì che si stavano formando delle parole.

 

Sig.rina Lisan Chaterine Rowles

Wildwood Grove n.7

Hampstead Park

Londra

 

Come aveva fatto a riconoscerla? E perché c’era scritto Chaterine? Cosa diavolo significava quel nome?

Un misto di paura ed eccitazione prese possesso del suo stomaco, che rispose contorcendosi in una morsa.

Per avere ogni risposta, non avrebbe dovuto fare altro che aprire la lettera. Strappò l’apertura della busta e la scrollò sul letto, lasciandovi scivolare il contenuto fra le coperte. Ne fuoriuscì solo un piccolo foglio di carta ripiegato così tante volte da aver assunto le dimensioni di un francobollo. Esso prese a dimenarsi e vibrare furiosamente. Si sollevò di qualche decina di centimetri, compiendo balzi e scossoni, aprendosi da solo ed emettendo scricchiolii sinistri.

Lisan non riuscì a trattenere un grido.

In un attimo, Harry spalancò la porta e piombò a grandi passi nella stanza. Si fermò al suo fianco, sorprendendola mentre sedeva a gambe incrociate sul letto con le mani nella marmellata. Poi, con un’espressione allarmata, spostò lo sguardo sul foglietto di carta scarlatto che si scuoteva rumorosamente.

Fu il turno di Harry per urlare.

Il foglio emise un ultimo, prolungato scricchiolio, per poi dissolversi nel nulla in una pioggia di granelli di polvere.

<< Che cos’era?>> farfugliò Lisan, impaurita.

Harry le si avvicinò e, per la prima volta, intravide sul suo volto l’ira più nera. << E’ una Spettrolettera.>> disse, con voce bassissima, quasi non riuscisse a parlare. E levò i suoi occhi verdi su di lei, spalancati e colmi di terrore. << Saranno qui a momenti.>>

<< Chi?>> domandò Lisan, con uno strillo acuto.

<< I Mangiamorte!>> urlò Harry. La agguantò violentemente per il bavero della maglietta e la obbligò a tirarsi su a sedere sul letto, strattonandola con poca delicatezza per farla alzare in piedi. << Dove diavolo hai trovato quella lettera?!>>

<< Una civetta l’ha lasciata cadere nel giardino, non sapevo che cosa fosse… Harry, te lo giuro io non volevo… non credevo che…>>

Harry la zittì tappandole la bocca con una mano. Dei rumori attutiti, come se dei sacchi pesanti fossero atterrati sul pavimento, si susseguirono in rapida successione al piano di sotto.

<< Se hai dei poteri straordinari, stupida piccola idiota ficcanaso, faresti meglio ad usarli.>> ringhiò sottovoce. << Quella Spettrolettera ha rivelato la nostra posizione, eludendo gli incantesimi difensivi che ho posto a protezione della casa.>> Sfoderò rapido la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans. Il suo respiro si fece affannoso. << Sei pronta?>>

<< No.>> mugolò Lisan.

I rumori si passi rimbombarono per la rampa di scale, invadendo il corridoio del primo piano. Qualcuno pronunciò parole soffuse in una lingua sconosciuta.

Harry agitò la bacchetta e la cassettiera in un angolo della stanza schizzò rapida contro la porta, seguita dall’attaccapanni e da uno specchio a muro. Quest’ultimo avanzò goffamente saltellando sul suo treppiedi fino a collocarsi di sbieco contro l’imposta per sbarrare l’accesso a chiunque avesse cercato di entrare.

<< Scusami..>> riuscì a mormorare Lisan, mentre Harry ribaltava il letto e lo utilizzava come trincea per nascondersi.

<< Ne parleremo dopo.>>

<< Io non volevo, credevo che fosse una lettera come tante altre! Non avevo idea che…>> Un colpo violento alla porta la fece sobbalzare. Qualcuno, dall’altra parte, prese a colpire ripetutamente l’imposta di legno con una tale violenza che essa, al quinto tentativo, crollò inesorabilmente in pezzi.

<< Avada Kedavra!>> ruggì una voce, ed un bagliore verde illuminò la camera da letto. L’incantesimo si infranse contro la parete e fece precipitare alcune cornici appese, che s’infransero rumorosamente al suolo.

Harry si sporse rapidamente da un lato del letto ribaltato. << Stupeficium!>>

<< Crucio!>>

Il braccio di Harry fu investito di striscio dal fiotto di luce e, per qualche istante, Lisan temette che si fosse spezzato.

Harry ululò dal dolore, ma riuscì a mettersi al riparo. << Maledetti.>> ringhiò fra sé, appiattendo la schiena contro il materasso.

<< Che cosa significa Avada Kedavra?>> domandò Lisan, sull’orlo del pianto, mentre una sequenza interdetta di luci verdi e rosse saettavano in ogni direzione, infrangendo tutti gli oggetti che incontravano sulla loro traiettoria.

<< Non è il momento per studiare Difesa contro le Arti Oscure, maledizione, cerca di renderti utile e uccidi quei bastardi!>>

<< Come faccio?>> bofonchiò Lisan, in preda al panico.

Harry fu costretto ad abbassarsi. Un incantesimo troncò di netto parte del materasso dove, pochi attimi prima, era appoggiata la sua testa. Quando tornò a incrociare lo sguardo di Lisan, nei suoi occhi vi era l’opposto della fierezze impavida di un eroe.

<< Non posso affrontarli tutti da solo. Cerca di renderti utile!>> ululò Harry, per poi sporgersi nuovamente dalla trincea. << Pietrificus Totalis!>>

Questa volta l’incantesimo andò a segno. Si avvertì un urlo, seguito dal tonfo sordo di un nemico che cadeva inerte sulla cassettiera ammonticchiata nell’ingresso. L’altro Mangiamorte, che fino a quel momento si era nascosto nel corridoio, tentò di fare irruzione nella camera ma finì per inciampare goffamente nel corpo del compagno pietrificato.

Harry ne approfittò per mettere a segno un altro incantesimo. Lunghe corde argentate fuoriuscirono dalla sua bacchetta e legarono i due aggressori come salami, ancorandoli fermamente al suolo.

<< Attento, Harry!>> urlò Lisan.

Un altro Mangiamorte era sbucato dal nulla alla loro destra, eludendo il loro riparo di fortuna. Harry si mosse d’istinto senza l’uso della magia, rialzandosi di scatto e colpendolo violentemente al volto con una testata. Il colpo generò uno scricchiolio secco di ossa spezzate: il Mangiamorte emise un rantolo soffocato e precipitò al suolo, il volto ricoperto da una maschera di sangue.

Lisan doveva fare qualcosa. Ma non era facile. La paura le impediva di ragionare freddamente, di calcolare ogni mossa. La teneva inchiodata sul posto come una bambola di pezza inerme.

Mentre Harry mandava al tappeto un altro nemico con uno Stupeficium, altri tre incappucciati si fecero largo fra le macerie e i corpi ammonticchiati nel corridoio, avanzando a colpi di maledizioni che costrinsero Harry e Lisan a ricacciarsi al riparo.

<< Ho paura.>> gemette Lisan. Una paura fottuta, avrebbe voluto aggiungere, se solo gliel’avessero permesso. Avvertì un dolore cieco dietro alla nuca e si sentì proiettare ad alta velocità contro una parete. L’urto fu atroce. Avvertì ogni più piccola parte del suo corpo impattare violentemente contro i mattoni, per poi afflosciarsi in modo scomposto sul pavimento.

<< Lisan!>> sentì l’urlo di Harry distante, ma non riuscì a vederlo.

Nessuno era mai riuscito a colpirla, aveva la vista annebbiata e le braccia tremolanti le impedirono di rialzarsi. Fu investita da un altro bagliore di luce, il suo corpo fu sollevato in aria verso il soffitto e rigettato brutalmente a terra. Lisan cercò di frenare la caduta riparandosi con le mani. Atterrò vicino alla finestra e, per qualche lungo istante, perse del tutto la sensibilità della schiena.

E’ tutto inutile. Pensò. Nel migliore dei casi sarebbe finita su una sedia a rotelle. O forse, in un certo senso, morire sarebbe stato nettamente più sbrigativo.

<< Prendete la ragazzina.>> sibilò una voce femminile.  

Era tutta colpa sua. Le avevano teso un’esca e lei aveva abboccato come una stupida idiota. Sentì Harry urlare mentre due Mangiamorte lo agguantavano da dietro, immobilizzandolo e sollevandolo in piedi, mentre un terzo lo colpiva con un pugno allo stomaco.

Lisan utilizzò le poche forze rimaste per focalizzare la sagoma del Mangiamorte che l’aveva colpita. Levò l’avambraccio tremolante nella sua direzione ma lui, sogghignando, fece scattare un piede e le calpestò con violenza una mano. Lisan emise un urlo che poco ebbe di umano. Il dolore fu così atroce che desiderò morire in quello stesso istante.

<< Smettila, Bode, lurido idiota!>>

Il Mangiamorte ritrasse immediatamente lo stivale, drizzandosi sull’attenti come un goffo militare. << Domando scusa, mia signora.>>

Una donna dalla lunga chioma corvina ed il viso pallido ed affilato come un coltello comparve nel suo ristretto ed annebbiato campo visivo. Indossava lo stesso mantello nero degli altri Mangiamorte, ma il suo cappuccio era abbassato.

Rivolse uno sguardo fugace ai compagni che stavano infierendo con violenza su Harry. Uno di essi aveva iniziato a colpirlo al volto, mandando a segno un gancio che parve frantumargli di netto il setto natale.

<< Può bastare così, Avery.>> affermò. Levò in alto una mano dalle dita lunghe e nodose. << Legatelo, per il momento. Potrebbe tornarci utile, in un modo o nell’altro.>> Sfoderò un sorriso affabile, si chinò verso Lisan e sfiorò la sua mano con la punta della bacchetta. << Rigenerus Solenum.>> mormorò, disegnando un movimento elaborato con la bacchetta.

Lisan, accecata dal dolore, vide quel che ne rimaneva della sua mano e, per poco, non si rovesciò su un fianco in preda a conati di vomito. Una sensazione intensa di calore le investì le dita, che iniziarono a raddrizzarsi con una serie di cigolii inquietanti. L’effetto proseguì sul dorso della mano, diradandosi lungo il braccio e proseguendo inarrestabile su ogni osso rotto. Il dolore svanì all’istante.

<< Mi dispiace molto, Chaterine.>> disse la donna, con una stridula voce in falsetto, sforzandosi di mantenere un tono materno mentre tendeva la mano disarmata verso Lisan per aiutarla a rialzarsi. I suoi occhi cerchiati di nero sembravano due folli tizzoni ardenti.

<< Ho ordinato che nessuno ti torcesse un capello. Ma, evidentemente, qualcuno ha contraddetto i miei ordini.>> i suoi occhi si posarono per qualche interminabile istante sul Mangiamorte di nome Bode, che le aveva frantumato la mano con il suo stivale, e lui prese a tremare. << E’ la seconda volta che mi deludi, Bode. Quando Chaterine ti ha risparmiato, in Polonia, uccidendo Phinneas e Doge, ho sperato che avessi imparato la lezione. E invece.>> Levò in aria la bacchetta con una leggera scrollata di spalle. << Avada Kedavra.>> Lo disse tranquillamente, quasi sorridendo, ed altrettanto serena osservò il corpo del Mangiamorte afflosciarsi inerte a terra.

<< Forse hai sbagliato persona.>> ringhiò Lisan. La familiare sensazione di rabbai profonda prese ad attanagliargli le viscere. << Non mi chiamo Chaterine.>>

La donna dallo sguardo occhi folle, in risposta, scoppiò in una risata tetra. << Certo che no, tesoro. Non nel mondo babbano.>> Notando che Lisan non aveva alcuna intenzione di afferrare la sua mano, mosse la bacchetta e la fece rialzare in piedi in un istante. << Probabilmente non serbi nessun ricordo di me, ma io ti conosco molto bene. Sono Bellatrix Lestrange, Oscura Signora dei Rinascenti.>>

Harry, nonostante avesse il volto solcato da rivoli di sangue, non riuscì a trattenere una risata sprezzante.

<< Quel buon vento, Potter.>> sibilò Bellatrix, che gli rivolse uno sguardo gelido. << Probabilmente nella tua inutile, piccola testolina ti starai chiedendo come faccio ad essere qui, in carne ed ossa, non è vero?>>

<< Illuminami.>> la esortò Harry in un sussurro, abbozzando ad un sorriso di sfida.

<< Il Supremo Signore Oscuro mi ha donato la forza, la vista e l’arguzia per padroneggiare alla perfezione le arti oscure, Potter. Credevate che quella stupida palla di lardo di Molly Weasley fosse riuscita a uccidermi?>> Scoppiò in una risata stridula. Poi, tutto d’un tratto, tornò seria. << Sbagliato.>>

A quanto pare quella folle strega era scampata alla morte. Lisan non sapeva chi fosse Molly Weasley, ma dallo sguardo velenoso che Harry riservò a Bellatrix capì che gli era molto cara.

<< Voi Auror non avete nemmeno idea di cosa significa conoscere la magia. Vi limitate all’apparenza, alle gesta eroiche dei poveri stupidi che sono stati schiacciati dal Supremo Lord Voldemort. Vi illudete di mantenere la pace.>>

I Mangiamorte sopravvissuti alla battaglia, che si erano assiepati nel corridoio e nella camera da letto, risero sguaiatamente come cani ben addestrati.

Bellatrix tornò a sollevare la bacchetta, che indirizzò contro Harry. << Crucio!>>

I Mangiamorte che lo trattenevano furono costretti a serrare la presa per evitare che Harry, scosso da uno spasmo di dolore lancinante, non li trascinasse con sé a terra.

