L'algido seduttore

di Freya Crystal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Nel corpo e nell'anima ***
Capitolo 3: *** La bambola nella reggia ***
Capitolo 4: *** Vestiti, letti e camerini ***
Capitolo 5: *** Piangerai ***
Capitolo 6: *** Ti troveranno ***
Capitolo 7: *** Deflagrazione ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Prefazione


<< Spogliati. >>
Rabbrividisco. E non solo per la paura. Il suo sguardo indugia sulla spallina di raso del mio vestito, trapassandomi il corpo e l'anima.
<< Spogliati. >>
Spogliami te, bastardo.
Vorrei tanto che potesse leggermi nel pensiero.
Annuisco brevemente. Alzo il braccio, la mano mi trema mentre la conduco verso la schiena. Cerco di dimenticarmi dello splendido vampiro che ho di fronte. Sorrido amaramente, mentre abbasso la cerniera del vestito lilla: è impossibile riuscirci.
Mi ha privata anche della dignità.
L’algido seduttore segue i movimenti del mio corpo con lo sguardo, immobile.
E’ passato tanto tempo, ma ancora non riesco ad accettare la mia vita. Non posso credere di essere nata a questo scopo.
Non posso morire come schiava di un mostro.

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Capitolo 2
*** Nel corpo e nell'anima ***


Nel corpo e nell'anima



<< Prova questo. >>
La sua pallida mano s'intrufola all'interno del camerino, porgendomi un succinto abitino blu mare. Lo afferro senza commentare, disgustata. Sarà il decimo che m'infilo. 
<< Quando hai finito, esci. >> 
Allora è l'ultimo.
<< Voglio vedere come ti sta. >>
Dal suo tono percepisco un velo di malcelata impazienza. Di solito riesce a mantenere perfettamente il controllo, calandosi nella parte del fidanzatino premuroso, ma questa volta, da come avverto, non gli risulta facile continuare a farlo. Non mi premuro di rispondergli mentre faccio passare l'abitino da sotto i piedi con una certa cautela.
Il nodo che ho in gola si restringe al pensiero di ciò che mi attende non appena torneremo a casa. Ho sempre odiato lo shopping, ma in questo momento non desidero altro che rimanere bloccata qui. Chiusa in un buco di camerino di uno stramaledetto negozio d'abiti di lusso.
Evito di osservarmi allo specchio. Non sono in grado di guardarmi negli occhi da tanto tempo, ormai. E' per questo che non l'ho sentito entrare e il tocco delle sue mani sui miei fianchi mi fa sussultare. M'irrigidisco, imponendomi di non tremare. L'unica cosa che posso impedire a me stessa è di mostrargli la paura e l'umiliazione che provo, sottoposta alle sue carezze lascive. 
<< Alza gli occhi >>, sussurra con falsa dolcezza al mio orecchio, percorrendomi la schiena e il ventre con le dita.
Resto immobile, continuo a fissare per terra.
Edward mi alza lentamente il viso, afferrandomi per il mento. Lo shock è più devastante di quanto mi ero aspettata. Il riflesso dello specchio mi sta restituendo l'immagine di uno splendido adone dai capelli bronzei e gli occhi d'onice, stretto in un'ingannevole abbraccio amoroso ad una giovane ragazza dalle gambe nude, il fisico minuto, il colorito d'avorio esaltato dalla tonalità pacata del vestito e sinistramente vivacizzato dalle numerose chiazze violacee sulla sua pelle. 
Ma ciò che mi fa appannare gli occhi per le lacrime è l'espressione sul volto della ragazza. I suoi anonimi occhi castani sono tristi. Tristi da far male. Spenti. 
Non mi riconosco più.
La chioma castana, dalle ciocche leggermente ondulate, incornicia un volto delicato, insignificante, adagiandosi su spalle bianche. I seni piccoli e privi d'attrattiva sono appena visibili, protetti dal corpetto che stringe i fianchi sottili.
<< Mi piace. >>
Rimango in silenzio. 
Le labbra gelide di Edward percorrono il mio collo senza chiedere permesso. Lo lascio fare senza protestare, consapevole che non andrei da nessuna parte. Tuttavia, ferita dalla mia stessa immagine, non riesco a trattenere un tremito. Il mio corpo ha sussultato, sopraffatto dall’emozione di dolore che lo sta circondando. Chiudo gli occhi alla ricerca di un barlume di luce che mi faccia contenere le lacrime che non voglio mostrare. Perché lo so, lo so, dannazione, che questa non è la mia vita. Questa non sono io.
<< Come va signorina? >>
Edward s'interrompe. << Benissimo. >> Poi si rivolge a me: << Vieni fuori, ce ne andiamo >>, mormora con tono perentorio prima di lasciarmi sola nel camerino. 
Quando esco lo trovo impegnato in una conversazione apparentemente innocente con la commessa. Lei lo fissa rapita, incredula di aver di fronte un ragazzo tanto attraente; è carina. Lui ha un braccio appoggiato al bancone, la guarda intensamente, le sorride; le ha teso la sua trappola. 
La ragazza si mangia le parole ed è rossa in viso, il calore oro scuro degli occhi di Edward l’ha disarmata, è evidente. Non posso fare a meno di provare pena per lei, destabilizzata da una figura tanto perfetta e misteriosa di cui ignora la vera natura e lo scopo, non può immaginare il pericolo che sta correndo. 
Mi avvicino ai due, sforzandomi di sorridere. Ogni volta sono costretta a recitare la solita farsa. La commessa ha gli occhi incollati su Edward, la bocca leggermente aperta, probabilmente a sua insaputa. Lui mi osserva soddisfatto mentre gli porgo l’ultimo abito che mi ha fatto indossare. Solo allora la bionda avvenente pare accorgersi della mia presenza e s’affretta a prendermi dalle mani il vestito; mentre gli toglie il prezzo e lo infila in una borsa mi lancia occhiate perplesse. Si starà chiedendo cosa Edward veda in me di bello e non posso darle torto. Insieme siamo il giorno e la notte, l’eleganza e la goffaggine, il bello e la brutta.
E’ assurdo che una ragazza come lei, alta, snella e formosa mi stia squadrando con invidia. Darei qualsiasi cosa pur di stare al suo posto a vendere vestiti e cederle l’onore di essere la prostituta di un vampiro.
<< E’ stato un piacere venire qui. La mia ragazza è entusiasta, torneremo volentieri a trovarla. Una persona disponibile, sorridente e loquace quanto lei merita di ricevere visite. >>
La commessa porge le borse di vestiti con mani tremanti a Edward, abbassando lo sguardo. 
E’ incredibile come Edward riesca a sedurre qualunque umana le capiti a tiro, la dannosa influenza che esercita su ognuna di loro - giovane, adulta, vecchia che sia -, è spaventosa.
<< Troppo gentile, non merito tutti questi complimenti! Ovviamente vi è uno sconto del venti percento su tutti gli acquisti… >>
Non farà altro che aspettare il nostro ritorno, o meglio… il suo ritorno.
<< Non sappiamo come ringraziarla. Buon lavoro e buona giornata. >> 
Edward le rivolge un ultimo incantevole sorriso prima di pagare, privandola del respiro, poi mi cinge la vita con un braccio e mi conduce verso l’uscita del negozio.
<< Grazie ancora! Tornate quando volete, siete i benvenuti! >> trilla la bionda con tono estatico. Ho la sensazione che mi stia perforando la schiena con lo sguardo quando le diamo le spalle. 
Qualunque donna incrocio quando Edward mi porta a comprare dei vestiti spero sia quella che mi regalerà la libertà, prendendo il mio posto. E’ orribile riporre nella prigionia degli altri la propria salvezza. Orribile e cattivo. Ma non ce la faccio più a vivere così. 
Non è giusto. 
Non voglio essere il giocattolo di nessuno. Non voglio essere una bambola da vestire e da spogliare ripetutamente.


