Un passato dimenticato

di Strega_Mogana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***
Capitolo 3: *** Cap 2 ***
Capitolo 4: *** Cap 3 ***
Capitolo 5: *** Cap 4 ***
Capitolo 6: *** Cap 5 ***
Capitolo 7: *** CAP 6 ***
Capitolo 8: *** Cap 7 ***
Capitolo 9: *** Cap 8 ***
Capitolo 10: *** Cap 9 ***
Capitolo 11: *** Cap 10 ***
Capitolo 12: *** Cap 11 ***
Capitolo 13: *** Cap 12 ***
Capitolo 14: *** Cap 13 ***
Capitolo 15: *** Cap 14 ***
Capitolo 16: *** Cap 15 ***
Capitolo 17: *** Cap 16 ***
Capitolo 18: *** Cap 17 ***
Capitolo 19: *** Cap 19 ***
Capitolo 20: *** Cap 20 ***
Capitolo 21: *** Cap 21 ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO

PROLOGO

 

"Quando in cielo una luna rossa splenderà
ed una bambina di sangue blu nascerà
il destino della terra si compirà.
Entro la diciassettesima primavera la terra e la luna
unite per sempre saran.
L’unione proibita ostacolare si dovrà
altrimenti una terribile maledizione sul regno di
abbatterà.”

 

Tre sacerdoti con lunghe vesti argentate stavano camminando in cerchio attorno al vortice della conoscenza cosmica. Reggevano in mano i tre bastoni della sapienza e leggevano il destino dell’universo. 

La porta della stanza delle visioni si aprì di colpo, una figura nera entrò infuriata da quelle parole enigmatiche che i tre vecchi decrepiti in camicia da notte ripetevano da sei lunghe, angosciose e interminabili settimane.

I tre sacerdoti continuavano a camminare borbottando la profezia, ignorando deliberatamente la figura che era apparsa o, forse, non accorgendosi neppure della sua presenza... agitando i magici bastoni sopra il vortice, cercavano la chiave di quella rivelazione.

L’uomo, sui venticinque anni, era molto alto, i capelli neri e ricciuti fino al collo. Occhi verdi e profondi osservavano i vecchietti, che sembravano voler ignorare la sua presenza, anche se era certo che lo avevano sentito entrare.

La sua aura era molto potente ed era impossibile non avvertirla.

Improvvisamente una rossa luce abbagliante comparve nella stanza… la figura nera ghignò nell’ombra… la profezia si stava avverando.

Quello che il signore oscuro di quel pianeta, il sommo Zoldan aveva atteso pazientemente per secoli… Ed infine il momento da lui tanto atteso e bramato era finalmente giunto…

- Nessuno mi fermerà… L’universo sarà mio…- disse ridendo perfidamente.

 

Intanto, su un pianeta azzurro…

- Mio re… è nata… E’ una bambina bellissima…- disse la levatrice al suo signore, felice ed imbarazzata.

Il re era un uomo molto bello, ma incuteva allo stesso tempo molto rispetto.

- Vengo subito, Alina… - disse l’uomo scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte con un gesto stanco, congedando la donna che, dopo aver dato un’ultima occhiata al suo signore si ritirò silenziosamente.

- La luna è rossa… Ed è nata una femmina… La profezia si avvererà! Cosa facciamo?- chiese un uomo anziano con una folta barba bianca e gli occhi grigi guardando il sovrano senza timore.

- Aspettiamo Chronos… Aspettiamo… - disse il re avviandosi verso le stanze della regina.

- Lothor… Il tempo stavolta non sarà dalla tua parte… Il destino è già scritto…- disse Chonos prima di sparire nel nulla.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Cap 1 ***


C’era una volta, in un regno lontano lontano

C’era una volta, in un mondo fatato lontano lontano... un piccolo regno dove il re e la regina avevano due bellissimi bambini.

Il principe era molto bello e ammirato da tutte le ragazze del suo regno. Era forte, coraggioso e pronto a tutto pur di salvare il suo regno.

Anche la principessa era molto bella e corteggiata dai principi dei regni vicini, ma lei non amava la vita di corte, si sentiva in gabbia, intrappolata tra regole e comportamenti ferrei da seguite, tabelle di marcia frenetiche, non aveva mai tempo per coltivare i suoi sogni o, semplicemente, per fare una lunga cavalcata nei boschi.

Un giorno la principessa conobbe un bellissimo soldato di un regno vicino e si innamorarono, l’amore era forte e i due presto capirono che il loro futuro era restare insieme per sempre.

Quello che nessuno sapeva era che un principe di un regno lontano e sconosciuto, aveva notato la principessa durante uno dei suoi viaggi e se n’era innamorato immediatamente, a prima vista. Quando tornò nel suo regno desolato e tetro, il suo unico desiderio e pensiero era quello di chiedere la mano a quella bellissima e dolcissima principessa. Tornò nel regno deciso a dichiararsi ma quando vide che la sua amata stava per sposare un altro uomo, tutto l’amore che aveva nel cuore si tramutò in puro odio e decise di vendicarsi di quella donna che gli aveva spezzato il cuore...

Iniziò così una lunga guerra tra il bene e il male, il principe non volle sapere di ritirarsi e minacciò di distruggere l’intero pianeta se la principessa non lo avesse sposato...

 

La campanella destò i bambini del secondo anno d’asilo da quel torpore che li aveva avvolti da quando la loro maestra si era seduta sul tappeto per raccontare una delle sue meravigliose storie.

- Oh com’é tardi. – fece la maestra alzandosi in piedi – I vostri genitori arriveranno tra qualche minuto, forza andate a prendere le vostre cose.

Un mormorio generale di disapprovazione si alzò dai bambini ancora seduti a gambe incrociate con gli occhietti sognanti.

- Andiamo bambini, riprenderemo la storia un altro giorno. – sorrise guardandoli con un lieve sorriso.

Sbuffando i piccoli si alzarono e si diressero ai rispettivi appendiabiti per prendere i cappotti.

Una piccola bambina dai lunghi capelli castani tirò il grembiule della maestra.

- Maestra Usagi...- disse timidamente succhiandosi il pollice.

Usagi abbassò lo sguardo e sorrise, si abbassò all’altezza della bambina e le tolse dolcemente il pollice dalla bocca.

- Le signorine non si succhiano il pollice. – le disse accarezzandole la testa – Cosa c’é tesoro?

- La principessa non lo sposa il principe cattivo vero?

- Tu vuoi che lei sposi il soldato?

La piccola annuì vigorosamente.

- L’amore trionfa sempre Joey, ricordalo.

Soddisfatta la bambina corse verso il suo cappottino rosso sotto lo sguardo divertito di Usagi, ormai grande e adulta.

La donna guardò ancora per qualche istante la sua classe, poi si alzò e si guardò la fede che portava al dito da poco più che un anno.

- Già..- mormorò ricordato tutto quello che aveva passato fin da quando aveva quattordici anni – l’amore trionfa sempre.

 

***

 

Un giovane medico stava tornando a casa dopo una giornata di lavoro particolarmente faticosa. Camminava velocemente cercando di arrivare tra le braccia della sua mogliettina il prima possibile, le era mancata tanto durante quella giornata, fare il medico era un lavoro duro soprattutto quando sembrava che l’intero genere umano avesse deciso di morire tutto in solo colpo e, per di più, durante il suo turno.

Si fermò davanti alla vetrina di una pasticceria guardando tutti i dolci esposti, i suoi pensieri volarono immediatamente all’espressione che avrebbe avuto Usagi se li avesse visti. Sorrise ed entrò deciso a dimenticare quell’interminabile giornata lavorativa.

Entrò nel palazzo visibilmente contento, i malesseri e i malumori furono dimenticati del tutto, ora sperava solo in una romantica e rilassante serata con la donna della sua vita.

Entrò in ascensore e premette il pulsante, mentre le porte si stavano chiudendo Mamoru sentì la voce di una donna. 

- Aspetti!

Velocemente il ragazzo mise una mano tra le porte facendole riaprine, una donna dai lunghi capelli neri entrò di corsa.

- Grazie..- ansimò appoggiandosi alla parete dell’ascensore.

- Piano?- chiese Mamoru gentilmente.

- Quinto.

Mamoru premette il pulsante e focalizzò la ragazza, non ricordava che accanto a lui e Usagi ci fosse una nuova inquilina, poi ricordò che il vecchio proprietario del 5-C era deceduto da qualche mese e i famigliari avevano venduto l’appartamento. Probabilmente lei era la nuova vicina.

- Piacere, - fece Mamoru porgendole la mano – sono Mamoru Chiba.

La ragazza alzò lo sguardo e fece un sorriso.

- Haruna Ishizaki, piacere mio. – e gli strinse la mano.

Accadde tutto in un attimo, Mamoru sentì come una scarica di energia pura arrivare da quella lieve stretta, una strana sensazione si impadronì di lui.

Haruna... questo nome gli suonava, stranamente, famigliare.

Mamoru la osservò per qualche secondo, non doveva esser molto più grande di Usagi, anzi probabilmente erano coetanee, aveva lunghi capelli neri che le arrivavano fino a metà schiena, anche gli occhi erano azzurri come l’oceano ed altrettanto profondi, la pelle era chiara e sembrava essere molto liscia, quasi fosse porcellana.

Tutto questo gli sembrava famigliare, aveva la netta sensazione di conoscere quella ragazza, magari era una sua amica d’infanzia, un’amica che aveva dimenticato dopo l’incidente con i suoi genitori.

- Ti senti bene?- chiese Haruna notando il colorito pallido che aveva assunto il volto di Mamoru all’improvviso.

- Come? Cosa? Sì, va... va tutto bene scusa. Ho solo la strana sensazione di conoscerti. Non é che ci siamo già incontrati qualche volta?

La ragazza scosse il capo.

- Impossibile, sono appena arrivata a Tokyo da un paese molto più lontano e non avevo mai messo piede in questa città. Probabilmente ti confondi con qualcun altro.

- Già,- sospirò Mamoru non del tutto convinto – deve esser così.

- Oppure, - scherzò Haruna – ci siamo già incontrati in una vita precedente!

- Beh non sarebbe la prima volta che mi capita una cosa del genere. – pensò Mamoru, senza però dire nulla e limitandosi a fissare le porte lucide dell’ascensore.

Arrivarono al piano e si incamminarono verso i rispettivi appartamenti.

- Siamo vicini, - constatò Haruna – beh buona serata.

- Grazie, - rispose Mamoru prendendo le chiavi di casa – buona serata anche a te.

Appena entrato in casa il rumore di pentole che cadevano a terra gli fece dimenticare quella ragazza strana dell’ascensore.

- Oh no!- pensò posando la borsa sul divano – Usagi sta cucinando!

In un anno di matrimonio Usagi si era dedicata alla cucina solo per scaldare gli avanzi o per mettere in forno qualcosa preso dalla rosticceria sotto casa. Solitamente cucinava lui quando non aveva il turno del pomeriggio, ogni tanto Usagi si impuntava di preparare qualche piatto “vero”, ce la metteva tutta ma, chissà poi perché, quello che usciva era immangiabile.

Ecco... ora era in quel momento di assoluta fiducia nelle sue scarsissime qualità culinarie, sospirò e si diresse verso la cucina pronto per andare a letto a digiuno.

- Amore mio...- disse con un’espressione poco allegra – stai cucinando?

- Eccoti a casa!- sorrise Usagi buttandogli le braccia attorno al collo – Ho preparato un po’ di riso, non ti preoccupare per il disordine sistemo tutto io dopo cena.

Mamoru sospirò di nuovo constatando che per pulire quel macello ci sarebbero voluti almeno due giorni.

- Usagi, - sorrise lui speranzoso di risolvere la situazione e, soprattutto, di mettere qualcosa sotto i denti – volevo portarti fuori a cena.

- Non dire sciocchezze!- rispose lei tornando a cucinare – Ho quasi finito e poi so bene che quando torni a casa a quest’ora sei stanco morto. Vai a farti una bella doccia calda e, quando tornerai, tutto sarà pronto.

Demoralizzato Mamoru andò verso il bagno, mentre si spogliava il suo stomaco brontolò richiedendo cibo.

- Amico mio, - sospirò il medico mettendosi una mano sullo stomaco – mi sa tanto che questa sera ci dobbiamo accontentare solo dei pasticcini.

Aprì l’acqua e si buttò sotto lo scroscio, mentre si lavava i capelli sorrise, non importava se non avrebbe mangiato, era con la donna della sua vita poteva benissimo anche stare solo con lei senza mai toccare cibo.

Ora che era a casa, al caldo e con Usagi, tutte le preoccupazioni furono definitivamente archiviate, il lavoro e l’episodio dell’ascensore non erano mai accadute... c’era solo la sua piccola famiglia.

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Capitolo 3
*** Cap 2 ***


C’era una volta, in un regno lontano lontano

- Non è giusto! – pensò Usagi imbronciata guardando il bigliettino che Mamoru le aveva lasciato sul suo cuscino insieme ad una rosa rossa - Perché Mamoru deve lavorare anche di sabato?! Pazienza… lo vedrò più tardi… - si disse annusando estasiata il dolce profumo del fiore al suo fianco.

Dopo dieci minuti scese dal letto e si vestì, dopotutto il sabato era l’unico giorno in cui poteva pulire da cima a fondo la casa.

Spalancò le finestre, mise il bollitore sul fuoco ed andò in bagno.

Dopo qualche minuto, il sibilo del bollitore annunciò che l’acqua era pronta per il the, la ragazza uscì con calma dal bagno e si avviò ai fornelli.

Versò il liquido nella sua tazza sorridendo dolcemente: la tazza aveva una mezza luna vicino al manico ed era un regalo della piccola ChibiUsa.

- Quanto mi manca quella piccola peste! - disse prima di sorseggiare il the.

Terminata la colazione, iniziarono grandi pulizie.

Se, infatti, Usagi non era ancora brava a cucinare, era imbattibile in fatto di pulire casa.

Stese le lenzuola sul terrazzo e notò le finestre dell’appartamento accanto aperte.

- Strano… quell’appartamento era disabitato… Meglio andare a controllare…- disse meditabonda la bionda ragazza.

Andò all’ingresso ed aprì la porta. Dopo aver dato una rapida occhiata in giro si diresse verso l’appartamento incriminato.

- Ishizaki…- lesse a voce alta la ragazza.

- Desidera?- chiese una voce femminile alle sue spalle facendo trasalire Usagi.

- Ah!- urlò spaventata la ragazza facendo una giravolta su se stessa.

- Mi dispiace… non volevo spaventarla…- si scusò l’altra sorridendole imbarazzata.

- Mi scusi… Io sono la sua vicina di casa… Stavo facendo le pulizie e… ho visto le finestre aperte… Non pensavo che l’appartamento fosse abitato- si giustificò Usagi sentendosi ancora una ragazzina impacciata.

- Non c’è problema… - rispose tranquillamente la ragazza tendendo la mano mentre con l’altra reggeva precariamente il cesto con il bucato - Io sono Haruna. 

- Io sono Usagi Chiba, abito nell’appartamento 5-B con mio marito – rispose l’altra stringendole la mano.

- Chiba… Mamoru? - chiese Haruna collegando la ragazza bionda che le stava accanto con il ragazzo dai capelli corvini conosciuto la sera precedente.

- Sì… - confermò Usagi mentre il suo sorriso svaniva lentamente.

- Ci siamo conosciuti ieri… sull’ascensore. – si affrettò a dire Haruna notando la reazione della ragazza.

- Ah…- mormorò solamente Usagi studiandola molto attentamente, c’era qualcosa in lei, forse lo sguardo o quel timido sorriso, che le dava una fastidiosa sensazione di déjà vu.

E’ molto bella… chissà perché Mamo-chan si è dimenticato di dirmelo…

- Gradisci una tazza di the? - domandò Haruna passando al tu, dovevano avere la stessa età.

- Veramente dovrei terminare le pulizie… - cercò di dire Usagi ricacciando indietro la sua natura pigra ma, aiutata anche da quell’alone di tristezza che si vedeva nello sguardo dell’altra ragazza, cambiò idea - ma credo che una pausa non possa far male… - finì sorridendo.

Non so perché… ma questa ragazza sembra racchiudere una profonda tristezza in se…

- Mamma! Mamma!- urlò una bambina di circa quattro anni correndo incontro alla donna appena la porta fu aperta.

- Tesoro mio… Abbiamo ospiti… Ti presento la signora Chiba - disse Haruna - Mentre lei è Luce… - terminò con le presentazioni la padrona di casa.

- Lo sai che hai un nome bellissimo?- constatò Usagi inginocchiandosi davanti alla bimba.

- Grazie. – rispose la bambina fissando la ragazza bionda.

Haruna, da brava padrona di casa, fece accomodare la sua ospite in salotto ed andò a mettere il bollitore sul fuoco.

- Mi scuso per il disordine, ma i mobili non mi sono ancora arrivati tutti…- disse poco dopo sedendosi a sua volta.

- Io e Mamoru prima di mettere a posto il nostro appartamento abbiamo impiegato mesi…- cercò di rassicurarla Usagi con un sorriso.

- Siete sposati da molto?

- Facciamo un anno il 15 aprile…- rispose arrossendo un poco.

- Siete sposi novelli allora…

- E tu… Sei sposata?- chiese Usagi.

- Il the è pronto…- scattò in piedi Haruna pochi secondi dopo aver sentito il fischio del bollitore.

Chissà perché ma ho come avuto la sensazione che stesse evitando la mia domanda.

Mentre Haruna preparava il the, Usagi si guardò attorno, effettivamente la casa era un po’ spoglia, i mobili erano quasi del tutto privi di soprammobili come se quella donna non avesse portato nulla con se dalla sua vecchia casa. Gli unici segni di vita erano i giocattoli sparsi sul pavimento e la vocetta allegra di Luce che giocava con una bambola.

La padrona di casa tornò dopo poco con due tazze fumanti:

- Ecco qua! - disse Haruna tornando a sedersi.

- Grazie… Squisito!- esclamò Usagi dopo averlo sorseggiato.

- Mi dispiace ma non ho né biscotti né pasticcini…- si scusò l’altra.

- Non fa niente… e poi tra poco è ora di pranzo- disse Usagi dolcemente.

Sorseggiarono il loro the, ognuna persa nei propri pensieri.

Che strano... é come se avessi già preso il the con lei... tutta questa atmosfera mi è in qualche modo famigliare.

- Ho disturbato troppo… - disse infine la binonda alzandosi in piedi, pronta ad accomiatarsi e anche sollevata di abbandonare quella situazione che si stava facendo imbarazzante.

- Figurati, per così poco…- disse Haruna accompagnandola alla porta.

- Grazie del the… Scusami per prima e spero di vederti presto… - la salutò inchinandosi leggermente

- Grazie a te della compagnia… sai… non conosco ancora nessuno in città… E mi ha fatto molto piacere conoscerti e parlare un po’ con te. - disse Haruna sorridendole gentilmente.

Dopo essersi salutate, Haruna chiuse la porta e ci si appoggiò contro…

 

Usagi era tornata nel suo appartamento e riprese le faccende domestiche da dove le aveva abbandonate.

- Mi sono preoccupata per nulla! Finalmente avremo dei vicini giovani - disse la ragazza a voce alta.

Dopo quasi un’ora terminò le pulizie.

Si guardò attorno soddisfatta del risultato e iniziò quindi a preparare il pranzo. Mamoru avrebbe terminato il suo turno alle due del pomeriggio ed era decisa a cucinare qualcosa di appetitoso per il suo dolce maritino.

Lo squillo del cellulare disturbò il silenzio che regnava in casa.

Chissà chi sarà?

- E’ un messaggio di Rei… Una cena a casa sua con le ragazze… Non vedo l’ora! Speriamo che Mamo-chan non abbia preso impegni…- sospirò la ragazza meditabonda.

L’inconfondibile odore di bruciato mise in allarme la donna che corse in cucina: troppo tardi, un altro cibo, o quello che sembrava tale, era andato in fumo.

- Pazienza… Vediamo cosa rimane in frigorifero…- fece avvilita aprendo lo sportello bianco - ok, rosticceria… arrivo!- e, così dicendo, prese la sua borsetta e si avviò alla, ormai nota, rosticceria sotto casa.

 

Nel frattempo un ragazzo procedeva sicuro per le vie di Tokyo, felice finalmente di poter riabbracciare la sua dolce Usako.

Speriamo che non voglia cucinare anche oggi.

Inorridì al solo pensiero dell’ennesima pietanza dall’aspetto orribile e dal sapore disgustoso, adorava la sua dolce e bella mogliettina, ma non riusciva a spiegarsi come mai non riuscisse a cucinare neppure un uovo sodo senza fare qualche danno.

E pensare che in passato è stata la leggendaria Sailor Moon la guerriera Sailor più forte in assoluto…

Sorrise al pensiero dei disastri che la forte e leggendaria guerriera Sailor combinava ogni volta che s’intestardiva a voler cucinare.

 

***

 

Intanto nell’appartamento 5-C…

- Luce… Oggi sono andata ad iscriverti all’asilo, io devo lavorare, altrimenti rischiamo di non mangiare… Vedrai, ti divertirai un mondo. Una sola raccomandazione: non dire a nessuno da dove vieni. - spiegò apprensiva Haruna alla bambina che la guardava attenta annuendo più volte.

- Te lo prometto mammina, non dirò niente a nessuno – rispose Luce con la sua vocetta solenne, desiderosa solo di non far preoccupare sua madre.

- Tuo padre sarebbe orgoglioso di te…- mormorò la donna abbracciandola, evitando di far vedere alla bambina le sue lacrime.

Era inevitabile, assomigliava così tanto al padre, sia nel colore dei capelli, che nei tratti del viso. Da lei aveva ereditato solo gli occhi azzurri e l’orgoglio... quell’orgoglio che l’aveva cacciata nei guai.

- Ti voglio bene Luce! Non dimenticarlo mai…- le sussurrò stringendola in un forte abbraccio.

 

***

 

In una dimensione fuori dal tempo una voce tuonò imperiosa:

- Dovete trovarle! Non voglio un altro fallimento!- esplose con malcelato disprezzo nei confronti del subordinato che gli stava di fronte.

- Sarà fatto mio Signore… Sarà fatto…- tremò ossequioso il ragazzo dalla carnagione verdastra e dagli occhi rossi. Era alto quasi due metri, con i capelli blu e qualche ciocca rossa qua e là che scendevano fino alle spalle.

- Cosa fai ancora qui?!- esplose nuovamente la voce facendo tremare le pareti della sua dimora.

- Vado mio signore… vado… - disse, infine, la figura prima di sparire nel nulla.

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Capitolo 4
*** Cap 3 ***


- Quante cose buone

- Quante cose buone!- esultò Usagi guardando avidamente la tavola stracolma di leccornie, tutte cucinate da Makoto.

- Abbiamo pensato che Mamoru fosse stufo di mangiare solo cibi precotti o completamente bruciati!- ghignò Rei molto divertita.

- Non sei divertente Rei!- urlò Usagi pestando un piede a terra.

- Cosa c’é Usagi? Ti rode sapere la verità?

- REI!

Come se avessero ancora sedici anni, Rei e Usagi iniziarono a farsi le linguacce mentre tutti gli altri le guardavano visibilmente imbarazzate.

- Ragazze basta. – fece Ami dopo un lungo sospiro – Andiamo non abbiamo più diciassette anni!

Ma nessuna delle due aveva intenzione di mollare per prima.

- Ha cominciato lei!- urlarono all’uniscono puntandosi il dito reciprocamente. 

- Andiamo siamo qui per divertirci. – sorrise Minako – Non ceniamo insieme da molto tempo.

- Già, dovremmo farlo più spesso. – echeggiò Mamoru annusando il famoso riso ai quattro sapori di Makoto e pregustandone già il sapore.

- Guarda come contempla famelico i piatti Mamoru!- continuò Rei – Avevo ragione io! Da quando non mangia come si deve quel ragazzo?

- Tu pensa a Yuri che a mio marito ci penso io! – ribatté la biondina sottolineando bene la parola marito.

Il resto del gruppo chinò il capo con un sospiro addolorato, quelle due non cambiavano mai.

 

***

 

Nel frattempo Haruna aveva appena messo a letto la piccola Luce, si era guardata attorno rendendosi conto che casa sua doveva sembrare proprio spoglia e vuota agli occhi della gente esterna. Si ripromise di comprare qualcosa per abbellirla appena possibile.

Aprì la porta finestra e uscì sul balcone, l’aria era fresca quella sera e subito le venne la pelle d’oca...

Tu sei sposata?

Questa era la domanda che Usagi le aveva fatto a bruciapelo, non sapeva che aveva appena aperto una ferita che faceva ancora molto male.

Strinse i pugni arrabbiata per tutto quello che le stava succedendo di nuovo ma, ora, non c’era solo lei... c’era anche Luce, e la sua bambina era la priorità.

Le venne in mente una frase che suo padre le disse molti anni prima

Haruna hai dei doveri... devi capire che le tue priorità ora non contano più!

Questo le aveva urlato il giorno in cui aveva distrutto la sua vita... ma lei si era vendicata... aveva fatto di tutto per sottrarsi al volere della sua famiglia, anche se ad un caro prezzo.

Alcuni sostenevano che aveva perso la sua umanità in quel posto dove l’avevano segregata, ma loro non capivano, lei non aveva perso nulla, aveva avuto una figlia, aveva accanto l’uomo che amava e, anche se nascosta nell’ombra, lei sapeva che tutti quelli per cui nutriva un profondo affetto stavano bene...

Alzò lo sguardo verso il cielo stellato, quel manto blu coperto da tante piccole luci scintillanti, una volta sua nipote aveva raccontato a Luce come nascono le stelle, la piccola aveva guardato la cuginetta con occhi sognanti e la bocca spalancata dallo stupore.

Una stella cadente attraversò il cielo lasciando, per qualche secondo, la sua scia di luce.

Haruna socchiuse gli occhi e poi sospirò:

- E’ arrivato il momento.

***

Il suo principe gli aveva dato un compito ben preciso e, se non lo portava a termine, poteva benissimo dire addio alla sua misera vita.

Si guardò attorno disgustato, perché il suo padrone ci teneva così tanto a quel dannato pianeta? Gli umani erano noiosi e prevedibili, la loro vista durava infinitamente meno rispetto alla sua, avevano un’esistenza mediocre, nessun potere speciale, nessuno scopo importante da raggiungere, erano solo sperduti in un mondo che maltrattavano, soli e spauriti davanti all’infinito universo.

Iniziò a camminare per strada, nascondendosi nel buio, il suo elemento naturale, cercando la sua vittima ideale... lì abbondava di anime dannate.

Sotto il cono di luce di un lampione un giovane teppista stava appoggiato al muro squadrandolo dalla testa ai piedi, indossava un paio di pantaloni di pelle nera, una camicia bianca, una bandana rossa in testa e teneva tra le mani una grossa catena.

- Bello guarda che carnevale é finito. –biascicò il bullo con la sigaretta in bocca.

Il cercatore di anime camminò lentamente fino alla sua inconsapevole vittima.

- Stai parlando con me?

- Sì, buffone. Vedi altri pagliacci in giro? – rispose gradasso staccandosi dal muro e piazzandosi davanti al viso verde dello strano tizio.

Albharon sorrise compiaciuto.

- La tua anima é dannata, lo sai?

- Ma cosa vai blaterando? Ora ti spacco tutti i denti così vediamo se dici ancora tutte queste palle! – provò a tirargli un pugno ma il mostro lo schivò facilmente, al secondo tentativo Albharon gli afferrò la mano e gliela strinse dolorosamente, il ragazzo cadde a terra urlando.

- La tua anima é nera e dannata...- ripeté con un sogghigno l’altro, abbassandosi un poco per fissarlo meglio negl’occhi e continuando ad aumentare la morsa della mano – sai cosa vuol dire? Che ora é mia!

Con una mossa fulminea Albhatron posizionò il palmo della mano libera sul cuore dell’uomo sprigionando un’immensa energia nera.

Il giovane urlò mentre sentiva il suo corpo irrigidirsi, diventare completamente freddo ed, infine, l’ultima cosa che sentì fu come se quel tizio gli stesse strappando qualcosa dall’interno del suo corpo.

Il cercatore guardò la sfera nera e pulsante che ora aveva in mano, fece cadere il corpo esanime dell’umano e lasciò libera l’anima dannata ormai in suo potere.

La sfera nera prese la forma del suo ex proprietario e si inchinò davanti a Albhatron.

- Mio Signore.- mormorò sgranando gli occhi rossi.

- Trova la principessa. – ordinò seccamente l’altro. 

 

***

 

- E’ stata una bella serata, vero Mamo-Chan?- chiese raggiante Usagi mentre si avviavano verso casa a piedi.

- Una serata veramente piacevole...- confermò il ragazzo con un sorriso – dovremmo farle più spesso queste cene.

- Ormai tutti lavoriamo, solo Ami studia per la specializzazione in cardiologia, Rei dirige il tempio a tempo pieno, Minako lavora in una stazione radiofonica e Makoto sta per aprire la sua prima pasticceria... sono tutte molto indaffarate.

- Senza contare che sono quattro anni che nessuno minaccia il... – ma Usagi gli tappò la bocca con una mano prima che potesse finire la frase.

- Mamo-Chan, - lo rimproverò molto seriamente – non dirlo... ogni volta che lo pensiamo arriva un nuovo nemico, ed é sempre più forte di quelli che abbiamo sconfitto in precedenza.

Il giovane sorrise e le prese la mano baciandola leggermente:

- Andiamo, mia principessa, dopo l’ultima battaglia non dovresti più temere un nuovo nemico.

Usagi si rabbuiò:

- Non voglio parlarne... é stato troppo doloroso.

Mamoru l’abbracciò amorevolmente.

- E’ passato tanto tempo Usako, tutto si è sistemato nel migliore dei modi.

- Lo so.

- Allora perché ne stiamo ancora parlando? – sorrise l’altro prendendola per mano – Torniamo a casa.

- Portami dove vuoi tu, mio principe. – sussurrò lei felice.

Ma non fecero che pochi passi quando un urlo squarciò l’aria.

Mamoru e Usagi iniziarono a correre, non c’era neppure bisogno di chiedere se fosse solo un ladro o un bullo di quartiere, nel loro cuore sapevano che stava succedendo altro, qualcosa che solo le guerriere Sailor potevano fermare.

Appena svoltato l’angolo dovettero bloccarsi, c’era qualcosa in mezzo alla strada, era... era... non si capiva bene cos’era, semi trasparente e di un vago colore nero stava volteggiando per la strada, guardandosi attorno, dietro di lui tre donne giacevano a terra svenute.

- La principessa! – tuonò il fantasma – Voglio la principessa!

- Ehi tu!- urlò Sailor Moon accanto a Tuxedo Kamen – Come osi disturbare la nostra pace? Sono la paladina della legge, una combattente che veste alla marinara. Io sono Sailor Moon! E sono venuta qui per punirti in nome della Luna!

- Sailor Moon?- chiese il fantasma osservando bene la ragazza – Vattene sciocca! Tu non puoi fare nulla contro di me!

- Magari lei no...- ripose un’altra voce femminile – ma noi sì! Io sono Sailor Mars.

- Sailor Mercury!

- Sailor Jupiter!

- Sailor Venus!

- Ragazze!- sorrise Usagi ma poi ricordò le parole della sua amica mora – Ehi come sarebbe a dire “magari lei no..”?

- Da quanto non ti alleni con noi Sailor Moon?- chiese Sailor Mars avvicinandosi all’amica.

- Ho avuto da fare!- ribatté prontamente l’altra.

- Sì, ti stavi ingozzando con le caramelle!

- Antipatica!

- Ragazze.. vi prego...- fece sconsolata Sailor Venus – potete litigare quando abbiamo finito con questo demone?

- Scusa. – mormorarono in coro le due arrossando appena.

- Morite!- urlò il fantasma lanciando alle combattenti una sfera di energia nera che, prontamente, venne schivata.

Il primo contrattacco fu quello di Sailor Jupiter, lo spettro venne colpito in pieno petto e si disintegrò all’istante.

- Ben fatto Sailor Jupiter! – esultò felice Sailor Moon.

- Non cantate subito vittoria. – mormorò Rei concentrata – Sento ancora molta energia negativa nell’aria.

Per dare conferma a quelle parole, il fantasma si materializzò davanti alle ragazze.

- Il mio attacco non ha funzionato! – impallidì Sailor Jupiter facendo un passo indietro.

- Questo non é un demone...- rispose prontamente Sailor Mars – questo é uno spettro.

- Cosa? Uno spettro? – urlò Usagi terrorizzata.

- E’ un’anima dannata... va assolutamente purificata Sailor Moon! – urlò Tuxedo Kamen cercando di colpirlo con le sue rose, ma quest’ultime lo attraversarono come se fosse fatto solo d’aria, arrivando dall’altra parte morte – Devi utilizzare lo scettro!

Usagi annuì ma non poteva purificare quell’anima se prima qualcuno non lo immobilizzava.

Ci provarono tutte ma nessuno riuscì anche solo a indebolirlo, l’energia che lo alimentava era veramente potente e molto malvagia. Le guerriere Sailor non potevano fare nulla, erano ferite e indebolite da quella forza inaspettata, erano forti ma non come lui. Inoltre i loro poteri sembravano non avere alcun effetto su quel essere, che già da un po’ aveva iniziato a burlarsi delle cinque ragazze che, perdendo più volte la pazienza, scagliavano i loro colpi quasi alla cieca perdendo pian piano le loro energie

Il fantasma scoppiò a ridere.

- Nessuno può fermarmi!

In quel preciso istante un fascio blu lo colpì, congelandolo in pochi attimi.

- Sailor Moon ora!- gridò Mamoru poggiandosi al muro anche lui ferito.

Con l’aiuto del cristallo d’argento Usagi purificò l’anima dannata che poté riposare in pace.

Quando il fantasma sparì Usagi cercò immediatamente chi l’avesse aiutata, non vide nessuno solo un’ombra fuggevole che scappava.

- Ma cosa...

- Maledette! – urlò in quel momento un uomo apparendo sopra le loro teste.

- E tu chi sei? – chiese adirata Sailor Moon.

- Il mio nome é Albharon, Cercatore e Custode delle anime dannate. E’ un piacere conoscervi guerriere Sailor.

- Tu ci consoci? – chiese Ami tirandosi in piedi.

- Io so tutto di voi... ma ora non ho proprio tempo per continuare questo delizioso discorso. Ci rivedremo presto! – e sparì.

- Albharon...- mormorò Sailor Venus zoppicando fino Usagi.

- Così questo é il nostro nuovo nemico. – fece Makoto massaggiandosi una spalla.

Usagi annuì ma non era sicura che fosse solo lui il nuovo nemico.

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Capitolo 5
*** Cap 4 ***


Dopo aver sciolto la trasformazione le ragazze si salutarono e tornarono ognuna alla propria abitazione

Attesero che le tre donne riprendessero conoscenza e dopo averle viste allontanarsi uscirono allo scoperto.

Sciolsero la trasformazione e, dopo essersi salutate, tornarono ognuna alla propria abitazione.

Tutte erano più o meno ferite e non era il caso di farsi vedere in giro in quello stato.

 

Usagi e Mamoru ripresero il loro cammino uno accanto all’altra in silenzio: cosa alquanto inusuale per loro dato che spesso la voce cristallina di Usagi faceva da sottofondo alle loro passeggiate.

- Sei preoccupata testolina buffa?- chiese Mamoru apprensivo vedendo la ragazza assorta nei suoi pensieri.

- No- si affrettò a dire cercando di non farlo preoccupare più del dovuto -… un po’ Mamo-chan…- sospirò poco dopo aver notato lo sguardo di suo marito, quello sguardo che lui le riservava solo quando diceva una bugia - Non mi aspettavo un attacco nemico a distanza di tempo… Sono già passati quattro anni… e poi i nostri poteri sembrano non avere effetto su di lui!- continuò avvilita la ragazza lasciandosi abbracciare dall’uomo che le stava accanto.

- Vedrai… sconfiggeremo anche questo nemico… - disse Mamoru stringendola a sé.

Era cresciuta in quegli anni, era diventata una donna, ma era difficile accettare il suo cambiamento: per lui era ancora la sua testolina buffa… la ragazzina golosa e pasticciona e sempre pronta a piangere ad ogni minimo pericolo o difficoltà.

