Non può piovere per sempre di Julia Weasley (/viewuser.php?uid=58968)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un agguato sventato ***
Capitolo 2: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 3: *** Frammenti di sogno ***
Capitolo 4: *** La tomba vuota ***
Capitolo 5: *** La prima battaglia ***
Capitolo 6: *** Proposte inaspettate e pagine mancanti ***
Capitolo 7: *** L'Ordine della Fenice ***
Capitolo 8: *** Chiarimenti e segreti ***
Capitolo 9: *** I misteri del tempo ***
Capitolo 10: *** Una Giratempo da recuperare ***
Capitolo 11: *** Nella caverna ***
Capitolo 12: *** Risveglio ***
Capitolo 13: *** Sospetti e rivelazioni ***
Capitolo 14: *** Il fratello ritrovato ***
Capitolo 15: *** Reticenza e segreti ***
Capitolo 16: *** La scelta di Barty ***
Capitolo 17: *** Sanguinose prospettive ***
Capitolo 18: *** Macchie che non vengono mai via ***
Capitolo 19: *** Un Natale diverso ***
Capitolo 20: *** Il segreto di Remus ***
Capitolo 21: *** Luna rosso sangue ***
Capitolo 22: *** Una lunga notte al San Mungo ***
Capitolo 23: *** L'occasione perduta ***
Capitolo 24: *** Fiducia ***
Capitolo 25: *** Capro espiatorio ***
Capitolo 26: *** Intrusi nel maniero ***
Capitolo 27: *** Amicizie tradite ***
Capitolo 28: *** Un incontro fortuito ***
Capitolo 29: *** Le angosce più profonde ***
Capitolo 30: *** Strategie ***
Capitolo 31: *** Tempi di cambiamenti ***
Capitolo 32: *** I Bones ***
Capitolo 33: *** Solitudine ***
Capitolo 34: *** La profezia ***
Capitolo 35: *** Decisioni, Quidditch e dolcetti ***
Capitolo 36: *** La soffiata ***
Capitolo 37: *** L'agguato ***
Capitolo 38: *** Alphard ***
Capitolo 39: *** Il testamento ***
Capitolo 40: *** La terza volta ***
Capitolo 41: *** Nuove generazioni ***
Capitolo 42: *** I ricordi perduti ***
Capitolo 43: *** Confessioni ***
Capitolo 44: *** I piani di Voldemort ***
Capitolo 45: *** Nei sotterranei della Gringott ***
Capitolo 46: *** Viaggio nel passato ***
Capitolo 47: *** Verso un nuovo anno ***
Capitolo 48: *** La scelta ***
Capitolo 49: *** Sapeva troppo ***
Capitolo 50: *** La stanza che scompare ***
Capitolo 51: *** L'articolo di Barnabas Cuffe ***
Capitolo 52: *** La testimonianza del Ministro ***
Capitolo 53: *** Fidelius ***
Capitolo 54: *** 31 ottobre 1981 ***
Capitolo 55: *** Caccia al topo ***
Capitolo 56: *** Il messaggio ***
Capitolo 57: *** Colpo di stato ***
Capitolo 58: *** Battaglia al Ministero ***
Capitolo 59: *** Lo scontro finale ***
Capitolo 60: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Un agguato sventato ***
Questa storia
è il seguito di "Eroi
non si nasce, si diventa".
Per chi giustamente non si ricorda tutti i
dettagli, inserirò
sempre delle note alla fine di alcuni capitoli per ricordare qualcosa
che si riferisce alla storia precedente. Nel caso
dessi per scontato qualcosa e non lo scrivessi, chiedete e vi
sarà risposto!
Disclaimer:
i
personaggi di questa fanfiction appartengono a J.K. Rowling, tranne la
famiglia Queen e qualcun altro. Non scrivo a fini di lucro. L'immagine
l'ho creata utilizzando disegni altrui, che trovate a questi
link: dazzle-stock,
intoxicates--stock,
lindowyn-stock
e flordelys-stock (qui
e qui).
Ovviamente ho avuto il loro permesso.
Ringraziamenti:
in particolare a Moony3,
che mi ha fatto un po' da musa ispiratrice, più che altro
perché grazie a lei ho capito che concludere decentemente
una
trama del genere è possibile, ad Alohomora, che per
prima mi ha fatto venire questa idea, e a malandrina4ever,
grazie alla cui fanfiction (Il
vero amore è per sempre) ho visto il film che mi
ha ispirato il titolo,
risparmiandomi un sacco di materia grigia!
Non può piovere per
sempre
Capitolo 1
Un agguato sventato
L’uomo si Materializzò alla fine
del viale ghiaioso, davanti al cancello chiuso di una villetta a due
piani.
Indossava un abito da lavoro blu notte e un mantello in tinta. I
capelli
brizzolati gli davano un aspetto distinto, ma le rughe della fronte,
più
marcate del solito a causa della preoccupazione, lo facevano sembrare
più
vecchio di quanto non fosse in realtà.
Prima di varcare il cancello,
esitò per parecchi istanti, volgendo gli occhi scuri in
direzione del mare
agitato a sinistra della villa. L’inverno era quasi alle
porte e il cielo
grigio conferiva un colore plumbeo all’acqua salmastra. Il
vento intenso faceva
levare schizzi gelidi che impregnavano l’aria circostante,
rendendola umida e
fastidiosa.
Il rombo improvviso di un tuono
in lontananza lo riscosse: si stava preparando un temporale. Erano
soltanto le
quattro del pomeriggio ma la notte sembrava essere già
scesa.
L’uomo attraversò il piccolo
giardino e aprì la porta. Non appena fu tornato dentro casa,
la prima cosa che
vide fu un gatto grigio e arancione disteso sul tappeto di fronte al
caminetto
acceso.
Attila alzò pigramente la testa
verso di lui, per poi rivolgerla di nuovo in direzione del camino,
godendone il
tepore con gli occhi socchiusi.
Oltre al crepitio del fuoco, non
si sentiva volare una mosca, a parte qualche lieve tintinnio di posate
dalla stanza
adiacente.
L’uomo ripose il mantello ed
entrò in cucina, trovandovi sua moglie in piedi davanti alla
credenza, intenta
a preparare del tè. La donna aveva raccolto i capelli neri
in uno chignon,
aveva il respiro pesante e ogni tanto tirava su col naso. Quando lo
sentì
arrivare, si voltò a guardarlo, e il marito vide che i suoi
occhi azzurri erano
arrossati.
« Perseus, sei tornato presto,
oggi » esordì lei.
« È stata una giornata tranquilla
al lavoro, così ho preferito andarmene prima. Tu non sei
proprio andata al San
Mungo? »
La donna scosse la testa in segno
di diniego, distogliendo in fretta lo sguardo dal suo, come se non
avesse voluto
incrociarlo.
« Diane? » la richiamò Perseus,
mentre lei sussultava. « Ci sono novità?
»
Non era tanto sicuro di voler
sentire la risposta, in realtà.
Lei annuì in silenzio e dalla sua
espressione Perseus comprese che le notizie non dovevano essere buone.
« Sono riuscita a mettermi in
contatto con Alphard, via camino. Mi sembrava la fonte più
attendibile… »
esordì Diane, lanciando un’occhiata esitante al
marito.
« E cosa ti ha detto? » chiese
lui, apparentemente impassibile, serrando i pugni.
Lei aprì la bocca per rispondere
ma le uscì solo un suono strozzato. Le lacrime le
inumidirono gli occhi ma la
donna rispose con una calma innaturale.
« Non c’è più niente da fare.
È
stato ucciso ».
Le tempie gli pulsavano tanto da
fargli male ma Perseus non voleva arrendersi all’evidenza.
« Come fa Alphard ad esserne così
sicuro? » chiese, testardo.
« Ha detto di essere riuscito a
parlare con la moglie di Lucius Malfoy. È stata lei a
dirglielo. Non si sa come,
perché non hanno ritrovato il corpo, ma è sicuro
» riprese la donna con
difficoltà. « Voleva tornare indietro e Tu-Sai-Chi
l’ha fatto uccidere ».
Lui rimase immobile, come colpito
da una secchiata d’acqua gelida. Non poteva essere successo
veramente…
« Rachel lo sa? » fu l’unica cosa
che riuscì a chiedere, con la voce incrinata.
Diane annuì, poi si sedette, la
testa tra le mani.
Perseus si accorse di tremare. Se
di dolore o di rabbia, questo non poteva saperlo. Per più di
due mesi non aveva
fatto altro che desiderare di incontrare Regulus Black e fargli passare
il
peggior quarto d’ora della sua vita.
Da quando sua figlia aveva
scoperto che il ragazzo era un Mangiamorte, Perseus aveva iniziato a
odiarlo:
Regulus gli aveva promesso che non avrebbe mai fatto soffrire Rachel,
ma aveva
mentito, come sempre, del resto. Tutti loro si erano sentiti traditi.
Perseus
si era sforzato di accettarlo, di considerarlo separatamente dalla
famiglia che
aveva alle spalle, gli aveva dato la propria fiducia, ma lui
l’aveva calpestata
alla prima occasione.
Uguale a tutti gli altri Black, né
più né meno, aveva pensato,
furibondo.
Avrebbe voluto fargliela pagare
molto cara: certe volte aveva avuto la tentazione di strozzarlo a mani
nude.
Adesso però era cambiato tutto.
Regulus era morto, senza che se ne conoscesse il motivo o il modo, e
Perseus
non sapeva più che cosa fare e su chi sfogare la propria
rabbia.
« Come… sta? » chiese, pensando a
sua figlia, le mani chiuse a pugno, il volto livido.
« Come vuoi che stia? Si è chiusa
in camera sua da stamattina e non vuole vedere nessuno. Non ha
più toccato né
acqua né cibo. E non ha versato neanche una lacrima
».
Marito e moglie si lanciarono
un’occhiata colma di miriadi di sentimenti angoscianti:
dolore, sconforto e
paura erano solo una piccola parte di quello che provavano.
« Che cosa possiamo fare per lei?
» chiese Diane, con un’espressione confusa.
« Ha solo diciotto anni. Non saprei
nemmeno cosa dirle ».
« Non c’è nulla da dire. Le
parole non servirebbero a niente » replicò lui.
Lei abbassò lo sguardo sul tè che
si stava lentamente raffreddando. Lo versò in una tazza per
sé e ne offrì una
seconda al marito, poi rimase a fissarla, in silenzio, osservando i
piccoli
cerchi concentrici che si allargavano lungo la superficie della
bevanda.
Non voleva ripensare a ciò che
aveva dovuto affrontare quella mattina. Andare da sua figlia e
riferirle della
morte di Regulus le era sembrata un’impresa impossibile, ma
quella di assistere
impotente alla reazione di Rachel era stata mille volte peggiore.
Per una Guaritrice come lei era
insopportabile sapere che per certi dolori non esistevano cure
immediate. Si
era dovuta accontentare di rimanere al fianco di sua figlia, cercando
di farle
forza, inutilmente, perché tutti i sogni e le speranze della
ragazza erano
stati spazzati via all’improvviso.
Diane sentì bruciare la gola e
cercò sollievo portando la tazza alle labbra e svuotandone
il contenuto in
pochi secondi. Poi lanciò un’occhiata a Perseus,
che stava fissando qualcosa di
indefinito fuori dalla finestra.
Meccanicamente, rovesciò la
tazzina sul piattino, lasciando scolare i residui del tè.
Non aveva mai avuto
una grande stima per tutte le forme di Divinazione, ma era talmente
disperata
da voler trovare almeno un conforto nell’illusione che per
sua figlia il futuro
non avrebbe portato solo sofferenze.
Quando esaminò i fondi del tè, si
rese conto che avrebbe fatto meglio a non guardare. La macchia sulla
destra
somigliava molto a un teschio, chiaro segnale di pericolo, mentre
quella a
sinistra sembrava un bastone…
« Lascia perdere quelle
sciocchezze » le disse Perseus, voltatosi verso di lei in
quel momento.
Diane non gli diede retta.
« Il bastone cosa significa? »
domandò.
Perseus sospirò. Sua moglie certe
volte si metteva in testa delle idee assurde, pur di non voler
accettare la
realtà dei fatti. A cosa credeva che servisse una stupida
predizione?
« Mi sembra che voglia dire
“agguato”… »
In quell’esatto istante, il
campanello della porta d’ingresso suonò.
Diane ebbe un sussulto e fece
cadere la tazzina per terra, poi lanciò uno sguardo
orripilato al marito, che
ricambiò. Non avevano bisogno di parlarsi per capire di aver
pensato la stessa
identica cosa: quando un Mangiamorte tradiva, spesso era la sua
famiglia ad
essere punita, ma visto che Voldemort non avrebbe mai osato toccare i
Black,
forse aveva deciso di prendersela con qualcun altro che fosse molto
vicino a
Regulus…
Perseus cercò di riassumere il
controllo di sé e si incamminò fuori dalla
cucina, la mano nella tasca, serrata
intorno alla bacchetta, mentre Diane si alzava e lo seguiva a sua
volta.
« No, Sory, non aprire » sussurrò
Perseus alla sua elfa domestica, che si stava dirigendo verso la porta.
Sory si
fermò e lo vide accostarsi all’uscio con
un’espressione tesa.
« Chi è? »
Nel frattempo, in una stanza del
piano superiore, una ragazza se ne stava seduta sul pavimento a gambe
incrociate
e rivolgeva uno sguardo spento alla finestra, del tutto indifferente a
quello
che succedeva intorno a lei.
A causa del maltempo la camera
era poco illuminata; la luce era rimasta spenta. Accanto a lei, su un
vassoio,
giaceva il pranzo ancora intatto.
Le ossa iniziavano a dolerle
perché era rimasta immobile in quella posizione per troppo
tempo, ma non aveva
nemmeno la forza di trovarne una più comoda. In fondo,
nessun dolore fisico era
paragonabile a quello che stava provando dentro di sé. Era
come se una tenaglia
rovente le stesse stritolando le viscere, come se qualcuno le avesse
strappato
brandelli di carne a morsi.
Stordita e distrutta, non sapeva
più cosa pensare. Le sembrava di vivere un terribile incubo,
perché non poteva
essere accaduto veramente, Regulus non poteva essere…
Una fitta lancinante al cuore le
impedì di formulare per intero il concetto, e fu tanto
dolorosa da costringerla
a piegarsi in due, inclinando il busto in avanti e affondandosi le
unghie nelle
guance.
« Regulus… »
La sua voce strozzata si spezzò e il viso si
tramutò
presto in una maschera di dolore, per l’ennesima volta da
quando
quella mattina aveva avuto la conferma che tutte le sue speranze
fossero state vane.
Era una sofferenza troppo grande da sopportare. Non
riusciva a concepire
come fosse possibile immaginare che Regulus semplicemente non esisteva
più, che
non le avrebbe più parlato o sfiorato il viso o rivolto il
suo solito sguardo
altero ogni volta che qualcosa non gli stava bene. Era assurdo. La
morte era
una cosa troppo definitiva per essere reale. Rachel non voleva
né poteva
accettarla…
Si accorse di aver serrato i
pugni solo quando il palmo della mano le iniziò a far male.
Distendendo le
dita, lasciò vagare lo sguardo umido e appannato
sull’anello che lui le aveva
regalato poco meno di tre giorni prima e si chiese se lui sapesse
già allora quello
che gli sarebbe spettato.
L’enormità di ciò che aveva
perduto per sempre la colpì con la stessa violenza di un
tuono.
È colpa mia,
pensò, mordendosi il labbro inferiore fino a farlo
sanguinare. Se non avesse voluto
salutarmi prima di fuggire, avrebbe fatto in tempo a
salvarsi…
Rachel
sarebbe voluta morire in quel momento pur di non convivere con la
voragine che
le aveva squarciato l’anima e che, ne era certa, la avrebbe
accompagnata per il
resto dei suoi giorni.
La furia e la disperazione
scatenate come un uragano dentro di lei le fecero improvvisamente
perdere il
controllo della propria magia: un vaso di fiori esplose
all’improvviso e i
cocci si sparsero sul pavimento, mentre l’acqua si rovesciava
sul mobile di
legno.
Si sentiva mancare il fiato e,
nonostante avesse una gran voglia di urlare a squarciagola tutta la
propria
disperazione, dubitava di essere in grado di emettere anche un
debolissimo suono.
Aveva perso la nozione del tempo.
Le sembrava di trovarsi seduta lì per terra da giorni e
giorni e giorni…
In quel momento le parve di
sentire la voce ansiosa di sua madre all’inizio del
corridoio. La donna stava
parlando con qualcuno.
« Non ti assicuro che sia nelle
condizioni di ricevere visite, comunque ci proverò
».
Rachel era talmente confusa e
accecata dalle lacrime intrappolate nei suoi occhi che si rese conto a
mala
pena che la donna fosse giunta appena dietro la porta della sua stanza.
« Rachel, ci sarebbe una visita
per te… » esordì Diane, esitante.
La ragazza aprì la bocca per
rispondere, ma le uscì solo un verso incomprensibile. Si
schiarì la voce e
riprovò.
« Ho detto che non voglio vedere
nessuno. Mandali via » disse con voce rauca, coprendosi le
orecchie con le
mani, le dita tra i capelli come nell’atto di strapparseli
dalla testa.
« Mi dispiace, Barty, ma è ancora
molto scossa… » disse la signora Queen,
rivolgendosi al visitatore.
Nel sentire quel nome Rachel ebbe
un sussulto e, per la prima volta quel giorno, provò
interesse per qualcosa.
Forse Barty sapeva cosa era successo di preciso a Regulus. Anche se non
c’era
speranza che fosse vivo, lei sentiva il bisogno di sapere esattamente
come era
stato ucciso.
« Aspetta, mamma! » esclamò, con
un enorme sforzo: la gola le bruciava come se fosse stata
incandescente. « Fallo
entrare ».
La porta si aprì lentamente ma
Rachel non vide entrare il ragazzo: gli dava le spalle e ed era ancora
rivolta
in direzione della finestra. Non aveva neanche la forza di voltarsi a
guardare.
Udì Barty indugiare per alcuni
istanti sulla soglia, come se fosse indeciso sul comportamento da
assumere. Poi
lui la raggiunse, andandosi a sederle accanto.
Rachel gli lanciò un’occhiata
distratta. Anche lui era più pallido del solito, e in quel
pallore le
lentiggini del viso risaltavano di più. Anche se i capelli
color paglia erano
ordinati e precisi, il suo sguardo comunicava tutto tranne che
equilibrio
interiore.
Per alcuni infiniti istanti rimasero
in perfetto silenzio: l’unico rumore che si sentì
fu quello del vento che
soffiava forte.
Rachel non si era accorta del
fatto che la mano di Barty fosse infilata in una tasca del mantello,
stretta
intorno alla bacchetta. A suo parere, erano solo due ex compagni di
scuola che si
dolevano per la morte del loro migliore amico.
« Mi dispiace » esordì lui, posandole
l’altra mano sulla spalla nel vano tentativo di consolarla.
Rachel alzò il viso verso di lui.
« Tu sai che cosa hanno scoperto
gli Auror? » chiese con voce flebile.
Non era sicura di volerlo davvero
sapere, ma al tempo stesso sperava di avere qualche informazione in
più. Era
orribile pensare che non avrebbe più rivisto il suo Regulus
senza neanche
essere a conoscenza della fine che aveva fatto.
« Non hanno scoperto molto
nemmeno loro » rispose Barty, cupo. « Anche se non
ci vuole tanto per capirlo. Evidentemente
ha cambiato idea… e Tu-Sai-Chi l’ha punito
».
Rachel tornò a fissare il
pavimento, con la sensazione che un macigno le gravasse sulla testa.
« Io… » continuò Barty,
stavolta
con una voce colma di esitazione, « pensavo che tu ne sapessi
più di me…
Pensavo che vi foste incontrati prima che lui…
bè, prima che scomparisse ».
Rachel lo guardò di nuovo,
aggrottando la fronte.
Sì che si erano incontrati,
proprio la sera antecedente la morte di Regulus. Lui le aveva
confessato di
essersi pentito di essere un Mangiamorte, le aveva chiesto scusa per
averla
ingannata per tanto tempo, e le aveva intimato di non riferire a
nessuno di
quel loro incontro per evitare ritorsioni su di lei. Ma ora che ci
pensava, aveva
insistito anche su un’altra questione.
Non fidarti di nessuno, nemmeno delle persone
che consideri amiche.
Nessuno, nemmeno di Barty.
Erano state le sue esatte parole,
ma Regulus non aveva voluto spiegare perché non dovesse
fidarsi del loro amico.
« Non è che per caso vi siete
incontrati e lui ti ha riferito qualcosa di importante? »
domandò Barty, mentre
la sua mano intorno alla bacchetta si serrava ancora di più.
« Magari ha fatto
qualche nome… insospettabile? »
Nonostante le sue condizioni,
Rachel riuscì a ragionare con sufficiente
lucidità. In realtà non si pose
neanche il problema. Si fidava ancora di Regulus e se lui si era
raccomandato
di non dire nulla, doveva esserci un motivo più che valido.
« Non l’ho più visto dal giorno
in cui ci siamo lasciati, dalla fine dell’estate»
si affrettò a rispondere.
«Non so assolutamente nulla ».
« Oh, d’accordo» rispose Barty,
mascherando il proprio sollievo, e lasciò stare la
bacchetta.
Finito l’attimo di lucidità,
Rachel ripiombò nella disperazione cieca che
l’aveva tormentata fino a quel
momento.
Barty le rimase accanto, sempre
con la mano sulla sua spalla, cercando di infonderle un minimo di
conforto.
« Nel caso in cui ti servisse
qualcosa, conta su di me » le disse.
Lei annuì. Apprezzava il supporto
dell’amico ma continuava a sentire un dolore lancinante
all’altezza del cuore
ed era perfettamente consapevole del fatto che, insieme a Regulus, era
morta
anche una parte di sé.
Dopo essere uscito dalla villa
dei Queen, Barty si Materializzò su una collinetta poco
distante, dove una
figura incappucciata e coperta da un mantello nero lo stava aspettando.
« Allora? » esordì una voce
femminile.
« Nessuno di loro sa nulla. Non
dobbiamo preoccuparci » rispose il ragazzo, notando che si
era appena messo a
piovere.
La donna però non parve molto
convinta. I suoi occhi scuri e ardenti sembravano volergli leggere la
mente.
« Sei sicuro che Regulus non
abbia raccontato niente? »
« Ti ho detto di sì. Non lo
vedevano da mesi » confermò Barty, nervoso, mentre
le gocce cadevano sempre più
fitte.
« Spero che tu non ti sia
lasciato influenzare dai sentimentalismi. Mi sembri piuttosto sollevato
per non
essere stato costretto a uccidere quella ragazza ».
« Siamo amici da tempo. È ovvio
che io sia sollevato, Bellatrix. Ma resto sempre fedele al Signore
Oscuro, e
Lui si fida di me ».
Bellatrix parve contrariata ma
non lo contraddisse.
« Meglio così » commentò
infine,
riponendo la bacchetta pronta all’interno della veste.
« Sarebbe stato un vero
peccato dover sterminare una famiglia di Purosangue ».
Nessuno disse una parola per
parecchi secondi. Rimasero immobili sotto la pioggia che scrosciava e
inzuppava
i loro mantelli. Infine Barty alzò lo sguardo verso di lei,
che aveva un’espressione
terribile e mostrava un miscuglio di sentimenti contrastanti ma tutti
violenti.
« Tu hai saputo qualcosa? » le
domandò.
« Nessuno dei Mangiamorte che
conosco ha detto di averlo ucciso, e non mi azzardo a chiederlo al
Signore
Oscuro. A Lui non piace parlare dei traditori… »
« Giusto » convenne Barty:
nemmeno gli stessi seguaci del Signore Oscuro sapevano quanti fossero
veramente. Lord Voldemort utilizzava quel metodo per impedire che un
solo pentito
potesse fare i nomi di tutti i suoi vecchi compagni.
Si sforzò con tutto se stesso di
ignorare quella parolina che invece gli rimbombava nelle orecchie,
facendogli
dolere la testa: traditore.
Aveva notato da tempo che Regulus
si comportava in modo strano ma per settimane aveva cercato di
convincersi che
quei sospetti fossero solo frutto della propria immaginazione. Regulus
non
poteva aver deciso di tradire il Signore Oscuro.
Era stato proprio lui ad
introdurlo tra i Mangiamorte e Barty gli era stato tanto riconoscente
da non
voler vedere quello che chiunque conoscesse molto bene il
più giovane dei Black
avrebbe potuto notare: stava cambiando lentamente idea.
Alla fine si era deciso ad
affrontarlo e concedergli un avvertimento, sperando che Regulus
rinsavisse e
tornasse ad abbracciare la causa per cui si era fatto marchiare. E
invece...
Barty lanciò un’occhiata al mare
burrascoso, stringendo i pugni e ignorando completamente la pioggia che
ormai
cadeva a catinelle. Non sapeva se essere più addolorato o
furioso. Era stato
amico di Regulus fin dall’inizio del loro primo anno a
Hogwarts, ma ora si
sentiva a sua volta ingannato. Perché aveva deciso di
cambiare così tanto?
Un rumore accanto a lui gli
ricordò che Bellatrix era ancora lì. La donna
sembrava provare le sue stesse
emozioni.
« Devo andare » disse lei in tono
deciso. Pareva desiderosa di distruggere qualunque cosa le fosse
capitata
davanti.
Quando Barty rimase finalmente
solo, lanciò un’occhiata alla villa dei Queen. Per
fortuna non era stato
costretto a chiamare i rinforzi. Aveva sperato con tutto se stesso di
non
ritrovarsi nelle condizioni di dover tendere un agguato alla famiglia
di Rachel.
In effetti, vederla in quello stato lo aveva fatto sentire malissimo.
Era
sempre stata una ragazza iperattiva e adesso sembrava aver perso
addirittura la
voglia di vivere. E tutto questo per colpa di Regulus.
« Hai visto cos’hai combinato? »
sussurrò al vento, come se il destinatario di quello sfogo
lo potesse udire,
mentre si sentiva invadere da una rabbia impotente. «
Traditore ».
Di lì in poi ne fu certo: non
lo avrebbe mai perdonato.
*Angolo autrice*
Ben ritrovati a tutti! Spero che abbiate trascorso delle belle vacanze!
Sono al tempo stesso contenta e terrorizzata
all'idea di pubblicare questa storia, spero solo di cavarmela.
Però è bello tornare a pubblicare, mi mancava...
Barty vi ha fatto prendere un colpo, eh? Molti di voi già
hanno
iniziato a detestarlo alla fine della storia precedente,
figuriamoci ora.
Questi primi capitoli saranno tutti un po' tristi (mi dispiace), ma
presto gli eventi si evolveranno in meglio, abbiate fede.
Quest'anno sarò molto più impegnata del solito
quindi
mi perdonerete se la storia la aggiornerò ogni 10 giorni
invece
di ogni settimana. Non so ancora quanto sarà lunga, per ora
ho
scritto i primi 6 capitoli e ideato i successivi. Si
vedrà.
Ah, all'inizio la serie doveva intitolarsi "Toujours Pur", ma ho
cambiato idea all'ultimo minuto e ho scelto quest'altro che mi aveva
suggerito Alohomora, perché si adatta di più alla
serie
in generale.
Al prossimo aggiornamento, che sarà il 20 settembre!
Se vi interessa, la cara Beatrix Bonnie ha disegnato alcuni personaggi
della mia storia, così ho pensato di inserire i link qui,
tanto per ricordare i bei tempi felici:
Regulus,
Rachel e Barty
Il
trio
insieme a Emmeline Vance
Barty
scopre
che Regulus è un Mangiamorte
Perseus
Queen
Grazie, Marta! =)
|
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Capitolo 2 *** L'inizio della fine ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 2
L’inizio della fine
Narcissa, vestita con un abito
nero che contrastava fortemente con i capelli biondi e la pelle
pallida, se ne
stava sul pianerottolo e osservava due uomini scendere le scale del
numero
dodici di Grimmauld Place, a passi lenti e misurato l’uno,
pesanti e nervosi l’altro.
« Avete trovato niente?
» domandò
al primo, quando lui la raggiunse. Lucius fece segno di no con la
testa.
« Abbiamo perquisito tutta la
sua
camera da cima a fondo ma non ha lasciato nessun indizio, nemmeno un
biglietto »
aggiunse il secondo, Rodolphus Lestrange, lanciando
un’occhiata cupa in
direzione del salotto.
« Non credo che si aspettasse di
morire » disse Lucius.
Narcissa distolse lo sguardo,
puntandolo alla parete occupata dalle teste degli elfi domestici, nel
vano
tentativo di nascondere quello che provava. Non avrebbe mai immaginato
di dover
sopportare tutto ciò, non in un periodo in cui sarebbe
dovuta essere felice a
causa della gravidanza. La morte del suo cugino preferito la aveva
profondamente scossa, tanto che non aveva avuto neanche la forza di
scacciare
suo zio Alphard quando questo l’aveva contattata via camino
per avere notizie
sul conto di Regulus.
Nel frattempo, Lucius e Rodolphus
avevano iniziato a parlare tra di loro sottovoce, così
Narcissa decise di
tornare nel salotto pieno di persone vestite di nero come lei.
Ebbe solo voglia di sparire
all’improvviso. La scena che le si presentava davanti era
quasi identica a
quella accaduta poco tempo prima in occasione della morte di Orion. I
pochi
Black rimasti in vita erano riuniti intorno alla padrona di casa, la
quale però
era l’unica a tenere un comportamento diverso da quello che
aveva assunto alla
morte del marito.
In effetti, tutti i presenti
sembravano intenzionati a mantenersi ad una certa distanza di sicurezza
da lei
ed evitavano di guardarla, come se stesse dando uno spettacolo osceno.
Non era la prima volta che
Walburga perdeva il controllo, ma non in quel modo. Narcissa non
l’aveva mai
vista piangere in vita sua e sentì a sua volta il bisogno di
guardare da
un’altra parte, un po’ per sensibilità,
un po’ per paura: il pianto disperato
di sua zia la terrorizzava più di ogni altra sua reazione di
rabbia. Era come
se il mondo si fosse capovolto: quella donna di ghiaccio,
più superba di tutti
i presenti messi insieme, che non aveva mai mostrato alcun sentimento
in
pubblico né tanto meno un segno di affetto nei confronti dei
figli, aveva
improvvisamente perso ogni inibizione e continuava a piangere e
singhiozzare,
ignorando i parenti e abbandonando il suo consueto atteggiamento rigido
e
glaciale.
Narcissa non vedeva più la
nobile
strega Purosangue cui era abituata, ma soltanto una donna che aveva
perso
tutto.
« Signorina Cissy? »
la chiamò in
quel momento una voce gracchiante e rauca. Narcissa abbassò
lo sguardo
sull’elfo domestico che portava un vassoio e tremava dalla
testa ai piedi. « Il
tè che avevate richiesto ».
« Grazie, Kreacher »
rispose lei,
prendendo a sua volta il vassoio. Kreacher si affrettò a
defilarsi, cercando di
trattenere le lacrime. Mentre si allontanava, si guardava intorno con
aria
terrorizzata, come nel timore che qualcosa di spaventoso si nascondesse
dietro
le poltrone, pronto ad afferrarlo.
Narcissa, ignorando gli sguardi
ansiosi e stupiti degli altri Black, andò a sedersi sul
divano accanto a
Walburga.
« Zia, prendete un po’
di tè; vi
farà bene » disse, porgendole una tazza fumante.
Walburga la afferrò ma
continuò a tenerla in mano, del tutto indifferente.
Narcissa evitò di fissarla
direttamente, e si limitò a guardarla con la coda
dell’occhio, mentre il cuore
le si stringeva sempre di più.
Non sapeva ancora cosa
significasse davvero essere madre, ma in base a quello che provava
quando
pensava alla vita che si stava sviluppando dentro di sé,
sapeva che per un
figlio sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa, anche dare la
vita, se
necessario.
Perdere un figlio doveva essere
una delle cose peggiori al mondo.
Stava ancora cercando un modo per
offrirle un minimo di conforto, quando la porta d’ingresso si
aprì e si
richiuse con un colpo secco. Un attimo dopo Bellatrix entrò
nel salotto, fermandosi
tuttavia sulla soglia, senza neanche togliersi il mantello bagnato di
pioggia.
Narcissa avrebbe voluto
salutarla, ma qualcosa nello sguardo di sua sorella la indusse a
restare
dov’era. Sembrava letteralmente fuori di sé
dall’ira.
La zia Lucretia le chiese notizie
e delucidazioni, ma Bellatrix rimase in silenzio per due minuti buoni.
Alla
fine, quando tutti si furono ammutoliti, si decise a parlare.
« Non c’è
molto da dire» esordì
con un tono furibondo. «È morto perché
ha deciso di tradire il Signore Oscuro ».
Erano tutti impalliditi. Narcissa
si sentì pizzicare gli occhi già rossi.
« Non è
possibile… » parlò in
quel momento Walburga, con la voce rauca. Era la prima volta che diceva
qualcosa da ben due giorni. «Non lo avrebbe mai
fatto».
« Invece sì. Lo so
per certo »
replicò Bellatrix, dura.
Walburga scosse la testa.
« Non è vero!
Regulus… »
« Era poco motivato »
la
interruppe Bellatrix, mentre il suo tono di voce diventava sempre
più
incalzante. « Non gli è mai importato abbastanza
degli ideali del Signore
Oscuro! Cercava soltanto fama e potere per la famiglia, come gli
avevate chiesto
voi, zia… »
Narcissa avrebbe voluto zittirla,
perché Walburga aveva iniziato a tremare violentemente per
la rabbia e si
mordeva le labbra a sangue, ma Bellatrix ignorò il suo
sguardo di avvertimento
e continuò a parlare.
« Era debole e immaturo. Non
aveva il coraggio di fare quello che doveva… »
Walburga sembrava sul punto di
esplodere da un momento all’altro.
« … e il suo
tradimento costituisce
una vergogna per tutti noi. Non era poi tanto diverso da suo fratello
».
Il silenzio gelido che era caduto
subito dopo quell’ultima affermazione fu infranto
contemporaneamente da un
tuono che scosse le pareti del salotto e dal rumore della tazza di
tè che cadde
per terra, rompendosi in mille pezzi.
Walburga era balzata in piedi con
un impeto di cui non sembrava capace e ora fissava la nipote con uno
sguardo
che avrebbe fatto tremare un intero esercito di Mangiamorte. Bellatrix
tuttavia
ricambiava l’occhiata con disgusto.
« Tu… non osare
insultare Regulus
» sibilò Walburga, puntando il dito tremante
contro l’altra.
« Le cose stanno così
».
Il lampadario stava lampeggiando
e oscillando pericolosamente. Tutti i presenti, con il cuore in gola,
rivolsero
a Bellatrix una supplica silenziosa. Lei e Walburga erano sempre andate
d’accordo ma, ora che si fronteggiavano, le conseguenze della
loro rabbia
apparivano disastrose a chi si trovava in mezzo.
« Vattene immediatamente!
»
sbottò Walburga.
Bellatrix non se lo fece ripetere
due volte. Con un’ultima occhiataccia, le voltò le
spalle e uscì dal salotto a
passi pesanti.
Senza forze, Walburga si lasciò
ricadere sul divano nello stesso momento in cui la porta
d’ingresso sbatteva
violentemente.
Kreacher era
accorso per raccogliere
i cocci della tazzina e asciugare il pavimento, ma lei gli fece cenno
di
pensarci più tardi. Al momento non voleva vedere
né sentire nessuno. Si teneva
le mani davanti agli occhi, nel tentativo di estraniarsi da tutto
ciò che la
circondava. Un dolore acuto e martellante le toglieva quasi il respiro.
Sentiva
come una voragine senza fondo dentro di sé.
Era tutto finito. Regulus non
c’era più e con lui si era dileguata
l’ultima speranza di sopravvivenza della
famiglia.
Quello era l’inizio della fine
per
la Casata dei Black, ma al momento la donna era ossessionata da ben
altri
pensieri. Non dava alcun valore alle parole di Bellatrix. Se era vero
che
Regulus aveva deciso di lasciare i Mangiamorte, doveva aver avuto le
sue buone
ragioni. Non sapeva quali ma immaginò che ad un certo punto
gli ideali del
Signore Oscuro non avessero più coinciso con quelli che gli
erano stati
insegnati.
Di una cosa era certa: Regulus
non era un traditore del suo sangue come l’altro.
Era il figlio migliore del mondo. Ne era stata talmente fiera che ora
le
sembrava di aver perso tutto. Regulus era tutto ciò che le
rimaneva e in lui
aveva riposto ogni speranza.
Una fitta di rimorso inutilmente
represso la fece gemere, e cominciò a chiedersi che cosa
sarebbe successo se
lei non lo avesse incoraggiato ad unirsi a Lord Voldemort. Forse a
quell’ora suo
figlio sarebbe stato ancora vivo…
Con uno sforzo immenso, si
costrinse a rigettare indietro quei pensieri. Non poteva sopportare un
peso
simile. Non era colpa sua. In fondo, era stato Regulus a volerlo. Lei
glielo
aveva consigliato, ma lui ne era felice…
all’inizio…
Era molto meno doloroso
continuare a mentire a se stessa piuttosto che ammettere di averlo
mandato inconsapevolmente
al macello. Ma dentro di sé sapeva che non si sarebbe mai
più liberata di quel
rimorso.
Nel frattempo, Rodolphus aveva
salutato in fretta e furia Lucius ed era uscito a sua volta da
Grimmauld Place.
In cima ai gradini che davano sulla strada, cercò di vedere
attraverso la fitta
cortina piovosa, in cerca di una vaga traccia di sua moglie.
Il cielo nero era a tratti
illuminato da potenti lampi e la strada si stava velocemente allagando.
« Impervius
» disse, la bacchetta puntata contro di
sé. Non era
sicuro che sarebbe stato utile con quel diluvio, ma almeno non si
sarebbe
inzuppato dalla testa ai piedi.
Grazie all’incantesimo,
riuscì a
notare una figura familiare che voltava l’angolo sulla
sinistra.
Rodolphus rinunciò ad
inseguirla
a piedi e si Smaterializzò direttamente, comparendo nella
strada traversa,
proprio accanto a Bellatrix.
La donna aveva tutta l’aria di
aver appena sferrato un pugno contro la parete di un edificio. Aveva lo
sguardo
fisso e Rodolphus non poté fare a meno di pensare che
nessuno sano di mente sarebbe
voluto esserne il destinatario.
« Andiamocene. Non mi sembra il
caso di rimanere qui sotto il temporale » esordì
lui.
Bellatrix non disse una sola
parola, limitandosi a stringere i pugni e infilarsi le unghie nella
carne.
« Non me lo sarei mai aspettata
da Regulus » affermò infine.
Rodolphus la guardò. La
conosceva
bene: sotto la rabbia, la donna nascondeva una grossa delusione.
« Era ancora un ragazzino. Non
era pronto per servire il Signore Oscuro » le disse.
« Ma sembrava così
convinto! »
« Bella, lo faceva soltanto per
dovere nei confronti della famiglia. Ma non credere che sia tanto
diverso da
molti altri. Pensi che tutti gli altri Mangiamorte siano veramente
motivati
dagli ideali del Signore Oscuro? Pochi gli sono fedeli come noi.
Macnair,
Karkaroff, lo stesso Lucius: loro non esiterebbero un attimo a
voltargli le
spalle se qualcosa andasse storto. Regulus era solo meno opportunista,
e non è
riuscito a fingere bene come altri ».
Bellatrix annuì, ma non si
mosse ancora.
Dentro di sé sentiva una rabbia che non riusciva
più a contenere. Non poteva
credere che Regulus li avesse traditi tutti. Le sembrava di odiarlo ma
al tempo
stesso non voleva avercela con lui. Doveva assolutamente trovare un
capro
espiatorio per scaricare tutta quella collera…
Rodolphus le afferrò il polso
con
decisione, costringendola a voltarsi verso di lui.
« Sai che fa male tenersi tutto
dentro. Hai solo bisogno di sfogarti… e io conosco il modo
migliore per farlo:
non dicevi proprio l’altro giorno che ci sono troppi Babbani
in giro? »
aggiunse Rodolphus, con un’espressione eloquente.
Bellatrix parve rianimarsi e per
un attimo riuscì a piegare le labbra in una smorfia.
« Sì, andrebbero
proprio sterminati
» convenne, ricambiando lo sguardo del marito. «
Caccia al Babbano? »
Rodolphus annuì e le porse la
mano destra. Bellatrix gliela prese.
Se pensava che all’inizio non
avrebbe neanche voluto sposarlo quasi non ci credeva. Presto
però si era resa
conto che, nonostante tutto, avevano molte cose in comune: entrambi
erano
sadici e violenti allo stesso modo e si intendevano alla perfezione,
come se si
potessero leggere nel pensiero a vicenda. Inoltre tutti e due erano
fedeli al
Signore Oscuro.
Bellatrix sapeva che quello che
il legame tra lei e il marito non era neanche paragonabile a
ciò che sentiva
per Voldemort. Tuttavia Rodolphus era il compagno perfetto per lei. Il
fatto
che avesse intuito e anticipato il suo bisogno di versare del sangue
Babbano
per sfogare la sua rabbia lo dimostrava.
Si Smaterializzarono insieme,
decisi a non avere alcun freno alla loro sete di morte e distruzione.
Quella notte nessuno li avrebbe
fermati.
Quando quella mattina Sirius
aprì
gli occhi, per un attimo non riconobbe la stanza in cui si trovava. La
sua
mente appena sveglia cercava di elaborare qualche vago ricordo.
Che cosa ci faceva in quella
camera che non gli era familiare? Ricordava soltanto di aver avuto un
terribile
incubo e di essersi destato all’improvviso. Aveva anche la
sensazione di aver
dormito per tantissimo tempo.
Guardandosi intorno, scoprì di
non
trovarsi a casa sua. In effetti, quella sembrava proprio la stanza
degli ospiti
dei Potter. Ma che diamine ci faceva lì?
Alla sua mente riaffiorò il
ricordo di un pomeriggio piovoso, di una tazza di tè caldo
abbandonata sul
tavolo della cucina e della voce familiare di James che gli chiedeva di
restare
a dormire lì…
No, tutto ciò era troppo simile
all’incubo che aveva fatto. E poi perché James e
Lily avrebbero dovuto
ospitarlo per una notte? Lui ce l’aveva una casa e di sicuro
non avrebbe voluto
disturbare la coppia di sposi. A meno che…
Fu come se un freddo gelido fosse
calato improvvisamente nella stanza, giungendo fin dentro di lui.
Non era stato affatto un incubo;
era successo davvero. Aveva veramente vagato senza meta per
più di un giorno
intero, con l’unico desiderio di svanire nel nulla e non
provare più niente.
Ora ricordava che James lo aveva trovato seduto su un marciapiede,
incurante
della pioggia che scrosciava. Dopo avergli detto che lo stavano
cercando tutti,
lo aveva convinto a seguirlo a casa sua.
Adesso però Sirius desiderava
dimenticare
tutto un’altra volta, non sentire più
quell’angoscia che lo opprimeva come un
macigno sul petto.
Per estraniarsi di nuovo dal
mondo reale, si voltò verso il muro e chiuse gli occhi. Ma
fu ancora peggio
perché varie immagini e frammenti di memorie iniziarono ad
apparirgli davanti: due
bambini piccoli scartavano i rispettivi regali di Natale per poi
scambiarsi un
gran sorriso soddisfatto; un ragazzino di Serpeverde chiamava per nome
un
Grifondoro, ma questo fingeva di non sentirlo e si allontanava in
compagnia dei
propri amici; infine gli stessi due ragazzi, ormai cresciuti, si
urlavano
addosso, ma nessuno dei due sentiva quello che l’altro
diceva.
Quella scena lo riportava con la
mente all’ultima volta in cui aveva visto Regulus: era
distrutto e spaesato a
causa della morte di loro padre, ma solo ora Sirius si rendeva conto
che quel
giorno suo fratello aveva cercato di mascherare qualcosa di
più. Forse si era
già pentito di essere un Mangiamorte…
Perché
non mi hai chiesto di aiutarti? pensò, disperato,
come se
lui lo potesse sentire. Pensavi che me ne
sarei infischiato? O eri troppo orgoglioso per ammettere di aver
commesso il
più grande sbaglio della tua vita?
Non sapeva quale emozione fosse
prevalente: a momenti sentiva una rabbia bruciante, altri un dolore
atroce, e
altri ancora il desiderio di poter tornare indietro e ricominciare
tutto da
capo, per impedire che accadesse l’irreparabile.
Non gli importava più chi aveva
torto o ragione. Fino a pochi giorni prima era convinto di essere nel
giusto,
ma ora iniziavano ad uscire fuori anche i rimorsi e i rimpianti che
aveva a
lungo nascosto anche a se stesso.
Se avessi fatto
lo sforzo di capirlo un po’ di più, se non lo
avessi
ignorato e allontanato, se non fossi scappato di casa, se non gli
avessi fatto
credere di detestarlo…
La sua mente era piena di
“se”,
di possibilità mai realizzate. Sirius sapeva che era inutile
pensare a cosa
sarebbe stato diverso se Regulus non avesse deciso di unirsi a
Voldemort, ma
non riusciva a trattenersi.
Solo ora si rendeva conto di
averlo perso troppo presto: non sapeva quasi nulla di lui, non se ne
era mai
interessato. Non aveva voluto mai sentirne parlare, aveva sempre detto
di
odiarlo e che non significava nulla per lui. Era solo un Mangiamorte,
forse un
assassino… ma era sempre suo fratello.
Nonostante fosse distrutto,
Sirius non riusciva a piangere. E stavolta non era a causa del suo
orgoglio:
era come se neanche le lacrime bastassero ad esprimere come si sentiva
in quel
momento…
Improvvisamente delle voci
familiari lo distrassero per un attimo: Lily e James dovevano essersi
già
svegliati. Sentirli così vicini gli fu di immenso conforto.
Sirius non sapeva come trovò la
forza di alzarsi dal letto. Aveva la sensazione di muoversi per
inerzia, come
se il suo cervello fosse scollegato e non controllasse i movimenti del
corpo.
Le voci provenivano dalla cucina.
Sirius uscì dalla stanza e iniziò a scendere le
scale. In realtà non aveva la
minima voglia di parlare, ma non voleva restare chiuso in camera tutto
il
giorno a pensare.
Quando si affacciò alla soglia
della cucina, vide James che stava leggendo ad alta voce un articolo
della
Gazzetta del Profeta e Lily che lo ascoltava con
un’espressione disgustata.
« Per carità,
smettila, sto
mangiando! » esclamò lei ad un certo punto.
« Questi giornalisti hanno il gusto
del macabro. Non c’è alcun bisogno di scendere nei
particolari… »
Sirius sentì la
necessità di
schiarirsi la gola, altrimenti non avrebbe potuto parlare.
« Che cosa è
successo? »
I Potter tacquero subito e si
voltarono verso di lui. Sirius abbassò lo sguardo: non
voleva essere guardato
con compassione.
« C’è stata
una strage di Babbani
ieri notte » rispose James, riponendo il giornale.
« Quindici morti e nessun colpevole
catturato ».
Lily gli lanciò
un’occhiata
ammonitrice, per intimargli di non aggiungere altro.
« Sirius, ho preparato una
frittata, so che ti piace » aggiunse, con un evidente
nervosismo. « Se non ti
va ci sono anche diversi toast… ehm, sono un po’
bruciati ma… »
Era molto a disagio: probabilmente
non sapeva come comportarsi.
« Ti ringrazio, ma non ho fame
»
rispose Sirius, cupo. A dire la verità, il solo pensiero del
cibo gli dava la
nausea, e non solo perché la cucina di Lily faceva
concorrenza a quella di Hagrid.
Notò che gli altri due si erano scambiati
un’occhiata d’intesa.
« Come… ti senti?
» buttò lì
James.
Mi sento morire,
pensò, e a giudicare dal dolore che provava, non
era neanche troppo inverosimile. Ma non lo avrebbe mai detto ad alta
voce. Non
voleva farli star male a loro volta.
« Un po’ meglio di
ieri » mentì
e, per non rimanere lì impalato, andò a sedersi
al tavolo.
Sapeva che James stava guardando il
suo volto funereo e che non aveva creduto neanche ad una parola. Ma gli
fu
grato quando lo vide trattenersi dall’insistere, e
apprezzò anche il suo sostegno
silenzioso.
« Sentite » aggiunse
dopo qualche
istante di imbarazzato silenzio, che Lily aveva cercato di impegnare
mescolando
con una forza decisamente eccessiva il caffè col cucchiaino.
« Vi ringrazio per
avermi ospitato stanotte, ma non voglio disturbarvi ancora…
»
James alzò gli occhi al cielo.
A
giudicare dalla sua espressione, se l’era aspettato.
« Smettila, sai che puoi restare
qui tutto il tempo che vuoi. Vero, Lily? »
« Ma certo! Se non te la senti
di
tornare a casa, rimani qui per un po’. Non ci disturbi
affatto ».
Sirius scosse la testa. Sapeva
che avrebbero risposto in quel modo.
« Prima o poi dovrò
tornarci,
quindi meglio prima che dopo ».
Gli altri due non sembravano
convinti della sua decisione.
« Se hai bisogno di restare da
solo, fai come vuoi » disse infine James. «
Però ti accompagno io, e poi ti
verrò a trovare tutti i giorni. Quindi sappi che non ti
libererai facilmente di
me ».
Per un solo istante Sirius
accennò un sorriso triste. Anche se la vita sembrava
scagliargli addosso un dolore
dopo l’altro, non poté fare a meno di sentirsi
consolato al pensiero che c’era
qualcuno sul cui aiuto poteva sempre contare.
*Angolo autrice*
Avevo
detto che avrei aggiornato ogni dieci giorni, ma mi rompo
più di voi ad aspettare! Quindi, visto
che in questi
giorni ho scritto un sacco, per ora posso aggiornare ancora
una volta a settimana,
perciò
pubblicherò i prossimi capitoli ogni venerdì
sera. E s'impicchi la
previdenza!
In fondo, visto che
dovrete
avere un po'
di pazienza prima di rivedere Regulus, è meglio che non vada
così lenta, perché è snervante. Nel prossimo capitolo
però potrebbe esserci una sorpresina...
I primi
capitoli sono molto incentrati su Rachel (spero che non vi dispiaccia),
ma non
potevo non scrivere le reazioni di Sirius e dei Black.
Descrivere
Walburga
ridotta così è stato... boh, indefinibile. Ma non
ce
la
vedevo a restare gelida anche dopo la morte del suo "unico" figlio. Da
quel che racconta Kreacher, era veramente distrutta.
La parte con Bellatrix e suo marito è un tributo a Circe,
che mi ha fatto cambiare idea su Rodolphus: Fino a qualche tempo fa lo
consideravo uno zerbino, ma dopo aver letto le storie della
suddetta l'ho del tutto rivalutato. Sia chiaro: Bellatrix ama
Voldemort (che gusti...), ma con Rodolphus si capisce al volo, e lui ha
il suo
stesso modo di sfogarsi,
come avrete notato.
Ringrazio Marta, che ormai sta sfornando una galleria di
disegni
sulla mia storia! L'opera di oggi raffigura la madre di Rachel: Diane
Sono commossa dalla fiducia che riponete in me, quindi spero veramente
di non deludervi! =S *trema dalla fifa*
Alohomora:
grazie a te per avermi incoraggiata a scrivere questa storia!
Nel prossimo capitolo Rachel capirà che deve reagire, ma
prima che riacquisti il sorriso ce ne vuole. Ora però
voglio sapere da che parte stavi durante la litigata tra Bellatrix e
Walburga! Se sono riuscita per un solo nanosecondo a farti tifare per
la megera posso considerarmi realizzata!
_Mary:
sapevo che
avresti odiato Barty. Lui non avrebbe voluto fare del male a Rachel,
però tra lei e Voldie preferisce quest'ultimo. Ma che ti
aspetti
da uno che ha ucciso il proprio padre, per quanto
bast-... odioso fosse? Ah sì, uno scontro con
Regulus
prima o
poi ci sarà! Grazie, l'ambientazione è una delle
cose cui
tengo di più nel capitolo scorso!
Mahoney:
grazie per
aver letto il primo capitolo, anche se ovviamente non hai capito molto,
dato che 3 personaggi su 4 erano originali! E grazie per l'intenzione
di leggere "Eroi non si nasce, si diventa". Spero che ti piaccia!
Mirwen:
ciao anche a
te! Sono felicissima che tu non sia delusa, e spero che il capitolo di
oggi ti sia piaciuto altrettanto, visto che c'è Sirius...
anche se non è molto allgreo... =(
Circe:
spero che ti
sia piaciuto il momento tra Bellatrix e Rodolphus, l'ho scritto in tuo
onore! Vedi, tu mi hai fatto rivalutare Rodolphus e io spero di farti
apprezzare le what if, e spero che tu rimanga di questa idea anche alla
fine della storia! Grazie, tengo tantissimo a migliorare il modo di
scrivere, quindi mi ha fatto molto
piacere sentirmelo dire da te!
Beatrix
Bonnie: ecco
l'artista! Il fatto che le mie storie ti ispirino non
può far altro che aumentare la mia stima! XD
Grazie!
Descrivere il dolore dei vari personaggi mi preoccupava
perché
dopo un po' avevo paura di essere ripetitiva, ma sono felice che le
metafore ti siano piaciute! Il disegno di Diane è
fantastico! **
Lyssa:
non
ho pubblicato il 13 però ho anticipato lo stesso, contenta?
Spero di farcela, perché con
l'università in
certi periodi non posso scrivere e devo tenermi alcui
capitoli di scorta. E io detesto
aggiornare in ritardo! Grazie, sono contenta che trama e
stile ti piacciano! Spero che il ritorno a scuola non sia stato troppo
traumatico...
Lellas92:
ben
ritrovata! In effetti neanche a me Barty sta antipatico, anzi. Quando
scrivo per un po' su certi personaggi, nei loro
confronti divento una specie di mamma chioccia!
Poi Barty mi è sempre piaciuto per la sua assoluta
fedeltà ai suoi "ideali", anche se è
l'esatto
opposto di Regulus e gli ideali sono discutibili! La tua recensione mi
ha fatto ridere troppo! XD
Lenobia:
a forza di
scrivere su di lui, Barty è diventato uno
dei preferiti
anche per me. Prima di vedere Regulus dovrai aspettare un po' ma quando
"tornerà" mi concentrerò molto su di lui, per
la mia grande felicità! Perseus comparirà di
più in questa
storia, anche perché mi piace descriverlo. Grazie, sono
contenta
che il mio stile sia migliorato!
bianchimarsi:
ma tu sei un genio! XD E'
buffo che tu abbia detto quella frase sul futuro che lo si crea da
soli, perché per la storia questo concetto sarà
molto
importante. Insomma, sei telepatica, complimenti!
DubheBlack:
per ora dove sia Regulus non si sa e resterà un mistero!
Alla
fine comunque sarà più facile di quanto possa
sembrare,
perché non ho inventato niente di nuovo, almeno per ora.
Povero
Regulus, non gli sono bastati gli Inferi, stavolta rischierà
di
essere fatto a pezzi dal padre di Rachel! Grazie, non sai quanto mi
faccia piacere un'accoglienza così! =D
RF09:
ciao!
Purtroppo questi capitoli iniziali saranno tristi, ma la storia
è in salita, quindi miglioreranno man mano che
andrà
avanti! Per Regulus dovrai aspettare un po', però!
malandrina4ever:
ma cara, lo sai che io ho scelto quella data appositamente per te?
Già. Avevo letto da qualche parte che l'11 partivi,
perciò ho deciso di iniziare a pubblicare il giorno prima!
Spero
che questo ti ricompensi per l'assenza di Regulus (puoi ripeterlo
quante volte vuoi, a proposito, anzi, deviripeterlo)
anche perché al momento latiterà. Per
ricompensarti, ti
ci ho pure dovuto mettere Potter, tsk... Il titolo è merito
tuo,
ti farei a mia volta una statua d'oro! **
meissa_s:
mi piace sempre adattare le condizioni atmoferiche ai sentimenti dei
personaggi, e dato il titolo della storia, non potevo iniziare
che
in un giorno piovoso. Per Regulus però dovrai aspettare un
po'.
Le cose inizieranno ad evolversi dal capitolo 4, dopo di che un po' per
volta si arriverà al momento tanto atteso! (sto diventando
sadica quanto te...XD)
bellatrix18:
che bello, grazie! Mi fa piacere sapere che hai aspettato questo storia
per tanto tempo! La situazione inizierà ad evolversi presto.
Prima che Regulus compaia però devono accadere tante cose,
quindi poveretto dovrà aspettare e voi dovrete avere
pazienza.
quigon89:
bè, dopo questo capitolo probabilmente Bellatrix non ti
sembrerà più tanto trattenuta! Nello scorso
doveva ancora
abituarsi all'idea dela morte di Regulus, ora però si
è
scatenata. Benvenuto nel club: anche io adoro Barty! Mi affascina un
sacco. Grazie per quello che hai detto sulla crescita dei miei
personaggi! Mi ha fatto molto piacere! =D
lyrapotter:
bentrovata anche a te! Mi dispiace averti messo tristezza, e mi sa che
anche con questo capitolo il risultato sia stato uguale. Bellatrix qui
si è pronunciata eccome: con Barty no, perché i
panni
sporchi si lavano in famiglia! Più che distruggere qualcosa,
direi che ha fatto di peggio... ma si sa che se non fa le cose in
grande non si sente realizzata u.u
PenPen:
ti
assicuro che dispiace tantissimo anche a me. Mi piaceva tanto il trio
dei Serpeverde a Hogwarts, ma poi ognuno ha fatto le proprie scelte,
che nel caso di Regulus e Barty erano del tutto opposte =(
Lo so, i primi capitoli sono tristi, ma presto
migliorerà, promesso!
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Capitolo 3 *** Frammenti di sogno ***
Non può piovere per
sempre
Capitolo 3
Frammenti di sogno
Rachel si girò nel suo letto,
nel
disperato tentativo di dormire. La tisana che sua madre le aveva
preparato non
era riuscita a farle prendere sonno, lasciandola solo un po’
intontita.
Lo sguardo le cadde sul comodino,
sul quale era riposta la sua bacchetta. Mentre la fissava, una miriade
di
pensieri assurdi invase la sua mente, ronzando come uno sciame di api
infuriate.
Anche se da poco tempo, aveva
iniziato a lavorare come Apprendista Obliviatrice. Le sarebbe bastato
un colpo
di bacchetta, un semplice Incantesimo di Memoria su se stessa per
dimenticare
tutto. L’idea di non avere più motivi per soffrire
l’allettava.
O forse no.
I ricordi erano tutto quello che
le restava. Non avrebbe mai potuto né voluto cancellarli.
Erano le memorie
degli anni più felici della sua vita e, anche se rievocarle
le faceva male, non
poteva farne a meno. Per lei erano tutto.
All’improvviso
percepì di nuovo
il vuoto che aveva dentro di sé, un vuoto che cercava
inutilmente di ignorare
ma che esigeva di essere colmato, un’altra volta. Finiva
sempre per stare
ancora peggio, ma non trovava il coraggio di infrangere
quell’ultima illusione.
Senza neanche rendersene conto,
un attimo dopo era già in piedi e si era incamminata fuori
dalla sua stanza.
La casa era immersa dal silenzio
della notte. Rachel si fece luce con la bacchetta e non si diede
neanche la
pena di non fare rumore: scese al piano terra quasi di corsa, senza
curarsi di
nulla all’infuori della sua meta.
Percorse il corridoio buio e
silenzioso, fino a che non raggiunse la porta in fondo.
La stanza in cui entrò era
quasi
interamente occupata da oggetti magici di tutti i tipi, alcuni molto
preziosi,
anche se negli ultimi anni erano diventati sempre di meno.
Rachel all’inizio si era pentita
di aver acconsentito che suo padre vendesse lo Specchio delle Brame a
Silente;
in quei momenti le sarebbe stato di conforto. Ma adesso aveva trovato
qualcosa
di meglio, qualcosa che era presto diventata una droga e di cui non
avrebbe più
potuto fare a meno.
Rachel si avvicinò a un
armadietto di legno intagliato e aprì le due ante,
estraendone poi un piccolo
bacile di pietra delle dimensioni di una scodella.
Dopo essersi seduta per terra e
aver accarezzato la ruvida superficie del recipiente, percorrendo con
le dita
le incisioni a caratteri runici, iniziò a riempirlo di
lunghi filamenti
bianco-argentei.
Si accorse che le tremavano le
mani, forse per l’impazienza di rifuggire la
realtà, o forse perché sapeva che
sarebbe stato tutto inutile: quello che era diventato quasi un amico,
che
riusciva a farle rivivere quei momenti che aveva perso per sempre, ogni
volta
si rivelava falso, perché dopo il momentaneo sollievo
l’impatto con la realtà era
sempre peggiore della volta precedente.
Ma, nonostante il buonsenso le
sconsigliasse di rifugiarsi in quelle illusioni, voleva dimenticare per
un po’
la realtà tanto odiata.
Così, quando il Pensatoio fu
pieno
fino all’orlo del liquido gassoso color argento, Rachel
avvicinò il viso
finché, quando la punta del suo naso sfiorò la
superficie del contenuto, vi
sprofondò provando la stessa sensazione di chi, dopo essere
stato in apnea per
troppo tempo, riesce finalmente a respirare a pieni polmoni.
Le parve di precipitare verso il
fondo di pietra, e invece la stanza era scomparsa, sostituita da un
fumo
nerastro che presto si diradò.
Si trovava nel bel mezzo della
sala d’ingresso di Hogwarts. Studenti di tutte le
età entravano e uscivano
dalle porte della Sala Grande o da quelle che davano sul cortile.
Anche se nessuno poteva vederla
né tanto meno comunicare con lei, Rachel sentì un
lieve conforto, quello che
solo Hogwarts poteva darle.
In quel momento fu superata di
corsa da una piccola Serpeverde del primo anno dall’aria
estremamente
familiare.
Rachel seguì la sua versione
undicenne fino ai piedi della scalinata principale, dove quella si
arrestò con
una vistosa scivolata, sotto gli sguardi perplessi di altri due
Serpeverde
della stessa età.
Il cuore della Rachel diciottenne
sussultò quando la sua proprietaria scorse il ragazzino dai
lisci e ordinati
capelli neri, gli occhi grigi e lo sguardo altezzoso. Subito dopo fu
assalita
da una sensazione stranissima, un dolore pungente misto a tenerezza.
Regulus era così reale
nell’atteggiamento, nel modo di muoversi e di parlare, nello
sguardo serio e
orgoglioso, anche troppo per un ragazzino così giovane. Era
proprio lui, vivo e
ignaro di quello che lo aspettava.
« Questa notte ha nevicato un
sacco! Vi va di andare fuori a giocare a palle di neve? »
La voce allegra e squillante
della ragazzina la distrasse da quei cupi pensieri. Nemmeno lei
sospettava
nulla.
« Ehm… veramente devo
restituire
un libro in biblioteca, altrimenti Madama Pince mi uccide »
inventò Barty,
togliendosi d’impaccio e affrettandosi a tornare su per le
scale.
Prima che anche Regulus potesse
addurre una scusa, Rachel gli arpionò il braccio,
impedendogli di imitare
Crouch junior.
« Grazie per esserti offerto!
Vedrai, ci divertiremo un mondo! »
« Io non mi sono affatto offerto
»
rispose Regulus, cercando di mantenersi in piedi mentre lei lo
trascinava verso
il portone di quercia. « Non voglio giocare ».
« Perché? »
« Perché i
combattimenti con la
neve non mi piacciono ».
« Hai solo paura di essere
stracciato » scherzò lei, ridendo nel vedere la
sua espressione indispettita.
« Non è vero!
È solo che non
posso farlo ».
« E come mai? »
Fino a quel momento Rachel aveva
continuato a trascinarlo, ma ora si era fermata. Regulus ne
approfittò per
lisciarsi la manica spiegazzata dell’uniforme; poi, tutto
impettito, spiegò:
« Non so come sei stata abituata
tu, ma io devo mantenere un certo
contegno,
ed essere tempestato da palle di neve non è proprio quel che
si può definire un
comportamento dignitoso ».
Rachel rimase a bocca aperta. In
quel momento non riusciva a credere a quanto aveva appena sentito.
La spettatrice silenziosa e
invisibile del loro battibecco sentì una fitta dolorosa di
rimpianto.
Lui e i suoi
ragionamenti assurdi, pensò, mentre la gola
iniziava a
bruciarle. Le mancava tutto di Regulus, anche i suoi modi fin troppo
formali.
« Ma stai bene? Sveglia, non sei
ad una serata di gala, e non ci sono nemmeno i tuoi genitori a
controllarti!
Perché non ti rilassi un po’? Guarda »
aggiunse la piccola Rachel, aprendo il
portone e costringendolo a uscire nel cortile. « Lo fanno
tutti, e non mi pare
che si preoccupino di non sporcarsi gli abiti, signor Perfettino
».
Regulus fece una smorfia nel
vedere gli studenti che combattevano a suon di palle di neve.
« Forse non ti è
chiara una cosa.
Io non sono tutti. Sono un Black e
non mi comporto come la gente comune » disse, come dando per
scontato che con
ciò la questione fosse chiusa.
Rachel sembrò fare un enorme
sforzo per trattenersi dall’affatturarlo.
« Sei odiosamente e
disgustosamente snob. Ma almeno ti rendi conto di quello che dici? Ah,
tanto
per la cronaca, non è un Black anche quello? »
Indicò Sirius che, insieme ad
altri tre Grifondoro, stava inscenando la battaglia più
combattuta del cortile.
Regulus arrossì, vistosamente
imbarazzato.
« Lui… lui
è un caso a parte. È
un problema suo se non si comporta come dovrebbe. E ora ti saluto
».
La ragazzina lo guardò
allontanarsi e rimuginò tra sé. Quel Black era
proprio snob, stava pensando, e
in qualche modo lei si sentiva in dovere di farlo diventare un
po’ più umile…
per il suo bene, naturalmente. Poverino, lui era talmente abituato a
comportarsi così che nemmeno si rendeva conto che a lungo
andare sarebbe
risultato antipatico a tutti. Ed era un peccato.
Infine, un ghigno malefico le si
dipinse sulla faccia.
« Regulus! »
Quando lui si voltò a
guardarla,
fu colpito da una grande quantità di neve direttamente in
pieno volto, e le sue
imprecazioni rabbiose si mescolarono alle risate irrefrenabili di
lei…
La scena fu invasa
all’improvviso
dal fumo nero e i due ragazzini scomparvero, lasciando solo un immenso
sconforto in Rachel. Per qualche secondo si era quasi illusa che il
ricordo che
aveva appena rivissuto fosse reale, di trovarsi davvero a Hogwarts in
una
nevosa mattina di gennaio, senza alcun pensiero che le facesse tornare
in mente
quello che la aspettava fuori dal Pensatoio.
Ma sapeva che era così ogni
volta
e si consolò pensando che c’erano ancora altri
ricordi in cui gettarsi a
capofitto, col desiderio di non riemergerne più…
Rachel e Regulus, stavolta
dodicenni, erano seduti ad un tavolo della cucine di Hogwarts, mentre
gli elfi
domestici si affaccendavano intorno a loro.
Ricordava bene quella notte. Come
avrebbe potuto dimenticarla?
Dopo uno dei loro tanti litigi,
lei si era rifugiata nelle cucine, ma Regulus era andato a cercarla,
sfidando
le ronde notturne di Gazza per convincerla a tornare nella sala comune
di
Serpeverde.
Improvvisamente, si erano
ritrovati a parlare più di quanto avessero mai fatto,
arrivando a toccare
l’argomento che Regulus temeva più di tutti.
Rachel ascoltò Regulus spiegare
il motivo del suo rapporto conflittuale con il fratello, raccontandole
di
quando sua cugina era scappata di casa per sposare un Nato Babbano. Il
timore
di Regulus era che Sirius un giorno prendesse la stessa decisione di
Andromeda.
Non era vero che lo odiava, come aveva sempre fatto credere a tutti:
aveva solo
paura di perderlo.
Ci fu una lunga pausa, durante la
quale Regulus si fissò con insistenza le unghie della mano,
mentre Rachel
guardava lui.
Colei che li osservava sapeva
cosa stava succedendo dentro la testa di Rachel, la sua
testa. Ricordava perfettamente quello che aveva provato. Erano
giorni che si sentiva strana, come se ci fosse sempre qualcosa a
distrarla. La
presenza di Regulus la innervosiva, ma non ne aveva compreso la ragione
fino a
quella notte, quando finalmente lui, che era sempre stato
così chiuso e
introverso, aveva iniziato ad aprirsi un po’, facendole
capire che dietro al
Purosangue orgoglioso c’era anche un lato nascosto, un
Regulus migliore di
quello che lui voleva dimostrare di essere.
E, ora che lo aveva capito, iniziava
finalmente a comprendere quello che le era successo, anche se ancora
non si
rendeva conto che presto quell’infatuazione si sarebbe
trasformata in qualcosa
di molto più profondo.
Rachel fu avvolta nuovamente dal
fumo nero, ma fece in tempo a sentire l’ultima frase di
Regulus.
« Però queste cose
tienile per
te: non farle sapere in giro ».
In seguito aveva sempre mantenuto
quella promessa. Quella conversazione nelle cucine rimase un segreto
condiviso
tra loro due, e Rachel fu forse l’unica persona al mondo cui
Regulus aveva mai mostrato
quel lato di sé.
Nel ricordo successivo, si
ritrovò
nella Sala Grande all’ora della colazione. Era una mattina di
metà febbraio del
suo quarto anno a Hogwarts.
« Buon San Valentino, ragazzi
»
esordì una compagna di Serpeverde.
« Ah, oggi è il
quattordici? »
chiese Regulus, emergendo dalla sua tazza di cereali. Guardò
Barty in attesa di
una conferma, ma il ragazzo era completamente assorto nel fissare
Emmeline
Vance al tavolo di Corvonero.
« Sì,
perché lo chiedi? »
intervenne Rachel, cercando di nascondere il nervosismo.
Lui fece spallucce.
« Perché tengo il
conto dei
giorni che ci separano dalla prossima partita di Quidditch »
rispose lui con
indifferenza, e lei trasse un respiro di sollievo.
Regulus lanciò
un’occhiata
intorno a sé e concluse sbuffando:
« San Valentino è
proprio una
festa stupida. Una volta all’anno diventano tutti idioti. Non
è così? »
Evidentemente si aspettava una
conferma da parte di Rachel. In effetti, negli anni precedenti lei si
era
sempre comportata come un maschiaccio e aveva sempre condiviso la sua
opinione
su San Valentino. Tuttavia quell’anno c’era
qualcosa di diverso.
« Oh… sì
» rispose con un tono
insolitamente cupo.
« Cominciamo ad andare? Se
arriviamo presto, “I Tre Manici di Scopa” non
sarà troppo affollato » propose
Regulus, non accorgendosi dello stato d’animo della ragazza.
Lei annuì.
« Io non vengo con voi
» rispose
Barty. « Voglio provare a invitare Emmeline ».
« Bravo! Buona fortuna, allora.
Vedrai che accetterà, ne sono sicura » disse
Rachel, assestandogli una pacca
d’incoraggiamento sulla spalla.
Così, lei e Regulus si
incamminarono
da soli fuori dalla Sala Grande, scambiandosi ipotesi sugli schemi
tattici che
la squadra di Corvonero avrebbe adottato nell’imminente
partita contro
Serpeverde.
Stavano attraversando la sala
d’ingresso, quando all’improvviso Rachel fu urtata
e travolta da un ragazzo che
stava correndo a rotta di collo verso l’uscita.
La borsa le cadde per terra e
tutto ciò che vi era contenuto si sparse sul pavimento di
pietra.
« Minus! »
esclamò lei,
infuriata.
Il Grifondoro iniziò a
farfugliare scuse, massaggiandosi un gomito. Regulus aiutò
Rachel ad alzarsi,
fissando Minus con evidente disgusto.
« Il tuo padre Babbano non ti ha
insegnato a guardare dove metti i piedi? » gli si rivolse.
« M-mi dispiace, non
l’avevo
vista! » balbettò quello, ancora in ginocchio,
terrorizzato e servizievole come
tutte le volte in cui era da solo. « T-ti aiuto a raccogliere
tutto… »
« No no, lascia perdere
» disse
Rachel con una certa urgenza, ma Minus aveva già raccolto un
libro e, con
l’altra mano, una scatola rossa con tanto di nastro.
« Anche questa è tua?
» le
chiese.
Rachel era improvvisamente
sbiancata come un cencio, tanto che Regulus, che al momento non aveva
fatto
ancora mente locale alla scatola, temette che stesse per svenire.
Ma un attimo dopo le cose
peggiorarono ancora di più.
« Ehi, Peter! È tutto
a posto? »
Sirius Black e James Potter erano
appena accorsi in aiuto al loro compare. Sirius e Regulus si
scambiarono
un’occhiataccia.
« Ridammela subito! »
ordinò
Rachel, sempre più pallida e spaventata, tendendo il braccio
per sottrarre la
scatola a Minus.
Purtroppo per lei, Potter fu
più
rapido e gliela soffiò da sotto il naso.
« E questa? » chiese,
con un
ghigno divertito, mostrandola anche a Sirius, i cui occhi lampeggiarono
maliziosi dopo che ne ebbero visto il contenuto.
Rachel si slanciò contro di
loro,
armata di bacchetta, ma Potter la bloccò, mentre Regulus non
capiva che cosa
stesse succedendo.
« Peter, credo che tu abbia
interrotto una dichiarazione d’amore in piena regola
» sghignazzò Sirius,
restituendo la scatola a una Rachel ora completamente impietrita. Anche
Regulus, che stava cercando d’intervenire, si
bloccò all’improvviso, certo di
non aver capito bene.
« Regulus, hai fatto una
conquista! Chi l’avrebbe mai detto? »
ridacchiò Sirius, rivolgendosi poi a
Rachel, che era diventata rossa come un Pluffa. « Se vuoi un
consiglio, sappi
che con quel tonto di mio fratello cioccolatini e battiti di ciglia non
servono
a niente. Se vuoi conquistarlo, comprati un costume da Boccino
d’Oro e
indossalo! »
Gli altri due Grifondoro scoppiarono
a ridere. Regulus li guardò allontanarsi con
un’espressione omicida dipinta sul
viso, ma doveva essere talmente inebetito dalla rivelazione da non
avere
neanche la forza di reagire.
Rachel ricordava quello che aveva
provato in quel momento. Sarebbe voluta sprofondare chilometri e
chilometri
sotto terra e non riemergere più. All’epoca
Regulus non la ricambiava, anzi,
aveva un vago interesse, a sua volta non corrisposto, per
un’altra ragazza.
Lei aveva fatto preparare quei
cioccolatini dagli elfi domestici delle cucine senza un motivo vero,
perché non glieli avrebbe mai
consegnati. Ma quando i Grifondoro l’avevano umiliata in quel
modo davanti a
lui, si era sentita morire dentro per la vergogna.
Rachel era sempre più rossa e
sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Senza rivolgere a Regulus
un solo
sguardo, scagliò a terra la scatola e corse fuori dal
castello.
Lui esitò per un attimo,
indeciso
sul da farsi e ancora mezzo intontito dalla scoperta. Poi decise di
raccogliere
la scatola ammaccata e, per evitare ulteriori prese in giro, la nascose
sotto
il mantello; poi uscì a sua volta.
Rachel era andata a sedersi in
riva al lago, con il volto accuratamente nascosto tra le braccia.
Lui rimase in silenzio per
parecchi minuti, senza avere la più pallida idea di cosa
dire.
« Senti… »
esordì dopo un po’, ma
lei a quel punto lo interruppe.
« Quei due non hanno capito
niente » si affrettò a dire lei con un certo tono
acido. « I cioccolatini non erano
mica per te. Figuriamoci, non ti considero nemmeno, antipatico e
insopportabile
come sei ».
« Ehm… ok »
fece Regulus, poco
convinto.
Ma non ne parve persuasa nemmeno
lei.
« Non volevo metterti in
imbarazzo, mi dispiace ».
Lui non rispose. Quello che era
appena successo sembrava pesare tra loro due come un macigno.
« Non… fa niente. La
colpa è di
quei due idioti » disse poi, anche se sembrava pensare
tutt’altro.
Rachel si era ormai asciugata le
lacrime e si voltò a guardarlo, scettica.
« Senti, facciamo finta che non
sia successo nulla, d’accordo? Anche se ovviamente la
cioccolata non era per me
» aggiunse Regulus di proposito.
« Ovvio. Ma chi ti vuole?
» fece
la ragazza, portando avanti la farsa. Ma poi aggiunse, imbarazzata:
« Tu
riusciresti a trattarmi come sempre? O adesso mi considererai
un’idiota? »
« Certo…
cioè, no, non nel senso
che sei idiota… volevo dire… »
« Non preoccuparti, ho capito
»
lo rassicurò lei. Ma si era incupita di nuovo. «
Voglio soltanto che rimaniamo
amici come prima, nient’altro ».
Lui annuì, e poi aggiunse:
« Ah, eravamo amici, prima?
»
Lei gli assestò un gran pugno
sulla spalla, riuscendo tuttavia a sorridere.
« Stupido. Anche se non lo
abbiamo mai detto esplicitamente, lo siamo… anche se tu sei
insopportabile. Allora
niente più accenni a quello che è successo
stamattina ».
« Perché, cosa
è successo
stamattina? » disse Regulus, massaggiandosi la spalla che gli
faceva ancora
male.
Rachel fece un mezzo sorriso, che
però non si estese agli occhi, i quali esprimevano ancora
tutta la loro
tristezza.
Calò un silenzio imbarazzato
che
Regulus cercò di rompere.
« Non ho più tanta
voglia di
andare a Hogsmeade. Però » aggiunse, tirando fuori
dal mantello la scatola
rossa, « è un peccato sprecare tutta questa
cioccolata ».
E gliela offrì, mentre lei
cercava disperatamente di non arrossire di nuovo.
Il ricordo si dileguò come era
apparso e Rachel si trovò questa volta a Hogsmeade in una
notte di luna piena,
quando loro e due e Barty avevano visto la Morte in faccia.
Un Lupo Mannaro li aveva rincorsi
per tutta la campagna circostante il villaggio e Rachel non aveva mai
avuto
così tanta paura di morire in vita sua.
Quando si era convinta che non
avrebbero potuto fare più nulla per impedire
l’attacco del Lupo Mannaro, si era
aggrappata a Regulus e lui l’aveva stretta a sua volta, come
se fosse servito a
soffrire di meno.
Morire insieme
sarebbe stato molto meglio, non poté fare a meno
di
pensare guardando un misterioso cane nero dagli occhi grigi porsi tra
loro e il
Lupo Mannaro e metterlo in fuga, mentre gli occhi le si inumidivano ma
le
lacrime non riuscivano ancora a sgorgare.
Mentre assisteva agli altri
ricordi, le sembrava impossibile che un tempo potesse essere stata
davvero
felice. Il momento in cui Regulus aveva iniziato a ricambiare i suoi
sentimenti, il loro primo bacio, scambiato
nell’intimità di un vicolo di
Hogsmeade, l’euforia per la vittoria della Coppa del
Quidditch e tanti altri attimi
di felicità parevano soltanto ricordi di un sogno, non di
una vita veramente
vissuta. Adesso era convinta di trovarsi in un incubo, senza la
possibilità di
svegliarsi.
Si ritrovò a provare invidia
per
se stessa, perché la Rachel
dei ricordi poteva ancora provare la sensazione causata dal contatto
delle loro
mani unite, mentre tutte le volte in cui lei, trascinata dagli eventi
che stava
rivivendo, aveva cercato di sfiorarlo, aveva stretto solo aria e
nient’altro. Un
gesto semplice e scontato come quello non le era concesso. E infine
Regulus
scompariva di nuovo in un denso fumo scuro.
« Guarda che non possiamo
entrare
là ».
Fino a poco prima avevano
passeggiato lungo il limitare della Foresta Proibita, e ora si stavano
inoltrando nel fitto degli alberi. Era pieno giorno e il sole emanava
una luce
talmente forte che la Foresta
non sembrava poi tanto spaventosa.
« Devo parlarti di una cosa e
non
deve sentirci nessuno » rispose Rachel, continuando a
condurlo verso l’interno.
Si fermò soltanto dopo una
decina
di minuti. Le fronde adesso erano talmente fitte che facevano schermo
alla luce
solare, proiettando su di loro un’ombra continua.
Rachel si appoggiò al tronco di
un albero e guardò Regulus con aria preoccupata.
« Allora? » chiese lui, perplesso.
Lei parve soppesare le parole,
poi esordì:
« Sono preoccupata per te
».
Regulus aggrottò la fronte.
« E perché mai?
»
« Perché ho sentito
delle voci
sul conto di Piton e della sua banda. Sembra che
quest’estate, appena finiti i
M.A.G.O., vogliano diventare dei Mangiamorte. A dire il vero, non
cercano
neanche di nasconderlo ».
Mentre parlava, notò che
Regulus
aveva improvvisamente distolto lo sguardo.
« E questo cos’ha a
che fare con
me? » disse lui con un tono indifferente.
« Ho paura che tu voglia seguire
il loro esempio. Tutti gli altri Purosangue non fanno che parlare di
Tu-Sai-Chi, lo esaltano come se fosse Merlino redivivo… e so
bene che anche tu
sei un suo sostenitore ».
Regulus continuava a non
guardarla negli occhi e a rimanere in silenzio.
« Lo sostengo perché
è il primo
mago che ha avuto il coraggio di fare qualcosa di concreto e di opporsi
alla
condizione di clandestinità che ci è stata
imposta dai Babbani. Tanti maghi adesso
sono contro di lui, ma poi si lamentano perché sono
costretti a nascondersi ».
Rachel gli si avvicinò,
stizzita.
« Lo sai bene che non
è questo il
punto. Tutti noi vorremmo poter esercitare liberamente la magia, ma
c’è un
motivo se è stato deciso di nasconderci. E poi dovresti
capire che qualunque
causa, anche se giusta, diventa sbagliata quando si cominciano a usare
le
maniere forti in maniera gratuita. E Tu-Sai-Chi sta uccidendo un sacco
di
persone. Senza contare che in realtà sta solo sfruttando
l’esasperazione dei maghi
nei confronti dei Babbani e dei Nati Babbani solo per i suoi interessi
».
« Questo lo dici tu »
ribatté
Regulus, testardo, ma non gli sfuggì l’espressione
di Rachel, così cercò di
rimediare al danno. « D’accordo, abbiamo opinioni
differenti su questa
faccenda. Comunque io non ho detto che diventerò un suo
seguace ».
Ma mentre lo diceva, continuava a
guardare dappertutto tranne che in direzione della ragazza.
Rachel lo fissò con insistenza,
come a volergli leggere nella mente.
« Promettilo » disse
infine. «
Promettimi che non diventerai un Mangiamorte. Deve essere una promessa
vera,
però, non tanto per tranquillizzarmi. Voglio potermi fidare
di te ».
Regulus era chiaramente nervoso:
di sicuro non si era aspettato di essere messo così alle
strette.
« D’accordo
» disse lui.
Ma le cose erano andate
diversamente e alla fine lui aveva fatto di testa sua, subendone le
più estreme
conseguenze.
Il ricordo del loro ultimo
incontro scorreva davanti a lei troppo velocemente, come accelerato da
una forza
sadica che voleva catapultarla di nuovo nella realtà.
Quasi non riuscì a sentire le
parole di Regulus che le chiedeva di perdonarlo per averle mentito,
troppo
terrorizzata all’idea che quel sogno stesse per finire
un’altra volta.
E mentre si davano l’ultimo
addio, Rachel sentì una mano delicata prenderla per il polso
e una voce
familiare risuonarle vicino. Si voltò di scatto.
Sua madre, vestita anche lei in
camicia da notte, le stava rivolgendo un’occhiata malinconica
e preoccupata.
« Esci di qui » le
disse. « Tutto
questo non lo porterà indietro ».
Rachel non oppose resistenza; non
ne ebbe la forza ma neanche la voglia.
Mentre Diane la trascinava fuori
dal Pensatoio, qualcosa si infranse dentro di lei e, senza nemmeno
accorgersene, si ritrovò il viso umido e rigato di lacrime
salate.
*Angolo autrice*
Non so quanto siano rari i Pensatoi ma ho voluto
inserirne uno, altrimenti sarebbe stato noioso rievocare i
ricordi attraverso discorso indiretto, e un flashback sarebbe
stato troppo
scontato, volevo anche dare l'idea di Rachel che si rifugia
letteralmente nel passato e non riesce ad accettare la
realtà, per ora..
Non so voi, ma mi mancava un sacco
Regulus in versione snob che pensa solo al Quidditch e non si accorge
di altro! Ho voluto mettere qualche episodio nuovo, mentre dei ricordi
già visti in "Eroi..." (capitoli 20
e 31)
ho inserito quelli che
potrebbero avere delle conseguenze nel corso della storia.
Comunque, i capitoli statici sono terminati. Dal prossimo si
cominceranno a smuovere le cose! Mi dispiace per questa parte
deprimente, ma meglio prima che dopo, no? XD
Ogni volta che mi chiedete di Regulus mi sento in colpa, nonostante il
mio innato sadismo: come ho già detto, la parola
d'ordine
è "pazienza",
ancora alcuni capitoli, devono succedere tante cose nel frattempo...
*schiva i
pomodori ma inciampa e ne viene sommersa*
A venerdì prossimo!
DubheBlack:
l'estinzione della casata dei Black è una delle cose che mi
rendono più triste, quindi capisco come ti senti
ç_ç Sono contenta che tu condivida il mio
pensiero su
Walburga che, con un figlio, ha perso praticamente tutto ciò
che
le restava: e se poi Bellatrix accusa Regulus di essere un traditore
come Sirius davanti a lei... sono guai!
_Mary:
anche io mentre scrivevo provavo pena per Walburga, anche se in effetti
quando scrivo divento empatica col personaggio che sto descrivendo, che
mi sia antipatico o no! Secondo me Rodolphus doveva essere simile a
Bellatrix, magari meno esaltato, ma ricordiamoci che anche lui ha
torturato i Paciock ç_ç
Beatrix
Bonnie:
nella mia immaginazione ci sono due Rodolphus: Rodolphus Lestrange,
quello della Rowling, e Roddy di Emily e Cass, che ovviamente
è
più coccoloso! Non credo che Bellatrix apprezzerebbe
l'eroismo
di Regulus, visto che si è ribellato al suo amato Voldie!
Bè, sai che non sopporto quando Lily viene descritta come se
fosse la Perfezione assoluta, quindi in cucina la voglio rendere
opposta a Molly Weasley, almeno questo!
malandrina4ever: non
dovrai aspettare 100 capitoli prima di rivedere
Regulus, ma circa...
7! Non mi cruciare, dai, è il numero
perfetto, no? XD Però per adesso non te lo dirò
dove sta,
ahah! Vedrai che quando rivelerò il mistero, sarà
più banale di quanto possa sembrare ora. Ehm, riguardo un
possibile salvataggio dei Potter... ci devo ancora pensare!
C'è
quella Profezia che rompe le balle... insomma, devo trovare un modo per aggirarla
un'alternativa valida e sensata, sempre se esiste! Per ora
però penso a Regulus u.u
Lellas92:
bè, sì, io tengo ad ogni pezzo in cui compaiono i
Black,
perché io li adoro, nonostante tutto: sono completamente
fissata
con loro! Comunque qui c'è stata una breve comparsa di
Sirius e
James, anche se ai tempi in cui facevano gli scemi! XD Ma li vedrai
spesso in futuro, soprattutto Sirius, contenta? Su Rodolphus sono
d'accordo con te: Bellatrix si sarebbe vergognata di portarsi dietro
uno stupido! XD
RF09:
vedrai che Kreacher avrà un ruolo importante (ovvio,
è
l'unico che sa qualcosa!). Anche io apprezzo Bellatrix per la sua
coerenza, come Barty, del resto: anche se hanno ideali discutibili,
amodo loro, sono leali! Walburga per me ha sofferto davvero, forse per
la prima volta in vita sua
Alohomora:
meno male, sono sempre preoccupata quando devo descrivere James! Ma io
mi scateno contro di lui all'"esterno": quando devo scrivere mi
spersonalizzo il più possibile. In questo capitolo invece
aveva
15 anni e non è stato difficile descriverlo come ha fatto la
Rowling! Vedrai che dalla prossima volta Walburga tornerà
odiosa
come sempre... E ci sarà anche un personaggio che tutte e
due
adoriamo! ;-)
Mirwen:
grazie per la recensione lunga! Hai ragione, se Rodolphus non fosse
stato furbo, avrebbe fatto una brutta fine da tempo! XD La sorpresa era
Regulus visto tramite i ricordi: magra consolazione dirai, ma sempre
meglio che niente, no? Noto con piacere che non sono impazzita: anche
tu ti sei quasi impietosita per Walburga... non capiterà
più, comunque!
Circe:
grazie mille per quello che hai detto! Sapere di catturare l'attenzione
mi fa immensamente piacere, anche perché Regulus non
comparirà subito, e quindi spero sempre che quello che
scrivo
nel frattempo sia altrettanto interessante! Sono felice che ti sia
piaciuta la descrizione di Rod e Bella: ormai il tuo modo di vederli
per me è canon!
quigon89:
Sirius secondo me è molto ambiguo già nei
libri... ne ha
passate tante ma è immaturo anche da adulto. Poi a me piace
pensare che continui a modo suo ad essere affezionato a Regulus, anche
se non vuole ammetterlo. Comunque, grazie per quello che hai
detto
su Bellatrix e Walburga!
meissa_s:
come vedi ora seguirò molto Rachel da questi momenti in cui
non
vuole accettare la realtà a quando imparerà a
reagire.
Insomma, voglio metterla un po' alla prova, soprattutto ora che
è così debole. Sono sempre felice quando riesco a
spersonalizzarmi se si tratta di James! E sono contenta che anche tu
abbia apprezzato il tentativo di riabilitare Rodolphus! Prossimamente
approfondirò anche Sirius e il suo apparente distacco, sia
nel
prossimo capitolo, sia soprattutto in seguito.
Lyssa:
eheh, per un po' nessuno saprà nulla su dove sia finito
Regulus.
E' un mistero che si scioglierà a poco a poco. Ti assicuro
che
quando leggerai cosa ho ideato ti renderai conto che è la
soluzione più semplice! Non ho inventato niente di nuovo
finora.
Lenobia:
quando scrivo di James sto così attenta a non farmi
influenzare
dall'antipatia che alla fine lo rendo sempre più simpatico
di
quanto vorrei! Qui però ho adattato il suo comportamento
all'età, naturalmente. Grazie, sono contentissima che tu
abbia
provato empatia per Walburga, era quello che speravo di fare!
dirkfelpy89:
se ti è piaciuta la parte con Rachel, spero che ti sia
piaciuto
anche questo capitolo! Eheh, la vecchiaia è una brutta
bestia,
anche io purtroppo sto cominciando a perdere colpi! XD Grazie e alla
prossima!
lyrapotter:
anche io sono in periodo di esami, e lunedì ho l'ultimo, per
fortuna! Infatti ultimamente ho potuto scrivere pochissimo, figurati
leggere! Walburga ha fatto pena anche a me, te lo assicuro. Sono
contenta che ti sia piaciuto Rodolphus! Alla fine inserire James adesso
non è più un'esperienza traumatica: è
maturato e non è più come nel ricordo di questo
capitolo
(anche se la sua essenza rimane, ovvio)! XD
PenPen:
i
personaggi ci metteranno ancora un po' prima di capire che Regulus in
pratica è vivo, ma dovranno anche agire in qualche modo...
non
aggiungo altro, se no dico troppo! In effetti sono un po' crudele a
farli soffrire così... E sì, Walburga ha perso
un'occasione per fare autocritica ^^
nefertari83:
ciao, grazie! Come vedi, ho aggiornato per tempo: tanto per ora ho
alcuni capitoli di scorta. Sono contenta che ti abbia convinta la
reazione di Walburga!
@Pepesale:
grazie per la recensione! Ho corretto la frase che mi avevi fatto
notare, grazie!
|
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Capitolo 4 *** La tomba vuota ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 4
La tomba vuota
La
mattina era fredda e umida. Il
leggero velo di neve che imbiancava il cimitero aveva già
iniziato a
sciogliersi in piccole gocce che scivolavano lungo le lapidi.
Il terreno bianco produceva un
forte contrasto con gli abiti neri della famiglia Black, che si stava
lentamente riunendo intorno ad un mago calvo che di lì a
pochi minuti avrebbe
iniziato a officiare il funerale.
Il silenzio ovattato era infranto
solo dalle urla quasi disumane della signora Black, talmente strazianti
da far
venire la pelle d’oca a tutti i presenti.
In disparte, i Queen fissavano
quel gruppo di sagome nere che davano loro le spalle. Avevano deciso di
rimanere lì, sotto un grande albero e a debita distanza,
come degli ospiti
sgraditi.
Rachel teneva bassi gli occhi
arrossati e gonfi, stretta dentro il mantello che non riusciva a
privarla del
freddo che le giungeva fino alle ossa. Le sembrava tutto estremamente
irreale:
non poteva davvero trovarsi al suo funerale;
pensare una cosa del genere era del tutto inaudito.
Ma i suoi sforzi per convincersi
che non fosse così venivano vanificati dal pianto
inconsolabile di Walburga.
Sembrava dovesse impazzire di dolore da un momento all’altro,
sempre se non
l’aveva già fatto.
« Sei sicura di non volerti
avvicinare? » le chiese Diane, anche se dubbiosa, con la mano
sulla spalla
della figlia.
« No, meglio di no »
rispose
Rachel, fissando con rabbia impotente la nuca velata di Walburga Black.
Se si
fossero ritrovate faccia a faccia, temeva che non avrebbe saputo
tacere.
Soltanto il rispetto per l’evidente dolore che quella donna
condivideva con lei
la tratteneva ancora dal rinfacciarle la responsabilità
della rovina di suo
figlio.
Rachel sentiva il vento gelido
sferzarle il viso umido di lacrime, ma non le asciugò,
memore di quanto le
avesse fatto bene sfogarsi la notte precedente, dopo che i suoi
l’avevano
trovata immersa nei ricordi del Pensatoio. Era stato grazie a loro che
aveva
capito l’inutilità di quella fuga in un passato
che non sarebbe mai tornato.
Sua madre le era stata vicina tutta la notte, senza dire nulla,
offrendole
soltanto una spalla su cui piangere. Grazie ai suoi genitori aveva
finalmente
capito che le toccava essere forte e reagire, senza lasciarsi andare
come aveva
fatto fino a quel momento. Anche se tra il capirlo e il metterlo in
pratica
c’era un abisso…
I suoi pensieri furono interrotti
da un movimento accanto a lei; Rachel si voltò.
« Sei venuto lo stesso
» sussurrò
al ragazzo che l’aveva appena raggiunta e che stava
rivolgendo un cenno di
saluto ai signori Queen.
« Ho dovuto inventare una scusa.
Mio padre mi ha detto che sarebbe stato sconveniente presentarmi, ma
non potevo
mancare » rispose Barty con aria cupa. Il suo sguardo si
posò sulla famiglia
Black: aveva una strana espressione accigliata, un miscuglio di dolore
e
rabbia.
Intanto, l’unico che non
guardava
nella stessa direzione degli altri era Perseus, incapace di distogliere
lo
sguardo da sua figlia. Non riusciva a sopportare l’idea di
vederla ridotta in quello
stato.
La gomitata di sua moglie lo
distolse da quei pensieri all’improvviso. Diane gli
indicò qualcuno alla loro
sinistra, con un’espressione tesa.
Quando Perseus si voltò a
guardare, ebbe non poche difficoltà a riconoscere chi aveva
davanti.
Un uomo dai capelli e gli occhi
grigi camminava con l’aiuto di un bastone, accompagnato da
una giovane donna
col volto seminascosto da un cappuccio. I due si erano fermati a poca
distanza
dai Queen e Barty, ma non li avevano notati, perché la loro
attenzione era
tutta rivolta al resto della famiglia Black.
« Bellatrix non
c’è » sussurrò
l’uomo alla ragazza, la quale parve relativamente sollevata
dalla notizia.
Perseus si soffermò sul viso di
lui, contratto in un’espressione di sofferenza, e sul suo
sguardo spento e
infinitamente stanco. Anche se dentro di sé aveva
già capito di chi si
trattava, si rifiutava di credere che quell’uomo tanto
invecchiato fosse
davvero quello che aveva conosciuto un tempo.
« Alphard…
»
Quel nome gli uscì spontaneo
dalle labbra, senza dargli il tempo di trattenersi.
Alphard Black si voltò di
scatto,
sbigottito, anche se sul suo volto segnato dal tempo non comparve
alcuna
espressione. Sembrava stanco anche per mostrare la minima emozione.
I due vecchi amici si guardarono
per un tempo indefinito, trattenuti da un muro d’imbarazzo
che era sempre parso
insormontabile per entrambi.
Perseus esitò. Non sapeva cosa
dire né cosa fare. La gravità degli ultimi eventi
aveva fatto dissolvere il
rancore che serbava da anni nei suoi confronti, ma non aveva il
coraggio di
fingere che non fosse mai cambiato nulla… O forse era
semplicemente il suo
orgoglio a trattenerlo ancora, come aveva fatto per anni e anni?
Percepiva lo
sguardo di Diane dietro la sua nuca: lei gli aveva sempre detto di
farla finita
con quel risentimento, che era durato troppo a lungo.
Fece due passi avanti, senza
riuscire a staccare gli occhi da terra.
« Condoglianze »
bofonchiò.
Alphard fissò la mano di
Perseus,
tesa verso di sé, e capì che significava molto di
più di quel che poteva sembrare.
Era il segnale di tregua che da entrambe la parti era stato posticipato
per
troppo tempo, sempre a causa dell’orgoglio, quel vizio che
era la rovina di
tutti loro.
Alphard smise a sua volta di
esitare e gli strinse la mano.
« Grazie » rispose,
rauco.
« Mi dispiace »
aggiunse Perseus,
e non si riferiva solo al recente lutto.
« Anche a me ».
Diane si avvicinò a sua volta
per
salutare Alphard, il quale aveva gli occhi lucidi a causa
dell’emozione e del
dolore.
« Lei è mia nipote
Andromeda » disse
l’uomo, dopo un attimo di silenzio imbarazzato, presentando
la giovane donna
che fino a quel momento era rimasta in disparte.
Intanto Rachel stava osservando
la scena con un’espressione amara. Da secoli voleva conoscere
Andromeda e
soprattutto Alphard; invece li aveva potuti incontrare solo in quella
occasione.
Quando i genitori la presentarono
ai nuovi arrivati, scoprì di non essere in grado di
guardarli negli occhi,
perché vi leggeva dentro il suo stesso dolore, e dovette
distogliere lo sguardo
in fretta per non perdere il controllo.
Alphard le rivolse uno sguardo
triste, ma non poté dire nulla perché in quel
momento il mago officiante iniziò
a parlare, richiamando l’attenzione dei presenti.
Rachel però fece prima vagare
lo
sguardo per tutto il cimitero, cercò dietro le tombe
silenziose e gli alberi
innevati, mentre un’ansia stupefatta e ferita si impadroniva
di lei. Non poteva
credere che, dopo tutti gli sforzi che lei stessa aveva compiuto nel
tentativo
di convincere Regulus del contrario, l’evidenza aveva dato
ragione a lui e
torto a lei.
Al funerale si erano presentate
molte persone, parenti, amici di famiglia o conoscenti. Poteva
riconoscere
anche la sagoma larga del professor Lumacorno in mezzo alla folla
davanti a
lei. Ma da qualunque parte volgesse lo sguardo, non vide neanche una
traccia di
chi aveva sperato di vedere.
Regulus aveva
ragione, concluse amareggiata. A
suo fratello non è importato mai niente di lui. Non si
è neanche
presentato al suo funerale..
Ne soffriva come se Regulus
potesse accorgersi dell’assenza di Sirius, come se fosse
lì in piedi accanto a
lei e potesse vedere le reazioni di tutti quanti.
Non poteva sapere chi si celava
dietro le sembianze di un cane nero che assisteva alla scena con il
capo chino,
accucciato ai piedi di un albero.
La cerimonia era finita e la
folla si stava lentamente disperdendo. Rachel voleva avvicinarsi ma
preferiva
attendere che se ne fossero andati tutti. Mentre attendeva che i Black,
i
Malfoy e tutti gli altri uscissero dal cimitero, incrociò
per qualche istante
lo sguardo di Walburga ed esitò. Avrebbe dovuto dirle
qualcosa?
Ma fu la stessa signora Black a
risparmiarle la fatica, perché distolse lo sguardo e si
allontanò senza
rivolgerle neanche un cenno. Ormai non avevano più nulla da
dirsi.
« Posso parlarti? »
Rachel si voltò e
scoprì con
stupore che a parlare era stato Alphard Black. La guardava con
un’espressione
strana, come se avesse qualcosa di molto importante da dire.
Rachel cercò lo sguardo di suo
padre, il quale li osservava da lontano ma non pareva intenzionato a
interromperli. Poi tornò a guardare Alphard, annuendo in
risposta alla sua
domanda.
Lui iniziò a camminare con
l’aiuto del bastone, e Rachel lo seguì senza
fiatare. Dovettero passare accanto
a parecchie tombe prima che lui si decidesse a dire qualcosa.
« È da molto tempo
che desidero
conoscerti » esordì. « Somigli molto a
tua madre ».
« Già…
» rispose Rachel, dal
momento che non sapeva cos’altro dire. Sembrava che entrambi
stentassero a
ricordare ad alta voce il motivo per cui erano lì.
« Regulus mi parlava spesso di
te
» disse infine Alphard, e Rachel si sentì fremere
sentendo pronunciare quel
nome.
« Mi ha parlato molto anche di
lei » rispose, certa di aver detto una cosa ovvia. Ma
l’uomo ne parve sorpreso.
« Davvero? »
« Bè
sì… lei è sempre stato il
suo idolo. Si ricorda la scopa che gli ha regalato al terzo anno? Non
l’ha mai
voluta sostituire ».
« Non ne avevo idea »
fece
Alphard, cupo.
« Non è mai stato
molto bravo a
far capire quello che pensava degli altri » disse Rachel.
L’uomo smise tutto a un tratto
di
camminare e la osservò attentamente. Si erano allontanati
parecchio dai signori
Queen.
« Lo conoscevi bene. Mi consola
sapere che abbia avuto almeno una persona in grado di capirlo. Io non
sono
stato capace di stargli vicino fino alla fine ».
Rachel distolse lo sguardo, afflitta.
« Se è per questo,
non l’ho fatto
nemmeno io ».
« Pensavo di sì. Non
l’hai
incontrato poco prima che… che se ne andasse? »
Rachel sobbalzò, confusa. Come
faceva a saperlo?
« No, io non l’ho
visto più da
quando ci siamo lasciati! Non ho idea di cosa abbia fatto dopo
» mentì.
Alphard sembrava altrettanto turbato.
« Non è possibile
».
« Cosa glielo fa pensare?
»
L’uomo indicò la mano
di lei.
« L’anello che porti
al dito »
rispose, e Rachel si affrettò a nascondere la mano dietro la
schiena, anche se
sapeva che ormai era inutile. « Era mio. Glielo regalai poco
più di un mese fa.
Se l’ha dato a te, vuol dire che l’hai incontrato
di recente ».
Rachel non sapeva ancora cosa
fare. Si diede della stupida: aveva voluto mettere
quell’anello perché le
faceva sentire costantemente la sua presenza, senza pensare che sarebbe
stato
rischioso. Ma ormai era inutile continuare a mentire.
« Mi dispiace, è
stato lui a
farmi promettere di non dirlo a nessuno. Non voleva che qualcuno mi
venisse a
cercare ».
« Non preoccuparti.
Però vorrei
solo sapere se ti ha detto qualcosa » le disse Alphard.
« Solo che si era pentito e che
non voleva più essere un Mangiamorte »
raccontò lei, faticando a scandire le
parole, perché le mancava il fiato soltanto a ricordare quel
momento. « Io gli
ho proposto di nascondersi, di chiedere aiuto, ma non ha voluto
ascoltarmi.
Credo che volesse scappare ma… non ha fatto in tempo
».
Alphard non disse nulla, e
aspettò che Rachel si riprendesse. Lei stava disperatamente
cercando di non
cedere alle lacrime, e ci riuscì appena.
« Ti ha chiesto di non dire a
nessuno del vostro incontro? » chiese Alphard quando fu certo
che Rachel si
fosse relativamente calmata. Aveva un’espressione tesa e la
fronte corrugata.
Lei annuì e lo
guardò mentre si
teneva il mento con una mano con aria pensierosa.
« Regulus ci ha tenuto nascosto
qualcosa » affermò.
« In che senso? »
Alphard la guardò, perplesso, e
iniziò a raccontare.
« Come ti ho detto,
quell’anello
glielo diedi circa un mese fa. Non ci vedevamo da anni, da quando sono
stato
diseredato. Credevo che non mi volesse più vedere e invece
mi è venuto a
trovare a casa. Lì per lì ne sono stato felice:
mi era mancato da morire in
quegli ultimi anni e rivederlo è stato un vero
sollievo… anche se ero a
conoscenza della sua decisione di combattere per Tu-Sai-Chi. Lui
però era
strano. Sembrava preoccupato per qualcosa e mi ha fatto una richiesta
che non
mi sarei mai aspettato ».
« Che genere di richiesta?
» lo
incalzò Rachel, ansiosa.
« Doveva fare una ricerca nella
mia biblioteca. Sai, da giovane ho lavorato all’Ufficio
Misteri e possiedo
ancora parecchi libri che di solito non si trovano in giro…
Avrei dovuto
pensarci prima. Io sono sicuro che quel pomeriggio Regulus abbia
scoperto
qualcosa che non avrebbe dovuto sapere: quando se
n’è andato era sconvolto e mi
ha fatto promettere che non avrei fatto parola con nessuno della sua
visita. A
te però ho voluto dirlo. Meriti di saperlo ».
Rachel sul momento non rispose,
troppo scossa per rispondere. La voce di Regulus le tornò in
mente, mentre
pronunciava una frase cui sul momento non aveva dato peso: « so
quello che devo fare…
»
Quindi non voleva davvero
scappare. Aveva in mente qualcosa. Possibile che fosse davvero venuto a
conoscenza di un segreto scomodo, un segreto che lo aveva sconvolto e
fatto
tornare indietro, e che gli sarebbe costato la vita?
Fu come se all’improvviso si
fosse svegliata da un profondo stato di dormiveglia. Non avrebbe mai
dimenticato lo sguardo di Regulus quell’ultima notte, e si
diede dell’idiota
per non averlo capito subito e per non avergli impedito di andare. Lui
aveva
scoperto qualcosa di pericoloso. Era terrorizzato e l’aveva
guardata come per
imprimersi nella mente le fattezze del suo viso. Sapeva pure che quello
sarebbe
stato il loro ultimo incontro?
Rachel non osava rispondere a
quella domanda, non avrebbe sopportato una risposta affermativa.
« Grazie per avermelo detto
»
disse ad Alphard. « Ha una vaga idea di cosa stesse cercando
nella sua
biblioteca? »
« Ha consultato dei libri di
Arti
Oscure, ma li devo controllare per bene. Non so su quali argomenti si
sia
soffermato, a parte… »
« A parte? »
insisté Rachel,
notando subito dopo che Alphard aveva lanciato un’occhiata
alle sue spalle: Perseus
si stava avvicinando.
« Cercava qualcosa sulla Morte
»
riuscì a dire sottovoce, ma non aggiunse altro
perché in quel momento l’uomo li
raggiunse. « Sono contento di averti conosciuta »
disse, fingendo di aver
appena concluso un discorso tranquillo.
Rachel gli strinse la mano e
accennò
un’espressione cordiale, anche se si sentiva morire dentro
per quell’ultima
rivelazione.
Dallo sguardo di suo padre capì
di doversi allontanare. Era chiaro che i due uomini dovessero parlare a
lungo: c’erano
ancora molte cose da chiarire e vecchi rancori da accantonare.
Rachel salutò Alphard e
tornò sui
suoi passi, cercando di non pensare a quello che aveva appena scoperto.
Ma le sorprese quel giorno
sembravano non voler finire mai.
Appena entrata nella cappella
della famiglia Black, per un solo folle istante ebbe
l’impressione di vedere
Regulus in persona, ancora vivo, e fu un miracolo se non un solo verso
le uscì
dalle labbra. Ma poi tornò in sé, rendendosi
conto che non poteva essere lui.
Sirius Black era in piedi da
solo, davanti alla tomba vuota di Regulus, e dava le spalle alla
ragazza. Lei
si sarebbe voluta allontanare, ma ormai lui l’aveva vista,
quindi lo raggiunse.
Non appena gli fu accanto, tuttavia lui si voltò e fece per
andarsene.
« Aspetta, non volevo
disturbarti
» lo richiamò lei.
Sirius le lanciò
un’occhiata
sospettosa e Rachel capì subito cosa stava pensando.
« Sono una Serpeverde, non una
Mangiamorte » sibilò, irritata.
Lui non parve per nulla
imbarazzato, ma si lasciò convincere e tornò ad
avvicinarsi, esitante.
Non muoveva un muscolo e sembrava
letteralmente pietrificato. Il vento che entrava dall’esterno
gli scuoteva la
giacca aperta, ma lui non faceva caso al freddo o alla ragazza accanto
a lui.
Il suo viso era una maschera immobile; solo i suoi occhi erano animati
da una
furia che non riusciva a nascondere.
Rachel sarebbe rimasta in
silenzio, senza disturbarlo, ma improvvisamente Sirius
parlò, senza staccare
gli occhi dalla lapide di marmo.
« Non ho alcun motivo di stare
qui ».
La voce gli tremava dalla rabbia
e Rachel ne fu impressionata. Era la prima volta che sostenevano una
conversazione che non comprendesse le solite frecciate tra Grifondoro e
Serpeverde.
« Sì, invece. Era tuo
fratello »
rispose.
« Non è vero
» commentò Sirius
con amarezza. « Per me era solo un estraneo ».
Lei era fin troppo avvezza a
sentire quella risposta per considerarla anche solo un po’.
« Però sei qui
» gli fece notare.
Sirius non rispose. Continuava a
fissare il nome di Regulus scritto sulla lapide, come se non vedesse
altro.
« Io glielo avevo detto
» sibilò,
serrando i pugni. Non stava parlando con nessuno in particolare ma
sembrava
bisognoso di sfogare la sua frustrazione. « Lo avevo
avvertito che sarebbe
finito così ».
Rachel aveva la voce spezzata
quando rispose.
« Credo che l’abbia
capito. Si è
pentito ».
« Troppo
tardi…»
Calò un silenzio assordante, in
cui i respiri pesanti dei due ragazzi furono gli unici rumori. Poi,
senza alcun
preavviso, Sirius si strinse nella giacca e si diresse verso
l’uscita.
« Dove vai? » gli
chiese Rachel,
fissando la sua nuca.
Lui si fermò sulla soglia della
cappella.
« Forse non sarei dovuto venire.
Lui non mi avrebbe voluto al suo funerale » rispose.
« Ti sbagli, ti avrebbe voluto
eccome ».
Sirius non rispose e si
affrettò
ad uscire, nel chiaro tentativo di nascondere la propria reazione.
Rachel tornò a guardare la
lapide. Fece scorrere una mano tremante sul marmo freddo, come per
accarezzarlo.
« Hai visto? Avevo ragione io su
di lui » sussurrò.
Si sentiva immensamente stupida nel
parlare con una tomba vuota, ma non le importava.
Rachel posò anche la fronte
sulla
lapide ghiacciata, come per sentirlo ancora più vicino,
mentre le tornava in
mente la conversazione che aveva avuto con Alphard.
« Che cosa hai nascosto a tutti
noi?
Era un segreto tanto pericoloso da non volerlo svelare a nessuno?
»
Ora però sentiva nascere una
nuova determinazione dentro di sé: doveva scoprire il
mistero che Regulus aveva
tenuto nascosto a tutti quanti e per il quale era morto.
Nonostante tutto, finalmente sentiva
di avere di nuovo uno scopo nella vita, e lo avrebbe perseguito ad ogni
costo.
*Angolo autrice*
Mi dispiace se alcuni di voi avevano capito che questo capitolo sarebbe
stato movimentato: io avevo detto che la vicenda si sarebbe cominciata
a smuovere, è diverso! ^^ Ormai sono fissata con le parti
introspettive... Comunque, nel prossimo l'azione ci sarà
veramente, promesso!
La conversazione tra Alphard e Rachel è importante,
perché sarà proprio questa a sbloccare la
vicenda, anche
se non subito. Ne ho approfittato per fare incontrare Alphard anche con
Perseus: era ora che quei due la piantassero di tenersi il broncio (mi
riferisco di più al secondo, ovvio!)
Andromeda la tratterò meglio più in
là: per questa
parte iniziale non è determinante. Sirius si presenta al
funerale sotto forma di cane non per paura, ovvio: semplicemente non
vuole provocare scenate in un'occasione così tragica. Per
una
volta, non ha agito d'impulso ed è stato previdente! o_O
Ho detto tutto? Mi pare di sì. Passo alle recensioni!
Lyssa:
le
tue ipotesi sono interessanti, ma preferisco non pronunciarmi! Non so
come reagirete quando scoprirete che la mia idea non è stata
proprio il massimo dell'originalità... però
almeno
sarò riuscita a mantenere la suspance, ed è
quello che mi interessa di più!
bellatrix18:
bentrovata! Riguardo Bellatrix e Voldemort, è stata proprio
la
Rowling a dirlo in un'intervista: alla domanda, "Bellatrix ha mai amato
suo marito, o provava amore solo per Voldemort?" lei ha risposto "Si
è sposata con un purosangue, era ciò che ci si
aspettava
da lei, ma il suo vero amore è sempre stato Voldemort."
Però lui non l'ha mai ricambiata.
RF09:
ops,
mi dispiace! Se ti può consolare, piove ogni volta anche da
me!
Vedrai che Rachel tornerà ad essere combattiva, ma ho
pensato di
descriverla anche in questo momento di debolezza: ho visto persone
forti deprimersi per molto meno, quindi mi è sembrato
più
realistico fare così.
Vodia:
Rachel ha scelto la propria Casa,
come Harry. I Serpeverde comunque sono astuti (ci sta) e ambiziosi. Non
ho avuto tempo di approfondire le ambizioni di
Rachel, e ora non saranno il suo pensiero primario, ma non è
una
che si accontenta (del resto, non si è mai accontata di un
altro ragazzo che non fosse Regulus, quando lui non la ricambiava, ed
è così anche nel lavoro). La tendenza a
infrangere le regole c'è, e
vedrai anche fino a che livelli. Però starebbe bene anche a
Grifondoro!
dirkfelpy89:
dopo il periodo di apatia totale, come vedi Rachel tornerà
ad
essere attiva. Spero che tu abbia apprezzato la comparsa di Sirius! Non
è molto in vena di chiacchiere, ma io penso che abbia sempre
avuto difficoltà a parlare di Regulus anche con i suoi
amici,
figuriamoci ora.
bianchimarsi:
mi dispiace, ma è meglio patire prima che dopo! Comunque
anche
io soffro mentre scrivo questi capitoli, infatti ogni volta devo fare
rifornimento di cioccolata!
malandrina4ever:
no problem, credo che da qualche parte Silente faccia un
fantastico discorso sull'importanza delle scelte, e che sono queste a
determinare il futuro, non le profezie... Quindi, ti prego, non
bruciare nulla!! Il luogo non è banale, è il modo
in cui
tornerà ad esserlo! Però l'idea della partita a
carte con
gli Inferi è meravigliosa! XD Ho riso per 3 ore quando l'ho
letta! Ps: io adoro i Ps!
Alohomora:
che ne pensi della riunione di famiglia? Hai ragione, la
sensibilità da troll regna sovrana, e non solo a
quell'età! I poveri Queen dovranno penare parecchio
purtroppo, e
se ci aggiungi anche la preoccupazione per la guerra che è
scoppiata, mi fanno una gran pena. Ti è piaciuto il
"ricongiungimento" tra Perseus e Alphard? Naturalmente il loro rapporto
non tornerà mai a rose e fiori come anni prima, ma almeno si
sono parlati di nuovo!
quigon89:
mi sono sempre piaciute le scene dei Pensatoi nei libri! Io
sono
convinta che non sia stata Lily a far cambiare James: per amore non
cambia mai nessuno, e non mi convincerò mai del contrario
u.u Io
penso che gli siano morti i genitori prima dell'inizio dell'ultimo anno
a Hogwarts, se no non si spiega. Oddio, perdonami ma non ho afferrato
il senso della domanda! ^^" Comunque ci saranno personaggi vecchi e
nuovi (nel senso che ancora non ne ho parlato)!
nefertari83:
mi piace essere puntuale e spero di continuare così per
tutta la
durata della fanfiction! A me spesso capita di rifugiarmi nei ricordi,
quindi mi è piaciuto particolarmente scrivere il capitolo
scorso. L'azione ci sarà nel prossimo capitolo, e anche
parecchia!
Beatrix Bonnie:
mi dispiace farti deprimere ç_ç Lo so, ha fatto
uno
strano effetto anche a me scrivere di Regulus ancora una volta
undicenne, mi fa così tanta tenerezza da piccolo! Dai
che nel prossimo capitolo ci sarà una brevissima apparizione
di
Remus! In effetti, devo trovare spazio anche per lui, ma più
in
là, se no dovrete aspettare di più per Regulus!
Lenobia:
la
tua recensione è bellissima, e mi ha fatto immensamente
piacere!
Anche a me le storie tristi piacciono: probabilmente sono
masochista, ma mi piacciono le emozioni che trasmettono! Quando
scrivo di James faccio sempre attenzione, per non farmi influenzare
dall'antipatia. Sembra strano ma anche io leggo alcune ff comiche su di
lui, e mi fanno ridere tanto! Grazie per le recensioni alle altre due
storie! Comunque, grazie alle storie di Circe ho cambiato idea anche io
su Rabastan!
Mirwen:
come vedi adesso Rachel ha capito quello che voleva dire sua madre e
infatti sta già cominciando a reagire lentamente, anche se
andrà ad alti e bassi per un po'.
Lellas92:
far morire solo Lily? Ma dai, non odio così
tanto suo marito! Dovrei essere proprio malefica! Anche se Lily non mi
fa impazzire di simpatia. No, forse ho pensato
a qualcosa, ma devo ancora cercare conferma nei libri (per info: leggi
la risposta a Malandrina) Grazie per il consiglio, non
sbatterò
mai la testa sulla tastiera! Congratulazioni alle cugine! (o era solo
una?...) XD
_Mary:
poverina, adesso sei guarita? Ah quanto odio la febbre!
è_é Ha fatto uno strano effetto anche a me
descrivere il
periodo di "Eoi..." dal punto di vista di Rachel e non da quello di
Regulus, e mi sta piacendo come potrai notare! Nel prossimo capitolo
avrai molto da cogitare quindi tieniti pronta!
Circe:
non
preoccuparti, i misteri delle connessioni internet a volte fanno
impazzire. Sono felicissima che ti stia piacendo l'evoluzione di
Rachel! Prima di tutto temevo che vi annoiasse, e d'altra parte avevo
paura di non riuscire a gestire bene lei e la sua crescita, ma spero di
continuare così!
sweetophelia:
ciao! Mi ricordo della tua recensione. In teoria ho risposto via e-mail
a tutti, ma ti chiedo scusa se per caso ti ho saltata: sono famosa per
essere svampita! Sono felice che la storia precedente ti sia piaciuta e
anche questo seguito!
lyrapotter:
bè, come vedi adesso Rachel sta iniziando a reagire. Prima
di
tutto ha parlato con parecchia gente e ora ha anche qualcosa di
concreto da fare, invece di rifugiarsi solo nei ricordi. Ma no, parla
liberamente! Io sono la prima a voler dare una martellata in testa a
Regulus quando vuole diventare un Mangiamorte u.u
DubheBlack:
sbaglio o anche tu leggi la storia di meissa_s? Perché hai
scritto Sherton invece di Queen! XD Riguardo James e Sirius, in fondo
stavolta non hanno fatto nulla di grave: nel mondo babbano succede di
continuo, anche se magari più durante le medie... ma
vabbè! Sono felicissima che il capitolo "Luna piena" abbia
avuto
successo! =D
Penny
Black:
caspita quanto hai scritto! Ti ho lasciata per ultima apposta,
così ora mi dedico completamente alle tue recensioni! Wow,
hai
fatto caso ai passi di Lucius e Rodolphus! Li ho descritti apposta per
esprimere i rispettivi caratteri! Ti prego, non farlo! Non chiedermi
perché odio James, altrimenti potrei non finire
più! In
breve: lo detesto perché è
prepotente, viziato,
irrispettoso degli altri e di chi è diverso da lui, proprio
come
i Serpeverde che lui tanto critica... insomma, è Dudley in
versione magica, solo meno grasso e più bravo a scuola.
Più che altro per
me è inconcepibile pensare come possa stare simpatico a
qualcuno. Se ci aggiungi che quelli come lui io a scuola li odiavo con
tutta l'anima avrai capito come la penso... Ok, passo al resto. Nel
secondo ricordo, Rachel capisce di avere una cotta per Regulus proprio
dopo la chiacchierata nelle cucine, mentre prima lo era ma non voleva
ammetterlo! Salvare il topo? Nel senso di non farlo tradire?
Direi
di no: in questa storia i fatti cambiano, ma i personaggi restano
uguali, quindi Minus resta un vigliacco. No, non mi hai scritto
l'ipotesi su Emmeline: di cosa si tratta? L'episodio della luna piena
l'ho ricordato perché in effetti ci sarà
l'occasione per
riparlarne, ma è ancora lontana...
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Capitolo 5 *** La prima battaglia ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 5
La prima battaglia
« Non mangi? »
Rachel alzò lo sguardo dal piatto
ancora pieno di minestra fino all’orlo, limitandosi a
rispondere con un vago
cenno di diniego alla domanda di sua madre. Dopo di che si
soffermò a guardare
senza un vero motivo l’orologio a pendolo sopra la credenza.
Era dal giorno del funerale che
non riusciva a togliersi dalla testa le parole di Alphard Black. Aveva
pensato
continuamente a quello di cui era venuta a conoscenza: Regulus sapeva
cosa
stava facendo prima di morire, e aveva scoperto qualcosa di molto
pericoloso.
Rachel ora voleva assolutamente
scoprirlo, e per farlo doveva parlare di nuovo con Alphard. Lui le
aveva detto
che la avrebbe avvertita nel caso in cui avesse capito di cosa si
trattasse, ma
ancora non si era fatto sentire, e l’attesa cominciava a
farsi snervante.
Rachel non sopportava di non sapere. Voleva capire perché e
come Regulus era
veramente morto.
« Rachel, non puoi continuare a
lasciare due terzi dei pasti » insisté Diane,
distogliendola dai suoi pensieri.
« Sei pallida e sciupata. Se continui così non
riuscirai a reggerti in piedi ».
Lei sbuffò. Non riusciva proprio
a capire perché sua madre dovesse preoccuparsi di una cosa
stupida come ciò che
mangiava, e la sua insistenza la irritava: non era il cibo la cosa che
le
mancava di più.
« Tua madre ha ragione. Dovresti…
» esordì Perseus.
« Lasciatemi stare » sbottò
Rachel, alzandosi in piedi di scatto. « Non voglio mangiare,
d’accordo? Non me
ne importa niente ».
Per alcuni secondi calò un
silenzio teso e imbarazzato. Rachel si pentì subito di avere
risposto male, ma
era ugualmente arrabbiata: perché non volevano capire?
Voleva soltanto essere
lasciata in pace. Non sapeva nemmeno da dove le fosse sorta tutta
quella furia.
Senza aggiungere altro, spostò la
sedia e uscì in fretta dalla cucina, senza degnare i
genitori di uno sguardo.
Perseus e Diane sentirono
sbattere la porta d’ingresso e si scambiarono
un’occhiata eloquente.
« Non capisco perché debba
prendersela con noi » sbottò lui, scagliando il
cucchiaio sul tavolo. « Come se
fosse colpa nostra se è successo quel che è
successo, e non di quel… »
« Perseus » lo redarguì la
moglie.
« Lo so che è morto, ma è
comunque colpa sua, e non riesco a fingere che non sia così.
E quanto a Rachel,
so che sta male, ma le era stato detto di reagire, non di rivoltarsi
contro di
noi ».
« È normale » disse Diane, mentre
si versava dell’acqua nel bicchiere. « Ha superato
la fase più pericolosa e ora
si trova in quella che la spinge a sfogare tutta la frustrazione e
l’ira
repressa. La rabbia è il suo modo di reagire. A dire la
verità, mi preoccupa di
meno ora che vorrebbe distruggere tutta la casa di quando era
completamente
apatica. Dobbiamo solo avere pazienza ».
Lui annuì in silenzio.
All’improvviso aveva a sua volta perso la voglia di mangiare.
« Cosa sono questi schiamazzi? »
chiese Diane ad un certo punto. « Vengono dal villaggio
».
Da molto lontano provenivano
alcune voci agitate e piccoli scoppi. Da quella lontananza non si
capiva a cosa
fossero dovuti.
« Saranno i Babbani, con i loro
fuochi di dentifricio »
rispose
Perseus, facendo spallucce e ipotizzando qualche festa giù
al villaggio.
Ma Diane si era affacciata fuori
dalla finestra.
« A me non sembrano fuochi
artificiali » sussurrò, improvvisamente spaventata.
Nel frattempo Rachel era andata a
sedersi sulla veranda, che dava direttamente sulla spiaggia. Il mare
era
estremamente calmo, cosa molto rara in quel periodo, e il lieve rumore
della
risacca era l’unico che si sentiva nei dintorni.
I suoni del mare riuscivano
sempre a rilassarla, e in quel momento ne aveva un gran bisogno
perché si
sentiva bruciare da una rabbia inconsueta. Sapeva di aver sbagliato a
prendersela con i suoi, che la stavano aiutando ad affrontare quel
periodo
orribile, ma ultimamente era così nervosa da esplodere per
una minima
sciocchezza.
Si passò una mano tra i capelli,
rivolgendo lo sguardo in alto, verso il cielo. Era un novilunio, e le
stelle
brillavano più che mai sul loro sfondo nero-bluastro. Erano
secoli che Rachel
non guardava più il cielo, nell’irrazionale paura
di sentirsi minuscola e
terribilmente sola, al confronto di quel buio immenso. Invece ora
capiva di
essersi sbagliata. C’erano miliardi di stelle
lassù, e le dava conforto pensare
che Regulus la osservava da una di esse. Non le importava se quella
fosse una superstizione
o meno: preferiva ritenerla veritiera.
In effetti, era dalla sua morte
che Rachel a volte percepiva una presenza nella sua stanza, di solito
mentre
tentava di addormentarsi. Voleva pensare che si trattasse di lui: era
un modo
per sentirlo ancora vicino.
Perfino in quel momento aveva
l’impressione di non essere sola e che qualcuno la stesse
osservando da dietro
un pilastro della veranda. Non voleva neanche voltarsi a guardare, per
paura di
restare delusa: magari in realtà era semplicemente il suo
gatto.
All’improvviso, un debole
chiarore illuminò il cielo notturno, come se la luna si
fosse accesa di colpo.
Quasi nello stesso istante, le sue orecchie smisero di ascoltare la
risacca e
captarono rumori e grida molto lontani e ovattati.
Si alzò in piedi e lanciò
un’occhiata al vicino villaggio di Mould-on-the-Wold: doveva
essere scoppiato
un incendio, a giudicare dal fumo. Ma le bastò alzare di
poco gli occhi per
capire che il motivo di tutto quel trambusto era un altro.
Sopra il villaggio era apparsa
l’immensa sagoma di un serpente che usciva dalla bocca di un
teschio, che
emanava una sinistra luce verdognola.
Rachel si sentì schizzare il
cuore in gola e rabbrividì. Aveva già visto il
Marchio Nero solo sulla Gazzetta del Profeta,
ma mai dal vivo, e
così vicino per giunta.
Il primo impulso che ebbe fu
quello di rientrare in casa e avvertire gli Auror via camino ma poi,
guardando
attraverso la finestra del salotto, scoprì che lo stavano
già facendo i suoi
genitori.
E all’improvviso le venne un’idea
folle. Le era sorta spontanea e non vi aveva riflettuto. Sapeva che
sarebbe
stata una pazzia, ma la paura fu presto sostituita dalla rabbia che
aveva
covato fino a quella sera.
Lì c’erano i Mangiamorte, forse
anche Voldemort in persona. Rachel sentì il sangue
ribollirle nelle vene e
annebbiarle la mente. Ogni fibra del suo corpo sembrava invocare
vendetta per
ciò che quella gente aveva fatto a Regulus. Non le importava
cosa sarebbe successo:
era giunto il momento di agire.
Senza rifletterci oltre, si
Smaterializzò.
Riapparve nella piazza centrale
del villaggio: il Marchio Nero incombeva minaccioso sopra di lei. Una
casa era
divorata dalle fiamme e tutt’intorno c’era gente
che urlava e scappava in preda
al panico. Uomini incappucciati e con i volti coperti da maschere
stavano
duellando con maghi e streghe a viso scoperto.
Rachel stringeva spasmodicamente
la bacchetta con la mano sudata e si guardava intorno alla ricerca di
un bersaglio.
Per la prima volta in vita sua si
trovava nel bel mezzo di una battaglia… e non aveva la
più pallida idea di cosa
fare.
Era completamente diverso da come
aveva immaginato. Attanagliata dalla paura, le urla e i pianti le
rimbombavano
nella testa, immobilizzandola.
Presto però fu costretta a
scuotersi. Un Mangiamorte uscì dalla casa che stava andando
a fuoco, la
bacchetta puntata alla schiena di un mago che stava duellando con un
altro
avversario.
Rachel levò la bacchetta contro
il Mangiamorte e formulò la prima fattura che le venne in
mente. Quello fece
appena in tempo a sentirla e schivarla all’ultimo momento.
Rachel si sentì raggelare il
sangue: ora il Mangiamorte aveva lei come obiettivo principale. Strinse
la
bacchetta ancora più forte, fino a farsi sbiancare la
nocche, fissando l’uomo
negli occhi e cercando di concentrarsi, consapevole del fatto che una
sola
distrazione potesse esserle fatale.
L’uomo fu il primo ad attaccare.
Rachel schivò per un pelo un getto di luce verde e rispose a
sua volta con uno
Schiantesimo che lui deviò con un Sortilegio Scudo, ma
l’impatto gli fece
cadere la maschera, rivelando un paio di freddi occhi grigi e una nera
barba a
punta.
Il Mangiamorte scagliò un’altra
fattura e Rachel fu costretta a gettarsi di lato per evitarlo, ma fu
comunque
colpita di striscio e il lembo della sua manica prese fuoco. Spense la
fiamma
con un getto d’acqua, ma il suo avversario
approfittò della situazione e la
scaraventò con forza contro il muro di un negozio.
L’impatto fu violento e Rachel
rimase senza fiato: la sua bacchetta era volata qualche metro
più in là e il
Mangiamorte si stava già preparando a ucciderla.
Non riusciva a credere che
sarebbe finita così. Un miscuglio di emozioni contrastanti
la invase: da un
lato non voleva lasciare i suoi genitori nella disperazione, ma
dall’altro
sapeva che in quel modo avrebbe finalmente smesso di
soffrire…
« Avada…
» iniziò il Mangiamorte con un accento straniero,
ma in quel
momento accadde un fenomeno inspiegabile.
Come se fosse stato afferrato da
una mano invisibile, l’uomo si sollevò a
mezz’aria, i piedi penzolanti a pochi
centimetri dal suolo e sul volto un’espressione sbigottita.
Poi fu scagliato
con forza contro il muro, dove batté la testa e rimase
riverso a terra,
svenuto.
Ancora sotto shock, Rachel cercò
di riprendere fiato, con la sensazione di avere i polmoni in fiamme. Si
guardò
intorno per vedere chi le avesse appena salvato la vita, ma non vide
nessuno.
Invece, sentì dietro di sé
l’inconfondibile rumore di una Smaterializzazione.
Possibile che si trattasse della stessa persona che l’aveva
salvata? Ma perché
non aveva voluto farsi vedere?
« Hai preso Karkaroff! » esclamò
in quel momento una voce femminile, ponendo fine alle sue domande.
Mentre tornava in piedi, Rachel rivolse
lo sguardo alla persona che le aveva appena rivolto la parola. Era una
ragazza
dai capelli corti e dal tondo viso gentile. Aveva un’aria
familiare, e Rachel
la ricollegò ad una studentessa di Grifondoro che aveva
circa tre anni in più
di lei.
« Bè, non proprio… » rispose.
« Legalo per bene » si raccomandò
Alice Paciock, e un attimo dopo tornò a combattere.
Rachel scivolò fino alla
bacchetta e la utilizzò per evocare delle robuste funi che
andarono a legare il
Mangiamorte di nome Karkaroff, ancora frastornata da quanto era appena
accaduto.
Decise di pensare più tardi al
suo misterioso salvatore: per il momento doveva solo cercare di aiutare
il più
possibile.
Poco lontano vide una ragazza e
un ragazzo intenti a combattere contro quello che sembrava un uomo
molto più
grosso del normale che, con suo grande orrore, riconobbe come Fenrir
Greyback,
il Lupo Mannaro di cui si sentivano da anni notizie raccapriccianti.
In quel momento tuttavia si
udirono decine di “POP” e altrettanti Auror si
Materializzarono nel villaggio,
iniziando a loro volta a combattere.
A quel punto i Mangiamorte decisero
di ritirarsi e scomparvero nel giro di pochi istanti, lasciando dietro
di loro
uno scenario di devastazione.
Rachel aveva appena tratto un
respiro di sollievo, quando la ragazza che fino a quel momento aveva
combattuto
contro Greyback le rivolse un’esclamazione di stupore.
« Rachel! »
« Emmeline? »
Emmeline Vance le stava riservando
uno sguardo sbalordito. I capelli biondi fino alle spalle erano
scompigliati a
causa del combattimento, privandola per una volta della sua
inconfondibile eleganza.
« Che cosa ci fai qui? » chiesero
entrambe nello stesso momento.
« Io abito qui vicino. Ho visto
il Marchio da lontano » rispose Rachel. « E tu? Non
hai ancora avuto il diploma
di Auror ».
« In effetti non sono qui per
conto del Ministero… » disse Emmeline con un tono
improvvisamente misterioso, e
lanciò un’occhiata al ragazzo accanto a lei.
Rachel conosceva anche lui: era
nientemeno che Remus Lupin, e di certo nemmeno lui era un Auror.
Lupin sembrava piuttosto provato
dal combattimento con Greyback. Alla luce del fuoco, le cicatrici sul
suo volto
risaltavano ancora di più.
Nemmeno quella volta Rachel
riuscì a chiarire cosa stesse succedendo perché
improvvisamente si sentì
puntare la bacchetta contro la schiena. Girandosi, si
ritrovò davanti ad un
volto pieno di cicatrici e a un occhio finto che la scrutava.
« E tu chi sei? » ringhiò Alastor
Moody, sospettoso.
« Signor Moody, non è una
Mangiamorte » intervenne Emmeline.
Lui continuò a fissare Rachel con
l’occhio sano, mentre puntava quello magico verso Emmeline.
« Ne sei sicura, Vance? »
« Sì, è una mia amica »
insisté
lei con un tono quasi esasperato.
« Ha catturato Karkaroff » disse
Alice Paciock, giungendo in quel momento.
« Uhm, ok » bofonchiò Moody, abbassando
la guardia. « Non ci si può fidare di nessuno di
questi tempi… Allora? » disse,
rivolgendosi ad Alice.
Lei si incupì.
« Hanno preso Caradoc » disse, e
Rachel notò che tutti erano improvvisamente ammutoliti.
« Hanno appiccato
l’incendio a casa sua dopo averlo fatto sparire,
perché non ci sono tracce di
lui ».
Rachel lanciò un’occhiata alla
casa incendiata, notando altre persone tra quelle che stavano cercando
di
spegnere il fuoco con la magia: Sirius Black, i Potter, Minus, Frank
Paciock e
un paio di maghi che non aveva mai visto.
« Stanno parlando di Caradoc
Dearborn? » sussurrò a Emmeline, quando Moody si
fu allontanato per arrestare Karkaroff.
Lei annuì, con le lacrime agli
occhi.
« Lo conoscevi? » chiese.
« No, ma so che abitava da queste
parti. Ma perché i Mangiamorte l’hanno attaccato?
»
Emmeline lanciò un’altra occhiata
incerta a Lupin, perché lui si era improvvisamente schiarito
la voce in un tono
più che eloquente. Lei parve molto indecisa, e infine disse:
« Non adesso ».
Tuttavia, quando Lupin si allontanò
per aiutare gli altri, Emmeline trasse Rachel in disparte, dietro
l’angolo.
Sembrava volerle dire qualcosa di segreto.
« Senti, non posso parlartene
esplicitamente, ma Caradoc faceva parte di un’organizzazione
segreta che
combatte Tu-Sai-Chi e i Mangiamorte, come me e come tutti quelli che
hai visto
».
« Cosa? » domandò Rachel, sbalordita.
« Scusa, ma non mi è permesso
raccontarti altro. Per favore, non dirlo a nessuno… Oh, ci
sono i tuoi genitori
» aggiunse improvvisamente, guardando oltre le sue spalle.
Perseus e Diane stavano correndo
nella loro direzione. Erano sconvolti e Rachel si sentì in
colpa per essere
andata via senza avvertirli. Erano talmente preoccupati che non
riuscirono
neanche a rimproverarla.
« Mi dispiace, non so cosa mi sia
preso » disse Rachel, mentre la madre la stritolava in un
abbraccio.
« Non farlo mai più » sibilò
Perseus con la voce rotta dall’ansia. Lei annuì.
« Vado a vedere se ci sono feriti
» disse poi Diane, cercando di ricomporsi. « Che
disastro… »
Rachel si sforzò di ignorare
l’occhiata eloquente di Perseus. Sapeva cosa stava pensando:
anche Regulus un
tempo aveva partecipato attivamente ad azioni come quella.
Terminato il compito degli Auror,
furono gli Obliviatori ad entrare in azione. Rachel nemmeno si rese
conto che
quella fosse la sua prima esperienza sul campo: aveva ben altro a cui
pensare,
da chi le aveva salvato la vita di nascosto all’organizzazione segreta di cui Emmeline faceva parte.
Il direttore del Dipartimento
delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, Cornelius Caramell, aveva
ordinato
di modificare la memoria di tutti i Babbani che riusciva a recuperare
dai loro
nascondigli, e lei aveva obbedito all’istante pur di avere
qualcos’altro da
fare.
« Tranquillo, non voglio farti
del male » disse ad un bambino rannicchiato in un angolo, con
un’espressione
terrorizzata sul volto pallido.
« Voglio la mamma » piagnucolò
lui.
« Sta venendo a prenderti » lo
rassicurò lei, sperando che fosse vero.
Lui abbassò la guardia,
rincuorato dalle sue parole.
« Oblivion ».
Lo sguardo spaventato del bambino
fu sostituito da un’espressione vacua.
Fu una lunga nottata. Rachel e
gli altri Obliviatori lavorarono fino all’alba per modificare
la memoria a
tutti i Babbani coinvolti. Finirono quando il sole era già
sorto.
« Signorina, cosa è successo? »
chiese un vecchio Babbano dall’aria decrepita che era appena
uscito di casa per
comprare il giornale: doveva essere sordo per non aver sentito tutto
quel
trambusto.
« C’è stato un incendio stanotte
» bofonchiò Rachel, che stava per crollare
addormentata.
« Chi è stato riempito di botte?
» chiese quello accostandole l’orecchio, confuso.
« Un incendio, stanotte » ripeté
lei ad alta voce, indicandole la casa di Caradoc Dearborn, ormai
ridotta ad uno
scheletro affumicato.
« Oh » fece quello, per niente
sorpreso. « Lo dicevo io che qualcosa doveva succedere.
Girava gente strana
ultimamente ».
« In che senso? Ha visto
qualcosa? »
« Quale rosa? No, dicevo che ci
sono persone strane, tipi loschi, insomma. Ai mie tempi non era
così. La vedi
quella là? » disse, indicando una casetta
completamente ricoperta di edera. «
Bè, sono mesi che il proprietario non l’affitta
più. E invece proprio ieri,
prima di andare a dormire – la mia finestra è
proprio di fronte – ieri sera ho
visto due persone dentro. Non era il proprietario, perché
sta su una
carrozzella, mentre questi due erano in piedi. Ladri, ho pensato.
Oppure
piromani che preparavano il colpo di stanotte. Questo governo proprio
non ci sa
fare con i delinquenti… »
« Li ha visti sul serio? » chiese
Rachel.
« Mi venisse un colpo! Sai come
mi chiamavano in guerra? “Occhio di falco”, proprio
così! Sarò pure rimbambito,
ma ci vedo ancora benissimo ».
Senza perdere altro tempo, Rachel
si avvicinò alla casa che il vecchio Babbano le aveva
indicato. Dubitava che
quei due fossero piromani, ma forse avevano assistito
all’attacco dei
Mangiamorte, quindi doveva modificare la memoria anche a loro.
Si inoltrò nel giardino incolto e
pieno di erbacce: effettivamente quella casa doveva essere abbandonata
da
tempo. Sopra il campanello c’era scritto un cognome
scolorito: “Puddle”.
Bussò alla porta e attese, ma
nessuno le aprì. Al contrario, le parve di udire un lieve
tramestio all’interno
ma il rumore si bloccò di colpo.
« Alohomora »
sussurrò.
Un attimo dopo fu dentro. Alcune
finestre erano sprangate e dentro entrava poca luce, a parte
quella
che proveniva dalla porta aperta. Rachel usò
l’incantesimo Lumos per
illuminare meglio il salotto deserto: alla sua destra c’era un
divano di fronte ad una strana scatola con un lato di vetro, due
poltrone di
chintz e un pianoforte.
Rachel si sentiva
straordinariamente agitata, come se il suo istinto le stesse suggerendo
che in
quella casa ci fosse qualcosa di molto strano. Percepì dei
rumori provenire
dalla cucina e tenne levata la bacchetta, pronta a difendersi.
« Chi c’è? »
domandò,
avvicinandosi a passi lenti e misurati in quella direzione.
Non trovò nessuno. Perlustrò la
casa in lungo e in largo, ma non vide niente di strano, a parte delle
insolite
tracce d’acqua che proseguivano dal salotto fino alla cucina
deserta, per poi
sparire misteriosamente nel nulla.
*Angolo
autrice*
Ed ecco l'entrata in scena
dell'Ordine della Fenice! Chi
sarà il misterioso salvatore che ha permesso la cattura di
Karkaroff? Lo scoprirete prossimamente!
Ricordatevi l'altrettanto misteriosa casa Puddle, perché la
rivedrete.
Per il nome del villaggio, ho adattato quello in cui
all'inizio viveva la famiglia Silente perché non sono
riuscita a
trovarne uno che non avessi già utilizzato o nominato, e
volevo
trovarne per forza uno semi-magico.
Non sono una psicologa, ma per descrivere i vari cambiamenti d'umore di
Rachel ho pensato al fatto che
spesso nei momenti difficili si inizia con una fase di totale apatia,
seguita da un'altra di aggressività, e poi l'umore cambia di
continuo. Insomma, si è molto instabili emotivamente e
spesso a
subire le sfuriate è chi non c'entra niente: spero
di aver
reso l'idea!
Altri disegni: uno di Marta con una scena del capitolo 1 (qui)
e due fatti da me, uno con Regulus e Rachel (qui)
e un altro con Regulus alle prese col Boccino d'Oro (qui)!
A venerdì prossimo! =)
Mirwen:
prima che Alphard scopra qualcosa ci saranno alcuni intralci,
ma
presto sia lui che Rachel daranno la svolta alla storia! Sirius
tenerone? Ahah, non farti sentire da lui! XD
Alohomora:
immaginavo che ti saresti emozionata! In effetti è successo
anche a me. Il capitolo precedente mi
è piaciuto un sacco da scrivere! Non sono ancora arrivata a
scrivere il ritorno di Regulus, ma ci sono quasi... anche se oggi non
sono andata avanti, ho modificato un po' quelli già scritti.
DubheBlack:
la storia di meissa_s te la consiglio proprio, vale proprio la pena di
leggerla! A meno che non cambi idea all'ultimo minuto, Sirius non
avrà un ruolo attivo nel ritorno di Regulus; mi piace l'idea
di
riservargli la sorpresa! Ehm, Perseus avrà
difficoltà ad
accogliere Regulus con benevolenza, ma verrà trattenuto da
sua
moglie, per fortuna!
Lenobia:
le
tue recensioni mi fanno sempre un immenso piacere, grazie! E'
ovvio che Regulus e Sirius si chiariranno, ho scritto questa storia
fondamentalmente per questo! Non diventeranno amiconi in due secondi,
ma si chiariranno. Sì, Andromeda apparirà molto
di
più in seguito, anche perché non vedo l'ora di
scrivere
di nuovo su Dora! XD
nefertari83:
in effetti il nome Walburga è orrendo. Mi pare che abbia
un'origine germanica legata alla notte delle streghe... però
su
Wikipedia ho letto che è anche il nome di una santa,
protettrice
contro la stregoneria, pensa tu, ahah! Lo so, Barty in questo
periodo è odioso: lo preferisco esaltato che doppiogiochista
così...
bellatrix18:
se vuoi ti metto il link di quell'intervista ---> clicca
qui
E' molto lunga e piena di notizie interessanti! ** Hai visto giusto, la
conversazione tra Alphard e Rachel è molto importante! In
fondo
non manca poi così tanto al ritorno di Regulus, credo che
intorno al
capitolo 11 sarà tornato! ^^
quigon89:
sicuramente inserirò una parte dedicata solo a Perseus e
Alphard, anche se ancora devo decidere dove metterla! In effetti
ultimamente ho iniziato a immaginare Andromeda un po' diversa da quella
dei tempi del "Diario", in ci forse era troppo emotiva e meno capace di
mantenere il controllo... in fondo è sempre una Black!
malandrina4ever:
sì, esatto, abito proprio a Roma! Ehm, ok, credo di dover
fare
le mie più sincere scuse a Dudley! XD Basta, la smetto u.u
Io
penso che il tuo capitolo preferito sarà quello
dell'incontro
tra Regulus e Sirius: ce l'ho già in mente e mi emoziono
solo a
pensarci! **
Penny
Black:
le recensioni lunghe mi piacciono eccome! XD Ti dico già che
Minus comparirà proprio nel prossimo capitolo,
così
vedrai come la penso sul suo cambiamento. Devo ammettere che all'inizio
ci avevo pensato, ma poi mi sono resa conto che Emmeline è
incompatibile con Sirius. Barty ci è rimasto malissimo per
il
tradimento di Regulus, e ancora non riesce a odiarlo completamente.
Beatrix
Bonnie: eheh, è vero, Perseus ha un piccolo
problema con la capacità di perdonare! Ma
è per
questo che mi piace tanto... io sono come lui! XD Non ricordo nemmeno
come mi sia venuta in
mente l'idea dell'anello: forse mi è venuta spontanea! Mi
dispiace se Remus l'ho solo accennato, ma sono decisa a scrivere un
pezzo introspettivo solo per lui, contenta? XD
sweetophelia:
la risposta alla tua domanda l'avrai in parte già nel
prossimo capitolo, ma
sarà un po' difficile che Rachel scopra propio degli
Horcrux...
di sicuro arriverà abbastanza vicina, però! Non
mi
è mai andato giù il modo in cui Sirius parla del
fratello
morto, quindi ho pensato che dovesse esserci per forza qualcosa di
più.
_Mary:
spero di aver descritto bene anche la battaglia, dopo tanti capitoli
riflessivi! Ma certo che approfondirò Andromeda! **
Sarà
dopo il ritorno di Regulus, ma ci sarà... anche
perché,
se ben ti ricordi, Dora si è fatta promettere di portarlo a
vedere la sua fantastica collezione di bambole, e Regulus non
può perdersela, ahah! XD
RF09:
sono
contenta che non sia piovuto, e nemmeno da me! Ti assicuro che se
Walburga fosse stata ipocrita sarebbe rimasta fredda e impassibile.
Anzi, non è mai stata sincera come in questo momento, e
anche se
non vuole ammettere le sue colpe, non riesce a reprimere del tutto il
rimorso. Io sono convinta che i Grifondoro siano pieni di pregiudizi u.u
Circe:
"sembra una di quelle descrizioni che si leggono nei libri"... O_O
Grazie, è uno dei più bei complimenti che abbia
mai
ricevuto!! Mi piace scrivere le descrizioni, anche se non voglio mai
esagerare e farle troppo lunghe! Bè, Rachel dovrà
imparare a essere paziente e attendere che Alphard scopri qualcosa, ma
come hai visto in questo
capitolo ha usato più l'istinto che altro.
Lellas92:
sbaglio o non ti piace Lily? Forse solo perché è
diventata moglie di James, mi sa... A me non piace perché
è così... perfetta!
Però la ammiro
tantissimo quando muore... sì, lo so, io la gente la ammiro
quando muore, sono matta! Regulus sta facendo il prezioso, e ci sta
prendendo
gusto, però ti dico solo che siamo già a
metà
strada, anzi, l'abbiamo superata!
meissa_s:
a
Walburga Rachel non è mai piaciuta, e adesso può
dimostrarlo senza
problemi... Sono felicissima che apprezzi il mio Alphard, è
un
personaggio al quale mi sono affezionata soprattutto scrivendoci su!
Ammetto che la battuta del Boccino è stata cattiva,
però
per un certo periodo è vero che Regulus si sarebbe accorto
di
Rachel solo con un costume del genere addosso! XD Sono felice che la
scelta degli episodi ti sia piaciuta: ovviamente quelli che
già
conoscevate li ho riassunti, e invece mi sono soffermata di
più
su quelli inediti, altrimenti vi sareste annoiati! Grazie ancora per la
segnalazione! *-*
PenPen:
anche a me mancano molto i bei tempi andati, però
è
meglio se non ci penso, altrimenti mi viene una tristezza tremenda!
Alphard e Perseus faranno pace, ma un po' per volta: all'inizio
sarà difficile evitare qualche imbarazzo ^^
lyrapotter:
Alphard lo rivedrai presto! All'inizio ero indecisa se inserire Barty,
ma poi mi sono ricordata che, anche se è un Mangiamorte
convinto, quando viene processato cerca di evitare Azkaban, a
differenza di Bellatrix. Quindi ai suoi livelli non ci è
ancora arrivato perciò ho deciso di farlo presentare al
funerale del suo ex migliore amico, almeno questo =(
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Capitolo 6 *** Proposte inaspettate e pagine mancanti ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 6
Proposte inaspettate e pagine mancanti
Quando Peter si
Materializzò sul
marciapiede, il sole non era ancora sorto. La strada in cui abitava si
trovava
in un modesto quartiere di Manchester e si intersecava ad angolo retto
con
molte altre vie periferiche della città.
Aveva appena salutato
in gran
fretta Remus che aveva cercato di sollevargli il morale, nonostante
anche il
suo fosse decisamente sotto terra. Non funzionava. Nessun tentativo di
convincerlo che quella guerra sarebbe finita bene lo avrebbe mai
convinto.
I Mangiamorte li
stavano
braccando; andavano a cercarli uno per uno, direttamente dentro casa.
L’Ordine
della Fenice era in netta minoranza numerica, e gli ultimi eventi lo
dimostravano.
Il primo a morire era
stato Benjy
Fenwick, fatto a pezzi nel suo stesso salotto. Peter ricordava ancora
l’orrore
che aveva provato quando lo avevano trovato.
Poi era toccato a
Marlene
McKinnon, una strega estremamente dotata. Lumacorno aveva sempre
esaltato la
sua bravura negli Incantesimi, e lei prometteva di diventare
importante. Ma era
morta, uccisa nel sonno insieme a tutta la sua famiglia.
E adesso era toccato a
Caradoc
Dearborn. Era un uomo forte e battagliero, un leader carismatico che lo
aveva
sempre fatto sentire al sicuro. Gli sembrava impossibile che fosse
sparito nel
nulla, lasciando dietro di sé solo una casa bruciata.
Peter
l’aveva capito, ormai. Era
inutile che Silente continuasse a incitarli e che i suoi amici si
affidassero
alle illusioni idealistiche: Voldemort stava vincendo quella guerra
uccidendo
uno ad uno chiunque ostacolasse il suo cammino.
Si chiedeva soltanto
quando
sarebbe toccato a lui…
Peter
rabbrividì e si voltò di
scatto, come se temesse che qualcuno gli avesse teso un agguato. Era
spaventato,
le lacrime premevano contro le sue palpebre, desiderose di sfogare
tutta l’ansia
e la frustrazione.
In un lampo,
attraversò la strada
e si precipitò alla porta. Le mani gli tremavano
così tanto che non riuscì
nemmeno ad infilare la chiave nella toppa, e fu costretto ad aprire con
la
magia.
La casa era immersa
nel silenzio,
ma Peter era convinto di sentire rumori e scricchiolii sinistri che lo
immobilizzavano all’ingresso. Non era cambiato nulla da
quando era un bambino:
aveva ancora una paura matta del buio, ma soprattutto di trovarvisi da
solo.
Si obbligò
a calmarsi. Era
arrivato sano e salvo, non c’era più nulla di cui
preoccuparsi, almeno per il
momento. Accese la luce e si sfilò il mantello, appendendolo
all’attaccapanni
accanto alla porta. Poi attraversò il salotto deserto e si
diresse in
corridoio, che percorse lentamente, cercando di non svegliare sua
madre. Lei
non sapeva nulla dell’Ordine della Fenice. Dalla morte del
marito era sempre
depressa, e Peter aveva preferito risparmiarle un’ulteriore
preoccupazione.
Il ragazzo
entrò nel bagno e si
specchiò. Aveva un volto pallidissimo e un’aria
malaticcia che somigliava molto
a quella di Remus nei periodi di plenilunio. La paura era dipinta sul
suo viso
tondo e smunto e si leggeva chiaramente negli occhi acquosi.
Aprì il
rubinetto per sciacquarsi
la faccia, e il rumore dello scorrere dell’acqua gli
impedì di sentirne altri.
Fu quando tornò in posizione eretta che, guardando di nuovo
allo specchio, con
suo grande orrore vide tre maschere bianco-argentee emergere
dall’ombra alle
sue spalle.
Peter non fece neanche
in tempo a
reagire o gridare. I Mangiamorte lo immobilizzarono con un Impedimenta, e lui cadde per
terra, cercando disperatamente di
divincolarsi e strillando in preda al panico.
« Macnair
sta facendo la posta
davanti alla camera della tua mammina, quindi ti conviene fare silenzio
» lo
minacciò una voce fredda e strascicata che gli fece gelare
il sangue nelle
vene.
Peter
ammutolì, fissando con gli occhi
sbarrati dalla paura quelli che da tempo erano il suo peggiore incubo.
I tre
Mangiamorte gli puntavano le bacchette dritte al cuore.
« V-vi prego
» piagnucolò,
terrorizzato. « Non fateci del male… »
Uno dei Mangiamorte
sghignazzò,
divertito. Il terzo, che se ne stava più in disparte ed era
molto più magro
degli altri due, rimase in perfetto silenzio.
« Questo
dipenderà soltanto da
te, Minus » rispose l’uomo dalla voce gelida e
strascicata. « Se farai il
bravo, non avrai nulla da temere per te e per tua madre. Capito?
»
Peter
annuì, sconvolto. Non
capiva cosa volessero da lui. Non era mai stato speciale per nessuno,
figurarsi
per dei Mangiamorte.
« Bene.
Passo subito al dunque.
Il Signore Oscuro ha bisogno di una spia che gli riferisca esattamente
tutti i
piani e le mosse dell’Ordine della Fenice. Che cosa ne pensi,
Minus? Sei
disposto a collaborare, o vuoi rifiutarti e fare la fine del tuo amico
Dearborn? »
Peter aprì
la bocca e la
richiuse, ma non emise un solo suono. Era come se le corde vocali gli
si
fossero paralizzate. Stava succedendo tutto troppo, troppo in fretta.
« Facciamo a
modo mio, Lucius »
intervenne il Mangiamorte che prima aveva ridacchiato. « Io
conosco il metodo
migliore per far parlare i muti… »
« No,
Rabastan, o ci sentirann- »
esordì Malfoy, ma il terzo Mangiamorte, quello in disparte,
si voltò verso la
parete del bagno e pronunciò un incantesimo sottovoce.
« Muffliato… Ecco
» disse, e Peter riconobbe all’istante la voce di
Avery. « Ora potrà gridare quanto
vorrà, ma nessuno potrà mai sentirlo
oltre queste quattro mura ».
Rabastan Lestrange
alzò la
bacchetta con un ghigno sadico e la puntò contro Peter, che
urlò.
« NO!
Aspettate! »
Il Mangiamorte si
bloccò un
attimo prima di scagliare la Maledizione
Cruciatus. Peter ansimava e non
aveva la più pallida idea di
cosa fare. Covava solo la vana illusione che qualcuno dei suoi lo
venisse a
salvare… Ma nessuno sapeva che fosse in pericolo. Era
completamente solo.
« Allora,
Minus? » sibilò Malfoy.
« Non abbiamo tempo da perdere, perciò decidi in
fretta. Se scegli di
collaborare con il Signore Oscuro, vivrai. Se invece ti rifiuti, farai
la
stessa fine dei tuoi colleghi dell’Ordine della Fenice. La
scelta sta a te ».
Peter tremava
violentemente. Era
in trappola e non poteva fare nulla. Non aveva scelta: tradire o
morire?
« Ragiona
» continuò Lucius. « La
guerra la stiamo vincendo noi. Chiunque si opporrà al
Signore Oscuro morirà.
Chi invece lo ha servito con dedizione, verrà ricompensato
oltre ogni
immaginazione ».
« I tuoi
compari ormai non sono
più in grado di proteggerti » intervenne Avery,
con l’aria di chi sa bene di
aver toccato un tasto dolente. « L’Oscuro Signore
invece può farlo ».
Peter fu scosso da un
fremito. Avery non aveva tutti i torti. James e Sirius lo avevano
difeso sempre
a
scuola, ma in guerra avevano difficoltà anche loro. Se era
morto uno come
Caradoc, nemmeno loro potevano considerarsi al sicuro; figurarsi lui,
Peter
l’imbranato.
Ma
non posso tradirli! Sono i miei amici, pensò,
disperato. Gli
avevano dato tutti fiducia, compreso Silente. Ma come faccio a dire
di no? Non guadagnerò nulla facendomi uccidere.
Se accetto invece, almeno sarò vivo… e
potrò sempre rimediare, forse fare in
modo che a loro non accada nulla di male…
I volti di Remus,
Sirius e James
apparvero davanti a lui, immagini create dalla sua mente. Lo fissavano
con aria
di rimprovero ma la loro espressione era anche ferita. Non poteva
farlo… ma non
poteva non farlo.
Sono
miei amici… e gli amici perdonano e capiscono, giusto? Non
vorranno mica che io muoia per una guerra che stiamo per perdere? Loro
lo
capiranno tardi, ma capiranno. Non c’è altra
scelta che quella di adattarsi al
corso degli eventi. Non sono mai stato coraggioso. Loro lo sanno. Loro
capiranno…
« Allora?
» ringhiò Rabastan
Lestrange, minacciandolo con la bacchetta. « Accetti o no?
»
Peter rimosse dalla
mente gli
sguardi delusi dei suoi amici. La sua coscienza tentava
un’ultima disperata resistenza,
ma la paura di morire era più forte. Molto più
forte.
Lui non voleva neanche
entrare
nell’Ordine della Fenice, in fondo. Lo aveva fatto per
seguire gli altri tre…
E infine, con la gola
che
bruciava e la coscienza che gli rimordeva, pronunciò
quell’unica parola che cambiò
la sua vita e quella di molte altre persone.
« Accetto
».
L’ascensore
si fermò e le grate
dorate si aprirono con un gran stridio.
« Terzo
livello. Dipartimento
delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, comprendente la
Squadra Cancellazione
della Magia Accidentale, il Quartier Generale degli Obliviatori e il
Comitato
Scuse ai Babbani » annunciò la voce femminile
dell’altoparlante.
Rachel
esitò, facendo scorrere lo
sguardo lungo il corridoio affollato, scoraggiata. Uscì
dall’ascensore un
secondo prima che le grate si richiudessero, e iniziò a
camminare. Non sapeva
nemmeno cosa le desse la forza di fare un passo dopo l’altro,
forse l’inerzia.
Di sicuro, sarebbe voluta tornare a seppellirsi in casa non appena
aveva fatto
il suo ingresso nell’Atrium del Ministero della Magia.
Ma ormai si era
ripromessa che
sarebbe tornata a lavorare. Le due settimane di permesso che aveva
chiesto erano
terminate, e doveva per forza riprendere il suo incarico per non essere
licenziata. Non che le importasse – ormai nulla aveva
più importanza – ma i
suoi genitori avevano insistito così tanto che alla fine
l’avevano convinta che
tornare a lavorare le avrebbe fatto bene.
Percorse il corridoio
fino a che
non arrivò davanti ad una porta sulla quale una targa
d’ottone recitava: Quartier Generale
degli Obliviatori.
Rachel la attraversò e si incamminò lungo un
secondo corridoio, affacciandosi
alla porta aperta di un ufficio.
« Buongiorno
» esordì, dopo aver
bussato.
« Ah,
signorina Queen,
bentornata! » esclamò un uomo seduto alla
scrivania.
Arnold Peasegood, il
suo
capoufficio, era un mago piuttosto gioviale. Indossava sempre un fez
rosso e un
buffo monocolo che lo faceva sembrare più antiquato di
quanto non fosse in
realtà, a discapito dei suoi quarant’anni non
ancora compiuti.
Rachel
entrò, in silenzio. Il
mago dovette capire che lei non fosse in vena di scherzi,
perché passò subito
al dunque.
«
Be’, come vedi la tua mancanza
si è sentita, qui dentro è un vero
disastro… ti dispiace mettere a posto queste
scartoffie? Ah, no, forse è meglio che ci pensi io. Caramell
vuole un rapporto
su quanto avvenuto l’altra notte al villaggio di
Mould-on-the-Wold, e visto che
tu sei stata la prima ad arrivare sul posto, ho pensato che sarebbe
meglio se
lo facessi tu. A proposito, complimenti per il tempismo ».
« Grazie
» rispose Rachel con un
tono piatto, andando a sedersi allo scrittoio di lato. Intinse la penna
d’oca nella
boccetta e si fermò a pensare a lungo, macchiando la
pergamena d’inchiostro
nero.
Non era molto sicura
che fosse
necessario inserire quello che era successo a casa Puddle. In fondo non
c’entrava nulla con l’attacco dei Mangiamorte,
sarebbe stato inutile aggiungerlo.
Inoltre secondo lei doveva esserci un collegamento con la persona
misteriosa
che le aveva salvato la vita, mettendo Karkaroff fuori gioco. Non
sapeva
perché, ma se lo sentiva.
Dopo essersi riscossa,
ripulì con
un colpo di bacchetta la pergamena macchiata e iniziò a
scrivere.
Proseguì a
lavorare anche durante
la pausa pranzo. Prima di uscire per un tè, Arnold le
suggerì di riposarsi ma
lei non ne volle sapere. Concentrarsi su quella relazione le faceva
dimenticare, anche se solo per pochissimi istanti, ciò cui i
pensieri tendevano
continuamente. I suoi genitori avevano ragione: lavorare la faceva
stare
leggermente meglio, anche se avrebbe voluto che Regulus ci fosse come
quando
ascoltava tutti i suoi aneddoti sulla vita al Ministero, sui colleghi,
sulle
prime prove pratiche…
Rachel si accorse di
aver riletto
quel rapporto per la decima volta senza averci capito niente. Ormai si
era
distratta, e sarebbe stato molto più complicato tornare a
concentrarsi. Si
sforzò ma ogni suo tentativo fu vanificato dalla persona che
entrò nell’ufficio
in quell’istante.
« Ero sicura
di trovarti qui »
disse Emmeline Vance, avvicinandosi al suo scrittoio. « Ho
sentito il tuo capo
che parlava del tuo ritorno. Come ti senti? »
« Bene,
grazie » mentì Rachel. «
Tu che ci fai qui, comunque? »
« Ho appena
sostenuto e passato il
mio primo esame per diventare Auror: Occultamento e Travestimento
» disse
Emmeline, anche se non aveva un tono molto allegro. La scomparsa di
Caradoc
Dearborn doveva averla sconvolta.
«
Complimenti » disse Rachel,
sforzandosi di suonare cordiale. In realtà non ci riusciva
proprio.
« Senti
» disse Emmeline dopo
alcuni secondi di silenzio. « Dovrei parlarti di una cosa
».
Aveva
un’aria misteriosa, e il
fatto che chiuse la porta dopo essersi assicurata che non ci fosse
nessuno dei
dintorni lo confermò. Rachel alzò lo sguardo
sulla ragazza di fronte a lei.
« Che
succede? » chiese,
sospettosa.
« Niente.
Solo, mi assicuro che
nessuno ci senta. Ricordi di quando ti ho parlato della
società segreta di cui
faccio parte? »
Rachel la
guardò, poco
interessata.
«
Sì, ma stai tranquilla, non ne
farò parola con nessuno ».
« Lo so, di
te mi fido. Proprio
per questo mi sono permessa di parlare a Silente di te ».
« Cosa
c’entra Silente? »
«
L’ha fondata lui. Io… gli ho
chiesto se fosse il caso di coinvolgerti, e lui sarebbe favorevole. Mi
chiedevo
se volessi unirti a noi anche tu » riferì
Emmeline, un po’ a disagio.
Rachel le rivolse
un’occhiata
sorpresa, come se fosse convinta che si trattasse di uno scherzo di
cattivo
gusto.
« Io? E
perché dovrei? »
«
Perché… hai un motivo per cui
combattere Tu-Sai-Chi » rispose quella, di colpo imbarazzata,
e Rachel sentì un
dolore bruciante attanagliarle le viscere. « Scusa. Ci ho
pensato quando ti ho
vista combattere e ho voluto proportelo ».
Rachel non la
guardò, limitandosi
a fissarsi le unghie.
«
È stata una cosa occasionale.
Ho deciso di combattere perché mi sono ritrovata i
Mangiamorte quasi sotto
casa, ma non ho mai pensato di partecipare alla guerra in maniera
attiva. Non
penso di esserne capace. L’altra notte non sapevo nemmeno
cosa fare ».
« Ma se hai
catturato Karkaroff…
»
« Non sono
stata io. Sarei morta
subito se qualcuno non mi avesse aiutata. E in ogni caso, dubito che
gli altri componenti
dell’organizzazione si fidino di me. Ti ricordo che sono la
fidanzata di un ex
Mangiamorte. E inoltre ho visto chi c’è con voi.
Potter e i suoi amici pensano
che i Serpeverde siano tutti Maghi Oscuri ».
« Silente
non ragiona così. Lui
sarebbe felice di averti tra noi, davvero ».
Rachel distolse lo
sguardo. La
proposta di Emmeline la aveva letteralmente spiazzata. Era vero che
solo l’idea
di Voldemort le faceva montare dentro la stessa furia della notte
precedente,
ma ricordava anche la preoccupazione dei suoi genitori quando
l’avevano
ritrovata in mezzo ai resti della battaglia. Non voleva farli
preoccupare
ancora. La sua situazione stava pesando già troppo in casa.
E ricordava anche
quello che ormai era diventato il suo obiettivo principale: scoprire
cosa fosse
accaduto a Regulus, tramite l’aiuto di Alphard. Si sentiva
egoista in quel
senso, ma le interessava di più proseguire nella propria
ricerca piuttosto che
scendere in campo contro Voldemort.
« Non
c’è bisogno che decidi
subito » disse Emmeline.
« Invece ho
già deciso » rispose
Rachel, concludendo la sua breve pausa di riflessione. « Mi
dispiace, ma al
momento ho altro a cui pensare. Non credo che Silente voglia tra i suoi
una che
ha altro per la testa ».
Emmeline non parve
affatto
delusa: probabilmente se lo aspettava.
« Ti
capisco. Sappi però che
l’offerta è sempre valida. Nel caso in cui
cambiassi idea, basta che tu me lo
dica ».
«
Sì, sì, d’accordo » rispose
l’altra, poco convinta.
In quel momento
qualcuno bussò
alla porta, interrompendo la loro conversazione.
« Avanti
» disse Rachel.
Quando la porta si
aprì,
nell’ufficio calò un’atmosfera tesa e
spiacevole. Il nuovo arrivato si bloccò
sulla soglia non appena vide Emmeline, la quale per un solo istante si
fece di
mille colori, poi riassunse il suo solito autocontrollo e gli
riservò un’occhiata
glaciale.
« Ciao,
Barty » disse Rachel, nel
tentativo di sciogliere un po’ il ghiaccio.
« Ciao. Ero
venuto a salutarti »
disse lui, ma Emmeline lo interruppe con freddezza.
« Io vado,
Rachel. Ci vediamo »
disse. Rachel annuì, e la ragazza si incamminò
verso la porta con la massima
dignità, passando accanto a Barty senza degnarlo di
ulteriore attenzione.
Lui non disse nulla,
ma per un
po’ la seguì con lo sguardo fuori
dall’ufficio.
A Rachel dispiaceva
che tra loro
due fosse finita così, ma di certo la colpa non era di
Emmeline. Dopo essere
stati insieme per tre anni, all’improvviso lui
l’aveva lasciata senza un
motivo. A Rachel aveva detto di essersi stancato, ma lei si era ben
guardata
dal dirlo a Emmeline: la ragazza non era ancora riuscita a farsene una
ragione,
nonostante sostenesse l’esatto contrario.
Tuttavia, a guardarlo
bene,
Rachel aveva il sospetto che lo stesso Barty fosse dispiaciuto per
quella
situazione… o forse era solo una sua impressione.
Barty si riscosse solo
dopo qualche
attimo e tornò a rivolgersi a lei, sorvolando su quanto
accaduto poco prima.
« Bentornata
».
« Grazie
» rispose lei, non
riuscendo a fare a meno di rivolgergli uno sguardo di rimprovero. Barty
tuttavia finse di non averlo notato.
« Mi sembra
che tu stia meglio, o
mi sto sbagliando? » le chiese, evitando
quell’argomento.
«
Sì, relativamente » bofonchiò
Rachel, lasciandosi ricadere sulla sedia. « Comunque, mi
dispiace. In questi
giorni ti sei sempre informato sulle mie condizioni, ma io non ho mai
chiesto
come stessi tu. Eri il suo migliore amico ».
« Non
preoccuparti per me » fece
lui.
Rachel
esitò, indecisa se fargli
la domanda che le premeva dal giorno del funerale. Non capiva
perché Regulus le
avesse detto di non fidarsi di Barty. Forse aveva avuto paura che lei
potesse essere
coinvolta nelle sue vicende da Mangiamorte, e rimanere in contatto con
il
figlio di Crouch la avrebbe messa in pericolo. Ma Barty si stava
dimostrano un
vero amico e le dispiaceva essere sospettosa nei suoi confronti, certa
che lui
non meritasse tutta quella diffidenza.
« Senti, per
caso negli ultimi
tempi Regulus ti aveva fatto capire che qualcosa lo preoccupava?
» non poté
fare a meno di chiedere: se doveva aspettare che Alphard scoprisse
qualcosa,
voleva a sua volta informarsi il più possibile.
Barty rispose con una
smorfia.
« Lo sai che
dopo la fine della scuola
ci siamo allontanati » rispose Barty, impassibile.
« Lui era diventato un
Mangiamorte, quindi ha pensato di tagliare i ponti con me. Non posso
sapere
nulla di quello che ha fatto in seguito, mi dispiace ».
Rachel
cercò di nascondere la
propria delusione, ma non ci riuscì. Quell’attesa
la stava logorando. Perché
Alphard non aveva ancora scoperto nulla? Era quella la pista giusta da
seguire,
ne era certa. Ma doveva aspettare ancora e ancora. Non ne poteva
più.
Tuttavia,
l’attesa fu più breve
del previsto. La mattina dopo infatti, mentre stava facendo colazione,
Rachel
vide un gufo nero entrare dalla finestra, planare sul tavolo e posarsi
di
fronte a lei.
Il biglietto che il
volatile le
consegnò era molto breve e non diceva nulla di esplicito, ma
le provocò
un’emozione incontrollabile.
Alphard aveva scoperto
qualcosa.
Fece girare la chiave
nella
toppa, e la porta che occupava tutta la parete si aprì
cigolando. Alphard fece
il suo ingresso in un’ampia stanza con decine e decine di
scaffali colmi di
libri. La luce del mattino illuminò improvvisamente
l’aula quando lui aprì le
tende con un colpo di bacchetta.
« Ecco,
entra pure » disse,
tenendo la porta aperta alla ragazza.
«
È questa? » domandò Rachel,
facendo scorrere lo sguardo lungo la libreria.
«
Sì » rispose l’uomo,
soffermandosi ad osservare la sua espressione. Era già stata
una sorpresa
trovarsela davanti alla porta di casa soltanto mezzora dopo averle
mandato un
messaggio via gufo, ma il suo comportamento dava ancora più
da pensare: Rachel aveva
una luce negli occhi, come se fosse certa di ottenere tutte le risposte
che
cercava alle sue domande. Non avrebbe voluto essere proprio lui a
deludere le
sue aspettative, ma non poteva fare altrimenti.
« Qual era
il libro? »
Alphard la condusse
oltre i primi
tre scaffali e svoltando in un corridoio tra il terzo e il quarto a
destra. In
fondo, la parete si apriva con una finestra, sotto la quale
c’era un tavolino
pieno di vecchi tomi rilegati in pelle.
Lui prese in mano
quello più
logoro, ne spolverò la copertina di pelle e glielo porse.
«
All’inizio non riuscivo a
ricordare quali volumi Regulus avesse consultato l’ultima
volta che è venuto a
trovarmi. In queste ultime settimane ho cercato e ricercato per tutta
la
biblioteca, nel tentativo di trovarlo. Infine questa notte mi
è tornato in
mente un dettaglio, e l’ho riconosciuto »
spiegò, mentre Rachel leggeva il
titolo. « È un libro di Magia Nera ai massimi
livelli, e non so cosa ci
facesse. Ti assicuro che anche tra i Maghi Oscuri sono pochi quelli che
metterebbero in pratica le cose che sono scritte qui dentro
».
Rachel
iniziò a sfogliare il
libro, in cerca di qualcosa. Alphard continuava a guardarla con
preoccupazione.
Era solo la seconda volta che la incontrava, ma vederla ridotta in
quello stato
gli provocava un’enorme angoscia, come se la conoscesse da
secoli. In fondo
Regulus gliene aveva sempre parlato, e inoltre era la figlia del suo
vecchio
migliore amico, quindi non poteva considerarla semplicemente
un’estranea.
« Non vedo
nulla… » fece lei,
impaziente.
« Appunto
» rispose Alphard,
prendendole gentilmente il volume e sfogliandolo a sua volta.
« Guarda. Non hai
notato che manca qualcosa? »
E indicò il
libro aperto.
Rachel
allungò lo sguardo sul punto
che lui stava indicando, e sussultò, lanciando poi
un’esclamazione di stupore.
« Le pagine!
» disse, incredula e
sconvolta.
Dopo pagina
ventitrè, infatti, la
numerazione ne saltava una ventina, passando subito alla quarantasette.
« Non me ne
ero accorta » disse,
col cuore in gola. « Le ha fatte Evanescere di nascosto! Ha
eliminato il
capitolo che gli interessava, perché nessun altro lo
leggesse ».
« Proprio
così » confermò
Alphard, cupo. « Mi dispiace ».
Rachel ora sembrava
letteralmente
in preda alla disperazione.
« Non posso
crederci… »
Lui fissò
il volume, a sua volta
ancora incredulo della propria scoperta. Si sentiva immensamente stanco
e aveva
la sensazione che ultimamente tutte le brutte sorprese gli scivolassero
addosso. Era tutto troppo da sopportare. Non riusciva a concepire come
Regulus
avesse potuto tenere nascosta ogni cosa a tutti, senza chiedere aiuto e
senza
confidarsi con nessuno.
« Si ricorda
di che argomento
trattavano le pagine mancanti? » chiese Rachel, tremando di
rabbia.
Alphard scosse la
testa,
affranto.
« Non
è un libro che ho letto
spesso » rispose. Poi, vedendola versare in una condizione di
totale sconforto,
cercò di trovare delle parole adatte a darle un minimo di
incoraggiamento. «
Senti, credo che a questo punto sia meglio non indagare oltre. Anche io
vorrei
sapere cosa gli è successo e perché, ma se lui si
è dato tanto da fare per
impedirci di scoprirlo, forse sarebbe meglio rispettare le sue ultime
volontà.
Non lo credi anche tu? »
Lei non parve affatto
convinta da
quella proposta, e Alphard non poté biasimarla. Lui stesso
non credeva alle
proprie parole, né si sarebbe mai rassegnato
all’idea di non sapere il segreto
di suo nipote.
Quanto a Rachel,
ricevere quel
brutto colpo fu come se Regulus fosse morto una seconda volta. Non
voleva
rassegnarsi a restare nel dubbio per sempre, ma si rese conto di non
poter fare
altrimenti. L’argomento generale del libro era troppo
generico: era chiaro che
Voldemort aspirasse all’immortalità, ma non era il
primo Mago Oscuro a
desiderarlo, e da quell’indizio non poteva ricavare molto di
concreto.
Senza volerlo, si
sentì quasi
furibonda nei confronti di Regulus. Perché le aveva impedito
in tutti i modi di
sapere la verità?
Era confusa e si
sentiva di nuovo
perduta e senza uno scopo da raggiungere, esattamente come prima di
incontrare
Alphard al funerale. Aveva il terrore di ripiombare
nell’apatia da cui era
uscita a stento, e neanche del tutto.
Forse,
pensò, era giunto il
momento di dedicarsi a qualcos’altro che la facesse sentire
ancora utile per
qualcuno.
*Angolo
autrice*
Comincio a parlare di
Peter e poi passo al resto. Penso che
all'inizio abbia deciso di collaborare con Voldemort solo per paura ma
che sperasse di poter evitare di far morire i suoi amici (il come
preferiva non chiedeselo). Almeno in questa storia, all'inizio si
farà trascinare dagli eventi, ma poi le cose si metteranno
in
modo tale che non potrà stare con un piede in due staffe e
dovrà scegliere a chi essere fedele... e ovviamente a
condizionare la sua decisione saranno la paura e l'opportunismo.
Rileggendo il capitolo ho notato che Lucius e Rabastan sembrano il
poliziotto buono e quello cattivo! XD
Poi, visto che ho
introdotto il
Ministero della Magia, devo fare qualche precisazione. Rachel sta
facendo un apprendistato per diventare Obliviatrice e quindi lavora con
assistente nell'ufficio di Arnold Peasegood (Obliviatore nominato da
Arthur
nel Calice di Fuoco). Emmeline sta studiando per diventare Auror, ed
è al primo anno di addestramento.
Su
Barty ho cambiato un po' di cose. In "Eroi..." doveva
fare a sua volta il corso per Auror, ma quest'estate ho modificato
questa parte perché ho pensato che in fondo gli Auror sono
relegati in uffici piccoli e sfigatissimi, e dubito che Crouch senior
avrebbe voluto che suo figlio si riducesse ad avere una scrivania
sbilenca. Sicuramente avrebbe preferito che facesse carriera come lui.
Quindi Barty
al momento studia Magisprudenza e fa
pratica all'Ufficio Applicazione della Legge sulla
Magia, tanto per avere una
copertura ancora
migliore da bravo figlio di papà!
Quanto a Rachel, ripenserà alla proposta di Emmeline?
Chissà. Secondo me, con Regulus ancora vivo, non sarebbe mai
entrata nell'Ordine, perché non condivide proprio tutte le
loro
idee (lei crede che i Lupi Mannari sono tutti come Greyback, non sa che
ce ne
sono anche come Remus, e Silente lo vede come un vecchietto un po'
fuori di testa) ma ora la voglia di sfogare la rabbia e vendicarsi
potrebbe portarla a ripensarci. Avrete la risposta nel prossimo
capitolo.
Riguardo al capitolo
scorso, vi dico solo che non è detto che
chi ha salvato Rachel sia la stessa persona che c'era nella casa dei
Puddle! Stop, non dico altro!
Penny
Black:
diciamo che Perseus è molto testardo, ma prima o poi si
renderà conto di quello che ha fatto Regulus. Non ho tirato
fuori il collegamento stelle-nomi dei Black solo perché l'ho
già fatto un sacco di volte e non volevo ripeterlo. Le tue
idee
nella prima parte della recensione non sono affatto campate in aria,
anzi, hai molto intuito!
Alohomora:
Tanti Auguri!!! Bè, tu ne sai più di tutti gli
altri su cosa ho
in mente, quindi sei avvantaggiata! Emmeline ci ha pensato prima di te
a proporre a Rachel dell'Ordine, ma lei non è molto
convinta.
Questo non significa che non accetterà, ma al momento ha
altro a
cui pensare! Presto inizierò il tuo disegno: ora ho poco
tempo, quindi non l'ho ancora cominciato =(
quigon89:
i
Mangiamorte hanno attaccato Caradoc semplicemente perché era
nell'Ordine della
Fenice, non c'è niente di misterioso in questo! Anche a me
piace
Alice, è sempre molto gentile con tutti, ma darò
spazio anche a Remus il prima possibile!
Lenobia:
Emmeline sarà sempre più presente, via via che la
storia
si sbroglierà un po', e anche Alice e Andromeda... insomma,
spero di parlare a sufficienza di tutti! Poi l'Ordine della Fenice
originario ha un sacco di personaggi promettenti, ma che non sono
spesso considerati. Hai ragione, la casetta Puddle non è
affatto
inutile!
Mirwen:
come ho già detto, in questa storia mi soffermerò
molto
su Emmeline, più che in questa prima parte, che altrimenti
non
finirebbe più! Non so come mai ma mi viene estremamente
facile
descrivere Malocchio!
malandrina4ever:
penso che tu abbia molto da parlare di Peter adesso, vero? Per quanto
riguarda le tue ipotesi (anzi, mi sembri abbastanza convinta) non posso
specificare nulla, ma non sono del tutto sbagliate, anzi, in un caso ci
sei andata vicina... Lo ammetto, mi diverto un sacco a fare la
misteriosa! XD
RF09:
lo
so, a volte un po' d'isteria colpisce tutti! u.u Lo
spiegherò esplicitamente nei prossimi capitoli, ma Karkaroff
per
adesso non parlerà, perché Voldemort è
ancora a
piede libero. Penso che abbia deciso di collaborare dopo la caduta di
Voldemort, per essere al sicuro! Dai ormai è normale che
piova
sempre: siamo in autunno! XD
Beatrix
Bonnie:
ahah, il vecchietto babbano mi ispirava troppo! Avrei voluto anche
farlo dilungare sulle sue esperienze durante la II guerra mondiale, ma
dubito che Rachel le avrebbe trovate interessanti ("questi giovani di
oggi, non ascoltano mai gli anziani"!!). Perseus non è un
marito
facile da sopportare, ma Diane sa come prenderlo!
bellatrix18:
infatti l'Ordine della Fenice sarà molto presente,
soprattutto
nella seconda parte della storia, interessa anche me! E certo che ci
sarà Silente! Anzi, sarà uno dei protagonisti
principali!
Hai ragione, a volte le soluzioni semplici sono migliori, anche
perché se ci si complica troppo la vita si rischia di non
capirci più niente!
Lellas92:
è proprio per la sua perfezione irritante che ho fatto Lily
negata ai fornelli! Il povero Harry farebbe la fame comunque! XD Il
Rasoio di Ockham! Mi risveglia molti ricordi... per lo più
brutti u.u Ahah, tu non puoi saperlo, ma hai detto una cosa che si
avvicina mooolto alla soluzione dell'enigma! Ma non posso dirti cosa!
o_O
_Mary:
per
ora Rachel non si sente adatta ad entrare nell'Ordine, ma non
è
detto che non ci ripensi! E in ogni caso Emmeline comparirà
parecchio, sto proprio per scrivere un pezzo dal suo punto di vista! I
tuoi film mentali non è detto che non siano veri, ma non
è neanche detto che siano del tutto esatti... un po' e un
po'!
Lo scoprirai a breve comunque!
meissa_s:
io adoro parlare delle cose Babbane dal punto di vista dei maghi
Purosangue, è divertentissimo! XD Nemmeno Rachel ha mai
pensato
ad entrare nell'Ordine come puoi vedere, ma Emmeline intanto glielo ha
proposto, poi si vedrà! Perseus prima o poi dovrà
rendersi conto che Regulus è stato un eroe!
lyrapotter:
non sei l'unica fan di Remus qui, e ho già promesso a
Beatrix
che ci sarà un bel pezzo introspettivo tutto per lui,
contenta?
Però hai ragione, io e Malandrina riempiamo le tue storie
con
commenti deliranti, quindi scatenati pure! Mi interessano un sacco i
personaggi poco considerati, quindi preparati perché ne
parlerò!
nefertari83:
già, anche io ho difficoltà a pensare che la
povera
Emmeline è stata uccisa all'inizio del sesto libro. Adoro i
personaggi secondari come lei (secondari? Piuttosto terziari, o ancora
più sconosciuti ai più!) quindi mi piace
parlarne... e lo
farò, puoi contarci!
DubheBlack:
sono davvero felicissima che Emmeline piaccia a molti di voi, e
sì, comparirà spesso in questa storia!
Ahah, l'idea
dei fuochi di dentifricio è nata ancora prima del capitolo
stesso, mi piaceva un sacco! XD
Circe:
grazie! I dialoghi mi preoccupano sempre un po', soprattutto quelli che
coinvolgono parecchie persone tutte insieme, quindi sono felice per
quello che mi hai scritto! Non preoccuparti per il ritardo, purtroppo
le connessioni fanno sempre scherzi di pessimo gusto! XD
PenPen:
ho
un paio di idee su come si sono messi insieme i genitori di Rachel, e
in effetti ci sto pensando da parecchio, quindi potrei anche inserire
un aneddoto del genere da qualche parte! Allora, la madre di quel
povero bimbo Babbano è sana e salva e lo ha ritrovato poco
dopo
che Rachel lo ha sottoposto all'Oblivion!
dirkfelpy89:
anche se ti sei stancato, beato te che hai ricominciato l'uni! Noi
invece siamo ancora in piena protesta anti Gelmini, e le lezioni le sto
vedendo col binocolo purtroppo =( Sono contenta di rendere realistiche
le emozioni di Rachel, mi sto immedesimando sempre di più in
lei!
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Capitolo 7 *** L'Ordine della Fenice ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 7
L’Ordine
della Fenice
Una settimana più tardi, dopo
cena, mentre Perseus se ne stava in salotto a leggere le notizie della
Gazzetta
del Profeta, Rachel bussò alla porta della stanza dei
genitori, in cui Diane
stava aiutando l’elfa domestica Sory a sistemare la
biancheria nei cassetti.
L’elfa si confondeva facilmente e ogni volta sbagliava
cassetto, quindi Diane
preferiva controllarla.
« Mamma, posso palarti?
» esordì
Rachel, esitante.
« Certo. Sory, puoi andare
»
rispose la donna.
Quando l’elfa fu
uscita dalla stanza, Diane guardò sua
figlia con curiosità.
« Dimmi ».
Rachel esitò di nuovo. Non
sapeva
quale fosse il modo migliore per dirle una cosa del genere, sempre se
esisteva.
Da un paio di giorni stava
pensando alla proposta di Emmeline. All’inizio aveva
rifiutato con convinzione
ma, ora che non aveva più alcuno scopo cui aggrapparsi
disperatamente, l’idea
iniziava a tentarla. La delusione aveva presto fatto posto ad una
rabbia
inaudita e spesso Rachel si era ritrovata a soffermarsi su pensieri che
mai
avrebbe creduto di fare. Se solo non fosse stata una semplice ragazza
priva di doti
eccezionali, avrebbe voluto scontrarsi con Voldemort in persona e
fargli
provare tutto il dolore che lui le aveva causato. Sapeva che fosse
impossibile,
e che Voldemort la avrebbe potuta uccidere senza alcuno sforzo, ma la
sete di
vendetta che iniziava a nutrire la spingeva a fare qualcosa per
combatterlo.
In quel periodo si sentiva molto
individualista, ma sapeva anche che da sola non avrebbe avuto alcuna
possibilità. Con l’Ordine della Fenice invece
avrebbe potuto complottare ai
danni di Voldemort, e al momento questa era l’unica cosa che
poteva fare. Non
le importava molto ciò che gli altri avrebbero pensato di
lei.
Il vero problema erano i suoi
genitori. Se avesse accettato, li avrebbe messi in pericolo di vita, e
non
voleva perdere anche loro. Emmeline le aveva assicurato che Silente
avrebbe
fatto di tutto affinché la sua famiglia fosse al sicuro, ma
Rachel aveva paura
lo stesso.
Nonostante avesse frequentato
Hogwarts per sette anni, non aveva mai avuto l’occasione di
conoscere bene il
Preside, e non poteva fare a meno di condividere la visione che i
Serpeverde,
anche i meno estremisti, avevano di lui: un vecchio strambo, che
emanava
affidabilità certo, ma che sembrava molto diverso dal grande
mago che aveva
sconfitto Grindelwald. Di sicuro, a suo parere, era troppo permissivo.
In ogni caso, Rachel non avrebbe
mai preso una decisione così importante senza il consenso di
sua madre. Su
quello del padre non ci sperava nemmeno: sapeva quanto Perseus poteva
essere
protettivo, anche se in quel caso avrebbe avuto tutte le ragioni.
« Silente ha fondato una
società
segreta per combattere i Mangiamorte » esordì, e
Diane la guardò con stupore.
« Non mi pare poi
così segreta,
se tu la conosci ».
« Conosco una persona che ne fa
parte ».
Diane scosse la testa.
« D’accordo, e con
questo cosa
vorresti dirmi? »
Rachel prese un gran respiro e
continuò.
« Secondo te potrei entrarne a
far parte? »
Un silenzio carico di paura,
scese tra di loro. Ci fu una lunga pausa, durante la quale Rachel
sentì addosso
lo sguardo carico di terrore di sua madre, ma non ebbe il coraggio di
guardarla
a sua volta.
« Mi stai chiedendo il permesso
di mandarti a morire? » La voce di Diane tremava, ma lei fece
del suo meglio
per non farlo notare, nonostante il pallore. « Rachel, perché vuoi
farlo? »
« Mamma, dopo quello che
è
successo, non riesco a starmene con le mani in mano. Non potrei
sopportare che
Tu-Sai-Chi vinca questa guerra senza che io abbia alzato un dito
per
fermarlo ».
« È una decisione da
incoscienti
» disse Diane, ma Rachel la interruppe.
« Ci ho pensato molto, e so
quello che si rischia. Però so anche che, se prendessi
questa decisione, voi
passereste i guai per colpa mia. Quindi se non volete, lascio perdere.
Non
voglio mettervi in pericolo ».
« Non è questo il
punto. Anche
ora siamo in pericolo. Se Tu-Sai-Chi non è ancora venuto a
cercarci, è solo
perché non siamo tra le famiglie Purosangue più
importanti. Ma prima o poi vorrà
averci tra i suoi, e visto che nessuno di noi è intenzionato
a seguirlo,
correremo seri rischi. Questo lo sappiamo, e stiamo già
pensando a nasconderci
quando sarà il momento. Ma che tu vada a combatterlo
direttamente è tutta
un’altra faccenda ».
Rachel la guardò e si
sentì in
colpa: non aveva mai visto tanta paura nel suo volto.
« Se stai dicendo sul serio,
preferirei che ne parlasse la famiglia al completo. Vado a chiamare tuo
padre »
disse Diane, ma Rachel la fermò, ansiosa.
« No… non voglio che
lui lo
sappia » la supplicò.
« Non puoi non dirglielo!
»
« Ma lui non mi ascolterebbe
nemmeno. Senti, lo so che non vuoi, ma Regulus è morto per
colpa di quel
mostro, e io voglio fare qualcosa. Papà non capirebbe: lui
odiava Regulus e
continua a detestarlo anche ora » aggiunse, con un tono
talmente amaro che
Diane le posò una mano sulla spalla e le fece cenno di
sedersi sul letto.
« Non è che lo odia
» disse,
nonostante l’espressione scettica della figlia. «
Sai com’è fatto tuo padre,
non perdona facilmente. E quando si tratta di te non ragiona
più ».
« Appunto. Mi impedirebbe di
combattere perché non vuole che mi accada niente…
»
Rachel si trattenne appena
dall’aggiungere che tutto quel che poteva capitarle di peggio
era già successo:
non voleva suonare troppo vittimista.
« Nemmeno io voglio che ti
accada
nulla » replicò Diane con forza. « So
che sei maggiorenne e, se tu volessi
davvero combattere Tu-Sai-Chi, non potrei impedirtelo, ma non posso
dire di
essere contenta di questa tua decisione ».
Rachel abbassò lo sguardo,
incupita. Sapeva che anche sua madre si sarebbe opposta, e non poteva
biasimarla: al suo posto avrebbe fatto lo stesso, era naturale.
Piuttosto, si
chiedeva se anche Emmeline e gli altri avessero avuto lo stesso
problema. Forse
loro non lo avevano raccontato a nessuno.
« Mamma, non voglio che
rischiate
la vita a causa mia, quindi… »
« Forse non hai capito che io e
tuo padre ci interessiamo più della tua
vita. Rachel, io apprezzo il tuo coraggio e sono fiera di te per il
modo in cui
stai affrontando questo periodo. Ma ricorda che sono sempre tua madre e
non
puoi pretendere che ti dia il permesso di andare a combattere senza
battere
ciglio... ».
Si fermò per sospirare, ma
riprese quasi subito: « Però non sono cieca: so
che la guerra riguarda l’intera
comunità magica e che prima o dopo tutti noi saremo
costretti a combattere
apertamente ».
La donna tacque per un po’.
Rachel avvertiva su di sé lo sguardo preoccupato e gli occhi
lucidi della madre
e si sentì sempre più in colpa.
Stava per rinunciare, quando
Diane aggiunse, guardando la figlia con evidente sofferenza:
« Ascolta, dammi un
po’ di tempo
per riflettere ».
Rachel annuì. Non voleva
metterla
in crisi, ma la furia vendicativa che covava dentro la esortava a
proseguire su
quella strada. Voleva combattere Voldemort e, per quel poco che poteva,
impedirgli di vincere quella guerra. Ma soprattutto, voleva fargliela
pagare,
per Regulus.
Percorreva Diagon Alley a passo
veloce, in direzione della Gringott. Non aveva mai visto quella strada
a dicembre.
D’estate era sempre piena di vita e di studenti che dovevano
fare i loro
acquisti per la scuola, mentre in quel periodo si incontrava molta meno
gente,
e tutti andavano sempre di corsa, neve permettendo.
Quando fu giunta sotto la
scalinata di marmo della banca dei maghi, vi trovò Emmeline
in piedi ad
aspettarla. La ragazza indossava un pesante mantello blu notte e
sembrava
infreddolita.
« Scusa se ti ho fatto aspettare
» esordì Rachel, raggiungendola.
« Non preoccuparti. Allora, i
tuoi si sono convinti? » chiese Emmeline, tranquilla.
« Diciamo di
sì… »
In realtà Diane le aveva dato
il
permesso ad una condizione: che Rachel non si azzardasse ad andare in
battaglia
senza aver prima bevuto una goccia di Felix Felicis, di cui lei avrebbe
preparato
una notevole scorta. In quel momento infatti, Rachel ne teneva una
fiaschetta
dentro la tasca interna del mantello. Era stata istruita a dovere sui
pericoli
dell’utilizzare troppa Felix Felicis e sapeva di doverla bere
solo in casi di
estrema necessità.
Quanto a Perseus, Diane si era
rifiutata di mentirgli su una cosa così importante. Lui
aveva fatto il diavolo
a quattro per almeno una settimana, ma alla fine aveva ceduto,
più per la
presenza della Felix che per la determinazione della figlia.
Rachel ed Emmeline si incamminarono
lungo la via.
« Dove siamo dirette?
»
« Non posso dirtelo a voce
»
rispose Emmeline, guardandosi intorno con circospezione. « Lo
vedrai ».
Uscirono da Diagon Alley e si
immersero nella trafficate vie di Londra, mescolandosi ai Babbani. Ad
un certo punto
Emmeline la trascinò in un vicolo deserto, dal quale si
dileguarono insieme,
tramite la Materializzazione Congiunta.
Il frastuono delle strade
londinesi non rimbombò più nelle loro orecchie,
quando apparvero in mezzo alla
verde campagna del Kent.
Rachel guardò l’amica
con
perplessità: non si vedeva neanche una casa. Ma quella si
incamminò senza
esitazioni. Nel frattempo, snocciolava uno dopo l’altro
alcuni avvertimenti.
« Ricordati che non devi dire a
nessuno quello che facciamo, neanche ai tuoi genitori: sarebbe
rischioso per
loro. E ricorda che le spie sono dappertutto ».
Rachel annuì, fingendosi
sicura.
Non poteva non ammettere a se stessa di avere paura, ma era decisa a
non
dimostrarlo.
« Hai già parlato
agli altri di
me? » chiese, preoccupata.
« Certo. Silente era entusiasta
quando gli ho detto che avevi accettato ».
Il fatto che non aggiungesse
altro le diede da pensare.
« Gli altri non si fidano, vero?
Lo sapevo. Appena sentono parlare di Serpeverde storcono il naso
».
« Per molti non
c’è problema. Per
altri… bè, il fatto è che di questi
tempi si tende a non fidarsi di nessuno. Ma
vedrai che si abitueranno presto… Siamo arrivati
».
Si erano fermate in mezzo al
nulla. L’unica cosa che Rachel vedeva era un vecchio albero
sbilenco.
Lanciò un’occhiata
sempre più perplessa
a Emmeline, la quale tuttavia si era avvicinata all’albero e,
dopo essersi
guardata prudentemente intorno, aveva appoggiato la bacchetta sul
tronco, sussurrando
una parola d’ordine che Rachel non udì. Un attimo
dopo, le due ragazze si
ritrovarono in un giardino curato che circondava una casa a due piani
con il
tetto color del cielo.
« Benvenuta al Quartier Generale
dell’Ordine della Fenice. Siamo appena in tempo per la
riunione di oggi » disse
Emmeline, accostandosi alla porta e suonando il campanello.
Dopo alcuni istanti, una voce
aggressiva rispose da dietro l’uscio.
« Chi è? »
« Sono io ».
« Fatti riconoscere o resti
fuori
».
La ragazza alzò gli occhi al
cielo.
« Sono Emmeline Vance, diplomata
a Hogwarts con nove M.A.G.O., studio per diventare Auror, il mio
Patronus è una
civetta e porto con me la ragazza di cui ha parlato Silente ieri sera.
Adesso
possiamo entrare? »
Si udì il rumore di un
chiavistello, e poi la porta si aprì. Rachel si
ritrovò davanti Malocchio
Moody. Lei non era tipo da lasciarsi impressionare, ma
quell’uomo aveva
qualcosa di inquietante nel modo in cui il suo occhio finto la fissava.
« Sicura che sia lei?
» chiese,
rivolto ad Emmeline.
« Le assicuro che lo
è » rispose
questa, esasperata.
Moody a quanto pare si lasciò
convincere e le fece entrare in fretta nell’ingresso. Rachel
ebbe appena il
tempo di guardarsi intorno, quando qualcosa di enorme le si
abbatté sulla
schiena, facendola quasi cadere per terra.
« Ehi, Rachel… Ops,
ti sei fatta
male? »
« Hagrid… »
ansimò lei, col fiato
mozzo.
« Certo che si è
fatta male »
intervenne Moody, irritato. « Hagrid, devi smetterla di
abbattere tutte le
nuove reclute. Come se non fossimo già pochi ».
« Ehm, scusa, sono mortificato
»
balbettò il guardacaccia, fissando Rachel con
preoccupazione.
« Va tutto bene » lo
rassicurò
lei.
« Come sta Attila? Quel gatto mi
manca un sac- »
« Parleremo più tardi
degli
animali domestici » ringhiò Moody. «
Adesso andiamo in salotto, non è tempo di
distrarsi. In marcia ».
Rachel seguì l’Auror,
Emmeline e
Hagrid lungo un corridoio con una moquette blu. Era piuttosto nervosa,
soprattutto perché temeva di essere guardata con sospetto.
Inoltre aveva paura di non
riuscire ad essere abbastanza cordiale. Era una sensazione nuova per
lei: un
tempo era stata molto espansiva, ma ultimamente aveva dimenticato anche
come si
sorrideva.
Quando entrarono nella sala da
pranzo, questa le sembrò davvero molto piccola, ma poi si
rese conto che in
realtà era occupata da almeno una quindicina di persone.
La maggior parte dei presenti era
seduta intorno al tavolo da pranzo, altri se ne stavano in disparte a
parlare e
un gruppetto era estremamente chiassoso.
Fu la prima cosa che notò. Si
era
aspettata un’atmosfera cupa e cospiratoria ma, nonostante
molti avessero delle
espressioni serie, c’era anche chi riusciva a mantenere un
po’ di moderata allegria.
In un attimo, decine di sguardi
saettarono verso di lei, e Rachel non poté fare a meno di
sentirsi a disagio.
Aveva l’impressione di essere sotto accusa, ma presto si rese
conto di aver
esagerato.
Alice Paciock le si avvicinò
spontaneamente, accogliendola con un sorriso gentile.
« Sono contenta di vederti qui!
Benvenuta ».
« Grazie » rispose
Rachel, salutando
anche il marito di Alice, Frank: aveva la stessa età della
moglie, ma il suo
sguardo determinato lo faceva apparire più maturo. Al
contrario di Alice,
sembrava molto più diffidente. Rachel finse di non essersene
accorta.
« Lei è Rachel Queen
» la
presentò Emmeline, parlando agli altri. « Rachel,
lui è Dedalus Lux, il padrone
di casa ».
Un uomo dall’aria molto gioviale
ed estroversa la salutò, togliendosi dal capo un cappello
viola.
« Loro invece sono Elphias Doge
e
Edgar Bones ».
Doge era un mago anziano dai
capelli argentei e indossava un copricapo piuttosto singolare.
Edgar Bones invece era un uomo
sulla quarantina, con i capelli rossi tagliati in modo tale da farlo
sembrare
un porcospino.
« Sturgis Podmore »
continuò
Emmeline, indicandole un ragazzo della stessa età dei
Paciock. Aveva la
mascella quadrata e così tanti capelli da dare
l’impressione che avesse un
pagliaio sulla testa. La salutò con un rapido cenno:
sembrava molto introverso.
« Piacere, Dorcas Meadowes
» si
presentò una giovane donna di colore. La sua stretta di mano
era molto forte e
decisa, caratteristica che Rachel apprezzava sempre nelle persone.
« Loro più o meno li
conosci già
di vista » continuò Emmeline, indicandole Lily e
James Potter. Rachel rivolse loro
un saluto piuttosto neutro.
Remus Lupin sembrò parecchio a
disagio quando le strinse la mano, mentre Peter Minus era talmente
pallido e
stralunato che a mala pena le diede retta, e questo non
migliorò il giudizio,
già ampiamente negativo, che Rachel aveva di lui.
Lei e Sirius Black si salutarono
molto di fretta e senza guardarsi negli occhi. Nessuno dei due voleva
pensare
all’ultima volta che si erano visti, davanti alla tomba di
Regulus.
Con l’unica eccezione di Lily
Evans, era chiaro che fossero soprattutto loro a dubitare di Rachel.
« E infine » disse
Emmeline,
interrompendo quell’attimo di imbarazzo, « i
fratelli Prewett: Gideon e Fabian
».
I Prewett erano molto simili tra
di loro: avevano gli stessi capelli rossi e i medesimi occhi castani,
con tanto
di lentiggini. Tuttavia, uno era alto e magro, mentre l’altro
era tarchiato.
Quello più alto, Gideon, era chiaramente il maggiore.
Indossava una giacca di
velluto e portava il pizzetto, che gli conferiva un’aria
più matura. Fabian
invece indossava degli abiti sportivi. A differenza del fratello, era
del tutto
sbarbato, con un’aria disordinata e una perenne espressione
vivace.
Emmeline aveva pronunciato i loro
nomi con una certa esasperazione, e Rachel ne comprese il motivo solo
quando salutò
Fabian e gli strinse la mano… che si staccò!
Rachel per un attimo rimase a stringere
la mano finta, poi Fabian scoppiò a ridere.
« Non è possibile,
l’ha rifatto »
disse Emmeline, con l’aria di chi ha a che fare con un
bambino di due anni.
« Fabian, così la
spaventi »
intervenne Gideon, rivolgendosi poi a Rachel. « Non farci
caso: ha battuto la
testa da piccolo ».
« Cosa avete contro i giochi di
prestigio babbani? » protestò Fabian, offeso.
« Forse il problema è
che non sai
farli ».
« Stavolta ha funzionato! Sei
solo invidioso » ribatté Fabian, tornando a sua
volta a parlare con una
alquanto perplessa Rachel. « Mio fratello è peggio
di me, però finge di essere
una persona seria. Tanto lo sanno tutti che ha Confuso il Preside per
essere
eletto Caposcuola ».
« Buffone…
»
« Lascia perdere »
intervenne
Emmeline, portando via Rachel. « Fabian è
tremendo, scherza sempre nei momenti
meno opportuni. E Gideon gli dà corda, non lasciarti
ingannare dalle apparenze,
anche se è vagamente più maturo… forse
».
« D’accordo
» rispose Rachel,
lanciando un’occhiata ai due fratelli che si stuzzicavano a
vicenda. « Ma
Silente non c’è? »
« Arriverà tra poco
» le rispose
Dorcas Meadowes. « Invece la McGranitt
e Aberforth hanno il loro lavoro da sbrigare,
quindi non potranno essere presenti ».
Rachel aggrottò la fronte.
« Lo stesso Aberforth della
Testa
di Porco? » chiese, sorpresa.
« Proprio lui » disse
Emmeline. «
È il fratello minore di Silente. Me ne sono meravigliata
anche io la prima
volta che l’ho saputo ».
In effetti, ora che ci pensava,
Rachel notava una certa somiglianza fisica tra i due, ma non aveva mai
conosciuto due fratelli così diversi e opposti…
forse ancora più differenti di
Regulus e Sirius.
Albus Silente arrivò proprio in
quel momento. Rachel non lo aveva mai visto fuori scuola e dovette
ammettere
che quel giorno non sembrava poi così buffo.
« Ah, vedo che sei
già arrivata »
le si rivolse lui, cordiale. « Molto bene. Prima di
cominciare con la riunione
vera e propria, pensavo di fare quattro chiacchiere in privato, sempre
se non
ti dispiace ».
« Oh, va bene »
acconsentì lei, felice
di togliersi al più presto da sotto i riflettori.
« Dedalus, dove possiamo
sistemarci?
» domandò Silente.
Lux scattò in piedi e li
condusse
fuori dal salotto, attraverso il corridoio, finché non li
fece entrare in una
cucina piccola ma ben illuminata.
« Non è un gran che,
ma in fondo
è una semplice casa di campagna » disse, a
mo’ di giustifica.
« Andrà benissimo,
grazie »
rispose Silente.
Quando Dedalus se ne fu andato,
Silente si accomodò ad un lato del tavolo e
invitò Rachel a sedersi di fronte a
lui.
« Gradisci un po’ di
Succo di
Zucca? » le chiese, agitando la bacchetta e facendo apparire
due bicchieri.
Lei annuì. L’anziano
Preside di
Hogwarts versò la bibita nel suo bicchiere e gliela offerse.
« Dunque »
esordì. « Devo dire di
essere molto contento di averti tra noi. Sei sempre stata
un’ottima studentessa
e ho molta fiducia in te ».
Rachel si meravigliò: a scuola
era
stata spedita nell’ufficio di Silente solo quando aveva
infranto qualche
regola, e lui si era limitato a toglierle qualche punto mascherando un
sorrisetto divertito. Non aveva idea che avesse
quell’opinione di lei.
« Immagino che tu abbia bisogno
di qualche delucidazione. Tanto per cominciare, tu sai qual
è il vero obiettivo
di Lord Voldemort? »
Rachel sussultò, spaventata.
« Lei pronuncia il suo nome?
»
farfugliò.
« Esatto. L’intero
Ordine della
Fenice lo nomina. Se ne meravigliano un po’ tutti, ma non ne
vedo il motivo. Un
nome non ha mai fatto del male a nessuno, te lo posso assicurare. Devi
solo
abituarti all’idea, ma sarai d’accordo con me sul
fatto che uno come lui non
meriti tanto rispetto ».
Lei annuì, colpita da quel lato
della questione.
« Come stavo dicendo, la
versione
ufficiale degli obiettivi di Voldemort è quella di riportare
al comando i maghi
Purosangue. In realtà, a lui interessa solo una
cosa… »
« Conquistare il potere?
» sibilò
Rachel, senza neanche rendersene conto.
« Vedo che la questione ti
è
chiara » commentò l’anziano mago,
compiaciuto. « Non c’è nessun fine
superiore
nelle sue azioni, a differenza di quanto sostiene. Naturalmente, per
raggiungere questo scopo, Voldemort mirerà ad acquisire il
controllo delle
istituzioni più importanti della comunità magica:
il Ministero della Magia e la
scuola di Hogwarts.
Abbiamo buoni motivi per credere
che ci sia più di un Mangiamorte infiltrato al Ministero e
che possa essere
imposta la Maledizione Imperius
su alcuni esponenti di spicco. Per questo motivo, quelli
dell’Ordine che vi
lavorano, come te, svolgono un ruolo di controllo molto importante.
Per quanto riguarda Hogwarts, credo
che Voldemort voglia farla diventare una scuola di Arti Oscure.
L’istruzione è
la base di ogni comunità: se vi mettesse le mani, avrebbe il
dominio sulle
nuove generazioni di studenti ».
Rachel rabbrividì al solo
pensiero ma si sforzò di non sembrare troppo spaventata,
anche se aveva la
sensazione che Silente potesse leggerle nel pensiero.
« Per questo, Voldemort si
è
alleato con le peggiori creature oscure, anche quelle che in teoria i
Purosangue disprezzano, come giganti e Lupi Mannari. Greyback,
purtroppo, è uno
di questi ».
« E i goblin? » chiese
Rachel,
preoccupata per suo padre, che doveva lavorare ogni giorno insieme a
quelle
creature, alla Gringott.
« I goblin ritengono che questa
sia una guerra fra soli maghi » rispose il Preside.
« Immagino che tu sappia
che tra maghi e goblin non scorre buon sangue…
effettivamente le lezioni di
Storia della Magia non sono proprio le più divertenti, ma
spero che qualche
nozione ti sia rimasta in mente ».
Lui sorrise e Rachel abbozzò
una
mezza smorfia: si era inspiegabilmente ricordata di quando aveva
costretto Regulus
ad uscire durante una lezione di Storia della Magia per andare a
giocare a
Quidditch. Il professor Rüf non se ne era nemmeno accorto;
Gazza purtroppo sì.
« Comunque » riprese
Silente, e
Rachel si riscosse all’improvviso dal ricordo
dell’espressione affranta di
Regulus quando Gazza li aveva portati nel suo ufficio, « noi
siamo
assolutamente contrari ai metodi di Barty Crouch. Nessuno di noi
utilizza le
Maledizioni Senza Perdono né uccide, a meno che non sia
strettamente necessario.
Hai qualcos’altro da chiedere? »
« Sì. Che genere di
missioni
svolgete? » domandò lei, che già
immaginava di dover affrontare Voldemort tutti
i giorni. Al solo pensiero si sentì invadere da una rabbia
cieca.
Silente dovette notarlo, perché
le lanciò uno sguardo eloquente.
« Di solito controlliamo le
persone e i luoghi più a rischio, pattugliamo le strade
intorno al Ministero, a
Hogwarts e Hogsmeade, al San Mungo e a Diagon Alley. I nostri Auror
– Malocchio,
Alice e Frank – fanno parte della scorta del Ministro. Ma il
nostro maggiore
obiettivo è quello di convincere tutti coloro che ancora
cercano di non
prendere posizione di collaborare con la nostra causa. Da soli non
possiamo
fare molto, ma se uniamo le forze con tutti quelli che non vogliono che
Voldemort trionfi, forse abbiamo una possibilità di
sconfiggerlo ».
Rachel cercò di non mostrarsi
troppo delusa, tuttavia lui parve intuire le sue
perplessità.
« Hai qualche obiezione?
»
« No » rispose Rachel,
imbarazzata. « Pensavo solo che foste
più… insomma, di più. E che cercaste
di
stanare i Mangiamorte e catturarli ».
« È quello che
facciamo »
confermò il mago. « Ma purtroppo siamo in
minoranza, e di solito sono sempre
loro a stanarci. Te lo dico chiaramente, affinché tu
consideri tutti i rischi.
Giorni fa è scomparso Caradoc Dearborn, e ancora prima ci
sono stati due omicidi,
quelli di Marlene McKinnon e Benjy Fenwick. Il guaio è che
vengono a cercarci
uno per uno. Tuttavia ho posto ulteriori incantesimi di protezione alle
case
dei membri dell’Ordine, e ovviamente farò
così anche con la tua. L’ideale
sarebbe che tu ne diventassi il Custode Segreto ».
Rachel non poté fare a meno di
preoccuparsi per la propria famiglia. Lei non aveva così
tanta paura di morire,
ma loro stavano rischiando la vita a causa di una sua scelta.
« Questa cosa del Custode
Segreto
servirà a proteggere la mia famiglia? »
« Certamente.
L’Incanto Fidelius
è la massima protezione magica, anche se
funzionerà solo quando i tuoi genitori
saranno in casa, ma visto che i tuoi hanno un lavoro
cercherò di fare del mio
meglio. Edgar Bones fa parte dell’Autorità della
Metropolvere, e potrà
collegare il camino di casa vostra col San Mungo e la
Gringott... Rachel,
ascoltami bene: non sei costretta ad unirti all’Ordine, se
temi ritorsioni nei
confronti della tua famiglia » le disse lui, comprensivo.
« Ci ho già
riflettuto
abbastanza: voglio combattere » rispose, mentre i suoi occhi
lampeggiavano di
furia.
«
D’accordo… Ah, mi sono
dimenticato di dirti che noi comunichiamo tramite l’Incanto
Patronus, perciò è
essenziale che tu lo sappia usare » aggiunse Silente.
Rachel non prese molto bene la notizia,
ma non disse nulla, anche se in realtà era preoccupata: a
giudicare dal suo
stato d’animo, dubitava di essere in grado di evocare un
Patronus.
« Ora però passiamo a
ciò che ho
di veramente importante da chiederti » disse Silente,
appoggiando la schiena
alla spalliera della sedia. « Dimmi: perché vuoi
combattere? »
La domanda le giunse del tutto
inaspettata. Rachel guardò il vecchio Preside ed ebbe di
nuovo l’impressione
che lui potesse leggerle nella mente. I suoi occhi azzurri sembravano
talmente
vividi che lei non poté fare a meno di abbassare lo sguardo.
« Che intende dire? »
rispose,
confusa.
Lui continuò a fissarla, come
preparandosi a dire qualcosa di fondamentale.
« Non fraintendermi. So bene
qual
è stata la ragione che ti ha spinta ad unirti
all’Ordine. Posso immaginare come
ti senti in questo momento. Io però desidero sapere se vuoi
unirti a noi perché
credi veramente nei nostri ideali o solo perché vuoi
vendicarti ».
Rachel aveva la gola in fiamme e
i pugni serrati che le tremavano. Non pensava di dover affrontare un
discorso
del genere.
« Voglio che Vol-…
Voldemort la
paghi » ammise, pronunciando con un brivido il suo nome.
Evitò di aggiungere che
in realtà avrebbe voluto vederlo morire tra atroci
sofferenze: non le sembrava
il caso, non davanti a uno come Silente. « Ma non ho mai
condiviso le idee dei
Mangiamorte ».
« Ti capisco, davvero. E non sei
nemmeno l’unica a sentirti così. Molte delle
persone che in questo momento sono
in salotto hanno perso qualcuno in guerra. Ma ti assicuro che fare
della
vendetta un’ossessione è pericoloso, sia per te
che per le persone che ti
circondano, perché anteporresti la tua vendetta a loro.
Ricorda che siamo una
squadra e dobbiamo pensare ognuno alla sicurezza dell’altro
».
Rachel si sentiva ribollire di
rabbia nei confronti di chi aveva ucciso Regulus, perciò
stentava ad accettare
le parole del Preside.
« La vendetta non fa sentire
meglio, lascia dentro solo un vuoto incolmabile, qualunque sia la
ragione che
l’ha scatenata. Devi combattere per ciò che
è giusto. Regulus l’aveva capito,
anche se troppo tardi. Io scommetto che avrebbe voluto evitare che
Voldemort
continuasse a seminare morte e distruzione. Ora lui non può
più farlo, ma tu sì.
Puoi continuare affinché il mondo diventi un posto migliore.
Avere uno scopo positivo
ti aiuterà ad andare avanti, credimi ».
Rachel sul momento non rispose,
in attesa che il suo cervello elaborasse quel concetto. Il dolore per
la sua
perdita le bruciava come lava incandescente nei polmoni, impedendole di
comprenderlo del tutto.
Era facile, finché si trattava
solo di parole. Cosa poteva sapere Silente della vendetta? Lui che era
talmente
fiducioso e da voler offrire una possibilità a tutti, non
poteva aver provato
un sentimento distruttivo come quello.
Eppure c’era qualcosa nel suo
modo di parlare e di guardarla che le faceva intuire che le parole del
mago non
fossero solo astrazioni idealistiche, ma frutto della sua stessa
esperienza.
Forse anche lui un tempo si era sentito come lei, o comunque qualcuno
che gli
era stato molto vicino.
« Ci proverò
» rispose Rachel e,
prima di rendersene conto, aveva già iniziato a guardare
Silente con un nuovo
rispetto.
*Angolo
autrice*
Spero che questa
decisione non
vi dispiaccia, ma ai fini della trama è essenziale che
Rachel si
avvicini a Silente! All'inizio ero scettica riguardo ad
un suo inserimento nell'Ordine: se a Regulus non fosse successo nulla,
lei non avrebbe mai accettato la proposta di Emmeline, ma adesso non sa
più come distrarsi e vorrebbe solo vendicare Regulus.
Insomma, i
suoi obiettivi non sono proprio i più nobili!
XD Ecco perché Silente le fa quel predicozzo. Quando ho
accennato alla sua esperienza personale, mi riferivo in
realtà a
suo padre Percival, che per vendicare l'aggressione di Ariana
è
finito ad Azkaban, lasciando moglie e figli ad accudire da soli una
bambina traumatizzata a vita.
Credo di dover fare una (lunga...) parentesi sull'Ordine della Fenice.
1- So che molti considerano i Prewett identici a Fred e George, ma
sapete che io sono allergica ai personaggi cloni (ogni riferimento alla
Nuova Generazione è voluto e sottolineato
u.u) quindi per me non sono gemelli. Fabian è quello che
somiglia di più a Fred e George, mentre ho pensato che Bill
e
Percy da qualcuno dovevano aver preso, quindi Gideon è
più sul genere di Bill: Caposcuola, ottimo
studente, ma con
una buona dose di ironia.
2- Sì, nell'Ordine della Fenice gli Auror diplomati sono
solo
tre. A mio parere, gli Auror sono come il prezzemolo (e come i
Grifondoro):
troppi! Quest'estate mi sono andata a informare sul lavoro dei Potter e
sono rimasta molto stupita quando ho trovato un'intervista della
Rowling del 2000, in cui diceva testuali parole: "James inherited
plenty of money, so he didn’t need a well-paid profession"
(ecco
il link).
Insomma, a quanto pare, i Potter campavano di rendita. Secondo me
durante la guerra era probabile, avevano altro a cui pensare che a
trovare un lavoro di cui non avevano bisogno: le missioni dell'Ordine
erano già abbastanza impegnative. Quanto a Lily, credo
che avesse difficoltà ad essere assunta, non solo
per
pregiudizi ma anche per paura: nessun capo vorrebbe ritrovarsi i
Mangiamorte nel negozio/ufficio per aver dato lavoro a una Nata Babbana.
3- E ora passiamo alle età. Non elencherò tutte
le
età precise di quelli dell'Ordine, ma li dividerò
in fasce generazionali, tanto per darvi un'idea vaga di come
me li
immagino. Alcune date sono prese dal Lexicon, altre le ho dedotte o
inventate.
Nati tra il 1881
e il 1883/4: Allbus Silente, Elphias Doge, Aberforth Silente
1923-1930:
Alastor
Moody, Minerva
McGranitt , Rubeus
Hagrid, Dedalus
Lux.
1938-1940: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Edgar Bones.
1950-1954:
Gideon
Prewett, Fabian
Prewett, Dorcas
Meadowes, Marlene
McKinnon.
1957-1958:
Sturgis
Podmore, Frank
Paciock, Alice Paciock.
1959-1961: Sirius
Black, Lily
Evans,
James Potter, Remus Lupin, Peter Minus, Emmeline Vance.
Perdonatemi se mi sono dilungata, ora rispondo alle recensioni e poi
siete finalmente liberi di andare per la vostra strada (sempre se siete
giunti fin qui)!
malandrina4ever:
Sirius non ne è entusiasta, perché Rachel gli fa
tornare
in mente Regulus, e vederla tutti i giorni non sarà
divertente
per lui, povero ç_ç Dai, non te la prendere
troppo con
Barty! Pensa a quello che ha fatto di positivo per il genere umano,
alla grande impresa la cui gloria riecheggia ancora
nell'eternità... ti do solo un indizio: furetto! XD
Lenobia:
non manca molto alla comparsa di Regulus, credo tre capitoli circa, a
meno che non mi venga qualche idea da aggiungere per forza in mezzo!
Più o meno ho già in mente tutti i caratteri dei
membri
ignorati dell'Ordine, anzi, penso più a loro che a quelli
già noti! Felice che tu abbia apprezzato la parte su Peter!
Penny
Black:
nel prossimo capitolo finalmente saprai chi ha salvato Rachel! Secondo
me Peter è entrato nell'Ordine per lo stesso motivo per cui
è diventato un Grifondoro: è una pecora e segue
il
gregge, cioè gli altri tre Malandrini. Non trovo altre
spiegazioni! Con questo capitolo è ufficiale: mi piace
tenervi
sulle spine! XD
Circe:
per
la tua felicità, sto scrivendo un capitolo in cui
compare
Rodolphus, anche se per pochi attimi... ma bastano, te l'assicuro!
Peter l'ho sempre visto come uno che crea scuse a se stesso. Lui cerca
solo chi può proteggerlo (ecco perché secondo me
è
finito a Grifondoro: aveva già conosciuto le sue guerdie del
corpo!)
_Mary:
l'idea di voler proteggere i suoi amici Peter lo pensa solo per
autoconvincersi. Lo vorrebbe, e lo farebbe, ma solo se lui non rischia
la pelle, quindi sta prendendo in giro se stesso -.- C'è
già una lunga fila di fan di Alphard! Se vuoi,
quando Regulus
sarà di nuovo "vivo", lo convinco a combinarti un incontro
con suo zio! XD
Beatrix
Bonnie:
anche a me fa male studiare lettere, certe volte mi fermo e penso "Ma
come sto parlando?" XD Le battaglie qui non ci sono state, ma credo che
dopo non ne potrai quasi più! Sono felicissima che mi sia
venuta
bene la parte con Peter! Ci tenevo molto!
Alohomora:
l'hai ricevuta la mia e-mail? Hai ragione, anche se a Barty questo
doppio gioco non sta molto bene: preferirebbe dichiararsi apertamente
dalla parte di Voldie, ma per ora fa comodo come inflitrato. No,
Regulus non sa del tradimento di Peter. In questo capitolo siamo a
dicembre 1979, l'anno sta per finire!
RF09:
secondo me Peter si rendeva conto eccome di quel che aveva fatto, ma si
rifiutava di ammetterlo. Poi avrà pensato che se Silente non
aveva potuto impedire la morte di Marlene, Benjy e Caradoc, non sarebbe
riuscito a proteggere nemmeno lui. Bè, su Rachel nell'Ordine
sei
stata accontantata, anche se ancora dovrà ambientarsi per
bene!
nefertari83:
non sai quanto sono contenta di avere reso Peter credibile, ci tenevo
un sacco a dargli una motivazione (secondo lui) valida per tradire
tutti quanti, grazie! =D
quigon89:
dopo quello che hai scritto, spero che tu non sia troppo deluso dal
ripensamento di Rachel! ^^ Lo avevo stabilito da tempo proprio
perché avrà delle comseguenze nel corso della
vicenda.
Comunque vedrai che Rachel ha ancora parecchio da scoprire sul conto di
Regulus! Grazie a te per i complimenti!
Lellas92:
ti sto scrivendo proprio di giovedì (ieri, insomma), quindi
spero che l'esame sia andato bene, come tutto il resto! Ahahah, in
effetti Regulus si metterebbe le mani tra i capelli se sapesse della
decisione di Rachel di combattere, al fianco di Silente il Babbanofilo filo-Grifondoro
poi! Il peggio del peggio (secondo lui)! E infatti farà
proprio così! XD
Mirwen:
no,
tranquilla, Barty non ha sentito niente, non poteva mettersi a
origliare in mezzo ad un corridoio del Ministero! Hai ragione,
Regulus sta complicando le cose a quei due poveretti... ma non
può nulla contro l'ostinazione di Rachel, eheh! XD
meissa_s:
hai colto nel segno, Piton si è goduto lo spettacolo (anche
io
ho le mie dosi di sadismo, anche se mai quanto te, oh somma regina di
tutti i sadici! XD) Povero Alphard, in effetti la sua memoria inizia a
fare cilecca, ma del resto è invecchiato e i recenti traumi
hanno accentuato la sua decadenza fisica e mentale
ç__ç
lyrapotter:
nel capitolo di "Eroi..." ho mi sono fermata a quando Regulus scopre il
capitolo degli Horcrux per poi passare subito al momento in cui se ne
va, quindi nel frattempo poteva essere successo di tutto! Dai, stavolta
non ho distrutto le tue speranze, contenta? Vedrai che i personaggi
secondari dellìOrdine avranno molto spazio in futuro! XD
|
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Capitolo 8 *** Chiarimenti e segreti ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 8
Chiarimenti e segreti
Nei giorni seguenti,
Rachel fu
talmente impegnata che, tra il lavoro e l’Ordine della
Fenice, non ebbe nemmeno
il tempo di deprimersi.
Aveva scoperto che
rendersi utile
alla comunità magica la faceva sentire relativamente meglio.
Iniziava a
meravigliarsi di se stessa. All’inizio aveva avuto il timore
di cambiare e di farsi
impossessare da una rabbia incontrollabile e cieca, che la conducesse
in un
tunnel senza uscita, fatto solo di disperazione e di odio nei confronti
del
mondo e della vita. Aveva paura di odiare chiunque fosse più
felice di lei,
solo perché un destino crudele le aveva portato via Regulus,
mentre chi non
meritava nulla sembrava avere tutte le fortune.
Non ne era proprio
sicura, ma
forse adesso credeva di capire che cosa Silente intendesse con il suo
ammonimento. Non doveva combattere solo per vendetta la quale, lo
sapeva bene,
le avrebbe avvelenato lentamente ma inesorabilmente l’anima.
Doveva invece lottare
affinché quello che era successo a lei non capitasse
più.
Ma non era affatto
facile: ogni
giorno le sembrava di dover affrontare fatiche sovrumane nel compiere
gesti
semplici e quotidiani, nel continuo sforzo di immaginare una vita senza
di lui.
Tuttavia, entrando a
far parte
dell’Ordine della Fenice aveva conosciuto persone che,
nonostante avessero a
loro volta perduto parenti e amici, conservavano ancora la forza di
combattere
e di credere in qualcosa.
Non tutti avevano
superato le
iniziali diffidenze nei suoi confronti ma, grazie probabilmente alle
rassicurazioni di Emmeline e Hagrid, sembravano tutti disposti a
concederle il
beneficio del dubbio. Lei stessa ebbe anche l’occasione di
ricredersi un po’
sul conto di alcuni di loro.
Si stupì in
particolare del
cambiamento radicale di James Potter. Da quando i genitori di lui erano
morti,
proprio all’inizio del suo ultimo anno scolastico, la cappa
dorata sotto cui il
ragazzo era vissuto fino a quel momento si era improvvisamente
infranta,
catapultandolo in un mondo ben diverso da quello di cui un tempo si era
sentito
il padrone.
In ogni caso, Rachel
trascorreva
molto più tempo in compagnia di chi non aveva problemi a
fidarsi di lei, come i
fratelli Prewett, i quali sembravano aver fissato a scopo della loro
vita
quello di darle il tormento.
« Come
potremmo chiamarti? “La
ragazza che non ride mai” è un bel titolo,
dà un certo non so che di mistero »
aveva detto una volta Fabian. « Tu che ne dici? »
« Dico che
con tutto il chiasso
che fai, è strano che i Mangiamorte non ci abbiano ancora
attaccati » sbottò
Rachel, mentre facevano una ronda lungo Diagon Alley immersa nel buio.
« Forse
sarebbe meglio “La
ragazza che sprizza acidità da tutti i pori”
».
« La vuoi
smettere? »
« Non
finché non avrai riso ad
uno dei nostri scherzi ».
« I tuoi scherzi, Fabian. Non
coinvolgermi nelle tue bravate » lo
rimbrottò Gideon, nascondendo un sorrisetto divertito.
« Guarda che
lo so come funziona
con voi. Tu sei la mente e lui il braccio » rispose Rachel,
indicando prima
Gideon e poi Fabian.
« Visto? Lo
dice anche lei che io
sono quello intelligente » disse il maggiore, mentre
l’altro protestò,
fingendosi offeso.
« Invece di
vantarti, dovresti mantenere
una costante vigilanza, perché se qualcuno ti aggredisse
alle spalle non
sembreresti poi così furbo » ringhiò
Fabian, incrociando le braccia e storcendo
la bocca in una perfetta imitazione di Malocchio. « Ehi!
Sbaglio o quello era
un mezzo sorriso? »
Rachel
sbuffò, cercando di
rimanere seria.
I Prewett avevano un
modo tutto
loro di sollevare il morale alla gente e sembravano intenzionati a fare
lo
stesso anche con lei. Naturalmente Rachel era loro grata,
perché rendevano le
sue giornate un po’ più liete.
Le faceva uno strano
effetto
sapere che, nonostante il loro carattere da burloni, nella
comunità magica
fossero considerati tra i maghi migliori in circolazione.
Pure Lily era molto
gentile nei
confronti di Rachel, anche se all’inizio aveva rischiato di
dimostrare il
contrario, quando le aveva dato un toast preparato personalmente: se i
Prewett
non l’avessero informata prima della sua totale
incapacità in cucina, Rachel lo
avrebbe ritenuto un tentativo di avvelenamento.
« Tieni,
prendi i nostri panini »
le aveva detto poi Gideon. « Nostra sorella ci riempie una
sacca intera di cibo
ogni volta che dobbiamo fare una ronda, neanche fossimo denutriti
».
Invece aveva notato
che Sirius
tendeva a evitarla. Rachel avrebbe voluto parlare con lui di Regulus:
c’erano
tantissime questioni che i due fratelli non erano mai riusciti a
chiarire.
Purtroppo, Sirius non sembrava dello stesso avviso. Quando la
incontrava al
Quartier Generale, faceva sempre finta di niente. Se stava insieme ai
suoi
amici era estroverso come sempre, ma quando era solo si chiudeva in un
mutismo
cupo e inaccessibile.
Perciò
Rachel non provò mai
neanche una volta ad intavolare una conversazione del genere con lui,
stupendosi ancora una volta di se stessa: alcuni anni prima avrebbe
insistito,
correndo anche il rischio di risultare invadente; ma adesso si rendeva
conto
che esistevano dei limiti che non dovevano essere oltrepassati. Lei
stessa non
voleva mostrarsi debole e cercava in tutti i modi di apparire
relativamente
normale, anche se dentro di sé si sentiva morire ogni
minuto.
Tuttavia non sempre
riusciva a
mascherare la propria debolezza, in particolare con Dorcas Meadowes.
Rachel
scoprì di andare molto d’accordo con lei. La sua
prima impressione sulla
giovane donna era stata azzeccata: era una strega molto potente e
abile, tanto
che aveva già conseguito il primato di membro più
giovane del Wizengamot.
Silente aveva chiesto
a Dorcas di
aiutare Rachel con l’Incanto Patronus. Era una brava
insegnante e sapeva
infondere coraggio e forza anche in chi credeva di non averne
più.
Nonostante
ciò, Rachel non
riusciva a produrre più di una debole luce argentea, che
spariva dopo pochi
secondi. Era frustrante restare nel giardino di Dedalus a provare e
riprovare
inutilmente, sotto gli incitamenti di Dorcas. Era inutile: non riusciva
a
trovare un solo pensiero che la rendesse felice, e gli unici ricordi
allegri
che aveva riguardavano Regulus.
Alcuni esponenti
dell’Ordine
venivano inviati in missioni segrete, e non tutti sapevano di cosa si
trattasse. Remus Lupin per esempio ogni tanto spariva dalla
circolazione e
tornava ancora più pallido e malaticcio del solito, magari
con qualche nuova
cicatrice.
Rachel non aveva
resistito alla
curiosità, cercando di scoprire cosa dovesse fare, ma
nessuno voleva darle una
spiegazione. Lo stesso Lupin continuava ad essere sempre a disagio
quando si
incontravano, e lei iniziava a domandarsi quando e se lo avesse offeso
in
qualche modo.
Una domenica
pomeriggio era andata
a casa di Dedalus per sapere se vi fossero novità, ma vi
trovò solo poche
persone, tutte decisamente rilassate.
« Mattinata
tranquilla, oggi » le
disse Dedalus quando lei entrò nel salotto.
« Meno male
» commentò lei. «
Cosa succede? » domandò poi, guardando da lontano
il gruppo riunito intorno ai
Paciock e ai Potter, che sorridevano entusiasti.
« Alice e
Lily metteranno al
mondo due marmocchi! » rispose Hagrid, tutto contento.
« E nello stesso periodo
».
« Ah!
Bè, complimenti a tutte e
due » disse Rachel.
« Grazie
».
« Ehi,
scusate, e noi chi siamo?
» protestarono Frank e James.
«
Bè, non è che voi uomini vi
sprechiate più di tanto » intervenne Alice,
sorridendo.
« Ah no? E
lo stress dove lo
metti? Io sono agitatissimo! Guardate, sto già cominciando a
perdere i capelli
» commentò James, infilando la mano in quel
cespuglio che aveva sopra la testa.
« Non
c’è pericolo, temo » disse Sirius,
con un sorrisetto di scherno. Sembrava un po’ più
sereno del solito.
James gli
lanciò un’occhiataccia,
poi afferrò un cuscino del divano e glielo
scagliò in pieno viso.
«
Così impari! »
« E come
farete per la guerra? » continuò
Rachel, rivolgendosi a Frank.
« Io
continuerò a combattere »
rispose lui. « Alice invece se ne starà buona e
tranquilla fino al parto, poi
tornerà a combattere anche lei. Sappiamo bene quanto sia
rischioso, con un
figlio. Ma ci sarà mia madre a prendersene cura. E poi
lotteremo anche per lui
».
« Di certo
non lasceremo l’Ordine
della Fenice » confermò Lily. « James,
falla finita! » aggiunse, vedendo che il
marito stava ancora cercando di soffocare Sirius. « Insomma,
ti sembra questo
il comportamento di uno che sta per diventare padre? »
Sentendosi
improvvisamente di
troppo, Rachel si congedò e andò a sedersi sui
gradini che conducevano sul
retro della casa. C’era un giardino con delle aiuole e uno
sgabuzzino per le
scope.
La ragazza si mise ad
osservare
uno gnomo che si aggirava tra i fiori.
Improvvisamente era
tornata di
malumore. Non lo avrebbe voluto, ma non riusciva a dominare quel
sentimento.
Vedere quelle due coppie felici la faceva sentire terribilmente sola,
nonostante tutti i suoi sforzi di non cedere.
Si vergognava molto
della propria
reazione, ma non poteva fare a meno di chiedersi perché mai
proprio lei dovesse
essere così sfortunata. Spesso non si sentiva in grado di
sopportare una
disgrazia del genere, e quello era uno di quei momenti di sconforto.
Che cosa
aveva mai fatto di male per meritarselo?
Sirius
abbassò la testa, evitando
l’ultimo cuscino, che invece colpì in pieno volto
Dedalus Lux.
« Ma
insomma! » protestò l’uomo,
seccato.
« Scusa,
Dedalus » disse Sirius,
andando a riprendere il cuscino.
Si sentiva
incredibilmente
emozionato all’idea che di lì a pochi mesi sarebbe
nato un piccolo Potter.
Anzi, in realtà gli veniva quasi da ridere al pensiero che
Ramoso diventasse
padre. Già aveva dubitato della sua salute mentale quando si
era sposato poco
dopo la fine della scuola, figurarsi adesso.
Aveva accolto la
notizia della gravidanza
di Lily con sollievo, felice di avere la conferma che al mondo
c’era ancora
qualcosa di positivo. E finalmente aveva un pensiero felice ad
illuminare
l’oscuro pozzo senza fondo in cui la sua vita sembrava
essersi trasformata…
« Sirius,
sto parlando con te! »
Il ragazzo
sobbalzò, ritrovandosi
Dedalus di fronte.
« Cosa?
» fece, confuso.
« Acquaviola
» disse il mago,
porgendogli due bicchieri. « Già che sei in piedi
a non fare nulla, portane uno
a Rachel. Dovrebbe essere uscita sul retro ».
Sirius
acconsentì di malavoglia,
e uscì dalla porta di servizio, trovando la ragazza seduta
sui gradini, intenta
a fissare un punto indefinito del giardino.
« Ne vuoi un
po’? » le chiese
brusco, porgendole un bicchiere.
« Grazie
» rispose lei,
accettandolo.
Sirius non
poté fare a meno di
restare fermo ad osservarla. Non era mai stato una persona
particolarmente
empatica o sensibile, ma in quel momento aveva l’impressione
di percepire tutta
la sua sofferenza. Non l’aveva mai conosciuta bene a scuola,
ma da quel poco
che aveva intuito era chiaro che fosse una delle poche persone a tenere
davvero
a Regulus, molto più di certi parenti di sua
conoscenza…
Fino a quel momento
l’aveva
evitata in tutti i modi, istintivamente. Forse temeva che lei volesse
riprendere il discorso che avevano iniziato al funerale, ammise. Del
resto, in
quelle ultime settimane aveva cercato in tutti i modi di non pensare a
quello
che era successo, tanto meno di parlarne con qualcuno.
Tuttavia ora sentiva
l’improvviso
bisogno di affrontare quella questione: c’era qualcosa che
voleva sapere e che
non gli aveva dato pace nell’ultimo periodo.
Ma non poteva mica
chiederle
esplicitamente di parlare di Regulus; era troppo orgoglioso per farlo.
« Hai detto
qualcosa? » chiese così,
all’improvviso.
« Veramente
no » rispose lei,
stupita di trovarlo ancora là.
« Ah, mi era
sembrato… »
bofonchiò lui.
Rachel rimase in
silenzio per un
po’, dimostrando infine di aver mangiato la foglia.
« Tu
piuttosto hai qualcosa da
dire? »
Lui esitò,
ma infine si sedette
accanto a lei, cercando di non guardarla. Non sapeva neanche da dove
cominciare.
Ma fu lei a iniziare il discorso.
« Mi
dispiace » disse.
« Per cosa?
»
«
Perché tu e Regulus non siete
mai riusciti a chiarirvi ».
Sirius fece una
smorfia e non
riuscì a trattenere la tentazione di tornare sulle sue.
« Non
c’era molto da chiarire. Lui
era un Mangiamorte, io no; fine della storia ».
Rachel sembrava
irritata da
quella risposta, e lui maledisse la propria impulsività,
cercando subito dopo
di rimediare.
« Quello che
mi hai detto al
funerale… è vero? » chiese, rievocando
il momento in cui lei gli aveva riferito
di quanto Regulus avesse sentito la sua mancanza.
« Certo
».
« Come fai
ad esserne così
sicura? » le domandò, scettico.
«
Bè, se fosse stato per lui, si
sarebbe tenuto tutto dentro. Ero io a cavargli i pensieri a forza. Si
è sempre
preoccupato molto per te ».
« Strano, a
me ha sempre
dimostrato l’esatto contrario… »
« E tu no?
Eravate uguali, non
facevate altro che fingere di detestarvi reciprocamente ».
«
D’accordo, magari non ci
odiavamo, ma eravamo comunque dei perfetti estranei »
replicò lui, testardo.
« Io non
vado ai funerali di chi considero
estraneo. Tu sì? »
Sirius le
lanciò un’occhiata
furente ma se la prese soprattutto con sé. Non riusciva a
capire cosa stesse
cercando di ricavare da quella conversazione. Aveva sempre negato anche
a se
stesso di tenere ancora a suo fratello, ma ora non poteva
più ignorare quello
che provava e che confermava l’opinione della ragazza.
Ma quella
consapevolezza gli
faceva soltanto male, perché ormai non aveva più
la possibilità di rimediare.
« Quanto a
Regulus, aveva una
paura matta che tu te ne andassi di casa, come aveva fatto vostra
cugina. Ed
era depresso quando tu sei fuggito ».
« Soltanto
perché avevo gettato
discredito sulla sua preziosa famiglia » rispose Sirius,
talmente abituato a
mentire su quell’argomento da non farci nemmeno caso.
Sapere che Regulus non
fosse
riuscito a odiarlo, nonostante tutto, era la cosa che gli faceva
più male di
tutte.
Lei lo stava guardando
male.
« Ti vuoi
convincere del
contrario perché ti è più comodo
credere che ti odiasse. Mi dispiace per te, ma
non è così. Nemmeno lui lo voleva ammettere, ma
avrebbe voluto le cose fossero
andate diversamente ».
Sirius non rispose, di
pessimo
umore. Se solo le cose fossero davvero
andate in un altro modo…
« Non voglio
farti la predica »
aggiunse Rachel, addolcendo un po’ il tono di voce.
« Voglio solo che tu sappia
che lui ha sofferto molto per la vostra situazione ».
Sirius
annuì, abbandonando
l’espressione scettica che aveva mantenuto fino a quel
momento.
« Posso
farti una domanda? » chiese
improvvisamente, incapace di resistere alla curiosità che
aveva sempre avuto.
«
Sì » rispose Rachel, perplessa.
«
Bè, si vede che lui si fidava
di te. Non era tipo da confidenze e dubito che abbia mai detto a
qualcun altro
queste cose. Però io pensavo che foste fidanzati solo
perché lo avevano voluto
le vostre famiglie. È così oppure…?
»
Rachel rispose con un
tono
glaciale:
« Grazie
tante, Black. Mi chiedo
come ti vengano certe idee. Non ci dormi la notte, per caso?
»
« Ehi, non
era per offenderti. È
che tra le famiglie Purosangue si usa così, soprattutto se
sono come la mia ».
« Meno male
che i pregiudizi li
abbiamo solo noi Serpeverde, eh? Tanto per la cronaca, non è
così. Tua… ehm, sua madre non mi
sopporta, e il
sentimento è ricambiato ». Rachel
s’incupì, stringendo i pugni per la rabbia.
«
È stata lei a convincerlo a diventare un Mangiamorte, vero?
»
Sirius
annuì, e il suo volto
divenne improvvisamente livido. Entrambi rimasero in silenzio per
qualche
minuto. Lui non riusciva a non pensare a tutto quello che era successo.
Aveva
sempre cercato di spiegare a Regulus che seguire sempre alla lettera
gli ordini
di Walburga sarebbe stato deleterio, ma lui non gli aveva dato retta.
Non gli
aveva mai dato
retta…
« Quello che
non sopporto »
aggiunse all’improvviso, « è che,
nonostante gli avessi detto che lo avrei aiutato
a nascondersi, lui non è venuto a chiedermi aiuto. Secondo
te pensava che gli
avrei sbattuto la porta in faccia? »
Rachel
impallidì e Sirius
comprese che non riuscisse a sua volta ad accettarlo.
« Io credo
che non ti abbia
chiesto aiuto per non farti correre rischi. Con me ha fatto lo stesso
» rispose.
« Ma secondo me sapeva che tu lo avresti aiutato senza
neanche fiatare ».
« Lo spero,
anche se non è una
gran consolazione » commentò Sirius. Era cupo e
abbattuto, e il rimpianto
traspariva chiaramente dal suo sguardo. Se solo Regulus gli avesse
chiesto
aiuto… Conoscendosi, Sirius sapeva che lo avrebbe preso
personalmente a pugni,
tanto per il gusto di fargli imparare meglio la lezione. Ma poi avrebbe
fatto
anche l’impossibile per proteggerlo dalla vendetta di
Voldemort.
Rachel dovette notare
il suo
stato d’animo; infatti si alzò in piedi, decisa a
tornare dentro.
« Grazie
» bofonchiò lui,
continuando a guardare per terra.
« Di nulla
» rispose lei,
lanciandogli un’occhiata malinconica.
Rachel lasciò il Quartier
Generale quando era già quasi sera. Si era appena
Materializzata a pochi passi
da casa quando le parve di sentire un rumore dietro un gruppo di
cespugli, come
di un ramo che veniva spezzato.
Si voltò a
guardare, socchiudendo
gli occhi nella penombra del tramonto, ma non vide tracce di animali.
Forse era
una sciocchezza, ma la sensazione di essere costantemente osservata che
aveva
da un mese si era intensificata. Non sapeva se si trattasse di istinto
o
suggestione, ma Rachel temeva che qualcuno la stesse spiando.
Tornò
lentamente a camminare
verso casa con la mano serrata intorno alla bacchetta e le orecchie
tese e
pronte a percepire il minimo rumore. Cercava di non pensare alla paura
che la
sovrastava come una minacciosa nuvola nera. Automaticamente si diresse
sul
retro della villetta. Non sapeva se fosse una mossa saggia, ma non
aveva molta
lucidità per riflettere.
Adesso percepiva una
presenza
concreta alle proprie spalle. Si muoveva tra i cespugli di soppiatto,
quasi
senza fare rumore, seguendo ogni suo passo. Non poteva essere solo
frutto della
sua immaginazione.
Rachel agì
in fretta. Si voltò di
scatto e scagliò un Impedimenta
contro il cespuglio che aveva mosso le foglie. Udì un gemito
rauco, simile ad
un gracidio, seguito da un tonfo. C’era veramente qualcuno.
Tenendo la bacchetta
puntata sul
cespuglio, si avvicinò e si sporse a guardare.
«
Chi…? » esordì, ma
un’occhiata
a chi aveva colpito e immobilizzato la fece ammutolire.
Non era un
Mangiamorte.
Era un elfo domestico.
La creatura cercava di
divincolarsi, sbuffando, ma l’incantesimo gli impediva di
Smaterializzarsi.
Rachel non sapeva cosa pensare.
« Chi sei?
» gli chiese,
abbassando la bacchetta.
L’elfo smise
di agitarsi ma non
rispose.
« Mi stavi
seguendo? » insisté
lei.
Quello
annuì. Poi si lasciò
scappare un singhiozzo.
«
Perché? »
Sempre in silenzio, la
creatura
cercò di muoversi ancora ma non ci riuscì.
« Ascolta,
se mi prometti che non
ti Smaterializzerai, annullerò l’incantesimo
» disse Rachel, cercando di
moderare la propria curiosità. « Lo prometti?
»
L’elfo
annuì, ma sembrava molto
preoccupato. Rachel formulò il controincantesimo e quello si
alzò in piedi,
barcollando sulle ginocchia nodose. La guardava dal basso verso
l’alto, con
un’espressione di timore mista a rispetto.
Un attimo dopo
tuttavia scoppiò a
piangere e iniziò a tirarsi le orecchie, tanto da farsi
male.
« Ehi, stai
fermo! » esclamò
Rachel, stupita, cercando di fermarlo.
« Io si
è fatto scoprire!
Kreacher è un cattivo elfo! » sbraitava quello,
disperato.
Rachel gli
afferrò di scatto le
braccia ossute, bloccandole, e si chinò alla sua altezza per
guardarlo dritto
in faccia.
« Tu sei Kreacher?
» chiese, il cuore che le batteva all’impazzata.
Quello
deglutì, con gli occhi
arrossati per il pianto, ma poi annuì.
Rachel dovette fare un
enorme
sforzo per ricordare come si respirava. Non riusciva a capire che cosa
ci
facesse proprio lì l’elfo domestico dei Black.
« Mi
dispiace, non volevo
colpirti. Ma perché mi stavi seguendo? »
« Ordini
» gracchiò Kreacher.
« Della tua
padrona? » chiese la
ragazza, infastidita alla sola idea. Ma l’elfo scosse la
testa.
«
È stato Padron Regulus a dire a
Kreacher di seguirla, se a lui fosse successo qualcosa ».
Rachel
inspirò a fatica, mentre
veniva assalita da un’emozione mai provata prima.
« Ha detto
che lei poteva
trovarsi in pericolo, e Kreacher doveva assicurarsi che stesse bene
» proseguì
lui. « Kreacher ha obbedito e l’ha seguita anche
quando è andata a combattere,
ma non riesce mai a seguirla quando sparisce dietro l’albero,
così ha sempre aspettato
fuori. Ma la signorina Rachel non dovrebbe andare dove Kreacher non
può tenerla
d’occhio… »
Lei tuttavia non lo
stava
ascoltando, immersa in bel altre riflessioni. Regulus aveva fatto in
modo che
lei fosse al sicuro dopo la sua morte. Perché si era
preoccupato tanto della
sua sicurezza ma non della propria?
« Allora sei
stato tu ad
attaccare Karkaroff e a salvarmi la vita » disse senza
neanche pensarci.
Kreacher
annuì. Quello spiegava
molte cose.
«
Bè, grazie allora… Eri tu anche
nella casa Babbana? »
Per la prima volta
Kreacher
assunse un’espressione offesa.
« Kreacher
non ha mai messo piede
in casa di Babbani! » gracchiò, indignato.
« Ok, scusa
» si affrettò a dire
lei, e poi ricadde nel silenzio. Cercava di assorbire anche
quest’ultima
rivelazione, anche se temeva che prima o poi sarebbe esplosa. Se dopo
aver
parlato con Alphard ne aveva avuto il sospetto, adesso era una
certezza:
Regulus sapeva di dover morire e aveva cercato di proteggere chi gli
era
vicino.
« Kreacher,
non mi seguire più
ovunque vada » gli disse.
« Ma a
Kreacher è stato ordinato
di farlo » protestò l’elfo. «
Padron Regulus teneva molto a lei, signorina, e
Kreacher deve assicurarsi che lei non corra pericoli ».
Lei gli promise che lo
avrebbe chiamato a
voce ogni volta che avrebbe avuto bisogno di aiuto, perché
non poteva
permettersi di essere pedinata giorno e notte, non ora che faceva parte
dell’Ordine della Fenice. Il Quartier Generale dove restare
al riparo da occhi
indiscreti.
Kreacher
accettò malvolentieri il
compromesso, ma non osò controbattere.
« Posso
farti un’altra domanda? »
aggiunse lei. « Regulus ti ha anche detto dove sarebbe andato
prima di morire?
»
La reazione
dell’elfo fu
inaspettata. Dapprima iniziò a tremare violentemente e poi
scoppiò a piangere
di nuovo.
« Kreacher
non sa! Kreacher non
può dire nulla! »
Il tarlo del dubbio si
insinuò
nella mente di Rachel quando lei notò che l’elfo
si rifiutava di guardarla
negli occhi. E se avesse saputo più di chiunque altro?
« Tu sai
com’è morto? Se lo sai,
dimmelo, per favore ».
L’elfo si
asciugò il grugno umido
e la guardò di sotto in su.
« Padron
Regulus ha ordinato a
Kreacher di non dire a nessuno che cosa ha visto ».
Un gelo indefinibile
si
impossessò di lei. Non riusciva a credere alle proprie
orecchie.
« Significa
che eri con lui
mentre…? »
La voce le si
spezzò per
l’emozione e Kreacher indietreggiò.
« La prego,
cerchi di capire:
Kreacher non può disobbedire » la
supplicò l’elfo.
Rachel
insisté, ma lui non voleva
risponderle. Lei sapeva che l’obbedienza era la legge
primaria tra gli elfi
domestici, ma essere ad un passo dalla risposta alle sue domande e non
poterla
ottenere la faceva impazzire. Tuttavia, guardando la creatura che
tremava dalla
testa ai piedi, non poté fare a meno di averne compassione.
Sembrava sconvolto
e terrorizzato e anche timoroso di essere costretto a parlare con la
forza.
« Kreacher,
non farmi arrabbiare
» disse, cercando tuttavia di non agitarsi troppo.
« Padron
Regulus ha ordinato di
non dirlo a nessuno della famiglia » rispose
l’elfo, testardo, ma subito dopo
si pentì delle sue parole.
« Ma io non
ne faccio parte »
replicò Rachel, innervosita.
«
È come se lo fosse ».
Lui scosse la testa,
testardo,
lanciando un’occhiata fugace all’anello dei Black.
La ragazza lo
guardò: lo
indossava fin dal giorno del funerale, come per ricordare a se stessa e
a tutto
il resto del mondo che sarebbe appartenuta sempre e soltanto a colui
che glielo
aveva regalato, nonostante tutto. Non se lo toglieva mai, neanche
quando andava
a dormire, e le costò molto compiere il gesto successivo.
Non senza un certo
rimorso, si
sfilò l’anello, riponendolo in tasca.
« Ora non
più. Perciò adesso
entreremo in casa senza farci vedere e tu mi racconterai tutto
» disse,
inflessibile, mentre Kreacher iniziava a singhiozzare e a tremare per
il
terrore.
*Angolo
autrice*
Bene, ora
sapete chi
è stato a salvare Rachel nel capitolo 5! Ve lo aspettavate?
Comunque, Kreacher non sa dov'è casa di Dedalus,
perché
solo quelli dell'Ordine possono vederla, un po' come Hogwarts per i
Babbani.
Ho voluto inserire quel pezzo in cui Rachel prova un minimo d'invidia
perché penso che sia umano che si chieda come mai non possa
essere felice come altre persone (al momento) fortunate.
Avrei dovuto scriverlo, scusate: Remus si fida di Rachel, ma non vuole
che lei sappia che lui è lo stesso Lupo Mannaro che ha
rischiato
di sbranare lei, Regulus e Barty a Hogsmeade (capitolo 31 di
"Eroi...")... e anche perché si sente in colpa, naturalmente!
Penso che scriverò qualcos'altro su James (forse...), ma
sono
convinta che la morte dei genitori possa essere stato l'unico motivo
per farlo migliorare al settimo anno. Insomma, uno come lui non cambia
di punto in bianco... e ai cambiamenti per amore non ci credo!
Alohomora:
ehm, anche io l'avrei segregata in casa senza farla più
uscire,
in effetti! Alla fine ho seguito il tuo consiglio e ho lasciato la
parte del discorso tra Rachel e Sirius identica a prima! Sto pensando
sempre di più al ricongiungimento tra i due fratelli!
ç_ç Non sai quanto sono felice che Rachel ti
piaccia
così tanto!
sweetophelia:
presto scoprirai anche chi c'era nella casa abbandonata. Per ora, sono
curiosa di sapere se avevi indovinato! Anche a me gli impegni stanno
aumentando sempre più, quindi ti capisco benissimo! ^^
Penny
Black:
ho risposto sopra alla tua domanda su Remus, così la leggono
tutti. Sono felice che i Prewett ti piacciano! Voglio inserirli spesso!
La nuova generazione non la detesto, ma non mi dice nulla (intendo solo
i figli del trio: Teddy e gli altri snobbati non mi dispiacciono
affatto!). La vita di Rachel nell'Ordine per ora è
accennata: ne
avrò di tempo per approfondire i loro rapporti.
Beatrix
Bonnie:
Grindelwald lo citerò di nuovo, quando scriverò
dal punto
di vista di Silente! E Perseus lo rivedrai nel prossimo capitolo! Ahah,
in effetti devo stare attenta a scrivere QG dell'Ordine, mi viene da
scrivere dei Mangiamorte! XD Bravissima, basta con i luoghi comuni
sulle Case di Hogwarts! Dovrò fondare un club a tal
proposito...
Mirwen:
Aberforth è molto impegnato col suo pub, ma ti manda tanti
saluti! Dice anche che spera di farsi vivo al più presto!
Lellas92:
ooooh, sei una quasi-patentata!! Così anche tu presto farai
parte dei pericoli pubblici che vagano per le strade (come me, del
resto u.u)! Visto, anche Rachel sta modificando la sua opinione su
James, anche se preferisce la compagnia di Dorcas e dei Prewett, ma
è già tanto! Spero che ti sia piaciuta la battuta
sui
capelli! X°°D
DubheBlack:
grazie! Per me Minus non avrebbe un'indole di per sé
malvagia come Bellatrix o Greyback, ma alla fine il risultato
è
lo stesso, perché è egoista e pensa prima di
tutto alla
sua pellaccia, a danno di chi gli vuole bene! Anche io sono stufa dei
cliché sulle Case: le personalità non dipendono
dai
colori che si indossano!
_Mary:
certo che Moody è adorabile! E' un mito! XD Sono contenta
che ti
piaccia la famiglia Queen! Non sei l'unica a non apprezzare i
cliché sulle Case, e io cercherò di sfatare anche
quello
sui Tassorosso, che non sono affatto stupidi! u.u Spero che ne sarai
contenta!
RF09:
in
effetti se non ci fosse Diane quella casa rischierebbe di crollare! XD
Il mestiere dell'Auror è complicato, quindi è
impossibile
che lo diventino tutti. Silente ovviamente capisce la rabbia di Rachel:
è stato giovane anche lui! Comunque ha solo cercato di porre
dei
limiti al suo desiderio di fare giustizia su Voldemort.
nefertari83:
al ritorno di Regulus mancano pochi capitoli, davvero! E nel prossimo
saprai anche a cosa ho pensato per far sì che questo accada!
Rachel ha accennato i suoi sospetti a Sirius, ma non ha insistito, per
non farlo soffrire troppo. Lui comunque saprà quello che
Regulus
ha fatto!
Circe:
sì, vedrai che anche quando le cose da un lato sembreranno
essersi messe a posto, per Rachel sarà solo l'inizio di una
lunga salita! Sono contenta che ti piaccia. Poi Rachel ormai
è
diventata quasi mia coetanea, quindi mi trovo sempre più a
mio
agio con lei. L'apparizione di Rodolphus sarà breve ma
intensa:
non è un tipo che passa inosservato! XD
bellatrix18:
sì Rachel scoprirà che Barty è un
Mangiamorte, e
ci resterà male naturalmente. ç__ç
Però
sono felice che ti preoccupi per i personaggi! Anche io preferisco
Grimmauld Place, ma lì c'è ancora Walburga viva e
vegeta!
=S Rachel ha voluto dire la verità a sua madre,
sia
perché è come te, le ha sempre detto tutto, sia
perché crede che sia un suo diritto sapere di rischiare la
vita
e quindi cercare maggiori protezioni! La tua recensione mi è
piaciuta tantissimo, non so come ringraziarti! =)
Lenobia:
sapevo che avresti storto il naso, ma è ovvio che Rachel non
voglia rispettare Voldemort: è per colpa sua che Regulus
è morto, quindi... Io in effetti preferisco Aberforth ad
Albus!
Sì, Alice e Frank dovevano essere per forza più
grandi,
perché sono già Auror, e poi non tutti i maghi
fanno
figli a vent'anni (io dovrei essere già madre? Buahahah! XD)
quigon89:
anche io sarei più come Perseus e le avrei impedito di
entrare
nell'Ordine... ma la storia non andrebbe avanti se non fosse
così! Mi sono ricordata che Dedalus Lux vive nel Kent,
perciò ho deciso di adottare casa sua come quartiere
generale!
Io Frank lo immagino molto in gamba e responsabile, insomma... con una
madre come Augusta! XD
Vodia:
sì, lo so che anche Arthur ha due fratelli, e potrebbero
essere
loro gemelli, ma anche i genitori di Arthur, visto che queste cose
spesso saltano una generazione (un po' come il dono delle Veggenti!)
Nymphy
Lupin:
lo so, purtroppo siamo in guerra e gli omicidi sono all'ordine del
giorno =( Sono contenta che Rachel ti piaccia! Guarda, all''inizio mica
avevo tutte queste recensioni! Se ne ricevevo due a capitolo era
già un miracolo per me!
PenPen:
la
penso proprio come te su Peter, era la classica pecora che segue il
gregge! I Mangiamorte con lui sono andati a colpo sicuro: Severus lo
conosceva, Lucius ha sfoderato le sue sensazionali armi diplomatiche e
Rabastan è perfetto come spauracchio! Non potevano non
convincerlo! XD Detto, fatto: era un po' che volevo far fare una
chiacchierata a Rachel e Sirius! Non so ancora cosa farò con
i
Potter, e la sorte dei Paciock sarà collegata alla loro.
Dipende, ancora non so cosa voglio fare. In fondo manca tanto ancora!
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Capitolo 9 *** I misteri del tempo ***
Non può piovere per
sempre
Capitolo
9
I misteri del tempo
Tom, il proprietario del Paiolo
Magico, fissava con una certa preoccupazione un cliente grasso e
malandato che
stava già trangugiando il quinto bicchiere di Whisky
Incendiario.
Nel frattempo, Alphard lo stava osservando
a sua volta, nel tentativo di associarne il volto ad un nome. Era
sicuro di
conoscerlo, ma era altrettanto certo di non averlo visto di recente. In
effetti, era la prima volta da anni che andava al Paiolo Magico. E
inoltre non
era il tipo di persona che era solito frequentare: difficilmente un
Black
avrebbe potuto avere a che fare con un uomo così poco
sofisticato.
Tuttavia i suoi tentativi di
ricordare furono vanificati dall’arrivo di Perseus, che era
appena tornato dal
bancone in cui aveva ordinato due Burrobirre.
« Grazie » disse Alphard,
prendendo il proprio bicchiere.
Perseus si sedette di fronte a
lui, senza dire nulla.
Tanto per spezzare quel silenzio
imbarazzato, Alphard gli indicò l’uomo che aveva
osservato fino a quel momento.
« A te ricorda qualcuno? Mi
sembra che abbia una faccia conosciuta ».
Perseus si voltò con discrezione
e l’espressione che gli si dipinse sul volto era di pura
sorpresa, ma Alphard
poteva giurare di averlo visto sorridere beffardo per un solo istante.
« Certo che lo riconosco. Era a
scuola con noi. Ti ricordi il Capitano della squadra di Grifondoro?
» disse,
con un tono eloquente.
Alphard ricordò improvvisamente e
rischiò che la Burrobirra
gli andasse di traverso.
« Quello che si vantava sempre
che sarebbe diventato il più grande Cercatore della storia?
»
« Proprio lui » disse Perseus,
bevendo un sorso.
Alphard non poté fare a meno di
pensare che se quando erano ragazzi avessero visto come il loro antico
avversario si sarebbe ridotto, probabilmente lo avrebbero deriso,
ricordando la
sua insopportabile boria. Ma ora non provava altro che compassione. In
effetti
nessuno avrebbe mai immaginato le brutte sorprese che la vita aveva
posto sul
cammino di ognuno di loro.
« Il tempo gioca strani scherzi.
Sono passati così tanti anni che mi dispiace per lui
» pensò a voce alta. « In
effetti, non mi pare che sia mai riuscito ad entrare in una squadra
professionista, lo avrei sentito nominare ».
« Già » confermò
l’altro. « All’epoca
non eravamo per niente in buoni rapporti, o sbaglio? »
Alphard assunse un’espressione sarcastica.
