Rinoceronte

di smary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Allucinazioni uditive ***
Capitolo 2: *** Fate giganti ed eroi incompetenti ***
Capitolo 3: *** Regali di compleanno poco appropriati e disastri in casa ***
Capitolo 4: *** Domande senza risposta ***



Capitolo 1
*** Allucinazioni uditive ***


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E così, prendendomi un attimo di respiro, sono tornata all'attacco con una nuova fanfiction!
Prima di tutto, desidero spiegarvi da cose nasce il titolo di questa ff.
Perché “Rinoceronte”? E' molto semplice! Dovete sapere – se qualcuno ha già letto qualcosa di mio probabilmente l'avrà già notato – che i titoli delle mie storie sono piuttosto stupidi: o sono troppo lunghi, o non c'entrano un fico secco con la ff. Spesso esclamavo:" Un giorno avrò una “crisi da titoli” così grave che utilizzerò la prima parola che mi verrà in mente, come rinoceronte, per esempio!". Alla fine mi sono affezionata così tanto a questa frase da voler davvero attuare l'idea...
In effetti, è la prima volta in vita mia che scrivo una fanfic partendo dal titolo!
Ma ora, si aprano le danze!
                                             smary

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.




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RINOCERONTE

I. Allucinazioni uditive





Se c'era una cosa che Arthur odiava, quella era lo zoo.
Non c'era nulla di più terrificante di tutte quelle mascelle aperte, di quelle code ciondolanti, di quegli occhi spenti, di quelle piume multicolori, tutti ammassati in gabbie.
Da una parte, provava pena per quei poveri animali. Dall'altra, ne era un po' disgustato.
“Pessima igiene” pensava, senza nemmeno rendersi conto che probabilmente nel loro habitat naturale gli animali non erano soliti fare la doccia tutti i giorni.
Ed ora doveva andarci. Tutta colpa di quell'idiota di Alfred.
«Ti va di andare con me allo zoo?»
Era un debole e lo sapeva.
Se avesse avuto un po' di amor proprio, gli avrebbe risposto che no, non ci sarebbe andato perché lui detestava quel posto, e che piuttosto che acconsentire si sarebbe dato fuoco.
Ma si era ritrovato a rispondere con voce gentile, che sì, certo, era un'idea fantastica.
A dir la verità, non sapeva nemmeno lui dire perché gli avesse detto di sì. Forse era stato il troppo alcol che aveva bevuto nel giro di una mezz'ora, quel giorno. Forse era stata l'espressione entusiasta di quello stupido americano – perché era così, era uno stupido e per di più era americano, che significava che non poteva esserci niente di peggio al mondo.
O forse, era perché era innamorato di quell'idiota, e non vedeva l'ora di poter stare da solo con lui per un po'.
Ma, per quanto lo riguardava, allo zoo non si poteva stare soli. C'erano sempre tutte quelle famigliole con bambini urlanti che chiedevano a gran voce un pappagallo. Non una foto di un pappagallo, ma uno vivo e reale. C'erano le scolaresche che ti travolgevano come una mandria inferocita di bufali – perfettamente intonata al luogo, in effetti. C'era sempre una coppietta di anziani nonnetti che sembrava essere andata allo zoo con l'unico scopo di starti tra i piedi.
E soprattutto, c'erano gli animali. Come si può pensare ad un appuntamento romantico mentre hai a cinque metri da te un leone che spalanca la bocca mettendo in mostra dei denti terribili?
Eppure, come un idiota, aveva accettato.
Quando arrivò il fatidico giorno, Arthur era agitato come non mai, non sapendo se si sentisse male per l'attesa di poter uscire con Alfred o perché l'idea di essere investito da un'alitata di un qualche strano animale lo ripugnava profondamente.
“Ci troviamo davanti all'entrata dello zoo” aveva detto. Oh, dov'era finita la cavalleria? Era scomparsa l'usanza di accompagnare il partner al luogo stabilito?
Preso da questi pensieri, si decise a partire.
Cacciò nervosamente la chiave nella macchina e iniziò a dirigersi verso quel maledetto posto.
Ogni volta che saliva sulla sua auto si ricordava dell'esame della patente.
Quello teorico era andato a meraviglia. Aveva azzeccato tutto, non c'era stata una sola risposta sbagliata. Ma l'esame pratico, quello era stato terribile. In effetti, non l'aveva passato. Non aveva rispettato i segnali? Sorpassava in curva? Se ne fregava dei semafori?
No, certo che no. Il suo problema era stato riguardo alla velocità. Aveva conosciuto diverse persone che non avevano passato l'esame per un eccesso di velocità, ma lui aveva fatto un salto di qualità. Più precisamente, era stato bocciato per eccesso di lentezza.
Al pensiero di quella tremenda figuraccia che aveva fatto davanti ai parenti quando l'aveva detto, sbuffò. Era stato abbastanza umiliante sentire il suo esaminatore dirgli che un triciclo avrebbe potuto sorpassarlo.
Ma comunque lui aveva ribattuto, perché non sopportava le calunnie, e gli aveva risposto che era impossibile che un triciclo potesse andare più veloce di lui. Una bicicletta, ecco, quella sì. Ma comunque questo discorso non gli servì ad ottenere la patente.
Ignorando i ripetuti colpi di clacson delle auto dietro di sé, Arthur continuò a mantenere la sua brava andatura di trenta chilometri all'ora, che per lui era già un ottimo risultato.
Circa tre quarti d'ora dopo si trovava nel grande parcheggio accanto allo zoo. Pagò il ticket con aria irritata, dal momento che doveva persino pagare per essere andato in un posto a cui non teneva affatto.
Sbuffando e borbottando a mezza voce tra sé e sé, arrivò davanti a quella benedetta entrata.
Non c'era nessuno ad aspettarlo. Fissò lo striscione sopra di sé.
“RETTILI, UCCELLI, ANIMALI! SOLO 5 STERLINE AL BIGLIETTO!” e poi, in una grafia così minuta da aver bisogno di un cannocchiale per leggerla “i bambini al di sotto dei sei anni, gratis”.
Tutto preso com'era dal fissare lo striscione, non si accorse di un cane che gli saltò letteralmente addosso: un attimo prima se ne stava lì bello tranquillo, un secondo dopo si ritrovò assediato da un cagnone che sembrava avere tutta l'intenzione di sbranarlo.
«Lucciola!! Vieni qui, non far male al signore!» Urlò una signora sull'ottantina che doveva esserne la proprietaria.
La gente era davvero strana. Come si poteva un cane così gigantesco “Lucciola”?
Era d'accordo sul fatto che chiamare quell'antipatico animale come un insetto fosse un'ottima idea, ma per rendere l'idea bisognava utilizzare un nome come “Calabrone” o qualcosa del genere.
«Non importa, signora, non si preoccupi» disse cercando di scrollarselo di dosso.
Di sicuro quel cane doveva avere del sangue di koala, a giudicare dal modo con cui si era allacciato alla sua povera gamba.
Uno strappo, una sensazione di viscidume sulla caviglia, un freddo improvviso.
Quello stupido cane gli aveva appena strappato via venti centimetri buoni della stoffa dei pantaloni.
«Bleah» esclamò sentendo la saliva della dolce Lucciola che gli colava sul polpaccio.
«Oh, mi scusi!!» Esclamò la nonnetta « Sono davvero spiacente, sa, Lucciola è un po' vivace...»
«Non importa, basta che porti via quel cane infernale...»Sussurrò a denti stretti l'inglese.
La signora, un po' spaventata dal tono rabbioso dell'altro, non  se lo fece ripetere due volte e scappò via. Forse era abituata agli assalti della sua Lucciola.
Arthur fissò la gamba. Sembrava essere uscito da una giungla.
“Signore, fa' che Alfred non arrivi adesso...”
Come al solito, il Signore decise di farsi beffe di lui.
«Ehi, Arthur!! Eccoti!! Ma... cosa è successo?!»
Il povero inglese cercò di non irritarsi eccessivamente, spiegando all'altro cos'era successo con calma, nella speranza di un briciolo di comprensione, di un congedo dallo zoo (del resto non poteva andare in giro conciato in quel modo).
«Eh, Arthur! Tu odi i cani, i cani odiano te! Credo che sia normale!»
In effetti non era la prima volta che gli succedeva una cosa del genere.
La prima volta era stata a causa del suo vicino di casa. Aveva un cagnolino piccolo ma estremamente agguerrito.
Ma, purtroppo, quel cane era intelligentissimo. Era persino riuscito a trovare la maniera di passare sotto il cancello. L'aveva visto. Si torceva come un cavatappi e facendo una sorta di limbo sgusciava via, verso l'infinito e oltre.
Ovviamente però Arthur non se ne preoccupava, del resto quel tenero cucciolino non avrebbe fatto male ad una mosca... come al solito però, si sbagliava.
Se ne stava andando tranquillamente da qualche parte, dal dentista forse, non si ricordava.
Fu in quel momento che vide Strizzo (tale era il nome del cane) improvvisarsi acrobata e fare tutti quegli esercizi ginnici per uscire dal cancello.
Rimase a guardarlo sinceramente ammirato, quel cane doveva valere un milione, non era normale! Aveva davanti a sé il primo e unico esemplare di cane contorsionista, avrebbe fatto soldi a palate.
Ed ecco, in due secondi era lì, in strada, con il nasino umido ad annusare l'aria della libertà.
Un cane libero, senza freni, senza alcun padrone, proprietario della propria vita... era un'immagine stupenda.
Chissà cosa avrebbe fatto, il piccolo Strizzo? Avrebbe cercato una dolce compagna per formarsi una famiglia? Oppure era un animale molto pratico e sarebbe andato in cerca di qualcosa da mangiare? Oppure sarebbe corso via, con un guizzo, verso i campi inesistenti della città? No, niente di tutto questo.
Strizzo decise fin dall'inizio di diventare un serial killer. Vide Arthur, lo fissò con interesse, e poi gli si buttò contro come un missile. Quel giorno l'inglese scoprì di avere un talento finora insospettato per la corsa.
«Allora, entriamo sì o no? Ti stai addormentando in piedi!»
Arthur si riscosse improvvisamente da quegli atroci ricordi testimoniati dalla brutta cicatrice sul polpaccio. Forse la sua gamba era un richiamo per cani, ecco, era l'unica spiegazione possibile.
«Eh?! Alfred, sei impazzito? Io così conciato non entro! Diventerò lo zimbello della città...»
Ma l'americano alzò gli occhi al cielo e lo spinse in biglietteria.

