L'algido seduttore di Freya Crystal (/viewuser.php?uid=58845)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Nel corpo e nell'anima ***
Capitolo 3: *** La bambola nella reggia ***
Capitolo 4: *** Vestiti, letti e camerini ***
Capitolo 5: *** Piangerai ***
Capitolo 6: *** Ti troveranno ***
Capitolo 7: *** Deflagrazione ***
Capitolo 1 *** Prefazione ***
Prefazione
<<
Spogliati. >>
Rabbrividisco.
E non solo per la paura. Il suo sguardo indugia sulla spallina di raso
del mio vestito, trapassandomi il corpo e l'anima.
<<
Spogliati. >>
Spogliami
te, bastardo.
Vorrei tanto
che potesse leggermi nel pensiero.
Annuisco
brevemente. Alzo il braccio, la mano mi trema mentre la conduco verso
la schiena. Cerco di dimenticarmi dello splendido vampiro che ho di
fronte. Sorrido amaramente, mentre abbasso la cerniera del vestito
lilla: è impossibile riuscirci.
Mi ha privata
anche della dignità.
L’algido
seduttore segue i movimenti del mio corpo con lo sguardo, immobile.
E’
passato tanto tempo, ma ancora non riesco ad accettare la mia vita. Non
posso credere di essere nata a questo scopo.
Non posso
morire come schiava di un mostro.
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Capitolo 2 *** Nel corpo e nell'anima ***
Nel
corpo e nell'anima
<< Prova questo. >>
La sua pallida mano s'intrufola all'interno del camerino, porgendomi un
succinto abitino blu mare. Lo afferro senza commentare, disgustata.
Sarà il decimo che m'infilo.
<< Quando hai finito, esci. >>
Allora è
l'ultimo.
<< Voglio vedere come ti sta. >>
Dal suo tono percepisco un velo di malcelata impazienza. Di solito
riesce a mantenere perfettamente il controllo, calandosi nella parte
del fidanzatino premuroso, ma questa volta, da come avverto, non gli
risulta facile continuare a farlo. Non mi premuro di rispondergli
mentre faccio passare l'abitino da sotto i piedi con una certa cautela.
Il nodo che ho in gola si restringe al pensiero di ciò che
mi attende non appena torneremo a casa. Ho sempre odiato lo shopping,
ma in questo momento non desidero altro che rimanere bloccata qui.
Chiusa in un buco di camerino di uno stramaledetto negozio d'abiti di
lusso.
Evito di osservarmi allo specchio. Non sono in grado di guardarmi negli
occhi da tanto tempo, ormai. E' per questo che non l'ho sentito entrare
e il tocco delle sue mani sui miei fianchi mi fa sussultare.
M'irrigidisco, imponendomi di non tremare. L'unica cosa che posso
impedire a me stessa è di mostrargli la paura e
l'umiliazione che provo, sottoposta alle sue carezze lascive.
<< Alza gli occhi >>, sussurra con falsa
dolcezza al mio orecchio, percorrendomi la schiena e il ventre con le
dita.
Resto immobile, continuo a fissare per terra.
Edward mi alza lentamente il viso, afferrandomi per il mento. Lo shock
è più devastante di quanto mi ero aspettata. Il
riflesso dello specchio mi sta restituendo l'immagine di uno splendido
adone dai capelli bronzei e gli occhi d'onice, stretto in
un'ingannevole abbraccio amoroso ad una giovane ragazza dalle gambe
nude, il fisico minuto, il colorito d'avorio esaltato dalla
tonalità pacata del vestito e sinistramente vivacizzato
dalle numerose chiazze violacee sulla sua pelle.
Ma ciò che mi fa appannare gli occhi per le lacrime
è l'espressione sul volto della ragazza. I suoi anonimi
occhi castani sono tristi. Tristi da far male. Spenti.
Non mi riconosco più.
La chioma castana, dalle ciocche leggermente ondulate, incornicia un
volto delicato, insignificante, adagiandosi su spalle bianche. I seni
piccoli e privi d'attrattiva sono appena visibili, protetti dal
corpetto che stringe i fianchi sottili.
<< Mi piace. >>
Rimango in silenzio.
Le labbra gelide di Edward percorrono il mio collo senza chiedere
permesso. Lo lascio fare senza protestare, consapevole che non andrei
da nessuna parte. Tuttavia, ferita dalla mia stessa immagine, non
riesco a trattenere un tremito. Il mio corpo ha sussultato, sopraffatto
dall’emozione di dolore che lo sta circondando. Chiudo gli
occhi alla ricerca di un barlume di luce che mi faccia contenere le
lacrime che non voglio mostrare. Perché lo so, lo so,
dannazione, che questa non è la mia vita. Questa non sono io.
<< Come va signorina? >>
Edward s'interrompe. << Benissimo. >> Poi
si rivolge a me: << Vieni fuori, ce ne andiamo
>>, mormora con tono perentorio prima di lasciarmi sola
nel camerino.
Quando esco lo trovo impegnato in una conversazione apparentemente
innocente con la commessa. Lei lo fissa rapita, incredula di aver di
fronte un ragazzo tanto attraente; è carina. Lui ha un
braccio appoggiato al bancone, la guarda intensamente, le sorride; le
ha teso la sua trappola.
La ragazza si mangia le parole ed è rossa in viso, il calore
oro scuro degli occhi di Edward l’ha disarmata, è
evidente. Non posso fare a meno di provare pena per lei, destabilizzata
da una figura tanto perfetta e misteriosa di cui ignora la vera natura
e lo scopo, non può immaginare il pericolo che sta correndo.
Mi avvicino ai due, sforzandomi di sorridere. Ogni volta sono costretta
a recitare la solita farsa. La commessa ha gli occhi incollati su
Edward, la bocca leggermente aperta, probabilmente a sua insaputa. Lui
mi osserva soddisfatto mentre gli porgo l’ultimo abito che mi
ha fatto indossare. Solo allora la bionda avvenente pare accorgersi
della mia presenza e s’affretta a prendermi dalle mani il
vestito; mentre gli toglie il prezzo e lo infila in una borsa mi lancia
occhiate perplesse. Si starà chiedendo cosa Edward veda in
me di bello e non posso darle torto. Insieme siamo il giorno e la
notte, l’eleganza e la goffaggine, il bello e la brutta.
E’ assurdo che una ragazza come lei, alta, snella e formosa
mi stia squadrando con invidia. Darei qualsiasi cosa pur di stare al
suo posto a vendere vestiti e cederle l’onore di essere la
prostituta di un vampiro.
<< E’ stato un piacere venire qui. La mia
ragazza è entusiasta, torneremo volentieri a trovarla. Una
persona disponibile, sorridente e loquace quanto lei merita di ricevere
visite. >>
La commessa porge le borse di vestiti con mani tremanti a Edward,
abbassando lo sguardo.
E’ incredibile come Edward riesca a sedurre qualunque umana
le capiti a tiro, la dannosa influenza che esercita su ognuna di loro -
giovane, adulta, vecchia che sia -, è spaventosa.
<< Troppo gentile, non merito tutti questi complimenti!
Ovviamente vi è uno sconto del venti percento su tutti gli
acquisti… >>
Non farà altro che aspettare il nostro ritorno, o
meglio… il suo ritorno.
<< Non sappiamo come ringraziarla. Buon lavoro e buona
giornata. >>
Edward le rivolge un ultimo incantevole sorriso prima di pagare,
privandola del respiro, poi mi cinge la vita con un braccio e mi
conduce verso l’uscita del negozio.
<< Grazie ancora! Tornate quando volete, siete i
benvenuti! >> trilla la bionda con tono estatico. Ho la
sensazione che mi stia perforando la schiena con lo sguardo quando le
diamo le spalle.
Qualunque donna incrocio quando Edward mi porta a comprare dei vestiti
spero sia quella che mi regalerà la libertà,
prendendo il mio posto. E’ orribile riporre nella prigionia
degli altri la propria salvezza. Orribile e cattivo. Ma non ce la
faccio più a vivere così.
Non è giusto.
Non voglio essere il giocattolo di nessuno. Non voglio essere una
bambola da vestire e da spogliare ripetutamente.
**
Edward richiude lentamente la porta dietro di sé. Gli do le
spalle. So già cosa devo fare.
Ho paura. Ma non ho altra scelta.
A lui non importa che il mio corpo sia tumefatto dai lividi, testimoni
della violenza con la quale mi prende; finché sopravvivo,
gli vado bene così. So per certo che tutto ciò
che desidera è il piacere carnale.
<< Ho bisogno di te. >> Il suo tono di voce
è vibrante, suadente, vellutato.
Non accenno alla minima reazione.
Si avvicina piano, mentre il suo profumo mi avvolge rapidamente. Si
ferma dietro di me, sfiorandomi la schiena con il petto, mi afferra per
i fianchi e mi fa voltare verso di lui con decisione. Abbasso lo
sguardo, ma lui mi rialza il capo, costringendomi a scontrarmi con la
libidine che brucia nei suoi occhi. Il mio cuore palpita per
l’agitazione.
Edward s’impossessa delle mie labbra in un istante,
mozzandomi il fiato, e vi preme sopra la lingua con delicatezza.
Detesto i momenti in cui agli scatti improvvisi e violenti alterna la
dolcezza.
Dischiudo le labbra con gli occhi sbarrati e gli concedo di entrare
nella mia bocca. Rimango ferma e impassibile, pregando come ogni volta
che questo rapporto sia più breve e meno doloroso dei
precedenti.