Vederla forte, coraggiosa e determinata… non sembrava la sua Odango Atama… bisognosa d’aiuto e di protezione. Ora era forte e determinata… Ma forse quella era solo una patina esteriore… Forse la sua testolina buffa c’era ancora, nascosta in un angolino… pronta a comparire… proprio come adesso.

- Se non ci fosse stato quel fascio di luce azzurro… Non so come avremmo fatto!- disse Usagi restia a separarsi da quell’abbraccio che le infondeva calore, sicurezza e protezione.

Sorrise debolmente respirando il dolce profumo di dopobarba del ragazzo.

Quanto si sta bene tra le braccia del mio Mamo-chan!

- Meglio andare Usako…- sussurrò il giovane sciogliendo, a malincuore, l’abbraccio che l’univa alla sua sposa.

- Possiamo sempre riprendere a casa…- propose maliziosa Usagi, arrossendo subito, accorgendosi della proposta fatta.

Mamoru annuì accarezzandole una gota arrossata.

Eccola qui la mia piccola testolina buffa…

Lentamente, mano nella mano, ripresero il loro cammino verso casa.

 

Rientrarono nel loro condominio. Attesero pazientemente l’ascensore e, una volta arrivato, entrarono e selezionarono il piano.

- Sai che abbiamo dei nuovi vicini?- buttò lì Usagi spiando di sottecchi l’uomo che le stava affianco.

- Sì… mi pare sia una ragazza…- rispose quasi soprapensiero.

- Si chiama Haruna Ishizaki…- continuò la moglie sperando di cogliere qualche segno sospetto.

- L’hai conosciuta…?- le chiese il marito dolcemente e sorridendo di fronte al rossore imbarazzato che aveva assunto il suo volto.

No, la mia Usako non è proprio cambiata.

Sapeva che Mamoru l’amava, ma non riusciva a non essere gelosa di chiunque appartenente al suo sesso gli si avvicinasse troppo. Specie se era bella…

- Sì… E’ molto carina… Anche se… Sembra molto, molto triste…- disse la ragazza tornando seria.

- Sì, - ammise il ragazzo – l’ho notato anch’io. Secondo te come mai? - chiese poi passandosi distrattamente una mano tra i capelli.

Un gesto stupido che Mamoru faceva solo quando era molto pensieroso, un semplice tic nervoso come lo definirebbe Ami, un piccolo movimento che le faceva capire quando il suo amato aveva qualche problema, un gesto che aveva sempre trovato estremamente sensuale anche se lui non se ne rendeva conto.

Ora, però, quel segno le aveva scatenato dentro altre emozioni.

- Scusa? … fallo di nuovo… per favore?- chiese Usagi osservando attentamente il marito.

- Cosa dovrei rifare?- domandò Mamoru sorpreso dalla richiesta della ragazza.

- Passati… passati la mano tra i capelli! - quasi gridò la ragazza al giovane che la guardava sempre più stupito.

Mamoru ripeté il gesto ma, ormai, quella strana sensazione era sparita.

Usagi sospirò e si appoggiò alla parete di metallo dell’ascensore.

- Non so… è come se… come se… scusami, dev’essere la stanchezza e la scoperta dei nuovi nemici. - disse Usagi chiudendo un attimo gli occhi.

Dov’è che ho già visto quel gesto? Dove?

Cercò di rammentare dove quel piccolo, e per alcuni, insignificante gesto lo avesse già visto fare da qualcuno di differente da Mamoru… ma non ci riuscì, cercò di far rinascere quella strana sensazione in modo da poterla studiare, capire da dove arrivasse… ma tutto era sparito con la stessa velocità con cui era arrivata.

Si avvicinò al marito cingendogli il collo le braccia a dandogli un bacio appassionato.

- Se questo è l’effetto che ti fa rivedere le tue amiche… beh… dovrete uscire senza di me…-  disse Mamoru ridacchiando quando le labbra si separarono.

- Spiritoso…- mormorò Usagi prima di essere contagiata dalla risata calda e profonda dell’uomo che aveva sposato.

L’apertura delle porte annunciò ai due sposini l’arrivo al loro piano.

Mamoru tirò fuori le chiavi dalla tasca dei jeans neri che aveva indossato.

Appena la serratura scattò, Mamoru si voltò e prese Usagi in braccio.

- Mia principessa!- disse dopo aver chiuso la porta con un piede iniziò a volteggiare nella stanza.

- Mio principe!- rispose Usagi ridendo felice, come qualche ora prima.

- Sei bellissima Usako.-  fece Mamoru guardandola intensamente negli occhi.

- Mamo-chan…- disse solo la donna, prima che le morbide labbra di lui si posassero dolcemente sulle sue.

Fu un bacio lento e profondo. L’uno assaporò l’altra… lentamente… senza fretta… come se al mondo non ci fossero che loro due…

Si staccarono poco dopo. Gli occhi scintillanti come stelle nel cielo vellutato della notte.

- Prima tu o prima io in bagno?- chiese Usagi, facendo gli occhioni da cerbiatta.

-Se insieme non possiamo… prima le signore…- rispose Mamoru guardandosi intorno alla ricerca delle fantomatiche signore.

- Simpatico…- disse la ragazza mettendo il broncio, entrando in bagno.

Mamoru decise di uscire sul balcone, dopotutto per essere novembre non faceva freddo.

Aprì quindi la porta finestra ed osservò la splendida notte stellata ed il mare calmo che si scorgeva dal loro terrazzo.

La luna splendeva alta nel cielo, illuminando tutta la città con la sua luce leggera ed eterea.

Tokyo di notte era splendida.

Tante luci colorate illuminavano ogni strada ed ogni casa. Era uno spettacolo indescrivibile.

Mamoru stava contemplando il paesaggio quando si accorse che anche l’inquilina dell’appartamento 5-B era sul terrazzo. La osservò, quasi incapace di staccare gli occhi da quella donna.

Lei, ignara del suo osservatore, fissava la luna nel cielo. Indossava una vestaglia azzurra, le braccia erano appoggiate sul parapetto ed i capelli sciolti sulle spalle, mossi dalla leggera brezza che aveva iniziato a soffiare qualche ora prima..

Ad un tratto l’immagine della ragazza in vestaglia venne sostituita da un’altra immagine…

Era la stessa ragazza… Indossava un abito color azzurro mare, che le scendeva morbidamente fino a terra. Era notte ed il suo sguardo era fisso verso l’eburnea luna, che splendeva nel cielo.

Non era un terrazzo… Era come… Come se fosse su di una finestra antica… magari una torre…

Il ragazzo scosse la testa scacciando quell’immagine irreale.

Mamoru ma cosa vai a pensare.

Ritornò a guardare Haruna: tutto era tornato normale, il ricordo affiorato poco prima era scomparso… Ma lui lo ricordava molto bene e soprattutto molto nitidamente.

Osservò la ragazza e vide una lacrima solcare solitaria la guancia di porcellana.

Perché non riesco ad allontanarmi? Perché mi si stringe il cuore a vederla piangere? Io amo Usako!

Era incapace di muoversi, come se quella ragazza l’avesse incantato, pur senza aver fatto apparentemente nulla.

 

Intanto Haruna continuava a fissare lo spendente disco nel cielo, l’astro notturno che aveva sempre amato fin da piccola.

Mi manchi… dove sarai adesso?

E davvero bella la Terra… quanti ricordi… non tutti felici…

Sembrano tutte voler rivaleggiare con il bianco astro del cielo… non sanno che la loro è una battaglia persa fin dall’inizio? Sono illuse… ma continuano con orgoglio a sperare… Mi assomigliano...

Quanto mi è mancato questo posto… ma mai quanto sento la tua mancanza amore mio…

 

- Mamo-chan?- chiamò a gran voce Usagi dal salotto.

Bastò quel nome a rompere l’incantesimo del momento.

Haruna si voltò verso l’appartamento vicino, dal quale proveniva la voce  che l’aveva strappata hai suoi ricordi

Vide Mamoru rientrare in casa.

Socchiuse gli occhi cercando di capire quanto potesse aver visto quel ragazzo.

Da quanto tempo era lì?

Decise di non pensarci… non ora almeno… si accorse il quel momento d’avere le guance umide…

Piangevo… meglio andare a controllare Luce

Per quella sera aveva sofferto fin troppo, rientrò in casa senza prima aver lanciato un’ultima occhiata alle finestre dell’appartamento accanto.

 

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Capitolo 6
*** Cap 5 ***


Albharon stava davanti al suo principe, inchinato leggermente in avanti, stava tremando… il custode e cercatore delle anime da

Albharon stava davanti al suo principe, inchinato leggermente in avanti, stava tremando… il custode e cercatore delle anime dannate stava tremando come un vigliacco.

- Albharon…- mormorò con voce calda la figura nera seduta sul trono con in mano un bicchiere di vino rosso – hai fallito… nuovamente.

- Perdonatemi mio signore. – ripose titubante l’altro chinando ancora di più il capo – Sono arrivate le guerriere Sailor.

Il cristallo del bicchiere scintillò leggermente sotto la luce fioca della stanza.

- Le guerriere Sailor? – domandò il sovrano ma nella sua voce non c’era stupore – Sono arrivate subito… ma non sono loro che hanno distrutto quell’anima vero?

- No, mi Signore.

- Bene… la nostra principessa è veramente sulla Terra allora. – sorrise nell’ombra la figura sorseggiando il vino – Albharon continua a cercarla… ma non fallire più. Se sei invulnerabile agli attacchi delle guerriere Sailor non lo sei ai miei… ricordalo bene.

Il cercatore si inchinò ancora di più e sparì, ricomparendo in una stanza lontana da quella del principe.

- Maledizione!- urlò picchiando i pugni su un tavolo di legno pregiato – Maledette guerriere Sailor.

In quel momento una risata stridula echeggiò nella piccola stanza del demone.

- Hai fallito di nuovo vero?- chiese una voce femminile.

- Fatti gli affari tuoi. – urlò il cacciatore infuriato.

- Tra poco sarai rimpiazzato Albharon.

- No! Io non sarò mai rimpiazzato… tanto meno da una come te.

- Tu sei utile solo per cercare le anime… sono io quella che avrà la missione di trovare la principessa. Tornatene tra i tuoi assassini Albharon.

- Vattene! – urlò il demone sbattendosi la porta della stanza alle spalle.

 

***

Haruna camminava veloce per le vie della città, la piccola Luce le trotterellava accanto nel suo nuovo grembiule rosa e con un cerchietto tra i capelli.

- Vedrai che ti farai tanti amici Luce. – sorrise la donna, era molto elegante quel giorno, vestita con un tailleur nero, scarpe col tacco alto, ventiquattrore in mano, capelli raccolti con un fiocco blu e occhiali dalle lenti scure, che non servivano per ripararsi dal sole ma per nascondere le occhiaie.

- Lo so mamma. – sorrise la piccola osservando la scuola che diventava sempre più grande man a mano che si avvicinavano.

- Buongiorno,- fece la segretaria appena le due entrarono – desiderate?

- Sì, ho iscritto mia figlia da poco. Luce Ishizaki.

La segretaria scorse veloce il dito sulla lunga lista che aveva davanti agli occhi.

- Ah sì eccola qui!- fece dopo una pausa – Benissimo, aula 6. Può accompagnarla per oggi signora Ishizaki.

La donna annuì ed accompagnò la bimba fino all’aula indicata dalla segretaria.

- Eccoci qua…- disse dolcemente inginocchiandosi davanti alla piccola e sistemandole il fiocco del grembiule – allora Luce ricordi tutto?

- Non devo fare la monella, non devo litigare con gli altri bambini, devo ascoltare la maestra e non devo dire a nessuno da dove vengo. – rispose la bambina elencando tutte le raccomandazioni della madre con le piccole dita paffute.

- Perfetto piccola, quando ti vengo a prendere andiamo a prendere un gelato, va bene?

- Sì! – esultò Luce con un grande sorriso.

In quel momento le porte si aprirono così che Haruna poté incontrare la maestra della figlia.

- Il mondo è piccolo…- sorrise togliendosi gli occhiali con le lenti scure – buongiorno Usagi!

- Haruna! – fece lei sorpresa – Io… ho sentito delle voci e così…

- Sono io che devo chiederti scusa, sono in ritardo, ma non trovavo la scuola. Ho iscritto Luce all’asilo e, da quello che vedo, tu sarai la sua maestra.

Usagi rimase a guardare quello sguardo così sicuro per qualche istante, inizialmente aveva visto solo malinconia e tristezza nei suoi occhi, ora, invece, era sicuro e fermo. Per qualche istante Usagi era quasi sicura che quella donna non fosse la stessa con cui aveva preso il the qualche giorno prima.

- Perfetto! – fece con un sorriso guardando Luce  - Così sei nella mia classe… andiamo a conoscere i tuoi nuovi compagni? – e le porse la mano.

Luce guardò riluttate la mano della donna dai buffi codini che aveva davanti, lanciò uno sguardo alla madre che le annuì e andò con lei.

- Fai la brava bambina Luce.

- Non preoccuparti Haruna, sono certa che Luce sarà buonissima.

La donna sorrise e si incamminò verso l’uscita.

- So bene che è in buone mani…- mormorò rimettendosi gli occhiali.

 

***

 

Mamoru aveva il giorno libero, stava seduto in cucina con una tazza fumante di caffè in mano, non riusciva a non pensarci.

Quell’immagine gli tornava, continuamente, in mente, Haruna… lo sguardo perso verso la luna… la lacrima che le solcava la guancia.

Strinse di più la tazza, cosa diavolo gli stava succedendo?

Aveva la sua donna, il suo lavoro, la sua vita e questi nuovi nemici.. perché perdeva tempo a pensare a quest’altra!

Non aveva mai neppure lontanamente pensato ad altre donne da quando stava con Usagi, perché ora questa Haruna riempiva così i suoi pensieri. Cosa c’era in quella misteriosa ragazza ad attiralo tanto?

Eppure… non era l’attrazione fisica a spingerlo verso di lei, era qualcos’altro, un legame molto profondo ma totalmente diverso da quello che lo univa ad Usagi.

Guardò il denso liquido scuro e sospirò.

Sto diventando matto…  

Improvvisamente sentì qualcosa dentro di lui, come se un’onda lo stesse colpendo stravolgendo tutto, sentiva della musica, c’erano persone che ballavano, era un castello che conosceva molto bene, il castello del regno argentato. La folla stava guardando un punto ben preciso, Mamoru si avvicinò piano, c’era lui che ballava, era nei panni di Endimion ma tra le sue braccia non c’era Serenity… no, stava volteggiando con un’altra ragazza e sembrava molto felice di stare con lei.

Fu un attimo e la coppia si voltò così da permettergli di vedere il suo viso… era Haruna, o qualcuna che le assomigliava moltissimo.

Mamoru si destò da quel sogno ad occhi aperti, poggiò la tazza sul tavolo e mise la testa tra la mani.

- Cosa diavolo mi sta succedendo?

 

***

 

Usagi stava guardando i bambini giocare quando si accorse che Luce era l’unica a stare da sola, giocava con alcune bambole in un angolo, stando ben attenta ad evitare tutti gli altri.

- Luce…- mormorò dolcemente lei con un sorriso – perché te ne stai da sola?

La bambina si guardò attorno intimorita:

- Ho paura…- balbettò tornando a concentrarsi sulle bambole.

- E di cosa?- chiese curiosa la donna spostandole dietro l’orecchio una ciocca mora ribelle.

- Le persone sono cattive.

Usagi corrugò la fronte perplessa.

- Tu pensi che io sia cattiva?

Luce scosse vigorosamente la testa pettinando una bambola.

- E, secondo te, la tua mamma è cattiva?

- La mia mamma è la più buona del mondo.

- E i tuoi compagni ti sembrano cattivi?

La piccola posò la sua bambola e lanciò un’occhiata ai suoi compagni.

- Non sempre le persone cattive si riconoscono subito. – rispose Luce stupendo la sua maestra con quell’affermazione così profonda per una bambina della sua età.

Usagi lasciò perdere il discorso e la lasciò giocare da sola, ovviamente quella bambina aveva qualcosa, le era successo qualcosa di brutto: nessuna bambina perde la fiducia nelle persone a soli quattro anni. Decise di studiarla bene, di osservarla per cercare di capire cosa le fosse successo e, poi, avrebbe parlato anche con la madre.

Haruna fu l’ultima ad arrivare, di corsa e completamente senza fiato, appena aprì la porta della classe la bambina le corse incontro, Luce era l’ultima rimasta.

- Mammina!- urlò la piccola stringendola forte – Perché sei in ritardo?

- Scusami tesoro mio! – rispose la donna cullandola – Ma mi hanno trattenuto più del previsto… prometto che non arriverò più in ritardo.

Le era mancata la sua piccolina, non era mai capitato di stare separate per così tanto tempo e lei doveva proteggere il suo tesoro più grande.

Usagi le guardò con un tenero sorriso sulle labbra, desiderava anche lei un figlio dal suo Mamoru, era un desiderio che avrebbero voluto realizzare molto presto… ma con i nuovi nemici…

- Andiamo a prendere il gelato? – chiese la bambina sgranando gli occhi – L’avevi promesso.

Haruna guardò l’orologio, non era proprio l’orario adatto per dare ad una bambina il gelato ma, per quella volta, poteva anche rinunciare al ruolo della madre severa.

- Va bene. – sorrise accarezzandole la nuca – Vai a prendere il cappotto.

Usagi approfittò di quel momento per parlare con Haruna.

- Haruna…- disse avvicinandosi piano – posso parlarti un attimo?

- Certamente.

- Ho osservato molto Luce oggi… è una bambina molto intelligente.

La donna sorrise, era un sorriso triste e molto malinconico.

- Lo so… ha preso dal padre.

- Oggi non ha legato con nessuno… lei dice che la gente è cattiva.

Haruna sospirò addolorata, doveva immaginarlo, ma aveva sperato che Luce fosse troppo piccola per ricordare c’erte cose.

Si mise a sedere su una piccola sedia e poggiò le braccia sul tavolino dove i bambini lavoravano con la creta, chiuse gli occhi e disfò il nastro blu che teneva i suoi capelli legati, distrattamente si passò una mano tra i capelli.

Fu come se il tempo si fosse fermato per Usagi… quel gesto… ma poi la debole voce della ragazza la fece sussultare spaventata, destandola da quella specie di sogno.

- Luce non ha passato un momento felice, - cercò di spiegare Haruna – credevo che fosse abbastanza piccola per dimenticare tutto ma, a quanto sembra, mi sono sbagliata. Ho sempre notato che è molto diffidente con la gente che non conosce ma credevo che fosse solo timidezza.

- Sai Haruna…- iniziò a dire Usagi sperando di fare la cosa giusta – oggi abbiamo parlato dei genitori, del loro lavoro. Luce non ha aperto bocca… né su di te, né sul padre.

Haruna sorrise… la sua piccola manteneva sempre le promesse.

- Beh, io ho iniziato ora a lavorare al museo. E per quanto riguarda il padre, Luce non lo ricorda, o ricorda solo poche cose, cose che presto dimenticherà.

Usagi sgranò gli occhi blu mare.

- Haruna… mi stai… mi stai dicendo che il padre di Luce…

- Il padre di Luce è morto Usagi.

 

***

 

Nel frattempo in un comune bar della città.

- Un altro. - fece un uomo al barista.

Il barista portò il drink al cliente, non era la prima volta che lo vedeva, era un ex operaio, licenziato in tronco per colpa della sua dipendenza dall’alcool, aveva perso il lavoro, la moglie e le due figlie, l’unico modo che aveva per andare avanti era il borseggio e non era neppure bravo a farlo. 

Ma finché pagava era un cliente come un altro.

Il ladruncolo bevve avidamente il liquore ambrato e posò con forza il bicchiere sul bancone di legno scuro. 

Posò le banconote e uscì barcollando dal locale pronto per andare al suo squallido appartamento a pochi isolati di distanza.

Non fece che pochi passi, una figura gli si piazzò davanti, era certo che i fumi dell’alcool gli stessero giocando un brutto scherzo perché nessuno ha la pelle di quel colore.

- Che vuoi?- urlò estraendo il piccolo coltellino a serramanico che teneva sempre nella tasca dei pantaloni.

Lo strano tizio ghignò:

- Lo sai che la tua anima è dannata?

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Capitolo 7
*** CAP 6 ***


“Mammina… Il gelato…” disse la piccola Luce avvicinandosi alle due donne, che si fissavano silenziose

- Mammina… Il gelato…- disse la piccola Luce avvicinandosi alle due donne, che si fissavano silenziose.

- Subito tesoro… Ci vediamo Usagi…- disse Haruna voltandosi lentamente e seguendo la figlia fuori dal edificio.

- E durato un attimo… ma quanta tristezza in quegl’occhi!- sussurrò la bionda insegnate, prima di spegnere la luce e prendere il cappotto.

 

Haruna e Luce erano arrivate alla gelateria.

- Salve bella signorina… Cosa ti posso dare?- chiese amichevole il gelataio, un uomo rubicondo e dal viso simpatico alla bambina, che lo fissava spaventata.

- Un cono alla fragola…- rispose Haruna vedendo la piccolina nascondersi dietro le gambe materne.

- Ecco a lei, bella signora… Grazie…- disse l’uomo incassando i soldi del gelato.

Tornarono a casa. Luce saltellava allegra davanti a lei leccando il cono e sporcandosi tutte le mani.

Haruna camminava immersa nei suoi ricordi… Ricordi di un tempo lontano…

Era talmente assorbita dai suoi tristi pensieri da non accorgersi d’aver superato il condominio dove abitava, solo l’urto improvviso con un bambino riscosse la donna dai suoi ricordi.

- Luce… Tesoro fermati… Casa nostra è più indietro!-  disse Haruna alla figlia.

Tornarono lentamente indietro ed entrarono nel condominio.

Dopo aver chiamato l’ascensore, attesero pazientemente il suo arrivo.

Erano appena salite quando una voce attirò la loro attenzione:

- Aspetta per favore! – urlò una voce femminile.

Haruna bloccò l’ascensore ed attese:

 - Usagi?!- chiese stupita vedendo la ragazza correre trafelata verso l’ascensore.

- Eh, eh, eh… Già…- ansimò la giovane – Ci incontriamo spesso noi tre...

Haruna sorrise debolmente e accarezzò distrattamente la testa di Luce.

Usagi le guardò attentamente, Haruna era strana, perché non sorrideva mai?

- Cosa ne dite tu e Luce di venire a cena da noi? – propose all’improvviso la biondina dopo essersi ripresa dalle fatiche della corsa.

- Veramente… non so…- disse Haruna pensierosa… - va bene!- fece sorridendo dopo aver visto Luce guardarla supplichevole.

- Benissimo! Vi aspetto per le… 20.30?- domandò la ragazza dopo aver dato un’occhiata all’orologio.

- Ci vediamo alle 20.30…- confermò Haruna scendendo dall’ascensore, fermo da un paio di secondi al loro piano.

- A dopo…- confermò Usagi entrando nell’appartamento.

 

- Mamo-chan? Mamo-chan?!- chiamò la ragazza guardandosi intorno.

- Usako…- disse solo il giovane, con una voce quasi irriconoscibile.

- Mamo-chan… Cos’è successo?- chiese preoccupata la ragazza vedendo il marito.

- Ho… ho fatto un sogno… un sogno molto strano… riguardava la nostra vicina… ne sono sicuro!- disse con foga guardando la moglie che lo fissava stupito.

- Beh… io ho incontrato Haruna poco fa e l’ho invitata a cena…- disse Usagi fissando il suo sposo e credendo di aver avuto una pessima idea.

Mamoru sorrise e le accarezzo una guancia.

- Vuoi… vuoi una mano?- propose, ancora seduto sul divano, fissando la donna inginocchiata sul morbido tappeto.

- Non ti preoccupare… Sicuro di stare bene?- chiese preoccupata la ragazza.

- Tranquilla Odando… Piuttosto… c’è qualcosa di commestibile in frigo? Oppure è meglio andare in rosticceria?- suggerì poi il ragazzo preparandosi al peggio.

- Vado io… Certo che una si preoccupa per suo marito e lui… Vabbè scendo in rosticceria- disse indispettita alzandosi lentamente e tornando sui suoi passi.

Non riuscì a fare due passi: le braccia del marito la circondarono affettuosamente

- Signora Chiba… è una mia impressione o lei è ancora gelosa? - chiese dandole un buffetto sulla guancia.

- E’ una sua impressione…- rispose cercando di non pensare alle dolci labbra del giovane sul collo: com’erano arrivate lì? Si chiese poi la donna mantenendo il broncio.

- Dovresti saperlo che dacché ci siamo rincontrati non ho mai smesso di amarti…- disse lui dopo averla voltata ed aver incatenato i loro sguardi.

- Però… la nostra vicina… è così bella…- sussurrò la ragazza senza distogliere lo sguardo.

- E tu lo sei ancor di più… E comunque nel mio sogno c’eri anche tu…- disse prima di abbracciarla dolcemente.

- Davvero? Davvero sono più bella?- chiese timidamente Usagi ignorando il resto della frase.

- Sei bella come la luna… Sei dolce come il miele… E, fortunatamente, sei mia…- affermò Mamoru prima di baciare le dolci labbra della consorte.

Il bacio, iniziato lentamente, diventò appassionato ed esigente… I due, noncuranti di tutto e di tutti, si concentrarono solo su il loro amore.

 

- Kami-sama! Abbiamo ospiti a cena!- urlò Usagi guardando l’ora e cercando freneticamente i vestiti.

Mamoru osservava la moglie andare a destra e sinistra alla ricerca dei vestiti tolti prima.

E’ bellissima… ha la pelle così morbida e così bianca… I capelli sembrano oro liquido… sono fortunato… ho realizzato il mio sogno… pensò il giovane fissando la moglie che si rivestiva.

- Confermo… Sei bellissima…- disse il giovane continuando ad osservare la moglie.

- Dammi una mano?! Altrimenti la rosticceria chiude!- urlò la beneficiaria di quei complimenti, rossa d’imbarazzo.

- Va bene… va bene…- disse Mamoru alzandosi e afferrando i boxer ed i pantaloni.

- Mi spieghi perché tu lanci sempre i miei vestiti da tutte le parti?- chiese la ragazza con addosso solo la biancheria intima.

- Così ti posso ammirare…- rispose il giovane dandole la gonna che cercava.

Mentre lei l’afferrava, lui la baciò dolcemente.

- Sei impossibile!- disse prima di scoppiare in un’allegra risata.

- E’ per questo che mi hai sposato…- sussurrò passandole la camicetta.

- Vieni con me?- chiese Usagi, dopo aver abbottonato con cura la camicetta.

- Sai che non ti dico mai di no…- e dopo averle afferrato teneramente la mano, i due uscirono sorridenti.

 

Rientrarono poco dopo, con una borsa carica di ogni leccornia possibile.

- Pollo al curry, sushi, riso pilaf… pensi che un’insalata possa andare come contorno?- domandò speranzosa la ragazza.

- Penso proprio di sì Usako, con tutto quello che hai preso…- confermò il giovane guardando la tavola colma di vaschette.

- Meglio andare a prepararci…- propose Mamoru.

- La doccia stavolta… insieme?- buttò lì Usagi maliziosa.

- E’ solo per ottimizzare il tempo…- convenne Mamoru abbracciando la sua adorata mogliettina, conducendola in bagno.

 

Vennero le 20.30 ed i coniugi Chiba erano pronti davanti ad una splendida tavola imbandita.

Il suono del campanello annunciò l’arrivo delle loro ospiti.

- Buonasera.- dissero insieme Haruna e Luce.

- Buonasera… prego, entrate- disse Usagi da brava padrona di casa.

- Ho fatto un dolce… Luce mi ha aiutato con le decorazioni… Speriamo vi piaccia…- disse dolcemente l’ospite guardando amorevolmente la bambina, dopo essere entrata.

Luce, dopo essersi velocemente guardata intorno, sorrise felice ai due padroni di casa e non sembrò affatto spaventata.

Strano… pensò Usagi prendendo il dolce e guardando la piccola, sembra a suo agio con noi, mentre all’asilo… con i suoi compagni è distante e sembra aver paura di tutto e di tutti.

- Penso che possiamo metterci a tavola-  disse Mamoru sorridendo alla bambina che lo osservava rapita.

- Scusatela… Mamoru assomiglia moltissimo a mio marito…- disse la donna rispondendo ad una domanda non espressa.

- Non c’è problema… - disse Mamoru.

- Mamma guarda…- disse la piccola indicando un disegno raffigurante la coppa lunare.

- E’ il regalo di una cuginetta di Usagi…- s’affrettò a dire Mamoru.

- Disegna molto bene…- disse solo Haruna sfiorando il disegno con un dito.

Mamoru fissò il dito della loro ospite… ma un’altra immagine si sostituì a quella del momento.

Una ragazza, vicino ad un bosco, seduta contro un tronco che dipingeva e poi un ragazzo, simile a Mamoru le si avvicinava… e le dava un bacio leggero sulla tempia. L’immagine com’era venuta sparì. Lasciando solo una vaga felicità nel cuore di Mamoru.

Che strano… sono felice… felice d’aver visto quell’uomo baciare la ragazza… è come se fosse giusto così… ma chi sono? si domandò il giovane osservando il disegno senza vederlo.

- Mamoru? Mamoru… Tutto bene?- chiese Haruna guardando il ragazzo immobile vicino al disegno.

- Tutto bene Haruna… devo aver lavorato troppo…- disse cordiale, accompagnando gli ospiti in sala da pranzo.

Usagi attendeva che tutti fossero seduti prima di servire la cena.

Una volta seduti e con il piatto colmo di delizie, tutti mangiarono con gusto facendo molti complimenti alla padrona di casa.

- Davvero buono questo sushi- disse Haruna mangiandone un altro boccone.

- Grazie… comunque è merito della rosticceria qui sotto, non sono molto brava in cucina. - disse Usagi.

Strano… solitamente non dico apertamente che non cucino… perché sento di potermi fidare di lei? si chiese la ragazza  osservando la sua ospite.

Ma un’altra immagine prese il suo posto.

Erano in un ampio giardino… e la ragazza stava sorseggiando il the… Qualcuno pronunciò il suo nome, perché la ragazza si voltò di scatto e corse ad abbracciare… Endimion! 

- … non è vero Usagi?-  chiese Haruna aspettando una risposta.

Fu come se qualcuno le avesse appena gettato addosso un secchio di acqua ghiacciata per svegliarla da quel sogno...

- Scusami Haruna… Ero soprapensiero e non ti ho sentita…- disse Usagi arrossendo: non aveva fatto una bella figura e non era la prima volta che accadeva.

- Stavo raccontando a Mamoru del nostro incontro… l’altro giorno…- ripeté con un sorriso la ragazza.

Che stia ricordando? si chiese la ragazza dai capelli corvini fissando l’altra donna.

- Ah… sì… di fronte alla tua porta… Se ci penso… mi vergogno ancora…- disse ridendo la padrona di casa.

No… non può ricordare… non lo permetterò! pensò la donna dai capelli corvini.

- Haruna ha iniziato a lavorare al museo. - disse Usagi cercando di mantenere viva la conversazione.

- Di cosa ti occupi?- chiese Mamoru osservando la ragazza.

- Mi occupo della classificazione dei reperti archeologici- spiegò Haruna - Mentre voi? Usagi so che fa l’insegnante… Ho iscritto Luce all’asilo e lei è la sua insegnante…- disse più che altro a Mamoru.

- Io sono medico, sono un chirurgo. Lavoro all’ospedale civile di Tokyo…- disse il ragazzo portandosi alla bocca un pezzo di pollo.

Parlarono per un’altra ora, poi uno sbadiglio di Luce, fece capire ai tre adulti che la serata poteva dirsi conclusa.

- Vi ringrazio per l’ottima cena… Vedrò di ricambiare quanto prima…- disse Haruna tenendo in braccio la bambina pronta a cedere al sonno.

- Figurati… Grazie a te della splendida serata e soprattutto per la compagnia… Buonanotte- disse Mamoru abbracciando Usagi.

- Buonanotte Haruna-  disse Usagi.

- Buonanotte ragazzi e… grazie- disse avviandosi verso il suo appartamento.

Mamoru chiuse la porta ed osservò Usagi.

- Cosa c’è Usako? Sei pensierosa…- disse Mamoru scrutando la sua amata moglie.

- Ho… ho visto una ragazza identica ad Haruna… una ragazza che ti abbracciava…-disse guardandolo.

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Capitolo 8
*** Cap 7 ***


- Perché l’abbracciavi

- Perché l’abbracciavi? - chiese di botto la ragazza guardando il marito, come se stentasse a riconoscerlo.

- Usagi... ripeti quello che hai detto! - le rispose guardandola stupito e frastornato al tempo stesso. Non si ricordava d’aver abbracciato nessuna ne oggi ne il giorno precedente…

- Ho detto, - ripeté lentamente la donna – che ho visto Haruna, o una che le somigliava parecchio, che ti abbracciava.

- Quando?

- Non lo so... nel... nel passato...- balbettò lei in preda al panico – lei abbracciava Endimion.

- Usagi fammi capire bene. – fece lui sedendosi sul divano – Sei gelosa di un fantasma, che molto probabilmente non esiste, vecchio di secoli?

La donna si morse un labbro.. beh detto così sembrava una stupidaggine... Mamoru sospirò e l’abbracciò cercando di confortarla.

- Usako... amo solo te, lo sai. L’hai sempre saputo.

Usagi annuì eppure quella brutta sensazione non voleva attenuarsi.

- Mamoru... e se prima di me tu avessi amato un’altra?

- Come? – domandò lui, incredulo, quasi urlando.

- Se prima di Serenity ci fosse stata un’altra donna che amavi?

- No. – disse energicamente lui ma, in quella piccola e semplice parola, vi era una tale intensità da far quasi paura a Usagi – Me ne ricorderei.

L’altra annuì ma non era così sicura.

- Usako pensaci bene... é gelosia quella che senti?

Lei chiuse gli occhi, concentrandosi su quell’immagine fugace che aveva avuto a cena... effettivamente Mamoru aveva ragione, non era gelosia. Era come se fosse del tutto normale che quella donna abbracciasse così calorosamente Endimion.

- No. – rispose con un lungo sospiro – Non ci capisco più nulla Mamo-chan... e, sinceramente, non ho le forze per affrontare anche questa storia.

- Siamo tutti stanchi Usako. – rispose lui stringendola di più nel suo abbraccio – Vedrai capiremo se queste visioni sono collegate ad Haruna o meno.

 

- Mio signore..- fece il fantasma apparendo dal nulla – non ho trovato la principessa dove mi avete detto di cercare.

Albharon picchiò un pugno sul bracciolo della poltrona... maledizione... eppure era certo di aver sentito una forte energia provenire da quel punto.

La solita risata di scherno risuonò nella stanza.

- Smettila! –urlò il cercatore socchiudendo gli occhi cercando di individuare l’intruso.

- Povero Albhatron... stai facendo una sana collezione di fallimenti! Il nostro Padrone é furioso.

- Vattene! – gridò l’altro scattando in piedi.

- Ho intenzione di darti un aiuto. – continuò la voce per nulla intimorita.

- Non voglio il tuo aiuto!

- Ma io te lo darò lo stesso. – davanti al custode delle anime si formò una cartina della città fatta d’aria, un punto bel preciso si illuminò sotto gli occhi rossi del demone – Lì troverai la principessa.

Albharon stinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi.. non poteva seguire il suo suggerimento... ma, se non la trovava, rischiava la vita.

 

Usagi camminava tra i piccoli banchi dove i bambini stavano facendo un bel disegno, il disegno della loro casa o di un posto che amavano.

Tutti stavano disegnando la propria casa con la famiglia.

Arrivata a Luce, Usagi dovette bloccarsi.

Era strano come disegno… stava disegnando una città… una strana città…

- Luce…- mormorò la maestra abbassandosi accanto alla bambina – cos’è?- le chiese indicando il foglio colorato.

Luce guardò Usagi, poi il disegno e, di nuovo, Usagi.

- La città di Cristallo. – spiegò lei semplicemente.

Usagi si morse un labbro… che sia Crystal City? Che quella bambina e la sua mamma vengano dal futuro?

- E tu ci sei stata in questa città?- le chiese dolcemente.

Luce annuì solamente prendendo il pastello azzurro da mucchio sparso sul tavolo.

- Ci sei stata con la tua mamma?

Un altro cenno d’assenso.

- Luce… ricordi il tuo papà?

