Ink Child di Gipsy Danger (/viewuser.php?uid=56002)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 00. Prologo. (A discovery...) ***
Capitolo 2: *** 01. (...and a Shadow) ***
Capitolo 3: *** 02. (Piece of Memory) ***
Capitolo 4: *** 03. (Him) ***
Capitolo 5: *** 04. (Her) ***
Capitolo 6: *** 05. (One Step Closer) ***
Capitolo 7: *** 06. (Taking Speed) ***
Capitolo 8: *** 07. (WILD) ***
Capitolo 9: *** 08. (In Between) ***
Capitolo 10: *** 09. Epilogo(Or is it only the beginning?) ***
Capitolo 1 *** 00. Prologo. (A discovery...) ***
NdA. Sto piangendo come una scema. In
parte perché non mi aspettavo di arrivare sesta al contest
"Amore Fraterno" di Rota e prima al contest "Sulle Orme di Nessuno", di
FataFaby, i cui risultati sono usciti stamani, né di vincere
i premi speciali (rispettivamente Giuria e Stile e
Originalità) e sono ben oltre il settimo cielo.
Per la maggior parte, perché non mi sembra vero di essere
arrivata fin qui.
All'inizio, questa storia, pur
trattando della tematica dell'aborto, doveva essere un aborto in sé.
Paradossalmente parlando. Dopotutto, è partita come
sfogo...doveva rimanere sepolta nella marea montante di schifezze che
infestano il mio pc, soffocare sotto gli infiniti fogli di word che mi
diletto ad imbrattare - tempo permettendo - o essere ridotta a
bricioline. Perchè io odio
la roba autobiografica, e , salvo temi di quinta
elementare, sono sempre riuscita a scansare scritti a sfondo personale.
Soprattutto, lo ammetto senza vergogna, ho odiato Ink Child con tutta
me stessa. Perché non poteva essere davvero capitato a me.
Non potevano
davvero avermi nascosto una cosa del genere. Non credo di
aver mai pianto così tanto come in quei due giorni subito
dopo la mia scoperta; in Kail ho riversato tutto il mio scoramento,
progettando di buttare fuori il tutto e dimenticarmene.
Salvo poi accorgermi che
qualcosa me lo impediva.
Qualcuno,
anzi.
Thus, here I am. Non dirò di
più- il resto lo lascio scoprire a chiunque abbia la buona
volontà di leggere.
Prima
di proporvi il prologo, mi sento comunque in dovere di ringraziare
coloro che hanno giocato una grossa parte in questa storia:
- In primis, naturalmente, le
giudici dei due contest a cui Ink Child ha partecipato: Rota e
Fatafaby, su Efp Feel Good Inc. Grazie per l'opportunità di
metterci alla prova.
- Ellie_x3, aka Pillo, la vera
Elinor. Grazie per essermi stata accanto e esserti prestata ad
impersonare la dramatis persona che ti ho affibbiato.
- Satomi91, aka Luna, la vera
Miriam. Grazie per avermi sopportato nello schifoso periodo di
burrasca, per avermi ascoltata e per avermi ispirata. E per Ink heart,
ovviamente.
- Michelle Branch, Poets of the
fall e gli artisti che hanno contribuito alla mia personalissima
playlist.
- Blood Tribute e Leo. Una volta
di più.
E, naturalmente, il mio "Yash."
Sei con me. Per sempre ed oltre.
Con tanto amore, Kei.
*
Ink Child
*
Prologo
(A discovery…)
Lunedì.
11.30.
L’orologio
ticchetta e il tempo sembra correre \ non correre affatto: dilatato, le
si sgrana tra le dita senza che lei se ne accorga.
Sta fissando il
libretto pediatrico – il suo.
E sta cercando di
convincersi che il numero scritto in nero sotto
quell’orribile parola
(1!
1! 1!)
sia un enorme,
gigantesco sbaglio.
“Mamma…?”
“Hmm?”
La voce le si
incastra in gola. Le parole si rifiutano di uscirle di bocca.
C’è qualcosa che si sta gonfiando nel suo stomaco.
Indignazione, per essere venuta a sapere che avrebbe dovuto avere un
fratello da un maledetto pezzo di carta? Cerca di convincersi che si
tratti di quella: è la migliore di tutte le sensazioni che
la stanno attraversando. O forse dovrebbe dire la meno peggio.
Punta il dito
sulla parola aborto.
Sul numero uno.
Sua madre abbassa
uno sguardo distratto sul foglio; la sua faccia, fino a pochi istanti
prima contorta in un’espressione preoccupata, si fa prima
perplessa e subito dopo una maschera indifferente e incolore.
“Ah,
quello.”
La ragazza
vorrebbe saltare in piedi. Urlare. Come
sarebbe a dire “ah, quello”??! Non
c’è altro? Tutto qui?
Non ce la fa.
“Hanno
sbagliato, vero?” mormora. Ha la bocca secca e nella sua
mente c’è il vuoto. “Hanno sbagliato a
scrivere.”
Prega, in
silenzio, che la donna le dica di sì.
Anche se
è inutile. È palese, non serve sperare, non
cambia l’evidenza…
E infatti.
“No.”
È la secca risposta.
La porta
dell’ambulatorio sceglie quell’istante per aprirsi.
Il dottore si affaccia sorridendo, invita le due donne dentro. Stringe
la mano ad entrambi.
Mamma
ricambia saluto e sorriso come se nulla fosse.
Lei, andando a
stendersi sul lettino, riesce solo a pensare a quell’uno.
Uno. Un fratello.
Un mai nato.
Un pianto
solitario in un nido buio di carne.
Un fottuto
cazzotto nello stomaco, dritto in pancia.
La ragazza lascia
che il dottore le tolga i punti dal taglio che le attraversa il fianco
destro. Lascia che l’uomo si chieda
perché proprio lei - che non si è mai
lamentata nelle scorse sedute post-operazione- stia piangendo
come una bambina.
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Capitolo 2 *** 01. (...and a Shadow) ***
Capitolo 1
(…and a Shadow)
Come si fa a non
pensarci più?
Pomeriggio dello stesso giorno. In macchina, con papà.
La ragazzina guarda fuori dal finestrino, i piedi calzati nelle
sneakers strapazzate da una pioggia di troppo appoggiati sul cruscotto.
Cerca di concentrarsi sulla monotona, infinita fila di campi di grano
che affiancano la strada- per non pensare ad altro, per non pensare
male.
Domani piscina con le
ragazze
(Come si fa a non
pensarci più?)
Non vedevo
l’ora, accidenti! Non ci vediamo da
un’eternità…da quando Sarah
è partita per l’isola e poi-
(Come si fa a non
pensarci più?)
E finalmente
di nuovo insieme- e chissenefrega se non posso farmi il bagno per colpa
della cicatrice-
(Come si-
smettila.)
-ci sdraieremo sotto
l’ombrellone, prenderemo per il culo le fighette con gli
occhiali così grandi da sembrare mosche, giocheremo ad uno e
Forse
Non so
Dovrei parlare di-?
(Come si fa a non
pensarci, non pensarci, non pensarcinonononononononononono
PIÚ?)
No, perché-
ci dev’essere
un modo per togliermi questa maledetta merda dalla testa.
(Come si fa a non
pensarci p-
BASTA, CAZZO)
“Amore, perché quella faccia scura?”
La ragazza vorrebbe sbattere la testa contro il finestrino. Mandare il
vetro in pezzi e spingersi i frammenti acuminati nella mente e
trafiggere il maledetto, stronzissimo pensiero saltellante che non la
smette di assillarla da quando è uscita dalla clinica, la
stessa mattina.
Ovviamente, questo solleverebbe un bel casino con i suoi genitori.
Ma me ne frega qualcosa?
Dopotutto stamattina me ne hanno rifilato uno proprio loro, di casino.
Un problema. Un peso. Un coso ingombrante e piagnucoloso e invadente e
grosso come un-
-
come un
bambino?, suggerisce una voce da qualche parte nella sua
testa.
Una Voce
profonda e quieta, come il riverbero dell’acqua in remote
cavità lontane.
Kail rabbrividisce, sgrana gli occhi, preme la nuca contro il
poggiatesta. Attende un paio di secondi, contratta e sorpresa, ma la
voce non aggiunge altro. Lei sospira.
Avrò sognato.
“Niente. Stavo pensando.” Bofonchia, il tono di un
ottava più bassa del solito.
Suo padre non fa commenti. È abituato a risposte del genere-
in fondo sta parlando con sua
figlia, la bizzarra creatura preda di colpi di ispirazione
del tutto imprevedibili e non sempre puri e buoni che si alza in piena
notte per buttare giù idee su pezzi di carta volanti.
È tutto nella norma.
Riprende a guardare la strada. Canticchia a bocca chiusa, come ha
sempre fatto, e lei è contenta di lasciarlo concentrarsi su
quei due piccoli, semplici compiti.
Le è stato ripetuto un’infinità di
volte quanto sia cattiva ed egoista, una per ogni lite.
Ma i suoi genitori non hanno idea di quanti ragionamenti contorti
preferisca tenere per sé, in modo che non feriscano loro.
Che non li disturbino.
Di solito le piace anche, tenere duro e lasciare che le piccole,
irritanti spine di certi pensieri le lascino segni nella carne.
È una maniera per dimostrare a sé stessa di
essere forte. Di saper resistere.
Ma stavolta no.
Stavolta è diverso.
Stavolta, se (ne avesse il coraggio)
potesse, griderebbe e imprecherebbe per manifestare il
turbine di emozioni che le gira nel petto. Proprio come se fosse
arrabbiata? Ma sì. Perché lei è
arrabbiata. Furibonda.
Avrebbe il diritto di fare il diavolo a quattro.
Forse, se il rogo che le si è acceso nel petto trovasse uno
sfogo, lo squarcio che quel dannato numero 1 le ha aperto stamattina
verrebbe cauterizzato.
E allora ciao-ciao pensieri molesti. Fine delle preoccupazioni.
Perché i dubbi, le domande, le immagini…se ne
andrebbero.
Vero?
Da capo.
(Come si fa a non
pensarci?)
Non c’è cura, mia cara. Risponde la Voce di prima.
Una voce da adulto. Troppo matura perché possa far sgorgare
un nuovo fiotto di emozioni conturbanti dalla ferita, per farla pensare
al-
- bambino,
sì. Al bambino mai nato.
Tuttavia.