Nel camerino non sono nemmeno stata in grado di indossare i capi senza
sentire fitte lancinanti ovunque; alle braccia se le alzavo, alla
schiena se stringevo la cerniera, alle gambe se me li sfilavo. Temo che
questa volta Edward mi spezzerà le ossa.
Una lacrima scivola sul mio viso. Lui la asciuga con le labbra,
impedendole di fare il suo percorso. Non mi concede neppure il diritto
di soffrire.
<< Voglio che mi baci >> sussurra. E un ordine.
Sono costretta ad obbedire. Mi aggrappo alla sua schiena e mi lascio
trascinare dall’intensità dei suoi baci
finché non mi ritrovo con le spalle al muro. A quel punto
non posso più indietreggiare in cerca di fiato. Edward non
si ferma, mandandomi nel panico. Sfioro il cavallo dei suoi pantaloni
per farlo scollare. Lui boccheggia sorpreso e io ho la
possibilità di riprendere fiato.
Sospira frustrato, penetrandomi con quello sguardo dannato che mi
rivolge solo in momenti come questi. << Parlami
.>> Appoggia la fronte sopra la mia e preme le mani
contro al muro.
Da ogni suo gesto avverto l’inspiegabile bisogno di
rinchiudermi in uno spazio ristretto, a lui il più vicino
possibile.
No, non lo
farò mai. Mi ha privata della dignità, ma non mi
priverà del silenzio.
Per distoglierlo dal suo intento chiudo gli occhi e lo bacio. Edward
reagisce immediatamente facendo aderire il suo corpo al mio. In un
istante sono adagiata sul letto a baldacchino, sotto di lui, nudo,
abbagliante in tutto il suo splendore. Disumano e irresistibile.
Un unico secco strappo testimonia che il mio vestito è stato
ridotto a brandelli. Le sue dita affusolate mi penetrano con vigore e
iniziano a torturami. Trattengo un gemito di dolore, il cuore che batte
impazzito.
Poi all’improvviso si ferma, lasciandomi disorientata. Mi
afferra per i polsi e mi adagia le braccia sopra alla testa. Fisso il
soffitto a occhi sbarrati, la pelle d’oca, in attesa.
Sento le sue algide mani sfiorarmi le gambe e risvegliare il dolore
causato dai lividi. A poco a poco ad esso si unisce un calore tiepido
al basso ventre. Edward ripercorre il mio corpo con avidi baci,
soggiogandolo al suo potere.
La sofferenza inizia quando affonda in me. Non so se sarò
fortunata questa volta.
Le spinte sono rapide e profonde e mi fanno bruciare dentro. Sento
male, benché lui stia tenendo strette le coperte per non
schiacciarmi col suo peso. Lo avverto ansimare sempre più
forte, ben presto si susseguono rumori sinistri di squarci. Brandelli
di tessuto rosso svolazzano e si adagiano sopra di noi.
L’ultima fitta di dolore è insopportabile: Edward
ha appena raggiunto l’apice. Ora che ha ottenuto
ciò che voleva, posso riposare, per un po’. Sto
male ma almeno non ho le ossa rotte.
Appena appoggia il capo sulla mia spalla, inarco la testa verso l'alto,
spiazzata da una fitta acuta che non avevo previsto.
Ha finito, sta tranquilla,
mi ripeto per calmarmi.
Voglio dormire. Il sonno e il silenzio sono tutto
ciò che mi rimane.
Nella realtà dei fatti sono una sgualdrina, il giocattolo
preferito di un vampiro perverso.
Una schiava. Nel corpo e nell’anima.
Spazio dell'autrice:
ciao, sono felice di vedere che il prologo di questa storia vi ha
stuzzicato. Cercherò di aggiornare con frequenza e di non
deludere le aspettative di nessuno. E' molto probabile che il rating
salga al livello rosso. Vi ringrazio per aver commentato il prologo con
tanto entusiasmo, sono curiosa di sentire il vostro parere sul primo
capitolo. I prossimi saranno più lunghi. Vi saluto ;)
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Capitolo 3 *** La bambola nella reggia ***
La
bambola nella reggia
Il risveglio lo posso
esprimere con una sola parola: dolore.
Il mio corpo pulsa incessantemente, sprofondato nel materasso e
schiacciato dalle coperte.
Prego in silenzio di essere sola. Non sono ancora pronta per Edward,
credo che questa volta avrò bisogno di maggiore riposo.
Con un sospiro affaticato apro gli occhi, inquadrando il soffitto della
camera. Prima di convincermi che il mio padrone non ci sia, attendo
alcuni secondi. Ho il terrore che possa essere in piedi di fronte al
letto, bisognoso di soddisfare la sua incontenibile lussuria.
Il cuore mi batte vigorosamente. M’azzardo ad abbassare lo
sguardo e vengo pervasa dal sollievo.
Non c’è… Forse ha deciso di prolungare
la caccia, oppure io ho dormito meno del solito, ostacolata dal male
alle ossa.
Ma in fondo cosa me ne importa?
Dovrei assaporare questo momento di
“libertà” senza pensare
all’oggetto dei miei incubi.
Mi muovo con prudenza, scendendo dal letto. Non appena poggio i piedi a
terra vengo assalita da una fitta di dolore lancinante, che rapidamente
mi risale fino alla schiena. Ecco, ora sono sveglia del tutto.
Vacillo, le ciglia mi pizzicano.
Toc toc.
Dio, ti prego, fa che non sia Lui.
<< Sei pregata di vestirti. >>
Una voce soave, infantile, cristallina. La voce di un demonio.
Nuda, coperta di lividi, sono sul punto di scoppiare a piangere per il
dolore e la vergogna davanti ad una spietata vampira.
<< Ti ha fatto male… C’era da
aspettarselo. >>
Se solo potessi le farei passare la voglia di parlare a forza di
schiaffi.
<< Su, che aspetti? Ves-ti-ti >>, intima
con tono petulante.
Cerco con lo sguardo i miei indumenti sul pavimento, senza risultato.
Poi rimembro il momento in qui Edward me li ha strappati di dosso e
cado a terra, emotivamente distrutta. Le lacrime iniziano a solcarmi le
guance, i singhiozzi si trasformarono in un pianto disperato che mi va
a scuotere l’anima. Mi copro i seni e
l’intimità con le mani, incapace di tirarmi su.
Sono troppo indolenzita.
<< Smettila. Infilati questo. >>
Qualcosa di imprecisato mi piove addosso. E’ il vestito blu
mare che Edward mi ha comprato ieri. Lo afferro e mi copro sul davanti,
stringendolo ossessivamente fra le braccia, benché mi
disgusti toccarlo. Smetto di singhiozzare e alzo lo sguardo. Jane ha
chiuso la porta e ha appoggiato un piatto sul tavolino.
<< Grazie >>, mormoro riluttante.
La vampira mi osserva impassibilmente. << Ti ho detto che
devi infilartelo. >> Il fastidio nel tono di voce, al
contrario, è ben percepibile.
Mi aggrappo con una mano alla spalliera del letto, prendo un respiro e
mi metto in piedi. Un brivido mi sconquassa violentemente. Un gemito mi
fuoriesce dalle labbra. Mi vesto con calma, ignorando la presenza
inquietante di Jane, non m’importa di farla aspettare, potrei
morire di dolore nell’azzardare altri movimenti bruschi.
<< Come ti chiami? >>
Abbasso il vestito sulle gambe più che posso, ignorando la
sua domanda.
<< Ti ho fatto una domanda. Guardami, dannazione
>> mormora con stizza repressa.
Rabbrividisco per le ondate negative che emana. Alzo il capo e incontro
i suoi dardeggianti occhi rossi, inquietanti, profondi, alieni. Jane
è una creatura demoniaca dalle fattezze angeliche.
Sostengo il suo sguardo, fiera di me stessa per la prima volta. I
Superiori sostengono che io sia la sola immune alla maledizione che
è in grado di lanciare.
Vorresti farmi soffrire,
ma non puoi.
<< Forse dovremmo tagliarti la lingua, considerato che
hai dimenticato come si usa. >>
Il mio battito cardiaco aumenta. La vampira ha avvertito
l’agitazione che mi ha attraversata e accenna un sorrisino di
rivincita.
Devo restare calma, a Jane non permettono di toccarmi, Edward gliela
farebbe pagare.
<< Come ti chiami? >>
Continuo a fissarla, in silenzio. Lei sospira, scuote il capo e si
avvia verso la porta, ma prima di uscire si gira un’ultima
volta: << A domani. >>
Non ho avvertito alcuna traccia di positività nel suo
saluto, se non l’augurio di patire le pene
dell’inferno.
Rimasta sola mi lascio scivolare contro la parete, mentre il cuore mi
risale il petto tornando alla sua postazione. Non posso avere la
certezza che Jane se ne sia andata. Stare qui è come
trovarsi in una gabbia alla quale attorno girano pericolosi leoni
affamati. La reggia dei vampiri è gelida e arcana, sepolta
dal tempo e dal cemento delle strade di Volterra. Quaggiù fa
un freddo micidiale. Queste mostruose creature hanno il gusto per la
raffinatezza e l’arte.
L’arredamento sontuoso della camera contrasta con la mia
povertà di diritti e il mio stato d’animo.
E’ un insulto. Come lo sarebbe annegare gli schiavi
delle miniere in vasche di oro liquido.
La pelle d’oca diffusasi sulla mia pelle mi costringe a
rialzarmi. Stringo i denti e arranco a gattoni verso il tavolino sul
quale Jane mi ha lasciato del cibo. Mangio senza guardare e sapere cosa
ho in bocca, mastico senza sentire alcun sapore. Non ha importanza.