Lisan lo sentì urlare e il sangue le si raggelò nelle vene. L’ira aveva raggiunto il suo apice, le mani le tremavano e, nonostante la sua testa fosse annebbiata, seppe che era giunto il momento di fare qualcosa.

Approfittò della distrazione di Bellatrix per colpirla alle spalle. Le saltò selvaggiamente sulla schiena mordendole il collo e un orecchio mentre, con la mano non impegnata ad affondarle le unghie nella carne, tentò di sfilarle la bacchetta. Bellatrix strillò, tentò di scrollarsela di dosso. Fece istintivamente un passo indietro, inciampando nella sua stessa veste. Sbilanciata dal peso di Lisan che le era appesa al collo, la strega ricadde all’indietro e rotolarono assieme sul pavimento, annaspando e graffiandosi a vicenda come due tigri feroci. La bacchetta della strega rotolò da qualche parte sul pavimento.

In quell’istante, mentre Lisan era impegnata a distrarre Bellatrix, si udirono delle urla e dei tonfi sordi provenienti dal corridoio. L’incantesimo si era interrotto ed Harry, con suo immenso sollievo, aveva smesso di contorcersi e di urlare.

Lisan riuscì a sgattaiolare di lato, sferrando calci e pugni alla cieca quando si accorse di essere ormai in trappola, relegata in un angolo della stanza.

Bellatrix, a cui aveva staccato parte dell’orecchio destro, si rimise in piedi barcollante con gli occhi sgranati di una vipera ferita. << Lurida, sporca ragazzina!>> abbaiò, ignorando il sangue che le colava sui vestiti. << Ti caverò gli occhi dal cranio!>>

<< Tu non le farai proprio un bel niente, cagna schifosa!>> ringhiò la voce di Hermione Granger, che comparve alle sue spalle. Levò la bacchetta per pronunciare in incantesimo, ma Bellatrix si dissolse nel nulla in un turbinio di sbattiti d’ali di pipistrelli, lasciando al suo posto solamente il mantello insanguinato.

<< Cosa diavolo è successo qui dentro?>> esclamò un’altra voce, in lontananza.

Draco Malfoy fece il suo ingresso nella stanza facendo attenzione a non calpestare i corpi senza vita dei Mangiamorte sparsi ovunque. Camminava con un’insolita grazia, cercando – per quanto gli fosse possibile – di non sporcarsi le scarpe. << Potter.>> mormorò poi, senza fiato, fermandosi di colpo. << Oh, no. Non ditemi che è morto, per favore. Chi la terrà a bada la ragazzina, adesso?>>

Hermione e Lisan si voltarono istantaneamente verso di lui. Ai piedi di Malfoy, accanto a tre Mangiamorte morti, vi era il corpo di Harry. Era sdraiato con il volto premuto sul pavimento e i capelli incrostati di sangue. Malfoy, con aria profondamente disgustata, lo punzecchiò con la punta della sua bacchetta. << Respira.>> riuscì a constatare, prima che Hermione gli assestasse uno spintone e si chinasse per esaminare il corpo di Harry.

Lisan la raggiunse con il cuore in gola, si accucciò al suo fianco e rimase in silenzio con gli occhi imperlati di lacrime, nell’attesa che dicesse qualcosa. Parla, cazzo. Dì che sta bene. Non aveva idea di quel che stava succedendo, né tantomeno di come avessero fatto a raggiungerli così velocemente. Era tutta colpa sua. Solo e soltanto sua.

<< E’ vivo.>> disse Hermione con un filo di voce. << Aiutatemi a voltarlo.>>

Insieme, tutti e tre, afferrarono delicatamente Harry e lo fecero rotolare sulla schiena. Il suo volto era gonfio e coperto di sangue, in altre circostanze Lisan l’avrebbe giudicato del tutto irriconoscibile.

<< Dobbiamo portarlo al San Mungo.>> disse Hermione. << Non sono in grado di curarlo. Non ho la minima idea di cosa gli sia successo.>> Strinse i pugni, i suoi occhi divennero due tizzoni ardenti.

<< Che cosa ne facciamo di tutti questi corpi?>> proruppe Draco. << Trovo alquanto improbabile che i babbani non abbiano sentito niente.>>

<< Di questo non bisogna preoccuparsi. Harry è il capo degli Auror, per la miseria, avrà schermato adeguatamente la sua abitazione con incantesimi protettivi!>> Hermione parlò senza mai staccare gli occhi da Harry. Gli afferrò una mano e la tenne stretta fra le sue. << Dobbiamo avvisare il Quartier Generale.>>

Fino a quel momento i due maghi si erano comportati come se Lisan fosse una presenza del tutto invisibile, o quantomeno della stessa importanza di uno dei cadaveri abbandonati sul pavimento. D’improvviso, Lisan si ritrovò i glaciali occhi di Draco Malfoy proiettati su di sé. La osservò per qualche lungo istante, penetrandole in profondità, come se fossero in grado di leggerle l’anima. 

<< Con i tuoi immensi poteri, sbarazzarti di quei Mangiamorte sarebbe stato un giochetto per una come te, o sbaglio?>>

<< Non me ne hanno dato il tempo.>> si difese Lisan.

<< Oh, certo. Avrebbero dovuto attaccarvi con più calma. Capisco perfettamente.>>

Lisan, che in altre circostanze sarebbe sobbalzata come una leonessa feroce, rimase in silenzio e abbassò lo sguardo. Si sentiva pienamente colpevole dell’accaduto. L’idea che Harry fosse in fin di vita per causa sua le fece precipitare un macigno pesante sullo stomaco.

<< E’ colpa mia.>> mormorò a mezza voce, mentre Hermione estraeva un aggeggio dorato simile a uno specchio portatile e lo utilizzava per chiamare i soccorsi. << Un gufo ha lasciato una lettera in giardino. Harry mi ha ordinato di rimanere in camera e di non uscire per nessun motivo. Ma non gli ho dato retta, ero curiosa di vedere cos’era, così l’ho raccolta e l’ho portata in casa.>>

<< Una Spettrolettera.>> disse Draco, che incrociò le braccia. << Ottimo espediente per rintracciare una stupida ficcanaso.>>

Hermione terminò la sua “chiamata”, se così si poteva definire. Ripose lo specchio in una tasca interna del mantello e sollevò il suo sguardo grave su Lisan, che era in piedi. Non aveva mai smesso di stringere forte la mano di Harry, che respirava a stento.

<< Le Spettrolettere all’apparenza possono apparire come normali missive, ma sono in grado di comunicare immediatamente al mittente il nome di colui che l’ha aperta e, ovviamente, il luogo dove esso si trova.>>

<< Per questo motivo Potter ti ha ordinato di startene buona in camera.>> sostenne acidamente Draco.

<< Aiutami, Malfoy.>> disse poi Hermione, irrequieta. << I miei colleghi saranno qui a momenti, ma non c’è tempo per aspettarli. Dobbiamo smaterializzarci subito in ospedale!>>

<< La ragazzina rimarrà qui, vero?>>

Lo sguardo eloquente di Hermione gli strappò uno sbuffo scocciato.

<< E va bene.>> borbottò Draco Malfoy. Agguantò senza troppi complimenti il braccio di Lisan, senza concederle il tempo di dire una sola parola. << Tieniti forte.>> sbottò.

E scomparvero nel nulla.

 

°*°*°*°

 

La civetta grigia spalancò le ali e si lasciò cadere in picchiata, sorvolando dall’alto le torri del nero castello ammonticchiato ai piedi di una cascata. Se non fosse stato per due, alti torrioni che svettavano nella nebbia, la costruzione poteva essere scambiata per un vecchio fortino di guerra. Le mura erano color pece e parevano un prolungamento della roccia viva nel quale il castello era stato scolpito.

Puntò dritto verso l’unica finestrella spalancata, situata sulla Torre Est. Il freddo era pungente e il vento sibilava sinistramente fra le piume delle sue ali.

Attraversò la finestra come un proiettile ma, al posto di una civetta infreddolita, in piedi nel corridoio illuminato da fiaccole comparve un uomo avvolto in un pesante mantello grigio. Aveva gli occhi incavati simili a due bottoni neri, il naso ricurvo ed aquilino.

L’uomo percorse a grandi passi il corridoio. Attraversò un piccolo arco di pietra, ai piedi di una maestosa scalinata, e si infilò attraverso uno stretto passaggio che lo condusse in una stanza semibuia. Era un ambiente rettangolare, fiancheggiato da torce accese che emanavano un bagliore tremolante. Un tappeto color verde bottiglia correva fino in fondo alla sala, dove s’inerpicava un piccolo rialzo sul quale era stato sistemato un trono. Un lungo tavolo di legno, in un angolo, era occupato da alcuni uomini incappucciati.

La sua comparsa fece precipitare la sala nel più profondo dei silenzi.

<< Benvenuto, Nadim.>> disse Bellatrix Lestrange, che sedeva con aria scocciata sul trono, il viso premuto contro il palmo di una mano e gli occhi quasi socchiusi. Aveva le gambe accavallate, coperte fino alle ginocchia dalla gonna in pelle nera. Faceva oscillare ritmicamente lo stivale dal tacco a spillo, contando ogni passo che separava Nadim dal suo trono.

<< Ce l’avete fatta?>> domandò Nadim, con voce roca.

<< Certo che no.>> sbottò acidamente Bellatrix, che si levò dal trono e discese rapida gli scalini, raggiungendo l’uomo che le arrivava in altezza di poco sotto il mento. Era una bellissima donna, ma i suoi lineamenti erano logori, quasi consumati. Gli occhi dilatati e cerchiati di nero e i capelli neri arruffati le donavano un aspetto del tutto folle.

<< Se fossi riuscita a mettere le mani su quella maledetta strega, non ti avrei convocato d’urgenza!>>

<< Ho fatto tutto ciò che mi avete ordinato, mia Signora.>> proseguì Nadim, che abbozzò ad un inchino ossequioso. << Ho visto la ragazzina raccogliere la Spettrolettera con i miei stessi occhi, mentre mi allontanavo in volo dall’abitazione di Potter.>>

<< Sei uno dei pochi sostenitori del Signore Oscuro degno di tal nome, Nadim. Hai sempre servito egregiamente la nostra causa.>> Il tono di Bellatrix si placò, divenendo più profondo. << Il primo tentativo è fallito, ma d’altronde quel Potter non è così stupido come sembra. Se la ragazzina non avesse abboccato alla nostra trappola, gli incantesimi che permanevano sull’abitazione ci avrebbero impedito ogni via d’accesso.>> Storse la bocca in una smorfia disgustata. Sfoderò la bacchetta da una tasca della veste e prese a giocherellarci, trattenendola tra gli indici nodosi. << Hanno abbandonato Londra, questo è certo. L’unico modo per rintracciare la ragazzina è trovare un Auror disposto a vuotare il sacco. Altrimenti sarò costretta ad usare le maniere cattive.>> E fece pressione con le dita, flettendo la bacchetta. << Il Signore Oscuro deve tornare.>>

<< Così sia.>> Nadim, a sentir nominare Voldemort, si promulgò in un altro profondo inchino. << Posso domandarvi, se mi è consentito , il motivo per il quale la Pozione della Fenice non ha avuto alcun effetto?>>

Gli occhi di Bellatrix si soffermarono in un punto indeterminato del pavimento. I Mangiamorte seduti al tavolo, il cui brusio di sottofondo rimbombava fin nelle volte più alte del soffitto affrescato, d’improvviso tornarono smunti e silenti.

<< Nessuno è mai risorto una seconda volta con la Pozione della Fenicie. Nessuno poteva prevedere quale sarebbe stato il risultato. La Pozione non ha funzionato, Nadim, ed io ne pago il fallimento in prima persona.>> Bellatrix fece scivolare la manica della veste verso il gomito, rivelando all’uomo la sua mano destra pallida ossuta. Era una mano d’oro. << L’insuccesso mi è costato una mano e la derisione dei Rinascenti. Io pretendo di riportare al mio fianco il Supremo Signore Oscuro e non sarà una stupida pozione a fermarmi, a costo di dover utilizzare ogni più piccolo frammento d’ossa di Potter e di quella stupida ragazzina.>>

<< Ed è il motivo per il quale mi ha avete convocato, dunque, mia Signora?>>

<< Tu andrai ad Hogwarts.>> sentenziò Bellatrix. << Le difese del castello, al momento, sono insormontabili per qualsiasi essere umano, Animagus, Nano o Folletto che abbia intenzione di accedere illegalmente oltre le sue mura. Come Codaliscia prima di te, utilizzerai le tue doti da Animagus per penetrare nel castello. Il Reparto Proibito della Biblioteca è l’unico luogo al mondo che custodisce la chiave per la Rinascita di Lord Voldemort.>>

<< E la ragazzina?>> domandò Nadim.

Pareva essere uno dei pochi eletti ai quali Bellatrix concedesse fiducia.

