† La morte ha le labbra maledettamente dolci †

di __Wrath__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [1. Nuovo incontro] ***
Capitolo 2: *** [ 2. Preda ] ***
Capitolo 3: *** [ 3. Inconvenienti] ***
Capitolo 4: *** [ 4. Pressione] ***
Capitolo 5: *** [ 5. Dialogo] ***
Capitolo 6: *** [ 6. Fiamma viva ] ***
Capitolo 7: *** [ 7. Sorpresa ] ***
Capitolo 8: *** [ 8. Confusione ] ***
Capitolo 9: *** [ 9. Ricerca] ***
Capitolo 10: *** [10. Inaspettato] ***



Capitolo 1
*** [1. Nuovo incontro] ***


† La morte ha le labbra maledettamente dolci †

          La morte ha le labbra maledettamente dolci

 

[1. Nuovo incontro]

 

E quando senti la terra tremare sotto i piedi, non importa...può andare molto peggio.

E se il vento ti scaraventa e ti schiaccia al suolo, non importa…esiste qualcosa di molto più brutto.

E se il cuore smette di batterti in petto…forse è giusto così…se i rintocchi cessano a causa di un fottuto bacio che bramavi da troppo, troppo tempo, credo sia veramente la cosa migliore.

Se ti sei innamorato di colei che è la carnefice dei tuoi giorni, dell’angelo più bello del paradiso e più spietato dell’inferno, la fine non è così brutta come la si crede.

Sapete una cosa? La morte ha le labbra maledettamente dolci…e io lo so… “come” vi chiedete? Perché me ne sono innamorato…

 

La palla del lunedì mattina…non credo di poter resistere ancora per molto senza sentire il bisogno di appoggiare la testa sul banco e addormentarmi. Chi me l’ha fatto fare alzarmi questa mattina dal letto?! Anzi, tra poco inizio a far finta di stare male sperando di intenerire quella stronza della prof. di fisica in modo che mi lasci andare al cesso e farmi la mia meritata passeggiata.

‹‹…sappiamo che l’accelerazione centripeta è l’accelerazione posseduta da un punto mobile che si muove di moto circolare uniforme. Essa è…››

Ora glielo dico, ora glielo dico…

‹‹ Professoressa mi scusi…››

 

Chi se lo sarebbe aspettato?

Io no di certo, non sono mai stato un ragazzo che si sofferma sulle cose, che resta a riflettere...ma quel giorno era speciale. Non domandatemi il motivo, la data di quella mattina era incisa dentro, nel profondo. Era così che doveva andare e basta.

 

Restai incurvato sul mio banco con la mano alzata cercando di attirare l’attenzione della professoressa, ma qualcuno mi aveva anticipato.

Il segretario della scuola.

Un uomo anziano che tremava leggermente mentre chiamava la prof. indaffarata nello spiegare la sua lezione.

Quella si allontanò dalla cattedra e si avvicinò alla porta a parlare con l’uomo, dopo diverso tempo rientrò in classe ma non era sola…

Era seguita da lei

 

Le ragazze non mi avevano mai interessato, sul serio non ridete.

Le trovavo noiose, sempre con i loro modi saccenti nel parlare, con la loro aria da prima donna e il pettegolezzo sempre di mezzo, chili di trucco per coprire imperfezioni che alla loro età ancora non esistevano…sul serio, il termine “noioso” è un eufemismo.

Lei è diversa. Già da quando è entrata in classe me ne sono accorto…e dire che sono stupido eh.

Non nel senso che possiedo problemi mentali ma spesso i tre neuroni che avevo andavano a prendersi un caffè perciò le cose per capirle bene dovevano essere ripetute con chiarezza.

 

‹‹ Bene ragazzi…oggi abbiamo il piacere di avere tra di noi una nuova studentessa…presentati cara. ››

 

Lei non aveva bisogno di tutte quelle carinerie, sapeva benissimo cosa fare da sola, sapeva…è questo il problema. Lei sapeva tutto di tutti senza la necessità di stringere legami.

 

Era seria, né un sorriso né un cenno di emozione. Niente. Eppure sapevamo che non era vuota, almeno io lo percepivo.

Era molto carina, davvero, anche più che carina.

Non era altissima, era nella norma…magra, forse un po’ troppo…capelli neri e lunghi, leggermente ondulati alle punte, visino piccolo e chiaro.

Tutto molto grazioso nel complesso, ma mentre studiavo la nuova arrivata un po’ come facevano tutti, quando cercai il suo viso mi ci persi…non…non sapevo più come staccare lo sguardo dal suo volto…

Labbra minute ma piene, il naso sottile, leggermente all’insù, guancie tinte di rosa chiaro… e no, non era quella roba che le ragazze usavano per truccarsi, era un rosa naturale e bellissimo, e poi gli occhi.

…Fregato…

Erano grandi e lucidi, di un nero così liquido che sembrava potessi annegare in quel prezioso petrolio, le ciglia folte ma non lunghe come potevo aspettarmi le incorniciavano perfettamente l’occhio mentre le palpebre calavano lentamente staccando a intervalli regolari il magnetismo del suo sguardo su di me.

Poi…ci fu qualcosa che non andò…

La ragazza scansò le mille occhiate e fissando me sorrise leggermente compiaciuta.

‹‹ Mi chiamo Angie e da oggi sarò la vostra compagna. ››

Angie…

Un nome poco comune per una persona poco comune.

 

E pensare che non mi ero mai lamentato della vita. Non chiedevo novità o divertimento. Mi bastava vivere alla giornata, tiravo avanti giorno dopo giorno incurante di tutto il resto. Il tempo cambia le cose, perciò perché sforzarmi di farle accadere? Ambizioni zero, è vero ma io sono un tipo che crede incredibilmente al destino, sono sicuro che se le cose devono succedere lo fanno indipendentemente dalla nostra volontà. E’ questa la fortuna, a parer mio. Le cose capitano anche se non le richiedi e trovare lei sulla mia strada senza che l’abbia richiesto deve essere stato per forza il fato, annoiato dal suo stato di inconsistenza si diverte a mischiare le carte in tavola.

 

‹‹ Angie, che nome grazioso…puoi andare a sederti…mmm…lì. Sì, dietro ad Alessandro. ››

‹‹ Va bene. ››

Se ve lo state chiedendo, sì, io sono Alessandro. Lo so, lo so, gran botta di culo avere la nuova arrivata estremamente intrigante proprio dietro il mio banco, l’unico vuoto in tutta la classe visto che nessuno teneva a stare al secondo banco dietro il più asociale di tutti i compagni.

Il primo posto era una piaga, ma anche una benedizione. Dipende dai punti di vista.

I pro:

·  Nessun rompi balle che ciarla inutilmente per cinque ore di fila senza farsi sgamare dai prof.

·  Volente o nolente qualcosa nella testa ti rimane visto il caso che gli insegnanti ti passano e spassano davanti al banco.

·  Essendo quello vicino alla porta sei il primo a uscire al suono della campanella e questo vale anche in caso di incendio. Il primo a salvarsi la pellaccia ero io. Alla faccia di tutti.

Lo so, sono pochi motivi ma almeno validi.

I contro sono molti di più ma mi limiterò solo ad accennarne alcuni:

·  I professori avendoti sempre sotto tiro imparano presto il tuo nome e questo gli fa ricordare tutto ciò che fai con più facilità.

·  Non puoi dormire dietro lo zaino perché non sono così fessi (…almeno non tutti).

·  Dalle mie parti solo i secchioni si siedono al primo banco, io sono l’eccezione alla regola in carne e svogliatezza.

E ce ne sono molti altri che lascio alla vostra immaginazione…

 

I passi di Angie erano regolari e silenziosi, si posizionò subito dietro di me e si sedette incurante delle occhiate curiose e bramanti del resto della classe.

Mi sentivo in imbarazzo, dovevo girarmi? Dovevo fare l’indifferente? Quella ragazza mi guardava con uno sguardo che non riuscivo a decodificare, non aveva fatto altro che fissarmi impassibile.

Nonostante non la vedessi sentivo il suo sguardo glaciale puntato su di me, avevo la bruttissima sensazione di avere un martello pneumatico che lavorava sulla mia nuca. Era la solita percezione che provavo quando mi sentivo osservato…

‹‹ Allora Angie! Raccontaci un po’ di te! ››, trillò la prof contenta di non dover continuare la sua pallosa lezione.

Appoggiai la schiena al muro che avevo alle spalle per sostenermi e la guardai di sottecchi cercando di non risultare troppo curioso, non mi piaceva dare l’impressione di una vecchia pettegola che deve ficcanasare nelle vite altrui…ma lei mi incuriosiva.

Forse per la sfacciataggine o per le strane occhiate che mi riservava, forse per il suo magnetismo e per il suo abbigliamento monocromatico, tutta in nero.

Lutto o semplice moda?

Sembrava così anonima ma al tempo stesso così affascinante…

‹‹ Non c’è niente da dire su di me. ››

Punto.

La prof era visibilmente in attesa che continuasse a parlare ma non lo fece…loquace la tipa.

‹‹ B-Beh…ti sei trasferita in questa città da poco. Da dove vieni? ››

‹‹ Da lontano. ››

‹‹ Ah. ››

Qualche risolino interdetto prese alcuni compagni nel notare la difficoltà dell’insegnante nel riuscire a prendere la ragazza che rispondeva vagamente alle domande.

‹‹ I…i tuoi genitori? Che lavoro fanno i tuoi genitori? ››

‹‹ I miei sono morti anni fa. Incidente stradale. ››

Mai sentito un silenzio così profondo nella mia classe.

Aveva congelato la prof impacciatissima e nervosa al suo posto.

Con questo l’interrogatorio era concluso.

Il nero era per il lutto dei suoi? Eppure ne parlava con una tranquillità disumana.

Dopo un colpo di tosse la professoressa prese un respiro veloce.

‹‹ Mi dispiace tanto…ora riprendiamo la lezione. Angie ti converrà recuperare tutti i libri se non vuoi rimanere troppo indietro con il programma. ››

La vidi fare un cenno con la testa e iniziò silenziosamente a scrivere su un quaderno ciò che c’era sulla lavagna.

…ma come aveva fatto quella stronza della professoressa a non chiederle più nulla? Alla prima occasione si era fermata, niente più domande? Ce n’erano un milione da porle! Con chi viveva? Perché si è trasferita? Come mai la sua fissa per il nero? Gli interrogativi bruciavano, non ero mai stato così curioso in tutta la mia vita.

Mi faceva un po’ pena, anch’io essendomi trasferito da qualche anno sapevo che non era facile il primo giorno in una scuola del tutto nuova così prendendo coraggio mi girai completamente verso la ragazza.

‹‹ Ciao…››

Lei alzò gli occhi dal quaderno.

Cazzo che sguardo penetrante…aveva scosso tutti i muscoli del mio corpo procurandomi uno spasmo e la pelle d’oca…

Ma che…?! Dai Ale, riprenditi.

Lei taceva e si limitava a guardarmi aspettando che dicessi altro.

‹‹ Emh…io sono Alessandro, piacere di conoscerti. ››

Che figura di merda, sul serio! Mi sentivo così imbranato. Bah vaffanculo! Chi se ne frega! Io la mia parte l’ho fatta per dimostrarmi gentile.

Mi fissò come se fossi un idiota…effettivamente non potevo darle torto.

‹‹ Angie. ››

‹‹ Che bel nome, è il diminutivo di Angelina o Angela? ››, ma cazzo la vuoi chiudere sta bocca?! Ti interessa tanto se si chiama Angelina??

‹‹ E’ Angie e basta. ››

‹‹ Mh…capito. ››

Lei riprese a scrivere sul foglio incurante della mia presenza, non la capivo… prima gli sguardi e poi freddezza assoluta?

‹‹ Scusa se ti ho disturbata eh. ››

‹‹ Alessandro! Girati immediatamente e stai attento alla lezione! ››

Caz

Mi stravaccai nuovamente sul banco, posizione che avevo da quando era iniziata la lezione.

Avrei voluto prendere a testate il muro. E dire che spesso è la prima impressione quella che conta. Che impressione da coglione

 

 

Fine primo capitolo. Sono ben accette impressioni…

 

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Capitolo 2
*** [ 2. Preda ] ***


Ringrazio chi ha letto il primo capitolo e ha recensito, vi lascio al secondo…

 

Ringrazio chi ha letto il primo capitolo e ha recensito, vi lascio al secondo…

                                                *************

 

[ 2. Preda ]

 

Gabbia di una bestia che ti ha sfrattata dal tuo stesso corpo.

Pura casualità, sono nata nel momento sbagliato, tutto qui.

E’ dall’origine della comparsa del genere umano che questo ha inizio.

Nulla è eterno, neppure la morte…che frase azzeccata per descrivere il mio stato!

Esistono un’infinità di modi per mandare a miglior vita un essere vivente: esistono gli incidenti, le malattie, gli attacchi di irrazionalità che spingono a gesti involontari, morti inspiegabili e tante, tante altre cause per un decesso.

Immaginate di avere tante sorelle, ognuna di loro è in grado di svolgere lo stesso compito ma in modo differente. E così che la grande falce riesce a catturare diverse quantità di anime nello stesso momento.

Io? Io sono solo il corpo dello spirito della morte per arresto cardiaco.

Quando nasci nel momento esatto in cui l’involucro di una delle morti cessa di vivere, sei vincolata nel cederle il tuo, condividendo così una maledizione che si fonde con la tua anima fin quando anche il tuo corpo non riesce più a sopportare entrambe le entità e collassa, costringendo la morte a trovarsi un nuovo ospite neonato.

La durata varia, sia chiaro. Potresti sopportare il male nero nell’arco di secoli (gran bel privilegio di merda) o anche per pochi giorni…

Nel cervello hai impiantato esperienze di millenni perciò si sa come muoversi fin da piccoli.

Diventi un tutt’uno con questa essenza che non ti appartiene realmente, non vive, non influisce sui tuoi gesti, ma sei comunque imposta a strappare la vita. Non che mi interessi molto, non mi curo di queste faccende, non mi sono mai interessata alle mansioni degli uomini, infondo non lo sono mai stata del tutto, ma ci sono volte che i sensi di colpa bussano alla porta, forse perché spesso devo recidere l’esistenza a qualcuno di estremamente giovane…ma quando la clessidra parla non si discute.

Questo accade solo in rari casi, solitamente cerco di godermelo appieno il mio compito, lo trovo gratificante, molte volte la mia parte più sensibile mi fa pensare cose inutili come la pietà e cose stupide come queste…

Il trillo di un campanello di cristallo richiamò la mia attenzione, camminai per il lungo corridoio del Concilium arrivando alla sala centrale. Le grandi porte di legno intarsiato si aprirono al mio arrivo, la clessidra di ossidiana torreggiava al centro della stanza facendo scorrere i suoi granuli di sabbia interrottamente…chissà quanto ancora ci vorrà perché si riversi tutta in un’unica parte segnando così la fine del mondo?

Mi avvicinai alle pareti di cristallo dove delle piccole clessidre erano esposte, la sabbia scorreva lentamente ma scarseggiava abbondantemente da una parte…quelle in prima fila appartenevano sempre a coloro che si avvicinavano sempre di più alla fine.

Ne presi un paio e ne lessi i nomi incisi sulla piccola targhetta d’oro che era applicata sulla base in legno.

‹‹ Angie…››

La voce flebile della Madre riecheggiò nella camera di vetro, proveniva in cima alla gigantesca clessidra di ossidiana, quella segnava il tempo per la fine del mondo.

Stolti gli uomini nel credere di poter prevedere quando sarebbe stata.

‹‹ Sì? ››

Una risata ricca di piacere risuonò…la Madre non possedeva corpo. Lei era un’ombra che si divertiva a giocare a nascondino nella sala del Concilium, lei era quella che aveva creato le entità della morte, da lei proveniva tutto.

‹‹ Perché così a terra bimba mia? ››, domandò amorevolmente.

Odiavo quando mi chiamava così…

‹‹ Non sono tua figlia, quante volte te lo devo dire? ››

‹‹ E io quante volte di devo rispondere che la tua anima è mista a un mio figlio e di conseguenza hai nel tuo corpo i miei stessi geni? ››

‹‹ Io ce l’ho già una madre. ››

‹‹ Avevi…non ce l’avrai con me ancora per quella storia spero? Tu non hai mai conosciuto i tuoi genitori, non dovresti averli così a cuore. Io sono tua madre. ››

La Madre vedendo che l’essere di suo figlio si era legato a me aveva fatto trucidare i miei genitori appena dopo la mia nascita, almeno così mi era stato raccontato, mi ha preso con se, insegnadomi il mestiere della falciatrice.

‹‹ Cosa vuoi? ››, mi ero stancata di ripetere questa storia all’infinito.

‹‹ Piccolo tesoro…ho deciso che ti prenderai una pausa, si occuperanno i tuoi fratelli nella mietitura d’accordo? ››

‹‹ Non ne ho bisogno. ››

‹‹ Ma guarda il tuo povero visino. E’ sciupato…››

‹‹ Ti ripeto che non ce n’è bisogno. ››

‹‹ Facciamo così…puoi scegliere una delle clessidre che ti sono state affidate, va bene? Conosci le regole, devi prendere l’anima prima che scada il tempo ma questa volta ti concedo il tempo necessario per giocarci un po’, che ne dici? Non tornerai al lavoro finché non avrai ucciso l’umano. Scegli una delle clessidre. ››

Restai un po’ basita dalla scempiaggine che aveva detto. Non poteva fare sul serio.

‹‹ Nessuno ti ha detto che non si gioca con la morte? ››

Uno scoppio di risa divertite si impadronì di lei.

‹‹ Mia cara…io sono la vera morte. ››

Mi morsicai un labbro, odiavo ancora di più essere paragonata a una copia, presi una delle clessidre che levitarono in prima fila, era di legno scuro, aveva un bel colore, mi ispirava.

‹‹ Alessandro Cortese ››, lessi ad alta voce il nome.

‹‹ Mi suona bene piccolina, lui sarà la tua vacanza. ››

Strinsi la clessidra e con il pollice sfregai il suo nome inciso, vidi il suo volto…era un ragazzo giovane, che peccato.

Sospirai frustrata. Non mi piaceva accontentarla.

‹‹ Buon lavoro mia cara, a presto…››

 

Era semplice confondersi tra i mortali, erano tutti troppo egoisti e presi dalle loro piccolezze per accorgersi del pericolo…

La Madre aveva sottomesso la mente del preside con facilità creandomi un curriculum scolastico pieno di dettagli ridicoli.

Mi presentai alla segreteria senza troppi complimenti aspettandomi una qualche reazioni da tutte quelle persone. Tutti si muovevano contemporaneamente come uno sciame d’api: caotici, rumorosi, visivamente disordinati ma efficienti.

Un uomo sulla cinquantina e passa mi vide dalla sua scrivania lasciando perdere la pila di carte e guardandomi con un sorriso affettuoso si tolse gli occhiali per la lettura e si alzò portando la mano sulla schiena scricchiolante come un gesto di consuetudine.

‹‹ Tu devi essere la nuova ragazza di cui mi ha parlato il preside…ti accompagno fino alla tua classe. ››

Sforzai un sorriso ma con scarso successo, non mi veniva facile sorridere a uno di cui avrei ben presto avuto la clessidra tra le mani.