La bambina fece cadere il pastello e si voltò a guardare Usagi, gli occhi sgranati e pieni di lacrime.

- La mamma pensa di no… - dice piano la bambina – io… sì mi ricordo del mio papà. Quando non avevo sonno mi raccontava sempre le favole.

Usagi sorrise… anche Chibiusa diceva sempre che il suo papà gli raccontava le favole la sera.

- E quali favole ti raccontava?

Gli occhi di Luce si illuminarono:

- Ooh erano tutte bellissime! Mi raccontava di una principessa… e del suo amore… e poi arrivava il cattivo che voleva separarli ma lei riusciva a scacciarlo e a sposare il suo principe azzurro.

Usagi sorrise ancora di più… Luce era matura, usava un linguaggio molto complicato per una bambina della sua età, ma restava pur sempre una bambina di quatto anni. Una bambina che amava le favole a lieto fine e che voleva solo stare con la sua mamma.

- Era buono il tuo papà.

Luce tornò immediatamente triste e tornò a guardare il disegno.

- Poi è cambiato…- mormorò prendendo il pastello giallo.

- E’ diventato cattivo? – voleva saperne di più… voleva indagare sul passato di quella famiglia, voleva capire cosa rendesse Haruna così triste.

Ma la bambina non le rispose e continuò il suo disegno nell’assoluto mutismo.

Usagi gettò la spugna… era ovvio che Luce non le avrebbe più raccontato nulla, doveva solo aspettare. Si appoggiò alla sedia dove era seduta la bambina e cercò di alzarsi, sfiorò una piccola spalla della bambina e sentì come una scossa percorrere il corpo.

Era in un altro tempo… in un altro luogo… c’era sempre quella ragazza che assomigliava ad Haruna… stava fissando il cielo… no, stava fissando la Terra. Si trovava nel Regno Argentato, era triste o sembrava triste, improvvisamente lei si voltò e sorrise leggermente. Un uomo le si avvicinò, un uomo alto, coi capelli corvini, non lo riconobbe… La ragazza somigliante ad Haruna lo abbracciò e poi vide chiaramente che il ragazzo scese sulle sue labbra per darle un bacio.

- … maestra Usagi… maestra Usagi…

La ragazza sbatté un paio di volte le palpebre solo per ricordare a se stessa che si trovava nella sua aula, abbassò lo sguardo, un bambino aveva in mano il suo disegno ed un pastello marrone.

- Cosa c’è Colin?- sorrise accarezzandogli i capelli biondi.

- Non riesco a disegnare il mio cane!- piagnucolò con un piccolo broncio.

Usagi rise e gli prese una mano:

- Andiamo che ti aiuto.

 

Usagi stava nella penombra, seduta dietro la cattedra nell’aula dell’asilo.

Si sentiva strana, come se la sua testa stesse ricordando fatti di un passato lontano… cercava di ricordare ma c’era qualcosa, o qualcuno, che glielo impediva. Sapeva bene che la stessa sensazione la provava anche Mamoru e sapeva altrettanto bene che tutto era iniziato quando erano apparsi i nuovi mostri.

Continuava a fissare il disegno che Luce aveva fatto qual giorno, Haruna era venuta a prenderla in orario ma sembrava molto irrequieta, all’erta, come se qualcuno la stesse cerando, si era dileguata con Luce in pochi minuti. Non aveva neppure fatto in tempo a parlarle del disegno.

- Usagi…

La donna sussultò spaventata, alla porta c’era Mamoru sembrava preoccupato, solo allora guardò l’orologio… accidenti erano già le sette.

- Mamoru…- mormorò lei tristemente – io.. scusa, ho perso la cognizione del tempo.

- E’ successo qualcosa?- chiese lui avvicinandosi alla moglie – Non rimani a scuola fino a tardi di solito. 

Usagi annuì e allungò il disegno al marito.

Mamoru sgranò gli occhi e si aggrappò alla cattedra, tra poco sarebbe caduto.

- Chi… chi l’ha fatto questo disegno?

- Luce. – ripose con un esile sussurro – Lei ha detto che è la città di Cristallo, dice che c’è stata con Haruna.

- E poi?

Con una gran tristezza nel cuore Usagi raccontò al marito la piccola discussione che aveva avuto con la bambina e la visione che aveva avuto quando l’aveva solo sfiorata.

- Dobbiamo parlare con loro. – disse deciso Mamoru.

- Aspetta, non puoi esser frettoloso in queste cose. Come pensi di parlare con lei: “Haruna tu e Luce venite da futuro e, in qualche modo, conosci Serenity e Endimion?”ti sembra il modo migliore per affrontare il discorso?

Mamoru scosse la testa, quando aveva delle visioni non era mai qualcosa di piacevole e sempre, le conseguenze delle sue azioni, ricadevano sulla donna che amava.

- Mamo-chan…- fece lei prendendo le mani del marito – io.. io non credo che Haruna sia una nostra nemica. Non so spiegartelo ma non sento in lei il male, l’energia che la circonda non è malvagia. E’ molto simile alla tua… forse solo un po’ più forte.

Il ragazzo sorrise… la sua amata Usako non aveva mai perso la sua fiducia nel prossimo anche dopo tutte le dure battaglie che aveva affrontato.

- Parleremo con lei,- fece dopo un po’ Usagi – ma prima dobbiamo capire se lei sa chi siamo, se si rende conto di esser legata a noi in qualche modo.

- Sì, forse hai ragione.

- Andiamo a casetta?- domandò con un sorriso innocente prima di dargli un delicato bacio.

Mamoru l’abbracciò, Usagi rise come una bambina.

- No, stasera ti porto fuori a mangiare. Andiamo in un ristorante italiano che ha aperto da poco.

- Buon idea.

Mamoru le prese la mano e uscirono dall’aula desiderosi solo di stare tranquilli per una sera.

 

Haruna stava seduta sistemando la cucina, Luce dormiva tranquilla da un’ora, era molto stanca e, stranamente, taciturna. Non le aveva detto cosa aveva fatto all’asilo e non si era messa a giocare come al solito.

- E’ successo qualcosa…- disse ad alta voce guardando la sua immagine riflessa nel vetro della finestra – perché devo sopportare tutto questo di nuovo? Perché le persone che amo sono sempre in pericolo?

Lasciò perdere la cucina ed aprì le finestre, era stanca di lottare… di soffrire, aveva appena ricominciato a vivere e tutto precipitava nuovamente… e, come se non bastasse, tutto questo aveva grosse ripercussioni su Luce. Quella bambina che aveva tanto desiderato, che aveva allietato l’unione con suo marito, quella bambina che aveva visto il padre diventare un mostro davanti ai suoi occhi.

Il vento entrò nella cucina, soffiando forte contro il viso della donna.

Haruna scattò in piedi facendo cadere la sedia a terra.

- Oh no…- mormorò con voce tremante – non… non di nuovo!

 

- Usako come hai fatto a mangiare tutti gli spaghetti? – chiese Mamoru mentre tornavano a casa, avevano deciso di allungare il percorso con una romantica passeggiata nel parco sotto i raggi argentei della luna.          

- Erano squisiti! – rispose la donna con un sorriso soddisfatto – Tu, invece, li hai lasciati a metà... non erano buoni?

- No, erano ottimi ma bastavano per sfamare l’intero Giappone!

- Mamoru...- fece lei con uno sguardo di fuoco – stai cercando di dire che sono una mangiona?

- Oh no... – rispose Mamoru sorridendo - oramai tutti conoscono il tuo formidabile appetito!

- Mamo-Chan!

I due si guardarono in faccia per poi scoppiare a ridere.

Improvvisamente un’ombra nera si parò tra i due.

- Principessa!- urlò un fantasma.

Mamoru si parò davanti ad Usagi, cercando di proteggerla.

- Vattene sciocco mortale!- urlò lo spettro – Lasciami la principessa!

- Mai!- urlò Mamoru prendendo la rosa sotto la giacca.

- Mars! Flame sniper!

Il fuoco di Sailor Mars lo oltrepassò facendolo vaporizzare e dando il tempo a Usagi e Mamoru di trasformarsi.

Velocemente lo spettro riprese le sue sembianze, ancora una volta gli attacchi furono del tutto inutili mentre i suoi erano fin troppo forti.

Rei provò a lanciare la sua infallibile pergamena per esorcizzare il fantasma ma questo la deviò facilmente. Sailor Mercury e Sailor Venus furono messe fuori gioco velocemente, più forti erano Sailor Jupiter e Sailor Mars, ma, dopo qualche mossa, il fantasma riuscì ad immobilizzare anche loro. Tuxedo Kamen protesse Sailor Moon in tutti modi che conosceva ma rimase ferito e incatenato, con un incantesimo molto potente, al suolo. Usagi era sola e non sapeva come combatterlo, deviò le sfere di energia, cercò di indebolirlo ma senza nessun risultato.

L’ultimo colpo inferto dallo spettro la colpì alla schiena facendola cadere a terra, Mamoru cercava in tutti i modi di liberarsi ma con scarso risultato.

Sailor Moon si trascinava a terra mente vedeva il fantasma pronto ad infierire su di lei.

- Principessa!- urlò lo spettro – Sei mia!

Usagi chiuse gli occhi pronta al peggio quando sentì un freddo polare sfiorarle la pelle.

Aprì gli occhi, una cupola di ghiaccio si era formata tra lei e lo spettro.

Il fantasma si guardò attorno e la stessa cosa fece la guerriera Sailor.

- Lasciala stare!- fece una voce nell’ombra.

E’ lei… la stessa persona che mi ha aiutato l’altra volta…

Il fascio di luce blu colpì il fantasma immobilizzandolo come l’altra volta.

Sailor Moon si alzò ed eliminò il fantasma.

Gli incantesimi si sciolsero lasciando le altre guerriere Sailor e Mamoru liberi, Usagi si guardò ancora attorno cercando quella strana figura. L’altra volta era fuggita subito… ora, invece, era ancora là, nell’ombra ma sempre presente.

- Chi sei?- domandò mentre le sue amiche si avvicinavano – Perché mi hai salvato?

Non poteva vederle il viso, ma riusciva ad intravedere un lungo abito turchese… e uno scettro… teneva in mano un lungo scettro, sembrava fatto di vetro, in cima aveva una gemma che emanava una luce dorata.

Mamoru sentiva uno strano calore nel cuore e continuava a fissare quel cristallo che sembrava pulsare come un cuore.

- Mi dispiace… - disse solo la figura – non volevo coinvolgervi… non di nuovo.

- Cosa vuol dire di nuovo?- chiese Mamoru ansioso.

- Guerriere Sailor… questa battaglia non è la vostra, lasciate perdere. Io sono la sola che può sconfiggere quel demone.

- No!- rispose risoluta Usagi – Noi possiamo aiutarti! Dobbiamo stare insieme!

- No, non potete… questo demone è troppo forte. Voi tutti perireste nell’affrontarlo, non combattete più… è un mio compito. – e, detto questo, sparì nel nulla.

Mamoru socchiuse gli occhi.. perché vuole fare tutto da sola?

Un bagliore colpì la sua attenzione, si avvicinò al punto in cui c’era la figura poco prima, a terra c’era una catenina d’argento con un ciondolo… un ciondolo che assomigliava molto ad un cristallo di ghiaccio. Si chinò e la raccolse, appena le sue dita sfiorarono la superficie del gioiello un brivido gli attraversò il corpo.

C’era lui… era il principe Endimion, davanti c’era una bellissima ragazza, la solita che popolava le sue visioni, stava piangendo.

- Addio…- mormorò la giovane con un debole sorriso – ti voglio bene.

Lui si avvicinò e le mise al collo lo stesso gioiello che teneva ora in mano.

- Non ti dimenticherò mai. - mormorò Endimion, anche lui stava piangendo.

- Invece sì… ti dimenticherai di me… è solo per proteggerti.

Poi tutto venne avvolto da una fortissima luce d’orata.

Mamoru cadde a terra in ginocchio, stranamente stremato.

- Mamoru!- urlò Usagi correndo verso di lui – Cos’è successo?

Il ragazzo guardò la collana che teneva ancora in mano, sentì le lacrime scorrergli lungo le guance.

Strinse il ciondolo nella mano e chiuse gli occhi.

- Sciocca ragazzina…- mormorò senza neppure capire bene il perché.

 

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Capitolo 9
*** Cap 8 ***


Erano trascorsi due giorni dall’ultimo attacco del fantasma…

Erano trascorsi due giorni dall’ultimo attacco del Fantasma…

Già, le Sailor avevano battezzato così i nemici… Nemici sui quali i loro poteri non avevano alcun effetto.

Mamoru aveva trovato quella strana collana… E quando lei aveva chiesto spiegazioni riguardo alla frase detta… Beh, non sapeva perché l’avesse pronunciata.

La faccenda era sempre più misteriosa e ad Usagi non piacevano molto i misteri.

Era in classe ed osservava i suoi allievi che giocavano: in quei tre anni dacché aveva iniziato a lavorare presso la scuola materna era riuscita ad instaurare un rapporto speciale con tutti i bambini.

Già… tutti, tranne Luce.

Il suo sguardo si soffermò su quella bambina, tanto graziosa quanto taciturna. Era riuscita a sapere ben poco di lei e della sua famiglia.

Quando qualcuno la chiamava, lei lo guardava impaurita, cercando con lo sguardo qualcuno che potesse aiutarla, ma se a chiamarla era lei, Usagi, oppure la sua adorata mamma, sembrava trasformarsi.

Era una ragazzina molto solare ed allegra, ma qualcosa l’aveva spinta ad aver paura di tutto e di tutti.

Ho deciso! Stasera inviterò nuovamente Haruna e Luce a cena da noi! decise Usagi in quel mentre.

La campanella del pranzo suonò e tutti i bambini si misero in fila ordinatamente.

 

Intanto nel parco…

Una nuvola rosa si era formata poco sopra il pontile in legno.

Una palla con il viso da gatto sbucò dal nulla e rotolò per qualche metro.

Attese qualche secondo e poi iniziò a volteggiare nell’aria, quasi stesse cercando qualcuno.

Dopo qualche minuto dalla nuvola scese, o meglio, cadde una bambina di circa cinque anni con i capelli rosa legati in due buffi codini.

La nuvola rosa, così com’era apparsa, sparì.

- Luna P!-  chiamò la piccola guardandosi intorno.

La sfera si avvicinò alla bambina che l’abbracciò felice.

- Dove li trovo?- chiese premendo quello che, a prima vista, era il naso del gatto.

-Sono al lavoro!- borbottò imbronciata la bambina - Meglio uscire dal parco…- disse guardandosi attorno, vedendo delle persone avvicinarsi al pontile.

Iniziò a camminare verso l’uscita del parco.

- Ehi piccolina… ti sei persa?- chiese una voce alle spalle della bambina.

Questa si bloccò all’istante: dopotutto questa non era la sua epoca, ma non pensava di aver fatto nulla di strano.

Si voltò lentamente, cercando mentalmente una scusa plausibile.

- Ecco io… Minako? Sei tu!- esclamò la bambina avvicinandosi alla ragazza bionda che l’aveva chiamata.

- ChibiUsa? Cosa ci fai qui?- domandò sorpresa la guerriera di Venere.

- Ecco… sono qui… perché… Ecco… la mamma ed il papà…- cercò di dire la piccola.

- Ah… Ho capito! I tuoi genitori volevano stare un po’ da soli ed hanno pensato bene di mandarti nel passato…- disse Minako con l’aria di chi la sa lunga.

- Eh? Ah! Sì… sì, proprio così… ah, ah…- disse la bambina ridacchiando nervosamente.

- Sono proprio furbi i tuoi genitori… magari quando torni… trovi pure un fratellino od una sorellina-

- Eh!?-  chiese la bambina guardando Minako quasi fosse un’aliena -Minako… non per deluderti ma… Le appartenenti alla famiglia reale lunare possono avere solo una bambina…- disse la piccola con aria da adulta.

- Eh? Quindi loro non… Ah…- disse soppesando la frase - Vuoi che ti porti da Usagi…- cambiò argomento la ragazza dopo aver dato un’occhiata all’orologio.

- Davvero lo faresti?-  chiese speranzosa la piccola.

- Beh… considerando che lavora in un asilo… non vedo dove sia il problema… e poi io devo scappare al lavoro e tu staresti da sola… Con i nemici in giro… non è proprio il caso. - disse afferrando la manina della futura principessa della Terra.

 

Camminarono per una decina di minuti, parlando di frivolezze, Minako sapeva infatti che ChibiUsa non poteva svelare fatti del futuro, avrebbe rischiato di compromettere il presente ed il futuro stesso.

Giunsero all’asilo e la bambina si guardò in torno alla ricerca di Usagi.

- A quest’ora è in classe… Vieni…- disse Minako entrando nell’edificio.

- Buongiorno, sono Minako Aino… Vorrei parlare con urgenza con la signora Chiba…-  disse alla donna dietro al banco.

- D’accordo…- disse prima di lasciare il suo posto per andare a chiamare la ragazza.

- Minako… Usagi si è sposata?- chiese ChibiUsa sorpresa.

- Sì… il quindici aprile se non ricordo male…- rispose pensierosa la ragazza.

- Mina-chan! Cos’è successo!- chiese trafelata la ragazza bionda avvicinandosi alla sua amica.

- Hai visite…- disse spostandosi per permettere all’amica di vedere la bambina che l’accompagnava.

- ChibiUsa!- disse abbracciandola.

La bambina dal canto suo era sorpresa di vedere Usagi così cambiata.

I capelli erano raccolti in una treccia ed erano stati in parte tagliati. Il viso era diventato più maturo: assomigliava moltissimo alla Serenity del futuro, ma non aveva ancora quell’aura di potere e di purezza che trasparivano dalla regina della Terra del XXX secolo.

- Come mai sei qui?- chiese guardando ora Minako ora la bimba.

- Dovresti saperlo… anche nel futuro tu e Mamoru…- ammiccò maliziosa la guerriera di venere.

- Cos…- iniziò bloccandosi subito dopo arrossendo come un pomodoro maturo.

- Più o meno…- affermò sibillina la bambina.

- Ah…- disse solo Usagi - quanto ti fermi ChibiUsa?- le chiese.

- Non lo so…- disse la piccola.

- Io devo scappare… Ci vediamo!- disse Minako uscendo frettolosamente dall’edificio.

- Ok, Maki? Vorrei iscrivere mia cugina all’asilo…- disse Usagi rivolgendosi alla donna che era tornata al suo posto.

- D’accordo Usagi… Quanti anni ha?- chiese la donna guardando la ragazza di fronte.

- Cinque…- rispose ChibiUsa.

- Perfetto… Nome e cognome?- chiese Maki guardando la piccola.

- ChibiUsa Tsukino- le rispose compita.

- Sei in classe con Azuka… l’accompagni tu Usagi?- chiese la donna gentilmente.

- D’accordo… grazie Maki-  disse allontanandosi con la bambina.

- Pensavo di essere in classe con te…- disse ChibiUsa imbronciata.

- Mi dispiace… dovevi avere quattro anni…- le rispose arruffandole i capelli.

Bussò alla porta dell’aula accanto alla sua.

Un leggero avanti e ChibiUsa poté conoscere la sua nuova insegnate.

Terminate le presentazioni e, dopo essersi salutate, le lezioni ripresero il loro corso.

 

Haruna era nell’ufficio, lo sguardo perso oltre la finestra che dava su una strada parecchio trafficata.

- Presto dovrò dir loro la verità… ma sapranno accettarla?- chiese alla stanza vuota la donna.

Riprese il lavoro, anche se la mente era altrove… persa in ricordi lontani…

 

 

Albharon era furibondo, quasi quanto il suo signore: o trovava la principessa oppure poteva salutare il mondo dei vivi.

- Cerchiamo la prossima anima…- disse furioso - E tu non t’impicciare!- urlò generando un fascio di luce verso un angolo.

La figura che vi era nascosta sparì prima di esser colpita.

- Quanto siamo permalosi Alby…- sussurrò una voce alle spalle del cercatore di anime.

- Piantala Elindhor… Non sei divertente…- le rispose afferrandole un polso.

- Mamma che paura…- ribatté lei ghignando.

Come Albharon, era aliena, ma le assomiglianze terminavano qui.

Elindhor era alta e flessuosa, la pelle era ambrata con due simboli strani ai lati delle guance. I capelli, di un incredibile color viola scendevano lunghi e morbidi fino a metà schiena. Gli occhi erano la sua caratteristica più spaventosa erano rossi come il sangue ed altrettanto spietati.

Era la seguace più fedele del loro signore, nonché il suo braccio destro.

Era un concentrato di odio, perfidia e sadicità: era famosa per le torture che si divertiva a compiere.

- Non hai niente di meglio da fare che gironzolare nelle mie stanze… eh!- chiese furibondo il cercatore di anime.

- Mi annoio.. non ho nessuno con cui divertirmi… Ma forse… dopo il tuo prossimo fallimento… potrò divertirmi con te…- sussurrò melliflua.

- Va all’inferno!- disse prima di sparire.

- Sciocco…- sussurrò lei imitandolo.

 

Usagi aveva appena salutato l’ultimo bambino quando un rumore attirò la sua attenzione.

- ChibiUsa! Mi hai spaventato- disse dopo aver visto la bambina venirle incontro.

- Asuka è simpatica… anche se avrei preferito essere nella tua classe…- disse la piccola cercando di commuovere la sua futura madre.

- Io insegno ai bambini di quattro anni… e tu ne hai cinque- spiegò gentilmente Usagi alla piccola

 

- Sai che Mamo-chan è diventato chirurgo?- disse ancora mentre camminavano verso casa.

- Ha realizzato il suo sogno allora…- disse la piccola pensierosa.

- Già… Ti va di mangiare un buon pollo?- propose donna vedendo la piccola persa nei suoi pensieri.

- Con le patatine?- chiese ChibiUsa dimostrando interesse.

- Con le patatine. - confermò soddisfatta Usagi, entrando in rosticceria.

 

- Ecco perché papà non è morto di fame fino ad ora…- disse la piccola sorridendo furbescamente.

- Guarda che compro il cibo in rosticceria solo per gli ospiti…- le rispose facendole la linguaccia.

- Sarai pure cresciuta… ma sei sempre infantile!- le disse correndo verso l’ascensore.

- Aspettami!-  rlò inseguendola.

- Testolina buffa… dove corri?-  e chiese una voce alle sue spalle.

- Mamo-chan!- urlò felice ChibiUsa abbracciando l’uomo dai capelli corvini.

- ChibiUsa?! Cosa ci fai tu qui?!- le chiese sorpreso.

- Viaggio di piacere Mamo-chan… piacere dei sovrani…- rispose Usagi per la piccola.

- Ah… Beh… saliamo?- propose il giovane.

 

Intanto Albharon era alla ricerca del suo alleato…

Si guardò intorno: bingo.

Un uomo, sui trent’anni, era appoggiato ad un muro e parlottava con dei suoi compagni, maneggiava un coltello, sporco ancora di sangue.

- E gli ho detto… dammi tutto o ti uccido… e lui mi ha dato il portafoglio… dovevate vederlo piangeva come un vitello… E poi… Che vuoi?- chiese vedendo Albharon lì vicino.

- Niente di particolare… solo la tua anima… lo sai che è dannata?- chiese al giovane con un bieco sorriso prima di colpirlo.

I suoi amici osservarono la scena spaventati a morte e, dopo aver visto il loro leader cadere, preferirono scappare.

- Cosa comandate mio padrone?- chiese l’anima nera assumendo la forma del fantasma.

- Trova la principessa: non fallire…- disse sparendo.

 

Dopo aver messo a letto ChibiUsa, Usagi e Mamoru si sedettero sul divano.

- Avevo pensato di invitare Haruna a cena, ma l’arrivo di ChibiUsa ha cambiato i programmi…- disse accoccolandosi più vicina a lui.

- Sarà per un'altra volta…- disse Mamoru abbracciandola.

Erano abbracciati da un po’, quando un urlo ruppe il silenzio della notte.

- Un nuovo mostro…- disse solo Usagi osservando Mamoru.

- Di sicuro… ChibiUsa è meglio lasciarla riposare…- rifletté il ragazzo a voce alta preparandosi ad uscire.

Cinque minuti dopo le Sailor e Tuxedo Kamen erano davanti al fantasma.

- Cosa facciamo i nostri poteri non funzionano!- disse Sailor Venus cercando di non farsi colpire.

- Teniamolo occupato… se è impegnato con noi non potrà far del male ad altre persone!- disse Sailor Mars schivando un colpo.

- Voglio la principessa… Non voglio giocare con voi stupide!- ruggì il fantasma indiavolato.

- Non ti daremo la principessa!- disse Jupiter mettendosi davanti a Sailor Moon.

- Principessa!? Sei tu?!- chiese avvicinandosi a Sailor Moon dopo aver scansato violentemente Sailor Jupiter.

- Cristallo d’argento… Azione!- disse Sailor Moon cercando di sconfiggere il fantasma.

- Sì… sei la mia principessa…- disse cercando di afferrarla.

- Lasciala!- disse una voce alle spalle del fantasma.

- Uh?- fece questo voltandosi.

Il fascio di luce blu lo colpì, facendolo sparire.

- Ve l’ho già detto… Questa non è la vostra guerra… Lasciate perdere, non voglio dover essere costretta a proteggere anche voi, oltre a me stessa…- disse la donna, nascosta dall’ombra.

- Dicci almeno chi sei!- disse Sailor Moon rivolta alla voce, dato che la ragazza era nascosta.

- Io sono la principessa di Illusion…- disse prima di uscire dall’ombra, rivelando così la sua identità.

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Cap 9 ***


La donna era bella da mozzare il fiato, un lungo abito turchese la avvolgeva fino ai piedi sfiorando appena il terreno, i cape

La donna era bella da mozzare il fiato, un lungo abito turchese la avvolgeva fino ai piedi sfiorando appena il terreno, i capelli neri e lucenti scintillavano sotto i riflessi argentei della luna, il viso luminoso con quella pelle bianca come il latte, gli occhi profondi e penetranti come due stelle luminose.

Sorrideva ma nel cuore aveva paura di esser rifiutata, di esser rimproverata ma, soprattutto, quello che la preoccupava era il pericolo che tutti loro correvano standole così vicino.

Ma non poteva nascondersi non più, aveva capito fin troppo bene che Usagi e Mamoru stavano iniziando a ricordare… un tempo non sapeva fare magie potenti.

- Haruna…- mormorò Mamoru incredulo.

- Sei sorpreso? – domandò lei avvicinandosi ancora di un passo – Mamoru..

Il ragazzo sgranò gli occhi.

- Tu mi conosci.

Haruna annuì piano, non staccava gli occhi da lui, era come se lo vedeva la prima volta… la prima volta dopo tantissimi anni.

Quanto avrebbe voluto abbracciarlo… ma era ancora presto.

- Perdonatemi se vi ho scombussolato la vita. – si scusò.

- Aspettate un attimo!- urlò Sailor Mars diffidente – E tu chi sei?

Haruna spostò lo sguardo sulle guerriere Sailor… loro non la conoscevano o meglio, la conoscevano poco.

- Mi presento… - fece dopo averle studiate a lungo – mi chiamo Haruna e sono la principessa di Illusion.

- Questo vuol dire che…

- Sì, Usagi. – annuì lei notando che, finalmente, la nebbia stava abbandonando i ricordi dei due futuri sovrani – Io sono la sorella di Endimion.

Mamoru stava quasi per cadere a terra… una sorella… lui aveva una sorella?

Haruna sentiva benissimo la confusione che provava il fratello, alzò la mano verso il cielo stellato e chiuse gli occhi, tra le sue mani si formò il lungo scettro che aveva visto Usagi l’altra volta. Era di cristallo azzurro, in cima aveva una pietra d’oro che rilasciava una tenue luce.

- E’ ora che voi ricordiate…- disse solennemente concentrandosi – è arrivato il momento si spezzare l’incantesimo.

Il cristallo d’oro emise una forte luce d’orata, Mamoru e Usagi si sentivano strani, tutto sembrava più lucido ai loro occhi, ora tutto aveva un senso. Era come viaggiare nel tempo, indietro di anni, di secoli, solo per ricordare lei… una delle persone più importanti della loro vita passata…

 

… Endimion… Serenity… ricordate… ricordate con me…

… torna nel passato Endimion… in quel passato dove tu eri il diretto erede al trono del regno di Illusion… ripensa alla tua infanzia, quando io sono nata.

 

Una dama di corte era venuto a chiamarlo di prima mattina, aveva solo cinque anni, era molto piccolo eppure molto maturo, sapeva che quelli erano giorni frenetici. La sua mamma avrebbe dato alla luce la sua sorellina e lui era ansioso di vederla.

Aveva passato nove mesi ad accarezzare la pancia rigonfia della madre, sorridendo pensando a quando sarebbe nata, a tutte le cure che le avrebbe dato, aveva trovato lui il nome da dare alla piccola… Haruna….

E, alla fine, il momento era arrivato, la regina aveva partorito nella notte.

La sua sorellina era nata e lui poteva, finalmente, chiamarsi fratello maggiore.

Entrò di corsa nella stanza della madre, suo padre, re Lothor, stava seduto sulla sponda del letto, aveva gli occhi lucidi, la regina Anya stava tra le lenzuola, indossava solo una camicia da notte di seta dorata, i capelli ramati raccolti in una treccia, sul volto esausto c’era solo un dolce sorriso. Per lui, il piccolo Endimion, per il marito che amava e per quella nuova vita che stringeva tra le braccia.

Appena entrato il padre aveva messo un dito sulle labbra sottili, in punta di piedi si era avvicinato al letto dei genitori e si era alzando in piedi per vederla meglio.

Suo padre l’aveva preso in braccio e avvicinato a quel piccolo fagottino rosa che dormiva.

Era così piccola, così fragile… già sentiva dentro di lui un legame speciale con quella creatura, non ne aveva capito il suo significato perché era troppo piccolo, ma sentiva un immenso calore nel petto.

- Ecco la tua sorellina Endimion. – gli aveva detto la madre con un sorriso.

- Ciao Haruna. – aveva detto piano per timore di svegliarla.

- Ora sei il fratello più grande. – fece il re – Dovrai prenderti sempre cura di lei.

Il piccolo annuì vigorosamente senza mai staccare gli occhi da lei… sì, lui l’avrebbe protetta, sempre… a qualsiasi costo.

 

Ricordi com’eri protettivo Endimion? Avevi paura che il mondo potesse farmi male, mi hai sempre protetto e difeso… sempre… sapevi che io ero una principessa ribelle.

Serenity ricordi le nostre lunghe chiacchierate nei giardini di Illusion? I pomeriggi passati a bere il the e scherzare?

Lasciatevi guidare dagli spiriti del passato… ricordate i balli nel Regno Argentato?

 

- Non è giusto! – sbuffò la principessa Haruna mentre guardava gli abiti da sera che sua madre le aveva messo sul letto – Possibile che mamma non si renda conto che posso benissimo scegliermi da sola il vestito per un noiosissimo ballo?

- Perché sa bene che, se fosse per te, potresti benissimo mettere uno dei vestiti che usi per andare a cavallo Haruna. – echeggiò una voce divertita alle sue spalle.

- Non è per nulla divertente Endimion! – urlò furiosa la ragazza voltandosi scarlatta in volto.

Endimion era già pronto per il ballo che si svolgeva nel Regno Argentato, era veramente bello con quella divisa.

- Come ti sei vestito bene. – constatò lei tornando ad osservare i vestiti che le aveva preparato la madre – Ti sei fatto tutto bello per la principessa vero?- ghignò cattiva cercando di farlo cadere nella sua trappola - Tanto lei non ti vuole!

Endimion sussultò a quella frase.

- Serenity ti ha parlato di me? Ti ha detto qualcosa? – disse ansioso di conoscere i pensieri della sua amata principessa.

Haruna scoppiò a ridere… era esilarante vedere il suo fratellone sempre così composto e razionale perdere totalmente il controllo quando si parlava della donna che amava.

- Certo che mi ha parlato di te!- fece prendendo due vestiti – Ti ricordo che siamo molto amiche!

- E cosa ti ha detto?- chiese lui fingendosi indifferente.

Haruna era indecisa se lasciarlo ancora un poco sulle spine o raccontargli tutto, ma lei voleva tanto bene ad Endimion, non ci riusciva ad esser troppo cattiva con lui. 

- E’ diventa una noia da quando ti conosce…- e così dicendo iniziò a saltellare per tutta la stanza con fare melodrammatico – Oh Endimion dove sei? Endimion mi stai pensando?

Il principe, nel frattempo, era scarlatto in volto.

- Uffi! – urlò divertita Haruna pestando un piede a terra – Ma ti rendi conto che hai monopolizzato le discussioni tra me e Serenity? Non si fa che parlare di te! E non fingere di non saperlo! – prese due vestiti a caso e si guardò allo specchio – Invece di fare la bella statuina e fantasticare sulla tua principessa… dimmi quale mi sta meglio. – continuò guardando la sua figura snella allo specchio e alternando i due vestiti - Quello celeste o quello lilla?

Endimion sorrise osservando bene la sorella, Haruna era pestifera a volte ma il suo cuore era pieno d’amore per tutti, per lui, per i genitori, per il suo popolo… era una perfetta principessa.

- Metti quello celeste. – disse infine – Fa risaltare il colore dei tuoi occhi.

La principessa arrossì e guardò il fratello attraverso il grande specchio con le rifiniture d’argento.

- Ballerai tutta la sera con Serenity?

Endimion scosse lievemente il capo, si staccò dalla parete e si avvicinò alla sorella.

- Il primo ballo lo riserverò per la mia sorellina preferita.

Endimion mantenne la promessa, il primo ballo fu solo per lei, aveva volteggiato per la sala elegantemente decorata e sotto gli sguardi ammirati di tutti. Finita la musica Haruna si era inchinata davanti a suo fratello e si era diretta verso i giardini passando prima accanto alla sua amica Serenity:

- Ora è tutto tuo – le aveva sussurrato dolcemente facendola arrossire.

Era uscita sul balcone cercano un po’ d’aria fresca, poteva benissimo sentire la voce di sua madre…

… Haruna sei una principessa! Devi comportanti come tale e non scomparire nel bel mezzo di un ricevimento.

Beh quello non era il suo ricevimento, non era nel palazzo della Terra era sulla Luna, nel palazzo d’Argento… no, decisamente in quel posto poteva esser tutto tranne che la principessa Haruna.

 

Ero sempre nei guai vi ricordate?

Odiavo le feste e i balli a corte.. avrei fatto qualsiasi cosa per fuggire via lontano, lontano… ma è, proprio ad un ballo, che ho conosciuto un uomo diverso dagli altri…

 

Gli occhi erano tutti puntati su Serenity ed Endimion che ballavano divinamente senza prestare attenzione al mondo che li circondava.

Haruna li guardava dalla finestra… erano veramente belli insieme, potevi chiaramente leggere l’amore che provavano l’uno per l’atra.

La invidiava… soprattutto la sua amica della Luna, conosceva Serenity da anni ormai, avevano passato tanto tempo insieme a fantasticare sul loro futuro e sul loro principe ideale… lei l’aveva trovato.

Il suo forse non sarebbe mai arrivato… sapeva bene che i suoi modi di fare un poco ortodossi non attiravano l’attenzione, o meglio attiravano l’attenzione ma non quella maschile. In tutta Illusion si conosceva bene la principessa Haruna e la sua vita poco regale, lei amava cavalcare nei boschi da sola, senza guardie, più di una volta era uscita di nascosto dal castello per mescolarsi tra la gente normale, solo per qualche ora, giusto un attimo di libertà, ma riusciva sempre a cacciarsi nei guai, tutti la riconoscevano e tornava a palazzo scortata da almeno dieci soldati. I suoi genitori non sapevano più cosa fare con lei e Endimion faceva i salti mortali per coprirla e non farle passare un guaio.

Un triste sorriso le incurvò le labbra continuando ad osservare il fratello e la sua amata danzare, scosse il capo cacciando via i pensieri tristi… quello era un giorno di festa e lei non doveva demoralizzarsi in quel modo.

Lanciò un’occhiata al parco, quel salone era troppo affollato e rumoroso, aveva bisogno di stare un po’ da sola.

Cercando di non dare nell’occhio uscì dal salone e si recò nei giardini del palazzo, era immenso anche se molto triste senza piante o animali veri, tutto lì era pura illusione o solo magia… Serenity amava molto il suo pianeta e anche lei lo preferiva alle terre aride della Luna, ma la pace che si respirava nel Regno Argentato non la si trovava da nessun’altra parte.

