Ink Child

di Gipsy Danger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 00. Prologo. (A discovery...) ***
Capitolo 2: *** 01. (...and a Shadow) ***
Capitolo 3: *** 02. (Piece of Memory) ***
Capitolo 4: *** 03. (Him) ***
Capitolo 5: *** 04. (Her) ***
Capitolo 6: *** 05. (One Step Closer) ***
Capitolo 7: *** 06. (Taking Speed) ***
Capitolo 8: *** 07. (WILD) ***
Capitolo 9: *** 08. (In Between) ***
Capitolo 10: *** 09. Epilogo(Or is it only the beginning?) ***



Capitolo 1
*** 00. Prologo. (A discovery...) ***


NdA. Sto piangendo come una scema. In parte perché non mi aspettavo di arrivare sesta al contest "Amore Fraterno" di Rota e prima al contest "Sulle Orme di Nessuno", di FataFaby, i cui risultati sono usciti stamani, né di vincere i premi speciali (rispettivamente Giuria e Stile e Originalità) e sono ben oltre il settimo cielo.
Per la maggior parte, perché non mi sembra vero di essere arrivata fin qui.
All'inizio, questa storia, pur trattando della tematica dell'aborto, doveva essere un aborto in sé. Paradossalmente parlando. Dopotutto, è partita come sfogo...doveva rimanere sepolta nella marea montante di schifezze che infestano il mio pc, soffocare sotto gli infiniti fogli di word che mi diletto ad imbrattare - tempo permettendo - o essere ridotta a bricioline. Perchè io odio la roba autobiografica, e , salvo temi di quinta elementare, sono sempre riuscita a scansare scritti a sfondo personale.
Soprattutto, lo ammetto senza vergogna, ho odiato Ink Child con tutta me stessa. Perché non poteva essere davvero capitato a me. Non potevano davvero avermi nascosto una cosa del genere.  Non credo di aver mai pianto così tanto come in quei due giorni subito dopo la mia scoperta; in Kail ho riversato tutto il mio scoramento, progettando di buttare fuori il tutto e dimenticarmene.
Salvo poi accorgermi che qualcosa me lo impediva.
Qualcuno
, anzi. 
Thus, here I am. Non dirò di più- il resto lo lascio scoprire a chiunque abbia la buona volontà di leggere.

 Prima di proporvi il prologo, mi sento comunque in dovere di ringraziare coloro che hanno giocato una grossa parte in questa storia:
  • In primis, naturalmente, le giudici dei due contest a cui Ink Child ha partecipato: Rota e Fatafaby, su Efp Feel Good Inc. Grazie per l'opportunità di metterci alla prova.
  • Ellie_x3, aka Pillo, la vera Elinor. Grazie per essermi stata accanto e esserti prestata ad impersonare la dramatis persona che ti ho affibbiato.
  • Satomi91, aka Luna, la vera Miriam. Grazie per avermi sopportato nello schifoso periodo di burrasca, per avermi ascoltata e per avermi ispirata. E per Ink heart, ovviamente.
  • Michelle Branch, Poets of the fall e gli artisti che hanno contribuito alla mia personalissima playlist.
  • Blood Tribute e Leo. Una volta di più.


E, naturalmente, il mio "Yash."
Sei con me. Per sempre ed oltre.
Con tanto amore, Kei.

*

Ink Child


*



Prologo

(A discovery…)

Lunedì. 11.30.

L’orologio ticchetta e il tempo sembra correre \ non correre affatto: dilatato, le si sgrana tra le dita senza che lei se ne accorga.
Sta fissando il libretto pediatrico – il suo.
E sta cercando di convincersi che il numero scritto in nero sotto quell’orribile parola
(1! 1! 1!)
sia un enorme, gigantesco sbaglio.

“Mamma…?”
“Hmm?”

La voce le si incastra in gola. Le parole si rifiutano di uscirle di bocca. C’è qualcosa che si sta gonfiando nel suo stomaco. Indignazione, per essere venuta a sapere che avrebbe dovuto avere un fratello da un maledetto pezzo di carta? Cerca di convincersi che si tratti di quella: è la migliore di tutte le sensazioni che la stanno attraversando. O forse dovrebbe dire la meno peggio.

Punta il dito sulla parola aborto. Sul numero uno.
Sua madre abbassa uno sguardo distratto sul foglio; la sua faccia, fino a pochi istanti prima contorta in un’espressione preoccupata, si fa prima perplessa e subito dopo una maschera indifferente e incolore.
“Ah, quello.”

La ragazza vorrebbe saltare in piedi. Urlare. Come sarebbe a dire “ah, quello”??! Non c’è altro? Tutto qui?
Non ce la fa.

“Hanno sbagliato, vero?” mormora. Ha la bocca secca e nella sua mente c’è il vuoto. “Hanno sbagliato a scrivere.”
Prega, in silenzio, che la donna le dica di sì.
Anche se è inutile. È palese, non serve sperare, non cambia l’evidenza…

E infatti.

“No.” È la secca risposta.

La porta dell’ambulatorio sceglie quell’istante per aprirsi. Il dottore si affaccia sorridendo, invita le due donne dentro. Stringe la mano ad entrambi.
Mamma ricambia saluto e sorriso come se nulla fosse.

Lei, andando a stendersi sul lettino, riesce solo a pensare a quell’uno.
Uno. Un fratello. Un mai nato.
Un pianto solitario in un nido buio di carne.

Un fottuto cazzotto nello stomaco, dritto in pancia.

La ragazza lascia che il dottore le tolga i punti dal taglio che le attraversa il fianco destro. Lascia che l’uomo si chieda perché  proprio lei - che non si è mai lamentata nelle scorse sedute post-operazione-  stia piangendo come una bambina.


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Capitolo 2
*** 01. (...and a Shadow) ***


Capitolo 1
(…and a Shadow)


Come si fa a non pensarci più?

Pomeriggio dello stesso giorno. In macchina, con papà.
La ragazzina guarda fuori dal finestrino, i piedi calzati nelle sneakers strapazzate da una pioggia di troppo appoggiati sul cruscotto. Cerca di concentrarsi sulla monotona, infinita fila di campi di grano che affiancano la strada- per non pensare ad altro, per non pensare male.

Domani piscina con le ragazze
(Come si fa a non pensarci più?)

Non vedevo l’ora, accidenti! Non ci vediamo da un’eternità…da quando Sarah è partita per l’isola e poi-
(Come si fa a non pensarci più?)

 E finalmente di nuovo insieme- e chissenefrega se non posso farmi il bagno per colpa della cicatrice-
(Come si-
smettila.)
-ci sdraieremo sotto l’ombrellone, prenderemo per il culo le fighette con gli occhiali così grandi da sembrare mosche, giocheremo ad uno e

Forse
Non so
Dovrei parlare di-?
(Come si fa a non pensarci, non pensarci, non pensarcinonononononononononono PIÚ?)

No, perché-
ci dev’essere un modo per togliermi questa maledetta merda dalla testa.

(Come si fa a non pensarci p-
BASTA, CAZZO)

“Amore, perché quella faccia scura?”

La ragazza vorrebbe sbattere la testa contro il finestrino. Mandare il vetro in pezzi e spingersi i frammenti acuminati nella mente e trafiggere il maledetto, stronzissimo pensiero saltellante che non la smette di assillarla da quando è uscita dalla clinica, la stessa mattina.

Ovviamente, questo solleverebbe un bel casino con i suoi genitori.
Ma me ne frega qualcosa? Dopotutto stamattina me ne hanno rifilato uno proprio loro, di casino. Un problema. Un peso. Un coso ingombrante e piagnucoloso e invadente e grosso come un-

-    come un bambino?, suggerisce una voce da qualche parte nella sua testa.
Una Voce profonda e quieta, come il riverbero dell’acqua in remote cavità lontane.

Kail rabbrividisce, sgrana gli occhi, preme la nuca contro il poggiatesta. Attende un paio di secondi, contratta e sorpresa, ma la voce non aggiunge altro. Lei sospira.
Avrò sognato.

“Niente. Stavo pensando.” Bofonchia, il tono di un ottava più bassa del solito.

Suo padre non fa commenti. È abituato a risposte del genere- in fondo sta parlando con sua figlia, la bizzarra creatura preda di colpi di ispirazione del tutto imprevedibili e non sempre puri e buoni che si alza in piena notte per buttare giù idee su pezzi di carta volanti. È tutto nella norma.

Riprende a guardare la strada. Canticchia a bocca chiusa, come ha sempre fatto, e lei è contenta di lasciarlo concentrarsi su quei due piccoli, semplici compiti.

Le è stato ripetuto un’infinità di volte quanto sia cattiva ed egoista, una per ogni lite.
Ma i suoi genitori non hanno idea di quanti ragionamenti contorti preferisca tenere per sé, in modo che non feriscano loro. Che non li disturbino.

Di solito le piace anche, tenere duro e lasciare che le piccole, irritanti spine di certi pensieri le lascino segni nella carne. È una maniera per dimostrare a sé stessa di essere forte. Di saper resistere.
Ma stavolta no.
Stavolta è diverso.

Stavolta, se (ne avesse il coraggio) potesse, griderebbe e imprecherebbe per manifestare il turbine di emozioni che le gira nel petto. Proprio come se fosse arrabbiata? Ma sì. Perché lei è arrabbiata. Furibonda.

Avrebbe il diritto di fare il diavolo a quattro.
Forse, se il rogo che le si è acceso nel petto trovasse uno sfogo, lo squarcio che quel dannato numero 1 le ha aperto stamattina verrebbe cauterizzato.
E allora ciao-ciao pensieri molesti. Fine delle preoccupazioni.
Perché i dubbi, le domande, le immagini…se ne andrebbero.
Vero?

Da capo.

(Come si fa a non pensarci?)

Non c’è cura, mia cara. Risponde la Voce di prima.

Una voce da adulto. Troppo matura perché possa far sgorgare un nuovo fiotto di emozioni conturbanti dalla ferita, per farla pensare al-

-    bambino, sì. Al bambino mai nato.