Stranamente, basta il suo eco perché il pianto nel buio
riprenda. Una patetica sequela di singhiozzi senza capo né
coda in cui si sprigiona tutto il terrore di scivolare via e cessare di
esistere.
La ragazza tiene gli occhi bene aperti, anche se le pungono come se
avesse vespe dietro le palpebre. Sa che se li chiudesse finirebbe per
amplificare il suono in maniera esponenziale, quindi si rassegna ad
ascoltare suo fratello piangere e tiene duro.
O almeno, ci prova.
*
Quella notte sogna.
Non è una cosa anormale, per lei: gli scrittori ci campano,
sui sogni. Per lei sono fondamentali, oltretutto, dato non
c’è una sola delle sue storie che non venga da una
visione notturna.
Ma stavolta è terrificante, perché non basta la
sua semplice forza di volontà per svegliarsi e scappare.
Non c’è via d’uscita. Punto.
Sogna un tunnel buio e freddo. Un’ombra umana le cammina
davanti – la figura di un uomo adulto, nebulosa come vista
attraverso il ghiaccio. Impossibile dire quanti anni abbia, di che
colore siano i capelli, che forma gli occhi. È
così confusa, la sua sagoma… potrebbe dissolversi
nel nulla ad un semplice soffio di vento.
Traballante, ad un passo dallo svanire, lo spirito – o
qualunque cosa sia- marcia risoluto lungo una via senza fine.
Kail si affanna a stargli dietro. Il petto le fa un male da impazzire,
ma per quanto agogni di raggiungere quel fievole spettro, per quanto si
sforzi di affiancarlo, toccarlo, sentirlo, lo spazio che li separa si
gonfia all’infinito, distanziandoli sempre di più.
Dopo le prime due ore di quella tortura, Kail riesce a tornare in
sé per puro miracolo.
Con le lacrime agli occhi, striscia fuori dalle coperte e cade sul
pavimento fresco. Si rialza a fatica.
Prende il diario che ha lasciato sulla scrivania.
Apre a una pagina bianca, proprio in mezzo al quadernetto a spirale su
cui annota ogni cosa.
Scrive.
Perché
non mi hai aspettato?
Ci rimane male, quando la Voce che
ha sentito nel pomeriggio non le risponde.
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Capitolo 3 *** 02. (Piece of Memory) ***
Capitolo 2
(Piece of Memory)
Martedì.
Kail si lascia
avvolgere nell’abbraccio di Val e la stringe forte di rimando.
“Mi sei
mancata un casino.” Dice, ed è davvero
così, ma per qualche motivo la sua voce le suona estranea.
Troppo baldanzosa, troppo felice. D’altronde non avrebbe il
coraggio di presentarsi davanti all’amica – appena
tornata dal mare con il suo ragazzo, sprizzante gioia da tutti i pori-
in qualunque altro modo.
Poi è
il turno di Elle. Elinor,
con cui ha suggellato un patto il giorno stesso in cui l’ha
incontrata, Elinor, sua sorella di spirito. Kail si fa
avanti e la bacia sulle guance, velocemente, perché Elle
è come un gatto: non va pazza per le effusioni se non
è lei per prima a venirle a cercare.
Kail si trattiene
a stento dall’aggrapparsi a lei e seppellirle la faccia nella
spalla. Sente un formicolio nello stomaco. E un pizzicore agli occhi.
E- no, di piangere non se ne parla. Ma perché, poi? Ha
passato una notte di merda. In bianco. Seduta al tavolo della cucina.
Non ha
più fatto sogni, ma non è riuscita a chiudere
occhio fino all’alba. Poi, con la luce grigia che penetrava
tra le tende, si è addormentata. Finalmente.
“Mamma,
che faccia.” Commenta Sarah, scherzosa. “ Che ti
è successo, Kail?”
La diretta
interessata fa un sorriso tirato. Le altre ridono.
“Sei
caduta dal letto?” Anche.
“Si
è infilata in uno strip club e non ci ha
invitate.” Magari.
“Hai
dato una festa!” Certo.
Con me e un fantasma.
Kail si stringe
nelle spalle.
“Naw.
Ho solo buttato giù qualche idea per...” si umetta
le labbra. “Per una nuova long fic.”
Coro di oh di disappunto.
“Fino a
che ora, tanto per sapere?” si informa Elle.
Kail si gratta la
nuca. “Le cinque?” prova, sperando che il radar per
le panzane dell’amica sia spento.
Eleinor sorride.
“Masochista.” Non sembra affatto convinta. Ma non
insiste, per quieto vivere.
Kail risponde con
una smorfietta divertita e la prende a braccetto. Se la tira dietro
verso la porta della piscina.
‘Masochista.’
Non sai quanto,
vorrebbe mormorare.
Per tutta la
notte ha scritto e riletto e scritto e riletto, danzando con le parole.
Dietro ad ogni
personaggio che ha bussato alla porta della sua immaginazione
c’era sempre l’Ombra del suo sogno.
E quel pensiero.
Quel e se fosse-?
Come si fa a
distruggere la vita ai propri personaggi quando ognuno di loro potrebbe
essere il Mai nato?
Kail ha scritto e
riletto, scritto e riletto, ma non ha cancellato nulla, terrorizzata
alla prospettiva di essere fonte di rovina per qualche innocente.
*
Più
tardi, sotto l’ombrellone, mentre le altre ragazze si
lanciano in acqua con entusiasmo, Kail si spalma la crema solare,
infila la maglietta per coprire la cicatrice sul fianco e fa due
calcoli in silenzio.
Secondo quanto ha
stabilito, avrebbe ventisette anni, il suo bambino mai nato. Dieci di
più di lei, concepito l’anno in cui i suoi
genitori si sono sposati. Il fratello maggiore che ha tanto richiesto e
mai avuto.
Lui lavorerebbe
già, probabilmente avrebbe già trovato una
ragazza che lo ami, fatto progetti con lei per avere una
famiglia…
Lui.
Un sorrisetto
involontario le increspa le labbra. La decisione di considerare il Mai
Nato un maschio è stata così spontanea da non
sembrare neanche sua. Forse perché ha sempre
desiderato un fratello maggiore piuttosto che una sorella: qualcuno che
potesse difenderla dalle prese in giro e aiutarla ad avere
più fiducia in sé stessa.
Tutte le volte che ho tormentato
mamma perché non ha fatto altri figli acquistano un
significato completamente diverso, ora. Aggiunge tra
sé, amara, e il mezzo sorriso- o quello che era- si dissolve
dalla sua faccia.
Kail rotola sulla
pancia, si mette l’mp3 e prende il vecchio quaderno di
appunti che ha ripescato la sera prima, nella foga di trovare qualcosa
su cui scrivere. Sfoglia le pagine tanto per distrarsi, regolando il
volume della musica finché i bassi e la batteria quasi non
l’assordano. Passa in rassegna bozzetti e storyboard mai
completati, schizzi di personaggi, annotazioni sulle loro theme
songs…
Sul disegno di
Elle ci inciampa quasi per caso.
È un
foglio a quadretti ripiegato in quattro e incollato alla pagina
sottostante per l’angolo con un pezzettino di scotch. A
giudicare dai margini mangiucchiati dovrebbe risalire alla terza media.
Come in tutti i
disegni di Elinor, i tratti della figura rappresentata sono
così leggeri che a malapena traspaiono dall’altra
faccia del foglio.
Per poter vedere
che rappresenta, Kail deve dispiegarlo. Il foglio si apre docilmente
sotto le sue dita- e il disegno le viene incontro come una scena reale.
È un
uomo.
Che cammina in
una selva di pezzi di vetro, ferro arrugginito, statue mutilate, mentre
il vento si infila nei suoi vestiti scuri e sgualciti.
Che sembra sparire nella
bruma, evanescente come un fantasma.
La dedica
è scritta in un angolo. Piccola e discreta, nella scrittura
tonda ed elegante che caratterizza Elinor.
Kail la deve
leggere due volte perché le parole facciano improvvisamente
presa dentro di lei.
…
Facciamo anche
tre volte.
Il suo cuore,
tanto per rispettare la matematica scombinata di questi ultimi due
giorni, salta un battito.
‘Ricordami
com’ero una volta.’
c’è scritto.
E poi
c’è quel particolare da professionista. Elle,
artista in potenza, ha aggiunto un tremito. Come se la figura si stia
per girare, indecisa.
Kail batte le
palpebre, si riscuote. Ha le labbra schiuse in una muta richiesta.
‘Voltati,
voltati, voltati...’
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Capitolo 4 *** 03. (Him) ***
Capitolo 3
«
Io non esisto più. Sono un fantasma. »
(Him)
Di
notte è sveglio, sempre sveglio.
Intorpidito,
indolenzito.
Ma
sveglio.
Purtroppo
con la lucidità arriva anche la consapevolezza- la solita,
il suo tormento eterno: non poter vivere alla luce del sole
come i vivi è davvero un terribile castigo, qualcosa che lui
non si è mai meritato. Gli fa male tutto se solo si azzarda
a spiare luce diversa da quella della luna, pallida e collerica.
Ma
non ha davvero tempo per lamentarsi, oggi: c’è
lavoro da sbrigare. Strade da percorrere.
Tracce
da seminare.
Si
alza nell’etere e cerca sua sorella nei sogni. È
solo la seconda volta che lo fa, ma la sicurezza con cui la rintraccia
gli strappa un sorriso.
Non
si sono mai incontrati, mai nemmeno sfiorati. Eppure è
così facile trovarla…
La
stacca con delicatezza dall’incubo sulla scuola in prossima
riapertura - un’interrogazione che sta andando a rotoli, in
cui l’insegnante di italiano brandisce una scure- e
lascia che trovi da sola la strada per il buio, la calma, il silenzio.
Poi,
quando si sente pronto, comincia a camminare, come la notte precedente.
E
a seminare pagine per la strada costellata di vetri rotti e rifiuti.
Fogli scritti a penna, battuti a computer. Sono tutti frammenti di una
storia. Nonché indizi lucenti, come i sassolini bianchi che
hanno marcato la strada di Hansel e Gretel.
Non
si illude, ovvio, che Kail si precipiti a raccoglierli a prima vista.
Conoscendola, anzi- ha avuto ventisette anni di non vita per
osservarla- probabilmente li eviterà. O non se ne
accorgerà nemmeno, concentrata com’è su
di lui.
Tuttavia,
non può impedirsi di trovare confortante il suono dei piedi
nudi della ragazzina alle sue spalle né di sperare che
sappia raccogliere e dare un senso alle tracce che sta lasciando per
lei.
