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Questa è la mia terza storia…E devo
confessare che pensare che sto per mettere qualcosa scritto da me sotto gli
occhi di tutti un po’ mi imbarazza ancora…Ho stra paura che sia una schifezza.
Sigh!
Va be’, spero di non urtare in nessun
modo i sentimenti di qualcuno con quello che metterò in queste pagine, perché
vi assicuro che non lo farò di proposito. Voglio solo condividere con voi la
mia passione per la scrittura! Se proprio sono una frana completa, vi sarei
grata se me lo faceste notare! Accetto consigli e critiche di ogni tipo!!
A parte l’intro patetica, prima di
iniziare con la storia devo dare un po’ di cordinate perché se no uno rischia
di capirci poco. Allora, la vicenda si svolge dieci anni dopo gli eventi di
DMC3 e quello che si vede nel filmato finale del gioco non è mai avvenuto e
Vergil si è fatto 10 anni all’Inferno. Scrivendo ho fatto finta che gli altri
giochi non esistessero, quindi la trama potrebbe anche essere in conflitto con
quello che succede nel resto della serie (ma io non posso saperlo, ho giocato
solo il 3!!). Il demonietto che accompagna Vergil è frutto della mia
immaginazione, gli altri personaggi che appaiono/vengono nominati sono tutti
appartenenti alla serie (a parte un altro paio).
La storia è nata come racconto
unitario, ma mi sta venendo lunga e quindi la devo spezzare…
Non voglio annoiarvi oltre con i
miei sproloqui. Se qualcosa non è chiaro fatemelo sapere!!
Le pareti rocciose della gola
profonda si erigevano sinistre come ombre imponenti ed irregolari nella notte
senza stelle che aveva sempre avvolto il Regno dell’Oscurità, eterna e quasi
impenetrabile. Sul fondo del burrone, le acque nere di un fiume scorrevano
veloci, nascondendo nel loro spumeggiare gorghi fatali, unico suono che osava
rompere il silenzio assoluto che regnava in quel luogo solitario. Ma anche
quello scrosciare furioso dell’acqua contro le rocce sembrava impressionato
dall’assenza di suoni e il suo rumore era innaturalmente fiebile in contrasto
con la violenza brutale del fiume.
Una figura camminava lentamente
sullo stretto sentiero scavato lungo la sponda di quel corso d’acqua infernale,
il mantello che ondeggiava al ritmo dei passi, sfiorando leggero il suolo. I
capelli candidi e la quasi altrettanto bianca carnagione sembravano risplendere
di una luce inquietante nell’aere nero. Giunta nel punto in cui il sentiero
scendeva fino a toccare le acque scure, l’ombra si fermò e si appoggiò ad un
masso, scrutando con attenzione la semioscurità che gli stava davanti, i sensi
all’erta. Dopo quasi dieci anni di esilio volontario trascorsi in quel luogo,
aveva imparato a riconoscere anche il minimo mutamento nell’aria infernale e
gli fu facile percepire le aure del gruppo di demoni che si stava avvicinando
velocemente. E tra quelle ne riconobbe all’istante una che gli era purtroppo
ben nota, più vicina della altre, sicuramente la preda che il branco stava
cacciando. Con un sospiro si staccò dalla roccia, estrasse con un gesto fluido
la katana che portava alla cintola e attese pazientemente. In fondo un po’ di
allenamento non gli avrebbe fatto male.
Alcuni istanti dopo nel buio
comparve un’ombra minuta che correva a perdi fiato nella sua direzione con
qualcosa stretto al petto.
“VERGIL!!!”strillò l’essere scorgendolo. “Aiutami!! Quelli mi uccidono!!”.
Spalancò le ali che aveva sulla schiena, enormi se paragonate alle dimensioni
del resto del corpo, e si librò velocemente in aria per fiondarsi in picchiata
dietro di lui, in cerca di protezione.
Vergil scoccò al piccolo demone
un’occhiata gelida. “Possibile che io debba sempre tirati fuori dai guai?
Impara a cavartela da solo, idiota”lo aggredì, ma si voltò lo stesso a
fronteggiare i sei demoni che erano usciti dalle tenebre davanti a lui. Li
studiò per un istante: non erano di livello particolarmente alto, sarebbe stata
una passeggiata.
“Ehi, ibrido, spostati. Quel
moscerino ha una cosa che ci appartiene e noi la rivogliamo indietro. Abbiamo
ricevuto l’incarico di consegnarla ad alcuni demoni molto potenti e che non ti
converrebbe per niente nell’Inferno avere come nemici. Quindi, levati di torno
e non ti impicciare se non vuoi finire male”ringhiò sprezzante uno dei diavoli,
puntando i suoi occhi rosso brace sul ladruncolo che si strinse nervosamente al
cappotto del mezzo demone.
“Vergil…”lo implorò, temendo che
lui potesse sul serio lasciarlo in balia dei suoi simili. Sarebbe stato nel suo
stile, dopotutto.
“Mi spiace ma temo di non poterlo
fare. Questo ragazzino ha un debito con me e io non posso permettere che gli
sia fatto del male finchè non mi avrà ripagato”rispose Vergil gelido, fugando i
timori dell’altro. “Vi pregherei di lasciarci immediatamente in pace, se ci
tenete alla vita”.
Gli aggressori si scambiarono occhiate divertite. “Credi di farci paura,
mezzosangue?”chiese uno provocatorio. “Cosa credi di fare tu contro un gruppo
di demoni degni di essere chiamati tali?”.
Per tutta risposta il giovane scattò
in avanti così velocemente che i suoi avversari quasi non lo videro muoversi e
con un solo fendente staccò di netto la testa del demone che aveva appena
parlato. Gli altri cinque rimasero immobili con gli occhi sgranati per la
sorpresa per un attimo, mentre il sangue schizzava copioso dal corpo senza
testa e questo si schiantava sul terreno con un tonfo sordo. Sfortunatamente per loro, rimasero
fermi un secondo di troppo: approfittando della momentanea distrazione, Vergil li
trafisse rapido uno ad uno e in meno di un minuto si ritrovò solo in mezzo a
sei cadaveri, in un lago rosso scuro. Ripulì tranquillamente la sua arma e, come
se nulla fosse accaduto, riprese a camminare lungo il sentiero.
“Wow!! Sei stato grande, Vergil!”esclamò
il demonietto correndogli dietro. “Ma che dico, magnifico, straordinario! Sei
il migliore! E…”. Fu costretto a interrompersi perchè il giovane lo colpì con
forza sulla testa con il manico della katana. “AHIA! Ehi, ma che ti prende?!
Perché lo hai fatto?!”si lamentò massaggiandosi la fronte.
“Così impari a cacciarti nei guai,
Magornak”fu la risposta gelida. “La prossima volta non prenderò le tue difese,
ricordatelo”.
“Dici così tutte le volte!”lo prese in giro l’altro con un ghigno. “E non l’hai
mai fatto!”.
“Non sfidarmi, non ti conviene e lo sai. Dimmi almeno che cosa ho guadagnato
salvandoti”.
Magornak lo guardò con l’aria di chi la sa lunga. “Eh, caro il mio Vergil, ho
fatto quello che mi hai detto! L’ho trovata finalmente!”ridacchiò mostrando l’oggetto
che teneva stretto al petto: era una croce d’argento tutta intarsiata e
decorata con rubini rossi come il sangue, grande poco più di libro. “Allora?
Contento? Ho la chiave che ci aprirà la strada al potere!”.
“Che mi aprirà la strada al potere”lo
corresse Vergil. Poi prendendo l’oggetto che gli veniva teso ed osservandolo,
domandò scettico: “Sei sicuro che sia quella giusta?”.
“Certo che sono sicuro! Guarda che io me ne intendo di queste cose!”rispose
l’altro offeso. “Non hai alcuna ragione per dubitare di me e lo sai”.
“E invece ne ho parecchie”. Il mezzo demone ripose la croce sotto il cappotto.
“Hai saldato il tuo debito, puoi anche levarti dai piedi ora”.
“Che?! Credevo che mi avresti portato con te!”fece Magornak fermandosi di
botto. “Vergil, mezzo Inferno ce l’ha con me anche perchè a causa tua mi sono
dovuto inimicare parecchi demoni e tu mi cacci condannandomi a morte certa?
Dopo tutto quello che ho fatto per te? Non puoi!!”.
“Sì che posso. Anzi, lo sto facendo!”.
“Non…Sei un bastardo! Non ci credo!
Non mi manderai via sul serio?!”.
Vergil si fermò a sua volta e si voltò a guardare il demonietto. Era più
terrorizzato che mai, glielo leggeva negli occhi. La sua debolezza per un
attimo lo nauseò, ma poi si lasciò sfuggire un sospiro. “No, non lo farò”disse.
Si era davvero rammolito, non c’era nient’altro da dire.
L’altro si rilassò sollevato a
quelle parole, gli trotterellò di fianco e i due ripresero a camminare.
“Sapevo che non l’avresti fatto! Ti
assicuro che non te ne pentirai!”sorrise il diavoletto, contento di possedere
ancora la sua infallibile guardia del corpo.
“Se mi intralcerai, ti ucciderò”.
“Oh, andiamo, non ci credo”.
“Io non ne sarei tanto sicuro”.
Magornak gli scoccò un’occhiata a disagio e capì dall’espressione dell’altro
che non era il caso di metterlo alla prova.
Vergil non avrebbe mai smesso di
maledire il giorno in cui la sua esistenza si era incrociata con quella di
quell’esserino tanto fastiodioso. Magornak era un demone di infimo livello, uno
di quelli che solitamente facevano da schiavi ai demoni di grado più alto, ed
era talmente debole che tutti dicevano malignamente che persino un normalissimo
umano avrebbe potuto farlo fuori senza troppi problemi. Ironicamente, la sua
personalità non si addiceva affatto al suo stato: era testardo, ribelle, odiava
farsi mettere i piedi in testa e non ne voleva sapere di farsi comandare. Tutte
caratteristiche abbastanza scomode per uno come lui, soprattutto all’Inferno.
Questa sua sfrontatezza verso chi era più potente di lui, infatti, aveva messo
spesso in serio pericolo la sua vita, ma per fortuna Magornak era anche un
tipetto molto sveglio, persino troppo, ed era forse il bravo tra tutti i demoni
quando si trattava di fuggire per salvarsi la pelle.
Il loro primo incontro era avvenuto
all’incirca due anni prima, quando Vergil lo aveva salvato dalle conseguenze
del suo ennesimo atto di insolenza. Aveva avuto la brillante idea di rispondere
a tono a quattro demoni molto più forti di lui, facendoli adirare e scatendoli
conseguentemente contro di sé. Il mezzo demone era giunto quasi per caso sul
luogo della disputa, richiamato dalle onde d’ira emanate dai diavoli. Aveva
visto un demonietto minuto ed inerme, circondato dagli altri quattro, coperto
di sangue, con le ali membranose squarciate. Non avrebbe saputo dire cosa lo
avesse spinto, ma stava di fatto che gli aveva salvato la vita uccidendo i suoi
aggressori.
Quell’essere tremante lo aveva
guardato grato, l’ammirazione scritta negli occhi ametista. Vergil lo aveva
squadrato per un attimo. Non sembrava quasi nemmeno un demone: non superava il
metro e cinquanta di altezza, era minuto, aveva gli artigli appena abbozzati
sulle mani e sui piedi e in generale un aspetto per nulla pauroso. Era quasi
tenero, aveva pensato con ribrezzo. Una vergogna per la razza dei demoni.
Eppure lo aveva appena salvato.
“Tu sei Vergil, il mezzosangue?”gli
aveva domandato la creatura.
“Sì, sono io. E tu sei un idiota.
Metterti contro dei demoni molto più forti di te! Vuoi proprio morire, non è
così?”aveva risposto lui sarcastico.
“Non è così! Mi sono solo difeso
dai loro insulti!”.
“Insultandoli a tua volta? Sei più scemo di quanto sembri allora. Non hai
capito come funziona l’Inferno. Forza, ora sparisci, idiota, prima che faccia
io quello che non ho lasciato fare ai demoni che ti hanno aggredito”.
“Guarda che io ho un nome! Mi
chiamo Magornak. E non posso andarmene”.
Il mezzo demone aveva sollevato un soppracciglio un po’ sorpreso. “E perché
mai?”.
“Ho un debito di vita con te. Resterò al tuo fianco finchè non l’avrò saldato.
Che ti piaccia o no”aveva risposto Magornak deciso.
“Allora ti ucciderò: non voglio
seccature tra i piedi”.
“Fallo! Tanto se non sarai tu, sarà qualcun altro in un altro momento. Mi sono
abituato all’idea che la mia vita sia perennemente appesa a un filo”.
Erano rimasti a fissarsi per un
po’, senza che nessuno dei due fiatasse. Vergil aveva dovuto ammettere che quel
demonietto abbondava di audacia e forse questo avrebbe potuto tornargli comodo
un giorno.
“E sia”si era arreso alla fine. “Ti terrò con me, idiota, e ti proteggerò dagli
altri demoni fino a quando la cosa non risulterà dannosa per me. Ma tu dovrai
fare tutto ciò che ti dirò, chiaro? Altrimenti ti lascerò in pasto al più
crudele di questi mostri. Ora muoviamoci”.
“Perfettamente limpido. E mi chiamo Magornak, non idiota!”. La creatura
infernale lo aveva guardato malissimo, sbuffando. Poi si era alzato a fatica,
mentre le sue ferite iniziavano a cicatrizzarsi, e lo aveva seguito senza
aggiungere altro, ma nascondendo un sorriso.
Così Magornak era diventato l’informatore e il tuttofare di Vergil. Il giovane
era venuto a sapere che alcuni demoni molto potenti avrebbero potuto aiutarlo a
conquistare quel potere immenso che tanto agognava e lui aveva deciso che
doveva sfruttare quella possibilità a tutti i costi. Quei diavoli, si diceva,
stavano cercando un oggetto particolare e quindi, se lui fosse riuscito a
trovarlo, avrebbe potuto fare uno scambio con loro. Il mezzo demone aveva
deciso così di servirsi dell’aiuto offertogli dal demonietto e lo aveva prima
mandato in cerca di maggiori informazioni, poi gli aveva dato il compito di
aiutarlo nella ricerca di quell’oggetto misterioso. E, finalmente, dopo più di
un anno, era nelle sue mani.
La luce del fuoco faceva danzare
strane ed inquietanti ombre sulle pareti irregolari della caverna. Le fiamme si
riflettevano sulla croce argentata mandando sinistri bagliori tutto intorno.
Vergil la osservava attentamente, facendo scorrere lentamente le dita sugli
intarsi complessi, come se cercasse un qualche meccanismo che potesse svelargli
il mistero di quell’oggetto tanto cercato. A guardarlo, infatti, non sembrava
altro che una preziosa e raffinata decorazione e non pareva avere nessun potere
particolare o emanare un’aura di qualche tipo. Perché allora i demoni di
livello più alto se la contendevano? Cosa si nascondeva sotto l’argento e le
pietre preziose? Anche i sei a cui Magornak l’aveva sottratta avevamo affermato
che dovevano consegnarla a qualcuno. Proprio non riusciva a spiegarselo.
‘Ma in fondo non è così importante saperlo’si disse riponendo nuovamente la
croce sotto il cappotto. ‘L’importante è che presto mi aiuterà ad ottenere ciò
che voglio’.
In quel momento Magornak varcò
l’ingresso della caverna con il solito ghignetto soddisfatto stampato sul volto,
che significava che aveva portato a termine con successo il suo compito.
“Missione compiuta,
Vergil!”annunciò infatti con orgoglio, gongolando. “Ho sparso la voce in giro
per tutti gli Inferi come volevi tu! E ora cosa facciamo?”.
“Nulla. Aspettiamo e vedrai che saranno loro a venire da noi. E, a quel punto,
mi sarà spianata la strada per ottenere ciò che voglio”rispose il mezzo demone,
senza condividere l’entusiasmo dell’altro. Non ci trovava niente di esaltante
in tutto ciò. Aveva smesso da tempo con quelle cose da ragazzini. L’unica cosa
che gli interessava era mantenersi concentrato sul suo obiettivo.
“Vergil, quando otterrai il potere
di Sparda mi insegnerai?”chiese il demonietto dopo un attimo di silenzio.
“Intendo, mi aiuterai a diventare forte?”.
L’ibrido gli lanciò un’occhiata. “Farti diventare forte? Non so se sarà
possibile. Ma farò tutto ciò che sarà in mio potere per darti una mano. In
fondo, forse non sarei mai arrivato fino a questo punto senza il tuo
aiuto”rispose atono.
“Lo so, lo so che sono una causa
persa in questo campo…Però, grazie lo stesso. Per tutto. Ti devo la vita,
Vergil”.
“Hai saldato il tuo debito, te l’ho detto. E se ancora pensi di non essere a
posto con me, sento che presto avrai nuove occasioni per rifarti”.
L’altro annuì pensoso e gli si sedette di fianco. Il silenzio calò sui due, che
rimasero immobili a fissare il fuoco, ognuno perso nei propri pensieri, in
attesa.
La quasi oscurità infernale non mutava
con il passare del tempo, ma Vergil riuscì all’incirca a calcolare per quanto
rimasero nella caverna. Erano trascose più o meno quattro ore e Magornak si era
appisolato conto la roccia dura delle pareti, mentre lui aveva ripreso a
studiare la croce. Fu allora che li sentì. Tre aure molto potenti, opprimenti e
soprattutto oscure in rapido avvicinamento. Lui scattò in piedi e diede un
calcio al suo compagno per svegliarlo. Quello lo guardò infastidito, ancora
stordito dal sonno, sbadigliando.
“Stanno arrivando. Non fiatare.
Lascia che me la veda io con loro. Se ti provocano, non fare nulla. Capito?
Assolutamente nulla. E ora alzati, muoviti”gli intimò il mezzo demone uscendo.
Il demonietto si stiracchiò
sbuffando, ma si affrettò a seguirlo appena in tempo per vedere tre enormi
demoni alati atterrare di fronte all’ingresso dell’antro. I loro corpi erano
coperti da lucide corazze nere e argentee e i loro occhi rosso brace brillavano
pericolosi nel buio infernale. Magornak degluttì a fatica sentendosi schiacciato
da quelle aure e istintivamente si nascose dietro al cappotto di Vergil,
notanto che anche quest’ultimo, sebbene avesse la solita espressione glaciale
ed atona, artigliava nervosamente la stoffa blu stringendola così forte da far
sbiancare le nocche. Fatto che non fece altro che aumentare il nervosismo del
suo protetto.
“Tu sei Vergil, giusto? Il
mezzosangue”esordì il diavolo al centro facendosi avanti. “Siamo venuti a
sapere che hai qualcosa che ci interessa”.
Il giovane non disse nulla, ma si limitò ad estrarre lentamente la croce
argentata da sotto il giubbotto. I tre seguirono il suo gesto con attenzione.
“Bene”annuì soddisfatto il suo
interlocutore. “Questo vuol dire che sei disposto a trattare come si fa tra
demoni. Cosa vuoi in cambio della croce?”.
“Il potere di Sparda”fu la risposta priva di esitazione e perfettamente calma.
“Mi spetta di diritto in quanto suo figlio primogenito”.
“Capisco. E così vuoi il potere di tuo padre. Vuoi diventare un demone
completo. Non è poco quello che chiedi”commentò il demone sulla destra. “Quello
che hai da offrirci non è abbastanza per una simile richiesta. Lo capirai
questo”.
Vergil si costrinse ad annuire, ma
dentro gli montava la rabbia. Che anche quell’opporutnità stesse per rivelarsi
un fallimento? Ma d’altra parte non era abbastanza potente per affrontare quei
tre. Uno per volta magari sì, ma di sicuro non aveva chance contro tutti e tre
contemporaneamente e ne era dolorosamente consapevole. Avvertì Magornak
stringersi di più a lui come se, intuendo i suoi pensieri, lo stesse
silenziosamente pregando di non fare cose avventate. Inutile raccomandazione,
comunque, perché lui non aveva nessuna intenzione di fare stupidaggini.
“Però siamo sicuri che potremmo
raggiungere un accordo lo stesso”riprese il terzo demone con un ghigno
inquietante. “Tu sei disposto a fare qualunque cosa per avere ciò che desideri.
Ebbene, noi te lo daremo, ma tu dovrai fare una cosa per noi oltre a
consegnarci quella croce”.
“E di cosa si tratta?”.
“Pazienza, Vergil, pazienza. Prima dobbiamo avere la tua parola che lo farai,
qualunque cosa sia”gli disse il primo demone.
“Vergil…”mormorò il demonietto preoccupato, ma il mezzo demone lo zittì con un
cenno irritato e rispose sicuro: “Avete la mia parola. Qualunque cosa sia, la
farò. Sono disposto a dare qualsiasi cosa per raggiungere il mio obiettivo”.
“Allora siamo sicuri che andremo d’accordo, noi quattro. Seguici, parleremo per
strada”.
I tre demoni si voltarono facendo cenno agli altri due di seguirli. Vergil,
seguito a ruota dal suo compagno, si affiancò al diavolo che gli aveva parlato
per primo, che doveva essere il capo, in modo da poter sentire cosa avevano da
proporgli.
“Tu sai a cosa serve la croce che
hai in mano?”.
“No, non lo so, ma immagino che sia qualcosa di molto prezioso visto che sono
in molti a cercarla. Non ha nessuna aura particolare, ma sono certo che
possiede un potere unico”.
“Infatti. Sei sveglio come dicono, allora. Questa croce non è altro che una
chiave che apre le Porte dell’Inferno”spiegò il secondo demone, lasciandosi
sfuggire una risata alla faccia attonita che fece il giovane a quella notizia.
“Pensavi che fossero sigillata per sempre, vero? Ti sbagli, non si sono mai
chiuse veramente. Si aprono spiragli a intervalli irregolari ed imprevedibili,
che portano nei luoghi più vari. Così un demone molto potente ha forgiato
all’incirca nove anni fa questa chiave che permetteva di controllare le Porte.
Però la abbandonò subito, visto che gli era inutile”.
Di nuovo la faccia del mezzo demone si fece interrogativa e persino Magornak
ebbe il coraggio di sporgersi da dietro di lui per chiedere confuso: “E perché
mai? Aveva risolto il problema che affliggeva i demoni e ha buttato tutto alle
ortiche?!”.
“Vedete, il fatto è che la chiave apriva sì le Porte dell’Inferno, ma le apriva
solo in parte, consentendo il passaggio a demoni di livello troppo basso e
quindi il demone non aveva raggiunto il suo scopo”continuò il terzo divertito
dal loro sconcerto. “Era inutile per lui: un vero demone abbastanza forte da
sopravvivere nel mondo degli umani e trovare un’altra strada che aprisse le
Porte non sarebbe potuto passare”.
Il demonietto li guardò con un sopracciglio sollevato. “Che idiota”commentò tra
sé e sé.
L’ibrido non fece commenti, ma
nella sua mente cominciava a divenire chiaro dove i tre volevano arrivare e
soprattutto quale sarebbe stato il suo ruolo in quella faccenda. “Però i demoni
di basso livello possono passare, anche se sono piuttosto inutili, soprattutto
sapendo che dall’altra parte c’è un cacciatore di demoni per il quale è una
passeggiata farli fuori. E anche i mezzi demoni possono passare, immagino”.
“Vedo che hai già capito cosa vogliamo da te”si compiacque il primo demone. “Da
qualche parte, nel mondo degli umani, è custodito un oggetto che potrà spalancare
completamente le Porte dell’Inferno, ma può essere maneggiato solo da un essere
che abbia il potere di un demone di livello alto. Però, dal momento che quella
categoria di demoni è bloccata negli Inferi, tu sei l’unico a cui potevamo
rivolgerci. Apri le Porte per noi e avrai il potere che tanto agogni”.
Erano giunti all’ingresso di un
tempio in rovina. La copertura era completamente franata e il pavimento di
marmo nero era pieno di crepe. I cinque salirono il crepidoma che circondava la
base e si incamminarono tra le colonne e le macerie del tetto. Si fermarono al
centro della costruzione dove si erigeva un altare di lucida ossidiana che non
condivideva lo stato di decadimento del resto dell’edificio ma era intatto,
come se lo scorrere del tempo non avesse mai potuto toccarlo e gli fosse del
tutto indifferente. Nel mezzo della superficie era scavata una conca che
ripruduceva esattamente la forma della croce d’argento come il pezzo di un
puzzle.
“Lo farò”disse il giovane senza
perdere la solita calma glaciale, porgendo l’oggetto a uno dei demoni che lo
incastrò nell’altare. La terra tremò mentre davanti a loro appariva una porta
immensa a due battenti, in argento e metallo nero, coperta di bassorilievi
rappresentanti l’Inferno e le terribili stragi compiute dei suoi abitanti. Le
due falci incrociate che la chiudevano si raddrizzarono di scatto e i grandiosi
battenti si schiusero leggermente lasciando uscire una luce nera che feriva gli
occhi, tagliente come una lama affilata.
“L’oggetto leggendario è un’arma di
nome Kasreyon, dello stesso tipo di quella che porti al fianco, ma dai poteri
inimmaginabili. Trovala, Vergil, e noi ti daremo un potere altrettanto
inimmaginabile, molto più forte di quello di tuo padre!”ruggirono all’unisono i
demoni.
“Non fallirò. Kasreyon, sarai presto
mia e io avrò quel potere che mi spetta di diritto!”esclamò Vergil mentre un
ghigno esaltato gli si apriva inaspettatamente sul volto. “Andiamo, Magornak!”.
Il demonietto non osò protestare. Non gli aveva mai visto quello sguardo
strano, quasi euforico, e il fatto che i suoi occhi si fossero tinti di rosso
lo spaventava alquanto. Quindi si limitò a rimanergli attaccato al cappotto e i
due varcarono le Porte dell’Inferno in un’esplosione di luce nera.
La pioggia cadeva copiosa fuori
dalle finestre della Devil May Cry.
Dante se ne stava seduto con i piedi sul piano della scrivania e la guardava
annoiato mangiando una fetta di pizza fredda. ‘Pioveva anche quella volta…’si
disse con un sospiro. Che serataccia. L’agenzia era sempre silenziosa e
tranquilla quando non c’erano in giro quella pazza di Lady e quella lamentosa
di Patty. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, la compagnia delle due in fondo
non gli dava così fastidio perché lo aiutava a riempire le giornate in cui non
aveva lavoro da fare. E poi non poteva negare che soprattutto la prima lo aveva
aiutato più di quanto avesse mai potuto credere possibile dopo quello che era
successo anni prima. Il cacciatore di demoni scosse la testa, passandosi una
mano nei capelli candidi. Non voleva pensare a lui. Il suo sguardo cadde sul calendario. Quel giorno erano dieci
anni esatti, ora che ci faceva caso. Non che facesse qualche differenza. Era
solo passato un anno in più. La ferita non si sarebbe richiusa, nemmeno fosse
passato un secolo, lo sapeva benissimo. Un tradimento del genere non lo si
superava mai. Però, per qualche assurdo motivo, quel giorno la sua presenza era più forte. Lo sentiva
più vicino che mai. Come se fosse lì, nella sua stessa città. Ma doveva essere
solo la sua dannata immaginazione. Sospirò di nuovo, alzandosi. Non poteva
starsene lì seduto a fare nulla o i ricordi avrebbero preso il sopravvento. E
con loro i sensi di colpa. Se solo fosse riuscito ad afferrare quella maledetta
mano! Sarebbe stato tutto diverso e, anche se i suoi amici insistevano che non
lo si poteva davvero dire, forse anche migliore. Dante non vedeva come la sua
vita sarebbe potuta andare meglio con la persona a cui aveva tenuto di più di
tutto il resto al suo fianco. Ma lui
se n’era andato per sempre, inghiottito da una voragine in cui lui non poteva
scendere. Il suo gemello si era rinchiuso nell’unico luogo in cui lui non
poteva raggiungerlo: all’Inferno. I ricordi di quel giorno lo aggredirono
approfittando della sua guardia abbassata, potenti e dolorosi.
Fortunatamente, proprio in quel
momento la porta dell’agenzia si spalancò con violenza e Lady irruppe nella
stanza esclamando raggiante: “Buongiorno, Dante! Hai visto che schifo di clima?
Accidenti, ti fa deprimere tutta questa pioggia, non trovi?”.
“Ciao, Lady”le rispose lui con poco entusiasmo. “Cosa cazzo ci fai qui?”.
“Sempre fine ed educato, vedo”lo canzonò la donna. “Sono venuta a farti un po’
di compagnia così non ti senti solo. Morrison mi ha detto che oggi Patty non
sarebbe venuta e così ho pensato di sostituirla io!”. Gli strizzò l’occhio
complice e gli regalò un sorriso malizioso e seducente, ovviamente sempre per prenderlo
in giro.
Dante sbuffò scocciato. Quella ragazza aveva fin troppa energia e senso
dell’umorismo per i suoi gusti. “Stavo per andarmene a fare un giro”bofonchiò
contrariato.
“Con questo tempo da lupi? Ma dai!
Perché non ci facciamo una bella chiacchierata tra amici? Posso provare ad
insegnarti come si gioca a carte, già che ci sono”.
“Mi spiace ma devo rifiutare. Non
sono dell’umore giusto oggi”.
Il sorriso scomparve dal volto di
Lady e lei sospirò. “Lo so, Dante, lo so. Sono qui apposta. Capisco benissimo
che oggi è una brutta giornata per te e proprio per questo sono venuta a
tenerti compagnia. Non volevo lasciarti solo con i tuoi ricordi”disse
appoggiandogli una mano sul braccio.
“È un giorno come un altro invece. E non ho bisogno della balia, sono adulto e
vaccinato ormai, me la so cavare da solo!”protestò il cacciatore di demoni.
L’ultima cosa che voleva era avere tra i piedi quella donna e le sue patetiche
prediche su come si affrontavano i ricordi dolorosi.
“Non mi sembra. Guarda che ho visto
che razza di sguardo avevi quando sono entrata. Non ci vuole un genio per
capire che pensavi a lui. Dante, non far finta che sia tutto a posto! Sappiamo
bene tutti e due che non è così!”.
“E va bene! Sto di merda e ho ‘sti cazzo di ricordi che mi tormentano! Contenta
adesso? Bene! Lasciami in pace! E andate a farvi fottere tu e le tue lezioni di
psicologia!”esplose lui irato scostandola con veemenza.
Lei sospirò nuovamente. “Io posso anche andare a farmi fottere, se la cosa ti
può consolare. Ma questo non cambierà le cose e non serve a nessuno dei due.
Adesso siediti e datti una calmata, mentre io preparo un po’ di tè e scaldo la
pizza, ok? Poi ti insegno a giocara a poker”disse spingendolo sul divano e
andando nel cucino.
Dante sbuffò di nuovo, ma fece come
gli era stato detto. Sapeva che la donna aveva ragione e che arrabbiarsi ed
insultare il mondo non sarebbe servito a nulla. “Lady?”.
“Sì?”fece la voce di lei dalla cucina.
“Grazie. E hai ragione, non riesco a non pensare a lui. Mi manca troppo in
questi momenti”.
“Lo so, Dante, lo so”.
Il giovane rivolse nuovamente lo
sguardo oltre la finestra sporca su cui la pioggia batteva incessante. Chissà
dov’era il suo gemello e cosa stava facendo in quel momento. Chissà se ogni
tanto pensava a lui e se si perdeva anche lui nei ricordi dei tempi passati,
quando ancora potevano essere fratelli. ‘Perché te ne sei andato? Perché mi hai
lasciato solo, dopo che da piccoli ci eravamo promessi di stare insieme per
sempre, contro tutto quello che sarebbe potuto accadere? Sei uno stronzo!
Perché, Vergil, perchè?’.
Il cielo nero tempestava riversando
la sua furia sulla terra, mentre i fulmini squarciavano l’aria. Incurante della
tempesta, Magornak saltellava in cerchio nel cortile, godendosi l’aria fredda e
la poca luce. Era la sua prima volta fuori dall’Inferno e si sentiva libero
come non mai. Lì nessuno lo avrebbe insultato per la sua scarsa forza. Lì lui,
come demone, avrebbe messo i piedi in testa ai terrestri. Aveva assunto la
forma umana, una delle poche abilità che il suo infimo livello gli consentiva,
e, a chi non lo conosceva, ora appariva come un normalissimo ragazzino sugli
undici anni, minuto, pallido e con i capelli scuri. L’unica cosa aliena in lui
erano gli occhi, che conservavano il loro colore viola intenso.
Vergil, da sotto un portico, lo
osservava distrattamente. Si chiese perché mai il suo protetto avesse gli occhi
di quel colore tanto insolito. Tutti i demoni, lui compreso quando si
trasformava, avevano gli occhi rossi. Indipendentemente dalla razza e dal
livello. Forse era vero che Magornak aveva qualcosa di speciale. Sospirò,
conscio che tutte quelle riflessioni non lo interessavano quasi per nulla.
Stava solo cercando di tenersi occupato per non pensare che, dopo dieci anni
esatti, nello stesso giorno in cui l’Inferno l’aveva inghiottito, era tornato
sulla Terra. Nella stessa città dove abitava suo fratello per di più. Riusciva
a percepire la sua presenza anche da quella distanza. In fondo, il loro legame
era sempre stato più forte di ogni altra cosa e nemmeno il fatto di essere
stati acerrimi nemici e il suo esilio di anni negli Inferi erano stati capaci
di demolirlo o anche solo di indebolirlo. ‘Dante…’. Chissà se anche il suo
gemello percepiva la sua presenza. Ovviamente sì, ma conoscendolo avrebbe
imputato la cosa alla sua immaginazione e alla suggestione di quel giorno. I
ricordi lo assalirono all’istante, ma lui li lasciò scorrere, senza tentare di
respingerli. Combattere lo avrebbe solo fatto star male. Negli anni trascorsi
nella solitune dell’eterna notte infernale aveva imparato a convivere con le
conseguenze delle sue scelte e ad accettarle tutte con rassegnazione. Anche se
questo non significava che non lo toccassero più. Anzi.
“Ehi, Vergil! Cosa fai lì impalato?
Siamo fuori dall’Inferno, dovresti essere contento!”. La voce allegra di
Magornak lo riportò bruscamente al presente. “Ma scusa, quando abbiamo varcato
le Porte a momenti ti trasformavi per l’eccitazione e adesso sei lì mogio
mogio? Hai già smaltito tutta l’adrenalina? Sei proprio un personaggio, lo
sai?”.
“Stavo solo pensando…”rispose lui
scuotendo il capo e staccandosi dal muro a cui era appoggiato.
“A cosa?”.
“A quello che dobbiamo fare, ovviamente”.
Il demonietto smise di saltellare e
lo guardò poco convito. “Mah, non direi. Avevi di nuovo quella faccia strana,
quella che hai sempre quando stai da solo cacciato in qualche buco roccioso. La
faccia di chi sta pensando al passato, Vergil. Guarda che non sono scemo come
credete tutti, e poi ti conosco e conosco anche quell’espressione”.
“E va bene, mi hai beccato, mi stavo perdendo nei ricordi. Sono passati
esattamente dieci anni da quando sono finito all’Inferno e ora sono nuovamente
fuori”ammise Vergil, un po’ irritato per essere stato colto in pieno in un
momento di debolezza. Quell’esserino aveva il vizio di essere troppo perspicace
quando non doveva.
“Be’, dai, magari è un segno del
destino”.
“Già. O forse mi sto semplicemente facendo troppi complessi. In fondo tutto ciò
non conta nulla. Il passato è passato, non c’è niente che noi possiamo fare per
cambiarlo. Ora abbiamo una missione da compiere e questa è l’unica cosa che ci
deve interessare. Però mi domando perché, tra tutti i posti in cui potevano
mandarci, siamo finiti proprio nella città in cui abita mio fratello”.
“Non so, magari….Aspetta un
attimo!! Come sarebbe a dire tuo fratello?!
Hai un fratello, Vergil?!”. Magornak lo fissò scioccato. Nessuno glielo aveva
mai detto.
“Ma come, lo sa tutto l’Inferno e
non lo sa il più grande dei ficcanaso? Mi deludi, Magornak”lo prese in giro il
mezzo demone con un ghigno cattivo. “Dante, il cacciatore di demoni, il secondo
figlio di Sparda. Mio fratello gemello”.
“Gemello?! Tu hai un fratello,
gemello per di più, e non me l’hai mai detto?! Sei un brutto bastardo, lo sai?!
E fa il cacciatore di demoni? Avete preso due strade totalmente opposte voi
due!!”. Il demonietto era allibito. Come aveva potuto lui, il demonietto più
informato di tutto l’Inferno, quello che poteva scoprire tutto di tutti,
lascirsi sfuggire un dettaglio del genere?!
Il ghigno si allargò sul volto del giovane alla vista dello sconcerto del suo
protetto. “Non mi sembrava importante che tu lo sapessi. E poi, te l’ho detto,
lo sa tutto l’Inferno e quindi pensavo che ne fossi al corrente anche tu”. Il
suo sguardo si rabbuiò improvvisamente. “E soprattutto non mi piace parlare di
lui”.
“Ah”fu la risposta ancora sorpresa. Il diavoletto rimase zitto un attimo
elaborando la notizia, poi ripartì alla carica più entusiasta di prima. “E
com’è questo Dante? Ti assomiglia? Oh no, un altro Vergil, no, ti prego!”.
“Non ti preoccupare, Magornak, siamo diversi come il nero e il bianco, io e
lui”fece l’altro raggiungendolo sotto la pioggia battente. Gli abiti gli si
inzupparono nel giro di qualche attimo, ma lui non vi badò. “Siamo identici
solo nell’aspetto fisico”. Si tirò giù i capelli bagnati. “Ecco, mio fratello è
così, solo che è vestito di rosso e non ha la maglia sotto il cappotto”.
“Wow. Lo riconoscerò di sicuro se
dovessi incontrarlo in giro”.
Vergil si risitemò i capelli con un unico gesto, pettinandoli nuovamente all’indietro.
“Vedi non uscirtene con il fatto che mi conosci, nel caso dovessi incontrarlo.
Metteresti in serio pericolo la missione e io dovrei ammazzarti”lo avvisò
serio.
“Tranquillo, Verge, non farò nulla
di tutto ciò! Te l’ho promesso, e poi sono qui per aiutarti, non certo per
intralciarti!”si affrettò a rassicurarlo Magornak con un sorrisetto teso. Lo
odiava quando si metteva a sparare minacce con quell’aria calma. Lo metteva a
disagio.
“Meglio per te. Vuol dire che ci
tieni a vivere. E non chiamarmi “Verge” se non vuoi che ti faccia rimpiangere
di non essere rimasto all’Inferno. Hai capito, idiota?”.
“Non mi chiamo idiota. Perché non posso farlo?”.
“Perché quel cretino di mio fratello mi chiamava così. Su, ora muoviamoci,
dobbiamo trovare un quartier generale”. Il mezzo demone si incamminò sotto la
tempesta senza aspettare una risposta.
L’altro, da parte sua, si limitò ad
affiancarglisi, segnandosi mentalmente di non usare mai più diminutivi e di non
citare più il nome Dante o la parola “fratello” in presenza del suo protettore.
Erano decisamente tasti dolenti che nessun essere con un po’ di buon senso
avrebbe toccato di proposito senza correre il rischio di rimetterci la pelle.
“No…no, vi prego! Vi darò tutto
quello che volete! Non fatemi del male!”piagnucolava l’uomo completamente
terrorizzato, cercando di divincolarsi dalla presa di Magornak.
Vergil lo ignorò e continuò il suo
veloce sopralluogo del bar. “Penso che possa andare bene, Magornak”disse con
calma quando ebbe terminato, sempre ignorando le patetiche suppliche del
proprietario. “Sarà perfetto come quartier generale. Ci offre una buona copertura
e magari riusciamo anche a tirare su qualche soldo”.
“Volete il mio locale? Ve lo
lascio! Gratis! E anche tutti i soldi, prendeteli, non mi interessano! Ma vi
scongiuro, per l’amor di Dio, lasciatemi vivere!”insistette ancora l’uomo
sempre più disperato.
“Vede, signore, noi la lasceremmo
anche andare, ma ora lei sa di noi e questa cosa è molto scomoda, capisce cosa
intendo?”fece il demonietto con un tono falsamente dispiaciuto.
“Non dirò nulla, lo giuro! Sarò
muto come una tomba! Non fatemi del male!”.
“Mi spiace ma non è possibile”sentenziò
il mezzo demone scuotendo il capo. La lama di Yamato brillò nella semi oscurità
e una fontana di sangue vermiglio esplose dalla testa tagliata di netto dello
sciagurato. Un ghigno si allargò sul volto di Vergil. “E poi mai invocare Dio davanti
a dei demoni, non è una scelta saggia”. Si rivolse al suo protetto: “Forza,
dammi una mano a terminare il passaggio
di proprietà e mettiamo a posto questo caos. La biblioteca ci aspetta”.
L’altro sembrò non sentirlo e tenne
lo sguardo famelico fisso sulla pozza di sangue che si allargava lentamente sul
pavimento.
“Magornak?”lo chiamò il giovane
sollevando un sopracciglio.
“Eh?”. Finalmente il demonietto si riscosse. “Hai detto qualcosa, Vergil?”.
“Sì, ma…Stai bene?”.
“Sì, sì, è solo che…”. Il suo sguardo tornò a concentrarsi sul cadavere. “Non
mi ero reso conto di essere così affamato…”. La voce era insolitamente rauca e
piena di una bramosia demoniaca che decisamente non gli si addiceva.
‘Deve essere la prima volta che si
trova a fronteggiare la sete di sangue. C’era da aspettarselo da uno come lui…’pensò
Vergil scuotendo il capo. “Se hai fame mangia, ma che non diventi un vizio”.
“Davvero posso?! Ma non è una cosa…ehm,
insomma…io…”.
“Sei un demone, Magornak, è normale
che tu provi quello che stai provando in questo momento. Attento però che la
tua sete di sangue non prenda il sopravvento”.
“Va bene…Ci starò attento”. Magornak rimase in silenzio un attimo prima di
chiedere incerto: “Ehm, Vergil? Vuoi…dividere?”.
L’ibrido gli lanciò
un’occhiataccia, ma avvertì chiara e forte la sua parte demoniaca ruggire di
voglia. “No, grazie. Sono pur sempre umano per metà”.
“Ma…l’hai mai fatto?”.
“Sì…Dopo le prime volte in cui mi
sono trasformato. Ma, come ho detto, non è il caso”.
Il suo compagno indugiò ancora un
attimo, ma poi si gettò vorace sul corpo. Lui rimase a fissarlo indeciso se
unirsi al banchetto o meno, però alla fine si limitò a raccogliere un po’ di
sangue sulle dita e a leccarlo via mentre lasciava la stanza. Il sapore lo fece
fremere di piacere. Erano anni che non toccava sangue umano e aveva dimenticato
quanto delizioso fosse quel gusto metallico. I suoi occhi si tinsero di rosso e
nuovamente la sua metà infernale tentò di sopraffarlo, ma lui la respinse
infastidito e si sedette ad aspettare che Magornak finisse il suo pasto,
cercando nell’attesa di concentrarsi sul loro prossimo obiettivo.
Lady sbattè le carte sul tavolo.
“Ho vinto di nuovo!”annunciò soddisfatta. “Sei proprio scarso, Mr. Cacciatore
di demoni!”.
Dante sbuffò lasciando cadere a sua
volta le carte. “Sono stufo di questo gioco idiota”borbottò.
“Dici così solo perché è la settima
volta consecutiva che perdi! Se ti concentrassi un po’ magari otterresti
qualche risultato migliore!”lo rimbeccò lei, canzonatoria.
“La fai facile, tu! Già sono di
pessimo umore per via di quel bastardo di Vergil, se poi ci si mette pure il
demone che c’è in me a fare casino, mi spieghi come faccio a concentrarmi?!”si
lamentò lui.
“Cosa c’entra la tua parte
demoniaca adesso?”.
“Non lo so. Circa dieci minuti fa
ha cominciato ad agitarsi come se volesse venire fuori…Erano anni che non
succedeva”.
La donna lo guardò preoccupata.
“Non è che hai mangiato qualcuno per caso?”.
Il mezzo demone la guardò allibito. “CHE?! Ma cosa ti viene in mente?! Non
farei mai una cosa del genere! O meglio, l’ho fatto una volta e ti assicuro che
mi è bastato!”.
“Be’, mi sembrava una spiegazione
plausibile”fece lei in tono di scusa. “E poi non prendertela così tanto, era
solo una domanda!”.
“Una domanda del cazzo! Pensa prima
di dare aria alla bocca!”. Il cacciatore di demoni le scoccò un’occhiataccia che
lei ricambiò con fierezza. “Però…”.
“Però?”.
“In effetti mi sembra quasi di
sentire il sapore del sangue in bocca…E, prima che tu possa dire qualche altra
idiozia o fare qualche altra ipotesi assurda, ti assicuro che non l’ho ingerito
in nessun modo”.
Lady si portò un dito al mento
pensosa. “Ti è mai capitato questo genere di cose? Intendo, di provare o
sentire cose che non c’entrano nulla con te o con quello che hai fatto?”.
“Sì, se devo essere sincero. Ogni
tanto, quando vivevamo insieme, capitava che provassi quello che provava
Vergil, ma da quando lui è stato inghiottito dall’Inferno non è più
successo”spiegò Dante. “E per lui era la stessa cosa. Se uno di noi si faceva
male da qualche parte, l’altro provava dolore in quello stesso punto, se uno
era arrabbiato o triste o che altro anche l’altro condivideva il sentimento e
cose così. È una cosa abbastanza comune tra gemelli per quanto ne so. Ma, come
ho detto, sono anni che non succede”.
“Strano. Non vorrei che…”iniziò la
donna.
“NO!”urlò lui interrompendola con
violenza. “Non dirlo…non pensarlo
neanche. Mio fratello è rinchiuso all’Inferno, va bene? L’ho visto precipitare
in quella maledetta voragine. Ed è ancora lì. Discorso chiuso”.
“Però alcuni demoni escono ancora
dall’Inferno”obiettò lei con foga. “Dante, se Vergil è davvero tornato potresti
provare a…”.
“Ho detto no”tagliò corto il
giovane, scuro in volto. “Smettila. Quella faccenda si è chiusa dieci anni fa.
Mio fratello è morto per quanto mi riguarda. Morto, chiaro? Non ne voglio più
parlare. E ora va’ via, voglio stare un po’ da solo senza essere disturbato
dalle tue chiacchiere inutili”.
Lady lo guardò, ma sollevò le mani e si arrese alla sua espressione dura. Si
alzò, gli augurò una buona serata e lasciò l’agenzia.
Non appena la porta si chiuse
dietro di lei, Dante sospirò e si coprì il volto con le mani. Capiva che la
donna voleva solo aiutarlo, ma lui non ne voleva nemmeno sapere anche solo di
considerare la possibilità che suo fratello fosse tornato. Non dopo che la
ferita che aveva lasciato stava forse per incominciare a fare un po’ meno male.
Non dopo che lui aveva finalmente abbandonato ogni speranza di rivederlo. Non
poteva fargli questo! Ma in fondo sarebbe stato proprio nello stile di quel
bastardo. Faceva sempre le cose quando non doveva, all’improvviso e
imprevedibilmente, sconvolgendo di volta in volta tutto quello che lui aveva
costruito. No, questa volta non poteva essere vero: non si usciva dall’Inferno così
facilmente.
Non sapendo se sentirsi rassicurato o meno da quella conclusione, il giovane
prese dalla scrivania il libro che gli aveva lasciato Morrison, il suo agente,
e si lasciò cadere sul divano, aprendolo. Gli venne da ridere. Lui che leggeva
un libro? Quella non era proprio la sua giornata, si disse scuotendo la testa e
immergendosi tra le pagine scritte.