« Non fare finta di niente, lo so
che te lo ricordi benissimo, soprattutto quella volta in cui ti sei
dimenticato
di fare l’imperturbabile come sempre e l’hai
spedito in infermeria con una
pianta che gli spuntava dalla testa ».
Perseus tossicchiò per mascherare
la propria reazione.
« Ero stato provocato » si
giustificò, cercando di mantenere un contegno. «
Ce l’aveva col mio cognome.
Diceva che non era adatto ad un maschio »
bofonchiò, ancora offeso.
Subito dopo vide che
l’espressione di Alphard si era fatta improvvisamente seria e
lui fece
altrettanto.
Per alcuni istanti sul loro
tavolo scese un silenzio imbarazzante, ma infine Alphard
esordì:
« Devo ammettere che non mi
aspettavo un tuo invito ».
Perseus rispose guardando fisso
una crepa nel legno del tavolino.
« Dovrei parlarti di una faccenda
delicata. Si tratta di mia figlia ».
« Come sta? » chiese Alphard,
preoccupato.
Perseus sospirò.
« Se devo essere sincero, non la
capisco più. Nell’ultimo periodo sembrava che si
fosse ripresa, almeno
relativamente. Certo, era distrutta ma cominciava a reagire, non era
più
apatica come all’inizio. Ma qualche giorno fa deve esserle
successo qualcosa
che non vuole dire, perché è diversa. Lei non
è mai stata una ragazza fredda,
eppure stamattina sembrava una statua di ghiaccio. Invece di notte fa
degli
incubi tremendi… e se le chiediamo qualcosa si ostina a
rispondere che va tutto
bene. Non so più che cosa fare con lei ».
« Mi dispiace » disse Alphard,
affranto. « Ma sei proprio sicuro che le sia successo
qualcosa? »
« Ne sono certo. Non si è mai
comportata così. Io temo che abbia saputo qualcosa sulla
morte di tuo nipote ».
Perseus non volle aggiungere
altro. Gli sembrava già di violare qualcosa di estremamente
intimo e privato
quando, nonostante le porte chiuse e i suoi tentativi di non ascoltare,
sentiva
sua figlia piangere nel sonno e, a volte, invocare il nome del ragazzo.
Alphard fu assalito da
un’emozione indescrivibile, ma cercò di
controllarsi. Gli dispiaceva
terribilmente per Rachel. Era sicuro che non meritasse tutto quello che
le
stava succedendo e lui avrebbe voluto fare qualcosa, anche se era
impossibile.
« Non so se è il caso di
chiedertelo, perché nemmeno tu stai bene, ma stamattina mi
domandavo se potessi
andarla a trovare una volta » disse Perseus, esitando.
« A noi non vuole dire
nulla, ma con te forse parlerebbe. In fondo eri lo zio di Regulus
».
« Certo che verrò » rispose
Alphard ma, non potendo fare a meno di notare il tono con cui
l’amico aveva
pronunciato il nome di suo nipote, aggiunse: « Tu ce
l’hai con lui, vero? »
Perseus distolse lo sguardo,
nervoso.
« Ha tradito la fiducia di tutti
noi, Alphard. E vedere mia figlia in quelle condizioni non mi aiuta ad
essere
più comprensivo. Mi dispiace per quello che gli è
successo, davvero, ma la
decisione di diventare un Tu-Sai-Cosa è stata sua
».
« Senti, non voglio giustificare
Regulus. Io stesso l’ho rimproverato per essersi unito a
Tu-Sai-Chi, ma si era
pentito ed è morto proprio per questo motivo. Purtroppo
è sempre stato convinto
che quello che gli dicevano i suoi genitori fosse la verità
assoluta, e avrebbe
fatto qualsiasi cosa per loro. Però ti assicuro che Regulus
teneva molto a tua
figlia e puoi credermi se ti dico che ha fatto di tutto per assicurarsi
che lei
non corresse rischi, nel caso in cui lui… »
Alphard non concluse la frase, ma
Perseus non ebbe bisogno di sentire altro. Colpito dalle sue parole,
dovette
ammettere che non si sarebbe aspettato tanta cura nel proteggere Rachel
da parte
di quel ragazzo. Ma era una magra consolazione, pensò,
perché sua figlia
continuava a soffrire.
« Credo che siamo rimasti un po’
troppo » disse Alphard all’improvviso. «
Non devi tornare a lavorare? »
Perseus diede un’occhiata all’orologio.
« Sì, la pausa è finita »
confermò. « Allora… grazie ».
« Di nulla. Sei sicuro che Rachel
vorrà parlare con me di quello che le è successo?
»
Perseus esitò per parecchie
volte, e infine scosse la testa, disperato.
« Lo spero » concluse.
« Tua madre mi ha detto che ti
avrei trovata qui. Come stai? »
« Bene, grazie ».
Alphard le si avvicinò, affatto
scoraggiato dalla risposta gelida.
« Che ne dici di fare una
passeggiata sulla spiaggia? Oggi il mare è pure calmo
» propose.
« N-no » rispose Rachel,
rabbrividendo al solo pensiero della distesa d’acqua gelata
sul retro della
casa. Preferiva rimanere al sicuro in camera sua.
La ragazza lanciò un’occhiata fuori
dalla finestra: il sole stava già tramontando. Aveva
trascorso un’intera
giornata senza fare nulla. Si sarebbe dovuta presentare al lavoro e al
quartier
generale dell’Ordine della Fenice, ma non se l’era
proprio sentita, non dopo
quello che Kreacher le aveva raccontato.
Il solo ricordo di quella
conversazione le provocava brividi ghiacciati che le percorrevano la
schiena. Da
un paio di notti non riusciva a chiudere occhio, e quando si
addormentava il
suo sonno era popolato di incubi e visioni di cadaveri che tendevano le
braccia
scheletriche verso di lei, nel tentativo di soffocarla.
Nemmeno Kreacher sapeva che cosa
avesse di speciale il medaglione che Regulus aveva voluto recuperare in
quella
caverna maledetta, ma a quel punto non le interessava quasi
più. Ormai non
faceva che pensare a quello che lui aveva affrontato spontaneamente, e
una
rabbia mista ad ammirazione e orgoglio le ottenebrava la mente.
Si sentiva fiera di lui, come non
avrebbe mai pensato di poter essere. Regulus aveva affrontato la morte
a testa
alta, non fuggendo dai suoi assassini, dimostrando di aver sempre
nascosto un coraggio
incredibile.
Rachel tuttavia era anche
furibonda, perché non riusciva ad accettare che avesse
ordinato a Kreacher di
andarsene senza di lui. Se solo gli avesse chiesto di Smaterializzarlo
via,
invece di cacciarlo…
« Se vuoi, tolgo il disturbo » disse
Alphard, senza alcuna traccia di risentimento nella voce, ma Rachel si
sentì
ugualmente in colpa.
« No, scusi… sono soltanto… »
balbettò,
senza sapere nemmeno cosa dire e alzandosi in piedi.
« Non preoccuparti. Piuttosto, i
tuoi genitori sono molto preoccupati per te, lo sai? Dovresti sfogarti
un po’ ».
Rachel scosse la testa, depressa.
Riusciva a mala pena a capacitarsi del segreto che era costretta a serbare.
« Per caso hai scoperto qualcosa
sulla morte di Regulus? »
Lei sussultò e impallidì, cercando
disperatamente di non guardarlo negli occhi. Non poteva dirglielo:
aveva
promesso a Kreacher che avrebbe mantenuto la parola. In effetti Alphard
stava
invecchiando, e lei non voleva che alla sua età subisse uno
shock del genere.
Poteva essere anche pericoloso.
« No, ho solo un attimo di
scoraggiamento » mentì. « Mi
riprenderò presto ».
Alphard non sembrava molto
convinto ma non insisté. Al contrario, fu Rachel a parlare
di nuovo.
« Non c’è un modo per riportarlo
indietro, vero? » domandò ad un certo punto,
sentendosi gli occhi umidi. Vide
l’espressione impietosita di Alphard e distolse lo sguardo in
fretta.
« Non si possono fare resuscitare
i morti, dovresti saperlo » rispose lui, con il tono
più cauto possibile.
Rachel annuì. Ovviamente lo
sapeva. La sua era una domanda stupida e inutile. Se solo gli avesse
impedito
di andarsene, l’ultima volta che si erano incontrati, Regulus
sarebbe stato
ancora vivo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter tornare indietro e
cambiare
il passato, qualsiasi cosa…
Continuò a pensarci per alcuni
istanti, sentendosi inspiegabilmente tesa, come se si stesse preparando
all’arrivo di una tempesta improvvisa.
E, qualche secondo dopo, un’idea
folle, assurda e al tempo stesso magnifica le attraversò la
mente come un fulmine
a ciel sereno. Sul momento rimase immobile, ad ascoltare il cuore che
le aveva
iniziato a battere all’impazzata. Infine si sentì
invadere da una sensazione
che non provava da settimane, talmente meravigliosa da lasciarla del
tutto
inebetita: la speranza.
Perché non ci ho mai pensato?
si chiese.
Alphard dovette notare il suo
improvviso cambio d’espressione, perché la
guardò con aria interrogativa. Lei
ricambiò lo sguardo, con il viso rosso per
l’emozione. Non si era neanche
accorta di averlo afferrato per un polso.
Rachel provò a parlare ma non
riuscì ad emettere un singolo suono. Così
cercò di prendere fiato, con il cuore
che le martellava nel petto e il cervello annebbiato dallo shock.
« Neanche tornando indietro nel
tempo? » aggiunse, dopo essersi schiarita la voce, rotta
dall’emozione.
Lui reagì in un modo strano.
All’inizio impallidì, ma poi si
affrettò a rispondere con una certa urgenza:
« Rachel, no. Non possiamo farlo.
Dobbiamo rassegnarci e imparare a convivere con la realtà:
Regulus è morto, e
niente potrà farlo tornare indietro ».
Se fosse stata in una condizione
di normalità, Rachel si sarebbe preoccupata,
perché Alphard aveva
un’espressione furente e amareggiata. Ma al momento non si
trovava per niente
in uno stato di normalità.
« Perché no? Ha detto che i morti
non possono tornare in vita, ma se tornassimo indietro nel tempo in cui
lui era
vivo, potremo riuscirci, giusto? Esiste un modo per cambiare il
passato? »
chiese, tremando dalla testa ai piedi.
Lui esitò, cercando di calmarsi.
« Ci sono le Giratempo, che
permettono di tornare indietro e modificare gli eventi passati. Ma i
viaggi
temporali sono pericolosissimi: chi li intraprende potrebbe provocare
conseguenze inimmaginabili. È sempre meglio lasciare le cose
come stanno ».
Rachel lo guardò, delusa. Come
poteva rifiutare almeno di provarci?
« Ma… lei era un Indicibile,
dovrebbe sapere tutto su queste cose e quindi anche come si possono
fare viaggi
nel tempo senza correre rischi » insisté,
testarda.
Alphard sospirò.
« Non è così semplice. E comunque,
anche se decidessimo di farlo, in questo caso sarebbe impossibile,
perché
nessuno sa dove si trovava Regulus quando è stato ucciso
».
Lei si sentì sbiancare
all’improvviso, mentre l’immagine di un lago
sotterraneo popolato di Inferi le
invadeva la mente.
Aveva promesso a Kreacher che non
avrebbe riferito mai a nessuno quello che lui le aveva raccontato.
Anche se le
faceva male pensare che la maggior parte delle persone ritenesse che
Regulus
fosse morto mentre scappava da Voldemort, era disposta ad essere
l’unica a
conoscere la verità. Ma adesso si trovava di fronte ad un
bivio: restare in
silenzio e rinunciare alla remota possibilità di salvarlo,
oppure parlare?
« Si potrebbe tornare al momento
in cui l’ho visto l’ultima volta, e convincerlo a
nascondersi » disse, nel
tentativo di trovare una soluzione alternativa.
« E se dopo averti salutata
Regulus avesse salvato la vita di qualcuno? Se tu lo facessi
nascondere, lui
non potrebbe aiutare nessuno. Sacrificheresti un’altra vita
per riavere la sua?
» chiese Alphard, con un tono abbastanza fermo e deciso.
Rachel rabbrividì e si affrettò a
negare con un cenno. Lui aveva ragione: non sapeva cosa aveva fatto
Regulus
prima di andare nella caverna. Non esisteva una terza
possibilità: doveva
scegliere per forza.
« Come ti ho già detto, non
sapresti dove andare » continuò Alphard, non
accortosi del tumulto interiore
che la ragazza stava affrontando. « E molto probabilmente
è stato ucciso, non
so se da Tu-Sai-Chi o da uno dei Mangiamorte. Comunque sia, come
pretendi di
impedirlo senza che il suo assassino se ne accorga? È
irrealizzabile, quindi per favore
» e lo disse con una certa
fermezza, « non pensarci più ».
Rachel si accorse che le proprie
mani tremavano ancora per l’agitazione. Kreacher era stato
chiaro: nessuno della
famiglia Black doveva sapere cosa fosse successo, per ordine di
Regulus. Ma ora
che forse aveva la possibilità di salvarlo, non sapeva se
sarebbe stato saggio
tenere per sé tutto quanto.
« E se invece sapessi come e dove
è morto? » sussurrò, sperando dal
più profondo del cuore di fare la cosa giusta.
Alphard la guardò con stupore,
che si trasformò presto in qualcosa di molto simile al
panico.
« Che significa? Tu sai cosa gli
è successo? » le chiese con forza.
« Io… » esitò lei, chinando
la
testa.
« Se hai saputo qualcosa, dimmi
di cosa si tratta. Non posso vivere con questo dubbio, senza sapere
cosa
davvero gli è accaduto » insisté
Alphard.
A Rachel fece molta pena: la
sofferenza lo faceva sembrare molto più vecchio della sua
età. Ma non voleva
che il sacrificio di Regulus fosse stato vano: era morto in solitudine
per
tenere al sicuro tutti loro, e lei sapeva già troppo per
potersi considerare al
sicuro.
« Mi dispiace, ma non posso. Ho
dato la mia parola che non lo avrei raccontato. Le basti sapere che so
dove e
quando è successo, e che potremmo riuscire a salvarlo senza
farci vedere da
nessuno » disse, e mentre parlava tutto parve aggiustarsi,
come un puzzle che
finalmente ricomponeva tutti i pezzi al loro posto: Regulus aveva
ordinato a
Kreacher di andarsene, e l’elfo si era Smaterializzato prima che lui morisse… se solo
avessero potuto sfruttare quei pochi
minuti, o secondi, in cui sarebbe stato completamente solo con gli
Inferi…
« Ma… »
« La prego, Regulus non voleva
farlo sapere per un buon motivo. Si fidi di me e basta ».
Alphard tacque per parecchi
minuti, chiaramente indeciso sul da farsi. Era evidente che stesse
cercando di
non farsi prendere dall’entusiasmo ma di ragionare con
lucidità. Infine scosse
il capo, disilluso.
« Adesso ascoltami attentamente,
per favore » le disse, con un tono molto più fermo
del normale.
Lei obbedì: cercando di
controllare il tremore che la aveva assalita, si appoggiò
con la schiena alla
parete, a braccia conserte, e osservò Alphard iniziare a
camminare avanti e
indietro per la stanza.
« C’è un motivo »
esordì lui, «
se i viaggi temporali non possono essere compiuti da chiunque. Esiste
una
legislazione speciale su questo argomento. Non si deve assolutamente
modificare
il corso del tempo: è una delle leggi magiche fondamentali.
Per ottenere il
permesso di utilizzare una Giratempo si deve avere un permesso del
Ministero
della Magia. Questo permesso viene accordato solo per motivi
particolari e
soltanto a persone affidabili e che abbiano giurato di utilizzare la Giratempo
unicamente per
quei motivi, non per altri. Questa persona deve avere un garante
altrettanto
affidabile, e ti assicuro che la commissione dell’Ufficio
Misteri che si occupa
di concedere i permessi è molto severa. Di sicuro, non
darebbero
l’autorizzazione e tornare indietro nel tempo per salvare una
vita ».
« Ma… perché? Insomma, so che le
Giratempo vengono usate per motivi molto meno importanti »
protestò Rachel.
« Perché non sai cosa potrebbe
succedere. Potresti morire per errore o sconvolgere il corso della
storia. Se per
qualche assurdo motivo la morte di Regulus fosse importante per il
futuro del
mondo magico, tu rischieresti di vanificarla. Non puoi sapere quali
saranno le
conseguenze di certe azioni ».
« E allora che cosa faremo? Resteremo
con le mani in mano pur sapendo che potremmo avere una
possibilità di salvarlo?
» ribatté Rachel, decisa a non cedere. «
E se è vero che non possiamo conoscere
le conseguenze delle nostre azioni, non è detto che un mio
intervento avrebbe
risultati negativi. Anzi, è chiaro che Regulus aveva
scoperto qualcosa di molto
importante, che potrebbe impedire a Lei-Sa-Chi di conquistare il
potere. Ha
detto anche lei che ci ha pensato. Perché adesso sta
cercando di convincermi
che sia uno sbaglio? »
Alphard tacque. Rachel lo vide
continuare a camminare avanti e indietro, immerso nelle proprie
riflessioni. Si
sentiva invasa da un’eccitazione palpabile, ma non voleva
illudersi troppo: lui
aveva ragione quando aveva elencato gli impedimenti alla buona riuscita
della
sua idea, ma sperava che in qualche modo si potessero aggirare.
A sua volta, Alphard era nervoso
e agitato, e il dubbio cominciava a cogliere anche lui. Forse Rachel
non aveva
tutti i torti, pensò. Ora che avevano la
possibilità concreta di tornare
indietro nel tempo e salvare Regulus, doveva almeno provarci. Merlino
solo
sapeva quanto avrebbe desiderato abbracciare di nuovo suo nipote. La
sofferenza
per la sua perdita e il senso di colpa per essergli sopravvissuto non
gli
davano mai pace.
« Tu… sei davvero sicura di
volerci provare? » le chiese. Non era certo di fare la cosa
giusta. Sapeva
quanto fosse rischioso intromettersi nel tempo.
« Sarei disposta a fare di tutto
per riaverlo » rispose Rachel, con un tono estremamente
deciso. « Ma le
assicuro che se questo tentativo dovesse portare conseguenze negative
per il
mondo magico… vorrà dire che rinuncerò
e me ne farò una ragione » aggiunse,
nonostante quella promessa le costasse molto.
Alphard apprezzò il suo
chiarimento, anche se sapeva che tra affermarlo e metterlo in pratica
ci fosse
una differenza abissale… e lo sapeva anche lei.
« Ne possiamo parlare » disse
infine. « Ma aspetta a farti prendere
dall’entusiasmo, non ti ho detto di sì. Devi
sapere tutto quello che si rischia. E non è detto che ci
riusciremmo, cerca di
tenerlo sempre presente ».
Rachel annuì, trepidante. Alphard
temette che fosse sul punto di cadere per terra per come le tremavano
le
ginocchia, ma lei tornò a sedersi sulla sedia. Aveva le
lacrime agli occhi per
la forte emozione e non riusciva a stare un attimo ferma.
Dopo essersi assicurato che
nessun altro fosse nelle vicinanze della stanza, lui agitò
la bacchetta,
evocando un breve opuscolo.
« Prova a leggere questo. Non è
molto impegnativo, ma credo che basti per farti capire che un viaggio
nel tempo
non è una cosa da compiere con superficialità
».
Rachel prese il libretto e lo
aprì. Era scritto con una grafia chiara e ordinata e
illustrato da figure di
Giratempo e altri oggetti di cui non sospettava nemmeno
l’esistenza.
Senza indugiare, iniziò a leggere
una parte dell’introduzione.
Nel corso dei secoli, illustri maghi e
Indicibili hanno disquisito
riguardo ai viaggi temporali, formulando diverse teorie al riguardo,
soprattutto sull’opportunità o meno di utilizzarli
per evitare episodi negativi
della storia della comunità magica e non magica.
La cosiddetta Questione dell’etica
è sempre esistita, fin dal V secolo
a.C. ma per secoli le Giratempo furono utilizzate spesso a sproposito,
spesso
con conseguenze tragiche: celebre è l’episodio
della strega gelosa che tornò
indietro nel tempo per impedire al marito di conoscere la sua presunta
amante,
ma uccise per errore proprio il coniuge e, una volta tornata nel
presente,
scoprì che i suoi cinque figli non erano mai nati.
La questione fu affrontata seriamente solo in
occasione della terza
riunione della Confederazione Internazionale dei Maghi, la cui delibera
stabilì
che l’affidamento delle Giratempo fosse a sola discrezione
del Ministero della
Magia. Inoltre, fu deciso che quasi in nessun caso fosse concesso
interferire
con il normale corso del tempo.
Nonostante questa decisione, il dibattito
rimase acceso per decenni. In
particolare, si formarono due correnti di pensiero opposte, quella dei
Deterministi e quella dei cosiddetti Fatalisti.
I primi sostenevano che il futuro fosse
determinato dalla volontà degli
individui, e non a caso avevano adottato come motto l’antica
massima babbana “Faber
est suae quisque fortunae”.*
Secondo i
Deterministi, quindi, interferire col tempo avrebbe
effettivamente modificato il corso degli eventi, a prescindere
dall’esito
positivo o negativo di questi cambiamenti.
I Fatalisti invece erano convinti che
esistesse una sorta di destino o
volontà superiore, secondo la quale il futuro è
già tutto predestinato, e
quindi le interferenze nel tempo verrebbero in qualche modo impedite da
questa
forza d’inerzia superiore. In sintesi, se un fatto
è destinato ad avvenire,
avverrà comunque, in un modo o in un altro.
Tuttavia, nessuna di queste teorie
è mai stata dimostrata con certezza…
Rachel alzò lo sguardo, confusa.
Non aveva idea che intorno ai viaggi temporali ci fossero
così tante opinioni
differenti né che gli Indicibili si ponessero anche quel
tipo di domande.
« E quindi » chiese, « lei a chi
crede? »
« Personalmente, ho vissuto
abbastanza da capire che sono proprio le azioni che compiamo a
determinare il
nostro futuro, ma questa è una mia idea. Ciascuna di queste
teorie ha un
riscontro in fatti realmente accaduti, ma che potrebbero essere
soltanto
coincidenze. Voglio che tu legga questa relazione per un motivo
preciso: devi
valutare tutti i rischi prima di decidere. Come vedi, i dubbi sui
viaggi
temporali sono molto lontani dall’essere risolti. Non sai
cosa potrebbe
succedere se decidessi di tornare indietro nel tempo. Regulus potrebbe
morire
in un altro modo, oppure potresti essere uccisa a tua volta
».
« Sono disposta a rischiare »
rispose Rachel, cercando di assumere un tono deciso.
« E la tua famiglia? »
Lei s’incupì. I suoi genitori non
avrebbero voluto che si imbarcasse in un’impresa
così pericolosa.
« Non devono saperlo per forza »
rispose sottovoce, e Alphard reagì con un certo disagio.
Naturalmente Rachel lo
capiva bene: acconsentire che facesse una cosa del genere sarebbe stata
un’enorme responsabilità per lui, soprattutto ora
che sembrava avere ripreso i
rapporti con suo padre. « Ho già un piano. So come
fare per impedire che
succeda qualcosa di irrimediabile, sul serio ».
« Ma immagino che tu non voglia
spiegarmelo nei dettagli, vero? »
« Non posso dirle cosa è successo
a Regulus, ma se andrà tutto bene, sarà lui a
parlarne con lei » rispose
Rachel, e in quel momento si rese davvero conto di quello che aveva
intenzione
di fare: avrebbe potuto abbracciarlo di nuovo, gli avrebbe parlato, lo
avrebbe
avuto ancora una volta al suo fianco… forse.
Anche Alphard stava pensando la
stessa identica cosa, ma si sforzava di rimanere lucido.
« Ci sarebbe ancora un problema.
Come pensi di ottenere una Giratempo? » domandò.
Rachel si fece pensierosa e
scosse la testa.
« Non so. Lei non era un
Indicibile? Forse se la chiedesse lei… »
« No, non me concederebbero senza
una spiegazione valida ».
« E non può trovarne una in un
altro modo? »
« Tutte le Giratempo sono
conservate all’Ufficio Misteri » disse Alphard e,
quando notò l’espressione che
si era dipinta sul viso della ragazza, aggiunse: « Sai qual
è la pena minima
per chi tenta di rubare qualcosa nell’Ufficio Misteri? Sei
mesi ad Azkaban,
come minimo ».
Rachel rabbrividì un’altra volta.
Non aveva mai incontrato un Dissennatore fino a quel momento, ma quel
poco che
le era stato raccontato era bastato ad impressionarla. Sapeva che
facevano
rivivere continuamente i ricordi peggiori di una persona, e che la
maggior
parte dei detenuti di Azkaban impazziva o addirittura moriva dopo poco
tempo.
Voleva davvero rinunciare a
tutto, ora che stava quasi riuscendo ad andare avanti senza Regulus?
Non impiegò molto a rispondere.
Era consapevole che in quel modo avrebbe messo di nuovo in gioco tutto,
rischiando di perdere le poche cose che le erano rimaste. Ma per
Regulus era
decisa a fare questo e altro.
« Correrò il rischio » rispose.
Poi, notando l’espressione esitante di Alphard, non
poté fare a meno di aggiungere:
« Se non se la sente, non si preoccupi, ci penserò
io. Basta che mi dica come
orientarmi dentro l’Ufficio Misteri ».
Alphard si sentì avvampare
d’imbarazzo dopo aver sentito quelle parole, mentre una
sensazione di dejà-vu gli
faceva tornare in mente ricordi che avrebbe preferito cancellare.
Quando mai
aveva detto che la ragazza somigliava molto alla madre? In quel
momento, gli
sembrava piuttosto di avere davanti Perseus, con lo sguardo deluso che
aveva
assunto ogni volta in cui lui non aveva avuto il coraggio di prendere
una
decisione. Alphard non sopportava di essere guardato di nuovo con
quell’espressione: gli ricordava tutte le proprie debolezze,
e fu proprio questo
a convincerlo.
« Non se ne parla, verrò con te.
Conosco l’Ufficio Misteri come le mie tasche, ma per chi non
c’è mai stato è
pericoloso. Fai in modo di trovare un Mantello
dell’Invisibilità abbastanza
nuovo » le disse.
« Grazie, signor Black » disse
Rachel, riconoscente.
« Tuo padre mi ucciderà »
sospirò
Alphard con una certa rassegnazione. « Sei proprio sicura di
volerlo fare? »
« Sì » rispose lei, senza
esitazioni. « E non si preoccupi per mio padre, ci
penserò io a calmarlo ».
« Grazie, però voglio che tu
prenda una decisione ponderata. So che sei in grado di stabilire il
limite tra
il tentativo che vogliamo mettere in pratica e
un’intromissione troppo dannosa
nel tempo. Ho fiducia nel tuo raziocinio e spero che tu prenda la
decisione più
giusta, se capirai di rischiare una catastrofe temporale ».
Rachel sapeva che Alphard le
stesse dicendo qualcosa di molto importante e lo ascoltò con
attenzione. Infine
annuì, cercando di non farsi prendere dal panico: sperava di
non ritrovarsi
nella situazione di dover scegliere tra la propria felicità
personale e il bene
comune. Ma aveva promesso che il secondo sarebbe stato prioritario
nelle
proprie intenzioni ed era decisa a mantenere la promessa, sperando di
esserne
in grado
« Prendi
questo » aggiunse Alphard, porgendole
il libretto che aveva letto poco prima. « Ti conviene
leggerlo tutto,
soprattutto il capitolo che spiega come funzionano le Giratempo. E
un’ultima
cosa: chiamami pure Alphard ».
« Ma… Ehm, d’accordo » rispose
Rachel, stupita.
Prese il libretto e gli diede una
rapida sfogliata, mentre il cuore iniziava a batterle
all’impazzata: era sicura
che sarebbero riusciti a salvarlo. Da brava Serpeverde, sapeva che
quando
voleva una cosa, alla fine la otteneva, e quello di salvare Regulus era
il suo
desiderio più grande. Presto lo avrebbe avuto di nuovo al
suo fianco… e quella
volta non lo avrebbe più lasciato andare via.
* "Ognuno è artefice del proprio
destino" (secondo Sallustio è una frase di Appio Claudio
Cieco)
*Angolo
autrice*
Allora, in questo capitolo si spiega praticamente tutto quello che
avevo in mente fin dall'inizio! ^^ Ero partita con l'idea di inventare
chissà quale congegno magico, ma la Rowling
mi ha già offerto la soluzione su un piatto d'argento, e mi
sarebbe bastato saperla sfruttare per arrivare dove volevo senza
inventare cose assurde che avrei rischiato di non saper
gestire bene.
L'idea non è proprio originalissima, però
l'importante
per me è che siate arrivati a questo capitolo pensando: "Non
ci
avevo pensato!" (o avevate già capito? =S )
Siete liberi di lanciarmi pomodori se l'idea vi fa schifo! XD
Per quanto riguarda il libro che Rachel legge, ovviamente ho inventato
tutto, ma io gli Indicibili me li immagino così, un po'
maghi e
un po' filosofi, visto che studiano i misteri del mondo. La citazione
latina ce l'ho messa
semplicemente per dare
un'aria più "professionale" a quello che altrimenti
sembrerebbe
un tema di scuola! XD
Mi sono anche creata qualche problema "etico" della
serie: chi può decidere chi deve vivere o chi deve morire?
(Sì, io mi creo anche questo tipo di problemi -.-")
però
alla fine nessuno si è mai chiesto se fosse destino che
Fierobecco morisse o no, quindi mi sono detta di lasciar perdere le
pare mentali e proseguire così!
Altra cosa, magari qualcuno potrebbe pensare che Alphard, essendo
più maturo, avrebbe dovuto comportarsi in modo
più
"saggio" e convincere Rachel che il rischio di intromettersi nel tempo
sarebbe stato troppo grosso rispetto alla remota possibilità
di
salvare Regulus, ma in fondo è un essere umano anche lui.
Anche
Silente, nonostante la sua veneranda età e la sua
esperienza,
praticamente si suicida quando usa la Pietra della Resurrezione. Credo
che quando si tratta di un argomento come la morte, torniamo tutti un
po' bambini e immaturi. E poi Alphard a volte è un po'
incosciente, caratteristica che proprio Sirius ha ereditato da lui! XD
Insomma, questo capitolo l'ho scritto e riscritto per settimane, ci ho
sbattuto la testa mille volte, e ogni volta non mi andava bene,
perciò spero che non sia venuto
una schifezza ç__ç
Alohomora:
grazie per quello che hai detto sulla tua esperienza personale. Vedendo
i Paciock e i Potter Rachel sente sia la mancanza di ciò che
ha
perso sia di quello che non ha mai avuto ma che sperava
di ottenere un giorno.
Del resto, essendo cresciuta in una famiglia serena, ci tiene a
crearsene una propria, anche se sa di non essere abbastanza
matura!
nefertari83:
non te l'aspettavi? Meno male, almeno ho saputo mantenere la suspance!
XD
Nymphy
Lupin:
in effetti, povero Kreacher, fa una gran pena anche a me quando deve
fare qualcosa contro la sua volontà! Doveva essere Rachel a
dire
a Sirius che Regulus teneva a lui, e viceversa: loro non se lo
sarebbero mai detti, testardi e orgogliosi come sono!
Beatrix
Bonnie:
eccolo qua, l'ormai famigerato capitolo 9! Capisci perché mi
ha
creato un sacco di problemi? E' giuto salvare un personaggio e non
altri? Insomma, ero in piena crisi etica! XD Anche io ho
difficoltà a immaginare James così...
<_< L'anello
dei Black Rachel lo conserva gelosamente (e guai a chi lo tocca!)
però forse posso farti un disegno!
lyrapotter:
mi sa che a te avevo già accennato qualcosa sul viaggio
temporale, via email. No, non arrabbiarti! XD Quando avrò
concluso questa parte in cui il salvataggio di Regulus ha la
priorità, mi occuperò di Remus, promesso! Anche
io adoro
Fabian e Gideon, mi mettono allegria!
Lenobia:
sono contentissima di aver reso Rachel umana, ci tengo molto.
Cercherò di trattare meglio Voldemort, allora! XD
Tranquilla,
non manca poi molto al momento in cui Regulus e Sirius si vedranno di
nuovo. Mi viene un sorriso ebete tutte le volte che ci penso, ma
cercherò di non farmi trascinare e di lasciarli sempre IC,
naturalmente!
Lellas92:
ops, la tua coscienza mette paura! XD Però diciamo che ha
detto
cose molto simili a quello che direbbe la mia, il che è
grave
perché io la patente ce l'ho da 3 anni... Il fatto
è che
non mi piace guidare, preferisco andare a piedi! XD Spero che questo
capitolo sia Juliasco (XD) e non orribile! Parla di James quanto vuoi,
così mi tengo allenata! XD
_Mary:
hai
avuto quasi tutte le risposte in questo capitolo, ma spero che non ti
facciano schifo u.u Io credo che se scrivessi su Draco lo
renderei ridicolo e verrei uccisa da quelle che lo considerano
figo e coraggioso
ಠ_ಠ (lo ammetto, non vedevo l'ora di usare questa faccina!) Lo so, i
Tassorosso sono i più snobbati, ma ci sarà anche
Ted a
far loro onore!
Penny
Black:
è ovvio che se James non avesse avuto quelle
qualità, non
sarebbe cambiato nemmeno con la morte dei genitori. Un'altra persona si
sarebbe incattivita. Anche io salverei tutti, ma sarebbe
irrealistico... ç_ç Ah, mi è venuto il
dubbio che
quella frase sulla felicità per chi non la merita avrebbe
creato
incomprensioni: Rachel lo stava pensando in modo molto generale, non si
riferiva ai Paciock e ai Potter, che non le hanno fatto nulla! ^^
Regulus e Sirius si riavvicineranno, però dovranno anche
fare i
conti con le loro differenze... ma molte delle loro discussioni saranno
più comiche che altro! XD
Circe:
sono
commossa! ç__ç Anzi, mi fai commuovere ogni
volta, ma
stavolta hai superato te stessa! Rachel è molto
più
estroversa e decisa di me, però per altri aspetti ha
qualcosa
del mio carattere. Di solito quando esprime un'opinione dice quello che
penso io. Era proprio quello che volevo, descriverla meglio qui che
altrove, anche perché nelle fic precedenti di solito
scrivevo
dal punto di vista di Regulus! *-* E sì, lui in effetti
è
il mio ragazzo ideale! XD
Mirwen:
spero che ti sia divertita! Non sono mai stata al Lucca Comics ma deve
essere divertente! La verità per ora è sempre
quella del
canon, ma la Giratempo cambierà le cose!
malandrina4ever:
ho scritto il capitolo
in cui torna Regulus
u.u *malandrina sviene* Scusa, non avrei dovuto dirtelo
così!
*risata sadica: buahahaha!* Mi perdoni? Ci perdoniamo a vicenda e il
problema è risolto XD E sarai giustificata se ripeterai
"Regulus" mille volte, anzi, ti capisco u.u Lui
sta bene e ti manda tanti saluti! ^^ Dice anche che vi vedrete nel
capitolo 11, anche se Lui sarà un po' sotto shock per dare
retta
a chicchessia (una delle prime cose che dirà è:
"Dov'è il medaglione?" -.-")
DubheBlack:
nel quinto libro Kreacher ripete in continuazione gli insulti a
Hermione e gli altri, quindi ho fatto anche io il tuo ragionamento. Hao
visto giusto, anche Alphard ha confabulato con Rachel, ma Kreacher
sarà essenziale perché solo lui sa dove andare e
soprattutto può
andarci!
sweetophelia: proprio perché è una what if, molte
cose
cambieranno, anche se ancora non ho deciso cosa. Visto che sono sempre
stata affezionata al canon, ho paura di esagerare! Il racconto di
Kreacher era uguale a quello che già conosciamo, quindi non
l'ho
descritto! =)
meissa_s:
già che ci sono ti ringrazio qui anche per la recensione
alla storia su Marius! Questi capitoli saranno più su
Rachel, Alphard (e Regulus! XD) ma poi approfondirò molto
l'Ordine della Fenice. Non posso essere più che d'accordo
con quello che hai detto sulla media di bene e male nelle Case! Ah, la
tua email mi è arrivata, e ti ringrazio!! Se vuoi posso
consigliarti qualche storia su Sirius, magari qualcuna potrebbe
piacerti. Ti manderò un'email al riguado il prima possibile!
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Capitolo 10 *** Una Giratempo da recuperare ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 10
Una Giratempo da recuperare
In quei
giorni, il Ministero
della Magia si era riempito di sfavillanti decorazioni natalizie.
Ghirlande
d’oro e d’argento illuminavano l’Atrium
più del solito e la statua dei Magici
Fratelli emanava uno scintillio dovuto a qualche incantesimo
decorativo. I
camini disposti lungo le pareti erano ricoperti di agrifogli e candele
rosse.
Mai il
Ministero era apparso così
riccamente decorato: sembrava quasi che cercasse di dimenticare la
realtà
esterna, conferendo un’atmosfera magica e sognante a quel
luogo di lavoro.
« Le
decorazioni di Hogwarts però
sono imbattibili. Te le ricordi? » disse Emmeline, dopo
essere uscita da uno
dei camini della Metropolvere.
«
Già » le rispose Rachel,
soprappensiero.
Quella mattina
erano arrivate
insieme al Ministero della Magia. Emmeline non si recava lì
tutti i giorni. Di solito
le lezioni e le esercitazioni per aspiranti Auror si tenevano in una
sede
distaccata, in un luogo molto più aperto e meno frequentato,
ma il corso di
addestramento prevedeva anche che gli studenti svolgessero alcune ore
al fianco
degli Auror già diplomati, per acquisire una maggiore
esperienza pratica.
Le due ragazze
si incamminarono
insieme alla folla di impiegati del Ministero che sciamavano in
direzione degli
ascensori.
Emmeline era
contenta della
pratica che svolgeva con Frank e Alice Paciock, ma ogni volta che
metteva piede
lì dentro si sentiva nervosa e agitata, e il motivo non era
certo la normale
ansia da prestazione che tutti gli aspiranti Auror provavano.
Anche quella
mattina non poté
fare a meno di guardarsi intorno con nervosismo, cercando di
riconoscere i
presenti senza tuttavia incrociare i loro sguardi. Camminava spedita,
come per
allontanarsi il più in fretta possibile
dall’Atrium, ma tentando di non
sembrare troppo desiderosa di fuggire.
Quella volta
però fu sfortunata,
perché era tanto presa dalla sua ansia da non rispondere al
commento che Rachel
aveva indirizzato all’albero di Natale che svettava davanti a
loro, attirando
così la sua attenzione.
«
Non ti va di incontrarlo, vero?
» le domandò Rachel, intuendo subito quali fossero
i suoi pensieri.
Emmeline
reagì come ogni volta:
si sentì avvampare, ma esteriormente non batté
ciglio.
«
No, infatti » confermò,
mantenendo comunque tutto l’autocontrollo di cui era
provvista.
Sapeva che,
dato che entrambi
frequentavano il Ministero della Magia, non avrebbe potuto evitarlo in
eterno,
ma voleva sottrarsi il più possibile a situazioni
imbarazzanti. Da quando Barty
l’aveva lasciata non si erano più rivolti la
parola, e lei non ci teneva a
ricominciare… anche perché lui era altrettanto
deciso a ignorarla, ammise a se
stessa, mentre stringeva i pugni tanto da incidersi la pelle con le
unghie.
Rachel non
disse nulla ed
Emmeline le fu grata di questo: non era una ragazza che amava mostrarsi
debole.
Cercò
di ristabilire il normale
battito, invano. Sotto i capelli biondi, la fronte si
corrugò. Perché le era
così complicato farsene una ragione? Possibile che non
riuscisse ancora a
dimenticarlo? Era passato tanto tempo, ormai, ma ogni volta che lo
vedeva non
poteva fare a meno di sentire che, almeno per lei, non era mai cambiato
nulla.
Tanto per fare
qualcosa, si soffermò
ad osservare la fontana nei minimi dettagli, nella speranza di
riacquistare
lucidità, ma non le fu di grande aiuto. Complici le
decorazioni che le
ricordavano quella della scuola, la sua mente aveva già
preso il volo, e lei
non poté fare a meno di rievocare momenti più
felici, negli anni trascorsi a
Hogwarts, quando la guerra non era ancora scoppiata così
violentemente e
nessuna delle persone che conosceva era ancora morta…
Basta, non posso
continuare a crogiolarmi così, pensò,
irritata con
se stessa. Devo
andare avanti.
O meglio,
sarebbe voluta andare
avanti, ma era convinta che finché non avesse saputo il vero
motivo per cui
Barty la aveva lasciata, non si sarebbe mai data pace.
All’inizio
aveva sospettato che
lui si fosse interessato ad un’altra ragazza, ma non aveva
avuto riscontri per
quella ipotesi. Non sapeva più cosa pensare, e iniziava a
porsi delle domande
che le stavano facendo perdere fiducia in se stessa.
«
Rachel, pensi che io abbia
qualcosa che non va? » chiese, automaticamente, prima di
potersi trattenere.
L’altra
si riscosse dai propri
pensieri e la guardò con stupore.
«
Che cosa non dovrebbe andare in
te? » ribatté.
«
Non so… forse sono troppo seria
e noiosa » buttò lì, scoraggiata.
« Tu
non sei affatto noiosa. Sei
soltanto molto più matura della tua età
».
« Ma
non sono l’unica a pensarlo.
Una volta ho sentito Sirius che lo diceva ai suoi amici. Ha detto che
sono
talmente perfettina da risultare noiosa ».
Rachel
alzò gli occhi al cielo.
« Tu
sei sempre stata superiore a
queste cose, lascia stare. Dovresti sapere meglio di me che il secondo
nome di
Sirius potrebbe essere “tatto di troll”. Ma non lo
ha detto con cattiveria, stava
solo scherzando… e d’altronde i suoi canoni di
persona divertente sono un po’ troppo
alti rispetto alla norma ».
Emmeline
riuscì a sorridere per
un attimo, ma poi tornò immediatamente seria.
« Se
mi permetti » aggiunse
Rachel mentre raggiungevano gli ascensori, « non hai niente
che non vada. Barty
soffriva molto il confronto con te. Lo sai che suo padre lo apprezza
solo
quando si dimostra il migliore, e se qualcuno lo supera una sola volta,
lui la prende
come una sconfitta personale ».
Emmeline
annuì, cupa. Sapeva bene
quanto Barty si fosse impegnato a scuola. Aveva ottenuto dodici
G.U.F.O., dieci
M.A.G.O., era stato sia Prefetto che Caposcuola, tanto da diventare uno
dei
migliori studenti di sempre. Ma dietro tutto questo nascondeva un
bisogno
disperato di rendere soddisfatto il padre.
Almeno, questo
succedeva
all’inizio. Ma nell’ultimo periodo Barty era
arrivato a odiare suo padre, convinto
che Crouch senior lo apprezzasse solo per i suoi successi, e non in
quanto suo
figlio.
Emmeline aveva
notato che
nell’ultimo periodo Barty si era incattivito, ma non riusciva
comunque a capire
il suo atteggiamento nei propri confronti. Non aveva mai voluto
trovarsi in
competizione con lui. Nel suo piccolo, aveva fatto di tutto per farlo
stare
meglio, ma lui non sembrava aver apprezzato i suoi sforzi.
Emmeline si
costrinse a smettere
di pensarci. La ragazza accanto a sé era la prova vivente
che esistevano guai di
gran lunga peggiori: Barty almeno era ancora vivo…
Ora che ci
faceva caso, Rachel le pareva molto pensierosa. Controllava
l’orario con una frequenza quasi maniacale
e, quando non doveva parlarle, sembrava stesse guardando un punto
indefinito e remoto,
che nessun altro poteva vedere. Anzi, non riusciva a nascondere
un’espressione
tesa e nervosa.
«
Qualcosa ti preoccupa? » le
domandò, mentre l’ascensore nel quale erano
entrate iniziava a salire.
«
No, va tutto bene » rispose
Rachel in fretta.
Emmeline la
osservò ancora. Certe
volte non riusciva proprio a seguire tutti i suoi sbalzi
d’umore, ma sapeva che
fosse normale. Da quando la conosceva, lei e Regulus erano sempre stati
inseparabili. La morte di lui era stata un duro colpo da assorbire ed
Emmeline temeva
che l’amica non si sarebbe mai ripresa completamente.
Detestava
vederla soffrire giorno
dopo giorno, ma tutto quello che le veniva da dirle erano solo parole
vuote, e
il fatto che Rachel in quel caso fosse come lei e si tenesse tutto
dentro non
la aiutava per niente.
Arrivata al
Secondo Livello, Emmeline
dovette uscire dall’ascensore.
« Ci
vediamo all’uscita? » le
chiese.
«
Stasera resto fino a tardi, ho
del lavoro da sbrigare. Non aspettarmi » rispose Rachel,
senza tradire la
minima emozione.
Emmeline
continuò a guardarla
mentre le griglie si richiudevano tra di loro, e non poté
fare a meno di notare
il suo sguardo determinato. Non sapeva cosa avesse intenzione di fare,
ma non
l’aveva mai vista così. Sperava soltanto che non
si cacciasse nei guai.
Rachel non aveva mai visto il
Ministero della Magia di sera. Il caos e il chiacchiericcio che di
solito
regnavano sovrani erano stati sostituiti da un vago brusio. I passi
degli
impiegati rimasti rimbombavano da un Livello all’altro, e i
più pesanti
facevano quasi tremare le finestre.
Chiusa nel suo
ufficio, Rachel
diede un’altra occhiata all’ora. La sua agitazione
cresceva ogni minuto di più.
Cercava di non farsi prendere dal panico ma nemmeno dai sensi di colpa:
doveva
commettere un furto all’interno del Ministero, e sapeva che
non sarebbe stata
una passeggiata.
Si rendeva
conto che, non
trovandosi più a Hogwarts, se fosse stata scoperta non se la
sarebbe cavata con
una semplice punizione. Non stava infrangendo una regola scolastica,
stava per
commettere un vero e proprio reato nel cuore del Ministero della Magia.
Se
qualcuno glielo avesse detto qualche anno prima, non ci avrebbe mai
creduto. Ma
la forza della disperazione la stava inducendo a comportarsi come non
avrebbe
mai potuto immaginare.
Sapeva di
rischiare tantissimo, e
conosceva bene i limiti che Alphard le aveva intimato di non
oltrepassare, ma
finché fosse rimasta entro quei limiti, era disposta a fare
tutto il possibile…
anche se iniziava a pensare che rubare non fosse proprio giustissimo.
Aveva atteso
nell’ansia e nella
tensione per l’intera giornata, al punto che Arnold Peasegood
le aveva proposto
di bere una pozione rilassante, ma lei aveva continuato a resistere
fino alla
sera.
Guardò
di nuovo l’orario e si
accorse con un sussulto che era arrivato il momento di agire.
Senza
indugiare oltre, si alzò,
nascose il Mantello dell’Invisibilità che aveva
preso in prestito da Dorcas nella
tasca di quello rosso scuro che indossava e uscì
dall’ufficio, chiudendo poi la
porta.
I corridoi
erano illuminati da
lampade e da candele natalizie sospese in aria. Negli uffici che Rachel
oltrepassò c’erano più persone di
quante si era aspettata: probabilmente era la
guerra in corso a costringere quasi tutti a tornare tardi a casa. In
effetti,
gli Obliviatori in quel periodo erano impegnati quanto gli Auror, per
colpa
delle azioni dei Mangiamorte ai danni dei Babbani.
Rachel prese
l’ascensore e scese
fino all’Atrium. C’era un gruppetto
d’impiegati che si stavano trattenendo a
chiacchierare ma lei tirò dritto fino al mago di guardia,
assicurandosi che lui
sentisse il suo saluto di congedo.
Arrivata in
prossimità dei
camini, si guardò discretamente intorno e, quando si fu
accertata che nessuno
stesse guardando, tirò fuori il Mantello
dell’Invisibilità e lo indossò.
Fu fortunata,
perché un attimo
dopo il mago guardiano lanciò un’occhiata nella
sua direzione e, non vedendo
nessuno, tornò a leggere la Gazzetta del Profeta.
Rachel trasse
un respiro di
sollievo. Quella parte del piano aveva funzionato.
Nascosta sotto
il mantello, non
dovette aspettare molto. Infatti, pochi minuti più tardi, da
uno dei camini si
levò una fiamma verde, e ad uscirne fu Alphard.
Il mago non
esitò neanche un
secondo e si diresse verso il mago di guardia per dichiarare il motivo
della
sua visita e farsi esaminare la bacchetta.
«
Alphard Black » si presentò. «
Lavoravo all’Ufficio Misteri. Dovrei accedervi per una
ricerca che sto
svolgendo ».
«
Assolutamente » rispose
l’altro, servizievole. Di solito non era un tipo cordiale, ma
doveva sapere
come comportarsi con le persone importanti. « Non si finisce
mai di essere
Indicibili, eh? »
«
Sono d’accordo » confermò
Alphard, accennando un sorriso.
L’uomo
gli restituì la bacchetta.
«
Tutto a posto. Il nuovo
responsabile del Dipartimento dei Misteri è Augustus
Rookwood. Chieda a lui ».
«
Grazie ».
Alphard si
diresse verso gli
ascensori ed entrò in uno di essi. Rachel lo
seguì, cercando di muoversi a
passi felpati, anche se l’ansia le faceva desiderare di
mettersi a correre.
Quando le
griglie si furono
chiuse, lei si schiarì la voce con prudenza.
«
Sei qui? » le chiese Alphard,
senza poterla vedere.
«
Sì, per ora è tutto a posto »
rispose lei.
«
Sei agitata? »
« Un
po’… »
«
Non preoccuparti. Rookwood lo
conosco. Non dovrebbe crearci problemi ».
L’ascensore
si fermò, e la fredda
voce femminile che Rachel aveva imparato ad ascoltare ogni giorno li
informò:
«
Nono Livello. Ufficio Misteri
».
Alphard
uscì, seguito a ruota
dalla ragazza.
« Mi
raccomando, stammi vicina »
le sussurrò lui.
Lei
annuì ma poi, ricordando che
lui non poteva vederla, mugolò in segno di assenso.
Si trovavano
in uno strano
corridoio molto buio, illuminato solo da qualche torcia appesa alle
pareti.
Sembrava tutto di marmo nero e, in fondo, c’era una porta
dello stesso colore.
I due si
incamminarono verso di
essa, accanto alla quale c’era un uomo di guardia. Aveva il
viso butterato e il
suo atteggiamento mostrava un lieve nervosismo. Tuttavia, quando vide
Alphard,
lo salutò con stupore.
«
Signor Black! Che sorpresa… »
«
Augustus, cercavo proprio te »
disse Alphard. « Sto facendo una ricerca
nell’ambito della memoria ma a casa
non ho abbastanza informazioni. Mi chiedevo se potessi cercarle qui. So
che
tecnicamente sono in pensione ma… »
«
Oh, bè… » Rookwood parve
pensarci per qualche istante, lanciando strane occhiate al corridoio da
dove
erano venuti. « Ma certo » disse infine. Sembrava
quasi ansioso di rimanere
troppo tempo in sua compagnia. « Non c’è
problema. Ehm… però dovrebbe prima
consegnarmi la bacchetta e dovrei perquisirla prima e dopo il suo
ingresso. Sa,
misure di sicurezza… » aggiunse, imbarazzato.
«
Certo » rispose Alphard con
naturalezza, consegnandogli la propria bacchetta magica.
Rookwood
estrasse dal mantello un
Sensore Segreto e lo fece scorrere davanti e dietro Alphard.
Assicuratosi che
fosse tutto in regola, lo invitò ad entrare.
Alphard lo
salutò ed aprì la
porta dell’Ufficio Misteri.
Rachel lo
seguì all’interno, poi
la porta si chiuse alle loro spalle. Era così nervosa che si
accorse a stento
della stanza circolare in cui si trovavano e delle dodici porte intorno
a loro.
«
È sempre stato così… strano?
»
domandò lei, curiosa, liberandosi del Mantello
dell'Invisibilità e riponendolo nella tasca.
« In
realtà no. Ma adesso non è
il momento di pensarci » disse lui in tono pratico.
« Dobbiamo arrivare alla
Stanza del Tempo ».
Presa
dall’impazienza, Rachel mise
un piede avanti, ma un attimo dopo ebbe l’impressione di
perdere l’equilibrio e
che la testa le stesse girando. Invece era il pavimento a ruotare, e
continuò
così per alcuni istanti, finché non si
fermò di nuovo.
Rachel era
sconvolta e Alphard le
rivolse un sorriso.
« La
prima volta è stato strano
anche per me. Sono altre misure di sicurezza. Tu sei la prima non
Indicibile in
assoluto ad entrare qui dentro ».
« Ma
ora non sappiamo più qual è
l’uscita » osservò lei, agitata.
«
Non importa, la ritroveremo ».
Lei non era
molto convinta, ma si
fidò.
« E
quale porta dobbiamo aprire?
»
«
Nella maggior parte dei casi,
una vale l’altra » rispose lui, per niente
preoccupato. Avanzò fino alla porta
di fronte a loro e provò ad aprirla, ma era chiusa a chiave.
« No, non è questa
» disse. A partire dalla porta chiusa, ne contò
tre verso sinistra e riprovò
con un’altra.
Quella si
aprì, cigolando
debolmente.
«
Questa può andare. È la strada
più lunga ma almeno sapremo dove ci troviamo. Stammi dietro
e non allontanarti
» le disse.
Rachel lo
seguì, silenziosa, ed
entrò con lui nella stanza. Non aveva idea di come fosse
l’Ufficio Misteri, ma
aveva sempre immaginato che gli Indicibili vi tenessero dentro oggetti
misteriosi, magari anche stregati.
Quella invece
era una sala
piuttosto semplice. La porta dalla quale erano entrati si trovava in
alto, e
sotto i loro piedi il terreno scendeva in quattro o cinque gradinate
fino ad
una piattaforma sul fondo, in mezzo alla quale si ergeva uno strano
arco
piuttosto malridotto, da cui scendeva un velo nero, che si muoveva come
mosso
dal vento, anche se non c’erano finestre.
«
Vieni » la scosse Alphard,
incamminandosi senza scendere i gradini, diretto verso una porta
dall’altra
parte della sala.
Rachel lo
seguì, ma non poté fare
a meno di fissare quella strana costruzione al centro. Di cosa si
trattava?
Non si era
neanche accorta di
aver deviato e di essere scesa per due gradini verso
l’arcata. Si sentiva
misteriosamente affascinata da essa, ma al tempo stesso fremeva di
paura per
qualcosa che non riusciva a comprendere. All’improvviso
sussultò, spaventata.
«
S-si sentono delle voci! »
sussurrò.
«
Rachel, allontanati subito »
intervenne Alphard con un tono serio e preoccupato, trattenendola per
la
manica.
«
Non le hai sentite? » insisté
lei, incredula.
*
Lui sul
momento esitò, incerto su
cosa rispondere.
«
Vieni via, è pericoloso
avvicinarsi troppo ».
Rachel per un
po’ valutò la
possibilità di non obbedire. Dietro quell’arco, ne
era sicura, c’era qualcosa o
qualcuno.
Alphard fu
costretto a strattonarla per farla tornare indietro. Rachel
obbedì a
malincuore, ma sapeva che Alphard aveva ragione: non poteva perdere la
concentrazione. Dovevano recuperare una Giratempo. Le era parso di
sentire sussurrare dietro quel velo, ma vide che dietro di
esso non c’era
nessuno.
Alphard la
condusse attraverso
un’altra porta, e si ritrovarono in una seconda stanza
rettangolare, occupata
da strane vasche piene di una strana sostanza verdognola, sopra la
quale
galleggiavano degli oggetti simili a meduse. Quando Rachel li ebbe
osservati meglio,
scoprì con suo grande disgusto che si trattava di cervelli.
«
Voi studiate questa roba? » non
poté fare a meno di chiedere.
«
Certo. La mente umana nasconde
misteri che non puoi neanche immaginare. Vedi quei tentacoli? Sono
ricordi,
pensieri. Ma non avvicinarti, è pericoloso toccarli
».
«
Che cos’era quell’arco? »
chiese lei. Nonostante la tensione, non poteva negare di essere
affascinata da
quel luogo così strano e pericoloso.
«
Quella di prima era la Camera della Morte. Non
posso dirti molto ma ti assicuro che c’è un motivo
se ti ho trascinata via da
lì. Maghi molto più esperti di te hanno avuto
degli incidenti lì dentro, e non
sono stati più trovati ».
Lei
rabbrividì. Improvvisamente
non aveva più tanta voglia di approfondire
l’argomento. Si guardò intorno, e
scoprì che anche la Stanza
dei Cervelli era piena di porte lungo tutte le pareti. Alphard aveva
avuto
ragione ad accompagnarla: l’Ufficio Misteri era
così esteso che da sola si
sarebbe sicuramente persa.
Lui la
condusse attraverso un
corridoio che, sulla sinistra, dava su un enorme baratro buio e vuoto,
nel
quale si libravano misteriose sfere di vari colori.
«
È lo spazio » la informò
Alphard, notando lo sguardo incuriosito di lei. « Quelli sono
i pianeti ».
«
È incredibile… » commentò
Rachel, sempre più affascinata.
La stanza
successiva era enorme.
C’erano file e file di scaffali che sembravano non dover
finire mai. Non
contenevano libri, ma una grande quantità di piccole sfere
di vetro luminose,
tutte uguali. Sotto ognuna di esse, erano stati messi dei cartellini
con dei
nomi.
« E
quelle cosa sono? »
«
Profezie » rispose Alphard.
« E
sono… vere? » chiese Rachel,
dubbiosa.
«
Scommetto che a scuola non
amavi molto Divinazione » commentò lui, mentre
costeggiavano tutte le file. «
Ma i veri Veggenti esistono. Sono rari, ma esistono ».
Dopo aver
percorso l’intera Sala
delle Profezie, entrambi attraversarono una delle porte sulla sinistra
ed
entrarono nella Stanza del Tempo.
Ciò
che prima di tutto attirò la
loro attenzione furono decine e decine di ticchettii che si
sovrapponevano. La
stanza era completamente occupata da orologi, pendole e sveglie che
scandivano
i minuti all’unisono.
Assalita
dall’emozione, Rachel non
fece neanche caso alla campana di vetro di fronte a lei, in cui un
colibrì
nasceva da un uovo, per poi trasformarsi di nuovo in esso, in un ciclo
continuo
e infinito.
Il suo sguardo
cadde
immediatamente sulla vetrina appesa al muro alla sua destra: conteneva
una
quantità di clessidre di diverse dimensioni e forme.
Alphard si
avvicinò e aprì la
vetrina, fermandosi ad osservare le varie Giratempo.
« Ne
esistono diversi tipi, vero?
» domandò lei, raggiungendolo.
«
Sì. Queste tornano indietro nel
tempo solo di qualche ora » rispose lui, indicando un gruppo
di clessidre più
piccole delle altre, « queste possono portare indietro di
anni e anni, mentre
queste altre addirittura nel futuro » concluse, accennando a
due o tre
clessidre dai meccanismi più complessi. « Noi
dobbiamo prenderne una che possa
andare sia avanti che indietro nel tempo, altrimenti dovrai aspettare
più di un mese per tornare nel presente, e che abbia come
unità di misura i
giorni. Quelle di un mese non ci convengono, rischieremmo di essere
troppo
imprecisi ».
Dopo averle
controllate tutte,
Alphard ne afferrò una delle dimensioni del pugno di un
bambino e la estrasse
dalla vetrina, poi si fece prestare la bacchetta di Rachel e
creò una copia della
Giratempo con l’incantesimo Geminio, per lasciarla al posto
dell’originale.
« Se
ne accorgerà qualcuno? »
domandò Rachel, riprendendo la bacchetta.
« Se
dovranno usarla sì, ma
succede raramente. Spero di fare in tempo a riportare quella vera prima
che
qualcuno noti la sua mancanza ».
«
Intendi riportarla indietro? »
Lui la
guardò.
«
Certo. Non possiamo tenerla
noi, o avremmo la tentazione di usarla a sproposito in altre occasioni
».
Poi le
consegnò la Giratempo, e Rachel la
prese tra le mani con trepidazione. Di colpo era stata assalita da
un’infinità
di emozioni contrastanti: era eccitata, nervosa al solo pensiero di
fallire e terrorizzata
per il timore di sconvolgere il corso del tempo. Sapeva che lei e
Alphard si
stavano prendendo una responsabilità enorme.
Era talmente
emozionata che a
stento guardò dove stesse andando quando Alphard la condusse
di nuovo nella
stanza circolare.
Prima di
uscire, Rachel si infilò
di nuovo sotto il mantello dell’invisibilità,
stringendo a sé la Giratempo con ansia e
agitazione.
Quando Alphard
aprì la porta che
dava sul corridoio e ne uscì, all’improvviso si
fermò di colpo, costringendo
anche lei a bloccarsi.
Rachel gli
lanciò un’occhiata
perplessa e aprì la bocca per chiedere spiegazioni, ma lui
stava guardando in
direzione di un corridoio sulla destra che fino a quel momento non
aveva
notato. Era quello che doveva condurre alle aule del Wizengamot, in cui
i
prigionieri destinati ad Azkaban venivano condannati.
Augustus
Rookwood stava
parlando con un secondo mago, ma erano entrambi troppo lontani
perché le loro
parole fossero distinguibili. Non appena si accorsero di non essere
più soli
tuttavia, tacquero colpo.
Evidentemente
Alphard non si
aspettava di incontrare l’altro, a giudicare dalla sua
espressione stupita.
Rachel
osservò l’intruso da sotto
il Mantello. Era alto e magro, con i capelli castani e gli occhi di un
azzurro
intenso, vestito con l’inconfondibile eleganza tipica dei
Purosangue, ma il suo
sguardo non le piacque per niente: forse era solo una sua impressione,
ma
quell’uomo le diede l’idea di celare una
personalità maligna e forse
addirittura sadica.
Lui fu
altrettanto sorpreso di
vedere Alphard, ma non lo salutò affatto. Al contrario, si
rivolse all’altro
uomo e lo salutò in modo molto formale.
Poi prese a
camminare, e superò
Alphard rivolgendogli un’espressione beffarda e sprezzante al
tempo stesso.
Rachel rabbrividì quando lo spostamento d’aria
causato dal passaggio del mago
le fece ondeggiare il mantello, ma per fortuna lui non se ne accorse.
Entrò
nell’ascensore, che si chiuse alle sue spalle, e Rachel
continuò a seguirlo con
lo sguardo finché non scomparve.
Alphard
sembrava preoccupato ma
non parlò, riprendendo a camminare come se nulla fosse. Lei
immaginò che dovesse
trattarsi di un suo parente, considerato il suo comportamento, ma non
aveva la
più pallida idea di chi fosse. Non sembrava proprio un
Black, almeno dai
lineamenti.
Rookwood
sembrava ancora più
agitato, ma Alphard si comportò come se niente fosse.
L’Indicibile segnò data e
ora del suo ingresso su un registro e gli restituì la
bacchetta, con un sorriso
stirato e troppo ostentato per sembrare credibile.
«
Chi era? » chiese Rachel,
quando furono risaliti all’Atrium, notando che Alphard si
guardava intorno con
precauzione. Aveva forse paura che il mago di prima lo stesse
aspettando?
«
Quello che abbiamo incontrato?
Era Rodolphus Lestrange, il marito di Bellatrix » rispose con
una certa
preoccupazione. « Non capisco perché stesse
parlando con Rookwood. C’è qualcosa
che non mi torna in questa storia ».
«
Lestrange? Per caso è un… »
«
Mangiamorte, sì. Sbrighiamoci a
prendere la Metropolvere,
d’accordo? »
Fortunatamente,
Lestrange non
aveva predisposto alcun agguato dentro il Ministero della Magia ma,
mentre se
ne andavano tramite la Polvere
Volante,
Rachel non poté fare a meno di ricordare quello che le aveva
detto Silente: e
se Rookwood fosse stato sotto la Maledizione
Imperius
impostagli da Lestrange?
«
Credo che tu debba nasconderti
» disse ad Alphard, preoccupata. Di certo Lestrange non
avrebbe permesso
all’uomo di fare le proprie deduzioni da quel che aveva
visto, e lei sapeva
quale fosse il metodo preferito dei Mangiamorte per liberarsi di
testimoni
scomodi.
«
Non preoccuparti » le disse
lui, cercando di infonderle sicurezza.
Ma lei aveva
lo stesso un brutto
presentimento.
* Lo so Rachel che
dà del "tu" ad Alphard sembra strano, e in inglese questo
problema non si porrebbe, comunque ho pensato alla versione italiana
dei Doni della Morte, in cui Harry, Hermione e Ron danno del tu a Remus
e lo chiamano per nome. All'inizio ricordo che mi dava un po' fastidio,
ma credo sia questione di abitudine, tutto qui...
*Angolo
autrice*
Sono felice che la soluzione della Giratempo sia piaciuta a tutti e sia
giunta anche inaspettata! Non avrei potuto chiedere di meglio!
Rookwood è quell'essere indefinibile che ha ucciso Fred,
sì. Ed è anche la spia di Voldemort dentro il
Ministero.
Rachel però pensa che sia sotto Imperius, anche
perché
nel canon è Karkaroff a fare il suo nome.
Vi ha fatto impressione ritrovare il Velo? A me sì, tanta,
però dovevano passarci, non potevo mica ignorarlo. Se vi
interessa, mentre scrivevo ho fatto riferimento a questa piantina
dell'Ufficio Misteri ---> qui.
Mi piace molto come è disegnata, e rispecchia più
o meno quella mentale che mi ero fatta io!
Rodolphus l'ho voluto inserire, se no il capitolo sarebbe risultato
troppo prevedibile e piatto. E all'inizio ho dato un po' di dovuto
spazio anche ad Emmeline, poveretta!
Ci sono una notizia buona e una cattiva. Quella buona
è che nel prossimo capitolo rivedrete Regulus!
*_____*
Quella cattiva è che, dal capitolo 12 (o dal 13, dipende da
quanto scriverò in questi giorni), riprenderò ad
aggiornare ogni 10 giorni come avevo pensato all'inizio,
perché
mi si stanno esaurendo i capitoli di scorta e il tempo inizia a
mancarmi sempre di più ç__ç
Insomma, non saranno assicurati aggiornamenti regolari, vi avverto,
anche perché voglio prendermi tutto il tempo necessario a
pensare a cosa succederà adesso, spero che capiate!
Il prossimo capitolo comunque sarà venerdì
prossimo come
al solito (lo stesso giorno dell'uscita del film al cinema *-*)!
Lyssa:
ehm,
scusa se ti ho fatto credere che in questo capitolo ci sarebbe stato
Regulus! ^^ Lui comparirà nel prossimo! Però
stavolta
è sicuro!
Circe:
ti
avevo detto che Rodolphus sarebbe comparso di nuovo, anche se per poco,
ed eccolo qua, letale come al solito! L'altroieri ho scritto anche una
parte con Rabastan, anche se mi viene fin troppo sadico e crudele! Sono
commossa! Avevo paura di rendere Rachel o troppo depressa o troppo
reattiva e forte, ma quello che dici mi tranquillizza! E nel prossimo
capitolo dovrà affrontare la prova peggiore...
Alohomora:
allora, ti è venuto il magone rivedendo il Velo? Te lo avevo
detto. Sì, succederà davvero, naturalmente, anche
se in
effetti anche io me ne sono davvero resa conto solo quando ho scritto
il ritorno di Regulus! Non so se avrei il coraggio di sentire il parere
della Rowling! Ne sarei terrorizzata! XD Il tuo va benissimo!
meissa_s:
eheh, sì, in effetti all'inizio non avevo pensato che il
cognome
Queen su Rachel sarebbe stato bene ma su suo padre avrebbe provocato un
po' di ilarità, quindi ho pensato di sfruttare questa idea!
XD
Sono schierata in prima linea nella lotta ai cliché sulla
Case
di Hogwarts, e soprattutto contro la visione Grifondoresca della
stessa Rowling! XD
malandrina4ever:
ci siamo quasi...! Quindi puoi saltare di gioia quanto vuoi! Io ormai
sono agonizzante per l'emozione! Però non sarà
così facile salvare Regulus, questo perché io
sono sadica
e masochista al tempo stesso! Ma poi andrà tutto per il
meglio e
lui dovrà scappare da noi matte che vorremo saltargli al
collo
per accoglierlo calorosamente!
Beatrix
Bonnie:
ahah, povero francese, miseramente storpiato e deturpato da noi due!
L'unica cosa che so scrivere è Toujours Pur! XD Comunque
sì, devo essere matta, mi sono creata un'infinità
di
problemi, come al solito! Alla fine però ce l'ho fatta, per
fortuna!! Perseus a scuola era un timidone, però quando
perdeva
la pazienza non era facile sfuggire ai suoi incantesimi! XD
Lellas92:
non ho alcun problema con gli ornitorinchi e gli opossum (nell'Era
Glaciale sono i miei preferiti! Che cariniii... *___*)... con i cervi
sì, soprattutto nella loro versione umana! XD Ma non
preoccuparti... come posso deludere il genio che ha scritto "Regulus"
tante volte quante sono le lettere della parola "Eroe"? *____* Sarebbe
ingratitudine!
chocco:
wow, sono felice che l'idea ti sia piaciuta, pensavo che fosse
banalissima! Bè, in fondo lo è, però
l'importante
è avervi stupiti! Regulus lo rivedrai nel prossimo capitolo,
promesso!
RF09:
per
fortuna c'era Alphard, altrimenti Rachel si sarebbe persa nell'Ufficio
Misteri, e sarebbe successo un disastro! Tranquilla, avrò
pietà di loro! Perseus sarà messo davanti al
fatto
compiuto, ma non ucciderà nessuno per questo! XD Per lo
stile
del libretto mi sono ispirata a quello dei saggi che i miei prof
dell'università scrivono e mi fanno leggere!
Nymphy
Lupin:
ottimo, non ci avevi pensato nemmeno tu! Ma... povero Regulus!
ç__ç Lui che ne sapeva! Pensava che Kreacher
avrebbe
potuto distruggere il medaglione, e Harry non era neanche nato!
ç__ç Lui ha fatto la cosa più giusta
dal suo punto
di vista! ç__ç Povero caro! *____*
Lenobia:
anche io sto dormendo poco, certe volte rimango a scrivere fino a tardi
e puntualmente la mattina dopo me ne pento! -.-" Per i due fratellini
di nuovo insieme dovrai aspettare qualche capitolo, anche
perché
sarà difficile convincerli a incontrarsi -.- Sono contenta
che
ti sia piaciuta l'idea della Giratempo!
nefertari83:
bè, in realtà la Bevanda della Disperazione non
uccide,
anche se indebolisce e crea delle visioni terribili. Insomma, la
Rowling non l'ha detto esplicitamente, ma penso che altrimenti
Voldemort non avrebbe messo anche gli Inferi. L'Horcrux comunque va
preso, non voglio rendere inutile il momento di gloria di Regulus! ^^
Mirwen:
infatti, Rachel non rinuncerebbe mai alla possibilità di
provarci. Non sa ancora come andrà a finire, ma deve
provarci!
E' proprio vero: sia lode alla Rowling che ha inventato le Giratempo!
XD
_Mary:
anche io ho letto quella fanfiction su Dudley, e infatti mi era
piaciuta un sacco! Perseus e Alphard si stanno riavvicinando poco alla
volta, devono ancora vincere un po' l'imbarazzo, che teneri! XD
Bè, scoprirai come avverrà il salvataggio di
Regulus nel
prossimo capitolo, la tua curiosità sarù
soddisfatta
spero!
lyrapotter:
non uccidermi... pensavi che in questo capitolo ci sarebbe stato
Regulus? Quello sarà il prossimo, lo giuro! Rachel
ovviamente
correrà il rischio di fare qualche disastro temporale,
altrimenti ci sarebbe poca suspance! XD Bè, Alphard a volte
è come Sirius, non è molto prudente! Per ora ho
un elenco
infinito di personaggi di cui parlare, ma per Remus ho già
pensato cosa scrivere. Devo solo trovare uno spazio libero per
infilarcelo!
_Altair_:
wow, grazie! Non so cos'altro dire, sono diventata rossa per
tutto
quello che hai detto! XD Sono felicissima di avere una nuova lettrice,
anzi, non tanto nuova visto che hai detto che mi segui già
da
tempo! Oh, tranquilla, ti sopporto volentieri, anzi! XD Alla prossima!
PennyBlack:
ok, hai detto tutto tu! Non dico se le tue ipotesi sono giuste
perché come hai notato quello che dico viene spiato
continuamente, ma avrai la risposta col prossimo capitolo senza dubbio!
XD Rachel ha deciso da sola di non dire niente ad Alphard: considerata
la sua età e la bassissima età media dei Black,
non vuole
che gli venga un infarto ç__ç Il mantello
è di
Dorcas (nell'Ordine ne avevano almeno un altro paio, ovviamente di
quelli arrangiati) perché se Rachel lo avesse chiesto a
James
lui avrebbe fatto troppe domande, poi lo avrebbe saputo Sirius, e lei
non voleva che questo si illudesse, visto che non è sicura
della
riuscita del piano. Dorcas invece è molto più
discreta!
sweetophelia:
per Regulus era impossibile salvarsi da solo ç__ç
Era uno
solo contro credo un centinaio di Inferi... Proprio così,
Alphard è molto importante, soprattutto in questa prima
parte
della storia. In effetti sì, è l'autore che
decide chi
salvare o far morire (mi sento onnipotente! XD) però io mi
creo
sempre una marea di problemi! Nel prossimo capitolo avrai tutte le
risposte! ^^
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Capitolo 11 *** Nella caverna ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 11
Nella caverna
« Sei sicura
di farcela da sola?
» domandò Alphard per la milionesima volta.
«
Sì » ripeté Rachel di nuovo.
Era affacciata alla
finestra del
salotto di Alphard e osservava la campagna che veniva gradualmente
ricoperta da
un manto buio, via via che il sole tramontava dietro le colline sullo
sfondo.
La ragazza tremava
come un
ghiacciolo, e non per colpa del freddo di dicembre. Il suo cuore
batteva così
forte che sembrava sul punto di esplodere. L’ansia e
l’agitazione la
opprimevano, e lei cercava di sfogarsi torturandosi il labbro inferiore
con i
denti e battendo nervosamente il piede destro.
« Penso che
sia meglio se vengo
anche io » insisté Alphard, interrompendo di nuovo
i suoi tentativi di
mantenersi relativamente rilassata.
« No. Scusa,
ma non è un posto
adatto a chi cammina col bastone » le fece notare lei con
schiettezza.
L’uomo
distolse lo sguardo,
preoccupato, ma subito dopo la raggiunse, costringendola a guardarlo.
«
D’accordo, però devi giurare
che se qualcosa non va come previsto, lascerai le cose come stanno.
Promettilo
» aggiunse, fissandola negli occhi con la massima
serietà.
Rachel
aggrottò la fronte, mentre
un gelo invernale le si insinuava sotto la pelle. Alphard non voleva
che lei
morisse nel tentativo di salvare Regulus, ma lei aveva cercato di non
pensare a
quell’eventualità. Quella sera era andata via da
casa raccontando ai genitori
che sarebbe andata al quartier generale dell’Ordine della
Fenice, ma non si era
soffermata a salutarli come se temesse di non poterli più
vedere. Era più
facile pensare che sarebbe tornata, altrimenti non avrebbe mai avuto il
coraggio di lasciarli.
«
Andrà tutto bene. Ci sarà
Kreacher con me » lo rassicurò.
Alphard
lanciò un’occhiata non
troppo convinta all’elfo domestico che, aggrappato allo
stipite della porta
come se quello gli potesse dare conforto, fissava il fratello della sua
padrona
con astio, borbottando tra sé qualcosa di non proprio
gentile nei suoi
confronti.
Nessuno dei due gli
aveva
ordinato di tacere. Rachel aveva avuto non poche difficoltà
per convincerlo a
tornare un’altra volta nella caverna, e Kreacher si era
rifiutato di farlo
finché lei non gli aveva rivelato che in quel modo forse
avrebbero potuto
salvare Regulus. A quel punto l’elfo era quasi stato assalito
da una crisi
isterica e aveva promesso tra le lacrime che avrebbe fatto tutto quello
che lei
voleva, nonostante l’enorme paura che provava.
Rachel aveva capito
che Kreacher
si fidava ciecamente di lei e, da quando aveva saputo del suo piano, la
guardava con un’ammirazione sconfinata e adorante. Per questo
lei si era
obbligata a credere in un esito positivo della sua missione di
salvataggio: non
voleva che Kreacher restasse deluso.
« E pensi
che i suoi nervi
reggeranno? » chiese ancora Alphard, riferendosi
all’elfo, che ora si stava
torcendo le dita ossute, biascicando qualcosa su quanto la sua amata
padrona
sarebbe stata felice di rivedere il figlio.
« Kreacher
obbedisce agli ordini
anche se non vorrebbe. Ti assicuro che i suoi nervi hanno
già retto più che
bene » rispose Rachel, ripensando allo sguardo terrorizzato e
pieno di rimorso
che Kreacher aveva quando le aveva raccontato di essere stato costretto
a
lasciare Regulus in mezzo agli Inferi.
Alphard non
insisté più, nonostante
la preoccupazione. Era evidente che non fosse ancora convinto di quel
che
Rachel voleva fare, ma lei era determinata, e nessuno le avrebbe
impedito di
portare a termine quanto aveva iniziato.
« Mancano
due minuti » le riferì
lui, controllando l’orario.
Rachel
annuì, poi fece un cenno a
Kreacher, che la raggiunse immediatamente. Lei estrasse dal mantello
una
fiaschetta contenente un liquido dorato e ne bevve una sola goccia; poi
la
porse a Kreacher.
« Prendila
anche tu » disse, e
lui obbedì, bevendo a sua volta la Felix
Felicis che Diane aveva
preparato per ben altri scopi.
Entrambi si sentirono
colmi di
speranza. Non ne erano sicuri, ma ora la possibilità di
farcela sembrava molto
più realistica di prima.
Alphard li osservava
con i pugni
serrati. Non voleva lasciarla andare da sola, anche se era accompagnata
da
Kreacher. Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai
perdonato.
Ma Rachel non aveva
torto quando
gli aveva ricordato i suoi limiti: ormai non era più un
ventenne da tempo e,
anche se non sapeva che cosa lei avrebbe dovuto fare di preciso,
immaginava che
uno come lui sarebbe stato più d’intralcio che di
aiuto.
Tuttavia non poteva
fare a meno
di sentirsi in ansia. Con tutto il bene che voleva a Regulus, non
avrebbe mai
permesso che Rachel morisse al posto suo.
« Kreacher,
vieni un attimo qui »
disse, e l’elfo lo seguì, seppur molto a
malincuore.
« Ascoltami
bene » esordì
Alphard, quando furono abbastanza lontani dalle orecchie di Rachel.
« Sarò
anche un rinnegato, ma visto che una bruciatura sull’arazzo
di famiglia non ha
alcun valore legale, devi obbedirmi lo stesso ».
L’espressione
di Kreacher gli
fece capire che l’elfo sapeva già questo
dettaglio, e anche che gli dispiaceva
parecchio.
« Ti ho
già spiegato i rischi che
potreste correre, ma voglio essere ancora più esplicito: se
capisci che Rachel
rischia di restare uccisa, lascia perdere il piano e salvala, anche a
costo di
abbandonare Regulus ».
Kreacher
sgranò gli occhi,
orripilato. Tuttavia, grazie forse all’effetto della Felix
Felicis, non ebbe
alcuna reazione esagerata, limitandosi ad annuire, mesto.
« Ci siamo
» disse poi Alphard ad
alta voce.
Rachel si
inginocchiò accanto a
Kreacher e fece passare la catena alla quale era appesa la Giratempo intorno al suo
e al proprio collo.
« Buona
fortuna » disse Alphard,
non potendo fare a meno di tremare.
« Grazie. Ti
avvertirò il prima
possibile » rispose lei. « Ma tu non uscire di
casa: ricorda che Lestrange ti
sta dando la caccia ».
Poi la ragazza prese la Giratempo e la fece
ruotare in senso antiorario, tante volte quanti giorni erano trascorsi
da
quello della morte di Regulus, finché lei e Kreacher non
scomparvero
all’improvviso.
Le sembrava di
trovarsi ferma in
un mondo che correva a tutta velocità, e per giunta
all’indietro. Le figure intorno
a lei erano talmente sfocate da non poter essere distinte, e non udiva
alcun
suono intorno a sé. Le orecchie le pulsavano e credeva che
da un momento
all’altro sarebbe stata risucchiata dal vortice che la
circondava.
Invece,
all’improvviso urtò con
le ginocchia contro un terreno morbido, e il mondo riprese forma e
contorni.
Rachel e Kreacher
erano davanti
casa Queen, ma a lei bastò una sola occhiata per capire che
avevano viaggiato
nel tempo di più di un mese: la neve sul tetto della villa
non era spessa come
quella mattina, ma si stava già sciogliendo. Era ancora
novembre.
Rachel ripose la
catena con la
clessidra sotto la veste e si alzò in piedi, tendendo le
orecchie.
Stava cercando di
mantenersi
calma. Sapeva che la Giratempo la avrebbe riportata
nel luogo e nel momento in cui
lei si era ritrovata, perciò sospettava che da un momento
all’altro sarebbe
sopraggiunta la sua alter ego del passato.
E infatti quando
udì il rumore di
una Materializzazione, trascinò Kreacher sul retro della
casa appena in tempo:
affacciata prudentemente dall’angolo, vide se stessa tornare
a casa: aveva gli
occhi rossi e irritati.
Era una sensazione
strana. La Rachel del passato era
appena tornata da Hogsmeade e non sapeva di aver appena visto Regulus
per
l’ultima volta. Rachel invece sapeva bene che cosa la
aspettava.
Attese che la sua
versione
passata rientrasse in casa e poi si rivolse a Kreacher, il quale stava
tremando.
« Andiamo.
Sai dove devi portarmi
» gli disse.
Kreacher non se lo
fece ripetere
due volte. Le strinse la mano e si Smaterializzò insieme a
lei.
Quando Rachel vide per
la prima
volta la scogliera di cui Kreacher le aveva parlato, per un attimo
temette di
essere devastata dallo shock e dall’emozione.
Era peggio, molto
peggio di
quanto si fosse immaginata. Il mare era agitato e l’aria
fredda e umida la
faceva tremare dalla testa ai piedi. La stessa ambientazione le
provocava
brividi gelidi che le percorrevano la schiena.
« Padron
Regulus arriverà tra
poco » la avvertì Kreacher, tirandola per la
manica. « Lei non deve farsi
vedere ».
A quelle parole,
Rachel si
riscosse. L’elfo le indicò l’ingresso
della caverna, ma era chiuso. Così si
nascosero in una rientranza della scogliera, dietro un blocco roccioso
che
permetteva loro di tenere d’occhio l’ingresso senza
essere visti.
Furono minuti che
parvero ore.
Scossi dal gelo, cercavano di riscaldarsi stando rannicchiati su loro
stessi.
Rachel cercava di consolarsi pensando che dentro l’acqua del
lago avrebbero
avuto ancora più freddo. Il tempo sembrava non passare mai.
La ragazza lanciava
ogni due secondi un’occhiata speranzosa in direzione del
punto in cui Kreacher
le aveva detto che lui e Regulus sarebbero apparsi, ma non si vedeva
ancora
nessuno.
Mille pensieri
terrificanti le
attraversarono la mente. E se aveva sbagliato qualcosa? Che cosa
sarebbe
successo?
Era talmente agitata
che dovette
sedersi e appoggiare la schiena contro il masso che faceva loro da
riparo per
mantenere la mente lucida, anche se era un tentativo destinato a
fallire.
Soltanto aspettare tutto quel tempo la stava facendo impazzire.
Crac!
Quel rumore improvviso
la fece
sobbalzare. Accanto a lei, Kreacher sussultò.
Sapeva cosa era
successo. Il suo
cuore aveva iniziato a battere così forte che presto avrebbe
sovrastato il
fragore delle onde. Percepiva la sua
presenza dietro il masso roccioso, ma non osava muoversi.
Chiuse gli occhi, per
resistere
alla tentazione di guardare: non sapeva come avrebbe reagito se lo
avesse
visto. Probabilmente non si sarebbe controllata, non sarebbe rimasta
nascosta.
Ma tutti i suoi sforzi
di non
vedere furono vanificati quando Regulus parlò. La sua voce
arrochita ma
apparentemente calma le giunse alle orecchie come da molto lontano,
togliendole
il respiro.
Regulus era
lì, ancora vivo, ad
appena pochi passi da lei.
« Kreacher,
trattienimi »
sussurrò, mentre apriva gli occhi e si voltava, sporgendosi
prudentemente da
dietro il suo nascondiglio.
Si rese conto di aver
dato un
ordine inutile a Kreacher. Non appena il suo sguardo cadde sul ragazzo
in piedi
di fronte alla parete, si accorse di non essere in grado di muoversi.
Avrebbe
voluto alzarsi e raggiungerlo ma non ne aveva la forza: aveva
l’impressione che
le gambe le fossero diventate come gelatina.
Così si
limitò a non staccargli
gli occhi di dosso, come se ne andasse della sua sopravvivenza.
Era passato
più di un mese ma le
erano sembrati anni interi.
Regulus stava pagando
il pedaggio
di sangue che avrebbe aperto l’entrata della
caverna. Lei tremò al pensiero di quel che sarebbe
successo di lì a poco. L’espressione sul viso di
lui era spaventata, ma Rachel
non lo aveva mai visto tanto determinato.
La parete rocciosa si
aprì e
Regulus entrò, seguendo Kreacher.
« Signorina,
deve entrare prima
che il passaggio si chiuda » le disse Kreacher, quello che
era accanto a lei, e
che non aveva smesso di tenerla d’occhio neanche per un
secondo.
Lei annuì e
provò ad alzarsi, ma
scivolò sugli scogli bagnati, facendosi male ad un
ginocchio. Le gambe le
tremavano mentre si rimetteva in piedi con un grande sforzo.
Smettila
di fare la ragazzina spaventata, si disse, arrabbiata
con
se stessa.
Lei e Kreacher
uscirono dal
nascondiglio e si affacciarono all’interno della caverna.
Regulus stava
ascoltando le indicazioni miste a singhiozzi dell’altro
Kreacher, così Rachel e
l’elfo approfittarono della loro distrazione per entrare
nella caverna.
Si affrettarono a
nascondersi
dietro una roccia simile a quella che aveva usato
all’esterno.
Regulus si trovava in
riva al
lago piatto e immobile e, con l’aiuto del suo elfo, stava
facendo emergere
dall’acqua una piccola imbarcazione. Pallida come un cencio,
Rachel lo osservò mentre
lui la portava completamente a galla.
Un attimo dopo il
passaggio si
chiuse alle loro spalle, e la luce lunare che aveva fino a quel momento
illuminato la scena si dileguò, lasciandoli
nell’oscurità quasi totale, con
l’unica eccezione di una luce verdastra che proveniva dal
centro del lago.
Adesso Regulus e
Kreacher erano
saliti sulla barca, che si era mossa spontaneamente, diretta proprio
verso il
centro.
Rachel sapeva che
sarebbe stata
una tortura rimanere nascosta mentre Regulus iniziava a bere la pozione
contenuta nel bacile, ma scoprì che in realtà non
lo sapeva affatto. Non era
preparata a sopportare una cosa del genere, né lo sarebbe
mai stata.
Era come ritrovarsi in
uno dei
suoi recenti incubi, con l’unica differenza che questo era
reale. Non riusciva
a sopportare l’idea di assistere impotente alla sua lenta
agonia.
Lo vide accasciarsi a
terra, in
preda al bruciore provocato dal filtro. Lo udì gemere di
dolore e gridare a
causa delle visioni che la pozione gli mostrava. Non riusciva a
cogliere le sue
parole sconnesse e prive di senso, e soffriva insieme a lui e per lui.
Era la prima volta in
assoluto
che lo sentiva supplicare, e fu la scena peggiore a cui avesse mai
assistito in
vita sua.
Accanto a lei,
Kreacher si teneva
le mani sulle orecchie per non sentire e singhiozzava a sua volta.
Rachel si
rese conto solo in quel momento di avere il viso bagnato di lacrime.
Non poteva
più sopportare quella situazione, doveva fare qualcosa,
altrimenti sarebbe
impazzita…
« Signorina,
no! » urlò Kreacher
quando lei fece per abbandonare il nascondiglio. La trattenne con tutte
le
forze che aveva, impedendole di avvicinarsi all’acqua.
« Lasciami,
Kreacher! » gridò
lei, cercando di lottare.
« Ha detto
che Kreacher deve
trattenerla! Ha detto che deve aspettare ancora! »
insisté lui, in preda ad un
pianto irrefrenabile.
Disperata, Rachel
cercò
nuovamente di liberarsi dalla stretta di Kreacher, ma l’elfo
si aiutò anche con
la magia per impedirle di divincolarsi.
Le loro urla non si
erano
sentite, coperte da quelle di Regulus, ma improvvisamente lui tacque, e
i due
fecero altrettanto, cessando di colpo di lottare tra di loro.
La pozione doveva
essere finita.
Il silenzio che seguì ebbe l’effetto di indurre
Rachel a ragionare di nuovo con
lucidità. Stava per fare una pazzia di cui si sarebbe
pentita in eterno. Per
fortuna Kreacher l’aveva trattenuta.
« Scusa
» gli disse, agitata. «
Kreacher, ascoltami bene. Non appena l’altro te stesso se ne
sarà andato, ci Materializzeremo
direttamente sull’isolotto ».
L’elfo
annuì, assumendo
un’espressione determinata, nonostante il tremore delle
ginocchia. Poi
sobbalzò, e si aggrappò a lei, guardando in
direzione del lago con il terrore
dipinto negli occhi.
Dall’acqua
emergevano centinaia
di cadaveri, che si avvicinavano inesorabilmente al ragazzo,
circondandolo e
senza lasciargli una via di scampo.
« Kreacher,
porta via il
medaglione! » lo sentirono gridare. « Vai via!
»
L’elfo
sull’isolotto non voleva
obbedire: pianse e cercò di impedire agli Inferi di
afferrare Regulus, ma fu
tutto inutile. Rachel e l’elfo, nel frattempo, stavano
morendo per l’impazienza
e la paura: e se non avessero fatto in tempo?
« Dai,
Smaterializzati, forza! »
sibilò Rachel a denti stretti, cercando di non pensare agli
Inferi che avevano
già assalito Regulus.
In quel momento,
Kreacher prese
il medaglione da bacile e, dopo aver lanciato un’occhiata di
puro terrore al
giovane padrone, scomparve.
« Adesso!
»
Kreacher non se
l’era fatto
ripetere due volte. Nel giro di un secondo, lui e Rachel si ritrovarono
sull’isolotto al centro del lago.
« Regulus!
» esclamò lei, con la
voce strozzata.
Gli Inferi lo avevano
fatto
cadere in acqua e ora lo stavano trascinando sempre più
sotto. Rachel estrasse
la bacchetta e scagliò un getto di fuoco contro gli Inferi
che le erano più
vicini. Si era informata su come sconfiggerli, ma scoprì che
quel banale
incantesimo non bastava per tutti i cadaveri che la circondavano e che
ora le
si stavano rivoltando contro, facendola indietreggiare e allontanandola
sempre
di più da Regulus.
Un gruppo di Inferi
afferrò
Kreacher e un altro si avventò su di lei. Decine di mani
scheletriche e gelide le
artigliarono le caviglie e i polsi, facendola cadere sul terreno
roccioso e
iniziando a trascinare anche lei.
Rachel
cercò di resistere, ma
quelli erano troppo forti. Con la forza della disperazione,
assestò un pugno ad
uno degli Inferi e ne approfittò per allungare il braccio e
recuperare la
bacchetta che le avevano fatto cadere.
« Incendio! »
esclamò, puntando la bacchetta contro il gruppo che la
trascinava. Il fuoco divampò in mezzo alle creature, che si
ritrassero
spaventate. « Incendio! » fece di
nuovo, liberando anche Kreacher. Poi si guardò intorno,
cercando freneticamente
tracce di Regulus nell’acqua.
Per alcuni orribili
istanti non
vide nulla, ma poi scorse qualcosa o qualcuno che cercava di
aggrapparsi
all’imbarcazione ormeggiata sotto di lei. Senza ulteriori
indugi, Rachel si
precipitò sulla barca e riuscì ad afferrare la
mano di Regulus un istante prima
che lui, stanco di lottare, si lasciasse andare.
Nonostante la poca
forza di lei,
la testa di Regulus infranse nuovamente la superficie, permettendogli
di
respirare. Rachel provò a scacciare con qualche fattura i
cadaveri che
cercavano di portare il ragazzo verso il fondo, anche se
l’unico braccio con
cui poteva aiutarlo le faceva male per lo sforzo. Infine
riuscì ad allontanarli
e aiutò Regulus a salire sull’imbarcazione.
Lui era talmente
stordito
dall’acqua che aveva bevuto che non ebbe neanche il tempo di
ragionare; al
contrario, tra un colpo di tosse e l’altro,
bofonchiò una serie di parole
sovrapposte e scollegate:
«
Tu… qui non… come…? »
Rachel non
riuscì a rispondere,
né a fare qualsiasi altra cosa. Su quella barca non potevano
stare in due: se
lo ricordò quando la vide affondare velocemente.
Poi tutto accadde in
fretta.
Rachel si sentì afferrare un’altra volta e cadde
all’indietro, finendo in
acqua.
Per un attimo non
capì più nulla.
Sentiva solo un gelo
atroce
invaderle i polmoni e annebbiarle la mente. Gli Inferi la trascinavano
in
basso, graffiandole la pelle a sangue.
Rachel
cercò di lottare ma
l’unica volta in cui riuscì a riemergere dalla
superficie vide Regulus,
trascinato lontano da un altro gruppo di Inferi, che ordinava a
Kreacher di
salvare lei.
L’elfo
sembrò combattere contro
due forze opposte e violente, ma infine obbedì al suo
padrone.
Rachel non riusciva
più a
respirare e tutto ciò che ora le entrava nelle vie nasali
era acqua. Tuttavia,
quando inspirò nuovamente, accolse con sollievo
l’aria nei suoi polmoni.
Kreacher la aveva
riportata
nell’isolotto, ma stava fissando con orrore Regulus che ormai
era sott’acqua da
più di un minuto.
Rachel
lottò contro la sensazione
di aver lame affilate conficcate nel petto e scagliò altre
fiamme contro gli
Inferi. Questi si dispersero, ma Regulus non si muoveva.
Lei e Kreacher agirono
di comune
accordo, senza neanche parlarsi. Rachel si tuffò di nuovo
nel lago e riuscì ad
afferrarlo per un braccio. Poi lo trascinò verso la riva e
strinse la mano di
Kreacher.
Un attimo prima che
gli Inferi
potessero assalirli di nuovo, Kreacher riuscì a
Smaterializzarli fuori dalla
caverna.
« Anapneo! »
Rachel non riusciva a
smettere di
tremare. Era zuppa d’acqua dalla testa ai piedi e non
sembrava capace di tenere
ferma la bacchetta.
Le parole lette sul
libro
prestatole da Alphard le risuonavano nella testa, mentre lei cercava di
rianimare
il ragazzo steso sul tappeto: se un fatto
è destinato ad avvenire, avverrà comunque.
Non voleva crederci,
non ora che
aveva superato la fase più difficile. Era disperata, ma la Felix
Felicis la rendeva sicura
che non sarebbe finita in quel modo. Regulus non poteva essere morto.
« Anapneo! »
Regulus
tossì.
Un dolore atroce gli
invadeva i
polmoni, mischiandosi ai rimasugli di quello provocato dalla pozione
che aveva
bevuto. La sua vista era annebbiata: sapeva di essere steso per terra
ma non
riusciva a distinguere le sagome sopra di sé.
Si voltò a
pancia in giù,
continuando a tossire, ma fu quasi assalito da un paio di persone, che
rischiarono di farlo soffocare ancora di più.
« Padrone!
»
«
Reg… »
Rachel doveva essersi
resa conto
che forse sarebbe stato meglio lasciarlo respirare, così si
fece da parte,
facendo segno all’elfo di fare altrettanto.
Regulus si
sollevò a sedere,
continuando a tossire per liberare i polmoni dall’acqua che
aveva bevuto e
guardandosi intorno, confuso.
Nella sua mente si
sovrapponevano
immagini senza senso, di lui che veniva trascinato sott’acqua
ma veniva salvato
da Rachel… che cosa ci faceva lei lì?
All’improvviso il ragazzo inorridì. Non
capiva ancora cosa fosse successo, ma in un attimo l’unica
cosa importante fu
solo una.
« Kreacher,
dov’è il medaglione?
» sbottò, terrorizzato e furente al tempo stesso.
« Ti avevo detto di portarlo
via! »
Pensava di potersi
fidare di
Kreacher, e invece aveva addirittura portato Rachel nella caverna.
« Il
medaglione è al sicuro. Non
ti ha disobbedito » intervenne lei, mentre l’elfo
domestico che si faceva
minuscolo per la paura.
Regulus
aggrottò la fronte, senza
capire, poi guardò verso di lei. La situazione ai suoi occhi
era più che
strana. Erano uno di fronte all’altra, bagnati fradici e
ricoperti di graffi, seduti
sul pavimento di una casa sconosciuta.
Rachel sembrava
sconvolta. Lo
guardava come se non lo vedesse da secoli e aveva l’aspetto,
fin troppo comune
in quel periodo, di chi era cresciuto troppo in fretta.
Ma come aveva fatto a
trovarlo?
Rachel non gli diede
il tempo di
domandarlo. Si tese verso di lui, posando il capo sulla sua spalla e
stringendosi a lui. Regulus la abbracciò, e per qualche
minuto non pensò più a
nulla che riguardasse medaglioni, Horcrux e salvataggi misteriosi.
Importava
solo lei, che gli si aggrappava come se fosse il suo unico punto
d’appoggio,
mentre lacrime di sollievo e di sfogo le rigavano il volto, cadendo sui
loro
vestiti già zuppi.
« Rachel
» disse poi,
costringendola a staccarsi per guardarlo negli occhi. « Come
hai fatto a
entrare nella caverna? E dove siamo adesso? »
Lei scosse la testa,
mentre
cercava di respirare regolarmente.
« Questa
è una casa abbandonata,
ma il resto te lo spiegherò più tardi »
disse. Sembrava veramente sotto shock,
e lui non poté biasimarla.
Kreacher gli si era
avvicinato, singhiozzando
per la commozione. Regulus cercò di calmarlo, a disagio.
Rachel si
alzò in piedi ed
estrasse da sotto il colletto del vestito una catena d’oro
alla quale era
appesa una strana clessidra.
« Dobbiamo
tornare nel presente »
disse.
Regulus era certo di
aver sentito
male. Tornare nel presente? Che assurdità.
Rachel fece passare la
catena
intorno al collo di Kreacher e poi fece cenno di fare lo stesso anche a
Regulus. Troppo stanco per fare domande, lui obbedì,
osservando la ragazza che
iniziava a ruotare la clessidra in senso orario, contando sottovoce i
giorni a
seguire.
Quattordici
novembre, quindici, sedici, dicias-
Rachel smise di
ruotare la Giratempo
all’improvviso.
Non capiva cosa le stesse succedendo. Sapeva che sarebbe dovuta andare
avanti
fino a dicembre, ma qualcosa dentro di lei le diceva che doveva
fermarsi prima.
Era la Felix
Felicis che le suggeriva
cosa doveva fare? Ma come poteva essere?
Ormai comunque era
troppo tardi:
il meccanismo della Giratempo era scattato. Lei, Regulus e Kreacher si
sentirono trascinare in un turbine sfocato e veloce, fino a che non
toccarono
di nuovo terra, ritrovandosi ancora nella casa abbandonata appartenuta
al misterioso
signor Puddle.
Regulus era
completamente
confuso, ma anche lei e Kreacher si lanciarono un’occhiata
perplessa.
In quel momento
tuttavia, le loro
orecchie percepirono qualcosa di diverso. Erano pianti e scoppi: dalle
finestre
entrava una luce rossastra e tremolante.
Era la notte
dell’attacco dei
Mangiamorte a Mould-on-the-Wold, la stessa notte in cui Caradoc
Dearborn era
scomparso e in cui lei stessa era entrata proprio in quella casa.
Per un solo istante,
pensò che
sarebbe stato più giusto cercare di salvare anche Dearborn,
nonostante non lo
avesse mai visto in vita sua, ma scoprì che era troppo
tardi.
Lanciando con cautela
un’occhiata
fuori dalla finestra, vide se stessa salutare un vecchio Babbano sordo
e
incamminarsi proprio in direzione di casa Puddle.
Rachel
sobbalzò, in preda al
panico. Ora capiva cosa intendesse Alphard quando aveva detto che i
viaggi nel
tempo erano imprevedibili. Il vecchio Babbano aveva visto proprio lei e
Regulus
quella sera, anche se loro non se ne erano accorti. E adesso la sua
alter ego
stava per entrare: se non si fosse mossa subito, sarebbe successo un
disastro.
« Seguitemi
di qua, in fretta! »
esclamò, sciogliendo la catena.
«
Ma… »
Rachel
afferrò Regulus per un
polso e lo trascinò in cucina, seguita a ruota da Kreacher,
mentre l’altra se
stessa bussava alla porta.
Rachel
guardò il pavimento della
cucina: bagnati fradici com’erano, avevano lasciato per terra
delle intere
pozze d’acqua.
In quel momento, la
serratura
della porta d’ingresso scattò. I tre
approfittarono del cigolio dei cardini per
Smaterializzarsi nel giardino, e si nascosero sul retro della casa,
dove Rachel
ricordava di non aver controllato.
Lanciò
un’occhiata a Regulus, che
improvvisamente si era ritrovato due ragazze identiche davanti, e
sembrava
convinto di avere ancora le visioni.
« Reg, stai
tranquillo. Abbiamo
usato una Giratempo. È tutto… normale »
cercò di calmarlo lei, ma lui non parve
molto rincuorato. Per fortuna era troppo stravolto anche per
preoccuparsi.
Rachel
seguì i propri movimenti
con il timore che la sua alter ego avrebbe notato qualche minimo
dettaglio che
la avrebbe condotta fino a loro, ma non accadde nulla di tutto
ciò: come era
effettivamente successo quella notte, le uniche tracce che
trovò furono le
pozzanghere sul pavimento.
Quando se ne fu
andata, lei usò
per l’ultima volta la Giratempo, tornando finalmente
alla sera in cui il viaggio temporale
era iniziato.
« Kreacher,
vai ad avvertire
Alphard che stiamo bene, ma digli di non muoversi: corre troppi
pericoli. E per
ora non dire niente a nessun altro » disse Rachel
all’elfo domestico. « Prima
dovrò far capire a Regulus quello che è successo
e poi decideremo cosa fare ».
Lui annuì,
stropicciandosi gli
occhi per la commozione.
« Kreacher
vuole rimanere con
padron Regulus » gracchiò.
« Devi
tornare a casa, o la tua
padrona potrebbe chiedersi dove sei finito » gli
ricordò lei.
L’elfo
esitò. Per alcuni istanti
sembrò chiedersi se potesse affidare il suo adorato padrone
alla ragazza, ma il
responso dovette essere affermativo.
« Come vuole
lei » disse,
facendole un solenne inchino.
« Ah, a
proposito » aggiunse lei.
« Mi dispiace per averti costretto a tornare per la terza
volta in quella
caverna. Ma sei stato bravo: senza il tuo aiuto avrei commesso qualche
sciocchezza ».
« La
signorina non deve scusarsi.
Kreacher le sarà sempre riconoscente perché ha
salvato il suo padrone » rispose
lui, compiaciuto e sconvolto al tempo stesso.
Quando lui si fu
Smaterializzato,
Rachel tornò nel salotto. Regulus, che come lei aveva
finalmente i vestiti
asciutti, stava seduto sul divano e si teneva la testa tra le mani, il
viso
contratto in un’espressione sofferente.
« Fammi
capire » esordì lui,
quando Rachel gli si fu seduta accanto. « È
passato più di un mese da quando
sono andato nella caverna? »
«
Bè, per me sì. Per te questo
mese è durato un’ora al massimo »
rispose lei.
« Mi viene
il mal di testa solo
se cerco di capirci qualcosa… »
« Te lo
spiegherò più tardi.
Siamo tutti e due troppo sconvolti per ragionare ».
Regulus la
guardò e Rachel si
sentì assalire da un’emozione mai provata prima.
Era come se non riuscisse a
credere che lui fosse reale. Dopo tutte quelle settimane di sofferenza,
durante
le quali sarebbe voluta morire pur di non provare più nulla,
la felicità le
sembrava troppo estranea e sconosciuta per illudersi di averla ottenuta
davvero. Temeva che da un momento all’altro lui sarebbe
scomparso un’altra
volta.
« Il
medaglione dov’è? » chiese
lui, con un tono urgente.
« Kreacher
l’ha portato a casa
tua, non preoccuparti. Un giorno mi dirai perché eri
disposto a morire per
recuperare quello stupido gingillo » commentò lei.
« Non
è stupido, è una cosa seria
» rispose, cupo. Poi aggiunse all’improvviso:
« Stanno tutti bene? La mia
famiglia, intendo ».
«
Bè… sono tutti vivi ».
« E tu?
»
Rachel lo prese per
mano,
cercando di resistere alla tentazione di piangere.
« Sto
bene… adesso ».
Regulus le
accarezzò i capelli,
incupito.
« Senti, mi
dispiace se ti ho
mentito di nuovo… »
Ma Rachel lo
interruppe.
« Ascoltami,
Regulus. Io ho molte
cose da raccontarti e tu mi devi altrettante spiegazioni ma credo che
sia
meglio se ne parliamo domani. In quest’ultimo periodo mi sei
mancato così tanto
che ho avuto paura di non farcela. Quindi, per favore, per qualche ora
facciamo
finta che la guerra là fuori non esista. Adesso voglio solo
stare con te, senza
pensare ad altro ».
Non aveva voglia di
pensare
all’orrore che aveva provato nella caverna, ed era troppo
stanca per essere in
grado di articolare un discorso sensato.
Regulus non
replicò. Anche lui
era sfinito: affrontare una morte certa per poi sfuggirle in un modo
rocambolesco nel giro di una notte non era certo
l’attività più riposante del
mondo.
E nessuno dei due si
rendeva
ancora bene conto di quanto era successo.
Rachel si
accoccolò tra le
braccia del ragazzo, posando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli
occhi
per vivere con ancora più intensità
quell’abbraccio che per un po’ era stata
sicura di non ricevere più. Sentire di nuovo quel calore
provocato dalla sua
vicinanza e dal mescolarsi dei loro respiri era l’unica cosa
che al momento le
interessava.
« Sono fiera
di te » sussurrò lei
ad un certo punto. « Quello che hai fatto nella caverna
è stato davvero… Ma mi
stai ascoltando? »
Regulus purtroppo
aveva smesso di
ascoltarla già da qualche minuto. Rachel non poté
fare a meno di sorridere
divertita quando lo vide addormentato, spossato per lo stress di quella
lunghissima giornata.
*Angolo
autrice*
Ok, devo respirare, calma e sangue freddo. Massima concentrazione...
>.<
Dunque, prima di passare ai commenti esaltati e di mettermi a
saltellare per la stanza, devo dare qualche chiarimento sulla
Giratempo. La Rowling ha scritto da qualche parte che ce ne sono alcune
che vanno nel passato e altre nel futuro... io ne ho inventata una che
fa tutte e due le cose, perché sarebbe stato troppo farli
aspettare più di un mese nascosti come hanno fatto Harry e
Hermione, che avevano solo 3 ore a disposizione. Questa idea potrebbe
essere canon oppure no: mi sono informata il più possibile,
chiedendo anche pareri a qualcuno di voi, ma finora non ho trovato
smentite, quindi mi sono
concessa questa licenza poetica (tanto ormai!)
Ecco, ho chiuso la parentesi seria. Ora posso sfogarmi...
O forse no. Sono sotto shock. X_X
In realtà Regulus l'ho fatto addormentare perché
se fosse stato in vena di chiacchiere il capitolo sarebbe
stato
lunghissimo! XD E anche perché risveglia il mio
lato da
mamma chioccia, quindi deve riposare, se no mi si sciupa. u.u
Comunque, io non ce la faccio a dire altro, sono troppo sconvolta!
ç__ç Fate voi, perché se mi rendo
davvero conto di
cosa ho scritto, do di matto! *________*
Ma non pensate che ora sia tutto a posto. La guerra continua, e questo
è solo l'inizio u.u
Il prossimo
capitolo non lo
pubblicherò venerdì,
perché partirò per due giorni, ma
aggiornerò la
domenica mattina del 28, dopo di che continuerò ogni 10
giorni.
Grazie per la comprensione, anche se io stessa odio aggiornare in
ritardo, quindi cercherò di sfruttare il tempo a
disposizione al
massimo!
Rispondo alle recensioni e scappo a lezione... a pomeriggio cinema! *-*
So già che mi
deluderà ma mi basta che Regulus sia nominato più
di una
volta! *-* (con Yates bisogna sapersi accontentare -.-")
Sì, lo so che c'è la funzione nuova per
rispondere
direttamente alle recensioni, ma stavolta le avevo già
preparate prima che venisse
inserita la nuova modifica, quindi comincerò da oggi a
rispondere tramite il nuovo metodo!
Lyssa:
finalmente ce l'ho fatta a farlo tornare, così sei contenta
tu,
sono contenta io, siamo contenti un po' tutti! XD Non ti preoccupare se
perderai l'aggiornamento. E' capitato per un'assurda coincidenza che
oggi sia anche la data di uscita del film. Ho pubblicato la mattina
proprio per questo ma comunque hai una decina di giorni ancora per
leggere!
_Mary:
l'Ufficio Misteri ha sempre affascinato tantissimo anche me! *-* Ci
vorrà un po' prima che rivedrai Rodolphus, quindi per ora
puoi
stare tranquilla: Alphard non è immortale purtroppo ma per
il
momento è al sicuro! Sì, Sirius non è
proprio la
sensibilità fatta persona! XD Sono felice che ti sia
piaciuta
Emmeline: mi sto affezionando un sacco anche a lei!
Circe:
io
purtroppo ho saputo. Non ci saranno flashback con Regulus
ç___ç Ho voluto informarmi almeno su questo,
altrimenti
sarei morta direttamente dentro il cinema! Io davvero non ho parole!
Hai scritto dei complimenti che mi commuovono ogni volta che li
rileggo! *-* Mi piace un sacco descrivere Rodolphus, e questo
è
merito tuo! E nel prossimo capitolo ti aspetta anche Rabastan!
malandrina4ever:
ce l'ho fatta!!! Sono riuscita a salvare Lui lasciando intatto
tutto il suo immenso e smisurato eroismo! *-* Non capisco cosa tu
voglia dire con
quel "Bellatrix morirà": io non l'ho detto né lo
dirò. u.u Di certo lei
preferirà morire piuttosto che vivere senza Voldie, ma la
dovrai
sopportare ancora per tantissimi capitoli! Perché lo dico io
u.u E perché Bellatrix è una Black (e questo
basta). Credo che il mio sadismo lo
sfogherò su Peter. Velo? Quale velo? Non esiste nessun velo
u.u
Mirwen:
anche io avrei voluto partecipare al tour guidato dell'Ufficio Misteri,
anche perché se fossi stata una strega ci avrei voluto
lavorare
sicuramente! E' troppo figo! XD Eccoti accontentata, Giratempo in
azione!
Beatrix
Bonnie:
non ci tengo a far morire quei pochissimi personaggi che non muoiono
nei libri, o ad anticipare la morte di quelli che muoiono
più
tardi, quindi non intendo far morire Emmeline, ci mancherebbe!
Più scrivo su di lei più mi piace! Rodolphus mi
piace in
tutti e due i modi, sia da cattivo sia nella versione sorelle
Darlington! Spero che il capitolo ti sia piaciuto e grazie ancora per
il parere sulla questione della Giratempo!
Nymphy
Lupin:
spero che il capitolo ti sia piaciuto! Come hai potuto notare,
l'utilizzo della Giratempo è stato un po' più
complesso
del suo recupero, ma alla fine è andato tutto bene. Per
fotuna
che c'era Kreacher però, altrimenti non solo Regulus non si
sarebbe salvato, ma sarebbe morta anche Rachel
ç__ç
Lellas92:
bè, tutti muoiono prima o poi... ma meglio poi che prima,
giusto? XD Insomma, dovremo dire addio ad Alphard, ma
cercherò
di farlo il più tardi possibile. Hai ragione, basta parlare
di
tende. Credo che le toglierò dalle finestre di casa, i miei
potranno lamentarsi quanto vorranno. Niente tende! u.u Oh poverina,
stai a scuola fino a quell'ora? Ma che incubo! O_O Comunque fai con
calma, tanto il capitolo non scappa! XD Ps: mi è parso di
capire che qualcuno
ha preso la patente... sai chi è, per caso? XD
Alohomora:
all'inizio avevo messo una parte in cui Rachel pensava di sentire la
voce di Regulus nel velo ma poi sono rinsavita e l'ho eliminata
perché in fondo Regulus non è mai morto, proprio
come non
è mai morto Fierobecco! In effetti è stato
traumatico
descrivere la scena nella caverna, con Rachel che doveva rimanere ferma
senza fare nulla... ç_ç Emmeline piace molto
anche a me e
so già che ti piacerà ancora di più
tra qualche
capitolo... capirai subito il perché!
nefertari83:
se la cosa ti consola, non ho ancora deciso come morirà
Alphard,
e sono decisa a pensarci il più tardi possibile. Hai
ragione, mi
ero dimenticata di quella frase di Silente. Io infatti ho fatto in modo
che facesse sentire solo una sete tremenda. La Rowling non ha detto
altro, in effetti! Grazie, spero che il capitolo ti abbia emozionata!
RF09:
io
sono contenta di essere riuscita a trovare un po' di spazio anche per
Emmeline. Quest'estate doveva apparire come voce narrante
già
nel capitolo 3, che poi ho cancellato e riscritto per intero, quindi la
sua presenza è slittata di parecchi capitoli! Lestrange
è
apparso apposta per avvertirci: "Non cantate vittoria troppo presto,
ragazzuoli"! XD
Lenobia:
sì, viva i Purosangue! Sono i migliori!! XD Certo, non tutti
sono elegantissimi (vedi i Weasley) però se non sono
rinnegati
dalla nascita (quindi Sirius non fa parte di quella categoria u.u) sono
inconfondibili. La classe non è acqua! In questo periodo
Walburga si sta impossessando di me, muahaha! XD Sono felice che ti
piaccia Emmeline (a proposito, è Purosangue anche lei... e
la
Rowling la descrive come elegante, per l'appunto!)
meissa_s:
hai ragione, credo che dovessi solo abituarmi a Rachel che
dà
del tu ad Alphard. In fondo, se lui e Perseus non avessero litigato,
Alphard la avrebbe conosciuta già da appena nata! *-* Ti
dirò, anche io sono felice ogni volta che appare Rodolphus!
XD A
proposito di Lucius, sono d'accordo con te, e lo vedrai anche
prestissimo nei panni del Mangiamorte che non vuole compromettersi!
_Altair_:
succede a tutti purtroppo, non preoccuparti! Io ho la connessione a
connettività alterna, quindi a volte funziona e altre mi
tocca ripristinarla manualmente -.-" Ho notato che molte si sono
chieste come mai quel velo fosse così interessante... mah,
comincio a chiedermelo anche io. Tanto nella trama della Rowling non ha
nessuna
funzione importante, vero? ç__ç Per Alphard al
momento puoi stare tranquilla, nemmeno io ci tengo a lasciarlo troppo
presto! Grazie per i complimenti!
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Capitolo 12 *** Risveglio ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 12
Risveglio
Il gelo pungente gli
penetrava fin dentro le ossa, come lame affilate
che gli si conficcavano nel corpo.
Non riusciva a capire più nulla.
Tutto ciò che provava era solo orrore
e disperazione. Non voleva morire, anche se era stato proprio lui a
prendere
quella decisione. Non sarebbe tornato sui suoi passi, ma la paura lo
stringeva
lo stesso.
Annaspava in cerca di ossigeno, ma respirava
solo acqua gelida, che gli
riempiva i polmoni e gli annebbiava la mente.
Era orribile dimenarsi alla ricerca
dell’aria, senza trovarla. Non
vedeva l’ora di perdere conoscenza, per non soffrire
più così tanto.
Non aveva previsto che la morte sarebbe
arrivata così lentamente. Avrebbe
preferito una morte istantanea, senza neanche avere il tempo di
rendersene
conto e di averne paura, ma soprattutto di pensare a tutto quello che
stava
lasciando.
Braccia scheletriche lo trascinavano via:
presto sarebbe diventato come
loro…
Regulus si svegliò con il cuore
che batteva all’impazzata, il respiro affannato e i brividi
che gli
percorrevano la schiena.
Per qualche istante si guardò
intorno, confuso. Era notte fonda: i raggi della luna filtravano appena
attraverso la densa coltre di nubi che sovrastava la zona. Regulus non
conosceva quella casa in cui si trovava. Dov’era finito?
Possibile che si fosse
trattato solo di un incubo?
Gli bastò un’occhiata ai graffi
che aveva un po’ dappertutto per capire di essere veramente
riuscito a scappare
dagli Inferi. E tutto gli tornò in mente
all’improvviso, lasciandolo quasi
senza fiato.
Voltò la testa, ignorando il
torcicollo, e vide Rachel addormentata sul divano accanto a lui, il
capo
reclinato sulla sua spalla.
Regulus si soffermò a fissarla,
in preda a mille emozioni, cercando di accontentarsi di guardarla senza
abbracciarla di più: non la voleva svegliare.
Pensò all’ultima volta che
l’aveva vista prima di andare a recuperare
l’Horcrux. Era stato terribilmente
difficile salutarla per sempre, senza poterle dire che non si sarebbero
più
visti. Regulus ricordava l’orrore che aveva provato quando
aveva immaginato la
vita di Rachel senza di lui. Non sapeva dire se fosse peggio
l’idea che lei non
lo avrebbe mai dimenticato o che prima o poi se ne sarebbe fatta una
ragione,
costruendosi una nuova vita e sposando qualcun altro.
Regulus si morse il labbro al
solo pensiero, ma ora era lì, e non la avrebbe
più lasciata sola.
Mentre le sfiorava la mano,
qualcosa di insolito al tatto lo indusse ad abbassare lo sguardo. Con
un groppo
in gola, riconobbe l’anello che aveva al dito come quello che
lui le aveva
regalato prima di salutarla.
Regulus le strinse la mano e posò
la testa sulla sua, pensando che non sarebbe mai stato abbastanza grato
per
quello che lei aveva fatto per lui.
Quando Regulus aprì di nuovo gli
occhi, la mattina seguente, scoprì che Rachel non
c’era. Dalla cucina
provenivano dei rumori, così decise di alzarsi. La schiena
gli faceva male: non
aveva mai dormito su un divano in vita sua, e si sentiva.
Fuori dalla finestra si
intravedeva un cielo nuvoloso, ma che iniziava lentamente a
rischiararsi,
mentre i tiepidi raggi del sole invernale facevano capolino da dietro
le nubi.
Quando si affacciò nella cucina, Regulus
non ebbe neanche il tempo di connettere, che sentì il rumore
metallico di
posate che cadevano per terra, subito seguito da passi di corsa.
Infine, fu
letteralmente travolto da Rachel, che gli aveva gettato le braccia al
collo,
stritolandolo in un abbraccio mozzafiato e rischiando di fargli perdere
l’equilibrio.
Regulus si guardò bene dal
protestare. Aveva creduto di non poter più provare
l’emozione di stringerla.
Gli sembrava di vivere in un sogno, mentre le sue labbra sfioravano di
nuovo
quelle tremanti di lei.
In quel momento riuscì a
dimenticare tutte le visioni terrificanti che era stato costretto a
subire
bevendo la pozione nella caverna e che lo avevano tormentato anche
durante il
sonno: Voldemort che torturava e uccideva le persone a cui teneva di
più, e che
gli ricordava quanto tutto ciò fosse solamente colpa sua e
del suo tradimento.
Rachel lo stava baciando come se
ne andasse della sua stessa vita, con la stessa foga di un assetato che
si
ritrova improvvisamente in un’oasi, dopo ore e ore trascorse
nel deserto.
Infine gli rivolse uno di quei
sorrisi che lui non vedeva comparire sul suo volto da troppo tempo.
« Hai fame? Sono riuscita a
preparare qualcosa da mangiare » disse con un certo
nervosismo. « Cioè, sono
solo bustine di tè e biscotti vecchi, ma è
già tanto ».
Lo guardava con apprensione, come
temendo che potesse sparire da un momento all’altro.
I biscotti erano stantii e gommosi,
ma a Regulus in quel momento sembravano i più buoni del
mondo. Aver visto la morte
in faccia gli stava facendo apprezzare le cose più banali,
come respirare e
mangiare. Anche se aveva fame, Regulus mangiò poco. Voleva
soprattutto
chiarirsi le idee su tutto quello che era successo la notte precedente.
« Grazie » le disse, quando smise
di bere il tè. « Tu e Kreacher mi avete salvato la
vita ».
« Il merito è anche di tuo zio »
rispose Rachel, sedendosi di fronte a lui.
Regulus ne fu sorpreso.
« Alphard? »
« Proprio lui. Non avrei mai fatto
nulla senza il suo aiuto… Però prima dimmi che
cosa ha di tanto speciale quel
medaglione ».
Lui si agitò sulla sedia. Non
voleva dirlo, soprattutto non a lei.
« Forse, ma prima raccontami come
sei riuscita a salvarmi ».
Rachel sbuffò, mostrando un sorriso
divertito che non le si estese agli occhi.
« E va bene, però facciamo una
domanda per uno ».
Regulus annuì, sorpreso. Si
aspettava che avrebbe insistito così tanto da indurlo a
cedere e a raccontare
per primo, e invece si era arresa quasi subito. Un senso di colpa
latente fece
capolino nella sua coscienza: era cambiata; sembrava diventata molto
più matura
e paziente, e nel giro di un solo mese. Non poté fare a meno
di chiedersi
quanto avesse sofferto in quel periodo.
Rachel iniziò a raccontargli di
quando aveva conosciuto Alphard al funerale, venendo a conoscenza del
suo
tentativo di nascondere un segreto pericoloso, di quando aveva scoperto
che
Kreacher la seguiva e aveva saputo cosa gli era successo. Poi
continuò a
raccontare dell’accordo fatto con Alphard, del vero e proprio
furto che avevano
compiuto all’Ufficio Misteri e, infine, del rischio che aveva
corso usando la Giratempo per salvarlo.
« Ora tocca a te. So che non hai
voluto dire a nessuno cos’hai scoperto perché
è pericoloso, ma penso che a questo
punto tu possa dirmi tutta la verità. Ho visto troppo in
ogni caso » concluse
Rachel, determinata.
Regulus esitò, guardandosi
intorno.
« Sei sicura che non ci senta
nessuno? »
« Ho messo degli incantesimi di
protezione, e comunque a nessuno verrebbe in mente di venirci a cercare
qui: è
una casa Babbana. Mi sono informata qualche giorno fa e a quanto pare
il
vecchio proprietario, John Puddle, è
morto senza eredi o parenti, quindi nessuno verrà a
disturbarci ».
Lui abbassò lo sguardo,
preoccupato. Si era rifiutato categoricamente di raccontare quello che
aveva
scoperto ad anima viva, ma lei meritava di saperlo, dopo quello che
aveva
fatto.
Così iniziò a sua volta a
spiegarle che il medaglione era in realtà un Horcrux e che,
come tale,
conteneva una parte dell’anima del Signore Oscuro.
« … quindi per sconfiggerlo
bisogna prima distruggere l’Horcrux, altrimenti il suo
spirito continuerà a
vivere » concluse.
Aveva detto tutto in una volta
senza mai guardarla e osò alzare lo sguardo solo dopo aver
finito.
Rachel aveva un’espressione a
metà tra l’orrore e il disgusto.
« È… è…
» provò a dire, senza
trovare un aggettivo adatto.
« Lo so » fece lui. « Per questo
non l’ho detto a nessuno. Se Lui venisse a sapere che noi
soltanto lo sospettiamo,
qualsiasi cosa abbia fatto finora sarebbe poco rispetto ai metodi che
utilizzerebbe per metterci a tacere. Vivere in eterno è la
cosa che gli
interessa di più » ammise, furente.
Rachel dovette percepire nel suo
tono di voce tutta la frustrazione che provava a causa degli errori che
aveva
commesso: posò
una mano sulla sua, nel
tentativo di dargli un minimo di conforto.
« Avevo detto a Kreacher di
distruggerlo » disse lui, ignorando il rimorso che lo
tormentava. « Ma se il
medaglione si trova a casa mia forse non ci è riuscito.
Potrebbe essere
protetto da chissà quale sortilegio oscuro »
aggiunse, scoraggiato.
« Bè, io conosco qualcuno che
potrebbe aiutarci » iniziò lei, esitante, ma
Regulus aveva già capito dove
volesse andare a parare.
« Ho deciso di tradire
Tu-Sai-Chi, non di allearmi ad un Babbanofilo come Silente »
specificò.
Rachel alzò gli occhi al cielo,
come per dire “siamo alle solite”.
« Se solo ci provassi… ti
assicuro che Silente non è poi così male come
pensavamo ».
« Come fai a dirlo? »
Rachel esitò. Non sapeva se fosse
il momento giusto per parlargliene, ma ormai tanto valeva provarci.
« Adesso faccio parte dell’Ordine
della Fenice » buttò lì.
« Che cosa? »
Fu un miracolo se Regulus non
cadde dalla sedia. Era sconvolto e preoccupato.
« Mi avevi promesso che non
saresti scesa attivamente in guerra! »
« Bè, scusa te lo dico, ma mi
pare di ricordare che durante quella stessa conversazione tu mi avessi
promesso
che non saresti diventato un Mangiamorte » replicò
lei, piccata.
Regulus tacque, imbarazzato.
« Non voglio che tu rischi la
vita in battaglia » bofonchiò.
« Lo so, ma l’ho fatto perché
pensavo di non poterti rivedere mai più ».
Rachel iniziò a parlare senza mai
prendere fiato, sempre più agitata.
« Dovevo fare qualcosa,
altrimenti sarei impazzita. Non voglio che tu ti senta in colpa, ma non
puoi
neanche immaginare quanto sono stata male: non avevo la più
pallida idea di
cosa ti fosse successo, alcuni dicevano che eri solo un ragazzino
terrorizzato,
che V-Voldemort ti aveva fatto uccidere, ma nessuno sapeva nulla, e
l’unica
certezza che avevo era che non ci saresti stato più. Certe
volte ero pure
arrabbiata con te, perché eri riuscito a mentirmi anche
l’ultima volta che ci
siamo visti e… insomma, non sapevo come sfogarmi, stavo
impazzendo… »
Cercava di trattenere le lacrime
o almeno di non farsi vedere, ma i suoi sforzi furono vani.
« Scusa » disse poi, tirando su
col naso. « Dopo quello che hai affrontato tu mi sento una
stupida a frignare
così… »
« Ehm, tranquilla » cercò di
calmarla lui, un po’ preoccupato per
quell’improvvisa crisi di nervi.
« Bè, comunque » riprese lei,
cercando di riacquistare un contegno, « Emmeline mi ha
proposto di entrare a
far parte dell’Ordine. All’inizio non volevo, ma
poi ho capito che se non
avessi avuto qualcosa che mi desse un solo motivo per continuare a
esistere
sarei diventata un vegetale ».
Regulus strinse i pugni, adirato
con se stesso. Mai come in quel momento era stato più
pentito di essere
diventato un Mangiamorte. Era tutta colpa sua se lei aveva sofferto
così tanto.
« Scusa » disse. Gli uscì
spontaneo, senza troppi sforzi: la vergogna in quel momento era molto
più forte
dell’orgoglio.
« Non devi scusarti » rispose
lei. « Hai sbagliato, questo lo sappiamo, ma non sei fuggito.
Ti sei comportato
come pochi avrebbero fatto, hai voluto dare la vita per rimediare. Sono
fiera
di te e di quel che sei diventato. E a dire la verità, sei
molto migliore di
me, perché io mi sono intromessa nel corso del tempo per
riaverti, mentre tu
hai cercato di salvare tutti anche se sapevi di non poter sopravvivere.
Insomma, mi sento un’egoista al confronto…
» ammise.
« Smettila, magari doveva andare
proprio così. In fondo, se non fossi intervenuta, Kreacher
non avrebbe mai
capito come distruggere il medaglione, e chissà quando
qualcun altro avrebbe
scoperto dell’Horcrux ».
Rachel annuì, rincuorata.
« Per questo motivo penso che tu
debba parlarne con Silente. Ti assicuro che non è un tipo
che giudica, anzi, è
molto gentile e comprensivo. Mi ha aiutata molto parlare con lui quando
ero
talmente furiosa che avrei potuto fare qualche pazzia se mi fossi
ritrovata
davanti a Voldemort ».
« Sì, però smettila di chiamarlo
per nome: si può sapere che ti viene in mente? »
bofonchiò Regulus,
rabbrividendo.
« Nell’Ordine della Fenice lo
chiamano tutti Vol-… insomma, così.
All’inizio non volevo farlo nemmeno io, ma
tu l’hai sfidato, hai avuto il coraggio di
abbandonarlo… perché non potresti
chiamarlo per nome? »
« Sarà l’abitudine »
commentò lui
scrollando le spalle.
« Comunque non hai altra scelta »
continuò lei, seria. « Devi per forza parlare con
Silente. Ora siete dalla
stessa parte. E poi lui può proteggerti meglio di chiunque
altro. Il Ministero è
pieno di infiltrati, ormai. Ed effettivamente, credo che sia la persona
più
adatta per risolvere la questione dell’Horcrux, o come si
chiama ».
« Va bene, d’accordo, mi
rivolgerò a lui » accettò Regulus,
incredulo ma rassegnato. Il solo pensiero di
collaborare con Silente lo faceva inorridire, ma Rachel aveva ragione:
non
c’era altra soluzione.
« Bene » fece lei, sollevata. Subito dopo tuttavia
si fece
pensierosa ed esitò, giocherellando nervosamente con
l’anello che portava al dito. « Questo me lo hai
dato
quando pensavi che non ci saremmo più rivisti. Quindi se
adesso
pensi che sia troppo impegnativo e vuoi riprendertelo…
»
Regulus avvampò mentre rispondeva:
« Tienilo pure. È tuo… sempre se lo
vuoi ».
« Ma certo » rispose lei, senza riuscire a
nascondere la
propria emozione. Poi si alzò per portare via la tazza di
tè ormai svuotata, per superare l’insolito
imbarazzo che
la aveva colta all’improvviso.
Regulus si alzò a sua volta, indeciso sul da farsi.
« Per caso sai come sta mia madre? » chiese
all’improvviso.
In realtà voleva sapere anche se,
con tutto quello che si diceva di lui, Walburga avesse iniziato a
considerarlo
a sua volta un traditore del suo sangue, ma non era così
ansioso di conoscerne
la risposta. Al momento gli bastava sapere che fosse ancora viva.
L’espressione di Rachel non era
molto entusiasta, ma la ragazza si stava chiaramente sforzando di
sembrare
normale.
« Dovresti chiederlo a Kreacher.
Io non ne ho idea ».
Aveva un tono un po’ freddo, e
Regulus non poté ignorarlo.
« Non l’hai… ? »
esordì, senza
sapere neanche come continuare.
« L’ultima volta che l’ho vista
era il tuo… funerale. Regulus, devo essere sincera?
»
Lui annuì, sperando comunque che
non esagerasse quanto a schiettezza.
« Bè, lo sai che non siamo mai andate
molto d’accordo. Scusa, ma è così. Lei
non ha voluto rivolgermi la parola, e io
ho fatto lo stesso. Mi dispiace ».
Lui cercò di mostrarsi poco
colpito, ma ci era rimasto male lo stesso.
« Ce l’hai con me? » gli chiese
lei.
Regulus scosse la testa per
negare. Gli dispiaceva immaginare Walburga completamente da sola a
Grimmauld
Place, ma non era colpa di Rachel se era accaduto tutto ciò.
La ragazza gli si avvicinò.
Improvvisamente sembrava molto esitante e incerta.
« Dovrei dirti un’altra cosa »
esordì,
e il suo tono era talmente insolito che lui si preoccupò.
Per un folle istante
temette che lei gli avesse mentito quando gli aveva assicurato che
tutti i suoi
parenti fossero salvi, e fu uno dei momenti più orribili
della sua vita. Non si
sarebbe mai perdonato se qualcuno della sua famiglia fosse stato ucciso
per
punire il suo tradimento.
« Che cosa…? »
« Non agitarti, te l’ho detto che
sono tutti vivi » lo anticipò lei.
Regulus trasse un sospiro di
sollievo.
« E allora di cosa si tratta? »
Rachel esitò, guardandolo con
un’espressione dubbiosa.
« Sirius ».
« No » rispose Regulus,
irrigidendosi all’improvviso.
« No, cosa? »
« Non mi parlare di lui ».
« Ma… »
Regulus distolse lo sguardo,
mentre si sentiva percorrere da un brivido di terrore e una morsa gli
stringeva
le viscere. Non voleva sapere come e se Sirius avesse reagito alla
notizia
della sua morte, preferiva non saperlo. Gli avrebbe fatto troppo male
immaginare la sua reazione. Lo aveva considerato un povero idiota che
si era
fatto ammazzare a causa della propria inettitudine, nonostante lui gli
avesse
sconsigliato di diventare un Mangiamorte? Oppure, ancora peggio, aveva
liquidato la notizia con un’alzata di spalle, dichiarando che
in fondo lui non
era suo fratello?
Qualunque fosse la risposta a
quelle domande, preferiva rimanere nel dubbio piuttosto che sapere la
verità,
che temeva più di ogni altra cosa.
« Non voglio sapere niente »
insisté.
Rachel era chiaramente delusa.
« Perché no? È importante ».
Regulus scosse la testa,
testardo.
« Che c’è, pensi che abbia
continuato a odiarti anche dopo la tua scomparsa? » fece lei
e, notando
l’espressione di lui, sembrò sul punto di emettere
fumo dalle narici.
« Adesso mi avete fatto davvero
perdere la pazienza! » fece, irritata. « Siete
identici, voi due, non vi
conoscete per niente! Sirius è disperato per quello che ti
è successo. Si sente
in colpa per non essere riuscito ad impedirlo, e credeva che tu non gli
avessi
chiesto aiuto perché non lo consideravi degno della tua
attenzione. È mai
possibile che siete così testardi? Mettitelo in testa, anche
se ora ti brucia:
tuo fratello ti vuole bene, e anche tu gliene vuoi. Fatevene una
ragione tutti
e due! »
Regulus non sapeva se essere più
scosso per la lavata di capo che Rachel gli aveva improvvisamente
impartito o
per quello che aveva detto. Sapeva solo che si sentiva morire di
vergogna e
imbarazzo, ma non fece in tempo a mostrare una minima reazione,
perché qualcuno
bussò vigorosamente alla porta d’ingresso, facendo
sobbalzare entrambi.
Rachel sbiancò; poi estrasse la
bacchetta, all’erta.
Regulus provò a fare altrettanto,
ma scoprì con orrore di non averla addosso: doveva essere
finita in fondo al
lago.
« Chi è? » le domandò,
perché
Rachel si era accostata prudentemente alla finestra e aveva lanciato
un’esclamazione di stupore, mista a qualche commento irritato
che lui non
comprese.
« Alphard! » esclamò lei, aprendo
la porta e facendolo entrare.
« Ti avevo detto di non uscire di
casa. Lestrange ti dà sicuramente la caccia! »
insisté Rachel, ma Alphard non
la stava ascoltando, troppo impegnato a guardare Regulus come se lo
vedesse per
la prima volta, con un sorriso stampato sul volto, che lo faceva
sembrare improvvisamente
ringiovanito.
« Crucio! »
Le urla di Algernon Boot,
Ministro della Magia, echeggiarono nella casa deserta, mentre
l’uomo si
contorceva sul pavimento per il dolore che provava.
« Se non rispondi continueremo
per tutta la notte, Boot » disse Lucius con aria annoiata,
mentre il Ministro
continuava a gridare. « Noi non abbiamo alcuna fretta
».
Barty strinse la bacchetta ancora
di più, cercando di scaricare su di essa tutta la magia che
possedeva, e sentì
che le urla dell’uomo si levavano sempre più forti
e strazianti.
Il cuore gli batteva
all’impazzata. Era allo stesso tempo compiaciuto e
terrorizzato da quello che
stava facendo. Aveva scoperto di essere decisamente portato nella
Maledizione
Cruciatus, anche se questa sua capacità lo spaventava e
attirava insieme.
Sentirsi padrone della vita altrui gli dava una sensazione inebriante,
gli
faceva dimenticare le sue debolezze e lo aiutava a sentirsi forte e
deciso come
aveva sempre voluto.
Ma allo stesso tempo non riusciva
a provare lo stesso piacere che gli altri Mangiamorte dicevano di
sentire
mentre torturavano qualcuno. Il Signore Oscuro aveva ordinato che Boot
fosse
interrogato e poi ucciso, e Barty non aveva alcun dubbio riguardo a
ciò. Sapeva
di essere nel giusto e che quell’uomo meritava tutto questo,
ma non riusciva
ugualmente a godere della sua sofferenza.
Cercava di non dimostrarlo e
sperava di riuscirci aumentando l’intensità della
Maledizione.
« Allora, vuoi risponderci o no?
Karkaroff ha fatto qualche nome? » insisté Lucius,
impaziente.
Boot continuava a urlare, il
terrore riflesso negli occhi, e scosse la testa, gesto che tuttavia non
fu
possibile distinguere dai suoi contorcimenti.
« Falla finita, non può
rispondere se continui a torturarlo » disse Malfoy,
rivolgendosi a Barty con
ragionevolezza.
Il ragazzo abbassò la bacchetta,
un po’ deluso, e Boot smise di urlare, anche se
continuò a tremare notevolmente
per i residui del dolore.
« No » rispose infine, col fiato
corto. « Non ha detto nulla… »
« Che ti avevo detto? »
intervenne Rabastan con uno sbuffo seccato. «
Finché siamo in vantaggio,
Karkaroff non collaborerà col Ministero. Preferisce marcire
ad Azkaban
piuttosto che subire la vendetta del Signore Oscuro ».
« Molto bene » concluse Lucius
con indifferenza. « Ora pensateci voi e andiamocene
».
Rabastan gli si rivolse con
scherno.
« Sei sempre il solito. Mai una
volta che ti voglia sporcare le mani » commentò.
Lucius gli lanciò un’occhiata
fredda.
« Ma che ingrato. Io lo faccio
per lasciare il divertimento a te » replicò in
tono mellifluo.
Nel frattempo Boot assisteva con orrore
allo scambio di battute tra i due Mangiamorte che stavano decidendo le
sue
sorti come se si trattasse di una amichevole conversazione da salotto.
« Stavolta non sarò io a
concludere. Sarà il ragazzino
a farlo
fuori » disse Rabastan, appoggiando una mano sulla spalla di
Barty, il quale
gli lanciò un’occhiataccia colma di rancore.
« Credi di esserne capace? »
aggiunse quello, con un ghigno.
Barty detestava l’ironia di
Rabastan Lestrange. Lo trattava sempre come un pivello, e lo
considerava
nient’altro che un adolescente con le manie di ribellione,
esattamente come
tutti gli altri. Ma non gli sarebbe importato più di tanto,
finché il Signore
Oscuro avesse avuto fiducia in lui.
« Certo che ne sono capace »
sbottò, puntando di nuovo la bacchetta contro il Ministro.
Con suo grande rammarico, scoprì
che gli tremava la mano. Rabastan non trattenne una smorfia divertita.
Barty cercò di ignorarlo e di
concentrarsi soltanto sull’Anatema che avrebbe ucciso
l’uomo che lo fissava con
le lacrime agli occhi. Continuava a ripetersi che si trattava di un
ordine del
Signore Oscuro; non poteva, né voleva, disobbedire.
Algernon Boot era un incapace, ma
la sua presenza a capo della comunità magica riusciva a
mantenere un minimo di
stabilità in quel periodo di incertezza. La morte del
Ministro della Magia
avrebbe creato il caos, e questo era l’obiettivo del Signore
Oscuro.
Da quando aveva rinunciato al
proposito di uccidere Millicent Bagnold, Voldemort aveva iniziato a
circondarla
di consiglieri sotto Maledizione Imperius o addirittura fedeli a lui,
quindi
non temeva più la sua nomina a Ministro, anzi, sperava che
andasse proprio in
quel modo.
Tuttavia Barty sapeva che, una
volta morto Boot, a suo padre si sarebbe offerta l’occasione
di diventare a sua
volta Ministro. E il ragazzo si rifiutava di fare qualunque favore a
Barty
Crouch.
« Lo sapevo, non ne sei in grado
» commentò Rabastan.
« Non è ve- »
Approfittando dell’attimo di
distrazione dei due Mangiamorte più vicini, Boot
scattò con un’agilità
incredibile per un uomo della sua età, e corse a rotto di
collo verso la porta,
spintonando Barty di lato.
Rabastan e Lucius gli indirizzarono
contro qualche fattura, ma fu Barty a colpirlo in pieno.
Probabilmente era stato colto dal
panico al solo pensiero che l’uomo riuscisse a scappare.
Avrebbe rivelato a
tutti che l’unico figlio di Crouch era un Mangiamorte. Non
poteva permetterlo.
L’incantesimo di Barty fu sferrato
con una potenza tale da sollevare Boot a mezz’aria e
scagliarlo con violenza
verso la finestra.
I battiti dei ragazzo si
fermarono e il fiato gli si mozzò in gola quando si rese
conto di quel che stava
per succedere. Aveva voluto solo tramortirlo, ma
nell’agitazione per la fuga
del prigioniero non aveva valutato bene la potenza
dell’incantesimo.
Ci fu un rumore di vetri infranti
e Algernon Boot tentò inutilmente di aggrapparsi al
davanzale, ma precipitò
fuori dalla finestra.
Furono secondi interminabili in
cui rimasero tutti in un silenzio di tomba, fino a che un macabro tonfo
non
fece loro capire che il Ministro era ormai morto.
Rabastan fu il primo a parlare di
nuovo.
« Andiamocene, prima che qualcuno
lo veda sul marciapiede » disse in tono pratico.
Lucius aveva un’espressione vagamente
disgustata all’idea del corpo schiantatosi sulla strada, ma
obbedì senza
fiatare. Barty invece rimase immobile a fissare la finestra rotta,
dimentico di
nascondere l’orrore che provava.
« Andiamo, vuoi farti arrestare?
» lo scosse Rabastan, afferrandolo per un braccio.
« Non preoccuparti, non dirò
a nessuno che il tuo primo omicidio è stato un incidente
» aggiunse, sarcastico
come sempre.
Barty non diede retta al suo tono
di scherno. Si sentiva improvvisamente come gli altri Mangiamorte lo
consideravano: inesperto e immaturo. Non se lo aspettava, ma uccidere
era
completamente diverso da come aveva immaginato. Non riusciva neanche a
capire
come si sentisse in quel momento. Desiderava solo allontanarsi da
lì il prima
possibile e rinchiudersi in camera sua, sotto il calore rassicurante
delle coperte.
Era una reazione molto infantile, ma non voleva ascoltare quella vocina
che
sussurrava dentro la sua testa: hai
ucciso una persona.
Seguì gli altri due come un
automa, senza capire più nulla, e non sentì
nemmeno quando, dopo aver
oltrepassato i cadaveri dei due Auror di scorta, Rabastan si rivolse ad
una
figura nell’ombra, che fino a quel momento era rimasta
appartata in silenzio,
tremando come una foglia, e adesso fissava con disperazione la finestra
da cui
era caduto l’ormai ex Ministro della Magia:
« Credo che domani mattina Moody
si chiederà come abbiamo potuto scoprire questo nascondiglio
segreto, visto che
solo l’Ordine della Fenice ne era a conoscenza, oltre a pochi
Auror. Quindi
stai molto attento a come reagisci quando sei con lui. È
chiaro, Minus? »
Peter, quasi rannicchiato per
terra per la paura, annuì, senza potere reprimere un
singhiozzo, mentre la luce
verde del Marchio Nero appena evocato sopra la casa illuminava il suo
volto
orripilato e sconvolto.
*Angolo
autrice*
Sono sotto
shock per quello che ho scritto, e dubito che mi riprenderò
@_@
Anche se Regulus ora è salvo, la guerra va avanti.
Ho deciso di descrivere il primo omicidio di Barty perché se
no
temo che lo avrei fatto rimanere a vita in una fase intermedia: sono
troppo
affezionata al Barty dei primi tempi di Hogwarts. Insomma, prima o poi
avrei dovuto farlo, perché penso che se è stato
capace di
uccidere il proprio padre senza problemi, sicuramente non era la prima
volta che uccideva qualcuno. Però non volevo renderlo troppo
esaltato, ma neanche troppo pentito, quindi ho scelto questo
compromesso.
Millicent Bagnold non è ancora Ministro (sul
Lexicon c'è scritto che lo diventerà nel 1980, e
qui
siamo ancora nel dicembre 1979), ma comparirà presto. Del
suo
predecessore non si sa nulla, quindi l'ho inventato di sana pianta solo
per farlo uccidere (poveretto! XD)
Per passare ad argomenti più piacevoli, spero proprio che vi
sia
piaciuta la prima parte! Ritornare a scrivere dal punto di vista di
Regulus è stata un'emozione indescrivibile! *-*
Rachel avrebbe avuto molto da ridire su Walburga, ma si è
trattenuta perché sa che Regulus fondamentalmente è un
mammone e
non vuole farlo soffrire anche per il fatto che le due donne
più
importanti della sua vita si detestano.
Quanto a quello che Regulus pensa di Sirius, siamo alle solite! -.-"
Rachel non voleva arrabbiarsi, ma certe volte quei due sono talmente
duri di comprendonio che è impossibile non perdere la
pazienza!
XD
Il prossimo capitolo verrà pubblicato l'8 dicembre,
probabilmente la mattina!
|
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Capitolo 13 *** Sospetti e rivelazioni ***
Non può piovere per sempre
Capitolo
13
Sospetti e
rivelazioni
Il retro di casa
Puddle dava su un
minuscolo orto incolto, in cui le erbacce regnavano sovrane. Quella
mattina la
neve caduta si stava già sciogliendo, e gelide gocce
d’acqua cadevano giù dalle
fronde di un abete.
Regulus si
soffermò più del necessario
a osservare il cortile, fingendo di non sapere perché suo
zio lo avesse voluto
trarre in disparte.
« Regulus
» esordì Alphard,
infatti. « Capisco se non vuoi farti sentire da Rachel, ma
ora è occupata,
quindi puoi parlare liberamente. Che cosa ti è successo
esattamente? A me puoi
dirlo »
Il ragazzo
sospirò. Sapeva che
Alphard avrebbe fatto delle domande, era naturale. In fondo, dopo tutto
quello
che aveva fatto per lui, gli sembrava ingiusto continuare a
mentirgli… ma non
poteva raccontargli degli Horcrux.
« Mi
dispiace, davvero, ma non ti
dirò niente. Lo so che non ti meriteresti di essere tenuto
all’oscuro di tutto,
ma è meglio così. Ho scoperto qualcosa di molto
importante e ti farei rischiare
troppo se te lo dicessi » rispose, risoluto.
Alphard non
poté nascondere le
delusione che provava.
« Io potrei
aiutarti ».
« Lascia
stare, per favore. Stai
già correndo troppi pericoli a causa mia ».
L’uomo
scosse la testa come per
minimizzare.
« Se ti
riferisci a Rodolphus,
sono stato attento. Conosco dei trucchi che lui nemmeno si immagina.
Non sarei
di certo venuto fin qui, se non fossi stati sicuro di averlo seminato
».
«
D’accordo, però non
sottovalutarlo. Tu non sai di cosa sono capaci, lui e Bellatrix. Non li
hai mai
visti in azione… »
Regulus
tremò impercettibilmente.
Poi guardò di nuovo lo zio e si sentì in dovere
di aggiungere: « Avrei dovuto
darti retta, quando cercavi di convincermi a non diventare un
Mangiamorte. Ero
così stupido che non mi rendevo conto di quello che
significava. Mi dispiace ».
« Regulus,
se continuerai a
scusarti, comincerò a dubitare della tua identità
» cercò di sdrammatizzare
Alphard, e Regulus in quel momento pensò, senza un motivo,
che in quelle
situazioni lo zio somigliava terribilmente a Sirius.
Alphard gli
posò una mano sulla
spalla.
« Forse non
è da un rinnegato che
vorresti sentirtelo dire, ma sappi che sono fiero di avere un nipote
come te ».
Regulus
riuscì addirittura a
sorridere, ma non disse altro, perché in quel momento furono
raggiunti da
Rachel e Kreacher.
« Ah, siete
qui. Vi ho cercati
dappertutto. Alphard, prendi, prima che mi torni la tentazione di
tenerla »
disse lei, porgendogli la Giratempo miracolosa.
Mentre Alphard la
riponeva al
sicuro, Kreacher si avvicinò a Regulus, e gli porse il
mantello che il ragazzo
di solito usava nei giorni più freddi dell’anno.
« Kreacher
ha portato questo per
il padroncino, così padron Regulus non prende freddo
» disse.
« Grazie,
Kreacher » rispose lui,
ma un attimo dopo si meravigliò, quando l’elfo
scoppiò in singhiozzi. « Cosa
gli prende? »
« Credo che
non si sia ancora abituato
all’idea che tu sia vivo e vegeto. Sinceramente non pensavo
che avesse il cuore
così tenero » commentò Alphard.
Kreacher gli lanciò un’occhiataccia.
« Ehm, su,
Kreacher, calmati… »
provò Regulus, imbarazzato, nel tentativo di consolarlo.
« Abbiamo ancora
bisogno di te. Sai cosa devi fare ».
L’elfo si
asciugò gli occhi, felice
come non mai al pensiero di obbedire ad un ordine del suo padrone. Poi
tese la
mano verso Alphard, bofonchiando qualcosa ed esibendo
un’espressione schifata,
e lo fece Smaterializzare con sé.
« Sei
proprio convinta che sia
una buona idea? » chiese Regulus alla ragazza, mentre
indossava il mantello.
Rachel infatti aveva
deciso di
abbandonare casa Puddle al più presto. All’inizio
aveva pensato di nascondere
Regulus lì, almeno fino a che non avessero parlato con
Silente, ma l’imprudenza
di Alphard nel presentarsi in quella casa la aveva convinta ad
andarsene il
prima possibile. Gli incantesimi di protezione c’erano, ma
lei non si sentiva
tranquilla: il solo ricordo dello sguardo di Lestrange bastava a farle
venire i
brividi.
Regulus naturalmente
era
d’accordo con lei, anche se la sistemazione che Rachel aveva
trovato non lo
entusiasmava più di tanto.
« Certo, a
casa mia sarai più al
sicuro » confermò lei, mentre si assicurava di non
aver lasciato tracce del
loro passaggio. Quando tuttavia notò la sua espressione
scettica, aggiunse: «
Stai tranquillo ».
« Sembra
facile. I tuoi mi
uccideranno » bofonchiò Regulus, abbattuto.
« Hai
affrontato un esercito di
Inferi. Questa dovrebbe essere una passeggiata al confronto ».
« Questa
è peggio invece ».
Rachel sorrise.
« Tuo zio
è andato prima di noi
proprio per calmare gli animi dei miei. Vedrai che andrà
tutto bene. Racconterà
loro soltanto quello che lui stesso sa, e cioè che abbiamo
usato una Giratempo
– naturalmente senza dire che abbiamo dovuto rubarla
– per provare a salvarti
la vita, mentre alcuni Mangiamorte ti cercavano per ucciderti. Questa
bugia non
ti rende per nulla giustizia, ma… »
« Tanto tuo
padre mi odierebbe
anche se uccidessi il Signore Oscuro in persona »
bofonchiò Regulus, depresso.
« Smettila
».
Attesero almeno un
quarto d’ora,
poi Kreacher si Materializzò di nuovo accanto a loro.
«
Com’è andata? » chiese Regulus,
titubante. Non era proprio sicuro di voler conoscere la risposta.
« Il padre
della signorina era un
po’ agitato » rispose l’elfo, «
ma la signora lo ha convinto a calmarsi ».
« Visto?
» fece Rachel. « Andiamo
».
Anche se aveva cercato
di
nasconderlo fino a quel momento, anche lei era molto nervosa.
Kreacher prese per
mano i due
ragazzi e li Smaterializzò direttamente nel salotto dei
Queen.
« Non
sarebbe stato più educato
bussare? » obiettò Regulus, notando con sollievo
che per il momento nella
stanza c’erano solo loro.
« Sarebbe
stato anche più
pericoloso. Possibile che ti preoccupi dell’etichetta anche
in una situazione
come questa? » rispose Rachel, mentre ascoltava dei passi
affrettati che si
avvicinavano e una voce che diceva:
« Sono
calmo, Diane, sono
calmissimo… Tu! »
Il tono con cui
Perseus aveva
pronunciato l’ultimo monosillabo era tutt’altro che
calmo, in realtà, e Regulus
avrebbe avuto una chiara idea di chi fosse il destinatario di
quell’esclamazione anche senza vedere il signor Queen entrare
in salotto e
fissarlo con gli occhi iniettati di sangue.
Regulus non sapeva
cosa dire, né
ebbe il tempo di pensare alcunché. Perseus lo raggiunse in
un attimo e lo
afferrò per il bavero senza troppi complimenti, mentre alle
sue spalle Diane e
Alphard cercavano di farlo tornare alla ragione.
Quanto a Rachel, era
indecisa se
salvare Regulus o lo stesso Perseus, dal momento che Kreacher fissava
l’uomo
con indignazione e rabbia.
«
Papà, smettila » disse,
cercando di non far avvicinare troppo l’elfo.
Perseus non era
paonazzo: il suo
volto era di un colore violaceo tendente al nero.
« E
così ti presenti a casa mia,
dopo tutto quello che hai combinato? » sibilò,
mentre Regulus cercava di non
apparire troppo spaventato.
« Mi
dispiace, davvero… » ammise.
« Vorrei ben
dire ».
« Perseus,
lascialo » intervenne
Diane. Aveva gli occhi arrossati e sembrava piuttosto scossa.
Il marito
obbedì, e Regulus si
massaggiò il collo, imbarazzato.
«
Io… io ti… » fece l’uomo,
senza
avere la più pallida idea di cosa dire.
Regulus tuttavia
abbassò lo
sguardo. Si era aspettato quella reazione, ed era anche convinto di
meritarsela, in realtà.
«
Papà, non cominciare. Lui ha
sbagliato, ma si è pentito e ha cercato di rimediare. Non
merita di essere
trattato così » intervenne Rachel con tanto impeto
che Perseus tacque.
« E
ricordati che mi ha salvato
la vita quando i Mangiamorte hanno attaccato il San Mungo »
intervenne Diane.
Perseus di colpo
sembrò meno
astioso nei confronti di Regulus, anche se era evidente che piuttosto
che
ammetterlo si sarebbe fatto uccidere.
Diane lo
superò per raggiungere
Regulus, il quale non sapeva bene come comportarsi. Non pensava che
Rachel le
avesse detto che il misterioso Mangiamorte che la aveva salvata fosse
proprio
lui.
« Grazie
» disse la donna,
commossa.
« Non mi
deve ringraz- »
Regulus si
bloccò di colpo,
perché Diane aveva fatto una cosa che lo
paralizzò: lo aveva abbracciato.
Lui
arrossì: non si era mai
sentito così imbarazzato in vita sua. Quando, rigido come
uno stoccafisso,
cercò con lo sguardo l’aiuto di Rachel,
scoprì con rammarico che la ragazza
ridacchiava tra sé.
« Mamma,
basta così » intervenne
lei alla fine, quando iniziò a provare pena per lui.
« Regulus non è abituato
».
« Perdonami
» fece la donna, staccandosi.
« Mi sono fatta prendere dall’entusiasmo. Ti vedo
sciupato: vado a farti
preparare qualcosa. Tu intanto accomodati ».
Era così
premurosa che Regulus si
sentiva ancora più in colpa: la sua morte apparente aveva
sconvolto la vita di
Rachel, ma doveva aver avuto grandi ripercussioni anche sulla sua
famiglia.
« La
prossima volta » concluse
Perseus, rivolgendosi ad un imbarazzato Alphard, « voglio
sapere quello che tu
e mia figlia progettate prima che succeda, e non a fatti compiuti. Non
mi
piacciono le sorprese ».
« Lo so, non
si ripeterà più »
disse Alphard, scambiando un’occhiata eloquente con Rachel:
se Perseus avesse
saputo i rischi che avevano corso non si sarebbe controllato
così tanto.
Rachel
tornò a guardare Regulus,
ma lui stava fissando La Gazzetta del Profeta con una strana
espressione.
« Il
Ministro della Magia è
morto? » esclamò, dopo aver letto il titolo.
«
Già, è stato ammazzato ieri
notte » confermò Perseus, senza rinunciare al suo
tono irritato. « E pensare
che aveva la scorta: è morta anche quella…
»
Rachel
balzò in piedi,
improvvisamente agitata.
« Devo
andare al quartier
generale » sussurrò a Regulus, a bassa voce per
non farsi sentire da Alphard. «
È strano. Quasi nessuno sapeva dove lo avevano nascosto.
Solo alcuni Auror e
noi dell’Ordine ».
Regulus sembrava
altrettanto
preoccupato.
« Allora
stai attenta ».
«
Tranquillo. Già che ci sono,
spero di incontrare anche Silente… e a proposito »
disse Rachel, guardandolo
con una certa esitazione. « Se c’è
Sirius… mi sento in dovere di dirgli che sei
vivo ».
Regulus non la
guardò ma le fece
capire che fosse libera di decidere.
« Non
parlarne con nessun altro,
però… Se solo voi sapevate dov’era
Boot, tra di voi potrebbe nascondersi una
spia ».
« Rachel!
Per la barba di
Merlino, che fine avevi fatto? Stavo iniziando a preoccuparmi!
»
L’esclamazione
di Emmeline fu la
prima cosa che Rachel sentì quando mise piede in casa di
Dedalus, subito
seguita da altre voci concitate che discutevano tra di loro.
« Scusami,
sono stata… impegnata
» rispose, cercando di sembrare abbastanza naturale.
« Silente non c’è? »
« No, lui e
Dorcas sono ad una
riunione del Wizengamot. Stanno decidendo cosa fare adesso. Bisogna
nominare un
nuovo Ministro il prima possibile, altrimenti nella comunità
magica scoppierà
il caos ».
« Quindi
immagino che tra Crouch
e la Bagnold
sia ormai scontro aperto » commentò Rachel.
«
Già… Silente naturalmente
sostiene la Bagnold,
ma sono talmente equilibrati che, comunque vada, quasi la
metà della comunità
magica non sarà soddisfatta ».
« La mia
famiglia ha sempre
appoggiato lei, ma penso che a questo punto non sia così
importante chi vinca.
Quel che conta è che non salga al potere qualcuno
controllato da Voldemort ».
Rachel interruppe il
discorso e guardò
il gruppo di persone che discutevano animatamente intorno al tavolo.
« Dai,
è ridicolo pensare una
cosa del genere » stava dicendo Gideon, cercando di calmare
gli animi.
« Non
è ridicolo » ribatté
Malocchio, severo. « Solo noi dell’Ordine sapevamo
dove si era nascosto Boot,
oltre ai due Auror uccisi insieme a lui. Questo significa che qualcuno
di noi
ha parlato troppo ».
« Non
penserai che tra di noi ci
sia una spia dei Mangiamorte! » scattò Frank,
indignato.
« Non lo so.
Ma di certo qualcuno
di noi ha lasciato trapelare qualche informazione. Non lo
avrà fatto
volontariamente, ma lo ha fatto » decretò Moody, e
di colpo l’atmosfera cambiò.
Adesso tutti si
guardavano con
circospezione, alcuni addirittura con sospetto.
«
Bè, ecco… » intervenne Hagrid,
arrossendo sotto la folta barba nera e agitando le enormi mani.
« Io a volte
parlo un po’ troppo però… vi giuro che
stavolta non ho detto niente! Altrimenti
me lo ricordavo, davvero… »
«
Tranquillo, Hagrid » lo
rassicurò Lily. « Sappiamo che sei una persona
fidata ».
« Non hai
bevuto, ultimamente,
vero? » intervenne tuttavia Remus.
« No! Ne
sono sicuro! »
Nessun altro
parlò.
Rachel si
sentì invadere
dall’agitazione. Anche Regulus aveva subito pensato a quella
possibilità, ma
lei non riusciva a capire chi mai avrebbe potuto fare una cosa del
genere. Le
sembravano tutti schierati con convinzione contro Voldemort.
Ci furono alcuni
interminabili
minuti di silenzio teso e nervoso, ma poi James parlò:
« Ma che
assurdità! Forse quei
due Auror avevano detto a qualcun altro dove si trovava Boot. Non ci
credo che
il colpevole sia uno di noi ».
« Tu ti fidi
troppo, Potter »
rispose Moody.
« Non
possiamo escludere a priori
l’ipotesi che sia stato qualcuno dell’Ordine, ma
dobbiamo pensare che potrebbe
essere stato davvero qualche Auror » intervenne Edgar Bones,
cercando di farli
ragionare.
«
Convincerò Barty a fare delle
indagini interne al Dipartimento » disse Frank. «
Quanto a noi, credo che la
cosa migliore sia parlarne con Silente. Siamo tutti agitati e
rischieremmo di diventare
paranoici ».
« Sono
d’accordo » dissero molti.
« Ben detto ».
« Albus non
si libererà prima di
questa sera, quindi ci rivedremo tutti qui dopo cena per discutere
della
situazione » disse Malocchio, scrutando con attenzione i
presenti attraverso il
suo occhio magico. « Nel frattempo andate, ma cercate di
tornare per tempo,
tutti quanti ».
Il gruppo si sciolse
senza
fretta. Molti ancora mormoravano tra di loro, preoccupati e afflitti.
Rachel
sospirò. Ci mancava solo
quella. Ora sarebbe stato più complicato parlare a Silente
di Regulus. Di
sicuro quella sera non sarebbe riuscita ad ottenere un colloquio con il
Preside, quindi pensò che nel frattempo avrebbe potuto
palare con Sirius, il
quale però stava conversando animatamente con James, Remus e
Lily.
Rachel si era appena
appostata in
un angolo in attesa che lui finisse di parlare, quando Emmeline la
afferrò per
il polso, guardando verso qualcuno alla loro destra.
« Qualche
problema, Minus? Perché
non esprimi ad alta voce i tuoi sospetti, invece di parlar male alle
spalle? »
sbottò la ragazza, con un tono irritato che raramente aveva
assunto.
Minus
sobbalzò, imbarazzato,
allontanandosi da Sturgis Podmore, al quale aveva appena finito di
sussurrare
qualcosa.
« N-non ho
detto niente… »
balbettò, arrossendo.
« Ti ho
sentito. Abbi il coraggio
di dirlo in faccia » ribatté Emmeline.
Quello si
guardò intorno,
terrorizzato: molti si erano voltati verso di loro.
« Non
è nulla, solo una cosa di
poca importanza, vero? » fece, cercando con lo sguardo
l’assenso di Sturgis, il
quale però guardava Emmeline con inquietudine.
« Pensi che
sia una stupida?
Avanti, dillo » insisté lei, ignorando
l’occhiata perplessa di Rachel.
«
Bè » fece Peter allora, con la
voce più stridula del solito, i pugni tremanti e
un’espressione ansiosa dipinta
sul volto. « Non sono l’unico ad aver pensato che
non fosse prudente permettere
a lei di entrare
nell’Ordine! »
Rachel
percepì all’improvviso gli
sguardi di tutti addosso e si sentì invadere da una rabbia
incontrollata. In
quel momento avrebbe voluto ridurre Minus in poltiglia.
« Ah,
è così? » sbottò, furiosa.
« Pensi che io sia una spia? E allora provalo ».
«
Peter… » sospirò Lupin,
passandosi una mano sugli occhi.
Minus divenne ancora
più
paonazzo.
«
Bè… lo sanno tutti che a scuola
frequentavi un sacco di Mangiamorte » esclamò.
Se Gideon non fosse
intervenuto
per fermarle la mano, Rachel avrebbe già estratto la
bacchetta e Schiantato
Minus senza ulteriori indugi. Il sangue le pulsava nelle tempie e le
mani le
tremavano per la rabbia e l’ingiustizia.
Non era affatto vero
quel che
Minus aveva detto. L’unico Mangiamorte con cui aveva legato
era Regulus, che
poi si era pentito. Quanto a Piton, non erano mai stati amici nel vero
senso
della parola. Andavano abbastanza d’accordo e lui a volte la
aiutava con i
compiti; si frequentavano come normali compagni di Casa, ma succedeva
ai tempi
in cui lui era amico di Lily e quindi Rachel non pensava che sarebbe
diventato
un Mangiamorte.
Per questo
quell’accusa le faceva
rodere le viscere. Come poteva quel ragazzino insulso accusarla di
collaborare
con Voldemort, quello che sarebbe stato il responsabile della morte di
Regulus?
« Basta,
smettetela! » intervenne
Alice, rivolta sia a Minus sia a Rachel, che sembrava intenzionata a
strozzarlo
a mani nude. « Non capite che è proprio questo che
Voldemort ha in mente? Vuole
metterci l’uno contro l’altro. Da soli siamo molto
più deboli. Non possiamo
permettergli di averla vinta ».
«
Sì, infatti, signori, diamoci
tutti una calmata » intervenne Fabian, con un tono vivace.
« Immaginate che
mentre noi litighiamo c’è Voldemort che gongola e
ridacchia sotto il naso che
non ha ».
« Esatto
» confermò Hagrid. «
Quello che posso dire è che Rachel è sempre stata
brava… a me non mi ha mai
trattato male, anche se sono un… Mezzogigante, ecco
».
Rachel gli
lanciò un’occhiata
riconoscente.
« Insomma,
Minus, hai perso
un’occasione per tacere » concluse Emmeline, ancora
arrabbiata.
Quello
arrossì e bofonchiò
qualche scusa affrettata, ma Rachel non gli diede retta. Aveva cose
molto più
importanti di lui a cui pensare.
« Grazie
» disse a Emmeline,
mentre si allontanavano.
« Ma
figurati » ribatté lei. «
Minus non sa nemmeno come si usa il cervello. Non dargli ascolto. La
maggior
parte di noi si fida di te ».
« Se lo dici
tu… ».
Rachel
guardò Sturgis, il quale
si era accostato a loro con aria imbarazzata. Emmeline fece lo stesso.
«
Ehm… volevo dirvi che mi
dispiace… io non sono d’accordo con quello che ha
detto Peter » bofonchiò lui,
fissandosi la punta delle scarpe.
Rachel si rese conto
in quel
momento che Sturgis non parlava molto spesso, e che di solito se ne
stava
sempre sulle sue, quindi rimase sorpresa di quell’iniziativa.
« Ma
figurati, non ce l’abbiamo
mica con te » rispose distrattamente Emmeline, dando
un’occhiata all’orario. «
Devo andare all’esercitazione. Ci vediamo stasera »
aggiunse, rivolgendosi a
Rachel.
Quando Emmeline fu
uscita, Rachel
rimase un attimo ferma a riflettere. Anche se le accuse di Minus
continuavano
ancora a risuonarle nella mente, si impose di ignorarle.
« Posso
parlarti? » chiese a
Sirius, con un tono suo malgrado poco cordiale e decisamente scorbutico.
Lui la
guardò e tacque, come per
indurla a proseguire.
« In privato
» aggiunse lei.
«
D’accordo ».
Sirius la
seguì. Mentre Rachel lo
conduceva fuori dal salotto, lui disse:
« Senti,
Peter ha esagerato, ma
non sa quello che dice. È solo spaventato ».
« Quello che
dice il tuo amico
sinceramente mi scivola addosso » mentì lei,
facendolo entrare in cucina e
chiudendosi la porta alle spalle.
Sirius sembrava quasi
allarmato da
tutta quella segretezza.
« Che
succede? »
Rachel si morse il
labbro,
torturandosi le dita a vicenda. Non aveva la più pallida
idea di come dirglielo.
« Forse
è meglio se ti siedi »
provò a temporeggiare, cercando di mettersi nei suoi panni e
immaginare il modo
meno traumatico per dirglielo. Ma si rese conto che non esisteva.
« Mi stai
facendo venire l’ansia.
È qualcosa di grave? »
« No,
anzi… Però è una cosa che
non ti aspetteresti. Prometti che non lo dirai a nessuno, almeno per il
momento
».
Sirius si
passò una mano tra i
capelli, sconcertato.
«
D’accordo, però dimmelo ».
Rachel non era sicura
di aver
scelto il modo migliore per comunicargli la notizia, ma preferiva
essere
rapida, senza adoperare troppi giri di parole.
« Regulus
non è morto » buttò lì.
Seguì un
silenzio di tomba.
Probabilmente lo aveva
detto così
in fretta che Sirius non era riuscito ad assimilare subito
l’informazione. La
fissava con un’espressione in apparenza impassibile, ma non
muoveva un muscolo
e sembrava aver smesso di respirare. Improvvisamente sbiancò.
«
È uno scherzo, vero? » mormorò
con la voce roca.
« Pensi che
io possa scherzare su
una cosa del genere? » ribatté Rachel, cercando di
capire come lui stesse
prendendo la rivelazione. « Non posso spiegarti
com’è stato possibile adesso:
sarebbe troppo lungo da raccontare, e non mi staresti nemmeno a
sentire. Ma è
così. Regulus è vivo ».
Sirius rimase ancora
in silenzio,
fissando con sguardo vacuo rivolto verso il basso, come se il pavimento
potesse
suggerirgli cosa fare.
«
Io… non… come…? »
Stava pronunciando
parole
sconnesse, senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto.
Rachel non
poteva biasimarlo: se i loro ruoli fossero stati invertiti,
probabilmente
sarebbe impazzita. Ora non sapeva cosa dire per calmarlo.
Sirius si teneva la
testa tra le
mani, come se gli facesse male. Improvvisamente si alzò in
piedi, barcollando.
«
Perché lo so soltanto adesso? È
passato più di un mese! »
« Nemmeno io
lo sapevo prima, ma
c’è una spiegazione anche a questo…
Sirius, vuoi un po’ d’acqua e zucchero? Sei
pallidissimo ».
« Sto bene
» sbottò lui,
voltandole le spalle. Non riusciva a controllare il tremore che lo
percorreva
dalla testa ai piedi.
Rachel non
insisté, immaginando
cosa dovesse provare in quel momento. Aveva trascorso le ultime
settimane nel
tentativo disperato di non pensare alla morte del fratello, per poi
scoprire
che non era successo. Non si sarebbe stupita se Sirius avesse avuto una
sorta
di rifiuto mentale e se avesse preferito continuare a credere che
Regulus fosse
morto piuttosto che affrontare quel nuovo shock. Sarebbe stato come se
il
terreno che si era faticosamente costruito sotto i piedi franasse di
nuovo e senza preavviso.
Rachel
afferrò un pezzo di
pergamena e vi scrisse qualcosa dietro; poi glielo porse.
« Questo
è il mio indirizzo. Se
vuoi incontrarlo… » esordì, esitante,
ma lui la interruppe.
«
No… non ora. Voglio stare solo…
»
Sirius aveva lo
sguardo fisso. Non
riusciva a capacitarsi di quanto era successo.
Rachel non
insisté nemmeno quella
volta, ma si assicurò che lui prendesse il pezzo di
pergamena.
« Quando te
la sentirai, fammelo
sapere ».
«
Sì » rispose lui
distrattamente. Era probabile che non la avesse nemmeno ascoltata.
« Di’ agli
altri che sono tornato a casa perché non mi sento bene
» aggiunse, con la
fronte corrugata e gli occhi che fissavano un punto indefinito fuori
dalla
finestra.
Rachel lo
seguì con lo sguardo
mentre lui usciva dalla casa senza salutare nessuno, e si rese conto
che
convincere i due fratelli a superare l’imbarazzo e il muro di
verità mai
confessate sarebbe stato più difficile del previsto.
Quella sera stessa,
Albus Silente
si presentò al quartier generale dell’Ordine della
Fenice. Il fatto che anche
la professoressa McGranitt avesse abbandonato Hogwarts per quella sera
bastava
a rendere l’idea della gravità della situazione.
« Il nuovo
Ministro sarà nominato
entro questo mese, anche se ufficialmente il suo mandato
inizierà a gennaio, ma
non è questo che ci interessa al momento » disse
il vecchio Preside, rivolto
alle persone riunite nel salotto. « Malocchio mi ha parlato
dei sospetti che
cominciate ad avere, quindi è meglio mettere subito le cose
in chiaro ».
Rachel non
poté fare a meno di
pensare di non aver mai notato quel lato pratico di Silente e si rese
conto del
perché tutti gli altri fossero convinti che Voldemort lo
temesse più di ogni
altro.
« Io non
credo che tra noi ci sia
un traditore » affermò Silente, ignorando lo
sbuffo scettico di Moody. «
Sappiamo che i Mangiamorte ci danno la caccia. Alcuni di loro
potrebbero averci
spiati mentre trasportavamo Algernon Boot in un posto che credevamo
sicuro. Con
questo non sto criticando l’operato di Alastor. So che
è sempre attentissimo,
ma purtroppo le precauzioni non sono mai abbastanza ».
« Pochi
giorni fa, Rookwood è
stato visto parlare con Lestrange » intervenne Dorcas,
ricordando quello che
Rachel le aveva riferito. « Non potrebbe essere stato lui?
»
« Non vedo
il motivo per cui un
Indicibile dovesse sapere i dettagli di un piano di cui erano a
conoscenza solo
pochi Auror all’interno del Ministero » rispose
Silente. « La mia opinione è
che dovremo essere ancora più attenti. È un
momento delicato. Voldemort
approfitterà dell’assenza di un Ministro per
spadroneggiare. Ora più che mai
dobbiamo restare uniti. E ricordo a tutti voi che chiunque di voi un
giorno
avesse bisogno di aiuto, non dovrà vergognarsi a chiederlo
».
L’ultima
frase lasciò Rachel un
po’ di stucco. Sembrava quasi che Silente avesse voluto
lanciare un
avvertimento. Possibile che avesse rifiutato l’idea della
spia solo per non
farli agitare?
La riunione era
finita, ma nessuno
sembrava intenzionato ad andarsene. Discutevano tutti tra di loro. A
quanto
pareva, i tentativi di rassicurazione di Silente non avevano convinto
proprio
tutti.
Il Preside, dopo aver
salutato
molti e aver chiesto come stessero, si avviò verso
l’uscita.
Rachel lo
seguì quasi di corsa.
«
Professore! »
Lui si
voltò, sorpreso.
«
Sì? »
« Mi
dispiace, so che è tardi, ma
le devo parlare con urgenza. Anzi, in realtà è
un’altra persona che dovrebbe
parlarle… le dispiace passare a casa mia? Le assicuro che
è importante ».
Silente sembrava
sorpreso ma non
chiese ulteriori spiegazioni.
« Certo
» rispose.
Rachel ne fu sollevata. Era certa
che, con l’aiuto di Silente, presto la faccenda
dell’Horcrux si sarebbe
sistemata. Non immaginava che quello sarebbe stato solo
l’inizio.
*Angolo
autrice*
Dopo
aver pubblicato tante altre storie, eccomi di ritorno con quella che
considero la principale! <3
Nell'Ordine
della Fenice cominciano i primi inevitabili sospetti, purtroppo. Del
resto Sirius nel terzo libro dice che Peter passava informazioni a
Voldemort già un anno prima dell'ottobre 1981. Peter non
è stupido, secondo me era molto subdolo e sono anche
convinta che abbia contruibuito a indurre Sirius a sospettare di Remus
e viceversa, magari facendo insinuazioni molto vaghe. Anche qui ha
cercato di sviare i sospetti da sé, anche se questa volta
gli è andata male! XD
Per
vedere l'incontro tra Regulus e Sirius dovrete aspettare il prossimo
capitolo. Lo sto finendo di scrivere proprio in questi giorni. Lo so,
sono in ritardo mostruoso, e temo che gli aggiornamenti seguenti
potrebbero essere ritardati di un po' ç_ç
Purtroppo
in questo periodo non ho neanche il tempo di andare a fare lo shopping
di Natale per mezzo pomeriggio.
Comunque,
credo che per il prossimo capitolo non ci siano problemi: dovrebbe
essere il 18 dicembre,
salvo complicazioni del tipo invasione aliena sulla Terra, allora
potrebbe slittare. Per quello dopo ancora vi farò sapere! ^^
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!!
Giulia
|
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Capitolo 14 *** Il fratello ritrovato ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 14
Il fratello ritrovato
Il ticchettio continuo e costante
del pendolo lo stava facendo impazzire. Era l’unico rumore
che si sentiva nella
casa, altrimenti immersa nel silenzio.
Sirius non ricordava da quanto
tempo fosse seduto al tavolo della disordinata cucina del suo
appartamento.
Sapeva solo di aver perso la cognizione del tempo, ma non gli
interessava
ritrovarla.
Sparse sul tavolo, c’erano
parecchie copie della Gazzetta del Profeta. Era stato proprio tramite
quel
giornale che era venuto a sapere della scomparsa di Regulus, parecchie
settimane prima…
Scosse la testa, cercando di non
pensare, e bevve un altro sorso di Whisky Incendiario, lasciandosi
pervadere
dalla sensazione di calore tipica di quella bevanda.
I suoi pensieri si accavallavano
confusi, uno dietro l’altro, senza dargli un attimo di
tregua. Nella sua mente si
susseguivano figure sbiadite e frammentarie, ricordi di momenti
più o meno
remoti. Continuava a tornargli alla memoria l’ultima volta in
cui aveva visto
suo fratello, al funerale di Orion. Gli sembrava che fossero trascorsi
dei
secoli.
Non era la prima volta che pensava
proprio a quell’episodio. Per giorni e settimane, ogni volta
in cui si era
ritrovato da solo, era stato ossessionato da quel ricordo. Era stato in
quel
momento che aveva capito che Regulus avesse cambiato idea, e aveva
continuato a
chiedersi come potesse essere stato talmente stupido da non
costringerlo a
farsi aiutare. Glielo aveva solo detto, senza insistere, e questa sua
mancanza
lo aveva tormentato continuamente.
Ma adesso una voce continuava a
sussurrare nelle sue orecchie, ininterrotta, la stessa frase: non è morto.
Com’era possibile? Regulus era
stato ucciso per ordine di Voldemort, o almeno era quello che era
riuscito a
capire. Come poteva essere ancora vivo?
È vivo…
L’enormità di quella rivelazione
lo aveva colpito con la stessa violenza di un macigno che gli si fosse
abbattuto sulla testa. Era tutto assurdo, non aveva senso. Dopo tutto
quello
che era successo, dopo che era arrivato a odiarsi per non essere
riuscito a
salvarlo, quel che Rachel gli aveva detto gli sembrava impossibile.
Ma era impossibile. Regulus era
morto. Sirius aveva impiegato settimane
per accettare la dura realtà e per rendersi conto che non
avrebbe mai più avuto
un’ultima occasione di aiutarlo.
Ora quella ragazza non poteva
saltare su all’improvviso e rendere vani tutti i suoi
tentativi di non pensare
a quel fratello che da troppo tempo non era più tale.
Credeva di essere
riuscito a farsene una ragione, o almeno a fare in modo che la propria
vita
andasse avanti…
Sirius svuotò in un solo sorso
tutto il bicchiere.
Forse, pensò, Rachel non gli
aveva mai detto che Regulus fosse sopravvissuto. Forse si era trattato
solo di
un sogno, un ennesimo attacco del suo lato inconscio, quello che
sperava ancora
di poter rimediare.
Sì, non c’era altra spiegazione.
Non era la prima volta che sognava Regulus ancora vivo, quindi
rientrava tutto
nella norma. In realtà le cose non erano cambiate e lui non
doveva
assolutamente illudersi del contrario: gli avrebbe solo fatto ancora
più male.
Mentre formulava questi pensieri,
mise senza pensare la mano nella tasca della giacca, e ne estrasse un
pezzetto
di pergamena sul quale era scarabocchiato un indirizzo.
I battiti accelerarono
improvvisamente.
Allora non se l’era sognato.
Rachel gli aveva detto sul serio quella cosa. Quindi Regulus era
davvero…
Le mani gli iniziarono a tremare.
Sirius si alzò così di scatto che
gettò la sedia all’indietro e urtò
contro il
tavolo. La bottiglia ancora piena di Whisky Incendiario
oscillò e infine cadde
per terra. Era aperta, quindi rovesciò tutto il liquido sul
pavimento.
Sirius tuttavia non ci fece caso.
In fondo, gli venne da pensare, se avesse incontrato Regulus, non si
sarebbe di
certo potuto presentare ubriaco fradicio. Immaginava solo
l’espressione, a metà
tra il disgusto e il compatimento, che il suo fratello perfettino gli
avrebbe
riservato…
E, inspiegabilmente, fu assalito
da un improvviso bisogno di ridere. Non capiva che cosa gli fosse
preso,
credeva di essere impazzito e si sentiva quasi spaventato dalla propria
reazione, ma era più forte di lui.
Fu una risata nervosa, ma
contenuta e molto breve, anche perché si dileguò
come era arrivata, e subito
dopo fu sostituita da qualcosa di molto più spaventoso.
Sirius inorridì quando si sentì pizzicare
gli occhi e cercò di trattenersi.
No, questo no! si disse, sconvolto,
mentre gli occhi gli si
inumidivano.
Non era mai riuscito a piangere
per la morte di Regulus. Perché mai doveva farlo proprio
adesso? Se prima aveva
temuto di essere diventato completamente insensibile, ora si dava solo
dell’idiota.
Dovette adoperare tutto il
proprio autocontrollo per reprimere le lacrime e riacquistare la
lucidità.
C’erano tante cose che non
riusciva a capire, prima tra tutte cosa avesse indotto Regulus a far
credere a
tutti di essere morto, per spuntare fuori dopo più di un
mese… ma al momento
non era quello che gli interessava. Le spiegazioni potevano aspettare.
C’erano
questioni molto più importanti da risolvere.
« Che cosa faccio, adesso? »
chiese ad alta voce, fissando il pezzo di pergamena come se questo
potesse
dargli una risposta. E in effetti, gliela stava dando.
Sirius lesse e rilesse
l’indirizzo più volte, mentre l’ansia
iniziava ad assalirlo. Non aveva la più
pallida idea di come avrebbe trovato il coraggio di presentarsi
lì.
Non avrebbe saputo cosa fare né
cosa dire… ma soprattutto – e non poté
non ammetterlo almeno a se stesso –
aveva una paura matta di incontrare suo fratello.
Rachel tacque, dopo aver concluso
il discorso, e attese la reazione di Albus Silente.
Si trovavano nella stanza che i
Queen avevano adibito a studio. La luce proveniente dalle lampade
illuminava il
viso del Preside di Hogwarts, che aveva un’espressione
indecifrabile.
« Hai corso molti rischi »
commentò lui, infine.
Non aveva alcun tono di
rimprovero nella voce, ma Rachel chinò lo stesso il capo.
Regulus invece, che
era seduto accanto a lei, accorse subito in suo aiuto.
« Non se la prenda con lei »
sbottò. « Non ha bisogno di sentirsi fare una
predica ».
« Ti assicuro che non era mia
intenzione. Anzi, capisco perfettamente le motivazioni di Rachel.
Volevo solo
ricordarle che un viaggio nel tempo non è uno scherzo e che
non deve diventare
un’abitudine. Fortunatamente, Alphard l’ha messa
sufficientemente in guardia
dai pericoli che poteva incontrare ».
Rachel annuì, lanciando
un’occhiata ammonitrice a Regulus. Questo non era affatto
contento di trovarsi
a parlare con uno degli uomini che aveva sempre detestato di
più, ma sapeva
anche di non avere alternative, quindi si rassegnò a fare
buon viso a cattivo
gioco.
« Rachel mi ha raccontato come ti
ha salvato. Ora vorrei sapere che cosa sei riuscito a scoprire, se non
ti
dispiace » disse Silente, puntando gli occhi azzurri su di
lui.
Regulus si raddrizzò sulla sedia
e iniziò suo malgrado a raccontare, da quando Voldemort gli
aveva chiesto di
mandargli il suo elfo domestico a quando Kreacher lo aveva
riaccompagnato alla
caverna. Parlò per almeno un quarto d’ora
ininterrotto, con lo sguardo basso,
perché rinnovare il ricordo di quei momenti era ogni volta
sempre peggio, e
Silente non intervenne mai, rimanendo in silenzio ad ascoltarlo.
Quando Regulus terminò di
raccontare, alzò di nuovo gli occhi su di lui.
Albus Silente era uno dei più
grandi maghi del secolo, in fatto di magia sapeva molte più
cose di chiunque
altro, e inoltre era ritenuto l’unico mago che Lord Voldemort
avesse mai temuto.
Nulla sembrava avere il potere di
turbare la calma dell’anziano Preside di Hogwarts,
né tanto meno il suo
proverbiale buonumore.
Ma quella volta era chiaramente
turbato. E nessuno dei due ragazzi se lo aspettava.
« Devo ammettere di averti
sottovalutato, Regulus Black » disse infine, con dolcezza.
« Che la tua azione
sia stata ammirevole è dire poco. Sei stato molto coraggioso
».
Regulus non sapeva cosa
rispondere, perciò tacque. Non era neanche convinto che
essere ammirato da Silente
dovesse costituire un motivo di vanto, a dire il vero.
Tuttavia, fu solo quando
intercettò lo sguardo di Rachel, che si sentì
fiero di sé. Fino a poco tempo
prima avrebbe pagato tutto l’oro del mondo per vedersi
rivolgere quell’espressione
ammirata da parte sua e adesso non gli sembrava quasi vero.
« Dunque Lord Voldemort ha creato
un Horcrux » disse Silente, facendolo ripiombare
improvvisamente nel mondo
reale.
Regulus annuì.
« Avrei dovuto pensarci, ma non
immaginavo che arrivasse a tanto… Chi altri lo sa?
»
« Soltanto noi tre » rispose
Regulus. « Ho preferito non parlarne nemmeno con mio zio
».
« Hai fatto bene. E questa
scoperta non dovrà uscire da questa stanza.
L’entità delle protezioni che
Voldemort ha installato intorno all’Horcrux lascia intuire
quanto tema di
essere scoperto ».
Silente tacque per parecchi
istanti, le mani giunte davanti al naso, riflettendo intensamente.
« Professore, Kreacher ha provato
a distruggere quel medaglione, ma non c’è
riuscito. Forse è protetto da altre
magie oscure. Lei sa come distruggerlo? » intervenne Rachel.
« Mi informerò al più presto. Per
il momento non è questo che mi preoccupa di più
».
Rachel e Regulus si scambiarono
un’occhiata perplessa. Che cosa poteva esserci di
più preoccupante di un
Horcrux?
« Quante altre persone sanno che
Regulus è vivo? » domandò Silente.
« A parte Alphard e i miei
genitori, per ora lo sanno solo Kreacher e… bè,
anche Sirius » rispose lei.
« Non dovrà saperlo nessun altro
».
L’affermazione di Silente fu
accolta con perplessità da Regulus e con
un’esclamazione di stupore da parte di
Rachel.
« Neanche l’Ordine della Fenice?
»
Il Preside scosse la testa.
Rachel lanciò un’occhiata
dispiaciuta al ragazzo, ma subito dopo aggrottò le
sopracciglia.
« Allora è vero. C’è sul
serio
una spia dei Mangiamorte tra di noi » disse.
« Non mi sento di escludere
questa possibilità, anche se non ne sono certo. Potrebbe
anche non esserci
alcuna spia ma credo sia meglio non rischiare. Non possiamo permetterci
che la
notizia giunga alle orecchie di Voldemort ».
« Un momento » intervenne Regulus.
« Questo significa che tutti continueranno a credermi morto?
»
« Mi dispiace, ma è l’unico modo
sicuro ».
Regulus si sentì invadere
dall’angoscia. Essere ufficialmente morto avrebbe comportato
conseguenze che
non avrebbe voluto. Non avrebbe potuto vivere una vita normale, sarebbe
rimasto
nascosto come un gufo in gabbia, e nel frattempo sua madre, Narcissa e
chiunque
altro avrebbero continuato a soffrire per qualcosa che non era
successo.
« Non è giusto » commentò
Rachel,
intuendo i suoi pensieri. « E poi come faremo io e Sirius a
comportarci con gli
altri come se Regulus fosse morto? Non lo trovo neanche rispettoso nei
confronti di Emmeline o di James. Lei è stata vicina a me e
lui lo è stato a
Sirius, per tutto questo tempo ».
Silente sembrava altrettanto
dispiaciuto.
« Credo che ne parlerò con
Sirius. Temo di non poter pretendere che tenga nascosta a James una
cosa del
genere. Quanto a te ed Emmeline, non pensavo foste così
amiche ».
« Abbiamo legato molto, ultimamente.
Mi sentirei troppo in colpa a nasconderle una cosa del genere
».
« Sta a te decidere, ma il mio
consiglio resta quello di evitare. Meno persone sapranno la
verità e più
Regulus sarà al sicuro ».
Tutti e tre tacquero, come di
comune accordo. Silente fissava assorto il cielo notturno fuori dalla
finestra,
e sembrava ponderare delle questioni di enorme importanza. Rimase muto
per
minuti e minuti, tanto che ad un certo punto Regulus temette che non
sarebbe
riemerso più dalle proprie riflessioni… e
l’espressione preoccupata che
intravide sul suo volto non lo rassicurò in tal senso.
Ad un certo punto, qualcuno bussò
alla porta e, dopo qualche istante, Perseus si affacciò
nella stanza.
« Chiedo scusa. Rachel, potresti
venire un attimo? »
La ragazza lanciò un’occhiata a
Regulus e Silente, poi seguì suo padre in corridoio.
« Che cosa c’è? »
domandò,
notando l’espressione molto seria di Perseus.
« C’è un tizio che dice di essere
il fratello di Regulus ».
Rachel sussultò, incredula.
« Davvero? E dov’è? »
« Fuori dalla porta, che domande!
Ti pare che, con i tempi che corrono, faccio entrare in casa il primo
sconosciuto che bussa? » replicò Perseus, come se
fosse la cosa più naturale
del mondo. E, considerata la bufera di neve che si era scatenata di
fuori, non
lo era affatto.
Rachel inorridì.
« Gli ho dato io l’indirizzo di
casa nostra. Poveretto, sarà assiderato » disse,
affrettandosi poi a
raggiungere la porta. « Sirius, sei ancora lì?
» chiese.
« Ancora per poco » rispose il
ragazzo, battendo i denti.
Rachel aprì la porta e lo fece
entrare. Sirius era completamente intirizzito ma, quando mise piede in
casa, si
guardò intorno con circospezione, quasi avesse paura di
vedere Regulus spuntare
all’improvviso da dietro una poltrona.
« Sta parlando con Silente »
disse Rachel, notando la sua espressione tesa. La ragazza non riusciva
a
trattenere l’emozione. Non poteva credere che, nel giro di
pochi minuti, i due
fratelli sarebbero tornati a parlarsi di nuovo. Non voleva cantare
vittoria
troppo presto, ma aveva sempre odiato l’espressione cupa che
Regulus assumeva
ogni volta che si parlava di Sirius, e il suo più grande
desiderio al momento
era quello di vedergliela sparire per sempre.
Non pretendeva che quei due
cominciassero improvvisamente ad andare d’amore e
d’accordo come non avevano
mai fatto, ma sperava almeno che si capissero un po’ di
più. Non trovava giusto
il modo in cui si erano allontanati.
« Mi dispiace se ti ho lasciato
fuori, ragazzo » disse Perseus, sentendosi un po’
in colpa nel notare la neve accumulata
sulle spalle del nuovo arrivato.
Sirius scosse la testa e gli
strinse la mano con tutta l’aria di pensare a ben altro. Era
così nervoso che
sembrava pietrificato.
« Vieni, mettiti in salotto »
disse Rachel, conducendolo accanto al camino acceso. « Non
pensavo che ti
saresti deciso così presto ».
« Infatti devo essere impazzito »
commentò Sirius, sedendosi sul divano. Aprì la
bocca per aggiungere
qualcos’altro, ma la richiuse, imbarazzato.
« Vuoi dire qualcosa? » lo
incoraggiò lei, mentre Perseus usciva dal salotto con
discrezione.
« Bè… no, nulla » disse in
tutta
fretta. Poi però aggiunse: « Senti… sei
sicura che lui voglia vedermi? »
Rachel sospirò.
« Lui si chiede la stessa
identica cosa di te. Non voleva neanche sentirti nominare: pensava che
non ti
importasse di lui ».
« Che idiota » mormorò Sirius tra
sé, stringendo i pugni così forte che le nocche
gli divennero bianche.
« Non farti illusioni, siete
idioti allo stesso modo ».
Sirius provò a sorridere, ma gli
uscì solo una specie di ghigno che sembrava più
una smorfia.
« Vado a vedere se ha finito. Tu
non scappare, eh! »
Rachel lanciò un’ultima occhiata
incerta a Sirius, che sembrava sul punto di esplodere per
l’ansia, poi tornò
nella stanza in cui Regulus e Silente stavano ancora parlando.
Quando Rachel era stata chiamata
fuori dalla stanza, Silente aveva guardato Regulus con una delle sue
solite
occhiate che il ragazzo trovava estremamente irritanti.
« Regulus » disse Silente, e lui
non riuscì a mascherare il fastidio che provava nei
confronti di quell’uomo,
soprattutto quando lo chiamava per nome. « Non deve essere
stato facile da
parte tua accettare di parlare con me. So che non hai mai condiviso le
mie
opinioni, e conosco le voci che circolano su di me nella sala comune di
Serpeverde ».
Regulus lo guardò, sorpreso, e
Silente sorrise.
« Oh sì, so che mi considerate
un’odiosa palla al piede… e so per certo che
qualcuno mi definisce un vecchio
rincitrullito… »
Regulus per un attimo ebbe la
tentazione di confermare, ma si trattenne.
« Nonostante questo, spero di
poter collaborare con te. La faccenda è molto seria e non
è necessario che te
lo dica io, quindi ti chiedo di fare tutto il possibile per aiutarmi a
risolverla,
senza pregiudizi di alcun tipo ».
Regulus gli lanciò un’occhiata
scettica.
« Senza pregiudizi? » ripeté.
« E
lei non avrà pregiudizi nei miei confronti? »
domandò, poco convinto.
« Se pensi che io continui a
considerarti un Mangiamorte ti sbagli. Tutti commettiamo degli errori,
e
bisogna sempre concedere una seconda possibilità a chi ha
sbagliato,
soprattutto a chi non riesce a perdonare neanche se stesso ».
Regulus si sentì chiamato in
causa. Aveva pensato di essere destinato ad una morte certa, e
l’aveva quasi
accolta con sollievo, nonostante la paura, perché almeno non
avrebbe più dovuto
fare i conti con i rimorsi che lo tormentavano. Non aveva mai ucciso
nessuno,
ma spesso aveva lasciato che altri lo facessero, quindi si considerava
altrettanto responsabile.
Quella notte aveva sognato i
volti di tutte le persone che aveva visto assassinare, senza aver mai
alzato un
dito per aiutarle... Ecco, lui non riusciva proprio a perdonarsi.
Ma Silente cosa poteva saperne?
Era così disgustosamente buono che sembrava non aver mai
commesso mai un errore
in vita sua.
Eppure, nonostante ciò, sembrava
capire come si sentiva.
« Ho bisogno della tua piena
collaborazione » disse il mago, serio.
« Pensavo che fosse in grado di
scoprire come distruggere l’Horcrux » rispose
Regulus, deluso.
« Non mi riferivo a quello. In
realtà stavo pensando un’altra cosa. Tu mi sei
sembrato piuttosto sicuro del
fatto che Lord Voldemort abbia creato un solo Horcrux… E se
invece ne avesse
creato più di uno? »
Regulus sgranò gli occhi,
incredulo.
« Bè… per un attimo ci ho pensato,
ma è impossibile. Nel libro che ho letto c’era
scritto che creare più di un
Horcrux è pericolosissimo e che nessun mago ci ha mai
provato… o sì? »
Silente aveva un’espressione
terribilmente seria.
« Quello che hai scoperto mi ha
fatto riflettere, mi ha fatto trovare risposte a domande che mi sono
sempre
posto. Pensa a Voldemort, in particolare al suo aspetto fisico. Credi
che sia
sempre stato così? Da giovane era un ragazzo esattamente
come te. Dieci anni fa
era diverso da ora, ma non era più come quando ha lasciato
Hogwarts. Il suo
cambiamento esteriore potrebbe rispecchiare il logoramento della sua
anima. È
cambiato in modo progressivo, e questo mi induce a pensare che non si
sia
limitato a dividere la sua anima solo una volta. Tu lo conosci, sai che
il suo
obiettivo è quello di diventare il più grande
Mago Oscuro di tutti i tempi. Per
farlo, potrebbe aspirare all’impresa che nessun altro
è mai riuscito a
compiere: assicurarsi la quasi completa immortalità. Avere
un solo Horcrux
sarebbe più rischioso di crearne molti altri, non credi
anche tu? »
Regulus sentiva improvvisamente
un forte fischio alle orecchie e non percepiva più altri
rumori all’infuori
della voce di Albus Silente.
Di colpo si sentì svuotato e
scoraggiato, come se un pesante macigno gli fosse franato addosso.
Non era possibile. C’era più di
un Horcrux?
« Lei crede che abbia davvero
voluto correre questo rischio? »
« Conoscendo la persona con cui
abbiamo a che fare, tempo proprio di sì. Non ne sono sicuro,
ma è molto
probabile, purtroppo ».
« Quindi stavo morendo
inutilmente ».
Non avrebbe voluto dirlo, ma i
pensieri gli uscirono dalla bocca prima di poterli trattenere.
« Io non credo che saresti morto
per nulla. Avresti contribuito sicuramente ad una eventuale sconfitta
di Lord
Voldemort, ma di certo la tua impresa non sarebbe stata definitiva. Il
segreto
degli Horcrux sarebbe morto con te, e chissà quando qualcun
altro lo avrebbe
intuito ».
Regulus si teneva le dita premute
contro le tempie. Aveva la sensazione di scoppiare da un momento
all’altro.
Pensava che quella storia fosse quasi finita, che avrebbe solo dovuto
distruggere il medaglione, e invece si era sbagliato di grosso.
« E quanti ne avrà creati? »
« È proprio quello che dovremo
scoprire. Io mi metterò subito alla ricerca di indizi. Credo
che per prima cosa
mi farò una lunga chiacchierata con Horace Lumacorno. Quanto
a te, è meglio se
per il momento il medaglione resti al sicuro a casa tua. Nel frattempo,
ti
consiglio di cercare nella tua mente qualsiasi dettaglio possa tornare
utile ».
« Ma… »
Regulus non fece in tempo ad
aggiungere altro, perché in quel momento Rachel
tornò nella stanza.
« Credo che riprenderemo il
discorso un’altra volta » gli disse Silente,
lanciando alla ragazza un’occhiata
incuriosita.
Regulus la guardò a sua volta, e
si stupì di vederla così agitata.
« Ehm, se avete finito… Regulus,
dovresti venire un attimo » disse lei.
« Prego » fece Silente,
sorridendo serafico.
Lui era ancora troppo scosso dallo
shock degli Horcrux in più per fare troppe domande,
così seguì Rachel fuori
dalla stanza.
« Che succede? » le chiese,
quando lei lo fece fermare davanti alla porta del salotto.
« Entra ».
« Perché? »
« Regulus, entra senza fare
storie. E mi raccomando, comportati bene ».
« Ma che…? »
Il ragazzo non poté finire la
domanda. Rachel lo spinse nel salotto a tradimento, per poi chiudergli
la porta
alle spalle.
Regulus sul momento non capì cosa
fosse successo, ma quando intravide con la coda dell’occhio
qualcuno che si era
appena alzato di scatto dal divano, non ebbe neanche il bisogno di
guardare in
quella direzione per capire. Lo intuì dal silenzio teso che
era improvvisamente
calato nella sala, infranto solo dal crepitare del fuoco, che
rifletteva la sua ombra contro il
muro.
E anche se si sentiva il suo
sguardo addosso, mentre brividi gelidi lo percorrevano dalla testa ai
piedi, Regulus
non poté fare a meno di chiedersi se avrebbe mai avuto il
coraggio di voltarsi.
Silenzio.
Un silenzio di tomba regnava per
la stanza.
Ma un frastuono assordante si era
scatenato nella testa di Sirius. Sembrava che qualcuno si fosse messo a
suonare
la grancassa dentro le sue orecchie.
Il cuore gli martellava nel petto
ad un ritmo talmente serrato da dare l’impressione di essere
sul punto di
esplodere da un momento all’altro. Le ginocchia gli reggevano
ancora solo per
puro miracolo.
Era come assistere all’apparizione
di uno spettro.
Una scarica di euforia mista ad
angoscia e, forse, paura lo immobilizzava, impedendogli di muoversi.
Sarebbe
voluto scappare, ma al tempo stesso non riusciva a staccargli gli occhi
di
dosso.
Non sapeva cosa fare o cosa dire.
Sapeva soltanto che lui era lì, altrettanto immobile,
altrettanto incapace di
dire o fare alcunché.
Regulus.
Non ci aveva mai creduto come in
quel momento. Ora l’enormità della rivelazione lo
aveva colto: era vivo
davvero.
Si sentì invadere da qualcosa di
indefinito, una sorta di pessimismo che gli suggeriva di non illudersi
troppo.
Era la prima volta in cui si
sentiva disposto a gettare via l’orgoglio di fronte a lui, ma
non era certo che
Regulus avrebbe fatto lo stesso. Poteva avercela ancora con lui per
averlo
abbandonato a se stesso, o considerarlo comunque un rinnegato,
perché aveva
tradito i suoi adorati genitori.
Tutti quei dubbi svanirono quando
Regulus si decise finalmente a voltarsi, anche se continuò a
tenere gli occhi
puntati verso il pavimento.
Come se le gambe si fossero mosse
da sole, Sirius avanzò di qualche passo, costringendo
Regulus a rivolgergli uno
sguardo imbarazzato.
Tuttavia rimasero ancora in
silenzio.
Sirius cominciò a pensare che
sarebbero rimasti così in eterno, perché nessuno
dei due sembrava avere
intenzione di cedere per primo. Del resto, quando era stata
l’ultima volta che
si erano parlati senza finire con l’insultarsi?
Una spiacevole sensazione di
rimorso gli arpionò lo stomaco. Non riusciva nemmeno a
ricordare l’ultima loro
conversazione pacifica, se mai ce ne era stata una. Piuttosto gli
tornavano in
mente tutte le litigate furibonde che avevano avuto in passato, quando
Regulus
ancora non si rendeva conto di quello che avrebbe comportato diventare
un
Mangiamorte.
Sirius ricordava perfettamente le
notti che aveva trascorso negli ultimi anni, quando non riusciva a
prendere
sonno e si chiedeva dove diamine fosse quello stupido e se stesse bene.
Una rabbia incontrollata lo
invase all’improvviso, la stessa rabbia bruciante che aveva
provato davanti
alla tomba del fratello.
Cercando di lottare contro gli
occhi che pizzicavano e il tremore che lo aveva colto, Sirius non
poté fare a
meno di esordire nel un modo che gli veniva più naturale ed
istintivo.
Regulus si era deciso ad alzare
lo sguardo solo quando Sirius gli si era piazzato di fronte.
Non si era mai sentito così in
imbarazzo in vita sua. Era terrorizzato da quello che sarebbe potuto
succedere
nei minuti successivi, anche perché non ne aveva la
più pallida idea.
Sirius lo fissava con l’aria di
chi ha appena assistito all’apparizione di un fantasma, e in
effetti la loro
situazione non era poi tanto diversa. Di certo non era indifferente
come lui
aveva temuto quella mattina, tutt’altro: sembrava
concentrato, come se stesse
combattendo una battaglia tra l’istinto di lasciarsi andare e
quello,
altrettanto forte, di trattenersi.
Regulus si torceva le dita, per
scaricare la tensione creatasi intorno a loro. Anche lui era
combattuto.
È incredibile,
pensò all’improvviso, con una certa stizza. È stato quasi meno difficile decidermi
ad
entrare in quella maledetta caverna.
Gli tornarono in mente quegli
istanti. Tra gli altri, aveva pensato anche a Sirius quando aveva
creduto di
morire. Era davvero il caso di fingere ancora totale indifferenza?
Stava quasi per decidersi a dire
qualcosa di sensato, quando Sirius lo anticipò, incapace di
trattenersi oltre.
« Brutto imbecille senza cervello!
»
Regulus non ebbe neanche il tempo
di capire cosa fosse successo, che fu costretto a portarsi una mano
sulla bocca
dolorante.
Tra tutti i tipi di accoglienza
che si era aspettato, un pugno dritto sul volto era l’ultimo
che si fosse
aspettato.
« Ma sei impazzito?! » sbottò,
dimenticando all’istante tutti i pensieri che aveva fatto
fino a quel momento e
sentendosi montare una collera inaudita.
« Può darsi » rispose Sirius,
nient’affatto pentito, mentre Regulus sentiva in bocca il
sapore ferruginoso del
sangue. Profondamente offeso e irritato, frugò nella tasca
alla ricerca della
bacchetta, ma si ricordò di non averla più.
La rabbia, la frustrazione e una
buona dose di delusione lo indussero a ricorrere a sua volta ai metodi
Babbani.
Purtroppo per lui, non era molto allenato, e Sirius non ebbe problemi a
bloccare il suo pugno, diretto allo stomaco.
« Lasciami! » intimò, cercando invano
di liberare i polsi che Sirius gli aveva afferrato e teneva ben fermi.
Sirius
lo accontentò, approfittandone per dargli uno spintone
all’indietro.
Erano di nuovo alle stesse
posizioni di partenza, ma adesso si guardavano in cagnesco, e Regulus
cercava inutilmente
di rimediare al labbro spaccato.
« Sei un idiota! » bofonchiò, nel
tentativo di nascondere il dolore, non solo fisico, che quel pugno gli
aveva
provocato.
« Ne meriteresti altri venti,
come minimo, dopo tutto quello che hai combinato! Te lo avevo detto,
dannazione! Quanto ti ci è voluto per capire di aver
sbagliato? E anche quando
l’hai capito non hai chiesto aiuto a nessuno, tutto per colpa
del tuo maledetto
orgoglio! Ti rendi conto che per un mese ho pensato che fossi morto?
»
Sirius aveva un’aria sconvolta,
quasi spaventosa, a dire il vero. Regulus era talmente impietrito che
non
riusciva più a distogliere lo sguardo dal suo. Quel che vi
leggeva era molto
più di quanto Sirius sarebbe mai stato capace di ammettere.
Dietro la rabbia
c’era qualcosa di molto più nascosto e segreto, e
per la prima volta Regulus
credette davvero alle parole di Rachel: suo fratello si era disperato
per la sua
morte.
« Ammettilo che hai sbagliato!
Voglio sentirtelo dire! » insisté Sirius,
scuotendolo con poca gentilezza.
« Lo so che ho sbagliato,
d’accordo! Sei contento adesso? » sbottò
Regulus, spazientito.
Quello sembrò calmarsi. Per lo
meno, smise di urlargli addosso.
« No che non lo sono. Non hai
chiesto aiuto a nessuno. Se pensavi che te lo avrei rifiutato, sei
veramente un
imbecille ».
« Smettila di insultarmi! »
protestò l’altro, perdendo la pazienza.
« E tu non farmi mai più uno
scherzo del genere, idiota che non sei altro ».
Irritato, Regulus reagì, deciso a
ricambiare il pugno che l’altro gli aveva sferrato pochi
minuti prima. Sirius
tuttavia evitò il colpo all’ultimo istante e lo
immobilizzò.
Per alcuni secondi il minore
pensò che l’altro fosse intenzionato a
stritolarlo, ma con un colpo al cuore si
rese conto che in realtà lo stava abbracciando.
La sua prima reazione fu quella
di ritrarsi, orripilato, ma probabilmente il suo corpo non rispondeva
al
cervello, perché non si spostò di un solo
centimetro. Si ritrovò ad
abbracciarlo a sua volta… o meglio, a dare delle pacche un
po’ goffe sulla
schiena dell’altro, mentre Sirius sembrava un pezzo di
ghiaccio per quanto era
rigido: nessuno dei due era abituato a quel tipo di manifestazioni di
affetto.
Ma in quel momento a Regulus non
importava più di quanto quell’abbraccio fosse
impacciato, o che Sirius fosse un
traditore del suo sangue scappato di casa, o che avessero trascorso la
maggior
parte della loro vita a litigare.
Aveva ritrovato un fratello;
tutto il resto non contava.
« D’accordo, diamoci un taglio »
disse Sirius all’improvviso, allontanandosi in tutta fretta e
assumendo un tono
freddo e scostante.
« Guarda che hai cominciato tu »
ribatté Regulus, altrettanto glaciale.
Si scambiarono un’occhiata veloce
ma si affrettarono a distogliere gli sguardi dopo essersi accorti che
entrambi
avevano gli occhi lucidi.
« Qualcuno sta affettando le
cipolle » disse Sirius ad un certo punto, e l’altro
lo guardò senza capire. All’inizio
pensò che fosse diventato matto, ma poi si rese conto di
quel che voleva dire.
« Sì, infatti » si affrettò a
confermare, lieto di aver trovato una scusa alla sua evidente mancanza
di
autocontrollo.
Rimasero in perfetto silenzio per
un po’, senza guardarsi e cercando di riprendersi.
Alla fine Regulus non seppe
resistere alla curiosità di avere una risposta ad un dubbio
che lo tormentava
da parecchie ore, anche se la considerava un po’ avventata in
quel momento.
« È vero che ti sei sentito in
colpa perché non sei riuscito ad impedirmi di…
bè, di diventare un seguace di
Tu-Sai-Chi? »
Sirius esitò, imbarazzato. Non si
aspettava da lui una domanda così esplicita e diretta.
« Tu cosa dici? » rispose infine.
Regulus non poté fare a meno di
esibire una smorfia di scherno.
« Dico che solo un egocentrico
come te avrebbe potuto pensare di esserne responsabile ».
Sul momento Sirius non rispose ma
poi, resosi conto del fatto che suo fratello lo stava chiaramente
prendendo in
giro, sbottò:
« Ma sta’ zitto, idiota
».
*Angolo
autrice*
Non ci posso credere, l'ho scritto davvero! *-*
Fantastico su questo momento da quasi un anno, e
all'inizio lo avevo immaginato molto più sentimentale...
però quando mi sono ritrovata a scriverlo sul serio, ho
capito
che Regulus e Sirius non avrebbero mai potuto gettarsi l'uno tra le
braccia dell'altro come se non fosse mai successo nulla,
così ho
pensato di rendere il loro incontro un po' più movimentato!
XD
Spero tanto che vi sia piaciuto, perché è il
capitolo a
cui tengo di più, e spero che abbiate reagito come vorrei:
io
sinceramente non sapevo più se dovermi commuovere
o mettermi a ridere! XD
Naturalmente ora non andranno d'amore
e d'accordo, insomma, sono sempre i soliti fratelli Black che
conosciamo. Però si sono sbloccati, ed è
già
tanto!
Per quanto riguarda la parte iniziale del capitolo, cercate di capire
Sirius: è un po' esaurito, poveretto, e ridere per lui deve
essere un modo per sfogarsi (pensate a quando è stato
arrestato
ç_ç).
Il prossimo capitolo purtroppo arriverà dopo le vacanze.
Avrei
voluto non fare pause natalizie ma in questi giorni ho potuto scrivere
pochissimo, tra gli esami, l'ispirazione intermittente e una mano che
mi faceva misteriosamente
male... Quindi vi auguro fin da ora Buon Natale, felice anno nuovo e
(per chi di voi scrive) tanta, tanta ispirazione, che non fa mai male!
XD
In linea di massima, pubblicherò il prossimo capitolo il 7
gennaio! Mi dispiace ma spero che il capitolo di oggi vi
sia di consolazione! ^^
Buone feste!!
|
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Capitolo 15 *** Reticenza e segreti ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 15
Reticenza e segreti
La
notte era appena calata
sull’oscura foresta che si estendeva in tutte le direzioni e
sembrava non
finire mai, completamente immersa in un silenzio irreale: non si
udivano i
versi dei gufi e degli altri animali notturni. Era come se qualcosa di
oscuro e
spaventoso avesse fatto scappare tutte le creature nei dintorni.
Gli unici rumori che infrangevano
quel silenzio ovattato erano i passi lenti di un ragazzo, che camminava
senza
alcuna fretta, come se fosse convinto di non correre pericoli,
spezzando i
rametti secchi caduti a terra e graffiandosi i pantaloni quando passava
accanto
agli arbusti e ai rovi coperti di neve.
Era un giovane dall’aspetto
malsano, indossava abiti logori e vecchi, e trascinava un sacco
dall’aria pesante.
Quel ragazzo era Remus Lupin, ma
quasi nessuno dei suoi conoscenti in quel momento sarebbe stato capace
di
riconoscerlo, tanto aveva trasfigurato i suoi lineamenti.
A causa del gran freddo emetteva
una nuvoletta di vapore dalla bocca e temeva che le orecchie e la punta
del
naso gli si fossero ormai congelati, ma cercava di non pensarci e
tendeva lo
sguardo in avanti, pronto a cogliere il segnale che gli avrebbe fatto
capire di
essere arrivato.
Camminava da almeno un’ora quando
finalmente scorse un vago chiarore in mezzo agli alberi di fronte a
sé e, più
si avvicinava, più riusciva a distinguere il bagliore di un
enorme falò e i
versi e le risate di tutti quelli che vi erano riuniti intorno.
Prima di varcare la soglia della
radura, Remus inspirò profondamente, cercando di cancellare
dal proprio volto
l’espressione di ribrezzo nei confronti di chi stava per
incontrare e di
calarsi nuovamente nel ruolo che gli spettava e che Albus Silente gli
aveva
affidato.
« Eccolo, è tornato! »
Una voce rauca e acuta, come
quella di un cane che abbaiava, accolse il ritorno di Remus nel branco,
subito
seguita da altre voci altrettanto dure e stridenti.
« Era ora! Hai portato qualcosa?
»
« Tutto per voi » rispose Remus
con un tono pacato, lanciando loro il sacco che aveva trasportato. I
Lupi
Mannari si avventarono contro di esso, estraendone prosciutti e
bistecche
crude, che iniziarono a divorare intorno al fuoco.
Remus li osservò sbranare la
carne senza battere ciglio, e riuscì a restare altrettanto
impassibile quando
percepì un’ombra che gli si era accostata.
« Bel lavoro. Dove li hai presi?
»
Remus alzò lo sguardo e incrociò
quello della persona che probabilmente odiava più al mondo.
« In un villaggio ad alcuni
chilometri da qui ».
Fenrir Greyback ghignò, scoprendo
i denti gialli e macchiati di sangue.
« Quel villaggio sembra
incantevole. Credo proprio che andremo a visitarlo, la prossima luna
piena ».
Remus strinse i pugni ma non
diede a vedere il proprio turbamento e annuì semplicemente.
Quella sera aveva
prelevato tutto quel cibo dal magazzino di un macellaio ma gli aveva
lasciato
parecchi soldi come risarcimento, per sentirsi meno in colpa di come si
sentiva
al momento.
Greyback lo superò, diretto a sua
volta verso il cibo che era stato lasciato apposta per il capo branco,
e Remus
si sentì invadere le narici del tanfo ripugnante di sangue e
morte che Fenrir
emanava.
Oppresso, non poté fare a meno di
fissare la sua nuca con rabbia. Non era facile convivere col mostro che
gli
aveva rovinato la vita, ma non era quello che trovava davvero
intollerabile.
Il branco era composto da una
quindicina di adulti, che erano i diretti sottoposti del capo Greyback.
Insieme
ad essi c’erano altrettanti bambini. Bambini maledetti
esattamente come lui ma,
a differenza di lui, strappati prematuramente alle proprie famiglie.
Alcuni di essi vivevano allo
stato brado da qualche anno, e ormai sembravano essersi adattati alla
loro vita
da reietti. Ma non potevano essersi anche abituati: alla licantropia
non ci si
abitua mai, pensò Remus, perché il dolore e la
sofferenza che ne consegue si
ripetono ogni mese.
Altri invece non avevano ancora
accettato quella nuova condizione e se piangevano di giorno, suscitando
l’ira
di Greyback, di notte erano assaliti dagli incubi peggiori.
Remus ne aveva notato uno in
particolare. Doveva essere nuovo, perché non lo aveva mai
visto fino a due
giorni prima.
Si era impossessato di una coscia
di pollo e si era appartato in un angolo, la schiena appoggiata al
tronco di un
albero, divorando il cibo quasi con rabbia.
Dal momento che Greyback e gli
altri non gli davano più retta, Remus si avvicinò
con cautela al bambino.
Quando gli si sedette accanto, quello lo fissò con sospetto,
portando il pollo
fuori dalla sua portata.
« Non voglio rubartela » esordì
Remus.
Ma lui non si fidava.
« Ho già mangiato » lo
continuò a
rassicurare. Alla fine il bambino sembrò credergli e
tornò ad addentare il
pollo crudo.
« Come ti chiami? »
« Timothy » bofonchiò il bambino,
con un tono piuttosto scorbutico.
« Il mio nome è Angus Macfow » si
presentò l’altro, con lo pseudonimo che usava
quando svolgeva quelle missioni
da infiltrato nel branco di Greyback.
Timothy non lo guardò né rispose.
Al contrario, si perse a fissare il vuoto.
Remus gli lanciò un’occhiata e
rabbrividì. Sotto la veste sporca e strappata, una grossa
cicatrice spuntava da
sotto la nuca e probabilmente proseguiva per tutta la schiena. I
capelli rossi
gli ricadevano davanti agli occhi, nascondendo i graffi del volto.
Una rabbia incontrollabile lo
assalì. Timothy sembrava avere la stessa età di
Remus quando era stato morso da
Greyback. Gli ricordava tanto se stesso ma, a differenza di lui, quel
bambino
non aveva avuto la fortuna di essere tenuto ancora in casa dai
genitori.
Greyback se l’era portato via, strappandolo alla famiglia e
privandolo di quel
minimo di serenità che avrebbe potuto trovare
nell’affetto dei suoi cari.
La sua vita sarebbe stata come
quella degli altri Lupi Mannari, una progressiva e inarrestabile
discesa verso
un abisso fatto solo di violenza e bestialità.
« Hai paura? »
Timothy lo guardò con
perplessità, ma Remus sapeva di non aver sbagliato.
Ricordava quando aveva la
sua età: voleva essere confortato da chi sapeva per
esperienza personale cosa
significasse essere un Lupo Mannaro. Lui si era dovuto arrangiare da
solo, ma
sperava di poter dare un minimo di sostegno a quel bambino.
« Sì » rispose quello, chinando
il capo, con un tono funereo. Poi alzò di nuovo lo sguardo,
puntandolo sulla
luna in fase crescente. « Tra pochi giorni
diventerà piena, e per me sarà la
prima…
Farà male? »
Remus si sentì invadere da una
terribile sensazione di pena. Odiava essere lì e vedere ogni
volta gli sguardi
impauriti negli occhi di quelli che un tempo erano stati bambini
normali, come
tutti, desiderosi e impazienti di avere la loro prima bacchetta magica
e di
poter diventare grandi maghi.
« Non preoccuparti. Siamo in una
foresta, quindi ti limiterai ad inseguire gli animali…
»
« E allora perché tu sei
ricoperto di cicatrici? »
Remus esitò, ma alla fine si
decise a dirlo.
« All’inizio ho cercato di
trattenermi. Mi facevo legare prima della luna piena, perché
non volevo
rischiare di uccidere nessuno. Ma le corde erano sempre poco robuste, e
in
assenza di prede la mia violenza si ritorceva contro me stesso, e mi
ferivo da
solo ».
Timothy adesso sembrava molto
meno scorbutico. Il suo sguardo malinconico colpì Remus
così tanto che si
convinse che non lo avrebbe mai dimenticato, neanche in mille anni.
« Erano i tuoi genitori a
legarti? Come mai ti hanno tenuto con loro? »
domandò, rannicchiandosi con le
ginocchia flesse al petto.
« Speravano che sarei stato
sempre lo stesso bambino che conoscevano, ma non è stato
così… » mentì Remus.
Si sentiva quasi in colpa a mentire sul comportamento dei suoi
genitori, che al
contrario gli erano stati accanto fino alla fine.
« Bè, erano umani
» commentò Timothy, con un tono improvvisamente
glaciale. «
Greyback dice che ci considerano inferiori, ed è vero. Sono
cattivi e malvagi.
Mio cugino mi ha trattato malissimo quando… mi è
successo. Mi chiamava “ibrido”
e “animale”. I miei alla fine gli hanno dato retta
».
Remus non sapeva cosa dire. Era
impressionato dalla naturalezza con cui Timothy raccontava la propria
esperienza. Certe volte dimostrava di essere ancora un bambino, ma in
altri
momenti il lavaggio del cervello operatogli da Greyback stava
già iniziando a
dare i suoi frutti.
« Tu credi che tutti i maghi
siano cattivi? » gli chiese.
« Sì, tutti gli umani. Perché, tu
ne conosci alcuni che non lo sono? »
Ora aveva parlato con un tono più
ingenuo e infantile. Remus ne fu quasi sollevato: non riusciva a
immaginare
quel bambino diventare un mostro assetato di sangue e di vendetta.
« Bè, può darsi… »
mentì. Non
poteva farsi saltare la copertura, anche se avrebbe dato qualsiasi cosa
pur di
salvarlo dal destino che lo attendeva e fargli capire che Greyback non
gli
raccontava la verità: esistevano davvero delle persone
disposte a voler bene
anche ad un Lupo Mannaro. E invece tacque di nuovo.
« Lo sapevo, non esistono ».
Detto questo, Timothy gli voltò
le spalle e si sdraiò di lato sull’erba tenera e
umida della radura, tremando
per il freddo.
Remus gli posò il proprio
mantello sulle spalle, e lo osservò mentre si addormentava,
pensando a quello
che Timothy sarebbe diventato se avesse continuato a vivere in quel
branco.
Era la maledizione che avevano in
comune: Timothy non sarebbe mai vissuto come un bambino normale, non
sarebbe
mai andato a Hogwarts né avrebbe mai conosciuto degli amici
come quelli che lui
aveva avuto la fortuna di incontrare.
Remus lasciò vagare lo sguardo
lontano, fissando la luna senza vederla davvero.
Già, gli amici,
pensò, con una certa preoccupazione. Quando il
gruppo dei Malandrini si era ufficialmente formato, si era realizzato
il suo
desiderio più grande. Fino a prima di cominciare la scuola
non aveva mai
creduto che delle persone potessero fare tanto per lui, e invece loro
tre lo
avevano fatto, sfidando ogni regola e correndo moltissimi rischi, solo
per lui.
Ma ora una strana inquietudine
minacciava quel quadro perfetto, come un’ombra che lo
ricopriva lentamente. Il
sospetto che nell’Ordine della Fenice ci fosse un traditore
lo tormentava da
ore: Silente non era riuscito a convincere nessuno.
Era preoccupato per l’incolumità
dei suoi amici. Se c’era davvero una spia, erano in pericolo.
Non aveva la più pallida idea di
chi poteva essere. Peter era terrorizzato, e per questo aveva cercato
subito un
capro espiatorio, ma che la colpevole fosse Rachel gli sembrava
improbabile.
Quello di cui sospettava di più
era Mundungus Fletcher. Non era esattamente un membro
dell’Ordine, ma forniva
dei buoni informatori tra la gente di malaffare che frequentava per i
suoi
commerci illegali. Ma di sicuro Mundungus non sapeva nulla degli
spostamenti
del vecchio Ministro della Magia.
Remus scosse la testa: gli faceva
male.
C’era un pensiero che cercava di
uscire dagli anfratti della sua mente, ma lui cercava disperatamente di
ignorarlo, tanto era assurdo.
Non era giusto farsi venire il
minimo dubbio su uno dei suoi migliori amici. Era un comportamento da
perfetto
ingrato.
Ma non riusciva a spiegarsi come mai Sirius
non si fosse
presentato alla riunione di quella sera, sparendo dalla circolazione
senza
avvertire nessuno, nemmeno James. Che cosa aveva da fare di
così importante per
piantarli in asso senza neanche avvisare?
Non riusciva proprio a
spiegarselo.
« Certo che Sirius ci è andato giù
pesante » disse Rachel,
osservando il labbro sanguinante di Regulus per poi alzare lo sguardo e
incrociare quello di Perseus, il quale stava nascondendo un sorrisetto
estremamente compiaciuto. Lei lo guardò molto male, e quello
ebbe almeno il
buon gusto di far finta di nulla.
« Non è niente » bofonchiò
Regulus, imbarazzato.
« Sta’ fermo un attimo » gli disse
Rachel, rimarginandogli
il taglio con un colpo di bacchetta. « Ecco fatto
».
Lui non la guardò e si soffermò a fissare
l’orologio che
si trovava sulla credenza della cucina di casa Queen, con
un’espressione molto
imbarazzata.
Rachel se l’era immaginato. Regulus di certo non voleva
essere costretto a rispondere a domande su come fosse andato il suo
incontro
con Sirius, non in presenza di altre persone come Perseus e Diane.
Quanto a
lei, per il momento era disposta ad aspettare ancora un po’.
Attraverso la
porta del salotto aveva sentito i due fratelli ricominciare a litigare
come da
copione, ma non era intervenuta, lasciando loro la
possibilità di comportarsi
come due persone mature, per una buona volta. E a giudicare dalle facce
imbarazzatissime con cui erano usciti dalla stanza, aveva avuto
un’ottima idea.
Aveva appena finito di complimentarsi con se stessa,
quando Sirius e Silente si affacciarono alla porta della cucina.
Dovevano
appena aver finito di discutere sulle persone che avrebbero potuto
sapere del
ritorno di Regulus, e Sirius non sembrava molto soddisfatto.
« Bene » esordì Silente, «
credo che ci siano un paio di
ultime cose da decidere. Naturalmente Regulus dovrà rimanere
al sicuro. Dal
momento che non potrà tornare a casa sua, mi
chiedevo… »
« Non c’è problema, resta con noi
» esclamò Rachel, con
entusiasmo.
« E dove lo mettiamo? Non c’è posto
» sibilò Perseus,
fissando il ragazzo con aria omicida.
« Non dovete sentirvi obbligati » disse Regulus
cupo,
rivolgendosi ai signori Queen. Naturalmente, pensò Rachel,
non era abituato a
dover chiedere ospitalità. Doveva sentirsi anche piuttosto
umiliato in quel
momento.
« Non pensarci neanche, non ho alcuna intenzione di farti
uscire da questa casa, con tutti i pericoli che corri. E, caro,
ti
ricordo che abbiamo una stanza per gli ospiti » disse Diane,
in tono
minaccioso.
« Ah, giusto… » ribatté
Perseus, mentre Silente sembrava
divertito dalla situazione.
« Perfetto. Regulus, faremo in modo di trovarti comunque
una bacchetta nuova. Quanto ad Alphard, sarà meglio
che gli offra anche la
mia protezione. Naturalmente so che è un mago in gamba, ma
me lo ricordo fin da
quando studiava a Hogwarts, e non è mai stato molto
prudente… Comunque, credo
sia ora di togliere il disturbo » disse il Preside.
« Professore, vuole qualcosa da mangiare? » disse
Diane.
« No, grazie, ormai è mezzanotte passata.
L’unica cosa che
voglio fare adesso è una gran bella dormita »
rispose cordialmente l’uomo.
Perseus lo accompagnò alla porta.
« Credo che andrò anche io »
esordì Sirius, quando Silente
si fu Smaterializzato oltre il cancello della villa.
Rachel diede una leggera gomitata
a Regulus, che si riscosse e lo seguì fuori dalla cucina.
Rachel inizialmente
pensò di lasciarli da soli, ma non poté resistere
alla tentazione di assistere
alla scena e si decise a raggiungerli.
« Cosa hai raccontato a Silente di così importante
da farlo
venire addirittura qui? » stava chiedendo Sirius, fermo
nell’ingresso.
« Niente di particolare » mentì
Regulus.
« Come no. Tu ne sai qualcosa? »
replicò Sirius, rivolgendosi alla ragazza.
Rachel scosse la testa a sua
volta. Se Regulus era così deciso a non coinvolgere il
fratello nella questione
degli Horcrux, lei non poteva comportarsi diversamente.
« D’accordo ». Sirius non
sembrava affatto convinto, ma non insisté. «
Un’altra cosa. Insomma… sei
proprio sicuro di restare qui? »
« Perché non dovrei? » rispose
Regulus, perplesso.
« Non lo so, ma mi è sembrato che
la tua presenza non fosse molto gradita… »
« Oh, ignora mio padre, sembra un
cane mastino ma alla fine l’unica cosa che sa fare
è borbottare » rispose
Rachel, divertita.
Sirius ridacchiò e si rivolse a
Regulus con un’espressione ironica.
« Sarà, ma stai attento. Secondo
me sarebbe capace di piazzare un troll da guardia davanti alla porta
della tua
stanza ».
« Non lo farà solo perché la
stanza degli ospiti si trova proprio attaccata alla sua »
disse Rachel,
sorridendo all’espressione orripilata di Regulus.
« Bè, cerca di non impazzire e di
fare il bravo bambino che sei sempre stato. Non vorrei che ti sbattesse
fuori
di casa. Sarebbe davvero una seccatura per me essere costretto ad
ospitarti »
disse Sirius.
« Senti chi parla. E non ci tengo
affatto a stare a casa tua. Piuttosto preferirei dormire sotto un ponte
»
replicò Regulus, indignato.
Rachel non sapeva se preoccuparsi
o meno, ma capì che a quanto pareva quei due erano capaci di
intrattenere una
conversazione solo in quel modo, stuzzicandosi a vicenda.
« Meglio per me… Be’, io
vado…
ciao ».
« Ciao… »
« Buonanotte, Sirius » esclamò
allegramente Rachel, per rompere quel silenzio imbarazzante che si era
creato.
Lui uscì nel giardino e, come aveva fatto Silente qualche
minuto prima, si
Smaterializzò.
Rachel richiuse la porta e lanciò
un’occhiata a Regulus.
« Allora? »
« Allora cosa? » fece lui,
estremamente a disagio.
« Non fare il finto tonto, mi
devi raccontare tutto. Avete fatto pace? »
Regulus esitò.
« Bè, non proprio… più o
meno »
cercò di non sbilanciarsi troppo.
Rachel gli lanciò un’occhiata
esasperata.
« Come sarebbe più o meno?
»
« Non abbiamo parlato molto, sai
come siamo fatti, no? »
La ragazza incrociò le braccia,
sbuffando sonoramente. Doveva aspettarsi che Regulus non sarebbe corso
da lei a
raccontarle per filo e per segno di cosa avesse parlato con Sirius, ma
ricevere
almeno un breve resoconto non le sembrava una pretesa così
esagerata.
« Ma per lo meno vi siete
chiariti? »
Stava morendo dalla curiosità, anche
se sapeva quanto fosse restio a mostrare i suoi pensieri riguardo
Sirius.
« Sì… »
« Wow, che loquacità… »
« Senti, devo rendermene ancora
conto ».
Rachel abbandonò subito il tono
sarcastico che aveva usato prima.
« Hai ragione, scusa. Negli
ultimi due giorni hai avuto troppi shock. Non insisterò
più, per ora ».
Regulus sorrise.
« Te lo racconterò, non temere.
Anche perché so che saresti capace di usare la Legilimanzia
per
scoprirlo ».
« Puoi scommetterci! »
« A proposito »
disse Regulus, tornando immediatamente serio. Prese le sue mani nelle
proprie e
le si avvicinò, parlandole all’orecchio come per
non farsi sentire da nessun
altro. « Grazie, di tutto ».
Rachel si sentì
percorrere da un brivido e rispose abbracciandolo forte e posando la
testa
sulla sua spalla, immensamente felice per lui.
Quando Albus
Silente rientrò nel suo ufficio di Preside a Hogwarts, la
stanza era immersa
nel buio e il silenzio era interrotto solo dai respiri più o
meno pesanti dei ritratti
che sonnecchiavano.
Con un colpo di
bacchetta accese le lampade, rischiarando l’ambiente che lo
circondava. Colpiti
dalla luce, parecchi Presidi si agitarono nelle loro cornici,
borbottando
qualche lamentela, ma poi tornarono subito a dormire, o a fingere di
dormire, a
seconda dei casi.
« Ciao, Fanny »
sussurrò alla sua Fenice, appollaiata sul trespolo. Questa
lo guardò e chinò la
testa sotto la carezza del mago, per poi chiudere di nuovo gli occhi.
« Phineas, è
successo qualcosa durante la mia assenza? »
domandò Silente, lanciando
un’occhiata al ritratto alla sua destra.
L’uomo
appoggiato alla cornice continuò a russare rumorosamente,
forse troppo.
« Phineas, so
che sei sveglio ».
« Forse dovrei
prestargli il mio cornetto acustico » intervenne Dexter
Fortebraccio,
sarcastico.
« Phineas! »
strillò Everard.
« Insomma, che
maniere! » protestò Phineas, indignato. Fece
scorrere lo sguardo sui ritratti
che lo guardavano male e infine su Albus. « Silente! Stavo
dormendo, se non te
ne eri accorto ».
« Certo, certo.
Volevo solo sapere cosa è successo mentre ero via, dal
momento che ti avevo affidato
l’incarico di sostituirmi ».
« Oh, niente di
particolarmente interessante. Gazza è venuto a lamentarsi
ancora una volta di
Pix. Pare che quel Poltergeist abbia fatto irruzione nelle cucine,
distruggendo
la cena e terrorizzando tutti gli elfi domestici. Ordinaria
amministrazione,
insomma » rispose Phineas, con il suo solito tono annoiato.
« E tu invece come
mai te ne sei andato a gironzolare a quest’ora della notte?
»
Albus ignorò i
sussurri scandalizzati degli altri Presidi. Non si preoccupava del modo
sarcastico con cui Phineas gli si rivolgeva. Anzi, lo trovava molto
divertente,
a dire la verità.
« Ordinaria
amministrazione » rispose, rivolgendosi un sorriso.
Phineas inarcò
un sopracciglio, indignato, poi si appoggiò di nuovo alla
propria cornice,
borbottando tra sé.
Albus si
diresse verso la propria scrivania e si sedette, appoggiando i gomiti
sul
ripiano.
« Sembri
preoccupato » osservò Dilys Derwent.
« Lo sono, infatti
» rispose lui. Non aggiunse altro, e i suoi predecessori
parvero intuire che al
momento sarebbe stato meglio non fare ulteriori domande.
Silente fissava
un punto imprecisato del proprio ufficio, ma la sua mente era altrove.
Non si riteneva
una persona che si faceva prendere facilmente alla sprovvista, ma
quella sera
aveva avuto parecchie sorprese. La quantità impressionante
di informazioni che
aveva assunto nel giro di poche ore sembrava premere per uscire dalla
sua
testa, e il mago sentì il bisogno di riversarle nel
Pensatoio che teneva
proprio nel suo ufficio.
Mentre vi
versava i ricordi più recenti, poteva vederli prendere
forma: Malocchio che gli
rivelava i propri sospetti riguardo ad una spia nell’Ordine
della Fenice,
Rachel Queen che gli raccontava dell’impresa folle e
disperata che aveva
compiuto con una Giratempo, e Regulus Black vivo, che gli svelava il
più grande
segreto di Lord Voldemort.
Horcrux.
Non gli
sembrava vero. Aveva compiuto decine e decine di ricerche su quello che
Voldemort aveva potuto fare per rendersi quasi immortale, ma adesso
aveva la
risposta.
Un Horcrux era
al sicuro. Bastava informarsi su come distruggerlo e non sarebbe stato
un
enorme problema. Ma tutti gli altri? Dove li avrebbe cercati?
Albus si posò
le dita sottili sulle tempie, cercando di restare lucido come sempre.
Non aveva
bisogno di farsi prendere dallo sconforto. L’indomani mattina
avrebbe convocato
Horace Lumacorno e lo avrebbe interrogato. Si chiese perché
non ci avesse
pensato prima. Horace era il professore che più di tutti
aveva legato con Tom
Riddle, a scuola. Sarebbe partito da lui; dopo di che, avrebbe
approfondito le
ricerche che già aveva iniziato da tempo sul passato del
mago oscuro più
potente di tutti i tempi. Con un po’ di fortuna, forse
sarebbe riuscito a
capire quanti e quali Horcrux fossero stati creati.
Il suo sguardo
vagò per un attimo intorno alla stanza, per poi posarsi di
nuovo su Phineas
Nigellus, il quale stava avendo un vivace scambio di opinioni con
Armando Dippet.
Un po’ gli
dispiaceva tenerlo all’oscuro del fatto che Regulus fosse
vivo. Temeva che non
avrebbe trattenuto l’entusiasmo e avrebbe rischiato di non
tenere la bocca
chiusa in presenza dei suoi ultimi parenti a Grimmauld Place. Tuttavia
ricordava bene il suo sguardo cupo e distrutto, quando la notizia della
morte
di Regulus si era ormai diffusa in tutta la comunità magica.
« Phineas, ti
rendi conto che per colpa di Voldemort l’erede su cui la tua
famiglia riponeva
ogni speranza non c’è più? »
gli aveva detto quel giorno, ben conscio di quanto
quell’argomento gli stesse a cuore.
« Alla faccia
della sensibilità, Silente! Falla finita. Lo so bene, e non
ho bisogno che me
lo venga a dire tu! » aveva risposto Phineas, furibondo.
« Chiedo scusa.
Mi auguro che d’ora in poi non esalterai più le
imprese di Voldemort come se
fosse un salvatore della comunità magica e che mi aiuterai
invece a
sconfiggerlo ».
Phineas aveva
taciuto per parecchio tempo, la fronte corrugata e il viso contratto in
un’espressione di immenso sconforto. Da che Silente era
diventato Preside,
Phineas non era mai rimasto zitto per così tanto tempo.
« D’accordo »
aveva detto alla fine di quella lunga riflessione.
Ora Silente
avrebbe potuto raccontargli che in realtà l’erede
che rimpiangeva era vivo, ed
era certo che Phineas sarebbe stato talmente fiero del proprio
discendente che
non avrebbe dato più pace a nessuno, continuando a esaltare
la superiorità dei
componenti della propria famiglia. Ma non poteva dirglielo, non in quel
momento. Doveva restare un segreto: lo sapevano già troppe
persone.
Con un sospiro,
si raddrizzò sulla sedia, pensando a quel ragazzo che tanto
lo aveva stupito.
Il suo sbigottimento non era dovuto all’indubbio intuito di
Regulus, che era
riuscito a scoprire un segreto tanto pericoloso come quello degli
Horcrux, ma
piuttosto al modo in cui era stato disposto a pagare volontariamente
per i
propri errori.
Regulus era
sempre stato un tipo individualista e non aveva mai voluto
l’aiuto di nessuno, e
Silente ricordava perfettamente il suo netto rifiuto di farsi tirar
fuori dal
guaio in cui si era andato a cacciare. Anche quando aveva capito il
proprio
sbaglio, non aveva chiesto aiuto a nessuno, affrontando la morte
spontaneamente. Il suo rimorso doveva essere talmente
enorme…
Albus lanciò
un’occhiata al libro che si trovava sulla scrivania, perso
nelle proprie
riflessioni. Regulus non poteva saperlo, ma lui sapeva bene come ci si
sentiva
ad essere in preda ad un rimorso bruciante. Lo capiva, ma non si
sentiva affatto
migliore di lui. Regulus era stato disposto a morire nel silenzio pur
di
salvare la sua famiglia. Questo lo aveva colpito più di ogni
altra rivelazione
di quella sera.
E tu, Albus? Che cosa sei stato disposto a
fare per la tua famiglia? si disse, sospirando e passando le
dita sulla
copertina rigida del libro di fronte a sé. Sei
sempre stato un egoista… E continui ad esserlo.
Forse, pensò,
sarebbe stato meglio dedicarsi interamente alla ricerca degli Horcrux,
invece
di continuare a perseguire quell’aspirazione ossessiva che
era stata la sua
rovina.
E con una sorta
di ripugnanza verso se stesso, ripose nel cassetto della scrivania la
sua copia
delle Fiabe di Beda il Bardo. Almeno per il momento.
*Angolo
autrice*
Buon
anno a tutti! Spero che abbiate passato delle belle vacanze e che
questo capitolo interamente introspettivo non vi abbia
annoiato
troppo, ma dovevo scriverlo. E ora passo a spiegarvi un paio di
cosucce... oltre alla solita solfa che non sono per niente convinta del
capitolo, ma tanto ormai si tratta di normale routine. -.-"
Non avevo previsto di inserire i Doni della Morte così
presto,
ma mi sono ricordata che Silente in quel periodo li stava
già/ancora cercando. Infatti dopo la nascita di Harry
chiederà in prestito il Mantello
dell'Invisibilità di
James, per poterlo studiare. Ora ha deciso di dedicarsi di
più
agli Horcrux, ma naturalmente incapperà di nuovo nei Doni,
quando troverà l'anello dei Gaunt... ma di questo
parlerò
prossimamente! Per ora ho voluto scrivere qualcosa dal punto di vista
di Silente, perché avrà un ruolo fondamentale
nella
storia (ma va'!).
Finalmente sono riuscita ad inserire Remus da
qualche parte! XD Ammetto di essermi incartata tantissimo con lui. Ho
scoperto che è un personaggio di cui mi piace più
leggere
che scrivere, ma spero comunque di averlo descritto decentemente, o
almeno di non essere linciata dalle sue fan. E lo so che il suo
pseudonimo fa schifo, ma sono pessima quando devo scegliere nomi falsi!
XD
Riguardo al suo accenno a Mundungus, non faceva parte del primo Ordine
della Fenice, ma ormai in "Eroi..." lo
avevo inserito in un capitolo, quindi ho deciso di renderlo
più
un informatore che un membro vero e proprio. Anche lui mi
servirà, almeno farà qualcosa di utile nella sua
insulsa
esistenza -.-"
Timothy è un OC, uno dei bambini sottratti alle proprie
famiglie e "allevati" da Greyback. Non so ancora quanta importanza gli
darò, ma diciamo che Remus lo prenderà sotto la
sua ala protettiva.
Le spiegazioni sono concluse, per oggi! XD Ne approfitto per
comunicarvi con immensa gioia che "Eroi non si nasce, si diventa"
è finita tra le storie scelte! *______* Sono contentissima
di
questa cosa, e ringrazio meissa_s per averla segnalata
(grazie, cara!! **), ma
anche tutti voi che mi avete seguita finora.
E so che ho già
risposto alle recensioni, ma quelle allo scorso capitolo mi hanno fatto
particolarmente piacere, dal momento che era un capitolo che sognavo di
scrivere da secoli! Quindi vi ringrazio ancora! Le ho adorate, una per
una! Avete scritto delle cose meravigliose! <3
Detto questo, il prossimo aggiornamento sarà il 17 gennaio.
Rivedrete un po' di gente dell'Ordine, Barty e anche quel simpaticone
di Voldemort! ;)
Alla prossima!
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Capitolo 16 *** La scelta di Barty ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo
16
La scelta di Barty
Lord Voldemort
fissò i quattro Mangiamorte, allineati uno affianco
all’altro di fronte a lui,
e parlò dopo un lungo silenzio.
« Come sapete, domani
il Consiglio Magico si riunirà per eleggere il nuovo
Ministro della Magia. La
morte di Boot ha indebolito enormemente il Ministero, facendogli
perdere
credibilità agli occhi della comunità magica.
Tuttavia, tutti credono che sia
stato ucciso perché era un lurido Sanguesporco, e
così deve essere, altrimenti
si inizierebbe a pensare che il nostro unico obiettivo sia quello di
metterci a
capo della comunità magica. Ovviamente aspiriamo anche a
quello, ma nessuno
darà retta a quei pochi che la pensano così, se
lasceremo una parvenza di
legalità.
Per questo
motivo, non possiamo permetterci di uccidere i candidati al ruolo di
Ministro.
Sono entrambi Purosangue, e se li togliessimo di torno alla vigilia
delle
elezioni, le famiglie Purosangue che approvano i nostri obiettivi
penserebbero
di trovarsi in pericolo, e la perdita del loro appoggio sarebbe un
enorme
peccato. Quindi è di vitale importanza che Millicent Bagnold
vinca queste
elezioni. È una donna estremamente fiduciosa nella buona
fede dei suoi
collaboratori, ed è stato facile porli sotto maledizione
Imperius.
Tuttavia,
dobbiamo essere sicuri che i Consiglieri votino in maggioranza per lei.
Fortuna
vuole che lo stesso Silente la appoggi. Dobbiamo essergli tutti grati
per
questo ».
Voldemort si
interruppe un secondo, per permettere ai quattro Mangiamorte di reagire
con dei
ghigni sarcastici a quella notizia.
« Purtroppo,
molti sostengono Crouch, e il rischio che vinca lui è
enorme. Per questo motivo,
vi affido l’incarico di imporre l’Imperius su tutti
i Consiglieri possibili,
senza esagerare e creare sospetti, tanti quanti ne basteranno per
permettere
alla Bagnold di vincere. Ovviamente evitate di imporla su maghi in
grado di
contrastarla. Sta a voi valutare tutti i rischi. Se riuscirete
nell’impresa,
avrete la ricompensa che vi spetta… se fallirete, riceverete
una punizione
adeguata. Lucius, Mulciber, Rookwood, non deludetemi ».
I tre
Mangiamorte interpellati chinarono la testa e si affrettarono ad
assicurare il
Signore Oscuro che non avrebbero fallito.
« Molto bene,
potete andare. Quanto a te, Barty, vorrei che restassi ancora un
po’. Ho alcune
cose da dirti ».
Il ragazzo
annuì, rigido come un palo, e rimase immobile fino a che i
suoi compagni non
ebbero abbandonato la stanza. Erano rimasti solo lui e il Signore
Oscuro. Barty
deglutì, certo che, di qualunque cosa volesse parlargli, non
si sarebbe profuso
in complimenti.
« Mi hanno
riferito che sei stato tu a uccidere Boot. È
così? »
Il ragazzo
esitò. Voldemort lo fissava con uno sguardo indagatore,
mentre lisciava con le
dita sottili la bacchetta che teneva in mano. Gli sarebbe bastato un
niente per
usare la
Legilimanzia
contro di lui, e Barty sapeva proprio per questo che sarebbe stato
inutile
mentire.
« Non proprio,
Signore. L’ho ucciso, ma è stato un incidente
» ammise, agitato.
« Esattamente. Fai
bene ad essere sincero. Sai che nessuno deve mai osare mentirmi.
Tuttavia, è
proprio per questo che devo farti qualche domanda. Ti ritenevo ormai
pronto per
compiere il tuo primo vero omicidio, ma qualcosa deve averti bloccato.
So
quanto odi tuo padre, e non credo che tu ti senta in colpa nei suoi
confronti.
Per caso la morte del tuo amico Black ti ha rammollito, o sbaglio?
»
Barty si sentì
percorrere da una scarica di agitazione. Ce l’aveva con se
stesso e con la
propria incapacità di essere come tutti gli altri
Mangiamorte, e temeva di
perdere la fiducia del Signore Oscuro.
« No, io… »
« Invece è
esattamente così. Forse non ti sta bene la mia decisione di
averlo fatto
uccidere. Ma non è con me che devi prendertela. Lui sapeva
bene cosa gli
sarebbe successo se avesse tradito. Abbandonando la nostra causa, ha
firmato la
propria condanna a morte. Sai bene che i traditori meritano questa fine
».
« Non ce l’ho
con Voi, mio Signore! » si affrettò a rispondere
Barty. « Non oserei mai… Regulus
ha tradito e ne ha subito le conseguenze. La colpa è sua,
non vostra ».
« Spero che tu
pensi sul serio quel che hai appena detto. Io ti ho concesso una grande
fiducia, Barty. Nessun altro mio seguace può vantarsi di
sapere quello che tu
sai su di me. Ti ho detto che abbiamo molte cose in comune. Questo
perché so
che potresti essere uno dei miei migliori Mangiamorte. Ma se mi
tradirai, ti
assicuro che mi vendicherò di persona, e non avrò
alcuna pietà ».
Barty non
sapeva quale forza riuscisse ancora a farlo rimanere in piedi. Gli
tremavano le
ginocchia per il terrore, anche se allo stesso tempo era stupito delle
parole
di Voldemort. Gli aveva fatto capire che sarebbe potuto diventare il
suo
Mangiamorte preferito, il migliore di tutti. Nessun altro poteva
gloriarsi di
questo onore. Nonostante tutto, aveva ancora fiducia in lui, e Barty
non poteva
tradirla. Voldemort riusciva davvero a capirlo, perché si
somigliavano. Nessun
altro poteva comprenderlo quanto il Signore Oscuro.
« Io non sono
come Black. Non vi tradirò mai, lo giuro » disse,
con un tono più fermo e
deciso di quanto lui stesso si era aspettato.
« Allora
dimostralo. Fai del tuo meglio per portare a termine gli incarichi che
ti assegno,
senza farti ostacolare dalla compassione. La pietà
è per i deboli, ricordalo ».
Barty annuì.
« Puoi andare »
lo congedò Voldemort, voltandogli le spalle senza degnarlo
più di uno sguardo.
Il ragazzo uscì
dalla stanza, ignorando tutti gli altri Mangiamorte
nell’ingresso, e uscì nel
cortile del castello dei Lestrange.
Era notte fonda
e un vento gelido sferzava le cime degli alberi nel parco.
Barty rimase
immobile a fissare il vuoto, i pugni serrati, cercando di costringere
se stesso
a smetterla. Non voleva più provare il senso di orrore che
l’omicidio dell’ex
Ministro gli aveva procurato, voleva dimenticare la sensazione di
inadeguatezza
nei confronti di tutti gli altri Mangiamorte, ma soprattutto voleva
lasciarsi
alle spalle la nostalgia che lo tormentava da troppo tempo.
Regulus era
stato il suo migliore amico, un tempo. Ma le cose erano cambiate: era
stato lui
stesso a dirglielo, il giorno prima della sua scomparsa.
Io servirò sempre e
incondizionatamente il
Signore Oscuro. Per questo i suoi nemici sono anche miei nemici.
Forse aveva
sottovalutato il rimpianto che avrebbe provato con la morte di Regulus,
e non
era riuscito subito a considerarlo un nemico, né a odiarlo
come avrebbe dovuto.
Quando aveva ucciso Boot, aveva quasi temuto di capire che cosa avesse
spinto
Regulus ad abbandonare il Signore Oscuro.
Ma adesso aveva
finalmente preso una decisione, anche se sapeva che avrebbe dovuto
prenderla
sin dall’inizio. Se Regulus aveva tradito Voldemort, aveva
tradito anche Barty,
perciò non poteva più considerarsi suo amico,
anche se la sua morte lo aveva
colpito parecchio.
Più che altro,
finché aveva condiviso lo stesso segreto con Regulus, si era
sentito
spalleggiato, quasi più sicuro di quello che faceva. Ma
quando l’altro aveva
fatto marcia indietro, era rimasto solo, l’unico Mangiamorte
inesperto tra
tutti. E aveva iniziato a temere di avere ripensamenti, proprio come
Regulus.
Aveva cominciato ad avere nostalgia dei tempi di Hogwarts, del periodo
in cui
poteva contare sulla complicità di Regulus e in cui non
rischiava di dover
uccidere Rachel.
Emmeline gli
tornava in mente di continuo. Non gli mancava affatto, ma la pensava
spesso.
Forse era stato
troppo sicuro di sé quando aveva rinunciato a molte cose per
seguire Voldemort,
pensò. Era sempre convinto della sua scelta, ma non aveva
considerato la
sofferenza che sarebbe derivata da tutte quelle rinunce.
Senza
rendersene conto, estrasse da una tasca interna del mantello una
fotografia che
Rachel aveva scattato l’ultimo giorno di scuola, una delle
tante, in realtà.
Lui e Regulus
stavano discutendo sull’ultima partita tra Puddlemere United
e Vespe di
Wimbourne.
A Barty mancava
ancora quel periodo, ma si rendeva conto che quel che era stato non
sarebbe più
tornato. Regulus era morto, Rachel ormai era sua nemica, anche se lei
non lo
sapeva, e anche Emmeline si trovava sul fronte opposto al suo.
In ogni caso,
ora era deciso a lasciarsi alle spalle tutti i rimpianti. Chi meritava
la sua
lealtà era Voldemort, non certo chi non avrebbe mai
approvato il Marchio Nero
che aveva al polso, né tanto meno quel traditore che gli
aveva mentito fino
all’ultimo.
Anzi, in quel
momento lo odiava così tanto che avrebbe voluto che fosse
vivo solo per poterlo
punire personalmente.
No, si disse,
non avrebbe mai fatto la sua fine. Non sarebbe diventato un traditore.
Una scintilla si
sprigionò dalla punta della sua bacchetta, e la fotografia
prese fuoco, mentre
gli angoli si annerivano ed essa cominciava ad accartocciarsi su se
stessa,
fino a che non ne rimase solo cenere, che fu sollevata e dispersa dal
vento.
« Adoro la
pausa pranzo! »
Fabian divorò
in un sol boccone il panino che aveva appena scartato, riempiendosi per
bene la
bocca e restando incapace di aprirla per parecchi minuti.
« Non fare
complimenti » commentò Gideon, ironico, lanciando
un’occhiata al fratello e
servendosi di una non inferiore porzione di tramezzino al prosciutto,
anche se
con meno ingordigia.
« Non riesco a
capire come fate a mangiare così tanto » disse
Rachel, intenta a guardare gli
impiegati del Ministero che affollavano l’Atrium e
chiacchieravano animatamente
tra di loro.
« È tutta
questione di abitudine, ma questo è niente. Dovresti vedere
quello che prepara
nostra sorella a Natale. Comunque, anche nei giorni normali ci manda
sempre il
pranzo direttamente nei nostri uffici. Dice che saremmo capaci di
mangiare solo
schifezze se non ci fosse lei… a proposito, tu che programmi
hai per Natale? »
Rachel guardò
Gideon, esitando.
« Veramente non
ci ho pensato… »
« Ma mancano
cinque giorni! »
« Penso che lo
trascorrerò con i miei ».
« Sicura? Se
non hai niente di meglio da fare potresti unirti a noi ».
« Ma sì! »
intervenne Fabian, dopo aver finalmente inghiottito. «
Così ti facciamo
conoscere Molly. Ti assicuro che tra nostro cognato e i loro cinque
figli non
ti annoierai di certo! Devi solo stare attenta a nostra sorella.
È incinta del
sesto figlio ed è molto irascibile. Ah, e poi ci
sarà anche quella vecchia
befana di zia Muriel! E Bilius è un tipo fortissimo. Ci fa
sempre fare un sacco
di risate! Allora, che ne pensi? Almeno non te ne starai da sola
».
Rachel ricambiò
gli sguardi dei due fratelli, e si sentì improvvisamente in
colpa. Fin da
subito, si era accorta che tacere sul ritorno di Regulus non era
affatto
facile, soprattutto se quei due pensavano che la sua intenzione di
restare a
casa per Natale fosse solo una scusa per non vedere nessuno e chiudersi
in se
stessa.
« Vi ringrazio,
davvero, ma ormai ho detto ai miei che sarei rimasta con loro
».
I Prewett si
lanciarono un’occhiata insolitamente seria, poi tornarono a
guardarla.
« Senti, non
vogliamo farci gli affari tuoi, ma… bè, sappiamo
che questo per te è un pessimo
periodo e che sei depressa. Sei libera di fare quello che vuoi,
però secondo me
dovresti distrarti un po’ » disse Gideon, mentre
Fabian sembrava aver
improvvisamente perso la voglia di mangiare.
Rachel strinse
i pugni, dispiaciuta. Capiva il motivo per cui Silente aveva deciso di
non
riferire a nessuno quel che era successo, ma in certi momenti aveva la
tentazione di disobbedire e raccontarlo almeno ai membri
dell’Ordine con cui
aveva legato di più. Si sentiva crudele nel vederli
così dispiaciuti per lei.
« Non vi
preoccupate, sto bene. Davvero ».
I Prewett non
sembravano affatto convinti, ma non poterono insistere,
perché in quel momento
furono raggiunti da Dorcas.
« State
controllando per bene? » esordì lei, scoccando
un’occhiata scettica ai due
fratelli, che si affrettarono a nascondere il cibo dietro la schiena.
« Certo! »
« Finora non è
passato nessuno di sospetto » confermò Rachel.
« Uhm… mi
raccomando, questo è un momento estremamente pericoloso. I
membri del Consiglio
Magico si stanno avviando verso le aule del Decimo Livello, dove
inizieranno a
votare. Malocchio e i Paciock sono già lì con
parecchi Auror, nel caso in cui
succedesse qualcosa. State attenti ».
« Rilassati,
Dorcas, certe volte sembri quasi una parente di Malocchio! »
esclamò Fabian.
« Una parente
molto stretta » confermò Gideon.
« Non è il
momento di scherzare! » sbottò lei, esasperata.
« Le elezioni del nuovo
Ministro sono una faccenda seria ».
« Dorcas,
Emmeline non doveva stare con te? » domandò
Rachel, nel tentativo di distrarla
un po’: era sempre nervosa, ma quel giorno aveva un diavolo
per capello.
« Ha detto di
dover andare in bagno. Ci raggiungerà tra poco, credo
» rispose l’altra,
lanciando un’occhiata dietro la schiena di Fabian e
strappandogli il panino di
mano. « E questo? Sei in missione per conto
dell’Ordine e non puoi mangiare! »
« Ma siamo in
pausa pranzo! » provò a protestare lui, mentre
Gideon nascondeva il proprio
sandwich fischiettando con aria innocente.
« Ah certo, perché
nel caso in cui Voldemort avesse intenzione di attaccare il Ministero,
aspetterebbe educatamente che tu finisca di ingoiare! Sei in servizio,
quindi
smettila di mangiare, e stai attento ai tipi sospetti. È mai
possibile che alla
vostra età dovete comportarvi come dei bambini? Rachel, per
favore, controllali
tu ».
« Ehm, va bene
» rispose Rachel, cercando di trattenere la propria
ilarità.
Dorcas voltò
loro le spalle, diretta verso gli ascensori.
« È più acida
del Pus di Bubotubero… »
« Ti ho
sentito, Gideon ».
« Ops… »
Nel frattempo, Emmeline
si trovava in piedi davanti al lavandino del bagno, al Secondo Livello.
Era
tutta la mattina che pattugliava il Ministero, cercando allo stesso
tempo di
non destare sospetti, perché nessuno doveva sapere che
facesse parte
dell’Ordine della Fenice. Perciò era piuttosto
stanca, e si era concessa due
minuti di pausa per sciacquarsi il viso con l’acqua fredda.
Dopo essersi
asciugata, stava fissando il proprio riflesso allo specchio, quando
alle sue
spalle sentì il chiaro rumore di uno sciacquone e vide
aprirsi la porta di uno
dei bagni.
Con suo grande stupore, ne uscì un
uomo con una folta barba rossa. Si chiamava Ulysses Edgecombe ed
Emmeline lo
conosceva in quanto suo insegnante del corso di Magisprudenza.
« Ehm, signor Edgecombe, questo è
il bagno delle donne » gli fece notare Emmeline.
Era un uomo cordiale, perciò la
ragazza si stupì quando la guardò con poco
interesse e rispose con un mugugno
cupo, per poi voltarle le spalle e dirigersi verso la porta.
In pochi secondi, la mente di
Emmeline fu attraversata da più di un pensiero. Prima di
tutto, Ulysses
Edgecombe era uno dei maghi illustri che facevano parte del Consiglio
Magico,
perciò era strano che in quel momento non si trovasse a
votare. Un’altra
stranezza era data dal suo comportamento, che di solito era gioviale e
fin
troppo allegro. La terza stonatura Emmeline la notò
guardandolo negli occhi:
erano innaturalmente vacui e senza espressione.
C’è qualcosa che non va,
le disse una voce dentro la sua testa, una
voce straordinariamente simile a quella di Alastor Moody.
C’erano troppe coincidenze, e lei
alle coincidenze non aveva mai creduto. Edgecombe sembrava Confuso,
oppure
sotto una Maledizione Imperius malriuscita.
Così, Emmeline uscì dal bagno e
si mise a seguirlo a distanza di sicurezza, incerta se intervenire
subito o
chiamare gli altri in soccorso.
L’uomo si stava dirigendo verso
un ascensore. Camminava barcollando e sembrava incapace di decidere
dove
andare. Nei dintorni non c’era nessuno.
Alla fine Emmeline si costrinse
ad agire, nonostante l’ansia e un po’ di paura le
stessero facendo tremare le
gambe.
« Ehm… signor Edgecombe? Scusi…?
» provò, imbarazzata.
Ma che diamine sto dicendo? pensò.
Quello non era esattamente il
modo migliore per intimare a qualcuno di non fare un passo in
più. La ragazza
si chiese come facesse Malocchio ad essere così deciso
quando prendeva le
situazioni di petto.
« Fermo! » esclamò, cercando di
sembrare più sicura di sé.
L’uomo obbedì, almeno all’inizio.
Non appena vide la bacchetta di Emmeline puntata contro di
sé, qualcosa scattò
dentro di lui, inducendolo a reagire.
Un getto di luce verde scaturì
senza preavviso dalla bacchetta di quest’ultimo, ed Emmeline
riuscì ad evitarlo
per il rotto della cuffia, buttandosi di lato, con il cuore che le
martellava
in gola. Non ebbe il tempo di restare sotto shock. Doveva rispondere
all’attacco.
« Stupeficium!
» esclamò.
Edgecombe riuscì a rispedirglielo
contro con un Sortilegio Scudo, ma Emmeline non perse tempo.
« Stupeficium!
»
Questa volta ebbe successo,
grazie anche alle condizioni non proprio perfette del mago, che fu
colpito in
pieno e crollò a terra, privo di sensi.
Prima che la ragazza, respirando
pesantemente, potesse tornare in piedi e avvicinarsi, le griglie dorate
dell’ascensore
si aprirono, e ne uscì Barty.
Il ragazzo rimase immobile per
alcuni lunghi istanti, paralizzato dallo shock. Emmeline aveva
Schiantato
Edgecombe, uno dei Consiglieri che erano stati stregati dai
Mangiamorte.
« Che cosa succede? » disse,
imprecando mentalmente. Non doveva andare così.
Lei lo guardò, ancora spaventata,
cercando di tornare a respirare normalmente.
« C-credo che sia stato colpito
da una Maledizione Imperius » rispose. « I sintomi
c’erano tutti. Quando ho
provato a fermarlo, mi ha attaccata… Comunque la maledizione
non era stata
imposta a regola d’arte, altrimenti non sarebbe sembrato
così stordito ».
Barty ricordò che Edgecombe era
stato assegnato a Mulciber, e non poté fare a meno di
maledire quest’ultimo.
Per colpa sua, tutto il piano del Signore Oscuro rischiava di fallire.
Il ragazzo si sentì attraversare
da qualcosa di molto simile ad una scarica elettrica: toccava a lui
fare in
modo che non succedesse. Non osava immaginare cosa sarebbe accaduto se
la
notizia si fosse diffusa: forse tutti gli altri Consiglieri sarebbero
stati perquisiti
e controllati e, una volta fatti tornare normali coloro che erano
stregati, i
Mangiamorte che li avevano maledetti sarebbero stati
scoperti… senza contare il
fatto che suo padre avrebbe vinto sicuramente le elezioni.
Doveva fare qualcosa, e alla
svelta.
