Fuori Strada di Shona (/viewuser.php?uid=24736)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Hi, I'm Sarah ***
Capitolo 3: *** Nice to meet you ***
Capitolo 4: *** Stupid Men ***
Capitolo 5: *** My World ***
Capitolo 6: *** Friendship ***
Capitolo 7: *** Possibility ***
Capitolo 8: *** Astray ***
Capitolo 9: *** Peace &... Chupa Chups? ***
Capitolo 10: *** First Date ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
La mia
vita era sempre stata piatta e monotona.
Una
brava figlia, una brava studentessa, una brava fidanzata.
Un vero
peccato che i miei genitori mi avessero buttato fuori casa non appena
preso il
diploma e che il mio ragazzo mi avesse piantato durante la festa di
fine anno.
Forse
anche io ero come la mia vita.
Non ho
mai avuto un sogno particolare da voler realizzare, non ho mai avuto
progetti
che andassero oltre l’anno, non ho mai avuto delle vere
amicizie di quelle che
durano tutta la vita.
Semplicemente
mi limitavo a vivere alla giornata.
Una
ragazza normale, forse anche troppo.
Capelli
normalmente castani, occhi normalmente castani, fisico normalmente normale.
Non
avrei mai potuto pensare che la mia noiosa vita potesse essere
stravolta da due
bellissimi cicloni.
________________________________________________________________________________________________
Angolo della Pazza:
Ebbene sì. Sono una folle che inizia storie senza sapere
dove vuole arrivare!
Posso dire solo una cosa a mio discapito: questi maledetti personaggi
hanno iniziato ad assillarmi e non hanno smesso fino a che non ho messo
le loro parole, i loro pensieri, le loro vite nero su bianco su una
pagina di Word.
Li odio per avermi fatto iniziare una nuova storia avendo ancora la
Maschera da finire (per chi mi segue sa di cosa sto parlando XD Agli
altri lascio il beneficio del dubbio ù.ù).
Li amo immensamente, però, per essersi fatti avanti e avermi
fatto innamorare follemente. Ognuno di loro mi è entrato
dentro di prepotenza mettendosi comodo comodo in un angolino del mio
cuore.
Spero che il prologo abbia stuzzicato la vostra curiosità =)
A presto con il primo capitolo!
Spoiler e Curiosità nel BLOG
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Capitolo 2 *** Hi, I'm Sarah ***
Capitolo
1 - Hi, I’m Sarah.
Mi
ero
trasferita al numero 87 di Camden St a fine agosto.
Ero
sempre stata affascinata da quella zona, con tutti i suoi mercati e il
viavai
di turisti. Era bello passeggiare e fermarsi a rimirare tutti i colori
ed i
profumi che impregnavano le strade.
I
corsi
all’University College di Londra sarebbero iniziati qualche
giorno dopo ed io
ero ancora indecisa sul cosa fare della mia vita.
Fu
una
vera fortuna trovare quell’appartamento a Camden Town. Non
era grande, ma
nemmeno piccolo; era normale, proprio quello che mi serviva.
Quando
risposi all’annuncio, non mi sarei mai aspettata di trovarmi
come coinquilina
una scrittrice alle prime armi; per fortuna Heléna mi prese
subito in simpatia.
Al
contrario di me Hell era una persona totalmente fuori dagli schemi.
Viveva di
notte, dormiva di giorno, spesso parlava al suo pesce Elwood
chiedendogli
consigli su cosa fosse meglio scrivere. Vivere con lei era come vivere
da soli.
Non ci vedevamo praticamente mai, tranne poche, ma intense, volte.
Iniziai
a seguire i corsi di Design Interno perché erano gli unici
che in qualche modo
avessero attirato la mia attenzione.
Fu
lì
che conobbi Leo.
Mi
si
sedette accanto e mi sorrise presentandosi.
<<
Sono Leonard Powell. È un vero piacere conoscerti.
>> Gli strinsi la mano
ricambiando il suo sorriso allegro che riuscì a contagiarmi.
<<
Sarah Hunt. >> Persino il mio
nome è
comune e anonimo.
Da
allora è stato amore a prima vista. Ovviamente non nel senso
comune del
termine. Il bel ragazzo moro che mi si era seduto di fianco era
irrimediabilmente gay. Non ci volle molto a capirlo, mi
bastò parlare con lui
per più di cinque minuti.
Non
so
come, ma riuscì a conquistarmi. In poco tempo divenni
dipendente dalla sua presenza;
ogni volta che lo vedevo, mi sentivo bene e passare il tempo con lui
era
davvero piacevole, se non fosse stato per il suo coinquilino…
<<
Tesoro oggi devi assolutamente venire da me! Stasera Ben mi ha invitato
ad
uscire e non ho la più pallida idea di cosa mettermi.
>> Leo mi prese le
mani fra le sue sprizzando allegria da tutti i pori. Non
penso di aver mai visto qualcuno più felice di lui.
<<
Certo Poe. >> Con lui non riuscivo mai a smettere di
sorridere.
Finite
le lezioni andammo a fare un po’ di spesa per il pranzo;
l’obbiettivo del
giorno erano spaghetti al pomodoro.
Il
bus
era stipato di gente e ci divertivamo ad inventarci storie sui vari
passeggeri.
<<
Ecco, prendi lui. Scommetto che la moglie lo tradisce col macellaio!
>>
Mi bisbigliò all’orecchio facendomi solletico.
<<
Ma smettila! Si capisce benissimo che lo tradisce con il farmacista!
>>
Scoppiammo a ridere come due sciocchi facendo girare più di
una persona.
Per
fortuna
la fermata era solo a pochi minuti dalla facoltà.
Come
me, anche Leo abitava in Camden Town in un appartamento che divideva
col suo
fantomatico coinquilino.
Camminammo
tranquilli per la via continuando a pensare al pover’uomo che
avevamo lasciato
addormentato sul bus.
Una
volta arrivati, Leo aprì la porta facendomi passare per
prima. La casa non era
dissimile dalla mia; un piccolo ingresso che si apriva in un salottino
comunicante con la cucina ed una rampa di scale che portava al secondo
piano.
Mi
fece
strada fino al cucinotto dove iniziammo a sistemare la spesa. Fra una
risata e
l’altra però ci accorgemmo delle urla provenienti
dal piano di sopra.
<<
Sei un lurido porco bastardo traditore! >>
Gridò la voce di una ragazza
evidentemente incazzata.
<<
Eddai non fare così, non l’ho fatto apposta!
>> Provò a difendersi il
“lurido porco bastardo traditore”.
<<
Oh, ci risiamo. >> Leo sospirò finendo di
sistemare la pentola sul fuoco.
Lo
guardai interrogativa, ma lui si limitò ad
un’alzata di spalle invitandomi a
seguirlo al piano di sopra.
Come
casa mia anche quella aveva tre stanze, due dovevano essere le camere
mentre la
terza, il bagno.
Una
delle porte si aprì rivelando una biondina tutte curve
calpestare i piedi a
terra inferocita.
<<
Con me hai chiuso! >> Sbatté la porta dietro
di sé marciando verso di
noi.
<<
Ciao Nicole. >> Salutò allegro Leo.
<<
Vaffanculo! >>
<<
Addio Nicole! >> Disse ancora più allegro.
Ebbi
paura che la porta di casa stesse per staccarsi dai cardini quando la
tipa se
la chiuse alle spalle.
<<
Sempre adorabile quella ragazza! >> Ridendo di qualcosa
che solo lui
poteva sapere, andò a bussare alla stanza da cui era uscita
la pazza isterica.
<<
Ehi bel biondino, che hai combinato stavolta? >> Si
appoggiò al muro
aspettando una risposta che non tardò ad arrivare; e con
quella iniziarono
anche i miei problemi.
La
porta si aprì lentamente e una chioma bionda fece capolino.
Lentamente
il ragazzo uscì rivelandosi per quello che sarebbe stato il
mio sogno e il mio
incubo dei prossimi mesi.
Fasciato
in un paio di pantaloni di una tuta nera e una canottiera bianca, Alan
fece il
suo ingresso nella mia vita.
<<
Ma che vuoi che ne sappia! Ha dato di matto stamani perché
l’ho chiamata
Martha! >>
Si
passò una mano fra i capelli lisci e scompigliati, come se
si fosse svegliato
da poco.
<<
Ci credo che fosse furiosa. Ma Martha non era la tipa del mese scorso?
>>
Visti insieme potevano passare per due modelli: tutti e due altissimi e
con un
fisico praticamente perfetto. L’unica cosa che li distingueva
era il colore dei
capelli, Leo con i suoi neri e lunghi fino al collo mentre Alan li
aveva corti
e fin troppo biondi.
Me
ne
stetti in silenzio ad ascoltare i loro deliri sulle conquiste che il
biondo
portava a casa praticamente ogni settimana.
<<
Non è colpa mia se non riesco a trovarne una che mi prenda
come si deve! Sembra
che siano tutte uguali queste donne. >> Alzai un
sopracciglio a quest’affermazione,
sentendomi punta nel mio orgoglio femminile.
Leo
mi
lanciò un’occhiata divertita mentre
m’indicava al suo amico che si girò verso
la sottoscritta.
<<
Oh. >> Disse solo una volta che mi ebbe messa a fuoco.
Peccato
che ad andare a fuoco fui io.
I
capelli corti gli accarezzavano la fronte, gli occhi mi guardavano
colpevoli,
grigi come il cielo di Londra, le guance leggermente rosse per la gaffe
appena
fatta e la bocca piegata in un adorabile broncio che venne presto
sostituito da
un sorriso strafottente.
<<
Potevi dirmelo che avevamo ospiti, mi sarei fatto trovare in ben altro
modo.
>> Ammiccò verso di me, facendomi perdere un
battito.
Non
mi
servì molto per inquadrarlo: Il classico bello e impossibile.
<<
Ehi McCarson vacci piano! Lei è Sarah. Te ne avevo
già parlato, no? >>
Leo mi raggiunse circondandomi le spalle con un braccio, tirandomi a
sé.
<<
Ah, quella per cui torneresti etero se solo non fosse una sorella per
te.
>> Scoppiò a ridere della mia espressione
confusa, mentre Leo lo seguiva
a ruota.
Mi
trascinò in cucina, dove l’acqua messa a bollire
era evaporata quasi del tutto.
Rimise
l’acqua sul fuoco e fece le presentazioni formali.
<<
Sarah lui è Alan McCarson, il mio bellissimo coinquilino.
Ally lei è la mia
cucciola Sarah Hunt. >> Leo mi abbracciò da
dietro, intrappolandomi fra
le sue braccia.
<<
Sicuri di non essere veramente fratelli? Vi assomigliate troppo. Siete
inquietanti! >> Con occhio critico, Alan ci
girò intorno osservandoci
come animali allo zoo.
<<
Purtroppo per me mio fratello ha solo tredici anni. >> Il
mio pestifero
scimmiotto Justin era l’esatta copia di Leo da
“piccolo” in una foto che mi
aveva fatto vedere.
Alan
si
esibì in una gloriosa alzata di spalle sparendo su per le
scale.
<<
Poe sappi che ti odierò tutta la vita per questo.
>> Sospirai sconsolata.
<<
Alan non riesce a fare a meno di far innamorare tutte. >>
Ridacchiò
appoggiando il mento sulla mia testa.
<<
Non esagerare. L’ho visto dieci minuti. >>
Incrociai le braccia al petto
arricciando le labbra.
<<
Cucciola sei arrossita come una tredicenne davanti ad un uomo nudo! Il
colpo di
fulmine è stato… fulminante!
>>
Rise dei miei versi disperati.
Finalmente
riuscimmo a cuocere la pasta e a imbrattare la cucina di sugo, per
fortuna ne
avanzò abbastanza per sporcarci la pasta e darle un
po’ di sapore.
Alan
scese giusto in tempo per rubarci qualche forchettata di spaghetti per
poi
sparire verso l’università.
Non
potei fare a meno di rimanere incantata a guardarlo per tutto il tempo,
risultando sicuramente una scema.
<<
Dai andiamo in camera così mi aiuti a scegliere.
>> Propose Leo dopo aver
finito di ripulire il campo di battaglia.
Seduta
sul suo letto assistevo alla sfilata di moda personale che coinvolgeva
il mio
amico in pose accattivanti e abbinamenti assurdi.
<<
Leo questa puoi anche buttarla! Ma dove l’hai comprata
quest’oscenità? >> Osservai
scettica la maglietta rosa shocking che tenevo fra le dita, buttandola
poi nel
mucchio degli abiti scartati.
<<
Che ne dici di questi? >> Girò su se stesso
mostrandosi in tutta la sua
bellezza.
Un
paio
di jeans neri gli fasciavano le gambe lunghe, una maglietta arancio con
disegni
argentati riprendeva il colore delle stringhe delle sue converse.
<<
Se non fossi gay, ti salterei addosso. >> Gli dissi
sorridendo.
<<
Tesoro se non fossi gay non avremmo più i vestiti addosso da
un pezzo! >>
Si buttò sul letto con me e ridemmo fino alle lacrime.
Passammo
il resto del pomeriggio a far nulla: guardammo un film in tv,
ascoltammo musica
cercando di cantare canzoni straniere storpiando quante più
parole possibili,
mi feci fare addirittura le unghie con una delicata french.
Arrivate
le sette mi congedai lasciando Leo in trepidante attesa del suo
cavaliere.
Decisi
di fare una passeggiata; il tempo prometteva bene e la luce del sole
d’inizio
maggio mi fece compagnia.
Con
le
cuffie dell’I Pod nelle orecchie e la musica a tutto volume
ripensai ad Alan.
Era
indubbiamente bello. Inutile dire che nel pomeriggio di puro cazzeggio
Leo non
si era sprecato con i dettagli.
<<
E’ un figo pazzesco. Stranamente
etero, forse anche troppo. Da quando viviamo insieme gli ho visto
portare a
casa almeno due ragazze al mese, non riesce proprio ad avere una
relazione più
lunga di qualche giorno. >>
Non
riuscivo
a credere che il primo ragazzo, dopo Jason, per cui fossi riuscita a
provare
qualcosa potesse essere uno di quel
genere.
Mi
sono
sempre piaciuti tipi... beh tipi normali.
Il
classico ragazzo bravo in tutto e in niente, appassionato di sport e
che
condividesse con me qualche passione come quella per i film.
Sospirai
ripensando al mio ex. Era esattamente quello che ci si aspettava per
una come
me.
Siamo
stati insieme per due anni e poi… e poi niente. Al ballo di
fine anno, invece
di andarci ad rinchiudere in qualche camera d’albergo come
richiede la
tradizione, mi ha riportata a casa dicendomi che tra di noi era finita
e che se
ne sarebbe andato in America a studiare in qualche college.
Ho
passato tre giorni a piangere ininterrottamente; poi me ne sono fatta
una
ragione.
Gli
ultimi tempi erano effettivamente noiosi, non facevamo più
niente e nemmeno il
sesso era granché.
Da
una
parte è stato meglio così. Sarebbe stato comunque
inutile continuare con una
storia a distanza se già quando stavamo insieme, non andava.
Fra
un
pensiero e l’altro non mi resi quasi conto di essere arrivata
davanti al
portone di casa.
Spensi
l’I Pod e lo misi in tasca assieme alle cuffie. Come al
solito ci misi due ore
e mezzo per trovare le chiavi in borsa e quando – finalmente
- le misi nella
toppa la porta si aprì da sola.
<<
Oh Sarah! >> Una nuvola di capelli biondi mi
assalì abbracciandomi e
stritolandomi.
<<
He-Heléna? >> Stupita, ricambiai
l’abbraccio, mentre la mia coinquilina
si scioglieva in singhiozzi.
<<
Che succede? >> Le accarezzai la schiena cercando di
farla calmare un
po’, ma risultò tutto inutile.
<<
Elwood è… è…
>> Pensai subito al peggio. In fondo cosa poteva mai
succedere ad un pesce?
La
trascinai in casa chiudendo la porta con un piede e maledicendomi
subito dopo
per aver lasciato le chiavi appese fuori.
<<
Hell… >> Il soprannome che le avevo dato era
quasi una presa in giro per
la mia coinquilina. Bionda, con grandi occhi azzurri e un po’
- tanto - svampita.
Avevo avuto occasione di leggere qualche suo racconto e, se non avessi
avuto
l’autrice davanti, avrei pensato che mi stessero prendendo in
giro.
La
cara
Heléna si dilettava in racconti erotici capaci di suscitare
strani pensieri
anche all’essere più casto di questo mondo.
Mi
guardò con gli occhi lucidi e pieni di lacrime indicandomi
la cucina.
La
lasciai un momento da sola, il tempo necessario per riprendere le
chiavi e
andare a vedere nel cucinotto.
La
boccia di vetro troneggiava sul suo mobiletto e al centro il povero
Elwood
galleggiava a pancia in su.
Mi
sentii
gli occhi gonfiarsi di lacrime, perché in fondo anche io mi
ero affezionata a
quella piccola palletta di squame nere, con le sue lunghe pinne
svolazzanti e
gli occhi perennemente in fuori.
Tornai
in sala portando una delle scatole di kleenex che tenevo - per ogni
evenienza -
sparse per la casa.
<<
Mi dispiace tanto Heléna. >> Le porsi un
fazzoletto e lei ci tuffò il
viso scoppiando a piangere.
Non
sapevo sinceramente cosa fare. Ogni volta che moriva un pesce rosso a
Justin,
ci limitavamo a buttarlo nel water e tirare lo sciacquone, o nel
peggiore dei
casi non ce ne era nemmeno bisogno visto che il gatto si divertiva a
pescarli
dalla boccia.
Mi
sedetti accanto a lei poggiandole una mano sulla spalla.
<<
Siamo stati cinque anni insieme e lui se ne è andato
così all’improvviso!
>> Le parole le uscivano distorte dai singhiozzi e mi
dispiacque troppo
per quella ragazza con cui dividevo la casa da mesi, ma di cui alla
fine, non
sapevo praticamente nulla.
<<
Beh cinque anni sono tanti, ti è stato vicino per quanto ha
potuto e sono
sicura che è stato felice di stare con te. >>
Mi sentii un po’ sciocca a
consolarla.
<<
E ora chi mi ascolterà quando avrò un blocco e
non saprò cosa scrivere? O
quando ho troppe idee in testa e non so quale sia quella giusta?
>> Con
gli occhi rossi carichi di lacrime e il naso che le colava mi
ricordò tanto me
da piccola quando morì Mr Pungle, il gatto che avevo a sei
anni, e capii che
per lei quel pesce era veramente molto importante.
<<
Se vuoi, ti ascolterò io. Non passo le mie giornate a
boccheggiare, ma se ti
va… >> Lasciai la frase in sospeso, certa che
avrebbe comunque capito.
Un
piccolo sorriso tirato le piegò le labbra mentre annuiva.
Quella
sera dicemmo una preghiera per il piccolo Elwood che, vorticando nello
scarico,
ci salutò.
Per
la
prima volta nella mia vita dormii nello stesso letto con qualcuno che
non fosse
mio fratello. Tenni Heléna abbracciata aspettando che i
singhiozzi si
calmassero e che si addormentasse.
Non
potei fare a meno di pensare a come stesse andando la serata a Leo. La
mia
noiosa vita aveva preso una strana piega da quando quel moretto
pazzoide vi era
entrato a forza. Sorrisi ricordando tutti i pomeriggi passati insieme a
studiare e a scherzare. Avevo trovato quell’amico speciale
che tutti cercano e
giurai a me stessa che avrei fatto di tutto per tenermelo stretto.
Purtroppo
per me, non riuscii a non pensare ad Alan. Lo
“conoscevo”, se così si poteva
dire, da nemmeno ventiquattro ore e già infestava il mio
povero cervellino.
L’ultimo
pensiero fu per lui, prima che il mondo dei sogni mi accogliesse.
________________________________________________________________________________________________
Angolo della Pazza:
E dopo solo due (o forse sono tre? XD) giorni, ecco qua il primo
capitolo di Fuori Strada *_*
Sono a dir poco emozionata! Soprattutto per tutto il sostegno che mi
state dando! Grazie infinite a tutte voi! Grazie alla giuggiolina che
mi aiuta a spargere virgole per il testo! Grazie alla Piccina Jessie
Jess per sopportarmi quando la stresso su msn! Tesoro ti voglio bene!
Grazie a Ginny (non ricordo assolutamente che nick hai su EFP
XD) per il bellissimo banner che ha creato (anche se per ora
è solo un provvisorio =P) Insomma Grazie!
Che dire sul capitolo? E' il primo (ma va? XD) e in quanto tale serve
solo a presentare un po' i personaggi.
Partiamo con la presentazione del Cast *_*
C'è Sarah
Hunt, la normale Sarah. Persino la modella che le da il
volto si chiama Sarah! Nemmeno a farlo a posta XD Purtoppo non riesco a
trovare il suo nome completo, se qualcuno riesce a trovarlo gli
farò una statua!
L'indiscusso padrone del miei pensieri, Leo! O come lo chiama Sarah,
Poe. Che dire di lui? E' fantastico! Un mix letale di allegria e
malizia.
Matt Gordon mi ha concesso (se come no XD) di usarlo per dare la
bellissima forma a Leonard
Powell!
Passiamo
ora al nostro biondino: Alan
McCarson!
Mitch Hewer (grazie signore Hewer *_*) da il volto al seconto ciclone ;)
Finiamo in bellezza con la dolce Heléna
Foster! Il suo personaggio è leggermente (ma
pocchissimo giuro!) autobiografico; ovviamente non ho nulla a che
spartire con Kristen Bell che si presta benissimo per la mia Hell!
Special Guest: Elwood!
Il mio dolce Pescio che nella storia che fatto una brutta fine XD
Spero che le immagini si vedano tutte ^_^
State tranquilli che le NdA non saranno più così
lunghe XD
Dal prossimo capitolo mi impegno a rispondere alle recensioni, ma ora
devo proprio scappare a studiare che ancora non so cosa raccontare alla
prof il 7! XD
Un saluto a tutti voi che siete passati di qua e a presto!
Spoiler e
Curiosità nel BLOG
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Capitolo 3 *** Nice to meet you ***
Capitolo
2 – Nice to meet you.
<<
Cucciola non puoi capire! >> Erano ormai venti minuti
buoni che Leo non
faceva altro che dire quelle parole.
<<
Fidati. Ora posso. >> Mi sedetti nel mio solito posto in
aula, tirando
fuori il blocco per gli appunti e il registratore.
<<
Sì, ma… non puoi capire! >> Ancora
troppo eccitato per la sua uscita
della sera prima, la checca isterica, perché in quel momento
lo era davvero,
prese posto accanto a me, appoggiando le braccia sul tavolo e
sospirando come
una diva d’altri tempi.
<<
Leo, amore della mia vita, luce dei miei occhietti, giuro che se sulla
registrazione delle prossime due ore ci sarà anche solo un
sospiro dei tuoi,
vado a dire a Ben che bacia da schifo! >> Non avrei
potuto minacciarlo con
una cosa più stupida di quella, ma lo sguardo terrorizzato
che mi rivolse mi
fece capire di aver raggiunto il mio obiettivo.
<<
Hai dieci minuti di tempo per farmi un riassunto esauriente della
serata,
tralasciando i dettagli, che tanto mi fornirai in ampia gamma per i
prossimi
due giorni. >> Ero stata anche troppo generosa, il
professore sarebbe
arrivato a breve, ma non ce la facevo più a vederlo
saltellare sul posto come
se gli avessero attaccato una 220W alla sedia.
Prese
un gran respiro e già questo mi spaventò, ma non
quanto la velocità con cui
iniziò a parlare.
<<
E’ venuto a prendermi e mi ha dato un bacio –
dolcissimo – sulla guancia, poi
siamo andati a cena in quel ristorante cinese tanto carino - oh ti ci
devo
portare assolutamente è veramente troppo
adorabile – e mi ha fatto mangiare il dolce direttamente
dalle sue mani! Non è
fantastico? E poi siamo andati al cinema. Sinceramente non so nemmeno
che film
stessero proiettando! Una volta che si sono spente le luci mi ha preso
per mano
e io mi sono girato, mi ha fatto un sorriso da infarto e mi ha baciato!
>> Mi guardò con occhi lucidi e un sorriso a
trentadue denti che gli
arrivava da un orecchio all’altro.
<<
Wow. >> Lo fissai allibita.
<<
Vedi? Avevo ragione a dirti che non potevi capire! >> Mi
abbracciò di
slancio, facendomi quasi cadere dalla sedia.
<<
L’unica cosa che non riesco a capire è come tu
riesca a parlare così tanto
tutto in una volta! >> Me lo scrollai di dosso, ma il suo
sorriso mi
aveva già contagiato e il broncio che gli era nato sulle
labbra tornò presto lo
spicchio di sole di prima.
<<
Ma non è finita! >> Inarcai un sopracciglio,
un po’ curiosa e un po’
scettica.
<<
Quando siamo usciti dal cinema, sai… eravamo molto
presi… >> Ammiccò
malizioso, facendomi capire quello che proprio non mi sarei mai
aspettata.
<<
Leonard Powell! Non mi verrai a dire che ci sei andato a letto al primo
appuntamento! >> Lo guardai allibita, ma la sua
espressione colpevole -
per nulla dispiaciuta – mi fece sgranare ancora di
più gli occhi.
Nel
momento esatto in cui stavo per tornare a parlare, l’I Phone
di Leo prese a
squillare.