Vergil faceva scorrere un dito sui
dorsi dei libri leggendo con attenzione i titoli e tirandone fuori qualcuno di
tanto in tanto per sfogliarlo. Se trovava qualcosa che potesse interessarlo
prendeva il volume e lo metteva nel sacco appoggiato sul pavimento al centro
del corridoio. Poco distante da lui, Magornak compiva lo stesso lavoro su un altro
scaffale, sospirando sconsolato al pensiero che presto se li sarebbero dovuti
leggere tutti, quei libri.
Si erano intodotti nella biblioteca
più grande della città che era anche nota per il fatto di raccogliere nella sua
collezione molti codici antichi e questo aumentava le speranze di trovarci
qualcosa che si riferisse a Kasreyon. Avevano già scassinato il reparto che
conteneva i libri più antichi, preso i codici che avrebbero potuto interessarli
ed erano quindi passati alla sezione “miti e leggende”. Erano passate quasi tre
ore dal loro arrivo e non avevano ancora teminato: quel posto era sterminato e
i libri da controllare erano centinaia.
“Vergil, non ce la faccio più! Mi
fa male la testa!”si lamentò il demonietto a bassa voce. “Sto iniziando a
vedere parole stampate ovunque!!”.
“Smettila di piagnucolare, non ti aiuterà a finire prima”lo riprese gelido il
mezzo demone senza neanche alzare gli occhi dal volume che stava sfogliando. Lo
chiuse e lo gettò nel sacco, per poi girarsi a guardare quanti scaffali
mancavano. In effetti il suo protetto non aveva tutti i torti: era davvero un
lavoraccio. E di sicuro la penombra che regnava nella biblioteca non lo rendeva
più piacevole per gli occhi. Ma non era nulla in confronto alla ricompensa che
avrebbe ricevuto alla fine di quella storia. Il potere di suo padre, anzi uno
ancora maggiore. Un ghigno gli si aprì sul volto mentre tornava a concentrarsi
sui libri che aveva sotto gli occhi.
Magornak lo fulminò con lo sguardo,
scocciato, attento però a non farsi notare. ‘Quando Vergil si mette a
fantasticare su questo fantomatico potere di Sparda mi dà sui nervi! Che razza
di esaltato! Uff, suo padre era di sicuro tutta un’altra persona’pensò
sbuffando contrariato, ma si guardò bene dall’esprimere quelle sue
considerazioni ad alta voce.
Dovette trascorrere un’altra ora
prima che i due avessero terminato. Avevano riempito tre sacchi, per un totali
di circa sessanta libri. Il demonietto ripose allegro l’ultimo volume, contento
che tutta quella noia fosse finalmente finita e che loro potessero finalmente
tornare al bar.
Ma, proprio mentre si dirigevano
all’uscita, Vergil avvertì delle presenze oscure vicinissime e un attimo dopo
una finestra alla loro destra esplose in una cascata di vetri. Rapido, il
giovane estrasse la katana e si voltò a fronteggiare il nutrito gruppo di
demoni che avevano fatto irruzione. Magornak afferrò i sacchi con i libri e si
affrettò a nascondersi dietro una colonna, con quella sveltezza e quei riflessi
che gli erano spesso tornati tanto utili negli Inferi.
“Ma guarda guarda. Dei nuovi arrivati”ridacchiò uno dei diavoli mentre i suoi
occhi di brace mandavano bagliori pericolosi. “Questo è il nostro territorio e
voi lo avete invaso senza permesso. Ora pagherete e state sicuri che la prossima
volta non lo rifarete. Almeno, sempre se ci sarà una prossima volta”.
“Non ho né tempo né voglia di
giocare con voi in questo momento. Quindi, vedete di levarvi dai piedi”intimò
loro il mezzo demone, impassibile. ‘Sono talmente deboli che quasi non avevo
percepito la loro aura’pensò disgustato. ‘Che inutile seccatura’.
“Cosa fai, ci minacci adesso,
bastardo?”ringhiò un altro avventandosi su di lui. “Adesso ti insegno io a
portare rispetto!”.
Vergil lo schivò con facilità e lo
trapassò con Yamato, spingendo poi la spada verso l’alto e tagliandolo in due
senza neanche dargli il tempo di urlare. Poi, senza perdere tempo, si diede lo
slacio e si tuffò nel mezzo del gruppo di diavoli. Quelli gli si gettarono
addosso, ma i loro artigli e le loro zanne incontrarono solo il metallo freddo
della katana e il loro stesso sangue. La lotta si fece feroce, ma il giovane
non si trovò in difficoltà nemmeno per un momento. Fronteggiò con tranquillità
ed uccise tutti i suoi aggressori, lasciando poi i loro corpi a dissanguare sul
pavimento di pietra della biblioteca.
Quando anche l’ultimo dei demoni
cadde morto, lui ripose la sua arma e si voltò. “Andiamo, Magornak”ordinò,
incamminandosi sul lago rosso. “Questi bastardi mi hanno sporcato il cappotto
con il loro sangue schifoso. Adesso mi toccherà pulirlo”.
Magornak uscì dal suo nascondiglio
e gli porse due dei sacchi guardando con gli occhi sgranati i cadaveri e gli
scaffali semidistrutti. “ Che casino che hai combinato”commentò. “L’umano che domani
entrerà qua dentro per primo si prenderà un colpo, mi sa”.
“Non ho cominciato io. Peggio per
loro: li avevo avvisati”fu la risposta fredda.
I due uscirono con calma nella
frescura dell’aria notturna e si avviarono per le strade male illuminate da
vecchi lampioni polverosi.
E anche il secondo “capitolo” è
andato! Ho un paio di precisazioni da fare. Per chi non lo sapesse, Patty e
Morrison sono due personaggi che appaiono nell’anime di Devil May Cry: la
prima è una bambina amica di Dante, mentre il secondo è il suo informatore/agente…Comunque vengono solo citati
nella storia e non hanno nessun ruolo rilevante (mi servivano delle comparse...), quindi anche se non li conoscete non fa
nulla.
Da questo capitolo si dovrebbe
iniziare a capire un poco com’è il rapporto tra Magornak e Vergil, ma comunque
lo svilupperò meglio con il procedere della storia! ^^ Inoltre abbiamo avuto l’ingresso
in scena degli altri due personaggi intorno a cui si sviluppa la vicenda, Dante e
Lady. Preparatevi perché la narrazione procede con un’alternanza di scene in
cui agiscono loro quattro!
Vorrei ringraziare doc11 e Xeira__ che hanno recensito la mia storia, Kuromi_ che l’ha messa tra i preferiti e Ranchan che la segue. *.* Non potete immaginare
quanto sia importante per me sapere che quello che scrivo piace a qualcuno!!
Comunque ribadisco che ogni commento o critica è il benvenuto!! Grazie mille
anche a chi leggerà, anche senza lasciare scritto nulla!! A presto! ^^
La luce del sole filtrava tra le
nuvole grigie che ancora occupavano il cielo, riflettendosi nelle larghe
pozzanghere che coprivano le strade. La gente si muoveva svelta lungo i
marciapiedi, persa nella sue faccende quotidiane e il traffico scorreva veloce.
Magornak camminava lentamente guardandosi di continuo intorno, affascinato:
quel mondo era totalmente diverso da quello in cui era nato e vissuto. Tutta
quella luce, quei colori, quei profumi, quel movimento, il fatto di poter
andare in giro abbastanza tranquillamente, senza il pericolo di essere sbranato,
a così stretto contatto con gli altri, tutto ciò era semplicemente fantastico.
‘Non capisco come mai Vergil abbia deciso di abbandonare questo posto per la
tetra oscurità degli Inferi’si disse. ‘Io non l’avrei fatto per nessun motivo
al mondo!’. Inarcò un sopracciglio pensoso, ma lasciò perdere quasi subito quella
riflessione perché aveva da tempo rinunciato alla speranza di capire il suo
protettore. ‘Quello vive in un mondo tutto suo dove non c’è spazio per nessun
altro! Non c’è da stupirsi se preferisce la solitudine degli antri infernali’.
Il suo sguardo si fissò sulle
banconote che stringeva in mano. Vergil gli aveva detto di andare a comprare
qualcosa per pranzo, mentre lui era rimasto al locale per ristemarlo e
catalogare sommariamente i libri che avevano rubato la notte prima. Ma dove lo
si trovava da mangiare? E che ne sapeva lui di come si comprava il cibo degli
umani? Va bene, gli era stato spiegato come funzionava il sistema della valuta,
ma non era sicuro che questo bastasse. Si disse che la prima cosa da fare era
decidere cosa doveva comprare esattamente. Il problema principale era che in
quel momento il solo pensare al cibo gli faceva venire la nausea al ricordo ciò
che aveva fatto il giorno precedente. O meglio, di quello che aveva sbranato.
Non che non gli fosse piaciuto, ma il ripensarci, per qualche motivo, gli dava
il voltastomaco. ‘Sono proprio un demone di infima categoria…’ pensò
sconsolato. ‘Come dice Vergil: un caso senza la benchè minima speranza’.
All’improvviso qualcosa attirò la
sua attenzione dalla parte opposta della strada. Lui si fermò interdetto: sopra
la porta di un edificio campeggiava un’insegna al neon con la scritta “Devil
May Cry”. Il demonietto rimase a fissarla scettico. Che cavolo di nome era? E
per cosa poi? Un locale magari? ‘Valli a capire gli umani! Che nomi idioti e
soprattutto privi di senso! Io non ho mai visto un demone piangere! E ne ho
conosciuti parecchi, puoi giurarci!’.
Mentre stava ancora rimuginando sul
significato della scritta, un motorino si fermò davanti alla porta
dell’edificio misterioso, richiamando su di sé l’interesse del demonietto. Il
fattorino che lo guidava smontòcon
calma e suonò il campanello. Qualcuno andò ad aprire, ma Magornak non ci fece
troppo caso perché il suo olfatto era stato catturato dall’odore che veniva
dalla scatola di plastica attaccata al retro del veivolo. Doveva esserci roba
da mangiare veramente buona lì dentro. ‘E se prendessi quella, qualunque cosa
essa sia?’.
Intanto il fattorino e l’uomo che
aveva aperto avevano cominciato a discutere.
“Mi spiace, ma io non le farò la
consegna se prima non mi paga il conto”stava dicendo il primo.
“Ehi, io ho fatto l’ordinazione! Il
tuo capo mi aveva detto che avrei potuto pagare un’altra volta!”ribattè il
secondo visibilmente irritato.
“Mi spiace, ma non mi è stato riferito nulla di simile”.
“Allora vieni dentro che chiamiamo
il tuo capo, razza di idiota!”.
I due uomini entrarono e il
demonietto ne approfittò per avvicinarsi al motorino e aprire la scatola.
Dentro ce n’era una seconda di cartone e, sotto il suo coperchio, la fonte di
quel profumino delizioso. Curioso, ne staccò un pezzo e la assaggiò constatando
che non era proprio niente male. ‘Ok, prenderò questa!’ridacchiò entusiasta,
mettendosi a contare le banconote per arrivare all’importo scritto sulla
scatola di cartone. Dopo di che prese la pizza e fece per allontanarsi.
Sfortunatamente, proprio in quel momento, gli altri due uscirono nuovamente
dall’edificio e lui si trovò a fissare due occhi blu più che famigliari. Fece
un salto all’indietro per la sorpresa e lo shock.
“Ehi, la mia pizza!”gli gridò
Dante. “Ridammela, ragazzino!”.
Magornak, senza sapere cosa fare, si
voltò e corse via tenendo la scotola stretta al petto. Il cacciatore di demoni,
dopo un attimo di smarrimento, gli corse dietro. “Ehi, brutto stronzo! Ridammi
il mio pranzo!”.
Il fattorino rimase a guardarli
mentre si allontanavano. Poi, notando i soldi appoggiati sul sellino, decise
che lui aveva fatto la sua consegna, che era pure stato pagato e che quindi
poteva anche tornarsene alla pizzeria.
Il demonietto correva a perdifiato
lungo il marciapiede affollato, urtando con violenza la gente che gli si parava
davanti, senza però fermarsi. Sentiva dietro di sé le urla irate del mezzo
demone e le sue pesanti imprecazioni, talmente sconce che si trovò a
rimpiangere gli insulti e le minacce che Vergil gli rivolgeva. Grazie alla sua
corpuratura minuta, che gli permetteva di sgusciare più facilmente tra la
calca, riuscì a mettere una certa distanza tra loro e svoltò in una strada
secondaria per scoprire poi di essersi andato a cacciare in un vicolo cieco.
“Oh no! E adesso che
faccio?!”piagnucolò. “Per l’Inferno! Vergil mi ammazzerà!!”. Si guardò intorno
cercando una soluzione, ma non c’era via d’uscita. Poi un pensiero lo colpì.
“Sveglia, Magornak! Sei un demone alato sì o no? E allora vola!”. Sulla schiena
gli si aprirono le sue enormi ali nere, stracciando i vestiti. Lui fece una
smorfia al pensiero di quello che avrebbe detto Vergil alla vista di quel
disastro, ma in quel momento l’importante era scappare dal suo gemello! Con un
paio di battiti sorvolò le alte mura delle case, attento a non farsi vedere, ed
atterrò in una strada deserta parallela al vicolo. Appena i suoi piedi
toccarono di nuovo terra le ali sparirono e lui si rimise a correre verso il
loro quartier generale con un ghignetto vittorioso stampato sul volto.
Quando Dante raggiunse il vicolo,
qualche attimo dopo che l’inseguito aveva spiccato il volo, rimase
completamente attonito nel trovarlo vuoto. Guardò in ogni direzione alla
ricerca del ladruncolo, ma di lui non c’era traccia.
“Non ci posso credere! È sparito nel nulla!”ringhiò frustrato.“Con la mia pizza
per di più! Mi toccherà ordinarne un’altra adesso…”.
Si voltò e tornò a passo lento
verso la sua agenzia cercando di scacciare il disappunto, la mente fissa
sull’immagine di quello strano ragazzino. Due cose lo avevano colpito di lui:
quegli strani occhi viola e soprattutto le parole che aveva pronunciato prima
di scappare via. Che quel ragazzino conoscesse Vergil? Non era possibile, non
poteva avere più di undici anni! ‘Ma quindi questo vuol dire che mio fratello è
veramente…tornato?’. La domanda gli salì alla mente senza che potesse impedirlo
e questa volta non gli fu possibile scacciare il dubbio come aveva fatto il
giorno prima. ‘Perché diamine lo ha fatto? Pensavo che volesse rimanere nella
“casa di nostro padre”, tanto per usare le sue parole! Quel bastardo starà
sicuramente seguendo un altro dei suoi folli piani per ottenere il potere di
Sparda…Non vorrei che per fare ciò riaprisse del tutto le Porta per l’Inferno…E
questo non posso certo lasciarglielo fare!’. Doveva parlare a Lady di quello strano
ragazzino. Forse avrebbe dovuto anche cercare di trovare suo fratello, sebbene
l’idea non lo entusiasmasse per nulla. Vergil. Era probabilmente di nuovo sulla
Terra. Dopo dieci anni, dieci maledetti, lunghi anni. Chissà se era cambiato,
chissà se anche questa volta avrebbero dovuto quasi ammazzarsi a vicenda. Molto
probabilmente sì.
Varcò a grandi passi la soglia
della sua agenzia, prese il cellulare dall scrivania, compose il numero della
donna e attese.
Magornak irruppe nel locale tutto
agitato, urlando: “Vergil! Oh merda, oh merda, oh merda!!”.
Il mezzo demone alzò appena gli
occhi dal libro che stava leggendo. “Si può sapere cosa cavolo hai da strillare
in quel modo? Hai fatto quello che ti ho detto?”chiese con il solito tono
gelido.
Il demonietto annuì agitato e mollò
la scatola di cartone sul bancone. “Non puoi immaginare! Ho…ho rubato il pranzo
al tuo gemello!”gemette. “Mi è corso dietro, ma sono riuscito a seminarlo!
Dovevi vedere come era incavolato!”. E iniziò a descrivere l’accaduto.
Vergil, senza curarsi di
ascoltarlo, sollevò il coprechio della scatola schiacciata e ne squadrò con
occhio critico il contenuto: non era mai andato pazzo per quelle pizze super
farcite che piacevano tanto a suo fratello, ma, sapendo che quella avrebbe
dovuto essere il pranzo di Dante, pensò che avrebbe provato un certo senso di
soddisfazione infantile nel mangiarla al posto suo.
“Non vedo il problema, Magornak.
Non è esattamente un furto se l’hai pagata come dici di aver fatto”commentò
alzandosi per predere un paio di piatti.
“Ma il problema non è quello,
Vergil!”si lagnò l’altro.
“Cosa gli hai detto?”. Gli occhi del giovane lampeggiarono pericolosi mentre
lui concentrava il suo sguardo sul demonietto.
“Ehm…Io non gli ho detto nulla, ma...nel vederlo mi è scappato un
commento…inopportuno”. Magornak degluttì e non potè impedirsi di spostare la
sua attenzione sulla katana che Vergil portava come sempre alla cintola.
“Quanto inopportuno, Magornak?”fu
la domanda calma. Fin troppo.
“Be’, ho balbettato qualcosa tipo
“sono proprio identici” o roba del genere”.
Il mezzo demone lo fulminò
un’ultima volta con lo sguardo, ma poi riprese a preparare la tavola per il
pranzo. “Sei proprio un idiota, lo sai?”sospirò.
Il suo protetto lo guardò
interdetto: si aspettava come minimo di essere tagliato a metà, e invece gli
arrivava solo un commento indifferente? “Ma come? Non sei…arrabbiato?”si
arrischiò a domandare dopo un attimo di esitazione.
“Tanto lo avrebbe scoperto lo
stesso, prima o poi. E, comunque, non gli hai dato la certezza che io sia
davvero qui, ma hai solo alimentato fortemente i suoi sospetti”rispose lui. Poi
aggiunse, con un mezzo sorriso: “In fondo quasi ci speravo che mi scoprisse”.
“Davvero? Ma scusa, non hai detto
che la cosa potrebbe mettere a rischio la missione?!”.
“Questo è vero, però così è più
divertente. Inoltre devo prendermi la rivincita per la scorsa sconfitta e
affondargli nuovamente Yamato nel petto fino all’elsa”.
“Che cosa?! Come nuovamente?!”.
“Ti sei perso di quegli spettacoli,
Magornak. Comunque lascia perdere, sono cose che solo io e mio fratello
possiamo capire”.
Magornak rimase a fissarlo con gli
occhi sgranati mentre lui divideva la pizza e la metteva nei piatti. Certe
volte Vergil lo lasciava completamente interdetto e senza sapere cosa pensare.
Che razza di uscite erano quelle?! Che diamine c’era di bello nell’infilzare il
proprio gemello?! Non riusciva ad arrivarci. Sarebbe stato quasi come infilzare
sé stessi. ‘Spero che la mia cara guardia del corpo non abbia sul serio queste
tendenze sadomasochistiche nei propri confronti e in quelli di suo fratello!
Povero Sparda! Come sono cresciuti i tuoi figli…Ti compatisco!’pensò tra sé e
sé, concentrandosi sul suo pranzo.
Mangiarono in silenzio, ciascuno
perso nei propri pensieri. Quelli del mezzo demone andavano verso l’altra parte
della città, a suo fratello. ‘Chissà se quello stronzo riuscirà di nuovo a
rovinare i miei piani…Questa volta lo ucciderò sul serio. Non posso
permettergli di distruggerli nuovamente. Non gli permetterò di intromettersi
tra me e il potere che mi spetta di diritto. Se solo quell’idiota volesse
capire! Noi potremmo anche dominare il mondo di Luce e gli Inferi…insieme’.
Sospirò. ‘I due figli di Sparda, sangue di colui che sconfisse Mundus e sigillò
l’Inferno…Insieme noi potremmo davvero fare qualunque cosa, qualsiasi. Ci
basterebbe solo volerlo…’.
“Io te l’avevo detto, maledizione a
te! Visto? Insomma, tutti quei segnali strani non potevano essere solo
coincidenze! Avevo ragione, ma tu, come sempre, non hai nemmeno voluto ascoltarmi!”esclamò
Lady, quasi trionfante. La donna si era precipitata alla Devil May Cry non appena Dante le aveva accennato al telefono il
fatto che forse suo fratello era davvero tornato dall’Inferno e, dopo aver
sentito il racconto dell’incontro con quello strano ragazzino, era partita alla
carica, esasperando il suo amico.
“Va bene, ho capito, Lady, ma
adesso piantala di rompere le palle!”le ringhiò il giovane alzando gli occhi al
cielo. “E, tanto per la cronaca, non abbiamo le prove concrete che mio fratello
sia realmente qui! Quel ragazzino potrebbe aver visto una foto o chissà cosa!
Magari non parlava neanche di me quando ha detto quelle parole!”.
“Ma sai che sei proprio un testone?
Andiamo, lo sai anche tu che quelle che stai opponendo sono solo scuse che tra
l’altro non stanno neanche in piedi!”insistette lei. “Cos’è, ci crederai
solamente quando ti ritroverai Vergil in carne ed ossa davanti agli occhi?!”.
“Esatto, vedo che ci siamo capiti
alla grande”fu la risposta convinta.
“Sei impossibile!”.
“Lo so. Quindi piantala di
rompere”.
Lady sbuffò contrariata. Non lo
capiva proprio. Dopo anni che, per quanto indirettamente, si lagnava con lei
per la perdita di suo fratello, ora che gli presentava la speranza di poterlo
riavere con sé non voleva nemmeno crederci? Quel ragazzo non capiva nulla.
Certo, la rimpatriata tra lui e Vergil non sarebbe stata certo pacifica e
sarebbe stata difficile, soprattutto se il secondo aveva mantenuto le sue manie
di potenza, ma comunque sarebbe stata una nuova occasione per Dante di riuscire
dove dieci anni prima aveva completamente fallito. Quell’idiota non voleva
sfruttare quell’opportunità? Bene, l’avrebbe fatto lei per lui. Avrebbe rimesso
insieme la famiglia Sparda, ad ogni costo, e poi il cacciatore di demoni
l’avrebbe dovuta ringraziare per aver fatto ciò che lui, testardo, non aveva nemmeno
voluto tentare di fare: recuperare un po’ di serenità e riprendersi suo
fratello.
“Bene, Dante Sparda”disse afferrando il giubbottino di pelle che aveva
appoggiato su una sedia. “Allora vorrà dire che porterò qui il tuo caro Vergil
così sarai costretto a muovere quel tuo pigro fondoschiena per fare qualcosa!
Non cercarmi, perché non ho intenzione di farmi viva finchè non avrò adempito
al compito che mi sono data!”.
“Brava, brava, va’ a farti
ammazzare!”le gridò dietro Dante esasperato, ma lei uscì ignorandolo
completamente e sbattendosi la porta dell’agenzia alle spalle. “Poi sono io
quello impossibile, eh?”sbuffò lui tra sé e sé scuotendo il capo. “Che faccia
come le pare, tanto se Vergil non vuole farsi trovare, lei non lo troverà di
sicuro. Non sa con chi ha a che fare, quella scema. Come minimo finirà
ammazzata”. Sospirò. Perfetto. Non gli bastava un gemello redivivo uscito
dall’Inferno, ora avrebbe anche dovuto occuparsi di un’amica idiota che voleva
andarsi a cacciare nei guai più seri in cui si era mai trovata. E lui avrebbe
dovuto impedirle di perdere la vita. In fondo glielo doveva, dopo tutto quello
che aveva fatto per lui in tutti quegli anni. Si avvicinò alla finestra e lanciò
un’occhiata fuori: com’era prevedibile, Lady era ancora lì in piedi davanti
all’edificio e guardava nella sua direzione. Il cacciatore di demoni alzò gli
occhi verso il soffitto mormorando “Perché? Che ho fatto di male?” e poi annuì
sconfitto nella direzione della donna. Che si andasse a prendere suo fratello, se
ci teneva tanto.
Lei gli regalò un sorriso radioso e
si incamminò lungo la strada. ‘Finalmente quel testone si è deciso’pensò
trionfante. ‘Ora, come lo trovo quell’altro idiota? Vergil è molto più furbo di
suo fratello in queste cose e quindi dovrò stare attenta se non voglio
rischiare troppo. Ma, d’altra parte, sono una cacciatrice di demoni anche io, o
no? E Vergil è un mezzo demone, quindi questo è pur sempre il mio campo!
Qualcosa mi dice che la chiave di tutto è quel ragazzino che ha incontrato
Dante…’. Si scostò i capelli corvini dalla fronte, pensosa. ‘Se trovo lui,
forse trovo anche il mio caro mezzo demone…E se fosse il suo contatto con
l’esterno? Magari quel ragazzino non è un umano, ma un demone che Vergil si è
portato dietro! Anche se la cosa mi sembra un po’ strana: lui lavora per conto
suo di solito. Di sicuro però non vuole farsi vedere in giro…Forse manda il
ragazzino a fare le commissioni per lui. Mi basterà trovarlo e seguirlo!
Peccato che la città sia veramente grande…’. Sospirò scoraggiata. ‘Chiederò a
Morrison di darmi una mano. Però è meglio non dirgli la verità su tutta la
faccenda, altrimenti Dante mi strozza’. Aumentò il passo, decisa. ‘Ti troverò,
ragazzino dagli occhi viola, ovunque tu sia e chiunque o qualunque cosa tu sia!
Parola di cacciatrice di demoni!’.
La sera calò senza altri
imprevisti. Vergil aveva deciso di tenere il locale che avevano “acquistato”
chiuso almeno finchè non si fossero ambientati abbastanza. In fondo era un
locale poco frequentato, la cui clientela abituale era costituita da gentaglia,
e comunque per un passaggio di proprietà, come annunciava il cartello affisso
sulla porta, ci sarebbe voluto qualche giorno di tempo. Lui e Magornak avevano
passato il pomeriggio a sistemare i libri su degli scaffali al piano di sopra,
mettendoli in ordine cronologico, e poi avevano iniziato a leggerli. Il
demonietto non aveva resistito a lungo e ben presto aveva iniziato a distrarsi
finchè, a sera tarda, era crollato in un sonno profondo sul divano. Il giovane
aveva pensato per un attimo di svegliarlo, ma poi si era detto che non sarebbe
servito a nulla ed era tornato a concentrarsi sui tomi.
L’orologio stava battendo le tre
quando il mezzo demone appoggiò sul tavolo l’ennesimo volume: era esausto e non
aveva ancora trovato neanche il minimo accenno alla spada leggendaria. Si alzò
dalla sedia e camminò in cerchio lungo le pareti della stanza per distendere i
muscoli irrigiditi. Lanciò uno sguardo a Magornak che dormiva poco distante:
nella sua forma umana sembrava proprio un ragazzino qualunque. Si domandò
ancora una volta perché diavolo si ostinasse a tenerlo con sé. In fondo non gli
serviva a molto. ‘Stando all’Inferno avrei dovuto diventare un lupo solitario,
non imparare a cercare la compagnia altrui’sbuffò, afferrando un libro a caso
dalla libreria e tornando a sedersi. Sfogliò le prime pagine: era un antico
codice scritto in latino medievale, un po’ diverso da quello che suo padre gli
aveva insegnato, ma riusciva a capire il senso dei periodi. Si immerse nella
lettura prima molto superficialmente, poi qualcosa catturò il suo interesse: in
uno dei passi c’era la descrizione di un luogo molto simile al mondo infernale.
Vergil scorse le righe con attenzione crescente finchè non trovò in fondo alla
pagina il nome di Kasreyon. Certo, era deformato dallo stile linguistico
dell’epoca, ma non c’era dubbio che fosse lo stesso. Sentì una lieve
eccitazione crescergli dentro. Finalmente l’aveva trovata.
Lesse tutto il libro con estrema cura, memorizzandone il contenuto. Si narrava
la storia secolare dell’arma, ma purtroppo il luogo in cui, almeno secondo chi
scriveva, si trovava non era indicato chiaramente, ma era descritto con una
serie di immagine difficili e contorte, quasi come se l’autore volesse mettere
alla prova chi lo cercava. O forse non sapeva nemmeno lui dove essa fosse
nascosta e si limitava a parlare di un luogo nato nella sua immaginazione.
Vergil chiuse il libro, riflettendo. Secondo la leggenda, la spada era stata
forgiata da un antico e potentissimo demone il quale però aveva deciso di
nasconderla per timore che si rivoltasse contro il suo creatore, spaventato dal
potere che lui stesso le aveva infuso. ‘Strano…Quella spada deve possedere una
potenza davvero straordinaria per terrorizzare un demone dello stesso livello
di mio padre. E anche molto oscura’pensò avvertendo un brivido corrergli lungo
la schiena. Se fosse riuscito a trovarla e a farla sua avrebbe ottenuto una
forza inimmaginabile. ‘Kasreyon…’.
Vergil.
Il mezzo demone sobbalzò, alzandosi
di scatto. Gli era sembrato di sentire qualcuno chiamare il suo nome, anche se
era stato solo un sussurro. Ma nella stanza c’erano solo lui e Magornak, che
ovviamente continuava a dormire. ‘Forse me lo sono immaginato. Dopo ore passate
sui libri è normale che la mia mente non sia molto lucida’si disse, anche se
poco convinto. In fondo era tardi e lui si sentiva parecchio stanco. ‘È meglio
che vada a letto anche io…’. Appoggiò il codice sul tavolo e fece per uscire
dalla stanza.
Vergil.
Di nuovo quel sussurro, vibrante,
attraversò l’aria della stanza, ma più forte di prima. Allora non era stata
solo suggestione. Questa volta era certo di aver sentito una voce che lo
chiamava. Una voce decisamente inquietante. Il giovane si bloccò, guardandosi
istintivamente di nuovo intorno, teso. Non percepiva nessuna presenza. Ma
allora da dove veniva quella voce? E perché la sua parte demoniaca aveva improvvisamente
iniziato ad agitarsi?
Vergil.
Vieni a prendermi. Io sono quello che vuoi. Non mi resistere, Vergil.
Il tono si fece feroce e suadente
al tempo stesso. Vergil avvertì il suo corpo reagire alla voce e tentare di
sfuggire al suo controllo, mentre lui combatteva per non trasformarsi. Si tappò
le orecchie, ma la voce continuava a chiamarlo sempre più forte, passando dal
lieve sussurro a un ordine urlato. Senza quasi rendersene conto il mezzo demone
scese le scale gridando e dibattendosi, cercando invano di riprendere il
controllo del proprio corpo. Raggiunse la porta del locale e si fiondò fuori
nella gelida aria notturna.
È
inutile fare resistenza. Lasciati andare, Vergil. Vieni da me. Lasciati
invadere dal potere!
Vergil cadde in ginocchio
sull’asfalto ,ansimando pesantemente mentre tutto intorno a lui si faceva
sempre più buio e la realtà scompariva rapidamente. L’ultima cosa di cui fu
consapevole fu una risata inquietante e quella voce che urlava ancora una volta
il suo nome.
Oook! Se qualcuno si stava
chiedendo dov’era l’OOC, in questo capitolo si dovrebbe vedere…XD A parte Dante
che insegue Magornak perché quest’ultimo gli ha rubato il pranzo (stendiamoci
un velo pietoso su quella scena…), credo di essere andata un po’ fuori nella
scena successiva quando Vergil discute con il suo protetto…Se mi sbaglio,
fatemelo notare per favore!!
Il capitolo è un po’ più corto del
precedente, ma l’ho fatto per creare un po’ di suspense con la scena conclusiva.
Non odiatemi per questo!! Comunque le cose cominciano a mettersi in moto. Nella
prossima parte vedremo Lady che parte alla ricerca di Magornak e diciamo che la
fortuna le darà una mano. Però, ovviamemente, lui non è come lei si
aspetterebbe….
Un grazie grandissimo e un
abbraccio a doc11, Xeira__ e Kuromi_ per il loro sostegno e le loro
recensioni!! È davvero importante per me! Vorrei anche ringraziare chi segue la
storia o l’ha messa tra i preferiti…Sinceramente non credevo che sarebbe
piaciuta a così tante persone…Grazie di cuore a tutti!!
“NO!”. Magornak si svegliò urlando
e mettendosi a sedere di scatto, più terrorizzato che mai. Non ricordava che
razza di incubo stesse facendo, ma era certo di aver percepito una presenza
oscura e assolutamente spaventosa. Rabbrividì e raccolse il libro che dal
divano era caduto a terra durante il suo sonno agitato. Tremendo. Non voleva
neanche ripensarci. Era da decenni che non faceva un sogno del genere,
qualunque cosa avesse sognato.
Nella stanza non c’era nessuno. Probabilmente Vergil era già di sotto a
preparare la colazione. Si alzava sempre all’alba, anche quando praticamente
non dormiva di notte. Lui, sinceramente, a volte faceva fatica ai suoi ritmi.
Sospirò. Gli sarebbe sicuramente toccata una bella ramanzina per essersi
addormentato durante il lavoro, condita di minacce. ‘Tanto per cambiare’ si
disse.
Si sistemò un po’ i vestiti stropicciati e, dopo aver indugiato un attimo, si
decise a dirigersi verso la porta. Fu allora che la avvertì di nuovo. La
presenza lo investì come una sorta di onda d’urto, gelandogli all’istante il
sangue nelle vene, e sparì, immediata come era apparsa. Allora non era stato un
incubo, c’era davvero qualcuno di
sotto. Magornak combattè strenuamente contro l’istinto di darsela a gambe
scappando dalla finestra e si avviò tremante lungo le scale, cercando di non
emettere alcun suono. La sua mano destra artigliava nervosa il corrimano,
mentre il suo respiro diventava, per la paura, sempre più affannoso ad ogni
passo. Si sporse appena per lanciare un’occhiata nel corridoio che separava il
bar dall’appartamento sovrastante. Deserto. Lo percorse con la stessa estrema
cautela con cui aveva sceso le scale e si affacciò alla porta del locale.
Sembrava tutto in ordine: i tavoli e le sedie erano come li avevano lasciati la
sera precedente, così come tutto il resto nella stanza. Da dove era venuta
quella forza oscura?
All’improvviso qualcosa attirò la
sua attenzione e il suo sguardo si fissò attento sul pavimento: vicino alla
porta c’erano delle macchie scure di quello che sembrava sangue. Magornak
rabbrividì, spaventato. ‘San…sangue?’pensò. ‘Che diamine ci fa del sangue lì? E dov’è Vergil?!'.
Il panico rischiò di prendere il
sopravvento ancora una volta. La creatura infernale si agitò, girando su sé
stessa e tormentandosi le mani nel tentativo di calmarsi almeno in parte.
Respirò profondamente numerose volte e, prendendo un poco di coraggio, si
sporse dal suo nascondiglio. La scena che gli presentò gli tolse quel poco di
fiato che gli era rimasto: Vergil era steso sul pavimento, gli occhi chiusi e i
vestiti completamente imbrattati di sangue che tracciava degli strani disegni
sulla stoffa blu.
“Per il buio infernale!”esclamò il demonietto, dimenticandosi all’istante tutta
la sua paura e correndo a chinarsi sul mezzo demone. “Vergil! VERGIL!!”. Lo
scosse con violenza, disperato. “Avanti! Apri gli occhi, andiamo! Non farmi
preoccupare! Svegliati, svegliati! Vergil!!”. Non ricevendo alcuna risposta, si
mise a frugare tremante e incerto tra i vestiti, alla ricerca di un’eventuale
ferita fonte di tutto quel sangue, ma non ne trovò e il solo risultato che
ottenne fu quello di sporcarsi tutto a sua volta.
‘Ma allora non è suo tutto questo…?!’. Ritrasse le mani d’istinto, sconcertato.
Osservò meglio il suo compagno svenuto e notò i rivoli di sangue secco che gli
scendevano sul mento e dai lati della bocca. Brividi freddi gli corsero giù per
la schiena. ‘Che diamine…? Non è possibile che…’.
Non potè finire di formulare il terribile sospetto che gli si era affacciato
alla mente perché proprio in quel momento Vergil si mosse leggermente
lasciandosi sfuggire un gemito.
“Che cavolo…?!”biascicò il giovane aprendo appena gli occhi per non farsi
accecare dalla luce. “Magornak? Dove…dove mi trovo?”.
“Oh, per gli Inferi! Meno male, ti sei ripreso! Mi hai fatto prendere un
colpo!”si agitò il demonietto sollevato, ignorando la domanda. “Quando ti ho
visto lì, per terra, in quel lago rosso di sangue, io…io…Oh, ma insomma! Sei
vivo ed è questo che conta!”.
“Sangue?”ripetè Vergil confuso
cercando di mettersi a sedere. La testa gli doleva da morire, così come tutto
il resto del corpo, faceva fatica a muoversi e non riusciva a ricordare nulla
di quanto fosse accaduto la notte precedente. In bocca avvertiva pressante il
sapore metallico e il suo sguardo cadde inevitabilmente sullo stato dei suoi
vestiti. Gli salì alla mente il ricordo della voce che aveva udito e di lui che
scappava fuori dal locale in preda alle convulsioni. Il resto era buio. Ma
tanto non ci voleva molto per capire cos’era successo dopo. Si portò le mani
alle tempie, sconvolto. Come era potuto accadere? Come aveva potuto perdere con
così tanta facilità e così completamente il controllo? Non gli era mai successa
una cosa simile prima di allora, mai. “Magornak, accendi la televisione”.
“La che cosa?”ripetè il suo protetto preso di sorpresa rivolgendogli uno
sguardo interrogativo.
Il mezzo demone imprecò a bassa
voce contro la sua ignoranza, si mise in piedi barcollando, lo scostò irritato
e raggiunse il bancone su cui era appoggiato il telecomando. Lo schermo si
illuminò subito mostrando loro le immagini delle ultime notizie.
“Bene, e ora passiamo alla cronaca nera recente”stava dicendo il cronista.
“Questa notte c’è stata una strage in uno dei vicoli dei bassifondi della
città…”. Iniziò la descrizione dell’accaduto, accompagnando la propria voce con
delle riprese fatte alle prime luci dell’alba.
Magornak fissò sgomento i cadaveri
sfigurati e dilaniati, che ormai avevano ben poco di umano. L’asfalto era
invisibile sotto la pozza vermiglia e gli schizzi di sangue ricoprivano le
pareti tutto intorno. I suoi occhi ametista si posarono sul suo compagno,
increduli. “Vergil…? Sei…sei…sei…stato tu?”balbettò dopo qualche istante.
“Io…Credo di sì”rispose l’altro
senza distogliere lo sguardo dalle immagini della carneficina. In qualche modo
erano famigliari. Era solo una vaga sensazione, ma sapeva con certezza di
essere stato lui, e non solamente per le circostanze in cui si era svegliato.
Lo sentiva. “Non me lo ricordo”.
“Che cosa?! Ma come diamine è possibile che tu abbia fatto una cosa del genere
senza ricordartela? E poi per quale motivo avresti fatto una cosa del genere?!
Non sarebbe da te! Tu non faresti mai una cosa del genere?!…Vero?”.
“Secondo te? Ho bisogno di una
doccia”.
“Sì, ok, ma…Dove vai?! Non
scappare! Mi devi spiegare…Dobbiamo capire…Vergil!”.
Vergil ignorò le proteste di
Magornak e si diresse al piano di sopra. Una volta in bagno, chiuse la porta a
chiave e si lasciò cadere sul bordo della vasca. Non si era mai sentito più
distrutto in vita sua. Cos’era successo esattamente quella notte? Si era
trasformato e aveva divorato una decina di persone, su questo non c’erano
dubbi, ma gli sfuggiva la causa scatenante di tutto ciò. Che fosse stata quella
maledetta voce? Non aveva senso. Magari non l’aveva mai nemmeno veramente
sentita. Poteva essersela sognata. E poi perché stava così male? Il suo fisico
non aveva mai reagito così alla trasformazione in demone. Invece al momento
ogni sua singola parte gli doleva come se vi fossero dei chiodi conficcati
dentro. Sospirò sconfitto. Odiava ammetterlo ma non ne aveva la più pallida
idea. Cosa avrebbe detto a Magornak? Non poteva certo ignorare l’accaduto.
Sospirò nuovamente. Ci avrebbe pensato più tardi, ora aveva solo bisogno di
levarsi di dosso tutto quel sangue.
Si spogliò in fretta e si infilò
sotto la doccia. Il getto di acqua bollente parve dare un po’ di sollievo al
suo corpo dolorante, rilassando i muscoli irrigiditi e lavando via
momentaneamente i dubbi e le preoccupazioni.
Dante si rigirò nel letto,
sbuffando. Non aveva mai dormito così male in vita sua: gli faceva male tutto e
lui non aveva neanche l’energia per scostare le lenzuola ed alzarsi. Quella
mattina, poi, aveva un incontro con Morrison e non sarebbe stato il massimo
farsi trovare ancora a letto mezzo svestito. Con un gemito scocciato, si
costrinse a mettersi in piedi. I suoi muscoli protestarono dolenti e cedettero,
facendolo ricadere nuovamente sul materasso. Neanche un combattimento di ore
contro un branco di demoni inferociti avrebbe potuto ridurlo peggio. ‘Mi sento
come se mi fosse passato sopra uno schiacciasassi’ si lamentò mentalmente. ‘Ma
che cazzo ho combinato stanotte?! Non ho neanche passato la serata al Love
Planet, non capisco perché dovrei sentirmi così di merda! E poi neanche quello mi ha mai ridotto così!!’. Un
pensiero lo colpì. “Vergil…”ringhiò. “Cosa cazzo hai combinato tu stanotte!”.
Fece un secondo tentativo di
alzarsi, questa volta con più cautela, riuscendo nell’impresa. Sbuffò e si
infilò in bagno per darsi una lavata veloce, sempre imprecando mentalmente
contro il suo gemello e incolpandolo del proprio stato. Gli sarebbe davvero
piaciuto sapere cosa diamine aveva combinato per ridurre entrambi così. ‘Razza
di idiota incosciente! Finirà per ammazzarsi…e mandarmi all’ospedale!’pensò
esasperato, segnandosi di farla pagare a Vergil anche per questo qualora lo
avesse rivisto. ‘Non solo ritorni dall’Inferno così all’improvviso e mi pianti
grane tutto intorno, ma adesso devi anche farmi star male? Ma sei uno stronzo,
lo sai?!’.
Era appena sceso in cucina per fare
colazione quando la porta dell’agenzia si aprì e Morrison fece il suo ingresso
nella casa-ufficio.
“Buongiorno, Dante”lo salutò l’uomo, cortese. Poi aggiunse lanciando
un’occhiata significativa all’aspetto stropicciato del giovane: “Vedo che ti
sei appena svegliato. Dormito bene questa notte?”.
“Risparmiati qualunque commento, non sono nell’umore giusto”gli rispose il
giovane scontroso. “Sono distrutto e non per i motivi che potresti pensare tu.
Visto che l’hai chiesto, ho dormito malissimo e faccio fatica quasi persino a
stare in piedi”.
“Mi spiace. Però un lavoro come quello che ti sei scelto non può aspettare.
Soprattutto considerando anche il fatto che sei al verde come sempre”.
“Lo so, lo so, non c’è bisogno che me lo ripeti tutte le volte”. Il mezzo
demone ignorò il sarcasmo contenuto nel commento. “Cosa mi hai portato questa
volta?”.
“Immagino che tu non abbia visto il
telegiornale”iniziò il suo agente sedendosi sulla sedia di fronte alla
scrivania e sistemandosi i folti baffi con una mano. “C’è stata una vera e
propria strage questa notte. Una decina di persone, tra cui due bambini e tre
giovani donne, sono state brutalmente uccise. Divorate vive, oserei dire. I
demoni hanno fatto festa grande a quanto pare. O, meglio, il demone. Sono stato sul posto questa mattina presto e ho
esaminato le poche tracce visibili in mezzo a quel lago di sangue. Sono quasi
sicuro che l’autore di questa strage sia uno solo di quei bastardi infernali”.
Dante si sedette a sua volta e
prese le fotografie che gli venivano tese. Scrutò le immagini cruente e sentì
un brivido corrergli lungo la schiene. Aveva già visto molti spettacoli di quel
genere, ma quella particolare carneficina gli trasmetteva un orribile
presentimento. Forse era perché erano anni che non ne vedeva una così brutale e
spietata o forse perché gli sembrava improbabile che uno solo dei demoni che
circolavano avesse potuto compiere una simile azione indisturbato e senza farsi
scoprire. Quindi era stato qualcos’altro.
“Ne sei sicuro? Mi sembra difficile: non ci sono in giro demoni di livello così
alto”disse, esprimendo i suoi dubbi ad alta voce. “Sono tutti chiusi
all’Inferno. E poi, anche se fosse, non pensi che questo demone sarebbe
saltato fuori prima? Perché aspettare dieci anni per poi uscirsene con una roba
del genere e farsi scoprire in pieno? Non ha senso, a mio parere”.
“Non hai tutti i torti. Però non è
possibile che un demone sia riuscito a scappare dagli Inferi in qualche modo? È
l’unica spiegazione possibile”.
“Mah, non sono convinto. E poi…!”. Il cacciatore di demoni si bloccò a metà
frase sbiancando, mentre la natura del suo presentimento gli si svelava
improvvisa. Desiderò all’istante di non averlo capito. No, non poteva essere.
Era semplicemente ridicolo. Questo sì che non aveva senso. O forse sì?
“Dante, stai bene?”si affrettò a domandare Morrison, preoccupato.
“Io…sto bene”fu la risposta incerta. “Ci penso io ad indagare. Non ti
preoccupare, lo troverò, quel bastardo. È il mio lavoro, dopotutto”.
Il suo agente lo guardò poco convinto, ma decise di non insistere. Tanto sarebbe
stato inutile sapendo quanto era testardo il giovane. “C’è un’altra cosa di cui
vorrei parlarti, Dante. Ieri sera Lady è venuta da me con una richiesta un po’
strana”.
“Che genere di richiesta?”.
“Mi ha chiesto se posso aiutarla a rintracciare un ragazzino dagli occhi
ametista. Tu ne sai qualcosa per caso?”.
Dante alzò gli occhi al cielo.
Allora quella pazza aveva sul serio la folle intenzione di tener fede a quello
che aveva giurato. “Più o meno. È convinta che quel ragazzino…sia un demone,
ecco”rispose dopo un attimo. “Non badarci troppo. Aiutala, ma per favore tieni
informato anche me su questa storia. Sento che quell’idiota si caccerà nei guai
molto presto, temo”.
“Capisco. Se scoprirò qualcosa lo saprete entrambi”disse Morrison. Poi
aggiunse: “A proposito di Lady, mi ha detto di dirti una cosa da parte sua. Ha
detto: “Per favore di’ a quella testa di cazzo di muovere il suo fondoschiena
ed aiutarmi visto che si preoccupa tanto della mia salute”. Mi ha anche detto
di non fare domande e io non le farò, ma non ti conviene farla arrabbiare:
quella ragazza a volte è peggio di una bestia inferocita”.
“Lo so fin troppo bene purtroppo. Non temere, la terrò a bada. Grazie mille
delle informazioni. Se ho bisogno di altro ti chiamo”.
I due si alzarono e si scambiarono una stretta di mano.
“Non dimenticarti che oggi pomeriggio viene a trovarti Patty, quindi vedi di
essere in casa alle quattro. E soprattutto ricordati di essere presentabile.
Non fare come l’altra volta che ti sei dimenticato”gli raccomandò l’uomo,
uscendo.
Il mezzo demone gli fece segno di non preoccuparsi e, quando la porta
dell’agenzia si chiuse, tornò a lasciarsi cadere sulla sedia. Ci mancava solo
Patty. Quel giorno non era proprio nell’umore giusto per apprezzare la vivace e
lamentosa compagnia della bambina. Sospirò. Immaginava che avrebbe dovuto
sopportarla lo stesso per forza. Si passò una mano sul volto. Una cosa per
volta. Prima la colazione. Poi avrebbe pensato a tutto il resto.