Lo seguii senza commenti ricordandomi il volto del ragazzo che avrei dovuto prendere, la Madre aveva organizzato tutto per agevolarmi il più possibile. Odiavo questo tipo di favoritismi! Mi aspettava una commissione facile e veloce, non c’era gusto, solo tipica e noiosa routine.

Mi scontrai contro l’uomo brizzolato, si era fermato all’improvviso davanti a una porta e il contatto delle mie dita contro il suo corpo diede una scossa a entrambi.

Una serie di codici cifrati passarono davanti ai miei occhi nel giro di attimi, la vita di quell’uomo era apparsa sotto il mio sguardo nel giro di pochissimo sotto forma di dati numerici che il mio cervello decodificava senza problemi.

Una moglie morta sei anni prima, due figlie più grandi sposate, da giovane lavorava in campagna, diverse fratture al femore, un tumore al cervello ancora non apparso, un padre autoritario, un tradimento mai svelato alla moglie in un villaggio turistico dopo cinque anni di matrimonio, gioia dei suoi occhi è sua nipote piccola…

Troppe informazioni!

Il vecchio si girò a guardarmi sbattendo ripetutamente gli occhi, aveva il respiro leggermente accelerato e le pupille dilatate, tremava un poco.

Lo fissai piegando la testa in una posizione di interrogativo, non doveva sospettare di niente.

Scosse la testa come niente fosse e aprì la porta.

‹‹ Professoressa mi scusi…››

Si creò un coro nella frase sincronizzata con un ragazzo della classe ma la professoressa ignorò bellamente il giovane per uscire ad ascoltare il segretario.

‹‹ Signor Alaimo come posso aiutarla? ››

‹‹ Buongiorno professoressa, il preside mi ha dato l’incarico di portarle una nuova studentessa, si è trasferita da poco. ››

‹‹ E nessuno ci ha avvisati? ››

‹‹ Non so che dirle, io sono solo il portavoce. ››

‹‹ Mh…capisco, in questo caso piacere cara ››, si rivolse con il medesimo sorrisetto incoraggiante, patetico.

‹‹ Salve ››, biascicai.

‹‹ Allora io vi lascio andare ››, sospirò l’uomo allontanandosi non prima di lanciarmi un ultimo sguardo perplesso.

‹‹ Bene, possiamo entrare in classe. ››

Aprì lentamente la porta e io la seguii.

‹‹ Bene ragazzi…oggi abbiamo il piacere di avere tra di noi una nuova studentessa…presentati cara. ››

Una ventina di ragazzi mi fissarono sorpresi, sentivo nell’aria tensione verso tutti, un evento nuovo che avrebbe alterato il normale andamento della vita scolastica, storia nuova, carne fresca, pettegolezzi interessanti, non era un bene per la mia figura, più restavo nell’anonimato e meno avrei dato sospetti.

I visi di tutti erano così poco interessanti, nessuna luce particolare nei loro occhi: un viso, un naso, due occhi e una bocca. Tutti privi di una benché minima emozioni, erano così…così…così aridi.

C’era solo noia nel loro sguardo.

Già me li immaginavo quando avrei avuto in mano le loro clessidre…grigi e decadenti senza nessuna storia interessante alle loro spalle.

Mi sentivo fissata ossessivamente. Non mi piaceva.

Cercai nei volti di tutti quello del ragazzo che avrei dovuto eliminare…lo trovai subito, era al primo banco vicino al muro.

…Allora sei tu…

Sorrisi nel aver trovato la mia vacanza come l’aveva chiamato la Madre, ma in qualsiasi ambito ci si trovi una preda resta pur sempre una preda.

‹‹ Mi chiamo Angie e da oggi sarò la vostra compagna. ››

Mi sentivo appagata, quasi come se avessi già il suo cuore stretto nel mio pugno.

Lui era il solo a occupare un posto nella sua fila, i banchi verde scuro erano liberi e pensai con riluttanza di doverne occupare uno anch’io.

‹‹ Angie, che nome grazioso…puoi andare a sederti…mmm…lì. Sì, dietro ad Alessandro. ››

‹‹ Va bene. ››

Mi portai dietro di lui fissando bene il suo aspetto tremendamente normale, capelli castani, pelle colorita, occhi nocciola, magro…normale. E quando una cosa è normale per me è sinonimo di noiosa.

‹‹ Allora Angie! Raccontaci un po’ di te! ››

La professoressa emanava la stessa curiosità da ficcanaso degli alunni, erano irritanti.

‹‹ Non c’è niente da dire su di me. ››

Mi guardava in attesa, come se non avessi parlato affatto.

‹‹ B-Beh…ti sei trasferita in questa città da poco. Da dove vieni? ››

‹‹ Da lontano. ››

‹‹ Ah. ››

I mormorii concitati della classe fecero arrossire l’insegnante a disagio, sperava di mettermi a mio agio.

‹‹ I…i tuoi genitori? Che lavoro fanno i tuoi genitori? ››

‹‹ I miei sono morti anni fa. Incidente stradale. ››

Incidente stradale, torture da parte di creature innaturali…dettagli.

Le risa cessarono e la professoressa perse colore. Non ne capivo il motivo.

Si riprese subito dopo un colpo di tosse e iniziò a mandar giù veloci boccate d’aria.

‹‹ Mi dispiace tanto…ora riprendiamo la lezione. Angie ti converrà recuperare tutti i libri se non vuoi rimanere troppo indietro con il programma. ››

L’accontentai accennando a un sì e presi a disegnare sull’agenda che avevo portato nella sacca la piantina della classe segnando con una X rossa il punto in cui l’umano si trovava, ovvero davanti a me.

Un movimento mi distrasse da ciò che stavo facendo. Il ragazzo si era girato dalla mia parte.

‹‹ Ciao…››, mormorò con tono flebile.

Quando scontrò il suo sguardo con il mio ebbe un leggero fremito…

Il suo fisico avverte il pericolo, e solo che il cervello non se ne capacita.

‹‹ Emh…io sono Alessandro, piacere di conoscerti. ››

Era goffo e impacciato, gli umani erano noiosi.

‹‹ Angie ››, risposi annoiata.

‹‹ Che bel nome, è il diminutivo di Angelina o Angela? ››

Che razza di domanda è?

‹‹ E’ Angie e basta. ››

‹‹ Mh…capito. ››

Il tipo era un idiota. Ripresi a scrivere sull’agenda.

“uccidere al più presto”, con tanto di punto esclamativo.

Odiavo perdere tempo, soprattutto per un imbranato come quello lì.

La Madre me l’avrebbe pagata cara, non poteva permettersi di lasciarmi andare così con tutte le mietiture che c’erano!

‹‹ Scusa se ti ho disturbata eh. ››, il suo tono di voce era velenoso, era diverso da quello goffo di prima. Era un tono simile al mio…

‹‹ Alessandro! Girati immediatamente e stai attento alla lezione! ››

Alzai il capo dal foglio piacevolmente sorpresa da quel suo cambiamento più aggressivo e disdicevole fissandolo mentre assorbiva la batosta data dall’insegnante. Era ricurvo sul banco annoiato fino alla morte, quasi quanto me in quel momento.

Inclinai il capo di lato e cancellai la nota che avevo da poco scritto.

Forse una pausa potevo anche concedermela.

                                          

                                                *************

 

Marta_R92: ti ringrazio per i complimenti ^^ spero di aver messo in luce il personaggio di Angie ora…ti ringrazio per aver voluto commentare il primo capitolo =)

 

MaRtA HaLe: La mia pingu amorosa duddudaddaddà! =D Il tuo Alessandro? v,v e da quando di grazia? Ti ringrazio per aver commentato pingu ‹3

 

dolceGg94: Grazie per esserti interessata così! >.< mi ha fatto piacere sapere che ti ha colpito la mia fan =D spero ti sia piaciuto questo capitolo…

 

space_oddity: *O* ci sei pure tu…quando ho letto la tua recensione mi sono messa a saltellare, te lo può confermare MaRtA HaLe che era presente xD mi fa piacere che tu abbia apprezzato il primo capitolo, continua a scrivere di Chastity! Aspetto il seguito xD a presto.

 

 

                                                                                   

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Capitolo 3
*** [ 3. Inconvenienti] ***


Happy birthday to me happy birthday to me

 

Happy birthday to me happy birthday to me!   

Oggi sono arrivata anch’io ai 17 anni ç.ç nuuuu non voglio >.<

Comunque sia, oggi mi sono impegnata a pubblicare tutte le fan perciò buona lettura, e se anche il capitolo vi ha fatto schifo potete recensire per gli auguri (o’3’o) uff…buona lettura xD mi tolgo dalle palle…

 

 

 

[ 3. Inconvenienti]

 

Le settimane passavano e la nuova e taciturna ragazza sembrava aver preso il titolo di “asociale dell’anno”.

Non parlava se non fosse stata necessariamente contattata dai professori, si limitava a risposte veloci e coincise, niente di eccezionale ma tutto ciò che diceva lo registravo nella mente.

Forse dovevo trovare un hobby al più presto…

Le cose continuavano ad andare normalmente come se l’arrivo di Angie non fosse mai avvenuto, quelle poche informazioni di cui i professori erano a conoscenza le diffondevano ai loro colleghi in modo tale da non incappare nella studentessa di ghiaccio.

La scuola era iniziata da due mesi buoni ma il tempo sembrava essersi fatto grigio solo dopo l’arrivo di Angie…bah, paranoico che non sono altro. Quella ragazza con i suoi modi silenziosi mi aveva reso indiscreto e noioso.

 

La differenza tra amore e morte sta soltanto in due lettere…un motivo ci sarà…

 

Ricordo il giorno in cui mi resi conto che lei era ancora più speciale delle altre…lei…era veramente diversa.

Il countdown era iniziato...

 

Ero in ritardo, ero troppo in ritardo.

Dovevo tornare a casa presto quel giorno e io ero ancora bloccato a scuola. Fuori pioveva come mai aveva fatto in quegli ultimi tempi e tutta quell’acqua aveva creato diversi problemi alle strade e i bidelli, per motivi di sicurezza, avevano bloccato le uscite fin quando la pioggia non dava un po’ di tregua e permetteva di poter uscire.

Dovevo assolutamente arrivare a casa il prima possibile…

Eravamo tutti pressati nell’atrio della scuola, il puzzo di sudore e il rumore delle chiacchiere mi tormentava, non riuscivo a concentrarmi come desideravo e l’ansia non mi era d’aiuto.

Con tutti i cazzo di giorni che potevano capitare, proprio oggi doveva scoppiare il diluvio universale?!

Decisi di sfuggire a quel mare di corpi che mi assorbiva scappando in bagno, ovviamente anche questo era intasato di gente che fumava ma cercando di contenere la frustrazione aspettai che tutti fossero usciti, spalancai la finestra e respirai l’odore di polvere e acqua che di consuetudine invade i polmoni nei giorni di pioggia torrenziale…dovevo uscire di lì…al più presto…

Fissai la finestra allontanandomi un poco per inquadrarla per bene, non era molto stretta…un po’ bassa ma sarei potuto sgusciare fuori con non troppe difficoltà…

Senza pensarci due volte spalancai il più possibile le ante e mi arrampicai sul termosifone per uscire fuori. Scesi all’esterno con un balzo, rischiando di cadere sul culo.

La pioggia aveva reso scivoloso il terreno erboso, mi trovavo nella parte anteriore dell’istituto, non c’era rischio che qualcuno potesse vedermi, alzai il cappuccio del giubbotto che indossavo per non inzupparmi più del dovuto e iniziai la mia corsa verso casa.

L’acqua scendeva a frustate rendendo offuscata la visuale e difficile la respirazione, procedevo velocemente verso la strada principale cercando un qualche balcone dove poter proseguire il tragitto con più facilità quando mi fermai di botto.

Lontano dal suo campo visivo, sotto un albero non identificato, c’era Angie, o qualcuno che le assomigliava terribilmente, era a suo agio sotto la pioggia torrenziale e sembrava non aver fretta di allontanarsi da lì.

Non riuscivo a scorgerla bene nonostante l’impegno nel cercare di focalizzare il suo minuto volto, aveva il viso rivolto alle nubi scure e sembrava…sorridere?

Un lampo seguito subito dopo dal suo assordante tuono aveva donato per un attimo una nuova luce al paesaggio.

Strizzai gli occhi ancora immobile sotto la pioggia rabbrividendo involontariamente ma quando cercai la figura questa come d’un tratto non c’era più. Sembrava quasi che la luce del lampo l’avesse catturata e portata via con se.

Forse non era Angie, forse era solo una svista provocata dalla tensione, qualsiasi cosa fosse non poteva essere lei, come era uscita dalla scuola se i cancelli erano bloccati?

Non poteva essere di certo scappata via con così tanta facilità…

Un nuovo tuono mi riportò al presente, ricominciai la mia strada mettendo da parte l’illusione della ragazza e tornando a concentrarmi sui miei stessi passi.

Arrivato al cancello di casa respirai profondamente, avevo il coraggio di affrontare ciò che sarebbe accaduto da li a poco?

Aprii con un nuovo senso di panico la porta di casa e buttai incurante lo zaino a terra pronto per ricevere l’assalto.

‹‹ Sono a casa. ››

Silenzio

‹‹ Emh…c’è nessuno? ››

Un rumore in cucina sospetto…

‹‹ ALESSANDRO!! ››

No, eccola…

La porta della cucina si spalancò e ne uscì una ragazza alta dai capelli bruni e gli occhi grandi e lucidi.

‹‹ Fratellino!! Da quanto tempo?? ››

Stefania si buttò con tutti i suoi 56 kili su di me iniziando a strizzarmi le guancie e spettinarmi i capelli.

‹‹ Ma come sei rinsecchito! Mamma non ti fa mangiare?! Mamma! Lo tieni a pane e acqua?! ›› urlò isterica.

‹‹ Stè! Lasciami!...Mi stai facendo male! ››

‹‹ Oh scusa! ››

Quella rompipalle di mia sorella mi lasciò dopo avermi rotto qualche costola con i suoi abbracci da lottatrice di wrestling.

‹‹ Lo hai già ucciso o ne hai lasciato un po’ anche per me? ››

Dalla porta insieme alla mamma era uscito papà…era da un anno che non lo vedevo, cazzo quanto mi era mancato!

‹‹ Papà! ››

Mi avvicinai a lui sprizzando felicità da tutti i pori, mia madre nonostante il sorriso sul volto aveva gli occhi che scattavano nervosi sul mio al viso di papà. Dopo il divorzio mia sorella maggiore aveva deciso di andare con mio padre e io essendo più piccolo ero rimasto alle cure della mamma. I miei litigavano abbastanza spesso fino a quando la situazione non era andata oltre…

Mio padre viaggiava di continuo e mia sorella lo aiutava nel lavoro…non so che attività svolgeva, non sentendosi mai soddisfatto ne cambiava di continuo.

Nonostante l’amore che mio padre poteva provare per me non era molto presente, viaggiava di continuo da un paese all’altro, lo diceva sempre che avrebbe girato il mondo un giorno…buon per lui.

‹‹ Allora figliolo come stai? ››, ridacchiò accarezzandomi i capelli.

‹‹ Ma non lo vedi che è uno stecchino?! Come fa a stare bene?! ››

‹‹ Stè datti una calmata ››, la imbeccò papà.

‹‹ E’ solo la crescita tesoro ››, rispose prontamente la mamma.

‹‹ Posso dire la mia se non vi dispiace? ››

‹‹ Ma quale crescita?! Ha diciassette anni! Non è normale essere così magri! ››

‹‹ Ma io non l0 vedo tanto dimagrito dall’anno scorso...è più alto ma lo vedo piuttosto bene. ››

‹‹ Papà sei cieco?! ››

‹‹ No, sei tu che sei paranoica. ››

‹‹ Posso parl…››

‹‹ Io paranoica?? ››

‹‹ Non rispondere così a tuo padre, Stefania! E tu Gianni che razza di educazione le dai? ››

‹‹ Scusate…? ››

‹‹ Una buona educazione Margherita, non contraddire i miei metodi di insegnamento. ››

‹‹ Ho ventisei anni non ho bisogno di qualcuno che mi insegni l’educazione! ››

‹‹ Ho i miei dubbi, cara. ››

‹‹ SILENZIO! ››, sbottai irritato. Non erano passati neanche cinque minuti che avevano iniziato a litigare. Tutti incentrarono l’attenzione su di me.

‹‹ Alleluia! Un po’ di pace per la miseria! Io non sono dimagrito…e non controbattermi. ››, ringhiai a Stefania che stava per replicare.

‹‹ Avrei voluto un ben venuto un po’ più caloroso da parte vostra ma a quanto pare non è stato possibile. ››, li fissai tutti di malo modo.

‹‹ Ora se volete scusarmi vado a fare una doccia che sto ghiacciando. ››

‹‹ Va bene Alessandro. ››, mormorò mamma mortificata…come sempre d'altronde.

Iniziai a sentire freddo, l’acquazzone non ci voleva proprio e l’ultima cosa che mi serviva era il raffreddore.

Arrancai imprecando verso il bagno e iniziai a togliermi la maglia, alla vista del vapore che usciva dalla doccia mi sentii sollevato e sentendo l’acqua bollente che cadeva sulla pelle scacciando la sgradevole sensazione di gelo che avevo addosso rabbrividii soddisfatto e grato per quel calore che mi colpiva sul viso e sulle spalle rinsavendomi.

La caldaia fischiava incessantemente ma non avevo alcuna intenzione di uscire dal getto d’acqua calda, lo scroscio si confondeva con quello che proveniva fuori dalla finestra, i muscoli a poco a poco si scioglievano rilassandomi ma al rombo di un tuono scattai improvvisamente.

L’immagine della figura sotto l’albero mi invase la mente e sentii gli occhi strabuzzare rivedendo la ragazza dissolversi.

Chiusi il rubinetto dell’acqua e iniziai a massaggiarmi le tempie…

Cazzo che mal di testa…

Uscii dalla cabina doccia e mi avvolsi nel mio accappatoio ispirando il vapore che aleggiava nel piccolo bagno.

Mi appoggiai al bordo del lavandino con la testa che pulsava, lo specchio leggermente appannato mascherava il mio volto contratto. La pelle sabbiata era arrossata e le iridi nocciola erano leggermente dilatate.

Merda…mi sentivo uno schifo.

Indossai il pigiama pulito che mamma aveva messo sulla lavatrice con la roba appena stirata, sentivo forti dolori addominali e la testa girare.

‹‹ Mamma? ››, chiamai forte per farmi sentire, non riuscivo a stare in piedi.

Aprii la porta del bagno e l’aria ghiacciata che veniva da fuori mi prese la gola.

‹‹ Alessandro? ››, rispose la mamma ansiosa vedendomi aggrappato alla maniglia della porta.

Respiravo a fatica, avevo la sensazione di avere i polmoni accartocciarsi su loro stessi…

‹‹ A-Alessandro! Gianni! Gianni vieni subito qui! Alessandro sta male! ››

La sua voce era lontana, ovattata nella mia testa come se mi trovassi sott’acqua.

La vista era appannata e la stanza prese un’angolatura nuova, l’ultima cosa che vidi furono le grandi mani di mio padre che si allungavano sul mio viso.

 

Gli incidenti non esistono, siamo noi che li chiamiamo in tal modo. La morte quando ti pretende non puoi sfuggirle…puoi solo cercare di scappare ma alla fine lei ti prenderà e allora capirai che non è così male. Gli uomini? Una massa di ignoranti.