‘Dopotutto’
si dice. ‘Kail non guarda mai dove mette i piedi.’
…
Thump, fa sua
sorella, dietro di lui, piantando il naso per terra.
Nemmeno
a farlo apposta.
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Capitolo 5 *** 04. (Her) ***
Capitolo 4:
Andare
a caccia di ricordi non è mai un bell’affare.
Quelli belli non li puoi più catturare e quelli brutti non
li puoi uccidere.
(Her)
Mercoledì.
Kail si sveglia
alle sei e mezza. Da sola.
La casa
è silenziosa, invasa dall’aria fresca che precede
l’alba. Suo padre, a quest’ora, è
già all’ospedale a preparare farmaci. E sua
madre… sua madre…
Ha
avuto uno dei suoi schizzi ed è andata a fare la spesa, ci
scommetto. O ha sentito l’impellente bisogno di fare un salto
al negozio di bricolage e tornerà carica di carta con i
micetti e roba da decorare…
Sospira. Si
rigira nel letto per un po’, poi si decide a scendere.
Zampetta in cucina, così com’è
– maglietta e slip. Sul frigo c’è un
biglietto appuntato con una calamita.
Andata
da nonna per preparare le valigie. Torno per mezzogiorno. Fai colazione
e compiti! Bacio, mamma.
Ecco. Risolto il
mistero.
Kail si prepara
una tazza di latte freddo, zucchero e fiocchi d’avena. Resta
in piedi di fianco al bancone e giocherella con il cucchiaio,
inzuppando i cereali finché non diventano fradici.
Ne mangiucchia
qualcuno, in silenzio, riflettendo.
Ricorda
confusamente di aver sognato di essere di nuovo sulla scia
dell’Ombra, su una strada spazzata da un vento rovente.
Lastricata di
vetri in frantumi.
E di schegge di
ferro.
E di ogni dannata
schifezza che si possa abbandonare per strada, se è per
questo.
Si controlla le
piante dei piedi, tanto per precauzione, ma per fortuna il sangue e lo
sporco sono rimasti indietro, nel sogno: è illesa.
“Bene,
almeno questo.” Borbotta, corrugando la fronte. Che altro, poi?
Ah.
Stavolta ha
corso.
Ed è
inciampata.
Ed è
caduta e quando ha battuto le costole e la faccia per terra, con cocci
di vetro ad un soffio dal viso, si è accorta di aver
schiacciato un foglio. Un foglio di carta bianco sporco da fotocopie,
come quelli che papà porta in blocco
dall’ospedale: il primo di una lunghissima serie.
Una
pagina con una data in cima e il mio nome.
C’era
anche un titolo.
Titolo.
Data. Nome.
E
un post- it con su scritto-
Il post-it si
è staccato e tramutato in cenere tra le sue mani prima che
potesse leggere più di una o due parole.
Quelle che ha
fatto in tempo a scorgere sono diventate ombre ancora più in
fretta.
Kail rimette il
cartone del latte in frigo, torna in camera, accende il computer e si
raggomitola sulla sedia, aspettando che si apra la schermata iniziale.
Apre la cartella STORIE-2007.
Ci trova più di una trentina di sottocartelle.
“Cazzo.”
Commenta. E poi. “Ti pareva.” Non è mai
stata una gran lavoratrice, neanche nel campo della scrittura.
Perché cavolo il suo periodo stacanovista doveva coincidere
proprio con quello in cui ha scritto quella storia?
Trovare
l’affare in questione sarà un casino.
Accende
l’mp3, mette il volume al minimo. Sbuffa. La freccia del
mouse punta la prima sottocartella della (lunga) serie.
“Kesenai Tsumi”.
Kail si
mordicchia il labbro.
“Va
bene…partiamo da qui.” Si dice, ferma.
E comincia a
cercare.
Verso le sette si
apre una finestra pop-up di msn. Moonracer.
Vero nome: Miriam. Kail l’ha conosciuta su un forum di fan
fiction- uno dei tanti del circuito.
Moon parla poco e
scrive tanto. Kail è una delle poche persone a cui dice di
essere attaccata. La chiama nee-chan,
sorellina.
Dopo tre anni in
cui ha scoperto di avere nervi incredibilmente saldi quando si tratta
di consigliarla, sostenerla e dissuaderla dal fare cazzate di epiche
proporzioni, Kail comincia ad avere seri dubbi su quel nomignolo e se
le piaccia o meno essere chiamata così.
A due giorni di
distanza dalla scoperta del Mai Nato il solo pensiero di qualunque
parola riguardante il rapporto fraterno, oltretutto, brucia da morire.
Ma sorvoliamo.
07:05 Moonracer_Miri
scrive:
Ciao.
Kail esala un
sospiro. Miriam è monosillabica, come al solito. Lascia
perdere per un paio di secondi la one-shot che ha sotto gli occhi
– tanto non è quella giusta- e mette mano alla
tastiera.
07:06 Tsamsiyu_Kail_Eira
scrive:
Ciao.
Pausa. Per tre
minuti.
07:09 Moonracer_Miri
scrive:
Sono arrivata a
metà del secondo capitolo.
I ‘come
stai’ si sprecano, con Miriam. Importa solo quello che mette
nero su bianco nei suoi racconti: Kail è lì per
leggerli e commentarli, quindi neanche a lei è concessa una
domanda di circostanza così comune.
È
un’altra cosa di cui a Kail non potrebbe fregare di meno, ma
oggi la mancanza della collega scrittrice le dà sui nervi.
Lei vuole sentirsi chiedere come va. Sarebbe una sacrosanta valvola di
sfogo.
…
Beh, almeno per i
cinque minuti in cui Miriam la starebbe ad ascoltare prima di tornare
sul suo argomento preferito: sé stessa.
Kail rimette le
dita sulla tastiera.
07:10 Tsamsiyu_Kail_Eira
scrive:
Scusa, Miri, oggi non
faccio betaredaggio. Ho un problema.
07:12 Moonracer_Miri
scrive:
…oh.
Ancora pausa.
Kail stringe le
labbra.
“Niente
‘che problema?’,
niente ‘mi
dispiace’, niente ‘posso aiutarti?’,
mi raccomando.” ringhia, sommessa. Si schiaffa una mano sulla
fronte “Oh, ma che razza di illusa! Mettitela via,
è una partita persa. Non te lo chiederà
mai.”
Lascia perdere
msn, improvvisamente silenzioso, e si tuffa di nuovo nelle
sottocartelle, maledicendo una volta di più la sua mania di
creare le raccolte Bozze, Randoms e Capitoli completi per ciascuna
delle idee che le vengono in mente.
Scarta un paio di
primi tentativi di lemon abbozzati in terza media, ne approfitta per
rimettere a posto alcuni file sciolti- drafts per una fan fiction in
fase di stallo mai ripresa.
Poi trova:
Blood Tribute.
E si ferma.
È questo.
07:15 Moonracer_Miri
scrive:
Comunque…hanno
indetto un nuovo concorso su Words&Worlds. Sembra che in palio
ci sia la possibilità di far pubblicare qualcosa da una vera
casa editrice. Il tema è l’urban fantasy.
07:16 Moonracer_Miri
scrive:
Io pensavo di partecipare
con quel racconto di fantascienza che ho scritto tempo fa, Survivor.
Sono ancora convinta che sia il migliore tra i miei lavori. Tu?
07:19 Moonracer_Miri
scrive:
Nee-chan?
07:19 Moonracer_Miri
scrive:
Ma ci sei?
“Ci
sono. Credo.” Risponde ad alta voce Kail.
Qualcosa le
turbina nel petto. Una strana sensazione. ‘Buffo’
si dice, pensosa. ‘Assomiglia a quella che precede la
consegna delle verifiche.’
Anzi, in effetti
è proprio uguale: disagio, respiro corto, freddo.
L’impressione che la sua mano sia stretta da quella di
un’altra persona.
‘Buffo’
ripete. ‘ Ora che ci faccio caso: non sembra neanche
mia.’
Kail
rabbrividisce. Apre di nuovo msn. Ha bisogno di riprendere la calma e
non vedere quel nome per almeno un paio di secondi.
07:20 Tsamsiyu_Kail_Eira
scrive:
Ci sono. Sorry.
Moonracer_Miri
è offline
Uno sbuffo le
raggiunge le labbra. Miriam ha sempre staccato senza dire ne a ne bah,
certo, ma dopo tre anni la cosa comincia a diventare stancante.
“Avvertire
no, vero?” brontola, ficcandosi in bocca una cucchiaiata di
cereali fradici.
La manda a farsi
fottere. Torna alle storie; appena posa di nuovo gli occhi su Blood
Tribute si sente annodare lo stomaco dalla stessa sensazione di prima.
La cartella
sembra così dannatamente minacciosa, tutto d’un
tratto.
Esita.
“Avanti.”
Mormora la Voce,
rauca di impazienza. È così improvvisa che Kail
sussulta. Il cucchiaio le cade di mano e finisce nella tazza, spedendo
schizzi di latte sulla scrivania e in faccia alla ragazzina.
“Che
cazzo-” ansima Kail, mettendo giù la ciotola. Le
è finito del latte in un occhio, ma non è quello
il motivo per cui non riesce a continuare.
Ha un nodo alla
gola- e stavolta è di qualcosa troppo simile alla paura.
Pausa.
La Voce
parla di nuovo. Quieta, mesta. Soffice.
“Ti prego.”
Mormora. “Vai
avanti.”
Kail rimane
immobile per un paio d’istanti. Ha sempre sostenuto di essere
“matta”, scherzando con le sue amiche, e va bene.
Scrive, quindi immaginarsi che i propri personaggi le parlino e le
raccontino le proprie storie come se fossero persone vere non
è un sintomo preoccupante, e va bene anche questo.
Ma questo
è troppo. Questa…voce, questo qualcuno nel retro
della sua testa. Non l’ha mai sentito. O forse sì?
Forse no?
“Ok.”
Sussurra, chiudendo gli occhi. Fa un respiro profondo. “Okay.
Stai calma. Fai finta che sia la…voce della coscienza. Okay?
Va tutto bene.” Aspetta. Quando la Voce non si fa risentire,
poggia di nuovo le dita sul mouse. “Okay.”
Apre la cartella.
Poi word.
Da qualche parte,
nella sua testa, qualcuno esala un sospiro.
Di sollievo? Di
approvazione?