**


Edward richiude lentamente la porta dietro di sé. Gli do le spalle. So già cosa devo fare. 
Ho paura. Ma non ho altra scelta. 
A lui non importa che il mio corpo sia tumefatto dai lividi, testimoni della violenza con la quale mi prende; finché sopravvivo, gli vado bene così. So per certo che tutto ciò che desidera è il piacere carnale.
<< Ho bisogno di te. >> Il suo tono di voce è vibrante, suadente, vellutato.
Non accenno alla minima reazione. 
Si avvicina piano, mentre il suo profumo mi avvolge rapidamente. Si ferma dietro di me, sfiorandomi la schiena con il petto, mi afferra per i fianchi e mi fa voltare verso di lui con decisione. Abbasso lo sguardo, ma lui mi rialza il capo, costringendomi a scontrarmi con la libidine che brucia nei suoi occhi. Il mio cuore palpita per l’agitazione. 
Edward s’impossessa delle mie labbra in un istante, mozzandomi il fiato, e vi preme sopra la lingua con delicatezza. Detesto i momenti in cui agli scatti improvvisi e violenti alterna la dolcezza. 
Dischiudo le labbra con gli occhi sbarrati e gli concedo di entrare nella mia bocca. Rimango ferma e impassibile, pregando come ogni volta che questo rapporto sia più breve e meno doloroso dei precedenti. 
Nel camerino non sono nemmeno stata in grado di indossare i capi senza sentire fitte lancinanti ovunque; alle braccia se le alzavo, alla schiena se stringevo la cerniera, alle gambe se me li sfilavo. Temo che questa volta Edward mi spezzerà le ossa. 
Una lacrima scivola sul mio viso. Lui la asciuga con le labbra, impedendole di fare il suo percorso. Non mi concede neppure il diritto di soffrire. 
<< Voglio che mi baci >> sussurra. E un ordine.
Sono costretta ad obbedire. Mi aggrappo alla sua schiena e mi lascio trascinare dall’intensità dei suoi baci finché non mi ritrovo con le spalle al muro. A quel punto non posso più indietreggiare in cerca di fiato. Edward non si ferma, mandandomi nel panico. Sfioro il cavallo dei suoi pantaloni per farlo scollare. Lui boccheggia sorpreso e io ho la possibilità di riprendere fiato. 
Sospira frustrato, penetrandomi con quello sguardo dannato che mi rivolge solo in momenti come questi. << Parlami .>> Appoggia la fronte sopra la mia e preme le mani contro al muro. 
Da ogni suo gesto avverto l’inspiegabile bisogno di rinchiudermi in uno spazio ristretto, a lui il più vicino possibile. 
No, non lo farò mai. Mi ha privata della dignità, ma non mi priverà del silenzio. 
Per distoglierlo dal suo intento chiudo gli occhi e lo bacio. Edward reagisce immediatamente facendo aderire il suo corpo al mio. In un istante sono adagiata sul letto a baldacchino, sotto di lui, nudo, abbagliante in tutto il suo splendore. Disumano e irresistibile. 
Un unico secco strappo testimonia che il mio vestito è stato ridotto a brandelli. Le sue dita affusolate mi penetrano con vigore e iniziano a torturami. Trattengo un gemito di dolore, il cuore che batte impazzito. 
Poi all’improvviso si ferma, lasciandomi disorientata. Mi afferra per i polsi e mi adagia le braccia sopra alla testa. Fisso il soffitto a occhi sbarrati, la pelle d’oca, in attesa.
Sento le sue algide mani sfiorarmi le gambe e risvegliare il dolore causato dai lividi. A poco a poco ad esso si unisce un calore tiepido al basso ventre. Edward ripercorre il mio corpo con avidi baci, soggiogandolo al suo potere. 
La sofferenza inizia quando affonda in me. Non so se sarò fortunata questa volta. 
Le spinte sono rapide e profonde e mi fanno bruciare dentro. Sento male, benché lui stia tenendo strette le coperte per non schiacciarmi col suo peso. Lo avverto ansimare sempre più forte, ben presto si susseguono rumori sinistri di squarci. Brandelli di tessuto rosso svolazzano e si adagiano sopra di noi. L’ultima fitta di dolore è insopportabile: Edward ha appena raggiunto l’apice. Ora che ha ottenuto ciò che voleva, posso riposare, per un po’. Sto male ma almeno non ho le ossa rotte.
Appena appoggia il capo sulla mia spalla, inarco la testa verso l'alto, spiazzata da una fitta acuta che non avevo previsto. 
Ha finito, sta tranquilla, mi ripeto per calmarmi.
Voglio dormire. Il sonno e il silenzio sono tutto ciò che mi rimane. 
Nella realtà dei fatti sono una sgualdrina, il giocattolo preferito di un vampiro perverso. 
Una schiava. Nel corpo e nell’anima.



Spazio dell'autrice: ciao, sono felice di vedere che il prologo di questa storia vi ha stuzzicato. Cercherò di aggiornare con frequenza e di non deludere le aspettative di nessuno. E' molto probabile che il rating salga al livello rosso. Vi ringrazio per aver commentato il prologo con tanto entusiasmo, sono curiosa di sentire il vostro parere sul primo capitolo. I prossimi saranno più lunghi. Vi saluto ;)



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Capitolo 3
*** La bambola nella reggia ***


La bambola nella reggia



Il risveglio lo posso esprimere con una sola parola: dolore.
Il mio corpo pulsa incessantemente, sprofondato nel materasso e schiacciato dalle coperte.
Prego in silenzio di essere sola. Non sono ancora pronta per Edward, credo che questa volta avrò bisogno di maggiore riposo.
Con un sospiro affaticato apro gli occhi, inquadrando il soffitto della camera. Prima di convincermi che il mio padrone non ci sia, attendo alcuni secondi. Ho il terrore che possa essere in piedi di fronte al letto, bisognoso di soddisfare la sua incontenibile lussuria.
Il cuore mi batte vigorosamente. M’azzardo ad abbassare lo sguardo e vengo pervasa dal sollievo.
Non c’è… Forse ha deciso di prolungare la caccia, oppure io ho dormito meno del solito, ostacolata dal male alle ossa.
Ma in fondo cosa me ne importa?
Dovrei assaporare questo momento di “libertà” senza pensare all’oggetto dei miei incubi.
Mi muovo con prudenza, scendendo dal letto. Non appena poggio i piedi a terra vengo assalita da una fitta di dolore lancinante, che rapidamente mi risale fino alla schiena. Ecco, ora sono sveglia del tutto.
Vacillo, le ciglia mi pizzicano.
Toc toc.
Dio, ti prego, fa che non sia Lui.
<< Sei pregata di vestirti. >>
Una voce soave, infantile, cristallina.  La voce di un demonio.
Nuda, coperta di lividi, sono sul punto di scoppiare a piangere per il dolore e la vergogna davanti ad una spietata vampira.
<< Ti ha fatto male… C’era da aspettarselo. >>
Se solo potessi le farei passare la voglia di parlare a forza di schiaffi.
<< Su, che aspetti? Ves-ti-ti >>, intima con tono petulante.
Cerco con lo sguardo i miei indumenti sul pavimento, senza risultato. Poi rimembro il momento in qui Edward me li ha strappati di dosso e cado a terra, emotivamente distrutta. Le lacrime iniziano a solcarmi le guance, i singhiozzi si trasformarono in un pianto disperato che mi va a scuotere l’anima. Mi copro i seni e l’intimità con le mani, incapace di tirarmi su. Sono troppo indolenzita.
<< Smettila. Infilati questo. >>
Qualcosa di imprecisato mi piove addosso. E’ il vestito blu mare che Edward mi ha comprato ieri. Lo afferro e mi copro sul davanti, stringendolo ossessivamente fra le braccia, benché mi disgusti toccarlo. Smetto di singhiozzare e alzo lo sguardo. Jane ha chiuso la porta e ha appoggiato un piatto sul tavolino.  
<< Grazie >>, mormoro riluttante.
La vampira mi osserva impassibilmente. << Ti ho detto che devi infilartelo. >> Il fastidio nel tono di voce, al contrario, è ben percepibile.
Mi aggrappo con una mano alla spalliera del letto, prendo un respiro e mi metto in piedi. Un brivido mi sconquassa violentemente. Un gemito mi fuoriesce dalle labbra. Mi vesto con calma, ignorando la presenza inquietante di Jane, non m’importa di farla aspettare, potrei morire di dolore nell’azzardare altri movimenti bruschi.
<< Come ti chiami? >>
Abbasso il vestito sulle gambe più che posso, ignorando la sua domanda.
<< Ti ho fatto una domanda. Guardami, dannazione >> mormora con stizza repressa.
Rabbrividisco per le ondate negative che emana. Alzo il capo e incontro i suoi dardeggianti occhi rossi, inquietanti, profondi, alieni. Jane è una creatura demoniaca dalle fattezze angeliche.
Sostengo il suo sguardo, fiera di me stessa per la prima volta. I Superiori sostengono che io sia la sola immune alla maledizione che è in grado di lanciare.
Vorresti farmi soffrire, ma non puoi.
<< Forse dovremmo tagliarti la lingua, considerato che hai dimenticato come si usa. >>
Il mio battito cardiaco aumenta. La vampira ha avvertito l’agitazione che mi ha attraversata e accenna un sorrisino di rivincita.
Devo restare calma, a Jane non permettono di toccarmi, Edward gliela farebbe pagare.
<< Come ti chiami? >>
Continuo a fissarla, in silenzio. Lei sospira, scuote il capo e si avvia verso la porta, ma prima di uscire si gira un’ultima volta: << A domani. >>
Non ho avvertito alcuna traccia di positività nel suo saluto, se non l’augurio di patire le pene dell’inferno.
Rimasta sola mi lascio scivolare contro la parete, mentre il cuore mi risale il petto tornando alla sua postazione. Non posso avere la certezza che Jane se ne sia andata. Stare qui è come trovarsi in una gabbia alla quale attorno girano pericolosi leoni affamati. La reggia dei vampiri è gelida e arcana, sepolta dal tempo e dal cemento delle strade di Volterra. Quaggiù fa un freddo micidiale. Queste mostruose creature hanno il gusto per la raffinatezza e l’arte.
L’arredamento sontuoso della camera contrasta con la mia povertà di diritti e il mio stato d’animo. E’ un insulto.  Come lo sarebbe annegare gli schiavi delle miniere in vasche di oro liquido.
La pelle d’oca diffusasi sulla mia pelle mi costringe a rialzarmi. Stringo i denti e arranco a gattoni verso il tavolino sul quale Jane mi ha lasciato del cibo. Mangio senza guardare e sapere cosa ho in bocca, mastico senza sentire alcun sapore. Non ha importanza.
Le anche mi bruciano e la zona inguinale scotta; le mie membra stanno iniziando a riprendersi del tutto dal torpore del sonno. Al pensiero, l’odore di Edward rimastomi addosso mi circonda, impregnando la stanza.
No. Esci dalla mia mente. Puoi entrare e uscire dal mio corpo quando vuoi, fatti bastare questo.
Perché? Mi chiedo “perché?” è dovuto succedere a me. Non riesco ancora ad abituarmi all’idea che i vampiri esistano davvero, nonostante viva circondata da un grande gruppo ben fornito che si nutre giornalmente di sangue umano.
Inghiotto un boccone troppo grande da mandare giù, e deglutisco per cacciarlo a forza nello stomaco. Io stessa mi faccio violenza.
Da quanto tempo sono qui?
So chi sono?
Ho tanti ricordi della mia vita normale, quella vita che tanto disprezzavo e che ora rivorrei indietro, anche a costo di dimezzarla, ma non sono sicura che facciano parte della mia memoria. Mi chiedo se siano tutti frutto dell’immaginazione.


