Kami no Te no Ken

di VaniaMajor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Novità sul filo del telefono ***
Capitolo 2: *** 2- Tre fidanzate ***
Capitolo 3: *** 3 - I fratelli Mario ***
Capitolo 4: *** 4 - Un colpo che viene da lontano ***
Capitolo 5: *** 5 -Fidanzate fuori dal comune ***
Capitolo 6: *** 6 - La casa sul Monte Horoshiri ***
Capitolo 7: *** 7 - Cuore di Ghiaccio? Mah... ***
Capitolo 8: *** 8 - Il cuore di Ryoga ***
Capitolo 9: *** 9 - Il problema di Shinji ***
Capitolo 10: *** 10 - Lo Scudo e il bacio (parte 1) ***
Capitolo 11: *** 11 - Lo Scudo e il bacio (2° parte) ***
Capitolo 12: *** 12 - Lettera di sfida ***
Capitolo 13: *** 13 - I nodi vengono al pettine ***
Capitolo 14: *** 14- Arrendersi? Mai! ***



Capitolo 1
*** 1 - Novità sul filo del telefono ***


CAPITOLO 1

«Finalmente, figlio mio.» disse Nodoka, tra le lacrime.
«Sono felice per te, Ranma.» disse Soun Tendo, annuendo con fare grave, mentre alle sue spalle un grosso panda sventolava due cartelli di legno recanti le scritte: ‘Congratulazioni!’ e ‘Finalmente, Ranma!’
«Grazie, grazie a tutti.» disse Ranma, commosso, mentre tutti i suoi amici e parenti, adunati nel cortile della casa dei Tendo, si profondevano in un lungo e sentito applauso. Finalmente era tornato a essere un vero uomo. Finalmente la maledizione era scomparsa. Dopo aver dimostrato il proprio valore nella Sengoku Jidai, Ranma era tornato a casa trionfatore e con un corpo perfettamente normale!
«Grazie! Grazie di nuovo!» disse, spargendo saluti e sorrisi ai suoi acclamatori, mentre camminava per le strade di Nerima, diretto al Furinkan, dove l’intera scolaresca lo attendeva al cancello, inneggiando al suo nome. Tutt’attorno, coriandoli volavano nell’aria e nel cielo l’aviazione giapponese si esibiva in fantastiche evoluzioni.
«Ranma!» gridò una voce in particolare, attirando la sua attenzione. Dal gruppo degli studenti del Furinkan, la figura di Akane si stagliò, bellissima in un abito bianco da sposa, facendogli fermare il cuore in petto.
«Akane!» sussurrò, senza fiato. Lei gli sorrise e gli corse incontro, mentre i coriandoli diventavano chicchi di riso e fiori bianchi.
«Ranma!- disse la ragazza, abbracciandolo per poi guardarlo con occhi illuminati d’amore- Finalmente potremo sposarci.»
«Oh, Akane…» disse Ranma, perdendosi nella bellezza della sua fidanzata. Akane chiuse gli occhi e Ranma si avvicinò a lei, deciso a coronare col primo bacio quel momento di felicità…quando il silenzio calò improvvisamente, Akane scomparve e attorno a Ranma tutto si fece oscuro. Qualcuno rise in modo maligno.
«Chi è là?!» chiese Ranma, pronto a combattere.
Un fascio di luce apparve dal nulla per andare a illuminare un demoniaco Happosai, completo di corna e lingua biforcuta.
«Io non ti permetterò mai di tornare normale, Ranma!- ghignò il mostriciattolo- Ecco, a te!»
Happosai lo centrò in pieno con dell’acqua fredda che non poté evitare.
«No!» gridò, e si accorse che la sua voce era quella di una donna.
«Akane non sposerà mai una donnetta come te!- ridacchiò Happosai, beffandosi di lui- Non l’avrai mai! Ah ah ah!!!»
«Oh, mio tesoro, mia dolce dea!!» gridò una voce maschile e in un istante Ranma si trovò stretto tra le braccia di Kuno.
«Lasciami, porco!» strillò Ranma, tentando di sciogliersi da quell’abbraccio invadente. Happosai si gettò a corpo morto sul suo seno, toccando dappertutto, e Ranma strillò. «Io sono un uomo! Lasciatemi stare!!»
In lontananza, apparve la figura di Akane.
«Ranma…io non voglio amare un finocchio. Mi metterò con Ryoga.» mormorò, con aria triste. Ranma rimase basito, mentre la ragazza si allontanava.
«No, Akane…non mi lasciare.- gemette, tentando di liberarsi per raggiungerla- Akane, ti prego! Akane!! Aka…»
Ranma si alzò a sedere sul letto con uno scatto, una mano stretta alla coperta, l’altra tesa per recuperare la figura lontana della fidanzata. Un cartello di legno lo centrò in piena faccia, rispedendolo sul futon. Nel letto accanto, il grosso panda che era suo padre si rotolò sulla schiena e si rimise a dormire, dando le spalle al figlio pesto e sconvolto. Ranma riprese fiato, accorgendosi di aver sognato.
“Che razza di sogno.” pensò, con una smorfia, togliendosi la frangia dalla fronte sudata.
Era passato circa un mese dal giorno in cui lui e i suoi amici avevano varcato la soglia dei Tendo, dopo il viaggio che avevano affrontato nella Sengoku Jidai. Quel giorno, che doveva essere il più fausto della sua vita, in quanto tornava trionfante e con un corpo nuovamente normale, si era rivelato il solito disastro, perché il vecchiaccio Happosai si era procurato l’acqua di Jusenkyo e l’aveva graziato di una doccia non desiderata che l’aveva fatto ritornare ciò che non voleva essere: metà ragazzo e metà ragazza.Imprecando tra sé, Ranma si mise a sedere. Era stato facile riabituarsi alla maledizione, visto che la sua condizione di normalità era durata circa una settimana. Il suo inconscio, però, aveva fatto affiorare con quel brutto sogno tutte le paure e le frustrazioni riguardo la sua condizione. Sospirò, scuotendo il capo. Dannazione ad Happosai!
Visto che era quasi ora di alzarsi, Ranma si vestì silenziosamente e scese dabbasso, deciso ad andare a sfogarsi un po’ nel dojo. Ripensando alle scene del sogno, si oscurò in volto. La sua più grande paura, era evidente, riguardava la sua relazione con Akane. Non che avesse paura che lei non si fosse ormai abituata alla sua doppia identità. Da un certo punto di vista, però, era lui stesso che si sentiva in colpa, perché credeva che Akane meritasse un uomo normale e perfetto, che magari non la ficcasse in tutti i guai che lui si portava sempre dietro. Arrossì. Ancora non poteva credere di averle confessato i propri sentimenti, né di aver sentito la voce della sua fidanzata dirgli che ricambiava appieno. Beh, non che fosse riuscito a finire la frase, ma tre baci non conclusi dovevano pur significare qualcosa! Già, non conclusi…e in quel mese non c’era stata l’ombra di un tentativo di porre rimedio alla cosa.
“Come se fosse facile.- pensò, aprendo la porta scorrevole del dojo- Quando siamo qui, abbiamo sempre gli occhi puntati addosso. Se la sfiorassi con un dito, ci costringerebbero a sposarci il giorno dopo. Che situazione del cavolo…”
«Ranma!»
Ranma alzò gli occhi, ritornando nel mondo presente, e si accorse che il dojo era già occupato dalla sua fidanzata, che si stava allenando.
«Oh, Akane!- disse, sorpreso- Buongiorno!»
«Buongiorno a te.- disse lei, sorridendo, mentre si tergeva il sudore con un asciugamano- Sei mattiniero, oggi.»
«Ho fatto un brutto sogno.» ammise Ranma, stringendosi nelle spalle. Vedendola assumere un’aria preoccupata, si affrettò a sorridere. «Non preoccuparti. Prima o poi Kagome tornerà a casa e sistemerò anche questa faccenda.»
«Sì, hai ragione.» disse Akane, sorridendo. Era dal giorno in cui Happosai aveva avuto la bella idea di fare una doccia non prevista a Ranma che il giovane tentava di mettersi in contatto con Kagome per poter tornare alla Fonte dei Desideri, ma la ragazza non era ancora tornata nell’epoca presente. Akane sapeva che Ranma si tormentava per la sua condizione e sperava in cuor suo che Kagome decidesse presto di tornare. Desiderosa di distrarlo, gli lanciò un’occhiata maliziosa. «Coraggio, allora. Alleniamoci.- disse, mettendosi in posizione d’attacco- Se vincerò io, mangerai tutto quello che cucinerò per colazione.»
A Ranma scappò da ridere. In quel mese, aveva avuto modo di scoprire quale fosse stato il desiderio espresso da Akane alla Fonte dei Desideri. Benché i suoi piatti avessero sempre un aspetto strano e poco attraente, il gusto era davvero buono e nessuno in casa aveva dovuto più fare uso di bicarbonato e digestivi.
«Se vinco io, mi cucinerai doppia razione.- disse, prendendo posizione a sua volta- Ho fame.»
Ad Akane brillarono gli occhi dalla gioia, quindi si lanciò contro il fidanzato con un grido di battaglia. Il combattimento si protrasse a lungo e vide Ranma vincitore assoluto.
«Ti arrendi?» chiese Ranma, seduto sulla schiena della ragazza.
«Uffa….- ringhiò lei, seccata- Prima o poi ti batterò.»
Ranma la aiutò ad alzarsi, sorridendo. Akane continuava a migliorare, ma Ranma non credeva che sarebbe mai potuta arrivare al suo livello. Riusciva a batterlo solo indossando la Tuta della Forza, che grazie al cielo era stata di nuovo chiusa nell’armadio al loro ritorno dall’epoca di Inuyasha. Allungò una mano per prendere l’asciugamano, ma Akane lo prevenne.
«Lascia, faccio io.»  mormorò, iniziando a detergergli il sudore dal viso. Ranma arrossì e accennò a protestare, ma poi la lasciò fare, rimanendo in silenzio.
«Akane…» mormorò. Lei lo guardò, ponendo fine al suo lavoro. Ranma le prese una mano, imbarazzato. «Akane, mi dispiace se…se non stiamo mai soli.»
Akane lo zittì con un dito sulle labbra.
«Non preoccuparti.- disse- Sapere che mi vuoi bene è sufficiente.» Abbassò lo sguardo, imbarazzata.
La sua bellezza accelerò i battiti del cuore di Ranma all’ennesima potenza. Era così dolce e pura…così vicina a lui…Basta, era il momento di fare ciò che andava fatto!
«Akane!» esclamò, allungando le braccia per abbracciare la fidanzata, pronto a darle il bacio che aspettavano da tanto. Dovette invece stare attento a non inciampare, visto che incontrò solo il vuoto. Si voltò, perplesso e deluso, sentendosi piuttosto simile a Ryoga,  solo per vedere Akane marciare con decisione verso la porta del dojo e aprirla con un scatto, facendo cadere all’interno una sorta di piramide umana formata dalle squadre Tendo & Saotome.
«Che ci fate qui?» ringhiò Akane, furibonda, mentre Ranma, dietro di lei, diventava di un colore vicino al viola.
«E’ pronta la colazione.» disse Kasumi, con un sorriso.
«Ehm…farete tardi a scuola, se non vi date una mossa.» disse Soun Tendo, alzandosi in piedi e cercando di darsi un contegno.
«Passavo da qui.» disse Nabiki, senza nemmeno curarsi di abbassare la macchina fotografica che aveva in mano. Akane li fulminò tutti con un’occhiata e immediatamente i presenti si trovarono qualcos’altro da fare. Akane sospirò e si voltò verso Ranma, che aveva ritrovato la compostezza.
«Sarà così per sempre?» chiese, stanca.
«Speriamo di no.» sospirò Ranma, giù di morale. Akane gli andò vicino e lo sorprese con un bacio sulla guancia.
«Andiamo.- disse, sorridendo e prendendolo per mano- Ti devo una colazione fatta da me, o sbaglio?»
Ranma sorrise a sua volta e uscì con la fidanzata dal dojo.

***

La campana dell’intervallo suonò, dando il via a una sana confusione che soffocò le ultime parole del professore. Ranma si alzò dal banco con tutta calma, visto che da quando Akane aveva imparato a cucinare non aveva più bisogno di fare la corsa per comprarsi il pranzo. Un’aura oscura alle sue spalle lo costrinse a girarsi, preoccupato. I suoi amici lo guardavano con aria invidiosa.
«Beato te che hai Akane, Ranma.» brontolò uno di loro.
«Già.- aggiunse l’altro- Mangi bene tutti i giorni e noi dobbiamo accontentarci di un’insulsa crocchetta.»
«Eh?- disse Ranma, imbarazzato, sventolando le mani in un gesto di diniego- Ma…ma siete impazziti?! Sapete anche voi che le sbobbe di Akane fanno schif…»
Un bento lo centrò in piena testa, facendogli sbattere la fronte sul banco.
«Cos’è che farebbe schifo, Ranma?- ringhiò Akane, avvolta in un’aura minacciosa- Vieni a mangiare quello che ti ho preparato, fedifrago!»
Ciò detto, Akane recuperò il cestino del pranzo e trascinò un piangente Ranma in corridoio per il colletto. Poco distante dall’aula, lo lasciò. I due si guardarono, Ranma massaggiandosi con aria accusatoria la fronte, poi scoppiarono a ridere.
«Abbiamo un futuro come attori.» ridacchiò Ranma, scuotendo la testa. Portavano avanti quella recita da quando erano tornati, altrimenti avrebbero avuto spettatori ficcanaso persino a pranzo, l’unico momento in tutta la giornata in cui potevano starsene un po’ soli.
«Ti ho fatto male, Ranma?» chiese Akane, toccandogli la fronte.
«Figurati. Ci sei andata leggera.- disse lui, con un sogghigno- Quasi non riconosco più il mio maschiaccio violento.»
Akane fece cenno di dargli un pugno e Ranma schivò, prendendole il pranzo dalle mani e iniziando ad incamminarsi verso l’esterno della scuola. Akane, sorridendo, lo seguì. I due si erano trovati un posto tranquillo, sotto un albero vicino alla piscina, che a quell’ora era deserta. Nemmeno Nabiki era ancora riuscita a scovarli laggiù e questo dava loro almeno un po’ d’intimità. Anche se iniziava a far freddo, ne valeva la pena. Si sedettero sotto i rami quasi spogli e iniziarono a mangiare. A Ranma scappò una risata nel vedere l’accozzaglia di cibo stipata nella scatola, ma dissimulò e cominciò a mangiare, scoprendo come sempre da un mese a quella parte che era tutto molto buono.
«Sei silenzioso, oggi.- disse Akane, dopo un po’- Pensi ancora al sogno di stanotte?»
Ranma si strinse nelle spalle, inghiottendo.
«Non posso farci nulla.- borbottò- Non ho soldi per andare in Cina, a meno di andarci a nuoto per l’ennesima volta, e Kagome non ritorna. Questa situazione mi ha stancato. A te no?»
«Abbi ancora un po’ di pazienza, Ranma.- disse Akane, poggiandogli una mano sul braccio- Anche se hanno sconfitto Soichiro, Inuyasha e gli altri avevano ancora una guerra da finire.»
«Lo so.- disse Ranma, posando le bacchette con aria scura- E Kagome non lo lascerà solo finché la situazione non si sistemerà.»
«Difatti.- sospirò Akane- La capisco. Nemmeno io sarei in grado di lasciarti se…se tu fossi…»
Imbarazzata, abbassò gli occhi. Ranma, facendosi coraggio, allungò un braccio e la strinse a sé.
«Ranma…» mormorò Akane, sorpresa.
«Non mi importa se ci vedono.- sussurrò lui- Avevo bisogno di farlo.»
«Ranma Saotome!»
Il grido ebbe l’effetto immediato di porre almeno un metro di distanza tra loro. Ranma si nascose il volto in una mano, affranto e Akane sospirò. Mai un istante di tranquillità…e tanti saluti alla segretezza del loro posto preferito.
«Saotome, eccoti!» gridò ancora quello che si rivelò essere Mousse, in sella alla bicicletta di Shan Pu, lanciato a tutta velocità attraverso il parco della scuola e diretto verso di loro. Sul portapacchi era sdraiato in equilibrio precario un incosciente Ryoga, completo di zaino da viaggio e polvere accumulata nelle sue peregrinazioni. Mousse frenò a circa un centimetro dalla coppia e scese di sella con un balzo, scaraventando a terra la bicicletta e il povero Ryoga.
«Ranma! Mi è venuta un idea, quindi invece di stare qui a civettare dammi retta!» esclamò, guardando Akane dritta negli occhi.
«Sono qui, talpa.- borbottò Ranma, dandogli un debole calcio in faccia- E a proposito, che ci faceva Ryoga sulla tua bicicletta?»
Mousse si infilò gli occhiali e si accorse della figura sdraiata sull’erba a faccia in giù.
«Oh guarda! Ecco cosa ho colpito per strada.» disse, sorpreso. Akane e Ranma chinarono la testa, ormai abituati alle prodezze di cui Mousse era capace senza occhiali. «Beh, anche meglio.- disse Mousse, prendendo Ryoga per il colletto e iniziando a scrollarlo- La mia idea riguarda anche lui.»
Ryoga si svegliò di scatto e subito affibbiò un pugno a Mousse, mandandolo a gambe all’aria.
«Cosa mi hai fatto, dannata talpa?!» sbottò adirato, prima di accorgersi di avere degli spettatori. «Oh, Akane! Ranma! Ma voi che ci fate a Yokohama?»
Ranma e Akane si guardarono e sospirarono. Anche per quella volta avrebbero dovuto rinunciare al loro momento di intimità. Qualche minuto dopo, quando Mousse ebbe ripreso conoscenza e Ryoga ebbe finito di divorare il pranzo offertogli da Akane e ciò che restava di quello di Ranma, che fu costretto a cederlo di fronte a un’occhiata infuocata della fidanzata, Mousse iniziò a illustrare loro quale fosse la sua brillante idea.
«Ho pensato a lungo a questa storia del pozzo di Inuyasha.- disse, alzando un dito per puntualizzare le sue parole- Come sappiamo, solo lui e Kagome lo possono attraversare.»
«Infatti.- disse Ryoga, scuro in volto- E questo è il motivo per cui stiamo ancora sopportando questa ignominiosa maledizione!»
«Lo vieni a dire a me?- disse Mousse, rabbrividendo- Non hai idea di ciò che ho dovuto subire in questo mese.»
«Dannato Happosai…» borbottarono i tre ragazzi, sconsolati.
Il giorno in cui erano tornati al Tendo Dojo, non solo Ranma, ma anche Ryoga e Mousse erano stati colpiti dall’acqua maledetta e da allora si trasformavano a loro volta in ragazza quando venivano bagnati con acqua fredda. Ryoga si era perso quasi subito e in quel mese era capitato a Nerima solo un paio di volte, quindi nessuno aveva un’idea precisa di come il ragazzo avesse cercato di abituarsi alla maledizione. Ranma aveva assistito una volta alla trasformazione, in quanto si erano incontrati ai bagni pubblici, e Ryoga era svenuto alla vista del proprio corpo femminile, perdendo sangue dal naso. La seconda volta era sembrato meno sconvolto, ma per un ragazzo timido come Ryoga quella trasformazione doveva essere davvero traumatica.
Mousse, dal canto suo, aveva preso la trasformazione con rabbia indignata. Detestava la sua forma femminile, in quanto era degradante…anche se forse non quanto diventare un’anatra. In più, Shan Pu gli aveva detto che non gli avrebbe permesso di sfidarla finché non fosse tornato normale, gettandolo nella disperazione più profonda. A dispetto di ciò, o forse proprio per questo, Shan Pu aveva trovato un nuovo sistema per tormentare il povero Mousse, che era diventato la bambola preferita della cinese, la quale lo costringeva almeno una volta al giorno a sottoporsi alle sue cure, vestendolo, pettinandolo e truccandolo. Mousse lo trovava davvero umiliante e se ne lamentava con Ranma ogni volta che lo vedeva, ma al richiamo di Shan Pu accorreva sempre come un cagnolino ubbidiente.
«Va bene, torniamo all’argomento principale.- disse il ragazzo, riscuotendosi- Come dicevo, noi non possiamo usare il pozzo, quindi non ci resta che attendere con pazienza che Kagome ritorni.»
«E che idea è?» ringhiò Ryoga, seccato. Non gli piaceva parlare di certi argomenti di fronte ad Akane.
«Se stai zitto te lo dirò.- lo freddò Mousse- Ieri, mentre cucinavo al ristorante, mi sono ricordato di una cosa che mi ha raccontato proprio Kagome.»
«Vale a dire?» chiese Ranma, corrugando la fronte.
«Ran-chan!»
Tutti sbuffarono per l’ennesima interruzione, mentre Ukyo correva verso di loro, salutando. Quello era il primo giorno che Ukyo tornava a scuola dopo il loro viaggio nella Sengoku Jidai, in quanto non si era mossa da casa fino alla completa guarigione di Konatsu dalla sua ferita. A suo dire, era stata una decisione dettata dalla preoccupazione di non  far affondare i suoi affari, che da quando era tornata stavano andando sorprendentemente bene, in quanto non poteva certo lasciare la gestione a un infermo, ma a nessuno era sfuggita la tenerezza con cui Ukyo aveva iniziato a trattare il kunoichi.
«Ran-chan, ecco dove ti nascondevi!- disse la ragazza, ansimando per la corsa- Cos’è, una riunione?»
«Ukyo…» iniziò a riprenderla Ryoga.
«Ukyo Kuonji, chiudi la bocca.- sbottò Mousse- Stiamo parlando di cose serie!»
La spatola di Ukyo lo centrò in piena faccia.
«Hai qualcosa da dire anche tu?» ringhiò la cuoca di okonomiyaki, rivolta a Ryoga, che si affrettò a scuotere il capo. «Bene, allora.- disse, sedendosi- Se ascolta Akane, posso ascoltare anch’io.»
«Va bene.- borbottò Mousse, massaggiandosi il naso e cercando di riprendere un contegno- Dicevo…»
«Saotome! Stai lontano dalla mia dolce Akane!»
Stavolta fu udibile il suono della perdita della pazienza da parte di tutti, mentre Kuno si avventava su Ranma con la katana in pugno.
«Stai zitto, imbecille!- sbottò Ranma, alzandosi in piedi e affibbiando al senpai un tremendo calcio- Voglio sentire l’idea di Mousse, una buona volta!»
Kuno volò via senza un grido, andando ad atterrare con un grande tonfo in piscina. Nemmeno a dirlo, l’acqua si sollevò in un’ampia ondata che raggiunse anche il gruppo seduto sotto l’albero.
«Bravo, Ranma.- disse Akane, con una smorfia- E adesso come ci asciughiamo?»
Ranma, affranto, chinò la testa rossa, rimettendosi a sedere.
«Mi dispiace.» borbottò, rivolto agli amici…o meglio, alle amiche, in quanto ormai il gruppo era composto da sole donne. Al posto di Ryoga era seduta una ragazza immusonita dai capelli corti e scuri, con strani riflessi sul verde, e gli occhi di un verde-giallo brillante. I vestiti le pendevano di dosso in maniera simile a quelli di Ranma, in quanto il suo corpo era piuttosto formoso. Al posto di Mousse, invece, sedeva una ragazza dai capelli lunghi e neri e gli occhi viola allungati, molto bella nonostante le imprecazioni poco femminili che le stavano uscendo di bocca. Il suo fisico era più magro e longilineo delle altre due, ma comunque molto femminile. I vestiti maschili le stavano quasi cadendo di dosso.
«Maledizione!- sbottò Ryoga, togliendosi i capelli appiccicati sulla fronte- Ranma, come al solito è colpa tua! Non potevi colpirlo meno forte?»
«Meno forte?!- disse Ranma, con una smorfia- Sopportalo tutti i giorni e anche tu lo colpirai ogni volta più forte che potrai.»
«Ragazza col codino! Mio amore!- gridò Kuno, emerso dalla piscina- Oh, tesoro, chi sono quelle dolci donzelle che ti stanno accanto?» Si materializzò in un lampo accanto al gruppo, sedendosi con aria seria e ispirata. «Piacere di conoscervi, dolci fanciulle.- disse, sfoggiando un sorriso seducente- Io, Kuno Tatewaki, prometto di rendervi tutte felici, perciò non accapigliatevi.»
Una serie di pugni lo raggiunse in piena faccia, mandandolo definitivamente ko.
«Visto, che vi avevo detto?» sospirò Ranma, mentre gli altri osservavano Kuno con aria schifata. In quel momento suonò la campana che segnalava il riprendere delle lezioni.
«Qui non si può parlare.- sospirò Ranma, alzandosi e aiutando Akane a fare altrettanto- Restate qui e aspettate che finisca la scuola. Parleremo a casa dei Tendo, ok?»
Ryoga e Mousse annuirono e Ranma iniziò ad allontanarsi con Akane e Ukyo.
«Ranma?» lo richiamò Ryoga, facendolo voltare.
«Sì?» chiese, perplesso.
«Dove possiamo trovare un po’ d’acqua calda?» chiesero in coro Mousse e Ryoga.

***

Più tardi, nel pomeriggio, il gruppo poté finalmente sedersi ad un tavolo per discutere dell’ancora misteriosa idea di Mousse. Ukyo era tornata al ristorante e gli abitanti di casa erano intenti a consumare la merenda che Kasumi aveva preparato, prima di uscire con Nodoka per fare spese.
«Allora, Mousse. Non tenerci sulle spine.» disse Ranma, dando un morso a un sakura-mochi.
«Dunque, come vi stavo spiegando, mi è tornata in mente una cosa che mi ha raccontato Kagome.- disse Mousse, le mani nascoste nelle ampie maniche- Mentre eravamo in attesa del ritorno di Anna, illustrò a me e a Shan Pu come aveva capito le potenzialità del pozzo di riportarla a casa.»
«Varrebbe a dire?» chiese Ryoga, sorseggiando il té.
«Il pozzo viene chiamato ‘mangiaossa’.- disse Mousse, con un’occhiata furba- Questo perché le ossa dei demoni che vi vengono gettate, prima o dopo spariscono. Kagome mi ha detto di aver pensato che potesse fare la stessa cosa con le persone e che, cadendoci dentro a causa di una oni che la stava attaccando, riuscì effettivamente a tornare a casa.»
«E allora?- chiese Ranma, sbuffando- Sappiamo già che Kagome può usare il pozzo. Il problema sta nel fatto che riescono a usarlo solo lei e Inuyasha.»
«Per quanto riguarda le persone, certo.- disse Mousse, con un sorrisetto- Ma pare funzioni anche con gli oggetti, visto che fa sparire anche le ossa di demone.»
«Non ti seguo, Mousse. Dove vuoi andare a parare?»  chiese Ryoga, sospettoso. In quel mentre, il telefono suonò in corridoio. Nabiki, sbuffando, lasciò la stanza senza che nessuno le prestasse attenzione.
«Voglio dire che potremmo tentare di metterci in comunicazione con Kagome.- disse Mousse, con un sorrisetto- Potremmo scrivere un messaggio per lei illustrandole la situazione, poi lasciarlo nel pozzo e aspettare che sparisca. Dall’altra parte, non ci potrà essere che lei.»
«E leggendo il nostro messaggio farà un salto nel presente per venirci a prendere.» mormorò Ryoga, sorpreso.
«Mousse!- esclamò Ranma, poggiando le mani sulle spalle dell’amico gongolante- Sembri scemo, ma in fondo hai del cervello!»
Mousse gli affibbiò una martellata sulla testa.
«Allora, cosa ne dite della mia idea?» chiese, acido.
«Io ci sto!- disse Ryoga, alzandosi su un ginocchio e stringendo i pugni- Scriviamo questo messaggio!»
«Carta e penna, presto!» disse Ranma, esaltato, frugando nella cartella appoggiata per terra.
Akane osservò l’euforia dei tre con un sorriso. Sperava che l’idea di Mousse fosse valida, perché sarebbe bastato poco per far ricadere quei tre in depressione. In quel momento, Nabiki entrò di nuovo nella stanza, sbadigliando.
«Erano di nuovo i tuoi amici, papà.- disse, sedendosi e riappropriandosi di un dolce che Genma stava per sottrarle- Hanno detto che arriveranno domani.»
«I miei amici?» chiese Soun,  corrugando la fronte.
«Ma sì, i tuoi amici.- disse Nabiki, osservando con aria annoiata i tre ragazzi, che ora stavano cercando di mettersi d’accordo sulle frasi da scrivere- Spero che non si fermino a mangiare o dormire. Abbiamo già troppi mangiapane a ufo.»
«Ma di quali amici stai parlando, Nabiki?» chiese Akane, perplessa.
«Uffa…quelli che hanno chiamato il giorno in cui siete tornati da…- disse Nabiki, seccata, poi sembrò ricordare qualcosa- Oh già, nella confusione mi ero dimenticata di dirvelo. Comunque, quei fratelli Mario saranno qui domani.»
«Fratelli chi?- chiese Soun- Io non conosco nessuno con questo nome!»
«Come no?!- chiese Nabiki, sorpresa, attirando l’attenzione di tutti- Ma se mi hanno chiesto espressamente se questa fosse la casa di Soun Tendo e delle sue figlie!»
Akane notò che Genma si stava defilando silenziosamente.
«Signor Saotome!» chiamò a gran voce, congelandolo sul posto.
«Saotome!- disse Soun Tendo, mellifluo- Ne sai qualcosa?»
«Io?» chiese Genma, indicandosi con aria innocente.
«Papà, ne hai combinata un’altra delle tue?- chiese Ranma, annoiato, passando il foglio a Ryoga perché finisse di scrivere- Cos’è, mi hai trovato un’altra fidanzata?»
«Ehm…no. Non a te.» disse, ridacchiando con un certo nervosismo.
«Allora a chi?» chiese lui, corrugando la fronte.
«Ehm…Tendo, tu e le tue figlie fareste meglio a cambiare domicilio per qualche tempo.» disse Genma, arretrando di un passo.
«Insomma, Saotome! Che cosa stai dicendo?» sbottò Soun, indignato.
«Ecco…i fratelli Mario stanno venendo per le tue figlie, caro Soun.» confessò Genma, disinvolto, prima di darsi a una precipitosa fuga, sotto gli sguardi attoniti dei presenti. Soun Tendo divenne pallido, poi rosso, poi viola…quindi si trasformò in una enorme testa fantasma completa di lingua biforcuta.
«SAOTOMEEEEEEEEE!!» gridò, lanciandosi all’inseguimento dell’amico per i corridoi di casa.

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Capitolo 2
*** 2- Tre fidanzate ***


Qualche minuto dopo, il gruppo era di nuovo seduto al tavolo, intento a scrutare con aria malevola un Genma Saotome ricoperto di bernoccoli e contusioni. Nodoka e Kasumi, che erano appena tornate dal giro di commissioni, si affrettarono a raggiungere la famiglia.
«Cos’hai combinato, stavolta, tesoro?» chiese Nodoka, corrugando le sopracciglia e avvicinandosi la katana quel tanto che bastava da far sudare abbondantemente l’esperto di arti marziali.
«Già, vorrei saperlo anch’io, amico mio.- disse Soun Tendo, acido- Com’è che questi sconosciuti sono coinvolti con le mie figliole?»
«Beh…è una storia lunga.» borbottò Genma.
«Inizia col raccontarla, papà.» disse Ranma, corrucciato.
«E il messaggio per Kagome?» sussurrò Mousse. Ryoga gli fece cenno di tacere. Se quei Mario venivano per la sua Akane, lui voleva sentire la storia di Saotome. Genma sospirò, conscio di non avere più alcuna via di fuga.
«Va bene.- disse, incrociando le braccia sul petto e assumendo un’aria contrita- Incontrai i Mario tredici anni fa…»

«Papà!»
«Cosa c’è, Ranma?» chiese Genma Saotome al figlioletto di quattro anni che era seduto nell’incavo del suo gomito, mentre arrancava nella neve. Il bimbo si strinse al cappotto non troppo pesante del padre.
«Freddo!- esclamò, quasi piangendo- E fame! Ho tanta fame, papà!»
«Insomma, figliolo!- disse Genma, serio- Che razza di uomo sarai se piagnucoli a ogni sciocchezza?!»
Il piccolo Ranma lo guardò con occhi lacrimosi, asciugandosi il naso.
«Questa è la terra del nord, è naturale che faccia freddo.- disse Genma, spazzando con lo sguardo i monti innevati e ricoperti di conifere che stavano attraversando- Dovrai resistere, come tuo padre, perché qui non troveremo riparo…né cibo…» Abbassò lo sguardo, iniziando a tremare. «Né riparo…né cibo!» ripeté, per poi cadere in ginocchio nella neve, piangendo fiumi di lacrime e stringendo a sé il basito figlioletto. «Ho freddo!!! Ho fame!! - gridò Genma- Ma che mi è saltato in mente di venire così a nord?! Moriremo, stavolta moriremo!!!»
«Papà!» strillò Ranma, fagocitato dalle braccia del padre.
«Abbi coraggio come tuo padre, Ranma!!!- continuò a piangere Genma, sempre più disperato- Moriremo insieme, da padre e figlio!»
«Papà, io vedo una luce, là.» disse il piccolo Ranma, attirando l’attenzione paterna. Genma alzò gli occhi lacrimosi, seguendo la direzione indicata dal dito del figlio. Si accorse così che sul monte a fianco si ergeva una grande e lussuosa villa quasi nascosta dalle conifere. Alcune finestre erano illuminate.
«Siamo salvi, Ranma!- disse Genma, alzandosi in piedi- Di sicuro, in quella casa ci sarà qualcuno che potrà darci da mangiare!» Quasi correndo, Genma si risistemò il figlio in braccio e si diresse verso la villa tra gli alberi.

«E’ questo il modo di trattare tuo padre?!» sbottò Genma, quando Ranma lo centrò con un calcio in piena faccia.
«E’ il minimo, padre disgraziato!- disse Ranma, irato- Mi hai quasi fatto morire congelato in montagna!»
«Se non fosse per me, saresti diventato un ghiacciolo tra i monti!- replicò Genma, risistemandosi gli occhiali- E’ questo il tuo ringraziamento?!»
«Ma che dici?!- sbottò Ranma, stringendo i pugni- Fui io a trovare la casa, l’hai detto tu stesso!»
«Già, ma fui io a guadagnarmi cibo e alloggio!» esclamò Genma.
«Già. E’ il come che ci interessa.» disse Nabiki, sarcastica.
«Quando il signor Saotome si caccia in queste situazioni, di solito vende Ranma al miglior offerente.» disse Akane, osservando Genma con occhi in cui non si leggeva un briciolo di fiducia.
«Hai fatto questo, tesoro?!» sbottò Nodoka, mettendo mano alla katana.
«Fermi tutti, fatemi finire!- disse Genma, cercando di placarli- Allora, come dicevo ci dirigemmo verso quella villa…»

Genma bussò alla porta della grande villa, lottando contro le raffiche di vento e neve che cercavano in tutti i modi di mandarlo a gambe all’aria. Dovette attendere qualche minuto, ma poi un uomo alto, con occhi severi e lunghi capelli scuri, venne ad aprire.
«Sì?» disse questo, squadrando i due con aria scettica.
«Per favore…- disse Genma, battendo i denti- Ci siamo persi. Abbiamo freddo e fame. Fateci entrare…»
L’uomo guardò Genma con ben poca simpatia, ma poi si soffermò sul piccolo Ranma e il suo sguardo si addolcì.
«Entrate.» disse burbero. Genma non se lo fece ripetere due volte. Seguì l’uomo alto e la luce del candelabro che teneva in mano, attraversando un grande atrio lussuoso dal pavimento in marmo.
«Quali sono i vostri nomi?» chiese l’uomo, imboccando un corridoio.
«Io sono Genma…ehm…Tendo, e questo è mio figlio Ranma.» rispose Genma, guardandosi attorno con una punta d’invidia per l’evidente ricchezza di quella famiglia. Non gli andava di rivelare il suo nome, anche perché aveva in programma di rubare il più possibile da quella casa per poi rivendere la roba a valle. Lui e suo figlio dovevano pur sopravvivere, che diamine!
«Io sono Daisuke Mario,  e questa è la mia casa.- disse l’uomo, annuendo, aprendo una porta- Il mio sangue è per metà italiano, come avrà sicuramente capito dal mio cognome.»
Genma annuì, ben poco interessato ora che si era reso conto del fatto che stavano entrando nella calda cucina della casa.
«Purtroppo la corrente è saltata e la servitù dorme di già.- disse il padrone di casa, poggiando il candelabro su un grande tavolo- Dovrete accontentarvi di quello che riuscirò a trovare nel frigorifero.»
«Andrà benissimo.» disse Genma, che aveva già l’acquolina in bocca. Daisuke Mario iniziò a tirare fuori cibo dal frigorifero, mentre i due ospiti si guardavano attorno.
«Papà?»
Una vocina provenente dalla porta li fece voltare tutti e tre. Sulla soglia stavano tre bambini in pigiama.
«Che ci fate ancora svegli?» chiese Daisuke Mario, sollevando un sopracciglio con un certo divertimento.
«Abbiamo sentito dei rumori.- disse quello che sembrava il più grande- Chi sono loro?»
«Vi presento Genma Tendo e suo figlio Ranma.- disse l’uomo- Signor Tendo, questi sono i miei figli. Tsukasa, il maggiore, ha sette anni. Eikichi è il secondogenito e ne ha sei. Il più piccolo è Shinji e ha quattro anni.»
«Come me, papà!» esclamò Ranma, sorridendo al bambino, che sorrise a sua volta.
«Possiamo giocare con lui, papà?» chiese Eikichi.
«Veramente sarebbe tardi…» replicò Daisuke Mario, ma vedendo lo sconforto negli occhi dei quattro bambini, sorrise. «Però potete tenergli compagnia mentre mangia qualcosa.»
I bambini strillarono di gioia. Ranma saltò giù dalle braccia del padre e si immerse in una conversazione fitta con i tre fratelli Mario, che nel mentre gli facevano assaggiare tutti i loro cibi preferiti. Genma ne approfittò per mangiare a sazietà, sotto gli occhi attenti del signor Mario.
«Signor Tendo.»
Genma si voltò al richiamo del padrone di casa.
«Sì?» chiese, con la bocca piena.
«Signor Tendo, vedo che lei è un esperto di arti marziali, o almeno questo deduco dal suo abbigliamento.» disse Daisuke Mario.
«E’ esatto.- disse Genma, gonfiando il petto- Sono…ehm…Tendo, della scuola Tendo di arti marziali indiscriminate. Ranma è il mio erede.»
Daisuke Mario annuì.
«In questo caso, presumo vorrà sdebitarsi in qualche modo per la mia ospitalità.- disse il signor Mario, facendo rimanere Genma a bocca aperta- I maestri delle scuole di arti marziali sono persone d’onore e non lasciano mai un debito insoluto. Non è così?»
Genma ci mise un istante a ricomporsi.
«Ehm…naturalmente. Certo.- disse, burbero e con una gran faccia tosta- Al momento però non ho denaro. Non so proprio come sdebitarmi con lei.»
«Perché non combattiamo tra noi?- chiese il signor Daisuke, stupendo Genma- E’ molto tempo che non mi batto con un degno avversario e ne sento la mancanza.»
«Lei pratica le arti marziali?» chiese Genma, stupito. Il signor Mario annuì.
«Ho una mia tecnica.- disse, facendo un gesto vago con la mano- Facciamo così: se lei mi batte, mi sentirò soddisfatto; se invece la batto io, penserò a una richiesta da farle.»
Genma fece un sorrisetto.
«D’accordo.» disse. Bastava battere quel damerino e cibo e alloggio sarebbero stati gratis. Non aveva nessuna voglia di sgobbare per guadagnarsi il pane. Lasciando Ranma con i tre bambini, Genma si alzò e seguì il signor Daisuke.