« Che cosa faccio? » si lasciò
sfuggire la ragazza. Era chiaramente sconvolta; forse non si era
aspettata di
dover combattere con un suo insegnante. Tuttavia, subito dopo si rese
conto di
aver espresso troppo i propri timori con lui, e riservò a
Barty
un’occhiataccia, come per fargli capire di non aver bisogno
dell’aiuto di
nessuno.
« Deve essere portato al San
Mungo. Lì potranno liberarlo dalla Imperius »
suggerì Barty, ignorando quella
sfida silenziosa.
« Era quello che avevo pensato… »
« Ci penso io a lui. Tu vai ad
avvertire il mago della sicurezza ».
Emmeline esitò per alcuni
istanti, probabilmente irritata dal fatto di prendere ordini da lui, ma
alla fine
si decise a dargli retta.
Non appena lei gli voltò lo
spalle, Barty estrasse la bacchetta e fece apparire dal nulla un denso
fumo
nero, che invase il corridoio in pochi secondi, permettendogli di
trascinare
Edgecombe in un ufficio vicino senza essere visto.
Quando uscì, Emmeline aveva già
fatto sparire quasi tutto il fumo. Cogliendola alle spalle, Barty la
Schiantò. La
ragazza cadde a
terra, esattamente come aveva fatto Edgecombe poco prima.
« Mi dispiace » le sussurrò lui,
anche se sapeva che non lo avrebbe potuto sentire. Guardandola
così, come se
fosse addormentata, sentì una fitta di nostalgia e rimorso
per averla
attaccata. Tuttavia represse subito quella sensazione: qualunque altro
Mangiamorte la avrebbe uccisa senza esitare. Lui invece le avrebbe solo
modificato la memoria. Al suo risveglio, non avrebbe ricordato nulla, e
si
sarebbe convinta di essere svenuta per lo stress.
Dopo aver cancellato l’ultimo
ricordo dalla mente di Emmeline, fu il turno di Edgecombe. Barty chiuse
dietro
di sé la porta dell’ufficio, per essere sicuro che
nessuno lo avrebbe
interrotto, mentre guardava il mago che stava iniziando a svegliarsi.
Era indeciso su come comportarsi
con lui. In fondo, nel remoto caso in cui Emmeline avesse recuperato il
ricordo
di quello che era successo, non sarebbe stato un guaio enorme. Non lo
aveva
visto mentre la attaccava, perciò lui non correva alcun
rischio.
Edgecombe invece poteva aver
visto Mulciber stregarlo, e Mulciber era un infiltrato importante al
Ministero.
Voldemort si sarebbe infuriato se lo avesse perso.
Perciò c’era una sola cosa da
fare: Edgecombe doveva morire. Non avrebbe avuto problemi ad eliminare
le
tracce, ma prima avrebbe dovuto ucciderlo…
Barty non poté fare a meno di respirare
a fondo. Era passato poco tempo dall’ultima volta che aveva
guardato negli
occhi una sua vittima, e non era sicuro di essere in grado di uccidere
a sangue
freddo.
Le parole che Voldemort gli aveva
rivolto quella notte gli tornarono in mente, annebbiandogliela.
La pietà è per i deboli.
Ricordò la sua promessa di non
tradirlo, la sua intenzione di non fare la fine di Regulus. Non poteva
più
tirarsi indietro. si sarebbe abituato, prima o poi… o almeno
lo sperava.
Puntò la bacchetta contro il
cuore del mago, che si stava ancora riprendendo dallo stordimento
dovuto allo
Schiantesimo.
Questa volta la mano non gli
tremava. Barty sentiva solo una grande esaltazione farsi strada in lui,
facendo
indietreggiare la paura e i sensi di colpa.
Questa volta sapeva che ci
sarebbe riuscito.
« Avada Kedavra
».
Pronunciò la formula prima di
rendersi davvero conto di quel che stava per fare, e in quel momento fu
come se
non sapesse cosa quell’Anatema avrebbe comportato. Non era
affatto lucido, ma
si sentiva esattamente come gli avevano raccontato: non del tutto
consapevole,
ma in preda ad una sensazione strana, un misto di potere ed euforia.
L’aria circostante vibrò.
L’ufficio lampeggiò di una sinistra luce verde.
Infine ci fu un tonfo.
Barty guardò in basso, mentre
qualcosa di molto simile ad un vuoto gelido si impossessava di lui.
Edgecombe giaceva a terra, morto.
E il suo assassino non provava
più nulla.
*Angolo
autrice*
Ben
trovati a tutti! Spero che questo capitolo non sia stato troppo noioso
come sembra a me. Ormai, se non compare Regulus non sono soddisfatta!
XD Fortunatamente nel prossimo ci sarà! *-*
Per
quanto riguarda le elezioni del Ministro della Magia, la Rowling non ha
mai detto nulla su come si svolgono, quindi ho inventato, chiedendo
anche dei pareri ad altre autrici fidate, e alla fine ho ipotizzato
questo metodo: i maghi del Consiglio sono personaggi molto
influenti/eccellenti/in gamba (per esempio Silente, ecc.),
ognuno dei quali rappresenta le idee di una parte della
comunità
magica. Quindi il Consiglio Magico è una specie di
mini-parlamento col solo compito di eleggere il Ministro della Magia.
Lo
so, non è un metodo molto democratico, ma in effetti non lo
è nemmeno il ruolo di Ministro della Magia, che è praticamente il capo di tutto. Insomma, ho deciso di fare così.
Comunque
ai fini della storia non è una questione di fondamentale
importanza! ^^ Lo era solo per questo capitolo.
Secondo il Lexicon, Millicent Bagnold sarà Ministro dal 1980
al
1990. Qui le elezioni sono nel dicembre 1979, ma entrerà
ufficialmente in carica a gennaio, quindi niente di nuovo.
*mette via gli
striscioni "Go, Bagnold, go!" e "Crouch: loser! Bwahahaha!"*
-_-
Ok, detto questo, vado di fretta, quindi non mi dilungherò
oltre. Il prossimo capitolo probabilmente sarà pubblicato
tra il
30 e il 31 gennaio, dipende da quanto riuscirò a scrivere in
questi giorni pieni di odiosissimi esami. -.-"
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Capitolo 17 *** Sanguinose prospettive ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 17
Sanguinose prospettive
« Mi
dispiace dirtelo, Bartemius,
ma temo che la tua ordinanza stia creando degli effetti collaterali.
Sai che
non mi è mai andato bene l’uso delle Maledizioni
Senza Perdono sui Mangiamorte,
ma potevo approvarle in caso di legittima difesa. Adesso
però alcuni Auror si
sentono in diritto di usare la Cruciatus non solo su quelli
già catturati e disarmati ma
anche su persone soltanto sospettate, e questo non mi sta bene
».
L’appena
eletto Ministro della
Magia, Millicent Bagnold, si appoggiò allo schienale della
sua sedia e guardò
l’uomo seduto di fronte a lei, dall’altra parte
della scrivania.
«
Cercherò di prendere
provvedimenti » rispose Crouch, « ma i fatti
dimostrano che questi metodi finora
hanno avuto effetti positivi. Se la comunità magica sa che
il Ministero sta
usando il pugno di ferro si sentirà più al
sicuro, e d’altra parte gli
aspiranti Mangiamorte ci penseranno due volte prima di unirsi alle
schiere di
Lei-Sa-Chi ».
La donna
inarcò un sopracciglio,
non molto convinta. Ma lui insisté.
« Se mi
è concesso, revocare
l’ordinanza che ha concesso agli Auror la facoltà
di usare le Maledizioni Senza
Perdono farebbe perdere credibilità al Ministero, e la
comunità magica si
lascerebbe prendere dal panico ».
«
D’accordo, su questo hai
ragione, ma dobbiamo mettere un freno agli Auror che esagerano. Non
possono
torturare persone che alla fine si rivelano innocenti ».
Crouch
annuì e la donna parve
rincuorata.
« Si sa
niente di Edgecombe? »
chiese poi.
Crouch scosse la
testa.
« Lo stanno
cercando, ma sembra
che si sia volatilizzato. È scomparso nel nulla. Ieri
però era al Ministero. È
stato visto l’ultima volta verso mezzogiorno e un quarto, poi
di lui non si è
più saputo niente ».
« Pensi che
sia stato ucciso? »
«
È probabile. Deve esserci
qualche Mangiamorte qui al Ministero e Ulysses deve averlo scoperto. In
ogni
caso, lo troveremo, ad ogni costo ».
La donna non rispose,
certa che
quel “ad ogni costo” prevedesse anche
l’utilizzo di Maledizioni senza Perdono;
dopo di che si chiuse in una riflessione silenziosa.
Non era facile
collaborare con
Barty Crouch senior. Tutti e due rappresentavano una grande maggioranza
della
comunità magica. Millicent Bagnold, da parte sua, poteva
contare sull’appoggio
di illustri famiglie Purosangue moderate, che si opponevano a Lord
Voldemort.
Proprio grazie ad
esse, oltre che
all’appoggio di Albus Silente, era riuscita a vincere le
elezioni per
l’incarico di Ministro della Magia, superando però
soltanto di una manciata di
voti l’altro candidato, Barty Crouch che, anzi,
all’inizio era dato per
favorito.
Così lei
aveva deciso di
collaborare con Crouch, ma aveva presto sperimentato che andare
d’accordo con i
suoi metodi duri non fosse poi tanto semplice.
Per esempio, avrebbe
tanto voluto
revocare completamente l’ordinanza di cui stavano parlando,
ma sapeva che in
quel modo avrebbe perso il sostegno di gran parte della
comunità magica… e
Crouch le avrebbe di sicuro soffiato il posto. La sua nomina a Ministro
in
fondo sarebbe diventata effettiva solo a gennaio del nuovo anno. Per
non
parlare del fatto che avrebbe reso felice Lord Voldemort, che temeva la
sua
popolarità tra le famiglie Purosangue e per questo aveva
già cercato di
ucciderla, alcuni mesi prima. *1
In ogni caso, le
sembrava
positivo il fatto che il mago, nonostante la recente sconfitta che lei
gli
aveva inflitto, non fosse troppo rancoroso nei suoi confronti... almeno
in
apparenza. Era evidente che fosse pronto a sottrarle la poltrona non
appena ne avesse
avuto l’occasione.
« Bartemius,
credi che la
comunità magica mi ritenga troppo docile nei confronti dei
Mangiamorte? »
domandò la donna all’improvviso.
Lui parve sorpreso di
quella
richiesta.
« Non fino
ad ora » rispose poi.
« Ma di sicuro il Ministero dovrà prendere
provvedimenti ancora più drastici
per catturare tutti i Mangiamorte in circolazione. Le perquisizioni a
sorpresa
sarebbero un modo per cominciare ».
Lei annuì,
cupa. Forse Barty non
aveva tutti i torti, pensò, ma non voleva ugualmente usare
metodi violenti, non
da quando aveva capito che anche tra i Mangiamorte qualcuno poteva fare
eccezione. Uno di loro le aveva salvato la vita poco tempo prima, un
ragazzo a
giudicare dalla voce.
*2
Lanciò
un’occhiata alla vecchia copia
della Gazzetta del Profeta che conservava da mesi, soffermandosi sulla
foto del
giovane Black morto in circostanze misteriose. Non poteva essere certa
che si
trattasse dello stesso Mangiamorte che le aveva salvato la vita,
perché
indossava una maschera, ma aveva buoni motivi per ritenere esatte le
sue
supposizioni: quegli occhi non li avrebbe mai dimenticati.
Quando quel pomeriggio
Rachel
tornò a casa, irruppe nel bel mezzo di una discussione tra
elfi domestici, che
si sarebbe trasformata in rissa già da parecchio se Regulus
non avesse
trascorso gli ultimi cinque minuti a cercare di tenere lontani Kreacher
e Sory,
l’elfa domestica di casa Queen.
« Che sta
succedendo qui? »
domandò la ragazza mentre quella pestava il piede di
Kreacher, al quale Regulus
aveva ordinato di stare fermo. « Sory, smettila! »
« Questo
elfo sta invadendo gli
spazi di Sory, signorina! Sory deve servire in questa casa e non
può esserci un
altro elfo domestico! » esclamò l’elfa,
con voce acuta.
« Kreacher
appartiene a padron
Regulus, quindi deve essere lui a servirlo, e non un’elfa
sconosciuta e
incompetente » replicò Kreacher, guardando male la
sua simile, la quale emise
un’esclamazione indignata nel sentirsi dare
dell’incapace.
Rachel
lanciò un’occhiata a
Regulus, il quale alzò le spalle.
« Stavo
provando a farli
ragionare, ma la tua elfa ha un caratterino… »
« Ah, certo,
ora sarebbe colpa sua
» replicò Rachel, con un tono profondamente
irritato. « Nessuno ha dato il
permesso al tuo elfo di entrare in
questa casa ».
«
Ma… » fece Regulus, stupito.
Rachel
scoppiò a ridere.
« Sto
scherzando! » esclamò,
dandogli una pacca sul braccio e rivolgendosi poi alla sua elfa
domestica. «
Sory, adesso basta. Cercheremo di arrivare ad un accordo. Kreacher, tu
puoi
occuparti di Regulus e della sua stanza. Sory invece si
occuperà del resto
della casa ».
« E i pasti?
»
«
Sarà sempre compito di Sory.
Del resto, Kreacher, devi restare il più possibile a
Grimmauld Place » disse
Regulus. L’elfo annuì, incupito.
« Kreacher
vuole solo rendersi
utile al padrone » gracchiò, lanciando
un’occhiata truce all’elfa.
«
L’hai sempre fatto, e sei un
ottimo elfo. Ora però devi tornare. Non puoi assentarti
troppo da casa. E
voglio soprattutto che tu stia vicino a mia madre » gli disse
Regulus.
Kreacher
annuì, serio ma
improvvisamente rincuorato grazie al complimento del suo padrone.
Quando si fu
Smaterializzato, anche Sory uscì dal salotto, bofonchiando
tra sé.
« Bene,
abbiamo evitato uno
scontro all’ultimo sangue » commentò
Rachel. « Quanto a te, ti ho portato un
po’ di cose ».
Regulus la
osservò mentre apriva
la borsa e ne estraeva una bacchetta.
« Questa te
l’ho comprata da
Olivander. Legno di betulla e crine di unicorno, dodici pollici. Anche
se non è
stata lei a sceglierti, è abbastanza simile alla bacchetta
che avevi prima.
Spero che vada bene ».
« Grazie
» disse Regulus. Quando
afferrò la bacchetta, si sentì improvvisamente
molto meglio; nei pochi giorni
in cui ne era rimasto privo, si era sentito debole e indifeso, oltre al
fatto
che restare senza bacchetta era una cosa da Babbani, pensò
con fastidio.
« Provala
» suggerì Rachel.
Lui puntò
la bacchetta nuova in
direzione del divano.
« Accio cuscino ».
Il cuscino si
sollevò in aria e
barcollò un po’, prima di arrivare a fatica tra le
sue braccia.
« Non male.
Dovrai farci
l’abitudine, ma poteva andarti peggio »
commentò Rachel, ottimista. Poi
estrasse una lettera e gliela consegnò.
« Questa
è da parte di tuo zio.
Mio padre va a trovarlo spesso, visto che lui non può
muoversi troppo da casa
sua. E dal momento che la sua posta potrebbe essere intercettata,
dovrete
arrangiarvi così ».
« Grazie
» fece Regulus, lieto di
potersi mantenere in contatto con Alphard. Aveva temuto di non poterlo
vedere o
sentire per chissà quanto tempo ancora. «
C’è altro? » chiese poi.
Rachel
annuì.
« Silente
è riuscito a parlare
con Lumacorno ».
Regulus ripose sia la
bacchetta
che la lettera, improvvisamente teso e attento.
« Ha
scoperto qualcosa? »
«
Bè, sì. Lumacorno all’inizio ha
fatto finta di non aver mai parlato con Voldemort di faccende
così importanti, o
di non ricordare, ma quando Silente gli ha detto che sapeva degli
Horcrux, ha
capitolato. Purtroppo, non ha detto molto di nuovo. Ha ammesso di
avergli
spiegato cosa fossero gli Horcrux e di avergli accennato come si
creano, ma non
ha aggiunto altro. Secondo Silente non ha detto proprio tutto, ma una
cosa è
certa: Lumacorno non ha idea di quali oggetti Voldemort potrebbe aver
usato per
nascondervi parti della sua anima ».
*3
Regulus
imprecò mentalmente.
Aveva sperato che Lumacorno potesse dare qualche indizio, almeno uno, e
invece
niente.
« E adesso
Silente cosa pensa di
fare? » domandò.
« Non me
l’ha detto, ma penso che
voglia indagare sul passato di Voldemort. In fondo, lui e pochi altri
sanno chi
sia stato da giovane, e forse sapere qualcosa sui suoi trascorsi
potrebbe
aiutarci. Sai, stavo pensando che potrei chiedere a mio padre. Lui ha
più o
meno l’età di Voldemort, e tu mi hai detto che
conosci il suo vero nome,
quindi… »
*4
« Si
potrebbe fare, però cercando
di non destare sospetti » commentò Regulus.
Lei annuì e
riprese.
« Ah, poi
Silente vorrebbe sapere
se sei riuscito a ricordare qualcosa che potrebbe condurre ad altri
Horcrux ».
Regulus si sedette sul
divano,
affranto.
«
È tutto il giorno che ci penso.
Sto cercando di farmi venire in mente qualche ipotesi, ma non ci
riesco. Gli
Horcrux potrebbero nascondersi in qualsiasi oggetto abbastanza
prezioso. Anche
se in effetti… »
Regulus estrasse dalla
tasca il
medaglione, sotto lo sguardo stupito di Rachel.
« Non era a
casa tua? »
« Ho chiesto
a Kreacher di
portarmelo. Volevo esaminarlo un po’. La vedi questa S incisa
sopra? Lì per lì
non ci avevo fatto caso, ma non ricorda qualcosa anche a te?
»
Rachel lo prese in
mano,
osservando da vicino la decorazione.
«
Aspetta… sembra l’iniziale di Salazar
Serpeverde! Sulle pareti della nostra sala comune ce ne erano parecchie
uguali,
o sbaglio? »
Regulus
annuì, rincuorato da
quella conferma.
« Penso che
questo medaglione
possa essere appartenuto a Salazar in persona » disse con una
certa emozione, rigirandoselo
tra le dita. « Questo spiegherebbe perché
Tu-Sai-Chi lo abbia voluto proteggere
così bene » aggiunse, pensando con un brivido agli
Inferi e alla pozione che
era stato costretto a bere. « Insomma, è un
cimelio storico ».
Era quasi
un’eresia pensare di
distruggerlo, non poté fare a meno di pensare. Certo, era
necessario, ma si
sentiva male al solo pensiero di rompere qualcosa che fosse appartenuto
al
grande Salazar Serpeverde.
« Se
è così, secondo me abbiamo
fatto un bel passo avanti! » esclamò Rachel, con
un tono sempre più ottimista.
« Tu dici?
» fece lui, non del
tutto convinto.
«
Bè, sì » confermò la
ragazza,
sedendosi accanto a lui. « Questo significa che Voldemort non
si accontenta di
nascondere la propria anima nel primo oggetto che trova.
Cercherà sempre cimeli
come questo. E di sicuro non ce ne saranno molti ».
Regulus
annuì, sperando che fosse
vero. In quel modo, il cerchio si sarebbe ristretto, anche se il vero
problema
sarebbe stato dove rintracciare tutti gli altri Horcrux e soprattutto
scampare
agli incantesimi difensivi che vi erano stati installati intorno.
« Credo che
stia per tornare mia
madre » disse Rachel, controllando l’orario.
« Ti conviene mettere via il
medaglione e tenerlo alla larga da Sory ».
Regulus lo ripose di
nuovo in
tasca.
« Hai
sentito quello che è
successo? Uno dei Consiglieri è sparito nel nulla
» disse, ricordando
l’articolo sulla Gazzetta del Profeta di quella mattina. In
realtà la notizia
era stata relegata in un angolino in basso, e quasi nessuno se ne
sarebbe
accorto. Regulus invece lo aveva notato perché, chiuso in
casa senza poter fare
nulla, aveva deciso di passare il tempo leggendo per intero tutte le
notizie.
«
Sì, ed è stranissimo, perché in
quel momento noi dell’Ordine stavamo facendo delle ronde, per
controllare che
le elezioni non venissero sabotate. Il fatto strano è che
Edgecombe è stato
visto per l’ultima volta al Secondo Livello e proprio
lì abbiamo ritrovato
Emmeline svenuta. Lei ha detto che non ricorda assolutamente nulla, a
parte il
fatto che era molto stanca. Però mi sembra strano che sia
svenuta
all’improvviso, no? »
Regulus non rispose.
Sembrava
tutto assurdo anche a lui.
« Forse ha
visto qualcosa e le
hanno modificato la memoria » disse.
« Ma da
quando i Mangiamorte si
limitano a modificare la memoria? Di solito… »
« Uccidono,
lo so » concluse
Regulus, improvvisamente colto da un pensiero assurdo. Rachel aveva
ragione.
Nessun Mangiamorte avrebbe lasciato una probabile testimone in vita. A
meno che
non si trattasse di uno che, come lui, stava avendo dei ripensamenti e
che non
voleva più uccidere. Ma nessuno di quelli che Regulus
conosceva sembravano
intenzionati a cambiare fazione. Solo uno poteva aver voluto lasciare
in vita
Emmeline…
«
Cos’hai? » gli chiese Rachel,
interrompendo i suoi pensieri.
« Niente
» si affrettò a
rispondere lui, incupito.
Il sospetto che Barty
fosse
coinvolto in quella faccenda stava diventando sempre più una
certezza, ma non
si sentiva ancora pronto per dire a Rachel che il loro amico era
diventato un
Mangiamorte. Probabilmente Barty lo odiava per il suo tradimento, ma
Regulus
non se la sentiva di rivelare la sua doppia identità. E
inoltre, si sentiva
anche parecchio responsabile: era stato lui ad introdurlo tra i
Mangiamorte.
Provava a convincersi che lo sarebbe diventato anche senza il suo
aiuto, ma quel
pensiero non lo consolava.
« Regulus?
»
La guardò,
incerto se aspettarsi
qualche domanda cui non avrebbe voluto rispondere. Ma Rachel sembrava
persa nei
suoi pensieri.
« Alla fine
ho deciso di non dire
a Emmeline che sei vivo, almeno per il momento » gli
annunciò lei. « Prima ero
indecisa, ma dopo averla ritrovata svenuta nel bel mezzo del Ministero
ho
cambiato idea. Mi sono resa conto che siamo tutti vulnerabili. Chiunque
potrebbe essere catturato e costretto a confessare tutti i segreti che
ha.
Quindi meno persone sanno di te e meglio è. Anche Sirius ha
deciso di dirlo
solo a James ».
« Basta che
Potter non lo dica
alla Evans » bofonchiò Regulus.
« Ho chiesto
a Sirius di
convincerlo a tenere questa cosa per sé, ma si tratta sempre
di sua moglie ».
« Non vedo
perché lei lo debba
sapere, quando l’unica parola che le abbia mai rivolto in
vita mia è stata Sang- …
insomma, quella lì » disse lui,
interrompendosi quando Rachel lo aveva iniziato a guardare male.
« Certe cose
non cambiano mai,
eh? » fece la ragazza, scrollando la testa.
« Mi sono
ribellato al Signore
Oscuro, ma adesso non pretenderai che vada in giro a raccogliere firme
in
favore dei diritti dei Babbani ».
Rachel
ridacchiò.
« Sarebbe
divertente. Potresti
sempre ispirarti a quel tuo antenato » disse.
Regulus si
irrigidì di colpo.
« Di chi
stai parlando? »
« Del figlio
del Preside Black. Me
ne ha parlato Alphard. Ha detto che è stato diseredato
perché sosteneva i
diritti dei Babbani. Ah - ha! »
*5
Di fronte
all’espressione
divertita della ragazza, Regulus arrossì di colpo.
« Lui
non… Alphard si è sbagliato
» balbettò, in imbarazzo. « Nella mia
famiglia non sono mai esistiti individui
del genere » affermò, serissimo, anche se sapeva
che lei lo stava chiaramente
prendendo in giro.
« Ma quanto
te la prendi! Sei
incredibile. È sempre uno spasso vederti reagire
così! » rise lei, senza
riuscire a nascondere un fondo di malinconia. « Mi sono
mancati i nostri
battibecchi ».
« Abbiamo
tutto il tempo per
recuperare » rispose lui. « Tanto Silente ha deciso
che non potrò uscire di qui
».
Rachel si fece subito
seria e gli
si avvicinò.
« Mi
dispiace vederti bloccato
qui ad annoiarti, ma Silente ha ragione. E io ho troppa paura che
Voldemort
scopra che sei vivo. Non voglio perderti di nuovo ».
« Non
preoccuparti, lo so bene. E
comunque non mi annoio. Tuo padre ha già deciso che per
rendermi utile dovrò
aiutare la vostra elfa a fare l’albero di Natale e riempire
la casa di
decorazioni » disse lui.
Rachel alzò
gli occhi al cielo.
«
Dovrò fargli un bel discorso,
prima che cominci a credere di poterti schiavizzare. Non deve trattarti
male ».
« Lascialo
fare, in fondo non ha
tutti i torti » rispose Regulus, senza aggiungere che in
fondo era convinto di
meritare quel trattamento. « Sto cercando di recuperare la
sua fiducia ».
« Auguri,
allora » fu il commento
scettico della ragazza.
Il giorno dopo, quando
Emmeline varcò
la soglia del quartier generale dell’Ordine della Fenice, era
davvero di
pessimo umore. Si trattava di una di quelle giornate che avrebbe voluto
trascorrere chiusa in casa, piuttosto che uscire. Sfortunatamente per
lei, non
sapeva ancora che il suo malumore sarebbe stato messo a dura prova fin
da
subito.
« Ciao,
Emmeline! » esordì James,
rivolgendole uno strano sorriso tutto denti. « Vuoi sederti?
»
« Oh,
sì, Emmeline, accomodati
pure! » intervenne Sirius, premuroso come non era mai stato
con nessuno, eccezion
fatta per la sua moto.
« Mi sembri
un po’ pallida, cara.
Siediti, avanti. Non vorrei che svenissi di
punto in bianco! » sghignazzò Fabian.
«
Smettetela! » sbottò lei,
furibonda, mentre quei tre scoppiavano a ridere.
« Oh, non
dovresti arrabbiarti
così tanto. Rischieresti di esaurire tutte le energie e
crollare a terra da un
momento all’altro » le consigliò Gideon.
« Ma
insomma, lasciatela in pace
» intervenne Dorcas. « È evidente che
è stata Schiantata da qualcuno che le ha
poi cancellato la memoria ».
« Uffa,
volevamo solo divertirci
un po’! » protestò Sirius, alzando gli
occhi al cielo. Dorcas gli rifilò
un’occhiata truce.
Emmeline li
ignorò.
« Grazie,
Dorcas ».
«
Figurati… Non ti ricordi
proprio nulla? » le chiese lei, mentre entravano nel salotto.
« No, nulla.
L’ultima cosa che
ricordo è che mi trovavo in bagno. Poi mi sono ritrovata
improvvisamente
davanti all’ascensore » raccontò lei,
sforzandosi di ricordare e scrollando la
testa.
«
L’importante è che tu sia
ancora viva ».
« Ah, certo.
Il problema è che mi
sono fatta attaccare alle spalle come una stupida. Che razza di Auror
sarò se
non so difendermi da sola? »
Emmeline
sospirò, nervosa.
Quell’incidente che le era capitato le stava facendo venire
un sacco di dubbi,
primo tra tutti se quel mestiere fosse davvero adatto a lei. I suoi
genitori
avevano sempre cercato di farle cambiare idea: non volevano che
rischiasse la
vita contro i maghi oscuri. Però lei era sempre stata
convinta di quel che
faceva e che i suoi avessero solo paura per la sua
incolumità. Ma ora iniziava
a pensare di non essere adatta a quel genere di lavoro.
« Stai
ancora facendo
l’addestramento. È normale non avere esperienza.
Non dovresti scoraggiarti »
provò a rassicurarla la donna.
« Se lo dici
tu… »
« Allora, ci
siamo tutti? »
ringhiò Malocchio, facendo scorrere l’occhio
magico per tutto il salotto. «
Dunque, devo dirvi una cosa. Abbiamo saputo che il branco di Lupi
Mannari
comandato da Greyback ha intenzione di attaccare il villaggio di
Drybrook,
vicino alla foresta di Dean, durante il prossimo plenilunio, che
sarà
esattamente il secondo giorno di gennaio. A Drybrook non ci sono maghi
da
mettere in allerta, perciò dovremo essere noi a respingere
l’assalto dei Lupi
Mannari, altrimenti ci sarà una strage di Babbani, e
soprattutto di bambini ».
Emmeline
rabbrividì, e non fu
l’unica. Incontrò lo sguardo teso di Rachel,
quello angosciato di Peter e
quello serio e cupo di Dorcas e capì che tutti quanti erano
orripilanti dalla
prospettiva di combattere contro un intero branco di licantropi.
« Non siete
obbligati a farlo, se
non volete » sibilò Malocchio. « Ma se
avete aderito all’Ordine della Fenice, è
perché non volete che queste cose accadano,
perciò mi auguro di poter contare
su parecchi di voi. Naturalmente sono escluse Alice e Lily,
perché sono in
gravidanza, e anche Elphias… Tutti voi altri, non dovete
dare subito una
risposta. Rifletteteci e fatemi sapere ».
Lo sguardo di
Malocchio faceva
stare tutti in una situazione di disagio. Lui non si sarebbe mai tirato
indietro, ma probabilmente non voleva costringerli a combattere per
forza.
« Comunque,
nei prossimi giorni
imporremo degli incantesimi di protezione nel villaggio, in modo che i
Babbani
non escano di casa quella notte. Sarete divisi in gruppi, e ogni gruppo
si
occuperà di una zona. Penso che finiremo in
tempo senza problemi ».
Dopo questo, Malocchio
li congedò,
e tutti uscirono dal salotto senza avere più molta voglia di
chiacchierare.
Emmeline aveva
già deciso: sarebbe
andata a difendere Drybrook.
Forse lo considerava
un dovere:
si sarebbe sentita troppo in colpa a restare a casa mentre gli altri
rischiavano la vita… o peggio, di essere morsi. O forse, era
convinta che
aiutare quelle persone indifese la avrebbe aiutata a fare chiarezza
dentro di
sé. Era per quello che aveva deciso di diventare Auror:
ritrovare le proprie
motivazioni forse la avrebbe convinta a lasciar perdere tutti i dubbi
che aveva
al momento.
O almeno, era quello
che sperava.
Al contrario, Rachel
non era
ancora sicura di cosa fare. L’idea di combattere contro
quelle creature della
notte la terrorizzava, e non poteva fare a meno di attribuirne il
motivo al
fatto di essersi già ritrovata di fronte ad un Lupo Mannaro
scatenato, circa
tre anni prima. I suoi incantesimi non erano serviti a nulla. Lei,
Regulus e
Barty sarebbero sicuramente morti se non fosse intervenuto un cane
misterioso a
salvarli.
Che cosa potevano fare
contro un
branco intero di Lupi Mannari? Era questa la domanda che più
le premeva.
Tuttavia
cercò di non apparire
troppo spaventata, perché tutti gli altri facevano lo
stesso, escluso Minus,
pensò lei, rifilandogli un’occhiata di disprezzo:
da quando la aveva accusata
di essere una spia, Rachel non riusciva più a nascondere la
propria antipatia
nei suoi confronti.
« Che muso lungo ».
Rachel si voltò verso Dorcas, presa alla sprovvista.
« Non è vero che ce l’ho »
mentì,
cercando di apparire indifferente e fissando qualcosa di indefinito
fuori dalla finestra. La luna era già a tre quarti. Mancava
poco
al prossimo plenilunio.
Poi però si voltò a guardare Dorcas: lei non
mostrava mai
segni di cedimento. Era la donna più forte che avesse mai
conosciuto.
« Come fai ad essere così tranquilla? »
le chiese,
prima di potersi trattenere. Non poteva più fingere di non
avere
paura.
L’altra fece una smorfia.
« Non sono affatto tranquilla, però cerco di non
farmi
dominare dalle emozioni. Di solito cerco di capire bene che cosa mi fa
più paura e perché. Poi mi sforzo di trovare
delle
soluzioni razionali. Ti assicuro che se ti affidi al raziocinio,
riuscirai a contenere il panico ».
Rachel non era molto convinta. Dorcas era sempre molto logica e
razionale, ma lei non era così.
« Se hai timore dei Lupi Mannari ti capisco, ma cerca di
pensare
a come si possono sconfiggere. Il vantaggio principale che noi avremo,
sarà proprio la bacchetta. Quando sono trasformati, i Lupi
Mannari non ragionano né possono fare magie, quindi il modo
migliore per batterli è sfruttare questi loro svantaggi
».
« Se lo dici tu… »
Ma in quel momento Rachel si rese conto che ciò che
più
la spaventava non era tanto la battaglia di Drybrook, quanto il timore
di perdere tutto quello che aveva riconquistato a fatica. Ora che aveva
di nuovo Regulus, ora che si era lasciata alle spalle il dolore degli
ultimi mesi, aveva paura di perdere tutto un’altra volta. Se
fosse stata morsa… No, preferiva non pensare ad
un’eventualità del genere.
Ma, come se una voce nella testa le stesse rispondendo, si rese subito
conto di non potersi tirare indietro per mantenere intatta la
stabilità che aveva riacquistato. La guerra andava avanti,
la
gente continuava a morire, e lei non poteva abbandonare la lotta, anche
se questa le avrebbe procurato enormi rischi. Era quello che le aveva
detto Silente prima di ammetterla nell’Ordine della Fenice:
non
doveva combattere per vendetta, ma per creare un mondo migliore,
proprio come aveva fatto Regulus.
« No, hai ragione. Grazie, Dorcas » disse,
improvvisamente
più sicura. « Sono proprio una stupida ».
« Ma no. È normale avere qualche tentennamento, e
ti
assicuro che non sei l’unica». La donna le si
avvicinò, continuando a parlare sottovoce. « Che
resti tra
noi: io li ho tutti i giorni, ma cerco di non darlo a vedere. Se ti
mostri sicura, tutti gli altri si sentiranno a loro volta rassicurati.
Il panico purtroppo è contagioso, e bisogna evitare di
diffonderlo ».
« Grazie » ripeté lei, sollevata.
« Figurati. Se vuoi un consiglio, tornatene a casa e
riposati. Ti farà bene ».
Rachel annuì e la salutò, avviandosi poi verso
l’uscita, ignara di ciò che avrebbe scoperto di
lì
a poco.
L’ingresso
era immerso nella penombra, e l’unico chiarore proveniva da
una
sottile striscia di luce verticale: la porta della cucina era aperta.
Rachel comunque non vi
fece caso
almeno fino al momento in cui, dopo essersi avvicinata per prendere il
mantello, udì alcune voci concitate provenire
dall’interno della cucina.
« Non ho
nessuna intenzione di
andare a combattere a Drybrook e lasciarti da solo con la luna piena,
sappilo »
stava dicendo James, molto più serio del solito.
« Nemmeno io
» confermò Sirius.
« Ma non
potete abbandonare gli
altri per me! » sussurrò Remus, e Rachel non
poté fare a meno di sentirlo,
nonostante stesse cercando di infilarsi il mantello nel modo
più rumoroso possibile.
« Io posso cavarmela da solo ».
«
Lunastorta, hai dimenticato che
cosa ti succedeva quando eri da solo ad affrontare il tuo piccolo
problema
peloso? Senza di noi ti farai male ».
« Per una
volta non ha
importanza. La vostra presenza è più necessaria a
Drybrook. Volete che Greyback
faccia altre vittime? »
Sirius aveva un tono
arrabbiato.
«
Codaliscia, diglielo anche tu
che non può rimanere da solo ».
Minus stava per
rispondere, ma
Remus li interruppe, dando un calcio da qualche parte, probabilmente
una sedia,
pensò Rachel, che non riusciva a smettere di ascoltare
quell’insolita
conversazione, con una strana sensazione addosso.
« No! Ma non
capite? Voi sapete
più di tutti gli altri come tenere sotto controllo un Lupo
Mannaro. L’Ordine ha
bisogno di voi. E io non potrei sopportare l’idea che, per
avere qualcuno
accanto anche questa notte di luna piena, qualche altro bambino venga
morso
come è successo a me! »
Rachel
trasalì, portandosi subito
dopo una mano sulla bocca, mentre le orecchie sembravano essersi
riempite di
ovatta. Non sentiva più niente, a parte il martellante
battito del proprio
cuore e un fastidioso fischio alle orecchie.
Senza restare
lì un secondo di
più, si affrettò ad uscire dalla casa di Dedalus,
assicurandosi di non fare
rumore.
Non riusciva a credere
alle
proprie orecchie. Era assurdo, inconcepibile, impossibile. Non capiva
nemmeno
che cosa c’entrassero gli altri tre in tutta quella storia,
ma a dire il vero
non le interessava.
Si diede della stupida
per essere
rimasta ad ascoltare quella conversazione. Sarebbe stato meglio non
saperlo.
Com’era possibile?
Ma ora tutto aveva
più senso. Le
cicatrici, le svariate assenze del ragazzo, il suo perenne star male:
era tutto
collegato.
Alcuni ricordi le
riaffiorarono
alla mente di colpo. Lei non aveva mai creduto alle ipotesi di Severus
Piton
sulle strane assenze di uno dei ragazzi di Grifondoro che tanto
detestava: le
aveva liquidate con scetticismo, ritenendole assurde e dettate solo dal
rancore.
E invece,
pensò, lanciando
un’occhiata tesa verso la luna, adesso doveva riconoscere di
essersi sbagliata.
Remus Lupin era
davvero un Lupo
Mannaro.
*1:
La Bagnold pensa che Voldemort voglia ancora farla fuori
perché
non sa che lui ha corrotto e Imperiato parecchie delle sue persone
fidate, come ha detto nel capitolo scorso.
*2: Si riferisce al capitolo 47 di "Eroi non si
nasce, si diventa", quando Voldemort cerca di ucciderla e Regulus la fa
scappare con la figlia neonata!
*3:
Stavolta Silente sa già della sua conversazione con Tom
Riddle
sugli Horcrux (lo aveva sscoperto Regulus dopo aver sottoposto
Lumacorno alla Imperius), quindi stavolta non poteva dare ricordi
fasulli.
*4:
Tom Riddle è nato all'incirca nel 1926, Walburga
nel 1925,
Cygnus nel 1929, quindi Alphard, che era il fratello di
mezzo,
deve aver frequentato Hogwarts ai tempi di Tom Riddle (e per la mia storia
pure Perseus, che è coetaneo di Alphard).
*5:
Rachel sta parlando del figlio di Phineas Nigellus, che si chiamava a
sua volta Phineas, diseredato perché - per l'appunto -
sosteneva
i diritti dei Babbani O.o
*Angolo
autrice*
Perdonate la quantità spaventosa di note, ma erano
necessarie,
mi sa! Questo capitolo è piuttosto lungo rispetto agli
altri, e
ci ho messo un bel po' a scriverlo.
Millicent Bagnold l'ho immaginata come una donna molto onesta e giusta,
però a tutto c'è un limite, e visto che
è una politica, ho voluto renderla
comunque molto attaccata alla poltrona.
Drybrook esiste veramente e si trova proprio vicino alla foresta di
Dean, dove al momento è accampato il branco di Greyback. E'
un
villaggio di circa 2.000 abitanti, abbastanza piccolo quindi.
Il 2 gennaio 1980 c'è stata davvero la luna piena! Se
qualcuno
di voi è pignolo e può trovare utili delle info
del
genere per le proprie storie, vi indico il sito che ho consultato: Calendario
lunare.
Voi scegliete l'anno e il giorno, e lui vi dirà tutto sulla
situazione della luna in quel momento! Boh, io mi diverto a cercare
queste cose inutili, non so voi! XD
Il prossimo capitolo è già pronto,
però, visto che
da domani inizia il periodo più tosto, lo
pubblicherò domenica 13 febbraio.
Intanto lavorerò ai capitoli successivi per continuare ad
aggiornare abbastanza regolarmente! Mi dispiace se vado un po' a
rilento, ma state tranquilli: amo scrivere questa storia, e se solo
potessi non farei altro! XD
Spero che questo vi sia piaciuto, comunque! A presto!
|
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Capitolo 18 *** Macchie che non vengono mai via ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 18
Macchie che non vengono mai via
Regulus chiuse il
libro con un colpo
secco, sospirando e lanciando un’occhiata fuori dalla
finestra della stanza che
ormai era in un certo senso diventata sua. Aveva la sensazione che la
sua mente
fosse rinchiusa e costretta dentro una morsa, incapace di giungere a
qualche,
seppur minima, conclusione.
Aveva letto
già parecchi libri su
vari oggetti storici o antichi, o almeno quelli che era riuscito a
trovare in
casa Queen, ma ancora non aveva avuto alcuna illuminazione su quali
potessero
essere gli altri Horcrux.
Era molto frustrante
rimanere lì
senza poter fare niente per andare avanti nelle indagini… e
quello che gli dava
più fastidio era che Silente non gli aveva più
fatto sapere nulla. Rachel gli
diceva che stava compiendo delle ricerche, ma il Preside manteneva il
massimo
riserbo, e Regulus non lo trovava giusto. In fondo, era stato lui a
raccontargli degli Horcrux. Non poteva lasciarlo all’oscuro
di tutto.
Posò il
libro sulla scrivania,
sbuffando per l’irritazione. Non sopportava essere messo da
parte in quel modo.
Anche se si era ridotto a dover accettare
l’ospitalità dei genitori di Rachel,
era sempre un Black, e nessuno poteva trattarlo in quel modo, tanto
meno quel
furbo di Silente.
Doveva assolutamente
distrarsi in
qualche maniera, altrimenti sapeva che sarebbe impazzito.
Uscì dalla
stanza, diretto verso
il salotto, dal quale proveniva la voce agitata di qualcuno.
Incuriosito,
Regulus entrò, per poi rendersi conto che la voce proveniva
dalla radio:
Perseus stava ascoltando la radiocronaca di una partita di Quidditch.
Regulus
esitò sulla soglia,
incerto. In casa c’erano solo loro due: Diane aveva il turno
della domenica al
San Mungo, e Rachel sarebbe tornata da un momento all’altro,
ma intanto lui
poteva approfittare della situazione. Da giorni cercava di ristabilire
un
minimo di rapporto con quell’uomo, ma non ci era ancora
riuscito. Il fatto che
per riappacificarsi con Alphard gli ci fossero voluti
vent’anni non era molto
incoraggiante.
Stava ancora fermo
sulla soglia,
indeciso se andare avanti o tornare indietro, quando Perseus si accorse
della
sua presenza.
« Ah, sei tu
» disse, con poco
entusiasmo.
A quel punto, Regulus
non poté
più evitarlo, ed entrò.
« Che
partita è? » esordì. Gli
sembrava di trovarsi sui carboni ardenti e temeva che da un momento
all’altro
Perseus lo avrebbe afferrato e scaraventato fuori dalla stanza.
« Falmouth
Falcons contro le Vespe
di Wimbourne » rispose quello, laconico.
Regulus
deglutì.
« Posso
ascoltarla? »
« No
».
Lui chiuse gli occhi,
cercando di
concentrarsi e invocare la pazienza. Se fosse stato un altro momento,
se ne
sarebbe andato, ma adesso non aveva più intenzione di farsi
trattare in quel
modo. Così, ignorando la risposta di Perseus, si
andò a sedere su una poltrona.
Quello gli
lanciò
un’occhiataccia, ma non disse nulla. Probabilmente non se
l’aspettava. Così
decise di cambiare strategia.
« Accomodati
pure, eh… Che razza di idiota » disse
subito dopo,
irritato. Regulus lo guardò, perplesso e offeso, ma Perseus
lo tranquillizzò. «
Mi riferivo al cronista. È spudoratamente dalla parte delle
Vespe ».
Il ragazzo
annuì. Era un fortuna
che Perseus stesse ascoltando la partita: i silenzi imbarazzanti erano
riempiti
dalle parole del cronista e la sua cronaca poco imparziale dava qualche
spunto
di conversazione.
« Le Vespe
sono in testa! » stava
dicendo. « I Cacciatori dei Falcons non riescono a segnare da
dieci minuti,
grazie ai magistrali Bolidi scagliati dal nuovo acquisto della squadra
a
strisce gialle e nere, il poco più che ventenne Ludo Bagman.
È stato sicuramente
un ottimo acquisto… »
« Conosco
questo Bagman » disse
Regulus, stupito. « Giocava nella squadra di Quidditch di
Tassorosso. Aveva un
paio di anni più di me ed era molto bravo ».
« Lo sto
notando. È entrato nel Quidditch per
professionisti
solo un mese fa. È uno dei Battitori più forti
del mondo. Per colpa sua, le
Vespe di Wimbourne stanno già vincendo il campionato
».
Regulus gemette,
contrariato.
Subito dopo, si rese
conto che
Perseus lo stava fissando, ma lui continuò a far finta di
niente, con lo
sguardo rivolto alla radio. Pensava che l’altro avrebbe
preferito non farsene
accorgere.
« Senti un
po’, ragazzo » disse
invece l’uomo. Regulus non osò distogliere lo
sguardo dal suo, stavolta. « Stai
ascoltando la cronaca di una partita di cui non ti importa nulla,
perché
nessuna delle due squadre è quella che tifi tu. Si
può sapere cosa vuoi da me?
»
Regulus
inspirò profondamente,
deciso a non apparire più troppo docile come aveva fatto,
senza successo, fino
a quella sera.
« Vorrei che
mi dicesse cosa devo
fare per farle cambiare idea su di me, una volta per tutte ».
Perseus
aprì la bocca e tacque,
rendendosi conto di non sapere cosa rispondere. Non si aspettava
quell’improvviso cambio di atteggiamento, ma Regulus lo aveva
fatto apposta per spiazzarlo. Irritato, si voltò di nuovo in
direzione della radio. I Falcons stavano perdendo, e Regulus
notò con
preoccupazione che l’uomo aveva i pugni talmente serrati che
avrebbe potuto
stritolare qualsiasi cosa. Forse aveva esagerato, pensò.
Tuttavia, quando
Perseus parlò di
nuovo, disse qualcosa che lo sorprese.
« Che vuoi
che ti dica? Vuoi che
ammetta di aver esagerato qualche volta? O che ti dia una pacca sulla
spalla?
Oppure che ti ringrazi per aver salvato la vita di mia moglie?
Bè, scordatelo
».
Regulus lo
guardò, stupito.
« Sta
dicendo che, se non fosse
per l’orgoglio, lo farebbe? E che non ce l’ha
più con me? »
Perseus
alzò gli occhi al cielo,
sospirando.
« Ora non
esagerare. Diciamo che
non sento più l’irrefrenabile impulso di ucciderti
non appena ti incrocio per i
corridoi ».
« Questo mi
conforta, ma allora
perché continua a trattarmi a pesci in faccia? »
« Semplice,
perché mi diverto a
terrorizzarti » rispose Perseus con un ghigno.
Regulus non sapeva se
offendersi
o ridere, ma non fece nessuna delle due cose, perché si era
improvvisamente
reso conto di somigliare a Perseus molto più di quanto
avrebbe mai giurato. In
fondo anche lui e Sirius continuavano ad insultarsi a vicenda tutte le
volte
che si vedevano. Era per gioco, ma soprattutto per orgoglio. Non
potevano certo
abbracciarsi di nuovo: era successo una volta, ma era stato un evento
eccezionale che entrambi erano decisi a non ripetere… e a
non farne parola con
nessuno.
Si chiese come avesse
fatto a non
accorgersi che quella di Perseus fosse tutta scena. Eppure Rachel gli
aveva
detto più volte che suo padre non era affatto terribile come
sembrava.
« Comunque
non sono terrorizzato
» disse, risentito.
« Oh
sì, invece. Ora però chiudi
il becco e fammi ascoltare la partita. Ecco, tieniti occupato con
questa »
sbottò Perseus, offrendogli una Burrobirra.
« Grazie
» rispose Regulus,
ancora frastornato, ma all’improvviso molto più di
buonumore.
« Non fare
quella faccia.
Continuerò a trattarti come ho sempre fatto » lo
avvisò Perseus, burbero.
Quando Rachel
rientrò in casa quel
pomeriggio, rimase attonita quando vide Regulus e suo padre ascoltare
la
partita insieme.
« Non ci
posso credere! » non
poté fare a meno di esclamare. « Allora
è proprio vero che a Natale sono tutti
più buoni ».
« Non
cantare vittoria troppo
presto » l’avvertì subito suo padre.
« Il Natale passa in fretta ».
« Ok
».
Rachel andò
a sedersi accanto a
Regulus, ancora incredula. Quando incrociò il suo sguardo,
si sentì
all’improvviso liberata da tutto lo stress che aveva
accumulato quel giorno.
Per tutta la mattina
non aveva
fatto altro che crearsi una quantità enorme di problemi,
perché non sapeva come
gestire la sua scoperta sul fatto che Remus Lupin fosse un Lupo
Mannaro. Per il
momento aveva deciso di far finta di niente, almeno finché
non avrebbe avuto
occasione di parlarne col diretto interessato, ma fingere era
complicato.
Mentre nella sua testa
si
svolgevano questi pensieri, rivolse un sorriso rassicurante a Regulus,
e lui
ricambiò.
Ma subito dopo accadde
qualcosa.
Il sorriso sul volto del ragazzo si dissolse nel giro di pochi istanti,
sostituito da un’espressione tesa e sofferente, mentre lui
stringeva i pugni,
irrigidendosi.
Rachel
cercò di intercettare di
nuovo il suo sguardo, che ora sembrava incomprensibilmente vuoto, per
capire
cosa gli fosse successo, ma Regulus si alzò
all’improvviso.
« Scusate,
devo andare di là… »
bofonchiò, senza riuscire a nascondere il tono cupo con cui
aveva parlato.
Perplessa, Rachel lo
seguì con lo
sguardo mentre usciva dal salotto.
« Che cosa
gli è preso? » domandò
Perseus, altrettanto dubbioso.
« Non ne ho
idea… Vado a vedere
come sta ».
La ragazza si
alzò, uscendo a sua
volta. Lo aveva sentito usare le scale, così salì
al piano di sopra, trovandolo
nella sua stanza. Era seduto sul letto e teneva le braccia conserte.
« Che ti
succede? » domandò lei,
entrando nella stanza.
Regulus scosse la
testa.
« Niente
» rispose in fretta.
Rachel
sospirò, esasperata. Ormai
sapeva riconoscere una sua bugia ad occhi chiusi, ed era evidente che
non
stesse affatto bene.
« Ti senti
male? »
« No, sto
bene » replicò lui,
testardo.
La ragazza si sedette
accanto a
lui, notando il suo sguardo fisso e perso nel vuoto.
« Dimmi che
cos’hai » insisté,
stavolta con più impeto. Non c’era nulla da fare:
per convincerlo non serviva a
nulla essere gentili.
Lui sbuffò,
a disagio.
« Niente,
è passato ».
«
È passato cosa? La vuoi
smettere di fare il misterioso? »
Regulus la
guardò, incerto.
Sembrava nascondere qualcosa che lo tormentava, anche se lei non capiva
come
potesse aver cambiato umore nel giro di qualche secondo, senza che
nessuno
avesse detto nulla.
Ma infine lui si
decise.
Rachel lo
guardò sollevarsi la
manica e mostrarle il polso sinistro, sul quale era stato impresso a
fuoco il
Marchio Nero. La ragazza sgranò gli occhi, stupita, mentre
un’ansia crescente
si impadroniva di lei. Non si aspettava una cosa del genere; era stata
presa
alla sprovvista.
«
È il modo che Tu-Sai-Chi usa
per convocare i suoi seguaci. Quando tocca il marchio di un
Mangiamorte, quelli
di tutti gli altri bruciano, e loro devono raggiungerlo subito
» spiegò
Regulus, tetro. « L’ho ricevuto quando mi sono
unito a loro… »
Lei guardò
il serpente che usciva
dal teschio, impressionata.
« Quindi
è per questo che te ne
sei andato. Ti ha iniziato a fare male » sussurrò
in un fil di voce.
Regulus
annuì.
« Lo odio
» disse con rabbia,
coprendolo subito dopo.
Rachel aprì
la bocca per dire
qualcosa che potesse sollevargli il morale, ma non sapeva cosa dire.
«
È solo una cicatrice. Ormai non
conta più niente… » tentò,
ma Regulus scosse la testa.
« Non
è solo una cicatrice »
disse. Per un attimo diede segno di voler aggiungere qualcosa, ma si
trattenne.
« Ti fa
tornare in mente brutti ricordi?
» lo incoraggiò lei, sapendo quanto fosse
difficile per lui dire tutto quello
che gli passava per la testa.
Regulus
annuì.
« Odio
vedermelo addosso »
aggiunse. « Ogni volta che brucia, mi ricorda tutti gli
sbagli che ho fatto e
tutte le persone che ho visto morire. Non lo sopporto ».
Rachel lo prese per
mano,
cercando di consolarlo. Improvvisamente si rese conto che non era
bastato
salvarlo dalla caverna per permettergli di lasciarsi alle spalle la sua
vita da
Mangiamorte. Regulus aveva ancora bisogno di superare i propri sensi di
colpa.
« Non devi
più pensare a quel
periodo. Tu non sei più un Mangiamorte. Pensa a quello che
hai fatto per
recuperare l’Horcrux ».
Lui però
non sembrava affatto
convinto.
« Non riesco
a non pensarci.
Anche se lo vorrei, ogni volta che questo marchio mi fa male, mi
ricordo ogni
cosa. Penso anche a come sarebbe stato se non fossi mai diventato un
Mangiamorte. La mia famiglia non mi crederebbe morto, tu non avresti
dovuto
affrontare un lutto e non sarebbero successe tante cose che non avrei
voluto ».
Rachel non aveva la
più pallida
idea di come comportarsi per aiutarlo. Aveva paura di dire qualcosa di
sbagliato, ma più lo vedeva stare male più
desiderava sostenerlo.
« Senti
» disse ad un certo
punto, prendendo in mano la situazione. « Non ti
servirà a niente deprimerti
per questo. Hai sbagliato, ma tutti sbagliamo: siamo esseri umani
».
« Ma non
dovevo sbagliare! Lo
vuoi capire che delle persone sono morte per colpa mia? Pensi che serva
a
qualcosa cercare di non pensarci? » sbottò lui con
un tono più aggressivo del
solito. Sembrava arrabbiato, ma con se stesso.
« Hai
ragione, non servirà a
niente. Ma è inutile anche stare qui a non fare altro che
compiangerti. Adesso sei
diverso e stai lottando per ciò che è giusto, ed
è questo che conta. Devi
essere orgoglioso di quello che hai fatto, perché pochi si
sarebbero comportati
come te ».
Lui non
riuscì a non apparire rassicurato
da quelle parole, ma era ugualmente giù di corda.
« So che
sono cambiato, ma questo
segno mi resterà per sempre. Non verrà mai via e
continuerà a bruciare » disse,
riferendosi sempre al Marchio Nero.
Rachel gli
posò la testa sulla
spalla.
« Allora
vorrà dire che ogni
volta ci sarò sempre io a ricordarti chi sei davvero,
cioè la persona più
coraggiosa che conosca, e che ti ammiro proprio per questo ».
Regulus tacque per
parecchi
secondi, immerso in qualche riflessione.
« Penserai
che sono un ingrato.
Tu mi hai salvato la vita, e io sto sempre a lamentarmi per qualsiasi
cosa »
disse poi.
« No che non
lo sei. In fondo non
abbiamo mai parlato davvero di come ti senti, ed è anche
colpa mia. Forse ero
troppo felice del tuo ritorno per pensare ai tuoi rimorsi. Per di
più sei
chiuso in casa da giorni, senza poter uscire, e mi dispiace.
Proverò a
convincere Silente a trovare una soluzione, perché non
potrai nasconderti per
sempre… anche se la vedo difficile. Intanto, lamentati pure.
Sono sempre e
ancora la tua migliore amica, in fondo, e ti sopporto da otto anni:
ormai ci ho
fatto l’abitudine » scherzò.
« Molto
divertente » rispose
Regulus, ironico. Il malumore non gli era passato, ma almeno sembrava
meno
depresso di prima.
Rachel lo
abbracciò, nel
tentativo di infondergli tutto il sostegno che poteva dargli. Lui le
scostò una
ciocca di capelli dal viso, e con quel semplice gesto le fece battere
il cuore
all’impazzata. Lei si ritrovò a desiderare che
quell’attimo non finisse mai.
Quando le loro labbra si sfiorarono, per alcuni istanti parve a
entrambi che
non valesse la pena preoccuparsi d’altro. Era un oblio
perfetto.
Ma
all’improvviso qualcuno suonò
alla porta d’ingresso, rompendo l’incanto.
Rachel
sbuffò, maledicendo il
tempismo del visitatore.
Anche se vivevano
sotto lo stesso
tetto, erano pochi i momenti in cui lei e Regulus riuscivano a restare
soli, e
anche quelle poche volte non potevano mai esagerare perché,
se non c’erano
Diane e Perseus, ci pensava Sory a controllare la situazione. Rachel
sospettava
che suo padre avesse dato all’elfa l’espresso
ordine di tenerli d’occhio, e poi
di riferire a lui: in effetti, Sory aveva preso l’abitudine
di spuntare a
sorpresa dai posti più impensati.
Così,
cercando di ristabilire i
regolari battiti cardiaci, tutti e due uscirono dalla stanza e si
affacciarono
con cautela dalle scale, guardando Perseus avvicinarsi alla porta e
chiedere
chi fosse. Dopo un po’, l’uomo aprì la
porta, lasciando entrare qualcuno.
«
Sirius… Che ci farà qui? »
chiese Regulus, ostentando molto disinteresse nella domanda, per
compensare il
tono fin troppo entusiastico che aveva usato all’inizio.
«
Sarà venuto per salutarti. Non
è così strano, sai? » rispose Rachel,
facendo finta di niente.
« Per noi lo
è. Comunque starà
cercando di nuovo di sapere cosa nascondiamo io e Silente. Ma spreca il
suo
tempo: non gli parlerò mai degli Horcrux ».
I due ragazzi scesero
le scale,
raggiungendo Sirius all’ingresso.
« Come mai
sei qui? » chiese
Regulus, mentre Perseus se ne tornava davanti alla radio.
«
Bè, visto che domani è la Vigilia e la
festeggerò a
casa Potter, ho pensato bene di fare un salto qui per compiere il mio
dovere di
fratello rinnegato e diseredato e romperti un po’ le scatole
» rispose Sirius,
rivolgendosi ad un esasperato Regulus con una smorfia beffarda.
« Non avevo
dubbi: rompere le
scatole è la tua specialità »
ribatté l’altro, sarcastico.
Sirius
ignorò la frecciata e fece
un gran sorriso.
« Non ho
disturbato, vero? »
« Oh,
no… » rispose Rachel,
ironica.
Guastafeste, non poté
fare a meno di pensare.
« Perfetto!
Puoi uscire in
giardino? Devo presentarti qualcuno » disse Sirius, senza far
caso al tono di
lei, e rivolgendosi al fratello.
« Scherzi,
vero? Non avrai
portato qualcun altro qui, mi auguro » intervenne la ragazza,
allarmata. Sirius
mosse la mano come per scacciare un moscerino.
« Non ti
agitare, è tutto a
posto. Voglio solo farvi conoscere la donna della mia vita »
continuò a dire,
con una strana espressione.
Sia Regulus che Rachel
non
poterono evitare di reagire con stupore e scetticismo a quella
straordinaria
rivelazione.
« Tu? Ci stai prendendo in
giro ».
« Certo che
no. Puoi uscire in
giardino, vero? »
Regulus
cercò con lo sguardo
Rachel e lei annuì, sospirando: gli incantesimi di
protezione si estendevano
fino alla palizzata.
Quando uscirono,
Sirius indicò
loro qualcosa che non somigliava neanche lontanamente ad una donna. E
non era
nemmeno una ragazza. In effetti, Rachel non riusciva proprio a capire
di cosa
si trattasse.
« Che
cos’è quel mucchio di
ferraglia? » domandò Regulus, dando voce alle sue
perplessità.
Sirius gemette,
indignato.
« Quel gioiellino è la mia
vita, quindi vacci piano: non ti permetto di
offendere la mia motocicletta » rispose.
Regulus lo
guardò come se fosse
convinto di avere a che fare con una persona un po’ suonata.
« E che roba
è? »
«
È un mezzo di trasporto,
naturalmente ».
Non appena Regulus
intuì che
doveva trattarsi di un mezzo di trasporto Babbano, Sirius
scoppiò a ridere: in
effetti l’espressione disgustata del ragazzo era molto
spassosa.
«
Così sarebbe questa la donna
della tua vita. Mi sembrava troppo strano… »
commentò Rachel, ridacchiando.
Il ragazzo fece una
smorfia, per
poi rivolgersi al fratello con un ghigno.
« Vuoi
provarla? »
« Scherzi?
Non salirò mai su una
cosa fabbricata da Babbani » rispose Regulus, schifato.
« Ma io ho
apportato delle
modifiche. Adesso può volare » insisté
Sirius.
« Niente
può essere meglio di una
scopa ».
« Non
capisci nulla. Rachel,
almeno tu provala ».
« Ehm, no
grazie. Mentre voi
bambini giocate, io andrò a preparare del tè
» declinò lei l’offerta. Non si
fidava molto di quei marchingegni Babbani, ma soprattutto conosceva
troppo bene
l’indole scherzosa di Sirius, e preferiva rimanere con i
piedi ben piantati per
terra, piuttosto che accontentarlo.
La
prudenza non è mai troppa, pensò. Soprattutto se hai a
che fare con quella peste di Sirius Black.
Tuttavia, si
soffermò a vederli
chiacchierare dalla finestra della cucina. Le sembrava quasi
impossibile che
stessero parlando di nuovo, anche se più che altro
bisticciavano… ma non era
quello l’importante.
Non li aveva mai visti
così:
quando frequentava Hogwarts, li aveva guardati allontanarsi sempre di
più, fino
a raggiungere uno stadio in cui non si rivolgevano neanche la parola.
E Regulus, anche se
era molto
bravo a nasconderlo, non le era mai apparso così contento,
nonostante tutto
quello che dovevano ancora affrontare.
Ben presto
però smise di fare
quei pensieri: pochi minuti dopo rischiò di rovesciarsi
addosso la teiera
bollente quando Sirius accese la moto all’improvviso, e il
rombo del motore
fece spaventare Regulus così tanto che
quest’ultimo continuò a maledire il
fratello per i successivi dieci minuti, mentre l’altro lo
prendeva in giro
senza ritegno, con la sua risata simile ad un latrato.
« Per la
millesima volta, non mi
sono spaventato » ripeté Regulus poco dopo, quando
rientrarono in casa per bere
il tè.
« Ah, certo.
Sei solo saltato su
come un grillo » lo schernì l’altro.
« E stavi cadendo a terra per la paura ».
« Non
è vero » sbottò lui. « Vado
a lavarmi le mani. Che diamine hai messo su quella cosa? »
«
È il grasso del motore »
rispose l’altro, ridacchiando.
« Che
schifo… »
Regulus
andò in bagno,
bofonchiando tra sé, e Rachel ne approfittò per
porgere a Sirius una tazza
fumante di tè.
« Sai,
è stato molto carino da
parte tua venirlo a trovare proprio oggi » disse, dopo averne
bevuto un sorso.
Sirius
aggrottò la fronte.
« Davvero?
Oh no! La mia doveva
essere una visita sgradita » si preoccupò.
Rachel alzò
gli occhi al cielo.
« Quando la
finirete con questa
farsa del “non me ne frega niente di lui” saremo
tutti più felici. Lui non te
lo confesserà mai, ma era un po’ depresso oggi, e
gli ha fatto bene rivederti.
Quanto a te, lo so che ci tieni, anche se nemmeno tu lo ammetterai mai
».
« Oh, per
favore, non dire
assurdità » gemette Sirius scuotendo la testa: era
chiaramente orripilato.
« Ok,
lasciamo perdere… »
Rachel
esitò, incerta se rivolgergli
la domanda che gli premeva oppure no. Si era decisa a parlarne in
seguito, e
non con lui, ma non era nella sua natura restare in silenzio quando
qualcosa
non andava.
Lui si accorse della
sua
esitazione e ne chiese il motivo.
« Non ti
piacerà » rispose
Rachel, agitata.
« Parla pure
».
«
D’accordo » si decise infine
lei, traendo un profondo respiro prima di iniziare a parlare.
« L’altra sera
stavo per uscire da casa di Dedalus e… bè, mi
è capitato di sentire una
conversazione tra te e i tuoi amici ».
Sirius
s’irrigidì.
«
Ah… » fu il suo unico commento.
« Hai origliato? »
Lei
arrossì.
« Non ho
origliato… cioè, non
volontariamente. La porta era aperta... Comunque, non è
questo il punto »
sbottò, nervosa.
« Non
c’è nessun punto di cui
discutere. Remus è sempre stato quello che conosci, e il
fatto che certe notti
diventi un po’ diverso non cambia nulla. Gli permette solo di
fare da
infiltrato nel branco di Greyback ».
Rachel non sapeva cosa
dire. Era
una situazione molto imbarazzante. Fino a quel momento, gli unici Lupi
Mannari
di cui aveva sentito parlare erano quelli che attaccavano apposta gli
umani, e
che vivevano allo stato brado. Non aveva mai saputo
dell’esistenza di
licantropi come Remus. Ma i fatti le dimostravano che esistevano
eccome, nonostante
i pregiudizi che lei stessa aveva sempre condiviso con la maggior parte
della
comunità magica. Evidentemente, i Lupi Mannari pacifici non
facevano notizia
quanto quelli malvagi.
« Ma
come…? » provò a chiedere,
ma Sirius la interruppe.
« Se vuoi
discuterne, fallo
direttamente con lui. È un suo segreto, e io non voglio
dirti nulla senza
averlo interpellato. Mi dispiace ».
« Hai
ragione. Vorrà dire che ne
parlerò con lui ».
« Ti chiedo
solo un favore: non raccontarlo
a Regulus. Sai com’è fatto, e non gradirebbe
questa notizia. Se devo essere
sincero, non ho voglia di litigare di nuovo con lui, ora che le cose
sono
vagamente migliorate » aggiunse Sirius, con un tono deciso.
« Va bene
» fece Rachel. Poi
aggiunse, prima di potersi trattenere: «
C’è altro che dovrei sapere? »
Stavolta fu Sirius a
tentennare,
ma infine rispose con decisione.
« No
».
Ma la sua breve
esitazione non
riuscì a ricacciare indietro le decine di domande e sospetti
che si
affollavano nella testa di Rachel, e che esigevano delle risposte.
*Angolo
autrice*
Ciao a tutti! E' una fortuna che sia riuscita a pubblicare,
perché non mi funziona internet senza fili, mentre sul pc
fisso
sì... bah! -.-" Per questo non sono ancora
riuscita a recensire le storie che qualcuno di voi ha aggiornato, ma lo
farò presto!
Il titolo è preso dal capitolo 25 del Calice di Fuoco. E'
una
cosa che dice Barty/Malocchio a Severus e che mi è rimasta
così impressa che quando ho scritto questo capitolo la mia
mente
l'ha subito ricordata. Per un ex Mangiamorte non deve essere piacevole
sentirsi bruciare il Marchio Nero a tutte le ore del giorno.
Avrete notato che Regulus ha avuto una faccia più tosta del
solito nell'affrontare Perseus, ma penso che sia normale. Dopo tutto
quello che ha fatto nella caverna, il padre di Rachel non lo spaventa
più di tanto! XD
Infine, riguardo a Rachel, sto cercando di capire come potrebbe reagire
una strega come lei. Da come ne parla Remus nei libri, mi è
sempre parso di intuire che a trattarlo bene fossero solo in pochi,
mentre anche chi non lo disprezzava aveva una gran paura di lui. E
Rachel fino a questo momento fa parte della categoria che si limitava a
temere i Lupi Mannari. Comunque, al momento sa contenere le prorpie
paure e ragionarci su.
Ora che ho detto tutto, vi do appuntamento al prossimo capitolo, che
pubblicherò (a meno che internet non faccia stupidi scherzi)
il
28 febbraio.
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Capitolo 19 *** Un Natale diverso ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 19
Un Natale diverso
Albus Silente
camminava lungo la
piazza principale di un villaggio, diretto verso l’unico pub
della zona: L’Impiccato. Non erano ancora le
sei del
pomeriggio, ma il buio era già sceso sulle case che lo
circondavano, mentre le
nuvole fitte e dense nascondevano la luna alla vista di chi osservava
il cielo.
Quando il mago
entrò nel locale,
percepì subito la differenza col freddo
all’esterno. Un vivace fuoco
scoppiettava nel camino, e il chiacchiericcio rallegrava
l’atmosfera. Le
decorazioni natalizie davano un tocco festoso in più.
Gli avventori del pub
si
voltarono a guardarlo, soffermandosi sulla sua veste da mago con una
certa
curiosità. Un gruppo di ragazzi sui vent’anni
ridacchiò al suo indirizzo.
Silente tuttavia non
si scompose
e si avvicinò al bancone, ordinando un bicchiere di sherry.
« Ecco
» disse l’uomo che lo
servì. Aveva gli occhi sporgenti e lo fissava con interesse.
« Lei non è di
qui, vero? »
« No, sono
venuto per… affari »
rispose Silente, con gentilezza. Sorseggiò lentamente lo
sherry, e decise di
approfittare della curiosità che l’uomo
dimostrava. « Sto cercando delle
informazioni, e spero che lei mi possa aiutare ».
« Dica
» fece quello, strofinando
un bicchiere con un cencio.
« Conosce
per caso qualcuno di
nome Riddle? »
Alla parola
“Riddle”, qualcuno
tossì, soffocandosi con ciò che stava bevendo,
altri sobbalzarono sul proprio
posto e tutti quanti interruppero immediatamente di fare quel che
stavano
facendo, voltandosi verso di lui, increduli.
Silente non si
aspettava di
creare tutto quel putiferio con una semplice domanda, ma mantenne la
calma,
ringraziando la propria buona stella.
« Riddle?
Sta davvero cercando i
Riddle? Bè, se proprio vuole trovarli, le consiglio di
andare al cimitero. È lì
che sono » rispose il barista, scrollando la testa, come se
ritenesse Silente
un po’ mentecatto. « Sono morti anni fa e in modo
misterioso. Ne hanno parlato
tutti per un sacco di tempo ».
« Non ne
avevo idea. Com’è
successo? » domandò Silente, cercando di non
apparire troppo interessato. Era
partito proprio dal cognome di Voldemort per indagare sul suo passato,
e gli
unici Riddle di cui aveva avuto notizia erano proprio lì, a
Little Hangleton.
« Dot ci
lavorava. Perché non
glielo racconti, Dot? Ti offro due bicchieri di sherry »
disse il barista,
rivolgendosi ad una donna seduta poco più in là.
«
Sì, Dot, racconta » convenne
qualcun altro. Anche i più giovani sembravano interessati
all’argomento.
Evidentemente, la vicenda dei Riddle doveva essere stata
l’unica cosa
emozionante che fosse mai capitata in quel piccolo villaggio.
La donna si
avvicinò al bancone,
un po’ seccata. Doveva aver ripetuto almeno mille volte la
sua esperienza.
«
Bè, è cominciato tutto quando
lavoravo come cameriera dai Riddle » esordì,
afferrando un bicchiere pieno e
trangugiandolo senza troppo problemi. « Non mi trovavo bene,
anche se mi
pagavano parecchio. Erano snob e antipatici, non li sopportava nessuno
».
Si fermò,
permettendo a qualche
uomo più anziano di annuire sonoramente.
« Fatto sta
che un giorno sono
entrata nel salotto e li ho trovati morti stecchiti, tutti e tre: sia i
genitori
che il figlio, Tom ».
« Molto
interessante » commentò Silente,
pensieroso. « Prego, continui pure ».
E la donna
continuò a raccontare
di come nemmeno la polizia fosse stata in grado di capire come fossero
morti,
di come il vecchio giardiniere, Frank Bryce, fosse stato accusato di
omicidio e
scagionato per assenza di prove, e di come tutti nel villaggio
sospettassero
comunque della sua colpevolezza.
« Lui dice
di aver visto un
ragazzino straniero aggirarsi intorno a casa Riddle. Balle, dico io.
Nessuno ha
mai visto nessuno di sospetto, a parte Frank. Era così
scorbutico che… »
« Mi perdoni
se la interrompo »
disse il vecchio mago, incuriosito. « Com’era
questo ragazzo? »
Dot fece spallucce.
« Frank
Bryce lo ha descritto
come un ragazzo dai capelli scuri e dall’aria inquietante, ma
non gli creda,
cerca solo di sviare i sospetti. Ma tanto lo sappiamo tutti che
è stato lui ».
« Per caso
potrei parlare con il
signor Bryce? »
In molti lo guardarono
con
perplessità.
« Ma lei chi
è, esattamente? Non
è che il proprietario non paga le bollette? »
« Proprio
così » mentì Silente,
assecondandola.
« Ah, lo
sapevo! Aveva l’aria
dello scapestrato, infatti. Comunque, se proprio ci tiene, Bryce abita
ancora a
casa Riddle. Strano, eh? La vede quella casa là, in cima
alla collina? » disse
Dot, indicando un punto imprecisato fuori dalla finestra. «
Sta lì. Però non si
aspetti un’accoglienza calorosa. Frank è
intrattabile da quando è tornato
ferito dalla guerra ».
« La guerra
cambia tutti, signora
» le disse Silente, tranquillo.
« Giusto,
l’ho fatta anche io »
intervenne un uomo molto anziano, con un bastone poggiato accanto alla
sedia. «
Se posso dire la mia, lo capisco, Frank. Sarei diventato scorbutico
anche io se
avessi lavorato tutta la vita dai Riddle ».
« Erano
così terribili? »
« Erano i
classici nobili con la
puzza sotto il naso » intervenne un altro Babbano
dall’aria piuttosto schietta.
« Peccato che loro viziato figlio li abbia messi in imbarazzo
più di una volta!
»
Molti ridacchiarono.
«
Perché, cosa ha fatto Tom? »
«
È scappato per sposare la
figlia di quei matti che vivevano in una catapecchia qui vicino, per
poi
tornare dopo qualche mese. Diceva che la ragazza si era fatta sposare
raccontandogli di essere rimasta incinta. Nessuno ha mai capito come
abbia
potuto sposarla. Era… bè, non si faceva vedere
spesso, ma non era una gran
bellezza… Brutta, insomma. Doveva essere anche mezza matta.
Di sicuro suo padre
e suo fratello lo erano. I Gaunt erano completamente svitati
».
Silente faceva fatica
a seguire
tutti i discorsi, perché nel frattempo molti altri clienti
del locale si
parlavano uno sopra l’altro, cercando di dire la propria.
Tuttavia
continuò a prestare
molta attenzione. Aveva trovato tracce di un omonimo di Voldemort, e
stava
rintracciando collegamenti con una famiglia di svitati… non era
la prima volta che i Babbani definivano i maghi in
quel modo. E se la ragazza fosse stata davvero una strega?
Forse…
« Ci abita
ancora qualcuno nella
catapecchia dei Gaunt? » domandò, cercando di
farsi sentire al di sopra del
chiacchiericcio.
« No, sono
andati tutti via.
Forse sono morti, chi lo sa » rispose Dot, il viso paonazzo:
era ormai al sesto
bicchiere di sherry e non sembrava più molto lucida.
Anche tutti gli altri
non
sembravano più interessati, e stavano riprendendo a parlare
per conto loro.
« Signori,
vi ringrazio. È stato
un piacere fare questa chiacchierata. E buon Natale a tutti »
li salutò
Silente, assicuratosi ormai di non avere più nulla da
sapere. Pagò il barista
con monete babbane e si diresse verso la porta.
Uscì come
era entrato, lasciando
dietro di sé parecchi sguardi perplessi, e si diresse verso
la grande casa in
cima alla collina.
Uno stuzzicante
profumo di
arrosto proveniva dalla cucina della casa in cui vivevano i Potter, e
si
diffondeva lentamente in tutte le stanze adiacenti, facendo venire
l’acquolina
in bocca ai quattro ragazzi che, in salotto, chiacchieravano accanto
all’albero
di Natale.
« Non ha
cucinato Lily, vero? »
Sirius non era
riuscito a
trattenersi e, preso in disparte James, aveva dovuto domandarglielo per
forza.
Ne andava della sua salute, mentale e soprattutto fisica.
«
Perché me lo chiedi? » fece
James, anche se conosceva benissimo il motivo, ma si divertiva a
fingersi
indifferente.
«
Perché se avesse cucinato lei,
sarebbe già tutto bruciato, e tu mi avresti già
mandato a rapinare la rosticceria
sotto casa mia, per recuperare qualcosa di commestibile per questo
cenone della
Vigilia » rispose Sirius, cercando di parlare a bassa voce,
affinché Lily,
intenta ad apparecchiare, non sentisse.
James
sghignazzò.
« Mi chiedo
come tu abbia fatto a
indovinare » rispose, ironico. « Ha cucinato tutto
Bathilda. È stata così
gentile che ha voluto preparare tutto lei. Secondo me è
matta, ma ha detto che
ne sarebbe stata felice ».
« Chi
è Bathilda? »
« Bathilda
Bath. Vive qui vicino
» rispose James, indicando l’angolo della strada
fuori dalla finestra.
« Ne so
quanto prima ».
« Non dirmi
che il suo nome non
ti dice nulla » intervenne Remus, con
un’espressione sarcastica dipinta sul
viso. « Ha scritto il nostro libro di Storia della Magia
».
« Oh,
quella! Ma pensa un po’. Mi
sarei aspettato che fosse morta dalla noia, dopo aver scritto quel
noiosissimo
libro ».
Peter
ridacchiò, mentre Remus
inarcava il sopracciglio con aria esasperata.
In quel momento
tuttavia si udì
la voce di Lily provenire dalla cucina. Aveva un tono piuttosto
stridulo.
« Qualcuno
mi dà una mano ad
apparecchiare, o devo fare tutto io? »
« Vengo io
» si offrì Peter,
impressionato.
Da quando era incinta,
Lily era
molto più nervosa del solito. James era fermamente convinto
che lo facesse
apposta, per avere la scusa di arrabbiarsi tutte le volte che voleva,
ma Peter
non voleva verificare questa sua teoria. Così corse
immediatamente fuori dal
salotto, lasciando soli gli altri tre, che ripresero un discorso che
avevano
iniziato alcuni minuti prima.
« Sirius?
Rachel come ha reagito
quando ha scoperto quello che sono? » chiese Remus mentre
James, che fino a
quel momento aveva sistemato con amorevole cura i regali sotto
l’albero di
Natale, si bloccava di colpo.
« Abbastanza
bene. Insomma, non
ha fatto scenate. Gli sei simpatico, perciò era solo molto
scioccata. Ma ho
paura che possa sospettare delle nostre uscite serali dalla Stamberga
Strillante. Se capisse che eri tu quel Lupo Mannaro che l’ha
quasi morsa, non
so se reagirebbe così bene » ammise Sirius,
sospirando.
Remus si
incupì.
« Sapevo che
prima o poi
l’avrebbe scoperto ».
Sirius e James si
lanciarono
un’occhiata preoccupata, mentre l’altro rifletteva
ancora.
« E so che
presto capirà che ero
io quel Lupo Mannaro, sempre se non l’ha già
intuito. Tanto vale che glielo
dica io stesso » sibilò a denti stretti.
Loro lo fissarono con
la stessa
espressione che avrebbero potuto usare se la McGranitt e Gazza si
fossero messi a ballare insieme al ritmo del Rock’n Roll.
« Ma sei
matto?! »
« Tanto lo
indovinerà anche da
sola, non è stupida. Quanti Lupi Mannari potevano esserci
nello stesso momento
dalle parti di Hogsmeade? Anzi, spero proprio che lo capisca,
perché sono anni
che non vedo l’ora di liberarmi di questo peso ».
«
Sì però, se puoi, evita di
raccontarglielo. Ti metteresti nei guai con Silente…
»
« State
tranquilli. Qualunque
cosa succeda, non le dirò che siete Animagi…
»
« Non
è questo che ci preoccupa.
Davvero, Remus, non dirglielo » insisté James.
« Va bene,
non le dirò nulla, a
meno che lei non sospetti di me » decise Remus, sospirando.
Rimase in silenzio
per alcuni istanti, e poi aggiunse: « Comunque, Sirius,
c’è una cosa che non
capisco. Quando ne avete parlato? Ieri avevi detto che saresti andato a
farti
un giro in moto ».
Quell’affermazione
fu seguita da
un brevissimo silenzio, ma talmente teso che Sirius per alcuni istanti
non
seppe cosa rispondere. Agitato, si rese conto di non essere abituato a
mentire
ai suoi amici, e questo non era un bene. Non doveva fargli sapere di
essere
andato a trovare suo fratello, che per giunta era vivo. Poteva
percepire lo
sguardo fisso di James, che stava fischiettando una musica natalizia
per
rompere un po’ il ghiaccio.
«
L’ho incontrata per caso e mi
sono fermato a parlarle » mentì.
Remus dovette
percepire la sua esitazione,
ma non lo diede a vedere.
«
D’accordo… Comunque, vado ad
aiutare Lily e Peter » annunciò, senza scomporsi.
Con un certo
nervosismo, Sirius
notò che l’amico sembrava piuttosto abbattuto,
anche se il suo scarso
entusiasmo poteva essere dovuto alla luna piena che si avvicinava o dal
timore
di essere stato scoperto; o almeno era quello che Sirius sperava.
Quando Remus
uscì, il ragazzo
sospirò, incrociando poi lo sguardo pensieroso di James.
« Senti
» esordì quest’ultimo,
smettendo di poggiare l’orecchio sui regali, nel vano
tentativo di scoprire che
cosa vi fosse sotto la carta. « Sei proprio sicuro di non
volergli dire di
Regulus? »
Sirius
incrociò le braccia,
sbuffando.
« Ne abbiamo
già parlato. Remus
trascorre un sacco di tempo con gli altri Lupi Mannari. Quanto a
Peter… bè, è
meglio non dirglielo. Potrebbe essere pericoloso fargli sapere certe
cose… »
« Ma
è pericoloso anche se le so
io, no? Se i Mangiamorte mi catturassero, potrebbero scoprirlo lo
stesso »
insisté James.
« Lo so, ma
è meglio ridurre i
rischi al minimo. Sai che non faccio sempre quello che dice Silente, ma
stavolta ha ragione lui ».
« Come vuoi
» sospirò l’altro,
anche se non sembrava molto convinto. Doveva costargli molto tacere con
Remus e
Peter, ma soprattutto con sua moglie.
« A
proposito, grazie per aver
deciso di non dirlo a Lily ».
James fece un ghigno
nervoso.
«
Bè, in fondo non è così
difficile. Non è un argomento di cui parla spesso e, al
massimo, si interessa a
come stai tu ».
« Meglio
così ».
James gli si
avvicinò, ma Sirius
già sapeva dove volesse andare a parare.
« Allora,
come è andata, ieri? »
chiese infatti il primo.
« Bene,
anche se la moto non gli
è piaciuta » rispose Sirius, fingendosi
indifferente. « Dice che preferisce le
scope ».
« Ma ha
ragione! Niente può battere
una scopa… » commentò James divertito,
per poi aggiungere, non appena notò
l’espressione risentita dell’amico: «
Però la tua moto è davvero forte! Ti
ricordi quando siamo stati fermati da quei due poliziotti Babbani,
l’anno
scorso? È stato uno spasso! »
Sirius
sghignazzò al solo
ricordo. Come membri dell’Ordine della Fenice, era loro
compito e obiettivo
principale difendere i non maghi, ma doveva ammettere che a volte era
divertente prenderli in giro.
«
È cambiato parecchio » disse ad
un certo punto, e James tacque immediatamente, capendo subito che si
stesse
riferendo a Regulus. « Anzi no, è sempre il solito
Purosangue razzista, però
devo ammettere che è molto meno idiota di prima ».
« Visto che
ha lasciato i
Mangiamorte, mi sembra più che ovvio, no? Pochi di loro
avrebbero voltato le
spalle a Voldemort, te lo assicuro ».
James
guardò l’amico, e la
memoria gli tornò ai giorni successivi alla scomparsa di
Regulus. Sirius era
stato talmente male che nemmeno lui era in grado di sapere cosa dire
per
consolarlo. Si era sentito del tutto impotente, cosa che considerava
intollerabile.
Fino a che avevano
frequentato
Hogwarts, era sempre riuscito a fargli passare il malumore causato dai
vari e
frequenti litigi col fratello, proponendogli qualche nuovo scherzo, ma
quando
si era diffusa la notizia della morte di Regulus, Sirius aveva perso
gran parte
dell’entusiasmo di prima. Continuava sempre a fingere il
solito distacco, ma
non riusciva ad ingannare chi lo conosceva bene.
Ora però
era cambiato tutto, e
Sirius sembrava avere riacquistato la vitalità di sempre, e
anche qualcosa in
più. James non aveva mai creduto al disprezzo e
all’indifferenza che l’amico
aveva sempre ostentato nei confronti di Regulus. Per lui era evidente
quanto
quella situazione lo avesse fatto soffrire, anche se Sirius reagiva
sempre con
rabbia o distacco.
Ma, ora che aveva
provato cosa
significasse provare il rimpianto e il rimorso di non aver fatto
abbastanza per
evitare la rovina del fratello, Sirius stava cercando di recuperare. E
ci stava
riuscendo, a quanto pareva.
« Non
avresti mai immaginato di
trascorrere un Natale tranquillo, vero? » fece James.
Sirius
annuì.
«
Già. Pensavo che sarebbe stato
il peggior Natale della mia vita… e non è che ne
abbia passati molti allegri, a
parte quelli trascorsi a casa tua ».
James tacque per
alcuni istanti,
riflettendo sulla cosa migliore da dire in quel momento.
« Felpato?
» lo chiamò infine,
assestandogli una fraterna pacca sulla spalla. « Sono
contento per te ».
Sirius gli
lanciò un’occhiata
riconoscente, e continuò a fissarlo. James fece altrettanto,
e un silenzio teso
cadde nella stanza. Continuarono a fissarsi, finché Sirius
non riuscì più a
resistere e si esibì in una smorfia disgustata, condita da
un verso altrettanto
schifato.
« Ah-ha! Ho
vinto di nuovo! »
esclamò James, alzando il pugno in segno di trionfo.
« Non mi batterai mai! Sei
negato nella gara a chi fa lo sdolcinato più a lungo!
»
« Buon
Natale! » esclamò Alphard,
gioviale. « Sei stranamente in ritardo ».
Regulus fu colto di
sorpresa, e
lo fissò per alcuni istanti, senza poter credere ai propri
occhi.
« Che ci fai
tu qui? » chiese,
frastornato.
« Ho mandato
Sory a prenderlo,
per farlo Materializzare direttamente qui senza fargli correre pericoli
» disse
Rachel, rivolgendosi al ragazzo, che era ancora sorpreso per la
presenza
inaspettata dello zio. « Abbiamo pensato che avrebbe fatto
piacere a tutti e
due cenare insieme a Natale ».
« Grazie
» fece Regulus.
«
L’idea è stata di mia figlia »
rispose Perseus, che sembrava tenere molto a specificarlo.
« Non
è vero » bisbigliò lei,
quando suo padre fu a debita distanza. « Ci ha pensato lui
per primo ».
Alphard sorrise, ma
fece finta di
nulla quando Perseus tornò a guardare nella loro direzione.
Regulus si trattenne,
ma dentro
di sé era contentissimo di festeggiare il Natale insieme a
suo zio. Non gli
sembrava vero.
« Come te la
passi? » gli chiese
Alphard, arrancando accanto a lui, mentre si dirigevano verso la sala
da
pranzo, al cui centro stava una tavola apparecchiata per cinque.
« So che
finalmente ti sei chiarito con Sirius ».
« Abbastanza
» fece Regulus senza
sbilanciarsi troppo, e l’altro rispose con un sorriso.
Regulus lo
guardò. Anche se
sembrava decisamente più sereno di quando era andato a
trovarlo a casa sua,
pochi mesi prima, Alphard non sembrava godere di un’ottima
salute.
« Tu come
stai? » chiese,
cercando di non sembrare troppo apprensivo.
« Sto bene.
Certo, non è proprio
il massimo del divertimento rimanere chiusi in casa per forza, ma sto
bene ».
Alphard aveva sempre
avuto il
vizio di minimizzare qualsiasi problema lo riguardasse; non gli piaceva
mostrarsi troppo debole. Ma Regulus non poté fare a meno di
sentirsi
preoccupato. A differenza della maggior parte dei maghi, i Black non
erano mai
stati molto longevi. Alphard aveva solo cinquantadue anni, ma Regulus
pensò a
suo padre e a suo zio Cygnus, entrambi morti quando ne avevano appena
compiuti
cinquanta.
« Ti senti
bene? » gli chiese
all’improvviso lo zio, facendolo riscuotere da quei pensieri.
«
Sì, scusa, mi ero distratto un
attimo » farfugliò il ragazzo, chiedendosi che
cosa gli stesse accadendo. Non
era normale mettersi a fare certi pensieri in una situazione rilassata
e
festosa come quella. Non riusciva a capirne la ragione, ma percepiva un
peso
opprimente che gli si chiudeva intorno alla testa, come se una voce
incorporea
lo stesse avvisando, prospettando scenari tragici e disastrosi.
Perplesso e confuso,
seguì le
indicazioni di Diane e si sedette a tavola accanto ad Alphard e di
fronte a
Rachel. Non era proprio il momento di farsi assalire dalla depressione,
soprattutto se immotivata, si disse, cercando di scrollarsi di dosso
tutti i
pensieri negativi.
Perseus e Alphard
stavano
commentando la partita del giorno prima, e solo Diane, per sua
sfortuna, non
sembrava particolarmente interessata all’argomento.
« Mi
dispiace deludervi, ma
Bagman è veramente bravo » intervenne Rachel,
perché gli altri due sembravano
molto propensi a giudicarlo dotato della tipica fortuna del
principiante. «
Vero, Regulus? Ci lanciava certi Bolidi, durante le partite contro
Tassorosso…
Alla fine però chiedeva sempre scusa, ed era così
allegro che non riuscivamo
mai a tenergli il broncio ».
« Io in
realtà lo fulminavo con
lo sguardo ogni volta » specificò Regulus.
« È un tipo irritante ».
« A me
sembra simpatico »
commentò Alphard.
« Appunto.
Lo è troppo, e in modo
esagerato ».
« A
proposito di giocatori di
Quidditch » intervenne Diane. « Lo sapete che il
Portiere della nazionale
irlandese è stato ricoverato al San Mungo? »
« Davvero?
»
« Oh
sì » confermò lei. « Qualche
avversario deve avergli fatto uno scherzo, perché aveva le
braccia scambiate
con le gambe. Che scherzo idiota » commentò
infine, scuotendo la testa.
Regulus rise insieme
agli altri,
provando a immaginare come doveva essere ridotto il giocatore
irlandese, ma dopo
pochi istanti si interruppe, scoprendo di non essere in grado di
divertirsi.
E come avrebbe potuto
farlo?
Mentre lui festeggiava il Natale, sua madre era a Grimmauld Place, con
la sola
compagnia di un elfo domestico, e per giunta credeva che suo figlio
fosse
morto.
Al solo pensiero,
Regulus non
ebbe più voglia di mangiare. Si sentiva malissimo, molto
peggio delle altre
volte in cui aveva fatto quei pensieri.
Non riusciva a
contrastare quella
malinconia, ma non voleva neanche farla pesare sugli altri. Per questo,
quando
Rachel gli lanciò uno sguardo, tentò di sembrare
divertito dalla conversazione,
augurandosi con tutto il cuore che questa fosse allegra, e di
ricacciare
indietro la tristezza che lo opprimeva.
In effetti,
pensò, era da parecchi
giorni che covava quel male interiore che sembrava volerlo trascinare
in un
baratro di disperazione. Le sue notti erano piene di incubi, e di
giorno veniva
assalito da un’angoscia indistinta. Non poteva trattarsi solo
di normale
depressione. Doveva esserci per forza un altro motivo. Ma quale?
Istintivamente,
infilò in tasca
la mano, che andò a chiudersi intorno al medaglione. Lo
teneva sempre con sé e,
a dire il vero. Non se ne separava mai perché non si fidava
a lasciarlo
incustodito, dopo tutto quello che gli era costato recuperarlo.
Ora che ci pensava, si
sentiva in
quel modo proprio da quando aveva iniziato a tenere l’Horcrux
sempre con sé. In
fondo era magia oscura, e forse influiva sull’umore di chi vi
rimaneva troppo a
contatto.
Doveva trovare al
più presto una
soluzione. Se solo Silente si fosse fatto vivo, forse avrebbero potuto
distruggerlo, prima che quell’Horcrux lo facesse impazzire.
Regulus ritrasse la
mano dalla
tasca e cercò di recuperare il filo del discorso che, nel
frattempo, era andato
avanti. Alphard e Perseus si erano lanciati in nostalgiche rievocazioni
della
loro giovinezza, e Rachel sembrava aver scoperto qualcosa di cui non
era a
conoscenza.
« Non mi
avevate mai detto che vi
siete conosciuti grazie ad Alphard » disse la ragazza,
rivolgendo un’occhiata
indispettita ai propri genitori. « Perché non ci
raccontate com’è andata? »
« Non
è così interessante » cercò
di svicolare Perseus. « E poi a Regulus non interessa. Vero?
»
Regulus, non ancora
del tutto
presente, aveva sentito solo il proprio nome e
“interessa”.
«
Sì, mi interessa » rispose,
stupendosi poi dell’occhiata risentita che Perseus gli
rifilò. Qualcosa gli
diceva che “sì” non era la risposta che
avrebbe dovuto dare.
« Non te la
prendere, è più
imbarazzante per me che per te » intervenne Alphard, nel
tentativo di salvare suo
nipote.
« Infatti
» confermò Diane,
schiarendosi poi la voce e rivolgendosi a Rachel e Regulus. «
Dovete sapere che
all’epoca avevo appena iniziato il mio apprendistato come
Guaritrice e proprio
in quei giorni Alphard era stato ricoverato al San Mungo per lesioni da
incantesimo ».
Regulus
guardò lo zio,
improvvisamente molto più attento.
« Cosa ti
era successo? » chiese.
Alphard fece un
sorriso
imbarazzato.
« Ecco,
diciamo che mi ero
cacciato in un bel guaio. Il giorno prima avevo chiesto di uscire ad
una
ragazza, e lei aveva accettato, ma si era ben guardata dal dirmi di
essere già fidanzata.
Se lo avessi saputo, non la avrei mai invitata. Comunque, sono stato
talmente
fortunato che nel bel mezzo dell’appuntamento abbiamo
incontrato il suo
fidanzato, che per di più era un campione di duello...
»
« E infatti
l’ha ridotto
malissimo » commentò Diane, mentre gli altri
ridacchiavano. « Visto che era un
mio paziente, ho conosciuto Perseus quando è andato a
trovarlo. In realtà è
stato l’unico ad andarlo a trovare… »
«
Sì, devi considerare che il
campione di duello era anche un Purosangue, quindi i miei parenti hanno
preferito fingere che non esistessi. Non volevano essere coinvolti
nella
pessima figura che avevo fatto ».
Regulus e Alphard si
scambiarono
un’occhiata divertita, immaginando le reazioni della famiglia
Black a quella
notizia.
« E poi
com’è andata? » chiese
Rachel, curiosa.
«
All’inizio andava male. Tuo
padre era così timido che quando c’ero io non
riusciva neanche a parlare »
disse Diane, mentre Perseus cercava di minimizzare, ma il suo volto era
già
viola per la vergogna. « Si comportava in un modo
così bizzarro che ormai ero
convinta che mi odiasse, anche se non ne conoscevo il motivo
».
« Io invece
avevo capito tutto »
aggiunse Alphard, « e ho trascorso tutto il periodo in cui
sono stato al San
Mungo a cercar di convincere Perseus a rivolgerle la parola
».
Regulus si sforzava di
non ridere
come invece stava facendo Rachel, senza alcun pudore, altrimenti
Perseus lo
avrebbe ucciso. Lui stesso poi non poteva proprio parlare, visto che
aveva
impiegato cinque anni per accorgersi di Rachel, e un altro anno per
decidersi a
invitarla a uscire.
« Alla fine
ho deciso di prendere
in mano la situazione. Ho detto a lui che Diane lo aspettava nella sala
da tè
del San Mungo, e viceversa. Naturalmente era una bugia, però
li ho fatti
incontrare. E ha funzionato ».
«
Papà, ma eri un disastro! »
esclamò Rachel.
« Grazie
» bofonchiò lui,
risentito.
Per togliere
d’imbarazzo suo marito,
Diane cambiò completamente discorso.
« Regulus,
caro, vuoi una seconda
razione di pollo? »
«
Sì, grazie » rispose lui.
Quella cena di Natale
era
diventata un’occasione per ricordare il passato, e il fatto
che Alphard e
Perseus non parlassero della loro gioventù da parecchio
tempo contribuiva molto
a rendere accesa la conversazione.
Regulus fu molto
contento di
ascoltare i loro racconti, prima di tutto perché non li
aveva mai sentiti
prima, ma anche perché in quel modo riusciva a dimenticare
per un po’ i suoi
problemi.
Inoltre
l’atmosfera che si
respirava in quella stanza era estremamente serena, e lui dovette
ammettere di
non esserci abituato. A casa sua nessuno aveva mai scherzato
così tanto durante
le cene natalizie. Si prestava sempre più attenzione
all’etichetta che a creare
un’atmosfera calorosa. Anche Alphard era diverso; sembrava
molto più a suo agio
di quando si trovava insieme agli altri Black.
Né Regulus
né Rachel parlarono
molto, quella sera: preferirono ascoltare quello che gli adulti
raccontavano.
Scoprirono che la
generazione di
Perseus e Alphard aveva avuto il privilegio – se proprio si
poteva definire
tale – di conoscere il professor Rüf quando era
ancora vivo; ritrovarselo in
aula sotto forma di fantasma senza alcun preavviso era stato uno shock
quasi
per tutti, e per l’intera durata della lezione, erano stati
indecisi se informare
il professore della sua nuova condizione oppure no, perché
sembrava che lui non
se ne fosse neanche accorto.
Infine era stato
proprio Alphard
a provarci, anche se non era ancora del tutto sicuro che Rüf
avesse davvero
capito il significato della frase: « Signore, non so come
dirglielo, ma… non si
sente un po’ alleggerito? »
Raccontarono anche del
campionato
di Quidditch della loro epoca, e degli scherzi che facevano ai
giocatori di
Grifondoro, e viceversa.
Regulus
scoprì che, a parte la
sua timidezza nei confronti della futura moglie, Perseus non era stato
affatto
un ragazzo docile: era molto introverso e diffidente, ma non si faceva
mettere
i piedi in testa facilmente, ed era molto abile nello scagliare
fatture.
Regulus
annotò mentalmente
l’informazione: era certo che gli sarebbe tornata utile.
Ma se aveva pensato
che quella
conversazione sarebbe filata liscia come l’olio, presto
capì di essersi
sbagliato.
Arrivati al momento
del dessert,
Regulus stava sorseggiando del vino, quando le sue orecchie percepirono
uno
stralcio del discorso, e una parola in particolare lo colpì
all’improvviso,
come se una freccia fosse appena passata sibilando a pochi millimetri
da lui.
Ne fu talmente sconvolto che rischiò di farsi andare il vino
di traverso, e
cercò di trattenere la tosse.
« Riddle? »
ripeté, interrompendo il discorso. Non poteva credere
alla propria fortuna: aveva intenzione di parlarne, ma non aveva la
più pallida
idea di come intavolare la conversazione senza destare sospetti.
« Lo
conoscevate? »
Il suo battito era
accelerato, e
lanciò a Rachel un’occhiata di avvertimento, che
lei ricambiò senza capire.
«
Sì, perché? » chiese Alphard,
perplesso.
Regulus
cercò di calmarsi e di
trovare un modo per dirottare il discorso proprio su Riddle.
« Ce ne ha
parlato spesso il
professor Lumacorno » buttò lì, mentre
sul viso di Rachel improvvisamente si
disegnava un’espressione consapevole. Fu un miracolo se si
trattenne dal lanciare
qualche esclamazione di stupore.
«
Sì, è vero » confermò lei.
«
Era al vostro anno? »
« No, era di
un anno più grande »
rispose Perseus, pensieroso. « Era anche lui un Serpeverde ma
non facevamo
parte della sua cerchia. Però ricordo che era il cocco dei
professori ».
« Se lo
meritava. Era lo studente
migliore di quel periodo » aggiunse Alphard. «
Chissà che fine ha fatto, a
proposito ».
Regulus
cercò di restare
indifferente. Se avessero saputo che quel Tom Riddle era niente meno
che
Voldemort…
«
Perché, è sparito? » insisté
Rachel, decisa a saperne il più possibile.
«
Sì, dopo aver finito Hogwarts
non si è più fatto vivo. E dire che aveva le
capacità di diventare Ministro
della Magia. Invece girava voce che fosse finito a lavorare come
commesso da
Magie Sinister. Ed era strano per una persona ambiziosa come lui
».
Regulus e Rachel si
scambiarono
un’occhiata perplessa. Voldemort che lavorava da Magie
Sinister? Era assurdo, e
non aveva senso.
« Ma
perché vi interessa tanto? »
chiese Diane, e di colpo i due ragazzi si fecero rigidi sulle sedie.
«
Ehm… semplice curiosità »
mentì
Rachel.
« Lumacorno
diceva che aveva
vinto un’onorificenza speciale, ai suoi tempi »
ribatté Regulus, per mantenere
il discorso su quell’argomento.
I due uomini si
guardarono con
aria perplessa.
« Questo non
lo sapevamo »
risposero, ma improvvisamente Regulus non li stava più
ascoltando.
Il suo cuore aveva
iniziato a
battere all’impazzata e, nel silenzio ovattato che aveva
invaso le sue
orecchie, poteva quasi percepire un altro battito, quello metallico
proveniente
dall’Horcrux nella sua tasca.
Una sequenza di
immagini estratte
da cassetti remoti della memoria gli si svolse nella mente,
mostrandogli
immagini che credeva di aver dimenticato: un Encomio Speciale per
servigi resi
alla scuola, la Sala
dei Trofei, due ragazzi che nel cuore della notte estraevano da un
nascondiglio
nella parete un diario vuoto, appartenente a Tom Riddle…
Regulus ebbe la
sensazione di non
avere più fiato. Non aveva più pensato a quel
diario nascosto senza un motivo dichiarato.
Ma se Voldemort teneva così tanto a quell’oggetto
apparentemente inutile, ciò
significava che doveva essere importante, molto importante, e
forse…
Fu come se avesse
ricevuto una
potente martellata in testa. Tutto l’entusiasmo
svanì non appena si rese conto
di ciò che aveva fatto.
Se quel diario era un Horcrux, se
lo era davvero, Regulus si sarebbe maledetto per il resto della sua
intera
esistenza. Perché, pensò, impallidendo
vistosamente, era stato proprio lui a
consegnarlo dritto nelle mani di Rabastan Lestrange.
*Angolo
autrice*
Povero
Perseus, l'ho proprio preso per i fondelli stavolta, ma la cosa mi
divertiva troppo per non inserirla! XD Un po' di chiacchiere inutili e
rilassate ci volevano, considerando quello che è successo e
che
succederà... La mia vena sadica sta fremendo e non vede
l'ora di
tornare in azione ù.ù
Spero che la prima parte non vi abbia annoiati. Ero incerta se
tagliarla o no, perché in fondo sapete
già tutto sui Riddle e i Gaunt, ma alla fine ho deciso di
lasciarla.
Non faccio commenti sulla seconda scena... -.-" L'ho promessa a certe
persone di mia conoscenza,
a cui la dedico (contente, adesso? -.-"), ma ora mi ci vorranno
altri dieci capitoli per disintossicarmi dalla presenza di quello là... Fan di Potter,
godetevelo perché non avrete molte altre occasioni di
vederlo così tanto. >.<
Lo so che avevo detto che ci sarebbe stata una scena con i Prewett, ma
alla
fine ho dovuto tagliarla perché non c'entrava nulla. Mi
dispiace
per quelli a cui l'avevo promessa; sarà per il prossimo
Natale! =(
Infine, può sembrare strano che Alphard e Perseus, che
all'epoca
dell'apertura della Camera dei Segreti erano studenti, ignorino tante
cose, ma sono arrivata alla conclusione che nessuno sapesse bene cosa
fosse accaduto. Mi sono basata sulle
parole di Tom Riddle:
"Certo che so della
Camera dei
Segreti. Ai miei tempi ci dissero che era una leggenda, che non
esisteva. Ma era una bugia. Quando frequentavo il quinto anno, la
Camera venne aperta, il mostro aggredì molti studenti e alla
fine ne uccise una. Io presi la persona che aveva aperto la Camera e
questa fu espulsa. Ma
il professor Dippet, il Preside, vergognandosi
che a Hogwarts fosse accaduta una cosa del genere, mi proibì
di
raccontare la verità. Fu messa in giro la storia che la
ragazza
era morta in un misterioso incidente. A me, per il disturbo, fu
consegnato un bel trofeo lucente tutto istoriato, e mi fu intimato di
tenere la bocca chiusa. Ma sapevo che la cosa avrebbe
potuto ripetersi.
Il mostro rimase in vita e l'unica persona dotata del potere di
liberarlo non fu messa in prigione." (HP2)
Se quanto scritto sopra non è una balla completa (ma in questo caso
penso
di no, escludendo ovviamente la parte su lui e Hagrid), allora nessuno degli studenti sapeva che Tom avesse fatto
espellere
Hagrid né che quest'ultimo fosse ritenuto responsabile
dell'apertura della Camera, che anzi tutti alla fine considerarono una
leggenda.
Probabilmente la sua espulsione fu giustificata da un'altra accusa, e
in fondo non tutti erano tenuti a conoscerne il motivo.
Alla fine, Regulus ricorda quello che è successo nel
capitolo 37
di "Eroi non si nasce, si diventa" (sapevo che mi sarebbe tornato
utile! ^^) Il recupero del diario non avverrà subito (prima
devo
concludere la battaglia coi lupi mannari) ma sarà la
prossima
mossa, idee improvvise a parte.
Bene, anzi male: domani avrò
l'ultimo esame ma poi finalmente sarò libera! *_______*
Pubblicherò il prossimo capitolo domenica 13 marzo.
Bye bye!
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Capitolo 20 *** Il segreto di Remus ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 20
Il segreto di Remus
« Angus?
»
Remus vide Timothy
avvicinarsi
con cautela, i capelli rossi e disordinati che gli coprivano
perennemente gli
occhi.
« Ciao Tim.
Non sarà il caso di
tagliare questa frangia? Non capisco come tu faccia a vedere dove metti
i piedi
» disse, fingendosi tranquillo e sereno.
« In
realtà mi serve per
allenarmi » rispose il bambino, alzando la testa e facendo
spallucce. « Sono un
lupo mannaro, no? Devo sviluppare gli altri sensi, oltre alla vista.
Greyback
dice che noi siamo di gran lunga superiori agli umani, proprio
perché per
cacciare ci serviamo dell’udito e dell’olfatto,
mentre loro si affidano
solamente agli occhi. Perciò è facile coglierli
di sorpresa ».
« Ehm,
sì, in effetti è così…
»
rispose Remus, cercando di nascondere l’angoscia che provava.
Non poteva sopportare
il modo in
cui Greyback riusciva ad entrare nelle menti di quei bambini,
manovrandole a
suo piacimento e portandole a pensare quello che lui voleva.
E soprattutto, odiava
vedere Timothy
plagiato come tutti gli altri. Negli ultimi giorni aveva imparato a
conoscere quel
bambino e non aveva potuto fare a meno di affezionarsi.
« Domani ci
sarà la luna piena »
disse Timothy, seguendo Remus attraverso gli alberi.
« Proprio
così… Hai paura? »
Il ragazzino si
fermò e per
qualche istante parve esitare.
« No, non ne
ho » rispose infine,
lanciando un’occhiata insicura ad altri due bambini-lupo che
si stavano
contendendo una pigna, azzuffandosi a vicenda. Era chiaro che non
volesse
mostrare le proprie paure davanti agli altri.
« Sei
sicuro? » chiese Remus,
facendolo allontanare di alcuni metri.
Timothy
abbassò lo sguardo,
improvvisamente cupo.
« Greyback
dice che è bello… che
ti senti potente e capace di fare qualsiasi cosa, senza più
ragionare su nulla
e lasciandoti trascinare soltanto dall’istinto…
Però il fatto è che… a me non
è
mai piaciuto perdere il controllo » ammise, non appena i due
bambini furono a
debita distanza.
Remus ebbe un
improvviso moto
d’affetto nei suoi confronti. Avrebbe voluto posargli una
mano sulla spalla, ma
Tim non amava il contatto fisico, anzi, era arrivato a temerlo: da
quando era
stato morso, i suoi cugini lo avevano toccato solo per picchiarlo,
mentre i
suoi genitori non lo avevano neanche più sfiorato.
Perciò Remus decise di
trattenersi: era certo che altrimenti il bambino avrebbe reagito male.
«
Andrà tutto bene, vedrai » si
limitò a consolarlo.
«
Sköll dice che mi farò del male
da solo. È vero? » chiese Timothy, cercando di
nascondere il tremore dei pugni.
«
Sköll ti ha solo preso in giro.
Lo fa con tutti i bambini, ma non devi dargli retta » rispose
Remus, lanciando
un’occhiata disgustata all’adulto dai capelli neri
seduto intorno al fuoco: era
uno dei favoriti di Greyback e aveva una ferocia pari a quella del capo
branco.
« Quindi non
mi farò male? »
« No. Te
l’ho detto. Voi bambini
starete con me e qualche altro adulto » rispose Remus.
« Resteremo nella
foresta e al massimo andremo a caccia di selvaggina ».
« Dici
davvero? »
Il tono con cui aveva
chiesto
conferma era teso e speranzoso al tempo stesso. Remus lo
guardò, e non poté
fare a meno di pensare alla sua vita spezzata e distrutta per colpa di
un
mostro sanguinario, che voleva soltanto vendicare i torti subiti a
scapito di
persone innocenti.
« Certo.
Stai tranquillo, Tim.
Finché resterai con me, non ti succederà niente.
Te lo prometto ».
E Timothy sorrise. Lo
fece con
qualche sforzo, segno che non sorrideva ormai da molto tempo.
«
Selvaggina? » commentò, con
un’espressione molto più sollevata e
all’improvviso quasi famelica. « Mi
piacciono le bistecche al sangue ».
Remus si
incupì.
«
Sì… anche a me » rispose, ma il
suo tono era colmo di un inequivocabile rammarico.
« Scusate,
non vedo niente… Ehm,
non potreste…? Oh, grazie ».
Sturgis
riuscì ad inserirsi tra
Edgar e Rachel, che si era spostata per fargli spazio.
« Podmore,
fai silenzio e ascolta
» ringhiò Malocchio al suo indirizzo.
«
Scusi… »
« E tu,
Queen, torna su questo
pianeta » aggiunse l’Auror, richiamando Rachel alla
realtà.
Lei
sussultò e bofonchiò qualche
parola a mo’ di giustifica.
Erano tutti riuniti
intorno al
tavolo della cucina di Dedalus, chinati sopra una cartina che
rappresentava il
villaggio di Drybrook, e Moody stava illustrando loro la tattica che
aveva
ideato per contrastare l’attacco dei lupi mannari.
Rachel
cercò di concentrarsi;
fino a quel momento non aveva potuto fare a meno di pensare a quello
che
Regulus le aveva detto due notti prima, dopo la cena della Vigilia.
Forse aveva trovato un
Horcrux,
un misterioso diario appartenente a Tom Riddle, ed era necessario
rintracciare
Silente il prima possibile per comunicarglielo. Ma questo non si era
ancora
fatto vivo e Rachel non sapeva come contattarlo senza destare sospetti.
Scosse la testa,
decisa a
pensarci in seguito. Ora aveva altro di cui occuparsi.
« Come
potete vedere » stava
dicendo Moody, « Drybrook è circondata a sud, ad
est e a nord-est dalla Foresta
di Dean, in cui si nasconde il branco di Greyback. A ovest ci sono
soltanto
campi, perciò è improbabile che
l’attacco venga sferrato da lì: dovrebbero
uscire allo scoperto e rischierebbero di essere visti.
Perciò sono sicuro che verranno
dalla foresta, quasi sicuramente da nord-est, perché
lì gli alberi confinano
direttamente col villaggio, e un attacco a sorpresa sarebbe
più facile e rapido.
Fin qui è tutto chiaro? »
Tutti i membri
dell’Ordine della
Fenice annuirono. Avere una strategia sembrava produrre un effetto
rassicurante
sulla maggior parte di loro.
« Bene
» sbottò Moody,
sbrigativo, tornando a indicare la cartina con l’ausilio
della bacchetta. «
Entro il pomeriggio del due gennaio, cioè domani, faremo in
modo che tutta
l’acqua del villaggio sia contaminata dalla Pozione
Soporifera che metteremo
nei pozzi comuni e nell’acquedotto, così avremo la
certezza che nessun Babbano sia
sveglio e possa uscire di casa quando i lupi mannari attaccheranno.
Quanto a
noi, oltre alla decina di Auror che ho convinto ad aiutarci, saremo
quattordici, e ci divideremo in gruppi di due o tre persone. Ogni
gruppo avrà
una zona da controllare e sarà disposto in modo da
circondare l’intero
villaggio. Io sarò in prima linea a nord-est, dove sono
maggiori le possibilità
che sia sferrato l’attacco. Deciderò
più in là le vostre postazioni »
aggiunse,
vedendo che alcuni sembravano già intenzionati ad esprimere
le loro preferenze.
« Non ho
finito » ringhiò. «
C’è
un’ultima cosa che devo dirvi ».
Un silenzio teso si
diffuse nella
cucina, mentre Malocchio si gonfiava, come per trattenere il respiro
prima di
fare un annuncio importante.
« Questa
battaglia sarà diversa da
quelle a cui siete abituati. Sappiamo per certo che tra i lupi non ci
saranno i
bambini, perché sono troppo inesperti, ma gli adulti
più feroci sì. Avremo la
maggioranza numerica, ma con i lupi mannari sarà una
maggioranza molto
relativa. Avrete a che fare con creature che seguono solo
l’istinto di uccidere
o sbranare, perciò non potrete permettervi il lusso di
essere teneri e
compassionevoli. Pochi tra voi sono in grado di uccidere, e io stesso
cerco di
evitarlo il più possibile, ma in ogni caso ricordatevi che
è difficile
limitarsi a Schiantare un lupo mannaro e attendere l’alba
prima di arrestarlo,
senza che si svegli ».
Quelle parole ebbero
la capacità
di far trattenere il fiato a tutti quanti. Un’atmosfera molto
più pesante di
prima si diffuse tra le loro fila.
Rachel era agitata.
Non sapeva
neanche da dove iniziare per uccidere e, a dire il vero, non ci teneva
molto.
Regulus non aveva mai scagliato un Avada Kedavra, ma provava rimorso
per quelli
che aveva visto usare e che non aveva fermato. Anche se gli obiettivi
dell’Ordine della Fenice erano buoni rispetto a quelli dei
Mangiamorte, la
sostanza non cambiava: si trattava sempre di togliere la vita.
Rachel si chiese chi
delle
persone in quella stanza avesse già ucciso qualche mago
oscuro in battaglia. Malocchio
aveva una certa esperienza, quindi era possibile che qualche volta vi
fosse
stato costretto, anche se aveva sempre cercato di evitarlo. Ma quasi
nessun
altro le dava l’impressione di esserne capace.
Quando
lanciò un’occhiata agli
altri, infatti, Rachel li vide nervosi e preoccupati quanto lei.
« Adesso
potete andare. Ci
vedremo tutti domani per decidere le vostre posizioni »
concluse Malocchio.
« Secondo
voi c’è la possibilità
che i lupi mannari cambino idea e decidano di non attaccare il
villaggio? »
mormorò Sturgis, rivolto a quelli che gli stavano intorno,
cercando di non
farsi sentire da Moody.
Molti reagirono
alzando gli occhi
al cielo, esasperati. Rachel notò che gli interventi di
Sturgis fossero spesso
considerati fuori luogo. Solo Fabian e Gideon li consideravano sempre
divertenti.
« Sarebbe
bello anche se
Voldemort decidesse di non conquistare più il mondo e di
ritirarsi a vita
privata, ma è impossibile » rispose Dorcas,
sarcastica.
Sturgis parve
imbarazzato per
quello che aveva detto.
« Su, non te
la prendere » lo
rassicurò Emmeline, dandogli una pacca sul braccio. Lui
ammutolì.
Rachel vide Moody
uscire
zoppicando dalla cucina, e per alcuni secondi rimase immobile, indecisa
se
parlargli oppure no. Alla fine si decise, e uscì a sua
volta, raggiungendolo
all’ingresso.
« Signor
Moody, aspetti » lo
richiamò.
Lui
continuò a darle le spalle,
impegnato a prendere l’impermeabile
dall’attaccapanni.
«
Ehm… »
« Parla, ti
ascolto » ringhiò
lui. Rachel capì che l’occhio finto gli
permettesse di guardarla attraverso la
testa, così esordì.
« Sa che
fine ha fatto Silente? »
domandò. « È un po’ che non
si fa vivo ».
Lui alzò le
spalle.
« Al momento
ha lasciato il
comando a me perché è impegnato. Qualunque cosa
stia combinando, riguarda
sempre la lotta contro Voldemort ».
« Non
c’è modo di rintracciarlo? Dovrei
parlargli » insisté lei.
Malocchio si
voltò, grattandosi
il mento con un’espressione assorta.
« Uhm, non
credo sia il caso di
spedirgli un Patronus. Non sai se sarà solo o no quando lo
riceverà. Potrebbe
rivelare la sua identità a persone con cui vorrebbe
mantenerla segreta. Potrebbero
essere Mangiamorte, e potrebbero smascherarlo, per poi torturarlo e
ucciderlo ».
Rachel
sgranò gli occhi di fronte
a quella previsione catastrofica.
« Ti
conviene mandargli un gufo »
continuò lui. « Scrivigli che devi parlargli e
basta ma, mi raccomando, senza
aggiungere dettagli, perché la posta potrebbe essere
intercettata. E non ti
firmare, tanto riconosce sempre la grafia di chi gli scrive. Hai capito
bene? »
«
Sì. Credo che farò così. Grazie
».
Lui la
osservò per alcuni
istanti, sospettoso, ma per fortuna non fece domande.
La ragazza si
recò in salotto,
prese carta e penna e, dopo averci riflettuto per bene, scrisse un
breve messaggio,
limitandosi a riferirgli che avessero bisogno di parlargli
perché c’erano delle
novità, sperando che Silente capisse subito
l’argomento. Se davvero quel diario
era un Horcrux, dovevano trovare il modo di recuperarlo, ma prima era
meglio
interpellare chi di dovere.
Legò il
biglietto alla zampa del
gufo marrone di Dedalus, che spiccò il volo fuori dalla
finestra, fino a
diventare un puntino minuscolo all’orizzonte.
Rachel
sperò che il gufo
riuscisse a trovare Silente, ovunque egli fosse.
Fece per uscire dal
salotto, ma
andò a sbattere addosso a qualcuno. Quando alzò
lo sguardo su chi aveva urtato,
si ritrovò di fronte l’ultima persona che avrebbe
voluto incontrare.
« Oh, scusa,
pensavo che non ci
fosse nessuno » disse Remus, nervoso.
Quel giorno sembrava
molto più smunto
e sciupato del solito. La luna piena era alle porte, pensò
Rachel
all’improvviso.
« Fa niente
» bofonchiò, senza
avere la più pallida idea di cosa dire.
Calò un
silenzio imbarazzante,
durante il quale lei rimase immobile sulla soglia, guardando in tutte
le
direzioni possibili, ma non verso il ragazzo. Aveva cercato di evitarlo
per
tutta la giornata, ma sapeva già che non avrebbe potuto
farlo in eterno. In
quel momento però era impreparata ad affrontare una
conversazione, così rimase
in silenzio, sperando che almeno lui riuscisse a trovare qualcosa di
sensato da
dire.
Infatti fu proprio
Remus a
parlare per primo, dopo essersi schiarito la voce.
«
Già che ci siamo, vorrei
chiarire un paio di cose, se non ti dispiace. Sirius mi ha riferito
quello che
hai scoperto su di me ».
Rachel non si
aspettava un
esordio così diretto, ma annuì e si fece indietro
per permettergli di entrare
nel salotto.
«
Sì bè… » disse, talmente
nervosa da tradurre in parole la prima cosa che le venne in mente.
« Mi
dispiace di aver ascoltato quello che dicevate ».
Aveva parlato molto
più in fretta
del solito e con un tono di voce più acuto: le succedeva
sempre quando era
agitata.
Ripensandoci, si diede
della
stupida. Probabilmente a Remus importava ben altro.
« Non fa
nulla. Me lo sarei
dovuto aspettare. Finora sei stata l’unica
dell’Ordine della Fenice a non
conoscere il mio segreto, ma era ovvio che prima o poi lo avresti
scoperto ».
Rachel lo
guardò, incredula. E
così tutti quanti lo sapevano, tranne lei?
« Capisco
».
« Ero
convinto che saperlo ti
avrebbe creato dei problemi » spiegò lui.
« Forse ho sbagliato a giudicarti ma,
credimi, ho avuto brutti precedenti: anche maghi che non avevano
problemi a
frequentare Babbani mi hanno allontanato dopo aver saputo quello che
ero ».
Lo disse con un tono
talmente
cupo che Rachel non poté fare a meno di provare pena per
lui. Era ancora
scioccata e incredula nel constatare che non tutti i lupi mannari
fossero come
quelli di cui aveva sempre sentito parlare, ma la sofferenza che Remus
trasmetteva era profonda e reale.
« Hai fatto
bene » lo rassicurò,
incapace di restare fredda. Lui era talmente gentile che si sarebbe
sentita una
schifezza se avesse solo pensato di trattarlo male. Era chiaro che
quella sua
condizione lo facesse soffrire parecchio. Non era certo colpa sua se
era un lupo
mannaro.
« Dici
davvero? » le domandò
Remus, incredulo.
Rachel
incrociò le braccia.
« Se devo
proprio essere sincera,
all’inizio mi sono spaventata. Non per offenderti, ma io ho
sempre creduto che
i lupi mannari fossero tutti come Greyback. Quando cresci sentendo di
continuo
storie di licantropi che mordono i bambini apposta è
difficile pensarla
diversamente ».
Lui annuì,
cupo.
« Tu
però non sei come loro,
giusto? Insomma, non mi sembri proprio il tipo ».
« No,
infatti. Quando non c’è la
luna piena, vivo come una persona normale… o almeno ci
provo. Spesso la mia
condizione mi impedisce di fare certe cose. Per esempio, nessun datore
di
lavoro vuole assumermi ».
« Mi
dispiace ».
« Oh, ormai
ci ho fatto
l’abitudine » fece lui, alzando le spalle, che
tuttavia sembravano molto più
pesanti di quanto volesse mostrare.
Rachel
indugiò e capì che fosse
giunto il momento di parlare chiaro.
« Senti, ci
ho riflettuto un po’
durante le vacanze e, se è questo che ti preoccupa, credo di
non avere nessun
problema nei tuoi confronti » disse alla fine.
Remus parve stupito.
« Davvero?
Io… bè, grazie »
disse, e all’improvviso parve sollevato.
Anche Rachel si
rilassò.
« Non ti
conosco benissimo ma non
penso che il fatto di essere un lupo mannaro influisca sulla tua
personalità
».
«
No… o almeno, non in linea di
massima. A volte però posso diventare lunatico
».
Rachel tacque per
alcuni secondi,
incerta. Stava scherzando oppure no?
« Puoi
ridere. Era una battuta »
le disse lui.
« Ah! Non
avevo idea che
scherzassi su queste cose… »
Lui abbozzò
un sorrisetto.
« I miei
amici lo fanno di
continuo. Mi hanno abituato ad affrontare il problema in questo modo.
Dopo ogni
luna piena sono depresso, perciò fare battute su di me serve
a sdrammatizzare.
L’unica cosa che non accetto è qualsiasi
riferimento ad un altro tipo di ciclo
mensile, d’accordo? È banale e non fa ridere
».
Rachel dovette
sforzarsi per
restare seria.
« Va bene,
come vuoi… Ma fammi
capire: ora che ti sei infiltrato nel branco di Greyback, anche tu
attaccherai
Drybrook? »
Remus tornò
subito serio.
« No,
Greyback non si fida ancora
abbastanza di me per portarmi al suo seguito. Io mi occuperò
dei bambini-lupo.
Li porterò in un luogo sicuro all’interno della
foresta, per non farli
avvicinare ai centri abitati ».
Rachel si
ritrovò a rabbrividire.
« Ce ne sono
molti? Di bambini,
intendo ».
Anche Remus si
incupì.
« Sono una
quindicina, e lui sta
facendo loro il lavaggio del cervello. Vuole indurli a odiare gli
umani, e loro
sono talmente piccoli che gli danno retta ».
Rachel tacque,
orripilata.
«
È orribile… »
«
Già. Ogni volta che li guardo,
mi rendo conto di quanto sia stato fortunato. I miei genitori non hanno
voluto
disconoscermi e hanno deciso di tenermi con loro ».
Lei si morse la
lingua, cercando
di trattenersi. Non le sembrava gentile fargli troppe domande
personali. Ma lui
sembrò intuire cosa le passasse per la testa.
« Vuoi
chiedere qualcosa? »
«
Ehm… se non sono troppo
indiscreta, quando ti è… successo? »
All’inizio
Rachel pensò di aver
esagerato, ma lui non diede segni d’insofferenza.
« Avevo otto
anni. Mio padre
aveva offeso Greyback, e lui si è vendicato su di me
». Remus la guardò,
anticipando la domanda che lei non aveva il coraggio di porgli.
« Sì, Silente
mi ha fatto frequentare lo stesso Hogwarts. Quando c’era la
luna piena, dovevo
nascondermi in un posto sicuro… »
« Il Platano
Picchiatore? »
Lui la
guardò, preoccupato. Aveva
una strana espressione e all’improvviso si era fatto scuro in
volto, come rendendosi
conto che la conversazione stesse prendendo una brutta piega.
« Come lo
sai? »
Rachel fece spallucce.
« Piton
aveva accennato qualcosa
al riguardo, una volta. Mi sembra di ricordare che avesse rischiato la
vita, ma
non ne sono certa. Non voleva parlarne molto… Comunque mi
era parso di capire
che il Platano c’entrasse qualcosa. Ma come facevi a
nasconderti lì sotto? »
Lui tacque per un
po’, incerto se
parlare oppure no, ma alla fine proseguì.
«
C’era un passaggio che
conduceva alla Stamberga Strillante. Era lì che rimanevo
durante le notti di
luna piena. In realtà non c’è mai stato
nessun fantasma lì dentro ».
Impressionata, Rachel
all’inizio
non capì perché si sentisse così
nervosa. Se ne rese conto quando i suoi
ragionamenti arrivarono alla stessa conclusione che l’istinto
aveva intuito per
primo.
La Stamberga
Strillante
era a Hogsmeade.
Il vento gelido di
fine dicembre,
soffiando da fuori la finestra ancora aperta, le sferzò il
collo, facendola
rabbrividire.
«
Ma… quando eri trasformato non
uscivi dalla Stamberga, vero? »
Il silenzio teso che
seguì la
fece inorridire, perché lo sguardo sfuggente e colpevole del
ragazzo le
confermò il sospetto che con gradualità le era
venuto a delinearsi nella mente.
In realtà ci aveva pensato molto in quei giorni, ma si era
convinta che Silente
non avrebbe mai permesso una cosa del genere.
La memoria
tornò subito a quella
notte di tre anni prima. Quel che ricordava più di ogni
altra cosa era il
terrore che aveva provato quando lei, Regulus e Barty si erano visti
spacciati,
mentre il lupo mannaro scopriva le zanne ed era sul punto di far
scattare gli
artigli.
« Eri tu
».
Remus
impallidì, se possibile,
ancora di più. Sembrava veramente distrutto, ma Rachel non
poté fingere di rimanere
indifferente alla rivelazione.
« Mi
dispiace, davvero ».
« Stavi per
uccidere delle
persone » sibilò lei, tremando al solo ricordo.
« Com’è possibile che Silente
non si sia assicurato che la Stamberga non ti offrisse vie
di fuga? »
Remus sembrava essersi
pietrificato.
« La colpa
in realtà non è di
Silente. Lui non ha mai saputo delle mie uscite » ammise,
chinando la testa
come chi sa di meritare tutta la disapprovazione possibile.
Rachel
pensò che la sua mascella
sarebbe sprofondata fino al centro della terra, se solo fosse stato
possibile.
« Mi stai
dicendo che lo facevi
apposta? »
«
Ecco… ammetto che mi piaceva.
Quando ero rinchiuso, finivo per ferirmi da solo. Se invece potevo
correre,
riuscivo a sfogare un po’ questo impulso, anche se non
funzionava del tutto… »
« Ma
così mettevi in pericolo chi
abitava nei dintorni. E i tuoi amici lo sapevano. Era di questo che
discutevate
l’altra sera? »
« No, loro
non c’entrano nulla! »
disse lui, con un impeto improvviso che la fece sobbalzare. Remus fece
una
pausa per calmarsi. « Scusa… In realtà
quella volta è stata un’eccezione. Di
solito me ne andavo per i campi, ma voi vi siete allontanati troppo da
Hogsmeade… »
Di colpo, Rachel
provò un moto di
rabbia.
« Oh
bè, questo cambia tutto. Potevi
dirlo subito che è stata solo colpa nostra. Ti chiedo
perdono » commentò,
sarcastica.
« Non volevo
dire questo ».
« Se non
fosse intervenuto quel
cane, avresti tre vite sulla coscienza. E in altre occasioni avresti
potuto
uccidere altre persone che non c’entravano nulla ».
Lui si
passò una mano tra i
capelli disordinati, immensamente depresso.
« Lo so,
sono stato un irresponsabile,
e mi sento ancora in colpa da quella notte per questo motivo. Non
cercherò di
giustificarmi né ti chiederò di perdonarmi. Non
me lo merito. Però non
raccontarlo a Silente, per favore. Ha riposto molta fiducia in me e io
ne ho
approfittato, ma adesso che posso rendermi utile in qualche modo non
voglio
perderla ».
Rachel non lo
guardò, incrociando
le braccia, con il cuore che le martellava nel petto. Era arrabbiata,
ma le
scuse di Remus sembravano sincere, e lei voleva evitare di ferirlo; non
voleva dire
delle cose spiacevoli, lasciandosi trascinare dalla rabbia.
In fondo lui non aveva
controllo
di sé quando li aveva aggrediti, non lo voleva davvero, non
il suo lato umano,
per lo meno.
Ora capiva lo strano
comportamento che aveva assunto da quando lei era entrata a far parte
dell’Ordine della Fenice. Fin dall’inizio era
sembrato molto a disagio e la
aveva evitata, perché si sentiva in colpa.
Rachel scosse la
testa, confusa.
In realtà sapeva già come si sarebbe dovuta
comportare. Remus in fondo sembrava
sinceramente angosciato per quello che era successo.
Ma al tempo stesso non
poteva fingere
che non fosse accaduto niente. Avrebbe potuto uccidere
chiunque…
In quel momento
qualcuno fece
irruzione nel salotto, interrompendoli.
« Remus,
puoi venire un secondo?
» lo chiamò Dorcas.
«
Sì, arrivo subito » rispose
lui, lanciando poi un’occhiata a Rachel.
Quest’ultima
si sentì agitata.
Doveva decidere che risposta dargli, e in fretta.
« Non
preoccuparti » disse alla
fine. « Facciamo finta che non sia successo nulla
».
Non poteva negare di
essere
ancora arrabbiata, ma capì di dovergli dargli una
possibilità. Chi era lei per
non concedergliela? Non aveva avuto la minima esitazione a credere al
pentimento di Regulus, prima ancora che lui lo dimostrasse con i fatti,
quindi
non aveva nessun diritto di comportarsi diversamente con qualcun altro.
Tutti
meritavano una seconda occasione, e Remus in fondo aveva parecchie
attenuanti.
« Grazie
» fece lui, con
un’espressione riconoscente.
Rachel distolse lo
sguardo,
mentre lui raggiungeva una Dorcas piuttosto perplessa, chiedendosi se
avesse
fatto bene a fidarsi di lui in un momento in cui non ci si poteva
fidare di
nessuno.
Il fatto che volesse
nascondere
quella cosa a Silente aveva motivazioni più che plausibili,
ma poteva anche
essere spiegato diversamente.
Rachel non aveva dubbi
sulla
lealtà di Remus, ma conoscere il suo segreto la aveva messa
in agitazione,
perché ormai si era resa conto di una verità
amara e sgradita: anche le persone
più insospettabili e gentili potevano nascondere oscuri
segreti.
E, con molta
probabilità, anche
la spia nell’Ordine della Fenice era la persona
più insospettabile di tutte.
La luna brillava alta
nel cielo,
illuminando le cime degli alberi e la sagoma silenziosa che stava in
piedi in
cima all’altipiano, dal quale si potevano scorgere le luci
accese del villaggio
di Drybrook.
Il vento soffiava da
quella
direzione, portando con sé polvere e odori che un olfatto
umano non avrebbe
potuto percepire.
Greyback
inspirò a fondo. Poteva
sentire le fragranze del villaggio, dei cibi cucinati per la cena, del
vino
consumato nelle tavole. Chiuse gli occhi, riuscendo ad immaginare le
urla acute
di dolore che si sarebbero innalzate oltre i tetti della cittadina nel
giro di
ventiquattro ore, i fremiti di terrore delle sue giovani vittime, la
sensazione
delle zanne che affondavano in quelle carni bianche e tenere, il sapore
del
sangue che gli riempiva la bocca, annebbiandogli la mente e lasciando
spazio
solo alla sua furia cieca…
Presto la luna piena
gli avrebbe permesso
di continuare la sua opera di punizione nei confronti del mondo, quel
mondo che
lo disprezzava alla luce del sole, per poi temerlo con tutto il cuore
quando il
cielo si oscurava e il disco argentato della luna faceva capolino da
dietro una
nuvola.
Il suo odio per gli
umani non si
esauriva mai. Ogni bambino che riusciva a maledire non era mai
abbastanza e non
faceva che aumentare sempre più la sua furia vendicativa.
Tutti dovevano pagare,
nessuno
escluso. E prima o dopo, il mondo dei maghi sarebbe caduto sotto il
dominio dei
lupi mannari. Era solo questione di tempo…
« Fenrir?
»
Una voce rauca alle
sue spalle lo
distolse da quei pensieri.
« Cosa
c’è? »
Hati gli si
avvicinò. Era alto e
possente quanto lui, ma aveva capelli e barba di un biondo chiarissimo.
Durante
la luna piena il suo manto diventava quasi completamente bianco. Hati
era uno
dei lupi di cui Fenrir si fidava di più, e anche uno tra i
più feroci.
« Ci sono
delle novità
dell’ultima ora. L’Ordine della Fenice sa
dell’attacco a Drybrook » ringhiò
Hati.
Fenrir si
irrigidì e smise di
annusare l’aria.
«
Com’è possibile? » domandò,
voltandosi a guardarlo, il volto deformato dalla rabbia.
L’altro
scosse la testa.
« Non ne ho
idea ».
Fenrir si morse le
labbra
screpolate, tornando a fissare le luci del villaggio.
« Sappiamo
che l’Ordine ci
opporrà resistenza » continuò Hati.
« Hanno già un piano per bloccarci e
impedirci di arrivare agli abitanti. Che cosa facciamo, Fenrir?
»
Il capo branco tacque
per
parecchi minuti, riflettendo intensamente. Era teso, ma alla fine si
rilassò,
esibendo una smorfia sadica.
« Non ho
nessuna intenzione di
rinunciare all’attacco di domani. Credo che il Signore Oscuro
sarebbe molto
soddisfatto se gli risparmiassimo il disturbo di far fuori quelle palle
al
piede dell’Ordine, non credi anche tu? »
« Certo, ma
ci saranno anche
alcuni Auror. Saremo in inferiorità numerica…
»
Hati tacque di colpo,
spaventato
dallo sguardo di fuoco che Fenrir gli riservò.
« Ricordati
che noi lupi siamo
superiori a qualsiasi mago, che sia Purosangue oppure no, Hati. Non
abbiamo
bisogno di essere maggiori di numero per avere la meglio ».
«
Sì, scusami… »
Fenrir
incrociò le braccia.
« Conosciamo
il piano che
l’Ordine della Fenice vuole attuare? »
«
Sì. L’informatore era così
terrorizzato che sono bastate poche minacce per fargli dire tutto
quello che i
Mangiamorte volevano sapere. Non ha potuto dire come hanno saputo
dell’attacco
– a quanto pare l’Ordine sa come proteggere i suoi
membri – ma a questo punto
mi sembra evidente che abbiamo una spia tra noi ».
« Lo credo
anche io, quindi
dovremo fare attenzione, d’ora in avanti. Ma sapere cosa
hanno in mente per ora
ci basterà… Vai a chiamare Sköll e gli
altri, i più fidati, senza far capire
nulla agli altri. Voglio qui solo quelli che parteciperanno
all’attacco domani
notte. Di’ loro che c’è un cambio di
programma ».
Hati annuì,
voltandogli le spalle
e immergendosi di nuovo nel folto della foresta di Dean.
Greyback
continuò a guardare il
villaggio, inspirando a fondo.
Il vento soffiava sempre di più,
diffondendo nell’aria un acre odore di sangue, macabro
presagio di quel che
sarebbe successo la notte seguente.
*Angolo
autrice*
Questo era un
capitolo di
transizione, ma nel prossimo potrete finalmente assistere alla
battaglia con i lupi mannari! *-* Non dovrei fare questa faccina,
perché la battaglia sarà piuttosto cruenta, e so
già che alla fine mi odierete, ma almeno ci sarà
un po'
d'azione!
Già da ora volevo mettere il
link della mappa di Drybrook, con tanto di schieramento degli Auror e
dell'Ordine della Fenice, ma non ho fatto in tempo a finirla,
perciò la allegherò al prossimo capitolo.
Ho paura di non essere stata chiara: Rachel non
sta sospettando che Remus sia la spia dei Mangiamorte, non ne avrebbe
motivo per il momento. Però si è resa
conto che, se
anche un ragazzo tranquillo come lui può celare la sua
doppia
natura di lupo mannaro, allora è possibile che il traditore
sia
altrettanto insospettabile.
Non vi siete dimenticati di Timothy, vero? XD E' comparso qualche
capitolo fa e, anche se è nato come una comparsa, ho voluto
utilizzarlo ancora.
Per quanto riguarda i nomi degli altri lupi mannari - Hati,
Sköll,
e altri che qui non ho nominato: Geri, Freki e Mánagarmr
(non
chiedetemi come si pronuncia! XD) - sono tutti nomi di lupi della
mitologia nordica, esattamente come Fenrir, che di solito è
il
più famoso. Visto che sono negata a inventare nomi, ho
preferito
adottare questi, anche perché lo trovo un dettaglio
affascinante
(mi piace un sacco tutta la mitologia, compresa quella nordica!) *-*
Stavolta riuscirò ad anticipare l'aggiornamento di un giorno
(non di più perché voglio essere sicura di avere
abbastanza capitoli di scorta in seguito), perciò vi do
appuntamento a sabato 26
marzo.
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Capitolo 21 *** Luna rosso sangue ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 21
Luna rosso sangue
La
città di Drybrook era immersa
nel crepuscolo che seguiva il tramonto del sole. Gli abitanti, complice
la Pozione
Soporifera
che avevano bevuto senza saperlo, erano già immersi nel
sonno, ignari di quello
che stava accadendo e che, nel giro di poco tempo, sarebbe accaduto
all’esterno
delle proprie case.
Un silenzio
innaturale era sceso
sul villaggio, e la neve che lo circondava contribuiva ancora di
più a rendere
quell’atmosfera quasi surreale. I respiri degli Auror e dei
membri dell’Ordine
della Fenice, appostati tutt’intorno alla cittadina,
sembravano molto più
pesanti di quanto non fossero in realtà, e nuvolette di fumo
bianco si levavano
davanti ai loro visi.
Sturgis
sbuffò, incrociando le
braccia e battendo nervosamente un piede per terra.
« Si
può sapere cosa ti affligge?
» gli domandò Rachel, voltandosi a guardarlo con
il tono più tranquillo che
riusciva a sfoderare.
Ma non era
affatto tranquilla. Da
quando era arrivata, non aveva fatto altro che chiedersi
perché mai stesse
rischiando la vita in quel posto. Se solo ci pensava, veniva assalita
dallo
sconforto e dalla paura.
« Questo mi affligge
» sibilò lui, indicando i campi innevati, che si
estendevano dritti davanti a loro.
Rachel gli
lanciò un’occhiata
perplessa, senza capire. Lui scosse la testa.
« Io
e te siamo stati piazzati
qui, nel posto più inutile di tutti. È ovvio che
Greyback non attaccherà mai da
questa parte ».
« E
non sei contento? » fece lei,
pensando con un misto di timore e senso di colpa alle persone che aveva
lasciato a casa, salutandoli con la scusa di dover fare una semplice
ronda a
Diagon Alley. Non poteva certo dire a Regulus e ai suoi che quella
notte
avrebbe cercato di respingere l’attacco dei lupi mannari, ma
la paura che la
sua bugia avesse conseguenze disastrose era sufficiente a paralizzarla.
«
Non intendo questo. È che se
Malocchio ha deciso di piazzarmi qui, significa che non mi considera
all’altezza. Ma insomma, persino Peter si trova in prima
linea a est, insieme a
Sirius e James. Peter, capisci? Con tutto il rispetto per lui, ma
significa che
Malocchio mi considera proprio un incapace, se preferisce lui
».
Rachel
riuscì ad accennare un
sorriso, nonostante i cupi pensieri che le occupavano la mente. Sturgis
aveva
tre anni più di lei, ma le faceva tenerezza,
perché era considerato da tutti un
sempliciotto, e nessuno gli dava mai un minimo di fiducia.
«
Tra l’altro » aggiunse il
ragazzo, « mi meraviglio che abbia messo qui anche te. Tu sei
brava a duellare
».
«
Insomma, mica tanto. L’ultima
volta che ho partecipato ad una battaglia, dopo due minuti stavo
già per farmi
uccidere da Karkaroff » rispose Rachel, ricordando la notte
in cui Caradoc
Dearborn era scomparso e lei aveva saputo dell’esistenza
dell’Ordine. « Io e
Minus abbiamo fatto uno scambio. Lui doveva stare qui, ma poi ha detto
che
preferiva rimanere con Sirius e James, anche se la parte opposta del
villaggio
è la più vicina alla foresta, e così
Malocchio ci ha scambiato i ruoli ».
All’inizio,
l’improvviso desiderio
di Minus di andare a combattere in prima linea la aveva lasciata
perplessa, ma
poi aveva concluso che lui avrebbe preferito rimanere insieme ai suoi
amici
piuttosto che da solo.
Sì, confermò
tra sé, scacciando il brutto presentimento che la
tormentava dall’inizio della missione. È
tipico di Minus.
«
Ecco, appunto. Però quando l’ho
chiesto io, Malocchio mi ha guardato male e non mi ha neanche risposto
»
bofonchiò Sturgis, offeso. « A Peter ha dato una
possibilità solo perché era un
Grifondoro, mentre io sono soltanto un Tassorosso, e quindi mi
considerate
tutti un buono a nulla... Ma dimostrerò che quando voglio so
farmi valere »
disse solennemente Sturgis, un attimo prima di inciampare in un sasso
nascosto
sotto la neve.
Rachel
ridacchiò, mentre il
ragazzo si rialzava, rosso come una Pluffa.
«
Come non detto… »
Lei rise
ancora, senza riuscire a
mascherare il proprio nervosismo. Rise per dimenticare la paura che
provava in
quel momento, per farsi forza, per sperare che se la sarebbero cavata
tutti.
«
Non te la prendere » cercò di
consolarlo. « Nessuno ti considera un buono a nulla, tanto
meno perché sei un
Tassorosso. Devi solo… »
Ma
all’improvviso si interruppe, estraendo
di colpo la bacchetta, mentre il cuore le iniziava a battere
all’impazzata.
Un ululato
aveva infranto il
silenzio, facendo rabbrividire i due ragazzi, assaliti da brividi
gelidi che li
scossero fin dentro le ossa. A quell’ululato se ne aggiunse
subito un altro, e
poi un altro ancora, finché non sembrò che quei
lamenti cupi provenissero da
tutte le direzioni.
La luna piena
era apparsa da
dietro una nuvola. I lupi mannari si erano trasformati.
«
D-dove sono? » chiese Sturgis,
incapace di trattenere il tremore della voce. Ora non sembrava
più interessato
a Minus né a chiunque altro. Evidentemente anche lui aveva
avuto bisogno di non
pensare al motivo per cui erano lì.
«
Non lo so, non li vedo. Penso
che siano ancora nella foresta di Dean » rispose Rachel.
« Aspettiamo che
qualcuno lanci il segnale ».
«
Sì… sì, d’accordo
» fece lui,
deglutendo e voltandosi a guardare in direzione del villaggio. Non
riusciva a fermare
gli occhi, alla continua ricerca delle scintille rosse che uno dei loro
compagni avrebbe scagliato sopra i tetti, rivelando la zona in cui il
branco
avrebbe attaccato.
Nessuno dei
due disse una sola
parola, e nulla accadde per infrangere quella quiete apparente e
insidiosa.
Furono minuti
di terrore. Il
silenzio era sceso di nuovo su Drybrook, inquietante e innaturale.
Rachel
riusciva a sentire le
proprie vene pulsare, senza capire che cosa stesse succedendo.
Perché non
attaccavano? Che cosa significava quel silenzio? Perché ci
mettevano tanto?
Tutto quel
silenzio di tomba la
spaventava più che se la battaglia fosse già
iniziata.
Il panico
stava iniziando a
impossessarsi di lei, ma cercò di ricacciarlo indietro. Non
poteva perdere la
testa, non in quel momento. Doveva rimanere lucida, proprio come le
aveva detto
Dorcas, altrimenti anche Sturgis avrebbe perso il controllo, e sarebbe
stata la
fine.
La mano che
teneva la bacchetta
tremava come mai le era successo prima d’allora, mentre
continuava a scrutare
in alto, alla ricerca del segnale.
Sturgis
sbuffò di nuovo con
nervosismo, e iniziò a girare su se stesso quasi come una
trottola impazzita.
Ad un certo punto si bloccò, senza preavviso, ma Rachel
continuò a scrutare il
cielo, almeno fino a che lui non attirò la sua attenzione:
aveva un tono di
voce mortalmente calmo.
«
Quelli cosa sono? »
Rachel si
voltò e guardò nella
direzione in cui il dito del ragazzo stava indicando.
Fu come se una
morsa la avesse
afferrata per la gola, impedendole di respirare.
C’era
qualcosa in mezzo ai campi,
qualcosa che si muoveva e si avvicinava sempre di più. Erano
macchie nere che
correvano silenziose sulla neve resa blu
dall’oscurità. Erano veloci, e ormai
meno di cento metri li separavano dai due ragazzi.
Rachel ebbe la
sensazione di non
sentire più le ginocchia, e non seppe cosa la trattenne dal
crollare per terra.
Il terrore la invase, quando contò rapidamente le sagome
animalesche che si
avvicinavano: erano dieci. L’intero branco aveva deciso di
attaccare dalla
direzione più improbabile, più esposta e meno
controllata.
Rachel
imprecò, con un forte
tremore della voce.
« Ci
hanno fregati ».
Emmeline non
smetteva di fissare
la luna piena, che si stagliava luminosa e argentea sopra i tetti della
zona a
sud-est di Drybrook, mentre la foresta di Dean si estendeva, tetra e
minacciosa, davanti a lei.
Dall’inizio
della missione aveva
avuto un brutto presentimento, ma se l’era tenuto per
sé, credendo che fosse
normale. In fondo erano tutti lì a rischiare la vita;
c’era ben poco da aggiungere.
Ma adesso quel presentimento era diventato più forte.
Da quando i
lupi mannari avevano
iniziato a ululare, era stata sicura che da lì a pochi
istanti avrebbero
attaccato da qualche parte, e invece tutto taceva, e nessuno aveva
ancora
lanciato il segnale stabilito.
Emmeline si
voltò verso i suoi due
compagni. Edgar e Dorcas stavano confabulando tra loro, e avevano la
sua stessa
espressione preoccupata dipinta sui visi.
«
Non è normale, vero? » chiese
la ragazza.
«
Non capisco. Se fossero i
Mangiamorte penserei che stiano cercando di coglierci di sorpresa, ma i
lupi mannari
trasformati non lo fanno. Attaccano la prima persona che trovano e
seguono solo
l’istinto » disse Edgar, toccandosi il mento con
aria pensierosa.
«
Che cosa facciamo? » domandò
Emmeline.
«
Aspettiamo che accada qualcosa,
non c’è altra soluzione » rispose Dorcas
in tono sbrigativo. « Non possiamo
abbandonare i nostri posti ».
Emmeline
annuì, stringendo
nervosamente il pugno intorno alla bacchetta sguainata, e
continuò a fissare il
cielo, senza nemmeno sapere in cosa sperare. Forse desiderava solo che
il
branco avesse deciso di andare altrove, anche se sapeva quanto fosse
assurdo.
In quel
momento un bagliore,
colto con la coda dell’occhio, attirò
l’attenzione di Emmeline. Lei si voltò e
lanciò
un’esclamazione colma di orrore.
Dalla parte
opposta del villaggio
erano partite delle scintille rosse, che adesso rischiaravano il manto
scuro
della notte.
«
Non è possibile… » fece Edgar.
« I
campi! Attaccano dai campi! »
Dorcas non
perse tempo. Levò la
bacchetta ed evocò il suo Patronus, una gazzella argentea
che iniziò a
zampettare non appena toccò terra.
«
Forse non tutti se ne sono
accorti, e devono essere avvertiti. Voi intanto andate, vi raggiungo
subito »
disse, rivolta agli altri due.
Non ci fu
bisogno di dire altro. Emmeline
ed Edgar annuirono e, mentre Dorcas incantava il Patronus per fargli
riferire
il messaggio, iniziarono a girare su stessi, Materializzandosi alcuni
istanti
dopo nella periferia ovest di Drybrook, dove la battaglia era
già cominciata.
« Incendio! Incendio! »
Sturgis
agitò più volte la
bacchetta, invano. Aveva pensato di bloccare il passaggio al branco con
un muro
di fuoco, ma la neve che ricopriva completamente il terreno glielo
impedì.
« Stupeficium! »
gridò Rachel, cercando di colpire uno dei lupi mannari,
che ormai li avevano quasi raggiunti. Il lupo inciampò, ma
lo Schiantesimo
aveva avuto poco effetto, e infatti la creatura si rialzò
subito, riprendendo a
correre.
Altri
Schiantesimi sfrecciarono
attraverso l’aria gelida, ma solo uno andò a
segno, facendo crollare a terra
uno dei lupi.
Un attimo
dopo, gli altri nove
furono loro addosso.
E poi fu il
caos.
Durante i
primi secondi, né
Rachel né Sturgis riuscirono a ragionare lucidamente. Le
loro orecchie si
riempirono di un fischio fortissimo, che attenuò gli
ululati, i ringhi selvaggi
e gli schiocchi dei rami spezzati sul terreno, rallentando anche il
tempo.
Le loro menti
erano annebbiate, e
i due ragazzi iniziarono a sudare freddo quando i licantropi fecero per
scagliarsi contro di loro, le zanne e gli artigli che risaltavano alla
luce
della luna, gli occhi rossi che brillavano per la sete di sangue.
Ma fu solo un
attimo. Rachel
riacquistò le facoltà di pensare e di muoversi,
strattonò Sturgis e lo trascinò
indietro, per poi colpire un lupo dal manto marrone scuro con un altro
Schiantesimo.
Anche Sturgis
si riprese, e
iniziò a sua volta a lanciare fatture e Schiantesimi. Le due
bacchette
guizzavano come spade, talmente veloci che non si riuscivano neanche
più a
vedere. Due lupi mannari furono scaraventati lontano, ma ormai era
troppo
tardi.
In men che non
si dica, i due
ragazzi si ritrovarono circondati dai componenti del branco che erano
rimasti
illesi.
Rachel, che
dava le spalle a
Podmore, fu scossa da un fremito di orrore, mentre i suoi occhi si
muovevano
incessanti, alla disperata ricerca di una via di fuga che, lo
capì subito, non
esisteva.
I lupi erano
fermi e ancora non
attaccavano, limitandosi a scrutare le prede con aria famelica, mentre
i loro
respiri pesanti si mischiavano ai ringhi del capobranco.
Rachel lo
guardò, come se fosse
convinta che continuare a fissarlo gli avrebbe impedito di attaccare.
Era il
più grosso di tutti, con il manto grigio e
un’espressione feroce. Ai suoi lati
stavano altri due licantropi, uno bianco e uno nero, che ringhiavano
minacciosamente, ma sembravano anch’essi aspettare che fosse
Greyback ad
attaccare per primo.
Rachel
sentì Sturgis tremare e
gemere dietro di sé, impaurito, e la disperazione si
impossessò di lei. Gli
altri non arrivavano: forse non avevano notato le scintille rosse che
avevano
scagliato nel cielo, troppo sicuri di non dover guardare in quella
direzione.
La speranza la abbandonò e lei rabbrividì non
appena Greyback inspirò a fondo,
annusando e pregustando l’odore e il sapore delle loro carni.
Negli occhi del
lupo apparve un lampo improvviso, che equivaleva già ad una
condanna. Sarebbero
andati incontro ad una morte orribile, pensò la ragazza, e
nessuno avrebbe
potuto farci nulla.
Greyback fece
un passo indietro,
come per prendere la rincorsa.
E in quella
frazione di secondo,
Rachel capì di non potersi arrendere così. Non
voleva morire. E se proprio
doveva, non sarebbe morta senza reagire, paralizzata dalla paura, ma
avrebbe
venduto cara la pelle.
« Diffindo! »
urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, come se
quel grido potesse riscuoterla e donarle la forza di continuare a
combattere.
L’incantesimo
colpì Greyback in
pieno muso, all’altezza degli occhi, aprendogli una ferita
che lo fece ululare
dal dolore. Il suo ruggito di rabbia fece quasi tremare le finestre
delle case
più vicine, e si levò fino al cielo.
« Ma
che…? » esordì Sturgis,
sconvolto, ma non proseguì, lanciando invece
un’esclamazione colma di sollievo.
Rachel non
capì a cosa fosse
dovuto il suo improvviso cambio di umore, troppo impegnata a ferire e
tenere
lontani anche gli altri lupi mannari, fino a quando uno di essi non
spiccò un
salto verso di lei, le fauci spalancate e pronte morderla. Rachel si
diede già
per spacciata, e in quel momento non poté fare a meno di
pensare a Regulus e alla
sua famiglia e, di nuovo, si ritrovò suo malgrado a
chiedersi se fosse valsa la
pena lasciarli così, per aiutare persone che neanche
conosceva…
Poi il lupo fu
colpito da una
potente luce verde, e crollò riverso a terra, in una
posizione scomposta e
innaturale, gli occhi rossi e vacui, rivolti alla luna.
Rachel
guardò oltre il corpo del lupo
mannaro, e vide Dorcas, che teneva la bacchetta ancora dritta davanti a
sé.
Aveva uno sguardo strano, come si fosse resa conto solo in
quell’attimo di cosa
aveva appena fatto. Doveva essere la prima volta che uccideva.
Ancora
frastornata, Rachel gli
rivolse un cenno di ringraziamento. Lei distolse subito lo sguardo
dalla sua
prima vittima, e tornò a combattere accanto ad Emmeline, che
stava affrontando
il lupo bianco.
Un attimo
dopo, diversi schiocchi
annunciarono l’arrivo dei rinforzi.
Rachel trasse
un respiro di
sollievo: non era ancora finita.
Le
luci degli incantesimi
illuminavano di colori diversi la neve che ricopriva il terreno. Gli
ululati e
i ringhi dei Lupi Mannari rompevano il silenzio che fino a poco prima
aveva
regnato nel villaggio. Il vento diffondeva gli odori di sangue e
polvere che le
creature della notte portavano sempre addosso.
Auror e Ordine
della Fenice si
battevano come leoni. Era uno scontro all’ultimo sangue, in
cui non c’era
spazio per avere pietà o esitare, ancora
peggio delle battaglie contro i Mangiamorte. I lupi mannari non si
controllavano e sfoderavano tutta la loro immensa forza e violenza
contro i
maghi che, nonostante le bacchette, si sentivano deboli e inermi di
fronte alla
cruenta visione degli affilati artigli di quelle creature.
Non appena era
sopraggiunto,
Moody aveva già preso in mano la situazione con una
rapidità estrema. Adesso
ogni licantropo doveva affrontare due o tre persone, ma in ogni caso il
branco
sembrava avere sempre la meglio.
O almeno,
questa era la
sensazione che ebbe Peter non appena si Materializzò, suo
malgrado, nel punto
in cui stava infuriando la battaglia.
Gli tremarono
violentemente le
ginocchia e non riuscì a deglutire nell’assistere
a quella scena, al contrario
dei due ragazzi che erano arrivati con lui.
«
Credo che io e te saremo più
utili con altre sembianze » disse Sirius, rivolgendosi a
James. Quest’ultimo
annuì, per poi rivolgersi a Peter, che sussultò
per la sorpresa.
«
Codaliscia, tu invece è meglio se
resti così. Come topo non potresti fare molto stavolta
» disse.
«
I-io… va bene » balbettò lui,
stringendo la bacchetta in mano.
Sirius e James
si lanciarono
un’occhiata d’intesa, e un attimo dopo al loro
posto c’erano un cane e un
cervo, che senza ulteriori indugi si gettarono nella mischia.
Peter si
sentiva sudare freddo in
tutto il corpo, terrorizzato e frustrato. Non era andato tutto come
voleva.
Sirius e James non si sarebbero dovuti accorgere
dell’attacco. Per questo li
aveva fatti disporre dalla parte opposta del villaggio, per fare in
modo che
almeno loro fossero al sicuro… e con essi anche lui,
naturalmente.
I suoi occhi
acquosi scivolarono
lungo la scena cruenta che si stava svolgendo davanti a lui. Sapeva
bene che
fosse tutta colpa sua, ma non aveva avuto altra scelta.
Voldemort lo
costringeva a fare
rapporti regolari su quanto accadeva nell’Ordine della
Fenice, e lui non aveva
potuto mentire sul piano che Moody aveva ideato per bloccare
l’attacco di
Greyback.
Era stato
obbligato a parlare, ma
aveva cercato di evitare che almeno i suoi amici restassero coinvolti.
Per
questo aveva fatto in modo che la zona dei campi fosse quella difesa
peggio,
sforzandosi di non sentirsi in colpa per Rachel e Sturgis.
In fondo non
aveva scelta.
E continuava a
ripeterselo, come
per convincersene.
Ma non era
filato tutto liscio
come l’olio. Ora Sirius e James stavano combattendo insieme
agli altri. Aveva
combinato un guaio, e adesso tutti loro rischiavano la vita, compreso
lui.
Le zanne dei
lupi mannari
sembravano sempre troppo vicine ai combattenti, e per questo Peter
decise di
restare lì in disparte, lanciando qualche Schiantesimo da
lontano.
Sei un codardo,
Peter.
Lui scosse la
testa, cercando di
scacciare la vocina che parlava dentro di essa.
Non ho altra
scelta,
insisté.
Un urlo si
levò sopra tutti gli
altri rumori, e Peter sobbalzò, cadendo a terra per lo
spavento. Un Auror era
appena stato atterrato da Greyback che, senza esitare, lo morse.
L’uomo urlava
dal dolore, mentre qualcuno cercava di distogliere il licantropo dalla
sua
vittima. Ma quello non lasciava la presa.
Peter tremava,
la bacchetta
caduta accanto al suo ginocchio. Non riusciva a muoversi per il
terrore.
E poi accadde
tutto molto
velocemente.
Un altro Auror
si scagliò contro
Greyback, nel tentativo di aiutare il collega, ma fu anticipato e
travolto dal lupo
mannaro dal manto nero.
«
Derek, no! » urlò Edgar, che
vide la scena da lontano.
Peter
rabbrividì. L’uomo che era
appena stato aggredito era cugino di Edgar. Non faceva parte
dell’Ordine ma
aveva deciso di aiutarlo spontaneamente...
Sul momento
ebbe l’impulso di
soccorrerlo, ma ormai per Derek non si poteva fare più
nulla. Era troppo tardi.
Il licantropo
nero non aveva lo
stesso modo di fare del capobranco. Azzannò l’uomo
più volte e in punti
diversi, e infine lo prese per la gola. Quando finalmente si ritrasse,
si
lasciò alle spalle un corpo sfigurato e irriconoscibile,
riverso in una pozza
di sangue e agonizzante.
Edgar gli
corse incontro, cercando
di rimarginargli la ferita più grave in tutti i modi, e
tastandogli il polso
insanguinato, nella speranza di cogliere il minimo battito. E lo
sperava anche
Peter, i piedi ancorati al terreno e la sensazione di avere un macigno
sul
punto di cadere sopra la sua testa.
Ma aveva perso
troppo sangue.
Con un ultimo
rantolo, Derek chiuse
gli occhi per sempre.
Peter gemette.
Il macigno gli
crollò addosso, lasciandolo sconvolto e frastornato.
È
tutta colpa tua,
sibilò la voce, tagliente. L’hai ucciso
tu…
Lui scosse di
nuovo la testa, lo
sguardo fisso. La sua responsabilità gli bruciava dentro
come lava
incandescente.
Non sapeva se
desiderasse di più
coprirsi gli occhi o le orecchie. Non voleva assistere alla scena, ma
non
voleva neanche sentire la voce nella sua testa e tanto meno quelle di
Edgar,
che gridava disperato dopo aver visto morire il cugino sotto i propri
occhi.
Non sapeva
cosa fare. Era stato
lui a permettere al branco di attaccare Drybrook, ma al tempo stesso
non voleva
che qualcuno morisse. Però era successo.
E, mentre gli
altri componenti
dell’Ordine della Fenice, lottando contro il dolore delle
ferite e l’assalto degli
altri licantropi, iniziavano a scagliare anatemi sui membri del branco,
Peter
si rese conto dell’amara realtà: si era illuso.
Non sarebbe mai riuscito a
mantenere il piede in due staffe.
Doveva
scegliere per forza.
La
battaglia infuriava da quella
che a tutti pareva un’eternità, quando i maghi
iniziarono ad avere la meglio.
La morte dell’amico aveva riempito Edgar di un furore mai
provato prima,
talmente contagioso che tutti gli altri erano riusciti a ribaltare le
sorti
della battaglia, spinti dalla forza della disperazione.
Tre lupi
mannari erano morti,
altri due erano stati catturati, Schiantati e legati, e gli altri
cinque
stavano iniziando ad indietreggiare sotto l’incessante
pioggia di incantesimi
che li colpiva. Lo stesso lupo che aveva ucciso Derek voltò
le spalle al
villaggio e corse via, sparendo presto alla vista dei maghi.
Adesso erano
rimasti in quattro,
e ringhiavano di rabbia.
Rachel
cercò di ignorare il
dolore della ferita che aveva al braccio: era stata aperta dalla
zampata di uno
dei lupi e, grazie ai pochi incantesimi di guarigione che sapeva fare,
era
riuscita ad arginare il flusso di sangue, anche se molto rozzamente.
Anche tutti
gli altri erano stati
colpiti. Fabian si teneva le costole doloranti, dopo essere stato
scagliato in
aria da una delle creature. Molti erano pieni di graffi o ferite
più o meno
profonde, ma resistevano come lei.
E al momento
nessuno, nemmeno
Malocchio, sembrava avere intenzione di pensare troppo al
perché di quell’attacco
a sorpresa. Quel pensiero li sfiorava tutti, in quel momento, ma
nessuno era
ancora pronto per affrontarlo.
Chi tra loro
li aveva traditi?
Il flusso di
pensieri di Rachel
fu interrotto da un improvviso rumoreggiare, che la distolse dalle
proprie
riflessioni.
Non se ne era
neanche accorta: il
branco batteva in ritirata e adesso quattro sagome scure si dirigevano
a grande
velocità verso la Foresta
di Dean.
Era davvero
finita?
A giudicare
dai comportamenti
degli altri, che avevano riposto le bacchette, la risposta era
sì. Ma c’era ben
poco da festeggiare.
Erano tutti
riuniti intorno al
corpo senza vita di Derek Bones. Nessuno osava dire una sola parola,
mentre Edgar,
inginocchiato accanto all’uomo, cercava inutilmente di
scuoterlo, le lacrime
che gli rigavano il volto. Alcuni piangevano, altri si tenevano la
testa tra le
mani, altri ancora invece non mostravano alcuna emozione, ma venivano
traditi
dallo sguardo innaturalmente fisso.
Rachel si
sentì invadere da una
profonda angoscia. L’atmosfera che li circondava aveva
qualcosa di lugubremente
familiare. Lei conosceva bene quella sensazione che colpiva tutti loro.
Era la
presenza della morte che percepivano, che si insinuava nei loro cuori,
provocando sofferenza e uno struggente desiderio di evadere, di
convincersi che
tutto ciò non fosse davvero accaduto.
Ma stavolta
era diverso, perché
tra di loro qualcuno poteva non essere sincero.
Rachel strinse
i pugni, ignorando
il sangue caldo che le colava lungo il braccio e tra le dita. Era stata
la spia
a causare la morte di quell’uomo.
Hagrid aveva
preso in braccio,
senza alcuno sforzo, l’Auror morso da Greyback, il quale
continuava a
singhiozzare e a fissare Derek, che Gideon e Dorcas avevano
già provveduto a
coprire con un drappo bianco evocato dal nulla.
«
Dobbiamo portarlo al San Mungo
» disse Dedalus, con voce flebile, riferendosi
all’uomo che era appena stato
infettato.
Tutti loro
annuirono, senza
tuttavia staccare gli occhi dal loro compagno.
«
Edgar, vieni via » provò a dire
Emmeline, posandogli una mano sulla spalla. Ma lui non la ascoltava, lo
sguardo
perso nel vuoto.
In quel
momento, senza alcun
preavviso, il ritrovato silenzio fu rotto di nuovo, ma stavolta dal
latrato di
un cane, che iniziò ad abbaiare come un forsennato.
Rachel
lanciò un’occhiata al cane
nero che si agitava a qualche metro di distanza da loro, e fu colta da
una
strana sensazione. Senza saperne il perché, credeva di
conoscerlo.
Il cane adesso
stava girando
intorno ad un perplesso Sturgis, che non sapeva come comportarsi e
cercava di
calmarlo con qualche carezza malinconica sulla testa. Malocchio invece
tutt’ad
un tratto parve preoccupato e sospettoso.
«
Sta cercando di dirci qualcosa
» ringhiò, mentre il cane abbaiava sempre
più forte, finché non tacque e puntò
lo sguardo verso lo spazio buio tra due case.
«
Che cosa c’è lì? » chiese
Sturgis, incuriosito. E fece qualche passo in avanti, cercando di
scorgere
qualcosa attraverso l’oscurità.
«
Podmore, stupido, resta dove
sei! » intimò con urgenza Malocchio, che al
contrario degli altri non aveva mai
riposto la bacchetta.
Sturgis si
bloccò, assumendo
un’espressione ferita. Aprì la bocca per
replicare, ma in quel momento due luci
si accesero nel buio, come due fari, e dal vicolo uscì un
lupo mannaro. Era quello
che aveva ucciso l’Auror, lo stesso che era scappato prima
degli altri. Doveva
aver fatto il giro per attaccarli di nuovo.
Aveva le zanne
scoperte e
incrostate di sangue, e ringhiava in modo minaccioso verso di loro. Il
suo pelo
completamente nero lo rendeva subito riconoscibile.
Con un grido
di rabbia, Edgar
fece per scagliarsi contro la creatura, ma fu bloccato da Fabian e
Gideon.
«
Lasciatemi! Voglio vendicare
Derek! » urlò, ma loro continuarono a trattenerlo.
« Stupeficium! »
In un attimo,
decine di
Schiantesimi si riversarono contro il lupo nero. Questo tuttavia li
schivò e
tornò nel vicolo dal quale era spuntato, iniziando a fuggire
attraverso le vie
del villaggio.
«
Non possiamo permettergli di
entrare nelle case! Dividiamoci e fermiamolo, avanti! » li
riscosse Malocchio.
Nessuno di
loro voleva
abbandonare Derek così, ma l’ordine di Moody era
stato dato con tanta forza che
non provarono neanche a discutere.
«
Chi lo trova lancia il segnale.
E restate insieme al vostro compagno, non separatevi da lui!
» fu l’ultima cosa
che Malocchio disse, prima di gettarsi all’inseguimento.
Rachel e gli
altri fecero lo
stesso, disperdendosi tra le strade del villaggio, i cuori sembravano
esplodere
nei petti e le bacchette pronte a scattare.
Sköll
correva attraverso le
strade del villaggio, senza mai fermarsi. Udiva intorno a sé
i passi di corsa
dei suoi inseguitori e le loro parole, spezzate dalla fatica della
corsa.
Non stava
scappando, non aveva
paura né provava qualsiasi altra emozione. La luna piena
sopra di lui aveva
sempre quell’effetto, riusciva a svuotargli la mente da ogni
sorta di pensiero
che lo affliggeva quando era umano. L’unico impulso che lo
governava in quel
momento era una sete insaziabile.
Non riusciva a
percepire e
seguire una sola traccia. Ovunque andasse, oltre le case accanto alle
quali
passava erano piene di umani, ma non era abbastanza lucido da fermarsi
e
sceglierne solo una. Il sapore ferruginoso del sangue che gli riempiva
la bocca
gli annebbiava la mente, facendolo impazzire.
Giunto ad un
incrocio, iniziò a
girare su se stesso. Ogni volta in cui iniziava a seguire una pista,
subito
dopo ne annusava una più forte, e poi un’altra
più forte ancora.
Tutto
ciò gli stava facendo salire
una collera cieca, che doveva assolutamente trovare il modo di sfogare
su qualcuno.
Non era abituato a digiunare durante una luna piena e se non avesse
trovato
presto un’altra vittima, la sua furia si sarebbe riversata su
se stesso.
Una finestra
illuminata attirò la
sua attenzione. Sköll si avvicinò, accostandosi per
guardare all’interno.
C’era
una famiglia profondamente
addormentata intorno al tavolo. Erano in posizioni innaturali, come se
si
fossero assopiti all’improvviso durante la cena, ma non era
questo che
importava al lupo mannaro.
I due bambini
erano appena stati
scelti come vittime della sua rabbia vendicativa. Sköll poteva
già immaginare le
sue zanne aguzze affondare in quei corpicini indifesi. Sarebbe balzato
dentro
la casa direttamente attraverso la finestra, tanto era affamato.
Ma in quel
momento si bloccò,
restando immobile ad annusare l’aria, e una folata di vento
gli fece scordare
tutti i suoi propositi.
Aveva trovato
un’altra traccia,
molto più intensa di qualunque altra avesse incrociato fino
a quel momento.
Qualcuno nelle vicinanze stava perdendo sangue: ne percepì
l’odore, che gli
invase del tutto la mente.
Sköll
voltò le spalle alla casa e
iniziò a seguire la scia che il ferito stava lasciando
dietro di sé, senza
neanche saperlo.
Prima di
svoltare l’angolo, si
appostò dietro di esso, affacciandosi nel vicolo buio che
riusciva a celare la
sua presenza. Adesso che aveva trovato una preda, la caccia aveva
inizio.
I suoi occhi
rossi scrutarono
attraverso l’oscurità, puntati sulla ragazza che,
a pochi metri di distanza, si
era fermata, la bacchetta stretta nel pugno tremante.
Era da sola.
Doveva aver corso
parecchio: il lupo mannaro riusciva a sentire non solo il suo respiro
affannoso, ma anche il battito accelerato del suo cuore.
Poteva
percepirne la paura,
l’angoscia e l’incertezza. Si guardava nervosamente
intorno, senza sapere più
da che parte andare. Si era persa, e da lì non riusciva a
sentire i passi o le
voci dei suoi compagni.
Sköll
non si mosse ancora. Gli
piaceva sentire i gemiti spaventati delle sue prede. Si nutriva prima
di tutto del
loro terrore, quando venivano braccati e presi dal panico, come un
macabro
antipasto.
Quel silenzio
la spaventava, ma
la ragazza non si azzardava a chiamare gli altri, nel timore di
attirare il lupo
mannaro su di sé.
Lo sguardo
famelico di Sköll
cadde sul braccio insanguinato della ragazza, e non poté
più aspettare. La luna
che lo guidava, in quel momento gli aveva svuotato la mente da
qualsiasi altro
desiderio. Gli restava solo quello di azzannare l’umana.
Voleva che soffrisse il più possibile.
Con un balzo
le fu addosso,
facendola crollare a terra, gli artigli affondati nella schiena.
E da quel
momento si trasformò in
sola furia, l’odore del sangue che lo accecava e le orecchie
riempite da
strazianti grida di dolore.
Non
riusciva a capire nulla. Il
terrore le impediva quasi di respirare, schiacciata sotto il peso della
creatura, mentre la schiena squarciata dagli artigli le bruciava da
morire.
Cercò
di divincolarsi, per
impedire al lupo mannaro di morderla, ma non riusciva a sottrarsi alla
sua
presa e la lotta servì solo a procurarle altri profondi
graffi. Al lupo mannaro
piaceva far soffrire le vittime prima di morderle.
Le parve di
vedere un movimento
davanti a sé, ma un’altra zampata la
colpì la nuca, stordendola. Tutto era
confuso e incerto intorno a lei; il mondo sembrava ruotare
vorticosamente
dentro una cortina di nebbia.
Non
sentì quasi più nulla; anche
il dolore stava scomparendo. Le sembrò di udire qualcuno che
gridava, o forse
era una sua impressione. Intravide soltanto dei bagliori di luce rossa,
e
subito dopo il lupo mannaro si ritirò, lasciandola
lì per terra.
«
Rachel! »
Qualcuno la
stava chiamando, ma
la voce sembrava provenire da un luogo lontanissimo, e lei non
riuscì a trovare
la forza di rispondere.
Poi fu come se
un velo scuro le
fosse calato davanti agli occhi, e tutto si fece buio.
*Angolo
autrice*
Volevo
scrivere un capitolo
d'azione, e c'è stato. Lo so che la conclusione è
davvero
crudele, ma era un finale ad effetto e non potevo sprecarlo.
Però mi sento molto in colpa per Rachel...
ç__ç (n.b. Comunque è viva... ma si
era capito, vero? O.o)
Inizialmente
doveva essere
Edgar a morire, però viene proprio detto che viene ucciso
dai
Mangiamorte, così ho sfruttato un altro Bones. La Rowling
dice
che ne sono morti alcuni durante la prima guerra, quindi Derek, anche
se il nome l'ho inventato, potenzialmente esisteva.
Peter è una schifezza già da ora,
perché anche se
cerca di salvare i suoi amici (e naturalmente se stesso -.-)
è
disposto a mettere in pericolo qualcun altro, come infatti è
successo.
Come anticipato, vi lascio la mappa (grazie a Google Earth) sulla quale
ho creato le mie strategie militari! xD Non è niente di che,
ma mi è stata utile: Cartina
Al numero 1 corrispondono le posizioni di Malocchio e della maggior
parte degli schieramenti; al numero 2 ci sono Rachel e Sturgis, al 3
Peter, Sirius e Potter, mentre al 4 Emmeline, Dorcas e Edgar. Le F
indicano la Foresta di Dean. Tutti gli altri sono distribuiti nei punti
rossi.
Cosa succederà a Rachel? Lo saprete nel prossimo capitolo,
che pubblicherò il 9 aprile!
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Capitolo 22 *** Una lunga notte al San Mungo ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 22
Una lunga notte al San Mungo
«
Ah, eccovi! Datevi una mossa, razza
di scansafatiche, il tempo delle chiacchiere è finito. Al
lavoro! »
Diane
guardò perplessa il suo
capo che, trafelato, aveva appena raggiunto lei e un gruppo di altri
Guaritori
che stavano conversando nella sala da tè al quinto piano.
Anche gli altri
sembrarono confusi: a quell’ora di solito il San Mungo era
tranquillo.
«
Forse non mi sono spiegato
abbastanza bene. Abbiamo un’emergenza! »
sbottò quello.
Tutti loro si
riscossero,
affrettandosi a seguirlo.
«
Cos’è successo, Guaritore Llewellyn?
» domandò Diane, cercando di stare al passo
dell’uomo.
«
C’è stato un attacco di lupi
mannari » rispose lui, e tutti quanti rabbrividirono.
« Abbiamo quattro feriti
gravi e altri nove con ferite profonde ma non urgenti. Ho fatto
somministrare a
tutti una Pozione Rimpolpasangue, ma adesso mi servite voi, non ce la
faccio da
solo, anche se sono più bravo di tutti voialtri messi
insieme » aggiunse,
mentre scendevano le scale.
Molti di loro
scossero la testa,
ignorando quell’affermazione. Ormai conoscevano abbastanza
bene Dai Llewellyn da
lasciargli dire quel che gli pareva. Il suo carattere era talmente
scorbutico e
vendicativo che gli era valso il soprannome di
“Pernicioso”. In ogni caso, era
uno dei migliori Guaritori in circolazione.
Quando
raggiunsero il primo
piano, Llewellyn si voltò a fronteggiarli, con
l’aria di un generale che parla
alle sue truppe.
«
Bott, Samuels e Richards,
occupatevi dei pazienti meno gravi. Non sono stati morsi, quindi potete
usare
subito il dittamo. Smethwyck e Johnson, voi andrete nel reparto morsi
gravi. Ci
sono due persone che sono state sicuramente morse e altre due che
potrebbero
non esserlo state, ma dobbiamo fare accertamenti. Macmillan »
intimò poi, e
Diane sobbalzò. « Il tuo cognome da sposata
è Queen, vero? »
Lei lo
fissò con perplessità, non
capendo il senso di quella domanda. Lui non ricordava mai il suo
cognome
acquisito.
«
Sì, perché? »
Llewellyn si
fece mortalmente
serio.
«
Vieni con me » disse, senza
aggiungere altro.
Uno strano
senso di inquietudine
si fece largo in Diane, ma lei si sforzò di non cedervi. Non
capiva perché il
suo capo le avesse fatto quella domanda, ma aveva un orribile
presentimento.
Insieme ai
Guaritori Smethwyck e
Johnson, lo seguì oltre la prima porta a destra. I primi
furono spediti da
Llewellyn verso i letti a sinistra, che ospitavano due uomini
insanguinati e
doloranti.
Diane invece
fu condotta verso
l’ultimo letto, circondato da un separatore verde.
«
Cerca di mantenere il controllo
» le disse quello. « Poteva andarle peggio
».
Lei lo
ignorò, mentre il timore
che l’aveva sfiorata fino a quel momento diveniva sempre
più una certezza. Con il
cuore in gola, spostò la tendina… e si
sentì mancare il fiato.
Rachel era
distesa a pancia sotto
sul lettino, e sembrava profondamente addormentata. La schiena era
ricoperta di
sangue.
Diane si
sentì girare la testa,
mentre un fischio assordante le suonava nelle orecchie, e
rischiò di perdere
l’equilibrio, perché le ginocchia non le reggevano
quasi più.
La prima
reazione fu un secco
rifiuto. Doveva essere solo un incubo. Non poteva essere successo
davvero, non
a sua figlia…
Ma Llewellyn
la scrollò,
afferrandola per le spalle.
«
Macmillan, stai calma. Non è
detto che sia stata morsa, dobbiamo accertarcene. Ci sono ferite
sovrapposte,
quindi sarà complicato, ma ce la faremo ».
Lei scosse la
testa, cercando di
tornare lucida, ma le lacrime iniziarono a sgorgarle spontanee.
« Se
non te la senti, me ne
occupo io » bofonchiò lui.
«
No. No, me ne voglio occupare
io » fece lei, guardando Rachel con gli occhi lucidi.
«
D’accordo… Ehi, tu! Che stai
facendo? I visitatori non possono entrare » disse Llewellyn,
rivolgendosi
all’improvviso a qualcuno alle loro spalle.
Diane si
voltò.
«
Sirius! » esclamò, raggiungendo
in due passi il ragazzo che si era avvicinato. « Che
cos’è successo? »
Sirius
esitò. Anche lui era
ferito, nonostante i suoi fossero solo dei graffi, ma sembrava comunque
molto
provato.
«
Siamo stati attaccati. Un lupo
mannaro l’ha aggredita alle spalle, ma siamo riusciti a
scacciarlo. Non l’ho
visto morderla, anche se non posso essere certo che non
l’abbia fatto prima che
lo trovassimo. Mi dispiace… »
«
Grazie » rispose Diane,
cercando di calmarsi. « Puoi farmi un favore? »
«
Devo avvertire suo marito e…? »
chiese lui.
La donna
annuì.
« La
stanno aspettando svegli, e
non posso dire loro una cosa del genere via gufo o
Metropolvere… »
«
D’accordo ».
« E
mi raccomando, assicurati che
chi non deve uscire di casa resti lì » aggiunse,
riferendosi a Regulus, mentre
Llewellyn aveva già iniziato ad esaminare le ferite di
Rachel, ignorandoli.
Sirius
annuì un’altra volta, poi
uscì in fretta dalla stanza.
«
Sono un idiota, sono un idiota,
sono un idiota… »
Sturgis
continuava a ripeterselo
da solo, come per fissare bene in mente il significato di quelle
parole.
Era seduto nel
corridoio del
primo piano, ma lontano da tutti gli altri membri dell’Ordine
della Fenice. Si
sentiva troppo in colpa per considerarsi degno di avvicinarli.
«
Sono proprio un imbecille… »
«
Hai finito di insultarti? » gli
chiese qualcuno in quel momento.
Lui
alzò lo sguardo, imbarazzato,
e vide Emmeline che, in piedi davanti a lui, gli porgeva una tazza di
tè.
« Mi
sembravi sconvolto, così ne
ho presa una anche per te. Prendi » disse la ragazza. Sturgis
accettò,
arrossendo per la vergogna.
Emmeline si
sedette accanto a
lui, bevendo a sua volta dalla propria tazza.
«
Perché dicevi quelle cose? »
gli domandò, dopo qualche sorso.
«
Perché è vero. È colpa mia se
Rachel è stata attaccata. Dovevo stare con lei e invece ho
voluto fare di testa
mia, e l’ho lasciata sola. Malocchio aveva detto di non
dividerci, e io non
l’ho ascoltato ».
Emmeline gli
lanciò un’occhiata
dispiaciuta. A Sturgis pizzicavano gli occhi.
« Se
è stata morsa e per colpa
mia è diventata un… non me lo
perdonerò mai » concluse lui, fissando la tazza
di tè che aveva in mano, ancora piena.
«
Non dirlo neanche per scherzo.
Non diventerà un… lupo mannaro »
sbottò Emmeline, ma la voce le si incrinò
prima che potesse concludere la frase.
Lui la
guardò. Era molto
spaventata, e non poteva darle torto. Aveva gli occhi arrossati, e
fissava la
porta della stanza oltre la quale stava la sua amica, guardando con
speranza e
timore insieme qualunque Guaritore ne uscisse. Ma nessuno diceva nulla.
Sturgis
sentì l’improvviso
impulso di consolarla, ma prima che potesse prenderle la mano posata
sulla
panca, lei la spostò senza accorgersene e assunse
un’espressione di rabbia.
«
Non devi considerarti
responsabile, comunque » disse Emmeline, mentre Sturgis si
bloccava, contento
del fatto che lei non se ne fosse accorta. « Se
c’è un colpevole, è sicuramente
chi ha rivelato il nostro piano a Greyback. E stavolta gli Auror non ne
erano a
conoscenza, perciò siamo sicuri almeno di una cosa: il
traditore fa parte
dell’Ordine della Fenice. Silente si sbagliava ».
Sturgis
chinò il capo. Non
riusciva neanche a pensarci, ma i fatti parlavano chiaro ed era inutile
illudersi. Qualcuno doveva aver parlato, e stavolta gli Auror non
c’entravano: era
per forza uno di loro.
Dopo la
richiesta di Diane,
Sirius era uscito in fretta e furia dal San Mungo e, non appena ebbe
trovato
una strada deserta, si era Materializzato davanti casa Queen.
Era inquieto e
agitato, sia
perché non aveva la più pallida idea di come
iniziare a raccontare cosa fosse
successo senza essere troppo brusco, sia per motivi ben più
gravi, cui al
momento non voleva neanche pensare.
Rimase due
minuti buoni immobile
davanti alla porta, prima di decidersi a suonare il campanello.
Cercò di
distendere la propria espressione. Non voleva allarmarli subito, anche
se era
ancora scosso per la battaglia feroce che si era conclusa da poco. Non
sapeva
neanche che ore fossero, ma a giudicare dal colore del cielo,
l’alba doveva
essere ancora lontana.
Quando Perseus
gli aprì, aveva
tutto l’aspetto di chi si è appena svegliato da un
sonno sulla poltrona.
«
Che cos’è successo? » gli
domandò l’uomo allarmato, soffermandosi con lo
sguardo sul taglio che Sirius
aveva sul viso.
« Mi
faccia entrare e glielo
spiegherò » rispose lui, laconico.
Perseus si
spostò per farlo
passare e poi richiuse la porta alle proprie spalle.
«
Allora? Dov’è mia figlia? »
chiese, senza mascherare l’ansia.
Sirius
esitò, ma alla fine decise
di non girarci troppo intorno.
«
Ecco, siamo stati attaccati e…
È viva » aggiunse, vedendo l’espressione
che Perseus aveva assunto
all’improvviso. « Però si trova al San
Mungo. È stata sua moglie a mandarmi qui
per avvertirvi ».
Sirius si
bloccò all’improvviso
quando vide Regulus affacciarsi all’ingresso, anche lui
assonnato.
«
Che ci fai tu qui? » domandò.
«
Rachel è stata ferita e si
trova al San Mungo » rispose Perseus, con i pugni serrati.
Regulus
sbiancò, e in un attimo
fu del tutto sveglio.
« Ma
guarirà, vero? » chiese.
Aveva lo sguardo fisso sul fratello, ma quest’ultimo non lo
voleva ricambiare,
troppo preoccupato di come avrebbe reagito quando avrebbe saputo tutto.
«
Sì… Il fatto è che non sono
stati i Mangiamorte ad attaccarci ».
« E
allora chi? »
Sirius si
ritrovò improvvisamente
a chiedersi perché dovesse essere proprio lui a dare una
notizia del genere. Di
colpo, gli sguardi degli altri due si fermarono sul suo taglio e il
sospetto si
disegnò sui loro volti. Sirius avrebbe voluto non
confermarlo.
«
Lupi mannari » sbottò,
guardando da tutt’altra parte. Ma fu inutile,
perché anche lui percepì il
brivido di terrore che scosse gli altri due.
Perseus
sembrava sul punto di far
esplodere una rabbia incontrollata, mentre Regulus era diventato una
statua di
marmo.
«
Non è detto che sia stata morsa
» cercò di tranquillizzarli, rendendosi conto
tuttavia di non poterli illudere.
« Ma non posso assicurarvelo ».
Perseus non se
lo fece ripetere
due volte.
«
Vado al San Mungo » disse,
dirigendosi a passo spedito verso la porta.
Regulus parve
ridestarsi da un
coma profondo, e fece per seguirlo. Sirius lo sospettava,
così lo bloccò.
«
Lasciami » disse quello.
«
Non puoi uscire ».
Perseus si
voltò.
«
Dai retta a tuo fratello e non
muoverti di qui » disse.
Regulus
tuttavia non sembrava
avere intenzione di obbedire.
«
Voglio andare anche io al San
Mungo! »
Ma Perseus non
era dell’umore più
adatto per accettare discussioni, e infatti fu proprio in quel momento
che
esplose, prendendosela – tanto per cambiare – con
lui.
«
Ascoltami bene, signorino »
sibilò a denti stretti, afferrandolo per la collottola.
« Rachel si è fatta in
quattro per farti restare al sicuro finora e non vorrebbe che tu ti
facessi
vedere in pieno San Mungo proprio adesso. Quanto a me, ho una figlia
che
rischia di condurre il resto dell’esistenza da maledetta,
perciò perdonami se non
ho alcuna intenzione di farti da guarda del corpo. Resta qui e non ti
azzardare
a fare il contrario. Non ho tempo da perdere con te ».
Detto questo,
lo lasciò andare e
uscì in fretta e furia.
Regulus si
scrollò Sirius di
dosso, con rabbia. Era sempre più pallido e Sirius temette
che fosse sul punto
di svenire.
«
Vedrai che tornerà per dirti se
ci sono novità ».
«
Sta’ zitto » sbottò l’altro.
Aveva i pugni serrati, che tremavano.
Sirius dovette
respirare a fondo
più e più volte per non cedere
all’istinto di prenderlo a schiaffi. Cercò di
trattenersi con tutte le forze, perché era chiaro che
Regulus non ce l’avesse
con lui ma che non sapesse neanche come sfogarsi.
Regulus si
lasciò cadere sul
divano, dove rimase immobile, i gomiti sulle ginocchia, le mani intorno
alla
testa e lo sguardo fisso sul tappeto. Sembra intenzionato a restare
così per
l’eternità.
Sirius aveva
già una vaga idea di
quello che gli stava passando per la mente. Non c’era neanche
bisogno di
conoscerlo bene per intuirlo.
«
Che cosa farai adesso? »
domandò, senza riuscire a trattenersi.
« In
che senso? »
« Lo
sai. Nel caso in cui Rachel
fosse stata… »
«
Non dirlo! Non è possibile ».
Sirius lo
guardò, scrollando la
testa.
Certe volte il
destino è proprio un gran bastardo, si
ritrovò a
pensare. Regulus era una delle persone meno adatte a sostenere un
problema del
genere. Lui che era sempre stato fiero di essere Purosangue e aveva
sempre
disprezzato tutti i cosiddetti ibridi, più degli stessi
Babbani, adesso
rischiava di ritrovarsi con una fidanzata trasformata in lupo mannaro.
A dire il vero
gli faceva pena,
ma il pensiero di ciò che avrebbe potuto fare lo tratteneva.
Certo, aveva
voltato le spalle a Voldemort, ma i suoi pregiudizi di fondo restavano.
Ma fino
a che punto?
«
Non puoi fingere che non possa
succedere » gli disse con un tono abbastanza freddo.
« Comunque, nel peggiore
dei casi, lei resterebbe sempre la stessa persona che hai conosciuto.
Solo
nelle notti di luna piena dovrebbe… »
«
Falla finita, non voglio
ascoltare le tue teorie assurde! »
«
Non sono teorie. Che cosa
vorresti fare, allora? La lascerai? »
Regulus
tremò impercettibilmente
e gli rifilò un’occhiata glaciale.
« Se
sei venuto per sottopormi ad
un interrogatorio, ti sei sbagliato. Lasciami in pace ».
« Se
non te ne sei accorto, sto
solo cercando di aiutarti » replicò Sirius,
stizzito. Stava iniziando a perdere
la pazienza.
« Se
vuoi davvero aiutarmi, trova
un modo per farmi andare al San Mungo senza che nessuno se ne accorga
».
Sirius
esitò, perplesso.
« E
come potrei farlo? »
«
Ah, non ne ho idea. Sei tu
l’esperto di fughe ».
Il maggiore
sospirò, ignorando la
frecciata. Era incredibile come certe volte Regulus riuscisse a
raggiungere i
livelli di acidità di sua madre. Ma cercò di non
pensarci.
« E
va bene. Ti farò andare al
San Mungo. Ma dovrai fare tutto quello che ti dico, senza prendere
iniziative
per conto tuo. D’accordo? Aspettami qui senza muoverti. Vado
a prendere una
cosa e torno »,
Regulus
annuì, cupo, e Sirius
colse la sua espressione: aveva l’aria di chi temeva di
perdere tutto.
Rachel non
sapeva nemmeno da
quanto tempo stava fissando il vuoto. Era seduta sul letto di una
stanza
singola, nella quale era stata trasferita mentre dormiva, le braccia
strette
intorno alle ginocchia flesse.
Sua madre
intanto le stava
preparando una pozione che la facesse addormentare, e trafficava con
ingredienti e alambicchi proprio accanto a lei, mantenendo un cupo
silenzio.
Rachel si era
svegliata da poco,
quando le ferite sulla schiena le erano state fatte rimarginare
completamente,
ma avrebbe voluto poter dormire ancora. Diane le aveva detto di non
essere
riuscita a capire se fosse stata morsa oppure no. Le ferite erano tutte
molto
profonde, ma gli artigli di quel lupo mannaro erano lunghi quanto le
zanne, e
questo impediva di distinguere quelle provocate dagli uni e dalle
altre.
Così
avrebbe dovuto attendere che
le facessero ulteriori accertamenti. Le avevano prelevato un campione
di pelle
per osservarne le reazioni alla luce lunare. Era ancora notte, ma
quella stanza
era completamente senza finestre e adattata in modo che non vi entrasse
la luce
della luna piena.
Rachel
aspettava l’esito degli
esami con angoscia. Aveva paura di quello che le avrebbero detto.
Gli eventi di
quella notte le
scorrevano davanti agli occhi come immagini fissate nella sua mente, e
non
riusciva a pensare ad altro.
Non faceva che
chiedersi che cosa
sarebbe stato di lei nel caso in cui quel lupo mannaro la avesse morsa
davvero.
La sua vita sarebbe cambiata completamente.
Ora capiva sul
serio cosa doveva
provare Remus Lupin fin da bambino, la paura che lo aveva sempre
tormentato e
che non gli concedeva mai di essere sereno. Anche lei ora provava il
medesimo timore
di fare del male a se stessa e, soprattutto, alle persone cui teneva.
Forse
soltanto adesso comprendeva veramente le ragioni che lo avevano indotto
a
concedersi la libertà di uscire dalla Stamberga Strillante.
Non poteva
biasimarlo. Lei stessa avrebbe fatto qualsiasi cosa per non provare il
dolore
bruciante che gli aveva causato il lupo mannaro quella notte.
Se fosse
diventata anche lei un…
Non
riuscì a concludere quel
pensiero. Non voleva essere un lupo mannaro. Non era giusto. Era
frustrante
pensare che, se fosse rimasta a casa, tutto quello non sarebbe
successo. In
quel momento non riusciva proprio a pensare ai Babbani che sarebbero
stati
morsi al posto suo. Era difficile essere generosi e disinteressati in
un
momento simile, perché ad andarci di mezzo erano stati lei e
tutti gli altri
che avevano combattuto quella notte.
« La
pozione è pronta » le
annunciò Diane. Rachel non ebbe alcuna reazione.
«
Non la voglio » sbottò,
depressa.
Sua madre si
sedette sul letto, guardandola
con un’espressione decisa.
«
Prendila, almeno potrai
ingannare l’attesa dormendo. Ci vorrà un
po’ prima che ci diano risultati certi
».
Rachel stava
cercando
disperatamente di lottare contro le lacrime che le pungevano gli occhi,
e
riuscì a trattenerle. Le sembrava di vivere in un incubo.
Forse sua madre aveva
ragione: restare sveglia ad aspettare sarebbe stato terribile e
inutile.
Così
prese il calice di pozione
che Diane le offriva, e lo svuotò in un solo sorso. Subito
iniziò a sentire una
gran sonnolenza, e si sdraiò sul letto, poggiata su un
fianco.
«
Stai tranquilla » la rassicurò
Diane, parlando con un tono fermo. « Comunque vada a finire,
farò di tutto per
farti vivere un’esistenza il più possibile serena
e normale. Tu sei forte, so
che potresti affrontare qualsiasi cosa ».
Rachel
annuì con poca
convinzione. Sua madre era sempre riuscita ad incoraggiarla e a farle
trovare
fiducia in se stessa, ma stavolta non le bastava. C’era un
solo pensiero capace
di farla tremare come una foglia, ed era quello che temeva
più di tutti.
Quale sarebbe
stata la reazione
di Regulus?
Non riusciva
nemmeno lei a
credere che lui avrebbe di colpo abbandonato tutti i propri pregiudizi;
era una
prospettiva troppo felice e irrealistica. E nei confronti dei lupi
mannari i
suoi erano più che semplici pregiudizi. Li disprezzava
ancora più dei Babbani,
che almeno per lui erano umani...
Mentre il
sonno cominciava ad
appesantirle le palpebre, le tornò in mente un episodio di
alcuni anni prima,
quando Regulus, sfogliando il suo libro di Difesa contro le Arti
Oscure, aveva
trovato divertente commentare il capitolo sui lupi mannari scrivendoci
sopra
“ibridi schifosi”, suscitando
l’ilarità e il consenso di molti compagni di
Serpeverde.
Ma adesso quel
commento, nato da
un estremismo adolescenziale, la tormentava più di qualsiasi
altra cosa, perché
forse anche lei era diventata uno schifoso
ibrido.
Il timore di
perderlo le
provocava un dolore straziante, superiore a qualsiasi altra sofferenza
fisica.
Fino a quel
momento si era
trattenuta, ma il torpore provocato dalla pozione le impedì
di continuare a
mostrare una forza che non aveva.
E si
addormentò con le guance
rigate di lacrime.
Regulus non
sapeva neanche quale
forza gli permettesse di continuare a camminare. Si sentiva le gambe
pesanti
come il piombo, e si appesantivano sempre di più via via che
saliva le scale
del San Mungo.
Accanto a lui,
Sirius lo teneva
d’occhio, anche se con difficoltà,
perché Regulus era invisibile.
«
Non fare passi così lunghi,
altrimenti ti si vedono le scarpe » sussurrò, ma
il fratello minore non gli
diede retta. Aveva fretta di sapere la verità, anche se
sapeva che potesse
essere terribile. Ma rimanere eternamente nel dubbio era ancora peggio.
Era talmente
angosciato che
avrebbe fatto anche a meno del mantello
dell’invisibilità che Sirius lo aveva
costretto a indossare. Non gli importava di essere visto e scoperto,
non gli
sarebbe importato nulla nemmeno se si fosse ritrovato davanti Lord
Voldemort in
persona. Voleva solo assicurarsi con i propri occhi che Rachel stesse
bene e
che la sua aggressione non avesse avuto conseguenze.
I corridoi
semibui e silenziosi
contribuivano ad aumentare la sensazione di soffocamento che provava.
Credeva
di essere sul punto di impazzire. Voleva correre e raggiungere Rachel.
Non
capiva proprio perché Sirius insistesse per non fare rumore.
Che cosa
importava?
Finalmente
varcarono una porta e,
appena furono sul corridoio, qualcuno chiamò Sirius.
Era Potter,
che aveva tutta
l’aria di averlo aspettato fino a quel momento.
«
Sirius, le hanno cambiato
stanza. È nel corridoio subito a destra, la penultima porta
» sussurrò con aria
circospetta. Poi si voltò a fissare qualcosa di indefinito
sul muro alla destra
dell’amico, e parlò di nuovo. « Ciao
Regulus, sono contento di ehm… vederti vivo ».
«
Sta dall’altra parte » gli
suggerì Sirius, indicando la propria sinistra.
«
Ah… comunque lo sapevo » mentì
quello, nel tentativo di rimediare.
Regulus
sbuffò, impaziente.
«
Perché lui sa che sono qui? »
sibilò a denti stretti.
«
Perché il mantello che hai
addosso è suo. Dovresti ringraziarlo, sai? »
rispose Sirius.
Regulus
bofonchiò qualcosa di
indefinito, ma poi tagliò corto.
«
Adesso vogliamo andare? Non ho
tempo da perdere ».
« Vi
porto io » disse Potter con
un’alzata di spalle, guidandoli attraverso il corridoio.
Mentre
quest’ultimo raccontava a
Sirius le ultime novità, per esempio di come Malocchio e
alcuni membri
dell’Ordine della Fenice fossero tornati nel luogo della
battaglia per
assicurarsi che i lupi mannari non attaccassero più, Regulus
li seguiva senza
ascoltare minimamente i loro discorsi.
Aveva il cuore
che gli martellava
nel petto così forte che avrebbe potuto svegliare
l’intero ospedale col suo
ritmo veloce e ossessivo.
Seguì
gli altri due lungo il
corridoio a destra e si fermò a pochi metri di distanza
dalla camera in cui si
trovava Rachel.
Di fronte alla
porta erano rimasti
in pochi: Perseus, Emmeline e qualche altra persona che Regulus non
conosceva.
Ma non gli interessava, e fece un passo avanti, ma Sirius lo
fermò.
«
Non puoi aprire la porta così,
sei invisibile » gli ricordò.
«
Però possiamo distrarre i
presenti » lo informò Potter, fingendo di parlare
sottovoce con Sirius. « Così
potrai approfittare della porta aperta per infilarti nella stanza
».
Regulus
annuì, anche se nessuno
se ne accorse. Aveva i sudori freddi e l’attesa gli sembrava
insostenibile. Si
sentiva come se qualcuno gli avesse strappato via un braccio, o
qualsiasi altra
parte del corpo. Un gelo immenso si era impadronito di lui e sembrava
averlo
privato della capacità di formulare qualsiasi tipo di
pensiero.
«
Regulus… » lo chiamò Sirius,
allarmato. Dal tono era evidente che sospettasse una ritirata da parte
sua.
«
Che vuoi? » sussurrò, senza
staccare gli occhi dalla porta.
Sirius tacque
per alcuni istanti,
ma alla fine parlò.
« Mi
auguro che tu non faccia l’idiota
».
Lui non
rispose, anche se sapeva
bene che cosa intendesse Sirius. Quest’ultimo e Potter
raggiunsero le altre
persone che aspettavano, attirando la loro attenzione e coprendo la
visuale che
dava sulla porta della stanza.
Regulus
afferrò la maniglia e,
assicurandosi di non essere notato, entrò, chiudendo con
attenzione la porta alle
proprie spalle.
Ancora
nascosto sotto il Mantello
dell’Invisibilità, rimase in perfetto silenzio,
inchiodato sul pavimento come
un albero dalle grosse radici. Non sapeva cosa fare.
La stanza era
al buio,
contrastato solo dalla debole luce di una bolla fluttuante sopra la sua
testa.
Rachel era immersa in un sonno profondo.
Regulus le si
avvicinò, esitando.
Aveva paura di guardarla, come se temesse di vederla diversa, cambiata,
meno umana di prima…
Il solo
pensiero gli fece quasi
più male di una Cruciatus, e Regulus
all’improvviso desiderò ardentemente di
credere alle parole di Sirius, al fatto che sarebbe stata sempre la
stessa. Si
vergognava di tutte quelle sue esitazioni, ma aveva il concreto timore
che, se
fosse stata davvero un lupo mannaro, il loro rapporto sarebbe cambiato,
indipendentemente dalle loro intenzioni.
Cercando di
non fare rumore,
prese una sedia e si sedette accanto al letto, fissando la ragazza con
ansia. La
tenue luce nella stanza gli permise di notare i segni delle lacrime che
le
avevano solcato le guance, e Regulus si sentì stringere il
cuore vedendola così
insolitamente fragile.
Ma forse,
pensò, si stava
preoccupando per niente. Forse non era stata morsa. Lo sperava con
tutto se
stesso, ma non poteva illudersi.
La lascerai?
La domanda di
Sirius, sorta
all’improvviso dalla sua memoria, gli provocò un
brivido di terrore. Lasciarla:
una sola parola che comprendeva un miliardo di significati e
conseguenze. Non
vederla mai più, non poterla più toccare, restare
privo della persona che lo
stava aiutando a convivere col proprio passato.
La lascerai?
Quella domanda
ebbe il potere di
schiarirgli le idee, perché la risposta più
sincera e spontanea, priva di ogni
riflessione, era una sola.
Mai.
Non avrebbe
mai potuto, né
voluto, farlo. Non poteva tradirla.
Lei era sempre
stata al suo
fianco, lo aveva salvato e continuava a sostenerlo.
Lei lo amava
come nessun altro
aveva mai fatto.
Quella fu la
prima volta in cui
Regulus lo capì davvero, con un moto di meraviglia, emozione
e vertigine: Rachel
era l’unica che avrebbe voluto al suo fianco fino alla fine
dei suoi giorni.
Se ne era reso
davvero conto solo
ora che rischiava di perderla. Dentro di sé lo aveva sempre
saputo, ma fino a
quel momento lo aveva dato per scontato. Ma non lo era affatto.
Un tempo la
sua strada era già
stabilita. Era diventato un Mangiamorte, avrebbe trovato un lavoro
importante e
infine avrebbe sposato Rachel, facendo nascere uno o più
eredi maschi e
permettendo così che la famiglia continuasse.
Ora invece non
aveva la più
pallida idea di che cosa sarebbe successo di lì a
ventiquattr’ore. La sua
strada non era più tracciata, ma continuamente incerta.
Tuttavia, in un certo
senso si sentiva più libero: poteva essere lui a decidere
cosa fare della
propria esistenza.
E sul fatto
che Rachel fosse la
donna della sua vita non aveva alcun dubbio.
Invece il loro
futuro rischiava
di essere distrutto per colpa di un mostro, che la aveva aggredita per
il solo
gusto di fare del male e di rovinare quante più vite
possibili…
Una furia
cieca lo invase. In
quel momento sarebbe voluto uscire per trovare quel lupo mannaro e
ucciderlo a
mani nude. Era talmente pieno di collera che non controllò i
propri movimenti,
facendo cadere per terra il boccale vuoto della pozione. Esso si
frantumò in
mille pezzi, con un frastuono che, nel silenzio della notte,
sembrò
amplificato.
Con il cuore
il gola, Regulus
tacque, tendendo l’orecchio in direzione della porta, nel
timore che qualcuno
potesse aver sentito. Nessuno entrò, e Regulus
tirò un respiro di sollievo.
Ma Rachel si
era svegliata.
«
Chi c’è? » chiese con un tono
allarmato, la mano che corse subito ad afferrare la bacchetta sul
comodino.
«
Sono io » rispose lui,
accorgendosi di come la sua voce fosse spiacevolmente incrinata.
« Scusa, non
volevo svegliarti » le disse.
Sul volto di
lei si dipinse un
miscuglio di emozioni, e sul momento non riuscì a dire
nulla.
«
Non saresti dovuto venire. È
pericoloso. Qualcuno potrebbe vederti » disse alla fine, con
una certa freddezza.
Ora il suo volto cercava di sembrare impassibile, ma gli occhi rossi
smentivano
quel suo comportamento.
« Al
momento non mi importa »
rispose Regulus.
Rachel non
rispose, ancora
intenta a nascondere la paura che provava. Lui si alzò per
andare a sigillare
la porta, e poi tornò a sedersi accanto a lei, sfilandosi il
mantello. Per
alcuni eterni istanti nessuno dei due parlò.
Regulus si
rese conto della paura
che lei provava, e la prese per mano. La ragazza parve quasi sorpresa,
ma
gliela strinse a sua volta.
« Lo
sai che potrei essere un lupo
mannaro? » gli fece notare. Aveva un tono apparentemente
tranquillo, ma il suo
sguardo tradiva angoscia e preoccupazione.
«
Non è detto » replicò lui.
« Ma
potrei esserlo ».
«
Perché insisti? »
Lei
voltò la testa. Un silenzio
inquieto calò su di loro.
«
Senti, Regulus » disse alla
fine. « Ci ho pensato molto, e sono arrivata alla conclusione
che, nel caso in
cui fossi stata morsa davvero, non dovrai sentirti costretto a restare
con me
per compassione… »
«
Smettila » la interruppe lui,
mentre sentiva una morsa serrargli le viscere. « Pensi che
sia qui solo perché
mi fai pena? »
«
No, certo… Però tu potresti mai
stare insieme ad un lupo mannaro? »
Regulus
deglutì, ma si accorse di
avere la bocca completamente asciutta.
Doveva
aspettarselo, pensò, ma
non aveva la minima idea di cosa rispondere. Se le avesse detto che non
gli
importava nulla, non sarebbe stato sincero. Ma non voleva neanche
abbandonarla
in un momento simile.
«
Non lo so » rispose, incapace
di mentire.
Non riusciva a
pensarci davvero
né ad abbandonare la speranza che non le fosse successo
nulla. Non aveva idea
di come avrebbe reagito se fosse andata male. Non era sicuro di essere
capace
di restarle accanto e sostenerla, anche perché –
ne era certo – Rachel sarebbe
stata più forte di lui nell’affrontare la
situazione.
« Ma
ti assicuro che sarei
disposto a tutto, anche ad usare qualsiasi tipo di Arte Oscura, per
trovare una
cura che ti liberi dalla licantropia… »
«
Non dirlo neanche per scherzo ».
«
Per te lo farei ».
Regulus era
consapevole dei suoi
limiti: non avrebbe mai potuto iniziare a pensarla come Sirius sui lupi
mannari, ma era altrettanto sicuro che non avrebbe mai abbandonato
Rachel al
suo destino. A parole non sapeva come farle capire quanto fosse
importante per
lui, e sperava che lei lo deducesse dai fatti.
E Rachel lo
capì. Come facesse a
intuire sempre i suoi pensieri, Regulus non riusciva proprio a
spiegarselo.
«
Scusami se ho dubitato di te ».
«
Non scusarti. È brutto da dire,
ma avevi tutte le ragioni per dubitare » ammise lui, pieno di
rammarico. « Non
avrei dovuto esitare neanche un istante, e invece…
»
Rachel non
sembrava delusa, anzi,
dava l’impressione di capire i suoi timori. Tornò
a sdraiarsi, posando la testa
sul cuscino e continuando a stringergli la mano.
«
Resterai con me finché non
arriveranno i risultati delle analisi? »
Lo aveva
chiesto come se non
potesse fare a meno della sua presenza; e Regulus da parte sua non
poteva fare
a meno di rimanere insieme a lei.
«
Sì » rispose, scostandole i
capelli di lato mentre le accarezzava il viso.
Mentre Sirius
e gli altri se ne
stavano seduti sui sedili a muro del corridoio, scambiandosi ogni tanto
qualche
rara parola, Perseus se ne stava in disparte, affacciato alla finestra
con le
braccia conserte e la solita espressione arcigna.
L’attesa
era così tremenda che
aveva la sensazione di trovarsi in apnea da ore. Continuava a lanciare
occhiate
verso l’inizio del corridoio, nella speranza che sua moglie
portasse buone
notizie.
Il terrore che
provava in quel
momento gli impediva anche di infuriarsi, anche se di motivi per farlo
ne aveva
a volontà. Rachel gli aveva mentito, ma Perseus sentiva che
la colpa fosse
soltanto sua, da quando era stato così stupido e incosciente
da permetterle di
entrare a far parte di quel dannato Ordine della Fenice. Ma non ci
sarebbe più
ricaduto, era una promessa.
Mai
più.
Si
ritrovò a serrare la dita
intorno al davanzale, e le nocche sbiancarono. Se pensava che la sua
unica
figlia rischiava di diventare un lupo mannaro credeva di impazzire.
Non gli
interessava sapere quanti
Babbani lei stessa avesse contribuito a risparmiare. Per lui la vita di
Rachel
valeva più di quella di mille altre persone, e non poteva
farci nulla. L’unica
immagine che aveva davanti agli occhi, e di cui non riusciva a
liberarsi, era
sua figlia che cadeva sotto i colpi letali di una creatura mimetizzata
nella
notte, mentre solo le fameliche zanne e gli artigli assassini
brillavano nel
buio.
Perché
proprio lei?
L’angoscia
lo rendeva talmente
cieco che non riusciva neanche a pensare a chi in quello scontro aveva
perso la
vita.
La
più grande paura che provava
era quella di veder sparire il sorriso dal volto di sua figlia, colei
che era
stata capace di donargli quel senso di pace e serenità che
non aveva mai
provato prima, fin da quando, nella culla, aveva emesso il suo primo
vagito.
Ricordava
perfettamente quella
neonata che lo fissava con curiosità quando lui la prendeva
in braccio e che,
con un trillo divertito e un lampo pestifero negli occhi scuri,
iniziava a
tirargli i capelli fino a quando non le restava qualche ciocca stretta
nel
pugnetto, e lei tornava a guardarlo con aria preoccupata e colpevole.
Non poteva
credere come quella
che era stata tanto piccola e buffa potesse diventare una creatura
famelica
ogni mese. Perseus non sapeva neanche quali sarebbero state tutte le
conseguenze. Forse la licantropia la avrebbe cambiata, rendendola
completamente
diversa. O forse no. Non si era mai informato e non ne aveva idea.
Sembrava che
la testa gli stesse
per scoppiare. La prese tra le mani, appoggiando i gomiti sul davanzale
e
fissando con profondo timore la luna piena che iniziava a impallidire,
man mano
che si avvicinava l’alba…
«
Perseus! »
La voce di
Diane risuonò chiara e
squillante nel corridoio silenzioso.
Perseus la
guardò correre verso
di lui, impietrito dalla paura.
«
È salva! Non è stata morsa! »
annunciò la donna, fermandosi accanto a lui, ma rivolgendosi
anche agli altri,
raggiante.
Perseus fu
assalito da un
sollievo così intenso che le ginocchia gli cedettero, e fu
costretto ad aggrapparsi
di nuovo al davanzale per non cadere per terra. Era sfinito come se
avesse
appena terminato di scalare una montagna.
«
Sei sicura? » domandò, ancora
troppo scosso per credere alle proprie orecchie.
«
Sì » rispose lei.
Lui ci mise un
po’ per riacquistare
la lucidità, e lo fece solo quando sua moglie si diresse
verso la porta, con la
chiara intenzione di avvisare la figlia.
«
Ehm… non sarebbe meglio
lasciarla riposare? » intervenne Sirius, frapponendosi tra
Diane e la porta,
con un sorriso nervoso.
«
No, voglio darle la buona
notizia » rispose Diane.
«
Davvero… sarà stanca dopo tutto
quello che ha passato… » insisté lui, a
voce fin troppo alta.
Perseus gli
posò una mano sulla
spalla, fissandolo con gli occhi socchiusi. Sapeva che con quello
sguardo faceva
sempre più paura del solito e trovava divertente osservare
le reazioni
imbarazzate delle persone.
«
È lì dentro, vero? »
sussurrò,
in modo che solo Sirius e Diane potessero sentire.
«
Non so di chi stia parlando »
rispose prontamente Sirius, esibendo il meglio delle sue facce toste.
«
Bene, allora entro » concluse
Perseus, che tanto aveva già capito tutto. La porta era
sigillata, così dovette
usare un Alohomora per aprirla,
nonostante gli ultimi deboli tentativi di Sirius.
Quando
entrò, Rachel era sveglia.
Regulus invece non si vedeva da nessuna parte e per un solo attimo
Perseus
pensò di essersi sbagliato.
La ragazza
guardò sua madre con
ansia, ma la donna le sorrise.
« Va
tutto bene, non hai nessun
morso! » le disse, raggiante.
Rachel
tutt’a un tratto riacquistò
tutto il colore che aveva perduto. Si lasciò abbracciare
dalla madre, ancora
incredula, lanciando poi un’occhiata incerta al padre.
Evidentemente pensava
che lui fosse infuriato, ma Perseus la rassicurò. Quello non
era il momento per
chiarire certe cose, e poi era talmente sollevato che non si sentiva
neanche in
vena di rimproveri.
«
Purtroppo ti rimarranno alcune
cicatrici che non abbiamo fatto in tempo a rimarginare del tutto
» continuava
Diane. « Mi dispiace… »
Rachel
alzò le spalle.
«
Poteva andarmi peggio. E almeno
sono sulla schiena ».
Perseus le si
accostò, posandole
una mano sulla spalla.
«
Dove si è cacciato? » chiese poi,
mentre Diane somministrava alla figlia un’altra dose di
Pozione Rimpolpasangue.
«
Chi? » fece Rachel, con la voce
acuta e lo sguardo nervoso rivolto a Sirius. Quest’ultimo si
era chiuso la
porta alle spalle, per essere certo che non entrasse nessun altro.
«
Quello che dovrebbe essere il
fratello obbediente. A quanto pare però lo è solo
con i suoi » rispose lui,
sarcastico.
Rachel
arrossì.
«
Ormai è inutile nasconderti, ti
hanno scoperto » disse, rivolta ad un punto indefinito
accanto a sé.
Improvvisamente,
un Regulus
piuttosto imbarazzato apparve in un angolo, sfilandosi un mantello
dell’invisibilità. Lanciò
un’occhiataccia a Sirius che rideva e uno sguardo
inquieto a Perseus.
« Oh
no, Regulus, devi tornare
subito a casa! » disse Diane, preoccupata. «
Qualcuno potrebbe vederti! È stato
un bel gesto da parte tua venire a trovare Rachel, ma è
stato pericoloso. Mi
meraviglio di te, Perseus » sbottò poi,
rivolgendosi al marito. « Come hai
potuto permettergli di uscire? »
Perseus
spalancò la bocca, mentre
una vena iniziava a pulsare pericolosamente nella sua tempia. Sirius
era scosso
da un attacco di risate incontrollabili, e Rachel non era da meno.
« Io? Io gli avevo detto
di restare a casa, fino a prova contraria! »
«
È vero » confermò Regulus,
cauto.
Diane non si
scompose.
«
Oh, d’accordo… »
Perseus
sbuffò. Sua moglie con
Regulus era sempre troppo conciliante.
«
Mamma, come stanno gli altri? »
chiese Rachel, cercando di deviare la conversazione.
Diane
sospirò.
«
Stanno bene, a parte quel
povero Auror… Non è stato fortunato come te e non
abbiamo potuto evitare che
diventasse un lupo mannaro ».
«
Edgar è tornato a casa »
aggiunse Sirius. « Era distrutto per suo cugino ».
Lei si
incupì.
Diane mise via
la pozione e si
rivolse a Regulus.
«
Dovresti rimetterti quel
mantello e tornartene a casa, adesso » gli
suggerì. « Tra un po’ il Guaritore
Llewellyn verrà a controllare i pazienti ».
Regulus
annuì, anche se era
evidente che avrebbe preferito rimanere ancora con Rachel.
« Lo
porto io » si offrì Perseus,
notando con immensa soddisfazione la reazione preoccupata del ragazzo.
«
Forza, seguimi ».
Regulus
stavolta non osò
protestare. Salutò la ragazza in modo composto e
apparentemente freddo, ma lo
sguardo che entrambi si scambiarono era così intenso che
Perseus sentì
l’urgente bisogno di osservare i granelli di polvere sulla
punta delle proprie
scarpe, mentre un fastidio bruciante lo assaliva.
«
Senta… Non volevo creare
problemi ma… » mormorò Regulus mentre
indossava il mantello, ma Perseus non gli
permise di continuare.
«
Taci » rispose a denti stretti,
aprendo la porta e uscendo nel corridoio. « Facciamo che tu
non dici nulla e io
non farò commenti ».
« Va
bene ».
Perseus
tacque. In realtà non
aveva nessun motivo di prendersela con lui, tutt’altro. Il
comportamento di
Regulus lo aveva sorpreso. Come minimo aveva pensato che Black volesse
essere
sicuro che Rachel non fosse stata morsa prima di andarla a trovare; e
adesso si
sentiva quasi in colpa per averlo pensato.
Forse, si disse, ho esagerato
con lui.
Aveva
trascorso tutta la nottata
al fianco di Rachel, senza sapere se fosse davvero diventata un lupo
mannaro
oppure no. Regulus teneva davvero a sua figlia e Perseus non riusciva
più ad
ignorare questa consapevolezza. Aveva iniziato già da tempo
a vederlo sotto
un’altra luce, e quella notte ne aveva avuto la
conferma…
Ma questo non
lo avrebbe mai
ammesso, nemmeno sotto tortura.
Eppure
c’era qualcosa che
continuava a infastidirlo e, ora che si era liberato della paura di
quella
notte, riusciva finalmente a capire di cosa si trattasse.
Quello sguardo
che Regulus e
Rachel si erano scambiati pochi istanti prima era lo sguardo di due
persone che
sapevano già di non poter fare a meno l’uno
dell’altra.
E Perseus si
era sentito
improvvisamente ferito nel capirlo, perché il suo vizio di
guardare sempre al
passato gli aveva impedito di accorgersi che la bambina che anni prima
si
divertiva a tirargli i capelli non esisteva più da tempo. Al
suo posto c’era
una ragazza che, per quanto lui cercasse di trattenerla, gli stava
lentamente,
ma inesorabilmente, scivolando via tra le dita.
Erano tutti
entrati nella stanza
di Rachel, escluso James, che venne subito raggiunto da Sirius. Esclusi
loro,
Regulus e Perseus, il corridoio era completamente deserto.
Poco prima di
andarsene, Regulus
si bloccò, lanciando a suo fratello un’occhiata
esitante.
«
Sirius? » lo chiamò dal momento
che, trovandosi sotto il mantello, per lui era impossibile vederlo.
«
Che c’è? »
Silenzio.
Regulus si
ritenne fortunato di
essere invisibile, perché l’imbarazzo che stava
provando era senza precedenti.
Rimase muto per parecchi istanti, perché proprio non
riusciva a dirlo: era più
forte di lui.
Sirius
tuttavia non ebbe bisogno
di parole per capire cosa Regulus gli stesso cercando di dire.
«
Non c’è di che » rispose, senza
risparmiarsi un ghigno d’immensa soddisfazione.
Regulus
ricominciò a camminare
alle spalle di Perseus, senza aggiungere altro a quella conversazione
imbarazzante, ma Sirius lo richiamò con un colpo di tosse.
«
Che c’è? »
«
Una volta tanto, sei stato meno
idiota del solito ».
Regulus non
disse nulla né si
offese, ma si allontanò lungo il corridoio come se nulla
fosse. A chiunque
altro quell’affermazione di Sirius sarebbe apparsa come una
delle sue solite
battute irritanti, ma per Regulus il significato era molto diverso,
perché
valeva quanto un “sono fiero di te”.
«
Prego! » aggiunse James, anche
se non era molto sicuro che quel ringraziamento sottinteso fosse
rivolto anche
a lui... sempre se era un ringraziamento. Dalla risposta di Sirius
doveva
esserlo, ma non ne aveva la certezza. « Bè, fatemi
riavere il mio mantello »
aggiunse.
«
Tranquillo, tra un po’ vado a
riprendertelo » lo rassicurò Sirius.
«
D’accordo. Ah, Felpato… La
prossima volta che tu e lui intavolerete una conversazione
così laconica e
piena di sottintesi, vi saremmo tutti molto grati se metteste i
sottotitoli ».
*Angolo
autrice*
Se siete
arrivati fin qui ancora vivi, dovreste aver notato che questo capitolo
è un
po'
più lungo del solito. XD Mi sono lasciata trascinare
dall'ispirazione (che è cosa buona e giusta, ma non
abituatevi
troppo a capitoli così lunghi, se no rischio di aggiornare
una
volta al mese).
Vado con
ordine se no mi confondo da sola!
- Partiamo dai Guaritori del San Mungo, Ecco, io vi giuro che ho fatto
di tutto per non far somigliare Llewellyn al dottor Cox di Scrubs, ci
sono stata settimane, ma niente, proprio non ce l'ho fatta. Dovete
capire che, dopo pochi giorni in cui ho visto tutte
le 8 serie di quel telefilm, la mia mente ha subito qualche danno
irreversibile, e ho iniziato a immaginare il San Mungo come se fosse
popolato dai personaggi di Scrubs. Ho fatto del mio meglio per limitare
questa mia pazzia, e infatti l'ho modificato con qualche carattere
diverso, ma non credo di esserci riuscita del tutto... O.o
Ps: comunque Dai Llewellyn è quello che dà il
nome al
reparto in cui sarà ricoverato Arthur Weasley quando
sarà
morso da Nagini.
- Per il
cognome di Diane
ho scelto Macmillan perché, visto che le famiglie Purosangue
sono tutte imparentate, volevo collegare anche i Queen con le altre.
- Regulus mi
ha creato non
pochi problemi e sono stata parecchio a pensare come avrebbe
reagito. Insomma, non poteva saltare fuori esclamando "Non mi importa
se diventi un lupo mannaro, resterò con te lo stesso. E
già che ci siamo adottiamo qualche Babbano, evviva!"...
Uhm, no, non è così che funziona la sua testa! xD
La
licantropia per lui resta una cosa disgustosa. Il fatto che Rachel, o
qualcunque altra persona a lui vicina potrebbe esserne stata colpita,
per lui è un incubo, e ho pensato che avrebbe cercato fino
all'ultimo di convincersi che non fosse successo, per poi andare a
inseguire qualcosa di impossibile come un modo per far tornare tutto
come prima (anche se la pozione Antilupo sarà inventata dopo
anni, ma neanche quella sarà una cura definitiva). Comunque,
non
la avrebbe abbandonata, ma questo spero che sia chiaro: ho paura che
per rendere il più possibile IC il suo lato Black, abbia un
po'
tralasciato quello che prova per lei. Spero di no.
ç__ç
- Ho paura che
ci sia
qualche stonatura nel fatto che Perseus, una volta rassicurato sulla
salute di sua figlia, abbia il tempo di essere geloso, visto che
oggettivamente è una cosa di poco conto rispetto al rischio
che
Rachel ha corso. Perseus ha molti sbalzi d'umore e non sa controllare
molto i propri pensieri. Tra l'altro il suo caso è
particolare:
si è sposato abbastanza tardi rispetto alla media dei maghi
(quindi per noi sarebbe l'unico normale! xD), e ha un'unica figlia cui
è attaccatissimo, quindi rendersi conto che lei potrebbe
lasciarlo presto è una prospettiva terribile (anche se in
realtà non accadrà presto come teme). Comunque...
non
è pucciosissima Rachel da neonata? *-* Ok, non dovrei
commentarmi da sola quello che scrivo, ma mi sono intenerita mentre
scrivevo! xD
- Le
conversazioni
semi-mute tra Regulus e Sirius si commentano da sole. Non so se si
rendono davvero conto di essere comici, ma vabè! xD
Direi che ho
finito. Perdonate se anche queste note finali sono state più
lunghe del solito!
Il prossimo
capitolo sarà pubblicato il 23
aprile!
Ciao! ^^
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Capitolo 23 *** L'occasione perduta ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 23
L’occasione perduta
« Rachel, che ci fai in piedi? Tornatene
subito a letto ».
Diane se ne stava in mezzo al
corridoio, le braccia conserte e l’aria inquisitoria.
« Ma sono guarita! » protestò la
figlia, sbuffando.
« Devi riguardarti, quindi non
fare storie ».
Regulus alzò gli occhi dalla copia
della Gazzetta del Profeta, un
po’
divertito e un po’ esasperato. Era la terza volta che quella
scena si ripeteva
quel giorno.
« Non ho la febbre! »
« Ma hai perso molto sangue e sei
debole. Non farmi pentire di averti dimessa in anticipo dal San Mungo.
Devo
tenerti sotto osservazione ancora un po’ ».
Rachel stavolta non sembrava
intenzionata a cedere.
« Posso almeno stare seduta in
poltrona? A cosa serve rimanere coricata? »
Diane sospirò ma parve
rifletterci.
« D’accordo. Però non agitarti
troppo » le concesse.
Tutta contenta, Rachel andò a
raggiungere Regulus nel salotto, sedendosi di fronte a lui.
« Finalmente » commentò, mentre
sua madre si allontanava. « Che notizie ci sono? »
Regulus abbassò la Gazzetta
per risponderle.
« Niente di nuovo. Nessun accenno
a quanto accaduto a Drybrook. C’è solo un
necrologio su Bones ma non sono state
specificate neanche le cause del decesso. È evidente che il
Ministero non
sappia dove sbattere la testa ».
Rachel si rabbuiò.
« È assurdo. Quel poveretto è
morto per aiutare un sacco di gente e nessuno gliene rende merito. Il
Dipartimento degli Auror si vergognerà troppo per non aver
creduto alla
soffiata. Anche se era stata fatta da Moody, non si sono fidati, e
naturalmente
lui non poteva dire che l’Ordine aveva un infiltrato nel
branco di Greyback ».
« Fammi capire: l’Ordine della
Fenice è illegale? » chiese Regulus, perplesso.
Rachel fece una smorfia.
« Bè, tecnicamente lo è…
L’ex
Ministro della Magia, Boot, aveva dichiarato illegali tutte le
organizzazioni
autonome che non facessero riferimento al Ministero. Ovviamente era
riferito a
Mangiamorte e affini, ma alla fine ci rientriamo anche noi,
perché non seguiamo
le direttive del Ministero ».
Regulus chiuse il giornale e lo
mise da parte, pensieroso.
« Non credi che possa essere
stato il vostro infiltrato a suggerire a Greyback di cambiare
strategia? » domandò.
Ci aveva pensato molto ed era giunto alla conclusione che quella fosse
l’ipotesi più sensata.
Rachel non ne fu stupita, ma
sembrava più che sicura quando rispose:
« No, fidati, non lo farebbe mai
».
« Se ne sei proprio certa… Io
l’ho detto solo perché è quello che
avrebbe avuto più occasioni per tradirvi ».
« Lo so, ma se sapessi chi è non
diresti così ».
« E chi è? »
Rachel fece un sorriso
imbarazzato.
« Non puoi chiedermi tutte queste
cose. Ti racconto anche troppo ».
« D’accordo… » fece lui,
rassegnato. « Però, anche se magari in questo caso
potresti avere ragione
tu, ricordati che non
puoi fidarti delle
persone solo perché credi di conoscerle ».
Lei lo guardò con perplessità, ma
Regulus non aggiunse altro.
Entrambi tacquero per un po’,
ognuno immerso nelle proprie riflessioni. Regulus la guardò,
non potendo fare a
meno di considerare una fortuna quella di averla ancora lì,
viva e sana, anche
se molto provata dall’esperienza che aveva vissuto a
Drybrook. Rachel cercava
di non farlo pesare, ma lui aveva notato la sua nuova abitudine di
osservarsi
di continuo allo specchio, nel tentativo di nascondere le cicatrici che
le
erano rimaste e che gli abiti non le coprivano completamente.
Anche il quel momento la vide
spostarsi i capelli in modo da occultare la cicatrice che si
intravedeva al
lato del collo. Al solo pensiero, Regulus si sentì di nuovo
invadere dalla
collera.
Avrebbe voluto dirle che la
trovava bella quanto prima e che quei segni non erano visibili
come lei
temeva, ma la rabbia parlò per lui.
« Riusciremo mai a scoprire chi
fosse quell’ibrido che ti ha ferita? » chiese,
senza pensare.
Rachel si irrigidì.
« Non ne ho idea. Ma non usare
più quella parola » rispose con un tono serio che
non ammetteva repliche.
Lui si rese conto di aver fatto una gaffe bella grossa e
cercò di rimediare, mortificato.
« Mi riferivo solo a quello che ti ha quasi uccisa. Non lo
difenderai, spero ».
« Certo che no. Lui non merita
nulla, perché è uno di quelli che mordono le
persone apposta. Ma non sono tutti
come Greyback e i suoi, Regulus. Se fossi stata morsa, non mi sarei di
certo
unita al loro branco. Le mie convinzioni e i miei sentimenti sarebbero
rimasti
sempre gli stessi ».
Regulus non replicò.
In quel momento qualcuno suonò il
campanello alla porta d’ingresso. Regulus si alzò
e uscì dal salotto,
rifugiandosi nello studio. Rachel lo seguì, mentre Diane
andava ad aprire la
porta.
« Detesto dovermi nascondere ogni
volta » commentò lui sottovoce.
Rachel cercò di tirargli su il
morale.
« Pensa a quello che c’è di
positivo. Un tempo eri costretto a fare sempre gli onori di casa.
Adesso invece
puoi evitare gli ospiti senza sembrare maleducato ».
« Questo mi consola molto »
commentò lui, sarcastico.
Tuttavia la voce maschile che si
sentiva da dietro la porta sembrava familiare a entrambi. Poi qualcuno
bussò
alla porta dello studio.
« Disturbo? » chiese quella voce,
mentre un naso aquilino si affacciava nella stanza.
Sia Rachel che Regulus ne furono
sorpresi.
« Professor Silente! » esclamò la
prima.
« Era ora » bofonchiò il secondo,
molto meno entusiasta.
Il mago entrò, chiudendosi la
porta alle spalle.
« Ciao, Rachel. Ho approfittato
della situazione per venirti a trovare: ho ricevuto il tuo messaggio.
Comunque
sono contento che te la sia cavata. Come ti senti? »
« Bene, solo un po’ spaventata ».
« Mi dispiace. Ho sbagliato io a
rassicurare troppo gli altri. A proposito, tuo padre ha avuto parecchio
da
rinfacciarmi ».
Lei aggrottò la fronte.
« In che senso? »
« L’ho incontrato fuori in
giardino, e non ha fatto mistero di essere infuriato con me,
perché ti ho fatto
correre un enorme pericolo, mentre io “me ne stavo al
sicuro”, ha detto ».
Rachel arrossì. Regulus invece si
trovò straordinariamente d’accordo con Perseus.
« Credo che abbia superato il limite
di sopportazione, lo scusi » disse Rachel.
« No, ha ragione lui » rispose
Silente. « Però mi ha anche detto che non ha
più intenzione di permetterti di
partecipare a missioni del genere ».
Rachel sembrava improvvisamente
arrabbiata.
« Che cosa? Ma io faccio
parte dell’Ordine della Fenice, ormai; non
voglio lasciarlo. E poi lui non può decidere per me, senza
neanche
interpellarmi! » sbottò.
« È tuo padre, ed è ovvio che si
preoccupi per te » intervenne Regulus, ottenendo per tutta
risposta
un’occhiataccia da parte di lei.
« Ma non posso lasciare l’Ordine.
Siamo già pochi ».
« Perseus in cambio ha offerto la
sua collaborazione. È disposto a farci da contatto presso la Gringott
e di controllare
che i goblin non decidano di allearsi con Voldemort. Tuttavia non ti
sto
chiedendo di lasciare l’Ordine. Potrai sempre partecipare
alle
riunioni e alle
ronde, in attesa che tuo padre superi lo shock. In realtà ho
approfittato delle decisioni di Perseus perché giocano a
mio favore: mi serve il tuo aiuto per un altro tipo di missioni, che
dovrai
considerare più importanti di qualsiasi altra battaglia
».
Rachel assunse un’espressione
consapevole. Era evidente che l’uomo si stesse riferendo alla
ricerca degli
Horcrux. Silente sorrise.
« Prima di entrare in argomento,
credo sia meglio sederci ».
Dopo aver imposto un incantesimo isolante alla porta e aver preso posto
intorno alla scrivania, Silente parlò di nuovo.
« Molto bene. Ora che siamo
tutti, posso spiegare per bene tutto quello che ho scoperto durante
questa mia
lunga assenza. Prima però… Rachel, mi hai
accennato che ci sono delle novità. Di
cosa si tratta? »
Lei mise da parte l’irritazione
dovuta alle decisioni di suo padre per assumere
un’espressione emozionata.
« Forse abbiamo individuato un
secondo Horcrux » bisbigliò.
« E io so dov’è » aggiunse
Regulus con una certa soddisfazione. « Sempre se si tratta di
un Horcrux, ma
penso di sì, si trova a villa Malfoy ».
Quella volta la fortuna era stata
dalla sua parte, pensò. Pochi giorni prima di entrare nella
caverna, era andato
a cena a casa di sua cugina, che aveva intenzione di annunciare la
propria
gravidanza. E proprio in quell’occasione aveva intuito che il
misterioso diario
si trovava proprio lì, nascosto in una botola sotto il
pavimento del salotto.
Silente ne parve entusiasta.
« Meraviglioso! Questo è un
grande passo avanti. Io ho fatto parecchi progressi nel ricostruire il
passato di Tom Riddle. Sono riuscito a risalire alla sua famiglia di
origine e
ho scoperte parecchie cose interessanti che ci aiuteranno a capirlo di
più. Per
ora non ho trovato altri Horcrux, ma sono sulla buona
strada… D’altra parte, ho
scoperto diversi modi per distruggere quello che già
abbiamo, ossia il
medaglione ».
Regulus e Rachel si scambiarono
un’occhiata stupefatta.
« Quindi possiamo distruggerlo
subito? » chiese lei.
« Non proprio. Si tratta di
metodi tutti abbastanza pericolosi. Dovremo valutarli per bene per
scegliere il
più efficace e meno rischioso. Per esempio…
»
Silente estrasse dalla veste un
borsellino molto piccolo. Vi infilò la mano e ne
tirò fuori un libro molto più
grosso del suo contenitore. Aveva la copertina di pelle nera, ma era
piuttosto
consunto e antico. Regulus lo osservò con interesse e lesse
il titolo: Segreti dell'Arte Più
Oscura.
Nel giardino, appena fuori la finestra, ci fu un rumore simile ad uno
schiocco, ma erano tutti troppo concentrati per farvi caso.
« Questo si trovava nel Reparto
Proibito della biblioteca di Hogwarts, ahimè »
spiegò Silente. « È probabile
che lo stesso Tom Riddle vi abbia trovato informazioni sugli Horcrux,
quando
era ancora uno studente. C’è scritto tutto quello
che c’è da sapere sugli
Horcrux: come crearli, quali sono i danni che possono arrecare, perfino
consigli sui modi per nasconderli, e naturalmente, anche come
distruggerli ».
Regulus iniziò a sfogliare il
volume, con particolare attenzione. Silente aveva ragione: quel libro
spiegava
ogni cosa. Si fermò al paragrafo che trattava della
distruzione degli Horcrux e
lo lesse in silenzio, mentre Rachel, sporgendosi, faceva altrettanto.
« Qui dice che un mago oscuro può
rimettere insieme tutti i pezzi della propria anima col rimorso
» disse la
ragazza.
« Esattamente » confermò il
Preside. « Chiunque l’abbia provato può
capire come il rimorso possa essere
talmente doloroso da distruggere una persona ».
Regulus sapeva bene di cosa
stessero parlando. Ancora adesso aveva l’impressione che gli
sguardi accusatori
degli altri due fossero puntati su di lui – anche se non era
vero – così parlò.
« Direi che possiamo escludere
questo metodo. Il Signore Oscuro non proverebbe mai rimorso per quello
che sta
facendo ».
« Sono d’accordo. Quanto agli
altri metodi per distruggere un Horcrux, non ce ne sono molti
».
Regulus tornò a leggere, e man
mano che andava avanti il suo entusiasmo si affievoliva sempre di
più.
« Veleno di Basilisco… Ardemonio…
veleno di Manticora… Fluido Esplosivo
dell’Erumpent… »
« Insomma, cose che si trovano in
qualsiasi negozio di Diagon Alley » commentò
Rachel, sarcastica.
« In effetti non sono facili da
trovare » confermò Silente. « Io stesso
ho provato a trovare del veleno di
Basilisco, nella remota speranza che Mundungus Fletcher, con le sue
conoscenze
nel mercato illegale, fosse in grado di fornirmelo, anche se non ci ho
mai
contato molto ».
« Fletcher? Quella specie di
ricettatore? » chiese Regulus, aggrottando la fronte con
disgusto.
« Fa parte dell’Ordine. Può
essere utile per qualche soffiata » gli spiegò
Rachel.
« E di solito lo è, ma non questa
volta. Si è presentato con una boccetta di quella che poi si
è rivelato
semplice siero di Doxy, spacciandomelo per veleno di un Basilisco. A
quanto ho
capito, un suo conoscente greco sosteneva che fosse niente meno che il
veleno
del primo Basilisco mai esistito, quello creato da Herpo lo
Schifido…
Naturalmente non è così, ma basta per farvi
capire come sia complicato trovare
quelle sostanze. Quanto all’Ardemonio, a meno che uno di noi
non sappia usarlo…
»
« Io conosco la formula per
evocarlo » disse Regulus, teso. « Ma non
l’ho mai messa in pratica, e
soprattutto non ho mai provato il controincantesimo. Sarebbe troppo
pericoloso
».
« Sono d’accordo. Quindi cercherò
altre sostanze in grado di distruggere un Horcrux e vi farò
sapere ».
Silente chiuse Segreti dell’Arte
più Oscura e lo ripose
dentro il borsellino di prima.
« Quanto a voi, ho due incarichi
da affidarvi ».
Loro tornarono sull’attenti,
curiosi.
« Rachel, tu che lavori al
Ministero, dovresti farmi il favore di frugare negli archivi
dell’Ufficio
Applicazione della Legge sulla Magia, per scoprire se qualche
dipendente ha mai
avuto a che fare con una certa famiglia Gaunt. Mi serve scoprire chi ha
avuto
contatti con essi, se qualche Gaunt è ancora in vita e dove
posso trovarlo ».
« Non c’è problema »
acconsentì
lei.
« Perfetto. Quanto a te, Regulus,
potresti disegnare la piantina più dettagliata che riesci a
fare del maniero
dei Malfoy? Credo che conoscere bene il luogo in cui si trova il
secondo
Horcrux sia necessario ».
Regulus non riuscì a nascondere
la delusione, ma si limitò ad annuire. Non era molto, ma
almeno poteva rendersi
un po’ più utile del solito. L’unico
motivo che lo aiutava a resistere in
quella sua segregazione forzata era il pensiero che, se qualcuno lo
avesse
riconosciuto, Voldemort se la sarebbe presa con quel che restava della
sua
famiglia. E lui non voleva certo che questo accadesse.
Quando Silente si congedò, fu con
un tono piuttosto sorpreso che si rivolse a chi si trovava nel salotto.
« Vedo che le uscite clandestine
sono un vizio di famiglia ».
Regulus si affacciò alla stanza, ed
ebbe un tuffo al cuore. Seduto su una poltrona accanto a Perseus,
c’era
Alphard.
Regulus era stupito: non si
aspettava di ritrovarsi suo zio nel salotto. Improvvisamente
ricordò il rumore
che aveva sentito poco prima: era stato Alphard, che si era
Materializzato insieme
all’elfo Aster direttamente dentro casa Queen.
« Non c’è pericolo, Silente »
rispose l’uomo con una naturalezza quasi eccessiva.
« Pochissime persone sanno
che gli elfi possono Materializzare chiunque dove vogliono, e i
Mangiamorte non
ne hanno idea. Per questo posso andare e venire in tutta sicurezza
».
« Me lo auguro… » commentò
Silente, pensieroso.
Regulus rimase sulla soglia del
salotto, mentre Alphard si informava delle condizioni di salute di
Rachel.
Un timore improvviso lo stava tormentando dal momento in cui aveva
visto lo zio. Il fatto che si fosse Materializzato così
vicino
allo studio in cui loro stavano discutendo lo preoccupava, e a
giudicare dall’espressione tesa di Rachel, anche lei stava
pensando la stessa identica cosa.
O forse no, pensò. Isoliamo sempre la stanza, quindi non
può aver sentito nulla.
Ma Rachel, come se gli avesse letto nel pensiero, lo smentì.
« Reg, ho paura che la finestra non fosse ben chiusa
» gli
sussurrò lei, sussultando quando lui la guardò
con
un’espressione ansiosa. « Deve averla aperta Sory,
scusa... Pensi che abbia
sentito quello che dicevamo? »
Regulus osservò Alphard che stava
parlando con Perseus, apparentemente tranquillo.
« Se lo avesse fatto, non sarebbe
così calmo » rispose.
Ma lo sguardo sfuggente di Alphard non lo rendeva tranquillo.
La casa era circondata da un
recinto di siepi. Dall’aspetto del tutto normale, nessuno
avrebbe potuto
intuire che in realtà fosse l’abitazione di un
mago, e per giunta di un
Mangiamorte.
Dalle finestre chiuse non
filtrava alcuna luce, segno che il proprietario non era ancora
rientrato, anche
se tutti loro sapevano che sarebbe tornato a momenti.
Gli Auror erano nascosti
tutt’intorno alla casa, pronti ad intervenire al minimo
problema. All’interno
invece tre membri dell’Ordine della Fenice e altri due
giovani Auror erano
pronti a cogliere di sorpresa il padrone di casa, non appena avesse
messo piede
nel salotto.
Dorcas lanciò un’occhiata ai suoi
compagni, scrutandoli attraverso l’oscurità. Frank
era concentrato sulla porta
d’ingresso e non le staccava gli occhi di dosso. Williamson
bloccava il
passaggio per il corridoio, mentre Scrimgeour controllava la porta sul
retro.
Dorcas e Moody invece erano
nascosti dentro l’enorme armadio a muro
dell’ingresso, di cui avevano lasciato
l’anta socchiusa, in modo da poter tenere d’occhio
la situazione – almeno lei,
perché Malocchio non ne aveva bisogno – ed essere
pronti per attaccare.
Ignorando la puzza di chiuso e
dei cappotti ammuffiti, Dorcas notò che Malocchio sembrava
molto pensieroso.
« So cosa ti passa per la testa »
sussurrò.
Lui non si mosse, limitandosi a
rivolgere l’occhio sano verso di lei, mentre quello magico
continuava a
controllare la porta.
« Perché, non lo pensi anche tu?
»
Dorcas non rispose, incupita.
« Nessuno dei nostri è
sospettabile » disse con fermezza.
« Quindi lo sono tutti ».
concluse lui implacabile.
La donna lo guardò, un po’
irritata e un po’ confusa.
« Come può essere? Capirei se non
ti fidassi di Mundungus, ma a lui non avevamo detto nulla di Drybrook
».
« Potrebbe averlo scoperto lo
stesso. Ma non è l’unico sospetto. Tutti hanno un
motivo più che valido per
decidere di scendere a patti con la propria coscienza. Tutti quelli che
hanno
una famiglia o amici molto stretti sono ricattabili ».
« Quindi tutti » fece lei,
sconvolta. « Non puoi pensarlo. Almeno risparmia di nutrire
sospetti su Rachel
e Edgar, visto che lei è stata quasi morsa e lui ha perso
suo cugino ».
« Perché dovrei? Anche loro
potrebbero aver tradito, e i loro potrebbero essere stati incidenti che
non
avevano calcolato. So che sei affezionata a loro due, ma ricorda che
non è
consigliabile stringere nuove amicizie di questi tempi. Non ci si
può fidare
neanche degli amici di vecchia data, figurarsi dei nuovi ».
Dorcas si morse la lingua,
infuriata con se stessa. Non voleva credere alle parole di Malocchio,
ma dentro
di sé non poteva fare a meno di dargli ragione. Erano tempi
bui, in cui dare
fiducia a qualcuno era pericoloso.
Inoltre anche lei nutriva qualche
sospetto.
« So che è la soluzione più
ovvia, ma io credo che Remus sia quello più sospetto. In
fondo è lui che ci
passa informazioni dal branco, ma non ci ha avvertiti del cambio di
programma.
E in fondo nella sua vita deve aver subito così tante
umiliazioni a causa della
licantropia che forse le idee di Greyback potrebbero averlo confuso e
attirato
» disse, anche se si sentiva in colpa nei confronti di quel
ragazzo
apparentemente sempre gentile.
« Vero, l’ho pensato anche io, ma
non escluderei nessun altro » commentò Malocchio.
« Quindi non ti fidi neanche di
me? » domandò lei.
Lui tacque per alcuni istanti, ma
infine ringhiò.
« Non mi fido di nessuno ».
Dorcas incassò il colpo. Doveva
immaginarselo, conoscendo l’indole di Moody, anche se
lasciarsi dare della spia
senza reagire la irritava.
« Allora perché hai portato qui
me e Frank? »
« Perché se siete solo due posso
tenervi d’occhio facilmente ».
Dorcas non ebbe il tempo per
protestare, perché in quel momento tutti loro udirono un
movimento dietro la
porta d’ingresso che, un attimo dopo, si aprì.
Il mago entrò a passi
strascicati, chiudendosi poi la porta alle spalle e sbadigliando
rumorosamente.
Non era ancora il momento di
attaccare, così se ne rimasero tutti immobili e in silenzio,
col fiato sospeso.
Fu quando il Mangiamorte accese
la lampada a gas sul tavolo che Malocchio aprì
l’armadio con un calcio e ne
uscì, puntando la bacchetta contro di lui e gridando:
« Non ti muovere, Wilkes! Ti
dichiaro in arresto ».
Il Mangiamorte reagì rapidamente,
ma ebbe solo il tempo di estrarre la bacchetta dal mantello.
« Se fossi in te non lo farei »
disse Dorcas, raggiungendo Moody insieme a Frank, Scrimgeour e
Williamson,
tenendo Wilkes sotto tiro.
Quest’ultimo si guardava intorno
nervosamente, accorgendosi degli Auror che, all’esterno della
casa, gli
bloccavano tutte le vie d’uscita, comprese le finestre. Era
braccato, e per
questo dovette cambiare strategia.
« E con quale accusa? » domandò
in tono arrogante.
« Sei in arresto per omicidio
plurimo con l’aggravante di essere un Mangiamorte. Per tua
sfortuna non ti sei
accorto che la famiglia di Babbani che hai trucidato l’altro
ieri era composta
da cinque persone, e non quattro come credevi. Sei stato visto
dall’unico
sopravvissuto, che ti ha incastrato. Adesso abbassati lentamente e
senza movimenti
bruschi. Posa la bacchetta per terra e metti le mani in alto
» gli intimò
Moody.
Wilkes si grattò il mento,
apparentemente tranquillo, ma il suo sguardo era concentrato e vagava
da tutte
le parti, alla ricerca di una scappatoia.
Dorcas lo guardava con
raccapriccio. Lei e Wilkes avevano frequentato Hogwarts nello stesso
periodo, e
mai si sarebbe aspettata di riconoscere in lui il Mangiamorte che aveva
fatto
quella strage, quando aveva guardato i ricordi del ragazzino che era
riuscito a
sopravvivere per miracolo.
« E dovrei consegnarmi a voi
senza protestare? » chiese l’uomo, sarcastico.
« Ti conviene » intervenne
Scrimgeour. « Siamo dieci contro uno e se sceglierai di
combattere aggraverai
ulteriormente la tua situazione. Se invece sceglierai di sottometterti
all’autorità del Ministero della Magia, potrai
avere delle attenuanti ».
Wilkes esplose in una risata
nervosa.
« Quali attenuanti? Volete dire
che la mia cella di Azkaban sarà abitata da topi piuttosto
che da serpenti? Ora
sì che sono sollevato! » Poi smise di ridere e il
suo volto assunse
un’espressione di profondo disgusto. « Io sono
fedele al Signore Oscuro. Non
sono un servo del potere come voi e non riconosco la vostra
autorità! »
E per dimostrarlo, sputò ai loro
piedi.
Un attimo dopo, tutto l’ingresso
fu invaso da una nebbia densa e fitta, capace di confondere gli Auror.
« Sta scappando! Il corridoio! »
tuonò Williamson.
Cercando di muoversi a tentoni,
Dorcas e gli altri tentarono di uscire da quella nube e di seguire il
Mangiamorte. Lei era molto agile e veloce, e fu la prima a sfuggire dal
fumo e
raggiungere il fuggitivo.
« Impedimenta!
» gridò, ma lui riuscì a schivare
l’incantesimo,
girando l’angolo e iniziando a salire la scale per arrivare
al piano di sopra.
Tutti loro cercarono di colpirlo,
ma lui si era rifugiato dietro la balaustra, dalla quale continuava a
scagliare
maledizioni letali contro chiunque si fosse avventurato sulle scale.
« Meadowes e Paciock! Voi venite
con me! » ringhiò Malocchio. « Voi altri
copriteci! »
Scrimgeour, Williamson e gli
altri cinque Auror iniziarono a scagliare incantesimi contro Wilkes,
mentre
Malocchio, Dorcas e Frank uscivano allo scoperto, salendo le scale e
raggiungendo il Mangiamorte al piano di sopra.
« Arrenditi Wilkes! » gridò
Moody.
« Mai! » rispose quello, muovendo
la bacchetta per mimare un colpo di frusta.
Frank fu colpito in pieno, e si
accasciò a terra con un gemito strozzato, perdendo i sensi
subito dopo.
Malocchio iniziò a duellare
contro Wilkes, ed erano così veloci e accaniti che Dorcas
non riusciva nemmeno ad
intervenire. Dei passi scalpitanti dietro di lei le annunciarono
l’arrivo degli
altri Auror. Wilkes indietreggiava sempre di più, il volto
contorto e deformato
dalla rabbia. Improvvisamente alzò la bacchetta in alto, in
apparenza senza
motivo.
Il gesto fu seguito dal rumore di
un’esplosione. Il soffitto iniziò a crollare, e
gli Auror furono costretti a
coprirsi la testa con le braccia per proteggersi. Dorcas al tempo
stesso riuscì
a evitare che i calcinacci cadessero su Frank. Qualcuno
gridò: Scrimgeour era
stato colpito, e stava perdendo sangue dalla nuca.
« Maledetto Wilkes! » sbottò
Moody, zoppicando mentre il Mangiamorte ricominciava a scappare.
Dorcas si arrampicò sui resti del
soffitto crollato, più che mai decisa a fermare
quell’uomo.
Wilkes si accorse di lei e le
scagliò la stessa maledizione che aveva usato contro Frank,
ma Dorcas ruotò la
bacchetta a formare un cerchio perfetto, e riuscì a
rimandarla indietro. il
Mangiamorte evitò la sua stessa maledizione per un pelo, ma
cadde per terra.
« Impedimenta!
» gridò lei. E lo colpì.
Wilkes si ritrovò immobilizzato e
la guardò con profondo odio, imprecando sonoramente. Lei lo
ignorò, restando
fredda e impassibile.
Moody li aveva raggiunti, ma era
da solo. Gli altri Auror stavano aiutando Frank e Scrimgeour.
« Brava Dorcas » commentò,
chinandosi poi su Wilkes e tirandogli i capelli. Quello si
lamentò per il
dolore. « Ascoltami bene, Wilkes. Quello che ti attende
adesso è un lungo
soggiorno ad Azkaban, così lungo che dubito ne uscirai vivo.
Il processo sarà
solo una formalità, perché abbiamo già
un testimone e prove evidenti della tua
colpevolezza, senza contare il tuo geniale tentativo di reagire
all’arresto di
oggi. Tra l’altro sai bene quanto Crouch abbia a cuore quelli
come te… »
Per la prima volta, Wilkes
rabbrividì.
« Ma io posso proporti un
compromesso. La tua reclusione ad Azkaban sarà meno
dura nel caso in cui
mi rivelassi chi è il vostro informatore
all’interno dell’Ordine della Fenice
».
Dorcas osservò Wilkes, attenta.
Lui per un attimo sembrò allettato da quella proposta, e
questo le diede la
speranza di poter smascherare il traditore. Il Mangiamorte taceva, e
rimase in
silenzio per un paio di minuti, valutando le sue alternative.
« Allora? Qual è la tua risposta?
» domandò Dorcas, impaziente.
« La mia risposta è… questa
» sbottò Wilkes, all’improvviso.
Ci fu uno scoppio, e Moody fu sbalzato indietro: l’effetto
dell’Impedimenta si
era esaurito.
Dorcas non riuscì a fermarlo
perché Wilkes la disarmò. Un brivido di terrore
la percorse da capo a piedi
mentre il Mangiamorte liberava una risata di trionfo.
« Credevate davvero che potessi
tradire il Signore Oscuro? Vi siete sbagliati di grosso. Quanto
all’identità
dell’informatore, è talmente insospettabile che
non sarete mai in grado di
indovinarla! E ora, addio… »
Dorcas scoprì di essere
paralizzata dal terrore quando Wilkes le puntò la bacchetta
dritta contro il
cuore. Era certa che la sua ora fosse ormai giunta e non riusciva
più a trovare
la forza di reagire.
« Avada Kedavra!
»
La casa fu illuminata da una
potente luce verde. Dorcas percepì uno sprigionarsi di
energia che le fece
rizzare i capelli, ma quando il silenzio ripiombò intorno a
lei, si rese conto
di essere ancora in piedi e di non essere stata lei a provocare il
tonfo che
aveva rimbombato per qualche secondo.
Aprì lentamente gli occhi, e la
prima cosa che vide fu Williamson che abbassava lentamente la
bacchetta,
fissando il corpo riverso e privo di vita del Mangiamorte.
« Grazie » sussurrò lei,
sollevata.
Malocchio guardò l’Auror con
un’espressione contrariata.
« Avresti dovuto Schiantarlo e
basta » bofonchiò.
« Mi scusi, ma ho agito d’istinto
» rispose Williamson.
« Crouch comunque ha dato
l’espresso ordine di uccidere quando un Mangiamorte sta per
fare altrettanto »
obiettò Scrimgeour, tenendosi uno straccio insanguinato
sulla nuca ferita.
« Crouch può dire quello che
vuole, ma quando siete sotto il mio comando dovete rispettare le mie
regole.
Altrimenti nessuno vi obbliga a seguirmi » replicò
Moody. Nessuno protestò.
Dorcas lo guardò con ansia, e
notò che anche lui era preoccupato.
Wilkes era morto, e con lui
l’unica possibilità di cui erano a conoscenza di
svelare l’identità del
traditore.
*Angolo
autrice*
Buona Pasqua a tutti!!
Mangiate tante uova anche da parte mia... ç__ç
La fortuna sfacciata di Peter è irritante, lo so, ma del
resto
non potevano scoprirlo subito! Alphard avrà davvero sentito
qualcosa? Chissà! xD
- Se non vi ricordate quando Regulus capisce che il diario si trova a
villa Malfoy, lo racconto nel capitolo 49 di Eroi.
- Hermione, nei Doni della Morte, dice questo: "Il
nostro problema è che ci sono pochissime sostanze micidiali
quanto il veleno di Basilisco e sono tutte pericolose da portare in
giro." Sappiamo che un altro modo per distruggere gli
Horcrux
è l'Ardemonio, ma la Rowling non ha detto nulla sugli altri,
quindi per il Veleno di Manticora e il Fluido Esplosivo
dell’Erumpent ho
inventato, cercando conferme su "Gli animali fantastici: dove
trovarli".
Il veleno di Manticora provoca una morte istantanea (ma non lo userei mai da
solo: come unica arma contro l'Horcrux dubito che sia sufficiente)
mentre sul Fluido dell'Erumpent dice: "Il
corno dell'Erumpent può perforare qualunque materiale, dalla
pelle ai metalli, e contiene un fluido mortale che provoca l'esplosione
di qualunque cosa da esso venga trafitta". Quindi questo
potrebbe funzionare. Approfondirò meglio la questione nei
prossimi capitoli.
- Herpo lo Schifido è conosciuto come il primo creatore del
Basilisco, ed è vissuto nell'antica Grecia. Ecco
perché
Mundungus si è rivolto ad un mercante greco, una delle sue
tante
conoscenze nel mercato di contrabbando!
- Wilkes è uno dei Serpeverde che facevano parte del gruppo
dei
Lestrange a Hogwarts (nel quarto libro la Rowling fa confusione e ci
inserisce anche Piton, ma è impossibile, visto che quando
lui ha
iniziato scuola, Bellatrix e soci la avevano già finita da
qualche anno. Gli amici di Severus qui sono Avery e Mulciber).
Annuncio
importante,
con un po' di anticipo. ^^ Chi mi segue da tempo già lo sa:
io
d'estate non riesco a scrivere regolarmente, perché sto poco
a
casa e inoltre il caldo mi risucchia l'ispirazione. Solo che le volte
precedenti ero
riuscita a finire le ff prima dell'inizio dell'estate. Stavolta mi
toccherà interrompere la storia tra fine maggio e inizio
giugno,
e se da una parte
lo trovo necessario, dall'altra non ne sono molto convinta e mi
dispiace.
Di sicuro una pausa più lunga mi servirà,
perché
devo avere il tempo di incastrare i futuri avvenimenti, però
(se
ci riesco) potrei pubblicare un capitolo al mese... forse!
Comunque, il prossimo capitolo sarà pubblicato regolarmente
il 7
maggio! ^^'
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Capitolo 24 *** Fiducia ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 24
Fiducia
L’archivio dell’Ufficio
Applicazione della Legge sulla Magia era enorme, quasi più
grande della
biblioteca di Hogwarts. Decine di scaffali stipati e traboccanti di
cartelle e
documenti si stendevano in una successione che sembrava non avere quasi
fine.
Non appena entrò, Rachel si rese
conto che la sua ricerca sarebbe andata per le lunghe, molto
più di quanto si
fosse aspettata.
« Sono in ordine alfabetico,
vero? » domandò al custode, un uomo
dall’aria annoiata che se ne stava seduto
con i piedi sulla scrivania sbilenca.
« Eh? Ehm… sì sì »
rispose quello
con poco interesse, per poi tornare a fare i cruciverba della Gazzetta del Profeta.
Rachel sospirò, con la netta
sensazione che in quell’archivio ci fossero parecchi schedari
fuori posto. Ora
capiva come mai il direttore del suo Dipartimento, Cornelius Caramell,
le aveva
augurato buona fortuna quando lei gli aveva chiesto il permesso scritto
per potervi
accedere. Fortunatamente Caramell non aveva fatto domande, e il custode
era
stato altrettanto disinteressato.
Rachel decise di non pensare alla
discutibile efficienza del Ministero della Magia e si costrinse ad
iniziare a
cercare.
Non fu molto facile trovare lo
scaffale della lettera G. I cartelli su cui erano segnate le lettere si
divertivano a cambiare,
così ogni tanto volavano via e si posavano su scaffali
completamente diversi.
Quanto agli schedari, molti si trovavano in posizioni sbagliate, come
la
ragazza aveva intuito fin dall’inizio.
Dopo mezzora di ricerche
infruttuose, Rachel si assestò una botta sulla fronte. Prima
non ci aveva
pensato perché era quasi sicura che l’archivio
fosse dotato di misure di
sicurezza anti-incantesimi ma, considerando chi lo gestiva, era
possibile che
fosse stato proprio abbandonato al proprio destino.
« Accio schedario Gaunt
» sussurrò, tenendo la bacchetta puntata
verso il soffitto.
Un plico polveroso si sollevò da
terra, dove era rimasto a giacere e lasciarsi calpestare da
chissà quanto
tempo, e ondeggiando leggermente volò in direzione di
Rachel, che lo afferrò al
volo.
Ringraziò la negligenza del
custode, si avvicinò trepidante ad un tavolo ingombro di
scartoffie e, senza
preoccuparsi troppo, fece spazio buttando per terra tutto quanto.
Tanto peggio di così non potrebbe
essere, pensò, mentre posava il
plico sul tavolo e lo apriva.
Vi trovò un rapporto firmato da
un certo Bob Ogden dell’Ufficio Applicazione della Legge
sulla Magia, e due o
tre schede riguardanti la famiglia Gaunt.
Il rapporto di Ogden riferiva di
una visita che lo stesso mago aveva fatto a casa Gaunt, in un paesino
chiamato
Little Hangleton, per indagare riguardo un’aggressione ai
danni di alcuni Babbani.
In occasione di questa visita
Ogden era stato aggredito dai padroni di casa, riportando una frattura
del
setto nasale, ed era stato costretto a tornare con i rinforzi, ed
entrambi i Gaunt
erano stati scortati ad Azkaban.
Dal rapporto risultava che la
famiglia Gaunt fosse composta da tre persone: Orvoloson e due figli,
Orfin e
Merope.
Le schede riguardavano soltanto i
due uomini della famiglia. Rachel le lesse attentamente, saltando i
dati
anagrafici.
Orvoloson Gaunt
Arrestato con l’accusa di aver
causato ferite a diversi dipendenti del
Ministero della Magia, tra cui l’allora Capo della Squadra
Speciale Magica, Bob
Ogden, e per aver opposto resistenza agli Auror che hanno
l’ordine di
arrestarlo.
Sconta sei mesi di reclusione ad Azkaban.
Deceduto poco dopo il suo rilascio.
Orfin Gaunt
Arrestato insieme al padre Orvoloson con
l’accusa di aggressione ai
danni di diversi Babbani, del Capo della Squadra Speciale Magica, Bon
Ogden, e
di cinque Auror.
