Fuori Strada

di Shona
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Hi, I'm Sarah ***
Capitolo 3: *** Nice to meet you ***
Capitolo 4: *** Stupid Men ***
Capitolo 5: *** My World ***
Capitolo 6: *** Friendship ***
Capitolo 7: *** Possibility ***
Capitolo 8: *** Astray ***
Capitolo 9: *** Peace &... Chupa Chups? ***
Capitolo 10: *** First Date ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Fuori Strada

Prologo

La mia vita era sempre stata piatta e monotona.
Una brava figlia, una brava studentessa, una brava fidanzata.
Un vero peccato che i miei genitori mi avessero buttato fuori casa non appena preso il diploma e che il mio ragazzo mi avesse piantato durante la festa di fine anno.
Forse anche io ero come la mia vita.
Non ho mai avuto un sogno particolare da voler realizzare, non ho mai avuto progetti che andassero oltre l’anno, non ho mai avuto delle vere amicizie di quelle che durano tutta la vita.
Semplicemente mi limitavo a vivere alla giornata.
Una ragazza normale, forse anche troppo.
Capelli normalmente castani, occhi normalmente castani, fisico normalmente normale.
Non avrei mai potuto pensare che la mia noiosa vita potesse essere stravolta da due bellissimi cicloni.


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Angolo della Pazza:
Ebbene sì. Sono una folle che inizia storie senza sapere dove vuole arrivare!
Posso dire solo una cosa a mio discapito: questi maledetti personaggi hanno iniziato ad assillarmi e non hanno smesso fino a che non ho messo le loro parole, i loro pensieri, le loro vite nero su bianco su una pagina di Word.
Li odio per avermi fatto iniziare una nuova storia avendo ancora la Maschera da finire (per chi mi segue sa di cosa sto parlando XD Agli altri lascio il beneficio del dubbio ù.ù).
Li amo immensamente, però, per essersi fatti avanti e avermi fatto innamorare follemente. Ognuno di loro mi è entrato dentro di prepotenza mettendosi comodo comodo in un angolino del mio cuore.
Spero che il prologo abbia stuzzicato la vostra curiosità =)
A presto con il primo capitolo!
Spoiler e Curiosità nel BLOG

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Capitolo 2
*** Hi, I'm Sarah ***


Fuori Strada

Capitolo 1 - Hi, I’m Sarah.

 
Mi ero trasferita al numero 87 di Camden St a fine agosto.
Ero sempre stata affascinata da quella zona, con tutti i suoi mercati e il viavai di turisti. Era bello passeggiare e fermarsi a rimirare tutti i colori ed i profumi che impregnavano le strade.
I corsi all’University College di Londra sarebbero iniziati qualche giorno dopo ed io ero ancora indecisa sul cosa fare della mia vita.
Fu una vera fortuna trovare quell’appartamento a Camden Town. Non era grande, ma nemmeno piccolo; era normale, proprio quello che mi serviva.
Quando risposi all’annuncio, non mi sarei mai aspettata di trovarmi come coinquilina una scrittrice alle prime armi; per fortuna Heléna mi prese subito in simpatia.
Al contrario di me Hell era una persona totalmente fuori dagli schemi. Viveva di notte, dormiva di giorno, spesso parlava al suo pesce Elwood chiedendogli consigli su cosa fosse meglio scrivere. Vivere con lei era come vivere da soli. Non ci vedevamo praticamente mai, tranne poche, ma intense, volte.
Iniziai a seguire i corsi di Design Interno perché erano gli unici che in qualche modo avessero attirato la mia attenzione.
Fu lì che conobbi Leo.
Mi si sedette accanto e mi sorrise presentandosi.
<< Sono Leonard Powell. È un vero piacere conoscerti. >> Gli strinsi la mano ricambiando il suo sorriso allegro che riuscì a contagiarmi.
<< Sarah Hunt. >> Persino il mio nome è comune e anonimo.
Da allora è stato amore a prima vista. Ovviamente non nel senso comune del termine. Il bel ragazzo moro che mi si era seduto di fianco era irrimediabilmente gay. Non ci volle molto a capirlo, mi bastò parlare con lui per più di cinque minuti.
Non so come, ma riuscì a conquistarmi. In poco tempo divenni dipendente dalla sua presenza; ogni volta che lo vedevo, mi sentivo bene e passare il tempo con lui era davvero piacevole, se non fosse stato per il suo coinquilino…
 
<< Tesoro oggi devi assolutamente venire da me! Stasera Ben mi ha invitato ad uscire e non ho la più pallida idea di cosa mettermi. >> Leo mi prese le mani fra le sue sprizzando allegria da tutti i pori. Non penso di aver mai visto qualcuno più felice di lui.
<< Certo Poe. >> Con lui non riuscivo mai a smettere di sorridere.
Finite le lezioni andammo a fare un po’ di spesa per il pranzo; l’obbiettivo del giorno erano spaghetti al pomodoro.
Il bus era stipato di gente e ci divertivamo ad inventarci storie sui vari passeggeri.
<< Ecco, prendi lui. Scommetto che la moglie lo tradisce col macellaio! >> Mi bisbigliò all’orecchio facendomi solletico.
<< Ma smettila! Si capisce benissimo che lo tradisce con il farmacista! >> Scoppiammo a ridere come due sciocchi facendo girare più di una persona.
Per fortuna la fermata era solo a pochi minuti dalla facoltà.
Come me, anche Leo abitava in Camden Town in un appartamento che divideva col suo fantomatico coinquilino.
Camminammo tranquilli per la via continuando a pensare al pover’uomo che avevamo lasciato addormentato sul bus.
Una volta arrivati, Leo aprì la porta facendomi passare per prima. La casa non era dissimile dalla mia; un piccolo ingresso che si apriva in un salottino comunicante con la cucina ed una rampa di scale che portava al secondo piano.
Mi fece strada fino al cucinotto dove iniziammo a sistemare la spesa. Fra una risata e l’altra però ci accorgemmo delle urla provenienti dal piano di sopra.
<< Sei un lurido porco bastardo traditore! >> Gridò la voce di una ragazza evidentemente incazzata.
<< Eddai non fare così, non l’ho fatto apposta! >> Provò a difendersi il “lurido porco bastardo traditore”.
<< Oh, ci risiamo. >> Leo sospirò finendo di sistemare la pentola sul fuoco.
Lo guardai interrogativa, ma lui si limitò ad un’alzata di spalle invitandomi a seguirlo al piano di sopra.
Come casa mia anche quella aveva tre stanze, due dovevano essere le camere mentre la terza, il bagno.
Una delle porte si aprì rivelando una biondina tutte curve calpestare i piedi a terra inferocita.
<< Con me hai chiuso! >> Sbatté la porta dietro di sé marciando verso di noi.
<< Ciao Nicole. >> Salutò allegro Leo.
<< Vaffanculo! >>
<< Addio Nicole! >> Disse ancora più allegro.
Ebbi paura che la porta di casa stesse per staccarsi dai cardini quando la tipa se la chiuse alle spalle.
<< Sempre adorabile quella ragazza! >> Ridendo di qualcosa che solo lui poteva sapere, andò a bussare alla stanza da cui era uscita la pazza isterica.
<< Ehi bel biondino, che hai combinato stavolta? >> Si appoggiò al muro aspettando una risposta che non tardò ad arrivare; e con quella iniziarono anche i miei problemi.
La porta si aprì lentamente e una chioma bionda fece capolino.
Lentamente il ragazzo uscì rivelandosi per quello che sarebbe stato il mio sogno e il mio incubo dei prossimi mesi.
Fasciato in un paio di pantaloni di una tuta nera e una canottiera bianca, Alan fece il suo ingresso nella mia vita.
<< Ma che vuoi che ne sappia! Ha dato di matto stamani perché l’ho chiamata Martha! >>
Si passò una mano fra i capelli lisci e scompigliati, come se si fosse svegliato da poco.
<< Ci credo che fosse furiosa. Ma Martha non era la tipa del mese scorso? >> Visti insieme potevano passare per due modelli: tutti e due altissimi e con un fisico praticamente perfetto. L’unica cosa che li distingueva era il colore dei capelli, Leo con i suoi neri e lunghi fino al collo mentre Alan li aveva corti e fin troppo biondi.
Me ne stetti in silenzio ad ascoltare i loro deliri sulle conquiste che il biondo portava a casa praticamente ogni settimana.
<< Non è colpa mia se non riesco a trovarne una che mi prenda come si deve! Sembra che siano tutte uguali queste donne. >> Alzai un sopracciglio a quest’affermazione, sentendomi punta nel mio orgoglio femminile.
Leo mi lanciò un’occhiata divertita mentre m’indicava al suo amico che si girò verso la sottoscritta.
<< Oh. >> Disse solo una volta che mi ebbe messa a fuoco.
Peccato che ad andare a fuoco fui io.
I capelli corti gli accarezzavano la fronte, gli occhi mi guardavano colpevoli, grigi come il cielo di Londra, le guance leggermente rosse per la gaffe appena fatta e la bocca piegata in un adorabile broncio che venne presto sostituito da un sorriso strafottente.
<< Potevi dirmelo che avevamo ospiti, mi sarei fatto trovare in ben altro modo. >> Ammiccò verso di me, facendomi perdere un battito.
Non mi servì molto per inquadrarlo: Il classico bello e impossibile.
<< Ehi McCarson vacci piano! Lei è Sarah. Te ne avevo già parlato, no? >> Leo mi raggiunse circondandomi le spalle con un braccio, tirandomi a sé.
<< Ah, quella per cui torneresti etero se solo non fosse una sorella per te. >> Scoppiò a ridere della mia espressione confusa, mentre Leo lo seguiva a ruota.
Mi trascinò in cucina, dove l’acqua messa a bollire era evaporata quasi del tutto.
Rimise l’acqua sul fuoco e fece le presentazioni formali.
<< Sarah lui è Alan McCarson, il mio bellissimo coinquilino. Ally lei è la mia cucciola Sarah Hunt. >> Leo mi abbracciò da dietro, intrappolandomi fra le sue braccia.
<< Sicuri di non essere veramente fratelli? Vi assomigliate troppo. Siete inquietanti! >> Con occhio critico, Alan ci girò intorno osservandoci come animali allo zoo.
<< Purtroppo per me mio fratello ha solo tredici anni. >> Il mio pestifero scimmiotto Justin era l’esatta copia di Leo da “piccolo” in una foto che mi aveva fatto vedere.
Alan si esibì in una gloriosa alzata di spalle sparendo su per le scale.
<< Poe sappi che ti odierò tutta la vita per questo. >> Sospirai sconsolata.
<< Alan non riesce a fare a meno di far innamorare tutte. >> Ridacchiò appoggiando il mento sulla mia testa.
<< Non esagerare. L’ho visto dieci minuti. >> Incrociai le braccia al petto arricciando le labbra.
<< Cucciola sei arrossita come una tredicenne davanti ad un uomo nudo! Il colpo di fulmine è stato… fulminante! >> Rise dei miei versi disperati.
Finalmente riuscimmo a cuocere la pasta e a imbrattare la cucina di sugo, per fortuna ne avanzò abbastanza per sporcarci la pasta e darle un po’ di sapore.
Alan scese giusto in tempo per rubarci qualche forchettata di spaghetti per poi sparire verso l’università.
Non potei fare a meno di rimanere incantata a guardarlo per tutto il tempo, risultando sicuramente una scema.
<< Dai andiamo in camera così mi aiuti a scegliere. >> Propose Leo dopo aver finito di ripulire il campo di battaglia.
Seduta sul suo letto assistevo alla sfilata di moda personale che coinvolgeva il mio amico in pose accattivanti e abbinamenti assurdi.
<< Leo questa puoi anche buttarla! Ma dove l’hai comprata quest’oscenità? >> Osservai scettica la maglietta rosa shocking che tenevo fra le dita, buttandola poi nel mucchio degli abiti scartati.
<< Che ne dici di questi? >> Girò su se stesso mostrandosi in tutta la sua bellezza.
Un paio di jeans neri gli fasciavano le gambe lunghe, una maglietta arancio con disegni argentati riprendeva il colore delle stringhe delle sue converse.
<< Se non fossi gay, ti salterei addosso. >> Gli dissi sorridendo.
<< Tesoro se non fossi gay non avremmo più i vestiti addosso da un pezzo! >> Si buttò sul letto con me e ridemmo fino alle lacrime.
Passammo il resto del pomeriggio a far nulla: guardammo un film in tv, ascoltammo musica cercando di cantare canzoni straniere storpiando quante più parole possibili, mi feci fare addirittura le unghie con una delicata french.
Arrivate le sette mi congedai lasciando Leo in trepidante attesa del suo cavaliere.
Decisi di fare una passeggiata; il tempo prometteva bene e la luce del sole d’inizio maggio mi fece compagnia.
Con le cuffie dell’I Pod nelle orecchie e la musica a tutto volume ripensai ad Alan.
Era indubbiamente bello. Inutile dire che nel pomeriggio di puro cazzeggio Leo non si era sprecato con i dettagli.
<< E’ un figo pazzesco. Stranamente etero, forse anche troppo. Da quando viviamo insieme gli ho visto portare a casa almeno due ragazze al mese, non riesce proprio ad avere una relazione più lunga di qualche giorno. >>
Non riuscivo a credere che il primo ragazzo, dopo Jason, per cui fossi riuscita a provare qualcosa potesse essere uno di quel genere.
Mi sono sempre piaciuti tipi... beh tipi normali.
Il classico ragazzo bravo in tutto e in niente, appassionato di sport e che condividesse con me qualche passione come quella per i film.
Sospirai ripensando al mio ex. Era esattamente quello che ci si aspettava per una come me.
Siamo stati insieme per due anni e poi… e poi niente. Al ballo di fine anno, invece di andarci ad rinchiudere in qualche camera d’albergo come richiede la tradizione, mi ha riportata a casa dicendomi che tra di noi era finita e che se ne sarebbe andato in America a studiare in qualche college.
Ho passato tre giorni a piangere ininterrottamente; poi me ne sono fatta una ragione.
Gli ultimi tempi erano effettivamente noiosi, non facevamo più niente e nemmeno il sesso era granché.
Da una parte è stato meglio così. Sarebbe stato comunque inutile continuare con una storia a distanza se già quando stavamo insieme, non andava.
Fra un pensiero e l’altro non mi resi quasi conto di essere arrivata davanti al portone di casa.
Spensi l’I Pod e lo misi in tasca assieme alle cuffie. Come al solito ci misi due ore e mezzo per trovare le chiavi in borsa e quando – finalmente - le misi nella toppa la porta si aprì da sola.
<< Oh Sarah! >> Una nuvola di capelli biondi mi assalì abbracciandomi e stritolandomi.
<< He-Heléna? >> Stupita, ricambiai l’abbraccio, mentre la mia coinquilina si scioglieva in singhiozzi.
<< Che succede? >> Le accarezzai la schiena cercando di farla calmare un po’, ma risultò tutto inutile.
<< Elwood è… è… >> Pensai subito al peggio. In fondo cosa poteva mai succedere ad un pesce?
La trascinai in casa chiudendo la porta con un piede e maledicendomi subito dopo per aver lasciato le chiavi appese fuori.
<< Hell… >> Il soprannome che le avevo dato era quasi una presa in giro per la mia coinquilina. Bionda, con grandi occhi azzurri e un po’ - tanto - svampita. Avevo avuto occasione di leggere qualche suo racconto e, se non avessi avuto l’autrice davanti, avrei pensato che mi stessero prendendo in giro.
La cara Heléna si dilettava in racconti erotici capaci di suscitare strani pensieri anche all’essere più casto di questo mondo.
Mi guardò con gli occhi lucidi e pieni di lacrime indicandomi la cucina.
La lasciai un momento da sola, il tempo necessario per riprendere le chiavi e andare a vedere nel cucinotto.
La boccia di vetro troneggiava sul suo mobiletto e al centro il povero Elwood galleggiava a pancia in su.
Mi sentii gli occhi gonfiarsi di lacrime, perché in fondo anche io mi ero affezionata a quella piccola palletta di squame nere, con le sue lunghe pinne svolazzanti e gli occhi perennemente in fuori.
Tornai in sala portando una delle scatole di kleenex che tenevo - per ogni evenienza - sparse per la casa.
<< Mi dispiace tanto Heléna. >> Le porsi un fazzoletto e lei ci tuffò il viso scoppiando a piangere.
Non sapevo sinceramente cosa fare. Ogni volta che moriva un pesce rosso a Justin, ci limitavamo a buttarlo nel water e tirare lo sciacquone, o nel peggiore dei casi non ce ne era nemmeno bisogno visto che il gatto si divertiva a pescarli dalla boccia.
Mi sedetti accanto a lei poggiandole una mano sulla spalla.
<< Siamo stati cinque anni insieme e lui se ne è andato così all’improvviso! >> Le parole le uscivano distorte dai singhiozzi e mi dispiacque troppo per quella ragazza con cui dividevo la casa da mesi, ma di cui alla fine, non sapevo praticamente nulla.
<< Beh cinque anni sono tanti, ti è stato vicino per quanto ha potuto e sono sicura che è stato felice di stare con te. >> Mi sentii un po’ sciocca a consolarla.
<< E ora chi mi ascolterà quando avrò un blocco e non saprò cosa scrivere? O quando ho troppe idee in testa e non so quale sia quella giusta? >> Con gli occhi rossi carichi di lacrime e il naso che le colava mi ricordò tanto me da piccola quando morì Mr Pungle, il gatto che avevo a sei anni, e capii che per lei quel pesce era veramente molto importante.
<< Se vuoi, ti ascolterò io. Non passo le mie giornate a boccheggiare, ma se ti va… >> Lasciai la frase in sospeso, certa che avrebbe comunque capito.
Un piccolo sorriso tirato le piegò le labbra mentre annuiva.
Quella sera dicemmo una preghiera per il piccolo Elwood che, vorticando nello scarico, ci salutò.
Per la prima volta nella mia vita dormii nello stesso letto con qualcuno che non fosse mio fratello. Tenni Heléna abbracciata aspettando che i singhiozzi si calmassero e che si addormentasse.
Non potei fare a meno di pensare a come stesse andando la serata a Leo. La mia noiosa vita aveva preso una strana piega da quando quel moretto pazzoide vi era entrato a forza. Sorrisi ricordando tutti i pomeriggi passati insieme a studiare e a scherzare. Avevo trovato quell’amico speciale che tutti cercano e giurai a me stessa che avrei fatto di tutto per tenermelo stretto.
Purtroppo per me, non riuscii a non pensare ad Alan. Lo “conoscevo”, se così si poteva dire, da nemmeno ventiquattro ore e già infestava il mio povero cervellino.
L’ultimo pensiero fu per lui, prima che il mondo dei sogni mi accogliesse.
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Angolo della Pazza:
E dopo solo due (o forse sono tre? XD) giorni, ecco qua il primo capitolo di Fuori Strada *_*
Sono a dir poco emozionata! Soprattutto per tutto il sostegno che mi state dando! Grazie infinite a tutte voi! Grazie alla giuggiolina che mi aiuta a spargere virgole per il testo! Grazie alla Piccina Jessie Jess per sopportarmi quando la stresso su msn! Tesoro ti voglio bene!  Grazie a Ginny (non ricordo assolutamente che nick hai su EFP XD) per il bellissimo banner che ha creato (anche se per ora è solo un provvisorio =P) Insomma Grazie!
Che dire sul capitolo? E' il primo (ma va? XD) e in quanto tale serve solo a presentare un po' i personaggi.
Partiamo con la presentazione del Cast *_*
C'è Sarah Hunt, la normale Sarah. Persino la modella che le da il volto si chiama Sarah! Nemmeno a farlo a posta XD Purtoppo non riesco a trovare il suo nome completo, se qualcuno riesce a trovarlo gli farò una statua!
L'indiscusso padrone del miei pensieri, Leo! O come lo chiama Sarah, Poe. Che dire di lui? E' fantastico! Un mix letale di allegria e malizia.
Matt Gordon mi ha concesso (se come no XD) di usarlo per dare la bellissima forma a Leonard Powell!
Passiamo ora al nostro biondino: Alan McCarson!
Mitch Hewer (grazie signore Hewer *_*) da il volto al seconto ciclone ;)
Finiamo in bellezza con la dolce Heléna Foster! Il suo personaggio è leggermente (ma pocchissimo giuro!) autobiografico; ovviamente non ho nulla a che spartire con Kristen Bell che si presta benissimo per la mia Hell!
Special Guest: Elwood! Il mio dolce Pescio che nella storia che fatto una brutta fine XD
Spero che le immagini si vedano tutte ^_^
State tranquilli che le NdA non saranno più così lunghe XD
Dal prossimo capitolo mi impegno a rispondere alle recensioni, ma ora devo proprio scappare a studiare che ancora non so cosa raccontare alla prof il 7! XD
Un saluto a tutti voi che siete passati di qua e a presto!
Spoiler e Curiosità nel BLOG

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Capitolo 3
*** Nice to meet you ***


Fuori Strada
Capitolo 2 – Nice to meet you.
 
