Muri di stelle

di ClaireTheSnitch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lampade ***
Capitolo 2: *** Magie e bacchette ***
Capitolo 3: *** Diversità ***



Capitolo 1
*** Lampade ***


1

Lampade

 

Orion agitò la bacchetta e accese una vecchia lampada a olio.
Un elfo domestico di nome Kreacher era impegnato a chiudere accuratamente le pesanti tende di velluto; quando ebbe finito, si allontanò con passo felpato e si richiuse la porta alle spalle.
-Walburga.- esordì Orion, prendendo posto a tavola.
La donna chiamata Walburga non rispose subito, troppo impegnata a sorreggere un bambino assopito sul suo seno. Lo posò con delicatezza in una culla dall’aria antica e si voltò verso quello che doveva essere suo marito.
-Sirius si è addormentato da pochi minuti.- sussurrò, posando le mani di porcellana sulle spalle di Orion e stringendole leggermente. Aveva lunghi capelli mossi, fermati dietro la nuca da un fermaglio scintillante, e il suo corpo sottile era fasciato da una veste piuttosto signorile che brillava alla luce della lampada.
Né lei, né suo marito erano più giovanissimi, ma entrambi conservavano una fierezza e un orgoglio innati che scintillavano costantemente nei loro occhi, come un fuoco eterno. I loro lineamenti fermi, quasi scolpiti, diffondevano tutt’attorno un’aura di totale invulnerabilità, di cui nessuno dubitava ma di cui molti desideravano la disfatta.
-Siediti e mangia qualcosa, Walburga.- proseguì Orion, facendo stridere le posate contro il piatto.
Walburga obbedì e prese qualche boccone di ciò che era stato accuratamente preparato per lei.
Le sue labbra si muovevano con lentezza, mentre Orion parlava a bassa voce della visita resa a suo fratello quel pomeriggio: le bambine, sue nipoti, erano molto piccole, ma già disciplinate e dignitose.
Con uno scatto improvviso e un atteggiamento che denotava poca o nessuna attenzione alle parole di lode dell’uomo, Walburga allontanò il piatto e strinse le labbra, infastidita.
-Non ti senti bene?- domandò Orion, sollevando lo sguardo verso la moglie.
-No.- rispose lei, dolcemente. -Sto meglio di quanto sembri, Orion.
La luce della lampada ad olio si affievolì per un istante, prima di ritornare più vivace di prima.
Le dita di Walburga sfioravano distrattamente le perle che portava ai lobi.
-Sono incinta.

 

 

Sirius muoveva i suoi primi passi e aprile volgeva al termine, quando Regulus Arcturus Black venne al mondo, già carico del pesante fardello di un cognome così illustre, e di un nome che rievocava le profondità del cielo; stranamente silenzioso, compì il suo primo respiro senza piangere né strillare.
-È un bambino tranquillo.- sentenziò Orion, rivolgendosi a Kreacher.
-Assolutamente, signore.- rispose lui. S’inchinò brevemente e proseguì: -Kreacher è contento, signore… Kreacher è felice che ci sia un nuovo padroncino a cui offrire i suoi servigi.-
-Molto bene, Kreacher. Sono sicuro che mio figlio potrà contare sul tuo aiuto.
-Il padrone vuole che Kreacher faccia qualcosa?
-No. Come sta mia moglie?
L’elfo domestico strinse la federa con cui era vestito. -La signora sta bene, padrone.-
-Ottimo, Kreacher. Ottimo.- Orion si allungò sulla poltrona e accese la lampada. -Portami del vino elfico. Festeggio un nuovo Black, che ci porterà onore.

 

 

 

 

 
 

 

 
Non ci crederete, forse, ma sono emozionatissima per questa nuova long-fiction.

Ho scritto molte altre storie su Regulus, ma questa è la prima che non sia totalmente introspettiva e che parli di lui fin dalla nascita.