Sconta tre anni di reclusione ad Azkaban, dopo
i quali viene
rilasciato.
Reo confesso dell’omicidio della
famiglia Babbana Riddle, riceve una
condanna a vita.
Attualmente si trova ad Azkaban.
Più in basso vi erano alcune
annotazioni scritte da un Auror anni prima, e alcune di esse indussero
Rachel a
sgranare gli occhi.
A quanto pareva, tra i Babbani
uccisi da Orfin vi era un certo Tom Riddle. Non poteva essere una
coincidenza
che quel Babbano fosse omonimo di Voldemort in persona. Ma qualcosa le
sfuggiva. Rachel non capiva proprio che connessione potesse esservi tra
i due.
Ma fu un’altra informazione che
la colpì ancora di più: i Gaunt avevano
più volte affermato con orgoglio di
essere gli unici discendenti diretti di… Salazar Serpeverde.
Ora capiva perché Silente le
avesse chiesto di cercare informazioni proprio sui Gaunt: erano parenti
di
Voldemort, e probabilmente la figlia, Merope, doveva aver sposato
proprio il
Babbano, Tom Riddle.
Tutto tornava. Voldemort quindi
era figlio di una Gaunt e di un Riddle… un Babbano.
Le ci vollero alcuni minuti prima
di digerire quella rivelazione, e per un attimo non poté
fare a meno di
chiedersi come avrebbe reagito Regulus nel sapere che il Signore Oscuro
aveva
origini Babbane. Anzi, forse era meglio non saperlo, concluse.
Fu il custode a farla tornare in
sé, quando si mise a russare sonoramente.
« Geminio »
sussurrò, duplicando le schede e il rapporto firmato da
Ogden. In realtà, col caos che regnava in
quell’archivio, avrebbe potuto rubare
direttamente il plico senza che nessuno se ne accorgesse mai, ma non
era il
caso di rischiare.
Ripose lo schedario da dove lo
aveva preso e piegò le copie in modo tale da poterle
nascondere sotto il
vestito, in una zona in cui nessuno avrebbe mai potuto perquisirla
senza poi
finire al San Mungo.
Cercò anche di ricoprire lo
schedario di polvere e, anche se il risultato non fu proprio perfetto,
poteva
sembrare che nessuno lo avesse consultato di recente.
In quel momento si sentì una
perfetta spia. Sarebbe stato quasi divertente se non avesse avuto il
terrore di
essere scoperta.
Quando uscì dall’archivio, trovò
il custode che dormiva, sempre con i piedi appoggiati sul tavolo, e la
sedia che
oscillava pericolosamente.
« Arrivederci » disse a voce
abbastanza alta da farlo svegliare di soprassalto. Il mago perse
l’equilibrio e
cadde all’indietro con un gran fracasso.
« Ehm… arrivederci » ansimò
lui,
cercando di tornare in piedi.
Rachel uscì nel corridoio del
Secondo Livello. Fuori era già buio e il Ministero si era
quasi svuotato. Prese
l’ascensore per tornare all’Atrium e andarsene ma,
una volta arrivata davanti
alla fontana dei Magici Fratelli, si sentì chiamare da
qualcuno.
« Emmeline, ciao » disse,
stupita.
La ragazza la raggiunse in pochi
passi, sorridendole.
« Allora, hai finito il tuo
turno? » le chiese.
« Sì, ho appena finito, perché?
»
« Ti stavo aspettando. Ho provato
a cercarti nel tuo ufficio ma Peasegood mi ha detto che eri in archivio
».
« Sì, stavo cercando una cartella
per un caso di magia in presenza di Babbani… sai, le solite
cose » mentì
prontamente Rachel.
« Infatti, quindi ho pensato di
aspettarti qui. Dorcas ci ha invitate a cena da lei, questa sera,
quindi se
vuoi possiamo andare insieme » propose Emmeline.
Rachel esitò. Non poteva portarsi
dietro quei documenti sui Gaunt per troppo tempo.
« Ringrazia Dorcas da parte mia,
ma devo tornare a casa ».
Emmeline probabilmente si
aspettava quella risposta, a giudicare dall’espressione un
po’ esasperata e un
po’ malinconica.
« Rachel, è sabato sera ».
« E allora? »
Emmeline alzò gli occhi al cielo.
« Da quant’è che non esci? »
« Veramente esco tutti i giorni »
replicò Rachel.
« Ok, riformulo la domanda.
Intendevo, da quant’è che non esci, oltre che per
lavoro o per l’Ordine della
Fenice? »
Rachel provò a rispondere, ma si
rese conto di non avere nulla da dire, così rimase a bocca
aperta.
« Visto? » fece Emmeline. Poi
sospirò. « Senti, capisco come puoi sentirti, ma
non ce la faccio a vederti in
questo stato. So che Regulus per te era tutto, ma così
finirai solo per
impazzire, e non penso che lui avrebbe voluto questo ».
Rachel sentì di nuovo quel
disagio che provava ogni volta in cui era costretta ad affrontare
quell’argomento con chiunque non sapesse che Regulus era
ancora vivo. In quei
momenti voleva sparire e basta, tanto si vergognava.
« Insomma, non va bene che ti
affatichi così tanto! Sei uscita dal San Mungo solo ieri
mattina, e già sei
tornata a lavorare. È ammirevole, e so che ti aiuta a non
pensare, ma temo che
tu non voglia proprio vedere nessuno, e questo non va bene,
perché questo tuo
isolamento dura da troppo tempo. Dai, vieni con me. Sono sicura che
anche i
tuoi ti dicono la stessa cosa ».
Rachel non poté fare a meno di
annuire, anche perché non sapeva come risponderle.
« E quanti saremmo? »
Emmeline esitò.
« Ehm… io, te e Dorcas » ammise,
frustrata.
« Wow, sarà una vera svolta per
la mia vita sociale » commentò Rachel, sarcastica.
« Ok, ammetto che questa non è
esattamente un’uscita spensierata. In realtà
Dorcas ha detto di volerci parlare
di una cosa importante, solo che non posso parlartene qui…
» aggiunse
sottovoce. « Il mio discorso di prima però vale lo
stesso… Comunque verrai? »
Emmeline la guardò con
un’espressione speranzosa, e Rachel sospirò.
« D’accordo, vengo. Fammi almeno
avvertire i miei, prima ».
L’amica le rivolse un gran
sorriso.
« Perfetto! Andiamo ».
Regulus non aveva mai avuto
occasione di vedere la neve su una spiaggia. A Hogwarts spesso la
superficie del
lago nero si era trasformata in una lastra di ghiaccio, e la neve la
aveva
circondata, ma vedere le onde del mare infrangersi contro la distesa
bianca che
ricopriva la sabbia era uno spettacolo del tutto inedito per lui.
Cercava di distrarsi da ciò che
lo preoccupava, osservando le proprie scarpe che affondavano nello
strato soffice
di neve, raggiungendo quello sottostante, più solido, mentre
Alphard camminava
accanto a lui, in silenzio.
Diane si era raccomandata che non
si allontanassero troppo e che facessero attenzione a restare dentro la
zona
degli incantesimi di protezione. Regulus aveva annuito subito, ma al
momento
era ben altro a preoccuparlo. Il fatto che Alphard gli avesse chiesto
di
scostarsi più del solito da casa Queen gli faceva sospettare
qualcosa.
« Sono felice che Rachel stia
meglio » esordì lo zio, apparentemente ignaro.
« Già… »
« Sirius mi ha detto che hai implorato
il suo aiuto per poterla andare a trovare ».
« Mai che si tenga una cosa per
sé » bofonchiò Regulus, seccato.
« E comunque io non ho implorato proprio
nessuno, sia chiaro ».
Alphard sorrise, divertito.
« Devo farti i complimenti. Sei
riuscito a gestire la situazione molto meglio di come avrei fatto io.
Si vede
che tieni davvero a lei ».
Regulus distolse lo sguardo, a
disagio. Nonostante tutto, si imbarazzava ancora a parlare di quello
che
provava per Rachel. Non erano discorsi che era abituato a fare, anche
se
Alphard era già meglio rispetto a chiunque altro.
« Perdona la mia invadenza, ma è
da un po’ che ho questo sospetto. Hai intenzione di sposarla,
vero? »
La domanda dello zio lo prese
alla sprovvista.
« Perché me lo chiedi? »
« Oh, è solo una semplice
curiosità. Nessuno mi ha costretto ad informarmi e a
riferirgli subito la tua
risposta, naturalmente… »
Regulus capì al volo.
« Puoi dire a Perseus di stare
tranquillo: al momento non c’è pericolo. Abbiamo
altro a cui pensare » disse in
tono pratico.
« Ok. In realtà te l’ho chiesto anche
perché,
con la guerra in corso, tanti ragazzi decidono di sposarsi molto presto
».
« Lo so. In realtà ci ho pensato un paio di volte
»
ammise Regulus, avvampando, « ma non è il momento.
Prima
di tutto non voglio metterle fretta: noi Black siamo abituati a queste
cose, lei no. E poi può sembrarti strano ma anche io preferisco
aspettare. Ufficialmente sono morto, e non ho di certo intenzione di
sposarmi di
nascosto come farebbe un rinnegato. Dico bene? »
« Ehm, certo… »
Alphard cercò di trattenersi, ma era chiaro che avrebbe
volentieri alzato gli occhi al cielo, con una smorfia divertita.
« Cos’era quell’espressione? »
« Stavo notando che per certe cose non cambi mai ».
« Certo che no. Rachel non merita un matrimonio clandestino.
Lei
è più che degna di diventare una Black e di
essere
considerata e riconosciuta come tale ».
« Regulus, la tua è una fissazione. Tu credi
davvero che a
lei importino tutte quelle formalità? Forse interessano
più a te ».
Regulus tacque. Alphard non aveva
tutti i torti.
In realtà le sue erano tutte
scuse: quello che temeva di non comportarsi come un vero Black era
proprio lui.
Naturalmente, era convinto che quello che stava facendo ora fosse
davvero la
cosa giusta, e su questo non aveva dubbi; certe volte però,
non poteva fare a
meno di chiedersi cosa avrebbe pensato il resto della sua famiglia.
Talvolta si
ritrovava a domandarsi se suo padre, ovunque si trovasse, fosse in
grado di
vedere cosa stava combinando, e se si sentisse fiero o deluso per il
suo
cambiamento.
Evitava sempre di rivelare a
chiunque altro quei pensieri, per non sembrare ridicolo. Non lo aveva
fatto
capire neanche a Rachel: c’erano problemi molto
più seri di cui occuparsi, tra
gli Horcrux, la spia nell’Ordine della Fenice e la guerra. Ma
per lui essere un
Black continuava a costituire una privilegio importante; era
ciò che lo aveva
sempre contraddistinto e guidato, e non voleva rinunciarvi.
« Comunque, la decisione sta a
te. La cosa positiva è che posso rassicurare Perseus: quando
ti deciderai, lui
sarà il primo a saperlo, perché sei
così tradizionalista che andrai prima a
chiedergli la mano di sua figlia ».
« Lo dici come se fosse una cosa
strana ».
« Lasciamo perdere... Vorrei proprio assistere alla scena
» scherzò Alphard.
« Pensi che mi ucciderà? »
domandò Regulus, improvvisamente preoccupato.
« No, non penso proprio. Anzi,
ultimamente ti tratta meglio. Non hai notato che ti ha salutato quando
siamo
usciti poco fa? »
Regulus se ne stupì. Non ci aveva
fatto caso, ma era proprio così. Di solito Perseus cercava
di rivolgergli la
parola solo se era strettamente necessario, e invece negli ultimi
giorni era
diventato un po’ più cordiale… anche se
il cambiamento era minimo e quasi
impercettibile.
« Hai ragione… » commentò,
iniziando a decelerare il passo. « Zio, forse ci siamo
allontanati troppo » gli
fece notare, stringendosi nel mantello.
« Già, qui dovrebbe andare »
disse lui, guardandosi intorno.
« Che cosa? »
Alphard si fece mortalmente
serio, e Regulus si ritrovò a temere di nuovo di veder
confermati i propri
sospetti.
« Per l’ennesima volta, mi dici
che cosa state complottando tu e Rachel con Silente? Se si tratta di
Tu-Sai-Chi, posso darvi una mano ».
Regulus distolse lo sguardo,
sospirando.
« L’ho già ripetuto sia a te che
a Sirius. È meglio se ne restate fuori, davvero »
rispose, inflessibile.
« Non ti fidi? »
« Non è questo, lo sai. Non
voglio metterti in pericolo più di quanto non lo sia
già. A proposito… l’altra
volta, quando ti sei Materializzato nel giardino, non hai origliato per
caso,
vero? »
« Origliare non è nel mio stile
».
« Non hai sentito niente, allora?
»
Alphard lo guardò dritto negli
occhi, esitando. Regulus tremò impercettibilmente. Non era
molto sicuro di
voler conoscere la risposta.
« No, non ho sentito » disse, e
il nipote trasse un respiro di sollievo. « Ma ho sempre
intenzione di aiutarti.
In fondo, ti sono già stato utile, una volta ».
A Regulus dispiaceva essere così
intransigente. Sapeva che Alphard avesse la necessità di
sentirsi utile, ma
preferiva lasciarlo il più possibile fuori dai guai.
« Forse in futuro potrei
chiederti di darmi una mano » gli concesse. « Ma
per ora non se ne parla ».
« D’accordo » rispose l’uomo,
non
riuscendo a nascondere la propria frustrazione ma cercando lo stesso di
mascherarla con un sorriso. « Ammetto che sei molto
più responsabile di me.
Però dimmi almeno questo: è su Tu-Sai-Chi che
state indagando, vero? Non ti
chiederò nient’altro, promesso ».
Regulus esitò, ma poi si disse
che quella dovesse essere una cosa piuttosto scontata.
« Sì, ovvio » rispose.
Alphard annuì, con l’aria di
pensare a qualcosa che Regulus non riusciva ad intuire.
« D’accordo… Forse è meglio
tornare, adesso » cambiò subito discorso.
Il nipote si incamminò dietro di
lui, senza poter fare a meno di domandarsi se avesse fatto bene a
concedergli
quell’unica risposta.
Dorcas abitava ad Upper Flagely,
uno dei più importanti villaggi semimagici, in un
appartamento che al’esterno
sembrava molto piccolo, praticamente un monolocale. Tuttavia, quando
Rachel ed
Emmeline entrarono, si resero subito conto che la padrona di casa
doveva aver
applicato molti incantesimi, perché le ben sei stanze erano
enormi, degne di
una villa più che di un appartamento.
« Caspita, Dorcas, si sta belli
larghi, qua dentro » commentò Rachel, mentre la
strega faceva gli onori di
casa.
« Già, è stato il
mio bisnonno ad allargarla così,
perché aveva
pochi soldi e molti figli. Però per me è troppo
grande. Visto che sono solo io
ad abitarci, e non ho neanche un elfo domestico, pulire tutte le stanze
ogni
settimana è una vera tragedia » rispose Dorcas,
appendendo i loro mantelli
all’attaccapanni. « E la sera è triste
stare qui dentro. Ecco perché se devo
fare una ronda, la faccio sempre di notte ».
« Non ti invidio per niente »
disse Emmeline.
Dorcas si rivolse a Rachel.
« Come stai? »
« Bene » disse lei, notando gli
sguardi preoccupati che le altre due le rivolgevano, soffermandosi
soprattutto
sulla cicatrice che le arrivava nell’incavo tra il collo e la
spalla. Era
l’unica che si vedeva anche da davanti, e lei si
sistemò il fazzoletto che
indossava proprio per coprirlo. « Sto bene, davvero. Non
pensavo di cavarmela
così » aggiunse con malcelata indifferenza.
« Se solo mi capita tra le mani
quella maledetta spia… » iniziò
Emmeline, facendosi improvvisamente serissima.
« È proprio di questo che voglio
parlarvi » disse Dorcas, accompagnandole nel salotto, dove
trovarono un tavolo
tondo apparecchiato per tre. Le fece sedere, servì la prima
portata e si
sedette a sua volta.
« Bene, siamo tutte » disse
Dorcas in tono pratico. « All’inizio avevo invitato
di invitare altre persone,
ma Gideon e Fabian avevano da fare, e su alcuni ero indecisa...
Comunque è
meglio così, visto che voglio parlarvi di una questione
molto delicata, e voi due
siete tra le persone di cui mi fido di più in assoluto
».
« Grazie » disse Emmeline.
Rachel si stupì di quella
manifestazione di fiducia nei suoi confronti. Sapeva che Emmeline e
Dorcas
fossero amiche da tempo, anche perché le loro famiglie si
frequentavano già da
anni, ma lei la conosceva da pochissimo, a parte che per le faticose
giornate
in cui le aveva cercato di insegnare l’Incanto Patronus.
Dorcas le era piaciuta
fin dall’inizio, ma non pensava che lei sarebbe stata
così pronta a fidarsi di
lei.
Dorcas intanto aveva iniziato a
parlare.
« L’altra notte, io, Malocchio e
Frank abbiamo cercato di catturare Wilkes che, come penso sappiate,
è stato
ucciso da un Auror. Tuttavia, prima di morire, ha detto una cosa che mi
ha
colpita molto. Ha detto che la spia tra di noi è una persona
davvero
insospettabile ».
Loro la guardarono con ansia,
improvvisamente dimentiche del cibo di fronte a loro.
« Malocchio ha anche detto che,
da parte sua, lui sospetta di tutti, nessuno escluso. Bè,
sapete com’è fatto…
Ma voi vi siete già fatte un’idea? »
domandò Dorcas, mentre versava da bere a
tutte.
« Intendi sapere se abbiamo già
qualche sospetto? » le chiese Emmeline.
Lei annuì.
Tutte e tre improvvisamente si
ritrovarono a fissare i loro piatti con gli sguardi cupi.
Nella stanza calò un improvviso
silenzio teso. Ognuna di loro stava pensando a persone diverse, ma non
ne era
mai troppo convinta.
« Io un’idea la avevo… però
mi
sono ricreduta, perché è troppo ovvio, quindi non
so se è il caso di… »
accennò
Dorcas.
« Dillo pure, da qualche parte
dovremmo anche cominciare » lo incoraggiò
Emmeline.
« Bè… credo che saremo tutte
d’accordo col fatto che il più sospetto sia Remus
Lupin. Io non credo più che
sia la spia ma devo ammettere che la sua posizione è la
più compromettente ».
Si guardò intorno, cogliendo le
loro occhiate esitanti.
« In effetti è troppo facile »
intervenne Rachel. « Lo stesso Wilkes ha detto che la spia
è insospettabile,
quindi non si poteva riferire a Remus… a meno che non abbia
voluto dare una
pista falsa, è possibile… Però io non
lo credo capace di tradirci tutti. È
stato Greyback a morderlo, ed è cresciuto diversamente dagli
altri lupi
mannari. Come potrebbe decidere di collaborare con il branco?
»
« Se Remus fosse davvero la spia,
non credo che Voldemort lo farebbe esporre così tanto ai
nostri sospetti »
disse ragionevolmente Emmeline.
« Anche io la penso così, ma credo
che il metodo migliore sia quello di non escludere nessuno »
disse Dorcas.
« D’accordo, ma a questo punto chi
può essere insospettabile? » disse Rachel.
« Non è un indizio decisivo. Il più
insospettabile di tutti è Silente, ma naturalmente
è assurdo che sia lui. Non
abbiamo molte basi su cui farci un’opinione ».
« Già… Si potrebbe pensare ad
Hagrid » disse Emmeline, anche se il suo tono era
dispiaciuto.
« Hagrid? »
« Bè, lo sappiamo tutti che
quando si ubriaca – e non solo in quelle occasioni
– racconterebbe tutti i suoi
segreti. Io non credo che ci tradisca, però potrebbe
lasciarsi scappare
qualcosa con qualcuno di cui forse si fida… il risultato
sarebbe lo stesso ».
« Aspettate un attimo » le
interruppe Dorcas. « Ricominciamo da capo. I primi due che
abbiamo nominato
sono un lupo mannaro e un mezzo gigante, e non dobbiamo ragionare
così ».
Rachel ed Emmeline furono colpite
da quelle parole, e per alcuni minuti non dissero nulla. Cercavano di
trovare
qualche sospetto, ma nessuna di loro ci riusciva.
Rachel non aveva idea di chi
potesse essere la spia, anche perché tendeva a sospettare di
chi conosceva
meno e di chi le era meno simpatico.
« Così non andremo da nessuna
parte » disse all’improvviso. « A mio
parere, ognuna di noi dovrà tenere sotto
controllo tutti gli altri e cogliere anche la minima stranezza
».
« Secondo me invece non dobbiamo
aspettare che gli eventi si sviluppino » disse Dorcas.
« In che senso? »
« È da un po’ che ci penso…
Vorrei
organizzare una trappola in cui la spia possa cadere ».
« Una trappola? »
« Sì. Statemi a sentire. Daremo
ai più sospettabili un’informazione falsa,
naturalmente spacciandola per vera, e
staremo a vedere cosa succederà. Se i Mangiamorte entreranno
in azione,
significa che il traditore è uno di quelli che abbiamo
informato, così il
nostro campo di ricerca si restringerà di molto. Altrimenti,
ripeteremo la
stessa operazione con altri. Cosa ne pensate? »
« Credo che sia una buona idea »
convenne Rachel.
« Anche secondo me » confermò
Emmeline.
« Allora siamo d’accordo. Non
parlate a nessuno di questa cosa ».
Il resto della cena proseguì più
serenamente, anche se una strana atmosfera era calata su di loro, come
se
quell’accordo che avevano preso le legasse in maniera
indissolubile, facendole
sentire tutte e tre un po’ in colpa; probabilmente la
creazione di gruppi e
sospetti non era stata tra le intenzioni originarie di Silente, ma loro
non
potevano farci nulla. Non era prevista neanche la presenza di un
traditore. Ma
c’era, e tutti gli altri dovevano reagire in qualche modo.
Erano sicure che
anche gli altri membri dell’Ordine avessero creato gruppi
analoghi e stessero
reagendo.
Alla fine della cena, Dorcas si
alzò, annunciando l’intenzione di lavare i piatti.
« Non puoi aspettare domani? »
« No, altrimenti sarà più
difficile lavarli. Possibile che non sapete queste norme basilari?
»
Loro fecero spallucce.
« Forse i nostri elfi domestici
ci hanno un po’ viziate » ammise Rachel.
« Dai, allora ti aiutiamo » disse
Emmeline.
Tuttavia, in certi momenti si
rivelarono più d’impaccio che d’aiuto.
Rachel esagerò con l’incantesimo
sgrassante, rigando parecchi bicchieri. Emmeline invece non lo sapeva
proprio
usare, tanto che i piatti passati dalle sue mani dovevano comunque
essere
puliti di nuovo da Dorcas.
« Dovreste davvero esercitarvi
negli incantesimi casalinghi, principessine »
commentò Dorcas, divertita.
« Ci proverò » disse Rachel,
mentre asciugava l’ultimo piatto.
« I lavori di casa non fanno per
me » disse Emmeline, con una smorfia contrariata. «
Preferisco catturare maghi
oscuri. Dorcas, dovrei lavarmi le mani ».
« Il bagno sta in fondo al
corridoio ».
Quando Emmeline uscì, Rachel
lanciò un’occhiata a Dorcas, che stava buttando
nel cestino gli ultimi scarti
della cena.
« Posso farti una domanda? » le
chiese, senza riuscire a resistere alla curiosità che la
aveva assalita fin
dall’inizio.
L’altra si voltò a guardarla,
perplessa.
« Sì, chiedi pure ».
« Ecco, non ho potuto fare a meno
di stupirmi per quanto ti stai fidando di me, anche se ci conosciamo da
poco »
ammise Rachel.
Dorcas abbassò lo sguardo.
Improvvisamente si era incupita. Rimase in silenzio per parecchio tempo
prima
di rispondere.
« Diciamo che è qualcosa di
istintivo, fin da quando ho saputo il motivo che ti ha spinta ad
entrare
nell’Ordine della Fenice. Ti hanno mai parlato di Marlene?
»
« McKinnon? So solo che faceva
parte dell’Ordine prima che arrivassi io » rispose
Rachel, notando
l’espressione cupa che Dorcas aveva assunto.
« Esatto… »
La condusse nel corridoio,
accostandosi ad un tavolino sul quale era posata una fotografia che
ritraeva
Dorcas insieme ad una ragazza della sua stessa età. Marlene
aveva vaporosi
ricci biondi e un sorriso contagioso.
« È stata uccisa tre mesi fa da
un gruppo di Mangiamorte. Hanno fatto fuori anche tutta la sua famiglia
»
spiegò, con una voce mortalmente calma, ma fin troppo rigida
per suonare
naturale. « Era come una sorella per me ».
Rachel si sentì invadere da un
gelo immenso mentre notava lo sguardo con cui Dorcas stava fissando la
foto.
Non riusciva a sostenere quell’atmosfera che era calata
all’improvviso tra di
loro.
« Mi dispiace » disse,
maledicendo se stessa e la sua pessima idea di farle quella domanda.
« Quando ho saputo che anche tu
avevi perso una persona che amavi, non ho potuto fare a meno di capire
le tue
intenzioni. Eri decisa a vendicarti di Voldemort, proprio come lo ero
io… e lo
sono anche ora. È anche per questo che ho cercato di darti
una mano con
l’Incanto Patronus, nonostante gli scarsi risultati. Volevo
aiutarti a superare
le stesse difficoltà che avevo trovato pure io, anche se per
motivi diversi. Ma
so bene che cosa significa perdere una persona importante, e per questo
sono
convinta che tu non possa essere la spia e che non ci inganneresti mai
».
Rachel aveva ascoltato tutto il
discorso di Dorcas con orrore. Era quasi intenzionata a supplicarla di
smettere
di parlare, ma non ebbe neanche la forza di aprire bocca.
Se fino a poco prima, con
Emmeline, si era sentita solo in colpa per aver continuato a mantenere
il
segreto su Regulus, adesso, con Dorcas che le aveva confessato le
proprie
angosce, aprendosi così tanto con lei, non riusciva
più a giustificarsi: si vergognava
profondamente di essere così bugiarda.
Nello stesso momento, a molti
chilometri di distanza, quattro ragazzi stavano stappando altrettante
bottiglie
di Burrobirra.
« Non riesco a credere che
qualcuno dell’Ordine stia davvero fornendo informazioni ai
Mangiamorte » si
lamentò James, passando una delle bottiglie a Remus, che era
piuttosto giù di
corda. « Comunque sia, non devi preoccuparti, Lunastorta. I
tuoi amici non
dubiteranno mai di te. Vero, ragazzi? » chiese poi,
rivolgendosi agli altri due.
« Proprio così » rispose Peter.
« Sicuro » confermò Sirius, pensieroso.
Mentre brindavano, Remus ricordò
improvvisamente il loro ultimo brindisi a Hogsmeade, poco prima di
sostenere i
M.A.G.O.
Quella volta erano stati tutti
pieni di speranze, ma adesso non riusciva più a sentirsi
come quella sera.
Aveva una brutta sensazione, come se qualcosa stesse per cambiare, e
lui non ci
potesse fare nulla.
Scosse la testa, deciso a non far
notare ai suoi amici la propria preoccupazione.
Apprezzava la loro fiducia, ma
era altrettanto sicuro che non tutti si sarebbero fidati quanto lui e
gli altri
due. La sua situazione era già pessima all’interno
nel branco, con Greyback e i
suoi fedelissimi che sospettavano la presenza di un infiltrato e
avevano
iniziato a tenere d’occhio sia lui che altri quattro o cinque
adulti assoldati
di recente. Come se non bastasse, ora temeva che anche
l’Ordine della Fenice
potesse sospettare di lui.
Quando Sirius, James e Peter
uscirono per tornare ognuno a casa propria, Remus si richiuse la porta
alle
spalle, sospirando per la frustrazione.
Certo che Sirius è proprio strano
in questo periodo, pensò, senza
neanche rendersene conto. Di solito il suo istinto non falliva. Felpato
doveva
nascondergli qualcosa. Anche se questo non significava che la spia
fosse lui.
Forse aveva problemi di cui non voleva parlare. Del resto non poteva
raccontargli sempre tutto…
Ora si sentiva in colpa. Come
poteva avere anche il minimo dubbio su uno dei Malandrini, dopo la
fiducia che
tutti loro riponevano in lui?
Decise di farsi una camomilla per
riuscire a calmarsi un po’, anche se era quasi certo che pure
quella notte il
suo sonno sarebbe stato tormentato da incubi e pensieri angoscianti.
Ormai sta diventando un’abitudine,
pensò, mentre si versava la tisana
nella tazza e si sedeva al tavolo della cucina.
Il liquido scottava ancora,
perciò Remus indugiò con lo sguardo fuori dalla
finestra. Il buio all’esterno e
la luce accesa facevano riflettere sui vetri la cucina. Per Remus era
come
guardarsi allo specchio, e si rese conto di non essere mai apparso
così stanco
quando non c’era la luna piena.
In quel momento però qualcosa lo
distrasse da quei cupi pensieri. Ci fu un movimento, quasi
impercettibile, alle
sue spalle e Remus lo notò; nello stesso istante un rumore
di passi giunse alle
sue orecchie allertate.
Con uno scatto improvviso,
sfoderò la bacchetta e si precipitò alla porta
che dava sul corridoio.
« Fermo! » gridò all’intruso,
che
non ebbe neanche il tempo di accorgersi dell’accaduto,
strillò per lo spavento
e cadde all’indietro, atterrando di schiena.
Remus sobbalzò, mentre il suo
cuore saltava un battito e il suo volto sbiancava per lo shock.
Seduto per terra in una posizione
scomposta, c’era un ragazzino che lo guardava dal basso verso
l’alto, la lunga
frangia di capelli rossi che non riusciva del tutto a nascondere gli
occhi
lucidi e l’espressione furente.
« Tim… » fece Remus, accorgendosi
solo dopo di aver commesso un grosso errore.
« Allora è vero » commentò
Timothy, con la voce rauca e un tono risentito. « Sei tu lo
spione… »
Perfetto. Ora sì che sono nei guai.
*Angolo
autrice*
Lo so che finirete con l'odiarmi per tutti questi finali sospesi, ma
dovrete abituarvi. xD *fugge
dalla frutta marcia che le viene lanciata*
Alphard dice di non aver sentito nulla l'altra volta, ma
sarà
vero? Questo resterà un mistero ancora per un po'.
*ora le vengono lanciate
uova marce*
Tanto per intenderci, Sirius e Remus non si
sospettano già a vicenda, non ne hanno ancora motivo e sono
sempre amici come prima. Ancora ci vuole prima che la fiducia reciproca
inizi a vacillare. Per ora sono soltanto tesi per la situazione, come
tutti.
La chiacchierata sui matrimoni sembra inconcludente, ma mi
servirà in seguito. E Perseus aveva
assolutamente bisogno di sapere, ne andava della sua salute mentale. Se
molte coppie (come i Potter, Molly e Arthur, Bill e Fleur,
ecc.) hanno deciso di sposarsi prestissimo a causa della guerra,
qualche domanda devono essersela fatta un po' tutti in quel periodo.
Spero di non avere esagerato con Regulus, comunque. Del resto, lui
è anche all'avanguardia, considerando che suo nonno
Pollux ha avuto una baby Walburga a 13 anni... (e poi ci
meravigliamo se è diventata così. Non
è bello
avere un padre ancora adolescente quando hai già cinque
anni!
u.u La
Rowling doveva essersi bevuta qualcosa di forte quando ha disegnato
quell'albero genealogico)
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 21 maggio.
Non so ancora se sarà l'ultimo prima della pausa estiva. ^^"
Di
sicuro è l'ultimo che ho scritto finora, ma potrei anche
farcela
a pubblicarne un altro a inizio giugno. Mi piacerebbe,
perché se
mi interrompessi con il prossimo capitolo, lascerei troppe cose in
sospeso... magari pubblicherò un po' in ritardo ma spero di
avere tempo per scriverne un altro. Vi farò sapere meglio la
prossima volta.
Buon weekend, divertitevi! *-*
|
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Capitolo 25 *** Capro espiatorio ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 25
Capro espiatorio
«
Tim, non dovremmo essere qui ».
Timothy
ignorò la voce lagnosa alle sue spalle e si sporse con
cautela,
cercando di restare mimetizzato nel sottobosco.
«
Dai, torniamo indietro! » insisté
l’altro ragazzino, tirandogli la
manica rattoppata.
«
Se vuoi andartene, vai. Io resto qui » replicò
Tim, seccato.
L’altro
non si mosse, anche se continuò a bofonchiare frasi di
protesta.
«
A Fenrir non piacerà… non piacerà per
niente… »
Ignorandolo,
Timothy insinuò il volto in un cespuglio, facendo
attenzione a non ferirsi gli occhi, e cercando di osservare la scena
che si
stava svolgendo nella radura.
Greyback
stava parlando con un’aria serissima. Sputava le parole con
rabbia, mentre i lupi mannari seduti in cerchio intorno a lui non
osavano dire
una sola parola.
«
Abbiamo subito molte più perdite di quanto ci aspettavamo.
Abbiamo
sottovalutato la capacità di reazione dell’Ordine
della Fenice, e non succederà
più… Ma qui c’è qualcosa di
molto più grave da risolvere… »
Lo
stesso Tim, dal suo nascondiglio, si sentì invadere da una
sensazione di timore.
«
Come già sospettate tutti, nel nostro branco
c’è sicuramente qualcuno
che riferisce all’Ordine della Fenice i nostri piani. Non
credo che si trovi
tra voi fedelissimi » aggiunse, scrutando con attenzione i
presenti. « I sospetti,
a parte i mocciosi, sono tutti quegli adulti che non ho convocato qui
».
Tim
deglutì. Non erano poi molti gli assenti. Mancavano circa
quattro o
cinque licantropi, e tra questi anche…
«
A me non convince molto Macfow. Se ci pensate, è da quando
è entrato
nel branco che è iniziata la fuga di notizie »
disse Hati.
Greyback
annuì.
«
Anche io sospetto di lui. Il fatto che non si sappia quasi nulla sul
suo conto conferma i sospetti… »
«
E allora cosa aspettiamo a ucciderlo? » intervenne
Sköll.
Greyback
gli ringhiò contro.
«
Modera la tua impulsività, Sköll » gli
suggerì un altro licantropo,
Freki.
«
Esatto. Ti consiglio di imparare a controllarti, o te lo
insegnerò
io. Fai tutto troppo di testa tua. A Drybrook non ti sei ritirato con
noi, no,
sei rimasto e hai rischiato di farti uccidere. Quindi resta al tuo
posto,
perché il capobranco sono io e devo essere io a decidere.
È chiaro? »
Sköll
ricambiò l’occhiataccia di Fenrir ringhiando a sua
volta.
Sembravano sul punto di azzannarsi a vicenda, anche se adesso che la
luna piena
era passata avevano sembianze umane. Ma alla fine decise di non
ribellarsi,
altrimenti avrebbe fatto una brutta fine, dal momento che nessun altro
sembrava
avere l’intenzione di schierarsi dalla sua parte.
Sköll
sbuffò, ma non aggiunse altro. Greyback parve soddisfatto di
avere ristabilito l’equilibrio…
« Come sei
entrato? »
« Chi sei
veramente? »
«
Tim… »
« Chi sei?!
»
Timothy era balzato in
piedi,
pieno di rabbia, il volto lentigginoso chiazzato di rosso per la
collera.
Remus non aveva la
più pallida
idea di come comportarsi, ma quando vide lo sguardo impaurito e allo
stesso
tempo furioso che il ragazzino rivolgeva alla sua bacchetta, decise di
smettere
di puntargliela contro.
«
D’accordo » disse, mentre la
riponeva nella tasca. « Mi chiamo Remus Lupin. Angus Macfow
era un nome falso
».
Timothy lo guardava
con
un’espressione di sconforto e delusione.
«
Perché ci tradisci? » chiese,
con un groppo alla gola.
Remus
sospirò.
« Greyback
è malvagio. Mi ha
morso quando avevo più o meno la tua età. Mi ha
rovinato la vita, Tim ».
« I maghi ci
hanno rovinato la
vita! Sono loro i cattivi! Fenrir non poteva controllarsi ».
« No,
l’ha fatto apposta. Fa così
con tutti. Pensi che allevi te e gli altri bambini perché si
sente in colpa per
avervi morsi? Vi vuole solo usare per creare un esercito di lupi
mannari… »
« Non
è vero! »
« Invece
è così »,
Timothy era
sull’orlo delle
lacrime. Sembrava fuori di sé.
« I maghi ci
odiano; vogliono
sterminarci… e tu lavori per loro! »
Remus lo trattenne,
afferrandolo
per le spalle. Il ragazzino cercò di divincolarsi ma non ci
riuscì.
« Non
è vero. Non tutti i maghi
ci odiano. Mi hai spiato tutta la sera, quindi avrai visto i miei
amici. Loro
sanno che sono un lupo mannaro, ma si fidano di me e mi sono rimasti
accanto,
nonostante tutto ».
Per la prima volta,
Timothy non
seppe cosa rispondere.
«
Com’è possibile? » chiese,
scrollando la testa.
« Greyback
ti ha sempre mentito »
rispose Remus.
In un attimo, le
guance di
Timothy si rigarono di lacrime. Remus si sentiva malissimo nel vederlo
così, e
si sentiva di capirlo: dopo aver subito il lavaggio del cervello da
parte di
Greyback, non doveva essere facile rendersi conto che la
realtà era
completamente diversa.
« Dai,
siediti e bevi quella
camomilla… Non ti farò nulla »
aggiunse, quando l’altro gli rifilò
un’occhiata
sospettosa.
Alla fine
però Tim si convinse.
Remus si sedette di fronte a lui, guardandolo sorseggiare lentamente il
liquido
scuro.
« Ti ho
seguito per tutto il
pomeriggio » ammise il ragazzino, senza che Remus gli avesse
chiesto nulla. «
Fenrir aveva detto che sei tra i sospettati, e io volevo essere sicuro
che non
lo fossi. Poi ti ho visto entrare qui, toglierti la barba e cambiare
faccia...
»
« Mi
dispiace di averti mentito,
non potevo raccontarti tutto. Ma ti assicuro che sto cercando di fare
la
cosa giusta. Greyback si è alleato con Voldemort »
disse, e qui Tim sgranò gli
occhi, orripilato. « Crede di riuscire a conquistare il mondo
così, ma in
realtà Voldemort sta usando i lupi mannari. Quando
vincerà la guerra, si sbarazzerà
di voi… di noi, perché lui è uno di
quei maghi che ci considerano mostri da
uccidere. Dalla mia parte invece ci sono i maghi più
tolleranti ».
Timothy era
visibilmente confuso.
« Non
capisco. Se Tu-Sai-Chi è
cattivo e sta usando Fenrir, allora perché dici che Greyback
è cattivo anche
lui? Dovrebbe essere buono, no? »
Remus si
sentì intenerire. In
effetti non era facile spiegarlo ad un bambino: a
quell’età era normale che
considerasse il mondo rigidamente diviso tra bene e male.
« Diciamo
che Greyback è cattivo…
ma Voldemort lo è di più. Le vere vittime siete
voi, anche se Greyback sta
cercando di farvi diventare malvagi come lui ».
Tim non sembrava
ancora molto
convinto, ma forse iniziava a capire qualcosa.
« Non mi
stai dicendo queste cose
per ingannarmi, vero? »
« Te lo
giuro, sto dicendo la
verità questa volta. Mi sono affezionato a te, e anche se
non mi avessi
scoperto, avrei cercato di salvarti da Greyback e le sue idee. Se vuoi
lasciare
il branco, io e i miei alleati possiamo nasconderti e proteggerti
».
« Io voglio
tornare nel branco.
Me lo permetterai? »
Remus
esitò. Se Timothy non gli
avesse creduto, avrebbe raccontato a Greyback che
l’infiltrato era lui. Ma
capiva il desiderio di Tim: il branco era la cosa più simile
ad una famiglia
che avesse.
«
Sì ».
« Anche se
non ti credessi? »
« Anche in
quel caso. Però ti
chiederei di dirmi se hai deciso di fidarti di me oppure no, almeno
saprò se
posso tornare nel branco o non presentarmi più. Per favore.
Sarebbe un patto
tra noi due ».
« Quindi
devo decidere adesso se
fidarmi di te? »
«
Sì ».
Tim tacque per
parecchi minuti
che parvero ore. Remus continuò a fissare i suoi occhi
inquieti, altrettanto
agitato. Se Malocchio lo avesse visto in quel momento gli avrebbe dato
dell’idiota. Probabilmente lui non avrebbe permesso al
bambino di uscire di
casa. Lo avrebbe rinchiuso da qualche parte per non compromettere la
missione. Ma
Remus non era Malocchio e non voleva costringere Timothy a fare
qualcosa che
non voleva, anche a costo di perdere la possibilità di
spiare Greyback.
Infine il ragazzino lo
guardò con
determinazione.
« Ho deciso
».
Soltanto
mezz’ora più tardi, Tim
era al cospetto di Fenrir Greyback, il quale lo scrutava con sospetto.
« Dimmi,
cos’hai di tanto
importante da comunicarmi? »
«
Fenrir… credo di sapere chi è
la spia nel branco » rispose il ragazzino, mentre il cuore
gli batteva
all’impazzata e un sudore gelido gli ghiacciava la fronte.
«
Sköll, alzati! Fenrir vuole
parlarti ».
L’uomo
ringhiò, infastidito per
essere stato svegliato quasi di prepotenza. Si mise a sedere sul suo
materasso
di foglie, fissando Hati con irritazione.
« A
quest’ora? »
« Dice che
è urgente. Ti aspetta al
fiume, muoviti ».
« Non darmi
ordini » sbottò
Sköll, irritato.
Hati non rispose,
limitandosi a
scoccargli un’espressione di rimprovero che non ammetteva
repliche.
Continuando a
ringhiare per la
rabbia, Sköll si alzò in piedi, schiacciando le
foglie secche sotto i suoi
piedi, e si incamminò verso la radura, passando accanto ai
corpi degli altri
lupi mannari addormentati. Se fosse stato meno arrabbiato e avesse
fatto più
attenzione a questi ultimi, si sarebbe accorto che nessuno di loro
russava come
al solito. Al contrario, intorno a lui regnava un silenzio teso e
innaturale.
Greyback lo aspettava
alla riva
di un ruscello e gli voltava le spalle. Sköll
digrignò i denti anneriti non
appena lo vide. Non sopportava più di vederlo a capo del
branco. Lui si
considerava molto più forte e violento di Fenrir e riteneva
di essere più degno
di ricoprire il ruolo di capobranco.
D’accordo,
il branco lo aveva
creato l’altro, ma Sköll aveva deciso di entrarne a
far parte solo per
convenienza, perché con dei compagni sarebbe stato
più facile cacciare, nulla
di più. Ma non approvava gli obiettivi di Greyback, non
perché li trovasse disdicevoli,
ma perché non gli importava di creare un esercito di lupi
mannari. Non voleva
conquistare il mondo; voleva soltanto saziarsi. Per questo molte volte
lui e
Greyback si erano ritrovati su fronti opposti: Sköll non
lasciava in vita le
sue vittime per poi educarle come voleva l’altro. Gli piaceva
farle soffrire,
per poi ucciderle.
Ma del resto
Sköll non provava la
rabbia e il risentimento che Fenrir nutriva nei confronti degli umani.
Non era
stato morso: era nato lupo mannaro e quindi non sapeva cosa
significasse non
subire l’influsso della luna piena.
Greyback invece
sì. Un tempo era
stato umano, un giovane mago come tanti, desideroso di frequentare una
scuola
di magia e di possedere una bacchetta. Quando era stato morso, la sua
vita era
cambiata.
E Sköll
sapeva che Greyback,
dentro di sé, era invidioso dei maghi, perché
loro possedevano tutto ciò che
lui non avrebbe mai avuto.
Era da tanto tempo che
desiderava
farlo fuori e prendere il suo posto, ma non aveva ancora potuto. Tutti
gli
altri lupi erano fedeli a Greyback, e organizzare un ammutinamento da
solo
sarebbe stato un suicidio. Doveva convincerli lentamente e con
pazienza, ma era
sicuro che prima o poi ci sarebbe riuscito.
« Che cosa
c’è? » sbottò, quando
lo ebbe raggiunto.
Greyback finalmente si
degnò di
guardarlo. Aveva un’espressione molto concentrata.
« Devo
parlarti, Sköll. Sai, sono
molto… turbato ».
L’uomo lo
guardò, corrugando la
fronte. Quell’esordio era molto strano.
« Per la
storia della spia nel
branco? »
« Vedo che
mi leggi nel pensiero,
ed è proprio per questo che ho convocato te. Stavo pensando
che, se non
riusciamo a trovarlo per tempo, quel traditore potrebbe riuscire a
farmi fuori.
Quindi è il caso di decidere chi possa sostituirmi. Tu
vorresti essere il mio
successore? »
Gli occhi di
Sköll non poterono
fare a meno di lampeggiare di brama, ma qualcosa in quella
conversazione lo
stava allarmando. Da quando Greyback pensava alla
possibilità di non
sopravvivere? No, c’era decisamente qualcosa di insolito in
quel discorso,
quindi cercò di non tradirsi da solo.
« Io pensavo
che Hati… in fondo è
lui il tuo braccio destro… »
Fenrir
esibì una smorfia.
« Hati non
è adatto a fare il
capobranco, funziona meglio come secondo. Tu invece sei più
violento, più
forte… sì, sei tu il più adatto a
sostituirmi. Non è forse quello che hai
sempre voluto? »
Sköll finse
sempre di mantenersi
calmo. In realtà dentro di sé già
esultava. Forse non avrebbe avuto bisogno di
uccidere Fenrir, pensò.
«
Sì, in effetti lo vorrei »
rispose.
Greyback
sfoderò un ghigno diabolico,
mostrando i denti sporchi e affilati.
«
L’hai detto. Non è così, amici
miei? » disse.
Sköll non
capì cosa
significassero quelle ultime parole, almeno fino a quando non
udì alcuni
scricchiolii alle proprie spalle.
Si voltò,
mentre il cuore
iniziava a battergli come un tamburo nel petto. Da dietro gli alberi,
erano
spuntati gli altri licantropi che prima – ora se ne rendeva
conto – avevano
solo finto di dormire. In un attimo, avevano circondato lui e Fenrir,
senza
lasciargli la minima via di fuga. Hati lo guardava con un ghigno
soddisfatto.
Un sudore ghiacciato
gli coprì il
corpo, mentre il terrore iniziava a invaderlo.
« Che dia-
» provò, ma non fece
neanche in tempo a voltarsi verso Greyback e concludere la domanda.
Con la coda
dell’occhio, scorse la
luce della luce che brillò da qualche parte lì in
basso, riflessa in qualcosa
di molto simile ad una lama, mentre Greyback alzava il braccio, per poi
abbassarlo velocemente.
All’inizio
non sentì nulla. Per
qualche istante in cui il tempo parve fermarsi, tutto sembrava identico
a
prima. Poi qualcosa di caldo e fluido iniziò a sgorgare
dalla sua gola.
Il dolore
arrivò subito dopo.
Sköll provò a gridare, ma non ci riuscì.
L’aria usciva ma non emetteva più
alcun suono.
Sköll si
portò le mani al collo
insanguinato, cadde in ginocchio ai piedi di Greyback e lo
guardò, senza
riuscire a nascondere l’orrore che lo aveva invaso.
« Credevi di
ingannarmi così
facilmente, Sköll? Avrei dovuto immaginare che la spia eri tu
» parlò Fenrir,
ringhiando con rabbia e ignorando le proteste silenziose e disperate
del
licantropo ferito. « Hai tradito il branco per mettermi in
difficoltà e farmi
perdere credibilità, così saresti riuscito a
prendere il mio posto. Purtroppo
per te, il tuo piano non ha funzionato, e ora paghi per il tuo grosso
errore ».
Sköll non
riteneva neanche più
importante discolparsi. Voleva solo vivere, ma già sentiva
le forze
abbandonarlo.
Cadde
all’indietro sul terreno
sabbioso, i capelli sporchi e aggrovigliati immersi
nell’acqua, mentre il
dolore proveniente dallo squarcio al collo aumentava sempre di
più.
« Lo lascio
a voi » disse
Greyback, rivolto agli altri licantropi. Questi ultimi si avventarono
sul corpo
agonizzante di Sköll, alcuni armati di pietre, altri solo
delle proprie mani.
E in quel momento
Sköll accolse
quasi con sollievo l’ultimo respiro mentre, intorno alla sua
testa, l’acqua del
ruscello si tingeva di rosso.
Remus
guardò il ragazzino
sconvolto accanto a lui. Non sapeva se essere orripilato da quanto era
appena
accaduto oppure sollevato.
« P-pensavo
che lo cacciasse dal
branco e basta, non che lo… » disse Timothy,
interrompendo la frase per
scoppiare in singhiozzi.
Remus gli si
avvicinò, posandogli
le mani sulle spalle. Lui non si ritrasse.
« Lo so, non
è colpa tua »
rispose.
«
Sköll aveva ucciso un sacco di
persone, quindi se lo meritava. Ma allora perché mi sento
così? »
Remus tacque,
angosciato.
«
Perché ancora non conosci
davvero l’odio. Non avevi pensato a cosa sarebbe potuto
succedere. Hai fatto di
tutto per salvarmi, e te ne sono grato. Non hai agito con cattiveria.
In ogni
caso, non sentirti troppo in colpa per Sköll. Hai detto una
mezza verità: prima
o poi sarebbe successo lo stesso, perché lui desiderava
troppo il posto di
Greyback ».
Tim annuì,
un po’ rassicurato.
Remus lo
guardò con ansia. Quel
ragazzino lo aveva salvato, aveva annullato i sospetti su di lui,
almeno da
parte di Greyback e dei licantropi, ma per farlo aveva accusato
Sköll, anche se
aveva sottovalutato la capacità di reazione di Greyback.
E non poteva fare a
meno di vederlo
da un altro punto di vista, con una sorta d’inquietudine, nel
pensare che
quella guerra stava costringendo a sporcarsi le mani anche chi a
quell’età doveva
essere soltanto spensierato e innocente.
Regulus era
arrabbiato. Anzi,
furibondo.
Si era chiuso nella
stanza in cui
dormiva, senza riuscire a trattenersi dallo sbattere la porta alle
proprie
spalle.
Era rimasto in piedi
per
un’infinità di tempo, mordendosi la lingua e
serrando i pugni tremanti per la
rabbia. Non riusciva a credere che Rachel non volesse ascoltarlo.
Quella
ragazza aveva la testa così dura…
Lei
confermò subito quel
pensiero, bussando alla porta e intimandogli di aprirle.
« Non ne
voglio più parlare »
sbottò lui, da dietro la porta chiusa.
« Invece ne
parliamo, e subito »
replicò lei, senza cedere.
L’elfa Sory,
preoccupata, chiese
alla padrona cosa fossero tutte quelle grida, ma Rachel la
congedò con un “Non
preoccuparti” poco convincente.
« Regulus,
apri questa porta, dai
».
Lui sbuffò,
ma alla fine la fece
entrare.
Rachel
entrò nella stanza a
braccia incrociate, fermandosi al centro della stanza per poi voltarsi
a
guardarlo, mentre lui richiudeva la porta.
« Senti,
cerchiamo di discuterne
da persone civili » disse lei.
«
D’accordo. Tu non andrai da
nessuna parte, perché l’ho deciso io. Fine della
questione » fece lui,
laconico.
« Perfetto!
Allora sai cosa
facciamo? Mandiamo un gufo a tua cugina Narcissa e le chiediamo di
spedirci il
diario che suo marito ha nascosto in casa loro. Sono sicura che
sarà lieta di
accontentarci » replicò lei, sarcastica.
Regulus
alzò gli occhi al cielo.
«
Perché non ti rendi conto che è
rischioso? »
« Io me ne
rendo conto, ma non
c’è un’altra soluzione ».
Il ragazzo voleva
replicare, ma
non lo poté fare. Sapeva bene che prendere
l’Horcrux nascosto a villa Malfoy,
uno di loro si sarebbe dovuto intrufolare nel maniero. Era necessario,
ma lui
non voleva che fosse proprio Rachel a farlo.
« Regulus,
ascoltami » esordì lei
con un tono improvvisamente più dolce. « Qualcuno
deve per forza recuperare
quel diario, ed io corro meno rischi di far nascere sospetti in
Voldemort ».
Lui la
guardò, affranto. Come
poteva lasciarle correre un pericolo tale?
« Sai
perfettamente come il
Signore Oscuro protegge i suoi Horcrux. Potresti restarne
uccisa… » mormorò con
un filo di voce.
Lei gli si
avvicinò, incupita.
« Studieremo
un piano sicuro. In
fondo il medaglione era un suo cimelio di famiglia, quindi Voldemort
teneva
sicuramente di più a quello che al diario. Il primo era
custodito… molto bene »
esitò, tremando al solo ricordo degli Inferi, e anche lui fu
scosso da un
brivido. « Ma il secondo l’ha affidato a Malfoy,
perciò forse sarà più facile
impadronirsene ».
« Certo, che
problema c’è? »
commentò lui, sarcastico, anche se sul suo volto non apparve
alcuna traccia di
un sorriso. « In fondo dovrai solo farti accogliere in casa
da un Mangiamorte e
frugare il salotto senza farti scoprire. Un gioco da
ragazzi… Sei appena sopravvissuta
per un soffio ad una battaglia in cui hai rischiato la pelle, e anche
la volta
scorsa sei stata quasi uccisa. Che cosa dovrei fare, chiedere a
Kreacher di
ricominciare a pedinarti? »
Lei tacque, e nel
fissarla
Regulus sentì sparire ogni briciolo di rabbia. Ora aveva
solo una gran paura di
perderla.
« Non voglio
che ti succeda
qualcosa » sussurrò, quasi scongiurandola di non
accettare, ma lei sembrava
decisa.
« Lo so che
ti preoccupi per me,
ma devo farlo ».
« Si
può sapere perché non ci va
Silente? » ringhiò lui, mentre la rabbia tornava a
invaderlo.
Rachel distolse lo
sguardo, come
se stesse per dire qualcosa di terribile.
« Regulus,
se Silente venisse
catturato e ucciso, Voldemort avrebbe praticamente vinto la
guerra… »
« Quindi se
venissi catturata tu,
non sarebbe un danno così grave. Stai dicendo questo?
» le chiese lui, i pugni
che tremavano.
« Voldemort
teme Silente, non
certo me. Lo so, è terribile da dire, ma… per il
mondo magico lui è necessario,
io invece non sono così import- »
« Al diavolo
il mondo magico, sei
importante per me! » non poté fare a meno di dire,
anche se la conseguenza di
quell’affermazione fu un improvviso rossore imbarazzato che
coinvolse anche lei.
Cercò di
calmarsi, mentre
un’ondata di odio nei confronti di Silente lo invadeva.
« Ti rendi
conto che ci
sta usando? Io per lui conto più di te, perché so
cose che potrebbero fargli
comodo. Tu invece non conti nulla, ti usa per fare il lavoro
più pericoloso,
perché se ti succedesse qualcosa, per lui non sarebbe una
gran perdita. Ho
tradito il Signore Oscuro perché non ne potevo
più di obbedirgli, e ora non ho
intenzione di farmi comandare da Silente. E non sopporto che tu ti
faccia usare
così ».
« Non mi ha
imposto lui di
recuperare il diario, l’ho deciso io. Lo so che Silente non
ti piace, ma
qualcuno deve pur pensare al bene comune, al di là di tutto
il resto. Io non
credo che gli piaccia il suo ruolo né che gli faccia piacere
far combattere
tutto l’Ordine della Fenice contro un nemico molto
più forte, ma non ha
costretto nessuno a farlo ».
Regulus
alzò gli occhi al cielo,
maledicendo il giorno in cui aveva accettato di collaborare con
Silente.
« Questa
guerra deve finire »
continuò Rachel. « Tu hai deciso addirittura di
sacrificarti per permettere a
qualcun altro di uccidere Voldemort. Sei stato tu ad insegnarmi per
cosa vale
la pena lottare » disse semplicemente.
«
Ma… »
Regulus tacque,
perché non riuscì
a trovare un argomento per replicare. Ma non si sarebbe arreso
così. Avrebbe
fatto di tutto per evitare che le accadesse qualche altro incidente
grave,
anche se sapeva già che non avrebbe potuto impedirle di
entrare nel maniero dei
Malfoy, e il solo pensiero sarebbe presto riuscito a farlo impazzire.
«
D’accordo » disse ad un certo
punto, con un tono molto più determinato di prima.
« Ci andrai, ad una sola
condizione, però ».
« E quale
sarebbe? » chiese
Rachel, sospettosa.
« Io
verrò insieme a te ».
Lei sgranò
gli occhi.
Non poteva averlo
detto davvero.
O almeno era quello
che lei
sperava.
« Sei matto?
»
« No. Le
condizioni sono queste:
o tutti e due o nessuno ».
Rachel stava per
replicare, ma
quando vide l’espressione determinata di Regulus
capì che questa volta non
sarebbe mai riuscita a fargli cambiare idea.
« Reg, per
favore… »
« Ormai ho
deciso ».
« Avevamo
detto che non puoi
uscire di casa. Lo so che ti senti prigioniero ma è per la
tua sicurezza ».
« Non
vedo perché io debba stare al sicuro se non lo sei anche tu.
Verrò con te, e se proverai a impedirmelo dirò a
tuo
padre che vuoi compiere un’altra missione per conto di
Silente
».
Lei sgranò
gli occhi.
« Da quando
vi siete alleati, voi due? » chiese.
« Da quando
è l’unico modo per evitare
che tu ti faccia uccidere alla prima occasione ».
Rachel
tacque,
sconsolata.
Regulus le impose di
guardarlo
mentre parlava.
« Sul serio,
ricordi che per prendere il
medaglione non bastava una sola persona? Forse sarà lo
stesso anche per il
diario. Tra l’altro io sono l’unico a conoscere il
maniero e i suoi abitanti:
una piantina non potrà mai sostituirmi. Quanto alla segreta
nascosta sotto il
salotto, lì sono nascosti parecchi veleni illegali, e ho
pensato che, se saremo fortunati,
potremo trovarne qualcuno che possa distruggere gli Horcrux. Non puoi
fare
tutto da sola, perciò verrò anche io. Abbiamo
abbastanza tempo per preparare
una scorta di Pozione Polisucco, così non ci riconosceranno
».
Rachel era spaventata
ma, per
qualche strana ragione, non protestava più. Sapeva che
Regulus non aveva tutti
i torti, ma non era ancora convinta. Era spaventata all’idea
di dover prendere
una decisione. Se avesse acconsentito e poi fosse andata male, la
responsabilità sarebbe stata tutta sua… e non se
lo sarebbe mai perdonato.
« Se
dovessero catturarci e ti
smascherassero, sarebbe la fine… » disse,
angosciata.
« Lo so, ma
faremo in modo che
non accada » fece lui, avvicinandosi. «
D’ora in poi, qualsiasi pericolo o
rischio lo affronteremo insieme ».
Rachel si
sentì improvvisamente
accelerare i battiti. Quelle ultime parole sembravano nascondere decine
di
sottintesi. Regulus non voleva lasciarla sola né restare da
solo. Voleva che il
loro fosse un unico destino.
Rachel
cercò di
controllare la propria emozione. Si
sentiva molto più debole
del solito in quel momento, e le parole di Regulus erano un vero e
proprio
colpo basso.
E avevano funzionato.
« E va bene »
cedette
alla fine. «
In effetti hai detto
delle cose giuste. Però non ti ci abituare, sarà
solo per questa volta » rispose Rachel
con una smorfia, al pensiero del pericolo che Regulus avrebbe corso.
Ma doveva ammettere
che si sarebbe sentita più
sicura di farcela se lo avrebbe avuto con sé.
Il Dissennatore si
fermò davanti
ad una cella in fondo al corridoio, estraendo dal mantello nero e
logoro un
mazzo di chiavi, tenute strette dalla mano putrida e fredda.
Albus
rabbrividì. Nonostante
cercasse di restare il più lontano possibile da quella
creatura, il gelo che
essa portava con sé gli era già penetrato fin
dentro le ossa. Il Patronus a
forma di Fenice era accanto a lui e gli faceva scudo, impedendo alla
disperazione di invaderlo completamente.
Dalle sbarre delle
altre celle,
decine di braccia erano tese verso il Patronus, attirate dalla
novità e
desiderose di trovare un minimo di sollievo all’angoscia cui
erano condannati.
Il Dissennatore
aprì la cella e
si fece da parte, permettendo a Silente di entrare. Mentre gli passava
accanto,
Albus ebbe la sensazione di udire in lontananza, come attraverso una
radio male
sintonizzata, una voce maschile che gridava, ma il Patronus si frappose
tra lui
e la creatura, facendo sparire la voce indesiderata.
La porta si chiuse
alle sue
spalle con violenza, facendo scuotere l’animo
dell’uomo. Un senso di oppressione
lo invase. Il Dissennatore gli diede le spalle e si
allontanò, lasciandolo solo
con il prigioniero all’interno della cella.
Le pareti erano umide
e
ammuffite. Faceva freddo anche senza la presenza dei Dissennatori.
Dalla
minuscola finestra non entrava alcuna luce, e l’unica fonte
di illuminazione
era costituita dal Patronus, che poco dopo però
sparì. Albus usò l’incantesimo
Lumos, illuminando un angolo nel quale era rannicchiata una sagoma.
Era un uomo,
ovviamente, ma le
sue condizioni erano talmente pessime che non sembrava quasi
più tale. I
capelli aggrovigliati erano sporchissimi, il respiro affannoso, la
bocca priva
di molti denti. Era anche strabico. Probabilmente avrebbe avuto un
aspetto
inquietante anche da libero; a maggior ragione ad Azkaban.
L’uomo
fissava Albus, anche se
uno dei due occhi sembrava guardare da tutt’altra parte. Non
parlava, in attesa
che fosse lui a esordire.
« Sei Orfin?
» gli chiese allora
Albus.
Quello ebbe un
sussulto, ma non
rispose.
Silente gli si
avvicinò.
« Sei tu
Orfin Gaunt, giusto? »
E in quel momento
accadde
qualcosa di strano.
Il prigioniero
iniziò a sibilare
esattamente come avrebbe potuto fare un serpente. Ciò che
diceva era
incomprensibile, ma quei soffi e sibili ebbero il potere di fare
rabbrividire
l’anziano mago.
«
Sì, sei proprio tu » commentò,
rivolgendosi più a se stesso che al discendente di Salazar
Serpeverde.
Qualcosa gli diceva
che non
sarebbe stato facile ottenere qualche informazione utile, soprattutto
se Orfin
avesse insistito a parlare in Serpentese. Ma era deciso a non rendere
vana quella
sua visita ad Azkaban.
*Angolo
autrice*
Mi piacerebbe
sapere se ci
siete cascati e avete pensato che Tim avrebbe davvero tradito Remus
oppure no... Forse mi odierete dopo avervi fatto prendere l'ennesimo
infarto, ma il capitolo ha molta più suspance
così, vero? xD
Per l'omicidio di Sköll mi ero addirittura chiesta se fosse il
caso di alzare il rating della storia, ma alla fine direi che il giallo
va già bene così. Però se avete
qualcosa in
contrario fatemelo sapere.
Che altro dire? All'inizio non era previsto che Regulus partecipasse
alla missione a villa Malfoy (in realtà mesi fa pensavo che
ci
sarebbe stato l'Ordine della Fenice al completo, vabè...) ma
si
sa, mentre si scrive le idee cambiano all'improvviso. E poi non posso
più vederlo ad annoiarsi, anche perché senza di
lui a
villa Malfoy si combinerebbe molto poco. u.u
Infine, non vedevo l'ora di introdurre Orfin. Non so perché
ma
in questo periodo mi ispira molto... e sarà anche piuttosto
importante in una tappa della storia. Qui è ad Azkaban
perché sta ancora scontando l'omicidio dei Riddle, anche se
lo
sappiamo tutti che non è stato lui a farli fuori!
Questo
è il
penultimo capitolo prima della pausa estiva. Il prossimo l'ho iniziato
a scrivere solo ieri, e temo che mi ci vorranno più di due
settimane,
probabilmente tre... Spiacente, ma martedì ho il primo
esame, quindi sono impegnatissima. ç__ç
Comunque, spero di farcela entro l'11 giugno.
Se non vedete nulla entro quel giorno, avviserò su Facebook
e, per chi non ce l'ha, modificherò queste note finali.
Quindi se vorrete sapere qualcosa, questo sarà il posto
giusto in cui cercare!
Buon weekend!
EDIT 4/06/2011: vi avviso
che il capitolo è in gran parte scritto, mi manca poco alla
fine, e poi dovrò leggerlo e revisionarlo. Non è
ancora sicuro al 100% ma credo che riuscirò a mantenere
l'impegno di pubblicare entro l'11. Nei prossimi giorni
aggiungerò qualche avviso sempre qua sotto!
8/06/2011: il capitolo
è concluso! In questi giorni lo sto rileggendo, e penso che
riuscirò a pubblicarlo addirittura prima del previsto,
probabimente il 10 giugno! ^^
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Capitolo 26 *** Intrusi nel maniero ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 26
Intrusi nel maniero
Il
momento di entrare in azione
era infine giunto. Rachel e Regulus avevano pianificato tutto nei
minimi
dettagli.
Lei aveva scoperto quali fossero
gli orari in cui Lucius Malfoy andava al Ministero, per assicurarsi che
non
fosse in casa durante la loro visita.
L’altro aveva trascorso l’ultimo
mese a preparare la Pozione Polisucco.
Non era stato facile evitare che i signori Queen si accorgessero di
quello che
combinava nella sua stanza. Per fortuna gli lasciavano molta privacy,
quindi
era riuscito a tenerli all’oscuro delle sue
attività, anche perché aveva avuto
l’accortezza di lavorarci soltanto la notte, o quando i
padroni di casa erano
usciti.
Nel frattempo, avevano stabilito
un piano abbastanza buono, anche se entrambi avevano una gran paura che
qualcosa potesse andare storto.
Avevano individuato le due
persone di cui avrebbero assunto le sembianze, un mago e una strega che
lavoravano da Telami e Tarlatane. Rachel li aveva spiati per qualche
giorno e
infine era riuscita ad annotare molte cose sul loro conto: Brigid Moon
era una
donna alta e sottile, con una voce molto squillante, che stonava molto
col suo
aspetto quasi etereo. Ciar Whitehorn invece era un uomo scuro, ben
piantato, e
sembrava avere solo un paio di espressioni, che andavano
dall’arcigno
all’arrabbiato cronico. Rachel aveva giustificato la sua
scelta affermando che,
con quei caratteri, per loro sarebbe stato più facile
interpretarli.
« Non sono così
burbero » aveva protestato Regulus, invano.
Infine, la ragazza aveva prelevato
una piccola ciocca di capelli ciascuno, modificando poi la loro
memoria, e
convincendoli a fare un viaggio di almeno una settimana
nell’Europa del sud, in
modo che non potessero smascherarli.
All’inizio di febbraio, tutto era
pronto per mettere in atto il recupero del probabile secondo Horcrux.
Quel giorno, sia Perseus che
Diane sarebbero rimasti a lavoro fino all’ora di cena. Rachel
aveva ordinato a
Sory di tenere per sé il fatto che sarebbero usciti di casa.
L’elfa non ne era
stata molto felice, ma aveva dovuto obbedire.
Regulus aveva chiamato Kreacher,
affidandogli temporaneamente il medaglione: non era il caso di
portarselo
dietro, considerato dove dovevano andare.
Quanto a Silente, il ragazzo non
aveva intenzione di riferirgli le loro intenzioni, ma Rachel su questo
si era
imposta, perché se fosse successo loro qualcosa, almeno una
persona avrebbe
saputo dove si trovavano e avrebbe potuto salvarli.
Il Preside non era d’accordo
sulla loro decisione di andare insieme, ma Regulus su questo punto era
stato
irremovibile. D’altronde le sue argomentazioni erano state
convincenti,
soprattutto l’ipotesi che sotto il salotto dei Malfoy
potessero esservi veleni
molto potenti e capaci di distruggere un Horcrux.
« Sei proprio sicuro che vada
bene Telami e Tarlatane? Non era meglio Madama McClan? »
chiese Rachel.
Era la decima domanda dubbiosa
che gli rivolgeva quel giorno.
« Fidati, conosco bene mia
cugina. Madama McClan è troppo di massa per i suoi gusti
» rispose lui, senza
riuscire a reprimere un sospiro.
« D’accordo, la smetto di fare
domande. È che sono preoccupata. Se si scopre la tua
identità… »
« Ne abbiamo già parlato a
sufficienza, non credi? »
« Sì, ma io continuo a non
dormirci la notte. Da quando sono diventata così
condiscendente con te? »
commentò lei, mordendosi la lingua per la stizza che nutriva
nei confronti di
se stessa.
Lui sorrise.
« In effetti ti sei rammollita un
po’… » scherzò, cercando di
sdrammatizzare.
Rachel gli riservò un’occhiataccia,
fingendosi offesa, e rivolse lo sguardo verso l’imponente
edificio che si
stagliava di fronte a loro.
Il maniero dei Malfoy non era
stato di certo costruito con l’intento di nascondere tutto il
suo sfarzo, anche
a chi lo guardava da lontano. I due ragazzi si trovavano
all’inizio di un viale
delimitato da un’altissima siepe di tasso, di fronte ad un
imponente cancello
in ferro battuto.
Avevano già assunto le sembianze
dei malcapitati commessi di Telami e Tarlatane. Regulus non era molto
convinto
del suo aspetto: con quelle spalle larghe, sperava che la botola del
salotto
dei Malfoy fosse abbastanza grande da lasciarlo passare senza farlo
incastrare.
« Ti senti pronto? » fece Rachel,
respirando affannosamente per l’ansia.
Lui annuì, teso.
« E tu? »
« Credo di sì ».
Di comune accordo ma senza
parlare, fecero qualche passo avanti, fermandosi a pochi centimetri dal
cancello.
« Non c’è il campanello »
notò
Rachel.
Regulus avanzò, afferrò il
cancello e lo scosse leggermente.
Questo iniziò a contorcersi, e le
sbarre formarono un volto dall’aria inquietante che, con una
voce metallica, si
rivolse direttamente a loro:
« Dichiarate il vostro intento! »
« Ehm… siamo di Telami e
Tarlatane. Abbiamo preso appuntamento con la signora Malfoy per
prenderle le
misure di un abito da cerimonia » rispose Rachel.
A quel punto il cancello si aprì.
Dopo aver fatto un gran respiro,
i due avanzarono, entrando nel parco che circondava il maniero.
Regulus sapeva già che sarebbe
stato difficile mettere di nuovo piede lì dentro, ma si
sentiva molto più
agitato di quanto si era atteso. Aveva dedicato ogni pensiero al
recupero del
diario di Riddle, senza fermarsi a riflettere sul fattore emozione che
gli
avrebbe provocato rivedere Narcissa. Cercò di tornare lucido
e impassibile.
Quella volta ne andava non solo della sua vita, ma anche di quella di
Rachel:
non poteva commettere errori.
Superarono la fontana e
raggiunsero il portone, bussando ai battenti.
Dovettero attendere pochi
istanti, e qualcuno aprì.
Era Dobby, l’elfo domestico dei
Malfoy.
« Entrate, signori. La padrona vi
aspetta. Se volete lasciare i mantelli… »
« Graz- » esordì Regulus, ma si
bloccò quando Rachel le lanciò
un’occhiata di avvertimento. «
Cioè… mh… »
mugugnò, mordendosi la lingua per la stizza.
Che diamine mi prende?
pensò tra sé. L’agitazione non gli
permetteva di restare lucido: non gli era mai successo prima, a parte
nella
caverna. Forse aveva paura che mettere le mani sul diario sarebbe stato
altrettanto letale…
Fece un gran respiro e strinse i
denti, obbligandosi a darsi una calmata. Non poteva permettersi di
farsi
prendere dal panico.
Dobby li condusse attraverso
l’ingresso, arredato e pieno di ritratti che li osservavano.
Quando passarono
davanti al salotto, Regulus sbirciò dentro. Non
c’era nessuno. Rachel seguì il
suo sguardo, individuando il salotto a sua volta.
Salirono una rampa di scale di
marmo verde e percorsero un ampio corridoio pieno di specchi con
cornici d’oro,
finché non raggiunsero una stanza arredata come un
soggiorno, ma più piccola.
Narcissa era lì. Li aspettava
seduta su un divano foderato di pelle nera. La gravidanza le aveva
fornito
delle forme più morbide, ma il suo modo di fare era quello
aristocratico e
freddo di sempre. Quando li vide entrare al seguito di Dobby, si
alzò in piedi.
« Buongiorno, signora. Sono
Brigid Moon e questo è il mio collega Whitehorn »
esordì Rachel con una voce
squillante e acuta.
Ci fu una pausa di silenzio, ma
Regulus riuscì a controllarsi e a salutare la padrona di
casa.
Narcissa era la prima parente che
incontrava, dopo Sirius, e lui riteneva di non essersi preparato a
sufficienza.
Un miscuglio di emozioni lo aveva assalito non appena l’aveva
vista, e non
sapeva se essere davvero contento di rivederla: dover fingere di essere
qualcun
altro quando lei era convinta che lui fosse morto gli sembrava
tremendamente
ingiusto.
« Signora Malfoy, permetteteci di
mostrarvi le stoffe che avete ordinato una settimana fa »
disse Rachel,
cercando di portare avanti il piano.
« Sono arrivate? Bene » commentò
Narcissa in tono neutro.
In quel momento Regulus fu
contento di interpretare il ruolo di un misantropo: era così
agitato da non
riuscire nemmeno a deglutire. Si chiese se Rachel avesse pensato anche
a
quello, e si sentì riempire di gratitudine.
Posò per terra la borsa che aveva
portato con sé e ne estrasse una stoffa color pervinca,
porgendola a Rachel.
Quest’ultima la prese e la mostrò a Narcissa, che
la osservò con aria critica.
« Se volete il mio parere, credo
che questa vi doni molto: vi fa risaltare il colore degli occhi. Sei
d’accordo
anche tu, Ciar? »
Lui bofonchiò qualcosa che doveva
sembrare un “sì”, cercando di apparire
indifferente quando Narcissa gli riservò
un’occhiata di disapprovazione: non le piacevano le persone
così scortesi.
« Il colore mi piace molto »
disse lei. « Ma non mi convince il tessuto. Forse
è troppo leggero ».
« Avete ragione, ma potete sempre
pensarci per quando arriverà la bella stagione. Comunque, ne
abbiamo altre.
Ciar? »
Regulus le porse un’altra stoffa
più pesante, blu notte.
« Questa poi potrebbe essere
ravvivata da nastri dorati » commentò Rachel.
Narcissa sembrava soddisfatta.
« Devo ammettere che avete
indovinato i miei gusti ».
Regulus fece finta di niente. Era
stato proprio lui a scegliere quali stoffe prendere: conosceva fin
troppo bene
sua cugina e i tipi di abiti che adorava.
« Bene, allora vi prendo le
misure ».
« Seguitemi, qui non è molto
agevole » disse Narcissa, avviandosi verso la porta. Poi si
rivolse all’elfo
domestico, che era rimasto lì fino a quel momento.
« Dobby, vai a preparare del
tè per i signori e portalo il prima possibile ».
« Dobby torna presto » obbedì
lui, affrettandosi poi a dirigersi verso le cucine.
Narcissa guidò quelli che credeva
commessi di Telami e Tarlatane al piano di sopra, fermandosi
nell’anticamera
della sua stanza. C’era uno specchio alto quanto una persona
e un divisorio di
legno intagliato, sempre sfarzoso come ogni cosa che si trovava in quel
maniero. Rachel non poté fingere di non esserne
impressionata.
« Ciar, aspettaci fuori mentre la
signora si cambia » disse Rachel, lanciandogli uno sguardo
d’intesa. « Ehi, ma
che cos’hai? Sei pallido come un lenzuolo! »
« In effetti non mi sento molto
bene… È che stamattina ho fatto indigestione
» borbottò lui, sforzandosi di
suonare convincente.
« Sta diventando verde. Senta,
credo sia meglio che torni a casa e si riguardi » disse
Narcissa, che sembrava
molto preoccupata per quello che sarebbe potuto succedere al tappeto
nuovo di
zecca che si trovava ai piedi di Regulus.
« Sì, Ciar, è meglio che te ne
stia a riposo, oggi. Non so nemmeno perché hai insistito
tanto a lavorare »
fece Rachel. « Non preoccuparti, posso cavarmela da sola, qui
».
Lui annuì, e fu con un crescente
senso di agitazione che si rivolse a Narcissa.
« Se non vi dispiace tolgo il
disturbo, non vorrei creare problemi ».
« Non si preoccupi. Il mio elfo
ora è occupato, altrimenti la avrebbe accompagnata lui.
Conosce la strada? »
« Certo. Vi ringrazio ».
Detto questo, la salutò e rivolse
a Rachel un’occhiata, che lei ricambiò come a
volergli augurare buona fortuna.
Regulus si incamminò attraverso
il corridoio, sempre in silenzio.
Rachel lo vide uscire
dall’anticamera e poi si rivolse a Narcissa.
« Temo sia colpa mia se ha fatto
indigestione » ammise. « Oggi gli ho dato un
po’ della mia colazione, ma non
sono molto brava a cucinare. La cosa strana è che io sto
benissimo, ma forse è
perché ci sono abituata, che ne dite? » chiese in
tono amichevole.
Narcissa la gelò con
un’espressione di superiorità.
« Signorina, non è una questione
di mio interesse. Piuttosto, pensiamo agli abiti » rispose,
andandosi a
cambiare dietro il divisorio.
« Oh, certo » fece Rachel, senza
scomporsi minimamente.
Il giorno prima aveva assicurato
a Regulus di essersi informata a sufficienza e che fingere di fare la
sarta non
sarebbe stato troppo complicato, e ne era convinta anche lei.
Finché si limitò
a prendere le misure in effetti non ebbe difficoltà, poi
però iniziò a rendersi
conto che non si trattava affatto di un mestiere facile.
Dopo un po’ comprese che, se non fosse
stata abbastanza accorta, presto avrebbe ridotto Narcissa ad un
puntaspilli.
« Ahi… vuole fare più attenzione?
» sbottò la signora Malfoy dopo che Rachel, nel
tentativo di aggiustarle la
manica, le ebbe conficcato uno spillo nella pelle per la terza volta.
Ed erano
solo all’inizio.
« Vi chiedo scusa, davvero, non
mi è mai successo prima » cercò di
giustificarsi lei, senza riuscire a capire
perché tutt’ad un tratto, fosse diventata
così poco precisa. « È che…
questi
spilli sono davvero piccoli. Per metterli a fuoco ci vedo
doppio… »
« Forse avrebbe bisogno di un
paio di occhiali » replicò Narcissa, inspirando
profondamente per mantenersi
calma e reprimere i nervi.
Inavvertitamente, Rachel urtò
contro la tasca della veste, e ne estrasse proprio un paio di occhiali
cerchiati di corno.
« Oh… » fece. Non aveva mai
spiato Brigid Moon al lavoro, quindi non conosceva la sua abitudine di
cucire
con gli occhiali. Si diede della stupida per non averci pensato prima.
« Li avevo dimenticati! » disse,
inforcandoli. « Ecco, adesso sono sicura che andrà
meglio ».
« Me lo auguro » sospirò
Narcissa, alzando gli occhi al cielo con rassegnazione.
Regulus si affacciò dalla colonna
dell’ingresso, lanciando un’occhiata alle scale che
conducevano alla cucina.
Dall’interno provenivano dei rumori, segno che Dobby era
ancora lì a preparare
il tè: la via per il salotto era libera.
Assicurandosi di camminare sempre
sui tappeti per attutire i propri passi, riuscì a
raggiungere il salotto senza
fare alcun rumore, e si guardò intorno con attenzione.
Non sapeva esattamente in che
punto del pavimento si trovasse quella botola cui Lucius una volta
aveva
accennato, ma non si scoraggiò. La prima cosa che doveva
fare, piuttosto, era
ottenere che Dobby, passando di lì, non lo vedesse
all’interno della stanza.
Dal momento che chiudere la porta
sarebbe risultato sospetto, Regulus si impose un incantesimo di
Disillusione.
Non aveva mai avuto problemi nell’eseguirlo, ma quella
bacchetta nuova lo
rendeva più complicato del solito. Gli mancava molto la sua
vecchia bacchetta,
ma andarla a recuperare in fondo al lago era fuori discussione.
Probabilmente
sarebbe rimasta lì per sempre.
In ogni caso, nel mese precedente
si era allenato a usarla, e l’incantesimo di Disillusione
funzionò abbastanza
da renderlo quasi del tutto invisibile.
Dopodiché avanzò verso il centro
del salotto, estrasse la bacchetta di betulla e la puntò in
basso, rivolta
verso il pavimento.
« Regredere »
sussurrò. Un filo di luce colpì il tappeto che
ricopriva il pavimento, ma tornò subito indietro, facendo
vibrare la bacchetta.
Regulus si spostò di qualche
passo e ripeté l’incantesimo. Anche quella volta,
la luce tornò subito
indietro, dopo neanche due secondi.
Per almeno cinque minuti buoni,
l’operazione ebbe sempre lo stesso risultato, e Regulus
continuò a tentare,
percorrendo lentamente tutto il salotto. Infine, scoraggiato,
tornò in piedi e
si guardò attorno, ansimando per la fatica e
l’ansia.
Aveva già perso abbastanza tempo
e ancora non aveva trovato nulla. Rachel non poteva trattenere Narcissa
in eterno.
Mentre cercava di fermarsi a
riflettere, lo sguardo gli capitò sul camino. Era enorme,
alto quasi quanto lui
e profondo almeno un metro. Una botola ci sarebbe entrata
tranquillamente,
pensò. Tanto valeva provare.
Si accovacciò davanti
all’imboccatura del camino e formulò di nuovo
l’incantesimo.
« Regredere ».
E questa volta, toccato il
pavimento ricoperto di cenere, la luce sparì, per poi
tornare indietro e far
vibrare la bacchetta soltanto dopo un’attesa molto
più lunga delle precedenti.
Emozionato, Regulus iniziò si
rese conto di aver fatto bene a seguire quell’intuizione.
Nessuno avrebbe
potuto pensare ad una botola all’interno di un camino, ma
Lucius d’altronde
sapeva bene come difendersi.
Spolverò in tutta fretta la
cenere che ricopriva il fondo, cercando di non bruciarsi, e difatti si
ritrovò
presto di fronte ad una botola quadrata talmente parallela al pavimento
da
risultare molto difficile da individuare, a meno che non se ne
conoscesse già
l’esistenza.
Regulus tornò alla porta del
salotto, facendo appena in tempo a vedere Dobby salire le scale con il
vassoio
del tè. Non lo avrebbe disturbato. In un attimo, Regulus fu
di nuovo sopra il
passaggio, lo aprì con un incantesimo, e si calò
al suo interno.
L’ambiente era completamente buio
e mancava l’aria, così Regulus non richiuse
completamente la botola, ma lasciò
un sottilissimo spiraglio che gli permettesse di respirare. Tuttavia si
augurò
che nessuno si facesse venire la voglia di entrare in salotto e
osservare il
camino.
« Lumos »
sussurrò ancora.
La segreta si illuminò. Era
esattamente come la aveva immaginata, con le fredde pareti scavate
direttamente
nella pietra, alcuni scaffali stracolmi di libri dall’aria
pericolosa e oscura,
armadietti tarlati ricolmi di pozioni, probabilmente veleni, candele
velenose, ingredienti
dei più svariati generi, e infine ripiani riempiti di
manufatti oscuri.
Ma fino a quel momento Regulus non
aveva notato alcuna traccia del diario di Tom Riddle. Non se ne
stupì, perché
un oggetto così importante non poteva essere accatastato in
disordine, ma si
chiese dove potesse trovarsi.
« Posso chiederle come è stata
assunta? » domandò Narcissa con aria indispettita,
mentre Rachel le sistemava
maldestramente la gonna.
« Ero la migliore delle candidate
» rispose con semplicità, sperando di non aver
appena assicurato il
licenziamento alla persona di cui aveva preso il posto.
Narcissa evitò di commentare,
limitandosi a guardarla dall’alto in basso. Rachel finse di
non accorgersene:
doveva trattenerla il più a lungo possibile, quindi doveva
sforzarsi di restare
gentile.
« A che mese siete? » le venne in
mente di chiedere, alludendo alla gravidanza.
Narcissa per un attimo parve
raddolcirsi.
« Sono ancora al quinto »
rispose.
« Sarete emozionata, immagino ».
« Sì, abbastanza. È il mio primo
figlio ».
Rachel le sorrise. Non se ne rese
conto immediatamente, ma l’espressione di Narcissa le aveva
ricordato quelle di
Alice e Lily. Nonostante parteggiassero per fazioni opposte, erano
tutte e tre
madri, e avevano in comune qualcosa che sembrava andare oltre ogni tipo
di
differenza dovuta al sangue.
« Vi auguro tutte le fortune,
allora » disse, ed era sincera.
Narcissa aprì la bocca per
rispondere, ma fu interrotta da un suono che rimbombò dal
piano di sotto,
facendo tornare di colpo Rachel nella realtà: qualcuno era
appena entrato nel
maniero.
Per sua fortuna, Narcissa si era
voltata verso la porta mentre lei scattava in piedi per
l’ansia. Regulus era
ancora nel salotto – non sapeva se fosse già
dentro la botola oppure no – e
quella visita inaspettata non ci voleva. Lucius non avrebbe smesso di
lavorare
prima di tre ore. Possibile che fosse tornato così presto?
« Dobby, fai aspettare
nell’ingresso, di chiunque si tratti »
ordinò Narcissa all’elfo domestico. Poi
si rivolse di nuovo a Rachel, che cercò di mascherare il
panico che la aveva
assalita. « Senta, ho deciso che li compro tutti e due. Le
misure le ha prese,
quindi direi che abbiamo finito. Mi cambio e le do subito i galeoni in
contanti
».
Rachel notò che adesso la donna
aveva una certa fretta, e non riuscì nemmeno a prendere
tempo. Narcissa la
pagò, chiedendole di riportare le stoffe al negozio e di
farle riavere gli
abiti pronti entro la settimana seguente. Poi la condusse fuori
dall’anticamera.
Rachel la seguì, mentre il
cervello lavorava febbrilmente. Stava per cacciarla, e Regulus
probabilmente
era ancora dentro la botola… magari neanche aveva sentito
dell’arrivo di un
intruso. E se fosse uscito dalla botola proprio mentre Narcissa si
trovava nel
salotto?
La sua mente ripeteva imprecazioni
silenziose alla velocità della luce.
Questa non ci voleva! Come faccio? Come
accidenti faccio?
Non appena ebbero raggiunto
l’ingresso, i timori che fino a quel momento aveva cercato di
ricacciare
indietro la assalirono tutti insieme, facendola sprofondare
nell’angoscia.
Aveva sperato che si trattasse
solo di qualche venditore porta a porta, ma uno del genere non sarebbe
mai
passato attraverso il cancello. L’ospite era di
tutt’altro genere.
« Buongiorno Rabastan » disse
Narcissa, con un’espressione perplessa.
« Volevi parlarmi? » le domandò
l’uomo
all’ingresso.
« In realtà temo ci sia un
equivoco. Avevo chiesto di parlare con tuo fratello ».
« Rodolphus è molto impegnato al
momento, ma puoi dire tutto a me ».
Narcissa non sembrava molto
convinta ma acconsentì.
« Congedo la signorina e sono subito
da te » rispose, col suo solito tono controllato. Ma la sua
espressione non era
più serena come pochi minuti prima.
« No, aspettate! » esclamò
Rachel, senza riuscire a controllarsi. Di fronte alle occhiate
perplesse e
sospettose dei due presenti, deglutì a stento e
cercò di calmarsi. « Non… non
volete provare le altre stoffe…? »
domandò, con la voce flebile.
« Mi dispiace ma sarà per la
prossima volta, adesso sono impegnata » rispose Narcissa,
laconica. «
Arrivederci e grazie di tutto ».
Rachel rabbrividì, lanciando una
rapidissima occhiata al salotto. Era paralizzata dallo shock. Lestrange
aveva
mandato tutto a monte. Possibile che avesse la stessa
capacità del fratello di
piombarle tra capo e collo nei momenti peggiori?
Mentre Dobby la accompagnava
gentilmente all’uscita, non riuscì neanche ad
opporre resistenza, anche se in
effetti fu un bene: se si fosse rifiutata di uscire, avrebbe
insospettito
tutti.
Quando la porta si chiuse alle
sue spalle, non poté fare a meno di mettersi le mani tra i
capelli. Se li
sarebbe voluti strappare.
E odiò se stessa, perché aveva
acconsentito a fare venire Regulus insieme a lei. Ora lui era
all’interno,
insieme a due persone che non sapevano neanche della sua esistenza, e
uno di
loro era pure un Mangiamorte.
Ma nel giro di qualche secondo il
panico si dileguò, lasciando spazio ad una fredda
determinazione. Non era
ancora detta l’ultima parola, pensò,
incamminandosi intorno alla villa e
spiando con discrezione e prudenza all’interno. Poteva
entrare da una finestra
e raggiungere Regulus nella botola.
Narcissa infatti non aveva fatto
entrare Rabastan nel salotto, almeno non ancora. Rachel capì
di dover agire in
fretta.
Individuò una delle finestre del
salotto e riuscì a forzarla con un colpo di bacchetta. Si
issò sul davanzale,
calandosi con non poche difficoltà all’interno del
salotto dei Malfoy.
Dall’ingresso proveniva la voce
di Rabastan. Rachel si guardò intorno, alla disperata
ricerca della botola.
« Regulus, sono io. Dove sei? »
provò a sussurrare, trattenendo il respiro quando
udì dei passi che si
avvicinavano. Per fortuna Rabastan parlò di nuovo, e i passi
all’ingresso si
fermarono.
« Sono qui » le rispose la voce
altrettanto bassa di Regulus, proveniente dalla parete in fondo.
« Muoviti ».
Rachel vide qualcosa che si
sollevava dal fondo del camino e individuò la botola. In un
attimo, fu dentro.
Regulus la socchiuse di nuovo, soltanto un attimo prima che Narcissa e
Lestrange
mettessero piede nel salotto.
Le ci volle un po’ per abituarsi
al buio, infranto solo dall’incantesimo Lumos proveniente
dalla bacchetta di
Regulus. Rachel trasse un respiro di sollievo.
« E adesso come faremo ad uscire?
» domandò, tornando immediatamente a preoccuparsi.
« Aspetteremo che se ne vadano »
le rispose lui. « Intanto abbiamo ancora molto da fare qui
dentro ».
« Hai trovato il diario? »
« Forse ».
Regulus si incamminò verso il
fondo della stanza segreta e lei lo seguì, cercando di non
fare rumore, anche
se era complicato evitare di urtare qualche oggetto e farlo cadere per
terra.
C’erano tantissimi manufatti oscuri, e il buio non la aiutava
di certo a vedere
bene dove mettesse i piedi.
Regulus le indicò un piccolo
scrigno riposto sopra un tavolino molto più ordinato degli
altri.
« Stavo cercando di aprirlo, ma
il semplice Alohomora non
funziona… »
spiegò.
« Potremmo sempre disintegrarlo…
ma faremmo troppo rumore, e sarebbe meglio lasciarlo intatto
».
« Ci deve essere per forza una
chiave da queste parti. Dubito che Lucius se la porti dietro: se la
perdesse o
gliela requisissero passerebbe i guai ».
Così si misero a cercare la
chiave. Non fu una ricerca facile né breve. Alla fine Rachel
la trovò
all’interno della copertina di un libro finto, ma nel
frattempo si era fatta
cadere addosso una boccetta di uno strano filtro corrosivo, che le
aveva bucato
la manica della veste, provocandole anche una leggera ustione; Regulus
aveva
rischiato di ferirsi con una lancia che aveva tutta l’aria di
essere avvelenata;
e intanto l’effetto della Pozione Polisucco era svanito,
facendo riassumere
loro le sembianze di sempre.
Fu con trepidazione che Regulus
girò la chiave nella serratura dello scrigno,
sollevò il coperchio e ne
estrasse un vecchio diario foderato di pelle nera, con le pagine
completamente
bianche. Era la seconda volta che gli capitava sotto mano, ma ora
sapeva di
cosa si trattava.
« È questo? » chiese Rachel con
un filo di voce.
« Sì » rispose lui, roco per
l’emozione. « L’abbiamo trovato
».
Lo osservarono per alcuni
istanti, in perfetto silenzio e col fiato sospeso, come se temessero
che
all’improvviso il diario potesse prendere vita…
Un rumore sopra le loro teste li
indusse a tornare vigili e attenti. Narcissa e Rabastan erano sempre
sopra le
loro teste.
Regulus si riscosse, duplicò il
diario e ripose la copia falsa all’interno dello scrigno, per
poi richiuderlo e
posare la chiave dove si trovava prima. Rachel lo guardava con aria
perplessa.
« Siamo sicuri che si tratti davvero
di un Horcrux? Sembra solo un vecchio diario mai utilizzato »
chiese.
« Se lo fosse, non lo avrebbe
fatto nascondere. Ha scritto qualcosa qui dentro, anche se non sembra:
su
questo non ho dubbi » rispose lui, infilando il diario nella
tasca interna del
mantello. « Ora abbiamo altre cose da cercare ».
Rachel annuì. La stanza sotto la
botola era piena di oggetti oscuri, ed era probabile che trovassero
qualche
ingrediente o sostanza che potesse tornare utile.
« Indossa questi ».
Regulus tirò fuori dalla sacca
due paia di guanti in pelle di drago e gliene porse una coppia. Poi le
consegnò
anche quattro provette da riempire.
« Hai idea di che genere di
veleni dobbiamo prendere? » chiese lei, osservando con
apprensione una vetrina
piena di strani liquidi imbottigliati.
« Non importa, prendi tutto
quello che puoi ».
Lei lo guardò, stupita. Regulus
le fece capire che le spiegazioni erano rimandate a più
tardi. In effetti non
avevano tempo per parlare.
I Malfoy avevano nascosto davvero
di tutto in quella stanza segreta. Nel giro di pochi minuti avevano
riempito
quasi tutte le provette con veleno di Acromantula e sangue di drago,
tutti
ingredienti che non si trovavano facilmente; altri, come il cedro del
Libano e
gli artigli del diavolo, non erano solo illegali, ma non si trovavano
neanche a
Notturn Alley.
« Se solo ci fosse del veleno di
Manticora… » sbuffò tuttavia Regulus.
« Serve per forza? »
« Diciamo che sarebbe d’aiuto.
Speriamo che sia questo » disse, versando un liquido nero
nell’ultima provetta.
« Credo che possa bast-… Che succede? »
Rachel si trovava a diversi metri
di distanza da lui, e fissava la botola sopra la sua testa con
un’espressione
preoccupata. Quando gli fece cenno di raggiungerla in silenzio, Regulus
ripose
tutto nella sacca e le si avvicinò in fretta.
Rachel indicò il soffitto. Le
voci di Narcissa e Rabastan si sentivano abbastanza bene.
« Sai bene a cosa mi riferisco »
stava dicendo lei.
Lui sospirò, annoiato.
« Stai parlando di Alphard, vero?
»
« Esatto. Ho saputo solo ora che
tuo fratello sta costringendo Goyle ad appostarsi tutto il giorno sotto
casa
sua. Cos’ha intenzione di fare? »
« Bella non te l’ha detto? »
Ci fu una lunga pausa di
tensione.
« Non me l’ha detto, ma non ci
vuole molto ad intuirlo. Vuole ucciderlo ».
« Ti sbagli. Lui deve
ucciderlo. E non è esatto neanche
questo, a dire il vero. Alphard ha assistito ad una scena che non
doveva
vedere, ma finché se ne starà buono e chiuso in
casa non avrà motivo di temere
nulla ».
« E nel caso in cui uscisse? »
domandò Narcissa con un filo di voce.
« Allora Rodolphus sarà costretto
a farlo fuori » rispose Rabastan con indifferenza.
Regulus si sentì assalire da una
furia cieca. Sarebbe voluto balzare fuori all’improvviso per
fargliela pagare
cara. Anche Rachel condivideva i suoi timori e la sua rabbia, a
giudicare
dall’espressione. E Narcissa non doveva essere da meno.
« Vorrei chiederti un favore. Potresti
convincere tuo fratello a rinunciare? »
« Perché? È pericoloso lasciare
testimoni in vita ».
« Non può farlo. Non si tratta di
un Sanguesporco qualunque ».
« Mi era parso di capire che
fosse stato lui a convincere Andromeda a scappare con quella feccia.
Credevo
che ce l’avessi a morte con tuo zio ».
« Non fino a questo punto »
ribatté Narcissa freddamente.
Rabastan continuava a fissare il
vino nel calice di cristallo che Dobby gli aveva servito.
« Non capisco cosa ti aspetti da
me. Se pensi che sia più caritatevole di mio fratello, ti
sbagli di grosso ».
« Lo so bene » disse Narcissa,
perfettamente calma. « Ma so anche che dovete più
di un favore a Lucius. Vi ha
salvati parecchie volte in cui avete rischiato di essere incriminati e
arrestati. Quindi… »
Rabastan sbuffò con sarcasmo.
« Voi Black non vi smentite mai,
eh? Non vi si può dire di no ».
« Esattamente ».
« Tua cugina è un mito »
commentò Rachel, sollevata.
Regulus si lasciò sfuggire una
smorfia soddisfatta. Era sollevato di constatare che certe cose non
erano
cambiate, come la sua ammirazione per Narcissa.
« D’accordo, proverò a parlargli.
Sei contenta? » bofonchiò stancamente Rabastan.
In quel momento, il campanello
dell’ingresso suonò.
« Ah, è già arrivato » disse
Rabastan.
« Narcissa, mi sono permesso di dire ad un mio amico che mi
avrebbe trovato
qui. Abbiamo una cosa da fare per conto del Signore Oscuro,
adesso… »
« Non c’è problema. Dobby, vai ad
aprire ».
Narcissa aveva un tono teso e irritato,
anche se cercava di moderarlo il più possibile.
Udirono i passetti di Dobby
dirigersi fuori dal salotto, poi la porta che si apriva e chiudeva, e
infine
dei passi più pesanti che si avvicinavano.
« Buongiorno » salutò il nuovo
arrivato.
Nel sentire quella voce, Regulus
si sarebbe messo volentieri le mani tra i capelli se non fosse stato
paralizzato dallo shock. Si voltò solo perché
Rachel gli diede una gomitata.
« Non ti sembra di conoscere
questa voce? » sussurrò lei, seria.
« No… non mi pare » mentì
lui,
ansioso. Come poteva sperare che non la riconoscesse?
« Eppure sono sicura… »
« Che cosa fai? »
Rachel si era levata in punta di
piedi, con l’intenzione di sollevare la botola tanto quanto
bastava per vedere
a chi appartenesse quella voce familiare. Regulus le impedì
di farlo, ma fu
inutile, perché proprio in quel momento, Rabastan
parlò.
« Conosci Narcissa? È la moglie
di Lucius. Narcissa, questo è Barty Crouch, uno dei nostri
recenti acquisti ».
Rachel si immobilizzò. Regulus in
quel momento avrebbe voluto imprecare in tutte le lingue del mondo.
« Mi hanno parlato tutti molto
bene di te » stava dicendo Narcissa.
« Davvero? » fece Barty, senza
riuscire a nascondere la propria soddisfazione.
« Sì ma non ti montare troppo la
testa, ne hai di strada da fare prima di raggiungere il mio livello. Io
ho
dovuto guadagnarmi a caro prezzo la fiducia del Signore Oscuro
» gli rispose
Rabastan.
« Mi sto dando da fare anche io »
replicò Barty in tono di sfida.
« Mi sembra il minimo… Sei in
anticipo o dobbiamo già andare? »
« Sono in orario. Mi dispiace di
avervi interrotti » rispose il ragazzo.
« Allora andiamo. Perdonami,
Narcissa. E per quella cosa di cui parlavamo prima, non angustiarti
troppo. Ci
penso io ».
« Grazie, Rabastan ».
Una poltrona strusciò contro il
pavimento di marmo. Dobby e Narcissa accompagnarono i due Mangiamorte
alla
porta, finché le chiacchiere non si spensero e la porta non
si fu richiusa.
Improvvisamente immerso nel
silenzio, Regulus si azzardò a lanciare
un’occhiata a Rachel. Era pallida e
aveva un’espressione colma di incredulità e
delusione.
« Dobbiamo andarcene » le
sussurrò, cercando di farla tornare in sé.
« Reg, ma… com’è possibile?
»
Lo stava guardando con
un’espressione quasi supplichevole, come se gli stesse
chiedendo di smentire
quello che aveva appena sentito.
« Ne parleremo quando saremo
fuori di qui. Avanti ».
Lei cambiò d’un tratto
atteggiamento. Ora lo fissava dritto negli occhi, con aria sospettosa.
Regulus distolse lo sguardo,
impacciato. Dentro di sé aveva sempre saputo che prima o poi
quel momento sarebbe
arrivato, ma quella non era la situazione migliore per affrontare
l’argomento.
« Per favore, andiamo ».
Rachel non disse nulla e si
chiuse in un silenzio cupo e ostile.
Regulus cercò di non farci caso:
ora dovevano solo trovare il modo di uscire dalla botola e dal maniero
senza
essere visti.
Si assicurò che Narcissa fosse
tornata al piano di sopra, prima di aprire la botola e issarsi su. Una
volta
nel salotto, si sporse e tese la mano a Rachel, per aiutarla a salire.
Lei esitò, ma alla fine gli
afferrò la mano e si fece aiutare, ma si rifiutò
di guardarlo. Lui non capiva
se fosse più triste, delusa o arrabbiata, e decise che al
momento preferiva non
saperlo.
Si diresse con prudenza verso la
finestra e la scavalcò, ritrovandosi nel giardino.
Guardò in alto: ormai era
quasi il tramonto. Quando porse il braccio alla ragazza per aiutarla di
nuovo,
lei stavolta lo ignorò e atterrò
sull’erba da sola, senza darsi troppo da fare
per evitare di pestargli un piede.
Lottando contro le lacrime che
gli erano sorte spontanee per il dolore, Regulus la seguì
attraverso il
sentiero che costeggiava la siepe, in direzione del cancello,
lanciandosi ogni
tanto degli sguardi all’indietro per assicurarsi che Narcissa
non si
affacciasse a qualche finestra.
Non ebbero problemi ad uscire.
Dal cancello non sarebbero mai passati, così fecero un buco
nella siepe e si
ritrovarono fuori dalla proprietà dei Malfoy.
Quando si Materializzarono nelle
vicinanze di casa Queen, nonostante la loro impresa avesse avuto un
successo
insperato, il loro morale era sottoterra. E Regulus immaginava che di
lì a
qualche secondo il mutismo di Rachel si sarebbe concluso.
Infatti…
« Tu lo sapevi ».
Non era una domanda ma
un’affermazione.
« È per questo che mi avevi detto
di non fidarmi di lui. Lo sai da un sacco di tempo! Perché
non me l’hai detto?
»
Regulus esitò. Sapeva che ormai
mentirle non sarebbe servito a niente, ma non aveva idea di cosa
risponderle.
« Io non… »
« E non provare a dire che ti era
sfuggito di mente. È una cosa troppo grossa per essere
dimenticata » lo
anticipò. Poi aggiunse: « Pensavo che la avessi
fatta finita con le bugie ».
« Nemmeno tu mi racconti mai
cosa combini con quelli dell’Ordine »
ribatté Regulus, improvvisamente
irritato.
« Questo cosa c’entra? Non ti
nasconderei mai una cosa che potrebbe… riguardarti
» esordì lei, ma mentre lo
diceva il suo tono perse convinzione sempre di più,
finché non tacque del
tutto, mordendosi il labbro.
« Visto? Anche tu sicuramente mi
nascondi qualcosa di grosso » la rimbeccò Regulus
che, anche se non sapeva
nulla sulla licantropia di Lupin, aveva notato il cambio di tono della
ragazza.
« Se sono stato zitto finora è per un motivo
valido. L’ho fatto solo per te e
per non farti correre rischi ».
« Sì ma alla fine ero più a
rischio quando non sapevo nulla e potevo farmi sfuggire qualcosa che
avrebbe
messo te in pericolo! »
Regulus sbottò.
« Può darsi che io abbia
sbagliato, però tu smettila di sfogarti su di me solo
perché ci sei rimasta
male ma non puoi prendertela con lui! »
Rachel tacque, colpita.
La vide voltargli le spalle e per
un folle istante gli parve di rivivere il momento in cui, mesi prima,
le aveva
confessato di essere un Mangiamorte e lei lo aveva lasciato: si
trovavano nello
stesso posto e lei aveva appena compiuto lo stesso gesto.
Ma quando la raggiunse, si
accorse che Rachel stava versando lacrime di rabbia.
« È proprio un bastardo! »
singhiozzò. « Non… non mi sarei mai
aspettata una cosa del genere… Non riesco a
crederci… »
Lui le posò una mano sulla
spalla, cercando di consolarla.
« E continuava a fare l’amico! È
venuto anche qui a casa dopo la tua scomparsa… Pensavo che
fosse disperato come
me, e invece forse voleva solo sapere se mi avessi detto qualcosa su di
lui! »
« Lo so… »
« Ma come ha fatto a diventare
così? Io non credevo che sarebbe arrivato a questo punto!
»
« Il Signore Oscuro sa giocare
bene le sue carte. Ha conquistato la sua fiducia. Però
è Barty che è cambiato
da solo, il Signore Oscuro c’entra relativamente.
È diventato più crudele di
quanto avrei mai immaginato ».
Rachel tirò su col naso.
« Da quando è un Mangiamorte? »
« Dalla fine della scuola, anche
se ci pensava già dall’ultimo anno ».
« Questo spiega molte cose… »
Si asciugò gli occhi.
« Scusa se me la sono presa con
te. Sono sconvolta… »
« Non preoccuparti. Ti assicuro
che volevo dirtelo, ma… »
Rachel si voltò a guardarlo, gli
occhi lucidi.
« Cosa? »
« Ecco… magari ti sembrerà
un’idea
stupida, ma non volevo tradirlo finché non fosse stato
necessario » confessò
Regulus, sentendosi a disagio. « Era mio amico. Riesci a
capirmi? »
Lei annuì, cupa.
« Non è un’idea stupida, anche se
lui non si merita tutta questa lealtà »
mormorò con amarezza.
Regulus la fece voltare.
« Lo so che è difficile, ma per
il momento pensa a quello che siamo riusciti a fare. Abbiamo abbastanza
ingredienti per creare una pozione abbastanza potente da eliminare gli
Horcrux,
e abbiamo il diario, per non parlare del medaglione. Ci manca solo
qualcosa con
cui distruggerli e ne avremo già eliminati due ».
Rachel abbozzò un sorriso molto
stirato.
« Hai ragione » rispose, cercando
di calmarsi. « Ah, Reg? »
« Cosa c’è? »
« Scusa anche per averti pestato il piede ».
« Non importa. Però la prossima
volta non metterti queste scarpe, fanno male ».
« La prossima volta riserverò
loro un utilizzo migliore » affermò lei con un
tono inquietante.
« Cioè? »
« Le userò per prendere Barty a
calci finché non riuscirà più a stare
seduto per un mese ».
« Ora sì che ti riconosco »
concluse lui.
*Angolo
autrice*
Siamo arrivati
all’ultimo capitolo prima della pausa estiva. =(
Non pensavo di riuscire a pubblicare prima del previsto, ma quando
l'ispirazione chiama, è meglio darle retta! All'inizio
volevo
rendere il finale un po' più movimentato, magari farli
scoprire
da qualcuno e poi modificargli la memoria... però alla fine
ho
deciso che sarebbe stato troppo. Non mi va di fare un minestrone, e in
questo capitolo ho già trattato parecchi argomenti, direi
che
basta così.
Dei vari ingredienti citati, alcuni sono frutto della zia Jo, altri
invece li ho ricavati da vari siti. Non voglio anticipare troppo
perché la spiegazione ci sarà nel prossimo
capitolo, ma
ho "studiato" le proprietà dei vari ingredienti in modo da
creare un filtro potenzialmente efficace. E' stato fortissimo, era come
sentirsi a Hogwarts! *-*
E come al solito ringrazio Circe per i suoi utilissimi consigli! Se non
ci fossi bisognerebbe inventarti! xD
E' arrivato il momento dei saluti! ç__ç
Non so ancora quando ricomincerò a pubblicare il prossimo
capitolo, ma penso che per
la metà di settembre potrete leggerlo.
Cercherò di avvisarvi in qualche modo, tramite Efp e
Facebook, come al solito!
Le risposte alle recensioni per questo capitolo arriveranno un po' a
rilento perché ormai sono segregata tra i libri fino a
inizio
luglio, ma conto di rispondere almeno ad una persona al giorno! xD
Detto questo, posso concludere le mie infinite chiacchiere e augurarvi
buone vacanze!
Arrivederci a metà settembre!
Julia
=)
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Capitolo 27 *** Amicizie tradite ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 27
Amicizie tradite
Quando
Lucius si fu
Smaterializzato, lasciandolo completamente solo in mezzo a quel
vicolo sporco e buio, l'unica cosa che Peter continuava ad avere
davanti agli occhi era l'espressione di trionfo del Mangiamorte nel
vederlo cedere così facilmente.
Il ragazzo si morse il
labbro a sangue, come se il dolore fisico potesse in qualche modo
attenuare i sensi di colpa che lo affliggevano. Ma c'era poco da
fare: continuava a vergognarsi di se stesso e della propria
vigliaccheria. Perché non riusciva ad essere coraggioso come
gli
altri?
In quel momento un rumore
di passi lo fece rabbrividire. I posti in cui i Mangiamorte gli
chiedevano di incontrarsi per avere notizie sui piani dell'Ordine
della Fenice erano tutti luoghi malfamati e frequentati da gente
simile a quella che infestava Notturn Alley. Così,
desideroso di
sparire al più presto da quel luogo, Peter si
Smaterializzò a sua
volta.
« Ahia! » si lamentò
quando si accorse di essere riapparso nel bel mezzo di un cespuglio
di rovi. Doveva ancora esercitarsi nella Materializzazione; non era
molto bravo a centrare il punto esatto in cui voleva trasportarsi.
Uscì dal cespuglio
piuttosto malconcio, con le braccia e il viso graffiato, ma non ci
fece molto caso. Aveva rivelato più di quanto avrebbe
voluto,
pensava mentre si incamminava lungo i vialetti di un quartiere
periferico di Londra. Eppure prima di presentarsi da Malfoy si era
ripromesso di dire quel poco che bastava, senza mettere in pericolo
gli altri. Ma una volta di fronte al Mangiamorte, il terrore lo aveva
invaso, e non era riuscito ad arrestarsi mentre rivelava per filo e
per segno tutto il piano che l'Ordine aveva ideato per tenere sotto
controllo il Ministero della Magia. Non gli rimaneva che sperare che
Malocchio, Edgar e Dorcas, i più coinvolti su quel fronte,
non ci
rimettessero la pelle per colpa sua.
Gli sfuggì un singhiozzo
di frustrazione. Peter immaginò di essere stravolto e bianco
come un
lenzuolo, perché un paio di Babbani che incrociò
lanciarono
un'occhiata perplessa alla sua espressione terrorizzata.
L'unica cosa che avrebbe
voluto in quel momento era di tornare a casa, chiudersi dentro e non
riemergere più per almeno una settimana. E invece non gli
era
concesso.
Si infilò le mani nelle
tasche, toccando il biglietto scarabocchiato che quella mattina gli
era stato recapitato dal barbagianni di James.
Illustre Messer
Codaliscia,
Vi scrivo per
rammentarVi del fenomeno lunare che si verificherà domani
notte.
Pertanto, dal momento che il nostro compare Lunastorta deve riferirci
luogo e ora, questo pomeriggio abbiamo indetto una riunione per
stabilire il da farsi.
L'appuntamento si
terrà alle ore sei, nella
cuccia
dimora
di Messer Felpato.
Vi porgo i miei
ossequi più sinceri nella speranza di vederVi presto.
Messer
Ramoso
In
basso, con una grafia diversa, erano state aggiunte alcune righe.
P.S. Quel genio
di Ramoso ha impiegato due ore solo per
scrivere queste due righe. E se te lo stai chiedendo, è
perfettamente sobrio, ma la cosa non fa alcuna differenza, come ben
sai. Ricordiamoci che quest'uomo presto sarà padre.
P.P.S. Mi raccomando
Codaliscia, sii puntuale e non perderti di nuovo!
Felpato
(quello
col
cervello a posto)
Peter per un attimo non
trattenne un sorrisetto divertito, poi però tornò
ad incupirsi. In
realtà lui sapeva benissimo dove abitava Sirius, non si era
mai
perso per arrivarci. Ma la volta precedente era arrivato tardi
perché
i Mangiamorte lo avevano trattenuto, così aveva dovuto
inventare
quella scusa.
Non sapeva come quella
volta aveva potuto vedere i suoi amici subito dopo essere stato messo
sotto torchio e costretto a parlare, né sapeva come avrebbe
fatto
quel pomeriggio. Temeva che gli altri tre sarebbero stati capaci di
leggergli direttamente negli occhi il suo tradimento. Certo,
ultimamente aveva scoperto di essere più bravo a mentire di
quanto
credesse, ma la paura non lo lasciava mai in pace.
Fu con il cuore in gola
che bussò alla porta della casa di Sirius. Sempre con un
groppo in
gola, rispose alle domande che Sirius gli fece prima di aprirgli la
porta e guardarlo con un'espressione perplessa.
« Peter, che hai
combinato in faccia? Ah no, ci sono. Sei atterrato sul solito
cespuglio di rovi, giusto? »
« Già » rispose lui,
sforzandosi di ridere insieme all'amico.
« Ciao Peter, mancavi
solo tu! Allora, ti è piaciuta la mia lettera? »
lo salutò James
quando entrarono nel salotto.
« Sì, molto... Anche se
ho sempre pensato che quello col cervello a posto fosse Remus
»
scherzò Peter, stupendosi di riuscire a far finta di nulla.
« Lo credevo anche io,
ma purtroppo ho a che fare con ladri di identità »
replicò il
diretto interessato, scuotendo la testa.
Peter notò il pallore
del suo volto e le occhiaie, tipico sintomo della prossimità
della
luna piena.
« Allora, cosa abbiamo
deciso? Ci intrufoliamo nella Stamberga Strillante passando
direttamente da Hogsmeade? » chiese, cercando di distogliere
l'attenzione da sé.
« Veramente no, è per
questo che vorrei parlarvi » disse Remus.
Tutti e quattro si
sedettero intorno ad un tavolo rettangolare e un po' sbilenco.
« Vi ho già parlato di
Tim, quel bambino del branco con cui ho fatto amicizia »
esordì
Remus. Peter lo ascoltò attentamente. Sapeva che quel
bambino aveva
scoperto il doppio gioco di Remus, ma aveva deciso di stare dalla sua
parte e non raccontare nulla a Greyback. « Ho deciso di
tirarlo
fuori dal branco. Lui al momento non vuole, ma perché
è convinto
che vivere insieme agli altri lupi mannari sia l'unica vita
possibile. Io invece vorrei che capisse che c'è anche
dell'altro,
che può vivere meglio di così ».
« Bravo Lunastorta, così
si fa » sorrise James, dandogli una pacca sulla spalla.
« Siamo stati dei bravi
insegnanti » si vantò Sirius. «
Però non capisco cosa c'entra
questo con la luna piena di domani ».
Remus si schiarì la voce
prima di rispondere.
« Ecco, il fatto è che
vorrei fargli vedere come tutti voi mi siete vicini. Nelle notti di
luna piena Greyback e gli adulti più fedeli vanno a caccia
di altre
vittime, lasciano i piccoli liberi di scorrazzare per la foresta,
quindi io resto con Tim. E pensavo che voi potreste venire con me,
domani... sempre se volete. Non siete costretti ».
Peter sgranò gli occhi e
rabbrividì. Remus era forse impazzito? Finché
erano tre Animagi con
un lupo mannaro, il pericolo era molto ridotto, ma vagare nella
foresta con l'intero branco di Greyback che poteva tornare da un
momento all'altro era una follia.
I suoi occhietti acquosi
si spostarono da Sirius a James, speranzosi. Era evidente che anche
loro fossero stati sfiorati dagli stessi pensieri, e sperava che
avessero il buonsenso di farglielo notare.
« Scherzi? Sarà una
spasso! » esclamò invece James. A Peter parve di
sprofondare fino
al centro della terra.
« Ramoso, prendila
seriamente » lo ammonì Remus. « Vi sto
chiedendo di correre un
rischio maggiore del solito ».
« Lo sai che il rischio
è il mio mestiere » lo liquidò lui con
un gesto della mano. «
Sarà divertente, vedrai ».
Peter lanciò un'occhiata
intimorita a Sirius, anche se sapeva che fosse una battaglia persa in
partenza. E infatti...
« Ci sto! In fondo è
per una buona causa. E in fondo Tim non ha neanche dieci anni, non
sarà un lupo mannaro grosso come te. Possiamo trattenerlo
senza
problemi ».
Loro possono
trattenerlo, io verrò ridotto in poltiglia, non
poté fare a
meno di pensare Peter, terrorizzato.
« Tu che ne dici,
Codaliscia? » chiese Remus alla fine.
Peter sobbalzò,
imbarazzato.
Avrebbe voluto dire
quello che pensava, che era troppo rischioso. Ma si vergognava di
fronte agli altri, che erano sempre molto più coraggiosi di
lui.
Quindi non protestò.
« Per me va bene »
mentì, depresso.
***
Rachel aprì il cassetto
e prese la fotografia, anche se con una certa riluttanza. Ignorando
Attila che giocava a muovere il quadro appeso alla parete con una
zampa, si concentrò sulla foto che teneva in mano.
Sette giocatori di
Quidditch, con le uniformi verde e argento della loro Casa,
guardavano in direzione dell’obiettivo, le espressioni
entusiaste
che ogni tanto andavano ad ammirare il trofeo nelle mani di Regulus,
seduto in prima fila. La vittoria della Coppa del Quidditch
all’ultimo anno era uno degli ultimi ricordi felici che aveva
di
Hogwarts, ma all’epoca non si rendeva conto di quello che
sarebbe
successo di lì a qualche mese, e di cosa stava
già succedendo.
Barty sembrava contento
come tutti gli altri. Niente nella sua espressione lasciava
trasparire quello che nascondeva, l’enorme cambiamento che
aveva
subito.
Era sempre stato bravo a
recitare, ma Rachel non se ne era mai resa davvero conto. A dire il
vero, ancora non riusciva a credere a quello che lei stessa aveva
sentito con le proprie orecchie. Le sembrava tutto così
assurdo.
Come aveva potuto
ingannare tutti così? Si sentiva presa in giro e tradita.
Erano
stati amici, un tempo, e fino a un paio di giorni prima, lei aveva
creduto che lo fossero ancora. Ma poi si era resa conto di quello che
Barty aveva fatto e sarebbe stato capace di fare.
Probabilmente, se avesse
scoperto che lei sapeva, non si sarebbe fatto troppi scrupoli e la
avrebbe uccisa. O per lo meno la avrebbe fatta uccidere da altri
Mangiamorte, nel caso in cui gli fosse rimasto un briciolo di
coscienza.
Barty ormai era fedele
solo a Voldemort. Aveva voltato le spalle anche a Regulus per lui, lo
avrebbe tradito, a dispetto della loro presunta amicizia.
Amicizia.
Quella parola stava
iniziando a perdere significato.
Forse la loro non era mai
esistita. Erano stati semplicemente compagni di Casa a Hogwarts,
niente di più. E lei era stata talmente ingenua da
affezionarsi così
tanto che ora faceva male come una pugnalata.
Ma non avrebbe più
commesso gli stessi errori. Poteva fidarsi ciecamente di poche
persone. Riguardo a tutti gli altri, invece, doveva sforzarsi di
essere più diffidente. In quel momento si sentì
molto vicina a
Malocchio quando affermava che non ci si potesse fidare più
di
nessuno.
Quanto a Barty, gliela
avrebbe fatta pagare cara.
CRASH!
Un rumore improvviso la
fece sobbalzare, e con la coda dell’occhio vide la sagoma di
Attila
che schizzava fuori dalla stanza alla velocità della luce,
come se
fosse rincorso da un mastino famelico.
Il quadro con cui il
gatto aveva giocato fino a quel momento si era staccato dalla parete,
cadendo a terra, e la cornice si era rotta.
Rachel lanciò
un’esclamazione esasperata, posò la foto della
squadra di
Quidditch e si chinò a raccogliere i cocci.
Intanto Attila si era
affacciato alla porta della stanza, guardandosi intorno con cautela e
un’espressione innocente.
« Guarda che ti ho visto
» gli sibilò la ragazza, mentre sopraggiungeva
Diane.
« Che succede? »
« Niente di nuovo. Va
tutto bene » rispose Rachel, aggiustando la cornice con un Reparo
e riappendendola al muro.
« Rachel, per caso sai
che fine hanno fatto le erbe che avevo nel ripostiglio degli
ingredienti? » domandò la donna. « Ne
sono sparite un po’, e non
capisco come mai ».
Lei si irrigidì.
« Ehm, no… non ne ho
idea » mentì. « Forse le ha mangiate
Attila » aggiunse, lanciando
al gatto un’occhiata vendicativa.
Quello miagolò in
risposta, come indispettito.
Diane non parve molto
convinta, ma non fece obiezioni.
Quando la vide
allontanarsi, Rachel infilò meccanicamente la mano nella
tasca, che
aveva riempito di ingredienti che sarebbero serviti per preparare il
filtro per gli Horcrux. Rivedere la foto della squadra le aveva fatto
quasi dimenticare quello che doveva fare, pensò con
fastidio.
Quella notte, dopo
essersi assicurata che i suoi genitori si fossero addormentati,
Rachel sgusciò fuori al letto, indossò il
mantello e, cercando di
non svegliare Attila, uscì dalla sua stanza e si diresse
verso il
retro della casa.
Per lei non fu una
sorpresa vedere Regulus seduto in giardino, in mezzo ad un gruppo di
alberi, circondato da ben tre calderoni fumanti. Per non destare
sospetti e curiosità nei Queen, i due ragazzi potevano
lavorare alla
pozione soltanto di notte, e per di più fuori dalla casa,
anche se
si trovavano appena ad inizio marzo e la temperatura era ancora molto
bassa. Ma avrebbero dovuto lavorare di notte in ogni caso: per la
preparazione di certi ingredienti era necessaria la presenza della
luna piena.
« Eccomi » sussurrò
Rachel, raggiungendolo.
Regulus era piuttosto
stanco. Tuttavia, quando la vide si rianimò.
« Hai trovato quello che
serviva? » le chiese.
« Ecco qua: erica,
lavanda e artemisia » rispose lei, porgendogli gli
ingredienti e
sedendosi accanto a lui per guardare all’interno dei tre
calderoni.
Quello più piccolo conteneva un liquido rosso scuro, il
più grande
una strana mistura marrone, e quello medio un filtro verde chiaro.
Regulus posò le erbe sul
tavolo, tranne l’erica, che sminuzzò e aggiunse
nel liquido rosso.
« Sono delle pozioni
diverse da quella che stavi facendo ieri… »
notò lei.
« Quella non funzionava.
Ma ora credo di aver capito come fare ».
« Cos’hai in mente? »
« Non so ancora se
funzionerà » disse lui, continuando a tenere
d’occhio le tre
pozioni. « Per distruggere gli Horcrux abbiamo bisogno di due
cose:
un’arma che lo rompa e una sostanza abbastanza potente da
sciogliere i legami tra il frammento di anima e l’oggetto in
cui
risiede. Di solito basterebbe del veleno di Basilisco, ma è
talmente
raro che non lo abbiamo trovato neanche nelle riserve dei Malfoy.
Perciò ho pensato di creare un filtro composto da tanti
veleni e
sostanze diverse ».
« E pensi che basti? »
« Se presi
singolarmente, non sarebbero sufficienti a distruggere
l’Horcrux,
ma le loro proprietà magiche combinate insieme potrebbero
essere
abbastanza potenti. Però dobbiamo fare attenzione,
perché alcune
sostanze ne neutralizzano altre, oppure provocano incidenti gravi
».
« Ah, allora è meglio
che io non ci metta le mani. Potrei far esplodere tutto »
scherzò
lei, ma Regulus sembrava essere d’accordo, perché
non la smentì
né fece commenti, limitandosi a schiarirsi la voce con aria
imbarazzata.
« Grazie… » sibilò
lei a denti stretti. « Comunque, come mai ci sono tre
calderoni? »
« Preferisco tenerli
separati, per ora. La mia è solo una teoria, però
ho pensato che
per annientare un Horcrux servono non soltanto veleni potenti, ma
anche qualche altro ingrediente. Per esempio, sarebbe meglio
potenziare l’arma che distruggerà gli Horcrux
».
Indicò il calderone più
piccolo.
« Uno dei dodici usi del
sangue di drago consiste nel rendere più forti e resistenti
certi
oggetti magici, mentre l’erica ne potenzia le
proprietà. Questo
perché gli Horcrux oppongono resistenza, e ci vuole
un’arma che
non ceda subito. Per i veleni ho usato quello di Acromantula,
l’artiglio del diavolo, il liquido di Bundimun e il fluido
che si
trova nel corno degli Erumpent, che corroderanno o faranno esplodere
il contenitore del frammento di anima. Sono ancora indeciso se
aggiungere rami di tasso o soltanto la loro linfa, non vorrei
sbagliare… Quanto all’ultimo calderone, mirra,
lavanda, artemisia
e agrifoglio sono tutte sostanze che purificano. Contro un
incantesimo oscuro come l’Horcrux potrebbero tornare utili.
»
Rachel tacque per qualche
istante, ammirata.
« E hai pensato tutto da
solo? »
« Credo di essermi
informato abbastanza sugli Horcrux… e comunque non
è detto che
funzioni, anche se lo spero » commentò lui, con
un’espressione
compiaciuta.
« E quell’asfodelo? »
chiese ancora Rachel, indicando un fiore bianco a sei petali.
« Non so, è una cosa
che mi è venuta in mente all’improvviso. Non
abbiamo mai provato a
distruggere un Horcrux, e mi chiedo se il frammento di anima sarebbe
capace di scappare e rifugiarsi da qualche altra parte…
Così,
questa potrebbe essere la soluzione. L’asfodelo è
utilizzato nel
Distillato della Morte Vivente perché è sempre
stato associato alla
morte e agli spiriti. Quindi potrebbe legarsi al frammento di anima e
impedire che questo fugga. Che te ne pare? »
« Penso che sia un
ottimo piano. Davvero, al posto tuo non avrei saputo da dove
cominciare. Vorrei solo essere un po’ più utile di
così »
commentò lei, pensierosa. « Senti, io non sono mai
stata molto
brava nella preparazione di pozioni, però posso provare
qualche
incantesimo che potenzi gli effetti dell’arma o della
pozione…
sempre se serve. »
« Sarebbe magnifico. »
Rachel fece un sorriso,
emozionata. Non poteva credere che si stessero avvicinando sempre
più
al momento della distruzione degli Horcrux che avevano recuperato.
Mancava solo…
« L’arma. Dovremo
cercarne una adatta, vero? »
Regulus annuì.
« Dubito che un pugnale
qualunque possa servire. Ci serve un’arma magica. »
« Gli unici che riescono
a costruire armi potenti sono i goblin » disse Rachel,
pensierosa. «
E ora che ci penso, mi sembra di ricordare che il loro argento possa
assorbire solo ciò che lo rafforza. Farebbe davvero al caso
nostro…
»
« Già, peccato che i
goblin non sono creature facili con cui trattare » disse
Regulus,
cupo.
« Mio padre lavora alla
Gringott, deve essersi fatto amico qualcuno di loro… ok,
proprio
amico no, ma forse potrebbe combinare qualcosa. »
Regulus tacque. Sembrava
sovrappensiero.
« Vuoi davvero
coinvolgerlo? »
« Bè… non abbiamo
molte alternative. E al momento non possiamo nemmeno contare su
Silente: sta studiando il diario e sta cercando di far uscire di
prigione Orfin, dopo aver scoperto la verità
sull’omicidio dei
Riddle. Poi aveva anche detto che sarebbe andato nella vecchia casa
dei Gaunt, quindi dobbiamo fare da soli. E a meno che tu non abbia un
servizio di coltelli in argento di goblin… »
« La mia famiglia ha un
servizio di piatti d’argento fatti dai goblin…
» commentò lui
senza motivo, con un tono nostalgico. « Ma non ci sarebbe
utile »
aggiunse subito dopo.
« Comunque non gli direi
nulla di importante. Potrei chiedergli di comprare da parte mia un
pugnale che voglio regalare a qualcuno, così non ci
sarebbero
problemi. »
« Un pugnale non è un
regalo che si fa tutti i giorni… tanto meno a chiunque. E
l’argento
dei goblin è molto caro… Sei sicura di non
possederlo già? La
prima volta che sono venuto qui ho visto che avete parecchi oggetti
preziosi. »
« Sì, ma ti ho anche
detto che molti li avremmo dati via. Lo Specchio delle Brame lo
abbiamo venduto, così come molte altre cose…
Però hai ragione,
dovrei provare a vedere se c’è qualche arma
d’argento. Domani
mattina lo farò. »
Regulus annuì. Prese un
ramo di tasso e lo tagliò, spremendolo per far uscire la
linfa, che
aggiunse al calderone più grande. La pozione
ribollì per alcuni
secondi, fino a che non assunse un colore verde più
brillante.
Dall’alto di qualche
albero si levò all’improvviso il verso di un gufo,
e Rachel si
strinse nel mantello, rabbrividendo a causa della folata di vento
gelido.
Regulus lo notò.
« Torna dentro, posso
continuare da solo. »
« No, non ho sonno »
mentì lei, reprimendo i brividi.
Non aveva nessuna voglia
di stare sola. Finché cercava di aiutare Regulus con la
pozione,
riusciva a distrarsi. Tornare nella sua stanza invece la avrebbe
inevitabilmente costretta a pensare alle vicende più
recenti.
Si sporse per regolare le
fiamme dei calderoni, mentre Regulus cercava di leggere i propri
appunti alla luce della bacchetta. Dopo un po’ tuttavia le
rivolse
un’occhiata perplessa.
« Qualcosa non va? »
chiese.
Rachel sospirò,
rassegnata. Non c’era verso di mascherare la propria
espressione
cupa.
« Il solito. Non riesco
a non pensarci. Oggi pomeriggio mi sono tornati in mente i tempi
della scuola. Certe volte vorrei tornare al primo anno. La guerra non
ci riguardava ancora, e pensavamo solo a sopravvivere agli
esami… e
a Pix. »
Lui esibì un sorriso
forzato, ma non sembrava disposto ad assecondarla, non questa volta.
« È inutile parlarne. »
« Lo so, ma a lavoro
incontrerò sicuramente Barty, e non so come potrei reagire.
»
« Non devi reagire. Devi
comportarti esattamente come hai sempre fatto »
tagliò corto lui,
laconico.
Smise di guardarla e
tornò a controllare le pozioni, senza aggiungere altro.
Rachel si stupì di
quella freddezza. Sembrava che non gli importasse nulla del
tradimento di Barty, ma questo non aveva senso. Aveva evitato di
dirlo proprio per fedeltà al suo amico. Come mai adesso non
ne
voleva parlare?
Forse ne soffre più
di quanto voglia far sembrare. Non sarebbe da lui
mostrarsi
troppo ferito.
Regulus aveva cercato di
mostrarsi impassibile anche quando suo fratello era scappato di casa,
e a maggior ragione lo avrebbe fatto per uno che non aveva il suo
stesso sangue.
Ma probabilmente c’era
anche di più.
Lo guardò
ancora. Da quando aveva abbandonato i Mangiamorte, aveva fatto di
tutto pur di rimediare. Era arrivato al punto di morire pur di
riscattarsi, e ancora adesso continuava a lavorare
all’obiettivo
degli Horcrux senza fermarsi mai. Quindi era altamente probabile che
si rimproverasse anche per essere stato l’intermediario tra
Barty e
Voldemort, e che non avesse alcuna voglia di parlarne.
Perciò, anche se lei ne
soffriva e avrebbe voluto sfogarsi con qualcuno, evitò di
insistere
e rivolse lo sguardo in alto.
Attraverso le chiome
degli alberi che li sovrastavano, riusciva a scorgere il disco
lunare, che illuminava debolmente il prato. Era la prima notte serena
da mesi. Regulus però non se la godeva: era talmente preso
dalla
pozione che non ci aveva neanche fatto caso. Andava bene impegnarsi,
ma stava iniziando a non pensare ad altro. Anche in quel momento, in
cui avrebbero dovuto attendere alcuni minuti affinché i
filtri
bollissero, continuava a controllarli ogni due secondi.
Con un gesto istintivo,
Rachel fece per stringergli la mano, avvicinandosi a lui. Ma Regulus
non le fece caso, e spostò la mano per andare a mescolare in
uno dei
calderoni.
Le narici di lei
avrebbero potuto emettere fumo, ma Rachel fece finta di niente.
Ignaro, Regulus smise di
lavorare alla pozione al centro e si voltò a guardarla.
« Dove hai detto che
sarebbe andato, Silente? »
Lei aggrottò la fronte,
sforzandosi di ricordare.
« Nella vecchia casa in
cui vivevano i Gaunt. Perché? »
« Credevo che ci fosse
già stato dopo aver parlato con i Babbani di Little
Hangleton.
Perché ora vuole tornarci? »
Lei alzò le spalle,
seccata.
« Forse ha dimenticato
di controllare da qualche parte. Oppure Orfin gli ha detto qualcosa
di importante… non ne ho idea. »
Regulus sembrava
pensieroso, ma non aggiunse altro.
***
In quello stesso momento,
a diversi chilometri di distanza, Albus Silente si rialzava dal
pavimento coperto da uno spesso strato di polvere e calcinacci,
fissando con un moto di emozione, reverenza e timore al tempo stesso,
l’oggetto che aveva appena estratto da un nascondiglio sotto
una
mattonella.
Era un anello d’oro,
con una pietra nera incastonata.
Nonostante la poca luce,
non poté non riconoscere il simbolo che vi era inciso sopra:
una
linea e un cerchio inscritti in un triangolo.
La consapevolezza lo fece
quasi vacillare.
Aveva appena trovato la
Pietra della Resurrezione.
Ben ritrovati a tutti! *abbraccia
calorosamente*
Spero che abbiate
passato delle buone vacanze, che il rientro a scuola sia andato bene (o
che comunque abbiate superato lo shock xD) e che abbiate superato i
vari esami. Quanto mi è
mancato pubblicare! *-*
Durante
quest'estate ho scritto molto. La trama ormai ha un senso
compiuto e ormai so come e in che momento della saga finirà
questa storia, almeno in teoria. Devo
ancora
gestire qualche sottotrama, ma per il resto è fatta, devo
solo scrivere e fare quache collegamento! E soprattutto, fare questa
pausa è stato utile perché ho ritrovato un nuovo
slancio, visto che prima con tutto lo stress da esami che avevo non
avevo neanche la forza di pensare a cosa far succedere nel capitolo da
scrivere. Ora che devo aspettare l'inizio delle lezioni, conto di
scrivere ancora parecchio.
Passando al
capitolo di oggi, comincio subito dalla pozione. Spero che
la spiegazione data da Regulus sia stata abbastanza chiara. I vari usi
degli ingredienti li ho trovati qua e là. Quelli made in
Rowling
sul Lexicon e nel libro "Gli animali fantastici dove trovarli", tranne
uno dei 12 usi del sangue di drago: visto che non
sono tutti conosciuti, ne ho inventato uno... anche perché
dai,
ci si aspetterebbe di meglio di uno sgrassatore per forni (l'ha detto
la Rowling...).
Gli altri li ho trovati su vari siti (e ringrazio Bella per tutto
l'aiuto da esperta che mi ha dato! Se non ci fossi bisognerebbe
inventarti!) L'asfodelo è stata un'idea mia, anche se
è vero che viene associato alla morte, ecc. Magari non ha
senso
ma mi affascinava l'idea di inserirlo, in questo mi sono presa una
libertà. ^^ È stato
divertente improvvisarmi pozionista!
Per il momento
pubblicherò ogni due
settimane. Stavolta non voglio ritrovarmi con l'acqua alla gola, anche
perché la fretta comprometterebbe tutto, e non mi va (sono
in una fase importante della storia).
Perciò, vi do appuntamento al 29 settembre per il prossimo
capitolo!
Alla prossima!
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Capitolo 28 *** Un incontro fortuito ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 28
Un incontro fortuito
Hogsmeade
era come la
ricordava, solo un po’ meno affollata, perché quel
giorno non
erano previste visite da parte degli studenti di Hogwarts.
Il castello si
stagliava
in fondo, contro il cielo grigio e informe, che lasciava presagire un
violento temporale.
« Mi fa
sempre un
effetto strano rivedere Hogwarts da estranea »
commentò Dorcas,
notando che lei la stava fissando con un’espressione
nostalgica.
« Anche a
me. Mi manca
da morire. Secondo te è normale, anche se ormai non la
frequento più
da tanto? » chiese Rachel, mentre il basso fragore di un
tuono
scuoteva l’atmosfera circostante.
« Penso di
sì, ci siamo
praticamente cresciute. Io l’ho finita circa otto anni fa, e
qualche volta mi capita ancora di svegliarmi e meravigliarmi di non
essere nel mio dormitorio. »
« Non ti ho
mai chiesto
in che Casa eri. »
Dorcas la
guardò con
un’espressione divertita, mentre voltavano l’angolo
e si
incamminavano nella strada principale.
« Ero una
Corvonero. Ma
prima di essere Smistata ero indecisa con Grifondoro. »
Rachel
esibì una smorfia
disgustata, e un attimo dopo entrambe scoppiarono a ridere.
« Non sono
mai stata
amica di una Serpeverde » commentò la donna.
« Io
frequentavo sia Corvonero che Tassorosso. Grifondoro mai
però. Ora che sono nell’Ordine è
diverso. »
«
Già, ti stiamo
contaminando » sghignazzò Dorcas.
« Non
è una novità:
mia madre apparteneva alla Casa di Godric. »
« Non lo
sapevo. »
Improvvisamente Dorcas
tornò seria, quando incrociò un mago anziano che
camminava leggendo
la Gazzetta del Profeta, senza fare troppa attenzione a dove metteva
i piedi.
« Hai letto
il titolo
dell'articolo in prima pagina? » le chiese poi.
Rachel scosse la
testa.
« Pare che
abbiano
arrestato un bel po' di gente, ma probabilmente si tratta di persone
che non c'entrano nulla e che verranno rilasciate in segreto. Pensavo
che con la Bagnold le cose sarebbero cambiate, e invece il Ministero
continua a vendere fumo. »
Rachel
annuì.
« Credo che
Crouch le
stia col fiato sul collo, e deve dimostrare di aver fatto qualcosa...
Però il Ministero non può dare false speranze.
Magari molti
preferiscono credersi al sicuro, ma io non sono d'accordo. Detesto
essere presa in giro. »
« Infatti.
Si sono presi
il merito dell'arresto di Karkaroff, quando siamo stati noi a
catturarlo. Pensano di poterlo convincere a parlare, e magari ci
riusciranno anche. Ma vorrei proprio vederli alle prese con
Mangiamorte come i Lestrange. »
Rachel
rabbrividì.
« In che
senso? »
« Loro sono
diventati
Mangiamorte per convinzione, e non per opportunismo come molti altri.
Non si fermerebbero di fronte a nulla pur di servire Voldemort. Quasi
tutti gli altri invece penserebbero sempre prima al proprio
tornaconto. Non temo affatto questi ultimi, ma quelli che darebbero
la vita per Voldemort: non si lasciano minacciare e sono
incorruttibili. Ma il Ministero sembra convinto di poterli trattare
come i Mangiamorte di convenienza, con compromessi e minacce,
dimostrando di non aver capito un bel niente di questa guerra.
»
La ragazza tacque,
pensierosa, chiedendosi se Barty fosse diventato Mangiamorte solo per
moda oppure per convinzione. Da quel poco che era riuscita a capire
dagli accenni svogliati di Regulus, forse all’inizio lo aveva
fatto
solo per istinto di ribellione. Ma poi qualcosa era cambiato e
Voldemort doveva averlo letteralmente conquistato. Non sapeva come,
non sapeva perché, ma era tristemente consapevole del fatto
che
Barty fosse sulla buona strada per diventare a sua volta uno dei
Mangiamorte più fedeli. E la sua amicizia con Rabastan lo
avrebbe
fatto peggiorare sempre di più...
« A cosa
pensi? Siamo
arrivate » la chiamò Dorcas, indicando il locale
alla loro
sinistra.
« Scusa, mi
ero
distratta » bofonchiò lei, affrettandosi a
seguirla all’interno.
L’atmosfera
calda e
accogliente dei Tre Manici di Scopa fu in grado di migliorarle
l’umore. Anche se non c’erano gli studenti, il
bancone di Madama
Rosmerta era sempre molto frequentato.
« Gli altri
non sono
ancora arrivati, ma tra pochi minuti il loro turno dovrebbe finire
»
disse Dorcas.
Ordinarono due
Acquaviola
e andarono a sedersi ad un tavolo vicino alla finestra. La pioggia
aveva appena iniziato a tintinnare contro il vetro.
« Non ti ho
ancora detto
quello che siamo riuscite a scoprire dopo aver diffuso
quell’informazione falsa, pochi giorni fa » disse
Dorcas dopo un
primo sorso.
« E cosa
avete scoperto?
»
« Niente.
Non ci sono
state soffiate ai Mangiamorte, e a meno che qualcuno non abbia
intuito che la nostra fosse una trappola, tra tutti quelli che
abbiamo tenuto d’occhio non ci dovrebbe essere la spia. Di
sicuro
Remus Lupin non lo è. Si è messo troppo nei guai
anche con
Greyback, non avrebbe senso. »
Rachel
fissò il
bicchiere che aveva in mano, facendolo roteare lentamente.
« Quindi non
abbiamo
risolto molto… però sono contenta che tu la pensi
come me riguardo
a Remus. »
« Mi sarebbe
dispiaciuto
se si fosse rivelato un traditore, te l’assicuro. Ma dovevi
almeno
concedermi il beneficio del dubbio. Non possiamo fidarci per
principio. »
« Lo so, lo
so bene »
commentò Rachel, cupa.
« Ehi,
eccoci! »
esclamarono all’improvviso delle voci familiari.
Le due si voltarono,
guardando Sturgis, Fabian e Gideon affrettarsi nella loro direzione,
con aria affannata. Si sedettero con poca grazia, schizzando
goccioline di pioggia dai mantelli zuppi.
« Scusate il
ritardo.
Abbiamo appena finito di fare la ronda. C’è un
tempo orribile! »
esclamò Fabian, stirandosi in modo poco discreto.
« Ce ne
siamo accorte »
commentò Rachel, cogliendo l’occhiataccia che
Madama Rosmerta
aveva rivolto alla pozza d’acqua che si stava formando sotto
le
scarpe dei tre.
« Tergeo » fece
Dorcas, asciugando quel pantano.
« Ehm,
grazie » rispose
Sturgis, impacciato. Poi aggiunse: « Io vi proporrei di
cominciare
più tardi la ronda. Neanche i Mangiamorte avrebbero voglia
di
bagnarsi così tanto. Che ne dite di una Burrobirra?
»
L’espressione
di
rimprovero di Dorcas era eloquente, ma Rachel era d’accordo
con il
ragazzo.
« Dai,
Dorcas,
rilassati. E comunque da qui possiamo tenere d’occhio tutta
High
Street. »
« Dai retta
a lei »
aggiunse Gideon, lanciandole una smorfia ironica.
La donna
borbottò tra
sé, ma si arrese. Probabilmente nemmeno lei aveva molta
voglia di
affrontare il temporale.
Mentre Sturgis era
andato
a ordinare una Burrobirra, Rachel si rivolse ai fratelli Prewett.
« Allora,
come è andato
il parto? »
Pochi giorni prima i
due
erano usciti in fretta e furia da casa di Dedalus perché
loro
cognato aveva mandato un gufo, avvertendoli dell’imminente
nascita
di un altro nipote.
Fabian
esibì un sorriso
che gli arrivò alle orecchie.
« Benissimo!
L’hanno
chiamato Ron… »
« Veramente
si chiama
Ronald » lo corresse Gideon.
« Ron
è più simpatico.
»
« Un altro
maschio? »
fece Dorcas.
«
Già, è il sesto. A
proposito, dovrei avere una foto… »
Fabian
trafficò
all’interno della tasca, e ne estrasse una fotografia
grondante
d’acqua.
«
L’hai distrutta!
Sapevo che avrei dovuto tenerla io! » protestò
Gideon. « Affidare
qualcosa a te è come infilarlo in un tritarifiuti!
»
Rachel non aveva idea
di
cosa fosse un tritarifiuti, ma prese la foto che Fabian le porgeva,
osservando il neonato con un ciuffo di capelli rossi, avvolto in una
coperta, che dormiva succhiandosi beatamente il pollice. Ad un certo
punto, due paia di mani entravano nella visuale della fotografia e
gli lanciavano qualcosa di molto simile ad un grosso tubero animato,
suscitando i pianti disperati di Ron.
« Quelli
erano Fred e
George. Gli hanno messo uno gnomo nella culla »
spiegò Gideon.
« Ma solo
perché
volevano trovargli un amico con cui giocare » aggiunse
Fabian.
« Siete una
famiglia di
matti! » rise Dorcas, e Gideon annuì, mostrandosi
perfettamente
d’accordo.
Nel frattempo, Sturgis
era tornato, portando le Burrobirre a chi era ancora senza nulla da
bere.
« Non doveva
venire
anche Emmeline? » domandò, sedendosi di nuovo.
« Ha da fare
al corso
per Auror. Poveretta, è un po’ sotto pressione
» rispose Dorcas.
Rachel
annuì, cupa. Se
Emmeline non avesse avuto da fare, probabilmente lei sarebbe andata
in crisi per decidere se raccontarle quello che aveva scoperto su
Barty oppure no. In realtà era da tanto che non parlava
più di
quell’argomento con l’amica e non sapeva se ormai
le fosse
passata o se stesse fingendo di infischiarsene.
Quell’assenza
per lo
meno le lasciava un po’ più di tempo per pensarci,
anche se alla
fine stava per giungere alla conclusione che, se fosse stata al suo
posto, avrebbe voluto sapere la verità... anche
perché lei, al suo
posto, ci era già stata.
I suoi pensieri furono
interrotti dalla risata di Fabian. Doveva essersi persa un pezzo, ma
Gideon doveva aver appena fatto una battuta.
L’unico che
non rideva
era Sturgis. Sembrava piuttosto giù di morale.
« Sturgis,
va tutto
bene? » gli chiese Rachel.
Lui parve ridestarsi
da
un sogno ad occhi aperti.
« Eh? Oh
sì, tutto
bene… » bofonchiò lui, accostando il
boccale alla bocca con
troppo slancio: e infatti si versò metà
Burrobirra addosso.
Gli altri risero, ma
Sturgis era diventato paonazzo, così Rachel cercò
di evitargli
ulteriore imbarazzo mettendosi a guardare fuori dalla finestra.
Fu per puro caso che
notò
una figura, che aveva qualcosa di conosciuto, percorrere la strada
principale del villaggio cercando di ripararsi dalla pioggia
scrosciante con un ombrello sgangherato e mezzo rotto.
« Quello non
è
Mundungus? » chiese agli altri.
«
Sì, è lui » rispose
Gideon. « Starà andando alla Testa di Porco per i
suoi soliti
traffici illeciti. »
« Di che
tipi di
mercanzie si occupa? »
« Di tutto,
da calderoni
a oggetti anche piuttosto preziosi, tutti di provenienza dubbia. Lo
sappiamo tutti che vende cose rubate o sottratte illegalmente, ma a
Silente fa comodo, quindi dobbiamo sopportarl-… Dove stai
andando?
»
Rachel si era alzata
di scatto, colta da un’ispirazione improvvisa.
« Torno
subito, devo
fare una cosa » disse in tutta fretta.
Pochi attimi dopo
aveva
indossato il mantello, era uscita dal locale e si era messa a
rincorrere Mundungus sotto la pioggia.
« Fletcher!
» lo chiamò
per due volte, prima che quello la sentisse e sobbalzasse.
« I soldi
che vi devo li
restituirò presto! » esclamò, turbato,
ma quando vide di chi si
trattava si tranquillizzò. « Chi sei? »
« Faccio
parte
dell’Ordine come te, anche se sono nuova » disse
lei. All’inizio
tese la mano per presentarsi, ma poi ci ripensò. Quel tipo
non le
piaceva molto.
«
Sì, d’accordo, ma
ora avrei da fare… » disse lui, lanciando
un’occhiata alla
traversa in cui si trovava la Testa di Porco.
« Sto
cercando una cosa,
e forse tu potresti aiutarmi » disse Rachel.
«
Cioè? Intendi
comprare qualcosa da me? »
«
Sì, e sono disposta a
pagare tanto. »
L’avidità
si disegnò
a chiare lettere negli occhi di Mundungus.
« Accomodati
pure »
disse, improvvisamente più gentile.
Entrarono nel vecchio
pub
gestito da Aberforth Silente, che li salutò con il solito
tono
burbero, e presero posto in un angolo poco visibile. Rachel era tesa,
e sentì il bisogno di nascondere a sua volta il proprio viso
col
cappuccio del mantello: non sarebbe stato il massimo farsi
riconoscere in quel posto, soprattutto se stava contrattando con quel
ricettatore di Fletcher. Inoltre non era mai stata da sola alla Testa
di Porco, e la presenza di Aberforth era l’unico motivo che
riusciva a rassicurarla.
« Allora,
cosa ti serve?
»
Rachel
parlò a bassa
voce.
« Hai
oggetti costruiti
da goblin? »
L’uomo
sgranò gli
occhi.
« Certo.
Perché,
vorresti comprarne qualcuno? »
« Devi
assicurarmi che
siano oggetti autentici. Devo fare un regalo ad una famiglia molto
importante, che si intende di queste cose. Se mi rifilassi un falso,
lo riconoscerebbero subito e non si farebbero tanti problemi a
rintracciarti e fartela pagare. Perché naturalmente
dirò subito da
chi l’ho comprato. »
Quello aveva iniziato
a
sudare freddo.
«
D’accordo,
d’accordo… alcuni però sono veri. Ho
dei calici, qualche
gioiello… »
« Mi serve
una spada, un
pugnale, o comunque qualcosa del genere, e che sia d’argento.
»
« Credo di
avere
qualcosa che fa al caso tuo, allora. Però i costi saranno
piuttosto
alti, quindi… »
« Di questo
parleremo
più tardi. Che cos’hai da vendere? »
« Si tratta
di un
athame, un pugnale rituale. È molto antico,
perciò costerà molto…
»
Rachel
cercò di apparire
impassibile, anche se fu complicato. Erano giorni che provava a
cercare un’arma da usare per distruggere gli Horcrux. A casa
sua
non era rimasto niente del genere, e ormai si era quasi decisa a
chiedere direttamente a suo padre, ma finora era stata restia a
farlo, temendo che tra i goblin vi fosse qualcuno già
corrotto da
Voldemort. Ora non le sembrava vero di aver trovato una soluzione.
« Lo hai
qui? » chiese,
ansiosa.
« Certo che
no, però lo
posso portare quando vuoi. Per quanto riguarda il pagamento…
»
« Prima mi
porti
l’athame e me lo fai vedere, e poi ti pagherò
» disse Rachel in
tono fermo.
Mundungus non sembrava
molto convinto.
« E se poi
cambi idea?
Vorrei almeno un anticipo per il disturbo. »
Rachel stava per
perdere
la pazienza.
« Io
rispetto gli
impegni presi, con chi credi di avere a che fare? Piuttosto dovrei
essere io a diffidare della tua parola. »
« E va bene,
allora ci
vediamo domani e ti porto l’athame, però poi mi
paghi in contanti,
eh? »
« Affare
fatto. »
Quella volta Mundungus
non aveva barato. L’athame che le portò il giorno
dopo era
veramente in argento di goblin: Rachel lo constatò quando,
senza
farsene accorgere, provò a sporcarlo con un po’ di
inchiostro
indelebile, ma l’athame rimase pulito e intonso.
Era un pugnale corto,
a
doppia lama, con un manico nero e, anche se sembrava nuovo, le rune
incise su di esso erano chiaramente molto antiche. Rachel non sapeva
spiegarsene il motivo, ma aveva la sensazione di aver messo le mani
su qualcosa di molto prezioso, forse più di quanto lo stesso
Fletcher si immaginasse.
Fu per questo che non
contrattò più di tanto sul prezzo, nonostante la
richiesta
esagerata del mago. Fu costretta a consegnargli di malavoglia quasi
tutti i risparmi che aveva messo da parte da quando aveva iniziato a
lavorare, e non solo.
Ma, quando
tornò a casa
con l’athame nascosto sotto il mantello, era assolutamente
convinta
che ne fosse valsa la pena.
Non vedeva Regulus
così
entusiasta da tantissimo tempo. Gli tremavano le mani quando prese
l’athame e lo osservò da vicino. Rachel lo
guardò e si sentì
fremere a sua volta: in quel momento si rese conto che stavano ormai
per avvicinarsi al momento della distruzione dell’Horcrux da
cui
era iniziato tutto.
« Ce
l’avete fatta! Mi
congratulo con voi » fu la prima cosa che Silente disse,
quando li
raggiunse la notte seguente.
Si trovavano in un
boschetto a solo un chilometro da casa, intorno al quale avevano
imposto tutti i tipi di incantesimi di protezione e respingi Babbani
che conoscevano, per non essere disturbati.
«
Professore, cosa ha
scoperto nel diario? » gli chiese immediatamente Regulus.
« Oh, a
quello ci sto
lavorando, ma temo che mi ci vorrà parecchio tempo.
»
« E ha
trovato qualcosa
nella casa dei Gaunt? »
Per alcuni brevissimi
istanti, Silente diede l’impressione di esitare, ma solo per
qualche millesimo di secondo.
« Non ne
sono sicuro »
rispose, con un tono indecifrabile. « Comunque, torniamo a
noi. Ci
siamo, vero? »
Regulus ebbe la netta
sensazione che il Preside avesse cambiato discorso fin troppo in
fretta, ma al momento aveva altro per la testa. Annuì e
lanciò
un’occhiata a Rachel, che stava intingendo la lama
dell’athame
dentro la ciotola che aveva riempito con il filtro.
La ragazza estrasse la
bacchetta, la picchiettò tre volte sulla lama e
sussurrò una
formula magica: il pugnale vibrò per alcuni istanti, per poi
tornare
immobile come prima. Poi si alzò e porse l’athame
a Regulus, che
lo accettò con qualche esitazione.
« Devi
essere tu a farlo
» gli disse in tono ovvio.
Silente sembrava
d’accordo, perché non disse nulla e si
limitò a guardarli con
attenzione.
Regulus
infilò la mano
nella tasca e ne estrasse il medaglione, posandolo sul ceppo di un
albero e brandendo l’athame con la mano destra.
Si sentiva percorrere
dalla testa ai piedi da una potente scarica di adrenalina e il cuore
gli batteva all’impazzata. Per un istante, ebbe
l’impressione che
anche il cuore metallico dell’Horcrux avesse iniziato a
martellare,
come se il frammento di anima contenuto all’interno avesse
intuito
il pericolo che correva.
Inquieto, Regulus
decise
di affrettarsi e di non perdere tempo a riflettere. Con un colpo
deciso, provò a conficcare il pugnale nel medaglione. Ma non
ci
riuscì.
Non appena la punta
dell’athame sfiorò la superficie del medaglione,
da quel contatto
si scatenò una forza invisibile, che colpì
Regulus, facendolo
atterrare di schiena sul terreno erboso.
« Che
succede? »
domandò Rachel, accorrendo.
Regulus si
sollevò e
andò ad osservare da vicino il medaglione. Nel punto in cui
era
venuto a contatto con l’athame, vi era una piccola
scalfittura, ma
per il resto l’Horcrux era rimasto integro, e il battito
malefico
si sentiva ancora chiaramente.
« Non
è possibile!
Perché non ha funzionato? » esclamò
Rachel, scoraggiata ed
esasperata. Dopo tutta la fatica che avevano fatto, non poteva
reagire diversamente.
E Regulus
capì quello
che dentro di sé aveva sospettato e temuto profondamente,
senza
avere il coraggio di ammetterlo neanche con se stesso.
« Dobbiamo
aprirlo »
sibilò, depresso. « Per distruggerlo, prima
bisogna aprirlo. »
Rachel lo
guardò,
ignorando Silente che aveva preso il medaglione per osservarlo da
vicino.
« Ma ci
abbiamo provato
un sacco di volte, e ci ha provato anche Kreacher. Né la
nostra
magia né quella degli elfi è servita a qualcosa.
Come faremo? »
Regulus scosse la
testa,
affranto.
« Forse ci
vuole qualche
parola d’ordine » disse.
« Oppure
» intervenne
Silente, « dobbiamo ordinargli di aprirsi come avrebbero
potuto fare
soltanto Salazar e, in quanto suo discendente, anche Lord Voldemort.
»
I due ragazzi lo
guardarono senza capire.
« Il
Serpentese »
spiegò il mago. « Non è un dono comune,
ed è probabile che
Voldemort volesse assicurarsi di essere l’unico in grado di
aprire
questo medaglione. »
A Regulus parve di
sprofondare a chilometri e chilometri sotto terra. Se Silente aveva
ragione, era finita, non avrebbero mai avuto alcuna speranza di
annientare quell’Horcrux.
« Ma noi non
sappiamo
parlare Serpentese. Non l’abbiamo mai neanche
sentito… » fece
Rachel, altrettanto abbattuta. Col buio non si vedeva bene
l’espressione degli occhi, ma il suo tono di voce era
spezzato,
come se stesse per mettersi a piangere per la disperazione.
Silente, al contrario,
sembrava fiducioso.
« Per nostra
fortuna,
Voldemort è stato troppo sicuro di sé e poco
attento anche questa
volta. Non è l’unico mago ancora in vita a saper
parlare in
Serpentese. »
Regulus
sgranò gli occhi
e sul volto di Rachel apparve un lampo di comprensione.
« Orfin
» esclamò,
senza fiato.
«
Esattamente. Potremo
convincerlo ad aiutarci. Questa volta sarò io a chiederti di
uscire
di casa, Regulus. Credo che Orfin sia disposto a dare ascolto solo ad
un Purosangue che gli sia pari, o per lo meno che appartenga ad una
famiglia antica e prestigiosa quanto la sua: uno come te. Io sono
troppo amico dei Babbani per i suoi gusti; è stata
un’impresa
convincerlo ad affidarmi i suoi veri ricordi, ma dubito che
acconsentirebbe a concedermi un favore del genere. »
« Gli
parlerò » disse
subito Regulus, senza esitare.
« Tuttavia
devo
avvertirti. Non sta a posto con la testa e se dicessi qualcosa di
sbagliato potrebbe aggredirti. »
« Non
sbaglierò. So
come si parla con i Purosangue che la pensano in un certo modo
»
rispose lui, determinato.
Orfin era
l’ultima
tessera del puzzle e, che lo volesse o no, avrebbe dovuto concedergli
il
suo aiuto.
Per
fortuna mi sono resa conto abbastanza presto di avere bisogno di un
rettilofono, visto che Harry deve ancora nascere, ed è
stata una fortuna avere Orfin a disposizione. Non si sa esattamente
quando è morto nel canon: dice solo poco dopo aver dato i
suoi
ricordi a Silente, ma qui Albus ha iniziato a indagare molti anni
prima, quindi Orfin è ancora in salute... per quanto possa
essere in salute uno che è stato ad Azkaban per molti anni,
e
che era matto già da prima. Ma mi diverte Orfin, l'ho sempre
trovato simpatico, anche se inquietante. xD Vedrete come Regulus lo
convincerà a collaborare!
L'athame è, come ho scritto, il tipico pugnale della strega.
Se volete delle informazioni in più, vi lascio questo
link
che ha anche un'immagine che corrisponde all'athame che ho immaginato
io. La Rowling non ne parla, ma mi è stato detto che il
pugnale
di Bellatrix potrebbe essere una cosa del genere. Io anche questa volta
ho mescolato un po' di nozioni sia del canon che non, come per la
pozione nel capitolo scorso. Anche in questo caso i ringraziamenti
vanno a Bella/Circe che mi ha suggerito questa idea, e a meissa_s che
mi ha dato il via libera per usarlo, visto che l'ha inserito anche lei
nella sua long.
Non ho chiamato in causa la spada di Grifondoro per due semplici
motivi: per ora era inutile scomodarla perché al momento
nessuno l'ha ancora usata per uccidere il
Basilisco, e perché... bè, Regulus e Rachel non
sono
Grifondoro, quindi avrebbero avuto qualche problema a usarla! L'athame
che Rachel ha recuperato non ha poteri stratosferici, ma piuttosto un
valore storico. Con la pozione preparata da Regulus
funzionerà alla perfezione.
Per ora preparatevi al prossimo capitolo perché
sarà... ehm... diciamo molto terrific-
emozionante... xD
Arrivederci al 13 ottobre!
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Capitolo 29 *** Le angosce più profonde ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 29
Le angosce più
profonde
Quando
Silente gli aveva
proposto di andare a parlare direttamente con Orfin, non gli aveva
detto che la domanda di scarcerazione doveva ancora essere approvata
e che, di conseguenza, lo zio materno di Lord Voldemort si trovava
ancora nel luogo in cui aveva vissuto per anni e anni.
Regulus represse un
brivido e strizzò gli occhi per evitare gli schizzi
d’acqua salata
e gelida del Mare del Nord, che entravano attraverso le fessure
adibite a finestre dell’edificio.
Nonostante il mantello
pesante che indossava e il cappuccio che gli copriva quasi
completamente il volto, sentiva freddo come se fosse uscito in mezzo
ad una tempesta di neve con indosso solo una veste estiva. Ma era un
freddo molto diverso, che penetrava fin dentro le ossa, e lo faceva
soffrire più all’interno che
all’esterno. Qualche volta gli era
capitato di passare accanto ad un paio di Dissennatori: come ex
Mangiamorte, non aveva potuto farne a meno ogni volta che il Signore
Oscuro li convocava, per poi mandarli a seminare angoscia ai quattro
angoli del Regno Unito. Ma Azkaban era diversa, molto diversa.
Regulus non aveva mai percepito una così vasta
concentrazione di
Dissennatori in uno stesso luogo.
Azkaban era
disperazione,
e nient’altro.
Cercando di ignorare i
sussurri che emergevano da dentro la sua testa, abbassò lo
sguardo
su Kreacher, che tremava e borbottava tra sé parole
apparentemente
senza senso, gli occhi rossi e lucidi. Silente aveva insistito per
portarlo con loro, perché i Dissennatori erano segretamente
al
servizio di Voldemort, e non si sapeva mai: forse avrebbero avuto la
necessità di fuggire all’improvviso.
Regulus gli strinse la
mano, e l’elfo di colpo parve sentirsi meglio.
Il ragazzo
notò che
anche Silente era altrettanto provato.
« Non
può evocare un
Patronus? » gli chiese, desiderando di saperlo fare.
« No.
Attireremmo troppo
l’attenzione. I Dissennatori sono ciechi, ma gli altri
prigionieri
no. Comunque siamo arrivati » aggiunse, indicando il
Dissennatore
che li guidava; la figura ammantata di nero si era fermata di fronte
ad una cella e stava aprendo la porta.
Quando Regulus gli
passò
accanto per entrare, si sentì quasi cedere le ginocchia, e
le voci
nella sua testa aumentarono
d’intensità…
«
Non fatelo
scappare, prendetelo! »
«
No! »
Passi
di corsa
echeggiavano nella casa immersa nell’oscurità,
respiri affannati e
cuori che battevano all’impazzata.
Regulus
aveva intuito
dove l’uomo stava andando, e lo colse di sorpresa,
sbucandogli
proprio di fronte, mentre quello cercava di scappare dalla porta sul
retro. Prima che potesse fare qualcosa, lo disarmò.
«
L’ho preso, è
qui! »
La
sua voce era scossa
dall’emozione e dalla fatica, mentre cercava di trattenere
l’uomo
che tentava di divincolarsi.
«
Ti prego, lasciami
andare, ti prego… »
Regulus
esitò, e gli
occhi supplicanti dell’uomo si impressero per sempre nella
sua
mente. Le sue mani stavano già allentando la stretta per
lasciarlo andare, ma
era troppo tardi.
«
Black, tienilo fermo. »
Regulus
finse di non
vedere lo sguardo disperato che il mago gli aveva rivolto, e
lasciò
che Rosier lo prendesse, conducendolo nel salotto…
La porta della cella
si
richiuse alle sue spalle, e le voci si affievolirono sempre di
più.
Regulus si
ritrovò a
fissare le proprie mani, le stesse che avevano consegnato Benjy
Fenwick direttamente ai suoi carnefici…
Era da molto che non
provava tanto disgusto per se stesso. Ma i ricordi erano stati
così
vividi e reali…
Fu costretto a
compiere
uno sforzo sovrumano per trattenere la propria reazione. Ma Silente
non era da meno: aveva le lacrime agli occhi.
Per la prima volta in
vita sua, si sentì più comprensivo nei suoi
confronti, anche se non
capiva come un uomo come lui potesse apparire così
angosciato. Cosa
poteva aver mai fatto di così terribile?
Presto però
entrambi
dovettero tornare al presente, non appena scorsero la sagoma di
Orfin, nascosto nel buio.
«
Buongiorno, Orfin. Ti
ho portato una persona. »
Regulus lo
sentì
sibilare qualcosa, ma non distinse le parole. Forse aveva
l’abitudine
di parlare Serpentese.
Silente
lanciò
un’occhiata d’intesa a Regulus, che si fece avanti
e si presentò
come avrebbe fatto ad un ricevimento importante, cercando di
abbandonare i ricordi che Azkaban gli stava facendo tornare in mente.
« Black?
» ripeté
Orfin, mettendosi a parlare in inglese. « Sei Purosangue.
»
Non era una domanda,
ma
Regulus annuì lo stesso.
« Per me
è un onore
conoscerti » disse, cercando di nascondere il suo tono
incerto. Non
era molto sicuro che vedere uno degli ultimi discendenti di Salazar
ridotto in quel modo fosse una cosa di cui andare fieri.
Orfin si fece avanti,
e
la debole luce rischiarò il suo volto.
«
Perché sei con lui? »
chiese, accennando a Silente. « Lui ama i Babbani, ma Orfin
li odia.
Orfin li ha fatti pentire di essere nati, una volta. Tu cosa pensi
dei Babbani? »
Aveva un'espressione
folle.
« Penso che
non siano
degni neanche di pulirci le scarpe » rispose Regulus.
Orfin
ridacchiò.
Sembrava soddisfatto, ma una luce esaltata era comparsa nel suo
sguardo. Regulus tentò di dirottare la conversazione.
« Sono qui
perché ho un
favore da chiederti. Anzi, penso che farà comodo anche a
te… »
Il prigioniero lo
guardò,
improvvisamente all’erta.
« Che cosa?
»
Il ragazzo
esitò. Valeva
la pena osare così presto? Decise che non aveva alternative.
« Ho una
cosa che ti
appartiene. L’ho trovato per caso, e penso di dovertelo
restituire.
Ma prima mi serve il tuo aiuto. Si tratta del medaglione del tuo
antenato, Salazar Serpeverde. »
Orfin
lanciò
un’esclamazione che fece quasi spaventare Regulus e indusse
Kreacher a balzare accanto al suo padrone, pronto a difenderlo nel
caso in cui le cose si fossero messe male.
Ma Orfin non fece
nulla,
limitandosi ad ansimare per la sorpresa.
« Il
medaglione! Tu…
come…? »
«
È una lunga storia,
ma l’unica cosa che ti deve interessare è che
voglio
restituirtelo, a patto che tu lo apra per me. »
«
Perché? »
Regulus non sapeva
come
rispondere, e le parole gli uscirono spontanee.
« Qualcuno
lo ha
stregato. Devo spezzare l’incantesimo prima di dartelo.
»
« Stregato?
E chi ha
osato fare una cosa del genere? » domandò Orfin,
furioso.
« Non so se
ti
piacerebbe saperlo… »
« Voglio
sapere! »
« Va bene.
È stato il
figlio di tua sorella… »
Con un grido di
rabbia,
Orfin si lanciò contro di lui, ma Kreacher lo respinse,
mandandolo a
cozzare violentemente contro le pareti umide della cella.
« Tu non
tocca padron
Regulus! » gracchiò, altrettanto furibondo.
Regulus lo
calmò e tornò
a rivolgersi ad Orfin, che lo fissava improvvisamente con
risentimento.
« Non
dirò a nessuno di
questa faccenda. So cosa significa una vergogna del genere in
famiglia, ed è disgustoso, ma capita anche nelle stirpi
migliori,
purtroppo. Con questo incantesimo, lui si è impossessato del
medaglione che ti spetta di diritto. Non vorrai permetterglielo?
»
« Il
medaglione nelle
mani di un Mezzosangue… mai! » fece lui, con uno
sguardo folle,
accentuato dallo strabismo.
« Allora mi
aiuterai ad
aprirlo? »
Orfin lo
guardò,
sospettoso.
« E tu me lo
restituirai? »
«
Sì. Ti do la mia
parola. »
E Orfin si
fidò.
***
Orfin fu scarcerato
due
giorni dopo. Per fortuna, Silente era stato abbastanza accorto da non
chiamare in causa uno come Crouch. Era stata la giovane Amelia, la
sorella di Edgar Bones, a scagionarlo. Un altro avrebbe creato
parecchi problemi, e loro non potevano permettersi di affrontare
anche quelli.
Così, due
notti più
tardi, Regulus, Rachel e Silente si ritrovarono per la seconda volta
nel boschetto in cui avevano già tentato di distruggere il
medaglione. Quella volta però c’era anche Orfin,
sorvegliato a
vista da Kreacher: da quando quell’uomo aveva provato ad
assalire
il suo padrone, aveva continuato a fissarlo con
un’espressione
omicida.
« Ho fatto.
Non ci
sentirà nessuno » disse Silente, finendo di porre
gli incantesimi
di protezione. « Regulus » aggiunse, parlando con
un tono
estremamente serio. « Qualunque cosa accada, non cadere nelle
trappole che il frammento di anima di Voldemort potrebbe tenderti.
»
Regulus
annuì, inquieto.
Di nuovo, strinse
convulsamente le dita intorno al manico dell’athame. La luce
della
luna piena si rifletteva contro la lama e conferiva al medaglione
posato sul ceppo dell’albero un chiarore spettrale.
Rachel gli diede una
leggera pacca sulla spalla, e lui si sentì improvvisamente
più
determinato a concludere quella faccenda.
Cercando di mantenere
sotto controllo l’agitazione, si fece avanti, raggiungendo
l’Horcrux. Non sapeva cosa aspettarsi; sapeva solo che non
sarebbe
stata una passeggiata, e che si sarebbe dovuto aspettare di tutto.
« Sono
pronto » disse
con voce rauca, fissando il medaglione come se questo potesse alzarsi
e attaccarlo all’improvviso.
« Signor
Gaunt, può
ordinare al medaglione di aprirsi? » domandò
Rachel.
Regulus non lo vide
perché gli dava le spalle. Ci fu una breve pausa, e poi un
sibilo
lungo e acuto e un ringhio raggiunsero le sue orecchie, facendogli
drizzare i capelli sulla nuca.
Gli sportellini del
medaglione si spalancarono di colpo.
Regulus
guardò
all’interno e vide due occhi scuri che lo fissavano con
un’intensità tale da sembrare capaci di leggergli
nel profondo
dell’anima.
Spaventato, fece per
alzare l’athame e colpire subito, quando dal medaglione si
levò
una voce, che gli tolse il respiro.
« Regulus Black, sei
un libro aperto per me. »
« Qualunque
cosa ti
dica, non dargli retta, Regulus » disse Silente, ma il
ragazzo lo
sentì appena, completamente concentrato sulla voce che gli
stava
parlando: era chiaramente quella di Voldemort, un sibilo che lo fece
rabbrividire dalla testa ai piedi.
« Conosco tutte le
tue speranze, le tue debolezze e le angosce più profonde,
quelle che
nascondi anche a te stesso… »
« Regulus,
per favore,
non permettergli di continuare » disse Rachel, ma lui non la
sentiva. Continuava a fissare gli occhi di Voldemort, come
ipnotizzato, e quelli tutt’ad un tratto diventarono rossi.
Impietrito
dall’orrore,
guardò due bolle levarsi dal medaglione e assumere via via
dei
contorni sempre più definiti, finché le sagome
dell’uomo e della
donna non furono riconoscibili.
L’athame
cadde
sull’erba umida. Regulus si era atteso di tutto, ma non era
preparato a ritrovarsi di fronte agli sguardi delusi e furibondi dei
suoi genitori.
« Regulus, ti credevo
diverso. Non sei nient’altro che un traditore del tuo sangue. »
Lui si
sentì ghiacciare
il sangue nelle vene e provò a replicare, ma dalla bocca non
gli
uscì alcun suono.
« Ricordi, Regulus?
Ricordi cosa mi avevi promesso poco prima che io morissi? »
domandò Orion, guardandolo con profondo disprezzo.
«
Avevi giurato che non ci avresti mai lasciati estinguere, che non
avresti mai rinnegato il tuo sangue. »
Regulus
si accorse di
tremare. Si sentiva come un imputato colpevole, che cercava invano di
difendersi da accuse sempre più infamanti.
« È
così che
mantieni le promesse? Guarda come sei diventato. Ti sei alleato con
la feccia, combatti contro tutto quello che ti abbiamo
insegnato…
»
« No, non
è vero… »
provò a ribattere lui, ma non era tanto sicuro che quelle
parole
sussurrate a fil di voce sarebbero state udite anche se le avesse
urlate a squarciagola.
« Sei un traditore
come tuo fratello »
intervenne Walburga, e aveva uno sguardo
così terribile che lui fu incapace di sostenerlo.
« Sei
una
vergogna per tutti noi… »
« Regulus,
distruggilo!
» esclamò Rachel, ma lui era incapace di muoversi.
« Per me non esisti
più. Non sei più mio figlio. »
« Credevi forse che
ti avremmo perdonato per il tuo tradimento? »
proseguì Orion,
con un tono derisorio che non aveva mai usato. « Sei davvero
così
ingenuo e stupido da pensare che avremmo capito le tue ragioni
per…
affetto?
»
« Non ci arrivi? Non
ti abbiamo mai amato. Sei sempre stato soltanto una pedina al nostro
servizio. Ma ora che non ci sei più utile, non ci importa
più nulla
di te. Quando ho saputo della tua scomparsa, non ho versato una
lacrima.
»
Regulus neanche si
accorse di essere finito in ginocchio e di avere gli occhi umidi.
Aveva la sensazione che la testa gli stesse per scoppiare, e la gola
gli bruciava per lo sforzo di trattenere lo sfogo.
Rachel era accanto a
lui
e cercava di farlo tornare in sé, ma lui non riusciva ad
ascoltare i
suoi consigli. Fu quando la vide tendere la mano per afferrare
l’athame che riacquistò il controllo.
Anticipandola, riprese il
pugnale e lo levò in alto, sopra la propria testa.
« NO!
»
Ci fu un grido.
Capendo
quello che volevano fare, Orfin si divincolò dalla stretta
di
Kreacher, avventandosi sul medaglione. Tentò di afferrarlo
per
impedire che danneggiassero il suo cimelio di famiglia ma, appena ci
provò, fu scaraventato lontano dalla forza
dell’Horcrux, che lo
mandò a sbattere violentemente contro il tronco di un
albero. Orfin
si accasciò a terra e non si mosse più.
Regulus non se ne
accorse
neanche. Le parole che l’Horcrux gli aveva rivolto sotto le
sembianze dei genitori lo dilaniavano, e fu proprio per far smettere
quel dolore lacerante che ebbe la forza di reagire.
L’athame
affondò nel
medaglione con tutta la forza che riuscì a metterci.
Seguì un
rumore di
metallo e un urlo straziante; le figure che lo avevano torturato
scomparvero.
Il silenzio era
tornato a
regnare nel bosco. Gli unici rumori che adesso si sentivano erano i
respiri pesanti di Regulus.
Se ne stava ancora
inginocchiato, con la testa china verso il terreno e le mani ai lati
della testa, come per coprire le proprie reazioni. Non era mai stato
tanto male, e sapere che le sue angosce più segrete erano
state
svelate di fronte ad altre persone, quando nemmeno lui le aveva mai
ammesse a se stesso, rappresentava un’umiliazione ancora
peggiore.
Silente parve capirlo,
perché fece finta di nulla, e si accostò al corpo
inerte di Orfin,
accostandoli le dita alla gola.
« Respira
ancora, ma
dovrà essere curato. È stato colpito da una
maledizione molto
potente » disse. Poi estrasse la bacchetta e provò
a farlo tornare
in sé.
Rachel ne fu in parte
sollevata, anche se notava che lo stesso Silente sembrava avere
diverse difficoltà per trovare il modo di guarirlo. Dopo
alcuni
istanti, lei prese il medaglione, o quello che ne rimaneva. Il buco
prodotto dall’athame fumava, ma il battito metallico non si
sentiva
più.
« Regulus,
ce l’hai
fatta… » esitò, tendendogli
l’Horcrux distrutto.
Ma, in uno scatto di
rabbia, Regulus le scostò la mano, facendo cadere a terra il
medaglione.
« Non
m’importa.
Lasciami in pace » sbottò lui, senza controllarsi.
Di colpo sentiva la
necessità di ferire qualcuno, di fare più male di
quello che
l’Horcrux aveva fatto a lui. Ma non poté fare a
meno di farsi
assalire dal rimorso quando vide l'espressione mortificata di Rachel.
Infuriato con se
stesso,
Regulus si alzò e le voltò le spalle,
incamminandosi in silenzio in
direzione della casa.
Rimasta seduta sul
prato,
Rachel continuò a fissarlo finché non lo vide
sparire dietro
l’angolo.
« Forse per
il momento
sarà meglio lasciarlo solo » le disse Silente,
facendola ripiombare
sulla terra.
« Credo di
sì »
rispose con un fil di voce.
Non avrebbe mai
immaginato che il malumore che Regulus aveva covato nelle ultime
settimane fosse dovuto a quello cui avevano assistito quella notte.
Aveva intuito che fosse combattuto tra i doveri che gli erano stati
insegnati e la sua coscienza, ma nemmeno lei era arrivata a
comprendere che il suo peggior timore era quello di qualsiasi altra
persona al mondo…
« Potresti
aiutarmi con
Orfin? Credo che dovremo portarlo altrove » disse Silente.
Rachel
annuì, alzandosi
come un automa. Non sapeva neanche come sentirsi nei confronti di
Orfin. Non lo conosceva né aveva il tempo di dispiacersi per
lui. Si
sentiva solo immensamente triste e stanca.
Si Materializzarono
direttamente dentro una baracca abbandonata, che Rachel suppose
essere la vecchia casa dei Gaunt, a Little Hangleton. Deposero Orfin
su un letto polveroso, e Silente provò di nuovo a guarirlo.
Pronunciò alcune formule magiche, ma alla fine si
interruppe.
« Temo che
sarà una
faccenda molto lunga. Tu puoi andare, ci penso io qui. »
« D'accordo.
»
Rachel stava per
girare i
tacchi, quando accorse di avere ancora il medaglione distrutto.
« Regulus
aveva detto
che glielo avrebbe restituito » disse, pensierosa.
« Non credo
che Regulus
ci tenga a vederlo di nuovo, vista la sua ultima reazione »
rispose
Silente.
« Giusto.
Allora lo
metto qui » disse lei, posando il medaglione sopra un
comodino
divorato dai tarli. « Credo che Salazar Serpeverde lo
preferirebbe
nelle mani di un suo discendente » commentò poi.
Notò lo
sguardo
perplesso del Preside e arrossì, tutt’ad un tratto
imbarazzata. «
So che può sembrarle fuori luogo, ma facevo parte della sua
Casa…
» si giustificò.
« Non
c’è nulla di
male nel rispettare la volontà di un defunto » la
rassicurò lui.
Rachel
annuì.
***
« Ti sei
calmato,
adesso? »
Regulus non rispose
subito. Seduto sulla parte meno spiovente del tetto,
continuò a
guardare davanti a sé in direzione del mare.
« Come mi
hai trovato? »
chiese infine senza guardarla.
« Ho visto
che mancava
una scopa dallo sgabuzzino » rispose lei con
semplicità. Poi
aggiunse: « Ho dato l’Horcrux a Orfin. Ho fatto
bene? »
Regulus
annuì.
« Come sta?
»
« Silente
sta provando a
contrastare la maledizione che l'ha colpito, ma non sa nemmeno lui se
ci riuscirà... Mi sento un po’ in colpa per Orfin.
È come se lo
avessimo usato solo per aiutarci… » aggiunse
Rachel.
« Gli avevo
detto di non
toccarlo » rispose lui, cupo. « Forse abbiamo
sbagliato a non
dirgli cosa volevamo fare. »
« Se gli
avessimo detto
che il medaglione doveva essere distrutto, si sarebbe rifiutato di
aiutarci. »
« Se
morisse, sarebbe
ingiusto che si sia goduto la libertà fuori da Azkaban solo
per due
giorni. Certo, non è uno stinco di santo, ma…
»
« Non
è detto che muoia
» fece lei. « Vedrai che Silente lo
guarirà. Mi ha chiesto di
prestargli l'athame, a proposito. »
« Come mai?
»
« Non lo so.
Forse
potrebbe essergli utile studiando il diario di Voldemort. Non ha
torto ad essere previdente. »
Regulus
esitò ancora per
qualche istante, poi le chiese:
« Sei
arrabbiata per
come ti ho trattata prima? »
Rachel strinse le
labbra.
In effetti non aveva
preso molto bene lo scatto che Regulus aveva avuto nei suoi
confronti. Non era un comportamento che gli si addiceva, e Rachel
aveva capito che fosse dovuto allo stress e allo shock della
battaglia psicologica che aveva dovuto affrontare nel bosco, ma ci
era rimasta male.
« Mi
dispiace » disse
lui, depresso. « Non so cosa mi sia preso. »
Rachel lo
guardò. In
realtà aveva avuto parecchio tempo per far sbollire la
rabbia.
« Dovevi
essere proprio
sconvolto » commentò.
« Ero fuori
di me.
Avevate assistito tutti… »
« Lo so,
anche io mi
sarei sentita umiliata. Quindi se vuoi chiedermi di fingere di non
aver mai assistito a quella scena, lo farò. »
Lui parve rincuorato.
« Sarebbe
meglio »
disse, voltandosi verso di lei.
Ma, nel muoversi,
colpì
la scopa con cui era salito fin lì sul tetto. La scopa
rotolò sulle
tegole e precipitò di sotto, finché non
atterrò con un frastuono
assordante sopra i vasi di camelie, che naturalmente si ruppero e
caddero a loro volta dal davanzale, fracassandosi sul vialetto di
pietra.
«
Ops… »
Dalla finestra del
primo
piano spuntò la testa di Perseus, svegliato da tutto quel
frastuono.
« Che diamine sta
succedendo qui?
» sbraitò.
« Ssssh!
» fece Rachel,
anche se era inutile, perché Regulus non osava aprir bocca.
Lei
invece sembrava molto divertita. Si schiarì la voce ed emise
un
miagolio basso, anche se fece una gran fatica a trattenere le risate
e non farsi scoprire.
« Attila! Lo
sapevo che
eri tu » bofonchiò Perseus, irritato.
Per fortuna, sebbene
fosse quasi l’alba, era ancora buio, e l’uomo non
vide la scopa
sotto la sua finestra, altrimenti avrebbe intuito la presenza di due
intrusi sul tetto. Invece si lasciò ingannare dal finto
miagolio, e
tornò a dormire.
I due trassero un
respiro
di sollievo.
« Sei una
catastrofe »
commentò Regulus, che incredibilmente stava sorridendo.
Rachel fu felice di
vederlo reagire in quel modo.
« Una
catastrofe che è
riuscita a farti ridere » puntualizzò.
«
Già » ammise lui, e
ora non stava più scherzando. « Grazie.
»
Lei gli sorrise.
« In
realtà non sono
sempre brava a capirti. Questa notte nel bosco volevi restare solo, e
io sono venuta a romperti le scatole… Comunque sei stato
bravo a
distruggere l’Horcrux » aggiunse subito dopo,
perché aveva visto
che il volto di Regulus era tornato a incupirsi.
Su di loro
calò un lungo
silenzio, rotto solo dal verso di qualche gufo. Mentre i minuti
passavano, loro continuarono a tacere, intenti ad ascoltare il vento
che sussurrava attraverso le fronde e ad osservare le cime degli
alberi che oscillavano al suo passaggio, come ondeggianti masse scure
sotto il cielo stellato.
Rachel non era tanto
sicura che parlare esplicitamente gli avrebbe giovato. Ogni tanto
Regulus le parlava di quello che lo preoccupava, ma quella volta era
diverso, si trattava di qualcosa di troppo intimo e personale per
essere affrontato in quel modo. E il suo animo doveva essere
già
ferito quando le sue angosce erano state esposte in pubblico.
Tuttavia qualcosa
doveva
fare, anche se prevedeva discorsi poco allegri.
« Al tuo
funerale »
esordì, rabbrividendo, « l’unica a non
essersi presentata è
stata Bellatrix. Tutti gli altri c’erano, ed erano addolorati
quanto me. E credo anche che tua madre fosse la più
disperata di
tutti » aggiunse, anche se evitò di specificarne
quello che, a suo
parere, era il motivo: la donna doveva avere parecchie
responsabilità
e sensi di colpa da sopportare.
Regulus si
voltò nella
direzione opposta, stringendo i pugni.
« Era
proprio necessario
che me lo raccontassi? » chiese a denti stretti.
«
Sì, anche se ti fa
male. La verità è questa, non quella che
Voldemort ha voluto
mostrarti. Sai meglio di me quanto è bugiardo. »
«
Sì ma… no, niente »
fece lui, come al solito molto criptico.
Rachel lo
guardò, senza
sapere cosa dire. Regulus era sempre vissuto in funzione di un
riconoscimento da parte dei suoi. Loro lo avevano abituato a credere
che disobbedire comportasse automaticamente la privazione di un
affetto, e lui aveva sempre cercato di guadagnarselo, come se non si
trattasse di una cosa gratuita. Del resto, da quando Sirius aveva
voltato le spalle alla famiglia, avevano iniziato a odiarlo. Era
comprensibile che Regulus temesse soprattutto questo.
Rachel strinse a sua
volta i pugni, furente. Non solo Regulus non aveva fatto nulla di cui
un Black si sarebbe vergognato, non solo era vissuto con
l’obiettivo
principale di ottenere quell’affetto che avrebbe dovuto
ricevere
senza dare nulla in cambio, ma era stato disposto a morire nel
silenzio e nell’ombra pur di non far correre rischi a chi
pretendeva tanto da lui.
Questo la faceva
fremere
di rabbia, e non poteva fare a meno di pensare che i Black non
meritassero un figlio così.
Anzi,
non meritavano
nessuno dei due figli, rifletté.
« Pensi
davvero che i
tuoi non ti vorrebbero bene se sapessero cosa stai facendo? »
« Tu
sapresti
assicurarmi il contrario? » chiese lui, amareggiato.
Rachel in effetti non
sapeva cosa dire. Per lei era inconcepibile che un genitore non
volesse bene ai propri figli. Non riusciva nemmeno a capire come
avessero potuto odiare davvero Sirius: le era più facile
credere che
lo vedessero come un loro fallimento.
« Ascolta
» disse,
istintivamente. « Io non posso entrare nelle teste altrui, a
maggior
ragione se si tratta di loro. Ma, se c’è una cosa
che ho capito di
voi Black, è che siete una massa di zucconi,
perché vi rifiutate
sempre di ammettere quello che provate. Tu e Sirius avete finto di
odiarvi per anni, no? Ma a chi vi conosce bene non è
sfuggito
qualche minuscolo segnale di smentita. È così che
ho capito che non
lo odiavi davvero, perché a volte anche tu non hai potuto
fare a
meno di tradirti. »
Regulus
sbuffò,
evidentemente imbarazzato.
« Tu solo
conosci bene i
tuoi genitori » continuò lei, « e solo
tu puoi capire se anche
loro qualche volta hanno dimostrato di volerti bene al di là
di
tutte le vostre paranoie da Black. Io ti ho detto quel che ho visto
mesi fa: sicuramente tua madre deve avere avuto qualche dubbio sulla
tua lealtà, dubito che Bellatrix non abbia provveduto a
farglielo
sapere. Ma se non ti avesse considerato più suo figlio, non
sarebbe
andata al tuo funerale, né per una volta se ne sarebbe
infischiata
di apparire composta. »
Regulus tacque di
nuovo,
intento ad elaborare quello che Rachel gli aveva detto; ma quella
volta sembrava aver capito.
« Senti,
perché non ci
dormi un po’ su? Sei ancora sotto shock per colpa
dell’Horcrux,
ma domani starai meglio, te lo assicuro » gli propose lei.
« Lo credo
anch’io, ma
non ho voglia di dormire. Se tu hai sonno, vai pure. »
Rachel
cercò di
nascondere l’enorme sbadiglio che stava per avere, notando
che il
tono di Regulus non era abbastanza dissimulato da sembrare del tutto
indifferente.
« Non ho
sonno » mentì.
« Anzi, mi è venuta un’idea che ti
piacerà sicuramente. »
Tese la bacchetta
sporgendosi dal tetto.
« Accio scopa. »
La scopa che era
caduta
poco prima si sollevò da terra e tornò a tutta
velocità verso di
loro, che la fermarono non senza fatica.
«
Finché non ci
allontaniamo oltre i limiti degli incantesimi di protezione, possiamo
volare quanto vogliamo » spiegò lei.
Regulus accolse con
entusiasmo la proposta. Rachel non aveva avuto dubbi, e non si
pentì
della sua scelta: non appena si librarono in volo, il volto di
Regulus parve rilassarsi. Non volava da tanto tempo, e solo fare il
giro della casa lo fece sentire meglio.
Tuttavia, dopo cinque
minuti, sebbene si fosse costretta a non cedere al sonno, ad un certo
punto Rachel rischiò di perdere il controllo della scopa.
Regulus la costrinse
ad
atterrare.
«
Perché hai detto di
non essere stanca? Stavi per addormentarti in volo » la
rimproverò,
atterrando accanto a lei.
« Non volevo
lasciarti
da solo. E poi so quanto ti piace volare, ti avrebbe aiutato a
distrarti. »
Lui scosse la testa,
anche se improvvisamente aveva assunto una strana espressione.
«
Perché sei così? »
chiese.
« In che
senso? »
Regulus
esitò.
« Sei sempre
disponibile
quando sono di pessimo umore, anche quando non sei nelle condizioni
per farlo, e non me lo fai mai pesare. Perché? »
Rachel gli sorrise.
Sapeva benissimo di cosa Regulus aveva bisogno in quel momento come
anche in passato. Per questo la risposta le uscì dalle
labbra prima
ancora di poterci riflettere.
«
Perché ti voglio
bene. »
Questo
capitolo è uno dei miei preferiti, anche se temevo
che fosse troppo simile al libro quando Ron distrugge il
medaglione. Bè, sì, la dinamica è
sempre quella,
ma spero di averci aggiunto qualcosa di mio. E poi i Black sono
più spaventosi di Harry e Hermione! xD Prendetelo come un
capitolo
di Halloween anticipato!
Ho
molte cose da dire su questo capitolo, quindi preparatevi a delle note
lunghe! xD
Inizio
col ricordo che
Regulus ha dell'omicidio del povero Fenwick. Almeno per come l'ho
descritto io, non riesco a immaginare Regulus
che compie un vero omicidio a sangue freddo, però
già in
precedenza ho parlato dei suoi rimorsi nei confronti delle persone che
ha lasciato morire senza fare nulla, e qui ho voluto darne un esempio
concreto, per non farla rimanere solo una cosa teorica. In fondo essere
un Mangiamorte non era uno scherzo, e questo è il suo
peggiore
ricordo perché, anche se materialmente non è
stato lui a
ucciderlo, se ne sente comunque responsabile... e in parte lo
è. ç__ç
Mi
rendo conto di averlo
torturato in questo capitolo, tra Dissennatori, ricordi vari e genitori
Horcrux, mi sento un po' una schifezza infatti...
Nella scena del medaglione si spiega il vero motivo per cui
ultimamente era distaccato. Lo so che potrebbe sembrare una cosa
melensa se applicata ai Black, ma in HP l'amore e l'affetto tra
genitori e figli sono fondamentali, lo sapete.
Per i Black, i precedenti
con Sirius non promettono bene, ed io non mi sono ancora fatta un'idea
chiara, quindi non dirò nulla per ora. Quello di Rachel
è
solo il tipico pensiero di una persona che è stata amata
dalla
famiglia e non concepisce proprio come dei genitori possano odiare sul
serio un figlio. Può avere ragione come può avere
torto,
chissà.
Invece su
Regulus mi sento più sicura, perché se vedi che
un figlio
si fa sempre in quattro per te, anche quando non gli spetterebbe farlo,
qualcosa all'interno ti si smuove,
anche se sei egoista e glaciale. Ognuno di voi avrà
le sue idee personali e giustificate, questa è solo la mia
opinione e l'ho pensata così da quando Kreacher dice che
Walburga si era disperata davvero per la morte di Regulus.
Comunque
sia, è vero
che né lei né Orion erano tipi che concedevano
affetto
gratuito, cosa che invece hanno fatto i Malandrini con
Sirius, Rachel con Regulus, e Alphard con tutti e due (*-*).
Ah, quel "ti voglio bene"
finale non equivale ad un "ti amo", è qualcosa di diverso
nella
mia mente bacata, lo comprende ma c'è anche qualcosa di
più... oh bè, non so spiegarlo a
parole! xD Spero che il concetto si capisca lo stesso.
Un'ultima
cosa che avrei
dovuto scrivere nel capitolo scorso, e poi giuro che vi lascio! ^^
Silente ancora non ha messo
l'anello, infatti non ha la mano morta (-.-). Questo posso spiegarlo
col
fatto che qui è più "giovane" che nel
sesto libro,
quindi potrebbe anche avere la mente più lucida, mentre con
la
vecchiaia è diventato
meno razionale e lucido, almeno in certe situazioni. Inoltre durante la
prima guerra magica doveva
essere più energico che in futuro, e soprattutto lo immagino
meno stanco e disperato. E non uccidetemi se vi sembra una
giustificazione campata in aria, Silente mi serve ancora, ma prima o
poi l'anello andava trovato, ed era abbastanza facile da rintracciare
u.u
Arrivederci al 27 ottobre!
Julia
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Capitolo 30 *** Strategie ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 30
Strategie
Il diario di Tom Riddle
giaceva abbandonato sulla scrivania. Albus sapeva che non degnarlo
neanche di uno sguardo era un errore, ma non riusciva a staccare gli
occhi dall’anello nel palmo della propria mano.
La aveva cercata per così
tanto tempo che, ora che finalmente ne era entrato in possesso,
stentava a credere che si trattasse davvero della Pietra della
Resurrezione.
Ma era lei, non potevano
esserci dubbi. Il simbolo inciso su di essa era inconfondibile.
Piuttosto, era curioso
che Voldemort la avesse usata per creare un Horcrux. Sicuramente non
era venuto a conoscenza del valore dell’oggetto che gli era
capitato tra le mani, altrimenti non lo avrebbe abbandonato in quel
modo, con tanto disinteresse per quello che era un pezzo della sua
anima…
Silente rabbrividì,
mentre rigirava l’anello, come per osservarlo da ogni
angolazione.
Non si sentiva in colpa
per aver nascosto a Regulus e Rachel il ritrovamento
dell’anello.
Loro lo avrebbero voluto distruggere subito… Non potevano
capire
quello che la pietra significava… e lui non poteva
spiegarlo.
Non voleva spiegarlo.
Mesi prima aveva deciso
di smettere di cercare i Doni della Morte, e invece uno di loro era
arrivato fino a lui, come per uno scherzo del destino. Adesso ne
aveva due su tre… ne mancava solo uno, il meno importante, a
suo
parere.
Ma i Doni gli rievocavano
ricordi che aveva preferito rinchiudere nell’angolo
più nascosto
del suo animo. Se quel giorno avesse usato la Pietra, avrebbe rivisto
la sua famiglia: i suoi genitori, la piccola Ariana… Era
proprio
sicuro di volerlo davvero?
La guardò di nuovo, e fu
come se la Pietra lo avesse ipnotizzato.
Stava perdendo lucidità
e controllo di sé. Non era più il ragazzo di
diciassette anni che
si fidava del ragazzo che lo aveva ammaliato, e che covava sogni di
gloria. Voleva solo riportare indietro quelli che aveva perduto per
sempre, quelli che aveva abbandonato per seguire i progetti di chi lo
aveva solo usato per raggiungere i propri obiettivi.
Il fischio nelle orecchie
si stava trasformando in un rumore insopportabile, che gli stava
facendo dimenticare il mondo esterno. Il cuore che batteva sempre
più
veloce e il respiro irregolare contribuivano a renderlo sempre meno
consapevole di sé.
Senza neanche rendersene
conto, stava per infilare l’anello al dito…
Toc, toc.
Albus ripiombò
all’improvviso nel suo ufficio a Hogwarts quando
sentì qualcuno
bussare alla porta. Come un bambino colto a rubare la marmellata,
aprì un cassetto e vi nascose in tutta fretta sia
l’anello che il
diario.
« Avanti » disse poi,
cercando di riprendersi, ma aveva la voce roca.
La professoressa
McGranitt entrò nell’ufficio, del tutto ignara di
ciò che aveva
interrotto.
« Albus, hai un secondo?
»
« Dimmi pure, Minerva »
rispose lui. Per sua fortuna aveva un’ottima
capacità di ripresa.
« Temo che anche l’anno
prossimo avremo un nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure
»
annunciò la donna in tono serio. « Il professor
Wimbley, come si
suol dire, ha già un piede nella fossa, anche se lui afferma
di
sentirsi in tutta salute. »
Silente annuì, in tono
grave.
« Purtroppo devo
concordare con te. La sua malattia non è contagiosa, a detta
di
Madama Chips, ma è incurabile. Ma ormai non mi stupisco
più. Sto
già cercando l’insegnante del prossimo
anno… anche se inizia ad
essere difficile. »
« Pensano che la
cattedra sia maledetta? Non mi meraviglia, iniziamo a pensarlo tutti.
Ne parlavamo in sala professori proprio questa mattina. »
« Purtroppo temo che un
fondo di verità ci sia » commentò
Albus, mentre la sua memoria
tornava al giorno in cui Lord Voldemort gli aveva chiesto di essere
assunto come insegnante di Difesa. Le coincidenze iniziavano ad
essere troppe. « Comunque, qualche candidato
c’è ancora. Li sto
valutando. Abbiamo ancora parecchi mesi di tempo. »
« In realtà c’è
un’altra faccenda » aggiunse la McGranitt,
sospirando. « Pare che
la professoressa Haruspex abbia deciso di andare in pensione alla
fine di quest’anno. »
Silente non poté fare a
meno di sospirare.
« Dovrò cercare anche
un insegnante di Divinazione, allora. Ammetto di non esserne
entusiasta. Divinazione non è una materia…
»
« Dotata di utilità? Lo
penso anche io » lo anticipò la McGranitt.
Lui si lasciò scappare
un sorriso. Lui avrebbe detto qualcosa di più diplomatico.
Minerva
invece era molto più diretta e sbrigativa.
« Ma è dovere di
Hogwarts insegnarla. Quindi, a suo tempo, mi dedicherò anche
alla
ricerca di un candidato. Spero di trovarne uno abbastanza
convincente, tuttavia. »
La McGranitt sembrava
piuttosto scettica al riguardo, ma non aggiunse altro.
Quando uscì e si fu
richiusa la porta alle spalle, Albus riaprì il cassetto e
tornò ad
osservare l’anello.
L’intrusione improvvisa
di Minerva era riuscita a fargli tornare il raziocinio. Non poteva
azzardarsi a indossare l’anello senza nulla con cui
proteggersi, e nemmeno nel suo ufficio personale.
Aveva visto come il medaglione aveva reagito, come Orfin era quasi
morto... e anche ora che lui lo aveva curato, era probabile che non
sopravvivesse ancora per molto. Anche quest’altro Horcrux
doveva
essere dotato di magie difensive. Avrebbe potuto ucciderlo, se lo
avesse indossato senza averlo
distrutto con l’athame.
Stanco e nervoso, Albus
posò la nuca sulla spalliera della sedia, senza smettere di
pensare
ai Doni della Morte.
L’antico e mai sopito
desiderio di possederli tutti era tornato a farsi sentire. Non poteva
abbandonare la ricerca degli Horcrux, ma la tentazione di continuare
a cercare i Doni era troppo forte.
Padrone della Morte…
Un’illuminazione
improvvisa lo colse.
Cosa gli impediva di
proseguire per entrambe le strade? I Doni potevano aiutarlo a
sconfiggere Voldemort, lui o chiunque altro lo avrebbe affrontato.
Si chiese come avesse
fatto a non pensarci prima.
Se i Doni rendevano
invincibile chi li possedeva, c’era una
possibilità di battere
Voldemort… una volta distrutti tutti gli Horcrux,
pensò poi,
perdendo subito l’entusiasmo.
Adesso però aveva molto
più chiaro cosa doveva fare: si sarebbe occupato di entrambe
le
ricerche.
Ma avrebbe tenuto per sé
la faccenda dei Doni.
***
Perseus scostò con
cautela la tenda, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra.
Oltre
il recinto, a venti metri di distanza, un uomo incappucciato si
aggirava con passi lenti e annoiati intorno alla villa, calciando
ogni tanto qualche sasso.
« Se Lestrange sapesse
che tipo di sorveglianza ti sta facendo Goyle, non sarebbe molto
felice. Potremmo tranquillamente stregarlo e fargli credere che tu
sia in Nuova Zelanda. Non credo che se ne accorgerebbe, sveglio
com’è… »
« Lascialo lì, mi fa
comodo. Meglio avere un sorvegliante idiota di uno molto più
in
gamba » rispose Alphard, sorridendo con ironia.
Perseus lasciò ricadere
la tenda, coprendo il vetro della finestra e impedendo alla luce del
giorno di filtrare nella stanza illuminata solo da lampade a gas.
« Allora, cosa stavi
dicendo? » continuò Black, posando il bicchiere di
Whisky
Incendiario sul tavolino.
Perseus si fece cupo.
« Ti stavo parlando di
mia figlia e tuo nipote. Non si capisce cosa cercano di fare. Io e
Diane cerchiamo di essere discreti, ma non vorrei che si cacciassero
nei guai di nuovo. Sospettiamo che abbiano preparato delle pozioni,
perché ci sono spariti alcuni ingredienti, ma non ho idea di
cosa si
tratti. »
Alphard assunse
un’espressione pensierosa.
« Avranno le loro buone
ragioni per non volervi coinvolgere. Capisco che tu sia preoccupato,
ma secondo me dovresti fidarti di più di loro. Sono
più in gamba di
quanto sembri. »
« Se avessi figli non
parleresti così… Oppure sai qualcosa di quello
che stanno
combinando? » aggiunse Perseus, in tono sospettoso.
« Ti assicuro che non mi
hanno mai parlato di nulla, anzi, ho provato a chiederlo a Regulus
diverse volte, ma avrei avuto risposte più esaurienti se lo
avessi
domandato ad un muro. »
Perseus sbuffò.
« Purtroppo per loro,
sono venuto a conoscenza di una notizia molto importante »
aggiunse
Alphard in tono cospiratorio.
« Allora hai saputo
qualcosa! »
« Sì, anche se
involontariamente. Una volta li ho sentiti parlare con Silente, e
anche se ho ascoltato solo poche parole, una vaga idea me la sono
fatta. In effetti, è per questo che ti ho chiesto di venire.
»
Alphard si alzò in
piedi, concentrato.
« Che cosa hai scoperto?
»
« Stanno cercando
informazioni su Tom Riddle. »
Perseus aggrottò la
fronte.
« Riddle? Allora c’è
un motivo se sembravano tanto interessati a lui, a Natale. Ma non ha
senso; Riddle è sparito dalla circolazione pochi anni dopo
aver
finito Hogwarts, chissà poi che fine avrà
fatto… »
« Non è proprio così.
Lo pensavo anche io, ma a quanto pare non è affatto sparito.
Perseus
» disse Alphard, assumendo un’espressione molto
seria. « Tom
Riddle non è altri che Tu-Sai-Chi. »
Seguì una lunga pausa di
silenzio, necessaria perché Perseus elaborasse il concetto.
Poi
rabbrividì.
« Non posso dire che la
cosa mi stupisca » ammise infine. « Ora che ci
penso, aveva già
tutte le caratteristiche per diventare uno dei maghi migliori del
mondo. »
« Infatti lo è. »
« Sì, ma nel modo
sbagliato. Ti ricordi che sospettavamo che avesse qualcosa di strano,
sotto la sua maschera di studente modello? Ma non ho mai pensato che
si sarebbe spinto fino a questo punto… »
Alphard annuì,
pensieroso.
« Per questo mi serve il
tuo aiuto. Regulus farebbe un sacco di storie se mi offrissi di
aiutarlo, quindi ho deciso di dare il mio contributo di nascosto.
»
« E cosa stai facendo,
esattamente? »
« Non posso fare molto,
in realtà, ma sto cercando di raccogliere tutti i ricordi
che ho su
Riddle. Se potessimo aggiungere anche i tuoi, sarebbe un bel passo
avanti. »
Perseus inarcò le
sopracciglia ancora di più.
« Per quel poco che
ricordo, posso farlo… Ma mi spieghi a cosa serve? Tu-Sai-Chi
è là
fuori a uccidere, adesso. Che senso ha scoprire il
suo
passato, mentre la gente muore? Bisognerebbe trovare qualcuno che sia
in grado di farlo fuori e basta. »
Alphard represse un mezzo
sorriso. Perseus era sempre stato un tipo molto pratico: per lui
l’azione era molto più importante dei
ragionamenti.
« Me lo sono chiesto
anche io, ma è questo che serve. Se Regulus, Rachel e
Silente stanno
indagando sul suo passato, deve esserci una spiegazione più
che
valida. »
« D’accordo. Dammi
qualche minuto per farmi tornare in mente tutti i ricordi che ho al
riguardo. Non sarà facile » aggiunse. «
La mia memoria inizia a
fare scherzi. »
« Fai con comodo. »
Alphard lo guardò mentre
andava a fare un giro nel cortile, riflettendo intensamente e
sforzandosi di ricordare.
In realtà non gli aveva
detto proprio tutto. La volta in cui, Materializzandosi con il suo
elfo domestico nel giardino di casa Queen, aveva colto uno stralcio
di conversazione che gli aveva fatto capire cosa stessero cercando,
aveva sentito anche altro, e quella parola continuava a vorticare
nella sua mente.
Horcrux.
Finalmente aveva capito
che cosa Regulus aveva scoperto nella sua biblioteca, poco prima di
sparire. Le pagine che aveva strappato da uno dei suoi libri
parlavano degli Horcrux.
Scoprire che Voldemort
aveva creato degli Horcrux e soprattutto che Regulus fosse quasi
morto nel tentativo di recuperarne e distruggerne uno lo aveva
sconvolto e commosso parecchio all’inizio, ma poi aveva
cominciato
a reagire, decidendo di fare la sua parte in quella faccenda.
Tuttavia non era tanto certo che dirlo a Perseus sarebbe stato sicuro.
Avrebbe voluto
raccontarglielo, ma aveva ancora molte remore. Se Regulus lo aveva
nascosto a tutti, almeno fino a che non era stato costretto a
raccontarlo a pochissimi, c’era un motivo. Non era pericoloso
solo
per l’esito della ricerca degli Horcrux ma anche per chi era
a
conoscenza di quel segreto.
Lui, Alphard, in fondo
non poteva muoversi di casa ed era difficile che qualcuno potesse
scoprire quello che sapeva. Ma Perseus sarebbe stato molto
più in
pericolo di lui. Per non parlare del fatto che, se si fosse reso
conto della pericolosità di ciò che sua figlia
stava cercando di
fare, avrebbe scatenato un finimondo.
Rachel una volta si era
lamentata perché, secondo lei, suo padre era iperprotettivo.
Alphard
piuttosto pensava che Perseus sarebbe morto pur di non farle correre
pericoli.
Ma visto che impedirle di
continuare quello che stava facendo sarebbe andato a discapito della
guerra, aveva deciso di non allarmare Perseus più di quanto
non lo
fosse già. Si sentiva la coscienza sporca per quella scelta,
ma
sapeva di non poter fare altrimenti.
Quando Perseus tornò
dentro, Alphard prese una fiala e gliela porse. L’altro vi
riversò
diversi fili argentei.
« Questi sono tutte le
memorie che sono riuscito a ricordare. Spero che servano a qualcosa
»
aggiunse, ancora piuttosto scettico.
« Ti ringrazio. »
Perseus lo guardò, dopo
aver lanciato un'occhiata rapida alla finestra, dietro la quale, in
lontananza, Goyle si aggirava ancora con aria profondamente annoiata.
« Alphard, fammi un
favore. Giurami che, nel corso di queste ricerche, non commetterai
imprudenze. »
Alphard riuscì per
miracolo a trattenersi dall'abbozzare un mezzo sorriso, col rischio
di scatenare la rabbia dell'amico.
« Non preoccuparti. E tu
invece promettimi di non farne parola con nessuno, almeno
finché non
ti dirò che ne potremo parlare con i diretti interessati.
Ma, nel
caso in cui dovesse succedermi qualcosa... »
continuò a parlare
Alphard, ignorando l’espressione di rifiuto che Perseus si
era
dipinto sul volto. « In quel caso potrai dirlo a mio nipote.
E mi
auguro che Regulus decida di renderne partecipe anche Sirius. Io
farò
in modo che nessun altro oltre loro possa mettere le mani su questi
ricordi. »
« Non puoi dire a me
dove li nasconderai? »
« Lo sai che certi
segreti è meglio che non siano spartiti da troppe persone.
Dobbiamo
sempre tener presente il caso in cui non dovessimo esserci
più. »
« Va bene, d'accordo »
sbottò Perseus nel tono burbero che usava quando era a
disagio.
« Grazie. »
« Tanto non succederà »
borbottò l’altro.
« Me lo auguro. »
Alphard distolse lo
sguardo da quello preoccupato dell’amico, fingendo di essere
tranquillo. In realtà non lo era. Non si fidava di Rodolphus
Lestrange: se aveva messo un idiota come Goyle a guardia, non era
affatto detto che si fosse disinteressato a lui. Piuttosto, non
poteva fare a meno di chiedersi che cosa stesse combinando.
E dal momento che il
Ministero prima o poi sarebbe potuto cadere nelle mani di Voldemort,
tutti gli incantesimi di protezione che lo avevano tenuto in vita
fino a quel momento non lo avrebbero più difeso.
Per quel motivo aveva già
pensato ad un modo per fare reperire quei ricordi a Regulus. Forse
sarebbe riuscito a dirglielo di persona, ma nel dubbio aveva preso
quella precauzione. Del resto, erano in guerra, e nessuno aveva
più
la certezza di vedere sorgere il sole il giorno dopo.
***
Un gran chiacchiericcio
riempiva la sala adibita a mensa del Ministero della Magia. Si
trovava dietro una porta nei pressi degli ascensori dell'Atrium, e
consisteva semplicemente in decine di tavoli sparsi per tutta l'area
della sala. Di solito non era frequentata dai cosiddetti dipendenti
“dei piani alti”. Il Ministro della Magia e i suoi
collaboratori
avevano orari molto più comodi e ragionevoli di tutti gli
altri, e
quindi potevano permettersi di tornare a casa e pranzare in tutta
tranquillità. Il resto dei dipendenti invece, si limitava a
mangiare
lì. La cucina non era paragonabile a quella di Hogwarts, ma
non era
male, e inoltre si trattava di un'occasione per rilassarsi un po' in
compagnia.
In realtà Rachel quel
giorno era molto poco incline a conversare con qualcuno, complice un
mal di testa che non le dava tregua da quella mattina. Era
già
convinta che avrebbe avuto poca voglia di mangiare, figurarsi quando
si sentì chiamare dall'ultima persona al mondo che avrebbe
voluto
vedere in quel momento.
« Vieni, c'è un posto
libero » le disse Barty, indicando la sedia di fronte a lui.
Rachel era consapevole
del fatto che prima o poi avrebbe dovuto smettere di fissarlo con gli
occhi sbarrati come se avesse appena visto un Dissennatore, ma non
riusciva a farne a meno. Tuttavia, dopo alcuni interminabili istanti
di esitazione, non poté che fare buon viso a cattivo gioco.
Si
sedette e rimase immobile e rigida come un palo, tanto che Barty
aggrottò la fronte.
« Stai bene? Con tutto
il rispetto, sembra che hai inghiottito una scopa. »
« Sto benissimo »
tagliò corto lei a denti stretti, afferrando con mala grazia
la
forchetta e infilzandola nel petto di pollo che era appena comparso
nel suo piatto.
« D'accordo. Poi prova
la torta, è ottima » le consigliò lui,
tornando a servirsi della
propria fetta.
Rachel socchiuse gli
occhi. L'unica cosa che desiderava adesso era di prendere quella
torta e tirargliela in faccia, solo per vedere sparire quella falsa
espressione sorridente.
Cercò di calmarsi. Non
era brava a controllare le emozioni, ma stavolta doveva farlo per
forza.
« Come va? » bofonchiò,
in un vago tentativo di instaurare una conversazione normale.
« A me tutto bene.
Magisprudenza non è poi tanto male... ha una certa
utilità. Tu,
invece? Ultimamente ti vedo molto più serena o sbaglio?
Tranne oggi,
ma spero che sia un'eccezione. »
Rachel rispose con lo
sguardo fisso sul proprio piatto.
« Sì, può darsi »
tagliò corto.
Barty tacque per alcuni
istanti; sembrava indeciso se continuare oppure no. Alla fine, con un
tono pieno di cautela, le fece una domanda inaspettata.
« Per caso stai uscendo
con qualcuno? »
Lei quasi soffocò.
« Ma come ti viene in
mente? »
« Guarda che non avresti
nulla di cui vergognarti. »
« Questo dovrei essere
io a deciderlo. Comunque non è assolutamente vero, e non
capisco
come tu possa averlo pensato » replicò lei,
irritata.
« Ho visto che frequenti
molto i Prewett, ma avrò capito male » disse lui,
accennando con lo
sguardo ai due fratelli seduti dall'altra parte della mensa. Rachel
si voltò a sua volta e loro la salutarono. Lei rispose con
un mezzo
sorriso. « Li hai conosciuti qui al Ministero, giusto?
»
Alla domanda di Barty,
Rachel si irrigidì, se possibile, ancora più di
prima.
« Sì, infatti »
rispose, notando lo sguardo sfuggente del ragazzo. Forse la sua era
semplice paranoia, ma aveva la netta sensazione che lui stesse
cercando di capire se faceva parte dell'Ordine della Fenice.
Ad interrompere quel
momento di tensione, fu Emmeline, che si era avvicinata al loro
tavolo senza che loro se ne accorgessero.
« Ciao. Posso sedermi
qui? » chiese con un tono allegro.
« Certo » rispose
Barty, tranquillo.
Emmeline prese posto
accanto a Rachel, che non poté fare a meno di lanciarle
un'occhiata
sospettosa e perplessa.
« Come mai adesso vi
parlate? » chiese ai due.
« Abbiamo deciso di fare
una tregua. Ormai è acqua passata » rispose
Emmeline.
« Sono... contenta per
voi » commentò Rachel, che improvvisamente aveva
perso l'appetito.
Ci mancava solo
questa, pensò, guardando Emmeline di sottecchi. Speriamo
che sia davvero acqua passata...
In effetti fu una fortuna
che fosse Emmeline a parlare del più e del meno con Barty,
perché
lei non aveva la minima voglia di intrattenere una conversazione. Era
preoccupata per ciò che, a quel punto, era costretta a
riferire al
più presto all'amica. Aveva rimandato per troppo tempo.
Non appena Emmeline ebbe
finito di mangiare l'ultima fetta di torta, Rachel la
sequestrò
letteralmente, salutò Barty in tutta fretta e la
trascinò fuori
dalla mensa.
« Si può sapere cosa ti
prende? »
« Devo parlarti di una
cosa importante. Ma non qui, c'è troppa gente. »
Rachel la condusse in uno
dei bagni e chiuse la porta piazzando un incantesimo Colloportus.
Emmeline la guardava con
perplessità.
« Allora? »
« Sii sincera. Con Barty
è davvero tutto finito, o ti piace ancora? »
« Certo che è finita,
cosa ti viene in mente? » fece l'altra, imbarazzata.
Per alcuni istanti,
Rachel ebbe una strana sensazione, e le si visualizzò nella
mente
un'orribile prospettiva, con Emmeline che era tornata di nascosto
insieme a Barty e gli forniva regolarmente informazioni sui piani
dell'Ordine della Fenice.
Scosse la testa, cercando
di scacciare dalla mente quei pensieri, sicuramente causati dalle
manie di Malocchio.
Va bene che la spia
può essere chiunque, ma non lei. Che assurdità!
La sua amica era sempre
stata contro Voldemort, e non sarebbe mai sarebbe stata capace di
annullare le proprie idee e i propri principi per un ragazzo di cui
era – o era stata – innamorata.
« Senti, non so come
dirtelo... » esordì, non appena fu tornata in
sé.
« Che cosa? »
« Non dovresti fidarti
di lui. »
« E perché mai?
« Bè... »
« Se pensi che potrebbe
farmi soffrire ancora, sei fuori strada. Ti ho detto che non mi...
»
« Non intendo questo,
Emmeline... Evita di frequentarlo però. »
« Perché? »
Rachel decise di non
girarci troppo intorno, ma si sforzò di dirglielo con
discrezione.
« Barty è un
Mangiamorte » sbottò, talmente nervosa da non
riuscire a
trattenersi più di tanto.
Complimenti per il
tatto, si congratulò una voce nella sua testa.
Seguì un silenzio teso,
durante il quale Emmeline dovette prendersi del tempo per assimilare
il concetto. Alla fine inarcò le sopracciglia.
« Ti senti bene? »
« Ammetto di essere
stata meglio. Ma so quello che dico. »
« Smettila, dai. Non mi
sembra il caso di scherzare su queste cose. »
« Non sto scherzando, è
la verità. »
Emmeline aggrottò la
fronte, visibilmente indispettita.
« Hai una vaga idea di
quello che hai appena detto? Credo che tu abbia sbagliato persona.
»
Rachel si aspettava che
Emmeline sarebbe stata scettica, ma quel rifiuto totale non lo aveva
previsto.
« Neanche io volevo
crederci, all'inizio, ma ti assicuro che l'ho sentito con le mie
orecchie... »
« L'hai sentito?
Significa che non l'hai nemmeno visto! »
« Ti giuro che era lui.
Stava parlando con Rabastan Lestrange e l'argomento era
inequivocabile. Emmeline, pensi che direi una cosa del genere se non
ne fossi assolutamente sicura? »
A quelle parole la
sicurezza dell'altra ragazza parve vacillare.
« Ma... non può essere
vero... »
« Mi dispiace. »
Nel bagno calò un
silenzio lungo e apparentemente interminabile. Rachel avrebbe voluto
dire molte cose, ma non parlò, incerta. Emmeline sembrava
ancora
indecisa se crederle oppure no. Alla fine scosse la testa, come se
avesse voluto scacciare quel pensiero dalla mente.
« Non è possibile...
non ci credo. È il figlio di Bartemius Crouch, non lo
farebbe mai. »
Rachel sospirò.
« Sai benissimo che lo
odia... »
« Non è vero! » sbottò
l'altra.
« Ora inizi a
sragionare. »
« Non è vero! » ripeté
Emmeline. « Sei tu che non sai di cosa parli. Ha dei problemi
in
famiglia, come tutti, ma questo non significa che sia diventato un
Mangiamorte! È ridicolo. »
« Adesso calmati » le
consigliò Rachel, che notava come la ragazza stesse
iniziando a
diventare paonazza.
« Sei tu che dovresti
darti una calmata. Lasciami in pace. »
« Vuoi dire che non mi
credi? »
Rachel era senza parole.
Non aveva immaginato che la prendesse così.
« No, non ti credo. »
« Non puoi far finta di
nulla! »
Emmeline la guardò in
cagnesco.
« Lasciami stare, non
voglio più sentirti. »
Fece per uscire dal
bagno, e questo fece imbestialire Rachel più del dovuto. Le
afferrò
il polso, impedendole di aprire la porta e bloccandola.
« Lo sai perché ti ha
mollata? Perché pensava già di diventare un
Mangiamorte, e tu gli
eri di peso! Come fai a fidarti di uno che non ha esitato un solo
istante a dimenticarti, pur di servire Tu-Sai-Chi? Ora ha voluto fare
pace solo perché gli servi. »
« E a cosa gli servirei?
I Mangiamorte hanno già infiltrati al Ministero,
più una spia
nell'Ordine... Oppure pensi che quella spia sia io? »
« Non lo penso, ma se ti
rimetterai con lui non potrò più fidarmi di te!
»
Rachel si accorse di aver
esagerato quando Emmeline la guardò con un'espressione che
non aveva
mai avuto prima di quel momento.
« Ahi! »
Ci fu uno scoppio, e
Rachel dovette lasciarla, perché all'improvviso le faceva
male il
polso.
Emmeline ripose la
bacchetta in tasca e la oltrepassò, senza aggiungere altro.
« E se n'è andata
sbattendomi la porta in faccia! Ma ti rendi conto?... Mi stai
ascoltando? »
Regulus si accorse che
Rachel aveva concluso il discorso solo quando Sirius gli
assestò un
calcio sotto il tavolo.
« Certo che ti ho
ascoltata » ribatté prontamente, ignorando
l'espressione divertita
di Sirius. La ragazza aveva parlato per un'infinità di
tempo, ma
Regulus era comunque riuscito a cogliere il nocciolo della questione.
« Quasi quasi ti preparo
una Bevanda della Pace, così ti rilassi »
osservò Sirius.
« Non posso credere che
Emmeline abbia reagito così » borbottò
lei, ignorandolo e
massaggiandosi il polso ancora dolente.
Regulus cercò di evitare
il suo sguardo. L'ultima cosa che avrebbe voluto era quella di essere
costretto a darle un parere. E invece fu proprio quel che Rachel gli
chiese.
« Cosa stai pensando? »
Regulus, rassegnato,
cercò di non essere troppo schietto.
« Bè... in effetti è
comprensibile che si sia offesa. »
« Ah sì? »
« Auguri » mormorò
Sirius, deciso a godersi lo spettacolo. Poi tornò a fissare
in
cagnesco il gatto che si era messo a passeggiare nelle vicinanze
della sua sedia. Attila si fermò proprio accanto a lui,
alzando il
capo e scrutandolo. Sirius gli lanciò un'occhiataccia di
avvertimento.
Regulus si schiarì la
voce.
« Sai, può darsi che tu
sia stata un po' troppo diretta... »
« In che senso? »
chiese Rachel.
« Sta dicendo che
quell'ultima frase potevi risparmiartela »
parafrasò Sirius, mentre
con il piede cercava di scacciare il gatto, che emise miagolii di
protesta. « E anche che sei stata una vera vipera a dire
quelle
cose. »
Lei divenne paonazza,
mentre Regulus gli lanciò un'occhiataccia.
« Non volevo dire
questo... » esordì lui, ma fu interrotto dallo
sbuffare di Sirius,
perché Attila gli si era aggrappato alla gamba e non si
staccava
più.
« Levatemelo di dosso! »
sbottò.
« Sirius, è solo un
gatto » fece la ragazza.
« Non vado molto
d'accordo con i gatti... E questo non è normale... Ahi! E'
una peste
assatanata! E ce l'ha con me. »
Regulus sbuffò, mentre
Rachel si alzava per liberare Sirius dagli artigli del gatto e lo
chiudeva fuori dalla cucina. Attila continuò a fissare male
Sirius
attraverso il vetro della porta.
« Visto? Mi odia » fece
lui, ma gli altri due lo ignorarono.
« Allora, cosa stavi
dicendo? » chiese Rachel a Regulus.
Lui sospirò.
« Il fatto è che, a
volte, hai dei modi un po' bruschi, e quando parti in quarta non ti
si riesce a fermare. Insomma, ricordi come eri al primo anno?
»
« No, come ero al primo
anno? » chiese lei, di malumore.
« Non riuscivi mai a
capire la differenza tra ciò che si può dire e
ciò che bisogna
tenere per sé. Voglio dire, ora sei migliorata tanto,
però qualche
volta ci ricaschi. »
Rachel tacque, fissando
un punto indefinito del tavolo.
« D'accordo, può darsi
che io sia stata indelicata a dirle che non mi sarei più
fidata... »
« Basterà chiederle
scusa, vedrai » disse Sirius, che ora senza Attila tra i
piedi si
sentiva meno nervoso.
« Mi ha attaccata con la
bacchetta, non sarò certo io a scusarmi! »
I due Black si lanciarono
un'occhiata perplessa, e per un solo istante sembrarono sul punto di
ridere.
« Di solito siamo noi a
fare così, non tu » commentò Regulus.
« Bè, avrò anche io il
diritto ad essere cocciuta, qualche volta, o è solo una
vostra
esclusiva? E poi ho i nervi a fior di pelle per questa storia. Del
resto nemmeno lei si è fidata di quello che le dicevo.
»
« Secondo me invece ti
ha creduto » disse Regulus, tornando serio. « Ha
solo bisogno di
accettarlo. E visto che preferiva pensare che tu ti fossi inventata
tutto che accettare la realtà, se l'è presa con
te. »
Tutti tacquero per
parecchi minuti, almeno fino a che Sirius non ruppe quel silenzio
teso rivolgendosi direttamente a Rachel.
« Dunque anche Crouch è
un Mangiamorte. Mocciosus pure... » tossicchiò,
evitando di parlare
esplicitamente di Regulus, il cui sguardo la diceva lunga su quanto
poco gradisse riferimenti al suo passato. « Mi spieghi una
cosa,
Rachel? Che razza di gente frequentavi a Hogwarts? »
Lei incrociò le braccia
sul tavolo e vi posò la testa, depressa.
« Vorrei saperlo anche
io. »
« Per le mutande di
Merlino, dov'è finito?! » esclamò
Sirius, sconvolto.
« Chi? »
« Il tuo gattaccio
malefico. È sparito. »
Rachel aggrottò la
fronte.
« Sarà andato altrove.
Non chiamarlo gattaccio malefico, è solo un po' vivace e...
»
« Ed è proprio dietro
di te » concluse Regulus, notando Attila che, entrando di
soppiatto
dalla finestra, prese la rincorsa e atterrò con gli artigli
sfoderati direttamente sulla schiena di Sirius, per poi piombare sul
tavolo con aria soddisfatta.
« Sparisci! » sbottò
il ragazzo, facendolo scappare. « Ti giuro che presto me la
pagherai
cara! Quel gatto non sa con chi ha a che fare » aggiunse poi.
E con questa minaccia,
tornò a sedersi, meditando vendetta.
Capitolo pieno di
chiacchiere, ma nei prossimi l'azione tornerà, non
c'è problema. Ho spiegato un paio di cose: come mai Silente
non ha indossato l'anello e cosa aveva sentito Alphard quando si era
Materializzato nel giardino dei Queen nel capitolo 23. L'ultima scena
l'ho
aggiunta molto tempo dopo aver scritto il resto del capitolo, ci voleva
qualcosa di più allegro! I dispetti tra Sirius e
Attila mi piacevano
troppo xD
Emmeline vi sarà sembrata molto cocciuta qui, ma non se lo
sarebbe mai
aspettato. Deve avere il tempo di assimilare il concetto, e non
le ci vorrà molto. E Barty ultimamente mi provoca istinti
omicidi!
Ah, la sala mensa al Ministero è una mia aggiunta. Non so se
ci fosse davvero, ma un luogo di ritrovo mi serviva, è
sempre utile.
Non ho altro da
dire, tranne che questa storia è l'unica cosa che mi
permette di non impazzire, dato il periodo un po' schifoso. Ne
approfitto per ringraziarvi ancora e augurarvi un magico
Halloween! E ora esco, altrimenti arrivo tardi a lezione!
Prossimo capitolo:
10 novembre
Ciao! =)
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Capitolo 31 *** Tempi di cambiamenti ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 31
Tempi di cambiamenti
« La
primavera è
arrivata » esclamò allegramente Dedalus,
osservando con
soddisfazione il giardino della sua casa. « Era ora! Ragazzo,
come
stanno le mie piante? Mi auguro che non abbiano subito altri danni.
»
« No,
Dedalus, non
preoccuparti » rispose Sturgis, mentre faceva ondeggiare
pericolosamente il vaso che doveva trasportare.
« Ottimo.
Torna al
lavoro, allora. Avanti, muoversi! »
Sturgis gemette,
affaticato, ma alla fine riuscì a posare il vaso senza
romperlo. Poi
puntò la bacchetta sulle piante e iniziò ad
innaffiarle.
Emmeline aveva a mala
pena notato lo scambio di battute tra i due. Se ne stava in disparte,
la schiena appoggiata al tronco di un albero e le braccia strette
intorno alle ginocchia. Avrebbe dovuto studiare, ma in quel momento
non ne aveva alcuna voglia. Continuava a pensare alla sua discussione
con Rachel e a quello che lei le aveva rivelato.
Barty
è un
Mangiamorte.
Quelle parole
continuavano a non avere senso. Non potevano essere vere. Eppure,
Emmeline aveva reagito male non perché si fidava di lui:
Barty non
godeva della sua fiducia da tempo, ormai. Quello che le aveva
impedito di ascoltare Rachel era ben altro, perché le aveva
creduto,
nonostante tutto. Ma non voleva ammettere a se stessa di essere
rimasta legata per più di un anno al ricordo di qualcuno che
invece
l'aveva sempre ingannata. Non si era mai sentita più
umiliata di
così. Era stata una stupida a non volerselo togliere prima
dalla
testa. E invece, fino al giorno precedente aveva sperato che le cose
potessero tornare come prima. Per questo se l'era presa con lei:
aveva distrutto tutte le illusioni che si era creata. Ma l'unica con
cui era davvero arrabbiata era se stessa con la propria
ingenuità.
Non poteva rimproverare nessun altro.
Così aveva
trascorso una
notte insonne e angosciante. Alla fine però si era alzata
con le
idee più chiare, e in un certo senso si era meravigliata di
se
stessa. Si fidava di Rachel, che non le avrebbe mai detto una cosa
del genere se non ne fosse stata assolutamente sicura. Inoltre, si
sentiva stupita, mortificata e delusa... ma non era disperata come
aveva temuto. Non soffriva come quando Barty la aveva lasciata.
Di colpo, si era resa
conto di non amarlo più da tempo. Certo, ne era ancora
attratta e
lui le mancava, ma era sparito quel qualcosa in più che
distingueva
l'amore da una semplice infatuazione.
Forse, inconsciamente,
si
era già accorta del cambiamento di lui, ed era rimasta
legata solo
al ricordo di quello che era stato. In un certo senso quindi per lei
era stata come una liberazione. Ma della rabbia non riusciva ancora a
liberarsi. Si detestava per aver perso tutto quel tempo a rimpiangere
qualcosa che non esisteva più. Era sempre stata una persona
razionale, ma nell'ultimo periodo aveva completamente perso la testa.
Emmeline
osservò
distrattamente la fila di formiche che percorrevano il tratto di
terreno nei pressi delle radici dell'albero, continuando a pensare a
tutto quello che era successo.
Aveva sbagliato a
usare
la magia contro Rachel, ma lei non avrebbe dovuto accusarla di
essersi alleata con Barty o di fare la spia. Come avrebbe potuto
allearsi con un Mangiamorte? Solo ricordare il momento in cui, quando
avevano stabilito una tregua, Emmeline aveva stretto quella mano che
probabilmente aveva già ucciso, la faceva rabbrividire.
Rachel non
doveva permettersi di fare certe insinuazioni...
«
Aaaaaaaaah! AIUTO! »
Emmeline
balzò in piedi,
spaventata. Per un istante temette il peggio: i Mangiamorte li
avevano trovati? Poi capì che le urla provenivano da
Sturgis: la
pianta carnivora di Dedalus gli aveva arpionato la veste e, per
quanto il ragazzo cercasse di sfuggirle, quella non accennava ad
arrendersi. Emmeline si affrettò a soccorrerlo.
« Relascio! »
La pianta
mollò la presa
e Sturgis cadde con la schiena a terra.
« Stai bene?
»
«
Sì, grazie »
bofonchiò lui, paonazzo per la vergogna, mentre si rimetteva
in
piedi.
« Non sapevo
che Dedalus
avesse delle piante carnivore. »
« Nemmeno
io. »
« Come mai
te ne stai
occupando tu? »
Sturgis
sospirò.
« Dedalus
è molto
possessivo nei confronti delle sue piante, le tratta come figlie.
Stamattina ho pestato per sbaglio un'aiuola, quindi mi ha costretto a
curargli il giardino... Ma tu da dove sei spuntata? Non ti avevo
vista. »
« Ero dietro
quell'albero. Stavo... »
Emmeline si
bloccò,
suscitando la sua curiosità.
« Cosa?
»
« Stavo
pensando »
ammise lei.
« Anche a me
piace
riflettere all'aperto, soprattutto se sono triste. La primavera mi
mette allegria. »
Emmeline
annuì
educatamente, ma non ne era molto convinta.
« Non mi
credi, vero? »
« Non
è per questo. È
che quando succedono tante cose brutte, non ce la faccio proprio ad
essere allegra. »
« Dovresti
provarci,
invece. D'inverno le piante sembrano morte, ma poi le
foglie ricrescono sempre. Questo pensiero mi fa venire voglia di
ricominciare, anche se siamo in un periodo difficile. A te non
succede? » aggiunse Sturgis, esitando con imbarazzo.
Emmeline non ci aveva
mai
pensato davvero, ma non poteva che dargli ragione. Forse era l'aria
della primavera, ma aveva una gran voglia di lasciarsi alle spalle il
passato e cambiare gran parte della propria vita.
« Non hai
tutti i
torti... »
« Meno male,
pensavo di
aver detto una delle mie solite sciocchezze » fece lui,
nervoso.
« Tu non
dici
sciocchezze. Non devi essere così insicuro » lo
tranquillizzò lei.
Sturgis fece
spallucce,
impacciato ma anche compiaciuto.
« A volte
parlo troppo e
dico tutto quello che mi passa per la testa. »
« Non
c'è niente di
male nel parlare chiaro. C'è tanta gente che vive solo di
menzogne... » commentò Emmeline, pensando a Barty
con rabbia. Poi
si riprese e aggiunse: « Se vuoi ti aiuto. »
« Grazie...
» fece lui,
porgendole l'innaffiatoio. « Se non sono troppo indiscreto,
come mai
sei così giù? »
Lei esitò,
indecisa se
dirlo oppure no.
« Scusa, non
c'è
bisogno che mi risponda. »
« Grazie.
Non mi va di
parlarne... »
« Giusto,
come vuoi...
Oh, guarda chi c'è! »
Emmeline si
voltò,
vedendo Sturgis salutare qualcuno in direzione della casa, e si
ritrovò a stringere le labbra con fastidio quando
notò Rachel.
Quest'ultima stava parlando animatamente con Sirius, che la stava
spingendo fuori.
« Vai
» stava dicendo
lui, anche se da quella distanza si sentiva a mala pena.
« E va bene!
» sbottò
lei, indispettita.
Rachel uscì
in giardino
e si diresse verso Emmeline. Quando le si fermò davanti,
calò un
silenzio imbarazzato. Sturgis guardò prima l'una e poi
l'altra,
confuso, ma non fece domande.
« Senti, mi
dispiace di
aver dubitato di te. Non avrei dovuto » disse, tutto d'un
fiato,
lisciandosi nervosamente le pieghe della veste.
Emmeline tacque per
alcuni istanti, poco incline a perdonarla così presto. Ma
alla fine
le parole le uscirono spontanee, prima che si potesse rendere conto
di quel che diceva.
« Non
importa. Lo hai
detto nel mio interesse... e ti credo. »
Rachel ne fu sorpresa.
« Davvero?
»
«
Sì. E, a proposito,
scusa per averti colpita. »
« È
già passato. »
Le due continuarono a
guardarsi per alcuni istanti, a disagio.
« Credo che
andrò ad
innaffiare quell'aiuola laggiù » disse Sturgis,
rendendosi
improvvisamente conto di essere di troppo.
Quando il ragazzo si
fu
allontanato, Rachel si rivolse di nuovo ad Emmeline, con
un'espressione corrucciata.
« Non avrei
mai voluto
darti una notizia del genere. Non sai quanto mi dispiace. »
« Rachel,
davvero, non
preoccuparti. Anzi, grazie per essere stata sincera con me. Sei
un'amica. »
Emmeline le rivolse un
sorriso accennato, che Rachel ricambiò non senza un certo
stupore ed
esitazione.
« Come ti
senti? » le
chiese con cautela.
« Sono
delusa,
arrabbiata e triste. Sento di aver perso troppo tempo per colpa
sua... Ma ora sono anche pronta a voltare pagina. Voglio
dimenticarlo. »
Rachel le mise le mani
sulle spalle, guardandola con determinazione.
« Ce la
farai. Tu meriti
di meglio. »
Poi la
abbracciò, ed
Emmeline si ritrovò a pensare che niente come il sostegno di
un'amica avrebbe potuto aiutarla a superare quel momento.
***
« Tim, non
dovresti
essere qui, lo sai? »
Il ragazzino
uscì dal
nascondiglio dietro il cespuglio, evidentemente contrariato per
essere stato scoperto quasi subito mentre tentava di seguire Remus.
« Voglio
venire con te »
replicò, testardo.
Remus
sospirò. Se l'era
aspettato, quindi non poteva dire di essere sorpreso della sua
presenza.
« Stavolta
è
pericoloso. »
Tim sbuffò.
Gli si
avvicinò, incrociando le braccia e guardandolo dal basso
verso
l'alto.
« Dove stai
andando?
Devi incontrare altri lupi mannari, vero? »
« Non ti si
può
nascondere niente, eh? Sì, sto per incontrare alcuni lupi di
altri
due branchi che non sono fedeli a Voldemort. Voglio parlare con loro
per convincerli a stare dalla parte dell'Ordine della Fenice, prima
che sia Greyback a persuaderli. Però sarebbe meglio che tu
non
venissi. Se fosse una trappola... »
« Tu saresti
in
difficoltà senza di me. Con me saremmo pari, ma se non ci
fossi tu
saresti in minoranza. E dai, Remus! Sei riuscito a convincermi che
Greyback si sta solo approfittando di noi. Potrei esserti utile per
convincere anche quei lupi mannari che devi incontrare. E dai!
»
Remus non
poté fare a
meno di sorridere. Da quando lo aveva conosciuto, non aveva mai visto
Tim così allegro ed esuberante. Era sempre stato schivo e
sospettoso, ma ora il bambino che la licantropia aveva soffocato
stava uscendo fuori. Ed il merito era sia suo che degli altri
Malandrini. L'ultima notte di luna piena aveva confermato a Tim che
tutto quel che Remus gli aveva detto era vero: esisteva anche un
altro modo per affrontare il loro problema, e c'erano persone che non
nutrivano pregiudizi nei loro confronti... e anche altre che si
sforzavano di superarli.
« Va bene,
vieni. Tanto
anche se ti dicessi di no mi seguiresti, e non posso arrivare in
ritardo. Seguimi, ma prometti che, nel caso in cui succedesse
qualcosa, scapperai senza guardarti indietro » lo
ammonì
severamente.
« Ok,
d'accordo »
borbottò il ragazzino, che in realtà lo stava
ascoltando poco. Non
vedeva l'ora di aiutarlo in quell'impresa.
Remus
continuò a
camminare, con Tim alle calcagna. La notte era calata già da
un po'
ma lui non aveva paura. Era abituato alla notte ormai, anzi,
preferiva di gran lunga quando era più buia. Era la luna
piena che
detestava con tutto se stesso. Quel globo argenteo costituiva il suo
incubo ricorrente. Era difficile vivere nella perenne attesa
dell'ennesima volta in cui si sarebbe trasformato in lupo mannaro,
mese dopo mese. Non si riusciva mai a sentire completamente libero; e
sapeva che tutti quelli come lui condividevano le stesse angosce.
Quanto avrebbe voluto che qualcuno trovasse una cura per la loro
malattia...
« Stai
attento, ci sono
molti rovi qui » lo avvertì Remus, e Tim
annuì, chinando la testa
e facendo attenzione al sottobosco. Non che si preoccupasse di
graffiarsi – i graffi delle spine erano una bazzecola in
confronto
alle ferite provocate dai suoi stessi artigli – ma non aveva
voglia
di strappare sempre di più i vestiti già
abbastanza laceri che
aveva addosso. L'inverno era passato, ma il freddo si sentiva lo
stesso, soprattutto per chi era costretto a dormire all'aria aperta.
Perciò era meglio restare il più coperto
possibile.
Camminarono per una
buona
mezzora. Tim si stava già stancando, ma non voleva
dimostrarlo.
Così, ogni volta che Remus gli lanciava un'occhiata
esitante, lui
accelerava il passo, salvo poi rallentare per riprendere fiato.
« Ci siamo
» disse alla
fine Remus, dopo quella che gli parve un'eternità.
Tim si
guardò intorno.
Si trovavano nei presi di una cascatella. L'unico rumore che si
percepiva fino a quel momento era lo scrosciare dell'acqua, ma presto
tutti e due iniziarono a percepire alcuni passi che si avvicinavano
sempre di più. Presero a fissare un punto della foresta tra
due
alberi, dal quale emersero lentamente due figure magre e ricurve.
Tim osservò
i due lupi
mannari avanzare e avvicinarsi. Erano trasandati quanto loro. Il
più
basso era anche il più anziano. Indossava un lungo
impermeabile che
gli arrivava sotto i piedi. L'altro era un giovane sulla trentina,
anche se il pessimo stato in cui versava lo faceva sembrare molto
più
avanti con l'età.
« Sei tu
Lupin? »
chiesero.
« Sono io
» rispose
lui.
« Charlie
MacDougal »
si presentò il più anziano. « E lui
è Silvanus Cook. Pensavamo
che dovessimo incontrare solo te » aggiunse, scrutando Tim.
« Lui
è con me. »
« Ma...
è un bambino »
esitò Silvanus Cook.
« So
mantenere i
segreti. E Remus si fida di me » replicò Tim,
sfidandoli con
un'occhiata truce.
« Ok, come
non detto.
Abbiamo portato qualcosa. »
Charlie si mise a
frugare
dentro una bisaccia che aveva appesa sulle spalle, e ne estrasse un
po' di pane stantio.
« Grazie.
»
Per qualche minuto
tutti
tacquero, intenti a masticare. Poi Charlie esordì.
« Sappiamo
di cosa vuoi
parlarci, e te lo diremo chiaramente. La nostra vita è
già
abbastanza miserabile e complicata. Non abbiamo voglia di partecipare
ad una guerra in cui verremmo disprezzati da entrambi i fronti.
»
Remus e Tim si
lanciarono
un'occhiata delusa. Charlie era stato molto chiaro e aveva messo
subito le mani avanti. Con quelle premesse non sarebbe stato facile
convincerli.
« Capisco
perfettamente,
ma io mi limito ad augurarmi che voi e i vostri branchi non decidiate
di parteggiare per Voldemort. Credo che conosciate Greyback...
»
« Certo che
lo conosco,
è stato lui a farmi diventare così! »
sbottò Silvanus, diventando
d'un tratto paonazzo.
« Lo stesso
è accaduto
a me e a Tim » rispose Remus, posando una mano sulla spalla
magra
del ragazzino, che guardò gli altri due quasi con aria di
sfida. «
Greyback è dalla parte di Voldemort, sapete che vuole creare
un
esercito. E lo fa mordendo bambini come lui, anche più
piccoli. »
« Lo
sappiamo... »
disse Charlie, con lo sguardo sfuggente. « E ti assicuro che
nessuno
di noi si unirà mai a quelle canaglie dei seguaci di
Greyback. Ma
vogliamo vivere per conto nostro. Il mondo magico ci disprezza, non
ci interessa combattere. »
« Non
è sempre così.
Ci sono persone convinte del fatto che i lupi mannari abbiamo gli
stessi diritti degli altri. Silente è uno di questi.
Altrimenti,
come avrei mai potuto frequentare Hogwarts? È stato grazie a
lui e
alla gente che ho conosciuto lì che ho capito che cedere al
vittimismo non porta da nessuna parte. »
Charlie sembrava
ancora
scettico, ma Silvanus lo guardava con stupore.
« Hai
frequentato
Hogwarts? Davvero? »
«
Sì... »
«
Sarà, ma sono pochi
quelli come Silente » lo interruppe Charlie, burbero.
« Questo
perché, fino a
che Voldemort metterà a ferro e fuoco il nostro mondo, le
cose non
potranno cambiare. È per questo che io combatto. Continuare
a
nasconderci e piangerci addosso non servirà a niente. So
come ci si
sente, lo sappiamo tutti perché siamo nella stessa
situazione. Ma
dobbiamo lottare per migliorare le nostre condizioni. »
« Non ha
torto »
commentò Silvanus.
« Voi siete
ancora
giovani » ribatté il più anziano.
« Quando sarete arrivati alla
mia età, e non sarà cambiato niente, allora
capirete. La gente non
cambia, il mondo magico è sempre lo stesso. Siamo sempre
stati
trattati da emarginati, ancora prima che Voi-Sapete-Chi nascesse.
Perché una sua sconfitta dovrebbe cambiare le cose? Credete
che
qualcuno ci sarebbe riconoscente se contribuissimo alla vittoria? No,
ci ricaccerebbero nello stato in cui siamo vissuti nei secoli...
»
« Ma che
stai dicendo? »
sbottò improvvisamente Tim, indignato. Tutti lo guardarono
con
perplessità, ma lui non si fece intimorire. «
Allora vuoi restare
senza fare nulla, mentre Greyback continua a fare del male ad altre
persone? Pensi solo a te stesso! »
«
Bè... non intendevo
dire questo... » bofonchiò l'uomo, imbarazzato.
« Ma
è questo che
faresti » replicò Remus, con un tono tranquillo.
Charlie era diventato
rosso per la vergogna. Silvanus sembrava impressionato dalla grinta
di quel soldo di cacio, ma concordava con lui.
« Non
prendetevela con
Charlie, ne ha viste troppe di ingiustizie per essere ancora
fiducioso nel prossimo. Però avete ragione quando dite che
non
possiamo starcene con le mani in mano. Mi sento una schifezza quando
penso che c'è tanta gente che muore, mentre io non faccio
nulla per
impedirlo... »
Charlie aveva una
smorfia
dipinta sul volto segnato dalle rughe e dalle cicatrici. Sembrava in
preda ad una lotta interiore.
« Ma cosa
vorresti che
facessimo? Noi non abbiamo neanche una bacchetta... »
« Non vi
chiedo di
combattere apertamente. Vorrei solo che spargeste la voce, che mi
aiutaste ad impedire che altri lupi mannari decidano di seguire
Greyback. Sarebbe già un grande aiuto. Uno dei modi per
combattere
Voldemort è anche quello di sottrargli seguaci. »
« Io ci sto!
» esclamò
Silvanus, in tono deciso. « Contate pure su di me e il mio
branco.
In fondo, è come se fossimo tutti fratelli: abbiamo tutti
qualcosa
che ci unisce. »
Remus sorrise,
sollevato;
poi rivolse lo sguardo all'altro lupo mannaro.
Charlie esitava
ancora,
ma alla fine sospirò.
« D'accordo,
va bene,
avete ragione voi... È
che sono pessimista, cosa volete farci? Comunque vi darò una
mano,
anche se secondo me non servirà a nulla... »
« Questo si
vedrà.
Grazie » disse Remus, sollevato.
Tim si sentiva
immensamente soddisfatto.
Il tragitto di ritorno
gli sembrò molto più corto. Camminarono in
silenzio per parecchi
minuti, poi Remus gli parlò.
« Sei stato
in gamba,
sai? »
« Visto che
avevo
ragione a voler venire con te? Devi imparare a darmi retta. »
« Lo
ammetto, senza di
te sarebbe stato più difficile convincere Charlie.
»
«
Perché era così
pessimista? »
Remus assunse
un'espressione grave.
« Vedi, lui
non è stato
fortunato come me. Non ha mai avuto nessuno a sostenerlo e
incoraggiarlo. È naturale che sia così.
»
Tim si
incupì
improvvisamente.
« Quindi io
sarei
diventato come lui, se non fosse stato per te. »
Remus tacque,
costernato.
« Ma
è andata
diversamente » lo incoraggiò.
Tim si
bloccò. Erano
appena arrivati nei pressi del nascondiglio del branco di Greyback.
« Grazie,
Remus »
bofonchiò, imbarazzato. Non era abituato a gesti e parole
affettuosi, ma si sentiva in dovere di dimostrare la propria
riconoscenza a quel ragazzo.
Dopo di che gli
voltò le
spalle e si addentrò nel folto della foresta.
« Ehi, Tim.
Dove sei
stato? » gli chiese una bambina dai capelli arruffati. Il suo
nome
era Sarah ed era più piccola di lui: doveva avere
all'incirca sette
anni.
« In giro...
» rispose
Tim, vago.
Ma poi si
soffermò a
guardare sia lei che tutti gli altri bambini. Tutto a un tratto gli
era venuta un'idea. Se Remus stava cercando di sottrarre seguaci a
Voldemort e Greyback tra gli adulti, anche lui avrebbe potuto dare il
suo contributo. Lì era pieno di ragazzini come lui, che
ancora non
si erano induriti al punto di rassegnarsi. Era pericoloso, ma
l'adrenalina lo esaltava, facendogli dimenticare ogni paura. Si
sarebbe posto a capo di una rivolta di quei piccoli lupi mannari.
Anche loro aveva il diritto di conoscere la verità su
Greyback.
Remus lo aveva sottratto al lavaggio del cervello, e ora Tim avrebbe
fatto lo stesso con i suoi coetanei. Sì, ormai aveva preso
la sua
decisione.
« Sarah,
posso parlarti
un secondo? » esordì, emozionato.
Lei lo
guardò con
curiosità. Poi annuì.
***
Si udì un
lamento
lacerante, seguito immediatamente dopo dal rumore di qualcosa che si
spezzava di colpo. Un denso fumo nero si levò lentamente
dall'Horcrux infranto, salendo verso il soffitto come una spirale che
andava diradandosi sempre di più.
Silente fece cadere
l'athame per terra, mentre le mani gli tremavano violentemente.
Osservò da vicino l'anello, con il cuore che palpitava per
l'agitazione. Il fendente inferto dal Preside non aveva potuto
risparmiare completamente la pietra che vi era incastrata. La
montatura aveva quasi ceduto del tutto sotto il colpo, la Pietra
aveva una grossa crepa. L'Horcrux era distrutto, ma quel che Albus
temeva più di ogni altra cosa era che anche la Pietra
perdesse i
suoi poteri. Aveva deciso di distruggere l'Horcrux prima di provarla,
memore di quanto era accaduto a Orfin che, nonostante tutti i suoi
sforzi per guarirlo, non sarebbe vissuto a lungo. Gli restavano
alcuni mesi, ma la maledizione del medaglione non aveva rimedi.
Ora però...
forse
iniziava a pentirsene... aveva aspettato quel momento da una vita
intera...
Sapeva perfettamente
cosa
raccontava la storia dei tre Fratelli: l'aveva letta e riletta
così
tante volte da saperla a memoria. Ma in fondo era solo una fiaba, il
cui scopo era quello di insegnare qualcosa... Ma la realtà
doveva
essere diversa. La Pietra della Resurrezione doveva possedere poteri
straordinari. E ora si trovava lì nelle sue mani, e non
aspettava
altro che di essere usata.
Prese l'anello e lo
infilò al dito, trattenendo il respiro.
Non accadde nulla.
Tutto
era silenzioso intorno a lui, soprattutto dopo il rumore assordante
che l'Horcrux aveva fatto prima di distruggersi. Lo faceva
rabbrividire, insinuandogli nel profondo un sentimento di oppressione
e angoscia.
«
Perché? » sussurrò
a se stesso, disperato.
Si era aspettato di
ritrovarsi di fronte sua sorella, suo padre, sua madre... e invece
non c'era nulla, solo le pareti diroccate e le imposte sbarrate della
Stamberga Strillante.
Poi capì.
Si rese conto
di aver perso la lucidità, se non era riuscito a ricordare
un
dettaglio così banale.
Sfilò
l'anello, lo posò
sul palmo della mano tremante e lo fece girare su se stesso.
Una... due... tre
volte.
Si accorse di avere
gli
occhi chiusi. Non aveva il coraggio di aprirli. Temeva al tempo
stesso di non vedere nulla e di incontrare tutti i membri perduti
della sua famiglia. Qualcosa lo fece tremare: sentiva le loro
presenze intorno a lui.
Alzò le
palpebre e si
guardò intorno, con il cuore in gola.
Tre sagome lo
circondavano nell'ombra e lo guardavano fisso.
Percival gli
somigliava
molto. I capelli rossi, gli stessi occhi azzurri brillanti... ma lo
sguardo era molto diverso da quello che ricordava. Era cupo, come se
fosse spento, e lo guardava con qualcosa che sembrava più
rassegnazione che stupore o felicità.
Kendra aveva la stessa
espressione del marito. La fronte corrugata rendeva ancora
più duri
i suoi lineamenti accentuati dagli zigomi alti.
« Albus...
»
La voce che aveva
parlato
lo fece sussultare. Era sonora e delicata al tempo stesso, la stessa
voce che ormai aveva imparato a dimenticare, perché lei non
aveva
più parlato da quando era stata aggredita.
Si voltò a
guardare la
sagoma più bassa ed esile, con gli occhi lucidi e colmi di
lacrime
che non riuscivano a sgorgare.
L'espressione di
Ariana
era meno dura di quella dei genitori. I capelli erano raccolti in una
treccia, e lei indossava lo stesso abito a fiori che aveva il giorno
in cui era morta... Albus riusciva ancora a ricordare quel maledetto
giorno come se non fossero passati anni e anni.
Era convinto di
doversi
sentire felice nel vedere di nuovo la vita nel suo sguardo. Ariana
era lì, di fronte a lui, con gli occhi aperti...
Ma
era triste e
fredda, separata da lui come da un velo.
Le parole che sapeva a
memoria da anni lo colpirono con la violenza di un tuono. Il volto di
Ariana ora emanava sofferenza e malinconia.
Anche
se era tornata
nel mondo dei mortali, non ne faceva veramente parte e soffriva.
« Albus, sei
così
lontano... » disse Ariana, sussurrando.
Lui non capiva. Le era
vicinissimo, quasi poteva sfiorarla, anche se non aveva la forza di
provarci. Ma forse si illudeva. Forse Ariana diceva la
verità... era
lui ad essere lontano, a non essere degno. Non era mai stato Padrone
della Morte. Non ne aveva mai capito il senso...
I suoi familiari
facevano
parte di un altro mondo, e lui era stato talmente cieco da non capire
che nessuna Pietra della Resurrezione li avrebbe fatti tornare
indietro... tanto meno se a utilizzarla fosse stato un uomo che
ancora non aveva capito nulla dei Doni della Morte, nonostante tutti
gli anni che aveva speso nella loro ricerca. Neanche l'aiuto della
Bacchetta di Sambuco sarebbe servito a qualcosa.
Cos'altro
mi
aspettavo?
Si chiese. Non
ho mai pensato che potessero tornare
indietro.
E poi capì
di poter fare
soltanto una cosa. Era poco, ma erano anni che si era tenuto tutto
dentro, senza avere la possibilità di fare ammenda dei
propri sbagli
di fronte a chi più di tutti aveva pagato.
« Mi
dispiace »
gemette, la voce spezzata, guardando prima i suoi genitori. «
Mi
dispiace per tutto. »
Poi si
soffermò su
Ariana, e il suo animo tremò sotto lo sguardo della sorella.
Lei
però non aveva un'espressione accusatoria, non l'aveva mai
avuta.
Era lui che si era sempre sentito in colpa guardandola, quando era
viva perché la considerava un peso, ora perché
non sapeva da quale
bacchetta era provenuto l'anatema mortale che la aveva uccisa.
Eppure era arrivato
molto
vicino a saperlo, tanti anni prima... Dopo aver sconfitto Gellert,
quest'ultimo lo aveva voluto colpire con ciò che
più temeva al
mondo: la verità.
« Non vuoi
sapere chi
tra noi è stato, Albus? » gli aveva mormorato, il
volto deformato
dalla rabbia mentre gli Auror lo portavano via.
« Dillo!
Dillo, una
volta per tutte! » aveva gridato lui, uno dei rari momenti in
cui
aveva perso il controllo. Lo aveva afferrato per il bavero della
veste, furioso e incurante degli sguardi preoccupati degli Auror. In
quell'istante quasi non gli importava di quale sarebbe stata la
verità. Almeno la avrebbe conosciuta.
E invece Grindelwald
aveva sorriso con crudeltà di fronte alla sua espressione
sconvolta
dal dolore.
« No, non te
lo dirò.
Per te sarà peggio convivere per sempre con questo dubbio.
»
Era stata l'estrema
vendetta di uno sconfitto, ma ad Albus aveva fatto male come se lo
avesse accoltellato. Solo il pensiero di aver voltato le spalle alla
propria famiglia per colpa sua lo faceva invadere dal rimorso.
«
Perdonatemi »
aggiunse, a fil di voce.
Lasciò
cadere la Pietra
a terra, ritrovandosi di nuovo solo. Percival, Kendra e Ariana erano
scomparsi.
E
così
anche il secondo
Horcrux è stato distrutto, Tim
comincia a sognare in grande, con lui stesso a capo di una rivolta di
lupetti (si darà una ridimensionata, però, e
capirà che non è un gioco per ragazzini), ed
Emmeline
è rinsavita, anche se dovrà soffrire
ancora. A proposito di lei, non so se ho spiegato bene quello che le
sta capitando. Emmeline è nella fase in cui ha perso la
stima, la
fiducia (chiamatela come preferite) in Barty, ma ancora non riesce a
staccarsi del tutto. E' la fase di mezzo tra l'illusione e la
disillusione, e bisogna che ci passi per lasciarlo perdere
definitivamente ^^
Silente
non mi fa troppa simpatia per come sfrutta tutti, ma penso che
un'occasione per vedere
la famiglia morta e parlarci di nuovo se la meritava, e gli ci voleva
anche per fargli capire un paio di cosette. Ah, ovviamente,
le due frasi in corsivo in quella scena sono citazioni della storia dei
Tre Fratelli, se non si era capito!
Nel
prossimo capitolo, oltre a stragi e battaglie, finalmente
darò spazio anche ad un personaggio che ho ignorato per ben
trenta capitoli, e che forse è il momento di inserire! XD
Quindi
vi do appuntamento al 24 novembre.
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Capitolo 32 *** I Bones ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 32
I Bones
« Sono a casa. »
La voce di Edgar rimbombò
nell'ingresso deserto trasmettendogli una sensazione di oppressione.
Non gli piaceva sentire silenzio in casa sua, e il fatto che fosse
inusuale lo allarmava ancora di più.
Si chiuse la porta alle
spalle e iniziò a percorrere il corridoio, in attesa di
vedere la
testa di uno dei suoi figli fare capolino da qualche stanza. Ma si
accorse che sia nel salotto che nel resto del piano terra non c'era
nessuno.
Inspirò profondamente,
infilando una mano nel mantello che non si era ancora tolto. Non
doveva iniziare a farsi prendere dal panico. Forse stavano dormendo.
Salì le scale
lentamente, le orecchie tese e pronte a percepire qualsiasi rumore
sospetto, ma non ne avvertì. Angosciato, si
precipitò prima nella
camera da letto dei suoi figli e poi nella sua. Cercò anche
nei
bagni e lanciò un'occhiata in soffitta. Non c'era nessuno.
Stava quasi per essere
assalito dal panico, quando udì dei rumori al piano di
sotto:
qualcuno stava entrando in casa.
Con il cuore in gola, si
affacciò prudentemente dalle scale, pronto ad attaccare. Ma
quando
vide chi era entrato, trasse un enorme sospiro di sollievo.
« Clare! » esclamò,
raggiungendo il pianterreno. « Dove vi eravate cacciati?
»
« Papà! »
Il bambino dai capelli
biondi spiccò un salto e gli si gettò addosso.
Edgar lo sostenne e
barcollò quando anche la sorellina lo abbracciò.
« Come sarebbe? Ti avevo
detto che oggi sarei andata alla scuola elementare. Ci sono stati i
colloqui con gli insegnanti dei tuoi figli »
replicò sua moglie,
perplessa.
« Ah, me lo avevi detto?
» fece lui, confuso.
Lei alzò gli occhi al
cielo con un sorriso esasperato.
« Sì, e ti avevo anche
detto di non preoccuparti se fossimo tornati tardi. Ma dove hai la
testa? »
« Devo essermelo
scordato... Ultimamente sono distratto. »
« Papà è distratto »
commentò Mary, che gli stava ancora appesa al braccio.
« Mary, Sean, lasciatelo
respirare » li redarguì Clare, facendoli staccare
a fatica. «
Andate a giocare in camera vostra, mentre io preparo la cena.
»
Loro non se lo fecero
ripetere due volte, e si diressero su per le scale gareggiando a chi
sarebbe arrivato primo.
« E non uscite in
giardino, si è fatta sera ormai! »
ricordò loro Edgar. Poi si
rivolse alla moglie: « Sei sicura che nessuno vi abbia
seguiti? »
« Stai tranquillo, me ne
sarei accorta. »
« Ti avevo detto che è
pericoloso uscire dopo il tramonto. »
« Il sole non è ancora
tramontato, e poi non posso non uscire più di casa, no?
»
Lui sospirò.
« Allora cosa dicono gli
insegnanti? » chiese per cambiare discorso, sfilandosi il
mantello e
appoggiandolo all'attaccapanni.
« Dicono che vanno
abbastanza bene, ma sono troppo agitati e non obbediscono mai.
Soprattutto Mary » rispose Clare, dirigendosi in cucina e
arrotolandosi le maniche per iniziare a preparare. Edgar
aprì la
credenza e si mise ad apparecchiare.
« Non avevo dubbi »
commentò con un mezzo sorriso.
« E a te come è andata?
»
« Eh... diciamo che
poteva andare meglio. »
« Cioè? »
« Sono stato tutto il
pomeriggio a colloquio col Ministro della Magia. »
« Davvero? » fece lei,
stupita.
« Sì, sembra che si
fidi molto di me, e la cosa è positiva, perché
è proprio quello
che Silente mi ha chiesto da fare. Le ho consigliato di mandare
più
guardie umane ad Azkaban, perché i Dissennatori stanno per
passare
dalla parte di Voldemort, ed è probabile che, se non fossero
sotto
stretta sorveglianza, lascerebbero evadere tutti i Mangiamorte
catturati... »
« Scusa, cosa sono i
Dissennatori? »
Edgar si fermò, dandosi
una mano sulla fronte.
« Sono creature che
sorvegliano i detenuti ad Azkaban » si limitò a
rispondere. Non gli
andava di essere troppo preciso. Sua moglie era Babbana ed era
già
abbastanza spaventata all'idea di una guerra di cui non sapeva nulla.
« Ok, continua pure. »
« E poi sto cercando di
farle capire che non dovrebbe fidarsi di certe persone che la
circondano. Non mi riferisco a Crouch ma a tutti gli altri...