<< Un errore.>> sbottò lei, con tono isterico. << La credevamo morta.>>

<< Permettetemi, mia Signora, un’altra domanda. E’ veramente come lui?>>

Bellatrix si lasciò sfuggire una risata malvagia. << Quando abbiamo fatto irruzione in casa, è rimasta imbambolata come una stupida ad osservare i miei uomini che massacravano Potter. Lei racchiude dentro di sé l’ultimo frammento dell’essenza del Signore Oscuro, che si manifesta trasmettendole capacità magiche fuori dal comune. Ma è una babbana, Nadim, amico fidato.>> Serrò la mano d’oro in un pugno, la bocca semiaperta in un’espressione estasiata. << Una stupida, piccola e ingenua Babbana. Che, entro pochi giorni, sarà così gentile da sacrificarsi in favore della Rinascita del Mio Oscuro Signore.>>

 

*°*°*°*°


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Capitolo 9
*** Il Fabbricante di Bacchette ***


Capitolo 8

Il Fabbricante di Bacchette

 

“Due cose mi hanno sempre sorpreso: l'intelligenza degli animali e la bestialità degli uomini”
(Tristan Bernard)

 

Quando Harry riaprì gli occhi, aveva un forte male alla testa e la vista quasi del tutto annebbiata. Mosse un braccio a tentoni, sfilandosi le lenzuola di dosso, sporgendosi oltre la testata del letto per cercare i suoi occhiali sul comodino. Ma la sua mano vagò senza meta nel vuoto, accompagnata da quello che gli parve un urlo stridulo di sorpresa.

Pochi attimi dopo, Harry avvertì una presenza al suo fianco ed il campo visivo annebbiato gli fu del tutto ostruito da una sagoma scura.

<< Harry caro, finalmente!>> La familiare voce della signora Weasley rimbombò nelle sue orecchie. Avvertì una mano accarezzargli dolcemente una guancia. << Ron, George! Harry si è svegliato!>>

Due sedie grattarono sul pavimento, poi un susseguirsi frenetico di passi si avvicinò al suo letto.

<< Harry Potter!>> esclamò la voce allegra di George. << Se non avessi quella cicatrice sulla fronte – e ora non sarà la sola di cui dovrai preoccuparti – ti avrei scambiato per un babbano. Uno di quelli che stanno sulle riviste di moda. Non è vero, Ron?>>

<< George.>> lo redarguì aspramente sua madre, che parve assestargli una poderosa gomitata. << Lascialo respirare.>>

<< Tutto bene, Harry?>>

Riascoltare la voce di Ron gli riempì il cuore di gioia. Harry strizzò forte gli occhi e, lentamente, il viso lentigginoso di Ron Weasley gli comparve davanti, affiancato da George e dalla Signora Weasley dalle guance imperlate di lacrime.

Erano tutti e tre lì al suo fianco, esattamente come Harry li aveva lasciati. A dire il vero, sembrava che fossero trascorsi solo un paio di giorni dall’ultima volta che era stato alla Tana. Eppure erano passati sei mesi.

<< Cosa mi è successo?>> farfugliò Harry. Sentì la testa incredibilmente vuota.

<< Schiantato.>> rispose George, con naturalezza. La signora Weasley, accanto a lui, annuì energicamente.

<< Schiantato per bene.>> proruppe Ron. << Quelli del Quartier Generale non vogliono dirci una parola, ma hai tutta l’aria di uno che se l’è passata abbastanza male. Voglio dire, sono felice che tu ti sia ripreso, Harry. Ma non hai un bell’aspetto.>>

Harry lo guardò sconcertato. << Dov’è Hermione?>>

<< Al lavoro, ovviamente.>> rispose tetramente Ron. << Ci cose ben più importanti da sbrigare di un amico ridotto in fin di vita.>>

<< Adesso stai esagerando, Ronald.>> sibilò la signora Weasley. << Ti ricordo che, se non fosse stato per Hermione e Draco Malfoy, Harry non sarebbe mai arrivato vivo al San Mungo! E poi è rimasta al suo fianco tutta la notte, l’altro ieri.>>

<< Un momento.>> Harry si massaggiò la testa, lasciandosi ricadere indietro sul cuscino. << Da quanto tempo mi trovo in ospedale?>>

<< Tre giorni.>> rispose George.

<< Tre giorni?!>> urlò Harry in risposta, che tentò immediatamente di alzarsi. I ricordi tornarono vividi nella sua testa. Riportò alla mente l’attacco dei Mangiamorte, il letto rovesciato come una trincea ed il volto paralizzato dal terrore di Lisan, poco prima che venisse spedita contro il muro con uno schiantesimo. Una fitta di dolore allo stomaco, unito al pronto intervento di Ron, lo obbligarono a sdraiarsi. Era così debole che non avrebbe potuto muovere un solo passo.

Sudava freddo. La vista iniziò a venirgli meno.

<< Io sto bene.>> mentì, risuonando bugiardo perfino a sé stesso.

<< Non dire sciocchezze, caro.>> la signora Weasley gli rimboccò le lenzuola fin sotto il mento. << Hai bisogno di riposare. I medimaghi sono stati molto chiari in proposito. Assoluto riposo a letto per almeno una settimana.>>

<< Che cosa ha detto?>> biascicò Harry. << Lei è pazza!>>

Non gli era mai capitato di rivolgersi in quel modo alla madre di Ron, ma la signora Weasley accettò di buon grado quell’insolita reazione e congedò Harry con un affettuoso bacio sulla fronte. Poi rivolse a Ron e George un cenno eloquente. << Lasciamolo riposare.>> mormorò. << Povero caro, è una specie di calamita per i guai.>>

Harry non seppe quanto tempo trascorse nel dormiveglia, sospeso nel limbo di emozioni che aleggiavano leggere lontane dal suo corpo. Qualcuno entrò, parecchio tempo dopo, e gli prelevò del sangue inserendogli un ago nel braccio. Poi Harry ritornò solo a vagare nel nulla cosmico dei suoi pensieri, sentendosi vuoto e disperso come un neonato appena venuto al mondo. Iniziò a formulare i primi pensieri di senso compiuto quando ormai le tenebre erano calate fuori dalle finestre della sua camera d’ospedale. Al di fuori, nel corridoio, rumori di barelle cigolanti e brusii soffocati. L’odore di disinfettante gli era penetrato così a fondo nelle narici da averlo privato quasi del tutto dell’olfatto.

Poi, quando ormai Harry si era arreso all’evidenza, convinto di essere stato abbandonato per sempre su quel lettino, la porta della stanza si aprì.

Una mano premette sul lenzuolo all’altezza del suo petto. Scorse fra le lenzuola fino a sfiorare la sua, stringendogliela forte.

<< Hermione.>> sussurrò Harry, rincuorato. Una sensazione di calore gli si diffuse in tutto il corpo.

Hermione, che indossava la divisa d’ordinanza da Auror, lasciò cadere la borsa di pelle ai piedi del letto e si sporse per baciarlo sulla guancia. Afferrò una sedia e la trascinò al suo fianco. << Va tutto bene.>> gli disse con un sorriso. I suoi occhi color nocciola erano sereni e sinceri. Andava tutto bene davvero. << La Signora Weasley mi ha avvisata subito del tuo risveglio, ma non sono riuscita ad uscire dall’ufficio prima delle otto. Ti senti meglio, Harry?>>

<< Alla grande.>> mormorò Harry, che sollevò un pollice in segno affermativo.

<< Ti fa male?>>

<< Che cosa dovrebbe farmi male, Hermione?>>

Lei rimase in silenzio e strinse le labbra. << Oh.>> disse, dilatando gli occhi. Lentamente, come se quel gesto le costasse uno sforzo immane, raccolse la borsa sulle sue ginocchia e vi tuffò dentro una mano. << Ti prego, Harry, promettimi di non urlare.>>

Perché avrebbe dovuto urlare? Era sano come un pesce, forse ancora debole e bisognoso di riposo, ma pur sempre con tutti i pezzi attaccati al loro posto. Ricevette fra le mani un piccolo specchio rotondo, che Hermione estrasse dalla busta dei cosmetici.

Harry, con noncuranza, lo direzionò su di sé.

Urlare, a dire il vero, gli sembrò la cosa più naturale del mondo.

<< I miei capelli!>> ululò, disperato, portandosi la mano libera sulla nuca. Come aveva fatto a non essersene accorto prima? La sua testa era stata completamente rasata. Non aveva un solo capello degno di tal nome attaccato alla pelle. Gli parve di accarezzare una palla da biliardo ben levigata. << Cosa è successo ai miei capelli?!>>

Le sue dita incontrarono una superficie più ruvida. Seguì i suoi contorni con i polpastrelli, muovendo lo specchio di lato per osservarsi meglio. Una grossa cicatrice gli correva su un lato nella nuca, arrossata e in rilievo come il dorso squamoso di un dinosauro. Con profondo orrore, Harry lasciò ricadere lo specchio fra le lenzuola e rivolse a Hermione uno sguardo smarrito. Il suo aspetto era orribile.

<< Che cosa mi è successo?>> gemette.

<< L’importante è che tu stia bene, Harry. I capelli ricresceranno.>>

<< Potremmo chiamare Madama Olimpia della Bottega Crescicappa di Diagon Alley.>> azzardò Harry, speranzoso, che non smise di accarezzarsi la nuca rasata. << E’ riuscita a compiere un miracolo con il vecchio Gazza. Potrebbe fare lo stesso con me, giusto?>>

<< Era l’unico modo per poterti curare.>> Hermione lo fissò accigliata. << Trovo sciocco e infantile che un comandante Auror si preoccupi del suo aspetto estetico a tal punto da infischiarsene di tutto il resto. Ci sono cose più importanti.>> Si fissarono per qualche lungo istante. Hermione non riuscì a trattenere un sorriso. << E poi, Harry, non sei poi tanto male.>>

Scoppiarono a ridere entrambi.

Fu come ritornare ai tempi di Hogwarts. Harry per un attimo accantonò Lisan e il ritorno di Bellatrix, oltre al fatto di essere stato completamente rasato. Che cosa importava, in fondo? Aveva al suo fianco la sua migliore amica. Ed era vivo.

Hermione era visibilmente stanca. Ma, al contrario di Ron, sembrava di ottimo umore. Gli raccontò dell’irruzione dei Mangiamorte e di Bellatrix, che si era smaterializzata non appena Hermione e Draco erano corsi in loro soccorso.

<< Non sono una sprovveduta. E non mi fido di quella ragazzina. Le ho messo una spiocimice nella borsa, prima che ne andasse. Così sarei riuscita a rintracciarvi in qualsiasi momento!>>

La sua ferita alla testa, a quanto pareva, era stata causata da una maledizione. I Medimaghi non erano ancora riusciti a capire esattamente di cosa si trattasse. Ma erano certi che Harry fosse del tutto fuori pericolo.

<< Dobbiamo trovare quella puttana.>> sbottò Harry, senza mezzi termini.

<< E’ tutto sotto controllo, Harry. Adesso devi pensare a rimetterti in sesto.>> Hermione gli premette una mano sul petto e lo rispedì indietro sul cuscino, placcando il suo tentativo di rialzarsi. << La signora Weasley ha insistito per ospitare Lisan a casa sua. E’ stato un azzardo, certo, ma la Tana è protetta adeguatamente e Kingsley si è mostrato fin da subito favorevole. Per il momento ci siamo tolti un peso.>>

<< E’ stata ferita?>> domandò Harry, preoccupato.

<< A quanto sappia, no.>> fu la glaciale risposta della strega, che scrollò le spalle. << Io, nel frattempo, sono costretta a occuparmi di Malfoy. Manca poco più di una settimana alla riapertura di Hogwarts, dopodiché potrà tornarsene alla sua cattedra.>>

<< Devo tornare al lavoro.>> proferì Harry, deciso. << E tu devi convincere i medimaghi a dimettermi dall’ospedale.>>

<< Sai benissimo che non farò mai una cosa del genere, Harry.>>

Sì, lo sapeva molto bene. Ma aveva tentato inutilmente di corromperla. Come sempre. In quei casi Hermione era più irremovibile di un muro. 

<< Harry, te l’ho detto, è tutto sotto controllo. Per fortuna quella casa era solo un avamposto del Ministero, pensa a cosa sarebbe successo se i Mangiamorte avessero fatto irruzione a Notting Hill.>>

Al solo pensiero di vedere la propria casa distrutta, a Harry si raggelò il sangue nelle vene.

<< Ora cerca di dormire. Domattina Kingsley vuole farti visita per rivolgerti un paio di domande. Nulla di grave. I Mangiamorte che ti hanno attaccato sono tutti morti, non siamo riusciti a catturare nessuno. Ma loro, d’altro canto, non potranno più rintracciare Lisan in nessun modo. Siamo, per così dire, in una situazione di stallo.>>

Harry annuì. Iniziò ad avvertire fastidiose fitte di dolore alla testa. George aveva ragione: la sua vecchia cicatrice sulla sua fronte sarebbe stata in ottima compagnia.

 

 

*°*°*°*

 

Erano trascorsi cinque giorni dall’arrivo di Lisan Rowles al Ministero, ed erano accadute così tante cose da farli sembrare un’eternità. Un susseguirsi di avvenimenti imprevisti, di attacchi di Mangiamorte accertati o presunti, di segnalazioni allarmate da parte di cittadini che – grazie ai velenosi articoli del Profeta – si domandavano se Voldemort fosse morto davvero, o se fosse stato il Ministero della Magia ad aver insabbiato la questione etichettando Harry come l’eroe sopravvissuto.

L’idea del complotto aveva affascinato una generosa fetta di lettori grazie alle inchieste di Rita Skeeter. Quella cagna ficcanaso era un nemico ben peggiore di Bellatrix.

<< La ucciderò, un giorno o l’altro.>> dichiarò Hermione, che addentò nervosamente una fetta di bacon.

Di fronte a lei, le pagine aperte della Gazzetta del Profeta mostravano il volto di Harry Potter in prima pagina, sorridente mentre stringeva la mano a Kingsley Shacklebolt. Il titolo era inequivocabile: “Harry Potter: vita e segreti di un Auror

<< Uccidere Rita Skeeter?>> Il volto cupo di Draco Malfoy fece capolino dal giornale. Lo ripiegò distrattamente e lo depositò senza troppa cura sul tavolo, concentrandosi sulle sue uova strapazzate. << Impossibile. Mio padre ci ha provato almeno cinque volte, senza mai riuscirci. Avrà degli Horcrux, da qualche parte. O una Pietra della Resurrezione Tascabile.>>

<< Stavo solo scherzando.>> sbottò Hermione, torva.