Spero davvero che sia una buona idea e che possa piacere, perché ho notato che molto spesso le storie che hanno Lui come protagonista non riscuotono molto successo.

Nessuno (o quasi **) lo venera abbastanza, probabilmente. u.u

Come primo capitolo è piuttosto corto, ma andando avanti diventeranno più lunghi (mi fermerò, prima o poi, non preoccupatevi).

 

Ho immaginato che Regulus sia nato alla fine di aprile perché, in quel periodo, la costellazione di Arturo è più visibile ad occhio nudo (a proposito, lo sapevate che è una delle stelle più luminose e veloci?).

 

Come al solito, vi supplico di lasciare una recensione.

*occhi dolci da cagnolino*

 

Al prossimo capitolo, se il primo andrà bene!

 

Chiara

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Capitolo 2
*** Magie e bacchette ***


2
Magie e bacchette

 
 

Anno 1962
Londra, Grimmauld Place numero 12
 

 

 
-Bella, voglio tenerlo anch’io in braccio!
-No. Abbiamo deciso di fare a turno, Cissy.- sbottò una ragazzina dai lunghi capelli castani, sollevando le sopracciglia e stringendo un bambino in lacrime.
-Ma sta piangendo! Non vuole stare con te!
Una donna, che fino ad un attimo prima stava sorridendo amabilmente a Walburga, si voltò con espressione corrucciata e tuonò: -Narcissa. Lascia stare tua sorella.
Quel rimprovero rimbombò nella stanza e Cissy si morse un labbro per non replicare; mise il broncio e prese a giocherellare con i suoi capelli biondi, prima di essere interrotta da Andromeda.
-Cissy...- esordì lei, sorridendo conciliante. -Perché non giochiamo con Regulus?
-Perché no!- esclamò l’altra bambina, mentre la vista le si offuscava a causa delle lacrime imminenti.
Bellatrix si avvicinò alle sorelle tenendo per mano Sirius, che le strattonava il braccio nel convulso tentativo di staccarsene. Aveva l’aria un po’ stropicciata dei bambini che hanno ricevuto coccole indesiderate.
-Reg sta imparando a camminare.- sussurrò Andromeda, accovacciandosi a qualche metro dall’altro cugino e allargando le braccia, pronta ad accoglierlo nel caso fosse caduto.
Ma Regulus sembrava totalmente disinteressato ad Andromeda; o almeno, pareva completamente assorbito dal compito di mantenere ben dritte le proprie gambe.
Barcollò, si protese verso la parete a denti stretti, appoggiandovi le mani.
Era una parete morbida.
Una bella parete, ricoperta da un antico arazzo.
-Regulus!
Lui si voltò verso sua madre, che gli correva incontro facendo ticchettare le scarpe lucenti sul pavimento. -Regulus, l’arazzo-non-si-tocca.
Lo prese in braccio e lo portò più lontano, dove poté ricominciare a fare i suoi tentativi, ma non gl’interessava più.
Fissava il muro.
Regulus, l’arazzo-non-si-tocca.
Si sollevò distrattamente in piedi, cadde e pianse.
Pianse con tutto il fiato che aveva, perché non poteva toccare l’arazzo.
“Non si tocca.”
Ora l’arazzo era una macchia sfocata dietro il velo di lacrime.
Singhiozzò sempre meno, finché non tacque nuovamente: piangere non serviva.
Erano tutti attorno a Sirius.
 
