Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
-Questa mia semplice raccolta si propone di
raccontare in stile mosaico la storia di due personaggi di mia fantasia, due
ortopedici di un immaginario ospedale della Lombardia.
-La successione dei capitoli seguirà l’ordine
alfabetico e non il filo logico.
-I protagonisti sono: Riccardo Gagliardi e Martina
Palma, attorno a cui ruoteranno altri personaggi che si inseriranno man mano
nel corso della storia.
L’ALFABETO DELL’AMORE – Riccardo & Gabriella dalla A alla Z
A COME ASILO
“Fermati”
Ma non ti
fermi.
“Aspetta!”
Ma non lo aspetti.
Ti raggiunge, ti blocca un braccio e ti costringe a
voltarti.
“Dove pensi di andare?”
Via da te, avresti voluto rispondere. Ma sapeva troppo di
melodramma e tu adoravi le commedie.
Perché eri l’unica che riusciva a tenergli testa in
quell’ospedale e te l’aveva detto anche lui.
“Vado a chiedere asilo politico in un altro
ospedale!”
Rispondi per questo divincolandoti dalla sua presa
ma non allontanandoti, troppo curiosa della sua reazione.
“Asilo politico? Allora io chiedo l’estradizione!”
“Cosa c’entra l’estradizione? E poi non è comunque
ammessa in Italia!”
Non riesci a starti zitta. Dovevi sempre sfoggiare
le tue conoscenze. E ringraziavi a mente la tua professoressa di diritto delle
superiori per averti dato quell’infarinatura sugli articoli costituzionali, ma
forse avresti dovuto maledirla, perché quando facevi così, diventavi persino
più superba di lui.
“Bhe comunque decisamente l’unico posto che ti
accoglierebbe è un asilo!”
Ribatte con un odiabile sorriso, spostando
l’argomento del discorso dalla sua ignoranza al tuo infantilismo.
Riprendi a camminare più veloce, per sbollire il
nervoso che ogni volta suscitava in te, per ripercorrere a mente tutti i vostri
litigi, presenti, passati e predire quelli futuri e ritrovarti poi a pensare
che forse in un certo senso aveva ragione. Dovevate davvero smetterla di
comportarvi ogni volta come foste all’asilo.
Chiusi in una stanza al buio. Non era esattamente un
black out, un corto circuito, ma sembrava che lo fosse.
“Cosa facciamo?”
Chiedi in un sussurro, presa un po’ dalla paura. No,
non del buio. Non sei acluofobica, né claustrofobia, solamente un po’
Riccardofobica magari. Si perché anche se non lo ammetti hai paura del tuo
compagno di disavventura.
“Per uscire di qui?”
Domanda sentendoti maneggiare con la serratura
bloccata della porta.
“No, per passare il tempo!”
Rispondi sarcasticamente mentre lui ti si avvicina
muovendosi a tentoni. Ti sfiora un braccio al buio ed entrambi avvertite un
brivido.
“Potremmo cantare una canzone, chiacchierare del più
e del meno…o fare altro!”
Comincia allora lui ad elencare le possibili
alternative e anche se tu non puoi vederlo, potresti giurare che sulla sua
faccia ci fosse un sorriso.
“Cosa intendi per altro?”
Chiedi allora smettendo di prestare attenzione alla
porta.
“Non quello che intenderesti tu…”
Ribatte lui e avverti chiaramente dalla sua risata
sia il divertimento che la vicinanza.
“Io veramente non intendevo niente”
“Beh “niente” non lo intendevo neppure io”
Annuncia con un sorrisino, che adesso puoi vedere
poiché il display del suo telefonino illumina i vostri volti sempre più vicini.
E poi lui decide di darti una dimostrazione pratica della
sua idea, del suo concetto di altro. Un bacio, poi un altro e un altro ancora.
E poi? Il tempo passa, la luce si riaccende e per te inizia il
black-out, quello vero adesso.
Angolo dell’autrice
Non ho potuto aspettare a postare il secondo
capitolo della raccolta, anche perché è già interamente conclusa.