Kail non riesce a
capirlo.
Non
ci voglio pensare.
Comincia a
leggere le pagine- quasi cento- che si srotolano sotto ai suoi occhi.
*
Pomeriggio.
L’aria è pesante e i raggi del sole che lo
trapassano lo scottano. Incidono su di lui tracce brucianti.
Secondo
alcuni gli spiriti non provano dolore, ma sono tutte balle. Almeno, per
lui: ha la nausea, la luce gli dà fastidio e vorrebbe
rintanarsi in un angolino buio il più in fretta possibile.
È solo colpa sua, in ogni caso: si è svegliato
prima del calare della notte, troppo presto.
Peggio:
è in cucina, dove chiunque potrebbe percepirlo.
Ma
tanto non c’è nessuno, no? A parte loro due,
s’intende.
Mam-…la
donna che avrebbe dovuto
essere sua madre è tornata ed è
dovuta uscire di nuovo poco dopo, causa problema in ufficio.
Il…padre…è ancora a lavorare. Torna
verso le sei, come sempre.
Kail
è seduta al tavolo della cucina. Lui spia da sopra la spalla
di sua sorella, curioso.
Davanti
a loro:
Una
pila di fogli tenuti insieme con nastro adesivo e graffette, su cui
campeggia il titolo Blood Tribute.
La
cartelletta di disegni di Elle.
Una
penna.
Il
suo diario, aperto.
Kail
prende il quadernetto a spirale e rilegge le sue note. Ha cominciato a
buttare giù corte frasi per ricordarsi ciò che
è successo, bene attenta a lasciare i sentimenti fuori dalle
pagine a quadretti su cui ha posato la penna.
Lunedì
16 agosto.
Scoperto
sul libretto pediatrico. Maschio o femmina? Nome?
Voce
nel pomeriggio.
Sognata
Ombra.
Martedì
17 agosto.
Trovato
disegno Elle. Identico a sogno.
Martedì-Mercoledì
17\18 agosto
Secondo
sogno. Ombra su strada in una città in rovina. Inciampata su
libro. Sulla copertina: anno 2007, titolo “Blood
Tribute”, mio nome.
Cercato
libro.
Trovato
nei vecchi scritti di terza media-prima liceo.
Voce
si è fatta risentire.
Riletto
Blood Tribute.
Ripresi
vecchi disegni di Elle.
Senza
saperlo, Kail ha tracciato uno scheletro di eventi che non ha nulla di
dissimile allo storyboard di una storia.
‘Deformazione
professionale’ si dice lo spirito, con un mezzo sorriso.
Kail
rimette a posto il diario, meccanica. Prende la cartella di disegni. La
apre. Diversi fogli scivolano fuori: bozzetti di animali, ritratti di
persone, figure umane intere, schizzi di visi, nasi, occhi, ciocche di
capelli, mezzi busti.
E,
naturalmente il disegno dell’Ombra, staccato dal vecchio
blocco di appunti e spostato lì dentro.
Il
cuore dello spirito fa una capriola. Trattiene il fiato.
Kail
si blocca, aggrotta le sopracciglia e si passa una mano sulla nuca.
Vorrebbe dire “piantala, mi fai venire un infarto,
così!”, ma non le va di parlare
all’aria. Si sentirebbe una pazza.
Beh…
più matta del solito, in ogni caso.
“Scusa.”
Mormora lui. Appoggia la propria guancia- impalpabile come aria- alla
tempia della sorella, appoggia le mani sullo schienale della sedia su
cui è seduta e si sporge con lei a guardare il disegno
dell’Ombra.
Kail
rimette a posto il resto delle tavole e dispiega ancora una volta lo
schizzo. Poi si allunga e prende Blood Tribute. Sfoglia il malloppo di
pagine scritte fitto fitto.
Si
ferma.
Legge.
‘
“Cosa vuoi?”
L’uomo
si fermò in mezzo ai rottami, senza girarsi a guardare il
ragazzino. Gli occhi chiari erano fermi.
“ Che
tu abbia un po’ di fiducia.” Commentò,
in tono quasi distratto. “ Non dovresti avere paura di me,
sai. Io non voglio farti del male.”
Leo fece una
smorfia.
“ Non
so nemmeno chi sei. “
Il giovane
sorrise.
“ Te
l’ho già detto.” La sua voce si
raddolcì. “-fratellino. Se non l’hai
ancora accettato non è certo colpa mia-”
“Ancora
con questa storia! Io non ho fratelli. Non ne ho mai avuti.”
“No.
Non te ne ricordi, ecco tutto.”
“Non
te ne ricordi …” cita Kail. Socchiude gli occhi.
“Dio, no. Non può essere.”
Allunga
una mano. Sfiora con l’indice quelle righe, leggera, quasi
reverente.
“Yash.”
Bisbiglia. “ Cosa c’entra Yash in tutto
questo?”
Lo
spirito trema. Per un attimo prova un dolore al petto, come se quel
debole, fragile contatto tra lei, lui e le lettere che li collegano sia
così caldo da ustionarlo.
Poi
quell’attimo passa, e per la prima volta nella sua non-vita
sente uno strano groppo. Un nodo che non va né su
né giù e sembra voglia strozzarlo.
Si
sente triste. Terribilmente triste ed euforico allo stesso momento,
lì dove si trova, avvolto intorno a sua sorella.
Restano
immobili, così (inconsapevolmente abbracciati per un lungo
attimo). Infine, Kail si alza, riluttante.
Deve
chiamare Elle.
Lo
spirito non si muove.
Si
fa rotolare ‘Yash’ sulla lingua. Il nome
del personaggio che Kail ha sentito più vicino. Il nome del
personaggio con cui ha litigato più spesso, di cui ha
scritto di più.
Di
quello che è stato, fin’ora, solo un fratello di
carta per un protagonista in cui lei si rispecchia senza saperlo.
Il
nome che forse gli apparterà.
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Capitolo 6 *** 05. (One Step Closer) ***
Capitolo 5
(One
step closer)
Sabato pomeriggio.
Il primo motivo per cui Kail ha deciso di chiamare Elle riguarda la
storia che è andata a ripescare dai meandri del computer.
Blood Tribute è nata lo stesso anno in cui Kail ha
conosciuto Elle: il primo, vero racconto che la sua mente contorta
abbai mai partorito dopo un’infanzia passata a inserire
sé stessa in svariati film e cartoni animati. Ha subito
almeno due stesure a distanza di un paio di anni l’una
dall’altra, crescendo con la maturazione di stile di Kail, ma
la trama (salvo ripensamenti) è rimasta sempre quella:
un’antica faida tra un gruppo di cacciatori di taglie,
assoldati per difendere la Capitale del loro Paese, e il loro
ex-leader, portato dall’ambizione all’apice del
clan nemico.
Elle è stata la prima a conoscere lo storyboard, quando si
trattava ancora di un mozzicone di solo tredici capitoli. La prima a
cui Kail ha raccontato nei dettagli la storia dei singoli personaggi.
La prima a leggere i capitoli iniziali, in Verdana 12, insicuri e
traballanti.
La prima a conoscere Yash fino in fondo.
…Beh, forse la prima no.
Ma comunque è stata lei a prendere a cuore il personaggio.
Kail no. Lo ha sempre ritenuto uno stronzo. Uno stronzo con lati
positivi, certo, ma prima di tutto un egoista senza speranza.
Ora?
Ora non è più tanto sicura di cosa pensare.
“Fammi capire…”riprende Elinor,
appoggiando il bicchiere di succo di frutta sul
tavolo. “Dunque. Hai scoperto di avere un fratello
che è…scusami. Morto prima di nascere.”
Kail annuisce. “E poi ho cominciato a fare sogni
assurdi.”
“E scusa se è poco. Dev’essere stato uno
shock. Mi sembra normale che tu sia rimasta impressionata al punto
da-”
“ E quando siamo andate in piscina mi è capitato,
per caso, uno dei tuoi vecchi disegni.”
Fruscio di carta. Kail appoggia sul tavolo il foglio che ha pescato nel
blocco quattro giorni prima. Lo dispiega con cura, attenta a non
sbavare il tratto di carboncino con le dita.
Sotto gli occhi di entrambe appare l’Ombra, in marcia
attraverso la distesa di rottami.
Kail soffoca un brivido. Flash del suo primo sogno le passano davanti
agli occhi- la
sensazione di calpestare viticci di fibre ottiche e ricci di fil di
ferro e la strana sagoma simile a fumo cardato che avanza davanti a
lei, senza voltarsi.
Anche Elle sussulta, ma per ben altro motivo.
“Ugh! Oddio, questa roba è vecchissima. Guarda che
schifo che fanno le proporzioni…ha le gambe come
stecchi!”
Kail sbuffa, allungando uno schiaffetto alla mano dell’amica
che punta, spietata, i cosiddetti difetti.
“A parte il fatto che secondo me è
meraviglioso.” Ringhia, stizzita. “ E che devi
smetterla di coprirti il capo di cenere come se per ogni capolavoro
sfornassi una schifezza…”
Elle fa una smorfietta. “Ma è
così.”
“Guarda che ti picchio!”
“E io te le restituisco. Vai avanti.”
Kail si umetta le labbra.
“Ti ricordi da cos’è tratta la
scena?” domanda.
Elinor fa uno dei suoi mezzi sorrisi sghembi che Kail invidia tanto.
“E come scordarselo? È BT.” Decreta. Una
punta di nostalgia le tinge la voce, perché è da
un paio di anni che Kail ha mollato la seconda stesura. Mancanza di
tempo e paura di non riuscire a fare abbastanza per la prima storia
davvero importante della sua vita. “Il primo sogno del
protagonista riguardo il suo passato.”
Kail fa un bel respiro. E spara a zero.
“Anche il mio.”
Silenzio.
“E sai che è dall’inverno del 2008 che
non scrivo una parola per quella storia, quindi non può
avermi influenzata.”
Ancora silenzio. Elle è seria.
“Non ti chiedo se sia uno scherzo, perché non
sarebbe proprio il caso. E perché so che sai che ti
prenderei a pugni se lo fosse.” Afferma. Cerca di buttarla in
ridere, ma la sua voce è malferma e i suoi occhi marrone
scuro brillano.
Senza stupore, senza pregiudizi.
Kail ricambia l’occhiata. Le labbra le si deformano in quello
strambo sorrisetto che le viene spontaneo, quando si trova a
fronteggiare qualcosa che le mette l’ansia. Sente di aver
fatto la scelta giusta.