«Quanto è da te, tutto questo.» disse Soun Tendo, scuotendo il capo.
«Beh, almeno una cosa la sappiamo.- disse Ryoga- Questi Mario sembrano delle brave persone.»
«Quindi quei tre sarebbero miei amici d’infanzia?- disse Ranma, pensieroso- Ti dirò che non me li ricordo affatto.»
«Hai giocato con loro solo quella notte, Ranma.- disse Genma- Ce ne siamo andati la mattina dopo.»
«Ne consegue che ha perso, vero signor Saotome?» chiese Akane, sollevando un sopracciglio con sarcasmo.
«Ehi…» cercò di replicare Genma.
«E chissà cosa gli avrà promesso?» borbottò Ranma, scuro in volto.
«Beh, non certo te.- disse Nabiki, stuzzicandolo- Aveva solo figli maschi.»
«Per fortuna che allora Ranma non si trasformava ancora in ragazza.» disse Kasumi, preoccupata. Akane la guardò come se la vedesse per la prima volta.
«Aspetta un po’…- disse, facendo due calcoli- Tre ragazzi vengono qui, cercando la famiglia Tendo. L’unica moneta di scambio del signor Saotome era il figlio e non avendolo potuto vendere…»
«Mi hai detto di scappare con le mie figlie…» mormorò Soun Tendo.
«Oh santo cielo!» mormorò Nodoka, portandosi una mano alla bocca.
«Beh…che altro potevo fare?» chiese Genma, dando corpo ai loro ragionamenti.
«Saotome!! Hai venduto le mie figlie?!» urlò Soun Tendo, scagliandosi sul vecchio amico.
«Oh cielo…» disse Kasumi, mentre gli altri cercavano di dividere i due contendenti.
«Papà, sei un idiota!- gridò Ranma, tirando un pugno in testa al padre- Che diavolo ti è saltato in mente?!»
«Signor Saotome, questa non gliela perdono!» esclamò Akane, irata.
«Dov’è il problema?- chiese Nabiki, tranquilla- Sembra che siano molto ricchi, no? Potrebbe anche essere la nostra fortuna.»
La sua frase cadde in un silenzio attonito.
«Sentite…- disse Genma, cercando di riprendere fiato e compostezza- la sua tecnica non era umana. Non avevo nessuna possibilità contro il suo Kami no Te no Ken. Così, gli ho fatto una promessa che non avrei mai mantenuto.»

«Non se la prenda, signor Tendo. Non ho ancora trovato nessuno in grado di battere il mio colpo speciale.» disse Daisuke Mario. Genma, che si era ripreso da poco, borbottò qualcosa di intelligibile.
«Allora? Cosa vuole che faccia?» chiese, mogio.
«Ecco, in realtà non saprei proprio. Ci dovrei pensare.- disse l’uomo, poi chiese- Ha figlie, signor Tendo?»
«Perché?» chiese Genma, sospettoso.
«Vede, tengo molto al progredire della tecnica della nostra famiglia. So che i miei figli impareranno alla perfezione il Kami no Te no Ken,  ma ho bisogno di essere sicuro che venga trasmesso anche i miei nipoti.- spiegò Daisuke, corrugando la fronte- Ci vuole una costituzione fisica particolare perché questa tecnica funzioni e per trasmetterla i miei figli avranno bisogno di donne forti. Credo che le figlie di un maestro di arti marziali dovrebbero andare bene, per questo le chiedevo…»
«Sì! Sì, ho tre figlie!» esclamò subito Genma, vedendo una via di fuga. Non aveva voglia di fare niente per quell’uomo e quella bugia era un’ottima scappatoia.
«Davvero?» chiese il signor Mario, con una punta di sospetto nella voce.
«Certo.- disse Genma- La maggiore ha sette anni, la seconda cinque e l’ultima quattro, essendo la gemella del mio Ranma.»
La sicurezza con cui fece queste affermazioni sembrò convincere il signor Mario.
«Le piccole sono rimaste a casa, ma sono tutte e tre sane e forti e la gemella di Ranma mostra propensione al combattimento.- continuò Genma, infervorato- Sarei lieto di prometterle a una dinastia di combattenti!» “Perdonami, Tendo, ma è una causa di forza maggiore.” pensò intanto.
«Allora siamo d’accordo. Combiniamo questo fidanzamento.» disse il signor Mario, sorridendo.
«Oh, non adesso! Sono ancora piccoli.- obiettò Genma, iniziando a sudare- Aspettiamo finché non andranno al liceo, anche perché io resterò lontano da casa ancora a lungo, essendo mio desiderio addestrare Ranma come un vero uomo.»
«E sia, d’accordo.- disse il signor Mario, stringendogli la mano- I nostri ragazzi si incontreranno quando il mio Shinji compirà diciassette anni. Dove la troverò signor Tendo?»
«A Nerima.- disse Genma, stringendo la mano a sua volta- La mia casa è a Nerima, Tokyo.»

«E questo è tutto.» disse Genma, annuendo con aria pensierosa. Un calcio ben assestato lo fece volare nel laghetto del giardino, da cui riemerse in formato panda.
«Ma che ‘questo è tutto’, deficiente! Almeno potevi dargli un indirizzo falso!» disse Ranma, abbassando la gamba.
«E adesso cosa faremo?» chiese Kasumi, preoccupata.
«Non preoccuparti, Kasumi.- disse Akane, combattiva- Chiarirò io le idee a quei tre.»
Ranma sbuffò.
«Fammi il favore, Akane!- disse- Se quelli hanno davvero una tecnica così favolosa, tu non riuscirai a fargli nemmeno il solletico.»
«Stai dicendo che sono debole?!» esclamò Akane, piccata.
«Sto dicendo che me ne occuperò io.- disse Ranma- Non ho voglia di perdere tempo a raccoglierti col cucchiaino.»
«Idiota!» gridò Akane, tirandogli dietro il piatto dei sakura-mochi.
«Akane, Ranma ha ragione!- disse Ryoga, alzandosi in piedi- Lascia che siamo noi a proteggerti.»
«Guarda che la cosa non riguarda solo Akane.» fece notare Nabiki, sarcastica, facendolo arrossire. Anche se stava cercando di rinunciare ad Akane, Ryoga faceva ancora una fatica del diavolo a non farsi immischiare.
«Ranma ha ragione.- disse Soun Tendo- Saremo noi a proteggervi e questo è quanto. Domattina andrete tutte e tre in qualche luogo sicuro e aspetterete che riconduciamo alla ragione quei tre ragazzi.»
«Potreste andare dal Dottor Tofu.- disse Nodoka, preoccupata a sua volta- Sono certa che non vi rifiuterà il suo aiuto.»
«Figurarsi, sarà contento come una pasqua.- disse Nabiki, sospirando e alzandosi- Fate quello che vi pare, io vado di sopra. Chiamatemi quando è pronta la cena.»
«Allora siamo intesi, ce ne occuperemo noi.» disse Soun Tendo, scambiando un’occhiata con Ranma e Ryoga, che annuirono.
«Ehi, e il messaggio per Kagome?» chiese Mousse, seccato.
«Aiutaci domattina e poi prenderemo il treno per andare a casa di Kagome.» disse Ranma, stringendosi nelle spalle.
«Perché dovrei? Sono fatti vostri.- sbuffò Mousse- Io me ne torno da Shan Pu.»
«Codardo!- lo beffeggiò Ranma- Dillo, allora, che ti fa paura questo fantomatico Kami no Te no Ken!»
«Saotome, come osi?!- sbottò Mousse- Verrò anch’io, domattina!»
«E il pesce ha abboccato.» mormorò Ranma a Ryoga, che lo guardò storto.
Akane sbuffò in maniera molto sonora e si alzò da tavola, uscendo dalla stanza a passi rigidi e marziali. Ranma sapeva che la ragazza si era arrabbiata con lui, ma non si pentiva di essersi fatto avanti. Non vedeva l’ora di testare quel colpo che era riuscito a sconfiggere suo padre tanti anni prima.

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Capitolo 3
*** 3 - I fratelli Mario ***


Author's note: Buon nuovo anno a tutti!

«Allora noi andiamo.» disse Kasumi, allacciandosi il cappotto mentre le sorelle minori si  mettevano le scarpe.
«Mi raccomando, Kasumi. Non tornate a casa finché uno di noi non vi viene a prendere.- disse Soun Tendo, grave- Se davvero questi Mario possiedono una tecnica tanto favolosa, potrebbe volerci del tempo per riuscire a sconfiggerli.»
«Resteremo dal dottor Tofu quanto sarà necessario,- disse Nodoka, che aveva deciso di tenere compagnia alle ragazze- ma voi non perdete tempo nel venire a chiamarci una volta che sarà tutto finito. Anche la pazienza di una donna ha un limite.»
Una ciabatta venne scalciata via in malo modo e andò ad atterrare sul pavimento di traverso. Tutti si voltarono verso Akane, che si era appena seduta sul gradino con tutta la malagrazia possibile e si stava mettendo le scarpe masticando imprecazioni a mezza voce.
«Ecco una che di pazienza non ne ha.» disse Nabiki, annoiata.
«Tu stai zitta!» sibilò Akane, alzandosi in piedi e aprendo con un gesto secco la porta scorrevole, uscendo di casa con passo pesante.
«Oh, santo cielo…» mormorò Kasumi, seguendo con lo sguardo la sorella.
«Tua figlia non l’ha presa tanto bene.» borbottò un intempestivo Genma, che venne bersagliato da una serie di occhiate glaciali da tutti i presenti. Dopodiché, Nodoka e le altre due ragazze uscirono dalla casa, dirigendosi assieme ad Akane verso lo studio del dottor Tofu.
Akane era imbestialita. Le veniva negata la possibilità di difendersi da sola, dopo che aveva provato il proprio valore nella Sengoku Jidai. Certo, allora aveva usato la Tuta della Forza, ma sarebbe bastato toglierla dall’armadio! Invece Kasumi e Nodoka le avevano sconsigliato di farlo e lei non era stata capace di disobbedire loro. Passò davanti al gruppetto seduto davanti alla porta di casa dei Tendo e strinse i denti.
Ranma, insieme a Ryoga e Mousse, stava aspettando l’arrivo dei fratelli Mario, che ormai doveva essere imminente. Vide il fidanzato alzare gli occhi per incontrare il suo sguardo e voltò con risolutezza la testa dall’altra parte. Non gliene importava un fico secco delle dimostrazioni di forza di Ranma. Era umiliante che l’avesse estromessa in quel modo dall’azione e non l’avrebbe perdonato tanto facilmente.
“Per un po’, a scuola ti toccherà pranzare come tutti gli altri, caro il mio signor Spacco-tutto-io.” pensò, irritata.
Ranma guardò passare la fidanzata con una certa rassegnazione, in quanto si immaginava una reazione del genere da parte sua.
“Le passerà.- pensò, rinunciando ad attirare la sua attenzione e limitandosi a guardarla mentre si allontanava- Abbiamo litigato più violentemente di così. Cercherò di essere gentile per un paio di giorni e se ne dimenticherà.”
«Akane è proprio nera.» disse Ryoga, distogliendolo da suoi pensieri.
«Già.» replicò, facendo crocchiare le vertebre del collo.
«Per cosa starebbe quel già? Non sei preoccupato?- chiese Ryoga, con una smorfia- Io lo sarei se Akane fosse arrabbiata con me.»
Ranma sbuffò, sarcastico, e continuò a fare stretching.
«Mi è sempre più misterioso perché Akane abbia scelto un troglodita come te.» ringhiò Ryoga, disgustato.
«Abbiamo litigato altre volte.- disse Ranma, laconico- Le passerà, come sempre.» Fece un cenno di saluto al terzetto che, con un certo ritardo, seguiva Akane. Nodoka si staccò dal gruppo per andare a parlare col figlio.
«Fate attenzione, tutti e tre.- disse, seria- Mio marito è un gran fanfarone, ma non è un debole. Se quella tecnica l’ha sconfitto, significa che non è cosa da prendere sottogamba.»
«Stai tranquilla, mamma. Staremo attenti.» disse Ranma, con un sorriso.
«Non si preoccupi, signora.» disse Ryoga, annuendo.
«E…Ranma?- continuò Nodoka- Dopo vedi di chiedere scusa ad Akane, va bene?»
«Cos…uh…» borbottò Ranma, arrossendo. «Ok.» disse, annuendo. Nodoka sorrise e se ne andò, seguendo Nabiki e Kasumi che l’avevano aspettata qualche passo più avanti.
«Anche tua madre è preoccupata.- disse Ryoga, pensieroso- Si prospetta un combattimento interessante.»
«Speriamo di non restare delusi.- disse Ranma, annuendo, quindi si voltò verso Mousse- Ehi, Mousse! Non hai ancora detto una parola. C’è qualcosa che non va?»
«Qualcosa che non va?!- sbottò Mousse, che fino ad allora era rimasto seduto e immobile- C’è che sento che mi hai incastrato, Saotome! Non ho nessuna voglia di misurarmi con questi tre ragazzi, quindi che ci faccio qui?!»
«Ci dai una mano.- disse Ranma, quasi sorpreso da quell’ammutinamento- Così faremo prima, mi pare di avertelo già detto.»
«Ho sempre l’impressione di essere sfruttato.» borbottò Mousse.
«Ma no, che ti viene in mente?» disse Ranma, allegro, dandogli una pacca sulla spalla. Ryoga sospirò e scosse il capo, quindi alzò lo sguardo quando Saotome e Tendo uscirono a loro volta di casa.
«Non si sono ancora visti?» chiese Soun Tendo, grave.
«Non ancora, ma non credo manchi molto.- disse Ranma, schioccando le nocche e sorridendo con confidenza- Non vedo l’ora di vedere di cosa sono capaci.»
«Mi raccomando, ricordati che tu ti chiami Ranma Tendo. Tendo, chiaro?» disse Genma, agitato.
«Sai, Saotome, credo che se dicessi a quei tre che il vero Tendo sono io, l’intero problema scomparirebbe.» disse Soun Tendo, sollevando un sopracciglio e squadrando l’amico.
«Ma sei matto?! Non puoi farmi questo!- disse Genma- Sono in debito con loro, chissà cosa mi chiederebbero se non dessi loro quello che vogliono! Non ho denaro e ho una moglie e un figlio! Mi tradiresti così, amico mio?»
«Ti sono amico solo quando ti fa comodo, vero Saotome?» chiese Tendo, accusatorio, soverchiando Saotome con la sua aura combattiva. Genma rise, nervoso.
«Ma sì, signor Tendo, lo lasci perdere.- disse Ranma, sprezzante- Batterò quei tre e sarà tutto concluso. Inutile stargli a spiegare tutta la storia.»
«Sei sicuro di riuscire a farcela, Ranma?» chiese Soun Tendo,  continuando a scrollare Genma per il colletto.
«Certo! Noi tre insieme siamo la squadra migliore che ci sia!» disse Ranma, indicando Ryoga e Mousse. Il primo si gonfiò d’orgoglio, il secondo si limitò a guardare altrove e a sbuffare, e l’attesa riprese. Non dovettero aspettare molto.
«Non vorrei sbagliarmi, ma penso che siano quelli.» disse Ryoga, attirando l’attenzione degli altri, che si stavano assopendo a causa del freddo della mattina autunnale. Ranma alzò lo sguardo lungo la strada. Tre ragazzi stavano procedendo verso di loro con passo sicuro. Ranma sorrise.
«Sì, credo proprio che tu abbia ragione.» disse. Si alzò in piedi e si pose al centro della strada, le braccia conserte. A una certa distanza, i tre ragazzi si fermarono, squadrando il giovane dalla posa orgogliosa che stava loro di fronte.
«Siete voi i Mario?» chiese Ranma, senza por tempo di mezzo.
I tre ragazzi annuirono, guardandolo con perplessità. Si notava il rapporto di fratellanza che li univa, anche se non si somigliavano poi molto. Quello che sembrava il più grande, Tsukasa, era più alto di Mousse e aveva un viso lungo in cui spiccava un naso di una certa importanza. I suoi occhi erano intelligenti e portava i capelli castani tagliati appena sopra le spalle. Eikichi, il secondo, era di poco più basso e aveva un viso sfrontato in cui brillavano occhi astuti. Aveva una gran massa di capelli castani tagliati irregolari che sparavano da tutte le parti e sembrava avere in corpo una grande energia. Il terzo, Shinji, sembrava il più calmo dei tre e aveva un bel viso ancora un po’ infantile, in cui spiccavano due occhi nerissimi. I capelli neri erano tagliati corti e sembrava chiedere al mondo che diavolo ci facesse lì, così lontano dalle sue montagne.
«Noi siamo i fratelli Mario.- disse il maggiore, venendo avanti di un passo- Siete gentili a offrirci questo comitato di benvenuto.» Lanciò un’occhiata sarcastica al seguito, che non aveva un aspetto benevolo. «Con chi ho il piacere di parlare?» chiese. Ranma fece per aprire bocca, ma Shinji lo prevenne.
«Ranma Tendo!» esclamò, con un gran sorriso, stupendo tutti i presenti. Si avvicinò a Ranma e gli afferrò una mano, scuotendola con energia. «Ti ho riconosciuto dal codino! Ehi, quanto tempo è passato! Forse non ti ricordi nemmeno di noi.»
«Ehm…in effetti…» disse Ranma, sorpreso da tutta quella cordialità. Shinji rise.
«Beh, non è affatto strano.- disse- Noi ti ricordiamo perché non abbiamo mai avuto modo di allacciare molte amicizie e quelle poche sono importanti!»
«Così, tu sei Ranma Tendo.- disse Tsukasa, concedendosi un sorriso titubante- Perdonami se non ti avevo riconosciuto.»
«Ehi, sembra che l’addestramento di tuo padre non sia andato sprecato.- disse Eikichi, con un sorrisetto- Mi sembri forte, Tendo.»
«E questi chi sono, amici tuoi?» chiese Shinji, sempre sorridendo.
«Sì, è così.» disse Ranma, sorridendo a sua volta. Quei ragazzi sembravano simpatici. Si era aspettato di trovarsi di fronte a qualche personaggio assurdo, ma pareva che avessero a che fare con gente ragionevole. Forse era meglio parlamentare, prima di passare alle maniere forti.
«Ranma, che si fa?» chiese Ryoga, a braccia conserte. Ranma gli fece cenno di attendere per un istante, poi si rivolse ai tre Mario, che lo guardavano con curiosità.
«Devo essere sincero, mi avete spiazzato.- disse- Non mi aspettavo che fosse una rimpatriata tra vecchi amici.»
Eikichi rise.
«Beh, meglio, no? Avrai meno remore nell’affidarci le tue sorelle!» disse.
«Ehm…no, in realtà le remore le ho.- disse Ranma- Anche se mi sembrate dei ragazzi simpatici, non posso proprio darvele.»
Cadde un silenzio teso.
«Perché?- chiese Tsukasa, sospettoso- C’è qualcosa che non ti garba in noi, Tendo?»
«Non è questo, è che proprio non posso affidarvele.- disse Ranma, scuotendo il capo- Anche se quell’idiota di mio padre ve le ha promesse…»
«Ehi!» protestò Genma.
«…non posso permettere che seguano uomini di cui non sono innamorate.» Senza contare che una delle ‘sorelle’ era la sua fidanzata, ma quello non era il tempo e il luogo per spiegare certe cose. Tsukasa ed Eikichi diventarono seri e nei loro occhi si accese una luce dura. Shinji si limitò ad allontanarsi da Ranma con una vaga aria sconfitta sul volto.
«Ne consegue che questi tuoi amici dovrebbero aiutarti a farci cambiare idea?» chiese Eikichi, con una smorfia sarcastica.
«Esatto!- disse Ryoga, venendo avanti- Non vi permetteremo di portarle via. Cambiate idea o combattete!»
«Combattete?!- chiese Tsukasa, ridendo- Bene, se è così che volete risolvere la disputa, facciamo pure! Sarete voi a pentirvene!»
«Ma perché accanirsi tanto?- chiese Ranma, cercando di salvare la frittata- Il mondo è pieno di belle ragazze. Perché volete proprio le sorelle Tendo?!» Ranma vide Shinji fare una smorfia sofferta e lo stesso lampo di dolore passare sui visi degli altri due.
«Vederci sposati con le tue sorelle era il più grande desiderio di nostro padre.- disse Tsukasa, cupo e solenne- E lui è morto in un incidente, due anni dopo la vostra visita. Questo è l’unico modo che abbiamo per rendergli onore.»
«Capisco il vostro desiderio e mi dispiace per vostro padre.- disse Ranma, serio- Ma rimango sulla mia posizione. Non si può passare la vita accanto alla persona sbagliata. Anche voi avete diritto a scegliere la vostra ragazza per amore e non per dovere!»
«Taci, Ranma Tendo!- disse Eikichi, tagliente- Non ci farai cambiare idea! Fatevi sotto e facciamola finita!»
«Bene, se è questo che volete…» disse Ranma, mentre Ryoga e Mousse gli si affiancavano, prendendo posizione. «Avanti!» gridò Ranma, lanciandosi contro i suoi avversari, che gli corsero incontro a loro volta. Non fecero nemmeno in tempo ad avvicinarsi abbastanza da sferrare il primo colpo. Tutti e tre i fratelli alzarono la mano destra e puntarono uno di loro, gridando all’unisono: «Kami no Te no Ken!» e stringendo il pugno.
Ranma, Ryoga e Mousse, sotto gli occhi stupefatti di Soun Tendo e quelli consapevoli di Genma Saotome, si bloccarono di colpo, ancora in posizione di corsa, privi di fiato. Le loro braccia si schiacciarono sul torace, mentre le costole scricchiolavano e gli occhi minacciavano di schizzare fuori dalle loro orbite.
“Cos’è? Cos’è che mi sta schiacciando?- si chiese Ranma, tentando di resistere al dolore- E’…è come se una mano gigantesca mi stesse stritolando!”
Non aveva bisogno di guardarsi attorno per sapere che Ryoga e Mousse erano nella sua stessa condizione. La mano che lo stritolava si torse, facendogli digrignare i denti dal dolore. Guardò il suo nemico, Shinji, e si accorse che la sua mano compiva quei movimenti che lo stavano facendo a pezzi.
“Ma come può manovrarmi in questo modo?- pensò Ranma, sconvolto- Che razza di tecnica è questa Kami no Te no Ken?!”
«E adesso dite buonanotte.» mormorò Tsukasa, prima di torcere il pugno con violenza, imitato da Eikichi. Con un grido spezzato, Ryoga e Mousse persero conoscenza e si accasciarono al suolo. Ranma guardò Shinji, incapace di muoversi.
«Mi dispiace, Ranma.» mormorò il ragazzo, con aria triste. Torse il pugno. Ranma perse i sensi.

***

Quando si svegliò, gli sembrò di essere reduce da un viaggio all’interno del più grande tritacarne del mondo. Imprecò, mentre si alzava a fatica, pieno di dolori lancinanti dappertutto. Si guardò attorno, scoprendo di essere nella sua stanza, insieme agli ancora incoscienti Ryoga e Mousse. Dal piano di sotto venivano delle voci. Evidentemente Genma aveva deciso che era più prudente fare entrare i tre Mario in casa piuttosto che farsi pestare per bene.
“Sono stato sconfitto.- pensò Ranma, sferrando un pugno al pavimento- Dannazione, sono stato sconfitto senza nemmeno essere riuscito a capire come hanno fatto a battermi!”
«Uh…Ranma?- gemette Ryoga, svegliandosi a fatica- Che cosa è successo? Ahia!»
«Muoviti piano.- disse Ranma, con una smorfia- Se ti hanno stritolato la metà di quanto hanno stritolato me, so come ti senti.»
Anche Mousse si svegliò, pieno di dolori.
«Ranma, come hanno fatto a ridurci in questo stato?» chiese Ryoga, tentando senza troppo successo di non lasciar trasparire le sue smorfie di dolore.
«Dannazione, non ci hanno nemmeno sfiorato.- disse Mousse, scrollando il capo- Meno male che doveva essere un combattimento facile.»
«Non ho capito bene neppure io.- disse Ranma, scuro in volto- Voi cosa avete provato in quel momento?»
«Cos’ho provato?- chiese Mousse, sardonico- Semplice, sono stato letteralmente stritolato da una mano incorporea!»
«Già, Mousse ha ragione.- disse Ryoga, annuendo- Mi sembrava di sentire perfino la pressione delle singole dita. Questa non è una tecnica normale.»
«No, infatti, e io ho provato le vostre stesse sensazioni.- disse Ranma, incrociando le braccia sul petto con aria pensierosa- La mano che mi stringeva era quella di Shinji, moltiplicata per mille. Non riesco a capire come abbiano potuto manipolare in quel modo il nostro corpo.»
«Battuto!- si stava intanto lamentando Mousse- Battuto da tre tipi con cui non avevo niente a che fare! Meno male che Shan Pu non mi ha visto…»
«Ehi, Ranma, e adesso?- disse Ryoga, serio- Non vorrai lasciargli Akane, spero.»
«Certo che no.- borbottò Ranma- Senza contare che non accetto la sconfitta.»
«Giusto. Scendiamo e facciamogliela pagare.» disse Mousse, alzandosi in piedi con uno scatto e cadendo subito in ginocchio per una terribile fitta alla schiena.
«Non dire stupidaggini! Non sappiamo nemmeno come diavolo reagire al loro colpo.» disse Ranma, sprezzante.
«E allora che si fa?» chiese Ryoga, sbuffando. Ranma alzò un dito, mentre il viso gli si illuminava.
«Forse lo so. Venite, presto!» disse, alzandosi in piedi con uno scatto…e cadendo tra atroci sofferenze un attimo dopo. «Ehm…venite, con calma.» disse, ridendo con un certo nervosismo.
I tre riuscirono in qualche modo a camminare fino alla stanza del vecchio Happosai.
«Ehi, vecchio!» esclamò Ranma, aprendo la porta di scatto. Happosai, che era intento a stirare la sua collezione, gli lanciò un’occhiata vagamente incuriosita.
«Cosa vuoi Ranma?» chiese, troppo di buon umore per essere infastidito dalle occhiate omicide degli altri due ragazzi.
«Vecchio, hai mai sentito nominare il Kami no Te no Ken?» chiese Ranma, a bruciapelo. Happosai sembrò perdere il fiato.
«Il Kami no Te no Ken?!» chiese, stupito.
Ryoga comprese d’un tratto lo scopo di Ranma. Il vecchiaccio era un porco maniaco, ma era anche un grande esperto di arti marziali. Se Happosai conosceva il colpo dei fratelli Mario, forse avrebbe potuto dir loro come contrastarlo!
«Non l’ho mai sentito nominare.» disse, serafico, il vecchio, mandandoli a gambe all’aria.  Due minuti dopo, il gruppetto era seduto fuori dalla porta di Happosai con una visibile aura oscura che lo circondava e i cocci delle speranze appena disilluse.
«Non lo sa nemmeno il vecchio.- disse Mousse, cupo- Andiamo bene.»
«Ranma!»
Soun Tendo apparve dietro al ragazzo col codino, facendolo sobbalzare per lo spavento.
«Non dovevi salvare le mie figlie?! Sono già passate due ore!!» disse  il padre di Akane, spaventoso nella sua veste di spettro.
«Lo farò, lo farò!- disse Ranma, spaventato a morte- Sto cercando l’ispirazione!»
«Come facciamo a battere i Mario se non sappiamo nemmeno da che parte cominciare?» disse Mousse, aggrottando le sopracciglia.
«Io voglio vendicarmi!- disse Ryoga, battagliero- Ranma, fatti venire un’altra idea!»
«Ce l’ho, ma se non funziona questa, non so proprio dove andare a sbattere la testa.- disse Ranma, alzandosi in piedi a fatica- Signor Tendo, continuate a distrarre i fratelli Mario ancora per un po’.»
«E tu dove vai?» chiese Soun Tendo, ancora piangente.
«Al Neko Hanten.- disse Ranma, serio- Chiederò alla vecchia Obaba di darci una mano.»
Pochi minuti dopo, tre ombre scivolarono silenziosamente fuori dalla casa dei Tendo per andare a chiedere consiglio alla nonna di Shan Pu.

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Capitolo 4
*** 4 - Un colpo che viene da lontano ***


«Di', Ranma, credi davvero che la vecchia Obaba possa dirci qualcosa di utile?» chiese Ryoga, alzando lo sguardo sulla rete metallica alla sua destra, mentre correva accanto a Mousse. Ranma, là in cima, annuì con aria scura.
«Di norma, la vecchia è più fidata di Happosai.- disse- Se nemmeno lei sa dirci come battere quel colpo, dovrò inventarmi qualcos’altro.»
«Dannazione, Ranma!- sbottò Mousse, irritato- In questo modo Shan Pu verrà a sapere che ho perso! Vedrai, ne farà un’altra scusa per non permettermi di battermi con lei!»
«Coraggio, basterà combattere di nuovo contro i Mario e vincere.» sbuffò Ranma, preso da altri pensieri.
«Dobbiamo batterli per forza!- disse Ryoga, stringendo i denti- Se solo si azzardano a mettere le mani addosso ad Akane, io…»
Ranma alzò la testa di scatto, allarmato.
«Akane! Dannazione, me ne ero quasi dimenticato!» esclamò, saltando giù dalla rete e mettendosi a correre più forte.
«Ehi, Ranma!- lo chiamò Mousse- Il ristorante è dall’altra parte!»
«Lo so! Dobbiamo passare un attimo dal Dottor Tofu!- disse Ranma, voltandosi appena- Le ragazze staranno ancora aspettando notizie!»
Ryoga e Mousse si scambiarono un’occhiata, quindi seguirono Ranma verso lo studio del dottore.
Ranma fu il primo ad arrivare davanti alla porta del dottor Tofu. La spalancò di colpo e si trovò davanti un esaltato dottore che ballava col suo scheletro per tutta la sala d’attesa. Si fermò all’ingresso, con una smorfia rassegnata, mentre Ryoga e Mousse gli arrivavano alle spalle.
«Ma che diavolo…» disse Ryoga, stupito.
«Fa sempre così quando c’è Kasumi.- borbottò Ranma, scuotendo il capo- Non badateci.»
Il dottor Tofu si voltò verso di loro.
«Oh, Ranma!» esclamò, andando a mettere le mani sulle spalle di un attonito Ryoga. «Sei venuto con i tuoi amici? Bene, bene! Le ragazze sono di là, ti stanno aspettando!»
Ryoga fece per replicare, ma Ranma glielo sconsigliò con un’occhiata e si mise a seguire il dottor Tofu nell’ambulatorio. Una ragazza fece capolino, attirata dal chiasso.
«Ranma!- disse Akane, andando incontro ai ragazzi, mentre il dottor Tofu proseguiva imperterrito e andava a sbattere contro il muro, perdendo i sensi- Ranma, tutto bene? I Mario se ne sono andati?»
Ranma si fece scuro in volto e scosse la testa. Akane ristette, certa che il fidanzato stesse scherzando, poi vide la stessa espressione sui visi di Ryoga e Mousse e si oscurò in volto.
«Cos’è successo?» chiese.
«Andiamo di là.- disse Ranma, sospirando- Cercherò di spiegarvi qual è la situazione.» La narrazione fu breve e quando Ranma finì di raccontare tutti rimasero in silenzio. Nodoka posò la sua tazza di tè e sospirò.
«Che guaio…» mormorò.
«E adesso cosa facciamo?- chiese Nabiki, seccata- Dovevate trarci dall’impiccio senza difficoltà, o sbaglio?»
«Modera la lingua, Nabiki Tendo!- disse Mousse, acido- Avrei voluto vedere te contro quel colpo speciale.»
Nabiki sbuffò, facendo spallucce, aumentando l’irritazione di Mousse.
«Oh, santo cielo…allora saremo costrette a seguire quei tre ragazzi?- chiese Kasumi- Chissà come sarà preoccupato papà.»
«Io non gli permetterò di portarmi via tanto facilmente.» disse Akane, seria.
«Non ti preoccupare, Akane, riusciremo a batterli.» disse Ryoga, convinto, guadagnandosi un sorriso da parte della ragazza e un’occhiata venefica da parte di Ranma.
«Non ci siamo arresi.- disse Ranma, con un sospiro- Siamo convinti che esista un modo per battere la loro tecnica. Andremo dalla vecchia Obaba e le chiederemo consiglio. Abbiamo ritenuto opportuno venire prima ad avvisarvi di ciò che era successo.»
«Avete fatto bene, figlio mio.- disse Nodoka, annuendo- Ora, però, non perdete altro tempo.»
«Hai ragione, mamma. Inutile star qui a chiacchierare.- disse Ranma, alzandosi in piedi- Andiamo al Neko Hanten.»  Ryoga e Mousse si alzarono, subito imitati da Akane.
«Vengo anch’io!- disse la ragazza- Mi sono stufata di stare qui ad aspettare. Voglio sapere se avete o meno una possibilità.»
Ranma la guardò, poi annuì.
«Va bene, vieni.- disse- Voi altre farete meglio a restare qui ancora un po’.»
«Non so se il dottor Tofu resisterà ancora a lungo.» disse Nabiki, indicando il povero dottore, che ora stava entrando nella stanza con passo barcollante e un vistoso bernoccolo sulla fronte.
«Troveremo una soluzione. Abbiate pazienza.» disse Ryoga, fiducioso.
Il piccolo gruppo lasciò lo studio del dottor Tofu e si diresse verso il Neko Hanten.

***

La porta del ristorante si aprì e Shan Pu accorse nella sala da pranzo con un bel sorriso sulle labbra.
«Benvenuti, signori clien…oh, Ranma!» esclamò, riconoscendo i nuovi arrivati. Si gettò nelle braccia del ragazzo, senza badare alle occhiate astiose di Akane e Mousse. «Tesoro, sei venuto a trovarmi!»
«Ehm…non proprio.» disse Ranma, cercando di staccarsela di dosso con gentilezza e avvertendo l’aura minacciosa della fidanzata. Anche se Shan Pu si era un po’ sbilanciata con Mousse, durante il loro viaggio nella Sengoku Jidai, una volta tornati a Nerima aveva ripreso le vecchie abitudini. Akane continuava ad andare in bestia e Mousse era sempre più disperato, ma Ranma si era accorto che Shan Pu era diventata un po’ rigida in quelle sue manifestazioni d’amore. Sembrava agire in quel modo più per abitudine che altro e il ragazzo non aveva mancato di notare che in presenza di Mousse Shan Pu controllava sempre di sottecchi la reazione del cinese.
«Oh, Shan Pu, perché fai così?!» chiese Mousse, disperato, spintonando via Ranma.
«Mousse!- gridò Shan Pu, irata- Dove diavolo sei stato?! E’ tutta la mattina che lavoro da sola, brutto scemo!»
«Ehm…» balbettò Mousse, sorpreso da quel cambio d’argomento repentino. Shan Pu afferrò un bicchiere d’acqua sul tavolo e lo rovesciò addosso al ragazzo. «Questo è quello che ti meriti!» sbottò. Mousse chinò il capo con aria rassegnata, tenendosi i pantaloni diventati larghi e cercando di stringere la cintura.
«E’ colpa di Ranma Saotome.» borbottò.
«Colpa di Ranma, eh?- continuò Shan Pu, sempre più minacciosa, incombendo sulla povera ragazza dai capelli neri- Io invece credo che dovrei punirti: farti girare per la città vestito, pettinato e truccato da me…»
«No…» gemette Mousse, lacrimante, in ginocchio per terra come una mogliettina sgridata dal marito.
«Basta, Shan Pu. Non abbiamo tempo per queste cose.- disse Ranma, ponendo fine alla scenetta umiliante- C’è tua nonna?»
«Certo, Ranma!- disse Shan Pu, con un sorriso tutto miele- Te la chiamo subito!» Ciò detto, corse in cucina. Gli altri si sedettero a un tavolo.
«Me la farà pagare.- si lamentò Mousse, terrorizzato, stringendosi le braccia al seno- Oggi avevamo l’inventario! Non me lo ricordavo! Mi ucciderà…»
«O farà di peggio.- sbuffò Ryoga, infastidito- Non capisco perché ti fai mettere sotto in quel modo. Il maschio sei tu o no?» Accorgendosi del fatto che Mousse in quel momento era una ragazza, scosse il capo. «Va bene, come non detto.»
«Ehi! Che vuoi dire?! Non fare tanto il superiore!» ringhiò Mousse, mentre i suoi occhi violetti pieni d’ira si fissavano su una ignara Akane.
«Finitela.- sbuffò Ranma- Non è il momento.»
«Ranma, credi davvero che la nonna di Shan Pu potrà aiutarti?» chiese Akane, preoccupata. Ranma le sorrise e le batté una mano su una spalla.
«Non preoccuparti, Akane.- disse, sicuro- In qualche modo sistemerò questa faccenda. Non permetterò ai Mario di portarvi via.»
Akane sorrise, beatamente ignara del fatto che Ryoga e Mousse stavano venendo alle mani, quando Shan Pu e Obaba entrarono nella sala.
«Buon giorno, futuro marito.- disse la vecchia, saltellando sul suo bastone fino al tavolo- Qual buon vento?»
«Niente di buono, purtroppo.- ammise Ranma- Ho bisogno della tua saggezza, vecchia.»
Obaba corrugò la fronte rugosa e annuì, quindi guardò con astio i due fracassoni lì accanto e colpì entrambi alla testa col bastone.
«Fate silenzio. Voglio ascoltare il futuro marito.» disse, burbera, mentre Ryoga e Mousse si tenevano la testa dolorante. Obaba si voltò di nuovo verso Ranma, mentre anche Shan Pu si sedeva. «Ebbene? In cosa posso esserti utile?»
«Conosci il Kami  no Te no Ken?» chiese Ryoga d’impulso, precedendo Ranma.
«Il Kami no Te no Ken? Uhm…- mormorò l’anziana amazzone- Mi ricorda qualcosa…Dove l’avete sentito nominare?»
«Più che sentirlo nominare, l’abbiamo sperimentato sulla nostra pelle.- disse Ranma- Tre ragazzi sono venuti oggi alla casa dei Tendo, sempre a causa di quella linguaccia di mio padre, e ci hanno sconfitti in combattimento usando quel Kami no Te no Ken.»
«E’ stata una strana sensazione.- disse Mousse- Come essere stritolati da una mano incorporea. Ci hanno stesi senza nemmeno toccarci.»
«Kami no Te no Ken…il Colpo della Mano degli Dei…» mormorò ancora Obaba, riflettendo tra sé e sé.
«Allora siete stati battuti?- chiese Shan Pu, incredula- Era un colpo così incredibile?»
Ranma, Ryoga e Mousse, annuirono, gravi. Obaba si batté il pugno sul palmo della mano.
«Ma certo! Certo, lo conosco, anche se il nome in cinese è un po’ differente.» disse la vecchia. Ranma si sporse sul tavolo con foga.
«Allora lo conosci?!» esclamò.
«E’ un colpo cinese?- chiese Mousse, stupito- Non l’ho mai sentito nominare.»
«E’ un colpo che venne sviluppato in Cina moltissimo tempo fa, ma a voler essere precisi la sua origine è italiana.» disse Obaba.
«Italiana?!- disse Ryoga, stupito- Ehi, Ranma, ma tuo padre non aveva detto che i Mario avevano discendenze italiane?»
«Sì, è vero.» ammise Ranma.
«Allora quel colpo è stato tramandato?- chiese Obaba, scuotendo la testa con incredulità- Chi l’avrebbe mai detto?»
«Stupisciti quanto vuoi, vecchia, ma in un altro momento.- disse Ryoga- Abbiamo fretta, quindi spiegaci cosa dobbiamo fare per…»
Il bastone di Obaba lo centrò in testa per la seconda volta in cinque minuti.
«Razza di screanzato!- sbottò la vecchia- Stai zitto un attimo e vi dirò quello che so, anche se non è molto.»
«Sarà meglio che niente.- disse Ranma, impaziente- Racconta.»
«Dunque…- disse Obaba, riflettendo- questo colpo venne creato da un italiano al seguito di Marco Polo, il famoso viaggiatore giunto in Cina moltissimi secoli or sono.»
«E’ così antico?!» chiese Akane, stupita. Obaba annuì.
«Un giovane erudito al seguito di Marco Polo, durante la sua permanenza in Cina si appassionò alle arti marziali della nostra terra e iniziò a praticarle a sua volta.- raccontò Obaba- Quest’uomo aveva una particolarità che gli permise di mettere a punto una tecnica segreta che lui chiamò il Colpo della Mano Fantasma e che gli fece conquistare imperitura fama tra i maestri di arte marziale cinese.»
«Il Colpo della Mano Fantasma?- chiese Mousse, sorpreso- I suoi discendenti gli hanno dato un nome ben più megalomane.»
«Questa tecnica si merita un nome megalomane.- disse Obaba, scura in volto- Tutti i grandi maestri al servizio dell’Imperatore furono battuti da questa tecnica terribile, tanto che essa venne bandita dalla Cina insieme al suo creatore.»
«E’ così terribile, quindi?» chiese Shan Pu, sorpresa.
«Lo è. Grazie al cielo, però, bisogna possedere una particolare costituzione fisica per attuarla e quindi non si è diffusa.» disse la vecchia.
«Cosa intendi per costituzione fisica particolare?» chiese Ryoga, perplesso.
«Quell’uomo era un potente telepata.- disse Obaba, stupendoli- Questo colpo arriva dalla mente e colpisce la mente, inducendola a credere di essere stritolato dalla mano incorporea.»
«Telepatia…dannazione, e chi se lo immaginava?» borbottò Mousse.
«Ma si può battere, vero vecchia?- chiese Ranma, corrugando la fronte- Questa tecnica si può battere?»
Obaba annuì.
«Si può battere. Ma…- Obaba frenò immediatamente le grida di giubilo dei presenti- vi avverto che è una cosa quasi impossibile. Solo un uomo, un monaco, riuscì all’epoca a battere quell’italiano, ma  solo grazie ai suoi elevati poteri di concentrazione, grazie al Colpo della Maschera, il Kamen no Ken. Voi tre mi sembrate troppo emotivi per riuscire a battere questo colpo.»
«Emotivi noi?!» chiese Ryoga, alzandosi in piedi con foga. Obaba lo squadrò da capo a piedi e il ragazzo ebbe la decenza di risedersi, arrossendo. Obaba si mise a riflettere.
«Credo che, una volta imparato il Cuore e il Corpo di Ghiaccio, potrei anche insegnarvi a chiudere la mente al Kami no Te no Ken.» disse.
«Ehi, allora io sono già a metà strada!» esultò Ranma.
«Ricordo quell’addestramento.- disse Ryoga- Sono certo di potercela fare! Insegnaci, vecchia!»
«Anch’io voglio vendicarmi, vecchia Obaba!- disse Mousse, con impeto- Insegnami questa tecnica!»
«Mmh…» borbottò Obaba, incerta.
«Bisnonna, accontentali.- disse Shan Pu- Cosa ti costa?»
Obaba batté la parte bombata del bastone sul tavolo.
«E sia, vi insegnerò il Kamen no Ken. O almeno ci proverò.- disse- Cominceremo domani.»
«Domani?» chiese Ryoga, stupito.
«Ehm…vecchia, quel colpo ci serve adesso.» disse Ranma. Obaba scoppiò in una risata sgangherata.
«Non essere ridicolo, futuro marito!- sghignazzò- Anche ponendo il caso che lo imparaste, vi servirebbe almeno un mese di duro addestramento per padroneggiarlo!»
«Un…mese?!» boccheggiò Ranma.
«Ma…ma no!» esclamò Ryoga, guardando con ansia Akane. La ragazza si voltò verso Ranma, con un sopracciglio inarcato.
«E adesso come la mettiamo, Ranma?» chiese, sarcastica.
«Ehm…» balbettò lui, interdetto.
«Ma qual è il problema?- chiese Shan Pu- Che fretta c’è?»
«I tre che ci hanno battuto vogliono portarsi via le sorelle Tendo, perché Genma Saotome gliele ha promesse in sposa tanti anni fa.» spiegò Mousse, sbuffando.
«Quel panda combina guai…» borbottò Obaba.
«Beh, io non ho intenzione di andare con quei tre, né di restare nascosta nell’ambulatorio del dottor Tofu per un mese.- sbottò Akane, alzandosi in piedi- Io vado da quei Mario. Li convincerò a lasciarci stare, con le buone o con le cattive!»
«Aspetta, Akane!- la fermò Ranma, afferrandola per un polso- Non puoi esporti così. E se decidessero di portarti via con la forza? Dev’esserci un’altra soluzione!»
«E quale?!- disse Akane, liberandosi dalla presa- Hai sentito cos’ha detto la vecchia Obaba, no? Ci vorrà un mese perché possiate imparare quel colpo e i Mario vogliono le loro spose adesso!»
Ranma si guardò attorno, pensando freneticamente, cercando sul viso degli amici un qualunque spunto. I suoi occhi si appuntarono sul visetto imbronciato di Mousse e un’idea gli si formò nella testa.
«Ora so cosa fare.» disse, con un sorrisetto serafico, alzandosi in piedi e andando a prendere due bicchieri d’acqua posati sul tavolo accanto. Si versò il contenuto di un bicchiere sulla testa e con l’altro lavò la faccia di Ryoga.
«Ranma! Dannato bastardo!- strillò Ryoga, afferrandolo per il colletto- Che ti salta in mente?!»
Ranma sorrise e gli appoggiò una mano sulla testa fradicia.
«Vi presento Ryoko…» disse, poi si voltò verso Mousse, che lo guardava come se fosse impazzito. «…Minako…» Indicò se stesso. «…e Ranko.»
«Ranma che diavolo stai dicendo?» chiese Ryoga, così perplesso da lasciarlo andare.
«Come, non hai capito?» chiese Ranma, sbalordito. Passò un braccio sulle spalle di Ryoga, avvicinandolo a sé a forza, e lo stesso fece con Mousse. «Ecco a voi le tre bellissime sorelle Tendo!»
Per un istante, nel Neko Hanten ci fu un silenzio di tomba, poi il mezzogiorno di Nerima fu scosso da un terrificante grido a più voci.
«Che hai detto?!»