Ringrazio enormemente BellatrixLestrangeper la
recensione enamina89 e VerdeEvidenziatore per aver
aggiunto la storia tra le seguite! E anche tutti i lettori silenziosi che
confido si riprendano al più presto dallo stato di afasia in cui sono caduti ^^
Grazie comunque di cuore!
Avevi accettato di uscire con lui, con il primario
di neurologia, con Liberti, che ti corteggiava languidamente dalla prima volta
che vi siete incrociati. Ma tu avevi occhi solo per un altro, hai sempre avuto
occhi per un altro, e ancora adesso è così. Ami in silenzio un altro,
quell’altro che proprio adesso è davanti a te, confuso dalla tua improvvisa
decisione.
“Perché hai deciso di uscirci?”
Per farti ingelosire avresti voluto gridare. Ma
invece “Non sono fatti tuoi” ti ritrovi a sussurrare.
E così andava avanti da cinque minuti.
“E tu a lui piaci davvero tanto?”
“Tanto”
E l’avrebbe capito anche un cieco che era vero.
“Tanto quanto?”
“Tanto quanto piace a me”
E l’avrebbe capito anche un cieco che non era vero.
E lo zittisci, lo ferisci, ma forse gli dai anche
quello scossone necessario per capire di tenerci davvero troppo a te.
Perché l’avrebbe capito anche un cieco che tra voi
c’era qualcosa e anche lui avrebbe dovuto smetterla di comportarsi da finto cieco
e aprire gli occhi.
Angolo dell’autrice
Grazie mille a Effy L per la recensione! E anche a tutti voi lettori silenziosi!
;)
Vi
distanziavano dieci passi. Solo dieci miseri passi.
Irresistibilmente
muovi un passo verso di lui. Nove passi.
“Pensi
davvero quello che hai detto?”
Si
è quasi dichiarato, quasi. Perché una manifestazione di gelosia è come una dichiarazione
d’amore per lui.
“Si!”
Risposta
chiara e decisa. Niente battute, niente sorrisi, nessuna inutile e
sconclusionata perifrasi.
Otto
passi. E stavolta è lui ad accorciare la distanza.
“Perché?”
Ti
metti un ciuffo ribelle dietro l’orecchio. Poco importa se il ciuffo era
perfettamente liscio e se si trattava solo di un rito per allentare la tua
crescente ansia.
“Avanti pensavi davvero che ti odiassi?”
“Neanche
io ti odio”
Sei
passi. Sei, perché avanzate tutti e due.
“E
Liberti?”
Non
poteva fare a meno di pensarci Riccardo, di pensare a quel neurologo con cui
eri uscita una sola volta, e solo per farlo ingelosire poi.
“Non ha funzionato”
Un
sorriso malizioso si apre sul volto di entrambi.
“Mi
dispiace”
Cinque
passi. Ed è di nuovo lui a muoversi.
“Non
è vero!”
“Infatti!”
Quattro
passi. Avanzi tu. E ridi. Ridi perché non capisci ancora il motivo per cui tu
riesca ancora a resistere all’impulso di corrergli incontro.
“Ricominciamo da capo?”
Forse
per aspettare questa proposta.
“Ok!”
Tre
passi. E non ricordi più chi abbia compiuto l’ultimo passo.
Ti
tende la mano .
“Piacere, io sono Riccardo Gagliardi”
“Davvero,
ma proprio quel Riccardo Gagliardi?”
“Si,
il medico migliore del mondo, mi hai già sentito in televisione?”
E
ridi di nuovo. Ridi perché anche se devi fingere di non conoscerlo, lo conosci
fin troppo bene.
“E
tu chi sei?”
“Martina,
Martina Palma”
Ti
tende nuovamente la mano, ma tu la rifiuti. E fai segno di diniego ridendo
malandrina.
Ti
guarda confuso, ma non ha tempo di pensare troppo, perché tu finalmente ti
slanci su di lui, alzandosi sulle punte e baciandolo con una passione
travolgente come se avessi paura che potesse scappare da un momento all’altro.