Malfoy scrollò le spalle. I suoi occhi di ghiaccio sembravano essere attirati dal Profeta come una calamita.

<< Che cosa c’è scritto?>> lo incalzò Hermione.

Lui finse di non averla sentita. Addentò una tartina salata e masticò il boccone più a lungo del solito, fingendo disinteresse.

<< Ti ho fatto una domanda, Malfoy.>>

Il ragazzo, senza pronunciar parola, gli porse fra le mani il giornale.

<< E’ la solita spazzatura del complotto.>>

<< Pagina quattro.>> sbottò Malfoy.

L’articolo, che era corredato dalla foto a mezzobusto di una strega tarchiata con un grosso cappello a punta adornato con girasoli, occupava gran parte della pagina.

 

25 agosto. Triste anniversario per Rebecca Swinton.

I genitori dei neonati scomparsi durante la Prima Caduta del Signore Oscuro

non smettono di sperare

 

LONDRA – Oggi ricorre l’anniversario della Scomparsa del piccolo Tom Swinton-Trevors. A raccontarci la sua storia è la madre, Rebecca Swinton, segretaria presso lo stabilimento di Scope da Corsa Stellafreccia di Belfast. La sua battaglia dura da ormai diciassette anni.

All’epoca dei fatti Tom aveva appena compiuto tre mesi. “Eravamo a casa, in un quartiere babbano nei dintorni di Belfast. Ci eravamo trasferiti lì a causa del mio lavoro. Qualcuno, quella notte, è penetrato all’interno della nostra abitazione e ha rapito mio figlio” racconta Rebecca, visibilmente commossa. “Il Ministero della Magia ci ha assicurato che avrebbero aperto un’inchiesta, ma nessuno è mai riuscito a capire cosa realmente sia successo, né, tantomeno, chi è stato a prendere Tom.”

Diciassette anni dopo, Rebecca spera di riabbracciare suo figlio. E di avere delle risposte.

“Tutt’oggi io e mio marito non abbiamo la minima idea di quale possa essere stato l’esito delle indagini. Ci siamo mossi individualmente, per conto nostro, ed abbiamo scoperto che molti altri genitori disperati avevano denunciato la scomparsa dei propri figli. Tutti neonati, tutti provenienti da famiglie di maghi. E’ solamente un caso? Anche uno Schiopodo Sparacoda avrebbe dei dubbi.”

 

L’articolo proseguiva con la storia del piccolo Tom e di altri neonati strappati dalle braccia materne da uno “sconosciuto aggressore”, sottolineando più volte il silenzio del Ministero a riguardo, come se l’intenzione non troppo celata fosse quella di insabbiare la vicenda.

Hermione strappò di netto la pagina di giornale, la ripiegò fino a farla diventare delle dimensioni di un tovagliolo e se la cacciò in una tasca dei pantaloni.

<< Potrebbe tornare utile.>> disse. << Per scagionarti dall’accusa di omicidio.>>

<< Da quando in qua hai intenzione di aiutarmi, Granger?>>

<< Io non ti sto affatto aiutando.>> fu la sua risposta, fredda e velata. << Io sto semplicemente analizzando i fatti in modo oggettivo. Rapire dei neonati e usarli come cavie da laboratorio è un gesto orribile e disumano. Se tuo padre era il responsabile, non sono affatto dispiaciuta della sua morte. Ecco tutto, Malfoy.>>

<< Le tue parole mi commuovono.>> cantilenò lui, in tono irrisorio.

<< Finisci la colazione.>> tagliò corto Hermione, che diede un’occhiata all’orologio da polso. << Dobbiamo andare a prendere Lisan alla Tana.>>

<< Il tuo maritino Weasley la sta accudendo?>>

Aveva fatto centro, finalmente. Hermione strinse forte le labbra e incassò il colpo mascherando il dolore con un sorriso di scherno.

Evitò di dirgli che Ron era tornato alla Tana perché le cose tra loro non funzionavano ormai da un pezzo, che il loro matrimonio da un anno e mezzo era miseramente naufragato e che presto avrebbe fatto ritorno in quella casa per portar via le sue cose.

Il lavoro non le dava mai tregua. Era rimasta da sola in un’abitazione che aveva perso il profumo di famiglia e di zuccotti di zucca appena sfornati.

I suoi occhi color nocciola vagarono nel vuoto per qualche lungo istante, per poi tornare a soffermarsi imperturbabili e austeri sulle iridi di ghiaccio di Draco Malfoy.

<< Ci muoveremo con mezzi babbani.>> disse Hermione. << In modo da non essere rintracciabili dai Mangiamorte, che senz’altro staranno tenendo d’occhio i movimenti dei maggiori esponenti del Ministero. Nessuno al di fuori del Quartier Generale è a conoscenza della verità sulla morte di Lucius Malfoy, perciò è ipotizzabile che Bellatrix non sappia ancora il nome del responsabile. Ma dobbiamo stare attenti. Il minimo errore potrebbe compromettere l’operazione. E tu moriresti nel giro di un battito d’occhi.>>

Malfoy non si sentì molto rinfrancato dalle sue parole, ma non disse nulla. Nessun commento velenoso o sarcastico accompagnò la loro discesa lungo la rampa di scale a chiocciola che conduceva nel garage. Una Mini Cooper color azzurro metallico apparve loro dinnanzi quando scesero l’ultimo scalino. La bandiera del Regno Unito risplendeva sul tettuccio e gli specchietti erano verniciati di una tinta rosa antico.

<< Dobbiamo arrivare alla Tana su questo coso?>>

<< Sali.>> ordinò Hermione, che ignorò lo sguardo oltraggiato di Malfoy all’idea di metter piede su un’automobile.

Dieci minuti dopo la Mini era uscita dal garage e si era immersa nella fitta e intricata rete stradale di Soho, centralissimo quanto affollato quartiere di Londra. Ron si era da sempre dichiarato contrario all’acquisto di quel loft, ma l’aveva accontentata per via della vicinanza alle loro rispettive sedi di lavoro. Era stato ben felice di andarsene, pensò Hermione. Ed entro un’ora l’avrebbe rivisto alla Tana, in qualità di Auror.

 

*°*°*°*°*

 

Quando Harry fece il suo ingresso nell’ufficio del Ministro della Magia, quattro giorni dopo il suo ricovero al San Mungo, per lui fu come essere tornati a casa dopo un lungo viaggio. Nulla era cambiato dall’ultima volta che era stato lì. I quadri dei Ministri che avevano ricoperto l’incarico prima di Kingsley erano ammonticchiati sulle pareti, gli uni sugli altri, fin quasi a raggiungere l’alto soffitto a volta.

Kingsley levò lo sguardo al di sopra della pergamena sulla quale stava facendo scorrere la penna d’oca. << Bentornato.>> disse, con un sorriso composto.

Harry non aveva intenzione di perdersi in convenevoli. << Voglio essere reintegrato in servizio, Kingsley.>>

Il Ministro della Magia intinse la penna d’oca nel calamaio incastonato nello scrittoio, tornando a tracciare eleganti ghirigori d’inchiostro sulla pergamena. << Sono felice che tu stia meglio.>> asserì, senza staccare gli occhi dal suo lavoro. << Era prevedibile che mi avresti domandato di tornare al lavoro. La tua determinazione, forse, supera la tua naturale propensione per i guai. E di questo ne sono molto orgoglioso, Harry, si chiaro. Tuttavia >> Cessò di scrivere e levò il suo sguardo autorevole su Harry. << Non posso riabilitarti al servizio finché non sarai idoneo. E’ la Legge, Harry. Non posso fare altrimenti.>>

Harry strinse i pugni. Era palesemente indignato dal trattamento che Kingsley gli aveva riservato, come se fosse un qualsiasi segretario del Primo Livello alle prese con un brutto mal di schiena. Lui era il comandante del dipartimento, maledizione.

Kingsley rispose tacitamente con una scrollata di spalle. << La colpa è mia, in fondo. Ti ho sempre concesso carta bianca. Con l’attacco dei Mangiamorte al rifugio di Wilwood Grove ho capito i miei errori. Hai rischiato di morire a causa della mia fiducia smisurata.>>

<< Ora sto bene.>> tagliò corto Harry, stizzito. << Posso riavere il mio distintivo, per favore?>>

<< No, mi dispiace.>>

Ci fu un concitato istante di silenzio. L’aria era così tesa da essere tagliata a fettine con un coltello. Harry prese un respiro profondo, ignorando l’ira che si faceva largo dentro di lui. << Quanto devo aspettare prima di rientrare al Quartier Generale?>>

<< Questo, ovviamente, dipende da te.>> Kingsley rovistò in un cassetto. Ne estrasse una busta color acquamarina che recava il sigillo del San Mungo e gliela porse con un gesto garbato. << Il Dottor Medimago Capo Farewell mi ha indirizzato questa missiva subito dopo averti dimesso dall’ospedale. Sostiene che sei ricorso alle minacce per ottenere una sua dichiarazione firmata, è così?>>

<< Non ho minacciato nessuno.>> si difese Harry. << Sto bene. Ho ventisei anni e sono in grado di capire autonomamente se sono in grado di lavorare. Non ho certo bisogno della diagnosi di un Medimago.>>

<< Molto bene.>> Kingsley ripiegò la lettera e la gettò nel caminetto spento. Con un colpo di bacchetta, esso s’infiammò impetuosamente e ridusse in cenere la missiva del San Mungo. << Il fatto che il Medimago Capo Farewell sia cugino di primo grado con Rufus McDowell, che hai sbattuto ad Azkaban per associazione oscura, è una valida attenuante. Tuttavia, fino a prova contraria, il tuo capo sono io.>>

Harry annuì, frastornato. Non aveva la minima idea di dove Kingsley voleva andare a parare.

<< Trascorrerai due settimane di convalescenza a Fell’s Church, sotto il Programma di Protezione, con le false sembianze di un anziano dipendente del Ministero in pensione. Laggiù c’è la base operativa del Distaccamento Ricerche sulle Arti Oscure, potrebbe esserti utile per le indagini.>>

Harry lo ascoltò esterrefatto. << Mi stai dicendo che dovrò andarmene in un paesino sperduto a indagare segretamente su Bellatrix in attesa di poter essere riabilitato?>>

<< Sto cercando di aiutarti, Harry.>>

<< No, Kingsley. Stai cercando di dimostrare al Ministero che tratti tutti esattamente nello stesso modo. E intanto, senza che nessuno lo sappia, mi permetti di lavorare alle indagini. E’ iniziata la campagna elettorale, per caso?>>

Kingsley ripose con cura la penna d’oca in un astuccio di pelle viola. Ripiegò la pergamena che stava scrivendo e la siglò con la ceralacca scarlatta del Ministero, imprimendovi con forza l’anello d’argento che portava all’indice.

<< Guardami, Kingsley.>> ringhiò Harry. << Io non sono uno stupido elettore. Perché stai facendo questo?>>

<< Per il tuo bene.>> si limitò a rispondere il Ministro della Magia. << E ora, se non ti dispiace, ho delle faccende urgenti da sbrigare.>>

Harry non se lo fece ripetere due volte. Abbandonò a grandi passi l’ufficio senza rivolgergli il saluto. I suoi occhi verdi traboccavano d’ira e le mani strette lungo i fianchi tremavano senza alcun controllo.

<< Verrai trasferito a Fell’s Church domattina.>> strepitò la voce di Kingsley, alle sue spalle, prima che Harry richiudesse pesantemente la porta.

 

 

*°*°*°*°*

 

Il bussare frenetico alla porta della Tana distolse l’attenzione di Lisan dalla sua colazione, ed il suo cuore ebbe un sussulto. Abbandonò immediatamente la ciotola di latte con Cioccalderoni e balzò giù dalla sedia, osservando di soppiatto Ginny che si avviava ad aprire.

La sua speranza discese fin sotto le suole delle sue All Star logore quando, dall’ingresso, comparve la figura alta e flessuosa di Hermione Granger, seguita a ruota dall’immancabile Malfoy. Per la prima volta da quando li aveva conosciuti, entrambi vestivano abiti normali.

<< Come sta Harry?>> chiese Ginny ai due maghi, mentre li invitava ad entrare.

<< E’ stato dimesso dal San Mungo ieri pomeriggio.>> rispose Hermione. << Ma dovrà rimanere a riposo per almeno quindici giorni in un luogo sicuro. Le ferite di una maledizione non guariscono in un batter l’occhio.>>

<< Oh, certamente. Portategli i miei saluti, se lo vedete.>> Ginny aveva un’aria frastornata. << Accomodatevi.>> Levò una mano e fece loro cenno di precederla in cucina, dove lei e Lisan fino a quel momento si erano intrattenute a far colazione sperimentando i dolciumi di Mielandia.

Lisan, che aveva scoperto di adorare le Cioccorane, ora possedeva almeno cinquanta figurine di Maghi e Streghe famosi. Gran parte di essi erano doppioni che Ginny le aveva gentilmente donato dalla sua collezione.

<<… mi dispiace interrompere la vostra colazione, ma Kingsley ci ha ordinato di scortare Lisan a Diagon Alley per comprare tutto l’occorrente per Hogwarts.>> stava dicendo Hermione. << La professoressa McGranitt mi ha fornito la lista dei libri di testo.>>

Lisan tornò a sedere a suo posto e finse con cura di non averli origliati. Rivolse a Hermione e Malfoy un glaciale cenno di saluto del capo, concentrandosi con tutta sé stessa sulla confezione colorata di Cioccocalderoni.