<< Cucciola non puoi capire! >> Erano ormai venti minuti buoni che Leo non faceva altro che dire quelle parole.
<< Fidati. Ora posso. >> Mi sedetti nel mio solito posto in aula, tirando fuori il blocco per gli appunti e il registratore.
<< Sì, ma… non puoi capire! >> Ancora troppo eccitato per la sua uscita della sera prima, la checca isterica, perché in quel momento lo era davvero, prese posto accanto a me, appoggiando le braccia sul tavolo e sospirando come una diva d’altri tempi.
<< Leo, amore della mia vita, luce dei miei occhietti, giuro che se sulla registrazione delle prossime due ore ci sarà anche solo un sospiro dei tuoi, vado a dire a Ben che bacia da schifo! >> Non avrei potuto minacciarlo con una cosa più stupida di quella, ma lo sguardo terrorizzato che mi rivolse mi fece capire di aver raggiunto il mio obiettivo.
<< Hai dieci minuti di tempo per farmi un riassunto esauriente della serata, tralasciando i dettagli, che tanto mi fornirai in ampia gamma per i prossimi due giorni. >> Ero stata anche troppo generosa, il professore sarebbe arrivato a breve, ma non ce la facevo più a vederlo saltellare sul posto come se gli avessero attaccato una 220W alla sedia.
Prese un gran respiro e già questo mi spaventò, ma non quanto la velocità con cui iniziò a parlare.
<< E’ venuto a prendermi e mi ha dato un bacio – dolcissimo – sulla guancia, poi siamo andati a cena in quel ristorante cinese tanto carino - oh ti ci devo portare assolutamente è veramente troppo adorabile – e mi ha fatto mangiare il dolce direttamente dalle sue mani! Non è fantastico? E poi siamo andati al cinema. Sinceramente non so nemmeno che film stessero proiettando! Una volta che si sono spente le luci mi ha preso per mano e io mi sono girato, mi ha fatto un sorriso da infarto e mi ha baciato! >> Mi guardò con occhi lucidi e un sorriso a trentadue denti che gli arrivava da un orecchio all’altro.
<< Wow. >> Lo fissai allibita.
<< Vedi? Avevo ragione a dirti che non potevi capire! >> Mi abbracciò di slancio, facendomi quasi cadere dalla sedia.
<< L’unica cosa che non riesco a capire è come tu riesca a parlare così tanto tutto in una volta! >> Me lo scrollai di dosso, ma il suo sorriso mi aveva già contagiato e il broncio che gli era nato sulle labbra tornò presto lo spicchio di sole di prima.
<< Ma non è finita! >> Inarcai un sopracciglio, un po’ curiosa e un po’ scettica.
<< Quando siamo usciti dal cinema, sai… eravamo molto presi… >> Ammiccò malizioso, facendomi capire quello che proprio non mi sarei mai aspettata.
<< Leonard Powell! Non mi verrai a dire che ci sei andato a letto al primo appuntamento! >> Lo guardai allibita, ma la sua espressione colpevole - per nulla dispiaciuta – mi fece sgranare ancora di più gli occhi.
Nel momento esatto in cui stavo per tornare a parlare, l’I Phone di Leo prese a squillare.
<< Oddio, oddio è lui! >> Fortuna volle che fosse solo un messaggio e non una chiamata, temetti che sarebbe svenuto se avesse sentito la voce di Ben.
<< “Ho passato una serata magnifica… che ne dici di replicare? ;)” >> Riuscì a mimarmi anche lo smile da quanto era euforico.
Scossi la testa, mentre Leo era tutto intento nel rispondere a Ben.
Il professore iniziò la lezione e potei dedicarmi per un paio d’ore alla progettazione delle cucine.
Purtroppo per me il cellulare di Leo continuò a vibrare per quasi tutto il tempo e gli urletti soffocati che lanciava ogni tre messaggi mi stavano facendo impazzire.
Ringraziai il piccolo Elwood, che ci vegliava dall’alto, quando il professore ci congedò regalandoci dieci minuti di pausa.
<< Giuro su quant’è vero che sei gay, che se non spegni quel maledetto aggeggio per le prossime ore, lo butto nel cesso! >> Radunai le mie cose, buttandole nella borsa e uscendo dall’aula con Leo alle spalle che – stranamente – stava scrivendo qualcosa sul cellulare.
<< Eddai cucciola! Ti prometto che lo spengo, però… >> Mi raggiunse – maledette gambe lunghe! – abbracciandomi da dietro e facendoci camminare come due impediti.
<< Però? >> Cercai di non finire faccia a terra, continuando a tirarmi dietro i settanta e passa kili di zucchero e melassa.
<< Però lo devi conoscere! Mi sta aspettando davanti al laboratorio. >> Ci mancò poco che si mettesse e fare la fusa.
Sconfitta dal troppo buon umore di Leo, mi feci trascinare a conoscere il benedetto Ben.
Come per confermare la teoria secondo il quale gli uomini più belli o sono gay o sono dei gran bastardi, mi si presentò davanti un bellone dai lunghi capelli castani e gli occhi neri come pozzi senza fine.
Si scambiarono un piccolo bacio a fior di labbra e Leo sorrise ancora di più quando Ben fece intrecciare le loro mani.
<< Ben lei è la mia Sarah. >> Lo squadrai per bene, così come lui fece con me.
Un angolo della sua bocca si piegò stancamente verso l’alto in un sorriso che mi piacque molto poco.
Mi allungò la mano, che strinsi solo per cortesia.
<< Leonard mi ha parlato molto di te in questi giorni. >> Feci un sorriso di circostanza.
La mia prima impressione su Ben non fu delle migliori; ma non sempre la prima impressione è quella giusta.
<< Vorrei poter dire il contrario, ma Leo mi sta assillando con te. >> Una persona normale si sarebbe – quanto meno – dovuta imbarazzare dopo una frase del genere, ma Leo non era assolutamente normale; si mise a ridere annuendo con la testa.
<< Che posso farci? Quando qualcosa o qualcuno mi piace non riesco a smettere di parlarne. >> Sorrisi – stavolta davvero – della semplice sincerità del mio amico.
Continuammo a parlare del più e del meno finché non fu ora di tornare a lezione.
Ben studiava giurisprudenza, un altro punto a suo sfavore per quanto mi riguarda, mi sono sempre stati antipatici gli avvocati.
Più di una volta lo beccai a fissarmi con quel suo strano sorrisetto, ma mi dissi che era solo curioso della novità di conoscermi di persona.
Lo salutammo entrando nel laboratorio e prendendo posto.
<< Allora, che ne dici? Non è bellissimo? >> Gli mancava solo di mettersi a saltare e a battere le mani.
<< Leo devo darti un sedativo o ti calmi da solo? Oggi sei iperattivo. >> Gli tolsi l’I Phone di mano prima che ricominciasse a messaggiare e lo misi nella mia borsa, non prima di averlo spento.
<< Tesoro, una buona scopata farebbe stare così anche te! >> Si pavoneggiò, gonfiando il petto.
<< Non ricordavo che prenderlo nel culo avesse questi effetti! >> Scoppiammo a ridere nello stesso momento, guadagnandoci un’occhiataccia da parte di alcuni compagni intenti a osservare dei campioni di stoffa.
Era bello stare con Leo, anche quando aveva i suoi attacchi di iper felicità.
Continuò ad assillarmi con Ben per il resto della mattinata; a nulla erano valsi i miei tentativi di infilargli degli scampoli in bocca per farlo zittire.
Andammo a pranzo a casa mia, trovando Heléna stranamente sveglia e intenta a guardare con occhi spenti il mobiletto con la boccia vuota di Elwood.
<< Ciao Hell. >> Sobbalzò sorpresa quando la salutai.
<< Ciao Sarah. Ciao… ehm… >> Si morse il labbro inferiore sforzandosi di ricordare il nome di Leo, inutilmente direi dato che non li avevo mai presentati.
<< Hell lui è il mio amico Leonard. Leo lei è Heléna. >> Si strinsero la mano, ma Leo si sporse per darle due baci sulle guance come era sua abitudine.
Hell rimase sorpresa della sua intraprendenza, ma cerco di sorridergli lo stesso.
<< Hai già pranzato? >> Posai la borsa in sala, insieme alla giacca leggera che mi ero messa la mattina.
<< Pensavo di ordinare cinese. >> Mi mostrò il depliant del ristorante e…
<< Oddio cucciola, non è incredibile? È lo stesso dove sono andato con Bennie ieri sera! Questo è un segno del destino. >> Abbracciò Hell, scoccandole un bacio fra i capelli.
La mia povera coinquilina si ritrovò ben presto ad ascoltare il resoconto – molto più dettagliato di quello della mattina – dell’appuntamento di Leo.
Intanto mi ero data da fare per mettere insieme qualcosa per pranzo. A momenti mi cadde di mano l’insalatiera quando i due si misero a parlare di sesso e Hell volle sapere per filo e per segno ogni cosa del dopo cinema, prima, dopo e soprattutto durante.
Un pranzo vietato ai minori ancora mi mancava all’appello!
Da quando Leo era entrato nella mia vita, la normalità e la noia erano state soppiantate da un’aura di allegria e affetto.
Se avessi ascoltato i suoi discorsi solo un anno prima sarei scappata in cerca di un estintore per spegnare l’imbarazzo. Adesso mi limitavo a scuotere la testa ogni tanto o a ridere delle sue espressioni.
Heléna era corsa in camera a prendere un quaderno per prendere appunti esordendo con un: << Potrebbe sempre fare comodo! Non si sa mai. >> Fu a quel punto che Leo abbondò con i particolari.
<< Mi sono sempre chiesta cosa provi un uomo durante un orgasmo! Grazie mille Leo. >>
Ero felice di vedere un sorriso vero sulla faccia di Hell. Leo aveva accolto un’altra adepta nella sua personalissima setta del buon umore.
<< Oh si Leo. Grazie mille per questo excursus sulle arti amatorie dei gay. >> Versai l’ultima goccia di caffè in una delle tre tazzine e sistemai la zuccheriera in mezzo al tavolo.
Subito Leo saturò il suo caffè di zucchero: ogni volta mi stupivo di quanto ne riuscisse a ingurgitare.
Si portò alla bocca la sua tazzina, traboccante calorie, e la mandò giù in un solo sorso per poi raccogliere col cucchiaino la strana cosa che si era formata e che non era riuscito a bere.
<< Leo ti odio dal profondo. Perché mangi più zucchero di Homer Simpson e continui ad avere quel maledetto fisico?! >> Lo fulminai con lo sguardo mandando giù il mio caffè rigorosamente amaro.
<< La tua è tutta invidia perché sono un figo naturale! >> Disse finto offeso facendo sorridere Hell.
<< Basta cazzeggiare. Andiamo a fare la spesa che la dispensa piange! >>
 
Convinsi anche Heléna a venire con noi, d’altra parte quella era anche casa sua e uscire le avrebbe fatto bene.
Armati delle migliori intenzioni per non comprare schifezze, almeno non troppe, ci avviammo a piedi verso il market più vicino.
<< Vi va un gelato? >> Propose Hell prendendomi di sprovvista.
Leo, felicissimo dell’idea, ci prese per mano e ci trascinò in una gelateria li vicino.
L’insegna con un grosso pinguino che abbracciava un enorme cono gelato mi fece venire l’acquolina in bocca al pensiero del freddo e cremoso gelato che avrei mangiato di li a poco.
E tanti saluti alla linea!
Spinsi la porta, facendo suonare il campanello che annunciò la nostra entrata.
Il locale era pieno di piccoli tavolini con due o tre sedie intorno, sul fondo c’era il bancone con almeno quaranta tipi di gelato. Il posto era carino; le pareti erano dipinte di un tenue rosa pesca e decorate con tantissime foto di turisti e visitatori che si gustavano un fresco ristoro seduti ai tavoli.
Cercammo un tavolo libero; per fortuna a quell’ora c’era poca gente e non dovemmo faticare molto per trovarlo.
<< Guarda, guarda. Tre belle ragazze tutte sole solette! >> Una voce chiara e allegra mi fece girare sul posto.
Dietro di me un ragazzo, che avrà avuto qualche anno più di me, sorrideva a Leo, che si alzò per andarlo ad abbracciare.
<< Sei sempre il solito scemo, Trevor. >> Si salutarono con due baci sulle guance e Leo ci presentò.
<< Sarah, Heléna lui è Trevor, il proprietario di tutta la baracca! >> Gli strinsi la mano, che mi aveva allungato, sorridendo dello sbuffo che gli uscì dalla bocca, nascosta da una barbetta incolta.
<< E’ molto bello qui, non starlo a sentire. >> Trevor si passò imbarazzato una mano fra i corti capelli biondi scuri, ridacchiando.
<< Poi scommetterci il tuo bel culetto che è un bel posto! Lo sai quanto c’abbiamo messo a sistemare questa catapecchia? >> Due mani si appoggiarono sui braccioli della mia sedia, mentre la mia testa finiva a sbattere contro un petto fin troppo perfetto.
<< Sei sempre così grezzo Leonard. >> La voce sensuale di Alan mi fece correre un brivido lungo la schiena e, quando alzai lo sguardo sopra la mia testa, non potei fare a meno di sentirmi le guance avvampare.
Ero intrappolata fra le sue braccia e il tavolo e la mia temperatura corporea stava raggiungendo velocemente picchi che non credevo possibili.
<< Ha parlato Mr Finess! >> La sua risata bassa e roca non aiutò per niente.
<< Ragazze scusate, ma il dovere mi chiama! Alan, prendi tu le ordinazioni e… ovviamente offre la casa. >> Trevor ci salutò facendoci un occhiolino e andò a servire un tavolo vicino.
<< Come mai qui bel biondino? Sei venuto a rimorchiare qualche turista? >> Leo si tolse la giaccia sistemandola sullo schienale della sedia imitato da Hell. Io ero ancora irrimediabilmente congelata, tanto che Heléna mi lanciò un’occhiata preoccupata.
<< Trevor aveva bisogno di una mano, così sono venuto ad aiutarlo. Uno dei suoi ragazzi è andato ad abbracciare un muretto con la moto. >> Continuarono a parlare per qualche minuto e Leo riuscì anche a presentare Heléna al bel tipo che non si decideva a togliersi dalle mie spalle.
<< Allora, cosa vi porto? >> Grazie ad Elwood, ormai mio santo patrono personale, Alan andò vicino a Leo per prendere le ordinazioni.
Forse non avrei dovuto ringraziare più di tanto, visto quello che mi si presentò davanti.
I pantaloni neri della divisa gli fasciavano le gambe in modo fantastico – e non volli immaginare come doveva essere il lato b – la camicia bianca con qualche bottone slacciato mi fece quasi sbavare e il gilè nero completava il tutto.
<< E tu, sorella non di sangue del mio adorato coinquilino? >> Mi ripresi giusto in tempo per notare il sorrisetto da stronzo che piegava le labbra di Leo.
<< Una coppetta al caramello. >> Alzò un sopracciglio mentre segnava la mia ordinazione sul piccolo taccuino nero.
Se ne andò verso il bancone e purtroppo – o forse no – ebbi una visione in prima fila del suo didietro.
<< Cucciola, chiudi la bocca e rinfodera la lingua. >> Non mi resi nemmeno conto di essermi girata e di averlo seguito con lo sguardo, finché Leo non mi richiamò sul pianeta terra.
<< Ho come l’impressione che la nostra Sarah abbia una cotta per il tuo coinquilino. >> Ci si mise pure Hell a prendermi in giro, coprendosi la bocca con una mano per non farmi vedere il suo sorriso divertito.
Cercai qualcosa da dire per negare l’evidenza; ovviamente mi misi a boccheggiare come un pesce.
Il sorriso di Hell s’incrinò un po’, dovevo averle ricordato il piccolo Elwood. Non so se la cosa fu più triste per lei, per averlo ricordato, o per me, per essere stata paragonata ad un pesce.
Decisi che per farle tornare un po’ di buon umore mi sarei anche potuta umiliare un po’.
In fondo uno era il mio migliore amico e lei, beh… con lei vivevo ormai da nove mesi.
<< Beh… è ovvio che mi piaccia, no? A chi vuoi che non piaccia un tipo del genere?! >> Incrociai le braccia sotto al seno imbronciandomi.
<< Oh sono felice di saperlo! >> Una bella coppa di vetro, traboccante gelato al caramello, mi si parò davanti, con tante belle cialdine a decorarla.
Una doccia fredda mi avrebbe gelata meno.
Le mie due comari trattennero a stento le risate, mentre Alan si mise seduto accanto a me con una coppa di gelato alla menta e fior di latte che non aspettava altro che essere divorata.
Cercai di riprendere il controllo della mie corde vocali per difendermi in qualche modo; per fortuna sono sempre stata dotata di un’ottima capacità di ripresa.
<< Ma tu non dovresti lavorare? >> Affondai il cucchiaino nel mio cremoso gelato portandomelo alla bocca.
Il dolce sapore zuccherino mi si scioglie sulla lingua e il suo freddo tepore mi scivolò nella gola facendomi mugolare di piacere.
<< C’è poca gente, mi sono preso una pausa. >> Allungò braccia e gambe, stiracchiandosi come un gatto appena svegliato.
<< E’ buonissimo! >> Contenta come una bambina ne presi subito un altro boccone, gustandomelo a pieno.
<< Ovvio! Trevor è il migliore. >> Leo si allungò sul tavolo rubandomi una cucchiaiata del mio preziosissimo dolce; storse la bocca quando lo mandò giù.
<< Come fai a mangiare questa schifezza? >> Si mise subito in bocca un po’ del suo pistacchio per rimediare.
<< Come fai tu a mangiare il tuo. >> Gli feci una linguaccia che rallegrò Hell.
Passammo mezz’ora buona a parlare di tutto e di niente, ma non potei evitare di guardare Alan ogni volta che potevo. Purtroppo lo sorpresi a ricambiare il mio gesto più di una volta, sprofondando nell’imbarazzo più totale.
Sperai solo di essere abbastanza forte da non cadergli ai piedi. Non volevo essere un altro numero nella sua collezione. Dovevo farmi passare quell’assurda infatuazione il prima possibile; prima che fosse troppo tardi.


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Angolo della Pazza:
Buona sera a tutti quanti *_*
Non ho parole per dirvi quanto i vostri commenti mi abbiano fatto piacere! Alan e Leo ringraziano di cuore!
Cosa dire sul capitolo? Facciamo la conoscenza di qualche personaggio nuovo e approfondiamo quella dei nostri quattro moschettieri!
Ho notato che il piccolo Elwood non è piaciuto a tutti, o che la maggior parte di voi si sono rattristati per la sua dipartita. Ma non temete! L'unico e originale Elwood è felice nella sua boccia sopra al mio comodino XD 
Come promesso nel capitolo precedente non vi tedierò con le mie cavolate e vi lascio alla risposta alle recensioni ;)
ps: come sempre vi attendono spoiler e aggiornamenti vari sul BLOG

Risposta alle recensioni!


Semolina81: Salve e bentornata XD Beata te che hai potuto visitare quella magnifica città! Io non vedo l’ora di poterci andare! Non essendoci mai stata, spero di non tirare strafalcioni nel descrivere i vari luoghi e tutto quello che circonda i nostri belloni ù_ù Sei stata troppo buona con i complimenti! Poi mi fai emozionare e divento tutta rossa XD Spero che la storia continuerà a piacerti! Un pensiero per i tuoi pesciolotti! Il caro Elwood (quello vero XD) ti saluta boccheggiando dalla sua boccia sul mio comodino!
Mr Darcy: L’appartamento più invidiato del mondo! Anche io vorrei un Leo ç_ç A sapere dove li vendono… XD Spero che in questo capitolo ti sia piaciuto come nel primo (anche se i suoi ormoni l’hanno fatto andare fuori di testa XD)
fallsofarc: Posso essere emozionata perché hai commentato? XD Visto che hai scelto Hell come personaggio preferito spero di farti contenta, mostrandotela nel suo ambiente naturale, ovvero avida di novità per i suoi racconti hehe! Il mio piccolo Leo, noto con piacere, che ha fatto strage! Carino lui! Quando trovo dove li smerciano te ne regalo uno da tenere in salotto! Per quanto riguarda quel bonaz… ehm! Quel caro figliolo di Alan, penso di averti dato un piccolo assaggio in questo capitolo ;) Sarah si è data la zappa sui piedi da sola e ora Alan è in netto vantaggio! Chissà cosa le combinerà ù.ù Un bacione tesoro *_*
manu1988: Chiamala scema la cara Sarah! Citandola: << Beh… è ovvio che mi piaccia, no? A chi vuoi che non piaccia un tipo del genere?! >> Direi che questa frase si commenta da sola! Hai detto una vera verità: quelli perfetti sono sempre Gay! “Purtroppo” ne sono circondata ç_ç
_Caline: Grazie mille per la fiducia che hai dato a me e alla mia storia ;) Sono contenta che la scelta di Mitch ti sia piaciuta, io personalmente lo adoro! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!
Vale728: Un’altra adepta di Leo ;P Ha fatto conquiste il ragazzo! Ma non solo lui da quello che mi dici! Il caro Alan ha la schiera di dolci fanciulle che gli sbavano dietro (io in primis XD) Spero che la storia continuerà a piacerti ;)
Goten: Biscottina! Ti manco un bacio enorme! Non so se leggerai questa nota, ma sappi che puoi sempre contare su di me! Un bacio
Maki_lullaby: Il tuo commento mi ha fatto luccicare gli occhi! Sono veramente felice che i miei personaggi ti piacciano e anche i volti che ho scelto per loro ^_^ Spero di non deludere andando avanti con la storia! Prometto di impegnarmi al massimo con ogni capitolo ;)
aurelia94: svavdionavio! Anche a te XD Sono contenta che la storia e il cast ti siano piaciuti ;) Per il povero Elwood c’è poco da fare xD è vero è bruttino ma… è troppo simpatico ù_ù Poi è la special guest della storia XD
ForgottenSnow: Tesorina *_* Abbiamo in comune un sacco di cose con la protagonista e la sua socia XD Le tue “cretinate”, come le chiami tu, mi fanno morire, perciò puoi scrivere tutto quello che vuoi che a me fanno solo piacere!  ;) Spero che Sarah riesca a rimanerti almeno un po’ simpatica; non ha niente di speciale, è semplicemente… sé stessa. Cercherò di non farla diventare una povera complessata sociopatica XD Anche se la tentazion… no! Scherzavo ù.ù La piccola Sarah rimarrà una ragazza normale fino alla fine ù.ù Sana dei suoi principi, lo giuro! Parola di lupacchiotta! XD Un bacio!
bollicina: Benvenuta nel fantastico mondo di Sarah&CO XD Ultimamente è difficile trovare qualcosa da leggere di interessante nel fandom di Twilight e anche io, come te, mi sono buttata sulle originali, ma il mio cervellino bacato non si è limitato a leggere… ha voluto sperimentare ù_ù Cervellino curioso *.* Purtroppo la tua tesi è pluriconfermanta dal fatto che ormai i ragazzi di una volta non ci sono più ç_ç (e anche quelli probabilmente nascondevano qualche altarino! XD)
Ti ringrazio per i complementi che mi hai fatto (sono diventata tutta rossha quando ho letto la tua recensione! ù.ù) spero di meritarli ;P
JessikinaCullen: Ecco qui la mia piccina *_* Abbiamo già disquisito sul punto pescio perciò tralascerò il fatto e nasconderò Elwood che è rimasto offeso e ti voleva tirare dietro le piantine finte della sua boccia XD Per quanto riguarda il tuo commento su Alan: “è bellissimo e se a Sarah non avesse scaturito nulla, beh avrei detto che fosse lesbica xD“ Direi che racchiude tutto XD
Comunque se la mia piccola dedica ti ha fatto quell’effetto, ti dedicherò tutti i capitoli! Lo sai che adoro farti contenta *_* E vorrei strapassarti tutta di coccole *_* Ti voglio un mondo di bene piccina!! Un bacione!


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Capitolo 4
*** Stupid Men ***


Fuori Strada


Capitolo 3 – Stupid Men
 
<< Hai intenzione di fissarmi ancora per molto? >> Scocciata mi voltai verso il mio compagno di banco di Storia dell’architettura.
Purtroppo per me, Alan mi sorrise sornione stendendo le gambe sotto al tavolo.
E ora verrebbe da chiedersi cosa io ci facessi ad una lezione insieme al ragazzo di cui mi ero presa una cotta bruciante, che era il coinquilino del mio migliore amico gay, che era anche il cameriere sostituto della gelateria in cui andavo praticamente tutti i giorni - da quando suddetto amico me l’aveva fatta conoscere - e di cui non volevo più sentir parlare perché era un gran farfallone.
<< Non vuoi che ci provi con te, almeno fatti ammirare. >> Sentii le guance scaldarsi a quelle parole.
Mi maledissi cento volte per aver deciso di frequentare quello stupido corso per i crediti extra. E maledissi Alan per aver scelto di seguire architettura e tutti i corsi annessi.
Riportai lo sguardo sul professore, che stava illustrando alcune chiese italiane, cercando di concentrarmi. Ovviamente non potei non pensare al primo giorno di lezione di questo maledetto corso.
 