Si fermò vicino ad una fontana, l’acqua spruzzava allegra e fresca dalla statua a forma di angelo, Haruna si sedette sul bordo ignorando gli spruzzi che le bagnavano lievemente il vestito celeste.

La Terra, vista dalla Luna, era sempre bellissima, avvolta da quel luccichio azzurro.

- Chi va la!- urlò una voce profonda facendola sobbalzare dallo spavento.

Haruna scattò in piedi, sicura di passare un guaio… non era certa che quei giardini fossero accessibili a tutti, neppure per la principessa della Terra.

Uno dei soldati della Luna apparve da dietro una colonna di marmo bianco, Haruna sgranò gli occhi meravigliata da tanta bellezza.

Era un ragazzo giovane, aveva una lunga chioma corvina che gli arrivava alle spalle, gli occhi di ghiaccio, il fisico muscoloso ed atletico messo in risalto dalla divisa nera con i ricami d’argento, un lungo mantello d’argento fissato alla divisa con due fibbie a forma di luna gli copriva le spalle sfiorando appena il pavimento lucido.

- Questi giardini sono riservati alla principessa Serenity. – disse solennemente il soldato venendo avanti con passo deciso, probabilmente non l’aveva riconosciuta – Dovete andarvene Madame. – fece poi più dolcemente notando che quello che aveva davanti non era un malintenzionato ma una semplice donna.

Haruna era paralizzata, si sentiva il viso in fiamme… non aveva mai visto nulla di più bello, il cuore le batteva forte, sapeva che le stava parlando ma lei era così inebriata dalle strane sensazioni che sentiva che non riusciva a capire neppure una frase.

- Si sente bene?- chiese il giovane inginocchiandosi davanti a lei preoccupato da quello sguardo assente.

- Io… io… sì, sto bene.  – balbettò la principessa incapace di distogliere lo sguardo da quegl’occhi da sembrare di ghiaccio ma dove ardevano delle fiamme.

- Non credo di conoscerla, - fece lui con un lieve sorriso – posso sapere il suo nome?

Stava per rispondere ma qualcuno la precedette:

- Haruna! – Endimion la stava cercando preoccupato dalla sua improvvisa scomparsa.

Il soldato scattò immediatamente in piedi facendo il saluto militare al principe della Terra.

- Vostra maestà.

- Riposo soldato…- rispose Endimion continuando a guardare la ragazza che aveva lo sguardo fisso a terra – vedo che avete trovato mia sorella. Vi ringrazio… ha la brutta abitudine di cacciarsi nei guai. – finì poi con un sorriso divertito.

- Endimion!- sibilò lei rossa in volto – Avevo… avevo solo bisogno di una boccata d’aria. – si scusò dopo andando verso il fratello. – Non sapevo che fossero i giardini privati di Serenity, perdonatemi. – fece poi rivolta al soldato – La prossima volta me lo ricorderò.

- Anch’io la prossima volta mi ricorderò di voi… principessa. – rispose il soldato baciandole una mano.

Haruna era certa che il suo cuore si fosse fermato nel momento in cui le labbra del giovane soldato sfiorarono appena la sua mano. 

Mentre tornava nel salone Endimion le lanciò un’occhiata molto divertita:

- Ho, per caso, interrotto qualcosa sorellina?

La ragazza, se possibile, divenne ancora più rossa.

- Ma cosa stai pensando Endimion! Ci siamo incontrati per caso e comunque non so neppure il suo nome.

Erano tornati nel salone, tutti stavano parlando allegramente e ballando, Serenity li guardava da lontano con una strana espressione.

- Marcus. – fece il principe prendendo due bicchieri dal lungo tavolo del rinfresco.

- Come?

- Ho detto Marcus- ripeté piano Endimion - … quel tipo si chiama Marcus.

- Tu lo conosci?

- Sì, - annuì il fratello – è il nuovo capitano delle guardie della Luna.

- Ecco perché non mi ha riconosciuto. – pensò Haruna prendendo il calice che Endimion le porgeva – E’ molto giovane. – constatò poi.

- Ha la mia età, ma è un ottimo combattente, la Regina Selene non metterebbe mai un inetto a comandare i soldati che proteggono Serenity. Suo padre era il vecchio comandate, dopo la sua morte ha affidato i soldati al figlio. Non molti hanno visto questo passaggio di buon occhio, soprattutto perché Marcus è molto giovane, ma si è dimostrato all’altezza di quel compito. Ora tutti sono molto soddisfatti dei suoi risultati.

Haruna lanciò un’occhiata alla finestra… il nuovo comandante delle guardie della Luna.

Endimion sorrise tornando dalla sua principessa, le mormorò qualcosa, Serenity annuì con un sorriso poi la fissò. 

Haruna alzò gli occhi al cielo... ora il tema della conversazione non sarebbe stato più Endimion!

 

Il ricordo finì all’improvviso, la luce dorata li investì di nuovo facendoli tornare alla realtà, Haruna cadde in ginocchio stremata dallo sforzo… non usava quel tipo di magia da tanto tempo.

Mamoru e Usagi si guardarono per qualche istante, poi sorrisero… ora ricordavano.

Il ragazzo sentì l’imminente bisogno di proteggere Haruna, corse da lei e l’aiutò a sollevarsi.

- Stai bene?- le chiese dolcemente.

Haruna annuì con fare stanco… no, forse non stava bene.

Mamoru le accarezzò il capo e le diede un leggero bacio sulla guancia.

- Sciocca ragazzina…- mormorò con un debole sorriso – la tua magia non ha potuto spezzare il legame che ci unisce. Da quando ti ho visto la prima volta ho subito sentito un profondo affetto per te. Inizialmente mi ha spaventato ma ora.. Haruna… siamo di nuovo insieme.

Un capogiro costrinse Haruna ad aggrapparsi alla camicia del fratello, poi divenne tutto buio e svenne.

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Capitolo 11
*** Cap 10 ***


- Albharon compari

- Albharon compari! - tuonò la voce imperiosa chiamando il cacciatore di anime a sé.

Vari mormorii, uniti a risolini di scherno, serpeggiarono nella stanza, all’apparenza vuota, mentre l’interpellato compariva al cospetto del suo signore.

- Albharon… Hai fallito per l’ennesima volta…- affermò la voce senza emozioni.

- Però… però ho scoperto dove si trova la principessa…- farfugliò l’alieno cercando di ottenere il perdono del suo padrone.

- Ero stato chiaro: volevo la principessa qui! Non mi interessa sapere dove vive…- rispose la figura seduta sul trono.

- Ma… mio Signore… ora che sappiamo dove vive… possiamo coglierla di sorpresa…- provò a convincerlo il cercatore d’anime.

Il sovrano si voltò verso un angolo buio della stanza.

- Elindhor! Voglio la principessa… Qui e oggi!- ordinò la figura, alla nuova venuta.

La donna uscì all’ombra e si inchinò lievemente.

- Come desiderate…- disse guardando Albharon con sufficienza.

Si stava voltando, pronta a scomparire, quando l’ordine successivo la fece bloccare pregustando il piacere che avrebbe provato di lì a poco.

- Occupati di Albharon… non lo voglio vedere…- disse gelida la voce nell’ombra.

- Ogni vostro ordine è un desiderio…- rispose la ragazza sbirciando la sua prossima vittima.

Albharon sapeva di non avere scampo: il suo destino era segnato.

Non poteva scappare, meritava una tale punizione.

Elindhor si avvicinò al demone come un serpente che sta per agguantare la sua preda.

- Vieni Alby… non costringermi ad essere cattiva…- gli sussurrò all’orecchio la giovane, strusciandosi contro la sua vittima - Scegli… camera tua… o camera mia?- gli chiese lei con voce seducente, toccando il cercatore d’anime come solo un’amante poteva fare.

- Camera tua… ti piace avere il pavimento intriso del sangue delle tue vittime… Non è vero Elindhor?- chiese il cercatore d’anime scomparendo.

- Oh Alby… Mi divertirò un mondo con te…- mormorò felice la ragazza, mentre un macabro sorriso compariva sulle sue labbra perfette.

Scomparì un istante dopo, lasciando la stanza vuota.

Nessun mormorio, nessun suono… Solo il buio… il buio più scuro.

 

Haruna riprese lentamente i sensi… era su di un letto… ma non ricordava come ci fosse arrivata…

Aprì lentamente gli occhi: la stanza era nella penombra.

Cercò di osservare l’ambiente che la circondava.

Era una camera matrimoniale, vista l’immensità del letto sul quale era adagiata. Di fronte a lei doveva esserci un armadio, dato che la parete era più scura rispetto alle altre. Alla sua sinistra c’era una cassettiera con sopra una specchiera… mentre alla sua destra filtrava, da qualche spiraglio, un po’ di luce.

Si accorse in quel mentre che qualcuno era seduto sulla sedia accanto al letto.

Non riusciva a distinguere bene chi fosse, ma sembrava non essersi accorto che lei era sveglia.

L’ombra non era rilassata, quindi la persona era sveglia…

Si mosse leggermente cercando di attirare l’attenzione di chi le sedeva accanto, aveva tutto il corpo indolenzito e un debole gemito le uscì dalle labbra quando si mosse con troppa foga.

- Haruna?- la chiamò una voce… la voce di Mamoru Chiba.

- Mamoru…- sussurrò la giovane in risposta.

- Eravamo preoccupati! Quello svenimento… abbiamo, per un attimo, pensato al peggio… per fortuna eri solo svenuta… temevo di perderti… proprio ora che ti ho ritrovato…- disse il giovane continuando ad osservarla.

- Beh… non mi hai perso… non mi hai mai perso… io ti ho sempre osservato… ti ho sempre protetto… era il mio compito…- rispose lei con voce dolce.

- Haruna io…- iniziò Mamoru ma venne interrotto da Haruna.

- Dov’è Luce?- chiese la ragazza, mettendosi a sedere sul letto ignorando le fitte di dolore provenire da tutto il suo corpo.

- Dove l’hai lasciata… perché?- chiese il giovane stupito.

- Sei sicuro?- domandò lei con angoscia crescente -I nostri nemici sono subdoli… ti prego controlla, per favore! - implorò la sorella.

- D’accordo…- acconsentì il giovane, minacciandola subito dopo - ma tu non ti muovere: hai usato troppa energia ieri, sei debole ora!- le disse con aria professionale.

- Va bene…- borbottò Haruna lasciandosi cadere morbidamente sul letto – grazie fratellone.

Il ragazzo uscì dalla camera e lo sentì chiaramente parlare con Usagi.

Sentì i passi allontanarsi, una porta chiudersi e poi silenzio.

Haruna restò immobile, cercando di sentire il più piccolo rumore, mentre i secondi passavano lentamente.

 

-Ora devo lasciarti Albhy… ma poi ritorno… non preoccuparti…- disse Elindhor osservando il suo nuovo giocattolo.

Albharon, a torso nudo, aveva le braccia legate al soffitto, i piedi toccavano a mala pena il pavimento.

La schiena, imbrattata del suo stesso sangue, era solcata da parecchi graffi, alcuni profondi, altri un po’ meno. Una pozzanghera di sangue si era formata ai piedi del cercatore di anime.

Questi, nonostante i tagli e le varie percosse ricevute, era ancora cosciente. Osservò con odio la sua carceriera: se uno sguardo avesse potuto uccidere, beh, lo sguardo del cercatore avrebbe disintegrato la donna a pochi passi da lui.

- Non guardarmi così Alby… non ha senso ucciderti subito… mi ha dato carta bianca con te…- sussurrò lei, ridendo perfidamente prima di scomparire.

Solo la sua risata riecheggiò nella stanza ormai vuota.

Albharon sapeva che sarebbe tornata…

 

Elindhor comparì nel centro di Tokyo. Si guardò attorno cercando di orientarsi.

Che città assurda Tokyo… Anzi, tutto il pianeta Terra è assurdo… I terrestri sono degli sciocchi… Non hanno poteri… Non hanno ambizioni… pensava l’aliena, guardando disgustata il paesaggio che la circondava.

Non capiva perché il suo Signore desiderasse tanto il pianeta azzurro… non riusciva a spiegarselo.

- Alby è stato bravo… davvero bravo…- sussurrò sorridendo compiaciuta.

Prima, durante i giochi con Albharon, aveva sottratto al cercatore di anime i ricordi degli incontri con le Sailor, e tra questi spiccava la casa della principessa.

Avvicinò a se la mano sinistra e vide la mappa della città.

Un puntino azzurro luccicò: lì avrebbe trovato la principessa.

Così com’era apparsa Elindhor scomparve, comparendo sul terrazzo della casa di Haruna.

Il cielo notturno stava pian piano lasciando spazio alla splendida giornata di sole, che sarebbe seguita di lì a poco.

Elindhor si guardò intorno: il suo padrone era stato chiaro all’inizio di quella missione, nessun terrestre doveva vederli.

Entrò in casa dalla porta - finestra. Osservò con curiosità la casa dove viveva Haruna.

- Spartana per essere la casa di una principessa…- disse osservando altezzosamente l’arredamento. Curiosò in giro, osservando i suppellettili ed i giocattoli, sparsi un po’ ovunque.

Il rumore della serratura stupì l’aliena, che decise di nascondersi, per poter meglio osservare il nuovo venuto.

Una ragazza bionda con due buffi codini entrò in casa.

Che sia lei la principessa? si chiese l’aliena osservandola. No, non è lei… si disse mentre un sorriso perfido le solcava il viso.

Usagi aprì la prima porta, ma la stanza era vuota ed il letto non era neppure sfatto.

- Dev’essere la camera di Haruna…- si disse prima di chiudere la porta e passare alla stanza successiva.

Aprì lentamente la porta e vide la bambina, rannicchiata in posizione fetale, che dormiva tranquillamente.

- Meglio portarla da noi… almeno Haruna sarà più tranquilla…- ragionò la ragazza, prendendo una coperta dall’armadio ed avvolgendola attorno al corpo della bambina.

Questa si rannicchiò meglio e continuò il suo sonno.

- Quant’è bella…- sussurrò carezzandole il visino.

- Davvero una scenetta commuovente… Peccato che a me non piacciano… - disse Elindhor comparendo davanti a Usagi.

- Chi sei?! Cosa vuoi?- chiese la bionda ragazza, proteggendo la piccola con il suo corpo.

- Voglio quella bambina… Dammela con le buone… o potrei arrabbiarmi…- cercò di convincerla l’aliena.

- Mai…- le rispose Usagi cercando di afferrare la spilla, senza essere vista dall’aliena.

- Moon Power, make Up!-  urlò la giovane.

La luce invase l’appartamento, mentre Elindhor si copriva gli occhi, Usagi trovò la porta e uscì velocemente dall’appartamento.

- Maledetta… Ma non mi scappi!-  sibilò furibonda Elindhor guardandosi intorno.

Richiamò nuovamente a sé la cartina: la principessa era nell’appartamento di fronte.

Con la mano destra generò una sfera di energia oscura e, dopo aver caricato a dovere il colpo disintegrò la parete.

- Buongiorno…- disse con perfidia osservando i presenti.

 

Non appena Haruna aveva sentito la porta d’ingresso chiudersi violentemente si era alzata, pronta a correre in aiuto dei suoi cari.

Si avviò alla porta, era molto debole, ma fece del suo meglio per essere veloce.

Appena aprì la porta udì lo schianto della parete che cedeva sotto il colpo del nemico.

Vide Usagi, con in braccio Luce, e Mamoru pronti a combattere.

Un’altra porta si aprì, purtroppo nel momento sbagliato e troppo vicina ad Elindhor.

- Usagi… cosa succede?- chiese ChibiUsa ancora assonnata, sfregandosi gli occhi.

- Vai dentro ChibiUsa!- gridò Usagi correndo verso la piccola.

Troppo tardi. Elindhor ghermì la piccola, osservando con scherno i presenti.

- Voglio la principessa!- disse inferocita - e la voglio adesso!- ribadì l’aliena stringendo di più il piccolo corpo di ChibUsa.

- Usagi… ho paura…-  piagnucolò ChibiUsa.

- Datemi la principessa e andrà tutto bene…- flautò Elindhor con sguardo rapace.

- Mamma… Voglio la mia mamma!- urlò la Piccola Lady in preda al panico.

La mezza luna sulla sua fronte si illuminò accecando i presenti.

Tutti chiusero gli occhi, Elindhor fu costretta a liberare il suo ostaggio e a coprirsi gli occhi.

Quando la luce svanì, tutti riaprirono gli occhi e poterono vedere ChibiUsa libera.

Di Elindhor nessuna traccia. E neppure di Luce.

- Luce? Dove Luce!?- chiese Haruna prossima ad una crisi isterica.

Usagi e Mamoru si guardarono intorno, ma non la videro.

Elindhor era riuscita a rapirla.

Mamoru abbracciò Haruna, che in ginocchio continuava a piangere disperatamente.

Usagi si morse un labbro: il nemico era riuscito nel suo intento.

Non era stata in grado di proteggere le persone che le stavano più a cuore. Forse non era degna di essere la regina di Crystal City.

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Capitolo 12
*** Cap 11 ***


La notizia di quell’attacco nell’appartamento di Usagi e Mamoru fece il giro delle altre guerriere Sailor che accorsero subito

La notizia di quell’attacco nell’appartamento di Usagi e Mamoru fece il giro delle altre guerriere Sailor che accorsero subito.

Mamoru e Haruna erano sul divano, lei piangeva disperata, Usagi tentava di rassicurare ChibiUsa e di rimetterla a letto.

- La mia bambina...- singhiozzò Haruna sul petto del fratello – si é preso la mia bambina.

- La troveremo. – tentò di rassicurarla Mamoru stringendola forte, sentendo il suo immenso dolore – Vedrai che tutto si sistemerà Haruna. Tutto andrà nel migliore dei modi.

- Zia Haruna...- fece ChibiUsa avvicinandosi alla donna – scusami.. é colpa mia.

Haruna sorrise tra le lacrime e accarezzò i capelli scompigliati della piccola principessa.

- Non é colpa tua Piccola Lady.

- Voi vi conoscete? – chiese Mamoru stupito.

- Sono dovuta scappare dal mio mondo...- iniziò a spiegare Haruna asciugandosi le guance – devo aver sbagliato qualcosa e mi sono ritrovata nel xxx secolo... avevo quasi sperato di poter essere in salvo ma mi hanno trovato anche lì. Ho preso Luce e sono tornata al presente pregando che il nemico non potesse viaggiare nello spazio tempo. Mi sono sbagliata ancora una volta.

- E’ stato papà a suggerirmi di tornare nel passato. – fece ChibiUsa con un sorriso innocente – Voleva esser certo che zia Haruna fosse al sicuro.

- Come vedi fratellone, anche dopo quasi mille anni sei sempre molto protettivo nei miei confronti.

Mamoru fece un debole sorriso e accarezzò una guancia alla sua figlia futura.

- Ora però vai a nanna piccola.

ChibiUsa annuì energicamente e corse fino alla cameretta che Mamoru e Usagi avevano arredato sapendo che la loro figlia futura avrebbe fatto loro visita qualche volta.

Haruna fece un profondo respiro cerando di concentrarsi, era inutile perdere la testa ora, doveva solo pensare a Luce.

Prima il suo sposo e ora la sua bambina... la vendetta di quel mostro si stava compiendo in pieno...

- Usagi perché non parli?- chiese la sorella di Mamoru passandosi una mano tra i lunghi capelli mori.

- Perché so che è solo colpa mia se hanno preso Luce. – mormorò la ragazza bionda con gli occhi lucidi – Haruna... perdonami.

Haruna si alzò e abbracciò l’amica.

- Non é colpa tua Usagi... ora la cosa più importante é trovare Luce.

In quel momento entrarono le altre guerriere, dopo un breve resoconto di quello che era successo la riunione ebbe inizio.

- Dobbiamo prima scoprire chi é il nostro nemico. – fece Rei.

- Sì, - annuì Haruna – mi sembra giusto. Mamoru potresti portarmi lo specchio che ho visto nella vostra camera per favore?

Il ragazzo annuì ma decise di non chiedere nulla, sapeva che avrebbe visto tra poco a cosa le serviva lo specchio, andò a prenderlo e lo sistemò sul tavolino davanti al divano del soggiorno.

Haruna si concentrò, ormai ignorando completamente i dolori e la debolezza, tra le sue mani si formò il lungo scettro di cristallo, ora tutti poterono vedere il cristallo d’oro in cima.

- Haruna ma quello..- fece Ami.

- Sì,- confermò la donna – quello che vedi è il Goden Crystal.

- Che cosa?- urlarono in coro le guerriere Sailor.

- Ma io credevo che il Golden Crystal fosse il cristallo di Mamoru. – disse Minako confusa.

- Il Golden Crystal è il cristallo del sovrano di Illusion. – iniziò a spiegare Mamoru – Inizialmente i sovrani della terra avevano solo un figlio. Fu così per generazioni ma poi nacque Haruna, il Golden Crystal ha un potere molto forte e i nostri genitori avevano deciso di dividere il cristallo in due parti. Una la diedero a me mentre una parte entrò nel cuore di mia sorella. 

Haruna annuì battendo leggermente lo scettro sulla superficie riflettente dello specchio. Lentamente un denso fumo grigio iniziò a materializzarsi, la superficie era come sparita, si era aperto uno squarcio nello spazio.

- Ora vi narrerò la storia mia e di mio fratello… - fece Haruna.

Lentamente delle immagini sfuocate presero vita nello specchio, tutti si avvicinarono per guardare meglio…

 

Io ero la principessa di Illusion, sorella di Endimion e amica fidata della principessa della Luna Serenity.

Un giorno conobbi il capitano dei soldati della Luna, Marcus… me ne innamorai subito… quello che non sapevo era che il mio amore era già stato previsto dai vecchi saggi del sapere cosmico…

 

La principessa di Illusion sedeva all’ombra di un albero secolare nell’immenso giardino del palazzo, amava quel posto tranquillo e solitario. Cercava in tutti i modi di allontanarsi dalla vita di corte, lei non era fatta per i balli di gala, le feste piene di pretendenti, i sontuosi banchetti per qualche strana festa del regno, lei voleva solo coltivare i suoi sogni... e uno si era avverato proprio grazie alla sua scarsa voglia di ballare.

Nel cielo limpido si poteva scorgere la luna pallida, una presenza costante nel cielo della Terra, era un modo per restare sempre vicini e protetti dai raggi benevoli del Cristallo d’Argento.

Il volto dell’uomo che le aveva stregato il cuore le apparve davanti, l’ennesimo sospiro uscì dalle sue labbra.

- Posso farti compagnia? – chiese una voce calda alle sue spalle.

Haruna sorrise senza però distogliere lo sguardo dalla figura pallida in cielo.

- E’ bellissima vero Endimion?- chiese chiudendo gli occhi e ricordando i magici momenti che aveva vissuto in quel posto.

- Stupenda... –mormorò il principe alzando anche lui lo sguardo – é perfetta.

La sorella rise debolmente:

- Cos’é perfetta? La Luna o la sua Principessa?

Endimion arrossì un poco aumentando l’ilarità di Haruna.

- Non é facile metterti in imbarazzo fratello, - rise lei – ma quando si nomina Serenity diventi rosso come un pomodoro.

- Dai smettila di prendermi in giro!

- Vedrai quando glielo racconterò!

- Aaaah voi due quando vi incontrate non fate altro che ridere alle mie spalle... sei ingiusta Haruna! – sbottò lui fingendosi offeso.

Ormai la principessa aveva le lacrime agli occhi. 

- La smetti di prendermi in giro?

- No!

- Ah é così?

Con un balzo Endimion raggiunse la sorella e iniziò a farle il solletico, la risata cristallina di Haruna si sentiva in tutto il parco mentre lei cercava, invano, di liberarsi da quella tortura.

- Endimion! Basta ti prego! Non riesco... a... respirare...

La lotta finì, Haruna aveva il fiatone, continuando a ridere sommessamente prese la mano che Endimion le porgeva e si alzò dal terreno.

- Guarda qui...- sbuffò sistemandosi il vestito sporco – lo sai cosa mi fa mamma se vede il vestito conciato in questo modo?

- E da quando ti preoccupi dell’etichetta di principessa? – chiese l’altro scettico – Non sei tu quella che dice che la vita a palazzo non fa per te?

Haruna gli lanciò una linguaccia giocosa, poi entrambi si incamminarono verso il castello.

- Allora, principessa Haruna, hai intenzione di dirmi cos’hai?

Haruna arrossì vistosamente chinando il capo.

- Cosa ti fa credere che abbia qualcosa?

- Nessuno sta delle ore da solo intenta fissare la Luna e sospirando ogni due secondi. – ribatté prontamente il principe – Andiamo sorellina, ti puoi fidare di me.

- Io non lo so cos’ho Endimion... – balbettò lei imbarazzata.

- Prova a spiegarmelo.

- In certi momenti sono felicissima... altre volte sono triste. Mi sento così confusa, i miei pensieri vanno solo da una parte... mi sento forte e tanto vulnerabile nello stesso momento, vorrei saltare dalla felicità e piangere a dirotto. – sospirò e si fermò a fissare uno dei tanti roseti del parco – Vorrei solo capire perché sono così.

Endimion sorrise e mise le mani sulle spalle della sorella minore.

- Complimenti Haruna... ti sei appena innamorata.

La ragazza sgranò gli occhi.. amore... ecco cos’era.... Perché non ci aveva pensato prima, non nutriva solo un affetto profondo per lui, lei lo amava.  

- Amore...- ripeté piano poggiando una mano sul suo cuore – é questo quello che si prova Endimion?

- Sì...- confermò il principe rendendosi conto che sua sorella stava crescendo - lui lo conosco?

Haruna annuì piano.

- Proviene dal Regno Argentato vero?

Un altro cenno d’assenso.

- Marcus lo sa? – domandò infine con un dolce sorriso.

Haruna si voltò stupida.

- Come...

- Haruna sono tuo fratello, il legame che ci unisce é molto forte e va ben oltre al sangue che ci scorre nelle vene.

- Ne sono consapevole.

- Non hai risposto alla mia domanda però. – insistette lui – Lui é al corrente dei tuoi sentimenti?

Gli occhi di Haruna si riempirono di tristi lacrime.

- Non credo che mi veda come una donna... io e Serenity abbiamo la stessa età, proprio come te e Marcus... io penso che mi veda solo come una sorella minore.

- Io non lo credo. – cercò di rassicurarla Endimion – Ho visto come ti guardava al ballo e, credimi, non era lo sguardo di un ragazzo che osserva la sorella minore.

Haruna arrossì ma era felice di sentire quelle parole... magari c’era una speranza.

- Endimion ne se certo?

- Credi che ti mentirei solo per farti sentire meglio?

La principessa scosse il capo.

- No, non sarebbe da te.

- Allora fidati di me... Marcus si farà presto avanti.

Haruna saltò al collo di Endimion abbracciandolo forte.

- Ti voglio bene fratellone.

- Anch’io sorellina.

 

Ovviamente dove c’era Endimion c’era anche Serenity che cercava in tutti i modi di farmi sentire a disagio… non credo che mio fratello sappia com’è nata veramente la storia tra me e Marcus.

 

Serenity e Haruna erano sedute all’ombra di un gazebo nei giardini del palazzo di Illusion, era pomeriggio inoltrato e una cameriera aveva appena servito del the con le paste. Rimasero in silenzio per alcuni minuti dove sia Haruna che Serenity fissavano il contenuto scuro delle rispettive tazze, la principessa della Terra si chiedeva per quale motivo la sua amica non le avesse ancora fatto delle domande su Marcus. Eppure era certa che Endimion ne avesse parlato con lei.

- Abbiamo parlato del tempo, - fece Serenity alzando lo sguardo sull’amica – abbiamo discusso su come si comanda un regno, ci siamo raccontate tutti gli ultimi pettegolezzi e abbiamo preso in giro il povero Endimion. Ora, Haruna, veniamo al nocciolo della situazione.

Haruna alzò gli occhi al cielo:

- Ci siamo! – pensò diventando già rossa.

- Allora...- continuò la principessa della Luna ignorando l’imbarazzo dell’amica – mi é giunta voce che uno dei miei soldati ti fa palpitare il cuore.

- Almeno é stata delicata. – pensò Haruna fissando il piattino con i biscotti ma continuando a starsene zitta.

Un uccellino passò accanto alle due ragazze, si posò su una piccola fontanella, bevve per qualche secondo e poi spiccò il volo.

- Vuoi dirmi o no se ti piace Marcus? – sbottò Serenity infastidita da quel silenzio e dimenticando in un colpo solo il bon ton che dovrebbe adottare una principessa.

Haruna sorrise... poi scoppiò a ridere mentre vedeva la faccia della sua amica diventare rossa come un peperone.

- Scusami...- sghignazzò asciugandosi le lacrime – é che in questo momento mi ricordi Endimion! – e tornò a ridere di gusto.

Serenity dovette aspettare almeno cinque minuti prima di vedere Haruna calmarsi e tornare a comportarsi come una normale principessa. 

- Ci voleva proprio,- sospirò Haruna bevendo un sorso del the che, ormai, era diventato freddo – sai Serenity era da tanto che non ridevo così di gusto, grazie.

- Lieta di averti fatto ridere. – fece l’altra fingendosi offesa.

- Non prendertela... é che in questi giorni sono un po’ triste.

- Allora confidati con me Haruna. A cosa servono le amiche se non per confidarsi e chiedere consigli.

La principessa della Terra annuì e raccontò tutto a Serenity, le disse della festa, del loro primo incontro, le spiegò tutte le sensazioni che aveva provato e della discussione avuta con Endimion qualche giorno prima.

- Lui sostiene che Marcus non mi considera una sorella minore. So che Endimion é sincero... ma io... io continuo a credere che per lui serva una donna diversa, magari una dolce e bella come te Serenity.

L’altra scosse il capo:

- Haruna tu sei bellissima e sei speciale, sei amata da tutti, sei rispetta, adori il tuo regno, hai polso e serietà potresti diventare una grande regina, sei dolce e tenera, anche se puoi sembrare troppo fredda a volte sei sempre una ragazza meravigliosa.

Haruna aveva le lacrime agl’occhi, ma Serenity continuò.

- Endimion ha ragione, Marcus non ti guardava come una sorella minore. Dopo la festa il capitano si é avvicinato ad uno dei soldati più anziani, lo so perché ho sentito la conversazione e ha chiesto di te.

La principessa era letteralmente senza parole.

- E ti dico anche che l’altro giorno l’ho visto nei giardini del regno. Pensavo che stesse facendo la solita ispezione di routine, invece era seduto sul bordo di una fontana e fissava la Terra.

- Non é possibile... – mormorò Haruna incredula – magari sono solo coincidenze.

- O magari hai fatto centro nel suo cuore Haruna! – sorrise Serenity tornando a bere il the.

 

Serenity ed Endimion escogitarono un piano molto ingegnoso per lasciarci soli... era primavera quando confessai i miei sentimenti al mio amato soldato della Luna.

 

Serenity era giunta sulla Terra per una semplice visita ad Endimion, solitamente era un soldato semplice a scortarla ma, quella volta, volle che ad accompagnarla ci fosse Marcus.

Quando Haruna vide il capitano il suo cuore le scoppiò in petto, da quella volta al ballo, aveva visto il giovane capitano solo un paio di volte, tutte durante una breve visita nel Regno Argentato e, in entrambe le occasioni, si erano scambiati solo qualche frase e lui si era sempre comportato come un soldato. Ormai aveva perso le speranze, il suo modo di fare freddo le aveva fatto capire che Marcus vedeva in lei solo la principessa della Terra, si stava mettendo il cuore in pace, quando quei due intriganti di Serenity ed Endimion fecero di tutto per farli restare da soli il più possibile.

Con una scusa banale e poco credibile suo fratello e la sua fidanzata se n’erano andati urlandole da lontano di far fare a Marcus un giro turistico del palazzo e del regno. Haruna era arrossita fino alla punta dei capelli ma aveva accettato, la prima mezz’ora fu tremendamente lunga e silenziosa, lei non riusciva a spiccicare una sola parola, lo accompagnava per i corridoi del castello indicando le sale principali e descrivendo qualche statua, aveva studiato molto la storia di quel castello e del suo popolo. Amava l’arte e tutte le maniere di esprimersi che usava il genere umano, era affascinata da molte cose, nessuna delle quali, molto regali. 

- Parlate di questi quadri con una tale intensità che sembra che li abbiate dipinti voi. – disse Marcus con un sorriso sulle labbra guardando il grande affresco che Haruna gli mostrava.

- Sono certa che mi troverete noiosa... – si scusò lei arrossendo vistosamente – perdonatemi ma quando vedo un quadro, una statua o una qualsiasi opera d’arte mi metto a studiarla per capire cosa può aver spinto l’artista a crearla. E quando inizio a parlarne non la smetto più.

- Non mi annoiate principessa, - rispose lui continuando a fissare il muro dipinto – anzi trovo tutto molto interessante. Non avrei mai creduto che dietro a questi dipinti ci fossero così tante teorie e storie.

- L’arte é come un libro in codice... – spiegò la principessa con gli occhi sognanti – bisogna solo trovare il modo giusto di leggerla. Bene, capitano, vi ho mostrato la parte più noiosa della mia vita...- disse poi con un sorriso innocente – ora volete vedere cosa mi piace fare oltre che studiare l’arte?

Marcus guardò la principessa curioso e annuì.

- Allora ci vediamo davanti alle scuderie tra dieci minuti, datemi il tempo di cambiarmi d’abito.

Il capitano delle guardie della Luna stava appoggiato al muro della scuderia, chiedendosi cosa volesse mostrargli quella principessa particolare, Haruna arrivò esattamente dieci muniti dopo, aveva indossato un paio di pantaloni neri e una camicetta bianca, i capelli erano stati legati assieme con un nastro bianco e si era leggermente truccata, anche vestita normalmente, Marcus la trovava affascinante.

- Se mia madre mi vedesse vestita così, sono certa che le verrebbe un infarto. – sorrise la principessa entrando nelle stalle.

L’acre odore del cavallo e della biada pungeva il naso del capitano ma non ci fece caso, camminò dietro la ragazza osservando ogni suo movimento.

Haruna si fermò davanti ad un purosangue nero:

- Si chiama Angel. – disse accarezzando il muso lungo dell’animale – E’ il mio cavallo.

- E’ un cavallo magnifico vostra altezza.

- Haruna.

- Come?

- Mi chiamo Haruna, - ripeté lei fissando il suo cavallo – quando siamo fuori dal palazzo mi piacerebbe esser chiamata solo con il mio nome.

- Ma ora non siamo fuori da palazzo. – constatò il capitano.

- Giusta osservazione, quindi... direi di rimediare subito.

- Cosa state dicendo?

Haruna non rispose, aprì il cancello del recinto, fece uscire Angel e iniziò a sistemare la sella.

- Puoi prendere quel cavallo laggiù,- disse indicandogli un altro bel cavallo sale e pepe – sai cavalcare vero?

- Certo ma non credo che sia una buona idea uscire dal palazzo principessa.

- Andiamo Marcus, esco di nascosto almeno tutti i giorni, so bene come muovermi e dove andare. Ho voglia di mostrarti un posto magico.

Marcus accettò l’invito pensando che sarebbe stato meno pericoloso per Haruna uscire scorata da un soldato invece che da sola.

Usando un vecchio cancello secondario che usavano raramente, riuscirono ad uscire dalle mura del palazzo senza incontrare nessuno. Iniziarono a cavalcare per i boschi, Marcus non aveva mai visto quel sorriso così luminoso sul viso della principessa di Illusion, aveva sentito molte storie su di lei. La sua bellezza era paragonata a quella della principessa Serenity, era gentile ma anche molto dura con i nemici, aveva le idee chiare sul suo futuro ed era ben felice che il trono di Illusion fosse solo del principe Endimion. Si parlava molto sulle sue doti di governare il regno ma si conosceva anche molto bene, il desiderio di Haruna di condurre una vita al di fuori delle mura del palazzo.

Lui la trovava perfetta, bella, grintosa, decisa, molto dolce e sensibile, amava tantissimo il suo mondo, il suo popolo, la sua famiglia… eppure sembrava anche tanto triste in quel periodo.