Tuttavia.
Stranamente, basta il suo eco perché il pianto nel buio riprenda. Una patetica sequela di singhiozzi senza capo né coda in cui si sprigiona tutto il terrore di scivolare via e cessare di esistere.

La ragazza tiene gli occhi bene aperti, anche se le pungono come se avesse vespe dietro le palpebre. Sa che se li chiudesse finirebbe per amplificare il suono in maniera esponenziale, quindi si rassegna ad ascoltare suo fratello piangere e tiene duro.
O almeno, ci prova.

*

Quella notte sogna.

Non è una cosa anormale, per lei: gli scrittori ci campano, sui sogni. Per lei sono fondamentali, oltretutto, dato non c’è una sola delle sue storie che non venga da una visione notturna.
Ma stavolta è terrificante, perché non basta la sua semplice forza di volontà per svegliarsi e scappare.
Non c’è via d’uscita. Punto.

Sogna un tunnel buio e freddo. Un’ombra umana le cammina davanti – la figura di un uomo adulto, nebulosa come vista attraverso il ghiaccio. Impossibile dire quanti anni abbia, di che colore siano i capelli, che forma gli occhi. È così confusa, la sua sagoma… potrebbe dissolversi nel nulla ad un semplice soffio di vento.
Traballante, ad un passo dallo svanire, lo spirito – o qualunque cosa sia- marcia risoluto lungo una via senza fine.

Kail si affanna a stargli dietro. Il petto le fa un male da impazzire, ma per quanto agogni di raggiungere quel fievole spettro, per quanto si sforzi di affiancarlo, toccarlo, sentirlo, lo spazio che li separa si gonfia all’infinito, distanziandoli sempre di più.

Dopo le prime due ore di quella tortura, Kail riesce a tornare in sé per puro miracolo.
Con le lacrime agli occhi, striscia fuori dalle coperte e cade sul pavimento fresco. Si rialza a fatica.
Prende il diario che ha lasciato sulla scrivania.
Apre a una pagina bianca, proprio in mezzo al quadernetto a spirale su cui annota ogni cosa.

Scrive.

Perché non mi hai aspettato?

Ci rimane male, quando la Voce che ha sentito nel pomeriggio non le risponde.

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Capitolo 3
*** 02. (Piece of Memory) ***


Capitolo 2
(Piece of Memory)

Martedì.

Kail si lascia avvolgere nell’abbraccio di Val e la stringe forte di rimando.
“Mi sei mancata un casino.” Dice, ed è davvero così, ma per qualche motivo la sua voce le suona estranea. Troppo baldanzosa, troppo felice. D’altronde non avrebbe il coraggio di presentarsi davanti all’amica – appena tornata dal mare con il suo ragazzo, sprizzante gioia da tutti i pori- in qualunque altro modo.

Poi è il turno di Elle. Elinor, con cui ha suggellato un patto il giorno stesso in cui l’ha incontrata, Elinor, sua sorella di spirito. Kail si fa avanti e la bacia sulle guance, velocemente, perché Elle è come un gatto: non va pazza per le effusioni se non è lei per prima a venirle a cercare.

Kail si trattiene a stento dall’aggrapparsi a lei e seppellirle la faccia nella spalla. Sente un formicolio nello stomaco. E un pizzicore agli occhi. E- no, di piangere non se ne parla. Ma perché, poi? Ha passato una notte di merda. In bianco. Seduta al tavolo della cucina.

Non ha più fatto sogni, ma non è riuscita a chiudere occhio fino all’alba. Poi, con la luce grigia che penetrava tra le tende, si è addormentata. Finalmente.

“Mamma, che faccia.” Commenta Sarah, scherzosa. “ Che ti è successo, Kail?”
La diretta interessata fa un sorriso tirato. Le altre ridono.
“Sei caduta dal letto?” Anche.
“Si è infilata in uno strip club e non ci ha invitate.”  Magari.
“Hai dato una festa!” Certo. Con me e un fantasma.

Kail si stringe nelle spalle.
“Naw. Ho solo buttato giù qualche idea per...” si umetta le labbra. “Per una nuova long fic.”
Coro di oh di disappunto.
“Fino a che ora, tanto per sapere?” si informa Elle.
Kail si gratta la nuca. “Le cinque?” prova, sperando che il radar per le panzane dell’amica sia spento.

Eleinor sorride. “Masochista.” Non sembra affatto convinta. Ma non insiste, per quieto vivere.
Kail risponde con una smorfietta divertita e la prende a braccetto. Se la tira dietro verso la porta della piscina.

‘Masochista.’
Non sai quanto, vorrebbe mormorare.

Per tutta la notte ha scritto e riletto e scritto e riletto, danzando con le parole.
Dietro ad ogni personaggio che ha bussato alla porta della sua immaginazione c’era sempre l’Ombra del suo sogno.
E quel pensiero.
Quel e se fosse-?

Come si fa a distruggere la vita ai propri personaggi quando ognuno di loro potrebbe essere il Mai nato?
Kail ha scritto e riletto, scritto e riletto, ma non ha cancellato nulla, terrorizzata alla prospettiva di essere fonte di rovina per qualche innocente.

*

Più tardi, sotto l’ombrellone, mentre le altre ragazze si lanciano in acqua con entusiasmo, Kail si spalma la crema solare, infila la maglietta per coprire la cicatrice sul fianco e fa due calcoli in silenzio.
Secondo quanto ha stabilito, avrebbe ventisette anni, il suo bambino mai nato. Dieci di più di lei, concepito l’anno in cui i suoi genitori si sono sposati. Il fratello maggiore che ha tanto richiesto e mai avuto.
Lui lavorerebbe già, probabilmente avrebbe già trovato una ragazza che lo ami, fatto progetti con lei per avere una famiglia…
Lui.

Un sorrisetto involontario le increspa le labbra. La decisione di considerare il Mai Nato un maschio è stata così spontanea da non sembrare neanche sua.  Forse perché ha sempre desiderato un fratello maggiore piuttosto che una sorella: qualcuno che potesse difenderla dalle prese in giro e aiutarla ad avere più fiducia in sé stessa.

Tutte le volte che ho tormentato mamma perché non ha fatto altri figli acquistano un significato completamente diverso, ora. Aggiunge tra sé, amara, e il mezzo sorriso- o quello che era- si dissolve dalla sua faccia.

Kail rotola sulla pancia, si mette l’mp3 e prende il vecchio quaderno di appunti che ha ripescato la sera prima, nella foga di trovare qualcosa su cui scrivere. Sfoglia le pagine tanto per distrarsi, regolando il volume della musica finché i bassi e la batteria quasi non l’assordano. Passa in rassegna bozzetti e storyboard mai completati, schizzi di personaggi, annotazioni sulle loro theme songs…

Sul disegno di Elle ci inciampa quasi per caso.

È un foglio a quadretti ripiegato in quattro e incollato alla pagina sottostante per l’angolo con un pezzettino di scotch. A giudicare dai margini mangiucchiati dovrebbe risalire alla terza media.
Come in tutti i disegni di Elinor, i tratti della figura rappresentata sono così leggeri che a malapena traspaiono dall’altra faccia del foglio.

Per poter vedere che rappresenta, Kail deve dispiegarlo. Il foglio si apre docilmente sotto le sue dita- e il disegno le viene incontro come una scena reale.

È un uomo.
Che cammina in una selva di pezzi di vetro, ferro arrugginito, statue mutilate, mentre il vento si infila nei suoi vestiti scuri e sgualciti.
Che sembra sparire nella bruma, evanescente come un fantasma.

La dedica è scritta in un angolo. Piccola e discreta, nella scrittura tonda ed elegante che caratterizza Elinor.
Kail la deve leggere due volte perché le parole facciano improvvisamente presa dentro di lei.

Facciamo anche tre volte.

Il suo cuore, tanto per rispettare la matematica scombinata di questi ultimi due giorni, salta un battito.

‘Ricordami com’ero una volta.’ c’è scritto.
E poi c’è quel particolare da professionista. Elle, artista in potenza, ha aggiunto un tremito. Come se la figura si stia per girare, indecisa.

Kail batte le palpebre, si riscuote. Ha le labbra schiuse in una muta richiesta.

‘Voltati, voltati, voltati...’


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Capitolo 4
*** 03. (Him) ***


Capitolo 3
« Io non esisto più. Sono un fantasma. »
(Him)



Di notte è sveglio, sempre sveglio.

Intorpidito, indolenzito.
Ma sveglio.
Purtroppo con la lucidità arriva anche la consapevolezza- la solita, il suo tormento eterno:  non poter vivere alla luce del sole come i vivi è davvero un terribile castigo, qualcosa che lui non si è mai meritato. Gli fa male tutto se solo si azzarda a spiare luce diversa da quella della luna, pallida e collerica.
Ma non ha davvero tempo per lamentarsi, oggi: c’è lavoro da sbrigare. Strade da percorrere.
Tracce da seminare.

Si alza nell’etere e cerca sua sorella nei sogni. È solo la seconda volta che lo fa, ma la sicurezza con cui la rintraccia gli strappa un sorriso.
Non si sono mai incontrati, mai nemmeno sfiorati. Eppure è così facile trovarla…

La stacca con delicatezza dall’incubo sulla scuola in prossima riapertura - un’interrogazione che sta andando a rotoli, in cui l’insegnante di italiano brandisce una scure-  e lascia che trovi da sola la strada per il buio, la calma, il silenzio.

Poi, quando si sente pronto, comincia a camminare, come la notte precedente.

E a seminare pagine per la strada costellata di vetri rotti e rifiuti. Fogli scritti a penna, battuti a computer. Sono tutti frammenti di una storia. Nonché indizi lucenti, come i sassolini bianchi che hanno marcato la strada di Hansel e Gretel.  

Non si illude, ovvio, che Kail si precipiti a raccoglierli a prima vista. Conoscendola, anzi- ha avuto ventisette anni di non vita per osservarla- probabilmente li eviterà. O non se ne accorgerà nemmeno, concentrata com’è su di lui.