Voldemort ha fatto infiltrare diversi suoi seguaci ai piani alti del
Ministero, forse per ucciderla o forse per tenerla sotto controllo...
Fatto sta che se Voldemort riuscisse ad ottenere il controllo del
Ministero sarebbe gravissimo. »
« E le hai detto chi
sono le persone di cui non deve fidarsi? »
« No, non posso
dimostrare che si tratta di Mangiamorte, anche se io ne ho la
certezza quasi assoluta. Rookwood è uno di loro, ma gode di
una
grande stima, e sarebbe stupido da parte mia accusarlo direttamente.
Però sì, stiamo preparando una brutta sorpresa ad
Augustus »
aggiunse Edgar con un sorriso soddisfatto.
Lei lo guardò con
preoccupazione.
« Ecco, fa' che non sia
lui a farti una brutta sorpresa, però. »
« Non agitarti, va tutto
bene. So da chi devo guardarmi. »
La donna non sembrava
affatto convinta. Edgar la vide tormentarsi il labbro inferiore per
il nervosismo. Le circondò la vita con un braccio e la
strinse,
parlandole in un tono che sperava fosse abbastanza rassicurante.
« Non voglio che succeda
qualcosa ai bambini. Quello che è accaduto a Derek, con i
lupi
mannari... » disse lei, agitata.
Edgar si sforzò di
restare calmo. Ripensare alla notte in cui suo cugino era stato
ucciso dai lupi di Greyback lo faceva stare malissimo ogni volta.
« Ti assicuro che farò
di tutto perché non accada nulla a te o ai bambini...
però, se non
ti senti sicura, potete stare da tua madre per un po'... »
Clare tirò su col naso,
staccandosi da lui.
« No, ne abbiamo già
parlato. I tuoi figli ti vedono già poco. Questa guerra
potrebbe
durare ancora altri anni, potresti rivederli da adulti, se saremo
fortunati. »
« Va bene, se ne sei
sicura... »
« Sì, e non pensare che
ti sentiresti in colpa se ci succedesse qualcosa. Non è
colpa tua se
quei matti ce l'hanno con quelli come me » fece lei, girando
il
mestolo con nervosismo.
Edgar annuì, ma non
poteva impedirsi di essere preoccupato. Era stata proprio sua moglie
a convincerlo ad entrare nell'Ordine della Fenice, perché se
avesse
dovuto decidere da solo non lo avrebbe fatto, proprio per non fare
correre rischi alla sua famiglia. Ma anche se sapeva di aver fatto la
scelta giusta, certe volte tornava ad avere i vecchi dubbi...
« Puoi andare a chiamare
i bambini? È pronto » gli disse Clare, spegnendo
il fuoco da sotto
la pentola.
Edgar uscì dalla cucina
e si diresse verso la stanza dei suoi figli. Stranamente da dietro la
porta non proveniva alcun rumore, e infatti si accorse che la stanza
era vuota.
Prima che finisca la
serata mi faranno venire un colpo, pensò,
esasperato.
Stava per salire le scale
per cercarli in soffitta – dal momento che loro adoravano
giocare
lassù – quando si sentì chiamare e vide
Sean rientrare in casa di
corsa, affaticato e rosso in volto.
« Sean, dov'è tua
sorella? È pronto in tavola » gli disse Edgar,
scompigliandogli i
capelli.
« Sta fuori in giardino.
Stavamo giocando a nascondino, ma ora si è messa a parlare
con quel
signore... » rispose Sean, tranquillo.
Edgar sgranò gli occhi
mentre il sangue gli si congelava nelle vene.
« Q-quale signore? »
« Non lo so, non lo
conosco. È alto, con un vestito nero... »
« Vuoi dire che Mary è
uscita dalla zona protetta del giardino?! »
« Sì... Io le avevo
detto di restare dentro, ma non mi ha dato retta... »
« Clare! »
La donna si precipitò
fuori dalla cucina, spaventata.
« Cosa...? »
« Prendi Sean e
nascondetevi subito! Io vado a... »
Aveva già estratto la
bacchetta e percorso metà del corridoio, quando una visione
terrificante lo immobilizzò. Mary era appena entrata in
casa,
trascinata da almeno cinque Mangiamorte. Non erano riconoscibili, ma
Edgar non aveva dubbi su chi fosse a capo del gruppo.
« Giù le mani da mia
figlia, Rookwood, o giuro che... » lo minacciò,
puntandogli la
bacchetta dritta al cuore.
« Non agitarti tanto,
Bones. Non ci importa nulla di tua figlia, siamo venuti solo per te.
Ecco, riprenditela... » disse Rookwood con un tono di voce
mellifluo.
Uno degli altri
Mangiamorte spinse la bambina verso di loro. Mary inciampò e
cadde
per terra, scoppiando a piangere.
Tutto accadde in un
attimo. Edgar era troppo impegnato a tenere i Mangiamorte sott'occhio
e non riuscì a fermarla: Clare si divincolò dal
suo braccio che
cercava di trattenerla e si gettò in ginocchio a soccorrere
la
bambina, mentre uno dei Mangiamorte in fondo le puntava contro la
bacchetta.
Fu investita da una
intensa luce verde e si accasciò al suolo, immobile, sotto
lo
sguardo inorridito di Edgar e le urla strazianti dei bambini.
« Dimenticavo, siamo
venuti anche per questa lurida Babbana » aggiunse Rookwood,
sarcastico.
Edgar urlò con tutto il
fiato che aveva nei polmoni, come se ciò potesse svegliarlo
dall'incubo che stava vivendo e si avventò contro Rookwood.
Non
riusciva a provare più nulla: non aveva paura, non provava
nemmeno
odio, ma solo un orrore incontenibile.
L'ultima cosa che vide
prima di morire furono i corpi abbracciati di Sean e Mary: sembravano
quasi addormentati sul pavimento di legno.
Poi chiuse gli occhi e
non li riaprì più.
***
Li avevano colti di
sorpresa, mentre maghi e streghe passeggiavano frettolosamente lungo
Diagon Alley, facendo acquisti nei vari negozi e lamentandosi dei
prezzi.
In un attimo il
chiacchiericcio si era trasformato in grida di terrore e strepiti
disperati.
I Mangiamorte non
pensavano che l'Ordine della Fenice li avrebbe trovati così
facilmente, ma in fondo la cosa non andava a loro svantaggio: il caos
che provocavano combattendo, mentre loro mettevano a ferro e fuoco i
negozi, contribuiva ad accrescere il clima di terrore che si
respirava nel mondo magico.
« Quelli dell’Ordine
della Fenice non la smettono mai di mettere i bastoni tra le ruote.
Hanno già scoperto dei Bones? » sbottò
Avery, nascosto sotto la
finestra di un negozio di Notturn Alley. La battaglia si era estesa
fin lì, e il ragazzo ogni tanto usciva allo scoperto per
scagliare
maledizioni sulle persone nel vicolo, attraverso la finestra in
frantumi.
Severus non gli rispose,
intento a colpire l’uomo che cercava di entrare nel negozio.
Il
Sectumsempra lo ferì solo di striscio, ma
lo costrinse lo
stesso a indietreggiare, tenendosi il fianco e gemendo per il dolore.
Severus lo vide andare a
nascondersi dietro l’angolo, prima di essere abbagliato da un
lampo
di luce proveniente da un incantesimo.
Fece appena in tempo a
urlare « Giù! » e buttarsi per terra,
che l’incantesimo
scagliato da Dorcas Meadowes fece esplodere la parete, in un
frastuono di calcinacci e polvere che ricaddero sopra i tre
Mangiamorte, che si coprivano la testa per non essere colpiti.
Severus si rialzò a
fatica, ansimando e guardandosi intorno. L’incantesimo era
stato
davvero potente, e parti del soffitto rischiavano di crollare loro
addosso se non fossero usciti per tempo.
« Siete ancora vivi? »
chiese, cercando Avery e Mulciber tra i calcinacci.
Loro risposero con due
violenti colpi di tosse.
« Sì, più o meno…
»
« Allora muoviamoci. Sta
per crollare tutto » tagliò corto Severus,
aiutandoli a sollevarsi
con uno strattone e dirigendosi verso l’uscita del negozio.
Dorcas non li stava
aspettando fuori. Era impegnata a duellare contro il Signore Oscuro.
Severus non se ne stupì.
Era un’avversaria temibile e sfidarla a duello non era cosa
da
poco. Solo Voldemort sembrava metterla davvero in
difficoltà.
Quanto a lui, non poteva
continuare a guardare. Alcuni membri dell’Ordine erano corsi
loro
incontro, e gli altri due Mangiamorte avevano già preparato
il
contrattacco.
Severus iniziò a
combattere a sua volta, scagliando maledizioni una dopo
l’altra.
Gli avversari erano in difficoltà: non sapevano contrastare
gli
incantesimi di sua invenzione, grazie ai quali indietreggiarono,
mentre i Mangiamorte li respingevano indietro.
Dedalus Lux cadde
gemendo, ferito di striscio da una delle sue maledizioni.
Severus stava per
approfittarne, quando qualcosa di molto simile all’istinto lo
indusse ad alzare lo sguardo, ignorando Podmore che correva in aiuto
del compagno.
Fu in quel momento che lo
vide: il guizzo di una fiamma nel buio, accompagnato dalla solita
sensazione del terreno che improvvisamente veniva a mancargli sotto i
piedi, mentre qualcosa gli impediva di respirare e un peso opprimente
gli serrava lo stomaco.
Aveva sperato di non
reagire più così; aveva tentato disperatamente di
liberarsi da
quella ossessione che gli aveva tolto il sonno. Aveva desiderato con
tutto se stesso di dimenticarla, ma non ci era riuscito.
E anche quella volta,
scorgere Lily in mezzo al tumulto della battaglia gli aveva provocato
un dolore insopportabile.
Si impose di non
guardarla e di tornare a combattere, ma era inutile. Podmore aveva
già portato al sicuro Lux, ma Severus non se ne era neanche
accorto:
il suo sguardo tornava sempre verso di lei, nonostante tutti i suoi
sforzi.
Era come provare ad
affondare una palla nel mare: per quanto cercasse di spingerla a
fondo, quella ritornava sempre a galla, e quanto più in
profondità
la immergeva, tanto più velocemente quella balzava in
superficie.
I suoi occhi seguivano la
stessa regola: non riuscivano mai a staccarsi da lei per troppo
tempo. Ma guardarla non lo faceva sentire meglio, tutt’altro.
I ricordi dei momenti
felici passati insieme duravano solo un attimo, spazzati via da
quelli molto più dolorosi del loro litigio e dello sguardo
carico di
disprezzo che Lily gli aveva rivolto.
In quel momento si sentì
lieto di avere la maschera: se lei lo avesse riconosciuto, lo avrebbe
guardato di nuovo con quell’espressione sprezzante, e Severus
non
lo avrebbe sopportato.
Quello sguardo aveva il
potere di distruggerlo.
Perché non lo aveva
voluto perdonare?
Le aveva chiesto scusa,
si era umiliato per chiederle perdono… ma lei era stata
implacabile.
Sapeva di aver sbagliato,
ma dentro di sé sapeva anche che, pure se lei lo avesse
perdonato,
le loro strade si sarebbero divise lo stesso. Era destino.
« Piton, che ti prende?
Svegliati » gli disse Avery, cercando di farlo tornare in
sé, prima
che Moody lo colpisse con uno Schiantesimo.
Severus lo evitò appena
in tempo, e Avery iniziò a combattere contro
l’Auror, dopo avergli
rivolto uno sguardo preoccupato e perplesso.
Avery e Mulciber…
Lily non li sopportava.
Non voleva che li frequentasse. Ma Severus non era d’accordo;
non
aveva nessun diritto di decidere al posto suo.
Lei era stata sua amica e
lo aveva apprezzato per quello che era. Ma Avery e Mulciber lo
apprezzavano anche per altro, per quello che sapeva fare, per le sue
abilità magiche. E per Severus era importante. La magia era
l’unica
dote che aveva, l’unica cosa in cui eccellesse. Lo faceva
sentire
qualcuno, diverso dal triste figlio di un Babbano alcolista e
violento. I due Mangiamorte lo avevano accettato tra di loro,
nonostante fossero a conoscenza delle sue origini non perfette, del
suo sangue non del tutto puro: per loro Severus era un Prince, non un
Piton. E in più avevano le sue stesse ambizioni. Che cosa
c’era di
sbagliato nel volerli frequentare?
Anche Lily però lo aveva
fatto sentire importante, ammise a se stesso, mentre rispondeva
all’attacco di Emmeline, con movimenti quasi automatici.
Anzi, Lily
lo aveva reso davvero felice.
Ma poi aveva scelto una
strada diversa.
Aveva detto che sarebbero
stato amici per sempre, e invece gli aveva voltato le spalle.
Aveva detto che odiava
Potter, e invece lo aveva sposato.
Forse aveva pensato già
da tempo di liberarsi di lui, e aveva colto l’occasione per
non
perdonarlo.
Si sentì bruciare di
rabbia. Avrebbe voluto odiarla, lo avrebbe voluto davvero. Non voleva
più soffrire così per colpa sua…
Con uno scatto
improvviso, riuscì a disarmare Emmeline, ma non
poté fare altro
perché per la seconda volta Lily gli impedì di
fare del male al suo
avversario.
Qualcosa lo colpì al
polso, facendogli volare via la bacchetta. Quando si voltò a
guardare l'autore dell'incantesimo, si irrigidì. Lily gli
puntava la
bacchetta contro, ma si era immobilizzata a sua volta. I suoi occhi
verdi stavano scrutando i suoi, cercando di vedere oltre la
maschera...
Lo aveva riconosciuto,
non potevano esserci dubbi. L'espressione metà amareggiata e
metà
furente lasciava poco spazio alle ipotesi. Tuttavia non lo
colpì,
perché in quel momento sopraggiunse Potter che, stranamente
serio e
furente, la prese per il polso e le gridò di tornarsene
subito a
casa perché, disse lui, non poteva combattere in quelle
condizioni.
All'inizio Severus non
capì cosa significassero quelle parole. Ma, mentre la
osservava con
i battiti a mille, non poté non accorgersi del cambiamento
che il
corpo di Lily aveva subito. C'era qualcosa di diverso in lei,
qualcosa che rendeva la sua sagoma diversa, ma non per questo meno
armoniosa di come l'aveva sempre vista. Ma quel qualcosa in
più
stonava terribilmente e lo fece contorcere dal dolore ben prima che
la sua mente capisse davvero.
E infine Severus si sentì
crollare il mondo addosso quando si accorse di quel leggero
rigonfiamento del ventre, segno inequivocabile di una gravidanza.
In futuro non sarebbe mai
riuscito a ricordare tutti i pensieri che gli passarono per la testa
in quel momento. Avrebbe ricordato solo una sensazione di disperata
angoscia e il desiderio incontenibile di morire.
Gli sarebbe
bastato gettarsi in mezzo al duello tra Voldemort e i Paciock per
farla finita.
Non voleva
sentire più nulla, per sfuggire al dolore che lo aveva
squarciato.
Ma non lo
fece, nonostante tutto.
Fino a quel
momento aveva ancora sperato che Lily si rendesse conto di chi aveva
sposato e che decidesse di lasciarlo.
Ma adesso
era tutto diverso. Gli avrebbe dato un figlio…
Il furore e
l’ira gli bruciavano lungo le vene, come fiumi di lava. In un
solo
istante di follia, si ritrovò a desiderare di strapparle via
quell’intruso dal ventre…
Credeva di
impazzire.
Avrebbe
voluto urlare tutta la propria disperazione, ma la voce gli si era
come congelata dentro.
Non aveva
modo di uscire da quell’ossessione.
Mentre si
gettava nella battaglia, colpendo con crudeltà chiunque gli
capitasse a tiro, si ritrovò a desiderare che Lily Evans non
fosse
mai esistita.
***
Erano
trascorse poco più di ventiquattr'ore dalla morte di Edgar
Bones e
della sua famiglia quando Albus Silente si era presentato a casa
Queen. Sia Rachel che Regulus furono sorpresi di vederlo; lui
perché
non era mai stato entusiasta del prestito dell'athame e del diario di
Riddle e avrebbe preferito che quegli oggetti non restassero a
Silente; lei perché era ancora scossa dopo aver saputo
quello che
era successo ai Bones.
Il primo
argomento di conversazione era stata proprio la strage appena
compiuta dai Mangiamorte. Rachel e gli altri Obliviatori avevano
dovuto modificare la memoria ad alcuni vicini Babbani dei Bones,
perché avevano sentito delle urla provenire dalla casa in
cui le
vittime abitavano e avevano visto l'enorme Marchio Nero comparso
sopra i loro tetti. Stando alle poche testimonianze, cinque persone
vestite di nero e incappucciate erano state viste uscire dalla casa,
ma nessuno era riuscito a vedere in faccia un singolo Mangiamorte.
Poi erano
passati a parlare degli Horcrux. Non appena si era chiuso la porta
dello studio alle spalle, Silente aveva estratto dal mantello il
diario, posandolo sulla scrivania.
« Penso che
sia arrivato il momento di distruggerlo » aveva detto,
cogliendoli
entrambi di sorpresa.
« Ha
scoperto cosa c'è scritto? » aveva chiesto
Regulus, perplesso.
« No, ma
ritengo che non sia saggio usarlo quando contiene ancora un frammento
dell'anima di Voldemort. »
« Non pensa
che dovremmo prima cercare di scoprire che cosa cela? »
« Ci ho
provato, ma è troppo pericoloso. Il frammento di anima che
vi è
nascosto, risponderà a chiunque gli scriva. Ma Voldemort non
racconta facilmente i suoi segreti, e se lo fa, vuole qualcosa in
cambio. Uno di voi dovrebbe aprire la sua mente e il suo cuore al
diario, e capirete quanto tutto ciò sia rischioso. Forse
riusciremo
a scoprire cosa vi è scritto dopo averlo distrutto, ma prima
di
tutto dobbiamo annullarne il potere. »
Tirando fuori anche
l'athame, Silente lo aveva consegnato a Rachel, che lo aveva preso
con trepidazione.
« Mi raccomando » aveva
detto. « Fate attenzione. »
« Adesso ci sono i miei
in casa, meglio non rischiare » aveva risposto lei,
abbattuta, dando
l'impressione di avere la testa da tutt'altra parte. « Ma
domani le
assicuro che avremo due Horcrux in meno. »
« Tre » la aveva
corretta Silente, mostrandole un anello che portava al dito. Vi era
incastonata una pietra di colore scuro, sulla quale era inciso un
simbolo che nessuno dei due ebbe il tempo di vedere bene,
perché
l'uomo lo sottrasse presto alla vista, come se avesse temuto che gli
sguardi altrui potessero rovinarla. « Questo anello
apparteneva a
Orvoloson, padre di Orfin e nonno materno di Voldemort. Ho buoni
motivi per credere che vi abbia nascosto un frammento di anima con
l'omicidio del suo padre Babbano. Ad ogni modo, l'ho distrutto.
Quanto al diario, lo affido a voi. Vi farò sapere quando
avrò
individuato il prossimo Horcrux. »
Poi se n'era andato,
Smaterializzandosi nella notte.
Regulus aveva appena
distolto lo sguardo dalla finestra attraverso la quale aveva visto
sparire Silente, quando si voltò e notò che
Rachel si era seduta
sul divano, tenendo il diario in grembo e il capo chino.
« Non tenertelo così
vicino » la avvertì lui, sfilandole il diario di
mano, e sedendosi
accanto a lei. « Ti senti meglio? »
« Non molto » mormorò
lei, cupa. « Sono dispiaciuta per i Bones e preoccupata per
tutti
gli altri. Non riesco a non pensarci. »
Regulus la
guardò, senza sapere cosa fare esattamente. Rachel non era
riuscita
a dormire la notte della strage e il suo malumore aveva contagiato
tutti quelli che le stavano intorno, lui compreso. Non aveva la
più
pallida idea di cosa dire per farla stare meglio. E pensare che lei
sapeva sempre trovare le parole giuste, pensò con rammarico.
« Posso
fare qualcosa per te? » chiese allora.
Lei scosse
la testa, cercando tuttavia di apparire più reattiva.
« Non
preoccuparti, sto bene. Mi passerà » disse, ma il
suo sorriso
accennato non sembrava del tutto sincero. «
Cercherò di dormirci
su, stanotte. »
« Sei
sicura? »
Rachel
esitò, ma alla fine annuì. Regulus avrebbe voluto
parlarne ancora,
ma lei aveva iniziato a comportarsi come se nulla fosse successo.
« A
proposito, penso che andrò a dormire subito, sono distrutta.
Il
diario lo prendo io. Lo nascondo in camera mia insieme all'athame
»
gli disse in tono pratico.
«
D'accordo. Mi raccomando, non usarlo. »
Lei inarcò
un sopracciglio.
« Lo so,
non preoccuparti. Buonanotte, Reg. »
«
Buonanotte. »
Regulus si
guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse Perseus
appostato da
qualche parte nei paraggi prima di baciarla. Lei ricambiò in
un modo
che gli fece capire quanto in realtà stesse male. Non era la
prima
volta che lo stringeva in quel modo, ed era successo sempre in
situazioni particolari, come quando lui la aveva salutata prima di
andare a recuperare il medaglione e quando lei lo aveva salvato dagli
Inferi. Capiva solo che Rachel aveva bisogno di lui, ma se non voleva
parlarne come poteva aiutarla?
La guardò
uscire dalla stanza, sempre preoccupato e senza sapere cosa fare.
Quando
Rachel si chiuse in camera sua ebbe la sensazione che tutto quello
che si era tenuta dentro fino a quel momento le fosse crollato
addosso nello stesso istante. Non aveva voluto angosciare Regulus con
le sue paure; lui aveva già troppi brutti ricordi a
tormentarlo e
non era il caso di fargli pesare quella situazione ancora di
più.
Ma la morte
di Edgar e dei suoi familiari la aveva sconvolta più di
quanto
avrebbe mai pensato. Ed era sicura che anche tutti gli altri
dell'Ordine stessero male quanto lei, sia per la presenza di una spia
che nessuno riusciva a identificare, sia per il livello di
crudeltà
al quale i Mangiamorte erano arrivati nell'uccidere anche due
bambini. La sua era una paura di cui non riusciva a liberarsi,
perché
non era per se stessa che era terrorizzata.
Un'intera
famiglia distrutta, i Bones. Quante altre persone avrebbero perso la
vita perché un loro parente faceva parte dell'Ordine?
Nascose
l'athame in un cassetto e il diario sotto il letto prima di andare in
bagno per cambiarsi. Quando si infilò sotto le coperte,
rimase per
alcuni minuti immobile a fissare il soffitto, sentendo l'ansia e la
preoccupazione aumentare sempre di più, senza poterle
contrastare.
Si rigirò su un fianco e poi sull'altro più
volte, cercando di
trovare una posizione comoda e augurandosi che il sonno la aiutasse a
distoglierla da quei pensieri.
Si
addormentò pochi minuti dopo, crollando prima di potersene
rendere
conto. Ma il suo sonno fu tutt'altro che sereno.
ç___ç
Mi è dispiaciuto un sacco per i Bones, soprattutto per i
bambini! Ho inventato Mary e Sean solo per questa scena ma mi
è bastato per affezionarmi, quindi è stata una
sofferenza farli uccidere. ç__ç
Mi sono
ritrovata a dover eliminare
Edgar senza essere riuscita a dargli spazio prima. Purtroppo quando si
scrive è così, si parte con le migliori
intenzioni di
parlare di tutti ma poi ci si rende conto che è impossibile,
a
meno di non scrivere 500 capitoli xD Sono già tanti i
personaggi
di cui mi sto occupando e mi occuperò, quindi qualcuno
andava
sacrificato. =(
Il
personaggio
misterioso era proprio Severus, come molti avevano indovinato! A
proposito di lui, ho un paio di cose da chiarire. Prima di tutto,
ovviamente prima della morte di Lily non era affatto pentito della sua
scelta di diventare un Mangiamorte, e forse credeva che
fosse proprio Lily ad essere nel torto e a non capire. Penso anche che
potesse avercela con lei per avergli (secondo lui) "voltato
le spalle", invece di prendersela con se stesso... in fondo
ora
Lily è ancora viva e felice senza di
lui, quindi preferisco farlo reagire più con la rabbia e la
testardaggine che con
il rimorso e la nostalgia. Quelli verranno dopo. Spero comunque che non sia OOC, sono sempre insicura quando devo scrivere su di lui, è un personaggo davvero complicato.
Avery e Mulciber di solito sono visti come gli amici scemi e falsi di
Severus, però sono loro quelli che lo chiamavano Principe
Mezzosangue, quindi
sapevano del suo padre Babbano, ma a quanto pare non glielo
rinfacciavano. Erano crudeli
perché aggredivano studenti indifesi con le Arti Oscure, ma
non
credo che almeno tra di loro
fossero degli amici falsi o di convenienza.
Per Severus Hogwarts era casa ed essere accettato lì era
fondamentale. Quindi mi viene da pensare che, anche se Lily era
un'amica migliore di Avery e Mulciber, nel momento in cui lei gli
chiede di non frequentare più due delle poche persone che
non
solo non lo prendevano in giro, ma anzi lo ammiravano, è
anche
naturale che si sia rifiutato. Magari non sarà
così ma
non mi piace quando i Mangiamorte sono dipinti come dei tonti, Tiger e
Goyle bastano e avanzano! XD
Il prossimo aggiornamento sarà l'8 dicembre. =)
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Capitolo 33 *** Solitudine ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 33
Solitudine
Tutto era
buio intorno a lei. Il silenzio era talmente impenetrabile da farla
rabbrividire. Non si sentiva il verso dei gufi, né il
ronfare di
Attila sulla sua lettiera, né il rubinetto difettoso che
gocciolava.
Niente.
Provò a
muoversi, ma le riusciva incredibilmente difficile, come se le
fossero stati legati due pesi alle gambe e due alle braccia. Un'ansia
inspiegabile la assalì all'improvviso: era come se sapesse
che
qualcosa di terribile era successo, ma non ne ricordava la ragione.
Poi lo udì:
un singhiozzo ruppe il silenzio, seguito subito da altri che si
trasformarono presto in un pianto disperato. Quel lamento la scosse
nel profondo, facendola tremare dalla testa ai piedi. Perché
quella
voce le sembrava terribilmente familiare? E chi mai piangeva nel
giardino?
Alzò la
testa, cercando di scorgere qualcosa oltre la finestra, e
notò il
guizzare di una fiamma nell'ombra del muro esterno.
Tutto ciò
era inquietante, ma la curiosità vinse sulla paura, e
Rachel,
facendosi forza e contrastando l'innaturale pesantezza del proprio
corpo, sgusciò fuori dal suo letto e aprì la
porta-finestra che
dava sul giardino.
Non appena
aprì, un vento gelido le sferzò il viso, ma lei
non vi fece quasi
caso. Non c'era una sola fiammella, ma decine e decine di candele
disposte ordinatamente in due file parallele, a formare un sentiero
di fuoco attraverso il giardino. La notte era completamente oscura, e
il fatto che si vedessero soltanto le fiammelle delle candele
allontanarsi dalla casa dava alla situazione qualcosa di macabro. Il
sentiero si fermava a qualche metro di distanza e proprio da
lì
proveniva il pianto che aveva sentito, e che si levava sempre
più
forte. Rachel aveva paura, ma quel lamento più che
spaventarla le
infondeva angoscia, malinconia e pietà... Doveva scoprire da
chi
proveniva.
Si incamminò
lungo il sentiero, al centro delle due file di candele, procedendo a
passo incerto e accorto. Più si avvicinava e più
iniziava a
scorgere una sagoma di spalle, inginocchiata davanti a quelle che
all'inizio le sembrarono pietre piantate nel terreno.
La persona
che piangeva era una donna, anzi, una ragazza. Aveva i capelli lunghi
e scuri come i suoi. Rachel rabbrividì mentre la
raggiungeva.
« Hai
bisogno di aiuto? » le chiese, esitando. La ragazza non le
rispose,
troppo presa dal suo dolore per accorgersi di ciò che le
capitava
intorno. « Chi sei? »
Non
ottenendo risposta, si chinò al suo fianco per guardarla in
volto.
Quella si voltò... e Rachel lanciò un grido di
spavento. La ragazza
non era altri che lei stessa.
Rimase per
alcun eterni istanti a fissare la sua copia piangere tutte le sue
lacrime. Aveva il volto cereo e scavato, come se non dormisse o
mangiasse da troppo tempo. Rachel non poteva sopportare quella
visione. Non capiva cosa stesse succedendo, sapeva solo che voleva
farla finire al più presto.
« Che
succede? Chi sei? Che vuoi da me? »
La seconda
Rachel smise improvvisamente di piangere, e fece una lunga pausa
prima di rispondere.
« Lo sai, è
colpa nostra... »
Rachel
all'inizio non capì. Poi vide che il suo doppio stava
guardando le
pietre di fronte a sé, e le guardò anche lei,
tremando senza
rendersene conto. E si accorse che non si trattava affatto di
semplici pietre.
Erano
lapidi. Tre lapidi una accanto all'altra, sulle quali erano incisi
tre nomi diversi. Rachel non voleva leggerli, ma una forza misteriosa
le impediva di guardare altrove. E alla fine li lesse. Vedere i nomi
di Regulus, Perseus e Diane scritti su quelle lastre di marmo le fece
quasi cedere le ginocchia.
« Non è
vero, non è possibile... » sussurrò a
fil di voce.
« Lo è,
invece » replicò l'altra, implacabile.
« No! »
sbottò lei, battendo un piede con disperazione, mentre
cercava di
opporre resistenza all'oppressione che la aveva assalita. Non poteva
essere vero, le persone a cui teneva di più non erano
morte...
Voltò le
spalle alle lapidi e tornò indietro, correndo il
più veloce
possibile verso casa, cercando di sfuggire a quello che aveva appena
visto. Ma più si allontanava, più immagini
spaventose e angoscianti
le si materializzavano davanti e urla di dolore le invadevano le
orecchie. Lei cercava di ignorarle e e passava oltre, diretta verso
la porta-finestra che conduceva nella sua stanza.
Una volta
entrata, si fermò appoggiandosi alla scrivania, col fiatone,
ma le
immagini e le grida continuavano. Era completamente circondata e
avrebbe finito col chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie se non
avesse notato che le immagini sembravano provenire da sotto il suo
letto: si libravano in aria, allargandosi come macchie di acquarello
da un punto indefinito del pavimento.
L'Horcrux.
Rachel non
ebbe neanche il tempo di pensare, non era abbastanza lucida per
permetterselo. Aprì il cassetto della scrivania nel quale
aveva
nascosto l'athame e lo impugnò. Poi si
inginocchiò per terra,
infilando la mano sotto il letto, e tirò fuori il diario di
Riddle.
Questo era
aperto, e sembrava che una mano invisibile vi stesse scrivendo parole
che immediatamente si materializzavano nelle visioni intorno a lei.
Rachel agì
automaticamente. Alzò il braccio e lo calò con
tutta la forza che
aveva, trafiggendo il diario. Un urlo si levò da esso e una
gran
quantità di inchiostro scaturì dal foro prodotto
dal pugnale,
spargendosi sul pavimento.
Poi tutto
finì. Le urla cessarono, le visioni scomparvero e il buio
della
notte fu sostituito dal chiarore dell'alba, che illuminò la
stanza e
il diario ormai inerme.
Rachel era
appena tornata a respirare normalmente, quando sentì dei
rumori di
passi affrettati. Infilò in fretta e furia il diario sotto
il
tappeto, che trascinò sopra le macchie d'inchiostro. Un
attimo dopo la porta della sua stanza si spalancò,
lasciandole
entrare i suoi genitori e Regulus, tutti e tre vivi e vegeti, anche
se le loro espressioni erano molto preoccupate.
« Rachel,
che succede? » chiese Diane, guardandola mentre lei
nascondeva la
mano che teneva l'athame dietro la schiena. « Cos'era
quell'urlo? »
« Io... ho
avuto un incubo e... sono caduta dal letto » rispose lei,
balbettando per il nervosismo e il sollievo al tempo stesso. Non si
era mai sentita più felice di rivederli. Avrebbe voluto
correre loro
incontro, ma si trattenne per non aumentare i loro sospetti.
« Perché
la porta-finestra è aperta? Non sarai diventata sonnambula?
»
chiese Perseus, notando l'aria fredda che entrava nella stanza.
« No, devo
averla chiusa male ieri notte » rispose lei.
« Ok.
Copriti, o ti prenderai un malanno » le disse sua madre.
Quando
uscirono dalla stanza, rimase Regulus sulla soglia. Si
assicurò che
i Queen fossero andati in cucina prima di entrare.
« Hai
davvero fatto un incubo? »
Rachel
scosse la testa.
« Credo di
aver avuto un'allucinazione. Colpa del diario »
spiegò, tirandolo
fuori dal nascondiglio e mostrandoglielo.
« Ma... non
l'avrai mica usato? » fece lui, sconvolto.
« Certo che
no. Solo che forse è riuscito lo stesso ad entrare nella mia
testa... è stato orribile, mi ha fatto vivere quello che
temo di
più... Sembrava tutto così reale... »
Regulus le
fece cenno di alzarsi e di andare a fare un giro nel giardino. Lei
non ne era così entusiasta, ma le bastò lanciare
un'occhiata
esitante al prato illuminato dalla luce del giorno per farsi passare
ogni timore. Regulus prese il diario e l'athame e li nascose nel
cassetto, poi le fece strada di fuori.
« Lo tenevi
sotto il letto, per caso? » le chiese mentre uscivano
all'aria
aperta.
« Sì... »
« Forse ti
era troppo vicino. Durante il sonno le nostre difese mentali si
indeboliscono... e tu mi sembravi già molto scossa ieri
notte; il
tuo stato d'animo ha contribuito a farti subire l'influsso
dell'Horcrux. Avrei dovuto avvertirti. »
« Sono
stata imprudente, non è colpa tua. »
Tacquero per
alcuni istanti in cui Rachel non sapeva se sarebbe mai riuscita a
raccontare quel che aveva visto.
« Senti, mi
dici una cosa? È una mia impressione o mi hai nascosto
qualcosa che
ti angoscia? »
« Sono
dispiaciuta per i Bones... »
« Non è
solo questo. È strano che tu ti tenga tutto dentro, non
è da te.
Che ti è successo? »
Rachel lo
guardò, incerta, poi si decise, mentre gli occhi le si
inumidivano.
«
D'accordo, se proprio vuoi saperlo... Non ti ho detto nulla
perché
mi vergognavo. Sono mesi che ti vedo così determinato a
sconfiggere
Voldemort, non ti fermi mai e continui ad insistere. Io invece mi
sono resa conto di non essere come te, e l'omicidio dei Bones me l'ha
fatto capire ancora di più: ho paura, Regulus. Da quando
faccio
parte dell'Ordine è come se avessi condannato a morire anche
chi mi
sta intorno, proprio come è successo alla famiglia di Edgar.
Ho
sempre saputo che anche voi avreste corso dei rischi, ma questo
pericolo non è mai stato reale quanto adesso. Ho paura per
te, per i
miei, per tutti quelli a cui tengo... E mi vergogno a dirlo, ma certe
volte ho avuto la tentazione di mollare tutto e fuggire lontano, dove
Voldemort non potrebbe raggiungerci, e vivere le mia vita come
vorrei, senza la guerra. Mi sento una vigliacca, ma non posso farci
nulla. Ogni tanto continuo a chiedermi: chi ce lo fa fare?
Perché
dobbiamo farci ammazzare, mentre chi cura solo i propri interessi si
salva la pelle a discapito degli altri? Non è giusto.
»
Si voltò
dall'altra parte per asciugarsi gli occhi, e poi riprese.
« Scusa se
ti parlo così, sarai deluso da me, ma non riesco a liberarmi
da
queste angosce... »
Regulus però
non sembrava affatto deluso, anzi, la guardava con un'espressione
comprensiva che la tranquillizzò almeno un po'.
« Rachel,
credi che io non abbia paura? Oppure pensi di essere l'unica a volere
una vita normale? » le chiese. « Tutti hanno paura,
anche chi non
lo dimostra. Scommetto quello che vuoi che tutti quelli dell'Ordine
della Fenice hanno pensato di scappare da tutto questo almeno una
volta. Sì, anche quegli spacconi dei Grifondoro »
aggiunse,
facendola sorridere per un istante. « Non c'è
niente di strano,
perché anche loro hanno famiglie e persone che vorrebbero al
sicuro.
Non sono deluso. Avrai anche pensato di scappare e salvarti, ma non
l'hai fatto. Sei ancora qui e so che non ti ritirerai mai,
perché ti
conosco. È questo che conta. »
Rachel
annuì, continuandosi ad asciugare gli occhi,
perché non riusciva a
trattenere la lacrime.
« Anche io
a volte penso che nessuno mi ha costretto a cercare gli Horcrux e
distruggerli. L'ho scelto io, come tu hai scelto di entrare
nell'Ordine e aiutare me. Anche se mollassi per un po', so che alla
fine torneresti indietro. Non lasceresti mai gli altri nei guai, ti
conosco. »
Lei lo
abbracciò, sentendosi improvvisamente più leggera
e sollevata.
« Grazie...
È
solo che pensavo di essere
più forte. Invece
questa guerra mi sta trasformando in una piagnucolona. »
« Tu sei
forte. Forse a volte dimentichiamo di avere solo diciannove anni. E
non c'è niente di male a sfogarsi, ogni tanto. È
meglio essere come
te che tenersi tutto dentro come me, te lo assicuro » disse
lui con
un sorriso divertito. « Ora però pensa a cosa
c'è di positivo:
abbiamo distrutto tre Horcrux. »
Lei annuì e
sorrise a sua volta, cercando di non pensare al lato negativo della
questione: non sapevano quanti fossero gli altri, cosa fossero e dove
si trovassero. Poi tornò seria mentre gli chiedeva,
esitando:
« Allora...
anche tu hai paura, qualche volta? »
« Ogni
momento. »
***
Edgar Bones
era stato un mago abile e dotato, era riuscito a ricoprire incarichi
molto importanti e a fare un'ottima carriera, quindi nessuno si
stupì
quando i più importanti membri del Ministero della Magia si
presentarono al funerale suo e della sua famiglia, rendendolo
più
affollato di qualunque altra cerimonia funebre.
Quattro
bare, due più lunghe e due piccole, erano allineate l'una al
fianco
dell'altra sul prato del cimitero, di fronte a chi era venuto a dare
l'ultimo saluto a quella famiglia distrutta. In prima fila sedevano i
parenti, tra cui i fratelli di Edgar: Amelia e Adam, quest'ultimo
accompagnato dalla moglie, che teneva in braccio una neonata.
Accanto ai
familiari, circondati da uno stuolo di Auror pronti ad intervenire in
caso di attacco, stavano il Ministro della Magia Millicent Bagnold e
tutti i pezzi grossi del Ministero. Pochi di loro sembravano davvero
addolorati, ma almeno il Ministro sembrava veramente scossa per
quelle morti.
Più in
fondo, quelli dell'Ordine della Fenice cercavano di seguire la
cerimonia, chi in lacrime e chi apparentemente impassibile, ma tutti
pensavano la stessa cosa, e cioè che la spia tra di loro
aveva
colpito anche questa volta, e quella consapevolezza si trasformava in
angoscia evidente sui loro volti.
Sirius
invece aveva un modo tutto particolare di reagire e scaricare la
tensione.
« Avete
visto che copricapo ridicolo che ha quella befana del Ministero?
»
sussurrò quando la cerimonia fu conclusa e molti dei
presenti
iniziarono a disperdersi, accennando ad un'anziana strega che
indossava una specie di centrotavola di pizzo nero sulla testa.
« Sirius »
soffiò Lily. « Ti sembra il momento di scherzare?
»
Lui non le
rispose, mantenendo la sua espressione sarcastica da impunito.
Preferisco
scherzare piuttosto che pensare a tutto questo,
pensò tuttavia tra sé, guardando le quattro bare
con il volto
contratto.
Era stufo di
tutto quello che stava succedendo. La spia continuava a passare
informazioni al nemico, e adesso aveva sulla coscienza Edgar e il
resto della sua famiglia... sempre se aveva una coscienza. Sirius
iniziava a dubitarne.
Era stanco:
si era reso conto che, negli ultimi due anni, quel cimitero aveva
ospitato le spoglie di troppi membri dell'Ordine. Prima era toccato a
Benjy, poi a Marlene, e sarebbe spettato anche a Caradoc, se solo
avessero ritrovato il suo corpo. E questa era la volta dei Bones. Se
pensava a quei bambini uccisi senza pietà aveva solo voglia
di
distruggere tutto quello che lo circondava.
Era pure
spaventato, anche se non voleva ammetterlo. Non poteva fare a meno di
chiedersi chi tra di loro sarebbe stato il prossimo a finire sotto
terra. E no, non era per se stesso che si preoccupava. Ucciderlo era
il minimo che i Mangiamorte potessero fargli. Ma se avessero torto un
solo capello a James, Remus o Peter lo avrebbero annientato
completamente. Loro erano tutto per lui e soltanto immaginare la
possibilità che fossero uccisi lo fece rabbrividire dalla
testa ai
piedi.
James
probabilmente lo notò, perché gli
assestò una pacca sulla spalla
per rassicurarlo.
Sirius tentò di
ricomporsi, assumendo un'espressione furente.
«
Probabilmente ora si trova qui, quel traditore bastardo, e fa finta
di essere dispiaciuto. Magari qualcuno lo consolerà,
poverino... »
« Non la
passerà liscia » disse Malocchio in tono serio.
« Prima o poi
commetterà un passo falso. »
« Sono
d'accordo » convenne Dorcas, che aveva già
ricacciato indietro le
lacrime. « Edgar mi ha salvato la vita una volta. Gli devo
almeno
che chi l'ha fatto morire la paghi. »
« Non credo
che sarà facile » aggiunse Sturgis, depresso.
Sirius notò
che Lily e Remus stavano parlando con Peter, che tremava dalla testa
ai piedi. Sbuffò, desiderando di non apparire altrettanto
preoccupato. Mentre si sfogava schiacciando con rabbia l'erba sotto
le scarpe, udì quello che Rachel ed Emmeline si stavano
dicendo poco
più in là.
« Anche io
mi sono sentita così » stava dicendo la seconda,
imbarazzata. «
Pensavo di essere l'unica... »
«
Scoraggiarsi è normale, dopo tutto questo »
commentò Rachel, e
Sirius non poté fare a meno di convenire con un mugugno.
Loro due lo
guardarono, un po' a disagio e un po' sollevate.
« Io ho
avuto la tentazione di mollare tutto, l'altra sera » ammise
Rachel,
cupa.
Sirius non
capiva perché, ma gli sembrava che per lei fosse importante
sapere
di non essere stata l'unica a provare quelle paure.
« È
successo anche a te, Sirius? » chiese Emmeline, curiosa.
« No, ma io
sono un Grifondoro » mentì con un sorriso
smagliante.
Loro
sbuffarono con un mezzo sorriso: avevano capito che il suo era solo
un modo per apparire forte. Comunque Sirius fu contento di sapere di
non essere l'unico a sentirsi così frustrato.
Non siamo
soli, pensò,
sollevato, guardando tutti gli altri. Il
traditore invece lo è.
« Hai visto
chi c'è? » fece Emmeline all'amica dopo alcuni
secondi.
« Ho visto.
»
« Secondo
te... è il caso di dirglielo? »
Emmeline
sembrava incerta, e quando lui le raggiunse esitò. Sirius si
accorse
che le due stavano guardando in direzione di Bartemius Crouch senior,
che stava porgendo le condoglianze ai familiari dei Bones.
« Non ci
proverei, se fossi in te » non poté fare a meno di
intervenire.
Emmeline lo
guardò con sospetto.
« Sai di
cosa stiamo parlando? »
Rachel
intervenne, imbarazzata.
« Ehm, lui
in effetti sa qualcosa, sai... »
Emmeline
sembrava infastidita da quella notizia, ma doveva essere troppo
addolorata a causa della morte di Edgar per farci caso.
« Comunque,
te lo sconsiglio anche io. Penserebbe che vuoi solo vendicarti
perché
odi suo figlio. E poi, se proprio devo dirla tutta, non mi interessa
nulla di lui. Ha avuto il figlio che merita, sono affari suoi
»
aggiunse Rachel.
« Non è
per lui che volevo dirglielo. Si tratta di sua moglie. Lei è
una
brava persona e... »
« E non ti
crederebbe mai » la interruppe Sirius.
Emmeline
annuì, anche se controvoglia.
« Mi auguro che lo
capisca da sola. Non si meritava un figlio del genere. »
Sirius lanciò un'altra
occhiata verso Crouch. Non lo conosceva ma aveva sentito abbastanza
sul suo conto da concordare con quello che aveva detto Rachel.
Sembrava che l'unica cosa di cui gli importasse fosse fare la
carriera, a discapito di chiunque altro.
In quel momento Crouch si
era allontanato dal resto della folla insieme al Ministro Bagnold e,
notò Sirius, entrambi davano l'impressione di discutere di
argomenti
molto importanti.
« Bones era un valido
consigliere e sarà difficile rimpiazzarlo con qualcuno
altrettanto
competente. Ti sei già fatta un'idea dei possibili
candidati? »
La donna mantenne il
proprio sguardo puntato in basso, anche se era consapevole del fatto
che Crouch la stava osservando e non si lasciava sfuggire nemmeno un
vago cenno.
« Sinceramente,
Bartemius, non ho avuto il tempo di pensarci » rispose in
tono
freddo e distaccato.
« Il fatto è che
è
probabile che Bones sia stato ucciso proprio per permettere a qualche
Mangiamorte di avvicinarsi maggiormente a te » rispose lui.
Millicent Bagnold si
morse il labbro, nervosa.
« Sì, è
molto
probabile. Vedrò di fare attenzione a chi
sceglierò » tagliò
corto.
« Se posso permettermi
di darti un suggerimento, non promuovere il giovane Malfoy. Niente lo
farebbe sembrare un Mangiamorte, ma il solo fatto che sia un Malfoy
gioca a suo sfavore. »
Millicent cercò di
apparire impassibile, anche se dentro di sé l'agitazione si
era già
scatenata.
« Vedremo... »
rispose,
evasiva.
« Dico sul serio, non
dovresti fidarti di lui. Ti ha già chiesto di prendere il
posto di
Bones, per caso? »
Lei non rispose, mentre
ritornava col pensiero a quello che era successo proprio la sera
prima.
« Avanti, signor
Malfoy, si accomodi. »
Il ragazzo le rivolse
un sorriso freddo e falso mentre si sedeva di fronte alla sua
scrivania.
« Rookwood mi ha
parlato molto di te e mi ha detto che sei in gamba. Del resto, anche
il professor Lumacorno ti stimava molto. »
« La ringrazio...
»
« Tuttavia vorrei
assicurarmi che tu faccia al caso mio. Non posso promuovere il primo
che capita, capisci? »
« Naturalmente...
»
« Sì, me lo ha
chiesto,
e non piace neanche a me. È troppo subdolo e ipocrita. Ma...
»
« Cosa? Non starai
pensando di promuoverlo, vero? »
« Non ho avuto altre
richieste... »
« Che casualità...
»
« Mi dispiace, signor
Malfoy, ma non credo che lei abbia i requisiti per rimpiazzare Edgar
Bones » disse la Bagnold, guardandolo dritto negli occhi
senza alcun
timore.
Sul volto di Lucius si
disegnò un'espressione indispettita, subito sostituita da un
sorriso
di circostanza.
« Se è un
problema
di denaro, posso rimediare subito. Mi dica solo quanto... »
La donna alzò la mano
come segno di avvertimento. Era calma ma lo fissava con uno sguardo
fermo.
« Non accetto questo
genere di trattative, Malfoy. La prego di andarsene, adesso.
Arrivederci. »
Per la prima volta da
che lo aveva conosciuto, Lucius si fece paonazzo.
« Chiedo scusa, non
volevo dare un'impressione sbagliata. »
Crouch la stava
osservando ancora, e la donna si sforzò di non lasciar
trapelare
quello che pensava veramente.
« Mi duole parlarti
così, Ministro, ma se assumerai uno come Malfoy
sarò costretto ad
un ripensamento riguardo la nostra alleanza » disse lui,
serio.
La Bagnold esitò.
« Non puoi farlo,
Bartemius. Il Ministero diventerebbe troppo debole... »
« Non devi fare altro
che rifiutare l'offerta di Malfoy. Io non voglio avere niente a che
fare con possibili Mangiamorte. »
« Non fa niente,
Malfoy, smettila di scusarti » disse lei, infastidita.
« Non ne
parleremo più. »
« D'accordo. »
Lucius si alzò e fece
per andarsene, quando notò qualcosa sulla scrivania del
Ministro.
Nei suoi occhi lampeggiò uno sguardo che non prometteva
niente di
buono.
« È
sua figlia? » chiese, indicando la fotografia sul tavolo.
Lei
si irrigidì.
«
Sì. »
«
Certo, deve essere difficile essere madre e Ministro della Magia allo
stesso tempo. È una bambina così piccola...
»
«
Ce la caviamo abbastanza. »
«
Non lo metto in dubbio ma è molto pericoloso, soprattutto di
questi
tempi. Vivrà nella costante paura di tornare a casa e
ritrovare
qualche brutta sorpresa... Sa, questi lupi mannari... »
La
donna si sentì invadere da un gelo improvviso e totale,
mentre il
cuore iniziava a batterle all'impazzata.
«
Cosa vorresti dire, Malfoy? » sibilò, bianca come
un lenzuolo.
«
Io? Assolutamente nulla. Consideravo solo il rischio che sua figlia
corre ogni singolo giorno, esattamente come i figli del povero
Bones... Ma non vorrei farle perdere altro tempo. Arrivederci,
Ministro. »
E
se ne uscì, lasciando la Bagnold in preda al terrore.
«
Non ho scelta » sussurrò, e stavolta era sincera.
Crouch
la guardò con immenso disprezzo.
« Allora
non abbiamo altro da dirci. Ti consiglio di pensarci molto bene.
»
Le voltò le
spalle e si allontanò.
La donna si
poté permettere di cedere allo sconforto solo per qualche
secondo,
chiedendosi fino a che punto sarebbe stata costretta a scendere a
compromessi per permettere a sua figlia di non correre pericoli. Poi
gli Auror della scorta la raggiunsero, e lei dovette tornare a
fingersi impassibile, anche se dentro di sé si sentiva
morire.
***
« Basta!
Non ci sto più al vostro gioco! Lasciatemi in pace!
»
Peter era
scoppiato. Aveva cercato di trattenersi per tutta la durata del
funerale, ma una volta salutati gli altri, non aveva resistito ai
sensi di colpa che lo divoravano.
« Che vuoi
da noi, Minus? Ti vuoi ribellare, per caso? Non ne avresti il fegato
» disse Lucius in tono annoiato.
« Mi
scopriranno se continuerete a fare così! »
« E allora
fai in modo di non farti scoprire. Nascondi le tue tracce, modifica
gli eventi per accusare qualcun altro... Hai un cervello, anche se
non sembra: sfruttalo. »
Peter lo
guardò allontanarsi insieme a Jugson, gli occhi lucidi e il
labbro
inferiore che tremava. Non ne poteva più: dare l'ultimo
addio a
Edgar, a sua moglie e ai suoi figli era stato terribile: erano stati
uccisi per colpa sua. Come poteva avere la faccia tosta di
presentarsi al loro funerale e fare finta di niente? L'unica cosa in
cui non aveva mentito erano le lacrime che aveva versato. Si sentiva
veramente addolorato, e il rimorso lo divorava, ma d'altra parte
continuava a giustificare le proprie azioni, anche se nessuno in quel
momento lo stava accusando. O meglio, l'unica a colpevolizzarlo era
la sua coscienza. Continuava a chiedersi che cosa sarebbe successo se
avesse proseguito per quella strada. Avrebbe avuto sulla coscienza
altre persone? Avrebbe fatto morire anche i suoi amici?
Rabbrividì
al solo pensiero. Non sapeva se fosse questo a spaventarlo di
più o
la possibilità di essere scoperto e finire ad Azkaban...
Deglutì a
fatica, mentre si immaginava rinchiuso in una cella alla
mercé dei
Dissennatori. Non voleva finire lì, ne era terrorizzato. Da
piccolo
sua madre lo costringeva a non fare i capricci raccontandogli che, se
non si fosse comportato bene, i Dissennatori sarebbero venuti a
portarlo via.
In certi
momenti aveva avuto la tentazione di andare dagli altri Malandrini e
confessare tutto, chiedere loro di aiutarlo e nasconderlo. Era sicuro
che loro lo avrebbero aiutato, nonostante tutto. Magari all'inizio
sarebbero stati delusi, ma lo avrebbero protetto senza esitare
neanche un attimo. Ma questo lo pensava prima che Edgar morisse per
colpa sua. Se avesse confessato tutto adesso, i suoi amici non
avrebbero avuto la stessa reazione. Lo avrebbero guardato con
disgusto, forse con odio, lo avrebbero cacciato e non avrebbero
più
voluto sentir parlare di lui... un assassino.
Si sentì
morire mentre se ne rendeva conto. Ormai era giunto ad un punto di
non ritorno, non poteva più rimediare. Era costretto a
continuare
così, collaborando con Voldemort e i Mangiamorte, nella
speranza che
nessuna delle persone a cui teneva davvero ci rimettesse la vita.
E
improvvisamente le parole di Lucius acquistarono più senso.
Non
voleva finire ad Azkaban, né essere ucciso dagli Auror di
Crouch.
Doveva trovare il modo per fare ricadere la colpa su qualcun altro...
tanto nessuno avrebbe mai potuto sospettare del piccolo e
insignificante Peter.
Oramai non
poteva più tornare indietro. Nessuno avrebbe potuto
aiutarlo.
Era
completamente solo.
In questo capitolo
sono andati tutti in
crisi, ma credo che sia normale avere certi dubbi in quelle situazioni.
Del resto la maggior parte dell'Ordine è composto da ragazzi
che hanno appena finito la scuola, che rischiano (e perdono) la vita,
quindi un capitolo come questo andava scritto. Però alla
fine quelli che sembrano avere sempre la peggio sono
uniti e si sostengono a vicenda, mentre il traditore non ha nessuno ad
aiutarlo, e gli sta bene. u.u
Se prima Peter era giustificabile, ora non lo è
più,
quindi sentitevi liberi di odiarlo, tanto non farà che
peggiorare! E odiate anche Lucius, già che ci siamo: non
è mai detestato quanto dovrebbe.
Non so se il diario sarebbe stato capace di fare quello che ha fatto
senza essere usato, ma volevo assolutamente scrivere quella scena. E'
da mesi che ce l'ho in mente, con le immagini rese reali dalle parole
scritte da una mano invisibile sul diario, e mi piaceva così
tanto che l'ho voluta
inserire. Spero che non sia troppo forzato, in fondo Rachel era molto
fragile in quel momento, e Voldemort va a nozze con le debolezze
altrui. Se l'avete notato, anche io sto facendo distruggere ciascun
Horcrux ad una persona diversa.
Nelle note del capitolo scorso mi ero sbagliata e avevo scritto una
frase riguardo questo capitolo, quindi ora la posso mettere: la neonata
è Susan, anche se penso che l'abbiate capito, ormai ^^
Nel prossimo capitolo ci saranno parecchie novità, ma anche
dei momenti di relax (eufemismo per: chiacchiere inutili)!
Prossimo aggiornamento: giovedì 22 dicembre
Buon ponte a tutti! =)
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Capitolo 34 *** La profezia ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 34
La
profezia
L'estate era
alle porte, ma il clima non prometteva niente di buono. Il mese di
maggio sembrava anticipare un'estate piuttosto umida e fredda.
Neanche il tempo atmosferico pareva intenzionato a concedere un po'
di tregua al Regno Unito. L'Ordine della Fenice, dopo la perdita di
Edgar, non se la passava molto bene, ma qualche volta quasi tutti
erano d'accordo sul fatto che prendersi una pausa senza pensare a
cosa ancora li aspettava fosse giusto.
Ecco perché
quella sera Dedalus si era ritrovato a partecipare alla propria festa
di compleanno. Non avrebbe voluto celebrare nulla; in fondo non era
un bel momento, anche se lui non lo dimostrava, mascherandolo con la
sua consueta eccentricità. Ma alla fine i fratelli Prewett
lo
avevano costretto ad accettare, e così aveva dovuto fare
buon viso a
cattivo gioco.
Malocchio
non era stato altrettanto malleabile. A suo parere, quella festa era
una perdita di tempo, tempo che avrebbero potuto impiegare per cose
più utili. Se ne stava in un angolo a discutere delle ultime
notizie
insieme ad Hagrid, Dedalus, Elphias e Frank, mentre Mundungus si
aggirava nelle vicinanze del tavolo, indeciso su quale tipo di dolce
prendere.
In ogni
caso, anche se l'obiettivo dichiarato di quella serata era quello di
non pensare per un paio d'ore alla guerra, inevitabilmente gli stessi
discorsi tornavano ad essere i principali elementi di conversazione,
sebbene molti di loro si impegnassero di più di Malocchio.
Lo spettro del traditore aleggiava silenzioso sull'Ordine della Fenice,
ma tutti facevano finta di nulla. Continuavano ad osservarsi a vicenda,
ma quasi nessuno riusciva a mettere a fuoco alcun sospetto. Fingevano
che andasse tutto bene, in attesa di qualche segnale che
potesse aiutarli a individuare la spia.
Sedute su due poltrone, Lily e Alice
guardavano con desiderio il
cibo che non potevano mangiare. Ormai si avvicinavano alla fine delle
rispettive gravidanze.
« E si vede
» non aveva mancato di far notare James, ricevendo per tutta
risposta uno sguardo minaccioso e carico di rancore da parte di sua
moglie.
Lily tornò
a parlare con Alice, come se nulla fosse.
« Sono così
stanca e affaticata... non ho idea di come farò, una volta
nato il
bambino. »
« Penso che
sarà una faticaccia, ma ne varrà la pena
» aggiunse Alice,
accarezzando il proprio ventre. « A meno che il tuo non abbia
preso
dal padre e dal padrino » rise. « Avete
già deciso che nome
dargli? »
« Lo
chiameremo Harry, come mio padre. E ti assicuro che prenderà
da me
per il semplice motivo che il destino non può essere così
crudele nei miei confronti. Mi basta Sirius che viene a casa tutti i
giorni ad elemosinare cibo per pranzo, mette in fuga il gatto e fa
regredire James a quando avevano quindici anni, quindi mi auguro
davvero di avere un bambino tranquillo per casa. »
Alice
ridacchiò, liquidando l'espressione perplessa di James con
un
sorriso esteso fino alle orecchie.
« Voi
invece come lo chiamerete? »
« Non è
stata una scelta facile, con i parenti di Frank che si
intromettevano. Augusta voleva che lo chiamassimo Mortimer, che a me
non piace neanche un po'. Alla fine però Frank ha deciso di
non dare
retta a nessuno e abbiamo scelto Neville. »
« Mi piace
Neville, è molto meglio di Mortimer. »
« Senza
dubbio. Alla faccia dei parenti impiccioni. »
Lily
sospirò.
« Almeno si
interessano a cosa ti succede. Io ho scoperto che anche mia sorella
è
incinta solo perché me l'ha detto la nostra vecchia vicina
di casa.
Se non l'avessi incontrata per caso non avrei neanche saputo della
nascita di suo figlio... Anzi, forse mi avrebbe mandato un misero
telegramma per comunicarmelo » disse con amarezza.
« Vedo che
i rapporti tra di voi vanno sempre meglio »
commentò Alice,
ironica.
« Già. E
sembra che io sia l'unica a starci male... »
Alice le
posò una mano sulla spalla per consolarla.
Nel
frattempo, poco più in là, James, Sirius e Peter
stavano
letteralmente divorando la torta.
« Peccato
che Remus non ci sia, gli sarebbe piaciuta »
commentò James.
« Non
capisco di cosa ti lamenti. Una persona in meno: più torta
per noi »
scherzò Sirius.
« Sei una
carogna. Quando Lunastorta si farà vivo, gli dirò
che razza di
amico sei! »
« Voi da
quanto tempo non lo vedete? » chiese Peter, dopo aver
inghiottito un
boccone enorme.
« Da circa
un mese » rispose Sirius, tornando serio. « È
tanto tempo, però se deve tenere d'occhio Greyback e
convincere gli
altri lupi mannari a stare per noi, è normale che certe
volte
sparisca. »
« Sì però
non ci ha neanche avvertiti. Insomma, io sono un po' preoccupato...
voi no? » esitò Peter, guardandoli di sotto in su.
« Anche io
sono preoccupato, ma vedrai che sta bene. Se non può
comunicare con
noi è solo per prudenza » disse James, pensieroso.
Sirius e
Peter annuirono, mentre l'altro offriva loro due bicchieri pieni di
Burrobirra.
Dalla parte
opposta della stanza si levarono delle risate. Fabian si era appena
esibito in uno spettacolo di illusionismo Babbano, ma l'esito non era
stato quello desiderato.
« Eppure
Arthur mi aveva spiegato bene come si faceva »
borbottò Fabian,
guardando con perplessità il fazzoletto colorato che
spuntava dalla
sua manica.
«
Rassegnati, non lo sai fare » gli disse Gideon, per poi
voltarsi e
riprendere la conversazione con Dorcas. « Per quanto riguarda
il
Ministero, credo di aver convinto un paio di persone ad opporsi a
Voldemort. Anche se trovare nuove reclute per l'Ordine è
difficile,
sono almeno riuscito a fare in modo che alcuni membri del Ministero
aiutino chi tra loro è Nato Babbano, visto che per loro sta
diventando sempre più difficile vivere di questi tempi.
»
« Io sto
cercando di avvicinare qualcuno che abbia idee simili a quelle
dell'Ordine, ma in effetti non è facile » disse
Dorcas. « Però ci
sono alcuni ragazzi in gamba che potrebbero esserci d'aiuto, per
esempio Cresswell, dell'Ufficio Relazioni con i Goblin... »
« Dirk
Cresswell? » fece Emmeline, incuriosita. « Evita di
dirgli che
nell'Ordine c'è Rachel però, questa notizia
potrebbe trattenerlo. »
« Perché?
» chiese Sturgis, mentre Rachel lanciava un'occhiataccia
all'amica.
« Diciamo
che al sesto anno stavano per mettersi insieme » rispose
Emmeline.
« Non è
proprio così » puntualizzò Rachel,
stizzita. « Ci sono uscita una
volta per andare insieme ad una festa del Lumaclub, ma non ho mai
avuto davvero intenzione di stare con lui. »
« E poi che
è successo? » chiese Fabian, curioso.
Emmeline si
rese conto di aver sollevato un argomento doloroso per Rachel, e le
chiese scusa, ma lei alzò le spalle, come per dirle di stare
tranquilla.
« Ho scelto
Regulus » spiegò. « In quel periodo
avevamo litigato e io cercavo
di non pensarlo, ma è stato inutile. Ammetto di non essermi
comportata molto bene con Dirk, ma quando gli ho spiegato la mia
decisione è stato comprensivo. »
« Ah,
allora siete rimasti amici. Quindi è per questo che quando
vi
incontrate al Ministero lui fa finta di non vederti? »
scherzò
Gideon, facendola ridere.
« Lo fa solo per evitare inutili imbarazzi. »
« Bè,
potrebbe anche smetterla adesso, visto che non te la stai passando
bene » intervenne Dorcas, indignata.
Rachel
arrossì, a disagio, cercando di non fare caso alle
espressioni
dispiaciute di tutti. Era così difficile continuare a
mentire...
Fabian notò il suo imbarazzo, e cercò di
distogliere l'attenzione
da lei.
« Gideon e
Dorcas hanno avuto una storia a Hogwarts »
annunciò a sorpresa,
rimediandosi di colpo due occhiate gelide.
Rachel, Emmeline e Sturgis invece erano
molto interessati.
« Davvero?
» chiesero all'unisono.
« Sì, ma
non è durata nemmeno un mese »
minimizzò lei. « Non vale neanche
la pena di parlarne. »
« Grazie,
sono lusingato » commentò Gideon, ironico.
« Dite loro
come è andata, dai » insisté Fabian,
che sapeva benissimo ogni
cosa.
I diretti
interessati erano a disagio ma alla fine Dorcas esordì,
seccata:
« Bè, ci
siamo conosciuti quando io sono stata nominata Prefetto e lui
Caposcuola, siamo usciti insieme un paio di volte e poi ci siamo
mollati perché una volta ho sorpreso sua sorella che
sgattaiolava
fuori dalla scuola di notte per incontrarsi con Arthur Weasley, che
la aspettava dall'altra parte del cancello. Io l'ho tenuto per me, ma
secondo Gideon avrei dovuto riferirgli tutto... »
« Certo che
avresti dovuto riferirmelo. Molly aveva quindici anni mentre Arthur
ne aveva venti! » esclamò Gideon, indignato.
« Certo...
capisco la tipica gelosia del fratello maggiore ma insomma, stiamo
parlando di Arthur Weasley. »
« Io non
sapevo che fosse a posto, all'epoca. Poteva anche essere uno
psicopatico! E comunque non ci siamo lasciati per questo motivo, la
storia di Molly è stato l'ingrediente che ha fatto
traboccare il
calderone. »
« È
vero, discutevamo spesso. Ma d'altra parte lui aveva un carattere
insopportabile » disse Dorcas agli altri, che ridacchiarono
mentre
Gideon la guardava male.
« Ah bè,
ha parlato Miss Simpatia... » disse in tono sarcastico.
« È
strano però, adesso sembrate andare abbastanza d'accordo
» notò
Rachel.
« Io sono
maturato. Prima ero come Fabian, e Fabian era peggio di come
è
ora... lo so che sembra impossibile, ma non c'è mai limite
al
peggio. Il vero problema è che io alle ragazze con cui sono
stato ho
sempre fatto scherzetti in quantità industriali, e loro non
replicavano. Dorcas invece me ne faceva altrettanti, quindi ad un
certo punto la situazione è diventata insostenibile.
»
« Oh sì,
se Dorcas si voleva vendicare erano guai »
confermò Fabian. « Solo
Marlene poteva trattenerla. »
« Guardate
che ora sono migliorata, ora non metto più essenze urticanti
nel
brodo della gente » disse lei.
« Quella
volta ho rischiato di emettere fuoco dalle narici come un drago!
»
protestò Gideon, indignato. Lei lo ignorò.
« Quindi
voi avete frequentato Hogwarts negli stessi anni? » chiese
Rachel ai
tre.
Loro
annuirono.
« Sì, e
siamo coetanei di molti tristemente noti... Wilkes, i Lestrange,
Lucius Malfoy, le sorelle Black... Andromeda però era in
gamba,
anche se non ci dava confidenza. Oh, c'era anche la Skeeter. Ve la
ricordate? » disse Gideon, divertito.
« Era la
pettegola della scuola » spiegò Dorcas.
« Sarà
stata l'antenata di Bertha Jorkins per noi » disse Emmeline,
e
Sturgis ridacchiò.
« No,
nessuno sarebbe mai all'altezza della Skeeter. Non sapete quanti
studenti ha messo in crisi col suo settimanale scolastico. Lo aveva
creato lei e lo distribuiva a colazione. Molto spesso inventava le
notizie, non le è mai interessato dire cose vere.
Però è stata la
prima a diffondere la voce secondo cui Andromeda Black e Ted Tonks si
incontravano segretamente. Inutile dire che Bellatrix non l'ha fatta
passare liscia alla cara Rita. »
Rachel,
Emmeline e Sturgis li guardarono con preoccupazione, ma gli altri
sembravano molto rilassati.
« È
ancora viva, purtroppo. Il settimanale scolastico è stato
abolito,
ma Rita non si è data per vinta. Ora è una
giornalista e sta
facendo carriera gettando fango su chiunque le capiti. Ogni tanto si
aggira per il Ministero con qualche travestimento... a proposito, non
accettate mai interviste, potrebbe rovinarvi » li
avvertì Gideon in
tono serio.
« Ok,
faremo attenzione. Certo che non deve essere stato facile stare a
Hogwarts con tutti quei futuri Mangiamorte. »
« No,
infatti più crescevano e più creavano problemi:
aggredivano spesso
i Nati Babbani. Ma erano la minoranza, e finché restavano a
scuola
non potevano scatenarsi più di tanto. Ma non succedeva
spesso,
almeno erano abili a nascondere le loro malefatte. Io invece venivo
sempre messo in punizione per qualche Caccabomba innocua. Non capisco
perché » si lamentò Fabian.
« Tu eri stupido. Ti facevi
scoprire subito, ecco il perché » gli rispose
Dorcas con un ghigno.
« Sei
sempre così adorabile... »
« Lo so »
disse lei con un sorriso soddisfatto, mentre prendeva un bicchiere di
Burrobirra e Dedalus li chiamava per il brindisi.
***
Dorcas
infilò la chiave nella toppa e la girò per aprire
la porta
d'ingresso. Poi si voltò verso Gideon.
« Ora puoi anche andartene
» disse.
« Non mi
ringrazi nemmeno? » fece lui, divertito.
« Dovrei? »
« Vediamo,
ti ho accompagnata a casa per non farti camminare da sola di notte,
rinunciando ad andare a dormire presto nonostante la stanchezza,
quindi direi di sì. »
« Come se
non mi sapessi difendere da sola » sibilò Dorcas,
fingendosi
offesa.
« Lo so che
sei una delle streghe più in gamba, ma almeno un grazie
potresti
concedermelo. »
Lei inarcò
le sopracciglia.
« Almeno
un grazie? » ripeté, sarcastica. « Sai,
forse è il caso che tu
torni alla realtà. Devi esserti fatto strane idee dopo che
stasera
abbiamo parlato di quando stavamo insieme. »
Gideon
ridacchiò, senza riuscire a celare un po' di nervosismo.
« Non
volevo dire... non c'era nulla di sottinteso » si
giustificò.
« Ah no? »
« No,
giuro! »
« Ma
davvero? » insisté lei con un tono profondamente
scettico.
Dorcas mise
su un'espressione che non prometteva niente di buono, mentre un
silenzio teso calava tra di loro. Gideon deglutì a fatica
quando si
rese conto che lei si era avvicinata molto, con la chiara intenzione
di provocarlo. Dorcas lo vide farsi avanti e lei arretrò
lentamente,
come per fare la preziosa e tenerlo sulle spine. Aveva lo sguardo
fisso nei suoi occhi e si accorse di averlo ipnotizzato,
notò con
una certa soddisfazione.
Ma quando
Gideon fece per baciarla, chiudendo gli occhi, Dorcas con uno scatto
felino entrò in casa e gli sbatté la porta in
faccia.
Letteralmente.
Scoppiò a
ridere quando lo sentì imprecare violentemente. Doveva
essersi fatto
molto male, pensò, soddisfatta.
« Dorcas! »
urlò lui, furibondo. « Mi hai rotto il naso!
»
« Ma va',
quante storie! Fai sempre una tragedia per nulla.
Comunque, non c'era niente di sottinteso, eh? » lo prese in
giro
lei, parlandogli attraverso la porta.
« Grazie
per avermi fatto ricordare perché ci siamo mollati.
»
« Non c'è
di che. »
« Ti odio!
» sbottò lui, massaggiandosi ancora il setto
nasale, rendendosi
conto che in fondo neanche sanguinava. Ma non aveva voglia di
ammetterlo, non in sua presenza.
« Ti odio
anch'io » rispose lei sorridendo vittoriosa.
Ma quando lo
sentì darle la buonanotte e allontanarsi, si rese conto suo
malgrado
che quel quasi bacio l'aveva lasciata insoddisfatta.
***
La porta del
locale si aprì, provocando un acuto scampanellio.
« Siamo
pieni! Sapete leggere i cartelli o siete ciechi, per tutti i
gargoyle? »
« Buonasera
Aberforth, anche per me è un piacere vederti. »
« Ah, sei
tu » bofonchiò il barista in tono burbero,
lanciando un'occhiata
indispettita al fratello mentre continuava a pulire i bicchieri con
un cencio piuttosto lurido. « Che cosa ci fai qui?
»
« Devo
incontrare una persona, un'aspirante alla cattedra di Divinazione per
il prossimo anno, e le ho dato appuntamento qui tra dieci minuti
»
spiegò con calma Albus, guardandosi intorno.
La Testa di
Porco non era mai stato così pieno. Erano circa le dieci di
una sera
molto umida e fredda, quindi tutti avevano preferito restarsene al
caldo nel pub piuttosto che uscire per la strada. C'erano diverse
persone ubriache, alcuni maghi e streghe indaffarati in scambi di
oggetti sicuramente poco leciti, e alcuni individui che se ne stavano
in disparte e in zone non illuminate del locale. L'attenzione di
Albus fu attirata soprattutto da un mago che se ne stava in un angolo
buio, il volto completamente immerso nell'oscurità. Non
sapeva
perché ma qualcosa gli suggeriva di averlo già
conosciuto.
Presto però
fu distratto da Aberforth, che gli chiese con il suo solito tono
scontroso se voleva qualcosa da bere.
« Grazie,
prenderò un Idromele. »
Aberforth
gli porse prima un bicchiere sporco e poi andò ad aprire la
bottiglia di Idromele, il che fu una fortuna, perché Albus
ebbe
l'occasione di pulire il bicchiere con un Gratta
e netta ben
assestato senza che il fratello
se ne accorgesse.
Aberforth
aveva da fare e non gli diede molta retta mentre lui aspettava la
candidata al posto di insegnante di Divinazione. Non che gli avrebbe
dato udienza anche se fosse stato senza fare nulla, ma Albus sentiva
che, nonostante i grossi miglioramenti ai quali erano giunti nel loro
rapporto, suo fratello ce l'aveva ancora a morte con lui. E non
poteva biasimarlo. Aveva capito da tempo quanto Aberforth avesse
sempre avuto ragione, ma a quanto pare non riusciva ancora a prendere
esempio da quello che aveva dovuto subire. Chissà cosa
avrebbe detto
Aberforth se avesse saputo che era tornato alla ricerca dei Doni
della Morte. Lo avrebbe odiato ancora di più...
I suoi cupi
pensieri furono interrotti da un nuovo scampanellio, che lo indusse a
voltarsi. La porta si era aperta, facendo entrare una delle persone
più strane che avesse mai visto. E Albus Silente ne aveva
viste di
cose strane.
Era una
giovane donna, magra, con dei folti capelli crespi. Portava degli
occhiali così spessi da sembrare fondi di bottiglia, che le
ingrandivano di parecchio gli occhi. Indossava uno scialle pieno di
perline tintinnanti e portava tantissime collane, bracciali e anelli.
« Lei deve
essere Sibilla Cooman o sbaglio? » esordì lui,
rivolgendole un
sorriso educato.
« Sì, sono
io, professor Silente » rispose la donna, avvicinandosi con
circospezione.
Si strinsero
la mano. Lei sembrava molto nervosa, come lo è di solito una
persona
che deve affrontare un colloquio di lavoro. Si guardò
intorno con
aria perplessa, poi disse:
« C'è
troppa gente. Il mio Occhio Interiore non riesce a Vedere se
offuscato dalle chiacchiere altrui. »
« Non c'è
problema. Aberforth, c'è un posto in cui si possa discutere
in
privato? »
Aberforth
grugnì in tono di assenso e li condusse verso un passaggio
dietro il
bancone. I tre percorsero uno stretto corridoio fiocamente
illuminato, oltrepassarono una scala di legno che conduceva al piano
di sopra ed entrarono in un salottino. Sulla parete di destra c'era
un caminetto col fuoco acceso, al centro un tavolo con due sedie, una
di fronte all'altra.
Sibilla
Cooman inciampò nel tappeto e quasi cadde per terra, ma si
mantenne
goffamente in piedi. Silente, per evitarle ulteriore imbarazzo, le
indicò una delle sedie. Lei si accomodò e lui
prese posto di fronte
a lei, mentre Aberforth usciva, chiudendosi la porta alle spalle.
«
Cominciamo » disse Albus, evocando dal nulla un rotolo di
pergamena.
« Sibilla Cooman... ah, vedo... Eccezionale nel G.U.F.O. e
nel
M.A.G.O. di Divinazione, e discendente della famosa Cassandra Cooman.
»
Lei annuì,
molto compiaciuta.
« Sì,
esatto » spiegò. « È
lei che mi ha trasmesso il dono di poter Vedere oltre. »
« Bene,
questa è una carta a tuo favore. Puoi anche darmi qualche
dimostrazione? » chiese lui, gentilmente.
Lei annuì,
si raddrizzò sulla sedia e gli fece cenno di allungare la
sua mano
sinistra. Lui la tese, con il palmo rivolto verso l'alto. Sibilla
Cooman lo scrutò con attenzione, spalancando gli occhi, resi
ancora
più enormi dalle lenti che portava.
« Uhm...
mmmh... vediamo un po'... nato a fine autunno, non è
così? »
Lui sorrise,
cercando di non mostrare troppo il proprio scetticismo.
« Temo di
no, purtroppo. Sono nato in estate. »
« Oh...
ehm... sarà il nervosismo. »
«
Comprensibile, direi » rispose lui, sereno. «
Riprova. »
Lei annuì
con così tanto vigore che gli occhiali le caddero sul
tavolo.
Imbarazzata, li inforcò di nuovo e tornò ad
osservare le linee
della mano.
« Dunque...
» fece, diventando quasi viola per lo sforzo. « Ha
avuto il vaiolo
di drago » sentenziò, questa volta sicura di avere
azzeccato. Ma
dalla faccia di Silente parve capire di aver sbagliato di nuovo.
« Per mia
fortuna no » rispose lui, sospirando.
Dieci minuti
e altrettante previsioni sbagliate più tardi, stava
iniziando a
perdere la pazienza. La donna, con le mani che le tremavano, stava
mescolando delle carte sparse alla rinfusa sul tavolo. Ne prese una e
la osservò, dando poi in un'esclamazione ad effetto
decisamente poco
riuscita. Silente trattenne uno sbadiglio.
« Il
falco... un nemico mortale... il teschio... significa pericolo!
»
Silente non
aprì bocca per qualche istante; poi, vedendo che la strega
lo
ricambiava con evidente preoccupazione, intuì che la prova
dovesse
essere terminata.
« Bene... »
disse, alzandosi in piedi. « Sibilla, è stato un
piacere
conoscerti. Purtroppo... » esordì. Quella non gli
staccava gli
occhi di dosso, pietrificata. « ... temo che tu non sia la
persona
che sto cercando. »
« N-non mi
assume? » domandò lei, più che delusa.
« Sono
mortificato » rispose Albus con sincerità.
« Spero che tu non te
la prenda. Arrivederci, Sibilla. »
E si voltò
per uscire. Aveva appena toccato la maniglia, quando udì un
gemito
strozzato dietro di sé. Si voltò, temendo che la
donna stesse per
scoppiare a piangere, ma quando la vide rimase immobile e stupito.
Sibilla Cooman aveva gli occhi rovesciati e non si muoveva, come se
fosse in uno stato di trance. Poi iniziò a parlare con una
voce alta
e dura, mentre un rumore di passi proveniente dal corridoio si
fermava improvvisamente.
« Ecco
giungere il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore... nato
da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull'estinguersi del settimo
mese... »
Fuori della
porta scoppiò nel frattempo un gran baccano.
« Ehi, tu!
Che cosa stai facendo? » Passi di corsa. « Torna
qui! Non hai
pagato il conto! »
Ma, nel
salottino, Silente non vi fece caso.
« L'Oscuro
Signore lo designerà come suo eguale, ma egli
avrà un potere a lui
sconosciuto... e l'uno dovrà morire per mano dell'altro,
perché
nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive... il solo
col
potere di sconfiggere l'Oscuro Signore nascerà
all'estinguersi del
settimo mese...
»
La testa le
ricadde sul petto con un grugnito. Poi, all'improvviso, parve tornare
cosciente. Si guardò intorno, confusa.
« Cosa è
successo? » chiese, rivolta a Silente, come se non ricordasse
affatto quello che aveva appena detto. Lui non fece in tempo a
risponderle, sconvolto, perché in quel momento la porta del
salottino si aprì e Aberforth entrò, piuttosto
trafelato.
« Si può
sapere perché quel tizio stava origliando? »
sbottò.
Albus si
riprese in un lampo.
« Chi? »
« Uh
ragazzo, non so chi fosse, non l'ho visto bene in faccia... Comunque,
stava andando in bagno, ma poi l'ho visto fermarsi qui e mettersi a
spiare attraverso la serratura. Stavo per prenderlo e insegnargli
l'educazione a suon di pedate, ma è riuscito a scappare.
Cosa aveva
da origliare? »
Albus si
sforzò di restare calmo, anche se dentro di sé
stava fremendo.
« Non ne ho
idea » disse.
Aberforth
sbuffò, indignato, ma girò i tacchi e ripercorse
il corridoio,
lamentandosi ad alta voce di quanto era appena successo. Albus rimase
a riflettere intensamente, il cuore che batteva all'impazzata. Non
aveva mai sentito una profezia in vita sua, ma quella era sembrava
incredibilmente vera... ed era apparsa tale soprattutto al misterioso
ascoltatore.
« Ma
insomma, cosa sta succedendo? » chiese una voce alle sue
spalle.
Lui si
voltò. Sibilla Cooman era ancora in piedi, perplessa.
Silente le
sorrise debolmente.
« Ho
cambiato idea, Sibilla. Sei assunta. »
***
Lord
Voldemort era preoccupato. I suoi occhi rossi e serpenteschi erano
ancora fissi su quelli neri di Severus Piton, che aveva smesso di
parlare da alcuni minuti e lo guardava come in attesa di una
reazione.
« Ripetila
ancora » sibilò, ancora incredulo.
Piton annuì,
sforzandosi di ricordare le parole esatte.
« Ha detto
che sta per giungere colui che... che sarebbe stato in grado di... di
sconfiggervi, mio Signore » disse, rabbrividendo,
perché quelle
parole, anche se soltanto riferite, sembravano già
un'eresia. «
Nato da chi vi ha sfidato per tre volte, nato sull'estinguersi del
settimo mese... e poi non ho udito più nulla. »
Voldemort si
perse con lo sguardo in un punto indeterminato del salone, senza per
questo apparire meno pericoloso e minaccioso.
Da come il
suo Mangiamorte gliela aveva riferita, sembrava una vera profezia
formulata da una vera Veggente. Ma allora si trovava in pericolo?
Come poteva un neonato costituire una minaccia per il Mago Oscuro
più
potente di tutti i tempi? Neanche Silente era ancora riuscito a
sconfiggerlo, dopo dieci anni di guerra, e doveva farcela un bambino
appena nato?
Ma no,
pensò. La profezia forse annunciava la nascita di un futuro
mago
potente quanto lui. In quel caso, poteva essere pericoloso solo una
volta diventato adulto.
Ma Voldemort
non era il tipo di mago che trascurava i pericoli. Non voleva nessuno
ad intralciare il suo cammino, e chi non costituiva una minaccia da
piccolo, avrebbe potuto farlo da adulto. L'unica soluzione per
liberarsi di quel fastidioso ostacolo era trovarlo e ucciderlo.
« Nato
sull'estinguersi del settimo mese...
significa che nascerà a fine luglio »
ripeté, mentre Piton lo
guardava senza perdersi né una mossa né una
parola. « Nato da chi
mi ha sfidato tre volte... »
Chi aveva
potuto sfidarlo ben tre volte ed essere ancora in grado di
raccontarlo?
« Deve
trattarsi di Auror o di persone dell'Ordine della Fenice, per forza
»
pensò ad alta voce.
Qualcosa lo
distrasse. Severus era sbiancato all'improvviso, come se avesse
appena realizzato qualcosa. I loro occhi si incatenarono, e Voldemort
si ritrovò nella mente di Piton, vagando da un'immagine
all'altra,
da un ricordo all'altro... ma quando scorse una sagoma sfocata dai
capelli rossi, essa svanì inghiottita da un fumo nero.
« Stai
opponendo resistenza al tuo Signore, Severus? »
domandò, e parve
che anche le pareti intorno a loro rabbrividissero.
« No, mio
Signore. Io... » bofonchiò il ragazzo, ma
Voldemort lo interruppe.
« Se sai
qualcosa, se ti sei già fatto un'idea di chi potrebbe essere
figlio,
ti invito a parlare. Adesso. »
Piton era
chiaramente in crisi, come se qualcosa lo trattenesse dal farlo. Ma
alla fine parve rianimarsi.
« Ci
saranno parecchi Auror che aspettano bambini, e su questi non so come
aiutarvi. Ma so che nell'Ordine della Fenice ci sono almeno due
famiglie in attesa di figli e che hanno combattuto diverse volte
contro di voi. »
« Ossia? »
« I Potter
e i Paciock » rispose lui, improvvisamente lucido.
« Ma li avete
affrontati solo due volte, quindi potremmo escluderli”
aggiunse in
fretta. “Ad ogni modo, se posso darvi un parere, sono
più
probabili i Paciock: sono Purosangue tutti e due, una famiglia con
prestigiose tradizioni... mentre Potter ha sposato una... Nata
Babbana, e un figlio con sangue infetto sarebbe meno potente di un
Purosangue... »
Severus
aveva la gola secca e fissò il Signore Oscuro in attesa di
una
risposta, pendendo dalle sue labbra. Aveva la sensazione che la sua
vita o la sua morte dipendessero da quello che Voldemort avrebbe
detto di lì a poco.
« Sì, hai
ragione » disse, e Severus si sentì alleggerire.
« Tuttavia non
posso esserne certo, perché presto potrebbe esserci un'altra
battaglia in cui avranno la fortuna di sfuggirmi. E non posso
limitarmi a cercare nascituri solo tra i membri dell'Ordine. Ci sono
decine di Auror nel mondo magico, e dovrò assicurarmi che
questa
minaccia non si nasconda tra di loro. »
Severus
deglutì, nervoso. Si stava pentendo di aver comunicato della
profezia a Voldemort.
« Non mi
faccio spaventare da un bambino che deve ancora nascere, ma sono
prudente e sarebbe da incoscienti non fare nulla. Per ora mi
limiterò
a non uscire allo scoperto e indagherò su questo bambino. Ma
non
farne parola con nessun altro. »
« Certo »
rispose Severus, chinando la testa in segno di rispetto per poi
dirigersi verso la porta.
Sarebbe
andato tutto bene, pensava. Non poteva trattarsi per forza del figlio
di Lily, c'erano così tante donne che stavano per diventare
madri.
Non c'era bisogno di agitarsi.
Ma la
sensazione di inquietudine che lo aveva assalito, quando gli era
tornata in mente la dolorosa scoperta della gravidanza di lei, non
accennava ad andare via.
Questo capitolo e il
prossimo, se escludiamo la faccenda della Profezia, sono più
tranquilli. Avrei voluto fare qualcosa con più azione, ma
visto che da quello dopo ancora nasceranno nuovi casini, è
meglio fare una pausa! E poi siamo a Natale, devo essere più
buona!
E' da quando ho iniziato a scrivere la parte dedicata all'Ordine che
avevo in mente di scrivere qualcosa con Dorcas e Gideon insieme. Mi
sembrava una coppia
inedita, poi ho letto "The 70's students" e ho scoperto che non avevo
avuto poi un'idea così originale, anzi XD
Fin dall'inizio li ho immaginati così, molto litigiosi tra
di
loro, quindi nel dubbio e per non creare malintesi ho provveduto
ad avvertire eleanor89, che ringrazio per la gentilezza anche se non
penso che stia leggendo! La sua Dorcas è tra i personaggi
che ho amato di più in tutte le fanfiction che ho letto, ma
spero di avere reso la mia abbastanza diversa. In caso contrario,
fatemelo sapere ^^
Passando alla profezia, non si capisce bene quando è stata
formulata, ma Silente racconta di una notte fredda e umida, ma visto
che siamo in Scozia può tranquillamente essere giugno. Ho
aspettato così tanto perché se ci pensate mancano
ancora un anno e quattro mesi al 31 ottobre 1981 ed è
già tanto prima che Voldemort scopra che si tratta di
Harry... se fosse stata formulata prima non avrei saputo che scusa
inventarmi per non fargli fare la figura del rimbambito XD (impresa in cui sono già riusciti i film, non vorrei sparare sulla croce rossa, insomma -.-)
Non ho altro da dire, ne approfitto per augurarvi Buone Feste!
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 5 gennaio.
Buone vacanze a tutti! =)
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Capitolo 35 *** Decisioni, Quidditch e dolcetti ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 35
Decisioni, Quidditch e
dolcetti
Alice dovette sedersi per
riprendersi dallo shock. Non che gli altri tre stessero meglio, ma
avevano reagito con una sorda incredulità. Tutti loro
continuavano a
guardare Silente come se sperassero che di lì a qualche
istante
saltasse su e dicesse che si era trattato solo di uno scherzo. Ma
l'espressione seria con cui aveva parlato avrebbe già dovuto
privarli di ogni dubbio.
« Che cosa significa? »
disse Frank, cercando di instillare un minimo di buonsenso in quella
conversazione. « I nostri figli potrebbero essere in
pericolo? »
« Sì, Frank, potrebbero
» confermò Silente. « Ma non
è detto che si tratti per forza di
uno di loro. Certo, le date di nascita coinciderebbero, ma Alice e
Lily non sono le uniche streghe che partoriranno a fine luglio. Per
vostra fortuna, voi siete sfuggiti a Voldemort soltanto due volte,
quindi fino a questo momento la questione non vi riguarda. Ma
potrebbe riguardarvi in futuro, nel caso in cui lo affrontaste di
nuovo. E dal momento che non sappiamo di quale bambino parlava la
profezia, nemmeno Voldemort lo sa. Io credo che aspetterà,
cercando
intanto di informarsi e capire chi potrebbe essere il bambino che
dovrà eliminare... »
Frank vide Lily sbiancare
e James fare un movimento brusco, come se avesse voluto afferrare
Voldemort e strangolarlo. Frank stesso si sentiva terribilmente
scosso e preoccupato. Non era tipo da mostrarsi spaventato –
sua
madre lo venerava così tanto che lui aveva imparato a fare
il suo
gioco e fingere di essere del tutto impassibile e coraggioso
– ma
in quel momento avrebbe voluto sedersi a sua volta, solo per
contenere il tremore che gli aveva colpito le mani e le labbra. Il
pensiero che suo figlio Neville potesse essere un obiettivo di
Voldemort lo terrorizzava. E lo stesso dovevano pensare gli altri
tre.
« Voldemort vorrà
uccidere tutti i bambini nati a fine luglio? » chiese Lily,
tremando
a sua volta.
« Non credo. Non gli
conviene. Rischierebbe di mettersi contro famiglie che lo sostengono
o che lo lasciano fare senza opporglisi apertamente. E perdere mesi a
cercare di uccidere neonati non gioverebbe alla sua immagine di mago
oscuro. Io penso che aspetterà di sapere con certezza chi
cercare e
da quel momento gli darà la caccia. »
James sembrava sempre
scosso, ma il tono con cui parlò dimostrava tutto il suo
desiderio
di reagire.
« Che cosa dobbiamo
fare? »
Frank vide Silente
osservare un anello che portava al dito, ma non vi fece troppo caso.
« Per il momento, niente
di più di quanto facciate ora, anche se è meglio
che ve ne stiate a
casa con gli incantesimi di protezione. Niente più ronde per
voi. Se
dovete spostarvi, fatelo solo tramite Materializzazione o Passaporte
non create dal Ministero. Evitate la Metropolvere. E cercate di
uscire solo quando è strettamente necessario. »
« Ma... »
Frank non sapeva come
dirlo. James e Lily non lavoravano e per loro non sarebbe stato un
dramma, almeno in teoria, ma lui sì.
« Alice è in maternità
» disse, angosciato. « Ma io sono un Auror a tutti
gli effetti.
Cosa dovrei fare? »
Silente lo guardava con
aria comprensiva.
« Questo dovrete
deciderlo tu e Alice. Se siete disposti ad affrontare il rischio, tu
potresti continuare a lavorare. Ma c'è il pericolo che
qualcuno usi
una Imperius per costringerti a condurre Voldemort a casa tua.
»
« Non lo permetterei. Mi
ucciderei da solo se fossi sotto Imperius, piuttosto che portarlo
dalla mia famiglia » sbottò Frank, orripilato,
facendo rabbrividire
tutti.
« Frank, smettila » lo
rimproverò sua moglie, impressionata. « Ne
parleremo dopo. »
Lui annuì, cercando di
calmarsi, anche se credeva fermamente in quello che aveva detto.
Essendo un Auror, aveva visto troppe volte persone che si erano
suicidate per il rimorso di aver compiuto atrocità
perché
controllati dalla Maledizione Imperius, e lui non voleva di certo
fare qualcosa contro la propria volontà. Tutti quei pensieri
lo
angosciavano. Non capiva come, dopo un attimo di smarrimento
iniziale, Alice riuscisse ad essere più lucida di lui.
« Non preoccupatevi,
andrà tutto bene » li rassicurò
Silente, o almeno ci provò.
Perché dopo aver perso amici e parenti in guerra nessuno di
loro
riusciva ad essere ottimista più di tanto.
Non aggiunsero una
parola, almeno finché Silente fu lì. Poi, quando
il vecchio Preside
di Hogwarts lasciò il quartier generale dell'Ordine della
Fenice,
tutti e quattro si scambiarono delle occhiate cupe e tacquero,
incerti su cosa dire. Alice aveva appoggiato la testa sulla spalla di
Frank, che le accarezzava i capelli corti con aria distratta.
« Non ci posso credere »
gemette Lily, sconvolta. « Quella profezia non ha senso! Che
cosa
potrebbe fare un neonato? Non è giusto... »
Frank sospirò,
appoggiando la nuca contro il divano e fissando il soffitto bianco
come a volersi svuotare la mente da tutti quei pensieri e
preoccupazioni. Se fosse dipeso da lui avrebbe spedito Alice e
Neville il più lontano possibile per non far loro correre
rischi. Ma
sapeva che Voldemort li avrebbe scovati ovunque: lui scovava sempre
tutti, come aveva fatto con Benjy, Marlene, Caradoc ed Edgar. Quanto
avrebbe voluto che tutto quello fosse solo un incubo...
« Io voglio continuare a
combattere » disse James all'improvviso, dopo essere rimasto
stranamente silenzioso, e tutti lo guardarono con sconcerto. Lui non
se ne preoccupò. « L'Ordine della Fenice
è in difficoltà e se ci
ritiriamo tutti e quattro resteranno in pochi. Lily e Alice
naturalmente non possono ma, almeno se tu » si rivolse a sua
moglie,
« non avrai nulla in contrario, io voglio restare a
combattere. »
James la guardò e, dopo
una lunga esitazione, Lily annuì, anche se era evidente che
ne
soffrisse e avesse paura.
« Frank, se vuoi
combattere anche tu non preoccuparti per noi » gli disse
Alice,
seria.
« Davvero? » chiese
lui, perplesso e ancora preoccupato. « Ma non sarebbe
giusto... se
mi succedesse qualcosa... »
« Non è giusto neanche
rinunciare ai nostri ideali per una minaccia che forse non ci
riguarda. E anche se ci riguardasse, io e Lily non possiamo
combattere per via dei bambini, ma se potessimo lo faremmo. »
Lily era d'accordo e
confermò.
Frank si sentì
rianimare, anche se era preoccupato e temeva di rimpiangere per
sempre la propria scelta.
« D'accordo allora »
disse, schiarendosi la voce e scambiandosi con James un cenno.
« Però non spargiamo
troppo la voce su questa storia » aggiunse Alice, con un tono
improvvisamente determinato. « Non voglio che la spia sappia
che
siamo a conoscenza della profezia. Al massimo parliamone con persone
fidate, ma è meglio evitare di farlo sapere a troppe
persone. »
Gli altri concordarono.
***
Sembrava di essere di
nuovo ai tempi di Hogwarts. Decine di studenti gironzolavano per le
vie di Hogsmeade, ridendo e chiacchierando allegramente. Alcuni
gustavano i dolci appena comprati da Mielandia, altri sperimentavano
i fuochi d'artificio di Zonko in piena strada, provocando la reazione
indignata di una vecchia strega che sbraitava dalla finestra di casa
sua.
« Se non stessimo
facendo la ronda mi fionderei subito da Mielandia »
commentò
Sturgis mentre passavano davanti alla vetrina di dolciumi.
Emmeline notò che gli
brillavano gli occhi.
« Sei goloso o sbaglio?
» gli chiese.
« Ehm, solo un po' »
rispose lui, ridendo. « Anzi, adesso sono migliorato. Quando
ero a
Hogwarts passavo le giornate a mangiare dolci. La mia sala comune poi
è anche vicina alle cucine, e quando ho scoperto il modo per
entrare
è stata la fine... per gli elfi domestici, intendo.
»
« Ci sono andata, una
volta, ma gli elfi mi hanno servito così tante cose che ho
fatto
indigestione e non ci sono più tornata. »
« Io non correvo questo
pericolo. Ero un pozzo senza fondo. »
Emmeline rise ancora. E
dire che Sturgis all'inizio le era sembrato incapace di parlare.
Invece era un tipo simpatico, non appena riusciva ad aprirsi un po'.
« Se vuoi puoi entrare,
dai » gli disse, vedendo il suo volto gioviale illuminarsi
all'improvviso. « Io resto fuori per controllare la
situazione. Se
succede qualcosa ti chiamo. »
Sturgis esitava.
« Sei sicura? »
« Certo. Tranquillo, non
lo dico a Malocchio. So che ti fa paura. »
« Non è proprio paura,
ma mette ansia con quell'occhio che fissa... D'accordo allora, entro,
prendo qualcosa ed esco subito. Tu cosa vuoi? »
« Delle Caramelle Mou
andranno benissimo, grazie. »
Sturgis si fece largo tra
gli studenti ed entrò a Mielandia, mentre Emmeline rimaneva
accanto
all'entrata. Immaginava che il ragazzo sarebbe stato travolto
dall'entusiasmo, una volta dentro, quindi non si meravigliò
di dover
aspettare più del dovuto.
La vera sorpresa per lei
giunse qualche istante dopo, mentre si osservava le unghie con
indifferenza.
« Ciao Emmeline » parlò
qualcuno alle sue spalle, e lei sentì accelerare i battiti
all'improvviso.
« Barty » disse,
voltandosi a guardare il ragazzo, sperando di non apparire troppo
pallida o sconvolta. O anche di non sembrare furibonda. « Che
fai da
queste parti? »
« Devo andare da
Mondomago per comprare delle cose. E già che ci sono
controllo la
situazione, in caso di attacchi. »
« Ma che bravo »
commentò lei, accorgendosi di aver parlato con un tono forse
troppo
sarcastico.
« Tu invece? »
« Io sto facendo un- »
esordì, bloccandosi all'improvviso. Non poteva di certo
dirgli che
era lì per conto dell'Ordine della Fenice. Lui non sapeva
che lei ne
facesse parte, e anche se lo sospettava era meglio non dargli
conferme. « Sto facendo una passeggiata. »
Neanche a farlo apposta,
Sturgis uscì in quel momento.
« Emmeline, ecco qua le
Caramelle Mou. Ti ho preso anche delle Cioccorane, già che
c'ero »
le disse, consegnandole un pacchetto e tenendo per sé un
altro pacco
molto più grosso. « Se vuoi alcune delle mie
chiedi pure, non le
mangio mica tutte » si giustificò, imbarazzato.
Il sorriso falsamente
cordiale di Barty sembrava essersi congelato. Qualcosa dentro
Emmeline sussultò nel rendersene conto, ma la sua parte
più
razionale – e sana di mente,
pensò – lo represse subito,
ricordandole all'istante che lui ormai era un Mangiamorte.
« Grazie. Sturgis, lui è
Barty Crouch. Barty, ti presento Sturgis Podmore » fece lei,
sforzandosi di sembrare naturale, anche se dentro si sentiva
esplodere per lo stress.
« Oh, tu sei Crouch
junior! È un piacere conoscerti » disse Sturgis,
gentile, tendendo
la mano all'altro, il quale però la strinse con poco
entusiasmo.
Barty si limitò ad annuire e a trattarlo con un
atteggiamento di
superiorità, cosa che meravigliò parecchio
l'ignaro Sturgis.
Emmeline iniziò a temere di averlo messo nei guai, anche se
Barty
sembrava comunque poco intenzionato a fare alcunché: Sturgis
era un
pezzo di pane, ma dall'alto del suo metro e novanta incuteva un certo
timore.
« Bene, noi andiamo. Ci
si vede » salutò nervosamente, trascinando via
l'altro.
« Ciao » bofonchiò
Barty, sfoderando un sorriso che forse poteva ingannare Sturgis, ma
non Emmeline, che si sentì avvampare così tanto
da voltarsi in
tutta fretta ed allontanarsi da lì il prima possibile.
« Non gli sono molto
simpatico o è solo una mia impressione? » le
chiese Sturgis,
perplesso, mentre percorrevano High Street.
Lei si morse il labbro,
agitata, senza rispondergli. Si sentiva malissimo. Odiava provare
quelle emozioni. Non avrebbe più dovuto sentirsi
così, non per lui,
non lo meritava. Ma perché non riusciva a toglierselo dalla
testa?
Con suo grande orrore si
accorse che gli occhi le pizzicavano.
« Scusa Sturgis, devo
correre in bagno » bofonchiò, dirigendosi in
fretta verso i Tre
Manici di Scopa.
« Oh, ok. Io ti aspetto
qui » rispose lui, perplesso, ma Emmeline ormai era
già dentro.
Sturgis aspettava da
cinque minuti buoni. Sapeva che le ragazze impiegavano sempre
più
tempo per stare in bagno, ma iniziava già a guardare con
agitazione
la porta dei Tre Manici di Scopa ogni volta che si apriva. Non che si
annoiasse: sapeva bene come ingannare l'attesa, pensava mentre
ingurgitava il decimo dolcetto, felice e soddisfatto.
Dopo altri cinque minuti
però si disse che la sua non era paranoia. Che cosa doveva
fare di
tanto complicato in quel bagno?
Così, richiudendo a
malincuore il pacco di Mielandia già dimezzato,
entrò nel locale
affollato. C'erano così tanti studenti che dovette
spintonarne
parecchi pur di farsi strada e raggiungere i bagni. Quando si
intrufolò in quello femminile, arrossì quando due
ragazzine del
terzo anno lo guardarono con preoccupazione e sconcerto.
« Questo è il bagno
delle ragazze » gli fecero notare.
« Oh, giusto... scusate
» fece lui, tornando indietro. Quando quelle si furono
allontanate a
sufficienza, si limitò ad affacciarsi.
« Emmeline, sei qui? »
A rispondergli fu un coro
di voci femminili che protestavano da dentro i rispettivi cubicoli,
urlandogli di andarsene. Quando vide avvicinarsi un aiutante grande e
grosso di Madama Rosmerta, Sturgis decise che fosse il caso di
dileguarsi, prima di essere arrestato per molestie. Aveva sempre
avuto una naturale propensione a farsi accusare di crimini che non
aveva commesso, come per esempio quando, al suo quarto anno, la
professoressa Sprite lo aveva punito per aver messo uova di Doxy nel
piatto di Lucius Malfoy. In realtà era stata tutta colpa
degli
undicenni Sirius Black e James Potter. Ma non era mica colpa sua se
quei due gli avevano regalato quelle uova di Doxy spacciandole per
Gelatine Tuttigusti +1, pensò, ricordando l'imbarazzo di
essere
stato messo nel sacco da due ragazzini del primo anno.
E poi non si poteva dire
di no a dei dolcetti gratuiti.
Cercò Emmeline per tutto
il locale ma non la vide. Sinceramente preoccupato, ebbe un lampo di
genio quando notò una porta che conduceva sul retro del
locale.
Approfittando della folla, la aprì e uscì di
fuori. Il retro non
era niente di speciale. C'erano delle casse di legno accatastate,
alcune piante cresciute per caso e un muro che lo separava dalla
strada parallela ad High Street.
Capì di avere avuto una
buona intuizione quando scorse una testa bionda al di là di
un
cumulo di cassette.
« Ehi, Emmeline, mi hai
fatto spaventare » le disse, avvicinandosi. «
Dove...? Per le
sottane di Tosca, stavi piangendo? »
« No, certo che no! »
mentì lei, affrettandosi a guardare nella direzione opposta.
«
Stavo... »
Non le venne in mente una
scusa valida, così tacque.
Sturgis era paralizzato.
Emmeline era sempre stata una ragazza controllata, e vederla
lì per
terra a fingere di non aver pianto gli sembrava terribilmente
sbagliato. Non aveva idea di cosa le fosse successo e sapeva di non
essere bravo a consolare le persone – anche se aveva la
tendenza a
stare male per loro ogni volta – ma sapeva di dover fare
qualcosa.
« Qualche Mangiamorte ti
ha ferita? » le chiese, colto all'improvviso da quel dubbio.
Lei emise uno sbuffo
ironico ma scosse la testa. Sturgis le si sedette accanto, impacciato
ma deciso a capire cose le fosse successo.
« E allora cos'hai? »
« Niente. »
Emmeline si teneva le
mani strette alle ginocchia flesse e aveva appoggiato la testa su di
esse, chiusa a riccio.
« Senti, non voglio
essere impiccione, però mi dispiace vederti così.
Insomma, se posso
aiutarti... »
« Non puoi fare niente,
Sturgis. Non preoccuparti per me, non ne vale proprio la pena.
»
« Ma che dici... Perché?
»
« Perché sono
un'imbecille, ecco perché! » sbottò lei
di colpo, facendogli fare
un balzo all'indietro per lo spavento. « Hai presente quel
ragazzo
che abbiamo incontrato prima? Stavamo insieme tempo fa, e anche se so
perfettamente che è un maledetto traditore, bugiardo,
approfittatore, carogna, voltafaccia, schifoso, falso, bastardo...
»
« Sciocco? » la aiutò
lui, visto che Emmeline sembrava a corto di insulti.
Lei inarcò un
sopracciglio e lui si sentì altrettanto sciocco.
« Qualcosa del genere,
ma avrei preferito un termine meno educato. Comunque, anche se so che
razza di persona orribile sia, ogni volta devo obbligare me stessa a
non cedere, perché provo ancora qualcosa per lui, anche se
lo odio e
mi farebbe vomitare la sola idea di farmi toccare da quel viscido
doppiogiochista! Non sopporto più questa situazione.
»
Sturgis cercò di
riprendersi, ignorando la strana sensazione di fastidio e malinconia
che lo aveva assalito.
« Scusa se te lo chiedo,
ma che cosa ti ha fatto? »
« È
un Mangiamorte » rispose lei, stupendosi di se stessa e di
quello
che aveva rivelato.
Sturgis sembrava
altrettanto sotto shock. Dopo almeno mezzo minuto, si
ricordò di
richiudere la bocca.
« Stai parlando di
Crouch junior? »
« Sì, lo so, sembra
assurdo ma è così. Nemmeno io ci credevo
all'inizio quando Rachel
me l'ha detto. È stato per questo che avevamo litigato
l'altra
volta, a proposito... Ecco, adesso penserai pure che sia io quella
che ha tradito l'Ordine, visto che non riesco a togliermelo dalla
testa. Fantastico. »
Lui scosse la testa,
ancora sconcertato per tutto quello che stava scoprendo.
« Se lo fossi non mi
avresti detto queste cose. E poi io non sospetto proprio nessuno,
anzi, Malocchio dice sempre che sono stupido a fidarmi di tutti, ma
non posso farci nulla. Comunque... » disse, esitando
perché non
sapeva come continuare. « Secondo me non devi darti
dell'imbecille.
È normale che tu stia così adesso... »
« Lo so ma è un sacco
di tempo che dura questa storia. E sto avendo anche delle conseguenze
sul lavoro. Sono indietro con gli esami, e di questo passo non
prenderò mai il diploma di Auror. Sono solo una stupida che
non
riesce ad andare avanti... »
« Non dire queste cose,
non sei una stupida » sbottò lui, accorato.
« Hai solo bisogno di
tempo. Io non ti conosco benissimo, ma penso che tu esiga sempre
troppo da te stessa. Quando soffri non devi reprimerlo, devi
accettarlo e affrontare la cosa. Solo così potrai andare
avanti. »
Lei lo guardò con
stupore.
« È
vero ma... come fai a sapere queste cose di me? »
« Bè... io non parlo
spesso, ma ascolto e osservo parecchio. Ecco perché l'ho
notato »
rispose.
Emmeline
lo guardò con curiosità.
« Tu
hai mai provato qualcosa del genere? »
Sturgis
non riuscì a impedirsi di evitare quegli occhi blu che lo
fissavano
speranzosi.
« Sì
» ammise, a testa bassa. « Non sono stato tradito
come lui ha fatto
con te, ma so che significa non riuscire a dormire la notte
perché
non fai che pensare ad una persona. »
Resosi
conto di quello che aveva detto, arrossì come una Pluffa e
iniziò a
giocherellare con la bacchetta, tanto per distrarsi.
«
Non avrà pensato che io e te stiamo insieme, vero?
» chiese poi.
« Temo di
sì » confessò
Emmeline, a
disagio. Sturgis la guardò con l'espressione di chi ha
appena visto
una mandria di Erumpent in corsa. « Mi dispiace, non volevo
crearti
problemi... »
Lui
scosse la testa, dopo essersi ripreso.
«
Non importa, gli sta bene: gli hai dimostrato che non ti importa
nulla di lui, anche se non è vero. Quanto a me, visto che
è un
Mangiamorte, dovrei stare attento a lui in ogni caso. »
«
Grazie. »
Tacquero
per un altro po', poi Sturgis si sforzò di dire
qualcos'altro.
« Sai, dovresti uscire
con qualcuno intanto, ti aiuterebbe a distrarti » le
suggerì.
« Le uniche persone che
vedo siete voi dell'Ordine e gli altri aspiranti Auror, non ho molto
tempo di fare nuove conoscenze. E, come direbbe Malocchio, non
sarebbe sicuro. »
« Quelli del tuo
corso... »
« Non mi ci trovo molto
» disse lei. « Pensano sempre e soltanto alla loro
futura carriera
e sono competitivi da morire, quindi preferisco evitare. In
realtà
sono competitiva anche io, e parecchio, ma al momento non mi
interessa più essere la migliore. Ormai non mi riconosco
più... »
« Allora puoi uscire con
me. »
Tra di loro cadde un
silenzio teso.
« Cosa? »
« Niente, dimentica
quello che ho detto! » esclamò lui, preso da
panico.
Emmeline gli rivolse un
sorriso stupefatto.
« Ci stai provando? »
« No, no, non è così!
È che visto che andiamo d'accordo, ho pensato che potessimo
provare
ad essere amici, niente di più. »
« Davvero? »
« Giuro! »
Lei sospirò.
« Meglio così, perché
non mi va di risolvere i miei problemi creandoli a qualcun altro. Ma
se ci vediamo come amici per me va bene. »
Sturgis le offrì una
Cioccorana che lei accettò. Lui si ritrovò a
sospirare mentre
cercava di non guardarla troppo a lungo e di non arrossire, o si
sarebbe insospettita. E Sturgis non era bravo a fingere.
***
« Questa non ci voleva »
disse Regulus, sfogliando le pagine bianche del diario. A parte il
foro che l'athame gli aveva inciso in mezzo, non era rimasta traccia
di quello che Tom Riddle vi aveva scritto. « L'inchiostro
è
fuoriuscito completamente dalla carta quando hai distrutto l'Horcrux.
Non potremo mai sapere cosa aveva annotato ».
« Mi dispiace » fece
Rachel, mordendosi il labbro.
« Non potevamo fare
altrimenti, a meno di farci possedere e controllare dal frammento di
anima di Tu-Sai-Chi. Vedrai che Silente troverà altri
ricordi ».
Lei annuì, anche se era
ancora abbastanza giù di morale.
« Maledetto inchiostro.
Sory ha impiegato tre ore per smacchiare il pavimento, poveretta
»
disse. Poi le tornò in mente qualcosa e si rivolse di nuovo
a lui. «
Sei stato tu a darle quella fetta di torta, l'altro giorno? »
« Sì, mi sembrava
affaticata e ho pensato di tirarla su con la mia fetta.
Perché? »
« Ah, era la tua
fetta di torta! Questo spiega perché ti adora. Prima credevo
che
avesse una cotta per te ».
Lui sgranò gli occhi.
« Ma che dici? »
« Noi non le facciamo
mancare il cibo, e non le diamo mai gli avanzi come fanno molti, ma
non mi è mai capitato di darle qualcosa che stava nel mio
piatto. Ma
che fai tu agli elfi domestici, eh? » disse Rachel,
ridacchiando.
« Sono irresistibile »
scherzò lui.
« Ma quanto siamo ilari
oggi » bofonchiò Perseus da dietro la Gazzetta
del Profeta,
sentendo Rachel ridere di cuore.
« Ogni tanto ci vuole,
papà » rispose lei allegramente.
Regulus annuì,
perfettamente d'accordo. Erano stati tristi e angosciati per diverso
tempo, sia per la storia degli Horcrux, sia per il tradimento di
Barty che per la morte dei Bones e tutto quel che riguardava la
guerra. Ma avevano deciso che avere già annientato tre
Horcrux fosse
un'ottima notizia, quindi volevano godersi quel momento senza
preoccuparsi troppo di quello che avrebbero dovuto affrontare dopo,
almeno per un po'.
« Hai ragione »
convenne Alphard, salutandoli da dietro una tazza di tè.
« Quando sei arrivato? »
gli chiese Regulus mentre tutti e due si sedevano a fare colazione.
« Poco fa, giusto in
tempo per sorprendere Perseus con il suo berretto da notte ancora in
testa. Ancora non ha capito che non vanno più di moda
».
« Ti avverto, Alphard,
falla finita » disse Perseus, senza spostare il giornale da
davanti
il viso, ma puntando un minaccioso cucchiaino pieno di marmellata
contro di lui.
Regulus notò che lo zio
aveva una mano fasciata con una benda.
« Che cosa ti è
successo? »
« Oh questa? Niente di
grave. Mi sono ferito per sbaglio
mentre provavo un incantesimo, e visto che non la smetteva di
sanguinare, non potendo andare al San Mungo, sono piombato qui
all'alba ».
« Non preoccuparti, l'ho
curato per bene e gli ho dato una pozione Rimpolpasangue » lo
rassicurò Diane. « Però Alphard,
dovresti stare più attento con
gli incantesimi pericolosi ».
« Di solito faccio
attenzione, ma ieri notte non ho chiuso occhio e stamattina ero
talmente stanco che non mi sono concentrato a dovere. Colpa mia
»
ammise lui.
« Come mai non hai
dormito? » chiese Regulus.
Alphard non rispose
subito. Per alcuni istanti fissò il piatto senza dire nulla,
con uno
sguardo strano.
« Brutti pensieri... »
rispose poi, evasivo.
Regulus voleva sapere di
che tipo di pensieri si trattasse, ma decise di chiederglielo in
privato più tardi.
« Oh, Regulus, non ti ho
ancora dato la notizia! » intervenne Diane, distraendolo.
« Ieri
sera è nato il figlio di tua cugina. Me l'ha detto il
Guaritore che
l'aveva in cura. È un maschio e l'hanno chiamato Draco.
»
Regulus sorrise. Si
sentiva un po' emozionato e pensò che sarebbe stato bello
poter
andare a trovare Narcissa e suo figlio.
« Spero che abbia preso
dalla madre » commentò.
Diane parve riflettere
intensamente, poi scosse la testa con rassegnazione.
« Non ne sono sicura
perché è appena nato, ma temo che sia
più simile al padre. »
« Oh » fece Regulus,
deluso.
« Poveretto » convenne
Alphard.
« Perché ci tenete
tanto? » chiese Diane.
« Io sarò un rinnegato,
ma certe cose mi stanno ancora a cuore: i geni dei Black non possono
soccombere a quelli dei Malfoy, è umiliante. »
« Non deve essere per
forza un male. I Malfoy sono più furbi di voi incoscienti e
aspiranti suicidi. Almeno avrà l'abilità di
cavarsela sempre e
restare impunito, e molti finiranno col considerarlo addirittura una
povera vittima » disse Perseus con un certo tono di
disprezzo.
« Che mondo crudele.
Però noi abbiamo un fascino che nessuno potrebbe mai
eguagliare »
rise Alphard.
« Il fascino dei Black è
un dono raro » disse Rachel, scherzosa. « Ma non
siate così
pessimisti. Non è detto che prenda dal padre anche per il
carattere.
»
« Me lo auguro » disse
Regulus, mentre faceva finta di non sentire Perseus che bofonchiava
tra sé con un tono profondamente scettico:
« … fascino, ma per
favore... »
Finita la colazione, gli
tornò in mente il discorso che avevano interrotto, e
invitò suo zio
a fare quattro passi in giardino.
« Che brutti pensieri
avevi stanotte? » gli chiese.
Alphard non poté fare a
meno di sorridere.
« Non ti sfugge niente,
eh? »
« No. mi sei sembrato
preoccupato. »
Lui alzò le spalle.
« Ricordo solo di essere
andato a dormire subito dopo aver letto di un'altra strage di alcuni
maghi che aiutavano i Babbani, e ho avuto una brutta sensazione...
come un presentimento. Non agitarti, ora è passato
» aggiunse,
vedendolo piuttosto teso.
« Siamo maghi, lo sai
che a volte può capitarci di avere delle sensazioni che
riguardano
il futuro ».
« Non credo, non sono
mai andato molto bene in Divinazione... » Alphard
notò
l'espressione scettica del ragazzo e decise di smettere di mentire.
«
Sì, ammetto che non mi era mai capitato e mi sono fatto
spaventare
un po'... Ma non è nulla. Sono solo preoccupato per te e tuo
fratello, tutto qui. Penso che di questi tempi sia normale, no?
»
« Sì, questo è vero »
convenne Regulus, ripensando sia a quello che Rachel gli aveva
raccontato di aver visto a causa del diario, sia alle paure e le
preoccupazioni che spesso assalivano anche lui.
« Comunque sia, ho
sentito la vostra mancanza e volevo rivedervi » aggiunse suo
zio in
tono neutro.
Regulus notò che
sembrava pensieroso. Alphard si accorse dello sguardo indagatore del
nipote e gli sorrise.
« Sai, non so se te l'ho
già detto, e anche se lo avessi fatto forse non mi sono
espresso al
meglio come avrei voluto. Sono fiero di te e delle scelte che hai
fatto ».
« Grazie ma ora mi stai
facendo preoccupare davvero » gli comunicò
Regulus, inquieto.
« Non preoccuparti, sto
bene. È solo che ogni tanto, con tutte le brutte notizie che
arrivano ogni giorno a tutte le ore, mi viene da pensare che non
bisognerebbe tenere certe cose per sé, perché non
si sa mai quando
potremo avere un'altra occasione per... »
« D'accordo, adesso
basta, Alphard, tu e i tuoi maledettissimi momenti di sconforto!
»
intervenne all'improvviso Perseus, affacciandosi nel giardino con
aria indignata. « Non lo vedi che è già
abbastanza angosciato di
per sé? Non infierire. E falla finita perché
posso assicurarti che
i rompiscatole come te vivono sempre a lungo ».
Alphard scoppiò a
ridere, mentre Regulus non sapeva cosa dire, troppo scioccato dal
fatto che Perseus lo avesse quasi difeso.
« D'accordo, scusate, la
finisco qui! » disse, dopo l'occhiataccia che Perseus gli
aveva
rivolto.
« Guardate cosa ho
trovato! » disse Rachel, uscendo con in mano una vecchia
Pluffa
piuttosto malridotta ma ancora funzionante. « Che ne dite di
qualche
tiro a Quidditch, tutti e quattro? »
« Rachel, non abbiamo
più vent'anni » protestò Perseus.
« Ma dai, avete solo
paura che io e Regulus vi stracciamo » lo sfidò
lei.
« Non possiamo non
accettare, facciamolo a nome di tutti i cinquantenni del mondo
»
convenne Alphard, e Perseus alzò gli occhi al cielo.
« D'accordo, però solo
qualche tiro. Che ne dite di una sfida Black contro Queen? »
propose.
« Due Cacciatori in
perfetta salute contro un Cercatore e un Cacciatore con la mano
bendata? Non sarebbe giusto » replicò Alphard.
« Per equilibrarci,
io dovrei stare con Rachel e tu con Regulus » aggiunse,
ridacchiando.
Perseus lanciò
un'occhiata al ragazzo, che deglutì.
« Sei in grado di fare
il Cacciatore? » gli chiese.
« Non ci sono abituato,
ma posso farlo » rispose lui.
« Diane, vuoi fare
l'arbitro? »
« Se proprio ci
tenete... Perseus, non essere violento come eri a scuola
però,
altrimenti ti espello » lo avvertì sua moglie.
« Non mi accanirei mai
su un vecchio invalido » rispose il marito, e Alphard gli
lanciò
un'occhiata ammonitrice.
« Vedremo alla fine
della partita chi sarà il vecchio invalido... »
« Perfetto, vado a
prendere le scope! » esclamò Rachel.
« Ti accompagno ».
Regulus la seguì e lei,
quando furono entrati nel capanno delle scope, gli chiese
spiegazioni.
« Cosa aveva tuo zio? »
« Non lo so, credo che
fosse preoccupato. Ogni tanto gli succede, però ultimamente
gli
accade spesso... »
« Sì, prima ho sentito
mio padre che si lamentava: forse è vero che nell'ultimo
periodo è
più malinconico del solito. Per questo ho chiesto di giocare
a
Quidditch, così si distrae un po' ».
Regulus annuì, prendendo
due scope mentre lei ne afferrava altrettante.
« Vedrai che andrà
tutto bene e gli passerà » disse Rachel,
avvicinandosi e
stampandogli un bacio sulle labbra.
Regulus lasciò andare i
manici di scopa, appoggiandoli al muro e disinteressandosene del
tutto per il momento, e attrasse a sé la ragazza, che
sorrise mentre
lui la baciava di nuovo e con più intensità del
solito.
« Cosa ti prende
oggi? » scherzò lei quando si separarono.
« Non lo so, forse il
fatto che per un giorno non voglio pensare agli Horcrux e a tutto il
resto » fece lui, imbarazzato.
« Meglio così. Non
pensavo che lo avresti mai detto ».
« Ne abbiamo distrutti
tre, una pausa ci vuole ».
Rachel lo baciò ancora e
Regulus pensò che il suo sorriso felice fosse la cosa
più bella che
avesse mai visto.
Quel ripostiglio
polveroso era l'unico posto in cui potevano rimanere soli senza
essere disturbati. Di solito, quando erano in casa, Regulus evitava
anche di tenerla per mano, poco abituato a manifestazioni pubbliche
di affetto, anche perché non riuscivano mai a stare da soli.
Così
avevano eletto quel magazzino come loro rifugio personale per restare
qualche minuto in santa pace, anche se poi diventava sempre
più
complicato separarsi... tranne quando qualunque cosa fosse
all'esterno faceva rumore, e Regulus scattava in perda all'ansia, per
paura che qualcuno li sorprendesse lì dentro.
« Forse dovremmo andare.
Si staranno chiedendo dove siamo finiti » le disse, smettendo
di
baciarla con molta fatica.
« Non agitarti come al
solito, non stiamo facendo niente di illecito » rispose lei,
rilassata.
« Sì ma tuo padre... »
esordì lui, ma poi tacque, a disagio.
« Cosa? Potrebbe pensare
che approfitti della sua ospitalità per attentare alla mia
virtù? »
lo canzonò lei, ridacchiando.
« Una cosa del genere,
sì » ammise Regulus.
« Come se fosse
possibile... Sei ossessionato all'idea che ti tenga d'occhio ogni
minuto di ogni giorno! »
« Non sono ossessionato,
è la verità. Tu non hai idea di cosa è
capace di fare quell'uomo.
A volte... »
« A volte, cosa? »
« No, niente... » cercò
di cambiare discorso, imbarazzato.
« E dai! »
« Va bene » sospirò
lui, avvampando ma sforzandosi di apparire calmo. « A volte
mi
capita di sognarti... »
Rachel sorrise,
compiaciuta.
« Davvero? »
« Sì, e tutte le volte
che succede, finisce che tuo padre entra nel sogno e mi tormenta
anche lì. »
Per alcuni istanti lei
tentò di trattenersi, il volto che diventava sempre
più teso. Poi
non resistette e scoppiò a ridere.
« Ecco, ridi pure dei
miei incubi... » bofonchiò lui, rassegnato. Ma
vedendola ridere
ancora di più, s'inalberò. « Lo trovi
così divertente? »
« No, tu sei
divertente! Dovresti vedere la tua faccia. »
Regulus si sforzò di
apparire meno imbarazzato, almeno fino a quando lei non
riuscì a
smettere.
« Ok, scusa. Ho finito »
disse, calmandosi. « Mi dispiace che mio padre ti tormenti
così
tanto, ma è fatto così, non lo fa per cattiveria.
Vedrai che prima
o poi riusciremo a starcene da soli per un po'. »
«
Lo spero. »
Rimasero così per una
manciata di secondi, persi uno nello sguardo dell'altra, sfiorandosi
le labbra in preda ad un miscuglio di emozioni.
Quando tuttavia udirono
da lontano la voce di Perseus che chiedeva dove fossero finiti,
Rachel sciolse il loro abbraccio, e Regulus ne fu dispiaciuto.
« Dai, prendiamo queste
scope e raggiungiamo gli altri, ok? »
Lui annuì,
meravigliandosi di essersi completamente dimenticato della presenza
di altre persone di fuori.
Uscirono tenendosi per
mano, godendosi quel momento di rara serenità, ignari della
tempesta
che si annunciava all'orizzonte.
Ops,
forse mi sono lasciata prendere un po' la mano nello scrivere cosa
penso dei Malfoy... Ormai sono così allenata a trattare bene
James che l'odio doveva riversarsi per forza su qualcun altro, e
non c'è niente di meglio di due molluschi per sfogarsi. Non
stimo neanche un po' i
Malfoy, per me sono solo dei vigliacchi che se la cavano sempre
e ingiustamente. Questo non significa che non siano divertenti
a
modo
loro, anzi! Adoro fargli mettere uova di Doxy nel cibo o quando vengono
trasformati in furetti, per esempio... o
ancora meglio quando marciscono ad Azkaban xD
Narcissa ovviamente non è inclusa: lei è e
resterà sempre una
Black, e lo dimostrerà.
Per passare ad argomenti più interessanti, eravate
in tanti a chiedervi se un finale
Emmeline/Sturgis fosse possibile, e finalmente posso rispondervi! Per
ora l'interesse c'è solo da parte di lui, ma non si sa
mai...
Ah, l'attitudine di Sturgis ad essere accusato ingiustamente l'ho
inventata, ma ho preso ispirazione dal fatto che nel 5° libro
si
è fatto 6 mesi ad Azkaban perché l'hanno beccato
mentre
faceva la guardia all'Ufficio Misteri per conto dell'Ordine, povero...
e da lì è nato tutto. XD
Mi sono divertita molto a scrivere questo capitolo, esclusa la parte
iniziale che è un po' più seria, ma ci voleva. Ve
lo dico
già da ora, preparatevi perché nel prossimo
succederà una cosa che scatenerà un gran casino a
effetto
domino... Ma ora non ci pensate e fate anche voi una partita a
Quidditch per rilassarvi =D
Da un po' di tempo sono molto impegnata causa esami, ma ho abbastanza
capitoli messi da parte per continuare ad aggiornare regolarmente.
Quando ho tempo continuo a scrivere, ma vado a rilento. E sono in
ritardo anche con alcune recensioni da lasciare ad alcune di voi, ma mi
farò viva il prima possibile ^^
Prossimo capitolo: 19 gennaio
Dimenticavo, buon anno e tanta ispirazione e cose belle a tutti!
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Capitolo 36 *** La soffiata ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 36
La soffiata
Non appena aveva
sentito gridare, era stato come se la bolla in cui si era chiuso si
fosse infranta. Il corpo gli faceva male: non sapeva per quanto tempo
fosse rimasto seduto per terra, con la schiena e la nuca appoggiate
al muro umido e freddo.
Da quanto si trovava
ad Azkaban? Ormai aveva perso la nozione del tempo, e non solo
quella. Si stava abbrutendo sempre di più, la barba si era
allungata
ed era tutto incrostato di sporco.
Il gelo era
insopportabile, anche se dalle sue parti a Durmstrang non faceva mai
troppo caldo, ma la disperazione era la cosa più terribile.
Le voci
nella sua testa non la smettevano di urlare: diminuivano solo di
intensità quando i Dissennatori si allontanavano, ma durava
sempre
troppo poco.
Quasi non ricordava
neanche più come era la sua vita prima di Azkaban, prima che
provasse ad attaccare quella ragazza ad Upper Flagely. Dopo di lei
non ricordava più nulla: si era ritrovato direttamente in
quella
cella.
Lì i giorni erano
tutti uguali, la disperazione era sempre la stessa, e tutti
puntualmente smettevano presto di gridare. Anche lui aveva smesso
quasi subito.
Se solo avesse trovato
un modo per farsi scarcerare, senza dover poi subire la vendetta del
Signore Oscuro… Crouch aveva provato a interrogarlo, ma lui
aveva
avuto troppa paura per collaborare, anche se avrebbe voluto.
Ma quando aveva
sentito quel grido nella cella di fronte, vinto dalla
curiosità, si
era trascinato fino alla porta.
Aggrappandosi alle
sbarre, sbirciò quello che succedeva nella cella da cui era
venuto
l’urlo. Non riusciva a vedere nulla né tanto meno
a sentire, ma
qualcuno doveva essere andato a trovare il matto che era imprigionato
là dentro. Non poté fare a meno di chiedersi chi
mai avrebbe potuto
far visita ad uno del genere.
Attese ancora, fino a
che la porta della cella non si aprì di nuovo e il
Dissennatore fece
uscire niente meno che Silente, accompagnato da un elfo domestico e
da un ragazzo.
Non riuscì a vederlo
in volto, perché era incappucciato, ma qualcosa nella sua
postura
gli era familiare.
E la sua sensazione fu
confermata quando il ragazzo si rivolse a Silente sottovoce.
« Quando verrà
scarcerato? »
« Tra due giorni. Due
giorni e avremo chiuso almeno questa vicenda. »
Karkaroff non udì la
risposta, perché non appena udì la voce del
ragazzo indietreggiò e
cadde per terra. Era senza fiato, altrimenti avrebbe cacciato un urlo
terribile.
Forse stava iniziando
ad impazzire, pensò. Non era possibile che avesse davvero
sentito
quello che credeva.
Ma lì era così
isolato dal resto del mondo che aveva l’impressione di aver
sviluppato una sensibilità particolare a tutto
ciò che gli
ricordava la vita che aveva trascorso al di fuori…
Ma se doveva credere
alle sue sensazioni… aveva appena sentito la voce di un
fantasma?
« Igor Karkaroff, hai
chiesto un colloquio privato affermando di possedere delle
informazioni da darmi. Di che cosa si tratta? »
Crouch scrutò l’uomo
sporco e affaticato dall’alto del suo scranno.
Nell’aula del
Wizengamot c’erano solo loro due, almeno apparentemente.
Suo figlio Barty,
infatti, che sostituiva il segretario addetto alla redazione del
verbale, si trovava alle sue spalle, in una posizione in cui il
prigioniero non avrebbe potuto vederlo.
Karkaroff aveva chiesto
di essere ascoltato completamente da solo, ma la presenza di un
segretario era obbligatoria, e Crouch non infrangeva mai le regole.
Perciò aveva chiesto al figlio di assumersi
quell’incarico e di
svolgerlo di nascosto, e Barty gli era sembrato soddisfatto.
Il ragazzo aveva già
iniziato a scrivere e guardava Karkaroff con uno sguardo
indecifrabile.
« Si tratta di una cosa
che ho scoperto mentre ero ad Azkaban… una cosa che le
potrebbe
tornare utile. »
« Parla, non ho tempo da
perdere » sbottò l’uomo, irritato.
Karkaroff voleva solo ottenere
di nuovo la libertà, anche se era strano che si fosse deciso
a
parlare quando Voldemort era ancora potente.
« Sì, d’accordo… è
successo qualche settimana fa. Ero nella mia cella, quando qualcuno
è
andato a trovare un detenuto vicino a me. Non ho visto cosa facevano
né cosa si sono detti, ma li ho riconosciuti. Uno era Albus
Silente.
L’altro era qualcuno che ho conosciuto quando ero al servizio
del
Signore Oscuro… »
« Un Mangiamorte? »
« Esatto. »
« Chi era, Karkaroff?
Parla, avanti. »
Il mago riuscì ad
alzarsi in piedi e barcollare fin sotto lo scranno.
« Se lo dico, mi
lascerete libero? »
« Ne parleremo più
tardi. Allora, questo Mangiamorte, chi è? »
« Regulus Black. »
Seguì un silenzio di
tomba. La penna alle sue spalle aveva improvvisamente interrotto il
suo grattare contro la pergamena: Barty aveva smesso di scrivere.
Crouch sfogliò le pagine
dell’archivio che aveva con sé.
« Regulus Black è morto
mesi fa » rispose, irritato. Karkaroff lo stava forse
prendendo in
giro?
« Lo credevo anche io,
ma il suo corpo non è mai stato ritrovato, giusto?
»
Crouch si sporse in
avanti, fissando il prigioniero dritto negli occhi.
« Sei assolutamente
sicuro di quello che dici? Puoi giurare di aver visto Black?
»
« Bè… »
Karkaroff esitava, e
Crouch stava iniziando a spazientirsi. Inoltre non sentiva
più Barty
scrivere e non se ne spiegava la ragione. Non avendo mai fatto molto
caso alla vita del figlio, nemmeno ricordava che lui e Black erano
stati amici per tanto tempo.
« Sì, l’ho visto »
confermò Karkaroff, mentendo per guadagnarsi la
libertà. « Era
lui, ne sono sicuro. Ed era con Silente. »
Questo proprio non lo
capisco, pensò Crouch tra sé. Vuol
dire che si è messo a
collaborare con Silente? È chiaro: Karkaroff potrebbe
denunciare
solo un traditore, così Voldemort non lo punirebbe, ma lui
ne
guadagnerebbe lo stesso. Ma se Black è passato dalla parte
dell’Ordine della Fenice, io non potrò
approfittare di questa
informazione per arrestarlo. A meno che…
« Non hai altro da
aggiungere, Karkaroff? Altri Mangiamorte da denunciare? »
« No, volevo dire solo
questo » rispose lui, sempre restio a fornire informazioni su
chi
era ancora fedele a Voldemort.
« Bene. »
Crouch fece un cenno ai
due Dissennatori che aspettavano in fondo all’aula. Si
accostarono
a Karkaroff e lo afferrarono.
« Portatelo via. »
« No! Aspetti! Aveva
detto che mi avrebbe liberato! » urlò quello,
sconvolto.
« Ho forse detto questo?
Può darsi che ti conceda qualche giorno in meno di condanna.
Per una
confessione così scarsa, è anche troppo.
»
I Dissennatori condussero
un Karkaroff scalpitante fuori dall’aula del Wizengamot e,
quando
le porte si furono richiuse, si voltò verso suo figlio.
Barty era nero in volto,
ma suo padre non se ne chiese il motivo. Nel frattempo, la sua mente
stava lavorando in maniera febbrile.
Black si sta
nascondendo per non farsi uccidere, però collabora con
Silente. Ma
se fosse ancora un Mangiamorte, cambierebbe tutto. Se lo catturassi,
questo non farebbe che andare a mio vantaggio. Che avesse un ruolo di
primo piano o marginale tra i Mangiamorte, Black è comunque
un pezzo
grosso, e sbatterlo ad Azkaban sarebbe fondamentale per me.
Quanto a Silente… se
fosse accusato di avere contatti e di collaborare con un Mangiamorte,
perderebbe l’appoggio della comunità magica:
sarebbe rovinato. E
visto che sostiene l’attuale Ministro della Magia, la Bagnold
sarebbe costretta a dare le dimissioni.
E rimarrei soltanto
io…
Quasi non riusciva a
credere al colpo di fortuna che gli era capitato. Era a tanto
così
dal diventare finalmente Ministro, e non si sarebbe lasciato sfuggire
quell’occasione.
« Barty, ascoltami bene
» disse, rivolgendosi al figlio. « Questa udienza
privata non è
mai avvenuta. Non farne parola con nessuno. Le cose che abbiamo
sentito non devono uscire da queste quattro pareti. Sono stato
chiaro? »
Barty non riuscì a
mascherare l’espressione disgustata e furibonda dipinta sul
proprio
volto. Aveva capito alla perfezione quello che suo padre aveva in
mente e – anche se l’uomo non se ne rendeva conto
– ascoltare
le parole di Karkaroff era stato un vero e proprio shock per lui.
Ma quando parlò, il suo
tono di voce non tradì la minima emozione.
« Sì, padre. Sei stato
chiarissimo. »
« Dove stai andando? Sei
appena tornato... »
Barty non si curò
neanche di guardarla mentre si accostava all'appendiabiti e prendeva
il mantello.
« Ho una cosa da fare »
tagliò corto.
« Non resti per cena? »
gli chiese la donna, visibilmente preoccupata.
Lui sbuffò.
« No, madre, esco con
dei colleghi. Non mi aspettare sveglia come al solito, non sono un
bambino » sbottò.
La signora Crouch non
rispose, indecisa se rimproverarlo per il tono che suo figlio aveva
usato oppure no. Nel frattempo lo scrutò attentamente, e
Barty
distolse lo sguardo all'istante, come se si fosse scottato.
« Sei pallido, Barty.
Sembri preoccupato. Perché non me ne parli? »
« Sono solo stressato
dal lavoro, niente di preoccupante » mentì lui,
continuando ad
evitare lo sguardo della madre. Non sapeva perché, ma con
lei gli
era molto più difficile nascondere la sua doppia vita.
« Va bene, cerca di
riposarti un po'... »
« Sì, sì, d'accordo.
Scusa ma ora devo andare. »
La porta si chiuse con un
colpo secco alle sue spalle, e Barty respirò l'aria umida di
pioggia, ma si fermò solo quando si fu Smaterializzato nei
pressi di
un fiume, a parecchi chilometri di distanza.
Ora che finalmente poteva
sfogarsi, dopo ore in cui aveva fatto di tutto per reprimere la
tempesta che lo sconvolgeva all'interno, non sapeva neanche cosa
fare. Si sentiva paralizzato dopo quello che aveva scoperto. Nella
sua testa continuava a risuonare la voce di Karkaroff che ripeteva
ossessivamente la stessa frase.
È vivo...
Non voleva ancora
credergli. Forse si trattava solo di una menzogna, o forse Azkaban
doveva aver fatto uscire Karkaroff di testa. O forse no.
Il suo corpo non è
mai stato ritrovato...
E se fosse vero?
Un brivido lo percorse
dalla testa ai piedi mentre si metteva le mani tra i capelli come per
volerli strappare via. Un lampo illuminò il cielo plumbeo e
le
nuvole cariche di pioggia che ancora non si decideva a cadere, e
nello stesso momento a Barty tornò in mente l'ultima
conversazione
che aveva avuto con Regulus. Aveva intuito il suo cambiamento. Lo
aveva avvertito di non tradire la loro causa, altrimenti avrebbe
parlato con il Signore Oscuro.
A quel puntò Barty
imprecò. Lo aveva sottovalutato. Regulus aveva solo finto di
morire,
per poi passare al fronte opposto in tutta tranquillità. E
ora si
era messo a collaborare con Silente e il suo Ordine della Fenice...
Se Barty non lo avesse visto stare veramente male nell'ultimo
periodo, non ci avrebbe mai creduto.
Di colpo trovò una
spiegazione allo strano comportamento teso e nervoso che Rachel aveva
assunto ultimamente nei suoi confronti. Lei di sicuro sapeva che
Regulus era vivo, probabilmente lo stava nascondendo, e lui le aveva
raccontato tutto.
Barty imprecò di nuovo.
Quello sì che era un
guaio. Il fatto che qualcuno dei nemici avrebbe potuto smascherare la
sua identità di Mangiamorte era una prospettiva
terrificante. Ma in
realtà, per qualche strana ragione, non era quello che lo
angosciava
di più. Anche se Rachel o chiunque altro lo avesse
denunciato, lui
sarebbe stato in una botte di ferro. Essere figlio di suo padre
almeno un lato positivo lo aveva: nessuno avrebbe avuto il coraggio
di accusarlo.
Ma era ben altro a fargli
provare quella rabbia inconsulta. Il fatto che Regulus avesse osato
tradire il Signore Oscuro in un modo così meschino gli
faceva
ribollire il sangue nelle vene. Se pensava che, un'infinità
di tempo
prima, lo aveva ammirato perché era diventato un Mangiamorte
prima
di lui, non riusciva a credere che tutto ciò fosse cambiato.
Regulus si era sempre
vergognato di suo fratello, ma lui adesso aveva tradito Voldemort,
compreso tutto ciò in cui credeva. Anche Barty si era
sentito
tradito fin dall'inizio, ma finché aveva pensato che Regulus
avesse
soltanto avuto paura, riusciva ancora a farsene una ragione. Ma la
realtà era diversa, lo aveva fatto consapevolmente e senza
alcun
ritegno...
Un odio profondo lo
assalì, rendendolo desideroso più che mai di
sfogare la propria
rabbia sul primo Babbano che gli fosse capitato davanti. O, ancora
meglio, avrebbe desiderato punire personalmente Regulus Black.
Un « Pop
» improvviso lo fece tornare alla realtà. Barty si
voltò e vide
Rabastan darsi un'aggiustata al cappuccio e salutarlo.
« Novità? » gli
chiese.
Dal momento che Barty era
tornato a guardare dalla parte opposta, il secondo Mangiamorte gli
diede un colpo sulla spalla.
« Ehi, dormi in piedi?
Sei stato tu a chiedermi di venire qua. È successo qualcosa?
»
Barty esitò, e non
capiva perché. Non gli importava se suo padre gli aveva
ordinato di
non farne parola con nessuno. Non era affatto detto che, se i
Mangiamorte avessero scovato Regulus prima di Crouch, la colpa
sarebbe stata sua. Potevano anche scoprirlo da soli.
No, il motivo era un
altro. Scosse la testa, deciso a non cedere a sciocchi pensieri come
il fatto che, un tempo, Regulus era stato il suo migliore amico.
Ora non è più così,
e non l'ho voluto certo io. Se l'è cercata lui, si
disse.
Aveva deciso da tempo di
chiudere con quel periodo della propria vita. Regulus Black per lui
non era altro che un traditore. Non gli doveva più niente.
« Sì. Rabastan, devo
dirti una cosa della massima importanza. »
Il più giovane dei
Lestrange lo guardò, percependo dal suo tono che si doveva
trattare
di qualcosa di molto serio.
« Ti ascolto. »
***
« Devo
parlare con
Rodolphus Lestrange. So che si trova qui. »
Dobby
scrutò
attentamente l’uomo avvolto in un mantello blu scuro, poi lo
lasciò
entrare nel maniero. Chiuse il pesante portone e condusse
l’ospite
attraverso i cupi corridoi, fino a che non si fermò davanti
all’entrata del salone.
« Il
signore ha visite »
annunciò.
«
Chi è? » domandò
Rodolphus, alzandosi dal divano di pelle sul quale era stato seduto
fino a quel momento.
«
Sono io » rispose
Rookwood, entrando e abbassando il cappuccio.
«
Che ci fai qui? Non
dovresti farti vedere da queste parti » disse Rabastan, che
al
contrario del fratello era già in piedi davanti alla
finestra.
Ma quando
videro
l’espressione nervosa del Mangiamorte, apparvero molto
più
interessati.
«
Cosa succede,
Augustus? »
Quello
tuttavia si guardò
intorno con aria circospetta.
«
Dove sono i Malfoy? »
«
Lucius è al
Ministero, Narcissa è di sopra con suo figlio. Puoi parlare
liberamente. »
Rookwood a
quel punto si
decise a rivelare il motivo per cui aveva dovuto vederli d'urgenza.
«
C’è stato un furto.
Un furto nell’Ufficio Misteri » annunciò
Rookwood, con un tono
estremamente agitato.
I Lestrange si
scambiarono un’occhiata perplessa.
«
Dovrebbe interessarci?
»
«
È stata rubata una
Giratempo. »
Negli occhi di
Rodolphus
e Rabastan comparve un lampo di comprensione.
«
Questo spiega molte
cose... » disse in tono sibillino, tanto che l'altro lo
guardò con
aria dubbiosa. « Siediti. C'è una
novità che mio fratello mi ha
appena riferito. »
Rookwood
andò a prendere
posto su una poltrona di pelle scura, e continuò a fissarlo
con
curiosità.
«
Allora? »
«
Abbiamo scoperto che
Regulus Black è vivo » rivelò Rodolphus
senza mezzi termini.
L'Indicibile
probabilmente non cadde solo perché era già
seduto, ma la sua
espressione era più che eloquente.
«
Stai scherzando! »
« Io
non scherzo mai. E
c'è di peggio: ci ha traditi tutti e sta collaborando col
nemico. »
« Ma
dai! Sarà scappato
perché non ha mai avuto la forza di vivere come noi, ma non
credo
proprio che si comporterebbe come un traditore del suo sangue
»
disse Rookwood, scettico.
«
Smettila di
contraddirmi » sibilò Rodolphus, che stava
iniziando ad
incollerirsi, cosa molto facile del resto.
«
Quello che mio
fratello vuole dire » intervenne Rabastan, «
è che lo sappiamo da
fonti sicure. È stato visto mentre complottava insieme a
Silente, e
su questo non c'è dubbio. »
«
Ok, vi credo. Anche se
non me lo sarei mai aspettato da lui... »
«
Non se lo aspettava
nessuno, ma quella piccola canaglia ora vuole darci il benservito,
quindi dobbiamo prendere provvedimenti. »
Rodolphus si
rivolse
all'ospite.
«
Qualche mese fa
abbiamo visto Alphard Black entrare nell'Ufficio Misteri.
Cos'è che
ha detto che doveva fare? »
«
Una ricerca » rispose
prontamente Rookwood.
«
Ecco. È evidente
invece cosa ha fatto con quella Giratempo. Ad ogni modo, il problema
è ancora più grosso di quanto sembri.
È stato quel pivello di
Barty junior a dirci tutto, e c'è di più. Suo
padre è l'unico ad
esserne a conoscenza, oltre noi, e anche lui lo sta cercando. Questo
però potrebbe giocare a nostro favore, se sapremo gestire al
meglio
la situazione. Piuttosto, dobbiamo trovare il modo per stanare Black.
»
«
Barty mi ha accennato
i suoi sospetti » disse Rabastan, con un tono poco convinto.
« Ha
detto che potrebbe essere nascosto o da Silente o dalla sua
fidanzata. Trovare il vecchio Babbanofilo però è
improponibile;
quanto a lei, Barty ha detto che probabilmente è
già allertata.
Alphard lo escluderei perché è troppo esposto...
»
« Io
invece punterei
proprio su Alphard » disse Rodolphus. « Sarebbe uno
spreco di tempo
cercare Black per tutto il Regno Unito. Se stanassimo lo zio, potremo
costringerlo a portarci dal nipote. »
« E
credi che ti direbbe
dove si trova? » Rookwood sembrava scettico.
«
Conosciamo metodi
molto persuasivi » rispose lui con un sorriso maligno.
« E
come farete a
prendere Alphard? Finora non ci siete riusciti. »
Rodolphus gli
lanciò
un'occhiataccia colma di risentimento.
«
Solo perché non era
strettamente necessario ucciderlo, e perché Narcissa aveva
cercato
di intercedere per lui. Ora dobbiamo catturarlo per forza, quindi non
preoccuparti troppo, non avrò problemi a risolvere al
più presto
questa faccenda. »
« Va
bene, va bene...
Bellatrix che ha detto quando l'ha saputo? »
Con una strana
smorfia,
Rabastan si ritrovò a fissare le proprie unghie.
«
Ancora non lo sa »
rispose Rodolphus. « Sarà a casa per cena.
»
«
Temo sarà una serata
piuttosto imbarazzante... »
Rookwood non
poté fare a
meno di concordare. Non avrebbe voluto essere lì quando
Bellatrix
avrebbe saputo di quel che suo cugino aveva combinato.
«
Bè, io tolgo il
disturbo » si congedò. « Fatemi sapere
se vi serve qualcosa nelle
competenze del Ministero... soprattutto se volete trovare Alphard.
»
«
Forse avrò bisogno di
te, vedremo. Ho già un piano... anche se prima
dovrò farlo sapere
al Signore Oscuro, naturalmente. »
E con
quell’affermazione
che ancora gli risuonava nelle orecchie, Rookwood si
allontanò più
in fretta che poteva. Tanto in fretta che non si accorse dell'ombra
che si scostò di scatto non appena fu uscito dal salotto.
***
« Uscirai
davvero con
Sturgis, allora? Fantastico! Lui è così tenero.
»
«
Rachel, è alto quasi
due metri, come fai a definirlo tenero? »
« È
un gigante buono » rispose la ragazza, facendo spallucce.
«
Sì... Comunque non
farti strane idee, usciamo senza nessun secondo fine, lo abbiamo
già
chiarito » puntualizzò Emmeline.
«
L'importante è che tu
ti distragga un po', alla faccia di quel... »
Rachel si
interruppe
all'improvviso e si fermò in mezzo al corridoio del Secondo
Livello,
preoccupata.
Un elfo
domestico stava
camminando con aria circospetta, nel chiaro tentativo di non farsi
scoprire da qualcuno, e si dirigeva senza alcun dubbio verso di loro.
Aveva il naso a punta e due occhi verdi e tondi come palline da
tennis. Quando le raggiunse, si fermò e sussurrò:
«
Queen? » domandò,
con una vocetta acuta. « È
lei? »
Rachel
sentì il cuore
iniziare a batterle sempre più forte. Quell'elfo aveva
un'aria
familiare...
«
Sì, sono io »
rispose Rachel, perplessa.
«
Dobby deve consegnarle
un messaggio » disse lui, estraendo dalla tasca un piccolo
rotolo di
pergamena sigillato e porgendoglielo. « È
urgente. »
Emmeline era
stupita
quanto l'amica, ma non disse nulla mentre Rachel prendeva il rotolo
con un'espressione ansiosa.
« Tu
a chi appartieni? »
domandò Emmeline, rivolgendosi all'elfo domestico di nome
Dobby.
Lui
sussultò, agitato, e
non le diede il tempo di fermarlo. Un secondo dopo si era
Smaterializzato.
«
Ehi! Non ci posso
credere... Che cosa dice il biglietto? »
«
Non lo so, ora lo
leggo... »
«
No, aspetta, potrebbe
essere stregato » le suggerì Emmeline, abituata
fin dalla prima
lezione del corso per Auror a diffidare di manufatti di cui non si
conoscesse la provenienza.
Rachel le
chiese di
esaminarlo, ed Emmeline eseguì l'incantesimo che le avevano
insegnato, ma non notò tracce di magia oscura.
«
Bene » disse Rachel
con una certa inquietudine, prima di aprirlo e iniziare a leggerlo.
In un secondo
si fece
bianca come un lenzuolo. Sembrava che tutto il sangue le si fosse
prosciugato all'istante, e temette davvero di svenire sul colpo. Le
mani le iniziarono a tremare. Poi, quando ebbe finito di leggere,
appena Emmeline provò a prendere il biglietto a sua volta,
questo
iniziò a bruciare da solo, riducendosi in cenere.
«
Che cosa c'era
scritto? Rachel, che diavolo succede? » domandò,
allarmata.
Rachel non
rispose,
paralizzata dallo shock. Quel messaggio scritto con una grafia
elegante e sofisticata, ma anche tremula e frettolosa, continuava a
risuonarle ossessivamente nella testa, facendola sprofondare in un
abisso di terrore.
Sanno che
è vivo, e
ora sono sulle sue tracce. Portalo via, ovunque si trovi adesso.
Vogliono trovare Alphard e costringerlo a parlare. Lo sa anche
Crouch, e farà un'ispezione senza preavviso a casa vostra.
Anche se il
biglietto era
anonimo, Rachel aveva riconosciuto in Dobby l'elfo domestico dei
Malfoy, ed era evidente che l'autrice del messaggio fosse Narcissa.
Non doveva trattarsi di una trappola, perché Narcissa non
sapeva che
Regulus fosse ancora vivo, almeno fino a quel momento. Ma le sue
parole erano chiare, quindi se ora lo sapeva, lo aveva saputo dai
Mangiamorte.
Non rimase a
riflettere
sulle conseguenze di tutto ciò, prima tra tutte che
Voldemort
avrebbe scoperto che Regulus non era stato ucciso, perché la
sola
idea era troppo terrificante per prenderla in considerazione.
Così
si incamminò verso
gli ascensori, sentendosi estremamente pesante.
«
Dove te ne vai? » la
richiamò Emmeline, seguendola.
«
Scusa, devo andare a
fare una cosa... io... »
Non sapeva
cosa dire, non
aveva neanche la mente abbastanza lucida da inventare una scusa.
Sapeva solo di dover tornare subito a casa e far fuggire Regulus.
Dove non ne aveva idea, ma non era ancora il momento di pensarci.
«
Senti, adesso non ho
tempo di spiegarti cosa succede, devo andarmene » le disse,
disperata.
«
Ma... »
« Ti
spiegherò tutto
un'altra volta, ma ora non ho tempo da perdere. Scusami! »
«
Aspetta un attimo!
Posso fare qualcosa? »
«
No, non... sì! » si
corresse Rachel, frenandosi all'improvviso. « Avverti Sirius,
digli
di presentarsi a casa mia il prima possibile. E digli di portare la
moto. »
«
Ok, ma... »
«
Grazie » disse.
Dopodiché,
si diresse di
corsa all'ascensore, lasciando Emmeline esterrefatta e preoccupata.
Mentre le
grate
dell'ascensore si chiudevano sferragliando, Rachel tremava come una
foglia, tentando disperatamente di non farsi prendere dal panico e di
ragionare su cosa sarebbe stato meglio fare. Con sua grande sorpresa,
l'adrenalina la rese più reattiva del solito. Quando le
grate si
riaprirono e Rachel mise piede nell'Atrium, aveva già in
mente un
piano. Ora il vero problema restava quello di uscire da lì
senza
farsi sorprendere, perché se Crouch sapeva di lei, gli Auror
erano
sicuramente stati allertati.
Fece un passo
in avanti,
respirando a fondo per mantenere la calma. C'era la stessa folla
della mattina, solo un po' meno numerosa, ma abbastanza da farla
arrivare ai camini mescolandosi agli altri impiegati.
Mentre
camminava alle
spalle di un gruppo di maghi che discutevano di alcune pratiche da
sbrigare, scorse almeno quattro o cinque Auror alla fine del
corridoio, proprio di fronte ai camini. Sembravano in attesa, e
controllavano tutti quelli che si apprestavano ad usare la
Metropolvere per tornare a casa. Era normale che accadesse in quel
periodo, ma aveva intuito anche che Crouch aveva dato ordine di
fermarla se avesse tentato di andarsene prima del previsto. Con suo
grande orrore, si rese conto che se la avessero arrestata non sarebbe
riuscita ad avvertire Regulus.
Fece un altro
respiro e
deglutì a fatica, estraendo la bacchetta e tenendola
nascosta tra le
pieghe della veste. Scrutò attentamente tutti gli Auror, e
scelse
quello che appariva meno sveglio. Era molto giovane e continuava a
guardare i passanti confrontandoli con una fotografia che teneva in
mano, con aria perplessa.
Rachel si
sforzò di
esibire un sorriso cordiale e un'espressione sicura di sé, e
lo
salutò.
«
Buonasera. »
Lui
sgranò gli occhi,
lanciando un'ultima occhiata alla foto e schiarendosi la voce.
«
Oh, signorina Queen.
Potrebbe dirmi dove sta andando? »
«
Devo andare a comprare
delle cose a Diagon Alley e... »
Confundo,
pensò Rachel, puntando la bacchetta contro di lui. Lo
sguardo
dell'Auror divenne subito vacuo e senza espressione.
«
... sa, vado di fretta
perché sta per farsi buio, e non vorrei girare da sola di
sera »
proseguì.
«
Mi... mi sembra giusto
» commentò l'Auror, confuso.
«
Dawlish, va tutto
bene? » lo chiamò un altro Auror, che sorvegliava
il camino di
fronte. Rachel fece attenzione a non voltarsi per non essere
riconosciuta anche dall'altro.
«
Sì... la ragazza è a
posto. Può andare » disse Dawlish, rivolgendosi
poi a Rachel e
spostandosi per farla passare.
«
Grazie. »
Rachel
entrò nel camino
prendendo un pizzico di Polvere Volante. Non appena fu catapultata
nel camino del Paiolo Magico, non perse altro tempo. Uscì
dal locale
in fretta e furia e si Smaterializzò direttamente di fronte
casa
sua.
***
Quando Rachel
piombò nel
salotto, Regulus era intento a travasare il filtro per distruggere
gli Horcrux in una decina di provette che aveva reso infrangibili
tramite un incantesimo scoperto in uno dei libri di magia di casa
Queen. La udì correre verso la sua stanza ed entrare senza
neanche
bussare, in preda a qualcosa che sembrava panico.
«
Regulus, devi
andartene subito! » esclamò, lasciandolo senza
parole.
«
Perché, cosa ho
fatto? » chiese lui, perplesso e preoccupato.
Rachel gli
gettò le
braccia al collo e lui si accorse che tremava.
« I
Mangiamorte sanno
che sei vivo » la sentì dire. Gli ci vollero
diversi secondi prima
di rendersi conto di cosa quelle parole significassero.
«
Che cosa? » chiese,
con la voce spezzata.
Rachel si
stropicciò gli
occhi umidi e si morse il labbro tremante prima di rispondere.
« Mi
è arrivato un
messaggio di Narcissa. Sono sicura che fosse lei perché me
l'ha
consegnato il suo elfo domestico, l'ho riconosciuto. C'era scritto
che ti hanno scoperto e vogliono trovarti... »
La voce della
ragazza si
spense mentre finiva la frase. Regulus era paralizzato e non sapeva
cosa fare.
« Ma
come hanno fatto? »
«
Io... penso che
qualcuno ti abbia visto quando sei andato ad Azkaban per parlare con
Orfin... Credevo che ti fossi camuffato! »
« E
l'ho fatto! »
protestò lui, nervoso.
«
Allora ti avranno
riconosciuto dalla voce, non lo so... »
«
D'accordo, ma da
quando i Mangiamorte hanno contatti con quelli già
arrestati? »
Rachel tacque,
mentre
un'espressione di consapevolezza si disegnava sul suo volto.
« Lo
sa anche Crouch »
gli rivelò, mentre Perseus e Diane si affacciavano alla
porta,
attirati da tutto quel chiasso.
Regulus si
sentì morire,
e non perché non sapeva se temere di più Crouch o
Voldemort.
Improvvisamente comprese che era stato Barty, il suo migliore amico,
a riferire ai Mangiamorte quello che aveva scoperto su di lui. Non si
sarebbe aspettato nulla di diverso, ma faceva male lo stesso.
«
Dove può andare? »
chiese Perseus in tono pratico, mentre Diane si temeva le mani
premute sulla bocca, sconvolta.
« Ho
fatto chiamare
Sirius, dovrebbe essere qui a momenti » rispose Rachel.
« Non è il
caso di usare la Metropolvere: Crouch avrà già
messo sotto
controllo il nostro camino. Per Smaterializzarsi dovrebbe uscire
dalla zona protettiva degli incantesimi, e sarebbe pericoloso...
»
« Ma
voi dovete scappare
» disse Regulus all'improvviso. « Mi avete fatto
nascondere qui,
siete in pericolo quanto me. »
Rachel scosse
la testa,
cercando di ragionare.
«
No, Crouch e gli Auror
stanno venendo qui per ispezionare la casa. Se non trovano nessuno
capiranno che ti abbiamo fatto fuggire. Se invece facciamo finta di
nulla forse almeno loro penseranno che la soffiata che hanno avuto
sia stata falsa. »
«
Vado a chiamare Sory,
le dico di prenderti un baule » disse Diane.
«
Basta una borsa. Tanto
non ho molto con me... » rispose Regulus, ancora sotto shock.
«
Non potrebbe farsi
Smaterializzare da Sory? » chiese Perseus.
« Ho
paura che al
Ministero possano tenere sotto controllo anche le Materializzazioni
degli elfi domestici. Non ne sono sicura, ma non voglio sperimentare
questa ipotesi adesso » spiegò Rachel, mentre
Regulus iniziava a
radunare le poche cose che aveva, cercando di non lasciare tracce
della sua presenza. « E dovremmo avvisare anche Alphard,
stanno
cercando anche lui... »
In quel
momento, un rombo
nel giardino li fece sobbalzare.
«
Deve essere Sirius! »
«
Vado io a spiegargli
cosa succede » si offrì Perseus, ed entrambi
ebbero la sensazione
che lo avesse fatto per permettere loro di rimanere soli.
Regulus
guardò la
ragazza, incerto e preoccupato, e lei fece altrettanto. Nessuno di
loro aveva la più pallida idea di cosa dire prima, tanta era
l'agitazione. Stava succedendo tutto troppo in fretta.
«
L'athame e il filtro
li tieni tu? » chiese Regulus all'improvviso. « Non
posso
azzardarmi a portarli fuori. Se mi catturassero... »
«
Non dirlo neanche per
scherzo, non succederà. Però sì, li
tengo io. Cercherò di
nasconderli prima che arrivino gli Auror... »
Regulus le
prese le mani,
rendendosi improvvisamente conto di non essere più abituato
a
separarsi da lei.
« Mi
verrai a trovare,
vero? » le chiese, sentendosi molto stupido.
« Ma
certo! » rispose
Rachel, abbracciandolo. « Mi raccomando, stai attento.
»
« E
tu stai attenta a
Crouch. Non si fa ingannare facilmente... »
«
Ciao, piccioncini »
intervenne Sirius, entrando con un ghigno. Loro si affrettarono a
separarsi ma lei, a differenza di Regulus, sembrava tutt'altro che
imbarazzata. « Tuo padre mi ha spiegato tutto, Rachel, e meno
male
perché Emmeline era davvero confusa » aggiunse
Sirius, dando poi
un'occhiata all'ora. « Meglio se andiamo. Regulus, prendi le
tue
cose e saluta tutti. Io nel frattempo avvertirò nostro zio.
»
Regulus
annuì,
seguendolo fuori dalla stanza. Nel salotto c'era anche l'elfa
domestica Sory, che sembrava commossa e dispiaciuta per l'improvvisa
partenza di Regulus.
Diane gli
porse una
vecchia borsa, di quelle che di solito gli studenti di Hogwarts
usavano per trasportare i libri da un'aula all'altra.
« Ti
ho messo dentro
anche qualcosa da mangiare » gli disse, ignorando Perseus che
si
batteva il palmo della mano sulla fronte, alzando gli occhi al cielo
e sospirando.
Regulus non
sapeva cosa
dire. Si sentiva al tempo stesso grato a quella donna che aveva fatto
tanto per lui, e dispiaciuto per tutti i guai che rischiava di
provocarle.
«
Grazie, di tutto »
disse. « E scusate per tutti i problemi che ho creato...
»
«
Non scusarti di nulla.
E vedrai che andrà tutto bene » gli rispose Diane,
e Regulus
improvvisamente sentì un moto di affetto nei suoi confronti.
Quando si
ritrovò faccia
a faccia con Perseus, esitò, incerto su cosa dire o fare.
Per sua
fortuna, ci pensò lui a cavarlo d'impaccio. Gli tese la mano
e
Regulus si affrettò a stringerla, notando che l'uomo aveva
una
stretta fin troppo ferrea.
« È
stato un vero spasso » disse Perseus, ironico. «
Immagino che mi
annoierò, ora che non potrò più
tormentarti a tutte le ore. »
« Ne
sono onorato »
ribatté debolmente Regulus, e Perseus trattenne a stento un
sorrisetto.
Il ragazzo
salutò anche
Sory, che si soffiò rumorosamente il naso mentre
singhiozzava, e
Attila, il quale si era affacciato nella stanza con aria incuriosita
ma poi aveva girato i tacchi e si era allontanato con aria sdegnosa,
come se la partenza di Regulus lo avesse offeso nel profondo.
Rachel lo
seguì nel
giardino dove Sirius stava parlando con un Patronus a forma di cane.
«
... non uscire di casa
per nessuna ragione al mondo » stava concludendo il ragazzo.
Ad un
ultimo colpo di bacchetta, il Patronus si voltò e
spiccò un salto
che lo fece sparire in pochi secondi.
Poi Sirius si
rivolse al
fratello.
«
Bene, possiamo andare.
È meglio usare un incantesimo di Disillusione
però. »
« Io
non salgo su quella
cosa! » protestò Regulus, disgustato, non appena
capì cosa doveva
fare.
«
Allora resti qui e ti
fai spedire ad Azkaban da Crouch. Per me è indifferente.
»
Poco dopo,
Regulus si
apprestava con riluttanza a salire su quello strano mezzo di
trasporto che faceva un gran baccano.
«
Che schifo... »
bofonchiò tossendo, dopo aver inalato le esalazioni del tubo
di
scappamento.
«
Allora, tanto per
intenderci, devo spiegarti le tre regole che chiunque abbia il
privilegio di salire sulla mia moto deve tenere a mente. La regola
numero uno è: non si critica la moto. La due: se la sporchi
ti
affatturo. La tre: non pensare minimamente di aggrapparti a me,
quello lo possono fare solo le ragazze. Se cadi sono affari tuoi.
»
«
Stai parlando con un
Cercatore, so restare in equilibrio su una sella anche senza
reggermi, a differenza di te » replicò Regulus,
indignato.
«
Non sfidarmi,
altrimenti ti faccio fare il giro della morte. »
Regulus si
augurò
caldamente che stesse scherzando, ma cercò di mostrarsi
indifferente. Rachel lanciò un incantesimo di Disillusione
anche
sulla moto, poi fece qualche passo indietro per permettere loro di
decollare, alzando la mano in segno di saluto.
Regulus fece
altrettanto,
sentendosi assalire dalla malinconia. Non se ne era reso conto fino a
quel momento ma, dopo aver vissuto sotto lo stesso tetto per mesi,
era tremendo separarsi anche solo per poco. Continuò a
guardarla
mentre la moto spiccava il volo, anche quando rischiò di
perdere
l'equilibrio perché Sirius aveva scartato di colpo per non
investire
uno stormo di volatili che volavano dritti davanti a loro, fino a che
il giardino di casa Queen non divenne un piccolo fazzoletto verde in
mezzo al paesaggio.
L'avevo
detto che sarebbe successo un gran casino! Del resto le cose andavano
fin troppo bene. Invece ora Regulus ha sia i Mangiamorte che Crouch a
dargli la caccia (odiatemi pure xD). E ovviamente non finisce qui...
Il
flashback iniziale (si è capito che è un
flashback,
vero?) è ambientato nel momento in cui Regulus, Silente e
Kreacher vanno ad Azkaban per convincere Orfin ad aiutarli ad aprire il
medaglione usando il Serpentese, quindi nel capitolo 29.
Sì, l'ombra e il biglietto sono di Narcissa. Non ce la vedo
a
lasciare che i Mangiamorte uccidano suo cugino, anche se Regulus ha
cambiato schieramento. Del resto nella battaglia di Hogwarts ha
dimostrato di saper tradire Voldemort, perché per lei
è
la famiglia che conta, ed è sempre stata particolarmente
legata
a Regulus. Prossimamente saprete come è arrivata a
Rachel.
Niente di che, ma in questo capitolo non ho avuto modo di spiegarlo.
Confondere Dawlish è sempre divertente XD Poveretto, in
realtà era forse più bravo di Percy, ma la
Rowling lo fa
sempre Confondere o Schiantare, quindi se mi serve un Auror da
imbrogliare prendo lui!
Il prossimo capitolo sarà il 2 febbraio... due settimane che
passeranno fin troppo in fretta, per me...
|
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Capitolo 37 *** L'agguato ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 37
L'agguato
Dieci minuti dopo la
partenza di Regulus, gli Auror suonarono al campanello di casa Queen,
e Sory andò ad aprire, abbattuta.
« Dobbiamo effettuare
una perquisizione della casa, e vi consiglio di non opporre
resistenza » esordì Barty Crouch senior di fronte
all'espressione
disgustata di Perseus.
« Posso sapere perché?
» domandò quest'ultimo, senza lasciarsi
impressionare.
« Siete sospettati di
complicità con i Mangiamorte » rispose Crouch, con
un tono di
accusa che avrebbe fatto infuriare chiunque. Diane infatti dovette
afferrare il polso del marito per intimargli di non reagire.
« Spero che tu stia
scherzando. Non siamo mai stati complici dei Mangiamorte, e mai lo
saremo » replicò Perseus.
« Secondo fonti
attendibili, uno di loro si nasconde qui a casa vostra, e voi lo
state proteggendo. »
« Questo è assurdo,
Crouch » disse Diane con voce ferma.
« Lo spero per voi,
signora. »
Rachel si impose di non
tremare mentre guardava gli Auror dividersi in gruppo e iniziare a
perlustrare le varie stanze. Odiava il modo in cui parecchi di loro
spostavano tutto senza alcun rispetto delle cose altrui. La facevano
sentire violata in qualcosa che le apparteneva. Quindi fu quasi un
sollievo quando un Auror appena diplomato chiese timidamente a Diane
il permesso di entrare nella sua stanza.
Rachel continuò a tenere
d'occhio gli Auror che perlustravano il giardino, dal magazzino delle
scope al retro, con un'ansia crescente. Aveva sotterrato l'athame, il
diario distrutto e le provette piene di filtro, tutti in punti
diversi e nascosti del giardino, e li aveva anche provvisti di
incantesimi per nasconderli, ma aveva ugualmente una gran paura
che qualcuno riuscisse a trovarli. Ogni tanto si sentiva assalire dai
dubbi: e se avessero lasciato inavvertitamente qualche traccia della
presenza di Regulus?
Diane le lanciò
un'occhiata e, vedendola così spaventata, le rivolse uno
sguardo
rassicurante. Rachel annuì, sforzandosi di mantenere la
calma, anche
se il tono inquisitore di Crouch non le piaceva affatto.
« Nel giardino non c'è
nulla » annunciò un Auror, entrando in casa,
seguito da altri suoi
colleghi, un addetto del Ministero che sembrava lì solo per
prendere
appunti e un'ultima persona di loro conoscenza.
Rachel si conficcò le
unghie nella mano stretta a pugno per trattenere l'impulso di
prenderlo a calci, quando Barty la vide.
A Rachel bastò scoccargli un breve sguardo omicida per
convincerlo a non rivolgerle la parola. Barty si guardò
la punta delle scarpe, mordendosi l'interno della guancia per la
stizza. Lei notò la sua preoccupazione e la sua ansia:
riusciva a
percepirle perfettamente, ora che si trovavano l'uno accanto
all'altra.
Di colpo si rese conto
che lui sapeva tutto, e probabilmente anche Barty stava pensando la
stessa cosa, perché entrambi si guardarono con inquietudine.
Tutti e
due erano a conoscenza sia del fatto che Regulus fosse vivo sia che
Barty fosse un Mangiamorte, ma avrebbero continuato a fingere di non
saperlo, perché dichiararsi guerra apertamente sarebbe stato
ancora
più pericoloso.
La stessa cosa non poteva
dirsi per i loro rispettivi padri.
« Dieci Auror per
perquisire una casa in cui non troveranno nulla e perderanno solo
tempo prezioso, complimenti » commentò Perseus,
beffardo. « Ora mi
spiego perché poi i Mangiamorte veri la passano sempre
liscia. »
Rachel non poté fare a
meno di lanciargli uno sguardo ammirato, anche se Crouch non sembrava
condividere la sua stessa opinione.
« Stai attento a come
parli, Queen. Questo è il modo migliore per mettervi tutti
nei guai,
ancora più di adesso » lo minacciò.
« Non mi sembra che
stiate risolvendo molto, al momento » replicò lui,
prima che Diane
gli intimasse di smetterla.
Crouch gli riservò
un'occhiata sprezzante e poi si soffermò a fissare tutti e
tre uno
dopo l'altro, riflettendo su qualcosa che loro non capivano. Ad un
certo punto, si rivolse a Rachel, che sussultò.
« Signorina, dovrei
farle qualche domanda. »
Fantastico, pensò
lei, inorridita.
« Mia figlia non è una
criminale! » protestò Perseus.
« Infatti devo solo
interrogarla. Se non ha niente da nascondere, non vedo
perché
dovreste temere che io le parli » rispose Crouch.
« Chieda pure » disse
Rachel, con un tono molto più deciso di quanto credeva,
anche se
dentro di sé si sentiva tremare dalla testa ai piedi.
Crouch la scortò in
cucina per non subire interruzioni e la invitò a sedersi.
« No grazie, preferisco
restare in piedi » rispose lei, dal momento che neanche lui
accennava a prendere posto su una sedia.
« Faccia come vuole.
Dunque » esordì lui, schiarendosi la voce e
consultando un rotolo
di pergamena, mentre Rachel deglutiva, ansiosa. « Penso che
lei
sappia perché siamo qui. »
« Veramente no »
ribatté lei, sfoderando la sua migliore espressione
innocente.
« No? Sappiamo che lei e
la sua famiglia state nascondendo Regulus Black, lo ammetta.
»
Rachel non dovette
sforzarsi troppo per recitare, perché non si aspettava
comunque che
Crouch lo dicesse subito.
« Ma che dice? Lui... è
morto mesi fa... »
« Non credo proprio. »
« Si sta sbagliando. Se
fosse vivo lo saprei. »
« Grazie per
l'informazione. Questo conferma i miei sospetti. »
Rachel trattenne il
respiro, mordendosi la lingua e maledicendo se stessa.
« Lei è fidanzata con
lui, giusto? »
« Ero. »
« Certo... » commentò
Crouch, beffardo. La fissava dritto negli occhi, e Rachel faceva
fatica a restare calma sotto quello sguardo inquisitore. «
Quanto
tempo siete stati insieme? »
« Un paio di anni, anche
se eravamo amici da prima. »
« Quindi anche dopo la
scuola, nel periodo in cui era un Mangiamorte. »
Rachel si morse il
labbro, perché già prevedeva la domanda che le
avrebbe posto subito
dopo.
« Lei sospettava che si
fosse già unito alle schiere di Lei-Sa-Chi? »
« No » rispose lei,
cercando di riflettere rapidamente. Non doveva agitarsi, bastava
dirgli quello che aveva sempre detto a tutti negli ultimi mesi.
«
L'ho scoperto dopo. »
« E ha continuato a
frequentarlo? »
« No. »
« Non l'ha più visto da
quel momento? » insisté lui, scettico.
« No » ripeté lei,
abbassando lo sguardo, nervosa. Per fortuna poteva farlo passare per un
gesto
di tristezza.
Ad ogni modo Crouch
sembrava poco interessato a certi dettagli.
« Signorina, le do
ancora cinque minuti di tempo per dire la verità.
Altrimenti, quando
scopriremo che ha mentito – perché le assicuro che
lo scopriremo –
sarà accusata di complicità e spedita ad Azkaban
insieme ai suoi.
Se ci riflette, capirà che non vale la pena rischiare una
condanna
per proteggere un criminale che si diverte a uccidere Babbani.
»
Rachel lo avrebbe preso
volentieri a pugni, e neanche in futuro seppe come era riuscita a
trattenersi.
« Non ho altro da
aggiungere. »
Crouch la guardò con
rabbia per alcuni istanti, ed era sul punto di dire qualcosa quando
un Auror si affacciò nella cucina bussando alla porta
aperta.
« Scusi signore, posso?
»
« Sì. Avete trovato
qualcosa? »
« No, niente. Mi
dispiace. »
Crouch sembrava
furibondo, e Rachel fece un respiro di sollievo.
« D'accordo, ce ne
andiamo. »
Crouch uscì dalla
cucina, di pessimo umore, premurandosi di avvertire i Queen che
quella faccenda non sarebbe finita così. Perseus gli
aprì la porta,
invitandolo silenziosamente ad uscire.
Mentre Crouch lasciava la
casa, seguito dagli Auror, suo figlio lanciò un'ultima
occhiata a
Rachel. Sembrava più sicuro di quanto avrebbe dovuto essere,
e lei
si sentì invadere da uno strano sospetto. Ma l'ansia
sparì quando
notò che Barty esibiva dei graffi freschi sulla guancia.
Rachel cercò di
trattenere il sorrisetto che le sorgeva spontaneo. Per quella sera
Attila si era guadagnato razione doppia di cibo.
***
« Casa tua sarebbe
questa? » domandò Regulus, guardandosi intorno
mentre se ne stava
in piedi all'ingresso.
« Non reprimere il tuo
disgusto, o potrei pensare che dopotutto non ti fa troppo schifo
»
commentò Sirius, ironico.
« Il muro è bucato »
gli fece notare quello, indicando tre piccoli fori posti uno sopra
l'altro.
Sirius ridacchiò.
« Quella si chiama presa
di corrente... e non metterci le mani, idiota. È pericoloso.
»
Regulus gli scoccò
un'occhiataccia, indispettito, ma non commentò. Non fece
commenti
neanche sul disordine che regnava in ogni stanza che Sirius gli fece
vedere, anche se gli costò molta fatica.
« Tu sistemati qua »
gli disse, aprendo una porta in fondo al corridoio, mostrandogli una
stanza spoglia, che di sicuro non veniva usata spesso.
« Ok » mugugnò lui,
entrando e scrutando la stanza.
« Qualcosa non va? »
« No, tutto bene. Mi
chiedevo soltanto... i tuoi compari vengono spesso qui, giusto?
Dovrò
restare chiuso in questa stanza senza farmi vedere ogni volta?
»
Sirius parve pensarci un
po' ma scosse la testa.
« Scusa? Io ho fatto di
tutto per liberarmi di voi e trovare una casa tutta per me, figurati
se adesso ti ospito qui in eterno... Dai, non fare quella faccia, sto
scherzando! Resterai qui per qualche giorno e poi decideremo dove
portarti. In effetti non è il posto più sicuro,
ma per ora è
l'unico che mi è venuto in mente. Per quanto riguarda
l'Ordine, se
ormai Voldemort, Crouch e gli Auror sanno che sei ancora vivo, a
questo punto lo dovranno sapere anche loro. Se non lo dicessi sarebbe
inutile, visto che quello o quella che ci spia ne sarà
già a
conoscenza tramite i Mangiamorte. »
Regulus sbuffò, agitato.
« Fantastico »
bofonchiò.
Sirius esitò per alcuni
istanti, come faceva sempre quando aveva intenzione di essere
più
cordiale del solito.
« Vedrai che andrà
tutto bene » lo rassicurò, senza guardarlo.
Regulus annuì, anche se
non ne era del tutto convinto.
« Lo spero. »
***
Alphard chiuse la porta
che conduceva alla biblioteca e girò la chiave nella toppa,
dando
più mandate che poteva. Quando la serratura si
illuminò di azzurro,
estrasse la chiave e si voltò, porgendola al suo elfo
domestico.
« Ecco, Aster, puoi
rimetterla a posto » gli disse, e lui annuì, per
poi allontanarsi
nel corridoio immerso nella penombra.
Alphard si avviò verso
il salotto, guardando il sole tramontare oltre l'orizzonte. Era quasi
ora di cena, e questo significava che un'altra giornata stava per
finire. Sospirò. Dopo aver trascorso le ultime settimane a
cercare
ricordi su Riddle nella sua testa, rendersi conto di non poter fare
di più lo aveva fatto sprofondare di nuovo nell'apatia. Non
che si
annoiasse da morire – in fondo aveva sempre avuto una mente
desiderosa di essere arricchita da nuove conoscenze, e la magia era
così vasta che non sarebbe bastata una vita intera a
conoscerla
tutta, perciò continuava a leggere nuovi volumi volentieri
– ma
avrebbe voluto fare di più.
La radio sul tavolino del
salotto era accesa sulla stazione RSN (Radio Strega Network) e stava
trasmettendo una canzone di Celestina Warbeck. Alphard storse il
naso, infastidito, e la spense.
In quel momento, qualcosa
di luminoso attirò la sua attenzione, e Alphard si
voltò verso il
cane argentato che era atterrato davanti a lui fluttuando dolcemente.
Il Patronus aprì la
bocca e parlò con la voce di Sirius.
« Zio, abbiamo un
problema. Hanno scoperto di Regulus e sono sulle sue tracce. Ora non
posso spiegarti tutto, ma non agitarti: Regulus starà da me
per un
po'. Stiamo tutti bene, ma non provare a contattarci a meno che non
sia necessario, e comunque mai tramite i camini, potrebbero essere
controllati. Uno di noi verrà a trovarti quando
sarà tutto finito.
Tu intanto non uscire di casa per nessuna ragione al mondo.
»
Il Patronus si dissolse
nel nulla, lasciando l'uomo in preda ad un'ansia impotente. Il fatto
che Sirius gli avesse assicurato che stavano bene lo consolava, ma
non era sufficiente a farlo calmare. Come avevano fatto a scoprire
che Regulus era vivo? E se lo avessero catturato?
Si impose di calmarsi.
Del resto stavano bene e Regulus era al sicuro, non aveva motivo per
farsi prendere dal panico. Un pensiero lo fulminò,
lasciandolo senza
fiato: dovevano avere scoperto della Giratempo rubata. Quando la
minaccia di Rodolphus Lestrange lo aveva costretto a rimanere in
casa, non aveva più potuto riportarla all'Ufficio Misteri.
Così
l'aveva fatta sparire per sempre, sperando che gli Indicibili non ne
notassero la mancanza. Ma le sue speranze si erano rivelate vane.
Sapeva che prima o poi se ne sarebbero accorti...
Un tonfo sordo in
lontananza lo fece sobbalzare, e la mano gli si strinse
automaticamente intorno all'impugnatura della bacchetta.
Scrutò il
salotto e il tratto di corridoio che si vedeva dall'interno, ma non
c'era nessuno e non si sentiva nulla.
Forse sono paranoico,
pensò. Era impossibile che i Mangiamorte superassero gli
incantesimi
di sicurezza che circondavano la villa. Ma allora perché il
cuore
gli continuava a martellare nel petto?
« Aster, sei stato tu a
fare quel rumore? » chiese ad alta voce, sperando che l'elfo
glielo
confermasse.
Ma non ricevette
risposta.
Alphard fece un respiro
profondo, cercando di scacciare le paure che lo stavano assalendo.
Era solo una suggestione, non poteva succedergli nulla
finché
rimaneva dentro casa.
Tenendo la bacchetta
levata davanti a sé, uscì dal salotto, iniziando
a percorrere il
corridoio nella stessa direzione in cui era andato il suo elfo.
« Perseus, sei tu? »
La sua voce echeggiò
nella casa deserta e silenziosa, facendogli venire i brividi. Sapeva
che non poteva trattarsi del suo amico. Perseus non lo aveva mai
fatto spaventare in quel modo, non era il tipo di persona che faceva
scherzi del genere.
Continuò a camminare,
attento, fino a che non si ritrovò nell'ingresso, intento a
fissare
il proprio riflesso spaventato su uno specchio appeso alla parete di
fronte.
Ma poi un'ombra alle sue
spalle si mosse, e Alphard si voltò di scatto, il cuore che
sembrava
sul punto di scoppiare da un momento all'altro.
Ma era solo Andromeda.
« Oh, Merlino! Sei
impazzita? Mi stavi facendo morire di paura. »
« Scusami, zio »
rispose la nipote, mortificata. « È
che non avevo il tempo di annunciarmi. Devo portarti via subito.
»
Lui aggrottò la fronte,
perplesso.
« Portarmi via? »
« So tutto di Regulus,
ed è per questo che sono qui... »
« Sì, ma Sirius mi ha
appena detto di non uscire di casa per nessun motivo. »
« I piani sono cambiati
e non ha fatto in tempo ad avvertirti. I Mangiamorte hanno infiltrati
al Ministero, soprattutto dopo la morte di Bones, ed è
possibile che
riescano ad eliminare gli incantesimi che nascondono questa casa.
È
stato Sirius a dirmi di venirti a prendere. »
Alphard esitò, agitato.
Quel cambio di programma gli sembrava strano, anche se verosimile. Ma
perché non avrebbe dovuto fidarsi di sua nipote?
« Andromeda, posso farti
una domanda? »
« Certo, ma fai in
fretta. »
« Qual è stato il primo
libro che hai letto in vita tua? »
Lei non esitò, anche se
sembrava leggermente delusa.
« Viaggio al centro
della terra. Avevo nove anni quando l'ho trovato nella tua
biblioteca, e l'ho letto di nascosto. Zio, ti assicuro che sono io.
»
Lui trasse un sospiro di
sollievo.
« Scusami. »
«
Hai fatto bene a chiedermelo. Allora, andiamo? »
Alphard
esitò, mentre sua nipote gli tendeva la mano.
«
Come ce ne andremo? Devo chiamare Aster? »
Andromeda
estrasse dalla tasca un piattino di porcellana.
«
Una Passaporta. Ho incontrato il tuo elfo domestico prima e gli ho
detto di andare ad aiutare Sirius e Regulus. Sei pronto? »
«
Sì... »
Alphard
esitò ancora prima di afferrare il piattino. La voce del
Patronus di
Sirius continuava a riecheggiargli nella testa. Ma quella era
decisamente Andromeda, non poteva non fidarsi di lei.
Il
piattino s'illuminò di una luce azzurra e Alphard si
sentì
strattonare via in un vortice ululante.
Atterrò
con i piedi su un terreno erboso. Ormai era quasi buio, ma l'uomo
poteva vedere ancora con una certa chiarezza il paesaggio intorno a
lui. Si trovava nel bel mezzo di una radura, ma di case non vi era
neanche l'ombra.
«
Andromeda, dove mi hai...? »
Ma
si bloccò a metà. Con suo sommo orrore, vide sua
nipote svanire in
una polvere scura, che fu portata via dal vento.
E
improvvisamente si rese conto che la vera Andromeda era sempre
rimasta a casa propria, ignara di tutto. Quella doveva essere stata
un'illusione, anche se più concreta: era senza dubbio il
frutto di
qualche magia oscura.
Alphard
estrasse la bacchetta, teso e pentito di non aver dato retta al
Patronus di Sirius.
Poi
qualcuno parlò alle sue spalle, con una voce
mortalmente
calma.
« Posa la bacchetta,
Black. »
Alphard rimase immobile,
quasi pietrificato, mentre sentiva dei passi avvicinarsi. Non ebbe
molto tempo per ragionare. Il suo gesto fu solo istintivo.
Più rapido di quanto si
sarebbe aspettato, si voltò in un lampo, e
attaccò il Mangiamorte
che aveva parlato, scaraventandolo contro un albero. Senza perdere
altro tempo, cercò una via di fuga, ma un altro Mangiamorte
si
Materializzò davanti a lui, bloccandolo. Alphard
indietreggiò,
scoprendo di essere circondato.
La disperazione stava per
assalirlo, ma rifiutò di arrendersi. Con un movimento della
bacchetta evocò una nuvola di fumo che si diffuse intorno a
lui,
annebbiando la visuale e approfittandone per schiantare un
Mangiamorte e sfuggire all'accerchiamento. I suoi aggressori lo
inseguirono, costringendolo a combattere su più fronti
contemporaneamente, ma alla fine la maggioranza numerica era dalla
loro parte, e Alphard si ritrovò disarmato.
Ansimando, fissò con
terrore uno dei nemici utilizzare il Lumos per
illuminare la
radura e avvicinarsi a lui.
« Finalmente ci
incontriamo » disse, togliendosi la maschera.
Alphard gli lanciò
un'occhiata di puro odio.
« Finalmente ce l'hai
fatta a trovarmi, Rodolphus. Una tartaruga sarebbe stata più
rapida
di te » disse, mascherando la propria paura.
Rodolphus non gli
rispose, limitandosi a riservargli un ghigno pericoloso.
« Non provocare, Black,
perché stanotte potresti anche salvarti, se ti comporterai
bene »
gli disse, ignorando il mugugno proveniente dal gruppo di Mangiamorte
che lo aveva accompagnato. Alphard non li conosceva tutti, ma
riconobbe Rabastan e – sussultò quando la vide
– Bellatrix. Lei
aveva un'espressione furiosa, di quelle capaci di uccidere con un
solo sguardo, e Alphard capì che quella sera lei lo avrebbe
visto
soltanto come un nemico da eliminare. Del resto era l'unica nipote
con cui non era mai riuscito a legare, la più inflessibile,
quella
che non perdonava mai...
« Come ci siete
riusciti? » chiese, cercando di guadagnare tempo, anche se
non
sapeva neanche lui a quanto potesse servire.
« Quando hai le Arti
Oscure dalla tua, tutto è possibile » disse
Bellatrix, con un tono
sadico. « Non è stato un incantesimo facile, ma ha
avuto successo.
Quanto a quel libro Babbano, io sapevo molte più cose di
quanto tu e
Andromeda sospettiate. »
« Immagino. A te non
sfugge mai niente »
« Esatto » convenne
Rodolphus con voce annoiata. « Ma ora parliamo di cose serie.
Se
collaborerai con noi, ti lasceremo in vita. »
Alphard si sforzò di
restare in piedi, anche se gli tremavano le ginocchia.
« Perché dovrei
collaborare con voi? »
« Lo sai benissimo.
Sappiamo tutti cosa hai fatto con quella Giratempo che hai rubato,
non è necessario fare finta di nulla. »
« Temo di non capire »
mentì.
Rodolphus alzò gli occhi
al cielo. Ora non sorrideva più.
« Dicci dove si trova
Regulus, avanti. »
Alphard serrò le labbra
e i pugni, senza dire una sola parola. Bellatrix fece una breve
risata beffarda, anche se non sembrava affatto divertita.
« Non ce lo dirà mai,
rassegnati. Morirebbe pur di salvare i suoi adorati nipotini.
»
« Ben detto, Bella. »
Sul volto di Bellatrix si
dipinse un'espressione di profondo disgusto.
« Non mi aspettavo niente di diversa da un traditore del suo
sangue! Alla fine ce l'hai fatta a
portare sulla cattiva strada anche quella mammoletta di Regulus, eh?
»
« Dipende da cosa
intendi per cattiva strada. La vostra lo è sicuramente. E
non
chiamarlo in quel modo, perché è più
in gamba di tutti voi messi
insieme » replicò Alphard, per la prima volta
serio e furioso.
« Questo è tutto da
vedere... »
« Adesso fatela finita!
» sbottò Rodolphus, innervosito, mettendoli a
tacere.
Alphard lo guardò
avvicinarsi e puntargli la bacchetta dritta in mezzo agli occhi,
sentendo l'ansia e la paura crescere vertiginosamente, ma si
obbligò
a non dimostrarglielo.
« Ti do un'ultima
possibilità. Parla e dicci dove si trova tuo nipote,
altrimenti... »
« Altrimenti? » lo
sfidò lui con voce fioca.
« Altrimenti arriverai
ad un punto tale che ci implorerai di ucciderti. »
Alphard represse un
brivido gelido. In quel momento sperò che qualcuno lo
andasse a
salvare. Nonostante tutto, anche se aveva trascorso buona parte della
sua carriera da Indicibile a studiare il mistero della morte, e
sebbene sospettasse che gli restava poco tempo, ne aveva ancora
paura, e il timore di soffrire era ancora peggiore.
« Non parlerò mai »
disse, anche se decine di voci nella sua testa gli urlavano di
pensare a se stesso e salvarsi. Ma non diede loro retta. La paura che
provava era immensa, ma mai quanto il desiderio di sapere Regulus e
Sirius al sicuro. Aveva ceduto alla paura in passato, ma ora non
avrebbe ripetuto quell'errore.
« L'hai voluto tu »
disse Rodolphus in tono freddo.
Alphard chiuse gli occhi.
Sapeva già cosa lo aspettava, e ne era spaventato, ma non
avrebbe
ceduto.
« Crucio! »
Cadde per terra, scosso
da un dolore insopportabile ed esteso per tutto il corpo. Faceva
talmente male che era come se lo stessero pugnalando dappertutto con
un coltello arroventato. L'unica cosa che riuscì a fare fu
gridare
di dolore.
Trascorsero minuti, ma
potevano essere anche ore, prima che smettesse di urlare, ma il suo
corpo continuava a tremare senza controllo, l'ossigeno che entrava a
fatica nei polmoni e le guance rigate di lacrime involontarie. Era
poco lucido e a mala pena ricordava dove si trovasse. Poteva sentire
solo l'erba umida sotto di sé. Non sapeva nemmeno in quanti
lo
stessero torturando nello stesso momento, ma erano sicuramente
più
di tre, perché il dolore era aumentato sempre di
più, fino a
toccare vette che lo avevano indotto a desiderare davvero di morire.
« Parla! » urlava
Rabastan, furibondo e impaziente. « Parla o continueremo a
torturarti fino all'alba! »
« Fagli prendere fiato,
vedrai che ci dirà tutto quello che vogliamo sapere
» disse
Rodolphus, con un tono calmo che non gli si addiceva e che lo faceva
sembrare ancora più pericoloso del fratello.
Alphard non rispose.
Cercava di concentrarsi, di pensare ad altro per attenuare solo di
poco il dolore, ma questo era troppo forte per essere contrastato.
Ogni volta che la Maledizione Cruciatus lo colpiva, gli svuotava del
tutto la mente da ogni pensiero, e in quei momenti di vuoto gli
sembrava di dimenticare chi fosse. C'era solo quel dolore lancinante
che sembrava non avere mai fine.
« Allora? Parlerai
oppure no? » gli chiese Bellatrix, agitata.
Alphard rispose solo dopo
alcuni secondi.
« Mai. »
Un mormorio si diffuse
tra i Mangiamorte che non partecipavano direttamente alla tortura,
alcuni increduli e altri divertiti dalla sua testardaggine.
« Si può essere più
stupidi di te? » lo sbeffeggiò Bellatrix, furiosa.
Alphard si puntellò sul
pavimento e alzò il viso per guardarla negli occhi,
ansimando.
« È inutile che
continuate a tormentarmi, non dirò una sola parola
» rispose,
nonostante la voce spezzata. « Come fai a non capirlo? Non
c'è
nessuno per cui moriresti volentieri? »
Bellatrix non rispose,
mentre la sua espressione si induriva, come se le sue parole la
avessero in qualche modo colpita.
« Sei disposto a morire
per lui? Allora ti accontenteremo » sibilò
Rabastan, ma suo
fratello gli impedì di puntargli contro la bacchetta.
« No, ci serve! Non sarà
utile da morto. »
« Ma non parlerà!
Guardalo, si farebbe torturare per altre ore pur di non dirci nulla.
»
« Se lo uccidiamo adesso
non risolveremo niente. È proprio quello che vuole, non lo
capisci?
» lo rimproverò Rodolphus, e Alphard strinse i
pugni così forte
che le nocche gli sbiancarono. Avrebbe davvero voluto che la
facessero finita, ma il Mangiamorte non sembrava della stessa
opinione.
Quando quello gli puntò
di nuovo contro la bacchetta per riprendere la Cruciatus,
tremò
visibilmente. Non ne poteva più.
« Basta... »
La supplica gli uscì
dalle labbra prima che lui potesse fermarla, e odiò se
stesso per
quell'attimo di debolezza. Un paio di Mangiamorte che se ne stavano
in disparte presero a fissarsi i piedi, mentre un altro, forse una
nuova recluta, si voltò, incapace di assistere un solo
secondo di
più.
« Sai cosa devi fare per
farci smettere. Dicci dov'è Regulus Black, e ti lasceremo
stare. »
Alphard scosse la testa.
« No » disse, e il tono
fermo e deciso che aveva usato lo fece meravigliare di se stesso.
E il dolore tornò a
invaderlo. Non seppe mai per quanto tempo lo torturarono. Potevano
essere cinque minuti o due ore, ma a lui parvero
un'eternità. Finché
non smisero di nuovo, lasciandolo a contorcersi sul terreno.
« È
inutile, stiamo solo sprecando tempo prezioso »
sbottò Rabastan, e
stranamente nessun altro lo contraddisse.
Si udì un movimento
rapido, e poi Alphard si sentì sollevare. Rodolphus si era
chinato e
lo aveva afferrato per il collo della veste, costringendolo a
guardarlo negli occhi.
« Pensi di aver vinto?
Ti sbagli. Tanto lo troveremo, con o senza il tuo aiuto. E quando
accadrà, uccideremo lui e tutti quei traditori del loro
sangue che
lo stanno aiutando a nascondersi. E tu sarai morto invano. Allora,
è
valsa la pena rubare quella Giratempo per poi morire in trappola, il
tutto per concedere a quel traditore qualche mese in più di
vita? »
Alphard non gli concesse
più di parlare. In un secondo scattò, colpendolo
con un pugno in
pieno volto. Era l'unica cosa che poteva fare per reagire, anche se
sapeva che non sarebbe servito a molto.
« Sì, ne è valsa la
pena, e lo rifarei » sibilò.
« Maledetto! » imprecò
quello, rialzandosi mentre sputava sangue e gli puntava la bacchetta
al cuore.
Rodolphus si voltò un
istante a guardare Bellatrix, come a chiederle il permesso di finire
quello che, in fondo, era un suo parente. Quando lei annuì,
Alphard
non ne fu affatto sorpreso, ma non per questo gli fece meno male.
Aveva sentito dire che
molte persone prima di morire si vedevano scorrere tutta la loro vita
davanti agli occhi, ma a lui non accadde.
Gli unici pensieri che
gli invasero la mente mentre sentiva Rodolphus scandire l'anatema
erano tutti rivolti alle persone che avrebbe lasciato. Poteva
già
immaginare quali sarebbero state le loro reazioni. Desiderò
che gli
fosse concessa l'occasione di rassicurarli tutti, di dire che era
contento di aver fatto tutto il possibile per aiutarli, e che non
sarebbe voluto tornare indietro per nessuna ragione.
Poi la luce verde lo
colpì in pieno, e improvvisamente smise di preoccuparsi, i
rimpianti
e il dolore sparirono, e tutto fu inghiottito dal buio.
***
Regulus e Sirius la
guardavano con impazienza. Rachel era pallida come un lenzuolo e
aveva gli occhi rossi e umidi di pianto. Una sensazione opprimente
arpionò loro le viscere. Sirius tremò e
lanciò uno sguardo
spaventato a Regulus, che ricambiò, scuro in volto.
La ragazza sospirò,
nervosa, in cerca del coraggio di parlare. I due fratelli si
ritrovarono a sperare che non lo trovasse mai. Non erano preparati a
quello che lei stava per dire, né lo sarebbero mai stati.
« Alphard è morto. »
Mi odio.
ç___ç
Sto quasi come quando
ho finito di leggere l'Ordine della Fenice... T_T
Non
volevo che fosse inaspettato, anzi, speravo che foste relativamente
preparati... alcune di voi lo erano, gli altri spero che abbiano colto
i segnali che avevo messo in precedenza.
Sono mesi che cerco di consolarmi pensando che Alphard era
già
vissuto più di quanto dovrebbe essere vissuto nel canon, e
che
se fosse morto prima non avrebbe mai più rivisto Regulus,
Sirius
e Perseus, quindi per lui è stato meno peggio vivere un po'
di
più e riuscire ad aiutarli (perché l'ha fatto
eccome, lo
vedrete), ma non è bastato. Per lo meno ora la
smetterò
di andare a piangere nel mio angolino senza potermi sfogare con
nessuno... T_T
Lo so che è stata una bastardata far apparire Andromeda solo
per finta. In effetti non sono ancora riuscita ad inserirla, ma conto
di farlo prima o poi, anche se ci sarà molto meno di quanto
avevo previsto all'inizio. Ah, non so se esiste una magia del genere,
ma tempo fa, rileggendo il capitolo del Prigioniero di Azkaban, ho
notato che quando Hermione e Harry parlano delle Giratempo, lei dice
che se Harry vedesse una copia di se stesso penserebbe di sicuro ad una
magia oscura, quindi mi sono ispirata a quello.
Mi ritiro, prima che mi tiriate una bomba addosso... tanto anzi, vado
ad autopunirmi come gli elfi domestici ç__ç
Prossimo capitolo: 15 febbraio (circa, dipende da quando ho l'ultimo
esame orale)
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Capitolo 38 *** Alphard ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 38
Alphard
Perseus
trasse un
respiro di sollievo quando uscì dallo scompartimento
chiassoso.
Tutte quelle facce nuove che aveva conosciuto lo mettevano a disagio,
e sentiva il bisogno di starsene un po' da solo. Tuttavia, dal
momento che si sentiva un idiota a rimanere in piedi nel bel mezzo
del corridoio dell'Espresso per Hogwarts, con tutti gli altri
studenti che lo spintonavano per passare, decise di andare a
rifugiarsi in bagno. Non chiese informazioni a nessuno, era troppo
timido per farlo. In fondo, bastava percorrere il vagone, e prima o
poi lo avrebbe trovato.
Infatti,
dopo alcuni
metri che fece cercando in ogni modo di passare inosservato, lo vide
e vi entrò. Era un bagno abbastanza spazioso per un treno,
con
diversi cubicoli e lavandini muniti di specchi.
Perseus
osservò il
proprio riflesso: un ragazzino introverso e visibilmente spaventato
ricambiò il suo sguardo. Quel giorno aveva anche un pallore
dovuto
all'agitazione. Era emozionato di iniziare la sua nuova vita a
Hogwarts, ma temeva di avere parecchi problemi. Gli altri del suo
anno che aveva conosciuto gli erano sembrati tutti così
estroversi... lui invece non ci riusciva, e aveva una gran paura che
la sua timidezza potesse renderlo lo zimbello della scuola.
In
quel momento, uno
dei cubicoli si aprì e Perseus si affrettò ad
aprire il rubinetto
per lavarsi le mani. Anche la persona che era appena uscita fece lo
stesso al lavandino accanto, e Perseus notò che lo stava
osservando.
Con la coda dell'occhio, notò che doveva trattarsi di un
altro
ragazzino del primo anno, perché la sua uniforme nuova di
zecca non
mostrava simboli della Casa di appartenenza.
«
Ciao » esordì
l'altro, rompendo il silenzio che si era creato.
«
Ehm... ciao »
rispose Perseus, mentre si asciugava le mani.
«
Sei del primo anno
anche tu? »
Lui
annuì. Il suo
interlocutore era più piccolo e mingherlino di lui, aveva i
capelli
neri e gli occhi grigi. Sembrava un tipo sveglio, ma qualcosa nel suo
sguardo gli infondeva fiducia, senza metterlo a disagio.
«
Mi chiamo Alphard
Black » si presentò lui, tenendogli la mano.
«
Perseus » rispose
l'altro, stringendogliela e sorvolando sul suo cognome: di solito lo
prendevano in giro, quindi preferiva rimandare il più
possibile il
momento in cui avrebbe dovuto dirlo per forza.
«
Sei il primo
coetaneo che conosco. Finalmente qualcuno con cui parlare di
Hogwarts. »
«
Come mai? » chiese
Perseus, sforzandosi di fare conversazione.
«
Sono nello
scompartimento con mia sorella e mia cugina, e mi annoio. Loro stanno
per iniziare il terzo anno, e non fanno altro che parlare del fatto
che adesso potranno andare al villaggio di Hogsmeade. Hogwarts per
loro non è più una novità, quindi non
mi stanno a sentire... »
«
Io sono figlio
unico » disse Perseus.
«
A volte vorrei
esserlo anche io, anche se poco fa mi ha fatto comodo avere una
sorella maggiore. Due studenti più grandi mi hanno trattato
male
però quando hanno scoperto che sono suo fratello si sono
scusati e
mi hanno regalato le loro Cioccorane. A proposito, ne vuoi una?
»
«
Grazie. »
«
Nel tuo
scompartimento è rimasto un posto anche per me? »
chiese poi
Alphard dopo una breve esitazione.
«
Credo di no. Ma se
vuoi possiamo cercarne un altro, non mi sono trovato molto bene
»
spiegò Perseus, ricordando le due ragazzine che si erano
sussurrate
qualcosa all'orecchio guardandolo con aria di scherno, e
arrossì per
l'imbarazzo. « Mentre cercavo il bagno ne ho visti un paio
quasi
vuoti. »
«
Perfetto. Andiamo a
prendere le nostre cose? »
Perseus
annuì e
addentò la Cioccorana che Alphard gli aveva offerto,
sorridendo per
la prima volta dall'inizio della giornata.
Perseus
scagliò il
giornale stropicciato dritto dentro il fuoco del camino e lo
guardò
accartocciarsi mentre le fiamme lo lambivano. Il calore delle fiamme,
nonostante il sole di giugno, non riusciva a riscaldare il gelo che
lo aveva invaso.
Sentì
Diane avvicinarsi
a lui ma non si mosse, le mani ancora alle tempie come per impedire
alla testa di esplodere.
«
Dovresti riposare un
po'. Non hai dormito per niente » gli disse lei.
«
Neanche tu » replicò.
La
sua memoria non faceva
altro che rievocare ricordi di anni e anni prima. Gli sembrava che
fosse trascorso pochissimo tempo da quando aveva conosciuto Alphard
sul treno per Hogwarts... E adesso non riusciva più a
togliersi
dalla mente la scena che lo aveva accolto quando, la sera precedente,
era andato da lui per assicurarsi che stesse bene, e invece non aveva
trovato nessuno. Poi gli Auror lo avevano rintracciato, e niente
avrebbe più potuto cancellare dalla sua mente l'immagine del
suo
corpo senza vita.
Non
ricordava nemmeno
come aveva reagito, né ci teneva a saperlo. Sapeva solo che
al
momento si sentiva come se una parte di sé fosse morta
insieme a
lui. Lo conosceva da quarant'anni, e avere interrotto i rapporti per
poco meno della metà lo faceva stare ancora peggio. E non
era
l'unico pensiero che lo divorava.
Diane,
da parte sua, si
limitava a tenergli la testa posata su una spalla, senza sapere
cos'altro fare o dire. Guardava con malinconia lo sguardo cupo e
apparentemente svuotato del marito. Non lo vedeva in quello stato da
quando loro figlia aveva rischiato di diventare un lupo mannaro, ma
in quell'occasione c'era ancora una qualche speranza, adesso
invece...
«
Lui se lo sentiva,
sapeva di avere le ore contate » parlò
improvvisamente lui, con la
voce rauca. « Perché non l'ho ascoltato?
»
«
Non potevi fare nulla.
Di questi tempi tutti pensiamo di avere ancora poco tempo »
rispose
Diane.
Perseus
annuì, anche se
ne era poco convinto. Sapeva che se Alphard avesse potuto parlargli
in quel momento gli avrebbe detto di non soffrire per lui, ma
accontentarlo sarebbe stato impossibile.
Era
il suo migliore
amico, ed era morto.
Gli
occhi gli pungevano
ancora quando si ripromise che chiunque lo avesse ucciso l'avrebbe
pagata cara.
La
porta d'ingresso si
aprì e si chiuse. Perseus non si voltò. Vide
Rachel solo quando sua
figlia andò a sedersi accanto a lui e rimase
così, immobile e in
silenzio, gli occhi incapaci di battere le palpebre né di
piangere.
Lui tacque, almeno finché lei non sussurrò,
angosciata, qualcosa
che lo scosse.
«
Perdonami...
»
Perseus
la guardò, e
improvvisamente comprese. Lei e Alphard avevano compiuto una scelta
che si era ritorta contro quest'ultimo, e adesso Rachel si
considerava responsabile.
Perseus
l'abbracciò. Si
sentiva morire, ma non voleva vederla disperarsi in quel modo.
«
Non è colpa tua. »
Forse
non bastava, ma non
aveva la forza di aggiungere altro.
***
« Mi dispiace molto per
tuo zio... »
Regulus non alzò gli
occhi dalla pagina della Gazzetta del Profeta che stava guardando
senza leggere, lo sguardo quasi spento e senza espressione. James si
chiese come riuscisse a restare così calmo e impassibile.
Non era
una reazione normale... ma d'altra parte non lo era neanche quella
che, in quello stesso momento, aveva Sirius.
« Ops » fece,
chinandosi mentre uno sgabello gli sfiorava i capelli e andava a
fracassarsi contro uno specchio, che si frantumò in mille
pezzi. «
Felpato, non vorrai ammazzarci? » protestò poi.
Sirius non gli diede
retta, completamente sopraffatto dal dolore. Aveva appena finito di
devastare il l'ingresso, e ora stava passando al soggiorno. James si
stupì di trovare pezzi di mobili ancora interi ma temeva
che, se non
lo avesse fermato, presto Sirius avrebbe ridotto in polvere la sua
stessa casa. E mentre lui cercava di non farsi centrare da quei
proiettili volanti, Regulus era come immerso in una dimensione tutta
sua, e sfogliava le pagine del giornale senza battere ciglio quando
qualche oggetto gli sfiorava le orecchie per andare a schiantarsi
contro le pareti. James si chiese cosa sarebbe successo se Sirius lo
avesse colpito, ma decise che fosse meglio non saperlo.
Estrasse la bacchetta e
la puntò in fretta contro Sirius, disarmandolo. Per qualche
istante,
quello rimase immobile a capire cosa fosse successo, poi lo
guardò
con gli occhi sgranati e uno sguardo davvero poco rassicurante, uno
di quelli che mettevano sempre i brividi a chiunque.
« Perché l'hai fatto?
»
gridò.
« Stai distruggendo la
casa! Va bene sfogarsi ma così rischi di fare del male a
qualcuno...
E sta' buono, non costringermi a Schiantarti! » lo
avvertì, quando
lo vide marciare verso di lui e fermarsi a pochi centimetri di
distanza.
« Allora vado a cercare
Lestrange, così farò a pezzi lui! »
« Tu non vai da nessuna
parte! » sbottò James, iniziando a perdere la
pazienza. Non
pretendeva che Regulus gli desse una mano, impegnato com'era a
disinteressarsi di qualsiasi cosa gli accadeva intorno, ma aveva
sperato che almeno Rachel collaborasse. Purtroppo al momento era a
casa sua.
James strattonò Sirius e
lo costrinse a sedersi su una poltrona, sebbene lui opponesse
resistenza.
« Lasciami! Voglio
ucciderlo, non me ne frega niente di tutto il resto! »
gridò
Sirius, furioso e disperato.
James esitò, perché
non
era passato troppo tempo da quando lui stesso aveva perso entrambi i
genitori, e capiva la rabbia che il suo amico doveva provare in quel
momento, tanto più che Alphard era stato ucciso, mentre
James non
poteva prendersela con nessuno, perché i suoi erano morti di
malattia.
« Senti, Felpato, cerca
di controllarti » disse, sentendosi inadeguato. Non aveva la
più
pallida idea di cosa dirgli né di come calmarlo. Per sua
fortuna,
Sirius sembrava essersi calmato da solo, come se si fosse sgonfiato
all'improvviso. Ora se ne stava a fissare il nulla, perso in
chissà
quali pensieri cupi.
« Come sei arrivato qui?
» chiese all'improvviso, cogliendolo di sorpresa.
« Oh, mi sono
Materializzato con il Mantello. »
Sirius annuì, ma subito
dopo tornò muto. James odiava vederlo così
depresso.
« Ascolta, lo so che
stai male » esordì, acquisendo di colpo
più sicurezza. « Ma
ricordati che ci siamo sempre noi ad aiutarti. Peter voleva venire ma
sua madre sta male e deve assisterla, e Remus è in missione
e forse
neanche sa cosa è successo, ma verranno anche loro, appena
potranno.
Ti siamo e ti saremo sempre vicini, lo sai. »
Sirius annuì. James si
accorse solo in quel momento che Regulus si era alzato
silenziosamente ed era uscito per lasciarli soli, e gliene fu grato.
Sirius si guardò intorno
e scoppiò in una breve risata nel vedere tutto il caos che
aveva
creato. James non se ne stupì affatto, lo conosceva troppo
bene per
considerarlo fuori luogo o per stupirsi dei suoi sbalzi d'umore.
« Lestrange la
pagherà
cara » disse Sirius, ed ora il suo sguardo sembrava tutto
tranne che
divertito.
« Me lo auguro, ma tu
adesso devi affrontare un lutto, e devi farti aiutare. »
« Non so come »
bofonchiò l'altro, gli occhi arrossati che continuava a
puntare
verso il basso.
« Fatti un giro sulla
moto, se vuoi vengo anche io. Sfogati... prendimi a pugni, se vuoi!
»
si offrì, sfilandosi gli occhiali e riponendoli al sicuro
nella
tasca.
« Non fare l'idiota »
disse Sirius, con un'espressione divertita e sofferente al tempo
stesso, tanto che sembrava avere una paralisi al viso.
« Allora parliamo. »
James non era tipo da
arrendersi. L'amico lo aveva aiutato a superare il trauma della morte
dei genitori, e lui avrebbe fatto altrettanto. In fondo erano
Malandrini, e avevano promesso di sostenersi a vicenda ed aiutarsi
sempre, qualunque cosa fosse successa.
***
« Ciao. »
Rachel alzò lo sguardo,
notando Sirius che era appena entrato in cucina. Erano trascorsi due
giorni e il ragazzo sembrava l'unico ad essersi ripreso dallo shock
iniziale, anche se ogni tanto aveva della ricadute.
« Oh, ciao »
bofonchiò
lei, fingendosi impegnata a preparare del tè. «
Hai aggiustato
tutto? »
« Sì, più
o meno. C'è
voluto un po', ma ce l'ho fatta... »
Sirius fece un gran
respiro e le si avvicinò.
« Senti, c'è una cosa
che voglio sapere » esordì in tono deciso.
Rachel sussultò.
« Chiedi pure... Regulus
voleva del tè. Ne prendi anche tu? » disse,
cercando di apparire
tranquilla.
« No, non cercare di
sviare il discorso. »
« Non sto sviando il
discorso... »
« Bene, allora spiegami
perché stai evitando di parlare di quello che è
successo. »
Lei guardò Sirius con
timore e cercò di trattenere la bufera che la scuoteva dal
profondo.
« Che cosa significa?
»
protestò.
« Significa che prima o
poi dovremo affrontare l'argomento. »
Rachel inspirò a fatica:
si sentiva come se l'ossigeno non le arrivasse nei polmoni.
« Senti, non so davvero
di cosa stai parlando. »
« Lo sai, invece. È
la
stessa cosa che stiamo pensando tutti e tre da due giorni, ma nessuno
di noi ha ancora voluto affrontare la questione. Ora io mi sono
deciso. Tu però ti senti in colpa e hai paura, ma tacere non
risolverà nulla. Lo sai che non potremmo tacere in eterno,
vero? »
Rachel rabbrividì.
Perché Sirius stava parlando in quel modo, come se sapesse
tutto?
« T-tu sai come Regulus
si è salvato, esattamente? » chiese, gli occhi
fissi su di lui.
Sul volto di Sirius era
apparsa un'espressione consapevole.
« Sì, so che tu e mio
zio avete usato una Giratempo e che quel maledetto di Lestrange lo ha
preso di mira da quel momento. »
Lei sgranò gli occhi
umidi, sorpresa.
« C-come l'hai saputo?
»
« Me ne ha parlato
proprio Alphard qualche tempo fa. »
Rachel tacque per alcuni
istanti, cercando di abituarsi all'idea.
« E... non mi odi per
averlo convinto ad aiutarmi? L'ho condannato a morire. Sapevo che
qualcuno avrebbe potuto rimetterci, ma pensavo che, al limite, sarei
morta io. Non volevo coinvolgere Alphard, ma l'ho fatto... Mi sento
in colpa per la decisione che ho preso... »
Rachel si accorse di
avere iniziato a piangere solo dopo alcuni istanti. Aveva paura di
quello che sarebbe potuto succedere, ma non ne poteva più di
tenersi
dentro tutto quello stress. Si sentiva divorare dal rimorso, e anche
se non le dava alcun sollievo, sfogare tutto quello che provava nelle
lacrime le permise di non impazzire del tutto.
« Se ti ritenessi
responsabile me la sarei già presa con te. Ascoltami,
nessuno poteva
prevedere cosa sarebbe successo e mio zio lo sapeva meglio di te. La
responsabilità ve la siete assunta tutti e due e
né io né te
possiamo dire se avete fatto la cosa giusta oppure no. »
« Non avrei dovuto
chiedergli di aiutarmi. Se avessi fatto tutto da sola lui sarebbe
ancora vivo. »
« Ti sopravvaluti: non
avresti cavato un ragno dal buco senza il suo aiuto. Non saresti mai
entrata nell'Ufficio Misteri e, anche se lo avessi fatto, non ne
saresti uscita viva. »
Rachel annuì, ma non
trovava una minima consolazione nelle sue parole.
Sirius sospirò e riprese
a parlare.
« Non avrai paura che
Regulus ti chieda di far tornare tutto come prima? Lo sa anche lui
che è impossibile, anche se avessimo la Giratempo.
»
« No, lo so anche io. Ma
è proprio questo il punto. Regulus non ritiene giusto che
suo zio
sia morto per salvare lui. E non è giusto, infatti...
Potrebbe
arrivare a odiarmi per questo... » ammise, spaventata.
Sirius le porse un
bicchiere d'acqua con fare incoraggiante.
« Non ti odierebbe mai.
Ha bisogno di te. Adesso sei l'unica persona che gli è
rimasta... »
« Questo non è
affatto
vero. Anche tu... »
« Il rapporto con me
è
sempre stato complicato, anche adesso. Lo vedi anche tu che facciamo
fatica solo a fare un discorso tranquillo. A volte fingiamo di
discutere perché ci troviamo più a nostro agio
così: abbiamo
dimenticato come si fa ad andare d'accordo. Ora ascoltami bene
» la
interruppe, prima che Rachel, perplessa, potesse commentare.
« Non
risolverai niente facendo così. Sei stata tu a decidere di
usare
quella Giratempo, e mio zio ti aveva avvertita delle possibili
conseguenze. Hai preso una decisione, nel bene e nel male, e ora te
ne devi assumere la responsabilità fino in fondo. Quindi non
credi
che sia arrivato il momento di parlarne con Regulus? È il
diretto
interessato, e credo che ne voglia discutere anche lui. »
Rachel si asciugò gli
occhi, inspirando.
« Sì, hai ragione.
Però
devi esserci anche tu. »
« Certo che ci sarò
anche io. Merlino solo sa quante sciocchezze starà pensando,
quella
testa di legno » sbottò Sirius, alzando gli occhi
al cielo. Poi
sorrise, e Rachel si sforzò di fare altrettanto, ma non ebbe
un gran
risultato.
« D'accordo, hai ragione
tu. »
« Naturale. Andiamo? »
fece lui, avviandosi verso la porta e facendole strada.
***
Si sentì chiamare.
Era immobile e non
riusciva a dire nulla. Si limitava a guardare l'uomo appena emerso
dalla nebbia bianca che li circondava. Deglutì, stupendosi
quasi di
poterlo fare. Sembrava soltanto un'illusione.
« Sta succedendo
davvero? » chiese, accorgendosi di avere la voce rauca.
« Può darsi
»
rispose l'uomo con un sorriso.
Alphard era molto più
giovane di come lo aveva conosciuto. Non dimostrava più di
trent'anni, ma ciò che lo distingueva più di ogni
altra cosa era
l'espressione serena e priva dell'ombra che lo aveva accompagnato
quando era invecchiato.
« Non essere triste
per me » gli disse Alphard.
« Non ci riesco...
non dovevi morire, non doveva succedere... »
« Prima o poi sarebbe
accaduto, che tu lo volessi oppure no... »
« Sei morto al posto
mio » sibilò Regulus, e tutta la sofferenza che
provava glielo fece
dire con un tono sferzante. « Io... vorrei poter tornare
indietro...
»
« No che non lo vuoi.
Sai che non puoi permettertelo: hai ancora molte cose importanti da
fare tra i vivi. »
« Ma non è
giusto. »
« Tu dici? Volevi che
morissi solo e disperato? Ho preferito difendere le persone che mi
sono più care, senza cedere ai ricatti e alle torture. Io
trovo che
sia più giusto così. Proprio tu dovresti sapere
cosa significa. »
Alphard sorrise, con un'espressione che ricordava molto quella di
Sirius quando stava per dire qualcosa di assurdo. « E poi ho
venduto
cara la pelle. Posso considerarmi soddisfatto della mia
determinazione: Rodolphus avrà avuto come minimo una crisi
isterica.
»
Regulus era troppo
orripilato per trovarlo divertente. Ancora non riusciva a farsene una
ragione. Suo zio non poteva essere morto.
« Avevo già
considerato la possibilità di morire. Sapevo che poteva
succedere ed
ero disposto a farlo » aggiunse Alphard con una strana
tranquillità.
« Non me lo meritavo.
Tu non hai mai torturato o provocato la morte di nessuno. Eri
migliore di me e meritavi di vivere più di quanto non lo
meriti io »
disse Regulus, prendendosela con se stesso.
« E per fare cosa?
Vorresti davvero invertire l'effetto della Giratempo e far tornare
tutto come prima? »
Regulus tacque per
molti istanti. Nemmeno lui sapeva decidersi.
« Non so cosa sarebbe
stato meglio » ammise.
« Nessuno di noi lo
sa. Ma ogni persona ha un ruolo da interpretare: io avevo scelto di
aiutare te e tuo fratello, e grazie a quella Giratempo ci sono
riuscito. Non voglio tornare indietro e fallire. Sirius l'ha capito,
e dovresti farlo anche tu. »
Regulus lo guardò,
sorpreso, distendendo il volto per la prima volta.
« Non avercela con
Rachel per la decisione che ha preso. Anche lei è tormentata
dai
sensi di colpa e ha paura, ma credimi, quella che io e lei abbiamo
preso insieme, è una scelta che potrebbe cambiare in meglio
quello
che succederà. Voglio vedervi felici insieme, quindi
sostenetevi a
vicenda e non allontanatevi. Anche perché Perseus ti
ucciderebbe sul
serio, stavolta. »
Quella volta la bocca
di Regulus si piegò in un vago sorriso beffardo, e lui se ne
stupì.
Alphard sorrideva a sua volta e vederlo così tranquillo lo
fece
stare meglio.
« Com'è qui
intorno?
Perché è tutto bianco e basta? »
chiese, anche se sul momento gli
parve una domanda stupida da fare.
Alphard si strinse
nelle spalle.
« È
normale che tu non veda nulla. Per noi è diverso, invece, e
ognuno
vede quello che gli pare. Per me per esempio è un gigantesco
stadio
da Quidditch. » Si fermò per alcuni istanti, poi
aggiunse in tono
confidenziale: « Se non continuerai a fare di tutto per
sconfiggere
Voldemort non ti terrò un posto nella tribuna dei Black.
»
Regulus si lasciò
scappare uno sbuffo divertito, ma tacque quando Alphard assunse di
nuovo un'espressione seria.
« Ho incontrato tuo
padre, a proposito. La morte fa rinsavire tutti, e lui non fa
eccezione. Credo proprio che sia fiero di quello che stai facendo,
anche se non me lo confermerebbe mai. Anche dopo la morte la
testardaggine purtroppo resta la stessa. »
Regulus
improvvisamente sentì un sollievo che non provava da molto
tempo.
« Spero che mia madre
lo capisca prima » confessò.
« Lo spero anche io
»
rispose Alphard. « Ma non tormentarti troppo, se non dovesse
succedere. Sei nel giusto; non dimenticarlo mai. »
Regulus annuì, anche
se sentiva una morsa artigliargli le viscere.
Poi Alphard lo
richiamò alla realtà.
« Dovresti tornare,
adesso. Ti stanno chiamando. »
Regulus non lo
accettava. Era così rassicurante rimanere con suo zio,
parlare
ancora con lui...
« Voglio restare con
te. »
« Mi avrai sempre con
te. Terrò d'occhio te e tuo fratello, notte e giorno.
»
« Sembra una minaccia
» disse Regulus con una smorfia sarcastica.
« Lo è.
»
Zio e nipote si
sorrisero.
La nebbia iniziò a
farsi più fitta, e il ragazzo si sentì di nuovo
invadere
dall'angoscia.
« Non andartene...
»
« Non possiamo
restare qui per sempre. Hai ancora molto da fare e da vivere
»
ripeté Alphard, serio.
« Ti devo tutto. Un
giorno troverò il modo di dimostrarti la mia gratitudine
» disse
Regulus, e l'altro annuì.
« Lo so, e ti
ringrazio. Ma ora devo andare. »
La nebbia stava già
iniziando ad inghiottire Alphard mentre parlava.
« Zio, aspetta!
»
gemette Regulus, affannato, mentre lo vedeva sparire. Non era ancora
pronto a lasciarlo andare.
Ma Alphard era già
scomparso.
« Regulus? »
Aprì gli occhi
lentamente. Aveva la vista annebbiata e la mente confusa quando
sollevò la testa per guardarsi intorno. Al momento non aveva
idea di
cosa fosse successo e sentiva solo delle fitte fastidiose al collo,
come se avesse dormito in una posizione scomoda. Poi tutto quello che
era successo gli tornò alla mente, travolgendolo in un'unica
ondata.
Alphard era morto.
Tornato lucido e piegato
dal dolore, si rese conto di essersi addormentato seduto sul letto,
la schiena appoggiata al muro freddo, ma il torcicollo ormai era la
cosa che lo infastidiva di meno. Lanciò una breve occhiata a
Rachel
e Sirius, ma distolse subito lo sguardo.
« Come... come ti senti?
» esitò lei, visibilmente agitata.
« Bene »
mentì lui.
Ignorò la sua
espressione triste, mettendosi a fissare una mattonella del
pavimento. Ci fu un lungo silenzio, durante il quale gli altri due si
scambiarono delle occhiate tese; poi lei parlò con un tono
di voce
che non aveva mai usato prima.
« Credi che sia stata
colpa mia se tuo zio è morto? »
Regulus non rispose,
incupito. Non poteva dire di pensarlo davvero, ma non poteva nemmeno
negare di averlo pensato. Il ricordo del sogno che aveva appena fatto
lo invase. No, non pensava davvero che fosse colpa sua; se l'era
detto in un attimo di disperazione, perché l'idea che
Alphard fosse
morto al posto suo era insopportabile.
« L'ho pensato »
ammise
tuttavia.
Rachel era impallidita ma
non indietreggiò. Lo raggiunse e lo guardò dritto
negli occhi.
Aveva un'espressione grave e ferma che Regulus non le aveva mai visto
in volto.
« Ho preso una decisione
rischiosa e alla fine è andata molto peggio di quanto avevo
previsto. Ero pronta ad accettare tutte le conseguenze, pensando che
sarei stata l'unica a pagare. Ma ora non so che fare. Sono stata una
vigliacca a non affrontare subito la questione, ma l'ho fatto
perché
avevo paura di cosa mi avresti detto... »
Regulus annuì, cupo.
Sentì lo sguardo di Sirius fisso su di sé.
« Vorresti far tornare
le cose come erano prima? » gli chiese suo fratello, senza
troppi
giri di parole. Il tono di voce non tradiva la minima traccia di
emozione, ma un'atmosfera angosciante calò su di loro.
« Sai che non si può
»
rispose Regulus.
« Non è quello che ti
ho chiesto. Se fosse possibile, lo vorresti? »
Regulus si mise le mani
tra i capelli, disperato.
« Non ne ho idea. Sì,
lo vorrei, perché se nessuno mi avesse salvato, mio zio
sarebbe
ancora vivo. Ma non potrei permettermelo » rispose, pensando
a tutti
gli Horcrux che avevano trovato e distrutto. Percepì il
sollievo di
Sirius, ma non quello di Rachel. Gli faceva male vederla soffrire, ma
per il momento non riusciva nemmeno a gestire la propria sofferenza.
Non era capace di rimanere lucido di fronte ad un discorso importante
come quello.
« Ti riferisci a quel
piano misterioso che avete per combattere Voldemort? » chiese
Sirius.
Regulus annuì.
« È
importante, ma il fatto è che ancora non sappiamo se la
scelta che
Rachel ha fatto è stata davvero giusta » disse.
« E quello che
potrebbe essere giusto per me e per voi, potrebbe non esserlo per il
resto del mondo. Magari sul momento siamo in vantaggio, ma alla fine
potremmo perdere. Se non fosse cambiato nulla, forse Voi-Sapete-Chi
sarebbe stato sconfitto, da qui a dieci o vent'anni. Come facciamo a
sapere cosa sarebbe stato meglio, quando anche una minuscola
sciocchezza può far cambiare tutto? »
« Non possiamo saperlo.
Sappiamo solo che adesso stiamo facendo qualcosa per combatterlo. Se
non avessimo usato la Giratempo, forse nessuno avrebbe mai scoperto
il suo segreto... o forse sì, non ne ho idea... »
intervenne
Rachel. Lui vide che aveva gli occhi lucidi e sembrava sul punto di
perdere il controllo, ma non lo fece.
« È
inutile pensare a cosa sarebbe successo » disse alla fine.
«
Ormai è andata così, e non abbiamo altra scelta
che andare fino in
fondo. Il nostro dovere è fare in modo che Voldemort possa
essere
sconfitto. »
Gli altri due lo
guardarono con stupore: era la prima volta che pronunciava il suo
nome. E di sicuro non si aspettavano neanche quella risposta
così
sicura, non così presto.
« Ma questo non cambia
il fatto che mi sentirò per sempre in colpa nei confronti di
mio
zio. Lui è morto per salvare me, ma io non sono stato in
grado di
salvare lui. »
Rachel gli si sedette
accanto. Lui non si ritrasse. Aveva bisogno di sentirsi vicino a
qualcun altro, soprattutto ora che aveva perduto l'ultima figura
adulta che gli era rimasta.
Poi Sirius parlò.
« Non devi sentirti in
colpa. Nessuno dei due deve farlo. Io sono convinto che se Rachel
avesse rinunciato a usare quella Giratempo, Alphard se ne sarebbe
andato magari tra qualche anno o mese, vivendo i suoi ultimi giorni
rimpiangendo un nipote morto a diciotto anni e l'altro che avrebbe
continuato a far finta di infischiarsene. Invece, anche se negli
ultimi mesi è dovuto rimanere come in prigione, era felice
come non
gli succedeva da anni. È stato lui a dirmelo, potete
credermi.
Regulus, lo sai che io e te eravamo come figli per lui, e vederci
andare di nuovo d'accordo è stata la cosa più
bella che gli sia
successa. Quindi, anche se stiamo male per lui, permettergli di
vivere felicemente nei mesi che gli restavano è stato molto
meglio
che lasciarlo morire pieno di rimpianti. »
Regulus lo guardò,
stupito. Era esattamente quello che Alphard gli aveva detto nel
sogno. Solo che adesso, da sveglio, il sogno non sembrava
più tanto
reale; le parole di Sirius invece lo erano.
Rachel si asciugò gli
occhi arrossati.
« Anche mio padre mi ha
detto la stessa cosa, ma non riesco ancora a convincermene del tutto,
non se Regulus non la pensa così. »
Regulus taceva ancora,
perché Sirius sembrava avere altro da dire, e stavolta si
stava
rivolgendo direttamente a lui.
« Alphard è morto per
impedire ai Mangiamorte di ucciderti. Lui ti ha voluto dare la
possibilità di vivere la tua vita, e non sarebbe contento se
rendessi vana la sua morte con i sensi di colpa. »
Regulus non se ne
spiegava il motivo, ma rabbrividì. Nessuno dei due disse
nulla,
troppo colpiti per replicare. Sirius scoccò delle occhiate
soddisfatte a entrambi, per poi voltare loro le spalle e uscire
platealmente dalla stanza.
Seguirono almeno due
minuti di silenzio, durante i quali ognuno dei due si sentì
echeggiare nella testa le ultime parole di Sirius. Regulus non lo
avrebbe mai ammesso, ma il discorso del fratello lo aveva scosso.
Sirius aveva ragione, ma lui si sentiva ugualmente disperato.
Rachel gli rivolse uno
sguardo eloquente: era palese che anche a lei sarebbe servito molto
tempo per accettare quel che era successo. La vide trattenere il
respiro e poi avvicinarsi.
Regulus la prese per
mano.
« Non sentirti in colpa.
Mio zio non lo vorrebbe. »
Rachel sgranò gli occhi,
sorpresa e angosciata.
« Come fai a saperlo?
»
« Lo so e basta »
rispose lui.
Rachel esitò, ma quando
vide che lui non si ritraeva, gli gettò le braccia al collo,
stringendolo tanto da mozzargli il respiro.
Lui la strinse. Sentiva
un nodo alla gola da due giorni, come se avesse infilato tutte le
emozioni che provava in una bolla impenetrabile che ora si rifiutava
di farle uscire. Ora però gli occhi gli si erano inumiditi.
Strinse
i pugni e i denti per trattenersi: non voleva cedere, non si sentiva
nemmeno in grado di farlo, in realtà.
Ma le emozioni gli
sorsero spontanee insieme ai ricordi. Alphard lo aveva accompagnato
fin dall'infanzia: era stato lui a insegnargli a volare, gli aveva
regalato la sua prima scopa, quella che non aveva mai voluto
cambiare, aveva sempre cercato di mediare tra lui e Sirius quando le
cose non andavano, metteva sempre una buona parola in famiglia. E
improvvisamente si rese conto che non aveva mai abbracciato suo zio,
non gli aveva mai detto quanto gli fosse affezionato, e non avrebbe
potuto più farlo.
Poi fu come se la bolla
in cui aveva relegato tutta la sua sofferenza esplodesse dentro di
lui. Mentre le lacrime gli solcavano il viso, incapace di
trattenerle, Regulus le fu grato quando Rachel fece finta di non
accorgersene.
Diversi minuti e parecchi
tentativi di recuperare l'imperturbabilità dopo, Rachel fu
comunque
la prima ad uscire dalla stanza, perché Regulus doveva
ancora
assicurarsi di essersi ripreso del tutto e di aver superato
l'imbarazzo.
La ragazza raggiunse
Sirius nel salotto. Lui stava parlando con James ma, quando la vide
entrare, la guardò con un'espressione tesa. Lei non ebbe la
forza di
sorridere, non era giusto, ma gli rivolse un cenno d'intesa.
« Grazie per quello che
hai detto. »
« Sono cose che penso
veramente » rispose lui. « Spero che vi siano
servite di lezione. »
« Direi di sì.
»
Sirius tacque, perché in
quel momento Regulus li aveva raggiunti. Si guardarono in silenzio,
senza sapere cosa dire, per parecchio tempo. Poi Rachel si mise a
guardare con molta attenzione fuori dalla finestra, e James si
avvicinò allo specchio nel vano e improbabile tentativo di
darsi
un'aggiustata ai capelli.
Regulus per alcuni
istanti non fece nulla, poi si limitò ad assestargli una
rapidissima
pacca sulla spalla in segno di gratitudine.
L'atmosfera si era fatta
così imbarazzata che tutti accolsero con sollievo le parole
di
James:
« Vi va un po' di Whisky
Incendiario? »
Cinque minuti dopo erano
tutti seduti sul divano e le poltrone, sorseggiando i loro bicchieri
di Whisky con aria cupa. Erano rimasti in silenzio fino a quel
momento, quando Sirius parlò.
« La prima volta che
l'ho bevuto ero a casa sua » disse, e tutti capirono che si
stava
riferendo ad Alphard. « Mi sono intrufolato nel salotto
quando
nessuno mi poteva vedere e ne ho rubato una bottiglia. »
« E mi hai fatto quasi
ubriacare spacciandolo per Succo di Zucca. Avevo otto anni »
aggiunse Regulus, facendo spuntare qualche sorriso incerto.
« Ma io ero convinto che
lo fosse. Ed eri stato tu a dirmi che lo volevi. Alphard comunque non
me l'ha mai perdonato, era terrorizzato all'idea che i nostri
genitori pensassero che ci faceva bere alcolici già da
bambini. »
« E l'hanno scoperto?
»
chiese Rachel, sforzandosi di continuare quella strana conversazione.
« Per fortuna no,
altrimenti non lo avremmo più visto » rispose
Sirius, bevendo un
altro sorso. « Però Regulus è stato
malissimo. Quasi peggio di
Kreacher quando gli ho rifilato la Burrobirra. »
« Sirius, fattelo dire:
hai fatto dannare parecchio tuo zio » commentò
James, ridacchiando.
« Lo so... Vorrei tanto
sapere se adesso si trova da qualche parte e sta bene »
aggiunse
Sirius, cupo.
Ci fu un'altra pausa di
silenzio, poi Regulus rispose.
« Credo di sì.
»
Gli altri tre gli
lanciarono un'occhiata interrogativa, ma lui non abbassò lo
sguardo.
Sirius parve sollevato quando si rese conto della sicurezza con cui
suo fratello aveva risposto.
« Propongo un brindisi a
vostro zio » disse James ad un certo punto, spezzando la
tensione.
Mentre brindavano ad
Alphard, Regulus si ritrovò a sperare che quel sogno fosse
stato
davvero reale, perché l'idea che suo zio fosse lì
da qualche parte,
ad osservarli e ridere degli aneddoti che avevano raccontato, lo
faceva sentire meglio.
Scusate per
l'ennesimo capitolo
triste. Prima o poi doveva capitare qualcosa per cui
Rachel sentisse la responsabilità di aver usato la
Giratempo.
Come le aveva detto Alphard, non era uno scherzo, e alcune conseguenze
avrebbero potuto tormentarla per sempre. Ha fatto una scelta che
comporta delle responsabilità gravi, e non può
uscirne
senza alcun dubbio o senso di colpa, sarebbe irrealistico e anche
ingiusto.
Il sogno di Alphard vedetelo come volete, che crediate o no in questo
genere di sogni. Era solo un modo per salutarlo in modo meno tragico.
Non so voi, ma rivedere Sirius tramite la Pietra della Resurrezione nei
Doni della Morte mi ha fatta sentire meglio, e spero che sia stato
così anche per lo zio. =(
Non vedevate l'ora di assistere ad un incontro tra Regulus e James, e
di sicuro speravate in un'occasione più allegra, ma ci
saranno
altri momenti meno tristi, promesso!
Ho finito gli esami e fino a marzo voglio scrivere tantissimo, sempre
se
l'ispirazione mi assiste. Adesso per esempio corro a scrivere una scena
che ho elaborato stanotte mentre ero in preda ad uno dei miei attacchi
d'insonnia XD
Prossimo capitolo: 1° marzo
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Capitolo 39 *** Il testamento ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 39
Il testamento
La porta si chiuse alle
sue spalle, e Regulus si guardò intorno con scetticismo.
Casa Puddle
sembrava molto meno in rovina di quando l'aveva vista per la prima
volta. Ormai era trascorso quasi un anno da quando si era svegliato
sul tappeto di fronte al camino, grondante e sputando acqua dai
polmoni, con Rachel e Kreacher accanto a lui, prima in preda al
terrore, poi sollevati. Non riusciva a credere che fosse passato
così
tanto tempo; certi ricordi erano ancora vividi nella sua memoria, e
non li avrebbe mai rimossi.
« È
proprio necessario? » non poté fare a meno di
chiedere, esprimendo
il dubbio che aveva fin dall'inizio.
Sirius alzò gli occhi al
cielo, ma Rachel gli rispose.
« Lo so che non è il
massimo, ma è il posto più sicuro per te. Nessun
Mangiamorte
verrebbe mai a cercarti in una vecchia casa Babbana. »
« Mould-on-the-Wold è
un villaggio semimagico » ribatté lui, riflettendo
su quanto fosse
strano per lui temere più i maghi dei Babbani.
« Le poche famiglie di
maghi che sono rimaste non sapranno mai nulla di te » gli
rispose
Sirius. « Ho infarcito la casa di incantesimi di protezione,
e uno
di questi impedisce a chiunque si trovi fuori di vederti, anche se ti
affacci alla finestra. E se di notte accendi la luce, all'esterno la
casa apparirà sempre al buio. Modestia a parte, sono sempre
stato un
genio per questo tipo di magie. »
« E sei abbastanza
vicino a casa mia, così in caso di emergenza posso arrivare
anche a
piedi » aggiunse Rachel.
Regulus ignorò l'ultima
affermazione di Sirius, ma si convinse. Dopotutto non poteva restare
a casa di suo fratello. E almeno avrebbe evitato ulteriori imbarazzi.
Casa Puddle in fondo non
era male, ed era anche troppo grande per un solo inquilino. Regulus
la ricordava molto più sporca ma Aster aveva fatto un ottimo
lavoro,
il giorno prima. L'elfo domestico che un tempo era appartenuto ad
Alphard sarebbe rimasto con Regulus dal momento che, come Sirius non
aveva perso l'occasione di ricordare, non sapeva prepararsi neanche
un uovo fritto.
A Regulus Aster piaceva,
anche perché lo conosceva da quando era piccolo, ma sentiva
la
mancanza di Kreacher. Gli faceva pena immaginarlo a Grimmauld Place,
tutto solo insieme a sua madre e obbligato a non rivelarle nulla. Non
dire la verità alla padrona sarebbe stato difficile per il
vecchio
elfo domestico, ma Kreacher aveva giurato di non parlare, e Regulus
era sicuro che avrebbe mantenuto la parola. Poi gli aveva ordinato di
non punirsi.
« Adesso ascoltami molto
attentamente » disse Sirius, distogliendolo da quei pensieri.
Aveva
un'espressione vagamente canzonatoria, notò Regulus con
sospetto. «
Prima che me ne vada, devo insegnarti a sopravvivere qui dentro.
Reggiti forte perché stai per assistere alla prima lezione
di
Babbanologia della tua vita. »
Regulus incrociò le
braccia.
« Mi rifiuto. Sono
perfettamente capace di sopravvivere anche senza i tuoi consigli.
»
« D'accordo, allora
perché non mi fai vedere come accendi la luce? »
lo sfidò Sirius,
con un'aria sempre più derisoria.
Regulus si guardò
intorno. C'erano alcuni oggetti che potevano essere lampade, che
tuttavia non avevano il contenitore per l'olio, ma solo un bulbo di
vetro. Dopo alcuni istanti di silenzio teso, Regulus estrasse la
bacchetta ed evocò delle sfere luminose che iniziarono a
fluttuare
sopra le loro teste. Notò con irritazione che Sirius era
scoppiato a
ridere. Rachel invece non sapeva se ridere a sua volta o preoccuparsi
perché nemmeno lei aveva la più pallida idea di
come accendere la
luce senza magia.
« Forse hai bisogno dei
miei consigli, invece » disse Sirius. Poi si
avvicinò ad un bottone
sulla parete e lo premette. Un istante dopo, il lampadario appeso al
soffitto si illuminò. Perplesso, Regulus vide che erano i
bulbi di
vetro che emanavano luce, ma all'interno non sembrava esserci fuoco.
I Babbani erano proprio strani, pensò con una smorfia.
« Bè, non vedo la
differenza. La mia luce magica è migliore perché
si può spostare »
affermò, facendo muovere le sfere luminose con un pigro
movimento
della bacchetta. « Non mi impedirai di usare la magia.
»
« Fai come ti pare, ma
ci sono un paio di cose che devi sapere per forza. Seguitemi in
cucina tutti e tre. »
Sirius li condusse nella
stanza accanto e si fermò accanto a una brutta cassa
verticale.
Regulus ne aveva visto uno identico a casa di Sirius: sapeva che si
chiamava frigoreforo, o qualcosa dei simile, e che
manteneva
freddi gli alimenti. Si era già chiesto a cosa gli servisse,
quando
esistevano degli incantesimi appositi per congelare il cibo, ma il
fratello gli aveva risposto alzando gli occhi al cielo e sbuffando.
Sirius, ad ogni modo, stava indicando quelli che sembravano dei
fornelli.
« I Babbani non sanno
evocare il fuoco dal nulla, quindi si servono del gas per cucinare.
Questa manopola serve per aprirlo o chiuderlo. Assicuratevi sempre
che sia chiuso, visto che Aster userà la magia. Se invece
sentite
puzza, significa che è aperto. In questo caso non provocate
per
nessuna ragione neanche la minima scintilla, altrimenti la casa
esploderà. »
L'aveva detto con una
tranquillità sconcertante, ma Regulus era sconvolto.
« Mi stai dicendo che
devo vivere in una casa che potrebbe esplodere da un momento
all'altro? »
« Mi hai sentito? Basta
fare attenzione. »
« Le case Babbane sono
pericolose » commentò, indignato.
« Oh, non dirmi che hai
paura di qualche macchinario Babbano... »
Regulus lo incenerì con
lo sguardo.
« Certo che no. »
« Ecco. Adesso torniamo
in salotto. »
Sirius si diresse verso
una grossa scatola con un vetro solo nella faccia posteriore, e prese
una cosa simile ad una bacchetta, solo più larga e piatta e
con
tanti bottoni. Poi ne premette uno.
Un istante prima nella
casa regnava il silenzio, poi scoppiò il finimondo. Lampi,
botti e
urla invasero la stanza. Prima di riuscire a ragionare, Regulus
tirò
Rachel per un braccio gridando « Giù! »
e si gettò per terra,
trascinandosela dietro e accovacciandosi dietro il divano per
ripararsi dai colpi.
Come avevano fatto a
trovarlo così presto? Dove si erano nascosti?
Sentiva le esplosioni e
le urla, ma non vedeva nulla. Anzi, la stanza sembrava tranquilla
come prima, tranne per una luce intermittente che si rifletteva sulla
parete dietro di lui. Rachel e Aster sembravano altrettanto
spaventati e confusi.
« Dov'è Sirius? »
chiese lei, cercando di sovrastare il frastuono.
Regulus si accorse di
avere il cuore in gola. E se l'avevano colpito?
Poi udì una risata. Una
risata fin troppo familiare.
Sempre più confuso, si
alzò lentamente, aspettandosi si essere colpito da un
momento
all'altro. E invece non accadde nulla, perché non c'era
nessun altro
a parte loro e Sirius, che si era gettato su una poltrona ed era
scoppiato a ridere fino alle lacrime.
« Sono lì dentro! »
esclamò Rachel, incredula, indicando la scatola.
Era vero. Tanti piccoli
omini a cavallo stavano correndo dentro la scatola, lanciando
incantesimi da strane bacchette metalliche che emettevano fumo e
scoppi. Il rumore proveniva da lì. Le bacchette metalliche
sembravano letali, visto che ad ogni colpo qualche avversario si
accasciava a terra.
« Ma che razza di...? »
Sirius continuava a
ridere e non accennava a farla finita tanto presto. Ancora col cuore
in gola, Regulus si rese improvvisamente conto di aver fatto una
figura terribile. Umiliato, lanciò al fratello uno sguardo
omicida.
Doveva assolutamente prenderlo a pugni per ripagare l'affronto, ma si
impose di calmarsi. Si era agitato fin troppo.
« Si può sapere che
razza di scherzo è? » protestò.
« Dovresti vedere la
faccia che hai fatto! » ululò Sirius.
« Basta, quando è
troppo è troppo! » sbottò Regulus,
infuriato. Gli puntò contro la
bacchetta e un attimo dopo la poltrona si rovesciò
all'indietro,
facendo rotolare via anche Sirius.
Almeno servì a farlo
smettere di ridere. Si rialzò a fatica, con un'espressione
di sfida.
« Ah, è così? » fece,
estraendo a sua volta la propria bacchetta.
« Fermi, padroni, per
carità! » esclamò Aster, frapponendosi
tra i due. « Aster non
vuole vedervi combattere. »
« Sì, fatela finita »
convenne Rachel, che si stava riprendendo. « Sirius, spiegaci
che
cosa sta succedendo dentro quella scatola. Sembra che qualcuno abbia
rapito delle persone, le abbia rimpicciolite e infilate lì
dentro
con dei costumi d'epoca. »
Sirius ridacchiò ancora.
« Non sono veri, sono
soltanto immagini. Molti Babbani guardano la televisione per passare
il tempo. »
Regulus era ancora
arrabbiato, e impiegò una mezzora per capire il
funzionamento dei
canali e la differenza tra vari tipi di programmi, film e altre cose
che non aveva mai visto né sentito, e un'altra ancora per
imparare a
usare quello che Sirius aveva chiamato telecomando. Doveva ammettere
che era un'invenzione ingegnosa, ma lo pensò e basta: al
contrario,
disse che non avrebbe mai guardato quella televisione. Era piena di
Babbani, e lo sport era orribile.
« Non hanno nemmeno i
Bolidi » constatò, disgustato, quando Sirius gli
fece vedere una
partita di calcio. « E quando i giocatori si fanno male, li
sostituiscono? Ma non vale, che gusto c'è? »
« Ma vuoi fare silenzio?
» disse Sirius, l'ennesima volta in cui Regulus fece un
commento
negativo. « Per gli slip di Merlino, guardare la TV con te
è peggio
che guardarla con un'anziana signora sorda e petulante. »
Al contrario di Regulus,
Rachel era affascinata dalla televisione, anche troppo. Sembrava
trovare eccezionale qualsiasi cosa.
« Oh, Sirius, guarda
quello! » esclamò dopo un po'. « Gli
somigli molto. »
In effetti era vero, notò
Regulus, guardando un tipo che indossava un giubbotto di pelle e se
ne stava accanto ad una moto simile a quella di Sirius.
« No, è lui che
somiglia a me » replicò Sirius con una risata.
Regulus alzò gli occhi
al cielo, chiedendosi se sarebbero mai tornati a parlare di cose
serie.
Purtroppo lo fecero, e
molto presto. Quando Sirius tornò a trovarlo quella sera,
Regulus
non si aspettava di vedere arrivare anche Perseus. Dal momento che il
fratello adesso gli sembrava di pessimo umore – e, per quanto
potesse sembrare incredibile, ancora più di Perseus
– Regulus si
rivolse a quest'ultimo per avere spiegazioni.
« Cosa avete fatto? »
« Siamo andati alla
lettura del testamento » rispose l'uomo, incupito, mentre
Sirius si
rifugiava in cucina a saccheggiare la dispensa. «
È
proprio di questo che devo parlarti. »
Regulus strinse i pugni,
nervoso, ma gli fece cenno di entrare nel salotto. Per un po' era
riuscito a lasciare da parte il dolore per la morte di Alphard, ma
non poteva scappare in eterno. La malinconia tornava di continuo, e
non lo lasciava mai stare.
Quando si furono seduti
l'uno di fronte all'altro, la televisione finalmente spenta, fu
Perseus a parlare per primo.
« Immagino che tu ti
stia chiedendo cosa c'entro io col testamento di Alphard. »
« No, insomma... eravate
amici... » bofonchiò Regulus, imbarazzato, ma lui
gli fece cenno di
tacere.
« Sono solo un
prestanome. Anche se Crouch e i Mangiamorte adesso sanno che sei
vivo, a quanto pare hanno preferito non far trapelare la notizia,
quindi Alphard non avrebbe potuto lasciarti nulla, almeno
ufficialmente. Così mi ha chiesto di fare le tue veci...
»
« Ne avevate già
parlato? » lo interruppe Regulus, depresso.
Lui annuì, con l'umore
altrettanto sottoterra.
« Ha deciso di correre
ai ripari da quando i Mangiamorte lo hanno preso di mira, e mi ha
chiesto di prendere la tua parte di eredità per poi
consegnartela
privatamente. »
« Può anche tenersi
tutto » disse Regulus, desideroso di non pensare alla morte
di suo
zio neanche in quell'occasione.
« Alphard sapeva che lo
avresti detto, e ha stabilito una percentuale che mi sarei potuto
tenere, ma devi essere tu a decidere se va bene. A me importa ben
poco, comunque. »
Regulus annuì.
« Può tenere quella
percentuale, e anche di più, se le serve. »
« Ti ringrazio...
Tornando al testamento, i suoi unici eredi siete tu, Sirius e vostra
cugina Andromeda. A quanto ne so, avrebbe voluto lasciare qualcosa
anche a Narcissa, ma Alphard ha preferito dare una mano a voi che
siete più in difficoltà. Ha lasciato la maggior
parte del suo
denaro a tuo fratello. Tu invece hai ricevuto una somma inferiore, ma
avrai anche il suo elfo domestico e la sua casa. A questo proposito
»
aggiunse Perseus, estraendo dalla tasca una busta sigillata e
porgendola a Regulus, che la prese con aria perplessa. « Qui
dentro
ci sono le chiavi, tra cui quella della sua biblioteca. È
una
divisione equa, perché la villa vale tanto, e spero che non
ci siano
problemi. »
« Certo. Il mio unico
problema è che non so se ce la farò a vivere
nella stessa casa in
cui lui è vissuto per anni... »
Regulus si interruppe, ma
non c'era bisogno di concludere la frase per capirne il senso.
« È
comprensibile ma... credo che tuo zio contasse molto sul fatto che tu
andassi a vivere lì, prima o poi. »
Regulus si morse il
labbro, indeciso. Non era sicuro di sentirsela.
« Potrai sempre usare
quei galeoni che ti ha dato per ristrutturarla » intervenne
Sirius,
affacciandosi nel salotto sgranocchiando un croccante. « A me
ha
comprato questa casa qualche anno fa, a te spetta quella,
naturalmente quando la proteggeremo con nuovi incantesimi. »
« Ci penserò... » disse Regulus.
« Alphard ha voluto
lasciarti anche qualcos'altro, anche se nel testamento ufficiale non
ne ha fatto cenno... » aggiunse Perseus.
I due fratelli tacquero,
incuriositi, mentre lui sembrava riflettere sul modo migliore di
affrontare l'argomento.
« Ha raccolto dei
ricordi, sia suoi che miei, perché pensava che a te e Rachel
sarebbero potuti tornare utili. »
« Perché lo pensava? »
chiese Regulus, teso.
« Credo che avesse
intuito qualcosa su quello che state facendo con Silente »
insinuò
Perseus.
Il ragazzo si sforzò di
restare impassibile, ma era difficile. Sirius, d'altra parte,
sembrava molto interessato.
« Cioè? »
« Io non lo so, so
soltanto che in qualche modo state cercando un modo per sconfiggere
Tu-Sai-Chi, ma non è questo il punto. Alphard vi ha lasciato
queste
informazioni ma a quanto pare ha badato più alla loro
sicurezza che
a quella personale, e io non vi so dire dove sono nascoste. »
« L'insistenza con cui
ha voluto che tu avessi casa sua mi sembra abbastanza sospetta
»
intervenne Sirius. « È
probabile che li abbia nascosti lì, da qualche parte.
»
« Infatti » convenne
Perseus, « anche perché non poteva andare altrove.
»
« Non ha lasciato altri
indizi? » chiese Regulus, preoccupato.
« No, dovrete cercarli »
concluse Perseus.
Fece per alzarsi, ma poi
si fermò, rivolgendosi di nuovo ai due ragazzi.
« Alphard era felice di
vedervi riappacificati. Ma so per certo che avrebbe voluto vedervi
collaborare contro Voi-Sapete-Chi. »
Poi se ne andò,
lasciando Regulus in preda all'ansia.
« Cos'è, un agguato? »
In effetti, a Regulus era
parso molto strano che, durante la visita di Perseus, Sirius non
avesse mostrato troppo interesse per la faccenda dei ricordi nascosti
di Alphard. Ma conoscendolo, avrebbe dovuto immaginare che il
fratello stesse progettando qualcosa. Per l'appunto, aveva aspettato
che Perseus se ne fosse andato; poi era entrato nella cucina dove
Regulus e Rachel stavano parlando, si era chiuso la porta alle spalle
e li aveva fissati con aria di sfida.
« Più o meno. Ora mi
direte tutto quello che non mi avete detto fino a questo momento,
altrimenti non vi farò uscire da questa stanza. »
« Non so di cosa parli »
fu il debole tentativo di Regulus.
« Smettila. Non mi hai
mai voluto dire cosa state tramando insieme a Silente, ma siamo
arrivati ad un punto in cui non potete più tenervelo per
voi. Voglio
sapere cosa avete scoperto su Voldemort e cosa state facendo per
combatterlo, adesso » disse Sirius, e non aveva mai parlato
tanto
chiaramente.
Regulus e Rachel si
guardarono, nervosi; ognuno sperava che l'altro dicesse qualcosa per
trarsi d'impaccio, ma si resero conto di non avere altre
possibilità,
se non quella di continuare a tacere.
« Non possiamo dirtelo,
Sirius » disse Rachel.
« Fate come volete,
resterò qui a impedirvi di uscire. »
« Certo che ti dai un
bel da fare per renderti sempre più odioso... »
« Faccio del mio meglio
» convenne Sirius.
« Quello che ti abbiamo
voluto nascondere è una cosa seria, quindi se fai il
buffone, non te
la dirò mai. »
« Andiamo, sono la
persona più affidabile del mondo! Credete che se non fossi
affidabile, James mi avrebbe nominato padrino di suo figlio? Ok
»
aggiunse, notando le espressioni scettiche dei due. « Lo
avrebbe
fatto lo stesso, ma non è questo il punto. »
Regulus inarcò un
sopracciglio, scettico.
« Lo dirai anche a lui, vero? »
Sirius esitò, ma alla
fine annuì.
« Assolutamente sì. »
« Almeno sei sincero. »
Regulus sbuffò, nervoso.
Non poteva mentire a se stesso: un aiuto in più avrebbe
fatto comodo
a tutti e due. Ma non voleva che Sirius corresse più rischi
di
quanti ne correva già, e di questo era assolutamente
convinto.
« Se non me lo volete
dire perché Silente vi ha chiesto di non farlo...
» esordì Sirius,
ma fu interrotto dalla replica piccata di Regulus.
« Se pensi che esegua
gli ordini di Silente come un cagnolino ti sbagli di grosso.
»
« Non oserei mai pensare
una cosa simile, figurarsi » lo prese in giro Sirius.
« Regulus? » lo chiamò
Rachel, con un tono strano. Lui si voltò verso di lei,
inquieto. «
Sai, forse dovremmo dirglielo. Credo che Crouch stia cercando di
tenermi d'occhio, e non posso più muovermi liberamente come
prima...
Tu neanche a parlarne, e Silente ha tante altre faccende da gestire.
Sirius potrebbe darci una mano... »
« Ecco, da' retta a lei
» disse Sirius, mentre Regulus la guardava con aria
inorridita. « E
poi lo voleva anche nostro zio. »
« Che significa che
Crouch ti tiene d'occhio? »
Lei alzò le spalle.
« Quando mi ha
interrogata non ha avuto modo di incastrarmi, ma continua a
sospettare di me, quindi ho paura che mi farà pedinare di
continuo.
»
Regulus sbuffò di nuovo,
scrutando Sirius con indecisione. Rachel non aveva torto, la loro
situazione si era complicata, e suo fratello sarebbe stato d'aiuto...
« E va bene, te lo dirò
» disse alla fine, rassegnato.
« Finalmente. »
Regulus si rivolse a
Rachel.
« Puoi raccontare tu?
Non mi va di ripetere tutta la storia per la terza volta. »
« Certo » rispose lei,
comprensiva.
Rachel aveva finito di
parlare da un po', ma nessuno era ancora in grado di aprire bocca e
fare commenti. Sirius era impressionato e sconvolto, e Regulus
pensò
di aver fatto bene ad avvertire Rachel di non spiegare proprio
tutto... Ma poi Sirius formulò la domanda che lui
aveva temuto.
« Scusa, come pensavi di
scappare da quel lago senza nessuno che ti aiutasse? »
Regulus non avrebbe
voluto rispondere, e non se ne spiegava il motivo. Forse non gli
piaceva ricordare quell'episodio, o forse, pensò, i motivi
che lo
avevano spinto ad andare a morire erano talmente intimi che non gli
sarebbe piaciuto svelarli.
« Non pensavo di
scappare » ammise, senza guardarlo.
Sirius trattenne il
respiro.
Regulus continuò a non
guardarlo, indeciso su come sentirsi. Qualche anno prima avrebbe dato
qualsiasi cosa per dimostrare di essere più in gamba di lui,
ma
adesso non gli importava più, e il suo silenzio lo metteva a
disagio. Ma doveva ammettere di provare una punta di soddisfazione
nel vedere il volto pallido di Sirius, che in passato gli aveva dato
del vigliacco diverse volte.
« Quindi... quanti ne
avete distrutti di quei cosi? » chiese lui, cercando di
riprendere
il controllo di se stesso e di deviare il discorso.
« Tre Horcrux sono fuori
uso » rispose prontamente Rachel. « Ma non sappiamo
ancora quanti
ne mancano. Silente pensa che Voldemort ne abbia voluti creare sette,
perché è un numero fondamentale, ma non sappiamo
né se li ha
creati tutti, né di che tipo di oggetti si tratta... anche
se
sicuramente sono manufatti preziosi. »
« Bè » fece Sirius,
pensieroso. « Se Silente ne rintraccia un altro, e voi non
potete
muovervi liberamente, io posso aiutarvi a recuperarlo. Qualunque cosa
pur di fermare Voldemort. »
« Grazie » disse
Rachel.
Calò di nuovo un altra
pausa di silenzio, finché Sirius non si rivolse a Regulus,
perché
ormai gli era impossibile continuare a fare finta di nulla.
« Dovevi essere scemo o
ubriaco per andare a farti ammazzare in quel modo »
commentò, con
il suo impareggiabile tatto.
Regulus provò a
sospirare, ma gli uscì qualcosa di molto simile ad un
ringhio.
« Mi basterebbe che tu
non facessi commenti. »
« Sai perfettamente cosa
intendevo dire. »
Dopo quell'affermazione,
l'atmosfera si fece talmente tesa che Rachel si affrettò a
trovare
una distrazione qualsiasi, e si interessò molto alle
lancette
dell'orologio a muro che ticchettavano ogni secondo.
Regulus si sentiva
stupidamente emozionato, ma anche terribilmente imbarazzato.
Sì che lo sapeva. Non
avrebbe mai sperato che suo fratello gli dicesse di essere fiero di
lui, tanto meno in un modo esplicito, ma in quel momento sapeva che
le cose stavano esattamente così. Ma forse questa volta
neanche a
Sirius bastava.
« Sei stato... molto
coraggioso » ammise, con tutta l'aria di chi sta provando a
masticare del cemento armato. « Forse non saresti stato tanto
male
come Grifon- »
« Sirius! » sussurrò
Rachel, inorridita.
Quello era veramente
troppo. Regulus scattò in piedi, fuori di sé, e
gli puntò la
bacchetta a due centimetri dal naso.
« Non-osare! » lo
minacciò. « Ti fa
più comodo dire che sono nella Casa sbagliata
perché non vuoi
ammettere che il coraggio non appartiene solo a quelli come te. Io
resto un
Serpeverde, e sono fiero di esserlo. È chiaro? »
« Non c'è dubbio. Hai
il senso dell'umorismo di un Serpeverde tonto, visto che te la prendi
per ogni minima provocazione » rispose Sirius, con
un'espressione
ironica.
Regulus ripose la
bacchetta, deciso a ignorarlo, almeno per quella volta. Forse aveva
un po' esagerato con quella sfuriata, pensò.
« Comunque... grazie per
quello che hai detto prima... » bofonchiò,
ingoiando il proprio
orgoglio.
« Di nulla » rispose
Sirius. Stavolta il suo sorriso non era ironico né
sarcastico.
Sembrava soltanto colmo di ammirazione.
« Voi due non siete
normali. Ve ne rendete conto, vero? »
***
Ora che Voldemort sapeva
che Regulus era vivo, probabilmente doveva saperlo anche la spia,
quindi fu Silente stesso a darne la notizia all'intero Ordine della
Fenice.
Se Malocchio reagì con
un pratico « Ottimo, informatori nuovi sono sempre utili
», molti
altri furono più scossi. L'unica dei ragazzi ad aver
mantenuto la
calma era Lily, che al contrario non sembrava affatto sorpresa.
« Lo sapevi già? » le
chiese Sirius, lanciando a James un'espressione preoccupata, e quello
la ricambiò a sua volta, incredulo.
« Avevo sospettato
qualcosa, in effetti. James si comportava in modo strano, certe
volte... ma ho deciso di non chiedergli spiegazioni per non metterlo
in crisi e costringerlo a tradire la tua fiducia, Sirius. Sarebbe
stato capace di punirsi da solo come un elfo domestico »
disse la
ragazza.
« È
per questo che l'ho sposata » affermò James,
sollevato. « Lei sa
cos'è davvero importante per me. »
« Io invece non mi ero
accorto di nulla » commentò Peter, senza
espressione.
« Mi dispiace di non
avertelo detto prima » gli disse Sirius, ma l'altro fece
spallucce.