*
Più tardi, la risposta ancora sfugge dalle loro mani come
sabbia.
Afferrarla è il passaggio più difficile.
“Insomma, non riesco a capire come possa essere successa una
cosa del genere.”
“ Beh, pensaci. Yash è l’unico
personaggio che non è ancora finito nel dimenticatoio per
tutto questo tempo: sembra che siate appiccicati con
l’attack.”
“Ehi, non è colpa mia. È lui che fa la
cozza…non mi molla mai, me lo sono trascinato dietro per
un’infinita di one-shot solo perché mi rompeva di
lasciarlo da solo.”
“Lo vedi?”
“Beh, anche il protagonista, Leo, ci è attaccato.
Non per sua volontà, povero tesoro bistrattato da tutti,
ma…”
Lo spirito ha cominciato
ad apprezzare quel nome, ma per il momento ‘Yash’
non è suo tanto quanto non lo è
“Francis”, come lo volevano chiamare i genitori di
Kail. Fa niente. Aspetterà.
Si crogiola nel salotto
di Elle, invisibile alle ragazze, e si abitua lentamente
all’idea che manca così poco.
Così
dannatamente poco, perché Kail arrivi a capire quello che
vuole da lei. Manca solo la spinta giusta- ed Elinor è
lì per dargliela. Ci stanno arrivando insieme, ragionando.
Starle ad ascoltare
è piacevole. Rende tutto più reale.
Ma
c’è sempre quel brivido di aspettativa che lo
percorre…
“…ma Leo si ritrova Yash come una sorta di
fratello maggiore.
Il suo passato, il suo futuro, il fatto che valuti così
tanto la necessità di lottare e proteggere i propri cari:
sono tutti fili di un unico intreccio che li lega l’un
l’altro. Cavolo, Kail, mi cadi sui fondamentali?
L’hai scritta tu, quella storia. L’intera trama di
Blood Tribute è basata sulla fratellanza, sia essa di sangue
o di spirito.”
“Lo so, lo so! È solo…ci credi se ti
dico che me ne accorgo solo ora, con te che lo puntualizzi? Non ci ho
mai fatto caso. Evidentemente ero troppo presa dal resto.”
Chiamiamola prudenza.
Chiamiamola diffidenza. Proprio lui, poi, non ha forse pieno
diritto di essere cauto? la vita l’ha rifiutato ancora prima
che gli venisse offerta la possibilità di mettersi alla
prova.
Lo spirito sospira.
Ha già
sperimentato la delusione una volta. Sa quanto brucia. Non ha voglia di
trovarsi ancora una volta faccia a faccia con quel tipo di sofferenza.
Non riesce davvero a
trattenersi. Probabilmente convivrà fino
all’ultimo con la paura di veder sfumare la sua ultima chance
tra le mani.
È uno strano
tipo di angoscia che monta come la marea. Lo trascina per vertiginosi
alti e precipitosi bassi, riempiendolo di fiducia per poi
strappargliela dalle mani.
Spera di essere
perlomeno a mezza strada tra il picco e il baratro, quando
sarà ora del confronto diretto.
Perché
è a questo che ci si sta avviando.
Lentamente.
Inesorabilmente.
“Il resto?”
“Sì. Del tipo, una Voce nella mia testa che mi
dice di andarmi a stampare il secondo draft di Blood Tribute. Per fare
cosa, non lo so.”
Elle va alla libreria senza dire niente. Sfiora le coste dei libri con
la punta delle dita, cercando. Sembra sovra pensiero e non fa una piega
davanti a quest’ultima frase dell’amica.
Kail ha l’ennesimo brivido. Sembra che il calare delle
tenebre abbia fatto diventare permanenti i tremiti occasionali che
l’hanno scossa per tutto il pomeriggio.
Sente anche lei quanto
pesi questo momento? Quanto sia precario? Si chiede lo spirito,
accovacciato in un angolo del divano. In ventisette anni di non
esistenza farsi domande e cercare risposte è stato il suo
unico passatempo. Non se n’è ancora stancato.
Tutto parte da un
‘e se…?’, in fondo.
“C’entra Yash, c’entra tuo fratello,
c’entra una storia che è stata un aborto in
sé, dato che ce l’hai sempre avuta sotto mano e
mai portata a compimento. Dimmi se ho dimenticato qualcosa.”
“Io e te. Soprattutto te.”
Elle inarca un sopracciglio. Ha una domanda sospesa sopra la testa come
un fumetto: Che
c’entra lei?
Kail incrocia le braccia al petto.
“Ho bisogno che tu mi dica cosa fare.”
Le risponde una risata tirata. “Ti pare? Io?”
Kail annuisce. “ Sei tu l’esperta in materia
onirica.”
Il secondo motivo per cui ha chiamato Elinor prima di tutte le altre
è proprio questo.
Sono le stranezze ad avere paura di lei.
Mai il contrario.
L’interpellata fa un vago gesto con la mano. Pesca un vecchio
manuale dalla copertina rivestita a mano: impossibile indovinare il
titolo coperto dalla carta marmorizzata.
Kail non demorde.
“Allora? Blood Tribute, Yash, il bambino mai nato. Ti fa
venire in mente niente?”
“Solo l’ovvio. Cioè che tuo fratello
vuole qualcosa da te. Qualcosa che riguarda Blood Tribute, e Yash nella
fattispecie. Il che ha una certa logicità, considerato che
rapporto hai con quel personaggio.”
Una risata sbuffata.
“E non ridere. Non sono io quella che l’ha chiamato
nel sonno.”
Lo spirito non reagisce
per un paio di secondi, stupito. Un timido sorriso gli attraversa il
volto.
‘Davvero?’
chiede.
Ovviamente, nessuna
delle due lo può sentire.
“È stato secoli fa! Ed ero ammalata, oltretutto.
Non ci stavo con la testa. ”
“Certo.”
“Davvero!”
“Va bene, va bene, non ti scaldare! Cristo.
Comunque…”
Bang. Kail si scansa appena in tempo per evitare che il libro appena
lasciato cadere sul tavolo da Elle le riduca le dita a frittata. Lancia
un’occhiataccia all’amica.
“Scusa, mi è scivolato di mano.” Dice
sbrigativa Elinor. “Su, fatti un po’ in
là. Ti voglio mostrare una cosa.”
Si siede sulla stessa sedia di Kail; non è la prima volta
che si dividono il posto, quindi nessuna delle due si lamenta di avere
solo mezzo posto a testa.
Lo spirito resta
dov’è. Non ha il coraggio di avvicinarsi.
Elle alza la copertina rigida, salta la prefazione e va direttamente al
capitolo uno.
Kail butta l’occhio sulle prime righe. Poi guarda
l’amica, perplessa.
“Questo ci dovrebbe essere d’aiuto?”
puntualizza, cercando di suonare scettica.
“Se aspetti che tuo fratello si faccia avanti e ti dica che
accidenti vuole potrebbero passare mesi.” La rimbecca Elinor,
seria. “Addirittura, potrebbe non farlo proprio e andarsene.
Quindi, se non vuoi che questa storia si trascini ancora per molto,
devi essere tu a fare il primo passo e chiedere che cosa gli
serve.”
Pausa.
“A un morto?”
domanda Kail, amara.
Elle scuote il capo. “ Non si può chiamare
‘morto’ uno che non è neanche mai
nato.” La corregge. “Comincia a leggere.
Dall’inizio.”
Kail sospira, appoggia il mento su una mano e abbassa gli occhi sulla
pagina.
Solo a rileggere il titolo si sente stupida.
E speranzosa.
Magari l’idea della sua migliore amica non è poi
così balorda. Dopotutto, in Blood Tribute ha funzionato.
Capitolo
uno. Cos’è un sogno lucido e come ottenerlo.
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Capitolo 7 *** 06. (Taking Speed) ***
Capitolo 6
(Taking speed)
Domenica.
Calma piatta.
Kail si mette una
vecchia maglietta e i pantaloni della tuta,
mangiucchia
biscotti,
si stende sul
letto con i suoi peluches.
non scrive,
non esce.
Resta in casa e
legge il libro. Divora pagina dopo pagina, fino a tardi. Riempie il
quadernetto di annotazioni.
Dorme.
Sogna.
Appena sveglia
afferra penna e diario. Salta le annotazioni dei giorni precedenti e a
pagina nuova scrive giorno, ora, anno.
Sotto, il numero
dei sogni che ha fatto e il loro contenuto. Cerca di essere il
più stringata e veloce possibile, timorosa di
dimenticarseli.
Quando ha finito
li rilegge: uno sulla scuola, uno in cui si è trovata in
centro con le amiche e un paio di personaggi dei fumetti.
Uno
sull’Ombra che cammina sicura davanti a lei. È
diventata più scura dall’ultima volta che
l’ha vista: se prima sembrava acqua, ora è orzata
allungata. Più consistente del fumo, più
tangibile della nebbia- ancora infinitamente lontana.
Kail sospira. Ha
un nodo allo stomaco, stretto e doloroso. Ci vorrà tempo: se
tanto o poco, impossibile saperlo.
Questa
è solo la prima tappa di una lunga strada.
L’obiettivo:
avere un sogno lucido. Un sogno in cui abbia conoscenza di
sé e di ciò che la circonda, un sogno influenzabile.
Un sogno in cui
possa parlare con suo fratello.
…sarà
dura.
“Guardiamo
il lato positivo.” Si dice la ragazza, seduta sul letto.
“ Non sto partecipando ad una gara, quindi niente scadenze,
niente sudori freddi e niente ansia. Sì, come no.
”
Kail si tira su
la maglietta sulla schiena. Osserva la cicatrice che le solca il
fianco: tutto quello che rimane di una formazione cutanea rimossa tre
settimane prima di ritrovarsi con il libretto pediatrico e la
realtà tra le mani.
Guardando la
linea rossa, ricorda com’è stato entrare in sala
operatoria e realizzare di essere nelle mani di perfetti estranei
pronti a tagliarla e cucirla come una bambola. Come si è
stupita a sbattere contro la realtà delle cose
all’ultimo minuto, quando ormai era troppo tardi per fare
marcia indietro.
Decide che
sarà così anche per il loro incontro.
Non vuole
rinunciare a ciò che sta facendo per colpa di un attacco di
panico, sarebbe estremamente stupido.
Perché-
diciamocelo- un po’ d’ansia la prova.