“Chiudi gli occhi”.
Le labbra mi si distendono in un sorriso sereno. Quella voce è piacevole, rassicurante, dolce. Faccio come mi ha detto.
“Voglio che questo sia un giorno speciale per te”.
Annuisco, incuriosita.
“Ah, ti avverto, sarà un po’… turbolento.”
Turbolento? Ma che intenzioni ha?
Tengo gli occhi chiusi, confusa. Eppure non sono agitata. Mi fido ciecamente.
“Vedrai che le sorprese ti piaceranno d’ora in poi.” Il tono di voce è divertito.
E la giravolta ha inizio. La percezione del suolo sotto ai miei piedi è scomparsa. I suoni si sono annullati.
“Reggiti!” Un'altra voce.
Mia madre mi diceva sempre che non ero adatta a salire sulle montagne russe: forse Loro se ne sono dimenticati, perché la giostra sulla quale mi hanno portata sembra ancor più pericolosa.  Viaggio nel vuoto, sconquassata e sballottata violentemente, aggredita dal vento turbinante per una manciata di interminabili secondi.
“Siete due pazzi! Mai, mai più!” Ridacchio al suono della mia voce stridula e furibonda.
Mi ci è voluto parecchio per riprendermi.
“La preferivo qualche minuto fa, quando era talmente sconvolta per fiatare.”
“Ve la farò pagare, statene pur certi!”
Annuisco vigorosamente. In effetti non appena ho recuperato l’uso della parola li ho letteralmente assaliti.
“Credo che stia per vomitare!”
“Oddio, siamo due sciocchi, cos’abbiamo combinato!”
Inarco un sopracciglio, trovandomi decisamente d’accordo.
Io te l’av-
“NON DIRE CHE ME L’AVEVI DETTO!”


Con un sussulto di spavento riapro gli occhi, spalancandoli sul soffitto rosso e dorato.
Ancora. Un altro sogno ad occhi aperti. Un momento di vita vissuta o una fantasia della mia mente?
Non lo so, non posso saperlo.
So solo che la mia realtà è alla reggia dei vampiri. La mia realtà è quella della bambola piena di lividi usata e gettata ripetutamente, della sgualdrina presa e abbandonata ogni notte. Dell’umana in mezzo ai freddi, mostri spietati e insaziabili.
Non sono a casa, l’incubo non è finito.
Sono ancora qui, in attesa del ritorno di Edward che è diventato il senso della mia esistenza.


**


Mi tiene ferma la testa tra le mani, io cerco di oppormi, di negargli ciò che desidera, di sfuggire a quella presa ferrea, ma lui è troppo potente. Mi apre le gambe con un gesto secco, io grido. Mi fa troppo male… non voglio che entri. “No!”
No, non voglio.  
<< NO! >>
Sobbalzo, spalancando gli occhi. Due mani forti mi stringono i polsi, fredde e decise nella loro presa.  Edward mi guarda dritto negli occhi. Il mio cuore sprofonda.
<< Solo un incubo >>, mormora.
Realizzo che ha ragione e automaticamente il mio respiro si placa. Smetto di tremare, realizzando di essermi addormentata appoggiata al tavolino.
L'oro splendente delle sue iridi si sta facendo sempre più scuro, segno che la libidine in lui si è riaccesa. Deglutisco, preda del più improvviso e profondo sconforto. Sì, stavo solo sognando...  Ma ben presto l’incubo si tramuterà in realtà.
Edward mi prenderà, comunque.
Distolgo lo sguardo, ricacciando le lacrime dentro di me. Lui mi accarezza, piano, ma con insistenza. << Cosa c’è? >>
“Cosa c’è?” Non lo vedi? Non vedi quanto lividi ho addosso? Non vedi che sembro una ciabatta vecchia?!
Vorrei urlargli contro tutta la rabbia e la disperazione che mi avvolgono, vorrei che gli potessero piovere sopra e farlo annegare.
Vorrei…
Vorrei. Ma non posso.
Batto una mano chiusa a pugno sul suo petto marmoreo, una, due, tre volte. E’ come colpire la pietra, non gli faccio neanche il solletico.
No, non ci riesco a trattenermi. E piango, piango fino ad avere il mal di gola, fino a non avere più voce per farlo.
Lui tace.
Non reagisce.
Mostro. E’ un mostro. Terribilmente bello e dannato.
Picchio più forte sul suo petto, provocandomi ulteriori fitte di dolore alle mani.
<< Ferma >>, intima.
No, non mi fermerò, anche a costo di spezzarmi le braccia.
<< Sta ferma! >> E di nuovo mi immobilizza per un polso, stringendomi a sé per la schiena. Avendo il capo reclinato all’indietro, il mio sguardo ricade sui suoi occhi, scuritisi. Le lacrime mi bagnano il volto.
<< Basta. >>
Mostro. Odioso, perverso, immorale. Preferisco quasi Jane.
<< Ne ho abbastanza dei tuoi piagnistei. >> Il mio padrone si tira su in piedi, portandomi con sé. Scuoto il capo in una muta supplica.
No, non voglio farlo! Non ne sono in grado!
Mi fa distendere sul materasso, e io urlo.
Che qualcuno mi aiuti.
Edward mi tappa la bocca. Mi fissa. Di colpo smetto di divincolarmi, di singhiozzare e di cercare di urlare.
Sdegno, rabbia, esasperazione e frustrazione: questi i sentimenti che leggo nei suoi occhi, prima che lui si allontani da me e si fermi ai piedi del letto; continua a guardarmi immobile, meraviglioso e dannato.
Mostro.
Sono confusa, non capisco cosa sta facendo. Forse ha deciso di contemplare per l’ultima volta il corpo martoriato dai lividi che lo ha rifiutato, prima di ucciderlo. Trattengo il respiro, senza muovere un muscolo, attraversata da un intenso brivido repentino. Il mio padrone mi da le spalle ed esce dalla nostra stanza.
Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando ho iniziato a contare i battiti del mio cuore stanco. Paralizzata dallo shock e da quell’ inaspettato comportamento, rimango in attesa di una conferma che non posso avere: se ne è andato veramente?
La porta non si riapre.
Lui non c’è più.


Spazio dell'autrice: ciao, eccomi qua con il terzo capitolo. Avrei aggiornato prima, se non mi fossi trovata a dover studiare tanto.
So che questo capitolo vi avrà confuso, è tipico di me creare scenari ambigui, ma alla fine svelo sempre ogni cosa ;)  
Che dire di questo Edward? Non dovreste amarlo, dovreste odiarlo, desiderare di punirlo, che paghi le conseguenze del suo comportamento. Sarà pur sempre il nostro vampiro dei sogni, ma è chiaro che il suo ruolo in questa storia non ha nulla di positivo.
Commentate, mi fa molto piacere leggere i vostri pareri. Vi ringrazio immensamente!
Un'ultima cosa, per la lunghezza dei capitolo alla fine ho deciso di lasciare tutto nelle mani dell'ispirazione; ce ne saranno di più lunghi e di più brevi come questo.

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Capitolo 4
*** Vestiti, letti e camerini ***


Vestiti, letti e camerini.