Era giorno di mercato e la piazza
era affollata come al solito. Le urla dei negozianti e le chiacchiere della
folla riempivano l’aria, mischiandosi ai vari profumi che provenivano dalle
bancarelle. Lady camminava tra quel caos di suoni, odori e colori, guardandosi
intorno con attenzione. Trovare quel dannato ragazzino in quel posto sarebbe
stato quasi impossibile, sempre che lui fosse davvero lì. Magari Vergil lo
aveva spedito a comprare da mangiare da qualche altra parte e lei stava solo
perdendo tempo prezioso. O, peggio ancora, poteva esserle passato di fianco
senza che lei se ne fosse accorta per via della confusione. Sospirò. Forse
avrebbe fatto meglio a rinunciare a girare a caso per la città nella speranza
di imbattersi nel suo bersaglio e ad aspettare che Morrison le desse notizie
più precise.
Camminò attraverso il mercato
ancora per qualche minuto, poi si decise di rinunciare alla ricerca. Mentre lasciava la
piazza, udì due uomini discutere animatamente. Le bastarono le parole “strage”
e “sangue” per capire di cosa stavano parlando: la carneficina avvenuta quella
notte. La giovane aveva visto le foto in prima pagina sul giornale e non le ci
era voluto molto a dedurre che non era opera umana: solo qualcuno di quei
brutti rifiuti infernali poteva aver compiuto un tale orrore. Divorare vive
delle persone innocenti. Un misto di ribrezzo e paura la avvolse. I demoni,
esseri che suo padre aveva tanto idolatrato e per avvicinarsi ai quali aveva
sacrificato la vita di sua madre, mostri rigurgitati dalle eterne fiamme nere
dell’Inferno, spietate creature dalla sete di sangue insaziabile che lei odiava
con tutta sé stessa. Tutti tranne Dante, ovviamente. Il suo migliore amico, la
persona a cui lei era più legata. E forse non odiava neanche Vergil, in fondo,
nonostante tutto quello che aveva fatto. Strana contraddizione.
All’improvviso qualcosa catturò la
sua attenzione, distogliendola da ricordi vecchi ma ancora dolorosi: un
ragazzino si era avvicinato ai due uomini e stava chiedendo informazioni. Era
molto minuto, pallido come un cadavere e corrispondeva alla descrizione che le
aveva fatto Dante. Proprio in quel momento lui si girò leggermente, mostrandole
le iridi viola intenso.
‘È lui!’pensò Lady sorpresa e
soddisfatta insieme. Troppo facile. Con la maggior disinvoltura possibile, si
avvicinò ai tre con un sorriso innocente e chiese: “Qualche problema?”.
Loro si voltarono a guardarla e il
ragazzino si strinse istintivamente le mani al petto, squadrandola con
diffidenza.
“Questo ragazzino sta cercando il
supermercato. Abbiamo cercato di spiegargli la strada, ma a quanto pare non
riesce a capire dove deve andare”rispose uno degli uomini.
“Non c’è problema! Se vuoi ti
accompagno io. Tanto al momento non ho nulla di meglio da fare. Che ne dici?”si
offrì lei, allegra.
Magornak la scrutò indeciso e
ancora più sospettoso. Non sapeva come funzionasse tra gli esseri umani, ma
dove era cresciuto lui non ci si doveva assolutamente fidare degli estranei.
Però voleva poter tornare al bar più in fretta possibile. Dopo quello che era
successo a Vergil quella notte, non se la sentiva di lasciare il suo compagno
da solo. Il mezzo demone non aveva saputo dargli una spiegazione convincente e
aveva cercato di minimizzare la cosa con la scusa della fame repressa della sua
parte demoniaca, ma a lui non era sfuggita la strana inquietudine di quelle
iridi blu, emozione che non si addiceva loro affatto e che lui non vi aveva
mai visto prima di allora. Aveva giurato di aiutarlo e lo avrebbe fatto, anche
a costo di farlo arrabbiare. Doveva stargli vicino, sebbene Vergil non volesse,
perché sentiva che ne aveva bisogno.
“Va bene”accettò dopo un altro
attimo di esitazione.
“Bene, allora andiamo”.
Si congedarono velocemente dai due
uomini e si incamminarono lungo il marciapiede, diretti verso il centro della
città. Lady continuava a lanciare di nascosto occhiate indagatrici in direzione
del suo bersaglio che teneva lo sguardo ostinatamente fisso davanti a sé.
Doveva trovare il modo di fargli credere che si poteva fidare di lei.
“Sei nuovo di qui, vero?”tentò con un sorriso, cercando di mostrarsi
amichevole. “Se non sai dov’è il supermercato, allora devi esserti trasferito
in città di recente, o sbaglio?”.
“Sì, sono qui da pochi giorni”fu la
risposta sbrigativa.
“I tuoi genitori devono essere
davvero molto occupati per aver mandato te in una città sconosciuta a fare la
spesa. E da solo per di più!”continuò lei senza lasciarsi scoraggiare.
“A dire la verità, io non ho
genitori”fece Magornak a disagio. Genitori? Gli veniva quasi da ridere. Se
quella tipa avesse saputo cos’era lui, non gli avrebbe mai chiesto una cosa del
genere.
“Oh, mi spiace, non volevo. Se
avessi saputo…”.
“Non fa nulla, non ti preoccupare”.
“E allora stai in orfanotrofio?”.
“Dove?”. Che cosa diavolo era un
orfanotrofio?! Il demonietto si tormentò le dita. Quella donna lo stava
mettendo in difficoltà. Doveva inventarsi qualcosa in fretta. “Ehm, no, no.
Vivo con…mio fratello maggiore. Si occupa lui di me. Solo che oggi lui non sta
bene e quindi devo fare io le commissioni per noi”. Non era poi così falso.
Lo sguardo della cacciatrice di
demoni si fece più attento. “Capisco. Ma che cafona che sono!”rise. “Ti sto
tempestando di domande e non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami!”.
“Il mio nome è Magornak”rispose
ingenuamente lui, inconsapevole del fatto che il suo era un nome tutt’altro che
umano.
“Piacere, Magornak. Io sono…”. La
giovane esitò per una frazione di secondo. Non poteva dire di chiamarsi Lady
perché sarebbe stato un guaio se Magornak lo avesse detto a Vergil. Il suo vero
nome le salì alle labbra quasi involontariamente. “…Mary” . Erano anni che non
lo usava più e il sentirlo le fece un strano effetto. “Hai proprio un nome
strano, sai? Però mi piace: è molto bello”.
“Anche il tuo non è male…”.
Rimasero in silenzio per un po’.
Lady notò che il ragazzino si era rilassato un poco, segno che stava iniziando
a superare l’iniziale sospetto. Doveva però ammettere che non era stupido
quanto aveva creduto: seppure il suo modo di agire fosse molto ingenuo e quasi innocente, cosa alquanto strana per un
demone, era attento e prudente. E se la cavava bene anche a mentire.
“Cosa devi comperare?”chiese
gentilmente.
“Oh, un po’ di cose”borbottò il demonietto frugandosi in tasca ed estraendo un
biglietto. “Allora: il pranzo, detersivo per il pavimento…che c’è scritto?…Ah,
shampoo , il coso per smacchiare i vestiti, due cartine della città e cose tipo
matite, penne e così via”.
“Non so se troverai le mappe al
supermercato”commentò la giovane sbirciando la lista da sopra la sua spalla.
“Certo che tuo fratello è stato molto preciso sui detergenti: guarda, ti ha
messo la marca e la quantità precise. Accidenti, è quello bello forte! Che è
successo?! Avete rovesciato vernice in giro da per tutto in casa?”.
Magornak si irrigidì, ripensando
allo stato in cui aveva trovato Vergil, cosa che non sfuggì alla sua
accompagnatrice. “Più o meno. Mio fratello si è sporcato tutti i vestiti e non
c’è stato modo di pulirli bene da tutto…da tutta quella roba”.
La cacciatrice di demoni preferì
non aggiungere altro, ma rimase perplessa nel vedere tanto turbamento. Cosa
aveva combinato veramente il figlio maggiore di Sparda?
“Siamo arrivati, mi sa”. La voce
dell’altro la riportò alla realtà. Erano giunti a destinazione. “Grazie di
tutto, Mary. Sei stata molto gentile ad accompagnarmi”.
“Ma figurati, è stato un piacere!”rispose lei forzando un sorriso. Accidenti.
Proprio quando era riuscita a fargli abbassare un po’ la guardia. Poi ebbe
un’idea. “Aspetta un attimo”. Si frugò in tasca ed estrasse una penna e un
foglio. Ci scribacchiò sopra qualcosa e poi lo porse al ragazzino. “Ecco. Qui
ci sono il mio indirizzo e il mio numero di cellulare: se tu e tuo fratello doveste
avere bisogno di qualcosa, non esitate e venire da me, ok?”.
“Troppo gentile, Mary! Grazie
davvero. Sono felice di averti incontrato! E io che pensavo che mi sarei
trovato male qui!”esclamò Magornak illuminandosi. Il mondo degli umani era
davvero molto migliore dell’Inferno. Lì si potevano trovare persone erano
gentile e disponibili. Per non parlare del numero ridotto di pericoli. Gli
sarebbe piaciuto poterci restare per un po’.
La donna si sentì quasi un verme
nel vedere quelle iridi ametista così piene di sincera gratitudine. Le sembrava
davvero di avere a che fare con un bambino e non con un demone. Come poteva un
essere così innocente avere origini tanto oscure? E soprattutto come poteva
aiutare un pazzo come Vergil? “Il piacere è stato tutto mio, Magornak”rispose,
cercando di nascondere il proprio turbamento. Era tutto sbagliato.
Quell’esserino non poteva essere una creatura infernale. Eppure quel nome, il
fatto che stesse con Vergil…Si era forse sbagliata? Per quanto ne sapeva tutti
i demoni avevano gli occhi rossi, non viola. Lo guardò correre in fretta dentro
il supermercato e sparire dietro le porte scorrevoli. Doveva assolutamente
scoprire chi era davvero quel ragazzino e qual era il suo compito.
Magornak rincasò un paio di ore
dopo, decisamente allegro. Aveva trovato tutto quello che doveva prendere e
l’incontro con quella Mary aveva davvero migliorato il suo umore. ‘Gli umani
non sono poi tutti così male come sostiene Vergil’si disse, mentre chiudeva la
porta del locale. ‘Saranno anche delle nullità rispetto alla forza dei demoni,
ma almeno non cercano di ammazzarti a prima vista. E alcuni sono davvero
gentili…’. “Vergil, sono a casa!”chiamò.
Si udì un rumore di passi e il
mezzo demone apparve dal corridoio. “Ah, eccoti finalmente. Ce ne hai messo di
tempo”lo apostrofò gelido.
“Non trovavo la strada per il
supermercato. Per fortuna che una ragazza è stata così gentile da accompagnarmi,
se no ciao! Si chiama Mary. Mi ha lasciato il suo numero di telefono nel caso
avessimo bisogno di altro”si giustificò lui con un sorriso imbarazzato. “Come
ti senti?”.
“Sto bene”fu la risposta brusca.
“Non fidarti degli estranei. Gli umani sanno essere più subdoli dei demoni a
volte. Le hai detto di me?”.
“No, ho solo detto che vivo
con…ehm…mio fratello maggiore. Comunque, ho tutto quello che volevi”. Il
demonietto ignorò il rimprovero del suo protettore e gli porse le buste della
spesa.
Vergil lanciò una rapida occhiata
al contenuto della borsa e annuì soddisfatto. “Così potrò finalmente smacchiare
i miei vestiti”borbottò. “Non so come ti sia venuto in mente di dire che sono
tuo fratello. Ne ho già uno e credimi mi basta e avanza”.
Fu in quel momento che Magornak
notò che l’altro non portava i soliti abiti, ma aveva indosso una comunissima
maglia bianca e un paio di jeans. “Ehi! Hai cambiato look?”chiese stupito.
“Non fare l’idiota. Ho valutato il
mio guardaroba e mi sono accorto che tutti i miei vestiti sono da buttare
tranne quelli che ho imbrattato di sangue. Non è facile conservare integra la
stoffa all’Inferno. Devo comprarne altri. Questi li ho presi al negozio qui
vicino, erano le cose più economiche che avevano”rispose il giovane, irritato.
“Abbiamo bisogno di soldi. Ci toccherà aprire questo dannato posto al più
presto”.
“Non stai male vestito così. E poi
attiri decisamente meno l’attenzione”.
“Già. Su, mangiamo. Dopo pranzo
devi aiutarmi a decifrare una descrizione”ordinò Vergil. “Ieri sera ho trovato
in uno dei codici che abbiamo rubato dei passi su Kasreyon. C’erano la sua
leggenda e la descrizione del luogo in cui si troverebbe secondo l’autore del
libro. Il problema è che la descrizione è fatta per allegorie e a prima vista
sembrerebbe la quella di un luogo inventato. Mentre eri via, me la sono
studiata e mi sono accorto che alcuni particolari sembrano rimandare ai luoghi
in cui Sparda nascose i sigilli dell’Inferno. Questa spada ha qualcosa a che
fare con mio padre e con Temen-Ni-Gru, la torre che collega il mondo degli
umani agli Inferi e che crollò dieci anni fa durante lo scontro con quel pazzo
di Arkham, proprio quando, dopo tanta fatica, ero riuscito a farla risorgere.
Però non riesco a capire cosa di preciso”.
“Non so quanto potrò aiutarti, ma
non mi tiro indietro. Ti darò tutto l’appoggio che mi chiederai”. La creaturina
esitò. “Vergil? Ma quello che è successo stanotte…?”.
“Ancora con questa storia?!”ringhiò
il mezzo demone. “Mi sembrava di averti detto che non era nulla di cui
preoccuparsi!”.
“E invece insisto! Io sono
preoccupato per te, Vergil, lo vuoi capire o no?! Non me ne frega nulla del
fatto che a te questa cosa non piaccia neanche un po’, ma per me tu sei un
compagno prezioso, a cui io sono affezionato e sinceramente vederti in questo
stato di inquietudine mi fa star male! Lasciati aiutare almeno per una
volta!”si oppose il demonietto con una decisione che gli era estranea,
fissandolo negli occhi, incurante delle possibili ripercussioni.
Vergil lo guardò preso alla sprovvista.
Quella era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato. È vero, sapeva che Magornak
era molto diverso dagli altri demoni, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe
potuto arrivare a tanto. E poi quel tono, quello sguardo… “Parli quasi come mio
fratello. Usò quello stesso tono dieci anni fa quando tentò di impedirmi di
rinchiudermi all’Inferno. Sai a quanto è servito”commentò amaramente. Poi
sospirò, voltandosi. “Ho sentito una voce dopo aver finito di leggere il
codice. Stava chiamando il mio nome, mi invitava a lasciarmi andare al potere.
Il mio corpo ha iniziato a rispondere al suo richiamo contro la mia volontà. Ho
cercato di lottare, ma alla fine sono scappato fuori dal locale e poi devo
essermi trasformato. Non so come sia successo o da dove venisse quella voce
maledetta. Era inquietante. Però in un certo senso era familiare. Non sono
riuscito a contrastarla. Però, almeno, ho salvato te. È tutto”. Senza
aggiungere altro se ne andò in cucina, lasciando il suo protetto a bocca aperta
per la sorpresa. Vergil che ammetteva di volerlo proteggere? Il suo compagno
doveva stare veramente male.
‘Spade leggendarie, voci che
vengono dal nulla, il sangue di Sparda che combatte contro sé stesso…Accidenti,
è davvero un bel casino!’si disse scuotendo il capo. ‘Non so come andrà a
finire questa storia, ma di sicuro non mi piace per nulla la piega che sta
prendendo. C’è qualcosa che non va. Vergil ha detto di aver sentito la voce
subito dopo aver letto di Kasreyon. E i demoni che ci hanno dato la missione
hanno detto che il creatore di quella spada maledetta la nascose per paura del
suo immenso potere…Che quell’arma c’entri qualcosa con quello che è successo a
Vergil? Questa storia non mi piace proprio per nulla! Oh Sparda, quanto vorrei
che tu fossi ancora qui! Sapresti di sicuro cosa fare…’. Rimase pensoso per un
po’, poi con un sospiro si decise a raggiungere il mezzo demone in cucina.
Ciao a tutti!!
First, immagino che avrete notato che ho tolto l’avviso di OOC dalla
presentazione…Be’, mi sono fidata dei vostri sempre più che apprezzati
giudizi. Però vi chiedo cortesemente per l’ennesima volta (e lo chiederò ad
ogni capitolo, rassegnatevi) di dirmi se vado fuori con qualche personaggio. Se
non volete scrivermelo nella recensione, mandatemi pure un messaggio, va bene
lo stesso!! Secondly, perdonatemi gli errori di ortografia che fortunatamente
qualcuno si premura sempre di farmi notare…Grazie doc11!!
Bene, ora che ho sfogato la mia paranoia due parole sul presente capitolo e sul
seguente (sempre sparando che questi miei interventi non siano fonte di noia
per voi!!)…Allora, Vergil ha avuto, come si è notato, un piccolo “incidente di
percorso” che potrebbe però rivelarsi ben più grave di quello che crede
lui…Inoltre come avevo anticipato Magornak e Lady si sono incontrati, il primo
cascando prontamente nella trappola di lei e la seconda rimanendo parecchio
perplessa rispetto al carattere di lui. Be’, ora alla nostra motociclista
preferita non resta che fare rapporto a un certo cacciatore di demoni...E
poi nel prossimo capitolo (per la gioia, spero, vostra e anche mia) i nostri
due gemellini finalmente si rivedranno dopo dieci anni!! Insomma, c’è da aspettarsi
di tutto e anche di più!!
Rinnovo i sinceri ringraziamenti (e un mare di abbracci) a doc11, Xeira__ e Kuromi_!! Spero di non deludervi mai,
ragazze!!! Mi date l’ispirazione!! 0.0 E grazie come sempre anche a chi
segue/legge la mia storia…Fa sempre piacere! ^^
Dante allungò una mano per prendere
un’altra fetta di pizza e lanciò un’occhiata interrogativa alla persona che era
seduta di fronte a lui. Erano passati dieci minuti buoni da quando era entrata
dalla porta e si era seduta senza fiatare, nemmeno per salutarlo.Lady ricambiò quell’occhiata con uno sguardo
assassino e si ostinò a rimanere in silenzio.
Alla fine il cacciatore di demoni
dovette cedere. “Posso sapere perché diamine sei seduta alla mia scrivania,
Lady?”domandò esasperato.
“Per sentirti dire che sono più brava di te nelle tue faccende personali, caro il mio Dante”rispose lei tranquilla,
regalandogli un sorriso da squalo.
Lui sgranò gli occhi incredulo.
“Non…non starai dicendo che tu…L’hai già trovato?! Non…non è possibile! Mi stai
prendendo in giro!”.
“Ho già trovato cosa? Hai dimenticato il soggetto. Non
sei neanche capace di costruire una frase. Comunque, se ti riferisci a tuo
fratello, la risposta è no. Se parli del luogo in cui Vergil si nasconde,
nemmeno. Ma se invece intendi il ragazzino dagli occhi viola, sì, l’ho trovato.
Questa mattina l’ho accompagnato al supermercato. Si chiama Magornak e mi ha
detto di essersi trasferito in città da poco. Con suo fratello maggiore”. Il
tono della donna era quasi canzonatorio.
“Fratello maggiore?! Vergil è mio fratello, non il suo!”si lasciò
sfuggire Dante.
“Cos’è? Sei geloso, per caso?
Comunque, dubito che sia stato Vergil a dirgli di dire una cosa simile. A
proposito del nostro nemico preferito, tu sai a cosa potrebbero servirgli kili
di detersivo e detergente per vestiti?”.
“E io che ne so! Perché me lo
chiedi?”.
“Perché Magornak doveva comprarne
quantità industriali. Mi ha spiegato che suo fratello si è sporcato tutto di vernice. Ma mi sembra un po’
surreale che Vergil abbia potuto fare sul serio una cosa simile”.
Il mezzo demone rimase in silenzio,
mentre un dubbio gli si affacciava alla mente. E se l’autore della carneficina
di quella notte fosse stato davvero il suo gemello? Con tutto il sangue che
c’era per terra e visto in che modo aveva ucciso le sue vittime, si sarebbe
imbrattato tutto di sangue. E non è facile lavarlo via dai vestiti, soprattutto
se è secco…
“Dante? Mi stai ascoltando?”. Lady
lo guardò interrogativa.
“Cosa?”fece lui, tornando al
presente.
Lei strinse gli occhi, sospettosa.
“C’è qualcosa che non mi dici?”.
“No, cioè, stavo pensando una cosa.
Stamattina è venuto da me Morrison per parlarmi della strage che è stata fatta
questa notte”spiegò Dante a disagio. “Mi ha chiesto di indagare perché è
abbastanza ovvio che è stata compiuta da qualcosa di non umano. Però Morrison è
sicuro che l’autore sia un unico demone, non un gruppo. Il problema è che ormai
da tempo non ci sono più in giro demoni di alto livello e quelli di basso
livello si muovono sempre in gruppo. Dal momento che le Porte dell’Inferno sono
chiuse, non è possibile che sia uscito un demone potente. Ci ho pensato e mi è
venuto in mente che forse…Insomma, sappiamo per certo che qualcuno è uscito dagli Inferi. E non è un demone di basso
livello”.
La donna lo fissò sconcertata. “Non
mi starai dicendo che credi che…?”.
“Sì, Lady. Non è facile da
ammettere, ma credo che sia stato Vergil a compiere quella carneficina. È
l’ipotesi più probabile. E dopo quello che mi hai detto sullo smacchiatore…Lui
ha sempre tenuto molto ad avere i vestiti in ordine”.
“Al contrario di qualcun
altro”borbottò la giovane. Poi scosse il capo. “No, non ci credo. Tuo fratello
non avrebbe avuto motivo di fare una cosa del genere. Insomma, se è tornato lo
avrà fatto per una ragione precisa e ammazzare gente a caso sarebbe
controproducente perché lo renderebbe più facilmente localizzabile, non trovi?
Andiamo, non ha senso. E poi Vergil non è così. Lui non fa mai nulla senza uno
scopo. Quelle persone sono state sbranate solo per il gusto di farlo. Dante, ragiona.
Non può essere stato lui!”.
“Lady, ti ricordo che mio fratello
ha passato dieci anni all’Inferno. Non sappiamo che effetto possa aver avuto
quel posto su di lui. Come puoi essere certa che non sia diventato un mostro
come tutti gli altri?”. Il tono di Dante si era fatto duro, ma lui non riuscì a
guardare la sua amica negli occhi. Avrebbe tanto voluto poterle credere, poter
pensare che suo fratello non fosse diventato una creatura orribile e spietata
come i demoni che lui amava tanto. Ma non gli era possibile. Vergil, anche se a
vederlo non si sarebbe detto, non era così emotivamente forte come sembrava.
Bastava pensare alle conseguenze che aveva avuto su di lui la morte di Eva: a
partire da quel giorno si era messo in testa di riprendersi il potere di Sparda,
incurante del fatto che quello era l’ultima cosa che loro padre avrebbe voluto,
e aveva coltivato la sua ossessione fino a che essa aveva offuscato tutto il
resto, spingendolo a percorrere al contrario la strada che Sparda aveva così
faticosamente aperto e a mettersi contro il suo stesso fratello. Per questo non
dubitava che il prolungato soggiorno all’Inferno avesse potuto provocare in lui
qualche cambiamento drastico.
“Ti sbagli, Dante. Tuo fratello
forse è addirittura migliorato in questo senso rispetto a dieci anni fa”esclamò
la donna convinta.
Il cacciatore di demoni sospirò
stancamente. Cosa gli toccava sentire. “Cosa te lo fa pensare?”.
“Magornak!”.
“Il ragazzino-demone che si porta
dietro? Bel tentativo, Lady, ma non basta. Non vedo perché il fatto che mi
fratello abbia un sottoposto mi debba far cambiare idea. Tutti i demoni di alto
livello si portano a spasso qualche tirapiedi che li aiuta a fare il lavoro
sporco”fu il commento sarcastico.
“Non capisci. Tu non l’hai
conosciuto. Quel ragazzino è diverso da tutti gli altri demoni. Non ha un filo
di malizia, è ingenuo, quasi innocente!
Non è assetato di sangue e si è fidato di me. Mi era grato, sinceramente grato.
Un demone non conosce la sincerità e tanto meno la gratitudine. Se tuo fratello
fosse davvero diventato il mostro che pensi, secondo te si porterebbe dietro un
cosino del genere? E poi, se devo dirla tutta, mi è parso un imbranato, quel
ragazzino. Non dico stupido perché è molto sveglio, ma semplicemente…timido e
insicuro”spiegò lei. “Per Vergil uno così è solo una scocciatura, fidati.
Eppure si ostina a portarselo dietro!”.
Dante la guardò poco convinto. “Un demone timido, insicuro e innocente? È
paradossale, Lady, te ne rendi conto?! Non è possibile”.
“Certo. Appunto per quello questa cosa
dovrebbe farti pensare! Ti sembra che un mostro assetato di sangue si
porterebbe dietro uno come Magornak?”.
“Ma mio fratello è diverso!”. Il
mezzo demone si accorse troppo tardi del significato delle sue parole e guardò
malissimo l’amica che gli sorrideva soddisfatta. L’aveva fregato ancora una
volta. Però in un certo senso le era grato: gli aveva dato un buon motivo per
sperare che Vergil fosse ancora il suo Vergil.
“Visto?”fece la donna gongolante.
“Sì, d’accordo, mio fratello potrebbe non essere diventato un mostro assetato
di sangue”concesse lui. “Ma questo non toglie che potrebbe essere davvero
l’autore della strage!”.
“Se lo ha fatto deve esserci una
spiegazione. Magornak mi ha detto che oggi suo fratello non stava bene e mi è parso molto turbato quando gli ho
chiesto a cosa servivano i detersivi. Deve essere successo qualcosa di grave al
tuo gemello, Dante”.
“Mi piacerebbe sapere cosa. In
effetti stamattina, quando mi sono alzato, mi faceva male tutto. E visto che io
non avevo fatto nulla per ridurmi così, deve essere per forza stato Vergil. Ma
anche questo ha poco senso: per compiere quella strage si sarà sicuramente
trasformato, ma non ci ha mai fatto quest’effetto passare alla forma demoniaca.
È stato diverso questa volta”.
Rimasero in silenzio per qualche
minuto, ognuno perso nelle proprie considerazioni.
“L’unico modo per saperlo è
chiederglielo”sospirò Lady alla fine.
“Ma no, non ci ero arrivato. E come
pensi di fare, scusa?”l’apostrofò il giovane.
“Ho dato il mio numero e il mio
indirizzo a Magornak. Sono certa che tornerà a cercarmi, presto o tardi. Gli
sto simpatica”.
“Cos’hai fatto?! Ma se mio fratello
dovesse scoprire che sei tu la nuova amica del suo sottoposto, ti ucciderebbe!
Tu sei pazza”.
“Tranquillo, mi sono presentata a
lui con il mio vero nome. Dal momento che l’ho sempre rifiutato, a Vergil non
passerà neanche per l’anticamera del cervello che potrei essere io. In fondo ci
sono un sacco di Mary in giro. E poi so badare a me stessa”.
Dante la guardò incredulo. Quella
ragazza doveva trovare un piacere smisurato nel mettersi nei guai. E così
facendo lo costringeva a guardarle le spalle e, di conseguenza, ad interessarsi
per forza al ritorno di suo fratello. Che stronza macchinatrice. La odiava
quando faceva così. Anche se non glielo avrebbe mai detto per evitare di farsi
prendere a colpi di bazooka, sotto quell’aspetto Lady assomigliava molto a suo
padre Arkham.
In quel momento il cellulare della
giovane iniziò a squillare. Lei lo estrasse e guardò lo schermo. Un numero
privato? ‘Sarà Morrison’pensò, rispondendo. “Pronto?”.
“Mary? Sei tu?”fece una voce
inconfondibile.
“Magornak?!”esclamò lei sorpresa.
D’accordo, era sicura che il demonietto l’avrebbe richiamata, ma non si sarebbe
mai aspettata che l’avrebbe fatto a poche ore di distanza dal loro incontro.
Dante la guardò altrettanto stupito e lei gli fece segno di aspettare.
“Sì, sono io. Ascolta, sei libera
oggi pomeriggio?”. Sembrava molto inquieto.
“Certo. Perché? Problemi?”.
“No…Be’, sì. Ho fatto infuriare mio
fratello e ho bisogno di sparire da casa per un po’…Non è che mi faresti
compagnia? Magari mi fai vedere la città così non mi perderò più”.
“Ma sicuro! Sai dov’è il parco?
Possiamo vederci lì tra un quarto d’ora”.
“Sì, più o meno conosco la zona. Ci
vediamo là, allora. Grazie mille, Mary”. Dal tono del ragazzino si capiva che
aveva molta fretta di chiudere la conversazione.
“Aspetta! Si può sapere cos’è tutta
questa premura?! Cos’hai fatto di tanto grave per far infuriare tuo fratello
così?”domandò la giovane, iniziando a preoccuparsi. Che tutto quel bel discorso
su Vergil che aveva appena finito di fare a Dante fosse davvero campato per
aria?
“Ehm…Ho sbagliato a comprare lo
shampoo”fu la risposta imbarazzata.
“Che?! Se l’è presa per uno shampoo? Ma dai, che idiozia! Hai sbagliato la
marca per caso?”fece la ragazza incredula lanciando un’occhiata di sbieco al
cacciatore di demoni come per dire “È proprio il tuo gemello!”. Lui si indicò e
alzò le mani scuotendo il capo.
“No, no, il fatto è che non ho
comprato uno shampoo. Come dire, era lì in mezzo e non mi sono accorto che non
era quello che dovevo prendere…”.
“Posso sapere cos’hai comprato?”.
“Quella cosa che si usa per tingere
i capelli. Ma fin lì tutto bene, solo che poi mio fratello si è fatto la doccia
con lo shampoo e la sorpresa non gli
è piaciuta!!”.
A quell’uscita Lady scoppiò a
ridere come una pazza. Quel demonietto era proprio un disastro. “Va bene,
Magornak, ho capito. Allora a tra poco”disse senza smettere di sghignazzare.
“Sì, sì, tu ridi, ma se quello mi
taglia a metà sarò io a piangere!”borbottò Magornak irritato. “Ti raggiungo tra
poco. Ciao!”. E la comunicazione si interruppe.
Il cacciatore di demoni rimase a
guardare interrogativo la sua amica che continuava a ridacchiare scuotendo il
capo. “Ma si può sapere che hai da ridere?!”chiese infastidito.
“Niente, niente. Magornak ha
comprato la tintura per capelli invece dello shampoo e il tuo gemello l’ha
usata! Mi sarebbe piaciuto vedere la sua faccia quando si è accorto che l’acqua
era colorata e soprattutto quando si è guardato lo specchio e ha visto il
risultato! Ci credo che se l’è presa con il povero Magornak. Chissà di che
colore ha i capelli adesso…”rispose lei.
“Questo Magornak deve essere
proprio un idiota”commentò Dante divertito, immaginando la possibile espressione
del fratello. “Anche io una volta gli avevo fatto uno scherzo simile quando
eravamo piccoli, adesso che ci penso…La volta dopo che mio padre ci ha fatti
duellare durante l’allenamento mi ha massacrato”.
“Hai colorato i capelli di tuo
fratello?”. La donna sollevò un sopracciglio sorpresa. “Eri proprio una peste
da bambino. Va bé, io vado, devo incontrare Magornak. Mi raccomando, fai il
bravo e non cacciarti nei guai. Ti terrò informato”.
“Sono io che dovrei farti questa
raccomandazione, Lady”la rimbeccò lui, accompagnandola alla porta. “Vedi di non
far arrabbiare mio fratello. Scommetto che è di pessimo umore al momento”.
Lady gli strizzò l’occhio e corse
via diretta al parco.
Vergil si passò per l’ennesima
volta una mano nei capelli lanciando un’occhiata torva al proprio riflesso. Ci
era voluto tutto il suo autocontrollo per impedirsi di scuoiare vivo Magornak.
Per fortuna il demonietto aveva fatto la saggia scelta di scappare via dal loro
quartier generale e di restarci lontano per un po’. Giurò che non si sarebbe
mai più fidato di quello che il suo protetto avrebbe portato a casa in futuro e
che avrebbe controllato ogni cosa con la massima attenzione. Si lasciò sfuggire
un sospiro. Era tornato nel mondo degli umani per ottenere il potere e si
ritrovava a doversi destreggiare tra i guai combinati da una creaturina che
nessuno avrebbe avuto il coraggio di definire demoniaca e un libro che parlava
per metafore poetiche. Sinceramente non era quello che si aspettava quando
aveva accettato l’incarico. Si domandò perché poi, tra tutti i colori che
esistevano, Magornak avesse preso proprio la tintura rossa. Se fosse stata blu forse se la sarebbe presa di meno, ma il
rosso, a meno che non fosse quello del sangue, non lo poteva proprio
sopportare. Gli ricordava tanto un idiota che conosceva fin troppo bene.
Chiuse il codice che aveva davanti
e lo buttò sul tavolo. Non era concentrato, non sarebbe riuscito a cavarne
fuori nulla. E poi ormai lo conosceva a memoria. Se ci fosse stato quell’idiota
del suo protetto magari avrebbe potuto tirare fuori delle idee diverse, ma non
era lì. Imprecò mentalmente. Come gli era venuto in mente di ascoltare la
proposta di Magornak? Avrebbero dovuto mettersi subito al lavoro, ma
quell’imbecille aveva insistito per aiutarlo a smacchiare i vestiti per prima
cosa. Probabilmente aveva pensato che la vista del sangue che lui aveva sparso
potesse turbarlo ancora di più. E Vergil dovette ammettere che il demonietto non
aveva tutti i torti. Così si erano messi a lavar via tutto quel rosso. Ci era
voluto un po’ e quasi tutto il detersivo, ma alla fine erano riusciti a ridare
un aspetto presentabile alla stoffa, finendo però per sporcarsi tutti. Il mezzo
demone aveva deciso di farsi un’altra doccia e di lavarsi anche i capelli con
lo “shampoo” che aveva comprato Magornak. E i suoi capelli candidi erano
diventati dello stesso colore del sangue che aveva appena finito di lavare via.
Si mise a contare i soldi che erano
rimasti loro. Il proprietario del locale non ne aveva così tanti come aveva
detto loro la notte in cui avevano “acquistato” il bar. E non aveva la carta di
credito. Se la missione fosse andata ancora per le lunghe avrebbero dovuto
mettersi a lavorare. Ma per il momento potevano tirare all’incirca la fine
della settimana. Prese parte del denaro, chiuse a chiave e si incamminò sotto
il cielo grigio. Stava tornando il maltempo. Alzò gli occhi verso le nuvole.
Dieci anni prima se avesse sollevato lo sguardo avrebbe potuto vedere
Temen-Ni-Gru ergersi sopra le macerie delle case distrutte. Ci era andato così
vicino quella volta. Aveva sfiorato il potere di Sparda. Poi Arkham lo aveva
tradito, rovinando i suoi piani, e suo fratello lo aveva sconfitto. Strinse i
pugni. Questa volta sarebbe stato diverso. Non aveva nessun umano inaffidabile
di cui preoccuparsi. Non avrebbe fallito.
“Dante, questa volta non riuscirai
a fermarmi”disse rivolto al cielo. “Non ho passato dieci anni chiuso
all’Inferno per vedere i miei piani andare in fumo nuovamente. Quel potere deve
essere mio. Mi spetta di diritto!”. Distolse lo sguardo e accelerò il passo.
Doveva muoversi a trovare qualcosa che facesse tornare normali i suoi capelli e
magari anche dei vestiti nuovi. Poi, quando Magornak fosse tornato, si
sarebbero occupati del codice.
Magornak dondolava i piedi seduto
su un muretto all’entrata del parco, in attesa. Per fare prima aveva volato
fino al luogo dell’appuntamento, ricordandosi però di togliersi la maglia per
non stracciarla con le ali, per poi rimettersela una volta giunto a
destinazione.
‘Chissà se Vergil è ancora
arrabbiato’pensò sospirando sconsolato. ‘Io mi impegno così tanto per aiutarlo,
ma alla fine faccio solo guai. Forse sarebbe stato meglio se fossi rimasto
all’Inferno, invece di seguirlo. Sono solo un disturbo per lui’.
Saltò giù dal muretto e si mise a
passeggiare davanti all’ingresso. Gli sarebbe piaciuto poter raccontare tutto a
Mary, magari lei avrebbe saputo aiutarlo, ma era ben conscio del fatto che non
poteva e soprattutto non doveva assolutamente farlo. E poi chissà come avrebbe
reagito se lui si fosse messo a raccontarle di demoni e dell’Inferno. Era
un’umana, non poteva capire. Però, magari, avrebbe potuto chiederle aiuto
indirettamente. Aveva solo bisogno di un consiglio su come comportarsi con
Vergil. Non si era mai posto quel problema negli Inferi. Lì erano entrambi a
casa loro, conoscevano bene le regole e il loro posto. Lì lui doveva limitarsi
a dare al mezzo demone quello che voleva, informazioni o oggetti che fossero, e
quest’ultimo lo doveva proteggere. Ma nel mondo degli umani era tutto
differente. La situazione era diversa. Era tutta un’altra cosa e lui si sentiva
disorientato come non mai, perso in un mondo che gli era ignoto in cui l’unico
suo punto di riferimento era Vergil. Ma anche il suo protettore sembrava non
trovarsi bene in quel posto: prima i ricordi e suo fratello, adesso quella
maledetta voce e la strage. E lui non poteva aiutarlo. Se solo avessero potuto
tornare all’Inferno! Tutto si sarebbe sistemato da sé e loro avrebbero potuto
riprendere a vivere come prima. Ma non era possibile. Dovevano trovare quella
dannata spada ed aprire le Porte. Sospirò. Non era più convinto di volerlo
fare. Se avessero rotto la barriera che separava i due mondi, i demoni
avrebbero invaso e distrutto la Terra. E questo non gli andava perché lui,
nonostante tutto, si trovava bene in quel mondo ancora sconosciuto. E poi
avrebbero reso vano il lavoro di Sparda, tutto ciò per cui quel demone tanto
nobile aveva tradito le sue stesse origini e sparso il sangue dei suoi simili,
a costo della sua vita. Come poteva Vergil non capirlo, lui che era il figlio
del Cavaliere Oscuro? Ma forse gli interessava davvero solo il potere e tutto
il resto erano miseri dettagli.
“Ehi, Magornak!”. La voce di Lady
lo fece sobbalzare strappandolo a quei mesti pensieri.
“Ah! Oh, sei tu, Mary, ciao…Scusa,
ero sovrappensiero”balbettò imbarazzato.
“Figurati. Allora, come va?”sorrise lei.
“Ho avuto giorni migliori”.
“Immagino. Tuo fratello è ancora arrabbiato?”.
“Non so. Sono praticamente scappato
di casa. Ma sono certo che gli passerà in fretta. Abbiamo cose troppo
importanti da fare per perdere tempo su queste sciocchezze”.
“Lo spero per te. Non è bello avere
dei dissapori in famiglia, parlo per esperienza personale. Io ho avuto dei
contrasti molto forti con mio padre e nonostante siano passati anni ne soffro
ancora”. Lo sguardo della ragazza si velò di tristezza mista a rabbia.
“Ritrovarsi a combattere contro le persone che teoricamente dovrebbero essere
sempre al tuo fianco è orribile per principio”.
“Mi spiace. Quindi non hai mai
fatto pace con tuo padre?”domandò Magornak. Tutta quella considerazione che gli
umani avevano per i propri simili lo incuriosiva. Tra demoni non era neanche
concepibile una cosa del genere. Lui però riusciva a capirli perché provava lo
stesso per Vergil. Era legato al mezzo demone, molto più di quanto aveva
creduto possibile. Ma in fondo lui era un’eccezione rispetto alla proprio
razza, quindi perché stupirsi tanto? Quanto a Vergil, in apparenza seguiva il
modello demoniaco standard, ma Magornak era convinto che in realtà non fosse
così disinteressato nei suoi confronti come voleva fargli credere e soprattutto
era sicuro che, oltre quel disprezzo di facciata, avesse un legame molto
speciale con suo fratello, legame che non era riuscito a troncare nonostante tutti
i suoi sforzie il fatto che il destino li
avesse fatti nemici.
“No. È morto. Io sono come te: non
li ho più i genitori. Ma non parliamo di queste cose tristi. Ormai è passato
tanto tempo. Non mi va di ricordarle”.
“Hai ragione. Scusami. Comunque
sono certo che tra me e mio fratello non capiterà mai una cosa del genere.
Perché, qualunque scelta farà, io sarò al suo fianco. Anche se non sarò
d’accordo, se non riuscirò a fargli cambiare idea, lo seguirò ovunque e farò
tutto quello che posso per aiutarlo, come ho sempre fatto. Sai, il posto da
dove vengo non è molto bello. Anzi, diciamo che viverci è proprio un Inferno. Se non fosse stato per lui io
non sarei qui a parlare con te. Mi ha salvato la vita e mi ha sempre protetto
dal resto del mondo. Ho un debito con lui e lo voglio saldare”.
La cacciatrice di demoni lo guardò,
nascondendo a stento la sorpresa. Davvero Vergil si era preso così cura di
quell’esserino tanto strano? Gli aveva salvato la vita?! E perché mai? Forse
era cambiato qualcosa in lui dopo la sconfitta subita dieci anni prima. “Posso
chiederti come si chiama tuo fratello? Non l’hai mai nominato
direttamente…”azzardò. L’ultima conferma.
Il demonietto esitò. Poteva dirgli
il suo vero nome o se ne doveva inventare uno? Non ne vedeva la necessità. Un
nome era solo un nome alla fine. “Vergil”rispose dopo un attimo. “Si chiama
Vergil”.
Eccola, l’ennesima prova. Non poteva essere una coincidenza. Quell’essere conosceva
davvero Vergil. “Vergil…”ripetè piano tra sé e sé. I ricordi degli eventi di
dieci anni prima la avvolsero. Da allora erano cambiate molte cose, ma lei
odiava ancora quel giovane superbo che aveva tentato di liberare l’Inferno
sulla terra, anche se ora le ragioni non erano le stesse. Dieci anni prima lo
aveva odiato per la sua natura di demone e perché era l’alleato di suo padre.
Adesso lo odiava perché aveva abbandonato Dante dopo tutto quello che suo
fratello aveva fatto per lui. Non poteva perdonargli tutto il dolore che aveva
causato, tutte le speranze che aveva distrutto con un solo gesto. E soprattutto
non poteva perdonargli il fatto di essere tornato non per scusarsi o cosa, ma
bensì per tormentare di nuovo il suo amico. Lei e Vergil avevano decisamente un
conto aperto. E questa volta Dante non sarebbe riuscito a convincerla a
mettersi da parte.
“Mary, va tutto bene?”le domandò Magornak, inquieto.
La donna si accorse di aver stretto istintivamente i pugni in moto d’ira e si
affrettò a sorridere. Non poteva assolutamente permettere che il ragazzino
sospettasse le sue vere intenzioni. “Certo, certo. Allora, dimmi, c’è qualcosa
che posso fare per aiutarti con…tuo fratello?”chiese. Evitò di pronunciare il
nome del mezzo demone: temeva che la sua voce si sarebbe velata di disprezzo.
Lui si agitò un po’ sulle gambe. “Be’, in effetti sì. Da quando ci siamo..ehm, trasferiti, mio fratello è
costantemente, come dire?, di cattivo umore perché…bé, speravamo di trovare
quello che ci mancava nella nostra vecchia dimora, ma a quanto pare non è così
semplice come ci aspettavamo. E lui quindi non è molto incline a sopportare me
e i miei guai. Potresti darmi qualche consiglio su come si trattano le persone
quando sono estremamente irritabili?”chiese non senza un po’ di titubanza e
cercando di tenersi il più possibile sul vago. Pregò che la sua amica non
facesse domande su cosa cercavano perché non avrebbe proprio saputo cosa
inventarsi questa volta.
“Sei fortunato, Magornak. Ho anche io un amico che ha un bel caratteraccio. Se
la prende per un niente. È insopportabile, un testardo cronico. Vuole sempre
fare di testa sua, senza mai farsi aiutare, anche quando ne ha veramente
bisogno. Però non è vendicativo come mi pare di capire che sia tuo
fratello”rispose lei ridacchiando. Si immaginava cosa le avrebbe detto Dante se
avesse potuto sentire quello che stava dicendo. “Che?! Stai forse insinuando che sono come mio fratello?! Non è affatto
vero, brutta stronza!”.
Magornak la guardò un po’ sorpreso. Mary conosceva una persona che somigliava a
Vergil? Impossibile. Nessuno poteva essere come lui, era un mezzo demone e
questo diceva tutto. Se non…Un dubbio atroce gli si affacciò alla mente. ‘Oh.
Per. Le. Fiamme. Dell’Inferno. Oscuro. Merda!’imprecò mentalmente, terrorizzato
e infuriato con sé stesso. ‘Se fosse vero sarebbe un disastro!! È la volta
buona che Vergil mi fa secco…’. Prese un respiro profondo. Doveva scoprire se i
suoi sospetti erano sensati immediatamente. E poi allontanarsi il più in fretta
possibile da quell’umana. Quel pensiero lo rattristò per un attimo, ma lui si
rimproverò. Vergil e la missione prima di tutto. Se quella ragazza era davvero
amica del fratello del suo protettore e aveva scoperto qualcosa su di loro, gli
sarebbe rimasta una sola cosa da fare. Deglutì a fatica, teso.
Lady, che nel frattempo si era persa nella descrizione esagerata del carattere
del suo migliore amico, non si accorse delle emozioni che, rapidissime,
attraversarono il volto del demonietto nel giro di pochi attimi e continuò
tranquillamente a parlare guardando davanti a sé.
“Ehm, Mary, scusa se ti interrompo”fece lui, con la voce che quasi tremava.
La giovane notò al volo che qualcosa era cambiato. ‘Che gli ha preso? Non mi
sarò lasciata sfuggire qualcosa che non dovevo?’pensò agitata, ripassando in
fretta tutto quello che aveva appena detto. “Oh, sì, sì, scusa, mi ero
persa!”fece forzando un sorriso.
“Chi è questo tuo amico?”. La diffidenza era ben visibile nel tono del
ragazzino, mentre il suo sguardo si era fatto gelido, anche se lui cercava di
sembrare rilassato. “Sai, curiosità…”.
Per la prima volta in sua presenza Lady sentì un brivido correrle lungo la
schiena. Quegli occhi ametista di solito tanto limpidi e innocenti ora erano
quelli pericolosamente attenti e minacciosi di un demone. Quel suo
atteggiamento ingenuo, quella sua insicurezza, scomparsi. La cosa la sconvolse.
Si era quasi dimenticata cos’era in realtà il suo interlocutore. ‘Che stesse
bleffando?’si chiese inquieta. ‘Mi ha preso alla sprovvista. Sembra…un’altra
persona’. In quell’istante ebbe la certezza che, se gliene avesse dato motivo,
avrebbe tentato di ucciderla senza esitazione alcuna.
Magornak dovette notare il suo disagio perché si affrettò ad abbassare la
testa, dispiaciuto. La stava spaventando. E magari per nulla. Dopo tutto quello
che lei aveva fatto per lui. Riprese a dondolarsi sulle gambe, indeciso su che
atteggiamento avere.