Ricordava le volte in cui l’aveva appena vista durante le sue brevi visite nel Regno Argentato, una volta rideva con Serenity, ora era sempre triste, lo sguardo velato dalle lacrime, il sorriso spento e lui si chiedeva chi potesse esser così crudele da far soffrire così una principessa come lei.

Perso in questi pensieri non si accorse neppure che Haruna lo stava chiamando.

- Marcus… Marcus…

- Come? – chiese guardandosi attorno disorientato – Come avete detto principessa?

- Siamo arrivati…- rispose lei con un sorriso scendendo da cavallo – e, ti ripeto, di chiamarmi Haruna!

- Come volete principe… Haruna. – si corresse subito dopo aver visto lo sguardo minaccioso della ragazza.

Scese da cavallo e si avvicinò alla principessa.

- Dove siamo?

- In uno dei tanti boschi di Illusion, adoro cavalcare per questi sentieri, c’è sempre molta pace e posso pensare a tutto quello che voglio senza troppi scocciatori. Ed è un perfetto nascondiglio quando scappo da mia madre e dalle sue lezioni noiose di bon ton.

Marcus cercò di non scoppiare a ridere ma fu inutile, quella ragazza lo metteva di buon umore.  Haruna lo guardò storto per qualche istante poi scoppiò a ridere a sua volta, risero fino alle lacrime lasciandoli piacevolmente di buon umore.

- Scusami. – fece lui sghignazzando ancora – Non rido di te… ma sei proprio quello che definiscono un tipo ribelle. Perché non ti piace la vita di corte? Ci sono moltissime ragazze che vorrebbero esser al tuo posto.

- Potrei cederglielo volentieri il mio posto, - sospirò Haruna poggiandosi sul tronco di un albero – Io non sono adatta a fare la principessa, guarda Serenity… l’ho sempre invidiata per la sua grazia, la sua bontà, la sua sicurezza.

- Parlano molto bene anche di te.

- Oh sì…- sorrise lei chiudendo gli occhi – so bene cosa si dice in giro. Haruna e le sue “fughe”, la verità è che esser una principessa a volte mi terrorizza. Avere la responsabilità di tutte queste persone è dura, per questo a volte scappo, solo per respirare qualche ora di libertà, solo per non scoppiare. I miei genitori hanno il terrore che un giorno possa non tornare, che decida di abbandonare tutto.

- E non ci hai mai pensato?

Haruna aprì gli occhi e guardò il capitano arrossendo appena.

- Una volta sì… avrei voluto mollare tutto, scappare per non fare più ritorno. Ma poi sono torta ad Illusion come ho sempre fatto.

- Perché?

- Per Endimion, per i miei genitori, per Illusion… anche se dico che non voglio esser una principessa sono molto legata alla mia vita. Dico che vorrei cambiarla ma in realtà non potrei mai vivere diversamente. Non so fare nient’altro, solo la principessa ribelle. Forse è per questo che non trovo il ragazzo giusto.

Marcus era incantato dalla sua figura, così snella ed esile contro il tronco… avrebbe voluto abbracciarla.

Haruna sorrise e gli prese una mano:

- Vieni.. ti faccio vedere un posto… - lo trascinò fino ad un laghetto proprio nel centro del bosco, risplendeva i raggi del sole come uno specchio, alcuni animali si stavano abbeverando, la natura era rigogliosa e profumata.

- E’ meraviglioso. – esclamò il soldato estasiato da tanta bellezza.

- Quando mi sento triste vengo sempre qui. – spiegò Haruna sedendosi a terra – Qui è calmo e tranquillo… diciamo che è come una seconda casa.

- Posso comprendere la magia che ti ha incantato. – fece Marcus sedendosi accanto alla ragazza – E’ un posto magico.

- Sì,- sospirò la principessa sdraiandosi sull’erba fresca e verde – qui sono chiunque voglio essere.

Marcus socchiuse gli occhi e si voltò verso di lei.

- E chi vorresti essere?

Haruna corrugò la fronte alla ricerca di una risposta.

- In questo momento vorrei esser solo una ragazza normale.

- E perché?

- Perché così potrei confessare i miei sentimenti al ragazzo che amo.

Lo stomaco di Marcus si contrasse con uno spasmo.

- E perché non lo puoi fare?

Sul viso di Haruna passò come una nuvola scura, si rimise a sedere e incrociò le gambe al petto.

- E’ un uomo normale.. o meglio non proprio normale... insomma non è un principe. E non credo che i miei genitori apprezzino la mia scelta.

Marcus la fissò a lungo, era strana la sua principessa… era triste… era molto triste, tutto per un amore non corrisposto? Chi poteva non amare quella ragazza stupenda? Un nome… gli bastava un nome e l’avrebbe fatto a pezzi con le sue stesse mani…

Mosso più dall’istinto che dalla ragione le scostò un ciuffo moro che le era ricaduto sul viso.

- E lui credi che non ti ami?

Haruna posò la guancia sul ginocchio girandosi per fissarlo.

- Non lo so… non lo credo..

- Perché non dovrebbe amarti?

- Dimmelo tu.

Marcus strabuzzò gli occhi sorpreso.

- Come?

- Dimmi perché non mi ami Marcus...- ripeté lentamente Haruna che non credeva neppure lei alle sue orecchie, mentre un soffuso rossore le imporporava le guance – non mi trovi bella?

Il soldato aprì la bocca per risponderle che era bellissima e che non avrebbe mai trovato una ragazza perfetta quanto lei, ma Haruna era una principessa... e lui un comune soldato. No, non poteva neppure per un secondo seguire il suo cuore, non era giusto... anche se faceva soffrire. Doveva guardare in faccia la realtà: lui non sarebbe stato in grado di renderla felice.

- Ho capito. – fece Haruna senza attendere la risposta del ragazzo – E’ ovvio che la principessa ribelle non possa destare l’attenzione di un soldato della Luna, sicuramente Serenity é migliore di me in molte cose... magari é lei che ha stregato il tuo cuore. – poggiò la fronte sulle ginocchia solo per celare le lacrime che le rigavano il volto – Che sciocca che sono... scusami. Non avrei dovuto dirti quello che provo é solo che ci speravo un po’.

Marcus mandò al diavolo la sua razionalità e diede retta solo a quello che il suo cuore gli urlava disperatamente di fare. Allungò una mano verso la nuca della principessa, le fece alzare il viso così da poter vedere la sua pelle bagnata dalle lacrime e i suoi occhi lucidi.

Era bellissima.

Fece un lieve sorriso e si avvicinò di più a lei:

- Non hai nulla da invidiare alla principessa della Luna. – le mormorò asciugandole le guance con un pollice – Sei perfetta così come sei. – avvicinò la sua fronte fino a toccare quella della ragazza – E solo un pazzo potrebbe non innamorarsi di te Haruna.

Tutto accadde in pochi attimi, Marcus unì le labbra a quelle della principessa per un lungo bacio.

 

Ma la nostra felicità non era destinata a durare a lungo...

 

 

 

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Capitolo 13
*** Cap 12 ***


Un mese dopo il mio compleanno, io e Marcus ci frequentavamo liberamente, mio padre mi fece chiamare

Un mese dopo il mio compleanno, io e Marcus ci frequentavamo liberamente,  mio padre mi fece chiamare.

 

Haruna camminava lentamente lungo i corridoi del castello. Sentiva nell’aria che qualcosa di poco felice sarebbe accaduto di lì a poco, ma non sapeva esattamente di cosa si trattava.

Spalancò le ampie porte dorate ed entrò nella stanza del trono.

Fece qualche passo avanti e vide i suoi genitori seduti sui rispettivi troni, suo fratello Endimion era alle spalle di sua madre mentre il primo consigliere, Chronos, era alla destra del re.

Haruna cercò di ignorare il brivido freddo che le serpeggiò lungo la schiena, presagio di cattive notizie, cercò gli occhi del fratello e gli chiese, con poche mosse, cosa stesse succedendo, l’unica risposta fu una piccola, e quasi impercettibile, alzata di spalle.

- Figlia mia, - fece il re con fare maestoso – hai superato diciassette anni e, ormai, sei pronta.

Haruna corrugò la fronte pensierosa... pronta a fare cosa? Non ricordava che Endimion a diciassette anni avesse superato qualche prova o cose del genere.

- Pronta a cosa padre? – e la sua voce era solo un esile sussurro a confronto con quella del re.

- La tua nascita era già prevista nelle stelle. – prese la parola Chonos senza neppure lanciare un’occhiata al sovrano – La luna rossa... tinta di sangue che preannuncia sventure e catastrofi.

Haruna era, se possibile, ancora più confusa di prima.

- Temo... temo di non capire...- disse sinceramente iniziando a spaventarsi.

- Quando sei nata una profezia é stata pronunciata dagli antichi sacerdoti della conoscenza.

- E chi sono?

- Coloro che sanno tutto e tutto prevedono...- spiegò il sacerdote – la tua nascita era già stata prevista molti anni prima, con l’annuncio del tuo arrivo i sacerdoti si sono come svegliati da un lungo sonno, sono usciti da loro stato di trance perenne e hanno rivelato la profezia.

- Quale... quale profezia? – chiese Endimion pallido in volto.

Con un gesto Chonos fece apparire davanti alla principessa un ologramma, i tre sacerdoti camminavano in cerchio attorno ad un vortice biancastro, vi guardavano dentro agitandoci sopra tre bastoni.

 

"Quando in cielo una luna rossa splenderà
ed una bambina di sangue blu nascerà
il destino della terra si compirà.
Entro la diciassettesima primavera la terra e la luna
unite per sempre saran.
L’unione proibita ostacolare si dovrà
altrimenti una terribile maledizione sul regno si
abbatterà.”

 

Quando il silenzio tornò a regnare sovrano nella stanza del trono Haruna si accorse di tremare, un altro gesto e l’ologramma sparì.

- Ecco, principessa. – fece Chonos – I sacerdoti hanno previsto calamità e sofferenze su Illusion con la tua nascita.

Haruna continuava a guardare il punto dove poco prima c’erano i tre sacerdoti.

- Perché sono nata allora...- chiese con voce tremante dalla rabbia- potevate uccidermi appena ero venuta al mondo.

- Non dire sciocchezze!- disse la madre sdegnata – Sei nostra figlia, ti amiamo e non potevamo rinunciare a te é solo che...

- Che cosa madre?- chiese la principessa alzando lo sguardo Endimion non aveva mai visto quello sguardo inferocito sul viso della sorella.

- Sono arrivate le calamità Haruna. – rispose Chonos – Avrai sentito della siccità in alcuni punti, di animali che muoiono senza una ragione apparente, dell’odio che inizia ad aumentare tra le persone. E tutto questo da quando l’amore lega voi e quel comandante.

- Non mi sembra possibile collegare questo momento negativo al rapporto tra Haruna e Marcus. – intervenne Endimion.

- Sì, invece, le profezie dei tre sacerdoti non sbagliano mai.  

- Cosa possiamo fare per scongiurare queste catastrofi Chonos?

- Vostra sorella dovrà sposare il principe che i vostri genitori hanno disegnato come erede ideale per Illusion, questa unione proibita tra Marcus e Haruna deve finire immediatamente.

- Cosa?- urlarono all’unisono Endimion e Haruna.

- Con questo matrimonio la maledizione potrà esser fermata, solo se sposi questo principe.

Haruna era paralizzata, lei non voleva sposare nessuno all’infuori di Marcus! I suoi genitori non potevano farle questo, sapevano quanto amasse quel ragazzo, non aveva mai mentito sui suoi sentimenti e c’era stato un momento in cui suo padre aveva accettato il loro amore anche se Marcus non era un principe. Ma ora si rendeva conto che la stavano solo assecondando, sapevano fin dall’inizio quello che sarebbe successo, l’hanno fatta sognare e innamorare solo per aver il piacere di distruggere la sua vita quando meno se l’aspettava.

- Ci deve esser un altro modo! – urlò Endimion infuriato – Non possiamo far sposare Haruna con uno sconosciuto.

- Purtroppo non c’è altra soluzione. – mormorò il re chinando il capo – La data é già stata fissata.

Quella frase fu l’ennesima pugnalata al cuore, Haruna scoppiò a piangere mentre pensava ai suoi sogni distrutti, al suo amore perduto, ai suoi genitori che credeva l’amassero invece erano pronti a sacrificarla.

- Non posso...- mormorò tra le lacrime, coprendosi il viso con le mani tremanti – io non voglio sposare uno qualsiasi... io amo Marcus. Non posso fargli questo.

- Non é una decisione facile neppure per noi Haruna,- fece Lothor angosciato – abbiamo sempre sperato di poter evitare questo punto ma... dobbiamo convincerci che la profezia é vera e dobbiamo farlo per il nostro popolo.

- Non mi interessa niente del popolo.

- Come?- urlò il re balzando in piedi – Tu hai delle responsabilità! Hai cercato in tutti i modi di scappare dalla tua vita Haruna e noi te lo abbiamo anche permesso ma ora devi capire che le tue priorità non valgono nulla!

La principessa strinse i pugni rabbiosa.

- Io non mi sposerò!- urlò talmente forte che l’eco si sentì per tutto il palazzo – Non mi interessa, troveremo una soluzione alternativa.

- Non c’é soluzione alternativa principessa. – fece il sacerdote facendo un passo in avanti.

- Tu stai zitto uccellaccio del malaugurio, -sibilò crudelmente lei – e se non sarete voi a trovare una soluzione, la troverò io.

- Ti sposerai tra due settimane, é già deciso. – fece il padre solennemente – E resterai chiusa in camera tua fino a quel momento.

- No.

- Haruna... non costringermi a rinchiuderti nella torre.

- Avanti fatelo padre... non ho paura della torre e non ho paura neppure di morire.

Lothor lo vide per la prima volta... quel brillio nei suoi occhi che la rendeva così decisa, così piena di coraggio, per un attimo davanti a lui non c’era una figlia disperata ma una donna pronta a lottare per il suo amore.

Improvvisamente Haruna si sentì molto più potente del solito, sapeva bene di aver ricevuto poteri speciali dal suo cristallo, poteri che anche suo fratello aveva ma non li aveva mai usati, non ne aveva mai avuto necessità. Ma ora, mentre tutti cercavano di prendere in mano le redini della sua vita, i suoi pensieri andarono all’unica persona che poteva aiutarla, Marcus... e la sua amica Serenity. Una luce dorata l’avvolse, sotto gli occhi sgranati dei genitori e dello stesso Endimion che sentiva nel petto un forte calore provenire dall’altra metà del Golden Crystal.

- Non é possibile!- esclamò meravigliato Chonos di fronte a quella manifestazione di forza – Non dovrebbe saper usare i poteri del cristallo. – cercando di farla smettere, il sacerdote allungò una mano lanciando uno dei suoi sortilegi, ma Haruna era più forte, deviò facilmente quel colpo e inviò un’onda di energia verso l’altro fino a farlo sbalzare contro la dura parete della sala.

- Non osare metterti contro di me vecchio!- urlò Haruna ormai completamente fuori controllo.

Endimion continuò a guardarla anche quando la luce dorata diventò accecante, Haruna stava piangendo ed era certo di averla sentita chiamare Marcus ma non con le orecchie ma con il cuore.

Ci fu un’esplosione di luce, quando i presenti in sala riaprirono gli occhi, Haruna, la principessa di Illusion, era sparita.

 

Mi rifugiai nel posto più sicuro… almeno così credevo… ma mi sbagliavo…

 

Marcus non sapeva cosa fosse successo, la sua amata principessa era comparsa all’improvviso avvolta da una luce dorata. Cadde a terra svenuta, completamente priva di energie, si era spaventato e l’aveva presa tra le braccia chiamando immediatamente la principessa Serenity.

Aveva adagiato la principessa di Illusion nella camera che solitamente occupava quando veniva a trovare la sua amica, non l’aveva lasciata un attimo spaventato da quel colorito pallido e dalle parole senza senso che farfugliava durante quel sonno agitato.

Lentamente Haruna si mosse tra le lenzuola di seta bianca prossima al risveglio:

- Marcus...- mormorò quasi sofferente.

Il capitano le prese una mano e si mise a sedere a lato del letto.

- Sono qui amore mio. – le sussurrò chinandosi a baciarle la fronte.

Appena la principessa aprì gli occhi incrociò lo sguardo con quello dell’uomo che amava, allungò una mano solo per accertarsi che fosse veramente lui e non un’allucinazione.

- Ci sono riuscita. – mormorò esausta con un filo di voce.

- Come sei arrivata qui? – chiese Serenity entrando nel suo campo visivo.

- Il Golden Crystal, ho usato il suo potere.

- E’ pericoloso usare un potere forte come quello quando non si hanno le conoscenze necessarie per maneggiarlo. – la rimproverò l’amica.

- Dovevo andarmene da Illusion. – sussurrò lei – Io... dovevo scappare...

- E’ successo qualcosa?- domandò ansioso Marcus.

- Sì, é successo qualcosa. – rispose una voce maschile.

Nel centro della stanza si formò una nuvola dorata, la figura di Endimion uscì dalla nuvola e subito andò a vedere la sorella distesa nel letto.

- Stai bene?

- Sono solo debole.

- Hai sprecato molte energie.

- Mi dispiace... io... volevo solo venire qui.

- Cos’é successo Endimion?- chiese preoccupata la principessa della Luna – Cosa può aver scatenato in Haruna tanta rabbia da liberare il potere del Golden Crystal?

Il principe raccontò quello che era accaduto nei minimi particolari. Quando ebbe finito Serenity aveva le lacrime agli occhi, Haruna aveva ripreso a piangere stringendosi a Marcus che non voleva lasciarla.

- E’ stato questo a scatenare la sua rabbia... Haruna credeva che venendo qui fosse al sicuro.

- E si sbagliava. – le porte della stanza si spalancarono, il sovrano della Terra e lo stregone suo amico, seguiti da una decina di guardie, stavano entrando. Lothor lanciò un’occhiata alla figlia – Non puoi sottrarti Haruna, mi dispiace ma devo pensare al mio popolo.

- Padre no!- urlò Endimion parandosi tra i due – Non posso permetterti di distruggere la vita di Haruna, non é giusto!

- Endimion almeno tu cerca di capire, - fece esasperato l’altro – tua madre già mi incolpa delle mie scelte da quando tua sorella é nata, non ti ci mettere anche tu! Stanne fuori! – lo spinse di lato in malo modo ma c’era Marcus a proteggere la sua donna.

- Vostra maestà, - disse il capitano serio – non posso permettere che ciò accada... io voglio sposare sua figlia.

- Non dire sciocchezze Marcus. – ripose il re- Non è neppure pensabile una cosa del genere… non ora almeno.

Ma il ragazzo non ascoltò le parole del re e sguainò la spada:

- Non costringetemi ad usarla Sire. – disse con voce sicura e decisa.

- Non oseresti. – ribatté il re socchiudendo gli occhi.

- Se é per Haruna farei questo ed altro.

- Il tuo coraggio é notevole te ne do atto ma Haruna deve fare quello che é giusto per il suo popolo.

- No, - mormorò Marcus – Haruna deve pensare al suo futuro.. il nostro futuro.

- Tu non capisci… non ci sarà nessun futuro se…

- E’ solo una questione di punti di vista vostra maestà,- lo interruppe il capitano - io solo posso stare con sua figlia!

- Adesso basta!- urlò Chonos parandosi tra il sovrano e il soldato, con un gesto della mano lanciò Marcus contro la parete, un altro gesto e Serenity si trovò investita da un vento freddo e fu subito protetta da Endimion, Chonos si avvicinò ad Haruna che cercava di divincolarsi ma con la poca energia che aveva in corpo non riusciva neppure a muoversi.

- Lasciami..- mormorò con un filo di voce – non voglio…

- Non puoi tirati indietro. Zoldan aspetta la sua sposa.– fece lo stregone chinandosi su di lei.

- Lasciala bastardo! – urlò Marcus ancora immobilizzato contro la parete.

- Chonos ti prego! – fece Endimion coprendo Serenity con il mantello – Lasciala stare.

- Endimion tuo padre ti ha già detto di restarne fuori!- rispose furioso l’altro, poi si voltò verso la principessa, con due dita le chiuse gli occhi – Ora dormi Haruna.

Inizialmente Haruna cercò di contrastare il potere del mago ma con scarsi risultati… lentamente il sonno prese il sopravvento, era già debole e non poteva lottare per molto tempo.

 

Mi risvegliai qualche tempo dopo nella camera della torre… Sola…  prossima alle nozze con un uomo che neppure conoscevo. Tentare una fuga era impensabile, Chronos aveva lanciato chissà quali incantesimi per bloccarle la fuga…

 

Quello stesso pomeriggio i sovrani di Illusion accoglievano il giovane principe che avrebbe salvato il loro mondo.

Zoldan guardava quel pianeta con avidità, il suo regno era povero e tetro ma ora, grazie a quel portentoso cristallo, tutto si sarebbe sistemato nel migliore dei modi... ovviamente c’era la possibilità che la sua fresca sposa non ne uscisse viva ma era pronto a compiere questo sacrificio per la sua insaziabile sete di potere.

- Benvenuto a Illusion, principe Zoldan. – lo accolse gentilmente il Lothor – Le presento la mia consorte, la regina Anya.

- Vostra altezza,- fece gentilmente il principe baciandole una mano – é un onore conoscerla... ora vedo chiaramente da chi vostra figlia abbia ereditato tutta la sua bellezza. 

- E questo é mio figlio Endimion. – continuò il re indicando il primogenito.

- Principe Endimion, ho sentito grandi cose su di voi.

- Mi piacerebbe poter dire altrettanto. – sibilò crudelmente l’altro con sguardo di fuoco – Principe Zoldan... da che regno avete detto di provenire?

- Il mio é un regno molto piccolo Endimion, non vorrei annoiarvi con le sue storie provinciali.

- Al contrario, sono molto curioso. Come, del resto, sono curioso di conoscere il motivo per cui vi interessate a mia sorella.

- Endimion ti prego...- sospirò Lothor esasperato – scusatelo principe Zoldan, mio figlio diventa molto protettivo quando si parla della sorella.

- Oh non si preoccupi maestà, - rispose l’altro con un lieve sorriso – posso ben comprendere le motivazioni del principe. Ma é giusto che sappia come sono andate le cose, ho notato la principessa Haruna durante uno dei miei viaggi, la sua bellezza mi ha folgorato... e, così, ho chiesto la sua mano.

- Lei sapeva che Haruna é già sentimentalmente impegnata?

- Endimion! – quasi urlò il re ma entrambi i principi non stavano neppure a guardarlo, Zoldan rispondeva alle occhiate di Endimion con altrettanta rabbia.

- Sì, ne sono a conoscenza... ma vedrà principe Endimion, Haruna cambierà presto idea sul suo bel soldato.

Endimion socchiuse gli occhi rabbioso, quel principe gli piaceva proprio poco.

 

Chonos era apparso nella sua prigione, le aveva annunciato l’arrivo del principe Zoldan suo sposo, dicendole di comportarsi bene e di non fare nulla che possa innervosirlo visto che da lui dipendeva la salvezza della Terra. Contrariata per il modo brusco con cui quel vecchio le aveva parlato, Haruna si cambiò d’abito e iniziò a prepararsi per l’incontro, o forse era meglio definirlo scontro, con quel principe.

Quando lo vide la prima volta dovette ammettere a se stessa che era veramente bello, gli occhi verdi erano penetranti sembrava che le stessero leggendo l’anima, i capelli ricci gli sfioravano appena le spalle, più grande del fratello di almeno tre anni, era molto alto e la sua mole metteva molta suggestione.

Ma, dopo la prima impressione, quello che restò fu solo un principe arrogante che cercava di distruggere i suoi sogni.

- Siete bellissima principessa. – mormorò con voce calda e velluta Zoldan accingendosi a baciarle una mano, ma Haruna la ritrasse indignata.

- Lasciate perdere il corteggiamento principe, - disse immediatamente lei con voce ferma e decisa – questo matrimonio non si farà.

- Voi ne siete convinta?

- Ne sono certa... il mio cuore appartiene ad un altro uomo.

Una risata fredda e diabolica riempì la piccola stanza nella torre.

Haruna sentì la sua pelle accapponarsi e il suo cuore accelerare il normale battito.

- E cosa le fa credere, principessa, che a me interessi il vostro cuore?- ghignò lui facendo un passo avanti – Voi siete potente Haruna... la vera forza di Illusion... voi e vostro fratello, potreste distruggere l’universo solo con cenno di mano.

La principessa indietreggiò di fronte a quello sguardo folle, sentiva e vedeva chiaramente la sua aurea nera aumentare, era malvagio... perché i suoi genitori si fidavano di lui?

- Voi non avrete mai il mio potere...- sussurrò cercando nel suo cuore quell’orgoglio e quel coraggio di cui andava tanto fiera.

Sfortunatamente si trovò con le spalle al muro, Zoldan le si avvicinò fino a sfiorarla, le mise un dito sotto il mento costringendola a guardarlo, Haruna tremò sotto quel tocco freddo.

- Siete ancora pura mia principessa, - le sussurrò sulle labbra – un bocciolo di rosa che deve ancora fiorire. E sarò io il primo a cogliere questo casto fiore, nel momento in cui sarete completamente mia... anche il vostro potere sarà nelle mie mani.

- Quando tutti lo sapranno... – iniziò a dire lei ma la bocca del principe le proibì di continuare a parlare, il suo bacio era vorace, quasi doloroso, non rispecchiava amore o sentimenti ma solo dominazione e terrore. Lo spinse via e strofinò le labbra con il dorso della mano.

- Nessuno lo saprà Haruna. – fece Zoldan – I tuoi genitori tremano di fronte alla profezia...

Gli occhi della principessa si ingrandirono.

- Voi... la conoscete...

- I sacerdoti hanno puntato il dito su di me... io sono stato designato come vostro sposo e futuro sovrano di questo pianeta.

- Mai!- urlò l’altra – Non avrete mai il mio regno Zordan! Preferisco morire piuttosto che concedermi a voi!

- Ma tu non morirai... tieni troppo al tuo amato fratellino... non ti farai del male, non ti ribellerai e sarei una sposa perfetta. Devota e amorevole con il tuo re.

Haruna sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi.. ma non poteva... non poteva mostrarle a lui...

- Voi... voi non potete farlo...- mormorò con voce tremante chinando il capo per non far vedere le lacrime che, involontariamente, stavano scendendo lungo le sue guance pallide.

- Non siete voi che mi fermerete. – rispose vittorioso il principe prima di sparire.

 

Tutto era già stato organizzato… La data del matrimonio si avvicinava inesorabilmente.

Poi un giorno…

 

Haruna camminava nervosa in quella piccola stanza, quel Zoldan andava fermato... assolutamente.

Si chiese come fosse possibile che i genitori non si rendessero conto dell’aura nera che avvolgeva quel principe, perché non capivano che lui non voleva salvare Illusion ma solo dominarla?

Endimion, l’unica sua soluzione era il fratello...

Improvvisamente un cerchio di luce si illuminò sul pavimento ed Endimion apparve, come se fosse appena stato convocato.

La sola cosa che Haruna riuscì a fare fu saltargli tra le braccia e stringerlo forte.

- Fratellone... –mormorò ricacciando indietro le lacrime.

- Tranquilla Haruna, - fece dolcemente il fratello accarezzandole i lunghi capelli neri – sistemeremo tutto.

- Zoldan vuole solo il potere del Golden Crystal, non vuole sposarmi perché mi ama.

- Sì, l’avevo capito...- ammise lui – ho provato a parlarne con i nostri genitori ma sono terrorizzati dalla profezia, non vogliono sentire ragioni.

- Non voglio farlo Endimion... non posso farlo!

- Non resterò a guardare sorellina, ti proteggerò, farò di tutto per annullare questo matrimonio!

- Grazie. – mormorò Haruna con un impercettibile sorriso.

Endimion le asciugò le guance bagnate poi poggiò la sua fronte su quella della sorella.

- Ora basta piangere... – le disse lentamente – non vorrai che ti veda in questo stato vero?

Haruna corrugò la fronte perplessa.

- Di chi stai parlando Endimion?

Il pavimento si illuminò di nuovo ma, questa volta, fu Marcus ad entrare nella stanza della torre.

Tutto il resto sparì... non contò più nulla... Haruna corse verso il soldato stringendolo forte e scoppiando a piangere, era certa che non lo avrebbe mai rivisto.

- Haruna..- mormorò Marcus ricambiando l’abbraccio – ci sono io ora.

- Come hai fatto a farlo passare?- chiese Haruna al fratello.

- Ehi mi sottovaluti!- sbottò l’altro fingendosi offeso – Gli ordini del principe valgono molto di più di quelli del vecchio Chonos e, per quanto riguarda il tuo ragazzo, mi é bastato sostituire l’armatura della Luna con una delle nostre, nessuno si é accorto della somiglianza. – Endimion sorrise e incrociò le braccia sul petto – Vi lascio soli, piccioncini... io starò giù di guardia. Marcus ricordi il segnale?

Il capitano annuì silenzioso.

- Bene... odio dirlo ma non puoi stare qui molto...

- Lo so.

Il principe salutò con un cenno del capo e sparì lasciandoli soli.

Marcus tornò a stringere la sua principessa.

- Haruna... mia amata Haruna... troveremo una soluzione.

- Ho paura Marcus...- mormorò lei angosciata – per la prima volta in vita mia ho veramente paura. Quel Zoldan vuole solo il potere, non voglio che sia lui...- la frase le restò in gola, fu allora che capì cosa doveva fare per evitare quel matrimonio.

... nel momento in cui sarete completamente mia... anche il vostro potere sarà nelle mie mani...

Era così semplice in fondo, aveva sempre saputo che il suo primo uomo sarebbe stato Marcus, come sapeva, altrettanto bene, che il suo amato capitano lo desiderava con la stessa intensità. Non erano mai andati oltre i baci perché erano certi che ci sarebbe stato tutto il tempo per il resto... ora non avevano più tempo.

- Haruna...- mormorò il soldato notando lo sguardo assente e il lieve rossore che aveva imporporato le sue guance.

- Ti amo tanto Marcus. – mormorò lei con un dolcissimo sorriso.

Marcus le accarezzò le guance umide, non era certo la prima volta che glielo diceva, ma ogni volta era bellissimo, un’emozione unica ed irripetibile.

- Ti amo tanto anch’io Haruna. – le sussurrò prima di scendere sulle labbra per un bacio passionale e carico di promesse d’amore.

Timidamente ma certa di fare la cosa giusta, Haruna accarezzò il torace del ragazzo soffermandosi per qualche istante all’altezza del suo cuore.. batteva fortissimo.. come il suo d’altronde.  Continuò a salire raggiungendo le fibbie d’oro del suo mantello, con un gesto deciso le aprì entrambe facendo scivolare il manto ai piedi di Marcus.

Lui non si fermò, lo sapeva che quello poteva benissimo essere l’ultima volta che si vedevano, che si baciavano e abbracciavano, Haruna non voleva esser di nessun altro e Marcus non avrebbe mai sopportato l’idea di un altro uomo che facesse sua la donna che amava. Le accarezzò la schiena fino a raggiungere la cerniera che, lentamente, fece scendere fino alla fine scoprendo al pelle bianca e vellutata, con il cuore che batteva all’impazzata e la mente offuscata, Marcus iniziò ad accarezzarle quella parte del suo corpo esposta per la prima volta sotto le sue mani, le fece scorrere fino alle spalle mentre lei gli aveva slacciato del tutto la giacca e la camicia bianca.

Si erano sdraiati sul letto con nient’altro che la loro pelle, ma non erano imbarazzati o intimoriti... sapevo che stavano facendo la cosa giusta.

Haruna si stupì quando Marcus non le fece alcun male, la sensazione che stava provando era indescrivibile. Erano una cosa sola, uniti per l’eternità, non erano più Haruna e Marcus... no... un’unica essenza, una sola persona, un solo cuore e un solo corpo, la principessa si sentì completa per la prima volta in vita sua... sì, non stava sbagliando.

 

- Vostre altezze, - fece il ciambellano – la Regina Selene chiede un’udienza con Voi.

Anya e Lothor si scambiarono un’occhiata preoccupata.

- Falla entrare. – fece Anya con tono duro continuando a fissare il marito.

- Lothor... Anya... –disse Selene visibilmente indispettita – non c’é bisogno di spiegare il motivo di tutta questa fretta.

- Devi perdonare il comportamento di mio marito Selene, - fece la regina stancamente – ha fatto irruzione con i soldati nel tuo palazzo senza chiedere il permesso, un comportamento deplorevole che non ho apprezzato neppure io. 

- Non sono qui per questo Anya... Serenity mi ha raccontato di Lothor e devo mettervi in guardia. E’ molto crudele e, di certo, non mira ad Haruna per amore.

- Mi é già stata data questa informazione Selene. – rispose il re voltandosi verso la finestra, l’espressione stanca, lo sguardo velato dalla tristezza – Ma sono fiducioso nel cuore puro di mia figlia... lei saprà cosa fare.

In quel preciso istante si sentì un boato e un’intensa luce dorata uscì dalle finestre della stanza di Haruna, la stessa luce che si era sprigionata quando la ragazza era scappata sulla Luna.

- Non di nuovo!- urlò il re guardando la torre e la luce che, lentamente, di ritirava – Cosa starà combinando ancora?

 

 

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Capitolo 14
*** Cap 13 ***


Marcus fece un sorriso mentre si rivestiva, Haruna lo guardava ancora sdraiata a letto, stanca ma immensamente felice

 

Marcus fece un sorriso mentre si rivestiva, Haruna lo guardava ancora sdraiata a letto, stanca ma immensamente felice. Era ancora nuda e il leggero lenzuolo bianco la copriva fino ai seni, non avrebbe mai voluto alzarsi da quel caldo e comodo giaciglio ma doveva proprio vestirsi.

- Haruna...- mormorò Marcus sedendosi accanto alla principessa – non vorrei mai dirtelo ma, forse, é il caso che tu ti rivesta. Credo che tutto il regno abbia visto quel fascio di luce... si staranno chiedendo cosa combini e verranno qui a controllore.

- Hai paura che qualcuno mi possa vedere in questo stato? – sorrise lei accarezzandogli una guancia.

- Beh... non mi dispiacerebbe esser il solo a godere di tale spettacolo. – sorrise lui prima di scendere sulle sue labbra.

Mentre si baciavano un fischio acuto tagliò l’aria.

- Maledizione! – sbottò Marcus prendendo i vestiti di Haruna da terra – E’ il segnale di Endimion! Stanno arrivando... Haruna vestiti!

Velocemente la ragazza riuscì a sistemarsi pochi attimi prima che il padre, il fratello e quell’odioso di Chonos entrassero nella sua prigione.

- Principessa,- tuonò il saggio – cos’era quella luce?

- Nulla di cui tu debba preoccuparti Chonos. – disse Haruna seria.

Marcus ed Endimion si scambiarono un’occhiata veloce, Haruna sembrava molto più grande e matura in quel momento.

- Hai usato ancora il Golden Crystal, Haruna? – chiese il padre ansioso.

- Padre mio…- mormorò le con gli occhi lucidi – io so che siete spaventato e che vi costa molto obbligarmi a sposare quel mostro. So anche che Zoldan vuole solo il potere di Illusion e sono state proprio le sue parole che mi hanno fatto trovare la soluzione a questo spinoso problema.

Lothor sgranò gli occhi.

- Che soluzione?

- Lui mi disse che solo quando sarei stata completamente sua avrebbe potuto usare il potere del Golden Crystal… beh io non sarò mai completamente sua. Io ho già donato una parte di me all’uomo che amo.

Tutti gli occhi si puntarono su Marcus che riuscì a non arrossire ed a mantenere il controllo delle sue emozioni.

- Sciocca ragazzina…- mormorò Chonos infuriato – sai cos’hai appena fatto?

Haruna sorrise vittoriosa.

- Sì… ho donato me stessa all’unico uomo che lo meritava. Ora Zoldan potrà anche sposarmi… man non potrà usare il potere del Golden Crystal.

Un fulmine squarciò il cielo di Illusion mentre un urlo di rabbia risuonava  nell’aria.

- Sgualdrina!- gridò Zoldan apparendo dal nulla nel cielo che si faceva sempre più nero e minaccioso – Come hai potuto farlo!

Haruna si aggrappò a Endimion.

- Portami fuori. – gli sussurrò chiudendo gli occhi.

Il fratello annuì e la condusse fuori dalla torre.