Ma
solo un pochino, eh. E poi, cazzo- soltanto un’idiota non
avrebbe paura di infilarsi in un sogno e cercare di pilotarlo con tutta
la roba che può succedere. Paralisi, illusioni ipnagogiche e
tutto il resto.
…
Kail si alza e
accende il computer. Ha bisogno di distrarsi.
15.00
Tsamsiyu_Kail_Eira scrive:
Ciao Miri.
Cos’è che dicevi di quel contest,
l’ultima volta che ci siamo sentite?
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Capitolo 8 *** 07. (WILD) ***
Capitolo 7
(WILD)
Tre
mesi dopo.
Wake Initiated Lucid Dreams.
Kail legge
un’ultima volta quelle quattro parole sulla pagina davanti a
sé , poi chiude il libro e lo posa sul comodino. Socchiude
le palpebre e si mette in ascolto: non si sente un’anima
viva. I suoi sono di nuovo fuori, il suo cane si è messo
tranquillo in cuccia, il telefono è staccato e il cellulare
spento.
Fuori, la prima
neve scende dal grigio cielo novembrino e soffoca qualunque rumore
molesto sotto la sua coltre candida.
È
ora.
Kail si infila il
maglione, chiude la porta di camera sua a chiave e calcia via le
pantofole. Si stende sul letto, a pancia in su.
Si appoggia il
disegno dell’Ombra e la versione incompleta, malamente
rilegata di Blood Tribute all’altezza del petto e ci incrocia
sopra le mani.
Fa un bel respiro.
“Vorrei
vedere mio fratello.” Dice, a voce alta e chiara. Deve
sembrare convinta. No, deve essere convinta, perché in un
WILD tutto parte quando si è ancora svegli. “ Devo
parlare con lui. Ho bisogno
di parlare con lui, a qualunque costo.
Perciò…” si umetta le labbra.
“…perciò lo sognerò.
Stavolta lo raggiungerò e gli parlerò
perché sarà il mio sogno e posso fare quello che
voglio.”
Si interrompe.
Guarda il soffitto.
“E
vorrei ricordare tutto quello che succederà.”
Aggiunge.
Poi tace, si
concentra su suo fratello, su Yash e su sé stessa.
Ciò che ha detto all’aria le rimbomba nella mente.
Ad occhi aperti, rilassa il corpo e rallenta il respiro.
Aspetta.
I pensieri
riempiono la sua mente come acqua che stilla in una tazza vuota.
Lentamente passano da dentro di lei a intorno a lei. Uno per uno la
salutano e l’abbandonano.
Finché
è il vuoto. La pura, semplice consapevolezza di
sé.
Kail riesce a
sentire il battito del proprio cuore. Il suo respiro è tanto
lento, tanto profondo da essere impercettibile. Le mani che ha posato
sul torace sono pesanti come piombo: è in piena paralisi
ipnagogica. Non potrebbe muoversi neanche volendolo, priva di controllo
com’è sui propri muscoli.
È
insieme terrificante e magnifico.
È
il mio sogno. Il mio sogno. Parlerò con lui,
perché lo voglio. Lo raggiungerò,
perché è ciò che desidero fare.
Chiude gli occhi.
Per un po’ – una manciata di secondi o
un’eternità?- c’è solo il
buio, e la sua stessa voce che ripete come un mantra le parole
“sogno”, “Yash” e
“fratello.” Poi, lente, le immagini scaturiscono
dall’oscurità, come la luce del sole dopo una
galleria.
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Capitolo 9 *** 08. (In Between) ***
Capitolo 8
(In between)
È di
nuovo nella sua stanza e la neve cade a larghe falde fuori dalla
finestra. Da qualche parte c’è un cane che abbaia.
Kail si mette a
sedere, Blood Tribute ben stretto al petto. È il suo sogno,
quindi riesce a gettare le gambe oltre il bordo del letto senza alcuno
sforzo nonostante la paralisi del sonno.
Va alla porta,
gira la chiave nella toppa e la apre con una lieve spinta.
Appena fuori
dalla soglia, la Strada. Così come l’ha immaginata
per Blood Tribute e vista nei sogni precedenti: vetri luccicanti,
lamette smussate e una soffice coltre di cenere la coprono, tracciando
un lungo sentiero alto almeno una spanna nella città in
fiamme che fa da scenario.
Un soffio di aria
rovente investe Kail in piena faccia, scompigliandole i capelli scuri.
Invece di darle fastidio sembra una carezza ruvida, brusca.
È il
benvenuto del mondo che lei stessa ha inventato, in cui la sua camera
è piovuta come la casetta di Dorothy nel mondo del mago di
Oz.
Kail raddrizza le
spalle. Posa un piede scalzo sullo spesso strato di cenere e comincia a
camminare.
*
La
vede arrivare di lontano, sbirciandola da sopra una spalla: una figura
pallida con un pacco di fogli in mano che avanza a passi lenti e
misurate.
Sorride.
Per i suoi diciassette anni è così minuta. Non
più la bambina che lui non ha mai visto crescere, non ancora
adulta- sospesa a quel confine tra l’uno e l’altro
stato.
L’adolescenza
è così simile al limite grigio tra vita e morte,
quando una parte di sé si è già
dissolta nel nulla e l’altra aspetta ad occhi aperti che
arrivi la fine- o una mano a cui aggrapparsi per essere riportata
indietro.
Lui
e Kail si assomigliano: due creature affacciate alla soglia delle
rispettive porte che si sporgono a guardare il mondo di mezzo,
l’unico dove possano incontrarsi. E da così poco
tempo. Il timore di non sapere come comportarsi, cosa dire, cosa fare gli attanaglia
la gola, lo soffoca.
Teme
di deluderla.
Lui,
che si sente gonfiare il petto d’orgoglio al pensiero di cosa
abbia combinato quella matta di sua sorella per venirlo a cercare.
Proprio lui, sì- al solo pensiero di non essere abbastanza
per lei prova un senso di nausea.
Tutta
colpa di quella domanda. La solita. È incompleta, ma proprio
per questo è galvanizzante.
‘
E se…?’
Se,
se, se. Se Kail decidesse all’improvviso di non voler
più avere nulla a che fare con lui…cosa farebbe?
Cosa?
Tornerebbe
nel Limbo dei bambini mai nati? Nell’archivio fuligginoso
dove la memoria si tramuta in un cumulo di polvere come se niente fosse?
Non
lo sa.
Di
una cosa sola è certo: non durerebbe a lungo. Per restare
accanto a Kail ha speso tutta l’energia conservata in
ventisette anni di non esistenza. Se sua sorella si rifiutasse di
aiutarlo il suo ricordo si dissolverebbe nel tempo di un
sospiro…non avrebbe il tempo per accumularne di nuova e
proseguire la sua non vita.
Non
ha tempo per tormentarsi oltre con i suoi dubbi. Kail è
già lì, davanti a lui, le labbra serrate in
un’espressione calma e determinata.
Non
c’è traccia di tentennamento nella sua voce,
quando parla.
Solo
genuina preoccupazione.
*
“Stai
svanendo...”
Il giovane uomo
davanti a lei si lascia sfuggire una fievole risata. I capelli scuri
che gli incorniciano il volto rendono impossibile vedere poco
più che accenni del suo profilo: il naso, le labbra appena
piegate in un sorriso che ha del triste.
Kail sente un
formicolio invaderla da capo a piedi. Arrossisce. Come battuta
d’inizio non è stata molto felice- ma dopotutto
è la prima cosa che le è saltata agli occhi.
Quella, e che suo
fratello ha preso le sembianze di Yash. Il che non fa aumentare la sua
impressione di trovarsi davanti ad un acquerello sbiadito- e
l’improvvisa paura che possa scomparire da un momento
all’altro.
È il mio sogno.
Si dice, secca. Posso
farlo restare, no? Io voglio che resti. Stringe i pugni
fino a farsi sbiancare le nocche, corrugando la fronte.
“Apprezzo
lo sforzo, ma non credo serva a molto, purtroppo.” Commenta
la Voce,
come se le avesse letti nel pensiero, stavolta alta e limpida
nell’aria odorosa di fumo. Kail quasi lascia cadere Blood
Tribute al tono caldo, vagamente rauco che la raggiunge. Non
è più nella sua testa e ha una direzione: la
creatura a qualche passo da lei.
Il
giovane si volta verso di lei del tutto. È Yash, senza ombra
di dubbio: capelli castano scuro arruffati e ribelli, occhi verdi dal
taglio sottile. La scruta, serio, e Kail non può fare a meno
di ripensare a tutte le notti di temporale in cui ha desiderato di
rifugiarsi dal suo personaggio preferito, il misto di timore e fastidio
che ha provato nell’accettare quella necessità.
Poi lui le
sorride.
Ed è l’espressione che ha sempre agognato,
cercando Yash tra sogni e incubi, così familiare che la
ragazza avverte un colpo e poi una fitta al petto. Un dolore forte,
straziante. Quasi le cedono le gambe
È lui.
Realizza. È come svegliarsi da un lungo sogno. Le salgono le
lacrime agli occhi. Mio
fratello, per davvero. Sangue del mio sangue.
Fa due passi in
avanti- solo due, non di più.
Vorrebbe
disperatamente raggiungerlo, sfiorare il triangolo chiaro subito sotto
l’attaccatura del collo, tuffare il viso nella semplice
camicia scura che indossa e annusare il suo odore. Abbracciarlo
abbastanza forte da costringerlo a restare.
Non lo fa, non
ancora.
“Perché
no?” chiede
Lo spirito fa
spallucce. “Perché non dipende da te. La colpa
è mia: ho quasi esaurito il mio tempo.” Si
giustifica. “Nei sogni posso ancora risparmiarne un
po’, ma più resto nel mondo reale e meno ho a
disposizione per…’vivere.’ Perdona il
gioco di parole.”
La guarda di
sottecchi, come sperando di averle strappato un sorrisetto con quel
paradosso. Kail deglutisce. Il dolore che le squassa il petto si
intensifica e la sua visuale si appanna.
Devo avere
qualcosa negli occhi. Forse
un po’ di quella cenere che copre la Strada, ce
n’è così tanta che
dev’essermi finita in faccia. Per forza.
“Allora
non ci resta molto.”
Lo spirito
annuisce, anche se non è una domanda- e lo sanno entrambi.
“Posso
fare una cosa o è meglio che prima parliamo?”
Suo fratello
batte le palpebre, sorpreso.
“Puoi
fare quello che vuoi.”