La cacciatrice di demoni battè le palpebre, di nuovo sorpresa. Il demonietto
era tornato lo stesso di prima. ‘Sembra quasi che si senta in colpa per avermi
inquietato. Allora, nonostante per qualche motivo adesso diffidi di me, spera
di non dover essere costretto a farmi del male…Mi si è affezionato!’realizzò.
Adesso era lei a sentirsi in colpa. Mortalmente. “Il mio amico? Oh, be’, è un idiota
patentato. Si chiama…Ray e non ho ancora capito bene che lavoro faccia,
sinceramente”. Regalò al suo compagno un sorriso rassicurante. “Il mondo è
pieno di persone strane!”.
La creatura infernale ricambiò il sorriso, tranquillizzandosi. Falso allarme.
L’umana sembrava davvero sincera. Meglio così: avrebbe potuto continuare a
frequentare Mary. La cosa lo rendeva decisamente felice. “Ho capito”annuì. “E
tu sopporti uno così?”.
Lady si sentì quasi male nel vedere quelle iridi viola di nuovo piene di fiduciosa
ammirazione ed ingenua allegria. “Sì. Ascoltami bene, ora ti svelo qualche
trucchetto, ok?”.
La risposta fu entusiasta.
Il
parco era quasi deserto. C’erano solo un paio di ragazzini che giocavano con un
cane e qualche persona anziana che passeggiava godendosi l’aria fresca della
mattina. Vergil non poteva biasimarli. Sentire quella brezza leggera sul volto
era davvero piacevole. Soprattutto dopo dieci anni di reclusione. Non che
l’Inferno gli dispiacesse, anzi era il luogo ideale per lui, ma doveva ammettere
che gli spazi illuminati dal sole a volte gli erano mancati nel buio
dell’eterna notte infernale. Era seduto su una panchina, il cappuccio della
felpa nera calato sugli occhi per evitare che qualche ciocca rosso sangue fosse
visibile. Non aveva nessuna intenzione di attirare l’attenzione su di sé per
colpa di quella ridicola tintura. Ci pensava già Yamato a calamitare lo sguardo
inquieto dei passanti. Odiava con tutto sé stesso sentire gli occhi di quegli
esseri infimi che erano gli umani su di sé. Lo disgustavano. Sapeva che avrebbe
fatto meglio a tornare al bar per studiare il codice una volta finite le
commissioni, ma, per qualche motivo assurdo, aveva preferito restare in giro
ancora per un po’. Le borse contenenti i suoi nuovi vestiti e la soluzione per
restituire ai suoi capelli il loro bianco naturale giacevano abbandonate ai
suoi piedi. Si era dovuto accontentare di capi d’abbigliamento abbastanza
comuni perché purtroppo non era facile trovare a buon mercato quelli che
piacevano a lui.
Sospirò. Bene. Aveva perso fin troppo tempo a far nulla. Aveva una missione da
portare a termine. Il potere che aveva sempre desiderato era finalmente a
portata di mano dopo dieci anni di attesa. E lui non ne poteva sinceramente più
di attendere. Fece per alzarsi ma, in quel momento stesso, con la coda
dell’occhio, notò qualcosa che lo fece congelare nella posizione in cui era: un
giovane avvolto in un cappotto rosso, impegnato in un’animata discussione al
telefono, si dirigeva proprio verso di lui. Come non riconoscerlo con i capelli
candidi, gli occhi identici ai suoi e tutti quei piccoli particolari che solo
suo fratello aveva? Suo malgrado, Vergil si sentì divertito da quello scherzo
che la sorte gli aveva fatto. In fondo se l’era cercata, doveva ammetterlo. Sapeva
benissimo che più a lungo restava in città, più possibilità avrebbe avuto di
incrociare il suo gemello. Anche se non si aspettava che succedesse così
presto. Un ghigno feroce gli si aprì sul volto e i suoi occhi mandarono
bagliori rossastri da sotto il cappuccio. Allungò una mano ad accarezzare la
katana distesa di fianco a lui, quasi casualmente, tornando ad appoggiare la
schiena contro il legno.
Dante percorse ancora qualche metro a grandi passi prima di accorgersi della
figura seduta sulla panchina poco lontano da lui. Dimenticò di colpo tutto
quello che stava dicendo e si bloccò lasciando la frase a metà, sconvolto e
incredulo.
“Dante? Sei ancora lì?”lo chiamò la voce di Morrison dall’altro lato della
linea.
“Ti richiamo”fece il mezzo demone e gli chiuse il telefono in faccia senza
troppi complimenti, premurandosi anche di spegnere il cellulare, gli occhi
sempre fissi su suo fratello. Dieci anni. Ed eccolo lì, davanti a lui, in
apparenza per nulla sconvolto dal loro di certo non premeditato incontro. Aprì
la bocca per gridargli tutta la rabbia e l’odio che aveva accumulato negli
anni, convinto che le parole sarebbero venute da sé, ma riuscì a stento
pronunciare il nome della persona che più odiava e amava al mondo: “Vergil…”.
“Ciao, Dante”lo salutò in risposta Vergil, divertito. “Ne è passato di tempo,
vero?”.
Era chiaro che si stava prendendo gioco di lui. Dante non riusciva a vedergli
bene gli occhi, ma la sua espressione bastava. Le sue mani corsero
immediatamente alle impugnature di Ebony e Ivory, che portava come sempre
legate dietro la schiena.
“Non so se ti conviene combattere con me qui”lo bloccò il suo gemello senza
scomporsi. “Sai com’è, qualche umano potrebbe farsi veramente male. E io non mi
farei scrupoli a spargere il loro sangue, stanne certo”.
Il cacciatore di demoni ritrasse le mani e strinse i pugni. Quel bastardo aveva
ragione, avrebbero rischiato di distruggere il parco e magari anche le case
circostanti con tutti i loro abitanti. Prese un respiro profondo. Non si
sarebbe lasciato provocare tanto facilmente. Si avvicinò alla panchina e si
lasciò cadere accanto a suo fratello. “D’accordo. Allora, fratellino, quando
finalmente ti rivedo dopo dieci anni, non mi permetti neanche di vederti in
faccia?”fece indicando con un cenno del capo il cappuccio.
“Diciamo che al momento non sono molto presentabile”rispose suo fratello con lo
stesso tono sarcastico. “Tanto ti basta guardarti allo specchio per vedere
anche me, no?”.
Dante dedusse che doveva avere ancora i capelli tinti. Un ghigno divertito gli
si allargò sul viso. Buono a sapersi. “Hai ragione, fratellino, ma, sai com’è,
non sarebbe la stessa cosa”disse avvicinandosi all’altro mezzo demone. “Dove
cazzo sei stato tutto questo tempo?”domandò poi serio, senza preavviso.
“Lo sai benissimo. Nella casa di nostro padre”rispose Vergil, per nulla
turbato. Ora suo fratello gli avrebbe iniziato a fargli una delle sue scenate.
Se lo aspettava. In fondo non aveva mai pensato che dieci anni sarebbero
bastati per cambiare quel testone.
“Nella casa di nostro padre? Sei
rimasto lo stesso bastardo di dieci anni fa a quanto vedo, Vergil. Non so se
esserne contento o cosa. Mah, cosa dovrei dire, sei ancora la stessa persona
che mi ha abbandonato per ben due volte e mi ha lasciato per un decennio a
chiedermi se eri morto o cosa dopo aver tentato di distruggere tutto quello che
proprio nostro padre aveva costruito, solo per inseguire una chimera!”lo
aggredì infatti l’altro. “Cosa dovrei farne di te, me lo spieghi? Come mi
dovrei comportare? Ti devo ammazzare o rinchiudere in modo da costringerti a
restare con me per tutto il resto della nostra esistenza?”.
“A tua discrezione. Io ho da fare. Non abbiamo nulla da dirci, Dante. È questa
la verità e lo sai anche tu. Non abbiamo mai avuto niente da dirci da quando
nostra madre è morta”. Il figlio maggiore di Sparda fece per alzarsi. Non era
nell’umore per sopportare quella conversazione. Non dopo la pessima nottata che
aveva passato.
Ma il suo gemello lo afferrò per la felpa e lo strattonò verso di sé,
impedendogli di andarsene. “E invece io ho molte cose da dirti. Anzi, meglio,
sei tu che mi devi delle spiegazioni”ringhiò minaccioso. I loro visi erano a
pochi centimetri di distanza e finalmente si stavano guardando negli occhi.
“Torni da quel maledetto buco nero attraverso delle porte che dovrebbero essere
sigillate e compi una strage apparentemente senza motivo. Mi spieghi cosa ci
fai qui e perché cazzo hai ucciso quelle persone?!”.
“Non preoccuparti, non sono tornato per tormentare te. Ho un affare da
sbrigare. Un affare molto importante e soprattutto personale. E preferirei che tu ne rimanessi fuori”.
“Stai ancora cercando il potere di Sparda, non è così? Mi spiace, ma dovrò
rovinarti di nuovo la festa, mio caro: non posso permetterti di riaprire le
Porte o di fare qualunque altra cosa collegata al regno dei demoni”.
“E allora avrò il piacere di trapassarti nuovamente da parte a parte. A Yamato
manca il tuo sangue. E anche a me”rispose Vergil minaccioso, tentando di
divincolarsi dalla sua presa. Ci riuscì, ma il cappuccio gli scivolò dalla
testa scoprendo la chioma rosso sangue.
Dante lo fissò con gli occhi spalancati per un attimo, poi, incurante della
serietà della discussione che stavano avendo, scoppiò a ridere come un matto.
“Cos’è? Hai cambiato look, fratellino? Pensavo che il rosso non ti piacesse!”.
Suo fratello digrignò i denti, arrossendo per l’umiliazione. “Ho avuto un
incidente con uno shampoo che non era uno shampoo”borbottò, cercando di darsi
contegno e di coprirsi nuovamente i capelli. L’ultima cosa che voleva era
sentire le battute di quell’idiota.
“Lo vedo”ridacchiò il cacciatore di demoni bloccandogli la mano e allungando le
dita sfiorare le ciocche colorate. Era strano vedere Vergil conciato in quel
modo, ma dovette ammettere che non era così ridicolo. E poi il rosso era il suo
colore preferito.
“Che diamine fai?!”lo aggredì l’altro mezzo demone, respingendolo.
“Non ti fai toccare neanche da tuo fratello adesso?”lo prese in giro lui,
tentando di nuovo di affondare le mani nei suoi capelli. “Stare all’Inferno ti
ha davvero montato la testa. Chi ti credi di essere? L’Essere supremo?”.
I due si ritrovarono ad azzuffarsi come facevano quando erano bambini. Dante
non la smetteva di ridere e Vergil si sentiva sempre più in collera non solo
con il fratello, ma anche con sé stesso. Non riusciva a crederci: dopo dieci
anni trascorsi all’Inferno era lì a giocare
con la persona che avrebbe dovuto e voluto togliere di mezzo e con cui si era
scontrato più volte in un duello mortale. Perché quell’idiota si stava comportando
in quel modo assurdo? E perché lui lo assecondava?!
Dante dovette leggere quegli interrogativi furiosi nel suo sguardo perché si
fermò, con un sorrisetto gongolante e canzonatorio stampato sul volto,
permettendosi di passargli un braccio intorno alle spalle e di attirarlo a sé.
“A quanto pare anche io ti sono mancato nonostante tu non voglia
ammetterlo”commentò.
Vergil lo guardò con disprezzo. “Non dire stronzate, Dante”ringhiò.
“Non mentire a te stesso. Sotto sotto sei contento di vedermi, te lo si legge
in faccia!”lo rimbeccò lui. “Andiamo, non lo dirò a nessuno se lo ammetti”. Lo
abbracciò stretto. “Perché a me sei mancato da morire, Vergil”sussurrò.
L’altro mezzo demone si scostò bruscamente da lui. “Ho detto di non dire
stronzate. Ma forse ti è impossibile visto la testa vuota che ti ritrovi. Non
mi interessano le tue romanticherie. Io sono tornato in questo lurido mondo per
un motivo preciso e tu non c’entri nulla, chiaro?”fece alzandosi e raccogliendo
le sue cose. “La prossima volta che ci incontreremo vedremo se riderai ancora.
Immagino che se accadrà dovrò ricredermi sul fatto che i morti non ridono”.
Il cacciatore di demoni si alzò a sua volta scuotendo il capo, ma questa volta
non lo fermò. “Lo vedremo. Aspetterò con ansia il nostro prossimo incontro.
Diciamo che sarà il primo, perché questa non può essere considerata una delle
nostre solite rimpatriate. Nessuno dei due si è fatto male e non abbiamo
distrutto nulla. È una vera vergogna”.
Suo fratello gli regalò un’occhiata gelida, ma annuì. “Scherza, finchè puoi. Ma
se mi metterai i bastoni tra le ruote ti ucciderò, ricordatelo bene”.
“Sai bene che lo farò. Amo rovinare i tuoi piani: è la mia passione. Così
rischieremo nuovamente di ammazzarci a vicenda. Non possiamo evitarlo, lo
sappiamo benissimo entrambi, Vergil. Ma ti giuro che non permetterò che finisca
come dieci anni fa. Non ti permetterò di piantarmi in asso un’altra volta.
Resterai con me. O uno di noi due morirà”.
Rimasero a fissarsi per un po’ in silenzio. Poi il maggiore fece un passo avanti
verso l’altro e lo afferrò per il colletto dell’impermeabile. ‘Tanto questa
giornata è una di quelle da dimenticare’ si disse. ‘Me ne pentirò appena sarò
al bar’. Lo tirò con forza verso di sé e gli sfiorò incerto le labbra con le
proprie. Non aveva mai fatto una cosa del genere. “Sì, mi sei mancato, Dante.
Senza di te mi annoiavo”gli disse in un soffio. Poi mollò la presa e fece per
voltarsi, ma Dante lo afferrò per un braccio e lo riattirò a sé, chinandosi su
di lui per ricambiare quel bacio senza senso e affondandogli le mani nei
capelli, quasi affamato. Vergil lo imitò. Nessuno dei due si prese la briga di
pensare a quello che stavano facendo, mentre le loro labbra continuavano a
cercarsi, fameliche. Non era proprio il caso. Si staccarono senza proferire
parola e, dopo un ultimo, fugace sguardo, gelido da parte di Vergil,
canzonatorio da parte di Dante, si voltarono e si incamminarono in direzioni
opposte.
Ciao a tutti!!
Avevo detto che avrei cercato di postare in fretta ma ho finito per impiegarci
lo stesso tempo dell’altra volta…Sorry, guys!!
Alors…Abbiamo assistito all’ennesima
cavolata di Magornak (volevo dire in sua discolpa che esistono degli shampoo per
tingere i capelli e che quindi è plausibile che un povero demonietto spaesato
come lui si sia confuso non pensando di leggere l’etichetta!!) e quindi ha
rischiato di essere tagliato a metà per l’ennesima volta. Che vita, poverino!!
XD Diciamo però che questo suo errore si è rivelato una fortuna per Lady, che
così ha potuto ottenere maggiori informazioni e prove sulla presenza di Vergil.
Però anche la nostra motociclista è rimasta contagiata dall’aura di tenerezza
che ispira il demonietto (e non le do torto, ci casco anche io che l’ho
inventato, fate un po’ voi…) e questo potrebbe diventare un problema. Ma anche
no, conoscendola!
Vergil ha dei problemi con il suo libro al
momento…e ne avrà ancora per un bel po’, temo. Tra il codice scritto per
metafore assurde e il suo maldestro aiutante gli verrà una crisi di nervi (a me
sarebbe già venuta…). Ma visto che Vergil è Vergil sa affrontare più o meno con
calma tutte le situazioni, senza fare colpi di testa…Tranne se la cosa riguarda
Dante!! Spero di avervi soddisfatto in parte con l’ultima scena. Oh Planet,
quanto li amo quei due!!!!!! Lo so, non è ‘sto gran che, però è solo il
loro primo incontro dopo dieci anni! Bisogna dargli il tempo di capire cosa
provano, e conoscendoli ce ne metteranno parecchio!!
Ok, perdonate lo sproloquio e i commenti
inutili della sottoscritta…Il fatto è che mi piace dialogare con i lettori. Se vi
dà fastidio smetterò all’istante!!
Bene, nel prossimo capitolo, dopo la descrizione degli effetti dell’ultima
scena qui presente sui gemelli, finalmente verrà fuori un po’ della
storia di Kasreyon e forse la ricerca comincerà a mettersi un po’ in moto…Riusciranno
Vergil e Magornak ad arrivare a capire dov’è nascosta la spada e soprattutto a
raggiungere il suddetto luogo nonostante intoppi vari? Bella domanda!! XD
Ultima cosina, per l’ennesima volta, se
vado fuori dai personaggi fatemelo sapere!!
Grazie mille a doc11, Xeira__ e Bloody
Wolf per le loro recensioni (mi fate piangere per la contentezza, ragazze! Vi
adoro con tutta l’anima) e a tutti quelli che hanno letto/messo tra i
preferiti/ricordato la storia!! Chiedo ancora umilmente perdono per gli
eventuali errori e per i miei monologhi che diventano sempre più lunghi
sigh!! A presto (spero)!!
Baci a tutti
La vostra Mystic
Magornak rientrò al locale nel
tardo pomeriggio. Lui e Mary avevano fatto una lunga passeggiata per la città
discutendo di argomenti vari e la giovane gli aveva offerto un gelato. Si leccò
le labbra ricordando quel sapore dolce e fresco. Il cibo degli umani era una
favola, su questo non c’erano dubbi. Si sentiva decisamente allegro. Neanche il
cattivo umore di Vergil avrebbe potuto rovinare il suo stato d’animo quel
giorno. Per la prima volta nella sua lunga esistenza di essere demoniaco il suo
spirito aveva assaporato una serenità spensierata introvabile nel tetro clima
infernale.
Trovò il suo protettore seduto al tavolo della cucina, intento a fissare il
vuoto. La prima cosa che notò fu che i suoi capelli erano di nuovo bianchi.
‘Meglio’pensò sollevato il demonietto. ‘Una ragione in meno per essere di
cattivo umore e attaccarmi’. Il codice antico giaceva aperto davanti al giovane
che però non sembrava prestargli attenzione, assorbito in chissà quali
riflessioni.
“Vergil?”lo chiamò cauto. “Ehm,
disturbo?”.
Il mezzo demone si voltò di scatto
verso di lui, preso alla sprovvista. “Ah, sei tu”fece, a disagio. Poi,
riprendendo il suo tono gelido: “Finalmente. Dove diamine sei stato tutto il
pomeriggio? Ti sei dimenticato che devi aiutarmi con questo maledetto libro?”.
Magornak balbettò qualcosa di incomprensibile, sorpreso dalla violenza della
reazione. ‘Trova sempre un motivo per sgridarmi, anche quando non ce ne sono.
Uffa!’si offese. ‘Ehi ma…Sbaglio o Vergil è arrossito?!’.
Poi ad alta voce: “Ti eri arrabbiato con me e mi hai detto di sparire se ci
tenevo alla mia salute, ricordi? È quello che ho fatto. Sono stato al parco con
Mary”.
“Ah, la tua amica umana. Mi pareva di averti detto di non frequentare quegli
esseri insulsi”.
“Sono stato attento. È una tipa a posto ed è molto simpatica. Mi capisce e non
si sfoga sempre su di me, al contrario di qualcun
altro”.
“E con questo cosa vorresti dire? Ti ricordo che ti tengo con me solo perché mi
servi, non perché ti sia affezionato o cosa, altrimenti mi sarei già liberato
di te, ricordatelo. Quindi vedi di non montarti la testa e soprattutto che non
ti senta più usare tanta insolenza. Chiaro?”.
La creaturina abbassò il capo ed annuì. Non sapeva cosa gli era preso.
Continuare a parlare di Vergil come suo fratello doveva avergli fatto
dimenticare la realtà dei fatti. Lui non era altro che uno strumento.
Nient’altro. Forse si era sbagliato quando aveva creduto che Vergil potesse
tenere a lui in qualche modo. Si sentì ferito e indispettito. “Come ti pare. Ma
io mi comporterò solo come uno strumento, allora”rispose con un tono di sfida
che non aveva mai usato con lui.
Il giovane lo fissò sorpreso. Negli occhi del suo protetto bruciava violento un
fuoco di rivalsa. Sorrise tre sé e sé. Quel disprezzo genuino per chiunque cercasse
di mettergli i piedi in testa e la ferrea volontà pronta a sfidare tutto ad
esso connessa erano le doti che apprezzava in Magornak e che lo rendevano, a
sua insaputa, superiore a molti altri demoni, anche più forti di lui. “Esatto.
Forza, vieni a sederti”gli ordinò. “A meno che tu non abbia di meglio da fare”.
Il demonietto, seppure riluttante, ubbidì. Non se la sentiva di sfidare Vergil
fino in fondo. Non per paura di essere ucciso, ma semplicemente perché non
poteva. Il figlio maggiore di Sparda era tutto per lui. Era la sua casa, la sua
sicurezza, la sua luce, all’Inferno come e ancora di più nel mondo degli umani.
Questo non sarebbe mai cambiato, nonostante tutto quello che avrebbe potuto
accadere. “Vergil, posso farti una domanda?”chiese, riprendendo il suo solito
tono incerto.
“Sentiamo”fu la risposta spazientita.
“Hai la febbre?”.
“Cosa te lo fa pensare?”.
“Be’, quando ti ho chiamato sei diventato tutto rosso!”.
Vergil distolse lo sguardo. Sembrava quasi in imbarazzo. “Che ragionamento è? Ti rendi conto che non ha senso
quello che dici? Non c’è collegamento logico”.
Magornak ci pensò su per un attimo. “Hai ragione. Non c’entra niente. Allora
perché sei arrossito prima? Insomma, non è da te una cosa del genere…”.
“Non sono arrossito”.
“Invece sì! E…ecco, sei rosso anche adesso!”.
Il mezzo demone lo fulminò con lo
sguardo. “Smettiamola con queste idiozie. Abbiamo cose più importanti da fare
al momento”.
“Perché non me lo vuoi dire?”insistette la creaturina. Non aveva mai visto
Vergil comportarsi in modo così umano
e la cosa lo preoccupava. “Ho paura che tu sia malato!”.
“Forse hai ragione, devo essere malato. Ma questo non cambia la nostra
missione”tagliò corto l’altro, sempre più a disagio. Voleva chiudere al più
presto quel discorso. Anzi, non aveva nessuna intenzione di aprirlo. Se faceva
fatica lui stesso a capire perché aveva fatto quella pazzia qualche ora prima, non voleva immaginare cosa avrebbe potuto
dire o pensare il suo protetto. E poi si sarebbe fatto uccidere piuttosto che
ammettere quello che aveva fatto.
“È successo qualcosa mentre ero via
per caso?”tentò di nuovo Magornak. Non capiva il motivo dell’imbarazzo di
Vergil. Insomma, cosa poteva aver fatto di tanto inconfessabile? Conoscendolo,
non poteva essere niente di stupido. Non era tipo da compromettersi. Ne era più
che certo. O, almeno, credeva di esserlo.
“Non è successo nulla, Magornak. Mettiamoci a lavorare, ho detto”.
“Uffa! Eddai, dimmelo! Non è giusto! Se dobbiamo lavorare insieme non possiamo
avere segreti su quello che riguarda la missione!”.
“Cosa ti fa pensare che riguardi la missione?”.
“Ma è ovvio. Quando tu persegui un obiettivo, ti dedichi solo a quello e tutto
il resto passa in secondo piano. A maggior ragione se c’è in ballo il potere
che tanto desideri”.
Le parole del demonietto, così sicure, colpirono il giovane. In effetti era
sempre stato così: mai si era permesso di distrarsi da quello che doveva fare,
qualunque cosa fosse. Ma allora che cosa gli stava succedendo ultimamente?
Quella era la possibilità migliore che gli capitava dopo anni e lui si faceva
distrarre in quel modo? Non aveva senso. Si passò una mano sul volto. Era
convinto che gli anni passati all’Inferno l’avessero reso più freddo e
disinteressato, più simile ad un demone, più forte, ma tutto quello che era
successo dal loro arrivo nel mondo degli umani sembrava dimostrare il
contrario. Probabilmente se fosse rimasto negli Inferi nulla di tutto ciò
sarebbe successo. Era il suo mondo, la sua vera casa, il luogo dove riusciva a
combattere le sue debolezze e a rinchiuderle nel fondo del suo animo. Ma lì nel
mondo umano, nel luogo in cui erano, nella terra tanto amata da suo padre, non
era la stessa cosa come si era illuso che fosse. “Non riguarda la missione,
Magornak. È tutta un’altra faccenda”ammise dopo un po’ con un sospiro.
“Come no?!”fu la risposta sorpresa.
“Ho incontrato mio fratello mentre ero in giro a comprare quello che mi
serviva”continuò ignorando la reazione dell’altro. “È stato…strano. All’inizio
il nostro incontro puramente casuale mi ha quasi divertito, soprattutto perché,
dal momento che c’erano delle persone, non ha potuto combattere contro di me e
ha perso così un’occasione perfetta per provare a fermarmi. Poi però si è
accorto della…particolare colorazione
dei miei capelli”. Qui scoccò al suo protetto un’occhiataccia alla quale
quest’ultimo rispose con un sorrisetto colpevole. “Quell’idiota si è messo a
giocare con i miei capelli, ti rendi conto!? E io…gli ho dato corda! È…assurdo!
Semplicemente impensabile! Mi sembrava di essere tornato ragazzino, quando
Sparda era ancora vivo e io e Dante eravamo ancora insieme. Mi ha detto che gli
ero mancato, ha tentato di farmi una delle sue prediche…Io all’inizio ridevo
dei suoi sforzi, poi però…ho iniziato ad ascoltarlo. Come un idiota.
C’è….qualcosa…Mi sta accadendo qualcosa, Magornak, sono cambiato, così, da un giorno all’altro. Non capisco”.
Il demonietto lo ascoltava in silenzio. Si rendeva conto di quanto quelle
confessioni costavano al suo protettore e si sentiva lusingato dal fatto che si
stesse aprendo in quel modo con lui. “Insomma, diciamo che ti sei accorto che
in fondo questo posto e tuo fratello ti erano mancati”azzardò alla fine con un
mezzo sorrisetto comprensivo.
Il mezzo demone annuì con aria contrariata. “Vero. Il fatto è che senza Dante…Insomma,
siamo gemelli, dovevamo essere una persona sola. Mi sento quasi incompleto
senza di lui. E soprattutto mi annoio. È l’unico avversario con cui mi piaccia
davvero scontrarmi”ammise titubante.
“Be’, se è questo il motivo per cui ti mancava tuo fratello, non è poi così
lontana dal tuo stile come motivazione”cercò di rassicurarlo la creaturina
ridacchiando. “E poi non è vero che sei cambiato da un giorno all’altro! Tu
dici che mi tieni perché ti servo. E sia, però intanto sono due anni che mi
proteggi, nonostante tutti i guai che combino. Questo è un dato di fatto. Tu
vuoi diventare un demone, ok, ma non devi dimenticare che sei figlio di Sparda
e sappiamo bene lui, pur essendo uno dei demoni più potenti, quali scelte ha
fatto. È normale che tu abbia preso da lui”.
“E questo cosa significa?”.
“Che non puoi essere poi tanto diverso da tuo padre e sono sicuro che, in
qualche modo, tu ripercorrerai le sue scelte, anche se questo adesso ti sembra
andare contro tutte le tue convinzioni. Dammi pure addosso se vuoi, ma ti
assicuro che è così. Fidati di me, lo so”. Magornak lo guardò intensamente. I
suoi occhi ametista scintillavano seri. “Gli assomigli più di quanto credi,
Vergil”.
Il mezzo demone ricambiò il suo
sguardo, sorpreso e confuso. C’era qualcosa in quelle iridi viola, qualcosa che
non aveva mai visto e che non avrebbe saputo definire. “Come…?! Conoscevi mio
padre?!”chiese spiazzato.
Il demonietto batté le palpebre incerto. “Io…Sparda? No, no, però…Oh buio
Inferno, non so come mi sia venuto di dire quelle cose!”balbettò sorpreso
quanto il suo protettore. “Era come se…come se fosse qualcun altro a dirmele,
come se me le avessero, non so, ficcate nel cervello!”.
“Magornak, quanti anni hai?”domandò il giovane con calma.
“Eh? Quanti anni ho? Be’, sinceramente non lo so. Perché?”fu la risposta
incerta.
“Non dico il numero preciso. All’incirca. Cinquanta, cento, duecento, mille,
che ne so”.
“Non lo so, Vergil, ti giuro che non ricordo di averlo mai saputo. Ho sempre
vissuto così come vivevo prima di incontrare te e non ricordo quando ho
iniziato a vivere così”.
Magornak sembrava sinceramente scombussolato. Vergil ripassò mentalmente quello
che dicevano i demoni di lui, constatando che nessuno, neanche i più antichi,
aveva mai fatto cenno a quando quello strano demonietto aveva iniziato a
scorrazzare per gli Inferi. Ne parlavano come se lo avesse sempre fatto. Ma
questo non era possibile: con il suo carattere ingenuo, la creaturina non
poteva avere più di un paio di secoli. Era impossibile spendere troppo tempo
all’Inferno senza venirne corrotti. E Magornak era tutto tranne che corrotto.
Secondo i canoni infernali era quello che gli umani avrebbero definito un
angelo. Un altro particolare inspiegabile da aggiungere alla lista dei misteri
che avvolgevano il suo protetto, insieme allo strano colore dei suoi occhi.
I suoi pensieri tornarono a quello che aveva detto. Sparda aveva sacrificato la
sua stessa natura di demone e il suo potere, le cose che adesso lui desiderava
più di ogni altra, per salvare gli esseri che lui odiava. Come avrebbe potuto
allora ripercorrere le orme di suo padre? Quello che Magornak aveva detto gli
pareva irrealizzabile. O forse no? Dopo quello che era successo negli ultimi
giorni, dopo quello che aveva provato negli
ultimi giorni, non ne era più così sicuro. L’immagine di suo fratello irruppe
con violenza nei suoi pensieri. Anche Dante era un mezzo demone come lui,
eppure aveva percorso una strada completamente diversa e sotto certi punti
opposta alla sua. Forse è questo che intendeva il demonietto? Si sarebbe
ritrovato a camminare non più in direzione opposta ma di fianco a suo fratello?
Difendere gli umani dagli abitanti dell’Inferno, preservare quella razza così
debole ma che aveva in qualche modo affascinato il più forte dei demoni con la
luce del suo mondo, spingendolo a rinnegare sé stesso? Scosse il capo. Di certo
non era la strada che pensava di percorrere quando aveva accettato la missione.
E che fine avrebbe fatto il potere, quella forza che agognava? Doveva forse
rinunciarci? Mai. Perché senza di esso lui non valeva nulla. Non era riuscito a
salvare suo madre e suo fratello per colpa della sua debolezza. Mai vi si
sarebbe rassegnato. Ma proprio la ricerca di quel potere lo aveva messo contro
Dante, spingendolo prima ad abbandonarlo al suo destino, poi quasi ad ucciderlo
e infine a lasciarlo solo di nuovo. L’innegabile contraddizione tra ciò che lo
aveva condotto ad agire in quel modo e le conseguenze delle sue azioni gli si
presentò di colpo: aveva iniziato quella ricerca disperata per una ragione
precisa, ma poi l’ossessione aveva preso il sopravvento su tutto il resto,
cancellando le precedenti motivazioni. Era arrivato a fare del male alla
persona che avrebbe voluto proteggere, ad odiarla. E se ne rendeva conto solo
più di dieci anni dopo. Si premette le dita sulle tempie. Non doveva pensarci.
Ormai era troppo tardi per tornare indietro. Era perduto. Troppo sangue aveva imbrattato
la sua anima. Sangue innocente, quello di sua madre, di suo fratello, di
persone a cui aveva rubato il futuro. Troppo odio l’aveva percorsa, impregnata,
togliendole ogni possibilità di redenzione. Era dannato per l’eternità, lo
dimostrava il suo amore per il buio dell’Inferno. Il mondo degli umani non era
più il suo e non lo sarebbe stato mai più. C’era troppa luce lì. Non aveva
scelta, non più. Per un attimo riavvertì le labbra morbide di Dante premute
contro le sue. Era stato uno scatto di nostalgia, un disperato atto istintivo per
provare a riprendersi quello che aveva volontariamente perso per sempre. Nulla
di più. Ora c’era solo una cosa di cui doveva occuparsi: ritrovare Kasreyon,
aprire le porte dell’Inferno e ottenere finalmente il potere. Non c’era spazio
per nient’altro. Non più. E dopo? Dopo avrebbe potuto occupare il posto che era
stato di suo padre nella stirpe demoniaca.
“Magornak, mettiamoci al
lavoro”disse con il suo solito tono che non ammetteva repliche. “Basta con
queste inutili idiozie. Abbiamo una missione da compiere. Il resto non conta”.
Il demonietto annuì piano. Negli occhi di Vergil era tornata a brillare ferma e
minacciosa quella gelida vena di determinata pazzia che aveva iniziato a
vacillare da quando erano arrivati nel mondo degli umani. D’ora in poi il suo
compagno non avrebbe pensato a nient’altro che non fosse la missione. Qualunque
fossero stati i suoi pensieri in quei minuti di silenzio, l’avevano convinto a
darsi anima e corpo al loro obiettivo, tagliando definitivamente fuori tutto il
resto. Magornak avvertì un brivido di inquietudine percorrergli la schiena.
Vergil gli faceva di nuovo veramente paura come i primi tempi dopo il loro
primo incontro. Gelido, spietato, crudele. E guai a chi gli si opponeva o lo
ostacolava. Abbassò gli occhi. Quanto gli sarebbe piaciuto credere a quelle
parole che aveva pronunciato per chissà quale ragione poco prima. La figura di
Sparda l’aveva sempre affascinato con il coraggio e la nobiltà d’animo che
aveva dimostrato sfidando da solo l’intero Inferno. Ritrovarsi a lavorare per
suo figlio gli aveva dato una gioia immensa, anche se era conscio del fatto che
Vergil era per carattere ed ideali completamente differente da suo padre.
Eppure aveva sperato di veder rinascere il Cavaliere Oscuro nel mezzo demone. E
non aveva intenzione di abbandonare il suo sogno così facilmente.
Lady se ne stava seduta davanti
alla porta d’ingresso della “Devil May Cry”. Subito dopo aver lasciato Magornak
era corsa all’agenzia per informare Dante su quello che aveva scoperto, ma
aveva trovato la porta chiusa a chiave e del suo amico neanche l’ombra. Sbuffò
portando le ginocchia al petto e appoggiandovi sopra il mento. Chissà dove era
andato a cacciarsi quell’idiota. Senza dirle niente tra l’altro. Forse era
uscito a controllare la scena della strage. O forse aveva semplicemente pensato
che lasciarla lì ad aspettarlo sarebbe stato divertente. La giovane scosse il
capo. Sarebbe stato da Dante, su questo non c’erano dubbi.
Dovette attendere ancora un paio di
minuti prima di veder spuntare il cacciatore di demoni in fondo alla via. Lei
si alzò e lo aspettò con le braccia incrociate e l’espressione corrucciata,
pronta a fargli una ramanzina.
“Dante…”gli ringhiò appena lui fu abbastanza vicino.
“Oh, Lady, ciao! Che ci fai qui? È da tanto che aspetti?”la salutò il giovane,
ignorando l’evidente disappunto dell’amica.
Lady lo studiò un attimo, rendendosi conto che c’era qualcosa di diverso in lui
rispetto a quando lo aveva lasciato. Sul volto del mezzo demone era stampato un
sorrisetto soddisfatto e lui sembrava stranamente allegro e aveva lo sguardo un
po’ perso.
“Stai bene?”gli domandò la ragazza sollevando un sopracciglio. “Cos’è successo
mentre ero via? Mi sembri quasi…euforico”.
“Mai stato meglio, Lady. Non mi è accaduto nulla di che. Ho fatto una stronzata
totalmente priva di senso, però tutto il resto è stato fantastico!”rispose
Dante scuotendo il capo e aprendo la porta dell’agenzia. Sembrava rivolgersi
più a sé stesso che a lei.
La giovane lo seguì all’interno.
“Di cosa stai parlando? Quale “stronzata totalmente priva di senso” avresti
fatto? E cos’è “tutto il resto”?”insistette. Era indecisa se preoccuparsi o
cosa. Non aveva mai visto Dante comportarsi in quel modo. D’accordo, non era la
prima volta che si metteva a parlare di cose che parevano avere senso solo per
lui, ma il fatto che non usasse il suo solito tono irritante e canzonatorio la
lasciava perplessa. E quell’aria di chi stava da tutt’altra parte con la testa,
quasi sognante…Proprio non gli si
addiceva. Doveva essere successo qualcosa. Di molto grosso.
Il mezzo demone le rivolse un
sorrisetto furbo. “Mi spiace, Lady, ma non ho intenzione di dirtelo questa
volta”rispose evidentemente divertito. “Non sono cazzi tuoi!”
‘Be’, almeno se mi prende per il culo e adopera il suo finissimo vocabolario
vuol dire che non gli hanno fatto il lavaggio del cervello…’pensò la giovane un
po’ rassicurata. “Eh no! Cos’è questa storia?! Noi siamo soci e amici, ricordi?
Tutto quello che ti succede sono anche affari miei, mio caro! Forza! Spara! Non
puoi prima farmi aspettare un secolo e poi non dirmi nulla!”fece poi ad alta
voce tornando ad incrociare le braccia. “Cos’hai combinato, pericolo
ambulante?”.
Dante scosse il capo. “Scusa se ti
ho fatto attendere, ma sinceramente non pensavo che saresti tornata da me.
Quindi mi sono preso la libertà di farmi una bella passeggiata per la città. Se
mi avessi avvisato sarei tornato prima. Ma non lo hai fatto, quindi è colpa
tua”disse convinto.
Lady alzò gli occhi al cielo
esasperata. Voleva la guerra quel testone? E allora lei gliel’avrebbe data. “Va
be’, d’accordo, se non me lo vuoi dire non dirmelo, non farlo”cedette, ma sul
suo viso si aprì un ghigno da squalo che impensierì alquanto il suo amico. E
infatti aggiunse: “Però io non ti dirò quello che ho scoperto da Magornak.
Tanto hai detto che non ti interessa Vergil e…?!”.
Sentendo il nome del suo gemello, Dante la afferrò per le spalle senza
preavviso, interrompendola. “Cosa ti ha detto quel marmocchio? Sai dove si
nasconde mio fratello?”le domandò ansioso.
La donna lo guardò esterrefatta.
Non si aspettava una reazione tanto improvvisa ed interessata. Lui si accorse
subito del proprio errore e mollò la presa sulle sue spalle, schiarendosi la
gola per cercare di darsi contegno e distogliendo lo sguardo, mentre sul suo
viso si spargeva un leggero rossore.
“Cos’è tutto questo interessamento
improvviso?”chiese la cacciatrice di demoni studiando attentamente il volto del
suo amico. “Di’ un po’, Dante, non è che, per puro caso, hai incontrato tuo
fratello mentre eri in giro?”.
“Ma figuriamoci”borbottò lui a disagio. “Non credi che sarei conciato molto
male se fosse così? Io e Vergil non possiamo avere una rimpatriata pacifica,
soprattutto dopo tutto quello che è successo”.
Lady inarcò un sopracciglio, poco
convinta. In effetti i due fratelli non si erano mai rivisti senza quasi
ammazzarsi a vicenda e Dante era in perfetto ordine. E poi se si fossero messi
a combattere in strada se ne sarebbe accorta tutta la città. Però il giovane
non gliela raccontava giusta. Le uniche volte in cui l’aveva visto a così
disagio erano state quando le aveva accennato alla sua infanzia e a sua madre.
E sinceramente era la prima volta che lo vedeva arrossire da sobrio. Ci doveva
essere qualcosa sotto. “Sei sicuro? E allora perché sei così inquieto? E
soprattutto perché diamine sei rosso come il succo di pomodoro che ami scolarti?!”.
Il mezzo demone avvampò ancora di
più. “Non sono rosso!”ribatté, pur conscio del fatto che stava mentendo
spudoratamente e manifestamente.
“Dante…Se ne accorgerebbe anche un cieco”gli disse lei. “Non prendermi per il
culo”.
Lui sbuffò. “Ah! Sei una vipera, Lady! Piantala!”la aggredì quasi disperato.
“Eh?! Che ho fatto adesso?!
Insomma, ti ho solo chiesto di non offendere la mia intelligenza con queste
menzogne che sembrerebbero tali anche a un idiota!”.
Dante si voltò dall’altra parte, senza sapere cosa ribattere. “Fanculo”.
La giovane non sapeva più cosa
pensare. Adesso si comportava come un bambino. Assurdo. La pazienza cominciava
a mancarle. Si impose la calma. Litigare con lui non sarebbe servito a nulla,
anzi sarebbe stato controproducente per entrambi. E poi non se ne parlava di
abbassarsi al suo livello. Era lei la persona matura in quel momento e quindi
doveva comportarsi come tale. Sospirò appoggiandosi allo schienale del divano.
“Magornak mi ha detto ufficialmente che “suo fratello maggiore” si chiama
Vergil”annunciò. “Direi che ci restano ben pochi dubbi ormai. Ha anche detto
che loro sono venuti qui per cercare qualcosa, ma a quanto pare la ricerca non
è così facile come credevano…Ovviamente non ha specificato cosa. È più sveglio di quanto sembri. Ho rischiato di farmi
scoprire. Per fortuna la sua ingenuità lo spinge a fidarsi di chi lo tratta
bene. Ma la cosa più interessante è che mi ha confessato di avere un debito di
vita con Vergil. Tuo fratello deve averlo salvato quando erano all’Inferno”.
Il cacciatore di demoni tornò a
girarsi verso di lei, poco convinto.
“Sì, lo so cosa pensi. Ci sono rimasta anche io quando me l’ha detto, ma ti
assicuro che era sincero” si affrettò a rassicurarlo lei. “Anche se non capisco
il vantaggio che Vergil avrebbe potuto trarre da un’azione del genere” .
“Magari non voleva trarci alcun
vantaggio. L’ha fatto e basta”azzardò lui, incerto.
“Senti, senti! Ma non eri tu quello
che diceva che Vergil era un mostro?”lo rimbeccò la donna, un po’ sorpresa da
quell’uscita.
“Be’, ho cambiato idea”fu la risposta sbrigativa. “O forse sono impazzito”.
“L’hai visto, vero? No! Prima di
mandarmi a quel paese un’altra volta, ascoltami”. Lady gli si accostò e il
giovane abbassò la testa, irritato ed incapace di sostenere il suo sguardo, ma
non protestò. “Senti, Dante, non mi interessa farmi i cavoli tuoi, d’accordo? O
almeno non così tanto da tormentarti fino allo stremo. Però vorrei ricordarti
che io sono qui per aiutarti e mi spieghi come faccio se tu ti chiudi in questo
modo? Siamo sulla stessa barca, non dimenticarlo. Anche io ho dei conti in
sospeso con tuo fratello, lo sai. E sai anche che io sono disposta a farmi da
parte per te. Quindi non mi interessa sapere se hai incontrato Vergil per
intromettermi nei vostri cari affari di famiglia, anche perché la cosa è
abbastanza ovvia, ma se mi dici dove
lo hai visto, perché è questo quello che voglio sapere, magari avremmo un
indizio su dove potrebbe nascondersi. Dubito che si allontanerebbe troppo dalla
sua base. Sarebbe poco prudente, sebbene debba ammettere che già mandare in
giro Magornak e farsi trovare da te sono degli insulti all’idea di prudenza.
Potrebbe essere una trappola, conoscendo tuo fratello. Bisogna riconoscere che
non è da lui commettere certi errori. Ma, se per qualche ragione non lo fosse,
sarebbe la nostra occasione per localizzarlo prima che ne combini un’altra delle
sue”.
Dante rialzò il capo di scatto. Non
ci aveva pensato. Incontrare Vergil doveva davvero avergli fatto perdere la
testa. “Lady, sei un genio”ammise sentendosi suo malgrado ardere di speranza.
L’unica cosa che desidera in quel momento era rivedere Vergil.
“Grazie. Ma adesso mi dici cos’è
successo tra te e Vergil che ti ha scombussolato tanto? Ok, già il fatto di
trovartelo davanti deve essere stato un bel colpo, però la tua reazione mi è
parsa esagerata. E poi com’è che sei tutto intero?”domandò lei.
“Ci siamo incontrati nell’altro
parco. Stavo andando sulla scena della strage e ad un tratto l’ho visto lì,
seduto su una panchina che mi guardava come se niente fosse. C’era altra gente
e quindi, per non coinvolgerla, non ho potuto accoglierlo come avrei voluto. E
per una volta anche lui ha preferito un dialogo quasi civile allo spargere il
mio sangue”spiegò lui con un sospiro. “Vergil era diverso. Cioè, insomma, non
dico che non fosse sempre il solito sbruffone testardo e montato dai modi
gelidi, ma c’era qualcosa di diverso in lui. Non saprei come spiegarlo. È
stato…collaborativo, anche se ad un certo punto mi sono messo a prenderlo per
il culo perché aveva i capelli tinti. Erano rossi! Il tuo amico demonietto è un
genio. Davvero. Comunque, il fatto è che Vergil sembrava un po’ di più il
ragazzo con cui sono cresciuto. Questa cosa mi ha spiazzato. E poi ci siamo
lasciati come dire…Ehm…”.Nuovamente le
sue guancie si colorarono leggermente di rosso, mentre il ricordo del bacio
casto ma alquanto appassionato che si erano scambiati gli riempiva la mente.
“In modo abbastanza cordiale e pacifico”.
La ragazza lo guardò un stupita. In
modo quasi cordiale e pacifico? Vergil che si dimostrava quasi gentile e
accomodante? Quella cosa non le piaceva per nulla e soprattutto faceva molta
fatica a crederci. E perché Dante era arrossito di nuovo? A quanto pareva ci
doveva essere qualcos’altro che non le diceva e lei sospettava che non
gliel’avrebbe strappato neanche sotto tortura. Ma non era così importante. Non
in quel momento, almeno. La loro prima preoccupazione era trovare quel pazzo e
fermarlo, qualunque cosa volesse fare. Poi avrebbe avuto tutto il tempo di
interrogare il suo amico. “Bene. Non ti chiedo altro. Per ora. Ma non credere di potertela cavare così, mio caro”lo
ammonì. “Adesso ci serve una cartina”.
“Io non ce l’ho”fu la risposta un
po’ brusca. “E comunque ti ho detto tutto. Quindi non rompere le palle,
chiaro?”.
Lady nascose un sorriso. Quello era
il Dante che conosceva. “Oh, lo vedremo. Vado a comprarla. Cerca di non sparire
mentre sono via o è la volta buona che te le do, chiaro?”.
“Se, se”borbottò il giovane
guardandola uscire. Appena la porta si fu richiusa, si lasciò cadere sul
divano, chiudendo gli occhi. Quella ragazza era una benedettissima maledizione.
Non sapeva se doveva ammazzarla o erigere un tempio in suo onore. Decise che
con lei non fare nessuna delle due cose era la scelta migliore.