Tuttavia,  non può impedirsi di trovare confortante il suono dei piedi nudi della ragazzina alle sue spalle né di sperare che sappia raccogliere e dare un senso alle tracce che sta lasciando per lei.

‘Dopotutto’ si dice. ‘Kail non guarda mai dove mette i piedi.’


Thump, fa sua sorella, dietro di lui, piantando il naso per terra.
Nemmeno a farlo apposta.


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Capitolo 5
*** 04. (Her) ***



Capitolo 4:
Andare a caccia di ricordi non è mai un bell’affare. Quelli belli non li puoi più catturare e quelli brutti non li puoi uccidere.
(Her)


Mercoledì.

Kail si sveglia alle sei e mezza. Da sola.

La casa è silenziosa, invasa dall’aria fresca che precede l’alba. Suo padre, a quest’ora, è già all’ospedale a preparare farmaci. E sua madre… sua madre…
Ha avuto uno dei suoi schizzi ed è andata a fare la spesa, ci scommetto. O ha sentito l’impellente bisogno di fare un salto al negozio di bricolage e tornerà carica di carta con i micetti e roba da decorare…

Sospira. Si rigira nel letto per un po’, poi si decide a scendere. Zampetta in cucina, così com’è – maglietta e slip. Sul frigo c’è un biglietto appuntato con una calamita.

Andata da nonna per preparare le valigie. Torno per mezzogiorno. Fai colazione e compiti! Bacio, mamma.

Ecco. Risolto il mistero.

Kail si prepara una tazza di latte freddo, zucchero e fiocchi d’avena. Resta in piedi di fianco al bancone e giocherella con il cucchiaio, inzuppando i cereali finché non diventano fradici.

Ne mangiucchia qualcuno, in silenzio, riflettendo.

Ricorda confusamente di aver sognato di essere di nuovo sulla scia dell’Ombra, su una strada spazzata da un vento rovente.
Lastricata di vetri in frantumi.
E di schegge di ferro.
E di ogni dannata schifezza che si possa abbandonare per strada, se è per questo.
Si controlla le piante dei piedi, tanto per precauzione, ma per fortuna il sangue e lo sporco sono rimasti indietro, nel sogno: è illesa.

“Bene, almeno questo.” Borbotta, corrugando la fronte. Che altro, poi?

Ah.
Stavolta ha corso.
Ed è inciampata.
Ed è caduta e quando ha battuto le costole e la faccia per terra, con cocci di vetro ad un soffio dal viso, si è accorta di aver schiacciato un foglio. Un foglio di carta bianco sporco da fotocopie, come quelli che papà porta in blocco dall’ospedale: il primo di una lunghissima serie.

Una pagina con una data in cima e  il mio nome.
C’era anche un titolo.
Titolo. Data. Nome.
E un post- it con su scritto-

Il post-it si è staccato e tramutato in cenere tra le sue mani prima che potesse leggere più di una o due parole.
Quelle che ha fatto in tempo a scorgere sono diventate ombre ancora più in fretta.

Kail rimette il cartone del latte in frigo, torna in camera, accende il computer e si raggomitola sulla sedia, aspettando che si apra la schermata iniziale. Apre la cartella STORIE-2007. Ci trova più di una trentina di sottocartelle.

“Cazzo.” Commenta. E poi. “Ti pareva.” Non è mai stata una gran lavoratrice, neanche nel campo della scrittura. Perché cavolo il suo periodo stacanovista doveva coincidere proprio con quello in cui ha scritto quella storia?

Trovare l’affare in questione sarà un casino.

Accende l’mp3, mette il volume al minimo. Sbuffa. La freccia del mouse punta la prima sottocartella della (lunga) serie. “Kesenai Tsumi”.  

Kail si mordicchia il labbro.
“Va bene…partiamo da qui.” Si dice, ferma.
E comincia a cercare.

Verso le sette si apre una finestra pop-up di msn. Moonracer. Vero nome: Miriam. Kail l’ha conosciuta su un forum di fan fiction- uno dei tanti del circuito.

Moon parla poco e scrive tanto. Kail è una delle poche persone a cui dice di essere attaccata. La chiama nee-chan, sorellina.
Dopo tre anni in cui ha scoperto di avere nervi incredibilmente saldi quando si tratta di consigliarla, sostenerla e dissuaderla dal fare cazzate di epiche proporzioni, Kail comincia ad avere seri dubbi su quel nomignolo e se le piaccia o meno essere chiamata così.

A due giorni di distanza dalla scoperta del Mai Nato il solo pensiero di qualunque parola riguardante il rapporto fraterno, oltretutto, brucia da morire.

Ma sorvoliamo.

07:05 Moonracer_Miri scrive:

Ciao.

Kail esala un sospiro. Miriam è monosillabica, come al solito. Lascia perdere per un paio di secondi la one-shot che ha sotto gli occhi – tanto non è quella giusta- e mette mano alla tastiera.

07:06 Tsamsiyu_Kail_Eira scrive:

Ciao.

Pausa. Per tre minuti.

07:09 Moonracer_Miri scrive:

Sono arrivata a metà del secondo capitolo.

I ‘come stai’ si sprecano, con Miriam. Importa solo quello che mette nero su bianco nei suoi racconti: Kail è lì per leggerli e commentarli, quindi neanche a lei è concessa una domanda di circostanza così comune.
È un’altra cosa di cui a Kail non potrebbe fregare di meno, ma oggi la mancanza della collega scrittrice le dà sui nervi. Lei vuole sentirsi chiedere come va. Sarebbe una sacrosanta valvola di sfogo.

Beh, almeno per i cinque minuti in cui Miriam la starebbe ad ascoltare prima di tornare sul suo argomento preferito: sé stessa.

Kail rimette le dita sulla tastiera.


07:10 Tsamsiyu_Kail_Eira scrive:

Scusa, Miri, oggi non faccio betaredaggio. Ho un problema.

07:12 Moonracer_Miri scrive:

…oh.

Ancora pausa.

Kail stringe le labbra.
“Niente ‘che problema?’, niente ‘mi dispiace’, niente ‘posso aiutarti?’, mi raccomando.” ringhia, sommessa. Si schiaffa una mano sulla fronte “Oh, ma che razza di illusa! Mettitela via, è una partita persa. Non te lo chiederà mai.”

Lascia perdere msn, improvvisamente silenzioso, e si tuffa di nuovo nelle sottocartelle, maledicendo una volta di più la sua mania di creare le raccolte Bozze, Randoms e Capitoli completi per ciascuna delle idee che le vengono in mente.
Scarta un paio di primi tentativi di lemon abbozzati in terza media, ne approfitta per rimettere a posto alcuni file sciolti- drafts per una fan fiction in fase di stallo mai ripresa.

Poi trova:

Blood Tribute.

E si ferma.
È questo.

07:15 Moonracer_Miri scrive:

Comunque…hanno indetto un nuovo concorso su Words&Worlds. Sembra che in palio ci sia la possibilità di far pubblicare qualcosa da una vera casa editrice. Il tema è l’urban fantasy.

07:16 Moonracer_Miri scrive:

Io pensavo di partecipare con quel racconto di fantascienza che ho scritto tempo fa, Survivor. Sono ancora convinta che sia il migliore tra i miei lavori. Tu?

07:19 Moonracer_Miri scrive:

Nee-chan?

07:19 Moonracer_Miri scrive:

Ma ci sei?


“Ci sono. Credo.” Risponde ad alta voce Kail.

Qualcosa le turbina nel petto. Una strana sensazione. ‘Buffo’ si dice, pensosa. ‘Assomiglia a quella che precede la consegna delle verifiche.’
Anzi, in effetti è proprio uguale: disagio, respiro corto, freddo. L’impressione che la sua mano sia stretta da quella di un’altra persona.
‘Buffo’ ripete. ‘ Ora che ci faccio caso: non sembra neanche mia.’

Kail rabbrividisce. Apre di nuovo msn. Ha bisogno di riprendere la calma e non vedere quel nome per almeno un paio di secondi.

07:20 Tsamsiyu_Kail_Eira scrive:

Ci sono. Sorry.

Moonracer_Miri è offline


Uno sbuffo le raggiunge le labbra. Miriam ha sempre staccato senza dire ne a ne bah, certo, ma dopo tre anni la cosa comincia a diventare stancante.

“Avvertire no, vero?” brontola, ficcandosi in bocca una cucchiaiata di cereali fradici.

La manda a farsi fottere. Torna alle storie; appena posa di nuovo gli occhi su Blood Tribute si sente annodare lo stomaco dalla stessa sensazione di prima.
La cartella sembra così dannatamente minacciosa, tutto d’un tratto.
Esita.

Avanti.” Mormora la Voce, rauca di impazienza. È così improvvisa che Kail sussulta. Il cucchiaio le cade di mano e finisce nella tazza, spedendo schizzi di latte sulla scrivania e in faccia alla ragazzina.
“Che cazzo-” ansima Kail, mettendo giù la ciotola. Le è finito del latte in un occhio, ma non è quello il motivo per cui non riesce a continuare.
Ha un nodo alla gola- e stavolta è di qualcosa troppo simile alla paura.

Pausa.
La Voce parla di nuovo. Quieta, mesta. Soffice.
Ti prego.” Mormora. “Vai avanti.”

Kail rimane immobile per un paio d’istanti. Ha sempre sostenuto di essere “matta”, scherzando con le sue amiche, e va bene. Scrive, quindi immaginarsi che i propri personaggi le parlino e le raccontino le proprie storie come se fossero persone vere non è un sintomo preoccupante, e va bene anche questo.

Ma questo è troppo. Questa…voce, questo qualcuno nel retro della sua testa. Non l’ha mai sentito. O forse sì? Forse no?

“Ok.” Sussurra, chiudendo gli occhi. Fa un respiro profondo. “Okay. Stai calma. Fai finta che sia la…voce della coscienza. Okay? Va tutto bene.” Aspetta. Quando la Voce non si fa risentire, poggia di nuovo le dita sul mouse. “Okay.

Apre la cartella.
Poi word.