                 

Cazzo…che mal di testa!

Delle voci di sottofondo discutevano animatamente al mio fianco provocandomi un emicrania lancinante.

‹‹ Si sta svegliando! ›› squittì qualcuno al mio fianco.

‹‹ Ssh…parla piano. ››

‹‹…scusa ››

Cercai di aprire la palpebre con il risultato di farle vibrare leggermente.

 ‹‹ Ale? ››

‹‹ M-Mamma? ››, biascicai guardando d’avanti a me. Vaste macchie nere censuravano la visuale…poco a poco scomparvero.

‹‹ Piccolo mio! Come ti senti? ››

‹‹ …confuso…››

‹‹ Sei svenuto a terra! L’acqua calda ti avrà fatto abbassare la pressione, quante volte te l’ho detto che ti fa male stare troppo tempo sotto la doccia? E poi…››

‹‹ Margherita ti prego! ››, la riprese papà roteando gli occhi.

‹‹ Cosa?? ››

‹‹ Non vedi che non riesce a capirti in questo momento? ››

Ora sono ufficialmente confuso.

‹‹ Idiota…alla tua età io non ero così irresponsabile. ››, si lamentò Stefania.

Era meglio se rimanevo svenuto ancora per un po’…

‹‹ S-Sto bene, tranquilli. ››

‹‹ Sei sicuro amore? ››

‹‹ Sì mamma. ›› sbuffai seccato.

‹‹ Mh…va bene. ››

Non mi è mai capitato di svenire, è stata la prima volta e spero anche l’ultima.

Mi misi a sedere con una certa difficoltà sul divano, prendendo la pezza umida che mi avevano appoggiato in fronte.

‹‹ Hai bisogno di qualcosa tesoro? ››

Restai a pensarci qualche istante, le tempie pulsavano fastidiosamente…

‹‹ Sì, vorrei andare in camera mia a riposare se non vi dispiace. ››

‹‹ Tranquillo figliolo, hai bisogno solo di rilassarti ora come ora. ››

‹‹ Grazie papà. ››

Andai un po’ barcollante in camera, la tempesta si era trasformata in una leggera pioggerella pronta a cessare da un momento all’altro.

Afferrai il cordino per chiudere la tenda quando intravidi dalla finestra  una figura longilinea che scompariva veloce oltre il viale di casa.

Mi strofinai gli occhi con il braccio.

Ho proprio bisogno di riposo…

Mi buttai sul letto beandomi delle fresche coperte che mi accolsero di buon grado.

 

 

MaRtA HaLe: -_-” Non so più come fare con te…e Ale non ti appartiene u.ù è mioooo! Muahahah è.é

Amore mio aspetto ancora di leggere la tua storia v,v inviamela presto. Io non ti voglio bene >_> ti detesto

 

berlino37: Grazie ^^ spero ti sia piaciuto pure questo…

 

dolceGg94: =D non pensavo potesse piacerti così tanto! Mi fa piacere! Beh no non potevo farlo ammazzare così presto xP se no ciao ciao storia. Grazie per i complimenti, mi piacerebbe sentire i tuoi giudizi anche su questo capitolo ^^

 

space_oddity: nah, la mia angie non è né emo né dark u.ù mi fa piacere che ti sia piaciuta. E invece sì, tu hai un’eccellente fantasia *-* aspetto il capitolo della storia io eh. A presto

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Capitolo 4
*** [ 4. Pressione] ***


[ 4

[ 4. Pressione]

 

Chiedere pace è impossibile per coloro che portano dannazione eterna, lo sapevo, ma non me n’ero mai preoccupata…

 

Facevo scorrere le dita tra i capelli, ammirando i granuli di sabbia della clessidra di ossidiana, e mi lasciavo cullare da pensieri diversi dai soliti…

Ero rilassata, cosa che era da…da quando avevo iniziato il mio compito da mietitrice che non facevo. La vacanza mi serviva proprio, non che facevo chissà cosa, perdevo solo tempo, anche se il tempo nella clessidra del ragazzo non era molto.

Mi divertiva l’idea di essere sfuggita dall’istituto senza essere intravista, lasciando intrappolati tutti gli uomini all’interno, prigionieri della tempesta Mi ero dissolta oltre il muro dell’edificio e stavo tornando al palazzo, il richiamo della Madre era stato forte, aveva bisogno di parlarmi.

‹‹ Bimba…››

Eccola…quanto detestavo i suoi nomignoli.

‹‹ Mh? ››, risposi di malavoglia distesa sulla mia piccola sdraio composta d’aria, mi piaceva riposare sul flusso d’aria calda che aleggiava nello stanzone.

‹‹ Noto che hai un aria molto più tranquilla. La tua vacanza procede bene a quanto pare…hai progettato come farlo morire? Come si chiamava il giovane? Alessio? ››

‹‹ Alessandro…››, la corressi svogliatamente mentre mi pettinavo ancora i capelli con le dita.

‹‹ Non è che stai oziando sulla Terra? ››

Aprii gli occhi di scatto, no…non è che stavo oziando, il fatto era che, volevo rimanere ancora un po’ nel mio nuovo stato di quiete, mi faceva piacere pensare altro al di fuori dell’ira cieca con cui dovevo uccidere le creature viventi.

‹‹ Beh, non ho messo ancora in pratica ciò che avevo progettato…››, provai a giustificarmi.

‹‹ Sicura che non stai diventando pigra? ››, cantilenò con la sua voce tintinnante.

Contrassi la mascella, insinuava cose che non poteva dimostrare! Non usciva mai dalla sala del Concilium! Non poteva obbiettare!

‹‹ Allora? ››, sottolineò.

‹‹ No che non sto poltrendo! Smettila di chiederlo! Sei stata tu ha costringermi in questo periodo forzato di assenza! ››

‹‹ Scusa, non volevo accusarti di niente…››, mormorò con voce infantile, quasi gonfiasse le guance offesa…ma lei non possedeva guance perciò…

‹‹ Meglio così! ››, conclusi avvelenata.

‹‹ Ti lascio in pace se è questo che desideri tanto…ma visto che fai l’insolente con tua madre ti farò tenere d’occhio dai tuoi fratelli, così ti dai una calmata signorinella. ››

Non ebbi il tempo di ribattere che la sua ombra nera si allungò tutto attorno alla clessidra del mondo per poi sparire in un angolo imprecisato dell’immenso stanzone.

Ora dovevo pure essere controllata da qualcuno?! Ma mi prendeva ancora per una bimba incapace?!

Mi portai entrambi i palmi delle mani sul volto per reprimere un urlo di rabbia che nasceva proprio dal petto. Cosa futile…

‹‹ Ti detesto! So che mi senti! Sappi che ti odio dal più profondo! Mi hai rovinato la vita! ››, gridai tutto il mio disprezzo, sapevo che se anche non avesse risposto avrebbe sentito benissimo.

Un applauso alle mie spalle mi fece voltare.

‹‹ Che bello spettacolino… ››.

No. Anche lui no…

Adam si portò avanti lentamente avvicinandosi felino a me.

‹‹ Cosa ci fai qui? Perché non vai a far scontrare qualche camion sull’autostrada? ››

‹‹ Oh piccola Angie, non essere così antipatica, sminuisci la tua immensa bellezza. ››, sussurrò con tono seducente.

‹‹ Non ho chiesto il tuo parere. ››

Restò a fissarmi lontano riflettendo per qualche istante.

‹‹ Il tuo periodo di tregua avrebbe dovuto ammansirti almeno un po’. ›

‹‹ Dacci un taglio Adam! ››

Vidi la sua mano pallida afferrarmi la mascella, i suoi grandi occhi grigio perla mi scrutavano vicinissimi mettendomi a disagio, tutta quella vicinanza era irritante e imbarazzante.

‹‹ Forse potrei riuscirci io ad addomesticare un’animale selvaggio come te…››, alitò piano sulla mia bocca, i suoi capelli incolore pettinati all’indietro profumavano di gigli posti sui cimiteri, la sua pelle di anime e paura.

Chiuse gli occhi mentre si avvicinava piano con le labbra rosee alle mie quando lo spinsi via con uno schiaffo.

‹‹ Ti devi levare! ››

Arretrava toccandosi la guancia colpita per poi ridere di gusto.

‹‹ Adoro quando fai così! ››, sghignazzava compiaciuto.

Io serrai i pugni pronta a colpirlo se avesse tentato un nuovo agguato.

‹‹ Noi due potremmo trovare nuovi divertenti modi per far fuori le creature sulla Terra! Non lo trovi eccitante?? ››, continuava a ghignare.

‹‹ Piuttosto lo trovo rivoltante, preferisco mietere in solitudine a modo mio che collaborare con un pazzo furioso come te! ››

‹‹ Riuscirò a farti cambiare idea ben presto…ma quando lavorerai con me dovrai cambiare il tuo abbigliamento, quel vestitino da lolita che sei solita usare non ti porta giustizia. ››

Guardai il mio abito, era semplicemente un vestitino nero con corpetto e gonna con i ricami in pizzo, mi ci trovavo piuttosto bene e non permettevo di certo a lui di darmi consigli sull’abbigliamento!

‹‹ Ti sei visto tu? ››

Guardai il suo vestito da uomo completamente bianco, si appuntò soddisfatto la rosa rossa (unico colore scuro in tutta la sua figura) al taschino della giacca.

‹‹ Io caccio con classe, non sono volgare come te. ››, ribatté lascivo passando svelto la lingua tra le labbra.

‹‹ Io non sono volgare! ››

‹‹ Certo, certo. ››, accondiscese per farmi tacere.

Era un Narciso fatto e finito! Si aggiustava la cravatta candida, un tono più chiara del colore dei suoi capelli, davanti allo specchio della stanza.

Non mi prestava più attenzione, ammirava la sua figura davanti allo specchio rifinendo le punte morbide in cui avevo pettinato i suoi capelli.

Adam era la morte a causa di incidenti stradali, gli piaceva il suo lavoro, a differenza mia lui si divertiva come un bambino, adorava particolarmente le esplosioni, ogni volta che faceva scontrare delle auto sperava di creare qualche bel botto.

Almeno lui non si annoiava. Tornava sempre infervorato dopo qualche incidente di grosse dimensioni e prima che si calmasse ci voleva tempo, abbastanza da raccontare minuziosamente i dettagli del suo lavoro. Solitamente appena arrivava io me ne andavo, lasciando agli altri l’infausto compito di ascoltarlo.

‹‹ Bah! Mi hai stancata! Me ne vado…››

Mi lanciai verso il portone pronta a uscire da quelle quattro mura che sentivo stringersi portando a nascere in me un nuovo senso di claustrofobia.

‹‹ Sappi!...››, urlò Adam ancora fissandosi allo specchio, ‹‹…che sarò io a tenerti d’occhio per la Madre. ››

Incominciò a ridere sonoramente, ci aveva preso gusto ormai, rideva del mio disagio.

Le sue risa mi fecero mordere il labbro facendolo sanguinare e mi accompagnarono per tutti i corridoi fino all’uscita del palazzo.

Che megalomane.

Presi la piccola clessidra che tenevo sempre con me e osservai la sabbia, restava ancora del tempo prima che arrivasse l’ora ma sapere che sia Adam che la Madre mi tenevano d’occhio mettendomi sotto pressione mi induceva a farla finita presto.

Discesi sulla Terra, atterrando sui talloni sul terriccio bagnato, l’acqua discendeva ma non mi procurava alcun fastidio. Era piacevole sentire il cielo piangere, accompagnava la mia ansia in modo appropriato.

 

Iniziai a correre, e poi a correre ancora più velocemente, sentivo il fremito della caccia, era da un periodo abbastanza lungo che non entravo in azione, l’astinenza mi aveva reso floscia…la clessidra iniziò a vibrare leggermente e a riscaldarsi. Buon segno, significava che ero sulla buona strada, seguii l’istinto e percorsi un lungo viale, quando sentii l’oggetto incandescente mi fermai. Di fronte a me c’era una casa di modeste dimensioni, la pioggia stava diminuendo e scavalcai la recinzione di mattoni con un salto, la gonna rigida rallentò la discesa.

Le luci erano accese e da una finestra della casa usciva del vapore caldo che si dissolveva con la pioggerella ormai agli sgoccioli. Mi avvicinai alla finestra e vidi un bagno piuttosto piccolo, sentivo odore di bagnoschiuma e di vita pulsante, la clessidra vibrò.

Ti…ho…trovato.

 

Quando la morte chiama o divori o vieni divorato, non credevo che un giorno avrei preferito essere divorata per uno stupido come lui.

 

Mi dissolsi in mezzo al vapore e raggiunsi l’angusto bagno, la cabina doccia era occupata da lui…bene.

Vidi la sua radiografia e individuai il suo cuore, pulsava così velocemente, quasi sapesse che ero in quella stanza, le ossa del suo corpo si muovevano in perfetta armonia mentre si insaponava la testa, sentivo quasi i battiti di quell’invitante muscolo cardiaco. Allungando semplicemente la mano attraversai il vetro e mi stavo immergendo oltre la pelle della schiena, attraversando nervi e tendini, lasciai correre le dita otre la colonna vertebrale e le costole arrivando al palpitante cuore…mentre aspettavo il film della sua vita nel mio cervello riuscivo quasi a percepire il sangue pulsare e scorrere sulle mie dita senza macchiarle per davvero.

Immagini confuse e poco chiare arrivarono a me, nessun codice cifrato, veri e propri ricordi iniziarono a bombardarmi, la foschia sparì e immagini vivide e colorate, quasi fosse una pittura ad olio i quali colori brillavano di vita invadendo gli occhi e la testa.

Colori come il rosa del primo amore a sei anni per la maestra, il verde della gita con la scuola in terza dove lo colpì la vista di un vero scoiattolo e non uno di quelli che aveva sempre visto tramite uno schermo, c’era il nero del lutto di suo nonno materno, ne era particolarmente affezionato, soprattutto quando lo portava con se a vedere i cavalli nella trattoria vicino la campagna, da quel giorno di funerale aveva sempre avuto paura dei cavalli, un trauma piuttosto strano.

Si trovavano anche altri colori piuttosto scuri ma uno dei più dolorosi era stato il divorzio dei suoi. Padre e madre con desideri troppo differenti, il padre un giorno stanco di tutto si era fatto la valigia ed era sparito di casa senza dire niente, due anni dopo si era fatto vivo chiedendo perdono ma la moglie chiese il divorzio.

L’unica sorella aveva preso la decisione sofferta di andare a stare con il padre per aiutarlo ma si era imposta di tornare sempre in un arco di tempo ben preciso dalla madre che nel frattempo si era trasferita nuovamente nella cittadina nella sua infanzia.

I colori erano troppo forti per sopportarli, bruciavano la vista. Mi allontanai spaventata alla vista del suo ultimo pensiero…

 

“…Lontano dal suo campo visivo, sotto un albero non identificato, c’era Angie, o qualcuno che le assomigliava terribilmente, era a suo agio sotto la pioggia torrenziale e sembrava non aver fretta di allontanarsi da lì.

Non riuscivo a scorgerla bene nonostante l’impegno nel cercare di focalizzare il suo minuto volto, aveva il viso rivolto alle nubi scure e sembrava…sorridere?

Un lampo seguito subito dopo dal suo assordante tuono aveva donato per un attimo una nuova luce al paesaggio.

Strizzai gli occhi ancora immobile sotto la pioggia rabbrividendo involontariamente ma quando cercai la figura questa come d’un tratto non c’era più. Sembrava quasi che la luce del lampo l’avesse catturata e portata via con se…

 

Mi aveva vista mentre scappavo da scuola per tornare al palazzo. Come potevo essere stata così sconsiderata?!

Stupida! Stupida! Stupida!

Stava per scoprirmi! E io nemmeno me ne ero resa conto!

Il rumore della cabina doccia aprirsi interruppe i miei pensieri e mi dissolsi scappando fuori dalla finestra.

La pioggia era quasi del tutto cessata e mi arrampicai sull’albero di fronte casa ad aspettare, dovevo vederlo, capire almeno dai suoi occhi se era consapevole di cosa io potessi essere!

Il tempo passava e non c’era segno di novità, l’albero era scomodo e bagnato, mi ero stancata d’aspettare così decisi di tornare nella mia camera del Concilium per riflettere senza ansie.

Mentre correvo un solo pensiero rimbombava nella mente, quasi a volermi sfondare il cranio.

…Il suo cuore deve essere mio!...

 

********************************************************************

Ringrazio di cuore tutti coloro che recensiscono e continuano a seguire la storia… m(_ _)m *inchino*

 

Devo recensire a velocità lampo ._. papà rompe altamente.

 

MaRta HaLe: Amore T^T  pubblico di sgamo il capitolo perciò shh!

Spero di sentirti presto e grazie per gli auguri **

 

DolceGg94: Grazie! ç.ç  Sei una ragazza d’oro mi ha fatto piacere sentirmi con te. Spero di sentirti presto =)

 

LadroNero: =O mi hai recensito tutti i capitoli! Sono contenta che ti piaccia la storia, non me l’aspettavo. E comunque no -,- non è Edward Cullen in versione maschile ^^” se ha dato questa impressione vuol dire che non sono abbastanza brava a rendere l’idea.

 

space_oddity: Bellissimo regalo di compleanno! T^T te lo giuro mi stavo commuovendo! Mi hai fatta troppo contenta. Spero che la tua beta corregga presto ** Alessandro comunque sta riscuotendo molto successo ._. ma non ne comprendo ancora la ragione xD

 

Alaire94: *O* io non me n’ero accorta grazie per avermelo fatto notare!

Spero che ci siano meno strafalcioni da ora in poi ^^

 

Alla prossima a tutti.

Per chi volesse contattarmi il mio contatto msn è: wrath_@live.it

(che fantasia -,-)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** [ 5. Dialogo] ***


Ecco il capitolo 5 una piccola precisazione…il capitolo prossimo, il sesto, è la rivisitazione dal punto di vista di Alessandro, non va avanti con la storia perciò non rimaneteci troppo male, per farmi perdonare lo posterò presto così non vi farò attende

Ecco il capitolo 5 una piccola precisazione…il capitolo prossimo, il sesto, è la rivisitazione dal punto di vista di Alessandro, non va avanti con la storia perciò non rimaneteci troppo male, per farmi perdonare lo posterò presto così non vi farò attendere troppo tempo.

Ringrazio tutti coloro che seguono questa storia *commossa* T^T

Spero di non deludervi…baci ^^

 

 

[ 5. Dialogo]

 

Un cuore che batte, là… sotto le tue dita…pronto per essere strappato via! E invece…?!

‹‹ Ehi Angie, vieni qui. ››

Ignorai l’invito cortese di Duncan e oltrepassai il salone dove tutti erano riuniti, intenti a chiacchierare vivacemente, ero troppo irritata per il fallimento per concedermi una parola con chiunque di loro.

Come avevo fatto a farmelo sfuggire?! COME?!

Sentii la delusione nell’essermi fatta sfuggire una così facile preda prendere il posto dell’ira.

Aprii amareggiata la porta e mi incamminai verso il letto a baldacchino coricandomi sulle lenzuola di seta notturne.

Che ci voleva? Avrei potuto tentare domani, non dovevo abbattermi per una cosa di così poco conto…ma il suo cuore! Era nella mia mano! Pulsante! Pieno di vita! Nemmeno una dilettante avrebbe perso del tempo con i ricordi di un essere umano!