La porta si spalanca, e la donna più bella e surreale che io abbia mai visto fa la sua comparsa nella stanza. Una vampira, ovviamente. Mi porge fra le mani una vestaglia di seta azzurra, sorridendo. << Indossala, è l’ora di un bagno caldo. >>
Heidi mi ha sempre trattata umanamente. Ora che siamo sole, vorrei ricambiare il suo sorriso, ma non ci riesco, così mi limito a scendere dal letto e ad infilarmi la vestaglia, lieta di poter coprire il mio corpo, debilitato e imbarazzante alla vista.
La seguo lungo il corridoio, accompagnata dalle sensazioni di essere osservata e perennemente in pericolo di essere presa e posseduta da un vampiro. Osservo meravigliata la vampira che mi precede, incantata dalla grazia dei suoi movimenti e dall’armoniosità delle sue forme: è di una perfezione fisica ineguagliabile, irraggiungibile, inimmaginabile. Mi domando se la dannazione eterna sia una sofferenza tanto tragica come si favoleggia. Forse, se tutti fossero come Heidi, non sarebbe tanto male.
Svoltiamo in un corridoio dalle pareti immacolate, privo di quadri, che conduce verso una sola porta. Mano a mano che ci avviciniamo il suono dello scorrere lento dell’acqua si avvicina alle mie orecchie. Non sono mai stata qui, che sia una trappola?
<< Aro mi ha espressamente ordinato di portarti qui ogni giorno, d’ora in poi. >>
Sono perplessa, il Superiore deve pur avere un secondo fine dietro questa scelta.
Heidi apre la porta e mi invita ad entrare prima di lei. Titubante, accenno alcuni passi dubbiosi, prima di addentrarmi in quello che ricorderò per sempre come un Paradiso segreto.
La stanza è spaziosa, profumata da una tenue fragranza d’incenso, parzialmente illuminata, tuttavia posso distinguere con nitidezza la vasca ad idromassaggio rivestita in oro posta al centro, le poltrone in pelle tempestate di gemme, gli asciugamani appesi a delle grucce – anch’esse d’oro – in un angolo e le vasche a forma di cigno con le fontane poste ai lati.
Rimango a bocca aperta, accarezzata dal dolce suono dell’acqua che scorre nelle vasche e sgorga dalle fontane, emanando vapori caldi e rilassanti. Inspiro, deliziandomi di quei profumi misteriosi e incredibilmente gradevoli per l’olfatto.
<< Dopo ciò a cui vieni ripetutamente sottoposta, Aro ritiene sia il minimo che possa donarti. >>
Non ci credo. Sto sognando.  Scuoto il capo, sospettosa e attonita al contempo. Sorrido timidamente alla vampira, immobilizzandomi all’entrata. Il mio sguardo si posa sul pavimento di marmo, incontrando petali di rose rosse, bianche e rosa disposti in sfalsate scie decorative.
<< Svestiti, per prima cosa farai un bagno a idromassaggio. >>
Sì, mi dico, è proprio il minimo che mi merito per tutto il male fisico e psicologico che sono costretta a patire. Il pensiero di quanto fragile si sia dimostrata la mia vita di fronte al volere di un mostro e di quanto rapidamente egli sia riuscito a strapparmi la libertà, sconvolgendo la mia persona, mi accompagna mentre mi dirigo verso la sontuosa vasca d’oro. Le fragranze ipnotiche che si diffondono nell’aria e mi avvolgono delicatamente le membra non sono in grado di farmi dimenticare l’ingiustizia subita, la brutalità delle mie giornate e la violenza del mio padrone.
Sfilo di dosso la vestaglia, appendendola ad una gruccia scintillante, e affaccio il viso sulla superficie calda e gorgogliante  dell'acqua che mi attende; la sfioro con la punta del piede, venendo così pervasa da un intenso brivido di piacere che mi sconquassa tutta, faccio poi  affondare la gamba fino al ginocchio e assieme ad essa immergo l’altra. Prima di bearmi totalmente di quel contatto, mi sfilo di dosso il vestito blu mare, eliminando la presenza  ed il ricordo di Edward.
Appoggio la schiena alla parete della vasca, nascondendomi fra le bolle schiumose. Heidi raccoglie il mio vestito e lo appende ad un’altra gruccia.
<< Hai bisogno di rigenerarti. Chiudi gli occhi e rilassati. >> La sua voce è calma, morbida e persuasiva. << Lasciati andare alla piacevolezza e al cullante suono che l’acqua produce scorrendo su di te. >>
La vampira versa un bagnoschiuma all’interno della vasca e alcune bolle si colorano di un acceso ocra, che libera nell’ambiente una fragranza più intensa e gustosa di quelle già presenti. Chiudo gli occhi, ipnotizzata da quel piacere dei sensi. Il mio corpo, silenziosamente, esulta di gioia, sottoposto alle calorose cure dell’acqua, vera toccasana per le mie ossa e miei muscoli. Heidi ha versato un altro bagnoschiuma. Le fragranze sono esotiche, particolari, indefinibili e malgrado la loro mescolanza riescono ad armonizzarsi in un unico aroma.
<< Veniamo spesso qui quando abbiamo bisogno di riflettere. >>
Sussulto lievemente nell’avvertire le mani sottili di Heidi che si posano sulla mia schiena e iniziano a massaggiarla.
<< E’ un buon posto per ricreare l'intimità. >>
La vampira mi ha legato i capelli semiumidi in una coda di lato senza che io me ne sia accorta. Piego il collo e inarco la testa, sottoponendomi al passaggio fresco delle sue mani che mi percorrono le spalle, le scapole, la schiena.
Intimità. Come se questi essere sapessero cosa sia. Sono scettica.
<< Ma venirci spesso diventa noioso, noioso com'è tutto, del resto. Se esisti da secoli fai fatica a trovare qualcosa d'interessante da fare. >>
La vampira mi sfiora con maestria, dedicandosi alle zone che mi dolgono maggiormente. E' davvero brava.
<< Non parlerai mai, vero? >>
Le sue mani si fermano sulla mia spina dorsale. Raddrizzo appena la testa, smettendo per un secondo di respirare. Non so cosa fare.
<< Ah, pazienza. Se questo rende tutto più interessante sei libera di farlo. >>
Questa vampira è strana. Rifletto sulle sue parole, e per la prima volta mi rendo conto di quanto debba risultare stancante affrontare la vita eterna. Sì, sarà noioso, stancante e difficile, ma in un periodo così lungo i vampiri dovrebbero essere in grado di trovare una soluzione alternativa alla loro alimentazione, imparare a controllare i loro impulsi. Invece non lo fanno.
Il pensiero di ciò che fa questa vampira che adesso mi sta massaggiando la schiena, e per la quale avevo momentaneamente provato gratitudine, mi schiaffa in faccia tutto l'odio che provo per lei e i suoi simili. Heidi si finge esperta guida turistica, si unisce agli umani, intrigante e seducente nei suoi modi di fare, li cattura col suo misterioso sorriso accativante, poi li intrappola nella reggia, provocandone la morte. E' una spietata assassina.
E il mio padrone? Lui è succube dei suoi istinti.
<< Ti fa male se ti tocco qui? >>
Scuoto la testa. Ripensandoci, Heidi merita assolutamente il mio silenzio, come tutti.

**

Heidi apre la porta, esortandomi ad entrare nuovamente nella stanza-prigione. Il mio padrone è dentro. M’immobilizzo, lo sguardo fisso sulla figura di quell’adone.
<< Salve, Edward >>, esordisce la smaliziata vampira con voce morbida, sensuale.
<< Salve, Heidi. >>
E’ serio, mi guarda. Improvvisamente vengo catturata dalla decorazione delle piastrelle del pavimento.
<< Bene, vado a svolgere il mio compito. Buon proseguimento di giornata. >>  
Sembra che la vampira abbia inserito un’insinuazione fra le righe, l’occhiata eloquente che si lancia col mio padrone chiarisce ogni mio dubbio: è ovvio che fra di loro ci sia stato qualcosa, forse un rapporto carnale tutt’ora in corso. Se così fosse perché lei dovrebbe trattarmi con rispetto, a differenza di Edward o di Jane?
<< Buona giornata anche  a te. >>
<< A domani. >>
Rivolgo un cenno di saluto alla vampira. Il mio cuore scalpita nel momento stesso in cui la porta si richiude. Sono in ansia.
Forza, è solo un’altra prova come le altre.
Edward mi fissa da capo a piedi. Sembra apprezzare la vestaglia che indosso. Già, perché per lui è bello il vestito, non io. E’ comodamente seduto sul letto, a gambe aperte, tuttavia la sua postura esprime innata eleganza anche in questa circostanza; tiene appoggiato al ginocchio destro un quaderno, mentre nella mano sinistra ha una matita. Indugio sull’angolatura delle sue gambe con gli occhi, la sua eccitazione possente è evidenziata dai jeans neri che gli fasciano perfettamente i muscoli.
Dirigo lo sguardo a terra, arrossendo. Imbarazzata, preoccupata, agitata, sprofondo nel regnante silenzio, finché un impercettibile rumore richiama la mia attenzione. Ne seguo la fonte sino ad incontrare la mano di Edward che batte sulle coperte di velluto verde. Mi scontro con le sue pupille ardenti, e il mio corpo s’irrigidisce automaticamente.
Devo raggiungerlo sul letto.
Denego col capo, facendo un passo indietro.
Tu-tum tu-tum.
<< Non ti farò del male. >>
Scruto il suo volto, turbata: ha la mascella contratta, i bei lineamenti sono induriti, ma la voce sembra accomodante.
Che aspetti? Non puoi tirarti indietro. Coraggio, vai.
Lentamente, avanzo verso il mio padrone e mi distendo sul materasso, al suo fianco. Lui volta il capo nella mia direzione e si sistema meglio, allungando una mano. La matita che prima teneva fra le dita rotola sinistramente sulle coperte. Mi ritraggo quando i suoi polpastrelli gelidi mi sfiorano una guancia. Sto tremando.
Ha deciso di passare alla fase “Accarezzo la mia bambola, perché di scoparla non ho voglia”?
Con espressione di ribrezzo cerco di negargli il contatto col mio viso.
<< Sssh… >> mormora. Solo allora realizzo che sto ansimando. Mi trasformo in una statua, sorpresa, quando mi prende la testa tra le mani e se la posa sul petto. Trattengo il respiro, stordita dal suo profumo entratomi nelle narici. Mi sta
… abbracciando?
<< Tranquilla. >>
Ho gli occhi sbarrati, non oso nemmeno chiuderli tanto è grande la paura.
Edward mi accarezza delicatamente i capelli, quasi temesse di rompermi in mille pezzi se facesse pressione con le dita. Improvvisamente sembra preoccuparsi della salvaguardia della sua sgualdrina.
Ma a poco a poco, inevitabilmente, il mio respiro si fa più profondo e le mie membra cadono vittima delle spire di Morfeo.