Invece non sapeva proprio decidere
cosa fare con suo fratello. Vergil. Lo detestava dal profondo dell’anima e con
sincerità. Però non poteva fare a meno di lui. Soprattutto ora che l’aveva
rivisto dopo dieci anni. E cosa aveva fatto? Non era neanche riuscito a dirgli
tutto quello che avrebbe voluto. Anzi, non era riuscito a dirgli un bel niente
e, cosa peggiore, lo aveva lasciato andare. Di nuovo. E perché? Perché ancora
una volta quel bastardo era riuscito a sconvolgerlo con i suoi comportamenti
imprevedibili. Si passò una mano sul volto. Era stato un idiota e si era
comportato come tale. Ma il fatto era che il trovarselo a portata di mano così,
da un momento all’altro, era stato…Non riusciva a trovare le parole per
definire il suo stato d’animo. Era successo tutto troppo in fretta. Non era
preparato. Non aveva saputo far altro che lasciarsi trascinare da quello che
sentiva. Come sempre quando si trattava di suo fratello. E il fatto che i
capelli di Vergil fosse di quel bel rosso sangue non aveva migliorato la
situazione. Si concesse un sorrisetto divertito. A suo fratello non erano
piaciute le sue prese in giro. Si era preso una prima, piccola rivincita. Ma a
preoccuparlo era, più che il proprio comportamento, quello che aveva avuto il
suo gemello, anche se aveva cercato in ogni modo di atteggiarsi come suo
solito. Quel suo essere così concessivo, quasi propenso a sopportare le sue
provocazioni, paziente, il fatto che si fosse preoccupato di fargli notare che
non era il caso di scontrarsi. Per non parlare della confessione che era
riuscito a strappargli e del bacio che gli aveva dato. E che lui si era
premurato di ricambiare all’istante. Dante scosse il capo, incredulo. Dovevano
essere andati fuori di testa tutti e due. Ma non era quello il punto. Quello
che non riusciva a capire era perché Vergil si era comportato così. Era stata
tutta una messa in scena? Si era preso gioco di lui e della debolezza che gli
aveva mostrato come uno stupido? O c’era qualcosa di autentico? Impossibile
saperlo. Vergil era un libro scritto in un alfabeto alieno, nella lingua dei
demoni, per essere precisi. E lui non era certo di conoscerla poi così bene. E
proprio per questo non poteva dare alle sue azioni la fiducia che avrebbe
voluto. Non poteva permettersi di abbandonarsi alla speranza che in fondo il
suo gemello fosse, in qualche modo, rimasto il bambino con cui aveva condiviso
l’infanzia. Non doveva pensarci. Non ora. Prima doveva riprendersi Vergil, poi
avrebbe pensato a scoprire fino a che punto la sua anima si era corrotta e se
era recuperabile.
A un tratto gli venne in mente che
suo fratello aveva fatto cenno a un affare personale di cui si doveva occupare.
Qualcosa di importante. Probabilmente la ricerca di cui Magornak aveva parlato
a Lady. Ma ricerca di che cosa? Cosa poteva volere suo fratello nel mondo degli
umani? Di sicuro questa volta il suo obiettivo non poteva essere il medaglione
perché altrimenti non avrebbe esitato ad attaccarlo quando si erano incontrati.
E poi gli aveva detto che lui doveva starne assolutamente fuori e quindi doveva
essere qualcosa in cui non c’entrava. Almeno non ancora. Che esistesse un’altra
chiave per aprire le Porte infernali? Qualcosa che loro padre Sparda aveva
tralasciato? Possibile? La risposta poteva dargliela solo una persona. E lui giurò
che l’avrebbe ottenuta. A qualunque prezzo.
‘Verrò a prenderti, Vergil, anche
se dovessi scendere nel tuo tanto amato Inferno. Questa volta non basterà quell’abisso
infinito a fermarmi. Perché tu hai un debito da saldare con me. Mi devi
ripagare per tutto quello che ho passato a causa tua. E farò in modo che tu lo
faccia’.
Magornak guardava il foglio scritto
a mano con un’aria a metà tra il confuso e il corrucciato. Ci aveva capito poco
più che nulla e, al tempo stesso, tutto quello che vi era scritto gli suonava
inspiegabilmente familiare. E poi il sentirsi gli occhi gelidi di Vergil
incollati addosso di certo non lo aiutava a concentrarsi. Alla fine si rassegnò
a rileggere la descrizione per l’ennesima volta senza cavarne nulla e posò il
foglio sul tavolo.
“Allora?”domandò il suo protettore
impaziente.
Il demonietto congiunse le punte degli indici, imbarazzato. “Sinceramente non
ho la più pallida idea di che cosa dica quel testo. È indecifrabile per
me”rispose abbassando lo sguardo.
Vergil sospirò riprendendosi il
foglio. Come si era aspettato, chiedere l’aiuto del suo protetto era stato
inutile. “E dire che mi ero sforzato il più possibile per semplificarti la
descrizione. Andiamo, ti sarai fatto una qualche idea. Una qualsiasi, anche
stupida”.
“Be’, ricorda un po’ l’Inferno come
hai detto tu”.
“Tutto qui? Magornak, usa quella maledettissima intelligenza di cui sei stato
così generosamente fornito per qualcosa di utile una volta tanto!”.
“Ma ti giuro che non ci capisco nulla! E anche se fosse, non saprei dove
cercare un luogo simile sulla Terra!”esplose il demonietto sbuffando. Non
sopportava di sentirsi inutile e ancora meno che qualcuno continuasse a
farglielo notare. “Ma…Tu non hai qualche idea?”.
“Be’, sì e no. Dieci anni fa non
ero io che mi occupavo di decifrare queste cose. Lo faceva Arkham per me e ora
mi sto sinceramente pentendo di non averlo mai assistito”ammise il mezzo
demone. “Allora, ricominciamo da capo. Questo idiota di uno scrittore descrive
una specie di limbo oscuro sospeso tra la dimensione terrena e quella
ultraterrena. I demoni che ci hanno ingaggiato hanno detto espressamente che
Kasreyon è sulla Terra, perciò dietro questo stramaledetto luogo immaginario
deve nascondersene uno reale. Le descrizioni mi ricordano i luoghi in cui mio
padre nascose i sigilli dell’Inferno, ma non è possibile che la spada sia in
uno di quei luoghi. L’avrei percepita. E poi non esistevano ancora quando
Kasreyon fu sigillata. Quindi deve essere per forza da un’altra parte”.
“Ma chissà dove! Il mondo degli umani
è bello grosso…”borbottò Magornak scoraggiato. “Uffa, qualcuno dovrebbe
inventare un rilevatore di armi demoniache! Sarebbe comodo”.
Vergil gli lanciò un’occhiataccia,
tornando a sfogliare le pagine del codice. “Invece di lamentarti, apri bene le
orecchie. Lasciamo perdere la descrizione per un attimo e concentriamoci sulla
storia. Conoscere una leggenda infernale non può che farti bene”lo riprese. Poi
iniziò a raccontare: “Millenni fa, quando il regno dell’Oscurità e quello della
Luce erano ancora uniti, visse un demone di nome Damaer, uno dei più potenti
della la stirpe infernale, diretto collaboratore di Mundus, l’imperatore
dell’Inferno, che già allora bramava di riunire sotto il suo potere entrambe le
razze, umana e demoniaca, divenendo così il padrone assoluto di entrambe le
dimensioni. Appunto per ordine del suo signore, Damaer creò con il proprio
potere la spada che poi passò alla leggenda con il nome di Kasreyon, che
letteralmente significa “Chiave dei Mondi”. Il nome non le fu attribuito da Damaer,
ma le venne dato successivamente, quando si diffuse la convinzione che la sua
potenza era tale da poter aprire varchi tra le dimensioni e di distruggere
definitivamente le Porte che separano l’Inferno dal mondo umano. Ma questi sono
dettagli. La leggenda narra che Damaer arrivò a strappare il potere ad altri
demoni per forgiare la spada, usando persino parte del suo, tale era l’ebbrezza
datagli dal potere che quell’arma emanava già in fase di creazione. Si dice che
arrivò persino a credere di poter sfidare e sconfiggere Mundus con essa,
prendendo così il suo posto alla guida della stirpe demoniaca. Ma poi, quando
l’arma fu finalmente completa, accade qualcosa di terribile che riportò
bruscamente Damaer alla realtà, strappandolo dai sogni di gloria, e che lo
spaventò al punto che decise di sigillare la sua creazione da qualche parte nel
mondo degli umani, per impedire a chiunque di impossessarsene. Il codice non
dice di preciso cosa scoprì il demone, ma racconta che egli non rivelò mai
l’ubicazione della spada, nemmeno su diretto ordine di Mundus. Damaer perì
durante ribellione di Sparda, ucciso in un duello da quest’ultimo. Secondo
qualche variante della leggenda, fu proprio Damaer a chiedere a mio padre di
togliergli la vita, in modo che il segreto sull’ubicazione di Kasreyon perisse
con lui. L’imperatore dell’Inferno, infatti, non gli aveva mai permesso di
uccidersi perché voleva scoprire a tutti i costi dove si trovava l’arma”. Il
mezzo demone tacque per un attimo, meditabondo. “Comunque la notizia deve
essere in qualche modo trapelata, se supponiamo che questo libro contenga una
descrizione autentica, anche se in codice, del luogo in cui Damaer nascose
Kasreyon. L’autore dice anche che i demoni la cercarono per secoli e così
fecero gli umani dopo la ribellione di Sparda, quando le Porte dell’Inferno
vennero sigillate. Forse qualcuno riuscì nell’impresa. Oppure Damaer pose
qualcuno o qualcosa a guardia di quel luogo e questo non mantenne il segreto
fino in fondo. Magari Damaer confidò a mio padre il segreto con il compito di
impedire che venisse violato”.
“E se invece la descrizione del
libro fosse del tutto fantastica?”azzardò Magornak.
“Non è da escludere, ma mi pare
improbabile. Se il luogo fosse sconosciuto a tutti, probabilmente nessuno
avrebbe pensato a cercarla per riaprire le Porte”spiegò Vergil paziente.
“Sarebbe stata dimenticata o considerata pura leggenda. E quindi noi non
saremmo qui. I demoni avrebbero studiato qualche altro modo di riaprirle o
avrebbero pensato a creare qualcos’altro. E di sicuro gli umani non saprebbero
nulla di questa storia, mentre il codice che abbiamo trovato testimonia il
contrario. Quindi mi pare ragionevole ritenere che la nostra non sia una
missione impossibile”.
“Però questo non ci aiuta a
localizzarla. E poi c’è un’altra cosa che mi preoccupa. Se un demone del rango
di Damaer fu così terrorizzato dalla spada da rifiutare addirittura un ordine
diretto di Mundus, ciò significa che quella cosa
deve essere davvero pericolosa. E se…e se…”.
“Se andasse oltre le nostre capacità? Non pensarlo neanche. Non mi lascerò
sconfiggere da un pezzo di metallo, per quanto potere possa possedere. Anzi, me
ne impadronirò. Puoi giurarci”.
La creaturina alzò gli occhi al
cielo per un attimo. ‘Eccolo che riparte con i deliri di onnipotenza! Perfetto.
Mi chiedo dove vada a finire il concetto di prudenza… Senso del pericolo
zero’pensò preoccupato. Ma quando Vergil si metteva in testa qualcosa era noto
che non mollava davanti a nulla, neanche al rischio di rimetterci la vita.
“Ehm, ok. Ma ciò non cambia che non sappiamo dov’è”fece un po’ contrariato.
“Molto probabilmente Damaer la
nascose sotto terra, in qualche luogo creato direttamente da lui. Per questo la
descrizione ricorda l’Inferno. Anche i nascondigli dei sigilli creati da mio
padre si ispiravano agli Inferi”continuò tra sé e sé il giovane ignorando i
suoi commenti. Poi gli venne un’idea. Se non potevano servirsi della
descrizione per localizzare il nascondiglio di Kasreyon avrebbero potuto
provare a sfruttare la leggenda e cercare di capire cosa aveva pensato Damaer.
E se… “Magornak. Tu sei un esperto di queste cose”.
“Davvero?”.
“Sì, fidati. Se tu dovessi
nascondere qualcosa in modo che io, pur cercandola con tutte le mie forze, non
la trovi, dove la metteresti?”.
“Eh?! Perché questa domanda?”. Il
demonietto lo guardò sempre più stupito. Cosa c’entrava lui con Damaer?! Dove
diamine voleva arrivare Vergil?
“Rispondimi e basta”gli ordinò l’altro gelido.
“Fammi pensare”rispose lui, imbronciato. Che bisogno c’era di essere così
bruschi? Si prese un attimo per riflettere. Dove avrebbe nascosto qualcosa al
mezzo demone? Be’, ovviamente in un posto dove lui non avrebbe mai guardato. O,
meglio ancora dove avrebbe guardato senza pensare di trovarlo e quindi dove non
l’avrebbe notato. Un posto sotto il suo completo controllo magari. Iniziava a
capire cosa voleva Vergil. Damaer aveva nascosto Kasreyon in un luogo dove
Mundus non avrebbe quasi sicuramente potuto trovarla. “In un posto che conosci
fin troppo bene a cui non penseresti. Che ne so, dentro la custodia di Yamato!
Sempre che io ci riesca a mettere qualcosa, ovviamente. Oppure nel tuo antro
preferito all’Inferno. Insomma un luogo che tu senti totalmente tuo e che per
questo non riesci a concepire che altri riescano a metterci le mani”.
Il giovane lo guardò con gli occhi
socchiusi, minaccioso. “Davvero metteresti qualcosa nella custodia della mia
Yamato? Non ti pare che sia poco pratico?”chiese.
“Mi hai chiesto dove metterei quel
qualcosa e io ho risposto. Potrei incollare un foglio sulla parete interna
della custodia e sono certo che tu non te ne accorgeresti”rispose il suo
protetto convinto.
“Va be’, lasciamo perdere. Rispondi
a quest’altra domanda: secondo la tua logica, Damaer dove avrebbe nascosto
Kasreyon in modo che Mundus non potesse trovarla?”.
“Sulla Terra? Questa è difficile…Uhm…In un posto che allora Mundus controllava
direttamente e con la massima cura”.
“Tipo?”.
“E che ne so io! Il suo palazzo magari?”. Il demonietto lo guardò speranzoso.
“Magornak, il palazzo di Mundus è negli Inferi”gli fece notare Vergil alzando
gli occhi al cielo.
“Ah, giusto”. Magornak rimase zitto
per qualche minuto, ripensando alla descrizione. Se solo fosse riuscito a
capire cosa gli era familiare in quelle parole fantasiose! Chiuse gli occhi,
cercando di costruirsi un’immagine del luogo descritto. Gli venne in mente
l’Inferno, con i suoi antri bui, il suo paesaggio ostile e le sue costruzioni
in rovina. Un pensiero lo colpì inaspettato. ‘Aspetta un attimo! Ma certo!’.
Architettura e scenari infernali nel mondo degli umani. “Temen-Ni-Gru!”esclamò.
Sul volto del mezzo demone comparve
un ghigno soddisfatto. “Esatto. Proprio quello che pensavo io. La torre
collegava l’Inferno con il mondo della luce e perciò era il posto che Mundus
teneva sotto la più stretta sorveglianza. Mai avrebbe pensato che qualcuno
potesse sfidare il suo potere a tal punto da nascondere qualcosa da lui proprio
lì. Ma Damaer doveva averlo intuito e ha sfruttato, avendo libero accesso ad
essa prima del suo rifiuto, quindi la possibilità di sigillarvi Kasreyon. È
probabile che abbia creato sotto le fondamenta di Temen-Ni-Gru una stanza per
accogliere per l’eternità la sua creazione e il suo tremendo potere”.
“Ma…La torre è crollata! Come
diamine faremo a trovare l’accesso al nascondiglio?!”.
“Facciamo prima un sopralluogo del
posto. Poi decideremo il da farsi”. Il mezzo demone lanciò un’occhiata fuori
dalla finestra. Il sole era già tramontato e il manto della sera stava
velocemente avvolgendo la città. Si alzò. “Prendi le tue cose. Non abbiamo
tempo da perdere”.
“Che?! Vuoi andare subito? Non possiamo aspettare domani?”fece il demonietto.
Aveva già lavorato abbastanza per quel giorno e non aveva nessuna voglia di
andarsi ad infilare tra le macerie di una torre in piena notte.
“No. Come ho detto, non possiamo prenderci il lusso di attendere ancora. Se non
vuoi venire, ci vado da solo: non mi servono le tue lagne”lo rimbeccò il suo
protettore.
Magornak si alzò dalla sedia e
afferrò il cappotto che gli veniva teso borbottando: “Ricattatore”.
Incredibile, ci sono riuscita sul
serio ad accorciare i tempi ‘sta volta!! Spero solo di non metterci il doppio
del solito con il prossimo capitolo…^^”. Sarò breve con i miei commenti idioti,
faccio anche questo fioretto. Anche perché in fondo le cose da dire sono poche,
non è un capitolo che porta chissà quali sconvolgimenti. Tranne un minimo di
info in più su questa maledetta Kasreyon a cui si sono fatti tanti
accenni senza però mai concludere nulla (considerando che teoricamente dovrebbe
essere il fulcro della storia la cosa è un po’ preoccupante in effetti…)!!
So…Vergil ha preso un po’ male la sua pazzia che lo inevitabilmente condotto ad
un esame di coscienza su cose che c’entravano ben poco con la cosa in sé. Ma lo
sappiamo, lui è uno molto riflessivo!! XD Ciò che importa è che ha un bel po’
di guai con la sua coscienza, anche se lui crede (spera) di averli risolti con
il suo autoconvincimento “Non importa, devo solo andare avanti”…Ma la cosa non
sarà così facile da superare, temo…e gli darà un po’ di problemi!! Magornak
invece sembra essere diventato una specie di veggente…oppure è un’altra la
verità dietro le sue predizioni??
Dante l’ha presa decisamente meglio di suo fratello! XD Non gli è dispiaciuto
così tanto in fondo in fondo!! Poi ovviamente Lady è riuscita come al solito a
conciliare interesse personale e necessità: ha costretto il suo amico a
confessare di essersi visto con Vergil e al tempo stesso ha trovato il modo di
sfruttare l’incontro dei due. È da stimare quella ragazza u.u
Per quanto riguarda la leggenda di Kasreyon, be’, spero che l’abbiate trovata
interessante. Ovviamente ci sono dei punti bui nella storia che si chiariranno
più avanti, ma spero che sia venuto fuori qualcosa di comprensibile!! Almeno adesso
Vergil e Magornak avranno un punto di partenza…Ma siamo sicuri che non gli
capiterà qualche altro guaio che si frapporrà nuovamente tra loro e il tanto
agognato obiettivo? Considerando la sfortuna che hanno avuto finora…
Come sempre un mare di abbracci e
baci alle mie più che adorate recensitrici (esiste come parola? Se la risposta
è no esisterà a partire da adesso!!), doc11,
Bloody Wolf, Xeira__
e Kuromi_!! Mi fate
sciogliere, ragazze!! Spero di non deludervi mai!! Un grazie anche a chi legge
la storia!!
A presto (spero)
La vostra Mystic
Ps: Vi invito come al solito a
farmi sapere se sono OOC!!!
Il cielo era passato lentamente
dall’azzurro del giorno al blu scuro trapunto di stelle della notte. La luna
illuminava spietata i cumoli di rovine nello spiazzo dove un tempo Temen-Ni-Gru
si erigeva fiera e terribile contro quegli stessi astri e il vento gelido, che
spirava fischiando tra le macerie, rendeva l’atmosfera ancora più spettrale.
Nel ricostruire la città devastata dai demoni, gli abitanti avevano cercato di
tenersi il più lontano possibile dalla torre e quindi ora le macerie erano come
isolate in mezzo a una piana desertica, disseminate sulla nera terra bruciata.
Vergil, in piedi sopra uno di quei
cumuli, osservava la scena in un rispettoso silenzio, quasi a rendere onore
alle antiche glorie dei costruttori della torre. Quel luogo era sacro per lui,
anche ora che era completamente in rovina, perché era stato grazie ad esso che
era riuscito a raggiungere la sua vera casa, il buio tetro dell’Inferno che lo
aveva accolto nella sua coltre opaca, nonostante la tremenda sconfitta che
aveva subito, e che lo aveva accudito per dieci lunghi anni. Una parte della
sua anima, ne era certo, sarebbe sempre appartenuta a quella tremenda oscurità.
Poco distante, Magornak era
occupato a scavare qua e là alla ricerca di qualcosa che segnalasse un ingresso
per i sotterranei, ma anche le parti più basse dovevano essere franate con
tutto il resto della torre anni prima, celando sotto di sé e bloccando ogni
possibile via per le fondamenta. Ogni tanto si permetteva di lanciare qualche
occhiata obliqua al suo protettore, immobile e meditabondo, che non dava senza
alcun segno di volerlo aiutare nella ricerca. Il demonietto sospirò. Dopo tante
belle parole sul fatto che non avevano più tempo da perdere, se ne stava lì a
fare la bella statuina senza far nulla. Che tipo. Che stesse cercando di
percepire la presenza di Kasreyon? Scosse il capo. No, non era possibile. Se
non l’aveva avvertita anni prima quando la torre era ancora in piedi e lui era
nei suoi sotterranei, era impossibile che potesse farlo ora dalla superficie.
Ma allora che diamine stava facendo?! Inutile chiederselo. Non si ottenevano
mai spiegazioni da Vergil a meno che non fosse lui stesso a decidere di darle,
era una cosa che aveva imparato con il tempo, e a proprie spese per di più.
Quindi tanto valeva non porsi domande e continuare a cercare tra le macerie.
‘Certo che quella spada deve essere sigillata proprio bene se Vergil non si era
accorto della sua presenza pur trovandovisi praticamente sopra!’. Evidentemente
Damaer non voleva proprio che la si trovasse. E sicuramente aveva le sue ottime
ragioni per farlo. Rabbrividì al pensiero di quali trappole mortali potevano
attendere gli incauti e i superbi che osavano sfidare la volontà del demone di
nascondere l’arma. E loro erano tra quelli. ‘La prossima volta rimango
all’Inferno, promesso. Mi spiace dovertelo dire, Sparda, ma tuo figlio maggiore
è proprio un pazzo certe volte!! Deve davvero aver avuto un’infanzia molto
traumatica…’. Scosse di nuovo il capo. ‘Che famiglia, ragazzi!’.
“Vergil! Mi daresti una mano per
favore?”gridò poi al suo compagno cercando di non mostrare la sua irritazione.
“Da solo non combino nulla!!”.
Il giovane si voltò a guardarlo.
“Aiutarti a far cosa?”chiese atono.
“Come a fare cosa?! A cercare l’ingresso ovviamente! Sto lavorando per te, io!”esclamò la creaturina esasperata. Lo
prendeva per scemo forse?!
“E tu pensi di trovarlo scavando a
casaccio?”.
“Be’, di sicuro ho più possibilità
di trovarlo così piuttosto che restare fermo a non fare nulla!”.
“Ma guarda che io non sono qui a
far nulla come può sembrare a te, idiota”.
Rieccoci con il solito epiteto e il
solito tono di ovvietà che lo faceva sentire stupido per davvero. Vergil era
davvero tornato lo stronzo con cui conviveva negli Inferi. E in un certo senso
era stato lui a ridargli quell’aspetto del suo carattere grazie a quelle parole
venute da chissà dove e alla riflessione interiore che avevano provocato nel
giovane. Se fosse un merito o una colpa, non ne era sicuro. L’unica cosa certa
era che, a suo parere, il suo protettore era più simpatico quando sembrava
incerto e pieno di dubbi. Almeno in quelle circostanze lo faceva sentire utile
al contrario del momento presente. “E cosa staresti facendo, per il buio
Inferno?! Illuminami, non ci arrivo”.
Vergil ignorò il tono provocatorio
del suo protetto e si limitò a rivolgergli uno sguardo gelido. “Sto cercando di
ricordare come era fatta la torre e come era messa così da sapere con
precisione in che punto si trovava l’ingresso. Solo che, vedi, dal momento che
Temen-Ni-Gru è ridotta a un cumulo di macerie e la città è stata ricostruita in
modo completamente diverso, non mi è facile capirlo”.
“Oh”fu l’unica cosa che Magornak
riuscì a dire sentendosi al tempo stesso un idiota effettivo. Come aveva anche
solo potuto pensare che proprio Vergil Sparda fosse in piedi a far nulla nel
bel mezzo della missione che avrebbe coronato i suoi sogni? L’aria del mondo
degli umani gli doveva fare davvero male. Si schiarì la gola imbarazzato. “A
che punto sei con la tua, ehm, analisi?”.
Il mezzo demone si voltò con un
ghigno compiaciuto sul volto.“Ora lo vedrai. Seguimi”ordinò incamminandosi.
I due si fecero strada tra le
macerie in silenzio. Solo quando furono quasi dalla parte opposta della piana
Vergil si fermò e si guardò intorno attentamente.
“Qui?”azzardò il demonietto,
scettico. Anche sforzandosi non riusciva a vedere nulla di diverso dalle rovine
in cui stava scavando prima.
“Sono quasi sicuro che l’ingresso
era qui”rispose l’altro pensoso. Poi aggiunse a voce più bassa: “Te la
immagini, Magornak? Temen-Ni-Gru, il collegamento con l’Inferno, si erigeva proprio
qui, maestosa e tremenda tra le misere casupole degli umani, a segnare l’abisso
che separa quelle creature ripugnanti dalla nobile stirpe demoniaca. Io l’ho
vista, le ho dato la possibilità di stagliarsi ancora una volta contro il cielo
tempestoso. Quel giorno, quando la sua mole immensa si è elevata dalla terra,
ho sentito davvero tutta la sua potenza e quella dei suoi creatori. E non puoi
immaginare quale orgoglio ho provato nel sapere che anche io ero parte del loro
popolo…”.
Magornak gli rivolse uno sguardo
sorpreso. Non si aspettava un tale patriottismo. Se a lui faceva male l’aria del
mondo umano, a Vergil nuocevano altrettanto tutti quei sogni di gloria.
Comunque era certo che quel che diceva sulla torre doveva essere vero. Dalle
leggende che aveva sentito era una costruzione magnifica. Il capolavoro
assoluto dell’arte infernale. L’immagine di Temen-Ni-Gru irruppe violenta
davanti ai suoi occhi, così reale che per un momento gli parve di vederla
davvero lì davanti a lui. Bellissima. E con essa una profonda nostalgia si
impadronì di lui, come quando si ripensa a un posto caro che si è dovuto
abbandonare da molto tempo, ma che è rimasto nell’anima. Scosse il capo,
ritornando al presente. Lui non aveva mai visto la torre. Non era mai uscito
dagli Inferi prima di allora. Come poteva provarne nostalgia? “Ehm, Vergil,
scusa se interrompo i tuoi ricordi, ma non è il caso di mettersi a cercare
l’ingresso?”si affrettò a chiedere. Dopo la sua uscita su Sparda non ne voleva
sapere di pensare che adesso, oltre alla parole, qualcuno gli stesse rifilando
anche i ricordi.
Vergil annuì piano, troppo perso
nei suoi pensieri per notare il turbamento del suo protetto e fece qualche
passo tra le rovine, cercando qualcosa. Si chinò e con una mano spostò la terra
che copriva il suolo rivelando un pavimento di pietra crepato e consumato dal
tempo. “Questo era il corridoio che conduceva ai sotterranei…”disse più a sé
stesso che al suo compagno. “L’ingresso deve essere poco più avanti”.
Magornak sorrise entusiasta e
trotterellò nella direzione indicatagli, strisciando i piedi per mettere a nudo
la pietra della pavimentazione. Era così impegnato a fare le scivolate che
sarebbe andato a sbattere contro un blocco di marmo più grosso degli altri se
il mezzo demone non l’avesse afferrato prontamente per la collottola.
“Ehm, grazie”borbottò imbarazzato
il demonietto beccandosi in risposta un’occhiata gelida. “Wow, però! Che coso
enorme!”commentò poi guardando il blocco. “Deve essere un pezzo del piano di
sopra…”.
“Già. Ed è proprio sopra l’ingresso
dei sotterranei”fece Vergil infastidito. “E mi piacerebbe che tu la piantassi
di fare lo scemo e di fare osservazioni altrettanto stupide”.
La creaturina gli rivolse un
sorrisetto di scusa ricevendo in cambio un’altra occhiataccia. “Ehm, comunque,
come spostiamo questo coso?”domandò allora per cambiare discorso.
“Non lo spostiamo”.
“Eh?!”.
“Non c’è bisogno. Fatti da parte”.
Il demonietto si affrettò ad
obbedire, mentre il mezzo demone estraeva la sua katana con un gesto fluido. La
lama affilata di Yamato catturò all’istante la luce della luna riflettendola. I
movimenti quasi non si videro. Un attimo dopo il blocco di marmo si sbriciolò
letteralmente davanti a loro, rivelando una scalinata di pietra che pareva
perdersi nel buio del sottosuolo. Magornak rimase immobile con gli occhi
sgranati, ammutolito. Se fino a quel momento aveva temuto che il suo protettore
potesse tagliarlo a metà, ora sapeva di certo che poteva fargli di peggio.
Vergil rinfoderò l’arma senza
scomporsi e si avviò verso gli scalini. Ma nel momento stesso in cui appoggiò
un piede sul primo avvertì un brivido gelido corrergli lungo la schiena. Si
bloccò all’istante, sconcertato. Prima che potesse anche solo formulare un
pensiero, la voce della notte precedente irruppe nella sua mente, più forte e,
se possibile, più oscura. Vergil, sapevo che saresti tornato. Ti
aspettavo.
Il mezzo demone si guardò
istintivamente intorno, mentre la paura gli artigliava lo stomaco, ma incontrò
solo lo sguardo interrogativo del demonietto. Da dove veniva quella maledetta
voce? Lo stava aspettando? Che cosa significava?
Non
puoi sfuggirmi, Vergil. Siamo fatti l’uno per l’altro. Tu hai bisogno di me
come io ne ho di te. Io ho quello che vuoi. E te lo sto offrendo. Lasciami
entrare nella tua anima.
Il giovane si prese la testa tra le
mani, riconoscendo i sintomi che lo avevano portato a perdere il controllo la
notte prima. No, non poteva succedere di nuovo. Non voleva ricadere in quella
follia priva di controllo. La sua parte demoniaca riprese ad agitarsi
violentemente nel suo spirito, ruggendo per ottenere il controllo su di lui.
Odio puro e sete di sangue colpivano con forza la debole barriera della sua
volontà e del suo autocontrollo.
“Vergil? Stai bene?!”esclamò Magornak, ora preoccupatissimo, scuotendolo
leggermente.
“Magornak…Va’…Vai via! Subito!”urlò lui in risposta, disperato. “È di nuovo
quella voce! Se resterai qui finirò per ammazzarti! Scappa e nasconditi! Più
lontano che puoi! Non so per quanto ancora riuscirò a tenerla a bada!”.
Il demonietto si bloccò,
terrorizzato. Vergil stava per perdere il controllo un’altra volta?! Doveva
impedirlo! Ma come? Non poteva lasciarlo solo, avrebbe ucciso altri innocenti,
ma…
“Cosa aspetti?! Vattene!”gridò ancora il suo protettore. “Adesso!”.
Lui non potè evitare di obbedire.
Il suo corpo non gli rispondeva, seguendo invece ciò che gridava il suo
istinto, terrorizzato dall’aura oscura che aveva iniziato ad avvolgere il mezzo
demone. Un’aura che puzzava di sangue e morte. Si voltò e corse via. Più veloce
che poteva, senza badare alla strada che stava percorrendo. Lontano, via
dall’inferno che il suo compagno stava affrontando da solo. Come un vigliacco.
Ma nemmeno quella considerazione potè convincere le sue gambe a fermarsi. La
paura era troppo forte. Avvertì le sue ali spalancarsi sulla schiena e poco
dopo si librava leggero nel cielo notturno.
Intanto Vergil era caduto in
ginocchio, le mani affondate nei capelli, urlando. Il suo corpo scosso da
dolorosi tremiti portava già i primi segni della trasformazione e i suoi occhi
erano già di un intenso rosso sangue. Intorno a lui era calata l’oscurità più
totale, gelida e soffocante. Si sentiva la gola secca e gli mancava l’aria.
Vergil.
Perché mi resisti, Vergil? Non volevi il potere? Te lo sto concedendo. Non
temere. Lo so, è doloroso, ma è necessario, credimi. Ma presto saremo insieme e
tutto andrà come deve. Nessuno ci potrà battere. Noi due. Insieme. Concedimi la
tua anima, Vergil. E io ti darò ciò che hai sempre desiderato.
Il mezzo demone scosse debolmente
la testa, conscio però che non era in grado di sopraffare quella forza oscura.
Era una lotta persa in partenza. Aveva coltivato con fin troppa dedizione il
suo lato demoniaco, l’aveva reso fin troppo forte. Come avrebbe potuto
immaginare che un giorno gli si sarebbe rivoltato contro, che si sarebbe
trovato intrappolato nella lotta tra le sue due nature?
Il pensiero che anche questa volta Magornak fosse al sicuro lo consolò un po’
mentre le tenebre della sua stessa anima lo inghiottivano soffocandolo e
togliendogli l’ultimo barlume di controllo che possedeva. ‘Ti prego, Dante, non
uscire di casa stanotte’pensò stupendosi al tempo stesso di quell’idea assurda
mentre perdeva completamente conoscenza.
Magornak si precipitò dentro al
locale e riuscì a chiuderne a chiave la porta solo dopo svariati tentativi
tanto gli tremavano le mani. Poi si lasciò cadere sul pavimento, la schiena
contro la parete. Ansimava pesantemente per la corsa ininterrotta. Nelle
orecchie gli rimbombavano ancora le urla di dolore e rabbia di Vergil che lo
avevano inseguito mentre fuggiva, facendolo sentire ancora più in colpa. Lo
aveva abbandonato al suo destino senza neanche voltarsi. Aveva saputo pensare
solo all’asfalto sotto i suoi piedi e poi all’aria che gli fendeva la faccia
mentre volava via, più veloce che poteva, lontano dall’inferno che stava per
scatenarsi. E il fatto che le sue azioni corrispondessero ai desideri del mezzo
demone lo consolava ben poco. Sarebbe dovuto restare al suo fianco e trovare un
modo qualsiasi per impedirgli di sprofondare ancora in quelle tenebre senza
controllo. Invece era fuggito. Scampando a una morte quasi certa, d’accordo, ma
lasciando la persona che aveva giurato di aiutare a qualunque costo, la persona
a cui doveva molto di più che la vita. Si prese la testa tra le mani
sospirando. Chissà dov’era adesso il suo compagno. Si sentì male al pensiero di
quanta gente innocente avrebbe perso la vita quella notte. E la colpa in parte
era della sua codardia. Non si era mai sentito così inutile e dannoso.
‘Però, se fossi rimasto e Vergil mi
avesse ammazzato, non avrei comunque potuto aiutarlo’pensò cercando di farsi
coraggio. ‘Ora che so che quella maledetta voce è un pericolo reale ed
incombente, farò di tutto per trovare il modo di fermarla. Lo giuro su quello che
ho di più caro. Se fossi morto stanotte non ci sarebbe più stato nessuno ad
aiutare Vergil’. Strinse i pugni. ‘Ma come posso combattere qualcosa che non
conosco? Non so nulla di quella voce, di chi è, da dove viene e soprattutto
cosa vuole da Vergil! E lui che si tiene tutto per sé. Testone! Come cavolo
faccio ad aiutarti se tu non lasci che io lo faccia?! Oh,
maledizionemaledizionemaledizione! Perché abbiamo accettato questa dannata
missione? Perché siamo usciti dall’Inferno?’. Sbuffò, imprecando pesantemente
tra i denti contro sé stesso e la propria incapacità, contro Vergil e le sue
ossessioni e infine contro i demoni che li avevano ingaggiati. “Sparda, perché
hai abbandonato i tuoi figli in quel modo? Non ti eri accorto che non erano
pronti per misurarsi con sé stessi?! Come hai potuto condannarli a un destino
del genere? Come hai potuto permettere che si mettessero uno contro l’altro?!
Sei stato capace di salvare gli umani e hai fallito miseramente con i tuoi
stessi figli? Come diamine è possibile?”esplose irato. “Sfidasti tutta la
stirpe demoniaca, sconfiggesti Mundus in persona e non sei stato capace di
prevenire una nuova guerra? Che razza di eroe sei?!”.
Battè i pugni per terra. Poi
sospirò di nuovo incrociando le braccia sul petto. Doveva darsi una calmata.
Prendersela con il Cavaliere Oscuro, tra l’altro senza motivo, non lo avrebbe
aiutato. Non era certo colpa di Sparda se era capitato tutto quel casino. Si
alzò in piedi e si accostò alla finestra, alzando gli occhi verso il cielo.
‘Non so che fare…Mi spiace, non pensavo ciò che ho detto, davvero. E tu lo sai.
Ma ho tanto bisogno di una guida. E qualcosa dentro di me mi spinge a
rivolgermi sempre e solo a te. Anche se non ne vedo l’utilità: non puoi
rispondermi! Quanto avrei voluto che le nostre strade si fossero incrociate
almeno una volta! Forse avresti potuto dirmi come agire. O anche solo darmi un
po’ della tua forza…’.
Urla disperate gli risuonavano
nelle orecchie, mentre l’aria vibrava, densa di terrore e dolore. Ma tanto era
solo fiato sprecato perché era come se non potesse sentirle. Il sangue scorreva
a fiotti, insozzando l’asfalto del vicolo, scivoloso, denso, caldo, catturando
la luce argentata della luna e trasformandola nel buio in una malata
luminescenza rossastra. Niente sembrava capace di placare una tale furia. Più
il sapore della carne gli invadeva la bocca, più la sua brama cresceva. Ne
voleva ancora, sempre di più, all’infinito. Mai si sarebbe stancato del sapore
acre eppure così delizioso che aveva il sangue degli umani, mai avrebbe potuto
saziare la pazzia che gli invadeva la mente. I mattoni e la pietra dei muri, la
strada stessa si sbriciolavano come cristalli davanti a lui. Un potere immenso
gli scorreva nelle vene bruciando più del fuoco eterno dell’Inferno. Un totale
delirio di onnipotenza. Niente poteva fermarlo. Niente poteva anche solo
pensare di affrontare la sua forza senza la consapevolezza di andare incontro a
morte certa. Nemmeno Sparda in persona avrebbe potuto qualcosa contro di lui in
quel momento. Le vite fragile ed effimere di quegli esseri infimi che si
dibattevano intorno a lui erano totalmente in suo potere. Poteva spezzarle
tutte con un unico gesto. Ma voleva che soffrissero prima di lasciare per
sempre la loro adorata luce. Dovevano pagare per la loro insolenza, per aver
dimenticato chi era ad essere superiore, per tutta quella potenza che si
attribuivano senza una ragione fondata. E poi affondare gli artigli e i denti
in quella carne così tenera era una vera goduria, soprattutto quando urlavano
ancora di più e si dibattevano, accecati dal terrore e dalla sofferenza, mentre
il loro sangue gli riempiva la bocca.
Buttò da parte l’ennesimo corpo
straziato e senza vita, mentre un ghigno feroce ed affamato gli si dipingeva
sul volto. Ancora. Era il suo unico
pensiero. Voleva sentire tutto quel potere infiammargli il corpo e lo spirito
ancora e ancora. Voleva vedere il sangue imbrattare tutto finchè nell’aria non
fosse rimasta solo la morte e il mondo intero non fosse diventato un immenso
lago rosso. Voleva sentire la sua anima sprofondare sempre di più
nell’oscurità, assorbire quel buio e cancellare così la luce che ancora
conteneva. Per sempre. Eliminare tutto ciò che aveva di umano, trasformarsi una
volta per tutte in un essere perfetto come solo gli abitanti degli Inferi
erano. Agognava di lasciarsi alle spalle quella divisione che caratterizzava la
sua natura. Non voleva più dibattersi tra luce e ombra, affogando nel mare
diviso della propria essenza e disgustandosi delle proprie umane debolezze.
Le sue mani incontrarono un altro
corpo, a caso. Quello gridò con tutto il fiato che aveva. Doveva essere
abbastanza giovane. Ma tanto non faceva alcuna differenza per lui. Uno schizzo
di sangue sferzò l’aria e le urla, dopo essere cresciute sempre più alte di
tono, si spensero in un gorgoglio strozzato. Desiderio. Brama. Sete. Di sangue.
Di potere. Insaziabili.
Una lama di luce filtrava nel buio,
affilata, ferendogli gli occhi. Non riusciva a sopportarla, gli faceva dolere
la testa ancora di più. Cercò di coprirsi il volto con le mani per ripararsi da
quel bianco accecante che pareva divenire via via sempre più luminoso, ma si
accorse di non potersi muovere. Le mani, le braccia, tutto il corpo, li
percepiva ma non c’erano. Avvertì l’ansia afferrargli il respiro. Cosa stava
succedendo? L’oscurità fu inghiottita all’improvviso da un ultimo scoppio
luminoso e tutto divenne maledettamente bianco.
Vergil aprì di scatto gli occhi
ansimando. Tentò nuovamente di portarsi le mani sul viso e questa volta avvertì
i polpastrelli sulle guance. La luce dell’alba lo accecò e gli ci vollero
parecchi istanti per mettere a fuoco ciò che lo circondava. Riconobbe
all’istante le rovine di Temen-Ni-Gru, che i raggi del sole facevano apparire
squallide tanto quanto quelli degli astri notturni le avevano resi sacrali e
terribili. La torre era nata dall’oscurità e quindi non doveva stupire il fatto
che odiasse tanto la luce del giorno.
Nel suo campo visivo irruppe
all’improvviso il volto di Magornak, che tradiva una profonda preoccupazione ma
anche un certo sollievo. “Oh per l’Inferno maledetto! Vergil! Mi hai fatto
quasi morire di infarto!! Come ti senti?”si affrettò ad esclamare il demonietto
agitando le mani come se non sapesse dove poggiarle.
Il mezzo demone si permise di
ignorarlo per un attimo e si mise a sedere a fatica. Quel movimento gli strappò
un gemito. Tutti i muscoli del suo corpo erano rigidi e indolenziti e avvertì
il dolore propagarsi dalla testa fino a ogni parte del corpo. Il suo sguardo
cadde per caso sulle mani che teneva ancora attaccate alle tempie e si rese
conto che erano completamente rosse. I ricordi lo invasero con violenza e per
un attimo la nausea gli strinse lo stomaco. Si rese conto di essere coperto di
sangue rappreso da capo a piedi, capelli compresi, e avvertì il suo acre sapore
metallico impregnargli tutta bocca. Imprecò pesantemente tra i denti. Ci era
cascato di nuovo. E questa volta era stato peggio: era cosciente, sapeva quello
che faceva, ma non poteva fermarsi, non riusciva nemmeno a voler smettere di
farlo. Quel potere aveva incatenato la sua anima peggio di una droga. Ne aveva
avvertito un bisogno fisico. E lui non poteva farci assolutamente nulla. Come
davanti a una malattia incurabile.
“Vergil?”lo chiamò ancora Magornak,
ansioso.
Il mezzo demone finalmente rivolse
il proprio sguardo verso di lui. “Magornak, io…”iniziò incerto su cosa dire.
“Mi spiace, mi spiace, sono un
codardo, non avrei dovuto abbandonarti in quello stato! Non capiterà più, lo
giuro! Perdonami, Vergil!”lo interruppe l’altro angosciato.
“Hai fatto quello che ti ho detto,
non devi scusarti di nulla”disse Vergil con calma, ma il suo tono non ammetteva
repliche. “E niente ma. Hai fatto la cosa giusta, Magornak. Non parliamone più
per adesso. Ora, per favore, portami al bar. Ho bisogno di lavarmi via di dosso
tutto questo schifo”.
Il demonietto annuì piano
aiutandolo ad alzarsi. Il giovane fu costretto ad appoggiarsi a lui con quasi
tutto il proprio peso. La trasformazione di quella notte, oltre a massacrargli
letteralmente tutto il corpo, gli aveva anche consumato tutte le energie.
“Be’, guarda il lato positivo:
questa volta non hai addosso i tuoi amati vestiti!”cercò di scherzare la
creaturina mentre arrancavano per le strade ancora deserte. Lanciò un’occhiata
significativa alla maglietta e ai jeans pieni di strappi che l’altro indossava.
“E meno male, perché li avresti distrutti a giudicare da come sono conciati
quelli che hai addosso”.
“Ho fatto un disastro,
vero?”domandò il mezzo demone, ignorando il commento.
Il suo protetto abbassò lo sguardo a
disagio. “Be’, ho fatto un giro e…insomma, molto peggio dell’altra volta. Hai
ammazzato almeno una trentina di persone”rispose cauto.
Lui alzò gli occhi verso il cielo
che andava via via schiarendosi. “Lo so. Ero cosciente questa volta, in un
certo senso. Comunque, ho proprio bisogno di quella doccia”.
Fecero il resto del tragitto in
silenzio. Appena giunti al bar, Vergil sparì in bagno al piano di sopra. Si
strappò letteralmente di dosso i vestiti gettandoli nella vasca e si infilò
sotto l’acqua ancora gelida, sperando che potesse lavar via la follia che lo
aveva invaso quella notte. Chiuse gli occhi, appoggiandosi al muro. Avvertì i
brividi corrergli lungo la schiena. Vedeva ancora i propri occhi splendere
nell’oscurità, nell’aria impregnata di morte. Vedeva ancora le pozze vermiglie
davanti a lui, portanti il suo riflesso. Sentiva ancora quei corpi così fragili
spezzarsi sotto le sue mani. Sentiva ancora il sangue scendergli in gola.
Avvertiva ancora quel potere infuocato bruciargli le vene. E, nonostante tutto
ciò rappresentasse la sua sconfitta, non riusciva ad odiare quelle sensazioni,
non riusciva a non avvertire una punta di insano piacere nel ricordarle, nel
riviverle. Era un demone, non poteva disprezzare le azioni dettate dalla sua
naturale sete di sangue. Ma non era solo quello. Era qualcosa di più. Era il
senso di onnipotenza che aveva provato a mandarlo fuori di testa.
Si sporse dalla doccia per guardare
il proprio riflesso nello specchio semi appannato. I suoi occhi erano di nuovo
rossi. Scosse il capo, afferrando il barattolo dello shampoo. Doveva
controllarsi, maledizione, o sarebbe finito preda di quel nemico invisibile che
riusciva ogni volta di più a penetrare nella sua anima, corrompendola e
strappandola alla sua volontà. Gli avrebbe impedito di completare la sua
missione. E quindi di ottenere la ricompensa che gli spettava. Anche la voce
misteriosa gli offriva il potere, un potere immenso, questo era vero, ma il
prezzo che gli chiedeva era troppo alto. Non avrebbe mai rinunciato a sé stesso,
neanche per realizzare la sua ossessione. O almeno, non al punto di perdere
completamente il controllo sulle proprie azioni. Ma come fermare qualcosa che
neanche conosceva, qualcosa in grado di sottrargli sé stesso?
Lasciò che l’acqua ormai bollente
sciacquasse via i residui di sapone e poi chiuse il getto. Basta pensare a
quello che era successo, non era ancora abbastanza lucido e poi non aveva tempo
da perdere. Per prima cosa doveva far sparire i vestiti coperti di sangue. Ci
mancava solo che qualche umano scoprisse per caso che l’autore di quelle stragi
era lui e allora recuperare Kasreyon sarebbe diventata davvero un’impresa
impossibile.
“Magornak!”chiamò. “Vieni su,
muoviti!”.
La testa del demonietto sbucò da
dietro la porta quasi subito. “Hai bisogno di qualcosa, Vergil?”.
“Aiutami, dobbiamo lavar via tutto
quel sangue da questi dannati stracci. E poi farli sparire”ordinò lui,
indicando i vestiti.
“Ma…non ti vuoi neanche vestire prima?”domandò Magornak alzando un sopracciglio
e guardando dubbioso l’asciugamano legato intorno alla vita del suo protettore
e i suoi capelli ancora fradici. “Non vorrei che ti prendessi un accidente”.
“Andiamo, Magornak, sono un demone,
non mi ammalo per così poco”.
“Giusto, non ci avevo pensato”. Con
un sospiro la creaturina entrò nella stanza e si mise a frugare dentro uno
degli armadietti sistemati lungo la parete. “Uhm, secondo te quanta candeggina
serve?”chiese estraendo un flacone.