Da qualche parte, nella sua testa, qualcuno esala un sospiro.
Di sollievo? Di approvazione?
Kail non riesce a capirlo.
Non ci voglio pensare.
Comincia a leggere le pagine- quasi cento- che si srotolano sotto ai suoi occhi.


*

Pomeriggio. L’aria è pesante e i raggi del sole che lo trapassano lo scottano. Incidono su di lui tracce brucianti.
Secondo alcuni gli spiriti non provano dolore, ma sono tutte balle. Almeno, per lui: ha la nausea, la luce gli dà fastidio e vorrebbe rintanarsi in un angolino buio il più in fretta possibile. È solo colpa sua, in ogni caso: si è svegliato prima del calare della notte, troppo presto.

Peggio: è in cucina, dove chiunque potrebbe percepirlo.
Ma tanto non c’è nessuno, no? A parte loro due, s’intende.
Mam-…la donna che avrebbe dovuto essere sua madre è tornata ed è dovuta uscire di nuovo poco dopo, causa problema in ufficio. Il…padre…è ancora a lavorare. Torna verso le sei, come sempre.
Kail è seduta al tavolo della cucina. Lui spia da sopra la spalla di sua sorella, curioso.
Davanti a loro:

Una pila di fogli tenuti insieme con nastro adesivo e graffette, su cui campeggia il titolo Blood Tribute.
La cartelletta di disegni di Elle.
Una penna.
Il suo diario, aperto.

Kail  prende il quadernetto a spirale e rilegge le sue note. Ha cominciato a buttare giù corte frasi per ricordarsi ciò che è successo, bene attenta a lasciare i sentimenti fuori dalle pagine a quadretti su cui ha posato la penna.

Lunedì 16 agosto.

Scoperto sul libretto pediatrico. Maschio o femmina? Nome?
Voce nel pomeriggio.
Sognata Ombra.

Martedì 17 agosto.

Trovato disegno Elle. Identico a sogno.

Martedì-Mercoledì 17\18 agosto

Secondo sogno. Ombra su strada in una città in rovina. Inciampata su libro. Sulla copertina: anno 2007, titolo “Blood Tribute”, mio nome.
Cercato libro.
Trovato nei vecchi scritti di terza media-prima liceo.
Voce si è fatta risentire.
Riletto Blood Tribute.
Ripresi vecchi disegni di Elle.

Senza saperlo, Kail ha tracciato uno scheletro di eventi che non ha nulla di dissimile allo storyboard di una storia.

‘Deformazione professionale’ si dice lo spirito, con un mezzo sorriso.  

Kail rimette a posto il diario, meccanica. Prende la cartella di disegni. La apre. Diversi fogli scivolano fuori: bozzetti di animali, ritratti di persone, figure umane intere, schizzi di visi, nasi, occhi, ciocche di capelli, mezzi busti.
E, naturalmente il disegno dell’Ombra, staccato dal vecchio blocco di appunti e spostato lì dentro.

Il cuore dello spirito fa una capriola. Trattiene il fiato.
Kail si blocca, aggrotta le sopracciglia e si passa una mano sulla nuca. Vorrebbe dire “piantala, mi fai venire un infarto, così!”, ma non le va di parlare all’aria. Si sentirebbe una pazza.

Beh… più matta del solito, in ogni caso.  

“Scusa.” Mormora lui. Appoggia la propria guancia- impalpabile come aria- alla tempia della sorella, appoggia le mani sullo schienale della sedia su cui è seduta e si sporge con lei a guardare il disegno dell’Ombra.

Kail rimette a posto il resto delle tavole e dispiega ancora una volta lo schizzo. Poi si allunga e prende Blood Tribute. Sfoglia il malloppo di pagine scritte fitto fitto.
Si ferma.
Legge.

‘ “Cosa vuoi?”
L’uomo si fermò in mezzo ai rottami, senza girarsi a guardare il ragazzino. Gli occhi chiari erano fermi.
“ Che tu abbia un po’ di fiducia.” Commentò, in tono quasi distratto. “ Non dovresti avere paura di me, sai. Io non voglio farti del male.”
Leo fece una smorfia.
“ Non so nemmeno chi sei. “
Il giovane sorrise.
“ Te l’ho già detto.” La sua voce si raddolcì. “-fratellino. Se non l’hai ancora accettato non è certo colpa mia-”
“Ancora con questa storia! Io non ho fratelli. Non ne ho mai avuti.”
“No. Non te ne ricordi, ecco tutto.”

“Non te ne ricordi …” cita Kail. Socchiude gli occhi. “Dio, no. Non può essere.”
Allunga una mano. Sfiora con l’indice quelle righe, leggera, quasi reverente.
“Yash.” Bisbiglia. “ Cosa c’entra Yash in tutto questo?”

Lo spirito trema. Per un attimo prova un dolore al petto, come se quel debole, fragile contatto tra lei, lui e le lettere che li collegano sia così caldo da ustionarlo.
Poi quell’attimo passa, e per la prima volta nella sua non-vita sente uno strano groppo. Un nodo che non va né su né giù e sembra voglia strozzarlo.

Si sente triste. Terribilmente triste ed euforico allo stesso momento, lì dove si trova, avvolto intorno a sua sorella.

Restano immobili, così (inconsapevolmente abbracciati per un lungo attimo). Infine, Kail si alza, riluttante.
Deve chiamare Elle.

Lo spirito non si muove.
Si fa rotolare ‘Yash’  sulla lingua. Il nome del personaggio che Kail ha sentito più vicino. Il nome del personaggio con cui ha litigato più spesso, di cui ha scritto di più.
Di quello che è stato, fin’ora, solo un fratello di carta per un protagonista in cui lei si rispecchia senza saperlo.

Il nome che forse gli apparterà.

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Capitolo 6
*** 05. (One Step Closer) ***



Capitolo 5

(One step closer)

Sabato pomeriggio.

Il primo motivo per cui Kail ha deciso di chiamare Elle riguarda la storia che è andata a ripescare dai meandri del computer.

Blood Tribute è nata lo stesso anno in cui Kail ha conosciuto Elle: il primo, vero racconto che la sua mente contorta abbai mai partorito dopo un’infanzia passata a inserire sé stessa in svariati film e cartoni animati. Ha subito almeno due stesure a distanza di un paio di anni l’una dall’altra, crescendo con la maturazione di stile di Kail, ma la trama (salvo ripensamenti) è rimasta sempre quella: un’antica faida tra un gruppo di cacciatori di taglie, assoldati per difendere la Capitale del loro Paese, e il loro ex-leader, portato dall’ambizione all’apice del clan nemico.

Elle è stata la prima a conoscere lo storyboard, quando si trattava ancora di un mozzicone di solo tredici capitoli. La prima a cui Kail ha raccontato nei dettagli la storia dei singoli personaggi. La prima a leggere i capitoli iniziali, in Verdana 12, insicuri e traballanti.

La prima a conoscere Yash fino in fondo.
…Beh, forse la prima no.
Ma comunque è stata lei a prendere a cuore il personaggio. Kail no. Lo ha sempre ritenuto uno stronzo. Uno stronzo con lati positivi, certo, ma prima di tutto un egoista senza speranza.

Ora?
Ora non è più tanto sicura di cosa pensare.

“Fammi capire…”riprende Elinor, appoggiando il bicchiere di succo di frutta sul tavolo. “Dunque. Hai scoperto di avere un fratello che è…scusami. Morto prima di nascere.”

Kail annuisce. “E poi ho cominciato a fare sogni assurdi.”
“E scusa se è poco. Dev’essere stato uno shock. Mi sembra normale che tu sia rimasta impressionata al punto da-”
“ E quando siamo andate in piscina mi è capitato, per caso, uno dei tuoi vecchi disegni.”

Fruscio di carta. Kail appoggia sul tavolo il foglio che ha pescato nel blocco quattro giorni prima. Lo dispiega con cura, attenta a non sbavare il tratto di carboncino con le dita.
Sotto gli occhi di entrambe appare l’Ombra, in marcia attraverso la distesa di rottami.
Kail soffoca un brivido. Flash del suo primo sogno le passano davanti agli occhi- la sensazione di calpestare viticci di fibre ottiche e ricci di fil di ferro e la strana sagoma simile a fumo cardato che avanza davanti a lei, senza voltarsi.

Anche Elle sussulta, ma per ben altro motivo.
“Ugh! Oddio, questa roba è vecchissima. Guarda che schifo che fanno le proporzioni…ha le gambe come stecchi!”
Kail sbuffa, allungando uno schiaffetto alla mano dell’amica che punta, spietata, i cosiddetti difetti.

“A parte il fatto che secondo me è meraviglioso.” Ringhia, stizzita. “ E che devi smetterla di coprirti il capo di cenere come se per ogni capolavoro sfornassi una schifezza…”
Elle fa una smorfietta. “Ma è così.”
“Guarda che ti picchio!”
“E io te le restituisco. Vai avanti.”

Kail si umetta le labbra.
“Ti ricordi da cos’è tratta la scena?” domanda.

Elinor fa uno dei suoi mezzi sorrisi sghembi che Kail invidia tanto.
“E come scordarselo? È BT.” Decreta. Una punta di nostalgia le tinge la voce, perché è da un paio di anni che Kail ha mollato la seconda stesura. Mancanza di tempo e paura di non riuscire a fare abbastanza per la prima storia davvero importante della sua vita. “Il primo sogno del protagonista riguardo il suo passato.”

Kail fa un bel respiro. E spara a zero.
“Anche il mio.”

Silenzio.

“E sai che è dall’inverno del 2008 che non scrivo una parola per quella storia, quindi non può avermi influenzata.”

Ancora silenzio. Elle è seria.
“Non ti chiedo se sia uno scherzo, perché non sarebbe proprio il caso. E perché so che sai che ti prenderei a pugni se lo fosse.” Afferma. Cerca di buttarla in ridere, ma la sua voce è malferma e i suoi occhi marrone scuro brillano.

Senza stupore, senza pregiudizi.