 

- Haruna sciocca, stupida ed ingenua ragazzina!- riprese il principe – Aver donato il tuo corpo a quel soldato non mi fermerà. Se non potrò avere il potere del tuo cristallo facendoti mia sarò costretto a prenderlo con la forza.

La principessa serrò i pugni, non aveva paura… no, lei poteva affrontarlo, magari sarebbe perita ma non sarebbe mai stata sua.

- Non ho paura di voi Zoldan. – urlò Haruna con sguardo infuocato – Se volete combattere io sono pronta!

- Haruna!- urlò Endimion – Cosa voi fare?

La ragazza si voltò sorridendo al fratello.

- Proteggo il mio regno fratello mio… tu sei il futuro sovrano di Illusion, il legittimo erede al trono. Non puoi sacrificare la tua vita… io sì invece.

- No non puoi!- gridò il ragazzo correndo verso di lei – Io non posso permetterti di farlo Haruna!

Haruna allungò una mano verso il fratello e lo immobilizzò.

- Ti voglio bene…

- Haruna!

Ma, ormai, lei aveva preso la sua decisione, la luce dorata del Golden Crystal si sprigionò dal suo corpo, il cristallo si formò tra le sue mani.

- Vuoi batterti Hatuna? – urlò Zoldan facendo apparire un cristallo nero – Lo vedi questo? E’ il cristallo fantasma… tu non puoi fare nulla contro di lui. La natura buona dei vostri cristalli non possono neppure scalfirlo!

Haruna stava concentrando tutta la sua potenza sul cristallo, non si era mai sentita così forte ed invincibile, tuttavia… tuttavia… sapeva bene che il potere di quel cristallo fantasma era superiore al suo.

In quel istante Selene e gli altri arrivarono nei giardini.

- Haruna!- urlò Marcus cercando di avvicinarsi ma lei bloccò anche il suo uomo.

I vostri poteri mi scorrono nelle vene… Endimion… Marcus… papà… mamma…  lo sconfiggerò!

Decisa a porre fine a quella pazzia Haruna scagliò il suo potere sul principe che rispose immediatamente all’attacco con altrettanta forza.

Haruna cercava in tutti i modi di non crollare, lui era forte… era troppo forte… ma lei era determinata… voleva sconfiggerlo.

Golden Crystal… ti prego, dammi la forza di sconfiggerlo, aiutami a salvare la terra… Golden Crystal dammi il potere!

Endimion stava piangendo… non era capace di evitarlo, quella sciocca stava correndo un grave rischio e lui non poteva neppure muoversi per aiutarla… perché quella ragazza doveva esser così testarda?

Selene decise in fretta, prese il Cristallo d’Argento sistemandolo sullo scettro lunare.

- Potere del Cristallo d’Argento… entra in azione!

Al potere del Golden Crystal si aggiunse quello del Cristallo d’Argento.

Ci fu un’enorme esplosione di luce e un urlo di dolore.

- Avete vinto la battaglia principessa Haruna!- tuonò Zoldan gravemente ferito – Ma vi prometto che vi porterò via tutto quello che avete di più caro… e inizierò proprio dal vostro amato soldato! – e, detto questo, sparì nell’ombra.

Haruna cadde a terra stremata… era debole… era molto debole… ma era viva.

Endimion e Marcus corsero verso di lei.

- Haruna…- mormorarono i due – come ti senti?

- Mi sento debole. – sussurrò lei cercando di sorridere – Ma sto bene.

Marcus la strinse forte:

- Grazie al cielo.

 

Tutto andava per il meglio, finalmente nessuno sembrava più ostacolare l’amore che legava me e Marcus. Due settimane dopo io e Marcus ci sposammo. Fu una cerimonia molto semplice. Purtroppo per noi i problemi non erano finiti.

 

- Haruna, Marcus… Non potete restare ad Illusion. Abbiamo catturato un seguace di Zoldan… è questione di tempo, ma vi troverà… Non possiamo mettere in pericolo Illusion - disse Lothor guardando tristemente la figlia.

- So cosa mi stai chiedendo padre… lo farò, non voglio cagionarti altri dolori. Sarò felice con Marcus e con la nuova creatura che cresce in me… - rispose la giovane accarezzandosi il ventre ancora piatto.

- Andrete su Mirror… E’ un pianeta dietro al sole… nessuno vi troverà la… nessuno saprà niente di voi - disse il re con una stretta al cuore.

- Cancellerai la memoria anche ad Endimion? - chiese la ragazza, mentre una profonda tristezza si impadroniva nel cuore.

- Siamo costretti… un unico ricordo potrebbe esservi fatale… - le rispose avvilito il re.

- D’accordo… - quell’unica parola pose termine al colloquio.

 

Venne il giorno della partenza per Mirror. Endimion non aveva accettato di buon grado l’idea, ma sapevo che entro breve non avrebbe ricordato nulla ne di me, ne di Marcus, ne di Zoldan… Nulla.

 

- Addio sorellina… non ti dimenticherò mai! - disse il giovane con gli occhi lucidi.

- Lo farai… non vorrai… ma lo farai… - gli rispose la ragazza toccandogli lievemente la guancia.

- Tieni… - disse il fratello dandole una scatolina - affinché tu non ti possa dimenticare di me e della tua vera casa. – terminò.

- E’ bellissima… - disse Haruna dopo aver aperto la scatola ed aver preso in mano la collana con il pendente a forma di cristallo di neve - la porterò sempre con me – promise la ragazza abbracciandolo.

- Addio… - disse avvicinandosi a Marcus. Dopo un ultimo saluto, in un fascio di luce dorata sparirono.

 

Un anno dopo tu moristi per mano di Beryl… Serenity si uccise… Io da sola non potevo controllare il cristallo d’oro, così feci un incantesimo su tutti gli abitanti di Mirror… Avremo dormito fino a quando tu Endimion non ti fossi rinato… Quel giorno arrivò… e fu l’inizio dell’incubo…

 

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Capitolo 15
*** Cap 14 ***


Iniziò tutto appena mi sveglia dal mio sonno…

Iniziò tutto appena mi sveglia dal mio sonno…

 

La principessa di Illusion aprì lentamente gli occhi… Le sembrava di aver dormito per poche ore, tanto erano pesanti le sue palpebre.

Si guardò attorno spaesata, poi i ricordi riaffiorarono alla mente… la nebbia che l’avvolgeva stava pian piano diradandosi.

Si alzò a fatica dal letto dove aveva riposato: chissà quant’è passato? si chiese frastornata.

- Buongiorno Principessa…- mormorò una voce.

La ragazza osservò l’uomo appoggiato mollemente sullo stipite della porta.

- Marcus… Sei già sveglio?- chiese alquanto stupita la ragazza, correndogli incontro ed abbracciandolo con trasporto.

Era strano… Sapeva che il primo a svegliarsi era sempre colui che lanciava l’incantesimo, in questo caso era lei stessa, invece Marcus si era svegliato per primo…

Sulle prime la ragazza non ci fece caso, troppo felice di poter abbracciare suo marito.

- Luce è già sveglia?- domandò osservando il marito.

Lo osservò spaventata: le era sembrato d’aver visto un’ombra nera in quegl’occhi azzurri che tanto amava.

- Sì… è in giardino a giocare…- le rispose lui sorridendole dolcemente.

Mi sono sbagliata… non c’è altra soluzione… si rincuorò Haruna, stringendosi al marito.

Solo qualche tempo dopo avrebbe capito che non si era sbagliata, ma allora non lo sapeva ancora…

 

Il tempo passava tranquillo, ma Marcus diventava sempre più irascibile… non lo riconoscevo quasi più. Ignorava Luce, a volte la maltrattava pure…

 

- Luce! Dannazione quante volte ti ho detto di non giocare nel mio studio!- tuonò la voce imperiosa dell’uomo. La voce era talmente alta che Haruna, uscita in giardino a controllare i suoi fiori, riuscì a sentirlo chiaramente.

Corse nello studio del marito e vide questo scuotere violentemente la piccola Luce che, in lacrime, chiedeva scusa in continuazione.

- Marcus! Ha solo tre anni! Non puoi aspettarti che si comporti come un’adulta!-  protestò Haruna.

- Deve capire che non può comportarsi così! Ma che diventi una mocciosa viziata a te non interessa vero?- chiese lui scoccandole un’occhiata irata.

- Non avrà fatto nulla di male… Non esagerare Marcus…- cercò di mediare Haruna abbracciando la bambina che singhiozzava violentemente.

- Un po’ di lacrime non hanno mai ucciso nessuno…- disse l’uomo uscendo.

Una volta avresti consolato tua figlia… ora la tratti come un’estranea… cos’è successo Marcus? si chiese Haruna cercando di calmare la figlia.

 

Arrivò il giorno dei chiarimenti… ma furono chiarimenti ben poco piacevoli… almeno per me…

 

- Marcus?- chiamò Haruna dopo aver messo a letto la bambina - Perché te la sei presa con Luce questo pomeriggio? C’é rimasta male che tu non sia andato a leggerle la favola…- chiese desiderosa di sapere cos’angustiava il marito.

- Non posso perdermi dietro a tua figlia… ho degli impegni da sbrigare… E poi io non le ho fatto nulla… E’ lei che è viziata. Fa di tutto per mettersi fra noi… Non lo vedi? E’ capricciosa, pesta i piedi… Dovevi vederla prima che tu arrivassi… era una furia…- disse disgustato l’uomo.

- Sarà come dici… però io ho sentito te urlare a squarcia gola…- rimarcò Haruna guardandolo negli occhi.

- Ma certo… è sempre colpa mia… quella bambina fa qualche danno e la colpa di chi è?! Mia…- sbuffò irritato.

- Quella bambina è anche tua figlia!- ribatté Haruna sconvolta dall’ennesima frase del marito.

- Lo so…- le rispose con disprezzo malcelato.

- Marcus… io non ti riconosco più… mi spaventi…- balbettò arretrando la donna, spaventata dallo sguardo pieno di bramosia del marito.

Solo in un’altra occasione aveva visto simili occhi… Occhi che non avrebbe mai scordato…

- Eppure una volta ti piacevo…- sibilò mellifluo lui, avvicinandosi lentamente a lei – Ti sei concessa a me perché mi amavi o solo per salvare il tuo regno?

- Ma ti senti?- quasi urlò la principessa – Io ho fatto dei sacrifici per te! Ho dovuto abbandonare la Terra, lasciare la mia famiglia solo per crearne una con te! E credi che non sia amore questo? Sei strano... sei diverso...

- Ho solo compreso che per farmi apprezzare da te dovevo assumere un certo comportamento... - ormai aveva le spalle al muro, lui era troppo vicino… e lei sentiva la paura impossessarsi del suo corpo.

- Te l’avevo detto Haruna… dovevi scegliere me… non quell’inetto!- sbottò, il volto era deformato dalla rabbia a stento trattenuta.

- Cos…- iniziò lei, ma non concluse la frase. Le labbra di Marcus scesero rapaci su di lei, strappandole un bacio violento e senza passione né amore.

_ Zoldan?!- urlò quasi sputando quel nome che non le lasciava nient’altro che l’amaro in bocca.

- Esatto principessa…- confermò lui ridendo sinistramente.

Haruna era incredula. Zoldan era riuscito ad impossessarsi del corpo del marito. Ora si spiegava le sue stranezze… i suoi scatti d’ira… il suo odio nei confronti di Luce.

- T’invoco Cristallo d’Oro… Risplendi…- gridò mentre una luce dorata illuminava la sala.

Marcus urlò: sembrava che il cristallo lo stesse ferendo.

Haruna non perse tempo: approfittò del diversivo per andare nella camera da letto di Luce. Afferrò la bambina ed una coperta con cui avvolgerla.

- Cristallo d’Oro… Da Endimion… subito!- disse sparendo un attimo prima che Marcus comparisse sulla porta. Chiara le giunse la minaccia lanciata dall’uomo.

- Scappa quanto e dove vuoi Haruna… Ma ti troverò!- urlò minaccioso.

 

Arrivammo a Crystal City all’alba… fui sorpresa nel vedere per la prima volta la città. Non pensavo che la Terra avesse subito simili sconvolgimenti dacchè me ne ero andata.

 

- Chi è!-  chiese una voce femminile alle sue spalle.

- Sono Haruna… vorrei parlare con Endimion…- chiese la ragazza cercando di stare in piedi.

- Non conosco nessuna Haruna… Ehi! Cosa ti succede?- chiese la voce misteriosa sostenendo Haruna.

Non più abituata all’uso del Cristallo d’Oro, Haruna era svenuta.

Sailor Mars osservò la ragazza e la bambina:

- Irradiano l’energia del Cristallo d’Oro…- disse meditabonda - Meglio svegliare i sovrani…- finì poi chiamando alcuni soldati affinché l’aiutassero con l’ospite inattesa.

 

- Haruna… mi senti?- chiese una voce maschile misteriosa.

- Endimion… non ti può sentire… deve aver usato troppa energia… E’ debole, sono spasmi…- disse una voce femminile dolce.

- Mercury ha ragione…- confermò una seconda voce, molto più dolce ma  stavolta più familiare…

- Serenity…- sussurrò appena Haruna.

- Sono qui Haruna…- rispose l’interpellata stringendole affettuosamente la mano.

A fatica aprì gli occhi… Occhi azzurri come l’oceano osservarono i presenti, cercando di metterli a fuoco.

Un uomo con una maschera color lavanda era ai piedi del letto. Due donne erano alla sua destra. Una aveva un corto abito azzurro come i suoi capelli, la seconda indossava un abito bianco ed i capelli, color oro, erano legati in due buffi codini.

- Serenity…- chiamò nuovamente.

- Sono qui Haruna…- le rispose la donna bionda osservandola apprensiva.

- Luce… dov’è Luce?- domandò improvvisamente presa dal panico.

- E’ nella stanza accanto alla tua… Sta riposando. - le rispose ancora Serenity sorridendole.

- Non… non vi ricordate di me?- chiese Haruna con voce flebile.

- Purtroppo no…- le confermò Serenity.

- Sono… sono la sorella di Endimion…- sussurrò la ragazza cercando di alzarsi.

- Meglio che non lo faccia…- la bloccò Mercury - è troppo debole…- spiegò alle tre paia d’occhi che l’osservavano.

- Parleremo dopo…- disse risoluto Endimion.

Haruna conosceva quello sguardo... la stava analizzando.

- Cerca di riposare…- le consigliò Serenity prima di uscire dalla camera con il marito.

- Tornerò tra due ore a controllare…- l’avvisò Mercury seguendo i sovrani.

 

Quella stessa sera, dopo che Mercury era stata due volte a controllarla, Endimion e Serenity tornarono nella sua camera con Luce.

La bambina appena vide sua madre seduta le corse incontro.

- Mammina! Ero preoccupata! Ma la zia mi ha fatto compagnia…- disse felice tra le braccia di Haruna.

- Luce? Cosa ne dici di andare a giocare con Usagi?- propose invitante Serenity.

- Posso mammina?- chiese la piccola incerta.

- Certo tesoro!- disse sorridendole amorevolmente.

Aveva appena dato il suo consenso che la piccola era già sparita.

- Vorrete dei chiarimenti…- disse Haruna appena la porta della sua stanza si chiuse.

- Noi non sappiamo nulla di te…- disse Endimion con un sorriso triste – sostieni di esser mia sorella... io non ho mai avuto una sorella.

- Penso sia giunto il momento di farvi riacquistare la memoria…- disse concentrandosi intensamente. Il Cristallo d’Oro comparve ed illuminò la stanza - Ricordi…- alitò Haruna.

La luce sparì com’era iniziata.

I presenti la osservarono: i loro occhi erano lucidi.

- Haruna! Amica mia! Come ho potuto dimenticarmi di te?- chiese Serenity abbracciando l’amica ritrovata.

- Haruna…- sussurrò Endimion abbracciando le due donne più importanti della sua vita.

Passarono la notte a raccontare quanto era loro accaduto fino a quel giorno. Haruna spiegò loro tutto, soprattutto del cambiamento avvenuto in Marcus per opera di Zoldan.

 

 

Iniziavo a stare sempre meglio e Luce aveva trovato in Usagi una vera amica, cosa che le era sempre mancata su Mirror. Ma il destino aveva già deciso che Crystal City non era la dimora per me… Zoldan mi trovò…

 

Crystal City si era svegliata con un cielo plumbeo, dove grossi e minacciosi nuvoloni, promettevano solo pioggia.

- Strano… solitamente è bella stagione in questo periodo dell’anno…- disse Sailor Venus osservando, dalla finestra, il cielo insolitamente coperto.

- Sta arrivando…-  disse Haruna scrutando il cielo - Mi ha trovato e si sta divertendo a farmelo capire… Non posso permettere che vi faccia del male…-  concluse Haruna triste.

- Potresti andare nel XX secolo… Non penso che Zoldan possa viaggiare attraverso il tempo e lo spazio…- propose Endimion ma dalla sua espressione si poteva benissimo capire che non era molto contento di staccarsi di nuovo dalla sorella.

- Endimion ha ragione… Sailor Pluto… Compari!- chiamò Serenity.

Dal nulla apparve la Custode delle Porte del Tempo e dello Spazio.

- Mi avete chiamata Maestà?- chiese inginocchiandosi in segno di rispetto.

- Porta Haruna e Luce nel XX secolo… Non permettere a nessuno di compiere viaggi temporali… La saranno al sicuro…- disse Serenity decisa.

- Come desiderate Maestà…- rispose rialzandosi.

- Mi dispiace di causarvi sempre problemi…- disse Haruna, mentre una lacrima le solcava la guancia lattea – la principessa ribelle si fa sempre riconoscere. – finì con un sorriso sarcastico.

- Non preoccuparti… Il compito di un fratello maggiore è quello di proteggere… Lo faccio con Serenity… Lo faccio volentieri anche con te… - le rispose Endimion abbracciandola – Cerca Mamoru e Usagi quando arriverai nel XX secolo... loro ti aiuteranno, anche se non ricorderanno chi sei. – le sussurrò in un orecchio aumentando, per qualche secondo, la sua stretta.

- Adesso vai…- le disse Serenity abbracciandola a sua volta – e, mi raccomando, non fare sempre di testa tua!

- Grazie… grazie a tutti...- disse prendendo per mano Luce e seguendo la Custode.

 

Quando le immagini sparirono dallo specchio tutte avevo gli occhi lucidi.

Le guerriere erano attonite… Non credevano che il loro nemico potesse essere tanto subdolo e meschino.

- Ora è riuscito nel suo intento… Ha preso Luce! Prima mio marito… poi mia figlia…-disse scoppiando in lacrime.

- Troveremo Luce e salveremo Marcus. Te lo prometto!- la consolò Mamoru stringendole dolcemente la mano.

 

Intanto alla base nemica…

- Elindhor!- tuonò la voce, mentre il corpo prendeva posto sul trono.

Vari mormorii e risolini di scherno serpeggiarono nella sala vuota.

- Dica mio Signore…- rispose l’aliena prostrandosi ai piedi del suo padrone.

- Non ho sostituito Albharon con te affinché tu rimediassi altri insuccessi… Oppure sbaglio?- chiese la voce alquanto seccata.

- Avete ragione mio Signore… non avevo previsto la presenza delle guerriere Sailor… mi dia un’altra possibilità…- cercò di convincerlo la ragazza.

- Avrai la tua possibilità…- disse la voce, mentre strani rampicanti si attorcigliavano alle gambe della guerriera.

- Mio Signore cos… Ah!- urlò disperata.

- E’ il fiore d’ombra… tu hai fallito… ma al mio cristallo serve nutrimento… tu andrai benissimo…- disse iniziando a ridere sinistramente.

L’aliena stava pian piano sbiadendo lentamente, mentre i mormorii s’infittivano sempre di più…

Cadde a terra senza più forze osservando con occhi vacui la stanza vuota.

Il suo Signore aveva altri impegni, più importanti di lei…

 

Nella camera di Elindhor, intanto, Albharon fissava la porta della stanza stanco di aspettare il suo carnefice.

- Quell’aliena mi ha stancato!- sibilò dando uno strattone alle catene che lo tenevano imprigionato.

Queste si spezzarono improvvisamente, lasciandolo rovinare a terra.

- Libero?- si domandò stupito guardando prima le catene spezzate e poi il muro-  Elindhor dev’essere nei guai… Se lì è cercati sicuramente… meglio scappare finché sono in tempo…-

Tirò i brandelli delle catene che ancora penzolavano dalle braccia e fu completamente libero.

- Terra aspettami… Sto arrivando…- disse prima di scomparire dalla stanza.

 

Un urlo attirò l’attenzione delle Sailor.

- Il nemico!- disse Rei balzando in piedi come una molla.

- Zoldan....!- mormorò Haruna uscendo di corsa da casa Chiba.

- Haruna!- la chiamò Mamoru balzando in piedi.

- Andiamo! - disse Usagi - Moon Power Make Up!-

- Mercury Power Make Up!

- Mars Power Make Up!

- Venus Power Make Up!

- Jupiter Power Make Up!- le fecero eco le sue compagne.

Seguirono Haruna, che aveva già indossato il suo abito da principessa.

- Il nemico è in piazza…- disse Sailor Mercury, dopo aver consultato il googles.

Dopo qualche minuto di corsa giunsero nella piazza e, finalmente, videro il nemico.

L’uomo dai capelli castani le osservò attentamente, poi con disprezzo disse:

- Sei venuta con la cavalleria?-

Le Sailor rimasero un attimo spiazzate nel vedere il ragazzo affascinante che le stava osservando con malignità.

- Dov’è Luce?!- chiese Haruna indignata.

- Hai perso tua figlia?- le rispose lui deridendola apertamente – Te l’avevo detto che quella marmocchia era una furia.

- E’ anche tua figlia!- rispose Sailor Moon osservando Marcus.

- Non ti sbagliare Serenity… Ho solo il corpo del Lunare… io sono Zoldan, Signore di Duster - Si presentò.

 

 

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Capitolo 16
*** Cap 15 ***


- Ridammi mia figlia

- Ridammi mia figlia. – disse Haruna scandendo bene ogni parola, usando un tono così duro e minaccioso che stupì perfino Mamoru.

- Io non ho preso la tua adorata bambina. – rispose Zoldan facendo un passo avanti – Credi veramente che possa interessarmi ad una marmocchia?

- I tuoi uomini cercavano la principessa! – urlò Tuxedo Kamen stringendo di più il suo bastone pronto a combattere.

- E’ vero… I miei uomini cercavano la principessa… ma non hanno mai capito a chi io mi riferissi… Hanno sempre cercato la persona sbagliata. – rispose il demone puntando lo sguardo su Mamoru, poi ghignò – Endimion… ma che piacere rivederti… vedo che non hai perso il vizio di proteggere tua sorella. Ma, come vedi, Haruna sa badare molto bene a se stessa.

- Lo so benissimo. – soffiò Mamoru socchiudendo gli occhi – Ma il mio compito è prendermi cura di lei. Ho giurato… quando nacque… che io l’avrei protetta. Ed è quello che farò… fino alla mia morte. – con una mossa fulminea lanciò contro Zoldan le sue rose.

Ma Zoldan non si fece intimorire tanto facilmente, scomparve e riapparve immediatamente dietro Mamoru, in mano teneva una spada, la cui lama era nera.

- Vediamo se posso accontentarti… Muori Endimion! - urlò Zoldan abbassando la spada sul corpo dell’uomo che si era accorto troppo tardi del nemico alle sue spalle.

- Mamoru!- urlò Usagi sgranando gli occhi.

Tuxedo Kamen si preparò a sentire il dolore della ferita ma, invece, sentì il rumore di qualcosa che bloccava la lama.

Aprì gli occhi: Haruna si messa tra di loro, aveva fermato la spada di Zoldan con il suo scettro di cristallo.

Per quando fragile sembrasse, doveva esser molto resistente perché non si scalfì nemmeno e Haruna sembrava non fare fatica ad usarlo per respingere il demone.

- Prenditela con me. – disse solamente la principessa con sguardo di fuoco – Mi hai portato via tutto… ora prenditela solo con me.

Zoldan ghignò… quanto amava la grinta di quella donna, forse poteva divertirsi con lei, non usarla come catalizzatore per il Golden Cystal, magari Haruna poteva rivelarsi molto più utile del previsto.

- Haruna...- fece il demone con un tono quasi dolce – vieni via con me. Insieme governeremo l’universo intero.

Haruna strinse di più le mani attorno al suo scettro... perché tutto doveva esser così difficile? Sapeva che quello era Zoldan eppure... eppure, a tratti, le sembrava di aver davanti ancora il suo amato Marcus. Aveva sperato di trovare un modo per salvare la sua vita.. ma non aveva trovato nulla, non sapeva neppure se l’anima del suo cavaliere era ancora intatta. Le bastava un segno... solo un piccolo, minuscolo segno per farle capire che c’era ancora una speranza. Che non tutta la sua vita era distrutta.

- Preferisco morire. – rispose decisa a rischiare tutto per salvare quello che restava della sua famiglia.

- Ti accontento principessa. – rispose Zoldan scagliandosi sulla donna con ferocia – Quando avrò preso il Golden Crystal non mi servirai più... prendere il corpo del tuo uomo mi é stato molto utile. 

A quella frase Haruna lanciò un fascio di luce blu che venne facilmente schivato.

- Le tue magie non posso farmi nulla e poi tu non vorrai distruggere l’uomo che ami vero?

- Non possiamo lasciarla sola. – urlò Sailor Moon brandendo lo scettro lunare – Aiutiamola!

Zoldan allungò una mano verso Haruna lanciandole un fascio di energia nera che la paralizzò, con l’altra mano prese il cristallo e lo fece cadere a terra.

- Esercito fantasma...- urlò con voce possente – il tuo Signore ti ordina di apparire!

Il cristallo nero si conficcò nel terreno, ci fu un’immediata scossa di terremoto e la terra si spaccò in due.

Dalle fessure uscì un denso fumo nero che avvolse le guerriere Sailor, poco a poco il fumo prendeva forma.

- Non é possibile...- mormorò Sailor Mercury mentre faceva scivolare velocemente le dita sul suo computer – sono...

- Fantasmi. – finì la frase Sailor Mars – Un esercito di spettri... e molti non sono terrestri.

- Cosa? – urlarono in coro Sailor Jupiter e Venus.

- Vengono da altri mondi... altre galassie...- spiegò Rei con gli occhi chiusi e concentrata sui nemici che le stavano circondando – Sailor Moon... sono tutte anime dannate. Vanno purificate.

Usagi strinse lo scettro in mano e annuì guardando tutti gli spettri che le circondavano.

Mamoru, nel frattempo, osservava la sorella.

Haruna era ancora immobilizzata... da dove venivano tutti quegli spettri?

- Sorpresa?- chiese Zoldan strisciando verso di lei – Sai ho viaggiato molto dopo il nostro ultimo incontro su Illusion. Mi avevi ferito Haruna... il mio corpo é morto, ma non la mia anima nera. Ho vagato per millenni nell’oscurità dell’universo accrescendo i miei poteri, trovando seguaci, fedeli servitori. E il mio solo scopo era quello di prenderti tutto quello che più amavi. Puoi immaginare la mia delusione quando ho scoperto che qualcuno aveva già ucciso il tuo amato fratello al mio posto.

Intanto le guerriere Sailor avevano già iniziato a combattere... e lei non poteva aiutarle questa volta.

Zoldan rise e si avvicinò ad un orecchio della principessa.

- Non hai visto Endimion morire la prima volta vero Haruna? Hai solo sentito il vostro legame spezzarsi... ora potrai sentire le sue urla... tutta la sua rabbia. La stessa rabbia che aveva Marcus quando ho preso il suo corpo... si é ribellato ma io sono più forte.

Haruna si morse un labbro prossima al pianto.

- Lui voleva solo proteggere le due donne più importanti della sua vita: sua moglie e sua figlia... ma le sue qualità sono ben poca cosa rispetto ai miei straordinari poteri. – continuò con voce vellutata Zoldan usando la sua perfidia per farla crollare.

Ma la principessa non stava crollando... la sua frustrazione divenne rabbia, improvvisamente la luce dorata del Gold Crisyal l’avvolse.

Zoldan fece un passo indietro urlando dal dolore, mentre il suo esercito si bloccò vittima di un sortilegio della principessa.

- Ora basta Zoldan!- urlò Haruna con voce roca totalmente in simbiosi con il suo cristallo – E’ giunto il momento di farla finita per sempre!

Accadde tutto in pochi secondi, mentre Sailor Moon utilizzava lo scettro per purificare quelle anime, Haruna stava per scagliare il potere del Golden Crystal sul Zoldan che cerava, inutilmente, di difendersi.

Mamoru si portò una mano al petto... quel calore... lo stesso dell’altra volta... Haruna stava rischiando di nuovo la sua vita.

- Non farlo!- urlò Tuxedo Kamen – Haruna ferma!

La sorella si voltò un attimo mostrando una maschera ferma e decisa.

- Ho preso la mia decisione Endimion. – mormorò – Lasciami andare.

- No!

Haruna portò l’energia positiva della Terra nelle sue mani e guardò Zoldan.

- Sei il male...- sussurrò desiderosa solo di vendetta – e io ti ucciderò una volta per tutte.

Lo guardò intensamente negl’occhi... e accadde qualcosa di inaspettato...

Il velo malvagio che nascondeva gli occhi color del ghiaccio del suo Marcus cadde, fu un attimo e Haruna rivide lo sguardo dolce e pieno d’amore del suo sposo.

- Haruna...- mormorò Marcus implorante – amore mio...

- Marcus...- fece lei mentre il potere del Golden Crystal perdeva la sua forza tra le sue mani.

Quell’attimo magico si ruppe immediatamente, Zoldan riprese il controllo della situazione e, accortosi dello stupore della donna, gli lanciò un fascio di luce nero.

Haruna era così sconvolta che non provò nemmeno a scansarsi ma fu salvata da un tempestivo intervento di Mamoru che la spinse a terra.

- Non posso colpirlo... – disse Haruna con un filo di voce tremante – Marcus é ancora vivo.

- Haruna ma cosa dici?- chiese Mamoru confuso.

- Ora morirete entrambi!- urlò Zoldan alzando una mano per il colpo finale.

Tuxedo Kamen strinse di più la sorella cercando di proteggerla.

Ma il demone si fermò... come se qualcuno gli impedisse di lanciare il suo incantesimo..

- Non tu!- urlò furioso.

- Fulmine... Azione! – sbraitò Sailor Jupiter cercando di colpire il nemico in quel momento di debolezza.

- No!- urlò Haruna scattando in piedi e parando il colpo con il suo corpo.

- Haruna!- gridarono Usagi e Mamoru andando verso di lei, ora a terra e ferita.

- Perché l’ha fatto?- chiese Makoto visibilmente turbata.

Nel frattempo Zoldan emise un gemito soffocato, tutti voltarono a guardarlo... era in ginocchio a terra, le mani affondate nei capelli castani e un’espressione di puro dolore sul viso.

Con il sudore che gli imperlava la fronte e il fiato corto alzò lo sguardo verso la principessa e le guerriere Sailor.

- Non finisce qui...- mormorò con un filo di voce prima di sparire nel nulla.

Nel momento in cui sparì la voragine a terra si richiuse e Tokyo tornò silenziosa.

Haruna fissò il punto dove Zoldan era sparito e sorrise.

- C’é ancora speranza.

 

***

 

Il posto dove Zoldan riapparve poteva definirsi la sua camera da letto.

Non che lui avesse veramente bisogno di dormire o altro... era un demone.. non mangiava, non dormiva... non ne aveva bisogno… Il vino, che spesso sorseggiava, era un’abitudine della vita precedente…  

Si aggrappò ad una delle colonne di pietra ansimante... cosa diavolo gli stava succedendo?

Una risata denigratoria, esplose nel silenzio della stanza.

- Chi sei?- urlò guardando il buio che lo circondava – Come osi ridere di me?

- Sei solo un fallito...- echeggiò la voce – pensi sul serio su poter battere Haruna?

- Fatti vedere!

- Non mi sto nascondendo… sono qui…

- Dove?

- Dietro di te..

Il demone si voltò di scatto, dietro di lui non c’era nessuno se non la sua immagine riflessa nel grande specchio che occupava più di metà parete.

Si avvicinò alla sua immagine... fissò bene quel corpo che poco conosceva... lui Zoldan, il Signore di un pianeta forte come il suo, costretto a vivere nel corpo insignificante di un Lunare.

Poggiò una mano sulla superficie fredda dello specchio e si guardò... cosa ci vedeva Haruna in questo corpo...

- ... l’amore...- rispose la sua immagine in un soffio.

Zoldan fece qualche passo indietro.

- Marcus?

- Credevi che non mi sarei mai svegliato vero Zoldan?- fece il soldato dallo specchio- Tu sei dentro di me... é stato difficile all’inizio, ma ora io sto prendendo il sopravvento.

- No!- ringhiò il demone – Sono io il più forte.

 

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Capitolo 17
*** Cap 16 ***


“Andiamo a casa Haruna…” disse Mamoru dopo aver sciolto la trasformazione

Haruna era rimasta immobile: fissava il punto in cui Zoldan era sparito, gli occhi erano lucidi.

- Andiamo a casa Haruna…- disse Mamoru dopo aver sciolto la trasformazione, avvicinandosi alla sorella.

- Marcus non è morto! Lo possiamo ancora salvare! - disse Haruna felice osservando il fratello con occhi splendenti di gioia. Sembrava essersi riscossa dal torpore che l’aveva colta subito dopo la fuga del demone.

 -Hai ragione… ma ora è meglio andare a casa…- suggerì il ragazzo prendendo sotto braccio la donna.

- Pensi che sia possibile? - sussurrò Makoto a Rei che, in questo genere di cose, era la più esperta.

- Può essere… Dopotutto Zoldan ha preso possesso del corpo di Marcus, non necessariamente della sua mente…- rispose meditabonda la miko.

- E per questo che gli ha fatto da scudo con il suo corpo?- chiese Minako sconcertata da un tale gesto.

- Considera che Mamoru l’ha sempre fatto per Usagi… E persino tu l’hai fatto per Yaten…- rispose Ami guardando la guerriera di Venere che era arrossita al sentir nominare il ragazzo che ancor oggi le faceva palpitare il cuore.

- Ci sentiamo domani ragazze…- si congedò Usagi.

Dopo i saluti di rito, le quattro ragazze tornarono alle loro case.

 

Il trio procedeva sicuro per le strade di Tokyo e, dopo breve, giunsero al condominio dove abitavano.

Presero l’ascensore e salirono al loro piano.

Arrivarono davanti alla loro porta, ma la luce ancora accesa e dei risolini divertiti fecero preoccupare i coniugi Chiba.

Mamoru aprì la porta deciso e rimase sbalordito vedendo chi c’era nel salotto.

- Mamo-chan? Vai avanti su…- borbottò Usagi spingendo il marito all’interno della stanza - Endimion!?-  chiese questa vedendo il sovrano di Cristal City giocare allegramente con ChibiUsa.

- Usagi… Mamoru… Ci sei anche tu Haruna?- chiese Endimion osservando i presenti.

- Endimion…- disse solo Haruna abbracciando il fratello, scoppiando in un pianto a dirotto - Luce… lei… il nemico…- singhiozzò la donna incapace di smettere.

- Luce sta bene, non preoccuparti…- la rassicurò il sovrano con voce dolce, cercando come meglio poteva di rincuorare un po’ la sorella.   

- No… tu non capisci… Zoldan ce l’ha fatta… l’ha rapita! - riuscì a dire a fatica, il corpo squassato dai singhiozzi.

- Luce sta bene… - ripeté Endimion constatando che la sua mata sorella non aveva perso la sua grinta e la sua famosa testardaggine.

- Tu non mi ascolti…- disse guardando il fratello.

Lo vide sorridere.

- Come fai ad esserne sicuro?- chiese poi Haruna osservandolo di sottecchi.

- Serenity ed io avevamo intuito che presto o tardi avrebbero cercato di rapire la piccola…- spiegò paziente il sovrano - dal futuro vi osservavamo… pronti ad intervenire se ce ne fosse stato il bisogno… E stamattina siamo intervenuti… Tua figlia riposa in camera di ChibiUsa… Serenity l’ha strapazzata non poco…- terminò Endimion scuotendo la testa divertito da chissà quali ricordi.

Ma Haruna già non l’ascoltava più. Saputo dov’era la sua bambina era letteralmente volata nella camera dov’era certa di trovarla e così fu.

Rimase ad osservarla, incantata, assicurandosi visivamente che stesse bene. L’indomani avrebbe controllato.