<<
Oddio, oddio è lui! >> Fortuna volle che fosse
solo un messaggio e non
una chiamata, temetti che sarebbe svenuto se avesse sentito la voce di
Ben.
<<
“Ho passato una serata magnifica… che ne dici di
replicare? ;)” >> Riuscì
a mimarmi anche lo smile da quanto era euforico.
Scossi
la testa, mentre Leo era tutto intento nel rispondere a Ben.
Il
professore iniziò la lezione e potei dedicarmi per un paio
d’ore alla
progettazione delle cucine.
Purtroppo
per me il cellulare di Leo continuò a vibrare per quasi
tutto il tempo e gli
urletti soffocati che lanciava ogni tre messaggi mi stavano facendo
impazzire.
Ringraziai
il piccolo Elwood, che ci vegliava dall’alto, quando il
professore ci congedò
regalandoci dieci minuti di pausa.
<<
Giuro su quant’è vero che sei gay, che se non
spegni quel maledetto aggeggio
per le prossime ore, lo butto nel cesso! >> Radunai le
mie cose,
buttandole nella borsa e uscendo dall’aula con Leo alle
spalle che – stranamente
– stava scrivendo qualcosa sul
cellulare.
<<
Eddai cucciola! Ti prometto che lo spengo, però…
>> Mi raggiunse – maledette
gambe lunghe! – abbracciandomi
da dietro e facendoci camminare come due impediti.
<<
Però? >> Cercai di non finire faccia a terra,
continuando a tirarmi
dietro i settanta e passa kili di zucchero e melassa.
<<
Però lo devi conoscere! Mi sta aspettando davanti al
laboratorio. >> Ci
mancò poco che si mettesse e fare la fusa.
Sconfitta
dal troppo buon umore di Leo, mi feci trascinare a conoscere il
benedetto Ben.
Come
per confermare la teoria secondo il quale gli uomini più
belli o sono gay o
sono dei gran bastardi, mi si presentò davanti un bellone
dai lunghi capelli
castani e gli occhi neri come pozzi senza fine.
Si
scambiarono un piccolo bacio a fior di labbra e Leo sorrise ancora di
più
quando Ben fece intrecciare le loro mani.
<<
Ben lei è la mia Sarah. >> Lo squadrai per
bene, così come lui fece con
me.
Un
angolo della sua bocca si piegò stancamente verso
l’alto in un sorriso che mi
piacque molto poco.
Mi
allungò la mano, che strinsi solo per cortesia.
<<
Leonard mi ha parlato molto di te in questi giorni. >>
Feci un sorriso di
circostanza.
La
mia
prima impressione su Ben non fu delle migliori; ma non sempre la prima
impressione
è quella giusta.
<<
Vorrei poter dire il contrario, ma Leo mi sta assillando con te.
>> Una
persona normale si sarebbe – quanto meno – dovuta
imbarazzare dopo una frase
del genere, ma Leo non era assolutamente normale; si mise a ridere
annuendo con
la testa.
<<
Che posso farci? Quando qualcosa o qualcuno mi piace non riesco a
smettere di
parlarne. >> Sorrisi – stavolta davvero
– della semplice sincerità del
mio amico.
Continuammo
a parlare del più e del meno finché non fu ora di
tornare a lezione.
Ben
studiava
giurisprudenza, un altro punto a suo sfavore per quanto mi riguarda, mi
sono
sempre stati antipatici gli avvocati.
Più
di
una volta lo beccai a fissarmi con quel suo strano sorrisetto, ma mi
dissi che
era solo curioso della novità di conoscermi di persona.
Lo
salutammo entrando nel laboratorio e prendendo posto.
<<
Allora, che ne dici? Non è bellissimo? >> Gli
mancava solo di mettersi a
saltare e a battere le mani.
<<
Leo devo darti un sedativo o ti calmi da solo? Oggi sei iperattivo.
>>
Gli tolsi l’I Phone di mano prima che ricominciasse a
messaggiare e lo misi
nella mia borsa, non prima di averlo spento.
<<
Tesoro, una buona scopata farebbe stare così anche te!
>> Si pavoneggiò,
gonfiando il petto.
<<
Non ricordavo che prenderlo nel culo avesse questi effetti!
>> Scoppiammo
a ridere nello stesso momento, guadagnandoci un’occhiataccia
da parte di alcuni
compagni intenti a osservare dei campioni di stoffa.
Era
bello stare con Leo, anche quando aveva i suoi attacchi di iper
felicità.
Continuò
ad assillarmi con Ben per il resto della mattinata; a nulla erano valsi
i miei
tentativi di infilargli degli scampoli in bocca per farlo zittire.
Andammo
a pranzo a casa mia, trovando Heléna stranamente sveglia e
intenta a guardare
con occhi spenti il mobiletto con la boccia vuota di Elwood.
<<
Ciao Hell. >> Sobbalzò sorpresa quando la
salutai.
<<
Ciao Sarah. Ciao… ehm… >> Si morse
il labbro inferiore sforzandosi di
ricordare il nome di Leo, inutilmente direi dato che non li avevo mai
presentati.
<<
Hell lui è il mio amico Leonard. Leo lei è
Heléna. >> Si strinsero la
mano, ma Leo si sporse per darle due baci sulle guance come era sua
abitudine.
Hell
rimase sorpresa della sua intraprendenza, ma cerco di sorridergli lo
stesso.
<<
Hai già pranzato? >> Posai la borsa in sala,
insieme alla giacca leggera
che mi ero messa la mattina.
<<
Pensavo di ordinare cinese. >> Mi mostrò il
depliant del ristorante e…
<<
Oddio cucciola, non è incredibile? È lo stesso
dove sono andato con Bennie ieri
sera! Questo è un segno del destino. >>
Abbracciò Hell, scoccandole un
bacio fra i capelli.
La
mia
povera coinquilina si ritrovò ben presto ad ascoltare il
resoconto – molto più
dettagliato di quello della mattina –
dell’appuntamento di Leo.
Intanto
mi ero data da fare per mettere insieme qualcosa per pranzo. A momenti
mi cadde
di mano l’insalatiera quando i due si misero a parlare di
sesso e Hell volle
sapere per filo e per segno ogni cosa del dopo cinema, prima, dopo e
soprattutto durante.
Un
pranzo vietato ai minori ancora mi
mancava all’appello!
Da
quando Leo era entrato nella mia vita, la normalità e la
noia erano state
soppiantate da un’aura di allegria e affetto.
Se
avessi ascoltato i suoi discorsi solo un anno prima sarei scappata in
cerca di
un estintore per spegnare l’imbarazzo. Adesso mi limitavo a
scuotere la testa
ogni tanto o a ridere delle sue espressioni.
Heléna
era corsa in camera a prendere un quaderno per prendere appunti
esordendo con
un: << Potrebbe sempre fare comodo! Non si sa mai.
>> Fu a quel
punto che Leo abbondò con i particolari.
<<
Mi sono sempre chiesta cosa provi un uomo durante un orgasmo! Grazie
mille Leo.
>>
Ero
felice di vedere un sorriso vero sulla faccia di Hell. Leo aveva
accolto
un’altra adepta nella sua personalissima setta del buon umore.
<<
Oh si Leo. Grazie mille per questo excursus sulle arti amatorie dei
gay.
>> Versai l’ultima goccia di caffè
in una delle tre tazzine e sistemai la
zuccheriera in mezzo al tavolo.
Subito
Leo saturò il suo caffè di zucchero: ogni volta
mi stupivo di quanto ne riuscisse
a ingurgitare.
Si
portò alla bocca la sua tazzina, traboccante calorie, e la
mandò giù in un solo
sorso per poi raccogliere col cucchiaino la strana cosa che si era
formata e
che non era riuscito a bere.
<<
Leo ti odio dal profondo. Perché mangi più
zucchero di Homer Simpson e continui
ad avere quel maledetto fisico?! >> Lo fulminai con lo
sguardo mandando
giù il mio caffè rigorosamente amaro.
<<
La tua è tutta invidia perché sono un figo
naturale! >> Disse finto
offeso facendo sorridere Hell.
<<
Basta cazzeggiare. Andiamo a fare la spesa che la dispensa piange!
>>
Convinsi
anche Heléna a venire con noi, d’altra parte
quella era anche casa sua e uscire
le avrebbe fatto bene.
Armati
delle migliori intenzioni per non comprare schifezze, almeno non
troppe, ci
avviammo a piedi verso il market più vicino.
<<
Vi va un gelato? >> Propose Hell prendendomi di
sprovvista.
Leo,
felicissimo dell’idea, ci prese per mano e ci
trascinò in una gelateria li
vicino.
L’insegna
con un grosso pinguino che abbracciava un enorme cono gelato mi fece
venire
l’acquolina in bocca al pensiero del freddo e cremoso gelato
che avrei mangiato
di li a poco.
E
tanti saluti alla linea!
Spinsi
la porta, facendo suonare il campanello che annunciò la
nostra entrata.
Il
locale era pieno di piccoli tavolini con due o tre sedie intorno, sul
fondo
c’era il bancone con almeno quaranta tipi di gelato. Il posto
era carino; le
pareti erano dipinte di un tenue rosa pesca e decorate con tantissime
foto di
turisti e visitatori che si gustavano un fresco ristoro seduti ai
tavoli.
Cercammo
un tavolo libero; per fortuna a quell’ora c’era
poca gente e non dovemmo
faticare molto per trovarlo.
<<
Guarda, guarda. Tre belle ragazze tutte sole solette! >>
Una voce chiara
e allegra mi fece girare sul posto.
Dietro
di me un ragazzo, che avrà avuto qualche anno più
di me, sorrideva a Leo, che
si alzò per andarlo ad abbracciare.
<<
Sei sempre il solito scemo, Trevor. >> Si salutarono con
due baci sulle
guance e Leo ci presentò.
<<
Sarah, Heléna lui è Trevor, il proprietario di
tutta la baracca! >> Gli
strinsi la mano, che mi aveva allungato, sorridendo dello sbuffo che
gli uscì
dalla bocca, nascosta da una barbetta incolta.
<<
E’ molto bello qui, non starlo a sentire. >>
Trevor si passò imbarazzato
una mano fra i corti capelli biondi scuri, ridacchiando.
<<
Poi scommetterci il tuo bel culetto che è un bel posto! Lo
sai quanto c’abbiamo
messo a sistemare questa catapecchia? >> Due mani si
appoggiarono sui
braccioli della mia sedia, mentre la mia testa finiva a sbattere contro
un
petto fin troppo perfetto.
<<
Sei sempre così grezzo Leonard. >> La voce
sensuale di Alan mi fece
correre un brivido lungo la schiena e, quando alzai lo sguardo sopra la
mia
testa, non potei fare a meno di sentirmi le guance avvampare.
Ero
intrappolata fra le sue braccia e il tavolo e la mia temperatura
corporea stava
raggiungendo velocemente picchi che non credevo possibili.
<<
Ha parlato Mr Finess! >> La sua risata bassa e roca non
aiutò per niente.
<<
Ragazze scusate, ma il dovere mi chiama! Alan, prendi tu le ordinazioni
e…
ovviamente offre la casa. >> Trevor ci salutò
facendoci un occhiolino e
andò a servire un tavolo vicino.
<<
Come mai qui bel biondino? Sei venuto a rimorchiare qualche turista?
>>
Leo si tolse la giaccia sistemandola sullo schienale della sedia
imitato da
Hell. Io ero ancora irrimediabilmente congelata, tanto che
Heléna mi lanciò
un’occhiata preoccupata.
<<
Trevor aveva bisogno di una mano, così sono venuto ad
aiutarlo. Uno dei suoi
ragazzi è andato ad abbracciare un muretto con la moto.
>> Continuarono a
parlare per qualche minuto e Leo riuscì anche a presentare
Heléna al bel tipo
che non si decideva a togliersi dalle mie spalle.
<<
Allora, cosa vi porto? >> Grazie ad Elwood, ormai mio
santo patrono
personale, Alan andò vicino a Leo per prendere le
ordinazioni.
Forse
non avrei dovuto ringraziare più di tanto, visto quello che
mi si presentò
davanti.
I
pantaloni neri della divisa gli fasciavano le gambe in modo fantastico
– e non
volli immaginare come doveva essere il lato b – la camicia
bianca con qualche
bottone slacciato mi fece quasi sbavare e il gilè nero
completava il tutto.
<<
E tu, sorella non di sangue del mio adorato coinquilino?
>> Mi ripresi
giusto in tempo per notare il sorrisetto da stronzo che piegava le
labbra di
Leo.
<<
Una coppetta al caramello. >> Alzò un
sopracciglio mentre segnava la mia
ordinazione sul piccolo taccuino nero.
Se
ne
andò verso il bancone e purtroppo – o forse no
– ebbi una visione in prima fila
del suo didietro.
<<
Cucciola, chiudi la bocca e rinfodera la lingua. >> Non
mi resi nemmeno
conto di essermi girata e di averlo seguito con lo sguardo,
finché Leo non mi
richiamò sul pianeta terra.
<<
Ho come l’impressione che la nostra Sarah abbia una cotta per
il tuo
coinquilino. >> Ci si mise pure Hell a prendermi in giro,
coprendosi la
bocca con una mano per non farmi vedere il suo sorriso divertito.
Cercai
qualcosa da dire per negare l’evidenza; ovviamente mi misi a
boccheggiare come
un pesce.
Il
sorriso di Hell s’incrinò un po’, dovevo
averle ricordato il piccolo Elwood.
Non so se la cosa fu più triste per lei, per averlo
ricordato, o per me, per
essere stata paragonata ad un pesce.
Decisi
che per farle tornare un po’ di buon umore mi sarei anche
potuta umiliare un
po’.
In
fondo uno era il mio migliore amico e lei, beh… con lei
vivevo ormai da nove
mesi.
<<
Beh… è ovvio che mi piaccia, no? A chi vuoi che
non piaccia un tipo del
genere?! >> Incrociai le braccia sotto al seno
imbronciandomi.
<<
Oh sono felice di saperlo! >> Una bella coppa di vetro,
traboccante gelato
al caramello, mi si parò davanti, con tante belle cialdine a
decorarla.
Una
doccia fredda mi avrebbe gelata meno.
Le
mie
due comari trattennero a stento le risate, mentre Alan si mise seduto
accanto a
me con una coppa di gelato alla menta e fior di latte che non aspettava
altro
che essere divorata.
Cercai
di riprendere il controllo della mie corde vocali per difendermi in
qualche
modo; per fortuna sono sempre stata dotata di un’ottima
capacità di ripresa.
<<
Ma tu non dovresti lavorare? >> Affondai il cucchiaino
nel mio cremoso
gelato portandomelo alla bocca.
Il
dolce sapore zuccherino mi si scioglie sulla lingua e il suo freddo
tepore mi
scivolò nella gola facendomi mugolare di piacere.
<<
C’è poca gente, mi sono preso una pausa.
>> Allungò braccia e gambe,
stiracchiandosi come un gatto appena svegliato.
<<
E’ buonissimo! >> Contenta come una bambina ne
presi subito un altro boccone,
gustandomelo a pieno.
<<
Ovvio! Trevor è il migliore. >> Leo si
allungò sul tavolo rubandomi una
cucchiaiata del mio preziosissimo dolce; storse la bocca quando lo
mandò giù.
<<
Come fai a mangiare questa schifezza? >> Si mise subito
in bocca un po’
del suo pistacchio per rimediare.
<<
Come fai tu a mangiare il tuo. >> Gli feci una linguaccia
che rallegrò
Hell.
Passammo
mezz’ora buona a parlare di tutto e di niente, ma non potei
evitare di guardare
Alan ogni volta che potevo. Purtroppo lo sorpresi a ricambiare il mio
gesto più
di una volta, sprofondando nell’imbarazzo più
totale.
Sperai
solo di essere abbastanza forte da non
cadergli ai piedi. Non volevo
essere un
altro numero nella sua collezione. Dovevo farmi passare
quell’assurda infatuazione
il prima possibile; prima che fosse troppo tardi.
________________________________________________________________________________________________
Angolo
della Pazza:
Buona
sera a tutti quanti *_*
Non
ho parole per dirvi quanto i vostri commenti mi abbiano fatto piacere!
Alan e Leo ringraziano di cuore!
Cosa dire sul capitolo? Facciamo la conoscenza di qualche personaggio
nuovo e approfondiamo quella dei nostri quattro moschettieri!
Ho notato che il piccolo Elwood non è piaciuto a tutti, o
che la maggior parte di voi si sono rattristati per la sua dipartita.
Ma non temete! L'unico e originale Elwood è felice nella sua
boccia sopra al mio comodino XD
Come promesso nel capitolo precedente non vi tedierò con le
mie cavolate e vi lascio alla risposta alle recensioni ;)
ps: come sempre vi attendono spoiler e aggiornamenti vari sul BLOG
Risposta alle recensioni!
Semolina81: Salve e bentornata XD Beata
te che hai
potuto visitare quella magnifica città! Io non vedo
l’ora di poterci andare!
Non essendoci mai stata, spero di non tirare strafalcioni nel
descrivere i vari
luoghi e tutto quello che circonda i nostri belloni
ù_ù Sei stata troppo buona
con i complimenti! Poi mi fai emozionare e divento tutta rossa XD Spero
che la
storia continuerà a piacerti! Un pensiero per i tuoi
pesciolotti! Il caro
Elwood (quello vero XD) ti saluta boccheggiando dalla sua boccia sul
mio
comodino!
Mr
Darcy:
L’appartamento
più invidiato del mondo! Anche io vorrei un Leo
ç_ç A sapere dove li vendono…
XD Spero che in questo capitolo ti sia piaciuto come nel primo (anche
se i suoi
ormoni l’hanno fatto andare fuori di testa XD)
fallsofarc: Posso essere emozionata
perché hai
commentato? XD Visto che hai scelto Hell come personaggio preferito
spero di
farti contenta, mostrandotela nel suo ambiente naturale, ovvero avida
di novità
per i suoi racconti hehe! Il mio piccolo Leo, noto con piacere, che ha
fatto
strage! Carino lui! Quando trovo dove li smerciano te ne regalo uno da
tenere
in salotto! Per quanto riguarda quel bonaz… ehm! Quel caro
figliolo di Alan,
penso di averti dato un piccolo assaggio in questo capitolo ;) Sarah si
è data
la zappa sui piedi da sola e ora Alan è in netto vantaggio!
Chissà cosa le
combinerà ù.ù Un bacione tesoro *_*
manu1988: Chiamala scema la cara
Sarah! Citandola:
<< Beh… è ovvio che mi piaccia, no?
A chi vuoi che non piaccia un tipo
del genere?! >> Direi che questa frase si commenta da
sola! Hai detto una
vera verità: quelli perfetti sono sempre Gay!
“Purtroppo” ne sono circondata
ç_ç
_Caline: Grazie mille per la fiducia
che hai
dato a me e alla mia storia ;) Sono contenta che la scelta di Mitch ti
sia
piaciuta, io personalmente lo adoro! Spero che questo capitolo ti sia
piaciuto!
Vale728: Un’altra adepta di
Leo ;P Ha fatto
conquiste il ragazzo! Ma non solo lui da quello che mi dici! Il caro
Alan ha la
schiera di dolci fanciulle che gli sbavano dietro (io in primis XD)
Spero che
la storia continuerà a piacerti ;)
Goten: Biscottina! Ti manco un
bacio enorme!
Non so se leggerai questa nota, ma sappi che puoi sempre contare su di
me! Un
bacio
Maki_lullaby: Il tuo commento mi ha fatto
luccicare
gli occhi! Sono veramente felice che i miei personaggi ti piacciano e
anche i
volti che ho scelto per loro ^_^ Spero di non deludere andando avanti
con la
storia! Prometto di impegnarmi al massimo con ogni capitolo ;)
aurelia94: svavdionavio!
Anche a te XD Sono contenta che
la storia e il cast ti siano piaciuti ;) Per il povero Elwood
c’è poco da fare
xD è vero è bruttino ma… è
troppo simpatico ù_ù Poi è la special
guest della
storia XD
ForgottenSnow:
Tesorina *_* Abbiamo in comune un sacco di cose con la protagonista e
la sua
socia XD Le tue “cretinate”, come le chiami tu, mi
fanno morire, perciò puoi
scrivere tutto quello che vuoi che a me fanno solo piacere! ;) Spero che Sarah riesca
a rimanerti almeno
un po’ simpatica; non ha niente di speciale, è
semplicemente… sé stessa.
Cercherò di non farla diventare una povera complessata
sociopatica XD Anche se
la tentazion… no! Scherzavo ù.ù La
piccola Sarah rimarrà una ragazza normale
fino alla fine ù.ù Sana dei suoi principi, lo
giuro! Parola di lupacchiotta! XD
Un bacio!
bollicina:
Benvenuta nel fantastico mondo di Sarah&CO XD Ultimamente
è difficile
trovare qualcosa da leggere di interessante nel fandom di Twilight e
anche io,
come te, mi sono buttata sulle originali, ma il mio cervellino bacato
non si è
limitato a leggere… ha voluto sperimentare
ù_ù Cervellino curioso *.* Purtroppo
la tua tesi è pluriconfermanta dal fatto che ormai i ragazzi
di una volta non
ci sono più ç_ç (e anche quelli
probabilmente nascondevano qualche altarino!
XD)
Ti
ringrazio per i complementi che mi hai fatto (sono diventata tutta rossha quando ho letto la tua recensione!
ù.ù)
spero di meritarli ;P
JessikinaCullen:
Ecco qui la mia piccina *_* Abbiamo già disquisito sul punto
pescio perciò tralascerò
il fatto e nasconderò Elwood che è rimasto offeso
e ti voleva tirare dietro le
piantine finte della sua boccia XD Per quanto riguarda il tuo commento
su Alan: “è
bellissimo e se a Sarah
non
avesse scaturito nulla, beh avrei detto che fosse lesbica xD“
Direi che racchiude tutto
XD
Comunque
se la mia piccola dedica ti ha fatto quell’effetto, ti
dedicherò tutti i capitoli! Lo sai che adoro farti contenta
*_* E vorrei strapassarti
tutta di coccole *_* Ti voglio un mondo di bene piccina!! Un bacione!
|
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Capitolo 4 *** Stupid Men ***
Capitolo
3 – Stupid Men
<<
Hai intenzione di fissarmi ancora per molto? >> Scocciata
mi voltai verso
il mio compagno di banco di Storia dell’architettura.
Purtroppo
per me, Alan mi sorrise sornione stendendo le gambe sotto al tavolo.
E ora
verrebbe da chiedersi cosa io ci facessi ad una lezione insieme al
ragazzo di
cui mi ero presa una cotta bruciante, che era il coinquilino del mio
migliore
amico gay, che era anche il cameriere sostituto della gelateria in cui
andavo
praticamente tutti i giorni - da quando suddetto amico me
l’aveva fatta
conoscere - e di cui non volevo più sentir parlare
perché era un gran
farfallone.
<<
Non vuoi che ci provi con te, almeno fatti ammirare. >>
Sentii le guance
scaldarsi a quelle parole.
Mi
maledissi cento volte per aver deciso di frequentare quello stupido
corso per i
crediti extra. E maledissi Alan per aver scelto di seguire architettura
e tutti
i corsi annessi.
Riportai
lo sguardo sul professore, che stava illustrando alcune chiese
italiane,
cercando di concentrarmi. Ovviamente non potei non pensare al primo
giorno di
lezione di questo maledetto corso.
Entrai in aula
cercando un buon posto dove
mettermi per riuscire a registrare la lezione; per fortuna
l’acustica era buona
e il mio fedele registratore non mi aveva mai tradita.
Tirai fuori il
blocco degli appunti
perdendo tempo a scarabocchiare il lato del foglio bianco che avrebbe
accolto
le perle di saggezza del prof.
Non feci in
tempo a finire un bordo che mi
si oscurò la vista. Due grandi mani mi coprirono gli occhi,
mentre una voce
cercava di imitare quella di una ragazza.
<<
Chi sono? >> Non potevo
crederci.
<<
Jessica Rabbit? >> Chiesi speranzosa.
Più
cercavo di non pensare ad Alan, più lui
tornava prepotentemente nella mia vita.
<<
Tenta ancora, sarai più fortunata!
>> Mi liberò gli occhi sedendosi allegramente
accanto a me.
<<
Ciao sorella di Leo. >>
Appoggiò un gomito sul banco, sorreggendosi la testa con la
mano.
<<
Ho un nome sai? >> Ripresi a
imbrattare il foglio colorando un quadretto si e uno no.
<<
Leo mi ha proibito di provarci con
te – a meno che tu non lo voglia –
perciò per me rimarrai la sorella di Leo.
>> Mise sul banco la borsa, tirando fuori un quaderno
quasi distrutto e
un astuccio che aveva decisamente visto tempi migliori.
<<
Quindi… in quanto portatrice sana
di cromosomi XX, ma non accessibile alle tue grazie, sono rilegata a
ruolo di
sorella del coinquilino e non merito di possedere un nome?
>> Lasciai
perdere il mio passatempo, girandomi per fulminarlo con lo sguardo.
<<
Detto così suona male però!
>> S’imbronciò come un bambino a cui
erano state negate le caramelle.
<<
Sei odioso, te ne rendi conto?
>> Soffiai, mettendomi nella sua stessa posizione.
<<
Così mi offendi nel profondo!
>> Si portò teatralmente una mano sul cuore
facendo una smorfia
sofferente che non avrebbe convinto nemmeno un cieco.