 

Anno 1966, Novembre
Londra, Grimmauld Place numero 12
 

 

Prima che la famiglia si riunisse a cena, Sirius e Regulus avevano l’abitudine di rinchiudersi in una vecchia camera stipata di mobili inutilizzati e tarlati, e lì di inscenare duelli magici durante i quali ripetevano - con una pronuncia teneramente sgrammaticata - tutti gli incantesimi che sentivano quotidianamente.
Sirius, quella volta, aveva volontariamente scelto il ruolo del “cattivo” che, come ogni malvagio che si rispetti, si era subito affrettato a rapire e imprigionare quanti più maghi possibili.
-Ora chiuderò la porta e tu non potrai più fuggire!- gridò, puntando l’indice contro il fratello.
Entrambi avevano un’aria molto seria e, come tutti i bambini, erano così concentrati sul gioco che persino l’espressione di terrore di Regulus poteva sembrare reale.
-No!- ribatté Regulus, scattando in piedi.
-E invece sì!-
Sirius si voltò verso la porta, ed esclamò: -Colloportus!-
E accadde.
Con uno schiocco sorprendentemente reale e sonoro, la serratura scattò.
-Ho fatto una magia!- esclamò. -Mamma! Mamma, la magia!-
Sentirono il rumore dei tacchi di Walburga e i suoi passi frettolosi lungo il corridoio, mentre Regulus fissava con aria assorta le mani di Sirius, il suo atteggiamento trionfante, quel sorriso sorpreso che tanto avrebbe voluto avere anche lui.
-Mamma dice Alohomora.- sussurrò pochi secondi dopo, ancora incredibilmente concentrato sulla porta, il pollice a metà strada tra il mento e le labbra, come se fosse indeciso se succhiarlo o meno.
E la porta si spalancò.
Quel giorno Regulus non fu adombrato da Sirius.
Quel giorno entrambi compirono la loro prima magia, ed entrambi compresero cosa significasse portare il cognome Black con onore.
Orion permise ai suoi figli di prendere in mano la sua bacchetta, per poi strappargliela bruscamente e sibilare, con un sorriso sghembo illuminato da occhi duri e profondi: -Avrete una bacchetta, un giorno. E sarete dei Serpeverde.
 
 

 

Anno 1968, Natale
Londra, Grimmauld Place numero 12
 

 

-Narcissa, ti prego, posso provare la tua bacchetta?- gridò Sirius, allontanando il pollo ripieno con espressione disgustata.
-No. Questa è soltanto mia. Fra tre anni ne avrai una tua.
-Ma non voglio aspettare. Voglio fare magie. E andare a Hogwarts.
Regulus sorrise. -Anch’io voglio andare a scuola, Cissy.
-Non credere che sia così bello.- sbottò, corrucciata.  -Io mi annoio, e poi devi studiare.
-Giocare a Quidditch dev’essere bello.- disse Sirius, raggomitolato sul divano, mentre Kreacher si faceva strada tra di loro per raccattare dal pavimento le carte dei regali e i cracker magici esplosi.
Regulus annuì e si protese verso la cugina Andromeda, che gli fece un buffetto e disse: -Dovrete superare le selezioni.
-Infatti.- ribatté Bellatrix, sprezzante. -Dubito che qualcuno di voi sia in grado di fare una buona impressione sul Capitano dei Serpeverde.
-Non scoraggiarli! Quando saranno a Hogwarts, ci sarà qualcun altro come Capitano!
Sirius porse un cracker a Regulus e ne tirarono insieme le estremità; nel momento in cui un lucido mantello blu notte schizzava in alto in mille drappeggi, disse: -Be’, e poi io mica ci voglio andare, a Serpeverde.
Andromeda sollevò le sopracciglia, Narcissa dilatò le narici, soffiando come un gatto, e Bellatrix scoppiò in una lunga risata. Era la figlia più grande di Cygnus e Druella: nei suoi diciassette anni brillava un orgoglio duro e spietato che aveva sempre spaventato Regulus e adirato Sirius.
-Sirius, sei un bambino.- disse, guardando il cugino che si fissava le scarpe senza dar segno di averla sentita. -Un bambino non sa quello che deve fare.
-Però so quello che posso fare.
-Mamma ha detto di non rispondere male.- intervenne Regulus.
-Sta’ zitto, non capisci niente.- lo rimproverò il fratello.
-Ma… Sirius! Mi avevi promesso di non dirlo! Non dovevi dire che non vuoi essere Serpeverde!
Bellatrix rise ancora e si appoggiò al bracciolo della poltrona, ghignando sorniona.
-Sentiamo, allora, in quale Casa vuole essere Smistato il piccolo e stupido Sirius?
Le labbra infantili di Sirius tremarono a quell’insulto, ma alzò lo sguardo.
-N... non lo s…so. Grifondoro, penso.
Nessuno parlò per qualche minuto e rimasero immersi in un silenzio glaciale, finché la voce squillante di Walburga non li richiamò verso la sala da pranzo per un’ultima fetta di dolce prima di andare a letto.
Tutti si sollevarono mormorando, e nessuno si accorse del fugace sorriso di incoraggiamento che Andromeda lanciò a Sirius, né delle lacrime frustrate che annacquavano lo sguardo di Regulus.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Aggiorno in ritardo, ne sono consapevole, ma ho avuto parecchio da fare.
La cosa più sorprendente è stata… be’, la quantità di recensioni!
Tredici recensioni per il primo capitolo?
Accidenti se continuo! **
L’avrei fatto comunque, lo ammetto, questa storia mi solleticava da parecchio tempo e sicuramente non avrei rinunciato ad una long-fic tutta su di Lui.
Come avrete notato, mi piace parlare di Regulus da bambino e del rapporto che ha con Sirius: ho sempre pensato che abbia cominciato ad incrinarsi nel momento in cui Sirius decide di non voler seguire i dettami della propria famiglia.
Per evitare di far confusione con i tempi, ho messo le date per ogni paragrafo: ognuno corrisponde, infatti, ad un salto temporale.
Per chi si trovasse un po’ disorientato, vorrei informare che Bellatrix è presumibilmente nata nel 1951, Narcissa nel 1953 e Andromeda nel 1955.
Sirius è del 1960, mentre Regulus ci degna della Sua nascita nel 1961.
 