<< I tuoi abiti puliti sono in lavanderia.>> le disse Ginny, con un sorriso gentile, mentre entrava in cucina sistemandosi la maglia del pigiama. << Corri a cambiarti. Abbiamo perso fin troppo tempo con le Figurine!>>

<< Dov’è Harry?>> proruppe Lisan.

<< Sta bene. Non devi preoccuparti per lui.>> tagliò corto Hermione. << Ti aspettiamo nel cortile. Ti accompagneremo a comprare l’occorrente per la scuola.>>

<< Ma io non ho soldi.>> obiettò Lisan.

<< Sarai sovvenzionata dal Ministero della Magia. Ora vai a cambiarti.>>

Lisan obbedì senza replicare. Mentre si infilava una maglietta e i jeans puliti, ripensò a quanto Harry l’avesse aiutata. Lei non poteva ricambiare in nessun modo, e si sentì piccola e inutile. 

Durante la permanenza alla Tana, che le era parsa meravigliosa a confronto del trattamento riservatole dagli Auror del Ministero, nessuno era stato autorizzato a dirle cosa fosse accaduto a Harry. “E’ in ospedale, presto verrà a trovarti” si era limitata a dirle Ginny, un pomeriggio, durante una passeggiata al Colle dell’Ermellino. E la signora Weasley aveva aggiunto che, in ogni caso, Lisan in quella casa era al sicuro e avrebbe potuto rimanerci per tutto il tempo che voleva.

Erano maghi completamente diversi dai pomposi e professionali segugi del Quartier Generale. La facevano sentite una di famiglia. L’unico a non averle suscitato una particolare simpatia era Ron. Se ne stava sempre per conto suo nella sua stanza al terzo piano, uscendo solo durante i pasti e per andare al lavoro. Per il resto Lisan trascorreva la maggior parte del suo tempo insieme a Ginny.

Non sapeva che lavoro facesse, ma aveva un sacco di tempo libero. Insieme, in quei giorni, si erano prese cura del giardino della Tana. Ginny le aveva insegnato a sbarazzarsi degli Gnomi che si nascondevano fra le sterpaglie e a cavalcare un manico di scopa. Anche se, a dire il vero, all’inizio Lisan era riuscita a malapena a staccare i piedi da terra. Le era sembrato fantastico. Il cibo, poi, era letteralmente straordinario.

Una sera, all’insaputa della signora Weasley, Ginny era entrata nella sua stanza con due bottiglie di Burrobirra ghiacciata. Avevano bevuto e chiacchierato a lungo. Ginny le aveva raccontato che suo fratello Ron era il marito di Hermione Granger, e che ultimamente aveva deciso di fare ritorno alla Tana per colpa di alcune incomprensioni familiari. “Spero che tutto si risolva per il meglio.” aveva concluso Ginny, preoccupata. Ma si era sbagliata di grosso, o almeno quella fu la prima impressione alla vista dello sguardo arcigno che Hermione aveva dipinto sul volto, come una severa professoressa in attesa di bacchettare i propri studenti.

Lisan salutò Ginny con un abbraccio. La strinse forte, avvertendo l’innata sensazione di vuoto all’idea di abbandonare la seconda persona che si fosse mostrata amichevole nei suoi confronti.

<< Non ti preoccupare. Ci rivedremo presto.>> Ginny le strizzò l’occhio. << Ti riporteranno qui. Trascorrerai alla Tana gli ultimi giorni prima della partenza.>>

Lisan si sentì rincuorata. Uscì fuori di casa e seguì Hermione e Malfoy nel cortile, dov’era parcheggiata una Mini Cooper. Scorgere un’automobile alla Tana era fuori luogo come un elefante in uno stagno, eppure l’idea di raggiungere Diagon Avenue, o come diavolo si chiamava, a bordo di quel piccolo bolide azzurro non le dispiacque affatto.

Durante il viaggio nessuno parlò. La tranquilla vallata circondata da colline erbose fu sostituita, fuori dal finestrino, da un’autostrada che correva diritta verso Londra. Lisan si accoccolò sul sedile posteriore e finì per addormentarsi. Sognò che cinque Mangiamorte la stavano inseguendo lungo un corridoio senza fine. Più lei correva, più i nemici alle sue spalle si facevano vicini. Quando uno dei due la afferrò per il collo ed iniziò a scuoterla, fra le sue grida, Lisan aprì gli occhi di scatto e scoprì che Malfoy l’aveva svegliata con una leggera gomitata.

<< Siamo arrivati.>> annunciò.

Hermione era già scesa e stava armeggiando con un parchimetro. Quando ebbero sistemato il tagliando color senape all’interno dell’auto parcheggiata, si avviarono nel traffico londinese immergendosi nella folla di pedoni che assiepavano i marciapiedi di Charing Cross Road.

Percorsero mezzo miglio prima che Hermione si degnasse di spiegarle dov’erano diretti.

<< Diagon Alley è invisibile all’occhio degli esseri umani privi di poteri magici.>> le disse. Lisan notò che era l’unica a pronunciare raramente la parola Babbani.

Giunsero di fronte ad un vecchio pub dall’aria malconcia chiamato il Paiolo Magico. La gente vi passava distrattamente davanti senza prestarvi la minima attenzione.

Hermione e Malfoy la scortarono all’interno del locale, che era piuttosto buio e dimesso. Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchiere di sherry. Una di loro era visibilmente ubriaca. Poco più in là, seduto su una botte, un ometto dalla folta barba argentea stava fumando una pipa, emettendo nell’aria densi anelli di fumo. Stava chiacchierando con il barman, un uomo calvo e sdentato, che – non appena notò la loro presenza – interruppe bruscamente la conversazione.

<< Comandante Granger. Professor Malfoy.>> mormorò con tono ossequioso, accennando ad un inchino del capo. << E’ un piacere ospitarvi al Paiolo Magico. In cosa posso esservi utile?>>

<< Siamo qui di passaggio, Tom.>> disse Hermione. << Dobbiamo passare dall’altra parte.>>

Un attimo dopo, ignorando gli sguardi curiosi dei presenti, trascinarono Lisan nel minuscolo cortile del retro e Malfoy richiuse pesantemente la porta alle proprie spalle. Era un cubicolo angusto, sbarrato da uno spesso e alto muro di mattoni. Hermione, che con una mano tratteneva Lisan come se temesse che potesse sfuggirle, sfoderò la bacchetta e con la sua punta sfiorò alcune mattonelle. Esse presero a vibrare e spostarsi. In breve, tutti i mattoni iniziarono a diradarsi quel tanto che bastava da lasciar vuoto uno stretto passaggio all’interno del muro.

Lisan oltrepassò l’apertura dopo la strega. Draco chiudeva il terzetto e anch’egli estrasse la bacchetta da un elegante fodero di velluto che portava legato alla cintola.

Diagon Alley, agli occhi di Lisan, fu una meraviglia inaspettata.

Era una via tortuosa che serpeggiava senza una fine visibile, fiancheggiata da negozi e botteghe di ogni tipo. Una marea di maghi e streghe assiepava la strada e le vetrine. Decine di gufi planavano sopra le loro teste, trasportando lettere e piccoli pacchetti.

Una bottega al loro fianco vendeva calderoni di ogni tipo. Poco più in là, a sinistra, l’emporio chiamato “Il Serraglio Stregato” aveva esposto ogni sorta di animale. Una moltitudine di gabbie era accatastata ai lati dell’ingresso ed ognuna di esse conteneva gufi, rospi, serpenti e civette. L’attenzione di Lisan fu attirata da un grosso e maestoso gufo reale dal manto fulvo, elegantemente poggiato sul trespolo dietro la vetrina. Aveva un aspetto saggio e orgoglioso.

<< Questo posto è… wow.>> si limitò a bofonchiare Lisan, e d’improvviso si sentì come un’impacciata liceale alle prese con il suo primo giorno di scuola.

Hermione, che sembrava intenzionata a non perdere tempo, la accompagnò subito da Madama McClan, abiti per tutte le occasioni, dove acquistarono due divise scolastiche e un cappello a punta da strega. Era pieno zeppo di ragazzini dall’aria spaesata che se ne stavano goffamente ritti sui piedistalli in attesa che la sarta facesse provare loro le nuove divise. Draco le aspettò fuori e, quando uscirono dalla bottega, scoprirono che aveva appena acquistato un calderone e un grosso set di provette di vetro.

<< A Hogwarts mi insegneranno a mescolare pozioni?>> domandò Lisan, speranzosa.

Lui le regalò uno sguardo accigliato. << Non dovrai imparare a mescolare semplici pozioni, Rowles.>> sbottò. << Le Pozioni non sono un passatempo, ma una disciplina.>>

<< E chi sarà il mio professore?>> lo incalzò lei, che mise da parte la diffidenza per lasciar posto alla più ingenua e morbosa curiosità.

<< Io.>> rispose Malfoy, con leggerezza, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. << E non sperare in un trattamento di favore. Se non dimostrerai impegno come tutti gli altri studenti, non esiterò a divenire il tuo peggiore incubo.>>

Non aveva dubbi, a dire il vero. Ma preferì tenere quel commento per sé.

Proseguirono le compere al Ghirigoro, antica libreria anch’essa discretamente affollata. Hermione estrasse dalla borsetta una pergamena dov’erano elencati tutti i libri di testo e, nel giro di mezz’ora, una pila di volumi rilegati in pelle si aggiunse al calderone e alle divise per la scuola.

<< Dove andiamo adesso?>> domandò Malfoy, che stringeva due borse per mano e sembrava infastidito da tutta quella folla che lo urtava da ogni parte.

<< Da Olivander.>> disse Hermione. << Accompagnala tu, per favore. La mia scorta di Vermicoli Tignosi si sta esaurendo. Faccio un salto all’Emporio delle Erbe. Ci vediamo davanti alla Gringott.>>

Anche se non aveva capito pressoché nulla di quel che aveva detto Hermione, Lisan si limitò ad annuire stupidamente e la osservò sparire nella folla.

<< Che cos’è un Vermicolo Tignoso?>> chiese a Malfoy, ma lui la afferrò per un braccio e la condusse da Olivander senza concederle una risposta.

Quest’ultimo negozio, a dispetto dei precedenti, era angusto e sporco. Un insegna a caratteri d’oro sbiaditi sopra la porta diceva “Olivander. Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 A.C.” Era un luogo molto piccolo. Lisan e Malfoy fecero il loro ingresso accompagnati dallo scampanellio della porta, ma dovettero attendere lunghi istanti prima che una figura umana e scarna li accogliesse.

Olivander, il fabbricante di bacchette, era un uomo esile con una folta chioma di capelli bianchi. Le sue pupille erano vitree e si soffermarono a lungo su di lei, osservandola così intensamente da scavarle all’interno dell’anima.

<< Professor Malfoy, è un piacere rivederla.>> esordì. << Qualcosa non funziona per il verso giusto nella sua nuova bacchetta, professore?>>

<< No, affatto.>> si limitò a rispondere Draco. << Purtroppo mia cugina, che si è trasferita in Inghilterra da poco, ha avuto uno spiacevole incidente e la sua bacchetta è andata distrutta.>> Batté meccanicamente la mano sulla spalla di Lisan e la sospinse verso il bancone. << Sono sicuro che il signor Olivander abbia esattamente ciò che fa al caso tuo.>>

<< Non c’è alcun dubbio, professore.>> ribadì ossequiosamente Olivander. I suoi occhi profondi tornarono a squadrarla attentamente. << Quale mano utilizzi per impugnare la bacchetta?>>

<< Sono mancina.>> rispose Lisan.

Lui estrasse da un taschino del gilet di tweed un centimetro, con il quale prese a misurarle il braccio sinistro. Pronunciò ogni misura a voce alta, ed un taccuino sospeso a mezz’aria prese ad annotarsi da solo ad ogni sua parola. Dopo pochi istanti Lisan scoprì che Olivander era scomparso. Il centimetro continuò a svolgere il suo compito autonomamente misurando, oltre alla lunghezza delle sue dita, anche la distanza dal suo braccio sinistro alla spalla, e la distanza dal gomito fino alla punta delle dita.

Nel frattempo Olivander si era arrampicato su una ripida scaletta ed aveva iniziato a frugare fra decine di scatolette ordinatamente ammonticchiate le une sulle altre in enormi scaffali.

<< Americana, non è vero?>> fece Olivander, che giunse al bancone con le mani piene di scatole. << Ebbene, non conosco nessun mago di quelle parti che sia in grado di eguagliare la leggendaria arte anglosassone della fabbricazione di bacchette. Non rimarrà delusa, signorina… come ha detto che si chiama?>>

<< Ashley.>> si affrettò a rispondere Draco, che si era accomodato su una seggiola vicino alla vetrina polverosa. << Ashley Malfoy.>>

<< Tipico nome americano.>> Olivander sorrise a denti stretti, estrasse la prima bacchetta da una scatola e gliela porse delicatamente fra le mani. << Noce. Nove pollici e mezzo. Flessibile. Corda di cuore di drago.>>

Lisan lo fissò attonita, senza sapere minimamente cosa fare. << Su, la agiti!>> la esortò Olivander. Lei obbedì, ma non accadde nulla. Impugnare un ramoscello di legno raccolto nel bosco avrebbe sortito lo stesso effetto. Aveva davvero dei poteri magici?