Le anche mi bruciano e la zona inguinale scotta; le mie membra stanno
iniziando a riprendersi del tutto dal torpore del sonno. Al pensiero,
l’odore di Edward rimastomi addosso mi circonda, impregnando
la stanza.
No. Esci dalla mia
mente. Puoi entrare e uscire dal mio corpo quando vuoi, fatti bastare
questo.
Perché? Mi chiedo “perché?”
è dovuto succedere a me. Non riesco ancora ad abituarmi
all’idea che i vampiri esistano davvero, nonostante viva
circondata da un grande gruppo ben fornito che si nutre giornalmente di
sangue umano.
Inghiotto un boccone troppo grande da mandare giù, e
deglutisco per cacciarlo a forza nello stomaco. Io stessa mi faccio
violenza.
Da quanto tempo sono qui?
So chi sono?
Ho tanti ricordi della mia vita normale, quella vita che tanto
disprezzavo e che ora rivorrei indietro, anche a costo di dimezzarla,
ma non sono sicura che facciano parte della mia memoria. Mi chiedo se
siano tutti frutto dell’immaginazione.
“Chiudi gli
occhi”.
Le labbra mi si distendono in un sorriso sereno. Quella voce
è piacevole, rassicurante, dolce. Faccio come mi ha detto.
“Voglio che
questo sia un giorno speciale per te”.
Annuisco, incuriosita.
“Ah, ti
avverto, sarà un po’…
turbolento.”
Turbolento? Ma che intenzioni ha?
Tengo gli occhi chiusi, confusa. Eppure non sono agitata. Mi fido
ciecamente.
“Vedrai che le
sorprese ti piaceranno d’ora in poi.”
Il tono di voce è divertito.
E la giravolta ha inizio. La percezione del suolo sotto ai miei piedi
è scomparsa. I suoni si sono annullati.
“Reggiti!”
Un'altra voce.
Mia madre mi diceva sempre che non ero adatta a salire sulle montagne
russe: forse Loro se ne sono dimenticati, perché la giostra
sulla quale mi hanno portata sembra ancor più
pericolosa. Viaggio nel vuoto, sconquassata e sballottata
violentemente, aggredita dal vento turbinante per una manciata di
interminabili secondi.
“Siete due
pazzi! Mai, mai più!” Ridacchio al
suono della mia voce stridula e furibonda.
Mi ci è voluto parecchio per riprendermi.
“La preferivo
qualche minuto fa, quando era talmente sconvolta per fiatare.”
“Ve la
farò pagare, statene pur certi!”
Annuisco vigorosamente. In effetti non appena ho recuperato
l’uso della parola li ho letteralmente assaliti.
“Credo che
stia per vomitare!”
“Oddio, siamo
due sciocchi, cos’abbiamo combinato!”
Inarco un sopracciglio, trovandomi decisamente d’accordo.
“Io te
l’av-
“NON DIRE CHE
ME L’AVEVI DETTO!”
Con un sussulto di spavento riapro gli occhi, spalancandoli sul
soffitto rosso e dorato.
Ancora. Un altro sogno ad occhi aperti. Un momento di vita vissuta o
una fantasia della mia mente?
Non lo so, non posso saperlo.
So solo che la mia realtà è alla reggia dei
vampiri. La mia realtà è quella della bambola
piena di lividi usata e gettata ripetutamente, della sgualdrina presa e
abbandonata ogni notte. Dell’umana in mezzo ai freddi, mostri
spietati e insaziabili.
Non sono a casa, l’incubo non è finito.
Sono ancora qui, in attesa del ritorno di Edward che è
diventato il senso della mia esistenza.
**
Mi tiene ferma la testa tra le mani, io cerco di oppormi, di negargli
ciò che desidera, di sfuggire a quella presa ferrea, ma lui
è troppo potente. Mi apre le gambe con un gesto secco, io
grido. Mi fa troppo male… non voglio che entri.
“No!”
No, non voglio.
<< NO! >>
Sobbalzo, spalancando gli occhi. Due mani forti mi stringono i polsi,
fredde e decise nella loro presa. Edward mi guarda dritto
negli occhi. Il mio cuore sprofonda.
<< Solo un incubo >>, mormora.
Realizzo che ha ragione e automaticamente il mio respiro si placa.
Smetto di tremare, realizzando di essermi addormentata appoggiata al
tavolino.
L'oro splendente delle sue iridi si sta facendo sempre più
scuro, segno che la libidine in lui si è riaccesa.
Deglutisco, preda del più improvviso e profondo sconforto.
Sì, stavo solo sognando... Ma ben presto
l’incubo si tramuterà in realtà.
Edward mi prenderà, comunque.
Distolgo lo sguardo, ricacciando le lacrime dentro di me. Lui mi
accarezza, piano, ma con insistenza. << Cosa
c’è? >>
“Cosa
c’è?” Non lo vedi? Non vedi quanto
lividi ho addosso? Non vedi che sembro una ciabatta vecchia?!
Vorrei urlargli contro tutta la rabbia e la disperazione che mi
avvolgono, vorrei che gli potessero piovere sopra e farlo annegare.
Vorrei…
Vorrei. Ma non posso.
Batto una mano chiusa a pugno sul suo petto marmoreo, una, due, tre
volte. E’ come colpire la pietra, non gli faccio neanche il
solletico.
No, non ci riesco a trattenermi. E piango, piango fino ad avere il mal
di gola, fino a non avere più voce per farlo.
Lui tace.
Non reagisce.
Mostro.
E’ un mostro. Terribilmente bello e dannato.
Picchio più forte sul suo petto, provocandomi ulteriori
fitte di dolore alle mani.
<< Ferma >>, intima.
No, non mi fermerò, anche a costo di spezzarmi le braccia.
<< Sta ferma! >> E di nuovo mi immobilizza
per un polso, stringendomi a sé per la schiena. Avendo il
capo reclinato all’indietro, il mio sguardo ricade sui suoi
occhi, scuritisi. Le lacrime mi bagnano il volto.
<< Basta. >>
Mostro.
Odioso, perverso, immorale. Preferisco quasi Jane.
<< Ne ho abbastanza dei tuoi piagnistei. >>
Il mio padrone si tira su in piedi, portandomi con sé.
Scuoto il capo in una muta supplica.
No, non voglio farlo! Non ne sono in grado!
Mi fa distendere sul materasso, e io urlo.
Che qualcuno mi aiuti.
Edward mi tappa la bocca. Mi fissa. Di colpo smetto di divincolarmi, di
singhiozzare e di cercare di urlare.
Sdegno, rabbia, esasperazione e frustrazione: questi i sentimenti che
leggo nei suoi occhi, prima che lui si allontani da me e si fermi ai
piedi del letto; continua a guardarmi immobile, meraviglioso e dannato.
Mostro.
Sono confusa, non capisco cosa sta facendo. Forse ha deciso di
contemplare per l’ultima volta il corpo martoriato dai lividi
che lo ha rifiutato, prima di ucciderlo. Trattengo il respiro, senza
muovere un muscolo, attraversata da un intenso brivido repentino. Il
mio padrone mi da le spalle ed esce dalla nostra stanza.
Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando ho iniziato a contare
i battiti del mio cuore stanco. Paralizzata dallo shock e da
quell’ inaspettato comportamento, rimango in attesa di una
conferma che non posso avere: se
ne è andato veramente?
La porta non si riapre.
Lui non c’è più.
Spazio dell'autrice:
ciao, eccomi qua con il terzo capitolo. Avrei aggiornato prima, se non
mi fossi trovata a dover studiare tanto.
So che questo capitolo vi avrà confuso, è tipico
di me creare scenari ambigui, ma alla fine svelo sempre ogni cosa ;)
Che dire di questo Edward? Non dovreste amarlo, dovreste odiarlo,
desiderare di punirlo, che paghi le conseguenze del suo comportamento.
Sarà pur sempre il nostro vampiro dei sogni, ma è
chiaro che il suo ruolo in questa storia non ha nulla di positivo.
Commentate, mi fa molto piacere leggere i vostri pareri. Vi ringrazio
immensamente!
Un'ultima cosa, per la lunghezza dei capitolo alla fine ho deciso di
lasciare tutto nelle mani dell'ispirazione; ce ne saranno di
più lunghi e di più brevi come questo.
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Capitolo 4 *** Vestiti, letti e camerini ***
Vestiti,
letti e camerini.
La porta si spalanca, e la donna più bella e surreale che io
abbia mai visto fa la sua comparsa nella stanza. Una vampira,
ovviamente. Mi porge fra le mani una vestaglia di seta azzurra,
sorridendo. << Indossala, è l’ora di
un bagno caldo. >>
Heidi mi ha sempre trattata umanamente. Ora che siamo sole, vorrei
ricambiare il suo sorriso, ma non ci riesco, così mi limito
a scendere dal letto e ad infilarmi la vestaglia, lieta di poter
coprire il mio corpo, debilitato e imbarazzante alla vista.
La seguo lungo il corridoio, accompagnata dalle sensazioni di essere
osservata e perennemente in pericolo di essere presa e posseduta da un
vampiro. Osservo meravigliata la vampira che mi precede, incantata
dalla grazia dei suoi movimenti e dall’armoniosità
delle sue forme: è di una perfezione fisica ineguagliabile,
irraggiungibile, inimmaginabile. Mi domando se la dannazione eterna sia
una sofferenza tanto tragica come si favoleggia. Forse, se tutti
fossero come Heidi, non sarebbe tanto male.