Eppure sapevi che, una volta annullata, non si sarebbe potuta ricreare mai più
nessuna distanza tra voi.
Angolo dell’autrice:
Ecco anche la lettera D! Un
grazie infinito a MarchesaVanzetta per la recensione e Dea Elisa per la recensione e per aver inserito
la storia tra le preferite! Grazie di cuore!
E
si che dovevate, dopo l’ennesima litigata ma stavolta davanti al personale del
reparto ortopedia al completo. Perché adesso stavate insieme e che ti trattasse
con la stessa freddezza di prima era per te inconcepibile e insostenibile.
“Che
cosa vorresti dirmi?”
Ti
chiede come se fosse completamente ignaro di ciò che tu intendessi.
“Vuoi
che ti faccia un esempio?”
Gli
chiedi tu con un tono che lascia trapelare tutta la tua irritazione.
“Sentiamo
quest’esempio”
E
tu vorresti dirgli tante, troppe cose: che lo vorresti schiaffeggiare, gli
vorresti urlare contro, mandarlo a quel paese, ma che guardandolo in quel
momento, non puoi fare a meno di pensare ad altro.
“Vorrei
dirti che ti amo, per esempio”
Angolo dell’autrice
Ringrazio come sempre Dea
Elisa per la recensione e _Maddy_
per aver inserito la storia tra le seguite.
Te l’avevano fatto notare più
volte, prima Giulia, poi Lorenzo, quei due innamorati non dichiarati che si
permettevano il lusso di dare consigli agli altri.
Ti avevano detto che tu e
Riccardo non vi odiavate davvero e che quel punzecchiarvi continuo non era
altro che una manifestazione di un amore latente.
Flirt, ecco che cos’erano
secondo tutti o quasi i dipendenti dell’ospedale, tutte quelle battute e
provocazioni. Flirt.
Te l’avevano fatto notare. E
sicuramente anche a lui.
“Come ti sei permessa di
rubarmi lo specializzando? L’avevo scelto prima io!”
Entra nella stanza l’oggetto
dei tuoi pensieri. Che sia l’oggetto o il soggetto era ancora da vedere poi.
“Tutto è lecito in guerra e
in amore”
Dici prontamente. Quanto ti
piaceva citare i proverbi. Ma a quelle parole ti ritornano in mente le parole
di Giulia e le teorie sul vostro presunto amore latente.
“E tu in quale campo pensi di
sfidarmi?”
Chiede lui fissandoti con i
solito sorrisino, portando la discussione su un piano completamente diverso.
Quanto era snervante. Però almeno non si era arrabbiato davvero per il tuo tiro
mancino.
“Non lo so…”
Rispondi enigmatica, cercando
di mantenere il suo tono malizioso, avvicinandoti sempre più a lui.
“Ma in entrambi sei un campo
minato…”
Vi guardate negli occhi per
qualche secondo e poi scoppiate entrambi a ridere per quell’inaspettato flirt
improvvisato.
Angolo dell’autrice
Ringrazio
come sempre le mie due lettrici di sempre!
Fatemi
sapere cosa ne pensate di questo capitolo perché non ne sono affatto convinta…mmm
E’ la festa in ospedale per il compleanno di
Lorenzo, medico del reparto cardiologia e vostro migliore e unico amico in
comune. E lui ti si avvicina con un pasticcino in mano.
“Che hai intenzione di fare?”
“Ti prendo per la gola!”
Ecco la prima battuta della giornata. Ma tu ne avevi
in serbo un’altra.
“Che hai intenzione di fare tu adesso?”
Ti chiede confuso mentre a quella distanza gli poni
le mani intorno al collo, esercitando una leggera pressione.
“Ti prendo per la gola!”
E ride, perché la battuta era davvero ben riuscita.
E ridi anche tu compiaciuta della tua stessa battuta.