Kail ricambia l’occhiata. Le labbra le si deformano in quello strambo sorrisetto che le viene spontaneo, quando si trova a fronteggiare qualcosa che le mette l’ansia. Sente di aver fatto la scelta giusta.

*

Più tardi, la risposta ancora sfugge dalle loro mani come sabbia.
Afferrarla è il passaggio più difficile.

“Insomma, non riesco a capire come possa essere successa una cosa del genere.”

“ Beh, pensaci. Yash è l’unico personaggio che non è ancora finito nel dimenticatoio per tutto questo tempo: sembra che siate appiccicati con l’attack.”

“Ehi, non è colpa mia. È lui che fa la cozza…non mi molla mai, me lo sono trascinato dietro per un’infinita di one-shot solo perché mi rompeva di lasciarlo da solo.”

“Lo vedi?”

“Beh, anche il protagonista, Leo, ci è attaccato. Non per sua volontà, povero tesoro bistrattato da tutti, ma…”

Lo spirito ha cominciato ad apprezzare quel nome, ma per il momento ‘Yash’ non è suo tanto quanto non lo è “Francis”, come lo volevano chiamare i genitori di Kail. Fa niente. Aspetterà.
Si crogiola nel salotto di Elle, invisibile alle ragazze, e si abitua lentamente all’idea che manca così poco.

Così dannatamente poco, perché Kail arrivi a capire quello che vuole da lei. Manca solo la spinta giusta- ed Elinor è lì per dargliela. Ci stanno arrivando insieme, ragionando.

Starle ad ascoltare è piacevole. Rende tutto più reale.
Ma c’è sempre quel brivido di aspettativa che lo percorre…

“…ma Leo si ritrova Yash come una sorta di fratello maggiore.
Il suo passato, il suo futuro, il fatto che valuti così tanto la necessità di lottare e proteggere i propri cari: sono tutti fili di un unico intreccio che li lega l’un l’altro. Cavolo, Kail, mi cadi sui fondamentali? L’hai scritta tu, quella storia. L’intera trama di Blood Tribute è basata sulla fratellanza, sia essa di sangue o di spirito.”

“Lo so, lo so! È solo…ci credi se ti dico che me ne accorgo solo ora, con te che lo puntualizzi? Non ci ho mai fatto caso. Evidentemente ero troppo presa dal resto.”

Chiamiamola prudenza. Chiamiamola diffidenza. Proprio lui, poi, non ha forse  pieno diritto di essere cauto? la vita l’ha rifiutato ancora prima che gli venisse offerta la possibilità di mettersi alla prova.
Lo spirito sospira.
Ha già sperimentato la delusione una volta. Sa quanto brucia. Non ha voglia di trovarsi ancora una volta faccia a faccia con quel tipo di sofferenza.

Non riesce davvero a trattenersi. Probabilmente convivrà fino all’ultimo con la paura di veder sfumare la sua ultima chance tra le mani.

È uno strano tipo di angoscia che monta come la marea. Lo trascina per vertiginosi alti e precipitosi bassi, riempiendolo di fiducia per poi strappargliela dalle mani.
Spera di essere perlomeno a mezza strada tra il picco e il baratro, quando sarà ora del confronto diretto.

Perché è a questo che ci si sta avviando.
Lentamente. Inesorabilmente.

“Il resto?”
“Sì. Del tipo, una Voce nella mia testa che mi dice di andarmi a stampare il secondo draft di Blood Tribute. Per fare cosa, non lo so.”

Elle va alla libreria senza dire niente. Sfiora le coste dei libri con la punta delle dita, cercando. Sembra sovra pensiero e non fa una piega davanti a quest’ultima frase dell’amica.
Kail ha l’ennesimo brivido. Sembra che il calare delle tenebre abbia fatto diventare permanenti i tremiti occasionali che l’hanno scossa per tutto il pomeriggio.

Sente anche lei quanto pesi questo momento? Quanto sia precario? Si chiede lo spirito, accovacciato in un angolo del divano. In ventisette anni di non esistenza farsi domande e cercare risposte è stato il suo unico passatempo. Non se n’è ancora stancato.

Tutto parte da un ‘e se…?’, in fondo.

“C’entra Yash, c’entra tuo fratello, c’entra una storia che è stata un aborto in sé, dato che ce l’hai sempre avuta sotto mano e mai portata a compimento. Dimmi se ho dimenticato qualcosa.”
“Io e te. Soprattutto te.”

Elle inarca un sopracciglio. Ha una domanda sospesa sopra la testa come un fumetto: Che c’entra lei?
Kail incrocia le braccia al petto.
“Ho bisogno che tu mi dica cosa fare.”

Le risponde una risata tirata. “Ti pare? Io?”

Kail annuisce. “ Sei tu l’esperta in materia onirica.”
Il secondo motivo per cui ha chiamato Elinor prima di tutte le altre è proprio questo.
Sono le stranezze ad avere paura di lei.
Mai il contrario.
 
L’interpellata fa un vago gesto con la mano. Pesca un vecchio manuale dalla copertina rivestita a mano: impossibile indovinare il titolo coperto dalla carta marmorizzata.

Kail non demorde.
“Allora? Blood Tribute, Yash, il bambino mai nato. Ti fa venire in mente niente?”
“Solo l’ovvio. Cioè che tuo fratello vuole qualcosa da te. Qualcosa che riguarda Blood Tribute, e Yash nella fattispecie. Il che ha una certa logicità, considerato che rapporto hai con quel personaggio.”

Una risata sbuffata.

“E non ridere. Non sono io quella che l’ha chiamato nel sonno.”

Lo spirito non reagisce per un paio di secondi, stupito. Un timido sorriso gli attraversa il volto.
‘Davvero?’ chiede.
Ovviamente, nessuna delle due lo può sentire.

“È stato secoli fa! Ed ero ammalata, oltretutto. Non ci stavo con la testa. ”
“Certo.”
“Davvero!”
“Va bene, va bene, non ti scaldare! Cristo. Comunque…”

Bang. Kail si scansa appena in tempo per evitare che il libro appena lasciato cadere sul tavolo da Elle le riduca le dita a frittata. Lancia un’occhiataccia all’amica.
“Scusa, mi è scivolato di mano.” Dice sbrigativa Elinor. “Su, fatti un po’ in là. Ti voglio mostrare una cosa.”

Si siede sulla stessa sedia di Kail; non è la prima volta che si dividono il posto, quindi nessuna delle due si lamenta di avere solo mezzo posto a testa.

Lo spirito resta dov’è. Non ha il coraggio di avvicinarsi.

Elle alza la copertina rigida, salta la prefazione e va direttamente al capitolo uno.
Kail butta l’occhio sulle prime righe. Poi guarda l’amica, perplessa.

“Questo ci dovrebbe essere d’aiuto?” puntualizza, cercando di suonare scettica.
“Se aspetti che tuo fratello si faccia avanti e ti dica che accidenti vuole potrebbero passare mesi.” La rimbecca Elinor, seria. “Addirittura, potrebbe non farlo proprio e andarsene. Quindi, se non vuoi che questa storia si trascini ancora per molto, devi essere tu a fare il primo passo e chiedere che cosa gli serve.”

Pausa.

“A un morto?” domanda Kail, amara.
Elle scuote il capo. “ Non si può chiamare ‘morto’ uno che non è neanche mai nato.” La corregge. “Comincia a leggere. Dall’inizio.”

Kail sospira, appoggia il mento su una mano e abbassa gli occhi sulla pagina.
Solo a rileggere il titolo si sente stupida.
E speranzosa.
Magari l’idea della sua migliore amica non è poi così balorda. Dopotutto, in Blood Tribute ha funzionato.

Capitolo uno. Cos’è un sogno lucido e come ottenerlo.

 
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Capitolo 7
*** 06. (Taking Speed) ***



Capitolo 6

(Taking speed)

Domenica.

Calma piatta.

Kail si mette una vecchia maglietta e i pantaloni della tuta,
mangiucchia biscotti,
si stende sul letto con i suoi peluches.
non scrive,
non esce.

Resta in casa e legge il libro. Divora pagina dopo pagina, fino a tardi. Riempie il quadernetto di annotazioni.

Dorme.

Sogna.

Appena sveglia afferra penna e diario. Salta le annotazioni dei giorni precedenti e a pagina nuova scrive giorno, ora, anno.
Sotto, il numero dei sogni che ha fatto e il loro contenuto. Cerca di essere il più stringata e veloce possibile, timorosa di dimenticarseli.
Quando ha finito li rilegge: uno sulla scuola, uno in cui si è trovata in centro con le amiche e un paio di personaggi dei fumetti.
Uno sull’Ombra che cammina sicura davanti a lei. È diventata più scura dall’ultima volta che l’ha vista: se prima sembrava acqua, ora è orzata allungata. Più consistente del fumo, più tangibile della nebbia- ancora infinitamente lontana.

Kail sospira. Ha un nodo allo stomaco, stretto e doloroso. Ci vorrà tempo: se tanto o poco, impossibile saperlo.

Questa è solo la prima tappa di una lunga strada.
L’obiettivo: avere un sogno lucido. Un sogno in cui abbia conoscenza di sé e di ciò che la circonda, un sogno influenzabile.

Un sogno in cui possa parlare con suo fratello.

…sarà dura.

“Guardiamo il lato positivo.” Si dice la ragazza, seduta sul letto. “ Non sto partecipando ad una gara, quindi niente scadenze, niente sudori freddi e niente ansia. Sì, come no. ”

Kail si tira su la maglietta sulla schiena. Osserva la cicatrice che le solca il fianco: tutto quello che rimane di una formazione cutanea rimossa tre settimane prima di ritrovarsi con il libretto pediatrico e la realtà tra le mani.

Guardando la linea rossa, ricorda com’è stato entrare in sala operatoria e realizzare di essere nelle mani di perfetti estranei pronti a tagliarla e cucirla come una bambola. Come si è stupita a sbattere contro la realtà delle cose all’ultimo minuto, quando ormai era troppo tardi per fare marcia indietro.