Svoltiamo in un corridoio dalle pareti immacolate, privo di quadri, che
conduce verso una sola porta. Mano a mano che ci avviciniamo il suono
dello scorrere lento dell’acqua si avvicina alle mie
orecchie. Non sono mai stata qui, che sia una trappola?
<< Aro mi ha espressamente ordinato di portarti qui ogni
giorno, d’ora in poi. >>
Sono perplessa, il Superiore deve pur avere un secondo fine dietro
questa scelta.
Heidi apre la porta e mi invita ad entrare prima di lei. Titubante,
accenno alcuni passi dubbiosi, prima di addentrarmi in quello che
ricorderò per sempre come un Paradiso segreto.
La stanza è spaziosa, profumata da una tenue fragranza
d’incenso, parzialmente illuminata, tuttavia posso
distinguere con nitidezza la vasca ad idromassaggio rivestita in oro
posta al centro, le poltrone in pelle tempestate di gemme, gli
asciugamani appesi a delle grucce – anch’esse
d’oro – in un angolo e le vasche a forma di cigno
con le fontane poste ai lati.
Rimango a bocca aperta, accarezzata dal dolce suono
dell’acqua che scorre nelle vasche e sgorga dalle fontane,
emanando vapori caldi e rilassanti. Inspiro, deliziandomi di quei
profumi misteriosi e incredibilmente gradevoli per l’olfatto.
<< Dopo ciò a cui vieni ripetutamente
sottoposta, Aro ritiene sia il minimo che possa donarti.
>>
Non ci credo. Sto sognando. Scuoto il capo, sospettosa e
attonita al contempo. Sorrido timidamente alla vampira,
immobilizzandomi all’entrata. Il mio sguardo si posa sul
pavimento di marmo, incontrando petali di rose rosse, bianche e rosa
disposti in sfalsate scie decorative.
<< Svestiti, per prima cosa farai un bagno a
idromassaggio. >>
Sì, mi dico, è proprio il minimo che mi merito
per tutto il male fisico e psicologico che sono costretta a patire. Il
pensiero di quanto fragile si sia dimostrata la mia vita di fronte al
volere di un mostro e di quanto rapidamente egli sia riuscito
a strapparmi la libertà, sconvolgendo la mia persona, mi
accompagna mentre mi dirigo verso la sontuosa vasca d’oro. Le
fragranze ipnotiche che si diffondono nell’aria e mi
avvolgono delicatamente le membra non sono in grado di farmi
dimenticare l’ingiustizia subita, la brutalità
delle mie giornate e la violenza del mio padrone.
Sfilo di dosso la vestaglia, appendendola ad una gruccia scintillante,
e affaccio il viso sulla superficie calda e gorgogliante
dell'acqua che mi attende; la sfioro con la punta del piede, venendo
così pervasa da un intenso brivido di piacere che mi
sconquassa tutta, faccio poi affondare la gamba fino al
ginocchio e assieme ad essa immergo l’altra. Prima di bearmi
totalmente di quel contatto, mi sfilo di dosso il vestito blu
mare, eliminando la presenza ed il ricordo
di Edward.
Appoggio la schiena alla parete della vasca, nascondendomi fra
le bolle schiumose. Heidi raccoglie il mio vestito e lo appende ad
un’altra gruccia.
<< Hai bisogno di rigenerarti. Chiudi gli occhi e
rilassati. >> La sua voce è calma, morbida e
persuasiva. << Lasciati andare alla piacevolezza e al
cullante suono che l’acqua produce scorrendo su di te.
>>
La vampira versa un bagnoschiuma all’interno della vasca e
alcune bolle si colorano di un acceso ocra, che libera
nell’ambiente una fragranza più intensa e gustosa
di quelle già presenti. Chiudo gli occhi, ipnotizzata da
quel piacere dei sensi. Il mio corpo, silenziosamente, esulta di gioia,
sottoposto alle calorose cure dell’acqua, vera toccasana per
le mie ossa e miei muscoli. Heidi ha versato un altro bagnoschiuma. Le
fragranze sono esotiche, particolari, indefinibili e malgrado la loro
mescolanza riescono ad armonizzarsi in un unico aroma.
<< Veniamo spesso qui quando abbiamo bisogno di
riflettere. >>
Sussulto lievemente nell’avvertire le mani sottili di Heidi
che si posano sulla mia schiena e iniziano a massaggiarla.
<< E’ un buon posto per ricreare
l'intimità. >>
La vampira mi ha legato i capelli semiumidi in una coda di lato senza
che io me ne sia accorta. Piego il collo e inarco la testa,
sottoponendomi al passaggio fresco delle sue mani che mi percorrono le
spalle, le scapole, la schiena.
Intimità.
Come se questi essere sapessero cosa sia. Sono scettica.
<< Ma venirci spesso diventa noioso, noioso
com'è tutto, del resto. Se esisti da secoli fai fatica a
trovare qualcosa d'interessante da fare. >>
La vampira mi sfiora con maestria, dedicandosi alle zone che mi dolgono
maggiormente. E' davvero brava.
<< Non parlerai mai, vero? >>
Le sue mani si fermano sulla mia spina dorsale. Raddrizzo appena la
testa, smettendo per un secondo di respirare. Non so cosa fare.
<< Ah, pazienza. Se questo rende tutto più
interessante sei libera di farlo. >>
Questa vampira è strana. Rifletto sulle sue parole, e per la
prima volta mi rendo conto di quanto debba risultare stancante
affrontare la vita eterna. Sì,
sarà noioso, stancante e difficile, ma in un periodo
così lungo i vampiri dovrebbero essere in grado di trovare
una soluzione alternativa alla loro alimentazione, imparare a
controllare i loro impulsi. Invece non lo fanno.
Il pensiero di ciò che fa questa vampira che adesso mi sta
massaggiando la schiena, e per la quale avevo momentaneamente provato
gratitudine, mi schiaffa in faccia tutto l'odio che provo per lei e i
suoi simili. Heidi si finge esperta guida turistica, si unisce agli
umani, intrigante e seducente nei suoi modi di fare, li cattura col suo
misterioso sorriso accativante, poi li intrappola nella reggia,
provocandone la morte. E' una spietata assassina.
E il mio padrone? Lui è succube dei suoi istinti.
<< Ti fa male se ti tocco qui? >>
Scuoto la testa. Ripensandoci, Heidi merita assolutamente il mio
silenzio, come tutti.
**
Heidi apre la porta, esortandomi ad entrare nuovamente nella
stanza-prigione. Il mio padrone è dentro.
M’immobilizzo, lo sguardo fisso sulla figura di
quell’adone.
<< Salve, Edward >>, esordisce la
smaliziata vampira con voce morbida, sensuale.
<< Salve, Heidi. >>
E’ serio, mi guarda. Improvvisamente vengo catturata dalla
decorazione delle piastrelle del pavimento.
<< Bene, vado a svolgere il mio compito. Buon
proseguimento di giornata. >>
Sembra che la vampira abbia inserito un’insinuazione fra le
righe, l’occhiata eloquente che si lancia col mio padrone
chiarisce ogni mio dubbio: è ovvio che fra di loro ci sia
stato qualcosa, forse un rapporto carnale tutt’ora in corso.
Se così fosse perché lei dovrebbe trattarmi con
rispetto, a differenza di Edward o di Jane?
<< Buona giornata anche a te. >>
<< A domani. >>
Rivolgo un cenno di saluto alla vampira. Il mio cuore scalpita nel
momento stesso in cui la porta si richiude. Sono in ansia.
Forza, è solo
un’altra prova come le altre.
Edward mi fissa da capo a piedi. Sembra apprezzare la vestaglia che
indosso. Già,
perché per lui è bello il vestito, non io. E’
comodamente seduto sul letto, a gambe aperte, tuttavia la sua postura
esprime innata eleganza anche in questa circostanza; tiene appoggiato
al ginocchio destro un quaderno, mentre nella mano sinistra ha una
matita. Indugio sull’angolatura delle sue gambe con gli
occhi, la sua eccitazione possente è evidenziata dai jeans
neri che gli fasciano perfettamente i muscoli.
Dirigo lo sguardo a terra, arrossendo. Imbarazzata, preoccupata,
agitata, sprofondo nel regnante silenzio, finché un
impercettibile rumore richiama la mia attenzione. Ne seguo la fonte
sino ad incontrare la mano di Edward che batte sulle coperte di velluto
verde. Mi scontro con le sue pupille ardenti, e il mio corpo
s’irrigidisce automaticamente.
Devo raggiungerlo sul letto.
Denego col capo, facendo un passo indietro.
Tu-tum tu-tum.
<< Non ti farò del male. >>
Scruto il suo volto, turbata: ha la mascella contratta, i bei
lineamenti sono induriti, ma la voce sembra accomodante.
Che aspetti? Non puoi
tirarti indietro. Coraggio, vai.
Lentamente, avanzo verso il mio padrone e mi distendo sul materasso, al
suo fianco. Lui volta il capo nella mia direzione e si sistema meglio,
allungando una mano. La matita che prima teneva fra le dita rotola
sinistramente sulle coperte. Mi ritraggo quando i suoi polpastrelli
gelidi mi sfiorano una guancia. Sto tremando.
Ha deciso di passare alla fase “Accarezzo la mia bambola,
perché di scoparla non ho voglia”?
Con espressione di ribrezzo cerco di negargli il contatto col mio viso.