*

Al diavolo! Cinque sterline buttate al vento per qualcosa che odiava con tutto se stesso!
«MAMMAAAAA!! SONO STUFOO! VOGLIO ANDARE A CASAAAAA! ODIO GLI ANIMALI INGABBIATIIII» Urlò vicino a lui un bambino mandandogli in frantumi i timpani.
Eppure non si arrabbiò con quel bambino dai polmoni così ben sviluppati.
Avrebbe voluto volentieri unirsi a lui e urlare le stesse cose, ma la sua gamba mezza nuda attirava abbastanza l'attenzione senza ulteriori aiuti, perciò decise di placare il suo intenso desiderio di mettersi ad gridare davanti alla gabbia dei gorilla.
Mentre il bambino si metteva a piangere per gli scappellotti che sua mamma gli stava rifilando, Arthur si mise ad osservare il gorilla davanti a sé. Era gigantesco, brutto, con un faccione tutto peloso e degli occhietti neri e penetranti.
Si fissarono un po' a vicenda. Dopo alcuni minuti gli parve persino di essere diventato quasi un confidente del gorilla, chissà quanti bambini urlanti erano passati davanti al povero animale, che vita infernale.
Poi di colpo lo scimmione scattò in avanti afferrando le sbarre della gabbia, causando al povero inglese uno spavento memorabile.
«Ahah, Arthur, mi sa che non gli stai simpatico!!» Esclamò divertito il suo presunto partner.
Sbuffò. Eppure a lui piacevano gli animali, alla fine. Solo odiava vederli tutti tristi, ammassati in una sorta di lager moderno.
«Pausa» Ordinò imperioso.
L'americano lo guardò interrogativo.
«Propongo un pausa. Abbiamo visto i gorilla, i pappagalli, i gufi, le giraffe, gli elefanti e i leoni. Esigo un gelato ristoratore»
«UN GELATO!!!» Esclamò Alfred con aria ispirata «Sono pienamente d'accordo! Dovrebbe esserci un chioschetto vicino ai rinoceronti»
Arthur sorrise vittorioso. Sapeva che Alfred andava fuori di matto per una goccia di gelato.
Si diressero allegramente verso il chioschetto.
Per poco non gli venne un colpo.
C'era una coda lunghissima. Ci sarebbe voluta almeno un'ora prima di poter ordinare qualcosa. Il panico si impossessò di lui, voleva un accidenti di gelato prima di continuare con quell'inferno!
Si guardò attorno disperato come alla ricerca di una via di fuga...
E poi lo vide.
Un rinoceronte, enorme, gigantesco che lo fissava dalla sua recinzione, circa venti metri più in là.
«Ciao» disse l'animale.
Arthur fece un salto di un metro. Era abituato a parlare con le fatine, con i folletti, con gli elfi... ma con un rinoceronte no, non ci aveva mai parlato.
No, non era assolutamente possibile.



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Un rinoceronte che parla! Santo cielo, sono più pazza di Arturo, forse! XD
Un piccolo avviso per quelli che stanno leggendo "Il Pennello dell'Amore": gli aggiornamenti di quella fanfic procederanno come al solito, quindi sia per questa ff che per quella cercherò di postare in tempi relativamente brevi.
Spero che vi siate divertiti e che la fanfiction vi sia piaciuta!
Grazie a tutti i lettori, ai recensori vanno dei ringraziamenti tutti speciali (non importa se le recensioni sono positive o negative, anzi, se sbaglio tiratemi una padellata!)
Al prossimo capitolo!
                                    smary

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Capitolo 2
*** Fate giganti ed eroi incompetenti ***


Eccoci con il secondo capitolo di questa fanfiction! Attenzione, in alcune parti è probabile che vi sembri un po' demenziale, ma aspettate la fine del capitolo per capire... ;)
Detto questo, spero davvero che vi divertiate! La ff non sarà molto lunga, probabilmente dopo questo capitolo ci sarà ancora un capitolo, o al massimo due!
Buona lettura a tutti!
                                    smary

 
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RINOCERONTE

II. Fate giganti ed Eroi incompetenti


«Ciao» disse l'animale.
Arthur fece un salto di un metro. Era abituato a parlare con le fatine, con i folletti, con gli elfi... ma con un rinoceronte no, non ci aveva mai parlato.
No, non era assolutamente possibile.