Decide che sarà così anche per il loro incontro.
Non vuole rinunciare a ciò che sta facendo per colpa di un attacco di panico, sarebbe estremamente stupido.
Perché- diciamocelo- un po’ d’ansia la prova.
Ma solo un pochino, eh. E poi, cazzo- soltanto un’idiota non avrebbe paura di infilarsi in un sogno e cercare di pilotarlo con tutta la roba che può succedere. Paralisi, illusioni ipnagogiche e tutto il resto.



Kail si alza e accende il computer. Ha bisogno di distrarsi.


15.00  Tsamsiyu_Kail_Eira scrive:

Ciao Miri. Cos’è che dicevi di quel contest, l’ultima volta che ci siamo sentite?


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Capitolo 8
*** 07. (WILD) ***


Capitolo 7
(WILD)

Tre mesi dopo.

Wake Initiated Lucid Dreams.

Kail legge un’ultima volta quelle quattro parole sulla pagina davanti a sé , poi chiude il libro e lo posa sul comodino. Socchiude le palpebre e si mette in ascolto: non si sente un’anima viva. I suoi sono di nuovo fuori, il suo cane si è messo tranquillo in cuccia, il telefono è staccato e il cellulare spento.

Fuori, la prima neve scende dal grigio cielo novembrino e soffoca qualunque rumore molesto sotto la sua coltre candida.

È ora.

Kail si infila il maglione, chiude la porta di camera sua a chiave e calcia via le pantofole. Si stende sul letto, a pancia in su.
Si appoggia il disegno dell’Ombra e la versione incompleta, malamente rilegata di Blood Tribute all’altezza del petto e ci incrocia sopra le mani.
Fa un bel respiro.

“Vorrei vedere mio fratello.” Dice, a voce alta e chiara. Deve sembrare convinta. No, deve essere convinta, perché in un WILD tutto parte quando si è ancora svegli. “ Devo parlare con lui. Ho bisogno di parlare con lui, a qualunque costo. Perciò…” si umetta le labbra. “…perciò lo sognerò. Stavolta lo raggiungerò e gli parlerò perché sarà il mio sogno e posso fare quello che voglio.”

Si interrompe. Guarda il soffitto.
“E vorrei ricordare tutto quello che succederà.” Aggiunge.

Poi tace, si concentra su suo fratello, su Yash e su sé stessa. Ciò che ha detto all’aria le rimbomba nella mente. Ad occhi aperti, rilassa il corpo e rallenta il respiro.
Aspetta.

I pensieri riempiono la sua mente come acqua che stilla in una tazza vuota. Lentamente passano da dentro di lei a intorno a lei. Uno per uno la salutano e l’abbandonano.
Finché è il vuoto. La pura, semplice consapevolezza di sé.

Kail riesce a sentire il battito del proprio cuore. Il suo respiro è tanto lento, tanto profondo da essere impercettibile. Le mani che ha posato sul torace sono pesanti come piombo: è in piena paralisi ipnagogica. Non potrebbe muoversi neanche volendolo, priva di controllo com’è sui propri muscoli.

È insieme terrificante e magnifico.

È il mio sogno. Il mio sogno. Parlerò con lui, perché lo voglio. Lo raggiungerò, perché è ciò che desidero fare.

Chiude gli occhi. Per un po’ – una manciata di secondi o un’eternità?- c’è solo il buio, e la sua stessa voce che ripete come un mantra le parole “sogno”, “Yash” e “fratello.” Poi, lente, le immagini scaturiscono dall’oscurità, come la luce del sole dopo una galleria.


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Capitolo 9
*** 08. (In Between) ***



Capitolo 8
(In between)


È di nuovo nella sua stanza e la neve cade a larghe falde fuori dalla finestra. Da qualche parte c’è un cane che abbaia.
Kail si mette a sedere, Blood Tribute ben stretto al petto. È il suo sogno, quindi riesce a gettare le gambe oltre il bordo del letto senza alcuno sforzo nonostante la paralisi del sonno.

Va alla porta, gira la chiave nella toppa e la apre con una lieve spinta.
Appena fuori dalla soglia, la Strada. Così come l’ha immaginata per Blood Tribute e vista nei sogni precedenti: vetri luccicanti, lamette smussate e una soffice coltre di cenere la coprono, tracciando un lungo sentiero alto almeno una spanna nella città in fiamme che fa da scenario.

Un soffio di aria rovente investe Kail in piena faccia, scompigliandole i capelli scuri. Invece di darle fastidio sembra una carezza ruvida, brusca.

È il benvenuto del mondo che lei stessa ha inventato, in cui la sua camera è piovuta come la casetta di Dorothy nel mondo del mago di Oz.

Kail raddrizza le spalle. Posa un piede scalzo sullo spesso strato di cenere e comincia a camminare.

*

La vede arrivare di lontano, sbirciandola da sopra una spalla: una figura pallida con un pacco di fogli in mano che avanza a passi lenti e misurate.
Sorride. Per i suoi diciassette anni è così minuta. Non più la bambina che lui non ha mai visto crescere, non ancora adulta- sospesa a quel confine tra l’uno e l’altro stato.
L’adolescenza è così simile al limite grigio tra vita e morte, quando una parte di sé si è già dissolta nel nulla e l’altra aspetta ad occhi aperti che arrivi la fine- o una mano a cui aggrapparsi per essere riportata indietro.

Lui e Kail si assomigliano: due creature affacciate alla soglia delle rispettive porte che si sporgono a guardare il mondo di mezzo, l’unico dove possano incontrarsi. E da così poco tempo. Il timore di non sapere come comportarsi, cosa dire, cosa fare gli attanaglia la gola, lo soffoca.
Teme di deluderla.
Lui, che si sente gonfiare il petto d’orgoglio al pensiero di cosa abbia combinato quella matta di sua sorella per venirlo a cercare. Proprio lui, sì- al solo pensiero di non essere abbastanza per lei prova un senso di nausea.

Tutta colpa di quella domanda. La solita. È incompleta, ma proprio per questo è galvanizzante.
‘ E se…?’
Se, se, se. Se Kail decidesse all’improvviso di non voler più avere nulla a che fare con lui…cosa farebbe?
Cosa?
Tornerebbe nel Limbo dei bambini mai nati? Nell’archivio fuligginoso dove la memoria si tramuta in un cumulo di polvere come se niente fosse?
Non lo sa.
Di una cosa sola è certo: non durerebbe a lungo. Per restare accanto a Kail ha speso tutta l’energia conservata in ventisette anni di non esistenza. Se sua sorella si rifiutasse di aiutarlo il suo ricordo si dissolverebbe nel tempo di un sospiro…non avrebbe il tempo per accumularne di nuova e proseguire la sua non vita.

Non ha tempo per tormentarsi oltre con i suoi dubbi. Kail è già lì, davanti a lui, le labbra serrate in un’espressione calma e determinata.
Non c’è traccia di tentennamento nella sua voce, quando parla.
Solo genuina preoccupazione.

*

“Stai svanendo...”

Il giovane uomo davanti a lei si lascia sfuggire una fievole risata. I capelli scuri che gli incorniciano il volto rendono impossibile vedere poco più che accenni del suo profilo: il naso, le labbra appena piegate in un sorriso che ha del triste.

Kail sente un formicolio invaderla da capo a piedi. Arrossisce. Come battuta d’inizio non è stata molto felice- ma dopotutto è la prima cosa che le è saltata agli occhi.
Quella, e che suo fratello ha preso le sembianze di Yash. Il che non fa aumentare la sua impressione di trovarsi davanti ad un acquerello sbiadito- e l’improvvisa paura che possa scomparire da un momento all’altro.

È il mio sogno. Si dice, secca. Posso farlo restare, no? Io voglio che resti. Stringe i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, corrugando la fronte.

“Apprezzo lo sforzo, ma non credo serva a molto, purtroppo.” Commenta la Voce, come se le avesse letti nel pensiero, stavolta alta e limpida nell’aria odorosa di fumo. Kail quasi lascia cadere Blood Tribute al tono caldo, vagamente rauco che la raggiunge. Non è più nella sua testa e ha una direzione: la creatura a qualche passo da lei.

 Il giovane si volta verso di lei del tutto. È Yash, senza ombra di dubbio: capelli castano scuro arruffati e ribelli, occhi verdi dal taglio sottile. La scruta, serio, e Kail non può fare a meno di ripensare a tutte le notti di temporale in cui ha desiderato di rifugiarsi dal suo personaggio preferito, il misto di timore e fastidio che ha provato nell’accettare quella necessità.

Poi lui le sorride.
Ed è l’espressione che ha sempre agognato, cercando Yash tra sogni e incubi, così familiare che la ragazza avverte un colpo e poi una fitta al petto. Un dolore forte, straziante. Quasi le cedono le gambe


È lui. Realizza. È come svegliarsi da un lungo sogno. Le salgono le lacrime agli occhi. Mio fratello, per davvero. Sangue del mio sangue.

Fa due passi in avanti- solo due, non di più.
Vorrebbe disperatamente raggiungerlo, sfiorare il triangolo chiaro subito sotto l’attaccatura del collo, tuffare il viso nella semplice camicia scura che indossa e annusare il suo odore. Abbracciarlo abbastanza forte da costringerlo a restare.

Non lo fa, non ancora.

“Perché no?” chiede
Lo spirito fa spallucce. “Perché non dipende da te. La colpa è mia: ho quasi esaurito il mio tempo.” Si giustifica. “Nei sogni posso ancora risparmiarne un po’, ma più resto nel mondo reale e meno ho a disposizione per…’vivere.’ Perdona il gioco di parole.”
La guarda di sottecchi, come sperando di averle strappato un sorrisetto con quel paradosso. Kail deglutisce. Il dolore che le squassa il petto si intensifica e la sua visuale si appanna.

Devo avere qualcosa negli occhi. Forse un po’ di quella cenere che copre la Strada, ce n’è così tanta che dev’essermi finita in faccia. Per forza.

 “Allora non ci resta molto.”
Lo spirito annuisce, anche se non è una domanda- e lo sanno entrambi.
“Posso fare una cosa o è meglio che prima parliamo?”