<< Sssh… >> mormora. Solo allora
realizzo che sto ansimando. Mi trasformo in una statua, sorpresa,
quando mi prende la testa tra le mani e se la posa sul petto. Trattengo
il respiro, stordita dal suo profumo entratomi nelle narici. Mi sta
… abbracciando?
<< Tranquilla. >>
Ho gli occhi sbarrati, non oso nemmeno chiuderli tanto è
grande la paura.
Edward mi accarezza delicatamente i capelli, quasi temesse di rompermi
in mille pezzi se facesse pressione con le dita. Improvvisamente sembra
preoccuparsi della salvaguardia della sua sgualdrina.
Ma a poco a poco, inevitabilmente, il mio respiro si fa più
profondo e le mie membra cadono vittima delle spire di Morfeo.
**
Sono di ritorno da un lungo sonno, il primo soddisfacente alla reggia
dei Volturi. Allargo comodamente un braccio sul materasso,
stiracchiandomi, e apro gli occhi, accolta da un misterioso silenzio.
D’istinto volto la testa alla mia sinistra. Il cuore batte un
colpo violento. Ad attendermi trovo Edward, pronto ad incatenare le sue
pupille alle mie. E’ disteso su un fianco, ha
l’espressione meditabonda, concentrata su chissà
cosa. Per quello che ho imparato stando con lui, mi ero aspettata di
vederlo arrabbiato, impaziente di farmi sua, al risveglio. Invece
sembra sereno. Non capirò mai cosa alberga in lui.
<< Ciao. >>
Distolgo lo sguardo, intenzionata a riservargli un ostinato silenzio.
Seguo inevitabilmente il profilo del suo corpo perfetto, sino a
soffermarmi sul fianco al quale tiene appoggiato il quaderno.
Non può essere.
Spalanco gli occhi, disorientata e meravigliata. Sul primo foglio, che
prima era bianco, ora c’è un disegno di una figura
femminile. La osservo attentamente, convinta di avere le allucinazioni,
ma l’immagine che la vista mi rimanda è la stessa.
Sono io.
Edward mi ha ritratta mentre dormivo. La vestaglia che
indosso sembra fatta su misura per il mio corpo, perfettamente in
sintonia colla mia carnagione, si restringe delicatamente in vita,
evidenziando la curva del ventre rilassato, e mi ricade morbidamente
sui fianchi; un lembo di pelle chiara e luminosa fa capolino oltre lo
spacco della sottile seta azzurra, rivelando la forma armoniosa della
mia coscia; ho le gambe distese. Sono io, ma sono diversa. Ho il
braccio sinistro piegato sul materasso, la mano dischiusa, come se
volessi afferrare quella della madre prima di addormentarmi, o quella
di un angelo; i capelli sciolti mi ricadono sul fianco, ricchi di
sfumature che non sapevo di possedere. Mi concentro sul viso, dai
lineamenti tesi, ma gradevoli nell’insieme. Sono assopita, le
mie buffe labbra sono dischiuse e si piegano in una linea
imbronciata.
Non può essere,
mi ripeto.
Sono bella. Non posso essere io.
Rialzo timidamente lo sguardo, interdetta. Edward piega le labbra in un
sorriso appena accennato. << Non ho resistito dal
ritrarti mentre dormivi >>, spiega, mormorando parole
alle quali non riesco a credere.
Quella figura a matita esprime una bellezza che non mi appartiene.
E’ avvolta da un’aura che trasuda
positività e austerità.
Non so come comportarmi.
Sono estremamente a disagio. Mi limito ad annuire. Il mio padrone si fa
serio, un lampo di luce arcana brilla nelle sue iridi dorate.
Assottiglia le palpebre, scrutandomi con attenzione. Cosa cerca di
reperire dai miei occhi insignificanti?
<< Su, alzati. Usciamo. >>
Il momento di contemplazione mistica è terminato. Edward
è tornato il padrone perverso ed esigente desideroso di
agghindarmi a festa per farmi sua.
Scendo dal letto e inizio a prepararmi.
I suoi cambiamenti di umore mi fanno giare la testa.
<< Scusi, può venire con me un momento?
>>
E’ praticamente impossibile resistergli quando usa quel tono.
Tendo le orecchie mentre sistemo il reggiseno sotto al vestito bianco.
Sento un risolino eccitato.
Questa è
decisamente più sicura dell’ultima.
Tolgo le scarpe col tacco dalla scatola, fissandole senza vederle
realmente.
Non so perché lo faccio, ma mi metto davanti al telo
coprente del camerino e lo apro appena per ottenere uno spiraglio
visibile dello sgabuzzino. Sobbalzo, il sangue mi formicola nella pelle
delle guance. Mi ritraggo, voltandomi contro la parete.
Edward ha condotto la sua malcapitata vittima là dentro. Li
ho visti, tutti e due. E mi sono pentita di aver sbirciato.
Cerco di rimuovere l’immagine nella mia mente, di cancellarne
la disgustosa presenza, ma lo shock è troppo; si
è piantata davanti ai miei occhi come una diapositiva di un
proiettore rotto, e lì vuole restare.
Ho intravisto Edward, girato di schiena, tenere ferma contro al muro la
brunetta che ci ha serviti prima, aggredirle il collo di baci e
palparle un seno selvaggiamente. L’espressione estatica della
ragazza è in primo piano nella mia mente.
Mi sento colta sul fatto. Il mio padrone è ben impegnato, da
come ho potuto constatare, eppure ho la sensazione che si sia accorto
che l’ho spiato. Barcollo sui tacchi, tremando sulle gambe
secche. Sono patita, devo mangiare di più, perfino lo
specchio me lo sta dicendo.
Ma come faccio ad
eccitare un vampiro? Perché non si decide a rimpiazzarmi?
Un gemito mi giunge alle orecchie, perforandomi. Il mio cuore scivola
in basso.
<< Sssh… >>. Edward ha portato
rapidamente la ragazza all’apice, le sta dicendo di non
fiatare, o gli altri li sentiranno. So quanto lui che le conviene
dargli retta, se non vuole morire.
E’ assurdo che non arrivino clienti e che le altre dipendenti
del negozio non vengano a controllare nei camerini. Ma anche se
accadesse, mi dico, il mio padrone saprebbe cosa fare per cavarsela: se
le scoperebbe a turno, ovviamente.
Porco.
Ho un nodo alla gola, mi brucia la stomaco. Appoggio una mano contro al
muro per sorreggermi.
Crudo, animalesco sesso lampo: il divertimento preferito di Edward
Cullen; io non sono in grado di soddisfarlo, lui si fa le commesse
mentre la sua presunta fidanzata si prova vestiti nel camerino, vestiti
che freme per strapparle di dosso. Che
vita soddisfacente che ho.
Mi appoggio totalmente al muro, mettendo tutto il peso del mio corpo
sulle mani chiuse a pugno. Chiudo gli occhi, inspirando ed espirando,
mentre odo gli ansiti della brunetta mischiarsi a quelli più
bassi di Edward.
Due mesi e tre giorni.
Sono passati due mesi, tre giorni e sei ore da quando quel maledetto
vampiro si è intromesso nel mio destino, salvandomi.
Sì, ora – e non so perché –
lo ricordo perfettamente. Edward mi ha sottratta dalle grinfie della
morte per portarmi all’Inferno. Un Inferno fatto di vestiti,
letti e camerini, dove si odono gemiti di godimento e si respira solo
l’odore del sesso, dove gli unici sentimenti esistenti sono
il dolore, l’abbandono e la paura.
Ma la punizione più grande inflittami è che
adesso, dopo ciò che ho visto, mi sento vuota.
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Capitolo 5 *** Piangerai ***
Piangerai
Edward mi scorta lungo il corridoio tenendomi per un braccio. Di tanto
in tanto ci imbattiamo in un vampiro incappucciato che lo saluta e mi
rivolge occhiate ermetiche. Vengo trascinata in una camminata che
assieme ai battiti del mio cuore si fa sempre più spedita e
accelerata, con la consapevolezza di ciò che
accadrà nel giro di pochi minuti. Quando il mio padrone ha
fretta, ha voglia di fare sesso. Mi spavento nell’udire un
basso ringhio fuoriuscire dalle sue labbra. Allungo il passo cercando
di mantenere l’equilibrio senza il suo aiuto, ostacolata dai
tacchi alti delle decolté; non sono mai stata capace di
reggermi decentemente in piedi.
Edward mi attira bruscamente a sé, facendomi cozzare contro
al suo petto.
Non l’ho mai visto così eccitato, ha
l’aria corrucciata, e prende rapidi respiri come fa
solitamente quando…
Sussulto udendolo ringhiare un’altra volta, poi
improvvisamente capisco il motivo della sua agitazione: una figura
incappucciata che spicca nel corridoio rispetto alle altre per
l’immensa stazza ci sta venendo incontro.
<< Bentornati. >>
Non è la prima volta che sento la sua voce. Edward continua
a camminare, senza rispondere, e io non posso fare altro che seguirlo.
<< Come sta la tua… come dire…
>>
Edward inspira profondamente, fermandosi. Lo osservo con la coda
dell’occhio. Ha assottigliato le palpebre, ma non ha
l’espressione arcana che aveva poche ore fa quando mi ha
detto di avermi disegnata: è concentrato. E irritato.
Cosa diavolo vuole da noi questo energumeno? So che Edward si
sfogherà con me se lui lo farà arrabbiare.
Percepisco lo sguardo del vampiro cambiare obbiettivo, nonostante il
cappuccio grigio gli schermi il viso. Rabbrividisco, preda di un
crescente disagio.