Che non erano nemmeno normali ricordi i suoi! Erano immagine già belle che pronte, nessun codice o denotazione numerica, niente di tutto ciò…e io mi ero persa nei suoi colori, ammaliata e sorpresa come una falciatrice alla sua prima raccolta!

Appoggiai una guancia sul cuscino fresco e vidi la mia Marie Anne fissarmi con i suoi occhioni petrolio seduta scompostamente accanto a me, afferrai il suo minuscolo corpicino di porcellana e presi il pettine poggiato sul comodino in frassino di fianco al letto.

Iniziai a pettinare i boccoli della mia bambola lentamente, anche lei aveva bisogno di attenzioni, in fondo se non badavo io a lei chi ci pensava?

‹‹ Sai Marie Anne? La mamma è triste. Non è riuscita a fare bene il suo lavoro oggi. Sono così stanca…vorrei tanto che mi rispondessi per consolarmi. ››

La mia bimba di porcellana inclinò inerme la testolina bionda fissandomi attraverso le sue lunghe ciglia, le aggiustai la cuffietta bianca che teneva in testa e il vestitino nero di pizzo bianco, era deliziosa.

‹‹ Non guardarmi in quel modo, lo sai che non mi piace che mi si fissi quando sono giù…l’astinenza dal mietere mi fa sentire inutile, non servo a niente se non uccido! Lo vedi? Non sono nessuno! A nessuno importa della mamma piccola Marie Anne…mancherei solo a te. La nonna e il nonno non ci sono più e la gente che è qui pensa solo alla mietitura. Sono così stanca di tutto…››

Il bussare delicato alla porta non interruppe il mio concentrato movimento con il pettine sui capelli morbidi della mia bambola.

‹‹ Posso entrare? ››,  il tono pacato di Rachel non scosse in me il ben che minimo interesse.

Sentii la sua presenza avvicinarsi mentre ero impegnata con Marie Anne, anche se non la vedevo in volto immaginavo il suo sguardo dolce su di me, i capelli liscissimi ramati che le accarezzavano la vita e il suo viso maturo ed elegante che si contraeva in una smorfia per la poca attenzione che le davo.

Era la più grande delle morti ma anche la più selvaggia quando cacciava, perdeva del tutto il suo aspetto elegante quando entrava in azione.

Come il suo corpo aveva resistito così tanto a lungo non lo sapevamo, aveva all’incirca 35 anni ed era l’involucro delle morti per tumori, aveva un modo piuttosto diverso dal nostro di cacciare, si basava tutto sul tempo in effetti, lei piantava un minuscolo seme all’interno del corpo dell’essere e lo lasciava maturare, quando questo si sviluppava per bene poteva prenderne la vita.

‹‹ Angie che stai facendo? ››

‹‹ Pettino Marie Anne non si vede? ››

‹‹ Mh. ››, si sedette comodamente sul bordo del letto senza troppi complimenti, io non la volevo guardare in viso, sapevo che vedere i suoi occhi dolci non mi avrebbe aiutato affatto, anzi avrebbe avuto l’effetto opposto.

‹‹ Posso? ››, domandò tendendo la mano verso la bambola e il pettine.

‹‹ Non saprei. A Marie Anne non piacciono gli estranei…ne ha paura, l’ultima volta che un estraneo l’ha presa sono morti i miei genitori e ci hanno condotte qui, lei era dentro la culla con me, siamo cresciute insieme…lei ha paura quando esco. ››

La fissai per la prima volta in pieno viso, era teso, quasi pronta sulla difensiva, poi sospirò e rilassò i muscoli scoprendo quegli occhi teneri, da martire.

Lei non amava uccidere, ed è proprio per questo motivo che quasi sempre lasciava possedere il suo corpo dall’anima della morte dentro di lei, era l'unica che accettava ciò in maniera volontaria, per questo il suo carattere cambiava radicalmente.

Sentivo nascere in me la paura, paura che un giorno anch’io avrei concesso al parassita dentro di me di sopraffarmi e tutto ciò mi faceva ribrezzo ma non potevo dirlo proprio a Rachel. Mi si gonfiarono gli occhi di lacrime, perché sapevo che soffriva, sia fisicamente che psicologicamente, era l’unica morte che soffriva nel far morire.

Era così…umana.

Mi abbracciò incapace di capire i miei pensieri e mi sussurrò frasi di conforto. Il suo abito aderente color sorbetto era delizioso e pieno di quel suo profumo di lacrime…riconducibili al mare, la differenza stava nel peso del dolore. Una goccia d’oceano non era così tormentata come quella di una lacrima.

Io singhiozzavo per il suo e il mio tormento…

‹‹ Dai calmati…››, e lo feci, respirai profondamente mentre sentivo svanire quella parte troppo umana di me, il dolore si era chiuso in una scatola ermetica ben sigillata.

‹‹ Stai un po’ meglio? ››

‹‹ Sì…››, mormorai.

Rachel prese Marie Anne e il pettine che mi erano scivolati dalle mani, finiti sul materasso scompostamente e iniziò a pettinarla piano, io ero rimasta a fissare i movimenti morbidi e fluidi delle sue mani mentre passava il pettine grigio perla sui boccoli…

‹‹ C’è qualcosa che ti turba per ora? ››

Non mi andava di parlarne…ma percepire tutta quella disponibilità mi fece svuotare il sacco.

‹‹ Non è per niente giusto! Ecco…la Madre ha una maniera diversa nel trattarmi in confronto agli altri! A te Rachel ha mai dato un periodo di tregua? No, mai! E io non sono da meno degli altri! Sono sempre stata efficiente nelle mie mansioni e non solo mi ha messo in disparte con il lavoro, per giunta mi ha messo alle calcagna Adam! Io quello lì non lo sopporto più. Se supera i cinquanta metri di distanza giuro che gli taglio la testa, che ci pensi la Madre a riattaccargliela, poi c’è anche quell’umano! Tu sai la frenesia che si prova quando hai la vita di un essere tra le mani e io ce l’avevo! Ma non sono riuscita a portargliela via!...››, la mia smania cessò.

Rachel si era bloccata e guardava lo specchio appeso alla parete di fronte, ero ovale racchiuso in una cornice in ferro battuto.

‹‹ Rachel? ››

‹‹ Io non so cosa si prova…››

‹‹ Scusa? ››

Si voltò a guardarmi in pieno viso, nei suoi occhi si leggeva solo paura.

‹‹ Io non ho mai sentito la “frenesia” come la chiami tu. Quando è l’ora di mietere mi rinchiudo in me stessa…entro in una specie di coma, quando tutto è finito mi risveglio, è l’altra Rachel quella che ama la caccia, non io…non confonderci più te ne prego. ››

‹‹ Mi dispiace. Perdonami, non volevo affatto confondervi. Scusami. ››

Batté un paio di volte le ciglia e ritornò con il suo sorriso tenero.

‹‹ …ritornando alla faccenda della Madre…lei ti tratta con i guanti di velluto perché sei molto delicata, ti tratta come…mmm…come tu tratti Marie Anne. Sei la sua bambolina preferita. ››

‹‹ Io non sono delicata, so cacciare bene quanto voi e poi…››

‹‹ Non ho detto che non sai cacciare, ma lei ti tiene molto a cuore, indipendentemente da come tu la possa prendere. E Adam…beh a lui non dispiace certo starti accanto. ››, iniziò a ridere compiaciuta mentre io sentivo l’irritazione per quel Narciso salire.

‹‹  Stai tranquilla, prima o poi si stancherà non appena vedrà che non ti interessa. ››

‹‹ Lo spero bene per lui, e spero anche che accada presto! Se no glielo faccio capire io con le cattive…››

Ricominciò a ridere con quel tono aggraziato che possedeva.

‹‹ Dai, andiamo insieme agli altri, ci aspettano. ››

‹‹ Mh…va bene. ››

Ci alzammo dal letto e dopo esserci aggiustate il vestito ci incamminammo fuori dalla camera.

‹‹ Aspetta un attimo! Torno subito! ››, dissi a Rachel ricordandomi una cosa importante.

Rientrai in camera e mi diressi subito al letto, presi Marie Anne e la sistemai tra i cuscini di seta rossi ponendo il consueto bacio sulla guancia.

‹‹ Non avere paura, la mamma torna presto. ››, dopo averla rasserenata tornai dalla mia sorella che aspettava nel corridoio.

 

Il tempo si era rasserenato rispetto al giorno prima,  aspettavo seduta al mio banco l’arrivo del ragazzo, potevo capire dal suo sguardo se avesse afferrato o meno la realtà dei fatti. La campanella trillo nasale e lui ancora non si era fatto vivo.

Non devo farmi prendere dall’isterismo, lui non ha capito niente, il motivo per cui non è venuto non sei di certo tu…no?

Mentre la parte più nevrotica prendeva lentamente il sopravvento la porta si spalancò facendo passare così il ragazzo con il fiatone.

‹‹ Mi scusi prof…ho avuto un contrattempo a casa e…››

‹‹ Siediti Cortese, non voglio giustificazioni per il tuo ritardo, che sia l’ultima volta. ››

‹‹ Certo. ››

Vidi il suo petto decelerare…chissà come pulsava di vita quel suo piccolo cuore.

Quando posò lo zaino e scontrò lo sguardo con il mio vidi le sue pupille dilatarsi per poi ridimensionarsi, sentivo l’adrenalina del suo corpo alzarsi per poi infrangersi ad ondate nell’aria circostante…paura? Sapeva?

Si sedette voltandomi così le spalle, era leggermente teso, l’adrenalina stava scemando ma l’apprensione non sembrava abbandonarlo.

Se aveva capito perché era venuto a scuola?

 

    …E un’intera vita viene stravolta da un singolo umano…

 

Non si girava, non parlava, non si muoveva, inclinai il capo incapace di capirlo. Forse perché non ero del tutto una sua simile, la sua mente era riuscita a cogliere ciò che il suo corpo urlava da mesi ormai?

Le altre giornate si muoveva, aveva strani tic o si grattava la testa o ticchettava fastidiosamente il piede sul pavimento o anche il suo tenere il tempo con le dita sul banco, pure il suo continuo scrollamento di spalle era un chiaro segno di ribellione alle costrizioni scolastiche.

Il trillo impaziente che segnalava la ricreazione portò fermento e confusione, tutti si accalcavano impaziente davanti alla porta, il ragazzo no.

Si muoveva lentamente, quasi a non voler uscire come tutti a comprarsi qualcosa da mangiare.

Mi avvicinai al suo banco, volevo vederlo in faccia, e non solo la sua nuca che ormai conoscevo a memoria.

In principio non sembrava accorgersi, o meglio, non voleva accorgersi della mia presenza, poi si costrinse a guardarmi.

Ci fissavamo, lui confuso, io con il desiderio di sapere se avesse capito…

‹‹ Emh…ciao…? ››

Alzai un sopracciglio. Ma mi aveva salutata?

‹‹ Ciao. ››, risposi risoluta.

Da noi se ci fissavamo non era necessariamente per intraprendere una discussione, lo facevamo per studiarci l’un l’altro.

Cadde un lungo momento di silenzio, mi guardava con un’espressione poco chiara, mi metteva una strana sensazione addosso, quasi dovessi chiarire quel mio avvicinamento.

Dovevo…fare l’umana? Era questo che si aspettava?

‹‹ Mmm…stai male. ››, sentenziai ad alta voce, la classe era deserta, noi eravamo gli unici ad essere rimasti, addirittura lui era rimasto seduto sulla sua sedia.

Socchiuse per un attimo gli occhi quasi non avesse capito ciò che gli avevo detto.

‹‹ E tu che ne sai? ››

‹‹ Occhi lucidi, viso arrossato, sei febbrile. Sei estremamente statico. Stai male, ti conviene chiamare a casa. Non vorrai esalare il tuo ultimo respiro in classe? ››

Era abbastanza umano? Non avevo accennato a morti crudeli, sangue, clessidre o simili no?

Arricciò il labbro alla citazione “esalare il tuo ultimo respiro” ma si riprese subito.

‹‹ Non ci tengo, grazie. Non sapevo avessi una laurea in medicina. ››

‹‹ Non ce l’ho infatti, ma si riconosce una persona quando è poco vitale.››

‹‹ Sei solo venuta a dirmi che sto male? ››, borbottò scorbutico.

‹‹ Te l’ho fatto solo notare. ››, sorrisi e me ne andai.

Non mi andava l’idea che schiattasse prima del previsto.

La campana del rientro era appena suonata ma io desideravo fare due passi e mentre tutti si allontanavano dai corridoi rientrando nelle rispettive classi io andai nel bagno riservato alle ragazze…se così si poteva definire, igienicamente era una bomba batteriologica e il tanfo di sigarette appestava il luogo.

Sarebbe stata una battaglia per me e Duncan per accaparrarsi quelle vite.

Infarto o Cancro? Ce le saremmo spartite, a meno che non l’avesse presa come saltato fuori e sarebbe stato difficile mietere senza che lui si mettesse in mezzo una sfida, a quel punto il suo lato agonistico sarebbe nuovamente rubando le clessidre o intromettendosi un momento prima della raccolta rubando la vita al legittimo esattore.

Mi avvicinai ai rubinetti sgocciolanti e mi sciacquai le mani e il collo pronta a rientrare in classe, la professoressa che avevamo era nota per i continui ritardi perciò potevo anche prendermela comoda.

‹‹ Buh! ›› 

Ebbi un fremito nel vedere Adam spuntare dal tetto, era a penzoloni con il busto ancora immerso nel cemento.

‹‹ Idiota…››, sibilai.

‹‹ Splendore! Ti ho spaventata? ››

‹‹ No, solo colta alla sprovvista. ››

Galleggiava ancora a mezz’aria a testa in giù e ridacchiava divertito.

‹‹ Scendi subito! Sai, siamo in una scuola di mortali. ››

‹‹ Se me lo chiedi gentilmente e con un bacio lo farò…››, ribatté ammiccando.

‹‹ Subito. ››, scandii irritata.

Lo vidi sbuffare e si raddrizzò aggiustandosi il vestito immacolato.

‹‹ Come sei noiosa…››

‹‹ Che sei venuto a fare qua?! ››, gettai veleno.

‹‹ Ehi bambolina, ti ricordo che la Madre mi ha mandato a controllarti, allora come va con il tuo giocattolo? Te lo stai lavorando per bene? ››

‹‹ Sta male…››, risposi di malavoglia roteando gli occhi e incrociando le braccia.

‹‹ Non durerà a lungo allora…››, speculò sogghignando ‹‹…vorrà dire che poi potrò averti sotto tiro più facilmente. ››

‹‹ Ma tu non hai niente di meglio da fare? ››

‹‹ Già!...›› prese tre clessidre in un momento di lucidità, le osservò con la consueta luce d’eccitazione negli occhi ‹‹…devo andare a far fare qualche bel bum su uno scorrimento veloce. Ci vediamo piccola, stasera ti racconto. ››

‹‹ Guarda non vedo l’ora. ›› risposi considerando l’idea di non tornare al palazzo quella notte.

Dopo avermi fatto l’occhiolino si lasciò cadere oltre una parete, l’ultima sua traccia era la risata eccitata che scomparve da lì a poco.

 

Appena rientrai trovai il ragazzo che portava i libri nello zaino e l’insegnante che entrava tutta trafelata in classe non curandosi della mia presenza.

‹‹ Tua madre sta arrivando Alessandro, sta tranquillo, curati e non prendere freddo! ››, era molto nervosa, mi girai verso di lui.

Aveva le guance arrossate ed era madido di sudore.

Oddio stava molto male.

‹‹ Avevi ragione tu…›› sussurrò ‹‹…ho la febbre alta. ››

                                                                                              

Avere ragione quella volta non mi aveva fatto piacere…

 

 

***

Prima di passare ai commenti mi farebbe piacere che alla recensione aggiungeste cosa ne pensate dei personaggi, per vedere se ho tracciato bene il loro profilo psicologico, ho capito che il personaggio di Alessandro piace molto xD mi fa piacere! E so che sembrerà strano ma uno dei miei preferiti invece è Adam *-* e va beh v.v sono l’autrice e devo voler bene tutti allo stesso modo ›_› comunque, abbiamo conosciuto il personaggio di Rachel è stato facile da scrivere nonostante abbia una doppia personalità =3 date le vostre opinioni, mi tolgo dalle scatole xD

 

LadroNero: Grazie ** mi ha reso felice il tuo parere! Ne sarò orgogliosa come dici tu! ^^ Aspetto con ansia la tua prossima recensione =* baci

 

dolceGg94: ›////‹ mi fai arrossire! Gemella di pensiero che è diventata sedicenne =P Mi lusinghi troppo xD me entusiasta dalle tue recensioni!

I cattivi saranno stressanti eccome ma non posso dire nulla v_v

Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, fammi sapere :D ci sentiamo presto

 

Ladywolf: Oddei so chi è stato a suggerirtela e ringrazio *_* mi fa piacere che ti sia piaciuta e che la figura di Angie ti abbia colpito ^///^ spero di rileggerti presto =* baci

 

MaRtA HaLe: A te ti salto direttamente =P non ho bisogno di ringraziarti più di quanto non faccia già v.v ti dico solo che Adam sarà come l’hai definito tu uno “spaccone bastardo” ma ha carattere e a me piace ›_› tsè…fammi sapere le tue opinioni =D

 

Alaire94: Allora inizio a dire che mi piacciono le tue critiche perché non sono fatte con cattiveria come ho trovato in altre storie, ti ringrazio per appuntarmi gli errori così potrò correggere sull’originale.

Riguardo al Concilium lo trovo un posto affascinante e pieno di mistero, spero di poterlo descrivere meglio nei capitoli futuri.

Grazie ancora per tutto =)

 

Alla prossima a tutti, ciò avverrà presto il capitolo è già bello che pronto, penso di pubblicarlo verso metà agosto ^^

Cordiali saluti

Wrath

 

 

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Capitolo 6
*** [ 6. Fiamma viva ] ***


Chiedo perdono in anticipo per questo capitolo, ho preferito rivisitare la stessa scena dal punto di vista di Alessandro piuttosto che andare avanti

Chiedo perdono in anticipo per questo capitolo, ho preferito rivisitare la stessa scena dal punto di vista di Alessandro piuttosto che andare avanti. Scusate ancora, oggi non potrò neanche rispondere alle recensioni passate. Buona lettura, e grazie a tutti.

 

 

[ 6. Fiamma viva ]

 

 

Gli uomini sono così egoisti da credere di essere la razza dominante, ma su questo pianeta…noi siamo le vere prede…

 

Svegliarsi con i propri genitori divorziati che litigano al piano di sotto non lo considero certo uno dei miei momenti migliori…

Avevo il viso sudato e quando mi alzai dal letto sentii un capogiro.

‹‹ Wow…andiamo bene…››

Scesi le scale sentendo le voci dei miei molto concitate.

‹‹ …lui resta con me! Non posso credere che tu mi faccia questo! ››

‹‹ Il ragazzo ha bisogno anche di una figura maschile! ››

 

La sua pelle pallida, da addentare, era questo il mio desiderio carnale! Ciò che avrei tenuto sempre nascosto, riuscire a tracciare i suoi nei sulla schiena con le dita facendola mia, ma per quanto si desideri una cosa non è detto che ciò si realizzi, desideri peccaminosi che avrebbero solo dato emozione, non felicità…la felicità per me era il sorriso di mia madre nel vedermi al fianco di mio padre.