Suo fratello batte le palpebre, sorpreso.
“Puoi fare quello che vuoi.”
Kail alza il viso verso di lui. Copre la distanza che li separa in tre passi e fa quello per cui ha spasimato in ogni- singolo- sogno.
Lo abbraccia.
E quando lo spirito le avvolge intorno le braccia e la stringe forte a sé, quando respira il suo odore- inchiostro e polvere da sparo mischiati al profumo di casa sua, dei vestiti che indossa di solito, della sua famiglia, Yash e fratello in una volta sola- finalmente piange.

Piange e si lascia andare. Lui, che la culla e le accarezza i capelli come non ha mai potuto fare, si sente finalmente invaso dal calore. L’ eco distante di un barlume di vita.

I dubbi e le paure si sciolgono come sale in acqua, scivolando via. E noi torniamo indietro in punta di piedi, lasciando soli la ragazza e il Mai Nato.
Questo momento è solo loro.

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Capitolo 10
*** 09. Epilogo(Or is it only the beginning?) ***


Epilogo
(Or is it only the beginning?)


Ad occhi chiusi, ricorda.

Lei e suo fratello seduti lungo il margine della strada, le dita intrecciate. Kail ha la testa appoggiata sulla sua spalla, Yash giocherella con la cerniera della felpa scolorita che indossa la sorella.

“È quello che ho sempre sognato.” Confessa lei, a mezza voce.
“Davvero?”
“Hm - hm. E fa malissimo sapere che non può durare.”
Yash le prende una ciocca di capelli. La intreccia. “Mi dispiace.”
“No, va bene così. Preferisco avere questo dolore, qui.” Kail si preme una mano poco sopra il seno. “Piuttosto che ignorare tutto. O peggio ancora, tormentarmi di dubbi.”

Fa una pausa, si umetta le labbra. L’aria asciutta gliele ha seccate e screpolate.
“Come al solito sto facendo l’egoista.” Mormora. “Parlo senza tenere minimamente in conto te.”
Yash le dà una lieve stretta di mano. Ha le dita callose come se avesse passato anni a stringere spade- dopotutto, è ciò che sa fare meglio in Blood Tribute.
“Ma io sono stato il primo, ad essere egoista.”

Kail alza gli occhi verso di lui, d’improvviso attenta. Yash le posa le labbra in fronte, delicato. Sono tiepide e piacevoli.
“ Sai dove vanno i bambini mai nati?” le chiede, passandole un braccio attorno alle spalle. Riprende a gingillarsi con i suoi capelli, mai sazio dei piccoli contatti tra di loro. Per una volta Kail è contenta di non averli tagliati.
“Mi sa di no. Nessuno si è mai preso la briga di spiegarmelo.”
“Meglio così. C’è un posto chiamato Limbo. Non sta né in Paradiso né all’Inferno. Diciamo che è più che altro un dimenticatoio…tutte le persone la cui memoria viene persa durante gli anni finiscono lì.”

Kail si irrigidisce. Yash le traccia piccoli cerchi sul braccio con le dita perché si rilassi. Lei torna ad appoggiarsi contro di lui, ma il suo viso è rappreso in una smorfia.
È vero: non si può vivere nel passato; ma si chiede come abbiano fatto-potuto- i loro genitori a relegare il ricordo di Yash in un angolino e lasciarlo lì a marcire.
“Non avercela con loro, Kail. Mi hanno voluto bene, per quel poco di tempo che sono rimasto.” Le bisbiglia Yash, sapendo cosa stia pensando. “A volte bisogna dimenticare per andare avanti. È il prezzo che si paga per sfuggire al dolore.”
Allarga le gambe; Kail ci si va ad accoccolare in mezzo, posando la nuca contro il petto ampio. Sa che i fratelli normali non sono così intimi e al momento non gliene potrebbe importare di meno.
Che vadano a fanculo.
I fratelli “normali” si tirano i capelli a vicenda e si sputano addosso parolacce. Non hanno da recuperare ventisette anni di assenza in un’ora o due di sonno.

“È là che tornerai, quando tutto questo sarà finito?” domanda, a mezza voce, posando le mani su Blood Tribute- che ancora una volta le riposa sulla pancia. Lui sovrappone le sue, larghe e calde, alle pagine e alle dita sottili della sorella. “Nel Limbo?”
Non può vedere Yash, ma intuisce che il sorriso quieto mantenuto fino ad ora è scivolato via dal suo viso.

Suo fratello sospira.
“No.”risponde.

Il cuore di Kail salta un battito.
Yash fa una pausa, aspettando che si calmi, poi prosegue. Cerca di mascherare la punta di angoscia che ha nella voce, ma il suo cuore batte troppo velocemente, traditore.
“Ho tenuto da parte, granello dopo granello, l’energia necessaria a restare con te.” Spiega, sommesso. “Mentre tu crescevi, io aspettavo il momento giusto per raggiungerti. Ora che ci siamo l’ho consumata quasi tutta. Non so se riuscirò a tornare nel Limbo e a ricominciare da capo. Il tempo non è mio amico in questo.”

Ad occhi aperti, ora.
Sta ancora nevicando- Kail sente l’odore del gelo infilarsi tra le fessure dei cardini delle finestre serrate. Al buio, con le immagini del sogno che ancora le ballano nella testa, non sembra passato un altro mese.
Ma è così.
È la fine della loro folle corsa.

O solo l’inizio, chissà.

È la notte di Natale.
Kail si siede alla scrivania e accende il portatile nuovo.


“Allora dove andrai?”
“Da nessuna parte.”



“Morirai?”
“Sì.”

‘Questa volta per davvero’ rimane sospeso nel silenzio improvviso tra loro.

Kail non piange. Non ne ha la forza. Il petto nemmeno le fa più male. Basta la sola idea per svuotarla da ogni emozione.
Non si era certo illusa. Sa che suo fratello è morto e non tornerà con lei nel mondo reale. Sa che lei dovrà tirare avanti con la propria vita e lasciare che lui resti nelle ombre.
Ma si era convinta che avrebbe sempre potuto cercarlo nei suoi sogni e sentirsi dire che forse non resterà loro neanche quello è un’orribile ingiustizia.

Yash esala un respiro tremante.
“Capisci che razza di egoista sia?” chiede, in un soffio. La sua voce è cupa di rabbia e dolore. “Sono venuto a chiederti aiuto pur sapendo che non finirà bene. La verità è che sono uno stupido con troppa paura del nulla per guardarlo in faccia ed accettarlo.”

Pausa.
Kail si gira verso di lui, seria. Così seria che per un attimo lo spirito pensa che gli allungherà uno schiaffo e comincerà ad urlargli contro.
‘Non avrebbe torto a fare qualcosa del genere.’ Si dice, amaro. ‘Non avevo alcun diritto a entrare nella sua vita e illuderla.’

“Sei venuto a chiedere aiuto.” Ripete lei, lentamente.
“…Eh?”
“Yash! Metti da parte per un momento le seghe mentali e rispondimi. Sei venuto a chiedermi aiuto?”
“…sì, ma…”
“Allora c’è qualcosa che posso fare non lasciarti scivolare via di nuovo! Cazzo, perché non l’hai detto subito?”

Yash batte le palpebre.
“Perché hai già cominciato a farlo.”bofonchia, sorpreso. “Diciamo che ormai siamo a metà dell’opera…”
Kail lo guarda malissimo.
“Da come parli sembra che non avessi la minima chance di farcela.”
“Ehi, non ne ero sicuro, ok?”
“Dai, raccontami. È meglio se ci spicciamo, Elle ha promesso di chiamarmi e se il sogno si interrompe proprio ora giuro che mi mangio le scarpe.”

Kail attende pazientemente che il computer si carichi e intanto recupera l’mp3. Quando finalmente la schermata ammicca di rimando nella penombra della sua stanza, torna a sedersi e si infila le cuffiette. Mette l’apparecchio in riproduzione casuale.

“Secondo te, da quanto tempo ti sono vicino?”
Kail ci pensa su.
“Direi da quando ti ho scoperto, leggendo di te sul libretto pediatrico, ma mi sa che è la risposta sbagliata, neh?”

Yash ride piano, ma è concentrato in quello che sta per dirle. Nella loro piccola, ultima possibilità.
“Quando hai cominciato a scrivere questo?” domanda, facendo scivolare due dita sul manoscritto di Blood Tribute.
“ Tre anni f- COSA?!”

Seconda risata. Molto meno nervosa e più libera.
“Sono con te da quando hai creato il personaggio di Yash. Volevi che fosse qualcuno che alle tue amiche e a te sarebbe piaciuto avere come fratello e io mi sono aggrappato a quell’appiglio con tutte le mie forze. È bastato per farmi uscire dal Limbo.”

Kail sgrana gli occhi al punto che potrebbero tranquillamente rotolarle giù per le guance. Ha a malapena la forza per gracchiare:“…che?”

Yash le scosta una ciocca di capelli dalla fronte.
“Mi hai dato un’identità, sorellina.” Conferma, attirandola a sé. “Un aspetto. Un modo di pensare e di comportarmi. Tutto ciò che la vita mi ha negato, tu me l’hai dato- con inchiostro, carta e penna. Se vuoi che non scompaia, devi affidarti a ciò che sai fare meglio.”

Kail posa la fronte sulla sua. Si guardano, occhi negli occhi- un paio di un verde innaturale, l’altro nocciola pallido.

Yash sorride. Le annusa una ciocca di capelli, pensoso.
“Anche così non durerò in eterno. Nulla lo fa.” Avverte. “Ma perlomeno non finirò di nuovo nel dimenticatoio.”

Kail lo abbraccia.
“Lo farò.” Promette, decisa. “Scriverò per te. Riprenderò in mano Blood Tribute e-” gli occhi le si illuminano all’improvviso “ Posso partecipare a un contest! Miri me ne aveva proposto uno quest’estate e non sono riuscita ad iscrivermi, ma ha fatto così tanto successo che ne hanno indetto un altro che duri tutto l’anno- se riuscissi a vincere potrei far pubblicare BT…”
Suo fratello le accarezza i capelli, posando la guancia contro la sua testa. Oggi è la giornata delle prime volte- una mezza tonnellata, per lui: il primo abbraccio, il primo bacio sulla guancia, il primo “ti voglio bene”.
Ci pensa su per un attimo e decide che sì, vale la pena di dire “Mi fido di te” per la prima volta.