Si guardò intorno, nessuno aveva sentito parlare l'animale.
«Alfred, ti spiace aspettarmi un attimo? Volevo solo vedere quel rinoceronte...»
«Sì, certo! No problem!»
Arthur uscì dall'immensa fila e si avvicinò al grosso quadrupede.
«Sei stato tu a parlare?»
Il rinoceronte fece un'espressione strana. Tirò gli angoli della bocca verso l'alto, in quello che doveva essere un sorriso.
«Sì, sono stato io»
Il ragazzo deglutì. Doveva stare attento, le persone di sicuro si sarebbero accorte che stava parlando da solo, o almeno a loro poteva sembrare questo.
«E... come mai? Voglio dire, hai bisogno di qualcosa?»
Il rinoceronte lo fissò con i suoi occhi vitrei, e per la prima volta in vita sua Arthur pensò seriamente di avere problemi mentali, delle allucinazioni, qualcosa di anomalo. Forse i suoi amici avevano ragione quando gli dicevano che non aveva la testa a posto.
«No, assolutamente. Anzi, sono qui per aiutarti»
Arthur lo guardò poco convinto. In cosa avrebbe dovuto aiutarlo? E poi, a cosa gli sarebbe servito un animale di quella stazza?
«Quel mammifero laggiù» riprese il rinoceronte guardando verso la terribile fila dietro il chioschetto «ti interessa, non è vero?»
L'inglese all'inizio non capì. Mammifero? Che mammifero? In quello zoo ce n'erano a bizzeffe! Poi, seguendo lo sguardo del possente animale, capì che il “mammifero” a cui si riferiva era Alfred.
Ridacchiò. L'aveva sempre detto, quel ragazzo era un animale.
«Insomma. Sì. Più o meno...» mugugnò poi «E come vorresti aiutarmi?»
«È semplice. Ti dirò cosa fare al momento giusto. Però dovrai restare qui vicino, in modo che tu possa sentire cosa fare. In poche parole, ti darò delle istruzioni su come comportarti»
Arthur annuì. Adesso ne era certo, era completamente pazzo!
«Adesso vai dal mammifero. Digli di lasciar perdere il gelato e di venire qui»
«Fidati, va matto per il gelato, non si scollerà dalla fila neanche a pregarlo. Cosa che non intendo fare»Aggiunse l'inglese.
«HO DETTO VAI» ordinò imperioso il rinoceronte.
Nel giro di un secondo Arthur si allontanò dalla recinzione, odiando come non mai gli zoo.
Si avvicinò al “mammifero” (l'avrebbe chiamato così per tutta la vita) e, un po' innervosito, gli disse  «Senti, mammifero, lasciamo perdere i gelati! Guarda i rinoceronti! Sono proprio belli, vero? Perché non andiamo ad ammirarli da vicino?»
«Uh, va bene! Tanto qui il gelato farà schifo. L'ho sentito dire da quelli che tornavano indietro dalla fila. Però perché mi chiami “mammifero”?»
«E cosa sei, se non un mammifero?»
«Mh, se la metti su questo piano, hai anche ragione»
«Io ho sempre ragione»
Si avvicinarono alla grande recinzione. Una goccia di sudore scese dalla fronte di Arthur. Era nervosissimo, lo sentiva, era meglio dire che non si sentiva bene e che forse era meglio tornare a casa. Poi si sarebbe fatto un tè molto forte e sarebbe andato a dormire, dopodiché avrebbe cercato di auto-convincersi che il rinoceronte parlante era stato solo un sogno. O un incubo.
Il grosso quadrupede lo fissò con aria sorniona.
«C-che bel rinoceronte, vero, Alfred?»
Alfred sorrise  e annuì convinto.
L'animale invece emise con forza dell'aria dalle narici e disse con aria offesa « Rinocerontessa, prego»
Arthur “la” osservò. In effetti, aveva un'aria... femminile. Certo, non sarebbe mai apparsa nella copertina di un giornale di moda, ma aveva un non so che di elegante.
«Una fata rinocerontessa, più precisamente»
Per la prima volta in vita sua, l'inglese si lasciò prendere totalmente dallo sconforto. Certo. Ormai il mondo andava a rotoli. Dov'erano finite le belle fatine dolci e minuscole dotate di delicate ali? Da quando anche animali di quella stazza potevano ricoprire il ruolo di fate?
«Adesso digli che hai paura degli animali grossi» disse la “fatona”.
«Ma non è vero!» protestò Arthur a bassa voce.
Lei lo guardò con aria minacciosa, allungando verso di lui il grosso corno ricurvo.
L'inglese decise che in fin dei conti quell'enorme mole non gli andava molto a genio, e decise di obbedire.
«Mi fanno un po' paura gli animali così grandi...» borbottò innervosito.
«Ahah!!» disse Alfred «Io invece non ho paura! Gli eroi non hanno mai paura! Ma non ti preoccupare, ti proteggerò io! Se qualche animale di provocherà fastidio, tu dillo al grande, immenso, stupendo, fortissimo Alfred e io ti difenderò, morirò persino!!»
«Sono in pericolo. Aiuto. Un grosso serpente mi sta strangolando. Ho paura. Super Alfred, salvami e muori per me. Soprattutto l'ultima, vedi di crepare in fretta» rispose acidamente l'altro.
La rinocerontessa guardò l'inglese con aria disillusa.
«Sei senza speranze, piccolo essere umano. Non devi essere così acido nei suoi confronti, altrimenti non gli piacerai mai»
Arthur sbuffò, era chiaro che pensava che non ci teneva comunque.
«Adesso io farò finta di impazzire. Ti attaccherò. Sono forte, e con un pizzico di magia spezzerò la recinzione. A quel punto, urlerai di spavento, e abbraccerai l'altro mammifero. Poi vedremo»
Arthur non fece nemmeno in tempo a dire di no. Nel giro di due secondi si ritrovò a due millimetri dalla faccia arrabbiata dell'animale, che cercò di raggiungerlo con una zampata e nel giro di due secondi ruppe la grossa recinzione.
Istintivamente l'inglese cacciò un urlaccio e saltò addosso al povero Alfred, che si vide piovere Arthur tra le braccia.
Tutta la folla dello zoo iniziò a scappare gridando aiuto. Persino il custode mise le gambe in spalla e fuggì. Si sentì anche una voce di un bambino che esclamava «NOOO, MAMMA, CHE BELLO, UN RINOCERONTE!!!»
«Che succede, Arthur?!» Esclamò l'americano.
«Come sarebbe a dire “che succede”?! Un rinoceronte è uscito dalla recinzione e mi sta puntando!!»
«Vuoi che ti aiuti?»
L'inglese lo guardò con odio.
«Tu che ne dici?» Chiese sentendo che sarebbe esploso.
«Allora di' “Alfred, grande eroe, aiutami, ho bisogno di te”!»
Arthur si innervosì come non mai. Guardò l'animale che sembrava avere tutta l'intenzione di attaccarli e si chiese se non fosse stata tutta una sua allucinazione. Magari quello era un rinoceronte vero e proprio che non aveva mai parlato e che stava per saltargli addosso.
Quell'orribile sospetto si fece ancora più deciso quando il quadrupede iniziò a lanciarsi verso di loro.
«ALFRED, GRANDE EROE, HO BISOGNO DI TE!!» Urlò in preda al panico.
Ma Alfred non si mosse, guardando con aria di sfida il gigantesco animale che si dirigeva con passi pesanti presso di loro.
Arthur stava recitando le sue ultime preghiere, si pentì di essere sempre stato scorbutico con tutti e affidò la propria anima al Signore, con la piccola richiesta però che Alfred rimanesse spiaccicato per bene sotto le zampe del rinoceronte.
Mandò un piccolo pensiero al fratellino Peter, che di certo avrebbe iniziato a urlare di gioia per la morte di Arthur, ma poi si sarebbe accorto della verità.
Fu preso da pensieri orribili, si chiese persino se al suo funerale avrebbero partecipato tante persone e come sarebbe stata la sua bara. Magari Alfred si sarebbe salvato, e gli avrebbe portato ogni giorno un mazzo di rose fresche che lui però, dall'altro mondo, non avrebbe gradito dal momento che ne era allergico.
A quel punto, l'animale si fermò.
«Adesso digli che sei innamorato di lui e che qualunque cosa succeda sei felice di averlo conosciuto»
L'inglese impallidì.
Quasi quasi preferiva essere stato tramortito all'istante da un essere non dotato di ragione. Sarebbe finito su tutti i giornali, con un titolo banale come “ATTACCO ALLO ZOO, DUE MORTI”, poi ci sarebbe stato un servizio su un telegiornale famoso e tutti avrebbero iniziato a parlarne. Sarebbe diventato famoso, ci sarebbero stati dibattiti sulla possibile eliminazione dei rinoceronti e animali simili dagli zoo, seguiti da programmi pro-ambientali che avrebbero detto che niente del genere sarebbe successo se non fossero stati allevati in cattività.
Sibilò acidamente «Tutto, ma questo no, mi rifiuto!»
«Se non lo dici vi spiaccico sul serio»
Arthur decise che alla fine non ci teneva poi molto a diventare famoso per la sua morte e che non aveva intenzione di tirare le cuoia in quella maniera, con i pantaloni mezzi strappati abbracciato a un idiota.
«Alfred, sono innamorato di te, qualunque cosa accada sono felice di averti incontrato» borbottò con la voce di chi stava ammettendo controvoglia qualcosa di estremamente orribile.
L'americano lo guardò stupito.
«Anch'io, Arthur! E ora, come in ogni buon film d'azione, passiamo alle cose serie!»
Arthur non credette alle sue orecchie: da quando Alfred era capace di fare cose serie? Questa gli risultava nuova. Chissà, magari non era un eroe del tutto fallito...
Ma di certo non era nemmeno un eroe di tipo cavalleresco. Forse apparteneva più al genere eroe con qualche handicap mentale, cosa certamente possibile.
Difatti Alfred mollò l'inglese a terra. Il contatto con il suolo non fu molto piacevole, considerando che tutto il terreno era ricoperto da uno spesso strato di sassolini. Se non altro, Arthur capì che i suoi pantaloni gli sarebbero stati utili solo come straccio.
Nel frattempo Alfred e si diresse contro l'animale con passo deciso sbraitando che non avrebbe permesso niente del genere.
Arthur, che pensava che l'altro avesse un piano decente, si demoralizzò.
Poi vide la fata-rinocerontessa che allungava una grossa zampa verso Alfred, e tutto iniziò a vorticare in una grossa girandola di colori.
E si svegliò.