“Versala tutta, almeno siamo
sicuri. E lava anche quella cavolo di maglia che hai addosso. Non vedi che si è
sporcata tutta?”fu la risposta un po’ brusca.
“Sei tu che ti sei appiccicato a me, non mi sono mica sporcato apposta!”.
“Piantala di parlare e diamoci da
fare. Abbiamo una missione, idiota”.
“Certo, certo”.
Il demonietto si prese il tempo di
sbuffare, poi fece come gli era stato detto, levandosi la maglietta e
buttandola in mezzo ai vestiti di Vergil per poi versarci sopra l’intero
flacone di candeggina. Il mezzo demone gli si inginocchiò di fianco e immerse
le mani nell’acqua biancastra, meditabondo.
“Magornak, ascolta. Dobbiamo
parlare di quello che è successo stanotte”esordì dopo un attimo di silenzio,
visibilmente a disagio. “Mi trovo costretto ad ammettere che la cosa sta
diventando un problema. Un problema molto serio”.
“Non sei obbligato a farlo se non vuoi”gli fece timidamente notare il suo
protetto, anche se dentro di sé sperava ardentemente che lui continuasse il
discorso. Forse, se Vergil gli avesse confidato qualcosa di più riguardo a
tutto quel casino, avrebbe potuto trovare un modo per aiutarlo. O almeno, se lo
augurava. Era l’unica cosa che desiderava in quel momento: poter saldare il
debito che c’era tra loro, poterlo salvare, poter dimostrare al suo protettore
e soprattutto a sé stesso che non era solo un’inutile scocciatura.
“Lo so, lo so, ma non voglio che tu
ci vada di mezzo un’altra volta. Se mai ti farò fuori dovrà esserci un motivo
serio, e un attacco di follia omicida non lo è”disse con calma il giovane. Poi
sospirò. “Mi piacerebbe poterti dare una spiegazione, ma il fatto è che non ne
ho una. So solo che ogni volta che sento quella maledetta voce la mia anima
sprofonda nell’oscurità più buia. Fuori dal mio controllo, lontano dalla mia
volontà. E questo non va bene. Per niente. Non mi piace essere manipolato, in
nessun modo, e questo è di sicuro il peggiore. Mi dà la nausea pensare che c’è
qualcun altro che mi sta usando e che
io sono così debole da non poter
nemmeno pensare di oppormi. Dal
momento che ci è impossibile trovare un modo per fermare questa cosa cosa, qualunque cosa o chiunque essa sia
per via della scarsa quantità di informazioni a nostra disposizione, dobbiamo
inventarci qualcosa di estremo. Ci ho pensato a lungo e sono giunto a un’unica
soluzione…”.
“Non mi starai proponendo di farti fuori spero?!”lo interruppe Magornak
sconvolto.
“Ma sei scemo?! Non mi passerebbe neanche per l’anticamera del cervello una
cosa del genere, idiota che non sei altro! Mi fai venire voglia di ammazzarti
sul serio quando ti dimostri così stupido. Non ho tempo per le tue sciocchezze.
E poi non ne saresti capace neanche se ti aiutassi io stesso a farlo”lo aggredì
Vergil esasperato. “E non ti propongo neanche di stendermi per lo stesso
motivo. Non ne saresti capace, sia per una questione fisica, ma anche perché ho
l’impressione che il solo pensiero di ferirmi in qualche modo ti angosci. O mi
sbaglio forse? Però c’è una persona che potrebbe farlo al posto tuo…”.
“Che cosa?! Non starai parlando…?! No, non puoi essere serio, Vergil”.
“È l’unica cosa sensata che si può
fare”. Il mezzo demone afferrò con decisione il mento del suo protetto,
costringendolo a guardarlo negli occhi. “Giurami che se dovesse succedere
un’altra volta andrai dritto a chiamare Dante. Tanto sai dove abita. Giuramelo,
Magornak”. L’altro fece una smorfia e rimase in silenzio, abbassando lo
sguardo, incapace di sostenere il gelo di quelle iridi azzurre. “Magornak,
guardami. Lo sai bene anche tu che mio fratello è l’unico che ha qualche
possibilità di…gestirmi in un
situazione come quella. Non abbiamo altra scelta”.
Il demonietto tornò a guardarlo.
Nei suoi occhi ametista era ben visibile la riluttanza, ma alla fine dovette
cedere. “Va bene, va bene, lo farò. Te lo giuro, Vergil”borbottò contrariato.
“Bene”. Il giovane mollò la presa sul suo volto e tornò a concentrarsi sui
vestiti da lavare. “Ora muoviamoci a sbrigare questa scocciatura”.
Lui annuì senza dire nulla. Non gli
andava di tirare in mezzo Dante. Poi sarebbe stato difficile levarselo dai
piedi. Ma sapeva che se Vergil aveva deciso così era perché non avevano davvero
altra alternativa. A mali estremi, estremi rimedi. Sospirò. In realtà ciò che
gli dava veramente fastidio era il fatto che forse quel tizio avrebbe potuto là
dove lui era completamente impotente. Aveva sempre odiato sentirsi inferiore a
qualcuno, di chiunque si trattasse. E per di più ora si trovava costretto a
dover chiedere aiuto al loro avversario solo perché lui non era capace di dare a Vergil l’aiuto che gli serviva. Questo
lo faceva infuriare con sé stesso e, soprattutto, lo deprimeva. Che cavolo ci
era venuto a fare sulla Terra se sapeva solo combinare guai e non era in grado
di assolvere il compito che gli era stato assegnato? Anzi, che si era assegnato. Avrebbe fatto meglio
ad andarsene quando Vergil glielo aveva chiesto invece di intestardirsi a voler
regolare un debito che non poteva saldare. Non aveva avuto la forza di
separarsi dal mezzo demone, era questa la verità. Gli si era legato così tanto
che ormai concepiva la propria vita solo accanto a lui, all’inseguimento di
qualche piano folle, tra mille pericoli assurdi, proprio come era successo
negli ultimi due anni. Però, a quanto pareva, questo non bastava a fare in modo
che lui riuscisse davvero a fare ciò che gli veniva richiesto. Non bastavano il
suo impegno costante e la sua devozione assoluta, per quanto forti e sinceri
fossero. Era troppo debole. Non era in grado di proteggere la persona che gli
era più cara al mondo. Nemmeno dare la vita per lui, e l’avrebbe certamente
data senza esitazione se fosse stato necessario, sarebbe servito a qualcosa.
Non poteva impedirsi di essere e di sentirsi completamente inutile.
Te pareva, sono un po’ in
ritardo…Perdonatami, ho avuto la febbre e un sacco di roba da fare per
scuola…Avrei dovuto fare una cosa per una mia amica ma non ho ancora avuto il
tempo di farla (capirai che sto parlando con te…sorry!!). Va be’, non vi voglio
annoiare con le mie faccende!!
Passiamo alla storia…Sorvolando la solita ingenuità di Magornak…Lo so, lo so,
Vergil è parecchio sfortunato. Ogni volta che è lì lì per farcela arriva
qualcuno a mettergli i bastoni tra le ruote!! Era ovvio che la voce doveva
saltar fuori di nuovo, no?? Sto iniziando a chiedermi chi è il cattivo nella
mia storia… Spargimento si sangue alla grande, ma in fondo il rating
l’avrò messo per qualcosa, e, be’, il povero Magornak che va in crisi!!
Solo in un mondo sconosciuto a dover affrontare le sue debolezze!! Certo che i
miei personaggi sono tutti complessati!! Bene ragazzi, faremo tutti una seduta
dallo psicologo, soprattutto l’autrice…Insomma, capitolo che non conclude nulla,
ma almeno riporta sulla scena uno dei misteri non ancora svelati del racconto…e
contiene l’amissione di Vergil di aver bisogno di Dante (interpretate pure come
volete!! XD).
Va bene, ho sparato abbastanza
cavolate…scusate, oggi sono fuori alla grande!! Due parole sul prossimo
capitolo e poi vi lascio in pace!! Allora, Dante si sveglierà con un po’ di
dolori come la volta scorsa…E Lady dovrà subirne le conseguenze!! Almeno la
nostra motociclista potrà consolarsi con il suo altrettanto bisfrattato amico Magornak…
Allora, concludo con i
ringraziamenti! Un mare di baci, abbracci & Co alle mie adorate lettrici doc11, Bloody Wolf, Xeira__ , Kuromi_
e LadyVergil (ricordami di
sposarti, Vergil!!! XD)!! Un grazie anche chi segue/legge la storia!! Baci!!
La vostra sempre più pazza
Mystic
Ps: come sempre, se vado OOC ditemelo!!!!!
Era successo di nuovo. Lo capì nel
momento stesso in cui aprì gli occhi e avvertì il dolore diffondersi lentamente
lungo tutto corpo. Merda. Quell’idiota di suo fratello l’aveva fatto di nuovo.
Dante sbuffò irritato. Possibile che ogni volta che quel cretino si faceva male
ne dovesse soffrire le conseguenze anche lui? Si mise seduto con cautela, ma
non senza imprecare tra i denti per il male. Era molto peggio della mattina
precedente. Avvertiva anche chiaramente in bocca l’acre sapore metallico del
sangue. Tanto sangue. E ciò significava che ne era stato sparso molto di più
quella notte. Sospirò, ricacciando indietro la nausea. ‘Perfetto, se Vergil si
è messo in testa di sterminare tutti gli abitanti della città, allora è
decisamente sulla strada giusta per farlo’pensò con un filo di amaro sarcasmo,
appoggiandosi alla testata del letto, gli occhi rivolti fuori dalla finestra.
Dal piano di sotto si sentiva un
rumore di piatti e posate. Probabilmente Lady gli stava preparando la
colazione. Meglio, avrebbe potuto avere un caffè decente per una volta. La
giovane era rimasta fino a tardi il giorno precedente e quindi lui aveva
insistito perché dormisse lì. Erano tornati al parco in cui aveva incontrato
Vergil, ma ovviamente non ne avevano trovato neanche l’ombra. Dopo aver
girovagato un po’ per i quartieri circostanti, la donna lo aveva praticamente
riportato di peso all’agenzia affermando che senza un piano preciso non
avrebbero concluso nulla, nonostante lui avesse insistito per continuare a
cercare. Vergil era là da qualche parte, lo sentiva, anche se non avrebbe
saputo dire dove di preciso. Ma Lady sapeva essere la persona più testarda del
mondo e quindi non c’era stato nulla da fare.
Una volta rientrati, si erano
seduti alla scrivania del mezzo demone e, mappa sotto gli occhi, si erano messi
a circoscrivere l’area in cui condurre le ricerche, segnandosi i posti meno
frequentati e quelli più malfamati. Poi lei si era messa a fare ipotesi sul
cosa Vergil fosse tornato a cercare sulla Terra. Temen-Ni-Gru era distrutta per
sempre e non voleva il medaglione. Cosa poteva esserci ancora?
Lui era rimasto in silenzio,
lasciandola ai suoi interrogativi e rivolgendo i propri pensieri altrove. Tanto
l’unico modo per sapere cosa cercava quel pazzo era trovarlo e costringerlo a
rivelare i suoi piani. E non sarebbe stata un’impresa facile, ammesso che
fossero riusciti a trovarlo in tempo. Mentre la donna parlava praticamente da
sola, perché i suoi monosillabi distratti non potevano essere considerati vere
risposte, lui aveva vagato tra i ricordi della sua infanzia. Non avrebbe saputo
dire perché lo stesse facendo, ma francamente era troppo stanco per
costringersi a smettere. Allora sì che tutto era più semplice. Suo padre era
ancora con lui, la presenza luminosa di sua madre teneva lontane tutte le ombre
che avrebbero potuto disturbarli e Vergil era sempre al suo fianco. Certo, suo
fratello non era mai stato scatenato quanto lui ed era da sempre taciturno e
introverso, ma non importava, tanto a loro bastava uno sguardo per capirsi.
Dante scosse il capo, decidendosi
finalmente a sgusciare fuori dalle coperte. Scese stancamente le scale,
stiracchiandosi con cautela per distendere i muscoli irrigiditi, ed entrò in
cucina borbottando accigliato: “Ciao, Lady…”.
“Ehi, buongiorno, dormiglione!”lo
salutò lei allegra, sbattendogli sotto il naso una tazza di caffè fumante e un
piatto con delle fette di pane tostato. “Cos’è quella faccia già di prima
mattina? Hai dormito male per caso?”.
“Non io, è mio fratello che ha dormito di merda! Gli capita spesso ultimamente”rispose
lui sarcastico. “Deve aver passato una notte infernale”.
“L’ha fatto di nuovo?! Non ci posso credere!”esclamò la donna sorpresa e
sconvolta al tempo stesso. Vergil aveva compiuto un’altra strage?! Perché? Che
senso avevano tutte quelle morti? Non era tornato per cercare qualcosa? E
allora perché continuava ad uccidere?
“Oh, sì, ed è stato molto peggio
della precedente”continuò il mezzo demone amaramente, ignorando di proposito lo
sconcerto della sua amica. “Ritiro quello che ho detto ieri: mio fratello è
davvero un mostro assetato di sangue come tutti i fottuti bastardi nostri
parenti che vivono all’Inferno!”.
“Ma no, Dante, sono sicura
che…”tentò Lady, pur facendo fatica lei stessa a credere a quello che voleva
dire. Doveva trovare un modo di rassicurare almeno in parte il suo amico se non
voleva vedere di nuovo nei suoi occhi quell’eterna tristezza velata di dolore
che finalmente aveva iniziato a sfumare dopo anni. Ma doveva anche ammettere in
quel momento che difendere Vergil dall’ira e dal risentimento del suo gemello
non era affatto facile. ‘Vorrei tanto sapere perché quell’idiota deve cacciarsi
in questo genere di situazioni! E se mi stessi sbagliando a difenderlo?’. Non
era da escludere. Però il fatto che si portasse dietro Magornak…
“Sei sicura di che cosa, Lady?”la
aggredì lui, interrompendola bruscamente, praticamente urlando. “Che c’è una
spiegazione per tutto questo? Ma non farmi ridere! Sentiamo, perché cazzo mai
mio fratello, che è venuto qui alla ricerca di chissà cosa, si mette ad ammazzare
delle persone a casaccio, rischiando tra l’altro di mandare a monte i suoi
progetti qualunque essi siano? Per quale piano malefico la morte di tutta
quella gente è necessaria? Eh?”. Sbattè le mani sul tavolo, sporgendosi verso
la sua interlocutrice. “Te lo spiego io come stanno veramente le cose: Vergil è
andato completamente fuori di testa, la sua anima è stata corrotta da dieci
anni passati all’Inferno ed è tornato qui perché il caso ha voluto che lui
trovasse le Porte aperte, per fare quello che fanno tutti i demoni nelle sue
stesse condizioni: massacrare un po’ di gente per soddisfare la loro
fottutissima sete di sangue! Quel demonietto a cui ti sei tanto affezionata ti
sta prendendo per il culo e tu ci sei cascata come una scema! Visto che non sei
in grado neanche di badare a te stessa, sta’ fuori dai miei affari di famiglia!
Troverò quel bastardo e lo ammazzerò! Come avrei dovuto fare anni fa!”. Detto
ciò, il mezzo demone si lasciò cadere contro lo schienale della sedia ansimante
e rimase in silenzio, lo sguardo basso. Non ne poteva più di tenersi quella
cosa dentro. Sospirò. Perfetto. Ora Lady gli avrebbe fatto una testa così per
dirgli quanto stupido era a voler mettere per forza le cose in quel modo. Ma
lui non poteva farci nulla: per quanto si sforzasse, non vedeva altra
spiegazione a tutto quel casino, anche se desiderava con tutta l’anima che ci
fosse. Una qualunque, anche assurda, non gli importava. Bastava che smentisse
il fatto che suo fratello era perso per sempre.
“Hai finito, Mr. so-tutto-io?”lo
apostrofò infatti la donna, scocciata.
“Senti, Lady, se ora hai intenzione
di farmi una delle tue solite scenate, io non…”iniziò lui con un altro sospiro,
ma la sua amica lo interruppe.
“Tranquillo, non ho nessuna
intenzione di farti una lavata di capo, anche se te la meriteresti eccome per
come mi hai trattata. Io mi sbatto per aiutarti e questo è il ringraziamento?
Però diciamo che sei sconvolto per via di Vergil e quindi ti posso
perdonare”fece gelida, iniziando a raccogliere le sue cose. “E poi non sei né
lucido né disposto ad avere un confronto civile, quindi sprecherei solo tempo
ed energie a parlare con un testone come te. Me ne vado. Quando ti sarai
sbollito e sarai disposto a ragionare e a considerare il parere altrui, fammelo
sapere”. E senza aggiungere altro lasciò l’appartamento, premurandosi di
sbattere con aria offesa e abbastanza violentemente la porta di ingresso.
Dante rimase attonito a fissare il punto dove fino ad un attimo prima c’era la
sua amica. Niente ramanzina? Doveva averla fatta arrabbiare sul serio questa
volta. Ma in fondo era meglio così: voleva stare solo e in questo modo si era
risparmiato la fatica di cacciarla via da casa sua. “Ecco, brava, vattene, va’,
che me la so cavare da solo! Non ne posso più di essere trattato come un
cretino!”le urlò dietro, troppo tardi però perché lei potesse sentirlo.
Allora si alzò e lanciò uno sguardo
fuori dalla finestra, ma questa volta la donna non era lì ad aspettarlo come al
solito con il suo ghignetto vittorioso. Se n’era andata davvero. ‘Ok, l’ho
fatta grossa’ammise tra sé e sé. ‘Oppure oggi Lady è più permalosa del solito’.
In fondo la ragazza non aveva tutti
i torti: l’aveva aggredita senza motivo, frantumando senza pietà i suoi
tentativi, già complessi per conto loro, di farlo sentire meglio. Bella
riconoscenza. Sospirò, tornando a sedersi. Di solito non era così impulsivo.
Aveva un brutto carattere, ne era conscio, ma tutta quella faccenda stava
facendo emergere il suo lato peggiore. Magari sarebbe andato fuori di testa a
sua volta e sarebbe finito a sfogarsi come faceva suo fratello. Già, il suo
gemello, e la fonte di tutti suoi problemi al momento.
“Chissà, magari Vergil pensa che
ammazzare la gente sia un modo efficace per scaricare lo stress”fece con un
sorriso amaro. “Se quel demonietto tutto strano che lo accompagna è opprimente
e protettivo come Lady, allora lo compatisco. Però ci sono mille altri modi per
sfogarsi! Che bisogno c’è di commettere delle stragi?! Potrebbe venire a
combattere con me…Oh, come sgonfierei quel pallone gonfiato a furia di
mazzate!”. Si concesse una risata immaginando la faccia furente di suo fratello
per essere stato sconfitto una seconda volta, mentre lui lo teneva sotto
braccio con un ghigno soddisfatto stampato sulla faccia. “Se fosse così
semplice…Non oso immaginare quanto forte sia diventato dopo dieci anni
trascorsi all’Inferno. Mi sa tanto che sarebbe lui a farmi nero…”. Ma d’altra
parte non avrebbe mollato tanto facilmente. Se c’era una cosa che aveva in
comune con quel pazzo era la testardaggine: nemmeno lui rinunciava a qualcosa
prima di una sconfitta definitiva. E questa volta solo la morte avrebbe potuto
fermarlo.
Il mezzo demone sbuffò, guardando la sua colazione ancora intatta. Avrebbe
contatto Lady il giorno dopo, decise, non era ancora molto nell’umore. Voleva
restare da solo per riflettere bene su tutto quel casino e magari fare a pugni
con i fantasmi del suo passato. Chissà, avrebbe anche potuto venirgli un’idea
su cosa cercava Vergil. Poi, quando sarebbe stato calmo e pronto a subirsi la
vendetta della sua amica, insomma “lucido e disposto ad avere un confronto
civile”, come aveva detto lei, l’avrebbe richiamata. Ma quella si sognava le
sue scuse. Su questo non ci pioveva.
Il cielo grigio pareva minacciare
pioggia da un momento all’altro, ma Lady camminava spedita, non sapendo bene
neanche lei verso dove, troppo intenta a maledire mentalmente il cacciatore di
demoni e il suo caratteraccio. Quello stronzo aveva quasi distrutto la sua
sicurezza. Se n’era andata per non dover affrontare una discussione con lui
perché sinceramente al momento era sprovvista di argomentazioni favorevoli alla
sua tesi. Insomma, lui l’aveva anche fatta infuriare, vero, ma non era stato
quello a farla rinunciare a ricoprirlo di ingiurie. Il fatto era che era stata
sul punto di dirgli: “Sì, Dante, lo devo ammettere, forse hai ragione: Vergil è
davvero diventato un mostro assetato di sangue! Deve essere andato
completamente fuori di testa! Non riesco nemmeno io a trovare una spiegazione
alternativa!”. Ma non poteva fare una cosa del genere. In primo luogo per
Dante, ma poi anche per sé stessa. Non voleva credere di essersi sbagliata fino
a quel punto, non poteva credere che
Magornak l’avesse ingannata. Quel
ragazzino era l’immagine dell’innocenza! Un’innocenza molto infernale, certo,
ma pur sempre tale. Doveva esserci
un’altra spiegazione per le stragi. E lei l’avrebbe trovata. Pensò di recarsi a
vedere la scena del crimine di quella notte. Poteva essere un buon punto
d’inizio: magari avrebbe trovato qualcosa che l’avrebbe aiutata a capire.
Si fermò alla prima edicola che trovò per comprare il quotidiano: ovviamente la
notizia del massacro era già in prima pagina, nonostante fossero passate solo
poche ore dal fatto. Il ricordo di quello che era successo dieci anni prima era
ancora vivo nella memoria della gente del posto e quindi atti di questo genere
portavano sempre con sé terribili presentimenti e timore di vedere la storia
ripetersi.
“Terribile, signorina,
terribile”commentò l’edicolante notando che tutto l’interesse della giovane era
concentrato sulle immagini in prima pagina. “Come si possono compiere tali
nefandezze? Il colpevole non ha alcun rispetto per la vita…Uccidere così tante
persone, tra cui dei bambini, a sangue freddo…E cos’ha fatto dei corpi…Non ci
sono parole”.
“Ha ragione, non si può descrivere una cosa del genere”rispose lei
distrattamente, mentre i suoi occhi scorrevano velocemente l’articolo alla
ricerca di un’indicazione precisa sul luogo della strage. “E soprattutto è
difficile trovare un motivo che possa spingere una persona a fare ciò”.
“Oh, lei è troppo buona anche solo a volerla cercare una ragione,
signorina”sospirò l’uomo scuotendo il capo. “Non c’è. Semplicemente l’autore è
un mostro, un essere perverso sputato fuori dal luogo più malvagio che esista,
un diavolo dell’Inferno”.
Lady alzò la testa di scatto, avvertendo un brivido correrle lungo la schiena a
quelle parole, ma l’uomo le già aveva voltato le spalle per rivolgersi ad un
altro cliente. La gente pensava davvero che l’assassino fosse un “demone”,
anche se in senso metaforico? Era quella la prima impressione che ne riceveva?
Era davvero lei l’unica a sperare che non fosse così? Le parole ferite di Dante
le rimbombarono nelle orecchie.
‘Vergil, giuro che, non appena avrò sistemato tutto questo casino, ti ucciderò
con le mie stesse mani’pensò turbata, incamminandosi. ‘Mi state mandando in
crisi, tu e quell’idiota del tuo gemello! Basta! Questa è l’ultima volta che mi
intrometto di proposito negli affaracci privati della famiglia Sparda, sul
serio!’.
Il posto non era molto distante da dove si trovava in quel momento e quindi le
bastò camminare per una ventina di minuti. La strada che portava alla scena del
crimine era ovviamente bloccata da transenne, ma non sembrava che ci fosse
qualcuno a controllarle. Non li biasimava. Nessuno sano di mente avrebbe voluto
restare così vicino al luogo in cui si era consumato un tale orrore.
La giovane si guardò intorno circospetta, scavalcò barriere e poi si allontanò
velocemente lungo il vicolo. Quasi subito sull’asfalto iniziarono a comparire
pozze di sangue ormai rappreso di varie dimensioni, che diventarono sempre più
frequenti man mano che si inoltrava tra le case.
Seppe di essere arrivata sul posto prima ancora di vederlo: la puzza di morte
la prese alla gola senza preavviso, costringendola a coprirsi naso e bocca con
una mano. Svoltò l’angolo e quello che vide la sconvolse: la strada era un
autentico lago di sangue che, colpito dai raggi del sole, mandava malati
bagliori rossastri tutto intorno. Le mura delle case erano
ridotte in cumuli di macerie, anch’esse imbrattate di sangue, disintegrate
dalla stessa furia distruttrice che quella notte aveva seminato morte e terrore
in quello sventurato quartiere. I poliziotti della scientifica dovevano aver
fatto del loro meglio per portare via i cadaveri, o almeno ciò che ne restava,
ma sui muri e nell’immensa pozza vermiglia se ne vedeva ancora qualche
brandello.
Lo stomaco della ragazza si contrasse, minacciando di espellere la colazione
ingerita da poco, mentre lei si appoggiava a un palo per sostenersi. Aveva già
visto i demoni all’opera, ma sapere che una sola creatura aveva potuto fare
tutto quello in una sola notte la
sconvolgeva. E poi era la prima volta che si trovava di fronte a uno spettacolo
così terribile. In ogni parte di quel luogo si leggevano i segni lasciati da
una violenza cieca, senza controllo, da una brama di distruzione infinita ed
insaziabile. Tutte immagini che non riusciva neanche con lo sforzo più grande a
conciliare con la figura gelida e controllata di Vergil. Se non avesse saputo
quasi con certezza che l’autore di quell’orrore era lui, non le sarebbe mai
neanche venuto in mente. ‘Possibile…che abbia potuto fare una cosa
simile?’pensò, incredula. ‘Senza un motivo apparente…’. No, doveva per forza
esserci sotto qualcosa. Non dubitava che il mezzo demone avrebbe potuto
sterminare tutta la città senza rimorso, ma non in quel modo, non con quella
furia. Il mostro che aveva compiuto quella strage non era Vergil. O, almeno,
non il Vergil che aveva conosciuto.
Si voltò e si allontanò dal vicolo. Non riusciva a guardare quel lago cremisi
in cui il fantasma della morte si specchiava in tutta la sua atrocità. Però da
quella visita aveva ottenuto una cosa buona: adesso era di nuovo convinta che
Vergil non poteva aver fatto una cosa simile. Non di proposito, almeno. Un
pensiero la colpì. ‘E se…e se non fosse stato cosciente delle sue azioni?’. Non
era da escludersi. Però lui ormai aveva superato da tempo la fase in cui
perdeva il controllo una volta trasformato. Doveva esserci qualcos’altro,
qualcosa che né lei né Dante potevano immaginare. Magari lo stavano
controllando in qualche modo. Solo che non era facile nemmeno poter pensare che
ci fosse qualcuno in grado di fare una cosa simile. Non a Vergil Sparda. Si
sarebbe ucciso piuttosto che permettere a qualcuno di usarlo.
Si disse che doveva assolutamente vedere Magornak. Non poteva domandargli
direttamente delle risposte, certo, ma magari avrebbe potuto strappargli
qualcosa di vago. Le andava bene qualsiasi cosa. Il problema era che non aveva
la minima idea di come contattarlo: lui non le aveva lasciato nessun tipo di
recapito. ‘Che fregatura! Sono stata una stupida a non chiedergli il numero di
telefono…’imprecò stringendo i pugni. ‘Ma forse non me l’avrebbe dato lo
stesso per paura che potessi scoprire dove vivono lui e Vergil…’.
Alzò lo sguardo che aveva tenuto fisso
sull’asfalto fino a quel momento. Aveva seguito meccanicamente le tracce di
sangue sparse sul terreno ed era talmente persa nei suoi pensieri che non si
era nemmeno accorta di essere arrivata alla fine della periferia. Davanti a lei
si estendeva solo terra bruciata e, in lontananza, si riuscivano a scorgere le
rovine di Temen-Ni-Gru. La scia rossa andava proprio in quella direzione.
Stupita, la ragazza continuò a seguirla fino ai ruderi. Perché mai Vergil, o
chiunque fosse stato nel suo corpo, sarebbe dovuto venire proprio lì, tra le
macerie dell’antica torre, dopo aver compiuto la strage?
Le tracce, una volta nella piana
ingombra di detriti, si concentravano in un punto e si fermavano. Lady si
guardò attorno con attenzione. Tutto intorno c’erano sparsi frammenti di
pavimentazione, troppo regolari per essere frutto del crollo dell’immensa
costruzione. Erano stati tagliati. ‘Ma allora qualunque cosa stia cercando quel
pazzo deve essere qui intorno!’dedusse eccitata.
Ma un altro pensiero frenò il suo entusiasmo. E se lui fosse stato lì? L’idea non la faceva molto felice.
Era disarmata e di certo non poteva competere in nessun modo con un mezzo
demone. Rimpianse il fatto di non avere Dante con sé. Con lui almeno si sarebbe
sentita tranquilla. Ma quel testone era troppo impegnato a lagnarsi per
preoccuparsi davvero di trovare suo fratello. E poi si era messa lei in quel
guaio e da sola ne sarebbe uscita. Il buon senso le diceva che avrebbe fatto
meglio ad andarsene in fretta, ma non poteva farlo proprio adesso che aveva
trovato una pista. Doveva prima capire da dove venivano quei frammenti. Si
incamminò con estrema cautela tra le rovine seguendoli, sperando di non fare
nessun brutto incontro. E non solo per quanto riguardava Vergil, ma anche per
via del fatto che spesso i demoni scappati dall’Inferno si radunavano in quel
luogo, attirati dall’aura oscura che ancora emanava.
Fortunatamente non dovette fare molta strada e poco dopo si trovò davanti alla
scalinata che conduceva nei sotterranei della torre.
“Ma…l’ingresso era bloccato dalle macerie, ne sono sicura!”si lasciò sfuggire
in un filo di voce. La donna si sporse cercando di capire se il passaggio era
libero o meno, ma gli scalini si perdevano irrimediabilmente nelle tenebre più
fitte. Allora c’era ancora qualcosa sotto quella torre. Rabbrividì. Che fosse
un nuovo passaggio per gli Inferi? ‘Non posso scendere da sola e senza il
Kalina Ann, per di più. Devo andare a prendere Dante, subito!’.
Si avviò, camminando velocemente per tornare sui suoi passi, ma nella fretta
prese dentro un pezzo di muratura che andò a sbattere contro un mucchio di
detriti. Lady si congelò sul posto, bestemmiando mentalmente tutti i santi, le
orecchie tese per captare il minimo suono.
Rimase immobile per quasi un minuto senza però avvertire altro che non fosse il
vento, ma, proprio quando stava per trarre un sospiro di sollievo,
all’improvviso, il rumore di una pietra che cadeva la fece sobbalzare
nuovamente. Si guardò intorno immediatamente, sentendo l’ansia attaccarle lo
stomaco, ma tutto era tornato silenzioso e niente si muoveva. Eppure avvertiva
chiaramente la presenza di qualcosa. Qualcosa di non umano. Indietreggiò,
attenta a non emettere il minimo rumore e a non inciampare di nuovo nei detriti
sparsi sul terreno. Doveva raggiungere quel cumulo di macerie a pochi metri di
distanza. Da lì avrebbe potuto controllare meglio la situazione e anche
nascondersi se fosse stato necessario. Maledizione. Non poteva cacciarsi nei
guai proprio ora. E soprattutto in un posto dove difficilmente avrebbe potuto
trovare aiuto. Ancora qualche passo e c’era. Doveva solo…
La sua schiena urtò qualcosa. Ma non era di certo la pietra che desiderava
raggiungere. Lady si voltò di scatto e così fece la creatura che,
indietreggiando a sua volta, le era venuta addosso. Quest’ultima cacciò un urlo
spaventato e lei, presa alla sprovvista, fece lo stesso. L’essere schizzò via,
tuffandosi dietro a un pezzo di muro. La giovane rimase immobile, ansimando per
lo spavento, completamente spiazzata. Si era ritrovata a fissare due occhi
viola intenso.
“Ma…Magornak?”balbettò, incredula e al tempo stesso sollevata.
Il demonietto si sporse appena da dietro il suo riparo. “Mary?”fece in
risposta, non meno stupito. Si rialzò per andarle incontro. “Mary! Oh per
l’Inf…Ehm, maledizione, mi ha fatto prendere un colpo! Ci sono quasi rimasto
secco!!”.
“Anche tu!”lo rimbeccò lei, avvicinandosi a sua volta. Non poteva crederci.
L’ultima persona che avrebbe mai pensato di trovare in quel posto. E quella che
voleva assolutamente incontrare. “Che diamine ci fai qui?!”.
“Ehm…Curiosavo. Sai, ho sentito strane storie su questo posto…e così sono venuto
a fare un giro”mentì lui, a disagio, dondolandosi sui piedi. “E tu?”.
“Oh, io…uhm…Be’, vengo qui quando voglio stare da sola. È sempre deserto questo
posto”sorrise lei incerta. ‘Ma bene, Lady, si vede lontano un chilometro che
stai mentendo…Meno male che è Magornak, altrimenti saresti stata nei guai’si
rimproverò mentalmente.
“Oh, davvero?”fece infatti la creaturina, con sconcerto mal celato. Era pazza a
venire sulle rovine di Temen-Ni-Gru da sola?! “Che strano posto per venire a
stare soli. Non hai paura? Io lo trovo inquietante”. ‘E soprattutto pericoloso
e pieno di demoni!!’aggiunse mentalmente. ‘Devo portare via Mary subito, prima
che quelli tornino!’.
“In effetti non è il massimo, però
mi piace”.
“Capisco. Senti, ti va se andiamo a mangiare un gelato? Qui lo fanno proprio
buono…”azzardò Magornak pregando che la sua amica accettasse.
“Ma certo!”esclamò Lady entusiasta. Così avrebbe avuto tutto il tempo per
cercare di ottenere da lui qualche informazione sulle condizioni di Vergil.
I due si incamminarono in direzione della città, chiacchierando. Magornak era
un po’ inquieto e continuava a guardarsi intorno, e la cosa non fuggì alla
ragazza. Inoltre la costringeva a camminare piuttosto velocemente, come se
avesse fretta di andarsene da lì. Un brutto presentimento iniziò ad assillarla.
Demoni. Poco ma sicuro. Il suo compagno doveva sapere che sarebbero arrivati di
lì a poco. Maledizione.
“Magornak…”iniziò allora, senza però sapere bene cosa dire, ma fu interrotta da
un urlo alle loro spalle. Un urlo decisamente poco umano.
Si voltarono entrambi nello stesso istante, appena in tempo per vedere un
gruppetto di cinque o sei demoni emergere da dietro un cumulo di macerie.
“MERDA!!”strillò Magornak afferrandola per un polso. “Corri, Mary, CORRI!!”. La
strattonò con foga, costringendola a mettersi a correre.
Lei non se lo fece ripetere e i due iniziarono a scappare a perdifiato,
inseguiti dai diavoli.
“Cazzo!”imprecò la ragazza senza pensarci troppo. “Quei brutti schifosi sono
sempre dove non dovrebbero essere! Che se ne tornassero da dove sono venuti!”.
Fortunatamente il demonietto parve non udirla: era troppo interno ad inveire
contro la propria cattiva sorte. “È la volta che Vergil mi ammazza! Per
l’Inferno! Però è stato lui a chiedermi di tornare qui per controllare che
l’ingresso dei sotterranei fosse ancora sgombro!”piagnucolava, senza
considerare il fatto che Lady poteva sentirlo. “Non è possibile! Sono venuto
sulla terra anche per levarmi di torno quei mostri e me li ritrovo ancora alle
calcagna?! E mi devo anche occupare di Mary! Oh, Sparda!!”.
Non appena raggiunsero la città, la creaturina, che non aveva mollato neanche
per un attimo la presa sul braccio dell’amica, la costrinse a fare un svolta
del tutto imprevista in un vicoletto in ombra e la fece accucciare dietro un
cassonetto, premendole una mano sulla bocca. “Non fiatare e non ti muovere”le
bisbigliò in un orecchio.
Lady lo fissò, sorpresa da tutta quella calma improvvisa. Magornak la teneva
con fermezza vicino a lui e fissava attento l’entrata del vicolo, dove un
attimo dopo apparve il gruppo dei loro inseguitori. Aveva il corpo teso, pronto
a scattare per riprendere la fuga da un momento all’altro. Sembrava quasi che
le parti si fossero invertite: era lui ad avere il controllo della situazione
ora, non più i loro aggressori. I suoi occhi viola seguivano esperti ogni
movimento dei demoni che, indecisi, tentavano di capire da che parte fossero
andati loro due. Per assurdo sembrava molto più a suo agio in quella situazione
di pericolo imminente di quanto lo era normalmente. La sua goffaggine era
sparita, come se per lui fosse naturale trovarsi in quel genere di circostanze.
Alla fine i diavoli, non riuscendo a percepire la loro presenza, si scambiarono
un paio di frasi nella lingua infernale e ritornarono verso la torre,
rinunciando all’inseguimento. Per sicurezza, loro rimasero accucciati ancora
per qualche minuto, attenti a percepire il minimo rumore, poi si alzarono e
lasciarono il vicolo quasi di corsa per mettere più distanza possibile tra loro
e quel posto.
Fecero tutta la strada in silenzio
e solo quando furono di nuovo tra la gente ebbero il coraggio di scambiarsi
un’occhiata sollevata.
“Uhm…Mary, quelli erano…”iniziò Magornak, tentennante. Non sapeva se poteva
dirle la verità. Insomma, non voleva spaventarla. Però non aveva potuto fare a
meno di notare la reazione che aveva avuto la ragazza quando aveva visto i suoi
inseguitori: più che spaventata sembrava arrabbiata, quasi infastidita.
“Lo so, erano demoni, Magornak”completò lei con calma, lasciandolo a bocca
spalancata. Far finta di non sapere avrebbe reso le cose più difficili. Meglio
optare per un’ombra di verità. “Vedi, dieci anni fa questa città ha subito un
attacco di massa da parte di quei bastardi e io ero qui. È per colpa loro se i
miei genitori sono morti”.
“Ah…”fece il demonietto. Giusto. Mary doveva aver visto il tentativo di Vergil
di liberare l’Inferno sulla Terra per riappropriarsi del potere di Sparda. Una
profonda tristezza lo invase. Quello che il suo protettore, accecato dalla sua
ossessione, aveva fatto doveva aver segnato per sempre la vita di parecchie
persone. E la sua amica era una di esse. “Vedi, anche dal posto dove vengo io
ce ne sono tanti. E sono loro i padroni di tutto. Se non ci fosse stato mio
fratello a proteggermi…Be’, non ti avrei mai incontrata”. Forzò un sorriso. “Ho
dovuto imparare a diventare il migliore nella fuga! In fondo non poteva esserci
sempre Vergil a salvarmi, non torvi? Così ho imparato ad arrangiarmi!”.
“Ho notato. Sei stato grande. E molto coraggioso. Mi hai salvata, Magornak, ti
devo la vita”rispose la ragazza, ricambiando il sorriso, sincera come non lo
era mai stata. Ma dentro di sé si sentiva davvero in colpa. ‘Lui mi ha salvata
e io lo sto usando per arrivare a Vergil…Maledizione, mi sono affezionata a lui
sul serio! Mi fa star male il pensiero che presto scoprirà cosa sto facendo…’si
tormentava.
“Non esagerare! Anche tu non te la cavi male! Corri davvero forte, sai? Spero
che non capiti mai il momento in cui potrai ricambiare il tuo debito. Intanto,
però, potresti iniziare ad offrirmi quella squisitezza di gelato che fanno in
centro…”. La creaturina le rivolse uno sguardo implorante.
Lady scoppiò a ridere. Quello non poteva essere un demone. Proprio no. “E va
bene, goloso! Però prima andiamo a pranzare da qualche parte: è quasi l’una.
Poi ti porto in un posto che ti piacerà moltissimo, ne sono sicura”.
“Wow!! E dove??”.
“No-no, caro. Non te lo dico: è una sorpresa. Comunque, cosa vuoi mangiare?”.
“Posso chiedere qualsiasi cosa?”.
“Certo. Tutto quello che vuoi. Offro io”.
“Allora…Pizza!!”.
“Pizza?”ripetè la giovane, alzando un sopracciglio. Perfetto. Un altro Dante
come gusti alimentari. Tutti a lei dovevano capitare? “Come preferisci. Su,
andiamo”sospirò, nascondendo però un sorriso e avviandosi.
Il demonietto le trotterellò accanto tutto allegro, pregustando già il lauto
pasto e soprattutto impaziente di scoprire cosa fosse la sorpresa che l’amica
voleva fargli.
Gli umani sapevano essere davvero
straordinari. Questo era il pensiero che rimbalzava nella testa di Magornak
mentre lui camminava tranquillo verso il locale. Erano le dieci di sera
passate. Dopo essersi lasciato con Mary, era tornato sulle rovine di
Temen-Ni-Gru per assicurarsi che il passaggio che conduceva ai sotterranei
fosse ancora aperto e per cancellare la striscia di sangue che Vergil si era
portato dietro.
Aveva trascorso tutto il pomeriggio con la sua amica in posto che gli umani
usavano soltanto per divertirsi. Un “luna park”. Che strano nome, aveva pensato
all’inizio, e, soprattutto, che strani macchinari. Ma quando aveva scoperto a
cosa servivano si era dato alla pazza gioia. Mary era anche riuscita a farlo
salire su un’attrazione che altrimenti gli sarebbe stata vietata perché era
troppo basso. Si era avvicinata al tizio che gestiva la biglietteria, gli aveva
fatto gli occhioni dolci tirando un po’ più giù la scollatura e quello era
cascato ai suoi piedi. Mitica Mary, riusciva sempre ad prendersi tutto ciò che
voleva. Certo però che gli umani erano strani. Non aveva ben capito come avesse
fatto la sua amica ad ottenere quell’effetto, però l’importante era stato il
risultato. E quella cosa, “treno della morte” o qualcosa del genere, “montagne
russe”.Fortissima. Anche se doveva
ammettere che andare così velocemente lungo delle rotaie che sembravano
buttarsi a precipizio nel vuoto all’inizio lo aveva spaventato. Non si sarebbe
mai scordato quel giorno. Era stata una giornata splendida, si era divertito
come mai prima d’ora. Altro che l’Inferno. Lì l’unico divertimento era per i
demoni di alto livello e i bersagli erano gli indifesi come lui. Negli Inferi
la parola “divertirsi” coincideva sempre con torture e spargimenti di sangue
vari. Cosa che lui non aveva mai potuto sopportare, neanche impegnandosi.
‘Vorrei vivere qui per sempre’pensò varcando la soglia del locale, con aria
sognante. ‘E soprattutto restare con Mary per l’eternità. È una persona davvero
speciale’. Sospirò. Sapeva bene che ciò non era possibile. Doveva fare quello
che gli diceva Vergil, rincorrere un’arma maledetta tra i versi incomprensibili
di un autore anonimo, infilarsi tra le spade sguainate di due gemelli,
spalancare le Porte dell’Inferno per lasciare che le Tenebre inghiottissero la
Luce, tradire la memoria di Sparda. E tutto per il suo protettore. Ma non era
per obbligo, era per scelta. Aveva votato la propria vita a colui che l’aveva
salvata, nel giusto e nell’errore. Contro tutto e tutti.
“Sono a casa!”esclamò ad alta voce, entrando in cucina. Il mezzo demone era
seduto al tavolo ed era immerso nella lettura di un libro. “Scusa se sono tornato
così tardi. Sono stato a Temen-Ni-Gru per fare quello che mi avevi detto, ma ho
avuto un piccolo incidente con un branco di demoni. E poi ho incontrato Mary e
ho passato il giorno con lei”. Non era il caso di specificare in quali
circostanze aveva incontrato la ragazza: Vergil si sarebbe infuriato di sicuro.
“Non ti ho neanche portato il pranzo! Mi spiace!! Però qui ho la cena se vuoi.
Anche se in effetti è un po’ tardi per cenare”. Appoggiò su un ripiano il
sacchetto che aveva con sé e iniziò a svuotarlo.
“Avevo immaginato che eri con quell’umana. Sai che disapprovo”disse gelido il
suo protettore alzando gli occhi dalle pagine. “Per il pranzo non preoccuparti,
mi sono svegliato meno di due ore fa. Ho dormito tutto il giorno. La
trasformazione della notte scorsa mi ha consumato tutte le energie”. Afferrò il
piatto di pasta fredda e la forchetta che la creaturina gli porgeva. “Domani
all’alba ti voglio in piedi. Andiamo a prendere Kasreyon”.
“Come vuoi. Sei tu il capo”. Magornak gli si sedette di fianco. “Che
leggi?”domandò poi lanciando un’occhiata curiosa al volume che il giovane aveva
appoggiato sul tavolo.
“Niente di che”fu la risposta noncurante.
Lui prese il libro e diede un’occhiata al titolo. “Ma…Ma questa non è la storia
di Sparda?!”esclamò sorpreso. “Pensavo la conoscessi a memoria!”.
“Infatti. Mio padre la raccontava spesso a me e a Dante quando eravamo piccoli.
Lo obbligavamo a ripeterla decine di volte, non eravamo mai stanchi di
ascoltare quel racconto. Però era da tanto che non lo sentivo più…”rispose
Vergil a bassa voce, più rivolto a sé stesso che al suo interlocutore.
“Wow! Il libro parla anche di te e Dante?”.
“Non esattamente. Dice solo che verso la fine della sua vita Sparda sposò un’umana
di nome Eva che gli diede due figli gemelli”.
“Me la racconterai un giorno? Come Sparda faceva con te?”chiese il demonietto
speranzoso.
“Non dire idiozie, Magornak. Perché mai dovrei fare una cosa del
genere?”rispose freddamente Vergil fulminandolo con lo sguardo. “Ti ricordo che
non siamo qui per un viaggio di piacere, ma in missione”.
“Hai ragione, è un’idea stupida”fece piano l’altro, deluso. “Non te lo chiederò
più. La missione prima di tutto. Perdonami”.
“Così va meglio. Ora va’ a dormire, domani ti sveglierò presto”.
“Ma non hai paura che la voce torni anche stanotte?”.
“No. Non so perché ma sento che per stanotte potrò dormire tranquillo. Tu va’ a
letto e non preoccuparti. Starò bene. Finisco di mangiare e poi ti raggiungo”.
La creaturina annuì obbediente. “Allora buonanotte, Vergil”disse e fece per
uscire dalla cucina.
“Magornak”lo richiamò il mezzo demone. Il suo protetto si voltò e lui gli porse
il libro con la leggenda di Sparda. “Se vuoi aspettarmi, puoi leggere questo
nel frattempo”gli disse cercando di mostrarsi del tutto indifferente.
L’altro lo guardò con gli occhi che brillavano, felicemente sorpreso da
quell’atto di gentilezza del tutto inaspettato. Vergil doveva sentirsi un po’
in colpa per averlo messo involontariamente in pericolo quella notte e quella
ancora precedente. Non si perdonava il fatto che la sua debolezza stesse ancora
una volta mettendo a rischio la vita di chi avrebbe dovuto proteggere. Il
demonietto abbassò il volto per nascondere il sorriso raggiante e quasi
commosso che gli si era aperto sul viso. Avrebbe voluto abbracciare il suo
compagno ma sapeva bene che la sua salute ne avrebbe risentito parecchio e che
quindi non era proprio il caso. “Grazie”si limitò a borbottare mentre esultava
mentalmente. Allora contava davvero qualcosa per il mezzo demone, non era solo
una scocciatura, un peso inutile. “Ti aspetto di sopra”.
“Non montarti la testa con idee strane, idiota”ringhiò Vergil a cui non era
sfuggita la sua reazione. Ci teneva a specificare che quel gesto era privo di significato
e valore. Di qualunque tipo. “Ti ho solo prestato un libro”.