<< Anzi, lo chiedo direttamente a lei: come stai,
ragazzina? >>
Abbasso il capo e, incapace di trovare altro rifugio, lo nascondo
dietro al braccio del mio padrone.
<< Sta bene, Felix >> gli risponde Edward.
Ecco chi è.
Il silenzio mi fa ribaltare lo stomaco.
<< Davvero? E lei non può dirmelo?
>>
E’ una fortuna che io non sappia leggere il pensiero: a pelle
percepisco una pericolosa ostilità nei miei confronti
provenire da Felix mentre mi sottopone ad un’oscura indagine.
Sono consapevole che uno solo fra i due vampiri che ho accanto non mi
vorrebbe morta.
<< Uhm… Non sei di chiacchiere oggi.
>>
Edward s’irrigidisce; ha gli occhi spalancati, deve aver
letto qualcosa di sgradevole nella mente di Felix.
Benché quest’ultimo sia più
alto di lui di almeno tutta la testa, non sembra per nulla intimidito,
anzi, si lascia sfuggire un ringhio d’avvertimento.
Ma Felix continua il suo gioco, imperterrito: << Non vuoi
proprio dirmi qual è il tuo nome? >>
Il mio nome. Cosa
diamine ha di così importante il mio nome?
<< Dobbiamo proprio andare, Felix. >> Il
mio padrone ha quasi abbaiato l’ultima parola.
Lui scuote la testa. << E va bene. Vi lascio ai
vostri… lavori. >>
I muscoli del viso di Edward si tendono, rendendolo spaventoso.
Andiamocene. Subito.
Felix indietreggia teatralmente per lasciarci passare. Il mio padrone
fatica a mantenere un’andatura umana e solo quando
raggiungiamo la sua stanza pare rilassarsi un poco.
<< Non lo devi guardare >>, mormora in un
sussurro appena udibile. Mi sospinge dentro alla camera richiudendo la
porta con un colpo secco. Non mi volto, aspetto che sia lui a fare la
mossa successiva. Edward fa scorrere la mano che ha appoggiato sulla
mia schiena, lento e voglioso.
Vorrei poter reagire.
E’ silenzioso, dal suo respiro non percepisco più
l’impazienza e l’eccitazione.
<< Non lo devi guardare mai più
>>, ripete con decisione.
Una bolla di fuoco affonda nel mio stomaco. Edward inspira
profondamente col viso immerso nei miei capelli, cingendomi la vita con
le braccia. Sono prigioniera dell’algido seduttore. Trattengo
il respiro, spaventata dal suo imprevedibile comportamento. Non ho
nemmeno visto il volto di Felix, come può essere
così ossessionato?
Il suo profumo mischiato al mio illanguidisce a poco a poco la mia
mente.
Forse, anche se potessi, non ci riuscirei. Non ci riuscirei a reagire.
Edward inspira ed espira, sfregando la guancia marmorea contro la mia.
Ho la pelle d’oca, ma non appena lui posa le labbra sul mio
collo e le dischiude, la bolla di calore nel mio petto cresce. Edward
mi solletica lentamente col naso, mi stuzzica con la punta della
lingua, mi stringe contro ai suoi addominali perfettamente modellati.
Per lui sono come la ragazza di cui ha approfittato a suo uso e consumo
poche ore fa. L’umiliazione e il disgusto sono tutto
ciò che riesco ad avvertire addosso oltre alle sue mani.
<< Mia. >>
L’angoscia mi attanaglia. In quella parola dal suono roco e
morbido il mio padrone ha preannunciato l’irreversibile
destino che incombe sulla mia esistenza.
Con una mano risale fino al mio seno, ne afferra uno a coppa e vi muove
le dita intorno.
Il mio corpo ha sempre reagito con repulsione di fronte ai suoi gesti
spudorati, invece ora non è successo. I miei capezzoli si
sono inturgiditi, comunicandomi il piacere provato
nell’essere toccati.
Non me lo so spiegare. Ho appena realizzato di non essere
più padrona nemmeno del mio corpo.
Edward si dedica al mio collo, baciandomi come se da ciò
dipendesse la sua non-vita, attento a non trascurare un solo lembo di
pelle, senza smettere di torturarmi il seno.
Deglutisco, fissando il muro. E’ incredibile quanto una
parete riesca a sembrarmi confortante quanto un’amica.
<< Per sempre >> soffia sul mio viso.
Smette di baciarmi, toglie la mano dal mio seno. Il pizzo del reggiseno
inizia a darmi fastidio.
Sento le ciocche dei miei capelli scivolarmi lungo la schiena, Edward
le ha spostate per non avere intralci. Rabbrividisco nuovamente quando
mi sfila la spallina del vestito. Non oso muovere la testa di un solo
centimetro per guardarlo in faccia. E’ il passaggio delle sue
labbra nell’incavo fra il collo e la spalla a farmi emettere
un impercettibile sospiro.
Spalanco gli occhi, scioccata, rendendomi conto solo allora di averli
chiusi. Cosa ho fatto?
Come ho potuto lasciarmelo sfuggire?
Il mio padrone lo ha sentito; esita per qualche secondo, poi riprende a
baciarmi, proseguendo la sua discesa colle labbra. Probabilmente lo ha
interpretato per un sospiro di rifiuto, quel rifiuto che non posso
permettermi.
… Sì, è per questo che ho sospirato.
Perché non posso impedire a questo vampiro perverso di
toccarmi, di violarmi e di farmi del male.
Ora che mi sono ripresa, ora che le ossa non mi dolgono in maniera
insopportabile, gli sono tornata utile. Ora si è ricordato
chi sono e a cosa gli servo.
Una piccola goccia di liquido mi scivola nella scollatura del seno.
Cerco di reprimere le altre lacrime formatesi ai lati delle ciglia. Mi
mordo il labbro superiore, incapace di spegnere le fiamme che mi stanno
bruciando i capezzoli nel percepire l’eccitazione del mio
padrone farsi sempre più insistente, spingersi sempre
più contro di me.
Edward mi slaccia il fiocco del vestito con movimenti secchi e decisi,
prendendosi tutto il tempo che desidera fino a farmi rimanere con la
schiena completamente nuda. Vorrei nascondergliela alla vista, mi
vergogno dei lividi, della sottile peluria che la ricopre, di quei due
piccoli brufoli che ho notato poche ore prima specchiandomi nel
camerino. Sono orrenda. E lui ne gode.
Rabbrividisco, pervasa da un’incontrollabile, violento
formicolio: Edward mi sta accarezzando la schiena con le mani, da cima
a fondo, esplorandola in ogni suo difetto. Mi lascio scappare un gemito
di dolore quando mi sfiora un livido col pollice.
<< Mi dispiace. >>
Smetto di respirare, raggelando ancor più di quanto ho
già fatto. Le sue labbra depositano un impercettibile bacio
sul punto dolente, agendo come una crema. << Mi dispiace
>>, mormora ancora.
Non è vero. Non ci credo.
Non posso crederci, è solo un gioco. Un nuovo modo per
divertirsi meglio, un nuovo condimento nelle sue avventure col mio
corpo.
Sussulto spaventata, ritrovandomi improvvisamente adagiata sul letto.
Il mio padrone è su di me, gli occhi spalancati, pieni di
collera e lussuria fissi nei miei. Inorridisco, non ho mai avuto paura
di lui come ne sto avendo adesso, forse nemmeno la prima volta che mi
ha violentata.
<< Toglimela. >>
E’ un ordine. Un ordine che non ho compreso per il troppo
panico.
<< Toglimela! >> ringhia, afferrandomi per
i polsi.
Tremante da capo a piedi conduco le mani sui bottoni della sua camicia,
ma non riesco a sfilarglieli perché muovo troppo le dita.
Calmati, calmati.
In un istante di puro impeto Edward si strappa la camicia di dosso
riducendola in brandelli e costringe i palmi delle mie mani sul suo
torace, mi alza il vestito su per le cosce e prima ancora che io possa
vederlo slacciarsi la cintura dei pantaloni e sfilarmi le mutandine
è già entrato in me. Gemo di dolore, gli occhi
spalancati sul soffitto. Questa volta non si controllerà,
sta già facendo troppo male. Scuoto il capo sui cuscini,
piangendo disperata, urlando. Lo artiglio per le spalle, lo graffio.
Deve fermarsi.
Le fitte mi stordiscono,
colpi di lancia affettati che affondano in me, sempre più in
profondità, sempre più veloci.
No, no! No, per favore,
no!
<< Mi dispiace. Mi dispiace… >>
freme Edward, il volto una maschera sfigurata dal dolore e dal piacere.
E’ un mostro. E’ maniaco. Folle e perverso.
<< Mi dispiace… Mi dispiace…
>>
Poi un gemito soffocato, un tremito che lo scuote.
E’ finita.
Ma io continuo a respirare affannosamente, a piangere col viso
affondato nei suoi capelli, a graffiargli le spalle.
Voglio fargli del male, in qualunque modo, nella minima parte che lui
ha appena fatto a me. Ma il dolore è stato talmente potente
che non riesco più a muovermi né a continuare a
gemere. Gli occhi mi si chiudono. IL buio inaspettato mi investe,
calando il sipario sul mio viso, e tutto scompare.
Spazio dell’autrice:
eccomi, sono tornata. Finalmente il mio pc è stato riparato!
Perdonate il capitolo striminzito, è che non ce la facevo
più a lasciarvi a bocca asciutta, così ho deciso
di pubblicare subito il primo pezzo. Tuttavia, anche se corto, vi
permette di intuire qualcosa di molto importante ;)
Spero
di riuscire
ad aggiornare con regolarità nei prossimi giorni. Un bacione
a tutti! ;)
P.s.