 

‹‹ Scusate…››, bussai alla parete.

La discussione si interruppe nel momento in cui fiatai, mia madre arrossì umiliata, papà raddrizzò le spalle serrando la mascella.

‹‹ Non…non credevo ti fossi svegliato così presto…››, balbettò la mamma a sguardo basso mentre cercava di prendere la caffettiera facendosela sfuggire dalle mani tremanti per le emozioni imbrigliate in lei in quel momento.

‹‹ Non è presto, è l’orario di andare a scuola. ››, risposi confuso.

Mamma alzò lo sguardo, papà sorrise appena guardando la scena compiaciuto per un motivo a me sconosciuto.

‹‹ Ma ieri non ti reggevi in piedi…pensavo volessi restare a casa per riprenderti del tutto. ››

‹‹ Non è un bambino Margherita. ››

‹‹ Stai zitto. Ieri stava molto male, non hai voce in capitolo. ››

Avevo dato inconsapevolmente l’inizio di una nuova lite, una di troppo per me.

‹‹ Ma mamma io sto benissimo! Guardami! ››, iniziai a dare pugni all’aria e a saltellare da un piede all’altro come i veri pugili professionisti.

‹‹ Sei sicuro caro? ››

‹‹ Sicurissimo! ››

Lei sospirò di sollievo mentre i tremori alle mani sparivano e si occupavano con maggior attenzione al dosaggio del caffè.

Diedi un’occhiata all’orologio mentre il mio cervello creava in fretta una tabella di marcia per arrivare a scuola in tempo, dieci minuti per il bagno, meno di un minuto per mettermi addosso le prime cose che capitavano sottomano buttate segretamente alla rinfusa nell’armadio, due minuti per la colazione, rifare lo zaino (cosa che solitamente facevo la sera prima) e il tempo della strada…a partire da ora!

Mi fiondai in bagno…non avevo messo in programma di avere una sorella rompi palle che la mattina monopolizza la doccia.

‹‹ Cazzo Stè! Datti una mossa! ››

Mentre quella lumaca di mia sorella cantava sotto la doccia presi i vestiti dalla stanza e scesi nuovamente in cucina.

‹‹ Tieni il tuo caffè. E’ bollente. ››

‹‹ Grazie mamma! ››, ingoiai lentamente dando tempo alla mia rabbia omicida verso mia sorella di crescere, appena finii tornai in bagno.

Bussai forte per farmi sentire.

‹‹ Ti dai una mossa?! Io devo andare a scuola! ››, urlai.

La maniglia della porta si aprì e un bagno di vapore al profumo di frutti di bosco e fragola mi invase…bleah.

Mia sorella uscì con l’accappatoio in dosso e un turbante in testa, prendendosela comoda.

‹‹ Scusa ma la bellezza ha bisogno del suo tempo. ››

‹‹ La bellezza non ha alla prima ora la Ministri. ››

‹‹ Va bene, scusa. Allora è meglio che ti sbrighi. ››

Prende pure per il culo?

‹‹ Grazie eh. ››

 

‹‹ Sono pronto! Mamma io vado! ››

‹‹ Ale aspetta! ››

Mi voltai per vedere il viso di mio padre pensieroso…

‹‹ Ti vorrei parlare. ››

‹‹ Papà non ho tempo. Sono già in ritardo. ››

Guardai l’orologio al polso e la cosa non era incoraggiante, ero troppo in ritardo, colpa di qualcuno…

‹‹ Ti accompagno io a scuola. ››

Saremmo arrivati lo stesso in ritardo, e la conversazione con mamma non era rassicurante, avrei preferito evitare di confrontarmi con lui proprio in quel momento.

‹‹ Non ce n’è bisogno. Ne riparliamo quando torno, okay? ››

Sembrava sul punto di controbattere quando scosse la testa con il capo rassegnato.

‹‹ Come vuoi. ››

‹‹ Bene, a dopo. ››

Uscii di casa tranquillamente, tanto vale prendersela comoda a un certo punto.

Il tempo era grigio, ma non prometteva la stessa pioggia di ieri, le folate di vento sì che erano fastidiose, pizzicavano il naso e la gola, non avevo mai desiderato di arrivare in classe come in quel momento.

Era un covo di incivili, la mentalità di bimbi d’asilo, tutti che cercavano una vita al di sopra delle righe ma che non portava a niente massificandoli tutti come ambiziosi senza risultati.

Lo stare da solo mi aiutava a ragionare senza che i miei pensieri fossero contaminati dalle loro dicerie…

‹‹ Etchì! ››, mi strofinai il naso mentre cercavo un fazzoletto pulito, ci voleva solo il raffreddore.

Oltrepassai il cancello ancora aperto ed entrai in classe di corsa, cercando di motivare per bene il mio ritardo:

“Sa prof ho una sorella bastarda che la mattina prima che esca dal bagno ci vogliono le cannonate!”

Arrivai davanti alla porta della classe ed entrai sperando che non fosse ancora arrivata ma quella era già seduta a compilare il registro…

Mi fissò male e io sentii l’impulso di richiudere la porta e tornarmene a casa a dormire.

‹‹ Mi scusi prof…ho avuto un contrattempo a casa e…›

‹‹ Siediti Cortese, non voglio giustificazioni per il tuo ritardo, che sia l’ultima volta. ››, mi interruppe velenosa.

‹‹ Certo. ››, mi precipitai al mio posto posando lo zaino e quando alzai lo sguardo vidi gli occhi di Angie scontrarsi con i miei quasi volesse parlare, sembrava desiderosa di entrare nella mia testa e vederla con quell’espressione innocente e curiosa quasi fosse una bambina affamata di conoscenza, mi mise la pelle d’oca, sembrava tanto una di quelle bamboline che mia nonna teneva sul mobilio scuro accanto alla televisione tozza e impolverata, collezionava bamboline di ceramica o di porcellana e avevano la stessa espressione di lei.

La sua pelle sembrava compatta e morbida…Cazzo! Era una continua contraddizione il vederla!

Quello sguardo così ingenuo mi riempiva di desiderio, il suo corpo sembrava non avesse bisogno di alcuna protezione ma al tempo stesso appariva così fragile come se potesse rompersi flettendosi, avrei voluto toccare una sua mano per costatarne la temperatura e per potergliela stringere…

Mi voltai in fretta e mi sedetti cercando di smaltire il calore che mi bruciava addosso, pure il mio corpo mi sembrava troppo piccolo in quel momento, non mi conteneva.

Sentivo la testa più pesante, avrei desiderato accasciarmi sul banco fresco, sentivo il respiro farsi pesante e difficile da mantenere costante, forse non stavo molto bene.

 

Bla bla bla… parole senza voglia di uscire, passavano le ore e i professori si scambiavano il posto svogliati di parlare al vento classe dopo classe, nessuna voglia di imparare ciò di cui non si ha voglia di apprendere, gesso sprecato sulla lavagna, occhi stanchi e orecchie sorde, nessun incentivazione, nulla di interessante, cose che alla fine dell’anno scolastico non applicherai mai…

Già mi vedevo dietro un bancone di un supermercato malandato a passare i codici a barre con gli infrarossi e imbustare cibo…

“scusi signora, aspetti che la informo della radice quadrata della sua spesa, ci vorrà un attimo…” ma per favore! So già di mio che non diventerò un matematico o un fisico, non riesco ad apprendere ciò che non desidero.

Le ore passavano indolenti e sentivo il sonno pesarmi sugli occhi, anche se provavo un lieve sentore dietro la schiena, mi sentivo osservato, ma era solo un’impressione.

La campana che segnava la ricreazione mise in fermento la classe, io desideravo solo chiudere gli occhi e riaprirli a casa.

I corpi dei compagni si ammucchiarono davanti alla porta intasandola, non avevo alcun desiderio di ammassarmi anch’io, a poco a poco tutti uscirono fuori, tutti tranne una persona…

Sentivo una presenza accanto a me, una presenza che conoscevo appena, era la ragazza.

Angie restò a guardarmi senza emettere fiato, forse non guardava me direttamente ma qualcosa sul banco, mi alzai a guardala intimorito dall’effetto che potesse far rinascere in me come la lontana prima ora.

Guardava proprio me, non fiatava, forse mi aveva chiesto qualcosa e non l’avevo sentita. Continuava imperterrita e la cosa mi metteva a disagio.

‹‹ Emh…ciao…? ››, ma che poteva volere?

‹‹ Ciao. ››, rispose con decisione, quasi antipatica.

Non disse più nulla…ma che voleva?

Raddrizzò le spalle e vidi in quegli occhi color petrolio una scintilla.

‹‹ Mmm…stai male. ››

…?

Ma ho sentito bene ho mi ha detto che sto male? Non ci voleva un genio per capirlo ma non mi aveva rivolta la parola da quand’era cominciata la scuola e adesso si presenta per dirmi questo?

‹‹ E tu che ne sai? ››

‹‹ Occhi lucidi, viso arrossato, sei febbrile. Sei estremamente statico. Stai male, ti conviene chiamare a casa. Non vorrai esalare il tuo ultimo respiro in classe? ››

Carino il suo modo di tranquillizzare le persone! Ma si vedeva così tanto che ero malconcio? Nemmeno i professori con cui sono stato quattro anni si sono degnati mai di preoccuparsi e quella ragazza sconosciuta mi aveva consigliato di telefonare, si preoccupava o cosa?

‹‹ Non ci tengo, grazie. Non sapevo avessi una laurea in medicina. ››

‹‹ Non ce l’ho infatti, ma si riconosce una persona quando è poco vitale.››

‹‹ Sei solo venuta a dirmi che sto male? ››, voleva fare la sapientona?

‹‹ Te l’ho fatto solo notare. ››, lanciò un rapido sorriso e uscì dalla classe lasciandomi solo come uno stoccafisso.

Non la capisco proprio, è una di quelle tipe lunatiche all’inverosimile che prima ti illudono e poi nemmeno ti considerano. Ne ho conosciute molte ma lei era ancora più strana.

Sentivo la testa scoppiare e appoggiai il viso sul banco…sollievo…

Stavo una merda così sfilai il cellulare dalla tasca e composi il numero di casa sperando che ci fosse qualcuno.

La campana era suonata e tutti stavano rientrando chiacchierando senza fare caso a me, la prof ancora non era arrivata come al solito, il telefono squillava e io desideravo che qualcuno rispondesse al più presto. Non ce la facevo proprio più…

‹‹…Pronto? ››, mamma! Grazie al cielo…

‹‹ Mamma, sono io non ti allarmare, non sto molto bene puoi venirmi a prendere per piacere? ››

‹‹ Che cos’hai? Ale che ti senti?? ››

‹‹ Sta tranquilla, non ho nulla di che…un po’ di febbre tutto qui…mamma? ››, la linea dall’altra parte era silenziosa, guardai il cellulare e sullo schermo apparve un messaggio.

“Il suo credito residuo è di 0.00 cent…” cazzo no!

Non immaginavo l’isteria di mia madre nel vedersi chiusa la chiamata in faccia, intanto la porta si aprì facendo passare la professoressa stranamente in anticipo, il cellulare iniziò a squillare, era mamma e la prof mi guardò malissimo.

‹‹ Non si possono tenere cellulari in classe Cortese! ››, lo afferrò con rabbia.

‹‹ Prof è mia madre e io…››

La vidi avvicinarsi socchiudendo gli occhi, rispose alla chiamata scettica.

‹‹ Pronto signora sono la professoressa di suo figlio. ››

Restò ad ascoltare la risposta infervorata dall’altro capo del telefono. Appoggiò una mano alla fronte e mi guardò agitata.

‹‹ Ha la febbre alta! ››

Cazzo! Se diceva questo a mia madre quella mi moriva!

‹‹ Scusate ragazzi…››

Uscì fuori dalla classe con il mio cellulare, ma come cazzo si permetteva a rispondere alle mie chiamate?!

I miei compagni intanto bisbigliavano e io mi sentii mortificato. Bah!

Non avevo alcuna voglia di farmi le paranoie su quello che potevano dire o pensare.

Iniziai a mettere i libri dentro lo zaino quando entrò Angie, mi guardava come se avessi una faccia diversa da quando era uscita, rientrò la professoressa agitata porgendomi il cellulare.

‹‹ Tua madre sta arrivando Alessandro, sta tranquillo, curati e non prendere freddo! ››, la ragazza parve capire solo in quel momento che la febbre aveva avuto il sopravvento.

‹‹ Avevi ragione tu…ho la febbre alta. ››, la informai, forse poteva veramente vantarsi di prendere un dottorato in medicina.

‹‹ Morante che ci fai in piedi? Va a sederti…››, la rimproverò la professoressa.

Lei andò al suo posto lanciandole un’occhiata di sbieco, dopo cinque minuti un bidello porse una giustificazione alla professoressa, lasciai la classe augurando una buona continuazione, lo sguardo di Angie mi seguì fino alla mia uscita dalla porta.

Mia madre mi aspettava in macchina piuttosto scazzata.

‹‹ Mamma? ››

‹‹ Avevo ragione io! Né tu né tuo padre dovete più permettervi di contraddirmi! Se ti dico che stai male: tu stai male. ››

Sorrisi per quella sfuriata infantile di nascosto, era molto seria e non avevo voglia della sua voce perforante nell’orecchio.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** [ 7. Sorpresa ] ***


[ 7

Per festeggiare la fine degli esami di riparazione posto il capitolo 7 =D

Spero vi piaccia, incrociate le dita per me che mi vada bene ›.‹ baci care

***

 

[ 7. Sorpresa ]

                                                                                              

E quelle mani così piccole e delicate…una presa da Dea da quant’era bella e forte! Amore passionale…prosciugante.

“Non possiamo!”, grida, lacrime…dolore.

“Non ti lascio! Io non ti lascio sola!”, testardaggine di un uomo ormai dipendente da una creatura, drogato del suo profumo, della sua voce e delle sue parole

“Devi!”, respingere con sofferenza un’altra persona è come tenerla stretta a se.

“Non me lo chiedere, io non ti abbandono”…

“Così morirai!”, ma non sarebbe morte anche stare lontano alla mia quotidianità? I fatti possono cambiare ma non stravolgersi in modo così brusco!

“Ti ordino di fuggire!”, ringhiò, ormai disperata, stanca…

“No!”

“Mi hai cambiata…mi hai reso l’esistenza vivibile, grazie…

 

Erano passati due giorni, ormai ero agli arresti domiciliari a casa, non avevo poi tutta questa gran febbre.

Ormai mi nutrivo solo di minestrine e petti di pollo, nemmeno alla casa di riposo per gli anziani…

C’è di buono che potevo drogarmi di video game senza preoccuparmi di essere sgamato da mamma, meglio che restare a letto a pensare…e pensare…e pensare…e pensare ancora!

In quel periodo poi non facevo altro che pensare alla ragazza “nuova”, ormai erano mesi che veniva a scuola con noi ma è come se la sua presenza fosse nulla.

 

‹‹ Ale? ››, mamma era più che stressante quando si preoccupava.

‹‹ Sì? ››, gridai per farmi sentire al piano di sotto.

‹‹ Ah bene, sei vivo. Non sentivo alcun rumore e credevo fosse successo qualcosa. ››

Per l’appunto…portai la mano in mezzo alle gambe come gesto scaramantico. Era peggio di un uccellaccio del mal’augurio.

‹‹ No mamma sto bene, sono ancora vivo! ››

‹‹ Bene! ››

Iniziava a farmi male la gola con quel continuo gridare così mi rimisi a giocare afferrando il joystick della mia play station 2.

‹‹ Ale? ››

E che cavolo!

‹‹ Che c’è mamma?! ››, e non poteva salire e parlare come i comuni mortali?!

‹‹ Hai una visita! ››

‹‹ Una visita? ››, bisbigliai tra me e me.

Chi cavolo poteva essere? Io non ricevo mai visite. Un qualche parente?

Vicini di casa? O Luke? No, Luke a quest’ora sarà in pizzeria a lavorare, cazzo quanto mi manca mangiare una pizza da Luke! Magari fosse lui che mi porta a casa una delle sue pizze come augurio di pronta guarigione!

‹‹ Emh…fai salire mamma! ››, spensi prontamente tv e consolle e mi catapultai a letto pizzicandomi le guance e strofinando gli occhi per farli arrossare.

Iniziai a lanciare qualche colpo di tosse in modo da non sembrare del tutto guarito. Se era Luke, il mio pizzaiolo di fiducia non che amico di famiglia non avrebbe resistito a offrirmi un trancio di pizza.

‹‹ Questa è la camera di Alessandro, scusa se è in disordine ma è stato veramente molto male, è grazie per esserti presa il disturbo di venire fin qui. ››

Eh?

‹‹ Io scendo in cucina, se hai bisogno chiama. ››, rise gentilmente mia madre dietro la porta e sentii i suoi passi scendere giù.

La porta si aprì lentamente e ne uscì fuori…Angie con una motosega in mano! Rideva sadicamente e l’atmosfera nella stanza diventò tesa, i colori delle pareti variavano dal rosso porpora a un intenso blu elettrico ma la ragazza non sembrava notare il cambiamento mentre accendeva la motosega molto più grande di lei e indossava una maschera da giocatore da hockey.

‹‹ Vieni Alessandro! Voglio fare un gioco con te! ››

Mi si scagliò contro e io scappai assistendo alla distruzione del mio letto, mi rincorreva all’interno della ridotta cameretta cercando di colpirmi, a nulla valsero le urla di aiuto, la casa sembrava vuota.

Saltavo dalla scrivania al comodino per poi correre sul tappeto e arrampicarmi sull’armadio mentre quella pazza psicopatica faceva a pezzi tutto ciò che gli capitava sotto tiro.

In quel momento la porta si aprì lasciando la visuale a mia madre, era contenta e teneva in mano un vassoio, sopra c’erano due tazzine e del the fumante.

‹‹ Vi ho preparato il the. Ne volete un po’? ››

I suoi occhi sereni non sembravano notare la gigantesca motosega che aveva distrutto la cameretta.

‹‹ Mamma scappa! ››, gridai, ma non mi sentiva.

Io correvo in quella camera che era diventata irriconoscibile e cercando di evitare i denti acuminati di quell’affare assistei alla vincita della sega a motore contro il vassoio di mamma recidendolo in due, il the e le tazzine caddero a terra facendo così una brutta fine.

Mamma sbatté per un attimo le palpebre, forse aveva capito la situazione!

‹‹ Mi è scivolato il the. Beh pazienza, vorrà dire che ne farò dell’altro, torno subito. ››
Ma che caz?!

‹‹ Alessandro…! ››, cantilenò la pazza facendo dondolare la motosega a destra e a sinistra.

‹‹ Aiutatemi! Vattene via! Non ti ho fatto nulla! ››

‹‹ Alessandro…! ››

Inciampai sul tappeto che avevo sempre detestato cadendo a terra, Angie mi aveva messo all’angolo e portò il macchinario ronzante sulla sua testa prima di abbassarlo tutto di un colpo…

Risaltai sul letto tutto sudato.

Guardavo le pareti della stanza tornate del loro normale color bianco latte.

La testa mi faceva male un casino e quando cercai la bottiglietta dell’acqua che tenevo sempre sul comodino afferrai la custodia di un dvd.

Era l’horror che mi ero visto la sera precedente.

La copertina raffigurava il protagonista, David, il giocatore di hockey che teneva in mano soddisfatto la testa mozzata del suo coach, tranciata di netto con la motosega del padre.