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Capitolo 5
*** 5 -Fidanzate fuori dal comune ***


Ranma, canticchiando fra sé, aprì l’armadio di Akane e cominciò a frugare tra i vestiti.
«Non ho capito bene perché dovrei prestarvi i miei vestiti.» brontolò Akane, seduta alla scrivania. Si erano appena introdotti furtivamente in casa e ora Ranma stava approntando il necessario per spacciare se stesso e i due amici per le sorelle Tendo.
«Perché sì! Quelli di Kasumi andrebbero bene solo a Mousse e non voglio pagare l’affitto a Nabiki. Ci rifiuteresti un aiuto, Akane-chan?» disse Ranma, smielato. Schivò il portamatite in volo verso la sua testa.
«Stupido…» borbottò Akane, arrossendo.
«Ranma, finiscila! Mi rifiuto di partecipare a questa pagliacciata!» disse Mousse, secco, seduto sul pavimento con aria offesa. Ranma non si voltò nemmeno.
«E’ inutile che fai lo gnorri, Ranma!- esclamò Ryoga, arrabbiatissimo- Odio questa forma! Non mi ci costringerai un minuto di più!»
«Oh, finitela!- sbottò Ranma, voltandosi con le mani sui fianchi- Non c’è altra soluzione, a meno che non preferiate lasciar perdere i Mario e arrendervi alla sconfitta.»
«Ma se la vecchia Obaba ci dà una mano…» replicò Ryoga, accennando all’anziana donna, che sedeva sul letto di Akane insieme a un’interessata Shan Pu.
«Sì, fra un mese saremo pronti.- disse Ranma, sprezzante- E intanto lasceresti questa dolce creatura nelle mani dei Mario?» Si portò alle spalle di Akane e la indicò, il faccino atteggiato a una smorfia sofferta.
«Ranma…» ringhiò Akane, avvertendolo che stava esagerando, mentre Ryoga perdeva la carica aggressiva.
«No, io…non volevo dire questo, ma…» balbettò la ragazza dai capelli scuri, imbarazzata, guardando fisso il pavimento.
«Ryoga, non farti convincere! Sai che Saotome è bravo con le parole!- disse Mousse, alzandosi in piedi e provocando uno sbuffo da parte di Ranma- E’ una cosa vergognosa e io non voglio entrarci! Non ho nessun obbligo verso Akane Tendo.»
«Grazie per l’amicizia, Mousse.» borbottò Akane.
«Mousse! Lasceresti il mio Ranma nei guai?!- sbottò Shan Pu, facendolo sobbalzare- In questo caso, non voglio più vederti!»
«Ma Shan Pu, non puoi volere davvero che io…» piagnucolò Mousse, le mani giunte in preghiera.
«Chi era che non si doveva far mettere sotto dalle parole?» gli disse Ryoga, sarcastico.
«Futuro marito, la tua idea non è malvagia.- intervenne Obaba- Credo sia l’unico modo, per voi, di studiare da vicino i vostri avversari. Nel mentre, io potrei addestrarvi nelle vicinanze della loro dimora.»
Ranma sorrise con fiducia.
«Grazie a questo espediente, una volta ho sconfitto Picolet Chardon, caposcuola della Lotta a Tavola, un’impresa che sembrava quasi impossibile.- disse, orgoglioso- Vedrete che, sedotti dalla nostra invidiabile bellezza, si scopriranno e ci mostreranno le loro debolezze.»
«Sedurre un uomo?!» mormorò Ryoga, cianotico, faticando a non vomitare.
«Ricorda che ora sei una fanciulla, Ryoko, sorella mia.- cinguettò Ranma- La cosa non dovrebbe sconvolgerti tanto!»
«Saotome, sei disgustoso!» strillò Mousse, con la pelle d’oca, tentando di assestare un calcio a Ranma, che schivò.
«Oh, non fate tante storie. Si tratta solo di recitare.- disse, tornando a occuparsi dell’armadio- Ora, se solo mi riuscisse di trovare qualche vestito sexy…ma in questo armadio non ce n’è traccia…»
«Idiota!» gridò Akane, centrandolo con una gomitata sulla testa. La ragazza sbuffò, seccata, quindi si mise lei stessa a cercare nell’armadio. «Vi accontenterete di ciò che vi darò.- disse, brontolando- Non ho intenzione di svuotarmi l’armadio per voi tre.»
«Un maschiaccio resterà sempre un maschiaccio.» sentenziò Shan Pu, con un sorrisetto. Akane la degnò appena di un’occhiata inceneritrice. Ranma si alzò a sedere, massaggiandosi la testa dolorante. Gli scappò un sorrisetto. Akane lo aveva picchiato duro…ma non quanto avrebbe potuto. Forse perché ora sapeva che le sue provocazioni non avevano il reale intento di offenderla? Da un certo punto di vista, era lieto che il sentimento che si erano rivelati l’un l’altro non avesse cambiato molto nel loro rapporto. Akane gli piaceva così, un po’ maschiaccio e irritabile, ma dolce e carina quanto bastava per fargli battere il cuore. Accorgendosi di essere felice di essere appena stato picchiato, Ranma si chiese se non stesse diventando masochista.
«Ecco, posso prestarvi questo…e questo…- stava intanto dicendo Akane, tirando fuori dall’armadio una maglietta attillata gialla e una gonna a pieghe dello stesso colore e facendole cadere in grembo a Ranma- Ranma, sarà meglio che tu non ti faccia vedere da tua madre. Ryoga, se proprio non vuoi vestirti da ragazza, dovrei avere una salopette…»
«Indossare un tuo vestito, Akane?!- disse Ryoga, agitato fino all’inverosimile- Ma io…io non posso…non è giusto…appropriato…non…»
«Oh, falla finita!- sbottò Ranma, seccato- Akane, cercagli una gonna. Gli ci vuole una cura drastica.»
«Posso scegliere io il vestito per Mousse?- disse Shan Pu, divertita, andando all’armadio- Sai, sta benissimo coi vestiti lunghi e attillati!»
Mousse gemette, affondando il viso tra le mani.
«Wow, ci stanno prendendo gusto!» disse Ranma, sorpreso, nel vedere le due ragazze divertirsi nel fare accostamenti e proporli alla ragazza coi capelli neri.
«Che vergogna!- disse Ryoga, affranto, andando a sedersi accanto a Ranma- Akane non mi prenderà mai più sul serio.»
«Ma non avevi rinunciato a lei?» sibilò Ranma, improvvisamente acido. Da quando aveva confessato ad Akane- e a se stesso- di amarla, la sua gelosia era andata un tantino fuori controllo. Ryoga sospirò, ma non aggiunse altro. Ranma gli scoccò un’occhiata a metà fra il preoccupato e il sollevato per quell’arrendevolezza sospetta, poi abbassò lo sguardo sulla gonna gialla e la bocca gli si storse in un ghigno.
«Sai? Trovo che il giallo stia meglio a te.- disse, maligno- Si intona con i tuoi occhi, sorellona Ryoko!»
«Cos…- balbettò Ryoga, comprendendo le intenzioni di Ranma, che si stava alzando in piedi con aria sorniona, allungandogli la gonna a pieghe- No! Io la gonna non me la metto!!»
«Lo vedremo!» esclamò Ranma, saltandogli addosso.
«Argh!! Stammi lontano!!» gridò Ryoga, tentando la fuga. Ranma gli saltò sulla schiena, inchiodandolo al pavimento.
«Ehi, piantatela di far casino!- disse Akane, cercando di dividerli- Ci sono i Mario, qui sotto!»
«Se solo…stesse fermo…» disse Ranma fra i denti, cercando di trattenere Ryoga.
«Non la metterò mai!» strillò Ryoga, battendo pugni e calci sul pavimento.
«Ranma, lascialo stare!» gridò Akane, indignata.
«Mousse, mettiti questo abitino!» cinguettò Shan Pu.
«No, non voglio!» gemette Mousse.
«Cosa?!- esclamò Shan Pu, irata e imponente nella sua aura combattiva- Vorresti contraddirmi?!»
«Che fracassoni…» borbottò Obaba, scuotendo la testa mentre tutti litigavano a gran voce. Fu allora che la porta della camera di Akane si aprì.

***

«Insomma, Tendo!- esclamò Eikichi, seccato- Dove diavolo sono andate a cacciarsi le tue figlie?! Le aspettiamo da almeno tre ore!»
Genma, agitato fino all’inverosimile, si deterse la fronte sudata, scoccando un’occhiata allarmata a Soun Tendo.
«Ehm…cercate di avere pazienza. Le mie bambine vanno a scuola e…comunque dovrebbero essere qui fra non molto.»
«Spero per te che sia così, Tendo.- disse Tsukasa, corrugando le sopracciglia- Se scopro che ingannasti nostro padre…»
«No, ma figurati!» esclamò Genma, ridendo a gran voce, ben conscio dell’aura combattiva sprigionata dai fratelli a quelle parole. “Sarà meglio che Ranma si inventi qualcosa alla svelta, o sarà orfano di padre entro breve.” pensò, rabbrividendo. Assistere al Kami no Te no Ken gli aveva rammentato quanto fosse inutile tentare di opporsi ai Mario, quindi Genma si era risolto ad aspettare che fosse il figlio Ranma a risolvere la situazione. Non aveva bisogno delle occhiate omicide dell’amico Soun per sapere che la sua vita era in pericolo su più fronti!
«Argh!! Stammi lontano!!»
Un grido acuto, proveniente dal piano di sopra, fece alzare di scatto la testa a tutti i presenti.
«Cos’è stato?» chiese Shinji, perplesso.
«Sembrava una voce di donna.» osservò Eikichi. Si udirono passi pesanti, poi trambusto e voci alte che litigavano, tutte inequivocabilmente di timbro femminile.
«Non la metterò mai!!» strillò qualcuno.
«Queste sono donne. Forse sono arrivate.» disse Tsukasa, alzandosi in piedi. Genma e Soun si scambiarono un’occhiata allarmata, mentre i tre fratelli Mario uscivano dalla stanza e si dirigevano con risolutezza al piano superiore.
«Che siano Ranma e gli altri?» borbottò Genma.
«Di sicuro questa non è la voce di alcuna delle mie figlie.» disse Soun, annuendo, mentre seguivano i tre al piano di sopra. Tsukasa, Eikichi e Shinji si fermarono davanti alla porta contrassegnata col cartellino ‘Akane’. Il trambusto proveniva da quella stanza e non dava segno di scemare. Tsukasa, essendo il maggiore, prese in mano la situazione e aprì la porta con un gesto deciso. Il trambusto che regnava all’interno fece rimanere i tre basiti, a bocca spalancata, mentre gli occupanti della stanza si bloccavano dov’erano.
Una ragazza vivace dai capelli rossi, vestita alla cinese, sedeva sulla schiena di un’altra ragazza dai capelli corti con una bandana a cingerle la testa. Per non si sa quale motivo, la ragazza coi capelli rossi si stava contendendo con lei una gonna gialla.
Poco più in là, una ragazza dai capelli neri e lunghi, molto bella, vestita con abiti cinesi molto più grandi di lei, si stava facendo acconciare i capelli da una cinesina altrettanto carina. Un’altra ragazza dai capelli corti e scuri, molto carina anch’essa, stava cercando di fare alzare la ragazza dai capelli rossi dalla schiena della poveretta a terra. L’anziana cariatide con un bastone passò pressoché inosservata.
«Ma che diavolo…» mormorò Eikichi.
«Oh, kami-sama!- esclamò la ragazza coi capelli rossi, esibendo d’un tratto un’espressione graziosa e imbarazzata, alzandosi di scatto dalla schiena della giovane a terra - Voi siete i fratelli Mario? Ci dispiace per questo trambusto! Oh, che vergogna!»
«Le…sorelle Tendo?» chiese Shinji, titubante. La ragazza coi capelli rossi sembrava il ritratto al femminile di Ranma.
«Esatto!- disse questa, con entusiasmo, mentre la giovane con la bandana si alzava con qualche difficoltà- Io sono Ranko, la gemella di Ranma. Questa è Ryoko e quella è Minako.» Indicò la ragazza imbronciata con la bandana e la bellezza dai capelli neri, che venne spinta in avanti dalla cinese. «Siamo liete di conoscervi!»
«Ranko!- esclamò Genma, entrando nella stanza e afferrando Ranma per il collo- Ce ne avete messo di tempo per rientrare. Il vostro papà era molto preoccupato!» Lanciò un’occhiata omicida al figlio, che lo colpì con un pugno in faccia per toglierselo di torno.
«Scusate il ritardo.- continuò Ranma, imperterrito, senza badare alle occhiate stupite dei tre Mario di fronte alla sua forza- Avremmo voluto cambiarci e renderci presentabili, ma ci avete sorprese con addosso questi abiti da casa. Quando ci alleniamo non badiamo certo all’eleganza!» Fece una perfetta risatina alla Kodachi, che gli provocò occhiate di attonito disgusto da parte di tutti i suoi conoscenti.
“Ranma è un attore nato.” pensò Ryoga, scuotendo la testa, rintronato da tutte quelle chiacchiere.
“Ma crede davvero che una donna si comporterebbe così?” si chiese Akane, affranta.
Come in precedenza, fu Shinji il primo a mostrare cordialità. Sorrise ed entrò nella stanza.
«Sono lieto di conoscervi!- disse, gentile- Ranko, somigli davvero molto a tuo fratello.»
«Già, è una pappamolla quanto lui.» disse Ryoga fra i denti. Ranma gli scoccò un’occhiata venefica.
«E’ un piacere conoscere le nostre fidanzate.» disse Tsukasa, accennando a un inchino e scoccando a Mousse un’occhiata parecchio interessata. Mousse si voltò per fuggire, ma Shan Pu lo fece voltare immediatamente per rispondere alla gentilezza di Tsukasa.
«Ormai sei in ballo, Mousse.- gli sibilò in un orecchio- Fammi felice e comportati bene.»
Mousse, sentendosi prossimo alle lacrime, abbozzò a sua volta un inchino.
«Io aspetterei a chiamarci fidanzate.- puntualizzò Ranma- Non ci conosciamo ancora, no?»
«E’ vero.» ammise subito Shinji, guadagnandosi occhiate sorprese da Ranma e compagnia e omicide dai due fratelli. «Ehm…voglio dire…non intendiamo mettervi fretta.- si affrettò ad aggiungere Shinji, imbarazzato- Non desideriamo che abbiate la stessa reazione di vostro fratello. Tra l’altro, mi dispiace di averlo colpito.»
«Oh, non preoccuparti.- disse Ranma, con un sorrisetto- Vedrai che prima o dopo comparirà per rifarsi della sconfitta.»
«Scusate…ma perché su questa porta c’è scritto Akane?» chiese in quel momento Eikichi, sospettoso.
«Ehm…» balbettò Ranma, colto alla sprovvista.
«Sono io Akane.- disse Akane, venendo avanti con un sorriso- Sono Akane Saotome, cugina di Ranko. Abito in questa casa. La ragazza cinese è Shan Pu, una nostra amica, e quella è sua nonna Ko-Lun. Nessuno vi sta ingannando, se è questo quello che sospettate.»
«Eikichi, non fare domande sciocche!- disse Tsukasa- Perdonate il suo tono, non intendeva essere scortese.»
«Ma no, nessuna scortesia!» disse Ranma, sollevato, ridendo tra sé per la faccia tosta di Akane. La ragazza gli diede una gomitata tra le costole per fargli capire che stava esagerando con tutta quella gentilezza zuccherosa.
«Perché non ci trasferiamo di sotto?- propose Genma, ripresosi senza difficoltà dal colpo del figlio- Parleremo con più tranquillità.»
Tutti approvarono e iniziarono a trasferirsi al piano inferiore.
«Ehi, Ranma.- sussurrò Genma, prendendo un attimo il figlio in disparte, mentre gli altri scendevano le scale- Che hai in mente?»
«Ci sostituiremo alle sorelle Tendo.- disse Ranma, con un sorrisetto astuto- Vedrai, entro un mese saremo in grado di batterli.» Soffocò uno strillo quando un dito gli si piantò tra le costole e una corda gli si strinse intorno al collo.
«Ranma…- ringhiò Ryoga, accanto a lui- Ormai non posso più tirarmi indietro, ma giuro che me la pagherai.»
«Ti farò passare le pene dell’inferno, Saotome.- disse Mousse, dietro di lui, con occhi invasati- Questa vergogna verrà lavata nel sangue!»
Ranma rise nervosamente, liberandosi.
«Va bene, ne riparleremo.- disse, veloce- Ora scendiamo anche noi, sorellone care! E ricordate: siate femminili!»
«Va' all’inferno!» esclamarono i due, rifilandogli un calcio. Ranma fece le scale a ruzzoloni.
Si trasferirono così nel salotto di casa Tendo, dove i fratelli Mario iniziarono una conversazione quasi unilaterale volta a scoprire il carattere delle future spose. Si era deciso di affidare ciascuna delle ‘ragazze’ al giovane di età corrispondente. Ranko, Minako e Ryoko avrebbero seguito i Mario nella loro casa sul Monte Horoshiri, in Hokkaido, e vi avrebbero soggiornato per un mese, per abituarsi ai loro futuri mariti e per prendere confidenza con l’ambiente.
La chiacchierata fu lunga e occupò quasi tutto il pomeriggio, e durante quelle ore i fratelli Mario caddero come pere cotte nella trappola di Ranma, che seguiva le conversazioni con un sogghigno soddisfatto, quando non era impegnato a fare la parte della ragazza zuccherosa.
Tsukasa, era chiaro come il sole, era irrimediabilmente attratto dalla maggiore delle figlie di Tendo, Minako, e il fatto che lei sviasse il suo sguardo in ogni modo non faceva che aumentare sempre più il suo interesse.
“Dev’essere una ragazza pura e fragile.- pensava, ignaro del fatto che Mousse era lì lì per vomitare nel vedere l’espressione amorevole sul viso del ragazzo- E’ così timida! Sono certo che sarà una moglie devota e dolce.”
Mousse rispondeva a monosillabi, ma pareva che Tsukasa non si facesse intimidire dalla cosa, anzi…Ranma rifletté che era una fortuna che i Mario avessero gusti strani in fatto di donne, perché di certo i suoi amici non ci stavano dando molto dentro con la recitazione.
Guardò Ryoga, che era subissato di domande da parte di un interessatissimo Eikichi, e sospirò. Ryoga teneva lo sguardo basso, i pugni stretti, e un’aura combattiva terribile si sprigionava dalla sua persona. Eikichi era senza dubbio il più spregiudicato dei tre fratelli e stava già trattando ‘Ryoko’ come se fossero fidanzati da sempre, con tanta confidenza nell’agire e nel parlare che Ranma si aspettava da un momento all’altro che Ryoga si alzasse da tavola per spaccargli i denti. Eikichi era convinto che la ragazza difficile che gli sedeva di fronte fosse una conquista degna di essere portata a termine. Era abituato ad avere successo con le ragazze e la sua nuova fidanzata sarebbe presto capitolata di fronte alle sue attenzioni come tutte le altre. Non sapeva che Ryoga stava pensando in quell’istante se sparargli o meno in faccia uno Shishi-Hoko-Dan.
Il più incomprensibile, per Ranma, era Shinji. Benché chiacchierasse con lui e si mostrasse gentile, non c’era nei suoi occhi alcun tipo di interesse. Il più giovane dei Mario sembrava essere il meno convinto all’idea del fidanzamento forzato.
“Meglio per me, sarò più tranquillo.” si disse, chiudendo la questione. Lanciò un’occhiata ad Akane. Come prevedeva, era preoccupata. Credeva però che già il fatto di poterlo seguire e di aiutarlo negli allenamenti per il Kamen no Ken le avrebbe fatto ritrovare presto il buonumore. Ryoga, nel frattempo, aveva deciso che non avrebbe sopportato un secondo di più. Quel bastardo di Eikichi lo stava trattando come una ragazzina riottosa, facendogli fare una figura terribile davanti ad Akane.
«Sono certo che andremo d’accordo, cucciolo.- stava dicendo Eikichi- Forse ti servirà del tempo, ma alla fine vedrai che ti lascerai andare.»
La pazienza di Ryoga si spezzò. Alzò due occhi fiammeggianti sull’ignaro Eikichi, che continuava a blaterare.
“Basta, mi ha stufato.- pensò Ryoga, furioso, preparandosi a sparare uno Shishi-Hoko-Dan di proporzioni epiche- Ora lo ammazzo!”
Ranma, Shan Pu e Akane, accorgendosi della sua aura negativa, gli misero una mano sulla spalla per ciascuno, costringendolo a trattenersi.
«Bene, sarà meglio andare.- disse in quel momento Tsukasa, salvando senza saperlo la vita del fratello minore- Abbiamo preso alloggio in città e sarà meglio andare a riposare, visto che il viaggio sarà lungo. Verremo a prendervi domani mattina.»
«Ottimo! Ci troverete pronte.» disse Ranma, con un sorriso smagliante. I fratelli furono accompagnati alla porta.
«Bye bye, mia cara!- disse Eikichi, prima di uscire, spedendo un bacio volante a Ryoko- Non vedo l’ora che sia domattina!»
A tutti i presenti venne la pelle d’oca. La porta si chiuse dietro le spalle del più piccolo dei fratelli Mario e la casa tornò tranquilla. Ranma si voltò verso Ryoga e si allarmò un po’ nel vedere la sua espressione assente.
«Ehi, Ryoko! Su col morale!- scherzò dandogli una pacca sulla spalla- Hai fatto colpo, cosa vuoi di più?»
Ranma dovette passare l’ora successiva a calmare un Ryoga in preda a una forte crisi omicida.

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Capitolo 6
*** 6 - La casa sul Monte Horoshiri ***


Author's note: Il piano di Ranma si realizzerà senza incidenti? Mousse e Ryoga sono arrabbiatissimi e i fratelli Mario appiccicosi più della colla vinilica...Come andrà a finire?!

Il panorama autunnale passava velocemente oltre il finestrino, appena appannato dal fiato della ragazza dai capelli scuri che era assorta in contemplazione.
«Quanto manca ancora a Shizunai?» chiese la ragazza coi capelli rossi seduta davanti a lei, sbadigliando in maniera poco fine.
«Un’ora e un quarto, se non mi sbaglio.- disse il ragazzo che le sedeva accanto, sorridendo- Ci verranno a prendere in auto.»
«Caspita! Siete davvero benestanti!» disse la rossa, stupita.
«Più che altro dobbiamo ringraziare l’eredità di nostro padre.» sminuì la cosa il ragazzo, ridendo.
Ryoga sbuffò, ben poco interessato a quello scambio cordiale di chiacchiere. Erano su quel treno da ore e lui avrebbe voluto essere in qualsiasi posto tranne quello. Ancora non capiva come aveva fatto a farsi incastrare. Era nella sua forma femminile, vestito con un paio di pantaloni e una maglietta di Akane visto che non erano riusciti a fargli mettere una gonna, seduto accanto a Mousse, il quale non aveva un’espressione migliore della sua. Per cercare di non pensare a quanto avrebbe voluto ridurre in poltiglia quell’Eikichi, che continuava a lanciargli occhiate seducenti, si era ridotto a guardare sempre e solo fuori dal finestrino. Ormai gli stava venendo il torcicollo.
Lanciò una veloce occhiata a Ranma, che senza ritegno si era presentato con un completino dalla gonna cortissima, e gli sfuggì una smorfia. Non importava quale forma avesse. Lui era un uomo e non si sarebbe mai abbassato a indossare una dannatissima gonna.
“Anche Ranma, una volta, diceva così.” gli suggerì una vocetta antipatica. Ryoga la schiacciò senza pietà. Ranma era un dannato esibizionista vanesio. Non capiva come Akane avesse potuto scegliere un tipo del genere. “Non sei conciato meglio di lui, Ryoga Hibiki. Non lo sei mai stato.” ripeté la vocetta, che con tutta evidenza era sopravvissuta. Perso in questi pensieri, sospirò.
«C’è qualcosa che non va, Ryoko-san?» chiese il più piccolo dei fratelli Mario. Ryoga gli lanciò un’occhiata venefica, benché Shinji fosse in assoluto il meno detestabile dei Mario. Addirittura, gli portava il rispetto dovuto a una persona più grande, in quanto avevano dato a bere ai Mario che lui avesse un anno più di Ranma e Mousse tre.
«Oh, la mia sorellona ha sempre da lamentarsi per qualcosa.- disse Ranma, facendo finta di ridere e calcando una mano sulla testa di Ryoga- Vero, Ryoko cara?»
«Mollami!» ringhiò Ryoga, trattenendosi a stento dal rifilare a Ranma un pugno e scacciando la sua mano con uno schiaffo secco.
«Povera Ryoko, cara, sarai stanca.» disse Eikichi, premuroso, approfittandone per avvicinarsi.
«Sto bene. Lasciatemi in pace!» sbottò Ryoga. A Mousse sfuggì un sorrisetto e Ranma sospirò, seccato.
«Perdonaci, forse siamo troppo invadenti.» disse Shinji, preoccupato. Ryoga, in parte dispiaciuto nel vedere che almeno il minore era sincero, borbottò qualche scusa e si rimise a guardare fuori dal finestrino.
«Quanto mi piace, così riottosa.- mormorò Eikichi all’orecchio di Tsukasa, che faticò a smettere di fissare la sua Minako- E’ proprio la donna per me.»
«Sono lieto che la fortuna giri dalla nostra parte.- disse Tsukasa, con un sorriso che fece venire i brividi a Mousse- Non potevo desiderare niente di meglio di Minako.»
I due fratelli si scambiarono un sogghigno. Mousse, disgustato, decise che ne aveva abbastanza. Shan Pu poteva dire quello che le pareva: anche se aveva accettato quella pantomima, non era obbligato a sorbirsi quei due dannati. Si alzò con un scatto repentino, afferrando Ryoga per un braccio e sollevandolo dal sedile.
«Ryoko, accompagnami in bagno.» disse, a denti stretti.
«Co…perché dovrei…» iniziò a protestare Ryoga, impreparato a quel trattamento.
«Vieni e taci!» gli ingiunse e se lo trascinò nel corridoio del vagone, urtando le gambe di tutti i presenti.
“Oh, ma che aiuto che mi stanno dando!” pensò Ranma, amaro, guardando le due allontanarsi. Sospirò. Non poteva aspettarsi nulla di meglio. Già tanto che non avessero ancora ingaggiato combattimento coi Mario, che in effetti erano duri da sopportare. Non erano al livello di Kuno, ma in quanto ad appiccicosaggine avrebbero potuto essere fratelli di Picolet Chardon. Tutti tranne Shinji, grazie al cielo.
«Abbiamo detto qualcosa che non andava?» chiese Tsukasa, preoccupato.
«Sono solo molto timide.» minimizzò Ranma, che si stava stancando a sua volta.
«Tu somigli molto a tuo fratello Ranma, anche nel carattere.» disse Eikichi, sollevando un sopracciglio.
«Spero non sia una critica.» disse Ranma, con un sorriso d’avvertimento.
«E’ un ragazzo testardo, ma capisco anche il suo punto di vista.- disse Tsukasa, pensieroso- Mi dispiace averlo battuto, ma se vostro padre lo avesse avvertito si sarebbe risparmiato quest’umiliazione.»
«Oh, non preoccuparti di questo.- disse Ranma, con un sorrisetto- Tornerà a sfidarvi e la prossima volta vi darà del filo da torcere.»
«Io ti consiglierei di farlo desistere.» disse Tsukasa, incupendosi.
«Perché dovrei? Che combattente è uno che si ritira con la coda tra le gambe?- disse Ranma, stringendosi nelle spalle- Vi avverto: noi non ci arrendiamo mai. Questo è un mese di prova, ma non resteremo se non saremo noi a scegliervi e nemmeno se sarete battuti da Ranma, Ryoga e Mousse quando si ripresenteranno.»
Eikichi e Tsukasa si incupirono parecchio in volto, mentre negli occhi di Shinji si accese una luce interessata.
«Se Ranma tornerà a sfidarci, significa che ha in mente qualcosa, giusto?» chiese.
«Esatto. Vi consiglio di non adagiarvi sugli allori.- disse Ranma, quindi sfoderò un sorriso angelico- Ora scusatemi, vado a vedere che fine hanno fatto le mie sorelle.»
Così dicendo, si alzò e si diresse fuori dal vagone, attirando gli sguardi ammirati di tutto il pubblico maschile.
«La tua fidanzata ha la lingua lunga.» disse Eikichi, osservando la ragazza sparire oltre la porta scorrevole.
«Beh, è stata onesta nel dirci che Ranma tornerà.- disse Shinji, sorpreso per il malanimo del fratello maggiore- E poi, non vorreste trattenere le ragazze contro la loro volontà, no?» Il silenzio che seguì la sua domanda lo mise a disagio.
«Beh, non c’è che una soluzione.- disse Eikichi, sospirando e mettendosi comodo sul sedile, incrociando le braccia dietro la testa- Basterà farle innamorare di noi. Un mese è lungo a sufficienza.»
«Senza contare che Ranma non troverà mai un modo per battere il Kami no Te no Ken.- asserì Tsukasa, deciso- Vedrete che fra un mese saremo tutti e tre felicemente fidanzati.»
Eikichi sogghignò e scambiò un cinque col fratello maggiore. Shinji si voltò verso il finestrino e prese a osservare con aria assente e cupa il paesaggio che sfrecciava di fianco al treno.

***

Ranma entrò nel vagone successivo. Gli bastò una sola occhiata per individuare Mousse e Ryoga, immersi in una fitta conversazione con un gruppetto di persone ben conosciute.
«Ecco dov’eravate, fedifraghi.» disse, seccato.
«Non meriti nemmeno risposta.» disse Ryoga, incrociando le braccia sul petto e guardando da un’altra parte.
Ranma si avvicinò al sedile di Akane e scambiò un sorriso con la ragazza, che sedeva accanto a Shan Pu. La vecchia Obaba occupava uno dei sedili di fronte, mentre quello accanto era vuoto, non fosse stato per Mousse, che se ne era appropriato. Sembrava che fosse in corso una piccola partita a carte.
«Come va il viaggio?» chiese Ranma alla piccola compagnia, che si era messa in viaggio con loro per approntare il campo di esercitazione per imparare il Kamen no Ken.
«Insomma. Un po’ noioso.- disse Akane- Ma non manca molto, vero Ranma? Ho chiuso.» aggiunse, mostrando le carte agli altri. Shan Pu sbatté le carte sul tavolino, incrociando le braccia sul petto.
«Basta. Non mi piace questo gioco stupido con le carte.» disse, piccata. Akane fece un sorrisetto e le rimescolò.
«Shinji mi ha detto che manca poco più di un’ora.» disse Ranma.
«Ryoga ci ha informate che vi verranno a prendere in auto.- disse Obaba- Noi vi seguiremo in pullman. Entro stasera sarà tutto pronto per il vostro addestramento.»
«Ci conto, vecchia.» disse Ranma, sorridendo e sedendosi sul bracciolo del sedile di Akane.
«Ranma, ricordati che indossi la gonna.» disse la ragazza, ben conoscendo la poca finezza del fidanzato.
«Hai finito di fare la smorfiosa con quei tre?» chiese Ryoga, acido.
«Cos’è, vuoi prendere il mio posto, Ryoko cara?- chiese Ranma, sarcastico- Guarda che se non ci fossi io, a mostrare almeno un po’ di cortesia, passeremmo un mese in silenzio a guardarci in cagnesco.»
«Cosa che preferirei, Ranma Saotome.- disse Mousse, seccato, guardando Akane, che scosse il capo e sospirò- Non voglio avere niente a che spartire con quei tre!»
«Va bene, vi capisco, ma aspettate almeno di arrivare a casa loro.- sospirò Ranma- Là potrete comportarvi come vi pare, io non voglio saperne niente.»
«Già, parli bene, tu, che ti sei beccato il Mario meno insopportabile di tutti.- disse Ryoga- Comunque, se quell’Eikichi si avvicina solo di un millimetro in più del dovuto, lo spedisco al centro della Terra.»
«Povero Ryoga, ti è capitato proprio il peggiore.» disse Akane, impietosita.
«Già…beh…mi sforzerò per te, Akane.» disse Ryoga, arrossendo.
«Già, povero Ryoguccio caro.- tubò Ranma, acido, affibbiando un’occhiataccia alla fidanzata- Se non ci fosse lui a proteggerti come faresti?»
Akane, indifferente, gli diede una gomitata che lo fece cadere nel corridoio del vagone, sotto le occhiate attonite degli altri passeggeri.
«Kawaiikunee…» borbottò Ranma, alzandosi a fatica, e per sua fortuna Akane non lo udì.
«Io credo che l’esperienza potrà servirvi, ragazzi.- disse Shan Pu, stiracchiandosi- Avrete modo di capire tutti quegli atteggiamenti che a una ragazza danno solo fastidio. Vero, Mousse?»
«Perché mi tiri in ballo, Shan Pu?- chiese Mousse, immediatamente sull’orlo delle lacrime- Vuoi dire che io ti do fastidio?»
«Comunque ho avvisato i Mario della nostra imminente richiesta di ripetere il combattimento.- disse Ranma, spolverandosi il vestito e decidendo di restare in piedi- Ho detto loro che si possono scordare il fidanzamento se saranno battuti.»
«A parte il fatto che se lo possono scordare comunque,- disse Mousse, aggrottando le sopracciglia- perché non hai tirato fuori l’argomento in nostra presenza, invece di farci sorbire le loro occhiate lascive e disgustose?»
«Già! Ranma, sei un maledetto!- disse Ryoga, con impeto ben poco femminile- Volevo esserci anch’io e vedere l’espressione di quel dannato Eikichi!»
«Già, per far loro vedere le vostre espressioni femminili e docili.- disse Ranma, sprezzante- Ma guardatevi. No, no…non voglio che si sappia che mi ritrovo delle sorelle così mascoline.»
«Ranma!!» gridarono i due con voce terribile, mentre Ranma si ritraeva, con un’espressione di assoluta innocenza sul volto.
«Orsù, non vorrete prendervela con la vostra sorellina?» chiese, con una vocetta fragile e delicata.
Nell’altro vagone, i tre fratelli Mario si voltarono improvvisamente a causa di un grande trambusto di origine imprecisata proveniente dalla direzione in cui si erano allontanate le tre sorelle Tendo...