E ridi alla fine mentre accetti il pasticcino,
pensando che la gola poi non era neppure il peccato di cui si saresti
voluta macchiare con lui…
Angolo dell’autrice
Scusate scusate se non ho aggiornato ieri, ma sono
stata parecchio impegnata nello studio…(A proposito ci tengo a dire di aver
preso 9 e dico 9 al compito di pedagogia…Mi sento realizzata xD)
Eccovi comunque la lettera G…con l’ultima frase
abbastanza allusiva ihih
Avevi
deciso di trascorrere l’unica serata della settimana di riposo dal lavoro
insieme a Giulia in un locale e avevate finito per trovarci anche Lorenzo e
Riccardo.
E
mentre la tua amica adesso ti aveva abbandonata per ballare un lento con il
primario, l’altro collega si era avvicinato a te.
“Allora
mi vuoi spiegare che ci fai qui?”
Non
puoi fare a meno di chiedergli adesso che ti aveva convinto a ballare insieme.
“Sono
un habituè di questo locale”
Ecco
la sua risposta contenente una parola di quel francese che in altre occasioni
avevi appurato essere non molto conosciuto dal tuo interlocutore[*]
“Non
ci credo”
“Neanch’io”
E
ridacchi leggermente e continuando a ballare pensi che forse potreste davvero
cominciare ad essere habituè di quel locale.
Angolo della
scrittrice
Ecco la lettera H, una
lettera che mi ha fatto soffrire tanto prima di farsi scrivere ^^
Spero che vi piaccia almeno
quanto NON piace a me! ^^
[*] Per capire questa frase
dovrete aspettare la lettera T…
Mormora
una voce alla tue spalle, mentre osservi l’ennesimo litigio di Giulia e
Lorenzo. E non ci metti molto a capire di chi si tratta.
“Se
io invece fossi in lei lo manderei direttamente a quel paese!”
Rispondi
prontamente lasciando trapelare dalla tua voce tutto il rancore per l’ennesimo
litigio di poche ore prima.
“Se
invece fossi in Martina Palma mi tirerei uno schiaffo per come ti ho trattata…”
Aggiunge
lui improvvisamente facendosi più vicino.
E
ti stupisci. Davvero era stato lui a pronunciare quelle parole che suonavano
quasi di scusa? Forse se lo stava chiedendo anche lui in quell’istante.
“Se
invece io fossi in Riccardo Gagliardi non aspetterei Martina Palma per ricevere
uno schiaffo e me lo tirerei da solo!”
Ribatti
allora, voltandoti verso di lui e ritrovandomi a una distanza troppo breve che
già cambiava nome in “vicinanza”.
“Lo
sai Palma, se adesso io fossi in me mi allontanerei”
“E
non sei in te?”
“Non
quando ci sei tu”
Sussurra
in un tono talmente flebile da sfiorare l’infrasuono. Ma che tu, che
probabilmente hai qualche proprietà degli elefanti, percepisci lo stesso.
“Se…”
Cerchi
di dire qualcosa ma il tuo ultimo tentativo ti muore sulle labbra, ucciso dallo
scontro con un’automobile che aveva superato il limite di velocità.
Ma
forse era anche colpa tua, che non avevi percepito i segnali del codice
stradale e così ti eri ritrovata coinvolta in un incidente spaventoso, che
inspiegabilmente non avrebbe causato nessuna vittima e che forse ti avrebbe
resa addirittura, finalmente felice.
Angolo dell’autrice
Alloora
lo so questa fa davvero schifo >.< ma mi sono accorta solo oggi che la
lettera I era rimasta solo una bozza e ho dovuto ripiegare così…
La
verità è che quando sono particolarmente contenta non riesco a scrivere (dopo
il 9 a pedagogia oggi mi becco 9 all’orale di matematica e mi sento un pochino
una santa, una dea, una miracolata xD) Beh che dire…Mi faccio schifo da sola almeno quanto mi fa schifo
questa flash-ficihih
Alla
prossima (vi prometto una drabble migliore ^^)
Ci tengo a dedicare questo capitolo alla mia
professoressa di Italiano, che oggi mi ha ridotto alle lacrime…per
la seconda volta.