Cercai di
togliergli gli occhi di dosso,
girandomi verso il professore che era appena entrato e che aveva
chiesto
silenzio per iniziare la sua lezione.
<<
Sei proprio sicura di non volere
che ci provi con te? >> Ogni parola mi fece rabbrividire,
tanto si era
avvicinato.
<<
Al cento per cento. >>
Strinsi la penna fra le dita cercando il modo di ricacciare indietro i
brividi
e il rossore sulle guance.
<<
Peccato. Sarebbe stato divertente.
>>
Mi
sentii tirare i capelli e la mia testa li seguì
d’istinto.
<<
Alan. Piantala. >> Gli ringhiai ad un palmo dal naso. E
fu uno sbaglio
imperdonabile da parte mia.
Mi
tirò
la ciocca che aveva fra le dita avvicinandosi pericolosamente e
schioccandomi
un leggero bacio sulle labbra.
Non mi
mossi, nonostante la voglia di prenderlo a schiaffi fosse arrivata a
livelli
astronomici.
<<
Questo per te è non provarci? Vatti a leggere un dizionario,
perché mi sembra
che tu non capisca quello che la gente ti dice. >> Mi
tirai indietro,
strappandomi anche qualche capello che gli rimase in mano.
Radunai
le mie cose e uscii silenziosamente dall’aula inseguita dai
mormorii di alcuni
compagni.
Camminando
a testa bassa maledissi lo stupido biondino che si era radicato nel mio
cervello bacato.
I
corridoi erano pieni di ragazzi intenti a cercare un po’ di
fresco in quella
giornata afosa.
La
maggior parte si ammassava sotto i portici in cerca di ombra per
chiacchierare
o ripassare qualche appunto.
Altri se
ne stavano comodamente sdraiati in giardino sotto qualche pianta che li
proteggeva dal sole.
<<
Sarah! >> Mi chiamò Leo da sotto una quercia.
Accanto a lui, comodamente
seduto con la schiena appoggiata alla corteccia, stava Ben con un libro
aperto
sulle gambe.
Quel
ragazzo mi piaceva sempre meno, ma sembrava inutile mettere in guardia
il mio
amico; si limitava a rispondermi con un’alzata di spalle e un
“Forse è perché
non lo conosci ancora bene”.
<<
Ciao ragazzi. >> Mi sedetti accanto a Leo, rubandogli la
barretta di
cioccolata bianca che si stava mangiando.
<<
Nervosetta, eh? >> Mi baciò una guancia per
salutarmi a dovere.
<<
Tutta colpa del tuo stupido amico. >> Addentai rabbiosa
la povera cioccolata,
facendo cadere pezzetti di nocciola sul libro di design di Leo.
<<
Che ha combinato stavolta? >> Scrollò il
libro, liberandolo dalle
briciole, e lo chiuse con un colpo secco.
<<
Lascia stare, è il solito idiota. >> Borbottai
con la bocca piena prima
di mandare giù il boccone.
<<
Quando lo becco mi sentirà il signorino! >>
Tirò il libro in borsa,
seccato forse più di me dal comportamento di Alan.
<<
Stasera gli farai una bella strigliata allora. >> Ben si
passò una mano
fra i lunghi capelli castani, togliendosi qualche ciuffo dal viso.
<<
Non ci vediamo stasera? >> Tutta la rabbia era
già scomparsa dal bel viso
di Leo, rimpiazzata dalla delusione per l’appuntamento
saltato.
<<
Ho troppo da studiare, non ce la faccio proprio ad uscire.
>> Si scusò
con lo sguardo, ma capii benissimo che lo studio era l’ultimo
dei suoi
pensieri. Leo era troppo ingenuo per capirlo e Ben se ne approfittava
troppo.
Si frequentavano da qualche settimana ormai e più di una
volta, quando ci
ritrovavamo a studiare insieme, mi ero accorta del suo modo di
atteggiarsi che
proprio non mi piaceva.
Purtroppo
il mio amico era cotto, perso, partito totalmente per quello che per me
era un
bugiardo.
La
brutta sensazione che avevo provato la prima volta che
l’avevo visto non mi aveva
mai abbandonata, anzi. Ogni volta che lo incontravo per i corridoi mi
rivolgeva
un saluto sprezzante accompagnato dal suo sorrisetto da schiaffi.
E anche
stavolta mi ritrovai a fissare il suo ghigno che sembrava volermi dire
“Non
puoi farci niente, comando io qui”.
<<
Ci vediamo domani allora? >> Troppa speranza in quella
domanda.
<<
Vedrò di ritagliare un po’ di tempo, ok?
>> Mi sembrò di vedere il padrone
che dava una carezza ad un cane da troppo tempo dimenticato.
Leo
annuì contento girandosi verso di me, col suo bel sorriso
stampato in faccia,
cercando forse un appoggio per la sua contentezza.
Non
potei sorridere sinceramente e quello che mi uscì fuori fu
solo un sorriso di
circostanza, ma sembrò bastargli.
L’I
Phone di Leo ci avvisò che doveva riportare un libro in
biblioteca se non
voleva rischiare una multa, così mi lasciò solo
col suo ragazzo.
<<
Non ti piaccio, vero? >> Esordì una volta
rimasti soli, prendendomi alla
sprovvista.
<<
Più che altro non mi fido di te. >> Semplice e
diretta, odiavo i giri di
parole.
<<
Leo però sì. Non ti fidi del suo giudizio?
>> Non lasciò un momento i
miei occhi mentre parlava, un chiaro segno di sicurezza in
sé stesso; forse troppa.
<<
E’ troppo abbagliato da te per avere un giudizio obiettivo.
Perciò sono io che
tengo d’occhio la situazione per lui. >>
<<
Non sembra darti molto credito. In fondo sono un bravo ragazzo, sai?
>>
Sorrise ammiccando e lasciandomi in bocca un amaro gusto di
falsità.
<<
Se sei un bravo ragazzo non illudere Leo. Non voglio vederlo soffrire a
causa
tua. >> Mi alzai sistemandomi la borsa sulla spalla.
<<
Occhio non vede, cuore non duole. >> Sentii a malapena le
sue parole,
ormai troppo lontana per potergli tirare un pugno sul naso.
Camminai
veloce per allontanarmi il più possibile da
quell’essere odioso, che il mio
migliore amico si ostinava a frequentare, finendo a sbattere contro
l’altro essere.
<<
Dillo che mi perseguiti! >> Mi misi a distanza di
sicurezza dal biondo
baciatore a tradimento.
<<
E’ il destino che ci fa sempre incontrare! >>
Sorrise sornione, mettendo
in mostra una fila di perfetti denti bianchi.
<<
Alan, basta con queste stronzate. Non puoi limitarti ad ignorarmi?
Saremo tutti
più felici! >> Cercai di scartarlo e di
raggiungere l’aula della prossima
lezione.
<<
Ma io sono felice! >> Mi abbagliò col suo
sorriso sempre più allegro.
Il suo
egoismo lo circondò come un’aura troppo luminosa.
<<
Io per niente! >> M’incamminai a passo
sostenuto, sperando di seminarlo,
ma le mie speranze vennero stroncate sul nascere sentendolo camminare
dietro di
me.
Io corro e lui
semplicemente cammina, non mi
sembra molto equa la cosa! Pensai con i
nervi che mi stavano per
esplodere.
<<
Se tu accettassi la mia corte spietata saresti la ragazza
più felice del
campus. >>
Mi
bloccai di colpo a quelle parole, facendolo andare avanti da solo di
qualche
passo.
<<
Non avevi forse detto… >> Feci finta di
controllare l’orologio. <<
… nemmeno un’ora fa che non ci stavi provando con
la sottoscritta? >>
<<
Non ho mai detto di essere molto coerente. >>
Alzò le spalle con
noncuranza, dimostrando ancora una volta quanto immaturo fosse.
<<
Solo perché sono una delle poche che ti manda in bianco non
vuol dire che tu mi
debba stressare l’esistenza. Se ti dessi il permesso di
corteggiarmi e poi ti
rifilassi un bel due di picche, mi lasceresti in pace? >>
Ormai i miei
nervi erano arrivati al limite massimo.
O
accettava o l’accettavo.
Se
possibile sorrise ancora di più e non potei non ammettere
con me stessa che
fosse veramente bello. Non bellissimo come un divo del cinema o uno di
quegli
irraggiungibili modelli. Era solo… Bello.
<<
Lo prendo per un Sì. E ora… addio!
>>
Mi
chiusi in biblioteca, cercando di scordarmi quella maledetta faccia
sorridente
che mi aveva fatto battere il cuore troppo velocemente.
Che
potevo farci se mi ero presa una cotta assurda per
quell’odioso biondino?
Accidenti a me
ed ai miei ormoni!
Imprecai
contro me stessa per la facilità con cui mi ero invaghita di
quello stupido.
Che
aveva poi di speciale? Non sapevo rispondere.
Sapevo
solo che non riuscivo a toglierlo dai miei pensieri, anche se ci
provavo con
tutta me stessa.
Era una
lotta persa in partenza. Dovevo solo aspettare e sperare.
Aspettare
che si stufasse di provarci con me e sperare che lo facesse alla svelta.
Non so
nemmeno per quanto tempo rimasi a leggere di cattedrali italiane
costruite
nell’ottocento, so solo che ad un certo punto la luce dalle
finestre smise di
filtrare lasciando come sola fonte d’illuminazione le
lampadine al neon che
sfrigolavano mentre si accendevano.
Chiusi
il libro e mi stiracchiai. Le gambe mi si erano addormentate per il
troppo
tempo passato nella stessa posizione e rischiai di finire per terra
quando
tentai di alzarmi.
Salutai
la bibliotecaria con un cenno del capo e lei mi ricambiò con
un sorriso.
Una
volta, quando ci trovammo a prendere un caffè alla solita
macchinetta, mi disse
che ero una delle poche che rispettava alla lettera le regole del suo
regno.
La
signorina Alphonse era la classica single – perché
di sicuro non era una
zitella acida! – con i capelli ingrigiti dal tempo raccolti
in un morbido
chignon , gli occhiali mollemente appoggiati al petto sorretti da una
simpatica
catenella colorata e un bel gattone rosso che colorava la reception con
tante
foto.
Uscii
dalla grande porta in legno stando attenta a non fare rumore, ma non
potei
impedirmi di urlare quando una mano mi strinse il braccio destro.
<<
Ehi, ugola d’oro calmati! Sono io! >> E a quel
“Sono io!” l’istinto
omicida salì alle stelle.
<<
Ma sei uscito di testa? Mi hai fatto prendere un colpo!
>> Lo colpii
d’istinto con la borsa carica di libri, sperando di fargli
male. Malissimo.
<<
Ah-Ahai! Ferma! >> Continuai a colpirlo finché
non mi fecero male le
braccia. Col fiatone cercai di calmarmi; almeno tutto il nervosismo
della
giornata era sfociato in un bell’attacco di violenza gratuita.
Abbassò
le braccia, che aveva usato per proteggersi, e mi guardò
sconcertato.
<<
Ti volevo solo accompagnare a casa! >> Tentò
di giustificarsi, ma si
rimise subito in difesa quando feci un passo verso di lui impugnando
ancora la
borsa.
<<
Tu vuoi farmi morire giovane, ecco cosa vuoi! >>
M’incamminai verso
l’uscita del campus pestando i piedi come un bufalo in carica.
<<
Sarah! Dai Sarah aspettami! >> Mi corse dietro - stavolta
correndo
davvero – cercando di farmi fermare.
Per la
prima volta mi chiamò per nome, ma l’incazzatura
galoppante mi ci fece passare
sopra come se niente fosse.
<<
E’ tardi. Voglio andare a casa. E voglio dimenticarmi di
questa giornata e di
te! >> Mi fermai di colpo facendomelo quasi inciampare
addosso mentre gli
urlavo contro.
<<
Volevo solo essere gentile… >>
S’imbronciò come suo solito facendomi – quasi – passare la voglia di
riprenderlo
a borsate.
Cercai
di calmarmi prendendo un respiro profondo, ma con scarsi risultati.
<<
Alan… tu vuoi solo che ti caschi ai piedi così
potrai passare alla prossima
ragazza che hai in lista! >> Mi sentii ferita dalle mie
stesse parole,
perché lui – bene o male – mi piaceva
veramente e sapere di essere solo una fra
tante non era affatto bello.
<<
Credi davvero che abbia una lista? >> Mi
guardò fra il sorpreso e lo
sconcertato.
<<
Se non è una lista è un post-it attaccato al
frigo. >> Mi rimisi a camminare,
sperando di arrivare in tempo per prendere l’autobus;
sfortuna volle che
dovesse prenderlo anche lui.
Eravamo
entrambi immobili con le braccia incrociate, solo il palo della fermata
a
dividerci.
<<
Non sono come m’immagini. >> Ruppe il silenzio
che si era creato con
tanta fatica fra di noi.
<<
Non m’interessa. >> Mi ostinai a guardare la
strada sperando che i fari
del bus illuminassero presto l’asfalto.
<<
Pensavo di piacerti. >> Sussurrò a malapena,
forse pensando a voce alta.
<<
Alan il fatto che tu mi piaccia è relativo. Mi rendo
semplicemente conto da
sola che non sei il ragazzo adatto a me e che anche solo provare ad
uscire
insieme non porterebbe a nulla di buono. >> Cercai di
essere il più
chiara possibile, nella speranza che recepisse subito il concetto.
<<
Nemmeno una botta e via? >> Il tono era scherzoso e,
nonostante fossi
quasi certa che avesse detto sul serio, non riuscii a non sorridere.
<<
Anche peggio! E poi Leo ti potrebbe uccidere nel sonno.
>> Lo guardai di
sottecchi cercando di non farmi vedere.
Era
bello quando rideva; ed ora stava ridendo davvero, con gli occhi chiusi
e la
testa all’indietro.
<<
Potrebbe farmi le unghie a morte! >> Scoppiai a ridere
con lui
immaginandomi Leo tentare di stenderlo con la limetta che teneva
nascosta
nell’astuccio delle penne.
Riprendemmo
fiato, mi asciugai addirittura una lacrima che mi era scesa dal troppo
ridere.
<<
Non mi arrenderò così facilmente.
>> Mi rivolse il suo sorrisetto
bastardo.
<<
Nemmeno io. >> Sperai veramente che fosse così.
________________________________________________________________________________________________
Angolo
della Pazza:
Salve
signore!
Come ve la passate? Tralasciando il caldo soffocante direi che l'estate
sta passando anche troppo velocemente!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Il caro Alan si sta dando da
fare, forse anche troppo con la nostra povera Sarah!
Cavolo sono cotta dal caldo, non so proprio che scrivere nelle note!
Perciò direi che vi lascio alle risposte alle recensioni e
come sempre SPOILER
nel BLOG!
Risposta alle recensioni!
Se7f: Sto pensando
di
fondare un fan club per
Elwood XD Non pensavo che il caro pescio avrebbe riscosso
così tanto successo
;)
The
Harlequin: Mi sono sciolta ad
ogni parola che hai scritto nella recensione! Troppo
buona ;) Il soprannome di Hell è venuto per caso, non me ne
ero nemmeno accorta
all’inizio e poi mi sono resa conto di quello che avevo
scritto e mi sono
stretta la mano da sola XD
Ben
uno stalker? XD
Oddio sinceramente non ce lo vedo ahahaha! E a quell’
“orsacchiotto” di Leo, saprei io cosa
farci… acc è vero! L’ho fatto Gay! Mi
mangio le mani da sola! La povera Sarah si è ritrovata una
bella gatta da
pelare, o in questo caso un bel gattone XD, vediamo un po’ se
riuscirà a
resistere al nostro bel biondino ;)
ada90thebest:
carissima! Altro che maledizione! A questo punto pretendo
un commento per ogni capitolo ù_ù Ti aspetto, eh
;)
queenbee:
Ti
ringrazio per la nota sui dialoghi! Effettivamente, rileggendo e
cercando di
non pensare da “autrice”, ho notato la confusione
XD Vedrò di rimediare al più
presto! Non so se sei passata dal blog ma Ben Barnes l’ho
usato – nemmeno a
farlo apposta XD -
per Ben! Ancor prima
di iniziare a scrivere ho voluto dare un volto ai personaggi (e a
questo
proposito sono lieta che siano di tuo gradimento!) Se hai altri
consigli sarà
lieta di ascoltarli!
Derekkina2:
Spero
che questo capitolo ti sia piaciuto come lo scorso!
JessikinaCullen:
Piccina mia *_* Tesoro la cosa si fa equa! Tu mi fai sempre piangere,
io almeno
ti faccio arrossire ;) A Leo dovremmo dare un po’ di Valium
per calmarsi
ahahaha Adoro la sua vivacità e la sua allegria, riescono
sempre a mettermi di
buon umore! Per Ben… eh! Chi leggerà
scoprirà! ù.ù Ti voglio un mondo di
bene!
Spero di riuscire a sentirti presto, un bacione!
_Caline:
Riuscirà la nostra eroina nell’ardua impresa di
conquistare il belloccio di
turno? Lo scopriremo nella prossima puntata XD C’è
da dire che lui non si tira
indietro, anzi! Per il Santo Elwood provvederò ai santini il
prima possibile!
XP
Vale728:
Ora
che Hell e Poe si sono incontrati… si scatenerà
l’inferno! Ovviamente scherzo
(beh mica tanto! XD) Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto *_*
Semolina81:
cara
ti adoro! Penso tu sia una delle poche persone che sa
dell’esistenza del blog! Per
quanto riguarda gli spoiler, ho preso un diploma particolare per
mettere quelli
più bastardi hihi! Il caro Trevor – per ora o
forse no – è solo il nostro
spacciatore di gelati, che in questo momento vorrei avere sotto casa
perché muoio
di caldo XD Per quanto riguardo il “viaggio di
lavoro” a Londra ci sto
lavorando! O meglio: mi sto lavorando la dolce metà per
farmici portare! ;)
Rinoa05:
Felicissima che i miei personaggi siano di tuo gradimento *_* Spero di
non
deluderti con i prossimi capitoli ;)
Mr
Darcy: Mi
stavi facendo spaventare con l’inizio del tuo commento, poi
ho continuato a
leggere e ho tirato un sospiro di sollievo! Sono veramente troppo
contenta che
il mio piccolo Leo venga così tanto apprezzato, gli voglio
troppo bene a quel
cucciolo d’uomo ** Per quanto riguarda Sarah… pure
io ho girato la testa con
lei per godermi lo spettacolo XD
fallsofarc:
La
sindrome della scrittrice accomuna un sacco di gente! Io mi porto
sempre dietro
un mini squadernino e proprio l’altro giorno mi sono messa a
scrivere un pezzo
di lemon in autobus! Non sono normale! Ben è… un
cliché, direi! E i quattro
moschettieri sono effettivamente un po’ ripresi da persone
che conosco.
Ovviamente solo piccole parti, per cercare di renderli più
reali possibili!
Spero tanto che Sarah non diventi una Mary Sue e Alan un Gary Stu! Non
sai
quanto mi faccia piacere il fatto che leggi la mia storia *_* Un bacio
divoratrice di libri ;) e che Lucan sia con noi
ù_ù XD
Benzina:
Benvenuta nuova lettrice ;) Il piccolo Elwood per ora
rimarrà a nuotare fra le
nuvole vegliando la nostra Sarah dall’alto xD Sono contenta
che i personaggi ti
piacciano ^_^ Spero di riuscire a renderli allegri e ironici anche per
il resto
della storia!
Ylenia_:
Devo
fare una statua a Chiara ;) Non importa il modo in cui sei giunta su
questa
pagina, l’importante è che ti piaccia quello che
hai letto! Alla prossima!
FrankieLou:
Pignolissima che? XD
sweetthings:
Sei
la prima a dire che Alan non convince come ragazzo! E il caro Trevor ha
riscosso più favori del previsto! ;) Vedremo se
riuscirà a farti cambiare idea
sul nostro biondino (sinceramente ne dubito XD)
dindy80:
Anche
io voglio andare a fare shopping con Poe ç_ç Se
lo trovi possiamo andarci
assieme! XD Il prologo racchiude un po’ la realtà
di tante ragazze in fin dei
conti. È difficile trovare quello che manca a Sarah, ma non
impossibile ;) Confido
in questo! Congratulazioni per la tua lunghissima relazione! Io sono
ancora sui
quattro anni e mezzo, ma arriverò anche io ai tuoi
traguardi! Sarei veramente
felice se leggessi le altre mie storie ^_^ Spero che le apprezzerai!
alice75:
siamo
in due ad adorare Kristen Bell! Quando mi è capitata una sua
foto sotto al naso
mi è scattata la lampadina! Sono felice che la storia riesca
a coinvolgerti
tanto! Scrivendo praticamente il minimo indispensabile (purtroppo le
descrizioni non sono decisamente il mio forte XD) mi è
difficile capire quanto
i miei personaggi vengano capiti! Grazie mille per la tua recensione!
ForgottenSnow:
Bene
bene sono riuscita a non farti odiare la nostra omonima! (anche per me
è strano
dover scrivere il nostro nome con l’H XD) Far essere
sé stesso un personaggio
originale è un lavoraccio! Ahahah! Vedrò di non
farla diventare una Mary Sue,
se mai dovesse succedere sei autorizzata a mandarmi un branco di Lupi
contro!
;)
bollicina:
la
nostra Sarah è più che cotta, ma nemmeno lei se
ne rende conto ;) Mi piace la
tua mente che è già proiettata avanti di mille
capitoli XD Sinceramente Trevor
per ora è solo Trevor, magari più
avanti… chissà! Per le storie di Hell, per
ora mi ispiro alla mia long su Twiligth XD Anche se ormai di lemon non
c’è
rimasto più nemmeno l’avviso -.- Vedrò
in futuro, magari faccio leggere
qualcosa a Sarah che verrà riportato nel testo! Dipende se
mi ricordo come si
scrivono le rating rosso XD Per il gelato di Alan, ho ricontrollato e
mi pare
che sia tutto a posto. Il pistacchio è di Leo. Magari provo
a rileggere, ma mi
pareva tutto al suo posto! Grazie comunque per la segnalazione! Sono
sempre ben
accette ;)
Maki_lullaby:
Leo è
dotato di un sofisticatissimo sistema di respirazione cellulare XD
Sarah è più
dura di quel che possa sembrare ;) Ce ne vorrà ancora un
po’ per qualche passo
avanti! Ben… eh! Benedetto ragazzo! Vedremo cosa ci
combinerà in futuro!
|
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Capitolo 5 *** My World ***
Capitolo
4 – My world
Giugno
era
arrivato con una ventata d’afosa aria estiva.
Le
piogge quell’anno si facevano desiderare e spesso –
troppo spesso - mi
ritrovavo con Hell a chiudermi nella gelateria di Trevor spasimando per
l’arietta fresca che l’adorato condizionatore
spargeva su di noi.
Ormai
eravamo clienti fisse, Heléna si portava persino il
portatile dietro per scrivere
al fresco mentre si gustava i suoi enormi gelati pieni di frutta.
Per
mia
somma fortuna Alan era stato sostituito dal poveretto che si era
infortunato e
che ore scorrazzava allegro fra i tavoli prendendo ordinazioni a destra
e
manca.
<<
Mhmm… >> Con la testa piegata di lato, Hell
guardava lo schermo del suo pc
come se ci fosse appena spuntata una mano.
<<
Sei ancora indecisa fra auto e cucina? >> Ovviamente non
stavo parlando
del prossimo acquisto che ci saremmo accollate. Semplicemente la mia
cara
coinquilina era finita nelle braccia di un blocco dello scrittore e non
sapeva
come uscirne fuori.
<<
No, sono riuscita a scriverlo quel pezzo. È che ora dovrebbe
essere la volta, perciò
devo trovare il modo di
far capire la differenza tra il solito sesso e l’amore che
stanno per fare.
>> Abbassò lo schermo del suo notebook, per
poi rimetterlo nella borsa.
<<
Vedrai che troverai il modo di farlo. I personaggi ti appariranno in
sogno come
al solito, facendo le loro porcate. >> Rise allegra,
ricordandosi uno dei
discorsi serali che avevamo preso a fare da quando il piccolo Elwood ci
aveva
abbandonate.
<<
Ehi, raggi di sole! >> Un - fin troppo - allegro Leo
entrò dalla porta
facendo suonare il campanellino sopra di essa.
La
fase
checca isterica sembrava passata - per il momento - ed era tornato
quasi
normale, quasi, perché normale Leo non lo era mai stato.
Anche
con trenta gradi all’ombra non rinunciava ai suoi lunghi
jeans scuri che mi
facevano venire caldo solo a vederli.
<<
Ciao Poe. >> Mi alzai per abbracciarlo e dargli due baci
sulle guance,
mentre Hell si limitò ad un gesto della mano e un sorriso.
Trevor
ci raggiunse per prendere le nostre ordinazioni, scappando alla
velocità della
luce subito dopo, vista l’assurda affluenza di gente di quel
pomeriggio.
<<
Dove hai lasciato il tuo simpaticissimo ragazzo?
>> Dissi, calcando su quel simpaticissimo che mi rimase
quasi incastrato
in gola.
<<
Non fare tanto la simpatica! È andato a studiare con degli
amici. >> Il
sorriso gli si oscurò sulle labbra.
Ultimamente
erano più le volte che ci tiravamo frecciatine su Ben che
altro.
Mi
legai i capelli in una coda, cercando di arginare il caldo che ancora
mi
debilitava.