***

Ranma rimase a braccia conserte, imbronciato, per tutto il viaggio in auto. Un grosso bernoccolo gli pulsava sulla testa, segno tangibile di cosa ‘le sue sorelline’ pensassero della sua linea di condotta. Ryoga e Mousse, dal canto loro, non avevano un’espressione migliore, costretti com’erano a dividere l’angusto ambiente coi tre Mario. Shinji lanciò l’ennesima occhiata perplessa e preoccupata a Ranma.
«Senti, Ranko…- si decise infine a chiedere- non vorrei essere invadente, ma va tutto bene? Sei diventata taciturna.»
«Oh, non è nulla.- disse Ranma, lanciando un’occhiata assassina a Ryoga e Mousse, che fecero finta di niente- Ho battuto la testa mentre ero in treno e sono un po’ scombussolata.»
Shinji annuì e, fortunatamente, non chiese altro, mentre Eikichi riempiva loro le orecchie raccontando vita, morte e miracoli della vita che si conduceva alla dimora del Monte Horoshiri, con l’evidente intento di impressionare la sua Ryoko. Presto si inoltrarono in un fitto bosco di conifere, mentre la strada diventava stretta e accidentata, piena di curve.
«Siamo quasi arrivati.- disse Tsukasa, sorridendo- Tra un attimo, potrete vedere casa nostra.»
Pochi minuti dopo, la fitta macchia d’alberi si aprì a mostrare una grande proprietà dall’aspetto imponente e elegante, che lasciò a bocca aperta le tre ragazze.
«Ecco Casa Mario.» disse Shinji, sospirando di soddisfazione.
La villa era una grande costruzione a tre piani in stile occidentale, la cui facciata bianca richiamava il colore della prima neve, che aveva spruzzato il tetto e le cime degli alberi. Gli elementi decorativi, le finestre e il grande portone erano molto scuri, per contrasto, e creavano un effetto suggestivo. Attorno alla villa si estendeva un grande giardino all’inglese, ben curato e pieno di siepi sagomate, attraversato da numerosi vialetti. L’auto si fermò di fronte al portone d’ingresso e l’autista scese per aprire la portiera ai ragazzi.
«Eccoci qui.- disse Eikichi, tentando senza successo di mettere un braccio sulle spalle di Ryoga- Questa è casa nostra.»
«Non me la ricordavo proprio.» borbottò Ranma, osservandola.
«Ma che dici, Ranko?- rise Shinji- Tu non sei mai venuta qui!»
«Già, che sciocca!» disse Ranma, ridendo nervosamente. Prima gaffe della giornata…in effetti era stanco morto e la sua recitazione cominciava a perdere colpi.
«Sarai stanca.- disse Tsukasa- Anzi, lo sarete tutte. Ora entriamo, coraggio. Vi daremo tre stanze e poi ceneremo.»
«Questa è la prima cosa sensata che gli sento dire.» disse Mousse nell’orecchio di Ryoga, acido.
Entrarono così nel grande atrio dal pavimento in marmo, alle cui pareti erano appesi i ritratti degli antenati dei Mario, almeno a giudicare dalle targhette con nome e data. Due cameriere vennero ad accogliere i padroni e condussero le tre spossate fanciulle al piano di sopra, tramite una grande scala arcuata dal corrimano in ferro battuto. Ranma, Ryoga e Mousse occuparono tre stanze attigue, quindi scesero a cena, dove, con grande sforzo di volontà, sopportarono le ulteriori chiacchiere dei fratelli Mario. Fu piuttosto facile, in verità, perché l’ottimo cibo rapì talmente la loro attenzione che tutto il resto passò in secondo piano. Non appena si accorsero che le portate erano concluse, però, i tre decisero di defilarsi. Quella notte li aspettava la prima lezione di Obaba e non avevano intenzione di perdere tempo.
Si erano già lasciati alle spalle le facce deluse di Eikichi e Tsukasa e stavano salendo al piano di sopra, quando la voce di Shinji echeggiò nell’atrio.
«Ranko! Ranko, aspetta!»
«Aspettalo tu, il tuo fidanzato.- disse Ryoga, canzonatorio- Noi iniziamo a salire.»
Ranma guardò in cagnesco i due che continuavano a salire le scale, mentre Shinji lo raggiungeva.
«Senti, Ranko, ma le tue sorelle ce l’hanno con me?» chiese il ragazzo, ferito.
«Non badarci, Shinji.- disse Ranma, facendo un gesto vago con la mano- Non apprezzano molto l’idea del fidanzamento.»
«Beh, le capisco.» disse Shinji, sospirando. Fraintendendo l’espressione sorpresa di Ranma, arrossì. «No, non intendevo…non volevo essere offensivo! Sei una bella ragazza, Ranko, non è per quest…»
«Ho capito Shinji, puoi smetterla di scusarti.- disse Ranma, bloccando il suo sproloquio- Non mi sono offesa affatto. Almeno dimostri di pensare con la tua testa.»
Shinji si incupì in volto e non rispose, poi sembrò ricordarsi di aver raggiunto Ranma per un motivo.
«Tieni, Ranko.- disse, allungandole una borsa del ghiaccio- Tienila sopra il punto che ti fa male. Dovrebbe aiutarti.»
«Oh…grazie.» disse Ranma, sbalordito visto che non si ricordava nemmeno più del bernoccolo. Shinji sorrise e se ne andò, tornando in sala da pranzo. Ranma, dopo un attimo, si diresse al piano di sopra, riflettendo. Shinji era un ragazzo strano. Non si era ribellato al fidanzamento, ma non ne era nemmeno entusiasta. Era molto gentile con Ranko, ma non mostrava l’interesse tipico di un ragazzo per una ragazza. Gli altri due, benché asfissianti, erano molto più comprensibili. Chissà quali erano i veri pensieri di Shinji…Ranma aprì la porta della sua camera e vi trovò Ryoga e Mousse, ancora nelle loro forme femminili ma con addosso i loro soliti abiti.
«Datti una mossa, Ranma. Dovrebbero venire a prenderci tra poco.- disse Ryoga, sbuffando- E cos’è che tieni in mano?»
«Una borsa del ghiaccio.- disse Ranma, noncurante, iniziando a tirare fuori dalla sua borsa da viaggio i suoi vestiti- E non abbiate fretta. Non si azzarderanno ad avvicinarsi alla casa finché le luci non saranno quasi tutte spente.»
«Avranno acqua calda?- si lamentò Mousse- Io non ce la faccio più.»
Ranma sospirò. In effetti, anche lui non vedeva l’ora di tornare maschio. Si cambiò, poi avvicinò una lampada alla finestra e si mise in attesa. Passò quasi un’ora prima che un sassolino colpisse il vetro.
«Eccole.» disse Ranma. Spalancò la finestra. Nel giardino sottostante, Akane e Shan Pu gli fecero cenno di scendere. Ranma, Ryoga e Mousse saltarono di sotto con agilità, poi si allontanarono in direzione del bosco insieme alle due ragazze. La prima lezione sul Kamen no Ken li stava aspettando.

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Capitolo 7
*** 7 - Cuore di Ghiaccio? Mah... ***


«Avete avuto difficoltà a montare il campo?» chiese Ranma.
«Non direi. Abbiamo trovato una radura piuttosto ampia, che è adatta allo scopo.- rispose Akane- Non è troppo lontana dalla casa, ma ci è sembrata inutilizzata e nascosta. Abbiamo già montato le nostre tende.»
«Mi dispiace che dobbiate dormire all’aperto con questo freddo.» disse Ryoga. Akane gli sorrise.
«Non preoccuparti! Voi dovete sopportare ben di peggio.» lo rassicurò, mentre Ranma faceva una linguaccia all’amico.
«Quanto è vero ciò che dici, Akane.» disse Ryoga, irritato, affibbiando un pugno in faccia a Ranma.
«Ti sono mancato, Shan Pu?» chiese Mousse a un albero lì accanto. Shan Pu non si prese nemmeno la briga di rispondere. Dopo pochi minuti di cammino, giunsero in una radura rischiarata da un grande fuoco da campo, accanto cui erano state montate due tende colorate.
«Buonasera, ragazzi.- li salutò Obaba, seduta accanto al fuoco per godersi il calore delle fiamme- E’ stata una giornata lunga?»
«Non ne hai idea, vecchia.» disse Ranma, annuendo.
«Presumo che vogliate tornare normali, eh?» sghignazzò l’anziana donna, sollevando un grosso bollitore con la punta del bastone e lanciandolo in aria. Il bollitore si rovesciò, versando il suo contenuto di acqua calda sui tre.
«Ah, finalmente!» sospirò Ryoga, con gioia, osservando il suo normale corpo maschile.
«Ci voleva proprio.» ammise Mousse, sistemandosi gli occhiali sul naso per dare un’occhiata al campo base degli addestramenti.
«Allora, vecchia, che si fa?- chiese Ranma, tirandosi via dalla spalla il codino fradicio e avvicinandosi al fuoco per asciugarsi- Da dove si comincia?»
«Venite tutti qui e vi spiegherò cosa vi attende.» disse Obaba, facendo loro cenno di sedersi, mentre Akane e Shan Pu prendevano posto accanto a lei. Il gruppetto si sedette attorno al fuoco, accentrando tutta l’attenzione sulla vecchia Obaba. «Dunque,- iniziò la vecchia, alzando un dito per puntualizzare le sue parole- state per iniziare il severissimo allenamento che vi porterà a imparare il Kamen no Ken. Questo colpo, come dice il nome, maschera il vostro cuore e la vostra mente, cosicché la Kami no Te non possa trovarli. L’addestramento sarà duro e difficile, ma con un po’ di impegno potreste anche farcela.»
«Certo che possiamo farcela!- sbottò Ryoga- Dicci solo quello che dobbiamo fare e lo faremo.»
«Molto bene, allora. Visto che siete decisi, basta con le ciance.- annuì Obaba- Il vostro allenamento sarà suddiviso in tre fasi. La prima, vi insegnerà a mascherare il vostro cuore. La seconda, vi insegnerà a mascherare la vostra mente. La terza, infine, vi insegnerà a utilizzare quanto avrete già imparato durante un combattimento.»
«Ok. Allora iniziamo con la fase uno.» disse Mousse, entusiasta.
«La prima fase è la conquista del Cuore di Ghiaccio, indispensabile anche per il colpo dell’Hiryu Shotenha.- disse Obaba- Ranma, quindi, è esonerato da quest’allenamento. Ci aiuterà ad insegnarlo a voi due.»
«Ehi, ma non è giusto!» sbottò Mousse, lanciando un’occhiata invidiosa a Ranma, che gonfiò il petto, con un sorriso soddisfatto.
«Non puoi farci niente, Mousse. Il consorte è più avanti di te.- disse Obaba, saltando sul suo bastone e incitando tutti ad alzarsi in piedi- Benché sia ancora una frana di timidezza, almeno in combattimento si sa controllare.»
«Ehi, vecchiaccia! Chi è che è una frana di timidezza?!» ringhiò Ranma, mentre Obaba sghignazzava.
«Non te la prendere.- gli disse Akane, sogghignando- In fondo ha detto la verità.»
«Ma ti ci metti anche tu, adesso?!» esclamò Ranma, nervoso, sbuffando. «Ehi, vecchiaccia.- borbottò, distraendo per un attimo Obaba- Non è che hai intenzione di insegnare a queste due frane l’Hiryu…»
«L’Hiryu Shotenha? No, non preoccuparti, consorte.- sghignazzò la vecchia cinese- Quella è tua prerogativa. Già il Cuore di Ghiaccio richiederà tempo, temo.»
«E non potresti insegnarmi il resto, intanto?» chiese Ranma, speranzoso.
«Calma, calma…la pazienza è la virtù dei forti.» disse Obaba, tornando a occuparsi dei suoi allievi mentre Ranma metteva il broncio. Non aveva fatto tutti quei chilometri per restarsene poi inattivo.
«Dunque, facciamo una prova con Mousse.- disse Obaba- Chi si prende l’incarico di provocarlo?»
«Ci penso io.- disse Shan Pu, schioccando le nocche con un sorrisetto terribile sul volto- Non c’è nessuno che conosca quanto me tutte le vergogne di Mousse.»
Mousse impallidì appena, suscitando le occhiate impietosite degli altri.
«Mi raccomando, Mousse.- gli ricordò Obaba, mentre Shan Pu si sistemava davanti a lui, pronta a dare il massimo- Non ti scaldare. Non reagire. Qualunque cosa Shan Pu ti dirà, lascia che ti scivoli addosso. Il tuo cuore non deve essere turbato.»
«Tranquilla, vecchia Obaba.- disse Mousse, togliendosi gli occhiali e respirando profondamente, restituendo lo sguardo di sfida di Shan Pu- Ce la farò.»
«Sei così sicuro di te? Molto bene.» disse Shan Pu, con un sorrisetto. Per un istante, nella radura non volò una mosca, quindi Shan Pu iniziò a gridare tutto d’un fiato. «Scemo! Papera perdente! Ti odio! Mi hai sentita?!- gridò, con quanto fiato aveva in corpo, facendo ribaltare tutti i presenti- Ti odio a morte! Sei una nullità! Non ti sposerò mai e poi mai, femminuccia! Sei più debole di me! Talpa! Sei…»
Shan Pu riempì la notte di una sfilza infinita di improperi e insulti che lasciarono tutti quanti basiti e a disagio.
«Per la miseria…non ci va certo leggera, quella ragazza!» disse Ryoga, a bocca spalancata.
«Povero Mousse!» disse Akane, scuotendo la testa.
«A me non sembra che se la stia cavando tanto male.» commentò Ranma, seduto per terra con il mento appoggiato alle mani.
In effetti, Mousse stava subendo quella sfilza di insulti senza fare una piega, rimanendo in piedi, con le braccia conserte e gli occhi chiusi. Sembrava solo infastidito dal volume della voce di Shan Pu, che era considerevole. A un certo punto, fece anche uno sbadiglio.
«E bravo Mousse! Mi sorprendi!» disse Obaba, sincera, mentre Shan Pu smetteva di gridare per riprendere fiato.
«Tzè!- disse Mousse, con noncuranza- Queste sono bazzecole.»
«Però, che resistenza!» commentò Ranma.
«Sei un osso duro, eh?» disse Shan Pu, ansimando, seccata.
«Vivere a stretto contatto con Shan Pu deve averlo temprato più di quanto immaginassimo.» disse Akane.
«Esatto, Akane Tendo.- disse Mousse, con un sorriso arrogante- Ascolto gli insulti di Shan Pu ogni giorno, fin da quando l’ho conosciuta. Ormai non mi fanno più né caldo né freddo.»
«Ah…ma davvero?!» disse Shan Pu, arrabbiandosi sul serio. La sua aura combattiva crebbe considerevolmente, senza che nessuno capisse quale fosse il motivo di tanta ira. «Così non ti fanno più effetto, eh?»
Mousse deglutì a fatica, facendo un passo indietro.
«Allora vediamo se ti fa effetto questo!» gridò Shan Pu. Dal nulla, comparve nelle sue mani un microfono e la ragazza lo usò per gridare con tutto il fiato che aveva: «L’altra settimana sono andata a un appuntamento con Ranma, alla fine del quale il mio ai len mi ha stretta forte al suo petto e ha suggellato il nostro amore eterno con un meraviglioso bacio!»
Sulla radura scese il silenzio più completo. Ranma si trattenne dal gridare ai quattro venti che Shan Pu mentiva, ricordandosi all’ultimo istante che tutto ciò serviva per l’addestramento di Mousse, ma non mancò di notare l’occhiata sospettosa di Ryoga e il fatto che Akane stava tenendo in serbo un pugno megagalattico, che con tutta evidenza ancora non sapeva se sferrare oppure no. Da Mousse, non una reazione. Shan Pu, indispettita, marciò verso di lui, che era rimasto basito e a bocca aperta, e gli sventolò una mano davanti agli occhi.
«Ehi, ci sei?- chiese, perplessa- Hai capito cos’ho detto? Ehi…Mousse?»
Mousse aprì e chiuse la bocca due volte, come un pesce, poi i suoi occhi si accesero di una fiamma inumana.
«Ranma!- ruggì, correndo verso il ragazzo- Ti ammazzo!!»
«Ehi, no, Mousse, aspett…» cercò di difendersi Ranma, prima che il bastone di Obaba si abbattesse sulla testa del povero Mousse, che cadde a terra lungo disteso.
«Bene. Abbiamo appurato che Mousse è a buon punto.- disse Obaba- Dobbiamo solo perfezionare qualcosina.»
Shan Pu, soddisfatta, camminò ancheggiando fino alla sua tenda per andare a bere un po’ d’acqua. Ranma lanciò un’occhiata preoccupata ad Akane, ma lei gli sorrise.
«So che non è vero. Non preoccuparti.» disse, riempiendolo di sollievo. Akane distolse lo sguardo, pensierosa. «Eppure, il mio pugno stava per partire da solo, per riflesso…» borbottò.
«Cosa?! Ehi, Akane!» disse Ranma, preoccupato. Akane rise e gli diede un debole pugno sul braccio. Ryoga distolse lo sguardo, intristito da quella scenetta tra i due fidanzati.
«Va bene, a questo punto direi che possiamo anche iniziare con Ryoga.- disse Obaba, osservando il corpo inerte di Mousse- Questo sciocco credulone dovrebbe metterci un po’, prima di riprendere conoscenza.»
«E sia, cominciamo.- disse Ryoga, deciso- Non sono mai stato inferiore a Mousse e non comincerò adesso.»
«Dici? Bene, vedremo.- disse Obaba, stringendo appena gli occhi- Chi si occupa di lui?»
«Io! Sono quello che lo conosce da più tempo.- disse Ranma e Akane gli lanciò un’occhiata ammonitoria- E’ il minimo che possa fare, visto che sembra non ci sia niente da imparare per me, stanotte. Di', sei pronto, Ryoga?»
«Pfui! Credi di spaventarmi, Ranma?- disse Ryoga, con un sorrisetto- Non c’è niente che tu possa dire di cui io mi debba vergognare. Non mi muoverò di un passo!»
«Molto bene, allora. Iniziamo!» disse Ranma, impadronendosi del microfono di Shan Pu. «Il qui presente Ryoga Hibiki è un uomo che tiene il piede in due staffe! E’ un maiale decerebrato senza senso dell’orientamento! E’ un incapace che mi sarà sempre secondo nelle arti marziali! E’ un imbranato con le donne! Ha scritto un migliaio di lettere d’amore che poi non ha mai avuto il fegato di consegnare! Ryoga Hibiki è un pappamolla!»
«Ehi, Ryoga sta resistendo!» disse Shan Pu, sorpresa, vedendo che Ryoga non si muoveva.
«Tu dici?» disse Akane, preoccupata.
In effetti, a mano a mano che Ranma sciorinava insulti di ogni sorta, una terrificante aura minacciosa si sprigionava da Ryoga, che aveva i pugni stretti e una luce indemoniata negli occhi…almeno finché il bastone di Obaba non lo raggiunse alla testa.
«Ahia!!!!- gridò il ragazzo, accucciandosi a terra e tenendosi la testa, su cui era comparso un enorme bernoccolo- Dannata vecchia, ma che fai?!»
«Stai rovinando l’allenamento, stupido!- lo sgridò Obaba, mentre Ranma abbassava il microfono, sospirando- Ti ho ben detto a cosa serve tutto questo! Non scaldarti, non dare peso alle parole e alla vergogna! Niente rabbia, niente reazioni! Questo è il Cuore di Ghiaccio!»
«E cosa ti è sembrato che stessi facendo?!- sbraitò Ryoga, inviperito- Non mi sono nemmeno mosso! Non ho fatto cenno di voler ammazzare Ranma, o sbaglio?»
«Non avevi bisogno di muoverti, stupido.- sospirò Obaba, esasperata- Emettevi tanto di quello spirito combattivo che era quasi visibile a occhio nudo!»
«Eh?- disse Ryoga, sorpreso- Da…davvero?» Guardò gli altri per avere conferma e tutti annuirono, con aria rassegnata. Ryoga arrossì. «Ehm…» balbettò.
«Coraggio, Ryoga!- disse Ranma d’improvviso, avvicinandosi al ragazzo- Cos’è tutta questa indecisione? Non è da te! Vuoi dimostrare o no di essere almeno pari a Mousse?»
«Ranma…» disse Ryoga, sorpreso dalla veemenza del ragazzo.
«Vuoi dare pan per focaccia ad Eikichi, non è vero?- continuò Ranma, imperterrito- Vuoi tirare Akane fuori dai guai, vero?»
«Certo che sì!» esclamò Ryoga, alzandosi di nuovo in piedi.
«E allora non dare peso a quello che dico! Ricordati dell’allenamento e del perché siamo qui!- continuò Ranma, appuntando i suoi occhi in quelli di Ryoga- Non farti battere dalle parole, Ryoga!»
«Oh, Ranma…» disse Akane, sorpresa per quella dimostrazione d’amicizia.
«Ranma…tu sei davvero un bravo ragazzo.» disse Ryoga, commosso.
«Coraggio! Io ti aiuterò in ogni modo.» disse Ranma, stringendo la mano a Ryoga.
«Grazie, Ranma. Lo apprezzo.» annuì Ryoga, stringendogli la mano a sua volta e trattenendo le lacrime.
«Bene, allora! Inutile girarci intorno!- disse Ranma, deciso- Ryoga, smettiamola di scherzare! Affrontiamo la prova decisiva, va bene?»
«Non so cosa hai in mente, ma mi fido, Ranma.- disse Ryoga, sicuro- Sopporterò qualsiasi cosa, vedrai.»
«Mi chiedo cos’abbia in mente il consorte.» disse Obaba alle due ragazze, che si strinsero nelle spalle. Ranma si voltò di scatto verso Akane e la raggiunse con pochi passi decisi, con un’espressione talmente seria sul volto che la ragazza fece per reazione un passo indietro.
«Akane…- iniziò Ranma, rigido e serio, prima di chinarsi con aria cospiratoria- Senti, hai più ritrovato P-chan?»
«Cos…» balbettò Ryoga, spalancando la bocca per la sorpresa.
«P-chan? Cosa c’entra adesso P-chan, Ranma?» chiese Akane.
«Tu rispondimi.» disse Ranma, imperterrito.
«Beh…no.- ammise Akane, intristendosi- E’ da prima del nostro viaggio nella Sengoku Jidai che non lo vedo più. Chissà dov’è finito…»
«Se vuoi posso darti una mano a trovarlo, Akane.- disse Ranma, con un sogghigno, mettendo un braccio sulle spalle della fidanzata- Si dà il caso che io sappia dov’è…anche se sarà difficile che tu possa vederlo ancora…perché, sai, Ryoga…»
«Che c’entra Ryoga?» chiese Akane, corrugando la fronte.
«Ra…Ranma!!- esplose Ryoga, con un grido terrificante- Così è questo il tuo metodo definitivo, eh?! Alla faccia dell’amicizia!»
«Ma no, che hai capito, Ryoga! Se sopporti questo, sopporti tutto.- cercò di difendersi Ranma, nascondendosi dietro una perplessa Akane, mentre Obaba e Shan Pu scrollavano la testa- Suvvia, Ryoga, lo faccio per il tuo bene!»
«Per il mio bene un corno! Io ti ammazzo!» gridò Ryoga, avventandosi su Ranma.
«Ehi, Obaba, fermal…ouch! Ryoga, calmati…argh!- gridò Ranma, mentre Ryoga iniziava a gonfiarlo di botte- Ehi, fermatelo!!»
«Ho paura che questo allenamento sarà più lungo del previsto.» borbottò Obaba, sconsolata, mentre la notte si riempiva delle grida di dolore del povero Ranma.

***

La colazione in casa Mario, la mattina dopo, si svolse in un clima silenzioso. Le tre fanciulle avevano un’aria stravolta e fuori dal mondo e i tre fratelli si lanciavano a vicenda occhiate preoccupate. La cera delle sorelle Tendo non era proprio delle migliori: sembrava quasi che non avessero chiuso occhio.
«Ehm…- iniziò a dire Tsukasa- Come vi siete trovate, stanotte? Avete avuto difficoltà a dormire?»
«Ti diamo questa impressione?» disse Mousse, lanciandogli un’occhiataccia, per poi sospirare e strofinarsi gli occhi. Era talmente stanco che non aveva nemmeno voglia di litigare. L’allenamento notturno era stato massacrante e senza miglioramenti evidenti. I tre erano tornati all’alba, senza aver chiuso occhio. Sperava solo che in quella casa fosse in uso la pennichella pomeridiana.
«Abbiamo qualche difficoltà nel dormire fuori casa.» borbottò Ranma, che oltre ad aver perso sonno le aveva prese di santa ragione da Ryoga.
«Oh, mi dispiace.- disse Shinji- Forse i letti non sono abbastanza comodi?»
«Ci abitueremo col tempo.» brontolò Ryoga, faticando a tenere aperte le palpebre pesanti. Tsukasa, Eikichi e Shinji si scambiarono un’altra occhiata preoccupata, poi il suono di un campanello giunse nella sala da pranzo.
«Oh, dev’essere arrivata!» esclamò Shinji, alzandosi dalla sedia con un gran sorriso e correndo fuori dalla stanza.
«Oggi deve arrivare nostra cugina. Abbiamo pensato che potesse farvi buona compagnia.- spiegò Tsukasa, alzandosi a sua volta, mentre Eikichi ingurgitava l’ultimo boccone e poi scappava dietro a Shinji- Scusateci un attimo, mentre andiamo ad accoglierla alla porta. Voi continuate pure a mangiare.» Tsukasa uscì dalla sala da pranzo, lasciando le tre da sole.
«Pure la cugina?- disse Mousse, sarcastico- Cos’è, ci tocca conoscere tutta la famiglia?»
«Non fare l’acido.- sbuffò Ranma- Dai, andiamo a vedere com’è. Non sopporterei qualche ragazza strampalata alla Kodachi.»
«Sì, ci mancherebbe proprio.- sospirò Mousse, alzandosi insieme a Ranma- Andiamo a vedere cosa ci aspetta, va’…»
I due arrivarono, furtivi, fino alla porta, e misero fuori la testa per spiare l’arrivo della nuova componente di quella strampalata famiglia. Ryoga rimase dov’era, piluccando il riso senza molta convinzione. Era di pessimo umore. Era risultato evidente che il suo livello di freddezza era di molto inferiore rispetto a quello di Mousse e il trovarsi indietro lo faceva infuriare da morire. Che Akane poi lo vedesse in quelle condizioni…bah! La sua vita era sempre un completo disastro.
“E mi tocca anche recitare questa stupida parte da donna, senza contare le avance di quel dannato Eikichi.- pensò, con una smorfia- Cosa mi potrebbe capitare di peggio?!”
In quell’istante, Ranma tornò di corsa al tavolo e lo afferrò per le spalle, costringendolo a guardarlo in faccia.
«Ryoga…non ci crederai.- disse Ranma, che sembrava avere un’espressione preoccupata a cui si mescolava una punta di panico- Dannazione! Lei sa chi sono, come facciamo?! Dovrò inventare qualcosa…»
«Ranma, ma di che diavolo stai parlando?!» sbottò Ryoga, tirandogli un pugno, che però l’altro schivò, mentre Mousse si affrettava a tornare al suo posto.
«La cugina dei Mario è nientemeno che…» iniziò Ranma, prima che la porta si aprisse di nuovo, facendo entrare i fratelli Mario e la nuova ospite. A Ryoga si seccò la bocca e il cuore smise momentaneamente di battergli. Dietro a Tsukasa, faceva timidamente capolino una bella ragazza dai morbidi capelli scuri che lui conosceva fin troppo bene.
«Ragazze, vi presento nostra cugina.» disse Shinji, orgoglioso.
«Sono lieta di conoscervi, signorine Ranko, Ryoko e Minako.- disse la ragazza, venendo avanti di un passo con un dolcissimo sorriso sulle labbra- Il mio nome è Akari Unryu e sono felicissima di fare la vostra conoscenza.»

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Capitolo 8
*** 8 - Il cuore di Ryoga ***


Author's note: Ora che è arrivata Akari, le cose si complicano! Riuscirà Ryoga a concentrarsi a sufficienza per seguire l'addestramento della vecchia Obaba?

Era una bella mattina di sole. L’aria fredda dell’autunno ormai inoltrato aveva congelato l’acqua caduta la sera prima, che ora brillava in minuscole perle di ghiaccio un po’ dappertutto. Dimentica del freddo e dell’ora così mattutina, almeno in apparenza, una ragazza dai capelli scuri trattenuti da una bandana, vestita di abiti dal taglio maschile di qualche misura più grandi della sua, sedeva a gambe incrociate sulla ringhiera della veranda della grande villa, con un’espressione piuttosto depressa.
Ryoga seguì con aria assente il volo di due uccelli, quindi sospirò, chinando il capo con aria sconfitta. Si sentiva depresso, in barba alla luce luminosa del sole. Era tornato da poco con Ranma e Mousse dal campo di addestramento e aveva deciso che era perfettamente inutile salire in camera per prendersi un po’ di riposo, in quanto era certo che non sarebbe riuscito a chiudere occhio. Le cose stavano andando male e questo per lui non era una novità, ma vedersi crollare il mondo addosso su tutti i fronti, compreso quello del combattimento, lo stava facendo cadere nell’umore più nero.
Era passata più di una settimana da quando si era recato con i due amici a casa dei fratelli Mario ed era da altrettanto che si allenava ogni notte per imparare il Kamen no Ken…o perlomeno, il Cuore di Ghiaccio, la prima fase del colpo finale. Da allora, non aveva fatto nemmeno il più piccolo passo in avanti. Davanti alle provocazioni di Ranma, o al solo pensiero che Akane potesse scoprire che fine aveva fatto il suo P-chan, perdeva totalmente il controllo. Aveva vergogna di se stesso e gli altri stavano perdendo la pazienza. Non che Mousse avesse fatto ulteriori miglioramenti, ma almeno non reagiva agli insulti! Ryoga non aveva la faccia tosta di Ranma, né la freddezza di Mousse e il Cuore di Ghiaccio gli sembrava sempre di più un ostacolo insormontabile.
“Non è nella mia indole lasciare che gli altri mettano in piazza le mie vergogne.- pensò, arrossendo appena- Come posso fare? Di questo passo, non riuscirò mai a vendicarmi dei Mario!”
Sospirò di nuovo, mentre un’aura oscura iniziava a circondarlo. La prospettiva in continuo allontanamento di vendicarsi era solo la punta dell’iceberg. Tutta quella situazione lo stava facendo andare fuori di testa. Strinse i pugni. Con grande difficoltà, e grazie al tenero affetto di Akane, aveva un tempo finito per abituarsi alla sua trasformazione in maiale, apprezzandone i pochi ma preziosi vantaggi che essa poteva offrirgli. La trasformazione in donna, però, non faceva che esasperarlo fino al midollo. Detestava quella sua figura fragile da ragazzina! Cos’avrebbe pensato Akari, se solo avesse saputo chi era in realtà?!
Ecco, aveva centrato il punto. Akari. Era Akari il suo più grande problema e anche il fattore che non gli permetteva di concentrarsi a sufficienza durante gli allenamenti. Si era quasi sentito male quando aveva capito chi fosse la cugina dei Mario. Alla sola vista della ragazza amante dei maiali aveva avuto un mezzo infarto e durante la presentazione non aveva fatto altro che balbettare, tanto che era stato Mousse a dire il suo nome alla ragazza. Grazie al cielo, la candida ingenuità di Akari le aveva permesso di bersi la storia che fossero cugine di Akane, ma Ryoga era andato in paranoia.
Non poteva farsi vedere dalla ragazza così!! Il solo averla nella stessa casa lo metteva in imbarazzo e lo agitava terribilmente, e Akari, per quanto ingenua, se ne sarebbe accorta. Ryoga non riusciva a parlare in maniera femminile e i suoi gesti erano quelli di un maschio. E se Akari avesse riconosciuto il suo modo di parlare? Con che faccia avrebbe potuto ripresentarsi di fronte alla ragazza che...che amava? Forse. Non lo sapeva. L’impronta di Akane nel suo cuore era ancora grande e Ryoga non intendeva ingannare Akari.
Gli occhi teneri e innamorati della ragazza, però, lo mandavano in orbita e Ryoga non aveva nessuna intenzione di far sì che quella luce d’amore si spegnesse. Era da una settimana, quindi, che si aggirava per casa come un fantasma, tentando in tutti i modi di evitare Akari e fino a quel momento ci era riuscito con discreto successo.
«Oh, ma perché sono così sfortunato?!- sbottò ad alta voce, mettendosi le mani tra i capelli, con le lacrime agli occhi- Perché, perché tutte a me?!»
«Ryoko! Buongiorno!» salutò una voce festosa alle sue spalle. Ryoga si irrigidì all’istante, lanciando una breve occhiata omicida dietro di sé. Ed ecco laggiù l’ultimo, ma non ultimo, dei suoi problemi: quel dannato dongiovanni di Eikichi Mario.
«Che bella mattinata, mia dolce Ryoko.- disse il giovane, passandosi una mano tra i capelli scompigliati e avvicinandosi alla ringhiera- La luce del sole ti rende ancora più bella.»
Ryoga trattenne a stento un conato di vomito. Sentire dei complimenti tanto melensi, per di più fatti da un uomo, lo faceva stare male.
«Eikichi, vai a farti un giro.» ringhiò. Era una settimana che gli rispondeva solo con ringhi e monosillabi, ma pareva che Eikichi fosse duro di comprendonio. Eikichi le tentava tutte per riuscire a baciare ‘la sua Ryoko’ e Ryoga lo mandava in orbita con un pugno ad ogni tentativo. Il problema era che Eikichi si era fissato e aveva giurato a gran voce che non si sarebbe arreso finché non fosse stata Ryoko stessa a chiedergli di sposarla, suscitando risa pazzesche in Ranma, Mousse e perfino Shinji, mentre Tsukasa, vedendo l’ira infuocata di Ryoga, aveva augurato al fratello buona fortuna. Comunque, sembrava che anche quella mattina Eikichi intendesse fare una perlustrazione nella stratosfera.
«Di cattivo umore già di prima mattina, mia gattina?- perdurò Eikichi, appoggiandosi alla ringhiera e lanciando a Ryoga un’occhiata seducente- Suvvia, la tua bellezza ne sarà offuscata. Dovresti essere invece luminosa come la rugiada al mattino.»
«Mi sento più simile alla brina.- sibilò tra i denti Ryoga, stringendo i pugni- Non ho voglia di sentire le tue chiacchiere. Vedi di andartene, prima che mi sfoghi su di te.»
Eikichi rise, facendo andare Ryoga in ebollizione.
«Vedo che ti stavi allenando.- disse, indicando con un cenno del mento i vestiti di Ryoga- Mia cara, apprezzo la tua forza indomita, ma ritengo che esprimeresti meglio tutto il tuo fascino con questo addosso!»
Così dicendo, con un gesto teatrale, Eikichi tirò fuori dal nulla un cortissimo abitino aderente nero, che consegnò nelle mani di Ryoga, il quale spalancò la bocca, irrigidendosi alla sola idea di indossare una roba del genere, e cadde dalla ringhiera.
“Ma siamo impazziti? Adesso si mette pure a farmi regali?!- pensò Ryoga, tirandosi a sedere, scioccato, tenendo il minuscolo abitino di fronte a sé- Con che coraggio può anche solo pensare che io mi metterei una cosa tanto indecente?!”
Improvvisamente, la faccia di Eikichi comparve a meno di due centimetri da quella di Ryoga, che uscì dalla trance con uno strillo.
«Non mi merito un bacio per il regalo, mia piccola tigre?» chiese Eikichi, spingendo avanti le labbra e chiudendo gli occhi. Due secondi dopo, il poverino volava alto nel cielo, mentre Ryoga teneva il pugno alzato, ansimando con aria scioccata e disgustata.
«Crepa, maledetto!» gridò al cielo, mentre Eikichi atterrava da qualche parte. «Diavolo, c’è mancato un pelo…»
«Oh no! Non picchi mio cugino, la prego!»
Al suono della voce dolce e addolorata, Ryoga fece un salto tale che quasi cadde dalla veranda. Si voltò. Dietro di lui stava Akari, con il volto preoccupato e le mani strette al seno, carina e tenera come sempre.
«A…Akari?» balbettò Ryoga. Dannazione, alla fine aveva attaccato discorso con lui! Tutta colpa di quell’imbecille di Eikichi! E adesso, che scusa poteva trovare per andarsene?
«Ryoko-san, la prego, non picchi mio cugino.» disse Akari, venendo avanti di un passo.
«Ecco…io…ma ha provato a baciarmi…- continuò a balbettare Ryoga, giocherellando con le mani e arrossendo- Io…»
“Oh, insomma, Ryoga!- si disse- Così non la finirai più. Sii duro e diretto, almeno Ryoko le starà antipatica e non le rivolgerà più la parola. Sì, ecco, farò così.” Alzò uno sguardo deciso e duro su Akari.
«Devo picchiarlo per forza, visto che si comporta come un dannato maniaco!- esclamò, sicuro di sé- E poi, a me questa storia del fidanzamento non sfagiola per niente! Io non volevo venire qui!»
«Allora ci odia, Ryoko-san?- chiese Akari, addolorata, quasi in lacrime- Io…io volevo fare amicizia con la fidanzata di mio cugino, ma…mi sono accorta che mi evita. Allora ci odia tutti, Ryoko-san?»
«Io…» disse Ryoga, sentendo che tutta la sua determinazione si scioglieva come neve al sole. Abbassò lo sguardo, arrossendo di nuovo e riprendendo a giocherellare con le mani. «No, ecco…dipende da questa situazione.- disse, con una vocetta mansueta- E’ solo con Eikichi che…tu non c’entri. Non ti ho evitata perché…»
«Allora odia solo Eikichi?» chiese Akari, apparentemente più sollevata.
«Sì.- borbottò Ryoga- Scusami, ma non posso farne a meno.»
Akari annuì, poi cadde un silenzio imbarazzato.
«La prego di perdonare la testardaggine di mio cugino, Ryoko-san.- mormorò Akari, arrossendo appena- Io non sapevo che voi foste venute qui contro la vostra volontà. Nemmeno io vorrei fidanzarmi con qualcuno che non amo.»
«Ma…ma non devi scusarti tu, Akari!- esclamò Ryoga, in preda al panico- Tu non c’entri! Non ti devi preoccupare!»
«Ma io…» replicò Akari.
«Questa faccenda si sistemerà presto!- continuò Ryoga, con enfasi- Non ti devi preoccupare! E non pensare mai che ti odio, perché non è vero!»
Akari sorrise e Ryoga si sentì d’improvviso circondato dal tepore della primavera.
“Quant’è carina!” pensò, commosso.
«Allora…ehm…- balbettò Akari, timida- potremmo diventare amiche, Ryoko-san?»
«Eh?» chiese Ryoga, cadendo dalle nuvole. Diventare…amiche?
«Vede, lei mi piace molto Ryoko-san.» disse Akari, sorridendo con trasporto. Ryoga faticò a trattenersi dal perdere i sensi, da tanto Akari gli parve carina. Gli piaceva?! Faticò a ricordare a se stesso che Akari stava dicendo quelle parole a Ryoko, e non a Ryoga.
«Io…ti piaccio?» chiese, quasi senza voce.
«Oh, sì!- disse Akari- Le sue sorelle sono molto carine e simpatiche, ma lei mi sembra speciale! Somiglia tanto a…» D’improvviso, le guance le andarono in fiamme e lei si portò le mani al viso per nasconderlo.
«A…a chi somiglio, Akari-chan?» chiese Ryoga, mentre il cuore gli batteva all’impazzata. Paura e speranza facevano a botte dentro il suo cuore impazzito.
«Beh…- mormorò Akari, con una risatina che Ryoga aveva sentito fare qualche volta alle ragazze quando stavano per confessare un segreto a qualche loro amica- lei, Ryoko-san, somiglia moltissimo al ragazzo che mi piace. Il suo nome è Ryoga-san e forse lo conosce, dato che è amico di sua cugina, Akane Tendo.»
Per Ryoga fu il colpo finale. Cadde sulle ginocchia, in uno stato d’estasi profonda. Akari aveva appena confessato all’alter-ego del ragazzo che amava i suoi dolci e puri sentimenti. Fraintendendo la reazione della ragazza dai capelli corti, Akari si precipitò da lei, preoccupata.
«Si sente bene, Ryoko-san?- disse, scrollandola per le spalle- Ho…ho forse detto qualcosa che non va?»
«No…no, affatto.» disse Ryoga, sognante. D’un tratto, il mondo gli pareva un posto davvero bellissimo. Qualche minuto dopo, le due erano sedute sui gradini davanti alla porta di casa, scambiando qualche chiacchiera mentre davanti a loro il maiale di Akari, Katsunishiki, si allenava nel giardino ancora ghiacciato.
«E così…ehm…tu hai un ragazzo che ti piace.» disse Ryoga, tentando di non far trasparire la sua gioia…senza riuscirci molto bene, d’altra parte. Akari annuì, arrossendo di nuovo. «Beh, sai, io conosco Ryoga di vista.- continuò Ryoga- Così, è il tuo fidanzato?»
Akari arrossì ancora di più.
«Oh…non so se Ryoga-san e io…ecco…» mormorò, imbarazzata. Ryoga guardò il cielo, in piena estasi. Era una vigliaccata bella e buona carpire in quel modo i sentimenti di Akari, ma in quel momento era troppo contento per pensarci. Finalmente il suo aspetto femminile serviva a qualcosa!
«E in cosa gli somiglio?» chiese Ryoga, emozionato.
«Beh, ecco…- iniziò Akari- siete entrambi molto forti. Parlate nello stesso modo un po’ rude, però sapete essere entrambi molto gentili. Vi somigliate un pochino anche nell’aspetto e avete lo stesso modo di vestire!»
Ryoga rimase in silenzio, con le palpebre a mezz’asta. Non era che Akari avesse fatto un elenco di pregi…in più, aveva notato anche la somiglianza fisica. Doveva ringraziare il cielo che Akari fosse troppo ingenua per sospettare che Ryoko e Ryoga fossero la stessa persona.
«Per questo, mi sono detta: Akari, Ryoko-san potrebbe essere un’ottima amica.- continuò Akari, sorridendo- E ora che ho parlato con lei, sono sempre più convinta di ciò che dico.»
«Ti ringrazio, Akari-chan.- mormorò Ryoga, imbarazzato- Anche a me piacerebbe essere…ehm…tua amica.»
«Grazie, Ryoko-san.» disse Akari, sorridendo. In quel momento, Katsunishiki si avvicinò ai due, stuzzicando coll’enorme grugno la padroncina. «Oh, hai fame, Katsunishiki?- disse Akari, alzandosi in piedi- Provvedo subito.» Salì in sella al grande maiale e lanciò un ultimo sorriso a Ryoga. «Ci vediamo dopo, Ryoko-san! Vado a preparare la colazione per Katsunishiki!» gridò, mentre il maiale si allontanava in direzione del retro della casa, facendo grandi cenni di saluto.
Ryoga la salutò a sua volta finché non ebbe girato l’angolo, quindi smise di trattenere il suo sorriso estatico, che gli aprì quasi la faccia in due. Oh, Akari…così dolce, pura! Cosa aveva fatto di bello nella vita per meritarsi l’amore di un simile angelo?
“Nonostante l’affetto profondo che ci legava, non potevamo mai incontrarci.- pensò, commosso- Eravamo nient’altro che amici di penna e avevamo potuto godere della compagnia l’uno dell’altro solo in pochi, preziosi momenti. L’ho messa spesso in situazioni imbarazzanti e non sono mai stato chiaro con lei, eppure continua ad amarmi in questo modo così commovente.”
Gli vennero le lacrime agli occhi e strinse i pugni.
“Ryoga Hibiki, tu sei un uomo fortunato e dovresti rendertene conto.- si disse- Come puoi tenere Akari sulla corda in questo modo? Akane ormai è perduta, non puoi restare attaccato a un ricordo quando c’è qualcuno che ti ama così intensamente.”
«E’ vero, sono uno stupido.- disse, ad alta voce- Adesso basta tergiversare. Passerò questi giorni come amica di Akari e una volta che avrò sconfitto i Mario le dichiarerò il mio amore e le chiederò di fidanzarci ufficialmente!» A queste parole, si bloccò. Una volta che avrebbe sconfitto i Mario? Ma i Mario erano i cugini di Akari!!! «Oh, no!» gridò, assumendo una posa molto simile a quella dell’urlo di Munch. Maledizione! I Mario erano gli affezionati cugini di Akari! Cosa avrebbe pensato di lui la ragazza, quando si sarebbe presentato per malmenare Eikichi e compagnia?
“Mi odierà.- pensò Ryoga, disperato- Mi odierà di sicuro! Ha perdonato Ryoko solo perché è contraria ai fidanzamenti imposti!” Già si immaginava la scena in cui Akari gli diceva addio.
«Non posso amare chi fa del male alla mia famiglia.» diceva, allontanandosi nelle tenebre. Senza contare che se avesse scoperto che Ryoga e Ryoko erano la stessa persona, di certo si sarebbe sentita ingannata e non a torto. D’altronde, non poteva nemmeno tirarsi indietro, ne andava del suo onore di combattente, Il gelo dell’inverno scese d’improvviso ad ammantare la figura disperata di Ryoga, ancora seduto sugli scalini.
“Eh eh…non sento più niente.- pensò, mentre fissava il nulla con viso apatico- L’inverno è sceso sul mio cuore. La mia vita è rovinata. Akari mi odierà.”
Si sentiva completamente svuotato. In quel momento, avrebbero anche potuto cercare di ucciderlo e lui non avrebbe mosso un dito per difendersi. Era caduto nell’apatia più totale.
«Non ho più sentimenti.» sospirò Ryoga, chinando il capo. Lo sollevò immediatamente, con una luce più presente negli occhi. «Ehi, un attimo!» disse, alzandosi in piedi. L’apatia…ma certo! In quella condizione, poteva sopportare qualsiasi tipo di attacco verbale senza fare una piega! Aveva trovato un sistema adatto al suo carattere per imparare il Cuore di Ghiaccio!! Bastava che tenesse stretto a sé il pensiero che presto Akari l’avrebbe odiato…
Come a comando, ricadde nell’apatia per qualche minuto, prima di scrollarsi e sorridere con triste trionfo.
«Grazie, Akari. Senza il tuo colpo di grazia non ce l’avrei mai fatta.- disse, semi disperato, mentre le lacrime gli rigavano il volto- Ora potrò finalmente imparare il Cuore di Ghiaccio!»
Senza perdere altro tempo, Ryoga si recò nel bosco per svegliare Obaba e le ragazze e ricominciare l’addestramento.