‹‹ Fottuto film di merda! Che d’altronde mi hai fatto pure schifo! ››

Lanciai il film a terra, lontano da me, solo dopo mi ricordai che era in affitto e mi precipitai a prenderlo per costatarne i danni, fortunatamente la custodia e il DVD erano integri.

‹‹ Alessandro? Ti sei svegliato? ››

‹‹ Sì mamma! ››

‹‹ Va bene. La cameretta è in ordine? ››

Mi guardai intorno, beh sì era in ordini.

‹‹ Sì mamma. ››

‹‹ Bene allora faccio salire. ››

Salire?  

‹‹ Salire chi? ››

‹‹ Una tua compagna è venuta a portarti i compiti! ››

Oh merda.

La porta si aprì lentamente e ne uscì Angie…senza motosega.

Cos’è? Il continuo del sogno precedente?!

‹‹ Non è stata gentile? ››, sorrise mamma lanciando delle occhiate maliziose alle spalle della ragazza.

‹‹ Ciao. ››, mormorò Angie avvicinandosi.

Io mi feci indietro allontanandomi da lei ed entrambe mi guardarono con aria perplessa.

‹‹ Tutto bene Ale? ››, chiese mamma.

Angie non parlava, ma non sembrava avere armi con se.

Era solo un sogno…molto realistico ma pur sempre un sogno impossibile…almeno spero.

Feci segno di sì con la testa inghiottendo ansia.

‹‹ Va bene…mi spieghi che ci fai a terra anziché stare a letto?››, il telefono dal piano di sotto iniziò a squillare.

‹‹ Oh! Telefono…››, così mamma si eclissò scendendo le scale.

Io tornai a letto lentamente guardando la bella sconosciuta osservarmi e prendere la sedia della mia scrivania per sedersi vicino a me.

‹‹ Ti ho portato i compiti. ››

‹‹ Grazie. ››

Silenzio.

‹‹ Prego. ››

Ennesima pausa.

Le conversazioni solitamente sono fatte di botta e risposta, ma tra le pause che impiegavamo per ribattere potevamo prendere un caffè.

‹‹ Allora…›› esordii ‹‹…chi ti ha dato l’indirizzo di casa mia? ››

Sorrise gentilmente…era più carina quando sorrideva e socchiudeva gli occhi, le fossette che si creavano la rendevano seducente e infantile.

‹‹ La segreteria della scuola. ››

‹‹ Ah capisco…››

Non ero del tutto sicuro che la segreteria potesse divulgare certe notizie, ma infondo non c’erano altre spiegazioni.

‹‹ E’ stato un gesto molto gentile il tuo. ››

Alzò le spalle come a voler sminuire il fatto.

‹‹ Non avevo niente di meglio da fare e poi è un mio dovere di compagna di classe. ››

Risi divertito.

Lei sbatté le palpebre e inclinò leggermente il capo da un lato non capendo il mio momento di ilarità mentre poggiava sul comodino un quaderno dov’erano appuntati gli esercizi e le lezioni che avevo saltato.

‹‹ Della classe sei l’unica  a pensarla così. ››

‹‹ Non ti capisco. ››

‹‹ Mi spiego meglio: sto in quella classe da quattro anni ormai, e non ho legato con nessuno, tutti troppo impegnati a litigare tra di loro. Mi sono sempre astenuto a tutto questo e quando restavo a casa per motivi di salute non ho mai ricevuto visite come la tua. ››

‹‹ C’è sempre una prima volta. ››

Parlava in modo meccanico, quasi stanco. Potevo capire che quella discussione non fosse delle più interessanti e lei ne fosse annoiata.

‹‹ Mh…a te come vanno le cose? ››

‹‹…››

‹‹ Non ne hai voglia di parlare? Ti capisco, tranquilla, non siamo così in confidenza da poter parlare di questo…ma sappi che se ti va di sfogarti liberamente puoi venire da me, io potrei ascoltarti…e…beh…anche consigliarti, c-certo non sei obbligata…m-ma a me non disturba…perciò…›

Il discorso più ridicolo di tutta la mia vita! Scoppiai di vergogna, ero partito tanto bene! Poi le parole si sono ribellate e sono uscite dalla mia bocca da sole, la cosa è diventata ancora più imbarazzante quando ho capito che misera figura stavo facendo e ho iniziato a balbettare.

Sentivo il viso in fiamme e volevo un po’ d’aria.

‹‹…grazie. ›› mormorò.

Poi la vidi accigliarsi per tornare nuovamente serena.

‹‹ Forse hai di nuovo la febbre alta, sarà meglio controllare. ››

Avvicinò la mano alla mia fronte, era fresca e piccolina, morbida e profumata, aveva uno strano odore…incenso?

Gli occhi iniziarono a vedere tutto il mondo attorno sfocarsi, la mano di Angie mi trasmetteva una strana sensazione di torpore, le palpebre diventarono macigni ma non era sonno…il cuore avrebbe dovuto rallentare i battiti non accelerarli…tamburellava forte, quasi fosse un colibrì impazzito.

Avevo nuovamente un attacco cardiaco…quelle fottute medicine non servivano a un cazzo.

Mentre il sonno mi raggiungeva cercavo di focalizzare il viso della ragazza, era così bella…un angelo…

Sorrideva soddisfatta, un sorriso dolce…

Il rumore di piatti infranti fece sobbalzare Angie distaccando così le dita dalla mia fronte, il cuore rallentò dolorosamente nel petto ma le urla di rabbia di mia madre mi fecero scattare verso il piano di sotto in cucina.

Mamma vibrava per la rabbia, era al telefono.

‹‹ NON TI AZZARDARE! APPENA ARRIVI A CASA STRAPPERO’ QUEL BIGLIETTO. LUI RESTA CON ME! MI HAI PORTATO VIA GIA’ UNA FIGLIA! NESSUNO TI HA DATO IL PERMESSO DI PRENOTARE UN BIGLIETTO PER LUI! ››

Mamma era così furiosa che prendeva i piatti bagnati messi a scolare sul lavabo e li gettava con forza alla parete, i frammenti si disperdevano sul pavimento.

‹‹ Mamma smettila! ››, cercai di farla calmare.

Sentivo la presenza della ragazza dietro di me ma non mi girai per controllare l’espressione che poteva avere in quel momento.

Afferrai il braccio a mamma togliendole dall’orecchio il cordless che vociferava.

Staccai la chiamata e abbracciai il corpo tremante di mia madre, singhiozzava e mi stringeva…

Quando si calmò le asciugai le lacrime, solo in quel momento mi ricordai di avere un ospite, mi voltai verso Angie ma lei non c’era più, se n’era andata…

 

***

Alla prossima a tutti, grazie a tutti coloro che continuano a leggere =) mi fa piacere.

 

Ladywolf: La famiglia di Alessandro è uguale alla tua xD mi dispiace allora, mi fa piacere che ti sia piaciuto ^^ spero di sentire ancora la tua opinione sul prossimo.

 

MaRtA HaLe: Alessandro è mio ›.‹ questa tua proprietà non la capisco ›.› tsè, e poi è ovvio che è sprecato per fare il cassiere ;) facciamo un patto, nei giorni pari è mio nei dispari tuoi v,v o così o niente. Baci pingu pinguinosa.

 

space_oddity: che gentile T_T mi fa piacere che ti sia piaciuto, e poi Alessandro è una sagoma xD se ne esce con certe sparate…riguardo la matematica…penso che quella utile si fermi alle elementari. E dire che oggi ho fatto l’esame! ›.‹ brrrrrrutto. Spero di risentirti presto =D

 

 

 

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Capitolo 8
*** [ 8. Confusione ] ***


Sono viva

Sono viva! =D scusate per l’attesa ma ho avuto il computer a riparare e solo oggi me l’hanno riportato! Il mio piccolo T.T non ti abbandono più!

Aveva 8 virus °-°” cavolo, e io che lo prendevo a parole perché mi si bloccava! Allora ultime novità? Sono stata promossa ma ormai è passato più di un mese e non fregherà più a nessuno xD comunque ringrazio tutte quelle che non mi abbandoneranno, siamo già al capitolo 8 O.O devo mettermi di impegno a scrivere >.<

Vi lascio leggere in pace.

Prima però devo ringraziare in particolar modo Vitani o.o ha commentato tutte le storie che ho pubblicato praticamente, non sei normale xD grazie per aver perso tempo con me.

Ci vediamo nell’angolino di risposta alle recensioni precedenti!

***

 

 

[ 8. Confusione ]

 

 

Ero al Concilium fisicamente ma avevo la mente chilometri di distanza. Il ronzio delle chiacchiere delle altre esistenze che discutevano era lontano e impreciso, rimescolavo svogliata la cena che avevo nel piatto incapace di capire cosa fosse.

 

‹‹ Non ne hai voglia di parlare? Ti capisco, tranquilla, non siamo così in confidenza da poter parlare di questo…ma sappi che se ti va di sfogarti liberamente puoi venire da me, io potrei ascoltarti…e…beh…anche consigliarti, c-certo non sei obbligata…m-ma a me non disturba…perciò…››

 

Era così interessato? Nessuno era mai realmente preoccupato per me, era sempre tutto un torna conto personale…

Mi aveva infastidito quella premura, non avrebbe dovuto impensierirsi almeno non per una come me.

Desideravo realmente farla finita prima possibile ma poi le urla della madre mi hanno distratta. Stava diventando un’abitudine il non riuscire a concludere…

 

‹‹ …gie? Ehi Angie ma che fa? Dormi? ››

‹‹ Eh? ››                                                                          

Duncan mi passò la mano davanti agli occhi divertito.

‹‹ Ti ho chiesto che ti prende per ora. ››

Eravamo tutti nel salone che cenavamo. I lucernari illuminavano la tavola rettangolare piena di cibo, io ero seduta al centro e Duncan continuava a fissarmi suscitando la curiosità delle altre morti.

Lo sguardo innocente di Melanie si concentrò con vivo interesse su di me. Era la morte per vecchiaia, aveva 5 anni, assorbiva le conoscenze e l’ energia delle sue prede prendendo così esperienze e vitalità, era sempre una ficcanaso capricciosa ma cosa si può volere da una bambina?

‹‹ No, non ho niente. Ero solo in sovrappensiero…››

Melanie abbassò lo sguardo notevolmente insoddisfatta continuando a mangiare.

‹‹ Se lo dici tu…››, Duncan fu l’unico che durante il pasto continuò a lanciarmi occhiate pensierose.

Non poteva capire cosa mi passasse per la testa, soprattutto perché non lo sapevo nemmeno io.

 

Mi erano sempre piaciute le rose rosse, erano fiori profumati e molto apprezzati. Le rose erano le regine tra i fiori, ma inaspettatamente con la sua venuta sono riuscita a prediligere i fiori di ciliegio…semplici come lui…

 

‹‹ Signori! Eccomi qui per voi! ››, dicevo che era tutto fin troppo tranquillo. Adam era ritornato dalla sua mietitura, ora eravamo tutti al completo.

Quando eravamo al Concilium potevamo restare tutti insieme per un certo tempo, di fatti la giornata si congelava per un preciso numero di ore al di fuori dal palazzo e potevamo riposare.

‹‹ Divertito Adam? ››, domandò la piccola Melanie incuriosita dalle sue storie stravaganti ed enfatizzate.

‹‹ Da matti piccola! ››, si avvicinò a lei e si sedette al suo posto prendendola in braccio.

Lei iniziò a battere le mani incuriosita e io sbuffai imbronciata, intravidi lo sguardo di Adam scattare verso di me, forse si era accorto della mia protesta silenziosa.

‹‹ Tu ti sei divertita oggi? ››

‹‹ No…››, mormorò gonfiando le guance ‹‹ quei vecchi sono così noiosi…nessuno di interessante. Anche io voglio far esplodere le cose come te. ››, disse afferrandogli la giacca bianca.

‹‹ Un giorno lavoriamo assieme? Per piacereeee ››, cantilenò la marmocchia.

Lui sorrise divertito e affondò una mano tra i riccioli scuri della bimba.

‹‹ Perché no? ››

Lei sorrise compiaciuta e aspettò che iniziasse uno dei suoi soliti racconti. Era diventato il cantastorie di Melanie ma ormai tutti avevano sdegnato le solite storielle di Adam:

Lui. Due furgoni. Grande botto. Fine.

Questi erano i soliti elementi, era lui che allungava il brodo con frivoli dettagli.

‹‹ Io ho finito di mangiare, vado in camera mia. ››

‹‹ Non resti ad ascoltare? ››, domandò Duncan che era di fronte a me che aspettava anche lui l’inizio del racconto. Lo dicevo sempre che quel ragazzo era fin troppo paziente con tutti.

‹‹ Non mi va. ››

‹‹ Lasciala stare Duncan, Angie deve progettare come ammazzare quel ragazzo. Sai, non ne è capace…››

Cosa ha…detto?!

Il sangue mi si freddò nelle vene, Duncan lo guardò male mentre Melanie si girò stupita verso di  me e poi nuovamente su quel idiota che sorrideva contento.

‹‹ Non è ancora stato eliminato? ››

‹‹ No piccolina, non tutti si impegnano nel proprio lavoro. ››

‹‹ Taci Adam! ››, Duncan lo rimproverò vedendo il tremore della mia mano, stavo per esplodere.

‹‹ Sto solo dicendo la verità. E’ o non è morto? ››

‹‹ Io ti ammazzo. ››, sibilai.

Non era tecnicamente possibile, le morti possono solo eliminare gli essere viventi ma sono in grado di infliggere gravi danni ai loro simili rendendole incapaci di mietere, in altre parole inutili, e una morte che non può uccidere non serve. Solo la Madre può decidere di uccidere un suo figlio, un altro modo è il collasso inaspettato del corpo.

‹‹ Oh che paura. Non riesci a far fuori un mortale e pretendi di ferire me? Se vuoi, quando ho tempo, ti do qualche lezione privata che potrà esserti utile. ››

‹‹ Giochi con il fuoco Adam. ››, lo minacciai. Se provava solo a ribadire gli avrei staccato la testa.

‹‹ Secondo me sei tutto fumo e niente arrosto…›

…io l’avevo avvisato.

Mi lanciai contro di lui a palmo aperto, Melanie più veloce nei movimenti sfuggì dalle braccia di Adam, notando il mio slancio, scappando al sicuro. Adam non fu abbastanza lesto, gli conficcai le dita nella giugulare tranciandola.

Il sangue sgorgò sui nostri vestiti, gli sorrisi maliziosa mentre vedevo la sua incapacità nel respirare. Stava affogando nel suo stesso sangue e la cosa era soddisfacente. Quando tirai via la mano dalla gola lui sputò a terra il sangue che si era infiltrato nei polmoni e a poco a poco il taglio si cicatrizzò.

‹‹ Cazzo, il vestito buono. ››, tossì perdendo la sua eleganza.

Non c’era da stupirsi se il suo primo pensiero era rivolto agli abiti che indossava.

Nella stanza calò il silenzio, le altre morti fissavano la scena annoiate, solo Rachel sembrava disgustata mentre Melanie era contrariata.

‹‹ Stavi per sporcare anche me. ››, si lamentò.

‹‹ Ti sei spostata in anticipo, non rompere. ››

‹‹ Angie, se sei così brava da riuscire a colpire Adam perché non hai ancora fatto fuori il tuo umano? ››, domandò seria, aveva perso il suo lato infantile e grazioso.

Era una donna matura all’interno di un corpicino giovane.

‹‹ E’ quello che mi domando anch’io. ››, rimbeccò Adam massaggiandosi la gola.

 

Non lo so.      

 

‹‹…non ce ne sono state occasioni. ››

‹‹ Che bugiarda. ›› borbottò Adam.

‹‹ Chiudi quella ciabatta o vuoi che te la stacchi di netto quella tua testa vuota? ››

Non sorrise come suo solito si limitò solo ad aguzzare la vista per capire quanto del vero c’era nelle mie parole.

‹‹ Paura della verità mia cara? La Madre è stata aggiornata di recente?››, quella mocciosa iniziava veramente ad essere irritante

‹‹ No. ››

‹‹ Adam perché non svolgi il tuo dovere? Dovevi essere tu a controllarla. ››

‹‹ Io non ho bisogno di alcun baby-sitter. ››

‹‹ Mi sembra il contrario…sei più infantile di me. ››

‹‹ Tu hai solo 5 anni! ››, come si permetteva di parlarmi così?

‹‹ Forse come età ci sei, ma possiedo conoscenze che tu non avrai mai nemmeno se il tuo corpo resistesse per cent’anni. ››

‹‹ Tu…piccolo mostr…››, mi avvicinai a lei ma la mano sulla spalla di Rachel mi fermò.

Aveva lo sguardo duro, contrariato.

‹‹ Cosa c’è? ››

‹‹ Andiamo in camera tua. Ti devo parlare. ››

‹‹ Non ho niente da dirti. ››

‹‹ Beh io sì, perciò andiamo. ››, mi spinse per un braccio quasi con rabbia, mi infastidiva.

Arrivate in camera mia mi scostai mettendo conserte le braccia.

‹‹ Va a sederti. ››, ordinò indicandomi il letto.

Ma nemmeno per idea.

‹‹ Se devi parlarmi puoi farlo anche se sto messa qua. ››

‹‹ Per l’ultima volta: siediti. ››, il suo tono era scontroso ma flebile, ma si sentiva la rabbia ribollire nei suoi occhi.

L’accontentai malgrado il mio volere.

‹‹ Che diamine ti sta accadendo? Vuoi metterti tutti contro? ››

‹‹ Hai visto come si divertono a provocare! ››

‹‹ Angie non vorrai creare un disagio a tutti? Lo sai che Melanie e Adam sono dei soggetti influenti sulla Madre, se per caso dovessi risultare un problema per l’equilibrio qui al palazzo…si potrebbero prendere provvedimenti. ››

Trattenni il fiato, tutti noi sapevamo che i provvedimenti imposti dalla Madre non erano affatto piacevoli, lei puniva seriamente ogni tipo di contravvenzione.

‹‹…››

‹‹ Perché per ora sei così di cattivo umore? ››

Come potevo spiegarglielo? Con che coraggio gli avrei potuto dire che un umano mi faceva pena?

‹‹ Non sarà che hai qualche problema con il tuo parassita? ››

Scossi la testa energicamente, l’ospite indesiderato che avevo dentro di me non mi aveva creato grossi problemi, Rachel aveva visto molte morti andarsene così, il corpo era collassato d’un tratto.

La vidi sospirare di sollievo e mi carezzò la testa.

‹‹ Se hai qualche problema devi dirmelo lo sai, vero?›

Mi guardava con un sorriso buono, di quelli che dimostrano affetto, non avevo mai avuto una madre, ma scommetto che se fossi stata cresciuta da una mamma avrebbe sorriso allo stesso modo. Rachel non sarebbe dovuta diventare una morte, la vedevo bene come mortale, quelle incaricate ad accudire i piccoli di umano.

‹‹ Sei gentile, scusa se ti causo preoccupazioni, non lo vorrei. ››

‹‹ Tranquilla, in famiglia si ci aiuta a vicenda. ››

Famiglia…che parola sconosciuta e così poco azzardata per noi.

‹‹ Già…››, mormorai.

‹‹ Ti lascio stare allora…non dar troppo conto ad Adam o Melanie. Sono solo provocatori. ››

Le sorrisi debolmente e lei uscì silenziosamente dalla camera.