Erano
mesi ormai che non vedevo un parrucchiere e i capelli mi arrivavano a
più di
metà schiena.
<<
Certo, ora si dice così… >> Non
riuscivo a resistere e la mia bocca
sembrava avere vita propria.
<<
Sarah, possibile che devi sempre pensare male? Che ti ha fatto Ben per
parlare
sempre male di lui? >> Non avrei mai pensato di vedere la
rabbia sul volto
di Leo, eppure ero riuscita in questa assurda impresa.
<<
Senti Leo, mi dispiace ma non riesco a fidarmi di lui! Non voglio che
tu stia
male per colpa sua. >> Allungai una mano sul tavolo
cercando di prendere
la sua, ma la ritrasse prima che riuscissi anche solo a sfiorarlo.
<<
L’unica che mi fa stare male sei solo tu, ora come ora! Non
riesci proprio ad
essere un po’ contenta per me? >> Il tono della
voce si alzò parola dopo
parola.
Ero
triste e amareggiata del fatto che Leo non mi credesse. Più
cercavo di metterlo
in guardia più lui si allontanava da me.
<<
Scusa, ma proprio non ci riesco. >> Sussurrai appena.
Mi
alzai
prendendo la borsa e uscendo di corsa, mentre la voce di Hell mi
richiamava.
Mi
sentivo gli occhi gonfi di lacrime. Non era mai successo che
litigassimo fino a
quel punto. Con poche parole stavamo distruggendo tutto quello che
avevamo
costruito da quando ci eravamo incontrati.
A
testa
bassa camminai per le strade affollate di Camden Town, cercando di non
finire
schiacciata dai turisti ammassati nei negozi.
Il
cellulare in tasca vibrò avvisandomi dell’arrivo
di un sms.
“Una
bella ragazza non dovrebbe andarsene in giro da sola! Che ne dici di un
po’ di
compagnia? ;)”
Il
mittente era sconosciuto, ma non mi ci volle molto a fare due
più due;
soprattutto per il << Non accetto un no come risposta!
>> che mi
venne soffiato vicino all’orecchio.
Non
sapevo più come comportarmi con lui.
<<
Ciao stalker. >> Rimisi l’I Phone in tasca
girandomi per vedere il
sorriso a trentadue denti di Alan.
<<
Non sei felice di vedermi? >> Forse una parte di me lo
era. Mi appuntai
mentalmente di passare in libreria e cercare un libro tipo:
“Come dimenticarsi
del ragazzo che ti piace in dieci passi o poco
più”.
<<
Una giornata iniziata male non può che continuare peggio.
>> Sospirai
sentendo il groppo in gola che non mi aveva ancora abbandonato.
Ripresi
a camminare, seguita dalla mia ombra bionda che non voleva proprio
lasciarmi
stare.
Rimanemmo
in silenzio a girare come due anime in pena senza meta.
<<
Non c’è bisogno che perdi tempo con me oggi. Non
ho voglia nemmeno di
risponderti male. >> C’eravamo allontanati dal
centro caotico
raggiungendo una più tranquilla via dove le case colorate la
facevano da
padrone.
<<
Ma come, mi mandi già via? Dopo questa bella passeggiata
romantica mi aspettavo
almeno un bacio d’addio. >> Teatrale come suo
solito si mise in posa con
una mano sul cuore e una verso di me.
Scoppiai
a ridere e lui con me. Non so da quanto non ridevo, con Leo ormai le
cose
andavano sempre peggio e l’episodio in gelateria era stato il
culmine.
Non
mi
resi quasi conto delle lacrime che mi iniziarono a scendere contro la
mia volontà,
bagnandomi le guance.
<<
Ehi… dai piccola non pensavo di farti
quest’effetto! >> Mi accarezzò la
testa avvicinandosi lentamente fino ad abbracciarmi.
Stavo
bene fra le sue braccia, era bello sentirsi coccolati; sperai che fosse
un
gesto sincero e non dettato dalla stupida scommessa che aveva fatto con
sé
stesso.
<<
Ho litigato con Leo. >> Mi lamentai appoggiando la testa
sul suo petto e
piangendo come una bambina.
<<
Sai che novità. Non fate altro da una settimana!
>> Mi scostai da lui,
nonostante stessi bene in quella posizione; la ragione mi
ricordò chi era
quello con cui mi stavo sfogando.
Non
era
coerente da parte mia rifiutare ogni sua attenzione per poi rifugiarmi
fra le
sue braccia alla prima occasione.
<<
E’ così testardo! Non capisce che lo faccio solo
per il suo bene? >> Mi
tirai via le lacrime dagli occhi con gesti nervosi.
La
rabbia stava prendendo il posto della tristezza.
<<
Lo capirà da sé quando sarà il
momento. Penso sia normale avere fiducia nella
persona che con cui si sta. Almeno credo… >>
Si grattò la testa
pensieroso rimuginando su quanto aveva appena detto.
<<
Che vuol dire “almeno credo”? Non ti sei mai fidato
di nessuna delle tue
ragazze? >> La sue espressione fu più che
eloquente.
E io dovrei
provare a stare con uno del
genere?
<<
Di solito è già tanto se mi ricordo come si
chiamano! >> Quel ragazzo era
impossibile.
<<
Senti Alan facciamo una cosa. Io adesso prendo il primo autobus che
trovo, mi
vado a rinchiudere in biblioteca e facciamo finta di non esserci mai
visti, ok?
Sì? Ciao. >> Girai i tacchi e, a passo
più che spedito sia per
l’incazzatura, che per la delusione, che per non lo sapevo
più nemmeno io,
raggiunsi la prima fermata utile per arrivare al campus.
Non
feci caso se Alan mi avesse richiamato, mi avesse mandata al diavolo o
se se ne
fosse semplicemente andato.
Mi
imposi di non girarmi per controllare. La mia forza di
volontà era più forte
del previsto.
Non
riuscivo
a capirlo. Solitamente riuscivo ad inquadrare abbastanza bene le
persone – Ben
in primis – ma lui proprio non lo capivo.
Certe
volte sembrava il re del mondo, con tutte le donne che gli cadono ai
piedi, e
il momento dopo metteva su quell’aria da bambino ignaro di
come vada il mondo.
Il
problema è che non lo faceva apposta, lo avrebbe capito
chiunque che la sua innocenza fosse
“genuina”.
Per
tutto il viaggio in autobus – dieci minuti scarsi a dire il
vero – non potei
impedire ai miei pensieri di essere concentrati tutti su di lui.
Era
stupido il fatto che mi piacesse e ancora più stupido che
non riuscissi a
farmela passare.
I
suoi
approcci erano ai livelli di un bambino delle medie; evidentemente non
aveva
mai dovuto faticare più di tanto per conquistarsi i favori
del gentil sesso.
Eppure
lo vedevo in aula e per i corridoi
dell’università; non si faceva problemi ad
avvicinare ragazze sconosciute che si scioglievano per ogni suo sorriso.
Solo
con me si divertiva - mi tormentava! - forse, certo del fatto che anche
io
prima o poi sarei finita tre le sue grinfie.
Ma
il signorino
aveva trovato pane per i suoi denti.
Raggiunsi
la biblioteca verso le cinque, il momento giusto per prendere un
tè con la
signorina Alphonse.
Ci
sedemmo in un tavolo un po’ appartato, in modo da non
disturbare gli altri
studenti.
<<
Cara, è successo forse qualcosa? >> Mi porse
la tazzina fumante e il
delicato odore dei biscotti che la seguirono mi fece venire
l’acquolina in
bocca.
<<
Ho solo avuto una piccola discussione con un mio amico, niente
d’importante.
>> Minimizzai.
<<
Se ti fa stare male non direi che non sia nulla d’importante.
>> Si portò
la tazzina alla bocca, guardandomi attraverso i suoi occhialetti tondi
poggiati
a metà naso.
<<
Temo che la cosa si risolverà prima del previsto e non ho
proprio voglia di
dirgli “te l’avevo detto”.
>> Addentai uno dei buonissimi biscotti alla
vaniglia ripensando a tutte le volte che avevo messo in guardia Leo.
La
signorina Alphonse sorrise e il suo sorriso era uno di quelli che
nascondo
dietro un sacco di cose.
<<
L’importante è che tu gli sia vicino dopo
averglielo detto, perché avrà bisogno
di te. Ma ora dimmi, dov’è quel bel biondino che
ti spia sempre dalla finestra?
>>
Senza
volerlo mi voltai verso una delle finestre, dandomi subito dopo della
stupida.
<<
Quello stupido mi spia dalla finestra? >> Mi sentivo il
viso andare a
fuoco.
<<
Ah, che bella cosa l’amore! >> Si sciolse in
una risata allegra, mentre
il mio umore iniziò a scavare, dato che aveva già
toccato il fondo.
<<
Quello non sa neanche dove stia di casa l’amore.
>> Lasciai perdere il
biscotto che stavo torturando; ormai aveva preso la forma di un
mucchietto di
briciole.
<<
Ma io non parlavo di lui. >> Si versò altro
tè guardandomi di sottecchi.
<<
Oh andiamo signorina Alphonse! È solo uno stupido ragazzino,
egoista e
capriccioso! Con quella sua faccetta da bambino beccato con le mani nel
vasetto
delle marmellata e quell’aria che si ritrova di chi
è appena caduto della
nuvole e… >> E mi passarono per la mente tutti
i suoi sorrisi, i suoi
occhi color cielo di Londra e il suo abbraccio confortante di poche ore
prima.
<<
E ti sei innamorata. >> Mi porse un biscotto ricoperto da
zuccherini
colorati per conforto.
<<
Non posso essere innamorata di un tipo del genere! Non
è… logico!
>> Mi rifiutavo, categoricamente, di crederlo.
Il
sorriso non riusciva a trovare il modo d’andarsene sul viso
della donna che mi
stava praticamente psicanalizzando.
<<
Lo ammetto, mi piace. Ma finisce lì! >>
Sprofondai nella sedia,
incrociando le braccia sotto al seno.
<<
Sarah Hunt, non pretenderai di voler rendere logica una cosa come
l’amore. Non
ti hanno mai detto che al cuor non si comanda? >> Rise
dei miei sbuffi.
La
signorina Alphonse non dimostrava i suoi sessanta e passa anni; aveva
lo
spirito di una ragazzina.
Cercai
qualcosa con cui ribattere, ma non me ne diede il tempo. Un ragazzo la
richiamò
disperato alla ricerca di un libro che, da quello che riuscii a capire,
poteva
salvargli la vita al prossimo esame.
M’immersi
nello studio, sperando di scacciare dalla mente Leo e Alan.
Ovviamente
non ci riuscii; sarebbe stato troppo facile.
Rimisi
al loro posto i libri che avevo preso da consultare. Mi piaceva
passeggiare fra
gli scaffali colmi di volumi più o meno antichi. Adoravo
inebriarmi dell’odore
di carta stampata. Avrei passato ore a sfogliare ogni singolo libro
presente in
quell’enorme biblioteca.
Gli
alti scaffali di legno massiccio mi proteggevano dal mondo dal quale
volevo
nascondermi. Quel mondo in cui i miei genitori se ne fregavano poco o
niente di
me. Quel mondo in cui non avevo sogni. Quel mondo in cui il mio
migliore amico
non si fidava di me. Quel mondo in cui il ragazzo che mi piaceva era
l’ultima
persona al mondo di cui volessi infatuarmi.
Lasciai
il mio nascondiglio per rigettarmi in pasto alla realtà.
Camminai
per le vie del campus, nascondendomi fra le ombre dei portici. Il sole
era a
metà nel cielo, con qualche nuvola che lo accarezzava
nascondendo i suoi raggi
caldi tanto corteggiati dai piccoli animali che popolavano i giardini.
Alcuni
ragazzi si divertivano a giocare a palla, ridendo e scherzando quando
uno di
loro inciampò sul pallone mentre tentava di calciarlo.
Sedute
sotto le arcate, due ragazze parlavano fra loro ridacchiando,
scambiandosi
piccoli segreti che avevano sicuramente promesso di non dire a nessuno.
Poco
lontano, una coppia si scambiava effusioni melense e cariche di
zucchero.
Il
quadro perfetto di tutto quello che mi mancava al momento.
Non
avevo amici con cui scherzare. Non avevo un’amica speciale
con cui confidarmi.
Non avevo un ragazzo con cui coccolarmi.
Depressa
fino alla punta dei capelli arrivai alla fermata
dell’autobus. Logicamente
questo mi passò davanti senza fermarsi. Sarebbe stato troppo
bello se in quella
giornata almeno una cosa fosse andata nel verso giusto.
M’incamminai
verso casa a piedi, con la borsa che mi picchiava sul fianco ad ogni
passo.
Riuscii
ad arrivare senza altre beffe della maledetta sfiga che mi aveva
colpita quel
giorno.
Cercai
le chiavi, nascoste fra libri, quaderni, astuccio, carte varie e tutto
quello
che si poteva trovare nella mia confusionaria borsa.
Rinunciai
dopo quasi cinque minuti, sperando che Hell fosse già
tornata a casa.
Suonai
il campanello tre volte, in modo che capisse che fossi io.
Era
bello avere piccole abitudini fra coinquiline; non avrei mai detto che
il
convivere si sarebbe rivelata una così bella esperienza.
Sia
io
che Heléna eravamo due persone timide con chi non
conoscevamo e noi ci stavamo
conoscendo solo nell’ultimo periodo.
La
porta si aprì e il dolce sorriso di Hell scacciò
un po’ di malinconia mentre un
<< Bentornata! >> mi scaldò il
cuore.
Avevo
poco o niente, e quello che ero riuscita a conquistare mi stava
scivolando
dalle dita.
Ma
un
piccolo porto felice ero riuscita a trovarlo anche io.
________________________________________________________________________________________________
Angolo della Pazza:
La pausa estiva è finita!
Questo capitolo doveva essere postato prima della pausa in effetti,
ma... che volete farci! Sono una pigrona assurda!
Non rispondo alle recensioni perché mi sembrerebbe inutile
farlo dopo più di un mese! Sappiate però che ho
letteralmente adorato ogni singola parola! Mi piace troppo leggere le
vostre reazioni, le supposizioni, le minacce di morte (Ehm!)!
Grazie anche a chi sa dell'esistenza del blog! XD Ormai (fra
tutte le ragazze con cui parlo e che scrivono su EFP) pensiamo che le
note vengano saltate a piè pari, quando invece potrebbero
nascondere più informazioni dell'intero capitolo! (Non
è questo il caso vi avverto subito!)
Sinceramente odio questo capitolo! Non avete idea di quanto sia stata male
a far litigare Sarah e Poe! Alan è stato a suo modo dolce,
non trovate? Anche se Sarah gli ha dato il ben servito in poco
più che un soffio! Ah, povero cucciolo!
Entra in gioco anche la signorina Alphonse, di cui Sarah ha accennato
nello scorso capitolo (almeno mi pare XD). La dolce "vecchietta" la sa
lunga!
E Sarah? Sarah non sa più dove sbattere la testa! Ma come ha
detto lei per fortuna ha trovato qualcosa a cui aggrapparsi.
Penso di avervi stressato a sufficienza!
Come ho detto anche nell'altra storia (per chi volesse passarci questo
è il link: The
Masquerade) non ho alcuna intenzione di
sospendere/interrompere nessuna FF! Quindi non temete! Prima o poi
leggerete la fine XD
Un saluto a tutti quelli che sono passati di qua ;)
Spoiler e
Curiosità nel BLOG
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Capitolo 6 *** Friendship ***
Capitolo
5 – Friendship
Le
lezioni non mi erano mai sembrate così noiose.
Le
mie compagne
di banco parlavano in continuazione di questo o quel prodotto di
bellezza,
fregandosene altamente delle parole del prof che ci stava praticamente
dicendo
le domande dell’esame.
Era
una
settimana che non ci rivolgevamo parola.
Io
da
una parte, lui dall’altra.
Come
due fidanzati che si sono appena lasciati, io e Leo ci scambiavamo solo
qualche
occhiata imbarazzata, perché nessuno dei due sapeva come
comportarsi.
Negli
ultimi giorni poi, Ben lo veniva a prendere finite le lezioni e se ne
andava
sorridendomi da gran bastardo quale fosse, abbracciato al
mio… amico? Potevo
ancora chiamarlo così?
Quando
il professore ci congedò scappai letteralmente
dall’aula, nella speranza di non
incontrare il fantastico duo.
Purtroppo
per me, la lezione dopo era in compagnia dell’altro elemento
di disturbo della
mia vita.
Un
assillante
ragazzino intrappolato nel corpo da sogno erotico di ogni essere di
sesso
femminile presente sulla faccia della terra. Sì, me compresa.
Come
da
copione, lo trovai appoggiato fuori dalla porta con un paio di biondine
tutte
curve e sorrisi che se lo mangiavano con gli occhi.
Gli
passai accanto senza che lui si accorgesse della mia presenza, troppo
impegnato
a farsi bello davanti quelle due.
Decisi
di giocare un po’, per cercare di risollevarmi la giornata
che non era
decisamente partita nel migliore dei modo.
<<
Ehi piccolo! >> Gli circondai la vita con le braccia,
sorridendogli nel
più dolce e falso dei modi.
<<
Sarah? >> Dopo un primo momento di smarrimento,
ricambiò il sorriso e
l’abbraccio, stringendomi a lui.
Era
già
la seconda volta che succedeva una cosa simile e l’effetto
era ogni volta più
drastico per i miei poveri ormoni che, ormai, stavano indicendo uno
sciopero se
non avessi sbattuto Alan sulla prima superficie piana.
<<
Stamattina te ne sei andato via senza nemmeno darmi un bacio.
>>
M’imbronciai, lanciando un’occhiata di sfuggita
alla due galline.
<<
Andato via da dove? >> Mi guardò con i suoi
occhioni da cucciolo
abbandonato, cercando di capire cosa stessi dicendo.
<<
Quando hai portato la nostra cucciolotta all’asilo, no? Non
ha voluto nemmeno
lei salutare la sua mommy? >> Le due trattennero il fiato
sgranando gli
occhi come se ci fossimo messi a fare sesso davanti loro.
<<
M-ma… >> La bocca di Alan precipitò
verso il basso, rischiando un viaggio
senza ritorno verso il pavimento quando Georgie e Candy Candy si
defilarono con
la prima scusa che passasse per i loro ossigenati capelli.
Sgusciai
dalla debole presa di Alan tornando sui miei passi per entrare in
classe.
Alan
mi
trovò seduta al nostro solito banco, mentre ridacchiavo come
una iena isterica.
<<
E quello cosa sarebbe dovuto essere? >> Buttò
la borsa sul tavolo,
lasciandosi cadere sulla sedia.
<<
Un simpatico diversivo per rallegrarmi la giornata. La faccia di quelle
due è stata
fantastica! >> Sistemai il registratore davanti a me, ma
non feci in
tempo a poggiarlo che Alan me lo tolse praticamente di mano.
Schiacciò
il tasto REC iniziando a parlare con voce seria: <<
Promemoria per Sarah
Hunt: non interferirei con i flirt altrui! >>
<<
Ma tu non dovresti provarci con me? >> Ripresi il mio
registratore
rimettendolo al suo posto, lontano dalle zampette del biondo latin
lover.
<<
Intanto che tu cedi dovrò pur svagarmi un po’, no?
>> S’imbronciò,
incrociando le braccia sul petto, come se gli facessi dispetto a non
cadergli
fra le braccia.
<<
Non pensi che sia controproducente provarci con le altre, quando sai
che ti
posso vedere? >> Mi tolsi un elastico dal polso
stringendolo tra i denti,
mentre le mie mani erano impegnate a raccogliere i capelli che mi si
stavano
attaccando al collo per il sudore.
<<
Vuoi dire che dovrei lasciar perdere le altre e concentrarmi solo su di
te?
>> Quanto poteva essere fuori dal mondo una persona? Nel
caso di Alan,
pensai, doveva come minimo trovarsi su Saturno.
<<
Potresti lasciarmi perdere e tornare ai tuoi frivoli divertimenti.
>>
Sapevo benissimo di non essere al mio meglio in quel momento; stavo
sudando
come una peccatrice in chiesa e i capelli avevano deciso di non
collaborare,
scappando da tutte le parti e rifiutandosi di rimanere legati.
Non
che
me ne importasse poi molto – ok, forse un po’
sì – ma, magari, si sarebbe
scoraggiato vedendomi in questo stato pietoso.
Di
certo non ero tipo da truccarmi e piastrarmi i capelli tutti i giorni
come il
novanta percento della popolazione femminile del campus, ma facevo il
minimo
indispensabile per rendermi presentabile.
<<
Ma loro sono solo un passatempo, tu potresti essere una cosa seria!
>> Lo
disse talmente a cuor leggero che per un momento non mi resi conto del
reale
significato delle sue parole.
Non
gli
risposi. Raccolsi la mia roba e mi spostai in un banco poco lontano.
Non
era
da me scappare in quel modo, ma con lui non sapevo proprio come
comportarmi.
Si
rendeva conto di quello che diceva? Di quello che faceva? Si divertiva
a
torturami oppure pensava che anche per me fosse un gioco come per lui?
Domande,
domande, troppe domande!
Mi
fermai a parlare con la mia compagna di banco sulla lezione appena
finita,
mentre tenevo d’occhio Alan aspettando che se ne andasse per
poter andare a
casa.
Era
imbronciato e continuava a guardarmi, mormorando chissà cosa
fra sé e sé.
Era
adorabile con quel broncio… No! Non dovevo iniziare a
pensare cose del genere.
Non era assolutamente adorabile e soprattutto doveva andarsene
perché stavo
morendo di fame.
Mi
guardò per l’ultima volta, prima di sbuffare e
mettersi lo zaino in spalla. Con
le mani affondate nelle tasche dei bermuda imboccò
l’uscita facendomi sospirare
inconsciamente di sollievo.
Mi
congedai dalla mia compagna unendomi al fiume di studenti che si
affrettava
verso la mensa.
Per
mia
fortuna le lezioni per quel giorno erano finite e potevo godermi un
buon pranzo
casalingo invece di un panino riscaldato.
Heléna
mi accolse col viso gonfio di sonno e una maglietta troppo grande che
le
scopriva una spalla.
<<
Ti odio. >> Chiusi la porta e scalcia via le scarpe,
buttandoci la borsa
sopra.
<<
Caffè… >> Mi si accasciò
addosso e dovetti trascinarla fino alla cucina.
<<
Sai che è ora di pranzo e non di colazione, vero?
>> Aprii il frigo
tirando fuori una busta d’insalata.
<<
Caffè. >> Si lasciò morire sul
tavolo mettendo in mostra delle
sensualissime mutandine di cotone con tanto di orsacchiotto.
Accesi
la macchina del caffè e ben presto il suo buon odore
aleggiò per casa
resuscitando lo zombie biondo.
Ci
sedemmo al tavolo, io con la mia ciotola d’insalata e lei con
una doppia dose
di caffè.
Gli
occhi aperti solo per metà rivelavano che in
realtà stava ancora dormendo. Era
troppo buffa.
<<
Che ore sono? >> Mi chiese con un sussurrò
spettrale. Evidentemente la
caffeina non aveva ancora fatto il suo dovere.
Controllai
l’ora sul mio cellulare, dato che l’orologio della
nostra cucina aveva la pila
scarica da almeno due settimane.
<<
Quasi le due e mezza. >> Addentai una foglia di lattuga,
che quasi mi
andò di traverso quando Heléna mi
sputò il caffè in faccia.
<<
Ma è tardissimo! Trevor mi ucciderà!
>> Si alzò di scatto facendo cadere
la sedia a terra.
La
vidi
sparire su per le scale e le sue urla continuarono a riecheggiare per
la casa
per cinque minuti buoni.
Che
c’entrava Trevor? Avevano un appuntamento? Non che la cosa mi
sarebbe
dispiaciuta, ma avrebbe anche potuto dirmelo!
Mi
ripulii dal caffè che stava diventando appiccicoso e finii
la mia insalata intanto
che Hell correva da una parte all’altra.
<<
Mi spieghi che stai facendo o tiro a indovinare? >> Misi
le posate nel
lavello e mi girai giusto in tempo per vedere Hell zoppicare per
infilarsi una
scarpa.
<<
Vado da Trevor! >> La guardai bene, perché
c’era qualcosa di diverso dal
solito.
Oddio…
si era truccata!
<<
Mi sono persa qualche sviluppo interessante? >>
<<
Vado a lavorare! Perché devi essere sempre così
maliziosa? >> Le si
tinsero le guance di un virginale rosso, che stonava totalmente con la
sua indole
pornica.
<<
Lavorare? >> Mi ero decisamente persa qualcosa.
<<
Beh, non credo che il padrone di casa accetterà pagamenti in
natura al prossimo
affitto. >> Riuscii a capire per miracolo le ultime
parole prima che si
chiudesse la porta alle spalle.
Finii
di sistemare la cucina e misi un po’ a posto il salotto;
quando Hell si metteva
lì a scrivere, beh… meglio lasciar perdere.
Dovevo cambiarle soprannome in
“Somma signora del Kaos”.
La
raggiunsi al Penguin’s prendendo posto ad uno dei tavoli
vicino alla grande
vetrata.
Ordinai
un frappé alla nocciola e mi venne servito direttamente da
Trevor, che si mise
a chiacchierare un po’ con me intanto che Hell e gli altri
due camerieri si
davano da fare.