Entrai in aula cercando un buon posto dove mettermi per riuscire a registrare la lezione; per fortuna l’acustica era buona e il mio fedele registratore non mi aveva mai tradita.
Tirai fuori il blocco degli appunti perdendo tempo a scarabocchiare il lato del foglio bianco che avrebbe accolto le perle di saggezza del prof.
Non feci in tempo a finire un bordo che mi si oscurò la vista. Due grandi mani mi coprirono gli occhi, mentre una voce cercava di imitare quella di una ragazza.
<< Chi sono? >> Non potevo crederci.
<< Jessica Rabbit? >> Chiesi speranzosa.
Più cercavo di non pensare ad Alan, più lui tornava prepotentemente nella mia vita.
<< Tenta ancora, sarai più fortunata! >> Mi liberò gli occhi sedendosi allegramente accanto a me.
<< Ciao sorella di Leo. >> Appoggiò un gomito sul banco, sorreggendosi la testa con la mano.
<< Ho un nome sai? >> Ripresi a imbrattare il foglio colorando un quadretto si e uno no.
<< Leo mi ha proibito di provarci con te – a meno che tu non lo voglia – perciò per me rimarrai la sorella di Leo. >> Mise sul banco la borsa, tirando fuori un quaderno quasi distrutto e un astuccio che aveva decisamente visto tempi migliori.
<< Quindi… in quanto portatrice sana di cromosomi XX, ma non accessibile alle tue grazie, sono rilegata a ruolo di sorella del coinquilino e non merito di possedere un nome? >> Lasciai perdere il mio passatempo, girandomi per fulminarlo con lo sguardo.
<< Detto così suona male però! >> S’imbronciò come un bambino a cui erano state negate le caramelle.
<< Sei odioso, te ne rendi conto? >> Soffiai, mettendomi nella sua stessa posizione.
<< Così mi offendi nel profondo! >> Si portò teatralmente una mano sul cuore facendo una smorfia sofferente che non avrebbe convinto nemmeno un cieco.
Cercai di togliergli gli occhi di dosso, girandomi verso il professore che era appena entrato e che aveva chiesto silenzio per iniziare la sua lezione.
<< Sei proprio sicura di non volere che ci provi con te? >> Ogni parola mi fece rabbrividire, tanto si era avvicinato.
<< Al cento per cento. >> Strinsi la penna fra le dita cercando il modo di ricacciare indietro i brividi e il rossore sulle guance.
<< Peccato. Sarebbe stato divertente. >>
 
Mi sentii tirare i capelli e la mia testa li seguì d’istinto.
<< Alan. Piantala. >> Gli ringhiai ad un palmo dal naso. E fu uno sbaglio imperdonabile da parte mia.
Mi tirò la ciocca che aveva fra le dita avvicinandosi pericolosamente e schioccandomi un leggero bacio sulle labbra.
Non mi mossi, nonostante la voglia di prenderlo a schiaffi fosse arrivata a livelli astronomici.
<< Questo per te è non provarci? Vatti a leggere un dizionario, perché mi sembra che tu non capisca quello che la gente ti dice. >> Mi tirai indietro, strappandomi anche qualche capello che gli rimase in mano.
Radunai le mie cose e uscii silenziosamente dall’aula inseguita dai mormorii di alcuni compagni.
Camminando a testa bassa maledissi lo stupido biondino che si era radicato nel mio cervello bacato.
I corridoi erano pieni di ragazzi intenti a cercare un po’ di fresco in quella giornata afosa.
La maggior parte si ammassava sotto i portici in cerca di ombra per chiacchierare o ripassare qualche appunto.
Altri se ne stavano comodamente sdraiati in giardino sotto qualche pianta che li proteggeva dal sole.
<< Sarah! >> Mi chiamò Leo da sotto una quercia. Accanto a lui, comodamente seduto con la schiena appoggiata alla corteccia, stava Ben con un libro aperto sulle gambe.
Quel ragazzo mi piaceva sempre meno, ma sembrava inutile mettere in guardia il mio amico; si limitava a rispondermi con un’alzata di spalle e un “Forse è perché non lo conosci ancora bene”.
<< Ciao ragazzi. >> Mi sedetti accanto a Leo, rubandogli la barretta di cioccolata bianca che si stava mangiando.
<< Nervosetta, eh? >> Mi baciò una guancia per salutarmi a dovere.
<< Tutta colpa del tuo stupido amico. >> Addentai rabbiosa la povera cioccolata, facendo cadere pezzetti di nocciola sul libro di design di Leo.
<< Che ha combinato stavolta? >> Scrollò il libro, liberandolo dalle briciole, e lo chiuse con un colpo secco.
<< Lascia stare, è il solito idiota. >> Borbottai con la bocca piena prima di mandare giù il boccone.
<< Quando lo becco mi sentirà il signorino! >> Tirò il libro in borsa, seccato forse più di me dal comportamento di Alan.
<< Stasera gli farai una bella strigliata allora. >> Ben si passò una mano fra i lunghi capelli castani, togliendosi qualche ciuffo dal viso.
<< Non ci vediamo stasera? >> Tutta la rabbia era già scomparsa dal bel viso di Leo, rimpiazzata dalla delusione per l’appuntamento saltato.
<< Ho troppo da studiare, non ce la faccio proprio ad uscire. >> Si scusò con lo sguardo, ma capii benissimo che lo studio era l’ultimo dei suoi pensieri. Leo era troppo ingenuo per capirlo e Ben se ne approfittava troppo. Si frequentavano da qualche settimana ormai e più di una volta, quando ci ritrovavamo a studiare insieme, mi ero accorta del suo modo di atteggiarsi che proprio non mi piaceva.
Purtroppo il mio amico era cotto, perso, partito totalmente per quello che per me era un bugiardo.
La brutta sensazione che avevo provato la prima volta che l’avevo visto non mi aveva mai abbandonata, anzi. Ogni volta che lo incontravo per i corridoi mi rivolgeva un saluto sprezzante accompagnato dal suo sorrisetto da schiaffi.
E anche stavolta mi ritrovai a fissare il suo ghigno che sembrava volermi dire “Non puoi farci niente, comando io qui”.
<< Ci vediamo domani allora? >> Troppa speranza in quella domanda.
<< Vedrò di ritagliare un po’ di tempo, ok? >> Mi sembrò di vedere il padrone che dava una carezza ad un cane da troppo tempo dimenticato.
Leo annuì contento girandosi verso di me, col suo bel sorriso stampato in faccia, cercando forse un appoggio per la sua contentezza.
Non potei sorridere sinceramente e quello che mi uscì fuori fu solo un sorriso di circostanza, ma sembrò bastargli.
L’I Phone di Leo ci avvisò che doveva riportare un libro in biblioteca se non voleva rischiare una multa, così mi lasciò solo col suo ragazzo.
<< Non ti piaccio, vero? >> Esordì una volta rimasti soli, prendendomi alla sprovvista.
<< Più che altro non mi fido di te. >> Semplice e diretta, odiavo i giri di parole.
<< Leo però sì. Non ti fidi del suo giudizio? >> Non lasciò un momento i miei occhi mentre parlava, un chiaro segno di sicurezza in sé stesso; forse troppa.
<< E’ troppo abbagliato da te per avere un giudizio obiettivo. Perciò sono io che tengo d’occhio la situazione per lui. >>
<< Non sembra darti molto credito. In fondo sono un bravo ragazzo, sai? >> Sorrise ammiccando e lasciandomi in bocca un amaro gusto di falsità.
<< Se sei un bravo ragazzo non illudere Leo. Non voglio vederlo soffrire a causa tua. >> Mi alzai sistemandomi la borsa sulla spalla.
<< Occhio non vede, cuore non duole. >> Sentii a malapena le sue parole, ormai troppo lontana per potergli tirare un pugno sul naso.
Camminai veloce per allontanarmi il più possibile da quell’essere odioso, che il mio migliore amico si ostinava a frequentare, finendo a sbattere contro l’altro essere.
<< Dillo che mi perseguiti! >> Mi misi a distanza di sicurezza dal biondo baciatore a tradimento.
<< E’ il destino che ci fa sempre incontrare! >> Sorrise sornione, mettendo in mostra una fila di perfetti denti bianchi.
<< Alan, basta con queste stronzate. Non puoi limitarti ad ignorarmi? Saremo tutti più felici! >> Cercai di scartarlo e di raggiungere l’aula della prossima lezione.
<< Ma io sono felice! >> Mi abbagliò col suo sorriso sempre più allegro.
Il suo egoismo lo circondò come un’aura troppo luminosa.
<< Io per niente! >> M’incamminai a passo sostenuto, sperando di seminarlo, ma le mie speranze vennero stroncate sul nascere sentendolo camminare dietro di me.
Io corro e lui semplicemente cammina, non mi sembra molto equa la cosa! Pensai con i nervi che mi stavano per esplodere.
<< Se tu accettassi la mia corte spietata saresti la ragazza più felice del campus. >>
Mi bloccai di colpo a quelle parole, facendolo andare avanti da solo di qualche passo.
<< Non avevi forse detto… >> Feci finta di controllare l’orologio. << … nemmeno un’ora fa che non ci stavi provando con la sottoscritta? >>
<< Non ho mai detto di essere molto coerente. >> Alzò le spalle con noncuranza, dimostrando ancora una volta quanto immaturo fosse.
<< Solo perché sono una delle poche che ti manda in bianco non vuol dire che tu mi debba stressare l’esistenza. Se ti dessi il permesso di corteggiarmi e poi ti rifilassi un bel due di picche, mi lasceresti in pace? >> Ormai i miei nervi erano arrivati al limite massimo.
O accettava o l’accettavo.
Se possibile sorrise ancora di più e non potei non ammettere con me stessa che fosse veramente bello. Non bellissimo come un divo del cinema o uno di quegli irraggiungibili modelli. Era solo… Bello.
<< Lo prendo per un Sì. E ora… addio! >>
 
Mi chiusi in biblioteca, cercando di scordarmi quella maledetta faccia sorridente che mi aveva fatto battere il cuore troppo velocemente.
Che potevo farci se mi ero presa una cotta assurda per quell’odioso biondino?
Accidenti a me ed ai miei ormoni!
Imprecai contro me stessa per la facilità con cui mi ero invaghita di quello stupido.
Che aveva poi di speciale? Non sapevo rispondere.
Sapevo solo che non riuscivo a toglierlo dai miei pensieri, anche se ci provavo con tutta me stessa.
Era una lotta persa in partenza. Dovevo solo aspettare e sperare.
Aspettare che si stufasse di provarci con me e sperare che lo facesse alla svelta.
Non so nemmeno per quanto tempo rimasi a leggere di cattedrali italiane costruite nell’ottocento, so solo che ad un certo punto la luce dalle finestre smise di filtrare lasciando come sola fonte d’illuminazione le lampadine al neon che sfrigolavano mentre si accendevano.
Chiusi il libro e mi stiracchiai. Le gambe mi si erano addormentate per il troppo tempo passato nella stessa posizione e rischiai di finire per terra quando tentai di alzarmi.
Salutai la bibliotecaria con un cenno del capo e lei mi ricambiò con un sorriso.
Una volta, quando ci trovammo a prendere un caffè alla solita macchinetta, mi disse che ero una delle poche che rispettava alla lettera le regole del suo regno.
La signorina Alphonse era la classica single – perché di sicuro non era una zitella acida! – con i capelli ingrigiti dal tempo raccolti in un morbido chignon , gli occhiali mollemente appoggiati al petto sorretti da una simpatica catenella colorata e un bel gattone rosso che colorava la reception con tante foto.
Uscii dalla grande porta in legno stando attenta a non fare rumore, ma non potei impedirmi di urlare quando una mano mi strinse il braccio destro.
<< Ehi, ugola d’oro calmati! Sono io! >> E a quel “Sono io!” l’istinto omicida salì alle stelle.
<< Ma sei uscito di testa? Mi hai fatto prendere un colpo! >> Lo colpii d’istinto con la borsa carica di libri, sperando di fargli male. Malissimo.
<< Ah-Ahai! Ferma! >> Continuai a colpirlo finché non mi fecero male le braccia. Col fiatone cercai di calmarmi; almeno tutto il nervosismo della giornata era sfociato in un bell’attacco di violenza gratuita.
Abbassò le braccia, che aveva usato per proteggersi, e mi guardò sconcertato.
<< Ti volevo solo accompagnare a casa! >> Tentò di giustificarsi, ma si rimise subito in difesa quando feci un passo verso di lui impugnando ancora la borsa.
<< Tu vuoi farmi morire giovane, ecco cosa vuoi! >> M’incamminai verso l’uscita del campus pestando i piedi come un bufalo in carica.
<< Sarah! Dai Sarah aspettami! >> Mi corse dietro - stavolta correndo davvero – cercando di farmi fermare.
Per la prima volta mi chiamò per nome, ma l’incazzatura galoppante mi ci fece passare sopra come se niente fosse.
<< E’ tardi. Voglio andare a casa. E voglio dimenticarmi di questa giornata e di te! >> Mi fermai di colpo facendomelo quasi inciampare addosso mentre gli urlavo contro.
<< Volevo solo essere gentile… >> S’imbronciò come suo solito facendomi – quasi – passare la voglia di riprenderlo a borsate.
Cercai di calmarmi prendendo un respiro profondo, ma con scarsi risultati.
<< Alan… tu vuoi solo che ti caschi ai piedi così potrai passare alla prossima ragazza che hai in lista! >> Mi sentii ferita dalle mie stesse parole, perché lui – bene o male – mi piaceva veramente e sapere di essere solo una fra tante non era affatto bello.
<< Credi davvero che abbia una lista? >> Mi guardò fra il sorpreso e lo sconcertato.
<< Se non è una lista è un post-it attaccato al frigo. >> Mi rimisi a camminare, sperando di arrivare in tempo per prendere l’autobus; sfortuna volle che dovesse prenderlo anche lui.
Eravamo entrambi immobili con le braccia incrociate, solo il palo della fermata a dividerci.
<< Non sono come m’immagini. >> Ruppe il silenzio che si era creato con tanta fatica fra di noi.
<< Non m’interessa. >> Mi ostinai a guardare la strada sperando che i fari del bus illuminassero presto l’asfalto.
<< Pensavo di piacerti. >> Sussurrò a malapena, forse pensando a voce alta.
<< Alan il fatto che tu mi piaccia è relativo. Mi rendo semplicemente conto da sola che non sei il ragazzo adatto a me e che anche solo provare ad uscire insieme non porterebbe a nulla di buono. >> Cercai di essere il più chiara possibile, nella speranza che recepisse subito il concetto.
<< Nemmeno una botta e via? >> Il tono era scherzoso e, nonostante fossi quasi certa che avesse detto sul serio, non riuscii a non sorridere.
<< Anche peggio! E poi Leo ti potrebbe uccidere nel sonno. >> Lo guardai di sottecchi cercando di non farmi vedere.
Era bello quando rideva; ed ora stava ridendo davvero, con gli occhi chiusi e la testa all’indietro.
<< Potrebbe farmi le unghie a morte! >> Scoppiai a ridere con lui immaginandomi Leo tentare di stenderlo con la limetta che teneva nascosta nell’astuccio delle penne.
Riprendemmo fiato, mi asciugai addirittura una lacrima che mi era scesa dal troppo ridere.
<< Non mi arrenderò così facilmente. >> Mi rivolse il suo sorrisetto bastardo.
<< Nemmeno io. >> Sperai veramente che fosse così.

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Angolo della Pazza:
Salve signore!
Come ve la passate? Tralasciando il caldo soffocante direi che l'estate sta passando anche troppo velocemente!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Il caro Alan si sta dando da fare, forse anche troppo con la nostra povera Sarah!
Cavolo sono cotta dal caldo, non so proprio che scrivere nelle note! Perciò direi che vi lascio alle risposte alle recensioni e come sempre SPOILER nel
BLOG!

Risposta alle recensioni!



Se7f: Sto pensando di fondare un fan club per Elwood XD Non pensavo che il caro pescio avrebbe riscosso così tanto successo ;)
The Harlequin: Mi sono sciolta ad ogni parola che hai scritto nella recensione! Troppo buona ;) Il soprannome di Hell è venuto per caso, non me ne ero nemmeno accorta all’inizio e poi mi sono resa conto di quello che avevo scritto e mi sono stretta la mano da sola XD
Ben uno stalker? XD Oddio sinceramente non ce lo vedo ahahaha! E a quell’ “orsacchiotto” di Leo, saprei io cosa farci… acc è vero! L’ho fatto Gay! Mi mangio le mani da sola! La povera Sarah si è ritrovata una bella gatta da pelare, o in questo caso un bel gattone XD, vediamo un po’ se riuscirà a resistere al nostro bel biondino ;)
ada90thebest: carissima! Altro che maledizione! A questo punto pretendo un commento per ogni capitolo ù_ù Ti aspetto, eh ;)
queenbee: Ti ringrazio per la nota sui dialoghi! Effettivamente, rileggendo e cercando di non pensare da “autrice”, ho notato la confusione XD Vedrò di rimediare al più presto! Non so se sei passata dal blog ma Ben Barnes l’ho usato – nemmeno a farlo apposta XD  - per Ben! Ancor prima di iniziare a scrivere ho voluto dare un volto ai personaggi (e a questo proposito sono lieta che siano di tuo gradimento!) Se hai altri consigli sarà lieta di ascoltarli!
Derekkina2: Spero che questo capitolo ti sia piaciuto come lo scorso!
JessikinaCullen: Piccina mia *_* Tesoro la cosa si fa equa! Tu mi fai sempre piangere, io almeno ti faccio arrossire ;) A Leo dovremmo dare un po’ di Valium per calmarsi ahahaha Adoro la sua vivacità e la sua allegria, riescono sempre a mettermi di buon umore! Per Ben… eh! Chi leggerà scoprirà! ù.ù Ti voglio un mondo di bene! Spero di riuscire a sentirti presto, un bacione!
_Caline: Riuscirà la nostra eroina nell’ardua impresa di conquistare il belloccio di turno? Lo scopriremo nella prossima puntata XD C’è da dire che lui non si tira indietro, anzi! Per il Santo Elwood provvederò ai santini il prima possibile! XP
Vale728: Ora che Hell e Poe si sono incontrati… si scatenerà l’inferno! Ovviamente scherzo (beh mica tanto! XD) Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto *_*
Semolina81: cara ti adoro! Penso tu sia una delle poche persone che sa dell’esistenza del blog! Per quanto riguarda gli spoiler, ho preso un diploma particolare per mettere quelli più bastardi hihi! Il caro Trevor – per ora o forse no – è solo il nostro spacciatore di gelati, che in questo momento vorrei avere sotto casa perché muoio di caldo XD Per quanto riguardo il “viaggio di lavoro” a Londra ci sto lavorando! O meglio: mi sto lavorando la dolce metà per farmici portare! ;)
Rinoa05: Felicissima che i miei personaggi siano di tuo gradimento *_* Spero di non deluderti con i prossimi capitoli ;)
Mr Darcy: Mi stavi facendo spaventare con l’inizio del tuo commento, poi ho continuato a leggere e ho tirato un sospiro di sollievo! Sono veramente troppo contenta che il mio piccolo Leo venga così tanto apprezzato, gli voglio troppo bene a quel cucciolo d’uomo ** Per quanto riguarda Sarah… pure io ho girato la testa con lei per godermi lo spettacolo XD
fallsofarc: La sindrome della scrittrice accomuna un sacco di gente! Io mi porto sempre dietro un mini squadernino e proprio l’altro giorno mi sono messa a scrivere un pezzo di lemon in autobus! Non sono normale! Ben è… un cliché, direi! E i quattro moschettieri sono effettivamente un po’ ripresi da persone che conosco. Ovviamente solo piccole parti, per cercare di renderli più reali possibili! Spero tanto che Sarah non diventi una Mary Sue e Alan un Gary Stu! Non sai quanto mi faccia piacere il fatto che leggi la mia storia *_* Un bacio divoratrice di libri ;) e che Lucan sia con noi ù_ù XD
Benzina: Benvenuta nuova lettrice ;) Il piccolo Elwood per ora rimarrà a nuotare fra le nuvole vegliando la nostra Sarah dall’alto xD Sono contenta che i personaggi ti piacciano ^_^ Spero di riuscire a renderli allegri e ironici anche per il resto della storia!
Ylenia_: Devo fare una statua a Chiara ;) Non importa il modo in cui sei giunta su questa pagina, l’importante è che ti piaccia quello che hai letto! Alla prossima!
FrankieLou: Pignolissima che? XD
sweetthings: Sei la prima a dire che Alan non convince come ragazzo! E il caro Trevor ha riscosso più favori del previsto! ;) Vedremo se riuscirà a farti cambiare idea sul nostro biondino (sinceramente ne dubito XD)
dindy80: Anche io voglio andare a fare shopping con Poe ç_ç Se lo trovi possiamo andarci assieme! XD Il prologo racchiude un po’ la realtà di tante ragazze in fin dei conti. È difficile trovare quello che manca a Sarah, ma non impossibile ;) Confido in questo! Congratulazioni per la tua lunghissima relazione! Io sono ancora sui quattro anni e mezzo, ma arriverò anche io ai tuoi traguardi! Sarei veramente felice se leggessi le altre mie storie ^_^ Spero che le apprezzerai!
alice75: siamo in due ad adorare Kristen Bell! Quando mi è capitata una sua foto sotto al naso mi è scattata la lampadina! Sono felice che la storia riesca a coinvolgerti tanto! Scrivendo praticamente il minimo indispensabile (purtroppo le descrizioni non sono decisamente il mio forte XD) mi è difficile capire quanto i miei personaggi vengano capiti! Grazie mille per la tua recensione!
ForgottenSnow: Bene bene sono riuscita a non farti odiare la nostra omonima! (anche per me è strano dover scrivere il nostro nome con l’H XD) Far essere sé stesso un personaggio originale è un lavoraccio! Ahahah! Vedrò di non farla diventare una Mary Sue, se mai dovesse succedere sei autorizzata a mandarmi un branco di Lupi contro! ;)
bollicina: la nostra Sarah è più che cotta, ma nemmeno lei se ne rende conto ;) Mi piace la tua mente che è già proiettata avanti di mille capitoli XD Sinceramente Trevor per ora è solo Trevor, magari più avanti… chissà! Per le storie di Hell, per ora mi ispiro alla mia long su Twiligth XD Anche se ormai di lemon non c’è rimasto più nemmeno l’avviso -.- Vedrò in futuro, magari faccio leggere qualcosa a Sarah che verrà riportato nel testo! Dipende se mi ricordo come si scrivono le rating rosso XD Per il gelato di Alan, ho ricontrollato e mi pare che sia tutto a posto. Il pistacchio è di Leo. Magari provo a rileggere, ma mi pareva tutto al suo posto! Grazie comunque per la segnalazione! Sono sempre ben accette ;)
Maki_lullaby: Leo è dotato di un sofisticatissimo sistema di respirazione cellulare XD Sarah è più dura di quel che possa sembrare ;) Ce ne vorrà ancora un po’ per qualche passo avanti! Ben… eh! Benedetto ragazzo! Vedremo cosa ci combinerà in futuro!