Kail arrossisce appena e gli sorride.
“Farò tutto il possibile. Ma anche tu devi sforzarti, ok? Senza una musa ispiratrice non riesco a scrivere.” Afferma.
“ Va bene.”
“Promesso?”
Yash sospira e fa scivolare il mignolo attorno a quello di lei. “Promesso.”
“Bene.” Kail gli sfiora la guancia pallida con le labbra.
“Non ti dimenticherò mai.” Aggiunge, in un soffio.”Tu sei mio.”
Yash socchiude gli occhi, perché improvvisamente gli bruciano. L’abbraccia forte.
“Per sempre.” Concorda, a voce bassa.
“Solo per sempre?”
“Per sempre…ed oltre. Lo giuro.”


Kail apre un documento di word. Ha un anno per lavorare al suo racconto, renderlo il migliore tra tutti quelli che abbia mai scritto, limarlo, perfezionarlo, sentirlo gonfiarsi sotto le sue dita- e vuole iniziare subito.

All’inizio scrive:
Autore: Tsamsiyu_Kail_Eira
Titolo: Blood Tribute
Fandom: Originali

E subito sotto aggiunge anche-

Per Yash.
Una promessa è una promessa. Per sempre ed oltre.
Con tanto amore,
Kail.

L’mp3 ha un fremito, sfiorato da dita invisibili. La canzone pop che stava ascoltando la ragazza si interrompe e le cuffiette si riempiono di scariche. Infine, dopo un minuto di silenzio, l’apparecchio torna improvvisamente in vita nel bel mezzo di un altro brano.


“I recognize the way you make me feel
It's hard to think that
You might not be real
I sense it now, the water's getting deep
I try to wash the pain away from me
Away from me

And when I touch your hand
It's then I understand
The beauty that's within
It's now that we begin

'Cause you're everywhere to me
And when I catch my breath
It's you I breathe
You're everything I know
That makes me believe
I'm not alone

You're in everyone I see
So tell me
Do you see me?”

Kail ride tra sè e comincia a scrivere.

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E siamo alla fine.
Mi sembra assurdo, ma è così. Terminare le storie non è il mio forte: raramente ci riesco. Ricordo che, finendo la stesura di Ink Child - dopo un mese e mezzo d'inferno, mattina dopo mattina con l'idea fissa di mettersi al computer e scrivere, il tormento di non star combinando nulla di buono e l'ansia dell'ultimo minuto - sono scoppiata a ridere. Forse perché più andavo avanti, meno mi faceva male.
Eccomi qui, dunque. Ink Child finisce qui.
Yash no, ovviamente.
Posso assicurarvi che gode di ottima salute, è adorabilmente rompino ed attende pazientemente che accumuli parole su parole. Lo scorso 17 novembre, il mio adorato nonno è andato a fargli compagnia, quindi Yash non può più lamentarsi di essere solo soletto. Da quanto so, se la stanno passando piuttosto bene.
 Ringrazio immensamente tutti coloro che hanno inserito questa storia tra i preferiti (Amy Yraley Black, Ellie_x3, Lyen, Feel Good Inc, Satomi) o tra le seguite (Ellie_x3, Fabi_, In New York summer gets hot, KiAmAtEmI_BoS, Vienne e Muffin_), tra le ricordate (Rota) o che l'hanno semplicemente letta. La mia gratitudine va, in particolare, a Vienne, Ellie_x3, Kiriri, Amy Yraley Black, Feel good Inc, _ muffin, che mi hanno fatto l'onore di lasciare una recensione, e a Satomi, Valerie_Laichettes e le ragazze del Saiyuki, prime lettrici di questa storia fuori da Internet, supporters e vere incarnazioni di alcuni dei personaggi di Ink.
 Grazie. Di cuore.  

Un'ultima nota, prima di chiudere: La canzone citata è Everywhere di Michelle Branch. Non sarei mai riuscita a scrivere gli ultimi due capitoli senza di essa. Se vi va, andate ad ascoltarla: merita.

Qui di seguito, i punteggi delle giudici.
Un bacio,
Kei

Giudizio di Rota:

 

*Autore: Chandrajak.
*Titolo: Ink Child
*Grammatica/stile/lessico: 10,5/15 punti
*Originalità: 4,5/5 punti
*IC/Caratterizzazione personaggi: 9/10 punti
*Attinenza al tema dato e svolgimento della trama: 9/10 punti
*Gradimento personale: 4,5/5 punti
*Totale: 37,5/45 punti

 

Posso dire che, in questa fan fiction, le uniche vere pecche sono la grammatica e lo stile. Mi spiego meglio. Ci sono notevoli errori di battitura, lungo tutto il testo, nonché un uso della punteggiatura errato in diversi punti e molto, molto confusionario. Stessa cosa dicasi per lo stile, non in quanto prettamente confusionario, quanto devo sottolineare un’estrema confusione nell’utilizzo del corsivo, del grassetto e del barrato. Dal mio punto di vista, questi generi sono usati troppo spesso e con troppi significati diversi, cosa che genera parecchia confusione.

Questo, mi dispiace, ha abbassato e non di poco il punteggio.

Per quanto riguarda invece il resto, direi che la fan fiction mi è piaciuta particolarmente. La protagonista è ben delineata, ha un carattere specifico e coerente lungo tutto la trama, così come anche gli altri personaggi descritti. L’attinenza al tema dato e lo svolgimento della trama sono davvero molto buoni, così come mi ha particolarmente colpita l’originalità del tutto. Faccio i miei più sinceri complimenti per questo, ho trovato quest’opera per certi versi toccante.

 

Giudizio di Faby:

 

I classificata - Ink Child - Chandrajak

Correttezza grammaticale: 9/10

Non ho notato errori gravi, al di là di qualche svista (un ottava invece che un’ottava, ne in luogo di , dissimile allo invece che dallo, letti nel pensiero invece di letto) assolutamente comprensibile, sulle quali non mi metterò certo a sindacare. Poi c’è un mi fai fare un infarto in luogo di mi fai venire un infarto; quasi certamente un’altra svista. La grammatica è davvero buona. Un ottimo punteggio.

 

Caratterizzazione dei personaggi: 9/10

Kail è meravigliosa. Il suo dolore, la sua rabbia, me li sono sentiti addosso come se al suo posto ci fossi stata io, e la sua determinazione e la voglia di aiutare ‘Yash’ sono trascinanti. Dal canto suo, Yash è impalpabile, quasi sfuggente, come è giustissimo che sia, ma anche i suoi stati d’animo arrivano dritti al cuore. Magico il rapporto che instaura con Kail, quel bisogno fisico di sentire la sua vicinanza: l’ho adorato. Fondamentale anche la presenza di Elinor che si sente, se mi concedi di dire così: è giusto che lei ci sia, ed è perfetta in tutto ciò che fa. Unica piccola pecca: forse mi sarei aspettata qualcosa in più da parte della madre di Kail. Di fronte alla domanda iniziale posta dalla figlia, lei si limita ad una risposta concisa e pacata; questo la rende leggermente ‘oscura’, a mio avviso, riguardo i suoi sentimenti verso il bambino che ha perso – il chiarimento non è strettamente necessario ai fini della storia, che comunque riguarda solo Kail e Yash, ma personalmente non mi sarebbe dispiaciuto apprendere qualcosina in più anche sul punto di vista dei responsabili (volenti o nolenti) della non-esistenza di Yash. Tranquilla, mi rendo conto che può benissimo essere una tua scelta e per questo motivo non l’ho penalizzata eccessivamente. ^^

 

Attinenza alle citazioni scelte: 9/10

Malgrado la tua storia fosse già stata scritta quando hai deciso di iscriverti al contest, le due frasi indicate ci stanno d’incanto. Il risultato è la media matematica tra 10 e 8, i rispettivi punteggi: perché la prima delle due naturalmente rispecchia di più l’atmosfera generale della storia; ciò non toglie che anche la seconda sia perfetta, anche se più limitatamente al quarto capitolo, dove hai fatto il riferimento.

 

Originalità: 10/10

Qui non posso che darti il punteggio pieno. Questa storia mi ha spiazzata. Ti confesso che, pur essendo contraria per principio all’aborto, non mi ero mai soffermata sul pensiero dei bambini mai nati, e sicuramente non in questi termini. Il fatto che un mai nato possa appigliarsi così alla realtà dei vivi, in questo caso a un desiderio che la sorella che non ha mai avuto ha riversato nel suo sogno di carta e inchiostro, è semplicemente strabiliante. Ed è anche la prima volta che leggo una fanfic ambientata nel mondo delle fanfic. Sono sbalordita.

 

Stile: 10/10

Il tuo modo di scrivere è coinvolgente e diretto e, va detto, spaventosamente realistico. Nel senso che tutto quello che hai scritto, io l’ho sentito sottopelle. Duramente e dolorosamente a volte, ma anche con tremenda dolcezza. Uno stile forse un po’ disomogeneo nella scelta delle pause, dei punti e a capo con salti più o meno lunghi, ma non per questo meno d’impatto. Anche qui punteggio pieno, meritatamente.

 

Gradimento personale: 5/5

Cosa posso dirti? Ho amato questa storia dalla prima all’ultima pagina. Delicata e spietata, mi ha lasciato dentro un magone che non so descriverti. Non ho pianto, ma neanch’io so come ho fatto a tener ferme le lacrime lì agli angoli degli occhi. Mi sono letteralmente innamorata di Yash, e ho riscontrato nella storia personale di Kail talune sottigliezze che me l’hanno veramente resa vicina come una sorella – se mi permetti di restare in tema. ^^ Bravissima, dico davvero. Mi hai colpita al cuore. Non appena avrai pubblicato questa storia, mi precipiterò a inserirla tra i preferiti: non scherzo.






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