<<
Dato che d’estate c’è più
gente ho bisogno di più personale. Hell aveva bisogno
di un lavoretto perciò ci siamo venuti in contro. E poi una
bella ragazza come
lei attirerà più clienti! >>
Effettivamente con la gonna nera che la
copriva fino a metà cosce, la camicetta bianca con le
maniche leggermente a
palloncino, il gilè e la cravatta era veramente bella.
Aggiungiamo
anche che era bionda, occhi azzurri e con un fisico niente male e il
quadro era
completo.
Finii
il mio buonissimo frappé lasciandone il minimo
indispensabile a sporcare il
bicchiere.
<<
Trev sarai la mia dannazione! Perché devi fare un gelato
così buono?! >>
<<
Per attirare le belle ragazze, no? >> Mi fece
l’occhiolino alzandosi e
prendendo il bicchiere vuoto.
Salutai
lui e Hell riprendendo la strada di casa. Lo studio mi aspettava, anche
se per fortuna
non ero indietro col programma. Nell’ultima settimana non
è che avessi molto da
fare senza Leo.
Fu
proprio mentre girai l’angolo per entrare in Camden St che
vidi Alan in piedi
sulle scale davanti casa mia.
Stava
gesticolando e parlando con qualcuno che riuscii a riconoscere solo
quando me
lo ritrovai davanti.
Fu
così
che trovai Leo in lacrime con Alan che tentava di consolarlo nel
peggiore dei
modi.
<<
Dai amico… lo sai come siamo fatti noi uomini,
cioè… mhmmm.. >> si
passò
nervosamente una mano fra i capelli cercando qualcosa da dire
<< Ogni
buco è buono, no? >> Qualcosa di decisamente
molto stupido da dire.
Era
successo quello che avevo temuto fin dal primo momento.
Decisi
che era il caso d’intervenire prima che
quell’idiota ossigenato spingesse
il nostro amico al suicidio.
<<
Evita di dire le tue cazzate da macho e vai a comprare del gelato.
>>
Stranamente
fece come gli avevo chiesto, dileguandosi alla velocità
della luce.
<<
Ehi Poe, ma cosa mi combini? Dai andiamo dentro che il tuo amico
bonazzo è
andato a prendere i rifornimenti. >> Gli porsi una mano
che accettò.
Avevamo
litigato? In quel momento non sembrava proprio; aveva bisogno di me e
io per
lui ci sarei stata.
Una
volta in piedi potei notare i suoi begli occhi chiari, rossi e gonfi
per le
troppe lacrime versate.
Non
me
la sentii di rinfacciargli tutte le volte che gli avevo detto che Ben
non era come
lui credeva; per quello ci sarebbe stato tempo a sufficienza passata la
prima
crisi.
Entrai
in casa tirandomi un metro e ottanta di depressione appresso.
Lanciai
la tracolla con i libri vicino all’ingresso e quasi inciampai
nella scarpe che
mi ostinavo a lasciare in mezzo al corridoio.
<<
Vuoi raccontarmi tutto adesso o preferisci aspettare il gelato?
>> Gli
chiesi, ma lui si limitò a buttarsi sul piccolo divano
tirando su col naso.
Agguantai
la scatola di kleenex sul bancone della cucina e la diedi a Leo che mi
ringraziò con un sorriso tirato.
Mi
sedetti vicino a lui abbracciandolo e baciandogli una guancia umida di
pianto.
I
minuti passarono in silenzio, cadenzati solo dai singhiozzi di Leo che
lentamente
si attenuarono.
Quando
il campanello suonò quasi mi spaventai.
Lasciai
il mio amico per andare alla porta; controllai dallo spioncino chi
fosse e non
mi stupii di vedere Alan col fiatone piegato in due per cercare di
riprendere
fiato.
Era
una
fortuna che la gelateria di Trevor fosse distante solo qualche
centinaio di
metri.
<<
Menta, caramello e pistacchio! >> Mi sorrise vittorioso
mostrandomi il
suo bottino.
<<
Lo sai che odia il caramello. >> Mi spostai per farlo
entrare. Presi il
sacchetto con il gelato portandolo in cucina, mentre Alan mi
seguì dopo aver
chiuso la porta.
<<
Ma che ci faceva Heléna da Trevor? >> Mi
chiese senza nemmeno entrare in
cucina.
Lo
liquidai con un gesto della mano e, continuando a dargli le spalle,
tirai fuori
tre cucchiai e una bottiglia di vodka liscia per correggere la parte di
Leo.
Non
c’è niente di meglio di una bella
sbronza dopo una delusione amorosa.
Misi
tutto su un vassoio, facendo attenzione a non far cadere niente.
Alan
mi
guardava appoggiato allo stipite della porta col suo solito sorrisetto
stampato
sulla faccia.
<<
Tranquillo, non ho bisogno d’aiuto. >> Gli
dissi ironica.
Si
scostò scuotendo il capo, avvicinandosi a me; prese il
vassoio alzandolo come
se sopra non ci fosse nulla.
Feci
un
passo verso destra per superarlo, ma lui copiò i miei
movimenti impedendomi il
passaggio.
<<
E’ per te. >> Disse all’improvviso.
<<
Cosa? >> Chiesi annoiata da quel teatrino.
<<
Il caramello. Non è il tuo preferito? >> Lui e
quel suo maledetto sorriso
strafottente mi stavano ancora davanti ed io non sapevo se essere
più contenta
per il suo gesto o più irritata per il motivo per cui
l’aveva fatto.
Di
certo il discorsetto della mattina non era finito nel dimenticatoio.
<<
Non funzionano questi giochetti con me Alan.>> La rabbia
mi montò dentro
quando il suo ghigno si accentuò.
<<
Non puoi farmene una colpa se ci provo con te. Hai detto che potevo e
poi… in
fondo non ti piaccio, scusa? >>
Oh,
dire che Alan mi piacesse era un eufemismo. Ormai ero arrivata anche a
sognarmelo la notte.
<<
Il fatto che tu mi piaccia non implica che ti finirò tra le
braccia per una
qualsiasi moina. Il mio cervello ragiona ancora decentemente per
ricordarmi che
ho un orgoglio che non voglio calpestare per una scopata con te.
>> Lo
lasciai basito sulla porta di cucina. Finalmente raggiunsi Leo in sala
con un
barattolo di gelato e un paio di cucchiai.
Seduta
vicino a lui l’ascoltai fino all’ultima goccia di
gelato e vodka; Alan si
limitò a starsene seduto sul tappeto bevendo una birra e
divorandosi patatine.
Tra
un
boccone e l’altro riuscii a capire che il mio povero amico
aveva beccato il
suo, ormai, ex ragazzo a farsi fare un servizietto da uno del corso di
economia.
<<
Basta, ho chiuso con gli uomini. Da domani divento etero! Anzi inizio
subito!
>> Senza avere nemmeno il tempo di pensare mi ritrovai la
bocca di Leo
appiccicata alla mia e le sue mani a stringermi le guance.
Rimasi
ferma aspettando che si staccasse; avevo come la sensazione di baciare
mio
fratello.
Quando
si allontanò gli scoppiai a ridere in faccia per la sua
espressione schifata.
<<
E dopo questa bella scena lesbo ce ne possiamo andare a casa?
>> La voce
annoiata di Alan mi fece girare verso di lui.
Imbronciato
come un bimbo costretto dalla madre ad un tè con le amiche,
si alzò in piedi
raggiungendoci.
Il
tempo di riportare lo sguardo su Leo che lo trovai addormentato in una
posizione improponibile stringendo un cuscino.
<<
Lascialo pure qui. Domani abbiamo lezione solo di pomeriggio.
>> Presi il
plaid che
usavo
per coprirmi durante i film e lo sistemai su Leo che mugugnò
qualcosa molto
simile a “Ben”. Purtroppo sapevo benissimo che al
mio amico non sarebbe passata
alla svelta, ma l’unica cosa che potevo fare era stargli
accanto.
Mi
girai per congedare Alan, ma me lo ritrovai più vicino del
consentito.
<<
Non mi è piaciuto il discorso che hai fatto prima.
>>
<<
Non pensavo che una discussione sul fatto che si sbavi il rossetto
quando fai
un lavoretto ad uno potesse starti così a cuore.
>> Sorrisi della sua
espressione stupita.
<<
Diavolo, sei impossibile! >> Prese la sua giaccia
mettendosela
nervosamente.
Lo
precedetti alla porta aprendogliela e aspettando che uscisse.
<<
Non finisce qui Hunt. Riprenderemo il discorso prima di quanto pensi.
>>
Mi si parò davanti abbassandosi verso di me. Maledetti dieci
centimetri in più.
<<
Non mi piace il tuo tono. >> Se si fosse abbassato solo
di qualche
centimetro in più, forse – ma solo forse!
– avrei potuto fare qualcosa di cui
poi mi sarei pentita amaramente.
<<
Pensavo ti piacesse tutto di me. >> Ghignò
come non l’avevo mai visto
fare.
<<
Purtroppo ci sono più contro che pro a tuo favore McCarson.
>> Cercai di
tenere lo sguardo fisso nei suoi occhi. Farmi beccare mentre gli
divoravo le
labbra con gli occhi non mi sembrava appropriato alla situazione.
<<
Ti farò cambiare idea. >> Da una parte lo
sperai tanto. Sentirlo così
vicino piaceva un po’ troppo al mio corpo.
<<
Cambierò idea quando inizierai a cambiare atteggiamento. Il
dongiovanni da
strapazzo non va più di moda, sai? E ora buona notte.
>> Lo spinsi fuori
casa sbattendogli la porta sul naso.
Purtroppo
non potei impedirmi di guardare dallo spioncino; si massaggiava il naso
masticando qualche imprecazione tra i denti.
Di
tutti gli uomini esistenti al mondo, dovevo andare ad innamorarmi del
coinquilino etero del mio amico gay.
In
fondo cosa sapevo di lui? Tralasciando il fatto che fosse troppo bello
per
essere vero, aveva un carattere di merda; un momento faceva il bambino
e quello
dopo si comportava come un normale ventenne con più di due
neuroni funzionanti,
vedi stasera. Sinceramente non mi sarei mai aspettata una reazione del
genere;
solitamente si limitava a mettere su il broncio da bimbo offeso o a
fare le sue
battutine idiote.
Dovevo
trovare il modo di togliermelo dalle testa, dal cuore e dai piedi.
Era
sempre la solita storia.
L’unica
ragazza che non gli cade ai piedi sarà quella che lo
farà innamorare, cambiare
e poi vivranno felici e contenti.
Peccato
che fossi già innamorata di lui e che se fosse cambiato non
sarebbe stato più
l’Alan per cui il mio cuore batteva.
A
me
piaceva il fatto che fosse un bambinone, mi piaceva il fatto che fosse
un bastardo
e mi piaceva il modo malizioso con cui mi guardava da quando aveva
deciso di
corteggiarmi, ancora prima che gli dessi il
“permesso”.
Però
sapevo già che una volta avuto il suo divertimento sarei
tornata ad essere
l’amica di Leo e non più Sarah.
Dovevo
solo resistergli. Era questo l’unico modo in cui potevo
essere diversa dalle
altre.
E
non
sarei caduta nel solito cliché. Non mi sarei fatta incantare
da un suo
eventuale cambiamento mistico in cui sarei stata la regina del suo
cuore.
Mi
venne da ridere da sola. Non ci credevo nemmeno io.
________________________________________________________________________________________________
Angolo della Pazza:
Ma buona sera!
Come andiamo? *_* Io sto passando un periodo che... lasciamo perdere XD
L'importante è che i problemi si risolvano in un modo o
nell'altro ù.ù
Perciò non sto a rompervi con i miei problemi e passo subito
a commentare il capitolo.
Odio Ben. Ma proprio tanto! E, soprattutto, detesto far soffrire il mio
piccolo Leo! Le cose per lui non vanno decisamente bene: prima il
litigio con Sarah, poi la scoperta del tradimento. Per fortuna i veri
amici si vedono nel momento del bisogno e Sarah è stata
pronta a sostenerlo e a confortarlo.
La dolce Hell si è trovata un lavoratto da Trevor (basta
immaginarseli insieme XD State vedendo più lungo di me, e
dire che sono l'autrice! XD) Se fossi in lei ingrasserei di venti kg a
forza di frappè e gelati! *ç*
Alan... awww *sospiro*... nell'ultima parte del capitolo è
diverso dal solito. Ci sarà un motivo o la birra gli ha dato
al neurone? O semplicemente si comporta da bimbo che non riesce ad
ottenere il giocattolo del momento? Citando Sarah: Domande, domande,
troppe domande!
Mi inquino ai vostri piedi per non aver risposto alle recensioni!
Sappiate che adoro leggere le parole che riservate a me a ai miei
personaggi. Me le sarò rilette venti volte! Un benvenuto a
tutte le nuove lettrici (e lettori se ce ne sono!) Spero che la storia
continuerà a piacervi ^_^ Un saluto e... al prossimo
Capitolo!
Spoiler e
Curiosità nel BLOG
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Capitolo 7 *** Possibility ***
Capitolo
6 – Possibility
La
prima cosa da fare la mattina è far schiantare la sveglia
contro il muro. È
sempre stata questa la mia regola.
Quella
mattina, al contrario del solito, mi svegliai prima che
l’odioso “bip bip” mi
perforasse i timpani.
Andai
in bagno per sciacquarmi il viso con l’acqua fredda e far
sparire
definitivamente il sonno.
La
casa
era silenziosa, ma da fuori si sentivano le allegre chiacchiere dei
passanti e
le auto che sfrecciavano per la strada.
Accesi
la macchinetta del caffè, aspettando che si riempisse tutta
la caraffa. Hell
era una drogata di caffeina e io le tenevo degnamente testa, ma per
questa
volta il caffè non era per nessuna di noi due.
Le
braccia di Leo mi si chiusero intorno alla vita e la sua testa si
appoggiò
sulla mia spalla.
<<
Scusa. >> Mormorò con voce roca a causa del
sonno e della mezza sbronza
della sera prima.
Gli
diedi un’affettuosa testata poggiando le mani sulle sue.
<<
Vai a sederti che ti preparo una bella colazione. >> Mi
lasciò un bacio
sul collo strusciando i piedi fino alla sedia più vicina.
Presi
una padella dal mobile aprendoci due uova dentro e buttandoci qualche
fetta di
bacon.
Intanto
che rigiravo il bacon per non farlo bruciare, il ciabattare di Hell
c’annunciò
il suo arrivo.
<<
…orno. >> Era adorabile la mattina. Le mancava
solo un orsacchiotto da
tenere per mano.
Misi
sulla tavola due tazze belle piene di caffè e a
quell’odore i miei due zombie
parvero rianimarsi.
Leo
stava a testa bassa con le mani attorno alla tazza, come se volesse
riscaldarsi
in una fredda sera d’inverno. Un vero peccato che
l’estate fosse alle porte e
che si morisse di caldo.
Misi
il
mio capolavoro in un piatto, facendolo poi scivolare sotto la faccia di
Leo.
<<
Eddai fai un sorriso! Anche la tua colazione è
così felice di essere divorata
da te. >> Due uova per gli occhi e il bacon come sorriso.
Un
piccolo “mpf” precedette la risata vera e propria
che contagiò tutta la cucina.
Usavo
sempre questo trucchetto con Justin quando era triste o malato.
Ormai
erano diversi giorni che non sentivo il mio fratellino e mi ripromisi
di
rimediare al più presto.
Smezzai
la mia colazione con Heléna che ci raccontò della
sua prima serata di lavoro.
Per
fortuna era andato tutto bene e non aveva rotto una sola coppa. Anche
oggi
sarebbe tornata da Trevor per il turno serale.
Intanto
che lavavo i piatti e Leo li asciugava, gli arrivò un
messaggio che ci lesse
Hell ad alta voce.
<<
“Ti passo a prendere dopo lezione e andiamo a farci un giro
fra le mie
lenzuola, che ne dici?” >> Se il silenzio
avesse potuto uccidere, a
quest’ora saremmo stati tutti morti.
Il
bicchiere che Leo stava asciugando gli sfuggì di mano,
andandosi a schiantare
sul pavimento.
<<
Oh quel lurido bastardo! >> Chiusi il rubinetto
asciugandomi le mani sui
pantaloni del pigiama e strappando il cellulare dalle mani di Hell.
<<
Non ti dispiace se gli rispondo io, vero Poe? >> Leo era
ancora immobile,
pericolosamente vicino ai vetri rotti.
<<
Leo… >> Stando attenta a non pestare i cocci,
portai Leo in salotto e lo
feci sedere sul divano.
<<
Tesoro che vuoi fare adesso? >> Lo abbracciai, ma lui
rimase inerme.
<<
Avevi ragione, sai? Perché non mi dici “Te
l’avevo detto”? >>
Sussurrò
appena.
<<
Perché non ce n’è bisogno. Vuoi che ci
pensi io al maledetto? So essere molto vendicativa. >> Lo
strinsi ancora
più forte e stavolta ricambiò
l’abbraccio.
<<
Ce la posso fare da solo. Stasera potrebbe non riuscire a tornare a
casa con le
sue gambe. >>
<<
Sei stato troppo tempo con me. Dove è finita la mia checca
isterica preferita?
>> Non finii l’ultima parola che i miei fianchi
vennero presi d’assalto
da una serie infinita di pizzicotti.
Era
così bello sentirlo ridere. Era così bello ridere
con lui.
Sfiniti
dalle risate ci sdraiammo sul divano in posizioni assurde.
<<
Ma ti ho baciato davvero ieri sera? >> Leo si
sistemò meglio
accomodandosi sulle mie tett… sul mio seno.
<<
Oh sì. Alan ha apprezzato molto. >> Gli
accarezzai i capelli intrigandomi
in quelle lunghe ciocche ondulate.
<<
Dovresti uscire con lui. Non ha portato più nessuna a casa
da un mese a questa
parte. >> Rimasi stupita dalle sue parole. Un mese che
quel mandrillo
biondo non si dilettava nella nobile arte della ginnastica da letto?
<<
Non mi sembra una ragione valida per accettare i suoi inviti.
>>
<<
Dovresti seguire i consigli del tuo migliore amico. Io non
l’ho fatto e guarda
come sono finito. >> Si stava auto commiserando e non era
proprio la cosa
adatta da fare in quel momento.
<<
Mhmm… Magari ci penso su, eh? Se si comporta
bene… ok? >> In realtà mi
sarebbe piaciuto avere un appuntamento con Alan; quello che non mi
sarebbe
piaciuto sarebbe stato il dopo, trovarlo fra le gambe di
un’altra non rientrava
proprio nel mio ideale di vita di coppia.
<<
Ieri sera gli ho chiuso la porta in faccia e gli è sbattuta
sul naso. >>
Ero dispiaciuta per quello che era successo – davvero!
– anche se un po’ se lo
meritava e, infatti, non riuscii a trattenere le risate che
contagiarono anche
Leo.
<<
Sei fantastica cucciola! >>
Restammo
sul divano a far nulla finché i nostri stomaci ci
ricordarono che l’ora di
pranzo si stava pericolosamente avvicinando.
Pranzammo
velocemente, nutrendo anche la scrittrice che si era rintanata in
camera a
scrivere prima del suo turno di lavoro.
<<…
e con questo si conclude il programma. Ci rivedremo
all’esame. >>
Salutando solo con un cenno della mano il professore uscì
dall’aula,
lasciandosi dietro sospiri sull’enorme mole di lavoro che ci
aveva propinato
per l’esame.
In
teoria dovevamo fare il prospetto di una casa, arredandola in base ai
dati che ci
avrebbe mandato via mail.
In
pratica voleva vedere il nostro sangue su fogli A3 e presentazioni al
computer.
<<
Oggi è il nostro ultimo giorno di vita. >> Leo
si passò una mano fra i
lunghi capelli neri per spostarsi le ciocche che gli ricoprivano gli
occhi, ma
queste gli ricaddero sul viso come se nulla fosse.
<<
Come sei melodrammatico. In qualche modo faremo. >> Mi
misi la borsa in
spalla pronta per tornarmene a casa; o meglio, pronta per andare a
depredare la
gelateria di Trevor.
<<
Potrei sempre dare il culo al prof. Che ne pensi? >>
<<
Penso che se lo fai devi farmi rimediare almeno un ventotto!
>> Quanto mi
era mancato ridere e scherzare con lui tra questi banchi.
Ci
avviammo verso l’uscita, anelando un po’
d’aria fresca sotto le volte dei
corridoi che davano sul giardino.
Purtroppo
per i miei occhi, per le mie orecchie, per i miei nervi, per i miei
neuroni… in
definitiva per me, ad un passo
dalla
libertà incontrammo un essere mitologico, dal corpo di uomo
e della testa di
cazzo.
<<
Vedo che avete fatto pace. >> Nella mia mente
passò la bellissima
immagine del viso di Ben che incontrava accidentalmente il mio pugno.
Purtroppo
l’unica cosa che lo sfiorò furono le labbra di Leo.
<<
In realtà ti tradisco con lei. >> Ben si mise
a ridere, seguito da un Leo
nervoso e al limite delle lacrime.
Come
quel damerino non si accorgesse di niente, mi fece ribollire il sangue
dalla
rabbia.
Cercai
di ridere anch’io, ma quello che ne uscì fu solo
una smorfia insofferente. Non
riuscivo a credere che Leo si facesse ancora toccare da quel bastardo.
<<
Cucciola ci vediamo dopo. >> Mi abbracciò
sussurrandomi << Vai da
Alan. Ci vediamo da Trevor fra un paio d’orette.
>>
Non
ebbi il tempo di dire “Ah” che mi avevano
già lasciato da sola, non prima che
Ben mi lanciasse la sua solita occhiata di superiorità.
Prima
o
poi qualcuno gliele avrebbe fatte pagare tutte queste sue stronzate.
Sperai
vivamente di essere io quel qualcuno.
Ma
ora
c’era un’altra cosa che mi preoccupava. Alan.
Dovevo
continuare sulla mia strada o dovevo dare retta a Leo?
Non
avevo molta voglia di farmi prendere per il culo e ritrovarmi a
piangere e
mangiare gelato affogato nella vodka come Leo ieri sera.
Seguii
Leo e Ben con lo sguardo fino a che non scomparirono in un corridoio
che li
avrebbe portati alla perdizione, o in camera da letto, o –
come speravo - al
pronto soccorso.
La
strada per la biblioteca non mi era mai sembrata così lunga.
Sarà stato per il
caldo, per i pensieri o per Alan che mi veniva incontro.
Un
Alan
imbronciato e con un cerotto sul naso. Il senso di colpa mi assalii e
non
riuscii a guardarlo in faccia quando mi si fermò davanti.
<<
Mi hai fatto male ieri sera. >> Il tono mi
ricordò tanto quello di un
bambino offeso e quasi mi aspettai che continuasse con un
“con te non ci gioco
più!”.
<<
Scusa. >> Lo guardai di sottecchi, trovando adorabile il
modo in cui
teneva le labbra.
Decisioni rapide
e indolore Sarah! Indolore
mica tanto…
<<
Posso… mh… offrirti un gelato per farmi
perdonare? >> L’avevo detto.
Ormai era troppo tardi per ritrattare.
Forse
rimase più stupito di me dalla mia proposta e si
limitò ad annuire con la testa
facendo diventare il suo broncio un sorriso che gli arrivò
agli occhi.
Dato
che di tempo ne avevamo in abbondanza decidemmo di andare a piedi,
così almeno
avremmo potuto parlare un po’. Anche se ancora non sapevo
bene cosa volevo
dirgli.
Mi
schiarii la voce, sicura che se avessi provato a parlare subito non ci
sarei
riuscita.
<<
Leo è andato a casa di Ben. >> Silenzio.
<<
Sono un po’ preoccupata. Tu no? >> Ancora
silenzio.
Mi
girai
per guardarlo e lo trovai a fissarmi col suo adorabile broncio.
<<
Che c’è? >> Smisi di camminare e lui
si fermò al mio fianco.
<<
Per una volta che riesco ad uscire con te dobbiamo parlare per forza di
Leonard? >> Uscire insieme? Alan pensava che questo fosse
un
appuntamento?
<<
A-Aspetta! Alan noi non stiamo uscendo insieme! Cioè
sì, ma solo come amici.
Ok? >> Potevo annoverare questo momento come uno dei
dieci più
imbarazzanti della mia vita.
<<
Sei stata molto chiara ieri sera e il giorno prima e quello prima
ancora…
>> Se voleva farmi sentire una merda, ci stava riuscendo
alla grande.
Ok, Sarah.
Prendi una decisione e fai in
modo che sia quella e nessun altra.
<<
Mi fai sentire un mostro così. >> Un ultimo
respiro e poi ripresi a
parlare. << Ti andrebbe bene aspettare fino a dopo gli
esami? >>
<<
Eh? >> Un bambino. Stavo dando una possibilità
ad un bambino.
<<
Tra due settimane finiscono gli esami e… mh…
sì, ecco potremmo anche… uscire
insieme… non come amici. Se… ti
va.>> Le ultime parole, praticamente
sussurrate, mi s’incastrarono tra i denti, uscendomi a forza
dalla bocca.
<<
Davvero? >> Pensavo che sarebbe stato contento e invece
mi sembrò solo
stupito della cosa.
<<
Beh, era solo un’idea. Fai finta che non ti abbia detto
nulla. >> Alzai
le spalle facendo finta che lo sforzo per fargli quella proposta fosse
una cosa
da nulla e ricominciai a camminare.