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Capitolo 5
*** My World ***


Fuori Strada
Capitolo 4 – My world
 
Giugno era arrivato con una ventata d’afosa aria estiva.
Le piogge quell’anno si facevano desiderare e spesso – troppo spesso - mi ritrovavo con Hell a chiudermi nella gelateria di Trevor spasimando per l’arietta fresca che l’adorato condizionatore spargeva su di noi.
Ormai eravamo clienti fisse, Heléna si portava persino il portatile dietro per scrivere al fresco mentre si gustava i suoi enormi gelati pieni di frutta.
Per mia somma fortuna Alan era stato sostituito dal poveretto che si era infortunato e che ore scorrazzava allegro fra i tavoli prendendo ordinazioni a destra e manca.
<< Mhmm… >> Con la testa piegata di lato, Hell guardava lo schermo del suo pc come se ci fosse appena spuntata una mano.
<< Sei ancora indecisa fra auto e cucina? >> Ovviamente non stavo parlando del prossimo acquisto che ci saremmo accollate. Semplicemente la mia cara coinquilina era finita nelle braccia di un blocco dello scrittore e non sapeva come uscirne fuori.
<< No, sono riuscita a scriverlo quel pezzo. È che ora dovrebbe essere la volta, perciò devo trovare il modo di far capire la differenza tra il solito sesso e l’amore che stanno per fare. >> Abbassò lo schermo del suo notebook, per poi rimetterlo nella borsa.
<< Vedrai che troverai il modo di farlo. I personaggi ti appariranno in sogno come al solito, facendo le loro porcate. >> Rise allegra, ricordandosi uno dei discorsi serali che avevamo preso a fare da quando il piccolo Elwood ci aveva abbandonate.
<< Ehi, raggi di sole! >> Un - fin troppo - allegro Leo entrò dalla porta facendo suonare il campanellino sopra di essa.
La fase checca isterica sembrava passata - per il momento - ed era tornato quasi normale, quasi, perché normale Leo non lo era mai stato.
Anche con trenta gradi all’ombra non rinunciava ai suoi lunghi jeans scuri che mi facevano venire caldo solo a vederli.
<< Ciao Poe. >> Mi alzai per abbracciarlo e dargli due baci sulle guance, mentre Hell si limitò ad un gesto della mano e un sorriso.
Trevor ci raggiunse per prendere le nostre ordinazioni, scappando alla velocità della luce subito dopo, vista l’assurda affluenza di gente di quel pomeriggio.
<< Dove hai lasciato il tuo simpaticissimo ragazzo? >> Dissi, calcando su quel simpaticissimo che mi rimase quasi incastrato in gola.
<< Non fare tanto la simpatica! È andato a studiare con degli amici. >> Il sorriso gli si oscurò sulle labbra.
Ultimamente erano più le volte che ci tiravamo frecciatine su Ben che altro.
Mi legai i capelli in una coda, cercando di arginare il caldo che ancora mi debilitava.
Erano mesi ormai che non vedevo un parrucchiere e i capelli mi arrivavano a più di metà schiena.
<< Certo, ora si dice così… >> Non riuscivo a resistere e la mia bocca sembrava avere vita propria.
<< Sarah, possibile che devi sempre pensare male? Che ti ha fatto Ben per parlare sempre male di lui? >> Non avrei mai pensato di vedere la rabbia sul volto di Leo, eppure ero riuscita in questa assurda impresa.
<< Senti Leo, mi dispiace ma non riesco a fidarmi di lui! Non voglio che tu stia male per colpa sua. >> Allungai una mano sul tavolo cercando di prendere la sua, ma la ritrasse prima che riuscissi anche solo a sfiorarlo.
<< L’unica che mi fa stare male sei solo tu, ora come ora! Non riesci proprio ad essere un po’ contenta per me? >> Il tono della voce si alzò parola dopo parola.
Ero triste e amareggiata del fatto che Leo non mi credesse. Più cercavo di metterlo in guardia più lui si allontanava da me.
<< Scusa, ma proprio non ci riesco. >> Sussurrai appena.
Mi alzai prendendo la borsa e uscendo di corsa, mentre la voce di Hell mi richiamava.
Mi sentivo gli occhi gonfi di lacrime. Non era mai successo che litigassimo fino a quel punto. Con poche parole stavamo distruggendo tutto quello che avevamo costruito da quando ci eravamo incontrati.
A testa bassa camminai per le strade affollate di Camden Town, cercando di non finire schiacciata dai turisti ammassati nei negozi.
Il cellulare in tasca vibrò avvisandomi dell’arrivo di un sms.
“Una bella ragazza non dovrebbe andarsene in giro da sola! Che ne dici di un po’ di compagnia? ;)”
Il mittente era sconosciuto, ma non mi ci volle molto a fare due più due; soprattutto per il << Non accetto un no come risposta! >> che mi venne soffiato vicino all’orecchio.
Non sapevo più come comportarmi con lui.
<< Ciao stalker. >> Rimisi l’I Phone in tasca girandomi per vedere il sorriso a trentadue denti di Alan.
<< Non sei felice di vedermi? >> Forse una parte di me lo era. Mi appuntai mentalmente di passare in libreria e cercare un libro tipo: “Come dimenticarsi del ragazzo che ti piace in dieci passi o poco più”.
<< Una giornata iniziata male non può che continuare peggio. >> Sospirai sentendo il groppo in gola che non mi aveva ancora abbandonato.
Ripresi a camminare, seguita dalla mia ombra bionda che non voleva proprio lasciarmi stare.
Rimanemmo in silenzio a girare come due anime in pena senza meta.
<< Non c’è bisogno che perdi tempo con me oggi. Non ho voglia nemmeno di risponderti male. >> C’eravamo allontanati dal centro caotico raggiungendo una più tranquilla via dove le case colorate la facevano da padrone.
<< Ma come, mi mandi già via? Dopo questa bella passeggiata romantica mi aspettavo almeno un bacio d’addio. >> Teatrale come suo solito si mise in posa con una mano sul cuore e una verso di me.
Scoppiai a ridere e lui con me. Non so da quanto non ridevo, con Leo ormai le cose andavano sempre peggio e l’episodio in gelateria era stato il culmine.
Non mi resi quasi conto delle lacrime che mi iniziarono a scendere contro la mia volontà, bagnandomi le guance.
<< Ehi… dai piccola non pensavo di farti quest’effetto! >> Mi accarezzò la testa avvicinandosi lentamente fino ad abbracciarmi.
Stavo bene fra le sue braccia, era bello sentirsi coccolati; sperai che fosse un gesto sincero e non dettato dalla stupida scommessa che aveva fatto con sé stesso.
<< Ho litigato con Leo. >> Mi lamentai appoggiando la testa sul suo petto e piangendo come una bambina.
<< Sai che novità. Non fate altro da una settimana! >> Mi scostai da lui, nonostante stessi bene in quella posizione; la ragione mi ricordò chi era quello con cui mi stavo sfogando.
Non era coerente da parte mia rifiutare ogni sua attenzione per poi rifugiarmi fra le sue braccia alla prima occasione.
<< E’ così testardo! Non capisce che lo faccio solo per il suo bene? >> Mi tirai via le lacrime dagli occhi con gesti nervosi.
La rabbia stava prendendo il posto della tristezza.
<< Lo capirà da sé quando sarà il momento. Penso sia normale avere fiducia nella persona che con cui si sta. Almeno credo… >> Si grattò la testa pensieroso rimuginando su quanto aveva appena detto.
<< Che vuol dire “almeno credo”? Non ti sei mai fidato di nessuna delle tue ragazze? >> La sue espressione fu più che eloquente.
E io dovrei provare a stare con uno del genere?
<< Di solito è già tanto se mi ricordo come si chiamano! >> Quel ragazzo era impossibile.
<< Senti Alan facciamo una cosa. Io adesso prendo il primo autobus che trovo, mi vado a rinchiudere in biblioteca e facciamo finta di non esserci mai visti, ok? Sì? Ciao. >> Girai i tacchi e, a passo più che spedito sia per l’incazzatura, che per la delusione, che per non lo sapevo più nemmeno io, raggiunsi la prima fermata utile per arrivare al campus.
Non feci caso se Alan mi avesse richiamato, mi avesse mandata al diavolo o se se ne fosse semplicemente andato.
Mi imposi di non girarmi per controllare. La mia forza di volontà era più forte del previsto.
Non riuscivo a capirlo. Solitamente riuscivo ad inquadrare abbastanza bene le persone – Ben in primis – ma lui proprio non lo capivo.
Certe volte sembrava il re del mondo, con tutte le donne che gli cadono ai piedi, e il momento dopo metteva su quell’aria da bambino ignaro di come vada il mondo.
Il problema è che non lo faceva apposta, lo avrebbe capito chiunque che la sua innocenza fosse “genuina”.
Per tutto il viaggio in autobus – dieci minuti scarsi a dire il vero – non potei impedire ai miei pensieri di essere concentrati tutti su di lui.
Era stupido il fatto che mi piacesse e ancora più stupido che non riuscissi a farmela passare.
I suoi approcci erano ai livelli di un bambino delle medie; evidentemente non aveva mai dovuto faticare più di tanto per conquistarsi i favori del gentil sesso.
Eppure lo vedevo in aula e per i corridoi dell’università; non si faceva problemi ad avvicinare ragazze sconosciute che si scioglievano per ogni suo sorriso.
Solo con me si divertiva - mi tormentava! - forse, certo del fatto che anche io prima o poi sarei finita tre le sue grinfie.
Ma il signorino aveva trovato pane per i suoi denti.
 
Raggiunsi la biblioteca verso le cinque, il momento giusto per prendere un tè con la signorina Alphonse.
Ci sedemmo in un tavolo un po’ appartato, in modo da non disturbare gli altri studenti.
<< Cara, è successo forse qualcosa? >> Mi porse la tazzina fumante e il delicato odore dei biscotti che la seguirono mi fece venire l’acquolina in bocca.
<< Ho solo avuto una piccola discussione con un mio amico, niente d’importante. >> Minimizzai.
<< Se ti fa stare male non direi che non sia nulla d’importante. >> Si portò la tazzina alla bocca, guardandomi attraverso i suoi occhialetti tondi poggiati a metà naso.
<< Temo che la cosa si risolverà prima del previsto e non ho proprio voglia di dirgli “te l’avevo detto”. >> Addentai uno dei buonissimi biscotti alla vaniglia ripensando a tutte le volte che avevo messo in guardia Leo.
La signorina Alphonse sorrise e il suo sorriso era uno di quelli che nascondo dietro un sacco di cose.
<< L’importante è che tu gli sia vicino dopo averglielo detto, perché avrà bisogno di te. Ma ora dimmi, dov’è quel bel biondino che ti spia sempre dalla finestra? >>
Senza volerlo mi voltai verso una delle finestre, dandomi subito dopo della stupida.
<< Quello stupido mi spia dalla finestra? >> Mi sentivo il viso andare a fuoco.
<< Ah, che bella cosa l’amore! >> Si sciolse in una risata allegra, mentre il mio umore iniziò a scavare, dato che aveva già toccato il fondo.
<< Quello non sa neanche dove stia di casa l’amore. >> Lasciai perdere il biscotto che stavo torturando; ormai aveva preso la forma di un mucchietto di briciole.
<< Ma io non parlavo di lui. >> Si versò altro tè guardandomi di sottecchi.
<< Oh andiamo signorina Alphonse! È solo uno stupido ragazzino, egoista e capriccioso! Con quella sua faccetta da bambino beccato con le mani nel vasetto delle marmellata e quell’aria che si ritrova di chi è appena caduto della nuvole e… >> E mi passarono per la mente tutti i suoi sorrisi, i suoi occhi color cielo di Londra e il suo abbraccio confortante di poche ore prima.
<< E ti sei innamorata. >> Mi porse un biscotto ricoperto da zuccherini colorati per conforto.
<< Non posso essere innamorata di un tipo del genere! Non è… logico! >> Mi rifiutavo, categoricamente, di crederlo.
Il sorriso non riusciva a trovare il modo d’andarsene sul viso della donna che mi stava praticamente psicanalizzando.
<< Lo ammetto, mi piace. Ma finisce lì! >> Sprofondai nella sedia, incrociando le braccia sotto al seno.
<< Sarah Hunt, non pretenderai di voler rendere logica una cosa come l’amore. Non ti hanno mai detto che al cuor non si comanda? >> Rise dei miei sbuffi.
La signorina Alphonse non dimostrava i suoi sessanta e passa anni; aveva lo spirito di una ragazzina.
Cercai qualcosa con cui ribattere, ma non me ne diede il tempo. Un ragazzo la richiamò disperato alla ricerca di un libro che, da quello che riuscii a capire, poteva salvargli la vita al prossimo esame.
M’immersi nello studio, sperando di scacciare dalla mente Leo e Alan.
Ovviamente non ci riuscii; sarebbe stato troppo facile.
Rimisi al loro posto i libri che avevo preso da consultare. Mi piaceva passeggiare fra gli scaffali colmi di volumi più o meno antichi. Adoravo inebriarmi dell’odore di carta stampata. Avrei passato ore a sfogliare ogni singolo libro presente in quell’enorme biblioteca.
Gli alti scaffali di legno massiccio mi proteggevano dal mondo dal quale volevo nascondermi. Quel mondo in cui i miei genitori se ne fregavano poco o niente di me. Quel mondo in cui non avevo sogni. Quel mondo in cui il mio migliore amico non si fidava di me. Quel mondo in cui il ragazzo che mi piaceva era l’ultima persona al mondo di cui volessi infatuarmi.
Lasciai il mio nascondiglio per rigettarmi in pasto alla realtà.
Camminai per le vie del campus, nascondendomi fra le ombre dei portici. Il sole era a metà nel cielo, con qualche nuvola che lo accarezzava nascondendo i suoi raggi caldi tanto corteggiati dai piccoli animali che popolavano i giardini.
Alcuni ragazzi si divertivano a giocare a palla, ridendo e scherzando quando uno di loro inciampò sul pallone mentre tentava di calciarlo.
Sedute sotto le arcate, due ragazze parlavano fra loro ridacchiando, scambiandosi piccoli segreti che avevano sicuramente promesso di non dire a nessuno.
Poco lontano, una coppia si scambiava effusioni melense e cariche di zucchero.
Il quadro perfetto di tutto quello che mi mancava al momento.
Non avevo amici con cui scherzare. Non avevo un’amica speciale con cui confidarmi. Non avevo un ragazzo con cui coccolarmi.
Depressa fino alla punta dei capelli arrivai alla fermata dell’autobus. Logicamente questo mi passò davanti senza fermarsi. Sarebbe stato troppo bello se in quella giornata almeno una cosa fosse andata nel verso giusto.
M’incamminai verso casa a piedi, con la borsa che mi picchiava sul fianco ad ogni passo.
Riuscii ad arrivare senza altre beffe della maledetta sfiga che mi aveva colpita quel giorno.
Cercai le chiavi, nascoste fra libri, quaderni, astuccio, carte varie e tutto quello che si poteva trovare nella mia confusionaria borsa.
Rinunciai dopo quasi cinque minuti, sperando che Hell fosse già tornata a casa.
Suonai il campanello tre volte, in modo che capisse che fossi io.
Era bello avere piccole abitudini fra coinquiline; non avrei mai detto che il convivere si sarebbe rivelata una così bella esperienza.
Sia io che Heléna eravamo due persone timide con chi non conoscevamo e noi ci stavamo conoscendo solo nell’ultimo periodo.
La porta si aprì e il dolce sorriso di Hell scacciò un po’ di malinconia mentre un << Bentornata! >> mi scaldò il cuore.
Avevo poco o niente, e quello che ero riuscita a conquistare mi stava scivolando dalle dita.
Ma un piccolo porto felice ero riuscita a trovarlo anche io.



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Angolo della Pazza:
La pausa estiva è finita!
Questo capitolo doveva essere postato prima della pausa in effetti, ma... che volete farci! Sono una pigrona assurda!
Non rispondo alle recensioni perché mi sembrerebbe inutile farlo dopo più di un mese! Sappiate però che ho letteralmente adorato ogni singola parola! Mi piace troppo leggere le vostre reazioni, le supposizioni, le minacce di morte (Ehm!)!
Grazie anche a chi sa dell'esistenza del blog! XD Ormai (fra tutte le ragazze con cui parlo e che scrivono su EFP) pensiamo che le note vengano saltate a piè pari, quando invece potrebbero nascondere più informazioni dell'intero capitolo! (Non è questo il caso vi avverto subito!)
Sinceramente odio questo capitolo! Non avete idea di quanto sia stata male a far litigare Sarah e Poe! Alan è stato a suo modo dolce, non trovate? Anche se Sarah gli ha dato il ben servito in poco più che un soffio! Ah, povero cucciolo!
Entra in gioco anche la signorina Alphonse, di cui Sarah ha accennato nello scorso capitolo (almeno mi pare XD). La dolce "vecchietta" la sa lunga!
E Sarah? Sarah non sa più dove sbattere la testa! Ma come ha detto lei per fortuna ha trovato qualcosa a cui aggrapparsi.
Penso di avervi stressato a sufficienza!
Come ho detto anche nell'altra storia (per chi volesse passarci questo è il link: The Masquerade) non ho alcuna intenzione di sospendere/interrompere nessuna FF! Quindi non temete! Prima o poi leggerete la fine XD
Un saluto a tutti quelli che sono passati di qua ;)
Spoiler e Curiosità nel BLOG

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Capitolo 6
*** Friendship ***


Fuori Strada

Capitolo 5 – Friendship
 
Le lezioni non mi erano mai sembrate così noiose.
Le mie compagne di banco parlavano in continuazione di questo o quel prodotto di bellezza, fregandosene altamente delle parole del prof che ci stava praticamente dicendo le domande dell’esame.
Era una settimana che non ci rivolgevamo parola.
Io da una parte, lui dall’altra.
Come due fidanzati che si sono appena lasciati, io e Leo ci scambiavamo solo qualche occhiata imbarazzata, perché nessuno dei due sapeva come comportarsi.
Negli ultimi giorni poi, Ben lo veniva a prendere finite le lezioni e se ne andava sorridendomi da gran bastardo quale fosse, abbracciato al mio… amico? Potevo ancora chiamarlo così?
Quando il professore ci congedò scappai letteralmente dall’aula, nella speranza di non incontrare il fantastico duo.
Purtroppo per me, la lezione dopo era in compagnia dell’altro elemento di disturbo della mia vita.
Un assillante ragazzino intrappolato nel corpo da sogno erotico di ogni essere di sesso femminile presente sulla faccia della terra. Sì, me compresa.
Come da copione, lo trovai appoggiato fuori dalla porta con un paio di biondine tutte curve e sorrisi che se lo mangiavano con gli occhi.
Gli passai accanto senza che lui si accorgesse della mia presenza, troppo impegnato a farsi bello davanti quelle due.
Decisi di giocare un po’, per cercare di risollevarmi la giornata che non era decisamente partita nel migliore dei modo.
<< Ehi piccolo! >> Gli circondai la vita con le braccia, sorridendogli nel più dolce e falso dei modi.
<< Sarah? >> Dopo un primo momento di smarrimento, ricambiò il sorriso e l’abbraccio, stringendomi a lui.
Era già la seconda volta che succedeva una cosa simile e l’effetto era ogni volta più drastico per i miei poveri ormoni che, ormai, stavano indicendo uno sciopero se non avessi sbattuto Alan sulla prima superficie piana.
<< Stamattina te ne sei andato via senza nemmeno darmi un bacio. >> M’imbronciai, lanciando un’occhiata di sfuggita alla due galline.
<< Andato via da dove? >> Mi guardò con i suoi occhioni da cucciolo abbandonato, cercando di capire cosa stessi dicendo.
<< Quando hai portato la nostra cucciolotta all’asilo, no? Non ha voluto nemmeno lei salutare la sua mommy? >> Le due trattennero il fiato sgranando gli occhi come se ci fossimo messi a fare sesso davanti loro.
<< M-ma… >> La bocca di Alan precipitò verso il basso, rischiando un viaggio senza ritorno verso il pavimento quando Georgie e Candy Candy si defilarono con la prima scusa che passasse per i loro ossigenati capelli.
Sgusciai dalla debole presa di Alan tornando sui miei passi per entrare in classe.
Alan mi trovò seduta al nostro solito banco, mentre ridacchiavo come una iena isterica.
<< E quello cosa sarebbe dovuto essere? >> Buttò la borsa sul tavolo, lasciandosi cadere sulla sedia.
<< Un simpatico diversivo per rallegrarmi la giornata. La faccia di quelle due è stata fantastica! >> Sistemai il registratore davanti a me, ma non feci in tempo a poggiarlo che Alan me lo tolse praticamente di mano.
Schiacciò il tasto REC iniziando a parlare con voce seria: << Promemoria per Sarah Hunt: non interferirei con i flirt altrui! >>
<< Ma tu non dovresti provarci con me? >> Ripresi il mio registratore rimettendolo al suo posto, lontano dalle zampette del biondo latin lover.
<< Intanto che tu cedi dovrò pur svagarmi un po’, no? >> S’imbronciò, incrociando le braccia sul petto, come se gli facessi dispetto a non cadergli fra le braccia.
<< Non pensi che sia controproducente provarci con le altre, quando sai che ti posso vedere? >> Mi tolsi un elastico dal polso stringendolo tra i denti, mentre le mie mani erano impegnate a raccogliere i capelli che mi si stavano attaccando al collo per il sudore.
<< Vuoi dire che dovrei lasciar perdere le altre e concentrarmi solo su di te? >> Quanto poteva essere fuori dal mondo una persona? Nel caso di Alan, pensai, doveva come minimo trovarsi su Saturno.
<< Potresti lasciarmi perdere e tornare ai tuoi frivoli divertimenti. >> Sapevo benissimo di non essere al mio meglio in quel momento; stavo sudando come una peccatrice in chiesa e i capelli avevano deciso di non collaborare, scappando da tutte le parti e rifiutandosi di rimanere legati.
Non che me ne importasse poi molto – ok, forse un po’ sì – ma, magari, si sarebbe scoraggiato vedendomi in questo stato pietoso.
Di certo non ero tipo da truccarmi e piastrarmi i capelli tutti i giorni come il novanta percento della popolazione femminile del campus, ma facevo il minimo indispensabile per rendermi presentabile.
<< Ma loro sono solo un passatempo, tu potresti essere una cosa seria! >> Lo disse talmente a cuor leggero che per un momento non mi resi conto del reale significato delle sue parole.
Non gli risposi. Raccolsi la mia roba e mi spostai in un banco poco lontano.
Non era da me scappare in quel modo, ma con lui non sapevo proprio come comportarmi.
Si rendeva conto di quello che diceva? Di quello che faceva? Si divertiva a torturami oppure pensava che anche per me fosse un gioco come per lui?
Domande, domande, troppe domande!
 