« Non fa niente » rise
nervosamente.
Per diversi secondi,
anche i fratelli Prewett erano rimasti senza parole, evento molto
raro. Poi Fabian ruppe il silenzio, allentando la tensione come
sapeva fare meglio.
« Questo significa che
non sei più libera? » chiese a Rachel, che fino a
quel momento
aveva temuto la reazione di tutti. « Peccato! Volevo
organizzarti
degli incontri al buio con un mio amico. E ora cosa gli racconto?
»
Lei dovette sforzarsi per
restare seria, mentre Gideon iniziava a sghignazzare.
« Ti avevo detto di
avvertirla prima, Fabian. Comunque, siamo contenti per voi, ma
dovrete essere puniti per essere stati così diabolicamente
bugiardi.
Aspettatevi uno scherzo di quelli pesanti, uno di questi giorni.
»
Rachel esitò, poi vide
un sorriso sul suo volto e si sentì più
sollevata. Aveva temuto che
la prendessero peggio. Poi lanciò delle occhiate dubbiose in
direzione delle due ragazze di fronte a lei.
Emmeline e Dorcas
sembravano avere ancora bisogno di un attimo per riprendersi.
« Non ci posso
credere... » aveva commentato la prima, incapace di
aggiungere
altro. Poi andò ad abbracciarla.
« Non... non ce l'hai
con me per non avertelo detto? » le chiese Rachel,
preoccupata.
Emmeline scosse la testa.
« Un po', ma non
importa. Sono contenta che Regulus sia cambiato, davvero. »
Dorcas invece non
sembrava proprio della stessa opinione degli altri.
« Avresti dovuto dirmelo
» affermò con un tono calmo ma deciso, e si
rivolgeva
esclusivamente a Rachel.
« Lo so, mi dispiace. »
« Non fraintendermi,
anche io sono felice per te, ma mi sento presa in giro. Pensavo che
stessi male sul serio e mi sono preoccupata per te, ho cercato di
aiutarti con l'Incanto Patronus, e invece stavi solo recitando.
»
Rachel non poté
biasimarla. Si era già sentita in colpa tante volte proprio
per
quella ragione.
« All'inizio non fingevo
per niente. Non... non sapevo che Regulus fosse ancora vivo »
provò,
mortificata.
« Poi però l'hai
saputo, e hai continuato. »
« Dorcas, hanno dovuto
mentire per forza. Tu avresti fatto lo stesso per proteggere una
persona a cui tieni » intervenne Sturgis. Era la prima volta
che
parlava con un tono così deciso, e la sua stessa sorpresa lo
fece
arrossire. Rachel sentì un gran moto di affetto nei suoi
confronti,
e gli sorrise, riconoscente.
« Non cerco
giustificazioni, ero spaventata all'idea di perderlo di nuovo.
Scusa... »
Dorcas sospirò.
« Non devi scusarti »
disse, abbassando la voce per non farsi sentire dagli altri.
« Avrei
solo voluto la tua stessa fortuna. »
Rachel si sentì
stringere il cuore, ricordando di quando Dorcas le aveva raccontato
della morte di Marlene McKinnon. Era la sua migliore amica, ma lei
non era mai stata salvata grazie a un viaggio temporale.
Aveva provato a rifuggire
quei pensieri per mesi e mesi, ma ora non poteva più farlo.
Ogni
giorno che passava, capiva sempre di più tutti gli
avvertimenti che
Alphard le aveva dato prima di portarla all'Ufficio Misteri.
Ultimamente aveva visto morire tante persone, ma loro non erano
tornate indietro. Non c'era nulla di giusto in tutto ciò.
Decidi con cautela.
Potresti avere dei rimorsi di cui non ti libererai mai. Era
stato
Alphard a dirglielo. E quando lui era morto, si era sentita
esattamente così.
Sono disposta a
sopportarli, aveva risposto, ignara. Era molto più
facile dirlo
che metterlo in pratica. Ormai aveva quasi scordato cosa significasse
sentirsi in pace con la propria coscienza. E lo stato d'animo di
Dorcas non faceva che contribuire a peggiorare il suo.
« Mi dispiace per
Marlene » le disse, rendendosi conto di quanto quelle parole
apparissero vuote.
Si sentiva in colpa,
perché se aveva usato la Giratempo per salvare Regulus,
perché non
avrebbe dovuto farlo per Marlene, o Edgar e tutti gli altri? Ci aveva
pensato spesso, anche se le circostanze in cui tutti loro erano morti
non permettevano intrusioni temporali. Quello di Regulus era stato un
caso eccezionale, dato che gli unici testimoni erano degli Inferi. Ma
Alphard aveva fatto sparire nel nulla la Giratempo. Forse aveva
previsto che lei ci avrebbe provato, e l'aveva distrutta,
chissà.
Dentro di sé, sentiva che sarebbe stata impossibile da
recuperare, e
questo la rattristava, perché vedere Dorcas in quello stato
le
faceva male.
« Non fare quella
faccia, non devi di certo sentirti in colpa » le disse
l'altra, come
leggendole nel pensiero. « Sono i Mangiamorte che l'hanno
uccisa che
devono pagare » aggiunse, stringendo i pugni e digrignando i
denti.
« Promettimi che chiederai a Regulus se sa chi è
stato, o qualsiasi
cosa possa tornarmi utile. Sono quasi due anni che li cerco.
»
« Glielo chiederò, te
lo prometto » rispose Rachel.
***
Dorcas aveva visto Gideon
avvicinarsi con la massima prudenza, ma fece finta di non averlo
notato, neanche quando lui la chiamò più volte,
almeno finché non
cercò di richiamare la sua attenzione provando a farle il
solletico.
« Non lo soffro » gli
ricordò, senza battere ciglio.
« Ma ha funzionato.
Credevo ti fossi persa la lingua da qualche parte. »
« Te ne vai, sì o no? »
« No, voglio stare qui »
rispose lui, facendola fremere di rabbia.
« Se vuoi rimanere,
fallo, ma resta in silenzio » lo avvertì.
Gideon per un po' non
disse nulla, limitandosi a sedersi e iniziando a tamburellare le dita
contro il tavolo. Dorcas chiuse gli occhi e trattenne il respiro per
costringersi a non sbottare, ma dopo due minuti quel ticchettio
l'aveva esasperata.
« Finiscila! »
« Cara, cosa ti turba?
»
« Non chiamami in quel
modo. »
« Te l'ho mai detto che
sei molto dolce? »
Dorcas si mise le mani
tra i capelli, esasperata.
« Gideon, non sono in
vena di scherzare. Che accidenti vuoi da me? »
« Va bene, te lo dico »
disse lui, alzandosi in piedi e raggiungendola. Aveva assunto
un'espressione molto più seria. « E visto che non
ti piacciono i
discorsi lunghi o, se vogliamo dirla tutta, smetteresti di ascoltarmi
dopo sessanta secondi, te lo dirò in breve. Ti manca
Marlene, vero?
»
Lei lo fulminò con lo
sguardo.
« Complimenti per
l'intuito. Mi hai spiata mentre ne parlavo con Rachel? »
rispose,
sarcastica.
« Veramente no. Non ho
bisogno di origliare le tue conversazioni per sapere cosa ti passa
per la testa. »
Dorcas si rifiutò di
guardarlo.
« All'inizio ero rimasta
male con Rachel. Mi ricordava me stessa dopo la morte di Marlene
»
ammise, anche se confessarlo la faceva stare male, ma sentiva il
bisogno di sfogarsi. « Mi sono offerta di aiutarla con
l'incanto
Patronus, le ho pure parlato di quello che mi era successo... E
scoprire che mi teneva nascosta una cosa del genere mi ha dato
fastidio. Ma la capisco. Al posto suo avrei fatto di tutto per
evitare che a Marlene fosse torto solo un capello, anche mentire a
chiunque altro sulla faccia della terra... »
« Lo so » confermò
Gideon. « Voi due eravate come me e Fabian, o come Black e
Potter,
solo meno divertenti... almeno tu, Marlene era molto spiritosa.
»
Dorcas lo guardò male.
Era serio, lo capiva, ma non riusciva a capire il suo bisogno di fare
sempre battute anche nei momenti peggiori. Magari lo aiutavano ad
andare avanti. Forse avrebbe dovuto prendere esempio da lui,
pensò.
« Secondo lei io ero
molto divertente » protestò.
« Sì, lo sei quando sei
sarcastica o tratti male le persone. Non lo sei quando tratti male
me, però. »
« Io invece dico di sì.
»
Dorcas non era molto
convinta che il metodo di Gideon funzionasse, perché non
aveva la
minima voglia di scherzare. Non poteva fare a meno di domandarsi
perché le era capitato proprio quel destino,
perché non poteva
essere Marlene a riemergere e annunciare di non essere mai morta...
non era giusto, o per lo meno, non aveva la minima logica.
« Sai, manca molto anche
a me » ammise Gideon.
Dorcas lo guardò,
sorpresa.
« Davvero? »
« Certo. Anzi, ogni
tanto sento la sua vocina nella mia testa. »
Lei lo guardò fisso, in
perfetto silenzio per diversi secondi.
« D'accordo, che ti sei
fumato? »
« Niente, giuro. »
« Giusto, sei matto già
di tuo » disse Dorcas, e si ritrovò a sorridere
senza spiegarsene
il motivo. « E che cosa ti dice, questa voce? »
« Che dovresti accettare
il fatto che, anche se non potete parlare o scherzare tra di voi come
un tempo, lei non ha mai smesso di esistere. Il suo ricordo fa parte
di tutti noi. »
« Molto consolante »
commentò lei, sarcastica.
« Che dovresti smettere
di essere così brusca, perché il tuo è
soltanto un modo per
difenderti allontanando il resto del mondo... »
proseguì lui, senza
darle retta.
« Non è vero... »
« E che non è carino
rompere il setto nasale di un poveretto sbattendogli la porta in
faccia » concluse Gideon, ridacchiando.
Per alcuni istanti lei lo
fulminò. Ma poi pensò che era esattamente quello
che Marlene le
avrebbe detto.
E alla fine, senza
rendersene quasi conto, si ritrovò a sorridere a sua volta.
E' un
peccato che Regulus
non sia rimasto a casa di Sirius, ma con Peter che gironzola da quelle
parti era meglio evitare... casa Puddle ve la ricordate, vero? Non
sapevo quando l'avrei utilizzata di nuovo, ma immaginavo che mi sarebbe
stata utile, e infatti è così. ^^
Il tizio con la
moto e il
giubbotto di pelle che vedono in tv ovviamente è Fonzie XD
Avevo
promesso di far scoprire a Regulus la tv, e Happy Days è
l'unico
programma che conosco e che di sicuro veniva trasmesso in UK in quegli
anni. E poi Alohomora e fuckinmind ci tenevano, quindi le ringrazio per la chiacchierata che mi ha ispirato questa scena XD
E' un sollievo liberarsi di qualche segreto: ora l'Ordine sa di
Regulus, e Sirius sa degli Horcrux e che a certi Serpeverde coraggiosi
non piace essere accomunati ai Grifondoro XD
Prossimo capitolo: 15 marzo
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Capitolo 40 *** La terza volta ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 40
La terza volta
Luglio 1980
« E la chiamano estate »
fu il primo commento di Sirius, non appena fece il suo ingresso al
quartier generale dell'Ordine della Fenice, sfilandosi il mantello
zuppo di pioggia e iniziando ad asciugarlo a colpi di bacchetta.
In casa c'erano già
quasi tutti, tranne Frank, Alice, Emmeline e Moody. Sturgis era
sparito da qualche parte e Dedalus portava dentro la legna, mentre
tutti gli altri erano in salotto, in attesa.
Non appena i due nuovi
arrivati vi entrarono, si gettarono letteralmente sul divano. James
era così fradicio che i suoi capelli sembravano
miracolosamente
quasi piatti.
« Com'è andata la
ronda? » chiese Peter.
« Male. Noiosa come al
solito. Non abbiamo potuto Schiantare nessuno »
bofonchiò Sirius,
rancoroso e di cattivo umore.
« Quindi bene » fece
James, dando una pacca consolatoria a Peter, che all'inizio sembrava
essersi spaventato. In realtà non pareva rassicurato neanche
dopo,
ma nessuno dei presenti vi fece caso. « Che state combinando
qui? »
« Aspettiamo che arrivi
Malocchio per iniziare la riunione, ma ha da fare con gli Auror, e
non sappiamo quando si libera » rispose Dorcas, senza alzare
gli
occhi da alcuni documenti che si era portata dal lavoro.
« Lily! » esclamò
James all'improvviso, come se l'avesse vista solo in quel momento.
« Che c'è? » fece lei,
perplessa.
« Che cosa ci fai qui? »
le domandò lui, scattando in piedi e raggiungendola.
Lei aggrottò la fronte,
lanciandogli uno sguardo indagatore.
« Perché, non dovrei? »
« Bè, sai... il
bambino... » fece lui.
Lily alzò gli occhi al
cielo.
« Oh, ora non dirmi che
non posso neanche partecipare alle riunioni dell'Ordine? »
protestò,
mettendo le mani sui fianchi. « Sono incinta, non ho il
vaiolo di
drago! »
« Come vuoi tu » si
arrese lui, sotto l'espressione soddisfatta della moglie.
Sirius tuttavia era
ancora di cattivo umore. Da quando Alphard era morto, gli succedeva
spesso di incupirsi all'improvviso e non rivolgere la parola a
nessuno, e questo era uno di quei momenti. Era meglio di quando
veniva assalito da attacchi di rabbia inconsulta, e per lo meno in
quel caso tutti sapevano più o meno cosa fare: lasciarlo
calmare da
solo e non disturbarlo.
Rachel decise di
andarsene in cucina a bere qualcosa, e Lily parve avere la stessa
idea.
« Puoi bere il Succo di
Zucca, vero? » le chiese Rachel, dubbiosa.
« Sì. È una delle
poche bevande che mi sono ancora concesse » rispose l'altra,
prendendo il bicchiere che lei le porgeva. « Grazie
».
Mentre bevevano, ognuna
concentrata sul proprio Succo di Zucca, rimasero in silenzio,
guardando in direzioni opposte per non incrociare gli sguardi, dal
momento che non sapevano cosa dirsi. Alla fine tuttavia Lily prese la
parola.
« Sirius non sta affatto
bene, in questo periodo. Ogni volta che ha quell'espressione mi
preoccupa ».
Rachel la guardò,
attenta.
« È
naturale che sia furioso. Lo sono anche io ».
« Scusa, non sapevo che
anche tu conoscessi bene suo zio ».
« Non quanto lui e
Regulus, ma Alphard mi ha aiutata molto » rispose Rachel,
pensando a
quanto gli doveva. Del resto, se suo padre non avesse litigato con
Alphard prima della nascita di lei, Rachel sarebbe arrivata a
considerarlo una persona di famiglia. E in un certo senso lui si era
comportato come tale da quando si erano incontrati.
Bevve un altro sorso e
riprese a parlare.
« Cosa ti preoccupa? Che
Sirius voglia uccidere Lestrange? Sarebbe il primo dell'Ordine della
Fenice ad uccidere un Mangiamorte? »
« No. È capitato anche
a qualcuno di noi, ma sempre e solo quando le uniche alternative
erano uccidere o essere uccisi. Lui invece vorrebbe farlo di
proposito, è diverso. Non che non lo capisca, ma
è una cosa che
preoccupa anche James, non solo me... »
« Credo di capire cosa
intendi. Non vorreste che scendesse al suo livello, ma secondo me
tutti noi vorremmo uccidere chi ci porta via qualcuno ».
« Quando ti capita di
ritrovarti di fronte alla persona che ha ucciso qualcuno a cui tieni,
anche se ci provi, è difficile riuscire a ucciderla sul
serio ».
Rachel sospirò.
« Forse hai ragione, io
non ci riuscirei. Ma credo che, più che per
nobiltà d'animo, non ne
avrei il coraggio » ammise. « Ma tu credi davvero
che Sirius sia in
grado di farlo? »
Lily alzò le spalle come
per dire che non lo sapeva, ma qualcosa nel suo sguardo fece intuire
a Rachel che doveva esserci qualcosa che non voleva dire.
A distrarle da quella
conversazione, ci pensò Alice, che le raggiunse in quel
momento,
seguita da Hagrid e Dorcas, la quale sembrava essersi stancata di
leggere le scartoffie di prima. Alice e Lily fecero per salutarsi con
un abbraccio, ma riuscirono solo ad avvicinarsi goffamente a causa
delle loro pance sempre più ingombranti. Così si
limitarono a
scambiarsi un sorriso, mentre Hagrid dava una pacca sulla schiena di
Rachel, facendole rovesciare il Succo di Zucca per terra. Dorcas fece
un sorriso divertito e le porse un altro bicchiere pieno.
« Grazie ».
« Frank e gli altri
stanno per arrivare » stava dicendo Alice, ringraziando poi
Hagrid
che le aveva portato una sedia. « Caspita, inizia a diventare
complicato camminare per molto tempo » commentò, e
Lily annuì,
comprensiva.
« Quanto vi manca? »
chiese Dorcas, che stava bevendo con la schiena poggiata al bancone
della cucina.
« Meno un mese. Prima
ero terrorizzata all'idea del parto, ma adesso non vedo l'ora che
arrivi quel momento » rispose Alice, affaticata.
« Lo stesso vale per me.
Non che dopo la nascita sarò più tranquilla,
ma... » fece Lily,
pensierosa.
« Su, non vi state a
preoccupare troppo » cercò di rassicurarle Hagrid,
mentre serviva
loro un altro giro di Succo di Zucca. « I vostri marmocchi
staranno
benone, ci penseremo noi dell'Ordine a difenderli ».
« Grazie, Hagrid »
disse Alice, scambiandosi uno sguardo d'intesa con l'altra, che
nessuno degli altri due colse.
Rachel non poté fare a
meno di chiedersi come mai avessero deciso di correre un rischio
così
grande: mettere al mondo un bambino in piena guerra sembrava una
follia, anche se sapeva che molti maghi e streghe avevano fatto la
stessa scelta.
A quanto pareva, Dorcas
stava pensando la stessa cosa.
« Posso togliermi una
curiosità? » domandò loro. «
Perché avete deciso di fare dei
figli adesso? Non avreste voluto aspettare che finisse la guerra, per
essere sicure che possano avere un futuro sereno? »
Le altre due si
guardarono, sorridendo.
« Lo abbiamo pensato
spesso, in effetti » disse Alice, con l'aria di chi aveva
dovuto
spiegarlo diverse volte. « Però vedi anche tu
quanta gente muore
ogni giorno, e noi che combattiamo in prima linea non siamo esenti da
questa possibilità. Non vorrei morire senza aver vissuto la
mia vita
con le persone a cui tengo. È una scelta rischiosa, ma non
voglio
che la guerra mi impedisca di essere felice, anche solo per poco
tempo. Non sappiamo nemmeno quando e come finirà. Forse
attendere è
più saggio, ma non vorrei correre il rischio di sprecare la
mia
esistenza ».
Rachel guardò Dorcas:
sembrava pensierosa, come se quel discorso la toccasse da vicino.
« Se non fosse stato per
la guerra, tutte noi avremmo preso decisioni diverse »
aggiunse
Lily. « Io non mi sarei mai sposata a diciotto anni
né avrei avuto
un figlio così presto. Avrei aspettato. E non credo che sia
dovuto
solo al bisogno di avere un punto di riferimento stabile nella
propria vita. Certo, il fatto di avere una sorella inesistente e due
genitori morti ha contribuito, ma se non ci fosse stata la guerra,
non sarei mai stata così matura alla mia età.
Quello che sta
succedendo, invece, ci sta facendo crescere tutti prima del previsto,
quindi siamo più disposti ad assumerci delle
responsabilità che in
tempi normali farebbero paura. Insomma, a voi fa più paura
l'idea di
sposarvi o quella di affrontare Voldemort? »
Rachel rise nervosamente
con le altre due.
« Credo che affrontare
Voldemort sia molto peggio » intervenne.
All'improvviso si era
ritrovata a pensare alla propria situazione. Da quando Regulus le
aveva donato l'anello che lei portava sempre al dito, le aveva fatto
capire che lui stava già pensando al loro futuro. Ora Rachel
si era
resa conto che, se fossero vissuti in un periodo più
pacifico, lei
stessa sarebbe stata piena di dubbi: Regulus sarebbe stato sempre lo
stesso? Oppure, non avendo avuto i presupposti per cambiare e
abbandonare le schiere di Voldemort, avrebbe continuato ad essere
succube della sua famiglia? Lei non sarebbe andata d'accordo con la
madre di lui, e forse non sarebbe riuscita a scendere a compromessi
tra i loro modi di pensare molto diversi. Forse non avrebbero
sviluppato quell'intesa e quel legame che ora la rendeva sicura che
fosse lui quel che più si avvicinava all'idea di anima
gemella. Ed
era altrettanto sicura che, senza la guerra, entrambi sarebbero stati
molto più immaturi.
Lily e Alice avevano
ragione: sia lei che Regulus erano maturati moltissimo, forse
abbastanza da cominciare a progettare una vita insieme. Ma adesso era
lui a voler portare a termine la distruzione degli Horcrux prima di
fare qualsiasi altra cosa, almeno a quanto Rachel aveva intuito. E
lei non aveva intenzione di forzarlo troppo, anche se aveva paura di
aspettare troppo una tranquillità che forse non sarebbe mai
arrivata.
Dorcas sembrava meno
convinta, ma non disse nulla. Rachel si chiese che cosa la
tormentasse. Non era una persona aperta, e tendeva a nascondere
quello che provava. Forse Emmeline sapeva qualcosa di più,
visto che
la conosceva da più tempo... anche se un vago sospetto
Rachel lo
aveva.
Il suo fiume di pensieri
fu frenato quando vide Sturgis passare davanti alla porta della
cucina. Sembrava piuttosto agitato. Rachel salutò le altre e
lo
seguì.
« Va tutto bene? » gli
chiese, raggiungendolo di fuori. Stava ancora piovendo, ma la tettoia
sopra la porta sul retro riusciva a ripararli.
« Oh, ciao... Non
proprio, veramente, ma non importa » borbottò,
malinconico.
Rachel lo guardò con
preoccupazione.
« Se preferisci vado
via... »
« No... in realtà
potresti essermi utile... »
« Ok ».
Rachel lo guardò con
perplessità. Il ragazzo tentava di trovare le parole giuste
per
iniziare il discorso, ma tutti i suoi sforzi non avevano avuto
successo.
« Oh, va bene! »
esclamò lui alla fine, esasperato. « Potresti
aiutarmi? »
« Certo. Di cosa si
tratta? »
« Ecco... tu sai che
Emmeline mi ha raccontato di Crouch, vero? »
Lei annuì.
« Sì, so tutto. È
stato gentile da parte tua offrirti di farla distrarre un po'. Siete
già usciti, a proposito? »
« È
proprio questo il punto. So che gli Hobgoblin tra qualche mese
faranno un concerto, e stavo pensando di portarla lì.
Secondo te è
una buona idea oppure no? »
Rachel inarcò le
sopracciglia.
« Direi che hai fatto
bene a chiedermelo. Emmeline non va matta per gli Hobgoblin
».
« Oh... »
« Non preoccuparti,
qualsiasi altra cosa andrà bene, anche un gelato da Florian
Fortebraccio ».
Sturgis parve
improvvisamente sollevato.
« Grazie. Allora le
chiederò se le va ».
Sebbene si sforzasse di
apparire tranquillo, a Rachel sembrò molto agitato,
più del dovuto.
« Sturgis, c'è qualche
problema? »
Lui sussultò.
« No no, va tutto bene.
Ho solo paura di non saper cosa dire e di fare scena muta »
ammise.
« Non hai motivo di
preoccuparti. Con me parli senza problemi. Siete amici:
perché con
lei dovrebbe essere diverso? »
Lui cercò disperatamente
di trovare una risposta, ma il suo silenzio troppo lungo valse
più
di mille parole. Rachel lo fissò con aria esterrefatta.
« Per i bigodini di
Morgana... »
« Ti prego, non dire
nulla... » disse Sturgis con un tono depresso.
Lei si impose di non
sorridere, anche perché Emmeline al momento non poteva
ricambiare
quello che Sturgis provava nei suoi confronti.
« Non ti scoraggiare »
gli disse, notando il suo stato d'animo. « Deve superare
questo
momento difficile, ma secondo me hai ottime possibilità
».
Sturgis accennò un
sorriso tirato, ma non sembrava molto persuaso.
« Non farle sapere
nulla, però. Non voglio che lo sappia » la
supplicò.
« Prometto che resterà
un segreto ».
« Grazie... Spero che
quando usciremo insieme riuscirò a nasconderlo, anche se
sarà
difficile... »
Sturgis tacque per alcuni
istanti, imbambolato, e Rachel lo lasciò alle sue
fantasticherie,
sperando che Emmeline prima o poi si accorgesse di lui. Rimase
lì a
fissare la pioggia che cadeva, talmente fitta da non farle vedere
cosa succedeva a pochi metri di distanza: oltre il giardino vi era
un'unica massa grigia e uniforme.
Alla fine Sturgis si
riscosse, imbarazzato.
« Tu sei sua amica e la
conosci da tempo. Secondo te come devo comportarmi? » le
chiese poi
il ragazzo.
Rachel lo guardò,
pensierosa.
« Non devi fare niente
di eccezionale. Sii sincero e basta. Lo apprezzerà
sicuramente. E se
sei in difficoltà, usa la tecnica della compassione
».
« Che cos'è? »
« Andiamo, quelli come
te sono specialisti di questa tecnica. Sfodera il tuo lato tenerone e
vedi cosa succede. Funziona quasi sempre ».
Sturgis rise.
« È
quel quasi che mi preoccupa ».
Rachel aprì la bocca per
rispondere, ma in quel momento accadde qualcosa che distolse entrambi
dalla conversazione: si udì uno scoppio, seguito da uno
strano
rumore di legno infranto. Poi qualcuno urlò.
Li avevano colti talmente
di sorpresa che la reazione dei membri dell'Ordine fu meno tempestiva
del solito. I Mangiamorte avevano circondato la casa ed erano
riusciti ad entrare, in barba a qualsiasi logica. Ci volle poco
perché tutti capissero che gli incantesimi di protezione
erano
saltati. Chissà da quante ore i Mangiamorte erano da quelle
parti,
intenti ad annullare un incantesimo per volta. Ma come avevano fatto
a sapere dove cercarli?
« Quello schifoso
traditore ha parlato di nuovo! » urlò Dedalus,
mentre si lanciava
contro i Mangiamorte che avevano appena fatto il loro ingresso.
Un attimo dopo la casa si
riempì di incantesimi, maledizioni, luci sinistre, scoppi e
urla.
Sturgis si ritrovò a dover combattere con tre Mangiamorte
nello
stesso momento. Era impossibile tenere testa a tutti e tre, ma Rachel
era già occupata a respingere l'assalto di altri due e non
poteva
aiutarlo. Sapeva che non avrebbe resistito più di tanto, e
infatti
poco dopo si ritrovò disarmato. Fissò con terrore
la bacchetta del
Mangiamorte che stava per ucciderlo, quando qualcuno alle sue spalle
scagliò un incantesimo che lo sbalzò indietro
insieme a Rachel,
come se un laccio invisibile li avesse arpionati alle caviglie e
tirati via. Proprio nel punto in cui un attimo prima c'erano loro, il
soffitto crollò, travolgendo i cinque Mangiamorte che li
avevano
assaliti.
« Grazie, Fabian »
disse, mentre si rialzava a fatica.
« Di nulla. State
attenti, sono dappertutto » rispose il più giovane
dei Prewett,
voltando loro le spalle e tornando a percorrere il corridoio,
scagliando una fattura ogni volta che passava davanti ad una porta.
Sturgis e Rachel lo seguirono fino all'ingresso che, insieme al
salotto, si trovava nell'occhio del ciclone. I Mangiamorte erano
più
o meno quanti loro, ma l'effetto sorpresa li aveva messi in una
situazione di netto vantaggio.
Sturgis vide James
correre verso la cucina senza accorgersi che due Mangiamorte lo
avevano seguito. Così cercò di raggiungerlo per
aiutarlo.
« Lily, Alice, dovete
andare via! » stava urlando lui, mentre rispondeva agli
attacchi dei
suoi inseguitori. Le due ragazze erano altrettanto indaffarate a
combattere contro quella che doveva essere quasi sicuramente
Bellatrix. « Anche se è rischioso per i bambini,
Smaterializzatevi!
»
« Niente da fare, Potter
» sghignazzò Bellatrix. « L'incantesimo
anti-Materializzazione è
l'unico che abbiamo lasciato. Nessuno può entrare o uscire
da qui, a
meno di non farsi una corsa di un chilometro ».
James imprecò e Sturgis
tremò, rendendosi conto che erano in trappola. Cercando di
ignorare
la voce nella sua testa che gli annunciava che sarebbero morti tutti,
innervosito, sferrò un pugno al Mangiamorte che lo bloccava,
per poi
rivolgersi al ragazzo accanto a lui.
« Io so come creare una
Passaporta non autorizzata » gli disse.
James lo guardò con
speranza.
« Sia lodato Godric! Fai
presto! »
Ma Bellatrix aveva
sentito e, lasciando perdere Lily e Alice, lo attaccò.
Sturgis
sapeva di non avere speranze contro di lei, ma la trattenne
abbastanza a lungo da permettere alle due ragazze di uscire dalla
cucina. Provò a schiantarla con così tanta
energia che perse
l'equilibrio. Vide Bellatrix rivolgergli un ghigno diabolico e
puntargli la bacchetta contro. Per alcuni istanti non accadde nulla e
Sturgis, meravigliato della sua esitazione, si rialzò,
pronto a
reagire. Ma poi si rese conto che Bellatrix non aveva affatto
esitato.
Un calore fastidioso,
subito seguito da un dolore sempre più intenso alle braccia
gli fece
abbassare lo sguardo: le maniche della veste gli stavano andando a
fuoco con tanta velocità che entro pochi secondi si sarebbe
trasformato in una torcia vivente.
« Aguamenti!
Aguamenti! » strillò Sturgis,
lacrimando per il dolore
lancinante, mentre sentiva la donna ridere di gusto.
A fatica, Sturgis riuscì
a spegnere le fiamme che avevano già iniziato a bruciargli
la pelle.
Le braccia gli facevano talmente male che a stento poteva muovere il
polso per attaccare Bellatrix, ma prima o poi sapeva che non avrebbe
più resistito al dolore e alla nausea provocata dall'odore
di
bruciato che gli penetrava nelle narici.
Poi qualcosa accadde
nell'ingresso che provocò esclamazioni di sollievo nei suoi
compagni
dell'Ordine: Malocchio, Frank ed Emmeline dovevano essere arrivati.
Bellatrix probabilmente decise che non valeva la pena sprecare tempo
con lui quando poteva avere una preda più grossa. Lo
liquidò con
una fattura che lo mandò a sbattere contro la credenza e
uscì dalla
cucina.
Intontito per il colpo
alla testa, Sturgis rimase steso sul pavimento per diversi secondi,
prima di ricordare che doveva creare una Passaporta per permettere a
Lily e Alice di fuggire. Si alzò a fatica e
afferrò la prima cosa
che gli capitava tra la mani: un grosso tagliere di legno. Ora
però
le ragazze erano sparite, e Sturgis uscì per cercarle.
L'Ordine della Fenice era
riuscito a spezzare il cordone di Mangiamorte che lo circondava, e la
battaglia si era estesa anche all'esterno della casa, sotto la
pioggia scrosciante. Riusciva a stento a riconoscere le persone che
si stavano affrontando. Solo Emmeline catturò subito il suo
sguardo.
Stava combattendo con un Mangiamorte che sembrava al suo stesso
livello.
Sturgis pagò caro
quell'attimo di distrazione. Si ritrovò di nuovo senza
bacchetta,
con Goyle che gli puntava minacciosamente la propria contro. Sturgis
si difese come poteva: afferrò il manico del tagliere con
entrambe
le mani e colpì in piena faccia Goyle. Quest'ultimo cadde
all'indietro, ululando dal dolore e tenendosi le mani sul naso
sanguinante.
« Magia avanzata di
altissimo livello » commentò Dedalus, divertito.
Poi guardò fuori
dalla finestra e inorridì. « Maledetti! Stanno
distruggendo le mie
piante! »
« Prendi quella dannata
bacchetta, Podmore! » lo esortò invece Malocchio,
e Sturgis non se
lo fece ripetere due volte.
« Avete visto Lily e
Alice? » domandò, guardandosi intorno e cercando
al tempo stesso di
evitare le maledizioni che volavano per tutto l'ingresso.
« Sono fuori » rispose
Dorcas, mentre disintegrava il tavolo dietro il quale Tiger si stava
riparando.
« Grazie ».
Corse verso la porta e
uscì sotto la pioggia che cadeva a catinelle. Non riusciva a
vedere
né Lily né Alice e si augurò che non
fosse troppo tardi. Qualcosa
a sinistra catturò la sua attenzione: Emmeline aveva vinto
il duello
contro il Mangiamorte, ma l'istinto gli suggeriva che non sarebbe
finita lì. E infatti la ragazza non si muoveva. Stava in
piedi di
fronte all'avversario caduto sulle ginocchia, e sebbene continuasse a
tenere la bacchetta contro di lui, non sembrava intenzionata a fare
altro.
Oh, Merlino, questa
non ci voleva... pensò Sturgis, con ansia e una
sensazione
fastidiosa che lo aveva assalito all'improvviso. Si disse che forse
Emmeline aveva bisogno di aiuto, quindi si incamminò verso
di lei.
Barty era terrorizzato.
Forse non si aspettava di ritrovarsi disarmato e smascherato.
Tant'è
che le stava dicendo qualcosa che Sturgis, a causa della pioggia
fitta, non riuscì a sentire.
« Sta' zitto! » sbottò
Emmeline, minacciosa. Faceva quasi paura, tanto era arrabbiata.
« Che vuoi fare, vuoi
farmi arrestare? » la provocò quello,
apparentemente sarcastico ma
pallido e bianco come un lenzuolo. « Non lo faresti mai...
»
« Questo lo vedremo ».
Barty sbiancò
definitivamente.
« Aspetta... »
iniziò a supplicarla, perdendo il controllo.
« Alzati in piedi con le
mani in vista » lo ignorò lei, dura. Quello
obbedì, ma sembrava
tutt'altro che incline ad arrendersi.
« Perché non riesci a capire? »
insisté, nervoso e spaventato.
« Cosa, il tuo desiderio
di diventare un assassino? »
« Stiamo
cercando di fare qualcosa di buono per la comunità magica.
Lo stiamo
facendo anche per quelli come te. Sei una Purosangue anche tu. Se
solo lo capissi, potremmo essere di nuovo dalla stessa parte
».
Sturgis l'odiò con tutto
se stesso. Avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma non si mosse, e loro
non lo notarono. Emmeline era in uno stato di calma innaturale che
non prometteva niente di buono, anche se non poteva esserne del tutto
sicuro: la pioggia che scrosciava poteva nascondere le eventuali
lacrime.
« Non saremo mai dalla stessa
parte! Non voglio avere niente a
che fare con uno come te ».
Sturgis si ritrovò ad
ammirarla come non mai. L'altro stava per ribattere, quando qualcosa
attirò l'attenzione di tutti. Sturgis si ritrovò
a tremare
violentemente.
Voldermort era lì.
Approfittando della
distrazione di Emmeline, Barty riuscì a sgattaiolare via e
scomparve, ma nessuno di loro due gli fece caso. Sturgis la
raggiunse.
« Stai bene? » le
chiese.
Lei sembrava sconvolta,
mentre fissava il punto in cui fino a poco prima c'era Barty. Poi
annuì, ma era evidente che non fosse vero.
Sturgis avrebbe voluto
fare qualcosa, qualunque cosa, per farla sentire meglio, ma non era
il momento adatto. Voldemort stava combattendo contro James e Frank.
Con suo grande orrore, Sturgis notò che i due ragazzi
stavano
cercando di difendere le rispettive mogli. Memore di quel che doveva
fare, puntò la propria bacchetta contro il tagliere che
aveva ancora
in mano, e sussurrò:
« Portus ».
Quella s'illuminò per
alcuni istanti di una luce azzurra, che poi sparì. Lui corse
verso
Lily e Alice, cercando di attirare la loro attenzione, cosa non
facile, dal momento che anche loro erano intervenute nello scontro
con Voldemort.
« Lily, prendi questa
Passaporta e vattene! » gridò Sturgis, tirandola
per la manica. «
Alice, dai! » insisté.
« Dategli retta, forza.
Ce la caviamo anche da soli, qui » disse James, mentre
schivava
all'ultimo minuto una maledizione che andò a disintegrare le
aiuole
di Dedalus.
Le due ragazze si
ritirarono. Sturgis porse loro la Passaporta e loro fecero appena in
tempo a toccarla: un attimo dopo la padella s'illuminò di
nuovo, e
Lily e Alice sparirono.
« Fermati e affrontami,
carogna! »
Sirius avrebbe voluto che
anche le parole fossero in grado di fare del male, perché
urlò
quella frase con tanta violenza che avrebbe potuto terrorizzare
chiunque. Ma non lui.
Il Mangiamorte si voltò
a fissarlo. Sirius avrebbe giurato di averlo visto ridere sotto la
maschera d'argento. Un odio incontenibile lo invase dalla testa ai
piedi, espandendosi come un veleno letale. Nulla di ciò che
gli
stava capitando intorno gli interessava più, a parte lui. Lo
voleva
morto e desiderava più di ogni altra cosa essere lui a
ucciderlo.
« Sei venuto a vendicare
Alphard? » gli chiese Rodolphus, con un tono divertito che lo
fece
infuriare ancora di più.
« Non nominarlo! »
« Ah sì? E altrimenti
cosa fai? Vuoi uccidermi? » lo sbeffeggiò
Lestrange, ritenendolo
incapace di compiere un'azione del genere.
Sirius pensò che si
sarebbe pentito presto di quel giudizio troppo avventato. Prima che
l'altro se ne potesse accorgere, levò la bacchetta e gli
scagliò
contro una maledizione letale. L'altro la evitò per un
soffio,
gettandosi di lato all'ultimo istante, e la maledizione finì
nel
punto esatto in cui lui si trovava qualche secondo prima.
Sirius si odiò per
averlo mancato, ma poi si accorse che quel suo attacco rapido e
inaspettato gli aveva fatto sparire quel ghigno sadico dalla faccia.
E Sirius provò una sensazione che lo fece sentire male e
bene al
tempo stesso. Rodolphus era già un morto che camminava, e il
pensiero di essere proprio lui a togliergli la vita gli dava una
soddisfazione terribile.
« Stai facendo sul serio
» commentò Lestrange. « Ti ho giudicato
troppo in fretta, forse.
Non sei tanto diverso dal resto della tua famiglia... »
Sirius gli scagliò un
altro anatema, che Rodolphus schivò di nuovo, anche se con
una certa
difficoltà.
« Non cederò alle tue
provocazioni. Stai solo cercando di rimandare il momento in cui
dovrai dire addio a questo mondo, ma non farò il tuo gioco
».
L'altro ridacchiò,
sarcastico.
« Come vuoi tu ».
Questa volta toccò a
Sirius schivare un incantesimo mortale e rispondere con una fattura
altrettanto letale. Iniziarono a combattere sempre più
accanitamente, del tutto ignari di quel che succedeva dall'altra
parte del giardino: Voldemort stava combattendo contro Silente, e gli
occhi di tutti erano puntati sul duello tra i capi dei rispettivi
schieramenti.
Sirius provava talmente
tanto odio che riusciva a tenere testa a Lestrange, e non sentiva
né
la paura né la fatica.
« Non sei abbastanza
agile, Black » continuava a provocarlo lui. «
Nemmeno tuo zio lo
era più di tanto, alla sua età. Ecco
perché non è riuscito a
sconfiggermi, anche se ci ha provato ».
Sirius cercò di
ricacciare indietro le immagini che si stavano formando nella sua
testa, ma non ci riuscì. Continuava a vedere Alphard, debole
e
disarmato, accerchiato da Mangiamorte più giovani e in
forze.
Vigliacchi...
« Sai, la cosa davvero
triste è che avrei potuto non ucciderlo, se non avesse fatto
tutte
quelle storie e avesse parlato » proseguì
Rodolphus mentre
continuavano a duellare, anche quando Sirius gli procurò una
ferita
abbastanza profonda alla spalla. Dopo quella, anzi, reagì
talmente
in fretta che il ragazzo non riuscì a schivare il colpo.
Stramazzò
a terra, le gambe tenute legate da funi magiche, la bacchetta che
rotolava lontano. Vide Rodolphus avvicinarsi con la bacchetta levata.
« Peccato. Avrebbe
dovuto sapere che tu e tuo fratello prima o poi sarete uccisi. E mi
avrebbe potuto risparmiare la fatica di torturarlo per ore...
»
Sirius esplose. Con uno
sforzo sovrumano, rotolò su se stesso fino a recuperare la
bacchetta, che puntò contro il Mangiamorte.
« Crucio! »
Le urla di dolore di
Lestrange gli invasero la mente, rimbombandogli nella testa.
All'inizio provò quasi una sensazione di sollievo nel
vederlo e
sentirlo così, mentre gli faceva pagare con gli interessi
tutto quel
che aveva fatto subire ad Alphard.
Ma dopo un minuto o poco
più, iniziò a provare soltanto nausea che gli
offuscò la mente, e
a Sirius parve di vedere suo zio sopraffatto dal dolore provocato
dalla Cruciatus. Non gli importava nulla di Lestrange, ma non
riusciva a tollerare le immagini che gli stavano scorrendo davanti
agli occhi. Doveva far smettere quelle urla. Si sentiva già
debole e
le ginocchia gli stavano cedendo quando qualcosa gli fece abbassare
la bacchetta e lo sorresse.
« Smettila, Felpato, è
finita ».
La voce di James lo
rianimò e Sirius si guardò intorno. Rodolphus,
ancora in preda ai
residui delle convulsioni, stava cercando di rimettersi in piedi.
Voldemort e gli altri Mangiamorte dovevano essersi ritirati,
perché
erano spariti. Lestrange si Smaterializzò e Sirius lo
guardò andare
via senza fare nulla. Avrebbe potuto fermarlo e ucciderlo: dopo
quella sera, sapeva di essere abbastanza disperato da poterlo fare.
Ma quello che aveva provato durante la Cruciatus gli aveva fatto
capire che non ne avrebbe ricavato alcun sollievo.
E rimase seduto sul prato bagnato dalla pioggia, in silenzio,
chiedendosi proprio se sarebbe stato ancora capace di provare sollievo.
***
Per fortuna non c'erano
state vittime, ma l'Ordine della Fenice aveva dovuto abbandonare
immediatamente il quartier generale; ormai non lo avrebbero
più
potuto sfruttare. Dedalus era stato ospitato – con sommo
fastidio
del padrone di casa – da Malocchio, dal momento che non aveva
più
un tetto. Immaginare la pazienza di Malocchio esaurirsi nel giro di
pochi giorni di fronte alla stravaganze del suo ospite sarebbe stato
divertente se gli altri non avessero avuto altro a cui pensare. Anche
Fabian e Gideon decisero di rimandare il momento in cui avrebbero
potuto scherzarci su.
Quella sera, non appena
si era conclusa la battaglia contro i Mangiamorte, Sirius e Peter si
erano ritrovati a casa dei Potter.
Lily e James erano seduti
sul divano, entrambi con delle espressioni che sarebbero state adatte
ad un funerale, e lei continuava ad accarezzarsi il ventre come se
fosse l'unica cosa che ormai poteva fare. Sirius era affacciato alla
finestra e fissava il cielo nero inchiostro con un'aria ancora
più
cupa degli altri due, un bicchiere di Whisky Incendiario già
mezzo
vuoto in mano e lo sguardo fisso. Sembrava che non si sarebbe
più
spostato di lì.
Quanto a Peter, era
rimasto in piedi per tutto il tempo, rosicchiandosi le unghie per il
nervosismo, ma al tempo stesso sollevato perché nonostante
lo
avessero costretto a rivelare la sede dell'Ordine, questa volta non
c'erano state vittime.
Erano in quelle
condizioni da almeno un quarto d'ora, quando il campanello
suonò.
Lily sussultò, ma James le fece un cenno per rassicurarla e,
alzandosi, si avviò verso l'ingresso. Peter lo
seguì, e si sentì
sollevato quando udì da dietro la porta una voce familiare
rispondere alla domanda di James.
« Sono Remus Lupin,
Lunastorta per i Malandrini. Sono un lupo mannaro e tu sei un
Animagus che si trasforma in cervo. E mi piace la cioccolata
»
concluse, sospirando.
James lo fece entrare e
lo accolse calorosamente.
« Remus, è bello
rivederti! » esclamò.
« Lo so, non sono
riuscito a passare prima » rispose lui, sorridendo e
abbracciando
anche Peter, che provò un senso di rigetto verso se stesso.
« Ma ho
saputo quello che è successo oggi pomeriggio e ho deciso di
venire.
State tutti bene, vero? Lily e il bambino? »
« Stiamo bene, sì »
disse James, ma era pallido come nessuno di loro lo aveva mai visto.
« Vieni, gli altri sono in salotto ».
Lily fu talmente contenta
di rivedere Remus che quasi cadde per terra quando si alzò
ad
accoglierlo. L'unico che non fece una piega fu Sirius, che continuava
a guardare fuori dalla finestra come se non si fosse accorto di
nulla, almeno finché Remus non parlò.
« Allora, cos'è
successo? »
Sirius emise un verso
sarcastico.
« Oh bè, accomodiamoci,
allora. Qualcuno dovrà fargli il riassunto di tutte le cose
che sono
accadute finora, mentre lui era sparito ».
Per alcuni istanti
rimasero tutti impietriti, poi Remus si fece scuro in volto.
« Scusa? Per tua
informazione, nell'ultimo periodo ho vissuto insieme al branco di
Greyback, cercando di guadagnarmi la fiducia del lupo mannaro che mi
ha rovinato la vita, e tutto questo per conto dell'Ordine. Quindi se
credi che mi sia divertito mentre voi eravate in pericolo, vuol dire
solo che ti sei bevuto il cervello, o che qualcuno deve averti
Confuso... »
« D'accordo, calma! »
intervenne James, quando Sirius si voltò a fronteggiare
l'altro. «
Sirius, so che sei a pezzi ma smettila di sfogare la rabbia su chi
non c'entra niente. Quanto a te, Remus, abbi pazienza. È
mezzo
ubriaco e sragiona. Non ce l'ha davvero con te. Sono successe davvero
tante cose in questi mesi e tu non ne sai nulla. Ti racconteremo
tutto più tardi, ma adesso smettetela di guardarvi in quel
modo! »
Sirius abbassò lo
sguardo, forse dispiaciuto per come aveva aggredito l'amico senza
motivo, e Remus fece altrettanto, turbato e ferito. Peter
notò che
la sua lontananza aveva creato una brutta situazione, e qualcosa gli
diceva che le cose sarebbero potute anche peggiorare.
Mentre James cercava di
calmare Sirius e Lily evocava una poltrona per farli sedere tutti,
Peter si accostò a Remus.
« Non preoccuparti,
quello che dice James è vero. Tu non sai niente di Regulus e
Alphard
».
Remus lo guardò con
perplessità.
« No, almeno non
credo... »
« In poche parole,
Regulus è vivo e ora collabora con Silente, mentre Alphard
è stato
ucciso dai Mangiamorte. È per quest'ultimo motivo che Sirius
è
giù... »
L'altro sembrava sotto
shock e non sapeva se essere sollevato per la prima notizia o
dispiaciuto per la seconda. Quando vide gli altri prendere posto, si
sedette a sua volta, facendo finta di niente ma lanciando a Sirius
uno sguardo dispiaciuto che l'altro ricambiò.
« È
la terza volta che voi e i Paciock affrontate Voldemort e ne uscite
vivi » disse Peter, chiedendosi poi perché la sua
affermazione fu
accolta con una reazione inaspettata.
« Già » fece Lily, che
aveva le lacrime agli occhi. James era altrettanto depresso e scuro
in volto.
« Dobbiamo dirvi una
cosa ».
Stavolta non
è morto nessuno, la battaglia è stata un falso
allarme XD *schiva la frutta marcia*
Comunque
Rodolphus una
Cruciatus se la meritava, e volevo fargliela pagare. u.u Poi mancava il
terzo scontro tra Voldemort, i Potter e i Paciock. Ora i loro figli
sono entrati ufficialmente nella lista dei bambini che potrebbero
essere coinvolti dalla Profezia.
Sirius ancora si fida di Remus (anche se per poco), ma dopo lo scontro
con Lestrange gli sono proprio saltati i nervi, e se l'è
presa
con il primo che capitava... in questo caso Remus, che è
stato
via talmente tanto da farlo preoccupare. Quindi nell'inconscio ce
l'aveva un po' con lui. La lontananza gioca brutti scherzi, e anche
Peter che si rende conto di quanto questo possa creare equivoci... e
naturalmente se ne approfitterà -.-
Volevo scrivere qualcosa di più su Emmeline, ma inserire un
suo pov sarebbe stato di troppo, quindi mi rifarò in
seguito. E scoprirete anche cosa c'è nella testa di Dorcas.
Prossimo capitolo: 29 marzo. E ci saranno ben due nuovi arrivi!
|
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Capitolo 41 *** Nuove generazioni ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 41
Nuove generazioni
Alice
aveva iniziato ad
avere le doglie quella mattina ma, dal momento che si trattava di
fitte sporadiche, non si era allarmata più di tanto. Dopo
alcune ore
tuttavia le sue condizioni erano peggiorate, e lei non riusciva
più
a sedersi o rimanere sdraiata. Nemmeno in piedi stava bene, e le
fitte erano aumentate sempre di più. Alla fine, dopo pranzo,
aveva
capito che il momento che aspettava da nove mesi era arrivato.
« Non agitarti, cara, ci
penso io! » saltò su Frank non appena lei gli
accennò che stava
per partorire. « Non farti prendere dal panico e fidati di
me! »
« Io sono calmissima »
gli fece notare Alice, sospirando. « Sei tu che dovresti
riprendere
a respirare ».
« Oh, giusto » ammise
Frank, tornando gradualmente di un colorito normale, visto che prima
sembrava diventato quasi blu. D'un tratto riacquistò la
lucidità ed
estrasse la bacchetta per evocare il suo Patronus.
Un quarto d'ora più
tardi, dopo aver fatto sdraiare Alice sul letto, Frank corse alla
porta quando il campanello suonò.
« Chi è? »
« Sono Sirius Black,
comunemente noto come rinnegato, traditore del mio sangue e amico di
Babbanofili e gente poco raccomandabile » rispose la voce di
Sirius
oltre la porta. Anche in quei casi riusciva a suonare sempre
sarcastico. « Il mio Patronus è un cane. Sono qui
con la Guaritrice
di cui ti ho parlato l'altra volta ».
Frank aprì, nervoso.
Accanto a Sirius stava una donna che indossava la tipica veste dei
Guaritori, verde acido con una bacchetta e un osso ricamati
all'altezza del cuore. Aveva un'aria familiare.
« Buonasera » lo
salutò
lei, presentandosi. « Diane Queen ».
« È
la madre di Rachel » spiegò Sirius, mentre si
chiudeva la porta
alle spalle.
« Oh, piacere. Frank
Paciock » rispose lui, sollevato. Con i Potter avevano
discusso a
lungo sul modo più sicuro per far nascere i loro figli, e
avevano
deciso di cercare un Guaritore di fiducia. Era stata una fortuna che
Sirius ne avesse suggerita una che era imparentata con una componente
dell'Ordine. All'inizio Frank non si era sentito tranquillo, dal
momento che nessuno di loro sapevano ancora chi fosse la spia che
lavorava per Voldemort, ma quella donna gli sembrava affidabile.
« La futura madre
dov'è?
» chiese Diane, guardandosi intorno.
« L'accompagno »
rispose Frank, tornando ad essere agitatissimo.
La donna lo seguì e, una
volta entrata, iniziò a parlare ad Alice in tono
rassicurante, anche
se presto entrambe convennero che il più agitato di tutti
era
proprio Frank. Quest'ultimo se ne rimase sulla soglia, in attesa di
non sapeva cosa. Sirius lo raggiunse.
« Ti avverto, James e
Lily lo sanno e verranno sicuramente a trovarvi tra un po' ».
« Non è rischioso?
»
chiese il ragazzo, guardandolo con apprensione.
« James ha i suoi metodi
per passare inosservato, non preoccuparti » lo
rassicurò Sirius.
« Scommetto che se mi
rivelassi questi metodi scoprirei molte cose sulla vostra vita a
Hogwarts, vero? »
« Certo, è naturale.
Ma
sei un ex Prefetto, quindi non ti dirò proprio un bel niente
».
Frank accennò un
sorriso, anche se era talmente nervoso che più che altro
sembrò
avere una paralisi facciale.
« Comunque, non mi
dispiace se verranno a trovarci. Invece mi sono assicurato che i miei
parenti non sappiano nulla finché il bambino non
nascerà. Non
potrei sopportarli durante il parto... »
« Ottima decisione »
approvò Sirius, ma poi tacque perché Alice aveva
lanciato un grido
che cercò di frenare.
« Scusa, preferisco non
assistere » aggiunse Sirius, lanciando un'ultima occhiata ad
Alice,
che ora sembrava piuttosto agitata, mentre Diane cercava di
rassicurarla.
« Vai in salotto. Io
assisterò, sono il marito » rispose Frank, come
per farsi coraggio
da solo.
Soltanto due ore dopo,
casa Paciock era stata invasa da una gran folla chiassosa che faceva
a gara per vedere il neonato.
« Vi presento Neville
»
disse Alice, affaticata e stravolta, ma chiaramente felice, mentre
teneva in braccio un fagotto minuscolo dal quale spuntava un visetto
tondo e scuro per lo sforzo appena compiuto.
« È
bellissimo » commentò Lily, altrettanto
emozionata.
«
Quanto pesa? » chiese James, incuriosito.
«
È un tipetto robusto, » disse Diane, mentre
richiudeva la valigetta
che si era portata dietro.
Frank
se ne stava accanto al letto della moglie, con aria compiaciuta e
felice, anche se il pallore del suo volto rivelava quanto fosse
provato.
«
Ragazzo mio, sei davvero pallido. Dovresti mangiare qualcosa
» disse
una donna dall'aria autoritaria, un vestito verde e un cappello
sormontato da un avvoltoio impagliato, che entrò in quel
momento
sgomitando e facendosi largo fino a raggiungere il letto di Alice.
«
Fate largo, sono la nonna e ho la precedenza ».
Il cappello suscitò
l'ilarità di Sirius, che si trattenne a stento quando Lily
gli
rifilò una gomitata.
«
Mamma, ti credo che sono pallido. Ho assistito al parto e Alice non
riusciva a smettere di urlare » rispose lui con un tono
terrorizzato.
« Quante storie,
Frankie! È normale che abbia strillato, non è una
passeggiata
mettere al mondo un bambino » gli rispose lei.
« Senti, ormai sono
padre. Potresti smetterla di chiamarmi in quel modo? » disse
suo
figlio sottovoce, imbarazzato a morte. Ma la donna lo
ignorò.
« Ti riprenderai, vedrai
» lo rassicurò Lily in tono incoraggiante.
« Sì, Frankie,
tranquillo » lo derise Sirius.
Frank lo incenerì con lo
sguardo.
«
Signori » disse, nel tono pomposo che usava sempre quando si
sentiva
imbarazzato e voleva ristabilire l'ordine. « Vi presento mia
madre
».
« Oh, sì... Augusta
Paciock » si presentò la donna, serrando le mani
di Sirius, James e
Lily in una stretta poderosa. «
Il mio Frank mi ha parlato spesso di voi. Ma scusate se non vi do
molta retta, voglio vedere Neville ».
«
Si figuri » rispose James, tastandosi la mano come per
assicurarsi
che non vi fosse nulla di rotto.
I
Paciock erano una famiglia alquanto rumorosa, anche se Fabian e
Gideon non mancavano mai di assicurare che i Weasley fossero molto
peggio. L'unico a sembrare una persona tranquilla era il marito di
Augusta, il padre di Frank: era talmente timido e poco appariscente
che dovette quasi passare sotto le gambe di molti presenti per
riuscire a raggiungere il letto e vedere finalmente suo nipote.
Poi
c'erano gli zii Algie e Enid. Lei sembrava morire dalla voglia di
prendere in braccio il piccolo Neville, ma su questo sia Alice che
Augusta furono irremovibili. Quando ad Algie, sembrava più
interessato alle imprese che Neville avrebbe compiuto da grande.
«
Guardate come dorme nonostante tutto il caos che c'è... Non
sarà un
po' pigro? Mi auguro che questa sua pigrizia non influisca sulle sue
abilità magiche, si sa come i bambini pigri iniziano tardi a
fare
magie, e non vorrei che gli estranei lo considerino un
Magonò ».
«
Ma quale pigrizia e Magonò, è solo stanco!
» lo rimbeccò Augusta,
indignata. « E smettila di dire sciocchezze. Neville
sarà un grande
mago, me lo sento. Sarà l'orgoglio della famiglia
».
A
quel punto Sirius annunciò che sarebbe andato in bagno,
anche se i
suoi amici sapevano bene che si trattava di una scusa. La sua
intolleranza ai tipici discorsi da Purosangue non era certo un
mistero, e anche Frank lo capì al volo quando
notò la sua
espressione irritata.
«
Scusate, mio figlio è appena nato » intervenne
Frank, alzando gli
occhi al cielo. « Cercate di lasciarlo in pace e di non
angosciarlo
con questi discorsi, o giuro su Godric che non ve lo faccio
più
vedere ».
E
rispose al sorriso di Alice, ignorando le proteste indignate dei
parenti.
«
Quando fa così è tutto sua madre »
commentò un altro zio. «
Speriamo che Neville sia più tranquillo ».
Quando
Frank costrinse i parenti ad andarsene, dopo aver sudato sette
camicie, finalmente l'atmosfera nella casa tornò ad essere
tranquilla e rilassata. Diane era rimasta per spiegare ad Alice come
prendersi cura di Neville e di se stessa.
«
Potrai alzarti fin da domani, ma sarai debole, quindi ti consiglio di
riposare. Domani mattina prendi tutta quella pozione che ho messo sul
comodino, ti aiuterà a recuperare le energie. Quanto a
Neville,
penso che tua suocera sappia il fatto suo e sia perfettamente in
grado di aiutarti, ma se ti serve qualcosa chiamami quando vuoi
».
Alice
sorrise, ancora affaticata ma felice.
«
La ringrazio, davvero. Non avrei saputo a chi rivolgermi se non ci
fosse stata lei ».
«
Molti miei colleghi sono affidabili, ma capisco la vostra diffidenza.
Fate bene a restare all'erta, di questi tempi. Comunque, mia figlia
mi ha detto di congratularmi con voi da parte sua ».
«
Le dica che la ringrazio. Dubito che ci vedremo spesso, per il
momento. Devo badare a Neville e non posso né voglio
più andare a
combattere come facevo prima... »
Diane
notò che Alice sembrava un po' giù di tono e
cercò di intuire i
suoi pensieri.
«
Fai bene. Se posso permettermi di darti un consiglio, non devi
pensare di non essere più utile. È già
una scelta coraggiosa
quella di mettere al mondo un bambino adesso, ma sarebbe poco saggio
abbandonarlo per combattere, a meno che non sia strettamente
necessario ».
Alice
annuì. Sembrava convinta ma era ugualmente pensierosa. Diane
non
aveva idea di quel che c'era dietro, la Profezia che rischiava di
condannare suo figlio, ma cercò lo stesso di incoraggiarla.
«
Prima che vada, ho un'ultima cosa da dirti. Dopo il parto possono
capitare dei momenti di sconforto, paura e vera e propria
depressione. È normale, a maggior ragione in questo periodo.
Potrei
somministrarti qualche pozione, ma credo che la cosa migliore sia non
tenerti tutto dentro e parlarne con tuo marito ».
«
Va bene, me ne ricorderò ».
Diane
la salutò, si assicurò che il piccolo Neville
nella culla stesse
bene e poi uscì dalla stanza.
Anche
Sirius e i Potter stavano per andare via, perché Frank era
in piedi
con loro nell'ingresso. Tutti e quattro stavano confabulando di
qualcosa che non volevano fare sapere, perché non appena
Diane
apparve sulla soglia del salotto, tacquero all'improvviso.
«
Signora Queen, sta andando via? » disse Frank, facendo finta
di
nulla.
«
Sì, ormai credo di aver finito. Che ore sono, a proposito?
»
«
Ehm, le tre del mattino ».
«
Accidenti, pensavo che non fosse ancora arrivata la mezzanotte! Il
tempo è volato » disse James, stupito.
«
A questo punto andiamo anche noi, così potete riposare
» disse
Sirius, salutando Frank con una pacca sulla spalla.
«
Grazie di tutto » disse lui.
Andò
ad aprire la porta e si voltò per salutarli, ma
notò che Lily si
era immobilizzata e aveva una strana espressione.
«
Lily, va tutto bene? »
Tutti
si voltarono verso di lei, che aveva una smorfia dipinta sul volto,
divenuto improvvisamente pallido.
«
Oh, Merlino... »
«
Lily! Ti senti male? » esclamò James, agitato.
Lei deglutì, poi rispose
con voce flebile.
« Credo che mi si siano
appena rotte le acque ».
James era in preda al
panico. Mentre Diane, con fare sbrigativo, si affrettava a
trasfigurare in un letto il divano del salotto, assicurandosi che
Lily vi si sdraiasse e rimanesse in piedi il minimo possibile, lui
percorreva la stanza a grandi passi, così tante volte che
avrebbe
potuto scavare un solco.
« Ramoso, controllati,
hai i capelli più dritti che mai! » rise Sirius,
che tuttavia era
altrettanto agitato, anche se cercava di non dimostrarlo.
« Cosa succede, di
là?
» chiese dall'altra stanza la voce incuriosita di Alice.
« A quanto pare Harry
non vede l'ora di conoscere Neville di persona » rispose
Lily,
fingendosi divertita ma senza riuscire a nascondere la propria
agitazione. In più l'atmosfera colma di panico nella stanza
non
contribuiva a rassicurarla. Così Diane decise di risolvere
quel
problema.
« A Lily serve un po' di
tranquillità, quindi uscite tutti fuori, tranne il padre,
che se lo
desidera può rimanere ».
« Certo che deve restare
» commentò Lily, sicura.
James parve al tempo
stesso felice come una Pasqua e spaventato. Mentre Frank usciva e
andava nella stanza di Alice e Neville, James si aggrappò a
Sirius
come un polpo ad uno scoglio.
« Felpato, lo sai che i
Malandrini devono supportarsi a vicenda in qualsiasi situazione,
vero? »
« Sì... »
rispose
Sirius, chiedendosi dove fosse la fregatura.
« Allora resta anche tu,
ne ho bisogno ».
« Cosa?
»
esclamarono Sirius e Lily all'unisono.
« Io che c'entro? Non
posso assistere! »
« Io non lo voglio, è
imbarazzante! »
« Felpato, mi
abbandoneresti nel momento del bisogno? » fece James,
assumendo un
tono da melodramma.
Sirius, a disagio, cercò
di fargli riacquistare un minimo di buonsenso.
« James, davvero, non
è
il caso, e Lily è d'accordo con me ».
Il suo amico d'un tratto
cambiò espressione.
« Sei il padrino di mio
figlio e non vuoi vederlo nascere? Sei un Vermicolo! »
« È
l'insulto più ridicolo che mi sia mai stato rivolto!
»
Diane alzò gli occhi al
cielo, esasperata.
« Il bambino deve
nascere al più presto, quindi cercate di trovare una
soluzione in
fretta, per favore ».
« D'accordo » concluse
Lily, irritata. « Sirius, se devi tenere la mano a James,
rimarrete
fuori tutti e due. Niente obiezioni ».
James sospirò.
« No, devo esserci.
Sirius resta pure fuori » aggiunse, con un tono che
prometteva
vendetta.
« Accordato ».
Ma a Sirius non andò
bene lo stesso. Pensava che non avrebbe avuto problemi
perché,
quando era stata Alice a partorire, le grida di lei non lo avevano
scosso minimamente. Invece con Lily fu molto diverso. Forse
perché
era molto più amico di lei che di Alice, forse
perché era
emotivamente coinvolto, essendo il padrino del nascituro, o forse
perché si stritolò da solo una mano con l'altra.
Fatto sta che,
prima che un pianto liberatorio annunciasse la nascita di Harry
Potter, dovette sedersi al più presto: aveva la vista
annebbiata, le
orecchie che rimbombavano e le gambe molli.
« Mai più! Mai
più
assisterò a una cosa del genere... »
« Ma se te ne stavi
nell'altra stanza! »
« Ecco, Sirius, prendi
un po' di acqua e zucchero. Ti farà sentire meglio
» disse Diane,
porgendogli un bicchiere.
James aveva le lacrime
agli occhi, e Sirius avrebbe scommesso la testa sul fatto che la
causa non fosse solo la felicità per la nascita di suo
figlio.
« Stavi per svenire! »
esclamò infatti quello che aveva fino a quel momento
considerato il
suo migliore amico, quasi in preda alle convulsioni.
« Giuro che appena
sarò
di nuovo in grado di reggermi in piedi, te la farò pagare
cara. E
sai che io non scherzo » lo minacciò.
James soffocò ancora una
mezza risata, ma si sforzò di riacquistare un certo
contegno.
« Credo che andrò a
vedere di nuovo mio figlio » disse.
« Buona idea ».
In quel momento tuttavia
qualcuno suonò il campanello, e Frank andò ad
aprire, dopo aver
fatto le consuete domande.
« Guardate chi c'è
»
disse poi, facendo entrare in casa Remus e Peter, che sembravano
emozionati quanto loro.
« Allora? »
« È
nato! È nato! » esclamò James, che
sembrava felice e scatenato
come quando aveva vinto una partita di Quidditch. Corse verso di loro
– o meglio, li travolse – e li stritolò
in un abbraccio
soffocante, facendo cozzare dolorosamente le teste dei due nuovi
arrivati.
« Possiamo vederlo? »
chiese Peter.
« Certo! Venite »
disse
James, scortandoli nella stanza delle due neo-mamme.
Prima di seguirli, Remus
si soffermò a guardare Sirius, perplesso.
« Cosa stai facendo
lì
seduto? »
« Sto bevendo acqua e
zucchero, e sono perfettamente in grado di stare in piedi »
affermò
lui. E per dimostrare le sue parole, si alzò in piedi,
ritrovandosi
a barcollare. Ma fece finta di nulla e s'incamminò a sua
volta verso
la stanza, fingendo di non vedere la risatina a stento repressa da
Remus.
Harry era più minuto di
Neville, ma aveva molti più capelli, anche se era appena
nato.
« Non c'è alcun
dubbio.
È proprio figlio tuo » commentò Remus,
lanciando un'occhiata a
James, che non riusciva a smettere di sorridere.
Era sempre stata una
persona facilmente entusiasmabile, ma Remus lo aveva visto
così
felice solo in poche occasioni, e la nascita di Harry era una di
quelle, pari solo al giorno del suo matrimonio. In quel momento, ora
che erano tutti lì intorno a Lily e Alice con i loro figli,
felici e
sereni, gli sembrava impossibile che quei due neonati potessero
essere presi di mira da Voldemort. Era assurdo e crudele, e avrebbe
preferito non pensarci almeno per un po', ma non ci riusciva.
Per fortuna, i suoi
pensieri cupi furono interrotti da James, che si sporse per prendere
in braccio il piccolo Harry.
« Se lo fai cadere ti
faccio diventare calvo » lo minacciò Lily,
ansiosa.
« Lily, mi meraviglio di
te. Lo sai che i giocatori di Quidditch hanno una presa infallibile
»
protestò lui, prendendo il bambino e guardandolo negli
occhi. Quello
ricambiò lo sguardo, perplesso. « Vedrai, Harry,
anche tu
diventerai un campione come tuo padre... o quasi. Sarà
difficile
arrivare al mio livello, ma abbiamo undici lunghi anni per allenarci.
Alla tua prima lezione di Volo lascerai a bocca aperta anche la tua
insegnante, entrerai nella squadra di Grifondoro e ne diventerai il
Capitano, per poi entrare in una squadra professionista e infine
vincere la Coppa del Mondo! »
« È
bello che tu non voglia influenzare la vita di tuo figlio »
commentò
Lily, sarcastica.
« Sì, James, sei
quasi
peggio di mio zio Algie » confermò Frank,
scuotendo la testa.
« Non rovinate i miei
sogni di gloria! » protestò lui, offeso.
« Va bene, sì...
adesso
posso prenderlo io in braccio? » intervenne Sirius.
Tutti lo guardarono con
perplessità.
« Tu sei un disastro a
Quidditch » disse James.
« Cosa c'entra? Posso
tenerlo benissimo senza farlo cadere. Sono il suo padrino! »
« E va bene, ma sta'
attento, o racconto a tutti cosa è successo poco fa
».
Sirius lo guardò male,
ma si assicurò di non far cadere Harry: non avrebbe
sopportato
l'umiliazione di rendere pubblico il suo quasi-svenimento,
pensò, di
cattivo umore.
Poi Harry spalancò le
palpebre, e un paio di occhi verdi presero a fissarlo con
curiosità.
Sirius non riuscì a trattenere un sorriso.
I Paciock avevano deciso
di ospitare i Potter a casa loro, almeno per quella notte,
perché
Lily era troppo stanca e provata per tornare a casa sua.
Così
Sirius, Remus e Peter li avevano salutati, avevano dato un'ultima
occhiata a Neville e Harry, e si erano incamminati verso la moto del
primo.
« Non riesco a credere
che Ramoso sia diventato padre » disse Peter, a disagio.
« C'era da aspettarselo.
Vi ricordate quando ho detto che sarebbe stato il primo ad avere un
figlio? » disse Sirius, sforzandosi di sembrare rilassato.
Remus annuì. Erano
arrivati vicino alla moto e Sirius la stava accendendo. Mentre il
motore scoppiettava, parve esitare. Poi si rivolse di nuovo al
ragazzo, che l'osservava con apprensione.
« Remus, sai che non
volevo aggredirti in quel modo l'altra volta, vero? Non ero in me
»
disse, cercando di non apparire neanche lontanamente supplichevole.
Odiava chiedere scusa, anche se con i suoi amici era disposto a
farlo.
« Sirius, davvero, non
preoccuparti. Non avevo idea di cosa avevi passato. Mi dispiace per
tuo zio » rispose l'altro, tranquillizzandolo.
« E a me dispiace di non
aver detto di Regulus a nessuno di voi due. Forse avrei dovuto, ma
Silente voleva che il segreto fosse spartito da meno persone
possibile... »
« Lo capiamo, non c'è
problema » lo rassicurò Peter, che tuttavia non
poteva fare a meno
di accorgersi che le lunghe assenze di Remus stavano facendo
allontanare un po' troppo i suoi amici. Chissà, forse prima
o poi
avrebbero iniziato a non fidarsi l'uno dell'altro. La lontananza
creava molti equivoci...
« Allora vado. Domani
tornerò a trovare i due neo-genitori. Dobbiamo fare un
brindisi alla
nuova generazione! »
« Sono d'accordo »
disse Remus, guardandolo salire sulla moto.
Prima di partire, Sirius
si soffermò ancora qualche istante.
« Secondo voi sarò
bravo come padrino? »
Remus e Peter si
scambiarono un'occhiata eloquente e scoppiarono a ridere.
« No, sarai terribile
»
concordarono.
« Vi detesto, ragazzi
».
E con un rombo spiccò il
volo, sfrecciando con la sua moto sopra i tetti di Londra.
I due rimasti si erano
incamminati verso l'appartamento di Peter.
« Sono contento di
vedere che tu e Sirius non avete litigato » disse questo,
mentre
camminava con il capo chino.
« Ci vuole ben altro per
farci litigare davvero, Peter. Cosa ti ha fatto pensare una cosa
simile? » chiese Remus, perplesso e stupito.
« Bè, ecco...
» esitò
Peter, tormentandosi le dita e mordendosi il labbro. « Tu sei
poco
presente in questo periodo, e ho avuto paura che ci allontaneremo...
So che non dipende da te, sto solo dicendo che nell'Ordine molte cose
stanno cambiando. Anche se molti fanno finta di niente, ci teniamo
d'occhio a vicenda perché non ci fidiamo più
l'uno dell'altro. E
adesso c'è questa storia della Profezia... Insomma,
è una brutta
situazione, e mi è mancato il nostro gruppo per come era
prima.
Forse anche Sirius si è sentito così ».
« Mi dispiace. Anche io
vorrei essere di più con voi, ma non posso proprio, a meno
di non
compromettere la missione che mi è stata affidata. Ma non
preoccuparti, non ci allontaneremo di certo solo perché
possiamo
frequentarci poco ».
Peter annuì, mostrandosi
sollevato. In realtà il suo cervello stava elaborando
febbrilmente
una serie di frasi che poteva buttare lì senza essere troppo
diretto.
« Posso dirti una cosa?
Però che resti tra noi » esordì, dopo
almeno cinque minuti.
« Di' pure ».
« Nemmeno io sapevo di
Regulus, e io sono sempre stato presente. Capisco quello che ha detto
Silente, ma Sirius ha deciso di dirlo solo a James. Devo ammettere
che mi è un po' dispiaciuto. Insomma, il Sirius che conosco
me lo
avrebbe detto, non credi? »
Remus scrollò la testa.
« È
vero, ma sai com'è fatto Sirius. Quando si tratta della sua
famiglia
diventa quasi un'altra persona. Ma non credo che l'abbia fatto
apposta ».
« Oh no, certo, nemmeno
io. È solo che per un solo istante ho creduto che non si
fidasse di
me, o di noi... Anche se poi ovviamente mi sono ricreduto. Anzi, mi
sento in colpa per averlo pensato, quindi non dirlo mai, per favore
».
« Sarò muto come una
tomba ».
Peter tacque, lanciando
ogni tanto qualche occhiata di soppiatto all'amico. Lo vide
riflettere con aria assente. Forse Remus non era poi così
convinto
di quello che gli aveva risposto.
Non parlarono più, fino
a che non arrivarono davanti l'appartamento di Peter.
« Sei sicuro di voler
tornare a casa tua da solo? »
« Sì, non
preoccuparti.
Ci vediamo domani alla nuova sede dell'Ordine. Si sa ancora
dov'è? »
« No, Malocchio dovrebbe
avvertirci quando avrà finito di proteggerla con decine di
incantesimi. Credo che per la spia sarà impossibile parlare,
stavolta ».
« Meglio così
»
concluse Remus.
Peter annuì, sollevato.
Ma quando rientrò in
casa, tutto il rimorso e il senso di colpa gli crollarono addosso. Lo
stava facendo, aveva provato a seminare zizzania tra due dei suoi
migliori amici, e questa sembrava iniziare ad attecchire. Si sentiva
sporco dentro, e odiò se stesso ancora più di
prima.
Ma se l'alternativa era
essere scoperto come responsabile della morte dei Bones e
dell'attacco alla casa di Dedalus, sapeva di non avere altra scelta.
Ammetti piuttosto che
non vuoi un'altra scelta, insinuò la voce della
sua coscienza,
mentre guardava il proprio riflesso allo specchio nell'ingresso
semibuio: aveva un'espressione di disgusto nei confronti di se
stesso.
Peter gli voltò le
spalle e si allontanò, senza rispondere all'insinuazione e
ricacciandola indietro. Non voleva ascoltarla, né ora
né mai.
Questo capitolo
è dedicato a nefertari83,
che è da poco diventata mamma, o comunque sta per
diventarlo! =)
Tempo fa avevo cercato di scoprire come partorissero le streghe,
perché al san Mungo sembra che un reparto per donne che
devono partorire non esiste... anche perché è un
ospedale per malattie e ferite magiche, in effetti. Quindi ho
immaginato che partorissero a casa, magari con l'assistenza di qualche
Guaritore. E visto che Alice e Lily correvano rischi a uscire, le avrei
fatte partorire in casa comunque.
Credo di aver traumatizzato Sirius abbastanza, quindi non ho molto
altro da dire. XD
Ah, lo zio Algie è quello che una volta ha buttato Neville
dalla finestra per assicurarsi che fosse davvero un mago, quindi lo
immagino molto fissato su queste cose. Per fortuna al momento
c'è Frank a tenerlo a bada ._.
Al prossimo aggiornamento, che sarà il 12 aprile!
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Capitolo 42 *** I ricordi perduti ***
Non può piovere per
sempre
Capitolo 42
I ricordi perduti
«
E questa sarebbe la
nuova sede dell'Ordine della Fenice? »
Tutti quanti si
guardarono intorno, piuttosto perplessi. Si trovavano in un triste
monolocale in pessime condizioni. Gli spifferi di vento entravano
attraverso le fessure delle finestre, sollevano la polvere che
ricopriva le assi cigolanti del pavimento.
« Tanto
valeva radunarci
direttamente in una topaia » bofonchiò Dorcas
senza mezzi termini.
Sturgis annuì, poi sobbalzò quando vide che
Malocchio lo aveva
colto mentre faceva quel gesto.
« Qualcosa
da ridire,
Podmore? » ringhiò Malocchio, guardandolo male.
Lui
deglutì, mentre
Dorcas faceva finta di nulla.
« Ehm, no...
solo
pensavo che fosse migliore... » balbettò il
ragazzo, scatenando la
risposta piccata dell'Auror.
« Migliore?
Siamo in
guerra, ragazzo, non in vacanza in un hotel cinque stelle! »
« Ok,
scusa... »
« Malocchio,
sono stata
io a dirlo per prima, ma diamoci un taglio » intervenne
Dorcas, che
si sentiva in colpa per avergli fatto rimediare l'ennesimo
rimprovero.
Moody le
lanciò
un'occhiataccia: era sempre più irritabile da quando
ospitava
Dedalus in casa sua.
« Non
sarebbe stato
meglio andare a casa di uno di noi? Molti di noi vivono da soli,
potreste usare anche quella mia e di Gideon senza problemi »
propose
Fabian, mentre cercava di tenere a bada un ragno che pendeva dalla
ragnatela sopra la sua testa.
« O quella
di Dorcas »
disse Gideon.
Moody non sembrava
affatto persuaso.
« Certo,
sarebbe molto
più comodo usare la casa di uno di voi. Magari proprio
quella della
spia, perché no? Così finiremmo tutti nella tana
del lupo, i
Mangiamorte ci tenderebbero un altro agguato e stavolta verremmo
tutti uccisi. Una proposta geniale, Prewett ».
« Come non
detto »
concluse Fabian.
« Questa
casa non è il
massimo, ma l'ho imbottita di così tanti incantesimi di
protezione
che anche cento Mangiamorte impiegherebbero giorni a rimuoverli
tutti. E non è ancora finita ».
Zoppicò
fino ad un
grande tavolo sbilenco, infilò la mano nella tasca
dell'impermeabile
ed estrasse un semplice rotolo di pergamena.
« Questa
sarà l'ultima
protezione che apporrò a questo appartamento ».
« Che
cos'è? » chiese
Rachel, ma poi ammutolì quando Moody si avvicinò
di nuovo a tutti
loro, guardandoli come un generale che prepara il proprio esercito ad
una battaglia.
« Facciamo
finta che sia
un contratto. Ognuno di voi firmerà, e così
facendo accetterà
tutte le condizioni previste dalla pergamena ».
« E quali
sarebbero
queste condizioni? » domandò Dorcas, anche se
aveva già qualche
idea al riguardo.
« Semplice.
Chi firmerà
accetterà di non rivelare in alcun modo, né
direttamente né
indirettamente, il luogo in cui ci raduniamo. Chi non vuole firmare,
non avrà più il permesso di partecipare alle
riunioni. Se chi ha
firmato svelerà dove si trova questo posto...
avrà modo di
pentirsene amaramente. E non gli consiglio di provare ».
Nella stanza era
calato
un silenzio teso, ma nessuno osò aprire bocca per replicare.
Anche
chi tra loro era sempre stato più fiducioso nei confronti
degli
altri, come James o Sturgis, stavolta non protestò. Sapevano
tutti
che era necessario ricorrere a quei mezzi per evitare che il
traditore li cogliesse nuovamente di sorpresa. E lo stesso traditore
non poteva rifiutarsi di firmare, altrimenti si sarebbe smascherato
da solo. Malocchio aveva avuto un'ottima idea, pensò Dorcas.
« Bene
» disse ad alta
voce, facendo un passo avanti e afferrano la piuma che Moody le
porse. Si chinò sulla pergamena e firmò per
prima.
Gideon la
seguì a ruota,
e poi firmarono tutti gli altri. Malocchio osservava attentamente le
espressioni di ogni singola persona, come se in quel modo potesse
cogliere sguardi colpevoli. Non era molto utile, in realtà:
essere
fissati dal suo occhio magico rendeva nervosi tutti quanti, e non
tutti erano capaci di controllarsi. Sturgis provò a scrivere
con
l'estremità opposta della piuma, al primo tentativo.
Quando tutti ebbero
apposto la propria firma, Malocchio piegò la pergamena e la
infilò
in una tasca.
«
C'è anche un'altra
cosa. D'ora in poi, ad eccezione di Lupin e Hagrid, che hanno dei
compiti che solo loro possono svolgere... nessuno di voi
andrà più
in missione da solo. Sarete sempre minimo in due, e ognuno
terrà
d'occhio l'altro. Mi sono spiegato? »
Nessuno
replicò, anche
se dal fondo del gruppo si udì qualche sussurro contrario.
« Per oggi
è tutto.
Saprete della prossima riunione nel solito modo. Ora potete andare. E
mi raccomando... »
« Vigilanza
costante »
lo anticiparono Gideon e Fabian in tono volutamente esasperato.
«
Sì, infatti! »
ringhiò lui, che non era in vena di scherzi.
Dorcas uscì
dal nuovo
quartier generale insieme a tutti gli altri. Non c'era un bel clima.
Alcuni salutarono subito e si affrettarono a tornare a casa, ma non
tutti si erano lasciati ancora influenzare dall'atmosfera di sospetto
che era calata su di loro. Dorcas voleva raggiungere Emmeline e
Rachel che stavano camminando insieme a Sturgis e Fabian, ma prima
che potesse farlo fu affiancata da Gideon.
« Che cosa
pensi che
capiterebbe alla spia se parlasse lo stesso? » le chiese lui.
« Non ne ho
idea ».
« Secondo me
sarà
colpito da una maledizione che lo costringerà a ballare il
tip tap
fino alla fine dei suoi giorni. È una cosa che si noterebbe
e noi
potremmo identificarlo subito ».
« Dici? Io
invece spero
che gli caschi la lingua, visto che la usa solo per fare danni...
»
Gideon
ridacchiò, per
poi tornare serio.
« Tu hai dei
sospetti? »
Lei scrollò
la testa.
«
Macché. Ci abbiamo
provato » rispose, indicando con un cenno della testa le due
ragazze
che camminavano davanti a loro, « ma non è servito
a nulla. Abbiamo
le idee ancora più confuse di prima ».
«
Già... io avevo
pensato a Mundungus, ma non ha partecipato a molte riunioni, e di
sicuro non sa molte delle cose che la spia invece sapeva. E poi lui
era presente quando i Mangiamorte hanno attaccato casa di Dedalus
».
« Io sono
convinta che
prima o poi farà un passo falso, e quando
succederà lo saprò ».
« Certo, a
te non sfugge
mai nulla » la derise lui.
Dorcas lo
fissò con gli
occhi socchiusi e uno sguardo minaccioso.
« Infatti.
Per esempio,
nessuno l'ha ancora notato, ma a me sembra proprio che tu abbia messo
su qualche chilo di troppo, nell'ultimo mese ».
Gideon parve
imbarazzato.
« Ti detesto
».
« Io di
più ».
« Non credo
proprio,
cara ».
« Ti ho
già detto di
non chiamarmi così. Non voglio morire di diabete
».
« Ma tu non
corri questo
pericolo. Sei così acida che distruggeresti una montagna di
zucchero
in due secondi ».
« Ecco,
appunto. Tu
invece lo accumuli e basta, vero? » fece lei, fingendo di
infilzargli un fianco con la bacchetta.
« Sei una
megera che si
sa difendere solo con i colpi bassi e attentando alla
dignità altrui
» protestò Gideon, indignato.
Dorcas sorrise per la
prima volta quella sera. Sapeva di non essere del tutto a posto con
la testa, ma bisticciare con Gideon la divertiva più di ogni
altra
cosa, e non solo. La rabbia che provava nei suoi confronti quando le
dava fastidio ultimamente aveva iniziato a provocarle un sentimento
del tutto diverso, ma che aveva già conosciuto quando era
stata più
giovane. Ormai non riusciva più a credere alle scuse che
aveva
inventato per convincersi del contrario. Ogni volta che gli diceva di
odiarlo, vi metteva la stessa passione che avrebbe usato per dire
l'opposto, e lui sembrava fare lo stesso, perché conosceva
bene la
sua incapacità di essere troppo smielata.
Poi Fabian disse
qualcosa
che le fece lo stesso effetto di una doccia ghiacciata.
«
Quand'è che la
smetterete di punzecchiarvi e vi deciderete a tornare insieme?
»
Rachel, Emmeline e
Sturgis si erano fermati a loro volta e li guardavano con un'aria
divertita.
Dorcas si
irrigidì,
tornando immediatamente seria.
« Vi siete
bevuti il
cervello » constatò, mentre Gideon confermava.
« E io
dovrei stare con
questa vipera? »
«
Sì » confermò
Fabian. « Sembrate praticamente già sposati
».
Dorcas
sbuffò, irritata,
ma si arrabbiò ancora di più quando
udì Gideon sussurrare
sottovoce:
« Non ha
tutti i torti,
però ».
Lei lo
fulminò con lo
sguardo, e lui ridacchiò.
« Bando alle
ciance, non
è il caso di rimanere troppo tempo per strada a quest'ora
» cambiò
discorso, guardandosi intorno e non scorgendo anima viva oltre loro.
« È
ora di tornare a
casa ».
« Fabian,
chiudi il
becco e andiamo » disse Gideon, avvicinandosi al fratello
minore e
facendogli cenno di Smaterializzarsi.
Dorcas si impose di
non
guardarli mentre sparivano, ma colse le espressioni divertite dei tre
che erano rimasti, e si sforzò di ignorare anche loro, ma fu
impossibile. Alla fine sbottò.
« La volete
finire? »
« Dorcas,
è inutile
negare, è così evidente » le disse
Rachel.
Lei imprecò
mentalmente.
Non credeva che lo avessero notato tutti.
« D'accordo,
forse
potrebbe esserci qualcosa tra me e Gideon, ma non succederà
»
concesse, alzando gli occhi al cielo.
« Ah,
avevamo ragione,
allora! » esclamò Sturgis.
Lei lo
guardò con la
coda dell'occhio.
« Attento,
Podmore. Io
so cosa nascondi tu, quindi fai il bravo » lo
minacciò.
Lui
sbiancò. Poi, quando
Emmeline si voltò a lanciargli un'occhiata incuriosita, fece
finta
di niente e si mise a fissare il cielo scuro, inciampando
così in
una radice.
« Non
capisco perché
sei così ostinata » le disse Rachel. «
Non ti comporterai così
solo perché sei troppo orgogliosa per cedere? »
« Certo che
no, non sono
così infantile. La vera ragione per cui non voglio
impegnarmi con
lui è che non ne ho il tempo. Sto combattendo una guerra,
non voglio
distrarmi con queste sciocchezze ».
« Io
continuo a pensare
che tu e Malocchio siete parenti stretti » disse Emmeline,
esterrefatta. « Non sono sciocchezze! È importante
avere qualcuno
con cui condividere le difficoltà e le paure in questo
periodo ».
« Sono
d'accordo con
Emmeline » disse Rachel. « Lo sappiamo che sei una
tosta e che sei
in grado di tenere testa a Voldemort da sola, ma quando torni a casa
non preferiresti avere qualcuno con cui parlare? Il tuo bisticciare
continuo con Gideon è un modo per distrarti e ridurre lo
stress, in
fondo ».
Dorcas
annuì, ma non
rispose. Sapeva bene che loro avevano ragione, ma aveva già
avuto
qualcuno con cui confidarsi. Marlene era stata come una sorella per
lei, che aveva perso la famiglia molto presto a causa di Voldemort,
solo perché sua madre aveva sposato un Nato Babbano. Ma dopo
la sua
morte si era abituata a stare da sola. Non voleva più
soffrire. Se
non avesse avuto più nulla da perdere, avrebbe sofferto
molto meno.
Farsi avanti con Gideon invece avrebbe significato tornare
vulnerabile come prima, e lei non poteva permettere che accadesse di
nuovo...
Accidenti,
Dorcas,
sembri capace di affrontare il mondo e poi te la fai sotto dalla
paura quando si tratta di impegnarti con qualcuno. Vergognati.
Provò a
scacciare la
voce della propria coscienza, ma non ci riuscì.
Gli altri si erano
fermati.
« Devo
davvero andare »
disse Emmeline, guardandola con aria preoccupata. « Prometti
che
penserai a quello che ti abbiamo detto, però ».
« Ci
penserò » le
rispose, seccata.
Emmeline si
Smaterializzò, e Sturgis rimase lì a fissarla,
esitando come se
volesse dire qualcosa ma non sapesse come farlo. Infine
parlò.
« Se
potessi, io mi
butterei subito. Ma non dipende da me » le
confessò, e Dorcas intuì
subito di chi stava parlando. « Tu invece puoi, è
da te che dipende
».
Dorcas si morse il
labbro
inferiore, incerta.
« Grazie,
Sturgis.
Buonanotte » lo congedò.
Lui si
Smaterializzò a
sua volta e Dorcas rimase sola con Rachel, che sembrava aver atteso
apposta quel momento.
« Gliel'hai
chiesto? »
le domandò, cambiando discorso prima che potesse parlare.
Rachel
annuì.
« Regulus mi
ha detto di
non sapere l'identità di tutti i Mangiamorte coinvolti
nell'omicidio
di Marlene » le rispose sottovoce. « Ma sa chi era
a guidarli ».
Dorcas si
sentì
percorrere da una scarica elettrica.
« Chi?
»
« Travers
».
Dorcas
cercò di restare
impassibile, ma non ci riuscì. Finalmente, dopo due anni,
aveva un
nome, aveva un obiettivo: Travers. Il prossimo passo sarebbe stato
trovarlo e costringerlo a dirle i nomi di tutti gli altri Mangiamorte
che quella notte erano stati con lui. E poi li avrebbe spediti tutti
ad Azkaban... sempre se fosse riuscita a controllare la rabbia.
« Grazie
» disse
infine. « E ringrazia anche Regulus ».
Rachel era chiaramente
tesa.
« Dorcas,
non fare
sciocchezze » le raccomandò.
« Non
preoccuparti. So
badare a me stessa ».
Tanto
non ho nulla da
perdere,
si disse, mentre Rachel si Smaterializzava a sua volta.
E si chiese se avrebbe mai avuto il coraggio di accogliere qualcun
altro nella propria vita e correre il rischio di perdere anche lui.
***
La
falce della luna
brillava alta nel cielo quando Remus si svegliò di
soprassalto. Era
talmente abituato a dormire sulla nuda terra che ormai neanche
sentiva più il fastidio delle radici che gli si conficcavano
nella
schiena.
Tutt'intorno a lui era
sorto un improvviso chiacchiericcio degli altri lupi mannari, che
venivano risvegliati dai capi, compreso Greyback in persona.
« Che cosa
succede? »
domandò, perplesso. Non era ancora l'alba, e allora
perché li
stavano svegliando?
Sentì
qualcuno
bofonchiare qualcosa a proposito dei bambini, ma mentre cercava di
ascoltare, rimettendosi in piedi notò qualcosa accanto al
suo
giaciglio. Si chinò per raccogliere il misterioso oggetto e
si rese
conto che si trattava di una coscia di pollo.
Prima che potesse
capire,
Greyback parlò.
« I mocciosi
sono
spariti. »
Gli altri lupi mannari
lanciarono esclamazioni sorprese.
« Un altro
branco li
avrà rapiti! » ipotizzò uno di loro.
« No, credo
che siano
scappati. »
Tutti tacquero, e
Remus
si sentì sprofondare sottoterra, mentre la sua mente
collegava fatti
a cui inizialmente non aveva dato peso. Nell'ultimo periodo aveva
visto Tim confabulare spesso con gli altri bambini, per poi
ammutolire subito non appena un adulto si avvicinava. Da quando lo
aveva aiutato a convincere Charlie MacDougal e Silvanus Cook ad
aiutarlo, era diventato sempre più desideroso di contrastare
i piani
di Voldemort e Greyback. E ora gli aveva lasciato quella coscia di
pollo... Quando si erano conosciuti lo aveva guardato male nel timore
che volesse rubargliela, quindi doveva essere una sorta di
ringraziamento.
« Non
andranno lontano,
li prenderemo » disse Hati con un tono sicuro. « Ma
dobbiamo
riportarli indietro prima che siano catturati dal Ministero.
»
Remus non riusciva a
crederci. Tim si era messo a capo di una ribellione dei piccoli
licantropi! Si trattenne a stento dall'insultarsi da solo ad alta
voce. Erano solo dei bambini e non potevano essersi organizzati, non
avevano dove andare, e stavano rischiando grosso...
« Quando li
troveremo,
avranno quello che meritano » minacciò Greyback.
Remus si era
già messo a
correre prima che quello finisse la frase.
«
Sarah, è meglio se
ci dividiamo in tre gruppi. »
La
bambina guardò
Tim, preoccupata, mentre lei e gli altri piccoli lupi mannari li
seguivano, spaventati ma allo stesso tempo entusiasti.
«
Sì, così li
confonderemo e non sapranno quali tracce seguire » fece lei,
ingenuamente.
«
Ma dove siamo
diretti? Chi ci potrà aiutare? » si
lagnò Mark, un bambino di
appena cinque anni che arrancava sulla loro scia.
Tim
lo guardò e gli
tese la mano per aiutarlo ad accelerare il passo.
«
A Hogwarts. Lì c'è
Silente. Ci aiuterà. »
« Remus, ci
dispiace, ma
finora io e il mio branco non abbiamo trovato nessuno di quei
cuccioli » disse Charlie MacDougal, asciugandosi il sudore
della
fronte.
« E nemmeno
noi »
aggiunse Silvanus. « Ma non ci arrendiamo, continueremo a
cercare. »
« Grazie,
davvero »
fece Remus, angosciato.
« Stiamo
creando delle
false piste per trarre in inganno Greyback e i suoi. Dobbiamo
trovarli prima di loro. »
Remus li
ringraziò di
nuovo, riconoscente. Non osava immaginare cosa sarebbe successo ai
bambini se Greyback li avesse catturati. Ma forse era ancora peggiore
il pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere se non li
avessero
presi. La luna piena era vicina, e un branco di lupi mannari alle
prime armi sarebbe stato devastante tanto quanto gli adulti...
Da
qualche parte nella
foresta si levò un grido terrorizzato.
«
Sarah! » esclamò
Tim, smettendo improvvisamente di correre, mentre gli altri quattro
bambini del suo gruppo si stringevano a lui, terrorizzati.
«
Li hanno presi? »
domandò Mark, tremando violentemente.
Dagli
strilli acuti
sembrava provenire una lugubre conferma alla sua domanda.
«
Che cosa facciamo?
» strillò terrorizzata un'altra ragazzina.
Tim
rifletté per
alcuni eterni secondi. Poi prese la sua decisione.
«
Non possiamo
lasciarli da soli. Greyback li punirà. »
«
E se... se ci
uccidono? » sibilò Mark.
Tim
deglutì,
sconvolto al solo pensiero. Ma poi scosse la testa.
«
Non lo faranno. Gli
serviamo. »
E
tornarono indietro.
« Che cosa
credevate di
fare, eh? » domandò Greyback, furente, guardando
con rabbia Tim,
Sarah e gli altri bambini piangenti e singhiozzanti al suo cospetto.
Remus si sentiva
tremare
dalla testa ai piedi. Li avevano catturati tutti, e ora Greyback li
stava interrogando e minacciando. Li avrebbe picchiati, se lo
sentiva, e fu questo a convincerlo ad intervenire.
« Greyback,
ascolta.
Sono sicuro che non è colpa loro. Non hai pensato che forse,
prima
di morire, Sköll poteva averli plagiati? Potrebbe averli
convinti a
tradirti per indebolirti, e loro forse adesso l'hanno fatto
perché
convinti che fosse la cosa giusta. »
Si rese conto solo
dopo
di avergli bloccato il braccio nell'atto di alzare le mani su uno dei
bambini, e lasciò la presa, disgustato dal contatto con quel
mostro.
Greyback lo
fissò
attentamente e Remus sostenne lo sguardo. Non gli importava di
compromettere la sua missione per conto dell'Ordine, non sarebbe
rimasto a guardare mentre quelle vittime venivano punite.
«
È
come dice lui? » chiese Greyback, rivolgendosi a Tim.
Lui guardò
Remus,
spaventato, e colse il suo sguardo di avvertimento.
«
Sì » rispose. « Sì,
è stato lui. »
Remus
sospirò,
sollevato. Greyback sembrava meno furibondo quando si rivolse a lui.
« Bene... ma
si meritano
lo stesso una punizione. Non mangeranno finché non
sarò io a dirlo.
»
E gli voltò
le spalle,
lasciandolo immobile, le unghie conficcate nella carne e i denti che
graffiavano il labbro, colmo di rabbia e risentimento.
« Scusa,
Remus... »
Lui
sospirò. Era
arrabbiato: Tim lo aveva fatto preoccupare così tanto che
doveva
aver perso almeno dieci anni di vita.
« Tim, che
ti è saltato
in mente, accidenti? Potevate uccidere degli innocenti! »
Il ragazzino sembrava
veramente mortificato.
« Volevo
solo essere
libero. E volevo che lo fossero anche gli altri. Credevo che fosse
questo che mi avevi insegnato. »
Remus sentì
la rabbia
affievolirsi.
« Non
è ancora il
momento, Tim. Ma lo sarai, credimi. »
Tim annuì,
malinconico,
e Remus non poté fare a meno di cedere, incapace di restare
sulle
sue un momento di più.
« Sei stato
coraggioso,
Tim. Molto più di quanto sarei stato io gli disse. Ma devi
aspettare
e avere fiducia. Questo te lo prometto, Tim: ti porterò via
da qui
appena potrò. »
Lui accennò
un sorriso,
sollevato.
Remus lo
congedò in
fretta. Aveva una strana sensazione, come se qualcuno lo stesse
osservando di nascosto. Forse si era esposto troppo, difendendo i
bambini, ma se fosse tornato indietro lo avrebbe fatto di nuovo. Ora
però ne era certo: Greyback lo avrebbe tenuto costantemente
d'occhio, da quel momento in poi, e lui avrebbe dovuto mostrarsi
fedele e non commettere nessun passo falso.
Chissà
per quanto
tempo ancora non potrò rivedere i miei amici, pensò,
depresso.
***
La
villa era come era
sempre stata, almeno dall'esterno. Regulus fissò con timore
le
finestre che si affacciavano sul vialetto che conduceva alla porta
d'ingresso, come se temesse di vedere Alphard che si affacciava ad
una di esse. Se avesse avuto un'allucinazione del genere non sapeva
quanto avrebbe potuto resistere alla tentazione di voltarsi e
andarsene il più lontano possibile. Ma anche pensare che suo
zio non
si sarebbe mai più affacciato alla finestra gli faceva male
lo
stesso.
Sirius e Rachel erano
accanto a lui, altrettanto malinconici e cupi. Camminavano in
silenzio, tanto che i loro passi sulla ghiaia quasi rimbombavano.
Avevano deciso di
andare
a perlustrare da cima a fondo la casa in cui Alphard aveva vissuto
per tutto quel tempo, con l'obiettivo di trovare i ricordi che aveva
lasciato loro. Silente aveva fatto in modo di dotarla dei
più
potenti incantesimi protettivi che conosceva.
« Allora,
Sirius, com'è
Harry? » chiese Rachel all'improvviso, rompendo il silenzio
in cui
tutti e tre si erano rinchiusi da quando si erano Materializzati
davanti al cancello. Chiaramente l'aveva fatto apposta per allentare
la tensione, ma Regulus era poco disposto ad ascoltare qualsiasi tipo
di conversazione.
Sirius fu distolto dai
suoi pensieri, ed esitò alcuni secondi prima di rispondere,
come se
sentisse il bisogno di ricordare dove si trovava e cosa ci faceva.
«
È
il neonato più tranquillo che abbia mai conosciuto. In
realtà non
ne ho conosciuti molti, ma credevo che, in quanto figlio di James,
sarebbe stato una peste. E invece non piange quasi mai e non
dà mai
fastidio » aggiunse, con rassegnazione.
« Mi sembra
positivo,
perché lo dici con quel tono? »
« Scherzi?
Sono
disperato. Sono il suo padrino e devo assolutamente rimediare
».
« E Lily
è d'accordo? »
« Non credo
» rispose
Sirius, sfoderando il sorriso che aveva ogni volta che tramava
qualche scherzo.
Rachel
provò a
rispondere, ma non lo fece. Erano arrivati alla porta d'ingresso, e
Regulus aveva infilato la chiave nella toppa. Di nuovo il silenzio
calò su di loro. Regulus aprì la porta ed
entrò senza esitare,
desideroso di affrontare e superare il prima possibile quel momento.
L'ingresso era sempre
lo
stesso, come se il tempo si fosse fermato. Ma quando tutti e tre si
chiusero la porta alle spalle, il rumore echeggiò nella casa
deserta. Poi udirono dei passi, e per un folle istante Regulus
sentì
il proprio cuore martellare all'impazzata. Ma era solo l'elfo
domestico Aster, venuto ad accogliere il suo nuovo padrone.
« Padrone,
Aster ha
fatto come gli è stato ordinato e non ha toccato nulla
» esordì
l'elfo, con un tono dimesso e afflitto. Anche lui era molto
affezionato ad Alphard.
« Grazie
» rispose
Regulus, guardandosi intorno.
« I signori
vogliono
qualcosa da mangiare o da bere? »
« Per il
momento no »
rispose Sirius. « Dobbiamo farti un paio di domande,
veramente ».
L'elfo si mise
sull'attenti. Fu Regulus a parlargli di nuovo.
« Ascolta,
per caso
nostro zio ti ha mai detto o fatto riferimenti a qualcosa che aveva
nascosto in questa casa? »
Quello parve
riflettere
per un po'.
« Il padrone
aveva
affidato ad Aster soltanto la chiave della biblioteca. Aster non sa
altro, purtroppo ».
« E non hai
notato niente di strano,
ultimamente? Ha fatto qualche incantesimo oppure è stato per
parecchio tempo chiuso da qualche parte? »
« Aster sta
cercando di
ricordare... » disse l'elfo, posando le lunghe dita ossute
sulle
tempie. I tre ragazzi rimasero in attesa, ansiosi. « Il
padrone era
un mago colto e amava scoprire tutte le branche della magia, anche
quelle di solito sconosciute. Non era raro che provasse a
sperimentare nuovi incantesimi, quindi Aster non può dire
con
certezza se ne ha fatti di strani. Però... »
«
Però cosa? » chiese
Rachel, pendendo dalle sue labbra.
« Qualche
tempo fa ha
usato un incantesimo, ma qualcosa è andato storto ed
è rimasto
ferito. Aster ricorda che era dovuto andare da qualcuno che lo
curasse. Non era la prima volta che si faceva male con incantesimi
nuovi, ma la ferita era più grave del solito ».
Rachel
guardò Regulus:
entrambi avevano capito qualcosa.
« Si
riferisce
all'ultima volta che è venuto a trovarci a casa mia. Si
è fatto
curare da mia madre. Lei infatti non capiva con che tipo di
incantesimo si fosse fatto male in quel modo, ma lui aveva
minimizzato ».
« Come al
solito »
commentò Sirius, depresso.
« Non
c'è altro? »
chiese Regulus, tornando a rivolgersi all'elfo domestico, il quale
scrollò la testa.
« Aster
è spiacente, ma
non c'è altro ».
« Non
importa, sei già
stato d'aiuto. Puoi andare, ma non toccare ancora nulla ».
Aster
annuì. Fece un
profondo inchino a tutti e tre e si allontanò.
« Che cosa
facciamo,
allora? » chiese Sirius, rivolgendosi agli altri due.
«
Perlustriamo la casa
da cima a fondo. È meglio dividerci. Io inizio dalla
biblioteca ».
«
Darò un'occhiata nel
salotto, è piuttosto grande » disse Rachel,
lanciando uno sguardo
lungo il corridoio che dall'ingresso conduceva al soggiorno.
« D'accordo,
io allora
andrò in camera sua. Ci rivediamo qui quando abbiamo finito
»
concluse Sirius.
« Fate
attenzione quando
cercate nascondigli. Gli incantesimi che usava non erano troppo
pericolosi, ma non si sa mai » li avvertì Regulus.
Loro annuirono,
poi si incamminarono ognuno in direzioni diverse.
Non appena Regulus
entrò
nella biblioteca, non poté fare a meno di ricordare l'ultima
volta
che vi era entrato. Era lì che aveva scoperto cosa fossero
gli
Horcrux; lì Alphard gli aveva raccontato la storia della sua
amicizia con Perseus; e lì zio e nipote si erano ritrovati
dopo
tanto tempo. Sembravano passati secoli, ormai.
Cercando di non
lasciarsi
distrarre da ricordi più o meno dolorosi, estrasse la
bacchetta ed
iniziò a perlustrare attentamente la stanza. Non era facile,
perché
lui cercava tracce di magia, ma la casa era piena di incantesimi che
ancora duravano, nonostante la morte di chi li aveva compiuti. Era
difficile distinguere tra semplici magie innocue, come quella che
permetteva a brillanti sfere di luce di accendersi e galleggiare
sospese in aria quando calava il buio, e incantesimi posti a
protezione di qualche nascondiglio.
La biblioteca era
piena
di passaggi nascosti, rientranze segrete nelle pareti, in cui Alphard
aveva riposto libri o pergamene colme di appunti su magie molto
avanzate e a volte pericolose, ma di qualcosa che contenesse ricordi
non vi era traccia.
Fu con una certa
delusione che, tre quarti d'ora dopo, Regulus si arrese all'evidenza:
i ricordi non erano nella biblioteca, e non dovevano essere nemmeno
nelle stanze che Rachel e Sirius stavano rovistando, altrimenti a
quel punto lo avrebbero chiamato.
Tutti e tre si
ritrovarono nell'ingresso, delusi. Regulus non riusciva a capire dove
fossero nascosti e continuava a mordersi il labbro inferiore per la
stizza.
« Dobbiamo
cercare nelle
altre stanze, nei corridoi e nella cantina, dappertutto. Non
c'è
altra soluzione » disse Sirius in tono pratico.
Gli altri due
annuirono.
Regulus cercò in lungo e in largo per tutta la cucina e un
paio di
corridoi, rovistò nei cassetti, aprì tutti gli
sportelli e le ante
degli armadi, cercò doppi fondi nelle pareti o sotto il
pavimento,
ma non ebbe il minimo risultato.
Sospirando con
rassegnazione, salì al piano superiore. Mentre passava
davanti alla
stanza in cui lui e Sirius avevano dormito ogni volta in cui erano
rimasti da loro zio, soprattutto durante l'estate o a Natale, vide
Rachel seduta su uno dei due letti. La ragazza stava guardando alcune
fotografie e ogni tanto si lasciava sfuggire un sorriso divertito.
Regulus si schiarì la voce, attirando la sua attenzione.
« Oh, sei
tu! Ho trovato
queste e mi sono distratta » fece lei, posando subito le foto
con
aria colpevole. « Ora continuo a cercare ».
« Non
preoccuparti,
credo che mi prenderò una pausa » rispose Regulus,
sporgendosi a
guardare oltre la sua spalla. « Dove le hai trovate?
»
« In una
scatola dentro
l'armadio. Speravo di trovarci i ricordi... Tutto bene? »
Regulus stava fissando
la
fotografia che ritraeva Alphard quando aveva circa undici anni. Gli
somigliava molto, ma l'espressione era più simile a quella
di
Sirius. Salutava allegramente in direzione di chi stava scattando la
foto ed esibiva un sorriso smagliante e l'uniforme di Hogwarts nuova
di zecca. Regulus si sentì invadere da un'immensa
malinconia, ma si
sforzò di apparire tranquillo quando colse lo sguardo
preoccupato di
Rachel.
« Tutto
bene, sì. Quali
altre foto ci sono? »
Lei esitò,
come per
valutare se lui fosse abbastanza preparato per guardarle, ma alla
fine ne afferrò un mucchietto e gliele mostrò.
« Guarda, in
questa c'è
anche mio padre » disse, indicandogliene una con la squadra
di
Quidditch di Serpeverde del 1944. Perseus era accanto ad Alphard e
sembrava molto meno burbero, e forse non solo perché avevano
vinto
la Coppa del Quidditch.
« E poi
c'è
quest'altra. Secondo me è la più bella di tutte
» disse Rachel,
porgendogli un'altra foto. Alphard era già adulto ed era
seduto su
un divano con accanto un piccolo Sirius che non poteva avere
più di
due anni, e Regulus in braccio. Regulus vide Sirius cercare di
spaventarlo con un una bacchetta giocattolo, e lui si difendeva
scalciandogli contro. Alla fine Alphard requisiva la bacchetta a
Sirius, il quale lo guardava con aria offesa.
Regulus
notò che suo zio
non era apparso così felice neanche nelle due fotografie
precedenti.
« È
vero, è la migliore » disse, con la voce rauca.
Poi aggiunse, cupo:
« Sai qual è la cosa assurda? »
« Cosa?
» chiese
Rachel.
« Che quando
ero un
Mangiamorte non ho mai veramente provato il desiderio di uccidere
qualcuno. Adesso invece sì ».
C'erano notti in cui
pensava ossessivamente a Rodolphus Lestrange e desiderava vendicare
suo zio più di ogni altra cosa. Ed era sicuro che, se solo
lo avesse
incontrato, per una volta non avrebbe avuto scrupoli. Lo odiava come
non aveva mai odiato nessuno in vita sua, tranne Voldemort. Il solo
pensiero che Rodolphus fosse ancora vivo gli faceva rodere le
viscere. Non gli avrebbe permesso di esibire quell'espressione
sarcastica né di vantarsi di quello che aveva fatto.
Rachel rimase in
silenzio
per alcuni istanti. Poi gli posò la testa sulla spalla e gli
rispose:
« Lo so. Non
è affatto
assurdo ».
Lui non si
sentì meglio,
ma ebbe meno paura. Aveva temuto di tornare ad essere un aspirante
assassino, ma non poteva pretendere troppo da se stesso. Se i
Mangiamorte avessero continuato a uccidere i suoi cari sarebbe stato
impossibile non desiderare di ucciderli. Per lo meno adesso aveva un
motivo valido, si disse, pensando tuttavia che fosse una magra
consolazione.
Non riusciva a
staccare
gli occhi da quella foto. Alphard gli mancava immensamente. Fino a
quel momento in cui era stato costretto a nascondersi, suo zio era
stato l'ultimo legame col suo passato e con l'infanzia. Ora che era
morto, si sentiva molto più solo. Non sapeva cosa avrebbe
fatto se
non gli fossero rimasti Rachel e, anche se non voleva ammetterlo,
Sirius.
Fu proprio
quest'ultimo a
distrarlo dai suoi pensieri.
« Qui si
batte la
fiacca? » esclamò, affacciandosi nella stanza.
« Stavamo
riflettendo
sui posti in cui cercare » mentì prontamente
Regulus, alzandosi in
piedi in fretta e sforzandosi di apparire relativamente sereno.
« Tu
hai trovato qualcosa? »
Sirius scosse la
testa.
« Niente.
Comincio a
pensare che forse non li ha nascosti qui, altrimenti ci avrebbe reso
le cose più facili ».
« Non lo so.
Se si
trattava di cose importanti, avrà fatto in modo che chiunque
altro
non potesse trovarli » disse Rachel, pensierosa.
« Ci resta
poco da
perlustrare, ormai. Se non troviamo nulla, dovremo rinunciarci,
almeno finché non troveremo qualche altro indizio
» aggiunse
Regulus. « Torniamo al lavoro, forza ».
Non trovarono nulla.
Avevano cercato in ogni angolo della casa, ma non avevano notato la
minima traccia di nascondigli segreti. Fu con una certa delusione
che, a fine giornata, decisero di rinunciare.
« Meglio
concentrarsi su
qualcos'altro. Silente è già sulle tracce di un
altro Horcrux, in
fondo: l'altro giorno ha estorto delle informazioni interessanti a
Sinister e Caractacus Burke, e ora è alla ricerca di un'elfa
domestica di nome Hokey ».
« E se
Alphard sapeva
degli Horcrux? Forse ha cercato di farci sapere dove trovarne uno, e
noi non siamo riusciti a capirlo... »
« Secondo me
è
possibile, ma non credo che quei ricordi siano nascosti in questa
casa » disse Sirius. « Forse è solo una
falsa pista per sviare chi
non dovrebbe trovarli. È probabile che li abbia nascosti
altrove ».
« E quello
che ha detto
Aster riguardo quell'incantesimo con cui si era ferito? »
« Forse si
trattava di
un incantesimo e basta. Credo che abbia deciso di nasconderli in un
luogo più sicuro... »
Regulus si
bloccò
all'improvviso, colto da un'ispirazione improvvisa.
« Un posto
più sicuro,
dici? Come abbiamo fatto a non pensarci? Aster! »
L'elfo domestico si
Materializzò un istante dopo.
«
Sì, padrone? »
« Mio zio ti
ha mai
fatto andare alla Gringott per conto suo? » chiese Regulus,
il cuore
che batteva all'impazzata.
Aster
annuì.
«
Sì. Alcuni giorni
prima di morire, padron Alphard aveva detto ad Aster di portare alla
Gringott uno scrigno che conteneva qualcosa d'importante. Aster non
sa cosa, ha obbedito senza chiedere ».
« Vostro zio
aveva una
camera blindata personale alla Gringott? Intendo una camera separata
dal resto della vostra famiglia » chiese Rachel.
Ci fu un attimo in cui
tutti e tre tacquero, tesi, mentre un'ondata di eccitazione li
travolgeva.
«
Sì » confermò
Sirius, quasi sussurrando per l'emozione. « E l'ha lasciata a
me ».
Buona
Pasqua in ritardo a tutti quanti! Spero che vi siate riposati. Passo
subito alle note.
Lo
so che l'idea della pergamena non è il massimo
dell'originalità ma effettivamente non mi veniva in mente un
metodo più sicuro per impedire a quel ratto di far scoprire
la nuova sede dell'Ordine... e Hermione in fondo potrebbe sempre aver
preso l'idea da qualche racconto di Malocchio durante l'estate
trascorsa a Grimmauld Place, giusto? *arrampicarsi sugli specchi*
Tutta
la questione di Tim e Remus non me l'ero scordata, ma ci sono
così tanti personaggi di cui scrivere che anche prima di
vedere Sirius che va a recuperare i ricordi alla Gringott dovrete
aspettare il capitolo 45 ^^
Quanto
a Dorcas, qui si spiega che cosa la tormentava. Dopo quello che ha
subito, per lei è difficile aprirsi con gli altri, anche se
alla fine ha continuato suo malgrado ad affezionarsi alle persone...
Presto vedrete se deciderà di cambiare modo di fare!
Per puro caso nel capitolo 49 di "Eroi non si nasce, si diventa" avevo
fatto sapere a Regulus tramite Rabastan (credo che fosse lui, l'ho
controllato tempo fa XD) che era stato proprio Travers a guidare
l'omicidio dei McKinnon. Allora non avevo idea di quanto potesse
essermi utile, ma ho avuto fortuna, ed ecco qui! Travers deve tremare,
ora che ha Dorcas alle costole, muahahah! XD
Nel
prossimo capitolo, che pubblicherò il 26 aprile, scoprirete
qualcosa di nuovo su Sturgis, e ci sarà anche un altro
personaggio su cui finora mi sono soffermata poco.
Ok,
credo di aver detto tutto. Il periodo che mi aspetta sarà
molto intenso, ma conto comunque di riuscire a scrivere lo
stesso, se l'ispirazione mi assiste. Per fortuna ho parecchi capitoli
pronti! Auguratemi buona fortuna!
E buona giornata a tutti,
Julia
=)
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Capitolo 43 *** Confessioni ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 43
Confessioni
Draco stava piangendo, di
nuovo. Narcissa scattò subito in piedi non appena
udì i primi
gemiti, prima che questi si trasformassero in un pianto disperato.
« Dobby, perché piange
ancora? » chiese lei, rivolgendo un'occhiata sospettosa
all'elfo
domestico che se ne stava impotente accanto alla culla.
« Dobby non sa. Dobby ha
fatto tutto quello che la padrona gli aveva detto. Forse è
il
padroncino che fa i... »
Calò un silenzio teso, e
Narcissa lo guardò con attenzione.
« Continua ».
Dobby tremava
visibilmente ma quando parlò aveva un tono di voce sicuro,
anche se
un po' tremolante.
« Dobby crede che il
padroncino stia solo facendo i capricci, signora ».
« Non dire sciocchezze »
lo ignorò lei, avvicinandosi alla culla e sedendosi accanto
ad essa.
Estrasse la bacchetta ed evocò una fedele riproduzione del
sistema
solare. I pianeti brillavano nella penombra mentre giravano intorno
al sole, che sembrava una perfetta sfera di fuoco. Di colpo il
neonato smise di piangere, stupito da quella magia, e il suo volto si
distese in un sorriso che vocalizzò in un gorgoglio felice.
Narcissa
sorrise di rimando.
« Visto? Non ci voleva
molto. Adesso puoi andare, Dobby, è meglio se ci penso io
» disse,
con un tono che non ammetteva repliche.
« Sì, signora »
rispose Dobby, che però sembrava sollevato.
Quando l'elfo domestico
si fu Smaterializzato fuori dalla stanza, Narcissa posò le
mani sul
lato della culla, sporgendosi per fissare suo figlio. Sarebbe rimasta
così per sempre, se avesse potuto. Non si sarebbe mai
stancata di
ammirarlo e restargli vicino. In quei momenti riusciva a dimenticare
tutto il resto, a lasciarsi alle spalle i pensieri e le
preoccupazioni che la angosciavano e a creare un'isola felice in cui
c'erano soltanto loro due.
Draco tuttavia aveva già
ricominciato a piangere perché i pianeti non si lasciavano
afferrare
dalle sue mani tese verso l'alto. Forse, ammise Narcissa, faceva
troppi capricci, ma a lei non interessava. Detestava saperlo triste;
voleva che fosse sempre felice e si era ripromessa di dargli tutto
quello di cui aveva bisogno, anche se questo avrebbe significato
viziarlo un po'.
Ad un altro movimento
della sua bacchetta, i pianeti si avvicinarono, fino a che non
iniziarono a girare proprio sopra il viso di Draco, che per il
momento si calmò di nuovo.
Narcissa però non
sorrise: qualcosa aveva attirato la sua attenzione, distogliendola da
quella tranquillità che si era ritagliata fino a quel
momento.
Lucius era entrato e si
era accostato alla culla, guardando con aria attenta Draco.
Quest'ultimo si era già stufato del suo modellino del
sistema solare
e ora aveva adocchiato la bacchetta di Narcissa. Il fatto che lei
ritenesse pericoloso dargliela gli stava per provocare un'altra crisi
di pianto.
« Ci penso io. Gliel'ho
comprata proprio oggi » esordì Lucius, estraendo
una bacchetta
giocattolo nuova di zecca e porgendola al neonato, che si
quietò
all'istante. « Come stai? »
Sentendosi rivolgere
quella domanda, Narcissa fu assalita da una sensazione opprimente.
« Meglio, ma certe cose
non cambieranno. Hai detto a Rodolphus che se osa mettere piede qui
dentro un'altra volta non ne uscirà vivo? »
« Gliel'ho accennato...
e ha detto che se lo aspettava. Comunque non ha intenzione di farlo.
Piuttosto è tua sorella che non capisce perché tu
sia così
arrabbiata ».
Narcissa si morse il
labbro, furiosa, e Lucius dovette intuire il pericolo,
perché si
affrettò a chiarire la propria situazione.
« Naturalmente gliel'ho
spiegato, ma lei non è d'accordo. Dice che non dovresti
avere a
cuore la sorte di un rinnegato, e che con Sirius non faresti lo
stesso ».
« Di Sirius non mi
importa nulla, infatti. Si è sempre reso odioso, e non vedo
perché
non dovrei ricambiare il disprezzo che nutre per me. Sia lui che
Andromeda se ne sono andati per egoismo, ma Alphard era diverso:
è
stato diseredato perché li ha appoggiati, ma non l'ha fatto
per
cattiveria. Era una persona generosa. Non meritava quella fine
».
Ed è morto per
proteggere Regulus, pensò, cupa.
Lucius fece un gesto come
per dire che gli dispiaceva per lei, ma che non poteva farci nulla.
« Se quella sera fossi
stato con loro, avrei provato a fare ragionare Rodolphus, ma sai bene
che su di lui la mia diplomazia ha poco effetto ».
« No che non lo avresti
fatto. Non hai bisogno di mentire anche con me » rispose lei,
e per
un attimo credette che Lucius se la sarebbe presa, ma non fu
così.
« Hai ragione, lo
ammetto: non avrei fatto niente. E non avresti fatto nulla neanche
tu, anche se avessi voluto. E sai perché? Perché
sai bene cosa
significherebbe andare contro il volere del Signore Oscuro ed essere
considerati dei traditori. Non possiamo permettercelo,
perché ora
non si tratta più di noi due e basta ».
Narcissa guardò di nuovo
Draco. Lucius non aveva torto: ora più che mai doveva stare
attento
a rimanere nelle grazie di Voldemort, perché qualsiasi
errore
sarebbe ricaduto su loro figlio. E quelle parole la stupirono,
perché
aveva sempre creduto di essere la sola a preoccuparsi per quello che
sarebbe potuto accadere a Draco. Fino a poco tempo prima, Lucius non
aveva tutte quelle remore: era esaltato dagli ideali dei Mangiamorte,
non si faceva problemi a sporcarsi le mani e seguire le orme dei
Lestrange. Ma da quando lei era rimasta incinta, aveva cominciato a
cambiare. Era diventato più cauto, desideroso di conquistare
la
fiducia del Signore Oscuro, cercando al tempo stesso di mostrare al
resto della comunità magica un'altra faccia da mago perbene.
Le sue
priorità erano cambiate, e Lucius cercava di assicurarsi di
cadere
in piedi, qualunque fosse stato l'esito della guerra.
« Non possiamo
comprometterci e renderci meno affidabili agli occhi del Signore
Oscuro, Narcissa » continuò. « Quindi
per favore, tieni per te il
dispiacere per la morte di tuo zio e non mostrarti così
addolorata
di fronte a chiunque non sia io ».
Lei annuì, anche se
dentro di sé formulava pensieri che la spaventavano. Voleva
solo
vivere serenamente con suo marito e suo figlio. Ma cosa sarebbe
accaduto se Lucius fosse stato ucciso o arrestato? Anche lei era
cambiata da quando era diventata madre: quella guerra e tutti quei
motivi che l'avevano causata non le sembravano più degni
d'importanza. L'unica cosa che contava era Draco.
« D'accordo » sospirò.
« Fingerò che mi sia passata, ma non voglio vedere
Rodolphus
ugualmente. Passeremo il Natale con i tuoi. Non ho intenzione di
invitare altre persone ».
« Come preferisci, tanto
tua sorella non è interessata ai festeggiamenti ».
Draco aveva lasciato
cadere la bacchetta giocattolo sul cuscino e ora stava iniziando
lentamente ad addormentarsi. Narcissa gli rimboccò la
copertina, poi
spense le luci e si avviò verso la porta.
Quando uscì dalla stanza
si voltò verso Lucius, che l'aveva seguita.
« State continuando a
cercarlo, vero? » chiese, tesa.
Lui non sembrava sorpreso
di quella domanda.
« Sì, ma siamo in alto
mare. Ne sarai contenta, immagino ».
Lei esitò, ma poi lo
guardò dritto negli occhi.
« Sì, è così ».
Lucius scosse la testa,
ma non sembrava contrariato. La conosceva bene e sapeva quanto quella
situazione fosse delicata e dolorosa per lei. Narcissa infatti non
riuscì a rimanere impassibile per molto tempo. Doveva
assolutamente
chiarire, avere spiegazioni, risposte e rassicurazioni.
« Voi credete davvero
che Regulus sia un traditore? » chiese, e la sua voce era
rauca
quando formulò la domanda.
Lui sospirò.
« Non ne sono sicuro ma
il suo comportamento non promette bene ».
« E se non fosse così?
Potrebbe aver scoperto qualcosa che non faceva comodo a qualcuno e si
è dovuto nascondere... »
« Narcissa, è stato
visto con Silente... »
« Mi rifiuto di credere
che abbia tradito quello in cui ha sempre creduto. Lucius, io lo
conosco bene e so che certe cose non le farebbe mai »
sbottò
Narcissa, incapace di trattenersi ancora di più.
« No, certo, non si
metterebbe mai a difendere i diritti dei Babbani. Ma potrebbe essersi
spaventato, questo sì. Quando si è unito a noi
era giovane, forse
troppo. Non era pronto per affrontare tutto questo. Ma la sua fuga,
qualunque ne sia la ragione, basta a renderlo un traditore agli occhi
del Signore Oscuro ».
Narcissa sentì i propri
occhi inumidirsi, e si voltò da un'altra parte.
« Che cosa gli faranno?
»
Lucius non rispose. Non
ce n'era bisogno.
Narcissa aveva il cuore
in gola, esattamente come il giorno in cui, udendo per caso la
conversazione tra i Lestrange e Rookwood nel suo salotto, aveva
scoperto che suo cugino era vivo. L'immensa felicità che
l'aveva
assalita a quella notizia aveva preso fatto posto al terrore che i
Mangiamorte potessero rintracciarlo. Aveva sentito tutti i commenti
sul comportamento del ragazzo. Ma, qualunque cosa lui avesse fatto, a
Narcissa non importava. Tutto era passato in secondo piano rispetto
alla possibilità di vederlo ancora vivo. E aveva deciso di
rischiare, per una volta, senza dire nulla nemmeno a Lucius. Per sua
fortuna la sorte le era stata favorevole. Le era tornato in mente
quel che Rabastan aveva detto a proposito della ragazza di Regulus.
Narcissa sapeva come si chiamava, e l'aveva vista di sfuggita una
volta, in occasione del funerale. Sapeva che era la figlia della
Guaritrice che l'aveva visitata un paio di volte nell'ultimo mese di
gravidanza. Proprio durante una di quelle visite, la donna aveva
detto al Guaritore Llewellyn che sua figlia lavorava come
Obliviatrice.
Così aveva mandato Dobby
al Ministero per consegnarle quel messaggio, ordinandogli
minacciosamente di non parlarne con il suo padrone. Le era
dispiaciuto mentire e ingannare Lucius, ma lui si sarebbe sicuramente
opposto, anche se si sforzava di capirla.
« Non dovrei dirlo ma è
improbabile che lo troveremo, almeno per quel poco che sappiamo
adesso, quindi stai tranquilla ».
Lei si sentì un po' più
sollevata, ma non abbastanza. Regulus era sempre stato l'unico della
loro famiglia con cui si sentiva davvero e completamente in sintonia.
Era molto di più di un cugino, e non voleva perderlo.
« Bellatrix non l'ha
detto a nessun altro? » chiese poi.
« No, anche se è
furiosa ha preferito mantenere il riserbo, forse per vergogna. Di
sicuro vostra zia non lo sa. Non si sono più viste da quando
hanno
litigato proprio a causa di Regulus ».
« Meglio così » disse
Narcissa, che aveva la stessa intenzione di mantenere Walburga
all'oscuro di tutto, finché fosse stato possibile. Non
voleva far
esplodere una bomba senza aver prima dato a Regulus la
possibilità
di spiegare le proprie ragioni, né era desiderosa di dare il
colpo
di grazia a sua zia. Ogni tanto andava a trovarla, anche se solo per
senso del dovere. Le faceva impressione vedere quella donna, un tempo
temuta e rispettata, diventare giorno dopo giorno lo spettro di se
stessa.
« Ascolta, cerca di non
intrometterti in questa questione. Ho paura che tu commetta qualche
sciocchezza » disse Lucius, lanciando poi un'occhiata alla
stanza
buia in cui Draco dormiva. « L'unica cosa di cui dobbiamo
preoccuparci è la nostra famiglia, tutto il resto viene
dopo. È
così che abbiamo deciso di crescere nostro figlio
».
« Sì, Lucius, lo so.
Ciò che conta è la famiglia » rispose
Narcissa con fermezza.
Ma io sono sempre una
Black, quindi Regulus è
la mia famiglia.
***
Diagon Alley in quel
periodo dell'anno era sempre affollata, nonostante i tempi poco
sicuri. Gli studenti di Hogwarts e le loro famiglie si accalcavano
nei negozi. L'atmosfera era meno festosa rispetto ad alcuni anni
prima, e maghi e streghe non perdevano troppo tempo in giro, ma c'era
sempre qualcuno più temerario o fatalista che continuava a
passeggiare senza preoccuparsi dei pericoli, per lo meno
finché era
giorno. I Mangiamorte di solito uscivano allo scoperto col buio, e
infatti al tramonto la strada diventava deserta nel giro di pochi
minuti.
Emmeline stava osservando
alcuni ragazzini con i visi attaccati alla vetrina di Accessori di
Prima Qualità per il Quidditch quando Sturgis la vide, dopo
aver
varcato il muro che collegava la strada al retro del Paiolo Magico.
Per le mutande di
Merlino, sono arrivato in ritardo, imprecò
mentalmente.
La ragazza si voltò a
guardarlo mentre lui la raggiungeva, trafelato ma al tempo stesso con
un'aria baldanzosa che aveva molto raramente.
« Scusa, è tanto che
aspetti? » esordì, col fiato corto.
« No, solo cinque
minuti. Non ho atteso molto » rispose Emmeline con
tranquillità.
Ma Sturgis era ugualmente
imbarazzato per quella pessima figura. Ed era meravigliato di se
stesso. Desiderava da settimane quell'uscita con Emmeline –
anche
se più che di un appuntamento si trattava di una ronda che
avevano
deciso di svolgere insieme, ma non era il caso di essere troppo
pignoli – ed era riuscito a fare tardi. Aveva le sue buone
ragioni,
ma non poté fare a meno di arrabbiarsi con se stesso.
« Io... mi dispiace...
mi è arrivato un gufo importante e ho perso tempo
».
« Va tutto bene »
insisté lei, divertita. « Allora, andiamo a
perlustrare la zona? »
Sturgis annuì,
sentendosi invadere dall'euforia e dall'agitazione. Strinse i denti
mentre si incamminavano lungo Diagon Alley: non doveva farsi prendere
dal panico. Era solo una ronda... purtroppo.
« Che gufo ti è
arrivato? » chiese lei, distogliendolo dalla vetrina della
farmacia,
nel riflesso della quale stava controllando le proprie condizioni:
per fortuna i capelli gli stavano bene, ma la veste era un po'
storta, visto che l'aveva infilata in fretta e furia. Si diede una
rassettata veloce, cercando di sembrare a suo agio mentre rispondeva.
« Oh, erano i risultati
dell'esame di ammissione al San Mungo. A settembre inizio a lavorare
come Tirocinante ».
Emmeline, lo guardò con
aria sorpresa.
« Caspita, complimenti!
Devo dormire in piedi, ero convinta che facessi il commesso al
Ghirigoro ».
Sturgis si costrinse a
respirare. In fondo parlarle non doveva essere troppo complicato.
« Infatti è così, ho
lavorato lì per pagarmi gli studi. Prima di entrare al San
Mungo
bisogna studiare Guarigione per quattro anni e poi fare un esame di
ammissione. Ad essere sincero, ero convinto che non lo avrei
superato... » ammise.
Emmeline non fece
commenti. Invece gli sorrise e aggiunse alcune parole di
incoraggiamento.
« Invece sei stato
bravissimo. Quella del Guaritore è tra le carriere
più difficili ».
Lui le rivolse un sorriso
timido.
La perlustrazione di
Diagon Alley fu abbastanza rapida. Quando non ebbero notato alcuna
presenza sospetta, si fermarono.
« Vogliamo andare a
prendere un gelato? » chiese Sturgis.
Emmeline annuì.
Superarono alcuni negozi
che vendevano calderoni, strumenti magici e l'Emporio del Gufo, ed
entrarono da Florian Fortebraccio. Ordinarono due coni –
Sturgis ne
prese uno enorme – e andarono a sedersi ad uno dei tavolini
che
erano stati disposti sulla strada. Lui si accorse di essere rigido
come un palo e cercò di rilassarsi.
Dopo alcuni banali
commenti su quanto fossero buoni i gelati di Florian, calò
un
silenzio imbarazzante.
« Credi che Malocchio si
arrabbierebbe se ci vedesse? » chiese Emmeline ad un certo
punto,
per rompere il ghiaccio.
« In che senso? Non
vuole che mangiamo mentre facciamo le ronde? È per non dare
troppo
nell'occhio » chiese Sturgis, abbassando la voce.
« No, intendevo al suo
ammonimento di non fidarci di nessuno tra di noi. Non stiamo facendo
esattamente quello che ha detto ».
« Oh, immagino di sì...
Secondo lui non dovremmo nemmeno parlare ».
« In fondo stiamo
facendo quello che ci ha ordinato, giusto? »
« Giusto ».
Tacquero tutti e due. Di
nuovo quel silenzio imbarazzante che nessuno dei due sapeva come
infrangere.
« Come vanno le tue
bruciature? » chiese lei, riferendosi alle ustioni che
Sturgis si
era procurato combattendo contro Bellatrix.
« Sono guarite. Il
dittamo è miracoloso in questi casi » rispose lui,
dandosi
un'occhiata ai polsi.
Poi esitò. Non sapeva se
Emmeline avesse voglia di ricordare la sera dell'attacco a casa di
Dedalus, ma in fondo era stata lei ad affrontare quell'argomento.
Decise di provarci.
« Sai, non te l'ho
ancora detto ma sei stata davvero in gamba, quella sera »
buttò lì.
Lei reagì con
un'espressione colma di scetticismo.
« Dici davvero? »
Sturgis annuì, mentre
rievocava quel momento in cui si Emmeline era ritrovata faccia a
faccia con Barty Crouch e lo aveva affrontato.
« Non è stato niente di
eccezionale, visto che l'ho lasciato scappare ».
« Era arrivato Voldemort
e ti eri distratta, non è stata colpa tua ».
Emmeline gli rivolse un
rapido sorriso poco convinto e tornò a mangiare il gelato
che stava
iniziando a sciogliersi.
« Non è andata proprio
così. L'ho visto correre via, e non ho fatto nulla per
fermarlo ».
« Se può farti sentire
meglio, io al posto tuo non sarei riuscito neanche a disarmarlo,
figuriamoci se sarei stato capace di dirgli quello che gli hai detto
tu. Facevi paura, sai? »
Emmeline ridacchiò, un
po' nervosa e un po' divertita. Poi cambiò discorso.
« Ti va di accompagnarmi
al Ghirigoro? Devo cercare un libro per il prossimo esame, e devo
passarlo per forza ».
« Sì, certo » disse
Sturgis.
Quando finirono i gelati,
si alzarono e s'incamminarono verso il Ghirigoro. Era piuttosto
affollato, data la quantità di studenti che dovevano
comprare i
libri di testo per la scuola. Si fecero largo a fatica tra la folla e
Sturgis avvampò quando Emmeline gli afferrò il
polso per non
rimanere indietro.
Lui la condusse
attraverso file di scaffali colmi di libri. Quando raggiunsero un
angolo libero, si fermò.
« Allora, che argomento
devi approfondire? »
« Antidoti. Al corso ci
hanno fatto esaminare alcuni nuovi veleni sequestrati a certi maghi
oscuri, e che non sono ancora stati classificati. Noi dobbiamo
studiarne le proprietà e trovare un antidoto, ma non
è per niente
facile ».
« Su questo posso
aiutarti, è una cosa che ho dovuto studiare anche io
» disse
Sturgis, spostandosi lungo gli scaffali, alla ricerca di un libro che
ricordava di aver consultato spesso. Lo trovò dopo alcuni
minuti. «
Eccolo: Sostanze Velenose Rare. Conoscerne le
Proprietà e i
Rispettivi Antidoti ».
« Grazie mille. Mi hai
salvata ».
Emmeline prese il libro e
lo sfogliò. Dovette esserne soddisfatta, perché
lo richiuse subito
dopo.
« Va bene? »
« Sì, va benissimo... »
Sturgis si sforzò di non
fissarla troppo a lungo, ma era difficile. Emmeline lo aveva colpito
fin dal primo giorno in cui era entrata a far parte dell'Ordine della
Fenice, e giorno dopo giorno quell'interesse era diventato sempre
più
forte. Era talmente preso che non si accorse nemmeno dell'arrivo del
vecchio proprietario del Ghirigoro, un vecchio dall'aria burbera che
lo adocchiò e gli andò incontro.
« Podmore, eccoti qui! »
sbottò, piazzandogli senza preavviso una pesante pila di
libri tra
le braccia. « Vai a sistemare questi sul retro e poi portami
una
tazza di caffè. E senza zucchero, altrimenti ti licenzio!
»
Emmeline sembrava
perplessa e sconvolta al tempo stesso. Sturgis si sentì
improvvisamente umiliato.
« Signor Flourish, io
non lavoro più qui » gli ricordò.
« Che? »
« Ho dato le dimissioni
due settimane fa ».
Per un istante Flourish
lo guardò in cagnesco, come se non gli credesse, poi parve
convincersi.
« E allora cosa ci fai
qui? » sbottò, riprendendosi i libri e facendoli
librare in aria
con un Wingardium Leviosa.
Si allontanò, scuotendo
la testa.
« Che simpatico »
commentò Emmeline, sarcastica. « Come hai fatto a
sopportarlo per
quattro anni? »
« Me lo sono sempre
chiesto anche io. Suo figlio è più cordiale. Ma
non potevo
licenziarmi senza avere un altro lavoro. Lo stipendio qui non
è
male. I miei si sarebbero arrabbiati se avessi dato le dimissioni
»
ammise lui.
« Sì, ma non può
permettersi di trattarti così! »
esclamò lei. Vederla così
indignata gli fece piacere. La domanda che lei gli rivolse dopo,
molto meno. « I tuoi non lo sapevano? »
« In realtà sì, ma
dicevano che in fondo non era così terribile, e che uno come
me
avrebbe potuto sopportare di peggio » rispose Sturgis,
incupendosi
come ogni volta che affrontava quel discorso.
« Uno come te? Non mi
sembrava che fossi Nato Babbano... o sì? »
Lui esitò. Non gli
piaceva parlare di quell'argomento, non gli piaceva neanche pensarci.
Ma Emmeline lo guardava, i suoi occhi blu colmi di curiosità
malcelata, e Sturgis non poté fare altro che cedere.
Si guardò intorno, per
assicurarsi di non essere ascoltato. Erano soli, perché
tutta la
folla si concentrava verso il bancone, mentre loro si erano inoltrati
parecchio lungo le file di scaffali.
« Più o meno. Sono
figlio di due Maghinò » confessò.
L'aveva detto a poche
persone, dal momento che la maggior parte della gente avrebbe reagito
con disprezzo a quella rivelazione. Altri gli avrebbero chiesto come
fosse possibile che due Maghinò avessero un figlio mago. Ma
a
Emmeline poteva dirlo senza temere reazioni indesiderate.
Lei infatti non batté
ciglio. Si limitò ad appoggiarsi ad uno scaffale, attenta.
« Oh, ecco. Immagino che
loro non abbiano avuto una vita facile » disse.
Sturgis annuì.
« Sono stati allontanati
dalle rispettive famiglie fin da subito, e hanno dovuto vivere ai
margini di quello che era il nostro mondo. E alla fine hanno iniziato
a odiarlo. Pensa che quando mi è arrivata la lettera per
Hogwarts,
all'inizio non volevano neanche che ci andassi... »
« Non erano felici per
te?» fece Emmeline, turbata.
« Non proprio, perché
ormai consideravano il mondo magico come un posto orribile, e non
volevano che io soffrissi quanto loro. Lo so che non è
logico, visto
che io sono un mago, ma loro continuavano a ripetere che a Hogwarts
avrei avuto una vita infernale, perché i figli di
Maghinò vengono
trattati malissimo. Naturalmente esageravano, e alla fine Silente li
ha convinti a mandarmi a scuola, anche se loro temevano che sarei
stato male, se non fossi stato capace di fare nulla ».
Sturgis si fermò,
incerto.
« Ti interessa davvero?
» le chiese, perché Emmeline sembrava incuriosita.
« Certo. In fondo non so
molto di te. Ma se non vuoi continuare... »
« No, va bene, continuo
» fece lui, nervoso. Avrebbe preferito tornare a parlare
delle
ustioni che si era procurato in battaglia, non certo di quello, ma
ormai non poteva farci più nulla. « Quando sono
tornato a casa,
quell'estate, non vedevo l'ora di raccontare tutto quello che mi era
successo a Hogwarts, perché mi ero trovato bene. Loro erano
felici
per me, ma... »
« Ma? »
« Sai com'è... loro non
avevano voluto avere più niente a che fare con la magia
anche per
soffrire meno, e invece si sono ritrovati con un figlio mago che li
avrebbe costretti a ricordare ogni giorno come sarebbero vissuti se
avessero avuto a loro volta dei poteri magici. Questo non me l'hanno
mai detto e hanno sempre negato di soffrirne, ma io percepivo lo
stesso il loro stato d'animo ».
« Mi dispiace davvero ».
Emmeline era visibilmente
rattristata. Sturgis non la guardò, mentre continuava a
raccontare.
Avrebbe potuto fermarsi lì, ma ora che aveva iniziato non
riusciva a
smettere, come se avesse bisogno di sfogarsi.
« Dopo un po' ho
iniziato a reagire male. Mi sentivo in colpa ogni volta che eseguivo
un incantesimo, così ho smesso di esercitarmi e i miei voti
sono
calati drasticamente... e la cosa buffa è stata che alcuni
studenti
hanno iniziato a chiamarmi Magonò » aggiunse con
un tono ironico.
A Emmeline tutto ciò non
sembrava affatto buffo. Neanche a Sturgis, ma preferiva riderci sopra
piuttosto che farla stare male. Era uscito con lei per conquistarla,
non per farsi compatire, imprecò mentalmente.
« E come ne sei uscito?
» chiese lei, cupa.
« Silente mi ha
convocato e mi ha fatto un discorso dei suoi. Hai presente quando
riesce a leggerti dentro e ti dice alcune frasi ad effetto? »
Lei sorrise e annuì.
« Ecco, mi ha aiutato
molto » disse Sturgis. « E devo ammettere che non
è stato solo lui
a farmi rinsavire ».
Sturgis ricordava
perfettamente il ritratto del Preside Black, che aveva commentato con
aria inorridita:
« Oh povero me, cosa mi
tocca sentire! Credevo di essere stato sottoposto ad ogni tipo di
aberrazione nella mia vita, ma un mago che non vuole essere un mago
non l'avevo ancora incontrato! Silente, portalo in infermeria, deve
aver preso un Bolide in testa ».
Non era stato molto
comprensivo, ma quella sfuriata colma d'indignazione aveva permesso a
Sturgis di guardare la propria situazione dalla giusta prospettiva.
Forse Phineas Black sarebbe inorridito nel sapere che un figlio di
due Maghinò gli era riconoscente, ma era proprio
così.
« E poi? » gli chiese
Emmeline.
« Ho ripreso a usare la
magia e i miei voti sono migliorati. Ma i rapporti con i miei
genitori sono rimasti sempre gli stessi. Quando ho finito Hogwarts ho
detto loro che volevo diventare Guaritore, ma loro erano scettici.
Dicevano che, con tutti i pregiudizi che ci sono, non avrebbero mai
ammesso un figlio di Maghinò al San Mungo. Quella volta
però mi
sono imposto. Non sono uno che litiga spesso, ma quel giorno l'ho
fatto. Alla fine però hanno detto che, se volevo studiare
Guarigione
per poi restare disoccupato, gli studi dovevo pagarmeli da solo,
perché loro non erano disposti a buttare quel poco che
guadagnano.
Ed ecco perché ho iniziato a lavorare qui ».
Sturgis tacque, e notò
che Emmeline era indignata.
« Quello che ti hanno
fatto passare è ingiusto » disse, severa.
« Forse, ma non ce l'ho
con loro. La vita dei Maghinò adesso va un po' meglio, ma
anni fa
non era così. Venivano cacciati di casa da bambini, o
rinchiusi per
tutta la vita in una cantina. Probabilmente qualcuno nei secoli
scorsi li avrà anche uccisi, ma ovviamente nessuno ha mai
potuto
verificarlo. I miei sono stati sbattuti fuori dalle loro case da
piccoli, e hai idea di quello che devono affrontare due bambini soli
al mondo? Anzi, sono stai fortunati a non incappare in un lupo
mannaro o prendere una cattiva strada. I Maghinò vengono
trattati
molto peggio dei Nati Babbani, anche perché non possono
difendersi.
I miei genitori hanno provato ad inserirsi di nuovo nella
comunità
magica, ma sono stati respinti nel peggiore dei modi. Quindi non mi
stupisce il fatto che volessero tenermi lontano da un mondo che
odiavano, anche se dentro di loro desideravano ancora farne parte
».
Emmeline sembrò
imbarazzata.
« Scusa, non avevo
intenzione di offendere i tuoi genitori, e tanto meno te ».
« Non devi scusarti. Non
hai tutti i torti, in effetti... Ma io non riesco ad essere duro con
loro. Non lo ero neanche con Gazza. Credo di essere l'unico studente
di Hogwarts a non averlo mai odiato » ammise, cercando
disperatamente di usare un tono allegro. « Insomma, non credo
che si
senta molto a suo agio tra studenti che imparano a diventare grandi
maghi ».
Emmeline sorrise, ma
questo non le impedì di dire quello che pensava,
caratteristica che
a Sturgis era sempre piaciuta di lei.
« Questo è vero, ma per
me Gazza è sempre una pessima persona. Prendi Hagrid, ad
esempio:
neanche lui ha potuto finire Hogwarts, anche se per motivi diversi, e
anche lui viene discriminato e sbeffeggiato da studenti che non si
rendono conto della fortuna che hanno. Ma Gazza si è
incattivito,
Hagrid no. E tu stesso saresti potuto diventare altrettanto astioso e
pieno di odio, e invece sei la persona più gentile che
conosca ».
Sturgis arrossì. Non
poteva credere alle proprie orecchie e non riusciva a guardarla negli
occhi, cercando di non mostrare la bufera di emozioni che stava
infuriando dentro di sé. Era una sensazione troppo estrema e
devastante per una persona tranquilla come lui, ma non poteva cedere,
altrimenti avrebbe rovinato tutto.
« Grazie » si limitò
quindi a balbettare.
Improvvisamente ricordò
quando Rachel gli aveva consigliato di sfoderare il suo lato tenero.
Aveva ragione,
pensò, ripromettendosi di ringraziarla.
Emmeline dovette
accorgersi del suo disagio, perché assunse un tono molto
più
allegro.
« Allora oggi per te è
una giornata importante! Sei diventato Tirocinante solo con le tue
forze. Per festeggiare ti offrirò una Burrobirra... e delle
Cioccorane » gli sorrise.
Lui fece altrettanto,
« Io... bè, se proprio
vuoi... » si limitò a dire.
« Certo che voglio.
Vieni, prima pago il libro e poi andiamo al Paiolo Magico, va bene?
»
Sturgis si lasciò
guidare. Si sentiva come ubriaco.
Ma notò che ora tra loro
era calato un certo imbarazzo, sicuramente dovuto a quello che lui le
aveva raccontato. Così si sforzò di trovare
qualcosa da dire che la
distraesse, mentre uscivano dal Ghirigoro.
« Sai che ho scoperto di
discendere da
Sir
Patrick Delaney-Podmore? » buttò lì la
prima cosa che gli venne in
mente.
Emmeline
inarcò le sopracciglia, perplessa e anche un po' sconcertata
per il
cambio improvviso di argomento.
«
Chi? »
«
Dai, il fantasma della Caccia Senza Testa! Sir Nicholas ne sparlava
continuamente perché non lo ammetteva tra gli altri
Cacciatori Senza
Testa ».
Emmeline
scoppiò a ridere.
«
E come l'hai scoperto? »
«
È
stato proprio Nick a dirmelo. Voleva che mettessi una buona parola
per lui col mio antenato ».
«
E ci sei riuscito? »
«
No. Insomma, come pretende di riuscire a lanciare la propria testa se
ce l'ha ancora attaccata al collo? Ho provato a spiegarglielo nel
modo più gentile possibile, ma non l'ha presa molto bene...
»
Lei
ridacchiò. Poi si voltò di nuovo verso di lui,
pensierosa.
«
Non so come tu faccia a sembrare sempre così spensierato,
nonostante
quello che hai dovuto passare. Dovrei prendere esempio da te: io di
solito mi lascio abbattere dalle cose negative ».
« Dici davvero? Se
continui così potrei anche smettere di essere un ragazzo
così
insicuro » affermò lui, pienamente convinto di
quello che diceva.
Sapeva di essere fatto in quel modo, e non poteva farci niente.
Ma le parole gli morirono
in gola quando Emmeline posò una mano sulla sua. Per un
attimo
dimenticò come respirare.
« Dovresti farlo. Sei
molto più in gamba di quanto tu creda ».
Sturgis non si era mai
sentito così felice in tutta la sua vita.
La parentela di
Sturgis con sir Patrick l'ho
inventata, ma rileggendo "La camera dei segreti" ho notato l'omonimia e
ho pensato di riutilizzarla. xD
Chi mi conosce
sa che adoro
Narcissa mentre non sopporto i due Malfoy, ma riconosco che Lucius non
era un padre proprio orrendo. Sarà viscido, opportunista e
vigliacco, ma non so da dove sia nata la leggenda che fosse violento
con i familiari (???).
Ma a parte questo, secondo me è sempre stata Narcissa quella
che
prendeva le decisioni importanti. Almeno dai libri si nota che quella
che agisce è lei, e Lucius segue sempre i suoi consigli.
Scusate se ho risposto alle recensioni all'ultimo minuto, è
già tanto se in queste due
settimane ho trovato un po' di
tempo per scrivere qualche riga xD
Nel prossimo capitolo oltre ad altre cose, compariranno due personaggi
"nuovi", nel senso che non ne ho mai parlato finora... e rivedrete
Hogwarts!
Arrivederci al 10 maggio!
Ciao,
Julia
|
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Capitolo 44 *** I piani di Voldemort ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo
44
I
piani di Voldemort
Gli studenti del sesto
anno accolsero con sollievo la fine delle prime due ore di
Divinazione. Si alzarono in fretta dai tavolini in silenzio, decisi a
rimandare i commenti a quando sarebbero stati lontani da quella nuova
professoressa.
«
Per la prossima volta
annotate i vostri sogni ed esercitatevi ad interpretarli. Io li
correggerò » disse la Cooman, alzando la voce per
sovrastare il
rumore degli sgabelli che strusciavano contro il pavimento.
Kingsley
annuì, visto
che lei lo stava guardando, poi diede un'occhiata all'orologio e
decise di affrettarsi per non arrivare in ritardo a Difesa contro le
Arti Oscure. Mentre scendeva dalla torre di Divinazione,
ascoltò gli
altri Grifondoro commentare la prima lezione dell'insegnante appena
assunta.
«
Non mi sembra un
granché... »
« A
me piace, il modo in
cui spiega è affascinante! »
«
Questo perché sei una
credulona, Emily ».
«
Non è vero! »
«
Kingsley, tu che ne
pensi? »
Lui li
guardò, poi alzò
le spalle. A lui la Cooman aveva profetizzato una morte atroce e in
giovane età, quindi non era molto incline ad ammirarla.
«
Non mi piace, ma è
sempre meglio della professoressa Haruspex » disse, cercando
di
essere giusto. L'insegnante precedente era talmente anziana che ormai
non provava più neanche a fare delle predizioni. Si limitava
ad
assegnare loro nuovi libri da prendere in prestito alla biblioteca.
« Se
lo dici tu...
Speriamo che il nuovo insegnante di Difesa sia migliore ».
I Grifondoro
presero un
passaggio dietro un ritratto, e si ritrovarono subito al terzo piano.
Percorsero ancora qualche metro lungo il corridoio ed entrarono
nell'aula di Difesa contro le Arti Oscure. Il professore non era
ancora arrivato, ma gli altri studenti avevano già preso
posto.
Kingsley si
guardò
intorno. Erano rimasti solo due posti liberi, uno accanto ad un
Serpeverde dall'aria scontrosa e un altro vicino ad una Tassorosso
che lui conosceva bene.
«
Ciao Hestia, posso
sedermi qui? » le chiese.
«
Ciao! Certo, fai pure
» rispose lei, allegra.
Hestia Jones
era una
ragazza sempre sorridente e allegra. Aveva i capelli neri e le guance
di un colorito rosa intenso. Ma nonostante l'aspetto tutt'altro che
spaventoso, era la migliore duellante che Kingsley avesse mai
incontrato prima d'allora. E quando duellava non era affatto tenera
come sembrava di solito.
«
Come sono andati i
tuoi G.U.F.O.? » chiese lei.
«
Bene, anche se ho
deciso di abbandonare Erbologia. Non posso dire di avere il pollice
verde, ho preso appena Accettabile all'esame finale. Tu invece
scommetto che hai preso Eccezionale in Difesa contro le Arti Oscure
».
«
Naturalmente » si
pavoneggiò lei. « E tu in Incantesimi. Non posso
credere che hai
abbandonato Erbologia e non Divinazione, è una follia!
»
« Lo
so, ma ho preso
Oltre Ogni Previsione e mi sembrava un peccato lasciarla. A me sembri
più folle tu che hai continuato Aritmanzia ».
«
Aritmanzia è una
materia bellissima, Shacklebolt » ribatté lei,
fingendosi offesa.
Poi ridacchiò. « Sono partite le scommesse su come
anche questo
nuovo professore di Difesa lascerà la cattedra alla fine
dell'anno.
Margaret dice che sarà un vampiro e succhierà il
sangue di qualche
studente, io dico che inciamperà in un tentacolo di
Tentacula
Velenosa della Sprite e verrà divorato dalle altre piante
carnivore.
Vuoi puntare anche tu? »
Kingsley
ridacchiò.
« No
grazie, preferisco
non giocare a soldi perché di solito perdo. E poi se gli
succedesse
davvero qualcosa di grave mi sentirei in colpa a vita ».
«
Animo nobile... Oh,
eccolo! ».
Il nuovo
insegnante era
appena entrano in aula. Lo avevano già visto la sera
precedente, al
banchetto di inizio anno, ma da vicino faceva un'impressione diversa.
Era alto e imponente. Li salutò con un sorriso estremamente
cordiale, che contrastava con i tratti rozzi del viso.
«
Buongiorno, ragazzi.
Sono il professor Gibbon » si presentò, restando
in piedi di fronte
alla cattedra.
«
Buongiorno »
risposero gli studenti, educatamente.
Dopo aver
fatto
l'appello, Gibbon li guardò attentamente.
« Vi
spiegherò
brevemente in cosa consisterà il programma che voglio
svolgere
quest'anno. Come sapete tutti, viviamo in un periodo molto difficile,
e non mi sembra il caso di parlare di Avvicini o creature oscure che
non incontrerete mai, se non raramente, per quanto affascinanti
possano essere. A parte qualche caso eccezionale, come lupi mannari e
creature di cui purtroppo si sente parlare molto spesso in radio o
sulla Gazzetta del Profeta, preferirei dedicare la maggior parte di
questo corso ai duelli, alle maledizioni e alle contromaledizioni, se
siete d'accordo ».
La maggior
parte dei
presenti annuì. Anche Kingsley si ritrovò
d'accordo con il
professore.
«
Per lo meno sembra
dotato di buon senso » sussurrò Hestia, ottimista.
«
Quello che vorrei fare
è dunque abituarvi a duellare e confrontarvi con gli
avversari.
Possiamo iniziare anche da subito, che ne dite? »
L'affermazione
fu accolta
con entusiasmo. Gli studenti grattarono le sedie contro il pavimento
di pietra e si alzarono, emozionati e con le bacchette già
alla
mano. Hestia sorrise.
«
Spero che questo
professore non se ne vada mai! » disse a Kingsley.
«
Non avevi scommesso
sul fatto che sarebbe stato divorato da una pianta carnivora?
» le
chiese lui, divertito.
«
Sì ma perderei solo
un galeone. È un sacrificio che posso fare, pur di avere un
insegnante competente e vivo, una volta tanto ».
Gibbon fece
sparire i
banchi e le sedie per liberare l'aula.
«
Scegliete un'altra
persona con cui duellare » disse.
Ci furono un
paio di
minuti di caos, in cui molti si aggirarono per l'aula alla ricerca
del compagno che preferivano, poi finalmente riuscirono a fare come
il professore aveva chiesto. Kingsley rimase con Hestia, anche se si
sentiva un po' a disagio: aveva la netta sensazione che sarebbe
finito a gambe all'aria. Per le meno lei non rinfacciava mai gli
sbagli altrui.
«
Voi avete appena
iniziato il sesto anno » proseguì Gibbon,
camminando tra le due
file di studenti, « e dovreste iniziare gli incantesimi non
verbali,
ma per oggi potrete usare la voce. Voglio vedere a che livello siete
arrivati fino a questo momento, quindi date il meglio di voi stessi
».
A quelle
parole Kingsley
notò che un paio di Serpeverde, Bundy e Higgs, si erano
scambiati
un'espressione esaltata ed euforica. Sperò che non
esagerassero, o
che Gibbon impedisse loro di usare maledizioni troppo pericolose.
« Al
mio via, iniziate
pure a duellare. Tre... due... uno... VIA! »
Hestia non
andò per il
sottile fin dall'inizio. Kingsley aveva appena pensato a quale
maledizione usare che già dovette evocare un Sortilegio
Scudo per
bloccare una fattura della ragazza. Rispose in fretta, scagliandole
contro una Fattura Orcovolante, che lei respinse all'ultimo momento.
Nel frattempo
Gibbon
camminava su e giù per l'aula, osservando i vari duelli con
attenzione e fermandosi accanto a ciascuna coppia per dare dei
consigli. Era in gamba e sembrava molto competente.
Chissà, pensò
Kingsley. Forse
quest'anno siamo stati fortunati.
Magari era
troppo presto
per dirlo, ma ci sperava. Il fatto che Gibbon avesse deciso di farli
esercitare nei duelli era una cosa importante. Entro due anni,
Kingsley e tutti gli altri sarebbero stati fuori da quel mondo sicuro
e protetto che era Hogwarts. E fuori c'era la guerra. La
necessità
di prepararsi ad affrontare quello che li attendeva era un'opinione
diffusa tra tutti gli studenti...
Ma i suoi
pensieri furono
interrotti bruscamente.
Qualcuno aveva
urlato. Di
colpo tutti smisero di combattere per vedere cosa stava succedendo.
Un Serpeverde
che
Kingsley riconobbe come Bundy, era inginocchiato per terra e si
teneva la mano premuta sul viso come per trattenere qualcosa. Ma non
ci riuscì, e un attimo dopo iniziò a vomitare,
mentre il compagno
di Casa che lo aveva colpito lo guardava con un'espressione in parte
soddisfatta e in parte preoccupata, dal momento che sembrava aver
dimenticato la contromaledizione.
All'inizio
molti
ridacchiarono, ma poi tacquero tutti, sgomenti, quando si accorsero
che i conati del ragazzo sembravano non finire mai, e il suo volto
stava diventando blu.
Qualcuno
strillò,
spaventato.
«
Sta per soffocare! »
sbottò Hestia, agitata.
Il professor
Gibbon li
aveva raggiunti. Lanciò un incantesimo al Serpeverde, che
smise di
rigettare appena in tempo: ormai sembrava arrivato al limite.
Continuò a tossicchiare e ispirare profondamente, scosso e
pallido
come un lenzuolo, e lanciò un'occhiata colma di risentimento
a
quello che lo aveva colpito.
«
Signor Higgs, questo
genere di maledizioni non è ammesso dentro la scuola. Non so
come ti
sia venuto in mente. Poteva succedere qualcosa di molto grave
» gli
si rivolse il professore, con un tono molto severo, anche se era
riuscito a mantenere la calma.
Higgs
bofonchiò qualche
vaga scusa.
« Mi
spiace...
pensavo... »
Il borbottio
sfumò
rapidamente.
«
Che non si ripeta mai
più. Signorina » disse l'insegnante, rivolgendosi
a Hestia, che
scattò in avanti. « Accompagna Bundy in infermeria
».
Lei
aiutò il ragazzo a
tornare in piedi e lo condusse fuori dall'aula.
La lezione
riprese,
questa volta con nessun altro infortunio. Higgs fu l'unico a non
continuare a duellare. Il professore lo fece rimanere fermo in un
angolo, ad osservare imbronciato i suoi compagni.
Quando Hestia
fu tornata
dall'infermeria, Kingsley riuscì a disarmarla, e lei
pestò il piede
a terra, stizzita.
«
Non è giusto, sono
più rapida di te! »
«
Sei anche troppo
frettolosa. La calma è la virtù dei forti anche
nei duelli » le
rispose lui, soddisfatto.
Hestia gli
fece una
linguaccia.
«
Eccellente, siete
stati tutti molto bravi » si congratulò Gibbon.
« Credo che
possiamo partire da un livello avanzato, dalla prossima lezione. Per
oggi però abbiamo finito. Ci vediamo mercoledì
».
Entusiasti,
gli studenti
recuperarono le proprie borse. Prima che andassero, Kingsley
notò
che il professore chiese a Higgs di restare ancora un po'.
« Fa
bene. Merita una
bella lavata di capo » commentò Hestia, mentre
uscivano dall'aula.
«
Come stava Bundy? »
«
Quando l'ho lasciato
da Madama Chips sembrava essersi ripreso. Però non ha aperto
bocca
per tutto il tragitto fino all'infermeria, anche se l'ho sommerso di
parole dall'inizio alla fine ».
«
Hestia, sii
comprensiva. Non è piacevole essere travolti da una valanga
di
chiacchiere, soprattutto se hai appena rischiato di morire soffocato
dal tuo stesso vomito » rispose Kingsley, reprimendo a stento
un
sorrisetto.
«
Spiritoso... Sai che
non è stato un incidente, vero? »
Kingsley la
guardò,
perplesso.
« Ah
no? Credevo che
Higgs e Bundy fossero amici... »
Lei emise un
verso
sarcastico.
«
Amici... parola
grossa. Diciamo che si frequentavano. Ma qualche giorno fa è
girata
una certa voce... credevo che fosse una sciocchezza, e invece a
quanto pare non era poi tanto falsa ».
«
Cioè? »
«
Bundy ha sempre detto
che sua madre era una strega, ma era una bugia. Sua madre è
Babbana.
E visto che non ha mai conosciuto il padre, che è morto
prima della
sua nascita, molti Serpeverde hanno iniziato a pensare che Bundy sia
un Nato Babbano ».
«
Questo spiega molte
cose » commentò Kingsley.
«
Puoi dirlo forte...
Poveretto, Bundy non è un cattivo ragazzo, e non deve essere
facile
essere un Serpeverde con origini Babbane... oh, no! »
esclamò lei,
fermandosi all'improvviso.
Erano
già arrivati alla
sala d'ingresso, e il profumo del pranzo nella Sala Grande aveva
già
stuzzicato lo stomaco vuoto di Kingsley.
«
Cosa c'è? »
« Ho
dimenticato il
libro in aula... ma sto morendo di fame, quindi credo che lo
lascerò
lì ».
«
Non te lo consiglio.
Ho saputo che Pix ha preso l'abitudine di rubare e far sparire gli
oggetti lasciati incustoditi. Te lo vado a prendere io, se vuoi
»
sospirò lui.
« Se
fossi un Prefetto
assegnerei cinque punti a Grifondoro! » esclamò
lei, riconoscente.
« Ne
dubito ».
All'inizio di
ogni anno
scolastico, Hestia affermava di essere assolutamente convinta che
Tassorosso avrebbe vinto, per poi essere puntualmente smentita. Ma se
molti dei suoi compagni di Casa si erano ormai arresi all'evidenza,
lei non si era mai data per vinta. Non che non ne avessero le
possibilità: la squadra di Quidditch di quegli anni era tra
le più
forti che Tassorosso avesse mai avuto, tanto che l'anno prima aveva
vinto il campionato di Quidditch, ma Hestia attribuiva la carenza di
punti nella Coppa delle Case a certi studenti che non amavano la
competizione, e che di conseguenza non si impegnavano abbastanza per
vincere. Kingsley era stupito dalla quantità di impegno che
impiegava nel tentativo di guadagnare punti. Non era brava a
Quidditch, anzi, lo detestava, ma faceva parte di tutti gli altri
club, da quello di Gobbiglie a quello di scacchi magici.
Se devo perdere,
voglio farlo combattendo, gli aveva detto una
volta.
« È
il pensiero che conta, no? E non fare quella faccia. Quest'anno
stiamo andando alla grande, meglio dell'anno scorso. Vi stracceremo
tutti » disse la ragazza con lo stesso tono convinto che
aveva avuto
fin dal primo anno.
«
Vedremo... Allora a
dopo » tagliò corto lui, divertito.
Tornò
indietro, salendo
di nuovo le scale e percorrendo il corridoio che portava all'aula di
Difesa contro le Arti Oscure.
Higgs doveva
essere
ancora dentro con il professor Gibbon, perché si sentivano
le loro
voci. Kingsley sarebbe entrato senza problemi, se una frase in
particolare non lo avesse colpito, inducendolo a immobilizzarsi.
«
No, non ti punirò,
Higgs. A differenza di molti altri, non ritengo che amare le Arti
Oscure sia una cosa di cui vergognarsi ».
Seguì
una pausa di
silenzio, durante la quale Higgs bofonchiò qualcosa
frettolosamente,
e Kingsley aggrottò la fronte, spostandosi a lato della
porta, con
una brutta sensazione.
«
Higgs, sta' buono »
riprese l'insegnante, sarcastico. « Credi che non conosca la
maledizione che hai usato? Io ho insegnato a Durmstrang: so molte
più
cose di quanto tu potresti mai imparare in tutta la tua vita. Come ti
ho già detto, non ti ho rimproverato perché sei
interessato alle
Arti Oscure, ma perché le hai usate nel bel mezzo di una
lezione,
qui, ad Hogwarts. Ci sono momenti, modi e luoghi più adatti
per
imparare certe cose. Hai capito? »
«
Sì » borbottò il
ragazzo.
« Ho
visto come
combatti, e non sei affatto male. Ma esercitarti da solo nella Arti
Oscure potrebbe essere pericoloso anche per te stesso. Hai bisogno di
qualcuno che ti insegni... »
Kingsley smise
di
respirare, nel timore di essere scoperto. Aveva i battiti a mille.
«
Lei potrebbe
insegnarmi? » chiese Higgs, con un tono euforico.
«
Sì, ma non durante
l'orario di lezione. Puoi venire nel mio ufficio dopo cena. Sempre se
ti interessa davvero. È una branca molto difficile della
magia, e se
non sarai motivato non imparerai nulla ».
« Le
assicuro che sono
motivato! »
«
Bene, allora possiamo
cominciare una di queste sere. Non farne parola con nessuno, Higgs,
questo è molto importante. Molte persone odiano le Arti
Oscure
perché le temono e non le capiscono, e Silente è
uno di questi. Se
non vuoi che perda il posto, dovrai mantenere il segreto ».
«
Certo, signore,
manterrò la parola... Solo una cosa... »
«
Dimmi pure ».
«
Non sono l'unico ad
avere questo tipo di interessi... Molti miei amici vorrebbero
impararle ».
« Se
questi tuoi amici
sono in grado di mantenere un segreto, sarò lieto di
reclutare nuovi
seguaci. Fammi sapere chi sono, e penserò io a proporre
queste
lezioni alternative... »
Kingsley aveva
udito
abbastanza. Cercando di non fare rumore, andò a nascondersi
nel
primo bagno che trovò. Aveva i sudori freddi e si sentiva
nauseato.
Aveva
giudicato troppo
presto il nuovo insegnante. Era apparso fin troppo perfetto per
essere vero. Era peggio, molto peggio, di tutti gli altri. Silente
aveva sbagliato inconsapevolmente, aveva inserito una mela marcia,
pronta a far marcire molte altre.
Reclutare nuovi
seguaci. Seguaci di cosa... o di chi?
Quell'espressione
a
Kingsley non piaceva. Non gli piaceva per niente.
***
La Manticora era
il pub più lurido e tetro di Notturn Alley. Al confronto, La
Testa di Porco
poteva essere scambiato per una locanda di lusso.
Si diceva che fosse frequentato abitualmente da Lupi Mannari, tanto
che nemmeno i Mangiamorte desideravano esserne clienti... a meno che
non dovessero incontrare individui come Greyback. E questa doveva
essere una di quelle occasioni.
Dorcas
attraversò la
strada, diretta verso la porta del pub che si era appena chiusa alle
spalle del Mangiamorte. Aveva la mascella serrata e i denti che
digrignavano, e niente avrebbe potuto distoglierla da quello che
stava facendo.
La notte
precedente non
aveva chiuso occhio, e aveva trascorso l'intera giornata ad agitarsi.
Ma ora che era calata l'oscurità ed era giunta l'ora di
agire,
l'ansia era passata, lasciando spazio soltanto ad una calma
determinazione.
Tenendo il
cappuccio
calato sopra la testa, spinse la porta, che cigolò ruotando
sui
cardini.
Era stata
fortunata. Il
pub era praticamente vuoto, a parte per il proprietario al bancone e
per il Mangiamorte che era entrato poco prima di lei, e che al
momento le dava le spalle.
Sicura che
nessuno
sarebbe più entrato dopo di lei, si diresse verso l'uomo,
rapida e
silenziosa, sorprendendolo quando gli puntò la bacchetta
dritta in
mezzo alle costole.
«
Buonasera, Travers »
sibilò, e fu quasi certa che il suo tono lo avesse fatto
rabbrividire.
Prima che
Travers potesse
reagire, si ritrovò legato dalla testa ai piedi come un
salame.
Dorcas si affrettò a Schiantare il proprietario del pub, il
quale
aveva avuto la pessima idea di attaccarla per aiutare il cliente che
doveva ancora pagarlo.
Poi Dorcas si
voltò di
nuovo verso Travers. Era caduto a terra, e si stava agitando nel
tentativo di liberarsi dalle corde. Ma il suo volto stava iniziando a
diventare rosso e poi violaceo, man mano che la corda intorno al suo
collo si stringeva...
« Se
continui a
muoverti, ti strangolerai da solo » si limitò a
dirgli Dorcas. Era
un'alternativa che non le dispiaceva affatto, ma che non le sarebbe
stata utile. Prima doveva interrogarlo.
Travers
seguì il suo
consiglio e rimase immobile, con la schiena contro il pavimento
sporco e freddo, e gli occhi iniettati di sangue che la fissavano con
odio e stupore.
«
Chi diavolo sei? »
sbraitò.
«
Non ha importanza, per
ora » gli disse lei, chinandosi a frugargli nel mantello.
Quando
ebbe trovato la bacchetta del Mangiamorte, la osservò per
alcuni
istanti, ostentando una calma che non aveva. Forse era stata quella
stessa bacchetta a uccidere Marlene. « Una bacchetta molto
elegante... ma temo che non ti servirà più
».
«
No! » urlò Travers,
quando Dorcas la spezzò in due e ne lanciò i
frammenti dall'altra
parte del bancone. Ma smise di agitarsi, perché al minimo
movimento,
la corda continuava a stringersi intorno al collo. « Che vuoi
da
me?! »
Dorcas gli
lanciò uno
sguardo colmo di odio.
«
Voglio vendicare
Marlene McKinnon e la sua famiglia » gli riferì,
le narici che
quasi emettevano fumo.
« E
chi diamine è? »
Travers non
fece in tempo
a finire la frase. Il pugno di Dorcas lo colpì con una
violenza tale
da rompergli il labbro e scheggiargli un paio di denti. Dorcas doveva
essersi a sua volta rotta le nocche, o poco ci mancava, ma non fece
caso né al dolore né ai gemiti di lui. Tremava di
rabbia, mentre lo
vedeva sputare sangue.
«
Era una delle tante
persone che hai ammazzato. Faceva parte dell'Ordine della Fenice. Sei
andato a casa sua insieme ad altri assassini come te, e avete
ammazzato lei e la sua famiglia. Aveva un fratello piccolo che andava
ancora a Hogwarts, e avete ucciso anche lui ».
« Ah
sì, la biondina »
disse Travers con aria di sfida. « Ricordo che ci aveva
supplicato
di risparmiare gli altri, perché era lei che volevamo.
Cos'è, ti
infastidisce sapere che è morta supplicando? Me lo ricordo
bene, era
in lacrime quando l'ho uccisa. Io invece ridevo ».
Dorcas
tremò di rabbia e
gli assestò un altro pugno, esattamente dove lo aveva
colpito col
primo. Travers urlò di dolore e si contorse. La corda aveva
iniziato
a segargli il collo, ma lui continuò.
«
Erano traditori del
loro sangue, anche il ragazzino. Ed è inutile che mi prendi
a pugni
per farmi tacere. Tanto so che sei qui per uccidermi, quindi non
perdere tempo e fallo ».
«
Prima dovrai dirmi
quali altri Mangiamorte erano con te quella notte ».
Travers tacque.
«
Hai perso la lingua?
Ti conviene usarla, perché ne sentirai la mancanza quando te
la
strapperò ».
«
Non pensavo che quelli
dell'Ordine usassero certi metodi... » commentò
lui, sarcastico.
«
Infatti non sono qui
per conto dell'Ordine e non rispondo a nessuno delle mie azioni.
Quindi ti conviene collaborare ».
«
Non credo. Anche se te
li dicessi, mi uccideresti lo stesso ».
«
Giusto. Ma se non
parlerai, morirai soffrendo ».
«
Vuoi addirittura usare
la Cruciatus? Non avrai sbagliato fazione? »
«
Non credo proprio, e
non userò la Cruciatus. Mi hai detto che ridevi quando hai
ucciso
Marlene. Se vuoi ridere anche adesso, ti accontento subito...
Rictusempra ».
L'Incantesimo
del
Solletico lo colpì, e Travers iniziò a
contorcersi, incapace di
resistere. Le risate si mescolarono molto presto a respiri affannosi,
perché più si agitava e più la corda
lo strangolava. Aveva gli
occhi sgranati e inspirava a vuoto nel tentativo di risucchiare
ossigeno, ma il suo volto iniziava già a tendere al blu.
Ogni volta
che arrivava a quel punto, Dorcas interrompeva l'incantesimo per
mezzo minuto, ma poi riprendeva.
« Ti
prego, smettila! »
urlò lui, quando la vide alzare la bacchetta per l'ennesima
volta. «
Non mi ricordo chi c'era con me! Era due anni fa! »
« Ti
conviene
ricordarlo, allora ».
Dorcas fingeva
di provare
soddisfazione per quello che stava facendo, ma non si era mai
divertita di meno. Tuttavia preferiva non farglielo capire, anche
perché era sicura che stesse per cedere.
«
Sta a te decidere,
Travers. Per quanto mi riguarda, non meriti altro che una morte
ridicola come questa. Verrai ricordato per sempre come il Mangiamorte
che morì dalle risate. Allora, ti piace? »
«
No! Te lo dico, te lo
dico! » ansimò lui, respirando pesantemente.
« C'era Jugson con
me... e anche Karkaroff. E... e... »
Sembrava
terrorizzato
all'idea di non ricordarli tutti. Dorcas gli intimò di non
inventare, perché se ne sarebbe accorta e gliela avrebbe
fatta
pagare cara.
« E
Wilkes! Ora è
morto, ma c'era anche lui, insieme a Macnair, Yaxley e Avery. Ecco,
li ho detti tutti, eravamo sette, lo ricordo bene! »
«
Sette contro tre
adulti e un ragazzino, complimenti » ringhiò
Dorcas. In quel
momento avrebbe voluto ucciderlo davvero. Una persona come Travers
non meritava di vivere ancora, pensò.
Lui dovette
leggerle
nello sguardo quel pensiero, perché iniziò a
gemere.
« Ti
prego, ti ho
aiutata. Non uccidermi! »
Dorcas
socchiuse gli
occhi, mordendosi la lingua.
«
Hai comunque ucciso la
mia amica, Travers ».
« Ma
no, prima ho
mentito. Volevo solo provocarti. Io in realtà non ho ucciso
nessuno,
puoi cred-! »
Dorcas gli
aveva
scagliato un incantesimo che gli incollò le labbra,
impedendogli di
parlare ancora.
Sentì
i suoi mugugni
terrorizzati mentre alzava di nuovo la bacchetta. Poi Travers chiuse
gli occhi, aspettandosi di ricevere il colpo di grazia.
Per un solo
istante,
Dorcas fu tentata. Avrebbe potuto raccontare che lui aveva provato a
difendersi, e che non le aveva lasciato scelta... Ma non lo fece.
Tempo prima era già stata costretta a uccidere,
perché
l'alternativa era di essere uccisa a sua volta, ma non aveva nessuna
intenzione di ripetere l'esperienza, a meno che non fosse necessario.
Così
evocò delle
scintille verdi che illuminarono la stanza: erano il segnale per
quelli che l'aspettavano fuori.
Pochi istanti
dopo, la
porta del locale si aprì. Il primo ad entrare fu Malocchio
che, non
appena incrociò lo sguardo sconcertato di Travers,
ordinò agli
Auror che lo seguivano di catturarlo e portarlo dritto ad Azkaban.
«
Hai fatto un buon
lavoro » disse Moody, guardando Dorcas. Sapeva perfettamente
quanto
sarebbe stato difficile per lei non cedere al desiderio di vendetta.
« Ti ha detto i nomi? »
«
Jugson, Karkaroff,
Wilkes, Macnair, Yaxley e Avery » riferì lei,
ripetendo ogni nome
senza nascondere l'odio che provava.
«
Bene. Entro l'alba i
quattro che sono ancora in circolazione saranno chiusi nelle
rispettive celle di Azkaban » annunciò. Poi le
voltò le spalle e
se ne uscì zoppicando.
«
Puoi credergli. Ha già
sguinzagliato altri Auror per tutto il Regno Unito » le disse
Fabian.
«
Avete preso anche
Greyback, per caso? » chiese Dorcas, rivolgendosi sia a lui
che a
Gideon.
«
Non si è fatto
vedere. Forse ha notato gli Auror che facevano la guardia alla porta
mentre tu eri dentro, e ha deciso di tornarsene indietro »
rispose
l'altro.
«
Comunque sia, se
Malocchio riuscirà a catturare gli altri, oggi avremo
assestato un
brutto colpo alle schiere di Voldemort » disse Fabian.
« E
i colpevoli avranno
finalmente pagato per quello che hanno fatto » aggiunse
Gideon. «
Scommetto che ti sei liberata di un peso notevole ».
Dorcas lo
guardò, e
annuì.
Gideon aveva
ragione: ora
si sentiva molto più leggera.
***
Rodolphus
attendeva,
inquieto. Era insieme agli altri Mangiamorte, riuniti nel vasto
salone in cui il Signore Oscuro era solito radunarli. Al momento Lord
Voldemort stava interrogando Lucius Malfoy e Augustus Rookwood, i
quali erano intenti a fare un rapporto completo della situazione al
Ministero della Magia.
« Il
Ministro è sempre
più solo » stava dicendo Lucius. Rodolphus
notò con fastidio e
disprezzo il fremito compiaciuto nel suo tono di voce. «
L'alleanza
con Crouch è ufficialmente finita, e Crouch le ha portato
via molti
sostenitori. Per quanto mi riguarda, da quando sono entrato a far
parte del suo consiglio, tengo sotto Maledizione Imperius due dei
miei colleghi più influenti, e con il loro aiuto ho convinto
la
Bagnold a far licenziare un suo consigliere fidato ».
Il Signor
Oscuro lo
guardò, senza tradire la minima emozione. Lucius parve
deluso.
Probabilmente aveva sperato di ricevere un premio, da quel cagnolino
che era, pensò Rodolphus.
« E
la Bagnold è
consapevole di quello che le sta succedendo? »
domandò.
«
Sì, mio Signore. Ma
non può fare assolutamente nulla per uscire dal cerchio che
le
stiamo stringendo intorno. E, nel caso in cui avesse la tentazione di
chiedere aiuto, ho già provveduto a dissuaderla ».
« In
che modo? »
«
Credo che qualche
giorno fa abbia trovato i resti del suo elfo domestico. Un piccolo
avvertimento da parte di Greyback ».
Nessuno
commentò.
Greyback era uno di quegli alleati molto utili ma, in quanto ibrido,
le sue imprese non venivano mai accolte positivamente. E anche se gli
elfi domestici erano considerati solo dei servi, erano comunque
fedeli ai maghi. Rodolphus non vedeva l'ora che quel lupo mannaro non
fosse più utile, in modo da poterlo uccidere personalmente.
«
Bene » si limitò a
commentare Voldemort. In quel periodo sembrava totalmente preso da
qualcosa che lo preoccupava, era evidente. Ed era diventato molto
più
suscettibile e impaziente del solito. Questo contribuiva a rendere
Rodolphus ancora più agitato. « La Bagnold ci
serve così, nelle
nostre mani, ma viva e vegeta. Anche se ha perso molti seguaci, ha
ancora troppi sostenitori tra i Purosangue, e non è ancora
arrivato
il momento di ucciderla. Di questo passo, continuerà a
perderli, e
tocca a noi sottrarglieli. Rookwood, tu cosa mi racconti? »
Augustus si
schiarì la
voce.
«
Mio Signore, anche io
e Mulciber abbiamo imposto la Maledizione Imperius su molti membri
del Ministero. Inoltre sto ricevendo diverse informazioni utili dal
figlio di un mio amico, Ludo Bagman. Non ho avuto neanche bisogno di
usare l'Imperius con lui. È Battitore nelle Vespe di
Wimbourne e
nella nazionale inglese, e i troppi colpi di Bolide devono averlo
reso del tutto idiota ».
Molti
ridacchiarono, ma
il Signore Oscuro apparve piuttosto perplesso.
« E
cosa me ne faccio
delle chiacchiere di un giocatore di Quidditch? »
«
Suo padre lavora al
Ministero, ma è un tipo molto in gamba ed estremamente
fedele a
Crouch. Di suo figlio invece non si può dire che brilli
d'intelligenza. Mi fornisce le informazioni di cui suo padre parla a
cena. È convinto di aiutare la sua causa. E io inoltre gli
ho
promesso un posto al Ministero, quando avrà finito di volare
sulle
scope ».
«
Molto bene, stai
facendo un buon lavoro ».
Rookwood non
notò
l'espressione invidiosa di Malfoy, e continuò a parlare.
« Vi
sono grato. Vorrei
anche dire che sono sicuro che il Ministero sarebbe già sul
punto di
cadere, se non fosse per la presenza di Crouch. Purtroppo continua ad
acquisire consensi da tutte le parti... »
«
Crouch deve morire »
affermò il Signore Oscuro senza giri di parole. «
Lui e Silente
sono i maggiori ostacoli alla mia ascesa al potere. Devono essere
uccisi tutti e due. Ma, come il nostro amico Barty ci ha informati,
sembra che Crouch stesso stia cercando di fare le scarpe al vecchio
Filobabbano. Quindi perché tentare un omicidio, col rischio
che si
alleino entrambi contro di noi? Lasciamo che si affrontino tra di
loro e restiamo a guardare finché non arriverà il
momento giusto
per attaccarli, quando saranno entrambi indeboliti. Al contrario, ci
sono altre persone da uccidere al più presto. Primo tra
tutti
Alastor Moody. Voglio che la smetta di metterci i bastoni tra le
ruote, lui e tutta quella combriccola di traditori dell'Ordine della
Fenice. Moody è la nostra priorità. Bellatrix,
affido questo
incarico a te. Lo voglio morto ».
Bellatrix gli
si prostrò
davanti.
«
Grazie, mio Signore.
Mi avete concesso un grande onore. Non vi deluderò
» disse, quasi
col fiato spezzato.
Rodolphus
cercò
d'ignorare il comportamento di sua moglie, ma non ci riuscì.
All'inizio si era illuso che Bellatrix fosse soltanto devota al
Signore Oscuro, ma poi aveva dovuto smettere di mentire a se stesso,
perché lei non aveva mai rivolto a suo marito lo sguardo che
riservava al Signore Oscuro. Il loro rapporto da coniugi consisteva
nel trascorrere le notti insieme oppure uccidere e torturare i loro
nemici. Avevano una grande intesa, e gli sguardi che lei gli
riservava erano pieni sia di malizia che di complicità, ma
non c'era
mai stato altro. La mente e il cuore di Bellatrix appartenevano
all'uomo che entrambi avevano giurato di servire fino alla morte. Per
quanto Rodolphus cercasse sollievo alla propria rabbia in molti modi
– e le urla delle sue vittime in questo erano un toccasana
– non
bastava. Spesso aveva desiderato di ucciderla nel sonno, e una volta
c'era andato vicino... ma alla fine non ne aveva avuto il coraggio.
Era inutile negarlo: si erano scelti a vicenda perché erano
affini.
E lui l'aveva preferita a qualunque altra perché era la
donna più
forte e indipendente che avesse mai conosciuto. Se fosse stata una
moglie obbediente e fedele la avrebbe annoiato sicuramente. In quei
momenti odiava se stesso.
«
Barty » chiamò il
Signore Oscuro, liquidando Bellatrix.
Il ragazzo si
fece avanti
all'istante, emozionato come ogni volta che il Signore Oscuro
mostrava di considerarlo e gli attribuiva importanza.
«
Eccomi ».
«
Voglio che tu vada ad
Azkaban e uccida Igor Karkaroff. Finora non ha detto nulla dei nostri
segreti, ma non vorrei che fare confessioni agli Auror iniziasse a
piacergli più del dovuto. Inoltre, questo sarà un
avvertimento per
tutti gli altri Mangiamorte che sono stati rinchiusi insieme a
Travers ».
« Lo
farò » disse
Barty, con un tono di voce molto meno insicuro di quello che aveva
avuto quando era appena diventato un Mangiamorte.
« E
qui veniamo a te,
Rodolphus » disse Voldemort.
Lui si
costrinse a
restare impassibile mentre faceva un passo avanti e s'inchinava al
suo Signore.
«
Sono qui ».
« Lo
vedo. Ma non vedo
la persona che avevi promesso di consegnarmi. Dov'è Regulus
Black? »
Rodolphus si
morse un
labbro a sangue. Quel giorno era l'unico a portare brutte notizie, e
la cosa non gli piaceva per niente.
«
Purtroppo non sono
ancora riuscito a trovarlo. Io credo che l'Ordine della Fenice lo
tenga nascosto ».
«
Questo è evidente, ma
non m'interessa. Non mi hai ancora portato Black. Non mi avevi
assicurato che sarebbe morto a breve? Credi forse che dovrei sprecare
uno dei miei migliori Mangiamorte per cercare un ragazzino
spaventato? »
Rodolphus non
rispose.
Sapeva che quella di Voldemort era una domanda retorica.
« Ho
ben altro a cui
pensare, non certo a quel ragazzino. Avrà detto quel poco
che sapeva
a Silente, d'accordo, ma a parte questo ormai è del tutto
innocuo.
Voglio che venga ucciso alla prima occasione, oppure chiedi a qualcun
altro di farlo uscire allo scoperto. Di sicuro non ho intenzione di
inseguirlo e perdere di vista i miei veri obiettivi. Quindi inizia a
fare qualcosa di più utile, come stanare gli altri
dell'Ordine ».
Rodolphus
annuì, ma non
poteva fare a meno di considerare un fallimento l'impresa di uccidere
Black.
« La
persona più
pericolosa dopo Moody è Dorcas Meadowes »
continuò Voldemort. «
È
la più giovane del Wizengamot, ma soltanto ieri è
riuscita a far
catturare ben cinque tra i miei seguaci. Nel suo caso, voglio
occuparmene di persona. Tu dovrai aiutarmi a trovarla al più
presto.
Se lei e Moody venissero uccisi, l'Ordine perderebbe due leader. E se
Silente sarà impegnato a Hogwarts, dove ho già
provveduto ad
infiltrare qualcuno che mi procuri seguaci tra le nuove generazioni
di studenti, potremo facilmente trovare e sterminare tutti gli altri
».
Rodolphus
annuì,
sollevato: era ancora il suo braccio destro, nonostante tutto. Se
Bellatrix avesse trovato Moody e lui la Meadowes, il Signore Oscuro
avrebbe fatto un grosso passo avanti nella sua ascesa al potere.
L'Ordine della Fenice sarebbe stato schiacciato, Hogwarts e il
Ministero sarebbero caduti... la vittoria non era mai sembrata
così
a portata di mano.
Ma allora
perché il
Signore Oscuro appariva continuamente preoccupato, come se qualcosa
lo minacciasse?
Naturalmente
il nostro Voldie è preoccupatissimo per la Profezia, ma
è un illuso se pensa che Regulus sia innocuo XD Ma per ora
è meglio che la pensi così!
Per
la scena a Hogwarts non sapevo chi usare, visto che in quegli anni a
Hogwarts non c'era nessun personaggio noto, almeno ufficialmente,
quindi ho pensato che Kingsley e Hestia potessero essere un po'
più giovani degli altri, e li ho sfruttati. Anche loro
saranno importanti. Ero indecisissima sulla Casa di Kingsley. Lo avre
visto bene anche a Corvonero, ma visto che la prima volta che vede
Harry dice a Remus "Somiglia a James", ho pensato che lo conoscesse molto bene
già dai tempi della scuola e quindi poteva essere un
Grifondoro anche lui. Per quanto riguarda Hestia, ammetto che in lei
c'è molto di me: soprattutto dopo aver notato che anche su
Potteremore Tassorosso è sempre ultima, e l'unica
spiegazione che mi è venuta in mente è che
è la Casa che più se ne infischia dei punti, e
non perché sono schiappe o sciocchezze simili (queste cose proprio non le posso sentire -.-)... Io ad ogni
modo ci tengo molto (troppo)
e continuo a duellare con quell'account u.u
Inizio
a capire perché quando ho riprovato a fare lo Smistamento
con domande diverse, la maggior parte delle volte la domanda finale mi
faceva scegliere tra Tassorosso e Serpeverde. Hestia insomma
è una Tassorosso ambiziosa, e la adoro per questo
(Slytherpuff pride!).
Cos'altro
devo dire? Gibbon è uno dei Mangiamorte minori che si
sentono nominare una volta sola (tipo Jugson e Selwyn, questi
sconosciuti xD), quindi mi sembrava adatto a quel ruolo. Per quanto
riguarda Dorcas, ora sarà molto meno angosciata... intanto
ho goduto un sacco nel far morire Travers di paura XD
Prossimo
capitolo il 24 maggio, e sarà ambientato alla Gringott (e
tornerà anche Regulus, sono in astinenza anche io xD)
|
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Capitolo 45 *** Nei sotterranei della Gringott ***
Non può piovere per
sempre
Capitolo 45
Nei sotterranei
della
Gringott
Sirius
fece il suo
ingresso nella banca dei maghi con passo sicuro, le mani in tasca e
un'espressione serafica dipinta sul volto. Non c'era alcun bisogno di
agitarsi, si disse. La camera blindata era sua e nessuno poteva
sospettare alcunché se ritirava qualcosa che gli apparteneva
di
diritto.
Si
guardò intorno
attentamente. Perseus gli aveva raccomandato di andare da Bongi, che
era uno dei goblin di cui ci si poteva fidare un po' di più.
Così
si diresse verso verso di lui quando il suo scranno si fu liberato e
gli si rivolse con tranquillità.
«
Sono Sirius Black.
Devo fare un prelievo dalla mia camera blindata »
esordì, estraendo
dalla tasca la chiave che suo zio gli aveva lasciato in
eredità.
Dovette esercitare un grande autocontrollo per non farsi assalire
dalla nostalgia e dalla rabbia. Ogni volta che i suoi pensieri
tornavano ad Alphard si sentiva come se qualche belva gli stesse
divorando le viscere.
Bongi
annuì.
«
Uric! » chiamò, e un
goblin uscì da una delle tante porte che si aprivano sul
salone
d'ingresso. « Accompagna il signor Black ».
« Mi
segua » esordì
Uric, rivolgendosi a Sirius con un'aria molto meno astiosa dei soliti
goblin. Sembrava più tranquillo degli altri, e a Sirius fece
piacere. Dopo tutto, si disse, anche i pregiudizi su goblin erano
esagerati... anche se non erano affatto Babbani indifesi.
Uric lo
condusse
attraverso una delle porte che conducevano alle gallerie. Lo fece
salire su un carrello e si mise alla guida. La corsa lungo le
gallerie sotterranee della Gringott fu fastidiosa ma rapida e, dopo
soltanto due secondi, Sirius desiderò di toccare nuovamente
un
terreno stabile.
Per trovare
una
distrazione alla folle velocità con cui il carrello stava
sfrecciando attraverso cunicoli sotterranei e ponti tesi sul vuoto,
si concentrò su quello che doveva fare. Non sapeva come suo
zio
aveva nascosto quei ricordi. Aster aveva detto che si trovavano in
uno scrigno, ma aprirlo poteva essere difficile... o forse no. Del
resto si trovavano in una camera blindata della Gringott, e
più al
sicuro di così non potevano essere.
Sirius
cercò di
scacciare quelle preoccupazioni, maledicendo Regulus e tutti i dubbi
che aveva avuto quando si era deciso che sarebbe stato Sirius a
recuperare quei ricordi.
«
Tu sei troppo impulsivo, e per un'operazione del genere sono
necessarie cautela e discrezione, qualità che a te mancano
» gli
aveva detto.
Sirius
gli aveva chiaramente consigliato di andare al diavolo, aggiungendo
una frase di sfida:
«
Non solo recupererò quei ricordi, ma troverò e
distruggerò tutti
gli Horcrux rimanenti molto prima e molto meglio di come faresti tu
».
Ora
che l'aveva detto, però, doveva mantenere quella promessa,
altrimenti Regulus glielo avrebbe rinfacciato a vita. Non poteva
permettersi di fare un solo passo falso. Questi pensieri non lo
aiutavano di certo a calmarsi. Inoltre non era tanto sicuro di saper
trovare tutti gli Horcrux meglio di suo fratello. Da quello che
Rachel aveva raccontato, erano protetti più che bene...
Passando
sotto la Cascata del Ladro si sentì rabbrividire, ma la
colpa non fu
quasi per niente dell'acqua. Non era del tutto sicuro di aver
superato lo shock. Sapere esattamente quello che Regulus aveva fatto
lo aveva sconvolto. Non riusciva a smettere di pensarci.
Era
stato felice che Regulus avesse abbandonato Voldemort, ma fino a quel
momento aveva creduto che la sua fuga fosse dovuta solo alla paura. E
invece non era andata così: Regulus non era scappato, aveva
deciso
di morire pur di colpire il mago che terrorizzava chiunque.
Sirius
percepì di nuovo i brividi percorrergli la schiena. Si era
improvvisamente reso conto di non aver conosciuto affatto suo
fratello, e di non averlo mai rispettato più di
così.
Sopraggiunse
un pensiero che lo divertì. Aveva quasi dimenticato la
capacità di
Regulus di farlo sempre sentire inferiore, qualunque successo
ottenesse. Poteva ancora sentire gli elogi dei loro genitori su
quanto Regulus il Perfettino fosse infinitamente migliore. Solo che
stavolta le motivazioni erano molto diverse... e Sirius per una volta
era contento di concedergli un po' di riconoscimento.
Naturalmente,
piuttosto che ammetterlo di fronte al diretto interessato, si sarebbe
fatto mozzare la lingua.
Il
flusso dei suoi pensieri si interruppe quando il carrello,
finalmente, si fermò e Uric balzò fuori,
chiedendogli di scendere a
sua volta. Sirius lo seguì.
La camera
blindata di
Alphard si trovava vicino a quella della famiglia Black. Suo zio
aveva provveduto ad aprirne una propria molto prima che fosse
diseredato. Dietro l'angolo, si poteva sentire il respiro caldo e
pesante del drago che sorvegliava le altre camere blindate. Doveva
essere addormentato, perché aveva un respiro regolare. Da
piccolo lo
aveva visto sveglio, e si era spaventato. Ripensandoci adesso, era un
comportamento stupido: qualunque drago infuriato sarebbe stato
preferibile alla compagnia di sua madre.
Sghignazzò
tra sé,
mentre il goblin si accostava alla sua camera blindata e l'apriva.
«
Prego, signore » gli
disse poi.
Sirius
entrò. Era molto
meno spaziosa di quella della famiglia Black, ma c'era comunque una
grande quantità d'oro che gli avrebbe permesso di vivere
bene per
parecchi anni. Constatarlo lo fece soffrire. Avrebbe dato via tutto
quell'oro e anche di più per avere indietro suo zio. Dopo
James e i
Malandrini, era la persona a cui doveva di più...
Non è
il momento di
fare il sentimentale, si disse,
imponendosi di restare lucido.
Uric era
rimasto fuori ma
osservava attentamente.
Sirius si
guardò
intorno. Oltre a galeoni, falci e zellini sparsi sul pavimento della
camera, c'erano alcuni documenti sigillati con la ceralacca,
bottiglie, libri impolverati e parecchi scrigni. Iniziò
subito a
frugare tra i vari contenitori. Trovò pergamene e strani
oggetti
magici, ma nessuna traccia di ricordi.
Sentiva la
presenza del
goblin in attesa alle proprie spalle e si ritrovò a sudare
freddo. E
se si erano sbagliati? Forse non aveva lasciato nulla alla Gringott,
forse i ricordi erano andati perduti o, ipotesi che lo
terrorizzò,
non aveva fatto in tempo a nasconderli e i Mangiamorte se ne erano
impossessai...
Poi trasse un
respiro di
sollievo. Aprendo l'ultimo scrigno, vi trovò una boccetta di
vetro
piena di una sostanza argentea, liquida e gassosa al tempo stesso.
Non gli
sembrava neanche
vero. Li aveva trovati, e anche in fretta! A Regulus non avrebbe
fatto piacere essere smentito così, ma se lo meritava.
Così
impara a
dubitare di me.
Infilò
la provetta con i
ricordi dentro una sacca che si era portato dietro, e ne
approfittò
per prendere anche un po' di galeoni. Il goblin si spostò di
lato
per farlo passare, e Sirius uscì.
Ma forse
avrebbe dovuto
capire che era filato tutto troppo liscio. In quel momento infatti
udì una voce terribilmente sgradita. Si voltò,
col cuore in gola,
nello stesso istante in cui la voce cessava improvvisamente di
parlare.
Nello stesso
tunnel,
guidata da un altro goblin, c'era una donna dall'aria fin troppo
familiare. Si stava dirigendo verso la propria camera blindata ma,
non appena incrociò il suo sguardo, si
immobilizzò. Sirius fece lo
stesso, e le mani di entrambi si strinsero intorno alle rispettive
bacchette, per il momento ancora riposte sotto i loro mantelli,
mentre un silenzio teso invadeva il tunnel.
Sirius non
aveva alcun
timore di affrontare Bellatrix anche lì, nei sotterranei
della
Gringott, ma si rese conto che sarebbe stata un'azione avventata.
Aveva con sé dei ricordi forse molto importanti, e non
poteva
rischiare che cadessero nelle sue mani.
Quanto a lei,
sebbene il
suo sguardo lasciasse trasparire senza alcun dubbio il desiderio di
ucciderlo all'istante, non poteva permettersi di esporsi
così: il
suo nome già si sussurrava con timore all'interno della
comunità
magica, ma nessuno poteva dimostrare ufficialmente che fosse una
Mangiamorte. E Bellatrix sembrava non avere intenzione di rinunciare
alla propria impunità soltanto per lui.
Ad ogni modo,
Sirius
continuò a tenerla d'occhio e a tenere la bacchetta pronta
anche
quando lei, dopo un'occhiata omicida, distolse lo sguardo e riprese a
camminare come se nulla fosse.
Continuando a
guardarsi
intorno e alle spalle con cautela, Sirius seguì Uric
attraverso il
tunnel, senza smettere di sentirsi teso e nervoso. Quando arrivarono
al carrello, iniziò a calmarsi. Uric vi salì
sopra e Sirius stava
per fare altrettanto...
Ma proprio
mentre si
accingeva a salire, il goblin fece partire il carrello e, prima che
Sirius potesse anche solo rendersi conto di quello che stava per
succedere, sfrecciò via alla velocità della luce.
«
Ehi! » urlò, ma
questo non impedì al goblin di sparire, inghiottito
dall'oscurità
dei cunicoli sotterranei.
Un brivido
gelido gli
percorse la schiena, mentre si rendeva rapidamente conto che
Bellatrix doveva aver lanciato una Maledizione Imperius al goblin
nell'istante in cui gli era passata accanto. E ora Sirius si trovava
bloccato lì, cento metri sottoterra. Sarebbe stato
impossibile
tornare in superficie a piedi, e per alcuni istanti non seppe cosa
fare, lasciandosi prendere dal panico.
Poi
ricominciò a
ragionare. Nei dintorni doveva essere rimasto il carrello con il
quale Bellatrix era scesa fin lì, ma trovarlo poteva essere
complicato. Sirius estrasse la bacchetta, di colpo sicuro su cosa
fare. Gli serviva il goblin che aveva accompagnato sua cugina, quindi
le avrebbe teso una trappola, prima che fosse lei a tenderla a lui.
Tornò
indietro per
alcuni metri, ma poi si presentò un problema. Il drago era
sempre
lì, e superarlo senza Sonacci a disposizione sarebbe stato
letale,
ne era certo. E i guai non si erano ancora conclusi. Stava meditando
su qualche incantesimo in grado di riprodurre il tintinnio dei
Sonacci, quando udì dei passi e delle voci concitate alle
proprie
spalle. Quattro maghi spuntarono da dietro l'angolo e, non appena lo
individuarono, si bloccarono all'istante. Sirius non ebbe bisogno di
riconoscere i volti di tutti i nuovi arrivati per capire di trovarsi
in guai ancora più grossi di prima. Adesso aveva un gruppo
di
Mangiamorte di fronte, un drago alle spalle e nessun nascondiglio o
via di fuga.
«
Black, non muoverti »
intimò uno dei Mangiamorte, puntandogli la bacchetta contro.
«
Non sapevo che ci si
potesse Materializzare, qui dentro. Siete spuntati fuori dalle pareti
o avete qualche infiltrato anche qui alla Gringott? »
« La
cosa non ti
riguarda » rispose un altro Mangiamorte, e Sirius riconobbe
con
disgusto la voce di Tiger. « Sai perché siamo qui?
»
Sirius si
impose di
continuare la conversazione, mentre cercava di valutare le poche
possibilità che aveva.
«
Immagino che vogliate
costringermi a dire dov'è Regulus, visto che non ci siete
riusciti
con Alphard » rispose, rabbioso.
«
Non proprio. Rodolphus
ci ha suggerito una strategia più sbrigativa: ti uccideremo,
così
lui si sentirà in dovere di uscire allo scoperto, dopo che
ben due
persone saranno morte al posto suo ».
«
State sprecando il
vostro tempo. Regulus mi ha sempre odiato. Uccidendomi gli farete un
favore ».
« Ne
dubito ».
Di colpo,
Sirius si disse
che il drago sarebbe stato un male minore.
« Protego! »
L'Incantesimo
Scudo
bloccò tutte le maledizioni che i Mangiamorte gli avevano
scagliato
e gli diede il tempo di scappare nella direzione opposta. Con suo
grande sconforto, scoprì che il drago si era svegliato, e lo
strepito dei Mangiamorte che lo seguivano di corsa lo aveva fatto
infuriare. Batteva le grosse zampe contro il pavimento, dimenava le
ali, facendo crollare alcuni pezzi di roccia dalle pareti, e ruggiva,
provocando un'eco che si diffuse per tutti i sotterranei circostanti.
Sirius si
accorse di
tremare, ma non poteva restare con i Mangiamorte: erano troppi e non
sarebbe mai riuscito ad annientarli. Così prese un gran
respiro e si
gettò a capofitto nello slargo che ospitava il drago, deciso
a
superarlo.
Aveva appena
schivato una
delle zampe, ma un'ala lo colpì in pieno, mandandolo a
sbattere
contro la parete. Sirius ricadde a terra, dolorante e con il sapore
del sangue in bocca, perché doveva essersi morso l'interno
della
guancia. Quando sentì il fiato caldo del drago sul viso
capì di
essere spacciato, e pensò che sarebbe stato meglio morire
combattendo contro i suoi aggressori, piuttosto che in quel modo.
Fa' che sia una
cosa
rapida...
Ma l'aria
calda svanì e
Sirius alzò lo sguardo, perplesso, mentre delle urla si
levavano da
qualche parte dietro di lui. Il drago lo aveva sorpassato, senza
degnarlo della minima attenzione, e si era avventato contro i
Mangiamorte, che adesso cercavano disperatamente di evitare le
fiamme.
In un lampo,
sebbene
ancora frastornato dal sollievo, Sirius tornò in piedi e
lasciò lo
slargo, infilandosi nel tunnel che conduceva alle camere blindate,
incapace di credere alla fortuna che aveva avuto. Ma la fortuna non
era stata completa: stava andando nella direzione opposta a quella
che avrebbe dovuto prendere, e la via d'uscita adesso era bloccata
dai Mangiamorte e da un drago inferocito che sputava fiamme
incandescenti.
Devo trovare
Bellatrix
e il goblin,
si disse, continuando a camminare lungo il corridoio
immerso nel buio. Poi Schianto lei e mi
faccio portare in
superficie da lui...
Non era un
gran piano, se
ne rendeva conto, ma non aveva alternative migliori. E ormai era
quasi certo che alcuni dei Mangiamorte fossero riusciti a loro volta
a superare il drago. I sotterranei erano poco illuminati, e le ombre
che le torce riflettevano sulle pareti rocciose lo facevano
rabbrividire. Iniziò a correre all'impazzata, chiedendosi se
sarebbe
mai uscito vivo da lì, e voltò un angolo,
ritrovandosi costretto a
frenare un istante dopo.
« Ti
stavo aspettando ».
Di fronte a
lui c'era
Bellatrix con la bacchetta levata. Il goblin se ne stava in piedi
accanto a lei, l'espressione vuota e inerte tipica di chi è
stato
Confuso.
Prima che
Sirius potesse
attaccare sua cugina, gli altri Mangiamorte lo raggiunsero,
sorprendendolo alle spalle. Ormai era circondato.
Ebbe un solo
istante per
decidere. Mentre gli anatemi mortali venivano pronunciati, vide
accanto a sé la camera blindata dei Lestrange, ancora
aperta, e vi
si tuffò. I capelli gli si rizzarono sulla nuca quando gli
incantesimi lo sfiorarono. Sirius rotolò all'interno della
camera
blindata, approfittando del rifugio per coprirsi mentre scagliava
fatture contro i propri assalitori. Non sapeva quanto avrebbe potuto
resistere in quel modo, ma non poteva fare altro.
Poi vide Tiger
assumere
un'espressione sadica, come convinto di avere appena avuto un'idea
geniale. Il Mangiamorte lanciò un'Imperius al goblin. Prima
che
Sirius potesse reagire, la creatura superò i Mangiamorte
intenti a
contrattaccare e si avvicinò alla camera blindata.
Alzò un dito e
il cuore di Sirius mancò un battito.
Ormai
incurante dei colpi
nemici, si gettò verso l'uscita, ma era già
troppo tardi. Con un
gran frastuono, la porta della camera blindata si chiuse davanti a
lui, e Sirius si ritrovò intrappolato all'interno.
Assalito dalla
rabbia e
dal terrore, si scagliò contro di essa, prendendola a calci
e pugni,
ma l'unico risultato che ottenne fu un dolore lancinante e un paio di
nocche ammaccate.
Ma dalla parte
opposta,
Bellatrix non era più soddisfatta.
«
Razza di idiota! » si
stava rivolgendo a Tiger. « L'hai chiuso nella mia camera
blindata! »
« E
quindi? » stava
rispondendo lui, perplesso.
Un colpo e un
gemito
furono la risposta di Bellatrix: doveva averlo punito per
quell'errore.
«
Bella, non hai nulla
da temere » disse un'altra donna. « Non
può rubare nulla se non
può uscire ».
« E
così potremo far
passare la sua morte per un incidente. Basta che tu e gli altri
Lestrange non facciate altri prelievi per qualche giorno. Quando lo
troveranno sarà già morto » intervenne
qualcun altro.
«
Appunto. Troveranno un
cadavere nella mia camera blindata! È abbastanza per
metterci nei
guai. »
«
Abbiamo dei goblin
dalla nostra parte. Lascia fare a loro, no? Non si saprà
nulla,
vedrai. »
Bellatrix
strepitò
ancora per alcuni minuti, ma alla fine si dovette convincere.
Sirius non
avrebbe mai
immaginato di desiderare che le voci dei Mangiamorte non sparissero.
Ma nel giro di pochi minuti intorno a lui calò un silenzio
di tomba,
quando ormai era stanco di urlare per richiamare l'attenzione di
chiunque.
Con la gola in
fiamme e
lo sconforto che si sostituiva in fretta alla rabbia, si
lasciò
scivolare per terra, la schiena contro la porta della camera
blindata, e si mise le mani tra i capelli, disperato. Nessuno poteva
sentirlo e, anche se lo avessero fatto cercare, prima del suo
ritrovamento sarebbe stato già morto da parecchi giorni.
Chiuse gli
occhi, desiderando di trovarsi in un brutto incubo, e iniziò
lentamente a sprofondare nell'incoscienza.
Non sapeva per
quanto era
rimasto chiuso lì dentro. Doveva essersi appisolato,
perché aveva
dei vuoti di memoria, ma del resto c'era ben poco da ricordare:
intorno a lui c'era sempre la stessa stanza ricolma di oro, argento e
gioielli. Sarebbe stata la sua tomba, pensò in un momento di
dormiveglia. Non era rimasto più nulla da fare, e ormai
Sirius aveva
smesso di lottare. Tanto valeva rimanere seduto lì, ad
aspettare che
la fame e la sete lo uccidessero.
Alzò
lo sguardo,
facendolo scorrere pigramente lungo le pareti straripanti di oggetti
preziosi, tanto per impiegare il tempo. Vide gioielli, armature,
argenteria e montagne di galeoni, falci e zellini. Li guardò
di
nuovo, come se qualcosa avesse attirato il suo sguardo
all'improvviso... e i suoi occhi si soffermarono su uno di essi. Per
un attimo gli si spezzò il respiro.
Era una coppa.
Una coppa
d'oro, ma non era quello l'importante. Quello che contava era lo
stemma inciso sulla coppa. Da quella distanza dovette alzarsi in
piedi e socchiudere gli occhi per vedere meglio, ma l'evidenza gli
diede la conferma che sperava: il simbolo inciso era un tasso.
All'improvviso
gli tornò
in mente quello che Regulus gli aveva detto alcuni giorni prima.
«
Silente ha
rintracciato l'elfa domestica di una cliente di Voldemort, ai tempi
in cui lavorava da Magie Sinister. Secondo quello che ha scoperto,
è
possibile che Voldemort abbia creato gli Horcrux con oggetti molto
antichi, forse appartenenti ai quattro fondatori di Hogwarts. Il
medaglione di Serpeverde era suo, ma sembra che tempo fa abbia avuto
a che fare con un oggetto appartenuto a Tosca Tassorosso ».
Sirius
strabuzzò gli
occhi, li strofinò e li riaprì, aspettandosi
forse di vedere
sparire la coppa, come se fosse stata un'allucinazione, ma era ancora
lì. Sembrava aver dimenticato come respirare.
«
Non ci posso credere »
sbottò tra sé, e la voce rauca
rimbombò contro le pareti. Forse
non si trattava di un Horcrux, ma allora perché Bellatrix
era
apparsa così furente all'idea che qualcuno si trovasse
dentro la sua
camera blindata? Quanto a Voldemort, lui non aveva una camera
blindata personale, ma la Gringott era il posto più sicuro
al mondo
per nascondere qualcosa...
Sirius
avanzò, ancora
incredulo. Poi il suo piede urtò contro una moneta... e
quella parve
esplodere in almeno altre cento copie, che invasero il pavimento.
« Ma
che...? » fece,
indietreggiando e appoggiando la mano contro un'armatura.
Fu una pessima
mossa.
Urlando di
dolore, fece
appena in tempo a spostarsi, prima che una pioggia di armature
incandescenti lo seppellisse. Il palmo della mano gli bruciava, e
Sirius si accorse di esserselo ustionato.
«
Dannati Lestrange! »
imprecò, mentre un'altra pioggia di calici e scudi lo
investiva,
provocandogli dolorose scottature alle spalle e sul viso.
Doveva
immaginarsi degli
incantesimi di protezione, si disse. Poi puntò la bacchetta
contro
la coppa di Tassorosso.
« Accio coppa! »
Ma non
funzionò.
Imprecò
di nuovo. Non
poteva farsi largo tra tutto quel tesoro per raggiungerla, a meno di
non essere ritrovato arrostito e sepolto sotto di esso. Ma se non
poteva usare la magia per prenderla, come poteva fare? Tra l'altro
era chiuso dentro e nessuno sapeva che si trovasse lì. Forse
aveva
trovato un Horcrux, ma non avrebbe potuto né portarlo via
né
distruggerlo, e in più non aveva alcuna
possibilità di comunicare
con l'esterno.
Stava per
perdere
un'altra volta ogni speranza, quando udì una voce familiare.
«
Sirius? Si può sapere
dove sei finito? »
Sulle prime si
allarmò.
Non aveva ancora fame, e già iniziava a delirare? Ma si
accorse che
la voce proveniva dalla sacca che si era portato dietro e nella quale
aveva riposto i ricordi di Alphard. Chiedendosi come avesse potuto
non pensarci prima, si gettò su di essa, la aprì
e ne tirò fuori
uno specchietto rettangolare.
Al posto del
suo
riflesso, con un'espressione seccata e perplessa, c'era James.
«
Eccoti, finalmente. Ti
avevo detto che oggi avremmo fatto il primo bagnetto a Harry, e
invece non sei venuto, e non hai nemmeno avvertito. Spero che tu
abbia una buona giustificazione, padrino scellerato che non sei
altro! ».
Sirius
scoppiò a ridere
per il sollievo.
***
James
incontrò Perseus
Queen alla fine di Diagon Alley, sotto la scalinata della Gringott.
L'uomo aveva le braccia incrociate e un'espressione impaziente e
infastidita dipinta sul volto.
«
Signor Queen, salve »
esordì James, ansioso. « Mi dispiace averla
disturbata, ma è una
questione della massima urgenza... »
«
Aspetta un po'. Chi mi
assicura che sia tu il vero James Potter? Neanche ti conosco
»
affermò l'uomo, lasciando da parte i convenevoli.
James
sussultò.
«
Noi ci siamo già
conosciuti ».
«
Quando? »
«
Quando sua figlia è
stata ricoverata al San Mungo. Ero insieme a Sirius, ricorda?
»
«
Può darsi ».
James
cercò di
trattenere le proteste. Questo costituiva un brutto colpo per il suo
ego, ma cercò di lasciar correre. Aveva questioni
più urgenti da
risolvere, per il momento.
«
Magari era distratto »
suggerì.
«
Magari avevo altro a
cui pensare » ribatté Perseus.
«
Sì, giusto... »
Quello
sospirò.
«
Allora, posso sapere
cosa succede? Sto lavorando ».
James si
rianimò.
« Mi
serve il suo aiuto.
Vede... » decise di dirlo tutto insieme. Tanto peggio di
così... «
Sirius è rimasto chiuso nella camera blindata dei Lestrange
mentre
compiva una missione segreta per conto... dell'Ordine, e sarebbe un
bel guaio se venisse scoperto. Lei potrebbe fare in modo di
permettergli di uscire senza scomodare i goblin e senza fare
insospettire nessuno? »
A Perseus
servirono
alcuni secondi per riprendersi, e James non poté biasimarlo.
Anche
se dopo un po' era sbiancato.
«
Stai scherzando, vero?
»
«
Purtroppo no »
rispose lui, mordendosi il labbro.
«
Come è finito lì
dentro? »
«
Non mi ha raccontato
proprio tutti i dettagli, ma sembra
che sia stato attaccato da
alcuni Mangiamorte mentre faceva un prelievo ».
Perseus era
confuso e
inorridito.
«
Non abbiamo avuto
segnalazioni di combattimenti nei sotterranei... C'era solo un drago
sovreccitato che abbiamo dovuto addormentare ».
«
Ecco, credo che
abbiano nascosto le prove con la complicità di qualche
goblin. Lo
sanno tutti che non sono tipi affidabili ».
Stranamente,
Perseus gli
credette.
«
Questo è un disastro
» commentò, chiaramente sconvolto.
«
Non può fare
qualcosa? »
L'uomo si
guardò intorno
con prudenza.
« Io
mi occupo degli
incantesimi da apporre nelle camere blindate, quindi per aprirla non
dovrei avere problemi. Ma non posso accompagnare i clienti
all'interno, quella è competenza dei goblin. Inoltre, i
goblin
noterebbero la presenza di Sirius, al nostro ritorno ».
« A
quello posso
rimediare io. Ho un Mantello dell'Invisibilità in tasca
».
« Ed
è nuovo? Perché
se è rovinato... »
« Le
assicuro che non ha
nemmeno una minima scucitura. È perfetto » disse
James, chiedendosi
per l'ennesima volta come mai il suo mantello, seppur antico, non si
fosse mai deteriorato. Aveva sempre scherzato su quel fatto,
raccontando ai suoi amici che si trattava dello stesso mantello
menzionato nella fiaba dei Tre Fratelli, e loro ne avevano riso con
lui, altrettanto convinti che fosse una leggenda. Ma c'erano momenti
in cui James arrivava a crederlo davvero.
«
Allora indossalo. Mi
seguirai mentre fingerò di dover fare una revisione agli
incantesimi
che difendono la camera blindata. Stammi dietro e fai attenzione
».
«
Grazie » gli disse
James, nel tono più riconoscente possibile.
« E
quella scopa? »
aggiunse Perseus, indicando il manico che James aveva portato con
sé.
Lui
alzò le spalle.
«
Non ne ho idea. È
stato Sirius a dirmi di portarla ».
Andò
a nascondersi in un
vicolo deserto, guardandosi attentamente intorno per assicurarsi che
nessuno potesse vederlo, poi tirò fuori il Mantello e lo
indossò.
Nascose anche la scopa, chiedendosi a sua volta perché mai
Sirius
gli avesse chiesto di portare un oggetto così ingombrante
per
svolgere una missione segreta.
Perseus lo
aspettava,
apparentemente calmo, anche se James notò il contrarsi
ritmico di
una vena del collo. Anche lui si sentiva agitato. In quel momento
più
che mai desiderava essere ancora a casa, insieme a Lily e Harry.
«
Sono dietro di lei »
sussurrò, quando si fu accostato a Perseus. Lui
annuì
impercettibilmente e iniziò ad incamminarsi in direzione
della
Gringott.
Quando
salirono la bianca
scalinata di marmo, l'attenzione di James fu catturata dal messaggio
di avvertimento che aveva già letto tante volte fin da
piccolo, ma
mai come ora le parole che vi erano scritte erano suonate
così
terribilmente minacciose.
Straniero, entra,
ma
tieni in gran conto
Quel che ti
aspetta se
sarai ingordo
Perché
chi prende ma
non guadagna
Pagherà
cara la
magagna
Se cerchi nel
sotterraneo
Un tesoro che ti
è
estraneo
Ladro avvisato
mezzo
salvato:
Più
del tesoro non va
cercato.
James ebbe
l'impressione
che Perseus avesse mormorato tra sé qualcosa di simile ad
“Azkaban”,
“Black” e “creano
sempre problemi” ma evitò
di indagare. Si sentiva già
abbastanza ansioso di suo. Dovette allentarsi il colletto della veste
perché stava iniziando a sudare per l'agitazione.
Perseus
sorpassò le
porte d'ingresso, facendo un cenno di saluto al goblin di guardia, e
percorse il vasto salone, dirigendosi verso una delle tante porte che
vi si affacciavano.
«
Unci-Unci, devo fare
un giro di controllo agli incantesimi di alcune camere blindate
»
riferì ad un goblin che lo aveva guardato con
perplessità.
«
Non l'avevi già fatto
una settimana fa? » chiese quello.
«
Non ho finito tutto il
giro. Oggi sarà l'ultima volta » rispose
prontamente.
Il goblin
annuì, aprendo
la porta e lasciandolo passare.
Quando la
porta si fu
richiusa alle loro spalle, James si accorse che Unci-Unci non li
aveva seguiti.
«
Non ci accompagna? »
«
No, in teoria se sono
da solo posso andare senza accompagnatore » rispose Perseus,
facendogli cenno di salire su un carrello che aveva richiamato con un
incantesimo che James non conosceva. « Resta col mantello.
Potrebbero esserci altri goblin, di sotto ».
James
obbedì, e poi il
carrello prese a sfrecciare lungo il binario, alla velocità
della
luce. Nessuno dei due parlò, durante il tragitto, ma
poterono
ugualmente percepire la stessa ansia invadere le loro menti. Stavano
rischiando grosso.
Il drago
semicieco era
addormentato. James osservò con il cuore in gola le tracce
della sua
furia: odore di bruciato e pezzi di roccia staccatisi dalle pareti e
crollati per terra.
E poi furono
finalmente
davanti alla camera blindata dei Lestrange. Perseus eseguì
un
incantesimo dall'aria complicata, sussurrando qualcosa di simile ad
una parola d'ordine, e alla fine la porta si aprì.
«
Ramoso! »
Sirius era
all'interno,
piuttosto accaldato e con delle brutte vesciche sulle mani e sul
collo, ma sollevato. James sentì passare tutta la paura,
mentre si
toglieva il Mantello e lo raggiungeva.
«
Attento! » fece
Sirius, impedendogli di urtare uno scudo. «
È
così che mi sono ustionato ».
«
Incantesimi di
protezione? »
«
Già... »
«
Fate con comodo, mi
raccomando. Non c'è fretta » sbottò
Perseus sarcastico,
guardandosi intorno con aria preoccupata.
«
Scusi, usciamo subito.
James, dammi la tua scopa » fece Sirius in tono sbrigativo.
A James non
piaceva
prestare la propria scopa. Non gli era mai piaciuto, soprattutto a
persone disattente e poco abili nel volo come Sirius. Ma, vista la
situazione, decise di fare uno strappo alla regola.
«
Fai attenzione e
trattala bene » si raccomandò stentando a staccare
le dita dal
manico di legno.
Sirius
alzò gli occhi al
cielo. Poi inforcò la scopa e decollò, librandosi
in aria a fatica,
in direzione di uno scaffale in fondo. James lo vide usare
l'incantesimo Geminio per duplicare una piccola coppa d'oro. Poi
Sirius afferrò la coppa e invertì la direzione,
sfuggendo di corsa,
mentre un centinaio di copie incandescenti di quella stessa coppa
esplodevano dietro di lui, cercando di sommergerlo.
«
Uscite, presto! »
esclamò Perseus, trascinando James fuori dalla camera
blindata. La
porta si chiuse alle spalle di Sirius, che atterrò malamente
sul
terreno irregolare, la piccola coppa d'oro ben stretta nella sua
mano.
«
Che diamine hai fatto?
È un furto! » protestò Perseus,
sconvolto. « Non sono venuto a
tirarti fuori di qui per aiutarti a rubare. Io qui ci lavoro
».
« Mi
dispiace, ma è
stato inevitabile, signor Queen » rispose Sirius,
assestandogli una
pacca sulla spalla e ignorando la sua reazione sconvolta. «
Non si
senta in colpa. Pensi che ha contribuito alla sconfitta di lord
Voldemort. E, a proposito, grazie per avermi salvato ».
Perseus lo
fulminò con
lo sguardo, ma non aggiunse altro. L'attenzione di James invece era
tutta rivolta alla coppa. Vide il simbolo del tasso, e colse
l'espressione fiera e trionfante di Sirius, sorridendo a sua volta.
Così
quello è un
Horcrux.
Il solo pensiero gli diede i brividi.
«
Voi due, indossate
quel mantello, avanti » bofonchiò Perseus,
seccato. « Vi voglio
fuori di qui entro cinque minuti ».
Sirius e James
non se lo
fecero ripetere due volte.
***
Regulus aveva
ascoltato
l'intero racconto senza dire una parola, anche perché non ne
sarebbe
stato capace. Invece continuava a fissare la coppa di Tassorosso sul
tavolo del salotto di casa Puddle, incredulo.
«
Adesso stai bene? »
gli chiese, cercando di non apparire troppo preoccupato.
Sirius
alzò le spalle,
altrettanto desideroso di sembrare indifferente, ma il suo tentativo
era vanificato dalle smorfie di dolore del suo volto, mentre si
curava le ustioni col dittamo.
«
Sono andato a
prelevare dei ricordi e ho guadagnato anche un Horcrux: certo che sto
bene! Tu invece perché hai quel muso lungo? Ammettilo, non
credevi
che sarei mai riuscito a prenderne uno, vero? »
« Lo
ammetto » mentì
Regulus. In realtà il suo pessimo umore era dovuto a quel
che Sirius
aveva rischiato. Bellatrix aveva cercato di ucciderlo per arrivare a
lui, proprio come Rodolphus aveva fatto con Alphard. L'ultima cosa
che Regulus avrebbe voluto era un'altra morte tra le persone che gli
erano vicine. Non sapeva cosa avrebbe reagito se anche Sirius fosse
morto a causa sua, pensò, orripilato al solo pensiero.
«
Ora non vantarti
troppo » intervenne James, rivolgendosi a Sirius. «
Se non fosse
stato per me, saresti ancora sepolto sotto la Gringott ».
Regulus si
impose di
ignorare i brutti pensieri, improvvisamente agitato.
« Vi
siete assicurati di
lasciare una copia della coppa? Quando Bellatrix tornerà
nella sua
camera blindata, controllerà sicuramente che l'Horcrux sia
ancora al
suo posto. E se non ci dovesse essere... »
«
L'ho fatto, non
agitarti. Quando annulleranno l'incantesimo di moltiplicazione, la
mia copia resterà ».
«
Spero che non si
accorga che si tratta di un falso » commentò
Rachel, pensierosa.
«
Non dovrebbe... O
sarebbe la cosa peggiore che potrebbe capitarci » rispose
Regulus,
augurandosi che Voldemort rimanesse all'oscuro dei loro obiettivi
ancora per molto tempo.
Per un attimo
la
sicurezza di Sirius parve vacillare, ma poi lui cercò di
rianimarli.
«
Andrà tutto bene. Ora
però distruggiamo quell'Horcrux, che ne dite? In
realtà non sono
nemmeno sicuro che sia davvero un Horcrux. Non ne ho mai visto uno
prima d'ora » aggiunse.
Regulus lo
afferrò. Era
vero. Emanava chiaramente qualcosa di molto oscuro, e i leggeri
battiti metallici che provenivano dall'interno del calice erano
inequivocabili. Si affrettò a posarla di nuovo sul tavolo,
nauseato.
«
Sì, è un Horcrux »
ammise. « Chi vuole distruggerlo? »
Tre paia di
occhi
puntarono su Sirius, il quale per un attimo esitò.
«
Io? »
«
Sei stato tu a
recuperarlo » disse Rachel.
«
Già... tutto da solo
» aggiunse Regulus, sarcastico. Notò la smorfia
divertita di James
e quella irritata di Sirius.
«
D'accordo. Datemi quel
pugnale » disse in tono sbrigativo.
Rachel gli
porse
l'athame. La mascella di Sirius era serrata mentre prendeva la coppa
e la posava per terra. Tutti tacquero, mentre alzava il braccio,
l'athame stretto nel pugno.
La lama
calò, perforando
la coppa. Questa iniziò ad accartocciarsi su se stessa,
mentre un
urlo spaventoso invadeva la stanza. Ci fu qualcosa di simile ad uno
scoppio e del fumo nero scaturì dall'Horcrux, facendo
indietreggiare
Sirius...
Poi tutto
finì. Il fumo
si dissolse e l'urlo si affievolì sempre di più,
fino a sparire del
tutto. Rimase solo la coppa distrutta.
Sirius era
perplesso.
«
Credevo che avrebbe
reagito. Non avevate detto che per voi è stato difficile
combattere
le difese che Voldemort aveva apposto negli altri Horcrux? »
« Tu
non hai tenuto
quella coppa con te. Io il medaglione l'ho indossato spesso, e Rachel
ha dormito vicino al diario. Quegli Horcrux hanno avuto tutto il
tempo di leggerci dentro e contrattaccare mostrandoci le nostre paure
peggiori, cosa che la coppa non è riuscita a fare con te,
né
l'anello con Silente... Se l'avesse indossato, le cose sarebbero
andate in maniera diversa. Ritieniti fortunato » rispose
Regulus.
James diede
una pacca
sulla spalla di Sirius.
«
Complimenti. Hai
appena distrutto il quarto Horcrux » disse. Poi il suo tono
si fece
più cupo. « Secondo voi Voldemort se ne accorge se
un frammento
della sua anima viene distrutto? »
Regulus
alzò le spalle.
«
Silente crede di no.
Forse l'ha spezzata in troppe parti. Potrebbe essere vero, altrimenti
saprebbe già da tempo che qualcuno sta distruggendo tutti i
suoi
Horcrux » rispose.
«
Speriamo che siano
davvero tutti » disse Sirius. « Non sappiamo quanti
ne ha fatti, e
probabilmente ne mancano ancora tre ». Si alzò in
piedi e prese la
provetta che conteneva i ricordi di Alphard. « È
il momento di vedere se nostro zio aveva scoperto davvero qualcosa di
importante ».
« Ho
portato il
Pensatoio da casa. Vado a prenderlo » disse Rachel, uscendo
dalla
cucina e dirigendosi verso l'ingresso.
Regulus rimase
muto, in
attesa, cercando di non incrociare lo sguardo con gli altri due. Se
qualche anno prima gli avessero detto che si sarebbe ritrovato a
combattere Voldemort insieme a Sirius e al suo amico Potter non ci
avrebbe mai creduto. E invece adesso anche loro si erano uniti alla
loro caccia agli Horcrux.
Eppure Regulus
aveva
odiato Potter, a Hogwarts. Lo considerava colui che aveva rovinato
Sirius, allontanandolo da sé e spingendolo a detestarlo. La
sua era
stata una reazione un po' infantile, riconobbe. Di sicuro Sirius
aveva preferito James a lui, e continuava a farlo, ma i due fratelli
si sarebbero allontanati comunque. E ora che aveva capito che Sirius,
a modo suo, teneva ancora a lui, Regulus non aveva più
motivi per
detestare l'altro. Certo, a suo parere restava una persona
estremamente irritante, ma non era certo Potter il suo vero nemico.
Era Voldemort, era Rodolphus... e adesso anche Barty. Era incredibile
pensare quanto gli schieramenti fossero cambiati.
Rachel
tornò, e Regulus
interruppe volentieri quelle riflessioni. La ragazza posò il
Pensatoio sul tavolo e Sirius vi versò dentro i ricordi. La
sostanza
argentea vorticò all'interno della ciotola,
finché l'ultimo ricordo
non fu caduto dentro.
«
Direi che possiamo
entrare tutti, che ne dite? Siete pronti? »
Tutti e
quattro
annuirono.
Poi, uno dopo
l'altro,
immersero il viso nel Pensatoio.
Scusate il ritardo, ma ho così poco tempo che stamattina mi
sono ritrovata con il capitolo ancora da correggere. Devo dire che
ancora non mi convince alla perfezione, ma l'ho scritto e riscritto
così tante volte che sinceramente non ne potevo
più xD La cosa che mi creava dei dubbi è il modo
in cui Sirius ha trovato la Coppa di Tassorosso, ma dopotutto tutti gli
altri modi che avevo in mente erano più assurdi... in fondo
la demenza di Tiger è universalmente nota, quindi... XD
Stavolta i nostri eroi sono stati fortunati, ma la prossima non
sarà altrettanto semplice (risata satanica).
Sirius e James erano indispensabili qui, perché solo loro
hanno quello specchio, che è stato la mia salvezza xD:
mandare un Patronus per chiedere aiuto avrebbe potuto attirare
l'attenzione di qualche goblin.
Per ora vi ringrazio qui per le recensioni. Devo ancora rispondere, ma lo
farò nei prossimi giorni. Lunedì ho
già un esame e sto per strapparmi i capelli per l'ansia, e
se sto su EFP non mi concentro su quella materia "interessantissima"...
x__x
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 7 giugno.
A presto, Julia =)
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Capitolo 46 *** Viaggio nel passato ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo
46
Viaggio nel passato
Il fumo in cui erano
precipitati iniziò rapidamente a diradarsi, mentre un
chiacchiericcio familiare li accoglieva, ancor prima che potessero
vedere dove fossero finiti.
Regulus riconobbe la
Sala
Grande di Hogwarts. Era la classica cerimonia dello Smistamento di
inizio anno. Poteva vedere gli studenti del primo anno di fronte allo
sgabello del Cappello Parlante, e alcuni di loro si guardavano
timidamente intorno, ammaliati dall'ambiente e al tempo stesso tesi e
nervosi.
Regulus
provò una
sensazione piacevole. Era bello ritrovarsi in quel castello che per
sette anni era stato la loro casa. Notò che Sirius e James
sembravano provare la stessa cosa. Rachel era l'unica ad apparire
poco colpita, e Regulus ne sospettava il motivo. Sapeva che la
ragazza aveva già usato quel Pensatoio per rivivere i
proprio
ricordi a Hogwarts, in tempi ancora meno felici.
Ma quelli erano i
ricordi
di Alphard, pensò subito dopo, e dovevano trovarlo, anche se
in
mezzo a quella folla di studenti vocianti era quasi impossibile.
Fu il professor
Silente,
in piedi accanto allo sgabello, ad aiutarlo, quando chiamò:
« Black,
Alphard ».
« Lo stanno
smistando »
disse Sirius, iniziando ad avvicinarsi. Loro lo seguirono.
Alphard a undici anni
somigliava moltissimo ai due fratelli Black. Lo avevano già
visto in
qualche vecchia fotografia, ma vederlo dal vivo era completamente
diverso. Regulus, in preda ad un'emozione che gli impedì di
deglutire per alcuni eterni secondi, lo osservò mentre
Silente, che
era molto più giovane e aveva i capelli ancora rossi, gli
calava il
Cappello Parlante sulla testa.
Alphard si mordeva il
labbro e stringeva il sedile dello sgabello come per farsi forza.
Regulus immaginava cosa stesse pensando in quel momento. Stava
implorando il Cappello di mandarlo a Serpeverde piuttosto che
Corvonero. Suo zio glielo aveva raccontato un paio di volte per
tranquillizzarlo, quando aveva paura di finire a Grifondoro. Era
accaduto meno di dieci anni prima, ma sembrava un secolo.
«
SERPEVERDE! » gridò
il Cappello, e Alphard sorrise, sollevato.
Lo videro correre
verso
il tavolo di Serpeverde per poi prendere posto accanto ad una ragazza
del terzo anno che li scompigliò i capelli, sorridendo.
« Quella
è tua madre? »
chiese Rachel, perplessa e anche piuttosto sconvolta.
Sirius
ridacchiò e
Regulus si lasciò scappare una smorfia divertita.
« No,
è la zia
Lucretia, la sorella di mio padre, quella che ha sposato Ignatius
Prewett. Lei è mia
madre » rispose, indicando la ragazza
seduta di fronte ad Alphard.
Anche Walburga aveva
solo
tredici anni ma certi tratti la rendevano inconfondibile. I suoi
capelli erano neri e lucenti come quelli di sua cugina Lucretia, ma
mentre questa li teneva corti e ricci, lei li aveva raccolti in una
lunga treccia elegante. Inoltre i suoi occhi erano grigi, identici a
quelli di Alphard, di Regulus e di Sirius, mentre Lucretia aveva
ereditato gli occhi scuri dal ramo della famiglia cui apparteneva
anche Orion.
In quel momento
Walburga
stava fissando il fratellino con le braccia incrociate e
un'espressione indispettita.
« Visto che
sono
Serpeverde? » le disse lui, con un tono di trionfo. Poi le
tese la
mano. « Sgancia ».
Walburga
alzò gli occhi
al cielo e gli consegnò un paio di falci d'argento.
Alphard
esultò.
« Taci
» sibilò
Walburga, irritata.
«
Inconfondibile » fu
il commento di Sirius.
Regulus finse di non
aver
sentito, desideroso di evitare discussioni o polemiche, e James
distolse l'attenzione di tutti, rivolgendosi a Rachel.
« Ehi,
quello che hanno
appena chiamato non è tuo padre? »
Era proprio Perseus.
Il ragazzino che si
stava
avvicinando a Silente, rigido come un palo, era molto diverso dalla
versione adulta che tutti loro conoscevano. Aveva le guance paffute e
rosse per l'imbarazzo e l'emozione.
Quando il Cappello
Parlante gridò di nuovo « SERPEVERDE! »,
Perseus se ne liberò di
corsa e si affrettò verso il suo tavolo. Sembrava molto
felice di
non essere più al centro dell'attenzione di tutta la Sala
Grande.
« Ti dicevo
che era un
timidone » disse Rachel a Regulus, che era alquanto stupito.
Alphard aveva attirato
l'attenzione di Perseus e gli fece posto al proprio fianco.
Evidentemente si erano già conosciuti sul treno.
« Lei
è mia cugina
Lucretia, e quella è mia sorella Walburga. Lui è
Perseus » Alphard
fece le presentazioni.
Walburga non apparve
molto interessata, ma gli fece un cenno di saluto. Lucretia gli
strinse la mano.
Il Preside Dippet
annunciò l'inizio del banchetto. Le due ragazze
più grandi stavano
già chiacchierando tra di loro, riguardo a Hogsmeade e alle
nuove
materie che avrebbero cominciato a seguire quell'anno, argomenti che
ai due ragazzini del primo anno interessavano poco, quindi Alphard e
Perseus presero a commentare le decorazioni della Sala Grande, i
fantasmi e il soffitto che riproduceva il cielo.
«
Perché quel fantasma
è ricoperto di macchie? » chiese Alphard,
incuriosito.
« Evita di
chiederlo ad
alta voce. Al Barone Sanguinario non fa piacere »
parlò qualcuno
accanto a Perseus.
I due ragazzini si
voltarono. A rispondere era stato un ragazzo un po' più
grande,
forse del secondo anno. Aveva un aspetto che a Regulus ricordava
qualcuno di sgradito. Quando notò i suoi occhi di un azzurro
intenso, lo riconobbe: era il padre dei fratelli Lestrange.
« Oh,
è il Barone
Sanguinario? Il fantasma di Serpeverde? » domandò
Alphard, mentre
Perseus assisteva allo scambio di battute in silenzio.
Il ragazzo
accennò un
sorrisetto di condiscendenza.
«
Sì, proprio lui. Con
noi Serpeverde sa essere anche gentile, ma non fargli mai una domanda
del genere ».
« Va bene,
grazie ».
Poi il ragazzo riprese
a
parlare, osservando Alphard con attenzione.
« Tu sei il
fratello di
Walburga Black, dico bene? »
«
Sì, mi chiamo Alphard
».
« Lestrange
» si
presentò il ragazzo. « Mi sembrava di averti visto
a qualche
matrimonio, anni fa. E tu? » aggiunse, rivolgendosi all'altro.
« Perseus
».
Perseus aveva parlato
per
la prima volta, nonostante avesse la bocca piena di stufato che lo
fece bofonchiare.
« Loro sono
alcuni miei
compagni del secondo anno » continuò quello,
indicando alcuni
coetanei intorno a lui. « Nott, Avery e Dolohov ».
I tre Serpeverde
fecero loro un cenno di saluto. Poi Lestrange aggiunse: « Lui
invece
è Tom Riddle. Sa molte più cose di chiunque altro
su Hogwarts ».
Se Regulus non avesse
colto le stesse espressioni di sorpresa mista a orrore nei volti
degli altri tre, avrebbe creduto di aver sentito male.
Tom Riddle aveva i
capelli neri e gli occhi altrettanto scuri. Anche se si stava appena
avviando ad entrare nell'adolescenza, sembrava molto diverso dai suoi
coetanei, soprattutto nel modo di comportarsi: trasudava fascino e
carisma. Era impossibile riconoscere nei tratti di quel volto
estremamente bello e giovanile le fattezze di Lord Voldemort, i suoi
occhi rossi, la palle pallida e bianca come latte...
« Come ha
fatto a
ridursi in quel modo? » chiese Rachel, impressionata.
« Deve
essere un effetto
degli Horcrux » rispose Regulus. « Almeno credo.
Nessuno ne ha mai
creato più di uno, e in questi casi i cambiamenti non erano
troppo
evidenti. Ma lui è andato molto oltre... »
Tutti e quattro
rabbrividirono.
Riddle aveva appena
alzato lo sguardo su Alphard e Perseus, e parlò con un tono
estremamente cordiale.
« Quello che
scoprirete
di Hogwarts è che nessuno ne saprà mai
abbastanza. Vedrete che vi
piacerà stare qui » disse, con un tono quasi
misterioso. Stava
fissando qualcosa d'indefinito, ma i due ragazzini non osarono
interrompere il suo silenzio.
Improvvisamente
Regulus
capì qualcosa che non aveva mai compreso prima: Riddle era
stato
capace di ammaliare chiunque e di costringerlo a seguire il suo
volere non solo ora che era adulto, ma fin da ragazzo. Ecco
perché
aveva sempre avuto ascendente sia sugli altri studenti che sui
professori.
Il ricordo successivo
era
ambientato in biblioteca. Al posto di Madama Pince c'era un anziano
mago ingobbito e dalla miopia accentuata, che tuttavia sorrideva
benevolo a tutti gli studenti che entravano. Alphard e Perseus non
erano molto più grandi che nel ricordo precedente: dovevano
frequentare al massimo il loro secondo anno. Si erano seduti ad uno
dei tavoli più vicini all'entrata, sotto la finestra, e
stavano
tirando fuori dalle borse penne, inchiostri e pergamene.
« Non ho
voglia di fare
il tema di Incantesimi » borbottò Perseus,
sbuffando e appoggiando
la fronte sul tavolo di legno, con aria annoiata.
« Coraggio,
prima
iniziamo e prima finiamo » lo incitò Alphard,
allegro.
« Se lo dici
tu... »
Ma un attimo dopo
Alphard
prese a fissare qualcosa alle spalle dell'amico. I quattro ragazzi
seguirono il suo sguardo, e videro Riddle. Portava in braccio un paio
di grossi volumi e stava parlando col bibliotecario.
« Vorrei
prendere in
prestito questi libri » disse, col quel suo tono affabile
che,
tuttavia, a Regulus dava i brividi.
Il bibliotecario diede
un'occhiata ai volumi.
« Antichi Incantesimi
e Sortilegi Dimenticati, Guida alla Stregoneria
Medioevale,
Siti
Storici della Stregoneria... Complimenti, Tom,
sei un
ragazzo che ama leggere. Anche io sono sempre stato appassionato alla
lettura, fin da quando ero un bambino. Ricordo ancora quando, nel
lontano 1890... »
Riddle non sembrava
affatto infastidito dallo slancio nostalgico del vecchio
bibliotecario. Al contrario, lo ascoltava pazientemente, per
compiacerlo. Un altro motivo per essere ammirato da tutti gli
insegnanti.
« E poi mi
serve anche
questo » aggiunse il ragazzo, porgendogli un biglietto.
« Ah... Nobiltà di
Natura: Genealogia Magica? Questo è
stato spostato nel Reparto
Proibito. Il professor Silente ritiene che abbia dei contenuti
intolleranti » disse il bibliotecario, leggendo a fatica il
biglietto.
« Per quello
naturalmente ho il permesso firmato dal professor Lumacorno »
rispose Riddle, pronto. «
È
lì sul biglietto ».
« Oh
bè, se è così...
aspettami qui, vado a prendertelo ».
« A me non
hanno mai
dato il permesso di prendere un libro dal Reparto Proibito »
soffiò
Alphard, indispettito. « Una volta ho provato a chiedere alla
Gaiamens se mi firmava la richiesta di un libro e lei ha rifiutato.
Non è giusto ».
« Ma tu non
sei il cocco
degli insegnanti » gli rispose Perseus. « E hai la
faccia da
schiaffi, quindi non ispiri fiducia ».
« Non
è vero! »
I due ragazzini
ridacchiarono, mentre anche questo ricordo iniziava a sparire
rapidamente.
« Va bene,
da questo
ricordo sappiamo che gli interessavano oggetti e incantesimi antichi,
e questo è utile. Ma il libro del Reparto Proibito a cosa
gli
serviva? » chiese Sirius.
« Forse
stava ancora
cercando di scoprire le sue origini » rispose Regulus.
« Quel
volume lo conosco bene, lo avevamo a Grimmauld Place: elenca tutte le
grandi famiglie magiche Purosangue, e di sicuro non nomina i Riddle
».
Regulus non
poté fare a
meno di dirlo con una certa soddisfazione. Sirius lo notò e
alzò
gli occhi al cielo.
Adesso si trovavano
nell'ufficio di Lumacorno. L'occasione era ben conosciuta da tutti e
quattro. Gli studenti membri del Lumaclub si aggiravano intorno al
tavolo del buffet, mentre l'insegnante presentava loro alcuni dei
suoi contatti importanti.
In quel ricordo
Perseus
non era presente. Alphard, che ora doveva avere all'incirca
quattordici anni, sembrava piuttosto annoiato. Stava bevendo della
Burrobirra insieme ad un paio di ragazzi e ragazze di altre Case, ed
era distanziato dal resto della famiglia tra cui, notò
Regulus con
una certa ansia mista a malinconia, c'era anche Orion. Avrebbe voluto
scoprire come fosse suo padre a dodici anni, ma evidentemente non era
quello il ricordo adatto. Infatti fu lo zio Cygnus ad avvicinarsi al
fratello maggiore.
« Alphard,
Lumacorno mi
ha chiesto di chiamarti. Credo che voglia presentarti una persona
»
chiese con voce atona.
Alphard
annuì,
sorseggiando la propria Burrobirra con poco entusiasmo.
Attese che Cygnus se
ne
fosse andato per guardarsi intorno con prudenza, salutare gli altri e
defilarsi dalla porta secondaria. I quattro ragazzi lo seguirono
fuori dall'ufficio.
Il corridoio era
illuminato da poche torce che lo lasciavano nella penombra. Alphard
incrociò un ragazzo che stava rientrando alla festa del
Lumaclub.
Aveva capelli scuri e ordinati, e un aspetto vagamente familiare, ma
Regulus non riusciva a ricordare a chi somigliasse. Dal momento che
nessuno dei due intendeva spostarsi per cedere il passo all'altro, si
urtarono, ed era evidente che lo avessero fatto apposta. Si
ignorarono, ma l'antipatia tra di loro si percepì con
chiarezza.
« Chi era?
» chiese
Sirius.
Nessuno gli seppe
rispondere.
Alphard intanto si
stava
dirigendo verso il bagno. Lo seguirono attraverso il corridoio e poi,
non appena lui svoltò l'angolo, sentirono delle voci che li
indussero a guardare alle proprie spalle.
Tom Riddle non era
alla
festa. Forse anche lui si era stancato di parteciparvi, per quanto
potesse sembrare strano. Era in piedi nel bel mezzo di un corridoio
laterale e stava parlando con un ometto molto basso. Regulus
riconobbe il professor Vitious, anche se era molto più
giovane di
come lo aveva conosciuto.
« Il
Direttore di
Corvonero » notò James ad alta voce, sottolineando
il nome della
Casa.
Alphard non aveva
fatto
molto caso alla scena, ed infatti entrò nel bagno un attimo
dopo, ma
i quattro ragazzi si lanciarono un'occhiata consapevole. Riddle aveva
già quindici anni e, secondo Silente, aveva assassinato suo
padre e
i suoi nonni a sedici. Non era tanto improbabile che stesse
già
cercando gli oggetti preziosi con cui in seguito avrebbe creato i
propri Horcrux.
Purtroppo non poterono
udire ciò che Voldemort e Vitious stavano dicendo: il
ricordo si era
concluso.
Quelli
successivi furono molto più rapidi e confusi. Alcuni non
sembravano
avere un significato nascosto: forse Alphard aveva lasciato loro non
solo tutti quelli che riteneva utili alla ricerca degli Horcrux, ma
anche altri in cui Riddle appariva in maniera furtiva e silenziosa.
Lo videro restare in biblioteca fino a tarda notte, l'osservarono
quando Lumacorno lo presentò al Ministro della Magia
dell'epoca, ad
una delle cene del Lumaclub, e notarono che era circondato spesso da
un gruppo sempre fisso di futuri seguaci: Nott, Mulciber, Avery,
Dolohov, Lestrange e un altro ragazzo che Regulus e Sirius
riconobbero come Abraxas Malfoy.
In
un ricordo visto attraverso gli occhi di Perseus, la squadra di
Serpeverde stava per venire alle mani con quella di Grifondoro nel
bel mezzo del campo di Quidditch, e Riddle, in quanto Prefetto, era
intervenuto per sedare la rissa sul nascere.
Gli
era bastata un'unica occhiata per calmare i suoi compagni di Casa.
Era sempre molto attento a mantenere il suo ruolo di studente
modello, ma gli altri studenti lo rispettavano e lo temevano lo
stesso. Alcuni erano addirittura spaventati.
Rimase solo una
giovanissima e combattiva Minerva McGranitt, che continuò a
tenere
l'indice puntato minacciosamente contro Perseus, accusandolo di aver
subito un fallo da parte sua.
« Non l'ho
fatto apposta
» protestava lui, ma sembrava poco convinto.
« Ora
capisco perché la
McGranitt non me ne lasciava passare una, quando giocavo con
troppo... entusiasmo » commentò Rachel, affranta.
« Ringrazia
che è
sempre stata un'insegnante corretta, anche con voi Serpeverde
» le
disse Sirius, divertito.
Si ritrovarono nella
sala
comune di Serpeverde. Il sole era già tramontato dietro le
montagne
che circondavano Hogwarts quando Alphard chiuse con un colpo secco il
manuale di Astronomia, concludendo quella lunga giornata di studio
con un enorme sbadiglio.
« Sono
talmente affamato
che potrei divorare un Ippogrifo in un solo boccone » disse
poi,
rivolgendosi al ragazzo seduto di fronte a lui.
Perseus chiuse a sua
volta il proprio libro, lanciando un’occhiata
all’orario.
« Ti credo,
è già ora
di cena » disse.
« Oh, allora
che stiamo
a fare ancora qui? » disse Alphard, alzandosi e
incamminandosi verso
l’uscita della sala comune di Serpeverde. Perseus lo
seguì.
Regulus e gli altri li
seguirono. I due stavano percorrendo il corridoio principale dei
sotterranei, lamentandosi dei G.U.F.O. che si stavano svolgendo
proprio in quei giorni, quando all’improvviso Alphard si
fermò,
rivolgendo uno sguardo allertato alle proprie spalle.
« Che
c’è? » domandò
Perseus, corrugando la fronte.
Alphard sul momento
parve
preoccupato, ma subito dopo il suo viso si rilassò in
un’espressione
beffarda.
« Ti ho
beccato, Crouch
» disse.
Un Corvonero piuttosto
irritato lasciò il proprio nascondiglio, cercando di
assumere
l’atteggiamento di chi è capitato lì
per caso. E Regulus lo
riconobbe: era lo stesso ragazzo che Alphard aveva urtato apposta nel
ricordo della festa del Lumaclub.
« Ci stavi
spiando? »
sbottò Perseus.
« Non stavo
spiando voi…
sto semplicemente conducendo delle ricerche per conto mio »
ribatté
Barty.
« Ma dai,
sono settimane
che sorvegli tutti i Serpeverde della scuola. Sei davvero convinto di
trovare questo fantomatico Erede di cui tutti parlano? » lo
sbeffeggiò Alphard.
« Ma certo,
così l’anno
prossimo avrà la spilla da Caposcuola assicurata »
confermò
Perseus, mentre Crouch li superava, ignorandoli con aria di
superiorità.
I due rimasero fermi
finché non lo videro sparire.
« Arrivista.
Sarebbe
capace di mandare un innocente ad Azkaban »
commentò Perseus.
« Ignoralo
» fece
Alphard mentre ricominciavano a camminare, continuando a parlare male
di Crouch.
« Chi
è questo Erede? »
chiese James, perplesso.
« L'Erede di
Serpeverde.
Quello che aprì la Camera dei Segreti... o almeno era quello
che
pensavano in quegli anni. Probabilmente la Camera neanche esiste
».
Regulus tacque e
aggrottò
la fronte, pensieroso. Alphard gliene aveva parlato, una volta.
Quando suo zio frequentava il quinto anno, si erano verificati alcuni
attentati ai danni dei Nati Babbani, e molti avevano pensato alla
leggenda della camera di Salazar Serpeverde. La conosceva bene,
perché lui stesso aveva usato quella leggenda per spaventare
i Nati
Babbani. L'unica cosa di cui era certo era che era finito tutto in
modo poco chiaro.
Ma ora che ci
pensava...
Voldemort era l'unico discendente
di Salazar Serpeverde, da
parte di sua madre. E se la leggenda fosse stata vera?
Non riuscì
a rispondere
a quella domanda, perché in quel momento Alphard e Perseus
misero
piede nella sala d’ingresso.
Qui furono
letteralmente
travolti da una studentessa dei primi anni, la quale cadde per terra
a causa del colpo. Poco più in là, un gruppetto
di ragazzine
ridacchiava all’indirizzo della loro coetanea.
« Ehi,
dovresti stare
più attenta a dove vai » le suggerì
Alphard.
Quella però
non gli
diede retta. Con loro grande stupore, i due si accorsero che stava
piangendo. Portava un paio di occhiali con lenti molto spesse, tipica
motivazione che avrebbe spinto quelle ragazzine a prenderla in giro.
Prima di potersi
assicurare che non si fosse fatta male, la Corvonero con gli occhiali
era già tornata in piedi e stava correndo via, in direzione
delle
scale.
« Aspetta,
non puoi
andare in giro da sola, Dippet l'ha sconsigliato »
provò a
richiamarla Alphard. Sembrava indeciso se seguirla o meno ma, prima
che potesse decidersi, era già scomparsa.
« Andiamo,
Olive »
disse una del gruppetto, impaurita dall’occhiataccia che
Perseus
aveva rifilato a tutte loro. Quelle entrarono nella Sala Grande.
I due ragazzi
esitarono
ancora un secondo, lanciando un’occhiata alle scale, ma
infine la
fame dovette avere il sopravvento.
Non appena fecero il
loro
ingresso nella Sala Grande, Regulus notò che
l’atmosfera festosa
alla quale erano abituati era sparita. Hogwarts era cupa e tetra, non
sembrava neanche più la stessa.
La sala era
silenziosa,
eccezion fatta per gli studenti riuniti intorno al tavolo di
Serpeverde; erano gli unici che chiacchieravano allegramente, come se
nulla fosse, mentre quelli delle altre tre Case li fissavano con
fastidio e astio. Dal tavolo di Grifondoro, la Caposcuola McGranitt
stava piegando un cucchiaino per la rabbia e sembrava intenzionata a
riservare ai Serpeverde lo stesso trattamento.
Alphard era arrossito
per
la vergogna, e Perseus pure: il comportamento dei loro compagni di
Casa li imbarazzava.
« Ti prego,
coprimi! »
sussurrò il primo, cercando di mimetizzarsi dietro la
corporatura
più robusta dell’amico.
« Ma che
stai…? »
fece quello, mentre si dirigeva al tavolo.
« Alphard!
Siamo qui ».
Suo fratello Cygnus lo
aveva notato, e adesso lo stava chiamando. Alphard sbuffò.
« Meglio se
vado ».
« Buona
fortuna »
rispose Perseus, sedendosi a debita distanza dai Black. Alphard
invece andò a prendere posto accanto al resto della famiglia.
« Ti eri
perso? »
domandò Cygnus, guardandolo con curiosità.
« Stavo
studiando »
bofonchiò lui mentre si serviva l’arrosto,
assicurandosi di non
incrociare gli sguardi degli altri Black. Per sua fortuna erano tutti
troppo esaltati per fare caso al suo muso lungo.
Nei minuti successivi
anche Regulus si sentì molto in imbarazzo.
« Siamo
già a tre
Sanguesporco pietrificati! Di questo passo, se ne andranno tutti
»
stava dicendo Orion.
« Sarebbe
ora. Non ne
posso più di trattenere il respiro ogni volta che me ne
ritrovo uno
accanto. Stanno infestando Hogwarts » commentò
Walburga a voce
abbastanza alta, tanto che alcuni studenti del tavolo più
vicino si
voltarono, guardandola con rabbia.
Regulus
ignorò lo
sguardo gelido di Sirius, ma si sentì avvampare ugualmente.
Alphard
invece colpì il piatto con la forchetta, nel vano tentativo
di
coprire le parole della sorella.
Cygnus e Orion
risposero
con un ghigno divertito.
Tanto per trovare una
distrazione, Regulus alzò lo sguardo verso il tavolo degli
insegnanti: il Preside Dippet era immerso in una fitta conversazione
con il professor Silente, ed entrambi sembravano molto preoccupati.
« È
un peccato però » disse Cygnus. « Ho
sentito che verranno usate le
Mandragole per liberare i Sanguesporco pietrificati... »
« Potremmo
distruggere
le scorte di Mandragole » suggerì Orion sottovoce.
« Oh,
Salazar, ma ti
senti quando parli? » sbottò Walburga,
improvvisamente irritata.
Sembrava avercela con lui per quella proposta infantile, ma Orion non
dava segno di conoscerne il motivo. « Se ci scoprissero,
forniremmo
una scusa a tutti quei Babbanofili per dare la colpa a noi. Lasciate
fare all'Erede, chiunque egli sia ».
« Oh, giusto
» stava
dicendo Cygnus. « Ma così tornerà tutto
come prima, e i
Sanguesporco resteranno a Hogwarts ».
« Ma
insomma, volete
proprio che ci scappi il morto? »
Alphard non era
riuscito
a trattenersi. Aveva mormorato quella frase con rabbia, scagliando la
forchetta sul piatto. Quattro paia di occhi presero a fissarlo.
Lucretia gli lanciò un'occhiata di ammonimento, ma lui era
troppo
arrabbiato per ascoltarla.
« Hai
qualche problema?
» chiese Cygnus.
« Lascialo
stare, è
sotto stress per i G.U.F.O. » disse Walburga, disinteressata.
Alphard le
lanciò
un'occhiataccia. Per un attimo sembrò intenzionato a
rispondere per
le rime e dire ciò che pensava, ma alla fine si
limitò ad alzarsi
bofonchiando:
« Non ho
fame. Me ne
torno in sala comune ».
Perseus, che lo aveva
osservato, quando lo vide lasciare il tavolo di Serpeverde per
dirigersi fuori dalla Sala Grande si alzò a sua volta e lo
seguì.
«
Cos'è successo? »
gli chiese, dopo averlo raggiunto nella sala d'ingresso.
Alphard non rispose.
Sbuffò e alzò le spalle. Perseus comunque
sembrava aver capito.
« Ma dove
vai? » gli
chiese, quando l'altro iniziò a salire la scalinata
principale.
« Non lo so.
Ho bisogno
di scaricare i nervi, e visto che non ci permettono di uscire da soli
per giocare a Quidditch, posso soltanto farmi una passeggiata nel
castello ».
«
Perché non li mandi
al diavolo e basta? »
« La fai
facile, tu »
bofonchiò lui, testardo.
Perseus
sbuffò a sua
volta, ma non disse nulla e lo seguì in silenzio.
Regulus si
sforzò di
ignorare il proprio disagio. Non aveva motivo di sentirsi in colpa
per quello che i suoi genitori avevano detto. Anche lui sarebbe stato
d'accordo con loro soltanto uno o due anni prima. Era molto
più
semplice sperare che i Nati Babbani morissero, ma mettere in pratica
quelle convinzioni era una cosa completamente diversa. Orion e
Walburga avevano mantenuto le loro idee perché non si erano
mai
scontrati con la dura realtà come era successo a lui. Non
sapeva
nemmeno perché stesse cercando di giustificarli a se stesso,
ma
metterli in discussione lo faceva solo stare peggio.
Cercò lo
sguardo di
Rachel, forse nella speranza che lei riuscisse in qualche modo a
farlo sentire meglio. Lei se ne accorse e gli posò una mano
sulla
spalla.
Stavano percorrendo un
corridoio del secondo piano, quando all'improvviso delle voci
attirarono la loro attenzione. Se fosse stato un periodo normale non
vi avrebbero fatto caso, ma quando si resero conto che qualcuno stava
piangendo disperatamente, Alphard e Perseus si guardarono con timore.
Forse qualcun altro era stato pietrificato...
« Viene dal
bagno delle
ragazze » disse Perseus, indicando una porta socchiusa alla
loro
destra.
« Andiamo a
vedere »
rispose l'altro, serrando la mascella.
Con cautela,
aprì la
porta del bagno, vi si affacciò per vedere cosa stesse
succedendo...
e divenne bianco come un cencio.
« Che
succede? »
domandò Perseus, preoccupato. Scrollò l'amico, ma
quello non
accennò a muoversi. Sembrava che fosse stato pietrificato
anche lui.
Perseus gli diede una
spallata ed entrò nel bagno, rimanendo a sua volta
paralizzato, il
cuore in gola di fronte alla scena che gli si presentava davanti.
Anche Regulus e gli
altri
trattennero il respiro quando videro cos'era successo.
La ragazzina piangente
di
Corvonero che aveva urtato Perseus poco prima che entrasse in Sala
Grande ora giaceva a terra in una posizione innaturale, il volto
cereo e un'espressione di sgomento dipinta negli occhi sgranati.
Sopra di lei, c'erano
due
fantasmi. Uno era lo spettro della Dama Grigia. Il secondo era quello
della stessa ragazzina. Era lei che piangeva, mentre fissava con
orrore il proprio corpo vuoto riverso a terra.
« Non serve
a nulla
piangere » stava dicendo la Dama con pazienza ma anche un po'
di
fredda amarezza. « Dovrai abituarti presto a quello che ti
è
successo, come tutti noi... »
« Oh
cielo... » fece
Rachel, colta da un pensiero improvviso. « È
Mirtilla Malcontenta! Prima non l'avevo riconosciuta... »
Regulus non aveva idea
di
chi fosse Mirtilla Malcontenta né di come Rachel la
conoscesse, ma
non ebbe il tempo di chiederlo.
Il fantasma della
ragazzina scoppiò in un pianto ancora più
disperato. La donna a
quel punto si voltò, esasperata, e vide i due Serpeverde
sulla
soglia del bagno.
« Andate a
chiamare
qualcuno » disse. « Anche se questa volta non
c'è nulla da fare ».
Perseus e Alphard
sembravano ancora troppo sotto shock per avere una qualche reazione.
Obbedirono subito, correndo fuori dal bagno delle ragazze, incapaci
di farsi una ragione di quanto era appena accaduto.
Per i corridoi non
c'era
nessuno. Stavano quasi per scendere in Sala Grande quando, voltando
un angolo, si imbatterono in un Prefetto.
« Riddle!
» esclamò
Alphard, senza fiato. Regulus era stato proprio sul punto di
domandarsi dove fosse finito, dal momento che in Sala Grande non lo
aveva visto.
« Che
succede? »
rispose il ragazzo, scrutandoli attentamente.
«
C'è stata un'altra
aggressione... Ma stavolta una ragazza è... »
Perseus non riusciva a
concludere, ma aveva detto quanto bastava. Riddle assunse
un'espressione molto grave.
« Portatemi
da lei ».