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Capitolo 9
*** 9 - Il problema di Shinji ***


«Yah!» gridò Ranma, tirando un calcio al bastone rivestito di paglia e spezzandolo in due. «Uff…bene, per oggi basta.» mormorò, togliendosi il codino rosso dalla spalla e asciugandosi il sudore dalla fronte. Erano quasi le dieci di quella gelida mattina di fine novembre e il ghiaccio scintillava al sole. Ranma non aveva ciondolato a lungo in camera, restio a prendere sonno nonostante fosse in debito di riposo già da un pezzo. Si sentiva insoddisfatto e frustrato. Era laggiù per imparare il Kamen no Ken, ma fino a quel momento non aveva fatto altro che esercitarsi nel far andare Ryoga fuori dai gangheri. Se solo quei due stupidi si fossero dati una mossa nell’imparare quel dannato Cuore di Ghiaccio! E invece, Mousse dormiva della grossa e Ryoga era sparito dalla circolazione. L’unica prova che fosse ancora nei paraggi stava nel fatto che prima di uscire di casa Ranma aveva visto Eikichi conciato davvero male.
“Perché Obaba non mi dà qualche delucidazione?!- pensò, seccato, mentre il fiato gli si condensava davanti agli occhi a contatto con l’aria gelida- Sta forse mettendo alla prova la mia pazienza? Beh, ne ho avuta abbastanza. Mi sono stufato di stare qui!”
«Ranma!»
Una voce alle sue spalle, proveniente dal bosco, lo fece voltare di scatto. Vide Akane camminare verso di lui con la mano alzata in un cenno di saluto, sorridente. Era infagottata in un piumino bianco e aveva una grossa sciarpa gialla attorno alla gola.
«Akane! Già sveglia?- chiese Ranma, sorpreso di vederla- Che ci fai qui? Potrebbero vederti.»
«Che importanza ha? Dirò loro che sono venuta a trovare le mie cugine.» rispose Akane, con un’alzata di spalle. Si guardò attorno e notò il palo spezzato. «Ti stavi allenando?» chiese. Ranma fece una smorfia.
«Mi sto rammollendo, qui. Non c’è mai nulla da fare, per me.- si lamentò, sbuffando- Con questo pensiero che mi gironzola per la testa non riesco a dormire bene. Ma tu? Come mai non riposi un po’?»
«Avrei voluto, ma…- disse Akane, soffocando uno sbadiglio- Ryoga si è presentato al campo un paio d’ore fa e ci ha svegliate tutte. Pare che abbia trovato un modo per ottenere il Cuore di Ghiaccio.»
«Davvero?!» chiese Ranma, d’improvviso attentissimo. Akane annuì.
«Non ho capito bene in che modo, ma da quel poco che ha detto pare sia stata Akari a offrirgli lo spunto. Obaba lo sta mettendo alla prova e mi è sembrato che sia sulla buona strada per imparare la tecnica.»
«Beh, sarebbe anche ora.- commentò Ranma, scuotendo il capo con fare piacevolmente sorpreso- Ma che cosa gli è successo, esattamente?»
«Non lo so.- ammise Akane, stringendosi nelle spalle- So solo che ho visto i suoi allenamenti di stamattina e, ogni volta che iniziava il fuoco di fila di Obaba, Ryoga assumeva un’espressione….come dire…assente, ecco.»
«Assente?» chiese Ranma.
«Hai presente la sua espressione dopo aver sparato lo Shishi-Hoko-Dan? Quello completo?» disse Akane. Ranma si batté un pugno sulla mano.
«Ma certo! Lascia che le cose gli scivolino addosso perché diventa preda della depressione più totale!- disse, comprendendo il modus operandi di Ryoga- E’ evidente che Ryoga ha capito qual è il modo più adatto alla sua personalità per chiudere il suo cuore.»
«Già, beh…non mi fa molto piacere vederlo così depresso.- disse Akane, preoccupata- Mi chiedo cosa sia successo.»
«Oh, di sicuro ha frainteso qualche parola di Akari, o si è creato da solo qualche situazione assurda.- disse Ranma, incrociando le braccia dietro la testa con fare saccente- Akari sarebbe incapace di dirgli qualcosa di crudele e comunque lui ha cercato di evitarla fin da quando è arrivata. E’ proprio uno sciocco.»
«Non criticare il povero Ryoga.- disse Akane, corrugando la fronte- Poverino, è innamorato. E’ naturale che non voglia che la sua ragazza sappia della sua trasformazione, no? Lo ha sempre creduto un ragazzo normale e ora…»
Ranma sospirò, scuotendo il capo. Secondo lui, era più comprensibile una trasformazione in ragazza che in maialino, cosa di cui Akari era stata perfettamente al corrente, ma non poteva dirlo ad Akane.
«Sarà così.- borbottò, poi fece un sorrisetto furbo- Non sono tutte adattabili come te, vero, Akane?»
«Cosa vuoi dire?» chiese Akane, minacciosa.
«Niente! Era un complimento.- tubò Ranma- D’altronde, nonostante la maledizione sono ancora il tuo fidanzato, no?»
«Scemo.- brontolò Akane, rifilandogli un pugno sul braccio- Sai cosa me ne importa della tua trasformazione. Se ti dovessi lasciare, non sarebbe per quello. Avrei un sacco di motivi più validi.»
«Ehi! Che vuoi dire?!» chiese Ranma, incerto se lasciarsi andare al panico o arrabbiarsi.
«Ah, già! Quasi dimenticavo!- esclamò Akane, senza dargli retta- Che sciocca, sono venuta qui per dirti una cosa e me ne stavo dimenticando!»
«Ehi, Akane, non cambiare discorso!» disse Ranma, minaccioso.
«Ma io ero venuta a parlarti dello Scudo, la prossima fase dell’allenamento!- disse Akane, fingendo ingenuità- Oh, d’accordo, se vuoi che continuiamo il discorso…»
«Akanuccia!- cinguettò Ranma, iniziando a massaggiare le spalle della fidanzata- Ma no, ma no! Sentiamo cos’hai da dirmi! Anzi, se vuoi, intanto ti faccio un massaggino, sarai stanca!»
Akane ridacchiò. Ranma era assolutamente prevedibile. Pochi minuti dopo erano seduti su una panchina del grande giardino dei Mario.
«Allora, che si è lasciata sfuggire la vecchia Obaba?- chiese Ranma, impaziente, seduto a gambe incrociate- Cos’è esattamente questo scudo?»
«Ne ha parlato a me e a Shan Pu stamattina presto, prima di andare a riposare.- disse Akane, soffiando aria calda nelle mani congelate- Ci ha detto che il vostro prossimo passo sarà creare lo Scudo, che non permetterà ai Mario di manipolare la vostra mente.»
«D’accordo, ma cos’è esattamente?» insistette Ranma.
«Non lo so.» ammise Akane, facendo cadere Ranma a terra per la sorpresa. «Obaba non ci ha detto molto, solo che per creare lo Scudo viene utilizzata l’energia interna e pensava che in questo senso sarebbe stato Mousse, stavolta, a trovarsi più in difficoltà.»
«Uno scudo di energia interna?» borbottò Ranma, rialzandosi e tornando alla panchina. Rimase per qualche istante in silenzio a riflettere e Akane non lo disturbò. «Mmh…forse ho capito cosa intende la vecchia.» disse, infine.
«Davvero, Ranma?» chiese Akane, curiosa. Ranma annuì.
«Non ne sono sicuro, ma credo che sia un esercizio per mantenere, oltre che il cuore, anche la mente fredda.- disse, corrugando le sopracciglia- Se devi creare uno scudo con la tua energia, significa che devi dargli una forma. Io e Ryoga siamo abituati a sparare energia interna, ma non abbiamo mai pensato di darle una forma.»
«In effetti, sia lo Shishi-Hoko-Dan che il Moko Takabisha consistono nello sparare l’energia interna contro il nemico, niente di più.» rifletté Akane.
«E in questo siamo eccellenti entrambi, come la vecchiaccia ha sottolineato.- disse Ranma, incrociando le braccia sul petto prosperoso- Mousse, invece, che io sappia non si è mai cimentato con tecniche del genere.»
«Dovrà partire dal principio.- annuì Akane- Ma, Ranma…credi che sia possibile dare una forma all’energia interna?»
«So per certo che è così.- disse Ranma, sicuro- Ti ricordi di Herb?»
Akane annuì. Come avrebbe potuto dimenticare, visto quanto si era preoccupata per Ranma a causa di quell’uomo? Herb era l’erede della tribù cinese Jako, caduto come Ranma nella Niang Nichuan, ed era giunto in Giappone tempo prima con i suoi seguaci. Avuto un diverbio con Ranma a causa del modo in cui l’aveva trattata, aveva bloccato l’aspetto fisico di Ranma con lo Zhi-Shui-Tong, il secchio per bloccare. Ranma aveva dovuto così affrontare un pericoloso viaggio insieme a Ryoga e a Mousse per poter tornare maschio e aveva dovuto combattere a lungo contro Herb, prima di poter tornare normale. Herb, a quanto ricordava Akane, era un esperto di tutte le tecniche concernenti l’energia interna.
«Herb sapeva usare la sua energia come gli pareva.- disse infatti Ranma- L’ho visto di persona lanciare lame di energia. Lame, mi spiego? Poteva anche trasformare il proprio braccio in una spada di energia pura. Credo che per lui sarebbe stata una sciocchezza crearsi uno scudo di energia.»
«E tu credi di farcela?» chiese Akane, preoccupata.
«Certo!- esclamò Ranma, sicuro di sé- Mi chiedo solo come si possa combattere, mentre si mantiene quello scudo.»
«Penso che quello sia il passo successivo.» disse Akane e Ranma annuì. Sospirò, seccato.
«Il problema è che Obaba non mi darà nemmeno un indizio, finché Mousse e Ryoga non avranno imparato il Cuore di Ghiaccio.- recriminò- Mi toccherà imparare lo Scudo da solo.»
«Beh, Ryoga è già a buon punto. Credo che non gli ci vorranno più di altri due giorni.- disse Akane- Il problema è solo Mousse.»
«Già…dannata papera.- borbottò Ranma, oscurandosi in volto- Shan Pu è in grado di farlo uscire di senno con un’abilità spaventosa.»
«Non che le ci voglia molto.- disse Akane, con una punta di acredine nella voce- Basta che ti nomini in relazione a lei e il gioco è fatto.»
«Già, beh…ormai Mousse dovrebbe sapere che tra me e Shan Pu non c’è nulla.- disse Ranma, stanco di tutta la situazione- Che ragazzo insicuro.»
«Ha parlato quello che non è mai geloso.» disse Akane, sarcastica.
«Io non sono mai geloso.» disse Ranma, seccato.
«Oh, ma certo…» disse Akane, sventolando una mano con sufficienza.
«Ho detto che non sono geloso!- sbottò Ranma- Tu lo sei e pure troppo, cretina!»
«Cretino tu! Io non sono gelosa!- strillò Akane, alzandosi in piedi- Quando mai lo sono stata?!»
«Tutte le volte che mi si avvicina una ragazza!» rise Ranma.
«E tu, che fulmini Ryoga con gli occhi ogni volta che mi parla?» disse Akane, sarcastica. Ranma arrossì.
«Ehi! Non è vero!» sbottò, alzandosi in piedi a sua volta.
«Scemo! Cretino!- disse Akane, facendogli una linguaccia- Potresti anche ammetterlo, una buona volta, che mi vuoi tutta per te!»
«S…scema! Non dire stupidaggini!!» sbottò Ranma, diventando rosso come i suoi capelli. Akane gli fece un’altra linguaccia, aumentando ancora l’irritazione di Ranma, quando un suono di clacson li distrasse. Si voltarono e in fondo al viale videro un furgone parcheggiato, da cui stava scendendo un signore piuttosto anziano. Dalla casa, arrivò di corsa Shinji e Akane si nascose per precauzione dietro Ranma, ma il più giovane dei fratelli Mario non guardò dalla loro parte, dirigendosi al furgone e mettendosi a chiacchierare col nuovo arrivato.
«E’ il fornitore. Viene una volta ogni tre giorni.- disse Ranma, lieto che qualcosa avesse fermato la sua litigata con Akane- Porta cibo e bevande, così i Mario non devono andare fino in paese.»
«Come va con Shinji?» chiese Akane, lasciando perdere a sua volta quel discorso pericoloso.
«Oh, benissimo.- disse Ranma, con un’alzata di spalle- Non mi si fila per niente. E’ gentile e simpatico, e tratta Ranko come tratterebbe Ranma, niente di più.»
«Ho notato che è una persona davvero molto gentile.» disse Akane.
«Già, è gentile proprio con tutti.» ammise Ranma.
«Dovresti imparare un po’ da lui, Ranma.» lo punzecchiò Akane.
«Ehi, ma allora vuoi proprio litigare!» sbottò Ranma. In quel mentre, una ragazza dai capelli lunghi e scuri scese a sua volta dal furgoncino. Passò davanti a Shinji senza fargli nemmeno un cenno di saluto, il volto nascosto da un cappellino sportivo, e iniziò a scaricare cassette di frutta dal furgone. Ranma e Akane si accorsero subito che alla sua vista Shinji era diventato più rigido.
«Che gli succede?» chiese Akane, perplessa, nel notare che Shinji continuava a parlare col vecchio, ignorando con tutta evidenza la ragazza.
«Non lo so…accidenti, da qui non si sente niente! Avviciniamoci!» disse Ranma, curioso, afferrando Akane per un polso e trascinandosela dietro. Akane borbottò, ma non si fece pregare. Si avvicinarono al furgone e si nascosero dietro un cespuglio, mentre il vecchio iniziava ad allontanarsi verso la casa. Tra Shinji e la ragazza, che stava continuando a scaricare, cadde un silenzio gelido. Akane e Ranma si scambiarono un’occhiata perplessa.
«Vuoi una mano?» chiese Shinji, rigido da morire, senza nemmeno guardare in faccia la ragazza.
«Tieni le tue gentilezze per chi non ti conosce bene quanto me, stupido.» ringhiò la ragazza, che ancora le due spie non erano riuscite a vedere in faccia. Shinji fece una smorfia e incrociò le braccia sul petto.
«Te lo dicevo solo perché non vorrei che la roba che abbiamo comprato diventasse parte della pavimentazione del viale.» disse, acido.
La ragazza coi capelli scuri alzò finalmente la testa per guardare Shinji, permettendo a Ranma e Akane di vedere il volto bello e irato della giovane, che doveva avere la loro età.
«Non preoccuparti. Starò attenta.- disse, sarcastica, mettendosi le mani sui fianchi- Non vorrei mai che la tua preziosa fidanzata restasse senza cibo.»
«Infatti non voglio che Ranko si trovi a disagio.- rimbeccò Shinji, arrossendo e lanciando lampi d’ira dagli occhi- Lei sì che è una ragazza dolce e femminile, non come un certo maschiaccio dalla lingua lunga di mia conoscenza.»
Ranma e Akane rimasero a bocca aperta.
«Quello è davvero Shinji, o l’hanno sostituito?!» mormorò Ranma.
«Com’è cattivo!- disse Akane, sorpresa- Perché la tratta così?»
Nel mentre, la ragazza iniziò a fremere dalla rabbia trattenuta, quindi afferrò un grosso prosciutto e lo tirò in testa a Shinji, che cadde a terra, impreparato al colpo.
«Allora perché non te la sposi, la tua bella Ranko?!- gridò la ragazza, con le lacrime agli occhi- Sei un dannato bastardo, Shinji! Ti odio!!»
Ciò detto, la ragazza si voltò e fuggì, lasciando il lavoro a metà e Shinji, mezzo sepolto sotto il prosciutto, che tentava di alzarsi.
«Hikaru! Sei una stupida!!» gridò Shinji alla ragazza, prima di afflosciarsi su se stesso con aria depressa. «E sono stupido anch’io…» borbottò.
Ranma e Akane si guardarono.
«Credo di aver capito il problema di Shinji.» disse Ranma.
«E’ innamorato di un’altra ragazza, ecco cos’ha!- disse Akane, sorpresa- Mi chiedo però perché la tratti così, visto che è evidente che…» Si zittì, riflettendo, quindi scosse la testa. «Forse Shinji ti somiglia, alla fine dei conti.» sentenziò.
«Ah, ah…molto divertente.» disse Ranma, tirando un pizzicotto alla fidanzata.
Shinji si alzò e con aria sconsolata si diresse verso la panchina occupata fino a poco prima da Ranma e da Akane.
«Aspettami qui.- disse Ranma ad Akane- Voglio vedere se mi riesce di mettere insieme quei due. Semplificherebbe la nostra situazione.»
Senza aspettare risposta, Ranma si alzò dal suo nascondiglio e si diresse dallo sconsolato Shinji.
«Buongiorno, Shinji!» esclamò, con voce allegra. Il ragazzo alzò lo sguardo e confezionò un sorriso non troppo convincente.
«Oh, buongiorno Ranko!- disse- Ti stavi allenando?»
«Già.- disse Ranma, sedendosi accanto a Shinji- E mi è capitato di assistere a una strana scenetta…»
Shinji impallidì, quindi arrossì.
«Hai visto Hikaru?- disse, amaro- Quella dannata scema, mi ha tirato in testa un prosciutto!»
«Mi è sembrata una ragazza molto carina.» lo stuzzicò Ranma. Shinji arrossì ancora di più.
«Carina?! Ma l’hai vista?!- sbottò- E’ la ragazza più maschiaccio che io conosca. Ed è anche una stupida. Dirmi certe cose…»
«Beh, anche tu non l’hai trattata bene.- disse Ranma, dondolando le gambe- E mi è sembrato molto strano, visto che sei cordiale con tutti.»
Shinji borbottò qualcosa sul fatto che quella ragazza non si meritava parole gentili. Ranma storse le labbra, quindi diede a Shinji una pacca che quasi lo fece ribaltare.
«Oh, andiamo! A chi vuoi darla a bere?- disse, mentre Shinji cercava di riprendere fiato- Si vede lontano un miglio che lei ti piace e azzarderei anche l’inverso.»
«Non…non è vero!» esclamò Shinji, alzandosi in piedi.
«Ah no? Allora perché non dimostri alcun interesse per me?- disse Ranma, facendo fluttuare le ciglia- Sono forse brutta, Shinji?»
«Ma…ma certo che no!» disse Shinji, messo alle strette.
«Allora sono antipatica?» chiese Ranma, con le lacrime agli occhi.
«Ma dai, Ranko! Sai che non è vero!» disse Shinji, convinto.
«Allora l’unica spiegazione per cui non ti sei innamorato di me è che ti piace un’altra donna. E quella donna è Hikaru!» sentenziò Ranma, puntandogli contro il dito. Shinji rimase senza parole. «Non preoccuparti, Shinji, a me non dispiace affatto.- disse Ranma, scuotendo la testa con un sorrisetto- Anzi, se vuoi vi aiuterò a mettervi insieme. Come ti ha già detto mio fratello Ranma, bisognerebbe stare con la persona che si ama, e non con una ‘fidanzata per forza’.»
«Non è così facile come credi tu, Ranko.» disse Shinji, depresso, dando finalmente corpo alle illazioni di Ranma.
«Mh? E perché?» chiese Ranma, perplesso. Shinji si risedette sulla panchina, chinando il capo con aria sconsolata.
«Io e Hikaru eravamo compagni di scuola.- iniziò a raccontare, con voce triste- Andavamo abbastanza d’accordo e…beh, hai ragione, io mi ero innamorato perso di lei. Ero anche quasi arrivato al punto di confessarglielo, ma…»
«Cos’è successo?» chiese Ranma, curioso. Shinji sospirò.
«Qualche mese fa, Tsukasa ed Eikichi hanno tirato di nuovo fuori la storia del nostro fidanzamento programmato.- disse Shinji, con voce buia- Io mi sono ribellato, ma loro mi hanno ricordato quanto ci tenesse nostro padre. Non potevo ignorare le ultime volontà del mio defunto genitore, quindi ho cercato di…di allontanarmi da Hikaru. Ho iniziato a smettere di frequentare la scuola e ogni volta che si presentava qui la trattavo male.» Sospirò di nuovo. «So che è un comportamento stupido, ma non riesco a farci nulla. Lei ora mi odierà e ha anche ragione. In più, anche se volessi far pace, non potrei comunque chiederle di mettersi con me, perché i miei fratelli me lo impedirebbero.»
«Che brutta situazione!» borbottò Ranma, cupo.
«Già.» ammise Shinji, chinando ulteriormente il capo. Ranma rifletté per qualche istante, quindi si batté una mano sul pugno.
«Ho un’idea, Shinji.» sentenziò.
«Un’idea?» chiese Shinji, poco convinto.
«Prima di tutto, devi far pace con Hikaru.- disse Ranma, alzandosi in piedi e iniziando a girare in tondo- Le scriveremo un biglietto e la inviteremo qui.»
«Ma…cosa dovrei dirle? E perché?» disse Shinji, agitato.
«Le racconterai ciò che hai detto a me. Sono certa che capirà.» disse Ranma, sicuro.
«Anche se fosse, il problema di fondo non cambia.» disse Shinji, disperato.
«E invece sì.- disse Ranma, con un sorrisetto- Tra non molto Ranma, Ryoga e Mousse verranno a sfidarvi. Se vi batteranno, noi tre ce ne torneremo a casa e i tuoi fratelli non potranno più dirti nulla anche se ti fidanzi con Hikaru.»
«E’…è vero! L’avevo dimenticato!- disse Shinji, illuminandosi in volto- Ma…Ranko, nessuno è mai riuscito a battere il nostro Kami no Te no Ken. Come faranno a…»
«Tu fidati di loro. Vedrai che Eikichi e Tsukasa saranno sconfitti.» disse Ranma, fiducioso. Fece un sorrisetto. «Mi raccomando, però, combatti contro Ranma al tuo meglio. Anche se hai dei buoni motivi per perdere, è pur sempre un combattimento tra uomini.»
«Su questo puoi contarci. L’importante è che siano sconfitti i miei fratelli. Tuo fratello dovrà faticare, se vorrà riuscire a sconfiggermi.» disse Shinji, sorridente, alzandosi in piedi. Prese tra le sue le mani di Ranma. «Grazie, Ranko. Sei un’amica.» disse, commosso.
«Oh oh oh! Non preoccuparti!» rise Ranma, soddisfatto.
«Vado a buttar giù una bozza per il biglietto a Hikaru. Ci vediamo dopo!» disse Shinji, correndo verso casa con un umore decisamente migliore. Akane venne fuori dal suo nascondiglio.
«Come sei generoso, Ranma.» disse, sollevando un sopracciglio.
«Io sono sempre generoso, mia cara.- disse Ranma, altero- Se Shinji si ribella ai suoi fratelli, quei due non saranno al massimo della loro concentrazione, il giorno della sfida.»
Akane corrugò la fronte.
«Oh, che aiuto disinteressato.» commentò. Ranma si strinse nelle spalle, sorridendo.
«Avrò bisogno anche del tuo aiuto, per organizzare l’appuntamento di Shinji. Mi darai una mano?» chiese.
«Va bene.- disse Akane- Ma solo perché voglio che quei due si mettano insieme.»
In quel momento giunse Mousse, che si stava sistemando sul naso gli occhiali.
«Sbaglio o era Shinji quello che mi è passato accanto?- chiese, perplesso- Sembrava allegro, gli è successo qualcosa?»
«Abbiamo scoperto che Shinji è già innamorato di una ragazza.- disse Akane, sorridendo- Ranma si è offerto di dargli una mano.»
«Davvero?- chiese Mousse, sorpreso- Cavolo…Hai tutte le fortune, Ranma. Peccato che anche Tsukasa non abbia un’altra ragazza a cui rompere le scatole ogni santo giorno! Io mi sono stancato.» Sospirò. «E Shan Pu non fa altro che stuzzicarmi!»
A Ranma si illuminarono gli occhi. Gli era appena venuto in mente un sistema per costringere Mousse a imparare il Cuore di Ghiaccio in tempo di record. Ignorando l’occhiataccia di Akane, che aveva ben notato la sua espressione furba, Ranma fece cenno a Mousse di avvicinarsi.
«Cosa c’è, Saotome?» chiese Mousse, perplesso.
«Ho una cosuccia da dirti.» disse Ranma, allegro, bisbigliandogli qualcosa all’orecchio. Akane, ignara di cosa fosse passato nella mente del fidanzato, vide Mousse impallidire, quindi spalancare la bocca, su cui nacque d’improvviso un sorriso smagliante.
«Da…davvero, Ranma?- chiese Mousse, commosso, mettendo le mani sulle spalle della rossa- Non mi stai prendendo in giro, vero?»
«Certo che no!- disse Ranma, ridendo- E ti informo che Ryoga ti sta già superando, quindi ti conviene darti da fare. Shan Pu crederà che non ti importi nulla di lei.»
«Allora corro!- esclamò Mousse- Entro stasera, avrò fatto mio il Cuore di Ghiaccio!» Con una risata maniacale, Mousse si mise a correre in direzione del campo di addestramento e scomparve nella boscaglia.
«Ma cosa gli hai detto?» chiese Akane, perplessa.
«Oh, nulla.- disse Ranma, incrociando le braccia dietro la testa- Gli ho solo detto che eri venuta a riferirmi un messaggio di Shan Pu. Pare che la nostra cara amica abbia deciso di fidanzarsi con Mousse nel caso riesca a battere Tsukasa, ma ultimamente è molto scoraggiata perché vede che Mousse non riesce nemmeno a contenere la sua gelosia…»
«Ma è vero?» chiese Akane, dubbiosa.
«Naturalmente no!» disse Ranma, ridendo e facendo una linguaccia. Akane sospirò.
«Sei davvero contorto.» borbottò.
«Curo solo i miei interessi.» disse Ranma, con un sorrisetto. Grazie a quell’espediente, Mousse sarebbe di certo riuscito a imparare il Cuore di Ghiaccio in tempo record. Sia Ryoga che Mousse avevano ricevuto i giusti incentivi. Ranma era sicuro che entro la sera successiva avrebbe potuto finalmente iniziare a imparare lo Scudo del Kamen no Ken.

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Capitolo 10
*** 10 - Lo Scudo e il bacio (parte 1) ***


Akane immerse la borraccia nel torrente, rabbrividendo a contatto con l’acqua gelida. Riempì con cura i quattro contenitori, quindi avvitò i tappi e si alzò da terra, sospirando con una certa stanchezza. Alzò gli occhi al cielo notturno, che quella sera era coperto e prometteva neve. Si corrucciò. Iniziava ad essere stanca di condurre quella vita dai ritmi invertiti e le mancava casa sua. D’altronde, non avrebbe lasciato Ranma solo con Shan Pu nemmeno morta. Beh, non che fossero soli…ma non si poteva mai sapere.
Sospirando di nuovo, Akane raccolse le borracce e si diresse a passo svelto verso il chiarore del fuoco da campo. Prima che potesse metter piede nella radura, si udì una forte esplosione, accompagnata da uno spostamento d’aria che le scompigliò i capelli, seguita immediatamente dalla voce irata della vecchia Obaba.
«No, no, no! Non ci siamo!- gridava la vecchia cinese- Futuro marito, quella la chiami barriera di energia? E tu, Ryoga! Mi hai attaccata, invece di difenderti! Sappiamo già che sai usare lo Shishi-Hoko-Dan e non sei qui per fare questo!»
Akane entrò nell’accampamento, osservando con aria mesta i poveri allievi della vecchia centenaria. Ranma e Ryoga erano seduti per terra, pieni di contusioni. Ryoga si mordeva un labbro, irritato con se stesso, mentre Ranma sembrava non dare ascolto a Obaba, ma piuttosto riflettere tra sé e sé per scoprire quale fosse la sua pecca. Mousse, poco distante, si allenava in una volta sia al Cuore di Ghiaccio che a utilizzare la sua energia interna, per portarsi almeno alla pari con gli altri. Shan Pu, accanto a lui, lo bersagliava di insulti e sberleffi. Sembrava che Mousse non avesse più problemi col Cuore di Ghiaccio, ma il palo che fungeva da bersaglio era ancora integro, segno che l’energia interna di Mousse non aveva ancora trovato modo di sfogarsi.
“Andiamo male.- si disse Akane, avvicinandosi ai ragazzi seduti a terra- Sono già passati tre giorni. Ce la faranno?”
Passò la borraccia a Ranma e Ryoga, che la ringraziarono con dei borbotti, poi passò le altre a Mousse e Shan Pu, che a furia di parlare aveva la gola secca.
«Ciò che non capite- continuò Obaba, seccata, mentre i ragazzi bevevano- è che dovete dare una forma alla vostra energia. Dovete domarla e sottoporla al vostro totale controllo, non lasciarla libera di fare ciò che le pare.»
«Non è affatto facile, vecchia.- disse Ryoga, arrabbiato- Trattenere tutta quella forza non è uno scherzo.»
«Non capisco, vecchiaccia. Come si fa a dargli forma?- disse Ranma, serio, mettendo a tacere Ryoga- Come hai visto anche tu, riesco già a trattenere l’energia…»
«E vantatene, anche, dannato!» sbraitò Ryoga, facendo per tirare un pugno a Ranma, che invece lo centrò in piena faccia con noncuranza, continuando il suo discorso.
«…ma da qui al dargli forma, ce ne corre.- disse- Inoltre, quando cerco di fare ciò che mi dici, la mia barriera diventa così debole che un tuo qualsiasi colpo riesce a oltrepassarla con facilità.»
Obaba sospirò, scuotendo il capo.
«Non vi ho mai detto che sarebbe stato un apprendimento facile, ragazzi.- disse- La forma e la resistenza della vostra barriera dipendono dalla vostra forza mentale, non da quella fisica. Tutto l’allenamento dello scudo è rivolto alla vostra mente, non al vostro corpo. Quando l’avrete assimilato, passerete al livello successivo, vale a dire al vero e proprio Kamen no Ken. La Maschera non sarà altro che una proiezione mentale dello scudo che ora vi state allenando a creare fisicamente.»
«Ma scusa, allora perché fare tanta fatica per utilizzare l’energia interna?» chiese Mousse, perplesso.
«Mai sentito parlare di disciplina, testa di rapa?!- disse Obaba, centrandolo sulla testa col bastone- E non criticare i miei metodi! Voi tre capite più la pratica della teoria e per allenare le vostre menti non c’è altro modo!»
Ranma annuì e si alzò in piedi.
«Va bene, vecchiaccia. Mi fido di te.- disse, mettendosi in posizione di difesa- Avanti, ricominciamo.»
«Giusto. Inutile lamentarsi.- convenne Ryoga, imitandolo- Ti farò vedere chi è Ryoga Hibiki, vecchia!»
«Così vi voglio.- annuì Obaba- Forza, ricominciamo l’allenamento. Sappiate che non vi permetterò di andarvene da qui se non vedrò un qualche miglioramento, quindi dateci dentro!»
Mousse, brontolando, si rimise a fissare con astio il palo, cercando senza molto successo di liberare la propria energia interna. Quella notte prometteva di essere molto lunga.

***

Mousse scese le scale, sbadigliando e scrollando la testa, che gli pulsava ritmicamente. Fece una smorfia. Forse il sonnellino pomeridiano non era stato una grande idea. Si sentiva più stranito che dopo l’intera nottata passata ad allenarsi.
«Maledizione a Ranma Saotome.» sibilò tra i denti, portandosi una mano alla fronte. Era tutta colpa di Ranma se si trovava in quella situazione pessima, mentre avrebbe potuto essere al ristorante, insieme a Shan Pu. Il pensiero di Shan Pu pose fine immediata alle sue lamentele. Se Ranma non aveva mentito e Shan Pu stava davvero aspettando che lui si dimostrasse in grado di imparare il Kamen no Ken, allora ci stava facendo una figura barbina e poteva biasimare solo se stesso. Nemmeno quella notte era riuscito a utilizzare la propria energia interna e il fatto di essere così palesemente inferiore a Ranma e Ryoga lo faceva andare in bestia.
“Dov’è che sbaglio?” si chiese, scendendo nell’atrio e guardandosi attorno, socchiudendo gli occhi. Nella penombra del tardo pomeriggio vedeva peggio del solito, ma sembrava non ci fosse nessuno in vista. Rassicurato, Mousse si sedette sull’ultimo gradino a riflettere.
Aveva osservato lo Shishi-Hoko-Dan di Ryoga e anche la Moko Takabisha di Ranma, ma non era riuscito a imitare né l’uno né l’altro, benché fossero ormai tre giorni che portava avanti l’allenamento. Mousse, anche se con fatica, aveva dovuto ammettere che quelle non erano tecniche adatte a lui. Ryoga sfruttava la sua depressione, Ranma l’arroganza. Mousse era in grado di provare entrambe, ma non ai livelli di quei due spostati. Dopo tre notti fallimentari, era giunto alla conclusione di dover cercare quel qualcosa che era in grado di esprimere tutta la forza del suo animo. Già, ma cos’era quella cosa?
“Non sono né un buzzurro come Saotome, né un piagnone come Ryoga.- si disse, alzandosi e iniziando a camminare in tondo- Allora cosa può esplicare al meglio il mio nobile animo?”
Un’immagine di Shan Pu gli balenò nella mente e Mousse sorrise con rapimento, poi tornò bruscamente sulla terra. Ma certo! Esisteva qualcosa, un sentimento che lo spingeva sempre a dare il meglio di sé e a lottare con maggior forza e foga di quanto fosse in grado di fare normalmente! La gelosia. La sua gelosia per Shan Pu!
Mousse si batté il pugno sul palmo, sorpreso di essere arrivato a quella conclusione così tardi. Quante volte aveva combattuto contro Ranma? Innumerevoli...ma in quante di quelle volte aveva avuto davvero una piccola possibilità di battere l’amico-nemico? Solo quelle poche volte in cui il premio in palio era stato Shan Pu. Solo allora Mousse era stato davvero in grado di dare a Ranma del filo da torcere. La gelosia dava alla sua energia interna una forza quasi tripla. Perché non utilizzarla per imparare un proprio colpo?
«Sono un genio!- disse Mousse, con una risata maniacale- Come potrei chiamarlo? Kokorodan? Rippuku no Ken? Uh uh! Chissà che faccia farà la vecchia!!»
Quella sera avrebbe lasciato tutti con un palmo di naso, ne era certo! Non che la vecchia Obaba mettesse molto entusiasmo nel suo allenamento…sembrava avesse attenzioni solo per gli altri due!
“Io lo so: lei non vuole che io e Shan Pu coroniamo il nostro sogno d’amore.- pensò, stringendo i pugni con aria afflitta- Ma è inutile che mi metta i bastoni fra le ruote. Io imparerò questo colpo a costo di morire e poi Shan Pu si getterà tra le mie braccia.”
Era così immerso nel proprio mondo personale che non si accorse nemmeno della colonna vicino alla porta d’ingresso. La prese di faccia, un colpo duro e ben assestato.
«Mapporc…» sbottò, tenendosi la faccia offesa con le mani, le lacrime agli occhi. Ecco, così imparava ad andare in giro con la testa fra le nuvole e senza occhiali! Meno male che non l’aveva visto nessuno!
«Minako! Santo cielo, Minako, ti sei fatta male?!» sbottò la voce di Tsukasa dalle scale. Mousse abbassò il capo con disperazione. Ci mancava solo quel mentecatto romantico del maggiore dei Mario.
«…fatto niente…» ringhiò, dirigendosi con risolutezza verso l’uscita. Si sentì afferrare per un polso e resistette a stento all’impulso di spedire quel dannato sulla luna.
«Evita di toccarmi, va bene?» disse, caustico. Tsukasa non sembrò affatto impressionato dal suo tono.
«Ma guarda…povera Minako, ti si gonfierà il naso se non ci metti subito del ghiaccio. E poi…oh no! Stai anche perdendo sangue!» disse, preoccupato.
«Figurati! Non sono fatto di pastrafrolla! Ehm…fatta.- disse Mousse, con un gesto vago, passandosi una mano sotto il naso- Ritorna alle tue occupazioni senza preoccuparti.»
«Ma non posso non preoccuparmi se la mia fidanzata si fa del male.» sentenziò Tsukasa, tirando fuori un fazzoletto e iniziando a tamponare il naso offeso di Mousse. Lui cercò di tirarsi indietro, poi si arrese di malavoglia. Sapeva che, se non l’avesse lasciato fare, Tsukasa avrebbe fatto la chioccia preoccupata per tutto il resto della giornata e lui non aveva la pazienza di sopportarlo a lungo. Dopo un paio di minuti, il sangue cessò di uscire e Tsukasa tolse il fazzoletto, dopo aver tamponato il naso di Mousse un’ultima volta.
«Ecco fatto.- disse, sorridendo con calore- Ora dovresti solo metterci del ghiaccio.»
«Mmh…» mormorò Mousse, abbassando il capo e corrugando la fronte. In effetti, quel poveretto di Tsukasa non era poi una persona cattiva. Non poteva sapere che la bella ragazza dai tratti cinesi a cui faceva tutte quelle smancerie in realtà era un uomo, altrimenti sarebbe venuto anche a lui il voltastomaco. Forse aveva un po’ esagerato nel trattarlo male. Almeno stavolta, poteva fare la fatica di ringraziarlo.
“E va bene, facciamo anche questo sacrificio.” pensò, sospirando, senza accorgersi che nel mentre Tsukasa si era avvicinato ben oltre il livello di guardia.
«Senti, Tsu…» esordì, prima di rendersi conto con orrore di quanto stava per succedere. Prima che avesse il tempo di reagire, Tsukasa abbracciò la sua dolce e orripilata Minako e le stampò un bel bacio appassionato sulle labbra. Mezzo secondo più tardi, il maggiore dei fratelli Mario giaceva nell’atrio, sepolto sotto mezzo quintale di ferraglia, mentre una ragazza dai capelli neri e lunghi correva su per la scala, gridando e piangendo tanto da far accapponare la pelle.