<< Non si preoccupi.>> la tranquillizzò Olivander, notando la sua apprensione. << E’ la bacchetta a scegliere il mago. Provi questa.>> E le porse un’altra bacchetta, poco più grande della precedente. << Salice. Dieci pollici e mezzo. Leggermente flessibile. Crine di Unicorno.>> Niente. Nessun segnale o sprazzo di magia degno di nota. Così accadde con le altre ventiquattro bacchette magiche che le passarono fra le mani. Solo una di esse emise leggeri bagliori argentati, ma Olivander gliela strappò di mano ancor prima che Lisan potesse accorgersene.

<< Un cliente difficile. Ma non deve tormentarsi, signorina. Credo di avere qualcosa che faccia al caso suo. Anche se, effettivamente, i Malfoy non hanno mai maneggiato una tipologia del genere.>> 

Lei non era affatto una Malfoy, e d’improvviso capì perché le aveva rifilato bacchette sempre sbagliate. Olivander fece ritorno con una scatola polverosa. Prima di estrarre la bacchetta rimase lì immobile a rimirare la copertina lucida dell’involucro. << Sambuco. Dieci pollici e mezzo. Leggermente flessibile. Piuma di Fenice.>>

 Quando Lisan la impugnò una sensazione di calore le si diffuse in tutto il corpo. Fu come se la bacchetta fosse diventata un naturale prolungamento del suo braccio. La agitò leggermente, e dorate scintille sgorgarono dalla punta come una cascata di coriandoli.

<< Eccellente!>> esclamò Olivander, sollevato. 

Malfoy pagò dieci galeoni d’oro e venti falci d’argento la bacchetta. Fece scorrere un braccio attorno alle spalle di Lisan e la trasse a sé, prima che Olivander potesse rivolgerle altre domande. << Le auguro una buona giornata.>>

<< Anche a lei, professore.>> Poi Olivander si rivolse a Lisan e, durante l’inchino, le parve che il negoziante le avesse strizzato l’occhio. << E a lei, signorina Malfoy, che è stata scelta dopo quasi mezzo secolo da una bacchetta avente le medesime caratteristiche di quella impugnata da Voldemort.>>

Quella frase, anche se non ne comprese a fondo il significato, la turbò. Fu trascinata fuori dal negozio e la luce del sole parve accecarla.

<< Cosa voleva dire Olivander?>>

<< Troppe domande.>> sbuffò Draco. << Ti spiegherò tutto quando saremo a Hogwarts. Per ora ti basti sapere che la tua presenza alla scuola di magia e stregoneria è, ovviamente, un segreto. Pertanto assumerai le sembianze di un’altra persona. Ashley Malfoy per l’appunto, mia cugina di secondo grado appena trasferita in Inghilterra. Con questo espediente della parentela ti portò tenere maggiormente d’occhio.>>

<< Ma io ho diciassette anni, sono più grande degli allievi del primo anno.>>

<< A questo la magia può porre rimedio.>> tagliò corto Draco. << Oh, eccola laggiù. Sta arrivando la Granger.>>

Hermione comparve nella calca di maghi e streghe trascinando con sé le borse con le divise e il calderone. Lisan notò la presenza di una grossa gabbia, che la strega sembrava trasportare con un grande sforzo. Al suo interno c’era il maestoso gufo reale che aveva visto nella vetrina del Serraglio Stregato.

<< La McGranitt ha detto che non era necessario.>> commentò aspramente Malfoy.

Hermione li raggiunse e lasciò ricadere tutti gli incartamenti a terra, emettendo un sospiro di sollievo. << Oh, taci, Malfoy.>> sbottò. Si riavviò la folta chioma di capelli castani all’indietro. I suoi occhi color nocciola indugiarono per qualche istante su Lisan. Notò che stringeva fra le mani la sua nuova bacchetta magica. << Durante l’addestramento potrai difficilmente varcare le mura del castello, perciò ho pensato che, ecco, avessi bisogno di un gufo per comunicare con il Quartier Generale.>>

<< Ma è bellissimo.>> commentò Lisan, estasiata. E, senza alcun preavviso, colma di gioia all’idea di possedere per la prima volta un animale così straordinario, mollò a terra le sue borse e la abbracciò.

Hermione dapprima rimase di sasso e si irrigidì. Poi, lentamente, le batté qualche colpetto sulla schiena, finché Lisan non si allontanò. << Dovrai prenderti cura di lui. E’ una responsabilità, certo, ma sono felice che tu abbia apprezzato questo dono.>>

<< Amo gli animali.>> mormorò timidamente Lisan. Non ne fu del tutto convinta, ma le parve che gli occhi della strega si fossero illuminati. Poi il cipiglio professionale da Auror tornò a farsi insistente sul suo volto. Hermione la aiutò a radunare tutte le borse e proseguirono le compere a Diagon Alley. Lisan guidava il terzetto perdendosi da una vetrina all’altra, tenendo stretta la gabbia con il suo nuovo gufo.

<< Ha un nome?>> domandò, mentre transitavano davanti ad un negozio che vendeva scope da corsa. Un magnifico esemplare di Firebolt 4 era esposto in vetrina, oscurata in gran parte dalla folla di ragazzini vocianti.

<< Credo di no.>> rispose Hermione. << Come vorresti chiamarlo?>>

<< Gandalf.>> disse Lisan, sicura. Aveva un aspetto saggio ed orgoglioso e quel nome gli calzava a pennello. Ignorò lo sguardo confuso di Draco e s’avviò con passo deciso lungo il ciottolato. Sentì Hermione, alle sue spalle, che spiegava al biondo il significato di quel nome. <<… libro babbano. Ha venduto milioni di copie.>> gli stava dicendo a bassa voce. << Io l’ho letto.>> soggiunse poi. E forse, constatò Lisan, Hermione Granger non era poi così acida e severa come voleva farle credere.

 

*°*°*°*°


NOTE DELL'AUTORE

Grazie mille ai due commentatori dell'ultimo capitolo. Grazie ad Argent per il supporto che non smette mai di offrirmi. In particolare grazie anche a LutherBlisset, spero con tutto il cuore che le tue analisi della storia siano sempre critiche e molto "professionali", ciò mi aiuterebbe molto a migliorare. E grazie, infine, a TopGunForever, che mi ha letteralmente smontato ogni più piccola parte della effe effe, criticandola in lungo e in largo. Magari un giorno riuscirò a sorprenderla :D

Perdonatemi eventuali inesattezze o errori di battitura,  non ho molto tempo a disposizione e spesso, nelle riletture, ometto troppi errori grammaticali. (Alzi la mano chi odia Word e la sua innata demenza senile cronica nella correzzione automatica del testo XD)

Un abbraccio a tutti, aspetto le vostre recensioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Hogwarts ***


`•.¸¸.•´´¯`••._.• NOTE DELL’AUTORE `•.¸¸.•´´¯`••._.•

 Mi scuso per l'ennesimo ritardo, ma sto studiando per l'esame. (unitamente al praticantato semi part-time da un geometra). Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, e spero che a voi piacerà altrettanto leggerlo. 
E' un passaggio importante per l'evolversi della trama, siamo dopo la metà della effe effe e, all'incirca, direi che il Gran Finale potrebbe aggirarsi attorno al capitolo 15 o 16, a seconda della mia ispirazione. 
Non voglio scrivere una Divina Commedia questa volta, credo di avervi abbastanza tediato con Destinty: Nel ricordo dei suoi occhi, con oltre trenta capitoli. ^^

Ho in progetto un restlyling completo della Effe Effe, scritta tra una pausa di studio e l'altra, o nelle ore tarde della sera. Ci sono molti errori che vorrei evitare, e mi scuso già ora di questo inconveniente. 

Al momento NON ho un Beta Reader. Faccio tutto da sola. E credo si veda, ci sono molti errori ^^ Se c'è qualche volontario, alzi la mano! :D 

 

Capitolo 9

Hogwarts

 

La via più rapida per porre fine a una guerra è quella di perderla.

(George Orwell)


I giorni che la separavano dalla partenza per Hogwarts trascorsero molto lentamente. Lisan passò la maggior parte del suo tempo insieme a Gandalf nel giardino del retro della Tana. Imparò discretamente a maneggiare il vecchio manico di scopa dei Weasley e lo utilizzò per seguire Gandalf durante i suoi voli notturni. Sembrava esserle profondamente grato per averlo liberato, ed ogni tanto faceva ritorno nella sua camera da letto portandole in dono topi morti o bisce di campagna.

Lisan pensò spesso a sua madre. L’idea che migliaia di chilometri le separassero le faceva male, ma era l’unico modo per mettere fine a quegli incidenti. Quello era il suo mondo, era riuscita a trovare persone come lei che potessero insegnarle a controllarsi. Si promise che, al termine dell’Addestramento, sarebbe tornata negli Stati Uniti.

Infine, arrivò la vigilia della partenza.

La signora e il signor Weasley, insieme a Ginny, prepararono una deliziosa cena all’aperto e trascorsero insieme la serata raccontando a Lisan divertenti aneddoti risalenti alla loro esperienza scolastica. Tutti i maghi d’Inghilterra avevano frequentato quella scuola, che godeva di un prestigio indescrivibile.

<< Fai attenzione alle scale, cara. Cambiano spesso direzione.>> le disse la signora Weasley, mentre servivano il dessert a base di Torta di Mele e Cornetti Balzerini alla crema. Quest’ultimi sembravano comuni brioche farcite, ma avevano la brutta abitudine di saltellare qua e là per la tavola. << A seconda del giorno o del periodo della giornata, possono condurti in posti differenti.>>

<< E dimenticati gli aggeggi babbani come i telefonetti o i lettori musicali.>> soggiunse Arthur Weasley, che sedeva a capotavola. << A Hogwarts non ne avrai bisogno. Se ne hai voglia, ovviamente, potresti lasciarli alla Tana. Mi occuperò personalmente di conservarli nel magazzino degli attrezzi.>>

<< Oh, Arthur, smettila con questa storia!>> sbottò la signora Weasley.

<< Solo se ne ha voglia, Molly.>> proseguì il marito, sulla difensiva. E tornò a rivolgersi a Lisan con una strizzatina d’occhio. << Vedi, sono molto interessato al vostro mondo. Voialtri siete così pieni di sorprese. Le automobili, poi, sono quelle che preferisco in assoluto! Harry possiede due modelli di automobili molto costosi, ogni tanto mi porta a Londra a fare un giro.>>

Harry. Dov’era finito? Come stava? Presto, in un modo o nell’altro, l’avrebbe scoperto.

La cena si protrasse fino a tardi. A mezzanotte la signora Weasley sparecchiò tavola con un colpo di bacchetta e ordinò di andare tutti a dormire, perché l’indomani si sarebbero dovuti svegliare presto. Nessuno le spiegò come avrebbero fatto a raggiungere Hogwarts, ma Lisan aveva la pancia così piena e la testa ciondolante dal sonno che preferì adagiarsi sulla sua brandina nella vecchia camera di Ginny, addormentandosi quasi subito.

La speranza che Harry Potter comparisse sulla soglia della Tana per accompagnarla a Hogwarts si affievolì il mattino seguente, quando Hermione e Malfoy fecero il loro puntuale ingresso in casa accompagnati da un Auror che Lisan non aveva mai visto prima, che disse di chiamarsi Devin. Aveva l’aspetto di un ragazzino appena uscito dalle superiori, un fisico minuto e parecchie lentiggini sul naso.

<< Normalmente gli studenti arrivano a Hogwarts in treno.>> le spiegò Hermione, mentre Malfoy e Ginny la aiutavano a chiudere e imbustare tutti i bagagli. Il giorno prima avevano chiuso tutti i vestiti, i libri di testo e gli oggetti per la scuola di Lisan in un grosso baule consunto, che Malfoy trascinò a fatica giù per le scale.

<< Ma tu non sei una studentessa normale, e viaggiare sull’Espresso comporterebbe il rischio di mettere a repentaglio la vita di molti altri studenti. I Mangiamorte potrebbero rintracciarti, perciò utilizzeremo delle scope volanti protette.>>

<< Ginny mi ha insegnato a volare.>> disse orgogliosamente Lisan, ma in risposta ottenne solo uno sguardo severo.

<< Non avrebbe dovuto.>> sentenziò Hermione. << Fingerò di non aver sentito. Viaggerai insieme a Malfoy. Io e Colbert vi faremo da scorta. Sei pronta?>>

<< I miei bagagli?>> strepitò Lisan. << E Gandalf?>>

<< Gandalf dovrà restare in gabbia, temo. Lo porterai con te. I bagagli verranno rimpiccioliti e trasportati nella mia borsa. Durante l’ultima trasvolata abbiamo perduto un baule sui tetti di Birmingham. Non ci tengo a ripetere l’esperienza.>>

Detto fatto, giunse il momento di partire. Lisan costrinse a malincuore Gandalf ad entrare nella gabbia. Abbracciò la signora Weasley e Ginny, strinse calorosamente la mano al signor Weasley e ringraziò tutti per l’ospitalità, promettendo di spedire settimanalmente lettere alla Tana.

Ginny, mentre si salutavano, le aveva infilato un pacchetto incartato in una tasca, e fece ben attenzione a non farsene accorgere dagli Auror.

Lisan salì a bordo del manico di scopa intarsiato di Malfoy, gettando un’ultima occhiata alla Tana. Malfoy e Ginny si scambiarono un freddo cenno di saluto.

<< Ci vediamo a Hogwarts.>> sbottò Malfoy. << Quest’anno la Coppa sarà nostra.>>

<< Speraci.>> replicò gelidamente Ginny, le braccia conserte.

Ron, com’era prevedibile, non si fece vedere. Era rinchiuso da almeno due giorni nella sua stanza e non si era nemmeno degnato di salutarla.