Mi fermai a parlare con la mia compagna di banco sulla lezione appena finita, mentre tenevo d’occhio Alan aspettando che se ne andasse per poter andare a casa.
Era imbronciato e continuava a guardarmi, mormorando chissà cosa fra sé e sé.
Era adorabile con quel broncio… No! Non dovevo iniziare a pensare cose del genere. Non era assolutamente adorabile e soprattutto doveva andarsene perché stavo morendo di fame.
Mi guardò per l’ultima volta, prima di sbuffare e mettersi lo zaino in spalla. Con le mani affondate nelle tasche dei bermuda imboccò l’uscita facendomi sospirare inconsciamente di sollievo.
Mi congedai dalla mia compagna unendomi al fiume di studenti che si affrettava verso la mensa.
Per mia fortuna le lezioni per quel giorno erano finite e potevo godermi un buon pranzo casalingo invece di un panino riscaldato.
Heléna mi accolse col viso gonfio di sonno e una maglietta troppo grande che le scopriva una spalla.
<< Ti odio. >> Chiusi la porta e scalcia via le scarpe, buttandoci la borsa sopra.
<< Caffè… >> Mi si accasciò addosso e dovetti trascinarla fino alla cucina.
<< Sai che è ora di pranzo e non di colazione, vero? >> Aprii il frigo tirando fuori una busta d’insalata.
<< Caffè. >> Si lasciò morire sul tavolo mettendo in mostra delle sensualissime mutandine di cotone con tanto di orsacchiotto.
Accesi la macchina del caffè e ben presto il suo buon odore aleggiò per casa resuscitando lo zombie biondo.
Ci sedemmo al tavolo, io con la mia ciotola d’insalata e lei con una doppia dose di caffè.
Gli occhi aperti solo per metà rivelavano che in realtà stava ancora dormendo. Era troppo buffa.
<< Che ore sono? >> Mi chiese con un sussurrò spettrale. Evidentemente la caffeina non aveva ancora fatto il suo dovere.
Controllai l’ora sul mio cellulare, dato che l’orologio della nostra cucina aveva la pila scarica da almeno due settimane.
<< Quasi le due e mezza. >> Addentai una foglia di lattuga, che quasi mi andò di traverso quando Heléna mi sputò il caffè in faccia.
<< Ma è tardissimo! Trevor mi ucciderà! >> Si alzò di scatto facendo cadere la sedia a terra.
La vidi sparire su per le scale e le sue urla continuarono a riecheggiare per la casa per cinque minuti buoni.
Che c’entrava Trevor? Avevano un appuntamento? Non che la cosa mi sarebbe dispiaciuta, ma avrebbe anche potuto dirmelo!
Mi ripulii dal caffè che stava diventando appiccicoso e finii la mia insalata intanto che Hell correva da una parte all’altra.
<< Mi spieghi che stai facendo o tiro a indovinare? >> Misi le posate nel lavello e mi girai giusto in tempo per vedere Hell zoppicare per infilarsi una scarpa.
<< Vado da Trevor! >> La guardai bene, perché c’era qualcosa di diverso dal solito.
Oddio… si era truccata!
<< Mi sono persa qualche sviluppo interessante? >>
<< Vado a lavorare! Perché devi essere sempre così maliziosa? >> Le si tinsero le guance di un virginale rosso, che stonava totalmente con la sua indole pornica.
<< Lavorare? >> Mi ero decisamente persa qualcosa.
<< Beh, non credo che il padrone di casa accetterà pagamenti in natura al prossimo affitto. >> Riuscii a capire per miracolo le ultime parole prima che si chiudesse la porta alle spalle.
Finii di sistemare la cucina e misi un po’ a posto il salotto; quando Hell si metteva lì a scrivere, beh… meglio lasciar perdere. Dovevo cambiarle soprannome in “Somma signora del Kaos”.
La raggiunsi al Penguin’s prendendo posto ad uno dei tavoli vicino alla grande vetrata.
Ordinai un frappé alla nocciola e mi venne servito direttamente da Trevor, che si mise a chiacchierare un po’ con me intanto che Hell e gli altri due camerieri si davano da fare.
<< Dato che d’estate c’è più gente ho bisogno di più personale. Hell aveva bisogno di un lavoretto perciò ci siamo venuti in contro. E poi una bella ragazza come lei attirerà più clienti! >> Effettivamente con la gonna nera che la copriva fino a metà cosce, la camicetta bianca con le maniche leggermente a palloncino, il gilè e la cravatta era veramente bella.
Aggiungiamo anche che era bionda, occhi azzurri e con un fisico niente male e il quadro era completo.
Finii il mio buonissimo frappé lasciandone il minimo indispensabile a sporcare il bicchiere.
<< Trev sarai la mia dannazione! Perché devi fare un gelato così buono?! >>
<< Per attirare le belle ragazze, no? >> Mi fece l’occhiolino alzandosi e prendendo il bicchiere vuoto.
Salutai lui e Hell riprendendo la strada di casa. Lo studio mi aspettava, anche se per fortuna non ero indietro col programma. Nell’ultima settimana non è che avessi molto da fare senza Leo.
Fu proprio mentre girai l’angolo per entrare in Camden St che vidi Alan in piedi sulle scale davanti casa mia.
Stava gesticolando e parlando con qualcuno che riuscii a riconoscere solo quando me lo ritrovai davanti.
Fu così che trovai Leo in lacrime con Alan che tentava di consolarlo nel peggiore dei modi.
<< Dai amico… lo sai come siamo fatti noi uomini, cioè… mhmmm.. >> si passò nervosamente una mano fra i capelli cercando qualcosa da dire << Ogni buco è buono, no? >> Qualcosa di decisamente molto stupido da dire.
Era successo quello che avevo temuto fin dal primo momento.
Decisi che era il caso d’intervenire prima che quell’idiota ossigenato spingesse  il nostro amico al suicidio.
<< Evita di dire le tue cazzate da macho e vai a comprare del gelato. >>
Stranamente fece come gli avevo chiesto, dileguandosi alla velocità della luce.
<< Ehi Poe, ma cosa mi combini? Dai andiamo dentro che il tuo amico bonazzo è andato a prendere i rifornimenti. >> Gli porsi una mano che accettò.
Avevamo litigato? In quel momento non sembrava proprio; aveva bisogno di me e io per lui ci sarei stata.
Una volta in piedi potei notare i suoi begli occhi chiari, rossi e gonfi per le troppe lacrime versate.
Non me la sentii di rinfacciargli tutte le volte che gli avevo detto che Ben non era come lui credeva; per quello ci sarebbe stato tempo a sufficienza passata la prima crisi.
Entrai in casa tirandomi un metro e ottanta di depressione appresso.
Lanciai la tracolla con i libri vicino all’ingresso e quasi inciampai nella scarpe che mi ostinavo a lasciare in mezzo al corridoio.
<< Vuoi raccontarmi tutto adesso o preferisci aspettare il gelato? >> Gli chiesi, ma lui si limitò a buttarsi sul piccolo divano tirando su col naso.
Agguantai la scatola di kleenex sul bancone della cucina e la diedi a Leo che mi ringraziò con un sorriso tirato.
Mi sedetti vicino a lui abbracciandolo e baciandogli una guancia umida di pianto.
I minuti passarono in silenzio, cadenzati solo dai singhiozzi di Leo che lentamente si attenuarono.
Quando il campanello suonò quasi mi spaventai.
Lasciai il mio amico per andare alla porta; controllai dallo spioncino chi fosse e non mi stupii di vedere Alan col fiatone piegato in due per cercare di riprendere fiato.
Era una fortuna che la gelateria di Trevor fosse distante solo qualche centinaio di metri.
<< Menta, caramello e pistacchio! >> Mi sorrise vittorioso mostrandomi il suo bottino.
<< Lo sai che odia il caramello. >> Mi spostai per farlo entrare. Presi il sacchetto con il gelato portandolo in cucina, mentre Alan mi seguì dopo aver chiuso la porta.
<< Ma che ci faceva Heléna da Trevor? >> Mi chiese senza nemmeno entrare in cucina.
Lo liquidai con un gesto della mano e, continuando a dargli le spalle, tirai fuori tre cucchiai e una bottiglia di vodka liscia per correggere la parte di Leo.
Non c’è niente di meglio di una bella sbronza dopo una delusione amorosa.
Misi tutto su un vassoio, facendo attenzione a non far cadere niente.
Alan mi guardava appoggiato allo stipite della porta col suo solito sorrisetto stampato sulla faccia.
<< Tranquillo, non ho bisogno d’aiuto. >> Gli dissi ironica.
Si scostò scuotendo il capo, avvicinandosi a me; prese il vassoio alzandolo come se sopra non ci fosse nulla.
Feci un passo verso destra per superarlo, ma lui copiò i miei movimenti impedendomi il passaggio.
<< E’ per te. >> Disse all’improvviso.
<< Cosa? >> Chiesi annoiata da quel teatrino.
<< Il caramello. Non è il tuo preferito? >> Lui e quel suo maledetto sorriso strafottente mi stavano ancora davanti ed io non sapevo se essere più contenta per il suo gesto o più irritata per il motivo per cui l’aveva fatto.
Di certo il discorsetto della mattina non era finito nel dimenticatoio.
<< Non funzionano questi giochetti con me Alan.>> La rabbia mi montò dentro quando il suo ghigno si accentuò.
<< Non puoi farmene una colpa se ci provo con te. Hai detto che potevo e poi… in fondo non ti piaccio, scusa? >>
Oh, dire che Alan mi piacesse era un eufemismo. Ormai ero arrivata anche a sognarmelo la notte.
<< Il fatto che tu mi piaccia non implica che ti finirò tra le braccia per una qualsiasi moina. Il mio cervello ragiona ancora decentemente per ricordarmi che ho un orgoglio che non voglio calpestare per una scopata con te. >> Lo lasciai basito sulla porta di cucina. Finalmente raggiunsi Leo in sala con un barattolo di gelato e un paio di cucchiai.
Seduta vicino a lui l’ascoltai fino all’ultima goccia di gelato e vodka; Alan si limitò a starsene seduto sul tappeto bevendo una birra e divorandosi patatine.
Tra un boccone e l’altro riuscii a capire che il mio povero amico aveva beccato il suo, ormai, ex ragazzo a farsi fare un servizietto da uno del corso di economia.
<< Basta, ho chiuso con gli uomini. Da domani divento etero! Anzi inizio subito! >> Senza avere nemmeno il tempo di pensare mi ritrovai la bocca di Leo appiccicata alla mia e le sue mani a stringermi le guance.
Rimasi ferma aspettando che si staccasse; avevo come la sensazione di baciare mio fratello.
Quando si allontanò gli scoppiai a ridere in faccia per la sua espressione schifata.
<< E dopo questa bella scena lesbo ce ne possiamo andare a casa? >> La voce annoiata di Alan mi fece girare verso di lui.
Imbronciato come un bimbo costretto dalla madre ad un tè con le amiche, si alzò in piedi raggiungendoci.
Il tempo di riportare lo sguardo su Leo che lo trovai addormentato in una posizione improponibile stringendo un cuscino.
<< Lascialo pure qui. Domani abbiamo lezione solo di pomeriggio. >> Presi il plaid che
usavo per coprirmi durante i film e lo sistemai su Leo che mugugnò qualcosa molto simile a “Ben”. Purtroppo sapevo benissimo che al mio amico non sarebbe passata alla svelta, ma l’unica cosa che potevo fare era stargli accanto.
Mi girai per congedare Alan, ma me lo ritrovai più vicino del consentito.
<< Non mi è piaciuto il discorso che hai fatto prima. >>
<< Non pensavo che una discussione sul fatto che si sbavi il rossetto quando fai un lavoretto ad uno potesse starti così a cuore. >> Sorrisi della sua espressione stupita.
<< Diavolo, sei impossibile! >> Prese la sua giaccia mettendosela nervosamente.
Lo precedetti alla porta aprendogliela e aspettando che uscisse.
<< Non finisce qui Hunt. Riprenderemo il discorso prima di quanto pensi. >> Mi si parò davanti abbassandosi verso di me. Maledetti dieci centimetri in più.
<< Non mi piace il tuo tono. >> Se si fosse abbassato solo di qualche centimetro in più, forse – ma solo forse! – avrei potuto fare qualcosa di cui poi mi sarei pentita amaramente.
<< Pensavo ti piacesse tutto di me. >> Ghignò come non l’avevo mai visto fare.
<< Purtroppo ci sono più contro che pro a tuo favore McCarson. >> Cercai di tenere lo sguardo fisso nei suoi occhi. Farmi beccare mentre gli divoravo le labbra con gli occhi non mi sembrava appropriato alla situazione.
<< Ti farò cambiare idea. >> Da una parte lo sperai tanto. Sentirlo così vicino piaceva un po’ troppo al mio corpo.
<< Cambierò idea quando inizierai a cambiare atteggiamento. Il dongiovanni da strapazzo non va più di moda, sai? E ora buona notte. >> Lo spinsi fuori casa sbattendogli la porta sul naso.
Purtroppo non potei impedirmi di guardare dallo spioncino; si massaggiava il naso masticando qualche imprecazione tra i denti.
Di tutti gli uomini esistenti al mondo, dovevo andare ad innamorarmi del coinquilino etero del mio amico gay.
In fondo cosa sapevo di lui? Tralasciando il fatto che fosse troppo bello per essere vero, aveva un carattere di merda; un momento faceva il bambino e quello dopo si comportava come un normale ventenne con più di due neuroni funzionanti, vedi stasera. Sinceramente non mi sarei mai aspettata una reazione del genere; solitamente si limitava a mettere su il broncio da bimbo offeso o a fare le sue battutine idiote.
Dovevo trovare il modo di togliermelo dalle testa, dal cuore e dai piedi.
Era sempre la solita storia.
L’unica ragazza che non gli cade ai piedi sarà quella che lo farà innamorare, cambiare e poi vivranno felici e contenti.
Peccato che fossi già innamorata di lui e che se fosse cambiato non sarebbe stato più l’Alan per cui il mio cuore batteva.
A me piaceva il fatto che fosse un bambinone, mi piaceva il fatto che fosse un bastardo e mi piaceva il modo malizioso con cui mi guardava da quando aveva deciso di corteggiarmi, ancora prima che gli dessi il “permesso”.
Però sapevo già che una volta avuto il suo divertimento sarei tornata ad essere l’amica di Leo e non più Sarah.
Dovevo solo resistergli. Era questo l’unico modo in cui potevo essere diversa dalle altre.
E non sarei caduta nel solito cliché. Non mi sarei fatta incantare da un suo eventuale cambiamento mistico in cui sarei stata la regina del suo cuore.
Mi venne da ridere da sola. Non ci credevo nemmeno io.



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Angolo della Pazza:
Ma buona sera!
Come andiamo? *_* Io sto passando un periodo che... lasciamo perdere XD L'importante è che i problemi si risolvano in un modo o nell'altro ù.ù
Perciò non sto a rompervi con i miei problemi e passo subito a commentare il capitolo.
Odio Ben. Ma proprio tanto! E, soprattutto, detesto far soffrire il mio piccolo Leo! Le cose per lui non vanno decisamente bene: prima il litigio con Sarah, poi la scoperta del tradimento. Per fortuna i veri amici si vedono nel momento del bisogno e Sarah è stata pronta a sostenerlo e a confortarlo.
La dolce Hell si è trovata un lavoratto da Trevor (basta immaginarseli insieme XD State vedendo più lungo di me, e dire che sono l'autrice! XD) Se fossi in lei ingrasserei di venti kg a forza di frappè e gelati! *ç*
Alan... awww *sospiro*... nell'ultima parte del capitolo è diverso dal solito. Ci sarà un motivo o la birra gli ha dato al neurone? O semplicemente si comporta da bimbo che non riesce ad ottenere il giocattolo del momento? Citando Sarah: Domande, domande, troppe domande!
Mi inquino ai vostri piedi per non aver risposto alle recensioni! Sappiate che adoro leggere le parole che riservate a me a ai miei personaggi. Me le sarò rilette venti volte! Un benvenuto a tutte le nuove lettrici (e lettori se ce ne sono!) Spero che la storia continuerà a piacervi ^_^ Un saluto e... al prossimo Capitolo!
Spoiler e Curiosità nel BLOG

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Capitolo 7
*** Possibility ***


Fuori Strada

Capitolo 6 – Possibility
 
La prima cosa da fare la mattina è far schiantare la sveglia contro il muro. È sempre stata questa la mia regola.
Quella mattina, al contrario del solito, mi svegliai prima che l’odioso “bip bip” mi perforasse i timpani.
Andai in bagno per sciacquarmi il viso con l’acqua fredda e far sparire definitivamente il sonno.
La casa era silenziosa, ma da fuori si sentivano le allegre chiacchiere dei passanti e le auto che sfrecciavano per la strada.
Accesi la macchinetta del caffè, aspettando che si riempisse tutta la caraffa. Hell era una drogata di caffeina e io le tenevo degnamente testa, ma per questa volta il caffè non era per nessuna di noi due.
Le braccia di Leo mi si chiusero intorno alla vita e la sua testa si appoggiò sulla mia spalla.
<< Scusa. >> Mormorò con voce roca a causa del sonno e della mezza sbronza della sera prima.
Gli diedi un’affettuosa testata poggiando le mani sulle sue.
<< Vai a sederti che ti preparo una bella colazione. >> Mi lasciò un bacio sul collo strusciando i piedi fino alla sedia più vicina.
Presi una padella dal mobile aprendoci due uova dentro e buttandoci qualche fetta di bacon.
Intanto che rigiravo il bacon per non farlo bruciare, il ciabattare di Hell c’annunciò il suo arrivo.
<< …orno. >> Era adorabile la mattina. Le mancava solo un orsacchiotto da tenere per mano.
Misi sulla tavola due tazze belle piene di caffè e a quell’odore i miei due zombie parvero rianimarsi.
Leo stava a testa bassa con le mani attorno alla tazza, come se volesse riscaldarsi in una fredda sera d’inverno. Un vero peccato che l’estate fosse alle porte e che si morisse di caldo.
Misi il mio capolavoro in un piatto, facendolo poi scivolare sotto la faccia di Leo.
<< Eddai fai un sorriso! Anche la tua colazione è così felice di essere divorata da te. >> Due uova per gli occhi e il bacon come sorriso.
Un piccolo “mpf” precedette la risata vera e propria che contagiò tutta la cucina.
Usavo sempre questo trucchetto con Justin quando era triste o malato.
Ormai erano diversi giorni che non sentivo il mio fratellino e mi ripromisi di rimediare al più presto.
Smezzai la mia colazione con Heléna che ci raccontò della sua prima serata di lavoro.
Per fortuna era andato tutto bene e non aveva rotto una sola coppa. Anche oggi sarebbe tornata da Trevor per il turno serale.
Intanto che lavavo i piatti e Leo li asciugava, gli arrivò un messaggio che ci lesse Hell ad alta voce.
<< “Ti passo a prendere dopo lezione e andiamo a farci un giro fra le mie lenzuola, che ne dici?” >> Se il silenzio avesse potuto uccidere, a quest’ora saremmo stati tutti morti.
Il bicchiere che Leo stava asciugando gli sfuggì di mano, andandosi a schiantare sul pavimento.
<< Oh quel lurido bastardo! >> Chiusi il rubinetto asciugandomi le mani sui pantaloni del pigiama e strappando il cellulare dalle mani di Hell.
<< Non ti dispiace se gli rispondo io, vero Poe? >> Leo era ancora immobile, pericolosamente vicino ai vetri rotti.
<< Leo… >> Stando attenta a non pestare i cocci, portai Leo in salotto e lo feci sedere sul divano.
<< Tesoro che vuoi fare adesso? >> Lo abbracciai, ma lui rimase inerme.
<< Avevi ragione, sai? Perché non mi dici “Te l’avevo detto”? >> Sussurrò appena.
<< Perché non ce n’è bisogno.  Vuoi che ci pensi io al maledetto? So essere molto vendicativa. >> Lo strinsi ancora più forte e stavolta ricambiò l’abbraccio.
<< Ce la posso fare da solo. Stasera potrebbe non riuscire a tornare a casa con le sue gambe. >>
<< Sei stato troppo tempo con me. Dove è finita la mia checca isterica preferita? >> Non finii l’ultima parola che i miei fianchi vennero presi d’assalto da una serie infinita di pizzicotti.
Era così bello sentirlo ridere. Era così bello ridere con lui.
Sfiniti dalle risate ci sdraiammo sul divano in posizioni assurde.
<< Ma ti ho baciato davvero ieri sera? >> Leo si sistemò meglio accomodandosi sulle mie tett… sul mio seno.
<< Oh sì. Alan ha apprezzato molto. >> Gli accarezzai i capelli intrigandomi in quelle lunghe ciocche ondulate.
<< Dovresti uscire con lui. Non ha portato più nessuna a casa da un mese a questa parte. >> Rimasi stupita dalle sue parole. Un mese che quel mandrillo biondo non si dilettava nella nobile arte della ginnastica da letto?
<< Non mi sembra una ragione valida per accettare i suoi inviti. >>
<< Dovresti seguire i consigli del tuo migliore amico. Io non l’ho fatto e guarda come sono finito. >> Si stava auto commiserando e non era proprio la cosa adatta da fare in quel momento.
<< Mhmm… Magari ci penso su, eh? Se si comporta bene… ok? >> In realtà mi sarebbe piaciuto avere un appuntamento con Alan; quello che non mi sarebbe piaciuto sarebbe stato il dopo, trovarlo fra le gambe di un’altra non rientrava proprio nel mio ideale di vita di coppia.
<< Ieri sera gli ho chiuso la porta in faccia e gli è sbattuta sul naso. >> Ero dispiaciuta per quello che era successo – davvero! – anche se un po’ se lo meritava e, infatti, non riuscii a trattenere le risate che contagiarono anche Leo.
<< Sei fantastica cucciola! >>
Restammo sul divano a far nulla finché i nostri stomaci ci ricordarono che l’ora di pranzo si stava pericolosamente avvicinando.
Pranzammo velocemente, nutrendo anche la scrittrice che si era rintanata in camera a scrivere prima del suo turno di lavoro.
 
<<… e con questo si conclude il programma. Ci rivedremo all’esame. >> Salutando solo con un cenno della mano il professore uscì dall’aula, lasciandosi dietro sospiri sull’enorme mole di lavoro che ci aveva propinato per l’esame.
In teoria dovevamo fare il prospetto di una casa, arredandola in base ai dati che ci avrebbe mandato via mail.
In pratica voleva vedere il nostro sangue su fogli A3 e presentazioni al computer.
<< Oggi è il nostro ultimo giorno di vita. >> Leo si passò una mano fra i lunghi capelli neri per spostarsi le ciocche che gli ricoprivano gli occhi, ma queste gli ricaddero sul viso come se nulla fosse.
<< Come sei melodrammatico. In qualche modo faremo. >> Mi misi la borsa in spalla pronta per tornarmene a casa; o meglio, pronta per andare a depredare la gelateria di Trevor.
<< Potrei sempre dare il culo al prof. Che ne pensi? >>
<< Penso che se lo fai devi farmi rimediare almeno un ventotto! >> Quanto mi era mancato ridere e scherzare con lui tra questi banchi.
Ci avviammo verso l’uscita, anelando un po’ d’aria fresca sotto le volte dei corridoi che davano sul giardino.
Purtroppo per i miei occhi, per le mie orecchie, per i miei nervi, per i miei neuroni… in definitiva per me, ad un passo dalla libertà incontrammo un essere mitologico, dal corpo di uomo e della testa di cazzo.
<< Vedo che avete fatto pace. >> Nella mia mente passò la bellissima immagine del viso di Ben che incontrava accidentalmente il mio pugno. Purtroppo l’unica cosa che lo sfiorò furono le labbra di Leo.
<< In realtà ti tradisco con lei. >> Ben si mise a ridere, seguito da un Leo nervoso e al limite delle lacrime.
Come quel damerino non si accorgesse di niente, mi fece ribollire il sangue dalla rabbia.
Cercai di ridere anch’io, ma quello che ne uscì fu solo una smorfia insofferente. Non riuscivo a credere che Leo si facesse ancora toccare da quel bastardo.
<< Cucciola ci vediamo dopo. >> Mi abbracciò sussurrandomi << Vai da Alan. Ci vediamo da Trevor fra un paio d’orette. >>
Non ebbi il tempo di dire “Ah” che mi avevano già lasciato da sola, non prima che Ben mi lanciasse la sua solita occhiata di superiorità.
Prima o poi qualcuno gliele avrebbe fatte pagare tutte queste sue stronzate. Sperai vivamente di essere io quel qualcuno.
Ma ora c’era un’altra cosa che mi preoccupava. Alan.
Dovevo continuare sulla mia strada o dovevo dare retta a Leo?
Non avevo molta voglia di farmi prendere per il culo e ritrovarmi a piangere e mangiare gelato affogato nella vodka come Leo ieri sera.
Seguii Leo e Ben con lo sguardo fino a che non scomparirono in un corridoio che li avrebbe portati alla perdizione, o in camera da letto, o – come speravo - al pronto soccorso.
 