Grazie davvero a tutti quelli che hanno commentato; spero che lo rifacciate!
E un grazie va soprattutto a Julia, che mi ha dato consigli importanti: vi assicuro che nessuno ama Regulus più di lei, e nessuno ne sa di più.
 
Al prossimo capitolo!
 
 
Chiara

 

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Capitolo 3
*** Diversità ***


3.
 

Diversità
 

 
 

1 settembre 1971
 
Grimmauld Place numero 12, Londra
 
 

 

Regulus osservava con invidia il baule di suo fratello negligentemente lasciato accanto ad una poltrona, in attesa che tutta la famiglia fosse pronta per il viaggio verso la stazione di King’s Cross; un vaso argenteo scintillava sulla mensola del camino, dentro il quale le fiamme scoppiettavano allegramente, e Sirius giocherellava con l’oggetto che Regulus desiderava di più.
Una bacchetta. Una bacchetta soltanto per lui.
-Sai già fare degli incantesimi, Sirius?- gli domandò, cercando di trattenere le proprie mani golose, che avrebbero voluto afferrarla e compiere ciò per cui era nato.
-Alcuni.
Regulus sorrise. Gli aveva posto la stessa domanda, almeno due volte al giorno, da due settimane a quella parte; la risposta di Sirius era sempre la solita, anche se la sua laconicità era aumentata con il passare del tempo.
Se durante i primi giorni gli aveva lasciato per qualche secondo la bacchetta, con un sorriso un po’ altero ma gentile, aveva ben presto cominciato a mostrare segni d’irritazione, rispondendogli con aria annoiata e ignorandolo se gli domandava qualcos’altro.
-Mi passi la bacchetta, per un attimo? Per piacere?
Sirius roteò gli occhi. -No. L’hai già tenuta ieri.- sbottò, facendola roteare tra le dita.
-Non è giusto!
-Sì che lo è, invece. Non è tua.
Regulus mise il broncio e attese con pazienza che Walburga terminasse di sistemarsi il cappotto, per poi aggrapparsi al suo braccio e seguirla diligentemente fuori casa, ansioso di raggiungere la stazione.