<<
No, no, no! Aspetta! Certo che mi va! >> Anche se non ce
n’era bisogno mi
corse dietro con la voce che sorrideva. Sì, anche la voce
stava sorridendo e
non solo il suo corpo.
<<
Posso dettare solo una piccola condizione? >> Mi morsi le
labbra dal
troppo imbarazzo che stavo provando.
<<
A meno che non si tratti di strane pratiche sadomasochiste, puoi
chiedermi
tutto quello che vuoi! >> Fu impossibile non ridere e,
grazie alla sua
piccola battuta, riuscii a calmarmi un po’.
<<
Accidenti! E io che avevo già tirato fuori la corda per il bondage! >> Per quanto mi
riguardava l’atmosfera era tornata
tranquilla e l’imbarazzo era scemato notevolmente.
<<
Oh my Mistress, ti prego non farmi maleee! >>
Unì le mani in preghiera
cercando di non mettersi a ridere. Per quanto apprezzassi il suo sforzo
di
trattenersi io non ne fui proprio capace.
Passammo
i minuti successivi a ridere come due sciocchi. Passare questo poco
tempo con
lui non fece altro che aggravare la mia cotta, ormai diventata
un’ustione di
quinto grado.
Tra
una
chiacchiera e l’altra arrivammo in vista del
Penguin’s e solo all’ora Alan
tornò al discorso “Appuntamento”.
<<
Non mi hai detto la condizione. >> Ci fermammo poco prima
della vetrina,
mentre un gruppetto di ragazzine ci superava per entrare in gelateria.
Le
occhiate ad Alan si sprecarono così come gli striduli
risolini che mi fecero
storcere il naso come il rumore delle unghie sulla lavagna.
Stranamente
Alan gli concesse solo una rapida occhiata tornando subito a guardarmi
con i
suoi occhioni da cucciolo.
<<
Allora? >>
<<
Potresti, ehm… evitare di provarci con le altre
finché uscirai con me? >>
L’avevo detto? Sì.
Buttai
fuori il fiato che mi rimaneva.
<<
Tutto qui? Credevo mi avresti chiesto quaranta giorni in bianco o
prendere
trenta a tutti gli esami o una stronzata del genere! Fiù!
>> Non ero solo
io ad aver trattenuto il fiato evidentemente.
<<
No problem piccola! Ti giuro che non le guarderò nemmeno le
altre! Parola di
lupacchiotto! >> Gonfiò il petto alzando tre
dita nel saluto degli scout.
<<
Ma non era “lupetto”? >> Tornai a
ridere.
<<
Ah già… >> La sua espressione era
troppo buffa con il naso arricciato e
il cerotto che s’increspava in tante piccole pieghette.
Ritrovò
subito il suo buon umore, mi mise un braccio intorno alla vita e mi
trascinò
dentro alla gelateria.
<<
Suggelliamo il nostro fantastico accordo con una mega coppa di gelato!
>>
Dopo
una
coppa di macedonia e un frappè alla nocciola, di Leo non
c’era ancora traccia.
<<
Che ore sono? >> Mi rigirai il bicchiere vuoto tra le
mani, bagnandomi le
dita con le gocce d’acqua che scendevano lente sul vetro.
<<
Esattamente cinque minuti in più di quando me
l’hai chiesto l’ultima volta. >>
Odio essere paranoica.
<<
Ragazzi vi porto qualcos’altro? >> Hell tutta
sorridente prese la nostra
ennesima ordinazione e trotterellò al bancone per preparare
i nostri tè freddi.
<<
Con tutto questo casino come fa ad avere ancora tutta
quest’energia? >>
Alan la guardò sbalordito.
<<
Quando sono venuto ad aiutare Trev c’era la metà
della gente e la sera non
riuscivo nemmeno ad arrivare a casa! >>
<<
Probabilmente dovrò trascinarla a letto come ieri sera!
>> Heléna tornò
verso di noi con due bicchieri giganti di tè al limone
traboccante cubetti di
ghiaccio.
<<
Hell, quanti caffè ti sei bevuta? >> Alan
aveva quasi gli occhi fuori
dalle orbite per la troppa energia della mia pazza coinquilina.
<<
Oh, solo otto! >> Rischiai di soffocarmi col
tè, ma non potei dirle
niente visto che ripartì velocemente per prendere altre
ordinazioni.
<<
Non arriverà alla fine del mese se continua così!
>> Prese un cubetto di
ghiaccio e lo sgranocchiò facendomi venire i brividi.
<<
Alan…? >>
<<
Mh? >>
<<
Che ore sono? >> Lo vidi strabuzzare gli occhi e
soffocarsi col ghiaccio.
<<
E’ l’ora che lo chiami prima di rischiare una crisi
isterica! >> Era
diventato rosso per la mancanza di ossigeno, ma riuscì a
farsi capire
ugualmente.
<<
Chi devi chiamare cucciola? >> Due braccia mi
circondarono le spalle e un
paio di morbide labbra mi lasciarono un bacio sull’angolo
della bocca.
<<
Leo! >> Mi alzai, rischiando di dargli una testata sul
naso, e lo
abbracciai fin quasi a soffocarlo.
<<
Vedi Alan? Ci vuole poco per farsi abbracciare dalla mia cucciola.
>>
Ricambiò l’abbraccio lasciandomi un altro bacio
tra i capelli.
Quando
mi
scollai di dosso e lo guardai per poco non mi prese un colpo.
<<
Le… ma… cos…? >> Le mie
facoltà lessicali avevano preso un breve vacanza.
Mi
vennero le lacrime agli occhi mentre accarezzavo il collo di Leo privo
dei suoi
lunghi e fantastici capelli mossi.
Di
quelle lunghe ciocche non era rimasto che un paio di centimetri scarsi,
solo la
frangia era un pallido ricordo di quello che era stata la folta chioma
di Leo.
<<
I tuoi capelli… >> Mi tremava quasi la voce e
Leo mi fece rimettere
seduta, occupando la sedia accanto alla mia.
<<
Ho voluto… come dire… dare un taglio a questa
storia. >> Si passò una
mano fra i corti capelli facendo un sorriso appena accennato.
<<
Per fortuna che sei gay o mi ruberesti la futura ragazza!
>> Alan gli
diede una pacca sulla spalla sorridendo come un bambino.
<<
Potrei sempre provarci con te, mio avvenente coinquilino.
>> Gli lanciò
un bacio volante tornando a sorridere.
Ora
il
sorriso che gli piegava le labbra era decisamente più da Leo.
<<
Spiacente adorabile mogliettina, ma ho promesso nemmeno due ore fa alla
qui
presente che mi sarei astenuto dalla nobile arte del rimorchio.
>> Si
misero a ridere continuando a scherzare.
Solo
quando mi ripresi dallo shock del nuovo taglio di Leo riuscii a porre
l’unica
domanda veramente importante.
<<
Ma… Ben? >> L’allegria di Leo si
attenuò notevolmente, ma una nuova luce
gli illuminò lo sguardo. Vendetta.
<<
Beh… deve sperare che il suo coinquilino rientri presto a
casa. Stare tutte
queste ore legato al letto… E poi diciamocelo: fare il
passivo non gli riesce
molto bene. >> Rimanemmo a bocca aperta mentre
iniziò a scendere nel
dettaglio, ma solo Alan si riprese abbastanza da battere il cinque al
nostro
amico.
<<
Non mi farò più mettere i piedi in testa!
>>
<<
Tesoro ho sentito solo un paio di frasi, ma domani mi devi raccontare
tutto! >>
Una Hell sorridente e imbottita di caffeina ci sfrecciò
accanto lasciando un
altro bicchiere di tè.
Le
sorrise e poi tornò a rivolgersi a noi.
<<
Ho deciso che devo dare una possibilità a questo nuovo Leo.
E poi mi si è aperto
un mondo! Beh a me il mondo… a Ben decisamente altro!
>>
Il
giorno delle possibilità, ecco cos’era.
Sperai
solo
che queste possibilità ci portassero un po’ di
felicità.
________________________________________________________________________________________________
Angolo della Pazza:
Rischio la morte a farmi viva? Spero sinceramente di no!
Aaaaaallora! Lascio perdere le inutili scuse per il ritardo, non
riporteranno indietro il tempo XD
Parliamo del capiolo. Sarah passa da "assolutamente non mi
avrà mai" al "ma una possibilità gliela posso
anche dare!" Il fascino di Alan e, sopratutto, le parole di Leo hanno
dato la giusta spinta a finchè tutto si inizi a muovere!
Questo è il nostro bellissimo Leo
prima del taglio (come lo immagino io li ha un pò
più lunghi e mossi) e qui post
taglio! E' sempre bellissimo *_*
Una notizia mega super importante (ma anche no XD) è il
fatto che il blog è stato praticamente abbandonato e ora gli
spoiler e le varie notizie verranno postate su un praticissimo gruppo
di facebook. Il gruppo è chiuso, ma solo per una questione
di mia comodità XD Non riufiuterò l'iscrizione di
nessuno ;)
My
Melodious Carillon
Ringrazio le fantastiche ragazze che hanno
recensito lo scorso capitolo! Adoro leggere i vostri commenti e siete
soprattutto voi con le vostre parole chemi fate tornare quella poca
ispirazione che mi gravita attorno! Spero sinceramente di non dovervi
far aspettare troppo per il prossimo capitolo! Anche perchè
le idee di certo non mancano ;) Un saluto a tutte voi!
Spoiler e
Curiosità nel Nuovo Gruppo
di FaceBook!
|
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Capitolo 8 *** Astray ***
Capitolo
7 – Astray
Quelle
due settimane vennero ribattezzate “Il miglior modo di
suicidarsi senza
rendersene conto”.
Il
mio
letto sentiva la mia mancanza, cosa del tutto reciproca. La dispensa
piangeva
disperata per il nulla di cui era piena. Non voglio ricordare le
condizioni
della casa in generale. Soprattutto non voglio ricordare le mie condizioni generali.
Sta
di
fatto che sul mio libretto adesso figurava un dignitoso ventisette per
il
Design degli interni e nel pomeriggio il voto di Storia
dell’architettura gli
avrebbe fatto compagnia.
Oltre
al fattore tempo c’era un altro piccolo particolare che mi
separava da un
bellissimo mese di vacanza.
<<
Stammi lontano! >>
<<
Scordatelo! Non
costringermi a legarti
alla sedia! >> La cucina non mi era mai sembrata
così piccola. Non
trovavo una via di fuga e Leo mi braccava stretto.
<<
Non ti ho fatto niente di male per meritarmi una cosa del genere.
>>
Tentai il tutto per tutto con voce da bambina e occhioni tristi.
<<
Non funziona! Adesso siediti e lasciami fare, ci vorrà un
attimo! >> Mi
mise seduta a forza sulla sedia vicino ai fornelli, mentre opponevo un
minimo
di resistenza.
<<
Hell aiuto! >>
La
testa bionda di Heléna spuntò da dietro lo
schermo del suo notebook. Chiuse il
pc con calma rivelando la pelle sopra al labbro superiore ricoperta di
uno
spesso strato di crema idratante.
<<
Ho sofferto io. Soffrirai anche tu! >> Mi
scappò da ridere a vederla in
quella maniera e Leo ne approfittò per spalarmi la cera.
<<
Non ridere o ti va sulle labbra. >> Come un pittore che
s’impegna per
dare l’ultima pennellata, Leo compì la sua opera.
<<
Al mio tre. Pronta? >>
<<
No! >> Inutile, tanto ormai andava tolta.
<<
Uno… due… >> E tirò
senza aspettare il tre.
<<
Ahaaaa! Brucia! >> Ogni volta era una vera e propria
tortura e il mio
carnefice era sempre lo stesso.
L’unica
consolazione fu che anche Hell aveva patito con me.
<<
Mamma mia cucciola! Potremmo metterlo sulla porta e usarlo come
zerbino. Guarda
qua! >> Mi mostrò la strisciolina con la cera,
tre peletti e il mio primo
strato di pelle.
Ci
vollero altri tre strappi per farlo contento, io lo ero decisamente
meno.
<<
Domani facciamo tutto il resto! >> Gli occhi gli
brillarono di una folle
luce sadica.
<<
Non ho in programma bagni al mare o incontri bollenti. Quindi: No,
grazie!
>> Mi spalmai la crema cercando di attenuare il bruciore.
Il sollievo ci
mise un po’ ad arrivare, ma ne fui ugualmente felice.
<<
Cucciola stasera ti porto a teatro per festeggiare la fine degli esami.
>> Non avevo mai occasione per andare a teatro, ma era
una cosa che mi
piaceva molto.
<<
E cosa mi porti a vedere? >> Mi misi alle spalle di Hell
per sbirciare
quello che stava scrivendo. Era più di un mese che non mi
faceva leggere nulla
e stavo andando in astinenza delle sue storie.
I polsi erano
segnati dalle corde che li
stringevano, così strette da permettergli solo pochi
movimenti. La testa gli
girava quando riuscì finalmente ad aprire gli occhi.
<<
Finalmente ti sei svegliato. Non
riuscivo più ad aspettare. >> Alzò
leggermente la testa e vide una massa
di folti capelli rossi coprirgli le cosce. La testa della ragazza
lavorava
incessantemente fra le sue cosce, facendogli riprende lentamente la
percezione
del suo corpo e di quello che stava succede…
<<
Sarah! >> L’urlo di Hell mi fece ritornare alla
realtà.
<<
Cosa?! >> Mi rimisi in posizione eretta; senza rendermene
conto mi ero
abbassata fino ad appoggiare la mia testa su quella di
Heléna.
<<
Vuoi venirmi in braccio già che ci sei? Appena lo finisco te
lo faccio leggere,
lo sai. >> Ero diventata quella che in gergo si chiama
“Beta”. Di solito
mi limitavo a controllare che non ci fossero errori di battitura e
simili, ma
solo dopo una prima lettura da lettrice.
<<
E’ un mese che non mi fai leggere niente. >>
Misi il broncio
abbracciandola e dondolandomi un po’ con lei.
<<
E’ un mese che non riesco a scrivere niente. Stupido blocco
dello scrittore!
>>
<<
Vedrai che ti passa come al solito. Adesso vatti a fare la doccia o
rischi di
arrivare tardi a lavoro. >> Le lasciai un bacio sulla
guancia e misi il
notebook in stand by.
<<
Odio la mia vita. >> Barcollò come
un’anima in pena verso il piano di
sopra facendoci ridere.
<<
Lo sai che non è vero! >> In risposta
c’arrivò solo un grugnito
indistinto.
La
tortura stava per finire. Un’ultima domanda per giocarmi il
trenta e poi
sarebbe arrivata la pacchia.
<<
Bene signorina Hunt. È soddisfatta del suo esame?
>> Era questa l’ultima
domanda?
<<
Sì. >> Non sarebbe potuto andare meglio, anche
perché il mio cervello
stava per abbandonarmi definitivamente.
<<
Mi consegni il libretto, prego. >> Non feci in tempo a
tirarlo fuori
dalla borsa che già stava scrivendoci sopra il voto.
Ebbi
paura di guardare l’esito finale, ma con un pizzico di
coraggio ci riuscii e
quello che vidi mi lasciò a bocca aperta. Trenta e lode.
<<
Avanti il prossimo. >> Mi congedai stringendo la mano al
professore e
uscii dall’aula camminando a tre centimetri da terra.
<<
Allora com’è andata? Era l’ultimo vero?
>> Alan mi aspettava appoggiato
al muro davanti alla porta dell’aula.
<<
Trenta e Lode! >> Sorrisi mostrandogli orgogliosamente il
libretto.
<<
Cosa?! Quella stronza dell’assistente mi ha fatto sudare per
un misero 28!
>> In realtà non mi sarei dovuta stupire
più di tanto per l’enorme
quantità di voti alti che si riuscivano ad ottenere in
questo corso. Il
professore era uno di manica molto larga, un po’ meno
l’assistente che se la
rifaceva su noi poveri studenti.
Da
quando avevamo fatto il nostro piccolo patto non lo avevo
più visto. Mi ero
data alla clausura per studiare e sperai veramente che avesse mantenuto
la
condizione.
Sbuffò
ancora un po’, poi il sorriso gli tornò sulle
labbra.
<<
Ho fatto il bravo, perciò mi merito una ricompensa!
>>
Stavo
per proporgli di portarlo in un negozio di giocattoli e di comprargli
una
confezione di Lego, ma lui mi precedette prendendomi per mano e
iniziando a
trascinarmi solo lui sapeva dove.
Facemmo
praticamente il giro di mezzo campus per ritrovarci davanti alla
biblioteca.
<<
Ho appena chiuso con gli esami per i prossimi mesi e tu mi porti in
biblioteca?! >>
<<
Donna di poca fede! >> Sorpassammo l’entrata
arrivando all’edificio
successivo.
<<
Attenta al cespuglio. >> Ci girammo intorno trovandoci
davanti uno
stretto passaggio in cui ci s’infilò. Ci passammo
a mala pena.
Mi
sembrava di essere entrata nella tana del Bian Coniglio e mi aspettai
che Alan
tirasse fuori un orologio da taschino dal panciotto.
<<
Alan mi spieghi dove stiamo andando? >> Dopo pochi altri
passi riuscii a
vedere la fine del tunnel.
Ci
ritrovammo in un piccolo pezzetto di terra, ricoperto di verde erbetta
e
circondato su tre lati da piccole aiuole piene di fiori colorati.
Il
quarto lato dava su una porta affiancata da due lunghe finestre che
toccavano
quasi terra e sotto di esse due panchine di pietra.
<<
Tadan! >> Aprì le braccia mostrandomi quei
dieci metri quadrati scarsi di
cortile.
<<
Ti piace? Da li si entra in biblioteca. Pensavo ci volesse un posto
carino! >>
Era esaltato come un bambino che mostrava il nuovo giocattolo
all’amichetta.
<<
Sì, certo che mi piace, ma ch… >>
Non riuscii a dire più di quella
manciata di parole.
Alan
mi
tirò a sé grazie alle nostre mani ancora unite.
Non
so
se avessi avuto o meno il tempo di scansarmi, so solo che un momento
prima mi
ero appoggiata al suo petto per non finire a terra e quello dopo le sue
labbra
erano sulle mie.
La
mano
che non stringeva con forza la mia era poggiata sulla base della mia
schiena
spingendosi sempre più contro di lui.
Il
mio
cervello decise di prendere qualche minuto di pausa appendendo un
cartello con
su scritto “Torno Subito”.
Mi
ero
sempre chiesta come mai nei libri o nei film, la ragazza che veniva
baciata
contro la sua volontà non si scansasse subito. Nel momento
in cui le labbra di
Alan iniziarono a muoversi sulle mie riuscii, forse, a capirlo.
Come
si
può allontanare il ragazzo che ti piace, mentre ti stringe e
sorride sulle tue
labbra.
Sapevo
che non era giusto – non sbagliato – e che dovevo
staccarmi da quella bocca e
da quella lingua che aveva appena accennato una carezza.
Aprii
gli occhi, che avevo istintivamente chiuso per godermi quel piccolo
momento.
Alan
teneva gli occhi chiusi e la sua mano mi massaggiava lentamente la
schiena.
Chiusi
con forza le palpebre, facendo violenza a me stessa per quello che
stavo per
fare.
<<
NO! >> Trovai la forza di volontà necessaria
per interrompere il bacio e
sfuggirgli dalle braccia.
<<
Dannazione Alan! Che accidenti ti è preso? >> Va bene, quando sono nervosa inizio a parlare come
uno scaricatore di
porto!
<<
Beh, ma tu avevi detto che… >> Non gli lascia
il tempo di finire la
frase.
<<
Ti ho detto che saremmo usciti insieme! Non che mi saresti potuto
saltare
addosso appena finito l’ultimo esame! >> Mi
allontanai di altri due passi
dandogli le spalle.
Non
ce
l’avrei fatta a guardarlo negli occhi.
<<
Beh, ma che c’è di male scusa? >>
Anche senza guardarlo ero sicura che
avesse messo su il suo broncio fanciullesco.
<<
Che c’è di male? Che
c’è di male?
Cavolo! Non saprei nemmeno come spiegartelo da quanto è
semplice come cosa!
>> Presi fiato cercando di calmarmi e di non urlargli
contro. Non troppo
per lo meno.
<<
Mi dispiace distruggere le tue certezze, ma se vuoi fare qualcosa con
una
ragazza - che non sia portartela a letto - non è questo il
modo giusto!
>> Mi girai fulminandolo con gli occhi.
<<
Non sapevo che ci fosse un modo giusto! >> Un altro dei
miei nervi saltò.
<<
Ma mi spieghi che cazzo c’hai fatto finora con tutte le
ragazze con cui sei
uscito? >> Aprì la bocca per rispondermi, ma
non gli diede nemmeno il
tempo di prendere fiato.
<<
No zitto! Non voglio saperlo, non voglio immaginarlo e non voglio
pensarci!
>>
Sbuffò
incrociando le braccia al petto, copiando la mia posa. Il suo sguardo,
al
contrario del mio, guardava in basso e il suo piede sbatteva al suolo.
<<
Non. Osare. Imbronciarti! Qui quella incazzata sono e devo
essere io! Hai idea di quello che significhi per me un bacio? Se
devo baciare qualcuno lo faccio per una ragione, non per consumare
qualche
caloria! >> Gli puntai un dito contro ritornando sui miei
passi e sbattendoglielo
al petto.
Alzò
il
viso, puntando i suoi occhioni azzurri dritti nei miei. Sembrava
sorpreso da
quella vicinanza, ma l’ultima cosa che volevo fare in quel
momento era
addolcirmi e smettere di sgridarlo.
Perché
quella non era una litigata tra due persone adulte, era la sgridata di
una
maestra al suo alunno che aveva rubato la merenda al compagno di banco.
<<
Da quando ti ho visto la prima volta, da quando ti ho
conosciuto… mi hai
mandato fuori strada! Io non scappo
davanti ai problemi e con te invece lo faccio! Non esco con
quelli… quelli come
te, ma a te avevo dato una
possibilità e te la sei giocata nel peggiore dei modi!
>> Dopo ogni
parola, sillaba, lettera uscita dalla mia bocca, vedevo i suoi occhi
rabbuiarsi
sempre di più… ma era ora che qualcuno gli desse
una bella svegliata e gli
spiegasse come gira il mondo.
<<
Vedi di crescere Alan. >> Non gli diedi tempo di
rispondere. Gli voltai
le spalle e imboccai lo stretto corridoio di mattoni rossi che mi aveva
portato
alla fine del mio piccolo desiderio. Stavo scappando, per
l’ennesima volta. Da
lui.
Avrebbe
potuto fermarmi e costringermi ad ascoltarlo come gli avevo imposto io.
Invece
non ci fu nessuna mano a stringere il mio polso, nessun nome gridato al
vento
che mi avrebbe fatto girare e correre tra le sue braccia.
Il
teatro era gremito di persone. Non avrei mai pensato che ci potesse
essere il
tutto esaurito per uno spettacolo de “Il Piccolo
Principe”, eppure dovetti
ricredermi.
<<
Non mi vuoi ancora dire che è successo? >> Una
volta seduti ai nostri
posti, Leo tornò alla carica con il suo interrogatorio.
<<
No, Poe. Non ne ho avuto voglia di parlare a casa, né per
strada, né sul bus, né
fuori dal teatro e nemmeno adesso che ci siamo finalmente messi comodi!
>> Sperai che le luci si
spengessero al più presto e che il sipario si alzasse su una
realtà che per
qualche ore non sarebbe stata mia.
Avevo
bisogno di non pensare e di calmarmi, cose che con Leo vicino proprio
non
riuscivano facili.
<<
Dovrò usare i miei poteri di divinatore allora!
>> Chiuse gli occhi e si
mise a muovere le mani come un grande mago.
<<
Vedo… vedo… anzi no! Sento… sento che
ti ha infilato la lingua in bocca e si è
beccato uno schiaffo! >> Ancora con gli occhi chiusi si
mise a ridere
come una iena scatenando il disappunto della signora seduta accanto a
lui.
<<
Bravo il mio Sherlock! Ma niente lingua e niente schiaffo. E ora
potresti
lasciarmi calmare e godermi lo spettacolo in pace? Grazie.
>> Mi chiusi
in un mutismo assoluto e sembrò funzionare fino a che le
luci non si spensero.
<<
Però poi mi racconti tutto, eh? >> Una
piattola sarebbe stata meno
appiccicosa.
<<
Lo sai che l’avrei fatto comunque. >> Misi la
mano sopra la sua,
appoggiata sul bracciolo e la mi testa trovò un comodo posto
sulla sua spalla.
Un
bacio
fra i miei capelli e su il sipario.
Lo
spettacolo finì con un tripudio di applausi, mentre tutti
gli attori
s’inchinavano verso il pubblico.
<<
Sono stati magnifici, non trovi? >> Leo era elettrizzato
dallo
spettacolo. Gli occhi gli brillavano e sorrideva come da tempo non lo
vedevo
fare.
<<
Sì, sono stata molto bravi. >> Lo presi a
braccetto e lentamente
guadagnammo l’uscita.
L’atrio
del teatro era ancora pieno di gente che commentava lo spettacolo o si
faceva
servire un buon bicchiere di vino al bar.
Prendemmo
qualcosa da bere anche noi, aspettando che la confusione scemasse quel
tanto da
permetterci di non rimanere schiacciati da tutti gli spettatori rimasti
a
godersi il post spettacolo.