La strada per la biblioteca non mi era mai sembrata così lunga. Sarà stato per il caldo, per i pensieri o per Alan che mi veniva incontro.
Un Alan imbronciato e con un cerotto sul naso. Il senso di colpa mi assalii e non riuscii a guardarlo in faccia quando mi si fermò davanti.
<< Mi hai fatto male ieri sera. >> Il tono mi ricordò tanto quello di un bambino offeso e quasi mi aspettai che continuasse con un “con te non ci gioco più!”.
<< Scusa. >> Lo guardai di sottecchi, trovando adorabile il modo in cui teneva le labbra.
Decisioni rapide e indolore Sarah! Indolore mica tanto…
<< Posso… mh… offrirti un gelato per farmi perdonare? >> L’avevo detto. Ormai era troppo tardi per ritrattare.
Forse rimase più stupito di me dalla mia proposta e si limitò ad annuire con la testa facendo diventare il suo broncio un sorriso che gli arrivò agli occhi.
Dato che di tempo ne avevamo in abbondanza decidemmo di andare a piedi, così almeno avremmo potuto parlare un po’. Anche se ancora non sapevo bene cosa volevo dirgli.
Mi schiarii la voce, sicura che se avessi provato a parlare subito non ci sarei riuscita.
<< Leo è andato a casa di Ben. >> Silenzio.
<< Sono un po’ preoccupata. Tu no? >> Ancora silenzio.
Mi girai per guardarlo e lo trovai a fissarmi col suo adorabile broncio.
<< Che c’è? >> Smisi di camminare e lui si fermò al mio fianco.
<< Per una volta che riesco ad uscire con te dobbiamo parlare per forza di Leonard? >> Uscire insieme? Alan pensava che questo fosse un appuntamento?
<< A-Aspetta! Alan noi non stiamo uscendo insieme! Cioè sì, ma solo come amici. Ok? >> Potevo annoverare questo momento come uno dei dieci più imbarazzanti della mia vita.
<< Sei stata molto chiara ieri sera e il giorno prima e quello prima ancora… >> Se voleva farmi sentire una merda, ci stava riuscendo alla grande.
Ok, Sarah. Prendi una decisione e fai in modo che sia quella e nessun altra.
<< Mi fai sentire un mostro così. >> Un ultimo respiro e poi ripresi a parlare. << Ti andrebbe bene aspettare fino a dopo gli esami? >>
<< Eh? >> Un bambino. Stavo dando una possibilità ad un bambino.
<< Tra due settimane finiscono gli esami e… mh… sì, ecco potremmo anche… uscire insieme… non come amici. Se… ti va.>> Le ultime parole, praticamente sussurrate, mi s’incastrarono tra i denti, uscendomi a forza dalla bocca.
<< Davvero? >> Pensavo che sarebbe stato contento e invece mi sembrò solo stupito della cosa.
<< Beh, era solo un’idea. Fai finta che non ti abbia detto nulla. >> Alzai le spalle facendo finta che lo sforzo per fargli quella proposta fosse una cosa da nulla e ricominciai a camminare.
<< No, no, no! Aspetta! Certo che mi va! >> Anche se non ce n’era bisogno mi corse dietro con la voce che sorrideva. Sì, anche la voce stava sorridendo e non solo il suo corpo.
<< Posso dettare solo una piccola condizione? >> Mi morsi le labbra dal troppo imbarazzo che stavo provando.
<< A meno che non si tratti di strane pratiche sadomasochiste, puoi chiedermi tutto quello che vuoi! >> Fu impossibile non ridere e, grazie alla sua piccola battuta, riuscii a calmarmi un po’.
<< Accidenti! E io che avevo già tirato fuori la corda per il bondage! >> Per quanto mi riguardava l’atmosfera era tornata tranquilla e l’imbarazzo era scemato notevolmente.
<< Oh my Mistress, ti prego non farmi maleee! >> Unì le mani in preghiera cercando di non mettersi a ridere. Per quanto apprezzassi il suo sforzo di trattenersi io non ne fui proprio capace.
Passammo i minuti successivi a ridere come due sciocchi. Passare questo poco tempo con lui non fece altro che aggravare la mia cotta, ormai diventata un’ustione di quinto grado.
Tra una chiacchiera e l’altra arrivammo in vista del Penguin’s e solo all’ora Alan tornò al discorso “Appuntamento”.
<< Non mi hai detto la condizione. >> Ci fermammo poco prima della vetrina, mentre un gruppetto di ragazzine ci superava per entrare in gelateria.
Le occhiate ad Alan si sprecarono così come gli striduli risolini che mi fecero storcere il naso come il rumore delle unghie sulla lavagna.
Stranamente Alan gli concesse solo una rapida occhiata tornando subito a guardarmi con i suoi occhioni da cucciolo.
<< Allora? >>
<< Potresti, ehm… evitare di provarci con le altre finché uscirai con me? >> L’avevo detto? Sì.
Buttai fuori il fiato che mi rimaneva.
<< Tutto qui? Credevo mi avresti chiesto quaranta giorni in bianco o prendere trenta a tutti gli esami o una stronzata del genere! Fiù! >> Non ero solo io ad aver trattenuto il fiato evidentemente.
<< No problem piccola! Ti giuro che non le guarderò nemmeno le altre! Parola di lupacchiotto! >> Gonfiò il petto alzando tre dita nel saluto degli scout.
<< Ma non era “lupetto”? >> Tornai a ridere.
<< Ah già… >> La sua espressione era troppo buffa con il naso arricciato e il cerotto che s’increspava in tante piccole pieghette.
Ritrovò subito il suo buon umore, mi mise un braccio intorno alla vita e mi trascinò dentro alla gelateria.
<< Suggelliamo il nostro fantastico accordo con una mega coppa di gelato! >>
 
Dopo una coppa di macedonia e un frappè alla nocciola, di Leo non c’era ancora traccia.
<< Che ore sono? >> Mi rigirai il bicchiere vuoto tra le mani, bagnandomi le dita con le gocce d’acqua che scendevano lente sul vetro.
<< Esattamente cinque minuti in più di quando me l’hai chiesto l’ultima volta. >> Odio essere paranoica.
<< Ragazzi vi porto qualcos’altro? >> Hell tutta sorridente prese la nostra ennesima ordinazione e trotterellò al bancone per preparare i nostri tè freddi.
<< Con tutto questo casino come fa ad avere ancora tutta quest’energia? >> Alan la guardò sbalordito.
<< Quando sono venuto ad aiutare Trev c’era la metà della gente e la sera non riuscivo nemmeno ad arrivare a casa! >>
<< Probabilmente dovrò trascinarla a letto come ieri sera! >> Heléna tornò verso di noi con due bicchieri giganti di tè al limone traboccante cubetti di ghiaccio.
<< Hell, quanti caffè ti sei bevuta? >> Alan aveva quasi gli occhi fuori dalle orbite per la troppa energia della mia pazza coinquilina.
<< Oh, solo otto! >> Rischiai di soffocarmi col tè, ma non potei dirle niente visto che ripartì velocemente per prendere altre ordinazioni.
<< Non arriverà alla fine del mese se continua così! >> Prese un cubetto di ghiaccio e lo sgranocchiò facendomi venire i brividi.
<< Alan…? >>
<< Mh? >>
<< Che ore sono? >> Lo vidi strabuzzare gli occhi e soffocarsi col ghiaccio.
<< E’ l’ora che lo chiami prima di rischiare una crisi isterica! >> Era diventato rosso per la mancanza di ossigeno, ma riuscì a farsi capire ugualmente.
<< Chi devi chiamare cucciola? >> Due braccia mi circondarono le spalle e un paio di morbide labbra mi lasciarono un bacio sull’angolo della bocca.
<< Leo! >> Mi alzai, rischiando di dargli una testata sul naso, e lo abbracciai fin quasi a soffocarlo.
<< Vedi Alan? Ci vuole poco per farsi abbracciare dalla mia cucciola. >> Ricambiò l’abbraccio lasciandomi un altro bacio tra i capelli.
Quando mi scollai di dosso e lo guardai per poco non mi prese un colpo.
<< Le… ma… cos…? >> Le mie facoltà lessicali avevano preso un breve vacanza.
Mi vennero le lacrime agli occhi mentre accarezzavo il collo di Leo privo dei suoi lunghi e fantastici capelli mossi.
Di quelle lunghe ciocche non era rimasto che un paio di centimetri scarsi, solo la frangia era un pallido ricordo di quello che era stata la folta chioma di Leo.
<< I tuoi capelli… >> Mi tremava quasi la voce e Leo mi fece rimettere seduta, occupando la sedia accanto alla mia.
<< Ho voluto… come dire… dare un taglio a questa storia. >> Si passò una mano fra i corti capelli facendo un sorriso appena accennato.
<< Per fortuna che sei gay o mi ruberesti la futura ragazza! >> Alan gli diede una pacca sulla spalla sorridendo come un bambino.
<< Potrei sempre provarci con te, mio avvenente coinquilino. >> Gli lanciò un bacio volante tornando a sorridere.
Ora il sorriso che gli piegava le labbra era decisamente più da Leo.
<< Spiacente adorabile mogliettina, ma ho promesso nemmeno due ore fa alla qui presente che mi sarei astenuto dalla nobile arte del rimorchio. >> Si misero a ridere continuando a scherzare.
Solo quando mi ripresi dallo shock del nuovo taglio di Leo riuscii a porre l’unica domanda veramente importante.
<< Ma… Ben? >> L’allegria di Leo si attenuò notevolmente, ma una nuova luce gli illuminò lo sguardo. Vendetta.
<< Beh… deve sperare che il suo coinquilino rientri presto a casa. Stare tutte queste ore legato al letto… E poi diciamocelo: fare il passivo non gli riesce molto bene. >> Rimanemmo a bocca aperta mentre iniziò a scendere nel dettaglio, ma solo Alan si riprese abbastanza da battere il cinque al nostro amico.
<< Non mi farò più mettere i piedi in testa! >>
<< Tesoro ho sentito solo un paio di frasi, ma domani mi devi raccontare tutto! >> Una Hell sorridente e imbottita di caffeina ci sfrecciò accanto lasciando un altro bicchiere di tè.
Le sorrise e poi tornò a rivolgersi a noi.
<< Ho deciso che devo dare una possibilità a questo nuovo Leo. E poi mi si è aperto un mondo! Beh a me il mondo… a Ben decisamente altro! >>
Il giorno delle possibilità, ecco cos’era.
Sperai solo che queste possibilità ci portassero un po’ di felicità.


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Angolo della Pazza:
Rischio la morte a farmi viva? Spero sinceramente di no!
Aaaaaallora! Lascio perdere le inutili scuse per il ritardo, non riporteranno indietro il tempo XD
Parliamo del capiolo. Sarah passa da "assolutamente non mi avrà mai" al "ma una possibilità gliela posso anche dare!" Il fascino di Alan e, sopratutto, le parole di Leo hanno dato la giusta spinta a finchè tutto si inizi a muovere!
Questo è il nostro bellissimo Leo prima del taglio (come lo immagino io li ha un pò più lunghi e mossi) e qui post taglio! E' sempre bellissimo *_*
Una notizia mega super importante (ma anche no XD) è il fatto che il blog è stato praticamente abbandonato e ora gli spoiler e le varie notizie verranno postate su un praticissimo gruppo di facebook. Il gruppo è chiuso, ma solo per una questione di mia comodità XD Non riufiuterò l'iscrizione di nessuno ;)
My Melodious Carillon
Ringrazio le fantastiche ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo! Adoro leggere i vostri commenti e siete soprattutto voi con le vostre parole chemi fate tornare quella poca ispirazione che mi gravita attorno! Spero sinceramente di non dovervi far aspettare troppo per il prossimo capitolo! Anche perchè le idee di certo non mancano ;) Un saluto a tutte voi!

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Capitolo 8
*** Astray ***


Fuori Strada

Capitolo 7 – Astray

 
Quelle due settimane vennero ribattezzate “Il miglior modo di suicidarsi senza rendersene conto”.
Il mio letto sentiva la mia mancanza, cosa del tutto reciproca. La dispensa piangeva disperata per il nulla di cui era piena. Non voglio ricordare le condizioni della casa in generale. Soprattutto non voglio ricordare le mie condizioni generali.
Sta di fatto che sul mio libretto adesso figurava un dignitoso ventisette per il Design degli interni e nel pomeriggio il voto di Storia dell’architettura gli avrebbe fatto compagnia.
Oltre al fattore tempo c’era un altro piccolo particolare che mi separava da un bellissimo mese di vacanza.
<< Stammi lontano! >>
<< Scordatelo!  Non costringermi a legarti alla sedia! >> La cucina non mi era mai sembrata così piccola. Non trovavo una via di fuga e Leo mi braccava stretto.
<< Non ti ho fatto niente di male per meritarmi una cosa del genere. >> Tentai il tutto per tutto con voce da bambina e occhioni tristi.
<< Non funziona! Adesso siediti e lasciami fare, ci vorrà un attimo! >> Mi mise seduta a forza sulla sedia vicino ai fornelli, mentre opponevo un minimo di resistenza.
<< Hell aiuto! >>
La testa bionda di Heléna spuntò da dietro lo schermo del suo notebook. Chiuse il pc con calma rivelando la pelle sopra al labbro superiore ricoperta di uno spesso strato di crema idratante.
<< Ho sofferto io. Soffrirai anche tu! >> Mi scappò da ridere a vederla in quella maniera e Leo ne approfittò per spalarmi la cera.
<< Non ridere o ti va sulle labbra. >> Come un pittore che s’impegna per dare l’ultima pennellata, Leo compì la sua opera.
<< Al mio tre. Pronta? >>
<< No! >> Inutile, tanto ormai andava tolta.
<< Uno… due… >> E tirò senza aspettare il tre.
<< Ahaaaa! Brucia! >> Ogni volta era una vera e propria tortura e il mio carnefice era sempre lo stesso.
L’unica consolazione fu che anche Hell aveva patito con me.
<< Mamma mia cucciola! Potremmo metterlo sulla porta e usarlo come zerbino. Guarda qua! >> Mi mostrò la strisciolina con la cera, tre peletti e il mio primo strato di pelle.
Ci vollero altri tre strappi per farlo contento, io lo ero decisamente meno.
<< Domani facciamo tutto il resto! >> Gli occhi gli brillarono di una folle luce sadica.
<< Non ho in programma bagni al mare o incontri bollenti. Quindi: No, grazie! >> Mi spalmai la crema cercando di attenuare il bruciore. Il sollievo ci mise un po’ ad arrivare, ma ne fui ugualmente felice.
<< Cucciola stasera ti porto a teatro per festeggiare la fine degli esami. >> Non avevo mai occasione per andare a teatro, ma era una cosa che mi piaceva molto.
<< E cosa mi porti a vedere? >> Mi misi alle spalle di Hell per sbirciare quello che stava scrivendo. Era più di un mese che non mi faceva leggere nulla e stavo andando in astinenza delle sue storie.
I polsi erano segnati dalle corde che li stringevano, così strette da permettergli solo pochi movimenti. La testa gli girava quando riuscì finalmente ad aprire gli occhi.
<< Finalmente ti sei svegliato. Non riuscivo più ad aspettare. >> Alzò leggermente la testa e vide una massa di folti capelli rossi coprirgli le cosce. La testa della ragazza lavorava incessantemente fra le sue cosce, facendogli riprende lentamente la percezione del suo corpo e di quello che stava succede…
<< Sarah! >> L’urlo di Hell mi fece ritornare alla realtà.
<< Cosa?! >> Mi rimisi in posizione eretta; senza rendermene conto mi ero abbassata fino ad appoggiare la mia testa su quella di Heléna.
<< Vuoi venirmi in braccio già che ci sei? Appena lo finisco te lo faccio leggere, lo sai. >> Ero diventata quella che in gergo si chiama “Beta”. Di solito mi limitavo a controllare che non ci fossero errori di battitura e simili, ma solo dopo una prima lettura da lettrice.
<< E’ un mese che non mi fai leggere niente. >> Misi il broncio abbracciandola e dondolandomi un po’ con lei.
<< E’ un mese che non riesco a scrivere niente. Stupido blocco dello scrittore! >>
<< Vedrai che ti passa come al solito. Adesso vatti a fare la doccia o rischi di arrivare tardi a lavoro. >> Le lasciai un bacio sulla guancia e misi il notebook in stand by.
<< Odio la mia vita. >> Barcollò come un’anima in pena verso il piano di sopra facendoci ridere.
<< Lo sai che non è vero! >> In risposta c’arrivò solo un grugnito indistinto.
 
La tortura stava per finire. Un’ultima domanda per giocarmi il trenta e poi sarebbe arrivata la pacchia.
<< Bene signorina Hunt. È soddisfatta del suo esame? >> Era questa l’ultima domanda?
<< Sì. >> Non sarebbe potuto andare meglio, anche perché il mio cervello stava per abbandonarmi definitivamente.
<< Mi consegni il libretto, prego. >> Non feci in tempo a tirarlo fuori dalla borsa che già stava scrivendoci sopra il voto.
Ebbi paura di guardare l’esito finale, ma con un pizzico di coraggio ci riuscii e quello che vidi mi lasciò a bocca aperta. Trenta e lode.
<< Avanti il prossimo. >> Mi congedai stringendo la mano al professore e uscii dall’aula camminando a tre centimetri da terra.
<< Allora com’è andata? Era l’ultimo vero? >> Alan mi aspettava appoggiato al muro davanti alla porta dell’aula.
<< Trenta e Lode! >> Sorrisi mostrandogli orgogliosamente il libretto.
<< Cosa?! Quella stronza dell’assistente mi ha fatto sudare per un misero 28! >> In realtà non mi sarei dovuta stupire più di tanto per l’enorme quantità di voti alti che si riuscivano ad ottenere in questo corso. Il professore era uno di manica molto larga, un po’ meno l’assistente che se la rifaceva su noi poveri studenti.
Da quando avevamo fatto il nostro piccolo patto non lo avevo più visto. Mi ero data alla clausura per studiare e sperai veramente che avesse mantenuto la condizione.
Sbuffò ancora un po’, poi il sorriso gli tornò sulle labbra.
<< Ho fatto il bravo, perciò mi merito una ricompensa! >>
Stavo per proporgli di portarlo in un negozio di giocattoli e di comprargli una confezione di Lego, ma lui mi precedette prendendomi per mano e iniziando a trascinarmi solo lui sapeva dove.
 
Facemmo praticamente il giro di mezzo campus per ritrovarci davanti alla biblioteca.
<< Ho appena chiuso con gli esami per i prossimi mesi e tu mi porti in biblioteca?! >>
<< Donna di poca fede! >> Sorpassammo l’entrata arrivando all’edificio successivo.
<< Attenta al cespuglio. >> Ci girammo intorno trovandoci davanti uno stretto passaggio in cui ci s’infilò. Ci passammo a mala pena.
Mi sembrava di essere entrata nella tana del Bian Coniglio e mi aspettai che Alan tirasse fuori un orologio da taschino dal panciotto.
<< Alan mi spieghi dove stiamo andando? >> Dopo pochi altri passi riuscii a vedere la fine del tunnel.
Ci ritrovammo in un piccolo pezzetto di terra, ricoperto di verde erbetta e circondato su tre lati da piccole aiuole piene di fiori colorati.
Il quarto lato dava su una porta affiancata da due lunghe finestre che toccavano quasi terra e sotto di esse due panchine di pietra.
<< Tadan! >> Aprì le braccia mostrandomi quei dieci metri quadrati scarsi di cortile.
<< Ti piace? Da li si entra in biblioteca. Pensavo ci volesse un posto carino! >> Era esaltato come un bambino che mostrava il nuovo giocattolo all’amichetta.
<< Sì, certo che mi piace, ma ch… >> Non riuscii a dire più di quella manciata di parole.
Alan mi tirò a sé grazie alle nostre mani ancora unite.
Non so se avessi avuto o meno il tempo di scansarmi, so solo che un momento prima mi ero appoggiata al suo petto per non finire a terra e quello dopo le sue labbra erano sulle mie.
La mano che non stringeva con forza la mia era poggiata sulla base della mia schiena spingendosi sempre più contro di lui.
Il mio cervello decise di prendere qualche minuto di pausa appendendo un cartello con su scritto “Torno Subito”.
Mi ero sempre chiesta come mai nei libri o nei film, la ragazza che veniva baciata contro la sua volontà non si scansasse subito. Nel momento in cui le labbra di Alan iniziarono a muoversi sulle mie riuscii, forse, a capirlo.
Come si può allontanare il ragazzo che ti piace, mentre ti stringe e sorride sulle tue labbra.
Sapevo che non era giusto – non sbagliato – e che dovevo staccarmi da quella bocca e da quella lingua che aveva appena accennato una carezza.
Aprii gli occhi, che avevo istintivamente chiuso per godermi quel piccolo momento.
Alan teneva gli occhi chiusi e la sua mano mi massaggiava lentamente la schiena.
Chiusi con forza le palpebre, facendo violenza a me stessa per quello che stavo per fare.
<< NO! >> Trovai la forza di volontà necessaria per interrompere il bacio e sfuggirgli dalle braccia.
<< Dannazione Alan! Che accidenti ti è preso? >> Va bene, quando sono nervosa inizio a parlare come uno scaricatore di porto!
<< Beh, ma tu avevi detto che… >> Non gli lascia il tempo di finire la frase.
<< Ti ho detto che saremmo usciti insieme! Non che mi saresti potuto saltare addosso appena finito l’ultimo esame! >> Mi allontanai di altri due passi dandogli le spalle.
Non ce l’avrei fatta a guardarlo negli occhi.
<< Beh, ma che c’è di male scusa? >> Anche senza guardarlo ero sicura che avesse messo su il suo broncio fanciullesco.
<< Che c’è di male? Che c’è di male? Cavolo! Non saprei nemmeno come spiegartelo da quanto è semplice come cosa! >> Presi fiato cercando di calmarmi e di non urlargli contro. Non troppo per lo meno.
<< Mi dispiace distruggere le tue certezze, ma se vuoi fare qualcosa con una ragazza - che non sia portartela a letto - non è questo il modo giusto! >> Mi girai fulminandolo con gli occhi.
<< Non sapevo che ci fosse un modo giusto! >> Un altro dei miei nervi saltò.
<< Ma mi spieghi che cazzo c’hai fatto finora con tutte le ragazze con cui sei uscito? >> Aprì la bocca per rispondermi, ma non gli diede nemmeno il tempo di prendere fiato.
<< No zitto! Non voglio saperlo, non voglio immaginarlo e non voglio pensarci! >>
Sbuffò incrociando le braccia al petto, copiando la mia posa. Il suo sguardo, al contrario del mio, guardava in basso e il suo piede sbatteva al suolo.
<< Non. Osare. Imbronciarti! Qui quella incazzata sono e devo essere io! Hai idea di quello che significhi per me un bacio? Se devo baciare qualcuno lo faccio per una ragione, non per consumare qualche caloria! >> Gli puntai un dito contro ritornando sui miei passi e sbattendoglielo al petto.
Alzò il viso, puntando i suoi occhioni azzurri dritti nei miei. Sembrava sorpreso da quella vicinanza, ma l’ultima cosa che volevo fare in quel momento era addolcirmi e smettere di sgridarlo.
Perché quella non era una litigata tra due persone adulte, era la sgridata di una maestra al suo alunno che aveva rubato la merenda al compagno di banco.
<< Da quando ti ho visto la prima volta, da quando ti ho conosciuto… mi hai mandato fuori strada! Io non scappo davanti ai problemi e con te invece lo faccio! Non esco con quelli… quelli come te, ma a te avevo dato una possibilità e te la sei giocata nel peggiore dei modi! >> Dopo ogni parola, sillaba, lettera uscita dalla mia bocca, vedevo i suoi occhi rabbuiarsi sempre di più… ma era ora che qualcuno gli desse una bella svegliata e gli spiegasse come gira il mondo.
<< Vedi di crescere Alan. >> Non gli diedi tempo di rispondere. Gli voltai le spalle e imboccai lo stretto corridoio di mattoni rossi che mi aveva portato alla fine del mio piccolo desiderio. Stavo scappando, per l’ennesima volta. Da lui.
Avrebbe potuto fermarmi e costringermi ad ascoltarlo come gli avevo imposto io. Invece non ci fu nessuna mano a stringere il mio polso, nessun nome gridato al vento che mi avrebbe fatto girare e correre tra le sue braccia.
 
Il teatro era gremito di persone. Non avrei mai pensato che ci potesse essere il tutto esaurito per uno spettacolo de “Il Piccolo Principe”, eppure dovetti ricredermi.
<< Non mi vuoi ancora dire che è successo? >> Una volta seduti ai nostri posti, Leo tornò alla carica con il suo interrogatorio.
<< No, Poe. Non ne ho avuto voglia di parlare a casa, né per strada, né sul bus, né fuori dal teatro e nemmeno adesso che ci siamo finalmente  messi comodi! >> Sperai che le luci si spengessero al più presto e che il sipario si alzasse su una realtà che per qualche ore non sarebbe stata mia.
Avevo bisogno di non pensare e di calmarmi, cose che con Leo vicino proprio non riuscivano facili.
<< Dovrò usare i miei poteri di divinatore allora! >> Chiuse gli occhi e si mise a muovere le mani come un grande mago.
<< Vedo… vedo… anzi no! Sento… sento che ti ha infilato la lingua in bocca e si è beccato uno schiaffo! >> Ancora con gli occhi chiusi si mise a ridere come una iena scatenando il disappunto della signora seduta accanto a lui.
<< Bravo il mio Sherlock! Ma niente lingua e niente schiaffo. E ora potresti lasciarmi calmare e godermi lo spettacolo in pace? Grazie. >> Mi chiusi in un mutismo assoluto e sembrò funzionare fino a che le luci non si spensero.
<< Però poi mi racconti tutto, eh? >> Una piattola sarebbe stata meno appiccicosa.
<< Lo sai che l’avrei fatto comunque. >> Misi la mano sopra la sua, appoggiata sul bracciolo e la mi testa trovò un comodo posto sulla sua spalla.
Un bacio fra i miei capelli e su il sipario.
 