**

Sono di ritorno da un lungo sonno, il primo soddisfacente alla reggia dei Volturi. Allargo comodamente un braccio sul materasso, stiracchiandomi, e apro gli occhi, accolta da un misterioso silenzio. D’istinto volto la testa alla mia sinistra. Il cuore batte un colpo violento. Ad attendermi trovo Edward, pronto ad incatenare le sue pupille alle mie. E’ disteso su un fianco, ha l’espressione meditabonda, concentrata su chissà cosa. Per quello che ho imparato stando con lui, mi ero aspettata di vederlo arrabbiato, impaziente di farmi sua, al risveglio. Invece sembra sereno.  Non capirò mai cosa alberga in lui.
<< Ciao. >>
Distolgo lo sguardo, intenzionata a riservargli un ostinato silenzio. Seguo inevitabilmente il profilo del suo corpo perfetto, sino a soffermarmi sul fianco al quale tiene appoggiato il quaderno.
Non può essere.
Spalanco gli occhi, disorientata e meravigliata. Sul primo foglio, che prima era bianco, ora c’è un disegno di una figura femminile. La osservo attentamente, convinta di avere le allucinazioni, ma l’immagine che la vista mi rimanda è la stessa.
Sono io.
Edward mi ha ritratta mentre dormivo. La vestaglia  che indosso sembra fatta su misura per il mio corpo, perfettamente in sintonia colla mia carnagione, si restringe delicatamente in vita, evidenziando la curva del ventre rilassato, e mi ricade morbidamente sui fianchi; un lembo di pelle chiara e luminosa fa capolino oltre lo spacco della sottile seta azzurra, rivelando la forma armoniosa della mia coscia; ho le gambe distese. Sono io, ma sono diversa. Ho il braccio sinistro piegato sul materasso, la mano dischiusa, come se volessi afferrare quella della madre prima di addormentarmi, o quella di un angelo; i capelli sciolti mi ricadono sul fianco, ricchi di sfumature che non sapevo di possedere. Mi concentro sul viso, dai lineamenti tesi, ma gradevoli nell’insieme. Sono assopita, le mie buffe labbra  sono dischiuse e si piegano in una linea imbronciata.
Non può essere, mi ripeto.
Sono bella. Non posso essere io.
Rialzo timidamente lo sguardo, interdetta. Edward piega le labbra in un sorriso appena accennato. << Non ho resistito dal ritrarti mentre dormivi >>, spiega, mormorando parole alle quali non riesco a credere.
Quella figura a matita esprime una bellezza che non mi appartiene. E’ avvolta da un’aura che trasuda positività e austerità.
Non so come comportarmi.
Sono estremamente a disagio. Mi limito ad annuire. Il mio padrone si fa serio, un lampo di luce arcana brilla nelle sue iridi dorate. Assottiglia le palpebre, scrutandomi con attenzione. Cosa cerca di reperire dai miei occhi insignificanti?
<< Su, alzati. Usciamo. >>
Il momento di contemplazione mistica è terminato. Edward è tornato il padrone perverso ed esigente desideroso di agghindarmi a festa per farmi sua.
Scendo dal letto e inizio a prepararmi.
I suoi cambiamenti di umore mi fanno giare la testa.


<< Scusi, può venire con me un momento? >>
E’ praticamente impossibile resistergli quando usa quel tono.
Tendo le orecchie mentre sistemo il reggiseno sotto al vestito bianco. Sento un risolino eccitato.
Questa è decisamente più sicura dell’ultima.
Tolgo le scarpe col tacco dalla scatola, fissandole senza vederle realmente.
Non so perché lo faccio, ma mi metto davanti al telo coprente del camerino e lo apro appena per ottenere uno spiraglio visibile dello sgabuzzino. Sobbalzo, il sangue mi formicola nella pelle delle guance. Mi ritraggo, voltandomi contro la parete.
Edward ha condotto la sua malcapitata vittima là dentro. Li ho visti, tutti e due. E mi sono pentita di aver sbirciato.
Cerco di rimuovere l’immagine nella mia mente, di cancellarne la disgustosa presenza, ma lo shock è troppo; si è piantata davanti ai miei occhi come una diapositiva di un proiettore rotto, e lì vuole restare.
Ho intravisto Edward, girato di schiena, tenere ferma contro al muro la brunetta che ci ha serviti prima, aggredirle il collo di baci e palparle un seno selvaggiamente. L’espressione estatica della ragazza è in primo piano nella mia mente.
Mi sento colta sul fatto. Il mio padrone è ben impegnato, da come ho potuto constatare, eppure ho la sensazione che si sia accorto che l’ho spiato. Barcollo sui tacchi, tremando sulle gambe secche. Sono patita, devo mangiare di più, perfino lo specchio me lo sta dicendo.
Ma come faccio ad eccitare un vampiro? Perché non si decide a rimpiazzarmi?
Un gemito mi giunge alle orecchie, perforandomi. Il mio cuore scivola in basso.
<< Sssh… >>. Edward ha portato rapidamente la ragazza all’apice, le sta dicendo di non fiatare, o gli altri li sentiranno. So quanto lui che le conviene dargli retta, se non vuole morire.
E’ assurdo che non arrivino clienti e che le altre dipendenti del negozio non vengano a controllare nei camerini. Ma anche se accadesse, mi dico, il mio padrone saprebbe cosa fare per cavarsela: se le scoperebbe a turno, ovviamente.
Porco.
Ho un nodo alla gola, mi brucia la stomaco. Appoggio una mano contro al muro per sorreggermi.
Crudo, animalesco sesso lampo: il divertimento preferito di Edward Cullen; io non sono in grado di soddisfarlo, lui si fa le commesse mentre la sua presunta fidanzata si prova vestiti nel camerino, vestiti che freme per strapparle di dosso. Che vita soddisfacente che ho.
Mi appoggio totalmente al muro, mettendo tutto il peso del mio corpo sulle mani chiuse a pugno. Chiudo gli occhi, inspirando ed espirando, mentre odo gli ansiti della brunetta mischiarsi a quelli più bassi di Edward.
Due mesi e tre giorni.
Sono passati due mesi, tre giorni e sei ore da quando quel maledetto vampiro si è intromesso nel mio destino, salvandomi. Sì, ora – e non so perché – lo ricordo perfettamente. Edward mi ha sottratta dalle grinfie della morte per portarmi all’Inferno. Un Inferno fatto di vestiti, letti e camerini, dove si odono gemiti di godimento e si respira solo l’odore del sesso, dove gli unici sentimenti esistenti sono il dolore, l’abbandono e la paura.
Ma la punizione più grande inflittami è che adesso, dopo ciò che ho visto, mi sento vuota.

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Capitolo 5
*** Piangerai ***