Si fidava di Serenity e di Endimion, ma quella mattina aveva davvero pensato che Zoldan fosse riuscito nel suo intento, portandole via la persona che, oltre con il marito, amava di più.

 

In salotto Mamoru ed Endimion stavano parlando di Zoldan. Usagi, dopo aver messo a letto ChibiUsa, tornò in salotto.

Mamoru stava aggiornando Endimion su quanto era avvenuto quella sera.

-… quindi Marcus non sarebbe morto… C’è ancora una speranza…- disse meditabondo il sovrano.

- Così sembra… se consideri che ha impedito a Zoldan di scagliare il suo colpo…- precisò Usagi appena sopraggiunta.

- Bisogna tenere d’occhio Haruna. – fece Mamoru pensieroso – Farà qualsiasi cosa per riprendersi Marcus.

Un trillo attirò l’attenzione dei tre che si guardarono intorno.

- Dev’essere Serenity…- rispose Endimion sorridendo - Abbiamo ideato un modo per chiamarci quando siamo l’uno lontano dall’altra…- spiegò il giovane alzandosi.

- ChibiUsa ve la lascio un altro po’… Ha tanto insistito… e a quella bambina non riesco a dire no…- chiarì a voce alta - assomiglia troppo a sua madre…- sussurrò a Mamoru ridacchiando.

- E’ vero…- convenne quasi soprapensiero.

- Non manca molto…- si lasciò volutamente scappare il sovrano, prima di scomparire in una luce dorata.

- Non manca molto a cosa?- chiese Usagi osservando il marito dolcemente.

- A niente…- sussurrò lui baciandole la tempia ed accarezzando il ventre piatto della moglie.

Usagi appoggiò la testa sul torace di Mamoru mentre un sorriso le increspava le dolci labbra.

- Non hai idea di quanto ha ragione…- sussurrò lei con voce debolissima.

- Endimion… potevi dirmelo però!- sbuffò scocciata Haruna tornando in salotto - Scusate! - disse bloccandosi alla dolce scena che vide – Non avete perso il vizio vero?- continuò sentendosi una ragazzina di sedici anni – Sempre ad amoreggiare appena avete un attimo di tempo.

I due si guardarono arrossendo un poco.

Haruna sorrise divertita.

- Ah...- sospirò – non siete proprio cambiai. Basta poco per farvi arrossire come pomodori. 

Usagi e Mamoru, se possibile, arrossirono ancora di più.

- Come hai vecchi tempi...- mormorò l’uomo scuotendo il capo ma stava sorridendo vedendo in Haruna la sua sorellina spensierata e pestifera, la visione di Marcus aveva riacceso quella fiamma che sembrava assopita, quasi spenta, in lei.

- Meglio andare a dormire… Ti fermi?- fece Usagi gentilmente cercando di cambiare discorso.

- No, grazie, porto Luce nel suo letto, così tutto torna alla normalità…- disse alzando una mano per prevenire eventuali obiezioni da parte del fratello.

Andò in camera e prese Luce tra le braccia. La piccola non si svegliò, anzi si mise più comoda ed alitò un dolcissimo - Mamma…- impastato dal sonno.

- Buonanotte ragazzi…- sussurrò Haruna andando nel suo appartamento.

- Buonanotte…- risposero i coniugi Chiba.

 

Haruna entrò nel suo appartamento.

Si avviò verso la camera di Luce e, dopo averla adagiata delicatamente nel suo lettino ed averle rimboccato le coperte, la osservò con amore.

Quante cose erano accadute in un sol giorno…

Ora però la speranza era più forte… Era certa di riuscire a salvare Marcus dalle grinfie di Zoldan.

- Il tuo papà tornerà quello di un tempo…- sussurrò Haruna osservando la bambina – Torneremo ad essere una famiglia bambina mia.

 

Intanto nella Tokyo addormentata, una figura gironzolava alla ricerca di qualcosa, o meglio… di qualcuno…

- Eppure ero sicuro che fosse qui!- sibilò inviperito Albharon guardandosi attorno confuso - Accidenti! Questa città è tutta uguale!- protestò vivacemente, scrutando i vari condomini alla ricerca di quello della principessa.

- Ehi amico… cerchi compagnia?- chiese melliflua una voce alla sua sinistra.

- Eh?- chiese il cacciatore osservando colei che aveva parlato.

Era una ragazza di circa ventiquattr’anni, con folti capelli castani che scendevano liberi fino alle spalle e meravigliosi occhi castani.

Indossava un top aderente ed una minigonna vertiginosa.

Albharon deglutì a fatica: non capitava ogni giorno di vedere una simile bellezza.

- Allora?- insisté la giovane avvicinandosi di più.

- Ecco… no…- rispose incerto l’alieno, osservando l’andatura sinuosa della ragazza.

- Ma sei tutto solo…- flautò lei. Ora erano vicini.

Albharon la osservò e la vide…

- La tua anima è dannata…- constatò il cacciatore osservando la ragazza che le stava di fronte.

Ci fu un momento dove il suo istinto, forse la sua natura ci cacciatore, presero il sopravvento, tirò indietro la mano pronto a sottrarre l’anima a quella giovane ma poi... un brillio bianco, quasi del tutto impercettibile e terribilmente debole, attirò la sua attenzione, gli umani, per quante azioni malvagie facessero, non perdevano mai del tutto la speranza. Nella loro anima avrebbe sempre brillato una stella, piccola e sfuocata in molti casi, ma ci sarebbe sempre stata.

- La mia anima è dannata dacché ho quindici anni bello…- rispose lei con un triste sorriso - Allora vuoi compagnia sì o no?- chiese lei osservando meglio l’uomo di fronte a lei.

Il braccio tornò disteso lungo il corpo dell’alieno.

- Non dannare la tua anima… Puoi ancora redimerti…- le mormorò passandole accanto, ignorando la stretta al cuore all’idea di lasciarla sola.

- Ma…- disse lei osservandolo sparire nella notte.

 

- Perché non le ho preso l’anima… Mi sto rammollendo!- sbraitò nella notte silenziosa - Eppure sembrava così fragile. - borbottò poco dopo il cacciatore di anime girovagando senza meta per la città.

Si fermò osservando i palazzi intorno a lui: erano familiari.

Li guardò attentamente… - Quella rosticceria… l’ho già vista…- bisbigliò piano - E’ lei!- esultò felice.

Con un balzo giunse fin sulla terrazza. Con cautela entrò dalla porta-finestra.

Tutto era buio e silenzioso. La principessa sicuramente stava dormendo…

Camminò lentamente, cercando di non fare danni.

- Chi sei?- chiese una vocina infantile alle sue spalle.

Albharon si voltò di scatto, sorpreso di non aver sentito i passi alle sue spalle.

- Sono qui…- ripetè la vocina.

Albharon era frastornato: non la vedeva. I suoi occhi gli permettevano di vedere tutto come se fosse giorno. Ma non riusciva a vedere quella bambina.

- Non… non ti vedo…- sibilò scrutando nel buio, vagamente spaventato.

- Andiamo da Usagi…- disse la vocetta, mentre gli afferrava la mano e lo conduceva in una stanza buia.

- Chi è Usagi?- chiese Albharon stupito dalla piega che avevano preso gli eventi.

Appena era fuggito da Elindhor, aveva pensato che, se portava la principessa dal suo Signore, sarebbe potuto tornare nelle sue grazie.

Solo dopo un’ ora di cammino, aveva capito che il suo signore non lo avrebbe perdonato… era stato molto chiaro in proposito fin dall’inizio.

- lo scoprirai tra un po’… Usagi? Usagi dai svegliati… Hai ospiti…- disse la vocetta insistendo.

- ChibiUsa? Sono le quattro di mattina…?- borbottò una voce assonnata, mettendosi lentamente a sedere.

Una luce si accese ed Usagi osservò con sgomento l’ospite che ancora teneva la mano in quella della bambina.

Albharon dal canto suo aveva riconosciuto la donna bionda che lo fissava ed ora riusciva a vedere anche la bambina.

Aveva cinque o sei anni. I capelli erano lunghi e di uno stranissimo color rosa. Gli occhi erano grandi e color rubino. Erano pieni di dolcezza e comprensione.

- Tu sei…- iniziò Usagi.

- Non è come sembra!- protestò ChibiUsa abbracciandolo.

- ChibiUsa… lascialo…- disse Mamoru, svegliato dai rumori.

- Vengo in pace…- tentò Albharon guardando i due giovani ancora a letto.

- Perché sei venuto?- chiese Usagi osservando l’alieno.

- Sono scappato… a quest’ora dovrei essere morto… non voglio farvi del male…- cercò di rassicurarli il giovane sbirciando i due e non credendo lui stesso alle sue parole.

- Mi stai dicendo che sei dalla nostra parte ora?- chiese Usagi sospettosa ma fiduciosa in una risposta positiva.

- Io... io...- Albharon si guardò attorno confuso.

Da che parte era ora? Chi era? Un fantasma senza padrone, senza più uno scopo... non aveva anima, non aveva sogni, non aveva speranza... forse Sailor Moon poteva aiutarlo.

Ma come?

- Sì..- mormorò infine dopo un lungo conflitto interiore – sì... credo di poter affermare di esser dalla vostra parte ora. Volete fermare Zoldan giusto? Io posso darvi utili informazioni.

- Chi ci assicura che non si tratta di una trappola? – chiese Mamoru scendendo dal letto.

- Avete solo la mia parola. – rispose deciso l’alieno.

- Potresti provare a purificarlo…- suggerì Mamoru osservando l’alieno – Da umano non potrà fare danni.

- Potresti avere una seconda possibilità...- gli disse la donna con gli occhi luminosi – Potrei ricominciare a vivere...

- Vivere...- momorò Albharon con un sorriso gustando quella parola a lui sconosciuta fino a quel momento.

Era sembrato ad entrambi molto sincero, i due si scambiarono un’occhiata e annuirono, Usagi prese la spilla e chiamò a sé il cristallo

- D’accordo… Cristallo d’Argento… Purifica…- disse la ragazza, mentre in tutta la stanza una luce argentata avvolgeva tutto e tutti.

- Sìì…- disse Albharon, mentre la luce lo avvolgeva.

Mente sentiva il calore del suo corpo.

Mentre il suo cuore tornava a battere.

Mentre la sua stella tornava a splendere.

La luce si dissolse pian piano.

- Grazie.- disse un giovane totalmente diverso da Albharon.

- Chi sei?- chiese Usagi guardandosi intorno alla ricerca dell’alieno.

Al suo posto era comparso un giovane dalla pelle bianca ed i capelli celesti. Il suo viso era dolcissimo e gli occhi erano azzurri come il mare.

- Sono Albharon…- disse il giovane osservando i coniugi.

La sorpresa dei due era palpabile.

 

 

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Capitolo 18
*** Cap 17 ***


Il the era caldo e scivolava giù nella gola di Albharon come se fosse il nettare più pregiato e squisito che avesse mai bevuto

Il the era caldo e scivolava giù nella gola di Albharon come se fosse il nettare più pregiato e squisito che avesse mai bevuto in vita sua.

Era bello vivere. Era bello tornare a vivere… Già, da quando era entrato nelle schiere di Zoldan, la sua non era stata più vita…

Era strana la sensazione che stava provando… non riusciva a definirla…

Fin da quando era nato, nessuno gli aveva mai dato amore… nessuno l’aveva mai voluto… lui era niente… Anzi, meno ancora… Solo Zoldan era riuscito a fare breccia nel suo animo… Era riuscito a convincerlo che solo con la crudeltà e la forza si poteva essere rispettati… si poteva godere di quel rispetto supremo… Già così lo chiamava… Ma non era rispetto… era paura… il rispetto è ben altra cosa… Ma Zoldan non l’avrebbe mai capito. Sorseggiò lentamente il the guardandosi attorno con curiosità.

Mamoru e Usagi lo guardavano con un tenero sorriso sulle labbra mentre la piccola ChibiUsa lo fissava con occhi sognanti.

- Io ti conosco...- fece la bambina dondolando i piedini – la mamma mi ha parlato di te.

- Sul serio?- fece Usagi sorpresa – E cosa ti ha detto?

ChibiUsa scosse vigorosamente la testa.

- Non posso dirlo... è un segreto!

Mamoru, nel frattempo, continuava a fissare l’uomo, doveva chiamare Haruna era giusto che fosse presente anche lei, doveva sapere...

Già... ma come dirle che Albharon si é ravveduto? Quella donna poteva anche non ascoltare le sue parole e fare quello che voleva, non sarebbe stata la prima volta in effetti. 

- Dovrei parlarvi di Zoldan. – fece l’altro posando la tazza ormai vuota – Ma, forse, dovrete chiamare la principessa.

- Vai tu. – fece Mamoru osservando sua moglie – So già che non mi ascolterà, magari con te riesce a stare più calma.

La donna annuì e si diresse all’appartamento di fronte.

Mamoru sentì i passi nel corridoio e il campanello suonare nell’appartamento accanto, la porta di Haruna si aprì qualche momento dopo, sentì un brusio e poi i passi veloci di qualcuno che correva in corridoio.

La porta del suo appartamento si spalancò e Haruna entrò come una furia, indossava una lunga vestaglia turchese, i capelli scompigliati e gli occhi lucidi, Mamoru capì subito che aveva pianto parecchio, gli si strinse il cuore, non voleva vedere Haruna soffrire.

- Tu!- ghignò la donna con sguardo infuocato – Cosa vuoi?

Albharon non si mosse dalla sua posizione, lo sguardo inferocito di Haruna avrebbe messo in soggezione chiunque ma lui sembrava tranquillo, come se non si aspettasse altro.

- Sono qui per aiutare. – rispose pacato l’ex alieno.

- Credi che con qualche azione buona tutto il male che hai fatto si possa cancellare? – urlò rabbiosa l’altra – Beh non sì può! Hai ucciso persone innocenti.

- Non erano innocenti!- rispose l’altro scocciato da quel tono rabbioso che usava quella donna – Erano assassini, ladri e stupratori... la feccia peggiore della società. Credimi... nessuno sentirà la loro mancanza. Potrei quasi dire d’aver fatto un favore a molti… Ma non sono qui per parlare di questo. So benissimo che i miei peccati non potranno mai esser perdonati ma sono qui per sistemare un po’ le cose. Ma forse ho sbagliato… Magari a te non interessa… Volevo aiutarvi, ma se la cosa non v’interessa… - disse Albharon alzandosi lentamente dalla sedia.

- Haruna,- fece Mamoru alzandosi – ascoltalo. Ormai é umano... non potrebbe farci nulla di male.

Haruna guardò il fratello, poi Albharon e, infine, Usagi che si era seduta sul divano e la guardava con uno sguardo implorante... sbuffò contrariata e si sedette accanto all’amica.

- Cinque minuti. – sibilò incrociando le braccia al petto – Ti do solo cinque minuti.

- Saranno più che sufficienti. – fece Albharon con un debole sorriso vittorioso, sedendosi nuovamente – Quello che sono venuto a dirvi è che conosco il modo per sconfiggere Zoldan. Io ero solo un alieno che vagava per l’universo anni e anni fa, non sapevo nulla sul pianeta Terra, volevo solo trovare un posto da poter chiamare casa. Incontrai Zoldan… o meglio il suo spettro… per caso durante uno dei miei lunghi viaggi, parlammo a lungo, lui era bravo con le parole e mi convinse ad accettare il suo potere. Così divenni il cacciatore di Anime dannate. Lentamente il potere del cristallo fantasma aumentava e la sete di vendetta di Zoldan non trovava pace. Quando accumulò abbastanza potere e sudditi iniziò a marciare verso la Terra per trovare la donna che l’aveva ridotto in quello stato.

Usagi e Mamoru si scambiarono un’occhiata, Haruna fissava Albharon con uno sguardo indecifrabile, uno sguardo che Mamoru aveva visto rare volte sul suo volto.

- Quando siamo arrivati in prossimità della Terra,- continuò Albharon ignorando lo sguardo truce dell’altra – Zoldan si rese conto che era passato molto più tempo di quanto immaginasse. L’era di Silver Millenium e di Illusion era terminata, Endimion e la principessa Serenity erano morti e Haruna era stata mandata in esilio su un altro pianeta. Nessuno conosceva l’ubicazione esatta. Si vociferava che l’erede di Illusion fosse su Mirror, ma non avevamo le prove… Inoltre nessuno ricordava di una principessa Haruna. Ma il potere del cristallo fantasma era molto forte e Zoldan riuscì, comunque, a trovarvi sul vostro piccolo pianeta. Appena giunti su Mirror ci siamo resi conto che la popolazione dormiva, vittima di un incantesimo, Zoldan non ha perso tempo e ha preso possesso del corpo del vostro sposo addormentato, inizialmente Marcus si é ribellato ma era debole e perse quella battaglia. Con un incantesimo Zoldan risvegliò tutti e ci fece nascondere nelle profondità del pianeta in attesa di uscire allo scoperto, al momento più opportuno, cogliendovi di sorpresa.

- Cosa n’é stato del mio popolo?- chiese ansiosa Haruna, realizzando in quel mentre d’aver lasciato il suo popolo in balia di un mostro assetato di vendetta – Erano persone innocenti, gente comune, solo una piccola colonia di terrestri. Cosa gli avete fatto?

Albharon sospirò:

- Zoldan era inferocito quando siete scappata con la piccola Luce. Si é vendicato su tutti.. Ha sterminato prima tutti… ha iniziato dai bambini… poi è passato alle donne ed infine agli uomini… Voleva sapere se qualcuno ti aveva aiutato… Ma non avendo le risposte che desiderava si è infuriato ancora di più… ha distrutto l’intero pianeta… Mirror ora è solo un ricordo… Mi dispiace… - si scusò Albharon, chinando il capo: si sentiva colpevole, ma purtroppo non sapeva come porre rimedio a quel danno.

Poteva solo sperare di salvare Marcus, forse solo allora parte del rimorso per il male fatto si sarebbe attenuato.

Haruna si coprì il volto con le mani, mentre i ricordi del tempo trascorso con il suo popolo l’assalivano.

La festa del loro arrivo… La festa per la nascita dell’erede al trono… La festa di primavera… Quella d’inizio inverno… I vari anniversari celebrati con gioia ed entusiasmo, ogni anno maggiore... Già, nonostante i timori di Haruna, tutto il suo popolo l’amava e si fidava ciecamente di lei, l’avevano sempre considerata una regina saggia e giusta, attenta ai desideri del suo popolo, ma non succube d’esso.

- Li ho condannati a morte...- mormorò con un filo di voce, gli occhi vacui e carichi di lacrime – io.. io... ho pensato solo a salvare la vita di mia figlia. Non ho pensato a quella povera gente.

- Non é colpa tua. – fece Usagi abbracciandola – Io avrei fatto la stessa identica cosa... mia figlia ha la precedenza su tutto e su tutti.

Haruna sorrise debolmente e si voltò a guardare Mamoru che annuì piano, segno che anche lui era d’accordo con la moglie.

- Hai detto che c’é un modo per sconfiggere Zoldan vero?- fece Usagi seria – Come?

- Zoldan ha sottovalutato il sentimento che lega Haruna e Marcus, credeva di poter tenere sotto controllo l’anima del soldato della Luna. Ma si é sbagliato, Marcus desidera ardentemente salvare Haruna e Luce e farebbe qualsiasi cosa per salvarle, non so come abbia fatto a spezzare l’incantesimo ma sembrerebbe che Marcus si stia ribellando. Zoldan non riesce più a comandarlo come faceva prima… 

- Questo é un bene. – valutò Mamoru.

- Ma é anche un male. – precisò Albharon – Se Zoldan decide che il corpo di Marcus non va più bene per i suoi scopi potrebbe decidere di togliersi la vita per poter liberare la sua anima e prendere un altro corpo… magari più malleabile dell’attuale… - precisò a malincuore ex-cercatore d’anime.

- Fantastico. – mormorò Haruna sarcastica – Insomma qualsiasi cosa faccia chi ci rimette sempre é Marcus.

- Ci sarebbe un modo... anche se non é sicuro. – fece Albharon, dopo quella che ai presenti sembrò un’eternità.

Haruna lo guardò speranzosa.

- L’unione dei due Golden Crystal ed il potere del cristallo d’argento possono distruggere un’anima nera come Zoldan e salvare Marcus.

- Ma potremmo morire noi tre. – chiarì Haruna – Mi stai chiedendo di scegliere tra la vita di mio marito e quella di mio fratello e della mia migliore amica?

- Io ti sto solo indicando la strada...- rispose pacato l’altro – sta a te scegliere se seguirla o meno.

- E portare Mamoru e Usagi a morte?- urlò Haruna scattando in piedi – Mai! Dipende il futuro da loro due... e mio fratello ha già patito a sufficienza per colpa del mio egoismo.

- Haruna... – mormorò Mamoru cercando di farla ragionare – potrebbe essere l’unica soluzione.

- E poi non è detto che finisca male… la volta precedente non è accaduto nulla… ed il cristallo d’oro era solo il tuo… Dobbiamo provare… - cercò di convincerla Usagi.

- Usagi ha ragione… è possibile che sia la soluzione migliore per liberare Marcus

- E’ una soluzione suicida! No! Io non lo permetterò... userò il mio di Golden Crystal ma tu Mamoru, stanne fuori.

- Vuoi bloccarmi come secoli fa?- ora anche Mamoru gridava arrabbiato con quella stupida bambina viziata – Vuoi che rimanga fermo a guardare mentre muori? Mi dispiace, ma non posso farlo… Tengo troppo a te per vederti morire senza poter fare nulla… Smettila di voler fare sempre di testa tua! Io ed Usako abbiamo affrontato innumerevoli battaglie fino ad oggi… Ed ogni volta ne siamo usciti vincitori… Questa non sarà diversa!- continuò afferrandole le spalle e scuotendola. 

Haruna lo guardò per qualche secondo, poi le lacrime iniziarono a scendere lente sulle sue guance. 

- Io ti ho visto morire Mamoru... ho sentito la vita di mio fratello spezzarsi in pochi secondi. Non voglio più sentire tutto quel dolore, io non posso permetterti di farlo... non costringermi ad usare il mio potere su di voi Mamoru. E’ la mia battaglia. Come vi ho già detto… forse ho sbagliato fin dall’inizio a coinvolgervi, arrivando sul vostro pianeta e sconvolgendo le vostre vite ormai serene… questa battaglia non è vostra…

Gli occhi di Mamoru si riempirono di lacrime.

- E... e se tu muori...- balbettò mentre non riusciva più a trattenerle – io cosa faccio?

Haruna gli asciugò le lacrime e poggiò la fronte su quella di lui:

- Prenditi cura della mia bambina. – mormorò piano con un dolcissimo, ma altrettanto triste, sorriso prima di liberarsi dalla stretta di lui ed uscire dall’appartamento.

Albharon chiuse gli occhi, cercando invano un’altra possibile alternativa… ma purtroppo non ce n’erano.

 

***

- Il tuo esercito é pronto mio Signore. – fece uno spettro inchinandosi davanti a Zoldan, seduto sul trono di pietra nera.

I bisbigli erano cessati appena Zoldan aveva preso posto sul trono. Lo spettro sbirciava di sottecchi il suo padrone. Aveva visto i suoi predecessori ed aveva visto la fine che avevano fatto: nonostante fosse un semplice fantasma temeva l’ira di Zoldan e non voleva scatenarla.

- Perfetto. – rispose il sovrano, con un ghigno perfido sul bel volto, pregustando l’imminente vittoria – Haruna e il suo potere saranno in mano mia. Puoi iniziare con l’attacco.

Il fantasma si inchinò ancora di più e sparì. 

- Non sarà così facile. – echeggiò la voce di Marcus, nel silenzio della sala vuota.

- Zitto tu!- urlò Zoldan pestando un pugno sul bracciolo del trono – Quando mi sarò liberato di tua moglie mi libererò anche di te.

- Lo vedremo... - rispose la voce ironia.

 

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Capitolo 19
*** Cap 19 ***


Erano ancora tutti in casa, sconvolti da quanto appreso qualche attimo prima

Erano ancora tutti in casa, sconvolti da quanto appreso qualche attimo prima. Nessuno osava parlare, quasi che il silenzio che si era venuto a creare poco dopo l’uscita di Haruna fosse stato imposto, magari con qualche incantesimo ai più sconosciuto.

- Zoldan sta per attaccare…- sussurrò Albharon con occhi vacui, spezzando così quel silenzio.

- Cosa?!- chiesero in coro i coniugi Chiba osservandolo stralunati.

- Zoldan sta per attaccare…- ripetè l’ex-cacciatore di anime dannate – anche da umano certe cose non cambiano mai. – sospirò poi tristemente.

- Adesso?!- gridò Usagi incredula.

- Temo proprio di sì…- si scusò il ragazzo che le stava di fronte.

- Dobbiamo avvisare le ragazze ed Haruna!- disse deciso Mamoru, uscendo precipitosamente dall’appartamento.

- Hanno entrambi un bel caratterino…- si lasciò sfuggire Albharon osservando Usagi, l’unica restata all’interno dell’appartamento.

- Eh già…- convenne Usagi, mentre un dolce sorriso le illuminava il viso delicato.

- Glielo dirai?- chiese gentilmente Albharon osservandola apertamente.

- E tu come lo sai?- domandò lei alquanto stupita.

- E’ evidente…- si lasciò scappare il ragazzo, arrossendo leggermente - forse è per questo che Haruna non vuole che tu usi il Cristallo d’Argento… teme per la vita di entrambi.- ragionò distogliendo lo sguardo, quegl’occhi erano così puri e buoni… impossibile non restarne abbagliati.

- Nessuno lo sa… oltre a te e, ora, inizio anche a pensare che perfino Haruna lo sappia… E comunque… questa bambina nascerà… I calcoli sono chiari…- rispose decisa Usagi osservando l’ex-cacciatore.

- Come fai ad esserne sicura?- domandò lui con curiosità.

- Il mio destino è già scritto… partorirò una bambina che nascerà il giorno del mio compleanno. - affermò sicura – La stessa bambina che prima ti stringeva con affetto. – finì poi con un tenero sorriso.

- Ma a voi umani è precluso sapere il vostro futuro! - s’inalberò Albharon, seccato da quanto detto dalla ragazza che gli stava accanto.

- Io non sono totalmente umana… ma te lo spiegherò al termine di questa battaglia… Sappi solo che conosco il mio futuro dacché ho quindici anni… E ho fatto di tutto affinché divenisse realtà… - sussurrò convinta, afferrando il Sailorofono e chiamando le Sailor.

Albharon la osservò più attentamente: era una donna veramente molto bella. Occhi azzurri come il cielo più terso. Capelli color oro, lunghi e lucidi, tanto da sembrare il prezioso metallo che molti cercavano fino a dannarsi l’anima. Lineamenti delicati e pelle di porcellana. Mamoru doveva essere molto orgoglioso di lei: era bellissima… Ma in lei c’era qualcosa… Quel qualcosa in più che solo un osservatore attento avrebbe notato… Ma lui non aveva fretta… Non più.

Avrebbe atteso con ansia la fine di quella battaglia, per sapere la storia di quella fanciulla bellissima. Aveva la certezza che i buoni avrebbero trionfato… perché i buoni trionfano sempre, anche a costo di grandi sacrifici…

 

Nello stesso momento, Mamoru suonò alla porta dell’appartamento accanto al loro, la porta si aprì subito quasi come se Haruna fosse proprio lì dietro ad aspettarlo.

- Se sei venuto per farmi cambiare idea ti sbagli di grosso!- lo accolse la sorella con sguardo truce ed incrociando le braccia sul petto.

- Alzo bandiera bianca…- iniziò Mamoru entrando in casa - Zoldan sta per attaccare… almeno così ha detto Albharon….- s'affrettò a precisare.

- La resa dei conti è finalmente giunta…- sussurrò Haruna appoggiandosi alla parete e chiudendo stancamente gli occhi.

- Ti senti bene?- le chiese lui dolcemente, accarezzandole una guancia. Era palesemente preoccupato per la ragazza, che appariva fragile ed indifesa. Nessuno avrebbe mai immaginato che potesse scatenare l’intero potere del Cristallo d’Oro.

- Sì, sono solo stanca di combattere. Restate in casa… e non uscite per nessuna ragione al mondo… Chiaro?- domandò Haruna decisa, osservando il fratello. Non avrebbe accettato risposte negative e non avrebbe permesso al fratello ed alla cognata di sacrificarsi al suo posto.

Era ritornata la principessa ribelle e decisa di Illusion, colei che non si faceva intimidire da niente e da nessuno. Colei che aveva cambiato il proprio destino. Colei che era andata contro tutti ed aveva pagato il fio della sua colpa con l’esilio e con la cancellazione dai libri di storia.

- Tu non...- iniziò a dire cercando di farla ragionare ma davanti a quello sguardo di fuoco non poté far altro che desistere da ogni sforzo e sospirare tristemente - D’accordo…- acconsentì il giovane a malincuore, ignorando non senza fatica la stretta al cuore che l’aveva colto dacché aveva risposto.

- Ricordati la promessa che mi hai fatto… Proteggi Luce… E se non dovessi tornare… Crescila come fosse tua figlia… - strinse i pugni cercando di non pensare a quell’eventualità - Ti voglio bene Endimion... anzi Mamoru... non riuscirò mai a ricordarlo. - disse abbracciandolo con trasporto, mentre una lacrima solitaria scendeva a rigarle il viso di porcellana.

Non permetterò a Zoldan di portarti via da me… non adesso che ti ho ritrovata… pensò Mamoru abbracciando la sorella.

- Devo andare ora…- sussurrò mentre, senza guardarlo, usciva silenziosamente dalla porta.

- Forse Mamoru ed Usagi rimarranno a casa… Ma non Sailor Moon e Tuxedo Kamen!- affermò risoluto, uscendo a sua volta dall’appartamento e tornando a casa propria.

 

- Qui dovrebbe andare bene… sì…- disse lo spettro comparendo in un vicolo buio e malfamato di Tokyo e guardandosi attorno con aria furtiva: non era ancora giunto il momento che i terrestri lo vedessero.

Sogghignò e conficcò con forza una lama nera per terra: questa entrò nella terra quasi fosse di fuoco e la strada del semplice burro.

Il cielo iniziò pian piano ad incupirsi, mentre il sorriso del fantasma si allargava sempre di più:

- Il mio signore sarà fiero di me…- sibilò con orgoglio crescente.

Il sole sparì sotto la coltre di nubi minacciose che si andavano addensandosi sempre di più, qualche lampo e tuono qua e là, fecero presagire solo un acquazzone, insolito per quel periodo, ma pur sempre un semplice e banalissimo temporale.

- Cos’hai fatto?!- tuonò una voce alle spalle del fantasma.

- Ah… siete voi… mi ero spaventato…- ammise lo spettro, inchinandosi in segno di rispetto.

- Ti ho fatto una domanda!- ribatté aspro il nuovo venuto.

- Ho attuato il piano…?- rispose incerto, osservandolo impaurito.

- Ed hai sbagliato…- disse la voce disintegrando il subordinato che gli stava di fronte.

- Non posso fare altro… purtroppo non sono riuscito ad evitare il peggio… Devo rientrare! Ma prima voglio fare un’ultima cosa... - sibilò prima di svanire nel nulla, com’era venuto.

 

La stanza era buia e silenziosa, Luce si mosse nel sonno facendo cadere a terra le coperte che la scaldavano e restando solo con il pigiamino azzurro con gli orsetti.

Lentamente un’ombra uscì dall’angolo in cui si era rifugiata, in religioso silenzio coprì la piccola e le rimboccò le coperte. Il suo tempo stava per scadere... lo sentiva... ma non riusciva ad andarsene, non poteva abbandonarla di nuovo.

Con una mano tremante le scostò una ciocca di capelli che le era ricaduta sul viso paffuto e sorrise nel vedere quando fosse somigliante alla madre.

Sentendo quel tocco leggero sul viso, la piccola Luce aprì pigramente gli occhi trovandosi davanti un viso a lei noto. Restò ferma qualche istante intenta ad esaminarlo, quando capì chi aveva di fronte scattò a sedere sul letto abbracciandolo forte.

- Papà! – gioì felice.

- La mia bambina. – mormorò Marcus stringendola forte.

- Dove sei stato papino? – chiese la piccola con il broncio e le lacrime agli occhi – Perché c’era quell’uomo cattivo che ti somigliava tanto?

Marcus le accarezzò il viso e le baciò la fronte.

- Ti prometto che io e la mamma lo cacceremo via quell’uomo cattivo. Ma tu devi promettermi che farai la brava e che sarai sempre forte.

Luce annuì vigorosamente.

- Ora devo andare ma ti do la mia parola che tornerò presto. Ti voglio bene Luce, ti voglio tanto bene.

- Anch’io ti voglio bene papà. – fece prima che l’uomo sparisse davanti ai suoi occhi.

La porta della sua camera si aprì poco dopo e Luce vide entrare un uomo che non aveva mai visto.

- Tu chi sei? – chiese curiosa stringendo a se un orsacchiotto di pezza.

- Il mio nome é Albharon principessina.

- E cosa vuoi da me?

L’ex cacciatore sorrise e allungò una mano verso la bambina.

- Vieni con me... andiamo dal tuo papà.

 

Una ragazza correva verso il punto di ritrovo, dove si era data appuntamento qualche minuto prima con le sue amiche.

Rei fissò il cielo plumbeo…

- Non promette niente di buono… devo sbrigarmi!- disse aumentando il ritmo della corsa.

- Rei aspettaci!- la chiamò Makoto raggiungendola.

- Mako-chan! Non ti ho visto!- disse la miko fermandosi - Minako non è con te?- chiese stupita la giovane guardandosi attorno.

- Sì… sarà rimasta indietro…- ammise sconsolata la ragazza con la coda, riprendendo fiato.

- C’era d’aspettarselo…- convenne Rei scuotendo la testa avvilita. Come al solito per l’interpellata la puntualità era un mero optional.

- Non… è anf… gentile… anf… parlare… alle anf… spalle… anf… Ci… sono… anf… anch’io!- annaspò Minako comparendo in quel mentre alle spalle delle due.

- Possiamo andare adesso?!- chiese la miko con finto rimprovero.

- Aspettatemi!- chiamò una voce.

Tutte e tre guardarono nella direzione in cui proveniva la voce.

- Ami?!- chiesero sorprese osservando la nuova venuta.

- E’ colpa di Usagi… mi ha chiamato per ultima!- si difese la guerriera di Mercurio.

- Meglio andare… quei nuvoloni non promettono nulla di buono…- disse Rei scrutando il cielo.

- Cielo carico di nuvoloni… violenti acquazzoni…- citò Minako.

- Veramente il proverbio è: cielo a pecorelle pioggia a catinelle…- la corresse Ami con aria avvilita.

- Ed io cos’ho detto?!- si offese la guerriera di Venere.

- Meglio andare…- tagliò corto Makoto riprendendo la corsa.

- Ma io sono appena arrivata!- protestò la ragazza mettendo il broncio.

- Non ce tempo…- disse Ami sorpassandola.

- Ehi! Aspettatemi!- protestò lanciandosi all’inseguimento.

 

Intanto, alla base sotterranea di Zoldan.

- Cos’è successo?! Perché non ricordo nulla?!- protestò osservandosi allo specchio incollerito.

- Stai invecchiando?- lo derise la ormai nota voce.

- Piantala… tanto tra un po’ andrai a far compagnia a tua moglie…- sibilò velenoso.

- Non è detto… Ho fiducia in Haruna…- rincarò la voce.

- Non esserne tanto sicuro… Distruggerò la Terra e mi vendicherò! Non avrò pietà per nessuno!- minacciò Zoldan.

- Le ho portato il vino… mio Signore…- disse uno spettro comparendo in quel mentre e guardandosi attorno.

Vide la stanza vuota ed osservò il suo padrone: chissà con chi stava parlando, in quella stanza non c’era nessuno.

- Appoggialo lì…- rispose seccato Zoldan, evitando lo specchio - Sparisci!- esplose, vedendo lo spettro ancora lì.

- Hai perso il tuo autocontrollo?- si burlò nuovamente la voce, mentre Zoldan afferrava il calice di vino rosso.

- Smettila!- urlò, scagliando il calice contro lo specchio. Il calice si frantumò, mentre lo specchio s’incrinò soltanto.

- E’ il momento della resa dei conti…- sibilò Zoldan, prima di sparire, raggiungendo i suoi seguaci.