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Ebbene sì, era solo un sogno! XD Avrete notato che la vicenda si è fatta sempre più sconclusionata, un po' come succede nei sogni veri e propri. Si inizia con qualcosa di relativamente sensato per poi passare a cose umanamente impossibili! XD Ho provato a immaginare un sogno di Arthur per immaginare come vive lui davvero il suo rapporto con Alfred e con la vita stessa e cioè: è un pessimista cronico e considera Alfred un essere inutile, un mammifero, appunto, senza capacità intellettive. Bene, ma ora nel mondo della realtà, cosa succederà?
Adesso apro l'angolo ARR (Angolo Risposte Recensioni)!



ARR



Diana924: “ma alla fine, il rinoceronte ha davvero parlato o se l'è sognato?” Questa frase del tuo commento mi ha fatto ridacchiare, posso dire che la risposta è “tutt'e due”! La vicenda dell'eccesso di lentezza è quasi vera, l'ho rubata a mia mamma e l'ho ingigantita e messa in versione comica! Grazie per il commento, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!

Aerith1992: Sono contenta che questa pazza fanfic ti piaccia, in effetti mi sono dovuta spremere le meningi un po' prima di partorire questa trama! Diciamo che la mia non è una fantasia pazzesca, è solo che a volte mi impunto su una cosa e non mollo più. Avevo deciso di scrivere “Rinoceronte”, e così è stato! XD Grazie mille per il commento, ci vediamo al prossimo capitolo!

moniko chan: Grazie mille per i complimenti, sono contenta che la fanfiction ti diverta! Ti dirò, la scena del gorilla per qualche ignoto motivo è la mia preferita: non ho scritto nulla di speciale, ma mi piace! XD Ovviamente grazie per il commento, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, ci vediamo al prossimo chappy! ^_^

Yumi Kago: Be', sono contenta di averti fatta ridere, se c'è una cosa che mi piace è far ridere la gente! Grazie per il commento, alla prossima! ^^

Yandereness: Essì, ormai sei diventata un appuntamento fisso, tu! Sono contenta, ormai ti sto registrando come lettrice acquisita, cosa che mi rende immensameeeeente felice (o almeno, spero che sia così X°°°)! Grazie per i complimenti, ci vediamo al prossimo capitolo (probabilmente sarà “Il Pennello dell'Amore”, ma non fa niente!)!

ballerinaclassica: Eh, grazie! Sono contenta di avere soddisfatto i tuoi bisogni di “sano fluff e cinismo inglese”, come vedi cerco di rivelarmi utile! XD E non sei una persona anormale, e sono sicura che ormai hai finto di studiare l'apparato respiratorio da un pezzo! XD Spero che ti vada tutto bene, sia per l'università, sia per... tutto il resto! Grazie per la recensione!

veralya: Wow, grazie mille! In realtà quando ho pubblicato la fanfiction non ero molto sicura di me stessa, pensavo che probabilmente l'avevo scritta in un momento di incompleta padronanza delle mie facoltà mentali, ma visto che mi dici tutto questo, non mi resta altro che accettare con somma gratitudine (quando sono imbarazzata mi esprimo come se fossi vissuta duecento anni fa, non farci caso)! Grazie per la recensione, ovviamente spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!
Ps: devi sapere che ho una passione per scoprire i significati dei nickname dei lettori: mi diresti cosa significa il tuo? XD A meno che non sia top secret! ^^



Ebbene, fine del secondo capitolo, finalmente! Ci rivediamo al prossimo, cosa succederà nel mondo reale? Non lo so nemmeno io! A parye gli scherzi, grazie a tutti quelli che hanno letto, doppiamente se recensite ( e vi prego, se avete critiche da farmi ditemele!!)!
Al prossimo, probabilmente ultimo, capitolo!
                                                                            smary
 


 
















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Capitolo 3
*** Regali di compleanno poco appropriati e disastri in casa ***


Rieccomi qui, di ritorno con il terzo capitolo di questa fanfiction!
Mi sento stanchissima, dopo aver finito questo capitolo mi farò una bella dormitina ristoratrice, anche se non credo che vi interessi...
Enjoy yourself!
                             smary



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RINOCERONTE


III. Regali di compleanno poco appropriati e disastri in casa




Poi vide la fata-rinocerontessa che allungava una grossa zampa verso Alfred, e tutto iniziò a vorticare in una grossa girandola di colori.
E si svegliò.