Sospirai massaggiandomi le tempie, quei due mi avevano provocato solo un  gran mal di testa.

Mi alzai a malincuore per prendere Marie Anne gettata scompostamente sulla cassettiera di quercia intarsiata, mentre stavo per prendere il corpicino della mia bambola intravidi la mia figura allo specchio, il vestito era ricoperto di sangue e le braccia nude erano ricoperte di righe e schizzi. Adam me l’avrebbe pagata!

Sbuffando mi avviai verso il bagno con la veste da notte che penzolava al braccio, una doccia calda mi ci voleva.

Mi lavai le mani sporche e rosse del sangue di quell’essere. L’acqua scendeva sul corpo purificandolo e sciogliendo le tensioni, lavavo via i pensieri inopportuni ma il viso imbarazzato di Alessandro di quel pomeriggio invadendo così la mia mente.

 

‹‹ Non ne hai voglia di parlare? Ti capisco, tranquilla, non siamo così in confidenza da poter parlare di questo…ma sappi che se ti va di sfogarti liberamente puoi venire da me, io potrei ascoltarti…e…beh…anche consigliarti, c-certo non sei obbligata…m-ma a me non disturba…perciò…›

 

Quelle parole…cadevano come grandine nei miei ricordi, tempestandoli di sorrisi imbarazzati e gentilezza.

Chiusi l’acqua sentendo il corpo scuotersi, forse la temperatura era troppo alta, mi sentivo debole. Indossai la veste lunga e mi asciugai i capelli umidi, sentivo dolermi le ossa, non desideravo altro che andare a stendermi.

Anche quando raggiunsi l’ambito letto il ricordo del ragazzo bussava alle porte del ricordo, l’ultima cosa che vidi prima di addormentarmi fu il suo viso basso e arrossato…

 

sappi che se ti va di sfogarti liberamente puoi venire da me, io potrei ascoltarti…e…beh…anche consigliarti

 

Quella mattina a scuola il ragazzo era tornato. Fisicamente stava bene, si vedeva dal colorito e dalla sua attività respiratoria, ormai il malanno era sparito.

‹‹ Cortese. Ben tornato tra di noi, hai portato il certificato medico? ››

‹‹ Certo. ››, comunicò al professore porgendoglielo per poi tornarsene a sedere davanti a me.

‹‹ Spero tu ti sia prodigato a tenerti aggiornato con il programma…›

‹‹ Sì, qualcuno mi ha portato i compiti. ››

La classe si guardò attorno mentre il professore, indifferente, iniziò a spiegare la lezione alla lavagna.

Il ragazzo si girò verso di me allungandomi un quaderno rosso porpora.

Era quello che avevo lasciato a casa sua, le lezioni erano state scritte a penna sulla prima pagina. L’avevo scritte il pomeriggio al Concilium, tutta una montatura per poter andare a casa sua per completare il mio di compito.

‹‹ Perché te ne sei andata senza dire nulla? ››, bisbigliò guardandomi male.

Voleva sapere la verità?

‹‹ Perché si era fatto tardi…e non era un buon momento per interrompervi. ››

Mormorai ricordando della crisi che aveva avuto la madre.

‹‹ Cortese girati! Non disturbare la signorina Morante che cerca di seguire la lezione! ››

‹‹ Mi scusi. ››, borbottò.

Ed io sospirai nel vederlo darmi nuovamente le spalle, si acquattò sul banco e iniziò a scribacchiare qualcosa, forse ciò che il professore stava scrivendo alla lavagna.

Si stiracchiò e vidi sul mio banco cadere un pezzetto di carta ben ripiegato. Lo aprii incuriosita e trovai una frase scritta in modo ordinata e pulita.

 

Avresti potuto anche salutare. Tu non me la racconti giusta.

 

Sospettava? Aveva le mani dietro la schiena, il palmo aperto. Aspettava la mia risposta. Presi una penna e iniziai a scrivere… glielo passai silenziosamente.

 

E di grazia, quale sarebbe la verità? Illuminami.

 

Sarcasmo pesante. Sembrava gli stessi dando dell’idiota.   

Poco dopo ricevetti indietro il biglietto.

 

Non lo so. Perché non me la dici tu la verità?  

 

Mi credeva così stupida?

 

Ma così è troppo facile,no?

 

Si grattò la testa mentre cercava di dare un senso alle mie parole, era buffo. Forse mi stavo esponendo troppo ma era troppo divertente…

 

Mi toccherà indagare su di lei signorina Morante…

 

La cosa non mi faceva più ridere.

 

Non credo riuscirai nella tua impresa.

 

Perché? Non sottovaluti le mie doti da detective.

 

Non poteva scoprire nulla su di me, roteai gli occhi e scrissi velocemente una risposta consegnandoglielo.

 

Staremo a vedere.

           

Lo vidi voltarsi dalla mia parte sorridendo.

‹‹ L’ho preso come un fatto personale ormai. ››

E si voltò nuovamente verso la lavagna.

 

***

Eccomi qui a rispondere alle vostre gentili recensioni nel capitolo Sorpresa:

 

Ladywolf: Grazie per la pazienza che riversi nei miei confronti *inchino* troppo gentile. Sono contenta che ti sia piaciuta la scena della motosega xD sono stata promossa per fortuna. Spero ti riprenda dal tuo blocco da scrittrice, dai non durerà per sempre…forse XP scherzo scherzo.

A presto cara.

 

dolceGg94: Dai che ti sei ripresa a recensire! Per questa volta ti perdono perché sono brava ù.ù  Rachel non è un personaggio molto amato, mi fa piacere che ti piaccia *__* spero che in questo capitolo continua a piacerti ^^

 

MaRtA HaLe: Te lo ripeto per l’ultima volta…Ale non è tuo! è.é Maledetta pingu! Io ora so tutta la tua fan! Non puoi più ricattarmi! Muahahah! =P

Pingu ti adoro…

 

space_oddity: Ma ciao *___* non c’è bisogno che ti inchini v.v è solo un capitolo come un altro. Ho letto l’ultimo aggiornamento della tua storia e sai che l’adoro *__* beh ora l’ho ripetuto nuovamente. Spero ti sia piaciuto anche questo ottavo capitolo, a presto cara ^^

 

Vitani: ripeto, tu sei pazza xD sono contenta che ti piaccia la storia di Angie, non mi aspettavo una lettrice così. ^^ spero che non ti abbia deluso, proverò ad aggiornare presto (cosa poco probabile T.T)

Grazie ancora :)

 

Un bacio a tutte *_* ci sentiamo presto…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** [ 9. Ricerca] ***


[ 9

[ 9. Ricerca]

Ad Angelo, una scena del capitolo è tutta per te, mi hai ispirato ^^ chissà se capirai qual’è xD Grazie di essere così gentile nei miei riguardi.

 

Okay.

La cazzata l’ho fatta…e ora?

 

La curiosità…uccide.

 

Non avevo capito nulla della lezione di letteratura, per di più avevo detto ad Angie che avrei capito cosa nasconde.

Era una ragazza adottata? Con chi abitava? Era una di quelle che amano etichettarsi e si considerano diverse e che nessuno le capisce? Le famose emo tutte in nero?

Ricorda: la prossima volta controllale i polsi.

A pensarci bene però…aveva il viso pulito, non aveva bisogno di trucco, era bella anche senza, era una ragazza acqua e sapone con eccentrici gusti nel vestire, tutto qui…

Ecco che ci risiamo. La mia ossessione opprimente.

Come potevo sapere qualcosa in più su Angie senza che me lo dicesse lei di persona?

Camminavo per i corridoi della scuola sovrappensiero cercando di trovare un modo semplice per uscire da quella situazione, l’ora di educazione fisica per me non era altro che un’ora buca in cui poter fare di tutto tranne che disturbare le altre classi ovviamente, l’esonero dalle attività sportive non era tutta questa gran perdita.

Fin da piccolo mi è stato diagnosticato un problema cardiaco, il cosiddetto “soffio al cuore”, comunque sia, non è mai stato un grande problema, l’importante è non compiere grandi sforzi fisici.

La musica nel mio mp3 procedeva brano dopo brano senza fermarsi fin quando una voce che mi chiamava lontana mi costrinse a concentrarmi oltre alla canzone.

Mi voltai e vidi la professoressa La Greco ripetere il mio nome, staccai il lettore e le andai incontro, era affannata e in viso si poteva leggerne la spossatezza.

‹‹ Alessandro! Mi devi aiutare! ››

Oddio…una professoressa che chiedeva aiuto ad uno studente non era di tutti i giorni.

‹‹ Dica prof. ››

‹‹ Devo scappare in IV° C per far svolgere il tema ai ragazzi, ma il preside mi ha trattenuto a lungo nel suo ufficio e mi sono scordata di prendere le fotocopie con le tracce dei temi in segreteria! Puoi andare a prenderle tu per me? Ora dovresti avere Educazione fisica perciò non dovresti avere impedimenti, no? ››

Che palle quando i tuoi insegnati conoscono l’orario scolastico delle proprie classi!

‹‹ Non si preoccupi, vado io a prenderle per lei. ››, mi rivolsi sorridendo mentre avrei voluto rispondere semplicemente “Se soffre d’ Alzheimer  che colpa ne ho io? Se le vada a prendere da sola le tracce dei suoi schifosissimi temi e mi lasci l’ ora libera, brutta befana! Che poi il 5 dell’ultimo compito in classe era pure ingiusto!

‹‹ Bravissimo! Fa presto allora! Questa è la chiave del mio scompartimento. ››, detto questo scappò verso la sua classe. La IV° C era famosa per i disastri che combinavano in classe.

Una volta uno di loro ha preso una bottiglietta di plastica con cui tutti giocavano a lanciarsela come se fosse una palla e l’ha accidentalmente scaraventata fuori dalla finestra distruggendo la vetrina del negozio di cartolibreria di fronte.

Il seguito…è meglio non saperlo.

Giocherellavo con la chiave di ferro mentre mi incamminavo in segreteria, c’era confusione e nessuno badò a me. Aprii la porta per entrare nel piccolo ripostiglio che faceva da archivio, trovai con facilità l’armadietto della prof e presi le fotocopie delle tracce.

Solo allora vidi che dietro di me si trovavano gli schedari degli alunni dell’istituto, all’interno di quegli armadietti c’era tutta la vita di ogni singolo studente…e studentessa.

                         

                         Non credo riuscirai nella tua impresa.

 

Errore mia cara Angie. Errore…

La consapevolezza del gesto che stavo per compiere mi fece esitare, ma solo giusto il tempo per ricordarmi che era lei a non voler venirmi incontro.

 

Chi l’avrebbe mai detto che avrei contratto per te la Sindrome di Stoccolma? Proprio tu che sei la causa di tutti i miei mali e per questo dovrei odiarti…non ci riesco. Anzi…

Sei diventata un pensiero tossico e la cosa mi manda in paranoia.

Lo sapevi? La vittima a volte si innamora del proprio aguzzino.

 

Con il polpastrello cercai sui cassetti quello contrassegnato dalla lettera “M”, quando lo trovai, tirai forte lo sportellino che si aprì con un suono metallico.

Al cognome Morante sussultai, presi frettolosamente il fascicolo e se qualcuno fosse entrato in quell’istante mi avrebbe colto in flagrante.

L’invasione della privacy e la sottrazioni di documenti erano gravi reati nel mio Paese.

Nascosi il fascicolo sotto il giubbotto che indossavo e presi le fotocopie per la prof.

Okay…Calmo, respira. Esci disinvolto e per carità non farti beccare perché se no, sono guai…e chi la sente a mamma se scopre che ho rubato documenti alla scuola?

Uscii dallo scomparto per entrare in segreteria, tutti erano indaffarati, chi lavorava al computer, chi compilava moduli e parlava contemporaneamente al telefono, camminai lentamente sentendo scivolare il fascicolo da sotto il giubbotto.

Merda. Merda. Merda. Merda. Merda.

Avanzai spedito verso la porta d’uscita.

‹‹ Scusa? ››

Cacchio…!

‹‹ Emh…Sì? ››, mi voltai verso la donna, era una delle segretarie della scuola, era slanciata e aveva i capelli corti e cotonati, una gran bella donna sulla quarantina se non fosse per la smorfia di disappunto che le imbruttiva i lineamenti.

‹‹ Sei uscito dall’archivio…››

Avrei voluto negare con tutto me stesso, se non fosse per il fatto che mi trovavo proprio con un piede ancora in segreteria.

Annuii con cautela sudando freddo, sentivo la cartelletta di Angie pulsare tra la maglietta e il giubbotto come a voler urlare “sono qui! Aiutoooooo”.

Mi avvicinò una mano al viso ed ero pronto a subire lo schiaffo quando vidi nel suo palmo una piccola chiave in ferro.

‹‹ Hai scordato la chiave lì, sta più attento la prossima volta per piacere.››

Sapete quando sentite il cuore frenare tutta una volta dentro al petto e vi sentite mancare? Beh, è quello che mi è successo in quel momento.

‹‹ G-Grazie. ››

‹‹ Di niente. ››, mi restò a fissare incuriosita…‹‹ ti senti bene? ››

‹‹ Sto una meraviglia! Ora devo andare a portare le fotocopie alla prof che sono in ritardo, mi scusi. ››

Scappai dal corridoio ancora sott’occhio dalla segretaria e mi diressi verso la IV° C, i corridoi erano deserti e sistemai per bene il fascicolo in modo che non cadesse inaspettatamente.

Quando entrai in classe gli studenti mi fissarono di malo modo, beh peggio per loro, avrebbero fatto il tema in un’ora e mezza, infondo non era colpa mia se la professoressa aveva dimenticato le tracce.

‹‹ Grazie Alessandro. Puoi andare. ››

‹‹ Prego professoressa, è stato un vero piacere. ››

 

La classe era vuota e il mio primo istinto fu quello di mettermi a leggere la vita privata di Angie…

Che cosa deplorevole…

Afferrai con forza il fascicolo e lo ficcai per bene nello zaino con rabbia.

‹‹ E ora stai lì! ››

Da quando mi facevo tutti sti problemi per una ragazza?

‹‹ Con chi stai parlando? ››, mi voltai verso la porta e ci trovai Angie a fissarmi con un sopracciglio ben inarcato.

Sentii le orecchie andare a fuoco.

‹‹ C-Con nessuno. Cioè non sono pazzo per parlare da solo. E che stavo pensando ad alta voce, ecco. ››

‹‹ Va…bene. ››, rispose scandendo bene quelle due parole.

Perfetto. Ci mancava solo che mi prendesse per un decerebrato.

La vidi incamminarsi verso la finestra infondo alla stanza e sedersi sul banco ad osservare il cielo stranamente acceso quel giorno, era serena e silenziosa mentre studiava il mondo al di fuori di quel vetro che l’ostacolava.

Sbuffando mi misi a sedere al mio solito posto prendendo dalla tasca il mio fidato mp3.

Conteneva canzoni che non sentivo da un secolo ma ascoltarle non faceva altro che piacere, facendo rievocare in me ricordi sepolti da tempo.

Quando sentii partire il suono dolce di una chitarra a me molto familiare non potei evitare di sussultare.

Guardai prima la ragazza, poi la traccia che scorreva sul display e poi di nuovo la ragazza.

 

Verdena: Angie 

 

Prima o poi mi sparerai alle spalle, Angie 
Credi in ciò che fai 
Senza lacrime mi distruggerai 

Questa scena…mi è familiare…


Laverai le tue mani rosse, Angie 
Scuro più che mai 
Senza lacrime ti addormenterai 

 

Senza lacrime? Lo faresti davvero uccidermi senza soffrire?

 

Come mai, che ne sai, semmai, 
Rido in lei semmai 
Nei tuoi nei io mai 

 



Lunedì è il giorno delle streghe, Angie 
Sai come si fa 
Senza lacrime, mi distruggerai 



 

Ora mai, che ne sai, semmai 
Rido in lei semmai 
Nei tuoi nei io mai



Le ultime note inquietanti mi attanagliarono lo stomaco. Staccai la musica, provavo un leggero senso di nausea, forse il cervello era arrivato alla conclusione prima che potessi seguirlo. Vedevo la figura di Angie assorta in chissà quale catena di pensieri. Non ero tanto sicuro di volerlo scoprire…

Forse lei era qualcosa di più di quello che voleva far credere.

Forse…oh merda…forse lei era…era…

‹‹ Una strega. ››, bisbigliai inconsapevolmente.

Si voltò verso di me lanciandomi un’occhiata stupita.

‹‹ Scusa? ››

‹‹ Emh…››

Forza Ale…è la tua occasione! Lo sentivo dentro lo stomaco che qualcosa in lei non quadrava. Dovevo farmi coraggio.

‹‹ Lo sai…il lunedì è il giorno delle streghe, Angie. ››

…silenzio.

‹‹…tu hai qualche disturbo grave. ››, rispose sdegnata.

Forse ero saltato a una conclusione un tantino affrettata

‹‹ N-No! E’ la canzone!››, balbettai giustificandomi.

‹‹ La canzone? ››, ribadì scettica ‹‹ a me sembrava che mi stessi dando della megera. ››

‹‹ No! No! ››, cercai di riparare gesticolando.

A quel punto il suono della campana intervenne in mio soccorso e i miei compagni iniziarono a rientrare in classe dopo la loro passeggiata.

Già…il nostro professore di fisica compiva bene il proprio lavoro.

Senza farmi vedere iniziai a prendere a testate il banco per l’ennesima figura da pirla che avevo fatto. Peccato che come clown non valevo molto dato che Angie non si era ancora fatta una risata.

Sbuffando guardai lo zaino. Niente streghe o fantasmi, la vita di Angie era raccolta in un fascicolo di fogli ben custodito nella mia borsa e la prima cosa che avrei fatto tornato a casa era proprio andare a scoprirne i segreti.

 

Anche l’inchiostro può mentire. E tu lo sapevi bene Angie… 

 

***

 

Sono sadica sadica sadica! *W* povero Alessandro in fondo ti adoro ma mi diverte troppo farti fare la figura del cucciolo imbranato!

Intanto ringrazio i Verdena *_* amo le loro canzoni, soprattutto “Angie”!

Siccome sono rompi palle vi racconterò la strana storia della canzone ù.ù

L’ho scoperta quando avevo già scritto il terzo capitolo della Morte ha le labbra maledettamente dolci quando un mio amico (Angelo) leggendola

mi disse:

Angelo: Angie mi ricorda qualcuno…

Io: Chi?? O_O

A: Mmm…una canzone dei Verdena sìsì

I: Sul serio? O_o e di che parla sta canzone?

A: Di Angie ._.

I: Sì va beh ma di cosa parla di preciso, l’ho capito che ti ricorda Angie ._.

A: No! No! La canzone! Si intitola Angie!

I: o_______________o”

Sono rimasta shockata! E altri miei amici continuano a credere che per la storia mi sono dedicata alla ragazza dei Verdena xD comunque spero vi sia piaciuto il capitolo.

Passiamo alle recensioni che è meglio ^^

 

 

Ladywolf: Ti raccomanderò alle Morti quando rinascerai xD la Madre ne sarà contenta. Mia cara cosa ne pensi del capitolo? Spero non abbia esagerato con la perfidia :O Dimmi tu, sai che per me la tua opinione conta molto ù.ù ci sentiamo presto. Baci…

 

_HaDeS_: Caro anonimo recensore, sono ben lieta di averti fatto piacere questa storia. Apprezzo il tuo consiglio ma non credo farò mai una scena di fiki fiki in questa storia, spero di non averti deluso. La tua cara bellissima e stupendissima amica ti saluta -__-

A presto.