 

- Zoldan sta preparando un attacco in grande stile…- affermò Ami digitando alcuni dati sul suo mini computer.

- La presenza di energie negative è palpabile…- ammise la miko premendosi le mani sulle tempie.

- Haruna non ci vuole in questa battaglia. - precisò Usagi con tristezza.

- Errore… Haruna non vuole Mamoru ed Usagi… Non ha detto di non volere Tuxedo Kamen e Sailor Moon…- disse il giovane.

- Allora siamo a posto. - rispose convinta la donna abbracciando il marito.

- Usagi non è gentile da parte tua…- le fece notare Minako osservandola con una punta d’invidia.

- Scusate!- disse liberando il marito dalla sua presa.

- Meglio trasformarci!- propose Ami chiudendo il computer ed osservando le sue compagne.

- Ok!- dissero tutti, trasformandosi in quel mentre.

Uscirono poco dopo, diretti verso la battaglia.

 

Haruna era già arrivata ed indossava il vestito da principessa. Lo scettro brillava ad intermittenza. Entrambi erano guardinghi, in attesa che il nemico facesse la sua prima mossa.

Vari spettri volavano sulle strade di Tokyo ora deserte, facendo scappare i pochi temerari che non erano ancora arrivati al sicuro nelle loro case. Haruna osservava tutto, ma rimaneva immobile, non poteva perdere la concentrazione ora, ogni errore le sarebbe stato fatale.

- Sei arrivata. – constatò una voce ad Haruna.

- Zoldan…- sibilò lei con disgusto, cercando la figura ben nota.

- Esatto… ora il tuo maritino è sotto controllo… non intralcerà più i miei piani… Accetta di darmi il tuo potere… Divieni la mia regina… Hai solo da guadagnare…- propose Zoldan invitante.

- Mai…- rispose pronta la donna - Marcus… lo so che puoi sentirmi… ribellati… ti prego… Cristallo d’Oro… Azione!- invocò la giovane, indirizzando il colpo verso Zoldan.

- Cristallo fantasma… Scudo oscuro, azione!- le fece eco Zolda.

Il colpo di Haruna si fermò sulla barriera generata dal demone, ben lontano da quest’ultimo.

- Cosa pensavi di fare, eh?- la derise lui con cattiveria - sei sola… l’ultima volta con te c’era la Regina Selene… ma ora è morta…- sghignazzò lui perfido.

- Ci sono io!- disse una voce alle sue spalle.

- Serenity?- chiese lui sbalordito. Sapeva che era morta per mano di Beryl. Non era plausibile vederla ora in carne ed ossa lì davanti a lui

- E non è sola!- dissero in coro le Sailor dietro alla loro leader.

- Arrenditi Zoldan. - disse Tuxedo Kamen, avvicinandosi a Serenity.

- Come vedi Zoldan… Haruna non è più sola… e non c’è solo il Cristallo d’Oro, ma anche quello d’Argento…- disse Serenity calma.

- Ora posso rispondere alla tua domanda: voglio sconfiggerti! E riprendermi mio marito!- urlò Haruna con gli occhi lucidi.

- Marcus è morto… ma potresti sempre raggiungerlo…- fece lui invitante, ignorando i nuovi venuti.

- Il mio papà non è morto!- disse una vocetta alle spalle di Haruna.

Questa si voltò sconvolta:

- Luce cosa ci fai qui?!- chiese preoccupata la ragazza, osservando il visino in lacrime della figlia.

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Capitolo 20
*** Cap 20 ***


- Luce

- Luce? – fecero stupefatti Mamoru e Usagi guardando la bambina che lentamente si avvicinava alla madre.

- Vattene Luce!- urlò Haruna disperata – E’ pericoloso per te stare qui! Potresti farti male!

- Ho promesso di esser coraggiosa… io voglio salvare il mio papà!- fece lei osservando Zoldan.

- Ciao piccola peste. – fece il demone – Sono io il tuo papà!

- Non è vero! – urlò la piccola – Il mio papà è buono… tu sei solo la sua brutta copia.

Zoldan ghignò malefico.

- Brutta maleducata… ora ti insegno io prenderti gioco dei grandi…– aprì una mano e scagliò un raggio di luce nero verso Luce.

- NO! – urlò Haruna cercando di deviare il colpo ma Albharon la anticipò lanciandosi per proteggere la bambina con il suo corpo.

La magia lo colpì in pieno facendolo urlare dal dolore... una volta ne sarebbe uscito solo con qualche graffio ma ora... quel colpo gli era fatale.

- Albharon! – urlarono Sailor Moon e Tuxedo Kamen correndo verso l’uomo riverso a terra.

Haruna guardò Zoldan con occhi di fuoco.

- Raggio di ghiaccio...- urlò scandendo bene le parole – azione!

Lo scudo del demone si ruppe sotto quel colpo particolarmente forte, Zoldan fu colpito solo ad un braccio, nulla di serio o grave ma abbastanza per permettere alla donna di controllare le condizioni della sua bambina.

Intanto Mamoru e Usagi stavano inginocchiati vicino ad Albharon.

- E così finisce la vita di un giovane uomo pentito del suo passato. – mormorò l’ex cacciatore con un filo di voce mentre la vista diventava sfuocata - Luce sta bene? – chiese con gli occhi chiusi: era superfluo tenere aperti gl’occhi, non riusciva a mettere a fuoco le persone ed in più bruciavano. La fine era vicina…

- Luce sta bene… Non ti preoccupare… Tu cerca solo di non affaticarti inutilmente,- fece Usagi controllando le ferite – Albharon tutto si sistemerà... ti cureremo noi.

- Non importa, - tentò di sorridere alzando una mano verso Sailor Moon – ora la vedo sai?... la tua stella che brilla... la speranza che hai nel cuore.

Usagi strinse la mano dell’uomo mentre le lacrime le rigavano le guance pallide.

- Non sforzarti. – lo pregò – Dobbiamo fare la nostra chiacchierata ricordi? - cercò di tentarlo lei.

- Non credo che ne avremo il tempo...- mormorò l’altro un debole sorriso – anche se é durata poco la mia vita umana... sono contento.

La mano la stringeva Usagi scivolò a terra mentre Albharon chiudeva gli occhi e spirando con un sorriso quasi angelico.

- Non é giusto... – singhiozzò Usagi abbracciandolo – non é giusto...

- Perché ha portato qui Luce?- chiese Mamoru osservando la sorella che correva dalla bambina – Perché mettere a rischio la sua vita?

- Non lo so...- fece Usagi seguendo lo sguardo del marito.

Intento Haruna aveva scordato tutto, la battaglia, il dolore, Zoldan, perfino Mamoru... ora contava solo Luce.

- Luce, - mormorò preoccupata abbracciandola – cosa ci fai qui?

- Papà é venuto a trovarmi nella mia cameretta. – disse innocentemente la bambina – Ha detto che devo esser forte e che tu sconfiggerai quel cattivone. – continuò puntando il dito verso Zoldan che, nel frattempo, si stava rialzando con un braccio lievemente congelato.

- Il papà é venuto a trovarti?- ripeté Haruna sconvolta – Marcus ha recuperato gran parte del suo potere.

- Due al prezzo di uno...- sibilò crudelmente Zoldan – così la mia vendetta sarà perfetta! Cristallo fantasma... raggio nero... azione! 

Haruna sentì l’attacco di Zoldan ma non ebbe il tempo necessario per proteggersi con il Golden Crystal, l’unica cosa che fece fu quella di abbracciare Luce e proteggerla con il suo corpo, sentì un forte dolore, le urla di suo fratello: i suoi ultimi pensieri volarono a Marcus... poi solo buio e silenzio.

 

Marcus si guardava attorno in quel vuoto che lo circondava, rinchiuso in un angolo della sua stessa mente, non poteva fuggire, era troppo debole, aveva perso molte energie quando era riuscito a parlare con Luce.

Già la sua piccola bambina... quell’angelo che era riuscita a distinguere lui da quel mostro di Zoldan. Quando l’aveva abbracciata aveva sentito la sua forza, il suo immenso potere... il potere della madre.

Anche Haruna gli mancava da morire, avrebbe voluto abbracciala anche solo per un secondo, un veloce minuto, le avrebbe sussurrato dolcemente quando l’amasse e poi avrebbe anche potuto porre fine alla sua vita.

Aveva fiducia in Haruna... e sapeva che ce l’avrebbe fatta, ma aveva anche il terrore che il prezzo da pagare per salvarlo fosse troppo alto.

Una debole luce dorata perforò le tenebre che lo avvolgevano.

Si guardò attorno sospettoso mentre la luce si intensificava leggermente e lo avvolgeva come un caldo abbraccio.

- Marcus...- lo chiamò una voce dolce.

Il soldato fece un giro su se stesso cercando la persona che lo stava chiamando. Non c’era nessuno - Devo aver consumato troppa energia… sto avendo le allucinazioni - si disse scotendo la testa.

- Marcus...- la voce di prima lo chiamò nuovamente: sembrava che lo stessero cercando.

- Chi sei?- urlò l’altro – Fatti vedere! - temeva che fosse un trucco di Zoldan, quel demone era capace di tutto.

- Sono qui.

Marcus mise a fuoco le due figure bianche che gli stavano venendo incontro, quando le riconobbe sgranò gli occhi sorpreso.

- Haruna.... Luce...

La bambina corse verso il padre, Marcus la prese in braccio facendola volteggiare dolcemente.

Haruna si avvicinò al marito con un debole sorriso, accarezzo il volto del soldato con le lacrime agli occhi e poi gli sfiorò le labbra con un delicato e tenero bacio.

- Amore mio...- mormorò la donna abbracciandolo – quanto mi sei mancato. Siamo, di nuovo, tutti insieme.

- Come siete arrivate qui?- chiese lui entrando improvvisamente nel panico – Non sarete mica... morte?

Haruna scosse piano il capo.

- Non siamo morte... il Golden Crystal ci ha solo portato qui... devi ribellarti Marcus, altrimenti non posso salvarti. Devi indebolire Zoldan, confondilo ed io potrò strappare la sua anima dal tuo corpo.

- Sono debole Haruna. – sospirò l’uomo abbracciando la moglie e la figlia insieme – Ho sprecato molte energie prima... non credo di riuscire ad indebolirlo.

- Basta solo un istante di debolezza amore mio...- gli sussurrò Haruna con decisione ma anche con tanta dolcezza – un solo istante e io potrò salvarti.

- Aiutatemi voi a trovare la forza. – mormorò con un filo di voce Marcus chiudendo gli occhi.

Luce baciò il padre sulla guancia mentre Haruna tornava ad unire le sue labbra con quelle del suo sposo.

Marcus si sentì immediatamente rigenerato.

Quando riaprì gli occhi Haruna e Luce erano spariti ma quella sensazione no, si sentiva in forze, pronto per combattere contro qualsiasi demone.

- Zoldan! – urlò serrando i pugni – Ora combatti contro di me!

 

- HARUNA! – urlò Mamoru cercando la sorella con lo sguardo oltre la nube nera che si era alzata nel momento il cui il raggio colpì la donna, ma di lei nessuna traccia.

Ci fu un improvviso boato e la luce dorata del Golden Crystal diradò le tenebre, Mamoru scorse Haruna in piedi, tra le mani brillava e pulsava il Golden Crystal.

Con un gesto del capo Haruna disse a Luce di correre verso le guerriere Sailor, quando si assicurò che fosse al sicuro e ben protetta, si concentrò solo sul demone che le aveva distrutto la vita.

- Come diavolo hai fatto?- urlò Zoldan stupito da tutta la forza che aveva quella piccola donna – Dovresti esser morta!

Tuxedo Kamen osservò bene la sorella, Haruna era ferita, era affaticata e molto debole eppure continuava a lottare per salvare le persone che amava, proprio come faceva la sua Usako.

Avrebbe dovuto aiutarla ma sapeva che lei non glielo avrebbe mai permesso.

- Ora te lo dirò un’ultima volta...- fece lentamente Haruna con gli occhi chiusi e concentrando la poca energia che le era rimasta nel cristallo – libera Marcus e lascia il pianeta. Ti do la possibilità di continuare l’esistenza vagando nell’universo ma non osare mai più entrare nella mia vita.

La risata grottesca di Zoldan echeggiò nella città deserta.

- Sono io che ti avviso un’ultima volta, sposami o ucciderò te, tuo marito, tua figlia e tutte le guerriere Sailor.

In quel preciso istante l’esercito fantasma di Zoldan uscì dalla voragine che si era creata dove il suo servo aveva conficcato la spada. Le guerriere Sailor presero a combattere contro gli spettri mentre Mamoru portava in salvo la nipote.

- Luce...- fece piano accarezzandole i capelli neri – devi restare qui, non devi muoverti per nessuna ragione al mondo. Intesi?

La bambina annuì piano, poi posò una manina paffuta sul suo petto all’altezza del cuore.

- Aiuta la mia mamma, per favore.

Mamoru sgranò gli occhi e prese la mano della piccola.

- Tenterò. – le ripose scompigliandole i capelli – Tu resta qui.

- Mi sono stancata di giocare Zoldan!- urlò Haruna sollevando il Golden Crystal – Siamo giunti alla fine.

- Sono d’accordo. – annuì il demone – Noi...- ma si bloccò portandosi una mano al petto, Marcus... si stava ribellando...

Haruna sorrise e chiuse gli occhi... doveva solo concentrarsi...

Golden Crystal... dammi la forza... aiutami a sconfiggere il male... aiutami a salvare le persone che amo...

- Golden Crystal dammi il potere!

Il fascio dorato di luce partì dalle mani della donna, per quando Marcus stesse indebolendo le sue difese, Zoldan era ancora in grado di difendersi e contrattaccare e, purtroppo per Haruna, era ancora troppo forte per lei.

Ti prego Golden Crystal... non abbandonarmi ora... non voglio che la Terra venga distrutta da Zoldan. Non voglio che le persone che amo finiscano nei guai.

Mamoru si portò una mano al cuore... il suo Golden Crystal pulsava, sentiva lo sforzo di Haruna, sentiva le sue deboli energie contro quelle più forti di Zoldan, sola non ce l’avrebbe mai fatta.

- No...- mormorò mentre due lacrime solitarie scendevano lungo le sue guance- non posso permetterlo.

Una sola volta era apparso il suo Golden Crystal, ai tempi di Helios, quando voleva aiutare Usagi e Chibiusa a sconfiggere Nehellenia, ora sapeva che il suo posto era accanto alla sorella, non importava se era rischioso, lui aveva fiducia in lei e sapeva che non poteva succedergli niente.

- Appari Golden Crystal...- mormorò concentrandosi, tra le sue mani apparve il cristallo, ora si sentiva molto più potente, quasi invincibile.

- Mamo- Chan...- fece in quel momento Usagi venendogli vicino, aveva lo sguardo fisso sul suo Golden Crystal – cosa vuoi fare?

Mamoru si morse un labbro e accarezzò il volto di Usagi.

- Devo aiutarla...- mormorò piano – andrà tutto bene.

Usagi annuì ma la pena che le attanagliava il cuore era visibile.

- Ti prego... stai attento...

Annuì e si voltò verso Zoldan e Haruna che continuavano a combattere.

Haruna sentì il calore dell’altra metà del cristallo, aveva capito le intenzioni di Mamoru ma lei non poteva permetterlo, non doveva rischiare per lei... aveva la sua vita davanti. Si voltò cercando di fermarlo, di rassicuralo che poteva farcela benissimo, ben sapendo che era un’enorme bugia. Si sentiva debole e presto, molto presto, le sue difese sarebbero cadute lasciando Zoldan libero.

- Ti aiuto io. – fece Mamoru ormai al suo fianco, i suoi abiti erano quelli del principe Edimion – Non ti lascio sola questa volta.

- Ti prego Endimion...- sussurrò lei con uno sforzo – vattene... é rischioso.

- Te lo ripeto Haruna. – disse lui allungando la mano e mostrando il suo cristallo – Io non ti lascio sola… Non questa volta...

Lentamente i due cristalli si fusero assieme formando il vero Golden Crystal, il cristallo del terzo pianeta dal Sole.

- Non é possibile!- urlò Zoldan portandosi le mani alla testa.

- Zoldan!- urlò Haruna.

- I sovrani di Illusion ti danno l’ordine di lasciare quel corpo e allontanarti dalla terra per non fare mai più ritorno! – fece Endimion.

- MAI!- gridò il demone cercando ancora di contrastare quel potere enorme.

- Allora non ci resta che una soluzione. – fece la principessa.

- Golden Crystal... sprigiona il tuo potere! – gridarono in coro sprigionando il vero potere del cristallo.

Zoldan gridò dal dolore, ma l’anima nera non sembrava voler lasciare il corpo di Marcus.

- Devo fare qualcosa… Non ce la possono fare da soli… - disse Sailor Moon osservando quella lotta disperata.

Fu in quell’attimo che decise: la sua vita non avrebbe avuto senso senza di lui.

- Cristallo d’Argento… Compari! – invocò la donna.

I suoi abiti mutarono e diventò Serenity.

- Perché il bene trionfi… Per le persone che amo… Cristallo d’Argento… Azione! - disse Serenity, mentre la luce argentata  generata dal cristallo andava ad aggiungersi a quella sprigionata dal Golden Cristal.

Endimion ed Haruna videro la luce, ma sapevano di non poter commettere errori, soprattutto ora che Serenity li stava aiutando.

Un urlò disumano squarciò il momentaneo silenzio che era calato sulla città: l’anima nera era stata sradicata dal corpo del lunare e polverizzata dall’enorme potere dei due cristalli.

L’esercito fantasma sparì in una nuvola di fumo nero e Marcus tornò in possesso del proprio corpo. Quando tutto sembrò tornare alla normalità, i tre cristalli tornarono ai rispettivi posti.

Mamoru era debole, sentiva le forse venirgli meno ma era ancora vivo, Haruna, invece, si accasciò a terra del tutto priva di forze. Serenity cadde silenziosamente a terra, troppo provata per reggersi in piedi.

 

 

 

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Capitolo 21
*** Cap 21 ***


Ospedale Civile di Tokyo - 30

Ospedale Civile di Tokyo - 30.06.XXX ore 03.15

 

- Mamoru? Contavi di avvisarci?- chiese una ragazza bionda fulminando il ragazzo che camminava nervosamente su e giù per la sala d’attesa, da quando loro erano arrivate.

- Forse voleva aspettare… Magari non era sicuro…- rincarò una seconda ragazza dai capelli castani legati in un’alta coda.

- Se non fosse stato per Haruna…- le fece eco una terza ragazza dai capelli neri lunghi fino oltre la schiena.

- Hanno ragione…- diede manforte una quarta ragazza dai capelli azzurri.

- Non l’ha fatto apposta!- cercò di difenderlo l’interpellata.

- Se considerate che è partito a razzo e si è dimenticato Usagi a casa… Sì, non l’ha fatto decisamente di proposito…- convenne un giovane ridacchiando divertito.

Tutti si unirono alla risata di quest’ultimo: solo Mamoru rimaneva serio, guardando male quel gruppetto.

- Accidenti! Quando mi ha detto che le si erano rotte le acque… beh… ho perso la testa… Ma voi non potete capire…- disse il giovane sedendosi avvilito.

- Ah io sì...- sospirò Marucus con un sorrisetto divertito – quando Haruna ha iniziato il travaglio ho camminato così tanto che si era formato il solco dietro la porta della sua stanza.

- Non prendertela fratellone… in questi mesi ne sono successe di cose…- ammise gentile la ragazza dai capelli corvini, sedendosi accanto a Mamoru.

Già… Erano passati sette mesi, dacché avevano sconfitto Zoldan… Sette mesi in cui erano cambiate moltissime cose.

Ma… meglio andare con ordine…

 

Zoldan era stato sconfitto. Le sailor osservarono con occhi sgranati la città  improvvisamente silenziosa. Il cielo era tornato terso, tutto sembrava essere tornato come al solito.

Rei si alzò a fatica. Guardò in giro e vide Mamoru ed Haruna svenuti, poco lontano da loro il corpo di Marcus. Si avvicinò al capitano lunare ed il movimento delle palpebre la rassicurò.

Cercò di correre, anche se era esausta fisicamente e spiritualmente.

- Mamoru? Dai svegliati!- lo chiamò terrorizzata alla sola idea del peggio.

- Haruna…- sussurrò lui in risposta. Una flebile risposta, certo, ma pur sempre una risposta.

- Haruna? Haruna?- gridò preoccupata, non ricevendo risposta.

Era immobile, fredda, pallida e sembrava che non respirasse.

- Il polso è debole… molto debole…- ammise Ami sopraggiungendo in quel mentre - ha usato troppa energia…- diagnosticò la ragazza.

- Dov’è Usagi?- chiese preoccupata Minako guardandosi intorno.

- Qua non c’è…- ammise Makoto.

Lo sgomento era palpabile.

- Durante la battaglia Mamoru ha preso Luce ed Usagi e le ha portate al sicuro… ma dove?- si domandò Rei osservando nuovamente la piazza.

- Un tetto…- disse Ami - è in assoluto il posto più sicuro!- ammise con risolutezza.

Un palazzo lì accanto attirò l’attenzione delle quattro.

- Minako? Vai su quel tetto e verifica!- disse Ami caricandosi sulla schiena Haruna.

Rei e Makoto fecero lo stesso con i due ragazzi a terra.

- Sempre a me…- borbottò Minako salendo i cinque piani dell’edificio.

Giunse sul tetto e vide Luce inginocchiata vicino ad Usagi.

- Oh mamma! Usagi!- urlò allarmata - L’ho trovata!- gridò, ricordandosi che le sue amiche sotto aspettavano conferma.

- Non si sveglia…- spiegò la vocetta di Luce, prossima ad un pianto.

- Usagi ha il sonno pesante… Andiamo dalla tua mamma e dal tuo papà…- cercò di confortarla, ben sapendo che la sua amica non stava dormendo.

Scesero le scale e si unirono alle altre ragazze.

- E’ viva… ma anche lei ha il polso debolissimo…- decretò Ami rilasciando il polso della sua amica.

- Andiamo a casa… La potranno riposarsi…- propose Rei.

S’incamminarono e dopo mezz’ora di marcia giunsero al condominio dove abitava la coppia.

Salirono con l’ascensore: nessuna delle quattro sarebbe riuscita a fare un solo gradino in più.

Giunsero all’appartamento e trovarono una piacevole sorpresa ad attenderli, appena varcarono la soglia di casa Chiba.

- Neoqueen Serenity! King Endimion! - sbottarono tutte insieme.

- Che bel coretto!- rispose felice ChibiUsa osservando le Inners appena comparse.

- Lo sapevo che ce l’avreste fatta!- rispose Serenity osservandole poi si voltò verso la sua nipotina – Luce stai bene?

- Sì... ma la mamma... – e gli occhioni le si riempirono nuovamente di lacrime.

- Ora la facciamo guarire noi. – le sorrise dolcemente passandole una mano tra i capelli corvini.

- Serenity? Meglio lasciarle passare… Non so quanto resisteranno ancora…- disse il sovrano vedendo il volto provato delle ragazze che gli stavano di fronte.

- Grazie Maestà!- ammise Rei stendendo Marcus sul divano. Makoto portò Mamoru nella camera matrimoniale e lo stesso fece Minako con Usagi.

Ami entrò nella camera degli ospiti e depose gentilmente Haruna.

- Meglio farli rinvenire…- suggerì Serenity avvicinandosi a Marcus - Rigenera…- sussurrò la regina del XXX secolo.

Le ferite si rimarginarono come per incanto.

- Ne mancano tre…- disse andando nella camera degli ospiti.

Endimion guardò la sorella con apprensione, la sua energia era debolissima... non era mai stata così vicino alla morte come in quel momento.

Stupida ragazzina testarda... pensò scuotendo gravemente il capo... quando ti deciderai a non fare tutto di testa tua?

- Rigenera…- alitò poco dopo, anticipando la sovrana.

- Solo perché sei tu…- scherzò dolcemente lei, sapeva che Endimion aveva il dovere di proteggere la sorella, l’aveva sempre fatto, nel passato, nel presente e anche nel futuro. Haruna ed Endimion avevano sempre avuto un forte e saldo legame e, ne era certa, dopo aver unito i due Golden Crystal questo legame sarebbe stato ancora più forte.

Proseguirono verso la camera matrimoniale.

- Usagi… cosa mi combini?- domandò alla stanza vuota - nel tuo stato poi…- la regina scosse la testa, accarezzandole una guancia mentre un dolce sorriso le illuminava i lineamenti - Rigenera… et fortifica…- disse poco dopo, mentre una calda luce inondava la stanza.

- Nel suo stato?- chiese curioso il marito abbracciando la donna.

- Eh già…- ammise sicura lei.

- Non avevo sbagliato allora…- sussurrò lui.

- Meglio andare… abbiamo già fatto troppo…- spiegò lei a malincuore.

Tornarono in soggiorno, chiudendo la porta alle loro spalle.

- Mammina? Posso fermarmi ancora un po’?- domandò la piccola con voce supplichevole.

- Mi dispiace piccola mia… Non è più possibile. Tutto deve tornare alla normalità…- ammise a malincuore la donna con gli occhi lucidi.

- Ma papino…!- provò ancora la bambina, facendo gli occhioni: sapeva che suo padre non poteva negarle nulla quando aveva quello sguardo.

- Tua madre ha detto di no…- le confermò con suo sommo stupore.

- Arrivederci ragazze…- ammise triste la piccina.

- Non essere triste… Ci rivedremo…- disse Minako sorridendole gentile.

- Già…- le confermò Rei.

- Sicure?- chiese ChibiUsa osservandole attentamente.

- Mano sul cuore…- disse Ami.

- Ami non dice bugie…- la informò Makoto.

- Allora ci rivedremo sicuramente!- rispose felice la piccola principessa.

Una luce dorata avvolse la famiglia reale del XXX secolo che sparì appena la luce si dissolse.

 

- Usagi ci deve il pranzo…- protestò Minako sedendosi su una sedia.

- Minako ha ragione!- le dette manforte Makoto, sedendosi a sua volta.

- Ci ha fatto alzare prestissimo…- concordò Rei.

- La maggioranza vince…- acconsentì Ami imitando le sue amiche.

- E ora cosa faccio io?- fece Luce spaesata.

Le ragazze sorrisero alla piccola e Rei la prese in braccio.

- Ti va se facciamo un gioco nell’attesa che il tuo papà e la sua mamma si sveglino?

- Sì! 

 

Il primo a svegliarsi fu Mamoru.

Si mise a sedere di scatto sul letto, guardandosi attorno spaesato.

- Zoldan? La battaglia? Dove sono?!- sussurrò lui non riuscendo a focalizzare la stanza.

- Sei in camera nostra Mamo-chan…- le rispose Usagi in un sussurro.

- E il nemico?- chiese lui osservandola con infinito amore.

- Sconfitto… come sempre…- disse dolce - Mamo-chan? Dovrei dirti una cosa…- ammise lei arrossendo lievemente.

- Dimmi Usako…- rispose lui tornando a stendersi sul letto, rilassato.

- Non staremo ancora per molto soli…- disse lei osservandolo con attenzione.

- Cioè?- chiese lui. Non riusciva a capire.

- ChibiUsa?- tentò nuovamente lei.

- ChibiUsa si ferma da noi?- domandò sorpreso.

Usagi quella mattina parlava per enigmi.

- Ok…- disse solo, afferrando la mano di lui e posandosela sul ventre ancora piatto - Capito ora?- sussurrò lei.

- Vuoi dire che…- iniziò lui - avremo un bambino?- concluse lui commosso.

- Magari…- rispose lei chiudendo gli occhi.

- Non capisco…- ammise Mamoru sconcertato.

- Avremo ChibiUsa…- disse lei sorridendo felice.

- Sei incredibile… Ma ti amo… Dio solo sa quanto…- disse baciandola dolcemente.

 

Haruna si svegliò di scatto, ed il suo primo pensiero volò a Marcus.

Si guardò attorno spaesata. Poi si ricordò della battaglia appena passata.

Lentamente si alzò dal letto e camminò incerta verso la porta. L’aprì e fu accecata dalla luce del sole che inondava la stanza.

Quando riuscì ad abituare gli occhi alla luce si guardò intorno. Quattro ragazze erano sedute attorno al tavolo di casa Chiba. Parlottavano, ridacchiando di tanto in tanto. Non si erano ancora accorte di lei.

Decise di annunciasi, ma Luce fu più veloce.

- Mammina! Sei sveglia!- gridò la piccola correndo incontro alla donna appoggiata allo stipite della porta.

- Haruna!- dissero le quattro voltandosi verso la donna.

- Haruna…- disse una voce maschile roca ed alquanto stanca.

La principessa si voltò lentamente e i suoi occhi si riempirono di lacrime.

- Marcus…- sussurrò lei vedendo il marito sedersi a fatica sul divano.

Gli andò incontro, i suoi passi erano dapprima incerti, ma poi acquisirono la sicurezza di sempre. Abbracciò Luce e si avvicinò al marito che non vedeva da quasi un anno.

Era durata troppo quella battaglia ed aveva coinvolto molte persone innocenti.

- Haruna… Tesoro mio…- sussurrò lui abbracciandola con tutto l’amore che provava.

- Marcus…- bisbigliò lei, prima di scoppiare a piangere.

- Meglio togliere il disturbo…- disse Ami a voce bassa.

- Un attimo Ami… sono così dolci…- le rispose Minako osservando i due abbracciarsi.

- Minako ha ragione…- le fecero eco Rei e Makoto.

- Beh… sì, sono davvero molto teneri…- dovette ammettere la guerriera di Mercurio osservando i due baciarsi dolcemente.

 

Verso mezzogiorno, Usagi e Mamoru uscirono dalla loro camera.

- Ci stavamo preoccupando…- disse Rei appena i due entrarono nella sala.

- La solita simpatica…- disse facendole la linguaccia.

- State bene?- chiese Mamoru rivolto ad Haruna e Marcus.

- Sì… Grazie Mamoru… E grazie anche a te Usagi…- disse Haruna abbracciando prima il fratello e poi la cognata – Ma tu non dovevi… potevi far male alla piccola- sussurrò  poi preoccupata.

- Quella piccola peste farebbe di tutto pur di nascere… e poi non potevo star li senza far nulla… Non me lo sarei mai perdonata!- disse con trasporto Usagi.

- Scusa, tu lo sapevi? – chiese Mamoru sgranando gli occhi.

- Certo!- rispose Haruna riacquistando in pochi attimi tutta la sua grinta – Credo che tu sia l’unico che non l’abbia capito subito. Ma dove vivi?

- E perché non me l’hai detto? – chiese indispettito l’altro.

- Perché mi piaceva l’idea di conoscere un segreto alle spalle del mio fratellone impiccione! – e gli fece una linguaccia giocosa.

- Brutta insolente io..- iniziò a dire Mamoru ma Usagi lo bloccò appena in tempo.

- Scusate.... Quale piccola?- chiese Minako, che aveva capito qualcosa.

- Io ed Usagi avremo un bambino…- rivelò Mamoru dopo aver abbracciato la moglie.

Le quattro corsero ad abbracciare la futura mamma, sommergendola di baci, abbracci e domande.

- Sono sempre così?- chiese Haruna rivolta al fratello.

- A volte anche peggio…- bisbigliò in risposta.

- E voi cosa contate di fare? Vi fermate nel XX secolo? Ormai Mirror è distrutto…- chiese gentilmente Mamoru.

- Non so… io…- disse lei guardando il marito.

- Se Haruna e Luce sono d’accordo… Ho sempre amato la Terra…- disse l’uomo sorridendo.

- D’accordo allora… Ci fermeremo qui…- confermò Haruna avvicinandosi al marito.

- Ti amo Haruna… Grazie per aver creduto in me…- disse lui

- Ti amo Marcus… E ti amerò per sempre…- rispose lei.

 

I mesi passarono e Marcus aveva trovato lavoro presso la polizia del quartiere.

Tutto procedeva per il meglio, salvo le voglie che coglievano Usagi nei momenti meno opportuni e costringevano il povero Mamoru ad uscire a tutte le ore.

 

Casa Chiba - 29.06.XXX ore 23.30

 

- Cosa c’è Usako? Stai poco bene?- chiese Mamoru vedendo la moglie tornare a letto.

- Mamo-chan? Credo che sarebbe meglio andare all’ospedale…- ammise la ragazza, cercando di restare calma.

- Perché?- chiese lui osservando la donna che amava.

- Mi si sono rotte le acque…- sussurrò imbarazzata.

- O cavoli!- disse lui balzando in piedi. Si vestì a tempo di record e prese la valigia che la moglie aveva preparato un mese prima.

Afferrò le chiavi dell’auto ed uscì di corsa.

Usagi si avvicinò all’armadio e mise l’abito premaman rosa e si avviò alla porta.

Il rumore dell’auto di Mamoru la fece andare alla terrazza.

- Mamo-chan!- urlò lei, accorgendosi in quel mentre che il marito stava andando all’ospedale senza di lei.

Rassegnata, tornò in casa e suonò il campanello all’appartamento accanto.

Marcus comparve sulla porta e la osservò stralunato.

- Mamoru mi ha dimenticata a casa… mi puoi accompagnare in ospedale?- chiese in un sussurro.

- Certo! Prendo le chiavi ed avviso Haruna! - disse lui entrando in casa e recuperando le chiavi - Sta per nascere la bambina!- urlò Marcus.

- Arrivo! - gridò Haruna trafelata, raggiungendoli.

- Possiamo andare...- disse Marcus, dopo aver chiamato l’ascensore.

Dopo dieci minuti d’auto giunsero in ospedale. Mamoru stava spiegando ad un’infermiera inflessibile che sua moglie era stata rapita.

- Mamo-chan?- lo chiamò Usagi avvicinandosi.

- Usako!- disse lui abbracciandola.

- E’ suo marito?- chiese l’infermiera non del tutto convinta.

- Sì… Mi si sono rotte le acque…- spiegò Usagi, mentre l’infermiera la caricava su una sedia a rotelle.

- Avvisa le ragazze!- gridò Usagi prima d’esser portata via.

- Mamoru? Hai avvisato le ragazze…?- domandò Haruna dopo un’ora.

- Cosa?- chiese Mamoru tornando al presente.

- Meglio che lo faccia io… povero il mio fratellone... in poche ore gli si é annacquato il cervello! - disse la sorella prendendo il cellulare.

 

Ospedale Civile di Tokyo - 30.06.XXX ore 05.47

Un’infermiera entrò nella sala d’attesa e si guardò attorno stupita.

- Il Signor Chiba?- domandò osservando gli unici due uomini.

- Io!- quasi gridò Mamoru.

- Ha avuto una splendida bambina… E’ lunga 51 centimetri e pesa 3,650 chili… Sua moglie ha chiesto di lei…- disse la donna sorridendo - Ehi!- sibilò subito dopo vedendo il ragazzo correre via - Non gli ho detto il numero della stanza… Siete con lui?- domandò la donna vedendo le sei persone che l’ascoltavano attente.

- Sì… Ci può dire il numero di stanza?- chiese Ami parlando per tutte.

- Stanza numero 12…- disse sospirando avvilita.

- Grazie…- risposero andando verso la stanza indicata.

Usagi era distesa sul letto e tra le braccia teneva un fagottino rosa, con pochi capelli rosa confetto.

- Mamoru?!- domandarono sorprese le ragazze appena entrarono.

- Già… Pensavate che non sapessi dov’era mia moglie? - chiese lui soddisfatto.

- Hai aperto tutte le porte fino a che non mi hai trovato…- borbottò la donna aprendo gli occhi.

- Dettagli…- rispose - Non è un amore?- chiese rivolto a tutti.

- Diverrà una bellissima principessa…- disse Haruna stringendosi a Marcus.

- E tu? Quando conti di ammetterlo?- sussurrò lui accarezzandole il ventre leggermente arrotondato.

- Ammettere cosa?- bisbigliò lei sbirciandolo.

- Che Luce avrà presto un fratellino…- rispose lui.

- Oppure una sorellina…- ritorse lei.

- Ti amo Haruna…- disse lui baciandole la tempia.

- Ti amo anch’io Marcus…- rispose lei offrendogli le labbra.

Finalmente sarebbero stati tutti e quattro insieme…

Nessuno avrebbe diviso quell’amore che aveva unito quelle due coppie…

Nessuna profezia avrebbe mai più minacciato nessun amore…

 

 

 

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