Arthur spalancò gli occhi verdi, ansimando leggermente.
“Un sogno?” pensò sollevato.
Grazie al cielo. Era salvo. Eppure era sembrato tutto così vivo e reale, così vero. Davvero era tutto successo solo sotto le sue palpebre? Era un sollievo saperlo.
Diede una fugace occhiata all'orologio da parete, erano solo le quattro di mattina.
Sospirò felice, incapace di rimettersi a dormire, e si alzò dal letto scalciando via le coperte, come se buttando all'aria quelle potesse dimenticare anche quello strano incubo.
Rinoceronti.
Santo cielo.
Ridacchiò tra sé e sé, eppure non aveva mangiato troppo pesante il giorno precedente, era stato tutto come al solito.
Si diede una sciacquata in viso e si vestì allegramente, al diavolo la colazione.
Decise che per svegliarsi bene aveva bisogno di una bella passeggiata mattutina, in fin dei conti l'aria fresca gli avrebbe fatto bene.
Aprì la porta di casa con un sorriso quando vide davanti a sé una bufera. Una folata di vento lo raggiunse in pieno viso facendolo congelare, e così fu costretto a chiudere istantaneamente la porta.
«La giornata comincia ottimamente.» Ringhiò battendo i denti dal freddo.
«Oh, no, non preoccuparti, sto bene. Ho solo freddo.» Disse poi a una dolce fatina azzurra che gli svolazzava intorno.
La giornata passò senza ulteriori scossoni. Mangiò qualche schifezza per tenersi su di morale. Accese la televisione, ma la notizia che un cucciolo di rinoceronte era stato salvato gli fece perdere ogni attrattiva per quella scatola munita di cavi. Lesse un giornale. Per pranzo mise insieme un po' di cibo che a chiunque sarebbe sembrato letale, ma per lui no. Provò a distrarsi con un'enigmistica.
Tutti erano convinti che Arthur fosse l'essere più preciso del mondo sulla terra, ma non era così. Certo, amava l'ordine e la pulizia, ma ogni tanto si comportava come chiunque altro nei momenti di noia. Insomma, fu una giornata come tante.
Era incredibile come quel giorno fosse passato così lentamente. Si cacciò sotto le coperte. Erano le otto di sera, ma poco importava, non aveva proprio nulla da fare se non imbottirsi di patatine, perciò aveva deciso di tirarsi avanti con il lavoro.
Stava chiudendo gli occhi, quando il campanello suonò.
Arthur si scaldò subito. Aveva aspettato qualcosa di nuovo per tutto il giorno, e proprio quando andava a dormire il campanello si decideva a suonare? Ma lui decise di infischiarsene e fece finta di nulla.
Il campanello suonò ancora, più a lungo e con più forza. L'inglese fece orecchie da mercante, ma quell'aggeggio infernale continuò a squillare a più non posso, finché Arthur non si alzò dal letto.
Aprì la porta con aria arrabbiata.
«CIAO VECCHIETTO!!» Urlò di gioia una voce tremendamente fanciullesca.
Chi poteva essere il possessore della voce se non Alfred?
Arthur lo osservò, facendo finta di non aver sentito come lo aveva appena chiamato. In realtà l'americano non era molto alto, solo qualche centimetro più di lui, ma quella voce squillante faceva un effetto davvero curioso, conferendogli un'aria da bambino cresciuto troppo in fretta.
«Ciao, Alfred. Che brutto rivederti.»
«Come sarebbe a dire “che brutto”? E tu saresti un gentleman? E dov'è che saresti gentile, scusa?»
Arthur sbuffò.
«Primo: io sono un gentleman, ma anch'io sono soggetto ai miei momenti di stanchezza. Secondo: ho detto “che brutto” perché questa notte ho fatto un incubo su di te, e vederti non mi fa un bell'effetto.»  
«Oh. E cosa hai sognato?»
«Non ricordo» Rispose l'altro. In realtà se lo ricordava benissimo, ma l'idea di andar a spiegargli anche certi particolari imbarazzanti non gli andava minimamente.
«Ah, capisco. Allora. Posso entrare sì o no?» Chiese l'americano, che si diresse a passo spedito verso la cucina senza nemmeno aspettare una risposta.
«Dunque» Continuò Alfred afferrando una sedia e sedendocisi sopra «Sappi che ho una bellissima proposta per te! Sono venuto qui perché non ce la facevo più a trattenermi e dovevo assolutamente dirtelo! Ho aspettato tutto il giorno, ma alla fine sono scoppiato ed eccomi qui!!»
«Urrà.» Commentò sarcastico Arthur.
«Però sarebbe meglio se questa notte tu mi ospitassi da te, così domani facciamo prima, facciamo quello che dobbiamo fare e poi...»
Arthur sentì strani pensieri che gli gironzolavano intorno alla testa, ma si concentrò a fondo e chiese «E, di grazia, in cosa consisterebbe quello che dobbiamo fare? Degnati di darmi una spiegazione almeno.»     
«ANDIAMO ALLO ZOO!!»
La pressione dell'inglese calò di molto. Non rispose.
«NON È UN'IDEA MAGNIFICA?! DOMANI MATTINA! ALLO ZOOOOOOO!!! Arthur, perché non rispondi? Posso dormire qui sì o no?»
Arthur assentì con aria impotente, sapendo che tanto negargli il permesso era come parlare al muro.
«Ah, ho capito! Non riesci a parlare dallo shock, vero?»
Sì. Shock era la parola giusta.
«Ma tu guarda! Si son fatte le nove e mezza! Bene, vado a cambiarmi!! Ti dispiace se ti rubo un paio di boxer e un accappatoio?»
Arthur scosse la testa sperando solo che Alfred non trovasse...
«EH?! Arthur, che COSA sono questi?»
L'inglese fece un sospiro afflitto. C'era da aspettarselo, del resto...
Sentì i passi di Alfred che tornavano verso la cucina, mentre l'americano gli mostrò con aria estremamente divertita un paio di boxer rosa con dei cuoricini bianchi.
Sentì la faccia diventare improvvisamente rossa. Aveva cercato di nasconderli nei meandri del suo armadio come cimelio di guerra, come aveva fatto quel benedetto ragazzo a scovarli subito?
Non che li avesse comprati lui, ovvio. Non era uno stilista, ma un po' di decenza nel vestire ce l'aveva.
Erano un regalo di sua zia. Probabilmente pensava di essere simpatica o qualcos'altro, sta di fatto che il giorno del ventunesimo compleanno di Arthur la maledetta zia si era presentata in casa con un pacchettino regalo tutto infiocchettato.
Lui e sua zia non andavano molto d'accordo. Si lanciavano frecciatine a vicenda, provando piacere nello stuzzicarsi e irritarsi come solo gli inglesi sanno fare.
Al momento dell'apertura dei regali – non molti, in realtà – Arthur aveva ricevuto delle cose piuttosto carine, e poi, per ultimo, si gustò il dono della zia. L'aveva tenuto per ultimo perché l'idea che la vecchia megera avesse dovuto spendere soldi per lui lo teneva particolarmente allegro.
E così, aveva deciso di far soffrire la donna fino all'ultimo secondo.
Aveva strappato piano la carta azzurra, sentendo sotto le dita una consistenza come di stoffa. Guanti? Aveva pensato.
No.
Tra le sue mani si presentarono un paio di boxer tutti rosa pastello decorati con dei cuoricini bianchi. Sul retro c'era una scritta in rosso che recitava la frase “I'm so macho ♥” tutta attorniata da stelline.
La faccia di Arthur aveva assunto la colorazione della scritta, mentre quella della zia baluginava di gioia sinistra.
«G-Grazie, zia.» Aveva detto facendo un grandissimo sforzo per non lanciarglieli in faccia.
«Di niente caro, so quali sono i tuoi gusti» Aveva risposto la vecchiaccia.
La festa era finita presto, in realtà, i suoi genitori si erano fatti grasse risate alla vista dell'inconsueto capo d'abbigliamento, così come tutti gli amici e parenti.
Si riprese di colpo dall'orrido flashback.
«Un regalo di mia zia.» Rispose con voce secca.
«Posso usarli?»
Arthur lo guardò come se gli avesse chiesto qualcosa di insensato.
«Ehr... certo...»
Alfred si diresse in bagno con in mano i boxer malefici e chiuse la porta a chiave.
La frase «DOCCIA, ECCOMI!!» raggiunse l'inglese dal bagno.
Poi sentì il rumore di qualcosa che si sfracellava a terra, delle urla piuttosto acute che assomigliavano alla parola “Aiuto!” e altri versi strani.
Come se fosse abituato a quel trambusto, Arthur prese una forcina per capelli – riservata proprio per casi come quello – e aprì la porta cacciando la mollettina attraverso la toppa.
Si ritrovò davanti uno spettacolo incredibile. Se prima il suo bagno era un bagno sano e normale, ora sembrava un mucchio di ruderi.
Ma il peggio fu il ragazzo biondo al centro dello scenario, vestito solo di un misero paio di boxer rosa a cuoricini.
«Che diavolo hai fatto?!!» Urlò isterico Arthur cercando di non registrare mentalmente l'ultima immagine vista.
«Ma niente! È che l'anta della doccia è caduta a terra, ha pestato contro il portasapone che si è staccato! Poi però l'ho schiacciato con il piede e sono caduto nella doccia, sono finito contro il lavandino e il rubinetto è mezzo rotto...»
«E tu questo lo chiami niente?!»
«Sì, be'... Insomma, voglio dire, almeno ti movimento un po' la serata!»
«Sì, ho visto!!»
Arthur sospirò stancamente. «E cambiati quei boxer.»
Alfred fece per levarseli subito, ma Arthur lo fermò con un urlaccio.
«Ma insomma!» Si lamentò Alfred «Qual'è il problema? Quando ero piccolo mi facevi sempre il bagnetto! Mi avevi comprato anche una paperella di gomma... Anche quando avevo sedici anni la usavo...»
«Primo: adesso non sei più un bambino! Secondo: non è il momento per parlare di paperelle di gomma!!» Esclamò disperato l'inglese, che sperò che Alfred non notasse la paperella di gomma poggiata  vicino allo specchio.
«Quante storie...»