Quando lo fecero
entrare
nel bagno, Riddle lanciò uno sguardo al cadavere, poi al
fantasma
della vittima, con un atteggiamento apparentemente impassibile.
« Lady
Helena, avete
visto qualcosa? »
A tutti loro parve
strano
che le si rivolgesse in quel modo. Di solito la Dama Grigia non
parlava con nessuno, e nessuno si era mai permesso quella confidenza
nei suoi confronti. Invece lei e Tom Riddle sembravano conoscersi, e
anche abbastanza bene.
La donna scosse il
capo.
« No, Tom,
mi dispiace.
L'ho sentita piangere e sono venuta a controllare. Ma era
già morta
quando l'ho trovata ».
« Forse
però lei ha
visto chi è stato. L'hai visto? » chiese Perseus,
rivolgendosi alla
ragazzina.
Quella
scoppiò a ululare
ancora più forte.
« Non mi
sembra nelle
condizioni di rispondere, Queen. È appena morta »
replicò
freddamente Riddle.
Perseus
arrossì,
imbarazzato per la propria mancanza di tatto.
« Deve
essere stato
l'Erede però... Dobbiamo avvertire il Preside »
disse Alphard.
« No, Black,
non farlo.
Anzi, consiglio a entrambi di tornare in sala comune e fingere di non
sapere nulla di questa storia ».
I due si voltarono a
guardare Riddle con sgomento.
« E
perché? »
« Tu sei un
Black. Se
andassi a raccontare di aver trovato la ragazza morta, ti
accuserebbero sicuramente di averla uccisa. Non sanno dove sbattere
la testa, e non vedono l'ora di trovare un capro espiatorio, e tu
saresti il primo della lista. Quanto a te, Queen, penserebbero che tu
sia un suo complice. Perciò, fate come vi dico.
Dirò di essere
stato io a trovarla, e la Dama non mi contraddirà...
»
La Dama Grigia
annuì,
lanciandogli un'occhiata d'intesa. I due sembravano più che
semplici
conoscenti. Forse erano addirittura amici, pensò Regulus.
Alphard stava esitando.
« Sei
sicuro? »
«
Sì. È meglio così.
Di me si fidano ».
«
D'accordo... »
Perseus e Alphard
esitarono ancora alcuni istanti, fissando con orrore e compassione il
fantasma piangente, che ora si era andato a nascondere dentro un
cubicolo, dal quale provenivano singhiozzi continui. Poi si
riscossero e fecero per uscire.
Prima di andarsene,
Alphard si voltò, lanciando un'ultima occhiata al Prefetto.
«
Bè... ti ringrazio,
Riddle » disse.
Il volto di Tom Riddle
per un solo momento parve quasi sorridere e nei suoi occhi scuri
apparve qualcosa come un lampo di trionfo, e una sfumatura rossastra
li illuminò per un istante. Ma poi sparì
immediatamente.
« Non
c'è di che, Black
».
Il suo tono fece
rabbrividire Regulus. Aveva la netta sensazione che Riddle non
volesse far sapere di essere stato visto nei dintorni del bagno dove
Mirtilla era morta. E quando, alcuni istanti dopo, si ritrovarono
fuori dal Pensatoio, nella cucina di casa Puddle, intuì che
anche
gli altri tre stavano pensando la stessa identica cosa.
« Alphard
non poteva
sapere tutto quel che sappiamo noi » disse James, dopo alcuni
minuti
in cui nessuno disse nulla, tutti intenti a tirare le somme da
ciò
che avevano visto. « Che Voldemort sia sempre stato molto
legato a
Hogwarts e apprezzato dai professori lo sapevamo già, ma
qualcosa di
nuovo l'abbiamo scoperto ».
Gli altri tre
annuirono.
« Dovremmo
controllare
quei libri che Riddle aveva preso in prestito in biblioteca. E
dovremmo anche dire a Silente di fare qualche domanda alla Dama
Grigia » disse Rachel alla fine. « Non credo che
Voldemort sia
diventato suo amico per nulla. È
il fantasma di Corvonero, e in qualche modo deve essere collegata al
quinto Horcrux ».
Regulus, Sirius e James
annuirono.
E così sono
sulle tracce del quinto Horcrux. Ora non sarà difficile
scoprire che si tratta del Diadema, il problema sarà
trovarlo...
Devo dire che
mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo, soprattutto dopo
aver dato un'occhiata alle date e aver scoperto che ai tempi di Tom
Riddle tantissimi personaggi frequentavano Hogwarts nello stesso
periodo. I Black adolescenti naturalmente sono stati quelli che ho preferito scrivere e sui quali mi sarei voluta dilungare ancora di più, ma anche la McGranitt non scherzava! XD
Questo
è l'ultimo capitolo che pubblico in fretta e furia: se tutto
va bene, dalla prossima settimana sarò libera e
potrò rispondere a tutti i commenti arretrati. Abbiate
pazienza ^^
Ah, un'ultima
cosa! Il prossimo capitolo sarà pubblicato come da copione
il 21 giugno. Per questa estate ho deciso di non fare una pausa, anche
perché non dovrei averne bisogno. Però non
pubblicherò nemmeno ogni due settimane come faccio ora,
forse una volta al mese, così mi resta un margine da
settembre in poi... vi farò sapere meglio la prossima volta.
Buon inizio di vacanze/sessione di esami/maturità a tutti!
Julia :)
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Capitolo 47 *** Verso un nuovo anno ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 47
Verso un nuovo anno
Se durante tutto
l'anno
alla Tana regnava il caos, la sera della Vigilia diventava qualcosa
di molto simile ad un campo di battaglia. Bill l'anno seguente
sarebbe andato a Hogwarts, e per questo motivo vagava per la casa con
un bastoncino in mano, fingendo che fosse una bacchetta magica, e
affrontava suo fratello Charlie, di due anni più piccolo, in
un
duello all'ultimo sangue. I tre fratelli minori, Percy e i gemelli,
giocavano insieme, anche se riuscivano a rimanere tranquilli solo per
cinque minuti. Percy, che nonostante i suoi soli quattro anni aveva
già la stoffa del leader, di solito faceva il capo, ma Fred
e George
non sembravano mai molto d'accordo. Quella sera stavano giocando ai
pirati. Percy era il capitano e continuava a dare ordini ai due
fratellini. Alla fine Fred e George si ammutinarono, e Percy rimase
in un angolino a piangere e a bofonchiare tra sé:
« Non potete
farlo. Non
seguite le regole del gioco! »
Quanto a Molly, era
sull'orlo di una crisi di nervi. Gideon poteva quasi vedere del fumo
uscire dalle sue narici e dalle orecchie mentre sua sorella si
affaccendava in cucina, cercando di cucinare, finire le ultime
pulizie e tenere a bada Ron che, costretto a sedere sul seggiolone,
cercava disperatamente di liberarsi, attirato dalle grida
entusiastiche dei suoi fratelli.
Gideon si era offerto
di
aiutare Molly a preparare la tavola, ma questo non era bastato a
migliorarle l'umore.
« Possibile
che ogni
anno invitiamo sempre più gente? » stava
sbraitando lei, mentre
metteva a bollire il paiolo sul fuoco. « Quella tua amica
viene o
no? »
« Non lo so,
Molly. Ha
detto che ci provava, ma si diverte a tenermi sulle spine fino
all'ultimo, che vuoi farci? » rispose lui, alzando le spalle.
Non era proprio la
risposta che lei voleva, ma era troppo stressata per permettersi il
lusso di arrabbiarsi con l'unico che la stava aiutando.
« Dove
diavolo è
Arthur?! » strillò, tirando fuori delle bistecche
da fare alla
brace.
« Credo che
sia con
Fabian nel magazzino. Gli sta facendo vedere tutti gli oggetti
babbani che ha trovato ultimamente ».
Molly
imprecò. Gideon
decise di lasciarla stare, altrimenti se la sarebbe presa con lui.
Vide Ron mentre tentava di sgusciare fuori dal seggiolone. Non aveva
neanche un anno ma cresceva più in altezza che di peso, e
sfilarsi
da quella costrizione non doveva essere poi tanto complicato per lui.
« Sta' buono
» gli
disse Gideon, accarezzandogli la testa piena di capelli rossi e
spettinati. « Tua madre sta per avere una crisi isterica e
spero che
tu abbia la possibilità di non vederla mai infuriata, non
quando sei
ancora così giovane, almeno ».
« Gideon,
hanno suonato
alla porta! Vai ad aprire e poi porta qui Arthur e quello
scansafatiche di tuo fratello » fece lei. « Se
è già arrivata
Muriel giuro che mollo tutto e me ne scappo via ».
Gideon
ridacchiò, poi
uscì dalla cucina. Percy doveva aver deciso di riprendere il
controllo della sua nave pirata, quindi fu costretto a schivare lui e
i gemelli che si affrontavano a colpi di cuscini, presi dal divano.
Iniziava già a volare qualche piuma, e Gideon non
osò immaginare
come avrebbe reagito Molly.
« Chi
è? » chiese a
voce alta, nel tentativo di sovrastare le urla che provenivano dal
salotto.
« Aprimi,
scemo »
rispose qualcuno da dietro la porta.
Gideon non ebbe
bisogno
di fare alcuna domanda. Quando aprì, le rivolse un gran
sorriso,
scoprendosi estremamente agitato.
« Allora hai
deciso di
rinunciare al tuo triste Natale solitario? » le disse.
Dorcas
entrò in casa,
dopo aver asciugato le suole degli stivali pieni di neve sullo
zerbino di fuori.
« Non
proprio » rispose
lei. « Non volevo neanche venire, a dire il vero. Ma Rachel
ed
Emmeline mi hanno consigliato di accettare. E con consigliato,
intendo che mi stavano quasi per scagliare una Imperius. Sono
così
testarde... »
« Non sono
le uniche »
rispose lui, pensando che fosse proprio Dorcas ad avere la testa
più
dura di tutti. « Perché non volevi venire?
»
« Per non
darti la
possibilità di gongolare. Ma non cantare vittoria troppo
presto.
Sono venuta soprattutto perché ho qualcosa di importante da
dirti ».
« Cosa?
»
« Non ora.
Ne parliamo
più tardi » rispose Dorcas, seria. « Tua
sorella dov'è? »
« In cucina,
sempre se
non ha iniziato a sputare fiamme ».
«
Andrò ad aiutarla ».
Gideon la
guardò
dirigersi verso la cucina, e non riuscì a trattenersi.
« Dorcas?
» la chiamò.
« Che
c'è? »
« Con quel
vestito sei
uno schianto ».
La vide alzare gli
occhi
al cielo, esasperata. Ma prima che sparisse oltre la soglia, fu
sicuro di aver visto l'ombra di un sorriso sul suo volto.
Piuttosto di buon
umore,
uscì dalla porta d'ingresso e si diresse verso il magazzino,
andando
a chiamare Fabian e Arthur.
Erano entrambi
affaccendati nel tentativo di capire come funzionava una sorta di
bulbo di vetro che i Babbani usavano per illuminare le stanze al
posto della candele e delle torce.
« Non
capisco proprio »
disse Fabian. « Dici che dovremmo attaccarla da qualche
parte? »
Arthur si stava
grattando
il mento, perplesso.
« Non
saprei. So solo
che i Babbani fanno scorrere l'ecletticità nei muri,
quindi... »
Accostò il
bulbo al
muro, ma non accadde nulla.
« Scusate se
interrompo
i vostri esperimenti, ma Molly si sta leggermente innervosendo
»
intervenne Gideon.
« Ops... va
bene, arrivo
subito » fece Arthur, riponendo l'oggetto babbano in fretta e
furia.
Lui e Fabian lo
seguirono
di fuori.
« È
arrivata Dorcas? » chiese quest'ultimo.
Gideon lo
guardò,
perplesso.
« Come lo
sai? »
« Si vede da
come
cammini quasi saltellando e dal sorriso idiota che hai stampato sulla
faccia. Davvero credi che nessuno lo noti? »
scherzò Fabian.
Gideon si
sforzò di
restare serio, e di camminare normalmente.
« Non mi
rivolgere la
parola » disse, fingendosi offeso. Poi li superò,
entrando in casa
con il naso all'insù.
« Zio
Fabian, zio
Fabian! » strillarono Fred e George, correndo e travolgendo
suo
fratello. « Ci aiuti a sconfiggere il pirata Percy
Zuccavuota? »
« Mi chiamo
Percival
Testarossa, non Zuccavuota! » protestò il bambino,
indignato. « E
la nave è mia! »
« Non puoi
chiamare una
nave Ministero:
è
un nome stupido ».
« Non
è stupido!
Significa che sarò il capitano della nave e Ministro della
Magia » replicò Percy.
Gideon
ridacchiò,
lasciando Fabian a cercare di mettere pace fra i tre piccoli Weasley.
Un'ora dopo, invitati
e
padroni di casa erano finalmente seduti a tavola. Percy continuava a
guardare in cagnesco Fred e George, che gli facevano le linguacce
ogni volta che loro madre non li stava guardando.
Muriel era arrivata
solo
da dieci minuti e aveva già criticato tutti quanti.
« Gid, una
gazza ladra
ti ha rubato il rasoio? Sei così sciatto con quella barba
» gli
stava dicendo.
« Si chiama
pizzetto,
zia » replicò lui, esasperato. « E non
sono per niente sciatto.
Forse mi hai scambiato per Fabian ».
«
Bè, tuo fratello
sembra sempre pronto per andare a dormire sotto un ponte, con quei
capelli lunghi » bofonchiò l'anziana donna,
lanciando un'occhiata
disgustata all'altro nipote. « Possibile che i giovani d'oggi
non
tengono più alla cura personale? »
« Ci sono
cose più
importanti, al momento. La guerra, per esempio ».
« Certo, ma
io
preferirei essere ritrovata in ordine e ben pettinata, nel caso in
cui qualcuno mi uccidesse ».
Ipotesi
molto
probabile,
pensò Gideon.
« Zia,
perché non
assaggi un po' di queste bistecche? Sono ottime » le disse
Fabian.
Gideon ebbe la netta sensazione che la stesse distraendo apposta per
lasciarlo parlare in pace con Dorcas, che era seduta accanto a lui.
« Credi che
io sia
sciatto? » le chiese.
« Certo che
no. Tu sei
sempre stato il fratello perfettino » rispose lei.
« Ma oggi non
sei neanche il massimo dell'eleganza, devo dirtelo. Per esempio,
quella benda che tieni sull'occhio che funzione ha? »
Gideon se la tolse.
« Per il
bene comune, ho
dovuto impossessarmi della nave pirata. Diciamo che mi sono calato
molto nel personaggio. Ignora zia Muriel. Mi piacerebbe poter dire
che non sta a posto con la testa, ma non è così.
È semplicemente
odiosa e acida... »
« Io la
trovo
divertente, ma non hai tutti i torti. Non appena mi ha vista, ha
detto che sono troppo alta, e anche troppo giovane per far parte del
Wizengamot ».
Gideon sorrise,
divertito. Dorcas fece altrettanto. Da quando era riuscita a far
catturare e mandare ad Azkaban Travers e tutti gli altri Mangiamorte
coinvolti nell'omicidio dei McKinnon sembrava più serena,
constatò.
Sorrideva più facilmente ed era molto meno acida del solito.
Era
come se avesse riconquistato il controllo della propria vita. Gideon
sapeva che per due anni non si era quasi data pace, al pensiero che
gli assassini di Marlene fossero ancora a piede libero. Era diventata
molto più cupa e severa di prima. Ora invece gli ricordava
la
ragazza con cui era stato a Hogwarts, e per la quale non aveva mai
smesso di provare qualcosa.
« Allora,
cosa volevi
dirmi? »
« Non ora,
Gideon » gli
sussurrò lei, tornando di colpo seria. « Non sono
faccende di cui
possiamo parlare in pubblico ».
« Inizio
davvero a
preoccuparmi » scherzò lui, la cui mente era
già partita con le
fantasticherie.
« Riguarda
l'Ordine »
si limitò a dire Dorcas, e lui fu costretto a tornare alla
dura
realtà.
« Oh...
»
La loro conversazione
fu
interrotta da Bilius, uno dei due fratelli di Arthur. La cena della
Vigilia non era neanche arrivata al contorno, e lui era già
ubriaco
di Whisky Incendiario. Si alzò in piedi, tenendo in mano
l'ennesimo
bicchiere e barcollando vistosamente. Quando parlò, aveva la
voce
impastata.
« Vorrei
fare un
brindisi alla nostra famiglia » biascicò,
reggendosi in piedi per
scommessa. Arthur lo guardava con aria preoccupata. « Che
possa
diventare sempre più numerosa e rumorosa... »
Mandò giù un altro
sorso. « E auguri a mio fratello e a Molly che stanno per
avere il
loro... quint- no... quarto... » Scosse la testa, il volto
rosso e
l'aria confusa, e concluse: « Vabè, che stanno per
avere un altro
figlio! »
Trangugiò
il resto del
Whisky che aveva nel bicchiere e poi si accasciò a terra.
« Non
dovreste dargli
una mano? » chiese Dorcas, mentre gli altri facevano il
brindisi e
si congratulavano con Molly e Arthur.
« No, vedrai
che tra
pochi minuti torna in piedi. Ancora qualche bicchiere e assisterai ad
una delle sue solite esibizioni. Bilius è un verso spasso
quando è
ubriaco » le rispose Gideon, ridacchiando.
« Se lo dici
tu... »
Dorcas dovette
ricredersi
presto. Bilius si riprese in fretta, e poi iniziò a cantare
a
squarciagola diverse canzoni di Natale, solo in modo molto stonato e
sbagliando ripetutamente le parole. I bambini ridevano di cuore,
mentre Muriel era disgustata.
« Arthur,
tuo fratello è
veramente un cafone. Dici che posso picchiarlo con la mia borsetta?
»
gli chiese.
« Se proprio
vuoi »
rispose lui, esasperato.
Gideon notò
che Dorcas
sembrava divertirsi parecchio. Lo capì perché per
tutta la durata
della cena non gli rivolse nemmeno un'occhiataccia. Quando la cena si
fu conclusa, i regali scartati e i bambini costretti ad andare a
dormire, quasi tutti uscirono perché Bilius era riuscito,
nessuno
sapeva come, ad arrampicarsi su una tettoia e continuava a cantare,
barcollando con il rischio di cadere di sotto.
Gideon e Dorcas invece
erano rimasti in cucina, da soli.
« Adesso me
lo dici? »
chiese lui.
Lei alzò
gli occhi al
cielo.
« Ma come
sei impaziente
».
« Hai detto
che riguarda
l'Ordine, quindi deve essere una cosa importante »
insisté lui.
Dorcas
esitò.
« Veramente
ti ho
raccontato una balla. Non riguarda l'Ordine » ammise.
« Anzi, le
cose iniziano ad andare leggermente meglio, non credi? Con tutti quei
Mangiamorte catturati, abbiamo inflitto un duro colpo a Voldemort e
ai suoi ».
« Lo credo
anche io, ma
non canterei vittoria troppo presto ».
« Nemmeno
io. Prima
dobbiamo scoprire chi è quella maledetta spia. È
colpa sua se,
nonostante i recenti successi, stiamo ancora perdendo la guerra.
Anzi, Malocchio continua a dire che se non lo smascheriamo presto,
saremo tutti perduti ».
Gideon
sbuffò.
« Lo sai che
Malocchio è
sempre pessimista. Non è detto che moriremo tutti, anzi,
presto
potremo avere nuovi membri. Hai presente quel mio collega di lavoro,
Jones? Sua figlia Hestia frequenta Hogwarts ed è sempre
più decisa
a combattere, una volta conclusa la scuola. E ha anche detto che
conosce un paio di persone che la pensano come lei ».
« Ah
bè, allora siamo a
posto. Stavamo proprio aspettando un paio di diciottenni per
risollevare le sorti della guerra » commentò
Dorcas, sarcastica. Ma
poi sorrise. « Io comunque mi sento più ottimista
del solito, anche
se può sembrare strano ».
Gideon aveva la netta
sensazione che Dorcas stesse girando intorno al discorso che aveva
davvero intenzione di fare. Così decise di andare al punto,
soppesando le parole, perché sapeva che Dorcas era sempre
stata
molto ermetica, e parlare di certe cose non le piaceva, se non era in
vena di farlo.
« Sai, lo
stavo pensando
proprio poco fa. Sei diversa. Mi sembri molto più serena, da
quando
hai catturato quei Mangiamorte ».
« Non hai
torto » disse
lei, e Gideon trasse un sospiro di sollievo quando si rese conto di
non aver sbagliato a parlare.
« Mi insulti
anche di
meno » proseguì lui.
Lei
ridacchiò. Tuttavia
si ostinava a non guardarlo negli occhi. Aveva i pugni serrati e
sembrava intenzionata a dire qualcosa di molto imbarazzante.
« Ascolta,
è proprio di
questo che voglio parlarti. Ma prima devo chiederti di non
interrompermi, perché sai quanto mi è difficile
dire cose troppo
smielate ».
Lui si impose di non
sorridere.
«
Sarò muto come un
pesce » le assicurò, anche se iniziava a sentirsi
vagamente
nervoso.
« Bene, il
punto è
questo. Sai bene che ero molto legata a Marlene, e che perderla
è
stato un duro colpo. Da quel momento mi sono convinta che essere soli
è la cosa migliore. Chi è solo e non tiene a
nessuno non può
essere ricattato, non ha nulla da perdere... »
Gideon era senza
fiato.
L'amarezza con cui Dorcas aveva parlato lo sconvolse. Desiderava dire
qualcosa, ma l'occhiataccia che lei gli rifilò quando lo
intuì, lo
convinse a desistere.
« Lo so che
è una
sciocchezza, ma è per questo che continuavo a trattarti
male. Tu mi
conosci da troppo tempo, come anche Fabian, e insultarvi era un modo
per allontanarvi e impedirmi di avere legami. Ma mi sono resa conto
che, se volessi essere davvero inattaccabile, non dovrei affezionarmi
a nessuno, e non ci riesco. Ho provato a respingerti, anche se sapevo
benissimo che provi ancora qualcosa per me... »
Gideon si
sentì quasi
piegare le ginocchia per la sorpresa e l'imbarazzo.
« Ma chi
dici...? »
bofonchiò.
Dorcas sembrava
annoiata.
« Senti, non
abbiamo più
sedici anni. Siamo adulti, ormai, e possiamo ammetterlo senza stupidi
imbarazzi, anche perché lo sanno tutti. Io piaccio a te come
tu
piaci a me. Ma nonostante tutto io ho cercato puntualmente di
allontanarti, perché non volevo soffrire di nuovo
».
Gideon doveva ancora
riprendersi dallo shock causato dalla dichiarazione improvvisa e
inaspettata di Dorcas, ma subito dopo iniziò a capire.
« Quindi,
anche se eri
interessata a me, fingevi di non volermi per paura di soffrire?
» le
chiese.
Lei chinò
la testa, a
disagio.
« Non
è bello perdere
una persona a cui si tiene. Ci sono già passata e non voglio
che mi
succeda di nuovo. Ma mi rendo conto che, nel caso in cui tu morissi
domani » Gideon sorrise con nervosismo, ma mentalmente fece i
dovuti
scongiuri, « io sarei distrutta lo stesso. Quindi tutto
quello che
ho fatto finora è inutile. E poi sono stufa di stare da sola
».
Gideon tacque. Non
l'aveva mai vista così. Dorcas era una donna forte, in
gamba,
sembrava non aver paura di nessuno. Avrebbe dovuto capire che nemmeno
una come lei poteva essere del tutto immune alla paura, non dopo aver
perso tutte le persone a cui teneva. E non gli era mai apparsa
così
vulnerabile, anche se lei stava cercando di nasconderlo più
che
poteva.
Cercò di
parlare con un
tono rassicurante.
« Sono
contento che tu
l'abbia capito. Ormai sei pazza di me, quindi tanto vale rischiare,
no? » disse invece, con un sorriso che lei definiva sempre da
schiaffi.
L'espressione di
Dorcas
infatti era eloquente.
« Ma quanto
sei idiota?
»
« Va bene,
scusa, sono
un cretino. È che mi hai colto di sorpresa. Non so nemmeno
cosa dire
».
« Infatti
non devi dire
nulla. Ero io che dovevo spiegarti quello che mi passava per la testa
».
Lui annuì,
tornando
serio. Adesso più che mai doveva trovare le parole giuste. E
le
trovò.
« Non posso
assicurarti
che la guerra abbia smesso di farti soffrire. So soltanto che
farò
di tutto perché tu sia felice per tutto il tempo che avremo
a
disposizione, che sia poco o tanto ».
Dorcas fece un passo
avanti, fissandolo con quello sguardo fermo che gli faceva sempre
temere per la propria incolumità. Ma lei si
limitò a sussurrare una
minaccia.
« Se muori
prima di me,
ti faccio tornare in vita solo per poterti uccidere personalmente
».
Gideon
scoppiò a ridere.
Ma quando si accorse che lei si era avvicinata ancora di
più,
tacque, teso. Le intenzioni di lei erano più che evidenti.
Quella
situazione tuttavia risvegliò brutti ricordi in Gideon.
Così
estrasse la propria bacchetta. Prima che Dorcas potesse capirne il
motivo, lui si era fatto apparire una protezione di gommapiuma sul
naso.
Lei inarcò
un
sopracciglio.
« Ora puoi
procedere »
le disse lui, sorridendole. Sapeva di avere un'aria ridicola, con
quel cuscinetto sul naso, ma non aveva intenzione di farselo rompere
di nuovo.
« Sei un
imbecille »
commentò lei.
« Ho solo
preso
precauzioni. Non voglio che mi sbatti di nuovo la porta o qualsiasi
altra cosa in faccia ».
Dorcas
sembrò avere
l'istinto di mollarlo lì su due piedi, ma non lo fece. Senza
sforzarsi di essere delicata, gli strappò via la gommapiuma,
gettandola da qualche parte alle sue spalle.
« Ohi!
» protestò
Gideon, massaggiandosi il setto nasale. « Allora dillo che
vuoi
picchiarmi ».
Dorcas alzò
gli occhi al
cielo. Poi lo afferrò per il bavero senza tanti complimenti
e lo
baciò.
Tutto quel che accadde
dopo per Gideon rimase sempre molto confuso. Ricordava vagamente le
sagome di due gemelli pestiferi che scappavano via dal loro
nascondiglio dietro la porta, ridacchiando e fingendo di vomitare, le
urla dei parenti mentre Bilius si tuffava dalla tettoia, atterrando
su un pagliaio che Fabian aveva fatto apparire all'ultimo istante. Ma
era tutto molto vago e di poco interesse.
L'unica cosa che
contava
era Dorcas. Aveva finalmente deciso di rischiare, e ora aveva paura
di perdere di nuovo tutto. Gideon la strinse più forte,
ripromettendosi di non farla soffrire e di continuare a vivere per
lei, sperando che la buona volontà fosse sufficiente.
***
Sirius aveva trascorso
la
notte di Natale a casa dei Potter, insieme a Peter. All'appello
mancava soltanto Remus, ma il loro amico era in missione, e nessuno
sapeva quando sarebbe tornato.
Per tutta la sera e la
durata della cena, Peter aveva detto sì e no un paio di
parole.
Sirius notò che sembrava piuttosto preoccupato, ma quando
gli chiese
se gli fosse successo qualcosa, lui negò. Sirius non
insisté, ma
aveva la netta sensazione che gli avesse mentito. Mentre giocava con
Harry, che sembrava divertirsi da matti quando lui si trasformava in
Felpato, cercò di non pensarci, ma la sensazione di
inquietudine
continuò a tormentarlo.
Quando James e Lily li
lasciarono soli per mettere Harry nella culla e farlo addormentare,
Sirius si avvicinò a Peter, che se ne stava seduto sul
divano a
rosicchiarsi le unghie.
«
Codaliscia, che ti
succede? » gli domandò, diretto.
Peter quasi
sobbalzò.
Poi si guardò intorno, come per assicurarsi che i loro amici
non
fossero a portata d'orecchio, e tornò a guardarlo.
« Sono
preoccupato per
Remus » ammise, quasi sottovoce.
Sirius
sospirò, mentre
si lasciava cadere a peso morto accanto a lui.
« In effetti
non lo
sentiamo da parecchio. Ma c'è un motivo particolare per cui
ti
preoccupi? Mi sembri più agitato del solito ».
« È
vero. Il fatto è che... ho paura che possa essergli successo
qualcosa ».
« Silente lo
saprebbe. È
ancora vivo, ne sono convinto ».
« Oh, anche
io, certo...
ma non è questo il punto ».
Sirius gli
lanciò
un'occhiata interrogativa.
« E allora
qual è? »
Peter esitava, e lui iniziava a preoccuparsi e spazientirsi.
« C'è
qualcosa che non so? Peter, dimmelo, lo sai che non mi piace restare
sulle spine ».
« Ok, ma
promettimi che
non lo dirai a James. Lui... ecco, non credo che capirebbe...
»
Sirius
aggrottò la
fronte, perplesso, ma era troppo curioso, così
annuì.
Peter prese un gran
respiro e poi parlò.
« Che
rimanga tra di
noi... L'altro giorno ero al quartier generale e mi è
capitato di
sentire una parte di conversazione tra Malocchio e la McGranitt. Lui
diceva che Remus non gli fa più rapporto da molto tempo, il
che a
suo parere è strano ».
Sirius rimase
immobile,
soppesando le parole e cercando di mantenere la calma. Ma prima che
potesse commentare, Peter lo anticipò.
« Ho paura
per lui. E se
Greyback lo avesse smascherato? »
Sirius si
sentì
sprofondare nel terrore. Non poteva essere vero.
« Spero di
no... Moody
cosa ne pensa? »
Peter scosse la testa.
« Non ha
fatto molti
commenti... ma quel poco che ha accennato non mi è piaciuto
».
« Cos'ha
detto? »
« Ha
detto... oh,
Merlino, mi sento in colpa solo a ripeterlo! »
Peter era chiaramente
sotto shock, e Sirius per un attimo desiderò che non lo
dicesse. Ma
fu solo un attimo.
« Lascia
perdere i sensi
di colpa ».
« Va bene...
Ha detto
che è una strana coincidenza che i Mangiamorte abbiano
attaccato
casa di Dedalus proprio quando... ecco, quando Remus non c'era...
»
Seguì un
silenzio di
tomba. Sirius poteva sentire i propri battiti aumentare sempre di
più
il loro ritmo, mentre il respiro gli si mozzava. Si sentiva come se
avesse appena ricevuto una martellata sulla testa. Ma si riprese, o
almeno si costrinse a farlo.
« Sappiamo
tutti che
Malocchio è fissato. Non si fida neanche della propria ombra
»
scherzò, e gli uscì una risata estremamente
nervosa.
Peter
accennò un
sorrisetto altrettanto teso.
«
Sì, forse hai ragione
».
Tacquero di nuovo.
Sirius
era desideroso di dimenticare al più presto quella
conversazione.
« E se non
avesse tutti
i torti? Se Remus fosse stato catturato da Greyback e consegnato ai
Mangiamorte? » disse tuttavia Peter, e dal suo tono si capiva
quanto
si sentisse in colpa, ma anche quanto fosse preoccupato, e Sirius non
se la sentì di biasimarlo. « Forse Tu-Sai-Chi l'ha
costretto a
parlare, anche se Remus magari non voleva farlo ».
« Non
può essere vero »
disse l'altro, ma il suo tono era poco convinto. « Remus non
ci
tradirebbe mai, nemmeno se fosse costretto ».
« Lo so! Mi
vergogno di
quello che ho pensato, ma sono in pensiero per Harry... »
Sirius strinse i pugni.
« Lo siamo
tutti, con
questa storia della Profezia. Ma non abbiamo motivo per dubitare di
uno di noi ».
« Hai
ragione, scusa ».
Ma un dubbio terribile
si
era insinuato dentro la mente di Sirius che, per quanto volesse
farlo, non riuscì a mandarlo via.
« Peter?
»
« Cosa?
»
«
Quand'è che abbiamo
iniziato a sospettare della presenza di una spia nell'Ordine?
»
Peter tacque, confuso, così ci pensò lui a
rispondere al suo posto.
« Quando i lupi mannari hanno anticipato le nostre mosse a
Drybrook.
Loro conoscevano il nostro piano. È partito tutto da
Greyback e il
suo branco ».
Lo disse con una voce
stentorea, quasi come se non fosse lui a parlare. Si odiava per
averlo detto.
Peter assunse
un'espressione sconvolta.
« Ma ci ha
fatto
conoscere Tim. Chi ha qualcosa da nascondere non lo farebbe. E quella
notte di luna piena non ci è successo nulla... »
Sembrava che i ruoli
che
avevano assunto all'inizio si fossero invertiti, ma per Peter non era
insolito fare marcia indietro quando si trattava di prendere una
posizione drastica. Sirius però non se la sentiva di
sottovalutare
la cosa. Essere un padrino comportava anche delle
responsabilità.
« Poi
però non ne ha
più parlato... Io non so cosa sia successo, Peter, e non
voglio
giungere troppo presto a conclusioni sbagliate, ma hai fatto bene a
parlare. La cosa più importante è che Harry sia
al sicuro da
Voldemort ».
« Anche se
fosse, sono
sicuro che lo avrebbero costretto a parlare. Remus non ci tradirebbe
mai di sua spontanea volontà ».
Sirius non rispose.
Lily
e James erano appena tornati, ignari di quel che stava succedendo.
« Ehi, cosa
sono quelle
facce? » chiese James, sorridente.
Sirius e Peter si
scambiarono un'unica occhiata, ma fu sufficiente.
« Solo
stanchezza »
risposero all'unisono. Lui li avrebbe odiati se avesse saputo che
avevano soltanto pensato alla possibilità che Remus facesse
la spia.
James non avrebbe mai dubitato di uno dei Malandrini. La sua fiducia
era la sua più grande forza, ma poteva ritorcerglisi contro
e
diventare una terribile debolezza.
Per il resto della
serata
Sirius non toccò cibo, e continuò a chiedersi
come potesse
sospettare di Remus. Era uno dei suoi migliori amici, faceva parte
della sua vera famiglia, quella che si era scelto...
E ripensò a
quel ricordo
che avrebbe preferito dimenticare, una notte di cinque anni prima.
Tu
non capirai mai che
cosa significa essere come me, Sirius. E oggi l'hai dimostrato.
Sirius gli aveva
risposto
che, anche se di quello che sarebbe potuto accadere a Piton se ne
infischiava, era dispiaciuto per lui, riconosceva di aver sbagliato e
che quello scherzo fosse una sciocchezza. Ma per Remus quello era
rimasto un conto in sospeso.
Hai
rivelato il mio
segreto a qualcuno che mi odia. Mi hai tradito. Non abbiamo altro da
dirci.
Ma poi era diventato
un
Animagus per lui. Remus lo aveva perdonato, si disse. Erano diventati
la sua famiglia, il suo branco...
Non
puoi capire,
perché non sei come me. Solo un mio simile può
sapere che cosa
significa essere un mostro. Solo tu potevi farne un'occasione per uno
scherzo idiota.
Sirius odiava quei
ricordi. Non aveva mai visto Remus così arrabbiato. Ma ora
la
vergogna non era più l'unico sentimento che provava.
Un'amara
consapevolezza si era impossessata di lui.
I Malandrini non erano
il
vero branco di Remus, pensò. Non erano suoi simili. Il
branco di
Greyback sì. Loro erano come lui, lo capivano
perché condividevano
la sua stessa sorte. E la loro influenza poteva essere stata
deleteria.
***
Alla famiglia Crouch
non
capitava spesso di ritrovarsi a cenare tutti insieme. Di solito suo
padre tornava troppo tardi dal Ministero, quando ormai gli altri
avevano già mangiato da un pezzo. Ma quella era un'occasione
speciale, e non perché era l'ultimo dell'anno. Quel giorno
era anche
l'anniversario di matrimonio dei suoi genitori, e per quella volta
Barty senior si era concesso di tornare ad un orario decente. Per sua
moglie faceva questo e molto altro: nelle occasioni speciali spesso
la portava fuori, e a volte la sorprendeva con dei regali
inaspettati, ma soprattutto la trattava come qualcosa di molto
prezioso che non avrebbe mai voluto perdere. Cornelia Crouch era
l'unica persona al mondo capace di fargli mostrare il suo lato umano.
Barty aveva smesso da
tempo di chiedersi come mai suo padre per lui non avesse mai fatto
nessuna di quelle cose: niente attenzioni particolari, niente
sorprese.
Gli
vado bene solo
quando sono un trofeo da esibire ai suoi colleghi, pensò,
mentre
lo fissava dietro una maschera d'indifferenza.
Erano entrambi seduti
al
tavolo della sala da pranzo. Cornelia era andata in cantina per
scegliere quale vino portare a cena, così tra di loro era
sceso un
religioso silenzio.
Suo padre stava
leggendo
La
Gazzetta del Profeta, con una smorfia di
fastidio che
indusse Barty a ridacchiare mentalmente, anche se la sua espressione
rimase seria come prima. Sapeva quale articolo stava leggendo, dal
momento che aveva già dato un'occhiata alle notizie del
giorno: in
una pagina interna, un articoletto spiegava come nessuno fosse in
grado di spiegare la morte improvvisa di Igor Karkaroff, ritrovato
nella sua cella di Azkaban. C'erano tutti i motivi per supporre che
fosse stato ucciso, ma nessuno dei detenuti che si trovavano nelle
celle accanto aveva detto una parola.
Barty
immaginò che suo
padre si stesse scervellando ancora sull'identità
dell'assassino di
Karkaroff, senza sapere che in realtà proprio in quel
momento si
trovava di fronte a lui, al suo stesso tavolo. Questo lo riempiva di
soddisfazione, ma non era il solo motivo.
Con Karkaroff morto,
il
Ministero aveva perso un possibile informatore. E anche se Barty ce
l'aveva a morte con Regulus, era contento che suo padre non fosse
riuscito a catturarlo. Nel giro di una giornata, tutti i suoi piani
per mettere le mani sull'ex Mangiamorte, diffamare Silente e fare un
passo avanti verso la poltrona di Ministro della Magia si erano
polverizzati. Bartemius non si era di certo dato per vinto, ma quella
sconfitta lo aveva fatto infuriare... e Barty era rimasto in silenzio
a godersi lo spettacolo.
Cornelia
tornò in quel
momento, ponendo fine ai suoi pensieri.
« Scusate il
ritardo »
disse la donna. « Purtroppo mi si è rotta una
bottiglia di vino,
uno dei migliori. »
« Non fa
niente »
rispose suo marito, piegando il giornale e riponendolo sul bancone
alle proprie spalle.
Suo malgrado, Barty si
ritrovò a pensare che lui non se la sarebbe mai cavata con
un
semplice « non fa niente. » Di sicuro avrebbe
dovuto subire un
rimprovero. Si strinse nelle spalle, ripetendosi che ormai non gli
importava più.
Ma ogni tanto gli
capitava di pensarci più di frequente di quanto avrebbe
voluto. In
quel momento, poteva quasi vedere una quarta persona seduta a quel
tavolo, la sua versione molto più giovane, un bambino che
rivolgeva
al padre un'espressione ferita, come se fosse sul punto di aprire la
bocca per chiedergli spiegazioni.
«
Perché io no? Che
cosa ti ho fatto di male? »
Taci,
stupido
ragazzino,
pensò, irritato. Detestava quel lato debole di se
stesso. Lo trovava patetico, e cercava disperatamente di soffocarlo,
e di solito ci riusciva. Ma certe volte tornava alla carica a
tradimento.
S'impose di ignorarlo,
mentre Winky serviva la cena. Barty colse il sorriso di sua madre,
quando assaggiò il primo boccone di tacchino.
« Ho detto a
Winky di
cucinarlo apposta per te » gli disse lei. « So che
è il tuo piatto
preferito. »
Barty si
sforzò di
sorriderle di rimando. Avrebbe potuto odiare anche lei, dato il modo
diverso con cui suo padre la trattava, ma non ce la faceva. Non
avrebbe potuto desiderare una madre migliore, e questo lo sapeva
bene. Lei lo aveva sempre sostenuto e incoraggiato. Era lei che non
si faceva problemi a litigare con quel marito che la adorava, se lui
non dedicava abbastanza tempo a loro figlio.
Questo però
rendeva solo
le cose più difficili. Sua madre era l'unica persona per cui
Barty
ogni tanto si sentiva davvero in colpa. Se Cornelia avesse saputo che
suo figlio era diventato un Mangiamorte convinto, probabilmente non
ci avrebbe nemmeno creduto. Barty avrebbe voluto fare a meno di
mentirle, perché lei non meritava tutte le bugie che le
raccontava.
Ma era troppo lontana dal suo modo di pensare per accettare quello
che era.
« Grazie
» si limitò a
rispondere.
Sarebbe stato tutto
molto
più facile se anche lei fosse stata come suo padre. Barty
detestava
dover fare i conti con tutte quelle contraddizioni. Era snervante
dover lottare continuamente tra due parti di sé, il bambino
che
desiderava soltanto ricevere un po' di affetto e il ragazzo che
invece aspirava ad uccidere il proprio padre di persona. Quella
battaglia interiore lo avrebbe fatto impazzire, se non fosse finita
al più presto. Sapeva di non essere ancora il Mangiamorte
senza
rimorsi che voleva essere, ma si stava impegnando per diventarlo.
Per tutta la durata
della
cena lasciò parlare i genitori, come del resto faceva
spesso. Fu
solo quando sua madre si rivolse direttamente a lui, comunicandogli
una notizia che lo fece sbiancare, che tornò sull'attenti.
« Ieri ho
incontrato
Emmeline » aveva detto Cornelia, e la frase gli
rimbombò nella
testa, facendolo rabbrividire. Si costrinse a raccogliere la
forchetta che gli era caduta, imponendosi di calmarsi. Se Emmeline le
avesse detto che era un Mangiamorte, di sicuro sua madre non avrebbe
parlato con quell'aria così tranquilla.
« Ah
sì? » fece, con
un tono neutro.
« Sono
contenta che
siate tornati a parlarvi. »
Barty
mugugnò. Certo, si
parlavano di nuovo, prima che Rachel le spifferasse tutto. Ma ora non
potevano più fare finta di nulla, non dopo la battaglia al
quartier
generale dell'Ordine della Fenice. Quella sera Barty aveva davvero
temuto di essere arrestato, perché Emmeline gli era sembrata
veramente furiosa e intenzionata a fargliela pagare cara. L'arrivo
del Signore Oscuro era stata una fortuna insperata, ma da quel
momento Barty aveva temuto che Emmeline lo denunciasse. Ma
evidentemente sapeva anche lei che nessuno le avrebbe creduto, almeno
nessuno tra chi contava al Ministero.
Eppure non aveva fatto
a
meno di chiedersi che cosa sarebbe successo se quei sospetti fossero
giunti alle orecchie di suo padre. Avrebbe creduto a quelle voci? E
se ne avesse avuto le prove, lo avrebbe fatto rinchiudere ad Azkaban?
Si costrinse a pensare
a
qualcos'altro, perché quella possibilità gli
faceva
inspiegabilmente più male di quanto avrebbe voluto.
Quel pensiero lo
privò
completamente dell'appetito. Avrebbe voluto addurre una scusa banale
per congedarsi, ma non poteva farlo. Doveva aspettare fino alla fine,
quando sua madre avrebbe avrebbe interpretato i segnali delle fiamme
del camino. Ormai era una diventata una sorta di tradizione, fin da
quando Barty era piccolo e restava affascinato dal modo in cui sua
madre faceva previsioni sull'anno che avrebbero vissuto.
Tuttavia quella volta
il
ragazzo non aveva alcuna voglia di sapere il proprio destino. Era un
pensiero che lo angosciava e basta. Ma non poteva rifiutarsi, quindi
cercò di fare buon viso a cattivo gioco. E anzi, fu
piuttosto deluso
quando le fiamme magiche annunciarono numerosi successi per suo
padre. Il fuoco aumentava sempre di più, ma poi,
all'improvviso,
scomparve. Rimase soltanto una minuscola e fioca fiammella; niente a
che vedere con la fiamma che l'aveva preceduta.
« Che
significa? »
domandò quello, contrariato.
«
Evidentemente qualcosa
andrà storto » rispose Barty, imponendosi di non
scoppiargli a
ridere in faccia.
« Non
è detto.
Ricordate che la Divinazione non è una scienza esatta, e
spesso ci
si sbaglia » disse Cornelia, sempre ottimista e
incoraggiante. «
Ora tocca a te, Barty » aggiunse poi.
Lui annuì,
sperando
davvero che i cattivi presagi su suo padre si avverassero. Ma presto
il sorriso gli si congelò sulle labbra. Aveva seguito
Divinazione,
quindi riconobbe parecchie delle forme che le fiamme assumevano:
erano tutti segnali negativi. Tra i ceppi infuocati gli parve di
vedere una croce, che significava sofferenza. Un uccello, forse un
falco, si abbatté su un ceppo dalla forma simile a quella di
un
serpente, facendolo scoppiare in scintille incandescenti. Barty
balzò
in piedi, mentre le fiamme si spegnevano e un fumo nero come la notte
invadeva il camino.
« Se ho
visto bene,
sembra che un nemico mortale ti priverà di qualcosa che per
te è
molto importante » cercò di spiegare lei, anche se
era evidente che
non si trattava solo di qualcosa si importante: quello che avrebbe
perso era un punto di riferimento, forse l'unico che aveva.
« Non mi
piace » disse,
cercando di mascherare il proprio terrore con un'espressione
sarcastica.
« Non hai
mai dato
troppa importanza a queste previsioni, Barty, non ti preoccupare.
Ricordi la volta in cui ho predetto che uno di noi tre si sarebbe
allontanato per sempre? Non è successo niente del genere, ed
è
stato un ottimo anno. »
Sì,
infatti, madre. È
stato l'anno in cui ho ricevuto il Marchio Nero.
Rabbrividì.
Improvvisamente, il 1981 iniziò a
fargli paura.
E fai bene ad avere paura, Barty. A nessuna delle due
fazioni opposte piace molto il 1981, sappiamo tutti bene il
perché...
Anche per Remus cominciano i guai seri. Tutto grazie a quel tesoro di
Peter. Non avete anche voi voglia di strangolarlo? XD
Ora mi rendo conto perché non avevo ancora scritto molte
scene con tutti i Crouch insieme. Avete idea di quanto sia difficile
far conversare due persone omonime facendo capire chi delle due sta
parlando? Un incubo XD Il nome della signora Crouch non si sa, quindi
è inventato.
Bene, confermo quello che ho scritto alla fine del capitolo scorso:
quest'estate niente pausa, ma aggiorno una volta al mese. Devo finire
di scrivere il capitolo 50 (mi manca una sola scena) e da lì
in poi inizierò ad avvicinarmi ai capitoli finali... quindi
ho bisogno di tempo e concentrazione per non concludere male la storia.
Ci si legge intorno al 20
di luglio (data approssimativa perché non so se
sarò via oppure no).
Vi lascio con due disegni che non avevo potuto inserire l'altra volta
perché erano salvati sull'altro pc.
Perseus e Alphard da giovani e adulti disegnati da Beatrix Bonnie: http://i495.photobucket.com/albums/rr316/JuliaWeasley/FF/004.jpg
Regulus, Sirius e Rachel alla Testa di Porco, disegnati da Julie: http://img140.imageshack.us/img140/1755/siriusrachelregulus.jpg
Grazie mille a tutt'e due :)
Buone vacanze!
Julia
|
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Capitolo 48 *** La scelta ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 48
La
scelta
« Sirius, gradisci
qualcosa da mangiare? »
Il ragazzo si sforzò di
sorridere cordialmente, cacciando indietro tutti i pensieri cupi che
gli affollavano la mente.
« No grazie, signora
Minus. Sono a posto. »
La madre di Peter non
sembrava affatto convinta.
« Sei sicuro? Mi sembri
così magro... anche Peter sta dimagrendo a vista d'occhio,
soffre d'insonnia ed è
sciupato. Non sembra neanche più lui. Voi mangiate poco, e non va bene. »
« Mamma, non abbiamo
fame. E non sono sciupato, sto benissimo » le rispose Peter,
esasperato e parecchio nervoso.
« Bene, come vuoi. Vi
lascio da soli, ragazzi. Sono piuttosto stanca » si
congedò la
donna.
« Buonanotte. »
Entrambi attesero che la
signora Minus si fosse chiusa in camera sua, prima di iniziare a
parlare. Anzi, all'inizio Peter sembrava chiuso in un ostinato
silenzio, e Sirius continuava a lanciargli occhiate inquisitorie. Era
andato a trovarlo apposta perché quella mattina gli era
sembrato
pensieroso, e aveva capito che qualcosa non andava. Avrebbe voluto
fargli visita molto prima, ma quel pomeriggio era stato convocato da
Silente. Il Preside di Hogwarts aveva cercato di interrogare la Dama
Grigia su quello che loro avevano scoperto grazie ai ricordi di
Alphard, ma lei si era mostrata molto reticente, e il tentativo di
scoprire qualcosa di più si era rivelato un fiasco. Silente
aveva
promesso di provarci di nuovo, finché lei non avesse ceduto,
ma a
quel punto la ricerca degli Horcrux si era arenata, e sarebbe rimasta
così per chissà ancora quanto tempo.
« Allora, Peter, c'è
qualcosa che non va, vero? » tagliò corto Sirius,
rompendo il
ghiaccio. La faccenda del silenzio della Dama Grigia lo aveva
innervosito, e non se ne sarebbe andato da casa Minus senza ottenere
almeno una risposta alle tante domande che aveva.
Peter sospirò.
« Non ti sfugge niente,
vedo. »
Sirius, che fino a quel
momento era rimasto in piedi, si sedette di fronte a lui, su una
delle due poltrone poste vicino al caminetto. Il fuoco era acceso e
dava alla stanza arredata in modo rustico un calore accogliente, ma
Sirius non lo notava nemmeno.
« Si tratta di Remus? »
Peter annuì e Sirius
quasi saltò dalla poltrona.
« L'hai visto? Gli hai
parlato? »
« Sì, l'ho visto. Il
supermarket qui vicino è stato chiuso, quindi ieri per fare
la spesa
sono dovuto andare dalle parti di casa di Remus. Così,
quando sono
passato davanti alla sua finestra, ho visto che la luce era accesa, e
ho pensato di vedere come stesse. »
Sirius pendeva
letteralmente dalle sue labbra. Aveva sperato che Peter gli desse una
buona notizia che potesse smentire quello che giorno dopo giorno da
un vago dubbio si era trasformato in un terribile sospetto, ma la sua
espressione depressa era abbastanza eloquente.
« Cosa ti ha detto? »
« Ha detto che era
appena tornato e che sarebbe rimasto poco. È stato gentile
come al
solito, ma... »
Peter si sentiva
evidentemente in colpa, ma Sirius gli fece cenno di continuare a
parlare.
« Ha detto che era
stanco, e in effetti la luna piena è stata un paio di giorni
fa, ma
ho avuto l'impressione che non vedesse l'ora che me ne andassi. Io
l'ho accontentato, ma il sospetto mi è rimasto. Credo che
nasconda
qualcosa. »
Sirius strinse i pugni,
teso come una corda di violino. Non avevano più parlato di
Remus
dall'ultimo dell'anno, entrambi desiderosi di aver sbagliato sul suo
conto, e di aver sospettato di lui solo per errore. Ma adesso non
poteva più ingannare se stesso.
Imprecò all'improvviso,
facendo sobbalzare Peter, che lo guardò con timore.
« Avrei sospettato di
chiunque nell'Ordine, chiunque... ma non di uno di
noi »
disse, sentendo la rabbia salirgli alla testa.
« Non è detto che sia
proprio lui la spia » provò Peter, ma Sirius gli
lanciò
un'occhiataccia.
« Allora secondo te cosa
nasconde? »
« Non lo so, magari ha
altri motivi... »
Seguì un istante di
silenzio, poi Sirius si alzò in piedi.
« Sai cosa c'è? Non hai
tutti i torti. La cosa migliore da fare è affrontarlo
apertamente e
chiedergli che cosa sta combinando. »
E s'incamminò verso la
porta d'ingresso.
« Che... che stai
facendo? » balbettò Peter, raggiungendolo.
« Vado ad affrontare
Remus. »
« Ma è già andato via,
ormai » disse l'altro, piuttosto agitato.
Sirius si bloccò,
irritato.
« Vorrà dire che glielo
chiederò non appena tornerà. Non potrà
sfuggirci in eterno. »
« Credi che dovremmo
dirlo a James e Lily? » chiese Peter, ansioso. « In
fondo potrebbe
andarci di mezzo Harry. »
Sirius ci pensò per
alcuni istanti, ma poi scosse la testa.
« Meglio di no, almeno
non ancora. Non ne siamo del tutto sicuri, quindi sarebbe inutile
farli preoccupare in questo modo. E a difendere Harry ci penseremo
noi due. »
« Quindi ti fidi di
quello che ti ho detto? »
Sirius lo guardò.
« Certo. Sei una persona
molto più degna di fiducia di Remus. »
Peter si fece rosso come
una Pluffa, poi violaceo, e per distogliere l'attenzione da
sé si
alzò per ravvivare un po' il fuoco che stava languendo.
« Bè, grazie... »
farfugliò.
Sirius pensò che ne
fosse lusingato. In realtà era vergogna, ma lui non aveva la
più
pallida idea di come fosse andato davvero il suo incontro con Remus.
Sebbene fosse stanco e
provato dall'ultima luna piena, Remus era contento di vedere almeno
una faccia amica.
« Sei stato via per
tanto tempo » gli disse Peter, non appena lui lo fece entrare
in
casa.
« Lo so, mi dispiace
» rispose Remus, allargando le braccia, ma senza aggiungere
altro.
Notò l'espressione perplessa dell'amico, e intuì
che volesse
qualche spiegazione. « Purtroppo non posso dirti quello che
ho
dovuto fare, non qui. Sarà meglio farlo alla sede
dell'Ordine. »
« Allora sei tornato
per restare? »
« No, devo incontrare
Silente per fargli rapporto. Me ne vado domani mattina. »
Peter sembrava
dispiaciuto.
« Allora non potrai
dire cosa hai fatto, perché non ci vedremo al quartier
generale. »
« Esatto. »
Remus distolse lo
sguardo, sentendosi in colpa. Non voleva correre il rischio di
parlare. Da quando Greyback lo teneva d'occhio, temeva che potesse
farlo spiare anche lì, dentro la sua stessa casa, e lui non
poteva
farsi smascherare. In realtà sarebbe stato meglio evitare
quella
situazione imbarazzante, ma era dovuto tornare per forza: voleva
vedere Silente per chiedergli di aiutarlo a trovare un modo per
liberare Tim e gli altri bambini dalle grinfie di Greyback e del
resto del branco, ma questo non poteva di certo raccontarlo a Peter
in quel momento, anche se notò che quella sua reticenza lo
stava
facendo preoccupare. L'espressione dell'amico in effetti era molto
strana.
« Senti, mi dispiace
davvero, ma ti prometto che prima o poi te lo dirò.
»
L'altro alzò la
testa, dispiaciuto.
« Lo so, e posso
aspettare. Ma c'è chi gradirebbe al più presto
delle risposte...
per non creare equivoci, sai. »
Remus si sentì
stringere le stomaco, in preda ad una sensazione molto spiacevole.
« Che cosa vorresti
dire? »
« N-niente... »
« Peter, hai parlato
di equivoci. Chi è che sta equivocando? »
Lui chinò il capo.
« Sirius » sussurrò.
« Ricordi quella scenata che ti ha fatto dopo l'attacco alla
casa di
Dedalus? Le tue lunghe assenze lo stanno facendo dubitare di te,
temo. »
Remus si sentì
invadere dalla rabbia, mentre un dolore acuto gli opprimeva i
polmoni, facendolo respirare a fatica. Aveva intuito che Sirius
covasse qualcosa, ma non fino a quel punto.
« Crede che sia io la
spia? È così? » sbottò,
furente.
Peter sobbalzò.
« No, non proprio...
»
« Non proprio? »
« Intendevo dire che
non ne è sicuro. Vorrebbe solo che tu ti facessi vivo per
rassicurarlo. »
« Ma non posso, non
posso farlo! E tu cosa ne pensi? Sei d'accordo con lui? »
« No! Cioè...
ammetto che quando Sirius mi ha confessato i suoi dubbi, un po' li ha
fatti venire anche a me. »
« Apprezzo la tua
sincerità » ringhiò Remus, sarcastico e
profondamente ferito.
« Ma poi ci ho
ripensato quasi subito. Mi dispiace di aver dubitato di te, ti chiedo
scusa. È stato solo un istante, ed ero spaventato dagli
ultimi
avvenimenti... Io mi fido di te, davvero. »
Remus gli fece cenno
di calmarsi, perché gli sembrava veramente dispiaciuto.
« Non ce l'ho con te,
infatti » disse, ed era la verità. Peter pendeva
sempre dalle
labbra di Sirius e di James, quindi non c'era da stupirsi se
prendesse per oro colato tutto quello che dicevano. « Ma non
capisco
perché lui
ce l'abbia
tanto con me. Non sono l'unico dell'Ordine ad andare via per tanto
tempo. La McGranitt è sempre a Hogwarts, Hagrid spesso
sparisce per
settimane, mentre Aberforth l'abbiamo visto una volta sola,
perché
sta alla Testa di Porco tutto il tempo. Perché non sospetta
di loro?
Nessuno di noi sa quali sono le incombenze che Silente assegna ad
Hagrid e Aberforth, eppure Sirius ha dubbi su di me, anche se sa
benissimo che la mia missione è quella di stare tra gli
altri lupi
mannari. »
E a quel punto Peter
si lasciò sfuggire un commento che per Remus fu come una
doccia
gelata.
« Forse è proprio
questo il punto... »
Remus lo guardò,
inorridito, e quello si posò una mano sulla bocca, come se
fosse
pentito di aver parlato.
« Che cosa significa?
Devi dirmelo, Codaliscia, adesso. »
Di fronte alla
fermezza della sua richiesta, Peter si arrese.
« Sirius non l'ha
ammesso esplicitamente, ma penso che sospetti di te proprio a causa
della tua missione. Crede che stare a contatto con... con quelli come
te – scusa – possa averti influenzato. »
Remus non si era mai
sentito peggio di così. Non poteva credere che uno dei suoi
migliori
amici, dopo essere diventato un Animagus per lui e avere sempre avuto
una mentalità aperta, potesse pensare una cosa del genere.
« Grazie per avermi
detto la verità, Peter. Ora però vorrei restare
da solo » disse,
tetro.
« Ti prego, non te la
prendere. Sono sicuro che Sirius non volesse intendere questo.
»
« Credo di aver
capito benissimo cosa intende Sirius. Certi pregiudizi sono duri a
morire, soprattutto se si tratta di un Purosangue che, nonostante
abbia giocato a fare il ribelle, non ha mai smesso di sentirsi
superiore a chiunque altro » commentò, con un tono
che doveva
sembrare sarcastico, ma che uscì più che altro
colmo di amarezza e
risentimento.
« Senti... »
« Non importa, Peter,
lascia perdere. Grazie per avermelo detto. Lo sai che preferisco
parlare chiaro. Non metto in dubbio che Sirius sia stato un vero
amico, ma nel profondo la pensa ancora come gli è stato
insegnato
fin da piccolo... Ora vorrei cercare di dormire. Devo svegliarmi
presto, domani mattina, e gradirei riposarmi un po' prima di tornare
in mezzo a quelli della mia specie. »
Peter sembrava
dispiaciuto, ma non insisté.
Quando Remus chiuse la
porta alle sue spalle, senza fare altro se ne andò a letto
con i
vestiti ancora addosso.
Era sicuro che prima
Sirius non avrebbe mai potuto ritenerlo un traditore venduto a
Greyback e ai Mangiamorte. Che cosa stava succedendo? L'unico
pensiero che lo consolava era che Peter non aveva dato retta ai dubbi
di Sirius, e che neanche James gli avrebbe mai creduto. Era lui il
migliore amico di Sirius, ma James era diverso, non aveva pregiudizi
nei suoi confronti. E si fidava ciecamente di loro tre.
« Io non mi sono mai
sentito superiore, tutt'altro. Non ho mai giudicato una persona per
come appariva. Non ho mai cercato di uccidere nessuno, non quando ero
libero dall'influsso della luna piena e consapevole delle mie azioni.
E non ho mai tradito la nostra amicizia. Tu invece hai fatto tutte
queste cose almeno una volta » disse ad alta voce, come se
Sirius
potesse sentirlo, mentre il ricordo dello scherzo a Severus Piton gli
tornava in mente. « Se le
cose stanno così, è molto
più probabile che il
Mangiamorte sia tu » concluse in preda alla rabbia,
scaraventando il
cuscino dall'altra parte della stanza.
***
« Secondo te la pozione
è riuscita? »
Sturgis lanciò
un'occhiata al calderone della ragazza. La pozione era di un
bruttissimo colore grigio scuro, e grosse bolle puzzolenti
esplodevano continuamente sulla superficie.
« Non so, Miriam. Io non
mi azzarderei a somministrarla ad un paziente... » le disse,
cauto.
« A meno che tu non
voglia farlo fuori, è ovvio » aggiunse Damocles
Belby,
ridacchiando.
Miriam Strout assunse
un'espressione offesa e sconsolata.
« Con le pozioni non ci
so proprio fare » ammise. « Non so nemmeno io come
ho fatto a
superare l'esame. »
« In compenso te la cavi
bene quando si tratta di avere a che fare con i malati. »
« Oh, è vero. Io invece
non saprei nemmeno da dove cominciare » confessò
Damocles, finendo
di mescolare la sua pozione che, al contrario di quella di Miriam,
era perfetta.
« In effetti tu sei
davvero insensibile » sibilò la ragazza.
« Dovrebbero vietarti di
visitare chicchessia. »
« Ehi, non è colpa mia!
Sono diventato Guaritore perché sono bravo con gli antidoti
e voglio
scoprire nuove cure, ma i rapporti umani con i pazienti non fanno per
me. A quelli ci pensi tu, mamma chioccia. »
Prima che Miriam potesse
rispondergli male, il Guaritore Llewellyn si affacciò alla
porta del
laboratorio.
« Guarda che razza di
dilettanti allo sbaraglio. Avete finito di perdere tempo in
chiacchiere? »
Sturgis si affrettò a
versare la propria pozione nelle fiale, cercando disperatamente di
non rovesciarla per terra. Llewellyn lo terrorizzava, e non era il
solo: anche gli altri Tirocinanti scattavano non appena udivano in
lontananza il suo inconfondibile passo marziale.
« Podmore » lo chiamò
il Guaritore, avvicinandosi a lui e osservando attentamente la
pozione, per poi assaggiarla. Sturgis deglutì. «
Può andare.
Portala a Smethwyck, al terzo piano. E in fretta. »
Sturgis non se lo fece
ripetere due volte. Salutò gli altri due Tirocinanti e
uscì dalla
stanza, diretto al terzo piano.
Smethwyck aveva a che
fare con un paziente che era stato avvelenato da una pianta esotica.
Niente di nuovo, ma il Guaritore sembrò sollevato quando
vide
Sturgis entrare nella corsia.
« Oh, ottimo! »
esclamò, rianimandosi. « Somministragli quella
pozione, da bravo.
Io vado a fare quella cosa che... » e bofonchiò
qualcosa
d'incomprensibile, prima di defilarsi in tutta fretta.
Sturgis non capì quel
comportamento finché non si rivolse al paziente.
Quest'ultimo se ne
stava seduto, rigido come un palo e chiaramente teso. Quando Sturgis
gli porse la fialetta, invitandolo a bere, lo guardò come se
gli
avesse chiesto di ingerire del veleno.
« Chi mi assicura che
questa fialetta sia stata debitamente sterilizzata?
» gli chiese con
aria inquisitoria.
Sturgis rimase perplesso.
« Signore, noi
sterilizziamo sempre tutto, è ovvio » gli rispose.
« Abbiamo
incantesimi appositi e... »
« Certo, e dovrei
fidarmi? Hai idea di tutti i germi che potrebbero essersi attaccati
al vetro, mentre la portavi qui? »
La donna accanto al
letto, che doveva essere la moglie, alzò gli occhi al cielo,
esasperata.
« Sono sicura che non
morirai. Non oggi e non per questo motivo » disse al marito.
« Cosa te lo fa pensare?
»
La donna non rispose, ma
era evidente che stesse pensando qualcosa del tipo: probabilmente
morirai strangolato da me.
Sturgis non sapeva che
cosa fare, oltre a rimanere impalato di fronte ai due coniugi che
discutevano.
Alla fine, visto che
l'uomo sembrava ancora riluttante, prese la parola.
« Più tempo passa e più
germi si attaccheranno, signore. Quindi le conviene bere il prima
possibile. »
E quello fu costretto a
cedere. Poi si stese, pallido come un lenzuolo, gli occhi spalancati
fissi sul soffitto e le labbra serrate come in attesa che esplodesse
una bomba.
Sollevato, Sturgis uscì
dalla corsia ma, prima che potesse percorrere i cinque metri che lo
separavano dalle scale, incrociò la Guaritrice Queen, che
sembrava
piuttosto trafelata.
« Podmore » lo chiamò
lei quando lo vide. « Potresti andare ad aiutare Belby?
C'è
un'emergenza al Primo Piano, ma io ne ho un'altra qui. »
« D'accordo, vado subito
» rispose lui, che aveva già una mezza idea sul
genere di emergenza
che avrebbe dovuto affrontare. Il Primo Piano era riservato alle
ferite inferte dalle creature magiche, e in quel periodo le emergenze
più comuni erano causate da aggressioni di lupi mannari.
Per Sturgis tuttavia era
la prima volta. Strinse i pugni e si sforzò di respirare a
fondo
mentre scendeva le scale, ma non esisteva un modo per prepararsi a
ciò che avrebbe visto.
Non appena fece il suo
ingresso nel reparto, vide Damocles che ne stava per uscire, pallido
come un cencio e con i pugni serrati. Sturgis notò che aveva
gli
occhi lucidi, e se ne stupì: non lo aveva mai visto
così sconvolto.
« Cos'è successo? »
gli chiese.
« Llewellyn mi ha
cacciato via perché non ero di nessun aiuto... Mi tremavano
le mani.
Non so nemmeno io cosa mi è preso... »
Sturgis riuscì ad
appellare uno sgabello appena prima che Damocles avesse un mancamento
e cadesse per terra.
Avrebbe voluto
rivolgergli qualche parola d'incoraggiamento, ma non poteva perdere
tempo.
« Cerca di riprenderti.
Ci avevano detto che certe cose sarebbero state difficili. »
Belby lo guardò,
sconfortato.
« Io non ero pronto a
tutto questo. È terribile sentirsi così inutili.
Vorrei essere in
grado di fare qualcosa... »
« Lo farai. Prima però
devi calmarti. Io non posso restare qui, adesso, ma ci vediamo
più
tardi, ok?”
L'altro annuì, ma
sembrava perso nelle proprie riflessioni.
Sturgis lo superò,
cercando di non farsi influenzare dal suo shock. Digrignò i
denti,
pronto a qualunque cosa avrebbe potuto vedere al di là delle
due
porte che gli erano di fronte.
Devo mantenere il
sangue freddo, almeno fino a che non sarò solo, si
disse. Poi
potrò crollare.
***
Quella sera Emmeline era
di ottimo umore. Non che le ronde fossero divertenti, ma ormai aveva
iniziato ad apprezzare il tempo che vi trascorreva in compagnia.
« Ehi, Sturgis! » lo
salutò, per poi smorzare il proprio entusiasmo non appena lo
osservò
con più attenzione. Il ragazzo la aspettava di fronte al
cancello di
Hogwarts, ma quella volta aveva lo sguardo perso nel nulla e una
bottiglia di Whisky Incendiario in mano. « Che ti prende?
»
Lui sembrò riscuotersi
leggermente quando si accorse di lei, ma poi tornò assorto e
malinconico.
« Oh, niente. Non sapevo
cosa fare, quindi ho deciso di bere qualcosa »
buttò lì.
Emmeline lo scrutò, e
decise che dopotutto aveva bevuto poco, quindi era ancora in grado di
fare la ronda senza correre il rischio di scambiarla per una
Mangiamorte. Quindi evitò di fargli altre domande: doveva
essere
stata una giornataccia per lui.
« Bene, direi di fare il
solito giro di ricognizione intorno ai confini del parco, tanto per
cominciare » disse, lanciando un'occhiata oltre il cancello.
Le ronde a Hogwarts erano
quelle che preferiva in assoluto, e non perché era il posto
con meno
probabilità di subire un attacco da parte dei Mangiamorte,
ma
perché, anche se restava fuori dai confini, si sentiva a
casa. I
profili frastagliati dei monti, le cime degli alberi della foresta,
il lago e persino i suoni provocati dal vento le erano familiari e le
ricordavano i momenti che aveva trascorso affacciata alle grandi
finestre della Torre di Corvonero. Stranamente, tutto ciò
non le
procurava brutti ricordi, per lo meno non più. Adesso
ricordava
soprattutto le ronde precedenti ai margini esterni della Foresta
Proibita, mentre percorreva il sentiero illuminato solo dalla luce
della luna, e lei e Sturgis si raccontavano aneddoti sulle rispettive
disavventure a Hogwarts.
Emmeline aveva iniziato
ad amare quelle ronde, ma non quella sera. Sturgis era del tutto
assente e per mezz'ora intera non aprì bocca nemmeno una
volta,
tranne che per bere un ennesimo sorso di Whisky.
« Perché non mi dici
cosa ti è successo? » disse alla fine Emmeline,
quando si fu
stancata di restare in silenzio senza agire. « Stasera sei
veramente
strano. »
Lui abbassò lo sguardo,
smettendo di camminare.
« Diciamo che è stata
una giornata pessima » rispose.
« Hai avuto problemi al
San Mungo? »
Sturgis annuì. Per un
po' sembrava che non avrebbe aggiunto altro e che si sarebbe tenuto
per sé tutto quanto. Ma alla fine parlò.
« Sai, finora ho
affrontato bene tutte le emergenze. I feriti sono all'ordine del
giorno... Ma oggi ci hanno portato due ragazzi che erano stati morsi
da un lupo mannaro... »
Sturgis s'interruppe per
bere un altro sorso, poi fece una smorfia perché ne aveva
mandato
giù troppo tutto in una volta. Emmeline non si
sentì di
impedirglielo.
« È
stato orribile curarli sapendo che comunque non ci sarebbe stato
niente da fare per impedire il contagio. Finché ero
lì sono
riuscito a non farmi coinvolgere troppo, ma poi ho dovuto dare la
notizia ai genitori, come se non ne avessi già avuto
abbastanza. Non
so come Llewellyn sia potuto restare quasi impassibile. »
Emmeline non batté
ciglio quando Sturgis scagliò la bottiglia, che si
frantumò contro
il tronco di un albero. Uno stormo di pipistrelli spiccò il
volo
dalle fronde, mentre i due ragazzi venivano investiti da una folata
di vento freddo.
« Te l'assicuro »
continuò lui, furente. « Non so come questa
giornata potrebbe
andare peggio di così. » Poi si rese conto di aver
distrutto la
bottiglia ancora mezza piena. « Facciamo un salto alla Testa
di
Porco. Mi serve dell'altro Whisky. »
« Lascia perdere »
intervenne Emmeline. Afferrandolo per un braccio, lo condusse verso
un ceppo d'albero dal diametro talmente grande da poter fungere da
panchina per entrambi, e lo costrinse a sedere. « Resta
seduto e
cerca di riprenderti. Mi dispiace per quello che è successo
oggi, ma
devi renderti conto che per certe cose non esistono rimedi. »
Non era una gran cosa da
dire, pensò lei, ma non sapeva proprio come consolarlo. Per
i morsi
dei lupi mannari d'altra parte non esistevano soluzioni.
« Lo so, infatti è per
questo che questa giornata mi ha fatto tanto schifo. Volevo diventare
un Guaritore per guarire le persone, non per dire loro che non hanno
speranze. Quando ero studente mi dicevano di continuo che queste cose
succedono... ma provarlo davvero è completamente diverso.
»
« Non sei né il primo
né l'ultimo a sentirti così »
provò Emmeline, posandogli una mano
sulla spalla. Non le veniva nient'altro in mente da dire, ma poi ebbe
un'idea. « Una volta ho dovuto comunicare a delle persone
della
morte di un loro familiare. Gli aspiranti Auror spesso si ritrovano a
dover fare cose del genere ancora prima di aver affrontato di persona
un mago oscuro. Non è stato per niente facile, e non capivo
come gli
Auror veterani come Moody potessero sembrare così
distaccati... Ma
presto o tardi si impara ad esserlo. »
« Io non voglio
abituarmi. Non voglio diventare cinico. »
« Non intendevo questo.
Devi per forza essere meno coinvolto, se non vuoi impazzire. Moody o
il Guaritore Llewellyn non sono cinici, anche se hanno una scorza
dura; ne hanno viste così tante che hanno dovuto imparare a
difendersi, per essere in grado di aiutare gli altri. Ridotto
così
non saresti in grado di aiutare nessuno, o sbaglio? »
Sturgis annuì. Doveva
aver capito, anche se quel discorso era troppo amaro per mandarlo
giù
subito.
« Non avrei dovuto bere
così tanto » gemette poi all'improvviso.
« Domani devo svegliarmi
presto, e non posso presentarmi al San Mungo con il mal di testa da
dopo sbornia. »
« Non sei messo così
male, sei solo un po' alticcio » valutò lei.
« Reggi il Whisky
molto meglio di me. »
Lui accennò un sorriso,
ed Emmeline fece altrettanto.
Poi, in preda a chissà
quale istinto, la mano che si trovava ancora sulla spalla di Sturgis
si mosse e, come se agisse in base ad una volontà propria,
gli passò
le dita tra i capelli, accarezzandogli la nuca. Si rese conto di
quanto tutto ciò fosse strano e imbarazzante ancora prima
che lui
s'irrigidisse e trattenesse il respiro.
Emmeline ritrasse
immediatamente la mano, avvampando e chiedendosi cosa le fosse venuto
in mente. Sapeva da tempo che Sturgis non voleva essere soltanto suo
amico, ma fino a quel momento lei aveva fatto finta di nulla, senza
dargli false speranze. Ma ora quel gesto spontaneo rischiava di
creare malintesi... e Sturgis quella sera non era abbastanza lucido
per trattenersi come al solito.
Emmeline fu percorsa da
un brivido quando si voltò e vide che il ragazzo la stava
fissando
con un'espressione inequivocabile.
Che guaio, pensò,
mentre il cuore le batteva all'impazzata, rimbombandole nella testa e
confondendola. Non sapeva cosa fare, se scostarsi o chiedere a
Sturgis di non avvicinarsi più di così. Eppure
non fece niente di
tutto ciò.
Tra i due, era Emmeline
quella sobria; tuttavia le fischiavano le orecchie e le girava la
testa, come se avesse appena mandato giù una bottiglia
intera di
Whisky Incendiario. E rimase immobile.
Quando la bocca di
Sturgis sfiorò la sua, non capì più
nulla. E invece di ritrarsi,
chiuse gli occhi e schiuse le labbra, perdendo interesse per tutto
ciò che non fosse quel bacio inaspettato.
Poi qualcosa di luminoso
attirò la loro attenzione, ed entrambi ripiombarono nella
realtà.
Si separarono, ma Emmeline si ritrovò a indugiare a pochi
millimetri
dal viso di lui, perché si era appena resa conto che quel
momento
era durato troppo poco.
Fu Sturgis a ritrarsi per
primo, assumendo l'espressione di chi, anche se con poca
lucidità,
aveva appena realizzato di aver compiuto un gesto che da sobrio non
si sarebbe mai azzardato a fare.
Emmeline stava ancora
cercando di riprendersi dalla tempesta di emozioni che le si era
scatenata dentro, quando guardò accanto a sé e
vide un Patronus a
forma di toro che conosceva fin troppo bene.
« Vance » la apostrofò
il Patronus con la voce di Malocchio, che non sarebbe potuto capitare
più a sproposito. « Molla tutto e raggiungimi al
Ministero. Mi
serve una mano. Ho mandato Dedalus a sostituirti nella ronda.
»
Dal tono di voce non
sembrava un'emergenza, ma Emmeline non poteva non rispondere alla
chiamata, anche se per lei fu difficile alzarsi da quel ceppo
d'albero, dopo quello che era appena successo e che le sembrava
ancora incomprensibile. Perché lei fino a quel momento era
stata
convinta di non ricambiare i sentimenti di Sturgis. O sì?
« Devo andare » mormorò
con voce rauca, scattando in piedi senza riuscire a guardarlo in
faccia. Ma si ritrovò a desiderare di nuovo il contatto con
le sue
labbra e il calore sul proprio viso quando lui lo aveva preso tra le
mani.
« Ok... » esalò
Sturgis, forse ancora più sconvolto di lei.
Emmeline fece un paio di
passi indietro e poi gli voltò le spalle, ma non
avanzò oltre. Non
poteva lasciarlo così, e non lo voleva salutare in quel modo
ambiguo. Era sempre stata una ragazza estremamente razionale, e non
capire cose le stesse succedendo la mandava in crisi. Ma i sentimenti
che provava le dicevano tutti la stessa cosa, e non aveva bisogno di
pensarci su per capire.
Quel pensiero la indusse
a ricordare come si era sentita quando si era ritrovata di fronte a
Barty, la sera dell'attacco a casa di Dedalus: rabbia, impotenza,
repulsione, ma nient'altro. Avrebbe potuto provare le stesse cose
chiunque altro lo conoscesse da tempo.
Le era davvero passata?
Dopo tutto quel tempo, finalmente si era lasciata ogni cosa alle
spalle? Forse adesso aveva una risposta.
« Aspetta » disse
improvvisamente, voltandosi di nuovo. Sturgis era sempre lì,
in
piedi di fronte a lei, e non si era mosso neanche di un centimetro;
in qualche modo questo la rese felice.
Gli si avvicinò,
posandogli una mano dietro la nuca e costringendolo ad abbassarsi,
perché era davvero troppo alto per lei. Lo sentì
trattenere il
respiro ancora una volta, e lo baciò di nuovo, stavolta
senza
esitazioni.
Superato un momento
iniziale di paralisi, Sturgis iniziò a ricambiare. Non era
mai stata
baciata in quel modo: lui non aveva alcuna fretta, come se volesse
godersi quell'attimo fino in fondo.
Quando si separarono,
Emmeline percepì ogni parte di sé che se ne
rammaricava. Di colpo,
tutti i suoi dubbi si erano volatilizzati, e al momento non le
interessava darsi delle risposte.
« Ne parliamo domani »
gli disse. Avrebbe avuto tutta la notte per riflettere e capire.
Quello non era il momento per grandi discorsi.
« Domani » convenne
lui, confuso ma sorridendo a sua volta.
***
« Harry Potter ».
Severus alzò lo sguardo
sul Signore Oscuro, per una volta incapace di nascondere il proprio
sgomento. Non osò aprire bocca, ma un sudore freddo aveva
già
iniziato ad imperargli la fronte.
« È
lui il bambino di cui parlava quella profezia. Ormai non ho
più
dubbi ».
Un senso d'impotenza
misto a qualcosa di molto simile al panico s'impossessò di
Severus.
Non poteva essere, non aveva alcun senso...
« Mio Signore, se mi è
concesso, trovo che Potter sia meno probabile di Paciock.
Quest'ultimo è un... »
« Purosangue, lo so »
lo interruppe Voldemort con un tono annoiato. La sala era vuota, a
parte loro due, e l'eco delle sue ultime parole rimbombarono contro
le pareti, facendo rabbrividire il Mangiamorte inginocchiato di
fronte a lui.
« E allora perché...? »
balbettò, ma fu interrotto di nuovo.
« Fai troppe domande,
Severus Piton. Credimi, ho le mie buone ragioni per ritenere che si
tratti del figlio dei Potter. È lui che devo uccidere, prima
che
diventi abbastanza grande da crearmi problemi ».
Severus a quel punto si
sentì sprofondare chilometri e chilometri sotto terra. Il
tono di
Voldemort era più che definitivo, e aveva già
emesso la sentenza di
morte. Non sarebbe mai riuscito a convincerlo del contrario.
Strinse i pugni,
terrorizzato. Avrebbe ucciso anche Lily... e tutto perché
lui gli
aveva riferito la profezia.
Si impose di non perdere
il controllo. Aveva temuto quel momento per settimane, ma aveva
cercato di convincersi che sarebbe andato tutto bene, che il Signore
Oscuro avrebbe scelto Paciock, che non c'era alcun motivo al mondo
per il quale avrebbe potuto decidere di uccidere il figlio di Lily.
Ma in fondo lo aveva sempre sospettato: Harry Potter era un
Mezzosangue e, anche se Severus faceva finta di non averlo intuito,
Lord Voldemort non era affatto un Purosangue. Era come Harry, e come
lui. Severus non capiva fino a che punto quel dettaglio avesse
importanza, ma per il Signore Oscuro evidentemente ne aveva molta.
« Puoi andare » lo
congedò Voldemort.
Ma Severus non si mosse.
Una forza invisibile lo costrinse a rimanere lì, come
inchiodato al
pavimento di pietra. Poi, prima di poter soltanto pensare,
parlò con
un tono di supplica.
« Mio Signore, vi
prego... »
« Che cosa c'è, Piton?
»
Voldemort sembrava
irritato. Severus non aveva mai disobbedito ai suoi ordini; nessun
altro Mangiamorte aveva mai osato farlo. E adesso quel ragazzo se ne
stava lì di fronte a lui, nonostante lui gli avesse detto di
andarsene. Severus sapeva che quell'affronto sarebbe potuto costargli
caro, ma niente era più terribile di fronte a ciò
che sarebbe
potuto accadere se non avesse compiuto almeno un tentativo.
Si inginocchiò, nella
vana speranza che questo potesse placare l'ira del suo Signore.
« So di non averne il
diritto, ma vi chiedo solo un favore... » esordì,
con la voce che
tremava.
« Un favore? »
« No, intendevo... una
richiesta ».
« Vai avanti ».
Il tono di Voldemort era
piatto, così lui continuò.
« Risparmiate la madre
».
Seguì un silenzio
assordante. Severus non ebbe neanche il coraggio di guardarlo.
Sentiva lo sguardo di Voldemort che lo fissava, ma per una volta non
gli importava di fare una pessima figura. E improvvisamente
capì che
Lily contava più di ogni altra cosa.
« La madre? Perché
dovrei risparmiarla? È una Sanguesporco » rispose
il Signore
Oscuro.
Severus si sentì mancare
il respiro e ansimò.
« Vi supplico... »
« Piton, dimmi che non è
come sembra » lo avvertì. Ma quando non ottenne
risposta, emise
quella che sembrava una risata raggelante, che lo fece tremare dalla
testa ai piedi. « Mi meraviglio di te, Severus. Proprio tu ti
sei
invaghito di una donna inferiore ».
Severus aveva la mascella
serrata, ma quell'affermazione gli fece male, perché gli
ricordava
il momento in cui aveva perso Lily per sempre, quando era stato
proprio lui a trattarla da donna inferiore.
« Il mondo è pieno di
ragazze Purosangue migliori di lei. Che ha di tanto speciale?
»
« Per favore... »
« Finiscila con i
piagnistei, sei un Mangiamorte, fino a prova contraria ».
Severus tacque. Non gli
importava di umiliarsi. Credeva di essere sul punto di impazzire.
Voldemort doveva assolutamente ascoltarlo.
« Ho solo questa
richiesta da farvi, mio Signore » disse in tono piatto.
« Non
chiedo altro ».
« E cosa vorresti fare,
una volta che avrò ucciso suo figlio e suo marito? Vuoi
averla tutta
per te? Vuoi mescolare il tuo sangue di mago con una lurida
Sanguesporco? »
Severus non osò neanche
pensare a quella possibilità, anche se in passato l'aveva
accarezzata molte volte... ma erano solo fantasticherie senza senso.
« No, ve lo giuro. Mi
basterà che resti in vita » balbettò.
Voldemort tacque per
alcuni eterni istanti, durante i quali Severus si sentì
perennemente
sull'orlo del baratro e si rese conto che la sua vita dipendeva dalla
decisione che il Signore Oscuro avrebbe preso.
« Il Signore Oscuro è
misericordioso, e per questa volta proverò ad accontentarti
» disse
infine, e Severus si sentì improvvisamente rinascere.
« Vi ringrazio... »
« Ma » lo interruppe
lui, « il resto dipenderà da lei. Le
darò la possibilità di
vivere, questo sì. Ma se sceglierà di proteggere
suo figlio e di
contrastarmi, allora sarò costretto a ucciderla ».
Tutto il sollievo che
aveva provato per una frazione di secondo svanì come era
arrivato,
lasciando posto ad un panico cieco.
Quasi non udì le parole
di congedo del Signore Oscuro, perché si era reso conto che
Lily non
avrebbe mai scelto di vivere, lasciando morire Harry. Non lo avrebbe
fatto con nemmeno con un estraneo, a maggior ragione col suo unico
figlio. Sarebbe morta, Voldemort l'avrebbe uccisa e la vita di
Severus sarebbe finita. Non poteva permettere che la uccidesse.
E di colpo gli rimase
un'ultima, unica possibilità.
Non sapeva se sarebbe
stata una buona idea, se avrebbe funzionato o se lo avrebbe
condannato a morte certa, ma non poteva sprecarla. Teneva troppo a
Lily per non fare nulla.
Quando voltò le spalle a
Voldemort per uscire dal freddo salone semibuio, aveva già
deciso di
provarci.
« E tu che cosa mi
darai in cambio, Severus? »
« In... in cambio? »
Guardò
Albus Silente, e per un lungo istante non seppe cosa dire. Avrebbe
dovuto smettere di essere un Mangiamorte e lavorare per lui anche se
non lo desiderava affatto. Non voleva rinunciare ai suoi sogni di
gloria, né voleva smettere di praticare le Arti Oscure. La
sua vita
sarebbe cambiata per sempre, lo sapeva, ma in gioco c'era la vita di
Lily e, se voleva salvarla, avrebbe dovuto rinunciare a tutto. E,
dopo qualche istante di esitazione, rispose.
« Qualunque cosa ».
Salve! Un po' tardi, ma
alla fine ho pubblicato.
Era ora che
Emmeline si decidesse, eh? Meno male che c'è Malocchio a
rendere le cose imprevedibili e a rovinare sempre i bei momenti altrui pur di liberarsi di Dedalus per
cinque minuti! Prima o poi Sturgis lo farà fuori, altro che
Mangiamorte... XD
Per chi non se lo
ricorda, Miriam Strout è quella Guaritrice iperprotettiva
che fa da mamma ad Allock al San Mungo. Damocles Belby invece
riuscirà davvero a fare qualcosa di utile, perché
inventerà la Pozione Antilupo. Al momento non ci
è ancora arrivato, ma posso immaginare che abbia iniziato
proprio dopo un'esperienza così brutta.
Sono diventata incapace di scrivere su Severus xD Non riesco proprio a
capire perché, ma appena provavo a scrivere questa scena mi
bloccavo. Forse perché si è scritto tanto sulla
sua decisione di voltare le spalle a Voldemort, e mi sembra di ripetere
sempre le stesse cose, o forse perché a mio parere il momento
in cui ha chiesto di risparmiare solo Lily è stato quello in
cui ha dato il peggio di se stesso... ma andava inserita. Prima o poi
gli dedicherò più spazio... *lo aggiunge alla
lista ormai chilometrica*
Credo di aver detto
tutto... Il prossimo capitolo sarà pubblicato a fine agosto.
Ciao a tutti!
Julia
|
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Capitolo 49 *** Sapeva troppo ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 49
Sapeva troppo
«
E lo hai mollato lì,
in compagnia di Dedalus Lux? »
Dorcas sembrava
divertirti un mondo, e Rachel rideva a sua volta, mentre Emmeline non
sapeva se giustificarsi o assecondarle. In effetti, da un certo punto
di vista era divertente immaginare come fosse stata la ronda intorno
a Hogwarts dopo che lei se n'era andata, tra Dedalus che cercava di
fare conversazione con le sue stramberie e Sturgis che non era
nemmeno in grado di capire se quel che era successo fosse reale o
solo frutto della sua sbronza.
«
Sì, be', non potevo
ignorare Malocchio » bofonchiò, nascondendo
l'imbarazzo con un
sorso di Acquaviola.
« Il
tempismo di Alastor
è impareggiabile. Dovremmo legarlo e imbavagliarlo per
impedirgli di
rovinare certi momenti » continuò Dorcas, sempre
più divertita.
« In
realtà è stato
utile. Se fossi rimasta lì non avrei saputo cosa fare...
Insomma,
fino a quel momento credevo di non provare nulla per Sturgis, e poi
è
cambiato tutto all'improvviso ».
« Forse te
ne sei
accorta solo in quell'istante. Ogni tanto è un bene
lasciarsi andare
senza pensare: potresti fare la cosa giusta più di quando
pretendi
di avere tutto sotto controllo » ribatté Rachel.
Le porse il piatto
che aveva accanto a sé. « Uno zuccotto?
»
Emmeline
accettò
l'offerta e ne prese uno. Sebbene avesse avuto tutta la notte per
pensare alla sera prima, si sentiva ancora piacevolmente frastornata.
Per fortuna quello era il suo giorno libero e non doveva andare al
corso per Auror. Sturgis tuttavia aveva il turno al San Mungo fino a
quel pomeriggio, e l'attesa stava diventando snervante. Così
aveva
accettato volentieri l'invito a pranzo di Dorcas: era un'occasione
per distrarsi.
« Quando vi
vedete? »
chiese la padrona di casa.
« Alle
cinque ai Tre
Manici di Scopa » rispose Emmeline, e per l'ennesima volta
dall'inizio della giornata guardò l'orologio con impazienza.
« Siamo
contente per te.
Sturgis è più in gamba di quanto sembra, e voi
due insieme starete
benissimo ».
« Grazie,
Dorcas »
disse Emmeline, senza riuscire a smettere di sorridere. Era da tanto
tempo che non si sentiva così felice. Non le sembrava vero.
Poi le
tornò in mente la
conversazione che Rachel e Dorcas stavano facendo quando lei era
arrivata.
« Di cosa
stavate
parlando prima che vi raccontassi di Sturgis? »
domandò.
« Oh...
»
« Rachel
è stata
costretta a lasciare il lavoro » rispose Dorcas, tornando
improvvisamente seria.
Emmeline
sgranò gli
occhi.
« Come mai?
»
Rachel alzò
le spalle,
cercando di apparire più a suo agio di quanto non fosse in
realtà.
« I
Mangiamorte hanno
cercato di uccidere Sirius per stanare Regulus. Non mi sembrava
saggio dare loro la possibilità di farmi fuori, visto che il
Ministero è pieno di Mangiamorte. Tutto qui... »
« E tu cosa
ne pensi? »
« Non sono
molto
contenta, questo è ovvio. Mi piaceva fare l'Obliviatrice...
ma non
voglio farlo pesare, anche se Regulus si sente in colpa lo stesso
».
Emmeline le
versò
dell'altra Acquaviola nel bicchiere.
« Quando
finirà la
guerra potrai riprendere da dove hai iniziato, non abbatterti
»
disse Dorcas con fare incoraggiante. « Dopotutto non sei la
prima ad
essere stata costretta a dare le dimissioni. Parecchi miei colleghi
rimangono a casa, e alcuni di loro non hanno nemmeno un motivo
valido, se devo essere sincera ».
« Non posso
biasimarli »
intervenne Emmeline. « Ormai nessun posto è
sicuro. Avete sentito
della morte di Karkaroff? »
« Eccome.
Non ci si
capisce nulla » disse Rachel, perplessa.
« Il suo
omicidio sarà
servito di monito nei confronti degli altri Mangiamorte catturati
»
commentò Dorcas. « Mi chiedo solo chi potrebbe
essere stato. »
« Molte
persone tra
quelle che abbiamo intorno hanno il permesso di accedere ad Azkaban
»
rispose Rachel, scuotendo la testa con aria sconsolata.
A tutte e tre di
Karkaroff importava poco, ma erano ugualmente preoccupate da quanto
lontano Voldemort poteva arrivare.
« Non
rovinatevi il
pranzo per una persona squallida come Karkaroff » intervenne
Dorcas,
che al momento sembrava fin troppo di buon umore per avere voglia di
affrontare una conversazione del genere. « Questo succo di
zucca è
ottimo. Dovrei comprarlo più spesso. »
Emmeline e Rachel si
scambiarono un'occhiata eloquente. La prima non vedeva Dorcas
così
serena da tantissimo tempo; Rachel invece non l'aveva mai vista
così.
« Sono
contenta che tu
sia tornata con Gideon » le disse, mentre iniziava a
mangiare. «
Ancora mi chiedo come mai hai aspettato tanto. »
Dorcas alzò
le spalle,
sospirando.
« Paura di
vivere,
immagino » ammise. « Ma la versione ufficiale
è che mi diverte
tenerlo sulle spine. »
Le altre due
ridacchiarono.
« Sei
tremenda »
commentò Emmeline, ma il commento seguente di Dorcas le fece
scivolare via il sorriso:
« Anche tu
hai tenuto in
sospeso Sturgis per secoli, quindi taci. »
Emmeline rise, ma in
quel
momento qualcuno bussò alla porta. Tese come erano per via
della
guerra, sobbalzarono sulle rispettive sedie.
Dorcas si
alzò in piedi.
«
Tranquille, credo di
sapere di chi si tratta » disse. Andò alla porta
e, dopo alcuni
istanti, la sentirono commentare. « Come pensavo ».
Lei e Gideon si
chiusero
la porta alle spalle ed entrarono nella sala da pranzo.
« Sei
così appiccicoso
da non riuscire a stare lontano da me neanche un giorno, vero?
» lo
provocò Dorcas.
Lui
ridacchiò,
divertito, salutando le altre due.
« Ma
figurati. In realtà
sono andato al Ministero per una faccenda da sbrigare... Non mi fido
molto dei miei colleghi, sono così pigri che devo spronarli
continuamente. Ma visto che ora ho fatto quel che dovevo e sono nei
paraggi, ne approfitto per farti una proposta. »
« Sentiamo
» fece lei.
« Oggi
andiamo al
cinema. Ho anche imparato a prenotare i biglietti con il telefono.
»
« Sono
davvero fiera di
te » commentò lei, colpita. « Purtroppo
non... »
« Non puoi
rifiutare!
Stavolta ho detto a Fabian di non fare il terzo incomodo e di
lasciare casa libera. Credo che andrà a dormire da Molly.
»
Rachel ed Emmeline si
sforzarono di fare finta di nulla, ma Dorcas notò le loro
espressioni divertite e le fulminò con lo sguardo.
Così si
costrinsero a fingere di parlare tra di loro.
« Hai idea
di cosa sia
un cinema? » chiese Emmeline.
«
Stranamente sì »
rispose l'altra, evidentemente fiera di conoscere per una volta un
lato del mondo Babbano. « Ne ho visto uno in televisione.
Sono delle
stanze in cui fanno vedere su un enorme schermo delle fotografie
magiche che durano un paio d'ore. »
« Ma non mi
dire... »
commentò Emmeline, stupita.
Intanto, Dorcas aveva
interrotto i programmi di Gideon.
« Gideon
credimi, sapere
che Fabian ha smesso di partecipare come terzo incomodo alle nostre
cene mi rende davvero felice, anche se sono sempre più
decisa a
trovargli una ragazza così che la smetta definitivamente. Ma
oggi
non posso proprio. »
Lui sembrava deluso.
«
Perché? »
« Devo
vedere quella mia
collega per la cosa di cui ti ho parlato qualche giorno fa...
È
importante. Non so quanto ci metterò, ma oggi pomeriggio non
posso
venire al cinema. »
All'improvviso, Gideon
si
fece serio anche se, quando notò gli sguardi perplessi delle
altre
due ragazze, cercò di fare finta di niente.
« Oh, va
bene... allora
facciamo domani? »
Dorcas alzò
le spalle.
« Vedremo.
Ma forse oggi
per la cena ce la faccio. »
Lui fece un sorriso
che
tuttavia svanì quasi subito. Sembrava davvero preoccupato.
« Senti,
vuoi che venga
con te? Dalla tua collega, intendo ».
Lei scosse la testa.
« Non ho
bisogno di una
guardia del corpo, so badare a me stessa anche da sola! »
« Dobbiamo
preoccuparci?
»
Dorcas si
voltò verso
Rachel ed Emmeline, a loro volta sospettose.
«
Assolutamente no.
Ignorate Gideon, sta diventando più iperprotettivo di sua
sorella ».
« Ma...
»
« Vado a
prendere
qualcos'altro da bere » tagliò corto Dorcas, prima
che loro
potessero farle altre domande.
Gideon colse gli
sguardi
perplessi delle due ragazze, e sospirò.
« Deve fare
sempre di
testa sua ».
« Ma di cosa
si tratta?
»
« Credetemi
» rispose
Dorcas stessa, affacciandosi nel salotto. « Meno ne sapete,
meglio
è. Ne riparleremo quando l'operazione si sarà
conclusa. Ora però
non ne voglio parlare. In questi casi, la segretezza è
essenziale ».
***
Quel pomeriggio,
Dorcas
stava percorrendo una strada suburbana di Londra, alla fine della
quale si trovava la casa della sua collega.
Agli altri non l'aveva
fatto capire, ma anche lei era preoccupata. Althea non era mai
mancata un solo giorno lavorativo da quando era membro del
Wizengamot, e probabilmente anche da prima. La sua assenza prolungata
doveva avere qualche motivo serio. Ma Dorcas doveva assolutamente
parlarle. L'Ordine della Fenice sapeva bene che il Ministro Bagnold
fosse circondato da Mangiamorte infiltrati, ma nemmeno loro poteva
fare nulla contro personalità così importanti, a
meno di avere
l'appoggio di qualche membro altrettanto importante del Wizengamot.
Ma per convincerne almeno uno, servivano delle prove. E Dorcas quel
giorno le aveva.
Althea Bishop abitava
vicino Bristol, in una casa a due piani circondata da una fitta
siepe. Il sole stava già tramontando quando Dorcas vi si
Materializzò davanti e alzò lo sguardo verso le
finestre. Una luce
al piano superiore era accesa.
Dorcas
scavalcò la siepe
e percorse il vialetto che conduceva alla porta d'ingresso, poi
suonò
il campanello.
Dopo alcuni secondi,
fu
proprio Althea ad aprirle. Aveva solo dieci anni più di lei,
ma le
occhiaie e l'aspetto malaticcio la facevano sembrare molto
più
anziana. Era sempre stata una persona attiva, e stare in casa per
molti giorni non le faceva un buon effetto.
« Dorcas,
è un piacere
vederti » le disse, con un sorriso smagliante. Non era
normale,
visto che sorrideva raramente. Anzi, al momento sembrava piuttosto
nervosa.
« Stai
proprio messa
male » commentò Dorcas, senza mezzi termini.
«
Già, una brutta
influenza. Ho avuto la febbre molto alta, ma adesso sono guarita, non
preoccuparti. Puoi entrare senza problemi. »
« Perfetto.
Devo farti
leggere questi documenti per forza » rispose Dorcas, mettendo
piede
nell'ingresso.
Althea tuttavia le
aveva
fatto spazio con molta riluttanza, ma poi chiuse la porta.
« Allora,
questi qui...
» iniziò a dire Dorcas, ma le parole le morirono
in gola quando
notò qualcosa di strano. Althea era davvero pallida e, anche
se
tentava di sorridere, i suoi occhi sbarrati sembrava che le stessero
dando qualche avvertimento. « Va tutto bene, a parte la
febbre? »
« Oh
sì, certo! Sai che
sono iniziati i saldi da Madama McClan? Vorrei poterci andare, ma
sono bloccata qui dentro, purtroppo... »
In un baleno la mano
di
Dorcas andò a chiudersi intorno alla bacchetta. Althea si
vestiva
sempre con abiti passati di moda da decenni, ed era la persona meno
interessata alle svendite di abbigliamento dell'intero mondo magico.
«
Già, stavo pensando
di andarci anche io » disse, mentre con lo sguardo cercava di
comunicarle i propri sospetti.
Althea
annuì, ma si
morse il labbro, come se stesse lottando contro qualcosa o qualcuno
che le impediva di comportarsi come avrebbe voluto. Sembrava in preda
ad una lotta interiore, come se stesse cercando di resistere ad una
Maledizione Imperius...
Dorcas estrasse la
bacchetta, pronta ad attaccare.
« Chi altri
c'è qui
dentro? » le chiese, tesa.
Prima che Althea
potesse
rispondere, fu sbalzata contro la parete, dalla quale fuoriuscirono
delle funi che andarono a legarle i polsi, impedendole di muoversi.
« Scappa!
» le urlò,
ma Dorcas non le diede retta. Non avrebbe mai lasciato una persona in
pericolo.
« Siete
Mangiamorte,
vero? Uscite fuori e affrontatemi da uomini, invece di nascondervi
come ratti » disse Dorcas in tono di sfida. Non riusciva a
vederli,
ma dovevano essere nascosti lì da qualche parte, quindi
continuava a
guardarsi intorno.
« Come vuoi
» rispose
una voce che la fece rabbrividire nel profondo.
In un angolo alla sua
destra l'aria s'increspò, poi un'unica figura alta e vestita
di nero
si fece avanti.
Dorcas si
sentì invadere
dal panico. Non era un semplice Mangiamorte.
Era Voldemort in
persona.
Anche se avesse
voluto,
Dorcas non avrebbe smesso di fissare quegli occhi iniettati di sangue
che la soppesavano attentamente. Si morse il labbro per impedirgli di
tremare, non davanti a lui.
Poi Voldemort
parlò, e
lo fece con la stessa voce sibilante di prima, che la fece
rabbrividire di nuovo.
« Iniziavo a
pensare che
non saresti mai arrivata » disse. « Dorcas
Meadowes. Sei stata una
spina nel fianco per troppo tempo. Hai commesso un grosso errore
quando hai fatto arrestare molti dei miei seguaci. »
A Dorcas sudavano le
mani, ma si sforzò di mantenere una presa salda sulla
propria
bacchetta. Non ci voleva molto per capire che Voldemort era
lì per
lei. Per un attimo valutò le proprie possibilità.
Non si sarebbe
sottratta al combattimento, ma sapeva anche che il suo avversario era
sempre stato imbattuto. Perciò, se doveva morire, voleva
farlo a
modo suo.
«
È
stato un vero piacere » rispose, in tono di sfida.
« Mi auguro che
i tuoi cagnolini si godano il soggiorno ad Azkaban. »
Althea
scoppiò a
piangere, urlandole avvertimenti misti a scuse. Dorcas avrebbe voluto
dirle di tacere, ma non voleva deconcentrarsi neanche per un istante.
Voldemort sogghignò. Il suo sguardo emanava intenzioni
omicide.
« Sei in
gamba, lo
ammetto. Saresti stata un'ottima Mangiamorte. È un peccato
che debba
ucciderti. Tu però potrai considerare una sorta di omaggio
il morire
per mano mia. Pochi hanno questo privilegio. »
« Sono
talmente
lusingata che potrei svenire » rispose Dorcas, gelida.
« Allora
combattiamo. O
preferisci chiamare in aiuto i tuoi amici? In fondo a voi dell'Ordine
basa evocare un Patronus. »
La stava provocando.
Dorcas strinse i pugni e serrò i denti, decisa a non
emettere
neanche un suono. Non avrebbe potuto chiedere aiuto, perché
lui non
le avrebbe dato neanche il tempo di emettere un suono.
«
È me che vuoi,
giusto? » sbottò.
« Sei tanto
superba da
credere di potermi sconfiggere, questa notte? Ma il Signore Oscuro
non può essere ucciso. »
Dorcas
mascherò il
terrore che provava con una smorfia sarcastica.
« Mi
dispiace deluderti,
ma sei mortale quanto me. »
« È
qui che ti sbagli. »
In quel momento
capì che
il tempo delle chiacchiere era finito.
« Avada Kedavra!
»
Pronunciarono le
stesse
parole nel medesimo istante. Due fiotti di luce verde partirono dalle
rispettive bacchette e si scontrarono, rimbalzando in direzioni
opposte senza colpire nessuno dei due.
Dorcas si
preparò al
contrattacco, ma la mossa successiva di Voldemort la colse di
sorpresa. Di colpo sentì il pavimento franarle sotto i
piedi. Per
fortuna, la sua agilità e i riflessi scattanti la salvarono,
facendola rotolare di lato un attimo prima che il marmo e le intere
fondamenta si spaccassero, creando una voragine che l'avrebbe
ingoiata.
Dorcas
sentì Althea
chiamare il suo nome. Rotolò di nuovo su un fianco, per
evitare
un'altra maledizione. Rovesciò il tavolo e lo usò
come barriera
protettiva, anche se sapeva che non sarebbe servito a molto contro
Voldemort. Ma almeno le permise di rialzarsi senza essere colpita.
Alzò la
bacchetta e
lanciò delle sfere infuocate verso il suo avversario. Le
prime due
lo mancarono, altre due lui le rimandò indietro, ma l'ultima
lo
colpì. Approfittando del momento in cui lui spegneva le
fiamme che
avevano iniziato a lambire la sua veste, provò a disarmarlo,
ma
Voldemort fu ugualmente più veloce.
Dorcas era
già in
posizione di attacco e non ebbe il tempo di spostarsi quando fu
colpita da una luce blu elettrico. Cadde per terra, piegata in due da
un dolore lancinante all'altezza dello stomaco. Non perdeva sangue,
ma era sicura che si trattasse di un'emorragia interna.
Cercò di
respirare, ma
ogni volta che inspirava provava un dolore intensissimo. La sua vista
si era già annebbiata, ma ciò non le
impedì di vedere Voldemort
che con un colpo di bacchetta scagliava via il tavolo che gli
intralciava il passaggio, pronto a farla finita.
Dorcas in quel momento
si
ritrovò a pensare a Gideon, e si odiò. Per tutto
quel tempo aveva
temuto di perderlo, e adesso sarebbe stata lei ad abbandonarlo per
prima. Quella mattina si erano salutati come due persone normali,
sicure di vedersi la sera stessa, ignari di quello che sarebbe
accaduto.
Gideon ne sarebbe
stato
distrutto...
Una furia cieca
s'impossessò di lei. Se doveva andarsene, voleva farlo
combattendo.
Lottando contro il
dolore
provocato dalle ferite interne e faticando a respirare, alzò
la
bacchetta contro di lui e sussurrò di nuovo l'Anatema che
Uccide.
Ma non
funzionò. Era
troppo debole e l'unica cosa che uscì dalla punta della sua
bacchetta fu uno sbuffo di fumo verde che non lo sfiorò
nemmeno. La
forza della disperazione la spinse a gettarsi contro di lui,
afferrando la bacchetta e costringendolo a deviare l'incantesimo. Ma
poi Voldemort la cacciò indietro, mandandola a sbattere
contro lo
spigolo di un mobile, e Dorcas divenne incapace di reagire, intontita
dal colpo alla testa.
La sua ultima sfida fu
continuare a guardarlo dritto negli occhi mentre Voldemort la
uccideva.
Quando aveva visto
Dorcas
crollare a terra come una bambola di pezza, l'altra donna era
scoppiata in lacrime, singhiozzando una serie di insulti nei
confronti del suo assassino. Voldemort la ignorò, troppo
intento a
gustarsi quella vittoria e a fingere di non sentire il dolore delle
ustioni che il combattimento gli aveva provocato.
Dorcas Meadowes era
stata
un'avversaria temibile, ma adesso si era finalmente liberato anche di
lei. Quello era un gran passo avanti nella guerra, pensò.
Poi i gemiti e gli
schiamazzi della donna lo infastidirono a tal punto che, senza
degnare più di uno sguardo il corpo della sua vittima, si
voltò
verso la Bishop e le puntò la bacchetta al collo, facendola
ammutolire all'istante.
« Mi stai
davvero
annoiando. » le disse, minaccioso. « Non mi
è piaciuto il tuo
tentativo di opporti all'Imperius di Lestrange. E nemmeno questo
mi è piaciuto. »
Individuò i
documenti di
Dorcas, per terra accanto al cadavere, e li incenerì con un
pigro
colpo della bacchetta.
La donna ansimava,
terrorizzata, ma era talmente sotto shock da non stare attenta a
quello che diceva.
« Uccidi
anche me,
avanti! Sono giorni che mi tenete prigioniera qui dentro, e ora mi
hai resa tua complice di... di questo! » esclamò,
incapace di
guardare Dorcas.
Voldemort
affondò la
bacchetta ancora di più, facendole trattenere il respiro.
« Potrei
farlo. Ma ti
lascerò vivere. Voglio che ci sia qualcuno a testimoniare
cosa
succede a chi mette i bastoni tra le ruote al Signore Oscuro.
Racconta agli Auror e all'Ordine della Fenice che neanche i
più
forti di loro possono vincere contro di me. Racconta loro di come
fosse sicura di potermi sconfiggere, e di come fosse vana la sua
convinzione. Nessuno può sconfiggermi. »
E, dopo averle
accuratamente cancellato tutti i ricordi riguardanti l'indagine di
cui lei e Dorcas si erano occupate negli ultimi mesi, la
lasciò
così, a fissare tremante il Marchio Nero che incombeva sulla
sua
casa.
***
Fabian era accorso non
appena gli era giunta la notizia. Quando entrò nel quartier
generale, aveva la sensazione che qualcuno gli avesse legato delle
pesanti catene ai piedi, talmente poca era la forza che possedeva in
quel momento. Non era nemmeno sicuro di avere le energie necessarie a
rendersi davvero conto di quel che era successo. Spezzoni di frasi e
parole senza senso vorticavano nella sua mente senza sosta.
Dorcas.
Morta.
Voldemort.
Se era un incubo,
Fabian
voleva svegliarsi al più presto. Conosceva Dorcas dai tempi
della
scuola. Era sua amica. Non poteva essere successo davvero. Dorcas non
poteva essere morta: era la più tosta di tutti, una delle
colonne
portanti dell'Ordine della Fenice... ma era stato Voldemort in
persona a ucciderla.
L'atmosfera al
quartier
generale non era migliore. Da un lato, Malocchio, Dedalus e Elphias
parlavano sottovoce tra di loro, con toni cupi e sconsolati. Emmeline
era letteralmente scoppiata in lacrime e Sturgis cercava invano di
consolarla, anche se non stava meglio di lei. Rachel era affacciata
alla finestra e singhiozzava in silenzio. Tutti gli altri erano
pallidi e ammutoliti dallo shock.
Ora tutti lo
guardavano
con sguardi incerti e interrogativi. A Fabian bastò
un'occhiata per
capire che la persona che più gli premeva di vedere in mezzo
a quel
gruppo non era presente. Improvvisamente un brivido gelido gli
percorse la schiena.
« Gideon
è scomparso »
annunciò, la voce rotta dall'angoscia. « Non ho
idea di dove sia ».
***
Era una giornata
ordinaria, al Ministero. I soliti dipendenti percorrevano i soliti
corridoi facendo i soliti discorsi. Alcuni vociavano, altri si
scambiavano le ultime notizie in tono concitato o lugubre.
Lui non li vedeva
nemmeno, anche se ogni tanto lo sguardo della donna che aveva amato
lo attirava dalle fotografie sulle prime pagine dei giornali,
trafiggendolo come lame incandescenti. Faceva troppo male, quindi
abbassava lo sguardo e tirava dritto, lungo quel corridoio di
chissà
quale livello – ricordava a mala pena dove si trovasse.
L'uomo camminava
qualche
metro davanti a lui. Il mantello color porpora che ondeggiava alle
sue spalle dritte, il mento all'insù e l'atteggiamento
sicuro di sé
fecero provare una furia cieca al suo pedinatore.
«
Si sentono al
sicuro perché sono maghi importanti, e nessuno oserebbe
denunciarli
»,
gli aveva detto lei qualche giorno prima, mentre la stringeva
tra le braccia. « Credono di potersi
permettere di fare gli
spavaldi e di continuare a controllare la Bagnold come dei burattinai
».
«
Dimmi almeno i nomi
», le
aveva fatto eco lui.
«
No, è una faccenda
tra me a Althea ».
«
E dai! »
«
Non ne sono sicura
nemmeno io! Posso dirtene solo uno: Selwyn ».
« Selwyn
».
Gideon lo
mormorò tra
sé, stringendo la bacchetta nel pugno e facendosi quasi
dolere la
mano. Era l'unico nome che aveva, forse l'unico che avrebbe mai
avuto. Tutte le altre prove erano ormai ridotte in cenere. Ma non
avrebbe reso vano tutto il lavoro di Dorcas.
Almeno
uno di questi
bastardi deve finire ad Azkaban.
Selwyn
entrò nel bagno
degli uomini. Gideon lo seguì un istante dopo.
Prima che il
Mangiamorte
potesse voltarsi e salutarlo con uno dei suoi soliti sorrisi di
circostanza, Gideon lo afferrò per i capelli e gli
strattonò la
testa, mandandola a cozzare violentemente contro il muro del bagno.
Selwyn urlò
per il
dolore.
« Che
stai...? » gridò,
ma Gideon gli puntò la bacchetta alla gola.
« Dimmi i
nomi di tutti
gli altri! » intimò.
« Gli altri
chi? Ahi! »
Gideon gli aveva
assestato un pugno tra le costole. Il Mangiamorte rimase per alcuni
istanti senza fiato.
« I
Mangiamorte dei
piani alti, quelli che circondano la Bagnold insieme a te! Dimmelo o
giuro che non esci vivo da questo bagno ».
Ma Selwyn
reagì. Gideon
fu colpito a sua volta da un pugno alla bocca dello stomaco e fu
costretto a ritrarsi, permettendo al Mangiamorte di divincolarsi. Poi
iniziò la colluttazione.
Ben presto il bagno fu
invaso da incantesimi e fatture che rimbalzavano sulle pareti,
distruggendo le porte dei cubicoli e mandando in frantumi gli specchi
e i lampadari.
Gideon non sentiva
nemmeno la fatica, tanto era concentrato. Una fattura di Selwyn lo
ferì ad un braccio, ma lui non se ne accorse. Non faceva
neanche
lontanamente male quanto il pensiero che non avrebbe mai più
potuto
rivedere Dorcas.
La forza della
disperazione era l'unica cosa che gli permetteva di continuare. Non
avrebbe permesso che tutti quelli che lei aveva cercato di incastrare
se la cavassero. Almeno Selwyn doveva pagare. Poco importava se era
stato Voldemort a ucciderla. Doveva continuare a combattere, o
sarebbe impazzito dal dolore.
La porta del bagno di
spalancò: qualcuno doveva aver sentito tutto quel fracasso.
Gideon
non accennò a smettere.
« Confessa!
» urlò al
Mangiamorte, che ormai sembrava quasi terrorizzato.
Ben due persone furono
necessarie per bloccare Gideon anche quando gli Auror ebbero portato
via Selwyn, altrimenti lui avrebbe continuato a mirare contro il suo
avversario.
« Basta,
Prewett, lo
stanno portando ad Azkaban per aggressione a tuoi danni e tentato
omicidio ».
Gideon nemmeno
riconobbe
la voce dura e aspra di Crouch, e gli parve irrilevante specificare
che in realtà era stato lui ad aggredire Selwyn;
diversamente, non
avrebbe potuto dimostrare che Selwyn era effettivamente un
Mangiamorte.
La testa
iniziò a
girargli quando smise di lottare contro chi lo stava trattenendo.
Vide Fabian arrivare di corsa, trafelato e pallido. Gideon non si
stupì quando vide quanto suo fratello soffrisse nel vederlo
ridotto
in quel modo. Lui stesso si sentiva completamente svuotato.
«
Se muori prima di
me, ti faccio tornare in vita solo per poterti uccidere personalmente
»
gli aveva detto Dorcas, quelli che sembravano secoli prima.
Stava quasi per
mettersi
a ridere per la disperazione, ma non lo fece, perché quando
vide chi
c'era dietro Fabian, trattenne il fiato.
Con uno sforzo immane,
si
alzò e si diresse verso la Bagnold, incurante dei presenti
che
Crouch e gli Auror stavano cercando di allontanare. La
afferrò per
il polso, come per impedirle di tirarsi indietro. Dorcas era morta
perché sapeva troppo. Aveva scoperto quasi tutti i nomi dei
Mangiamorte che ricattavano il Ministro della Magia e stava per
smascherarli. Ma Gideon poteva ancora fare qualcosa. Anche se non
sapeva quasi niente, poteva proseguire il lavoro di Dorcas. In quel
momento gli sembrava l'unica ragione per continuare a vivere. Non
avrebbe reso vana la sua morte.
« Ministro,
devo
parlarle » le sussurrò, quasi completamente senza
fiato.
Lei non fece domande:
il
suo tono di voce era stato abbastanza eloquente.
« Seguimi,
Prewett. No,
Malfoy, non avrò bisogno di te » aggiunse la
Bagnold, fermando
Lucius prima che li seguisse.
Quello non
osò
disobbedire, ma sembrava allarmato.
Fa
bene a
preoccuparsi, lui come gli altri, pensò
Gideon, stringendo i
pugni, ripetendo nella sua mente una promessa. La pagheranno
tutti.
Non posso credere di
averlo fatto davvero! Sono due giorni che rimando l'aggiornamento
perché non mi sentivo pronta, anche se ho avuto tempo per
prepararmi. Già
un anno fa Dorcas faceva parte della lista dei personaggi che sarebbero
sicuramente morti, quindi mi ero ripromessa di non affezionarmi troppo
a lei. Secondo voi è servito a qualcosa? No, anzi,
è
diventata una dei miei preferiti in assoluto. Come non detto...
ç____ç
Come al solito vado di corsa (questo periodo incasinato
finirà mai?). Il prossimo aggiornamento sarà a
fine settembre, poi credo che ricomincerò ad aggiornare ogni
due settimane come prima.
Un abbraccio a tutti, e buon rientro!
Julia
|
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Capitolo 50 *** La stanza che scompare ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 50
La Stanza che Scompare
Con la morte
di Dorcas,
l'Ordine della Fenice aveva perso un punto di riferimento. Certo,
avevano ancora Silente e Alastor, ma alle riunioni la sua assenza si
notava, e pesava come un macigno sui loro stati d'animo. Nonostante
ciò, la reazione di Gideon aveva influenzato un po' tutti.
Il
maggiore dei Prewett non si era dato per vinto, tutt'altro: si
impegnava dieci volte più di prima e non restava mai un solo
istante
senza fare nulla. Ovviamente lo faceva per non impazzire,
perché
alla minima pausa sarebbe crollato, ma il suo atteggiamento aveva
indotto gli altri ad imitarlo, senza lasciarsi vincere dalla
disperazione.
Sturgis lo
ammirava, ma
non poteva fare a meno di rimpiangere il passato. Gideon non
scherzava più, e sembrava improvvisamente svuotato. Anche
Fabian
aveva smesso di fare battute; qualche volta faceva un tentativo ma
nemmeno lui credeva più che sorridere fosse davvero utile.
Dopo
tutto l'Ordine della Fenice si era dimezzato, e tutti loro ne erano
consapevoli.
Sturgis
uscì
dall'ennesima riunione con un gran mal di testa. Avevano fatto un
riepilogo delle poche confessioni che alcuni Mangiamorte di Azkaban
avevano rilasciato; Hagrid invece era riuscito a trattare con un paio
di giganti. Era stata una riunione importante ma Sturgis fu contento
di esserne uscito.
«
Sono distrutto. Per
fortuna domani è il mio giorno di riposo » disse,
lanciando
un'occhiata al proprio orologio da polso e notando senza troppo
stupore che si era fatto tardi.
«
Non hai una ronda da
fare? » gli chiese Rachel, che lo aveva seguito all'ingresso
del
quartier generale.
«
Sì, ma quella non mi
pesa affatto » confessò lui, riuscendo quasi
nell'intento di farla
sorridere per alcuni istanti, sebbene lei soffrisse quanto Emmeline
per la morte di Dorcas: entrambe ne erano diventate molto amiche.
«
Certo che no »
rispose Rachel, lanciando un'occhiata a Emmeline, che li aveva
raggiunti in quel momento, prendendo Sturgis per mano.
Lui gliela
strinse.
Qualche volta ancora non riusciva a credere di stare davvero con lei,
e il fatto che il ricordo del loro primo bacio fosse molto confuso
contribuiva a renderlo ancora più incredulo. Però
ricordava bene il
pomeriggio successivo, quando era uscito dal San Mungo e aveva
incontrato Emmeline ai Tre Manici di Scopa. Era stato il giorno
più
felice della sua vita fino a quando, quella sera stessa, la notizia
dell'uccisione di Dorcas era giunta alle loro orecchie, e il dolore
per il lutto aveva infranto l'idillio troppo presto. Ma Sturgis era
deciso a non arrendersi, non dopo tutto il tempo che aveva trascorso
ad aspettare che Emmeline si accorgesse di ricambiarlo, anche se
iniziare una storia in quella situazione era difficile. E lei gli
sembrava altrettanto motivata ad affrontare tutto questo insieme a
lui.
«
Andiamo? » disse lei,
sbadigliando. Sturgis sapeva che da qualche notte non riusciva a
dormire bene per l'angoscia, e non era l'unica, a giudicare dal
pallore di Rachel.
Stavano per
aprire la
porta quando qualcuno all'esterno li anticipò, e i tre si
ritrovarono davanti l'ultima persona che si sarebbero aspettati di
vedere.
«
Remus » disse
Sturgis, stupito. Era contento di vederlo, ma il ragazzo era sempre
più pallido e malaticcio, e un'ombra di preoccupazione
segnava il
suo volto.
«
Oh, ciao » fece
distrattamente. « Ho bisogno di parlare con Silente. Per caso
è
qui? »
« No
» rispose Rachel.
« Ma dovrei vederlo tra poco. Gli dico che sei passato?
»
«
Sì, grazie, non posso
fermarmi a lungo... James, Lily e Harry stanno bene? »
«
Che io sappia sì, ma
Sirius lo saprà meglio di me. È nell'altra stanza
» aggiunse lei,
indicando una porta alle proprie spalle.
Ma Remus
reagì in modo
strano, e Sturgis non fu il solo a notarlo.
«
Non importa. Come ho
detto prima, vado di fretta. Ci vediamo ».
E, senza
aggiungere
un'altra parola, voltò loro loro le spalle e si
allontanò per
Smaterializzarsi, lasciandoli confusi e perplessi.
« È
solo una mia impressione o anche a voi è sembrato che non
volesse
vedere Sirius? » commentò Emmeline dopo un breve
silenzio
perplesso.
«
Spero che non sia così
» fece Sturgis, sentendosi improvvisamente a disagio.
« Se quei
quattro si mettono a litigare, giuro che do di matto. Per Voldemort
sarebbe l'ennesima vittoria, e la situazione è
già insostenibile
così com'è ».
«
Credi davvero che
Voldemort c'entri qualcosa? » gli domandò Rachel.
«
Non lo so. Ma se
litighiamo tra di noi e l'Ordine si spacca, a guadagnarci saranno
soltanto i nostri nemici ».
Nessuna delle
due ragazze
commentò e anche Sturgis tacque, perché tutti e
tre si rendevano
conto che quella possibilità non era affatto remota. Tutti
gli
omicidi, sospetti e discussioni non erano altro che nuove falle nella
loro nave, che imbarcava sempre più acqua e rischiava
seriamente di
affondare.
***
Almeno questa
è una
buona notizia.
Regulus non
aveva potuto
fare a meno di pensarlo quando Silente aveva annunciato che, dopo un
lungo periodo di tentativi, era riuscito a convincere la Dama Grigia
a raccontargli cosa fosse successo tra lei e Tom Riddle, e che cosa
c'entrasse il quinto Horcrux.
«
È un oggetto storico,
come sospettavamo: il Diadema perduto di Corvonero » aveva
detto
Silente. « La Dama Grigia non è altri che Helena
Corvonero, unica
figlia della fondatrice dell'omonima Casa di Hogwarts. Si dice che il
diadema avesse il potere di stimolare l'intelletto di chi lo
indossava. Dopo averlo rubato, Helena fuggì in Albania, dove
trovò
la morte per mano del Barone Sanguinario... Sì, proprio lui
»
confermò, notando le loro espressioni di stupore.
« Il Barone
provava per Helena un amore non corrisposto, ed era stato mandato
dalla madre di lei per riportarla indietro. Ma, al suo rifiuto,
perdette la ragione e la uccise, per poi togliersi la vita a sua
volta. È una triste storia, e immaginerete quanto poco fosse
disposta a raccontarmela. Eppure Tom Riddle riuscì a farle
confessare tutto e si fece indicare anche il luogo esatto in cui
aveva nascosto il Diadema perduto. E questo ci riporta agli anni in
cui Riddle fece perdere le proprie tracce: era andato in Albania
».
Regulus si
sentì
invadere da un inusuale ottimismo.
«
Crede che il Diadema
sia ancora nascosto lì? »
Silente bevve
un sorso di
vino elfico prima di rispondere.
« Ne
dubito. Voldemort
non avrebbe mai lasciato un Horcrux in un posto che qualcun altro
–
in questo caso Helena Corvonero – ricordava perfettamente.
Eppure,
conoscendo la sua arroganza, non me la sento di escludere
completamente questa possibilità. È per questo
che andrò io stesso
in Albania. Dopotutto al momento non conosciamo altri posti in cui
cercare. Meglio partire da un luogo certo... »
« Se
ne va in Albania? »
lo interruppe Rachel, che fino a quel momento non aveva aperto bocca.
Regulus notò che anche Sirius era contrariato.
«
Non dovrei? » chiese
Silente, senza scomporsi.
Regulus vide
Rachel
esitare e, alla fine, esprimere quello che tutti e tre stavano
pensando.
« Se
lascia
l'Inghilterra, Voldemort si scatenerà più di
adesso. Morirà
qualcun altro... » aggiunse, serrando la presa intorno al
bicchiere
tanto da farsi sbiancare le nocche.
Anche se
cercava di non
farlo capire e di sembrare forte, Rachel stentava a riprendersi dalla
morte di Dorcas. Non solo aveva avuto una grande ammirazione nei suoi
confronti, ma lei l'aveva aiutata tanto quando Rachel credeva che lui
fosse morto. L'omicidio dell'amica era stato un duro colpo per lei.
«
Starò via per poco
tempo, e Voldemort non lo saprà » la
rassicurò Silente.
« Ma
la spia... »
intervenne Sirius.
« La
notizia della mia
partenza non uscirà da queste quattro mura »
chiarì il mago, dando
un'occhiata intorno al salotto di casa Puddle. « Non
è il caso che
sia uno di voi ad andare in Albania. Nel frattempo, in mia assenza
saranno Alastor Moody e Minerva McGranitt a occuparsi dell'Ordine e
di Hogwarts. Per qualsiasi cosa, rivolgetevi a loro ».
Nessuno
replicò. A
Regulus era venuta una mezza idea di offrirsi volontario per andare
in Albania, ma ammise a se stesso che Silente avrebbe fatto di
meglio. Lui era un ricercato, e non poteva andare in giro a chiedere
informazioni su Voldemort. Come ex Mangiamorte, sapeva bene che il
Signore Oscuro aveva contatti anche in altre nazioni. E poi Rachel
stava vivendo un brutto periodo, e non aveva nessuna voglia di
abbandonarla in quel momento. Ma rimanere a casa Puddle senza fare
nulla era una sofferenza.
Silente si era
già
alzato, convinto che non ci fosse altro da dire, quando Rachel gli
comunicò che Remus Lupin era passato perché
voleva parlargli.
«
Gli parlerò appena
possibile. Grazie per avermi avvertito » concluse Silente
senza
battere ciglio.
Sirius invece
sembrava
stupito e il suo sguardo cupo non faceva presagire nulla di buono.
Dopo che il Preside se ne fu andato, chiese spiegazioni a Rachel.
«
Quando è passato? »
«
Questa sera, subito
dopo la riunione. A dire il vero, gli abbiamo detto che c'eri, ma lui
andava di fretta e non si è potuto fermare a salutarti...
»
All'improvviso
un'atmosfera tesa calò nella stanza. Sirius era diventato
ancora più
scuro in volto e Regulus lo vide chiaramente digrignare i denti.
Doveva esserci qualcosa che non andava tra lui e Lupin, ma quando
Regulus si rese conto che Rachel stava per chiedere spiegazioni al
riguardo, la distrasse con una scusa qualunque.
«
Stavo pensando di
uscire, qualche volta » affermò, dicendo la prima
cosa che gli
venne in mente. « È
noioso da morire stare chiusi in casa tutto il giorno. In fondo sono
bravo a camuffarmi. Nessuno mi riconoscerebbe ».
Rachel era
sorpresa, ma
Sirius sembrò sollevato dal cambio di argomento. Tra i due
fratelli
si era instaurato una sorta di tacito accordo su certi argomenti
tabù: Sirius non faceva un solo commento sulla loro famiglia
di
origine, e Regulus fingeva che tra il fratello e i suoi amici andasse
tutto bene, anche se non era vero, e ultimamente lo aveva notato
sempre di più. Ma, dopo che Sirius aveva passato anni a
rinfacciargli che gli amici erano la sua vera famiglia, se qualcosa
fosse andato storto Regulus sarebbe stato l'ultima persona alla quale
l'altro avrebbe voluto farlo sapere.
« Lo
sai che è
pericoloso » disse Rachel, cupa. « E nemmeno io
esco molto, da
quando non lavoro più. Certo, ho le riunioni dell'Ordine
della
Fenice, ma nient'altro. Lo so che è opprimente, ma non sei
l'unico.
James e Lily non escono proprio più, per non fare correre
rischi a
loro figlio ».
«
Questo non è
esattamente vero » intervenne Sirius, dopo aver avuto il
tempo di
riprendersi e assumere il suo solito sorriso divertito. «
James esce
spesso con il Mantello dell'Invisibilità... Rachel, non hai
torto,
ma non ce l'ha neanche lui. Se non ci fosse nessuna spia, si potrebbe
anche unire all'Ordine della Fenice ».
Rachel non
fece commenti,
anche se non sembrava molto entusiasta di quella proposta, non dopo
tutte le perdite che l'Ordine aveva subito.
Regulus invece
si sentì
come se qualcuno gli avesse puntato la bacchetta alla tempia.
«
Quando incastrerete la
spia ci penserò » tagliò corto,
improvvisamente deciso a cambiare
di nuovo argomento.
Per fortuna
nessuno degli
altri due insistette. In realtà Regulus non aveva la minima
intenzione di entrare a far parte dell'Ordine, e non perché
non
volesse combattere; piuttosto lo avrebbe fatto da solo. Ma non se la
sentiva di ignorare la propria coscienza: si era imposto di non farlo
più molto tempo prima, ormai.
Benjy Fenwick
era stato
nell'Ordine, e Regulus non si sentiva in diritto di prendere il suo
posto, non dopo averlo lasciato morire in quel modo. Gli altri non
sarebbero stati contenti di avere tra di loro il colpevole della
cattura del loro ex compagno. E Regulus stesso lo avrebbe considerato
un insulto alla sua memoria.
Aveva creduto
di sentirsi
meglio, continuando a fare qualcosa di buono, ma era dura sapere che
il ricordo di quel poveretto avrebbe continuato a tormentarlo in
eterno.
Non aveva
nessun bisogno
di trovarsi vicino a dei Dissennatori per rivedere la sua espressione
terrorizzata.
Gli bastava
addormentarsi.
***
«
Non funzionerà mai,
Hestia » ripeté Kingsley per quella che doveva
essere almeno la
centesima volta.
La ragazza
alzò gli
occhi al cielo, sbuffando.
« E
allora cosa
facciamo? Ce ne restiamo a guardare mentre Gibbon continua a creare
un esercito di maghi oscuri proprio dentro le mura di Hogwarts? Sono
stufa di fare finta di nulla. Stavolta dobbiamo agire per forza.
»
Kingsley non
replicò.
Era evidente che fosse d'accordo con lei, ma sembrava ugualmente
molto scettico sul risultato. Da quando le aveva riferito la
conversazione avvenuta tra il professor Gibbon e Higgs il primo
giorno di scuola, nessuno dei due era stato capace di trovare una
soluzione. Sarebbe stato logico andare a denunciare la faccenda a
Silente... ma con quale autorità avrebbero potuto farlo? La
parola
di due studenti di sedici anni non contava nulla contro quella di un
insegnante di Hogwarts, che tra l'altro sarebbe stato prontamente
difeso da almeno una decina di Serpeverde e, come Hestia aveva
iniziato a sospettare mesi dopo, anche da quattro o cinque studenti
di altre Case. E oltre a questo, in tutti quei mesi non erano
riusciti ad ottenere neanche una prova.
Le riunioni
segrete di
sicuro non si tenevano nell'ufficio dell'insegnante. In quanto
Prefetto di Corvonero, Kingsley aveva sfruttato diverse ronde per
tenere d'occhio i movimenti di Higgs e dei suoi compari, ma anche se
li pedinava, ogni volta ad un certo punto sparivano nel nulla, come
se fossero stati risucchiati dalle pareti del castello.
Hestia era
arrivata alla
conclusione che usassero qualche passaggio segreto che conoscevano in
pochi. Fatto sta che, anche se avevano provato per tutta la durata
dell'anno scolastico a trovare un modo per incastrarli, non c'erano
ancora riusciti.
Almeno fino a
quel
giorno.
«
Non ci aiuterà mai »
riprese Kingsley, sempre più scettico, mentre iniziavano
l'ultima
rampa della scalinata principale, sbucando poi in un corridoio del
quarto piano.
« Lo
farà. Deve farlo.
È la seconda volta che rimane vittima di quei teppisti. Ha
più
motivi di noi per desiderare che tutto questo finisca al più
presto.
»
Detto questo,
Hestia
entrò in infermeria, seguita immediatamente da Kingsley.
«
Che cosa credete di
fare? » li apostrofò Madama Chips, vedendoli
entrare senza neanche
bussare.
«
Scusi. Siamo venuti a
trovare Bundy. L'orario delle visite è giusto, vero?
» chiese lui,
cercando di frenare l'impazienza dell'amica, che invece si stava
già
guardando intorno, cercando di scorgere la figura di Bundy dietro le
tendine separatorie dei letti.
«
Sì » bofonchiò la
Chips, scrutandoli come un cane che annusa un estraneo per
assicurarsi che sia meritevole di fiducia. Alla fine dovette
giudicarli affidabili. « È nell'ultimo letto in
fondo. Ma non fate
troppo rumore, o sveglierete gli altri. »
Entrambi
annuirono e si
diressero nella direzione che l'infermiera aveva indicato. Seduto
sull'ultimo letto, intento a fissare il soffitto con un'espressione
apatica, c'era Bundy. Era sempre stato un ragazzo piuttosto alto e
imponente, non proprio un armadio come Higgs, ma ci mancava poco.
Tuttavia quella mattina sembrava molto più fragile del
solito, come
se si fosse ristretto nel tentativo di passare inosservato. E le sue
condizioni non miglioravano la situazione: aveva diverse contusioni
sul volto che, nonostante la pomata spalmatagli da Madama Chips, non
si erano ancora ritirate, un braccio rotto e una fasciatura intorno
alla testa.
Quando vide
arrivare
Hestia e Kingsley, si riscosse, e lanciò loro un'occhiata
perplessa,
prima di voltarsi immediatamente dall'altra parte per non far notare
gli occhi arrossati da quello che di certo era un pianto recente.
Certo, si conoscevano di vista e ogni tanto si erano scambiati
qualche parola, ma la loro visita doveva apparirgli piuttosto
inaspettata.
«
Ciao Bundy. Come ti
senti? » esordì Hestia, sforzandosi di non essere
troppo impaziente
di interrogarlo su quanto gli era successo quella notte.
Lui
bofonchiò qualcosa
di incomprensibile, ma che forse doveva suonare come un «
bene. »
«
Cosa ti è successo? »
domandò Kingsley.
Bundy lo
guardò male.
«
Sono caduto dalla
scopa. A voi che importa? »
A quel punto
Hestia non
si trattenne più. Nonostante i suoi modi bruschi, il
Serpeverde era
chiaramente spaventato da qualcosa o qualcuno. Decise di non girare
più intorno al nodo della questione.
« A
me quelli sembrano
pugni » dichiarò, e lo vide sbiancare talmente in
fretta che per un
attimo temette che potesse svenire. Gli si sedette accanto, mentre
lui la guardava quasi con paura.
« Ma
che dici? Che cosa
volete da me? Non vi conosco nemmeno. Andatevene via subito, o chiamo
Madama Chips! »
«
Ascolta... Qual è il
tuo nome? »
«
Oliver » rispose lui,
fissandola come se lei gli stesse puntando una bacchetta alla tempia.
«
Bene. Ascolta, Oliver.
Noi sappiamo chi ti ha fatto questo. »
«
Sono caduto... »
« Da
una scopa, certo.
Vallo a raccontare a qualcun altro. Stai mentendo perché ti
hanno
minacciato, vero? E quelle botte che ti hanno dato sono state un
avvertimento. »
Oliver Bundy
adesso aveva
iniziato a tremare. Serrò i pugni e i denti, costringendosi
a
restare immobile e resistere. Kingsley provò una pena
immensa nei
suoi confronti, tanto che decise di intervenire, sapendo di essere
molto più rassicurante di Hestia.
«
Non servirà a nulla
tacere. In questo modo continueranno a fare quello che vogliono senza
essere mai puniti, perché Gibbon li copre sempre. »
Bundy lo
fissò con la
bocca aperta. Kingsley doveva aver fatto centro, pensò
Hestia,
speranzosa.
«
Tu... voi... come...?
»
«
Abbiamo scoperto per
caso delle lezioni segrete... e tu devi averlo scoperto a tua volta,
vero? È per questo che ti hanno picchiato. »
Bundy
esitò. Seguirono
alcuni secondi di silenzio assoluto, rotto soltanto dai respiri
affannosi del ragazzo. Doveva avere anche qualche costola incrinata,
perché respirava a fatica, e ogni volta cercava di reprimere
una
smorfia di dolore.
«
Qualche settimana fa
ho scoperto che alcuni ragazzi uscivano di notte dalla sala comune
»
esordì, parlando con una voce talmente flebile che sia
Hestia che
Kingsley dovettero avvicinarsi ancora di più a lui.
« All'inizio ho
fatto finta di nulla. Non erano affari miei quello che facevano fuori
dai dormitori. Ma poi... una volta ho sentito parlare Higgs riguardo
alle Arti Oscure. Dopo quello che mi ha fatto il primo giorno di
scuola, ci sono stati altri episodi, visto che... »
Si
bloccò, incapace di
continuare.
«
Visto che sei un Nato
Babbano » concluse Kingsley al suo posto.
Lui lo
guardò male, ma
non negò.
«
Non c'è niente di
male, sai? » fece Hestia.
«
Fesserie. Vallo a dire
a tutti i Nati Babbani uccisi finora là fuori »
sibilò lui,
infuriato. « Sono sicuro che saranno contenti di sapere che,
dopo
tutto, non avevano nulla di sbagliato. Peccato che intanto sono
morti. »
Hestia non si
fece di
certo impressionare.
«
Questo perché la
gente come Higgs non viene fermata. Ma tu puoi farlo. »
«
No, non posso. Quando
li ho visti uscire, ieri notte, ho deciso di seguirli. Volevo
vendicarmi di Higgs, che quest'anno mi ha reso la vita un inferno...
E ho visto più di quel che avrei dovuto. Poi lui mi ha
scoperto, e
insieme agli altri mi ha fatto questo... Non posso dire nulla. Ci
tengo alla pelle. »
« Se
tenessi davvero
alla tua pelle, ci aiuteresti a denunciarli tutti. Sai che cosa
succederà se Gibbon continua con queste riunioni segrete?
Credi che
voglia istruire questi studenti con le Arti Oscure per assecondare le
loro curiosità? Sei un ragazzo intelligente, e devi aver
capito
anche tu cosa c'è dietro... chi c'è
dietro. Gibbon è un
Mangiamorte » asserì Hestia, anche se sapeva che
fare certi
discorsi a scuola era assurdo. La maggior parte degli studenti
cercava di non pensare a quel che stava succedendo fuori dalla
scuola. Lei e Kingsley erano due dei pochi che facevano eccezione.
«
Se Tu-Sai-Chi si crea un gruppo di fedeli qui dentro, non ci
metterà
tanto a prendere il possesso di Hogwarts. E a quel punto, pensi che
un Nato Babbano come te verrebbe risparmiato? »
Bundy
tremò.
Evidentemente non aveva ancora considerato quella
possibilità. Si
morse il labbro spaccato, indeciso su quale decisione prendere.
« Ma
voi due cosa
pensate di fare? Non possiamo denunciare Gibbon, è un
insegnante.
Non ci crederanno mai. »
«
Hai detto di aver
visto più del dovuto » rispose Kingsley.
« Se sai dove si tengono
le lezioni segrete, troveremo un modo per incastrarli questa notte
stessa. »
Oliver
scostò lo
sguardo, spaventato.
«
Voi due siete
completamente matti... »
Hestia si
costrinse a non
insistere subito: sicuramente Bundy aveva scoperto il nascondiglio,
ma aveva talmente tanta paura che lei non poteva permettersi un passo
falso, e fargli fretta non era esattamente la soluzione migliore.
Attese, in
ansia, finché
il Serpeverde non si voltò a guardarli di nuovo.
« Se
ve lo dico, dovete
assicurarmi che non subirò conseguenze. Se il vostro piano
dovesse
fallire, tutti loro sapranno che sono stato io a parlare. E se mi
ammazzano, il mio spirito vi perseguiterà in eterno.
»
«
Fidati di noi. Non ti
succederà nulla » rispose Kingsley, e la sua voce
calma e
rassicurante riuscì a fargli prendere la decisione giusta.
«
C'è una stanza, al
settimo piano. Non la conosce nessuno, credo. Prima d'ora non l'avevo
mai notata, perché di solito il suo ingresso è
invisibile. So
soltanto che Higgs e gli altri hanno fatto avanti e indietro per
circa tre volte davanti al muro, e poi la porta è apparsa
dal nulla.
»
Hestia e
Kingsley si
scambiarono un'occhiata colma di stupore ed eccitazione.
« Ci
puoi spiegare
esattamente dove si trova? »
E Bundy
indicò loro le
esatte coordinate della stanza segreta. Alla fine, sebbene fosse teso
e preoccupato, una certa speranza era sorta in lui.
«
Grazie. Vedrai che
domani mattina tutto sarà diverso » lo
rassicurò Hestia, con un
sorriso incoraggiante.
«
Sì, ma spero che
diverso equivalga a migliore » bofonchiò quello,
che non era
proprio sicuro di aver fatto la scelta giusta.
I due ragazzi
uscirono
dall'infermeria, piuttosto tesi.
« È
per stanotte, vero? » le chiese Kingsley.
«
Sì, si esercitano
sempre nel fine settimana, e oggi è sabato. Ho
già un piano. »
Lui sorrise.
«
Chissà perché, ne
ero certo » commentò.
« Lo
prenderò per un
complimento. Ascoltami bene » disse lei, dopo essersi
assicurata che
il corridoio in cui si trovavano fosse deserto. « Io questa
notte
seguirò gli aspiranti maghi oscuri fino alla Stanza che
Scompare,
mentre tu sarai nelle vicinanze dell'ufficio di qualunque professore
abbia un minimo di sale in zucca. Puoi scegliere tu quale... »
«
Aspetta un attimo.
Perché devi essere tu a seguirli? »
«
Perché sono più
brava di te a pedinare la gente! L'anno scorso ho fatto molta
esperienza in materia... »
«
Pedinavi il ragazzo
con cui uscivi? » le chiese lui, sconvolto. « Eri
davvero così
gelosa? »
«
Bè, alla fine si è
scoperto facevo bene a non fidarmi, quindi non mi giudicare »
borbottò lei, facendo una smorfia.
«
D'accordo, pedinali
tu. Ma come faremo a comunicare tra di noi? Dovrai essere tu a dirmi
quando fare intervenire l'insegnante, giusto? »
Hestia
annuì, valutando
il problema. Poi qualcosa attirò la sua attenzione, e lei
ricambiò
il saluto cordiale del fantasma del Frate Grasso, che le era passato
accanto.
«
Penso di aver trovato
la soluzione » annunciò.
Quella notte
Hestia e
Kingsley avevano messo in atto il piano, dopo averlo perfezionato
tutto il pomeriggio. Mentre lui andava ad appostarsi nel corridoio in
cui c'erano gli uffici del professor Vitious e della professoressa
McGranitt, lei aveva pedinato con cautela alcuni studenti che erano
usciti di nascosto dai loro dormitori.
Bundy aveva
detto la
verità, constatò. Quando i due ragazzi che aveva
seguito erano
giunti nel corridoio del settimo piano, ne avevano percorso un pezzo
avanti e indietro per tre volte, finché una porta non era
apparsa
nella parete di fronte a loro.
Hestia non era
intervenuta subito: preferiva aspettare perché voleva
coglierli sul
fatto.
La lezione
durò un paio
d'ore, durante le quali Hestia dovette lottare contro gli sbadigli e
il sonno che rischiava di farla addormentare lì, dietro la
porta
della Stanza che Scompare. Per fortuna aveva qualcuno a farle
compagnia.
« È
scandaloso! » sussurrò il Frate Grasso dopo aver
sfilato la propria
testa dal muro: essendo un fantasma, poteva sbirciare all'interno
della stanza ed essere testimone di tutto quel che vi succedeva
all'interno. « Non hai idea di quello che sta insegnando a
quei
ragazzi. »
«
Preferisco non saperlo, infatti. Ma tu tienilo bene a mente quando
dovrai riferirlo agli altri insegnanti, Frate. »
«
Puoi esserne sicura... Io però spero solo che gli studenti
non
vengano espulsi. Tu cosa ne pensi? »
Hestia
non era altrettanto tenera nei confronti dei ragazzi che stavano
frequentando le lezioni di Gibbon.
«
Non lo so, ma meritano una punizione esemplare. Studiare le Arti
Oscure non è reato: per sconfiggere il nemico è
necessario
conoscerlo per bene. Ma quando è un Mangiamorte ad
insegnartele, le
cose cambiano. E alcuni di questi studenti hanno aggredito un altro.
»
«
Sì, non hai tutti i torti... Torno a controllare cosa
succede » le
disse il fantasma di Tassorosso, tuffando di nuovo la testa nella
parete.
«
Fai attenzione a non farti vedere » lo ammonì lei.
Quello
alzò il pollice per comunicarle che aveva capito.
Un
quarto d'ora più tardi, Hestia era sul punto di appisolarsi
quando
il Frate Grasso richiamò la sua attenzione.
«
Hanno quasi finito. Gibbon ha detto che restano ancora cinque minuti!
»
«
D'accordo » fece lei, tornando improvvisamente lucida e
sveglia. «
Puoi andare ad avvertire Kingsley al secondo piano. »
«
Farò più in fretta che posso! » disse
il Frate Grasso. E si gettò
in picchiata, attraversando il pavimento.
Hestia
rimase in attesa, sperando che Kingsley si sbrigasse. Se si fosse
ritrovata da sola, di fronte all'intera classe di Gibbon che usciva
per tornarsene a dormire, sarebbe stata nei guai.
Ma
Kingsley non la deluse. Erano trascorsi solo un paio di minuti o poco
più, quando Hestia udì dei passi alle proprie
spalle, e il Frate
Grasso la raggiunse, seguito da Kingsley, che nel frattempo stava
spiegando tutto ai professori McGranitt e Vitious, entrambi piuttosto
sconvolti. La donna tuttavia fu la prima a riprendersi.
«
Signorina Jones, lei non dovrebbe trovarsi qui. Non è un
Prefetto »
le fece notare.
Hestia
aprì le braccia come a dirle che non dipendeva da lei, e
notò che
il professor Vitious scrollava la testa con aria divertita.
«
Allora, dove sono? » chiese poi l'insegnante di Incantesimi,
guardando con perplessità la parete spoglia davanti a lui.
«
Qui dentro » rispose Hestia, indicando il punto in cui due
ore prima
si era aperta la porta.
«
Bene. Voi due fatevi da parte, ragazzi. Lasciate fare a noi »
disse
la McGranitt, estraendo la bacchetta e piazzandosi di fronte alla
parete con le labbra serrate e un'espressione combattiva dipinta in
volto.
Hestia
e Kingsley indietreggiarono, tesi.
«
Ti hanno creduto subito? » chiese lei al ragazzo, abbassando
la voce
il più possibile.
«
Più o meno. Ma quando il Frate Grasso ha spiegato tutto
quello che
aveva visto, mi hanno seguito senza aggiungere altro »
rispose lui.
Poi
la porta apparve e si aprì.
Gibbon,
subito seguito da tutti gli altri studenti, aveva appena varcato la
soglia della Stanza che Scompare, quando si bloccò di colpo,
sbiancando.
«
Salve » lo salutò Vitious, con un ghignetto che
Hestia non gli
aveva mai visto prima.
Seguì
un istante di panico. Gibbon alzò la propria bacchetta,
pronto ad
attaccare, ma gli altri due insegnanti furono più veloci e
in un
attimo lo disarmarono, legandogli le mani dietro la schiena.
Alcuni
allievi di Gibbon strillarono. Un paio di studenti tentò una
fuga
inutile e Higgs sembrava valutare la possibilità di
combattere, ma
tutti quanti rimasero immobili quando la McGranitt li
minacciò.
«
Non muovete un muscolo o giuro che vi sbatto fuori da Hogwarts prima
che abbiate il tempo di dire una sola parola. »
A
quel punto si arresero tutti. Solo Gibbon provò a salvare il
salvabile, invano.
«
Minerva, ti assicuro che posso spiegare... »
farfugliò, ma era
evidente che non ci contava nemmeno lui.
«
Lo dirai direttamente al Preside, Gibbon. Adesso seguitemi tutti
quanti. Forza! »
Gli
studenti si incamminarono dietro di lei, alcuni depressi, altri
furiosi e altri decisamente terrorizzati. Hestia ignorò
l'occhiataccia di Higgs, mentre anche lei e Kingsley seguivano
l'insolita comitiva in direzione dell'ufficio di Silente.
Albus aveva
licenziato
all'istante Gibbon, che era stato portato via dagli Auror. Quanto
agli studenti che avevano scelto di farsi insegnare le Arti Oscure,
aveva cercato di non essere troppo duro, non con tutti, per lo meno.
Alla maggior parte di loro aveva assegnato una punizione che sarebbe
durata tutti i giorni fino alla fine dell'anno scolastico. Ma ce
n'erano stati un paio di cui non sapeva cosa fare. Higgs e altri tre
studenti avevano aggredito Bundy, e inoltre erano tutti e quattro
già
maggiorenni, quindi non potevano cavarsela con così poco.
Ma se li espello
dalla
scuola, che fine faranno? Si era chiesto. Non
aveva molte
speranze che un'espulsione avrebbe insegnato loro a comportarsi bene.
Piuttosto, avrebbe fatto guadagnare alle schiere di Voldemort quattro
nuovi alleati. Forse sarebbe stato inutile anche rieducarli, ma
tentare non nuoceva, anche se prima di tutto doveva pensare
all'incolumità di Bundy, che si era esposto anche troppo a
possibili
vendette.
Dopo un
lunghissimo
dibattito al quale avevano partecipato tutti i precedenti Presidi
della scuola, alla fine aveva smesso di ascoltare le proteste di tre
o quattro dei ritratti e aveva preso una decisione. Higgs e gli altri
tre avrebbero avuto una punizione ancora più severa degli
altri.
Inoltre, sarebbero stati accompagnati tutto il giorno da un
insegnante, sia a pranzo che nelle aule. E, per evitare che
aggredissero di nuovo Bundy nei dormitori, si era messo d'accordo con
i ritratti di alcuni Presidi, che avrebbero dovuto costantemente
monitorare la sala comune di Serpeverde e riferirgli quanto accadeva.
Inoltre, se a Bundy fosse accaduto qualcosa, Serpeverde sarebbe stata
squalificata. Higgs era inorridito, sentendo quelle cose, ma Silente
era sicuro che non avrebbe più torto neanche un capello a
Bundy, a
meno di non essere linciato da tutti i suoi compagni di Casa.
« È
uno sporco ricatto, non una punizione! Sono indignato! Non sei per
niente imparziale » aveva commentato Phineas. Ma ormai la
decisione
era stata presa.
L'unico lato
positivo di
quella nottata, furono i due Encomi che assegnò a Hestia
Jones e
Kingsley Shacklebolt. Silente li aveva notati già da tempo,
e gli
erano già giunte voci riguardo alla loro lealtà.
Prima che
finissero la scuola avrebbe proposto loro di entrare a far parte
dell'Ordine della Fenice. Al momento tuttavia dovevano ancora
concludere il sesto anno, quindi preferiva aspettare.
Quando fu
finalmente
solo, sospirò, nel vano tentativo di ignorare Phineas, che
continuava a borbottare nella stanza.
Dopo almeno
cinque
minuti, tuttavia, non poté più ignorare i mugugni
e le sue
schiarite di voce.
«
Cosa c'è, Phineas? »
domandò Albus, esasperato.
Il Preside
Black parve
sorpreso di essere stato finalmente interpellato, ma
riacquistò
subito il controllo, nonostante l'arrabbiatura di poco prima.
«
Bè, avrei voluto
tenermelo per me, ma visto che tieni tanto a sapere la mia
opinione... Te la stavi facendo fare proprio sotto il naso, eh?
»
Albus sorrise,
anche se a
fatica.
«
Non preoccuparti. Non
mi fidavo di Gibbon » rispose, tanto per metterlo a tacere.
Ma in
realtà si rese
conto di aver perso colpi. In fondo aveva ben altre cose a cui
pensare, a partire dagli Horcrux. Dopo essere finalmente riuscito a
cavare la verità alla Dama Grigia, doveva andare in Albania.
Quel
pomeriggio aveva incontrato Remus Lupin, che gli aveva chiesto di
aiutarlo a liberare i bambini del branco di Greyback. Albus gli aveva
promesso che avrebbe escogitato un piano al più presto, ma
tutte
quelle cose, alle quali si aggiungeva il dilemma della Profezia, lo
stavano facendo impazzire. E in più, in quel momento stava
aspettando qualcuno.
Fu proprio il
rumore
pesante di qualcuno che bussava rumorosamente alla porta ad impedire
a Phineas di fare altri commenti sarcastici.
«
Avanti » disse Albus,
guardando Hagrid entrare nello studio.
«
Buonasera, signore...
ehm... Questo ragazzo dice di avere un colloquio con lei... Mi ha
fatto vedere un biglietto ma... » bofonchiò il
guardacaccia,
incerto.
«
Sì, dice la verità.
Fallo entrare, Hagrid. »
L'uomo si fece
da parte,
lasciando passare un ragazzo incappucciato, che rimase impalato di
fronte a Silente. Hagrid esitò ancora per qualche istante,
fissando
il nuovo arrivato con aria sospettosa, poi si chiuse la porta alle
spalle.
Il ragazzo
doveva aver
preso una Pozione Polisucco, ma Albus sapeva bene di chi si trattava.
In fondo era sempre stato uno studente eccezionale in Pozioni.
«
Siediti, Severus » lo
invitò.
Lui
obbedì. Si guardò
intorno, ancora a disagio, e parlò.
«
Come mai mi ha chiesto
di vederci qui a Hogwarts? Di solito evitiamo di incontrarci dove ci
sono altre persone. »
«
Purtroppo ho avuto un
contrattempo, ma non preoccuparti di questo. Allora, ci sono
novità?
»
Severus Piton
annuì.
« Il
Signore Oscuro mi
ha affidato un incarico: vuole che io diventi un insegnante di
Hogwarts, per poter controllare i suoi movimenti e ottenere la sua
fiducia. »
Silente
inarcò le
sopracciglia, colpito.
«
Quindi presumo che
abbia già saputo di Gibbon. Molto bene... Naturalmente non
ti puoi
rifiutare. Devi fargli credere di essere sempre e comunque dalla sua
parte. E in questo modo potrai informarmi dei piani di Voldemort
senza problemi. Tra l'altro sei fortunato. Il professor Lumacorno ha
deciso di andare in pensione, quindi a settembre avremo la cattedra
di Pozioni tutta a tua disposizione. »
Silente
notò
un'espressione incerta in Severus.
«
Pozioni non ti va?
Ricordo che sei sempre stato eccezionale nella materia. Horace ti
esaltava di continuo. »
«
Sì, ma... Se Gibbon è
stato licenziato, anche la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure
sarà vacante. Non potrei avere quella? Sono un esperto e
potrei
essere molto più utile agli studenti come insegnante di
Difesa che
di Pozioni. »
Albus tacque,
inquieto.
Aveva appena iniziato a collaborare con Piton, ma certe cose le aveva
capite. Sicuramente amava Lily Evans, ma il punto era proprio quello.
Aveva tradito Voldemort perché lei sopravvivesse. Ma se
Voldemort
non l'avesse mai minacciata, scegliendo Neville al posto di Harry,
probabilmente non gli avrebbe voltato le spalle. Era sempre
affascinato dalle Arti Oscure, e Albus temeva che il contatto
continuo con esse gli avrebbe fatto avere dei ripensamenti.
« Mi
dispiace, Severus,
ma preferisco che tu insegni Pozioni. »
Lo disse con
un tono
definitivo, e il ragazzo lo capì, perché si fece
improvvisamente
scuro in volto, ma non protestò.
« Se
è proprio quello
che vuole... » bofonchiò, mordendosi la lingua per
la stizza.
«
Credimi, è meglio per
te » cercò di dirgli lui.
Ma Severus non sembrava
affatto convinto.
Perdonate il ritardo! Chi mi ha tra gli amici di facebook
saprà dai miei scleri che quest'estate ho scrtto la bellezza
di cinque capitoli tutti a penna, quindi trascriverli al pc
è stata un'impresa (promemoria per me: mai più,
mai più).
Ora che si sa cos'è
l'ultimo Horcrux, qualcuno conosce l'esistenza della Stanza delle
Necessità e siamo quasi a fine 1981, posso rendere
ufficiale la notizia: mancano circa 7 o 8 capitoli alla fine! O___O
Ebbene sì. Proprio oggi ho iniziato a scrivere il capitolo
di Halloween (notizia che potevo tenere per me ma che ho preferito
condividere con voi perché sì, oggi mi sento un
po' sadica)
Ah, per chi mi nelle recensioni mi ha detto di sentire la mancanza di
Regulus (come vi capisco *-*) qui è apparso poco, lo so, ma
tornerà presto in tutto il suo eroico splendore. Non sia mai
che lo faccia restare tranquillo troppo a lungo...
Come promesso, da questo momento tornerò ad aggiornare una
volta ogni due settimane, quindi arrivederci al 20 ottobre (se ci
riesco anche qualche giorno prima, vediamo)
Baci,
Julia
|
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Capitolo 51 *** L'articolo di Barnabas Cuffe ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 51
L'articolo di Barnabas
Cuffe
Harry si era appena
addormentato, la testa reclinata a sinistra e i capelli – una
chioma davvero esagerata per la sua giovane età –
sparati in tutte
le direzioni.
Sirius non aveva mai
avuto l'occasione di avere a che fare con dei neonati, quindi non gli
erano mai sembrati un granché, ma doveva ammettere che la
compagnia
di Harry gli piaceva, soprattutto quando rideva di cuore se lui si
trasformava in cane e girava su se stesso nel tentativo di mordersi
la coda.
Era tremendo pensare che
quel neonato potesse essere una minaccia per Voldemort.
Non sapete quante
Profezie alla fine non si avverano, aveva detto Silente per
rassicurare sia lui che i genitori di Harry. Ma se insiste a
dargli la caccia, sarà lo stesso Voldemort a farla
realizzare.
Sirius cercò di cacciare
indietro quei pensieri dalla mente, lanciando un'ultima occhiata a
Harry che dormiva sereno e ignaro di tutto quel che lo aspettava.
« Si è addormentato? »
chiese Lily, affacciandosi in quel momento e distogliendolo da quelle
riflessioni.
Sirius annuì, alzandosi
in piedi e dirigendosi verso la porta.
« Fa sempre storie
quando deve mangiare, ma se si tratta di dormire non lo sveglierebbe
neanche una mandria di Erumpent in corsa »
commentò lei.
« Aspetta di vedere il
regalo che gli farò per il suo primo compleanno »
rise Sirius. «
Dovrai iniettargli una Pozione Soporifera nel biberon per farlo
calmare ».
Con sua grande
soddisfazione, Lily assunse un'espressione sospettosa: gli occhi
erano socchiusi, le labbra strette e serrate in una smorfia di
disapprovazione.
« Per l'ultima volta,
dimmi di cosa si tratta ».
« Lo scoprirai tra meno
di due mesi, non essere impaziente ».
« Se è qualcosa di
pericoloso... »
« Lily, rilassati! »
esclamò lui. Sapeva benissimo che la scopa giocattolo che
aveva
intenzione di regalargli non era pericolosa – se Harry veniva
controllato a vista, naturalmente – ma fare in modo che Lily
andasse in paranoia era troppo divertente.
« James sa di cosa si
tratta, vero? »
« Certo che sì, e ne è
entusiasta, ma nemmeno lui te lo dirà ».
« Questo lo vedremo ».
Mentre scendevano le
scale, Sirius colse con la coda dell'occhio un movimento sospetto nel
corridoio. Si voltò ma non vide nulla, tranne una massa di
pelo
bianco che sparì dietro un angolo dopo una frazione di
secondo.
« Quello cos'era? »
chiese: questa volta era il suo turno di insospettirsi.
« Oh, il gatto »
rispose distrattamente lei.
« E da quando avete un
felino in casa? »
« Da un paio di giorni.
Ce l'ha regalato Bathilda. James non vedeva l'ora che lo incontrassi
».
« Non ne dubito »
ringhiò lui. Da quando era diventato un Animagus, lui e i
gatti
avevano qualche problema. Attila ne era una dimostrazione.
« A proposito di James,
con chi sta parlando? »
Aveva sentito delle voci
provenire dal salotto, il che era strano, perché i Potter
ultimamente non potevano permettersi di ricevere molte visite.
« È
per questo che sono salita a chiamarti. Remus è tornato
».
Sirius s'irrigidì. Uno
strano istinto lo indusse a concludere di corsa gli ultimi scalini
della rampa e ad entrare in salotto senza preavviso. Come aveva
sospettato, non appena si accorse della sua presenza, Remus tacque di
colpo e nel salotto calò un silenzio teso. James sembrava
confuso.
« Ah, sei qui »
constatò Remus alla fine.
« Già. Ti dispiace? »
lo sfidò Sirius.
L'altro non rispose
nemmeno. James continuava a guardare prima l'uno e poi l'altro,
sempre più perplesso, e Lily era altrettanto stupita.
« Che succede? »
« Vorrei tanto saperlo
anche io » sbottò Sirius, lanciando a Remus
un'occhiata minacciosa.
« Perché non ci racconti che fine avevi fatto e
cosa hai combinato
tutto questo tempo? »
« Lo stavo giusto
facendo. Ma non di fronte a te, dal momento che sei così
prevenuto
nei miei confronti ».
« Sei il solito
vittimista » sibilò Sirius, mentre il sangue
cominciava a
ribollirgli per la rabbia.
James si alzò in piedi,
sconvolto.
« Ma cosa significa? Si
può sapere che vi prende? »
« Te lo dico subito »
sbottò Remus, altrettanto arrabbiato. « Sirius
pensa che io sia la
spia che tradisce l'Ordine da un anno a questa parte. Non è
così? »
Sirius non rispose alla
domanda provocatoria. Di colpo, tutti gli sguardi erano puntati su di
lui. James aveva l'aria di chi avesse appena ricevuto un colpo in
testa.
« È
vero? » chiese, e non era mai parso così serio.
Sirius non trovò alcuna
ragione per negare. Era meglio chiarire la questione una volta per
tutte.
« Non sono stato io a
sparire nel nulla senza spiegarne mai la ragione ».
« Ho avuto i miei buoni
motivi, ma è bello sapere quanta fiducia hai in me
».
« Falla finita! Come se
non sapessi che hai sempre cercato di evitarmi. L'ultima volta che ti
sei presentato al quartier generale dell'Ordine sapevi benissimo che
c'ero, ma hai trovato la solita scusa per non dovermi affrontare
».
« Evidentemente ho fatto
bene. Immaginavo che mi avresti aggredito proprio come stai facendo
adesso ».
Sirius fece un passo
avanti, inducendo Remus ad alzarsi dalla poltrona.
« Le tue sono soltanto
scuse. Hai evitato di incontrarci anche poco prima che io iniziassi a
sospettare qualcosa. Sei stato tu a darmi delle buone ragioni per non
fidarmi, e i fatti parlano chiaro. Perché non ci spieghi
come mai a
Drybrook i lupi mannari sapevano il nostro piano? Tu eri il solo a
poterli informare ».
Remus tacque, senza
parole.
« Io... non so
spiegarlo. Ma non c'entro nulla ».
« Non ci credo! Quando i
Mangiamorte ci hanno attaccati a casa di Dedalus, guarda caso, tu non
c'eri. Sei sempre stato al sicuro mentre noi dell'Ordine continuiamo
a morire ».
« Al sicuro? Io
rischio la vita tutti i giorni, anche più di te! »
« Adesso basta! »
sbottò James, e adesso era veramente furioso. Era un
atteggiamento
così inconsueto da parte sua che Sirius si sarebbe messo a
ridere.
Ma non aveva mai avuto meno voglia di ridere in vita sua. «
Siete
impazziti? E tu, Sirius, che hai in testa? Conosci Remus da
più di
dieci anni, ormai. Come puoi pensare che possa tradirci e aiutare
Voldemort? Ma ti senti quando parli? »
A quel punto Sirius disse
una cosa di cui si sarebbe pentito immediatamente.
« Greyback gli avrà
fatto il lavaggio del cervello ».
Remus divenne nero in
volto, e non era meno spaventoso di quando c'era la luna piena. Per
un istante sembrò riuscire a trattenersi, ma poi
scattò in avanti.
Sirius sentì il proprio
naso spezzarsi quando il pugno di Remus lo colpì. Era stato
colto
alla sprovvista: Remus non aveva mai picchiato nessuno in vita sua, e
quella reazione mostrava un lato aggressivo fino a quel momento
rimasto nascosto, e non fece che aumentare i sospetti nei suoi
confronti.
Sirius pensò a Harry,
che dormiva di sopra ignaro di tutto, a James e Lily, che ancora non
capivano quanto stessero rischiando, fidandosi di Remus, e la collera
s'impadronì di lui, facendolo reagire e rispondere al pugno.
Qualche istante dopo,
Sirius e Remus furono sbalzati in direzioni opposte da un incantesimo
di Lily.
« Smettetela! » intimò
lei, ma non le diedero retta.
« Sei esattamente come
le persone che dici di disprezzare. Tua madre sarà fiera di
te ».
In quel momento Sirius lo
odiò come non aveva mai fatto prima.
« Silenzio! »
intervenne James, e stavolta tacquero entrambi, mentre Harry si
svegliava e scoppiava a piangere. « State dando il peggio di
voi
stessi, tutti e due! Non so cosa mi trattiene dallo Schiantarvi.
Siete amici, per le mutande di Merlino! Nessuno di voi dovrebbe
sospettare dell'altro! »
« Gli amici non
dovrebbero neanche tradire, se è per questo »
replicò Sirius a
denti stretti. « Non puoi fidarti di lui, James ».
« Io mi fido di chi mi
pare, e so che Remus non ci tradirebbe mai ».
« Grazie » mormorò il
ragazzo, cupo. « Ma non ho intenzione di restare a farmi
insultare
un minuto di più. E se fossi in voi, penserei bene su chi di
noi due
è quello che davvero non merita la vostra fiducia
».
Sirius era talmente
indignato e furioso per quell'insinuazione che per alcuni istanti
quasi non trovò fiato. Ma a rispondere fu James, e
l'occhiata gelida
che riservò a Remus valse più di mille parole.
« Farò finta di non
aver sentito solo perché so che è la tua rabbia a
parlare. Ti
conviene andare, prima che decida di Schiantare entrambi ».
« È
quello che stavo per fare » disse Remus. E si diresse verso
la
porta, facendola sbattere alle proprie spalle.
Lily, inviperita, uscì
dalla stanza per andare a calmare Harry, lasciando Sirius e James da
soli.
« Sono talmente furioso
» esordì quest'ultimo, « che romperti il
naso per la seconda volta
non basterebbe a farmi calmare ».
Sirius cercò di
tamponarsi il sangue, mentre provava a rispondere con più
calma.
« Senti, so che per te è
inconcepibile diffidare di un amico, ma gli amici traditori esistono
».
« Smettila. Non voglio
più sentire una sola parola di questa storia disgustosa!
»
A Sirius faceva male
vedere James così arrabbiato con lui, ma non si arrese.
« Mi preoccupo per
Harry, e per tutti voi, quindi non posso fare finta di nulla. Non
sono l'unico a pensarlo: mezzo Ordine sospetta di lui ».
« Non mi importa di
quello che pensa l'Ordine! Loro non lo conoscono come lo conosciamo
noi! Tu salti subito alle conclusioni e non... »
« James, Peter non salta
subito alle conclusioni, e sai bene che non è il tipo che
prende
posizione. Eppure lui la pensa come me! » sbottò
Sirius,
esasperato.
A quel punto James lo
guardò, inorridito.
« Anche Peter? »
« Sì. E nemmeno lui ne
va fiero, ma se addirittura lui è d'accordo con me, qualcosa
di vero
deve esserci. Parlane con lui, se vuoi. Vedrai che ti dirà
la stessa
cosa, ma forse riuscirà a convincerti, visto che
è meno aggressivo
di me ».
E a quel punto James non
riuscì più a replicare.
***
L'attacco era previsto
per quella notte.
Stando a quello che il
nuovo informatore aveva rivelato a Silente, i Mangiamorte avrebbero
cercato di uccidere un giornalista della Gazzetta del Profeta:
Barnabas Cuffe. Fabian spesso non apprezzava la politica di quel
giornale, ma Cuffe aveva scritto un articolo molto coraggioso, dopo
aver scoperto quello che l'Ordine della Fenice già sapeva,
insinuando la presenza di molte autorità del Ministero che
appoggiavano i Mangiamorte e che tendevano a coprirli. Anche se non
aveva fatto nomi, quell'articolo era bastato perché i
seguaci di
Lord Voldemort decidessero di ucciderne l'autore.
Così, quella notte,
molti membri dell'Ordine della Fenice si trovavano a Diagon Alley. La
sede ufficiale della Gazzetta del Profeta, a quell'ora tarda, era
l'unico edificio con le luci accese. Chi vi lavorava non aveva la
più
pallida idea che entro pochi minuti avrebbero subito un attacco.
I membri dell'Ordine si
erano divisi in gruppi di due o tre persone, occupando una postazione
in ciascuno degli edifici che circondavano la sede della Gazzetta del
Profeta. Malocchio e Frank erano nascosti nel negozio a sinistra,
Telami e Tarlatane, Dedalus e Sirius nella
caffetteria a
destra, e Sturgis ed Emmeline nel Serraglio Stregato,
davanti
agli ultimi due. Fabian si trovava all'interno del negozio Scherzi
da Mago, proprio di fronte alla sede del giornale, insieme a
Gideon.
Infine, alcuni Auror
erano appostati agli estremi di quel tratto di Diagon Alley, tra la
Gringott e il negozio di bacchette di Olivander.
Fabian lanciò
un'occhiata pensierosa a suo fratello. Gideon era concentrato, anche
troppo. Ultimamente non faceva altro che cogliere ogni occasione per
catturare più Mangiamorte possibile. Sarebbe stata una cosa
positiva, se la vera e propria ossessione di cui era vittima non gli
facesse dimenticare spesso di usare prudenza. Per questo Fabian non
lo lasciava mai solo in quelle situazioni. Il suo compito era quello
di guardargli le spalle, nella speranza che prima o poi Gideon si
mettesse l'anima in pace: nemmeno catturare Voldemort in persona gli
avrebbe restituito Dorcas.
L'attesa fu lunga. Fabian
si faceva passare rapidamente la bacchetta da una mano all'altra, e
poteva immaginare tutti gli altri in preda allo stesso nervosismo.
Forse era un pensiero ridicolo, soprattutto in quell'occasione, ma
l'unica cosa che desiderava in quel momento era di tornare a casa,
farsi un panino e gustarselo mentre ascoltava alla radio la replica
dell'ultimo incontro di Quidditch tra Appleby Arrows e Kenmare
Kestrels. O forse non era un pensiero così stupido: dato il
rischio
che correvano tutti quanti, concludere la serata mangiando quel
panino senza dover affrontare altre brutte sorprese poteva essere la
prospettiva migliore alla quale potesse aspirare.
« Fabian » lo richiamò
Gideon, con un tono piatto e neanche lontanamente divertito, quando
il suo stomaco brontolò in un modo talmente rumoroso che
riecheggiò
all'interno del negozio vuoto. « Vuoi farci scoprire?
»
« No, voglio spaventarli
» replicò lui, sforzandosi di infondergli un po'
di buonumore,
invano.
Pochi minuti più tardi,
almeno una decina di figure avvolte in mantelli neri si
Materializzò
in fondo a Diagon Alley, proprio di fronte alla Gringott, e
s'incamminò verso la sede della Gazzetta del Profeta.
Malocchio aveva ordinato
di entrare in azione non appena i Mangiamorte avessero messo piede
sulla soglia, così attesero finché non fu il
momento. Fabian
raggiunse Gideon, stringendo i denti e trattenendo il respiro.
Il segnale arrivò
all'improvviso: scintille rosse nella strada buia e deserta.
« Adesso! » gridò
qualcuno.
In un attimo, l'intero
Ordine della Fenice fu addosso ai Mangiamorte, decisamente colti alla
sprovvista. Fabian ne Schiantò uno prima che gli altri
iniziassero a
reagire e si catapultassero all'interno della sede del giornale.
L'Ordine li seguì a ruota. L'intera redazione della Gazzetta
del
Profeta, dopo alcuni secondi di shock e di confusione, fu presa dal
panico. I giornalisti cercavano di scappare o di mettersi in salvo
sotto le rispettive scrivanie, mentre Mangiamorte e Ordine della
Fenice trasformavano l'ufficio in un campo di battaglia.
Mentre duellava contro un
avversario, Fabian cercava di individuare gli altri, soprattutto
Gideon. Anche se cercava di sdrammatizzare, era terrorizzato lo
stesso al pensiero che qualcun altro potesse essere ucciso. Gideon in
particolare era la persona a cui teneva di più.
Ma un anatema mortale non
la sfiorò per un soffio, facendogli rizzare i capelli per lo
spavento, e decise di non distrarsi per cercare suo fratello,
sperando che se la cavasse.
L'Ordine della Fenice
questa volta era in superiorità numerica, ma i Mangiamorte
avevano
reagito in fretta, e molti di loro si erano nascosti nelle varie
stanze dell'edificio, quindi percorrere i corridoi senza fare
attenzione ad ogni porta non era un atteggiamento consigliabile.
« Trovate Cuffe! »
L'ordine del Mangiamorte
ai suoi lo fece scattare. Fabian Schiantò quello che aveva
parlato e
iniziò a rincorrere gli altri due, aiutato da Malocchio e
Dedalus. I
due avversari continuarono a correre, riparandosi con le maledizioni
che scagliavano alle proprie spalle. I tre inseguitori le schivavano
facilmente, ma i Mangiamorte riuscirono a raggiungere l'ufficio di
Barnabas Cuffe prima che loro potessero fermarli.
Il giornalista doveva
essersi nascosto da qualche parte, ma il terrore
s'impossessò di lui
a tal punto da indurlo stupidamente a urlare, svelando il proprio
nascondiglio. Per fortuna, quando i Mangiamorte aprirono l'armadio
nel quale si era chiuso, Fabian, Alastor e Dedalus li avevano
già
attaccati.
Centinaia di copie di
giornali volarono da tutte le parti, sparpagliati per terra e
lanciati in alto dagli spostamenti d'aria prodotti dagli incantesimi.
Fabian riusciva a fatica a vedere dove finissero le proprie fatture:
lo spazio era piccolo e doveva essere attento a non farsi colpire.
Alastor riuscì a
sopraffare uno dei due Mangiamorte, ma l'altro non si diede per
vinto. Dedalus fu sbalzato contro il muro e svenne. Ora, dall'altra
parte della stanza, il Mangiamorte e Alastor si stavano affrontando
vicino ad una stufa.
Fabian, che si trovava
più vicino all'uscita insieme a Dedalus e Cuffe,
riuscì appena a
sentire l'urlo di avvertimento del giornalista, che si era alzato in
piedi e aveva estratto la bacchetta, facendo un incantesimo strano:
« No, state attenti! È
difettosa! »
Una fattura del
Mangiamorte colpì la stufa proprio in quel momento. Fabian
era già
balzato in avanti, afferrando Alastor e strattonandolo all'indietro.
La stufa esplose. Fabian
sentì un calore cocente circondarlo, mentre il fumo quasi
sicuramente tossico lo confondeva, annebbiandogli la vista, e alla
fine non poté fare altro che perdere i sensi.
Quando riaprì gli occhi,
l'incendio era stato domato, anche se il fumo nero continuava ad
uscire dalla finestra aperta. Per alcuni istanti rimase sdraiato,
immobile, cercando di non scoprire la provenienza della puzza che gli
invadeva le narici.
« Fabian, stai bene? »
Era stata Emmeline a
parlare, sopra la sua testa. Lui annuì leggermente, come nel
timore
di provare dolore da qualche parte. Ma, a parte qualche ferita o
ustione superficiale, stranamente non era ferito in modo grave.
Eppure, notò quando le alzò di fronte al volto,
scoprì di avere le
mani zuppe di sangue.
« Che cos'è successo? »
chiese, la voce rauca, mentre si alzava a sedere.
Emmeline e gli altri
dell'Ordine erano tutti intorno a lui, affaccendandosi per la stanza.
« La stufa è esplosa.
Barnabas Cuffe ha usato una magia che ha impedito all'esplosione di
far saltare in aria l'intero edificio, ma il Mangiamorte contro il
quale combattevate è stato colpito in pieno... »
Fabian di colpo capì la
provenienza dell'odore disgustoso e cercò di non vomitare,
rifiutandosi di guardare quelli che ne stavano coprendo e portando
via il cadavere carbonizzato.
« E Malocchio? » chiese
poi, colto dal panico.
« Sei riuscito a trarlo
in salvo appena in tempo » rispose lei, anche se il suo tono
di voce
non sembrava completamente sollevato.
Fabian fece scorrere lo
sguardo lungo il pavimento, fino a che non vide Malocchio sdraiato
vicino ad un angolo. Era vivo, ma l'esplosione doveva averlo ferito
gravemente. Quando Sturgis, che lo stava medicando, si
spostò un
momento, Fabian scoprì che Alastor aveva perso la gamba
sinistra dal
ginocchio in giù.
« Mi dispiace, Malocchio
» disse, sconvolto.
L'Auror faceva fatica a
respirare, ma rispose lo stesso con un rantolo ringhiante.
« Hai salvato tutto il
resto, ragazzo. Tanto ne ho un'altra ».
Qualcuno non si trattenne
e ridacchiò, anche perché Alastor aveva detto la
stessa identica
cosa quando aveva perso un occhio.
« Tu sei tutto suonato »
gli disse Emmeline, scuotendo la testa.
Fabian si alzò in piedi,
anche se le ginocchia gli tremavano ancora molto. Gideon lo
aiutò a
sorreggersi e il fratello fu lieto di vedere che anche lui era ancora
sano e salvo.
« La battaglia è
finita? » gli chiese poi.
« Sì. Abbiamo anche
preso un paio di Mangiamorte ».
Fabian riuscì a
sorridere. Poi lanciò un'occhiata intorno a sé. A
parte Malocchio,
nessun altro aveva avuto conseguenze gravi. Come lui, Dedalus aveva
delle scottature ma nel complesso non stava male.
Sirius intanto stava
scortando i due Mangiamorte catturati lungo il corridoio, dopo averli
legati entrambi come due salami, senza dimenticare di promettere loro
un lungo soggiorno ad Azkaban.
« Per tutti i goblin,
questo disastro è tutta colpa mia! »
esclamò in quel momento
Barnabas Cuffe, riemergendo dal mucchio dei suoi colleghi e
mettendosi le mani tra i capelli per la disperazione.
« Non la veda così,
signor Cuffe » lo consolò Frank. «
È
stato molto coraggioso a scrivere quelle cose sulla Gazzetta
».
Cuffe lo guardò,
confuso.
« Non ho idea di chi
siate, ma vi ringrazio per avermi salvato. Tuttavia dubito che
scriverò ancora un articolo del genere » ammise.
« Faccia come vuole, ma
i Mangiamorte non lo dimenticheranno facilmente. Se fossi in lei,
chiederei al Ministero di metterla sotto protezione »
ringhiò Moody
che, nonostante la gamba maciullata, non aveva perso l'attitudine al
comando. Poi si rivolse al resto dell'Ordine. « Assicuratevi
che non
siano rimasti altri Mangiamorte in giro. Podmore, guarda che posso
alzarmi. Non fa nemmeno più male. Dammi un bastone e
facciamola
finita ».
« No che non puoi »
replicò Sturgis, stupito. « Dici così
perché ti ho dato un
anestetico, ma credimi, non hai le forze per reggerti in piedi
».
« Sì che le ho. Dacci
un taglio, Podmore ».
Per alcuni secondi
Sturgis tacque, rosso per l'imbarazzo. Poi si arrabbiò.
« Il Guaritore sono io e
tu fai quello che io ti dico di fare, d'accordo? »
Tutti lo guardarono,
sorpresi da quell'improvvisa presa di posizione. E, per quella che
probabilmente era la prima volta in vita sua, Moody non seppe cosa
rispondere. Si accasciò di nuovo per terra, bofonchiando tra
sé con
aria stizzita, ma non protestò più.
Sturgis sorrise, confuso
ma soddisfatto, e in quel momento Emmeline apparve molto fiera di
lui.
Proprio in quel momento,
un Mangiamorte che fino a quel momento si era finto svenuto
scattò
in piedi e cercò di scappare. Gideon lo inseguì,
ma lui schivò il
suo incantesimo, uscendo dalla stanza.
« Ci penso io » disse
Gideon agli altri. Fabian lo seguì a ruota.
«
Stupido » disse il fratello maggiore. « Dove
credere di scappare? »
Il Mangiamorte aveva
trovato un'uscita sul retro, ma si era ritrovato in trappola. Si
trovava in un cortile circondato da un muro spesso e troppo alto per
essere scalato se si aveva un inseguitore alle costole.
Fabian e Gideon si
avvicinarono all'uomo, costretto con le spalle al muro di cinta.
« Posa quella bacchetta,
Dolohov » gli intimò Gideon. « Ti
conviene ».
« No, è a voi che
conviene arrendervi » replicò quello, e il suo
volto pallido e
contorto si contrasse in un sogghigno.
Fabian non aveva idea di
che cosa significasse, ma all'improvviso ebbe solo voglia di fuggire.
Poi un rumore improvviso alle loro spalle li costrinse a voltarsi, il
cuore in gola.
Altri quattro Mangiamorte
vivi e in ottime condizioni di salute, che dovevano essere riusciti a
nascondersi, erano appena entrati nel cortile, chiudendosi la porta
alle spalle.
Fabian e Gideon adesso
erano circondati, e non ebbero neanche il tempo di avere paura, tanto
meno di chiedere aiuto agli altri, perché i Mangiamorte li
attaccarono contemporaneamente. Schiena contro schiena, i due
fratelli provarono a respingerli.
« Guardami le spalle,
Fabian! »
« Sicuro. E tu guarda le
mie » rispose lui, spedendo una raffica di maledizioni contro
i
Mangiamorte di fronte a sé.
Anche se erano in
inferiorità numerica, i Prewett insieme erano decisamente
più forti
dei loro avversari. Lo capirono dalle loro espressioni non
più
esultanti ma concentrate e rabbiose.
Due Mangiamorte caddero a
terra, svenuti, mentre un terzo cercava disperatamente di
divincolarsi dalle corde che Fabian gli aveva legato intorno con un
incantesimo.
Fabian gli puntò la
bacchetta contro, pronto a Schiantarlo, ma qualcosa glielo
impedì.
Era accaduto. Di colpo,
senza neanche un preavviso.
Sopra i rumori della
battaglia e le voci concitate degli altri membri dell'Ordine che
stavano accorrendo in loro aiuto, le sue orecchie percepirono un
rantolo soffocato alle proprie spalle, e il suo cuore saltò
un
battito quando non percepì più la schiena di
Gideon premuta contro
la sua. Il tonfo e il silenzio che seguirono lo paralizzarono.
Lottando contro se
stesso, riuscì a voltarsi, ma il mondo gli crollò
addosso quando
vide il corpo di suo fratello riverso a terra.
Il cortile intorno a lui
iniziò a girare a gran velocità, mentre le
ginocchia gli cedevano e
Fabian cadeva a terra accanto a Gideon e iniziava a scuoterlo
chiamandolo per nome, come se potesse servire a qualcosa. I rumori
intorno a lui erano così ovattati, rispetto al suono che gli
rimbombava nelle orecchie, che non riusciva quasi a udire la sua
stessa voce, anche se stava urlando tutta la propria disperazione.
Per favore, fa' che
finisca, pensava, convinto di trovarsi in un incubo. Non
anche
lui...
Solo quando con la coda
dell'occhio vide Dolohov puntargli la bacchetta contro, Fabian fu
colto da una furia cieca e reagì. Lo ferì
gravemente e uccise un
altro Mangiamorte, che era intervenuto per aiutare il compagno. Non
gli importava più nulla, voleva solo sterminarli dal primo
all'ultimo e smettere di provare tutto quel dolore.
Ma poi la bacchetta gli
sfuggì dalle dita, disarmato dall'ultimo avversario, che si
era
liberato delle corde.
Gli altri dell'Ordine
erano arrivati, ma ormai era troppo tardi per salvarlo. Almeno
sarebbero riusciti a mandare Dolohov ad Azkaban, pensò.
Fabian strinse il polso
di suo fratello, come per farsi coraggio o forse per trattenerlo e
chiedergli di aspettarlo, perché lo avrebbe raggiunto
presto; oppure
entrambe le cose. Non lo sapeva neanche lui.
E quando fu colpito in
pieno, fu come addormentarsi.
Non so cosa ne pensate
voi, ma per me rileggere questo capitolo è stato una
mazzata. ç___ç Ma lo prometto, le morti sono quasi
finite. E anche Malocchio ha finito di perdere pezzi, al momento xD
Non ho molto
da chiarire, ma se vi chiedete cosa succederà al Ministero
ora che anche Gideon non può più aiutare a
smascherare i Mangiamorte infiltrati, la risposta sarà nel
prossimo capitolo. Di certo, ora che Cuffe ne ha parlato sulla Gazzetta, la Bagnold non potrà perdere tempo...
E ora è meglio che torni a studiare, tanto per concludere il
pomeriggio in bellezza >.<
Il prossimo aggiornamento sarà intorno al ponte del
1° novembre.
Buon Halloween, buon ponte, e che Peter finisca in pasto al gatto dei Potter! (no, non succederà, ma mi piace immaginarlo!)
Julia
|
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Capitolo 52 *** La testimonianza del Ministro ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 52
La testimonianza del
Ministro
Il ticchettio delle
lancette non le dava tregua. Il Ministro della Magia continuava a
fissare l'orologio, minuto dopo minuto, in attesa dell'ora che stava
aspettando con impazienza e timore. Sapeva benissimo che, al minimo
contrattempo, sarebbe andato tutto storto, e questo pensiero non
l'aiutava di certo a calmarsi. Ma era rimasta lucida; in quel momento
più che mai aveva bisogno di mantenere la calma per non
destare
sospetti. Il suo sguardo, sempre puntato sull'orologio d'argento
posto sulla scrivania dell'ufficio, si spostava a intervalli regolari
in direzione del camino o della finestra, o di qualunque altro mezzo
di comunicazione con il mondo esterno.
Nervosa e incapace di
restare ancora seduta, si alzò in piedi e prese a camminare
su e giù
per la stanza. Se non avesse ricevuto notizie entro qualche minuto
sarebbe impazzita.
In quel momento qualcuno
bussò alla porta, facendola sobbalzare. S'impose di calmarsi
e tornò
al suo posto dietro la scrivania, riassumendo una posa autorevole e
pacata prima di rispondere:
« Chi è? »
Uno dei due Auror a
guardia del suo ufficio aprì la porta e si
affacciò.
« Ministro, il signor
Anderson vuole parlarle ».
« Fallo entrare, Robards
».
Millicent Bagnold indossò
una maschera di freddo distacco quando Anderson entrò. Era
un uomo
sulla cinquantina, con grandi orecchie a sventola e la schiena
leggermente ingobbita. Ad un estraneo sarebbe apparso completamente
innocuo, ma non era così. Anderson era uno dei consiglieri
che la
braccavano da almeno un anno, costringendola a prendere decisioni che
non avrebbe mai voluto, sotto la minaccia implicita di fare del male
alla sua famiglia. Nessuno di loro si era mai esposto al punto di
ricattarla esplicitamente, ma la loro era una strategia più
sottile
e maligna, fatta di allusioni e sorrisi cortesi che la nauseavano.
Ma quella sera sarebbe
tutto finito. Se pensavano di metterla nel sacco e usarla come un
fantoccio si sbagliavano di grosso. Non era diventata Ministro della
Magia per caso. Era uscita da Hogwarts con dieci M.A.G.O. e si era
dimostrata una fiera Corvonero, facendo carriera principalmente
grazie alle sue capacità intellettive. Certo, più
di una volta si
era dovuta adeguare a compromessi che non le andavano a genio: al
Ministero era così che funzionava, se si voleva raggiungere
un posto
così importante. Ma per certe situazioni Barty Crouch non
aveva
tutti i torti: non si poteva sempre scendere a compromessi.
« Buonasera, Ministro »
esordì Anderson.
« Buonasera a te.
Accomodati » rispose lei, fredda.
« Grazie. Ho portato
qualche scartoffia da firmare al volo » fece quello in modo
frettoloso, sperando di infonderle negligenza.
« Non ho fretta. Le
esaminerò una per una ».
Trascorsero cinque
minuti, durante i quali la Bagnold esaminò i documenti con
più
lentezza del necessario, mentre Anderson cercava di non mostrarsi
troppo irritato e impaziente.
Poi una fiamma divampò
nel camino, e la donna sentì il proprio battito accelerare.
« Scusami » disse ad
Anderson, rivolgendosi alla testa che era appena apparsa tra le
fiamme. Apparteneva a Pollet, il suo nuovo elfo domestico. «
Cosa
c'è, Pollet? »
« Pollet si chiedeva se
la padrona torna per cena. Pollet ha già preparato tutto
».
Millicent Bagnold dovette
trattenersi per non scoppiare a ridere per il sollievo. Il suo elfo
non si riferiva alla cena quando diceva di aver preparato tutto, e
non la stava aspettando a casa. Avevano concordato quella frase il
giorno prima, in modo che Pollet la potesse avvertire quando l'Ordine
della Fenice fosse riuscito a far scappare suo marito e sua figlia
senza che i Mangiamorte che tenevano d'occhio casa loro se ne
accorgessero. Adesso si trovavano al sicuro in qualche cittadina
sperduta in Canada. Nessuno li avrebbe più trovati
né avrebbe più
potuto minacciare di ucciderli per ricattare Millicent Bagnold.
« Purtroppo non tornerò
per cena » rispose all'elfo domestico. « Saluta
tutti da parte mia
» aggiunse con un nodo alla gola: sapeva bene che, anche se
loro
adesso erano al sicuro, lei sarebbe dovuta restare a Londra per
compiere il proprio dovere. E forse non li avrebbe visti mai
più.
Quando l'elfo scomparve,
Anderson le rivolse uno dei disgustosi sorrisi cordiali.
« Immagino che sentirà
la mancanza di sua figlia » commentò.
« Oh sì, come tutti
quelli che ricoprono un ruolo importante nel Ministero. Anche tu hai
figli, vero? »
« Sì, due. Il maggiore
inizierà Hogwarts a settembre ».
« Buon per lui. Sarà
meno difficile per lui abituarsi all'idea di non vederti più
molto
spesso » commentò lei, con un sorriso di
circostanza.
Anderson aggrottò la
fronte, attonito.
« Temo di non capire ».
« Capirai subito »
disse lei.
La porta si spalancò
all'improvviso, e i due Auror di guardia irruppero nell'ufficio,
seguiti da Alastor Moody che, dopo lo scontro in cui i fratelli
Prewett erano morti, aveva perso una gamba, e ora ne esibiva una di
legno, simile ad una zampa di leone.
« Arrestatelo ».
Paralizzato dallo shock,
Anderson non ebbe il tempo di reagire.
« Che state facendo? Che
significa? » protestò, mentre gli Auror lo
catturavano.
« Sei accusato di
complicità con i Mangiamorte, ricatto, tradimento e uso
della
Maledizione Imperius. Non ti conviene aggiungere il reato di
resistenza alla lista: è già abbastanza lunga
» gli ringhiò
contro Moody.
L'uomo impallidì.
« Cosa? E su che
basi...? »
« Di questo ne
discuteremo al processo » tagliò corto la Bagnold.
Poi si rivolse a
Moody. « Prendete anche gli altri ».
***
Regulus si svegliò di
scatto. Di solito il villaggio di Mould-on-the-Wold era sempre
silenzioso di notte, e casa Puddle a maggior ragione, visto che vi
abitava solo lui. Ma quella notte qualcosa aveva interrotto
bruscamente il suo sonno. All'inizio era troppo confuso per capire
quale ne fosse la causa e pensò di aver semplicemente avuto
la
sensazione di cadere da un albero. Stropicciandosi gli occhi, si
girò
su un fianco e controllò l'ora: le tre del mattino.
Sbuffò,
sperando di riuscire a prendere sonno il prima possibile, quando
udì
un boato in lontananza e il letto sul quale si trovava
tremò,
facendolo sussultare.
« Ma che...? »
bofonchiò, accorgendosi che anche le pareti e l'intera casa
si
stavano muovendo. Poi tutto finì come era iniziato.
Regulus pensò ad una
scossa di terremoto, ma qualche secondo dopo ce ne fu un'altra, e
un'altra ancora, a intervalli regolari. I libri iniziavano a cadere
dagli scaffali, e Regulus sentì i piatti in cucina fare lo
stesso e
infrangersi a terra.
Un attimo dopo era in
piedi. Affacciandosi alla finestra e tendendo le orecchie, vide
decine di abitanti del villaggio che correvano per strada e le sirene
di ambulanze, polizia e pompieri che sovrastavano le urla
terrorizzate.
Non era sicuro che per
lui uscire fosse una buona idea. Mould-on-the-Wold era un villaggio
semi-magico, e qualcuno avrebbe potuto riconoscerlo. Ma chi gli aveva
sempre raccomandato di restare in casa non aveva mai preso in
considerazione la possibilità che la casa crollasse.
E poi non sembrava
proprio un terremoto. La gente continuava a scappare in un'unica
direzione, e i boati che si sentivano erano ancora un mistero. I
Mangiamorte avevano già sferrato un attacco a quel villaggio
circa
un anno prima. Possibile che lo stessero facendo di nuovo?
Con un rapido incantesimo
sostituì i propri abiti: in ogni caso, non poteva farsi
trovare in
pigiama.
Quando la casa riprese a
tremare, Regulus corse in salotto, con l'intenzione di avvertire
qualcuno tramite Metropolvere. Ma accadde qualcosa di tremendo. Un
macigno – o qualcosa di simile – proveniente da
chissà dove,
sfondò il tetto, distruggendo mezzo salotto e riempiendolo
di
polvere e calcinacci.
Tossendo, Regulus tornò
in piedi dopo la rovinosa caduta che aveva seguito quello che
sembrava un vero e proprio bombardamento, e si rese conto di essere
vivo per miracolo. Il camino tuttavia era distrutto e irraggiungibile
per via dei detriti. A quel punto decise di uscire, la bacchetta
già
pronta in mano.
In strada era il panico
generale, tra auto che sfrecciavano alla cieca e pedoni che pensavano
solo a strillare e fuggire. Regulus esitò, ma alla fine
s'incamminò
nella direzione opposta alla folla, cercando di non essere travolto
dalle famiglie in fuga o investito da qualche mezzo di trasporto.
Nemmeno i Babbani che
vivevano vicino a lui avevano capito cosa stesse succedendo.
Più in
là stava per scoppiare una rissa. Un uomo, accusato da
quattro o
cinque persone di aver piazzato una bomba nella piazza principale,
reagì alla calunnia con insulti, in un evidente accento
irlandese.
Quando sferrò un pugno ad uno di essi, un poliziotto
intervenne.
Presto Regulus iniziò a
scorgere maghi e streghe, abitanti del villaggio, che cercavano a
loro volta di affrontare l'emergenza. Per fortuna l'agitazione
generale e l'oscurità lo proteggevano da sguardi indiscreti,
perché
non aveva avuto il tempo di camuffarsi.
« Altro che bomba! »
strillò una strega più in là.
« Devono essere i Mangiamorte ».
« Ne ho visti un paio »
accorse un mago anziano, pallido come un cencio. « Ma non
sono loro
il problema. Ragazzo, lascia perdere » disse poi,
rivolgendosi a
Regulus, che evitò di guardarlo negli occhi ma si
fermò.
« E quale sarebbe il
problema? » insisté la strega.
Prima che l'anziano
potesse spiegarsi, accadde qualcosa che tolse loro il fiato. Due
sagome all'orizzonte che Regulus non aveva notato, scambiandoli per
profili di montagne, si mossero. Una di esse alzò due
braccia
colossali e scaraventò un altro macigno contro i tetti di un
gruppo
di case.
A Regulus quasi cadde la
bacchetta di mano.
Giganti.
Si era preparato ad un
possibile scontro con i Mangiamorte, ma non a due giganti alti dieci
metri. Non aveva neanche la più pallida idea di come
affrontarli. E,
a giudicare dalle colonne di fumo all'orizzonte, quello non doveva
essere il primo villaggio che mettevano a ferro e fuoco.
« Oh Merlino, il
Ministero deve intervenire con una squadra speciale! »
esclamò un
altro mago.
« Sì bè, intanto
filiamocela. Stanno venendo da questa parte! »
Regulus non se lo fece
ripetere due volte e girò i tacchi. I maghi e le streghe di
prima
ogni tanto si fermavano per portare con sé Babbani
paralizzati dal
terrore, e Regulus si rese appena conto di aver appena lasciato
indietro una persona.
Il poliziotto di prima
non aveva proprio difeso chi era in minoranza, dato che l'irlandese
accusato dagli altri Babbani ora se ne stava seduto sul marciapiede,
in preda a dolori lancinanti all'addome.
« Riesci ad alzarti in
piedi? » gli chiese Regulus, dopo un istante di esitazione.
« Non lo so, ma se vuoi
posso darti un manganello sulle costole, così poi mi fai
sapere se
ci riesci tu » replicò quello.
Lottando contro l'impulso
di mollarlo lì, Regulus lo afferrò per le spalle
e lo trascinò
via, poco prima che la casa dell'irlandese crollasse in pezzi,
colpita da un altro macigno.
L'uomo scoppiò in
singhiozzi, ma Regulus vedeva i due giganti avvicinarsi sempre di
più.
« Muoviti » lo
apostrofò, costringendolo ad alzarsi, irritato e affaticato
dal suo
peso.
Il Babbano rallentava la
sua fuga, ma alla fine riuscì a raggiungere la piazzetta in
cui si
erano radunati i superstiti. Parecchie persone erano morte sotto le
macerie e per i macigni lanciati dai giganti, che ormai avevano
raggiunto le prime case del villaggio.
Regulus stava cercando di
escogitare un modo per allontanarti, quando il suo respiro si
spezzò:
la squadra speciale del Ministero era arrivata. Non era il caso di
farsi vedere.
« Non puoi lasciarmi
qui! » protestò il Babbano, stavolta senza il tono
arrogante di
prima: sembrava solo sinceramente spaventato. « Mi linceranno
».
Regulus si rese conto che
aveva ragione. Lasciarlo in mezzo ad una folla terrorizzata, pronta a
trovare un capro espiatorio pur di non credere a quel che vedeva, era
una pessima idea. L'irlandese aveva bisogno di nascondersi quanto
lui.
« D'accordo, seguimi »
gli disse alla fine.
Mescolandosi tra la
folla, riuscirono ad infilarsi in una strada secondaria ed entrarono
nella prima casa abbandonata a disposizione: nella fretta di fuggire,
quasi tutti avevano lasciato le porte aperte.
L'uomo si lasciò cadere
sul pavimento del salotto, esausto, cercando di contenere il dolore
alle costole, mentre Regulus si affacciava con prudenza alla
finestra.
Proprio in quel momento,
scoprì che non erano i soli a doversi nascondere. Qualcuno
si era
appena introdotto in una bottega in fondo al vicolo, e non si
trattava di un abitante del villaggio: nessun mago che non aveva
nulla da nascondere sarebbe andato in giro con mantello e cappuccio
nero.
« Aspetta qui » disse
Regulus al Babbano, che annuì, nonostante una momentanea
perplessità
iniziale.
Uscì in strada, diretto
verso il negozio in fondo, ma non riuscì a raggiungerlo,
perché
proprio quando era quasi arrivati, un secondo Mangiamorte col viso
coperto da una maschera d'argento fece irruzione nella strada.
Regulus ebbe appena il
tempo di rifugiarsi dentro un'altra casa, con il cuore in gola, ma il
Mangiamorte doveva aver notato la sua presenza. Con suo grande
orrore, si rese conto che questo aveva intenzione di entrare proprio
nella casa in cui Regulus si era rifugiato.
Allarmato, cercò un
nascondiglio, prima che l'intruso lo trovasse. Con il favore delle
tenebre, s'incamminò al piano di sopra, cercando di non fare
rumore.
Purtroppo, all'ultimo gradino, urtò il piede contro quel che
doveva
essere il giocattolo di un bambino, che fischiò talmente
forte da
gelargli il sangue nelle vene.
« Chi è là? »
sbottò
la voce del Mangiamorte. Era alterata dalla maschera, ma suonava
allarmata a sua volta.
Regulus rimase immobile,
senza respirare, il cuore che pompava il sangue alla
velocità della
luce.
Poi, da qualche parte
lontano, uno dei giganti batté i piedi, facendo tremare
l'intero
villaggio. Regulus approfittò del frastuono per allontanarsi
dalle
scale e infilarsi in una stanza dall'altra parte del corridoio.
Fece appena in tempo a
chiudersi dentro, quando il Mangiamorte raggiunse il piano di sopra.
In preda all'ansia, Regulus si disse che restare lì ad
aspettare che
lo stanasse sarebbe stato stupido, ma non poteva nemmeno attaccarlo
in quel momento: il Mangiamorte era in una posizione vantaggiosa e lo
avrebbe ucciso non appena avesse aperto la porta. I suoi passi si
avvicinavano. Sapeva che era lì.
Regulus andò a
nascondersi dietro un divano e attese.
Dopo l'ennesima scossa,
stavolta più lunga e fragorosa – uno dei giganti
era stato
abbattuto? Regulus se lo augurò – il Mangiamorte
entrò. Doveva
aspettarsi un agguato, perché schivò in fretta
l'incantesimo di
Regulus e lo rispedì al mittente. Il divano parò
l'urto, ma i
cuscini esplosero in una nuvola di piume. Il Mangiamorte
continuò ad
attaccare, impedendogli di uscire allo scoperto, ma alla fine Regulus
fu costretto a gettarsi di lato quando il divano fu distrutto.
E a quel punto
l'avversario si bloccò, sconvolto. Nella stanza la luce non
era
accesa, ma il combattimento con i giganti aveva provocato nel palazzo
accanto un incendio sufficiente a permettergli di riconoscerlo.
Regulus approfittò dell'effetto sorpresa per lanciargli una
fattura
che lo colpì in pieno volto, facendogli cadere la maschera.
Ora
toccava a Regulus esitare, quando scorse un volto fin troppo
familiare, disseminato di lentiggini e contornato da capelli color
paglia.
Si rese conto di aver
aspettato troppo, quando percepì uno spostamento d'aria
appena sotto
l'orecchio, che gli fece rizzare i capelli. Un attimo dopo qualcosa
di liquido e caldo iniziò a colargli lungo il lato del
collo. Se lo
tamponò istintivamente: non era una ferita profonda, ma
quando
ritrasse la mano, la vide sporca di sangue.
Tutto questo accadde in
pochi secondi. Regulus puntò subito la bacchetta verso il
ragazzo
dritto davanti a lui, che lo guardava con un'espressione feroce. Lui
deglutì, ignorando il dolore causato dalla ferita.
« Finalmente hai avuto
il coraggio di uscire allo scoperto » esordì
Barty, senza smettere
un solo istante di puntargli a sua volta la bacchetta al cuore.
« Potrei dire lo stesso
di te » replicò Regulus, cercando di apparire
tranquillo.
Lo vide cambiare colore,
ora tendente al violaceo. Barty stava tremando di rabbia. Sembrava
sul punto di esplodere, e Regulus strinse il pugno intorno alla
propria bacchetta, pronto a difendersi. Ma Barty non lo
attaccò, non
subito.
« Perché? » chiese,
livido. « Dimmi per quale dannato motivo ci hai traditi tutti
».
Regulus non abbassò lo
sguardo. Non aveva nulla di cui vergognarsi.
« Ho dovuto farlo ».
« Sei un traditore »
affermò Barty, come se non lo avesse nemmeno sentito.
« Hai tradito
il Signore Oscuro ».
« Per quanto mi
riguarda, è lui che ha tradito noi »
sbottò Regulus, innervosito.
« L'ho capito tardi, ma è così. Ha
sempre tenuto nascosto il suo
vero obiettivo. Gli interessa solo il potere, nient'altro che noi
poveri idioti speravamo che potesse aiutarci a conquistare ».
« Chiudi-quella-bocca!
»
gridò Barty, facendo tre passi avanti fino a raggiungerlo.
Regulus
non mosse un muscolo. « Non ti permetterò di
insultare il Signore
Oscuro senza fartela pagare cara ».
« Ne parli come se fosse
una persona meritevole di fiducia ».
« Lo è, Black. Sei tu
che non la meriti. E pensare che sei stato tu a portarmi da lui...
»
Regulus si morse la
lingua, furibondo. Entrambi erano sul punto di attaccare, ma
esitavano.
« È
stato un grosso errore, infatti... Senti, devi ascoltarmi, non puoi
credergli davvero ».
« Smettila di darmi
consigli. Non sei mio amico da molto tempo, ormai ».
« Lo so bene » replicò
Regulus, mentre una furia mai sopita si impossessava di lui.
« Per
colpa tua mio zio è morto ».
Per la prima volta, la
determinazione di Barty sembrò incrinarsi.
« Non era mia
intenzione. Non sapevo nemmeno che sarebbe finita così,
quando ho
riferito a Rabastan che eri vivo. Non darmi colpe che non ho, Black
». Sembrava sincero, ma subito dopo riacquistò il
tono sprezzante
di prima. « Tuo zio è morto per proteggere te,
quindi la colpa è
tua. Avresti dovuto pensarci prima, il giorno in cui hai deciso di
voltare le spalle a tutte noi ».
Accecato dall'ira,
Regulus agitò la bacchetta, mandandolo a sbattere contro la
parete
di cemento. Barty si accasciò a terra, gemendo e toccandosi
la testa
dalla quale iniziò a sgorgare un rivolo di sangue. Regulus
lo
afferrò per il colletto della veste, cercando di frenare la
tentazione di ferirlo ancora di più. Era esausto e
infuriato, ma
anche frustrato: ancora non riusciva a credere che Barty fosse
diventato davvero così. Voleva solo fargli male il
più possibile,
perché in quel momento lo odiava più di quanto
avesse mai odiato se
stesso.
« Sei un povero illuso!
Credi che il Signore Oscuro ti capisca e ti consideri il suo seguace
migliore? Sei soltanto una marionetta nelle sue mani. Ti sta usando,
e continuerà a usarti finché gli farai comodo. Ma
quando non li
sarai più utile, ti getterà via come uno straccio
usato. Non
credere che verrà a salvarti, perché non lo
farà. Tu sarai
disposto a dare la vita per lui, ma lui non alzerà neanche
un dito
per te. Ti dimenticherà e non perderà neanche un
istante per
trovare un altro illuso come te ».
« Taci! »
Barty reagì, furibondo,
dandogli un pugno in faccia e approfittandone per recuperare la
bacchetta.
« Non parlare più! »
lo avvertì, tremando di rabbia. « Non sono
più il ragazzino idiota
di prima. Ho già ucciso e non avrò problemi a
fare fuori anche te
».
« Preferivo il ragazzino
idiota di prima, se ne vai così fiero »
constatò Regulus,
disgustato. « Mi chiedo solo come tu riesca a dormire la
notte ».
« Ci riesco, e anche
bene. Non sono debole come te ».
« Allora provaci, avanti
» lo sfidò Regulus.
Era così arrabbiato che
non sentiva neanche più la paura. E, nonostante Barty fosse
sempre
stato più abile di lui nei duelli, dopo una breve
colluttazione,
riuscì a disarmarlo. A dire il vero, a quel punto non sapeva
cosa
fare, ma il problema non si pose più di tanto.
Un attimo dopo, infatti,
una squadra di Auror irruppe nella stanza e vide quel che credeva di
vedere: un Mangiamorte sul punto di uccidere il figlio di Crouch.
Regulus provò a
difendersi, ma erano troppi.
Poi uno Schiantesimo lo
colpì.
***
« Come hai fatto? E come
mai solo ora? »
Crouch sembrava
combattuto tra l'istinto di diffidare di lei e quello di esultare,
perché neanche in sogno aveva mai avuto in pugno
così tanti
sospettati di essere Mangiamorte.«
Prima mi ricattavano,
e non volevo che la mia famiglia corresse dei rischi. Non è
stato
facile farli fuggire, perché erano tenuti sotto controllo.
È stato
l'Ordine della Fenice a portare in salvo mio marito e mia figlia.
Dorcas Meadowes aveva indagato sui Mangiamorte infiltrati nel mio
Consiglio, ma è morta prima di riuscire ad incastrarli.
Gideon
Prewett ha preso il suo posto e mi ha proposto questo piano per
arrestarli senza far correre rischi alla mia famiglia, offrendomi la
collaborazione dell'Ordine. Mi dispiace solo non poterlo
ringraziare... »
A Millicent Bagnold non
sembrava vero che quell'incubo fosse finito, ma pensare quanto era
costato la faceva stare male. Non le piaceva pensare che, se lei non
avesse ceduto al ricatto dei Mangiamorte, a quell'ora forse Dorcas e
i Prewett sarebbero stati vivi.
« Bene » commentò
Crouch, a denti stretti. Lei capì subito che stava per dire
qualcosa
che non le sarebbe piaciuto. « Purtroppo devo avvisarti. Se
concederai un processo a tutte queste persone, molte riusciranno a
cavarsela. Prendi Malfoy. Uno come lui può farsi rilasciare
anche se
ha tutte le prove contro ».
Il Ministro scosse la
testa.
« Alcuni di questi sono
sotto Maledizione Imperius, Crouch. Ti proibisco di sbatterli tutti
ad Azkaban senza aver fatto un equo processo. È la mia
ultima parola
».
Crouch era livido ma non
osò protestare. Eppure la donna poté quasi
percepire il suo
risentimento. Se non fosse stato tanto rispettoso delle regole,
probabilmente Crouch si sarebbe inventato qualcosa per toglierle la
poltrona. Lei, a sua volta, avrebbe voluto trovare volentieri un modo
per distruggerlo e rovinare la sua ascesa al potere, ma non poteva
farlo. Aveva troppi sostenitori, e dopo tutto uno come lui era
comodo, tanto per convincere la comunità magica che anche il
Ministero faceva paura, non solo Voldemort. Ma quel tira e molla non
poteva durare in eterno: prima o poi uno dei due sarebbe stato
sopraffatto dall'altro. Il loro equilibrio era instabile, come un
filo pronto a spezzarsi, non appena uno avesse compiuto un passo
falso.
« Bartemius, devo
parlarti ».
La voce inaspettata di
Albus Silente interruppe le sue riflessioni. Non era insolito vederlo
lì, di fronte alle segrete che ospitavano i prigionieri in
attesa
del processo, ma quella sera non era solo. Insieme a lui c'era anche
una ragazza che la Bagnold aveva conosciuto poche ore prima. Emmeline
Vance frequentava ancora l'Accademia per Auror, ma faceva
già parte
dell'Ordine della Fenice. Era stata proprio lei a portare al sicuro
la sua famiglia, quella sera. Finora si era mostrata sempre calma, ma
in quel momento le sembrava piuttosto nervosa.
« So di cosa vuoi
parlare, Silente. Mi sembrava di essere stato chiaro con la signorina
Vance » disse Crouch, irritato. « Il ragazzo
è un Mangiamorte, e
non ho intenzione di liberarlo. Anzi, se continuerete a insistere, la
sua posizione si aggraverà, vi avverto ».
« Non è più un
Mangiamorte da molto tempo » insisté Silente.
« Non hai idea di
quanto ci abbia aiutato ».
« È
stato sorpreso in flagranza di reato, Silente! Era insieme ai
Mangiamorte che davano fuoco a quel villaggio di Babbani ».
« Era lì per combattere
i Mangiamorte e i giganti, non per aiutarli » rispose la
ragazza.
Crouch le lanciò
un'occhiataccia.
« È
assurdo che tu voglia negare l'evidenza, signorina Vance. Stava
combattendo contro mio figlio. Ho molti testimoni di questo, e io
stesso l'ho visto con i miei occhi ».
Emmeline Vance sembrò
sul punto di sputargli in faccia qualcosa di sgradevole, ma Silente
con un cenno la trattenne.
« Questo perché tuo
figlio non sa che chi aveva davanti non è più un
Mangiamorte ».
« Posso sapere di cosa
state parlando? » intervenne infine la Bagnold, esasperata.
« Chiedo scusa,
Ministro. Purtroppo Barty ha arrestato un Mangiamorte pentito, ma non
crede che abbia abbandonato le schiere di Voldemort ».
« Non pronunciare quel
nome » sibilò Crouch, infuriato. « L'ho
già detto mille volte:
non esiste nessuna prova del pentimento di Black, e tu che lo
sostieni tanto non vuoi nemmeno dirmi in che modo ti sta aiutando.
Altro che questione della massima segretezza. Chissà cosa
state
complottando... »
« Quel ragazzo non
complotterebbe con me nemmeno se fossi l'ultimo essere umano rimasto
sulla terra, fidati ».
« Un momento » li
interruppe di nuovo il Ministro, spiazzata. « Pensavo che
Black
fosse morto ».
« Si è finto morto per
sfuggire alla vendetta di Voldemort. Ma Barty lo sa da mesi. Credevo
che avesse informato almeno il Ministro della Magia »
insinuò
Silente, serafico.
Crouch non riuscì a
nascondere il proprio imbarazzo quando lei lo scrutò con
sospetto.
« Volevo aspettare di
esserne del tutto sicuro... »
« Bè, ora lo sei.
Quindi, se permetti, voglio entrare anche io nella discussione
»
disse la Bagnold.
« Magnifico. Barty, ti
sto solo chiedendo di concedergli un processo ».
« Silente, hai idea di
tutti i pezzi grossi del Ministero che dovrò processare?
Credi che
abbia tempo da perdere con un ragazzino? Per quanto mi riguarda
può
marcire ad Azkaban per il resto della sua esistenza. Dopotutto a cosa
servirebbe il processo? Tu potresti deporre, ma non dirai mai il modo
in cui ti sta aiutando. E la famiglia Queen è troppo
coinvolta per
offrire una testimonianza attendibile. Chi altri potrebbe deporre a
suo favore? »
« Io ».
Tutti e tre si voltarono
a guardare il Ministro, attoniti. Crouch sembrava aver appena
inghiottito un rospo.
« Cosa? »
« Il fatto che io sia
ancora viva basta a scagionarlo, per quanto mi riguarda. Quella volta
che i Mangiamorte mi hanno sorpresa in casa per uccidermi, quel
ragazzo ha aiutato me e mia figlia a scappare. Black mi ha salvato la
vita, e non merita la detenzione ad Azkaban ».
« D'accordo » sibilò
Crouch, una vena che gli pulsava nella tempia. « Ma tutti i
crimini
che ha commesso prima? Era presente la notte dell'omicidio di Fenwick
».
« Non ha mai ucciso
nessuno di propria mano » assicurò Silente.
« Se permetti, Barty, in
quanto capo del Wizengamot sono io a decidere se due membri
importanti non si mettono d'accordo. E io esigo che Black non venga
mandato ad Azkaban ».
« Questo è troppo,
Ministro! Mi stai impedendo di fare il mio lavoro! »
« L'hai detto tu che hai
già parecchi processi di cui occuparti, no? »
Crouch le fece cenno di
poterle parlare in privato. Millicent Bagnold non se lo fece ripetere
due volte.
« Che cosa credi di
fare? Non hai l'autorità per obbligarmi a scagionarlo!
»
« Non ho l'autorità,
Barty? Tu credi? Lascia che ti dica un paio di cose, allora. Io ho
vinto le elezioni, ma ti ho permesso di collaborare con me,
accontentandoti anche troppo spesso. Ma credo che sia giunto il
momento di chiarire la situazione. Se vuoi continuare a collaborare
con me, devi ricordare chi comanda. Io sono il Ministro della Magia,
non tu. Cerca di ricordarlo, d'ora in avanti ».
***
Lo avevano portato nelle
segrete del Decimo Livello, al Ministero della Magia. Regulus era
ancora troppo scioccato dagli ultimi eventi per pensare con
lucidità.
I ricordi di quella notte erano solo immagini sfocate: i giganti, il
duello con Barty, l'espressione trionfante di Crouch sr. quando
gli Auror l'avevano catturato...
La stanza non aveva
finestre, solo una porta blindata. Le pareti nere erano spoglie e
l'unico pezzo di arredamento era un gabinetto dall'aria lurida che
Regulus era intenzionato a tenere alla maggiore distanza possibile.
Non sapeva da quante ore
fosse lì, ma non gli importava. Sarebbe rimasto volentieri
per
sempre, pur se l'alternativa era Azkaban con i Dissennatori.
Un brivido gelido lo fece
tremare. Non voleva affrontare quelle creature; piuttosto preferiva
incontrare Voldemort di persona. L'ultima volta che era passato
accanto a un Dissennatore aveva rivissuto il suo peggiore ricordo, e
la prospettiva di doverlo affrontare per anni – o forse a
vita –
era bastato a farlo cadere nella disperazione.
Scappare sarebbe stato
inutile. Ci aveva già provato, ma non aveva trovato vie di
fuga, e
si era rassegnato. Da molto tempo ormai Crouch condannava tutti senza
prendersi la briga di processarli, e per lui non avrebbe fatto
eccezione. Forse non gli avrebbe neanche concesso di salutare
qualcuno. L'idea di non poter più vedere Rachel o Sirius lo
distruggeva. Si ritrovò a sperare che trovassero tutti gli
Horcrux
anche senza di lui.
I minuti e le ore
passavano lentamente. Regulus si sarebbe appisolato un paio di volte,
se non avesse avuto i nervi così tesi.
Perché
lo stavano facendo aspettare così tanto?
Credeva che Crouch
lo avrebbe messo sotto torchio per farsi rivelare qualche
informazione utile, e invece...
In quel momento sentì
dei rumori dietro la porta, che si aprì. Ma ad entrare non
fu
Crouch, e nemmeno i Dissennatori, ma le ultime due persone al mondo
che si sarebbe aspettato di vedere entrare nella sua cella.
« Non ho bisogno della
scorta, Robards. Vance mi basta » disse il Ministro della
Magia
all'uomo che la seguiva.
Regulus, perplesso,
guardò le due donne avanzare verso di lui. Emmeline Vance
non fece
né disse nulla, neanche un'ombra di reazione; forse non
voleva che
si sapesse che si conoscevano. Millicent Bagnold era diversa
dall'ultima volta che Regulus l'aveva vista: era diventata
più magra
e pallida, e aveva già alcuni capelli grigi. Non capiva che
cosa ci
facesse lì, ma chiederlo gli sembrava scortese, quindi
aspettò che
fosse lei a parlare.
« Sei fortunato, Black » esordì la
donna, cogliendolo di sorpresa.
« Ah sì? » si fece
scappare lui, non proprio convinto, considerata la situazione in cui
si trovava.
Il Ministro accennò un
sorriso, cosa estremamente rara da vedere. In effetti, anche quando
si metteva in posa per le foto del Profeta, non sorrideva mai.
« Ho un grosso debito
nei tuoi confronti ».
Regulus aprì la bocca e
la richiuse, senza parole. Ricordava di averla aiutata a scappare
dalle grinfie di Voldemort, ma quella notte indossava una maschera.
« Come ha fatto a
riconoscermi? »
« Non è un episodio che
dimenticherò facilmente. Ho saputo chi eri solo guardando la
foto
nel tuo necrologio, e ora che ti vedo non ho il minimo dubbio. Quella
volta hai salvato me e mia figlia. Il minimo che io possa fare
è
ricambiare il favore ».
E, con un colpo della sua
bacchetta, le catene intorno ai polsi e alle caviglie sparirono.
Regulus non riusciva a crederci.
« Significa che... posso
andarmene? »
Lei sorrise di nuovo,
quasi divertita.
« Sì. Per quanto mi
riguarda, questa notte stavi cercando di aiutare gli abitanti di
Mould-on-the-Wold, e il figlio di Crouch ha frainteso le tue
intenzioni ».
Per un istante, Regulus
ed Emmeline si lanciarono un'occhiata, ma rivolsero subito lo sguardo
altrove, a disagio.
« Grazie » disse
Regulus, alzandosi in piedi a fatica: era rimasto seduto troppo tempo
e aveva le gambe addormentate, tanto che dovette appoggiarsi alla
parete per non cadere di nuovo per terra.
« Sono io che ringrazio
te. Purtroppo non potrai più contare sulla segretezza. La
notizia
del tuo arresto non è rimasta un segreto. Domani tutta la
comunità
magica lo saprà ».
Regulus cercò di non
pensarci. Era già tanto essersela cavata in quel modo.
« Posso farti una
domanda, Black? » fece lei subito dopo.
« Ehm... certo ».
« Se non sono troppo
indiscreta... cosa ti ha spinto ad abbandonare Tu-Sai-Chi? »
Regulus esitò. Avrebbe
potuto farle un elenco infinito delle cose che lo avevano deluso e
disgustato, dall'alleanza con Greyback alle stragi e le torture fatte
per puro divertimento, per non parlare degli Horcrux o degli Inferi,
e della rabbia impotente che lo coglieva quando pensava che, se fosse
morto nel lago, il suo corpo sarebbe stato usato per compiere azioni
che lui non avrebbe mai fatto. Ma non voleva dirlo: erano ricordi e
pensieri troppo personali da affrontare in una cella del Ministero
della Magia. Ma non voleva neanche mentire alla donna che gli stava
restituendo la libertà.
« Ha tentato di uccidere
il mio elfo domestico ».
La Bagnold inarcò le
sopracciglia, perplessa. Non fece commenti ma doveva aver capito che
c'era dell'altro, anche se l'episodio di Kreacher nella caverna era
stata la goccia che aveva fatto traboccare il calderone.
« Devo proprio andare »
disse poi il Ministro controllando l'ora al polso. « Vance,
pensaci
tu, ok? »
« Sì » rispose la
ragazza.
« Buona fortuna, Black
».
« Grazie, Ministro ».
Millicent Bagnold aprì
la porta e uscì dalla cella, incamminandosi lungo il
corridoio
insieme all'Auror Robards.
Non appena si furono
allontanati, Emmeline si rivolse a Regulus, che era ancora appoggiato
alla parete.
« Ce la fai a camminare?
»
Lui annuì. Si sentiva un
po' in imbarazzo, perché non sapeva cosa dirle. Non si
vedevano dal
loro ultimo giorno di scuola a Hogwarts e la loro ultima
conversazione non era stata proprio rilassante. Per fortuna Emmeline
assunse subito un atteggiamento molto pratico.
« Bene. Seguimi, prima
che Crouch si inventi una scusa per farti rinchiudere di nuovo
».
« La Bagnold gli ha
imposto il mio rilascio? »
« Già. Era nero di
rabbia... Questa è tua » disse lei, porgendogli la
bacchetta che
gli avevano sequestrato mentre lo arrestavano.
« Grazie ».
Regulus sistemò la
bacchetta, poi alzò lo sguardo e si accorse che Emmeline era
a sua
volta indecisa su come comportarsi.
« Non so cosa
bisognerebbe dire in casi come questi, ma sono contenta di rivederti
» disse alla fine.
Regulus ne fu sorpreso.
« Davvero? »
Lei annuì, accennando un
sorriso. Poi gli fece un cenno, e Regulus la seguì fuori da
quella
cella.
« Credevo di non
piacerti molto, veramente » non poté fare a meno
di dirle, mentre
percorrevano il corridoio del Decimo Livello e passavano accanto a
una decina di altre celle, tutte occupate.
« Non mi piacevi quando
eri snob e immaturo e te la prendevi con chi non era Purosangue. Ora
combatti i Mangiamorte e aiuti le loro vittime anche se sono Babbani.
C'è una bella differenza ».
« Credo di sì... »
commentò lui.
Emmeline stavolta sorrise
davvero, almeno finché lui non parlò di nuovo.
« Mi dispiace ».
Regulus non era riuscito
a trattenersi. Erano secoli che voleva scusarsi con lei, e quella gli
sembrava l'unica occasione per parlarle in privato. Emmeline si
fermò
a pochi passi dall'ascensore.
« Per cosa? »
« Per averti tenuto
nascosta... quella cosa » fece, guardingo. Era meglio non
nominare
Barty in pieno Ministero. Emmeline comunque aveva capito
perfettamente, perché assunse subito un'espressione seria.
« Oh, quello... »
« Esatto. Lo sapevo fin
dall'inizio e non ho detto mai niente a nessuno. Non so nemmeno io
perché ho continuato a coprirlo fino a poco tempo fa
».
« Forse pensavi che
fosse migliore di quello che è in realtà.
L'abbiamo creduto tutti
».
« E ci siamo sbagliati
».
Emmeline annuì, poi
scosse la testa.
« Avresti dovuto
dirmelo, almeno per risparmiarmi mesi di dubbi, ma non devi scusarti.
Avevi le tue ragioni, cercavi di coprire un tuo amico. In fondo io e
te ci frequentavamo solo grazie a lui e Rachel, ma non siamo mai
stati davvero amici ».
« No, infatti. A
Hogwarts mi è capitato spesso di frequentare le persone
sbagliate »
ammise lui.
« Non è mai troppo
tardi per cominciare a fare amicizia » disse Emmeline, e gli
tese la
mano. « Che ne dici? »
Superato lo stupore
iniziale, Regulus gliela strinse. Era proprio vero: tutta la sua vita
si era rivoluzionata.
« Bene, andiamo di
sopra. Ti stanno aspettando » disse poi Emmeline, entrando
nell'ascensore.
Lui la seguì.
« Comunque, per quanto
riguarda quella persona... per me è acqua passata, ormai
» gli
confessò lei, mentre la grata si chiudeva e l'ascensore
iniziava a
salire. « Ma devo dirtelo: sono molto contenta del trauma
cranico
che gli hai provocato in duello ».
Sono
trascorsi secoli da quando ho scritto quel capitolo di "Eroi non si
nasce, si diventa" in cui Regulus aiuta la Bagnold a scappare (cap.47),
ma tutto questo era già previsto da allora. Spero che vi sia
piaciuto, perché a me è piaciuto un sacco
scriverlo!
Ho voluto che
Regulus ed
Emmeline stringessero davvero amicizia anche perché quel
povero
ragazzo dovrà anche farsi una vita sociale, dato che tutti
quelli che lui frequentava in passato ora sono Mangiamorte e lo
vogliono morto. E poi hanno alcune affinità caratteriali,
soprattutto la tendenza a non mostrare quello che provano. Magari lei
è solo un po' più vendicativa xD
Se leggendo quel che Regulus dice a Barty avete pensato a come
Voldemort lo sfrutta per risorgere e poi lo abbandona in pasto ai
Dissennatori (l'ingratitudine di certa gente! u.u), siete
sulla strada giusta. Regulus non è un indovino, ma ormai
conosce
abbastanza i modi di fare di Voldemort. E anche se ce l'ha con lui non
vuole che Barty faccia una brutta fine. In fondo Barty è
cambiato, ma è ancora quello del processo, non la persona
che
diventerà dopo essere stato segregato dal padre per anni. Ne
varrà la pena preoccuparsi tanto?
Spero che il ponte sia andato bene!
Prossimo aggiornamento il 20 novembre.
Julia :)
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Capitolo 53 *** Fidelius ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 53
Fidelius
« Questo è il tuo primo
giorno da persona quasi libera. Come ti senti? »
« Meglio, credo... Non
dovermi più preoccupare del Ministero e fare attenzione solo
ai
Mangiamorte è un bel passo avanti ».
Sirius convenne con lui.
Da quando casa Puddle era stata ridotta ad un cumulo di macerie,
Regulus si era definitivamente trasferito nella casa che Alphard gli
aveva lasciato in eredità. Fino a quel momento non si era
sentito
pronto a tornarvi, ma ora la necessità di trovare un rifugio
alternativo lo aveva convinto a superare le esitazioni. Tuttavia
andava a trovare sia Rachel che Sirius quasi tutti i giorni. Il
Ministero non lo cercava più, quindi adesso poteva usare la
Metropolvere senza paura di essere rintracciato.
« Hai la copia di oggi
della Gazzetta del Profeta? »
domandò Regulus, poco dopo
essere uscito dal camino dell'appartamento di Sirius.
Il ragazzo parve esitare,
ma l'altro rintracciò subito il giornale, appoggiato sopra
il
tavolino del soggiorno, e avanzò per prenderlo.
« Senti, non so se è
una buona idea... »
« Devo sapere che cosa
la comunità magica sa di tutta questa storia, no?
»
« Se proprio ci tieni...
»
L'articolo che lo
riguardava non era molto veritiero. Secondo il giornalista che lo
aveva scritto, Regulus si era fatto credere morto e, quando gli Auror
lo avevano arrestato, era riuscito a trovare il modo per farsi
rilasciare senza subire conseguenze.
« Ora tutti penseranno
che hai corrotto qualcuno per farti rilasciare »
commentò Sirius,
osservando attentamente la sua reazione.
Regulus alzò le spalle.
In realtà non gli importava molto.
« Ormai mi sono abituato
a infischiarmene di quello che pensa la maggior parte della gente
».
« Non è questo il
punto. Ti hanno fatto passare come un Malfoy qualunque, ed è
ingiusto. Hai dato un'occhiata all'articolo in prima pagina?
»
Regulus chiuse il
giornale e lesse i titoli principali. Riguardavano l'arresto di molti
infiltrati dei Mangiamorte al Ministero. Molti erano stati processati
e condannati, ma alcuni erano stati assolti per insufficienza di
prove. E non si stupì nel constatare che i rilasciati erano
tra i
più influenti.
« Lucius e un paio di
altri Mangiamorte non sono stati neanche nominati »
sibilò a denti
stretti.
« Infatti vorrei proprio
sapere perché il loro coinvolgimento è passato
sotto silenzio.
Voglio dire, lo sappiamo tutti e due il perché, ma questa
volta
speravo davvero che finissero ad Azkaban. Forse questa volta Crouch
non aveva tutti i torti a volerli condannare senza processo
».
Regulus non ebbe il tempo
di replicare che qualcuno suonò il campanello.
« Deve essere Rachel »
disse Sirius, incamminandosi fuori dal soggiorno. « Ieri
aveva detto
che sarebbe passata ».
Infatti, pochi secondi
dopo Sirius tornò, accompagnato dalla ragazza. Rachel era
chiaramente esausta: anche se aveva lasciato il lavoro, l'emergenza
era stata così grossa che aveva deciso di aiutare ugualmente
gli
altri Obliviatori. Così aveva trascorso la nottata intera a
cancellare la memoria dei Babbani di almeno tre villaggi – e
cancellare il ricordo di due giganti non era una passeggiata
– ma
quando vide Regulus gli gettò le braccia al collo.
« Ho già letto il
Profeta. Mi dispiace per quelle schifezze che hanno
scritto ».
« Me lo aspettavo »
rispose lui. « Piuttosto, tu che sei del Ministero ci sai
spiegare
questo? »
E le fece vedere
l'articolo in prima pagina. Rachel fece una smorfia, mostrando tutta
la sua indignazione.
« Crouch le ha provate
tutte, ma Lucius è sempre stato attento a non fare mai
minacce
esplicite. E in più i suoi compari arrestati hanno troppa
paura per
accusare lui e quelli altrettanto potenti ».
« Che novità ».
« Scommetto che è stato
il paparino a salvargli le chiappe » affermò
Sirius, mentre
prendeva a calci la gamba del tavolo, furente.
« Esatto. Però almeno è stato sospeso
dal suo incarico. La
Bagnold sa benissimo di che razza di persona si tratta, quindi per un
po' se ne
starà tranquillo. Non può creare altri problemi
ad Abraxas Malfoy,
non dopo che si è esposto così tanto per
evitargli Azkaban e far
passare tutto sotto silenzio ». Rachel si lasciò
cadere sulla prima
poltrona che le capitò, affranta. « Dorcas lo
avrebbe preso a calci
fino a farlo confessare spontaneamente. Speravamo di riuscire ad
incastrare tutti, per lei... e anche per Gideon e Fabian... »
Regulus e Sirius si
scambiarono un'occhiata cupa, poi quest'ultimo approfittò
del
campanello che aveva suonato un'altra volta per uscire dalla stanza,
mentre il primo si accostava alla ragazza e le scostava i capelli dal
viso.
« L'Ordine non ha
fallito. Avete comunque liberato la Bagnold da chi la ricattava
»
provò a dirle.
« Sì, certo, ma abbiamo
avuto più sconfitte che vittorie... Senti, mi dispiace
essere sempre
triste, ultimamente. Sono insopportabile, me ne rendo conto
».
« Non devi per forza
essere sempre tu a consolare me. Qualche volta possiamo fare anche al
contrario ».
« Grazie... Comunque »
disse Rachel, sforzandosi di ricacciare indietro la malinconia e
cambiando argomento. « Hai deciso cosa fare con tua madre?
»
Regulus si irrigidì. Non
era stato facile prendere una decisione al riguardo. Adesso che tutta
la comunità magica sapeva che era vivo, anche Walburga
doveva
esserne venuta a conoscenza, e lui le doveva una spiegazione. Regulus
sapeva
anche cosa dirle, ed era una motivazione perfetta: perché
avrebbe
dovuto odiarlo se aveva deciso di abbandonare Voldemort dopo aver
scoperto che si alleava con lupi mannari e altre creature che lei
stessa disprezzava? Ma non poteva farlo senza mettere a repentaglio
la sua vita. Era una realtà amara da accettare, ma se non
voleva che
sua madre fosse uccisa, doveva farsi odiare da lei.
« Sì » rispose alla
fine. « Ci ho riflettuto a mente fredda e ho cambiato idea.
Avrei
voluto che lo sapesse direttamente da me, e non dai giornali, ma non
posso farci nulla. Se vado a parlarle diventerà un obiettivo
dei
Mangiamorte. È meglio che non voglia avere più
niente a che fare
con me... So cosa stai pensando » aggiunse poi,
perché i pensieri
di Rachel le si leggevano chiaramente in faccia.
« Preferisco non fare
commenti. Sei sicuro che Kreacher non le possa spiegare tutto al
posto tuo? »
« Io... credo che lei
sia diventata un po'... instabile » mormorò
Regulus, a disagio. «
Non voglio che se la prenda con lui ».
« E se le parlassi io? »
Lui la osservò per
alcuni istanti, chiedendosi se stesse scherzando oppure no.
« Saresti disposta a
farlo? »
« Per te sì. Ma non mi
impedirebbe di rinfacciarle che sei disposto a farti odiare pur di
proteggerla, e che dovrebbe sentirsi una schifezza per questo
».
« Ok, apprezzo il tuo sostegno, ma è meglio se
lasci perdere » tagliò corto Regulus.
Rachel s'incupì.
« Non merita tutto quello che stai facendo per lei
» protestò. « Una madre non dovrebbe
comportarsi così ».
« Certo che no. Credi che non lo sappia? » ammise
lui suo malgrado, sentendosi torcere dolorosamente le viscere. Rachel
sgranò gli occhi, sorpresa: in effetti non era mai successo
che lui esprimesse quel che pensava sull'argomento. « Ma, che
lo voglia o no, resta la persona che mi ha messo al mondo, ed
è mio dovere impedire che venga uccisa per colpa mia. Tutto
il resto è secondario ».
Seguì una lunga pausa di silenzio, che Regulus
sfruttò per calmarsi.
« Ad ogni modo, la affronterò io quando
sarà il momento giusto. Solo non ora. Ho già
diverse persone a cui devo delle spiegazioni ».
La ragazza lo guardò e annuì, facendo segno di
aver capito.
« Per esempio chi? »
Regulus stava per
rispondere, ma ci pensò Sirius ad anticiparlo.
« Puoi già cominciare.
Indovina chi è venuto a trovarti ».
Regulus trattenne il
respiro, mentre un campanello d'allarme iniziava a suonare nella sua
testa. Pochi istanti dopo, un'altra persona irruppe nel soggiorno con
la velocità di un tornado.
« Lascia perdere,
Sirius. Questa non è proprio una visita di cortesia
» sibilò la
donna, incrociando le braccia e fissando Regulus come per
incenerirlo.
Lui era paralizzato.
Avrebbe voluto guardare da qualsiasi altra parte, ma non ci riusciva.
Rachel e Sirius invece continuavano a guardare prima l'uno e poi
l'altra, perplessi.
« Tu sei Andromeda? »
chiese alla fine la ragazza, rivolgendosi alla nuova arrivata.
« Sì, infatti ».
L'espressione di
Andromeda era ambigua, ma il sollievo di vederlo vivo era stato quasi
del tutto cancellato dalla rabbia furibonda che la faceva fremere
d'indignazione.
Regulus ricordava poche
cose di sua cugina, ma su una non aveva dubbi: era meglio non farla
arrabbiare. Ma in quel momento era furiosa, e lui non poteva
biasimarla.
« E così sei vivo... »
sbottò lei, a sua volta incerta.
« Ehi, frena
l'entusiasmo! » commentò Sirius, sempre
più disorientato.
« Tu non sai che cosa ha
fatto l'ultima volta che ci siamo incontrati. Non glielo hai detto,
vero? » disse Andromeda, rivolgendosi a Regulus.
Quest'ultimo provò ad
aprire la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, anche scusarsi, ma
non gli uscì alcun suono.
« Ma se vi siete visti
per l'ultima volta quando era solo un bambino... A meno che...
»
Sirius rivolse un'occhiata sospettosa al fratello. «
C'è qualcosa
che non so? »
« Senti, mi dispiace »
sbottò Regulus, ignorando l'altro e rivolgendosi
direttamente ad
Andromeda. Era talmente imbarazzato che non avrebbe saputo dire
altro, ma lei non sembrava dello stesso parere.
« Pensi di cavartela con
un semplice mi dispiace? »
« Che cosa dovrei dire?
» protestò lui, commettendo l'errore di
risponderle a tono.
Andromeda sembrava sul
punto di assalirlo.
« Prova a sforzarti. Hai
cercato di uccidere mio marito ».
Di colpo gli occhi di
tutti i presenti furono puntati su di lui e Regulus si
affrettò ad
abbassare lo sguardo, per non vedere le reazioni degli altri due.
Sapeva che prima o poi quella storia sarebbe venuta a galla, ma aveva
sperato in una confessione meno plateale.
« È
successo davvero? » chiese Sirius dopo una lunga pausa, e dal
tono
sembrava furente.
Regulus non poté
esimersi dall'annuire.
« Ho fatto molte cose di
cui non vado fiero » ammise, e in quel momento sarebbe voluto
sprofondare. « So che non è una giustificazione ma
ero veramente
stupido a quell'età. Non avevo idea di che cosa significasse
uccidere, e non ne sarei stato capace nemmeno se avessi avuto tutto
il tempo del mondo ».
Per alcuni istanti non si
sentì volare una mosca. Poi qualcuno intervenne.
« Dice la verità,
Andromeda ».
Regulus si convinse di
aver offeso qualche entità superiore, durante i suoi giorni
da
Mangiamorte: fino a quel momento aveva creduto di vivere l'episodio
più imbarazzante della propria vita, ma non si era ancora
accorto
della presenza di Ted Tonks. Quando lo vide spuntare da dietro la
spalla di sua moglie, prese seriamente in considerazione la
possibilità di correre verso il camino e scappare con la
Metropolvere.
« Lui e tutta la sua
famiglia ti odiavano, Ted » rispose lei, anche se ora
sembrava meno
aggressiva di prima.
« Credimi, lo so. Ho
avuto la sfortuna di incontrare Bellatrix, una volta, quindi conosco
bene lo sguardo di chi vuole uccidere. E lui non lo aveva ».
« Mi stai difendendo? »
si lasciò sfuggire Regulus, sbigottito.
« Non proprio. Sto solo
dicendo quel che è successo » rispose freddamente
Tonks.
Regulus sentì la stessa
vergogna che aveva provato quel pomeriggio di un paio di anni prima,
davanti casa dei Tonks. Era il colmo: lui aveva cercato di ucciderlo,
ma quell'uomo non dava l'impressione di detestarlo. Non più
di
tanto, per lo meno.
Andromeda era ammutolita
e indecisa sul da farsi. Regulus intuì che avrebbe voluto
potersi
comportare diversamente, ma non se la sentiva di biasimarla.
Perciò
non fu molto sorpreso quando la vide uscire dalla stanza.
Si chiese se sarebbero
mai riusciti a ricucire un minimo di legame. Stranamente, con Sirius
era stato più semplice. I due fratelli non avevano mai
smesso di
avere un rapporto, negativo o positivo che fosse, e avevano comunque
vissuto sotto lo stesso tetto per quasi tutta l'adolescenza.
Andromeda invece era andata via quando Regulus aveva solo sei anni.
Lui ricordava a mala pena la ragazza che aveva conosciuto e non
conosceva per niente la donna che era diventata. E lei non sapeva
assolutamente nulla di lui. Sarebbe stato difficile partire da zero,
soprattutto con quelle permesse.
Sirius seguì la cugina,
non prima di aver scoccato un'occhiata ammonitrice a Regulus. Per lo
meno, né lui né Rachel sembravano troppo
infuriati per quella
rivelazione, forse perché da un ex Mangiamorte se lo
dovevano
aspettare, o anche perché sapevano che in quel periodo
Regulus aveva
cercato di apparire peggiore di quello che era.
Rachel trovò lo stesso
un modo per attuare una piccola punizione: con grande orrore di
Regulus, uscì a sua volta, lasciandolo solo con Ted Tonks.
Per un po' nessuno dei
due seppe cosa fare. Poi Regulus si costrinse a sfruttare
l'occasione: era meglio adesso, senza testimoni, che di fronte ad
altre persone.
« Mi dispiace per...
bè... aver cercato di ucciderti »
bofonchiò, a disagio come era
stato poche volte.
Tonks parve sorpreso,
quasi allibito. Di sicuro neanche Andromeda era abituata a chiedere
scusa, quindi lui doveva sapere quanto fosse difficile per un Black
scusarsi, soprattutto se si trattava di Ted Tonks, il Nato Babbano.
« Bè, grazie per
esserti scusato » rispose, apprezzando lo sforzo.
Per un attimo sembrò sul
punto di aggiungere qualcosa, ma ci rinunciò e gli
voltò le spalle,
diretto a sua volta all'ingresso. Ma, arrivato sulla soglia, si
voltò
di nuovo.
« Senti » esordì,
tenendosi le mani nelle tasche e pestando nervosamente la punta di
una scarpa sul pavimento. « So di non piacerti per niente,
però
dammi retta: Andromeda non ce l'ha più con te da quando
pensava che
fossi morto. Era distrutta quando l'ha saputo. Adesso reagisce con la
rabbia perché è fatta così.
È testarda come un mulo, ma io la
conosco bene: il suo maggiore rimpianto è quello di aver
tagliato i
ponti con te e con Narcissa ».
« È
stata lei ad andarsene » replicò Regulus con
freddezza.
« Voleva restare in
contatto con voi, ma era sicura che non avreste capito la sua scelta
di sposare uno come me ».
Lui non poté negare e
Tonks colse il messaggio sottinteso.
« Non mi importa se non
hai cambiato idea sul mio conto, ma Andromeda starebbe meglio se tu
decidessi di riprendere i rapporti con lei ».
Regulus non rispose,
incerto su cosa dire. Andromeda non gli era sembrata ben disposta nei
suoi confronti, ma lui stesso al suo posto si sarebbe comportato allo
stesso modo. Per fortuna, Tonks non insisté, e
uscì dalla stanza
lasciandolo solo a riflettere.
« Quello sarebbe Ted
Tonks? » disse Rachel, raggiungendolo poco dopo. Qualcosa gli
diceva
che la ragazza doveva aver sentito quella strana e inedita
conversazione. « Non me lo immaginavo così. Quando
eravamo a scuola
lo descrivevi come una specie di troll ubriacone che aveva quasi
rapito tua cugina per farsi mantenere a vita ».
« Potrei aver esagerato
un po' » ammise Regulus, imbarazzato.
« Decisamente » fece
lei. Seguì un silenzio teso, ma alla fine Rachel decise di
non fare
commenti su quello che aveva appena scoperto. « Hai
intenzione di
dargli retta? »
Lui alzò le spalle,
sconfortato.
« Non lo so. Dubito che
io e Andromeda potremo mai tornare ad andare d'accordo. Siamo due
estranei, ormai ».
« Avete sempre lo stesso
sangue » rispose Rachel. « Devi almeno provarci
».
Andromeda si trovava sul
balcone, intenta a mettere in ordine a colpi di bacchetta tutto il
caos di cianfrusaglie che Sirius vi gettava distrattamente ogni
giorno. Regulus era rimasto in disparte a osservarla per un po',
cercando di trovare il coraggio di farsi vedere. Sapeva di dover
essere il primo a prendere la parola, ma non era semplice.
« È
inutile mettere in ordine » esordì dopo un po',
incerto e attento
alla sua reazione. « Domani sarà tutto di nuovo
come prima ».
La donna non rispose, ma
smise di far levitare quel che sembrava uno stivale rotto e
impolverato. Poi si voltò a guardarlo, e Regulus
abbassò
istintivamente lo sguardo. Ma, visto che Andromeda non accennava a
parlare, si decise a compiere il primo passo.
« Lo so che non basta,
ma se esistesse un modo migliore per scusarmi lo farei ».
Il fatto che lei non lo
avesse ancora fulminato con lo sguardo gli parve positivo,
così
Regulus provò ad avvicinarsi. Andromeda sospirò,
continuando a
spostare gli oggetti a caso a colpi di bacchetta.
« Ho capito che ti
dispiace davvero. Ma è stato uno shock rendermi conto che il
bambino
calmo e pacifico che ricordavo era diventato un aspirante assassino
».
Non è una da giri di
parole, pensò Regulus, sorpreso. La Andromeda che
ricordava era
molto diversa: cercava di tenere per sé quello che pensava
davvero,
per paura di essere giudicata una traditrice. Ora era molto
più
diretta, indipendente e libera di esprimersi.
« Lo so, e me ne
vergogno ancora. Tuo marito di certo non se lo meritava... Non
è
tanto male, in fondo » ammise suo malgrado, e per la prima
volta lei
si voltò per guardarlo in faccia, stupita.
« Sono lieta di
sentirtelo dire. È un passo avanti, da quando lo odiavi
perché non
era Purosangue ».
« Lo odiavo perché lo
ritenevo responsabile della rovina della nostra famiglia, soprattutto
dopo che Sirius ha preso esempio da te e se n'è andato
»
puntualizzò Regulus, che aveva colto il sottile rimprovero
nel tono
della cugina. Non era disposto ad essere l'unico ad assumersi le
proprie responsabilità.
« La pensi così anche
ora? »
Regulus esitò.
« Non proprio. Siamo
stati noi stessi ad autodistruggerci ».
Avrebbe voluto aggiungere
qualche frase tagliente, perché era infastidito da come
Andromeda
sembrasse convinta di avere avuto tutte le ragioni del mondo, ma si
trattenne, e fece bene. Lei sembrava essersi calmata, e ora appariva
più comprensiva.
« Ted non ha colpe. Lui
voleva fare tutto alla luce del sole, ma non era possibile. Sono
stata io a decidere di andarmene, anche se sapevo che tutti voi mi
avreste considerata egoista ».
Regulus non aveva motivo
di negare, perché era proprio così che la pensava
tempo prima.
« Il giorno prima eri
con noi e quello dopo sei sparita nel nulla, e non abbiamo
più
saputo nulla di te. Non è stato bello » le
ricordò.
Andromeda parve
dispiaciuta.
« Ero sicura che non mi
avreste mai perdonata per questo. Non avrei voluto ritrovarmi nelle
condizioni di dover scegliere per forza. Sapevo che in ogni caso
qualcuno avrebbe sofferto... e tu eri piccolo... Non mi stupisce il
fatto che ti sia abituato a detestarmi ».
Regulus corrugò la
fronte.
« Non sono mai riuscito
a odiarti » le confessò.
Andromeda questa volta
accennò un sorriso.
« E io non ho mai smesso
di sperarlo. Solo quando ho saputo che ti eri unito ai Mangiamorte ho
creduto di averti perso definitivamente. Eri diventato un'altra
persona ».
« In realtà ero sempre
io. Tutte le scelte che ho fatto le ho fatte io, anche quelle
sbagliate. Non ero ubriaco né sotto Confundus, ero
semplicemente
idiota. Ne pago ancora le conseguenze, ma in fondo me lo merito
».
Questa volta Andromeda lo
guardò con compassione, posandogli una mano sulla spalla, e
di colpo
Regulus rivide in lei la cugina gentile e comprensiva che aveva
perduto molti anni prima.
« Se avessi saputo che
sei così duro con te stesso non ti avrei rinfacciato
quell'episodio.
Ma ora che ci penso, lo sei sempre stato ».
« Credi che per noi due
sia possibile tornare ad essere come tempo fa? » le chiese
Regulus,
dubbioso.
Andromeda ci pensò a
lungo.
« No » disse infine. «
Siamo cambiati tutti e due, quindi andrà sicuramente meglio.
Io non
dico più bugie e tu non pensi più che i Nati
Babbani debbano
morire. Direi che possiamo farcela ». Staccò le
braccia dalla
ringhiera del balcone, come per rientrare, e concluse. « E
poi mia
figlia si ricorda ancora di te. Sostiene di non essersi mai divertita
così tanto a tormentare qualcuno ».
Regulus provò a restare
imperturbabile, ma non poté nascondere il sorriso divertito
che gli
sorse spontaneo quando il ricordo di una peste dai capelli rosa che
inciampava dappertutto affiorò nella sua memoria.
***
Era un autunno molto
piovoso. Sirius dovette battere più volte i piedi di fronte
all'uscio dei Potter per liberare gli stivali dalla grande
quantità
di fango che li aveva inzuppati. Se il tono con cui James lo aveva
invitato non fosse suonato così urgente avrebbe atteso che
spiovesse, prima di uscire di casa. Si strinse nella giacca a vento,
mentre aspettava che qualcuno andasse ad aprirgli. Per essere solo
metà ottobre, faceva anche troppo freddo.
Recitate le risposte di
rito, James lo fece entrare e Sirius fu lieto di trovarsi nel tepore
della casa.
« Cosa c'è di così
urgente? » chiese poi, scoccando un'occhiata divertita al
gatto che,
indignato, si era ritratto quando le gocce di pioggia della giacca
dell'intruso avevano turbato il suo pisolino.
« Dobbiamo parlare di
una cosa importante » rispose l'altro, insolitamente serio.
« Però
promettimi di non creare problemi ».
« Che cosa significa? »
« Vieni in salotto ».
Seguì James nella stanza
accanto, e per un attimo rimase stupito. Oltre a Lily, che teneva
Harry in braccio, c'erano anche Silente, Peter... e Remus.
Quest'ultimo gli lanciò uno sguardo colmo di risentimento e
Sirius
fece altrettanto. Forse i Potter erano impazziti? Remus non meritava
la loro fiducia e, anche se James continuava a fidarsi, il fatto che
nemmeno Peter gli credesse doveva essere bastato a fargli nutrire
qualche sospetto... o almeno era quello che Sirius pensava.
« Allora, che succede? »
chiese, perplesso e nervoso.
« Ora che siamo tutti,
posso spiegare » rispose Silente in tono pratico. «
Come sapete,
Voldemort si è convinto che il Prescelto indicato dalla
Profezia sia
proprio Harry. Finora vi siete nascosti con i metodi tradizionali, e
vi è andata bene... ma questa situazione, come dimostrano le
perdite
tra le fila dell'Ordine della Fenice, non può durare in
eterno ».
« Dovremmo scappare e
lasciare direttamente il Regno Unito? » domandò
Lily, preoccupata.
« No. Nemmeno questo
sarebbe sicuro. Ho in mente qualcos'altro. Tempo fa chiesi ai
professori McGranitt e Vitious se conoscevano un modo migliore.
Abbiamo fatto una ricerca e alla fine abbiamo trovato un sistema per
tenervi al sicuro da Voldemort ».
Tutti pendevano dalle sue
labbra, tranne Harry che era intento a giocare con le costruzioni.
« Si chiama Incanto
Fidelius » proseguì Silente. «
È
una magia complessa, non facile da realizzare, ma efficace ».
« In cosa consiste? »
chiese James.
« Una sola persona,
chiamata Custode Segreto, dovrà sapere dove siete nascosti.
Finché
il Custode manterrà il segreto per sé, solo lui
potrà trovarvi, e
Voldemort non riuscirebbe a vedervi neanche se capitasse per caso
dietro il cancello. Non avreste nemmeno bisogno di cambiare casa
perché neanche chi ne conosce la posizione adesso saprebbe
ritrovarla, una volta posta sotto Incanto Fidelius. Ma per fare tutto
questo, dovete scegliere una persona fidata ».
Sirius non si stupì
affatto quando James si voltò istintivamente nella sua
direzione, ma
si sentì sollevato dal fatto che la scelta non fosse
ricaduta su
Remus. James si fidava di Lupin, ma di lui si fidava di più.
« Sirius è il padrino
di Harry. Sarà lui il Custode Segreto... sempre se lo vuole
».
« Certo » si affrettò
a rispondere Sirius, che aveva colto l'espressione di Remus: a
quest'ultimo la scelta chiaramente non piaceva. Sirius sentì
un
formicolio alla mano e una ritrovata voglia di prenderlo di nuovo a
pugni.
Ma nemmeno Silente
sembrava molto convinto.
« Con tutto il rispetto,
è utile anche scegliere un Custode Segreto che non sia
prevedibile.
Probabilmente Voldemort sa già che voi due siete sempre
stati
inseparabili. Potrebbe scatenarsi contro Sirius per farlo parlare
».
« Non parlerei neanche
sotto tortura » assicurò lui, senza riuscire a
mascherare la
propria irritazione: davvero Silente dubitava della sua
lealtà?
« Non l'ho mai messo in
dubbio » rispose Silente, come leggendogli nel pensiero.
« Ma sei
disposto a diventare l'obiettivo principale di Voldemort? »
« Non vogliamo che tu
corra tutti questi rischi » intervenne Lily.
« Sono disposto a farlo.
L'unico davvero indifeso qui è Harry, e dobbiamo pensare
soprattutto
a lui. Mi nasconderò ».
« Potrei farlo io »
propose Silente.
« Grazie » rispose
James. « Ma mi fido ciecamente di Sirius. E poi è
abbastanza
scaltro da evitare di essere catturato. Lei non ha idea di tutte le
punizioni che siamo riusciti a evitare quando eravamo a scuola
».
« Oh, ricordo di aver
chiuso più di un occhio un paio di volte, quindi lo
immagino. Ma
Sirius, ti avverto: sfuggire a Voldemort non è proprio come
farlo
con Gazza ».
« Ma noi abbiamo un'arma
segreta » scherzò James per alleggerire la
tensione. « Gli
presterò il mio Mantello dell'Invisibilità, mio
fedele compagno da
quando avevo undici anni ».
Silente inarcò le
sopracciglia.
« Sarà piuttosto
rovinato, dopo tutti questi anni. Nessun Mantello
dell'Invisibilità
dura così a lungo ».
« Il mio non è liso
neanche un po'. So che è strano, ma è
così. E appartiene alla mia
famiglia anche da prima ».
Il Preside sembrava
stranamente interessato all'argomento, e Sirius non ne capiva la
ragione: era troppo impegnato ad osservare le reazioni sospette di
Remus per fare caso a qualsiasi altra cosa.
« Per caso potrei
vederlo? » chiese Silente, incuriosito.
« Certo. Tanto non siamo
più a scuola ».
James uscì dal salotto e
rientrò un paio di minuti dopo, porgendogli il suo vecchio
mantello.
Il mago se lo fece passare tra le dita, osservandolo attentamente, e
di colpo il suo sguardo parve illuminarsi.
« Curioso... James, ti
dispiace prestarmelo? Vorrei studiarlo con più attenzione.
Te lo
riporto presto, promesso ».
James non sembrava molto
entusiasta, ma non protestò.
« Bene » disse Silente
alla fine, infilandosi il mantello in tasca ed estraendone un rotolo
di pergamena. « Queste sono le istruzioni dell'Incanto
Fidelius. Non
è facile, ma sono sicuro che ve la saprete cavare
».
« Andrà bene » lo
rassicurò James, mentre Sirius annuiva distrattamente,
immerso nei
suoi pensieri.
« Grazie di tutto »
disse Lily, e Silente le rivolse un sorriso d'incoraggiamento.
Quando se ne fu andato,
Remus fu il primo a salutare tutti – Sirius escluso
– e avviarsi
verso la porta. Sirius se ne infischiò, ma quando vide che
anche
Peter aveva intenzione di tornare a casa, con un cenno eloquente gli
suggerì di aspettare. Lui obbedì docilmente.
« Cosa c'è? »
« Te lo dirò quando in
casa non ci saranno orecchie indiscrete » sussurrò
Sirius,
ignorando l'occhiataccia di Lily.
Nel frattempo James aveva
accompagnato Remus alla porta, ma la loro breve conversazione si
sentiva anche dal salotto.
« Spero che tu e Peter
non ve la siate presa se ho scelto Sirius ».
« Figurati. Nessuno dei
due si sarebbe aspettato qualcosa di diverso... Spero solo che tu
sappia quello che fai ».
« Remus... » lo ammonì
James.
« Non ho detto nulla.
Bene, immagino che non ci vedremo per un bel po' ».
« Fino a che Voldemort
non sarà sconfitto, temo. Ma magari non dovremo aspettare
molto. Nel
frattempo... buon Halloween ».
« Anche a te ».
James gli chiuse la porta
alle spalle e tornò in salotto. A quel punto Sirius espresse
le sue
perplessità.
« Stavo pensando a
quello che ha detto Silente sul fatto che io sono una scelta troppo
prevedibile. Non sto cercando di scaricarvi, sia chiaro, ma devo
ammettere che non ha tutti i torti ».
« Questo è vero »
convenne Lily. « Ma ti nasconderai anche tu ».
« In effetti non mi
piace l'idea di essere al sicuro mentre tu fai l'eroe rischiando la
vita per noi » gli disse James.
« Non è questo il
punto. Ma se mi trovassero e usassero la Legilimanzia... forse non
sarei in grado di impedire che Voldemort lo venga a sapere. Ma se il
Custode Segreto fosse una persona che nessuno si aspetterebbe...
»
« Tipo? »
« Peter ».
Peter, che fino a quel
momento non aveva aperto bocca, limitandosi a seguire la
conversazione con aria confusa, sgranò gli occhi e
sbiancò.
« C-cosa? »
« Sei una persona di
fiducia, ma di solito sei... molto sottovalutato »
spiegò Sirius,
cogliendo l'occhiata di Lily che gli suggeriva di avere un po' di
tatto. « Nessun Mangiamorte penserebbe a te. E mentre daranno
la
caccia a me, tu te ne starai tranquillo a custodire il segreto. Cosa
ne pensate? »
Lily serrò le labbra,
dubbiosa. James esitò, ma alla fine si rivolse a Peter.
« Tu cosa ne dici? »
Lui deglutì. Doveva aver
smesso di respirare, perché il suo volto stava prendendo una
vaga
sfumatura bluastra.
« Trovo che sia
un'idea... astuta » rispose, ma l'ultima parola parve
morirgli in
gola. Sembrava desideroso di dire qualcos'altro, ma tacque.
« Ma te la senti? Guarda
che non sei obbligato » gli fece James, posandogli una mano
sulla
spalla. Peter rabbrividì. Sirius sapeva che il coraggio non
era mai
stata la sua maggiore qualità, ma sapeva anche che molte
volte era
riuscito a tirarlo fuori per i suoi amici, come quando aveva
accettato di diventare un Animagus per trascorrere una notte al mese
in compagnia di un lupo mannaro.
« Io... sì, me la
sento! Lo farò volentieri ».
Sirius gli riservò un
gran sorriso soddisfatto.
« Sapevo di poter
contare su di te ».
« Grazie, Peter ».
Peter fece un sorrisetto
nervoso, ma tenne lo sguardo fisso per terra.
« Non lo diremo a
nessuno, nemmeno a Silente: potrebbe fare storie. E poi, meno persone
lo sapranno e meglio sarà per tutti » fece Sirius,
prendendo in
mano la situazione. « E tu, Peter, ti nasconderai da qualche
parte.
Verrò a trovarti spesso, non preoccuparti, non ti
abbandonerò. Va
bene? »
« Sì » rispose Peter
con voce stentorea. « Va bene ».
Quasi mi vergogno se
penso a
quanti secoli fa avrei voluto inserire di nuovo Andromeda, ma finora
non ho mai trovato una scusa adatta a giustificare una sua comparsa
senza mettere una scena a caso e scollegata dal resto della trama. Ora
finalmente ci sono riuscita! Forse vi sarà sembrata un po'
contraddittoria, ma la sua posizione è quanto mai
assurda: è contenta perché suo cugino
è vivo ma al
tempo stesso sa che voleva fare fuori suo marito, quindi non sa come
comportarsi.
Quanto a Ted, volevo assolutamente un secondo
confronto tra lui e Regulus, soprattutto perché quest'ultimo
ha
trascorso infanzia e adolescenza a demonizzarlo, e ora si ritrova a
dovergli un bel po' di scuse xD Insomma, anche se ora è
passato
in secondo piano rispetto al resto, quella di Andromeda è
sempre
stata una delle principali questioni irrisolte di Regulus, e a questo
punto i tempi sono maturi per darle una conclusione pacifica.
L'altra questione irrisolta, la peggiore (Walburga, naturalmente) la
tratterò a tempo debito. Non è Regulus (che anche
se non lo dice è già rassegnato
ç__ç), sono io che ho paura di affrontarla XD E poi volevo lasciare spazio ad Andromeda.
La seconda
parte penso che si commenti da sola... Ebbene sì, ci
siamo: il prossimo capitolo sarà quello di Halloween
(muahahah).
Preparatevi. u.u
Arrivederci
al 5 dicembre!
Julia
|
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Capitolo 54 *** 31 ottobre 1981 ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 54
31 ottobre 1981
Il
giorno di Halloween,
Sirius si svegliò tardi. Era una bella giornata e, anche se
ormai
iniziava a fare piuttosto freddo, il cielo limpido gli fece
immediatamente scartare l'idea di restare a casa.
Mentre si
vestiva, decide
di fare un salto da Peter. Non lo sentiva da un po', e immaginava che
neanche per lui fosse piacevole restarsene nascosto in casa tutto il
tempo, senza nessuno a fargli compagnia.
Prima
però doveva fare
la spesa, perché il suo frigorifero era miseramente vuoto, e
l'ora
di pranzo era vicina. Sirius sbuffò. Detestava fare la
spesa: era
uno dei compiti che più gli pesavano, e uno dei –
pochi, per lui –
lati negativi del vivere da soli. Lui, per lo meno, era del tutto
incapace e finiva sempre per comprare cose inutili e scordare quelle
importanti.