Lo spettacolo finì con un tripudio di applausi, mentre tutti gli attori s’inchinavano verso il pubblico.
<< Sono stati magnifici, non trovi? >> Leo era elettrizzato dallo spettacolo. Gli occhi gli brillavano e sorrideva come da tempo non lo vedevo fare.
<< Sì, sono stata molto bravi. >> Lo presi a braccetto e lentamente guadagnammo l’uscita.
L’atrio del teatro era ancora pieno di gente che commentava lo spettacolo o si faceva servire un buon bicchiere di vino al bar.
Prendemmo qualcosa da bere anche noi, aspettando che la confusione scemasse quel tanto da permetterci di non rimanere schiacciati da tutti gli spettatori rimasti a godersi il post spettacolo.
Aspettammo quasi mezz’ora prima di uscire all’aria aperta e, quando stavo per dirigermi sulla strada per chiamare un taxi, Leo mi trascinò dietro al teatro in un vicoletto poco illuminato se non da qualche lampione.
<< Leo se volevi stuprarmi potevi benissimo farlo con comodo a casa. >> Sbuffai, cercando di trattenere una risata.
<< Ho sentito dire dall’usciere che gli attori escono da qua! Voglio conoscere il Principe! >> Le possibilità che Leo riuscisse ad incontrare il Principe erano di una su diecimila.
Con tutto il tempo che avevo passato con Leo, però, non avevo ancora imparato a non mettermi contro la sua fortunatissima cocciutaggine.
Proprio nel momento in cui c’avvicinammo all’uscita secondaria del teatro, la porta s’aprì rivelandoci il protagonista dello spettacolo.
<< Ehi Piccolo Principe! >> Prima o poi avrei messo del tranquillante in bocca a Leo.
Si mise a correre verso il ragazzo che ci aveva fatto sognare quella sera.
Era stato veramente bravo, soprattutto nella scena con la piccola Volpe.
Accelerai il passo per raggiungerli e salvare il biondo dalla mia checca.
<< Ciao, piacere sono Leo! Sei stato bravissimo stasera! >> Gli allungò la mano e l’altro gliela strinse sfoderando un sorriso da infarto.
<< Mi fa piacere che lo spettacolo vi sia piaciuto. >> Nonostante sul palco avesse usato una dizione a dir poco perfetta, adesso si sentiva l’influenza americana nelle sue parole.
Leo stava per mettersi a sbavare o a…
<< Vuoi uscire con me? >> Dire una delle sue solite stronzate.
Mi coprii il viso con una mano vergognandomi per lui. Per fortuna il biondino non sembrò prenderla male e si limito a mettersi a ridere. E che sorriso!
Questo ragazzo era stupendo. Era biondo, con una sguardo da far sciogliere un ice berg, un sorriso da tachicardia, un fisico niente male e… continuava a tornarmi in mente Alan. Lui era più biondo, il suo sguardo avrebbe fatto sciogliere l’intera calotta polare, il suo sorriso mandava il mio cervello a farsi un giro coi pinguini delle Galapagos e il suo fisico era l’unico che volessi ammirare.
<< Scusalo, è caduto dal seggiolone da piccolo! >> Tirai un calcio negli stinchi a Leo, che parve nemmeno sentirlo.
<< Per quanto la tua proposta mi faccia piacere, sono costretto a rifiutare. La mia piccola Volpe potrebbe tirar fuori le unghie! >> Ci fece l’occhiolino e Leo sospirò, ma non riuscii a capire se per dispiacere o altro.
<< Almeno un autografo me lo fai?! >>  Leo tirò fuori un piccolo block notes dalla sua tracolla e glielo porse con tanto di penna.
Il biondo lo guardò un attimo come se non sapesse cosa farci, poi il suo sorriso si accentuò arrivandogli fino agli occhi.
Con movimenti precisi e veloci scrisse un paio di righe per poi lasciare la sua firma ad occupare gran parte del foglio.
Tutto contento Leo riprese il blocco e leggemmo la dedica; fu impossibile non mettersi a ridere.
“A Leo, il mio primo autografo che tra un paio di anni varrà milioni! Jack D.”
<< Grazie, sei stato molto gentile con questo scemo. >> Dissi prendendo la mano di Poe nella mia.
<< Per così poco! >> Alzò le spalle e proprio in quel momento il suo cellulare iniziò a suonare.
Lo tirò fuori dalla tasca, controllando chi fosse a chiamarlo e, quando vide il nome sul display, il suo sguardo si addolcì, facendoci capire che la sua Volpe lo stava chiamando.
<< Scusate ragazzi, ma devo rispondere. È stato un piacere conoscervi. >> Ci salutò con una mano e si portò subito il cellulare all’orecchio.
<< Ehi miciotta, ho appena firmato il mio primo autografo! Appena ci vediamo ti firmerò tutta!  Soprattutto le tett…>>
<< JACK! >> Nonostante fossimo distanti qualche metro, l’urlo della Volpe risuonò chiaro nel vicoletto.
Non volevo origliare ma Leo stava ancora ammirando il sedere di Jack.
<< Come perché? Così tutti capiranno che sei solo mia. >> Il sorriso che gli piegò le labbra non aveva niente a che fare con tutti quelli che avevamo visto fin’ora. Era Amore. Non era un sorriso, quello era Amore.
Invidiai Jack e la sua ragazza, e sperai di riuscire a trovarlo anche io un giorno quell’Amore che gli vedevo negli occhi, che gli sentivo nella voce.
Trascinai via Leo, prima che cominciasse a sbavare sul serio.




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Angolo della Pazza:
Ogni volta che devo scrivere le note non so mai cosa metterci... mentre scrivo il capitolo le idee ci sono, poi vanno scemando con tutte le cavolate che mi sfondano il cervello! Le mie sinapsi si divertono a improvvisare partite di calcetto! Cianco alle bande ù.ù Veniamo alle cose serie...
Ma quanto è cucciolo Alan? *_* Mentre scrivevo il pezzo della sfuriata della pazza (vedi Sarah XD) me lo immaginavo con il musetto del mio cane quando lo sgrido! E con quegli occhioni le sgridate durano sempre poco! Oddei sto divagando!
Ora passiamo alla cosa veramente importante! La mia adorata Fallsofarc mi ha gentilmente concesso il cognatino Jack per un piccolo Cameo! Adoro Jack e spero di averlo reso nel migliore dei modi!
La prima parte del capitolo non è inventata! Lo giuro XD Non avete idea di quante volte quella scena si sia ripetuta tra me e le mie ex coinquiline! Mi mancano ç_ç Considerando che non ve ne potrebbe fregare di meno vi lascio libere dalla mia presenza! X3 Un grazie a tutti voi che leggete e commentate la storia! Le risposte alle recensioni partiranno da questo capitolo =P

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Capitolo 9
*** Peace &... Chupa Chups? ***


Fuori Strada

Capitolo 8 – Peace &… Chupa chups
 
<< Mi spieghi che gli hai fatto? >> Leo era comodamente seduto sul mio divano a sgranocchiare pop corn davanti alla tv.
<< Lascia stare! >> Era tutto il pomeriggio che andava avanti con quella storia.
“Che gli hai fatto?” “Che gli hai detto?” “Che colore ha il cielo oggi?” e così via, finché i miei neuroni hanno iniziato a smettere d’ascoltarlo.
<< Come, lascio stare? Sono due settimane che non ci sentiamo e mi dici di lasciar stare? >> Come se una piattola non bastasse.
<< No, Justin. Non stavo dicendo a te. >> Il mio adorabile scimmiotto, anche detto fratello minore, mi stava rintronando con la sua tirata d’orecchie.
<< Ma che sorella sei? Avevi detto che mi avresti chiamato sempre, e invece? Puah! Quella schizzata di Cecilia ha dipinto la tua stanza di rosa, rosa! Non so se mi sono spiegato! >> Dovetti allontanare il telefono dall’orecchio per non rischiare di rimanere sorda.
Cecilia era la ragazza che aveva preso in affitto la mia camera quando mi ero trasferita più vicino all’università.
Ecco il principale motivo dell’odio di mio fratello e del fatto che non tornassi a casa nemmeno per le vacanze estive.
<< Mi dispiace scimmiotto. Almeno ha smesso di occupare tutto il bagno? >> Riappoggiai il telefono all’orecchio giusto in tempo per sentire il suo urlo di frustrazione.
<< Spero tu stia scherzando! Quella pazza maniaca ha buttato il mio bagnoschiuma e ne ha messo uno alle fragole! Puzzo come una femminuccia. >> Forse non dovrei ricordargli che da piccolo rubava sempre il mio bagnoschiuma alla vaniglia e il mio rossetto, anche se per farsi i segni da indiano.
<< Cucciola ho finito i pop corn! >> La ciotola gialla mi volò tra le braccia, rischiando di far cadere il telefono che avevo incastrato tra l’orecchio e la spalla.
<< Quanto rompi! >> Mi alzai per andare a prendere una busta di patatine.
<< E certo che ti rompo! Sei l’unica con cui mi posso lamentare. Cos’è devo andare da mamma a dirgli “sai che quella sclerotica non la sopporto? Posso ucciderla nel sonno?” >>
<< Justin! Non osare uccidere nessuno nella mia camera! E, ancora una volta, non stavo parlando con te! Leo, a cuccia e non rompere! >> Mi rintanai in cucina, cercando un modo per chiudere quella telefonata che andava avanti da ormai quaranta minuti.
<< A proposito di Leo… che hai combinato con Alan? >> Adesso ci si metteva pure lui.
<< C-che ne sai tu di Alan? >> Odiavo balbettare, e ogni volta che mi sentivo in imbarazzo succedeva.
<< Sorella, hai mai sentito parlare di Facebook? Leo mi tiene aggiornato. >> Mi disse tutto orgoglioso.
<< Justin! Hai solo 13 anni, sei troppo piccolo per usare Facebook! >> Incredibile. Io alla sua età giocavo ancora con le Barbie e le Lego.
<< Non cambiare argomento e non rompere. Devolvi informazioni succulente al tuo unico consanguineo sano di mente. >> Parlare troppo con Leo aveva sortito un effetto fin troppo catastrofico sul mio caro fratellino.
<< Non c’è niente da dire. >> Passò qualche secondo di silenzio e guardai addirittura il display del cellulare per vedere se era caduta la linea.
<< Sarah. >> Bastò il mio nome per farmi iniziare a parlare come un fiume in piena, raccontandogli gli avvenimenti degli ultimi giorni.
<< Ma sei scema? >> Mi urlò tanto forte da farsi sentire anche da Leo.
<< Bravo piccoletto! Diglielo anche tu! >> Leo tifava stravaccato sul divano.
Justin mi tenne altri venti minuti al telefono, facendomi una bella lavata di capo che difficilmente dimenticherò mai.
Mi rimproverò per come avevo trattato Alan, anche se mi diede un po’ ragione, mi sgridò ancora una volta per il fatto di non averlo chiamato e mi rinfacciò di non farmi sentire mai e che, se sapeva che ero viva, lo doveva solo a Leo.
<< Dai Jujù, facciamo pace? >> Gli chiesi con la vocina dolce che lo faceva sempre cedere.
<< Però così non vale… >> Me lo immaginai col broncio e gli occhi un po’ tristi.
Fare pace col mio fratellino era facile. Era ancora un bambino in fondo, nonostante cercasse di dimostrarsi più adulto di quel che fosse.
Lo salutai, promettendogli che lo avrei chiamato più spesso.
Prima di tornare in sala con Leo riempii la ciotola di patatine, prevedendo un’eventuale serie di sbuffi se me le fossi dimenticate.
Mi misi comoda sulla mia parte di divano, zittendo in partenza tutti gli eventuali discorsi che Leo poteva imbastire.
Cercai di concentrarmi sul film in tv, ma la mia mente decise che la trama non era di suo gradimento e si mise a pensare per i fatti suoi.
Il mio fratellino aveva ragione ad essere arrabbiato con me. Ero stata una sorella assente e lui aveva solo bisogno di sfogarsi un po’ e di sentire vicino qualcuno di cui si fidasse e che gli volesse bene. Per quanto permaloso fosse, per fortuna, ci mettevamo sempre poco a fare pace. In fondo era ancora un bambino e doveva ancora capire come relazionarsi nel modo giusto con le persone.
Un po’ come Alan…
Quel pensiero mi attraversò il cervello come un fulmine.
Alan e Justin erano più simili di quanto avessi mai potuto immaginare.
Mandai un ringraziamento silenzioso a Leo, che mi aveva sempre tenuta aggiornata su Alan anche quando le informazioni non erano troppo desiderate.
Alan non aveva mai avuto nessuno che gli spiegasse come comportarsi con le ragazze, dato che tutte quelle con cui era stato lo usavano solo come “bambolo gonfiabile”.
Si rendeva conto di volere una storia seria, ma non sapeva come riuscirci e, se veramente voleva provarci con me, aveva provato con il solo modo che conosceva.
Devo ammettere che è stato dolce e portarmi in quel piccolo giardino dietro la biblioteca…
Però non avrebbe dovuto baciarmi di punto in bianco!
Anche se è stato bello essere baciata da Alan…
I miei pensieri viaggiavano a velocità di curvatura. Temetti che, da un momento all’altro, mi sarebbe uscito il fumo dalle orecchie.
Se, come avevo supposto, Alan non sapeva come comportarsi nel modo giusto con una ragazza, aveva sbagliato (?) in buona fede ed io… beh non ho problemi a darmi della stronza quando me lo merito.
Avevo detto cose giuste, ma avrei potuto dirgliele in un altro modo decisamente meno… da stronza.
<< Leo? >> Abbracciai il cuscino mentre una strana idea mi nasceva in testa.
Mi fece un gesto con la mano per darmi il via libera per parlare. La sua bocca era troppo occupata a ruminare patatine.
<< Pensi che Alan sia a casa? >> Lo sentii bloccarsi ancor prima di vederlo.
Girò la testa verso di me in un inquietante remake dell’Esorcista.
Il nome del suo coinquilino gli aveva fatto dimenticare film, patatine e quant’altro.
<< Perché? >> Si sporse verso di me, puntandomi addosso i suoi occhioni ridotti a due fessure.
<< C-Così… >> Il suo sguardo era inquietante e assolutamente curioso.
<< Da quando gli hai dato picche non ha ancora messo il naso fuori da camera sua. Perché vuoi saperlo? >> Ci mancò poco che mi montasse sopra. Avevo affondato completamente la schiena contro il bracciolo del divano e temetti di cadere all’indietro, se non fosse per le mie gambe intrappolate dalle mani di Leo.
<< Ehm, ecco… >>
 
Non potevo credere di stare veramente per farlo.
Non mi era neppure mai venuta in mente una cosa del genere. Ma tentar non nuoce, mi dissi per darmi quel coraggio in più che mi serviva per infilare la chiave nella serratura e aprire la porta.
Il salottino era rischiarato dalla luce del tardo pomeriggio, niente luce elettrica.
Mentre salivo le scale per il secondo piano, quasi sperai di fare un buco nell’acqua. Quando arrivai davanti alla sua porta mi prese quasi un colpo. Quando bussai e non ottenni risposta mi resi conto di aver trattenuto il respiro troppo a lungo.
“Se non ti risponde apri lo stesso.” Leo la faceva facile!
Strinsi la mano intorno al mio piccolo bottino, mentre con l’altra abbassavo la maniglia e aprivo un piccolo spiraglio in quella camera che mi metteva così agitazione.
Per terra c’era un disastro di libri e fumetti, alcuni cd erano ammucchiati in un angolo della scrivania, anche quella invasa da un computer e da carte di ogni genere.
L’armadio era aperto e pareva ci fosse scoppiata una bomba dentro; magliette, felpe e pantaloni giacevano a terra - o appesi a qualcosa - come fieri soldati caduti in battaglia.
Mi sporsi un po’ di più riuscendo a vedere il letto. Come per il resto della casa l’unica luce era quella naturale che filtrava dalle grandi finestre. Le tende erano assenti, ma non mancava l’intelaiatura. Forse erano a lavare, o molto più probabilmente erano state tolte e dimenticate da qualche parte in tutto quel casino.
Accantonai i miei pensieri da casalinga frustrata, tornando a prestare attenzione a quello che mi interessava davvero.
Alan era sdraiato sul letto e mi dava la schiena.
Due grosse cuffie gli coprivano le orecchie, spandendo per la camera una soffusa musica.
Addosso aveva solo una canottiera chiara e un paio di bermuda di quello che mi parve jeans.
Cercai di calmarmi prendendo un grosso respiro ed entrai.
Lasciai la porta accostata e misi la borsa per terra, di fianco alla sponda del basso letto.
<< Alan? >> Provai a chiamarlo, ma la musica era troppo alta.
Mi sporsi sul letto per toccarlo e richiamare la sua attenzione, ma bastò che il mio ginocchio affondasse nel materasso per farlo girare.
<< Leo, quante volte ti ho detto di non entrare in camera senza buss- >> L’ultima parola gli morì in gola, e io come una scema con la mano ancora a mezz’aria non sapevo che dire.
<< C-Ciao. >> Mi sembrò la cosa giusta.
Rimase senza parole per qualche secondo e io con lui.
Decisamente la mia improvvisa comparsa l’aveva stupito, ma non riuscii a capire se in bene o in male.
Alla fine si tolse le cuffie dalle orecchie e se le appoggiò intorno al collo. La musica arrivava più forte, ma non riconobbi la canzone.
<< Che ci fai qui? >> Nonostante la sua voce fosse quella che di solito associavo alla sua espressione da bimbo arrabbiato, nessun broncio arrivò a piegargli le labbra.
<< E-ecco io… Posso? >> Gli chiesi indicando la parte di letto libero accanto a lui.
Annuì, distogliendo lo sguardo e spostandosi un po’ di più verso il muro a cui era appoggiato il letto.
Mi tolsi i sandali sedendomi accanto a lui con le gambe distese.
Il letto era ad una piazza e mezzo, ma eravamo comunque più vicini di quel che si potesse pensare.
Continuavo a muovere i piedi nervosamente e, più di una volta, rischiai di toccare i suoi.
Restammo in silenzio per alcuni minuti.
Alan non mi aveva più chiesto cosa io facessi lì ed io mi stavo dando della stupida per l’idea che mi era venuta in mente. Ma ormai ero in ballo e dovevo ballare.
<< Ho bussato prima, m-ma non devi avermi sentito. >> Lo guardai di sottecchi, ma lui trovava più interessante osservare il muro.
<< Leo mi ha dato le chiavi e… gliele ho chieste io! Non te la prendere con lui, ok? >> Avevo iniziato a gesticolare per dare enfasi alle mie parole e per cercare di catturare la sua attenzione.
<< Alan io… >> Dovevo trovare le parole giuste. << Ho fatto la stronza! >>
Quelle dovevano essere le parole giuste. Si girò di scatto verso di me con un’espressione genuinamente sorpresa.
<< I-io non dovevo dirti quelle cose. Cioè sì, ma no! Dovevo dirtele, però non in quel modo. Sono stata una stronza totale, perché tu sei stato così carino e io ho pensato solo a fare la stronza acida e… e… >> Stavo per andare in iperventilazione. Mi stavo incartando con le parole e mi sembrava che la lingua mi si stesse per annodare.
Lentamente sentii una calda carezza sul mio braccio. La mano di Alan si appoggiò completamente e io alzai il viso verso di lui. Mi sentivo gli occhi lucidi per le troppe emozioni che non riuscivo a gestire.
Perché quando ero troppo emozionata, oltre a balbettare, mi veniva sempre da piangere.
Alan cercava di trattenersi dal ridere. Lo capivo benissimo dal fatto che si stesse mordendo un angolo delle labbra.
Presi un lungo respiro, allungai la mano con la mia offerta di pace verso di lui.
<< Scusa. >> Aprii la mano mostrandogli cosa gli avevo portato. << Facciamo pace? >>
Non dovetti sforzarmi per mostrargli che ero veramente dispiaciuta, la mia faccia parlava per me.
<< Però così non vale… >> Cerco d’imbronciarsi, ma tutto quello che riuscì a fare fu sorridere.
Prese uno dei chupa chups che tenevo in mano e lo scartò, infilandoselo poi in bocca.
Feci lo stesso con quello che era rimasto. Panna e pesca, i miei gusti preferiti.
Il silenzio stava per diventare imbarazzante, come se già non lo fosse.
<< A-Alan? >>
<< Mh? >> Continuava a mangiare il suo lecca lecca, come se fosse la cosa più buona del mondo.
Avvampai al pensiero di cosa potesse fare quella bocca.
<< Visto che alla fine non siamo usciti dopo gli esami… ecco… ti va di uscire domani? >> Aspettai la risposta per qualche secondo. Quando passarono un paio di minuti iniziai a preoccuparmi che si fosse dimenticato che ero lì accanto a lui.
Se ne stava tranquillo, con una gamba piegata e un braccio mollemente adagiato sopra al ginocchio.
L’unico rumore che c’era nella stanza era quello della musica lasciata andare a tutto volume.
Mi ero talmente abituata a quel silenzio che quasi mi spaventai quando si girò verso di me con i suoi occhi chiari e il sorriso sulle labbra.
<< Non so come si faccia ad uscire con una ragazza. Di solito andavamo a mangiare una pizza e poi finivamo a letto! >> Disse indicando il letto su cui eravamo.
<< Oh, ti prego! Non farmici pensare! Ci sono seduta sopra! >> Ci mettemmo a ridere e mi dimenticai della tensione che c’era stata finora tra di noi.
Scherzammo un altro po’ e Alan mi raccontò che i suoi lo avevano mandato in un collegio maschile, perché erano sempre in giro per il mondo.
<< Quando sono tornato alla “vita vera” non sapevo bene come comportarmi! >> Scrollò le spalle in un gesto che voleva dire tutto e niente.
<< E’ inquietante pensare a quante ragazze si siano approfittate di te! >> Il suo “Ehi!” mi fece tornare a ridere.
In quelle ore che passammo a parlare scoprii che Alan era più grande di me di un anno, ma che come me aveva appena finito il primo anno di università.
<< Niente baci finché non sarà il momento! >> Stavamo cercando un modo per venirci incontro. In realtà stavamo cazzeggiando alla grande.
<< E quando sarà “il momento”? >> Mimò le virgole con le dita, cercando di resistere dal mettersi a ridere.
<< Lo capirai. Seconda cosa: niente sesso almeno fino al terzo appuntamento! >> “E per almeno qualcun altro in più, ormoni permettendo!”
<< Ma se il momento del bacio non ci sarà stato fino ad allora… faremo sesso senza baciarci? >> Lo disse in modo fin troppo serio, e la cosa mi preoccupò non poco.
<< Non trovo le parole per risponderti. >>
<< Eddai stavo scherzando! >> Mi spinse giocosamente con la spalla. << In tutto questo potrò almeno toccarti o mi servirà un permesso scritto? >>
<< Chiederò al mio avvocato di fiducia! >>
Era divertente passare del tempo con lui. Non ci eravamo mai parlati tanto, nemmeno quando ci trovavamo in gelateria e passavamo tutto il pomeriggio li con Leo e Hell.
<< Sarà meglio che vada. È tutto il pomeriggio che Leo è solo a casa mia. >> Mi dispiaceva andarmene, ma il sole fuori dalle finestre stava tramontando.
<< Ti avrà svuotato la dispensa a quest’ora! >> Cosa molto probabile conoscendo quell’idrovora del nostro amico.
<< Ci vediamo domani allora. >> Mi stiracchiai un po’. La schiena mi doleva per essere rimasta troppo tempo nella stessa posizione.
<< Non mi dai nemmeno un bacino per salutarmi? >> Sguardo da cucciolo, broncio che mi faceva morire.
Avvicinai il mio viso al suo e lui chiuse gli occhi d’istinto.
<< A domani. >> Sussurrai sulla sua guancia prima di premere le mie labbra per un paio di secondi.
Saltai giù dal letto, infilando i sandali a tempo di record e raccattando la borsa.
Mi girai verso di lui per salutarlo un’ultima volta, ma vederlo a gambe incrociate sul letto col suo bellissimo broncetto mi fece solo sorridere.
Quando ormai ero sulle scale lo sentii gridare << Ti passo a prendere alle quattro! >>
Risi come una scema urlandogli un << Va bene! >> che penso avesse sentito anche Leo, che trovai dietro la porta intento a suonare il campanello.
Ero stata una stronza, ma il tempo per rimediare di certo non mi mancava!