*

Arthur aveva passato la notte insonne. E non facendo quello che inconsciamente aveva quasi osato sperare di fare – cosa che non avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura.
Aveva passato la notte in bianco vegliando su quello scemo di Alfred, in modo che non gli distruggesse la casa durante il sonno.
Sentiva delle occhiaie profondissime sotto gli occhi.
«Ed eccoci qui!» Esclamò Alfred entrando nell'ingresso del parco «Propongo di iniziare con gli animali grossi!!»
Arthur si ritrovò costretto a guardare tutti i leoni, gli elefanti, le tigri che esistevano. Quando si avvicinarono alla recinzione dei rinoceronti, l'inglese si sentiva persino teso. Guardò con aria falsamente tranquilla uno dei grossi animali.
«Ciao.» Fece quello.
Arthur perse un battito.Oh, no. Da capo no. La lotta, le urla, i piani, la fatona...
OH, NO.
La gola gli si fece secca e arida come il deserto.
«Alfred, ti devo dire una cosa.»



__________________________




Sì, sono matta sul serio! E quindi cosa succederà? Comincerà tutto da capo e Arthur si troverà di nuovo ad affrontare una situazione del genere? Chissà! Lo scoprirete presto!
Sì, manca ancora un capitolo. Pensavo di finire con questo capitolo, invece mi sbagliavo... ma non preoccupatevi, terrò fede al rating.
E ora, come sempre, passiamo al nostro amato...


**ARR**


veralya: Oh, grazie! *-* Mi fa piacerissimo sapere che questa fanfiction ti piace, e sì, sono d'accordo, Alfred è un eroe alquanto pasticcione, però bisogna ammettere che è proprio tenero! Per quanto riguarda il nick non ti preoccupare: il mio non vuol dire niente, Sarebbe “SuperMary” abbreviato, e non prendermi per un Alfred vagante, è solo che non avevo idee... XD Tra parentesi, ti ringrazio ancora, sapere che il mio stile di scrittura ti piace mi esalta! X°° Grazie per la recensione, spero che anche questo capitolo ti abbia divertito!

Yumi Kago: Sono contenta che la fanfic ti abbia fatto ridere così tanto, ma spero che non tu non ti sia fatta troppo male cadendo dalla sedia! °A° Grazie mille per la bellissima frase “Sei grande!”, per un po' ho fatto finta di essere alta, che bello ♥ Lo so che non intendevi l'altezza, non farci caso, ma grazie! XD Grazie per il commento!

kiaaxel: Eheh! Sono contenta di aver destato la tua curiosità! Sì, Arthur non è sano di mente, con le  fatine e tutto il resto (da piccola anch'io giocavo con fatine e elfi insieme a delle mie amiche: solo ora mi rendo conto del perché mi vedevano come una pazza... ma perché sto raccontando la mia imbarazzante gioventù?) è proprio un po' fuori, anche se non lo ammette, povero caro. Alfred è anche peggio, ma sono dettagli! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, anche se tutta la vicenda era un sogno! Alla prossima!

moniko chan: I sogni senza senso li fanno tutti, ma Arthur li supera! XD Scherzi a parte, sono contenta che la fic ti piaccia, a dir la verità temevo che la storia della fatona fosse troppo stupida! XD Grazie per il commento, che mi ha fatto molto piacere!

Aerith1992: E così ti piace il personaggio della rinocerontessa? Wow, non pensavo! XD Sono contenta che la fanfic ti incuriosisca, e grazie mille per il commento! Spero che anche questo chappy ti sia piaciuto, al prossimo – e spero ultimo – capitolo!

Yandereness: Uh, come sono contenta! Quando a qualcuno piace una mia storia io faccio baaaalzi di gioia! XD Grazie mille per il commento! Tra parentesi io e una mia amica ci complimentiamo con te per l'avatar... ottimi gusti, ragazza! Alla prossima!

Chibi_: Vedi che anche se era un sogno la brava (?) smary cerca che avvenga l'inciucio? XD Sono contentissima che la fic ti piaccia, anche se era tutto un sogno... più o meno, come avrai visto! Diciamo che era un sogno, che dico, un incubo premonitore! XD Grazie per il commento *^* spero di rivederti alla prossima puntata!

_Moon: Eh, tutti codesti complimenti mi elevano l'animo ad uno stato di felicità superiore, lo spirito mio si libra oltre le nuvole dalla gioia!  Tralascia il mio linguaggio ottocentesco di quando sono imbarazzata/felice, però desidero ringraziarti profondameeeente di tutti questi complimenti, ancor più del fatto che ho visto di essere stata aggiunta tra i tuoi autori preferiti [pianto di gioia]!
Tanto per rendere ancora più l'idea: GRAZIE ♥
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, ci rivediamo al prossimo! ^^


Oh, questa fatica partorita da una mente malata (leggi: me) è quasi finita: ma non disperate, perché potrei anche fare una continuazione, un giorno! Chissà, chissà... vedremo! ^^
Intanto, spero che vi siate divertiti e se qualcuno mi lascia un commento sappia che gli vorrò molto bene!
La vostra
                  smary




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Capitolo 4
*** Domande senza risposta ***


Eccoci qui, con l'ultimo capitolo! Natale è alle porte, e il tacchino mi aspetta!
Bene, a parte questa frase abbastanza stupida (si capisce che ho fame?), vi auguro una buona lettura!
smary

Ps: in questo capitolo mi sono divertita moltissimo a immaginare il carattere di Arthur da ubriaco... a volte un pezzo di carta (digitale, ma insomma, avete capito!) è più divertente del Luna Park!






_________________________________________


RINOCERONTE


IV. Domande senza risposta







«Ciao.» Fece quello.
Arthur perse un battito.Oh, no. Da capo no. La lotta, le urla, i piani, la fatona...
OH, NO.
La gola gli si fece secca e arida come il deserto.
«Alfred, ti devo dire una cosa.»