Grazie per il sostegno, l'entusiasmo e le domande che fate!!
Più vi esponete e più mi rendo conto che siete
curiosi di scoprire. Mi dispiace di non potervi rispondere subito, in
fondo che senso avrebbe se lo facessi? :D
|
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Capitolo 6 *** Ti troveranno ***
Ti
prenderanno
Cammino
rapidamente, incurante della destinazione. L’aria che si
respira è quella tipica delle serate primaverili, ma
c’è qualcosa che mi ostacola nella ricerca della
tranquillità.
Non guardo indietro, sono troppo
impegnata a sfogarmi con me stessa per accorgermi delle ombre
proiettate sulla stradina.
Credevo che mi avrebbe fatto piacere veder tutti prendere i preparativi
alla leggera, invece non è stato così. Mi sento
vuota, messa da parte, dimenticata.
Che cosa mi aspettavo?
Non volevo una super cerimonia, certo, ma nemmeno che tutti ne
parlassero come se si trattasse di un giorno qualunque.
Ho voglia di andarmene e le mie gambe mi sembrano più che
sufficienti come mezzo di trasporto, vista la determinazione che ho nel
volerlo.
<< Dov’è? >>
Una voce. La voce di un uomo.
Velocizzo il passo.
<< Eccola! >>
Il rumore di uno sparo.
Istintivamente, senza rendermene conto, inizio a correre.
L’unica fonte di luce nel parco sono i lampioni posti ai lati
della stradina, le stelle sembrano essere state risucchiate da un velo
nero. Ce la metto tutta per distanziarmi dai miei inseguitori, ma so
che non potrò farcela, non sono mai stata brava nella corsa.
Non è possibile. Ci sono persone che mi vogliono morta.
Uomini che in questo momento mi stanno inseguendo armati di fucile.
No, non può essere.
L’aria mi graffia i polmoni, i respiri che prendo mi lacerano
la gola, ma nonostante il crescente bruciore continuo a correre.
<< Non deve scappare! >>
La paura mi fa acquistare una nuova velocità. Non riesco a
sentire il mio corpo, percepisco solo lo scalpiccio di più
paia di piedi sulle mie tracce. A quest’ora dovrei essere
già stramazzata al suolo con un proiettile piantato in
testa, invece sono ancora viva, ancora in fuga, disperata a tal punto
da non potermene rendere conto. La realtà non è
come i film.
<< E’ la! >>
Trovata.
La realtà è un infinito susseguirsi di secondi,
attimi inafferrabili e spietati. Uno schiocco di dita, un battito di
ciglia, niente di più. Questa è la vita. La vita
è quella cosa fragile ed effimera che neppure quando te la
stanno strappando via è in grado di farti percepire il suo
profondo significato, che senso, o che valore abbia. Sto per morire,
eppure nessuna immagine mi sta trapassando la mente, se non quella dei
miei piedi che calpestano l’erba e si lanciano in una
disperata ricerca di salvezza. Dov’è il mio film?
Un altro sparo. Un tuffo al cuore.
Il parco si sta oscurando, la luce sta svanendo lentamente, risucchiata
dal buco nero del cielo. E a poco a poco l’angoscia mi sta
inviluppando.
Poi un dolore distruttivo, mille lame a grattarmi la pelle della
schiena e a strapparmela di dosso. Inarco la testa verso
l’alto, il respiro mozzato.
Mi hanno sparato.
Non fa male come mi ero immaginata.
Raddrizzo il capo, tornando alla realtà. Sono in…
Chiesa?
Coraggio Bella, fai un
respiro profondo e cerca di capire cosa ti sta succedendo.
Oh no.
No, no…
Indosso un lungo abito color perla, ho i capelli legati in un sontuoso
chignon e centinaia di persone mi stanno fissando. Faccio scorrere lo
sguardo sui loro volti, meravigliati, sorridenti, curiosi, impazienti;
sono tutti concentrati su di me.
E’ il giorno del mio matrimonio. L’uomo col quale
ho deciso di passare il resto della mia vita è di fronte a
me, in fondo alla sala, che aspetta di diventare mio marito.
Non ho emozioni, o forse ne ho talmente tante che il mio corpo le ha
sigillate da qualche parte per il timore che io scoppi nel tentativo di
stiparle tutte.
Alice mi aveva detto che alla fine ce l’avremmo fatta. Io ne
le avevo creduto.
E ora eccomi qui.
Tre giorni. Tre giorni per organizzare un matrimonio al quale nessuno
aveva dato peso.
Liscio il bustino dell’abito e alzo lo sguardo, fiera,
radiosa, colla consapevolezza di essere la donna che non
potrò mai più essere in tutta la mia vita.
**
<< Ti è dato completamente di volta il
cervello. >>
<< Forse. >>
<< Noi non ti riconosciamo più.
>>
<< E se ti dicessi che non mi avete mai conosciuto?
>>
<< Inizieremmo a farlo da adesso… Il che
porterebbe a conseguenze imprevedibili. >>
Il vampiro tace ciò che a parole non vuole esplicare.
<< Non la trasformerò. >>
Perdo un battito. Qualcosa in me scalpita e s’affanna per
avvertirmi del rischio che sto correndo.
<< Devi farlo, Edward. Non sopravvivrà.
>>
<< Sbagli. >>
Tremo, scossa dalla vibrante certezza di quella parola.
<< Ricordati che è il pensiero che sai
leggere, non il futuro. >>
<< Appunto, tienilo a mente. >>
Un’improvvisa euforia prende il sopravvento sul mio
autocontrollo. La speranza si riaccende, dalla fioca fiammella che ne
era rimasta divampa un fuoco avvolgente. Mi sento come se una forza
superiore mi stesse guidando, fiduciosa, inarrestabile, verso la luce.
Verso la fine dell’incubo.
Qualcosa mi dice che i vampiri non mi sentiranno. Non si accorgeranno
che me no sto andando, troppo impegnati a discutere.
Esco di soppiatto dalla camera, lottando con le mie emozioni per
impedire al loro violento risveglio di tradirmi nella fuga. Ho visto
l’entrata della reggia dei Volturi una sola volta, quando
sono stata portata qui, ma ricordo quel giorno come se fosse accaduto
ieri. Non saranno i limiti della memoria umana a fermarmi: contro di
essi c’è la mia vita, in gioco.
Improvvisi stralci del mio passato riaffiorano a graffiarmi la mente,
dolci e taglienti, decisi a farmi assaporare la vita che ho perduto.
Quella vita che non mi piaceva e che solo dopo averla perduta
ha svelato la bontà del suo sapore.
Sto percorrendo il corridoio che il mi-
No… io non ho
un padrone.
… che Edward mi obbliga a percorrere quasi tutti i giorni
per portarmi nei più lussuosi negozi di abiti. Nessun
vampiro in vista. Forse sono diventata invisibile. Ecco
spiegatosi il misterioso calore sprigionato dal mio corpo che mi
infonde coraggio.
E c’è una forza fisica, che non ha mai fatto parte
di me, a guidarmi. Una forza che mi fa compagnia da quando mi sono
svegliata. Sono agile e decisa come una pantera scappata dallo zoo che
non ha paura di essere presa. E’ merito di Dio?
Chi altro potrebbe aiutarmi a fuggire da un palazzo
sotterraneo abitato da vampiri senza essere vista o sentita?
Ma è ancora troppo presto per cantare vittoria. Il labirinto
di corridoi è privo di possibili nascondigli, se spuntasse
un vampiro non farei nemmeno in tempo a dire “A”,
perché ora Edward non c’è.
Percorro il lungo tappeto rosso, colla strana sensazione di averlo
calpestato in un’altra vita. Non capisco cosa mi stia
succedendo. Che mi abbiano fatto qualcosa quando sono svenuta con
Edward ancora dentro di me? Deglutisco per la repulsione, scacciando le
immagini che mi hanno aggredita al solo pensiero.
Me ne sto andando,
bastardo.
La luce bluastra di due torce appese al muro illumina una
porta di legno intarsiato che non ho mai notato prima. Una voce
interiore mi intima di non perdere tempo ad indugiare, così
la oltrepasso, affidandomi al mio sesto senso. Il cuore in
gola, realizzo di essere ancora molto lontana dall’ingresso
ai sotterranei. Mi metto a correre, bisognosa di allontanarmi al
più presto dalla maledetta camera in cui vengo relegata. I
miei piedi paiono di velluto.
Questo luogo è tutto un susseguirsi di porte e torce blu.
Tetro, freddo, arcano. Alieno.
Ora più che mai so di non appartenergli.
No.
Mi fermo, le mie speranze si sgretolano e scivolano via come sabbia
spazzata dal vento. E’ bastato un attimo.
C’è qualcuno che mi sta venendo incontro.
No!
L’inspiegabile tepore dal quale ero avvolta scompare. Faccio
dietro front, disperata.
Sobbalzo. Ce
n’è un’altra.
Un’altra figura incappucciata. Indietreggio, tremando da capo
a piedi, le lacrime mi pizzicano prepotentemente le ciglia.
E’ stato troppo facile. Ma solo per colpa mia, per colpa della mia
illusione di poter evadere da questo palazzo maledetto.
Edward, dove sei?
Stupida, patetica Bella. Non è forse meglio morire?
Continuo ad indietreggiare, senza osare scoprire quanti passi mi
separano dalla figura incappucciata che è alle mie spalle.
Tengo gli occhi fissi in quella che ho di fronte, che da
l’impressione di levitare a pochi centimetri da terra, il
volto cereo appena visibile da sotto il cappuccio scuro.