E a chi legge perché continuate a darmi la
forza di continuare a scrivere
Grazie di cuore
L COME LUCE
Luce.
Inevitabilmente ti attrae quella luce e ti allunghi quasi per raggiungerla,
come fossi una pianta, che spinta dal fenomeno del fototropismo ricerca una
fonte di luce, o semplicemente una donna con la stessa sciocca irrazionale
acluofobia che ti trascini da bambina.
La
porta si apre e nella stanza buia lo spiraglio di luce diventa più ampio.
“Che
ci fai qui al buio?”
E’
la sua voce. Di chi altri altrimenti?
Non
rispondi, alzi le spalle.
“Come
sei in forma eh!”
Le
sue solite battute idiote. La sua solita incomprensibile voglia di
punzecchiarti. Eppure era bello in quel momento di malinconia, sapere che lui
era sempre il solito ed era sempre lì.
Senti
una piccola paziente chiamare una signora nella stessa corsia dove stai
passando tu. Tu, che avresti voluto tanto essere chiamata così.
“A
che pensi?”
Gattini
si accorge del tuo sguardo un po’ assente e ti riscuote.
“A
niente…davvero”
Ma
non sembra convinto. E neppure tu. Perciò cerchi di ricomporti.
“Sicura?”
“Si!”
E
i tuoi occhi lo suggeriscono, il tuo dolce sorriso lo conferma, a tradirti è
solo la tua mente che solo per un istante corre al pensiero che saresti voluta
diventare mamma…con lui.
Angolo dell’autrice
Fatta
anche la lettera M, che non vorrei peccare di presunzione, ma mi sembra venuta
abbastanza bella (anche se la N e la S saranno le migliori) Un grazie infinito
a Elisa, che continua a seguirmi e a Lucrezia, che mi ha suggerito la parola ihih ^^
Avevi
sempre sognato l’uomo dei tuoi sogni. Volevi un uomo al tuo fianco che fosse
dolce, gentile, elegante, ma restava un desiderio, come la neve il giorno di
Natale.
Non
avevi l’uomo dei tuoi sogni, ma avevi lui. Scontroso, ritroso, irritante,
arrogante, lui: un pezzo di ghiaccio.
“Entra
dentro, nevica…Altrimenti poi ti ammali!”
E’
la sua voce che ti richiama dall’interno dell’ospedale.
“E
che t’importa?”
Mormori
meno scontrosa di quanto saresti voluta essere.
“Sono
un medico”
La
solita vecchia scusa. Mascherarsi dietro il proprio lavoro.
“Sono
un medico anch’io!”
La
solita vecchia scusa che però usi pure tu.
“Certe
ferite non si possono curare da soli e ci vuole l’aiuto di medici più esperti!”
una
frase che voleva apparire scherzosa ma che invece lui recitava seriamente.
“Tu?”
Chiedi
allora credendo di aver colto solo tu malinconia nella sua voce.
“Per
questo genere di malattie si!”
E
la malinconia famelica dopo il tono divora anche il contenuto delle sue parole.
Lo
scruti attenta e percepisci un po’ più della sua vera essenza. Perché questo
lui era: un pezzo di ghiaccio che si scioglieva come neve.
Angolo dell’autrice
Ed ecco anche la lettera N,
la prima che ho scritto della raccolta (proprio ispirata dalla neve qui a
Pescara ^^) e quella a cui per questo sono legata di più…
Alla prossima con la O, che
rappresenta una vera e propria svolta per il nostro Gagliardi xD
Emergenze
da tutte le parti. Oggi non avevano smesso neppure un momento di chiamarti: la
tua amica Giulia, Lucrezia la caposala, le infermiere, i pazienti.
“Dottoressa
Palma”
E stavolta
è Claudia, la ferrista mentre intervieni coadiuvata da Riccardo, su una
frattura multipla agli arti inferiori.
“Dottoressa
Palma, non ti sei stufata di questo cognome…Lo trovo alquanto antipatico”
Ed
era stato proprio lui a parlare. Eppure sbagli o da quando vi eravate messi
insieme tre settimane prima avevate smesso di punzecchiarvi a vicenda?