I tre manici di scopa decollarono e le figure dei Weasley sulla soglia di casa si fecero sempre più piccole, fino a divenire tre minuscole macchiette inghiottite nella semioscurità dell’alba. Il sole rossastro si stava levando dal Colle dell’Ermellino, tingendo d’oro i versanti delle colline tutt’intorno.

Lisan si strinse alla schiena di Malfoy per paura di precipitare nel vuoto. Al contrario del vecchio manico di scopa dei Weasley, quelle avevano tutta l’aria di essere delle Firebolt.

Viaggiarono a lungo, mantenendosi in una serrata formazione, senza scambiarsi molte parole. Nel primo pomeriggio atterrarono in un vasto campo deserto immerso nella brughiera inglese e pranzarono con sandwich al tonno e Zuccotti di Zucca. Lisan scoprì che l’incarto di Ginny nascondeva una confezione di Gelatine Tuttigusti+1. Le gustò segretamente durante in volo nel tardo pomeriggio, tenendo stretta a sé la gabbia di Gandalf.

Le Firebolt iniziarono a diminuire di quota solo verso sera. Lisan, elettrizzata, cercò di individuare nei dintorni una costruzione che le ricordasse una scuola, ma l’unica presenza artificiale era un villaggio ammonticchiato vicino a un grande lago nero, circondato da alte montagne innevate. Scesero maggiormente di quota e Lisan notò che i tetti delle case erano tutti appuntiti, gli edifici in legno e pietra stretti gli uno contro gli altri come un’antica borgata medievale. Il cartello appeso su una staccionata recava la scritta “Hogsmeade

Atterrarono in un campo di patate nelle vicinanze di una vecchia stalla. Riposero le scope dietro alcune balle di fieno e si affrettarono verso i vicoli del paese.

<< Utilizzeremo un passaggio segreto.>> disse Hermione. << Niente domande, per ora. La Preside McGranitt sarà lieta di fornirti tutte le spiegazioni di cui hai bisogno.>>

Le strade erano semideserte. Raggiunsero un vecchio casolare fatiscente, la cui insegna cigolante sopra la porta diceva “Testa di Porco”. All’interno regnava un odore di stantio.

<< Siete in ritardo.>> sentenziò il vecchio barista dietro il bancone, che aveva una volta barba bianca così lunga da essere fermata all’interno della cintura.

<< C’era un brutto temporale. Abbiamo dovuto virare verso Bristol.>> si giustificò Hermione. << Notizie dal fronte, Abertforth?>>

<< Nessuna.>> fu la tetra risposta. << Gli uomini di Chandra hanno setacciato a lungo i boschi attorno a Hogwarts, senza risultati.>>

Hermione estrasse il baule in miniatura dalla borsa e lo riportò alle sue dimensioni originali. Gandalf, all’interno della gabbia, emise un urlo stridulo e sbatté forte le ali contro la grata.

<< Aberforth Silente è un fidato collaboratore del Quartier Generale.>> le disse Hermione, che le posò una mano sulla spalla. << Il nostro compito è terminato. Da questo momento in poi la tua custodia è affidata alla Preside di Hogwarts. Buona fortuna, Lisan.>> Diede un colpetto affettuoso alla gabbia di Gandalf, per poi avviarsi verso l’uscita. Malfoy la seguì in silenzio.

<< Vigilanza costante.>> disse Abertforth a mo’ di saluto. << Professor Malfoy, la invito a farmi visita durante l’anno scolastico.>>

I due maghi avevano raggiunto l’uscita. Hermione si raccomandò un’ultima volta di essere tenuta informata sul suo addestramento. Poi, dopo un ultimo cenno di saluto, la porta si richiuse e Lisan si ritrovò sola in compagnia del vecchio mago, che aveva tutta l’aria di odiare quella sua nuova veste da fidato collaboratore.

<< Seguimi.>> borbottò, e la condusse attraverso uno stretto passaggio che conduceva nel retrobottega. Era una stanza spoglia, l’unico addobbo era un quadro dalla cornice in ottone appeso ad una parete. Al suo interno, abituata a scrutare figure in movimento, non c’era stranamente nulla al di fuori di un paesaggio campagnolo.

<< Dovrebbe essere qui a momenti.>> disse Aberthfort Silente.

Ed infatti, in quel momento, qualcosa nel dipinto cambiò: un gatto soriano dall’espressione intelligente avanzò lungo il sentiero, percorrendo con passo spedito la distanza che lo separava da Lisan. Che assurdità. Penso lei. Non può certo uscire fuori dalla cornice! E invece fece molto di più. Quando il gatto fu abbastanza vicino, la tela emise un cigolio ed iniziò ad aprirsi scorrendo sui cardini incastonati nel muro, fino a rivelare un piccolo passaggio buio. Il gatto soriano era lì, in carne ed ossa, ritto sulle zampe posteriori.

<< Buonasera, Preside McGranitt.>> Il vecchio mago si chinò in un profondo inchino.

Dove un attimo prima vi era il gatto soriano, Lisan notò la presenza di una strega. I cerchi che l’animale aveva attorno agli occhi avevano la stessa forma dei suoi occhiali a mezzaluna poggiati sul naso adunco. Era alta, il suo aspetto non più giovane appariva solenne e severo.

<< Buonasera, Preside.>> mormorò Lisan, insicura.

La McGranitt la scrutò imperturbabile dalla testa ai piedi. Sotto il mantello color verde bottiglia, la sua mano impugnava la bacchetta magica. << Mi segua, signorina Rowles.>> disse, severa, e fece scomparire i suoi bagagli nel nulla. << I suoi effetti personali verranno trasferiti nella sua camera. La invito a lasciare il suo gufo qui. Il signor Abertforth si occuperà personalmente di ricondurlo al castello.>>

Lisan la seguì all’interno del buco del ritratto, che era così stretto da consentire a stento il passaggio di un adulto.

<< Il comandante Granger mi ha informata debitamente sui fatti. Capirà bene, signorina Rowles, che la sua convocazione a Hogwarts rappresenta un’eccezione. Lei ha diciassette anni, mentre gli studenti del primo anno ne hanno undici. Ho predisposto un piano che le consenta di accedere al suo addestramento senza essere in alcun modo riconosciuta. Il professor Malfoy le ha già accennato qualcosa?>>

Lisan scosse il capo. << In effetti, no, signora Preside.>>

<< Questo passaggio segreto è stato restaurato dopo la Seconda Guerra Magica, durante la quale era stato completamente distrutto. Conduce direttamente nel mio ufficio. Eseguirò un incantesimo trasfigurativo sul suo volto, signorina Rowles. Dovrà sembrare un’undicenne, esattamente come tutti gli altri.>>

Lisan annuì, ma le sue gambe si fecero più molli del previsto e dovette faticare per starle dietro. Camminarono per dieci interminabili minuti, finché il passaggio buio e stretto non sfociò in una stanza quadrata dove un enorme Gargoyle di pietra piantonava l’unica uscita.

<< Liquerizie Bollenti.>> disse la McGranitt, e la bestia di bronzo scivolò pesantemente su un lato, lasciando loro libera la strada.

Risalirono una ripida scala a chiocciola adornata ai lati con splendidi arazzi antichi. L’ufficio della Preside McGranitt era situato in un torrione. Era un ambiente molto ampio, pieno zeppo di pesanti librerie stracolme di volumi. Alle spalle della scrivania in legno massiccio, oltre una piccola rampa di scale, c’era un grosso telescopio d’oro.  

<< Le ricordo che la sua presenza a Hogwarts non è vincolante. Il Ministero le garantisce asilo politico ed un’adeguata protezione, ma di certo non la obbliga a studiare. Se è venuta qui per riscaldare il banco, l’avviso fin da subito che la scelta più saggia è fare ritorno a casa.>>

<< Voglio padroneggiare al meglio i miei poteri magici, signora Preside.>>

<< Mi chiami Professoressa.>> la esortò la McGranitt. Detto ciò, in modo sbrigativo, sfoderò la bacchetta. << E’ pronta?>>

<< Mi farà male?>> gemette Lisan.

<< Non più del dovuto. Ora chiuda gli occhi.>>

Lisan eseguì l’ordine e, con le gambe tremanti ed il fiato corto, rimase impalata sul posto vicino alla scrivania della Preside in attesa che l’incantesimo compisse il suo effetto. Subire un ringiovanimento non doveva essere poi tanto male.

Sentì la McGranitt pronunciare una formula a lei sconosciuta, e fin da subito una sostanza umida simile alla gelatina entrò in contatto con la sua pelle. Non volle aprire gli occhi per nessun motivo. Un prurito fastidio le invase la faccia. Naso, orecchie, occhi e guance iniziarono a deformarsi lentamente, senza che avvertisse il minimo dolore. Fu una sensazione assurda e magnificamente bizzarra.

<< Dimentichi il suo vero nome, almeno per ora, d’ora in avanti a scuola lei acquisterà il nome di Ashley Malfoy.>> le spiegò la McGranitt, che non sembrò ammettere repliche. << Ho sparso la voce fra gli studenti del quinto anno che una parente del nostro professore di Pozioni giungerà a Hogwarts. Come lei ben saprà, non c’è modo migliore per diffondere una notizia. Tutti gli studenti ormai saranno a conoscenza della sua storia e ciò le fornirà un’ottima copertura.>>

Lisan annuì, frastornata. Non aveva ancora avuto modo di guardarsi allo specchio. Si tastò il volto con le mani, ma ad un primo contatto non notò nulla di significativamente diverso nei suoi lineamenti.

La McGranitt fece comparire dal nulla un minuscolo specchio portatile e glielo porse con un gesto frettoloso. << Non c’è molto tempo, signorina Rowles. Lo Smistamento inizierà a momenti. Indossi la sua divisa.>>

Ma Lisan era troppo impegnata a scrutare il suo nuovo volto da undicenne per prestarle la minima attenzione. Sollevò gli occhi da quell’assurda visione solamente quando, pochi istanti più tardi, il pesante portone d’ingresso si aprì cigolante e sulla soglia comparve la figura di un uomo avvolto in un mantello blu pervinca. Aveva il naso adunco e ammaccato, piccoli occhi vitrei ed una rada chioma di capelli color paglia spettinata. Avanzò zoppicando verso la McGranitt, rivolgendole un cenno di saluto con il capo. La sua corporatura robusta e ingobbita lo faceva rassomigliare ad un grosso pachiderma ferito.

<< Il Professor Jones la accompagnerà alla Sala Grande.>> disse la McGranitt.

Lisan si cambiò nel ripostiglio dell’ufficio e, come un cane obbediente, seguì quello strano individuo. Si ritrovò a passeggiare lungo bui corridoi di pietra al fianco di quello strano individuo, che non disse una sola parola durante l’intero tragitto. Discesero ben quattro rampe di scale, raggiungendo un atrio quadrato dov’erano esposte decine di armature medievali. Grandi arazzi pendevano dal soffitto, così alto da non intravederne la fine.

<< Aspetti qui.>> borbottò il professor Jones. I suoi occhi rotearono guardinghi su di lei, come se temesse che, da un momento all’altro, Lisan si trasformasse in un’enorme lucertola squamosa e lo attaccasse alle spalle. << E, per cortesia, non si muova.>>

Lisan lo vide sparire giù per una rampa di scale. Qualcosa, dentro di lei, si accese. Fuoco vivo. Rabbia latente. Era stata sballottata come un misero pacco postale da estranei che l’avevano etichettata come “La pazza fuori controllo”, o “La protetta del Ministero”. Che cos’era lei per la Preside? Un ordine da rispettare, punto.

I suoi pensieri vennero interrotti da un’altra figura. Stranamente, in quella Scuola di Magia, il giovane uomo che le comparve dinnanzi aveva tutta l’aria di una persona normale, di un giovanotto facilmente individuabile fra le strade di Londra in attesa dell’autobus o fra le vetrine di un centro commerciale. Era tarchiato e indossava un maglioncino dal quale trapelava il colletto ordinato di una camicia. Alle sue spalle, l’eco sordo di centinaia di passi che scalpicciavano lungo le antiche rampe di scale di pietra. Nel giro di pochi istanti si ritrovò circondata da una calca di studenti.

Il loro vociare venne interrotto dall’uomo con il maglioncino, che levò in alto una mano per farsi notare dalla folla. << Silenzio, per favore.>> disse, con voce amichevole, sfoderando un sorriso cortese. << Il mio nome è Neville Paciock, e sarò il vostro insegnante di Erbologia.>> Trasse un sospiro, come se conoscesse quel discorso a memoria. << Vi ricordo che non è permesso condurre all’interno del castello animali vietati dal Regolamento. Potete portare con voi solo un gufo, un gatto un rospo. Alcuni passaggi sono al momento in fase di ristrutturazione. Dopo lo Smistamento, il signor Gazza si preoccuperà di fornirvi una mappa di Hogwarts per aiutarvi a raggiungere più agevolmente le lezioni.>> Detto ciò colpì con la bacchetta il pesante portone intarsiato alle sue spalle, che si spalancò mostrando loro la Sala Grande. I racconti estasiati di Ginny non le facevano abbastanza giustizia: era uno dei luoghi più incantevoli che Lisan avesse mai visto. Decine di centinaia di candele aleggiavano a mezz’aria sopra quattro lunghi tavoli di legno, attorno ai quali sedevano tutti gli studenti delle quattro case. In fondo, su un palco di legno rialzato, c’era il tavolo degli Insegnanti preseduto dalla Preside McGranitt. Al suo fianco una sedia vuota – probabilmente destinata al professor Paciock. Tra gli insegnanti, seduta accanto all’ingobbito e burbero professor Jones, c’era una figura femminile dai capelli rossi intenta a chiacchierare allegramente con un enorme gigante barbuto.