Alfred si girò verso di lui, incuriosito dal suo tono esasperato.
«Dimmi!» Esclamò.
«Er... non qui. In un posto più... appartato, va bene?»
«Eh?! Ma perché? Perdiamo tempo e basta! Prima non possiamo vedere degli animali?»
Arthur si limitò a fissarlo molto, molto male.
«Nemmeno i rinoceronti?» Lo supplicò l'americano.
«No. Nemmeno i rinoceronti.»
Alfred era troppo ingenuo per capire quanto fossero letali, quegli animali.
Alfred sospirò, e l'inglese decise che quel sospiro significava “mi rassegno”.
«Andiamo... prima di tutto usciamo da qui. Peste e carestia a chi ha inventato lo zoo! Lo odio, questo accidenti di posto! Dunque, propongo di andare in un pub. Un pub molto affollato, con gente che urla e sbraita, in modo che nessuno ci possa sentire. E poi... e poi te lo dico.»
«Cosa? Mi dici cosa?»
«Ti dirò quello che ti dirò quando saremo là!» Rispose stizzito Arthur, mentre Alfred ci capiva sempre di meno e cercava di ricostruire il senso della frase.
L'inglese sapeva bene qual'era la sua meta. Il “Pub and Go” era il suo pub preferito, proprio perché era sempre pieno di gente che non badava a te, e potevi rilassarti in santa pace. Certo, ogni tanto spuntava qualche ubriacone incallito a chiederti qualche spicciolo per il vino più scadente, ma Arthur aveva imparato a portarsi dietro un flaconcino di profumo spray da spruzzargli in bocca per rendergli migliore l'alito.
Aprì la porta e si sentì subito a casa.
«Ehi, Arthur! Che bello rivederti! Cosa ti porto, una bella birretta fresca?»
Tutti i proprietari dei pub e dei bar della zona lo conoscevano per nome. A modo suo, era una piccola leggenda. Li aveva provati tutti, per trovare quello che più gli si addiceva, e solo il “Pub and Go” aveva superato la dura selezione.
«Sì, grazie! Ne ho proprio bisogno. Per lui porta una Coca Cola. Non fare quella faccia, Stewart, non è un inglese impazzito, è un americano» Rispose Arthur facendo cenno con la testa ad Alfred.
«Per quanto ne so, un americano è un inglese impazzito per definizione» Borbottò tra sé e sé Stewart.
Si diressero verso un tavolino piazzato nell'angolo più in fondo del locale.
«Allora, cosa volevi dirmi?» Chiese allegramente Alfred ammirando la sua bottiglia di Coca Cola, completamente dimentico dello zoo.
Arthur decise di dirlo subito e in fretta, come si fa quando si strappa un cerotto per sentire meno dolore.
«Sì. Dunque.» Cominciò, ma si fermò di colpo e arrossì come una rapanello.
Alfred continuava a guardarlo con gli occhioni spalancati, un viziaccio che aveva sempre avuto.
Si schiarì la voce.
«È che... oddio, cosa sto facendo...» Mugugnò seppellendo la testa tra le braccia.
«Arthur, che diavolo ti prende? Lo so che sei strano, ma oggi sei peggio del solito! Il che è tutto dire... Insomma, di cosa hai bisogno? E perché arrossisci così? Non stai mica per dirmi che ti piaccio o cose del genere, quindi... Arthur?»
L'inglese era sprofondato sotto il tavolo emettendo dei versi che somigliavano a dei rantoli di agonia.
Alfred alzò gli occhi al cielo e si tuffò sotto il tavolo alla ricerca del moribondo.
«Allora?» Chiese insistentemente ad Arthur, il quale, trovandoselo di colpo davanti, fece un salto di qualche centimetro sbattendo la tesa contro la superficie del tavolo.
«È tutta colpa di quella maledetta rinocerontessa!!» Si lamentò il povero inglese.
«Eh?»
«Sì, è colpa sua, del cane e di tutte quelle stupidate sul piano di conquista! E soprattutto è colpa tua e delle tue trovate!»
Alfred non battè ciglio.
“Ma certo” pensò “è colpa della birra se sta delirando. Scommetto che adesso dirà...”
«Sei un idiota! Un enorme, gigantesco idiota!!»
«Sì, sì. Che ne dici di tornare su, eh? Quaggiù non si respira... adesso torniamo a casa, bevi un bel tè e passa tutto...» Ridacchiò Alfred, abituatissimo alle scenate di Arthur ubriaco.
Arthur cercò di alzarsi da lì per sedersi decentemente sulla sedia, ma i risultati furono piuttosto deludenti e uscì da sotto il tavolo strisciando come un bruco.
«Il fatto è» Proseguì l'inglese tentando di sistemarsi la cravatta dopo essersi seduto «che... che... sì, insomma, hai capito.»
«In effetti, no.»
«Mi piaci, sei contento?!» Sbraitò Arthur.
Improvvisamente calò un terribile silenzio in tutto il locale. Tutti quanti fissavano l'inglese con aria chi curiosa, chi scioccata, chi divertita. Persino Stewart smise di pulire un bicchiere da dietro il bancone e lo squadrò. Arthur sentì uno spiacevole calore invadergli le guance, un calore che non aveva nulla a che fare con la birra.
Poi scoppiò un applauso, e il povero malcapitato si ritrovo a stringere la mano a tutti i presenti («Bravo! Che coraggio!» «Ehi, finalmente ce l'hai fatta!»).
Stewart si stava asciugando una lacrima con il panno per i bicchieri, mugugnando qualcosa sul fatto che il suo Arthur era proprio cresciuto.
«Sì, ehm, grazie... Adesso, credo che andrò a casa, già, farò così. Alfred, andiamo.» Disse Arthur. Non voleva sapere come diavolo facessero tutti quanti a sapere della sua cotta per Alfred, probabilmente era stato il frutto di una sbronza, ma sentiva che per un bel pezzo non avrebbe più messo piede lì dentro.
«Sei già ubriaco...» Ridacchiò Alfred.
Non era una domanda, era una constatazione. Arthur si innervosì, se c'era una cosa che gli dava veramente fastidio era il fatto che gli altri gli facessero notare che non reggeva l'alcol.
«Sono solo un po' brillo»
«È meglio se guido io la tua macchina, allora»
Arthur annuì con la testa, felice di portare via la sua macchina dal parcheggio dello zoo.
Quando arrivarono a casa, Arthur sentiva che la parte più imbarazzata della giornata stava per arrivare.
«Dunque!» Cominciò allegramente Alfred «Riguardo a quello che hai detto al pub...»
L'inglese iniziò a interessarsi al volo di una mosca nel salotto. Sembrava che stesse tracciando un 8 immaginario... chissà cosa stava dicendo Alfred. Be', non voleva saperlo, cosa gliene poteva importare? Del resto erano solo parole di un grosso idiota, o no? Di sicuro il ronzio della mosca era più importante di tutte quelle ciance...
«... se vuoi, ovviamente!» Terminò Alfred.
«Certo.» Rispose l'altro, notando che l'americano a quella parola aveva assunto un'espressione straordinariamente stupita.
«Ah. Allora, chiudi gli occhi!»
Arthur chiuse gli occhi, più per il sonno che per altro, in realtà. Poi, nel giro di due secondi, si trovò spiaccicato sopra un divano schiacciato da un peso che poteva essere quello di un cinghiale. Avrebbe voluto esprimere la sua perplessità con “eh?” ma la sua bocca si trovò assediata da una ventosa.
Saltò per aria.
«Ma che diav...» Esclamò, liberandosi dalla presa mortale di quella piovra americana.
«Non ti piace come bacio?» Chiese Alfred.
«Ah, era un bacio quello?! Ero convinto che mi avessi messo in faccia uno sturalavandini!»
L'altro rise, per nulla offeso.
«Scusa, diciamo che è una sorta di entusiasmo adolescenziale!»
«Secondo me è incompetenza da poppanti, invece!»
«Illuminami, non dovresti essere contento del fatto che il tuo grande amore ti abbia baciato?»
«Sono ubriaco, le mie azioni non corrispondono ai miei pensieri!»
«Avevi detto che eri solo brillo!»
«Dettagli!» Sbraitò Arthur.
Alfred sospirò divertito. Se c'era una cosa che avevano in comune, era la passione di irritare la gente. Il problema era che però Arthur si scaldava subito, se punzecchiato, quindi Alfred era sempre un po' in vantaggio.
L'inglese aveva tutto il volto rosso. Si rifiutava di ammetterlo, ma in realtà aveva voglia di mettersi a saltellare qua e là, Alfred l'aveva baciato!! Ma il cervello lo mise in guardia e quindi intimò all'altro di smetterla immediatamente di fare l'idiota e di baciarlo.
«Ma, Arthur, prima ti ho chiesto se potevo baciarti e tu mi hai risposto “certo”...»
Che casino.
Ed era tutta colpa di quella rinocerontessa. Del resto, aveva deciso di confessare ad Alfred cosa provava per lui solo per poter evitare tutta quella messinscena...
«Anche tu mi piaci molto, Arthur. Voglio dire, non ho ancora capito che cavolo di carattere hai! A volte sei spocchioso e irritante, altre volte gentilissimo, altre volte sei divertente, altre ancora sei perennemente arrabbiato o ti comporti come se ti avessi offeso... sei peggio di una donna in menopausa... però mi piaci.»
Arthur sollevò un sopracciglio. Che razza di dichiarazione. Sembrava un elenco del suo (piuttosto incoerente) comportamento.
«Sono solo un po' lunatico. E non sono una donna. Né sono in menopausa.»
«Lo sai che sei adorabile?»
«E NON SONO ADORABILE!» Urlò l'inglese come se gli avesse appena rivolto un insulto.
Alfred sorrise, si avvicinò piano all'altro e lo baciò con dolcezza.
Provò ad osare un po' di più, infilando la mano sotto la camicia dell'altro, tentando di accarezzargli la schiena.
Aveva sempre pensato che la schiena di Arthur fosse liscissima, invece era ossuta e si sentivano tutte le ossa sporgere.
Nel frattempo l'inglese si era irrigidito come un pezzo di legno, e quando l'altro cercò di passare la mano nei boxer, iniziò a dimenarsi come san Lorenzo sulla graticola.
«Che diavolo stai facendo, pervertito?!»
«Secondo te?» Rispose ridendo l'americano tentando di raggiungere il suo scopo.
«Lasciami andare!!!» Esclamò Arthur con una vocetta acuta che fece spanciare dalle risate il compagno.
«Immagino che voglia dire “oh, mio eroe, continua”, giusto?»
«Tu sei malato!»
«E tu sei frigido.»
«Non è vero.»
«Sì che lo è!»
«No!»
«Sì!»
«No!»
«Allora, se non lo sei, mi lasci fare!»
Arthur sbuffò contrariato.
«E va bene...» Acconsentì con un'aria da martire.
«Allora stai fermo e non agitarti come un'anguilla.» Disse Alfred trattenendo le risate.
Cercò di slacciargli la cintura dei pantaloni, ma l'occhiata che l'altro gli lanciò sembrava voler dire “lascia perdere la cintura e spicciati, così almeno la finiamo”.
Che fidanzato impossibile.
Quando cercò di accarezzare l'inguine dell'inglese, l'altro gli rispose con una sorta di ginocchiata nello stomaco.
«Scusa. Riflesso incondizionato.» Disse Arthur.
«Guarda che non ti sto stuprando.» Rispose Alfred, andando un po' più in giù con la mano, sfiorandogli quella che ormai era un'erezione - cosa che Arthur non avrebbe mai ammesso.
Lo baciò gentilmente, e per tutta la durata del “lavoretto” Alfred si chiese se era normale che due innamorati si comportassero in quella maniera.
Quando Arthur venne nella sua mano, l'americano si sentì inspiegabilmente fiero di se stesso. Be', riuscire a smuovere quel frigido inglese era una sorta di “mission impossible”.
«Allora? Non mi sembra che ti sia dispiaciuto poi così tanto...»
Arthur non rispose.
«Arthur? Mi ascolti?» Chiese perplesso Alfred.
«Mai più.»
«Eh?»
«Non farlo mai più, mammifero.»
«Mammifero? Perché mi chiami così?»
«Alla fine sei solo un mammifero, no?» Disse saggiamente Arthur.
«Sì, ma...»
«“Ma” niente. E non osare mai più.»
Alfred rise.
Arthur si chiese cosa cavolo ci fosse da ridere. Perché quell'idiota rideva sempre? E perché quel sogno aveva causato tutto quel caos? C'erano domande a cui non sarebbe mai riuscito a rispondere. Una cosa però era certa: adesso odiava gli zoo persino più di prima.