 

MaRtA HaLe: Ora mi sono stancata! è.é Prima Jasper poi Jackson non puoi prenderti pure Ale! Mi ribello ›_‹ E non vuoi farmi leggere le fan? Va bene aspetterò che le pubblicherai! Muahahah! -.- E se non finisci farò mettere Adam con Angie! <3 Sono perfida perfidaaaaaaaa *eco che risuona lontano*

 

space_oddity: Oooh che felicità leggere il tuo commento =D sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo. Povero Adam con la gola tagliata T^T siete tutte così cattive! E va beh ù.ù tanto non crepa facilmente. Sì Angie inconsapevolmente si sta avvicinando sempre più al nostro Ale. Chissà come finirà? Boh, chissà! A presto spero (che sia mio o tuo XP)

 

Un grazie di cuore per chi legge =) per non parlare di coloro che recensiscono ù_ù un saluto a tutte…

 

 

 

 


 

 

 

 

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Capitolo 10
*** [10. Inaspettato] ***


[10

[10. Inaspettato]

 

Il cuore che batte.

Lo sento.

Fa male.

 

Aprii la porta di casa trafelato, mi precipitai sulle scale per raggiungere la cameretta.

‹‹ Ale? Non si usa più salutare? Vieni a tavola che il pranzo è pronto. ››

‹‹ Non ho fame mamma! ››, urlai frettoloso aprendo lo zaino consumato dagli anni.

Gettai sul letto tutti i libri scolastici per poi afferrare il fascicolo spiegazzato. Merda.

Dal piano inferiore sentivo una sorta di battibecco ma non ci feci caso più di tanto, guardavo inorridito l’aspetto maltrattato del mio bottino preoccupandomi di come l’avrei riposto nuovamente nello schedario.

Con le mani cercai di ridargli la forma originale distendendo gli angoli tutti stropicciati.

Quando il fascicolo prese un aspetto accettabile aprii con desiderio la prima pagina. Stavo per carpire la vita di Angie…avrei saputo tutto di lei…

La porta della stanzetta si aprì di colpo facendo schizzare il mio cuore alle stelle, con un gesto automatico nascosi il mio bottino sotto il cuscino.

‹‹Alessandro Cortese! Ho detto che il pranzo è pronto e tu devi scendere a mangiare come tutti noi! Dov’è finita l’educazione?? ››

‹‹ M-Ma ho già mangiato a scuola…››, bugia. Ero così concentrato sulla ragazza che lo stomaco era chiuso.

‹‹ E allora vorrà dire che resterai a tavola a guardare noi mangiare. Scendiamo ora! ››, mi afferrò per un braccio e mi trascinò letteralmente al piano di sotto.

‹‹ Ahia! Mi fai male! ››

Mia sorella mi guardò con tutta la pena che si può provare per un cucciolo maltrattato, mio padre invece mangiava la sua porzione di pasta in silenzio senza degnarci di uno sguardo.

‹‹ Perfetto. Ora che siamo tutti qui posso stare più tranquilla. ››

Per qualche minuto il silenzio era sovrastato solamente da posate che tintinnavano scontrandosi tra di loro e bicchieri riempiti finché mio padre non decise di intervenire…

‹‹ Stavo pensando…che io e Stefania non ci fermeremo qui ancora per molto…e così, beh come dire? Vorrei portarvi a fare un giro fuori paese. Che ne dite? ››

Ah…papà sarebbe andato via di nuovo. Stavano per iniziare le vacanze di natale, perché non restava ancora un po’?

‹‹ Non so, devo pensarci su. ››, rispose mamma con durezza.

‹‹ Avanti Margherita, non fare la scontrosa. ››, rimbeccò mio padre con dolcezza.

‹‹ Deciderò più tardi. Ora finite di pranzare, si raffredda.››

 

Tornato finalmente in camera chiusi la porta a chiave sperando di non essere disturbato per l’ennesima volta.

Arrivato al letto tirai fuori il fascicolo e ciò che lessi mi disarmò…niente. Non c’era niente di anomalo o strano, in sintesi era una ragazza comunissima senza genitori trasferitasi da poco nella nostra cittadina a casa di alcuni suoi zii.

Fine, nulla di più. Il segreto della misteriosa Angie non esiste.

Non so se ero più deluso dal finale scontato o sollevato dall’innocuità della ragazza…nacque sulle mie labbra un sorriso amareggiato.

Cosa speravo di trovare? Tutto era come doveva essere…

Strinsi i denti per l’irritazione e buttai i fogli che avevo ancora in mano sul letto.

‹‹ Dannazione! ››

Qualcosa non torna!

Mi buttai sul materasso coprendomi gli occhi con un braccio, la testa turbinava fastidiosamente.

 

Il pomeriggio stava passando così…tra un pensiero alla ragazza e uno al mio mal di testa, solitamente ero un tipo apatico che lasciava scivolare di dosso i problemi e le preoccupazioni, questa volta mi ero impuntato sul serio. Ma perché? Per pura curiosità? Perché ero affascinato da lei?

Forse la storia della strega non era del tutto infondata. Mi aveva ammaliato…

Ma che razza di stupidaggini vado a pensare?! Le streghe non esistono!

‹‹ Basta io ora esco. ››

Scesi al piano di sotto, mamma a quell’ora era al lavoro, gestiva un piccolo negozio di fioreria, non guadagnava chissà quanto ma bastava a farci tirare avanti in più papà riversava mensilmente sul conto della mamma una parte dei suoi guadagni. I miei genitori non erano come la maggior parte dei divorziati, litigavano come cane e gatto ma molto infondo si volevano bene…ne ero sicuro. Papà sarebbe tornato a trovarci anche senza le continue l’incentivazioni di Stefania.

Afferrai la sciarpa dal appendiabiti e me la legai per bene attorno al collo e indossando il mio giubbotto nero uscii di casa.

Il tempo era bello ma il freddo pungente si faceva sentire, mi avviai verso il parco storico con calma, l’essermi allontanato da quelle quattro mura era stato un toccasana, era come se avessi lasciato le paranoie nella mia stanza pronte ad attendere il mio ritorno.

Ovunque volgessi lo sguardo non vedevo altro che lucine luminescenti appese sui balconi, l’aria natalizia la sentivo onnipresente…

Mentre camminavo sulla via ciottolata mi sentii a disagio, il parco era pieno zeppo di coppiette felici, io ero solo.

La cosa non mi aveva mai infastidito, le ragazze erano sempre state un fatto estraneo da me, ma ora mi sentivo in un certo modo…escluso.

Escluso dalle interazioni umane, anche tra quelle più semplici.

Sarà che all’età di 17 anni non ho mai incontrato qualcuno a cui voler bene ma non mi è mai capitato qualcuno che provasse in un certo senso una simpatia nei miei riguardi. O più semplicemente le ragazze mi sono sempre state sulle scatole da quando avevo 11 anni.

A quell’età sono rimasto seriamente traumatizzato e scottato dalle discussioni infervorate che facevano le mie compagnette di classe.

 

Ricordo che stavo seduto in disparte alla ricreazione sentendo ridere le ragazze che si confidavano i loro pensieri, ero curioso…

‹‹ Mio marito dovrà essere bello, alto, biondo, con gli occhi azzurri e muscolosissimo! ››

Più sentivo le qualità che avrebbe dovuto avere il loro “futuro marito” più mi sentivo scoraggiato.

Poi uno sguardo timido mi intravide e sorridendo leggermente disse piano alle altre…‹‹ Anche Alessandro è carino però. ››

Quelle si girarono e contrariate iniziarono a urlare sguaiatamente zittendo l’altra.

‹‹ Alessandro è scontato! Ce ne sono a migliaia di ragazzi così! Invece un ragazzo dagli occhi verdi…quello sì che è bellissimo! ››

Ero “s c o n t a t o”. Non potevo essere ben voluto da nessuno perché ero troppo anonimo, inutile cerare di dare il meglio di se…alla fine tutti avrebbero guardato solo quello che mostravi all’esterno.

 

Sorrisi triste al pensiero, a volte i bambini sanno essere crudeli.

Erano passati sei anni d’allora, le cose non erano molto cambiate effettivamente, non ero riuscito a trovare la persona adatta con cui condividere i miei sorrisi e le mie giornate, forse è meglio così, non voglio che un sorriso alla fine si trasformi in una dolore…ma per quanto possa soffrire nei miei pensieri c’è sempre lei, trovo solo una persona per cui voglia veramente distruggermi…riesci a leccarmi le ferite? A togliere i punti di sutura che rattoppano la mia malinconia?

 

Philofobia. Tu sei stata la cura.

 

E forse per guarire dal mal d’amore dovrei veramente innamorarmi, e forse lo sono già ma mento a me stesso, e forse me ne sto rendendo conto solo ora guardando queste coppiette per strada sorreggersi a vicenda stringendosi la mano.

 

AAAAAAH! Troppa confusione!

Non sapevo di essere così stupido! E pensare che mi reputavo un ragazzo intelligente!

 

L’ a m o r e    r e n d e    s t u p i d i. . .

 

Cosa devo fare con te? So di volerti ma non so come poter reagire…

 

Continuai a camminare, forse più per abitudine che non per altro, non sapevo dove stessi andando. E’ capitato a tutti, no?

Voler andare lontano da tutto restando solo con se stessi per pensare, riflettere su cose che tra qualche tempo perderanno d’importanza o valore. Girovagando mi trovai con gran sorpresa per una strada conosciuta, attraversata chissà quante volte. La percorsi fino alla fine ritrovandomi davanti a un piccolo locale anonimo, l’insegna blu accesa era un chiaro invito ad entrare, non me lo feci ripetere due volte.

Appena entrai l’odore di pizza e legna bruciata mi invase, il Luke era sempre stato una seconda casa quand’ero più piccolo. Il campanello appeso alla porta tintinnò e da dietro la porta che conduceva in cucina spuntò una testa bionda riccioluta.

‹‹ Ale! Da quanto tempo! ››, disse euforica Gianna.

‹‹ Salve signora. Come sta? ››, domandai sorridendole gentile.

‹‹ Oh ragazzo, io sto una favola come sempre. ››, rispose facendomi l’occhiolino.

Gianna nonostante la sua età era la cameriera più euforica che abbia mai visto, faceva da mamma non solo al suo figlio pizzaiolo ma anche alla clientela, era rotondetta e sempre allegra, quando sorrideva era tutta fossette. Diffondeva allegria ovunque volgesse lo sguardo.

‹‹ Luca, c’è qualcuno che è venuto a farci visita. ››, urlò verso la cucina lasciandomi solo nella stanza, si erano fatte le sette e passa di sera, troppo presto per avere clienti.

‹‹ Tu mettiti pure comodo tesoro, arriva subito. ››, mi avvisò compiaciuta.

Presi posto come indicatomi e poco dopo vidi apparire Luke.

‹‹ Ohi Ale, come te la passi? ››, disse sorpreso mentre si asciugava le mani sul grembiule da cucina.

‹‹ Non mi lamento. ››, mormorai distogliendo lo sguardo dai suoi occhi indagatori.

Luke era un caro amico di famiglia, aveva aperto la pizzeria quando era ancora molto giovane, sua madre l’aveva sempre supportato in tutto…non come la mia che pretende di darmi la manina anche quando devo attraversare la strada.

Il Luke non è mai stato famoso come pizzeria, era piuttosto piccolo ma le pizze erano eccezionali, qualsiasi pizza gli si chieda sarà la migliore mai assaggiata.

Aveva 35 anni, ma sembrava dimostrarne dieci di meno con i suoi inconfondibili capelli ingellati e l’orecchino a cerchietto sempre presente, Gianna non lo sopportava, diceva che gliel’avrebbe strappato di notte mentre dormiva se non si decideva a toglierselo di sua spontanea volontà…la cosa brutte è che ci ha provato veramente.

‹‹ Sul serio? Uhm. Cosa ti porta qui dal tuo caro vecchio amico Luke? ››

‹‹ Che cosa se non la pizza? ››

‹‹ Oui mon ami, se è una pizza quella che vuoi, una pizza avrai. E dato che sei un caro cliente ti facciamo lo sconto speciale sulle patatine fritte. ››.

Risi, lo consideravo il fratello che non avevo mai avuto, l’unico amico con cui potevo parlare…e forse, in quel momento, avevo bisogno solo di quello. Parlare.

‹‹ Qualcosa non va? ››, disse osservandomi meglio.

‹‹ Umh… ››

‹‹ Oh andiamo! Da quand’è che non hai paura di dire a qualcosa al tuo caro Luke? E’ successo qualcosa? Anzi fammi indovinare…umh, sei triste perché non riesci a completare God of War che ti avevo lasciato a casa più di tre mesi fa.››  

‹‹ Non è colpa mia se quei fottuti cavalli sono un’infinità! Mi fanno urtare e poi hai visto quanto cavolo di vita han…›

‹‹ Alessandro. ››, mi interruppe sorridendo sarcastico.

Io smisi di gesticolare e abbassai gli occhi, nel frattempo rispuntò Gianna con una porzione grande di patatine fritte che appoggiò sul tavolo.

‹‹ Grazie . ››, disse allegro Luca mettendosi in bocca una patatina bollente.

‹‹ Non sono per te ma per Alessandro. Tieni tesoro, mangia. Io vado a preparare la tua pizza preferita, la Capricciosa.›

‹‹ Gentile come sempre Gianna. ››

‹‹ E’ un piacere. ››, e con questo se ne andò canticchiando in cucina.

Luke tornò a fissarmi malevolo, i miei occhi scappavano dai suoi.

‹‹ C-Cosa? ››

‹‹ Avanti…dimmi chi è. ››

‹‹ Chi è chi? ››

‹‹ La causa del tuo malumore. ››

‹‹ Amico…non per vantarmi ma ho più esperienza di te su questo campo e il tuo non è l’umore di uno che non riesce a superare il livello di un videogioco. ››

Non sapevo che le pene d’amore erano facilmente sgamabili.

Stavo per replicare qualcosa ma l’occhiataccia che mi riservò fu abbastanza da farmi rinunciare.

‹‹ Va bene. E’ una ragazza. ››

‹‹ E vorrei ben vedere, se fosse stato il contrario mi sarei preoccupato. ››

Lo guardai accigliato.

‹‹ Molto divertente. ››

‹‹ Questa non è una ragazza ma la ragazza, è un tantino diverso ricordando che razza di tardone sei. ››

Buttai gli occhi al cielo. Chi me l’aveva fatto fare entrare qui?

‹‹ To’, ingozzati. ››, dissi avvicinandogli il piatto di patatine, ne prese una e se la mise in bocca aspettando che iniziassi a raccontare…

 

‹‹ Angie, umh. Carina la tipa. Mi sa tanto di darkettona con problemi esistenziali, con tutto il tempo che hai impiegato per prenderti una vera e propria cotta avresti potuto prendere una meno egocentrica. ››, mi rimproverò.

‹‹ Non è affatto egocentrica! Dovresti vederla! E’ così…così…››

‹‹…diversa? ››, suggerì con tono affettuoso.

‹‹ Sì! ››

‹‹ Ale, se posso darti un consiglio eh…quando incontriamo una ragazza che consideriamo “speciale” la vediamo diversa dalle altre, ma è solo questione di tempo, tutte le ragazze sono uguali. ››

Ci rimasi male. Molto male…come poteva dirlo?

‹‹ Per me non hai ancora trovato quella giusta per te. ››

‹‹ Tu dici fratello? Non lo so, non ci spero più ormai…››, disse stiracchiandosi.

No, non potevo credere che Angie fosse uguale alle altre compagne, lo si vedeva lontano un miglio che era differente da tutte le altre!

Addentai con decisione l’ultima fetta di pizza tirandomi tutto il prosciutto.

‹‹ Non ti sporcare, mangi come un maiale, che figura ci fai quando inviterai la donzelletta a cena? ››

‹‹ Cena?? ››, dissi soffocando con il boccone che avevo precedentemente gustato.

‹‹ Esatto. ››, ribatté con sicurezza mettendosi a braccia conserte appoggiando la schiena alla spalliera della sedia.

‹‹ Non ho alcuna intenzione di farlo! ››, è escluso, non ammesso, decisamente NO!

‹‹ Oh sì che lo farai, tu devi farlo, non puoi aspettare ancora la ragazza giusta, è o non è lei quella che fa battere all’impazzata il tuo povero cuoricino? ››, mormorò con le labbra allungate sbattendo gli occhioni come il cerbiatto Bambi.

‹‹ Smettila di prendermi in giro. ››, dissi posando la crosta dell’ultima fetta di pizza che avevo divorato.

‹‹ Senti, la storia più seria che tu abbia mai avuto è quella con la maestra delle elementari di cui andavi pazzo, hai diciassette anni, sei un uomo e non hai ancora dato nemmeno il primo bacio! Conosco gente della tua età che mette incinte le ragazze un giorno sì e l’altro pure. ››

 ‹‹ Silenzio che possono sentirti! Non rivanghiamo ancora quella storia!››, il locale era ancora vuoto ma nessuno gli aveva mai detto che anche i muri hanno le orecchie?

‹‹ E poi il mio ultimo pensiero è quello di andare a mettere incinta una ragazza. ››

‹‹ Oh gli ormoni, gli ormoni. Tu hai veramente qualche disturbo per non avere l’appetito sessuale che è di consuetudine. ››

‹‹ Ce l’ho, ovviamente. Ma preferisco ragionare piuttosto che pensare solo al sesso, per quello…ci sarà tempo…dopo. ››, balbettai.

‹‹ Così mi piaci. Ma prima di pensare al letto pensa a come conquistarti la bambola. ››

Mi face avvampare. Non volevo pensare a me e a Angie…in quel modo.

‹‹ Certo certo. ››, borbottai per far cadere il discorso.

La campanella attaccata alla porta tintinnò, era entrata gente.

‹‹ Mamma, clienti! ››, avvertì Luke.

‹‹ Arrivooo! ››, cantilenò Gianna dalla cucina.

‹‹ E’ meglio che io vada allora, scusa se ti ho preso tempo. ››

‹‹ Va bene, io vado a guadagnarmi da vivere allora, stammi bene. ››, tirai fuori il portafoglio dalla tasca dei jeans ma Luke scosse la testa.

‹‹ Per questa volta paga la casa. Sai una cosa? Questo posto non è male per portare a mangiare una ragazza…la prossima volta ti farò pagare, non voglio che ti prenda per un morto di fame. ››, mormorò piano per non farsi sentire dall’allegra famigliola che si stava accomodando a uno dei tavoli.

‹‹ Grazie, sei un amico. ››

‹‹ Macché io voglio solo farmi pubblicità. ››, disse con tono canzonatorio facendomi l’occhiolino.

‹‹ Salve signori, posso esservi d’aiuto? ››, domandò avvicinandosi al tavolo dove avevano preso posto.

‹‹ Buona serata allora! ››

‹‹ Anche a te Alessandro, salutami Margherita mi raccomando. ››, salutò Gianna con in mano i menù per i clienti.

Uscito dal locale mi sentivo soddisfatto, niente più dubbi, il prossimo passo sarebbe stato quello di riuscire a rubare il cuore ad Angie e avrei iniziato da domani.

 

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