Kail alza il viso
verso di lui. Copre la distanza che li separa in tre passi e fa quello
per cui ha spasimato in ogni- singolo- sogno.
Lo abbraccia.
E quando lo
spirito le avvolge intorno le braccia e la stringe forte a
sé, quando respira il suo odore- inchiostro e polvere da sparo
mischiati al profumo di casa sua, dei vestiti che indossa di solito,
della sua famiglia, Yash e fratello in una volta sola-
finalmente piange.
Piange e si
lascia andare. Lui, che la culla e le accarezza i capelli come non ha
mai potuto fare, si sente finalmente invaso dal calore. L’
eco distante di un barlume di vita.
I dubbi e le
paure si sciolgono come sale in acqua, scivolando via. E noi torniamo
indietro in punta di piedi, lasciando soli la ragazza e il Mai Nato.
Questo momento
è solo loro.
#
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Capitolo 10 *** 09. Epilogo(Or is it only the beginning?) ***
Epilogo
(Or is it only the beginning?)
Ad occhi chiusi,
ricorda.
Lei
e suo fratello seduti lungo il margine della strada, le dita
intrecciate. Kail ha la testa appoggiata sulla sua spalla, Yash
giocherella con la cerniera della felpa scolorita che indossa la
sorella.
“È
quello che ho sempre sognato.” Confessa lei, a mezza voce.
“Davvero?”
“Hm
- hm. E fa malissimo sapere che non può durare.”
Yash
le prende una ciocca di capelli. La intreccia. “Mi
dispiace.”
“No,
va bene così. Preferisco avere questo dolore,
qui.” Kail si preme una mano poco sopra il seno.
“Piuttosto che ignorare tutto. O peggio ancora, tormentarmi
di dubbi.”
Fa
una pausa, si umetta le labbra. L’aria asciutta gliele ha
seccate e screpolate.
“Come
al solito sto facendo l’egoista.” Mormora.
“Parlo senza tenere minimamente in conto te.”
Yash
le dà una lieve stretta di mano. Ha le dita callose come se
avesse passato anni a stringere spade- dopotutto, è
ciò che sa fare meglio in Blood Tribute.
“Ma
io sono stato il primo, ad essere egoista.”
Kail
alza gli occhi verso di lui, d’improvviso attenta. Yash le
posa le labbra in fronte, delicato. Sono tiepide e piacevoli.
“
Sai dove vanno i bambini mai nati?” le chiede, passandole un
braccio attorno alle spalle. Riprende a gingillarsi con i suoi capelli,
mai sazio dei piccoli contatti tra di loro. Per una volta Kail
è contenta di non averli tagliati.
“Mi
sa di no. Nessuno si è mai preso la briga di
spiegarmelo.”
“Meglio
così. C’è un posto chiamato Limbo. Non
sta né in Paradiso né all’Inferno.
Diciamo che è più che altro un
dimenticatoio…tutte le persone la cui memoria viene persa
durante gli anni finiscono lì.”
Kail
si irrigidisce. Yash le traccia piccoli cerchi sul braccio con le dita
perché si rilassi. Lei torna ad appoggiarsi contro di lui,
ma il suo viso è rappreso in una smorfia.
È
vero: non si può vivere nel passato; ma si chiede come
abbiano fatto-potuto- i loro genitori a relegare il ricordo di Yash in
un angolino e lasciarlo lì a marcire.
“Non
avercela con loro, Kail. Mi hanno voluto bene, per quel poco di tempo
che sono rimasto.” Le bisbiglia Yash, sapendo cosa stia
pensando. “A volte bisogna dimenticare per andare avanti.
È il prezzo che si paga per sfuggire al dolore.”
Allarga
le gambe; Kail ci si va ad accoccolare in mezzo, posando la nuca contro
il petto ampio. Sa che i fratelli normali non sono così
intimi e al momento non gliene potrebbe importare di meno.
Che
vadano a fanculo.
I
fratelli “normali” si tirano i capelli a vicenda e
si sputano addosso parolacce. Non hanno da recuperare ventisette anni
di assenza in un’ora o due di sonno.
“È
là che tornerai, quando tutto questo sarà
finito?” domanda, a mezza voce, posando le mani su Blood
Tribute- che ancora una volta le riposa sulla pancia. Lui sovrappone le
sue, larghe e calde, alle pagine e alle dita sottili della sorella.
“Nel Limbo?”
Non
può vedere Yash, ma intuisce che il sorriso quieto mantenuto
fino ad ora è scivolato via dal suo viso.
Suo
fratello sospira.
“No.”risponde.
Il
cuore di Kail salta un battito.
Yash
fa una pausa, aspettando che si calmi, poi prosegue. Cerca di
mascherare la punta di angoscia che ha nella voce, ma il suo cuore
batte troppo velocemente, traditore.
“Ho
tenuto da parte, granello dopo granello, l’energia necessaria
a restare con te.” Spiega, sommesso. “Mentre tu
crescevi, io aspettavo il momento giusto per raggiungerti. Ora che ci
siamo l’ho consumata quasi tutta. Non so se
riuscirò a tornare nel Limbo e a ricominciare da capo. Il
tempo non è mio amico in questo.”
Ad occhi aperti,
ora.
Sta ancora
nevicando- Kail sente l’odore del gelo infilarsi tra le
fessure dei cardini delle finestre serrate. Al buio, con le immagini
del sogno che ancora le ballano nella testa, non sembra passato un
altro mese.
Ma è
così.
È la
fine della loro folle corsa.
O solo
l’inizio, chissà.
È la
notte di Natale.
Kail si siede
alla scrivania e accende il portatile nuovo.
“Allora
dove andrai?”
“Da
nessuna parte.”
…
“Morirai?”
“Sì.”
‘Questa
volta per davvero’ rimane sospeso nel silenzio improvviso tra
loro.
Kail
non piange. Non ne ha la forza. Il petto nemmeno le fa più
male. Basta la sola idea per svuotarla da ogni emozione.
Non
si era certo illusa. Sa che suo fratello è morto e non
tornerà con lei nel mondo reale. Sa che lei dovrà
tirare avanti con la propria vita e lasciare che lui resti nelle ombre.
Ma
si era convinta che avrebbe sempre potuto cercarlo nei suoi sogni e
sentirsi dire che forse non resterà loro neanche quello
è un’orribile ingiustizia.
Yash
esala un respiro tremante.
“Capisci
che razza di egoista sia?” chiede, in un soffio. La sua voce
è cupa di rabbia e dolore. “Sono venuto a
chiederti aiuto pur sapendo che non finirà bene. La
verità è che sono uno stupido con troppa paura
del nulla per guardarlo in faccia ed accettarlo.”
Pausa.
Kail
si gira verso di lui, seria. Così seria che per un attimo lo
spirito pensa che gli allungherà uno schiaffo e
comincerà ad urlargli contro.
‘Non
avrebbe torto a fare qualcosa del genere.’ Si dice, amaro.
‘Non avevo alcun diritto a entrare nella sua vita e
illuderla.’
“Sei
venuto a chiedere aiuto.” Ripete lei, lentamente.
“…Eh?”
“Yash!
Metti da parte per un momento le seghe mentali e rispondimi. Sei venuto
a chiedermi aiuto?”
“…sì,
ma…”
“Allora
c’è qualcosa che posso fare non lasciarti
scivolare via di nuovo! Cazzo, perché non l’hai
detto subito?”
Yash
batte le palpebre.
“Perché
hai già cominciato a farlo.”bofonchia, sorpreso.
“Diciamo che ormai siamo a metà
dell’opera…”
Kail
lo guarda malissimo.
“Da
come parli sembra che non avessi la minima chance di farcela.”
“Ehi,
non ne ero sicuro, ok?”
“Dai,
raccontami. È meglio se ci spicciamo, Elle ha promesso di
chiamarmi e se il sogno si interrompe proprio ora giuro che mi mangio
le scarpe.”
Kail attende
pazientemente che il computer si carichi e intanto recupera
l’mp3. Quando finalmente la schermata ammicca di rimando
nella penombra della sua stanza, torna a sedersi e si infila le
cuffiette. Mette l’apparecchio in riproduzione casuale.
“Secondo
te, da quanto tempo ti sono vicino?”
Kail
ci pensa su.
“Direi
da quando ti ho scoperto, leggendo di te sul libretto pediatrico, ma mi
sa che è la risposta sbagliata, neh?”
Yash
ride piano, ma è concentrato in quello che sta per dirle.
Nella loro piccola, ultima possibilità.
“Quando
hai cominciato a scrivere questo?” domanda, facendo scivolare
due dita sul manoscritto di Blood Tribute.
“
Tre anni f- COSA?!”
Seconda
risata. Molto meno nervosa e più libera.
“Sono
con te da quando hai creato il personaggio di Yash. Volevi che fosse
qualcuno che alle tue amiche e a te sarebbe piaciuto avere come
fratello e io mi sono aggrappato a quell’appiglio con tutte
le mie forze. È bastato per farmi uscire dal
Limbo.”
Kail
sgrana gli occhi al punto che potrebbero tranquillamente rotolarle
giù per le guance. Ha a malapena la forza per
gracchiare:“…che?”
Yash
le scosta una ciocca di capelli dalla fronte.
“Mi
hai dato un’identità, sorellina.”
Conferma, attirandola a sé. “Un aspetto. Un modo
di pensare e di comportarmi. Tutto ciò che la vita mi ha
negato, tu me l’hai dato- con inchiostro, carta e penna. Se
vuoi che non scompaia, devi affidarti a ciò che sai fare
meglio.”
Kail
posa la fronte sulla sua. Si guardano, occhi negli occhi- un paio di un
verde innaturale, l’altro nocciola pallido.
Yash
sorride. Le annusa una ciocca di capelli, pensoso.
“Anche
così non durerò in eterno. Nulla lo
fa.” Avverte. “Ma perlomeno non finirò
di nuovo nel dimenticatoio.”
Kail
lo abbraccia.
“Lo
farò.” Promette, decisa.
“Scriverò per te. Riprenderò in mano
Blood Tribute e-” gli occhi le si illuminano
all’improvviso “ Posso partecipare a un contest!
Miri me ne aveva proposto uno quest’estate e non sono
riuscita ad iscrivermi, ma ha fatto così tanto successo che
ne hanno indetto un altro che duri tutto l’anno- se riuscissi
a vincere potrei far pubblicare BT…”
Suo
fratello le accarezza i capelli, posando la guancia contro la sua
testa. Oggi è la giornata delle prime volte- una mezza
tonnellata, per lui: il primo abbraccio, il primo bacio sulla guancia,
il primo “ti voglio bene”.