***

Fischiettando allegramente, Ranma smise di sgranchirsi dopo il sonnellino e iniziò a cercare carta e penna. Era stato svegliato qualche minuto prima da una serie di grida di donna terrificanti, per cui Ranma presumeva che Ryoga avesse avuto di nuovo un incontro scontro con Eikichi, ma anche se la sveglia gli aveva fatto accapponare la pelle, era servita allo scopo. Quella sera intendeva costringere Shinji a scrivere il messaggio per la ragazza del paese, Hikaru. Era certo che, se le cose fossero andate bene, il livello di concentrazione di Eikichi e Tsukasa il giorno dello scontro sarebbe stato pessimo e questo andava a tutto vantaggio di Ryoga e Mousse, che erano a suo parere i più imbranati col Kamen no Ken.
Ridacchiò al pensiero di cosa, o meglio come, avrebbero obiettato i due se avessero udito i suoi pensieri. In effetti, l’allenamento di Mousse andava malissimo e Ryoga non riusciva ancora a contenersi. Come sempre, il migliore era lui, anche se quella volta stava facendo davvero fatica.
«Ma dove diavolo avrò messo la penna?!» sbottò, frugando per l’ennesima volta nella sua borsa. Si sollevò di scatto, schioccando le dita. «Ma certo, l’ho lasciata in camera di Mousse!» rammentò, uscendo di corsa da camera sua. Un paio di sere prima si erano sfidati a tris e la penna doveva essere rimasta là da allora. Inutile dire che Ranma aveva vinto e stravinto…
«Ehi, Mousse…ehm, Minako! Posso entrare?» esclamò Ranma, aprendo la porta della stanza senza attendere risposta. Sembrava non ci fosse nessuno, ma dalla stanzetta attigua, che conteneva un lavandino e poco altro, veniva rumore di acqua. «Ehi, sono io! Ci sei Mousse?- chiese ancora Ranma, affacciandosi alla porta del piccolo bagno- Mi serve la penna, sai dove l’ho lasciata?»
Ranma fece un salto all’indietro, impressionato, quando Mousse, che occupava il bagno, si voltò verso di lui con aria smorta, le lacrime che gli scendevano a fontana dagli occhi mentre si lavava i denti con tanta energia che la schiuma del dentifricio gli ricopriva bocca e mento. Sembrava appena uscito da un film dell’orrore. Gli mancavano solo un paio di fiammelle azzurre ai lati della testa.
«Mou…Mousse?! Ma che ti è successo?!- chiese Ranma, cercando di riprendersi dallo spavento- Stai bene?»
Mousse biascicò qualcosa di incomprensibile.
«Ehm…allora eri tu che gridavi, prima?» chiese ancora Ranma, grattandosi la testa con perplessità. Mousse annuì, senza smettere di lavorare di spazzolino. Ranma sospirò, poi scosse il capo. «Va bene, me lo racconterai dopo.- disse, sbrigativo- Mi serve la penna, sai dove l’ho lasciata?»
Mousse gli indicò il comodino e Ranma vide subito ciò che stava cercando.
«Grazie Mousse, sei un amico.- disse, dirigendosi subito alla porta- Vedi di riprenderti entro stasera, ok?»
Da Mousse arrivò un’altra risposta biascicata. Senza pensarci più, Ranma uscì dalla stanza e si diresse, canticchiando, verso il giardino, dove Shinji lo stava aspettando.

***

«Oh, cielo...- mormorò Akari, preoccupata, sentendo le grida ululanti avvicinarsi e poi una porta sbattere- Cosa sarà successo?»
«Presumo sia una delle mie…ehm…sorelle.» disse Ryoga, imbarazzato. Ma che figura gli facevano fare, quei due casinisti?!
«Crede che dovremmo andare a controllare, Ryoko-san?» chiese Akari, facendo cenno di appoggiare la sua tazza di tè sul tavolino.
«Ma no, Akari, stai tranquilla!- rispose Ryoga, con un sorriso luminoso e rassicurante- Le mie sorelle se la sanno cavare da sole.»
«Oh…come crede, Ryoko-san.» disse Akari, sorridendo a sua volta e riprendendo a sorbire il suo tè. Ryoga sospirò di sollievo. Quel pomeriggio, Akari si era presentata alla sua porta, chiedendogli se non volesse farle compagnia per un tè pomeridiano e Ryoga era stato più che felice di accettare. Se Ranma o Mousse avessero spezzato quella meravigliosa atmosfera intima che si era creata, avrebbe staccato loro la testa dal collo. Certo, la persona con cui Akari chiacchierava così amabilmente era Ryoko e non Ryoga, ma il ragazzo riteneva di potersi accontentare. Essere anche amica della sua futura fidanzata gli permetteva di conoscerla ancora più in profondità.
“Futura fidanzata…che belle parole!” pensò Ryoga, esaltato, con un’espressione ebete sul viso.
«Ryoko-san! Attenta!» esclamò Akari. Tornando sulla terra, Ryoga si rese conto di essere stato sul punto di versarsi il tè bollente addosso. Si pietrificò al pensiero di essere stato vicino al tornare uomo di fronte ad Akari, che ora gli stava togliendo la tazza di mano.
«Ryoko-san, poteva scottarsi!- la rimproverò con voce dolce, per poi appuntare i suoi occhi in quelli della nuova amica- Lei è stanca, vero Ryoko-san?»
«Eh?» chiese Ryoga, turbato dalla vicinanza di Akari.
«La vedo pallida. Dovrebbe riposarsi.- insistette Akari- Forse ho fatto male a costringerla a prendere il tè con me…»
«Ma no! Che dici, Akari?!- protestò subito Ryoga, con foga- Mi ha fatto tanto piacere il tuo invito! E poi, non sono così stanca. Una buona notte di sonno mi rimetterà in sesto.»
«Ne è sicura?» chiese Akari, dubbiosa.
«Ma certo.- disse Ryoga, sorridendo- Ma ti ringrazio. Sei premurosa, Akari. Sono certa che il tuo ragazzo apprezza molto questo lato del tuo carattere.»
«Oh…ma no!» mormorò Akari, arrossendo e portandosi le mani al viso.
“Quant’è carina!!” pensò Ryoga, in estasi.
«Ma…anche Ryoga-san è tanto gentile. Lui è gentile come un maiale.- disse Akari, con fare sognante- Ed è anche bello e forte. Non c’è nessuno sincero come lui.»
Un masso di cinque tonnellate cadde sopra la testa di Ryoga. Sincero…ah ah! Se avesse saputo chi era Ryoko in realtà, forse la sua opinione sarebbe un tantino cambiata.
«Comunque, voglio fare qualcosa per lei, Ryoko-san!- disse Akari, allegra, cambiando argomento- Non mi piace che sia così giù di morale. Sa cosa facciamo, adesso?»
«Cosa, Akari?» chiese Ryoga, con un sorriso luminoso.
«Andiamo insieme a fare un bel bagno rilassante!» esclamò Akari, raggiante.
Ryoga divenne un pezzo di ghiaccio sorridente, mentre immagini di tutti i tipi gli passavano per la testa.
«Un…» balbettò. Doveva aver capito male.
«…ba…» Nemmeno nei suoi sogni più folli…
«…gno?» Non poteva essere che Akari gli avesse proposto di fare il bagno insieme! Non era corretto! E nemmeno conveniente! Lui non era una ragazza!!
«Certo! Vedrà, la rilasserà!- disse Akari, tirando in piedi Ryoko- Non faccia complimenti e venga con me.»
Prima che Ryoga potesse trovare la forza di ribattere in qualche modo, Akari lo condusse fuori dalla stanza.

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Capitolo 11
*** 11 - Lo Scudo e il bacio (2° parte) ***


Ranma fece le scale a due gradinialla volta, canticchiando, e una volta nell’atrio si diresse con risolutezza fuori dalla casa, calcandosi in testa il cappello per proteggersi dal freddo. Quella sera aveva deciso di far scrivere a Shinji un biglietto per Hikaru, che lui fosse d’accordo oppure no. Gli serviva che quei due si mettessero insieme e poi non gli dispiaceva affatto vedere contento quel ragazzo, che l’aveva sempre trattato così bene.
In un angolino della sua mente ripensò all’espressione che aveva appena visto sulla faccia di Mousse e si chiese che cosa gli fosse mai successo. Gli ricordava qualcosa, quell’espressione, ma non era sicuro di voler davvero rammentare…Si ripromise di chiederglielo, non appena fosse tornato.
«Ehi, Ranma! Dove corri?»
Ranma frenò i suoi passi e si voltò al suono della voce di Akane.
«Ehilà, Akane!- la salutò, sorridendo- Sto andando da Shinji, abbiamo appuntamento alla solita panchina per scrivere il famoso biglietto.»
«Si è convinto a scriverlo?- disse Akane- Mi fa piacere! Spero davvero che Hikaru perdoni i modi rozzi di Shinji.»
«Non so perché, ma sento che stai facendo qualche allusione.» disse Ranma, con una smorfia. Akane gli fece una linguaccia, ridendo.
«Sei tu che hai la coda di paglia.» gli disse. Ranma fece per replicare, poi scosse il capo, lasciando perdere.
«Ne parleremo un’altra volta.- disse, caustico- Ora vado da Shinji, prima che cambi idea.»
«Ti seguo. Voglio sentire cosa avete in mente di scrivere.» disse Akane, sorridendo per la piccola vittoria conseguita. Ranma si strinse nelle spalle e riprese a camminare verso la panchina, mentre Akane lo seguiva nascosta tra gli alberi. Ranma, borbottando tra sé, si avvicinò a Shinji, che sedeva con aria pensierosa, i gomiti puntati sulle ginocchia e il viso tra le mani. Si accorse del suo avvicinarsi con un certo ritardo.
«Oh, Ranko! Sei arrivata?- chiese, sorridendo a malapena- Sempre convinta di voler scrivere quel biglietto?»
«Ehi! Non tirarti indietro.- disse Ranma, sedendosi accanto al ragazzo e tirando fuori senza indugi carta e penna- Vuoi che Hikaru ti perdoni oppure no?»
«Non mi perdonerà comunque.- sospirò Shinji, triste- Senti, Ranko, ci ho pensato bene. Mi sono comportato troppo male con Hikaru ed è naturale che lei ora mi odi. Due parole sdolcinate non porranno rimedio. Mi sono scavato la fossa da solo.»
Ranma arricciò le labbra.
«Vedrai che le parole sdolcinate funzioneranno.- disse- Fidati, sono una ragazza! So come vanno queste cose.»
Dal folto venne un suono che somigliava tanto a uno sbuffo incredulo.
“Akane….maledetta, mi prende pure in giro!” pensò Ranma, mentre il suo sorriso iniziava a somigliare a un ringhio. Shinji scosse il capo, sospirando.
«Forse è così, ma vedi…- continuò, serio e cupo- Ranko, tu sai che i miei modi, di norma, sono gentili. Non è finzione, sono portato a preoccuparmi per tutti e ad avere una buona parola per il mio prossimo.»
Ranma annuì.
«Una volta ero così anche con Hikaru.- mormorò Shinji- Ma poi, per allontanarla da me, ho fatto violenza su me stesso e ho iniziato a comportarmi in quel modo rozzo, stupido e cattivo. Ora non riesco a comportarmi in altro modo con lei, perché ho paura che veda cosa si nasconde dietro le mie spacconerie. Se tornassi improvvisamente come prima, lei penserebbe di certo che sto cercando un nuovo modo per farle del male.»
Ranma fissò il ragazzo disperato che gli sedeva accanto senza dire una parola, quindi, di punto in bianco, si alzò e piantò un piede sulla panchina, con fare aggressivo.
«Oh, insomma, Shinji!- sbottò, sorprendendolo- Che cos’è tutta questa indecisione?! Ami Hikaru?»
«S…sì.» rispose Shinji, stupefatto da tutta quella veemenza.
«E vorresti che lei ti amasse a sua volta?» continuò Ranma. Shinji annuì. «E allora, kami-sama, scrivi questo biglietto! Quella ragazza non ti può mica leggere nel pensiero!»
Shinji sembrò riflettere sulle parole di Ranko, che in quel momento stava cercando di riprendere fiato dopo aver gridato, quando un suono di clacson li fece voltare verso il vialetto d’ingresso. Un furgone con due persone a bordo stava salendo per la strada, diretto verso la villa. Shinji impallidì.
«Oh no…sono Hikaru e suo nonno.» sussurrò.
«Bene, perfetto!» disse Ranma, allegro, prima di vedere che Shinji si stava silenziosamente defilando. Lo afferrò per il colletto del maglione. «Fermo lì, dove scappi?- gli intimò- Coraggio, vai e parla con lei.»
«Co…cosa?! Ranko, ma ti sei ammattita?!- disse Shinji, in preda al panico- E…e il biglietto?»
«Il biglietto serviva appunto per farla venire qui.- spiegò Ranma, la cui pazienza iniziava ad esaurirsi- Ed ora è qui, quindi vai e vinci per noi.»
«Ma…ma cosa posso dirle?» mormorò Shinji, in preda al panico, vedendo che Hikaru era già scesa dal furgone.
«Credo che ti basterà ripeterle quello che hai appena detto a me.- disse Ranma, sospirando- Coraggio, vai!» Lo spintonò per qualche passo, finché non fu sicuro che Shinji non sarebbe tornato indietro. Il più giovane dei fratelli Mario iniziò a camminare verso la ragazza col cappellino come se stesse andando al patibolo.
«L’hai convinto?» chiese Akane, apparsa alle spalle di Ranma.
«Mmh…non troppo.- borbottò Ranma- Speriamo che non faccia qualche disa…» Si bloccò immediatamente, a bocca aperta, quando vide che Shinji e Hikaru si erano già messi a battibeccare. «Ma è mai possibile?!» sbottò, correndo verso la coppia, che stava arrivando alle vie di fatto.
“Non ti rendi conto di quanto ci somigliano, Ranma?” pensò Akane, con un sorriso, restando dov’era.
«Sei solo un idiota, Shinji! Ma perché non te la sposi?!» gridò Hikaru.
«Cos’è, sei invidiosa perché sai che rimarrai zitella?» rimbeccò Shinji, acido, del tutto dimentico dei consigli di Ranko.
«Tu…tu…» balbettò Hikaru, tremando per la rabbia.
«Continuo a chiedermi che ci vieni a fare, qui.- disse Shinji, sarcastico e saccente- Cos’è, sei gelosa?»
«Shinji!!!» ruggì Hikaru, sollevando senza apparente sforzo una cassa di patate e preparandosi al lancio. «Io ti ammaz…»
«Stop!!» gridò Ranma, entrando in scena e colpendo Shinji in testa con un grosso ventaglio di carta prima che le cose degenerassero troppo. Shinji crollò a terra e Hikaru rimase dov’era, con la cassa ancora alta sopra la testa.
«Tu sei…» disse la ragazza, stringendo appena gli occhi nel notare i suoi capelli rossi.
«Sono Ranko, piacere di conoscerti.- disse Ranma, sollevando da terra Shinji per il colletto- Scusa se mi sono messa in mezzo, ma credo sia ora di fare una chiacchierata.»

***

Shan Pu aprì gli occhi, sbattendo le lunghe ciglia e stiracchiandosi. Si alzò a sedere sul sacco a pelo, rabbrividendo appena, quindi si vestì e uscì, decisa a sgranchirsi un po’ prima dell’arrivo delle tre vittime di sua nonna. I lembi della tenda si chiusero dietro di lei, mentre si guardava attorno, nella penombra che annunciava il calare della sera. La tenda di Akane era aperta e vuota, segno che la ragazza doveva essere andata da Ranma, mentre da quella della vecchia Obaba proveniva solo silenzio. La bisnonna stava ancora riposando.  Shan Pu iniziò a fare del riscaldamento, atteggiando il viso a un piccolo broncio.
Da quando era tornata con gli altri dalla Sengoku Jidai, si era pentita amaramente di aver dato una seppur lieve speranza a Mousse e aveva cercato in tutti i modi di restaurare la sua ardente passione per Ranma…ma non poteva dire di esserci riuscita molto bene. In qualche modo, la sua ossessione l’aveva abbandonata. Benché continuasse a essere affezionata al ragazzo col codino, non aveva più il mordente di prima. Non le importava, ad esempio, che Akane fosse andata da Ranma. Un tempo non si sarebbe fatta pregare per andare a disturbare la coppia, ma ora…bah, l’impulso era scomparso.
Certo, la soddisfaceva sempre mettere i bastoni tra le ruote ad Akane, un animo dispettoso non cambia mai, ma aveva smesso di aspettarsi parole d’amore da Ranma. In fondo, era inutile prendersi in giro. Quando Akane era morta- o almeno così si pensava- in Cina, Ranma ne era rimasto distrutto. Inoltre, lei sapeva bene che Ranma non era tipo da sposarsi sotto minaccia, visto che lei aveva tentato invano per più di un anno, eppure si era presentato vestito di tutto punto al matrimonio che lei, Ukyo e una considerevole quantità di altra gente avevano fatto saltare. E poi, anche nella Sengoku Jidai, Ranma si era lanciato al salvataggio di Akane senza rivolgerle nemmeno un pensiero, affidandola tranquillamente a Mousse.
Shan Pu era testarda, ma non era una stupida e aveva il suo orgoglio. Ranma non l’amava, né l’avrebbe mai amata, perché nel suo cuore c’era Akane. Non le andava di arrendersi, ma non poteva nemmeno sopportare di rendersi ridicola. Una vocetta malefica dentro di lei le ricordò che pensieri del genere non l’avevano nemmeno sfiorata finché Mousse non era quasi morto per salvarla da una fine certa per mano delle Sorelle delle Spade. Shan Pu arrossì e tirò un calcio violento a uno dei pali per l’allenamento, spezzandolo.
Mousse non c’entrava niente. Quello stupido le aveva fatto un po’ pena, era vero, e per quello la testa le si era riempita per un certo periodo di pensieri strani, ma andiamo! Mettersi con una talpa imbranata che non l’aveva mai sconfitta una volta?! Non ci pensava neanche.
In quell’istante, avvertì una presenza oscura tra gli alberi, alle sue spalle. Irritata oltremodo da quelle riflessioni fastidiose, Shan Pu decise di sfogarsi sul malcapitato. Balzò quindi tra gli alberi e afferrò il poveretto per il bavero, strattonandolo e preparandosi a sferrare un pugno micidiale.
«Chi diavolo sei?» esclamò, tirando verso la luce l’intruso.
«Calmati, Shan Pu! Sono…» disse questo, prima di inciampare in una radice e cadere addosso a lei. Il viso stupefatto che Shan Pu si trovò di fronte fu quello di Mousse, poi lui inciampò e le cadde addosso con tutto il suo peso.

***

“Calmati, Ryoga Hibiki! Calmati…calmati!” pensò Ryoga, stringendosi addosso al corpo l’asciugamano color panna per cercare di fermare il proprio tremito.
Si trovava nel bagno di casa Mario, davanti alla porta scorrevole. Ancora non aveva compreso come Akari avesse avuto la malsana idea di fare il bagno insieme e soprattutto come avesse fatto a trascinarlo fino a quel punto! Lei era già dentro da un paio di minuti. Poteva sentire lo sciacquio dell’acqua.
“Perché mi trovo davanti a questa porta?- si chiese, disperato, già a disagio al pensiero del proprio corpo femminile- Dovevo dirle subito di no! Forse…forse che io, sotto sotto, abbia davvero la natura del maniaco?!”
«Macché, non scherziamo!- disse ad alta voce- Adesso faccio dietro-front e me ne vado.»
Ecco, giusto. Se ne sarebbe andato immediatamente. Non lo sfiorava nemmeno il pensiero di approfittare della sua condizione per poter vedere Akari nuda…immersa in una vasca da bagno…che gli chiedeva di lavarle la schiena…La faccia di Ryoga andò a fuoco a quel pensiero e il ragazzo si prese a schiaffi. Che cosa diavolo stava pensando?!
«Ryoko-san!» la chiamò Akari, da dentro.
«Arrivo!» cinguettò immediatamente Ryoga, dimentico di tutti i suoi buoni propositi, zompettando verso la porta. Fece per aprirla, quando il buon senso riprese il sopravvento. Ma che diavolo stava facendo? A parte il fatto che avrebbe tradito la fiducia di Akari, là dentro lo aspettava un bagno caldo. Caldo! E lui, con l’acqua calda, non tornava forse maschio? Ryoga iniziò a correre in tondo, agitato fino all’inverosimile. In che situazione si era cacciato?!
«Ryoko-san?» la chiamò ancora Akari. Ryoga lanciò un’occhiata disperata alla porta. Doveva assolutamente trovare un modo per andarsene senza offendere Akari.
«Ehm…Akari…- disse, con voce incerta- Ecco…ho un problema.»
«Che succede, Ryoko-san?» chiese Akari, da dentro. Si sentì altro rumore d’acqua smossa.
«Ehm…non sto tanto bene, Akari.- continuò Ryoga, arretrando passo passo- Credo…credo che il bagno non sia una buona idea. Forse è meglio che io me ne vad…»
In quell’istante, la porta scorrevole si aprì, mostrando a Ryoga un’Akari preoccupata…e completamente nuda! Gli angeli del paradiso non potevano essere tanto belli!
«C’è qualche problema, Ryoko-san?» chiese lei, a quel blocco di marmo che era diventato Ryoga. Il poveretto non poté rispondere in alcun modo. Iniziò a perdere litri di sangue dal naso e svenne, sentendo appena il richiamo spaventato di Akari.
Quando rinvenne, non molto dopo, era sdraiato sul suo letto, con due tamponi nel naso e l’asciugamano ancora addosso. Nel rammentare la visione paradisiaca di poco prima, un sorriso ebete iniziò a comparirgli sul volto, ma scomparve subito quando si accorse che Akari era vicina a lui…vestita, stavolta.
«Ryoko-san! Tutto bene?» chiese la ragazza, preoccupata.
«Oh…Akari.- mormorò, ancora scosso dall’esperienza- Sì, penso di sì.»
«Mi dispiace, Ryoko-san.- disse Akari, tormentandosi le mani- Pensavo che il bagno fosse una buona idea.»
«Non è colpa tua, Akari.- disse Ryoga, sempre con aria svagata- E’ che l’eccessivo calore a volte mi provoca emorragie al naso.» Si congratulò con se stesso per quella balla inventata sul momento. «Ero già stanca e i vapori che venivano dal bagno hanno agito subito.»
«Perdoni la mia insistenza, Ryoko-san.» disse Akari, quasi con le lacrime agli occhi.
«Tu non hai nessuna colpa, Akari.- ribadì Ryoga, con un sorriso più presente, togliendosi i tamponi dal naso- Anzi, sei stata molto gentile. Ora mi riposerò un po’ e mi passerà. Sono piuttosto resistente, sai?»
Akari sorrise in modo molto dolce e Ryoga andò di nuovo in giuggiole.
«Va bene. Allora la lascio riposare.- disse Akari, sorridendo e alzandosi in piedi- Buona notte, Ryoko-san. Si riprenda presto.»
Ciò detto, diede alla ragazza coi capelli scuri un bacio sulla guancia e uscì, beatamente ignara dell’effetto del suo gesto. Appena fuori dalla camera, incontrò Eikichi, che aveva un mazzo di rose rosse in mano.
«Cugino caro, non disturbare Ryoko-san.- gli disse, incrociandolo- Non sta molto bene e ha bisogno di riposo.»
Eikichi batté affettuosamente una mano sulla spalla della cugina, ma proseguì, imperterrito. Se Ryoko era debole e malata, era l’occasione giusta per far breccia nel suo fragile cuore. Quando aprì la porta, però, si trovò di fronte a una Ryoko che saltellava per la camera con gli occhi che le luccicavano e le guance rosse, mentre spargeva fiori per la stanza da un cestino preso chi sa dove.
“A me sembra che stia benissimo.” pensò Eikichi, stupefatto, mentre lo strano folletto continuava la sua opera di celebrazione.

***

Mousse si trascinava nella boscaglia con animo depresso e passo strascicato, mentre si recava al campo di addestramento. Era presto, e lo sapeva, ma:
A- non aveva intenzione di rimanere donna un minuto di più
B…beh…Aveva bisogno di riflettere un po’. Quello che Tsukasa gli aveva fatto quella sera l’aveva traumatizzato e non poco. Sospirò di nuovo, prossimo alle lacrime. Lui, che si era mantenuto puro per Shan Pu, che non desiderava sfiorare altre labbra che quelle della sua eterna amata, era stato...bleah...baciato da un uomo! Uno schifo assoluto e una vergogna incancellabile. Shan Pu non doveva assolutamente venire a saperlo.
Mousse rabbrividì al pensiero di cosa la ragazza avrebbe detto alla notizia, ma soprattutto al pensiero di quanto avrebbe riso! Lo avrebbe preso in giro per tutta l’eternità e forse anche oltre…senza contare che sarebbe ulteriormente sceso nella graduatoria della ragazza.
“Possibile che sia così difficile coronare il mio sogno d’amore?” si chiese, sfregandosi le labbra con aria mesta. Ryoga si sentiva tanto sfortunato, ma anche lui non era da meno! Come poteva immaginare che quel dannato porco pervertito avesse in mente di combinare una cosa del genere?!
“Dannato Ranma Saotome! E’ tutta colpa sua.- pensò, mentre la rabbia gli montava in corpo- E’ tutta colpa sua se sono in questo maledetto pasticcio! Ma gliela farò pagare cara, una volta lontano da qui!”
«Chi diavolo sei?!» sbottò una voce proprio di fronte a lui.
Mousse alzò gli occhi, sorpreso nel riconoscere la voce di Shan Pu, in quanto non si era reso conto di essersi avvicinato tanto all’accampamento delle ragazze. Fece appena in tempo a formulare il pensiero, che la ragazza lo afferrò per il colletto, strattonandolo e preparandosi a sferrare un pugno megagalattico. Mousse si rese conto che Shan Pu era furiosa e che a causa del buio non l’aveva ancora riconosciuto. Se non voleva finire quella orrenda giornata con la faccia spappolata, era meglio correre subito ai ripari!
«Calmati, Shan Pu! Sono…» gridò, cercando di coprirsi il viso. Non fece in tempo a finire la frase. Il brusco strattone di Shan Pu gli fece infilare il piede sotto una radice. Con un grido soffocato, Mousse cadde addosso a una stupefatta Shan Pu, faccia contro faccia. I due picchiarono con violenza la testa l’una contro l’altra. Mousse sentì appena il dolore, in quanto esso venne subito soffocato dalla sensazione bellissima ed elettrizzante delle proprie labbra che, per un caso fortuito, avevano incontrato per un istante un’altra bocca delicata come il velluto.
Poi, i due furono a terra.
Mousse, stralunato, si alzò sui gomiti, guardando in volto Shan Pu, che non aveva un’espressione meno sconvolta della sua. Mousse non poteva crederci. Aveva appena baciato Shan Pu! Va bene, non era proprio un bacio volontario ed era durato meno di un secondo…ma improvvisamente la sua vita sembrava essere stata attraversata da un fulmine divino.
«Sha…Shan Pu…» mormorò Mousse, dimentico della posizione equivoca in cui si trovava.
Lei, con un’espressione di assoluto stupore che non le era abituale e un segno rosso in corrispondenza del punto in cui aveva battuto la fronte, per un attimo non accennò né a rispondere, né a fare qualsiasi movimento. Mousse era vagamente conscio di stare rischiando la vita nel restare in quella posizione, sapendo che avrebbe dovuto fuggire nel Tibet all’istante, ma non poté esimersi dal desiderare di baciare di nuovo la ragazza che aveva sempre amato…un po’ per cancellare l’orribile ricordo del pomeriggio, un po’ perché il bacio fugace di un istante prima già gli sembrava troppo poco.
«Shan Pu…» mormorò ancora, facendo per avvicinare il proprio viso al suo. Fu allora che Shan Pu tornò in sé. Gli angoli della bocca le si piegarono in una smorfia, le guance le si tinsero di un rosso acceso e gli occhi le luccicarono dall’ira.
«Che ti sei messo in testa, dannato porco?!» gridò, tirando una ginocchiata nello stomaco al ragazzo, che rotolò via, mezzo soffocato. Shan Pu si alzò con uno scatto e lo afferrò per il vestito, poi iniziò a farlo roteare. «Sparisci dalla mia vista!!!!» strillò, lanciandolo nel cielo notturno.
«Ma non è stata colpa mia!» gridò Mousse.
«Cos’è? Una stella cadente che grida?» chiese Obaba, uscita in quel momento dalla tenda, vedendo una cosa bianca sfrecciare in lontananza. Poi vide la nipote ansimante e paonazza per la rabbia e comprese l’identità del corpo celeste vagante. Scosse il capo. Sperava che Shan Pu non l’avesse gettato troppo lontano, o quel fannullone si sarebbe perso una notte di addestramento.

***

«E questo è tutto.- disse Ranma, sospirando con stanchezza- Sono stata chiara?»
Nessuno gli rispose. Ranma osservò con aria critica Shinji e Hikaru, che erano seduti con lui in giardino. Shinji aveva la testa bassa e un’aria grave che non gli era abituale. La ragazza, Hikaru, che aveva iniziato ad ascoltare il monologo di ‘Ranko’ con un’espressione ben poco cordiale, si era man mano intristita, ed ora aveva un volto scuro e pensieroso. Ranma appoggiò il mento a una mano, chiudendo gli occhi e sbuffando. Aveva ripetuto ad Hikaru quello che Shinji gli aveva detto, per filo e per segno, sottolineando più e più volte il fatto che tra Ranko e Shinji non c’era assolutamente nulla. Lui aveva fatto il possibile. Ora stava a loro.
«Allora?» chiese, pungolandoli.
«Shinji.- disse Hikaru, alzandosi in piedi- Vieni con me. Dobbiamo parlare.»
«Che…» disse Shinji, prima di scuotere il capo e rinunciare a discutere. Si alzò a sua volta, con aria scura. I due voltarono le spalle a Ranma e si incamminarono, inoltrandosi nel giardino. Prima di sparire dietro una siepe, Hikaru si voltò verso Ranma.
«Grazie, Ranko.- disse, con un sorriso deciso- Da qui in poi, ci penso io.»
Quando fu scomparsa anche lei, Ranma si alzò in piedi, sorridendo. L’ultima frase di Hikaru sembrava dare ad intendere che le cose erano sistemate,
«Allora, Akane? Che ne dici?- chiese, ben sapendo che la ragazza era ancora nei dintorni- Hai ancora da criticare?»
«Beh, forse ti posso concedere che in questa situazione…» disse Akane, uscendo da dietro il tronco di un abete. In quel momento, si udirono delle grida. «Mi rimangio tutto.» disse Akane, mettendosi a correre con Ranma nella direzione in cui Hikaru e Shinji si erano allontanati, temendo che Hikaru avesse deciso di utilizzare il più piccolo dei fratelli Mario come sacco da boxe. Quando li trovarono, però, i due erano abbracciati stretti. Hikaru piangeva sulla spalla di Shinji, che aveva sì uno zigomo arrossato, ma niente di più grave. Ranma tirò subito Akane al coperto per evitare di disturbare i due.
«E allora?» la punzecchiò ancora Ranma. Akane sorrise quando Shinji asciugò le lacrime di Hikaru e la baciò.
«Va bene, Cupido.- disse, ridacchiando- Adesso, però, andiamocene. Lasciamoli soli.»
Soddisfatto, Ranma diede le spalle alla scenetta romantica e tornò verso la casa con Akane.
«Cosa fai, Ranma? Vieni con me o resti qui a cena?» chiese Akane.
«No, resto.- disse Ranma, sbadigliando- Mangio, mi cambio e poi vi raggiungo con Ryoga e Mousse.»
«Mmh…va bene.» disse Akane. Ranma scorse un’aria malinconica sul suo volto e corrugò la fronte.
«Che c’è, Akane?» chiese.
«Niente.» borbottò lei. Ranma si mise le mani sui fianchi. Non capiva cosa potesse averla contrariata.
«Qualcosa c’è. Hai una faccia…» disse.
«Che hai contro la mia faccia?» ringhiò Akane, aggressiva. Ranma sospirò.
«Dai, sputa il rospo. Ho fatto qualcosa che non va?» chiese.
«Non hai fatto qualcosa, più che altro.» borbottò Akane.
«Eh?- chiese Ranma, perplesso- Spiegati meglio.» Akane borbottò ancora qualcosa, ma quando Ranma si avvicinò per sentire meglio lei arrossì e lo spinse via.
«Lascia perdere, stupido.- disse, dandogli le spalle- Se non lo capisci da solo, è inutile che te lo dica io.»
Ranma si stizzì, mentre Akane iniziava ad allontanarsi. Che diavolo le prendeva? Chissà a che si…D’un tratto capì e al pensiero arrossì fino alla cima dei capelli. Eh già…avevano appena visto Hikaru e Shinji baciarsi! Cosa che loro due, che erano fidanzati da un pezzo e che si erano già dichiarati il reciproco amore, non erano ancora riusciti a fare.
“Allora anche Akane vorrebbe…- pensò, agitato- E io, scemo, ho già fatto trascorrere settimane senza provarci nemmeno una volta. E’ logico che sia arrabbiata!” Alzò lo sguardo su Akane, che si stava allontanando. La lasciava andare così? Proprio adesso che sembrava l’occasione giusta? Nessuno intorno, Akane in fase romantica…“Ah, maledizione! Basta con timidezza e tentennamenti!” si disse, iniziando a correre.
«Akane!» gridò. La ragazza si fermò e accennò a voltarsi. Ranma la raggiunse e senza darle il tempo di realizzare quanto stava succedendo, la abbracciò e la baciò con ardore, prima di avere la possibilità di avere qualche ripensamento. Recepì il calore e la morbidezza delle labbra di Akane contro le proprie e sentì il sangue iniziare a ribollirgli nelle vene…prima che un ceffone violentissimo lo centrasse in piena faccia, spedendolo a terra, mentre Akane, paonazza, gridava: «Imbecille!!! Che diavolo fai?!»
Ranma, basito, si alzò a sedere, tenendosi la guancia offesa.
«Ma…ma Akane…- balbettò, ferito- Io credevo…»
«Idiota! Come ti salta in mente di baciarmi mentre sei ancora così?!» strillò Akane, coprendosi il viso con le mani e scuotendo la testa per il tremendo imbarazzo.
“Ancora così?” pensò Ranma, stranito, abbassando lo sguardo su se stesso. Si pietrificò. Che scemo…che emerito idiota!! Era ancora nella sua forma femminile! Non se ne ricordava più!! Era riuscito a rovinare anche il loro primo bacio!
«Ah…Akane…scusa…» balbettò, supplichevole.
«Sei un dannato stupido, Ranma!» gridò Akane, furibonda, sollevando una panchina sopra la testa e lanciandola contro il poveretto. Dopo ciò, Akane girò sui tacchi e si inoltrò nel bosco a passo marziale.
«Scusami…Akane…» rantolò una voce al di sotto della panchina, mentre una mano si allungava, tremante, versa la figura lontana che continuò ad allontanarsi senza mostrare alcuna pietà. Quella notte, Obaba si trovò alle prese con gli allievi più imbranati e distratti che la storia ricordasse, nonché  con le assistenti dall’aura combattiva più intensa dell’intero Giappone.

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Capitolo 12
*** 12 - Lettera di sfida ***


Author's note: Ryoga è in brodo di giuggiole, Mousse è stato raccolto con il cucchiaino e Ranma si è cacciato in un bel guaio. E la sfida si avvicina...