Piangerai

Edward mi scorta lungo il corridoio tenendomi per un braccio. Di tanto in tanto ci imbattiamo in un vampiro incappucciato che lo saluta e mi rivolge occhiate ermetiche. Vengo trascinata in una camminata che assieme ai battiti del mio cuore si fa sempre più spedita e accelerata, con la consapevolezza di ciò che accadrà nel giro di pochi minuti. Quando il mio padrone ha fretta, ha voglia di fare sesso. Mi spavento nell’udire un basso ringhio fuoriuscire dalle sue labbra. Allungo il passo cercando di mantenere l’equilibrio senza il suo aiuto, ostacolata dai tacchi alti delle decolté; non sono mai stata capace di reggermi decentemente in piedi.
Edward mi attira bruscamente a sé, facendomi cozzare contro al suo petto.
Non l’ho mai visto così eccitato, ha l’aria corrucciata, e prende rapidi respiri come fa solitamente quando…
Sussulto udendolo ringhiare un’altra volta, poi improvvisamente capisco il motivo della sua agitazione: una figura incappucciata che spicca nel corridoio rispetto alle altre per l’immensa stazza ci sta venendo incontro.
<< Bentornati. >>
Non è la prima volta che sento la sua voce. Edward continua a camminare, senza rispondere, e io non posso fare altro che seguirlo.
<< Come sta la tua… come dire… >>
Edward inspira profondamente, fermandosi. Lo osservo con la coda dell’occhio. Ha assottigliato le palpebre, ma non ha l’espressione arcana che aveva poche ore fa quando mi ha detto di avermi disegnata: è concentrato. E irritato.
Cosa diavolo vuole da noi questo energumeno? So che Edward si sfogherà con me se lui lo farà arrabbiare.
Percepisco lo sguardo del vampiro cambiare obbiettivo, nonostante il cappuccio grigio gli schermi il viso. Rabbrividisco, preda di un crescente disagio.
<< Anzi, lo chiedo direttamente a lei: come stai, ragazzina? >>
Abbasso il capo e, incapace di trovare altro rifugio, lo nascondo dietro al braccio del mio padrone.
<< Sta bene, Felix >> gli risponde Edward.
Ecco chi è.
Il silenzio mi fa ribaltare lo stomaco.
<< Davvero? E lei non può dirmelo? >>
E’ una fortuna che io non sappia leggere il pensiero: a pelle percepisco una pericolosa ostilità nei miei confronti provenire da Felix mentre mi sottopone ad un’oscura indagine.
Sono consapevole che uno solo fra i due vampiri che ho accanto non mi vorrebbe morta.
<< Uhm… Non sei di chiacchiere oggi. >>
Edward s’irrigidisce; ha gli occhi spalancati, deve aver letto qualcosa di sgradevole nella mente di Felix. Benché  quest’ultimo sia più alto di lui di almeno tutta la testa, non sembra per nulla intimidito, anzi, si lascia sfuggire un ringhio d’avvertimento.
Ma Felix continua il suo gioco, imperterrito: << Non vuoi proprio dirmi qual è il tuo nome? >>
Il mio nome. Cosa diamine ha di così importante il mio nome?
<< Dobbiamo proprio andare, Felix. >> Il mio padrone ha quasi abbaiato l’ultima parola.
Lui scuote la testa. << E va bene. Vi lascio ai vostri… lavori. >>
I muscoli del viso di Edward si tendono, rendendolo spaventoso.
Andiamocene. Subito.
Felix indietreggia teatralmente per lasciarci passare. Il mio padrone fatica a mantenere un’andatura umana e solo quando raggiungiamo la sua stanza pare rilassarsi un poco.
<< Non lo devi guardare >>, mormora in un sussurro appena udibile. Mi sospinge dentro alla camera richiudendo la porta con un colpo secco. Non mi volto, aspetto che sia lui a fare la mossa successiva. Edward fa scorrere la mano che ha appoggiato sulla mia schiena, lento e voglioso.
Vorrei poter reagire.
E’ silenzioso, dal suo respiro non percepisco più l’impazienza e l’eccitazione.
<< Non lo devi guardare mai più >>, ripete con decisione.
Una bolla di fuoco affonda nel mio stomaco. Edward inspira profondamente col viso immerso nei miei capelli, cingendomi la vita con le braccia. Sono prigioniera dell’algido seduttore. Trattengo il respiro, spaventata dal suo imprevedibile comportamento. Non ho nemmeno visto il volto di Felix, come può essere così ossessionato?
Il suo profumo mischiato al mio illanguidisce a poco a poco la mia mente.
Forse, anche se potessi, non ci riuscirei. Non ci riuscirei a reagire.
Edward inspira ed espira, sfregando la guancia marmorea contro la mia. Ho la pelle d’oca, ma non appena lui posa le labbra sul mio collo e le dischiude, la bolla di calore nel mio petto cresce. Edward mi solletica lentamente col naso, mi stuzzica con la punta della lingua, mi stringe contro ai suoi addominali perfettamente modellati. Per lui sono come la ragazza di cui ha approfittato a suo uso e consumo poche ore fa. L’umiliazione e il disgusto sono tutto ciò che riesco ad avvertire addosso oltre alle sue mani.
<< Mia. >>
L’angoscia mi attanaglia. In quella parola dal suono roco e morbido il mio padrone ha preannunciato l’irreversibile destino che incombe sulla mia esistenza.
Con una mano risale fino al mio seno, ne afferra uno a coppa e vi muove le dita intorno.
Il mio corpo ha sempre reagito con repulsione di fronte ai suoi gesti spudorati, invece ora non è successo. I miei capezzoli si sono inturgiditi, comunicandomi il piacere provato nell’essere toccati.
Non me lo so spiegare. Ho appena realizzato di non essere più padrona nemmeno del mio corpo.
Edward si dedica al mio collo, baciandomi come se da ciò dipendesse la sua non-vita, attento a non trascurare un solo lembo di pelle, senza smettere di torturarmi il seno.
Deglutisco, fissando il muro. E’ incredibile quanto una parete riesca a sembrarmi confortante quanto un’amica.
<< Per sempre >> soffia sul mio viso.
Smette di baciarmi, toglie la mano dal mio seno. Il pizzo del reggiseno inizia a darmi fastidio.
Sento le ciocche dei miei capelli scivolarmi lungo la schiena, Edward le ha spostate per non avere intralci. Rabbrividisco nuovamente quando mi sfila la spallina del vestito. Non oso muovere la testa di un solo centimetro per guardarlo in faccia. E’ il passaggio delle sue labbra nell’incavo fra il collo e la spalla a farmi emettere un impercettibile sospiro.
Spalanco gli occhi, scioccata, rendendomi conto solo allora di averli chiusi. Cosa ho fatto? Come ho potuto lasciarmelo sfuggire?
Il mio padrone lo ha sentito; esita per qualche secondo, poi riprende a baciarmi, proseguendo la sua discesa colle labbra. Probabilmente lo ha interpretato per un sospiro di rifiuto, quel rifiuto che non posso permettermi.
… Sì, è per questo che ho sospirato. Perché non posso impedire a questo vampiro perverso di toccarmi, di violarmi e di farmi del male.
Ora che mi sono ripresa, ora che le ossa non mi dolgono in maniera insopportabile, gli sono tornata utile. Ora si è ricordato chi sono e a cosa gli servo.
Una piccola goccia di liquido mi scivola nella scollatura del seno. Cerco di reprimere le altre lacrime formatesi ai lati delle ciglia. Mi mordo il labbro superiore, incapace di spegnere le fiamme che mi stanno bruciando i capezzoli nel percepire l’eccitazione del mio padrone farsi sempre più insistente, spingersi sempre più contro di me.
Edward mi slaccia il fiocco del vestito con movimenti secchi e decisi, prendendosi tutto il tempo che desidera fino a farmi rimanere con la schiena completamente nuda. Vorrei nascondergliela alla vista, mi vergogno dei lividi, della sottile peluria che la ricopre, di quei due piccoli brufoli che ho notato poche ore prima specchiandomi nel camerino. Sono orrenda. E lui ne gode.
Rabbrividisco, pervasa da un’incontrollabile, violento formicolio: Edward mi sta accarezzando la schiena con le mani, da cima a fondo, esplorandola in ogni suo difetto. Mi lascio scappare un gemito di dolore quando mi sfiora un livido col pollice.
<< Mi dispiace. >>
Smetto di respirare, raggelando ancor più di quanto ho già fatto. Le sue labbra depositano un impercettibile bacio sul punto dolente, agendo come una crema. << Mi dispiace >>, mormora ancora.
Non è vero. Non ci credo.
Non posso crederci, è solo un gioco. Un nuovo modo per divertirsi meglio, un nuovo condimento nelle sue avventure col mio corpo.
Sussulto spaventata, ritrovandomi improvvisamente adagiata sul letto. Il mio padrone è su di me, gli occhi spalancati, pieni di collera e lussuria fissi nei miei. Inorridisco, non ho mai avuto paura di lui come ne sto avendo adesso, forse nemmeno la prima volta che mi ha violentata.
<< Toglimela. >>
E’ un ordine. Un ordine che non ho compreso per il troppo panico.
<< Toglimela! >> ringhia, afferrandomi per i polsi.
Tremante da capo a piedi conduco le mani sui bottoni della sua camicia, ma non riesco a sfilarglieli perché muovo troppo le dita.
Calmati, calmati.
In un istante di puro impeto Edward si strappa la camicia di dosso riducendola in brandelli e costringe i palmi delle mie mani sul suo torace, mi alza il vestito su per le cosce e prima ancora che io possa vederlo slacciarsi la cintura dei pantaloni e sfilarmi le mutandine è già entrato in me. Gemo di dolore, gli occhi spalancati sul soffitto. Questa volta non si controllerà, sta già facendo troppo male. Scuoto il capo sui cuscini, piangendo disperata, urlando. Lo artiglio per le spalle, lo graffio. Deve fermarsi.
Le fitte mi stordiscono, colpi di lancia affettati che affondano in me, sempre più in profondità, sempre più veloci.
No, no! No, per favore, no!
<< Mi dispiace. Mi dispiace… >> freme Edward, il volto una maschera sfigurata dal dolore e dal piacere. E’ un mostro. E’ maniaco. Folle e perverso.
<< Mi dispiace… Mi dispiace… >>
Poi un gemito soffocato, un tremito che lo scuote.
E’ finita.
Ma io continuo a respirare affannosamente, a piangere col viso affondato nei suoi capelli, a graffiargli le spalle.
Voglio fargli del male, in qualunque modo, nella minima parte che lui ha appena fatto a me. Ma il dolore è stato talmente potente che non riesco più a muovermi né a continuare a gemere. Gli occhi mi si chiudono. IL buio inaspettato mi investe, calando il sipario sul mio viso, e tutto scompare.




Spazio dell’autrice: eccomi, sono tornata. Finalmente il mio pc è stato riparato!