Lisan trasalì. Era Ginny Weasley.

<< Da questa parte, prego!>> Neville la agguantò delicatamente per un braccio, invitandola a proseguire nel corridoio lasciato libero dalle tavolate.

Il loro ingresso aveva gettato la Sala Grande in un silenzio concitato.

In fondo, di fronte agli sguardi del corpo docente, era stato sistemato uno sgabello sul quale era adagiato un vecchio capello da mago dall’aria consunta. Molti studenti lo guardarono con aria incuriosita e ammirata di chi la lunga a riguardo, gustandosi con apparente divertimento le espressioni terrorizzate dei ragazzi appena giunti al castello.

Neville si schiarì la voce ed estrasse un foglio di pergamena ripiegato da una tasca dei pantaloni. << Quando sentirete il vostro nome, recatevi allo sgabello, per favore.>>

<< Professor Paciock.>> lo interruppe la McGranitt. E indicò il vecchio capello con un cenno eloquente del capo.

<< Domando scusa, professoressa.>> Sembrava uno studente troppo cresciuto, dall’aspetto giovane e un po’ impacciato. Si passò meccanicamente una mano nella chioma di capelli castani. << Prima dell’inizio della Cerimonia dello Smistamento, il Cappello Parlante – come ogni anno – ci riserverà la Canzone di Apertura.>>

Il vecchio capello, accompagnato da scrosci di applausi, si animò. Uno dei suoi grossi strappi scuciti si aprì in uno smagliante sorriso.

 

Son sogno,o son desto?

Il mio animo è puro ed errante

Il mio aspetto è consunto e modesto

E la mia saggezza pura e danzante

 

Gli anni oscuri sono ormai un ricordo

Pietra su pietra Hogwarts è rinata

La colpa fu di un mago malvagio ed ingorgo

La cui sorte, in fortuna, fu beffata

 

Hogwarts, Hogwarts, sempre più forte

Un eco compatto e vociante

Le bugie su questo sgabello han le gambe corte

Farò di ognun di voi uno studente esemplar ed aitante

 

E’ forse Grifondoro il vostro futuro?

Culla di cuor e coraggio

Di talento e di animo puro

L’amicizia per costoro sarà certo un vantaggio

 

O, magari, Tassorosso,

dove chi alberga è giusto e leale

la cui costanza è infinita

ed il duro lavor non è innaturale

 

Oppure Corvonero, saggio e studioso

Talentuoso e pronto di mente

Regna sovrano e mai ozioso

Come si confà a simil gente

 

Ultimo, e non per importanza

C’è Serpeverde, ragazzi miei

Tra costoro ci sono amici in abbondanza

Studenti astuti ed affatto babbei

 

Dunque, venite senza paura

E mettetemi in capo all’istante

Con me sarete in mani sicure

Perché io sono il Cappello Parlante!

 

 

Al termine della Canzone ci fu un altro caloroso scroscio di applausi, poi il professor Paciock levò la pergamena e iniziò l’appello degli studenti.

<< ANDERSON Gillian.>>

Una ragazzina dall’aria timida, con un grosso paio di occhiali spessi che le incorniciavano il volto e i capelli tutti arruffati, avanzò goffamente e sedette sullo sgabello. Paciock gli calò il capello parlante sulla testa, lasciando intravedere solo la punta del suo naso.

<< Serpeverde!>> strepitò il cappello, dopo una lunga riflessione.

<< Che strano.>> commentò un ragazzo alle spalle di Lisan, che aveva un marcato accento irlandese. << I genitori di Gillian lavorano entrambi al Ministero, e discendono da una famosa stirpe di Corvonero.>>

Lisan si volse, e i suoi occhi di una delicata sfumatura violacea incrociarono i suoi, a mandorla e sottili. Sotto la chioma corvina spettinata faceva capolino un viso fine, quasi femmineo. Il suo tono era composto e garbato.

<< Spero di andare a Grifondoro.>> proseguì, difilato. << Lì c’è stato Harry Potter. Lui si che è diventato un grande mago.>>

Una fitta profonda le accartocciò lo stomaco al ricordo di Harry. Ovviamente, non avrebbe dovuto parlarne con anima viva. Perciò finse vago interesse annuendo appena, e tornò a concentrarsi sullo Smistamento. ANNETH Jhoanne e BAILEY Thomas erano stati assegnati ai Tassorosso.

<< Come ti chiami?>> domandò il ragazzo dai lineamenti orientali.

Lisan si volse. Sperò con tutto il cuore che si fosse rivolto a qualcun altro, ma con suo tremendo stupore scoprì che stava guardando lei.

<< Li… Ashley.>> bofonchiò, sentendosi un’idiota. << Ashley Malfoy.>>

<< GRIFONDORO!>> urlò in quell’istante il Cappello Parlante, facendola trasalire. Ci fu un boato e grida festaiole dal tavolo scarlatto ad accogliere il nuovo arrivato Richard Baker.

<< Per tutti i Troll d’oltremanica!>> esclamò il ragazzo, e parecchie paia di occhi fra i nuovi arrivati si posarono su Lisan. << Sei la cugina di Draco Malfoy!>>

<< Io… ecco… non ci tenevo molto a dirlo in giro, a dire il vero. Ma…>>

<< E’ un onore conoscerti. Dico sul serio.>> Lui le agguantò una mano e la strinse energicamente fra le sue. << Mi chiamo Kawanari Foster. Ma tutti quanti mi chiamo Kyo. I miei nonni paterni sono giapponesi. Mio padre ha lasciato Osaka e si è trasferito in Inghilterra per frequentare l’Università di Medicina. Un Babbano come tanti, penserai! Poi si è innamorato di una strega.>>

Parlava a macchinetta e si chiese come facesse a riprendere fiato. << Tutti quanti dicono che il professor Malfoy sia il degno erede di Piton. Lo conoscerai senz’altro no? Un valoroso combattente della Seconda Guerra. Harry Potter ha insistito perché gli facessero una statua, qui a Hogwarts.>>

<< DAVIES Athena!>> chiamò il professor Paciock.

Una ragazza bionda al fianco di Lisan, che aveva ascoltato di sottecchi la loro conversazione, avanzò nella calca di mantelli e andò incontro al Cappello Parlante.

<< Serpeverde!>>

Lo Smistamento proseguì a ritmo serrato, il numero di studenti del primo anno in trepidante attesa diminuì velocemente.

<< FOSTER Kawanari!>>

Al ragazzino, che fino a quel momento aveva mostrato un piglio deciso e sicuro di sé, sembrò svanire tutta la saccenteria dimostrata nei suoi discorsi. Divenne pallido come un tovagliolo e, lentamente, avanzò verso lo sgabello come se ciò rappresentasse un patibolo di morte. Sedette nervosamente e gli venne calato il Cappello Parlante, che impiegò molto tempo per sancire la decisione. Lisan sentì il cappello borbottare, indeciso sul da farsi. Infine, con un sospiro, annunciò: << Serpeverde!>>

Kawanari parve molto deluso e s’avviò avvilito verso i suoi nuovi compagni.

Dopo di lui furono smistati tre Tassorosso, un Serpeverde e ben sette Grifondoro. In quell’istante, sommerso dagli applausi dei Grifondoro per la nuova arrivata McGeady Amanda, il professor Paciock si schiarì la voce e lanciò un’occhiata intensa ai colleghi seduti al tavolo degli Insegnanti.

<< MALFOY Ashley.>>

La sua voce risuonò nel silenzio e tutto il vociare della Sala Grande scomparve nel nulla, come se fosse stato risucchiato dal tasto “Off” di un telecomando. 

Era il suo turno. Anche se aveva diciassette anni e non si considerava una ragazzina da un bel pezzo, le sue gambe faticarono a reggerla mentre si incamminava verso lo sgabello. I suoi occhi indugiarono sui Professori: il gigante barbuto sembrava tifare per lei e le strizzò l’occhio; Ginny sollevò di nascosto un pollice, come per tranquillizzarla; Draco Malfoy, invece, stava rimirando attentamente gli intarsi del calice di vino che sorreggeva in mano e se infischiò letteralmente della sua sorte.

<< Come sta Harry?>> le domandò il professor Paciock, sottovoce, mentre le calava il cappello sulla testa.

<< Non lo so.>> bofonchiò Lisan, agitata. Il Cappello le copriva gli occhi e non riuscì a vedere più niente. Udì solo una voce, sogghignante e profonda, che le penetrò nella testa.

<< Mmm… difficile. Molto difficile.>> sospirò il Cappello Parlante. << Erano quasi sessant’anni che non avvertivo nulla di simile, Lisan. C’è talento quanto basta per decidere in fretta la tua sorte. Ma…>> e s’interruppe, emettendo un suono a metà tra una risata roca ed un colpo di tosse. <<… avverto uno “spaccamento”, come se una parte di te fosse del tutto estranea dal resto. Come se possedessi due anime, Lisan. E’ curioso, non trovi?>>

L’aveva già smascherata. Come iniziò non fu dei migliori.

<< Coraggio da vendere, vedo. E una testolina niente male. C’è molta rabbia in te, Lisan. Voglia di riscatto e ambizione in abbondanza, non v’è dubbio! Sì, ho deciso…>> E, più forte, strepitò: << Serpeverde!>>

 

 

*°*°*°*°*

 

La sua nuova dimora di Fell’s Church era poco più grossa di una roulotte da campo ed aveva l’aspetto di una minuscola villetta decadente. Harry attraversò il giardino incolto, sognando di trasferirsi stabilmente da qualche parte nel Kent lontano da occhi e orecchie indiscrete. Invece era stato costretto a vivere in quel cubicolo per due, interminabili settimane. Perlomeno la sua testa completamente rasata, coperta a dovere da un cappello con la visiera dei Blackburn Rovers, l’avrebbe aiutato a non essere riconosciuto.

Svuotò le sue cose al piano di sopra, nella piccola stanzetta umida occupata solo da un armadio, una scrivania, una piccola sedia e dal letto che pareva una branda militare.

La suoneria del telefonino interruppe i suoi pensieri e si ritrovò a tastare ogni tasca della felpa per trovarlo. Maledetto I-phone. << Pronto?>> mormorò Harry.

<< Mi dispiace, Harry.>> disse Hermione dall’altra parte. << Voglio dire, un po’ te la sei cercata.>>

<< Ti ringrazio immensamente per il supporto morale.>>

<< Non ti ho certo telefonato per rincarare la dose, stavo solo cercando di dirti che trattare male il Ministro della Magia non è una mossa intelligente, ecco tutto.>>

<< Come procede al Quartier Genere?>> domandò Harry, che s’incastrò l’I-phone tra la spalla e l’orecchio e vagò per la camera alla ricerca di un attaccapanni.

<< Stamattina siamo andati alla Tana, abbiamo prelevato Lisan e l’abbiamo portata a Hogwarts. Scope volanti, mezzi non intercettabili. Neville mi ha appena spedito un gufo: l’hanno smistata a Serpeverde.>>

Harry soffocò una risata. << Chissà perché, ciò non mi sorprende affatto.>>

<< Per un po’ non dovremo preoccuparci di lei. E’ al sicuro e imparerà a controllarsi. Nel frattempo, Harry, sai benissimo che non sei stato spedito a Fell’s Church senza motivo. Se fossi in te, domattina, farei un salto alla biblioteca.>>

Harry trovò quel che stava cercando sotto il letto. Si rialzò goffamente e appese la felpa nell’armadio, sollevando una coltre di polvere nell’aria.

<< Qui è nata Bellatrix Lestrange. E qui, da qualche parte, avrà lasciato di sicuro qualche indizio interessante sul suo passato, che ci consentirà di capire dove si nasconde, o quantomeno cos’abbia in mente. Conosco la prassi, Hermione. Fino a poco tempo fa, ero il tuo comandante.>>

Dall’altra parte si udì un sospiro sommesso. Poi l’Hermione Orgogliosa tornò a farsi sentire prepotentemente nella sua voce altera. << Se fossi in te, eviterei in futuro di trattare in quel modo Kingsley. O ti troverai senza lavoro.>>

<< Non accadrà mai più, Herm. Ero stanco e nervoso.>>

<< Preoccupato per Lisan, forse.>> soggiunse lei, con una punta di accidia. << Ti lascio al tuo lavoro. Sono sicura che ne avrai molto, viste le condizioni in cui sarà la casa. E’ disabitata da oltre due anni. Ci abitava Alarick Jones, prima che si trasferisse a Hogwarts.>>

<< Quasimodo Jones?>> fece Harry di rimando.

<< Oh, Harry, piantala. E’ un ottimo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.>>

<< Quand’è lucido e non farnetica di essere inseguito da Disennatori, probabilmente.>>

<< Ci sentiamo domani.>> tagliò corto lei. << Attendo notizie da Fell’s Church.>>

<< Buonanotte, Hermione.>> mormorò Harry, ma scoprì che lei gli aveva appena attaccato il telefono in faccia.

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`•.¸¸.•´´¯`••._.• RINGRAZIAMENTI `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Un grazie enorme a Scar, la mia felicità di leggere le sue recensioni dopo così tanto tempo è paragonabile a quella del mio Harry di fronte ad un'automobile nuova.
Grazie a TopGunForever, come al solito, che mi sopporta. Grazie a PrincessCake, che non ha ancora letto la mia storia, nonostante ripeta ogni santo giorno che lo farà.
Grazie a LutherBlisset, un bacione alla mitica Argent e quei maledetti rincorri palloni che hanno deciso di scioperare, privandomi per una domenica della mia passione più grande.

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