Aspettammo
quasi mezz’ora prima di uscire all’aria aperta e,
quando stavo per dirigermi
sulla strada per chiamare un taxi, Leo mi trascinò dietro al
teatro in un
vicoletto poco illuminato se non da qualche lampione.
<<
Leo se volevi stuprarmi potevi benissimo farlo con comodo a casa.
>>
Sbuffai, cercando di trattenere una risata.
<<
Ho sentito dire dall’usciere che gli attori escono da qua!
Voglio conoscere il
Principe! >> Le possibilità che Leo riuscisse
ad incontrare il Principe
erano di una su diecimila.
Con
tutto il tempo che avevo passato con Leo, però, non avevo
ancora imparato a non
mettermi contro la sua fortunatissima cocciutaggine.
Proprio
nel momento in cui c’avvicinammo all’uscita
secondaria del teatro, la porta
s’aprì rivelandoci il protagonista dello
spettacolo.
<<
Ehi Piccolo Principe! >> Prima o poi avrei messo del
tranquillante in
bocca a Leo.
Si
mise
a correre verso il ragazzo che ci aveva fatto sognare quella sera.
Era
stato veramente bravo, soprattutto nella scena con la piccola Volpe.
Accelerai
il passo per raggiungerli e salvare il biondo dalla mia checca.
<<
Ciao, piacere sono Leo! Sei stato bravissimo stasera! >>
Gli allungò la
mano e l’altro gliela strinse sfoderando un sorriso da
infarto.
<<
Mi fa piacere che lo spettacolo vi sia piaciuto. >>
Nonostante sul palco
avesse usato una dizione a dir poco perfetta, adesso si sentiva
l’influenza
americana nelle sue parole.
Leo
stava per mettersi a sbavare o a…
<<
Vuoi uscire con me? >> Dire una delle sue solite
stronzate.
Mi
coprii il viso con una mano vergognandomi per lui. Per fortuna il
biondino non
sembrò prenderla male e si limito a mettersi a ridere. E che
sorriso!
Questo
ragazzo era stupendo. Era biondo, con una sguardo da far sciogliere un
ice
berg, un sorriso da tachicardia, un fisico niente male e…
continuava a tornarmi
in mente Alan. Lui era più
biondo, il
suo sguardo avrebbe fatto sciogliere l’intera calotta polare,
il suo sorriso
mandava il mio cervello a farsi un giro coi pinguini delle Galapagos e
il suo
fisico era l’unico che volessi ammirare.
<<
Scusalo, è caduto dal seggiolone da piccolo!
>> Tirai un calcio negli
stinchi a Leo, che parve nemmeno sentirlo.
<<
Per quanto la tua proposta mi faccia piacere, sono costretto a
rifiutare. La
mia piccola Volpe potrebbe tirar fuori le unghie! >> Ci
fece l’occhiolino
e Leo sospirò, ma non riuscii a capire se per dispiacere o
altro.
<<
Almeno un autografo me lo fai?! >>
Leo tirò fuori un piccolo block notes dalla sua
tracolla e glielo porse
con tanto di penna.
Il
biondo lo guardò un attimo come se non sapesse cosa farci,
poi il suo sorriso
si accentuò arrivandogli fino agli occhi.
Con
movimenti precisi e veloci scrisse un paio di righe per poi lasciare la
sua
firma ad occupare gran parte del foglio.
Tutto
contento Leo riprese il blocco e leggemmo la dedica; fu impossibile non
mettersi a ridere.
“A
Leo,
il mio primo autografo che tra un paio di anni varrà
milioni! Jack D.”
<<
Grazie, sei stato molto gentile con questo scemo. >>
Dissi prendendo la
mano di Poe nella mia.
<<
Per così poco! >> Alzò le spalle e
proprio in quel momento il suo
cellulare iniziò a suonare.
Lo
tirò
fuori dalla tasca, controllando chi fosse a chiamarlo e, quando vide il
nome
sul display, il suo sguardo si addolcì, facendoci capire che
la sua Volpe lo
stava chiamando.
<<
Scusate ragazzi, ma devo
rispondere.
È stato un piacere conoscervi. >> Ci
salutò con una mano e si portò
subito il cellulare all’orecchio.
<<
Ehi miciotta, ho appena firmato il mio primo autografo! Appena ci
vediamo ti
firmerò tutta! Soprattutto
le tett…>>
<<
JACK! >> Nonostante fossimo distanti qualche metro,
l’urlo della Volpe
risuonò chiaro nel vicoletto.
Non
volevo origliare ma Leo stava ancora ammirando il sedere di Jack.
<<
Come perché? Così tutti capiranno che sei solo
mia. >> Il sorriso che gli
piegò le labbra non aveva niente a che fare con tutti quelli
che avevamo visto
fin’ora. Era Amore. Non era un sorriso, quello era Amore.
Invidiai
Jack e la sua ragazza, e sperai di riuscire a trovarlo anche io un
giorno
quell’Amore che gli vedevo negli occhi, che gli sentivo nella
voce.
Trascinai
via Leo, prima che cominciasse a sbavare sul serio.
________________________________________________________________________________________________
Angolo della Pazza:
Ogni volta che devo scrivere le note non so mai cosa metterci... mentre
scrivo il capitolo le idee ci sono, poi vanno scemando con tutte le
cavolate che mi sfondano il cervello! Le mie sinapsi si divertono a
improvvisare partite di calcetto! Cianco alle bande
ù.ù Veniamo alle cose serie...
Ma quanto è cucciolo Alan? *_* Mentre scrivevo il pezzo
della sfuriata della pazza (vedi Sarah XD) me lo immaginavo con il
musetto del mio cane quando lo sgrido! E con quegli occhioni le
sgridate durano sempre poco! Oddei sto divagando!
Ora passiamo alla cosa veramente importante! La mia adorata Fallsofarc
mi ha gentilmente concesso il cognatino Jack per un piccolo Cameo!
Adoro Jack e spero di averlo reso nel migliore dei modi!
La prima parte del capitolo non è inventata! Lo giuro XD Non
avete idea di quante volte quella scena si sia ripetuta tra me e le mie
ex coinquiline! Mi mancano ç_ç Considerando che
non ve ne potrebbe fregare di meno vi lascio libere dalla mia presenza!
X3 Un grazie a tutti voi che leggete e commentate la storia! Le
risposte alle recensioni partiranno da questo capitolo =P
Spoiler e
Curiosità nel Gruppo
di FaceBook!
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Capitolo 9 *** Peace &... Chupa Chups? ***
Capitolo
8 – Peace &… Chupa chups
<<
Mi spieghi che gli hai fatto? >> Leo era comodamente
seduto sul mio
divano a sgranocchiare pop corn davanti alla tv.
<<
Lascia stare! >> Era tutto il pomeriggio che andava
avanti con quella
storia.
“Che
gli hai fatto?” “Che gli hai detto?”
“Che colore ha il cielo oggi?” e così
via,
finché i miei neuroni hanno iniziato a smettere
d’ascoltarlo.
<<
Come, lascio stare? Sono due settimane che non ci sentiamo e mi dici di
lasciar
stare? >> Come se una piattola
non
bastasse.
<<
No, Justin. Non stavo dicendo a te. >> Il mio adorabile
scimmiotto, anche
detto fratello minore, mi stava rintronando con la sua tirata
d’orecchie.
<<
Ma che sorella sei? Avevi detto che mi avresti chiamato sempre, e
invece? Puah!
Quella schizzata di Cecilia ha dipinto la tua stanza di rosa, rosa! Non so se mi sono spiegato!
>> Dovetti allontanare il telefono
dall’orecchio per non rischiare di
rimanere sorda.
Cecilia
era la ragazza che aveva preso in affitto la mia camera quando mi ero
trasferita più vicino all’università.
Ecco
il
principale motivo dell’odio di mio fratello e del fatto che
non tornassi a casa
nemmeno per le vacanze estive.
<<
Mi dispiace scimmiotto. Almeno ha smesso di occupare tutto il bagno?
>>
Riappoggiai il telefono all’orecchio giusto in tempo per
sentire il suo urlo di
frustrazione.
<<
Spero tu stia scherzando! Quella pazza maniaca ha buttato il mio
bagnoschiuma e
ne ha messo uno alle fragole! Puzzo come una femminuccia.
>> Forse non
dovrei ricordargli che da piccolo rubava sempre il mio bagnoschiuma
alla
vaniglia e il mio rossetto, anche se per farsi i segni da indiano.
<<
Cucciola ho finito i pop corn! >> La ciotola gialla mi
volò tra le
braccia, rischiando di far cadere il telefono che avevo incastrato
tra
l’orecchio e la spalla.
<<
Quanto rompi! >> Mi alzai per andare a prendere una busta
di patatine.
<<
E certo che ti rompo! Sei l’unica con cui mi posso lamentare.
Cos’è devo andare
da mamma a dirgli “sai che quella sclerotica non la sopporto?
Posso ucciderla
nel sonno?” >>
<<
Justin! Non osare uccidere nessuno nella mia camera! E, ancora una
volta, non
stavo parlando con te! Leo, a cuccia e non rompere! >> Mi
rintanai in
cucina, cercando un modo per chiudere quella telefonata che andava
avanti da
ormai quaranta minuti.
<<
A proposito di Leo… che hai combinato con Alan?
>> Adesso ci si metteva
pure lui.
<<
C-che ne sai tu di Alan? >> Odiavo balbettare, e ogni
volta che mi
sentivo in imbarazzo succedeva.
<<
Sorella, hai mai sentito parlare di Facebook? Leo mi tiene aggiornato.
>> Mi
disse tutto orgoglioso.
<<
Justin! Hai solo 13 anni, sei troppo piccolo per usare Facebook!
>>
Incredibile. Io alla sua età giocavo ancora con le Barbie e
le Lego.
<<
Non cambiare argomento e non rompere. Devolvi informazioni succulente
al tuo
unico consanguineo sano di mente. >> Parlare troppo con
Leo aveva sortito
un effetto fin troppo catastrofico sul mio caro fratellino.
<<
Non c’è niente da dire. >>
Passò qualche secondo di silenzio e guardai
addirittura il display del cellulare per vedere se era caduta la linea.
<<
Sarah. >> Bastò il mio nome per farmi iniziare
a parlare come un fiume in
piena, raccontandogli gli avvenimenti degli ultimi giorni.
<<
Ma sei scema? >> Mi urlò tanto forte da farsi
sentire anche da Leo.
<<
Bravo piccoletto! Diglielo anche tu! >> Leo tifava
stravaccato sul
divano.
Justin
mi tenne altri venti minuti al telefono, facendomi una bella lavata di
capo che
difficilmente dimenticherò mai.
Mi
rimproverò per come avevo trattato Alan, anche se mi diede
un po’ ragione, mi
sgridò ancora una volta per il fatto di non averlo chiamato
e mi rinfacciò di
non farmi sentire mai e che, se sapeva che ero viva, lo doveva solo a
Leo.
<<
Dai Jujù, facciamo pace? >> Gli chiesi con la
vocina dolce che lo faceva
sempre cedere.
<<
Però così non vale… >>
Me lo immaginai col broncio e gli occhi un po’
tristi.
Fare
pace col mio fratellino era facile. Era ancora un bambino in fondo,
nonostante
cercasse di dimostrarsi più adulto di quel che fosse.
Lo
salutai, promettendogli che lo avrei chiamato più spesso.
Prima
di tornare in sala con Leo riempii la ciotola di patatine, prevedendo
un’eventuale serie di sbuffi se me le fossi dimenticate.
Mi
misi
comoda sulla mia parte di divano, zittendo in partenza tutti gli
eventuali
discorsi che Leo poteva imbastire.
Cercai
di concentrarmi sul film in tv, ma la mia mente decise che la trama non
era di
suo gradimento e si mise a pensare per i fatti suoi.
Il
mio
fratellino aveva ragione ad essere arrabbiato con me. Ero stata una
sorella
assente e lui aveva solo bisogno di sfogarsi un po’ e di
sentire vicino
qualcuno di cui si fidasse e che gli volesse bene. Per quanto permaloso
fosse,
per fortuna, ci mettevamo sempre poco a fare pace. In fondo era ancora
un
bambino e doveva ancora capire come relazionarsi nel modo giusto con le
persone.
Un po’
come Alan…
Quel
pensiero mi attraversò il cervello come un fulmine.
Alan
e
Justin erano più simili di quanto avessi mai potuto
immaginare.
Mandai
un ringraziamento silenzioso a Leo, che mi aveva sempre tenuta
aggiornata su
Alan anche quando le informazioni non erano troppo desiderate.
Alan
non aveva mai avuto nessuno che gli spiegasse come comportarsi con le
ragazze,
dato che tutte quelle con cui era stato lo usavano solo come
“bambolo
gonfiabile”.
Si
rendeva conto di volere una storia seria, ma non sapeva come riuscirci
e, se
veramente voleva provarci con me, aveva provato con il solo modo che
conosceva.
Devo ammettere
che è stato dolce e portarmi
in quel piccolo giardino dietro la biblioteca…
Però
non avrebbe dovuto baciarmi di punto in bianco!
Anche se
è stato bello essere baciata da
Alan…
I
miei
pensieri viaggiavano a velocità di curvatura. Temetti che,
da un momento
all’altro, mi sarebbe uscito il fumo dalle orecchie.
Se,
come avevo supposto, Alan non sapeva come comportarsi nel modo giusto con una ragazza, aveva
sbagliato (?) in buona fede ed
io… beh non ho problemi a darmi della stronza quando me lo
merito.
Avevo
detto cose giuste, ma avrei potuto dirgliele in un altro modo
decisamente meno…
da stronza.
<<
Leo? >> Abbracciai il cuscino mentre una strana idea mi
nasceva in testa.
Mi
fece
un gesto con la mano per darmi il via libera per parlare. La sua bocca
era
troppo occupata a ruminare patatine.
<<
Pensi che Alan sia a casa? >> Lo sentii bloccarsi ancor
prima di vederlo.
Girò
la
testa verso di me in un inquietante remake
dell’Esorcista.
Il
nome
del suo coinquilino gli aveva fatto dimenticare film, patatine e
quant’altro.
<<
Perché? >> Si sporse verso di me, puntandomi
addosso i suoi occhioni
ridotti a due fessure.
<<
C-Così… >> Il suo sguardo era
inquietante e assolutamente curioso.
<<
Da quando gli hai dato picche non ha ancora messo il naso fuori da
camera sua.
Perché vuoi saperlo? >> Ci mancò
poco che mi montasse sopra. Avevo
affondato completamente la schiena contro il bracciolo del divano e
temetti di
cadere all’indietro, se non fosse per le mie gambe
intrappolate dalle mani di
Leo.
<<
Ehm, ecco… >>
Non
potevo credere di stare veramente per farlo.
Non
mi
era neppure mai venuta in mente una cosa del genere. Ma
tentar non nuoce, mi dissi per darmi quel coraggio in
più che mi
serviva per infilare la chiave nella serratura e aprire la porta.
Il
salottino era rischiarato dalla luce del tardo pomeriggio, niente luce
elettrica.
Mentre
salivo le scale per il secondo piano, quasi sperai di fare un buco
nell’acqua.
Quando arrivai davanti alla sua
porta
mi prese quasi un colpo. Quando bussai e non ottenni risposta mi resi
conto di
aver trattenuto il respiro troppo a lungo.
“Se
non ti risponde apri lo stesso.”
Leo la
faceva facile!
Strinsi
la mano intorno al mio piccolo bottino, mentre con l’altra
abbassavo la
maniglia e aprivo un piccolo spiraglio in quella camera che mi metteva
così
agitazione.
Per
terra c’era un disastro di libri e fumetti, alcuni cd erano
ammucchiati in un
angolo della scrivania, anche quella invasa da un computer e da carte
di ogni
genere.
L’armadio
era aperto e pareva ci fosse scoppiata una bomba dentro; magliette,
felpe e
pantaloni giacevano a terra - o appesi a qualcosa
- come fieri soldati caduti in battaglia.
Mi
sporsi un po’ di più riuscendo a vedere il letto.
Come per il resto della casa
l’unica luce era quella naturale che filtrava dalle grandi
finestre. Le tende
erano assenti, ma non mancava l’intelaiatura. Forse erano a
lavare, o molto più
probabilmente erano state tolte e dimenticate da qualche parte in tutto
quel
casino.
Accantonai
i miei pensieri da casalinga frustrata, tornando a prestare attenzione
a quello
che mi interessava davvero.
Alan
era sdraiato sul letto e mi dava la schiena.
Due
grosse cuffie gli coprivano le orecchie, spandendo per la camera una
soffusa
musica.
Addosso
aveva solo una canottiera chiara e un paio di bermuda di quello che mi
parve
jeans.
Cercai
di calmarmi prendendo un grosso respiro ed entrai.
Lasciai
la porta accostata e misi la borsa per terra, di fianco alla sponda del
basso
letto.
<<
Alan? >> Provai a chiamarlo, ma la musica era troppo alta.
Mi
sporsi sul letto per toccarlo e richiamare la sua attenzione, ma
bastò che il
mio ginocchio affondasse nel materasso per farlo girare.
<<
Leo, quante volte ti ho detto di non entrare in camera senza buss-
>>
L’ultima parola gli morì in gola, e io come una
scema con la mano ancora a
mezz’aria non sapevo che dire.
<<
C-Ciao. >> Mi sembrò la cosa giusta.
Rimase
senza parole per qualche secondo e io con lui.
Decisamente
la mia improvvisa comparsa l’aveva stupito, ma non riuscii a
capire se in bene
o in male.
Alla
fine si tolse le cuffie dalle orecchie e se le appoggiò
intorno al collo. La
musica arrivava più forte, ma non riconobbi la canzone.
<<
Che ci fai qui? >> Nonostante la sua voce fosse quella
che di solito
associavo alla sua espressione da bimbo arrabbiato, nessun broncio
arrivò a
piegargli le labbra.
<<
E-ecco io… Posso? >> Gli chiesi indicando la
parte di letto libero
accanto a lui.
Annuì,
distogliendo lo sguardo e spostandosi un po’ di
più verso il muro a cui era
appoggiato il letto.
Mi
tolsi i sandali sedendomi accanto a lui con le gambe distese.
Il
letto
era ad una piazza e mezzo, ma eravamo comunque più vicini di
quel che si
potesse pensare.
Continuavo
a muovere i piedi nervosamente e, più di una volta, rischiai
di toccare i suoi.
Restammo
in silenzio per alcuni minuti.
Alan
non mi aveva più chiesto cosa io facessi lì ed io mi stavo
dando della stupida
per l’idea che mi era venuta in mente. Ma ormai ero in ballo
e dovevo ballare.
<<
Ho bussato prima, m-ma non devi avermi sentito. >> Lo
guardai di
sottecchi, ma lui trovava più interessante osservare il muro.
<<
Leo mi ha dato le chiavi e… gliele ho chieste io! Non te la
prendere con lui,
ok? >> Avevo iniziato a gesticolare per dare enfasi alle
mie parole e per
cercare di catturare la sua attenzione.
<<
Alan io… >> Dovevo trovare le parole giuste.
<< Ho fatto la
stronza! >>
Quelle
dovevano essere le parole giuste.
Si
girò di scatto verso di me con un’espressione
genuinamente sorpresa.
<<
I-io non dovevo dirti quelle cose. Cioè sì, ma
no! Dovevo dirtele, però non in
quel modo. Sono stata una stronza totale, perché tu sei
stato così carino e io
ho pensato solo a fare la stronza acida e… e…
>> Stavo per andare in
iperventilazione. Mi stavo incartando con le parole e mi sembrava che
la lingua
mi si stesse per annodare.
Lentamente
sentii una calda carezza sul mio braccio. La mano di Alan si
appoggiò
completamente e io alzai il viso verso di lui. Mi sentivo gli occhi
lucidi per
le troppe emozioni che non riuscivo a gestire.
Perché
quando ero troppo emozionata, oltre a balbettare, mi veniva sempre da
piangere.
Alan
cercava di trattenersi dal ridere. Lo capivo benissimo dal fatto che si
stesse
mordendo un angolo delle labbra.
Presi
un lungo respiro, allungai la mano con la mia offerta di pace verso di
lui.
<<
Scusa. >> Aprii la mano mostrandogli cosa gli avevo
portato. <<
Facciamo pace? >>
Non
dovetti sforzarmi per mostrargli che ero veramente dispiaciuta, la mia
faccia
parlava per me.
<<
Però così non vale… >>
Cerco d’imbronciarsi, ma tutto quello che riuscì a
fare fu sorridere.
Prese
uno dei chupa chups che tenevo in mano e lo scartò,
infilandoselo poi in bocca.
Feci
lo
stesso con quello che era rimasto. Panna e pesca, i miei gusti
preferiti.
Il
silenzio stava per diventare imbarazzante, come se già non
lo fosse.
<<
A-Alan? >>
<<
Mh? >> Continuava a mangiare il suo lecca lecca, come se
fosse la cosa
più buona del mondo.
Avvampai
al pensiero di cosa potesse fare quella bocca.
<<
Visto che alla fine non siamo usciti dopo gli esami…
ecco… ti va di uscire
domani? >> Aspettai la risposta per qualche secondo.
Quando passarono un
paio di minuti iniziai a preoccuparmi che si fosse dimenticato che ero
lì
accanto a lui.
Se
ne
stava tranquillo, con una gamba piegata e un braccio mollemente adagiato
sopra
al ginocchio.
L’unico
rumore che c’era nella stanza era quello della musica
lasciata andare a tutto
volume.
Mi
ero
talmente abituata a quel silenzio che quasi mi spaventai quando si
girò verso
di me con i suoi occhi chiari e il sorriso sulle labbra.
<<
Non so come si faccia ad uscire con una ragazza. Di solito andavamo a
mangiare
una pizza e poi finivamo a letto! >> Disse indicando il
letto su cui
eravamo.
<<
Oh, ti prego! Non farmici pensare! Ci sono seduta sopra!
>> Ci mettemmo a
ridere e mi dimenticai della tensione che c’era stata
finora tra di noi.
Scherzammo
un altro po’ e Alan mi raccontò che i suoi lo
avevano mandato in un collegio
maschile, perché erano sempre in giro per il mondo.
<<
Quando sono tornato alla “vita vera” non sapevo
bene come comportarmi! >>
Scrollò le spalle in un gesto che voleva dire tutto e niente.
<<
E’ inquietante pensare a quante ragazze si siano approfittate
di te! >>
Il suo “Ehi!” mi fece tornare a ridere.
In
quelle ore che passammo a parlare scoprii che Alan era più
grande di me di un
anno, ma che come me aveva appena finito il primo anno di
università.
<<
Niente baci finché non sarà il momento!
>> Stavamo cercando un modo per
venirci incontro. In realtà stavamo cazzeggiando alla grande.
<<
E quando sarà “il momento”?
>> Mimò le virgole con le dita, cercando di
resistere dal mettersi a ridere.
<<
Lo capirai. Seconda cosa: niente sesso almeno fino al terzo
appuntamento! >>
“E per almeno qualcun altro in
più,
ormoni permettendo!”
<<
Ma se il momento del bacio non ci sarà stato fino ad
allora… faremo sesso senza
baciarci? >> Lo disse in modo fin troppo serio, e la cosa
mi preoccupò
non poco.
<<
Non trovo le parole per risponderti. >>
<<
Eddai stavo scherzando! >> Mi spinse giocosamente con la
spalla. <<
In tutto questo potrò almeno toccarti o mi
servirà un permesso scritto? >>
<<
Chiederò al mio avvocato di fiducia! >>
Era
divertente passare del tempo con lui. Non ci eravamo mai parlati tanto,
nemmeno
quando ci trovavamo in gelateria e passavamo tutto il pomeriggio li con
Leo e
Hell.
<<
Sarà meglio che vada. È tutto il pomeriggio che
Leo è solo a casa mia. >>
Mi dispiaceva andarmene, ma il sole fuori dalle finestre stava
tramontando.
<<
Ti avrà svuotato la dispensa a quest’ora!
>> Cosa molto probabile
conoscendo quell’idrovora del nostro amico.
<<
Ci vediamo domani allora. >> Mi stiracchiai un
po’. La schiena mi doleva
per essere rimasta troppo tempo nella stessa posizione.
<<
Non mi dai nemmeno un bacino per salutarmi? >> Sguardo da
cucciolo,
broncio che mi faceva morire.
Avvicinai
il mio viso al suo e lui chiuse gli occhi d’istinto.
<<
A domani. >> Sussurrai sulla sua guancia prima di premere
le mie labbra
per un paio di secondi.
Saltai
giù dal letto, infilando i sandali a tempo di record e
raccattando la borsa.
Mi
girai verso di lui per salutarlo un’ultima volta, ma vederlo
a gambe incrociate
sul letto col suo bellissimo broncetto mi fece solo sorridere.
Quando
ormai
ero sulle scale lo sentii gridare << Ti passo a prendere
alle quattro! >>
Risi
come una scema urlandogli un << Va bene! >>
che penso avesse sentito
anche Leo, che trovai dietro la porta intento a suonare il campanello.
Ero
stata una stronza, ma il tempo per rimediare di certo non mi mancava!
________________________________________________________________________________________________
Angolo della Pazza:
Ebbene non sono sparita del tutto! XD Anche se poco ci manca! Penso sia
quasi inutile scusarsi, dato che le scuse non porteranno altri
aggiornamenti! XD
Il blocco dello "scrittore" mi ha presa in pieno! Metà del
capitolo era stato scritto una cosa come quasi due mesi fa... le ultime
quattro pagine sono frutto di una serata e una mattinata attaccata alla
tastiera! Spero di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo
=( Non sapete quanto mi dispiace aggiornare così di rado! Al
prossimo capitolo ;)
Ps: Ecco qua il nostro Jujù!