Perdonate il capitolo striminzito, è che non ce la facevo più a lasciarvi a bocca asciutta, così ho deciso di pubblicare subito il primo pezzo. Tuttavia, anche se corto, vi permette di intuire qualcosa di molto importante ;) 

Spero di riuscire ad aggiornare con regolarità nei prossimi giorni. Un bacione a tutti! ;) 

P.s. Grazie per il sostegno, l'entusiasmo e le domande che fate!! Più vi esponete e più mi rendo conto che siete curiosi di scoprire. Mi dispiace di non potervi rispondere subito, in fondo che senso avrebbe se lo facessi? :D


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Capitolo 6
*** Ti troveranno ***






Ti prenderanno







Cammino rapidamente, incurante della destinazione. L’aria che si respira è quella tipica delle serate primaverili, ma c’è qualcosa che mi ostacola nella ricerca della tranquillità.
Non guardo indietro, sono troppo impegnata a sfogarmi con me stessa per accorgermi delle ombre proiettate sulla stradina.
Credevo che mi avrebbe fatto piacere veder tutti prendere i preparativi alla leggera, invece non è stato così. Mi sento vuota, messa da parte, dimenticata.
Che cosa mi aspettavo?
Non volevo una super cerimonia, certo, ma nemmeno che tutti ne parlassero come se si trattasse di un giorno qualunque.
Ho voglia di andarmene e le mie gambe mi sembrano più che sufficienti come mezzo di trasporto, vista la determinazione che ho nel volerlo.
<< Dov’è? >>
Una voce. La voce di un uomo.
Velocizzo il passo.
<< Eccola! >>
Il rumore di uno sparo.
Istintivamente, senza rendermene conto, inizio a correre. L’unica fonte di luce nel parco sono i lampioni posti ai lati della stradina, le stelle sembrano essere state risucchiate da un velo nero. Ce la metto tutta per distanziarmi dai miei inseguitori, ma so che non potrò farcela, non sono mai stata brava nella corsa.
Non è possibile. Ci sono persone che mi vogliono morta. Uomini che in questo momento mi stanno inseguendo armati di fucile.
No, non può essere.
L’aria mi graffia i polmoni, i respiri che prendo mi lacerano la gola, ma nonostante il crescente bruciore continuo a correre.
<< Non deve scappare! >>
La paura mi fa acquistare una nuova velocità. Non riesco a sentire il mio corpo, percepisco solo lo scalpiccio di più paia di piedi sulle mie tracce. A quest’ora dovrei essere già stramazzata al suolo con un proiettile piantato in testa, invece sono ancora viva, ancora in fuga, disperata a tal punto da non potermene rendere conto. La realtà non è come i film.
<< E’ la! >>
Trovata.
La realtà è un infinito susseguirsi di secondi, attimi inafferrabili e spietati. Uno schiocco di dita, un battito di ciglia, niente di più. Questa è la vita. La vita è quella cosa fragile ed effimera che neppure quando te la stanno strappando via è in grado di farti percepire il suo profondo significato, che senso, o che valore abbia. Sto per morire, eppure nessuna immagine mi sta trapassando la mente, se non quella dei miei piedi che calpestano l’erba e si lanciano in una disperata ricerca di salvezza. Dov’è il mio film?
Un altro sparo. Un tuffo al cuore.
Il parco si sta oscurando, la luce sta svanendo lentamente, risucchiata dal buco nero del cielo. E a poco a poco l’angoscia mi sta inviluppando.
Poi un dolore distruttivo, mille lame a grattarmi la pelle della schiena e a strapparmela di dosso. Inarco la testa verso l’alto, il respiro mozzato.
Mi hanno sparato.
Non fa male come mi ero immaginata.
Raddrizzo il capo, tornando alla realtà. Sono in… Chiesa?
Coraggio Bella, fai un respiro profondo e cerca di capire cosa ti sta succedendo.
Oh no.
No, no…
Indosso un lungo abito color perla, ho i capelli legati in un sontuoso chignon e centinaia di persone mi stanno fissando. Faccio scorrere lo sguardo sui loro volti, meravigliati, sorridenti, curiosi, impazienti; sono tutti concentrati su di me.
E’ il giorno del mio matrimonio. L’uomo col quale ho deciso di passare il resto della mia vita è di fronte a me, in fondo alla sala, che aspetta di diventare mio marito.
Non ho emozioni, o forse ne ho talmente tante che il mio corpo le ha sigillate da qualche parte per il timore che io scoppi nel tentativo di stiparle tutte.
Alice mi aveva detto che alla fine ce l’avremmo fatta. Io ne le avevo creduto.
E ora eccomi qui.
Tre giorni. Tre giorni per organizzare un matrimonio al quale nessuno aveva dato peso.
Liscio il bustino dell’abito e alzo lo sguardo, fiera, radiosa, colla consapevolezza di essere la donna che non potrò mai più essere in tutta la mia vita.  


**


<< Ti è dato completamente di volta il cervello. >>
<< Forse. >>
<< Noi non ti riconosciamo più. >>
<< E se ti dicessi che non mi avete mai conosciuto? >>
<< Inizieremmo a farlo da adesso… Il che porterebbe a conseguenze imprevedibili. >>
Il vampiro tace ciò che a parole non vuole esplicare.
<< Non la trasformerò. >>
Perdo un battito. Qualcosa in me scalpita e s’affanna per avvertirmi del rischio che sto correndo.
<< Devi farlo, Edward. Non sopravvivrà. >>
<< Sbagli. >>
Tremo, scossa dalla vibrante certezza di quella parola.
<< Ricordati che è il pensiero che sai leggere, non il futuro. >>
<< Appunto, tienilo a mente. >>
Un’improvvisa euforia prende il sopravvento sul mio autocontrollo. La speranza si riaccende, dalla fioca fiammella che ne era rimasta divampa un fuoco avvolgente. Mi sento come se una forza superiore mi stesse guidando, fiduciosa, inarrestabile, verso la luce. Verso la fine dell’incubo.
Qualcosa mi dice che i vampiri non mi sentiranno. Non si accorgeranno che me no sto andando, troppo impegnati a discutere.
Esco di soppiatto dalla camera, lottando con le mie emozioni per impedire al loro violento risveglio di tradirmi nella fuga. Ho visto l’entrata della reggia dei Volturi una sola volta, quando sono stata portata qui, ma ricordo quel giorno come se fosse accaduto ieri. Non saranno i limiti della memoria umana a fermarmi: contro di essi c’è la mia vita, in gioco.
Improvvisi stralci del mio passato riaffiorano a graffiarmi la mente, dolci e taglienti, decisi a farmi assaporare la vita che ho perduto. Quella  vita che non mi piaceva e che solo dopo averla perduta ha svelato la bontà del suo sapore.
Sto percorrendo il corridoio che il mi-
No… io non ho un padrone.  
… che Edward mi obbliga a percorrere quasi tutti i giorni per portarmi nei più lussuosi negozi di abiti. Nessun vampiro in vista.  Forse sono diventata invisibile. Ecco spiegatosi il misterioso calore sprigionato dal mio corpo che mi infonde coraggio.
E c’è una forza fisica, che non ha mai fatto parte di me, a guidarmi. Una forza che mi fa compagnia da quando mi sono svegliata. Sono agile e decisa come una pantera scappata dallo zoo che non ha paura di essere presa. E’ merito di Dio?
Chi altro potrebbe aiutarmi  a fuggire da un palazzo sotterraneo abitato da vampiri senza essere vista o sentita?
Ma è ancora troppo presto per cantare vittoria. Il labirinto di corridoi è privo di possibili nascondigli, se spuntasse un vampiro non farei nemmeno in tempo a dire “A”, perché ora Edward non c’è.
Percorro il lungo tappeto rosso, colla strana sensazione di averlo calpestato in un’altra vita. Non capisco cosa mi stia succedendo. Che mi abbiano fatto qualcosa quando sono svenuta con Edward ancora dentro di me? Deglutisco per la repulsione, scacciando le immagini che mi hanno aggredita al solo pensiero.
Me ne sto andando, bastardo.
La luce bluastra di due  torce appese al muro illumina una porta di legno intarsiato che non ho mai notato prima. Una voce interiore mi intima di non perdere tempo ad indugiare, così la oltrepasso, affidandomi al mio sesto senso.  Il cuore in gola, realizzo di essere ancora molto lontana dall’ingresso ai sotterranei. Mi metto a correre, bisognosa di allontanarmi al più presto dalla maledetta camera in cui vengo relegata. I miei piedi paiono di velluto.
Questo luogo è tutto un susseguirsi di porte e torce blu. Tetro, freddo, arcano. Alieno.
Ora più che mai so di non appartenergli.
No.
Mi fermo, le mie speranze si sgretolano e scivolano via come sabbia spazzata dal vento. E’ bastato un attimo.
C’è qualcuno che mi sta venendo incontro.
No!
L’inspiegabile tepore dal quale ero avvolta scompare. Faccio dietro front, disperata.
Sobbalzo. Ce n’è un’altra. Un’altra figura incappucciata. Indietreggio, tremando da capo a piedi, le lacrime mi pizzicano prepotentemente le ciglia.
E’ stato troppo facile. Ma solo per colpa mia, per colpa della mia illusione di poter evadere da questo palazzo maledetto.
Edward, dove sei?
Stupida, patetica Bella. Non è forse meglio morire?
Continuo ad indietreggiare, senza osare scoprire quanti passi mi separano dalla figura incappucciata che è alle mie spalle. Tengo gli occhi fissi in quella che ho di fronte, che da l’impressione di levitare a pochi centimetri da terra, il volto cereo appena visibile da sotto il cappuccio scuro.
<< Facevi un giro? >>
Il mio cervello registra all’istante la proprietaria di quella voce azzurra e falsamente cordiale: Jane, l’inquietante vampira dalle fattezze angeliche, quella che mi portava il pranzo in camera pretendendo di sentire la mia voce. Mi sforzo di annuire, incapace di smettere di tremare.
Uccidimi. Ora. Fai finire tutto.
La vampira si ferma a pochi metri di distanza da me. Volto la testa di scatto e realizzo che la figura incappucciata che avevo vista prima non era altri che lei; mi deve essere passata davanti a velocità fulminea per sorprendermi da dietro.
<< A quanto pare ti sei ripresa. Ma dov’è il tuo padrone? Di solito non ti permette di uscire da sola… >>
In lunghi, dolorosi, terrificanti mesi mi sono abituata al silenzio al punto da non ricordare più come si faccia a parlare. Vorrei dire qualcosa, ma un pulsante invisibile preme sullo stop, bloccandomi le parole in gola.
Jane fa un risolino fanciullesco, scoprendo il pallido volto incorniciato dai corti capelli biondi. << Credo che dovrò ucciderti. >>
Raggelo, condannata a guardarla dritto negli occhi, incatenata alle sue demoniache iridi cremisi. Non può farmi del male col suo potere, ma può prosciugarmi fino all’ultima goccia di sangue.
Charlie, Alice, Jasper, addio.