 
Stazione di King’s Cross, Londra
 
 

Regulus non pianse, né chiese a sua madre perché non potesse partire anche lui, dato che non era uno sciocco. Non sarebbe servito a nulla dibattersi; la sua lettera sarebbe arrivata una volta compiuti undici anni, e anche a lui sarebbe toccato il giro a Diagon Alley e la partenza sull’Espresso di Hogwarts.
Non poté fare comunque a meno di sentire una stretta al cuore alla vista di quell’enorme treno che sbuffava e sferragliava, quasi fosse una creatura vivente, e di tutti i ragazzi che sciamavano al binario nove e tre quarti, ignorando che decine di fratellini più piccoli, in quel preciso istante, si stavano consumando d’invidia.
Sirius gli si avvicinò. -Ho caricato il baule.
-Quindi adesso vai?
-Sì.
Regulus annuì, grave. -E mi scriverai, stasera? Così mi dici dello Smistamento e di Hogwarts?
-Certo, Reg, non preoccuparti. Ti scriverò appena sarà finita la cena, e sarà una lettera lunghissima.
-Chissà che bello, quando il Cappello griderà ‘Serpeverde’!
Sirius rise senza ritegno. -Sarà ancora più bello quando griderà ‘Grifondoro’!- Batté una mano sulla spalla del fratello e rise ancora. -Dai, Reg, non fare quella faccia. Non è una tragedia.
L’altro pestò i piedi. -Sì, invece. Se è uno scherzo, non è divertente! La mamma…
-Dai, sta’ zitto. Non è uno scherzo. E poi decido io, ho sempre deciso io.
Regulus scosse la testa e corrugò le sopracciglia. -Uffa. Vedremo, Sirius. Tutti i Black veri sono finiti a Serpeverde. E se tu non lo farai, non potrai più essere mio fratello.
Sirius si mise in piedi sulla predella del treno e gli donò uno dei suoi sorrisi più belli. -Non preoccuparti, Regulus. Sarà tuo fratello sempre e comunque, il Cappello Parlante può dire quello che vuole.
 
 

 

Grimmauld Place numero 12, Londra
 

 

Finalmente, un gufo dalle ali nere come la pece planò nella camera di Regulus, frullando e stridendo. Legato alla sua zampa, un rotolo di pergamena piuttosto maltrattato, dai bordi sfilacciati, quasi fosse stato strappato.
-Doveva essere una lettera lunga...- sussurrò Regulus, deluso, guardando le dimensioni del foglietto con aria critica e cominciando a leggere quelle poche righe.
 
Regulus,
scusa se non scrivo molto, ma è tardi e ho conosciuto i miei compagni di Casa. Sono simpatici, penso che andrò d’accordo con loro.
Giusto perché tu lo sappia, sono stato Smistato a Grifondoro.
Ho mandato un biglietto un po’ più serio a mamma e papà, ma sinceramente non può importarmene di meno. Io sto bene, qui.
Tutti i Serpeverde hanno la puzza sotto il naso e non mi piace che insultino i nati Babbani.
Domani comincerò le lezioni; la prima ora è di Incantesimi!
Non vedo l’ora di tornare per Natale, anche se mamma e papà non saranno molto contenti.
Ti scrivo appena posso,
 
Sirius.
 