“Certo, lo so benissimo. Mi hai anche solo
salvato la vita, Vergil Sparda”lo rimbeccò Magornak con un ghigno e poi
scappò su per le scale senza aspettare una risposta o, peggio ancora, che la
lama di Yamato lo toccasse.
Il giovane sbuffò, irritato da quel comportamento sfacciato, ma non reagì. Ci
voleva molto di più che una stupida provocazione per farlo arrabbiare. Anche se
la frase del suo protetto, con tutti gli annessi e connessi, non ci era andata
molto lontano. ‘Ci manca solo che io mi abbassi al livello di quell’idiota di
prima categoria. Poi resta solo che mi metta a fare il buffone come fa quel
cretino di mio fratello e sono a posto’pensò, tornando a concentrarsi sulla sua
cena. Fortunatamente avrebbe dovuto sopportare quella situazione ancora per
poco. Tra poche ore sarebbe stato ad un passo dal trovare Kasreyon, dal
completare la sua missione. Poi, una volta ottenuta la ricompensa, avrebbe
potuto tornarsene nel buio dell’Inferno e prendere il posto che gli spettava tra
i ranghi demoniaci in quanto figlio di Sparda. E finalmente la sua ossessione
sarebbe stata saziata, dopo molti anni di tentativi e di esilio, di fallimenti
e di sofferenza. Si sarebbe elevato sopra tutto e tutti. Imbattibile.
Irraggiungibile. E niente e nessuno avrebbero più potuto sconfiggerlo.
Buonasera, mie adorate!! La pazza è
tornata!! XD
Caspita, mi sono resa conto solo adesso che questo è l’ottavo capitolo che
posto!! Stiamo andando avanti…*non ci crede*. Comunque, problemi mentali miei…Lo
so, non sono a posto, prometto che ci vado dalla psicologa (con tutti i miei
personaggi)!!
Passiamo alle cose un po’ più serie (si fa per dire!!) che è meglio. Come al
solito, ecco l’ennesimo capitolo che non conclude nulla!! Ma immagino che non
si possa evitare in questo tipo di storie…O forse sono io che sono una frana!! Probabile!!
Ma basta compiangersi, abbiamo detto che parlavamo di cose più serie…Be’, che
dire, Dante è entrato un po’ in crisi e, incredibile, ha quasi trascinato con sé
Lady!! La nostra mitica Lady, colei che non conosce l’esistazione, messa in
difficoltà da quell’idiota di Dante? Ebbene sì. Però si è ripresa presto come
avete visto!! Forza, Lady, facciamo tutti il tifo per te!! E anche tu, Dante! Dopo
che hai reincontrato Vergil e te lo sei baciato alla grande ti metti a
dubitare di lui?! Ma che razza di comportamento è? Idiota!!
E finalmente, carissime, abbiamo visto Magornak esibirsi in un’altra delle sue
fughe da manuale! Molto più seria delle precedenti, devo dire. Bravo, Magornak,
l’Autrice è fiera di te!! XD E ancora una volta la dea bendata ha sorriso a
Lady: ecco che, quando meno se l’aspetta, compare la persona che cercava!! E quale
modo migliore di festeggiare? Ma sì, portiamolo a mangiare la pizza e poi al
luna park!
Vergil nostalgico…Il libro con le avventure di suo padre! Andiamo, Verge,
ammettilo, sei così perché ti manca già Dante!! Insomma, non odi così tanto
neanche Magornak alla fine…Ormai non ci crediamo più alla storia dell’insensibile
e menefreghista!! Però per essere fissato con i tuoi deliri di onnipotenza lo
sei…0.0”
Prossimo cap! Vergil tenterà ancora di andare a prendere Kasreyon…Ma qualcun
altro (chissà chi…aspetta, magari uno che gli assomiglia XD) gli rovinerà per l’ennesima
volta i piani!!
Ok, signore, ringraziamo! Una pioggia di baci alla mie lettrici e muse
ispiratrici doc11, Bloody Wolf, Xeira__
, Kuromi_ e LadyVergil a cui si
è aggiunta per la mia gioia anche Alice Mudgarden!!
Fantastiche come sempre! Vi amo!! Un grazie dal profondo dell’anima anche chi
segue/legge la storia!! Baci!!
La vostra Mystic
Il silenzio regnava
sull’appartamento. Non doveva mancare molto all’alba e i primi tenui bagliori
di luce fendevano il cielo nero della notte. Magornak continuava a rivoltarsi
nel letto, incapace di riprendere sonno. Si era svegliato di colpo da un sogno
che non riusciva a ricordare, ma che gli aveva lasciato dentro un profondo
senso di angoscia. Non era stato un incubo, ne era sicuro, tutta quell’emozione
non era frutto di una qualche spaventosa visione, ma in quel sogno doveva aver
sentito qualcosa che lo aveva turbato. Qualcosa che non riusciva a rammentare.
Ed era proprio quel vuoto che avvertiva nella sua anima a spaventarlo. Era come
se ne mancasse un pezzo, come se avesse perduto qualcosa molto tempo prima.
Scosse il capo. Quei pensieri erano assurdi. Lui non aveva perso un bel niente.
Almeno, non ricordava che gli fosse accaduto.
Alla fine rinunciò a venire a capo di quella strana sensazione e si alzò,
mettendosi a passeggiare per la stanza. Ma continuava a sentirsi inquieto, non
c’era nulla da fare. Sgusciò fuori dalla sua stanza e si infilò in quella di
fronte. Vergil era sdraiato sul suo letto, disteso su un fianco, ancora
addormentato, il codice con le indicazioni riguardanti Kasreyon stretto tra le
braccia. Il demonietto rimase ad osservarlo per qualche attimo. Non sembrava
sereno neanche nel sonno, come se ci fosse qualcosa che lo tormentava
instancabilmente, senza dargli un attimo di pace. Sempre in bilico tra i suoi
desideri e la realtà dei fatti, tra la sua ossessione e la sua natura, conteso
tra Ombra e Luce.
Gli si avvicinò cercando di non far rumore e gli toccò un braccio con un dito.
Il mezzo demone si svegliò all’istante puntando le sue iridi azzurro ghiaccio
su di lui.
“Magornak?”domandò un po’ sorpreso mettendosi a sedere e lanciando un’occhiata
all’orologio. “Come mai sei già sveglio? È successo qualcosa?”.
“No, niente, è solo che…non riuscivo più a dormire”borbottò la creaturina. Non
sapeva neanche lui perché era venuto a svegliare il suo protettore. Forse
perché sperava che la sua presenza potesse fargli dimenticare le sensazioni che
la notte gli aveva lasciato. “Visto che è quasi l’alba, ho pensato che sarebbe
stato meglio venirti a svegliare…”.
“Hai fatto bene. Finalmente vedo che inizi a capire come funziona”commentò
Vergil, quasi soddisfatto. “Va’ a prepararti, poi scendi a fare colazione. Mi
vesto e ti raggiungo. Ieri ho preparato tutto quello che potrebbe servirci”.
Magornak annuì e si affrettò ad uscire. Il giovane si appoggiò al davanzale
della finestra e rimase per qualche attimo a contemplare il paesaggio che
veniva via via inghiottito dalla luce dorata del sole nascente. Era di nuovo ad
un passo dall’ottenere quello che desiderava più di ogni altra cosa. Chiuse gli
occhi. Gli sembrava quasi di percepire il metallo gelido di Kasreyon sotto le
dita, di avvertire il suo immenso potere invadergli corpo e anima. Per un
fugace momento si sentì finalmente in pace, saziato, libero dal tormento che si
era imposto. Si voltò riaprendo gli occhi, le iridi rosso sangue che mandavano
bagliori sinistri nella semi oscurità. Presto, molto presto.
Dante fissava indeciso la cornetta
del telefono. Tormentarsi alle sei del mattino per una stupida telefonata.
Doveva essere proprio scemo. Ma insomma…Che tono avrebbe dovuto usare? Non
aveva nessuna intenzione di lasciarle capire che aveva dovuto ammettere con sé
stesso di essere stato uno stupido a lasciarsi andare in quel modo in balia di
un pessimistico sconforto, ma in fondo voleva in qualche modo farle capire che
le era grato per averlo, ancora una volta, aiutato a capire che sbagliava, per
avergli ridato un po’ di forza. Da un lato voleva farle capire quanto lei fosse
importante per lui, dall’altro il suo orgoglio gli imponeva l’indifferenza e
forse anche un certo risentimento per essere stato piantato senza preavviso il
giorno precedente. Non era proprio in grado di decidersi. E poi perché avrebbe
dovuto chiamare lui? Era lei che se n’era andata. Però gli aveva anche detto di
contattarla una volta calmo. Sbuffò, contrariato. Un autentico dilemma. Alla
fine si dovette rassegnare: avrebbe preso quello stupido telefono e l’avrebbe
chiamata, e al diavolo tutte le sue seghe mentali.
Ma proprio quando stava per sollevare la cornetta, la porta dell’agenzia si
spalancò e Lady entrò in fretta, un ghigno smagliante dipinto sul volto.
“Ehilà! Ciao, scorbutico! Ma come
siamo mattinieri!”lo salutò canzonatoria. “E io che speravo di trovarti ancora
sotto le coperte. Sarebbe stato uno sballo poterti buttare giù dal letto…”.
“Spiritosa”fece lui, irritato. “Stavo per chiamarti. Sono pronto per quel tuo
caro “confronto civile”. Contenta?”.
“Parecchio. Ma adesso non c’è tempo. Dobbiamo andare sulle rovine di
Temen-Ni-Gru. Ti spiego per strada. È importante che ci sbrighiamo”. La ragazza
battè le mani. “Muoviti. E porta anche Rebellion oltre alle pistole. Ti servirà
di sicuro”.
Dante capì al volo dove voleva arrivare la sua amica: doveva aver scoperto
dov’era suo fratello. O, meglio, dove poteva trovarsi in quel momento. Senza
fare commenti, si affrettò a fare quello che gli era stato detto e i due
uscirono quasi di corsa.
Mentre camminavano la donna gli spiegò quello che aveva scoperto il giorno
prima e raccontò del suo incontro con Magornak. Il mezzo demone la guardò
alquanto scettico quando lei gli disse di come il demonietto l’aveva salvata
dai demoni, ma evitò di esprimersi. Non era il momento di mettersi a litigare.
Stava per trovarsi di nuovo faccia a faccia con Vergil e questa volta nulla
avrebbe potuto impedire uno scontro sanguinoso tra loro. Dovette ammettere che
la cosa lo rendeva un po’ nervoso.
“Come mai non sei venuta subito da me?”domandò, cercando di scacciare l’ansia
che aveva iniziato a stringergli lo stomaco. Ci mancava solo che si facesse
prendere dalle emozioni. Ma perché diamine Vergil gli faceva sempre
quell’effetto?!
“Ho passato tutto il giorno con Magornak, te l’ho detto. Ma mi ascolti quando
parlo?!”rispose lei, scocciata. “E poi tu non eri disposto ad avere una
conversazione civile, ricordi? Comunque, prima di questa mattina quei due non
avrebbero combinato nulla di nuovo. Vergil doveva essere conciato parecchio
male dopo la strage di ieri a giudicare dallo stato in cui eri tu”.
“Giusto”borbottò lui, volgendo lo sguardo da un’altra parte. Possibile che
quella donna dovesse sempre avere la risposta pronta? Non la sopportava.
“Di un po’, non sarai nervoso, eh, Dante?”lo apostrofò allora lei con un
sorrisetto. Il cacciatore di demoni le pareva parecchio a disagio. Capiva che
quella non dovesse essere una situazione facile per lui. E capiva altrettanto
bene che la prospettiva di doversi nuovamente scontrare con il suo gemello non
lo faceva impazzire. Sperava che provocandolo gli avrebbe restituito un po’ di
grinta. “Cos’è, non ti va di rivedere il tuo adorato fratellino?”.
“Non dire stronzate. È solo che…sono un po’ preoccupato. Non voglio combattere
contro di lui. E non solo per una questione di affetto o quello che vuoi. Il
fatto è che Vergil ha passato dieci anni all’Inferno. Potrebbe essere diventato
un avversario…al di sopra delle mie capacità”.
“Hai paura di perdere?!”.
“Più o meno. Diciamo che preferirei non rimanerci secco”.
“E tu dici che non c’è possibilità di avere un altro dialogo civile con lui?”.
“Stiamo parlando di Vergil. Per lui siamo solo scocciature. E come tali ci
eliminerà”.
“Hai ragione…Però almeno lasciami sperare”.
Si scambiarono un’occhiata complice e anche Dante abbozzò un sorriso. Era
contento di averla al suo fianco. Senza di lei sarebbe stato perso. Ma non
l’avrebbe mai ammesso, ovviamente.
Raggiunsero in fretta le rovine e, una volta sul posto, rallentarono
l’andatura, i sensi all’erta per percepire il minimo segno di vita. Al mezzo
demone bastarono pochi attimi per sentirlo.
“Vergil è qui”sussurrò alla sua compagna e le fece cenno di seguirlo.
Avevano fatto pochi metri quando una voce agitata giunse alle loro orecchie.
“Ma…ma, insomma, sei sicuro? E se poi succede di nuovo? Mi spieghi come cavolo
faccio a cavarmela se tu…se succede lì sotto?!”si stava lamentando una voce preoccupata
che Lady non esitò a riconoscere. Magornak. “Non è che mi interessi tanto di
finire ammazzato! Non è la prima volta che corro quel rischio…Ma non ti potrò
aiutare, Vergil! Non so se è una buona idea!”.
“Preferiresti restare quassù? In effetti non sarebbe male, mi daresti meno
fastidio. Però ho bisogno di te per il rituale”rispose un’altra voce,
meditabonda. Vergil.
‘Ci siamo’pensò Dante. ‘È ora di fare i conti. Ti farò sputare fuori tutti i
tuoi maledetti piani e te li rovinerò come ho fatto dieci anni fa. Ti farò
pentire di aver infangato in questo modo la memoria di nostro padre, di aver
tradito tutto quello che nostra madre ha tentato di insegnarci. Ma soprattutto
non ti permetterò di lasciarmi da solo un’altra volta!’. Senza aspettare oltre,
si precipitò nella direzione da cui provenivano le voci.
“Dante, aspetta!”esclamò Lady tentando di mantenere basso il tono di voce, ma
ovviamente lui la ignorò. Testone impulsivo. ‘Maledizione! Perché cazzo deve
andarsele a cercare in questo modo ogni volta?’imprecò mentalmente, correndogli
dietro. Perfetto. Addio effetto sorpresa e tentativo di evitare un lago di
sangue. E lei avrebbe dovuto vedersela con Magornak. Avvertì una stretta al
cuore. L’avrebbe odiata con tutta l’anima. Ma come lui doveva aiutare Vergil,
lei doveva badare a Dante. Forse il demonietto avrebbe capito le sue ragioni.
Erano nella stessa posizione, d’altronde. Dalla parte opposta del campo, certo,
ma pur sempre nella stessa, identica posizione.
L’aria era davvero fredda quella
mattina e il sole era coperto da un fitto banco di nuvole. Man mano che si
avvicinavano alla meta, la decisione di Magornak si era affievolita
trasformandosi in timore. Non pensava più al sogno che aveva fatto, ma tutti i
suoi pensieri erano assorbiti dall’auraminacciosa
di Kasreyon che si sentiva addosso, quasi fosse già davanti a loro. Quella
storia gli piaceva, per qualche motivo assurdo, sempre di meno. Vergil invece
era freddo e deciso come al solito. Il volto inespressivo non tradiva alcuna
emozione, ma i suoi occhi azzurri sembravano scintillare più del solito. Uno
scintillio decisamente inquietante, ossessivo.
Nel giro di qualche minuto i due furono di nuovo all’ingresso dei sotterranei.
La scala si immergeva come il giorno precedente nell’oscurità più totale e
pareva volerli risucchiare nelle profondità labirintiche della torre. Il
ricordo di quello che era avvenuto al loro primo tentativo li fece bloccare. Il
mezzo demone indugiò un attimo, poi si mise a frugare nello zaino che aveva con
sé e ne estrasse due torce elettriche. “Muoviamoci”ordinò tendendone una al suo
protetto e cercando di nascondere il leggero tremito di insicurezza che aveva
incrinato il suo tono. Temeva di udire ancora quella maledetta voce, di perdere
un’altra volta il controllo, di rovinare di nuovo tutto.
Il demonietto esitò, preso dalla stessa paura. “Vergil, sei sicuro di volerlo
fare?”chiese incerto.
“Non ho altra scelta, Magornak. Lo sai. Tutto ciò per cui ho sopportato
l’umiliazione della sconfitta e l’esilio tra le tenebre infernali è là sotto
che aspetta solo che io lo prenda. È là per me, è l’antidoto alla mia
disperazione, è il coronamento della mia ossessione, è il fine della mia
esistenza”. Gli occhi del giovane scintillavano e la sua voce aveva preso un
tono appassionato che non aveva mai avuto. “Io non posso rinunciare proprio
adesso. No, tanto varrebbe spalancare le braccia alla morte”.
“Ma…ma, insomma, sei sicuro? E se poi succede di nuovo? Mi spieghi come cavolo
faccio a cavarmela se tu…se succede lì sotto?!”protestò la creaturina ansiosa.
Capiva quello che stava dicendo il suo protettore, ma era anche tutta quella
passione ossessiva a spaventarlo. Temeva che lo avrebbe condotto alla
perdizione. Per sempre ed irrimediabilmente. “Non è che mi interessi tanto di
finire ammazzato! Non è la prima volta che corro quel rischio…Ma non ti potrò
aiutare, Vergil! Non so se è una buona idea!”.
“Preferiresti restare quassù?”chiese Vergil, pensoso. “In effetti non sarebbe
male, mi daresti meno fastidio. Però ho bisogno di te per il rituale”.
“Infatti! Non se ne parla nemmeno! Io non ti lascio da solo un’altra volta
contro l’ignoto! Dovrai uccidermi se proprio ci tieni”sentenziò Magornak,
deciso. “E poi…”.
“Zitto”lo interruppe bruscamente il mezzo demone. La sua mano corse all’elsa si
Yamato e lui la estrasse dal fodero. “Mio fratello è qui”.
“COSA?!”.
“Sta’ dietro di me e proteggi il libro a costo della vita”.
Il demonietto non se lo fece ripetere anche se si prese un attimo per scoccare
al suo protettore un’occhiataccia. ‘Proteggi il libro a costo della vita’.
Ovvio, lui contava meno di quel volume pieno di muffa. Ci mancava solo il
gemello “buono” adesso. Come se non avessero già abbastanza problemi per conto
loro. Come diamine aveva fatto poi Dante a trovarli?! Che pasticcio. Ora i due
figli di Sparda si sarebbero scontrati nel tentativo di ammazzarsi a vicenda.
Pessimo affare. ‘Te lo chiedo per l’ennesima volta, scusami se sono
ripetitivo…Ma si può sapere come diavolo hai educato i tuoi figli?! Va bene,
dovevano conoscere anche i costumi di vita dei demoni, ma potevi evitare che ci
si affezionassero così tanto! O forse ti sei trovato anche tu a fronteggiare
senza speranza questa loro passione? Mi sa tanto! Ripeto, ti compatisco,
Sparda!’.
Non dovettero attendere molto. Nel giro di qualche attimo, Dante spuntò da
dietro un cumulo di macerie, Rebellion stretta in mano. I due gemelli si
fissarono negli occhi senza proferire parola, poi sul volto del minore comparve
un ghignetto divertito.
“Ma bene, ci incontriamo per la seconda volta, fratellino”fece, provocatorio.
“A quanto pare non hai perso la tua brutta abitudine di mettermi i bastoni tra
le ruote”rispose Vergil glaciale. “Mi pareva di averti detto di farti gli
affari tuoi”.
“E a me sembrava di averti risposto che non avevo intenzione di farlo”.
“Dante, maledizione!”gridò una voce da dietro il cacciatore di demoni e Lady
apparve al suo fianco, irritata. “Sei una testa di cazzo!”. Poi rivolta
all’altro gemello: “Ma guarda chi c’è! Stronzo! Sei tornato a fare casino
un’altra volta? Be’, mi spiace per te, Vergil, ma ti andrà male anche questa
volta. E non pensare di tornartene all’Inferno! Col cavolo che te lo faccio
fare!”.
“Ah, Lady. La figlia di Arkham. Uguale a tuo padre: un’inutile
scocciatura”rispose lui, senza scomporsi. “Formate proprio una bella coppia, tu
e mio fratello”.
Da dietro Vergil, Magornak fissava la ragazza, che evitava accuratamente di
guardarlo, congelato. Non era possibile. Mary era un’amica di Dante?! La figlia
di Arkham?! Lo aveva preso in giro. Non poteva crederci. E lui c’era cascato in
pieno, senza sospettare nulla. Avvertì una rabbia violenta esplodergli dentro.
Si sentiva tradito, ferito nel profondo. Quell’umana aveva approfittato della
sua ingenuità per arrivare a Vergil. E lui, con la sua stupidità, aveva involontariamente
tradito la persona che gli aveva salvato la vita. Strinse i pugni fino a far
sbiancare le nocche, conficcandosi le unghie nella carne.
“Mary!”urlò, facendo sobbalzare tutti. Le sue iridi viola erano come infuocate.
“Mi hai preso in giro! Brutta stronza, hai giocato con la fiducia che ti ho
dato! Io ti ammazzo, fosse anche l’ultima cosa che farò, ma stanne certa! Umana
schifosa! Siete uguali ai demoni! Anzi, peggio! Ipocriti ingannatori, privi di
rispetto per tutto e tutti, sporchi egoisti!”.
Il suo protettore gli lanciò un’occhiataccia. “Era lei la tua amica umana? Ma
complimenti, non sei proprio capace di badare a te stesso, idiota che non sei
altro”lo rimproverò tagliente. “Dovrei ammazzarti per aver rovinato i miei
piani, lo sai? Ma diciamo che se tu ammazzi lei potrei anche decidere di
perdonarti”.
“Che la ammazzo ci puoi giurare!”esclamò il demonietto. Poi, contrito: “Mi
spiace, Vergil. Sono un danno. Non capisco niente”.
“Magornak, io…Mi dispiace!”intervenne la ragazza, disperata. “È vero, all’inizio
ti ho avvicinato con il solo proposito di ingannarti, però poi, conoscendoti,
mi sono affezionata a te! Devi credermi, mi sono tormentata moltissimo per
quello che ti stavo facendo! Ma non potevo fare altro”. Abbassò lo sguardo,
frustrata. “Io dovevo farlo per Dante, capisci? Tu avresti fatto lo stesso per
Vergil. Io ho giurato che avrei rimesso insieme la famiglia Sparda e lo farò!
Perché Dante è mio amico e senza suo fratello non riesce ad essere felice e se
non è felice lui non posso esserlo neanche io! Dovevo farlo per lui e se
potessi tornare indietro lo rifarei senza esitazione!”.
“Ehi, non sparare boiate sul mio conto, Lady!”esclamò Dante, voltandosi a
guardarla, preso alla sprovvista. Che cazzo faceva quella donna?! Come poteva
dire quelle cose di lui di fronte a Vergil? Lanciò un’occhiata a suo fratello e
gli parve di scorgere un lampo divertito nel suo sguardo. Perfetto. Ora quello
stronzo si prendeva anche gioco di lui? Lady gliela avrebbe pagata.
La sua amica lo ignorò, concentrando tutta la sua attenzione su Magornak. Lui
sentì la sua rabbia vacillare: capiva quello che provava la ragazza. Lo faceva
per Dante, per la persona più cara che aveva. Era la stessa cosa che lui
provava per Vergil e quindi lei aveva i suoi stessi obblighi verso l’altro
gemello. Contro tutto e tutti. Anche contro i suoi desideri, le sue
convinzioni, i suoi ideali, a costo di nuocere alle altre persone a cui teneva.
Ma appunto in nome di questa fedeltà che entrambi avevano lui avrebbe dovuto
ucciderla. Era un ostacolo per Vergil. Quindi andava eliminata. “Capisco fin
troppo bene, Mary”disse piano. “E proprio per questo motivo anche tu
comprenderai perché ti devo uccidere. Anche se desidero con tutta l’anima di
non doverlo fare”.
“Sì, lo so, Magornak. Ma per la stessa ragione saprai che io non posso
lasciartelo fare”rispose Lady, sollevando il suo bazooka. “Non avrei mai
pensato di dover combattere contro di te”.
I due si fissarono intensamente per qualche attimo, ma prima che uno di loro
potesse dare inizio al combattimento i due gemelli si misero davanti a loro.
“Magornak, ti ho detto di stare dietro di me. Datti una calmata. Quando avrò
sistemato mio fratello, potrai vendicarti, ma adesso sta’ fuori dai
piedi”ordinò Vergil senza però guardarlo, lo sguardo fisso in quello di suo
fratello.
“Anche tu, Lady, sta’ buona. È una cosa tra me e Vergil. Non voglio che ti
batti per me contro una persona a cui tieni. Quando avrò fatto il culo a quel
presuntuoso, tu e il demonietto avrete tutto il tempo per trovare un accordo
pacifico”disse Dante alla sua amica senza però staccare gli occhi da quelli
identici dell’altro mezzo demone.
I figli di Sparda si squadrarono, pronti a uno scontro all’ultimo sangue come
dieci anni prima, mentre gli altri due, seppur riluttanti, si facevano da
parte. Erano di nuovo uno contro l’altro, volenti o nolenti. E questa volta
l’arbitra della partita sarebbe stata la morte. Solo lei avrebbe potuto porre
fine alla battaglia, incoronando il vincitore e accogliendo tra le sue spire lo
sconfitto.
Dante desiderò che si mettesse a piovere come quella volta sulla cima di
Temen-Ni-Gru. Sarebbe stato tutto come allora. Tutto tranne l’esito. ‘Vergil.
Per quanto io sia attaccato a te, niente e nessuno potranno impedirmi di
fermarti. Ad ogni costo. Anche se questo mi costerà molto più che la vita.
Perderò metà della mia anima’pensò, avvertendo al tempo stesso una profonda
tristezza. Molto probabilmente neanche quella volta sarebbe riuscito a riavere
suo fratello, per quanto impegno ci mettesse. E non ci sarebbe stata una terza
possibilità.
Vergil strinse con forza l’elsa di Yamato. Si sarebbe ripreso la rivincita che
aspettava da dieci anni. Avrebbe mostrato al suo gemello chi era il legittimo
erede di Sparda. Una volta per tutte. Non poteva permettergli di rovinare i
suoi piani. E lo avrebbe fermato, nell’unico, estremo modo che gli rimaneva.
Non potè impedirsi però di provare una certa amarezza. ‘Dante. Se solo ti fossi
unito a me, se solo tu volessi capire. Non mi resta che cancellarti per sempre.
Anche se questo mi farà soffrire più di ogni altra cosa. Resti pur sempre la
metà della mia anima’. O il sangue caldo di suo fratello o un nuovo, questa
volta eterno esilio nella solitudine del peggiore degli inferni. Il nero vuoto
della morte.
I due scattarono in avanti nello stesso istante e le loro lame cozzarono con
violenza, sprigionando una pioggia di scintille tutto intorno. Non fecero in
tempo a separarsi che Vergil ripartì di nuovo all’attacco con più forza di
prima. Dante riuscì a stento a bloccare la lama di Yamato prima che gli
tagliasse il petto. Suo fratello era decisamente più veloce di dieci anni
prima. E i suoi attacchi erano molto più potenti. Non sarebbe stata una lotta
facile. Strinse Rebellion con entrambe le mani e si gettò sull’altro che parò
il colpo senza troppi problemi con uno dei suoi soliti movimenti fluidi.
Si separarono, mettendo qualche metro di distanza tra loro.
“Però, sei migliorato, fratellino”commentò il cacciatore di demoni, cercando di
nascondere dietro la sua spavalderia il fatto che si trovava in difficoltà.
Doveva elaborare una strategia. E doveva farlo in fretta.
“Anche tu sei rimasto in forma”gli rispose suo fratello. “Ma mi sa che questa
volta tutta la tua abilità non basterà a battermi. Mi spiace: il tuo destino è
già scritto”.
“Questo è tutto da vedere!”gridò lui allora, slanciandosi senza preavviso in
avanti.
Il suo fendente incontrò la lama della katana, ma Vergil fu costretto a fare un
passo indietro, sorpreso dalla violenza del colpo. Dante non gli lasciò spazio
per riprendersi e cominciò a tempestarlo di attacchi, costringendolo in difesa
e impedendogli in qualunque modo di contrattaccare.
‘Bastardo’pensò il maggiore dei figli di Sparda, parando l’ennesimo assalto.
‘Se stai cercando di sfiancarmi, ti sbagli. Sarai tu a mollare per primo’. Però
dovette ammettere che tutta quella situazione lo irritava. Possibile che dopo
dieci anni passati a scontrarsi con demoni di ogni tipo fosse ancora in
difficoltà contro suo fratello? Era proprio debole. Posso offrirti io la soluzione a tutto
ciò. Lo sai, Vergil, te l’ho già detto.
Il mezzo demone inciampò preso alla sprovvista, mentre l’ansia lo prendeva alla
gola. No, per favore, non di nuovo. Non ora. La lama di Rebellion gli passò a
pochi millimetri dal viso e lui fu costretto a saltare indietro. Perché non vuoi che concederti a me,
Vergil? Io sono qui per te, solo per te. Esisto per soddisfarti, per calmare la
tua insaziabile sete. Accettami, Vergil. Dà senso alla mia esistenza. Dante gli si scagliò contro per l’ennesima volta. Vergil riuscì a evitare
il colpo all’ultimo momento, ma perse l’equilibrio e cadde a terra. Aveva
completamente perso la concentrazione. La sua mente era sconvolta dal potere di
quella voce e la sua parte demoniaca stava nuovamente tentando di sopraffarlo.
Si rimise in piedi, ansimante. Non avrebbe resistito a lungo. Ma non poteva
fare nulla per contrastare la devastazione che stava abbattendo una a una le
barriere del suo autocontrollo. Sarebbe di nuovo sprofondato nel buio, preda di
quella maledetta brama infinita. Vergil. Lasciati andare. Dammi la tua
anima. Insieme noi possiamo tutto. VERGIL!
Magornak capì all’istante cosa stava accadendo. Lo comprese nello stesso
momento in cui vide il suo compagno incespicare la prima volta. La voce era
tornata. Panico. La paura lo paralizzò. Avrebbe voluto gridare, ma qualcosa
glielo impediva. Non riusciva neanche a muoversi e il suo respiro si era fatto
affannoso. Lady si voltò verso di lui, preoccupata.
“Magornak. Che succede? Cosa ti prende?”si affrettò a chiedere.
“Sta…sta per accadere di nuovo”balbettò lui, guardandola negli occhi. Le sue
iridi viola erano piene di angoscia frustrata e timore.
La ragazza si sentì a sua volta
invadere da quegli stessi sentimenti, intuendo a cosa si riferiva il suo amico,
spostando lo sguardo su Vergil. Doveva avvertire Dante. Ma la voce non le
veniva.
Intanto anche il cacciatore di demoni parve accorgersi dello stato del suo
gemello perché si bloccò interdetto. Che cavolo stava succedendo? Perché
diamine tutto ad un tratto Vergil era così in difficoltà? A momenti non
riusciva neanche a parare i suoi attacchi. E poi nei suoi occhi c’era qualcosa
di strano. Era scoppiato un caos di emozioni. “Che cazzo ti prende?!”esclamò
nervoso. “Perché diamine non combatti come si deve?! Non puoi essere già
stanco!”.
L’altro mezzo demone alzò lo sguardo fino ad incontrare il suo e Dante si
accorse con orrore che le sue iridi si stavano lentamente tingendo di rosso.
Fece istintivamente un passo verso di lui. “Ma che cazzo…?!”.
Vergil cadde in ginocchio, incapace di sostenersi, e si portò le mani alle
tempie, urlando mentre le tenebre iniziavano a divorargli velocemente l’anima.
“Vergil!”strillò Magornak ritrovando finalmente le parole e si precipitò al suo
fianco, stringendogli un braccio, completamente sconvolto. “Vergil, Vergil, ti
prego, devi reagire! Non puoi lasciare che ti prenda di nuovo, ti prego,
Vergil, ti scongiuro!”. Ma il suo compagno si dibattè liberandosi dalla sua
stretta, in preda alle convulsioni. Allora il demonietto alzò il suo sguardo
sull’altro figlio di Sparda che era rimasto impietrito a un paio di metri da
loro. “Dante, Dante, ti prego!!”disse disperato. “Fa’ qualcosa! Per Sparda!!!
Aiuta Vergil, ti supplico!”.
Dante scosse il capo incapace di proferire parola. Cosa poteva fare lui che non
sapeva neanche cosa stava accadendo? Suo fratello stava dando fuori di matto,
questo era ovvio, ma lui era impotente quanto gli altri due a questo proposito.
Però l’angosciata richiesta di aiuto che leggeva in quelle iridi viola lo
faceva stare male. Come poteva pretendere di voler riportare a casa suo
fratello se non sapeva neanche proteggerlo da sé stesso? Aveva l’impressione
che tra lui e il suo gemello si stesse aprendo un baratro sempre più largo. E
presto sarebbe diventato incolmabile. Senza riflettere si protese in avanti.
“Vergil…”bisbigliò in un soffio.
Tutto intorno a lui calarono improvvise le tenebre. Basso e alto, destra e
sinistra, tutte le dimensioni spaziali smisero di esistere in un attimo e
rimase solo un buio uniforme. Il cacciatore di demoni si guardò intorno,
sorpreso. Dove diavolo era finito adesso? Non ebbe però il tempo di
interrogarsi oltre. Il suo sguardo così come tutti i suoi pensieri furono
calamitati da quello che aveva davanti a sé: Vergil era quasi completamente
avvolto in quelle ombre informi che lo stavano lentamente inghiottendo. I loro
occhi si incontrarono, azzurri in rossi, e suo fratello tese un braccio verso
di lui, in una muta richiesta di soccorso. Lui non attese un secondo e si gettò
in avanti. Tutta quella situazione gli ricordava maledettamente il momento in
cui Vergil si era lasciato cadere nel baratro infernale. Le immagini delle loro
mani che si sfioravano riempirono la sua mente insieme alla sensazione di vuoto
tra le dita. Non poteva permettere che succedesse di nuovo.
Le tenebre arrivarono a coprire il viso di Vergil, gelide. Sarebbe di nuovo
andato fuori controllo. E non osava immaginare a cosa l’avrebbe condotto la sua
follia questa volta. Quanto sangue avrebbe sparso. Quante vite avrebbe rubato.
Solo, nella sua cieca furia, nella sua insaziabile sete di potere. Ma proprio
quando si apprestava a rinunciare ad ogni ulteriore resistenza, avvertì
qualcosa di caldo afferrargli la mano e tirarlo faticosamente fuori dal buio. E
dopo pochi istanti di lotta si ritrovò stretto tra le braccia del suo gemello.
Dante ansimava vistosamente, incredulo. Suo fratello era lì, attaccato a lui.
Percepiva le sue dita stringersi convulsamente alla sua giacca, il suo viso
affondato nella sua spalla. L’aveva salvato. Questa volta era riuscito a non
ripetere l’errore compiuto dieci anni prima. Avvertì le lacrime pungergli gli
occhi. Li chiuse, stringendosi ancora di più al corpo di Vergil. Temeva che
fosse solo un’illusione, uno stupido scherzo della sua mente che voleva
prendersi gioco della sua incapacità.
Quando li riaprì era di nuovo tra le rovine di Temen-Ni-Gru, inginocchiato di
fianco a Magornak. Non aveva la più pallida idea di come ci fosse arrivato, ma
non gli importava. L’unica cosa che gli interessava in quel momento era che
Vergil fosse lì tra le sue braccia, sano e salvo. Quest’ultimo alzò gli occhi
su di lui e le sue iridi tornarono di nuovo del loro colore naturale. Poi il
mezzo demone perse i sensi, sfiancato dalla lotta contro la sua parte
demoniaca.
Il cacciatore di demoni nascose a stento un sorriso quando il suo sguardo
incontrò quello sollevato ed adorante di Magornak.
“Grazie, Dante Sparda. Ti sono debitore. Non puoi immaginare quanto”mormorò il
demonietto praticamente in lacrime, stringendo a sé lo zaino del suo
protettore.
“L’ho fatto volentieri, Magornak”rispose lui tornando a guardare il suo
gemello. “Vergil è mio fratello, niente e nessuno potranno mai separarci del
tutto. E lui lo sa, anche se testardamente fa finta che non sia così…”.
Lady li raggiunse in silenzio e si inginocchiò di fianco al demonietto,
abbracciandolo. “Ti senti meglio adesso?”gli chiese a bassa voce.
Lui annuì, un po’ sorpreso da quella dimostrazione di affetto. La ragazza
dovette notarlo perché ridacchiò e gli sussurrò: “Non faccio mai cose di questo
genere, ma con te mi sento troppo in colpa e ci tengo a farmi perdonare a tutti
i costi”.
“Non riesco ad odiarti, Mary. Nonostante tutto non riesco nemmeno a restare
arrabbiato. Mi spiace di aver detto tutte quelle brutte cose prima. Non le
pensavo”rispose Magornak imbarazzato.
“Non ti preoccupare. Me le meritavo. E comunque è tutta colpa di questi due”.
La giovane indicò con lo sguardo i due gemelli. “Sono dei gran casinisti”.
“Sì, ma, se non fossero stati tali, noi non ci saremmo mai incontrati”obiettò
la creaturina con l’aria di chi la sa lunga e un sorrisetto furbo stampato sul
volto.
“Giusta osservazione. Però voglio farti vedere quanto poco ci vuole a farli
arrabbiare”. Lady si schiarì la gola e disse ad alta voce, rivolta al
cacciatore di demoni: “Ehm, Dante, non per rompere questo tuo idillio con Vergil…Ma perché, visto che
sei lì con quell’aria sognante, non te lo baci pure e poi ce ne andiamo? Non
vorrei che arrivasse qualche banda di demoni, sai com’è…”.
Magornak si premette una mano sulla bocca per non ridere, mentre Dante alzava
la testa di scatto lanciando un’occhiata assassina al sorriso malizioso della
sua amica.
“Non dire stronzate, Lady!”esclamò avvampando. Aveva già avuto un’esperienza di
quel genere e per un po’ preferiva farne a meno. ‘Non che fosse stato male,
anzi…’. Si irrigidì a quel pensiero, scuotendo il capo. Ma che cavolo andava
vagheggiando?!
“Va bene, Mr. Semaforo”ridacchiò lei.
Lui sbuffò esasperato, troppo imbarazzato per ribattere, ma volse gli occhi da
un’altra parte. Non poteva farsi pigliare per il culo in quel modo. E perché
diamine era così a disagio?! Meglio non saperlo, si disse, alzandosi e
caricandosi Vergil in spalla. “Forza, muovete il culo, idioti. Ha ragione mio
fratello, vuoi due siete proprio una bella accoppiata”ringhiò avviandosi.
“Anche tu e tuo fratello siete una splendida coppia, sai Dante?”lo rimbeccò ancora la sua amica.
“Fanculo, Lady!”le gridò lui senza neanche voltarsi, accelerando il passo.
Lady e Magornak si scambiarono
un’occhiata divertita e poi si affrettarono a corrergli ridacchiando.
I’m late, really
late, I know!! Sorry, ragazze!! Ma guardate è stato l’ennesimo periodo
incasinato, forse peggio del solito. Sono riuscita a perdere un aereo, fate un
po’ voi (è anche colpa della compagnia aerea però, non solo mia!!) -.-“ Va be’,
ma stendiamo un velo pietoso sulla mia vita e parliamo della storia.
So, capitolo di sole due scene (incredibile, questa volta non ho
messo mille piccole azioni diverse tutte insieme!!), anche se considerata la
brevitas della prima potremmo anche dire che è una scena unica. Magornak che
sogna (sogno premonitore?? Magari sì visto quello che ha rischiato di
accadere…O forse qualcos’altro che se lui riuscisse a rammentare sarebbe la
soluzione a molti problemi?), Vergil che a momenti va in estasi pensando a cosa
succederebbe se per una volta andasse tutto come vuole lui. E poi, da questa
visione di un cattivo di quelli che ti fanno seriamente proccupare, passiamo a
un Dante che come al solito sta facendo l’idiota! XD Me lo immagino, lì che
fissa il telefono tutto corrucciato e impreca contro tutti i santi!! Per fortuna
Lady sembra captare i suoi guai a distanza visto che il suo tempismo non si
smentisce mai!!
Incontro scontro (e voi direte “era ora!!”)…doppio!! Vergil
vs Dante e, a momenti, Magornak vs Lady!!Ma ovviamente Magornak fa troppa tenerezza
per poter anche solo pensare di fargli del male. Anche se si è mostrato
piuttosto demoniaco con la sua reazione al tradimento di quella che lui
reputava la sua migliore amica…ma per fortuna è finito tutto bene. Per Vergil e
Dante un po’ meno…Povero Vergil, non gli bastava quel rompiscatole e
guastafeste di suo fratello, no, doveva mettercisi anche quella maledetta
voce che io sto sinceramente iniziando ad odiare!! L’Autrice di questa
storia è una sadica!! Sono d’accordo!! XD
Prossimo chappy. Allora, immagino che anche quello non conterrà
più di due scene, forse anche direttamente una sola. Vergil è finito tra le
grinfie dei suoi avversari. Riusciranno lui e Magornak a sfuggire e a ritentare
per l’ennesima volta a prendersi Kasreyon?? Sarà quella buona? Lo spero per
loro…I due gemellini saranno di nuovo faccia a faccia…Dante riuscirà a fare
quel benedetto discorso che sono anni che vuole fare a Vergil e che da
altrettanto tempo prova davanti allo specchio facendo finta che il suo riflesso
sia suo fratello?? Ma soprattutto, ci sarà di nuovo tra i due quella indesiderata
attrazione fatale che li aveva presi durante il loro primo incontro?? Ma
è ovv…Ehm, cioè, chi lo sa!! Lo scoprirete nella prossima puntata!!
Basta con le idiozie. Vado a sotterrarmi!! Alle mie recensitrici (su EFP e su
Messanger! XD) doc11, Bloody Wolf, Xeira__ , Kuromi_, LadyVergil e Alice
Mudgarden: Ragazze siete le mie costellazioni nella buia notte infernale
dell’ispirazione!! Vi adoro! Mille grazie anche a chi legge/segue senza
commentare le peripezie di questa pazza!!
Vostra per sempre, direttamente dalla quarta bocca di Lucifero,
MysticAster
Ps1: Come al solito vi invito a farmi notare gli OOC!
Ps2: Avevo detto che lo avrei fatto via mex privati ma mi sembrava
di venirvi a rompere troppo…qualcuna di voi mi ha già detto che pensa quindi
ok. Alle altre: stavo pensando che ovviamente a tutte noi piace vedere Dante e
Vergil come dire…vicini. Ma il punto
è vicini quanto?? Be’, questo spetta a voi deciderlo!! Io non sono brava a
scrivere scene esplicite, quindi non chiedetemi un manuale di anatomia, però
una scena velata e raccontata da l punto di vista sentimentali ve la scrivo
volentieri…Fatemi sapere cosa preferite!!
Quando sollevò le palpebre, la luce del sole gli ferì gli occhi,
accecandolo e costringendolo a chiuderli di nuovo. La testa gli doleva
moltissimo, ma a parte quello il suo corpo sembrava essere a posto. E non
avvertiva né l’odore né il sapore del sangue. Che strano. Eppure era sicuro
di…I ricordi lo invasero all’improvviso. Le tenebre che cercavano di
inghiottirlo, la mano di Dante che si stringeva alla sua e suo fratello che lo
tirava fuori da quel buio soffocante, lui che perdeva i sensi tra le sue braccia.
Vergil tornò a spalancare gli occhi e si mise a sedere di scatto, guardandosi
intorno. Era su un divano nella parte destra di una grande stanza piuttosto
disordinata che di sicuro non era il locale che aveva scelto come quartier
generale. E allora dov’era? E soprattutto perché Yamato non era alla sua
cintola? Un terribile presentimento gli si affacciò alla mente. ‘No, non dirmi
che…’gemette.
“Vergil! Ti sei svegliato! Finalmente! Iniziavo a preoccuparmi…”. La voce di
Magornak lo distolse dai suoi pensieri. Il demonietto era accucciato sul
pavimento di fianco a lui e lo guardava più felice che mai. “Oh, Sparda,
grazie, grazie, grazie!!”.
“Lascia perdere mio padre e spiegami cos’è successo”ordinò il mezzo demone,
gelido.
“Ehm…Vedi…”balbettò l’altro, improvvisamente a disagio. “Dopo che sei svenuto,
ce ne siamo andati dalle rovine e visto che io non potevo di certo portare Mary
e tuo fratello al nostro quartier generale, ci hanno trascinato all’agenzia di
Dante…Tuo fratello ti ha piantato sul divano e mi ha detto di non fare casini.
Loro sono in cucina adesso”.
“Va bene. Magornak. Dov’è la mia spada?”chiese ancora il giovane,
cercando di restare calmo. Non era il momento per arrabbiarsi, avrebbe fatto al
suo protetto la lavata di capo che si meritava una volta che fossero stati
liberi e lontani da quel posto.
“L’ha…presa tuo fratello. L’ha portata da qualche parte al piano di sopra, non
sono riuscito a impedirglielo”rispose il suo protetto, in difficoltà. Temeva
non a torto qualche punizione per la sua incapacità. Poi però tornò ad
illuminarsi, mostrando lo zaino che aveva sulle ginocchia: “Però non gli ho
lasciato toccare lo zaino! Non ha neanche visto il libro!”.
“Almeno quello…”. Vergil sospirò. Erano in un bel guaio. “Voglio che tu vada
immediatamente di sopra a recuperare Yamato, va bene? Guarda ovunque e non
tornare finchè non l’hai trovata. Non ce ne andiamo senza di lei, chiaro? Io
intanto penso a un modo per levarci da questo casino. E tengo occupati quei due
nel caso si accorgano che sono sveglio”.
Il suo protetto annuì e si precipitò al piano di sopra, attento a non far
rumore. Prima trovava Yamato, prima se ne sarebbero andati. L’idea di essere
costretto a muoversi in territorio nemico non gli piaceva neanche un po’.
Soprattutto se quel nemico era il gemello del suo protettore.
Il mezzo demone si alzò in piedi, controllando che tutti i muscoli
funzionassero a dovere. Sentiva le voci dei suoi avversari provenire dalla
stanza attigua. Stavano discutendo abbastanza animatamente. Probabilmente non
sapevano decidersi su cosa fare con lui e Magornak. Ad un tratto avvertì suo
fratello bloccarsi a metà frase. Doveva aver percepito che lui era di nuovo
cosciente. E infatti pochi secondi dopo il figlio minore di Sparda irruppe
nella stanza, seguito dalla sua amica.
“Vergil!”non potè trattenersi dall’esclamare. “Ma allora sei vivo!”
“Ovvio che sono vivo, Dante”rispose lui freddamente. “Cretino”.
“Uhm…Dov’è Magornak? Vado a cercarlo”borbottò la ragazza, sentendosi di troppo,
e si affrettò a salire le scale e a sparire al piano superiore.
Una volta che furono rimasti soli, Dante si avvicinò a Vergil e si lasciò
cadere sul divano. “Pensi che riusciremo ad avere un dialogo civile questa
volta?”domandò.
Suo fratello lo guardò male. Quella proposta gli sembrava una presa in giro
bella e buona. “Dal momento che siamo entrambi disarmati non vedo alternativa”rispose freddamente, sedendoglisi di
fianco. “E poi non mi sembra di averti brutalmente aggredito l’ultima volta che
ci siamo visti”.