Spazio dell'autrice: non mi piace com'è uscito questo capitolo, ma lo pubblico lo stesso, non ho intenzione di fermarmi ;) Lascio a voi il diritto di giudicare. Per chi ha già letto qualcosa di me, sa che creo scenari difficili da inquadrare, quindi ci è abituato, per chi invece non lo sa: portate pazienza.
Cosa succederà a Bella, adesso?
Ringrazio tutti del sostegno, e mi scuso se non rispondo a tutte le recensioni, preferisco mostrarvi la mia gratitudine qui, a meno che non abbiate domande specifiche da rivolgermi.
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Deflagrazione ***



Deflagrazione


Ho un coltello in mezzo alle gambe. Sto andando a fuoco. Il mio cuore palpita in dissonanza, impazzito. Apro gli occhi, non vedo quasi niente, ma sento: c’è odore di sesso.
Jane è sparita, non mi ucciderà.
Era tutto un sogno.
Mi sono svegliata da un incubo per riprendere quello che ho interrotto nella camera del mio padrone. Le ultime immagini, frammenti di crudi ricordi vividi, che ho visto prima di svenire si fanno strada in me. Le lacrime che stanno sgorgando dai miei occhi non basteranno mai a farmi guarire.
Perché sono ancora viva? Che importanza ho, adesso?
<< Perdonami. >>
Un’ondata di odio acuto, fitto, intenso, travolgente mi attraversa da parte a parte non appena odo quella voce. Mi rizzo a sedere e inizio a gridare. Non importa se mi si squarceranno i polmoni, tanto ormai sono da buttar via.
Voglio farlo affogare in tutto il dolore e la disperazione in cui lui mi ha gettata. Gli graffio il volto di pietra con le unghie, tra le grida incontenibili, accompagnata dalla devastante consapevolezza che se sopravvivrò non sarò mai più la stessa.
Lui non si muove, non parla, non mi ferma, lascia che io gli percorra l’intero volto con le unghie.
Perdono. Perdono? Con che coraggio me lo ha chiesto? Con quanta crudeltà si è fatto trovare seduto sul bordo del letto ad aspettare che mi risvegliassi?
Porco! Animale! Mostro! Assassino!
Aveva ucciso la mia umanità, privandomi di tutto.
Tutto.
Mi aveva spogliata completamente.
Nessuno sarebbe intervenuto per allontanarmi da lui. Lui non mi avrebbe mai più violata. Sarei riuscita a scalfire il granito della sua pelle e a farlo soffrire, a furia di graffiare.
I suoi occhi color topazio sono aperti, immobili, le iridi  penetranti, velate da un miscuglio indecifrabile di… sentimenti? Questo essere prova dei sentimenti? In passato posso averlo ponderato, ma ora non ho dubbi: ne ha provati quando sono svenuta tra le sue braccia, mentre le costole mi si spezzavano sotto il suo peso e l’inferno si scatenava in mezzo alle mie gambe?
No.
Non riesco nemmeno a dar voce alle mie emozioni. La verità è che ho dimenticato come si faccia, il nodo che ho in gola è indistruttibile, la catena che imprigiona la mia voce non si può spezzare.
Tengo i miei occhi imperlati di lacrime puntati nei suoi, come per sfidarlo, nella speranza che il mio stato d’animo riesca ad attraversare il suo corpo e lo soffochi. C’è qualcosa in quelle iridi ostinatamente dilatate. Qualcosa che risveglia un ricordo distante mille anni luce.
Vorrei chiedergli “Perché mi hai salvata quel giorno? Perché hai scelto me per i tuoi giochi erotici? La tua incontrollata lussuria è l’unica ragione per la quale ti servo? Dietro la tua crudeltà si cela un secondo fine?”
Poi lo fa. Mi ferma. Edward afferra le mie mani e le richiude, tremanti, fra le sue.
<< Sembra che tu abbia recuperato le forze. >>
Continuo a fissarlo, sconvolta. Il suo splendido volto demoniaco è privo di segni, una pietra perfetta, pallida e tenebrosa.
<< Non ti toccherò mai più... Mai più. >>
Gli sputo. Mantengo un’espressione torva di profondo astio. Percepisco il livore inciso nel mio viso tirarmi la pelle.
<< Me lo merito. >>
Non riesco a smettere di tremare. Strattono le braccia perché lasci andare le mie mani, il contatto col suo corpo freddo è insopportabile. Ho la nausea, vorrei vomitargli sulla lucida camicia nera.
Edward molla la presa, distoglie lo sguardo e inclina il capo.
Ho il fiatone, il petto mi si alza e riabbassa rapidamente. Come macchie d’inchiostro scagliate in pieno viso orrende visioni delle innumerevoli volte che il mio padrone mi ha violata colpiscono l’occhio della mia mente con deflagrante intensità.
Perché? Perché io? Sono come una droga per lui?
Edward torna inaspettatamente a guardami negli occhi. Lo sguardo mi ricade sulla linea violacea delle sue labbra, labbra algide e dissolute che mi hanno lambita in ogni parte del corpo e hanno dissacrato la mia verginità. Non c’è niente che potranno dire per discolparsi.
Mi sento circondare dalle sue braccia e inevitabilmente aderisco al suo petto. << Sei la mia qualità preferita di eroina. >>
Lo ha detto. In un roco sussurro riarso di desiderio. Ha risposto alla mia muta domanda. Lui non può leggermi il pensiero, forse aveva solo voglia di dirmelo.
<< Ma non può continuare. Non più. >>
Avvicina il suo viso al mio orecchio. Le nostre guance si sfiorano. << Devo lasciarti andare. >> La sua voce è appena udibile, scivola lieve come un sottile filo di seta dentro di me. Rabbrividisco, sia per il freddo che per lo shock.
Andare?
Come?
Dove?
<< Ma tu dovrai resistere. >>
Spire caustiche di paura mi si attorcigliano addosso.
Resistere a cosa?
Edward mi sfiora il lobo e sospira. << Dovrai resistere fino al giorno in cui ti lascerò andare. >>
Il mio cuore pulsa violento contro al suo petto. In quel momento realizzo che il dialogo fra il mio padrone e uno sconosciuto vampiro è avvenuto realmente. Devo averlo udito mentre ero prossima al risveglio.
<< Temevo che non volessi più svegliarti. Hai dormito profondamente per tre giorni. >>
Non è possibile.
Edward si discosta da me, accortosi che sto tremando. << Stenditi. Chiamerò Jane perché ti porti da mangiare. >>
No!
Non voglio più sentir nominare quella vampira. Scuoto la testa, supplicante.
<< Tranquilla. Ho promesso che non ti farò più del male. >>
Stupido. Non ha capito. D’istinto poso la testa sul suo torace e mi aggrappo alla sua camicia con le dita. Lui s’irrigidisce. Al pensiero di Jane e dell’incubo che ho fatto il profumo del mio padrone acquista quel senso di familiarità rassicurante che nient’altro ha quaggiù.
Lentamente, mi abbraccia.
E’ assurdo. Due minuti prima volevo sbrindellargli la faccia, ora mi sto avvinghiando a lui perché non voglio che se ne vada.
<< Ti prego. Dimmi il tuo nome >>, sussurra. Sembra dolente, sul punto di essere torturato.
Può una qualunque creatura provare desideri così forti?
Chiudo gli occhi, appoggio la guancia alla superficie marmorea della sua pelle e soffio la prima parola dopo mesi. << Isabella. >>

Spazio dell’autrice: okay, è un vero schifo. Ma volevo pubblicarlo! Scusatemi, vado di fretta e devo scappare. Lo so lo so, fa schifo, ma mi farò perdonare!! Vi preannuncio che ho in mente una nuova long fiction di Twilight molto particolare ;) Alla prossima, vi adoro!! 

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