Così,
mezzora più
tardi, uscì di casa, inforcò la moto e si diresse
al supermarket
più vicino.
Per essere
così scettici
nei confronti della magia, i Babbani erano piuttosto affezionati ad
Halloween, pensò mentre passava davanti agli scaffali pieni
di
zucche, scheletri fosforescenti e pipistrelli finti. Si ripromise di
non fare mai più la spesa l'ultimo di ottobre: tutti quei
dolci
erano una tentazione troppo grande per non cedervi. Alla fine,
infatti, il suo carrello ne era completamente pieno, tanto da indurre
un'anziana signora a scoccargli uno sguardo di disapprovazione.
«
Sono per i bambini del
vicinato » si giustificò, quando si rese conto che
anche la ragazza
alla cassa reagiva con stupore di fronte a tutti quei dolci.
«
Che generoso » gli
rispose lei, con un tono chiaramente ironico.
«
Non mi piace subire
scherzi. Preferisco essere io a farli ».
Lei sorrise,
divertita, e
gli lanciò un'occhiata. Non era affatto male,
pensò Sirius: alta e
slanciata, aveva gli occhi chiari e vispi, e dai colori sgargianti
dei suoi vestiti appariva come un tipo decisamente originale. Sirius
si limitò ad accennare un sorriso, mentre si affrettava a
riempire
le buste e a pagare.
« Un
buono sconto in
omaggio » disse la ragazza, porgendogli un cartoncino sul
quale un
attimo prima Sirius le aveva visto scrivere qualcosa.
Fece finta di
nulla, ma
quando si avviò verso l'uscita del supermarket, vide che la
ragazza
aveva scritto il suo nome e il numero di telefono. Di colpo, si
sentì
assalire da un cupo malumore. Non sapeva se essere più
malinconico o
arrabbiato. Uscì all'aperto e gettò il biglietto
nel primo
contenitore dei rifiuti che gli capitò davanti.
Non era il
caso che uno
come lui, in quanto membro dell'Ordine della Fenice, uscisse con lei
o qualsiasi altra ragazza Babbana. L'ultima volta che ci aveva
provato, con una certa Amy, due Mangiamorte l'avevano torturata ed
erano quasi riusciti a ucciderla. Sirius l'aveva appena conosciuta, e
aveva anche capito di non trovarla molto simpatica, ma si era sentito
ugualmente in colpa nei suoi confronti. Era meglio che in quel
periodo i Babbani stessero alla larga il più possibile dal
mondo
magico.
Dopo essere
tornato a
casa e avere riempito il frigorifero e la dispensa, Sirius
pranzò
ascoltando le ultime notizie dal mondo magico alla radio, e infine
cedette alla pigrizia concedendosi un sonnellino pomeridiano.
Erano ormai
quasi le
quattro del pomeriggio quando uscì di nuovo, stavolta
diretto
all'appartamento in cui Peter si nascondeva. Ma non era neanche
arrivato a metà strada, quando le cose iniziarono ad andare
nel
verso sbagliato.
La moto prese
a
singhiozzare e sbuffare e, prima che potesse capire cosa stesse
succedendo, cominciò a perdere quota, finché il
motore non si
spense del tutto, inaspettatamente.
«
Oh, andiamo! »
protestò.
Per fortuna
ormai era a
pochi metri da terra e riuscì a fare un atterraggio di
emergenza. Si
ritrovò con qualche escoriazione e le braccia doloranti, ma
non vi
fece molto caso. Al contrario, nonostante i suoi numerosi tentativi,
la moto non si accendeva più.
Fuori di
sé dalla
rabbia, diede un calcio ad un sassolino, che fu scagliato lontano.
Che cosa poteva fare? Spingere la moto di nuovo fino a casa sua era
fuori discussione: la distanza era troppa. Ma non se la sentiva
neanche di andare lo stesso da Peter e lasciarla lì,
abbandonata in
mezzo alla strada. Era la sua moto, insomma! Ma con la
Materializzazione non era abbastanza abile da trasportare anche un
mezzo così grande.
Si
guardò intorno, e
scoprì che poco più avanti c'era un bivio, con un
cartello che
indicava la strada per un paesino Babbano, a sinistra, e un'altra a
destra che finiva vicino alla villa di Alphard.
Nella
sfortuna, era stato
fortunato, pensò, traendo un respiro di sollievo. Il paese
era molto
lontano, mentre la vecchia abitazione di suo zio distava poche
centinaia di metri. Ora era Regulus a viverci, e Sirius avrebbe
potuto lasciarvi la moto e poi andare a trovare Peter tramite
Materializzazione.
Purtroppo per
lui,
trascinare la moto fino alla villa non fu facile: era più
pesante
del previsto. Quando Sirius finalmente giunse al cortile, aveva il
fiato corto, sbuffava e imprecava a voce così alta che vide
Regulus
affacciarsi ad una delle finestre del primo piano.
«
Che stai combinando? »
gli domandò il fratello, perplesso, ma non riuscendo a
nascondere
una nota di divertimento.
Con un'ultima
imprecazione, Sirius appoggiò la moto al muro.
« Tu
che dici? La moto
ha pensato bene di abbandonarmi » bofonchiò,
ansimando per lo
sforzo. Non distinse le parole che Regulus disse tra sé, ma
era
sicuro che avesse appena fatto un commento sarcastico. «
Cos'hai
detto? »
«
Niente, niente »
minimizzò l'altro. « Scendo e ti faccio entrare
».
Lui
sbuffò e attese,
finché Regulus non gli aprì la porta.
«
Hai detto che una
scopa non mi avrebbe mai abbandonato, vero? » lo
sfidò Sirius.
«
Una cosa del genere »
confermò lui. Sirius gli lanciò un'occhiata
truce. « E dai
scherzavo... »
Regulus lo
fece entrare
in casa. Sirius non la vedeva così perfetta da tempo:
l'ordine non
era proprio una delle migliori qualità di Alphard.
« Si
vede che adesso ci
abiti tu » commentò.
«
Sapevo che lo avresti
detto ».
«
Ovvio. Sei tu quello
che, dopo essere stato attaccato nel cuore della notte da due
giganti, è uscito da una cella perfettamente vestito e
pettinato ».
« È
un talento naturale, non posso farci niente ».
Per
l'occasione, Regulus
aveva anche allestito delle decorazioni per Halloween, le stesse che
loro zio usava sempre quando erano bambini, compresi alcuni
incantesimi che creavano delle illusioni ottiche del tutto
realistiche.
«
Dove le hai trovate? »
chiese, colpito, notando una dozzina di fantasmi finti che apparivano
e scomparivano a intervalli regolari.
« Le
zucche e le candele
nella soffitta » spiegò Regulus. « Per
gli incantesimi invece c'è
un libro apposta. Li prendeva tutti da lì ».
Sirius non
rispose,
assalito dalla malinconia. Anche Regulus doveva sentire la stessa
cosa, perché iniziò a raddrizzare il tappeto
anche se era già
perfettamente parallelo al divano, come faceva sempre per mostrarsi
indaffarato ed evitare di mostrare quello che provava.
«
Aster sta cucinando la
torta di zucca » constatò Sirius, deciso a rompere
quell'atmosfera
pesante.
«
Sì ma non è per te.
Stasera viene Rachel a cena » ribatté Regulus.
Lui non
poté fare a meno
di esserne deluso. Aveva ancora spazio per una fetta di torta. Poi
lanciò un'occhiata all'orologio.
« In
teoria dovrei
andare da Peter, ma mentre trascinavo la moto mi sono ricordato che
nostro zio aveva qualche libro sull'argomento. Li avevo comprati io
chiedendogli di nasconderli: a Grimmauld Place rischiavano di finire
ad alimentare il camino ».
«
Vuoi provare ad
aggiustarla da solo? » chiese Regulus, perplesso.
« Ci
proverò. Non sarà
poi così difficile ».
Ma era molto
più
complicato di quanto si aspettasse. E dopo molti tentativi non aveva
ancora capito dove fosse il guasto.
«
Deve essere il motore,
per forza ».
«
Non è che si è
esaurito l'effetto dell'incantesimo che la fa volare? »
chiese
Regulus, comodamente appoggiato al muro esterno mentre Sirius
sbuffava e armeggiava con la moto poco più in là.
«
Non è possibile.
Perché dovrebbe avere esaurito il suo effetto? »
«
Magari non hai
eseguito bene l'incantesimo, o ti sei dimenticato di renderlo
permanente ».
« Ti
sembro un idiota?
Fammi un favore: taci ».
Regulus non
replicò, e
rimase ad osservare. Sirius sentiva il suo sguardo dietro la nuca, e
la cosa lo irritava alquanto.
«
Perché non mi aiuti,
invece di startene lì impalato? »
«
Non ci capisco nulla,
e poi non voglio sporcarmi. Secondo me dovresti davvero riprovare ad
eseguire l'incantesimo ».
« Ti
dico che non
dipende da quello ».
«
Fai come ti pare ».
Cinque minuti
dopo,
Sirius aveva rinunciato.
«
Forse era meglio
portarla da un meccanico » bofonchiò.
Regulus
alzò gli occhi
al cielo.
« Ma
perché ti impunti
così, come se i metodi Babbani fossero più
efficaci? »
«
Perché è un mezzo di
trasporto Babbano creato dai Babbani, ok? La magia non c'entra.
»
« Tu
provaci. »
«
Ok, lo faccio, così
la pianti una buona volta! »
Sbuffando,
Sirius
estrasse la bacchetta e ripeté l'incantesimo che aveva usato
qualche
anno prima per far volare la moto, assolutamente sicuro che non
sarebbe successo nulla.
E invece, con
uno
scoppio, il motore si accese, lasciandolo di stucco.
Ci fu una
pausa di
silenzio, poi Regulus commentò:
«
Accidenti, hai colto
di sorpresa anche me: non ho avuto il tempo di preparare le parole
adatte a rinfacciartelo a vita ».
Sirius non
sapeva se
ridere o prendersela, così decise di ignorarlo.
«
Ora ricordo:
l'incantesimo che avevo fatto sostituiva anche il carburante.
Esaurendosi l'effetto, è come se fossi rimasto senza benzina
».
« Ti
è andata anche troppo bene. Ti saresti potuto schiantare a
terra ».
« Lo
so... Che ore sono? »
Regulus
lanciò un'occhiata all'orologio.
«
Lei sei passate ».
«
Ottimo, arriverò da Peter prima di quanto pensassi
» disse Sirius.
Inforcò la moto e si rivolse a Regulus. «
Lasciatemi almeno una
fetta di torta di zucca, ok? Vengo a prenderla domani mattina
».
«
Come vuoi, ma non posso assicurarti che la troverai » rispose
Regulus, incrociando le braccia.
«
Sì
che la troverò. A domani ».
E
Sirius spiccò il volo.
***
Il bicchiere
di vetro gli
sfuggì di mano, cadendo a terra e infrangendosi in mille
pezzi.
Calmati, sono
solo i
vicini che fanno i lavori.
Con le mani
tremanti
prese la scopa e iniziò a spazzare via i resti del
bicchiere, mentre
i suoi sbuffi nervosi e spaventati venivano coperti dal rumore del
trapano che qualcuno dell'appartamento accanto al suo aveva azionato
poco prima, facendolo sobbalzare.
Il forno a
microonde
suonò all'improvviso, mettendo di nuovo a dura prova i suoi
nervi
tesi.
Devi calmarti.
Calmati, accidenti!
Peter
aprì il forno,
prendendo le lasagne surgelate e mettendole nel piatto, ma tremava
così tanto che stava quasi per farle cadere per terra. Poi
si
accasciò sulla sedia e iniziò a mangiare
automaticamente, con la
mentre altrove.
Si trovava
lì da una
settimana, ormai, ma gli sembrava un periodo di tempo molto
più
lungo. Restare così tanto senza mettere il naso fuori casa
lo stava
facendo impazzire, soprattutto considerato lo stress e l'agitazione
che lo tormentavano da quando lui e i Potter avevano eseguito
l'Incanto Fidelius, nominandolo Custode Segreto.
L'appartamento
in cui si
era nascosto era stato messo a disposizione da Silente, che lo aveva
trovato chissà dove. Era a Londra, e questo a Peter non
piaceva.
Avrebbe preferito potersi nascondere il più lontano
possibile,
magari in un'isola sperduta del Pacifico, o direttamente sulla luna,
se fosse stato possibile. Non che sarebbe servito a molto. Voldemort
avrebbe potuto rintracciarlo ovunque egli si trovasse.
Lasciò
andare la
forchetta, improvvisamente nauseato, e con un gesto istintivo si
allungò la manica sinistra per coprire del tutto il polso.
Preferiva
non guardarlo, come se ignorarlo potesse farlo sparire, anche se
sapeva che non se ne sarebbe mai liberato.
Aveva ricevuto
il Marchio
Nero da Voldemort la notte in cui i Mangiamorte avevano attaccato a
casa di Dedalus e da quel momento non aveva fatto altro che bruciare
quasi tutti i giorni. Non avrebbe mai dimenticato l'espressione di
trionfo nei lineamenti scheletrici di Lord Voldemort quando lo aveva
marchiato. Era come se gli stesse dicendo: « Da questo
momento
appartieni a me ».
Peter
rabbrividì,
afferrando il tovagliolo di carta e iniziando a strapparlo in
striscioline. Non aveva scampo. Prima o poi Lui lo avrebbe convocato,
e allora non avrebbe avuto scelta. Era lui il Custode Segreto dei
Potter e non sarebbe mai riuscito a nasconderlo. Il Signore Oscuro
sapeva sempre quando mentiva, e lo avrebbe punito, di nuovo...
Provò
a bere un po'
d'acqua, ma scoprì di aver perso la capacità di
deglutire. Come
avevano fatto le cose a mettersi così male tutte
all'improvviso?
È
tutta colpa di
Sirius,
non poté fare a meno di pensare, e una rabbia repressa
fin troppo a lungo gli fece accartocciare i resti del tovagliolo nel
pugno. Se
fosse rimasto lui il Custode Segreto, io sarei al
sicuro. E invece no, il rischio lo devo correre io, mentre lui se ne
va in giro libero e senza pensieri.
Sapeva di
esagerare, ma
doveva assolutamente prendersela con qualcuno. Quella situazione lo
stava sfinendo, perché ora non si trattava più
soltanto di accusare
Remus o farlo litigare con Sirius per proteggere se stesso. Quella
volta non avrebbe potuto fare giochetti. Se lui avesse parlato,
James, Lily e Harry sarebbero morti.
Non dovrebbe
importarmi, in fondo. Mi hanno costretto a fare il Custode Segreto
perché a loro non interessa se sono io a rischiare la vita.
Sono
sempre stato quello disposto a fare sempre favori agli altri pur di
essere benvoluto, quindi è ovvio che abbiano scaricato su di
me
questa responsabilità. Ma io non la voglio, non voglio
essere
responsabile della loro morte...
Ma,
per quanto si costringesse ad arrabbiarsi con loro e a inventare
sempre nuovi alibi per se stesso, non si sentiva per niente a posto
con la coscienza. Come avrebbe potuto consegnarli nelle mani di
Voldemort? James lo aveva sempre aiutato...
No, non
è vero. Gli
piaceva la mia compagnia solo perché amava essere messo su
di un
piedistallo, e io sono sempre stato bravo a farlo.
Lily
però era gentile con lui.
Ma non
è davvero mia
amica. Non credo di piacerle. Probabilmente mi sopporta solo
perché
glielo ha chiesto James.
E
Harry?
Peter
si accorse solo in quel momento di essersi morso l'interno della
guancia talmente forte che si sarebbe potuto ferire. A Harry non
poteva attribuire alcuna colpa: era solo un bambino di un anno e
qualche mese, e non aveva avuto il tempo di fargli dei torti.
Ma
era inutile crogiolarsi nei sensi di colpa, si disse. Se non avesse
parlato, Voldemort lo avrebbe ucciso. E i suoi amici, se erano
davvero tali, non potevano pretendere che lui sacrificasse la propria
vita per loro.
Si
alzò in piedi e uscì dalla cucina, incapace di
restare fermo, e si
ritrovò a camminare avanti e indietro per il salotto. In
ogni caso,
era rovinato. Anche se avesse parlato e Voldemort fosse riuscito a
trovare i Potter, a quel punto la sua copertura sarebbe saltata.
Sirius avrebbe capito che solo lui avrebbe potuto svelare il
nascondiglio. E qualcosa gli diceva che lo avrebbe cercato per mari e
monti pur di ucciderlo. Doveva trovare una soluzione, e in fretta.
Naturalmente
essere un Animagus lo avrebbe aiutato a nascondersi, ma sarebbe
servito a qualcosa? Che senso aveva scappare per tutta la vita? E se
invece fosse uscito del tutto allo scoperto, dichiarandosi dalla
parte di Voldemort? Il Signore Oscuro lo avrebbe sicuramente
ricompensato per avergli fornito un'informazione così
difficile da
reperire, e gli avrebbe riservato un posto d'onore, una volta vinta
la guerra. Ma soprattutto lo avrebbe lasciato vivere.
Ma
Peter non era in grado di schierarsi da una parte, e non era neanche
troppo sicuro di avere la forza di ignorare quel briciolo di
coscienza che ancora non aveva messo a tacere, tradendo i Potter e
tutti i suoi amici. Restava solo da vedere se sarebbe stato
più
forte il senso di colpa o l'istinto di sopravvivenza.
Poi
una fitta al polso gli provocò un gesto inconsulto, facendo
cadere
una fotografia incorniciata che prima si trovava su un tavolino, ma
Peter non vi fece neanche caso.
Non
aveva più tempo per riflettere, perché era giunto
il momento di
prendere una decisione definitiva.
Il terrore lo
assalì,
come una folata improvvisa di vento gelido, mentre il Marchio Nero
bruciava come fuoco.
Lord Voldemort
lo aveva
convocato.
***
Sirius
parcheggiò la
moto a pochi metri dall'appartamento di Peter e scese, pensando che
al suo amico avrebbe fatto piacere ricevere una visita inaspettata.
Dopo aver suonato il campanello, attese una risposta. Trascorsero
diversi secondi, ma nessuno gli rispose.
Starà
dormendo,
pensò, ben sapendo che nemmeno una bomba poteva svegliare
Peter
quando era profondamente addormentato.
Suonò
di nuovo, stavolta
più a lungo e più energicamente, ma dopo quasi un
minuto Peter non
si era fatto vivo.
«
Codaliscia, svegliati!
Che cosa stai...? » esordì, ma quando
appoggiò la mano alla porta
d'ingresso, questa si scostò: era già aperta.
Un'ansia
indescrivibile
si impadronì di Sirius che, automaticamente, alzò
lo sguardo con il
cuore in gola. Ma sopra la casa non c'era alcun Marchio Nero.
Possibile che Peter fosse così disattento da aver lasciato
la porta
aperta?
Senza
indugiare oltre,
entrò.
«
Peter? » lo chiamò
di nuovo, ma nessuno rispose.
Sirius lo
cercò in tutte
le stanze, ma non lo trovò. Peter non era in casa.
Cercò
di calmarsi e di
riordinare le idee. Forse i Mangiamorte avevano scoperto dove si
nascondeva e lui era dovuto scappare. Ma allora perché non
c'erano
tracce di uno scontro? Anche se Peter non aveva combattuto, qualcosa
fuori posto ci sarebbe dovuto essere, conoscendo lo stile dei
Mangiamorte. E invece la casa era in perfetto ordine, tranne la
cucina, in cui Peter aveva lasciato la cena a metà. Era come
se,
mentre mangiava, avesse abbandonato tutto all'improvviso e fosse
uscito.
Ma era
assurdo: era il
Custode Segreto e sapeva benissimo di non dover uscire per nessuna
ragione al mondo.
Forse sua
madre si è
sentita male, pensò Sirius, ma capì subito che il
motivo non poteva
essere quello. Per qualunque emergenza gli avrebbe mandato il suo
Patronus. No, era uscito di sua spontanea volontà.
Quella
conclusione,
piuttosto che calmarlo, lo fece rabbrividire dalla testa ai piedi.
Mi fido di te,
Peter.
Sei un amico migliore di Remus.
Le sue gambe
si mossero
da sole, e Sirius si avvicinò al tavolo della cucina. Il
tovagliolo
era stato strappato in mille pezzi. Peter lo faceva sempre quando era
preoccupato o spaventato... o quando si sentiva in colpa.
Remus si comporta
in
modo strano, ultimamente. La voce di Peter
continuava a
risuonargli nella testa. Credi davvero che
possa aver tradito
tutti quanti? In effetti sembra che voglia nascondere qualcosa.
È
cominciato tutto a Drybrook... Malocchio forse sospetta di lui. Lui e
Edgar non andavano molto d'accordo...
Sirius
uscì a grandi
passi dalla cucina, incapace di stare fermo e di decidere cosa fare.
Greyback mi ha
rovinato la vita! Come potrei smettere di odiarlo? E i Mangiamorte mi
considerano indegno di vivere! Perché dovrei collaborare con
chi mi
vuole morto? Sei pieno di pregiudizi, Black. Sei identico ai tuoi
genitori.
Gli aveva
tirato un pugno
per quella frase. Sirius non avrebbe permesso a un traditore di
insultarlo in quel modo. Remus era il traditore, la spia... giusto?
Io mi fido di
Remus.
Mi fido di tutti voi. Nessuno dei miei amici mi venderebbe mai a
Voldemort. Non voglio più vedervi litigare in questo modo.
La scarpa di
Sirius urtò
contro qualcosa che si trovava sul pavimento. Era una cornice. Si
chinò a raccoglierla e la riconobbe. Ognuno di loro ne
possedeva una
copia: la sua era rimasta nella sua vecchia camera a Grimmauld Place.
Ma questa era diversa: Remus se n'era andato, lui e James
sorridevano, ignari, mentre Peter accennava una smorfia poco
spontanea, ma puntualmente abbassava lo sguardo, come se temesse di
essere guardato negli occhi.
Peter sta
dimagrendo a
vista d'occhio, soffre d'insonnia ed è sciupato. Non sembra
neanche
più lui.
Sirius
s'irrigidì,
mentre la fotografia gli sfuggiva di mano, cadendo a terra.
Il Cappello
Parlante
non voleva mettermi a Grifondoro, ma io ho insistito. Volevo stare
con voi che mi avevate difeso da quegli studenti più grandi.
Non sono mai
stato
coraggioso come voi.
Non credo di
essere
adatto a combattere, ma se voi volete entrare nell'Ordine della
Fenice, ci sarò.
Voi-Sapete-Chi
sta
vincendo. Ci ucciderà tutti...
«
No... » si ritrovò a
mormorare tra sé. « Non è possibile.
Era Remus... »
La spia
è
insospettabile,
aveva detto Wilkes, prima di morire. Non
ci
arriverete mai.
Peter sei la
persona
più buona che conosca. Nessuno dubiterebbe mai di te.
Sirius era
paralizzato
dal terrore, mentre i pezzi del puzzle tornavano al loro posto,
dandogli un quadro molto più chiaro della situazione. E
infine si
sentì cedere le ginocchia, sprofondando in un abisso di
panico.
Nessun
Mangiamorte
penserebbe a te. E mentre daranno la caccia a me, tu te ne starai
tranquillo a custodire il segreto.
«
Che cosa ho fatto? »
Senza fiato,
indietreggiò, urtando contro una sedia che si
rovesciò per terra.
Le orecchie gli ronzavano e improvvisamente le pareti intorno a lui
avevano iniziato a girare e ondeggiare, mentre il cuore sembrava sul
punto di esplodergli nel petto.
«
No! » ripeté.
Non sapeva
neanche quale
sentimento prevalesse in quel momento, se la rabbia, il panico, la
delusione o la disperazione. Ma non cedette a nessuno di questi.
James, Lily e
Harry non
sapevano nulla, e forse Voldemort era già sulle loro
tracce... Non
c'era il tempo di pensare, doveva agire.
Sirius
uscì di corsa
dalla casa, inforcò la moto e spiccò il volo,
diretto a velocità
folle a Godric's Hollow, supplicando disperatamente di arrivare in
tempo.
***
James
sbadigliò,
lanciando un'occhiata fuori dalla finestra. Il sole stava tramontando
e i ragazzini Babbani stavano già uscendo, vestiti con i
costumi di
Halloween, pronti a suonare ai campanelli di tutte le case, tranne la
sua naturalmente, dal momento che nessuno poteva trovarla.
Se avesse
avuto il suo
fidato Mantello dell'Invisibilità sarebbe potuto uscire a
sua volta,
giusto per fare un paio di scherzi al Babbano scorbutico e avaro che
abitava di fronte. Non solo non dava mai dolci ai bambini, ma li
scacciava anche in modo sgarbato. Ma Silente si era preso il Mantello
e non glielo aveva ancora restituito. James sperava che si sbrigasse:
non ne poteva più di restare chiuso in casa. Si sentiva in
trappola.
Lily era al
piano di
sopra, intenta a mettere Harry a letto. Lo capiva dai capricci di
loro figlio, che voleva ancora giocare con le luci colorate. James
sorrise, poi si stiracchiò, sbadigliando. Tutta quella vita
casalinga lo stava facendo stancare davvero troppo.
Ma poi accadde
qualcosa.
Un rumore strano giunse alle sue orecchie, allarmandolo: era il
cancello. Si disse che doveva essere il gatto, ma poi sentì
dei
passi nel vialetto e la porta si aprì.
Il cuore in
gola, balzò
in piedi, pronto a recuperare la bacchetta. Aveva già aperto
la
bocca per gridare un avvertimento a Lily, quando l'intruso irruppe in
casa.
«
James! » esclamò
Sirius, precipitandosi nel salotto. « State tutti bene?
»
James
abbassò la
bacchetta, guardandolo con perplessità.
«
Certo, perché? Mi hai
fatto prendere un colpo. Come mai sei così agitato?
»
«
Non c'è tempo per
spiegare. Dovete andarvene da qui, e subito ».
James
aggrottò la
fronte, senza capire.
«
Che cosa? »
«
Voldemort potrebbe già
essere diretto qui. Non perdere tempo! » lo incitò
Sirius,
scrollandolo con tanta violenza da storcergli gli occhiali sul naso.
« Peter... Remus... è colpa mia... »
Non capendo
nulla di quel
che Sirius aveva balbettato, James provò a protestare, ma in
quel
momento Lily scese, con Harry in braccio.
« Si
può sapere cosa
sta succedendo? » chiese, scossa.
«
Peter non è a casa. È
sparito » spiegò Sirius.
Calò
un silenzio teso,
durante il quale James poté solo inorridire. La paura lo
invase e
per un attimo non seppe nemmeno come reagire. Fu Lily a parlare per
prima.
«
Allora dobbiamo
andarcene di qui, e in fretta » disse, con un'espressione
dura.
Prese un mantello, lo usò per coprire Harry e raggiunse
l'ingresso,
la bacchetta pronta.
«
Andiamo » disse
Sirius, e James lo seguì, anche se non aveva capito il
significato
dello sguardo che l'amico e sua moglie si erano scambiati. O forse
non voleva capire.
Ma non si
oppose, anche
se lasciare Godric's Hollow così all'improvviso lo aveva
lasciato
frastornato. Lily prese posto nel sidecar insieme a Harry e al gatto,
mentre lui saliva sulla moto dietro Sirius, che aveva già
acceso il
motore.
Lily a quel
punto lanciò
un grido, e tutti loro si voltarono a guardare nella sua direzione:
nella notte, qualcuno si stava avvicinando rapidamente. Anche se si
scorgeva a mala pena, il volto dell'uomo era talmente pallido da
essere inconfondibile.
«
Parti! »
La moto si
librò in
aria, mentre James scagliava una serie di incantesimi che
impedì a
Lord Voldemort di attaccarli.
Harry
scoppiò a piangere
mentre Sirius dava gas spiccando il volo. Pochi secondi dopo, il
tetto della loro casa a Godric's Hollow era già un
quadratino
minuscolo in mezzo a tanti altri uguali.
Erano sfuggiti
a
Voldemort per un soffio.
«
Dove ci porti adesso?
»
«
Sto pensando... »
rispose Sirius, mentre si mordeva il labbro a sangue. « Deve
essere
un posto che lui non conosce ».
James non
voleva sapere a
chi si riferisse quel lui, così tacque durante tutto il
tragitto,
anche quando Sirius cambiò idea e invertì la
rotta. La sua mente
cercava disperatamente una risposta poco dolorosa alla domanda sul
perché Voldemort fosse riuscito a trovarli nonostante
l'Incanto
Fidelius. Ma trovò una sola risposta, che lo
riempì d'angoscia.
Atterrarono su
una pozza
di fango, ma Sirius non vi fece neanche caso. Aiutò Lily a
scendere
dal sidecar, mentre il gatto ne saltò fuori da solo,
spaventato e
indignato da tutto quel caos. Sirius trascinò i Potter fino
alla
porta d'ingresso di una villa che loro non avevano mai visto, e
suonò
il campanello.
Un elfo
domestico
piuttosto anziano li fece entrare non appena riconobbe Sirius, ma
James non seppe dove fossero finiti fino a quando Regulus non si
affacciò all'ingresso. Le loro facce stravolte e il pianto
di Harry
lo indussero a sostituire l'espressione infastidita che aveva assunto
all'inizio con un'altra colma di stupore.
«
Che cosa succede? »
domandò Rachel, entrando a sua volta nell'ingresso. James
ebbe la
sgradevole sensazione di averli disturbati, ma non riuscì a
farsi
venire in mente nemmeno una battuta.
«
Voldemort » si limitò
a rispondere Sirius. Era fuori di sé e aveva preso a
percorrere
tutto il salotto avanti e indietro.
« Vi
ha attaccati? »
«
Sì. Sirius ci ha
portati via appena in tempo » rispose Lily, cupa. «
Scusate
l'intrusione. Sirius deve aver pensato che questo fosse l'unico posto
sicuro... » aggiunse, lanciando un'occhiata imbarazzata a
Regulus,
che distolse lo sguardo senza commentare: certe abitudini erano dure
a morire.
Per alcuni
istanti
nessuno disse una parola, poi Rachel si riscosse e invitò
l'altra
ragazza a sedersi: Lily tremava e avrebbe potuto far cadere Harry se
fosse rimasta in piedi ancora un po'.
«
Dirò ad Aster di
scaldare del latte per Harry. Voi volete qualcosa da bere? »
«
Whisky Incendiario »
risposero all'unisono Sirius, James e Lily.
Poco dopo, in
cucina,
Harry stava bevendo il suo latte mentre tutti gli altri si lasciavano
stordire dal Whisky e Regulus e Rachel si scambiavano occhiate
perplesse.
Fu a quel
punto che James
prese la parola.
«
Dobbiamo andare a
cercare Peter, Sirius. Voldemort deve averlo torturato per
costringerlo a parlare » disse, sentendosi in colpa per
averlo messo
in pericolo con la faccenda del Custode Segreto.
Ma Sirius lo
guardò come
se lo ritenesse pazzo, e poi scambiò di nuovo quello strano
sguardo
con Lily che, per tutta risposta, si scolò tutto il Whisky
che le
restava nel bicchiere.
«
James, non hai capito
niente » disse Sirius, stringendo i pugni per la rabbia.
« Credi
davvero che Peter sia stato costretto a parlare? »
« Ma
certo. Perché mai
avrebbe dovuto...? »
«
Perché lui è la
spia! Svegliati: ci ha traditi! Non era Remus a dare informazioni ai
Mangiamorte, era Peter! È stato lui a far sapere a Greyback
della
nostra strategia a Drybrook. Lui ha fatto uccidere i Bones. Lui ha
rivelato dove si trovava la vecchia sede dell'Ordine della Fenice. Ed
è lui che oggi è andato a riferire a Voldemort
dove vi nascondevate
».
James era
paralizzato, e
nemmeno Regulus e Rachel osavano muovere un muscolo, in parte
sconvolti dalla rivelazione e in parte impressionati dall'espressione
omicida di Sirius.
« Ci
ha fregati tutti!
Con quell'aria da finto ingenuo è riuscito a farmi
sospettare di
Remus e ci ha messi l'uno contro l'altro ».
«
Aspetta, non è detto
che... Lui non non avrebbe mai permesso che Voldemort uccidesse me o
Harry o Lily! » protestò James, che nonostante
tutto ancora non ci
voleva credere.
Ma Sirius era
furioso.
« E
allora perché ha
parlato? Era lui il Custode Segreto, e solo lui avrebbe potuto farvi
trovare ».
«
Forse è stato
ricattato... »
«
Chiunque di noi
sarebbe morto pur di non tradire. Lui ha preferito vendere tuo figlio
per salvarsi la pelle... E sono stato io a servirvi a lui su un
piatto d'argento... »
Sirius si mise
le mani
tra i capelli, quasi a volerseli strappare, e James non
replicò più,
perché la verità era troppo evidente per negarla.
Si sentiva come
se il mondo gli fosse crollato addosso. Fino a quel giorno avrebbe
scommesso qualsiasi cosa sulla fedeltà dei suoi amici. Era
una delle
poche cose su cui non aveva il minimo dubbio. Ma a partire da quella
sera non sarebbe più stato lo stesso.
«
Dobbiamo cercarlo »
disse, con un notevole sforzo. « Voldemort ha fallito, non
riuscendo
a uccidere Harry, quindi se la prenderà con Peter. Dobbiamo
trovarlo
prima che lo faccia lui ».
Stranamente,
Sirius
acconsentì, anche se le sue motivazioni più
profonde erano ben
altre.
«
Sì, non lascerò a
Voldemort la soddisfazione di punirlo. Quando lo avrò
catturato,
sarò io a ucciderlo ».
« Tu
non farai un bel
niente » intervenne Regulus, parlando per la prima volta.
« Non sei
neanche in grado di reggerti in piedi ».
Sirius si
alzò,
barcollando, e gli lanciò un'occhiata di sfida. Lo shock,
mescolato
al Whisky, doveva avergli dato alla testa.
« Mi
vuoi impedire di
dargli la lezione che merita? »
Era
incredibile quanto
fossero diversi. Regulus non batteva ciglio, imperturbabile, mentre
Sirius sembrava in preda ad una crisi di nervi.
«
Dico solo che se lo
inseguirai da solo non risolverai nulla, o finirai per farti
ammazzare. Avvertite l'Ordine della Fenice e organizzatevi ».
« Ha
ragione, Sirius »
intervenne James, sperando che il suo amico tornasse a ragionare.
Sirius
assestò un calcio
alla sedia, furioso.
« E
va bene. Rachel,
avverti tu l'Ordine. Non sono dell'umore adatto a evocare un Patronus
» disse alla fine.
« Ci
proverò ».
La ragazza
uscì dalla
stanza e, dopo alcuni istanti, un Patronus a forma di leonessa si
allontanò dalla casa.
James si
stropicciò gli
occhi, quasi sperando di trovarsi sul divano della sua casa a
Godric's Hollow, una volta riaperti. Ma quello non era un sogno.
Peter aveva davvero tradito. Il solo pensiero gli faceva mancare il
respiro.
«
Lily, tu resti qui con
Harry? » stava chiedendo Sirius, sforzandosi di restare calmo.
«
Non riesco a pensare
ad un altro posto » fece lei, abbattuta.
«
Dirò ad Aster di non
perderla di vista. Per qualunque cosa, li Smaterializzerà da
qualche
altra parte » intervenne Regulus.
«
Perché, tu dove credi
di andare? »
James
notò che anche
Regulus aveva estratto la bacchetta e aveva un'aria molto
determinata.
«
Non siete gli unici ad
avere un conto in sospeso con la spia » si limitò
a spiegare,
lanciando un'occhiata a Rachel, che era appena rientrata nella
cucina.
James
realizzò solo in
quel momento che, per colpa di Peter, la ragazza era stata aggredita
da un lupo mannaro.
«
Quindi vieni con noi?
»
Regulus annuì. E, anche
se per un solo istante, Sirius gli riservò uno sguardo
riconoscente.
Dai
che lo sapevate! Potevo forse far finire tutto a tragedia e condannare
Sirius all'infelicità perpetua, dopo tutta questa fatica? XD
Rapida spiegazione: ricordate quando Alphard diceva che quando si
modifica un evento del passato non si sa mai quali conseguenze ci
saranno? E che anche la modifica più banale può
cambiare tutto? Appunto. Se Rachel non avesse usato la Giratempo,
Regulus non sarebbe stato a casa di Alphard, non avrebbe potuto
risolvere il problema della moto, e Sirius probabilmente avrebbe
esitato ancora qualche minuto prima di usare
quellìincantesimo, perdendo minuti fondamentali. E' banale,
ma ha cambiato tutto. In fondo è stata solo una questione di
pochi minuti. Alla fine ho collegato tutto all'uso della Giratempo
perché è da quello che è partita tutta
la stori alternativa che ho inventato.
Ora però aspettate a festeggiare! I Potter saranno anche
vivi, ma anche Voldemort è ancora in circolazione,
perciò la guerra continua... e d'ora in poi può
succedere di
tutto. XD Tra l'altro Lily non si è sacrificata
per nessuno, quindi tecnicamente Harry non è ancora il
Prescelto... Ma è un problema che affronterò
prossimamente.
Quanto a James, per quello che i libri ci hanno fatto capire di lui,
penso che anche nel canon non avrebbe pensato a Peter come un traditore
neanche mentre Voldemort lo uccideva. Non è da lui, e non
sono l'unica a pensarlo, quindi ho mantenuto questa sua caratteristica,
almeno finché Sirius non gli ha aperto gli occhi con tatto e
delicatezza.
Se già vi chiedete quale sarà la sorte di Peter,
dico solo che il prossimo capitolo si intitolerà "Caccia al
topo" *gongola senza ritegno*
Arrivederci al 20 dicembre! :)))
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Capitolo 55 *** Caccia al topo ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo 55
Caccia al topo
Sirius
era convinto di
vivere il peggiore degli incubi. Camminava ma sapeva a stento dove
era diretto, limitandosi a seguire gli altri. James aveva uno sguardo
altrettanto assente e nessuno dei due si guardava, come per evitare
che l'espressione dell'uno potesse smentire l'altro e rivelare che
non si trattava affatto di un sogno.
Quando loro
due, Regulus
e Rachel misero piede al quartier generale dell'Ordine della Fenice
ad aspettarli c'erano già quasi tutti: Albus e Aberforth
Silente,
Minerva McGranitt, Alastor Moody – che dopo aver perso una
gamba
l'aveva sostituita con una di legno che terminava a forma di una
zampa di leone – Hagrid, Emmeline, Sturgis, Dedalus ed
Elphias.
Sirius si
accorse a mala
pena di quello che gli altri si dissero durante l'attesa, quando i
vari membri dell'Ordine chiesero spiegazioni. Era talmente distratto
che non si accorse nemmeno dello stupore e della perplessità
che
l'inedita presenza di Regulus aveva creato tra di loro.
« È
vero quello che ha accennato Malocchio? La spia è uscita
allo
scoperto? Chi è? » domandò Dedalus.
« Ne
parleremo quando
saremo tutti » tagliò corto Moody.
Sirius gliene
fu grato.
James non era in grado di formulare una sola frase di senso compiuto,
e lui era troppo concentrato sui propri pensieri. L'unica cosa a cui
riusciva a pensare in quel momento era trovare Peter e fargliela
pagare. Non gli importava nulla di ascoltare le sue motivazioni: se
fosse arrivato a Godric's Hollow poco più tardi...
Tremò al
pensiero di quel che avrebbe trovato.
Contenere la
propria
rabbia non fu facile, tanto che dovette stringere i pugni fino a
incidersi i palmi delle mani con le unghie pur di sfogarla in qualche
modo.
Nei minuti
successivi
arrivarono le ultime persone, tra cui Frank e Alice Paciock, che
avevano lasciato loro figlio Neville dai nonni, e infine Remus.
Per la prima
volta Sirius
fu distolto dai suoi pensieri, ma scoprì di non essere in
grado di
guardarlo in faccia. Si sentiva una schifezza. Aveva sospettato di
lui, lo aveva accusato e insultato nel modo peggiore, e invece era
innocente. Tutto questo perché aveva dato retta a Peter.
Solo in
quel momento capì – e fu l'ennesima stilettata al
cuore – che la
sua era stata tutta una tattica per farli sospettare l'uno dell'altro
e allontanare così i sospetti da se stesso. Il sangue gli
risalì
alla testa alla velocità della luce, insieme ad un'insana
voglia di
fare a pezzi qualcosa.
Complimenti, ci
hai
fregati tutti,
pensò, come se Peter potesse sentirlo. Quanto
ti ha fatto comodo essere sempre quello sottovalutato...
Remus lo
evitò
accuratamente e si rivolse a James, granando gli occhi quando
notò
la sua presenza.
«
Che cosa è successo?
Che ci fai qui? Lily e Harry dove...? » domandò,
spaventato.
« Stanno
bene. Sono al sicuro » rispose quello, talmente scosso da
essere a
mala pena in grado di parlare. « Ma Voldemort ci ha quasi
presi... »
James
tacque, incapace di aggiungere altro, e ci fu un momento in cui
Remus, inorridito, incrociò lo sguardo di Sirius, che non
aveva la
più pallida idea di cosa dire e distolse in fretta il
proprio.
In
quel momento Silente prese la parola.
«
Tra quanto potremo parlare? »
Sirius
si guardò intorno, e capì di dover essere lui a
spiegare.
«
Adesso. Tutti quelli che dovevano esserci sono arrivati »
mormorò,
con la voce rauca per l'emozione.
«
Ma manca... » esordì Emmeline, bloccandosi
all'improvviso quando
notò le loro facce. « È successo
qualcosa di brutto a Peter? »
Sirius
colse con la coda dell'occhio Remus che scattava sull'attenti, in
ansia, e scosse la testa.
«
Fidati, sta molto meglio di tutti noi » rispose, non potendo
fare a
meno di digrignare i denti.
Un
silenzio di tomba cadde nella stanza, mentre lo stesso sospetto
attraversava di colpo le loro menti. Sirius non vedeva più
alcuna
ragione per rimandare la verità.
«
È lui la spia. Peter... ci ha traditi tutti »
rivelò, subito
seguito da commenti sconvolti ed esclamazioni colme di stupore.
«
Cosa ve lo fa pensare? » ringhiò Moody, per il
quale doveva essere
una novità essere colto a sua volta di sorpresa.
Sirius
respirò a fondo. Doveva momentaneamente mettere da parte i
suoi
propositi di vendetta, altrimenti nessuno avrebbe capito.
«
Voldemort sapeva dove James e Lily erano nascosti. Peter era il loro
Custode Segreto. Solo lui avrebbe potuto dirglielo... »
spiegò, e
sembrava che ogni parola gli facesse male come una lama affilata e
affondata nella carne.
«
Credevo che fossi tu il Custode Segreto » gli disse Silente.
La
voce di Sirius s'incrinò.
«
Ci siamo scambiati i ruoli. L'ho proposto io, perché ero
convinto
che nessuno avrebbe pensato a lui. Credevo che così Harry
sarebbe
stato più al sicuro... »
«
Scusa un momento, ma cosa significa? » domandò
Dedalus Lux,
perplesso. « Perché Voldemort dovrebbe cercare
Harry? »
Ci
fu una breve pausa, poi fu Frank Paciock a parlare.
«
Secondo una Profezia, Voldemort potrà essere sconfitto da
una sola
persona, e in base a quello che viene detto nella Profezia, lui ha
iniziato a sospettare di Neville o di Harry, ma poi ha scelto
quest'ultimo ».
«
Ma è ridicolo! » non poté fare a meno
di borbottare la McGranitt,
che non era mai stata una grande amante della Divinazione. «
Perché
Voldemort dovrebbe lasciarsi spaventare da un bambino che non ha
ancora compiuto due anni? »
«
Purtroppo non è questo che conta, Minerva. Che la Profezia
sia vera
o meno, Voldemort la ritiene giusta » disse Silente.
«
Vogliamo passare al dunque? » sbottò Sirius,
improvvisamente
irritato da tutte quelle discussioni. Più loro stavano
lì a
chiacchierare, più Peter acquistava vantaggio nella sua
fuga. «
Peter ha venduto James, Lily e Harry a Voldemort, e io sono riuscito
a salvarli per una frazione di secondo, altrimenti nessuno dei tre
sarebbe sopravvissuto. Ora il traditore è scappato, e noi
dobbiamo
trovarlo senza perdere tempo in inutili chiacchiere! »
«
Concordo » approvò Malocchio. « Se
Voldemort ha fallito, se la
prenderà con la spia pensando di essere stato ingannato.
Dobbiamo
essere noi a trovarlo: vorrei proprio scambiare qualche parola con il
signor Minus ».
«
Avete una vaga idea di dove potrebbe essersi nascosto? »
chiese
Silente, rivolgendosi sia a Sirius che a James e Remus.
Loro
tre esitarono. Sirius continuò a non guardare Remus.
«
Potremmo provare da sua madre, ma ne dubito » disse
quest'ultimo. «
Altrimenti... nelle fogne ».
Tutti
lo guardarono, in parte increduli, in parte certi di non aver capito
bene. Sirius aveva le mani tra i capelli. Era un disastro completo.
«
Che significa? »
«
Peter è un Animagus, può trasformarsi in topo
quando gli pare e
piace. Noi tre siamo tutti Animagi... e no, non siamo registrati
»
confessò, esasperato.
«
C'è qualche altra rivelazione sconvolgente? No, ditemelo,
così
prima mi siedo » protestò Aberforth, contrariato,
prendendo la
parola per la prima volta.
Sirius
notò che tutti erano sorpresi, tranne Regulus, che aveva
reagito
come se quella di diventare un Animagus in maniera del tutto illegale
fosse una delle tante stramberie che suo fratello aveva combinato a
Hogwarts.
«
Per il momento è tutto qui » tagliò
corto Remus, che non sembrava
molto incline a proseguire quell'argomento, per ovvie ragioni.
«
Bene » disse Silente. « Propongo di dividerci in
gruppi per
cercarlo. Sirius, James e Minerva, in quanto Animagi, voi tre avrete
il vantaggio del fiuto. Qualcun altro andrà dalla signora
Minus.
Sarà anche il caso che la si porti in un posto
più sicuro ».
«
Lo farò io » si offrì volontario Remus.
« Mi conosce, quindi si
fiderà ».
«
Molto bene. Io chiederò al mio contatto tra i Mangiamorte,
nel caso
in cui Peter abbia fatto la follia di unirsi a loro ».
«
Ha un contatto tra i Mangiamorte? Chi è? »
esordì Regulus, vinto
dalla curiosità anche se fino a quel momento era rimasto in
silenzio. In effetti, Sirius non riusciva proprio a immaginare chi
altri tra i loro nemici avesse potuto decidere di collaborare a sua
volta con l'Ordine della Fenice.
«
Non abbiamo molto tempo per le spiegazioni, temo » rispose
quello,
ma lui ebbe le netta sensazione che non volesse proprio rivelarne
l'identità. « Aberforth, tu sai cosa fare
».
Il
fratello di Silente bofonchiò qualche parola di assenso. Con
tutta
la gente poco raccomandabile che frequentava la Testa di Porco,
poteva ottenere qualche informazione utile.
«
Hagrid, tu prova a rintracciare Mundungus Fletcher e cerca di farlo
collaborare ».
«
Sì, signore, non c'è problema. Ha sempre avuto
paura di me, non
farà storie » confermò il guardacaccia.
Silente
si rivolse a tutti gli altri.
«
A voi spetta il compito più difficile: setacciare qualunque
strada
per stanarlo. Non ha molti posti in cui andare, quindi potrebbe
essere ovunque. Alastor, ci pensi tu? »
«
Sicuro. Ci divideremo in gruppi di due persone. Siamo pochi, quindi
credo che sia il caso di chiedere rinforzi agli Auror, ma non li
lasceremo agire da soli. Dovremo sempre tenerli d'occhio. E a questo
proposito, un avvertimento: se trovate Minus, portatelo qui senza
deviazioni e senza farvi giustizia da soli. Avete capito bene?
»
Il
suo occhio magico si soffermò in particolare su Sirius e
Remus, ed
entrambi si affrettarono a distogliere lo sguardo. Ma Sirius si rese
conto che non erano solo loro a sentirsi chiamare in causa da quelle
parole. Minus aveva dato a tutti una buona ragione per volersi
vendicare.
«
Minus potrebbe aver deciso di restare in prossimità di
luoghi
frequentati da maghi e streghe, per restare aggiornato su cosa
succede » proseguì Malocchio. « Quindi
ciascun gruppo perlustrerà
uno dei principali villaggi magici e semi-magici. Black e Potter, vi
conviene iniziare da Godric's Hollow: il colpevole spesso torna sul
luogo del delitto, quindi potrebbe aver lasciato qualche traccia. I
Paciock andranno a Tinworth. Queen e l'altro Black a
Mould-on-the-Wold. Vance e Podmore a Ottery St.Catchpole. Doge e Lux
ad Upper Flagely. Minerva, tieni d'occhio Hogsmeade. Io
pattuglierò
Diagon Alley. È tutto chiaro? »
Tutti
annuirono, tranne Sirius, al quale era appena venuta in mente un'idea
improvvisa.
«
E se usassimo la madre di Peter per costringerlo a uscire allo
scoperto? »
Alcuni
di loro a dire il vero sembrarono tentati, ma James lo
incenerì.
«
Non ci pensare neanche! Lei non c'entra nulla, non saprà
nemmeno di
cosa è capace suo figlio ».
«
E poi è stato capace di voltare le spalle a tutti voi pur di
salvarsi. Perché con sua madre dovrebbe essere diverso?
» aggiunse
Frank.
«
Ok, ok, era solo un'idea. Seguiamo la strada più
difficile... » si
affrettò a ribattere Sirius, imbarazzato ma anche un po'
deluso.
«
Sarà meglio » fece Malocchio. Poi tornò
a rivolgersi a tutti gli
altri. « Per qualsiasi problema, mandate un Patronus come al
solito.
Ci rivediamo tutti qui all'alba, a meno che qualcuno non lo catturi
prima. Buona fortuna
».
Tutti si
mossero, e
Sirius capì che era giunto il momento di affrontare Remus.
James
parve leggergli nel pensiero, perché si mise da parte a
osservarli,
lanciando a entrambi occhiatacce ammonitrici.
«
Sono stato un vero
bastardo » sbottò Sirius, senza mezzi termini. Se
lo meritava,
dopotutto, pensò. Remus lo guardò, serio.
«
Sì, lo sei stato »
confermò. « Ma io non mi sono comportato meglio di
te. Immagino
che... lui si sia inventato un mare di bugie ».
Sirius
annuì, sollevato
per averlo trovato così poso rancoroso, ma non ancora a
posto con la
coscienza.
« Ma
io gli ho creduto.
Ho sospettato che fossi tu a tradirci ».
«
Anche io ho sospettato
che la spia fossi tu. Direi che siamo pari ».
E Sirius, per
la prima
volta in quella terribile serata, riuscì a sentirsi
leggermente
meglio.
«
Siamo stati due idioti
a farci raggirare così ».
«
Di' pure tre
idioti » intervenne allora James. Entrambi si voltarono a
guardarlo.
Per la prima volta sembrava davvero infuriato. « Dobbiamo
trovarlo,
e dobbiamo farlo il prima possibile. Voglio guardarlo in faccia
mentre gli chiedo perché ci ha fatto tutto questo
».
Loro due non
replicarono,
limitandosi a lanciarsi un'occhiata colma di disagio. Per quel che lo
riguardava, Sirius non aveva nessuna voglia di chiedere spiegazioni.
Era talmente disgustato che l'unica cosa che desiderava era fargliela
pagare. A quell'ora James, Lily e Harry sarebbero potuti essere
morti. Lui era arrivato appena in tempo solo per caso, ma se avesse
perso solo cinque minuti...
Non voleva
spiegazioni,
voleva punirlo e basta. E,a giudicare dal suo sguardo, Remus sembrava
della sua stessa opinione.
La
caccia al topo era iniziata.
***
La
prima reazione che
Regulus aveva avuto quella sera, quando aveva messo piede nel
quartier generale dell'Ordine della Fenice, era stata una rivelazione
improvvisa: erano rimasti davvero in pochi. Naturalmente sapeva
già
da prima di tutte le perdite che l'Ordine aveva subito, ma vedere con
i propri occhi le loro condizioni attuali era tutta un'altra cosa,
soprattutto se pensava che, quando lui combatteva dalla parte
opposta, i suoi avversari sembravano non finire mai.
Anche per quel
motivo
partecipare alla riunione gli aveva fatto uno strano effetto, un po'
come vivere un'esperienza extracorporea, tanto era frastornato da
tutte quelle rivelazioni. In più, aveva dovuto fare i conti
con un
certo disagio quando, all'inizio, la sua entrata nel quartier
generale dell'Ordine non era stata accolta positivamente da alcuni
membri, in particolare da Moody.
Sirius era
troppo preso
da altri pensieri per dargli retta, così Regulus se ne era
rimasto
in disparte, mentre Rachel, con il sostegno di Emmeline, cercava di
convincere Moody che lui fosse degno di fiducia. Quando aveva deciso
di aiutarli a trovare Minus, spinto dall'impulso del momento, Regulus
non aveva pensato ai sensi di colpa che lo avrebbero assalito una
volta che si fosse trovato davvero in mezzo ai membri dell'Ordine
–
lo spettro di Benjy Fenwick lo seguiva come un'ombra – e non
si
stupì del fatto che alcuni di loro non si fidassero di lui.
Ma a
dire il vero, fu stupefacente rendersi conto che, nonostante tutto,
la maggior parte di loro era disposta a concedergli una
possibilità.
“Tu
sei Regulus Black?”
gli si era rivolto ad un certo punto un ragazzo molto alto e
dall'aria cordiale che Regulus doveva aver già visto da
qualche
parte un paio di volte, forse a Hogwarts.
Lui aveva
annuito,
incerto su come comportarsi.
“Sturgis
Podmore” si
era presentato quello, e Regulus aveva stretto la mano che l'altro
gli aveva teso. “Caspita, somigli tantissimo a Sirius. Hai
deciso
ad unirti a noi?”
Per qualche
strana
ragione, era parso davvero contento di conoscerlo. Regulus immaginava
che Rachel avesse sempre parlato bene di lui alle persone con cui
aveva fatto amicizia, e quando aveva realizzato quel pensiero aveva
sentito un immenso trasporto nei suoi confronti.
“Ho
deciso di
combattere, in ogni caso” aveva risposto Regulus, cauto.
“Ma non
so se sono gradito qui”.
“Non
preoccuparti di
Malocchio. È sempre diffidente per principio,
perché ne stiamo
passando tante, ma Silente garantirà per te. E poi sappiamo
tutti
che in qualche modo stai aiutando la nostra causa. Piuttosto,
cos'è
successo di tanto urgente?”
Regulus
avrebbe voluto
rispondergli, ma proprio in quel momento Moody aveva posto fine alla
discussione con Rachel ed Emmeline – che evidentemente ne
erano
uscite vittoriose – e aveva dichiarato aperta la riunione.
Il tempo per
le
presentazioni fu poco, soprattutto dopo lo shock che i membri
dell'Ordine ebbero quando Sirius finì di raccontare. Regulus
non poteva biasimarli, perché nemmeno lui riusciva ancora a
crederci. Aveva sempre considerato Minus un ragazzo del tutto
insignificante e insulso, inutile e spaventato dalla sua stessa
ombra, ma non si sarebbe mai aspettato che potesse passare dalla
parte di Voldemort. E tutto l'Ordine della Fenice sembrava
condividere i suoi stessi pensieri.
Quando
Alastor Moody li ebbe divisi in gruppi ed ebbe dato loro indicazioni
sui luoghi da perlustrare, tutti loro si incamminarono verso
l'uscita.
«
Mi sembra un incubo. Non avrei mai potuto sospettare di Minus
»
disse Sturgis, allibito. « Era sempre così
tranquillo e gentile...
»
«
Le persone da temere sono proprio quelle che passano inosservate
»
ribatté Rachel, amareggiata. « A me non stava
simpatico, ma anche
io sarei stata pronta a scommettere sulla sua lealtà
».
«
E aveva anche la faccia tosta di accusare o far cadere i sospetti su
altri » commentò Emmeline, che sembrava
più calma di tutti gli
altri, ma non meno indignata. « Non credo che per lui essere
catturato prima da Voldemort sarebbe peggio, in fondo. Noi abbiamo
molti più motivi per punirlo ».
Regulus
non poté che concordare con lei. In qualunque modo fosse
finita,
Minus non poteva passarla liscia.
In
quel momento anche gli ultimi uscirono dal quartier generale, che
scomparve alla loro vista non appena Sirius, Remus e James si furono
chiusi la porta alle spalle.
«
Io manterrò le mie sembianze » stava dicendo
quest'ultimo in tono
piatto e con l'aria di pensare a tutt'altro. « Un cervo in
piena
città attirerebbe l'attenzione ».
Regulus
ebbe l'impressione che Sirius gli avesse lanciato un'occhiata strana.
In effetti avrebbe voluto chiedergli qualche spiegazione. Come
avevano fatto a diventare Animagi quando erano ancora studenti? Se
fino a quel momento aveva pensato che lui e i suoi amici ne
combinassero di tutti i colori, ora doveva ricredersi: facevano anche
di peggio. Ma non era il momento migliore per affrontare quel
discorso. Avevano tutti ben altro da fare.
Tuttavia,
accadde qualcosa che lo indusse a pensarci più del dovuto,
perché
poco dopo, Sirius si voltò e assunse le sembianze di un cane.
Un
cane nero con gli occhi grigi.
Ricordi
ancora ben stampati nella sua memoria affiorarono all'improvviso. E
se aveva avuto un minimo dubbio, notare che Rachel aveva assunto la
sua stessa espressione sconvolta, lo fece sparire. Nessuno dei due
avrebbe potuto dimenticare quel cane che li aveva salvati da un lupo
mannaro famelico, una notte di circa cinque anni prima.
«
Era lui... » sussurrò la ragazza, incredula.
« È stato lui a
salvarci ».
«
A quanto pare... » bofonchiò Regulus, che invece
stava già
pensando con irritazione a quello che il cane aveva fatto dopo averli
aiutati, solo per fargli un dispetto. In
un'altra occasione avrebbe reagito in un modo più
melodrammatico, ma
quella volta si trattenne. In ogni caso, prima o poi Sirius avrebbe
avuto quel che meritava.
«
Bè, buona fortuna » li salutarono Emmeline e
Sturgis,
distogliendoli dai loro ricordi. Poi si Smaterializzarono.
Regulus
si accorse che Rachel gli stava porgendo la mano. Gliela strinse, e
un attimo dopo anche loro iniziarono a volteggiare su loro stessi,
apparendo infine nel bel mezzo della piazza centrale di
Mould-on-the-Wold.
Dovevano
essere le undici di sera, ma il villaggio era già deserto.
Solo un
paio di passanti circolavano ancora, ma erano chiaramente diretti
alle proprie case. Anche se gli Obliviatori avevano fatto dimenticare
loro la terribile esperienza con i giganti, facendola passare per un
terremoto, qualcosa nell'istinto di quei Babbani li spingeva a
restare al sicuro quando calava la notte.
«
Tu sai distinguere un Animagus da un animale comune? »chiese
Rachel
all'improvviso, facendogli notare l'enormità del problema.
Quanti
topi esistevano in tutto il Regno Unito?
«
No. E temo che sia impossibile ».
Rachel
sospirò.
«
E come facciamo? Maledetto Minus... A meno che non riassuma il suo
aspetto umano, ogni tanto, sarà un'impresa... Ma tu mi
sembri
distratto ».
Regulus
si riscosse dalle sue riflessioni.
«
Stavo solo pensando a questa storia degli Animagi. Lupin non ha detto
di esserlo, giusto? »
«
Così pare » replicò lei, accelerando il
passo.
Un
terribile sospetto lo fece rabbrividire.
«
Quella notte, a Hogsmeade, abbiamo visto sia un cane che un cervo. Il
topo sarà passato inosservato a causa delle sue dimensioni,
ma
c'erano tutti e tre. Mi sembra strano che Lupin non sia diventato a
sua volta un Animagus. Quei quattro facevano tutto insieme e...
»
Si
bloccò di colpo, perché in quel momento aveva
fatto due più due.
Ebbe la sensazione di sprofondare fino al centro della terra.
«
Regulus, non mi sembra il momento di parlarne » rispose
Rachel,
stranamente reticente.
«
Piton aveva ragione, allora: Lupin è un lupo mannaro. E tu
lo sai
già, vero? Perché non me l'hai detto? »
Lei
smise di camminare, a disagio.
«
Perché quando l'ho scoperto gli ho promesso che non ne avrei
parlato
con nessuno. Scusa, ma non volevo creargli altri problemi ».
«
Ci ha quasi uccisi » le ricordò lui, che al
momento non si sentiva
molto comprensivo.
«
Non voleva farlo. E cerca di non farglielo pesare, in futuro. Si
sente già abbastanza in colpa... E ti prego, smettiamola di
parlare
di lupi mannari ».
Regulus
non insisté, notando che Rachel era impallidita. Da quella
volta in
cui era finita al San Mungo le era rimasto un trauma, perché
non
sopportava più quel genere di discorsi. E inoltre era
diventata
molto sensibile alla questione dei lupi mannari, e piuttosto
protettiva nei confronti di chi era stato meno fortunato di lei.
«
Scusa » si affrettò a dirle, mortificato.
Lei
scosse la testa.
«
Anche io l'ho presa male appena l'ho saputo. Ma ora basta parlare di
questo. Andiamo a stanare Minus ».
***
«
PETER! »
Quel
grido terribile lo fece sbiancare nel giro di una frazione di
secondo. Se il suo istinto di sopravvivenza non fosse stato
così
forte, sarebbe svenuto sul colpo. Il cuore gli martellava talmente
veloce che sembrava sul punto di esplodere fuori dal petto. I suoi
occhi scrutarono rapidamente la folla, trovando subito quelli del suo
inseguitore.
In
futuro Peter non avrebbe mai saputo ricordare tutte le emozioni che
lo avevano assalito in quell'esatto istante. Lo sguardo di Sirius era
la cosa più terrificante che gli fosse mai capitato di
vedere.
Sembrava posseduto da qualche entità che voleva chiaramente
ucciderlo e farlo a pezzi. Il volto scavato, gli occhi iniettati di
sangue, Sirius doveva averlo cercato per tutta la notte, senza mai
riposare o fermarsi un solo secondo. E ora, poco dopo l'alba, lo
aveva trovato.
Una
voce nella sua testa gli diede la conferma a ciò che fino a
quel
momento aveva voluto rimuovere: i Potter erano morti. Voldemort li
aveva uccisi, permettendo a Sirius di capire chi era stato a
tradirli. Il panico s'impossessò di Peter, mettendo a tacere
anche
il rimorso. Non poteva mollare proprio ora, dopo tutto quello che
aveva fatto per salvarsi.
Lo
sguardo che lui e Sirius si scambiarono durò pochi istanti,
ma per
Peter fu come viverlo al rallentatore, avendo così
abbastanza tempo
per prendere la decisione che aveva progettato nel corso di quella
fuga precipitosa. Era tutto pronto: serviva solo un ultimo sforzo.
Intorno
a loro, una dozzina di Babbani ignari passeggiava per la strada.
Erano quasi tutti negozianti che si erano alzati presto per andare a
lavorare. Per la prima volta in vita sua, Peter trovò
straordinariamente facile decidere: aveva già sacrificato il
suo
migliore amico e la sua famiglia per salvarsi, e il rimorso lo
avrebbe torturato in eterno. Ma quei Babbani per lui non contavano
nulla.
Nel
momento in cui uno di essi passò in mezzo ai due maghi,
Peter
approfittò dell'interruzione della visuale per estrarre la
bacchetta
e nasconderla dietro la schiena. Incurante dei Babbani presenti,
Sirius gli stava già puntando contro la propria. Non c'era
tempo da
perdere. Doveva farlo: o quello o la morte.
Un
dolore lancinante gli offuscò la mente quando l'incantesimo
gli
tagliò un dito. Il sangue iniziò a sgorgare in
abbondanza,
facendolo barcollare. Ancora lucido, ma ancora per poco, la fronte
imperlata di sudore, sfogò il dolore singhiozzando e
gridando
all'indirizzo di Sirius ad alta voce, in modo che tutti i presenti
potessero sentire.
«
Lily e James, Sirius! Come hai potuto! »
Per
un attimo Sirius non capì, e quello sarebbe stato l'ultimo
dei suoi
tanti sbagli. Quando sgranò gli occhi, intuendo il pericolo,
era
troppo tardi. Peter aveva già puntato la propria bacchetta
in basso,
contro la strada, e si preparò a farla saltare in aria.
Sirius
non ebbe il tempo di reagire per impedire il massacro.
«
Expelliarmus!
»
La
bacchetta gli schizzò via dalle mani prima che potesse anche
solo
capire cosa stava succedendo. Un attimo dopo, Peter si
ritrovò
disarmato.
«
Non pensarci neanche » sibilò alle sue spalle una
voce, la stessa
che aveva pronunciato l'incantesimo di Disarmo.
Sempre
più debole e pallido a causa dell'ingente perdita di sangue,
Peter
si voltò a guardare, e si lasciò sfuggire un
lungo singhiozzo
disperato.
Era
stato Remus. Per qualche motivo che al momento gli sfuggiva, Remus
sapeva la verità. E adesso anche lui aveva uno sguardo
omicida.
Non
fece in tempo a trasformarsi in topo e fuggire, perché era
diventato
troppo debole. La vista ormai annebbiata gli impedì di
vedere la
terza persona che lo aveva circondato e che gli spedì contro
uno
Stupeficium,
prima che Sirius o Remus potessero fare di peggio.
Peter
crollò sul marciapiede, perdendo conoscenza.
I
dodici Babbani presenti, dopo aver lanciato uno sguardo incuriosito
allo strano ragazzo svenuto per terra e soccorso da alcuni coetanei
altrettanto insoliti, si incamminarono di nuovo, ciascuno per la
propria strada, tornando alle loro vite.
***
Dopo
la sua cattura, Peter non era stato consegnato agli Auror, almeno non
subito. lo avevano portato al quartier generale dell'Ordine della
Fenice e lo avevano rinchiuso in una stanza appositamente imbottita
di incantesimi che gli impedissero di trasformarsi in topo e
scappare. Ma Malocchio aveva anche fatto in modo che nessuno potesse
entrarvi senza il suo permesso e la sua supervisione: non voleva che
qualcuno si facesse giustizia da solo. Secondo James, aveva fatto
bene. Anche se aveva trascorso le ultime ore in completo silenzio,
parlando solo se era strettamente necessario, non aveva potuto fare a
meno di sentire i commenti degli altri e cogliere quasi sempre lo
stesso pensiero nelle loro occhiate sfuggenti. Quanto a Sirius, lui
non si dava la pena di nascondere quel che voleva fare. Continuava a
sbuffare per l'impazienza e non riusciva a stare fermo un attimo.
Quando Malocchio apparve sulla soglia della stanza in cui tutti loro
si erano riuniti, Sirius balzò in piedi.
«
Adesso possiamo ucciderlo? » domandò, facendo
sussultare Elphias,
che era seduto accanto a lui.
James
provò un moto di rabbia inconsulta. Sebbene gli fosse
riconoscente
per averlo salvato, odiava vedere quel tipo di sguardo in Sirius. In
quei momenti gli sembrava un'altra persona.
«
No« ribatté Malocchio. « Torna a sedere
».
Sirius
provò a protestare, ma l'occhiata truce che James gli
scoccò fu
sufficiente a farlo desistere. Poi fu lo stesso James ad alzarsi in
piedi.
«
Posso parlargli? » domandò a bruciapelo, prima di
avere la
possibilità di cambiare idea. Malocchio esitava,
perciò aggiunse: «
Voglio solo una spiegazione. Me la deve ».
L'altro
annuì, convinto.
«
Veniamo anche noi » si offrì Remus.
«
Anche io » aggiunse Lily, che era arrivata pochi minuti
prima. «
Voglio vedere se avrà il coraggio di guardare Harry negli
occhi ».
James
si fece sfuggire un sospiro di frustrazione. Perché non
capivano?
«
Lasciatelo stare » suggerì Sirius, anche se dalla
sua espressione
si capiva che non avrebbe voluto lasciarlo solo insieme a chi li
aveva traditi tutti. Remus e Lily esitarono, ma alla fine non
insistettero.
«
Grazie ».
«
Non lasciarti impietosire, però » lo
avvertì sua moglie.
«
So quello che devo fare, non preoccuparti » tagliò
corto lui. Gli
dispiaceva rispondere loro in quel modo, ma non sopportava che
fossero disposti a uccidere Peter. Erano delle brave persone, non
degli assassini.
Ad
un suo cenno, Malocchio lo scortò fuori dalla stanza, per
poi
fermarsi davanti alla porta di quella in cui Peter era stato
rinchiuso.
«
Resterò fuori, ma sappi che ti tengo d'occhio » lo
avvertì,
indicando il suo occhio magico.
James
annuì, teso. Quando l'altro aprì la porta con un
incantesimo, il
ragazzo si sentiva talmente nervoso da provare una brutta sensazione
di nausea. Ma entrò lo stesso, perché doveva
farlo. Aveva timore di
affrontarlo, ma non era da lui sfuggire alla realtà.
Peter
era stato legato mani e piedi ad una massiccia scrivania, ed era
seduto su una sedia. Era pallido come un cencio. La sua mano era
avvolta in una benda a coprire il moncherino del suo dito indice.
Quando vide James che si chiudeva la porta alle spalle, si
lasciò
sfuggire un rantolo soffocato, iniziò a tremare e distolse
immediatamente lo sguardo, incapace di sostenere la sua vista.
«
Sembra che tu abbia visto un fantasma » esordì
James, in tono
piatto. Fino a quel momento non aveva proprio saputo cosa dire, ma
le parole gli uscirono spontanee.
«
I-io c-credevo che... » balbettò Peter, quando fu
di nuovo in grado
di parlare, ma sempre senza guardarlo.
«
Che fossi morto? » sbottò James, senza celare il
rancore. « C'è
mancato poco, ma stiamo tutti bene. Certo non grazie a te ».
In
quel momento Peter scoppiò in un pianto isterico. James
tacque e
rimase immobile, in preda a sentimenti contrastanti. Non gli faceva
pena, ma si sentiva strano, come se una parte di lui volesse a tutti
i costi trovare una giustificazione a quello che Peter aveva fatto.
Un'altra parte, invece, provava vera e propria repulsione. Ma
ciò
che percepiva più di ogni altra cosa era soltanto una
sensazione di
vuoto, simile a quella che lo aveva assalito quando gli erano morti i
genitori. Era come se una belva feroce gli avesse strappato via a
morsi le viscere, ed era orribile.
«
Finiscila » disse, notando solo ora quanto calma e atona
suonasse la
propria voce.
Peter
ci provò, ma con scarsi risultati. James gli si
avvicinò e lo vide
tremare ancora di più.
«
Ti prego, non mi uccidere! »
«
Non sono qui per farti del male » gli disse lui. «
Credevo che mi
conoscessi. Voglio darti la possibilità di spiegare le tue
ragioni,
Peter. Vedi di coglierla adesso, perché non ce ne saranno
altre.
Dimmi perché l'hai fatto. E dimmelo guardandomi in faccia
».
Peter
sembrava in preda ad un vero e proprio attacco di panico e, quando
parlò, le lacrime agli occhi e la testa china, James
riuscì a
capire a stento le sue parole.
«
Non volevo! Il Signore Oscuro mi ha costretto. Non avevo scelta...
Lui avrebbe ucciso mia madre! »
«
Sai benissimo che noi dell'Ordine l'avremmo protetta. Se Voldemort ti
minacciava, perché non ce l'hai semplicemente detto? Credevi
che non
ti avremmo aiutato? »
«
Lo capirete mai? Il Signore Oscuro è il mago più
potente che sia
mai esistito. Nessuno può sconfiggerlo! È solo
questione di tempo
prima che vinca. Non avete alcuna speranza di fermarlo! »
«
E quindi è meglio arrendersi senza lottare, vero? »
«
Io non sono come voi! » sbottò Peter, livido.
« Non sono mai stato
coraggioso e non volevo davvero entrare nell'Ordine. Ero debole e vi
ho seguiti, come sempre. Ma voi non avete paura... »
James
sarebbe scoppiato a ridere se non fosse stato tanto distrutto e
indignato.
«
Non abbiamo paura? Davvero? La paura ci perseguita da anni, Peter,
esattamente come perseguita te. L'unica differenza è che per
noi la
nostra amicizia è – era
– più forte ». Fece una pausa per
respirare a fondo, sforzandosi
di non perdere il controllo. « Se ci avessi detto che non te
la
sentivi di combattere, noi lo avremmo capito. Ti sarebbe bastato
essere sincero ».
«
Non è vero, mi aveste considerato un vigliacco e mi avreste
disprezzato. Tu hai sempre detto che chi non ha coraggio non merita
di esistere ».
«
Oh Merlino, avevo quattordici anni e volevo fare colpo sulla gente!
Sei sempre stato un fratello per me, ma non per questo eri costretto
a combattere per dimostrarmi qualcosa, né a fare il Custode
Segreto.
Sarebbe rimasto tutto come prima, anche se mi avessi detto che non te
la sentivi. Qualsiasi cosa sarebbe stata migliore di quello che hai
fatto! »
«
Mi dispiace, non volevo! Avevo paura e ho sbagliato tutto! Lo sapevo
anche prima, ma non avevo idea di come uscirne. Non ho avuto la forza
di fare la cosa giusta, mi dispiace! » ripeté
istericamente,
singhiozzando. « Perdonami ».
James
pensò subito che se Sirius e Remus avessero udito quella
richiesta
di perdono, lo avrebbero fatto pentire di essere nato. Quanto a lui,
tacque per diversi secondi, momentaneamente incapace di pensare.
«
Vorrei farlo, davvero. Eri mio amico e mi hai tradito nel peggiore
dei modi, mi hai fatto crollare letteralmente il mondo addosso, ma
non è questo a ferirmi di più. Non ce la faccio a
odiarti e
impedirò agli altri di giustiziarti, ma non si tratta solo
di me e
te. Hai sacrificato delle persone innocenti e che si fidavano di te
per salvare te stesso. I Bones sono stati massacrati perché
tu li
hai fatti trovare. Hai venduto me, mia moglie e mio figlio –
un
bambino di un anno – a Voldemort. E il peggio è
stato che hai
distrutto tutto quello che ci legava dai tempi della scuola. Hai
fatto di tutto per fare sembrare prima Remus e poi Sirius i colpevoli
di tutto questo. Che cosa credevi di fare, qualche ora fa, urlando
quella frase prima che io ti schiantassi? Volevi far saltare in aria
la strada e sparire, solo per far finire Sirius ad Azkaban al posto
tuo? E avresti sacrificato altre persone? Questo non potrò
mai
dimenticarlo. Non conoscono la persona che sei diventato, e non credo
di volerlo fare ».
Il
dolore che provava era quasi fisico. Non avrebbe mai smesso di
soffrire per il suo tradimento. Insieme al vecchio Peter era morto
anche il James di prima, quello che si fidava ciecamente di tutti;
non poteva più illudersi e fingere che tutto quello non
fosse
successo.
Peter
aveva assunto un'espressione di puro sgomento e terrore mentre James
parlava. Sicuramente aveva intuito che lui non lo avrebbe salvato da
Azkaban. James si chiese come potesse anche solo aver sperato in una
cosa del genere.
«
Chiederò a Sturgis di riattaccarti il dito, se preferisci.
Devi
avere avuto un gran coraggio per riuscire a tagliartelo da solo. Io
non avrei avuto altrettanto fegato. Puoi esserne fiero » gli
disse,
in un tono sarcastico che non gli si addiceva, e che indusse Peter ad
arrossire di vergogna.
Fu
l'ultima cosa che gli disse: non era più in grado di restare
lì.
Gli voltò le spalle e uscì senza guardarsi
indietro.
Sirius
e Remus dovevano avere intuito che avrebbe preferito restare solo,
quindi non erano lì fuori ad aspettarlo. Lily invece, che
era sempre
stata più testarda, era lì. Ma a James non
dispiacque. Dopo quella
terribile nottata, vedere lei e Harry ancora vivi e poterli
abbracciare era già un miracolo.
Scusate
per il ritardo! Tra regali di Natale da comprare, tesi e altri
contrattempi, ieri sera non avevo finito di correggere il capitolo!
In origine doveva essere più lungo, perché volevo
descrivere tutte le ricerche, ma mi sono resa conto che: 1. non era
fondamentale, 2. che da parte di Peter è stato davvero
stupido andarsene a spasso nelle sue reali sembianze nel bel mezzo di
Londra, e visto che non sapevo dare una spiegazione logica a questo
lampo di genio, ci ho rinunciato xD
Io spero che chi tra di voi riesce ad entrare in sintonia con Potter
più di me sia soddisfatto dell'ultima scena. Da quando ho
ideato questo incontro tra lui e Peter l'ho sempre immaginato
esattamente così, anche se non sono sicura che la mia idea
sia condivisa. D'accordo, come dice Peter, "James avrebbe capito" e "avrebbe avuto
pietà di lui", ma fino a un certo punto. Come potrete
facilmente immaginare io ho una concezione molto più Black-style delle
relazione umane (se mi tradisci, non esisti più xD), quindi
è stato molto difficile immaginare la reazione di uno come
James, ma dubito che avrebbe mai potuto passare sopra il fatto che
Peter avrebbe fatto uccidere Lily e Harry per salvare se stesso. Insomma, mi rifiuto di credere che qualcuno possa perdonare un comportamento simile! Ma spero
di non aver sbagliato la caratterizzazione perché
stranamente tengo tantissimo alla scena finale!
Non mi resta che farvi gli auguri di Buone Feste e darvi appuntamento
per il prossimo capitolo al 6 gennaio! :)
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Capitolo 56 *** Il messaggio ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo
56
Il
messaggio
La
sentinella era seduta ai piedi di un grande faggio. Sgranocchiava un
osso ancora da spolpare e cercava di tenersi il più vicino
possibile al fuoco che aveva acceso per riscaldarsi, mentre la nebbia
gelida portata nella foresta dalla notte lo faceva tremare di freddo.
La barba lunga e i capelli sporchi e arruffati gli conferivano
un'aria ancora più miserevole. Avrebbe potuto fare pena, se
avesse
scelto diverse frequentazioni.
Nascosto
dietro il cespuglio, Felpato rimaneva immobile, in attesa,
continuando a tenere d'occhio la sentinella di turno e controllando
di tanto in tanto la macchia scura di alberi in direzione
dell'accampamento. Aveva aspettato almeno venti minuti quando
finalmente scorse il segnale: un Patronus a forma di lupo argenteo
apparve in lontananza alle spalle della sentinella, che non si
accorse della sua presenza, e dopo aver ammiccato in direzione del
cane, svanì nel nulla.
Felpato
uscì dal nascondiglio, sforzandosi di apparire naturale. Non
appena
iniziò a camminare, l'uomo di guardia balzò in
piedi con uno scatto
repentino e, nonostante il buio, lo individuò subito.
«
Chi...? » gracchiò, la voce rauca a causa del
troppo freddo. « Mi
dispiace, niente cibo per te ».
Felpato
scodinzolò, assicurandosi di non sembrare affamato: doveva
solo
ottenere la sua fiducia per potersi avvicinare.
«
Oh bè, immagino che starai morendo di freddo. C'è
un motivo se la
chiamano vita da cani » bofonchiò l'uomo.
« Siamo più simili di
quanto pensi, sai? Dopotutto siamo parenti alla lontana, e anche a me
tocca stare qui a congelare. Vieni, c'è spazio a sufficienza
».
Felpato
non se lo fece ripetere due volte e si accostò all'uomo,
pronto. Non
appena quello gli voltò le spalle per prendere un altro
ceppo di
legno da aggiungere al fuoco, lui si trasformò, abbandonando
le
sembianze canine.
La
sentinella ebbe appena il tempo di capire cosa fosse successo. Non
appena realizzò che Sirius non solo era umano, ma era anche
un mago,
il volto fino a quel momento cordiale si deformò in una
smorfia di
odio allo stato puro, accompagnata da un ringhio cupo.
«
Petrificus Totalus
» sussurrò Sirius, prima che quello potesse
chiamare rinforzi.
L'uomo
rimase seduto, immobile come la pietra, lo sguardo colmo d'ira e
frustrazione rivolto ancora verso di lui.
«
Niente di personale » gli sibilò Sirius,
disgustato. « Ma devo
occuparmi del tuo amico Greyback ».
Senza
aggiungere altro, evocò a sua volta un Patronus. Il cane
argenteo
fluttuò davanti a lui, in attesa di istruzioni.
«
Via libera » disse Sirius.
«
Il Patronus agitò la coda un paio di volte, poi gli
voltò le spalle
e partì spedito nel fitto della foresta a riferire il
messaggio.
Non
appena ebbe ricevuto la conferma del Patronus di Sirius, Remus si
puntellò sui gomiti, lanciando un'attenta occhiata alla
radura
intorno a sé. Gli adulti del branco, compreso Greyback, per
fortuna
dormivano lontano, perché si accaparravano i posti migliori
e senza
radici che premessero sotto la schiena, mentre i bambini dovevano
arrangiarsi e venivano sorvegliati da un paio di sentinelle. Quella
notte Remus era riuscito a farsi assegnare proprio quel ruolo, anche
se non era stato poi così difficile: nessuno degli adulti
amava fare
la guardia ai piccoli. E ora che Sirius aveva reso inoffensiva la
seconda sentinella, poteva finalmente agire.
«
Tim » sussurrò piano, scuotendolo leggermente.
Con
non molta sorpresa, si rese conto che Timothy era già
sveglio, e
come lui anche tutti gli altri quattordici. Dovevano aver atteso quel
momento per tutta la notte.
«
È ora? » chiese Tim, per nulla insonnolito e con
un tono
determinato.
Remus
annuì, mettendo poi subito a tacere i mormorii emozionati
degli
altri, che avevano appena notato il Patronus di Sirius e lo fissavano
con stupore. Per alcuni di loro era la prima volta che assistevano ad
una magia.
«
Ascoltatemi bene » disse Remus, attirando la loro attenzione.
«
Dovete seguire il cane argentato. Vi porterà dal mio amico,
che vi
farà arrivare sani e salvi da Silente. Ma non dovrete
camminare
sulle foglie. Mi raccomando, è fondamentale: camminate sul
terreno
più difficile, dove ci sono sassi o radici, e state il
più lontano
possibile dalle distese di foglie secche. Sono stato chiaro? »
Tutti
loro annuirono.
«
Tu non vieni? » gli chiese Tim.
«
Devo coprirvi le spalle ».
Il
ragazzino corrugò la fronte, visibilmente preoccupato.
«
Quando sarò libero, posso venire a vivere a casa tua?
»
Remus
si sforzò di sorridere. Senza uno stipendio fisso per lui
era già
complicato sfamare se stesso, ma non era quello il momento di
spiegare le sue difficoltà economiche.
«
Vedrò quello che posso fare. Adesso andate. Ci vediamo
dall'altra
parte ».
I
bambini obbedirono. Partirono un paio alla volta, facendo attenzione
a dove mettevano i piedi e seguendo il Patronus, che quella notte era
l'unica fonte di luce. Remus li guardò addentrarsi nella
foresta:
alcuni di loro, i più grandi, erano agitati, i
più piccoli
sembravano divertiti, ma solo lui era in preda all'angoscia e
sobbalzava ogni volta che uno degli adulti russava più forte.
Era
andato tutto secondo i piani, almeno fino a quando uno degli ultimi
bambini non inciampò in una radice. Si sentì un
crack di legnetti
spezzati, uno strillo e un tonfo che risuonò come un colpo
di fucile
nella notte silenziosa.
Il
cuore di Remus perse un battito quando tutti gli adulti smisero
improvvisamente di russare. Greyback e gli altri lupi mannari si
erano svegliati e avevano già capito tutto.
«
Continuate a camminare! » gridò Remus, gettando
alle ortiche ogni
precauzione. « Ci penso io! Scappate! »
Si
incamminò a sua volta nella foresta, evitando accuratamente
le
distese di foglie, che in realtà celavano delle trappole per
i lupi
mannari adulti. Il bambino caduto doveva essere finito in una di
esse.
E
infatti era proprio lì: un bambino di neanche cinque anni lo
guardava spaurito da dietro la porta trasparente che era comparsa
magicamente a sigillare la buca, una volta attivata. A giudicare
dalle sue urla disperate e dall'angolo innaturale delle sue gambe,
Remus capì che doveva essersele spezzate entrambe.
«
Mi dispiace. Ti tiro fuori subito » cercò di
rassicurarlo, mentre
le grida di Greyback lo facevano sobbalzare. Il branco li stava
inseguendo. Ma le trappole funzionarono: i lupi mannari in prima fila
passarono sopra le foglie secche e, uno dopo l'altro, caddero nelle
trappole che si chiusero sopra le loro teste. La retroguardia fu
costretta a rallentare e a fare attenzione a dove mettevano i piedi,
dando a Remus il tempo di rompere la chiusura dell'ultima trappola ed
estrarne il bambino con un incantesimo di Levitazione.
Lo
prese in braccio, cercando di portarlo in salvo, ma il suo peso lo
rallentava, e più di una volta lo sbilanciò,
rischiando di farlo
cadere a sua volta in una delle trappole.
Nel
frattempo, Greyback e altri tre o quattro lupi mannari lo avevano
raggiunto. Disperato, Remus frugò nella tasca in cerca della
bacchetta, ma con il bambino appeso al collo si muoveva a fatica.
Poi,
all'improvviso, arrivarono i soccorsi. Greyback e i superstiti furono
assaliti da una decina di persone che, nel giro di un paio di minuti,
riuscirono a legarli e renderli inoffensivi.
Remus
si lasciò cadere ai piedi di un albero, con la fronte ancora
imperlata di sudore, mentre lanciava un'occhiata riconoscente a
Charlie MacDougal e Silvanus Cook, i due lupi mannari che tempo prima
lui e Tim avevano convinto ad aderire alla causa dell'Ordine della
Fenice.
«
Hai visto? Anche noi abbiamo sparso la voce » gli disse
Silvanus,
indicando i lupi mannari che erano con loro,
«
Grazie, davvero » disse Remus, esausto. « Vi devo
un favore ».
«
Greyback sarà catturato, questo ci basta per ora »
rispose Charlie.
« Ora ce ne andiamo, però. Non vogliamo finire in
una gabbia
insieme a loro. Dubito che al Ministero si diano la pena di
considerarci diversi ».
«
Le cose cambieranno » cercò di dire Remus,
fiducioso. Quella notte
era disposto a credere a qualsiasi cosa.
«
Lo spero. Nel frattempo, goditi la libertà ».
Remus
non appariva così felice e sollevato da... Sirius non sapeva
dire da
quanto tempo. Sapeva solo che fino a quella notte non aveva creduto
possibile che uno di loro sarebbe tornato a sentirsi meglio. Peter
era stato rinchiuso ad Azkaban solo poche ore prima, e nessuno dei
Malandrini prometteva di riprendersi molto presto dallo shock.
Ma
vedere tutti quei bambini licantropi liberi da Greyback e pronti a
cominciare una nuova vita, nonostante le difficoltà che
avrebbero
sicuramente incontrato, riusciva ad infondergli speranza. Per
fortuna, dopo il loro salvataggio, era stato Silente ad occuparsi di
una loro sistemazione: se fossero stati presi dal Ministero,
sarebbero finiti segregati in qualche scantinato o abbandonati a loro
stessi. Silente invece li aveva accolti e aiutati, non dopo aver
distribuito loro un'ampia scorta di caramelle.
«
Ti ringrazio per avermi aiutato. Non ce l'avrei mai fatta da solo
»
gli disse Remus, una volta uscito dall'infermeria che avevano
improvvisato lì per lì.
«
Te lo dovevo » rispose Sirius. « Dopo il modo in
cui mi sono
comportato con te ultimamente, questo è stato il minimo che
potessi
fare ».
«
Anche io ho molto di cui farmi perdonare ».
«
Per oggi mi basta non ricevere altre brutte notizie »
sospirò
Sirius. « O giuro che alla prossima do di matto ».
«
Questo non dipende da me. Ma oggi abbiamo fatto tutti un bel passo
avanti. La guerra non è ancora finita ».
***
La
prigione consisteva in una sola torre di pietra, nera come
l'inchiostro e di un'altezza vertiginosa. Svettava fin quasi a
infrangere la massa di nubi addensate sopra di essa. La salita fino
alla cella più in alto di tutte non era stata facile, ma
Albus non
vi aveva fatto neanche caso e, anzi, per quanto lo riguardava era
durata anche troppo poco. Certo, vi era andato di sua spontanea
volontà, ma c'era un motivo ben preciso se non era mai stato
lì
prima di quel giorno: temeva quell'incontro; era inevitabile, ma ne
era spaventato. E le parole incise sopra l'entrata di Nurmengard non
lo aiutavano a rilassarsi, ma continuavano a risuonargli nella mente
come un mantra che lui stesso, tanto tempo prima, aveva ripetuto
molte, troppe volte: Per
il Bene Superiore.
«
È la prima volta che viene, vero, signor Silente?
» parlò il
carceriere che lo stava conducendo luno la scala che finiva in cima
alla torre. « Altrimenti me ne sarei ricordato ».
«
Sì, è così » rispose Albus,
sintetico. Capiva perfettamente che
per uno che lavorava come carceriere di Nurmengard da decenni, era
raro intrattenere una conversazione con qualcuno che non fosse un
assassino o un Mago Oscuro, ma Silente non aveva nessuna voglia di
parlare. La gola secca e i battiti accelerati non accennavano a
migliorare, tutt'altro. Quando furono arrivati in cima, Albus si
sentì in preda ad un'angoscia che non provava da almeno
trentasei
anni.
L'uomo
che lo aveva condotto fin lì si avvicinò alla
porta blindata
dell'unica cella all'ultimo piano ed estrasse un enorme mazzo di
chiavi.
«
Hai una visita » annunciò a chi si trovava
dall'altra parte. Non
aspettò una risposta e girò una delle chiavi
nella toppa. Poi
eseguì un paio di incantesimi per sbloccarla magicamente e
la aprì,
facendo cenno al visitatore di entrare.
«
Il tempo massimo delle visite è di un quarto d'ora... Ma per
lei
posso fare un'eccezione ».
«
Non sarà necessario. Grazie lo stesso ».
Albus
si sforzò di rivolgergli un sorriso cordiale prima di
fermarsi per
prendere fiato e prepararsi ad irrompere nella cella.
Quando
entrò, mentre la porta gli si chiudeva alle spalle, era in
preda ad
una tempesta di emozioni che controllò a fatica.
Il
prigioniero era sdraiato per terra e si vedeva a mala pena dalla
sottilissima fessura di luce che riusciva a passare attraverso la
minuscola finestra della cella. Il suo corpo magro ed emaciato si
teneva al caldo, rannicchiato sotto una coperta, ma quando
notò la
presenza di Albus, l'uomo si alzò a sedere con uno scatto
improvviso. Una fitta dolorosa attraversò il petto del suo
visitatore quando la poca luce illuminò il suo volto ormai
scheletrico, segnato dal tempo e dagli stenti, i capelli grigi e
radi. In apparenza sembrava un'altra persona ma i suoi occhi, sebbene
infossati, non avevano perduto la vitalità di un tempo. E
non era un
bene, pensò Albus.
Quando
l'uomo lo riconobbe, il suo sguardo assunse un'espressione di
sorpresa mista ad un'ironia provocatoria che l'altro conosceva molto
bene. Un tempo aveva amato ciecamente quello sguardo e, anche se
adesso era cresciuto e aveva messo da parte certi tipi di emozioni,
le conseguenze di quell'errore continuavano a fare male.
Forse
Albus non sarebbe stato in grado di parlare se non fosse stato
l'altro a esordire.
«
Guarda chi si vede. Sono passati trent'anni dall'ultimo nostro
incontro. O sono già quaranta? Credo di aver perso la
cognizione del
tempo ».
Non
è cambiato, fu il
primo pensiero di Silente. Anche dopo tutto quel tempo, aveva ancora
lo stesso modo di fare di quand'era giovane.
«
Trentasei anni » rispose in un tono calmo e innaturale.
«
Giusto. Avevo perso il conto. Non è che ho molto da fare
qui, ma le
giornate sono tutte uguali, e quando mi addormento a volte mi sveglio
senza sapere se ho dormito per giorni o per poche ore ».
«
Direi che te la sei cercata, Gellert » ribatté
Albus, freddamente,
senza capire dove volesse andare a parare.
Grindelwald
fece uno strano sorriso, scoprendo i pochi denti che gli restavano.
«
Ma guardati, come sei rigido. Sei più a disagio di me, il
che è
curioso: quello sporco e impresentabile in teoria sono io ».
Di
colpo smise di scherzare e il suo volto scavato si fece più
serio. «
Se hai così poca voglia di scambiare convenevoli,
perché sei
venuto? Passavi di qui per caso? O hai bisogno di un consiglio?
»
Albus
provò a rispondergli per le rime, ma per la prima volta in
vita sua
non riuscì ad aprire bocca. Gellert lo capì
all'istante, e fece una
smorfia.
«
Deve essere frustrante per te: l'unico altro mago alla tua altezza si
trova chiuso a Nurmengard, e tu sei costretto a circondarti di comuni
mortali e menti limitate. Ma scommetto che sono tutte brave persone.
Tu sì che sai scegliere le frequentazioni migliori: maghi e
streghe
onesti e disperati sono i tuoi preferiti, vero? Si affidano a te e tu
sfrutti i loro sensi di giustizia o di colpa, e alla fine ti
ringraziano pure. È per questo che tu sei diventato il santo
della
situazione, e io invece sono finito qui ».
Questa
volta Albus non si lasciò provocare. Conosceva Grindelwald e
sapeva
che lo stava facendo apposta.
«
Se le nostre sorti sono state diverse è perché io
ho capito quando
era giusto fermarmi, a differenza di te » replicò.
«
E allora, ripeto, perché sei qui? »
Silente
esitò, ma alla fine si ritrovò costretto ad
ammetterlo.
«
Perché sei l'unico che può capire... Li ho
trovati, Gellert »
aggiunse dopo alcuni secondi di silenzio. « Li ho tutti e tre
».
Per
la prima volta, Grindelwald parve davvero sbigottito e, per un solo
istante, i suoi occhi si illuminarono della stessa brama che avevano
tanti anni prima. Ma fu solo un momento. Poi Grindelwald scosse la
testa e tornò in sé.
«
Sapevo che avresti continuato a cercare anche gli altri due Doni.
Immagino che tu voglia usarli contro Voldemort ». In risposta
all'espressione stupita di Albus, Gellert fece una smorfia. «
Oh sì,
lo conosco eccome. Ogni tanto qualche giornalista viene a
intervistarmi, e io in cambio mi faccio raccontare le ultime
novità.
Non posso di certo ignorare colui che mi ha tolto il primato. Ammetto
di nutrire un certo astio nei suoi confronti ».
«
Me lo immagino ».
«
Non sai cosa fare, vero? Sei il Padrone della Morte, ora, ma non ti
senti diverso ».
Albus
non capiva come Gellert avesse potuto indovinare, ma non
negò. Ora
che possedeva tutti e tre i Doni della Morte era invincibile, ma
l'istinto gli suggeriva che c'era qualcosa che stava sbagliando. Per
questo aveva deciso di andare a Nurmengard. Solo Gellert conosceva i
Doni meglio di lui.
Con
suo grande stupore, Gellert si fece serio, quasi triste.
«
Sei cambiato molto meno di quanto pensassi » disse.
« Non hai
ancora capito? Ci siamo sempre sbagliati sui Doni. C'è un
motivo se
nella fiaba il più saggio è l'ultimo dei tre
fratelli. Nella storia
c'è più verità di quanto abbiamo mai
sospettato. In tutti questi
anni ho avuto modo di riflettere a lungo su questo argomento
».
Silente
lo guardò, scioccato. Grindelwald sembrava scosso e in preda
ad un
sentimento che sembrava quasi – possibile? –
rimorso.
«
Essere Padroni della Morte non significa aggirarla o annientarla. La
si può solo rimandare, ma alla fine arriva per tutti.
Eravamo
giovani e stupidi. Io cercavo il potere, come il fratello maggiore,
tu volevi far tornare i tuoi cari in vita, come il secondo fratello.
Ma nessuno dei due è riuscito nel suo intento. Il vero
Padrone della
Morte era il terzo fratello, quello che ignoravamo di proposito
».
Albus
lo fissava, incredulo. Il Grindelwald che aveva conosciuto non
avrebbe mai detto una cosa del genere. Ma forse la prigionia lo aveva
cambiato. E forse era diventato molto più saggio di lui.
«
Mi stai dicendo che i Doni non rendono invincibili? Che era
nient'altro che una favola? »
«
No. Dico solo che chi ne è degno diventa Padrone della
Morte, e noi
due non lo siamo. Sai cosa significa davvero essere Padroni della
Morte, Albus? »
Ci
furono alcuni secondi di silenzio, poi Albus parlò.
«
Accogliere la Morte
come una vecchia amica
» rispose, citando a memoria il testo della fiaba. Dentro di
sé lo
aveva sempre saputo ma, accecato dai suoi sogni di gloria, non
l'aveva mai compreso del tutto.
Grindelwald
annuì.
«
Tu non sei disposto a morire. Ti ritieni troppo importante per farlo:
e non è una colpa, è normale. Ma solo una persona
disinteressata
può riunire i Doni e farli funzionare. Io e te no
».
«
E quindi cosa dovrei fare? Aspettare che il Prescelto sia abbastanza
cresciuto per poi farlo morire? »
«
Non so chi sia questo Prescelto ma sì, sarebbe un
comportamento
tipico di te ». Ignorando la reazione imbarazzata di Silente,
Grindelwald continuò. « Ascoltami bene. Sei
riuscito a sconfiggere
me senza possedere nessun Dono. Sei perfettamente in grado di battere
anche Voldemort ».
«
Ha creato degli Horcrux » rivelò Albus.
«
Più di uno? In effetti questo complica un po' le cose
» ammise
quello, anche se il suo tono tradiva una certa ammirazione. «
Ma una
volta distrutti tutti gli Horcrux, lui sarà mortale come
qualunque
altro essere umano. L'ho imparato a mie spese: per quanto tu possa
essere potente, c'è sempre qualcuno più forte di
te. E tu sei
l'unico mago alla sua altezza, almeno tra quelli ancora in
libertà »
aggiunse, sarcastico. « O vuoi attendere la venuta del
Prescelto,
sacrificando una persona innocente in nome del Bene Superiore? Io ho
capito di aver commesso molti errori, alla fine me ne sono reso
conto. E tu, invece? »
Albus
si sentì bruciare di vergogna. Grindelwald aveva colto nel
segno.
Stava ancora agendo in nome del Bene Superiore, o ciò che
lui
considerava tale, e intanto la gente che si fidava di lui continuava
a morire. Non avrebbe mai creduto possibile che Gellert Grindelwald
gli avrebbe fatto fare un esame di coscienza. Ma forse questo era un
modo per fare ammenda.
«
Credo che tu abbia ragione » confessò, «
Dovrei imparare ad essere
più simile a Ignotus, con o senza Doni ». In un
gesto involontario
alzò la mano e guardò l'anello di Orvoloson
Riddle che indossava
ancora, la Pietra della Resurrezione spaccata, ma ancora funzionante,
anche se non come lui avrebbe voluto. « Anche io l'ho
imparato: la
Morte non si raggira, si può solo rimandare e, alla fine,
accettarla
».
Era
quasi assurdo che fosse giunto alla fine della sua ricerca proprio
grazie alla persona con cui l'aveva cominciata, ma forse era
così
che doveva andare.
«
Lieto di averti aiutato » disse Grindelwald, riassumendo il
consueto
tono sarcastico. « Accettare la Morte non è
facile, ma credimi,
alla fine ti renderai conto che in vita esistono cose peggiori
».
Silente
non capì cosa lui volesse dire finché non fece
per congedarsi e gli
voltò le spalle, la mano destra giù sulla
maniglia.
«
Non mi hai più chiesto chi è stato a uccidere tua
sorella ».
Albus
rimase immobile, come pietrificato, il battito di nuovo a mille.
Sì,
era vero: esistevano cose di gran lunga peggiori della Morte.
«
Credevo che volessi lasciarmi distruggere dal dubbio »
sibilò, con
una calma mortale.
«
Te l'ho detto dopo che avevi appena posto fine al mio regime
»
rispose lui, come se stessero parlando di una sconfitta a Quidditch.
« Ero un po' seccato, se permetti. Ma me ne sono fatto una
ragione.
Vuoi saperlo o no? »
Albus
si voltò a guardarlo, incerto e in preda al panico. Non
sapeva cosa
preferisse, ma alla fine parlò senza rifletterci troppo.
«
Devo imparare ad essere meno egoista, giusto? Allora voglio sapere
solo se è stato Aberforth oppure no. Tra di noi è
l'unico che non
merita di continuare a vivere nel dubbio. Se è innocente,
gli devo
la verità. Quanto a me, che sia stato io o meno, la colpa
è
comunque mia e della mia stupidità ».
Poi
tacque, in un'attesa infinita e terribile. Grindelwald
sogghignò di
nuovo, ma alla fine rispose.
«
Non è stato tuo fratello. Non ti dirò altro, se
non vuoi ».
Albus
non poteva considerarsi sollevato, ma sapeva che era giusto
così.
Aberforth non meritava di avere sensi di colpa per gli errori
commessi da altri, anche se nel profondo – e si vergognava
terribilmente di questo – Albus avrebbe preferito che la
colpa
fosse del fratello minore, pur di non essere colui che aveva
materialmente ucciso Ariana.
***
«
Notizie di Minus? »
«
Sì, mio Signore. L'Ordine della Fenice è arrivato
prima di noi e
adesso si trova ad Azkaban ».
«
Meglio così. Mi risparmieranno la fatica di punirlo
personalmente ».
Il
suo tono di voce era calmo, ma Voldemort era furioso. Nel giro di una
notte aveva perso il suo infiltrato nell'Ordine e non era riuscito a
uccidere Harry Potter. Sebbene cercasse di non apparire troppo
turbato dagli ultimi fallimenti, non poteva nasconderli ai suoi
seguaci più fedeli.
Fedeli,
pensò, scettico. Erano tutti lì, riuniti intorno
a lui, anche dopo
una caccia durata tutta la notte. Sembravano proprio tutti
irriducibili, in apparenza, ma a lui bastava intercettare i loro
sguardi per pochi secondi per leggere i loro pensieri come libri
aperti. I più furbi evitavano di guardarlo negli occhi.
Altri
invece, come Crouch e i Lestrange, lo facevano, non avendo nulla da
nascondere: loro sì che erano devoti. Ma tutti gli altri si
chiedevano la stessa cosa: perché il Signore Oscuro pi
potente di
tutti i tempi stava perdendo tempo per catturare un inutile moccioso
di neanche due anni?
Per
quanto Voldemort desiderasse punirli per aver dubitato di lui, non
poteva ignorare quei segnali. E se la sua ossessione di uccidere il
bambino della Profezia avesse indotto molti Mangiamorte a perdere
fiducia in lui? Negli ultimi mesi si era concentrato solo sulla
cattura dei Potter, rimandando l'attuazione del piano finale. Ma
forse era giunto il momento di metterlo in atto: non poteva
permettersi di perdere sostenitori, ora che non aveva ancora
conquistato il potere. Una volta stabilito il suo dominio sull'intero
mondo magico, si sarebbe potuto sbarazzare di coloro che non gli
servivano più. Ma finché gli erano utili, doveva
fare buon viso a
cattivo gioco e dare loro un contentino. Dopotutto, una volta
conquistato il controllo del Ministero della Magia, sarebbe stato
più
facile rintracciare i Potter e porre fine a quella minaccia che
gravava sul suo capo.
«
Potete iniziare a esultare » annunciò loro dopo
qualche attimo di
riflessione. « La nostra prossima mossa sarà il
colpo definitivo al
Ministero ».
Molti
furono sorpresi dalla notizia che attendevano da tempo, e quasi tutti
levarono esclamazioni di giubilo. Impaziente, Voldemort
intimò loro
di tacere.
«
Vi avverto, non sarà facile, soprattutto ora che quasi tutti
gli
infiltrati sono stati arrestati, licenziati o sospesi. Avrò
bisogno
dei migliori di voi ».
Un'ondata
di eccitazione si diffuse tra i Mangiamorte. Voldemort represse
un'espressione soddisfatta: era incredibile quanto certe persone
amassero essere manipolate dalle menti superiori. E lui li avrebbe
accontentati. Sapeva già chi sarebbero stati i Mangiamorte
designati
per quell'incarico, ma non lo comunicò subito. Poteva dire
di
conoscere molto bene l'animo umano, ed era sicuro che quelli esclusi
avrebbero avuto la tentazione prendersi una rivalsa facendo uscire
qualche informazione da quelle mura. Diede ordine a tutti gli altri
di andare via, permettendo di restare solo ai Lestrange, Crouch,
Malfoy, Rookwood e Piton.
«
Ognuno di voi dovrà colpire un esponente di spicco del
Ministero, in
modo da eliminare tutti i potenziali leader. Il Ministero va
decapitato, a partire dalla Bagnold. Vi intrufolerete nel suo ufficio
e tenderete una trappola a lei e ai suoi collaboratori più
pericolosi. Non abbiate pietà: li voglio tutti morti
».
Tutti
loro annuirono prontamente.
«
Ma non dimentichiamo che c'è pure quel Babbanofilo di
Silente da
tenere sotto controllo. Ultimamente frequenta un po' troppo spesso il
Ministero della Magia, mentre io voglio che resti a Hogwarts.
Pertanto serve un diversivo per distrarlo e costringerlo a restare a
scuola. Piton, spetterà a te organizzare la missione a
Hogwarts »
Sentendosi
convocare, Severus fece un passo avanti.
«
Grazie, ne sono onorato » disse, con un'espressione
indecifrabile
che fece serrare le labbra a Voldemort. Piton era in gamba,
intellettualmente superiore a quasi tutti gli altri Mangiamorte, ma
Voldemort trovava particolarmente frustrante non riuscire a leggere i
suoi pensieri a proprio piacimento. Era un ottimo Occlumante, anche
troppo. Chissà cosa pensava della fuga dei Potter. Di certo
doveva
essere soddisfatto che la Sanguesporco di cui era invaghito fosse
ancora viva... Ma forse si preoccupava per nulla, si disse. Essere
potente lo rendeva sempre più sospettoso, ma non aveva
motivo di
dubitare di Piton.
«
Avrai a disposizione un'arma. Ti spiegherò come usarla
più tardi.
Lucius, anni fa ti affidai un oggetto di estrema importanza. Voglio
che me lo porti, adesso ».
«
Sarò di ritorno a breve » si affrettò a
rispondere Malfoy. E, dopo
un inchino, uscì dalla sala, chiudendosi la porta alle
spalle.
«
Continueremo a parlare del piano quando Lucius sarà tornato
» disse
Voldemort. « Adesso vorrei scambiare qualche parola in
privato con
te, Barty ».
Il
ragazzo sussultò, preso alla sprovvista, ma si fece subito
avanti,
mentre gli altri Mangiamorte obbedivano all'ordine e uscivano
momentaneamente dalla stanza.
«
Mi auguro che tu sia contento di essere tra quelli che conquisteranno
il Ministero » esordì Voldemort.
«
Sì, Signore. Non me l'aspettavo » si
affrettò a rispondere Barty.
«
Te lo meriti. Finora sei sempre stato in gamba. Ed è per
questo che
credo che tu abbia capito cos'è che voglio da te ».
Barty
tacque per alcuni istanti, per la prima volta evitando di sostenere
il suo sguardo. Voldemort percepì chiaramente la sua
esitazione e i
suoi timori e lo vide sbiancare, ma alla fine il ragazzo rispose.
«
Devo essere io a occuparmi di mio padre? »
«
Non sei costretto, a me in fondo interessa solo il risultato finale.
Ma voglio lasciarti la precedenza per farti un favore. Hai
più
motivi di chiunque altro per desiderare di essere tu la persona che
lo ucciderà ».
Barty
annuì, ma non riuscì a ingannarlo, anche
perché adesso era
diventato livido.
«
Sarà difficile? » chiese, e subito dopo parve
vergognarsi di quella
domanda.
«
È esattamente come uccidere chiunque altro. La procedura
è sempre
la stessa » rispose Voldemort con semplicità.
« Puoi anche
ucciderlo colpendolo alle spalle, a me non importa. Ma ti assicuro
che guardarlo in faccia mentre lo uccidi ti darà molta
più
soddisfazione ».
Barty
pendeva dalle sue labbra, come sempre, sebbene fosse molto nervoso.
Era ancora un ragazzino, ma Voldemort era convinto che potesse
farcela, magari con un piccolo incoraggiamento.
«
Quando uccisi mio padre fu uno dei momenti migliori della mia vita.
Ero molto più giovane di te e non lo odiavo meno di quanto
tu odi il
tuo. Lo detestavo così tanto che non ebbi alcun problema a
ucciderlo. Poche cose mi hanno dato altrettanta soddisfazione che
vedere il panico impossessarsi di lui, non appena capì cosa
stava
per succedere. Anche l'uomo più superbo e arrogante si
trasforma in
un essere miserevole e implorante quando guarda la Morte in faccia
».
Barty
sembrava allettato da quella prospettiva, ma Voldemort sapeva di non
averlo ancora convinto del tutto. Sapeva bene che il ragazzo era
arrivato fino a quel punto perché suo padre non gli aveva
mai
dimostrato un briciolo di affetto, ma questo dimostrava quanto in
realtà, nel profondo dell'animo, Barty lo desiderasse
segretamente.
Perché
alla fine cercano sempre tutti una cosa così inutile e
dannosa?
non poté fare a meno di chiedersi, confuso e irritato.
«
Tuo padre ti considera suo figlio solo quando ti comporti come lui.
Non ti apprezzerà mai per quello che sei. Pensi che
proverebbe a
capirti se gli rivelassi chi sei davvero e cosa hai fatto finora? Tu
non vuoi ammetterlo neanche a te stesso, ma dipendi ancora da lui
come un elfo domestico, speri che il tuo comportamento ribelle possa
indurlo a fare autocritica. Ma sei solo un illuso. L'amore,
l'affetto, o qualunque sia il termine che i deboli usano, non esiste.
Devi liberarti al più presto di questo inutile bisogno che
ti
impedisce di diventare quello che potresti essere, e uccidere tuo
padre è l'unico modo per riuscirci ».
Imbarazzatissimo,
Barty si scusò. Voldemort capì di averlo quasi in
pugno, ma sapeva
di non poter contare completamente su di lui fino a che non si fosse
liberato del desiderio di essere amato. Per sua fortuna, la storia
personale del ragazzo era abbastanza simile alla sua; con chiunque
altro, Voldemort avrebbe perso la pazienza molto prima.
«
Direi che ci siamo capiti... Ah, ecco Lucius di ritorno »
aggiunse,
quando qualcuno bussò.
Malfoy
portava con sé lo scrigno nel quale aveva riposto il diario.
Nessuno
di loro sapeva che si trattava di un Horcrux, ed era meglio
così.
Quando glielo porse, Voldemort lo aprì e ne estrasse il
diario.
Lo
capì subito, non appena le sue dita sfiorarono la copertina
rilegata
in pelle: qualcosa non andava.
Quando
toccava o era vicino a un Horcrux, i due frammenti della sua anima si
attiravano l'un l'altro, fremevano e si cercavano a vicenda. Ma in
quel momento non provava niente, neanche una minuscola scarica
elettrica. C'era soltanto paura.
«
È quello che ti ho consegnato, Lucius? »
Malfoy
aggrottò la fronte, perplesso, mentre Barty gli lanciava uno
sguardo
allarmato, percependo un pericolo imminente.
«
Certo, mio Signore ».
Voldemort
scrutò il diario, un'ansia crescente che si impadroniva
della sua
mente. Il suo aspetto era identico, ma allora che cosa non andava? Lo
fece librare in aria e poi gli appiccò fuoco.
Con
suo grande orrore, il fuoco non si estinse e il diario non rimase
intatto come avrebbe dovuto. Invece, nel giro di pochi secondi, era
ridotto a nient'altro che un misero mucchio di cenere.
Una
furia letale s'impossessò di lui, mentre un boato assordante
gli
riempiva le orecchie.
«
È UN FALSO! » gridò, in preda a un
terrore che non aveva mai
creduto di poter provare.
Colto
dal panico, Lucius provò a bofonchiare qualche parola
inconsulta, ma
presto la Maledizione Cruciatus trasformò i suoi balbettii
in urla
di dolore.
Trascorsero
parecchi minuti prima che Voldemort si rendesse conto che Malfoy non
sapeva davvero spiegare come fosse potuto succedere. Smise di
torturarlo, lasciandolo agonizzante sul pavimento.
Non
è possibile, non è possibile...
La
sua mente lavorava in modo febbrile.
Qualcuno
ha scoperto il mio segreto.
Era
un pensiero troppo spaventoso per permettergli di ragionare con
lucidità, ma i suoi pensieri andarono subito all'unica
persona che
considerava in grado di capire una cosa del genere.
Silente!
Era il suo piano fin dall'inizio. Forse non esiste nessun Prescelto.
La Profezia potrebbe essere una sua macchinazione per distrarmi e
permettergli di agire indisturbato...
Era
una conclusione terribile e spaventosa, ma aveva senso. Doveva
prendere provvedimenti, immediatamente. Ma prima doveva assicurarsi
che gli altri Horcrux fossero al sicuro.
Aveva
usato la Maledizione Imperius sulla prima inutile Babbana che aveva
incontrato. La ragazza era rimasta docile per tutta la traversata del
lago, mentre la barca solcava l'acqua apparentemente tranquilla.
Poi,
quando era stata costretta a bere la pozione nel bacile, aveva
iniziato a piangere e urlare, chiamava i suoi genitori e gli
implorava di smetterla. Voldemort aveva ripetuto l'Imperius,
facendogliela bere fino all'ultimo sorso. Poi la lasciò al
suo
destino, abbandonata bocconi sulla riva dell'isolotto, mentre
strisciava in cerca d'acqua.
Voldemort
le voltò le spalle e afferrò il medaglione nel
bacile. Anche
stavolta, l'Horcrux non reagì. E per la prima volta, il mago
più
potente del mondo tremò dalla testa ai piedi.
Il
medaglione si aprì facilmente sotto la pressione delle sue
dita, e
un foglietto di pergamena spuntò all'interno.
Le
grida di terrore della Babbana che veniva trascinata in acqua furono
coperte dall'urlo silenzioso che esplose nelle orecchie di Lord
Voldemort quando lesse il messaggio. Quelle parole per lui non
avevano alcun senso, ma al tempo stesso gli lanciavano una sfida con
un'arroganza tale che si impressero nella sua mente in maniera
indelebile, come marchiate a fuoco.
L'anno nuovo e la
Befana hanno decisamente portato brutti doni al Signore Oscuro xD Ma
non potevo privarmi della soddisfazione di fargli leggere il biglietto
lasciato da Regulus. Ora però Voldemort si è
arrabbiato davvero (Lucius potrà confermarvelo... appena si
riprenderà!), e alcuni dei suoi piani cambieranno
radicalmente. Per fortuna almeno Greyback e i suoi compari sono
sistemati!
Grindelwald era uno dei personaggi che volevo inserire per forza almeno
una volta, e soprattutto mi interessava farlo parlare con Silente.
Forse l'ho reso troppo sarcastico, ma questa è la sensazione
che mi ha dato nel libro. Che non sia stato di Aberforth l'incantesimo
che ha ucciso per errore Ariana l'ho inventato io, anche
perché se fosse davvero così sarebbe davvero un
cattiveria da parte della Rowling :( Il resto preferisco che rimanga un
mistero...
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 21/22 gennaio
Ancora buon anno a tutti :)
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Capitolo 57 *** Colpo di stato ***
Non può
piovere per sempre
Capitolo
57
Colpo
di stato
Era
iniziata come una giornata qualunque. Alastor si era svegliato
all'alba – nell'ultimo periodo non riusciva a chiudere occhio
per
più di tre ore a notte – ed era andato al
Ministero della Magia.
Dopo aver ascoltato i resoconti degli Auror e dato istruzioni agli
Apprendisti, era stato convocato dal Ministro in persona.
Doveva
ancora abituarsi alla nuova gamba di legno, aveva pensato mentre
zoppicava verso l'ascensore, e nel corridoio alle sue spalle
rimbombava un sonoro clunk-clunk
provocato dalla protesi. I primi giorni in seguito alla battaglia
durante la quale aveva perso la gamba, molti colleghi lo avevano
guardato con compassione, ma Alastor non aveva permesso che lo
trattassero diversamente. Non era un Auror finito e non avrebbe
smesso di combattere, con grande scorno di chi segretamente se lo
augurava.
Quando
entrò nell'ufficio del Ministro Bagnold, vide che insieme a
lei
c'era la sua scorta di Auror fidati, tra cui Rufus Scrimgeour, Frank
e Alice Paciock e Proudfoot, insieme a Barty Crouch senior, due pezzi
grossi del Wizengamot e una donna tozza dall'aria leziosa, con la
quale Alastor aveva sempre evitato di avere a che fare: non gli
piaceva affatto. Per quel che ricordava, si chiamava Dolores Umbridge
e svolgeva incarichi abbastanza semplici, tra cui redigere i verbali
delle riunioni o poco altro.
«
Buongiorno » bofonchiò lui, chiudendosi la porta
alle spalle.
«
Buongiorno, Moody. Mancavi solo tu » replicò il
Ministro.
«
Mi dica ».
La
donna fece cenno a lui e ai membri del Wizengamot di sedersi, mentre
tre Auror rimanevano in piedi alle sue spalle e altri due ai lati
della porta.
«
Ho voluto radunare i migliori tra di voi perché si tratta di
una
questione delicata che, se avrà successo, potrà
dare una svolta
alla guerra » spiegò, gli occhi di tutti puntati
su di lei. « Io e
Albus Silente siamo riusciti a convincere i Ministri della Magia di
molte altre nazioni che Voi-Sapete-Chi non costituisce una minaccia
solo per il Regno Unito. Se conquistasse il nostro paese, sappiamo
tutti che non si fermerebbe. Ha già molti sostenitori
all'estero, ed
è per questo che noi non possiamo essere da meno. In base
agli
accordi magici internazionali, se qualcosa o qualcuno minaccia il
mondo intero, gli altri stati sono tenuti a intervenire. Non tutti
hanno risposto, ma possiamo già contare su molte nazioni
europee e
sugli Stati Uniti. Ora, i Ministri della Magia delle nazioni alleate
verranno qui la prossima settimana; almeno questa è la
notizia
ufficiale. In realtà sono già arrivati, e in
questo momento Silente
sta già trattando con loro per assicurarci rinforzi e aiuti.
Ma ho
bisogno che vengano protetti adeguatamente. Posso contare su di voi?
»
«
Certo » affermò Alastor, ancora stupito.
Era
ora che gli altri Stati si svegliassero,
pensò. C'erano voluti undici anni, ma alla fine avevano
capito che
Voldemort non era un problema solo del Regno Unito.
«
Bene. Naturalmente non farò tutto da sola, quindi alle
trattative
parteciperete anche voi, oltre a Silente » aggiunse il
Ministro,
rivolgendosi a Tiberius Ogden, Griselda Marchbanks e Barty Crouch. E,
nell'ultimo caso, Alastor non poté fare a meno di notare
quanto le
costasse quella concessione.
«
Ne saremo onorati » risposero gli altri due.
In
quel momento qualcuno bussò alla porta. I due Auror di
guardia
attesero il consenso della Bagnold prima di aprire la porta. Alastor
si mosse nervosamente sulla sedia quando vide che a bussare era stato
il figlio di Crouch. Non gli piaceva che quel ragazzo vagasse intorno
all'ufficio del Ministro mentre all'interno si discutevano questioni
della massima segretezza. Non riuscì a sentire cosa
l'intruso disse
ai due Auror, ma capì che c'era qualcosa sotto non appena
vide
Proudfoot irrigidirsi e lo stesso ragazzo aprire e chiudere una mano
nervosamente.
Alastor
non ebbe il tempo di alzarsi in piedi, e si ritrovò la
bacchetta di
Alice Paciock a pochi centimetri dalla faccia. Nello stesso istante,
Rufus Scrimgeour aveva puntato la propria contro il Ministro, Frank
contro Crouch senior e Proudfoot verso la segretaria, che aveva
emesso uno strillo soffocato e aveva alzato subito le braccia in
segno di resa. Barty junior si affrettò a chiudere la porta.
«
Provate a dare l'allarme e siete tutti morti » disse
Scrimgeour.
Sotto
shock, Malocchio scrutò Alice e capì subito che
non poteva essere
davvero lei. Non era rimasto nulla del suo sguardo gentile, sebbene
le sembianze fossero esattamente le sue.
«
Che cosa significa? » sbraitò Crouch, mentre Frank
per tutta
risposta gli avvicinò ancora di più la bacchetta
al cuore. «
Barty, cosa ci fai lì impalato? »
«
Prova a indovinare, Crouch » lo provocò il suo
aggressore.
Alastor
girò l'occhio magico all'interno della testa: anche tutti
gli altri
Auror erano coinvolti. Controllavano la porta, mentre due di loro
frugavano nella tasche dei quattro ostaggi per requisire le loro
bacchette. Solo Barty junior se ne stava in disparte, e cercava
accuratamente di evitare lo sguardo di suo padre.
«
Che diamine stai facendo? » gli urlò contro
quello, sconvolto. « E
guardami quando ti parlo! »
«
Sta dalla loro parte, Crouch » sbottò alla fine
Alastor, cercando
invano di divincolarsi mentre i falsi Auror gli requisivano la
bacchetta. « È un Mangiamorte ».
A
quella rivelazione, Millicent Bagnold sussultò. Crouch
invece si
fece bianco come un cencio, restando pietrificato dallo shock.
«
È ridicolo... » bofonchiò. Fu l'unica
cosa che riuscì a dire, poi
tacque, incapace di proferire verbo.
Nel
frattempo, la Umbridge stava implorando il Mangiamorte che la teneva
sotto controllo.
«
Vi prego, non uccidetemi! Sono dalla vostra parte! »
Alastor,
Crouch e il Ministro le riservarono un'unica occhiata colma di
disgusto.
«
Forse ti risparmieremo, ma adesso chiudi quella bocca da rospo
» le
disse Alice.
Il
disprezzo con cui aveva parlato fece intuire ad Alastor la sua vera
identità. Solo alcuni Mangiamorte ben precisi detestavano
chi si
sottometteva loro soltanto per salvarsi la pelle.
«
Dove sono i Paciock e gli altri innocenti che avete usato per la
Polisucco? » ringhiò, rabbioso.
Scrimgeour
lo ignorò, estraendo dal mantello un foglio di pergamena e
piazzandolo davanti alla Bagnold.
«
Che roba è? » sibilò la donna a denti
stretti.
«
Il documento con il quale l'attuale Ministro della Magia rassegna le
sue dimissioni. Serve la sua firma » ordinò lui.
«
Puoi scordartelo, Lestrange! » sbottò lei,
indignata. « Potrete
anche torturarmi fino a farmi impazzire. Non ti regalerò la
poltrona
».
«
Questo lo vedremo... Perché non chiede al suo amico Auror
chi sta
per invadere il Ministero? »
Alastor
usò ancora l'occhio magico. Lo rivolse verso il basso,
attraversando
pavimenti e soffitti, fino all'Atrium. Proprio in quel momento, dai
camini d'ingresso uscirono figure nere, avvolte da mantelli e
circondati da una nebbia che invase in un attimo l'intero Atrium.
Erano a decine, anzi a centinaia. I dipendenti del Ministero, dopo
alcuni istanti di stupore e incredulità, indietreggiarono,
senza
capire il motivo della presenza di tutte quelle guardie di Azkaban.
«
Dissennatori! » sbottò Moody, infuriato.
« Sono diventati vostri
alleati! »
Aveva
sempre odiato quelle creature, e non aveva mai approvato l'utilizzo
che il Ministero ne faceva. E ora capiva di avere sempre avuto
ragione.
La
Bagnold impallidì all'istante.
«
Perché non mi uccidete direttamente? » li
sfidò.
«
Perché così il mondo magico saprà che
il Ministro di cui si
fidavano li ha abbandonati alla mercé dei loro nemici, e al
Signore
Oscuro conviene così. Se firma, i Dissennatori non
toccheranno
nessuno » disse Scrimgeour, o meglio Lestrange. «
Altrimenti... »
Moody
non osò darle suggerimenti. Millicent Bagnold tremava a sua
volta ed
era rigida come un palo, il volto ormai violaceo.
«
Se aspetta ancora, le prime anime andranno in pasto ai Dissennatori,
Ministro » la incalzò il falso Scrimgeour.
E
alla fine fu costretta a cedere. Tremando di rabbia, firmò
la
pergamena.
«
Adesso mandateli via » disse in tono autoritario, anche se
sapeva
benissimo che non poteva più pretendere di dare ordini.
Scrimgeour
fece un cenno, e i Mangiamorte si prepararono a giustiziare gli
ostaggi. Il falso Frank invece si allontanò da Bartemius
Crouch e
invitò Barty junior ad avvicinarsi.
«
È tutto tuo ».
Il
ragazzo puntò la bacchetta contro suo padre, ma la mano gli
tremava
visibilmente. Barty senior era livido ma lo shock gli impediva di
fare o dire alcunché. Forse suo figlio non ce l'avrebbe mai
fatta
davanti a tutta quella gente, ma Moody non aveva intenzione di
scoprirlo.
Approfittò
del fatto che tutti al momento stessero osservando il confronto tra i
due Crouch e reagì. Prese la bacchetta di riserva che teneva
sempre
nascosta nello stivale e sparse una nebbia fitta in tutto l'ufficio.
L'occhio magico gli permise di individuare la Bagnold e Crouch.
Approfittando della confusione che si era scatenata, li
liberò, li
spinse fuori nel corridoio e riuscì anche a recuperare un
paio di
bacchette, sigillando subito dopo la porta dell'ufficio del Ministro.
«
Non potete scappare dalle solite uscite. I Dissennatori hanno invaso
tutto l'Atrium... e anche i tre Livelli più in basso
» aggiunse
dopo un'altra rapida occhiata, mentre iniziava a correre verso
l'ascensore più vicino e la Bagnold trascinava Crouch, che
era
ancora incapace di agire.
«
La Metropolvere sarà stata chiusa »
ipotizzò la donna.
Alastor
annuì. Tirò fuori dalla tasca un paio di chiavi e
le trasformò in
Passaporte che consegnò loro, insieme alle bacchette
sottratte ai
Mangiamorte. Nel frattempo, questi erano quasi riusciti ad aprire la
porta.
«
Non scapperò » protestò la Bagnold.
«
Ora che non sei più Ministro, sarai la prima persona ad
essere
uccisa » insisté lui. « Voi due dovete
scappare, chiedere rinforzi
e parlare con le autorità straniere. Io resterò
qui a proteggere i
dipendenti del Ministero ».
A
malincuore, lei accettò. Poi consegnò una delle
Passaporte a
Crouch. Di certo non poteva esultare perché neanche la sua
situazione era tra le più rosee, ma se provava un minimo di
soddisfazione personale nel vedere la rovina e l'umiliazione del suo
rivale, non lo diede a vedere. Lui accettò la chiave senza
dire una
parola, e attese insieme a lei.
Quando
l'ascensore si fermò, erano già spariti. Le
griglie si aprirono e
Alastor si unì alla folla che ormai si era radunata
nell'Atrium.
Il
gelo penetrava fin dentro le ossa. Qualcuno aveva provato ad evocare
dei Patroni, ma non erano sufficienti. I Dissennatori avevano
bloccato ogni via d'uscita e li avevano circondati, formando un muro
invalicabile e rimanendo immobili, in attesa di entrare in azione.
Malocchio
si affrettò a evocare il proprio Patronus e lo
usò per difendersi
dalla disperazione che aveva assalito tutti gli altri. Quando
individuò Emmeline, le si avvicinò.
La
ragazza non aveva evocato nulla, forse non ne era stata capace. Era
pallida e si teneva la testa tra le mani.
«
Vance, mi serve il tuo aiuto » la scosse lui.
«
Che sta succedendo? » balbettò lei, sforzandosi di
ignorare i
pensieri cupi che le stavano invadendo la mente.
Lui
provò a risponderle ma non ne ebbe il tempo. Un rumore
improvviso
annunciò l'arrivo di un altro ascensore. Quando si
voltò, Alastor
ne vide uscire i suoi inseguitori. L'effetto della Pozione Polisucco
era svanito, perché ora avevano le loro vere sembianze.
Insieme a
Bellatrix e ai fratelli Lestrange, c'erano anche Rookwood, Lucius
Malfoy – evidentemente a disagio ora che tutti potevano
vederlo –
e altri Mangiamorte. Barty junior non si vedeva da nessuna parte e
Alastor ebbe il sospetto che stesse tentando di raggiungere suo
padre.
Tutti
i dipendenti del Ministero furono presi dal panico all'istante, e
molti estrassero le bacchette, pronti a combattere, ma i Dissennatori
avanzarono di qualche metro e i Mangiamorte intimarono loro di
riporre le armi.
«
Il Ministero è caduto » annunciò
Rodolphus Lestrange, facendo un
passo avanti e alzando la voce per farsi sentire. Chi fino a quel
momento aveva protestato, tacque. Lestrange alzò la
pergamena, in
modo che tutti potessero vederla. « Millicent Bagnold ha
rassegnato
le dimissioni ed è fuggita. Da questo momento, tutti voi
risponderete al Signore Oscuro. Dovrete scegliere da che parte stare,
o subire le conseguenze di una ribellione ».
«
E se non accettassimo la sua autorità? »
intervenne un giovane uomo
dai capelli rossi. Alastor lo riconobbe subito: era Arthur Weasley,
cognato dei fratelli Prewett. Lo aveva visto al loro funerale.
«
Ben detto! » intervenne un mago più anziano,
facendo un passo
avanti ed esponendosi coraggiosamente. « Non vi lasceremo
conquistare il Ministero della Magia! »
Per
tutta risposta, Bellatrix fece un unico cenno. Prima che qualcuno
capisse cosa stava per accadere, un Dissennatore si mosse,
afferrò
il mago e, senza esitare, gli si avventò contro, avvicinando
la
bocca al suo viso. L'ultimo urlo della vittima echeggiò
nell'Atrium,
disperato e terrificante. Poi il Dissennatore lo lasciò per
terra,
ancora vivo ma con lo sguardo completamente spento. Un altro mago e
una strega avrebbero subito la stessa sorte se Malocchio non avesse
inviato il proprio Patronus a fare loro da scudo.
«
Questo è stato solo un avvertimento » disse
Rabastan, con un'aria
decisamente divertita. « La prossima volta, i Dissennatori
non
avranno freni. E se alcuni di voi sono disinteressati alla sorte
della propria anima, vi conviene lo stesso obbedire, se non volete
che i vostri figli a Hogwarts ne paghino le conseguenze ».
Se
fino a quel momento Malocchio aveva riflettuto rapidamente alla
ricerca di un modo per contrattaccare, fu costretto a fermarsi. Lui
ed Emmeline si scambiarono un'occhiata impietrita, mentre tutti gli
altri trattenevano il respiro e qualche genitore scoppiava in
singhiozzi.
Non
sapeva se era stato l'intuito o la forza della disperazione a dirgli
dove gli conveniva andare, ma alla fine li aveva intercettati. Suo
padre e la Bagnold stavano percorrendo un corridoio deserto del Terzo
Livello quando videro lui che sbarrava loro la strada e furono
costretti a fermarsi.
Per
alcuni eterni secondi nessuno si mosse o parlò. Barty si
impose di
non abbassare lo sguardo, non quella volta. Suo padre era livido e
digrignava i denti, un nervo del collo che si contraeva ritmicamente.
La Bagnold invece stava guardando entrambi, allarmata, e sembrava
indecisa su come comportarsi.
«
Ascoltami bene, ragazzo » esordì la donna alla
fine. « Non so
perché lo stai facendo, ma ti conviene lasciar perdere. Stai
commettendo un grosso sbaglio ».
«
La cosa non la riguarda » tagliò corto Barty,
puntando subito dopo
la bacchetta contro suo padre, il quale fece lo stesso.
Fino
a quel momento il ragazzo si era sentito conteso tra due istinti
opposti. Da una parte aveva sperato di impedire a suo padre di
scappare e di essere all'altezza della missione che gli era stata
affidata dal Signore Oscuro. Aveva già ucciso; non doveva
essere
tanto diverso. Forse tutta quell'ansia era normale... Ma dall'altra
parte, anche se detestava riconoscerlo, si era quasi augurato di non
farcela. Non si sentiva ancora abbastanza pronto e in quel momento
più che mai sentiva la necessità di avere del
Whisky Incendiario
con sé, per diminuire i freni inibitori e rendere il suo
compito più
facile. Aveva paura di quel che avrebbe dovuto fare. Non doveva
uccidere un uomo qualunque. Fino a pochi anni prima si era fatto in
quattro, aveva spremuto tutte le sue energie e aveva rinunciato a
un'infanzia e un'adolescenza più serene pur di ricevere
almeno un
segno di affetto o un cenno di approvazione da parte sua. Ormai aveva
capito da tempo quanto tutti quegli sforzi fossero stati vani, ma non
si era ancora liberato della ragione che lo aveva condotto a
comportarsi in quel modo.
E
ora non poteva più tirarsi indietro. Suo padre adesso sapeva
tutto,
e Barty non si era mai sentito così spaventato in vita sua.
Non
sapeva come fosse ancora in grado di restare in piedi: la testa gli
girava e ogni singola vena gli pulsava all'impazzata.
«
Tu per me sei morto ».
Fu
la prima cosa che Crouch senior gli disse quel giorno. Il suo tono
era gelido e la sua espressione traboccava di odio e disprezzo. Barty
fece del suo meglio per non battere ciglio, ma fu in quel momento che
si rese conto di essere stato uno stupido. Il suo tentativo di
illudersi svanì, lasciandogli solo un nodo alla gola e un
odio mai
provato prima di allora. Detestava tutto di suo padre: dai baffi
tagliati perfettamente ai suoi abiti sempre impeccabili e ordinati,
fino agli sguardi di indifferenza o di rimprovero che gli aveva
riservato anche prima di scoprire la sua vera identità.
«
Crouch, non mi sembra il modo migliore di affrontare la situazione
»
intervenne la Bagnold, che non aveva ancora puntato la bacchetta
contro nessuno.
«
Non esistono altri modi. Sai benissimo che io non scendo a
compromessi con i Mangiamorte e con chi pratica le Arti Oscure
»
rispose l'uomo.
«
Ma questo non è un Mangiamorte qualunque. È tuo
figlio! » insisté
lei. « Potrebbe essere stato coinvolto suo malgrado, potrebbe
aver
commesso uno sbaglio. Dagli una possibilità. È
tuo figlio »
ripeté.
Barty
non la smentì, perché voleva rendersi conto di
come avrebbe reagito
suo padre. La Bagnold era una perfetta sconosciuta ma voleva
ugualmente dargli modo di spiegare le sue ragioni. E lui cosa avrebbe
fatto?
Ci
fu una pausa di silenzio, durante la quale si morse la lingua a
sangue. Già sapeva quale sarebbe stata la risposta di suo
padre.
Eppure, qualcosa o qualcuno nel profondo del suo animo stava
lanciando un'invocazione di aiuto e sperava segretamente che lui la
accogliesse. Cercò di reprimerla, ma non riuscì a
cambiare la
propria espressione. Forse la Bagnold l'aveva colta, ma non suo
padre.
«
Lui non è mio figlio ».
Sentirlo
rispondere davvero in quel modo fu devastante Barty si sentì
bruciare di collera fin dentro le viscere. Tutte le esitazioni e i
sensi di colpa furono spazzati via. Dentro di lui era rimasto solo un
vuoto incolmabile che lo indusse a reagire con rabbia.
Barty
senior schivò per un soffio la maledizione che il ragazzo
gli aveva
scagliato ma non perse tempo e rispose all'attacco. Mentre
duellavano, Barty sentiva di perdere gradualmente il controllo, e si
lasciò trascinare, nella speranza di riuscire a ucciderlo
con più
facilità.
«
Avada
Kedavr-!
»
Ci
era quasi arrivato, ma la Bagnold era intervenuta, lanciandogli un
Impedimenta
prima che potesse concludere la formula. Cadde per terra, cercando
inutilmente di divincolarsi: l'incantesimo gli impediva di alzarsi e
riprendere il combattimento. Gli occhi gli pizzicavano e la
frustrazione gli fece lanciare un grido colmo d'ira. Se avessi potuto
muoversi, avrebbe preso a calci e pugni qualsiasi cosa o persona gli
fosse capitata sotto tiro.
«
Andiamo » disse l'ex Ministro della Magia. «
Abbiamo già perso
troppo tempo... Crouch! » lo richiamò.
Barty
vide suo padre fare qualche passo verso di lui.
«
Non posso lasciare un Mangiamorte in libertà. Deve venire
con noi,
altrimenti riuscirà a farla franca. Finché
avrò vita non gli
permetterò di sfuggire alla punizione che merita. Deve
pagare ».
Il
suo tono di voce non tradiva alcuna emozione. L'altra provò
a
protestare, ma fu inutile.
Barty
tremava ancora per la collera e si accorse di avere le guance bagnate
di lacrime. Subito dopo, quando suo padre pronunciò la
Maledizione
Senza Perdono, perse consapevolezza di ogni cosa.
«
Imperio
».
***
Hestia
sbatté lentamente le palpebre. Vedeva tutto appannato,
perciò si
stropicciò gli occhi un paio di volte, sbadigliando. Poi li
riaprì
e quasi cadde dalla sedia per lo spavento quando si ritrovò
la
faccia di un elfo domestico a pochi centimetri dal naso.
«
Che succede? Dove sono? » bofonchiò, confusa.
Subito dopo ricordò:
quella notte non era riuscita a prendere sonno, quindi aveva preso la
sua solita decisione di uscire di soppiatto dalla sala comune di
Tassorosso e andare nelle cucine, in cui doveva essersi addormentata
senza accorgersene. « Che ore sono? E cos'è tutto
questo trambusto?
» chiese ancora, notando che gli elfi domestici sembravano
piuttosto
agitati e spaventati.
«
Sono le tre del mattino » rispose l'elfo che l'aveva
svegliata. « E
sta succedendo qualcosa a Hogwarts ».
Hestia
socchiuse gli occhi, come per capire meglio.
«
Cioè? »
«
Tutti gli studenti sono stati svegliati e fatti uscire dai dormitori
» spiegò l'elfo. « Delle persone li
hanno portati via... »
«
Persone? Vuoi dire che non erano insegnanti? »
domandò la ragazza,
allarmata.
«
Io non crede. Erano aggressivi e gli studenti avevano paura ».
«
Anche gli insegnanti sono stati radunati in Sala Grande »
aggiunse
un'elfa.
Hestia
sgranò gli occhi, decisamente spaventata. Se gli elfi
dicevano il
vero, lei doveva essere l'unica studentessa di Hogwarts ancora in
giro. Ma non poteva nascondersi lì. Doveva assicurarsi con i
propri
occhi di quel che accadeva. Forse i maghi del Ministero stavano
facendo fare loro una prova di evacuazione della scuola. Era
improbabile, ma era l'unica speranza che le diede il coraggio di
alzarsi.
«
Voi restate nascosti qui » disse agli elfi domestici.
« Vado a dare
un'occhiata ».
Ignorando
le loro proteste, uscì con prudenza dalle cucine. Di solito
a
quell'ora nella scuola regnava un silenzio di tomba, ma non quella
notte. Il corridoio delle cucine era deserto, ma in lontananza si
sentivano passi e voci concitate. Hestia si diresse verso l'entrata
della sala comune e diede dei colpetti al coperchio di una delle
botti accatastate di fronte all'ingresso.
Quando
entrò, la sala comune era deserta. Alcune poltrone e dei
tavolini
erano stati rovesciati e un paio di vasi erano a terra, in frantumi.
I letti nei dormitori erano stati rivoltati, come se gli studenti
fossero stati trascinati giù a forza. Hestia
rabbrividì: qualunque
cosa fosse successa, doveva esserci stata una colluttazione.
Prima
di uscire di nuovo estrasse la bacchetta. Poi si diresse verso le
scale che conducevano alla sala d'ingresso. Si fermò in cima
all'ultimo gradino, nascosta dietro il pilatro di una grande torcia,
con il cuore in gola.
Nell'ingresso,
illuminati a mala pena dalla luce delle torce, c'erano quattro o
cinque adulti in una inconfondibile veste nera. Hestia si
sentì
sprofondare fino al centro della terra e fu un miracolo se non le
cedettero le ginocchia. Erano Mangiamorte, e non Mangiamorte
qualsiasi. Uno dei due che non le davano le spalle lo aveva
già
visto qualche tempo prima in una foto della Gazzetta
del Profeta.
Ma Antonin Dolohov era già stato arrestato...
Sono
evasi tutti,
comprese la ragazza, sconvolta. Sono
evasi e hanno attaccato la scuola in piena notte. Ma come hanno fatto
a entrare nelle sale comuni?
La
risposta le giunse pochi istanti dopo. Dolohov si era accostato a
un'altra figura e le aveva dato un ordine. Hestia inorridì
quando
capì che si trattava di uno studente che l'anno prima aveva
fatto
parte del gruppo di appassionati di Arti Oscure insieme a Higgs e al
professor Gibbon. Erano studenti di tutte le Case, e dovevano essere
stati loro a farli entrare. Lei si sentì ribollire il sangue
per la
rabbia.
Pensa,
pensa,
si impose, cercando di non cedere alla paura. Era da sola in un
castello brulicante di Mangiamorte e loro alleati, ma proprio
perché
era l'unica non ancora catturata, era suo preciso dovere fare
qualcosa.
Silente
doveva essere via, altrimenti i Mangiamorte non avrebbero osato
attaccare Hogwarts, quindi doveva avvertire lui e l'Ordine della
Fenice. Ma uscire e raggiungere la guferia era fuori discussione,
anche perché i gufi sarebbero stati intercettati. Neanche la
Metropolvere era sicura, e lei non aveva ancora imparato l'Incanto
Patronus. Ma poi le venne un'idea.
Nell'ultimo
anno aveva studiato a fondo quella che lei e Kingsley chiamavano La
Stanza che Scompare,
e aveva scoperto che non era solo una semplice stanza segreta. Poteva
cambiare in base alle necessità di chi la cercava, e
già molti
altri studenti nel corso delle generazioni l'avevano usata come
ripostiglio per cianfrusaglie di tutti i tipi. Se avesse chiesto un
camino non controllato, la Stanza glielo avrebbe fornito.
Ma
come ci arrivo?
Esisteva
un passaggio segreto dietro un arazzo, ma era al terzo piano. Prima
doveva riuscire ad arrivarci.
Si
puntò la bacchetta alla tempia e formulò un
incantesimo di
Disillusione, poi alzò una mano per controllare quanto fosse
ancora
visibile. Era riuscito bene; non era completamente invisibile ma
almeno poteva mimetizzarsi con le pareti. Per fortuna era notte: alla
luce del giorno sarebbe stato più difficile.
Trattenendo
il respiro e restando attaccata al muro, mise piede nella sala
d'ingresso. Nessuno dei Mangiamorte si accorse della sua presenza, e
Hestia continuò a camminare, lentamente ma senza mai
fermarsi, in
direzione della scalinata principale. Aveva sempre il timore che il
cuore le esplodesse di paura, ma non tornò indietro. Anche
lì c'era
stato uno scontro, a giudicare dalle ringhiere rotte e dai pilastri
scheggiati: gli insegnanti avevano combattuto. Hestia sperò
che
fossero ancora tutti vivi.
Quando
finalmente arrivò al terzo piano, fu costretta ad
appiattirsi in un
angolo, perché un gruppo di studenti traditori stava
perlustrando il
corridoio. Erano quattro e camminavano uno accanto all'altro, e
Hestia si vide già scoperta: non aveva spazio e loro stavano
per
urtarla.
Poi
un urlo disumano indusse anche quegli studenti a sobbalzare, presi
alla sprovvista, e la ragazza ebbe la lucidità per
approfittarne e
passare attraverso uno spazio libero che avevano lasciato. Ne
urtò
uno, ma prima che quello si voltasse, lo aveva già Confuso.
«
Chi staranno torturando? » domandò una ragazza,
con un tono
orribilmente divertito.
«
Non ne ho idea. Questa scuola è così piena di
Sanguesporco che si
ha solo l'imbarazzo della scelta » rispose un altro.
Hestia
aveva una gran voglia di Schiantarli, ma si trattenne. Senza
indugiare oltre, con le urla che ancora le rimbombavano nella testa,
raggiunse l'arazzo raffigurante un troll ed entrò nel
passaggio
segreto.
«
Homenum
Revelio
».
Trasse
un respiro di sollievo: i Mangiamorte non lo conoscevano. Lei l'aveva
scoperto al primo anno, dopo aver visto per caso Gazza che lo usava,
e ora non poteva essere più grata per quel colpo di fortuna.
Percorse
il passaggio quasi di corsa, ma quando arrivò alla fine si
bloccò,
perché dall'altra parte dell'arazzo che dava sul corridoio
del
settimo piano c'era qualcuno. Hestia poteva sentire le loro voci. Per
riuscire a vederli, con un paio di colpi di bacchetta fece due
piccoli fori nella tela dell'arazzo e vi accostò gli occhi.
La scena
che le si presentò davanti la fece quasi gridare.
Davanti
a quello che doveva essere l'ingresso della stanza segreta c'era un
manipolo di Mangiamorte che lo presidiava. Tra questi, riconobbe
Piton, il nuovo insegnante di Pozioni. Le era sempre parso un tipo
strano, ma non credeva che fosse uno di loro. Ma lo shock maggiore lo
ebbe quando individuò colui che stava parlando.
Era
Lord Voldemort in persona.
«
Tenete d'occhio questo corridoio più di ogni altra zona del
castello. Se qualcuno prova ad avvicinarsi anche solo per sbaglio,
uccidetelo all'istante. Dovete proteggerlo a costo della vita, o
rimpiangerete di essere nati ».
I
suoi seguaci annuirono. Hestia non si spiegava perché
Voldemort
tenesse così tanto a presidiare quella zona, ma a quel punto
non le
interessava. Adesso non poteva più usare la stanza per
avvertire
l'Ordine della Fenice.
Disperata,
senza avere la più pallida idea di cosa fare,
tornò indietro. Forse
poteva tentare lo stesso di usare uno dei camini negli uffici dei
professori. L'avrebbero catturata sicuramente, ma forse avrebbe fatto
in tempo a lanciare l'allarme.
Potrebbero
non limitarsi a catturarti, lo sai, vero? Potrebbero ucciderti,
le disse una voce nella testa.
Hestia
la ignorò, o per lo meno si impose di farlo. Che alternative
aveva?
Prima
di mettere di nuovo piede nel corridoio del terzo piano,
controllò
ancora che la via fosse libera. Poi ne uscì e si diresse
verso
l'ufficio della professoressa Vector.
Stava
proprio passando accanto alla statua di una vecchia strega ingobbita,
quando degli strani rumori provenienti da dentro
la statua la indussero a cercare un nascondiglio per tenere d'occhio
quello strano fenomeno.
Un
attimo dopo, dalla gobba della strega si aprì un passaggio e
qualcuno ne uscì, seppur a fatica. Hestia rimase a bocca
aperta,
perché quel ragazzo aveva una faccia nota.
«
Sono diventato troppo altro per questo passaggio » si
lamentò
un'altra voce, e subito dopo un secondo ragazzo uscì dalla
gobba
della strega orba, seguito a sua volta da un terzo e da una ragazza
dai capelli rossi.
«
Siete dell'Ordine della Fenice? Grazie al cielo siete arrivati
»
esordì Hestia, uscendo dal nascondiglio.
«
Chi è là? » fecero quelli, allarmati,
non notando nessuno.
«
Oh, scusate » disse lei, ricordandosi di avere ancora addosso
l'incantesimo di Disillusione. « Sono Hestia Jones
» aggiunse, dopo
esserselo tolto.
I
quattro abbassarono le bacchette e si presentarono.
«
Io sono Lily. Lui è mio marito James e questi due sono
Sirius e
Remus ».
Hestia
guardò Sirius, perplessa.
«
Ti avevo scambiato per Stubby Boardman, sai? Il cantante degli
Hobgoblin ».
Lui
fece una smorfia divertita.
« E
noi ti avevamo presa per un Mangiamorte. Come mai non sei stata
catturata? »
«
Mi ero... addormentata nelle cucine » rispose Hestia
imbarazzata e
vedendo svanire l'ultimo briciolo di dignità che le era
rimasta
quando si rese conto di indossare vestaglia e pantofole. « E
voi
come avete saputo dell'attacco? Io volevo avvertirvi, ma... »
«
Silente ha una spia tra i Mangiamorte » rispose Remus.
«
Ok. Ma non siete troppo pochi per riconquistare Hogwarts? »
«
I rinforzi stanno arrivando. Noi in realtà abbiamo un altro
compito
» aggiunse Sirius.
«
Cioè? » insisté lei, quando loro
già si erano incamminati lungo
il corridoio. Si scambiarono un'occhiata incerta. « Potete
fidarvi
di me! Alla fine di quest'anno anche io entrerò nell'Ordine
».
«
Bè, stiamo cercando una cosa importante... anche se non
sappiamo di
preciso dove si trova » rispose James, esitante.
Hestia
corrugò la fronte, mentre un pensiero le attraversava la
mente.
«
Ed è una cosa che Voldemort non vuole assolutamente che
troviate? »
Loro
annuirono, perplessi.
«
Allora seguitemi. Forse so dove vi conviene cercare ».
E
aprì loro il passaggio che conduceva al settimo piano.
L'effetto
sorpresa aveva dato loro un netto vantaggio. Quando loro erano
spuntati da dietro l'arazzo, i Mangiamorte di guardia alla Stanza
delle Necessità non era stati capaci di reagire prontamente.
Sirius
e gli altri li avevano sconfitti nel giro di pochi minuti. Fu una
fortuna che Voldemort non fosse ancora nei paraggi: proprio in quel
momento, un esercito composto da Auror e maghi e streghe comuni che
si erano offerti volontari per aiutare, stava invadendo Hogwarts,
usando i passaggi segreti che i Malandrini avevano suggerito loro.
Evidentemente Voldemort era impegnato a combattere, ma loro non
potevano crogiolarsi. Dovevano trovare l'Horcrux al più
presto,
sperando che non ce ne fossero altri. Prima di mandarli a Hogwarts o
al Ministero, Silente aveva convocato l'Ordine della Fenice,
annunciando loro che Voldemort aveva scoperto tutto. Il fatto che
fosse corso a Hogwarts senza ulteriori indugi indicava senza dubbio
che il Diadema di Corvonero si trovava nella scuola, ma quella era
stata l'unica notizia positiva.
«
Ora è infuriato più che mai » aveva
detto Silente. « Ritiene di
essere stato ingannato e non crede più alla Profezia.
Avrà anche
smesso di cercare Harry, ma non si farà scrupoli pur di
proteggere
gli Horcrux che gli restano. Sarà ancora più
spietato di prima. Per
proteggere e vostre famiglie da ripercussioni e vendette, useremo
l'Incanto Fidelius, e ognuno di voi sarà il Custode Segreto
dei
propri familiari e amici. Dopo di che, attaccheremo. Spero che il
Diadema sia l'ultimo Horcrux. Se lo distruggeremo, forse Voldemort
tornerà mortale ».
Sirius
osservò Hestia camminare avanti e indietro davanti ad una
parete
spoglia. Lo fece per tre volte consecutive, e alla fine nel muro
apparve una porta.
«
Ci siamo » disse la ragazza.
Quando
entrarono, si ritrovarono in una sala enorme, piena di scaffali
invasi da oggetti di tutti i tipi. L'iniziale entusiasmo
svanì
rapidamente. Gli oggetti accatastati dappertutto erano un migliaio,
se non di più.
«
Che cosa dovete cercare? » chiese Hestia, che a sua volta
aveva
notato l'enormità del problema.
«
Un diadema. Apparteneva a Priscilla Corvonero » rispose
Remus, con
un tono scoraggiato.
La
ragazza parve riflettere, e loro la guardarono, speranzosi.
«
Dicci che sei già stata qui e che l'hai visto da qualche
parte... »
disse Lily.
Hestia
portò le dita alle tempie, come per spremere le meningi.
«
Forse... ho visto un diadema una volta... Non pensavo che fosse
così
prezioso, però l'ho notato lo stesso. Credevo che fosse un
falso.
Penso che si trovasse più in là... »
Loro
quattro la seguirono, fremendo d'impazienza. Hestia non sembrava
ricordare molto bene dove lo avesse visto. Continuava a camminare per
poi cambiare direzione e tornare indietro. Percorsero la stanza
avanti e indietro per almeno mezz'ora, perdendo lentamente la
speranza. Passarono accanto a pile di libri, oggetti di tutti i tipi,
bottiglie che contenevano strani liquidi misteriosi, alcuni armadi
rotti, delle botti vuote e delle strane statue.
Hestia
si fermò all'improvviso, scrutando con attenzione il busto
di uno
stregone.
«
Questo me lo ricordo... Deve essere nei paraggi! »
Rianimatisi,
i Malandrini e Lily iniziarono a cercare. Sirius aprì tutte
le ante
della credenza che si trovava di fronte, ma non trovò nulla
a parte
la carcassa di una creatura a cinque zampe. Frugò tra gli
scaffali,
rovesciò scatole e contenitori, spargendone il contenuto per
terra,
ma fu inutile. Dopo aver scambiato un'occhiata con gli altri, si rese
conto che nemmeno loro avevano cavato un ragno da un buco.
«
Era qui » sussurrò Hestia, quasi senza fiato. Loro
la raggiunsero
in un lampo. Era ferma davanti ad un tavolino traballante e divorato
dai tarli, ma non c'era nessun Diadema di Corvonero.
«
Ne sei sicura? Forse ricordi male ».
«
No, ora che lo vedo ne sono certa. Ricordo le incisioni nel legno del
tavolino. Il diadema era proprio là sopra, accanto al
mappamondo...
Ma non c'è! Che fine ha fatto? »
«
Qualcuno deve averlo preso prima di noi. Forse Voldemort ha messo
quei Mangiamorte di guardia per farci credere che fosse ancora
nascosto qui. Invece lo avrà portato via con sé
» concluse Remus,
lanciando loro uno sguardo carico d'angoscia.
«
E adesso che cosa si fa? » chiese James.
«
Usciamo di qui, prima che Voldemort si accorga della nostra presenza
».
Eh già,
Voldemort si è arrabbiato davvero, e ora sono guai. Per chi se lo sta
chiedendo, Alice
e Frank stanno bene, come anche Scrimgeour e gli altri. Solo che
lavorano tutti al Ministero, e quindi non è stato difficile
per i
Lestrange
impossessarsi dei loro capelli. Notate
però che ho mantenuto la promessa di essere più
buona: ho scritto un capitolo del genere senza uccidere nessuno (il
tizio baciato dal Dissennatore tecnicamente
è vivo, non facciamo i pignoli u.u).
Non
posso dire con certezza la data del prossimo aggiornamento,
perché devo ancora finire di scrivere il capitolo. Diciamo
che
se ce la faccio pubblicherò l'8 febbraio, altrimenti nei
giorni
successivi. Spero di farcela e che l'ispirazione si faccia vedere
più spesso di quanto ha fatto finora >.<
Alla prossima!
09/03/2013
Visto che è passato parecchio tempo, mi sembra il caso di
farmi viva. No, non ho abbandonato la storia, è solo che
sono piena di cose da fare. A febbraio ho fatto uno stage e gli unici
momenti che trovavo per scrivere erano quei venti minuti che
trascorrevo in metropolitana, caos e scocciatori permettendo. A
metà marzo mi laureo, quindi sono troppo agitata per
dedicarmi solamente a word. Tutto questo per dirvi che dovrete avere un
po' di pazienza. Dal 19 marzo tornerò, anche se il prossimo
capitolo potrei riuscire a pubblicarlo anche prima, visto che
è praticamente scritto (è solo che vorrei finire
anche il 59, visto che sono collegati). Scusate ancora e a
presto!!
Julia
|
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Capitolo 58 *** Battaglia al Ministero ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo
58
Battaglia
al Ministero
L'ingresso
del tunnel si trovava nella stazione della metropolitana più
vicina
al Ministero. Per la prima volta in vita sua, Sturgis si vide
affidare il ruolo di leader del gruppo, perché era l'unico
ad avere
una vaga idea di come ci si dovesse comportare in quel luogo
brulicante di Babbani. I Paciock, Regulus, Rachel, e Dedalus lo
seguivano, spaesati. Regulus sembrava particolarmente irritato da
tutte quelle persone che lo urtavano correndo per non perdere il
proprio treno.
«
Guarda dove metti i piedi! » sbottò ad un certo
punto, ma il
Babbano in questione era già lontano.
«
Non è il momento di mettersi a litigare » gli
disse Rachel,
trascinandolo via mentre Dedalus mascherava un sorrisetto.
Sturgis
non si lasciò distrarre da quello scambio di battute.
Più tempo
perdevano e più la sua ansia aumentava. Emmeline era
bloccata dentro
al Ministero della Magia e, da quando Malocchio aveva mandato loro un
Patronus per avvertirli di quel che era successo, non aveva avuto
più
notizie. Poter agire in prima persona sarebbe stato molto meglio che
aspettare senza fare nulla. Silente li aveva fatti partecipare alla
riunione della Bagnold con i Ministri delle nazioni alleate, e a loro
era stato affidato l'incarico di intrufolarsi al Ministero
confondendosi nella folla e di aprire tutti i passaggi che i
Mangiamorte avevano chiuso, per permettere alle squadre di soccorso
di contrattaccare.
Quel
passaggio segreto attraverso la metropolitana di Londra era stato
indicato loro dalla Bagnold in persona. Solo il Ministro della Magia
lo conosceva, e lei stessa lo aveva usato per scappare dopo il colpo
di stato, insieme a Barty Crouch senior.
Sturgis
guidò gli altri attraverso la folla, indicando la direzione
giusta
da prendere, finché non giunsero alla banchina. Anche quella
era
piena di persone. Sturgis si fece strada, raggiungendone
l'estremità.
«
Ci siamo camuffati a sufficienza? » domandò
Dedalus sottovoce,
mentre aspettavano il treno.
«
Direi di sì » rispose Alice. « Usare la
Pozione Polisucco sarebbe
stato molto meglio, ma non avevamo il tempo per prepararla... Oh, ci
siamo ».
Una
luce apparve alla fine del tunnel e pochi istanti dopo il treno
iniziò a frenare, fermandosi lungo la banchina. Quando le
porte
scorrevoli si aprirono, i Babbani presero letteralmente d'assalto
tutti i vagoni, tranne uno.
L'ultima
carrozza in fondo spiccava rispetto a tutte le altre, perché
era di
un colore viola brillante, ma i Babbani non riuscivano a vederla.
Come la Bagnold aveva spiegato, era protetta da un Incanto Fidelius.
«
È la nostra » disse Sturgis, salendo sul vagone
viola, seguito a
ruota dagli altri cinque. Le porte si chiusero alle loro spalle e il
treno partì.
«
Però, che comodità »
commentò Dedalus, stravaccandosi su uno dei
sedili, tutti ricoperti da un rivestimento di velluto magenta.
« E
ora cosa dovrebbe succedere? Il treno è diretto alla
stazione
successiva ».
In
risposta ai suoi dubbi, si sentì un forte rumore metallico,
seguito
da una turbolenza che li fece finire tutti a gambe all'aria. Quando
tornarono in piedi e guardarono fuori dai finestrini, fecero appena
in tempo a notare tutto il resto del treno che imboccava il tunnel a
destra, mentre il loro vagone proseguiva da solo lungo quello di
sinistra.
«
Si è staccato dal treno! » esclamò
Dedalus, entusiasta come un
ragazzino.
La
carrozza magica proseguì la sua corsa, scendendo sempre
più in
profondità, finché non frenò
all'improvviso, facendoli di nuovo
cadere per terra.
«
Non capisco cosa abbiamo noi maghi contro i meccanismi di frenata.
Sembra di essere sul Nottetempo » bofonchiò
Dedalus, mentre le
porte si aprivano di nuovo, permettendo loro di scendere.
Si
ritrovarono lungo una banchina deserta e completamente chiusa da un
muro di mattoni scuri. I sei si avvicinarono tutti insieme, poi Frank
disse la parola d'ordine.
I
mattoni iniziarono a spostarsi di lato, creando un'apertura nella
parete. La attraversarono, le bacchette già pronte,
ritrovandosi
all'interno di un ascensore stretto, in cui entravano a fatica.
«
Dunque » fece Rachel, armeggiando con lo zaino che aveva
portato con
sé e non riuscendo a evitare di riempire di gomitate un po'
tutti. «
Scusate... Ecco le vesti da Mangiamorte ».
Mentre
l'ascensore iniziava a muoversi, tutti loro le infilarono sopra i
propri abiti. Quella di Sturgis era un po' corta, ma le altre
andavano bene. Regulus tuttavia sembrava desideroso di togliersela il
prima possibile.
«
Voi andate ad aprire i passaggi » disse Sturgis. «
Io mi occuperò
del Livello Dieci ».
«
Sei sicuro di voler fare da solo? » gli chiese Frank,
incerto.
Lui
annuì, deciso.
«
Allora ci vediamo nell'Atrium. Buona fortuna » gli disse
Rachel,
posandogli una mano sulla spalla in segno di incoraggiamento.
«
Grazie ».
Le
griglie si aprirono al Livello Nove e Sturgis uscì. Gli
altri
rimasero dentro e ripresero a salire.
Il
corridoio era gelido e invaso dalla nebbia provocata dai
Dissennatori. Il ragazzo strinse i denti prima d'incamminarsi,
cercando di pensare a un ricordo felice. Di fronte a lui, all'inizio
del corridoio del Livello Dieci, due Mangiamorte controllavano la
situazione.
«
Altolà! » fece uno dei due.
«
Sono dei vostri, non vedete? » fece lui, cercando di non
balbettare.
«
Sarà una nuova recluta, Demetrius »
tagliò corto il secondo, meno
sospettoso del primo.
Quello
abbassò la guardia... e Sturgis li Schiantò
entrambi. Dopo averli
legati per bene, requisì le loro bacchette. Poi si
incamminò nel
corridoio.
«
Expecto
Patronum!
»
Il
Patronus investì i Dissennatori di guardia alle celle,
costringendoli ad indietreggiare fino in fondo al corridoio e
impedendo loro di scappare. Sturgis si affrettò a rompere le
serrature delle celle, permettendo ai prigionieri confusi di uscire.
La sua veste nera trasse in inganno alcune persone, perché
quando si
affacciò in una delle celle, fu quasi aggredito da una
decina di
persone infuriate.
«
Non sono un Mangiamorte! » esclamò, tenendoli
lontani con la
bacchetta.
La
poca luce che c'era gli impediva di scorgere i loro volti,
perciò
all'inizio non vide bene la persona che gli si era avventata contro.
Quando però lei gli gettò le braccia al collo,
capì.
«
Emmeline, stai bene? Sei ferita? » le chiese, cercando di
individuare segni di percosse o peggio su di lei.
«
Sto bene » rispose Emmeline, e Sturgis si sentì
improvvisamente
liberato dalla sensazione di avere un macigno nello stomaco.
« Come
hai fatto a entrare? »
«
Non sono solo » spiegò lui. « Ma non
c'è tempo da perdere. Gli
altri stanno aprendo le uscite per permettere la riconquista del
Ministero e far evacuare chi non se la sente di combattere.
Dov'è
Malocchio? » aggiunse poi.
L'espressione
di Emmeline si congelò all'istante.
«
Lo hanno portato via poco fa » rivelò. «
Vengono ogni tanto a
prendere un prigioniero per volta, senza dire dove lo porteranno, e
poi non se ne sa più nulla ».
Sturgis
era pietrificato dall'orrore.
«
Io credo di sapere dove li portano » intervenne Arthur
Weasley,
staccandosi dalla parete umida. « Quando mi hanno scortato in
questa
cella ho sentito delle urla provenire da una delle aule del
Wizengamot ».
«
Puoi condurci lì? » gli chiese Sturgis.
Arthur
annuì.
«
E noi cosa facciamo? » chiesero alcuni prigionieri,
spaventati. «
Ci hanno tolto le bacchette ».
«
Vi conviene restare qui, finché i miei amici non avranno
finito. Ma
se qualcuno di voi vuole combattere, può venire con noi.
Troveremo
il modo di trovarvi delle altre bacchette » rispose Sturgis,
mentre
consegnava a Emmeline e Arthur quelle sottratte ai due Mangiamorte
che aveva stordito poco prima.
Gli
Auror presenti e alcuni volontari accettarono la proposta.
Così,
mentre gli altri restavano a farsi proteggere dal Patronus di
Sturgis, lui, Emmeline e Arthur si incamminavano con loro nel
corridoio accanto, verso l'aula del Wizengamot.
Anche
quell'entrata era controllata da due Mangiamorte, ma loro li misero
fuori gioco con facilità. Nelle loro tasche trovarono
diverse
bacchette requisite, che gli Auror presero in prestito senza
indugiare.
Poi
dall'aula si sentirono delle urla che fecero gelare loro il sangue
nelle vene: era Malocchio. Sturgis non lo aveva mai sentito urlare in
quel modo. Stava per aprire la porta, quando uno degli Auror gli fece
cenno di attendere.
«
Sarà saggio intervenire prima che le uscite di sicurezza
siano
completamente riattivate? Quando sarà dato l'allarme, i
vostri amici
non potranno più agire indisturbati ».
Sturgis
sapeva che il suo era un discorso sensato, ma non se la sentiva di
aspettare ancora. Malocchio non era una persona che si piegava alla
volontà altrui: lo avrebbero potuto uccidere da un momento
all'altro.
Emmeline
sembrava altrettanto indecisa. Ma un'altra serie di grida di dolore
tolse loro ogni dubbio. Un attimo dopo spalancarono la porta ed
entrarono nell'aula.
Incatenato
alla sedia riservata agli imputati, Alastor Moody stava cercando di
resistere alla Maledizione Cruciatus che Rabastan Lestrange
continuava a lanciargli. Tutt'intorno, una dozzina di Mangiamorte
faceva la guardia. Non appena vide gli intrusi, Rabastan si
fermò,
sorpreso e allo stesso tempo furente.
«
Uccideteli! » ordinò.
Sturgis
e i suoi erano in minoranza, ma l'effetto sorpresa li aveva messi in
una posizione di vantaggio. Gli Auror avevano già stordito
tre
Mangiamorte prima che i seguaci di Voldemort iniziassero a
contrattaccare. In un attimo l'aula del Wizengamot fu illuminata
dalle luci colorate degli incantesimi. I sedili ogni tanto
esplodevano, colpiti da magie letali, e qualche Auror cadde sotto i
colpi dei Mangiamorte.
«
Podmore! Toglimi queste catene e fammi combattere! »
gridò Moody,
mentre Sturgis cercava di resistere agli attacchi di Rookwood. Alla
fine riuscì a disarmarlo e Schiantarlo, e si
avvicinò alla sedia.
«
Ben fatto, ragazzo » bofonchiò Malocchio, per
quella che forse era
la prima volta in assoluto. Sturgis non fu mai così felice
di
sentirlo parlare. Moody si alzò a fatica e
zoppicò verso di lui,
dandogli una rapida pacca sulla spalla. Poi afferrò la
bacchetta di
Rookwood e si unì al combattimento.
Poco
dopo, i Mangiamorte erano stati sopraffatti. Era rimasto solo
Rabastan Lestrange che, resosi conto di non potercela fare contro
tutti quei nemici, spiccò una corsa verso la porta e
scappò via.
«
Non facciamolo fuggire! » esclamò Emmeline,
allarmata. « Avvertirà
tutti gli altri! »
A
causa della sua gamba di legno, Malocchio fu costretto a restare per
tenere d'occhio i Mangiamorte catturati, ma lei, Sturgis e Arthur
partirono all'inseguimento.
Lestrange
continuò a correre all'impazzata, lanciando dietro di
sé
maledizioni e fatture che loro riuscirono a schivare, ma che
rallentarono la loro corsa. A loro volta, provarono a fermarlo
lanciandogli incantesimi senza sosta, ma ormai lui era arrivato alla
fine della lunga scalinata che conduceva all'Atrium.
Sturgis
gemette per la frustrazione quando se lo vide sfuggire. Ma in quel
momento Rabastan si bloccò e loro videro subito cosa lo
aveva
costretto a fermarsi.
L'Atrium
si era trasformato in un campo di battaglia. I Mangiamorte duellavano
senza sosta contro maghi e streghe di diverse nazionalità,
squadre
speciali di Auror e anche persone comuni che si erano offerte di
aiutare.
Sturgis
esultò interiormente quando si rese conto che gli altri
dell'Ordine
erano riusciti ad aprire tutti i passaggi prima che Lestrange potesse
avvertire i suoi.
La
battaglia per la riconquista del Ministero della Magia era
cominciata.
***
«
Emmeline! »
Il
richiamo sovrastò a mala pena gli strepiti della battaglia
che si
stava svolgendo nell'Atrium, ma la ragazza si voltò lo
stesso e si
affrettò a raggiungerli.
«
Stai bene? Che ti hanno fatto? » le chiese Rachel.
«
Niente, per fortuna » rispose lei, mentre Sturgis arrivava a
sua
volta.
«
Meglio per loro » commentò Regulus, per poi
lanciare un'occhiata
alla mischia che si era creata nell'Atrium.
Per
essere stati colti di sorpresa, i Mangiamorte avevano contrattaccato
anche troppo rapidamente. Tutto lo spazio intorno alla Fontana dei
Magici Fratelli era invaso da Auror delle nazioni alleate, ma anche
maghi e streghe che si erano offerti volontari per combattere. Molti
dipendenti del Ministero della Magia si erano uniti a loro, ma non
erano pochi quelli che si erano schierati con i Mangiamorte. Questi
ultimi, con l'aiuto dei Dissennatori, avevano risposto con
particolare violenza all'attacco.
I
membri dell'Ordine della Fenice esitarono. Davanti ai loro occhi
incombeva una battaglia tremenda, ma l'obiettivo della loro missione
era molto preciso. Non potevano combattere e arrestare un Mangiamorte
dopo l'altro, anche perché sempre più persone si
stavano unendo a
loro, pur di sopravvivere. Dovevano colpire i leader. La presenza di
Mangiamorte intransigenti come i Lestrange costituiva una minaccia
per chiunque tra i loro alleati avesse voluto tradire Voldemort, ma
se i Lestrange fossero stati fermati, tutti i loro alleati avrebbero
avuto qualche motivo in meno di restare fedeli.
«
Io non li vedo » disse Frank, cercando di individuarli in
mezzo alla
folla.
«
Rabastan deve essere qui per forza » disse Sturgis.
« Lo abbiamo
inseguito fino a due minuti fa ».
«
È probabile che anche Rodolphus sia qui » disse
Regulus, deciso. «
Non è quel genere di Mangiamorte che se ne sta in disparte
mentre è
in corso una battaglia. Lo stesso vale per Bellatrix ».
«
C'è gente che duella anche ai Livelli superiori,
però » intervenne
Arthur timidamente, prendendo la parola per la prima volta. «
Conviene dare un'occhiata anche lì. Forse sono rimasti
bloccati
vicino all'Ufficio del Ministro ».
«
Allora dividiamoci. Io e Frank restiamo qui a cercare Rabastan, voi
altri andate a controllare gli altri Livelli » disse Alice.
« Chi
viene con noi? »
Dedalus
e Arthur si offrirono di restare nell'Atrium. Nessuno ebbe da ridire
e così Regulus, Rachel, Emmeline e Sturgis salutarono gli
altri e si
fiondarono il più velocemente possibile in direzione delle
scale.
Non venivano usate spesso, ma in quel frangente erano più
sicure
degli ascensori. Furono costretti a farsi largo in mezzo alla
battaglia, e dovettero rallentare più di una volta per
difendersi
dagli attacchi dei Mangiamorte o dei Dissennatori, ma alla fine le
raggiunsero.
Anche
le scale erano letteralmente invase di nemici. I Mangiamorte non li
attaccavano subito, tratti in inganno dalle loro vesti nere, e questo
dava loro un netto vantaggio.
«
Non è un po' sleale? » dubitò Sturgis
dopo aver messo fuori gioco
l'ultimo nemico presente nel corridoio che stavano percorrendo.
«
A me importa solo sconfiggere più Mangiamorte possibile
» rispose
Rachel in tono pratico.
«
Ad ogni modo non ci conviene tenerle » aggiunse Emmeline.
« Anche i
nostri alleati potrebbero esserne ingannati. Non voglio essere uccisa
da un altro Auror ».
Si
fermarono per liberarsi delle vesti, restando con quelle che avevano
lasciato sotto, e poi proseguirono.
Ai
Livelli Superiori la battaglia era altrettanto serrata. Regulus
aiutò
Emmeline a sconfiggere due Mangiamorte mascherati, poi sentì
Rachel
gridare e scagliarsi contro un mago e una strega che indossavano una
divisa rossa.
«
Fermi! Non è una Mangiamorte! »
«
Stava scappando » risposero quelli in un inglese piuttosto
stentato.
«
E allora? Non mi pare che vi abbiano ordinato di uccidere tutti
quelli che scappano! » sbottò Rachel, piuttosto
irritata.
I
due bofonchiarono delle scuse e si dileguarono, mentre Rachel aiutava
una donna a rialzarsi.
«
Grazie » fece quella, piuttosto scossa.
Quando
Regulus vide di chi si trattava, il suo stupore fu talmente grande
che non riuscì a trattenersi.
«
Narcissa?
»
Tra
tutti i posti in cui si sarebbe aspettato di incontrare sua cugina,
quello era il meno probabile. Sentendosi chiamare, Narcissa si
voltò
a guardarlo, incredula. Socchiuse gli occhi, concentrata,
perché con
quel camuffamento non lo aveva riconosciuto subito. Poi li
sgranò,
mentre un sospetto attraversava la sua mente.
«
S-sei tu? » gli chiese, senza fiato.
Nonostante
una certa agitazione, Regulus usò la bacchetta per assumere
le sue
vere sembianze: a quel punto era indifferente.
In
un primo momento, Narcissa sbiancò, e lui credette che fosse
sul
punto di svenire. Non sapeva che cosa aspettarsi, ma era sicuro che
lei sarebbe stata l'unica della sua famiglia che non avrebbe voluto
spiegazioni. E infatti, mentre le labbra serrate le tremavano per
trattenere la commozione, Narcissa gli si avvicinò,
posandogli le
mani sulle spalle e sul viso, come per assicurarsi che fosse reale.
Poi lo abbracciò, e Regulus fece altrettanto, sollevato.
«
Che cosa ci fai qui? » le chiese poco dopo. «
È pericoloso. C'è
una battaglia in corso ».
«
Quando sono arrivata il Ministero non era ancora sotto attacco. Stavo
cercando di convincere Lucius a tornare a casa, proprio
perché mi
aspettavo che sarebbe finita così » rispose
Narcissa, tetra.
«
Se lo portassi via adesso, dovreste sperare entrambi che Tu-Sai-Chi
venga sconfitto, altrimenti se la prenderà con lui
» le rispose
Regulus.
«
Lo so » rispose lei. « Infatti prima stavo solo
cercando di tornare
a casa, ma i camini dell'Atrium sono impossibili da raggiungere
».
«
Dovresti usare quelli dell'Autorità per la Metropolvere, al
Sesto
Livello » suggerì Rachel.
Regulus
non voleva lasciarla andare da sola. Lanciò un'occhiata agli
altri
tre, che lo guardarono a loro volta, in attesa di una sua decisione.
«
Ti accompagno » disse a Narcissa. Poi tornò a
rivolgersi agli
altri. « Vi raggiungerò presto ».
Rachel
era improvvisamente impallidita, ma si sforzò di non
mostrarsi
troppo spaventata.
«
Se tra un quarto d'ora non sarai di ritorno, verrò a
cercarti » gli
sussurrò, fissandolo senza neanche battere le palpebre, come
per
paura di vederlo sparire e non tornare più.
«
Ci conto » rispose lui.
«
Se cercate Rodolphus » disse Narcissa quando Rachel si
unì a
Sturgis ed Emmeline, « l'ho visto al Primo Livello poco fa
».
«
Grazie ».
I
tre si avviarono verso le scale. Regulus e Narcissa invece si
incamminarono lungo il corridoio.
«
Non ho ancora avuto l'occasione di ringraziarti per avermi avvertito,
quando i Mangiamorte hanno scoperto che ero vivo » le disse
lui,
mentre raggiungevano il Sesto Livello.
Narcissa
gli sorrise.
«
Se pensavano che non avrei fatto niente, pur sapendo che avevano
intenzione di ucciderti, si sbagliavano di grosso. Me ne infischio
della guerra » aggiunse, assumendo tutto ad un tratto un tono
aspro.
« Anche se non sembra e, nel caso in cui il Signore Oscuro
vincesse,
apparentemente dimostrerò il contrario, sono dalla tua parte
e spero
davvero che Lui venga sconfitto ».
Erano
quasi arrivati, quando un rumore di passi li indusse a rifugiarsi in
uno degli uffici del Centro Esami di Materializzazione. Subito dopo
un plotone di Mangiamorte svoltò l'angolo, diretti verso
l'ascensore.
Regulus
la guardò, incuriosito.
«
So che l'idea della guerra non ti è mai piaciuta, ma non
pensavo che
fossi arrivata fino a questo punto ».
«
A te posso dirlo » fece lei, cupa. « È
un tiranno. Non ha seguaci,
ha dei soldatini che comanda a piacere. È soltanto un mostro
».
«
Non mi dici niente di nuovo » convenne Regulus. «
Ma che cosa è
successo di preciso? »
Narcissa
sembrava furibonda.
«
Non lo so con esattezza, ma sembra che Tu-Sai-Chi avesse chiesto a
Lucius di nascondere a casa nostra un oggetto che per lui doveva
essere molto prezioso. Io non ne avevo neanche idea, e neanche mio
marito sapeva esattamente di cosa si trattasse... Sta di fatto che
quell'oggetto è sparito nel nulla. Quando il Signore Oscuro
l'ha
saputo, ha torturato Lucius, anche se lui non ne aveva colpa
».
Regulus
non disse nulla e abbassò lo sguardo, consapevole di essere
la causa
scatenante delle azioni di Voldemort. Forse era meglio che Narcissa
non sapesse subito che era stato lui a intrufolarsi a casa sua per
rubare il diario di Tom Riddle.
«
Mi dispiace ».
«
Già... Lucius era in preda al panico quando è
tornato a casa. Di
solito non mi racconta mai niente di quello che succede quando
è con
gli altri Mangiamorte, ma quella volta si è dovuto sfogare
».
Regulus
cercò di porre in modo discreto la domanda successiva,
sforzandosi
di non mostrarsi troppo desideroso di arrivare al punto che
più gli
premeva.
«
Per caso ti ha detto qualcos'altro? Hai idea di quale sia il piano
che Tu-Sai-Chi sta mettendo in atto? »
Narcissa
ci pensò un po' su ma alla fine dovette ricordare qualcosa.
«
So poco, però so che voleva conquistare anche Hogwarts, e
che ci
sarebbe andato di persona per controllare la situazione. Ha affidato
alla maggior parte dei suoi seguaci il compito di conquistare il
Ministero, ma lui e i Mangiamorte restanti sarebbero andati alla
scuola ».
«
Non ha mandato nessuno a tenere d'occhio altri posti? »
«
Non mi risulta ».
Regulus
si sentì girare la testa. Se le cose stavano
così, significavano
non solo che il Diadema di Corvonero era a Hogwarts, come aveva
già
intuito, ma soprattutto che quello doveva essere l'ultimo Horcrux
rimasto. Sperò intensamente che Sirius e gli altri fossero
riusciti
a trovarlo.
«
Sono andati via » disse a quel punto Narcissa, dopo aver
sbirciato
nel corridoio.
Lei
e Regulus uscirono dall'ufficio e iniziarono a correre, mentre la sua
mente lavorava con ancora più rapidità. Forse
Voldemort non aveva
fatto in tempo a creare tutti i sette Horcrux che voleva, ma Hogwarts
era piena di oggetti antichi e dal valore inestimabile. Una volta
impossessatosi della scuola, ne avrebbe potuti creare molti altri, e
a quel punto sarebbe stata la fine. Suo fratello non ne aveva idea.
In quel momento Regulus si rese conto di doverlo raggiungere per
avvertirlo, una volta portata al sicuro sua cugina.
Per
fortuna, l'Autorità per la Metropolvere era lì
accanto. Un paio di
Mangiamorte faceva la guardia ai camini, ma Regulus e Narcissa li
misero fuori gioco, cogliendoli di sorpresa.
Lei
si avvicinò a uno dei camini, poi si voltò a
guardare suo cugino,
mostrando una certa apprensione.
«
Cerca di essere prudente. Non voglio perderti di nuovo ».
«
Ci proverò ».
«
Posso fare qualcosa per aiutarti? »
«
L'hai già fatto, dandomi quelle informazioni sul Signore
Oscuro. Ma
se proprio vuoi farmi contento, qualunque cosa succeda nella prossime
ore, assicurati che tuo figlio cresca più simile a te che a
suo
padre ».
Narcissa
esitò, ma poi fece un cenno di assenso con il capo. Poi
afferrò la
Polvere Volante, entrò nel camino e sparì,
inghiottita dalle
fiamme.
Regulus
si voltò, uscendo dall'Autorità per la
Metropolvere e
incamminandosi lungo il corridoio del Sesto Livello per tornare da
Rachel, Emmeline e Sturgis. Ma, in quel momento, notò una
sagoma
familiare con la coda dell'occhio. Aveva appena lasciato il Sesto
Livello, diretta ai piani inferiori, e Regulus istintivamente la
seguì. Affacciandosi all'Atrium, si rese conto che si
trattava di Bellatrix. Lei non si era accorta della sua presenza,
perché stava
puntando un'altra vittima.
Il
ragazzo avanzò, teso. Avrebbe dovuto sbrigarsi per avvertire
Rachel
della sua ultima scoperta, ma capì di non averne il tempo
quando
riconobbe l'obiettivo di sua cugina.
Ted
Tonks era tra i volontari che stavano cercando di riconquistare il
Ministero, e al momento era troppo impegnato a mettere fuori gioco un
Mangiamorte per accorgersi che Bellatrix gli stava per piombare alle
spalle. La donna gli puntò la bacchetta contro la schiena,
pronta a
ucciderlo.
Nonostante
tutto, Tonks si voltò di scatto, ma sarebbe stato troppo
tardi.
Regulus lanciò una fattura che ferì Bellatrix al
polso, facendole
cadere la bacchetta prima che potesse assassinarlo.
Tonks
alzò lo sguardo, perplesso, e quando vide chi era stato ad
aiutarlo
reagì con un'espressione sbigottita.
«
Grazie, Black » gli disse, chiaramente sorpreso.
Regulus
si risparmiò l'imbarazzo di dovere rispondere: sua cugina
aveva già
recuperato la bacchetta e adesso la stava puntando contro di lui,
un'espressione sprezzante e disgustata dipinta sul volto.
«
TU! Il traditore è uscito allo scoperto! »
«
Così pare » prese tempo lui, che in fondo non
sapeva cosa dire.
Bellatrix non era Andromeda o Narcissa. Non si sarebbe fatta problemi
a ucciderlo, anche se lo aveva visto in fasce. A maggior ragione, il
fatto che avessero lo stesso sangue costituiva un motivo in
più per
eliminarlo il prima possibile.
«
Avrei preferito che fossi morto davvero, piuttosto che vederti
ridotto in questo stato » sbottò lei infatti,
continuando a
incenerirlo con lo sguardo.
«
Non mi importa di quello che pensi, Bella »
replicò lui, attento ma
ancora indeciso se attaccare o meno.
Lei
rispose con un ghigno sarcastico.
«
Però di quello che pensa la tua mammina ti importa eccome.
Come
reagirebbe se sapesse che ora salvi la vita ai Sanguesporco? »
Regulus
si sentì montare una rabbia improvvisa, come tutte le volte
che si
toccava quell'argomento. Era stufo marcio di essere provocato in quel
modo; l'unica cosa che voleva adesso era ripagarla con la stessa
moneta.
«
Non ne ho idea. E tu che mi dici, invece? Tuo marito lo sa che quando
stai con lui in realtà pensi a un Mezzosangue? »
Bellatrix
divenne paonazza, poi si fece violacea e infine nera di rabbia e per
un secondo trattenne il respiro, impietrita.
«
Wow... Sei sicuro che provocarla così sia una buona idea?
» sibilò
Ted Tonks, gli occhi spalancati per lo shock.
Un
attimo dopo lui e Regulus furono costretti a fare un balzo di lato,
perché Bellatrix aveva attaccato.
«
Ti strapperò quella lingua velenosa! »
urlò, lanciandogli contro
una scarica continua di maledizioni letali.
Regulus
fu costretto a ripararsi dietro la fontana, perché Bellatrix
era
talmente infuriata che non gli dava il tempo di rispondere al fuoco.
Forse Tonks aveva ragione, non era stato saggio insinuarle del sangue
Babbano che scorreva in Voldemort, ma non gli importava. Aveva voluto
ferirla nell'orgoglio volontariamente. Si rese conto di provare solo
risentimento nei suoi confronti, non tanto perché era stata
lei a
parlargli per la prima volta del Signore Oscuro, quando era ancora un
ragazzino influenzabile, ma perché la considerava colpevole
della
morte di Alphard quanto Rodolphus. Lo aveva lasciato morire senza
alzare un dito per aiutarlo, forse lo aveva anche torturato di
persona, e per questo non l'avrebbe mai perdonata.
«
Sta arrivando » lo avvertì Tonks, sporgendosi dal
bordo della
fontana, dietro la quale si era rifugiato anche lui.
Regulus
strinse il pugno intorno alla bacchetta, fece un paio di respiri
profondi nel vano tentativo di calmarsi e alla fine balzò in
piedi,
iniziando a sua volta a duellare contro di lei.
«
Regulus non torna. Ed è trascorso più di un
quarto d'ora ».
La
battaglia infuriava dappertutto, e il frastuono era così
caotico che
non si erano accorti dell'assenza di Regulus fino a che non erano
arrivati al Primo Livello. Rachel si sentì sprofondare,
mentre le
sue viscere si contorcevano per l'ansia.
«
Deve avere avuto dei problemi » rispose Emmeline.
Rachel
tremò visibilmente, ma quando parlò il suo tono
era fermo e deciso.
«
Scusate, devo andare a cercarlo ».
«
Veniamo con te » propose Sturgis.
A
Rachel avrebbe fatto piacere, a dire il vero, ma non era possibile.
«
Grazie, ma è meglio che continuiate a cercare i Lestrange
insieme »
li rassicurò, anche se nemmeno poteva averne la certezza
assoluta.
Ma non voleva proseguire senza essersi assicurata che Regulus stesse
bene. Si sentiva morire di paura al solo pensiero di quello che gli
sarebbe potuto succedere.
«
D'accordo, ma fa' attenzione ».
Rachel
annuì, ma si era già voltata indietro e aveva
iniziato a tornare
sui suoi passi.
Mangiamorte
e forze alleate stavano combattendo anche lassù. Rachel fu
costretta
a rallentare la corsa, perché di tanto in tanto si ritrovava
a
subire l'attacco di uno o più nemici, oppure cercava di
aiutare
qualche mago o strega in difficoltà. Scendeva le scale il
più
velocemente possibile, mentre il cuore le martellava per
l'agitazione. Sperò che Regulus stesse bene e di riuscire a
trovarlo
sano e salvo.
Al
Secondo Livello, stranamente, regnava una calma inquietante quanto
insolita. C'erano diversi cadaveri riversi per terra, appartenenti a
entrambi gli schieramenti, ma nessun segno di chi li aveva uccisi.
Rachel accelerò il passo, perché quella
situazione non le piaceva
affatto, quando notò qualcuno accasciato sui gradini,
immobile.
Trattenendo il respiro, gli si accostò. Lo aveva
riconosciuto dal
monocolo che teneva ancora sul naso e dal fez rosso rotolato qualche
scalino più in basso: si trattava del capo del suo ufficio
al
Ministero, Arnold Peasegood, ed era chiaramente morto.
Rachel
non se la sentiva di lasciarlo lì, anche se sapeva di non
poter fare
più niente per lui. Si limitò a chiudergli gli
occhi, ma
quell'esitazione fu uno sbaglio.
Un
attimo dopo, qualcuno che le si era avvicinato silenziosamente le
afferrò il polso che teneva la bacchetta e le
tirò il braccio
dietro la schiena, piegandolo fino a farle male.
«
Tu sei una della combriccola di Black » parlò
Rodolphus Lestrange,
e la sua voce la fece tremare da capo a piedi. Lui le puntò
la
propria bacchetta alla tempia, per impedirle di opporre resistenza.
«
Chi di voi ha l'arma? »
«
Quale arma? Non so di cosa stai parlando » mentì
lei, nel tentativo
di liberarsi.
«
Lo sai benissimo. Il Signore Oscuro ha detto che per distruggere gli
oggetti che avete rubato ve ne serviva una. Dimmi dov'è e ti
lascerò
andare ».
Rachel
non gli credette neanche per un istante. Cercò
disperatamente di
divincolarsi, ma più ci provava e più la stretta
intorno al suo
braccio diventava ferrea come una morsa. Provò a sferrargli
un
calcio ma non ci riuscì, e alla fine gli assestò
una gomitata con
tutte le sue forze. Non gli fece quasi nulla, ma bastò a
fargli
allentare leggermente la presa e a permetterle di liberarsi.
Rachel
si allontanò, puntandogli la bacchetta contro, ma si accorse
che le
tremava la mano. Lo vide sogghignare: lui si divertiva quando le sue
vittime erano spaventate, godeva del loro terrore e si esaltava
quando lo imploravano. Lei non poteva non mostrarsi terrorizzata, ma
non avrebbe supplicato. Al contrario, lo attaccò.
Lestrange
deviò con facilità la fattura che lei gli aveva
scagliato, e si
liberò senza problemi anche delle successive. Rachel
lottò contro
se stessa, perché la paura di non farcela le stava impedendo
di
combattere al meglio. Riuscì ad eseguire un Sortilegio Scudo
contro
la maledizione che il Mangiamorte le aveva mandato indietro, ma poi
vide i suoi occhi lampeggiare e lo udì pronunciare parole
che non
aveva mai sentito prima.
Un
attimo dopo, dalla bacchetta di Rodolphus scaturirono delle fiamme.
Rachel indietreggiò per non farsi ustionare, ma con suo
grande
orrore scoprì che il fuoco stava diventando sempre
più alto, fino a
raggiungere il soffitto. Poi le fiamme iniziarono ad assumere forme
di draghi, chimere e altre creature spaventose, che si avventarono
contro di lei.
Senza
un attimo di esitazione, Rachel spiccò una corsa attraverso
il primo
corridoio che le capitò davanti. Non sapeva neanche dove
stesse
andando, ma al momento era troppo impegnata a sopravvivere per farci
caso. Le fiamme dell'Ardemonio la stavano inseguendo, divorando tutto
ciò che incontravano sul loro passaggio. La ragazza corse
come non
aveva mai fatto in vita sua, ma il calore cocente del muro di fuoco
alle sua spalle si avvicinava sempre di più. Non aveva la
più
pallida idea di come fermare quella magia oscura, né aveva
intenzione di correre il rischio di provarci. Non appena si fosse
fermata, sarebbe stata incenerita.
Il
corridoio era quasi finito e, da quel che poteva vedere, sembrava che
dopo ci fosse uno spazio aperto. Rachel si augurò che ci
fosse
qualcuno in grado di aiutarla. Non aveva più fiato ma la
forza della
disperazione la aiutò a fare un ultimo scatto.
Uscì dal
corridoio... e si rese conto di essere spacciata.
Era
arrivata alla fine della sua corsa. Si trovava su una delle balconate
che davano sull'Atrium. Oltre la balaustra la aspettava un volo di
circa trenta metri, e non c'erano altre vie d'uscita: era in
trappola.
Quando
si voltò, il fuoco l'aveva quasi raggiunta. Istintivamente
si coprì
la testa con le mani, accovacciandosi su se stessa e urlando per la
disperazione. Attese che la maledizione la uccidesse, tremante e
scossa dai singhiozzi, sperando che il dolore durasse poco. Ma non
accadde nulla.
Quando
trovò il coraggio di riaprire gli occhi, scoprì
che l'Ardemonio era
sparito.
Ancora
intontita e in preda al panico, Rachel alzò lo sguardo su
Lestrange,
e scoprì che non si era interrotto di propria
volontà: aveva un
brutto taglio all'altezza del fianco, e la sua veste era già
zuppa
di sangue.
Rachel
si voltò per scoprire chi lo avesse ferito e trattenne il
respiro.
Era
stato Perseus. Suo padre doveva essersi unito a chi stava cercando di
riconquistare il Ministero ed era andato a cercarla. Era appena
uscito dal corridoio del Secondo Livello e stava fissando Rodolphus
con un'espressione che sua figlia non gli aveva mai visto prima. Era
livido e il suo sguardo era colmo di odio. Il suo volto era rigido
come una maschera di pietra, ma stringeva i pugni con tanta energia
che gli tremavano di rabbia.
L'uomo
avanzò in fretta, tenendo la bacchetta puntata verso il
Mangiamorte,
fino a posizionarsi tra lui e Rachel.
«
Sei già morto, Lestrange » sibilò, con
una quiete innaturale.
Rodolphus
fece una smorfia, ignorando la ferita.
«
Questo è tutto da vedere. Crucio!
»
Rachel
scattò in avanti, senza fiato, ma Perseus era riuscito a
evitare la
Maledizione e, senza indugiare neanche un secondo, rispose al fuoco.
«
Avada Kedavra!
»
Un
lampo di luce verde scaturì dalla sua bacchetta, ma
Rodolphus schivò
a sua volta e riprese a combattere. Il Mangiamorte era molto
più
agile dell'avversario: anche se la ferita lo aveva reso meno rapido,
Perseus rischiò di avere la peggio un paio di volte.
Nel
frattempo, Rachel era tornata in piedi ed era corsa a riprendersi la
bacchetta che aveva lasciato cadere quando aveva pensato di essere
divorata dalle fiamme oscure. Quando si voltò di nuovo ad
assistere
allo scontro, scoprì che Lestrange e suo padre stavano
combattendo
sul ciglio della balconata.
Con
una finta improvvisa, Rodolphus riuscì a cogliere Perseus di
sorpresa e a disarmarlo. La bacchetta volò oltre la
balaustra,
cadendo sotto di loro. Rachel gli impedì di continuare:
lanciò a
Lestrange una fattura che lo colpì di striscio.
Rodolphus
reagì, tornando a duellare contro di lei. Rachel riusciva a
reggere
il ritmo a fatica. Nonostante le ferite, il Mangiamorte era ancora
micidiale. La costringeva a indietreggiare continuamente,
finché la
sua schiena non urtò contro qualcosa, facendole quasi
perdere
l'equilibrio: era ad un passo dal cadere nel vuoto.
Rachel
aveva la sensazione che il mondo avesse preso a ruotare, e le gambe
le iniziarono a tremare quando Rodolphus le si avvicinò, la
strappò
la bacchetta di mano e le strinse una mano intorno al collo.
«
Dimmi chi ha quell'arma, altrimenti... » la
minacciò, e fece come
per spingerla di sotto.
«
NON TOCCARLA! »
Ignorando
il fatto di essere disarmato, Perseus lo assalì a mani nude
pur di
spingerlo via da lei. Rodolphus reagì di scatto.
Lasciò andare
Rachel e si concentrò sull'altro avversario.
«
Imperio!
»
Perseus
fu colpito in pieno, e si bloccò di colpo. Il suo sguardo
era
cambiato: non mostrava più rabbia, odio e paura, ma era
completamente privo di espressione. Tutto il suo corpo si
rilassò e
le braccia gli ricaddero lungo i fianchi.
Per
un istante Rachel rimase immobile, incapace di capire le intenzioni
del Mangiamorte, ma con un orribile presentimento.
«
Uccidila » ordinò Lestrange, un ghigno sadico che
gli deformava il
volto.
E
Perseus obbedì. Rachel avrebbe urlato ma si
ritrovò senza voce per
lo shock quando suo padre si avventò contro di lei, senza
riconoscerla o mostrare la minima emozione. Era un burattino sotto il
controllo totale di Rodolphus.
Rachel
provò a resistere, ma non era abbastanza forte. Nessuno dei
due era
armato, e Perseus continuava a spingerla verso la balaustra.
«
Papà, sono io! » sbottò, nel vano
tentativo di farlo tornare in
sé. « Sono tua figlia! »
Ma
fu inutile. Perseus non batté ciglio e non si
fermò. Rachel non
provava nemmeno a colpirlo veramente. Perseus non aveva mai alzato le
mani su di lei, l'aveva sempre protetta, anche troppo certe volte.
Quel giorno aveva deciso di combattere, cosa che non aveva mai fatto
prima, pur di trovarla, ma Rodolphus era riuscito a fargli
dimenticare tutto.
«
Quando si renderà conto di aver assassinato la sua unica
figlia,
impazzirà dal dolore. È questo che vuoi?
» commentò Lestrange,
decisamente divertito da tutto ciò. « Hai solo due
soluzioni per
evitare che accada: o lo uccidi a tua volta, risparmiandogli tutto
quel rimorso, o mi dici chi ha quell'arma ».
Rachel
ormai aveva il volto rigato di lacrime. Era così orripilata
da
quello che stava succedendo che perse il controllo e non
riuscì a
impedirsi di parlare.
«
Non ce l'ho io! Ce l'ha Silente! Ti prego, fallo smettere! »
singhiozzò, disperata, anche se sapeva che lui non avrebbe
smesso.
Infatti,
Lestrange si avvicinò ancora di più, portando la
bacchetta a pochi
centimetri dalla testa di Perseus, come per potenziare la
Maledizione. E ci riuscì. Perseus divenne ancora
più determinato a
ucciderla.
Rachel
si sentì perdere l'equilibrio e percepì il
baratro sotto di sé.
Era in bilico sulla balaustra, con suo padre che ancora la reggeva
per le spalle della veste. Non appena avesse mollato la presa, lei
sarebbe caduta di sotto.
«
Non è colpa tua » provò a dirgli,
sperando che potesse sentirla e
ricordarlo quando sarebbe tornato in sé. Ma l'espressione di
Perseus
era già cambiata. Non era più vacua e spenta, e i
suoi occhi erano
sgranati per l'orrore.
Un
attimo dopo l'aveva tirata via dalla balaustra e si era avventato
contro Rodolphus. Il Mangiamorte tentò di colpirlo con un
anatema,
ma Perseus gli aveva afferrato il polso, portandolo in alto e
impedendogli di usare la bacchetta contro di loro. La sua presa non
cedette: era talmente accecato dalla rabbia che la sua forza si era
come triplicata. Il volto di Lestrange si contrasse per lo sforzo di
resistere all'attacco di Perseus, e se fino a poco prima aveva
esibito un ghigno sadico, la sua espressione si modificò di
colpo,
diventando colma di rabbia e frustrazione.
Rachel
corse ad aiutare suo padre, ma poi il suo cuore mancò un
battito.
Perseus
spinse Rodolphus con tutte le sue forze, facendogli perdere
l'equilibrio. Il Mangiamorte tese le mani, pronto ad afferrare
Perseus e trascinarlo di sotto con sé, ma Rachel
scattò in avanti e
trasse suo padre fuori dalla sua portata.
Per
una frazione di secondo il tempo parve rallentare. Per la prima volta
in vita sua, Rodolphus Lestrange mostrò di provare paura.
Tentò di
afferrare la bacchetta al volo, ma quella era stata sbalzata in
un'altra direzione. Né Perseus né Rachel
distolsero lo sguardo
mentre lui spariva oltre la balaustra. Poi Rodolphus cadde nel vuoto.
Regulus
era stato appena disarmato quando, solo pochi metri metri
più in là,
ci fu lo schianto. Alcune persone urlarono, terrorizzate. Subito
dopo, quando tutti capirono cosa era successo, nell'Atrium cadde un
silenzio teso, pronto a spezzarsi al minimo movimento.
Anche
Bellatrix si era voltata per vedere quel fosse la causa di
quell'improvvisa tregua. Regulus lo capì prima di lei, e per
un solo
istante non poté fare a meno di provare un immenso sollievo,
insieme
ad una sorta di soddisfazione vendicativa. Era morto. Rodolphus
Lestrange non avrebbe più potuto torturare e uccidere nessun
altro.
La
battaglia ricominciò subito dopo, e i Mangiamorte tornarono
a
combattere ancora più violentemente di prima. Solo Bellatrix
continuò ad avanzare, come ipnotizzata, finché
non si inginocchiò
accanto al corpo di quello che era stato suo marito, incurante del
lago di sangue intorno a lui. Regulus a quel punto distolse lo
sguardo. Per qualche ragione non riusciva a sostenere la vista di sua
cugina con le mani e le vesti intrise di sangue. Gli faceva molta
più
paura adesso, che era momentaneamente pietrificata, rispetto a prima.
«
Scappa » disse Ted Tonks. « Tra un attimo
diventerà una furia ».
Regulus
si rese conto che l'uomo aveva ragione. Recuperò la
bacchetta e
iniziò a correre verso le scale, mentre Bellatrix lanciava
un urlo
talmente disumano che lo fece quasi inciampare dallo spavento.
Salì
la scalinata il più velocemente possibile e si
fermò solo quando
raggiunse il Secondo Livello, perché aveva sentito odore di
bruciato. Non si vedevano incendi, ma dovevano esserci stati. Tutto
un corridoio era stato carbonizzato e le pareti erano nere con
fuliggine. Un fuoco normale non avrebbe mai potuto fare tutto
ciò,
quindi Regulus si sentì ancora più spaventato.
Seguì le tracce del
passaggio dell'Ardemonio, finché non si ritrovò
su una balconata.
Perseus
era seduto a terra, con il volto coperto dalle mani, e Rachel era
accanto a lui, intenta a calmarlo.
«
Stavo per ucciderti » stava dicendo lui, la voce rauca per lo
shock.
« Ho provato a combatterlo nella mia testa, ma era troppo
forte per
me... »
«
Ci sei riuscito, invece » lo rassicurò lei.
«
Mi dispiace » insisté lui.
«
Non è successo niente, d'accordo? Se non fossi arrivato in
tempo
sarei morta davvero ».
Poi
Rachel alzò lo sguardo e lo vide.
«
Regulus! Sei vivo! » esclamò, balzando in piedi e
stritolandolo.
Il
ragazzo si accorse che lei stava tremando.
«
Che cosa è successo? » le chiese. « Ci
sono tracce di Ardemonio
ovunque ».
La
ragazza si asciugò gli occhi, evidentemente provata.
«
Rodolphus » spiegò. « Stava per
uccidermi. Poi per fortuna è
arrivato mio padre ».
«
Dove diamine eri? » sbottò Perseus, che quando non
sapeva come
sfogarsi se la prendeva con Regulus. « L'hai lasciata sola!
Stava
per finire carbonizzata! »
«
Stavo combattendo con Bellatrix, non ero mica andato a nascondermi!
»
ribatté lui, irritato.
«
Va bene, calmiamoci tutti » fece lei, mettendosi in mezzo.
« Sono
stata io a lasciare Emmeline e Sturgis per andarmene da sola, quindi
non cominciate a litigare per niente ».
I
due tacquero per alcuni istanti, poi Regulus parlò.
«
Dovremmo andarcene di qui. Temo che Bellatrix mi stia inseguendo
».
«
In realtà dovrei essere io il suo obiettivo »
mormorò Perseus.
Regulus
all'inizio non capì, poi un'occhiata di Rachel gli fece
intuire la
verità.
«
Non glielo vada a dire, allora » gli suggerì. Poi
si rivolse a
Rachel. « Dobbiamo andare a Hogwarts, adesso ».
«
Ma non era il nostro compito » fece lei, perplessa.
«
Dobbiamo farlo. Il Diadema è l'ultimo Horcrux, ma Tu-Sai-Chi
ha
intenzione di crearne altri. È inutile riconquistare il
Ministero se
lui poi resterà immortale ».
Rachel
sgranò gli occhi. Poi annuì in fretta e
lanciò un'occhiata a suo
padre.
«
Come ti senti? »
Lui
era evidentemente a pezzi. Dopo aver subito un'Imperius che gli aveva
fatto quasi uccidere la figlia e dopo aver tolto la vita per la prima
volta in vita sua, Regulus si sarebbe meravigliato del contrario. Ma
Perseus non era il tipo di persona che ne avrebbe parlato.
Così, si
limitò ad annuire.
«
Raggiungerò tua madre. È qui anche lei, sta
cercando di curare i
feriti. Voi due fate attenzione... E scusa per prima. Non volevo
prendermela con te » aggiunse, mortificato.
«
Non fa niente » rispose Regulus, stupito. Poi prese Rachel
per mano
e attese che la Passaporta che aveva appena creato si attivasse.
Un
attimo dopo, furono risucchiati dal vortice, e alla fine si
ritrovarono a Hogwarts, in uno dei corridoi del secondo piano. Non
ebbero neanche il tempo di riprendersi dalla confusione dovuta al
viaggio improvviso, quando una voce nota parlò alle loro
spalle,
pronunciando parole minacciose che li fecero sprofondare.
«
Non vi muovete e tenete le mani in vista. Reagire non vi
servirà a
niente ».
Per
tutti i gargoyle, che ritardo! >.< Mi dispiace che
abbiate dovuto
aspettare così tanto, ma gli ultimi due mesi sono stati
pazzeschi: tra tirocinio, tesi e laurea, non ho avuto il tempo
materiale di pensare a cosa avrei potuto scrivere, figurarsi di
aggiornare. Ora sono finalmente tornata alla normalità e
spero
che questo capitolo ripaghi l'attesa. Ammetto che ogni volta che l'ho
riletto ho goduto non poco muahahah XD
Non dirò la data precisa del prossimo capitolo
perché
devo ancora finirlo e non voglio dare false speranze, ma sicuramente
non dovrete aspettare quanto avete atteso per questo xD
A presto, Julia :)
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Capitolo 59 *** Lo scontro finale ***
Non
può piovere per sempre
Capitolo
59
Lo
scontro finale
«
Caramelle Mou!
La parola d'ordine è questa, lo giuro! »
Lo
strillo soffocato del custode risuonò nel corridoio, subito
seguito
da un gemito quando i due Mangiamorte che lo tenevano fermo lo
scaraventarono sul pavimento di pietra.
Lord
Voldemort lo fissò con i suoi occhi rossi e serpenteschi.
«
Lo spero per te. Vediamo se per una volta ti sei reso utile,
Magonò
».
Voltò
le spalle a Gazza e ai due Mangiamorte e si rivolse al gargoyle di
fronte a lui, pronunciando la parola d'ordine che aveva appena
estorto al custode della scuola. Stavolta era quella giusta. Un
attimo dopo, il gargoyle iniziò a muoversi, rivelando una
scala a
chiocciola che saliva in alto e finiva davanti ad una porta di legno
massiccio.
«
Portatelo via » si limitò a ordinare ai due
seguaci. Gazza strillò
ancora, spaventato, ma Voldemort lo ignorò. Con passo sicuro
e
un'espressione trionfante dipinta sul volto, salì la scala
ed entrò
nell'ufficio del Preside.
Il
mormorio che aveva sentito quando aveva aperto la porta davanti a
sé
si interruppe bruscamente quando i ritratti degli antichi Presidi di
Hogwarts si resero conto che ad entrare non era stato Silente. Ci
furono alcuni istanti di silenzio assoluto, durante il quale
Voldemort si guardò intorno con aria soddisfatta. Poi
qualche
ritratto più coraggioso degli altri si decise a parlare.
«
Questo è l'ufficio di Albus Silente ».
«
Non più. La scuola è sotto il mio comando, adesso
».
La
sua affermazione non doveva essere una novità per loro, dal
momento
che le voci tra i ritratti correvano più velocemente che tra
le
persone in carne e ossa, ma loro tacquero lo stesso, quasi raggelati
dallo shock.
Voldemort
li ignorò. Aveva ben altro a cui pensare. Anche se il
Diadema di
Corvonero adesso era ben sorvegliato e al sicuro, non si sentiva
affatto tranquillo. Tutti gli altri Horcrux erano stati distrutti.
Una rabbia cocente divampò dentro di lui quando quel
pensiero tornò
a tormentarlo. Erano andati, pezzi della sua anima erano ormai
perduti per sempre. Gliene restavano solo due, quello nascosto nel
Diadema e quello che aveva sede nel suo corpo. Si sentiva debole e
vulnerabile come non era mai stato negli anni precedenti. Aveva
dimenticato cosa significasse tornare ad essere quasi mortale, e se
lui che aveva comunque una seconda possibilità era tornato a
temere
la morte, non riusciva proprio a immaginare come potessero vivere
tranquille le persone comuni, quelle menti limitate e insignificanti
che di vita ne avevano solo una.
Sapeva
da chi era partito quel disastro. Non era Silente, stranamente: lui
non ci era arrivato né avrebbe potuto farlo. Era stato
Regulus
Black. Quando aveva letto il messaggio nascosto nel falso medaglione
di Serpeverde, all'inizio lo shock e il terrore erano stati troppo
devastanti per permettergli di ragionare lucidamente e capire chi si
celasse dietro la sigla R.A.B. Ma, una volta tornato in sé,
Voldemort aveva capito. Solo il suo inutile elfo domestico aveva
visto la caverna e, a quanto pareva, era stato l'unico a uscirne
vivo. Il come non gli interessava più di tanto; dopotutto la
vita di
un elfo era irrilevante. Come avrebbe mai potuto immaginare che per
un Black, invece, fosse così importante? Era un elfo
domestico, una
creatura nata per servire, talmente inferiore che ucciderla non era
nemmeno divertente. Ma dopotutto ogni nobile Purosangue aveva una
fissazione strana, un capriccio o un lato eccentrico. Non era questo
che gli interessava. Ciò che gli faceva ribollire il sangue
nelle
vene era stato il proprio errore di sottovalutare Black. Lo aveva
considerato un moccioso che voleva sentirsi grande e potente ma alla
fine si era spaventato ed era fuggito. Invece si trattava di una
serpe in seno, un traditore che si era finto stupido e ingenuo, per
poi carpire il suo più grande segreto e usarlo per
distruggerlo. Ma
non ci sarebbe riuscito. Con quel messaggio di sfida che gli aveva
lasciato, aveva condannato a morte se stesso e tutte le persone che
gli erano vicine.
Ma
per il momento Voldemort doveva pensare a se stesso. Non poteva
permettere che la sua immortalità, conquistata con tanta
fatica,
venisse messa a repentaglio da un Purosangue viziato, un ragazzo che
aveva sempre avuto tutta la strada spianata e che non aveva bisogno
di fare alcuno sforzo per ottenere quel che voleva, solo
perché si
chiamava Black, e non Riddle. Doveva costruire un nuovo Horcrux, al
più presto. E in quel momento aveva davanti l'oggetto che
aveva
scelto.
Sopra
la scrivania che fino a poche ore prima era appartenuta a Silente,
appena al muro, c'era la spada dell'ultimo dei quattro fondatori di
Hogwarts. Fino a quel momento Voldemort non aveva voluto usarla per
trasformarla in un Horcrux: in fondo era di Grifondoro. Ma ora la
necessità e il bisogno lo avevano spinto a cambiare idea.
Perché
no? Era sempre uno dei quattro e quella spada era una delle reliquie
più antiche del mondo magico. Senza contare il fatto che
usarla per
nascondervi un frammento della sua anima avrebbe rappresentato una
certa vittoria nei confronti di Grifondoro, l'eterno rivale di
Salazar Serpeverde. Chi altri se non l'Erede avrebbe potuto farlo? E
in più, quella volta non voleva accontentarsi di uccidere un
vagabondo, o il primo che gli fosse capitato davanti. No, per creare
quell'ultimo Horcrux, avrebbe ucciso Albus Silente.
Il
mormorio di dissenso tra i ritratti tornò a farsi sentire
quando
Voldemort tese il braccio, pronto ad afferrare la spada.
«
Mio Signore! »
Voldemort
si voltò di scatto, irritato da quell'interruzione.
«
Che cosa vuoi, Codaliscia? » sbottò, rivolto al
ragazzo che aveva
appena fatto irruzione nell'ufficio, senza alcuna autorizzazione.
Minus
era in pessime condizioni. Non aveva trascorso molto tempo ad
Azkaban, ma quei pochi giorni erano bastati a farlo sembrare di colpo
più vecchio e debole. Il suo volto era pallido e grigiastro,
fin
troppo smunto per un fisico che era sempre stato in carne come il
suo. Solo la costante paura che animava i suoi occhi era ancora
intatta, anche se spesso Voldemort vi leggeva anche qualcos'altro, un
sentimento che sembrava svuotarlo e farlo diventare ancora
più
spento e debole. Quando tutti gli altri Mangiamorte erano evasi da
Azkaban, Minus non aveva avuto altra scelta che quella di tornare con
loro. Voldemort però non si fidava più, dal
momento che le sue
informazioni non lo avevano aiutato a catturare i Potter, quando
ancora credeva nella Profezia. E ora che si era fatto scoprire
dall'Ordine della Fenice, non gli era nemmeno più utile come
spia.
Tuttavia, si era limitato a torturarlo un po', senza ucciderlo. Uno
come Minus poteva sempre tornare utile in qualche modo.
«
Chiedo scusa, mio Signore » esordì Codaliscia,
servile e spaventato
come al solito. « Il castello è stato attaccato!
Sono entrati di
nascosto ma sono stati scoperti... e ora combattono! »
Voldemort
s'irrigidì, irritato. Sapeva che quella situazione non
sarebbe
durata a lungo, ma sperava di poter contare su un po' più di
tempo.
«
E Silente? Dov'è? »
«
Dicono che sia anche lui... ma non riusciamo a trovarlo »
rispose
Minus, tremante.
La
porta della Sala Grande esplose, facendo schizzare frammenti di legno
e schegge per tutto l'ingresso e scaraventando Hestia e gli altri con
una potente onda d'urto. La ragazza si ritrovò semicoperta
da
detriti e frammenti. Tossendo a causa della polvere, si
rialzò
dolorante, mentre vedeva la battaglia imperversare intorno a
sé.
«
State tutti bene? » chiese, preoccupata.
Sirius
e gli altri dell'Ordine della Fenice confermarono, tossendo a loro
volta. Poi, tutti insieme, entrarono nella Sala Grande. Non fu
difficile sconfiggere i due Mangiamorte rimasti di guardia, dal
momento che tutti gli altri erano intenti a combattere nel resto del
castello. Gli studenti erano terrorizzati, stretti gli uni agli altri
per farsi forza a vicenda.
Quando
anche i professori furono liberati dalle corde che li legavano, la
McGranitt fu la prima a prendere il controllo della situazione.
«
Bisogna far evacuare subito i minorenni! » tuonò.
«
C'è un passaggio segreto vicino alle cucine »
propose James. «
Conduce a Hogsmeade, ed è il più facile da
raggiungere ».
«
Molto bene, li faremo passare di lì. Tutti gli studenti con
meno di
diciassette anni si radunino » ordinò la
McGranitt. « Noi faremo
loro da scudo. Chiunque voglia offrirsi volontario è ben
accetto ».
Mentre
i professori, l'Ordine della Fenice e gli studenti dell'ultimo anno
formavano un cordone protettivo intorno ai ragazzi più
giovani,
Hestia fu raggiunta da Kingsley.
«
Non ti ho vista da nessuna parte. Pensavo che ti avessero uccisa!
»
«
Non mi hanno mai catturata » spiegò lei mentre
James iniziava a
fare strada attraverso la sala d'ingresso, con tutti gli altri che lo
seguivano a ruota. « Ero nelle cucine » ammise,
imbarazzata.
Non
appena i Mangiamorte li videro scappare in direzione delle cucine, li
attaccarono, e professori e Ordine cercarono di rimandare indietro le
loro fatture. Hestia si trovava in coda al gruppo ed era bersagliata
da maledizioni letali; nonostante il terrore che provava insieme alla
consapevolezza del fatto che ogni suo nuovo respiro poteva essere
anche l'ultimo, riuscì a Schiantare e mettere fuori
combattimento un
paio di Mangiamorte.
Erano
quasi arrivati al corridoio, quando accadde qualcosa. Hestia si
sentì
sbalzare lontano per la seconda volta nel giro di cinque minuti.
Atterrò di schiena sul pavimento di pietra e colmo di
schegge di
vetro, graffiandosi diverse parti del corpo. Rimase senza fiato per
alcuni istanti ma si affrettò a rialzarsi non appena delle
urla
atterrite riecheggiarono per la sala d'ingresso.
Gli
studenti minorenni erano stati intrappolati all'interno di una cupola
trasparente. Accanto a essi, con in mano la bacchetta che aveva
evocato la loro gabbia, c'era Voldemort.
«
Arrendetevi » tuonò con la sua voce serpentesca,
amplificata
magicamente in modo tale da essere udita in tutto il castello.
« O
loro moriranno tutti ».
Si
guardava intorno con gli occhi rossi che lampeggiavano, come eccitato
all'idea di avere il controllo completo delle vite di decine di
innocenti.
La
battaglia si era interrotta di colpo e un silenzio orripilato cadde
sulla scuola, interrotto solo dai singhiozzi dei ragazzini tenuti
sotto tiro. Alcuni volontari provarono a intervenire, ma furono
fermati dai loro stessi alleati. Una ragazza, che era tra coloro che
avevano tradito facendo entrare i Mangiamorte a Hogwarts, aveva
assunto un colorito bluastro, mentre fissava con terrore uno dei
ragazzini che l'Ordine aveva cercato di proteggere. Forse era suo
fratello, pensò Hestia, e lei era stata così
ingenua da credere ai
Mangiamorte che le avevano assicurato che lui non sarebbe stato
toccato.
«
Non ho intenzione di sacrificare tutte queste vite »
continuò
Voldemort. « Propongo un compromesso: un duello tra me e
Albus
Silente. So che è tra voi e so anche che sta cercando di
prendere
tempo, nella vana speranza di trovare un modo per sconfiggermi, ma
così facendo voi morirete uno dietro l'altro, mentre lui
continua a
tenersi lontano dalla prima linea ».
Hestia
si guardò disperatamente intorno, e non era l'unica. Tutti
cercavano
Silente con lo sguardo, ma non lo videro da nessuna parte. La ragazza
colse già alcuni sguardi fugaci di persone che iniziavano a
dubitare.
«
So che mi puoi sentire, Silente » insisté
Voldemort, con un tono di
trionfo. « Ti concedo dieci minuti per raggiungermi nel
cortile e
affrontarmi. Altrimenti i tuoi alleati subiranno le conseguenze della
tua codardia ».
Le
ultime parole di Voldemort continuavano a risuonargli nella testa,
ininterrottamente e senza per questo diventare ogni volta meno
dolorose. Albus Silente si trovava nella torre di Astronomia quando
il Signore Oscuro gli aveva lanciato la sua sfida, cogliendolo alla
sprovvista. Non era ancora pronto per affrontarlo. Nessuno di loro
aveva ancora trovato l'Horcrux, né sapevano quanti altri ne
restavano, e ora che il loro avversario sapeva cosa stavano cercando,
probabilmente aveva spostato i rimanenti, mettendoli ancora
più al
sicuro, in modo tale da rendere impossibile la loro distruzione.
Albus
non aveva idea di che cosa sarebbe successo con esattezza se avesse
colpito Voldemort con una maledizione mortale anche se il Diadema di
Corvonero era ancora intatto. Sarebbe morto momentaneamente, per
riassumere sembianze corporee poco dopo? Oppure non gli avrebbe
neanche fatto un graffio? Dopotutto era ancora immortale. Meno di
prima, ma lo era.
Aveva
già provato una sensazione simile, trentasei anni prima, nei
minuti
immediatamente precedenti alla sua decisione di affrontare
Grindelwald in duello. La situazione era diversa, tuttavia. Gellert
non era immune ai suoi incantesimi. Il loro era stato un duello alla
pari. Adesso invece Silente non aveva alcuna possibilità di
vincere.
Per quanto abile fosse, non era un caso se il mago oscuro che fino a
quel momento lo aveva sempre temuto era diventato improvvisamente
così fiducioso: Voldemort aveva un ultimo, ma essenziale,
vantaggio,
e sapeva già che sarebbe risultato vittorioso.
Dalle
finestre lungo il corridoio che stava percorrendo poteva vedere il
cielo notturno, che era coperto dalle nuvole cariche di pioggia, nere
e minacciose come non mai. Per la prima volta da anni, Albus Silente
si ritrovava senza una strategia. E adesso aveva ben poco da
pianificare. Se non avesse accettato la sfida, tante vite innocenti
avrebbero pagato per la sua scelta. Si disse che sarebbero morti
anche se Voldemort avesse trionfato, ma alcuni avrebbero anche potuto
arrendersi e passare dalla sua parte. Per quanto lui lo ritenesse
sbagliato, quale diritto aveva di privare tutte quelle persone della
possibilità di scegliere se sacrificare o salvare le proprie
vite e
quelle dei loro cari?
Sapeva
di dover accettare, ma ancora non se ne riusciva a fare una ragione.
Era assurdo, pensò, mentre stringeva tra le dita sottili il
Mantello, l'anello con la Pietra e la Bacchetta. Aveva riunito i tre
Doni, diventando il Padrone della Morte, eppure quelli erano gli
ultimi minuti della sua vita.
«
Sai cosa significa davvero essere Padroni della Morte, Albus?
»
La
domanda postagli da Grindelwald continuava a tornargli alla mente a
intervalli regolari. Ormai sapeva la risposta, dal momento che aveva
avuto parecchio tempo per rifletterci, ma questo non voleva dire che
intendesse accettarlo. Non era ancora pronto per morire, la sua ora
non poteva essere già arrivata, pensava, ogni nuovo passo
che
diventava sempre più difficile e pesante.
Eppure,
in ogni caso il mondo non sarebbe finito con lui. Non era l'unico a
sapere degli Horcrux. C'erano anche Regulus, Sirius, i Potter e
Rachel. Tutti loro sapevano bene cosa dovevano continuare a fare,
anche se il suo aiuto fosse venuto meno. Tutti loro avrebbero
continuato a provarci, ne era certo. E quasi tutti loro quella sera
si trovavano lì a Hogwarts, intenti a cercare gli Horcrux
rimanenti.
Forse il suo compito sarebbe stato proprio quello di concedere loro
del tempo per cercarli, tenendo occupato Voldemort il più
possibile.
Ma non era molto ottimista al riguardo. C'erano ancora troppi posti
da controllare, e troppo poco tempo. Nemmeno lui sarebbe riuscito a
combattere contro un Voldemort immortale in eterno. Eppure
continuò
a camminare.
«
Accetto la sfida » disse infine ad alta voce, mettendo
finalmente
piede nel cortile di fronte all'ingresso della scuola, dove Voldemort
lo stava aspettando, circondato da combattenti di entrambe le
fazioni, immobili e tesi come corde di violino.
Silente
trovò la forza per mostrare un'espressione serafica, anche
se non
era sicuro di esserci riuscito.
«
Accetto, ma con delle condizioni » ripeté.
« Devi permettere agli
ostaggi di lasciare la scuola ».
Con
sé non aveva nient'altro se non la bacchetta che adesso
stava
puntando contro Lord Voldemort.
«
Sai cosa significa davvero? »
«
Accogliere la Morte come una vecchia amica ».
Albus
Silente aveva deciso di lasciare la Pietra della Resurrezione e il
Mantello dell'Invisibilità sulla torre di Astronomia.
Regulus
e Rachel si voltarono di scatto nello stesso momento, pronti ad
attaccare il loro aggressore, ma lui fu più veloce e li
disarmò,
costringendoli ad alzare le mani in segno di resa.
Era
stato Severus Piton a sorprenderli alle spalle. Il Mangiamorte li
scrutava con la sua solita espressione indecifrabile mentre loro
cercavano disperatamente una via di fuga.
«
Continuate a tenere le mani in vista » disse infine, per poi
fare un
cenno in direzione del corridoio dietro l'angolo. « Camminate
».
Loro
obbedirono; non avevano alternative, dal momento che le loro
bacchette erano in suo possesso.
Mentre
Severus li spingeva lungo il corridoio, Regulus valutava le loro
prospettive. Li avrebbe portati da Voldemort, non aveva dubbi. Un
fremito di paura li percorse da capo a piedi quando pensò al
momento
in cui il Signore Oscuro avrebbe potuto finalmente vendicarsi di lui,
un ragazzino che aveva osato giocarlo.
Si
stava sforzando di trovare una soluzione per impossessarsi di nuovo
delle bacchette, quando da dietro l'angolo successivo si udirono
delle voci concitate. Dovevano essere per forza altri Mangiamorte.
Regulus e Rachel si scambiarono un'occhiata sconfortata: avrebbero
potuto reagire e avere la meglio contro un solo Mangiamorte, ma
adesso ogni loro speranza era diventata vana.
«
Entrate in quest'aula, svelti » sibilò Piton, con
una certa
veemenza.
Senza
capire, loro entrarono, e Piton si chiuse la porta alle spalle in
fretta e furia. Un attimo dopo, i passi dei Mangiamorte, dopo aver
svoltato l'angolo, echeggiarono nel corridoio ma oltrepassarono
l'aula senza fermarsi.
Per
alcuni istanti Regulus non capì. Perché Piton
avrebbe dovuto
nasconderli ai suoi amici e alleati? Voldemort gli aveva ordinato di
fare qualcosa che gli altri non dovevano sapere? Poi si rese conto
che il ragazzo teneva le bacchette tese verso di loro, non per
attaccarli, ma per restituirle.
«
Sei tu l'informatore di Silente? » chiese Regulus infine,
colto da
una rivelazione improvvisa, mentre si rimpossessava della propria
bacchetta.
Lui
non rispose in modo esplicito, ma fu evidente a entrambi che Regulus
avesse detto il vero.
«
Avresti potuto dircelo subito, invece di aggredirci »
commentò
Rachel, perplessa e non proprio convinta.
«
Perché, mi avresti creduto? » le chiese Severus,
scettico.
«
No » ammise lei senza mezzi termini.
«
Appunto ».
Regulus
intercettò lo sguardo della ragazza. Sembrava volergli
chiedere se
fosse il caso di fidarsi, ma quella era una domanda alla quale lui
non sapeva rispondere. Si chiese per quale motivo Severus avesse
deciso di tradire Voldemort a sua volta. Piton era sempre stato il
più attratto dalle Arti Oscure, molto più di lui,
che era diventato
un Mangiamorte nella convinzione di poter fare qualcosa che all'epoca
riteneva giusta. Ma Severus non aveva mai dato segni di cedimento.
Forse era stato più abile di lui a nascondere i propri
pensieri, ma
Regulus ricordava bene anche il loro precedente incontro: quella
notte Piton gli era parso tutt'altro che restio a continuare a
collaborare con Voldemort. Ma chissà cosa poteva essere
successo
mentre lui era latitante... Del resto il Signore Oscuro non aveva
scrupoli nemmeno nei confronti dei suoi alleati.
«
Come siete arrivati qui? » chiese Severus, interrompendo
bruscamente
le sue riflessioni.
«
Con una Passaporta. Prima eravamo al Ministero della Magia »
rispose
Regulus che, per qualche strana ragione, aveva inconsciamente deciso
di fidarsi.
Piton
aggrottò la fronte.
«
Com'è la situazione al Ministero? »
«
Stanno combattendo ancora. Ci sono state perdite da entrambe le
parti, ma per lo meno Rodolphus Lestrange è morto
» rispose
Regulus, e il tono che usò non nascose affatto la
soddisfazione
vendicativa che aveva provato poco prima, quando lo aveva visto ormai
senza vita e incapace di nuocere a nessun altro.
«
Qui invece che cosa è successo? Hanno ucciso qualcuno?
Perché hai
permesso che Voldemort conquistasse Hogwarts se eri già
dentro e
potevi avvertire tutti gli insegnanti prima che succedesse? »
chiese
Rachel con un tono inquisitorio: evidentemente non si fidava di
Piton.
Regulus
si guardò intorno per la prima volta da quando erano entrati
lì.
Una sensazione spiacevole si fece strada in lui quando si rese conto
che quella era l'aula di Incantesimi. Non l'aveva mai vista ridotta
in quel modo. Il legno dei banchi era stato scheggiato, i cumuli di
libri che di solito erano accatastati lungo le pareti ora giacevano
per terra in maniera scomposta e disordinata, e il seggiolino sul
quale il professor Vitious era solito salire per riuscire a vedere
oltre la cattedra era stato scaraventato dall'altra parte dell'aula.
«
Una cosa per volta » disse Severus, senza scomporsi.
« Silente mi
ha ordinato chiaramente di restare nelle grazie di Voi-Sapete-Chi. E
inoltre non potevo agire come mi pareva. Molti studenti sono sempre
stati dalla sua parte e gli hanno aperto le porte del castello. Ma
sto già provvedendo a rimediare. Quanto a Hogwarts, adesso
è sotto
il controllo del Signore Oscuro. Il castello è stato
attaccato da da
Auror, volontari e i loro alleati, ma Voi-Sapete-Chi ha dichiarato
una tregua, a condizione che sia Silente a sfidarlo a duello
».
Rachel
non sembrava del tutto persuasa.
«
Se è vero che sei dalla nostra parte, perché non
ci dici qual è
stato il motivo che ti ha spinto a cambiare? »
Per
la prima volta Severus perse il controllo che aveva sempre avuto. Di
colpo il suo volto si fece livido e le parole che pronunciò
sembravano affilate quanto coltelli.
«
Questo non ti riguarda! »
«
Vuoi scusarci un secondo? » gli disse Regulus, trascinando
Rachel in
un angolo dell'aula e rivolgendosi infine a lei, sottovoce. «
Lascia
perdere, d'accordo? Dobbiamo fidarci per forza ».
«
Ma come facciamo? »
«
Non lo so, lo facciamo e basta. Sei tu quella che ha sempre avuto
fiducia in tutti ».
«
Mi sbagliavo ».
«
Allora fidati di me, se non riesci a farlo con gli altri. Dopotutto
non abbiamo alternative » insisté Regulus.
Rachel
era ancora scettica, ma non replicò. Quando entrambi si
riaccostarono a Severus, quest'ultimo aveva assunto di nuovo
un'espressione annoiata.
«
Avete deliberato? »
«
Fino a prova contraria » ribatté la ragazza.
«
Cercherò di sopravvivere al dolore »
commentò lui, sarcastico. «
Ora, per quale motivo siete venuti qui? »
Regulus
esitò. Andava bene credere alla sua redenzione, ma non fino
al punto
di parlargli degli Horcrux.
«
Dobbiamo trovare mio fratello e i suoi amici » rispose
comunque con
una mezza verità. « Si sono intrufolati a Hogwarts
prima di noi, ma
c'è una cosa che non sanno ».
«
Non potete andarvene a zonzo come se nulla fosse. Se il Signore
Oscuro ti vedesse, Black, ti farebbe fuori senza che tu abbia il
tempo di battere le palpebre ».
«
Aiutaci tu a trovarli, no? Tanto a questo punto siamo tutti dalla
stessa parte » disse Rachel, provocando una contrattura
involontaria
dei muscoli facciali di Severus.
«
Non è una mossa saggia. Rumoroso com'è,
quell'idiota di suo
fratello si sarà già fatto catturare. E anche nel
caso contrario,
non posso farmi vedere insieme a voi due: Silente vuole che resti
sotto copertura fino all'ultimo ».
Rachel
emise un verso sarcastico, come se avesse data per scontata quella
risposta. Regulus non era altrettanto diffidente, ma non aveva
nessuna intenzione di restare nascosto senza fare nulla.
«
Allora lasciaci andare da soli. Abbiamo una cosa molto urgente da
fare. E se è vero che Silente sta andando a duellare con
lui,
dobbiamo sbrigarci, perché le speranze sono già
poche così »
disse con il tono più determinato che aveva.
«
Credo di sapere cosa dovete fare ».
«
No, fidati: non lo sai ».
«
State cercando il Diadema di Corvonero ».
Per
alcuni istanti un silenzio di tomba cadde nella stanza, mentre sia
Regulus che Rachel restavano a bocca aperta per lo shock.
«
Che cosa?
» esordì lei poco dopo. « Come fai a
saperlo? »
Severus
fece una smorfia esasperata.
«
Me l'ha detto Silente ».
«
E si fida di te fino a questo punto? »
«
Non mi ha spiegato esattamente di cosa si tratta »
spiegò lui. «
So solo che il Signore Oscuro non vuole che si trovi, e che va
distrutto. Ce l'hai tu l'arma per farlo, vero? »
«
Questo non ti riguarda » rispose Regulus, ancora incredulo.
Che cosa
aveva mai fatto Piton per meritarsi tutta quella fiducia da parte di
Silente? O forse il vecchio era semplicemente rimbambito come aveva
sospettato prima di iniziare a collaborare con lui. « Sirius
e gli
altri sono andati a cercarlo. Per questo motivo dobbiamo trovarli
».
«
È inutile che esci di qui. Tuo fratello e i suoi compari
potrebbero
aver trovato il nascondiglio del Diadema, ma non hanno fatto in tempo
a prenderlo » commentò Severus, mentre una strana
espressione
prendeva forma sul suo volto.
Regulus
e Rachel si scambiarono un'occhiata preoccupata e incerta.
«
Perché? Cosa è successo? »
«
Potrei essere arrivato prima di loro » rivelò
Piton.
E,
dopo averlo estratto da una tasca interna del mantello,
mostrò loro,
sbigottiti e increduli, il Diadema di Corvonero.
Silente
schivò l'anatema appena in tempo, ma Lord Voldemort non si
lasciò
abbattere da quel fallimento. Anzi, traeva una certa soddisfazione da
quel duello. Più tempo sarebbe durato, e più lui
avrebbe gustato la
propria vittoria finale. Una volta morta la loro guida, quasi tutti i
suoi avversari avrebbero deciso di arrendersi e unirsi alle schiere
dei Mangiamorte, e il suo trionfo sarebbe stato completo.
Con
un elaborato movimento della bacchetta, Silente evocò una
raffica di
vento che iniziò a girare su se stesso, creando un vortice
che si
avventò mulinando verso Voldemort. Quest'ultimo gli fece
cambiare
direzione, trasformandolo in un vortice di fuoco che tornò
indietro
in direzione del suo originario creatore. Silente non ebbe
particolari problemi a estinguerlo con un potente getto d'acqua, ma
alla fine sembrava avere il fiato corto.
«
Tutto qui? » lo provocò in tono trionfante.
« Puoi sempre
arrenderti, se vuoi. »
Silente
ignorò la sua affermazione, e continuò ad
attaccarlo. Voldemort
sogghignò. Poteva quasi leggere cosa il vecchio Preside di
Hogwarts
stava pensando in quel momento. Sapeva già di essere
spacciato, che
qualsiasi cosa avesse fatto non sarebbe riuscito a ucciderlo, non con
un Horcrux ancora integro e al sicuro. Forse non sapeva nemmeno che
ne restava solo uno. Tanto meglio per lui.
Il
combattimento stava andando avanti da parecchi minuti, ma Voldemort
era sicuro di farcela.
«
Sai bene che non potrai mai uccidermi. Non hai ancora trovato tutte
le cose che volevi trovare, lo sai, vero? Hai già perso,
Silente.
Hai avuto un pessimo tempismo, e sei arrivato troppo tardi. Lo sai
quello che dice la gente: sono immortale ».
Ma
proprio in quel momento una voce si levò a rispondergli, e
non era
quella di Silente.
«
Non più ».
Entrambi
i duellanti si bloccarono, tutti e due sbigottiti, e si voltarono a
guardare nella direzione da cui era provenuta la voce. Una vena nella
tempia di Voldemort iniziò a martellare, come percependo un
pericolo
imminente. Poi, senza che lui avesse il tempo di ordinare al
proprietario della voce di farsi avanti, quello avanzò di un
passo,
facendosi strada tra la folla.
La
mano di Voldemort, stretta intorno alla bacchetta, formicolò
dalla
voglia di usarla contro di lui, non appena vide che a parlare era
stato Regulus Black.
«
Tu! Prova a ripetere! »
Aveva
proprio voglia di morire, allora, e stavolta per davvero. Ma Lord
Voldemort lo avrebbe accontentato prima di quanto pensasse.
Regulus
gli lanciò un'occhiata di sfida. Non sembrava più
temerlo, e
questo, nonostante tutto, indusse Voldemort a stringere i pugni e
irrigidirsi.
«
Non è più immortale. Adesso può essere
ucciso » disse il ragazzo,
rivolto a Silente, i cui occhi improvvisamente si illuminarono.
Il
Signore Oscuro iniziò a udire un fischio acuto nelle
orecchie, ma un
attimo dopo si riscosse. Non era possibile.
«
Il tuo è un bluff. Stai mentendo ».
«
E perché dovrei? »
E
poi Black guardò accanto a sé. Versi di stupore
si levarono dalla
folla quando tutti videro avanzare la persona che era accanto a lui.
Non appena Voldemort incrociò lo sguardo imperscrutabile di
Severus
Piton, il fischio nelle sue orecchie si trasformò in un
boato. Il
sangue gli si gelò nelle vene e i momenti successivi
trascorsero
come al rallentatore.
Piton
aveva qualcosa in mano. Lo lanciò verso i duellanti, come se
fosse
stato un guanto di sfida, e l'oggetto rotolò sul lastricato
del
cortile, finché non si fermò proprio ai piedi di
Voldemort che, non
appena trovò il coraggio di guardare, a quel punto si rese
conto di
quello che era successo.
Il
Diadema di Corvonero giaceva a pochi centimetri da lui, la grande
pietra incastonata al centro spezzata, e il resto dell'Horcrux
incrostato di sangue secco e rappreso. Distrutto, perduto per sempre,
proprio come l'ultimo frammento dell'anima che era riuscito a
sottrarre al proprio corpo.
La
consapevolezza di essere tornato mortale lo colpì con una
violenza
tale da fargli mancare il respiro, come se qualcuno lo stesse
soffocando, stringendogli le mani intorno al collo.
Poi
il tempo tornò a scorrere alla stessa velocità di
prima. Voldemort
si voltò a fronteggiare Silente proprio mentre quest'ultimo
levava
la bacchetta e iniziava a pronunciare la formula della maledizione.
«
AVADA KEDAVRA! »
Reso
ancora più fulmineo da un disperato istinto di
sopravvivenza,
Voldemort pronunciò a sua volta le due parole, gridandole
come per
caricarle della propria rabbia e frustrazione.
Non
vide mai se la propria maledizione andò a segno. Il getto di
luce
verde lo investì, e poi fu il nulla.
***
«
È finita, Bella. È
morto! »
«
Non ci credo! Sono tutte menzogne! Se lo sono inventato! »
Bellatrix
stava continuando a togliere incantesimi protettivi alla porta che si
erano chiusi alle spalle e che li divideva da un intero esercito di
Auror.
Rabastan
si asciugò il sudore e il sangue dalla fronte, fece un passo
avanti
e la strattonò, impedendole di continuare e ignorando le
proteste
della cognata.
«
Non è una bugia. Nell'Atrium stanno già
festeggiando. Abbiamo
perso, Lui ha perso! »
«
Taci! »
Bellatrix
alzò la mano che reggeva la bacchetta, decisa a colpirlo, ma
Rabastan la anticipò, bloccandole il polso.
«
Tutti gli altri sono scappati, o si sono arresi. Non possiamo
continuare a... »
«
Io continuerò a combattere! Cosa vorresti fare? Vuoi fuggire
come
tutti quegli altri vigliacchi? »
Rabastan
le lasciò andare il polso con uno scatto violento, cercando
di
trattenere la rabbia. Erano stati sconfitti, la causa in cui avevano
creduto per anni era perduta, e suo fratello era morto. Ma niente di
tutto questo era peggio dei dubbi che Bellatrix nutriva nei confronti
delle sue intenzioni.
«
Non sono un traditore! Io non mi arrenderò ai nostri nemici.
Ma non
possiamo affrontarne cento tutti da soli. Ci faremo solo ammazzare!
»
Bellatrix
non gli rispose e tornò a togliere gli incantesimi. Qualcosa
nello
sguardo di sua cognata gli fece intuire che a lei non importasse per
niente vivere.
È
impazzita, ha perso il senno, pensò.
Ebbe
pochi istanti per decidere cosa fare. Quando gli Auror sfondarono la
porta e irruppero nel corridoio, Rabastan le aveva voltato le spalle,
diretto verso l'ascensore. Non si sarebbe mai arreso, ma la scelta di
Bellatrix non aveva senso. Era dettata solo dalla sua disperazione.
Rabastan
non volle assicurarsi di cosa le fosse successo, anzi, forse
preferiva non saperlo. Molti Auror lo stavano inseguendo,
perciò
accelerò e raggiunse l'ascensore. Non era al piano, quindi
premette
ripetutamente il tasto di chiamata, voltandosi poi ad affrontare gli
assalitori.
Riuscì
a resistere a sufficienza, fino a che un suono alle proprie spalle lo
avvertì dell'arrivo dell'ascensore. Mise fuori combattimento
l'ultimo Auror più vicino e, prima che i rinforzi potessero
raggiungerlo, fece per entrarvi.
Ma
all'interno vi erano già due persone, che gli puntarono le
bacchette
contro e lo disarmarono prima che lui potesse reagire.
«
Sei circondato. Arrenditi, Lestrange » tuonarono Frank e
Alice
Paciock.
Non
aveva altre vie d'uscita, era in trappola. Rabastan cadde in
ginocchio, sconfitto. Mentre gli Auror lo legavano, poteva
già
sentire il gelo della sua futura cella di Azkaban, pronta ad
accoglierlo.
Sono
imperdonabile! Mi dispiace per l'attesa di più di quattro
mesi,
ma è stato un periodo in cui non avevo voglia di scrivere
(in
breve, il post laurea è stato un'altalena di momenti
entusiastici in cui volevo fare tutto quello che non ho potuto fare
mentre studiavo e altri depressi in cui non avevo idea di cosa fare
della mia vita, quindi spero che capirete xD).
Non sono pienamente soddisfatta di questo capitolo, avrei voluto
metterci più azione, ma in fondo c'è stata nel
capitolo scorso, a questo ho dato un'impronta più
riflessiva. Comunque, ora manca solo l'epilogo, che spero di
riuscire a pubblicare in tempi brevi xD
Ora posso
dirlo. La decisione di salvare i Potter (che
all'inizio non avevo preso in considerazione) mi ha limitata nelle
scelte sul finale, quindi la battaglia non è venuta come
speravo. Però non tornerei indietro. E dal momento che non
poteva essere Harry a uccidere Voldemort, ne ho approfittato per
sfruttare Silente e completare il suo percorso di comprensione della
faccenda dei Doni prima di quanto faccia nei libri (per questo ho
inserito la scena con Grindelwald). Io stessa vado più fiera
del
capitolo precedente che di questo, ma vi assicuro che tutte le altre
alternative che avevo in mente non erano migliori. Spero che vi sia
piaciuto comunque, nonostante la mia scrittura fosse un (bel) po'
arrugginita.
Nell'epilogo ci sarà qualche chiarimento e soprattutto
saprete se anche l'Avada Kedavra di Voldemort ha fatto centro :S
Un abbraccio stritolante alla Hagrid a tutti!
|
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Capitolo 60 *** Epilogo ***
Non
può piovere per sempre
Epilogo
Vigilia di
Natale 1982
Si erano già fatte le sette di sera quando Regulus e Rachel
si
Materializzarono nella strada isolata che si trovava dietro il palazzo
in cui abitava Sirius. La neve cadeva a fiocchi più grandi
del
normale, e i due ragazzi si strinsero nei proprio mantelli mentre, dopo
essersi assicurati che nessun Babbano li avesse visti, si incamminavano
verso il portone.
« Pensi che siamo in ritardo? » domandò
Rachel, notando con disappunto che il suo orologio si era fermato.
Regulus scrollò le spalle.
« Anche se fosse, Sirius sarà più in
ritardo di noi ».
Lei ridacchiò.
Potevano sentire chiacchiere e risate provenire dall'appartamento
già un paio di piani più sotto –
Regulus non si
fidava dell'ascensore Babbano, perché era vecchio e
traballante,
quindi erano saliti a piedi. Quando suonarono il campanello, dopo
alcuni istanti non fu Sirius ad aprire la porta, ma James.
« Buon Natale! » esclamò, lasciandoli
entrare.
Un odore sgradevole giunse alle narici di Regulus, che
lanciò al ragazzo un'occhiata interrogativa.
« Oh » fece James, con un ghigno. «
Già, tuo fratello è riuscito a bruciare la cena
».
« Non avevo dubbi » commentò lui,
liberandosi del
mantello e trafficando un po' con l'appendiabiti che era già
pieno.
« Ha bisogno di una mano? » chiese Rachel, incerta.
« No, ci sta già pensando Andromeda. E per
fortuna, molti
di noi hanno già portato un po' di cibo da casa ».
Gli altri invitati erano tutti nel salotto. L'appartamento era piccolo,
e loro erano parecchi: la stanza era piena e caotica ma il clima
gioviale non sembrava soffrirne. C'erano così tante persone
che
i nuovi arrivati impiegarono parecchi minuti per salutare tutti quanti.
Tutti i membri dell'ormai ex Ordine della Fenice erano presenti, da
Emmeline e Sturgis fino ad Alastor Moody. Harry e Neville, seduti sul
tappeto, giocavano insieme con delle bacchette giocattolo, cospargendo
il pavimento di coriandoli, e sembravano divertirsi un mondo. Oltre
all'Ordine, Sirius aveva invitato anche i Tonks. Regulus e Ted si
salutarono con una stretta di mano. Il ragazzo ogni tanto si sentiva
ancora a disagio in sua presenza ma, dopo gli eventi al Ministero,
l'altro sembrava essersi definitivamente lasciato alle spalle i loro
trascorsi.
« Chi sono quelle due persone che parlano con Remus?
» gli
domandò Regulus, accennando a un mago e una strega dalla
pelle
scura e i capelli folti e ricci. « Non li conosco ».
« I Madison? Sono i genitori adottivi di Timothy, il
ragazzino
che faceva parte del branco di Greyback » rispose Ted.
Regulus
non poté fare a meno di lanciare un'occhiata fuori dalla
finestra. Ovviamente sapeva che, se ci fosse stata la luna piena,
né Tim né Remus sarebbero stati presenti, ma la
curiosità era stata più forte di lui. Al
plenilunio
mancavano ancora alcuni giorni, constatò.
« Non sapevo che fosse stato adottato »
commentò
Rachel fingendo di non aver notato il suo gesto automatico. «
Remus aveva detto che non era facile trovare qualcuno disposto a
prendersi cura di un ragazzino con quel problema ».
Sapevano che Timothy avrebbe voluto essere affidato a Remus stesso, ma
quest'ultimo era riuscito a convincerlo diversamente, perché
non
aveva un lavoro e non poteva assicurargli di essere in grado di
mantenerlo.
« Che io sappia, la madre è stata morsa una decina
di anni
fa » spiegò Ted, voltando le spalle ai Madison con
discrezione. « Quindi sono preparati ».
Tim si trovava a pochi metri dai genitori e stava raccontando ad
un'attentissima Ninfadora Tonks i suoi primi mesi come studente di
Hogwarts. Sembrava ancora incredulo di essere stato ammesso: fino a
poco tempo prima era stato sicuro che l'istruzione magica non avrebbe
fatto parte della sua vita.
I capelli della figlia di Ted e Andromeda erano rossi per l'occasione.
Quando Dora percepì il suo sguardo, si voltò ed
esibì un gran sorriso.
« Ciao, Regulus! » lo salutò,
correndogli incontro.
L'ultimo metro di distanza lo fece quasi in volo – era
inciampata
nel tappeto – ma il ragazzo la afferrò prima che
cadesse
per terra.
« Cerca di non ammazzarti, la prossima volta » le
disse lui, mentre lei ridacchiava.
« Tanto è inutile » sospirò
Ted.
Mentre Rachel andava a presentarsi ai Madison, Regulus si
affacciò in cucina. Sirius era appoggiato con la schiena
alla
credenza e osservava Andromeda intenta a rimediare al disastro.
« Mi hanno detto che hai distrutto la cena ».
Sirius lanciò un'occhiataccia al fratello.
« Scommetto che è stato James, il solito
esagerato. Ho
bruciato solo l'arrosto. Tutto il resto è salvo ».
« Ok ».
« Ehi, a proposito. La megera sa che stai festeggiando il
Natale da me? »
« Sirius! » esclamò Andromeda,
incredula. « La
tua capacità di fare domande inopportune è
rimasta
intatta, a quanto pare ».
Regulus fece una smorfia, che in teoria doveva somigliare ad un sorriso
di circostanza molto forzato.
« Lo sa, ma stavolta ha preferito non fare commenti
».
I rapporti tra lui e Walburga erano ancora tesi e imbarazzanti, e
Regulus dubitava che le cose sarebbero cambiate. Ma a dire il vero,
sebbene due giorni dopo la sconfitta di Voldemort Regulus fosse entrato
a Grimmauld Place aspettandosi tutti i peggiori scenari possibili, alla
fine era andata meno peggio di quanto pensasse.
Walburga era invecchiata, si era chiaramente lasciata andare e, aveva
notato il ragazzo con un nodo alla gola, qualcosa nello sguardo di lei
mostrava una perdita di lucidità e allarmanti segnali di
squilibrio che gli avevano fatto rimordere la coscienza. Walburga non
lo aveva accolto a braccia aperte, ma si era mostrata stranamente
disposta ad accettare i fatti quando lui le aveva spiegato i motivi che
lo avevano indotto ad abbandonare le schiere di Voldemort –
senza
dubbio, aver sottolineato la presenza di Lupi Mannari nelle sue schiere
e le sue origini Babbane era stata l'argomentazione che più
l'aveva colpita.
Ma c'erano cose sulle quali Regulus non poteva né voleva
più trovare compromessi. Aveva letto la rabbia e la
delusione
negli occhi di sua madre quando non le aveva nascosto il proprio
cambiamento: aveva ripreso a frequentare Sirius e non aveva intenzione
di smettere, e soprattutto non riteneva che fosse giusto considerare la
vita di un Babbano di minore importanza rispetto a quella di un mago.
Lo aveva ammesso chiaramente, sebbene una parte di sé
avrebbe
preferito glissare sull'argomento.
Un tempo, la paura di deluderla era stato il suo timore più
grande, era ciò che lo aveva indotto a fare scelte di cui si
era
sempre pentito, eppure adesso, per quanto soffrisse nel vederla reagire
in modo così negativo, si sentiva improvvisamente molto
più libero. Era consapevole di essere nel giusto, e per la
prima
volta nella sua vita, sapeva per certo che il giudizio di sua madre non
gli avrebbe fatto cambiare idea. Dal quel momento sarebbe stato tutto
diverso, ma Regulus preferiva di gran lunga aver parlato chiaro
piuttosto che fingere ancora di essere d'accordo con lei solo per
accontentarla.
« Vogliamo parlare d'altro, per favore? »
insistette Andromeda.
Sirius le diede retta ma, prima che cambiassero discorso, Regulus ebbe
la netta impressione che suo fratello stesse per assestargli qualche
pacca consolatoria sulla spalla. Sirius non lo fece, ma Regulus gliene
fu grato lo stesso.
« D'accordo. In fondo oggi abbiamo parecchio da festeggiare
».
« Parli di Lucius? » chiese Andromeda.
« Esattamente ».
Pochi giorni prima, dopo un processo durato mesi, Lucius Malfoy era
stato condannato ad Azkaban. Regulus non voleva esattamente festeggiare
– gli dispiaceva per Narcissa, che ne era uscita distrutta
– ma in un certo senso riconosceva che era giusto
così.
Alla fine delle due battaglie che si erano tenute al Ministero e a
Hogwarts, tra molti Mangiamorte si era improvvisamente diffusa
un'epidemia di effetti collaterali, o presunti tali, dovuti a
Maledizione Imperius. Durante i mesi che avevano seguito la fine della
guerra, il Wizengamot era stato – ed era tuttora –
oberato
di lavoro proprio per questo motivo. Erano in corso degli accertamenti
per stabilire chi stesse dicendo la verità e chi stesse solo
cercando di salvarsi da una sicura condanna a vita ad Azkaban. Regulus
stesso aveva avvertito la Bagnold – reintegrata nuovamente
come
Ministro, dopo la brevissima parentesi durante la quale Rodolphus
Lestrange l'aveva sostituita – fornendole informazioni
importanti, ma era sicuro che alcuni se la sarebbero cavata
ingiustamente. In effetti, le indagini sui Mangiamorte che affermavano
di essere stati costretti a commettere i loro crimini erano andate
avanti per parecchio tempo, e la questione di Lucius si era trascinata
per oltre un anno. Non a caso, Narcissa non si era presentata alla
cerimonia di commemorazione dei caduti che si era tenuta al Ministero
un mese prima: in quel periodo suo marito era ancora in attesa di
giudizio e i Malfoy non erano molto ben visti agli occhi della
comunità magica. A Regulus dispiaceva per lei, ma non era
disposto a testimoniare il falso per salvare Lucius, solo
perché
era il marito di sua cugina. Al contrario, aveva garantito per Severus
Piton, che durante la battaglia aveva dimostrato oltre ogni ragionevole
dubbio di lavorare ai danni di Voldemort.
Fino a quel giorno, decine di Mangiamorte e loro collaboratori erano
già stati processati e condannati, a partire dai
più
pericolosi e quei pochi che ancora non avevano tentato di salvarsi o
trovare un compromesso.
Non era stato piacevole assistere, ma Regulus aveva voluto essere
presente al processo di Barty. Forse lo aveva fatto perché
sperava che ascoltare l'elenco dei suoi reati prima della sentenza lo
avrebbe fatto sentire meno peggio, ma in realtà non
servì
a niente.
« Non è mai facile guardare una persona che
conosci da una
vita finire ad Azkaban, qualunque cosa ti abbia fatto » aveva
commentato James, che aveva vissuto esattamente la stessa esperienza
quando Peter, dopo essere stato catturato di nuovo dopo la battaglia a
Hogwarts, era tornato in prigione. Accanto a lui, Sirius non aveva
confermato le parole dell'amico, ma qualcosa diceva a Regulus che era
d'accordo, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Barty aveva urlato, aveva supplicato, ma suo padre, che si era offerto
spontaneamente come giudice, non aveva ascoltato le sue ragioni.
Regulus non aveva potuto fare a meno di chiedersi cosa avesse voluto
dimostrare: ormai era fallito, aveva perso anche il suo ruolo di
collaboratore del Ministro. Forse Crouch senior aveva soltanto voluto
un ennesimo modo per dimostrarsi ancora una volta nemico dei
Mangiamorte, anche se neanche questo gli avrebbe mai più
restituito il favore della comunità magica.
D'altra parte, anche Bellatrix aveva ribadito la propria
lealtà
al Signore Oscuro. Nonostante tutto, non lo avrebbe mai rinnegato. Ma
lei e Rabastan furono gli unici; tutti gli altri stavano cercando o
avevano cercato di farsi scagionare.
E alcuni ci sono riusciti, pensò Regulus con frustrazione.
I suoi cupi pensieri furono fortunatamente interrotti dall'arrivo
dell'ultima invitata.
« Salve a tutti! » salutò Hestia Jones.
« Ciao, Hestia ».
Lei e Regulus non avevano avuto occasione di conoscersi durante la
battaglia, ma quell'anno si erano ritrovati nello stesso corso di studi.
Tempo prima, Regulus aveva incontrato il professor Lumacorno, il quale
gli aveva proposto di riprendere in considerazione la carriera nel
Quidditch, ma il ragazzo aveva rifiutato. Dopo la guerra sentiva la
necessità di fare qualcosa di più utile,
perciò
aveva deciso di mettersi a studiare Magisprudenza, per poi lavorare al
Ministero. Non pretendeva di arrivare in alto – gli sarebbe
andato bene anche un semplice impiego al Ufficio Regolazione e
Controllo delle Creature Magiche – ma in ogni caso era
deciso, in
un certo senso, a fare qualcosa per quella comunità magica
che
per un periodo lui stesso aveva contribuito a danneggiare. C'erano
ancora molte cose che non andavano, che andavano fatte, cambiate o
ricostruite, e lui voleva dare il suo contributo.
E non era l'unico ad aver iniziato una nuova vita. Anche Sirius aveva
da poco fatto un colloquio di ammissione al Comitato per gli
Incantesimi Sperimentali, mentre Lily Evans aveva intrapreso una
carriera da specialista in Pozioni. A tutti loro sembrava ancora
incredibile avere improvvisamente la possibilità di pensare
al
proprio futuro, di formarsi una carriera, mentre fino a un anno prima
tutti quei progetti di vita erano sembrati irrealizzabili e fuori
portata. Adesso invece potevano finalmente permettersi di pensare a
come sarebbe stata la sua vita dopo la guerra.
Un'ora più tardi, gli invitati si trovavano finalmente tutti
seduti al tavolo. Nonostante l'atmosfera calorosa e gioviale, nessuno
di loro dimenticò di dedicare un brindisi a tutti quelli che
erano morti durante la guerra, permettendo loro di continuare a vivere.
L'ultimo, e più unanimemente sentito, fu quello dedicato
all'uomo la cui mancanza pesava ancora.
Albus Silente era riuscito a uccidere Voldemort ma non aveva fatto in
tempo a salvare se stesso. La sua era stata un'amara vittoria, e forse
non aveva neanche avuto la possibilità di sapere se aveva
centrato Voldemort, prima che l'anatema dell'avversario lo colpisse a
sua volta. Sebbene per tutto il periodo in cui si era ritrovato
costretto a collaborare con lui, Regulus avesse avuto scarsa
sopportazione nei confronti di Silente, adesso era dispiaciuto quanto
gli altri. Dopotutto non sarebbe riuscito a trovare tutti gli Horcrux
senza il suo aiuto, senza contare la protezione che aveva assicurato a
lui e alle persone che gli erano vicine.
Dopo la sconfitta di Voldemort, chi era a conoscenza della Profezia non
aveva potuto fare a meno di chiedersi perché non si fosse
avverata. Silente non era il Prescelto né ne aveva le
caratteristiche.
« In realtà lui aveva detto che non tutte le
Profezie si
avverano. Quella diceva chiaramente che l'Oscuro Signore avrebbe
designato il Prescelto come suo eguale: la Profezia si sarebbe potuta
compiere finché Voldemort l'avesse ritenuta vera, ma dal
momento
in cui lui stesso ha smesso di credervi, non si è
più
realizzata » aveva provato a spiegare Frank.
Regulus si soffermò parecchio tempo a pensare anche a suo
zio,
chiedendosi se avrebbe mai accettato il fatto di non potergli mostrare
la propria gratitudine per tutto l'aiuto che gli aveva dato. Rachel,
che stava sicuramente pensando anche a Dorcas e ai Prewett, lo prese
per mano sotto il tavolo, e lui strinse la sua, sentendosi
improvvisamente meglio.
Non l'avevano ancora fatto sapere a nessuno, ma avevano da poco deciso
di sposarsi la primavera seguente. Ora che la guerra si era conclusa,
non vi era motivo di avere tanta fretta, ma secondo Regulus quello era
il momento giusto. Ormai si era trasferito definitivamente nella villa
che Alphard gli aveva lasciato, Rachel aveva uno stipendio e lui stesso
poteva vivere di rendita ancora un po', prima di iniziare a lavorare a
sua volta.
Dopo tutto quello che avevano dovuto affrontare, nonostante le perdite
e le sconfitte che avevano subito, per tutti loro sembrava essere
finalmente arrivato un nuovo inizio.
FINE
E qui si
conclude questa
fanfiction... x__x Ancora non riesco a crederci. L'ho pubblicata quasi
tre anni fa, e scrivo da ancora
più tempo, e ora sono arrivata alla fine di quella che per
me
è una vera e propria epoca. È stato bello e mi
sono
divertita, ho avuto anche periodi in cui temevo di non riuscire a
finirla, ci sono stati capitoli che si sono quasi scritti da soli,
altri che mi hanno fatta impazzire per settimane e mesi, scene che
hanno superato le mie stesse aspettative e altre che avrei potuto fare
mille volte meglio, ma non mi lamento!
Grazie a chi
ha letto, commentato o anche solo apprezzato questa storia. E grazie
anche a quelli
che mi facevano notare gli errori di distrazione che mi erano sfuggiti!
Ora che ho
fatto questa premessa, se vi interessa, ho immaginato qualche scenario
futuro per i protagonisti.
- Per quanto
possa
sembrarvi strano, ho pensato poco a quanti figli avranno Regulus e
Rachel. So solo che
avranno almeno un maschio e (secondo la tradizione
cara alla Rowling di dare ai figli nomi di gente morta xD) si
chiamerà Alphard.
- Lucius non
sarà
condannato a vita ad Azkaban, ma un po' anni al fresco se li
farà. Ho sempre trovato ingiusto che riuscisse ogni volta a
farla franca. Draco crescerà sempre
viziato ma sarà molto meno immaturo, e Regulus gli
insegnerà subito la corretta posizione da assumere quando si
cavalca una scopa, così Madama Bumb non glielo
rinfaccerà
alla prima lezione di Volo.
- Regulus
lavorerà
davvero all'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche,
interessandosi soprattutto alle relazioni con i goblin e, naturalmente,
agli elfi domestici. Dopo bel po' di anni, anche Hermione
verrà
assunta in quel dipartimento, prima di passare a quello
dell'Applicazione Legge sulla Magia. I due diventeranno
amiconi e
passeranno la pausa pranzo a parlare delle condizioni degli elfi, con
buona pace degli esasperatissimi Sirius e Ron.
- Tim l'ho
immaginato a Corvonero. Sarà felice con la sua nuova
famiglia e Remus lo
andrà comunque a trovare spesso (un po' come Harry
con
Teddy)
-
Lily lavorerà insieme a Damocles Belby, aiutandolo nelle sue
ricerche
che, in futuro, lo porteranno a inventare la Pozione Antilupo. E
farà pace con Severus. Certo, le cose non torneranno come
prima,
ma per lo meno riprenderanno i rapporti... anche se non so dirvi se
questo sia un bene per lui... ma sempre meglio che fargli rimpiangere
tutta la vita di essersi comportato in quel modo al quinto anno e non
avere avuto l'occasione di scusarsi o rimediare e ottenere il suo
perdono, no? :(
- Harry
vivrà una
vita relativamente serena, anche se continuerà a cacciarsi
nei
guai e riceverà assegnazioni di
punti molto meno generose xD
Sicuramente in
futuro mi verranno in mente altre cose, ma per adesso penso di aver
detto quello che più mi premeva.
Penso che sia
giunto il momento dei saluti :(
Visto che
scrivo quasi
initerrottamente da anni, vorrei chiarire che stavolta come autrice mi
concederò una pausa a tempo indeterminato. Da ottobre in poi
non
potrò permettermi il lusso di scrivere e pubblicare insieme.
Se
scriverò qualcosa la pubblicherò solo e soltanto
quando sarà conclusa, perché sarebbe uno stress
non
indifferente gestire tutti gli impegni, e se dovessi anche pensare a
postare i capitoli darei i numeri! Quindi per un po' sarò su
EFP solo come lettrice. Ne approfitterò per ricaricare le
pile,
perché dopo aver scritto così tanto le mie
energie sono
esaurite xD
E adesso ho concluso davvero. Grazie di cuore e buona fortuna a tutti!
Arrivederci :)
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