“Non
ti piacerebbe cambiarlo?”
Lo
guardi confusa con il bisturi in mano indecisa se iniziare l’intervento oppure
utilizzarlo come arma di difesa.
“Suggerimenti?”
Chiedi
poi, tornando ad incidere con il bisturi, che torna ad assolvere la sua
abituale funzione.
“Allora?”
Continui
con gli occhi puntati sul paziente ma con le orecchie ben tese.
Avverti
con la coda dell’occhio Claudia e Matteo, l’infermiere, scambiarsi un’occhiata
confusa e Riccardo sogghignare.
“Io
ce l’ho!”
Ed
eri curiosa di sentire quale fosse. Di sicuro un’altra battuta acida in arrivo.
E non capivi perché si stesse comportando così.
“Che
ne dici di Gagliardi?”
E finalmente
capisci dove voleva arrivare, ma hai bisogno di guardarlo negli occhi per
scoprire che non si trattava solo di un’allucinazione. E nei suoi occhi verde
prato leggi solo la conferma.
“Cos’è
un tentativo per una proposta di matrimonio?”
E
lui annuisce. E ti sembra impossibile. E gli altri due colleghi vi guardano
interdetti e increduli, almeno quanto te.
E
tu vorresti piangere di gioia ma ti mostri impassibile, perché c’è un paziente
letteralmente nelle tue mani e perché combatti interiormente tra la voglia di
baciarlo e quella di urlargli contro quanto sia la peggiore proposta di
matrimonio che avresti mai potuto ricevere.
“Lo
sai che in Italia le donne conservano il proprio cognome comunque vero?”
“Si…Era
solo per dire”
E
ridacchi leggermente, mentre passi il bisturi ad un ancora incredula Claudia.
“Ma
la proposta no…non era solo per dire, vuoi sposarmi?”
E
ti sembra quasi di vederlo commuoversi e trattenere il fiato.
“Si,
lo voglio…E comunque è pessima come proposta lo sai?”
E
le lacrime, troppo a lungo trattenute, scendono copiose sul tuo viso.
“Si,
ma almeno è originale”
Angolo dell’autrice
Ed
eccoci alla svolta…Che ve ne pare di questa proposta “originale” ? xD
La
domanda lo sorprende. Stavate insieme da una settimana ormai eppure lui non ti
aveva mai detto quanto trovasse splendidi i tuoi occhi, ma rimedia subito.
“E
perché?”
Puntelli
sui gomiti per metterti seduta e per guardare dall’alto lui ancora disteso su
quello che ormai era il vostro letto.
“Perché
nei tuoi occhi ci vedo il mare!”
Ridacchi
leggermente per poi guardarlo confusa quando capisci che non stava affatto
scherzando.
Lo
osservi ancora un po’ e cominci seriamente a dubitare stia diventando
daltonico.
“Sei
consapevole che i miei occhi sono castani vero?”
“Si,
e nei tuoi occhi castani ci vedo il mare, il mare d’inverno, quando è tempo di
castagne”
Ecco
la sua spiegazione. E ti sfiora i capelli. E non sembra più lui. E sembrava
diverso, sembrava assorto, e ti contemplava come fossi una splendida poesia. Ma
la poesia te l’aveva dedicata lui.
Angolo dell’autrice
Ed
eccovi la lettera P…Manca poco e finiamo l’alfabeto!
Grazie a tutti! :D
Ecco
le parole di Riccardo dopo la morte di un paziente in sala operatoria, morte
che secondo te avresti potuto evitare.
“Hai
bisogno di qualcosa?”
Aggiunge
poi, capendo che le parole sarebbero state inutili in un momento del genere.
“Di
qualcuno”
Si.
Qualcuno che ti abbracciasse in quel momento senza cercare di calmarti con
inutili parole, che ti facesse capire che la tua vita non fa poi così schifo e
che ogni giorno in ospedale non riesci solo a rendere schifose anche le vite
dei parenti delle vite che non riesci a salvare.