Ci
pensa su per un attimo e decide che sì, vale la pena di dire
“Mi fido di te” per la prima volta.
Kail
arrossisce appena e gli sorride.
“Farò
tutto il possibile. Ma anche tu devi sforzarti, ok? Senza una musa
ispiratrice non riesco a scrivere.” Afferma.
“
Va bene.”
“Promesso?”
Yash
sospira e fa scivolare il mignolo attorno a quello di lei.
“Promesso.”
“Bene.”
Kail gli sfiora la guancia pallida con le labbra.
“Non
ti dimenticherò mai.” Aggiunge, in un
soffio.”Tu sei mio.”
Yash
socchiude gli occhi, perché improvvisamente gli bruciano.
L’abbraccia forte.
“Per
sempre.” Concorda, a voce bassa.
“Solo
per sempre?”
“Per
sempre…ed oltre. Lo giuro.”
Kail apre un
documento di word. Ha un anno per lavorare al suo racconto, renderlo il
migliore tra tutti quelli che abbia mai scritto, limarlo,
perfezionarlo, sentirlo gonfiarsi sotto le sue dita- e vuole iniziare
subito.
All’inizio
scrive:
Autore: Tsamsiyu_Kail_Eira
Titolo: Blood
Tribute
Fandom: Originali
E subito sotto
aggiunge anche-
Per
Yash.
Una
promessa è una promessa. Per sempre ed oltre.
Con
tanto amore,
Kail.
L’mp3
ha un fremito, sfiorato da dita invisibili. La canzone pop che stava
ascoltando la ragazza si interrompe e le cuffiette si riempiono di
scariche. Infine, dopo un minuto di silenzio, l’apparecchio
torna improvvisamente in vita nel bel mezzo di un altro brano.
“I recognize
the way you make me feel
It's hard to think that
You might not be real
I sense it now, the
water's getting deep
I try to wash the pain
away from me
Away from me
And when I touch your
hand
It's then I understand
The beauty that's within
It's now that we begin
'Cause you're everywhere
to me
And when I catch my
breath
It's you I breathe
You're everything I know
That makes me believe
I'm not alone
You're in everyone I see
So tell me
Do you see me?”
Kail ride tra
sè e comincia a scrivere.
*****************************************************************************************************************************************
E siamo alla fine.
Mi sembra assurdo, ma è così. Terminare le storie
non è il mio forte: raramente ci riesco. Ricordo che,
finendo la stesura di Ink Child - dopo un mese e mezzo d'inferno,
mattina dopo mattina con l'idea fissa di mettersi al computer e
scrivere, il tormento di non star combinando nulla di buono e l'ansia
dell'ultimo minuto - sono scoppiata a ridere. Forse perché
più andavo avanti, meno mi faceva male.
Eccomi qui, dunque. Ink Child finisce qui.
Yash no, ovviamente.
Posso assicurarvi che gode di ottima salute, è adorabilmente
rompino ed attende pazientemente che accumuli parole su parole. Lo
scorso 17 novembre, il mio adorato nonno è andato a fargli
compagnia, quindi Yash non può più lamentarsi di
essere solo soletto. Da quanto so, se la stanno passando piuttosto bene.
Ringrazio immensamente tutti coloro che hanno inserito questa
storia tra i preferiti (Amy
Yraley Black, Ellie_x3, Lyen, Feel Good Inc, Satomi) o tra
le seguite (Ellie_x3,
Fabi_, In New York summer gets hot, KiAmAtEmI_BoS, Vienne e Muffin_),
tra le ricordate (Rota)
o che l'hanno semplicemente letta. La mia gratitudine va, in
particolare, a Vienne, Ellie_x3, Kiriri, Amy Yraley Black, Feel good
Inc, _ muffin, che mi hanno fatto l'onore di lasciare una recensione, e
a Satomi, Valerie_Laichettes e le ragazze del Saiyuki, prime lettrici
di questa storia fuori da Internet, supporters e vere incarnazioni di
alcuni dei personaggi di Ink.
Grazie. Di cuore.
Un'ultima nota, prima di chiudere: La canzone citata è
Everywhere di Michelle Branch. Non sarei mai riuscita a scrivere gli
ultimi due capitoli senza di essa. Se vi va, andate ad ascoltarla:
merita.
Qui di seguito, i punteggi delle giudici.
Un bacio,
Kei
Giudizio di Rota:
*Autore: Chandrajak.
*Titolo: Ink Child
*Grammatica/stile/lessico: 10,5/15
punti
*Originalità: 4,5/5 punti
*IC/Caratterizzazione personaggi:
9/10 punti
*Attinenza al tema dato e svolgimento
della trama: 9/10 punti
*Gradimento personale: 4,5/5 punti
*Totale:
37,5/45 punti
Posso
dire che, in
questa fan fiction, le uniche vere pecche sono la grammatica e lo
stile. Mi
spiego meglio. Ci sono notevoli errori di battitura, lungo tutto il
testo,
nonché un uso della punteggiatura errato in diversi punti e
molto, molto
confusionario. Stessa cosa dicasi per lo stile, non in quanto
prettamente
confusionario, quanto devo sottolineare un’estrema confusione
nell’utilizzo del
corsivo, del grassetto e del barrato. Dal mio punto di vista, questi
generi
sono usati troppo spesso e con troppi significati diversi, cosa che
genera
parecchia confusione.
Questo,
mi
dispiace, ha abbassato e non di poco il punteggio.
Per
quanto riguarda
invece il resto, direi che la fan fiction mi è piaciuta
particolarmente. La
protagonista è ben delineata, ha un carattere specifico e
coerente lungo tutto
la trama, così come anche gli altri personaggi descritti.
L’attinenza al tema
dato e lo svolgimento della trama sono davvero molto buoni,
così come mi ha
particolarmente colpita l’originalità del tutto.
Faccio i miei più sinceri
complimenti per questo, ho trovato quest’opera per certi
versi toccante.
Giudizio
di Faby:
I classificata - Ink Child - Chandrajak
Correttezza
grammaticale: 9/10
Non
ho notato
errori gravi, al di là di qualche svista (un ottava invece
che un’ottava, ne in luogo di né,
dissimile allo invece che dallo, letti
nel pensiero invece di letto)
assolutamente comprensibile, sulle quali non mi metterò
certo a sindacare. Poi
c’è un mi fai fare un
infarto in luogo
di mi fai venire un infarto; quasi
certamente un’altra svista. La grammatica è
davvero buona. Un ottimo punteggio.
Caratterizzazione
dei personaggi: 9/10
Kail
è
meravigliosa. Il suo dolore, la sua rabbia, me li sono sentiti addosso
come se
al suo posto ci fossi stata io, e la sua determinazione e la voglia di
aiutare
‘Yash’ sono trascinanti. Dal canto suo, Yash
è impalpabile, quasi sfuggente,
come è giustissimo che sia, ma anche i suoi stati
d’animo arrivano dritti al
cuore. Magico il rapporto che instaura con Kail, quel bisogno fisico di
sentire
la sua vicinanza: l’ho adorato. Fondamentale anche la
presenza di Elinor che si
sente, se mi concedi di dire
così: è giusto
che lei ci sia, ed è perfetta in
tutto ciò che fa. Unica piccola pecca: forse mi sarei
aspettata qualcosa in più
da parte della madre di Kail. Di fronte alla domanda iniziale posta
dalla
figlia, lei si limita ad una risposta concisa e pacata; questo la rende
leggermente ‘oscura’, a mio avviso, riguardo i suoi
sentimenti verso il bambino
che ha perso – il chiarimento non è strettamente
necessario ai fini della
storia, che comunque riguarda solo Kail e Yash, ma personalmente non mi
sarebbe
dispiaciuto apprendere qualcosina in più anche sul punto di
vista dei
responsabili (volenti o nolenti) della non-esistenza di Yash.
Tranquilla, mi
rendo conto che può benissimo essere una tua scelta e per
questo motivo non
l’ho penalizzata eccessivamente. ^^
Attinenza
alle
citazioni scelte: 9/10
Malgrado
la tua
storia fosse già stata scritta quando hai deciso di
iscriverti al contest, le
due frasi indicate ci stanno d’incanto. Il risultato
è la media matematica tra
10 e 8, i rispettivi punteggi: perché la prima delle due
naturalmente
rispecchia di più l’atmosfera generale della
storia; ciò non toglie che anche
la seconda sia perfetta, anche se più limitatamente al
quarto capitolo, dove
hai fatto il riferimento.
Originalità:
10/10
Qui
non posso che
darti il punteggio pieno. Questa storia mi ha spiazzata. Ti confesso
che, pur
essendo contraria per principio all’aborto, non mi ero mai
soffermata sul
pensiero dei bambini mai nati, e sicuramente non in questi termini. Il
fatto
che un mai nato possa appigliarsi così alla
realtà dei vivi, in questo caso a
un desiderio che la sorella che non ha mai avuto ha riversato nel suo
sogno di
carta e inchiostro, è semplicemente strabiliante. Ed
è anche la prima volta che
leggo una fanfic ambientata nel
mondo
delle fanfic. Sono sbalordita.
Stile:
10/10
Il
tuo modo di
scrivere è coinvolgente e diretto e, va detto,
spaventosamente realistico. Nel
senso che tutto quello che hai scritto, io l’ho sentito
sottopelle. Duramente e
dolorosamente a volte, ma anche con tremenda dolcezza. Uno stile forse
un po’
disomogeneo nella scelta delle pause, dei punti e a capo con salti
più o meno lunghi,
ma non per questo meno d’impatto. Anche qui punteggio pieno,
meritatamente.
Gradimento
personale: 5/5
Cosa
posso dirti?
Ho amato questa storia dalla prima all’ultima pagina.
Delicata e spietata, mi
ha lasciato dentro un magone che non so descriverti. Non ho pianto, ma
neanch’io so come ho fatto a tener ferme le lacrime
lì agli angoli degli occhi.
Mi sono letteralmente innamorata di Yash, e ho riscontrato nella storia
personale di Kail talune sottigliezze che me l’hanno
veramente resa vicina come
una sorella – se mi permetti di restare in tema. ^^
Bravissima, dico davvero.
Mi hai colpita al cuore. Non appena avrai pubblicato questa storia, mi precipiterò a inserirla tra i
preferiti:
non scherzo.
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