THE END





__________________________________






Oh, wow, è finita! Non oso crederci... Mi sono pentita di non aver messo il rating rosso, scommetto che mi sarei divertita un mondo a descrivere le reazioni di Arthur! Comunque, spero che questa fanfiction vi sia piaciuta!
Adesso passo come al solito all'angolo del...





**ARR**




veralya: Ahahah! Bellissima spiegazione la tua, non ho mai pensato che tutte le allucinazioni di Arthur potessero essere dovute a troppo oppio in gioventù! X°° Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto (eh, Arthur non salterebbe mai addosso ad Alfred: gli piacerebbe, a mio parere, ma come dici tu, è troppo gentleman/è troppo testone per farlo ♥) e spero che anche questo finale un po' pazzo ti abbia divertito! Grazie per la recensione, ci rivediamo (spero *-*) in un'altra fanfic!

_Moon: E così ti hanno incuriosito i boxer di Arthur, eh? Pensa, non li ho inventati, ma li ho visti a Roma in un negozio... ho riso per dieci minuti buoni! E mi sono detta: questi li userò in una fanfiction! E così è stato. C'erano anche dei boxer con la bandiera americana e degli slip con quella inglese... santo cielo, sto facendo la figura di un'appassionata di mutande!! XD Non deprimerti per la fine, sono sicura che ci rivedremo in un'altra fanfiction, non ti preoccupare (potrei anche fare la continuazione di questa!)! Grazie del commento, alla prossima!

Yumi Kago: Sono contenta del fatto che non mi porti rancore per la caduta dalla sedia, a cosa pensavi?! XD Sono imbarazzatissima per il “sei mitica”, ti ringrazio davvero! Spero ovviamente che questo capitolo ti sia piaciuto, anche se è l'ultimo (io un tempo odiavo gli ultimi capitoli per principio, semplicemente perché erano indizio della fine...)! Bacioni!

moniko chan: Non ti preoccupare della recensione corta (che poi corta non è!), a me ha fatto taaanto piacere! Non sono convinta del fatto che sia un bene imparare a distruggere i bagni, ma se sei convinta chiedi ad Alfred, sono sicura che sarà felicissimo di trasmettere la sua arte ai giovani virgulti! XD Spero davvero che questo capitolo ti sia piaciuto, e grazie mille per la recensione! ^^

Chibi_ Hahah, un sogno in un altro sogno? Che mal di testa, direi che sei un'esperta di ragionamenti contorti! XD Guardi Higurashi no naku koro ni? Mi dicono tutti di guardarlo, ormai mi mettete tutti una curiosità assurda! °A° Basta. Devo iniziare a guardarlo! I boxer di Arthur sono mooolto imbarazzanti, e non capisco perché Alfred li scelga (ingenuità o voglia di imbarazzare Artù?), e pensare che l'ho scritto io... comunque, spero che questo finale ti sia piaciuto! Alla prossima!

Yandereness: ti faccio i complimenti perché ho ragione a farteli! XD La mia amica si esalta a guardare la tua icon! X°°
Alfred è l'emblema dell'idiota, ha l'idiozia nel sangue, immagino! Ma noi gli vogliamo bene perché un po' di gente fuori di testa ci vuole nella vita di Arthur! Spero che questo (ultimo ç_ç) capitolo ti sia piaciuto! Bacioni!



Mi sto esaltando! Quando finisco una fanfic mi esalto, è un traguardone... XD Ovviamente spero che vi siate divertiti leggendo questa fanfiction! Vi faccio anche tanti auguri di Buon Natale e di felice Anno Nuovo!
Saluti dalla vostra affezionatissima
smary









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