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Angolo della Pazza:
Ebbene non sono sparita del tutto! XD Anche se poco ci manca! Penso sia quasi inutile scusarsi, dato che le scuse non porteranno altri aggiornamenti! XD
Il blocco dello "scrittore" mi ha presa in pieno! Metà del capitolo era stato scritto una cosa come quasi due mesi fa... le ultime quattro pagine sono frutto di una serata e una mattinata attaccata alla tastiera! Spero di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo =( Non sapete quanto mi dispiace aggiornare così di rado! Al prossimo capitolo ;)
Ps: Ecco qua il nostro Jujù

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Capitolo 10
*** First Date ***


Fuori Strada

Capitolo 9 – First Date
 
Alan mi piaceva. Anche tanto.
Ma non fino al punto di voler far assomigliare la mia camera alla sua.
Leo, questo concetto, ancora non lo aveva capito.
<< Devi essere provocante, ma non sexy. Una cosa alla “sbattimi al muro, ma con dolcezza”! >> Con la testa infilata nel mio armadio continuava a buttare vestiti dietro di sé.
<< Sì Leo. >> Mai contraddire un pazzo. È così che si dice, no?
<< Cercate almeno un vicoletto appartato o vi arresteranno per atti osceni in luogo pubblico. >> Prese fra le mani una mini gonna che avevo comprato per un carnevale di qualche anno prima. Oltre ad essere ridicolmente corta, era anche cosparsa di stras multicolor.
<< Ah-ah. >> Era stato inutile dirgli che ero già pronta.
Da quando si era precipitato nella mia stanza avevo fatto in tempo a farmi la doccia, sistemarmi i capelli e vestirmi. Era un normale appuntamento; non dovevamo mica giurarci amore eterno davanti alla Regina.
Intanto che aspettavo le quattro, mi ero decisa a mettermi lo smalto.
La checca isterica non mi dava retta e io avevo ancora qualche minuto per dare un’altra passata.
<<… e poi preso dalla passione ti strapperà le mutande e ti farà sua dietro un cassonetto! >> Era così convinto delle sue parole, tanto che gli brillavano gli occhi.
Io, invece, non sapevo se mettermi a ridere o a piangere dei suoi deliri.
Per fortuna il campanello suonò poco dopo, quando ero già rimasta incinta di un paio di gemelli e vivevo in una villetta a schiera con cinque cani, due gatti e una vasca piena di pesci rossi.
Leo non parve accorgersene e continuò il suo soliloquio.
Ormai aveva finito i vestiti da buttare all’aria e si rimirava nello specchio attaccato ad una delle ante dell’armadio.
<< Poe, io vado. Se vuoi ci sono i biscotti nella credenza e Moulin Rouge nel lettore dvd. >> Cercai di attirare la sua attenzione, ma nemmeno due delle sue cose preferite lo staccarono dal suo riflesso.
Buttai gli occhi al cielo e corsi giù per le scale.
Se fosse stato per Leo avrei dovuto mettere un tacco dodici che mi avrebbe fatto ammazzare dopo il primo scalino. Per fortuna ero ancora abbastanza sana di mente da optare per un comodo paio di converse.
Ci mancò poco che mi spalmassi contro il portone per guardare dallo spioncino.
Dall’altra parte Alan mi aspettava un po’ nervoso.
Presi un respiro per calmarmi. Ero riuscita a stare calma fino a quel momento, ma ora tutto stava per diventare reale.
Il non pensare che avrei avuto un vero appuntamento con Alan mi aveva aiutato e Leo con tutte le sue cazzate era riuscito a distrarmi, ma ora…
Aprii il portone e il sorriso di Alan mi abbagliò. Se fossimo stati in uno dei racconti di Hell probabilmente non avrebbe fatto in tempo a dirmi << Ciao! >> che le fantasie perverse di Leo si sarebbero avverate.
<< Ehi. >> Balbettai un po’.
Lui alzò una mano per salutarmi e continuò a sorridere.
<< Dove ti va di andare? >> Non si era avvicinato, era rimasto fermo sugli scalini davanti alla porta.
Stava prendendo un po’ troppo alla lettera il fatto di andare con calma. Non gli avevo mica consegnato un ordine restrittivo nei miei confronti!
Mi persi un momento a guardarlo dai miei due gradini di vantaggio.
Anche lui si era vestito normalmente: maglietta, bermuda di jeans e converse.
Avanzai di un passo, chiudendomi la porta alle spalle.
<< Non so… hai niente in mente? >> Cercai di sorridere, anche se l’ansia stava prendendo il sopravvento.
<< No, beh… oddio dovevo progettare qualcosa?! No, perché non c’ho proprio pensato e magari poi non ti andava bene e… e… >> Iniziò a gesticolare e ad impanicarsi, tanto che per poco non mi misi a ridere.
Se qui c’era qualcuno nervoso era decisamente lui.
Io avevo già avuto dei normali appuntamenti, mentre lui non sapeva proprio da che parte iniziare.
<< Alan, tranquillo! Non ti ucciderò per questo! >> Gli poggiai una mano sul braccio per farlo fermare e lui mi guardò col suo sguardo da cucciolo abbandonato.
<< Non abbiamo fatto nemmeno due passi che sto già combinando un disastro… >> Se non si fosse tolto quell’espressione dalla faccia avrei passato il resto del pomeriggio a coccolarlo e a ripetergli che era un bravo cucciolo.
Decisi che era meglio muoverci da davanti alla porta. Magari Leo sarebbe potuto uscire e avrebbe potuto narrare le sue idiozie ai quattro venti.
Gli sorrisi cercando di rassicurarlo e lo presi per mano.
<< Non essere così pessimista. Hai tutto il pomeriggio per rifarti. >> Scesi i gradini tirandomelo dietro.
 
Passeggiammo per un po’ in silenzio.
Non gli avevo ancora lasciato la mano e anche lui sembrava non averne intenzione.
Grazie a quello però riuscii a capire che si stava calmando un po’.
All’inizio aveva i palmi sudati per il troppo nervosismo, in quel momento invece era tranquillo.
Lo guardai di sottecchi e più di una volta lo beccai mentre stava per dire qualcosa.
Non avrei mai pensato che potesse essere così impacciato. Di solito parlava anche troppo e rideva sempre.
<< Ti va di andare a bere qualcosa? >> Ruppi il silenzio e Alan tirò quasi un sospiro di sollievo dato che gli avevo tolto quell’incombenza che gli gravava sulla testa da quando avevamo lasciato le scale di casa mia.
<< Andiamo allo Star? >> Chiese decisamente più rilassato.
 Il più vicino Starbucks si trovava esattamente davanti al British Museum. Avremmo potuto approfittarne per fare un giro al museo se non ci veniva altro in mente.
Alan mi sorrise allegro quando annuii.
<< Per caso Leonard era da te? Ho provato a chiamarlo e non mi ha risposto. >> A quelle parole quasi mi strozzai con la saliva.
Mi erano tornati in mente tutti i discorsi deliranti di quella cosa che chiamavo migliore amico.
<< S-sì. Mi stava distruggendo la camera poco prima che arrivassi. >> Mi sentii andare a fuoco le guance.
Presto avrei ucciso Poe. Accidenti a lui e le sue stupide idee di mutande, vicoli e cassonetti.
Ero tranquilla, serena, riposata. Fino a che quell’essere di dubbia moralità non mi ha condizionato coi suoi discorsi. Condizionamento postumo. Solo lui poteva riuscirci.
Fece una faccia buffissima, a metà tra l’incredulo e il rassegnato.
<< A me ha riordinato camera stamani… Avrà problemi di personalità multipla? >>
Provai ad immaginare un eventuale motivo a questo attacco da mogliettina premurosa e l’unica cosa che mi venne in mente fu che volesse vestire Alan come un Ken a grandezza naturale come voleva fare con me.
<< Che non era normale l’avevo capito da un pezzo. >> Rabbrividii al pensiero di come avrei trovato la mia camera una volta tornata a casa.
Sperai che non mi avesse lasciato minacce di morte scritte col sangue sul muro per averlo lasciato a parlare da solo.
<< E’ da molto che vi conoscete? >> Domandai curiosa.
Stranamente Leo non mi aveva raccontato di come si erano conosciuti, ma aveva abbondato sui particolari delle sue varie amichette.
<< Ehm… dunque… >> Si passò una mano fra i capelli, facendo la faccia da pensatore.
<< Se non sbaglio si è trasferito in casa verso questo periodo dell’anno. Perciò ci conosciamo da un anno se la matematica non è un’opinione! >>
Iniziammo a parlare del loro primo periodo di convivenza.
Alan viveva nel suo mondo e Leo si era praticamente impossessato di tutta la casa.
Fosse stato per me l’avrei avvolto in una coperta e fatto ciondolare giù dal balcone, ma Alan, per fortuna di Leo, non era me. Per la mia sanità mentale Hell era sì disordinata, ma anche molto equa per quanto riguardava le cose di casa.
Ci eravamo divise gli armadietti in bagno e la dispensa in cucina… poi si era creato il caos e ormai tutto era di tutte e due. Andava bene così, riuscivamo ad avere un’ottima convivenza.
Convivenza che negli ultimi tempi si era ridotta a “Buongiorno”, “Caffè” e “Buonasera”.
Stava lavorando come una matta e dubitai che fosse tutta colpa di Trevor. Non riusciva più a scrivere perciò si era buttata anima e corpo in quello che riusciva a fare.
Da quello che mi disse Alan in casa loro regnava l’anarchia più totale. Non me ne stupii affatto ricordando il salottino governato da vestiti da stirare e i mobili della cucina praticamente vuoti.
Quelle poche volte che ero stata a casa loro, avevamo sempre dovuta fare la spesa prima di poter mangiare.
Lasciare due maschi semi adolescenti a vivere da soli non è mai cosa saggia. Strano che non avessero ancora dato fuoco o allagato quella povera casa.
Arrivammo allo Starbucks senza nemmeno accorgercene.
Da quando avevamo preso a parlare non c’eravamo più fermati e avevamo riso fino alle lacrime a raccontarci vari aneddoti di quello che succedeva nelle nostre rispettive case.
<< Tu non hai idea di quanto Hell possa urlare forte! Quando ha visto quello scarafaggio pensavo si sarebbe buttata dalla finestra pur di stargli lontana! >>
Alan rabbrividì quando gli raccontai dell’incursione notturna di quel maledetto insetto che mi fece passare la notte in bianco per cercare di buttarlo fuori casa.
<< Penso che avrei fatto compagnia a Heléna sul marciapiede. Quelle cosine nere, con tutte quelle zampette… brrr! >>
<< Ma dai è solo uno scarafaggio. >> Gli sfiorai appena il braccio con la punta delle dita facendogli fare un salto degno di un gatto.
Non potei fare a meno di sghignazzare mentre gli muovevo le dita davanti agli occhi.
Prendemmo i nostri caffè e ci rimettemmo in strada per continuare la nostra passeggiata.
Dentro c’era troppa gente, altrimenti ci saremmo messi a sedere per continuare a parlare ancora.
<< Si è rannuvolato. Speriamo non si metta a piovere. >> Mi portai il bicchiere di carta alle labbra, assaporando il buon sapore del caffè.
<< Potremmo andare a chiuderci da qualche parte. >> Alan mi copiò, alzando poi gli occhi al cielo quando una goccia di pioggia gli cadde sul naso.
In compenso io quasi mi strozzai a sentirgli chiedere una cosa del genere.
Maledissi Leo e i pensieri che mi erano venuti in mente. E anche Alan. Non poteva uscirsene con frasi del genere. Io… Lui… chiusi da qualche parte… Decisamente passava da un estremo all’altro.
Mi batté la mano sulla schiena, preoccupato che gli stessi per morire davanti.
<< Tutto bene? >> Continuò ad accarezzarmi la schiena, mentre io tornavo a respirare aria e non caffeina.
Mi limitai ad annuire e a prendere un gran respiro.
Cercai di parlare, ma dovetti schiarirmi la voce un paio di volte per riuscirci.
<< Ti va di andare al museo? >> Indicai il Museum dell’altra parte della strada.
<< Ehm… ecco… perché non andiamo al cinema? >> Alan era completamente arrossito.
Ed io con lui. Voleva attentare alla mia perduta virtù in un luogo pubblico? Almeno l’altra volta mi aveva portato in quel bel cortiletto sconosciuto.
Per fortuna che non mi ero rimessa a bere il caffè o sarei finita affogata.
<< A-al cinema? >> Balbettai scacciando il pensiero di quello che poteva succedere in una sala buia con comode poltroncine imbottite.
Il mio cuore stava per scoppiare. Era passato dal rivolgermi a malapena la parola, a tenermi tranquillamente per mano, a volerci chiudere al cinema a fare chissà cosa.
<< E’ che… è uscito Toy Story 3 l’altra settimana… e volevo vederlo. >> Si portò una mano sulla nuca, distogliendo lo sguardo dal mio.
Vuole vedere un film e non saltarmi addosso nel buio della sala? Il ragazzo sta decisamente guadagnando un sacco di punti.
<< Oh! >> Fu la mia eloquente risposta.
<< Però se vuoi andi… >>
<< Va bene. >> Dissi, senza lasciargli il tempo di finire quello che stava dicendo.
<< Davvero? >> Era fin troppo sorpreso della mia risposta, ma io non ci vedevo niente di male… adesso.
<< Sì, certo. Adoro i film della Disney. Justin mi ha fatto vedere Toy Story almeno un miliardo di volte, è uno dei suoi film preferiti. >> Sorrisi ripensando al mio fratellino che correva per il salotto col suo capello da cowboy.
Un meraviglioso sorriso gli aprì le labbra, facendomi perdere per qualche secondo.
<< Andiamo? >> Mi chiese allungando una mano verso di me.
Non ci fu bisogno di rispondergli.
Gli presi semplicemente la mano.
 
Eravamo seduti l’uno accanto l’altra da almeno trenta minuti. I giocattoli sullo schermo erano impegnati a salvarsi i pezzi dai bambini pestiferi dell’asilo in cui erano stati scaricati e noi avevamo già finito la nostra porzione maxi di pop corn.
La sala era mezza vuota. Forse per l’ora o per il fatto che era un giorno infrasettimanale, a farci compagnia c’era qualche nonna col nipotino che non la smetteva un attimo di parlare, qualche gruppetto di ragazzini e qualche coppietta che aveva scelto il cinema per sbaciucchiarsi furiosamente. Sperai solo quello.
<< Ehi… >> Mi sentii tirare l’orlo della maglietta dal buco sotto al bracciolo.
<< Cosa? >> Gli risposi sussurrando.
Mi girai verso di lui che indicava una coppia di ragazzi che stavano cercando di riproporre una scena vietata ai minori qualche sedili dopo i nostri.
Sgranai gli occhi, raggiungendo in poco tempo la temperatura di un vulcano in eruzione.
Stava scherzando, vero? Si era già dimenticato tutto il bel discorso che c’eravamo fatti il giorno prima?
Va bene che era quasi un discorso idiota – togliamo anche il quasi – ma pensavo che avesse capito l’antifona.
<< Lo vorrei anche io… >> Piagnucolò come un bimbo.
Se sperava che mi incollassi come una ventosa alle sue labbra… beh in realtà potevo anche farci un pensierino se continuava a guardarmi con i suoi occhioni da cucciolo.
<< A-Alan, io non credo che… >>
<< Ma io ho ancora fame. >> Che c’entrava con i due tipi che si stavano mangiando la faccia a vicenda?
<< Eh? >> In sua presenza ero sempre molto eloquente.
<< Dici che se ne accorgono se gli frego i pop corn? >> Domandò iniziando già ad alzarsi.
<< Alan! >> Cercai di richiamarlo, ma ormai era già lanciato nella sua impresa alla Mission Impossible.
Seguii i suoi movimenti col fiato sospeso.
Si avvicinò guardingo al sedile vicino a quello del ragazzo, dove stava comodamente appoggiata una ciotola enorme di pop corn.
Aspettò un paio di minuti seduto nel posto vicino alla sua preda e, una volta appurato che i due erano troppo occupati, prese i pop corn e tornò velocemente al suo posto accanto a me.
<< Missione compiuta! >> Trionfante infilò la ciotola dentro la nostra che era vuota, forse per mascherare il misfatto.
<< Tu sei tutto matto! >> Non riuscii a trattenermi dal ridere e una vecchietta sotto di noi si girò a guardarmi male.
<< Tanto loro non li avrebbero mangiati. >> Ne prese uno e se lo tirò in bocca.
Continuai a ridere, soprattutto per la scena di Ken e Barbie nel film.
Ken era inquietantemente simile a Leo.
Avrei comprato un foulard anche a lui da mettersi intorno al collo. E poi ce lo avrei strozzato.
Mi scappò una risata più forte delle altre e la signora sotto di noi si girò un’altra volta sibilando uno “Shss”.
Forse non si rendeva conto che il suo adorabile nipotino non si era zittito un secondo dall’inizio del film.
<< Vecchia strega. >> M’imbronciai e incrociai le braccia sul petto, sprofondando nella poltroncina.
<< Scatta la vendetta! >> Alan era tutto un fremito.
Si sistemò meglio a sedere e affondò la mano nei pop corn. Me ne porse un po’ e poi cominciò a tirarli nella fila di sotto.
<< Dieci punti se le prendi il cappello, venti se gli rimane sulla parrucca! >>
 
Ci mancò poco che ci buttassero fuori dal cinema, ma riuscimmo comunque a finire di vedere il film, con un risultato finale di 90 a 110. Vittoria schiacciante di Alan.
<< Appena arrivo a casa butto tutti gli orsetti di peluche nel tritarifiuti! >>
Alan aveva gli occhi rossi. Non era normale a vent’anni mettersi quasi a piangere per un film per bambini, eppure sia io che lui non ci eravamo saputi trattenere.
<< Ma no poverini! Loro non ti hanno fatto niente. Trita solo quelli rosa! >>
Nessuno di noi due era più nervoso. Lui perché era riuscito nel suo intento di avere un vero appuntamento con e me ed io perché non mi era saltato addosso in uno dei mille modi che mi erano venuti in mente da Leo a quella parte.
Nonostante fossero quasi le otto il cielo era ancora chiaro e gruppi di ragazzi di ogni genere ridevano e scherzavano per le strade.
Non avevo idea di quanto ancora Alan volesse stare con me, so solo che io ancora non volevo tornare a casa.
<< Sarah… >> Mi chiamò serio, facendomi fermare ad un semaforo che era appena diventato rosso.
<< D-dimmi. >> Era successo qualcosa da quando eravamo usciti dal cinema e non me ne ero accorta?
Avevo detto o fatto qualcosa di male? Se non avesse aperto bocca entro due secondi mi sarebbe venuta la tachicardia.
<< Ho fame. >> Mani affondate nelle tasche e sguardo basso.
Scoppiai a ridere senza nemmeno rendermene conto.
<< Sei un pozzo senza fondo! >> Mi guardò colpevole, come un cucciolo che aveva appena divorato le ciabatte del proprio padrone.
<< Voglio un doppio cheeseburger con patatine e una coca gigantesca! E ovviamente offri tu! >> E tanti saluti alla linea che non ero mai riuscita a mantenere. Cara la mia pancetta, anche quest’anno non ci separeremo!
<< Signorsì Signora! >> Il semaforo scattò sul verde, sorrise, mi prese per mano e iniziammo a correre come due scemi verso il primo fast food.
 
<< Non puoi avere ancora posto per un gelato! >> Stavamo tornando verso casa mia, dopo più di un’ora passata a ridere e scherzare seduti al tavolo. A dividerci solo le carte della nostra cena e uno dei giochi da bambini stampati sul retro di una tovaglietta.
<< C’è sempre posto per un gelato! E poi sono in piena crescita, devo diventare grande. >> Lo disse con aria solenne, come se quella fosse l’unica verità concepibile al mondo.
Non gli sarebbero stati male altri cinque o dieci centimetri in altezza, ma in evenienza avrei dovuto usare uno scaleo anche solo per abbracciarlo.
<< Povero piccolo… la prossima volta la Zia Sarah ti comprerà anche lo zucchero filato! >> Gli diedi un buffetto sulla guancia e saltellai in avanti verso il cancelletto di casa.
<< La… la prossima volta? >> Mi girai a guardarlo.
Avevo detto una cosa così strana? Era sinceramente sorpreso.
Tornai indietro, fermandomi davanti a lui.
<< E-era così per dire. >> Mi ero divertita quel giorno in sua compagnia, ma forse per lui non era lo stesso.
<< Ah. >> Il silenzio imbarazzante era tornato.
<< I-io… mi sono divertita. Oggi. Con… te. >> Le parole mi uscivano a fatica di bocca.
<< Sì, anch’io. >> Ma forse non era abbastanza. Forse preferiva i suoi appuntamenti “pizza&sesso”.
<< I-io…>>
<< Senti… >>
Parlammo nello stesso momento, zittendoci subito dopo la prima parola.
<< Sarah! >> Sussultai per il tono di voce alto e per il mezzo passo che aveva mosso verso di me.
Ci manco poco che rispondessi “Sono io!”, ma mi limitai ad un cenno della testa per farlo continuare.
Se avessi preso una delle sue mani, ero pronta a scommettere che le avrei trovate sudate come quando era venuto a prendermi.
<< Vuoi… >> Aprì la bocca per continuare, ma nessun suono uscì dalle sue labbra.
Si schiarì la voce e riprovò.
<< Vuoi uscire ancora con me? >> Non ero sicura di aver sentito bene.
Voleva uscire con me… ancora. Di nuovo. Un’altra volta.
<< Io non so se oggi ho fatto tutto giusto oppure no, però… è stato bello passare il tempo con te e parlare e stare anche solo seduti vicino al cinema e… >>
<< Sì. >> Non so perché ci misi così tanto a rispondere. Non so perché continuai a farlo parlare intanto che il mio cervello ingranava la marcia giusta per far arrivare la risposta alla mia bocca. So, però, che le sue parole erano state quelle giuste per farmi scaldare un po’ il cuore.
<< Eh? >> Forse lo stavo contagiando con le mie risposte monosillabiche.
<< Anch’io vorrei uscire ancora con te… ma ricordati: niente sesso fino al terzo appuntamento! >> Cercai di sdrammatizzare. Infondo quello era uno dei nostri accordi base.
Mi ritrovai stretta nel suo abbraccio, con le sue mani premute sulla schiena e le mie affondate nella sua maglietta.
<< Vuol dire che potrò uscire con te ancora, e ancora, e ancora, e… >>
<< Vediamo come va. Non sono abituata a fare progetti a lungo termine. >>
<< E io che avevo già pensato ad una casetta in campagna con lo steccato bianco e un paio di cani! >> Il neurone di Leo doveva essersi impadronito del cervello di Alan per qualche secondo.
Rimanemmo abbracciati qualche minuto, ridacchiando sul fatto che avrei voluto le tende colorate in salotto.
<< Ehi Alan, posso dirti un segreto? >> Gli sussurrai vicino all’orecchio.
<< Tutti quelli che vuoi. >> Mi strinse un po’ di più, facendomi sollevare in punta di piedi.
<< Credo che sia arrivato quel momento. >> Non ci fu bisogno di specificare di che momento intendessi. Lui lo capì benissimo.
Mi staccai da lui quel tanto che bastò per far unire le nostre labbra.
Ricordando i due baci che Alan mi aveva rubato a tradimento, non avrei mai pensato che potesse essere così dolce.
Mi sfiorò appena la bocca con la sua, accarezzandomi una guancia e spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Non era come me lo ricordavo. Era molto più bello, perché stavolta c’ero anche io in gioco.
Strinsi la sua maglietta tra le mani, mi alzai di un altro centimetro sulle punte e affondai la bocca nella sua.
Ci separammo lentamente, gustandoci ogni millimetro di pelle umida di bacio.
Mi sorrise dolce e io ricambiai non sapendo che altro fare se non tornare a baciarlo subito dopo.
Un bacio.
Un altro.
Un altro ancora.
Buona notte.


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Angolo della Pazza:
Non sono sparita... in realtà i miei personaggi hanno chiesto un ordine restrittivo nei miei confronti!
Non ho altro da aggiungere... non rilascerò nessuna dichiarazione se non in presenza di un avvocato estremamente sexy! XD

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