E
senza dire niente lui ti si avvicina. E ti abbraccia.
“Così
va meglio?”
E
non dici niente. Perché lo avevi sempre saputo, avevi bisogno di qualcuno per
tranquillizzarti.
Ma
ciò che stavi capendo in quel momento era che non ci sarebbe riuscito un
qualunque qualcuno.
Sapevi
tante cose ma soprattutto sapevi una cosa che lui non sapeva e che dovevi avere
il coraggio di dirgli.
“Sei
in ritardo!”
Entri
agitata dopo pochi minuti senza guardarlo negli occhi.
“Si
sono in ritardo e questo è un problema!”
Cogli
la palla al balzo.
“E
allora?”
Non
capisce dove vuoi arrivare e forse non lo sai neppure tu.
“Non
capisci…Sono in ritardo…in ritardo!”
Mormori
prendendo a camminare a un’agitazione forse ingiustificata.
“Non
vedo dove sia il problema! Tu sei sempre in ritardo”
Non
capisce, non capisce. Ma chi mai potrebbe capirci qualcosa dalle tue parole sconnesse
tra loro? Ti si avvicina e ti blocca per le spalle, costringendoti a guardarlo.
“Non
in questo…In queste cose sono sempre puntuale!”
E
glielo hai detto. Ti guarda ancora confuso e poi capisce, finalmente capisce,
anche se in ritardo.
Che
bell’accoglienza. Una settimana in Francia e appena tornata subito la sua
splendida accoglienza.
“Bene,
sono andata a Tolosa”
Rispondi
sbrigativa, cominciando ad analizzare la cartella di un paziente.
“E
la lingua? Complicata?”
Chiede
con un sorrisino, immaginando le tue difficoltà.
“Me
la sono cavata. Certo converrai con me che non è proprio facile…ad esempio oevre è difficile da pronunciare devo confessare che è
stato un po’ complicatoccio ordinare!”
Confessi
ridacchiando al ricordo del piccolo problema di comprensione con il cameriere.
“Già
lo spagnolo è complesso!”
Asserisce
lui pensieroso.
“Lo
spagnolo? E’ francese veramente…”
Fai
notare, mordendoti un labbro per non scoppiargli a ridere in faccia. Possibile
pensasse che Tolosa fosse in…
“Scusa
non ero molto bravo alle medie in francese…”
Pronuncia
subito per rimediare al suo errore.
“Neanche
in geografia però!”
Sussurri
non riuscendo più a contenere le risate che sfuggono a tratti dalle tue labbra.
E poi vai via per ridacchiare di nascosto, per lasciarlo lì a meditare sulla
sua ignoranza, e per non pensare al fatto che ovunque fosse, in Spagna o in
Francia, in fondo era bello essere tornati da Tolosa.
Era il periodo di Natale e Milano si vestiva di oro e di rosso, di
torrone e panettone
U COME UVETTA
Era
il periodo di Natale e Milano si vestiva di oro e di rosso, di torrone e
panettone. E tu avevi voglia di panettone. Ma un panettone senza canditi e
senza uvette, poco importa se poi alla fine non era più un panettone.
“Ne
vuoi un pezzo?”
Certo
che uno splendido panettone davanti gli occhi e una simile domanda da parte di
Gattini erano due condizioni che rendevano la proposta impossibile da
rifiutare.
Ma
è proprio quello che ti trovi costretta a fare perché non ti piaceva proprio
l’uvetta.
“Non
ti piace l’uvetta?”
“No
infatti”
E
sembra sorpreso. E ti si avvicina incuriosito aspettando invano che tu
proseguissi la conversazione.
“Sei
tutto sporco”
Dici
invece con un sorriso levandogli le briciole di panettone incastrate nella barbetta
e con quell’innocente gesto gli sfiori anche le guance e scateni in lui un
impulso tutt’altro che casto.
E
non resiste più e ti bacia con passione. Un bacio strano, che sa di uvetta. Ma
non ti ritrai. Perché il bacio ti piace e forse non è poi così male neanche l’uvetta.