<< Facevi un giro? >>
Il mio cervello registra all’istante la proprietaria di
quella voce azzurra e falsamente cordiale: Jane,
l’inquietante vampira dalle fattezze angeliche, quella che mi
portava il pranzo in camera pretendendo di sentire la mia voce. Mi
sforzo di annuire, incapace di smettere di tremare.
Uccidimi. Ora. Fai
finire tutto.
La vampira si ferma a pochi metri di distanza da me. Volto la testa di
scatto e realizzo che la figura incappucciata che avevo vista prima non
era altri che lei; mi deve essere passata davanti a velocità
fulminea per sorprendermi da dietro.
<< A quanto pare ti sei ripresa. Ma
dov’è il tuo padrone? Di solito non ti permette di
uscire da sola… >>
In lunghi, dolorosi, terrificanti mesi mi sono abituata al silenzio al
punto da non ricordare più come si faccia a parlare. Vorrei
dire qualcosa, ma un pulsante invisibile preme sullo stop, bloccandomi
le parole in gola.
Jane fa un risolino fanciullesco, scoprendo il pallido volto
incorniciato dai corti capelli biondi. << Credo che
dovrò ucciderti. >>
Raggelo, condannata a guardarla dritto negli occhi, incatenata alle sue
demoniache iridi cremisi. Non può farmi del male col suo
potere, ma può prosciugarmi fino all’ultima goccia
di sangue.
Charlie, Alice, Jasper,
addio.
Spazio
dell'autrice: non mi
piace com'è uscito questo capitolo, ma lo pubblico lo
stesso, non ho intenzione di fermarmi ;) Lascio a voi il diritto di
giudicare. Per chi ha già letto qualcosa di me, sa che creo
scenari difficili da inquadrare, quindi ci è abituato, per chi invece non lo sa: portate pazienza.
Cosa
succederà a Bella, adesso?
Ringrazio tutti del sostegno, e mi scuso se non rispondo a tutte le
recensioni, preferisco mostrarvi la mia gratitudine qui, a meno che non
abbiate domande specifiche da rivolgermi.
Alla
prossima!
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Capitolo 7 *** Deflagrazione ***
Deflagrazione
Ho un coltello in mezzo alle gambe. Sto andando a fuoco. Il mio cuore
palpita in dissonanza, impazzito. Apro gli occhi, non vedo
quasi niente, ma sento: c’è odore di sesso.
Jane è sparita, non mi ucciderà.
Era tutto un sogno.
Mi sono svegliata da un incubo per riprendere quello che ho interrotto
nella camera del mio padrone. Le ultime immagini, frammenti di crudi
ricordi vividi, che ho visto prima di svenire si fanno strada in me. Le
lacrime che stanno sgorgando dai miei occhi non basteranno mai a farmi
guarire.
Perché sono ancora viva? Che importanza ho, adesso?
<< Perdonami. >>
Un’ondata di odio acuto, fitto, intenso, travolgente mi
attraversa da parte a parte non appena odo quella voce. Mi rizzo a
sedere e inizio a gridare. Non importa se mi si squarceranno i polmoni,
tanto ormai sono da buttar via.
Voglio farlo affogare in tutto il dolore e la disperazione in cui lui
mi ha gettata. Gli graffio il volto di pietra con le unghie, tra le
grida incontenibili, accompagnata dalla devastante consapevolezza che
se sopravvivrò non sarò mai più la
stessa.
Lui non si muove, non parla, non mi ferma, lascia che io gli percorra
l’intero volto con le unghie.
Perdono. Perdono? Con
che coraggio me lo ha chiesto? Con quanta
crudeltà si è fatto trovare seduto sul bordo del
letto ad aspettare che mi risvegliassi?
Porco! Animale! Mostro!
Assassino!
Aveva ucciso la mia
umanità, privandomi di tutto.
Tutto.
Mi aveva spogliata
completamente.
Nessuno sarebbe intervenuto per allontanarmi da lui. Lui non mi avrebbe
mai più violata. Sarei riuscita a scalfire il granito della
sua pelle e a farlo soffrire, a furia di graffiare.
I suoi occhi color topazio sono aperti, immobili, le iridi
penetranti, velate da un miscuglio indecifrabile di…
sentimenti? Questo essere prova dei sentimenti? In passato posso averlo
ponderato, ma ora non ho dubbi: ne ha provati quando sono svenuta tra
le sue braccia, mentre le costole mi si spezzavano sotto il suo peso e
l’inferno si scatenava in mezzo alle mie gambe?
No.
Non riesco nemmeno a dar voce alle mie emozioni. La verità
è che ho dimenticato come si faccia, il nodo che ho in gola
è indistruttibile, la catena che imprigiona la mia voce non
si può spezzare.
Tengo i miei occhi imperlati di lacrime puntati nei suoi, come per
sfidarlo, nella speranza che il mio stato d’animo riesca ad
attraversare il suo corpo e lo soffochi. C’è
qualcosa in quelle iridi ostinatamente dilatate. Qualcosa che risveglia
un ricordo distante mille anni luce.
Vorrei chiedergli “Perché mi hai salvata quel
giorno? Perché hai scelto me per i tuoi giochi erotici? La
tua incontrollata lussuria è l’unica ragione per
la quale ti servo? Dietro la tua crudeltà si cela un secondo
fine?”
Poi lo fa. Mi ferma. Edward afferra le mie mani e le richiude,
tremanti, fra le sue.
<< Sembra che tu abbia recuperato le forze.
>>
Continuo a fissarlo, sconvolta. Il suo splendido volto demoniaco
è privo di segni, una pietra perfetta, pallida e tenebrosa.
<< Non ti toccherò mai più... Mai più.
>>
Gli sputo. Mantengo un’espressione torva di profondo astio.
Percepisco il livore inciso nel mio viso tirarmi la pelle.
<< Me lo merito. >>
Non riesco a smettere di tremare. Strattono le braccia
perché lasci andare le mie mani, il contatto col suo corpo
freddo è insopportabile. Ho la nausea, vorrei vomitargli
sulla lucida camicia nera.
Edward molla la presa, distoglie lo sguardo e inclina il capo.
Ho il fiatone, il petto mi si alza e riabbassa rapidamente. Come
macchie d’inchiostro scagliate in pieno viso orrende visioni
delle innumerevoli volte che il mio padrone mi ha violata colpiscono
l’occhio della mia mente con deflagrante
intensità.
Perché?
Perché io? Sono come una droga per lui?
Edward torna inaspettatamente a guardami negli occhi. Lo sguardo mi
ricade sulla linea violacea delle sue labbra, labbra algide e dissolute
che mi hanno lambita in ogni parte del corpo e hanno dissacrato la mia
verginità. Non c’è niente che potranno
dire per discolparsi.
Mi sento circondare dalle sue braccia e inevitabilmente aderisco al suo
petto. << Sei la mia qualità preferita di
eroina. >>
Lo ha detto. In un roco sussurro riarso di desiderio. Ha risposto alla
mia muta domanda. Lui non può leggermi il pensiero, forse
aveva solo voglia di dirmelo.
<< Ma non può continuare. Non più.
>>
Avvicina il suo viso al mio orecchio. Le nostre guance si sfiorano.
<< Devo lasciarti andare. >> La sua voce
è appena udibile, scivola lieve come un sottile filo di seta
dentro di me. Rabbrividisco, sia per il freddo che per lo
shock.
Andare?
Come?
Dove?
<< Ma tu dovrai resistere. >>
Spire caustiche di paura mi si attorcigliano addosso.
Resistere a cosa?
Edward mi sfiora il lobo e sospira. << Dovrai resistere
fino al giorno in cui ti lascerò andare. >>
Il mio cuore pulsa violento contro al suo petto. In quel momento
realizzo che il dialogo fra il mio padrone e uno sconosciuto vampiro
è avvenuto realmente. Devo averlo udito mentre ero prossima
al risveglio.
<< Temevo che non volessi più svegliarti. Hai
dormito profondamente per tre giorni. >>
Non è
possibile.
Edward si discosta da me, accortosi che sto tremando. <<
Stenditi. Chiamerò Jane perché ti porti da
mangiare. >>
No!
Non voglio più sentir nominare quella vampira. Scuoto la
testa, supplicante.
<< Tranquilla. Ho promesso che non ti farò
più del male. >>
Stupido. Non ha capito.
D’istinto poso la testa sul suo torace e mi aggrappo alla sua
camicia con le dita. Lui s’irrigidisce. Al pensiero di Jane e
dell’incubo che ho fatto il profumo del mio padrone acquista
quel senso di familiarità rassicurante che
nient’altro ha quaggiù.
Lentamente, mi abbraccia.
E’ assurdo. Due minuti prima volevo sbrindellargli la faccia,
ora mi sto avvinghiando a lui perché non voglio che se ne
vada.
<< Ti prego. Dimmi il tuo nome >>,
sussurra. Sembra dolente, sul punto di essere torturato.
Può una qualunque creatura provare desideri così
forti?
Chiudo gli occhi, appoggio la guancia alla superficie marmorea della
sua pelle e soffio la prima parola dopo mesi. <<
Isabella. >>
Spazio
dell’autrice: okay, è un vero schifo.
Ma volevo pubblicarlo! Scusatemi, vado di fretta e devo scappare. Lo so
lo so, fa schifo, ma mi farò perdonare!! Vi preannuncio che
ho in mente una nuova long fiction di Twilight molto particolare ;)
Alla prossima, vi adoro!!
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