«Molto bene.- ansimò Obaba, battendo la parte bombata del bastone a terra per sottolineare la sua soddisfazione- Molto, molto bene.»
Ranma sorrise, tergendosi con un gesto secco il sudore che gli imperlava la fronte. Era passata un’altra settimana e gli allenamenti stavano dando frutti. Quella notte Obaba lo stava sottoponendo a un allenamento massacrante, ma i suoi sforzi stavano finalmente dandogli qualche soddisfazione.
«Di nuovo, consorte! Non ti perdere in pensieri.- disse Obaba, facendolo mettere subito in posizione di difesa- Para questo!» La vecchia cinese sparò l’ennesimo colpo energetico contro Ranma, che incrociò le braccia di fronte al viso. Uno scudo di energia rilucente di luce azzurra si materializzò davanti al ragazzo e spazzò via il colpo di Obaba, quindi Ranma spiccò un balzo e tentò di colpire la vecchia con un calcio volante. Inutile dire che Obaba saltò via e che Ranma si trovò sotto i piedi solo il duro terreno.
«Perfetto, consorte. Questo è il decimo che pari.» disse Obaba, sedendosi e facendo cenno a Shan Pu di darle un po’ d’acqua.
«Non sarai troppo stanca, nonna?» chiese la ragazza, preoccupata. Obaba afferrò la borraccia, facendo un gesto distratto con la mano.
«Sono in grado di usarlo anche mentre combatto, finalmente.» disse Ranma, sorridendo con soddisfazione. Si voltò verso Ryoga e Mousse, che si stavano allenando l’uno con l’altro. In quel momento, Mousse stava bersagliando Ryoga di innumerevoli Rippuku no Ken, il nuovo colpo di cui andava tanto orgoglioso. Ogni volta, davanti a Ryoga si materializzava uno scudo di luce gialla, ma non sempre il colpo veniva del tutto disperso. La stessa cosa succedeva a Mousse, il cui scudo era rosso, ma anche più debole di quello di Ryoga.
«Quei due, invece, mi preoccupano.» borbottò Ranma.
«Non hanno resistenza.- disse Obaba, dopo aver finito di bere- Potrebbero migliorare ancora, ma credo sia inutile insistere più di così.»
«Cosa vuoi dire, vecchia?» chiese Ranma, sospettoso. Obaba fece un sorrisetto.
«In fondo, non credo che quei tre ragazzini possano utilizzare il Kami no Te no Ken più di un paio di volte di seguito.- disse- Le conoscenze che avete acquisito dovrebbero essere sufficienti. In un normale corpo a corpo, siete sicuramente superiori.»
«Ma questo significa che…» disse Ranma, sorpreso.
«Sì, consorte. Potete lanciare la vostra sfida.» disse Obaba.
«Evviva!!» esclamò Ranma, facendo distrarre Mousse, che prese in pieno uno Shishi-Hoko-Dan.
«Insomma, Saotome!- sbottò il ragazzo, cercando di alzarsi da terra- Esulta da un’altra parte!»
«Se avessi sentito ciò che ha detto la vecchia, esulteresti anche tu!» disse Ranma, rifiutando di farsi passare il buon umore.
«Varrebbe a dire?» chiese Ryoga, stanco.
«Secondo la vecchia, possiamo lanciare la nostra sfida.» disse Ranma, con una luce pericolosa negli occhi.
«Co…- balbettò Ryoga, voltando di scatto la testa verso la vecchia- E’ vero, vecchia Obaba?»
«Ma sei sicura?» chiese Mousse, perplesso.
«Io non parlo a vanvera, sciocco ragazzo.- disse la vecchia, acida- Non siete ancora al meglio, ma penso che sia sufficiente.»
«Evviva!» esclamò Mousse, iniziando a saltellare per la gioia al pensiero di far ingoiare i denti a quel dannato Tsukasa. Ryoga sorrise, ma nei suoi occhi passò un lampo di tristezza.
«Prima, però, venite a sedervi qui.- disse Obaba, battendo il bastone a terra- Ho bisogno di un’ultima prova per poter dire che il vostro addestramento è terminato.»
«Un’ultima prova?» chiese Ryoga, perplesso.
«Cos’hai in mente, vecchiaccia?» chiese Ranma, sedendosi a gambe incrociate con un movimento fluido. Obaba non rispose, attendendo che anche gli altri due giovani si sedessero, quindi ordinò loro: «Chiudete gli occhi.» I tre, benché perplessi, obbedirono. Akane e Shan Pu, che si tenevano discoste dal gruppo, videro Obaba circondarsi di un’aura combattiva terribile. I suoi occhi divennero luminosi.
«Cosa sta facendo tua nonna?» mormorò Akane, impressionata.
«Non lo so.- ammise Shan Pu- Non l’ho mai vista usare questa tecnica.»
Di colpo, la luce negli occhi di Obaba sfrecciò contro i tre ragazzi, colpendo le loro fronti e strappando gridolini di sorpresa alle due ragazze. Quando la luce scomparve, Obaba tornò normale e i tre ragazzi erano ancora seduti dov’erano, con gli occhi chiusi.
«Prova superata, ragazzi.- disse Obaba, soddisfatta, battendo una volta le mani- Potete aprire gli occhi, ora.»
«Santo cielo, vecchiaccia…- disse Ryoga, aprendo gli occhi e strofinandosi la fronte con aria sconcertata- Che cosa ci hai fatto?»
«Voi cos’avete sentito?» chiese la vecchia, socchiudendo gli occhi.
«Hai portato all’eccesso la tua aura combattiva.- disse Ranma, corrugando la fronte- Poi…è stato come se tu l’avessi sparata dritta nelle nostre menti.»
«E’ esattamente ciò che ho fatto.» ammise Obaba.
«Ma…allora sai usare il Kami…» iniziò a dire Mousse, ma la vecchia cinese lo bloccò con un gesto secco della mano.
«No, questo non è un colpo che controlla la mente altrui. Serve solo a far perdere conoscenza all’avversario.- disse Obaba- Anch’esso è un colpo proibito, quindi non ve lo insegnerò.» aggiunse, vedendo un lampo d’interesse negli occhi dei tre.
«A cosa è servito, quindi?» chiese Ryoga, sbuffando.
«L’avete parato, no?- sogghignò Obaba- Siete ancora coscienti, o sbaglio?»
«E’…è vero.- disse Ranma, sorpreso- Abbiamo usato lo scudo senza nemmeno accorgercene.»
«Avete creato uno scudo mentale, che funziona esattamente come quello fisico.- annuì Obaba- Avete creato la maschera che nasconderà la vostra mente al Kami no Te no Ken dei fratelli Mario.»
«Allora…possiamo finalmente dire di aver imparato il Kamen no Ken?» disse Ryoga, stringendo i pugni.
«Sapete usarlo, ma non padroneggiarlo. Ho paura che solo il consorte sia in grado di fare un’affermazione del genere- sospirò Obaba, mentre Ryoga e Mousse lanciavano al povero Ranma un’occhiata astiosa- Se vi colpissi di nuovo, tu e Mousse cadreste immediatamente nel mondo dei sogni. Ma, come ho detto, non credo che quei Mario siano in grado di usare il loro colpo più di una volta. Prosciuga velocemente le energie.»
«Beh, pararlo una volta sarà sufficiente.- asserì Mousse- Li ho visti allenarsi e non sono forti quanto noi.»
«Ora non resta che scrivere la lettera di sfida.» disse Ranma, con occhi fiammeggianti.
Obaba ridacchiò e si allontanò verso la sua tenda.
«L’allenamento è finito, ragazzi.- disse, scomparendo all’interno- Andatevene a dormire.»
Ranma, Ryoga e Mousse si alzarono da terra, stiracchiandosi con aria soddisfatta. Finalmente quella vita stressante dai ritmi invertiti stava per finire. Presto si sarebbero vendicati dei Mario. Ryoga e Mousse si allontanarono verso il torrente per bagnarsi, cambiando forma prima di tornare alla magione dei Mario. Mousse si accorse che Ryoga era piuttosto pensieroso.
«Ehi, che hai?- chiese, dopo aver immerso la testa nell’acqua, strizzandosi i capelli neri- Hai una faccia…non sembri molto felice di aver terminato l’allenamento. Non volevi spedire Eikichi all’altro mondo?»
«Sono felice di aver imparato il Kamen no Ken. Solo…» rispose Ryoga, passandosi una mano sul viso per asciugarselo. Scosse il capo, con una smorfia. «Bah, sarebbe inutile parlarne con te.- sentenziò, alzandosi in piedi e allontanandosi- Hai ancora meno sensibilità di quel troglodita di Ranma.»
«Uff…allora arrangiati.» borbottò Mousse. Sospirò. Aveva già abbastanza pensieri per conto suo, senza dover anche stare a badare ai malumori di quel ‘depresso forever’ di Ryoga. Sospirò ancora, assumendo un’aria sognante nel rammentare il bacio fortuito di una settimana prima. Per scontare tanta fortuna, aveva dovuto farsi mezza foresta a piedi dopo essere stato lanciato via da Shan Pu, senza contare l’onta incancellabile del pomeriggio, ma Mousse pensava che ne valesse la pena. Il ricordo non lo voleva lasciare e il giovane pensava che potesse fare a gara con quello del momento in cui Shan Pu, nel palazzo del demone Sesshomaru, gli aveva promesso che gli avrebbe permesso di sfidarla per assurgere al ruolo di futuro marito.
«Oh, Shan Pu…» mormorò, alzando gli occhi al cielo. D’un tratto, corrugò la fronte.
Shan Pu era stata piuttosto sostenuta con lui, in quei giorni, segno che gli portava ancora rancore per una cosa di cui, oggettivamente, non aveva alcuna colpa. Mousse era sempre più convinto che Ranma si fosse inventato di sana pianta la presunta smania di Shan Pu di vederlo vincere per lei. Fece una smorfia sarcastica. Sarebbe stato tipico di Ranma Saotome spingerlo ad allenarsi con maggior lena ricorrendo a uno stratagemma.
«Però, Shan Pu, tu mi hai promesso una possibilità.- mormorò, chiudendo gli occhi e sorridendo- E io ti credo.»
Fece per alzarsi in piedi, quando gli arrivò una spinta da dietro.
«Attento a non cadere, Mousse!» disse Shan Pu, proprio mentre gli faceva perdere l’equilibrio. Mousse cadde a faccia in giù nel torrente gelido.
«Ma…ma…Shan Pu!- boccheggiò, con una vocetta stridula per il gran freddo- Che ti salta in mente?»
Shan Pu lanciò alla ragazza dai capelli scuri un’occhiata indifferente, quindi si abbassò per riempire una borraccia.
«Vedi?- disse, mentre Mousse arrancava fuori dall’acqua- Parole e fatti non sempre corrispondono.»
«Co…» esclamò Mousse, voltandosi di scatto verso Shan Pu. Allora aveva sentito cosa aveva detto?! I suoi occhi si riempirono di lacrime. Nel vedere la sua espressione addolorata, Shan Pu mise il broncio.
«Oh, insomma! Non fare quella faccia!- sbottò, alzandosi in piedi e chiudendo la borraccia con un gesto secco- Pensa a tornare uomo, prima di fare discorsi del genere!»
Fece dietro front e si allontanò, ancheggiando, sotto gli occhi di un attonito e fradicio Mousse.
«Shan Pu…» mormorò, con un sorriso stentato. Forse, le parole di Ranma non erano state del tutto menzognere. Quando tornò al campo, strizzandosi di dosso l’acqua gelida, trovò solo Ryoga ad aspettarlo. Ranma non si vedeva da nessuna parte.
«E Saotome?» chiese, vedendo che Ryoga si stava già incamminando verso casa Mario.
«Ci raggiungerà dopo.- disse la ragazza con la bandana- Aveva una faccenda da sistemare. E sarà meglio che lo faccia alla svelta.»

***

«Allora, Ranma? Che c’è?» chiese Akane, con aria sostenuta.
Ranma deglutì con un certo nervosismo, tormentandosi le mani. Da quando aveva commesso l’errore madornale di baciare la sua ragazza mentre era ancora in forma femminile, non aveva più toccato l’argomento con Akane, che era evidentemente seccata e mostrava senza troppe remore di avercela ancora con lui. Non poteva biasimarla. Come al solito, aveva agito senza pensare ed aveva rovinato il loro primo bacio.
«Senti…Akane, ti chiedo scusa.» mormorò.
«Per il bacio?» chiese Akane, sollevando un sopracciglio. Ranma arrossì e annuì. «Mi hai già chiesto scusa una ventina di volte, Ranma. Adesso basta.» disse Akane, incrociando le braccia sul petto e guardando altrove, indifferente.
«Ti avrò anche chiesto scusa una ventina di volte, ma tu non mi hai ancora perdonato.» disse Ranma, corrugando le sopracciglia e sentendo una certa rabbia montare dentro di lui.
«Così impari ad agire prima di pensare.» sentenziò Akane.
«Ma che diavolo, Akane!- sbottò Ranma, arrabbiandosi- Io ti chiedo scusa e tu mi rinfacci ancora tutto!»
«Perché sei un dannato stupido!» gridò Akane, abbandonando la facciata indifferente.
«E tu allora?!» recriminò Ranma.
«Io?!» chiese Akane, stupefatta da quel rapido giro di frittata.
«Sì, tu!- disse Ranma, puntando un dito contro la fidanzata- Se non avessi fatto tutte quelle allusioni, non mi sarebbe passato nemmeno per l’anticamera del cervello di…»
«Di baciarmi?!- strillò Akane, pronta a passare alle maniere forti- E’ questo che stavi per dire?!»
«Sì! No! Non fraintendermi!- esclamò Ranma, sempre più arrabbiato- Cavoli, Akane, cerca di andare oltre le parole, ogni tanto!»
«E tu cerca di pensare a quello che fai, ogni tanto!» gridò Akane.
«Ma perché stiamo gridando?!» urlò Ranma.
«Non lo so!» strillò Akane.
«Smettiamola! Stiamo solo peggiorando la situazione!» sbottò Ranma.
«Ok!» gridò Akane.
«Bene!»
«Perfetto!»
I due smisero di gridare, guardandosi in cagnesco e ansimando, poi si voltarono le spalle a vicenda. Passarono alcuni minuti di silenzio senza che nessuno dei due accennasse né una parola, né un movimento. Ad Akane veniva da piangere. Come sempre, da una cosa relativamente di poco conto erano riusciti a creare una litigata colossale. E la colpa era di entrambi.
“Però Ranma stava cercando di chiederti scusa.” si disse. Akane strinse le labbra, sentendosi in colpa più che mai. Forse stavolta doveva essere lei a sbrogliare la situazione, a dimostrargli un po’ dell’amore che non era ancora stata in grado di dirgli a voce.
«Ehm…Ranma?» mormorò, voltandosi appena.
«Che c’è?» rispose Ranma, rigido.
«Ehm…potresti…- mormorò la ragazza, sentendo la propria voce cedere- potresti baciarmi…adesso? Per far pace…»
Andò letteralmente a fuoco dopo aver pronunciato queste parole, ma non le ritrattò, rimanendo in silenzio, con le palpebre serrate. Attese per istanti che le sembrarono eterni la risposta di Ranma, sperando che l’orgoglio del ragazzo non lo portasse a dirle di no. Non l’avrebbe sopportato. Invece, un paio di braccia calde la circondarono. Alzando lo sguardo, Akane vide il viso imbarazzato di Ranma.
«Sei sicura, Akane?» mormorò lui. Akane sorrise e annuì, protendendosi verso di lui. Il secondo bacio fu per entrambi un’esperienza migliore.

***

«Era tutto buonissimo.» disse Ranma, posando forchetta e coltello sul piatto, da cui era scomparsa ogni traccia del cibo italiano. Shinji sorrise, perso in pensieri tutti suoi, mentre anche gli altri finivano di mangiare. Ranma scambiò un’occhiata con Ryoga e Mousse, seduti alla sua destra e alla sua sinistra, e annuì. Akari era andata a dar da mangiare a Katsunishiki ed era tutto tranquillo. Era giunto il momento di fare ciò che andava fatto.
«Ho una notizia da darvi.» esordì. Tsukasa ed Eikichi distolsero la loro attenzione dal cibo per spostarla sul volto serio di Ranko, che si guadagnò anche un’occhiata perplessa da parte di Shinji. «Più che altro, ho qualcosa da consegnarvi.» precisò Ranma, alzandosi da tavola e porgendo a Tsukasa una lettera.
«Cos’è, Ranko?» chiese il maggiore dei fratelli Mario, sorpreso. Di fronte al silenzio di Ranma, aprì la lettera, perplesso. Si mise a leggere e immediatamente la sua espressione si oscurò.
«Vostro fratello non si arrende nemmeno di fronte all’evidenza, vedo.» commentò, acido, consegnando la lettera ad Eikichi perché la leggesse.
«Vi avevo detto che Ranma, Ryoga e Mousse sarebbero tornati a sfidarvi.» disse Ranma, con un lampo pericoloso negli occhi.
«Tzè! E cosa credono di dimostrare?- disse Eikichi, sbattendo la lettera sul tavolo- Le loro non sono altro che fanfaronate!»
«Fanfaronate?! Con chi credi di parlare?- sbottò Ryoga, dimentico del proprio ruolo- Vedrai, non ci sarà nemmeno lotta!»
«Ryoko, mi spezzi il cuore! Tifi forse per loro?- disse Eikichi, drammatico- Bene, vorrà dire che ti mostrerò il mio valore battendoli un’altra volta, così ti deciderai finalmente a sposarmi.»
«Tu, brutto…» ringhiò Ryoga, facendo per gettarsi addosso ad Eikichi. Venne fermato con prontezza sia da Ranma che da Mousse.
«Ricordate. Avete promesso di lasciarci andare a casa, se perderete.» disse Ranma.
«Avete tutta questa fretta di lasciare questa casa?- disse Tsukasa, arrabbiandosi a sua volta e alzandosi in piedi- Ebbene, noi e voi siamo legati da una promessa d’onore! Non ve ne libererete tanto facilmente.»
«Domattina questa storia finirà, che lo vogliate o no.- disse Mousse- Sarete battuti e noi ce ne andremo. Questo è quanto.»
«Così, forse, vi metterete in testa una buona volta che si può stare accanto solo alla persona che si ama.» sentenziò Ranma.
«Beh, io amo la mia Ryoko, che lei mi ricambi o meno!- disse Eikichi- Il vostro destino è sposarvi con noi. Vedete di abituarvi all’idea.»
«Ma io non mi sposerò con Ranko.» disse Shinji, provocando immediato silenzio alla tavola. Ranma sogghignò alla vista delle espressioni sbalordite di Eikichi e Tsukasa.
«Cosa…cos’hai detto, Shinji?» chiese Eikichi, stupito.
«Ho detto che non mi sposerò con Ranko.- ribadì Shinji, sospirando e alzandosi in piedi a sua volta- Io amo Hikaru. Sarà lei la donna che, un giorno, sposerò.»
«La figlia del fattorino?!» sbottò Eikichi.
«Shinji, ti sei bevuto il cervello?!- esplose Tsukasa- Sai bene che nostro padre desiderava…»
«So cosa desiderava nostro padre!- esclamò Shinji, alzando la voce ben oltre i suoi standard e stupendo tutti per la sua veemenza- Ma, come dice Ranko, al cuore non si comanda. Io amo Hikaru e non mi legherò mai a nessun’altra donna! Me ne frego se la tecnica della nostra famiglia andrà persa!»
«Shinji! Sei impazzito?!» disse Eikichi, afferrando Shinji per il colletto.
«Qui sono l’unico sano di mente! Non possiamo vivere in funzione di ciò che voleva nostro padre.- disse Shinji, liberandosi dalla stretta- Anche il vostro amore, non è altro che una fissazione! Non vi chiedete nemmeno cosa pensino di voi Minako-san e Ryoko-san!»
Tsukasa ed Eikichi vennero zittiti dall’ardore del fratello minore, che aveva mostrato una forza di carattere oltre le previsioni. Shinji si oscurò in volto.
«Voi potete andare avanti con questa farsa, ma io non lo farò.- disse- Combatterò contro Ranma da uomo, dando il meglio di me, ma in caso di sconfitta non vi permetterò di trattenere oltre le ragazze. E’ ora che qualcuno, qui, agisca con un po’ di buon senso.»
Detto ciò uscì dalla stanza. Ranma, nel vedere le espressioni sconvolte dei due fratelli Mario, sentì il proprio sorriso allargarsi a dismisura. Avrebbe voluto applaudire Shinji per il suo discorso. Approfittando dello stato catatonico di Eikichi e Tsukasa, Ranma e i suoi amici uscirono dalla sala da pranzo, trovando Shinji che li aspettava nell’atrio.
«Ho esagerato?» chiese, sorridendo.
«Non direi proprio.» disse Ranma, sogghignando.
«Domani gli faremo…ehm, gli faranno vedere i sorci verdi.» disse Mousse, fremendo di aspettativa.
«Sarà una sfida interessante, credo.- disse Shinji, pensieroso- Mi chiedo cos’abbiano escogitato vostro fratello e i suoi amici.»
«Mah, chissà…» disse Ranma, stringendosi nelle spalle. Shinji rise, sapendo che Ranko conosceva più dettagli di quanti non dicesse di sapere. Ranma si voltò per scambiare un’occhiata d’intesa con Ryoga, ma si accorse che il ragazzo era cupo e pensieroso.
«Ehi, che c’è?» chiese, sottovoce.
«Scusatemi un attimo.- disse Ryoga, distratto, lasciando il gruppetto- Ho una faccenda da sistemare.»
«Cos’ha Ryoko-san?» chiese Shinji, osservando la ragazza dai capelli corti allontanarsi.
«Non ne sono sicura.» mormorò Ranma. “Ma ho paura di saperlo.” aggiunse fra sé.

***

«Ecco qua, Katsunishiki.- disse Akari, sorridente, pulendosi le mani in un grembiule e osservando soddisfatta l’immane mole di cibo che aveva preparato- Il tuo pranzo è pronto! Mi raccomando, mangia tutto, mentre io torno in sala da pranzo.»
Il grosso maiale non se lo fece ripetere due volte. Sempre sorridendo, Akari si tolse il grembiule e si voltò per andarsene, quando vide che sulla porta stava Ryoko, che la osservava con una strana espressione sul volto.
«Ryoko-san!- esclamò- Mi dispiace, vi ho fatti aspettare tutti, vero? Oh, come sono maleducata!»
«Ma no, Akari, che dici?- replicò Ryoko, con un debole sorriso, senza fare cenno di entrare- Avevamo tutti già finito di pranzare.»
Il sorriso di Akari divenne molto dolce. Provava una sincera adorazione per Ryoko-san. Non sapeva spiegarsi il perché, ma la trovava affascinante e particolare. Era così divertente, così sincera! E poi era forte, era una ragazza che sapeva difendersi sia con le parole che con i fatti e Akari, che si era sempre reputata debole, trovava in questo un motivo valido per ammirarla. Si era rivelata un’ottima amica, una confidente discreta. E poi…somigliava tanto a Ryoga-san. Era stato questo, prima di ogni altra cosa, a spingerla a fare amicizia con quella ragazza. Trovava logico essersi affezionata a lei, visto che amava tanto Ryoga-san. Si accorse in quel momento che Ryoko aveva negli occhi una luce triste. Il suo sorriso sparì subito, sostituito da una luce preoccupata.
«Ryoko-san, c’è qualcosa che non va?» chiese. Ryoko sobbalzò a quelle parole e Akari si avvicinò, ansiosa. «Sta ancora male, Ryoko-san? Si sente svenire? Posso fare qualcosa per lei?» chiese subito, desiderosa di tornare utile all’amica.
«No, no! Sto benissimo, Akari!» si affrettò a rispondere Ryoko.
«Allora è stato Eikichi? Anche se è mio cugino, non lo perdonerò!» sbottò Akari.
«Ma no, Akari, calmati!- disse Ryoko, poggiandole le mani sulle spalle per frenare il suo impeto- Per una volta, quel pervertito di Eikichi non c’entra niente.»
Akari si calmò e subito Ryoko la lasciò andare, come se si fosse scottata. Akari ci rimase male, come ogni volta. Sembrava che Ryoko-san detestasse il contatto fisico, perché se le capitava di sfiorarla o di essere sfiorata si ritraeva immediatamente. Akari si chiedeva se fosse eccessiva timidezza oppure se in qualche modo le arrecasse fastidio.
«Allora cos’è successo, Ryoko-san?- chiese, mite- I suoi occhi sono tristi.»
Ryoko la guardò con una certa ansia, quindi abbassò gli occhi, incupendosi in volto e sospirando.
«E’…è successa una cosa, Akari-chan, e ho paura che non ti farà piacere.» borbottò.
«Cos’è successo?» ripeté Akari.
«E’…è appena arrivata una lettera di sfida ai tuoi cugini.» disse Ryoko, cupa.
«Una lettera di sfida?!» esclamò Akari, portandosi una mano alla bocca. Ryoko annuì. «E da parte di chi?- chiese la ragazza- Nessuno riuscirebbe mai a battere la favolosa tecnica dei miei cugini! Nemmeno Ryoga-san potrebbe farcela!»
Ryoko non commentò, ma una smorfia le solcò il volto. Akari impallidì.
«Ryoga…san?» chiese, con voce tremante. Ryoko annuì, ma questo sembrò costarle uno sforzo non indifferente.
«Domani ci sarà una sfida tra uomini, Akari.- disse Ryoko, amara- Cerca di capire: Ryoga non sapeva nemmeno che Eikichi e gli altri fossero tuoi cugini!» D’impeto, prese tra le sue le mani di Akari. «Ti prego, Akari, non avercela con Ryoga!- esclamò- Tu lo conosci, sai che non farebbe mai nulla per farti soffrire! Però devi capire che questa è una sfida fra uomini e lui non può tirarsi indietro! Ti prego, Akari, non odiarlo!»
Akari sorrise, dissipando in un istante tutta la foga di Ryoko.
«Come è gentile, Ryoko-san.- disse, quasi commossa- Si preoccupa così tanto per me e per Ryoga-san?» Si liberò dalla stretta di Ryoko solo per prendere a sua volta le mani della ragazza tra le sue. «Non si deve preoccupare, Ryoko-san. Capisco molto bene quanto sia importante per un uomo vincere uno scontro.- disse- Per questo, anche se Ryoga-san sfidasse e sconfiggesse i miei cugini, io non potrei mai avercela con lui.»
Ryoko parve commossa da queste parole.
«Allora…allora non gli porterai rancore?» chiese. Akari scosse la testa, ridendo.
«Io lo amo.» disse, semplicemente.
«Oh, Akari…- disse Ryoko, sul punto di piangere, per poi fare un luminoso sorriso e passarsi una mano sopra gli occhi per asciugarli- Ryoga sarebbe molto felice di sentirti dire questo. Ora vado. Ci vediamo dopo!»
Corse via dalla stanza e Akari la seguì con lo sguardo, sorridendo. Ryoko si dimostrava sempre di più un’ottima amica. D’improvviso, il pensiero che l’indomani avrebbe rivisto Ryoga la colpì e le sue guance divennero calde e rosse. Sperava solo che l’uomo che amava sapesse a quale difficile impresa andava incontro.

***

Akari scese le scale con passo leggero, tenendo alta la candela e stringendosi addosso la coperta pesante. Era quasi mezzanotte e lei ancora non riusciva a prendere sonno, probabilmente a causa dell’agitazione al pensiero che presto avrebbe rivisto Ryoga-san, così aveva deciso di scendere in cucina e farsi un latte caldo. Non voleva disturbare nessuno, per cui non aveva acceso luci.
“La mia agitazione è quasi imbarazzante.- si disse, posando una mano sul suo cuore in tumulto- Non voglio che Ryoga-san si accorga di questo mio stato d’animo così eccessivo. Speriamo solo che il latte faccia effetto…non vorrei avere le occhiaie, domattina.”
Attraversò il grande atrio e aprì la porta della cucina, scivolandovi dentro. Appoggiò la candela sopra il tavolo e iniziò a cercare un pentolino, quando udì delle voci che sussurravano provenire dall’atrio.
“Qualcuno che, come me, fa fatica ad addormentarsi?” si chiese, sorridendo. Aprì la porta di uno spiraglio, mettendo fuori la testa. Tre figure, che Akari identificò subito con le tre sorelle, attraversarono l’atrio e aprirono il portone d’entrata, scivolando fuori, nella notte. Akari rabbrividì al refolo d’aria gelida che le giunse dalla porta che si chiudeva, poi aprì del tutto la porta della cucina, perplessa. Dove stavano andando Ryoko-san e le sue sorelle? Cosa poteva averle spinte ad uscire a quell’ora di notte? I monti in cui vivevano i suoi cugini non erano propriamente il posto più sicuro del mondo.
“E…e se andassero a prendere Ryoga-san?” si chiese. Il suo cuore perse un battito. Poteva essere possibile! Prima ancora di essere conscia delle proprie azioni, Akari uscì dalla casa, stringendosi addosso la coperta e correndo. Ryoko-san e le sue sorelle non erano più in vista, ma qualche impronta segnava la poca neve che era caduta in quei giorni, così Akari si inoltrò nella foresta. Presto, però, procedette pressoché alla cieca, in quanto la notte era molto buia e lei aveva lasciato la candela sul tavolo della cucina.
“Forse farei meglio a tornare indietro.” si disse, delusa, quando le giunse una risata maschile poco distante. Con rinnovato entusiasmo, Akari si rimise a correre, sentendo un sorriso di pura gioia iniziare a distenderle il viso. Non vedeva l’ora di vederlo. Le era mancato da morire, in quei mesi, eppure non aveva mai trovato il coraggio di confidarglielo nelle lettere che ogni tanto gli scriveva. Non voleva che lui la considerasse pesante, o esigente…ma le era mancato così tanto! Si avvicinò a una radura illuminata.
La prima cosa che vide, fra le fronde, fu un campo con tre tende, e riconobbe subito alla luce del fuoco Akane-san, in compagnia di una ragazza cinese e di una vecchia di cui Ryoga-san le aveva parlato. Con loro c’era un giovane cinese dai capelli lunghi e neri che le pareva stranamente familiare, il quale stava parlando con Ranko-san. Ryoko-san era china su un bollitore e sembrava stesse testando la temperatura dell’acqua.
«Oh, Ranma! Come sempre la tua modestia non passa inosservata.» disse Akane, sarcastica. Akari sentì il suo sorriso distendersi ulteriormente. Se Ranma-san era lì, allora anche Ryoga-san…Fece per saltar fuori dagli alberi, col nome dell’amato sulle labbra, quando Ranko afferrò il bollitore e si versò addosso il contenuto. Akari si fermò di scatto. Davanti ai suoi occhi, il corpo formoso di Ranko divenne quello del giovane fidanzato di Akane, Ranma Saotome.
«Poche critiche, Akane.» disse quest’ultimo, lanciando via il bollitore e facendo una linguaccia alla fidanzata.
«Sei sempre il solito, Saotome.- disse il ragazzo cinese, con una smorfia sarcastica- Grazie ai kami, domani questa nostra ‘vita familiare’ finirà.»
«Dovevate vedere la faccia dei Mario quando Shinji si è ribellato!» esclamò Ranma, iniziando a ridere. Akari iniziò a riprendersi dalla stupefazione. La trasformazione di Ranma-san l’aveva sorpresa non poco, ma d’altronde Ryoga-san si trasformava in un porcellino…forse le due cose erano correlate. Già, ma non le sembrava che Ranma-san avesse sorelle!
“Ma allora chi è Ryoko-san?” si chiese.
«Akane-san?» chiamò, con voce più debole del previsto. La ragazza, però, la udì, anche se fu l’unica.
«Akari-chan?!- chiese, sorpresa- Cosa ci fai…» Gli occhi di Akane si spalancarono di colpo, riempiendosi di terribile comprensione, e si voltò verso Ryoko, che teneva il bollitore alto sulla testa. «Fermati, Ryoga!» gridò, sorprendendo Akari, che si voltò di scatto per vedere dove fosse Ryoga-san, e attirando l’attenzione degli altri.
«Cosa c’è, Akane?» chiese Ryoko, versandosi il contenuto del bollitore sulla testa. Akari impallidì almeno quanto la ragazza con la bandana, quando questa si accorse di quale errore avesse appena commesso. Sotto gli occhi attoniti di Akari, e vista la piega che avevano preso gli avvenimenti anche sotto quelli di tutto il gruppo, il corpo di Ryoko-san prese a crescere e a farsi più muscoloso…mascolino…finché al posto della nuova amica di Akari non comparve l’eterno disperso che aveva conquistato il suo cuore.
«Ryoga…san?!» ansimò Akari.
«A…ka…ri…» balbettò Ryoga, sentendo che il suo cuore andava in frantumi di fronte all’espressione scioccata della ragazza. Gli altri rimasero in silenzio, increduli che una tale frittata fosse stata fatta proprio l’ultimo giorno di quella farsa.
«Lei…e Ryoko-san…la stessa persona…- balbettò la ragazza, prossima al pianto- Ecco perché io…Oh, kami-sama!»
«Akari…ti prego…- mormorò Ryoga, avanzando di un passo verso la ragazza e protendendo una mano verso di lei- Ti posso spiegare…non è come credi…io…» Ryoga non poté finire la frase. Sconvolta, Akari si voltò e corse via, scomparendo tra gli alberi. «Akari! Non volevo ingannarti!» disse Ryoga, disperato, cadendo in ginocchio. Akane gli si avvicinò, ma non osò nemmeno sfiorare l’amico. Guardò Ranma, in cerca d’aiuto.
«Kami-sama…- mormorò Ranma, preoccupato, scuotendo la testa- Questa non ci voleva. Akari si era affezionata molto a Ryoko. E’ probabile che ora si senta ingannata…e non ha nemmeno tutti i torti.»
«Perdonami…perdonami…- singhiozzò Ryoga- Akari…Akari!!»
Il suo grido disperato si perse nella notte e rimase senza risposta.

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Capitolo 13
*** 13 - I nodi vengono al pettine ***


Author's note: Ci siamo! E' arrivato il momento della sfida!!

Il sole era del colore della cenere, quella mattina. La luce che illuminò le cime degli alberi e che rese inutile il fuoco acceso all’interno dell’accampamento era fredda e bigia, in perfetto accordo col vento tagliente che prometteva neve e gelo entro il pomeriggio. Tre ragazzi erano seduti accanto alle braci che si andavano spegnendo. Uno di loro aveva sul volto un’espressione così affranta da spezzare il cuore.
«Ryoga…- disse Ranma, stuzzicando gli ultimi rimasugli delle fiamme con un legnetto- Se non te la senti, possiamo posticipare.»
«Ehi, Saotome!» protestò Mousse, con le braccia conserte, immusonendosi alla prospettiva di prolungare oltre l’attesa.
«Abbi un po’ di pietà per lui, Mousse!- disse Ranma, acido- Non hai visto cosa gli è successo? Poverino!»
«No, Ranma. Non darmi del poverino.» mormorò Ryoga, guardando lontano. Chiuse gli occhi e sorrise appena, amaro. «Un vero combattente non può calpestare il proprio orgoglio solo perché è stato ferito.- disse, serio- Ho lanciato la sfida e combatterò. Sconfiggerò Eikichi quest’oggi, quindi tornerò a Nerima con voi e poi partirò per un viaggio. Lascerò il ricordo del volto di Akari alle mie spalle.»
«Ne sei certo, Ryoga?» chiese Ranma, preoccupato.
«Certo.» asserì Ryoga.
«Ma sei così triste…» continuò Ranma, osservando l’amico sciogliersi in lacrime.
«Non insistere, Ranma. Ryoga ha ragione.- disse Mousse, sospirando- Tra l’altro, questo stato d’animo lo aiuterà a sconfiggere Eikichi più velocemente.»
«Anche questo è vero.» ammise Ranma, quindi tirò un gran respiro e batté una mano sulla spalla dell’amico affranto. Akane, Shan Pu e la vecchia Obaba uscirono dalle loro tende.
«Siete ancora qui, voi tre?- chiese l’anziana donna- La sfida non era per le prime luci dell’alba?»
«Stiamo andando, vecchia.» ringhiò Ryoga, asciugandosi le lacrime con un gesto secco e alzandosi in piedi.
«Voi che fate, ci aspettate qui?» chiese Ranma, seguendo l’esempio dell’amico.
«Io voglio venire a vederti.» disse Akane, facendo un passo avanti, ma Obaba la fermò.
«Andate soli. Meno distrazioni avrete, meglio sarà.» disse, ignorando il viso deluso di Akane.
«Dovrebbe essere una faccenda piuttosto veloce.- disse Ranma, annuendo- Se va tutto come deve andare, potremo andarcene oggi pomeriggio stesso.»
«Finalmente! Tutto questo freddo mi stava rovinando la pelle.» sentenziò Shan Pu, togliendosi una ciocca di capelli dalla spalla.
«Vedrai che mi farò onore, Shan Pu.» disse Mousse a un albero lì accanto, gonfiando il petto.
«Ricordatevi: niente distrazioni.- rammentò loro Obaba, seria- Basta un attimo di deconcentrazione e la loro Kami no Te avrà libero accesso alla vostra mente.»
«State tranquille. Sarà questione di pochi minuti.» asserì Ranma, fiducioso, quindi i tre voltarono le spalle al campo e si inoltrarono nella foresta.
«Avrei voluto assistere allo scontro.» borbottò Akane, incrociando le braccia sul petto.
«Suvvia, fanciulla! Come ha detto il consorte, sarà davvero una faccenda breve.- disse Obaba- Basterà loro attivare il Kamen no Ken e quindi spedire i tre Mario nel mondo dei sogni. Una volta aggirata la Kami no Te, si troveranno di fronte avversari piuttosto deboli.»
«Insomma, un mese di addestramento per un combattimento di pochi minuti?- chiese Shan Pu, contrariata- Che dannata stupidaggine!»
«Io sono preoccupata per Ryoga.» mormorò Akane.
«La sua depressione gli farà da scudo, come sempre.- tagliò corto Obaba- Ora coraggio, ragazze. Smontiamo il campo e prepariamoci. Non mi dispiacerebbe affatto rivedere il mio ristorante entro stasera.»

***

Li videro arrivare a passo deciso, sbucando fuori dalla foresta. Ranma e i suoi due amici avanzavano verso di loro, che attendevano con una certa impazienza davanti alla porta di casa.
«Non posso crederci.- disse Eikichi, tra i denti- Non capisco se il loro sia fegato oppure idiozia.»
«E’ semplice testardaggine.- disse Tsukasa, a braccia conserte- Non vogliono arrendersi alla sconfitta. Oggi inculcheremo loro il concetto che sfidare i fratelli Mario corrisponde a un suicidio.»
Il maggiore lanciò un’occhiata a Shinji per invitarlo a dire la sua, ma il più piccolo rimase in silenzio, continuando a scrutare con occhi attenti l’avversario che si andava avvicinando. Tsukasa strinse le labbra in una linea sottile. Quello stupido di Shinji e le sue idee indipendenti…In qualità di capofamiglia, lui non avrebbe mai permesso a Shinji di sposare Hikaru, contravvenendo al volere paterno. Presto avrebbero di nuovo sconfitto i tre ragazzi di Nerima e Minako e le sue sorelle avrebbero dovuto guardare in faccia la realtà e rassegnarsi a diventare le loro spose. Shinji e Ranko si sarebbero sposati, e questo era quanto. Fortuna che almeno Eikichi era ancora dalla sua parte.
«Buongiorno.» salutò Ranma, che ormai era a portata di voce.
«Buongiorno a voi.» salutò Tsukasa, freddo, mentre gli altri facevano un cenno col capo.
«Scusate il ritardo. Trovare questa casa si è rivelato un po’ complicato.» disse Ranma. Eikichi guardò alle sue spalle.
«Dove sono Ryoko e le altre?- chiese, acido- Stamattina non le abbiamo trovate in camera. Pensavamo fossero con voi.»
«Lo erano. Si stanno preparando a partire.» disse Ranma.
«Tzè! Siete molto sicuri di voi, vedo.- disse Tsukasa, sarcastico- Sappiate, però, che qualunque trucco abbiate in mente, esso fallirà.»
«Oh, io non credo proprio.» disse Mousse, con un sorriso maligno.
«Vogliamo cominciare?- chiese Shinji, saltellando da un piede all’altro- Si congela, a stare qui fermi.»
«Sì, mi sembra un’ottima idea.- disse Tsukasa, con un sorrisetto, mettendosi in posizione- Bene, preparatevi a…»
«Fermo lì!- disse Ranma, contrariato, rimanendo a braccia conserte- Chi ti ha detto che sarà un combattimento tre contro tre?»
«Cosa?» chiese Eikichi, sospettoso.
«Uno contro uno, Ranma?- chiese Shinji, eccitato- Perfetto! Mi prenoto per essere il tuo avversario!»
«E io per essere il tuo.- disse Mousse, puntando un dito contro Tsukasa- Devo cancellare l’onta di cui mi hai macchiato.»
«Non so di cosa stai parlando, ma va bene, ragazzino.- disse Tsukasa, facendo un cenno perentorio- Seguimi in palestra.»
Mousse schioccò le nocche e, con un sorrisetto, seguì il maggiore dei fratelli Mario dentro la casa.
«Noi potremmo andare sul retro.» propose Shinji, allegro.
«Mi sembra una buona idea, Shinji.» ammise Ranma, incamminandosi con lui.
Eikichi e Ryoga si scambiarono un’occhiata astiosa.
«Pare che mi sia rimasto solo tu, ragazzo con la bandana.» disse Eikichi.
«Per tua sfortuna, aggiungerei.- disse Ryoga, cupo- Sei comunque l’avversario che avrei scelto.»
«Ah sì? Molto interessante.- sogghignò Eikichi, mettendosi in posizione- Ti farò pentire di questa tua decisone e Ryoko sarà mia.»
«Questo è tutto da vedere, dannato.- ringhiò Ryoga, preparandosi al combattimento- Questa volta non perderò.»

***

Mousse e Tsukasa si fronteggiavano in silenzio, all’interno delle calde mura della palestra di casa Mario.
«Qual è il tuo nome?- chiese Tsukasa, cupo- Vorrei conoscere il nome del mio avversario.»
Mousse fece un sorrisetto, quindi allargò un braccio con un gesto teatrale.
«Il mio nome è Mousse e provengo dalla Cina.» disse, con un inchino beffardo.
«Bene, Mousse. Ti avverto che non avrò pietà per te.- disse Tsukasa, mettendosi in posizione- Chiunque cerchi di dividermi dalla mia Minako merita la morte.»
«La tua Minako?! Sei fuori!- ringhiò Mousse- Mi viene la nausea al pensiero di passare altri cinque minuti con te!»
«Cosa significa?! Anche tu ami Minako?!- sbottò Tsukasa, irato, fraintendendo le parole di Mousse- Beh, rassegnati! Lei è destinata a sposarmi!»
«Non hai capito niente, idiota.» sentenziò Mousse, venendo avanti. Tsukasa fece mezzo passo indietro, preparandosi a lanciare il Kami no Te no Ken. “Coraggio, Mousse. E’ il momento di sconfiggere questo damerino.- si disse Mousse, di colpo concentrato- Ricorda che lo fai per Shan Pu.”
«Te la sei cercata, ragazzino!- gridò Tsukasa, portando avanti la mano ad artiglio- Kami no Te no Ken!»
Mousse chiamò a raccolta tutti gli insegnamenti di Obaba e mascherò la propria mente. Sentì il colpo di Tsukasa, reso più potente dall’ira, tentare di forzare la sua Kamen, ma esso si infranse di fronte alla ferrea volontà di Mousse. Tsukasa rimase basito, incapace di credere che il suo colpo infallibile non avesse avuto alcun effetto, quando Mousse gli fu addosso, colpendolo al viso con qualcosa di duro e pesante che il maggiore dei fratelli Mario non vide nemmeno.
«Hai pagato cara la tua sicurezza, eh?- disse Mousse, sarcastico, al giovane steso a terra- Beh, questo è solo il principio! Hai fatto un grave errore nel baciarmi, dannato porco!»
Ciò detto, avviluppò uno scioccato Tsukasa in metri e metri di corde e lo fece roteare per aria, spedendolo poi a cozzare contro la parete.
«Cosa…- rantolò Tsukasa, dolorante nel corpo e nello spirito- cosa dici?! Sei disgustoso!»
«Quello disgustoso sei tu!» disse Mousse, gelido, schioccando le nocche e venendo avanti per finire l’avversario.
«Cosa stai insinuando?!- sbottò Tsukasa, tentando senza molto successo di rialzarsi- I miei baci sono solo per Minako! Mi viene la nausea al solo pensiero di baciare un dannato uomo!»
Mousse si fermò, quindi un sorrisetto terribilmente maligno gli comparve sul volto.
«Ah sì?» chiese, mellifluo. Sotto gli occhi perplessi di Tsukasa, Mousse si avvicinò ad un secchio per le pulizie abbandonato in un angolo della stanza. «Guarda un po’ chi è Minako, dannato idiota.» disse, versandosi il contenuto sulla testa.
Mousse ebbe la soddisfazione di vedere Tsukasa impallidire, quindi diventare paonazzo, boccheggiando come un pesce per poi decidere che tutto quello era troppo per lui. Tsukasa perse i sensi e Mousse lanciò lontano il secchio. Finalmente si era vendicato e vendicato su tutta la linea.
«Trovati un’altra vittima, Tsukasa.» disse, a mo’ di saluto, dirigendosi verso l’uscita. Quando arrivò alla porta, i suoi passi si fermarono. Si voltò di nuovo a guardare il corpo inerte del maggiore dei Mario, con un’espressione di profondo rammarico.
«Forse…» mormorò, pensieroso. Scosse il capo. «Forse non l’ho colpito abbastanza!» sentenziò, allegro, tornando indietro. Quando Mousse uscì dalla palestra per cercare dell’acqua calda, dieci minuti dopo, Tsukasa sembrava la vittima di una particolarmente sadica Kami no Te.