Grifondoro.
A Regulus sembrava una parolaccia, un insulto. Ed era quello che sarebbe stato per la sua famiglia.
Pochi minuti dopo, Walburga gridò ‘Scellerato!’ con una voce che riempì e quasi malmenò le orecchie di Regulus; capì che avevano saputo ascoltando i discorsi quasi urlati tra i suoi genitori, e sentì nell’aria tutte le pesanti conseguenze che lui aveva soltanto lontanamente immaginato.
-Ma io pensavo che non sarebbe successo...- sussurrò, dando involontariamente voce ai propri pensieri.
In realtà Sirius non gli era mai sembrato serio: forse perché aveva sempre avuto un gusto particolare per gli scherzi e le prese in giro fino all’ultimo, o forse per via di quel sorriso beffardo che gli increspava continuamente le labbra, ma Regulus non era mai riuscito a credere che quei vaneggiamenti sui Grifondoro non fossero semplicemente un dispetto ai loro genitori.
Eppure, per la prima volta, Sirius si era dimostrato diverso e aveva compiuto la sua scelta, distaccandosi parzialmente dalla sua famiglia.
Regulus poteva sentire la delusione nella voce di sua madre, ma anche una certa tristezza che, probabilmente, era il rimasuglio di quegli infiniti e quasi affettuosi privilegi da primogenito che gli aveva sempre riservato.
Con aria mesta e responsabile, sentendosi quasi il fratello maggiore, scosse la testa e ripose la pergamena in un cassetto, mentre il gufo riprendeva il volo con il becco pieno di mangime.
Sirius,pensò, te l’avevo detto che non sarebbe stato bello. Per fortuna ci sono io con mamma e papà.
 
 

 

Anno 1972, 2 settembre
Dormitorio di Serpeverde, Hogwarts
 

 

Le coperte avvolgevano Regulus in un tepore che l’avrebbe fatto ricadere presto tra le braccia di Morfeo, e i tendaggi verdi del letto a baldacchino gli davano l’impressione di trovarsi in una tiepida caverna ricoperta di muschio, in cui rimanere solo, beatamente solo.
Il sole brillava attraverso la stoffa, mentre i ricordi solleticavano piacevolmente i pensieri di Regulus.
Serpeverde.
Aveva scritto una lettera entusiasta e l’aveva spedita a Grimmauld Place con il suo gufo, trattenendosi a malapena dall’esultare ad alta voce, e ora ripensava con un sorriso che minacciava di diventare una risata al modo con cui il Cappello Parlante gli era calato sulle orecchie, senza coprirgli ridicolmente gli occhi come aveva fatto con tutti gli altri.
Non c’era stata nessuna esitazione. Lo strappo sopra la tesa si era aperto e la voce del Cappello aveva gridato: -Serpeverde!
Regulus aveva raggiunto i suoi compagni, non senza lanciare uno sguardo in tralice a Sirius, che lo aveva fissato a lungo con aria un po’ compassionevole e un po’ rassegnata; aveva visto come si era ambientato bene tra i Grifondoro, come rideva sguaiatamente con tre ragazzini dall’aria complice, come evitava accuratamente di guardare verso il tavolo dei Serpeverde.
E poi il banchetto era cominciato. Regulus ricordava soltanto di aver mangiato fino a sentirsi sonnolento e pesante, di essere stato riportato alla lucidità quando avevano i sotterranei e la parola d’ordine aveva fatto scivolare la pietra.
La Sala Comune dei Serpeverde era inondata da una luce spettrale che dava ad ogni cosa un’aria regale, preziosa e superba. Regulus l’adorava, perché sapeva di essere tra i migliori e perché era terribilmente simile all’atmosfera che regnava a Grimmauld Place.
Senza sapere bene come, si era ritrovato a letto e aveva dormito beatamente finché non era stato svegliato dai movimenti attorno a lui e dalla luce penetrante.
Si alzò e si stiracchiò, soddisfatto.
Regulus Arcturus Black, Serpeverde.
Suonava così bene che avrebbe potuto ripeterlo all’infinito.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Tornata dopo tanto tempo di assenza.
Risponderò al più presto alle recensioni, abbiate pazienza, ma non è un gran momento. ._.
Un abbraccio a tutti quelli che hanno commentato, perché mi hanno davvero resa felice.
Spero davvero che questo capitolo sia degno di Regulus. *___*

 
Chiara
 
 

 

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