Spoiler e
Curiosità nel Gruppo
di FaceBook!
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Capitolo 10 *** First Date ***
Capitolo
9 – First Date
Alan
mi
piaceva. Anche tanto.
Ma
non
fino al punto di voler far assomigliare la mia camera alla sua.
Leo,
questo concetto, ancora non lo aveva capito.
<<
Devi essere provocante, ma non sexy. Una cosa alla “sbattimi
al muro, ma con
dolcezza”! >> Con la testa infilata nel mio
armadio continuava a buttare
vestiti dietro di sé.
<<
Sì Leo. >> Mai contraddire un pazzo.
È così che si dice, no?
<<
Cercate almeno un vicoletto appartato o vi arresteranno per atti osceni
in luogo
pubblico. >> Prese fra le mani una mini gonna che avevo
comprato per un
carnevale di qualche anno prima. Oltre ad essere ridicolmente corta,
era anche
cosparsa di stras multicolor.
<<
Ah-ah. >> Era stato inutile dirgli che ero già
pronta.
Da
quando si era precipitato nella mia stanza avevo fatto in tempo a farmi
la
doccia, sistemarmi i capelli e vestirmi. Era un normale appuntamento;
non
dovevamo mica giurarci amore eterno davanti alla Regina.
Intanto
che aspettavo le quattro, mi ero decisa a mettermi lo smalto.
La
checca isterica non mi dava retta e io avevo ancora qualche minuto per
dare
un’altra passata.
<<…
e poi preso dalla passione ti strapperà le mutande e ti
farà sua dietro un cassonetto!
>> Era così convinto delle sue parole, tanto
che gli brillavano gli
occhi.
Io,
invece, non sapevo se mettermi a ridere o a piangere dei suoi deliri.
Per
fortuna il campanello suonò poco dopo, quando ero
già rimasta incinta di un
paio di gemelli e vivevo in una villetta a schiera con cinque cani, due
gatti e
una vasca piena di pesci rossi.
Leo
non
parve accorgersene e continuò il suo soliloquio.
Ormai
aveva finito i vestiti da buttare all’aria e si rimirava
nello specchio
attaccato ad una delle ante dell’armadio.
<<
Poe, io vado. Se vuoi ci sono i biscotti nella credenza e Moulin Rouge
nel
lettore dvd. >> Cercai di attirare la sua attenzione, ma
nemmeno due
delle sue cose preferite lo staccarono dal suo riflesso.
Buttai
gli occhi al cielo e corsi giù per le scale.
Se
fosse stato per Leo avrei dovuto mettere un tacco dodici che mi avrebbe
fatto
ammazzare dopo il primo scalino. Per fortuna ero ancora abbastanza sana
di
mente da optare per un comodo paio di converse.
Ci
mancò poco che mi spalmassi contro il portone per guardare
dallo spioncino.
Dall’altra
parte Alan mi aspettava un po’ nervoso.
Presi
un respiro per calmarmi. Ero riuscita a stare calma fino a quel
momento, ma ora
tutto stava per diventare reale.
Il
non
pensare che avrei avuto un vero appuntamento con Alan mi aveva aiutato
e Leo
con tutte le sue cazzate era riuscito a distrarmi, ma ora…
Aprii
il portone e il sorriso di Alan mi abbagliò. Se fossimo
stati in uno dei
racconti di Hell probabilmente non avrebbe fatto in tempo a dirmi
<<
Ciao! >> che le fantasie perverse di Leo si sarebbero
avverate.
<<
Ehi. >> Balbettai un po’.
Lui
alzò una mano per salutarmi e continuò a
sorridere.
<<
Dove ti va di andare? >> Non si era avvicinato, era
rimasto fermo sugli
scalini davanti alla porta.
Stava
prendendo un po’ troppo alla lettera il fatto di andare con
calma. Non gli
avevo mica consegnato un ordine restrittivo nei miei confronti!
Mi
persi un momento a guardarlo dai miei due gradini di vantaggio.
Anche
lui si era vestito normalmente: maglietta, bermuda di jeans e converse.
Avanzai
di un passo, chiudendomi la porta alle spalle.
<<
Non so… hai niente in mente? >> Cercai di
sorridere, anche se l’ansia
stava prendendo il sopravvento.
<<
No, beh… oddio dovevo progettare qualcosa?! No,
perché non c’ho proprio pensato
e magari poi non ti andava bene e… e…
>> Iniziò a gesticolare e ad
impanicarsi, tanto che per poco non mi misi a ridere.
Se
qui
c’era qualcuno nervoso era decisamente lui.
Io
avevo già avuto dei normali
appuntamenti, mentre lui non sapeva proprio da che parte iniziare.
<<
Alan, tranquillo! Non ti ucciderò per questo!
>> Gli poggiai una mano sul
braccio per farlo fermare e lui mi guardò col suo sguardo da
cucciolo
abbandonato.
<<
Non abbiamo fatto nemmeno due passi che sto già combinando
un disastro…
>> Se non si fosse tolto quell’espressione
dalla faccia avrei passato il
resto del pomeriggio a coccolarlo e a ripetergli che era un bravo
cucciolo.
Decisi
che era meglio muoverci da davanti alla porta. Magari Leo sarebbe
potuto uscire
e avrebbe potuto narrare le sue idiozie ai quattro venti.
Gli
sorrisi cercando di rassicurarlo e lo presi per mano.
<<
Non essere così pessimista. Hai tutto il pomeriggio per
rifarti. >> Scesi
i gradini tirandomelo dietro.
Passeggiammo
per un po’ in silenzio.
Non
gli
avevo ancora lasciato la mano e anche lui sembrava non averne
intenzione.
Grazie
a quello però riuscii a capire che si stava calmando un
po’.
All’inizio
aveva i palmi sudati per il troppo nervosismo, in quel momento invece
era
tranquillo.
Lo
guardai di sottecchi e più di una volta lo beccai mentre
stava per dire
qualcosa.
Non
avrei mai pensato che potesse essere così impacciato. Di
solito parlava anche
troppo e rideva sempre.
<<
Ti va di andare a bere qualcosa? >> Ruppi il silenzio e
Alan tirò quasi
un sospiro di sollievo dato che gli avevo tolto
quell’incombenza che gli
gravava sulla testa da quando avevamo lasciato le scale di casa mia.
<<
Andiamo allo Star? >> Chiese decisamente più
rilassato.
Il più vicino
Starbucks si trovava esattamente
davanti al British Museum. Avremmo potuto approfittarne per fare un
giro al
museo se non ci veniva altro in mente.
Alan
mi
sorrise allegro quando annuii.
<<
Per caso Leonard era da te? Ho provato a chiamarlo e non mi ha
risposto.
>> A quelle parole quasi mi strozzai con la saliva.
Mi
erano tornati in mente tutti i discorsi deliranti di quella cosa che chiamavo migliore amico.
<<
S-sì. Mi stava distruggendo la camera poco prima che
arrivassi. >> Mi
sentii andare a fuoco le guance.
Presto
avrei ucciso Poe. Accidenti a lui e le sue stupide idee di mutande,
vicoli e
cassonetti.
Ero
tranquilla, serena, riposata. Fino a che quell’essere di
dubbia moralità non mi
ha condizionato coi suoi discorsi. Condizionamento postumo. Solo lui
poteva
riuscirci.
Fece
una faccia buffissima, a metà tra l’incredulo e il
rassegnato.
<<
A me ha riordinato camera stamani… Avrà problemi
di personalità multipla?
>>
Provai
ad immaginare un eventuale motivo a questo attacco da mogliettina
premurosa e
l’unica cosa che mi venne in mente fu che volesse vestire
Alan come un Ken a
grandezza naturale come voleva fare con me.
<<
Che non era normale l’avevo capito da un pezzo.
>> Rabbrividii al
pensiero di come avrei trovato la mia camera una volta tornata a casa.
Sperai
che non mi avesse lasciato minacce di morte scritte col sangue sul muro
per
averlo lasciato a parlare da solo.
<<
E’ da molto che vi conoscete? >> Domandai
curiosa.
Stranamente
Leo non mi aveva raccontato di come si erano conosciuti, ma aveva
abbondato sui
particolari delle sue varie amichette.
<<
Ehm… dunque… >> Si passò
una mano fra i capelli, facendo la faccia da
pensatore.
<<
Se non sbaglio si è trasferito in casa verso questo periodo
dell’anno. Perciò
ci conosciamo da un anno se la matematica non è
un’opinione! >>
Iniziammo
a parlare del loro primo periodo di convivenza.
Alan
viveva nel suo mondo e Leo si era praticamente impossessato di tutta la
casa.
Fosse
stato per me l’avrei avvolto in una coperta e fatto
ciondolare giù dal balcone,
ma Alan, per fortuna di Leo, non era me. Per la mia sanità
mentale Hell era sì
disordinata, ma anche molto equa per quanto riguardava le cose di casa.
Ci
eravamo divise gli armadietti in bagno e la dispensa in
cucina… poi si era
creato il caos e ormai tutto era di tutte e due. Andava bene
così, riuscivamo
ad avere un’ottima convivenza.
Convivenza
che negli ultimi tempi si era ridotta a
“Buongiorno”,
“Caffè” e
“Buonasera”.
Stava
lavorando come una matta e dubitai che fosse tutta colpa di Trevor. Non
riusciva più a scrivere perciò si era buttata
anima e corpo in quello che
riusciva a fare.
Da
quello che mi disse Alan in casa loro regnava l’anarchia
più totale. Non me ne
stupii affatto ricordando il salottino governato da vestiti da stirare
e i
mobili della cucina praticamente vuoti.
Quelle
poche volte che ero stata a casa loro, avevamo sempre dovuta fare la
spesa
prima di poter mangiare.
Lasciare
due maschi semi adolescenti a vivere da soli non è mai cosa
saggia. Strano che
non avessero ancora dato fuoco o allagato quella povera casa.
Arrivammo
allo Starbucks senza nemmeno accorgercene.
Da
quando avevamo preso a parlare non c’eravamo più
fermati e avevamo riso fino
alle lacrime a raccontarci vari aneddoti di quello che succedeva nelle
nostre
rispettive case.
<<
Tu non hai idea di quanto Hell possa urlare forte! Quando ha visto
quello
scarafaggio pensavo si sarebbe buttata dalla finestra pur di stargli
lontana!
>>
Alan
rabbrividì quando gli raccontai dell’incursione
notturna di quel maledetto insetto
che mi fece passare la notte in bianco per cercare di buttarlo fuori
casa.
<<
Penso che avrei fatto compagnia a Heléna sul marciapiede.
Quelle cosine nere,
con tutte quelle zampette… brrr! >>
<<
Ma dai è solo uno scarafaggio. >> Gli sfiorai
appena il braccio con la
punta delle dita facendogli fare un salto degno di un gatto.
Non
potei fare a meno di sghignazzare mentre gli muovevo le dita davanti
agli
occhi.
Prendemmo
i nostri caffè e ci rimettemmo in strada per continuare la
nostra passeggiata.
Dentro
c’era troppa gente, altrimenti ci saremmo messi a sedere per
continuare a
parlare ancora.
<<
Si è rannuvolato. Speriamo non si metta a piovere.
>> Mi portai il
bicchiere di carta alle labbra, assaporando il buon sapore del
caffè.
<<
Potremmo andare a chiuderci da qualche parte. >> Alan mi
copiò, alzando
poi gli occhi al cielo quando una goccia di pioggia gli cadde sul naso.
In
compenso io quasi mi strozzai a sentirgli chiedere una cosa del genere.
Maledissi
Leo e i pensieri che mi erano venuti in mente. E anche Alan. Non poteva
uscirsene con frasi del genere. Io… Lui… chiusi
da qualche parte… Decisamente
passava da un estremo all’altro.
Mi
batté la mano sulla schiena, preoccupato che gli stessi per
morire davanti.
<<
Tutto bene? >> Continuò ad accarezzarmi la
schiena, mentre io tornavo a
respirare aria e non caffeina.
Mi
limitai ad annuire e a prendere un gran respiro.
Cercai
di parlare, ma dovetti schiarirmi la voce un paio di volte per
riuscirci.
<<
Ti va di andare al museo? >> Indicai il Museum
dell’altra parte della
strada.
<<
Ehm… ecco… perché non andiamo al
cinema? >> Alan era completamente
arrossito.
Ed
io
con lui. Voleva attentare alla mia perduta virtù in un luogo
pubblico? Almeno
l’altra volta mi aveva portato in quel bel cortiletto
sconosciuto.
Per
fortuna che non mi ero rimessa a bere il caffè o sarei
finita affogata.
<<
A-al cinema? >> Balbettai scacciando il pensiero di
quello che poteva
succedere in una sala buia con comode poltroncine imbottite.
Il
mio
cuore stava per scoppiare. Era passato dal rivolgermi a malapena la
parola, a
tenermi tranquillamente per mano, a volerci chiudere al cinema a fare
chissà
cosa.
<<
E’ che… è uscito Toy Story 3
l’altra settimana… e volevo vederlo.
>> Si
portò una mano sulla nuca, distogliendo lo sguardo dal mio.
Vuole vedere un
film e non saltarmi addosso
nel buio della sala? Il ragazzo sta decisamente guadagnando un sacco di
punti.
<<
Oh! >> Fu la mia eloquente risposta.
<<
Però se vuoi andi… >>
<<
Va bene. >> Dissi, senza lasciargli il tempo di finire
quello che stava
dicendo.
<<
Davvero? >> Era fin troppo sorpreso della mia risposta,
ma io non ci
vedevo niente di male… adesso.
<<
Sì, certo. Adoro i film della Disney. Justin mi ha fatto
vedere Toy Story
almeno un miliardo di volte, è uno dei suoi film preferiti.
>> Sorrisi
ripensando al mio fratellino che correva per il salotto col suo capello
da
cowboy.
Un
meraviglioso sorriso gli aprì le labbra, facendomi perdere
per qualche secondo.
<<
Andiamo? >> Mi chiese allungando una mano verso di me.
Non
ci
fu bisogno di rispondergli.
Gli
presi semplicemente la mano.
Eravamo
seduti l’uno accanto l’altra da almeno trenta
minuti. I giocattoli sullo
schermo erano impegnati a salvarsi i pezzi dai bambini pestiferi
dell’asilo in
cui erano stati scaricati e noi avevamo già finito la nostra
porzione maxi di
pop corn.
La
sala
era mezza vuota. Forse per l’ora o per il fatto che era un
giorno
infrasettimanale, a farci compagnia c’era qualche nonna col
nipotino che non la
smetteva un attimo di parlare, qualche gruppetto di ragazzini e qualche
coppietta che aveva scelto il cinema per sbaciucchiarsi furiosamente.
Sperai
solo quello.
<<
Ehi… >> Mi sentii tirare l’orlo
della maglietta dal buco sotto al
bracciolo.
<<
Cosa? >> Gli risposi sussurrando.
Mi
girai verso di lui che indicava una coppia di ragazzi che stavano
cercando di
riproporre una scena vietata ai minori qualche sedili dopo i nostri.
Sgranai
gli occhi, raggiungendo in poco tempo la temperatura di un vulcano in
eruzione.
Stava
scherzando, vero? Si era già dimenticato tutto il bel
discorso che c’eravamo
fatti il giorno prima?
Va
bene
che era quasi un discorso idiota – togliamo anche il quasi
– ma pensavo che
avesse capito l’antifona.
<<
Lo vorrei anche io… >> Piagnucolò
come un bimbo.
Se
sperava che mi incollassi come una ventosa alle sue labbra…
beh in realtà
potevo anche farci un pensierino se continuava a guardarmi con i suoi
occhioni
da cucciolo.
<<
A-Alan, io non credo che… >>
<<
Ma io ho ancora fame. >> Che c’entrava con i
due tipi che si stavano
mangiando la faccia a vicenda?
<<
Eh? >> In sua presenza ero sempre molto eloquente.
<<
Dici che se ne accorgono se gli frego i pop corn? >>
Domandò iniziando
già ad alzarsi.
<<
Alan! >> Cercai di richiamarlo, ma ormai era
già lanciato nella sua
impresa alla Mission Impossible.
Seguii
i suoi movimenti col fiato sospeso.
Si
avvicinò guardingo al sedile vicino a quello del ragazzo,
dove stava
comodamente appoggiata una ciotola enorme di pop corn.
Aspettò
un paio di minuti seduto nel posto vicino alla sua preda e, una volta
appurato
che i due erano troppo occupati, prese i pop corn e tornò
velocemente al suo
posto accanto a me.
<<
Missione compiuta! >> Trionfante infilò la
ciotola dentro la nostra che era
vuota, forse per mascherare il misfatto.
<<
Tu sei tutto matto! >> Non riuscii a trattenermi dal
ridere e una
vecchietta sotto di noi si girò a guardarmi male.
<<
Tanto loro non li avrebbero mangiati. >> Ne prese uno e
se lo tirò in
bocca.
Continuai
a ridere, soprattutto per la scena di Ken e Barbie nel film.
Ken
era
inquietantemente simile a Leo.
Avrei
comprato un foulard anche a lui da mettersi intorno al collo. E poi ce
lo avrei
strozzato.
Mi
scappò una risata più forte delle altre e la
signora sotto di noi si girò un’altra
volta sibilando uno “Shss”.
Forse
non si rendeva conto che il suo adorabile nipotino non si era zittito
un
secondo dall’inizio del film.
<<
Vecchia strega. >> M’imbronciai e incrociai le
braccia sul petto,
sprofondando nella poltroncina.
<<
Scatta la vendetta! >> Alan era tutto un fremito.
Si
sistemò meglio a sedere e affondò la mano nei pop
corn. Me ne porse un po’ e
poi cominciò a tirarli nella fila di sotto.
<<
Dieci punti se le prendi il cappello, venti se gli rimane sulla
parrucca!
>>
Ci
mancò
poco che ci buttassero fuori dal cinema, ma riuscimmo comunque a finire
di
vedere il film, con un risultato finale di 90 a 110. Vittoria
schiacciante di
Alan.
<<
Appena arrivo a casa butto tutti gli orsetti di peluche nel
tritarifiuti!
>>
Alan
aveva gli occhi rossi. Non era normale a vent’anni mettersi
quasi a piangere
per un film per bambini, eppure sia io che lui non ci eravamo saputi
trattenere.
<<
Ma no poverini! Loro non ti hanno fatto niente. Trita solo quelli rosa!
>>
Nessuno
di noi due era più nervoso. Lui perché era
riuscito nel suo intento di avere un
vero appuntamento con e me ed io perché non mi era saltato
addosso in uno dei
mille modi che mi erano venuti in mente da Leo a quella parte.
Nonostante
fossero quasi le otto il cielo era ancora chiaro e gruppi di ragazzi di
ogni
genere ridevano e scherzavano per le strade.
Non
avevo idea di quanto ancora Alan volesse stare con me, so solo che io
ancora
non volevo tornare a casa.
<<
Sarah… >> Mi chiamò serio,
facendomi fermare ad un semaforo che era
appena diventato rosso.
<<
D-dimmi. >> Era successo qualcosa da quando eravamo
usciti dal cinema e
non me ne ero accorta?
Avevo
detto o fatto qualcosa di male? Se non avesse aperto bocca entro due
secondi mi
sarebbe venuta la tachicardia.
<<
Ho fame. >> Mani affondate nelle tasche e sguardo basso.
Scoppiai
a ridere senza nemmeno rendermene conto.
<<
Sei un pozzo senza fondo! >> Mi guardò
colpevole, come un cucciolo che
aveva appena divorato le ciabatte del proprio padrone.
<<
Voglio un doppio cheeseburger con patatine e una coca gigantesca! E
ovviamente
offri tu! >> E tanti saluti alla linea che non ero mai
riuscita a
mantenere. Cara la mia pancetta, anche quest’anno non ci
separeremo!
<<
Signorsì Signora! >> Il semaforo
scattò sul verde, sorrise, mi prese per
mano e iniziammo a correre come due scemi verso il primo fast food.
<<
Non puoi avere ancora posto per un gelato! >> Stavamo
tornando verso casa
mia, dopo più di un’ora passata a ridere e
scherzare seduti al tavolo. A
dividerci solo le carte della nostra cena e uno dei giochi da bambini
stampati
sul retro di una tovaglietta.
<<
C’è sempre posto per un gelato! E poi sono in
piena crescita, devo diventare
grande. >> Lo disse con aria solenne, come se quella
fosse l’unica verità
concepibile al mondo.
Non
gli
sarebbero stati male altri cinque o dieci centimetri in altezza, ma in
evenienza avrei dovuto usare uno scaleo anche solo per abbracciarlo.
<<
Povero piccolo… la prossima volta la Zia Sarah ti
comprerà anche lo zucchero
filato! >> Gli diedi un buffetto sulla guancia e
saltellai in avanti
verso il cancelletto di casa.
<<
La… la prossima volta? >> Mi girai a guardarlo.
Avevo
detto una cosa così strana? Era sinceramente sorpreso.
Tornai
indietro, fermandomi davanti a lui.
<<
E-era così per dire. >> Mi ero divertita quel
giorno in sua compagnia, ma
forse per lui non era lo stesso.
<<
Ah. >> Il silenzio imbarazzante era tornato.
<<
I-io… mi sono divertita. Oggi. Con… te.
>> Le parole mi uscivano a fatica
di bocca.
<<
Sì, anch’io. >> Ma forse non era
abbastanza. Forse preferiva i suoi
appuntamenti “pizza&sesso”.
<<
I-io…>>
<<
Senti… >>
Parlammo
nello stesso momento, zittendoci subito dopo la prima parola.
<<
Sarah! >> Sussultai per il tono di voce alto e per il
mezzo passo che
aveva mosso verso di me.
Ci
manco poco che rispondessi “Sono io!”, ma mi
limitai ad un cenno della testa
per farlo continuare.
Se
avessi preso una delle sue mani, ero pronta a scommettere che le avrei
trovate
sudate come quando era venuto a prendermi.
<<
Vuoi… >> Aprì la bocca per
continuare, ma nessun suono uscì dalle sue
labbra.
Si
schiarì la voce e riprovò.
<<
Vuoi uscire ancora con me? >> Non ero sicura di aver
sentito bene.
Voleva
uscire con me… ancora. Di nuovo. Un’altra volta.
<<
Io non so se oggi ho fatto tutto giusto oppure no,
però… è stato bello passare
il tempo con te e parlare e stare anche solo seduti vicino al cinema
e…
>>
<<
Sì. >> Non so perché ci misi
così tanto a rispondere. Non so perché
continuai a farlo parlare intanto che il mio cervello ingranava la
marcia
giusta per far arrivare la risposta alla mia bocca. So,
però, che le sue parole
erano state quelle giuste per farmi scaldare un po’ il cuore.
<<
Eh? >> Forse lo stavo contagiando con le mie risposte
monosillabiche.
<<
Anch’io vorrei uscire ancora con te… ma ricordati:
niente sesso fino al terzo
appuntamento! >> Cercai di sdrammatizzare. Infondo quello
era uno dei
nostri accordi base.
Mi
ritrovai stretta nel suo abbraccio, con le sue mani premute sulla
schiena e le
mie affondate nella sua maglietta.
<<
Vuol dire che potrò uscire con te ancora, e ancora, e
ancora, e… >>
<<
Vediamo come va. Non sono abituata a fare progetti a lungo termine.
>>
<<
E io che avevo già pensato ad una casetta in campagna con lo
steccato bianco e
un paio di cani! >> Il neurone di Leo doveva essersi
impadronito del
cervello di Alan per qualche secondo.
Rimanemmo
abbracciati qualche minuto, ridacchiando sul fatto che avrei voluto le
tende
colorate in salotto.
<<
Ehi Alan, posso dirti un segreto? >> Gli sussurrai vicino
all’orecchio.
<<
Tutti quelli che vuoi. >> Mi strinse un po’ di
più, facendomi sollevare
in punta di piedi.
<<
Credo che sia arrivato quel
momento.
>> Non ci fu bisogno di specificare di che momento
intendessi. Lui lo
capì benissimo.
Mi
staccai da lui quel tanto che bastò per far unire le nostre
labbra.
Ricordando
i due baci che Alan mi aveva rubato a tradimento, non avrei mai pensato
che
potesse essere così dolce.
Mi
sfiorò appena la bocca con la sua, accarezzandomi una
guancia e spostandomi una
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Non
era
come me lo ricordavo. Era molto più bello, perché
stavolta c’ero anche io in
gioco.
Strinsi
la sua maglietta tra le mani, mi alzai di un altro centimetro sulle
punte e
affondai la bocca nella sua.
Ci
separammo lentamente, gustandoci ogni millimetro di pelle umida di
bacio.
Mi
sorrise dolce e io ricambiai non sapendo che altro fare se non tornare
a
baciarlo subito dopo.
Un
bacio.
Un
altro.
Un
altro ancora.
Buona
notte.
________________________________________________________________________________________________
Angolo della Pazza:
Non sono sparita... in realtà i miei personaggi hanno
chiesto un ordine restrittivo nei miei confronti!
Non ho altro da aggiungere... non rilascerò nessuna
dichiarazione se non in presenza di un avvocato estremamente sexy! XD
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