***

«Molto bene, moccioso. Preparati a essere sconfitto per la seconda volta.» disse Eikichi, schioccando le nocche.
«Piantala di chiacchierare e cominciamo.- disse Ryoga, cupo- Non vedo l’ora di ridurti al silenzio.»
«Sei molto coraggioso, o molto stupido.- sogghignò Eikichi, mettendosi in posizione- Ti farò pentire delle tue parole, ragazzo con la bandana.»
«Il mio nome è Ryoga Hibiki.- rispose lui- E ti avverto che se non cominci tu, comincerò io.»
Eikichi storse la bocca in una smorfia, irato.
«Ci siamo, moccioso.- disse, puntando in avanti la mano- Ti farò assaggiare l’inferno!»
«E’ un luogo che conosco a sufficienza!» replicò Ryoga, preparandosi e scattando in avanti.
«Kami no Te no Ken!» gridò Eikichi, stringendo la mano a pugno. Fu quantomai sorpreso quando il suo avversario continuò a correre verso di lui senza il benché minimo tentennamento.
«Crepa, Eikichi!»  gridò Ryoga, saltando e puntando alla faccia di Eikichi con un calcio volante. Il ragazzo ebbe appena il tempo di rotolare via, ancora stupefatto. Il calcio di Ryoga aprì una voragine nel terreno davanti a casa Mario.
«Ma che diavolo…come hai potuto…» rantolò Eikichi, rendendosi conto che, perso il suo punto di forza, era nettamente inferiore a quel ragazzo.
«Mai sentito parlare del Kamen no Ken?» disse Ryoga, facendo partire un pugno contro Eikichi. Il ragazzo riuscì in qualche modo a parare il primo pugno, ma un secondo lo raggiunse in pieno, facendolo schiantare contro i gradini dell’ingresso.
«Il Kamen…- mormorò Eikichi, senza fiato, mentre Ryoga si avvicinava a lui, circondato da un’aura negativa percepibile- Non è possibile!»
«Grazie a te ho dovuto subire onte a non finire.- disse Ryoga, con voce cupa- Senza contare che è anche colpa tua se ho perso la cosa che per me era più importante.» Ryoga strinse i denti, cercando di impedire alle lacrime di spuntare. Il ricordo dell’espressione di Akari nel vede Ryoko trasformarsi in lui era amaro come il fiele. «Devi scontarle tutte, Eikichi!» gridò, facendo partire un pugno megagalattico, mentre il giovane a terra cercava senza troppa convinzione di proteggersi incrociando le braccia sopra la faccia.
«Ryoga-san…ah!»
Una vocina tremante proveniente dalla porta d’ingresso frenò l’impeto di Ryoga, che si distrasse per alzare lo sguardo. Per metà all’interno della porta socchiusa, Akari stava guardando la scena con le mani schiacciate sopra la bocca.
«Torna in casa, Akari!» disse Ryoga, disperato, distogliendo lo sguardo.
«Ti sei distratto!» esultò Eikichi, facendolo tornare con i piedi per terra. Ma era troppo tardi. Eikichi allungò la mano e strinse il pugno. Ryoga non ebbe nemmeno il tempo di pensare a difendersi. La Kami no Te lo colpì con tutta la sua forza.

***

«Ti sei allenato molto, Ranma?» chiese Shinji, accompagnando Ranma sul retro della casa.
«Abbastanza.» minimizzò Ranma, con le braccia incrociate dietro la testa. Shinji scoppiò a ridere.
«Quanto somigli a tua sorella, Ranma!- sghignazzò- Vi esprimete nello stesso modo.»
«Trovi?- disse Ranma, con un sorrisetto- Ti stupiresti nel sapere quante cose abbiamo in comune.»
«Beh, spero che ci divertiremo.» disse Shinji, sorridendo.
«Lo spero anch’io, Shinji.- disse Ranma- Vedrò di non colpirti in faccia, almeno Hikaru non avrà da ridire.»
Shinji arrossì.
«Ranko ti ha detto di Hikaru?- borbottò- Che linguaccia…»
Ranma rise e dopo un momento sorrise anche Shinji.
«Comunque, io non sarei così sicuro, fosse in te.- disse il più piccolo dei fratelli Mario- Già una volta ti ho battuto.»
«Ma allora non sapevo con cosa avevo a che fare.- disse Ranma, prendendo posizione- Ora hai davanti a te un uomo completamente diverso, Shinji.»
«Beh, sarà interessante vedere il frutto del tuo allenamento.- disse Shinji, preparandosi a sua volta- Sappi che non mi risparmierò, Ranma.»
«Non vorrei che tu lo facessi.» sogghignò Ranma, concentrandosi. Finalmente era arrivato il momento di mettere a frutto il mese di allenamento.
«Molto bene. Cominciamo!»  esclamò Shinji, portando avanti la mano destra. Ranma rimase fermo dov’era, senza accennare a una reazione. Voleva essere del tutto certo che il suo Kamen no Ken funzionasse a meraviglia fin dal primo colpo. Shinji non capì questo suo atteggiamento, ma decise di non stare a ragionarci sopra. Come aveva già detto, non si sarebbe risparmiato. Quello era un combattimento tra uomini.
«Kami no Te no Ken!» esclamò, torcendo la mano e chiudendo le dita a pugno. L’unica reazione di Ranma fu un lieve sbattere di palpebre, dopodiché il giovane col codino portò avanti le mani a sua volta ed esclamò: «Moko Takabisha!» Una violenta sfera di energia interna colpì Shinji al petto, mandandolo lungo disteso a terra.
«Ugh…ma che diavolo…» disse Shinji, alzandosi faticosamente sui gomiti.
«Ti arrendi Shinji?» chiese Ranma, a braccia conserte.
«Kami no Te no Ken!» gridò ancora Shinji, facendo un ultimo tentativo. Ranma corrugò appena la fronte, nient’altro.
«Ranma…hai imparato il Kamen no Ken?! E’ l’unica tecnica al mondo in grado di contrastare quella della mia famiglia!» chiese Shinji, sbalordito. Ranma fece un sorrisetto e Shinji si scagliò su di lui, i pugni chiusi. Ranma ebbe la conferma che cercava: tolto il colpo micidiale della Kami no Te no Ken, i fratelli Mario erano molto più lenti dello standard a cui lui era abituato. Non ebbe alcuna difficoltà a schivare il colpo di Shinji. Girò su se stesso, caricando la gamba, e colpì il ragazzo alla schiena, mandandolo lungo disteso. Shinji, dopo un istante di sbalordimento, fece per alzarsi ma poi si accasciò di nuovo a terra, ridendo e tossendo.
«Sei grande, Ranma.- sghignazzò, voltandosi sulla schiena e chiudendo gli occhi- Tolta la Kami no Te, non ho più niente da opporti. Mi arrendo, amico mio.»
«Mi fa piacere saperlo, Shinji. Non mi andava di malmenarti troppo.» disse Ranma, offrendo una mano a Shinji, che si alzò a sedere.
«Non male questa tecnica con l’energia interna.» borbottò, avvertendo fitte dappertutto.
«E’ una delle mie specialità. Anche Ryoga e Mousse, però, hanno delle cosette in serbo. A quest’ora dovrebbero aver già concluso.» disse Ranma, stiracchiandosi. Non sembrava, ma parare due volte di seguito la Kami no Te lo aveva stancato non poco. Shinji aveva molta forza di volontà, sotto la facciata allegra e scherzosa.
«E così, le tue sorelle sono libere.- disse Shinji, sospirando, attirando di nuovo la sua attenzione- Mi fa piacere per loro.»
«Ah già! Riguardo a questo, Shinji…» disse Ranma, avvicinandosi alla fontanella.
«Mh?» chiese Shinji, seguendo i movimenti del ragazzo col codino. I suoi occhi si allargarono a dismisura quando Ranma si spruzzò con dell’acqua fredda e al suo posto comparve Ranko. «Ra…Ranma?» balbettò Shinji.
«Credo sia meglio tu lo sappia, Shinji.- disse Ranma, asciugandosi la faccia- Io e Ranko siamo la stessa persona. E se lo vuoi sapere, non ho sorelle e non mi chiamo nemmeno Tendo.»
«Cosa?- chiese Shinji, attonito- Io…Ranma, non ci capisco più niente!»
Ranma sorrise.
«In breve, io e gli altri due ragazzi che hai visto siamo stati bagnati dall’acqua di una fonte maledetta e per questo a contatto con l’acqua fredda ci trasformiamo in donne.- spiegò Ranma, sospirando e incrociando le braccia sul petto prosperoso- Il mio vero nome è Ranma Saotome e quell’idiota di mio padre ha promesso al vostro le tre figlie del suo migliore amico. Una di queste l’hai conosciuta.»
«La ragazza coi capelli corti?» disse Shinji, ancora scosso.
«Akane, esatto.- ammise Ranma- Che, tra l’altro, è la mia fidanzata.»
Shinji appuntò lo sguardo su Ranma, quindi cominciò a ridere.
«Oh, santo cielo! Che casino!- disse, tra le risa- Ti sei sostituito alla tua fidanzata per paura che la portassimo via?!»
«E’ esatto.- ammise Ranma, con un sorrisetto, stringendosi nelle spalle- Senza contare che avevo tutta l’intenzione di sfidarvi di nuovo. Allora? Che mi dici?»
Shinji scosse la testa, ridacchiando.
«Beh, Ranma, o Ranko che tu sia, sono contento che tu mi abbia dato abbastanza fiducia da raccontarmi questa storia.» disse, allungando una mano verso Ranma, che lo tirò in piedi.
«Mi sembri un tipo in gamba, Shinji.- disse Ranma, sogghignando- Amicizie così non vanno buttate via, se possibile, e ho già i miei guai a gestire le mie due identità senza dover fingere di essere l’uno o l’altra a seconda della persona con cui sto parlando.»
Shinji sorrise, quindi parve riflettere.
«Senti, Ranma, ma non mi hai appena detto che non hai sorelle?» chiese, titubante. Ranma annuì.
«Infatti sono figlio unico.» disse.
«Ma allora i due ragazzi che erano con te…» sbottò Shinji, allarmato.
«Sono Ryoko e Minako nella loro vera forma.» ammise Ranma, annuendo con aria cupa.
«Ed Eikichi…e Tsukasa…- balbettò Shinji, mentre la sua voce iniziava a tremare per una tremenda risata trattenuta- Per tutte queste settimane…hanno…»
«Corteggiato due uomini.» finì per lui Ranma.
Shinji scoppiò a ridere a gran voce, appoggiandosi a una spalla di Ranma per mantenere l’equilibrio, mentre anche Ranma, trascinato, iniziava a ridere a sua volta.

***

«Sei finito!» esclamò Eikichi, chiudendo il pugno e torcendo la mano. Ryoga imprecò tra sé, ormai preda della Kami no Te.
«Ryoga-san!» gridò Akari, sulla porta.
Ryoga digrignò i denti per il dolore, mentre la sua schiena si arcuava all’indietro e le braccia gli si torcevano in modo innaturale.
«Allora, che mi dici, bamboccio?- ansimò Eikichi, alzandosi a sedere con fatica sempre tenendo il pugno teso di fronte a sé- Non sei più così sicuro di te, adesso, vero?»
“Maledizione!- pensò Ryoga, chiudendo gli occhi con una smorfia, mentre il sudore gli scivolava, freddo, sulla pelle- La vista di Akari mi ha distratto!”
«Sarei stato più clemente, se non mi avessi dato tanto filo da torcere.- disse Eikichi, che ancora faticava a rimettersi in piedi- Ora, però, ti assicuro che una lunga permanenza in ospedale non te la toglierà nessuno.»
“E’ quello che mi merito. Già, è così.” pensò Ryoga, affranto. Eikichi torse di nuovo il pugno e le gambe di Ryoga cedettero per il troppo dolore, costringendolo sulle ginocchia. “Sono un dannato fallito.- pensò Ryoga- Dovrei lasciarlo fare. Non mi merito nulla di meglio. Non voglio vivere, se non posso più vedere la luce che splendeva negli occhi di Akari quando pronunciava il mio nome.”
Al solo pensiero di essere odiato da Akari, sentiva di voler morire. Il dolore che gli stava procurando Eikichi era nulla al confronto di ciò che aveva provato la sera prima. Akari stava assistendo alla sua sconfitta. Stava facendo la figura dell’uomo debole davanti a lei, che già aveva sufficienti motivi per odiarlo. E ancora non aveva nemmeno potuto spiegarsi con lei, farle capire che non intendeva ingannarla! No. Non poteva soccombere prima di essersi chiarito con lei!
Eikichi avvertì che qualcosa nella sua vittima stava cambiando. Il viso del ragazzo con la bandana era quasi assente, nonostante la tortura che stava subendo fosse certamente dolorosa. In più, la sua aura combattiva stava diventando sempre più pesante.
«E’ ora di farla finita.» mormorò, preparandosi a dargli il colpo di grazia.
«Mi dispiace per te, Eikichi.- disse Ryoga, con voce del tutto priva di vita, guardando il cielo- Purtroppo, ti è capitato come avversario un ragazzo davvero, davvero sfortunato.»
«Che vai blaterando?» chiese Eikichi, turbato da quella mancanza d’espressione. Non riuscì nemmeno a finire la frase. Dal corpo di Ryoga partì verso l’alto una possente colonna di energia.
«Ma cosa…» gridò Eikichi, prima che l’energia invertisse il suo corpo e crollasse con tutta la sua potenza sopra lo sventurato giovane, che crollò al suolo e lì rimase, privo di sensi, interrato per circa quattro centimetri nel suolo del viale d’ingresso.
«Shishi-Hoko-Dan, Eikichi, al tuo servizio.» borbottò Ryoga, libero dalla costrizione della Kami no Te, scrocchiando le ossa doloranti. Alzò lo sguardo sulla porta. Akari era ancora là. Ryoga si alzò in piedi con calma, quindi guardò la ragazza con occhi colmi di tristezza. «Akari-chan…- mormorò, schiarendosi la voce fattasi debole- Io ho concluso ciò per cui ero venuto qui.»
Akari non rispose e Ryoga abbassò lo sguardo sui propri piedi, stringendo i pugni.
«Io non ho mai voluto ingannarti, Akari-chan.- disse Ryoga, tra i denti- Io e Ryoko siamo la stessa persona, è vero, ma ti assicuro che questa trasformazione non è stata fatta allo scopo di ingannarti! A causa del maestro di Ranma ora mi trasformo in questo modo miserabile.» Serrò le palpebre, ricacciando indietro le lacrime.
«Ryoga-san…» mormorò Akari, venendo avanti di un passo.
«No, Akari-chan, fammi finire!- la interruppe lui, con impeto- Ho attuato questa farsa solo per salvare Akane e le sue sorelle, te lo giuro! Quando ho saputo che tu eri cugina dei Mario, io…non sapevo più che fare! Ormai avevo dato la mia parola e per questo non sono fuggito, ma ti assicuro che tutto volevo fare, tranne che ferirti!»
«Ryoga-san…» accennò ancora a parlare Akari, venendo avanti di un altro passo.
«Io ti voglio bene, Akari-chan!» esclamò Ryoga, con le lacrime agli occhi, guardando dritta in viso Akari, che si fermò, a bocca aperta. Ryoga si asciugò le lacrime con un gesto secco. «Ma capisco che ora tu mi odi.- disse, amaro- Non preoccuparti. Partirò per un viaggio e seppellirò i miei sentimenti. Non ti darò più fastidio, Akari-chan. Dimentica questo povero stupido.»
«Ryoga-san?!» esclamò Akari, quando Ryoga le voltò le spalle e si mise a correre.
«Addio, Akari.» singhiozzò, allontanandosi.
«Ryoga-san!» gridò Akari, correndogli dietro.
In quel momento, Ranma e Shinji da un lato, Mousse dalla casa, e il gruppetto di Akane, Obaba e Shan Pu dal bosco, giunsero nei pressi del viale, attirati dallo Shishi-Hoko-Dan di qualche minuto prima.
«Ma che succede?!» chiese Ranma, vedendosi sfrecciare di fianco un Ryoga in lacrime. «Ehi, Ryoga! Dove corri?» gridò.
«Aspetti, Ryoga-san!!» gridò ancora Akari, cercando di star dietro al giovane con la bandana senza troppo successo. Shinji la prese per un soffio mentre inciampava, mentre gli altri si avvicinavano per capire cosa fosse successo. Ryoga scomparve nel folto.
«Akari, che succede?» chiese Shinji, perplesso.
«Oh, cugino! Ryoga-san non ha capito!- disse Akari, sull’orlo delle lacrime, aggrappandosi al suo giaccone- Crede che io lo odi, ma questo non è vero!»
«Allora non ce l’hai con lui, Akari-chan?» chiese Akane, preoccupata, avvicinandosi di corsa. Akari scosse il capo.
«No, lo giuro! Sono rimasta solo sorpresa nel sapere che Ryoko-san e Ryoga-san sono la stessa persona.- singhiozzò Akari- E ora lui se n’è andato…ho paura che non lo rivedrò mai più!»
«Non preoccuparti, Akari.- disse Ranma, serafico- Prima o poi ce lo ritroveremo in casa e quando accadrà glielo diremo noi, a quel maiale frettoloso, che non gli porti rancore.»
«Quanto la fai facile, tu, Ranma.- lo rimproverò Akane, abbracciando Akari- Sai che Ryoga penserà subito che tu gli stia mentendo.»
«Vorrà dire che chiameremo Akari non appena si ripresenterà a Nerima.» disse Ranma.
«Che ne dici, invece, di venire a casa mia da subito, Akari-chan?- disse Akane, sorridendo alla ragazza- In questo modo, sarai già lì quando Ryoga tornerà.»
«Akane-san, sei così buona…» mormorò Akari, annuendo con timidezza e tirando su col naso.
«Non ho capito molto, ma credo che presto io e ‘Ryoko’ potremmo diventare parenti.» disse Shinji, scambiando un’occhiata con Ranma, che sorrise e si guardò attorno.
«Abbiamo finito qui, o è una mia impressione?» chiese, notando Eikichi ancora svenuto a faccia in giù sul selciato.
«E’ esatto, Saotome.- disse Mousse, che era tornato in forma maschile- Tsukasa sta facendo un risposino in palestra. Tu, piuttosto?»
«C’è da chiederlo?» disse Ranma, acido, facendoli ridere.
«Ho perso, lo ammetto.» disse Shinji, sorridendo. Ranma guardò Obaba, che annuì.
«I nostri bagagli sono fatti, futuro marito.» disse. Ranma batté le mani.
«Coraggio, dunque.- disse, con un sorriso, guardando Akane, che gli sorrise a sua volta- Direi che è arrivato il momento di tornare a casa.»

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Capitolo 14
*** 14- Arrendersi? Mai! ***


Author's note: Dove si è cacciato Ryoga? Finisce tutto qui??? Ultimo capitolo! ^___^

Ryoga era stanco. Stanco e depresso oltre ogni limite. Accasciato su una panchina, con la testa fra le mani e i gomiti sulle ginocchia, torturava se stesso rivivendo gli istanti in cui aveva detto addio ad Akari e quelli in cui la sua eterna sfortuna aveva fatto sì che la ragazza scoprisse la sua doppia identità. Sospirò, asciugandosi gli occhi ancora umidi senza farsi vedere dalla folla che gli camminava attorno.
Il suo cuore era straziato, ma aveva agito in modo corretto. Preferiva essere lui a dirle addio, piuttosto che sentire quelle parole uscire dalla bocca di lei. Aveva corso tutta la mattina e metà del pomeriggio inoltrandosi nella foresta, verso nord, e a quel punto doveva essere arrivato ben all’interno di Hokkaido! Voleva allontanarsi da Akari il più possibile e se questo significava andare a finire in Russia, che fosse!
“Mi rifarò una nuova vita lontano da qui.- pensò- Akane è perduta. Akari mi odia. Che senso ha vivere ancora in questo Giappone?” 
Era capitato in quel paesino e vi si era fermato per la notte. Ormai il sole stava calando e lui non aveva dietro nemmeno il suo zaino, che aveva lasciato a casa dei Mario.
“Geniale, Ryoga Hibiki. Geniale come al solito.” si disse, amaro. Si era infilato in quella stazione e aveva occupato una panchina. Quando i treni avrebbero smesso di viaggiare, lui avrebbe avuto un posto silenzioso e coperto dove dormire, almeno per quella notte.
«Ryoga?»
“Che strano.- pensò Ryoga, distratto- Qualcuno con la voce di Ranma che chiama una persona che ha il mio stesso nome.”
«Ehi, Ryoga!» esclamò quel qualcuno, più vicino, facendosi sentire oltre il chiasso della folla e dei treni in partenza.
«Ranma?» mormorò Ryoga, stupefatto, alzando lo sguardo. Vide il ragazzo col codino farsi largo tra la folla per raggiungerlo.
«Ehi, Ryoga! Chi l’avrebbe mai detto che ti avremmo ritrovato così presto?» scherzò Ranma, avvicinandosi.
«Ranma! Perché siete venuti a cercarmi?!- sbottò Ryoga, alzandosi in piedi di scatto- Voglio stare solo, vedi di…»
«E chi ti stava cercando?» disse Ranma, sollevando un sopracciglio. Dalla folla spuntarono anche Obaba, Mousse e Shan Pu.
«Oh Ryoga! Come mai qui?» chiese la cinesina.
«Ryoga, che razza di idiota che sei. Non potevamo venire qua tutti insieme?» disse Mousse, sprezzante, lanciando a Ryoga il suo zaino.
«Ma…ma voi che ci fate così a nord?» balbettò Ryoga, osservando il gruppetto.
«A nord?» disse Shan Pu, perplessa.
«Guarda che siamo a Shizunai, idiota.- disse Ranma, dandogli un pugno sulla testa- Siamo venuti a prendere il treno. Mi sembrava troppo strano che tu ci fossi arrivato di tua spontanea volontà.»
«A Shizunai?!» sbottò Ryoga, stupito, poi sospirò. Maledetto il suo senso dell’orientamento… «Beh,- borbottò, mettendosi lo zaino in spalla- A questo punto penso che tornerò a casa con voi.»
«Ecco, bravo.» dissero tutti in coro, annuendo.
«Ma Akane dov’è?» chiese Ryoga.
«Sta arrivando.- disse Ranma, con un guizzo negli occhi che a Ryoga non piacque per niente- Dovrebbe…oh, eccola.»
Dalla folla spuntò un quartetto armato di sacchetti pieni tayaki caldi. Akane guidava il gruppo e ora che l’aveva visto faceva grandi cenni di saluto. Dietro di lei venivano Shinji e la sua nuova ragazza, che con tutta evidenza avevano accompagnato il gruppo alla stazione. E dietro di loro…
«Ryoga-san!» gridò Akari, sbucando da dietro Shinji e mettendosi a correre verso di lui, lasciando cadere a terra il suo sacchetto di tayaki.
Ryoga non stette nemmeno a pensare. Si voltò e cominciò a correre. O meglio, queste furono le sue intenzioni, non fosse stato per Ranma, che lo afferrò per il colletto e lo trattenne.
«Lasciami andare, idiota!» esclamò Ryoga, in preda al panico, cercando di sferrare un pugno a Ranma.
«Non fare lo stupido, Ryoga!- disse Ranma, schivando il colpo con noncuranza- Piantala di scappare e sturati le orecchie.»
«Dannato…tu…me la pagherai!» ringhiò Ryoga, in preda al panico, prima che Akari gli si gettasse addosso, abbracciandolo stretto e facendolo diventare una statua di pietra.
«Ryoga-san!!!» singhiozzò Akari, affondando il viso nel petto di Ryoga.
«A…Akari?!» balbettò Ryoga. In quel momento non era nemmeno conscio degli sguardi di tutta la combriccola. Il suo cervello non riusciva ad assimilare il fatto che Akari lo stesse abbracciando. Il suo cuore batteva a un ritmo impazzito mentre guardava quella testolina così adorabile, quel corpo tremante. Non lo odiava?
«Ryoga-san, perché è andato via senza ascoltarmi?- disse Akari, alzando lo sguardo per incontrare quello di Ryoga- Quello che ha detto non è vero! Non è vero assolutamente!»
«Eh?» chiese Ryoga, che in quella posizione faticava a pensare con coerenza. Doveva staccarsi da lei! Staccarsi assolutamente!!! Le decisioni che aveva preso non avrebbero retto a lungo sotto l’attacco di quegli occhi così dolci!
«Io non la odio affatto, Ryoga-san!» esclamò Akari, con impeto, facendolo sobbalzare.
Sotto gli occhi di tutti, timidi fiorellini di primavera iniziarono a sbocciare attorno alla figura di Ryoga, ma una forza oscura proveniente dal ragazzo stesso provvide subito a farli seccare.
«Eh…ti ringrazio, Akari.» disse Ryoga, sorridendo di autocommiserazione e allontanando la ragazza da sé. Fece un passo indietro.  «Sei una ragazza gentile, Akari-chan, e qualunque ragazzo sarà felice di starti accanto.- disse, voltandole di nuovo le spalle- So che ti sei sentita dispiaciuta perché mi hai visto fuggire a quel modo. E so che vorresti consolarmi. Ma…»
Akari scosse la testa, inondandosi il viso di capelli.
«Non è pietà!- gridò, con quanto fiato aveva in gola- Io la amo sempre, Ryoga-san!»
Il grido fece voltare quasi tutti i presenti sul binario e lasciò il gruppetto di amici a bocca aperta.
«Che coraggio…una dichiarazione in piena regola!» disse Ranma, ammirato.
«E davanti a tutti, poi.» disse Akane, imbarazzata, notando che parecchia gente iniziava a interessarsi alla scenetta in corso. Ryoga sembrò l’unico a non avere nessuna reazione a quella dichiarazione d’amore. Rimase dov’era, rigido e immobile, per alcuni interminabili istanti. Quindi, con estrema cautela, si voltò. Il suo viso esprimeva gioia…e paura di aver preso un’altra cantonata.
«Non…non mi odi, Akari-chan?» chiese Ryoga, avvicinandosi a lei centimetro per centimetro. Akari scosse violentemente il capo.
«Non potrei mai, Ryoga-san.- disse, con occhi luccicanti per le lacrime e l’intenso sentimento che provava- Sono solo rimasta sorpresa per la sua nuova trasformazione. A ben pensarci, trovo meraviglioso che l’uomo che amo sia anche la mia migliore amica! Cosa potrei desiderare di meglio?!»
Ryoga distolse un attimo lo sguardo, commosso, mentre nel suo cuore tornava a splendere il sole caldo della primavera.
«Ma Akari dice sul serio?» chiese Ranma, perplesso.
«Credo di sì.» disse Akane, incerta se essere felice per i due o piuttosto sconcertata.
«Se va bene a lei…» disse Shan Pu, lanciando un’occhiata a Mousse e voltando poi risolutamente il capo da un’altra parte.
«Akari-chan, allora mi vuoi ancora bene?» chiese Ryoga, afferrando le mani della ragazza.
«Ma certo, Ryoga-san, con tutto il cuore!» gli assicurò Akari, guardandolo con occhi intensi.
«Oh, Akari!» esclamò Ryoga, abbracciando la ragazza e vincendo la propria timidezza.
«Ryoga-san!» disse Akari a sua volta, ricambiando l’abbraccio.
Ryoga era in estasi. Per la prima volta nella sua vita, amava ed era ricambiato. Le fragili braccia di Akari che cingevano la sua schiena glielo testimoniavano. Gli sembrava di sentire mille campane suonare a festa…
«Ehm…»
La voce di Ranma si fece strada nella nebbia dorata dei pensieri di Ryoga, facendolo tornare sulla terra.
«Ranma, che vuoi?» chiese Ryoga, rabbioso per essere stato interrotto. Ranma lo guardò con le palpebre a mezz’asta.
«Non vorrei disturbarvi, ma il treno sta per partire.- disse il ragazzo, indicando il binario- Senza contare che state dando spettacolo.»
Ryoga alzò la testa di scatto e Akari si voltò. I due si accorsero che metà della folla sul binario stava seguendo la scenetta tra i due nuovi innamorati con grande interesse.
«C…che avete da guardare, voi?» sbottò Ryoga, arrossendo fino alla radice dei capelli, più rigido di un pupazzo meccanico. Con un gridolino d’imbarazzo, Akari si coprì il volto con le mani.
«Beh, sono contenta che questa storia abbia portato bene almeno al povero Ryoga.» disse Akane, sorridente.
«Già.» disse Ranma, rispondendo al suo sorriso e passandole un braccio sopra le spalle. Per quanto lo riguardava, poteva dire che quella trasferta aveva portato qualcosa di buono anche a lui.
Due minuti dopo, erano tutti sul treno, sporti dal finestrino per salutare Shinji e Hikaru.
«Statemi bene, ragazzi.» disse Ranma, stringendo la mano a Shinji.
«Ranma, ringrazia Ranko per il suo interessamento.» disse Hikaru. Ranma fece una risatina e annuì, mentre Shinji si tratteneva dallo scoppiare a ridere.
«Verremo a trovarvi, non appena le acque si calmeranno.» promise Shinji.
«Basta che non ti porti dietro quei due fedifraghi dei tuoi fratelli.» disse Mousse, minaccioso. Le porte del treno si chiusero.
«Fate buon viaggio!» gridarono all’unisono Shinji ed Hikaru, mentre il treno si allontanava.
«Ehi, Shinji!- gridò Ryoga, sporgendosi d’improvviso e scavalcando il povero Ranma- Non preoccuparti per Akari! Penserò io a lei!»
«Mi fido di te, Ryoko!» gridò in risposta Shinji, ridendo.
«Mi chiamo Ryoga!!» esclamò il ragazzo con la bandana, sempre più lontano, mentre il treno lasciava definitivamente la stazione di Shizunai.

***

«Siamo tornati!» gridò Akane, con voce squillante, mentre si toglieva le scarpe nell’ingresso. Non giunse alcuna risposta, ma dal salotto si udivano numerose voci che ridevano e parlavano.
«Ma non si può mai stare tranquilli, in questa casa?» borbottò Ranma, scalciando via le scarpe ed entrando con aria cupa.
«Ma dai, Ranma! Non fare il musone.» lo rimproverò Akane, seguendolo.
«Siamo tornati.» ripeté Ranma, svogliato, aprendo la porta scorrevole del salotto.
«Oh, Akane, Ranma! Bentornati!- disse Kasumi, che in quel momento stava servendo il tè a suo padre- Com’è andata a scuola, oggi? Volete fare merenda?»
Ranma sospirò, depresso, nel notare la folla che occupava la stanza, mentre Akane gli scivolava a fianco e rispondeva alla sorella maggiore anche per lui.
Soun Tendo e un grosso panda obeso stavano giocando in un angolo, intenti a sorbire tè che Kasumi continuava a fornire loro. Nabiki, sdraiata davanti alla televisione a tutto volume, seguiva degli esercizi ginnici mangiando patatine. La madre di Ranma stava offrendo a tutti dei dolcetti appena fatti, cercando di ignorare il vecchio Happosai che la tampinava per averne per primo. Ryoga e Akari erano ‘nel mondo di loro due’, cioè in uno stato di semi-estasi che perdurava da quando, una settimana prima, erano tornati da Shizunai. In quel momento erano seduti accanto alla porta che dava sulla veranda intenti a guardarsi negli occhi. Sembrava che i due non avessero intenzione di schiodarsi presto da casa Tendo. Come se non bastasse, in quel momento erano presenti anche Shan Pu, Mousse, Ukyo e Konatsu, che con tutta evidenza avevano deciso di far loro visita.
«Oh, Ran-chan!» lo salutò Ukyo, contenta di vederlo.
«Ranma, ma quanto tempo ti porta via la scuola?- lo sgridò Mousse, seccato- Sai quant’è che ti aspetto?»
«Mousse! Non parlare in quel modo al mio ai len!» disse Shan Pu, fulminando il ragazzo con gli occhiali.
«Santo cielo, che chiasso…» mormorò Ranma, portandosi una mano alla fronte con aria disperata.
«Dai, vieni a sederti, Ranma.» lo incitò Akane, impietosita.
«No, non sederti subito, Saotome.- disse Mousse, alzandosi in piedi- Vieni anche tu, Ryoga! Voglio telefonare a Kagome!»
«E devi per forza usare il mio telefono, Mousse?!» commentò Akane, con le mani sui fianchi.
«Oh, volete sentire come sta la signorina Kagome?» chiese Konatsu, sorridente.
«Voglio che mi riporti alla Fonte, stupido. Quello che mi è capitato coi Mario mi ha messo addosso ancora più fretta di tornare normale.- disse Mousse, afferrando Ryoga per il colletto e alzandolo a forza da terra- Forza, Saotome, che aspetti?»
«E se li colpissi tutti e li riducessi all’incoscienza?» borbottò Ranma, spintonato da Mousse in corridoio.
«Abbi pazienza e fagli questo favore.- disse Akane, scuotendo il capo- Almeno dopo potrai riposarti.»
«Tanto non ci sarà di sicuro.» sospirò Ranma, fermandosi davanti al telefono con una piccola folla chiassosa intorno. «Silenzio! Sto telefonando!» sbraitò, ottenendo finalmente un po’ di pace.
Borbottando fra sé, con addosso gli sguardi pieni di aspettativa di tutti i combattenti della Sengoku Jidai più Akari, Ranma compose il numero del tempio Higurashi. Attese qualche istante, prima che dall’altra parte qualcuno rispondesse.
«Ah! Pronto?- disse- Qui è Ranma Saotome. Parlo col tempio…Kagome!!»
«E’ Kagome?!» esclamò Ryoga, sorpreso.
«Passamela!» ingiunse Mousse, ma Ranma lo spintonò all’indietro con una mano sulla faccia.
«Mi fa piacere sentirti.- continuò Ranma, allegro, mentre tutti si facevano più vicini- Qui? Qui…beh, è successo un piccolo disastro, ma…» Il sorriso di Ranma divenne all’improvviso meno esteso. «Eh? A Inuyasha?- chiese Ranma, con tono molto più serio, guadagnandosi le occhiate preoccupate di tutti- Ma sei sicura…non è niente di grave, spero!»
«Sembra sia successo qualcosa a Inuyasha.» mormorò Akane, preoccupata, tormentandosi le mani. Per un po’, Ranma non disse nulla, limitandosi ad ascoltare e annuire.
«Anche Sesshomaru?- chiese, con voce cupa- Capisco…Ma, Kagome…» Ranma non finì la frase, limitandosi nuovamente ad ascoltare. Il suo volto si fece via via più buio, aumentando la tensione nel gruppetto, che ora non faticava più a stare in silenzio. «Sì, capisco.- disse infine Ranma- Allora non ti trattengo, Kagome. Fammi sapere se…sì, certo. Salutami Anna e…e gli altri, ok? Da parte di tutti.» aggiunse, sentendosi tirare per una manica da Akane. «Va bene. Allora…sì…sì…ciao. Ciao.» disse, per poi mettere giù la cornetta.
«Ranma…» mormorò Akane.
«Ran-chan, cos’è successo?» chiese Ukyo.
«E’ successa una cosa a Inuyasha e Sesshomaru.» disse Ranma, con voce atona, guardando senza realmente vederlo il telefono che aveva davanti.
«Una cosa di che tipo, Ranma?!- sbottò Ryoga, preoccupato- Non tenerci sulle spine!»
«Sono feriti? Ci sono stati combattimenti?» chiese Shan Pu, pratica.
«Non proprio.- sospirò Ranma, voltandosi a guardarli- Kagome non è stata molto specifica. So solo che hanno avuto a che fare con un demone di qualche tipo e che adesso nemmeno Kagome e Anna riescono più ad avvicinarli. Non credo siano feriti o che altro, ma…»
«Ma cosa significa che non riescono ad avvicinarli?» chiese Mousse, perplesso.
«Non lo so.- ammise Ranma- Non le ho chiesto i particolari perché mi sembrava sul punto di mettersi a piangere.»
«Oh, Ranma…» mormorò Akane, con una mano sulla bocca.
«Mi ha detto che ci farà sapere qualcosa non appena ci saranno novità. Era a casa per prendere ciò che le poteva occorrere nella Sengoku Jidai.» continuò Ranma. Sospirò. «Mi dispiace, ma non ho avuto il coraggio di chiederle della Fonte. Non mi è sembrato il caso.»
«Hai fatto bene, Ranma.- disse Akane, convinta- Povera Kagome, chissà cos’è successo?»
«Coraggio! Inuyasha e suo fratello se la sanno cavare.- disse Shan Pu, a braccia conserte- Finché non rischiano la vita, niente di grave. Vedrete che presto sistemeranno ogni cosa.»
«Sarà così.- disse Ryoga, convinto- Anche Kagome e Anna-san sono in gamba. Risolveranno tutto.»
«Spero che sia così, Ryoga.- disse Ranma, annuendo- Non mi è piaciuto sentire quel tono di voce in Kago…»
«Minako!!!!!»
L’urlo fu di poco precedente allo schianto della porta d’ingresso che si apriva di colpo e li fece voltare tutti di scatto. Sul vano della porta, ansimante come per una corsa, stava Tsukasa Mario e dietro di lui spingeva per entrare Eikichi Mario.
«Tsukasa?! Eikichi?!- sbottò Ranma- Ma cosa ci fate qua?»
«Scusa, Ranma.- disse la voce di Shinji, seminascosto dietro i fratelli- Non sono riuscito a fermarli!»
«Minako!- esclamò ancora Tsukasa, puntando il dito contro Mousse, che fece un passo indietro, a disagio- Ti ho ritrovata!»
«Ma…ma che diavolo dici, deficiente?!» gridò Mousse, inviperito, lanciando occhiate preoccupate a Shan Pu mentre anche gli altri abitanti della casa si accalcavano nell’ingresso per capire cosa stesse succedendo.
«Ryoko! Tesoro, dove sei?- gridò intanto Eikichi, entrando con in mano un enorme mazzo di rose e guardandosi attorno- Sono il tuo Eikichi!»
«Ma stiamo impazzendo o cosa?» chiese Ryoga, nascondendosi dietro ad Akari.
«Minako, anche se ti travesti da uomo, sappi che io ti amo lo stesso!» gridò Tsukasa, mandando tutti a gambe all’aria.
«Che…non hai capito niente, imbecille!- sbottò Mousse- Io sono un uomo!»
«A tutto c’è rimedio.» sentenziò Tsukasa, facendo comparire un secchio dal nulla e infradiciando Mousse, Akari, e…Ryoga!
«Ryoko! Amore!» esclamò Eikichi, gioioso, abbracciando Ryoga che esplose in un urlo disgustato.
«Qui, fra le mie braccia, tesoro!» esclamò Tsukasa, correndo da Mousse, che fece dietro front e scappò su per le scale.
«Lasciami in pace, dannato maniaco!!!» gridò, inseguito da Tsukasa.
«Non so perché…- disse tra i denti Shan Pu, stringendo il pugno- ma mi fa arrabbiare!!» Con questo grido, partì anche lei all’inseguimento di Mousse e Tsukasa, lasciando basiti Ranma e Akane.
«Forse è meglio che vada ad evitare una strage.» disse Shinji, scomparendo a sua volta su per le scale, mentre Eikichi veniva ridotto sulle ginocchia da Ryoga, che lo bersagliava di pugni in testa, e Akari cercava di staccare il cugino dal suo fidanzato.
«Riusciremo mai a condurre una vita normale, Akane?» chiese Ranma, basito, osservando il macello che si andava consumando sotto i suoi occhi.
«Non credo, Ranma.» disse Akane, non meno stralunata di lui. Ranma la guardò e le sue labbra si piegarono in un sorrisetto.
«Che ne dici?- le mormorò in un orecchio- Scappiamo, per questa volta?»
Akane sorrise e annuì, con una luce furba negli occhi. Avevano tutta una vita di scene come quella, davanti. Forse era ora di prendersi una pausa. Stringendo l’uno la mano dell’altra, Ranma e Akane si defilarono e uscirono di nuovo, correndo e ridendo forte, nella fredda sera di fine autunno.

FINE


Author's note (2, la Vendetta XD) : E con questo, la mia piccola fic su Ranma è finita! Grazie mille a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggerla e un grazie al quadrato a chi l'ha anche commentata! La mia sortita nel mondo di Ranma per il momento è conclusa, ma ho qualche ideuzza in mente per una nuova fic che prenda il via dalla fine del manga. Nel frattempo vi invito a leggere il seguito di Cuore di Demone intitolato Gli Echi della Memoria (prometto lacrime), in cui potrete assistere alla versione completa della telefonata a Kagome, e, per chi fosse curioso, a dare un'occhiata alla saga su Dragonlance che sto postando!
Siete tutti stupendi!!!!

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