“Ma possibile che tu debba sempre essere così scorbutico? Ti ricordo che ti ho
appena salvato la vita e molto probabilmente anche l’anima!”.
“Nessuno ti ha chiesto di farlo”.
“E invece sì. Magornak l’ha fatto. E anche tu, in un certo senso. Mi hai
permesso di arrivare dove avrei potuto soccorrerti”.
Il maggiore dei gemelli non rispose, volgendo lo sguardo altrove, turbato. Era
vero. Era stato lui a chiedere a Magornak di cercare l’aiuto di Dante e lui
stesso in quel momento, schiacciato dalle tenebre, aveva desiderato
ardentemente che suo fratello lo tirasse fuori. Si vergognava di quel momento
di debolezza, ma sapeva altrettanto bene che non aveva avuto altra scelta. Da
solo non sarebbe mai riuscito a sconfiggere quella maledetta voce. C’era troppo
oscurità in lui.
“Lasciamo perdere, ok?”riprese il cacciatore di demoni, sospirando. Se voleva
tentare di far ragionare il gemello non doveva assolutamente innervosirlo o si
sarebbe rovinato da solo. Quindi doveva prestare un’attenzione estrema a cosa
diceva e anche a come lo diceva. “Non voglio mettere il dito nella piaga.
Magornak ha spiegato a Lady la storia della voce e quindi…”.
“Cos’ha fatto quell’idiota?!”lo interruppe l’altro, incredulo.
“Non è come pensi. L’ha fatto per difenderti. Io e Lady stavamo discutendo su
quello che ti era successo e io, come un idiota, ho cominciato a insinuare che
tu non fossi più in grado di controllare i tuoi…ehm, istinti demoniaci. E lui
si è arrabbiato e mi ha urlato dietro che non era colpa tua ma di una voce
sconosciuta, eccetera”cercò di calmarlo lui. “Deve esserti davvero
affezionato”.
“Infatti è così. Gli ho salvato la vita un paio di anni fa e lui mi sta
appresso da allora. E sono l’unico che si cura un po’ di lui. Sono il suo punto
di riferimento”fece piano Vergil. Stupido Magornak. Sempre fin troppo disposto
a rovinare tutto pur di difenderlo in ogni modo e in ogni situazione. Mai
qualcuno gli era stato tanto devoto. Dovette ammettere che la cosa non gli
dispiaceva poi così tanto. Era un bravo collaboratore, anche se in effetti
combinava un po’ troppi guai, e poteva fidarsi ciecamente di lui. Avrebbe dato
la vita pur di non tradirlo.
“Ma guarda che roba! Tieni di più a lui che a tuo fratello!”.
“Lui ha deciso di seguirmi in tutte le mie scelte, d’accordo o meno che fosse.
Le nostre strade, invece, si sono separate molti anni fa, Dante”.
“Lo so fin troppo bene, purtroppo”.
Calò il silenzio per qualche attimo, poi Dante sospirò di nuovo. “Vergil, è
proprio di questo che volevo parlarti. Volevo farlo dieci anni fa, però le cose
hanno preso una piega che non avevo previsto…Non c’è nulla che io possa fare
perché quelle strade tornino ad essere la stessa?”chiese. Era da quando Eva era
morta che si tormentava con quella domanda. Ma non gli era mai stata concessa
la possibilità di trovare una risposta.
“No”rispose gelido suo fratello, senza esitare. “A meno che tu non sia disposto
a rinunciare al tuo odio per i demoni e alla tua scelta di difendere gli umani.
Dovresti unirti a me, Dante”. Quasi sperava che lui potesse dirgli di sì.
Sarebbe stato il coronamento dei suoi piani migliori. Sarebbe stato come se
Sparda fosse risorto, ma per regnare su Luce ed Oscurità.
“Sai bene che non potrei mai farlo. Neanche per te, Vergil. Non posso infangare
in questo modo la memoria di nostro padre. Perché è questo che tu stai facendo:
stai distruggendo tutto ciò che Sparda costruì ribellandosi alla sua stessa
specie! Stai rinnegando tutto l’amore che nostra madre ci ha dato, come un
ingrato!”. Il tono di Dante si era fatto duro e i suoi occhi avevano cominciato
a bruciare di rabbia. Questo era quello che voleva dire da dieci anni. Voleva
costringere suo fratello a ragionare, fargli capire quanto assurdo fosse tutto
ciò che stava facendo. Riportarlo indietro, alla persona che avrebbe dovuto
diventare. “Te ne rendi conto, Vergil?”
“Non sono stupido, Dante. Me ne rendo conto benissimo”fu la risposta calma.
“E allora perché lo fai?! Vuoi diventare il degno erede di Sparda. Eppure
percorri la strada inversa rispetto a quella che lui ha tracciato. Perchécazzo continui in questa maledettissima
contraddizione?! Spiegamelo, non ci arrivo proprio!”.
“È semplice. Per il potere. È l’unica cosa di cui mi importa. Nostra
madre è morta perché io non sono stato in grado di proteggerla, perché io ero
troppo debole! È stata colpa mia. Mia, capisci? E io non posso permettere
che accada di nuovo”. Questa volta fu Vergil ad infiammarsi. Quello stupido non
poteva capire. Non poteva neanche immaginare come si era sentito quel giorno.
“Se otterrò il potere di nostro padre nessuno potrà più battermi”.
“Ma questo non riporterà in vita nostra madre! E non cancellerà i tuoi sensi di
colpa. Ma non capisci che tu desideri diventare uguale a quei bastardi che
l’hanno uccisa?!”.
“Ti sbagli, non diventerò come loro. Sarò qualcosa di molto diverso, di
migliore. Io sono il figlio di Sparda, non posso rinnegare la mia natura,
Dante”.
“Lo so, questo, lo so! Vergil, sono tuo fratello gemello, maledizione! So cosa
significa essere a metà tra due mondi opposti, essere in entrambi ma al tempo
stesso in nessuno dei due. Conosco la solitudine e la sensazione di
incompletezza si prova. Nemmeno io ho saputo salvare nostra madre. Abbiamo
fallito in due, Vergil, non è solo colpa tua. Eppure io non ho ceduto alle
Tenebre. So essere figlio di mio padre senza incorrere in dolorose
contraddizioni! Vergil, ti prego, io so che sei ancora il ragazzo con cui sono
cresciuto. Lascia che ti liberi dalle tenebre che ti offuscano la mente. Torna
da me. Io ho un dannato bisogno di te, sei tutto ciò che resta della mia
famiglia. Non posso vivere senza di te. Non ho mai potuto farlo. Questi dieci
anni di separazione me lo hanno provato ancora una volta. E so che per te è lo
stesso. Ricominciamo da capo. Per favore”. Dante afferrò suo fratello per le
spalle e gliele strinse. Era pronto a perdonargli tutto. Il dolore che aveva
procurato, il sangue che aveva sparso, le idee malsane che avevano corrotto il
suo animo. Tutto. Bastava che gli dicesse di sì. E sarebbe stato quasi come se
la sua famiglia non fosse mai andata in pezzi, come se la sua anima non si
fosse mai frantumata.
“Non è vero, non è possibile. Ho fatto la mia scelta. Opposta alla tua”rispose
Vergil, liberandosi dalla sua presa e distogliendo lo sguardo. Era solo fiato
sprecato quello di suo fratello. Mai avrebbe rinnegato i suoi desideri, mai
avrebbe rinunciato alla sue ossessioni. Perché ormai erano l’ossigeno che gli
permetteva di vivere. “E non intendo ripudiarla. È troppo tardi ormai, ho
passato il punto di non ritorno. Tu hai scelto la luce del mondo degli umani,
io l’oscurità degli Inferi. Ed è ad essa che appartengo e apparterrò per
sempre. Ad essa ho votato tutta la mia essenza. Io non sono più tuo fratello,
Dante, non sono più la persona che hai conosciuto. Rassegnati. Sono solo il tuo
nemico mortale ora. Niente di più”.
“No, non ci credo. Sei tu che ti vuoi convincere di essere quello che non sei.
Ma io ti conosco. Non sarai mai un mostro. Non ti concederai mai completamente
all’Oscurità. Sei troppo simile a nostro padre per farlo. E poi lo dimostra
anche il fatto che detesti che la tua parte demoniaca ti strappi il controllo.
Se davvero volessi diventare un demone vero e proprio ti concederesti alla sete
di sangue senza rimorsi. Saresti contento di tutta quella furia che ti dà tanto
potere, ma invece non lo sei. Quindi sei ancora recuperabile”.
“Questo non vuol dire nulla. Sai, la mia ispirazione non è diventare un’arma
priva di freni, Dante. Voglio quel potere, certo, ma voglio usarlo
coscientemente, non sotto l’influsso di una forza irrazionale. E soprattutto
non sotto il controllo di una volontà sconosciuta”.Vergil scosse il capo. “Tu sei innamorato di
un ricordo che non coincide più con la realtà da molto tempo”.
“Ti sbagli, Vergil, tu non…”iniziò a ribattere Dante, ma poi si rese conto di
quello che suo fratello aveva appena detto. “Ehi, aspetta un attimo! Io non
sono innamorato di un ricordo! Voglio
solo riavere indietro mio fratello!”protestò avvampando.
“Mi hai baciato, o forse ricordo male?”lo rimbeccò l’altro mezzo demone, con un
ghigno cattivo stampato sul volto.
“Ah, io avrei baciato te?! Sei stato tu a cominciare, o te lo
sei scordato, fratellone?”.
“Lo so benissimo, ma io l’ho fatto per prenderti per il culo. Tu non avevi
molti motivi per farlo invece, vero, fratellino?”.
“Chi te lo dice?! E piantala di pigliarmi per il culo!”.
“E perché mai? Mi dai così tanta soddisfazione”.
“Bene, allora continua. Ma chi mi garantisce che tu volessi sul serio pigliarmi
per il culo? Magari sei tu quello
innamorato”.
Questa volta fu Vergil ad arrossire, per quanto leggermente. Stronzo. “Non dire
idiozie, cretino. Io non so neanche cosa sia l’amore”.
“Oh, già, Vergil, il principe dei demoni, sempre impassibile e apatico!”. Anche
sul volto del cacciatore di demoni si aprì un sorriso da squalo. Vedere il suo
gemello in difficoltà era un vero spasso. Però doveva ammettere che quel
discorso era una pericolosa arma a doppio taglio. Molto pericolosa. Ma forse
poteva usarla a suo vantaggio. “Hai anche ammesso che ti ero mancato”.
“Te l’ho detto, era solo per…”tentò suo fratello, cercando di nascondere il suo
disagio. Ma che diamine gli prendeva?! Si faceva provocare in quel modo da
quell’idiota? Che fine aveva fatto tutta la sua freddezza? Perché quel cretino
riusciva sempre a fargli perdere la calma?
“Per prendermi per il culo, ho capito, non sono mica sordo. Però non ci credo”.
Dante incrociò le braccia sul petto e rimase in silenzio per qualche attimo.
Poi, senza preavviso, si voltò a guardare il suo gemello negli occhi.
“Comunque, non discutiamone più, o rischiamo di trasformare questa discussione
quasi civile in una rissa”disse con un tono un po’ strano che l’altro non
riuscì ad identificare. “Piuttosto…Non è che ti andrebbe di rifarlo?”.
“Cosa scusa?!”. Vergil lo fissò, incredulo. Doveva aver capito male. Non poteva
chiedergli davvero di…No, suo fratello doveva essere andato fuori di testa.
“Rifare cosa?”.
“Insomma, intendo se ti va di…Oh, andiamo, Verge! Hai capito benissimo di cosa
parlo. Non farmelo ripetere, per favore”.
“La risposta è no. E non chiamarmi Verge. Lo sai che odio i diminutivi. Non so
come diamine ti sia venuta in mente una cosa del genere. Sei…”.
“Sì, c’è qualcosa che sta mandando fuori di testa pure me! Colpa tua, temo”lo
interruppe il cacciatore di demoni, rimettendogli le mani sulle spalle e
accostando il proprio viso a quello del fratello. “Devi ricambiare il favore
che ti ho fatto. Tirami fuori dalla mia follia perché da solo non rampo fuori”.
“Piantala di fare il cretino, Dante. Non cambierai mai”.
“Hai cominciato tu con questa storia del bacio! E poi anche tu sei sempre il
solito, sotto sotto. E non provare a contraddirmi!”.
“Ancora con questa storia? Ti ho detto che io…Oh, ma perché perdo tempo a risponderti?
Tanto sei troppo testone per ascoltare quello che ti dico”.
“E allora sta’ zitto”.
“Bene. Ma solo se taci anche tu”.
Rimasero a fissarsi in silenzio, ostili, ma anche un po’ divertiti da quella
situazione assurda. Come quando erano ragazzini. Dante non riusciva a staccare
i suoi occhi da quelli di suo fratello, così identici eppure tanto diversi.
Staccò una mano dalla spalla del gemello facendola scorrere lungo il suo
braccio finchè non avvertì le sue dita sotto le sue. L’altro mezzo demone abbassò
lo sguardo per un attimo prima di tornare a piantare le sue iridi azzurre in
quelle del cacciatore di demoni, che per un attimo ebbe l’impressione che suo
fratello volesse tirargli un pugno, ma poi le dita di Vergil si intrecciarono
fermamente con le sue. Dante si lasciò sfuggire un sorriso ed entrambi si
chinarono in avanti per chiudere quel poco spazio che ancora li divideva. Le
loro labbra si sfiorarono con più confidenza della volta precedente, sempre con
un certa esitazione, ma agognando quel contatto. Tutto quello non aveva il
minimo senso. Erano fratelli, gemelli tra l’altro, non avrebbero dovuto fare
una cosa del genere. Secondo i canoni umani, almeno. Ma loro non erano umani.
Per quello che riguardava i costumi di vita dei demoni, niente vietava quel
genere di cose, quindi in fondo era del tutto lecito. E in fondo loro erano due
narcisisti, e lo sapevano benissimo. Non era comunque il caso di riflettere su
quello che stava accadendo. Di nuovo.
Vergil afferrò Dante per la giacca con la mano libera e lo costrinse ad
avvicinarsi a lui ancora di più passandogli un braccio intorno alla vita, senza
però smettere di baciarlo con passione. Suo fratello sorrise contro le sue
labbra e gli affondò le mani nei capelli. Era una bella sensazione, nonostante tutto.
Strana forse, ma decisamente piacevole, sia a livello fisico che emotivo. Per
entrambi. Si staccarono per un attimo, lasciando che un paio di centimetri
separassero i loro volti, scambiandosi un fugace sguardo imbarazzato, prima di
chiudere di nuovo gli occhi.
Ma prima che potessero tornare a riempire il vuoto che li separava, un rumore
proveniente dal piano di sopra li fece sobbalzare. Qualche secondo dopo
Magornak si precipitò giù dalle scale, Yamato stretta al petto, inseguito da
Lady, che cercava in ogni modo di afferrarlo. Il demonietto si bloccò appena
sceso l’ultimo gradino, lo sguardo fisso sui gemelli, interrogativo, e la
ragazza, che non se l’aspettava, gli finì addosso. I due mezzi demoni rimasero
immobili nella posizione in cui erano per una frazione di secondo, presi alla
sprovvista, poi Vergil allontanò in fretta Dante da sé con uno spintone,
alquanto rosso in volto un po’ per l’imbarazzo, un po’ per l’umiliazione.
“Ma voi due…”balbettò la donna con gli occhi sgranati, incredula. Se lo era sognato
o quando aveva fatto irruzione nella stanza i due figli di Sparda stavano per
baciarsi?! Era successo tutto talmente in fretta che non era riuscita a capire
bene cosa fosse successo, però avrebbe potuto giurare che non si sbagliava.
“Magornak, vieni qui”ordinò sbrigativo il maggiore dei gemelli, alzandosi dal
divano e allontanandosi da suo fratello.
La creaturina si riscosse e si affrettò ad obbedire. Cosa stavano facendo i due
mezzi demoni quando era arrivato? Sinceramente aveva sempre pensato che Vergil
odiasse il contatto fisico. E allora perché era lì abbracciato a suo fratello?
Meglio rimandare le domande a dopo: non era il momento. Prima dovevano trovare
un modo per andarsene. Porse la spada al suo protettore che la afferrò
soddisfatto.
“Ebbene, Vergil, cosa vorresti fare adesso?”chiese Dante che aveva recuperato
un po’ di contegno sebbene sul suo volto fosse ancora presente un certo rossore
imbarazzato. “Dobbiamo scontrarci di nuovo? Non in casa mia per favore, non ho
i soldi per farla riparare”.
“Abbiamo un combattimento in sospeso, in effetti. E a me non dispiacerebbe
concluderlo. A meno che tu non mi lasci andare di tua spontanea volontà”.
“E cosa ti fa pensare che lo farò?”.
“Dammi un’ora di vantaggio. Poi scendi nei sotterranei di Temen-Ni-Gru e prova
a raggiungermi, se ne sei capace. Ti do una possibilità per fermarmi, Dante. Se
arriveremo allo scontro, sarà laggiù, come dieci anni fa”.
“Come faccio a sapere che non è una trappola, Vergil? Come pretendi che io
possa fidarmi di te? E se tu volessi solamente intrappolarmi per poi poter
svolgere in pace i tuoi affari?”.
“Io non pretendo che tu ti fidi. Mi spiace, ma non hai alternativa. Devi darmi
fiducia. O batterti con me ora, in uno scontro che sarà fatale a uno di noi. A
te la scelta”.
I due fratelli rimasero a fissarsi in silenzio. Vergil era freddo e sicuro come
sempre, mentre Dante si tormentava nell’indecisione. La ragione gli diceva che
non poteva permettersi di lasciare andare suo fratello adesso che lo aveva
davanti per la seconda volta, ma qualcosa dentro di lui gli gridava di fidarsi.
Non lo avrebbe tradito, non questa volta. Era un’opportunità che non poteva
sprecare: avrebbe potuto scoprire cosa tramava e soprattutto, se fosse riuscito
a fermarlo, avrebbe avuto una nuova chance per convincerlo a restare. E, dopo
gli ultimi avvenimenti, era convinto
di avere maggiori possibilità di successo.
Magornak e Lady assistevano in silenzio alla discussione, il primo trepidante
di attesa, l’altra decisamente sorpresa. Il cacciatore di demoni non poteva
lasciare che Vergil andasse via. Sarebbe stato un suicidio. Non dopo tutta la
fatica che avevano fatto per prenderlo. Eppure lesse negli occhi del suo amico
quella decisione ancora prima che lui la esplicitasse a parole. Come poteva
fidarsi di quel pazzo? Era una trappola, si vedeva lontano un chilometro. Come
poteva non accorgersene quell’idiota?!
Ma prima che potesse aprire bocca per farglielo notare, lui la anticipò. “E
sia, Vergil. Mi fiderò di te. Avrai la tua ora di vantaggio”disse con calma,
facendo un paio di passi verso suo fratello. “Spero ardentemente che tu non
decida di tradire la mia fiducia”.
“Non temere, non lo farò”lo rassicurò l’altro mezzo demone, avvicinandosi a sua
volta. I loro volti erano di nuovo a pochi centimetri di distanza. Si
guardarono e per un momento Dante credette che Vergil volesse baciarlo di
nuovo. Avvertiva il suo respiro solleticargli la pelle. Ma un attimo dopo
l’altro riprese a parlare. “Guardati bene intorno quando sarai laggiù,
Dante”gli disse a voce così bassa da essere appena udibile. “Farò in modo che
tu capisca dove devi andare. Ma dovrai cavartela da solo per il resto. E vedi
di non deludermi. Voglio divertirmi come la volta scorsa. Ti aspetto, mi
raccomando”. Poi si voltò e si avviò verso la porta. “Andiamo, Magornak.
Abbiamo una missione da portare a termine”.
Il demonietto si sbrigò a seguirlo e i due lasciarono in fretta il locale,
diretti alle rovine dell’antica torre. Se non fossero intervenuti altri
imprevisti, avrebbero finalmente raggiunto il luogo in cui era sigillata
Kasreyon e quindi la conclusione del loro viaggio. Poi sarebbero tornati
all’Inferno. Dante permettendo, ovviamente.
Appena la porta si fu richiusa il cacciatore di demoni raggiunse la sua
scrivania e si lasciò cadere sulla sedia, afferrando una fetta di pizza.
“E ora che facciamo?”domandò Lady, voltandosi a guardarlo. Era ancora
incredula. Aveva davvero lasciato che quei due se ne andassero.
“Come che facciamo? Hai sentito mio fratello, no? Dobbiamo dargli un’ora di
vantaggio”fu la risposta tranquilla.
“Non starai dicendo sul serio? Ti fidi davvero di lui? Come puoi dopo tutto
quello che ha fatto?! Dopo tutto quello che ti
ha fatto!”lo aggredì lei, incapace di capire come lui potesse essere così
tranquillo e sicuro. Doveva essere andato fuori di testa. “Dante, ragiona,
questo è un tranello, non può essere altrimenti! Stai commettendo un errore. Un
grossissimo errore. E te ne pentirai presto, non appena arriveremo a
Temen-Ni-Gru e ti renderai conto che Vergil ti ha preso in giro! Come hai
potuto lasciarlo andare?! Ma allora te le cerchi proprio! Non venire più a
piangere da me perché tuo fratello ti ha piantato in asso per la terza volta,
capito? Sei pazzo! Proprio come lui. Come puoi fidarti della parola di un
demone?! Maledizione, dimmelo perché non riesco proprio a capire come tu abbia
potuto gettare nel cesso la possibilità di costringerlo a restare!”.
Dante la guardò per un attimo, senza rispondere. Comprendeva la sua incredulità
e anche la sua rabbia. In fondo la sua scelta sembrava rendere vani tutti gli
sforzi che l’amica aveva fatto fino a quel momento per permettergli di trovare
il suo gemello. Già, perché lo aveva fatto? Perché rischiava così tanto? Vergil
era imprevedibile, inaffidabile, un vero bastardo insomma. La sua decisione
appariva come quella di un folle. Ma lui sapeva benissimo perché lo aveva
fatto. “Mio fratello non è un demone qualunque. È figlio di Sparda, con tutto
ciò che questo implica. Io voglio fidarmi di lui. Voglio dargli la possibilità
di dimostrarmi che ha ancora un po’ di onore e che non è diventato uno di
quegli stronzi infernali con cui ha convissuto per dieci anni”rispose con
calma. “E poi, anche se mi fossi battuto con lui e avessi vinto, non sarebbe
rimasto a lungo. Finchè ha la sua missione da compiere, nulla e nessuno
potranno fermarlo o impedirgli di provare a portarla a termine. A qualunque
costo. Questo è l’unico modo per scoprire cosa sta combinando. Lo raggiungerò
sotto Temen-Ni-Gru, ci confronteremo e, se lo batterò, lui avrà fallito di
nuovo il suo compito e quindi non gli resterà motivo per scappare da me una
volta che l’avrò costretto a restare”.
“Ma…ma, è troppo rischioso! Non puoi…”tentò la donna, cercando di farlo
ragionare.
“E invece posso e l’ho appena fatto. Io mi fido di Vergil. Mi ha abbandonato.
Mi ha quasi ucciso. Mi ha tradito. Ha tradito mia madre, mio padre e i loro
insegnamenti. Ha scelto la via delle Tenebre. Vuole essere un demone. Ma è pur
sempre mio fratello. Abbiamo un legame che non può essere ignorato. E non è
solo un legame di sangue. È qualcosa di più, è molto più forte. Oserei dire
indistruttibile. Qualcosa che neanche l’Inferno ha potuto indebolire. Perché
lui, nonostante tutto mi ha cercato di nuovo, anche se forse non se ne è
neanche reso conto”. Il giovane sospirò, scuotendo il capo. “Tu sei umana,
Lady, non puoi capire come ci sentiamo noi. Siamo demoni e umani insieme. O
forse non siamo né l’uno né l’altro. Siamo a metà tra Luce e Oscurità, divisi
nell’anima ed irrimediabilmente incompleti. Dentro di noi c’è un conflitto che
non si potrà mai sanare del tutto. E questo ci unisce più di qualunque altra
cosa. Perché solo tra di noi possiamo capirci fino in fondo e aiutarci a
combattere quel vuoto, solo tra di noi possiamo e abbiamo condiviso veramente
tutto. Per questo non potremmo mai essere separati davvero. E Vergil ne è
consapevole, anche se vorrebbe tanto poter fare a meno di me. Ma non può.
Perché solo io lo completo. Neanche il suo tanto agognato potere potrebbe
sostituirmi. E ovviamente la stessa cosa vale per me. Io devo riavere Vergil. A tutti i costi. Senza di lui mi mancherà
sempre qualcosa di fondamentale. E lui mi sta dando questa possibilità. Posso
fidarmi di lui. Nonostante tutto, non può ignorare quello che ci unisce e mai
potrà farlo”. Detto ciò tacque e si mise a giocherellare con il cartone della
pizza, perso nei suoi pensieri.
Lady lo aveva ascoltato in silenzio, colpita da quel discorso. Era una cosa
troppo seria per essere uscita dalla bocca del suo amico, troppo profonda. Se
fosse stato Vergil a farlo sarebbe rimasta meno sorpresa. Invece era stato
proprio Dante a pronunciare quelle parole. Nel suo tono aveva avvertito un
senso assoluto di tristezza e si era resa conto solo in quel momento, dopo
dieci anni che lo conosceva, di quanto si sentisse solo, costretto in un mondo
a cui sentiva di non appartenere. Aveva capito solo ora in che razza di
situazione era. Abituata a trovarselo intorno e a vederlo comportarsi quasi normalmente, almeno per i suoi
parametri, si era scordata troppo spesso che lui in realtà non era un umano ma
un mezzo demone. E forse era stato proprio per questo che non si era mai resa
veramente conto di quanto Vergil fosse importante per lui. Aveva sempre pensato
che tutta quell’immensa e amara nostalgia fosse dovuta solamente al tradimento
di suo fratello maggiore, mentre in realtà i veri motivi erano ben più
profondi. Dante aveva sempre evitato di farglielo notare, quel testone era
troppo orgoglioso per ammettere le sue debolezze. Abbassò lo sguardo. Lei, la
sua migliore amica, non era stata capace di capirlo veramente in tutti quegli
anni. Ma forse aveva ragione lui, solo un altro della sua razza poteva
concepire il suo stato, le sue emozioni. Anche se ne fosse accorta prima, non
avrebbe potuto fare molto di più.
“Bene. Mi hai convinto, testone. Mi fiderò di tuo fratello”cedette con un
sospiro. “E ti giuro che mai più discuterò con te se sia il caso o meno di
farlo. Tu puoi saperlo molto meglio di me. Però io continuerò sempre a
difendere Vergil dalle tue accuse insensate. Perché, a quanto pare, tu sarai
pure quello che si fida, però finisci sempre per dubitare di lui!”.
“Ehi, non mettiamo il dito nella piaga”protestò Dante, nascondendo un sorriso
grato. Lady. Sapeva sempre come comportarsi, cosa dire. Non avrebbe potuto
desiderare amica migliore. Era più che felice di poterla avere al suo fianco
ogni volta che ne aveva bisogno. “E comunque d’ora in avanti non dirò mai più
che Vergil è un mostro. Mai più, giuro. Non è possibile che lo diventi. Sono
stato un cretino anche solo a sospettarlo”.
“Bene. Mi farai risparmiare fiato allora”annuì la ragazza soddisfatta. Poi un
ghigno le illuminò pericolosamente il volto, mentre lei si avvicinava e
appoggiava le mani sul piano della scrivania. “A proposito delle opinioni sul
tuo caro gemellino, cosa stavate facendo tu e lui quando io e Magornak siamo
arrivati?”.
La domanda prese alla sprovvista il cacciatore di demoni, che per poco non
cadde dalla sedia su cui aveva iniziato a dondolarsi. “Niente, solo
parlando”borbottò a disagio, distogliendo lo sguardo.
“Solo parlando? E com’è che eravate
avvinghiati come due polipi?”ribattè lei provocatoria.
Dante avvampò. Ma che razza di definizione. “Non eravamo ‘avvinghiati come due polipi’, Lady. Stavamo solo…Insomma,
io…lui…”. Non sapeva cosa inventarsi.
“Ok, ok, ricevuto, vi stavate solo
sbaciucchiando allegramente e appassionatamente”concluse
Lady per lui, mentre il ghigno sul suo viso si allargava ancora di più. “Adesso
ho capito perché eri così a disagio dopo il vostro primo incontro! Vi siete
scambiati effusioni amorose anche quel giorno?”.
“Lady! Ma come ti viene in mente una cosa del genere?! Ma che
effusioni amorose! Insomma, Vergil…Vergil è mio fratello! Non potrei mai fare una cosa del genere con lui! Stai
delirando! E poi lui è identico a me!”si difese il mezzo demone, più
imbarazzato che mai. Non aveva nessuna intenzione di ammettere che aveva
baciato il suo gemello. Due volte. Soprattutto con Lady. Chissà cosa si sarebbe
messa in testa se lo avesse saputo. La morte piuttosto.
“Appunto, narcisisti come siete non mi stupirei se foste attratti l’uno
dall’altro. Sul fatto che siete fratelli, be’, non è la prima volta che accade
e poi non siete umani, quindi potete farvi ancora meno problemi. Dubito che i
demoni abbiano il concetto di ‘incesto’. È troppo complicato per voi. Vi
fermate alle definizioni più elementari. E poi figuriamoci se tra demoni si
parla d’amore. Quindi di certo non potete averlo codificato”.
Il giovane la guardò con la bocca spalancata. Lady che parlava dei costumi
demoniaci? Senza neanche conoscerli?! Amore codificato? Che diamine stava
sparando quella pazza sclerata?!
Lei gli rifilò un’occhiata divertita, che lo preoccupò ancora di più, senza
però mai smettere di parlare. “E poi non sei stato proprio tu a parlare di un
legame speciale, indissolubile e impossibile da ignorare, che va oltre la
parentela, che vi unisce?”.
“Non…non è questo che intendevo! Cazzo, Lady, non mettermi in bocca frasi che
non…”.
“Sì, sì, d’accordo. Dimmi una cosa. Eravate già amanti dieci anni fa o è stata
l’emozione di esservi ritrovati a scatenare i vostri sentimenti sopiti?”.
“CHE?! Ma di cosa cazzo stai parlando?! Amanti? Sentimenti sopiti? Lady, ma ti
ascolti?! Stai dicendo cose senza senso! Una stronzata dopo l’altra!”. Il mezzo
demone ormai era disperato. Non sapeva più da che parte guardare e,
soprattutto, non sapeva più cosa dire. Doveva cambiare discorso al più presto,
ma non aveva la più pallida idea di come farlo. Era in balia di quella pazza.
Avrebbe preferito mille volte avere di nuovo Yamato conficcata nel petto
piuttosto che restare un altro minuto con lei e i suoi discorsi.
“Allora è stata una cosa di questi giorni, eh?”continuò lei imperterrita,
ignorando la muta preghiera nello sguardo dell’amico. Si stava divertendo un
mondo. “Capisco…In fondo dovevate superare i venticinque anni per maturare,
soprattutto tu. Anche se probabilmente in campo emotivo è Vergil ad essere più
immaturo…Se avete bisogno che vi spieghi come si fa, non esitate a chiedere!
Insomma, sono la tua migliore amica, possiamo parlare di queste cose, no? E poi
siamo tutti adulti e vaccinati, a parte Magornak che ci ascolterebbe senza
neanche capire di cosa parliamo. Poverino, certe volte al sua ingenuità mi fa
una tenerezza! Comunque con te e Vergil posso parlare, vero? Perché dubito che
tuo fratello sappia come si…”.
“Lady! Piantala! Smettila! Basta sparare cazzate! Non ne posso più!”esplose a
quel punto Dante. Non poteva crederci. Sperò sinceramente che Lady non stesse
davvero pensando di fare quello che stava proponendo. Lei che spiegava a loro
certe cose?! Ma cosa aveva nella testa quella ragazza?! Lui sapeva occuparsi
benissimo della sua vita sentimentale, in ogni sfumatura. E Vergil…be’, suo
fratello neanche la voleva una vita sentimentale, quindi il problema non si
poneva. E poi lo stava facendo morire di imbarazzo. Sapeva che se quella
stronza non avesse taciuto lui avrebbe finito per confessarle tutto per la
disperazione. E forse era proprio a questo che mirava, la bastarda. “Primo,
Vergil si sa arrangiare in tutto, anche nelle cose in cui non è…“esperto”, e
sta’ sicura che ti ammazza se solo provi a fargli un discorso del genere. Non è
benevolo nei tuoi confronti come lo sono io. Secondo, io e Vergil non abbiamo
una storia, chiaro? Quindi tappati quella boccaccia e smettila di fare discorsi
senza senso!”.
“Neghi, eh? Va bene, la smetto. Abbiamo cose più importanti da fare al momento.
Ma sappi che non mi hai convinto”sbuffò lei incrociando le braccia sul petto.
“Vi ho visti, voi due, abbracciati su quel divano! Mi sono accorta di quanto
eravate rossi in volto e in imbarazzo, esattamente come lo sei tu ora! E ho
anche visto come vi guardavate mentre lui ti chiedeva di fidarti e tu gli
dicevi di sì. Forse non ve ne siete neanche accorti di quest’ultima cosa, ma
non era uno sguardo qualunque!”.
“Lady…”.
“Ok, ok, basta, sto zitta. Ma non finisce qui, Dante Sparda. Appena ci saremo
ripresi Vergil mi dovrete spiegare un bel po’ di cosette, voi due! E preparati
perché non vi darò tregua finchè non mi confesserete la verità!”. Detto ciò gli
diede le spalle e si diresse verso la porta. “Vado a casa a prendere il resto
delle mie armi. Sarò di ritorno per lo scadere dell’ora. Tu intanto preparati
psicologicamente, ne hai bisogno!”. E uscì senza neanche salutarlo.
Dante rimase a fissare la porta, ancora scombussolato da quella conversazione.
Scosse la testa, incredulo. Come aveva fatto ad uscirne vivo? E, soprattutto,
senza lasciarsi sfuggire nulla? Un vero miracolo. Sospirò. In fondo era colpa
sua. Lui si era fatto cogliere in flagrante, come un idiota. Lui, che da
ragazzino ne combinava di tutti i colori senza mai farsi scoprire dai suoi
genitori. E poi scemo due volte anche solo per aver fatto quello che aveva
fatto. Che diamine gli era passato per la testa?! Baciare Vergil! L’ultima cosa
che avrebbe mai pensato di poter e soprattutto di voler fare. E invece era
successo ben due volte nel giro di un paio di giorni. Sconcertante.
‘Forse è il caso che inizi a chiedermi perché l’ho fatto’pensò riluttante. ‘La
prima volta mi sono permesso di evitare il discorso perché credevo che sarebbe
stata una cazzata isolata, ma a quanto pare avevo una voglia matta di rifarlo.
E questo non va bene. Per niente’. Sospirò di nuovo. Non gli andava di farsi un
esame di coscienza. Già per principio e soprattutto visto che riguardava
Vergil. Ogni volta che lui era implicato tutto diventava mostruosamente
difficile. Mai che facesse qualcosa di semplice, suo fratello. Che Lady avesse
ragione? Era davvero attratto dal suo gemello? Se doveva essere sincero era
l’unica spiegazione plausibile che gli veniva in mente. “Ma bravo, Dante. Da
quando ti piacciono i ragazzi? Magnifico!”fece ad alta voce, sarcastico. “O
forse sei solo tanto egocentrico da sfociare nel narcisismo? Perché, se ci
pensi bene, è solo il nostro caro Vergil a farti quell’effetto!”. Splendido.
Ora parlava anche da solo. ‘Sono messo proprio male’. Si alzò dalla sedia e
afferrò Rebellion. Meglio andare a fare un po’ di riscaldamento. Non sapeva
cosa avrebbero trovato nei sotterranei di Temen-Ni-Gru, ma era sicuro che non
sarebbe stato nulla di amichevole. E poi se si allenava poteva evitare di
pensare. Pensare a Vergil, ai quei maledettissimi capelli in cui aveva
affondato le dita, a quelle braccia che lo avevano stretto con forza, al calore
di quel corpo identico al suo, al suo respiro sulla pelle, a quelle morbide
labbra affamate, premute contro le sue, a… ‘Dante! Basta!’si rimproverò,
affrettandosi a scacciare quei pensieri poco convenienti prima che
degenerassero. Scosse il capo. Ma che andava a pensare?! ‘Fila ad allenarti,
va’. E smettila di riflettere: non fa per te’.
Si avviò verso il retro dell’appartamento dandosi continuamente dell’idiota. Ma
non riuscì in nessun modo a cancellare dalla mente l’immagine degli occhi
impassibili di Vergil, che si erano fatti così gelidi e infuocati insieme
mentre si baciavano, e la sensazione del suo corpo addosso al proprio.
Eccomi qua!! La psicopatica è
finalmente tornata!! Lo so, sono di nuovo
in ritardo…Sigh, perdonatemi ma sto passando un periodo orribile. Sia a
livello di ispirazione creatrice sia a livello personale…
Comunque, direi che questa volta
non vi annoio con i miei commentini perché il capitolo si commenta da sé,
soprattutto la parte centrale (e lì sono uscita dal personaggio di Ver, è fin
troppo evidente…-.-“ E forse anche il discorso che ho messo in bocca a Dan non
era da Dan…senza il forse!!)!! XD Sorvolando l’ennesimo guaio di Magornak (e
poverino però, cosa poteva fare lui contro Dante e Lady da solo?!) che si è
fatto rubare Yamato, mi sento in dovere di professare ancora una volta la mia
stima per Lady!! Si presta troppo bene ad esprimere le mie idee u.u
Questa volta niente anticipazioni…a
parte che finalmente vedremo i sotterranei di Temen-Ni-Gru. Il resto anche se
volessi suggerirvelo non saprei come fare, quindi aspettate di leggerlo!!
Visto che non ho sproloquiato sulla
storia, volevo dire una cosa a tutte le miei recensitrici. Non potete neanche
immaginare quanto apprezzo i vostri commenti. E non è solo perché state
recensendo la storia, ma soprattutto per la simpatia delle vostre recensioni e
anche per i dialoghi che facciamo al di fuori della sfera “commento alla
storia” (e qui un abbraccio speciale va soprattutto a tre di voi di cui
preferisco non fare i nomi). È un periodo decisamente no per me e devo
confessare che sono andata a leggermi tutti i vostri commenti in questi giorni.
Mi ha fatto sentire meglio, mi ha fatto sentire meno inutile perché almeno
riesco a far sorridere voi. Grazie. Dal profondo dell’anima. Vi auguro tutto il
bene possibile.
I ringraziamente soliti: doc11,
Bloody Wolf, Xeira__ , Kuromi_, LadyVergil e Alice Mudgarden, siete le mie stelle all’uscita dell’Inferno.
Grazie anche a Mizzy e a tutti quelli che seguono/preferiscono la storia
e anche solo a chi legge.
Vostra
finchè mi sarà possibile,
Mystic
Ps: OOC
come al solito…e se non me li vedete qui, giuro che lo dico al mio psicologo
perché vuol dire che sono paranoica anche da questo punto di vista.
Ps2: non
sono chi ha letto i miei ps l’altra volta però visto che non mi è stato detto
nulla su quella scena che avevo chiesto, be’, annuncio (per la gioia di Wolfy e
LadyVergil) che la metterò visto che tutte quelle che mi hanno risposto hanno
detto sì u.u XD
Ormai era quasi mezzogiorno e le strade della città erano molto
affollate. Vergil e Magornak si ritrovarono costretti a fare un giro largo per
uscire dalla città, prendendo strade secondarie e vicoli poco frequentati per
evitare quella massa umana in movimento. Nessuno dei due parlò per tutta la
durata del tragitto. Il mezzo demone si sforzava anche di evitare di pensare,
concentrandosi solo sul percorso che dovevano fare e sull’idea che presto
avrebbe avuto Kasreyon tra le mani, cercando di escludere tutti gli altri
pensieri. Ma non era un’impresa facile e lui ne era più che consapevole. Il suo
animo si dibatteva tra la rabbia per essersi mostrato debole e per essersi
fatto sconfiggere di nuovo dalla voce, davanti ai suoi nemici tra l’altro, e
l’incredulità per aver ceduto ai giochi idioti di Dante. Giochi idioti che, tra
l’altro, aveva iniziato lui qualche giorno prima. Ciò che gli sfuggiva era il
perché, la ragione malata che lo aveva spinto a baciare, esatto baciare, suo fratello. O forse la
spiegazione era tanto lampante e distruttiva che la sua mente si rifiutava
anche solo di ammetterla. Ammettere che fin da quando aveva rimesso piede sulla
terra non aveva sperato altro che ritrovarsi davanti il cacciatore di demoni,
ammettere che dal giorno in cui lo aveva rivisto per la prima volta dentro di
lui si era scatenato un caos insopportabile di emozioni, ammettere che aveva
deciso di non liberarsi di lui all’istante non solo perché averlo come
avversario avrebbe reso tutto più interessante, ammettere che aveva desiderato
ardentemente che lui potesse davvero tirarlo fuori dall’oscurità in cui la voce
lo stava inesorabilmente rinchiudendo. Ammettere che che gli era mancato,
spiritualmente ma anche fisicamente, che non si era pentito di averglielo detto
e di averlo baciato. Vergil sapeva benissimo qual era la conclusione di tutto
ciò, la risposta al suo interrogativo, la verità. Semplicemente non poteva
accettarla. Le conseguenze sarebbero state troppo scomode, per lui e
soprattutto per la sua missione.
Solo quando finalmente giunsero sulle rovine di Temen-Ni-Gru,
Magornak decise che poteva azzardarsi a rompere il silenzio che si era creato
tra loro. “Vergil?”chiamò incerto. Aveva passato tutto il tempo a pensarci, ma
non ne aveva cavato fuori altro che dubbi assurdi. Era un insulto alla sua
intelligenza pensare una cosa del genere, ma non riusciva a togliersela dalla
mente. Aveva bisogno di una risposta. “Posso chiederti una cosa?”.
“Sentiamo”concesse il giovane gelido. Sapeva cosa voleva domandargli Magornak.
In fondo li aveva praticamente visti. Ma, conoscendolo, il demonietto non
avrebbe creduto neanche ai propri occhi senza una sua conferma. E lui di certo
non gliel’avrebbe data. Il problema era che non sapeva se sarebbe riuscito a
negare con la giusta convinzione. D’altra parte non rispondergli significava
lasciarlo nel dubbio e chissà a quali conclusioni sarebbe arrivato il suo
protetto.
“Mi chiedevo…Sai quando a casa di tuo fratello sono sceso dal secondo piano per
portarti Yamato? Ehm…Ecco…”balbettò la creaturina. Gli mancava quasi il
coraggio di fare la domanda: di sicuro Vergil lo avrebbe ammazzato se avesse
provato a chiedergli direttamente cosa stessero facendo lui e Dante. Non sapeva
perché avesse questo presentimento, ma qualcosa gli diceva che era così.
“Avanti, parla. Non abbiamo tempo da perdere”.
“Insomma, tu e tuo fratello eravate seduti uno di fianco all’altro no? Be’,
ecco, magari ho visto male, insomma, capita…”.
“Magornak. Dritto al punto. Oppure lascia perdere”. Il tono glaciale del mezzo
demone non ammetteva repliche. Stava iniziando ad irritarsi.
Magornak prese fiato. Adesso o avrebbe taciuto per sempre. “Il fatto è che mi
sembrava che foste abbracciati come la gente quando sta per baciarsi! Li ho
visti nella scatola che manda le immagini mentre cambiavo i canali a caso e voi
eravate nella stessa posizione!”disse più in fretta che poteva, portandosi
istintivamente fuori dalla poratata del suo protettore. In quel momento il
fatto che si divertisse a fare zapping gli pareva un mostruoso sacrilegio.
Perché se non avesse visto quelle persone il dubbio su cosa stessero facendo i
gemelli non gli sarebbe neanche venuto.
Vergil lo guardò sollevando un sopracciglio. Bel modo diretto di
arrivare alla questione. Non gli aveva neanche fatto la domanda, anche se si
capiva fin troppo cosa voleva sapere. Ma lui non aveva alcuna intenzione di
formularla al posto suo. “Quindi?”chiese spazientito, ma sperando al tempo
stesso che la creaturina rinunciasse a chiedergli spiegazioni.
“Ehm…Insomma…”fece il demonietto imbarazzato. Non voleva domandarglielo. Ma
sapeva che doveva farlo o avrebbe continuato a tormentarsi e allora addio
concentrazione sulla missione. “Tu e Dante non vi stavate…baciando, vero?”.
Il mezzo demone riuscì a restare impassibile nonostante il disagio che gli
provocava quella conversazione, anche se non potè impedirsi di distogliere lo
sguardo. “Secondo te?”chiese con calma dopo un attimo.
“Ovviamente non puoi averlo fatto! Insomma, non tu! Lui magari sì, ma tu…Però
vi ho visti…o meglio, mi è sembrato e quindi volevo una conferma…Non l’hai
fatto, vero Vergil?”. La creaturina lo guardò implorante. Aveva davvero bisogno
di quella rassicurazione.
Lui rimase in silenzio, titubante. Perché cavolo non gli diceva di no e la
facevano finita? Riavvertì le labbra di Dante accarezzare le sue con
appassionata dolcezza e le mani dell’altro mezzo demone affondate nei suoi
capelli. Il suo viso andò in fiamme all’istante. ‘Che cazzo sto facendo?!’si
rimproverò sconcertato, sperando che il demonietto non se ne fosse accorto e
cercando di ridarsi contegno. Avrebbe voluto sotterrarsi per la vergogna.
“Vergil? Per favore, rispondimi!”insistette Magornak.
“No, non ho baciato mio fratello”si costrinse a rispondere il mezzo demone,
irato con sé stesso e con il suo protetto. “E ora possiamo chiudere questo
argomento stupido e inutile?”.
“Certo!”esclamò l’altro, allegro, senza accorgersi dell’espressione inquieta
che aveva assunto il giovane. Che stupido che era stato anche solo a dubitare
di una cosa del genere. Doveva aver visto male. Figuriamoci se Vergil si
metteva a baciare la gente. A lui non importava niente di nessuno, soprattutto
di chi gli si metteva tra i piedi come aveva sempre fatto Dante. Ora potevano
andare a prendere quella maledetta spada. E poi sarebbero tornati a casa.
Vergil avrebbe preso il posto che gli spettava tra i demoni e lui avrebbe
continuato ad assisterlo in tutti i suoi piani. Tutto sarebbe tornato come
prima. Magari sarebbe riuscito a convincerlo a fargli continuare frequentare
Mary. Nonostante tutto gli sarebbe dispiaciuto non vederla più.
L’entusiasta disponibilità mostrata dal demonietto ad accettare la sua risposta
incerta sembrò rassicurare un po’ anche il giovane, che tornò, seppure a
fatica, a concentrarsi sulla sua missione.
Erano giunti di fronte alla scalianta che conduceva nei sotterranei oscuri di
Temen-Ni-Gru. Estrassero le torce e si scambiarono un’occhiata che pareva dire:
“Speriamo che si sia la volta buona” e iniziarono la discesa, scacciando tutti
i possibili dubbi.
L’aria si faceva sempre più umida man mano che si inoltravano nelle profondità
della torre. I gradini erano crepati e in qualche punto ingombri di macerie.
L’unico rumore era quello dei loro passi che rimbalzava sulle pareti,
perdendosi poi nell’oscurità. Vergil li scendeva in fretta, incurante degli
ostacoli, spinto da un’ansiosa aspettativa. Conosceva bene quell’ambiente e
sapeva dove li avrebbe portati la scalinata. Dieci anni prima aveva tentato
proprio laggiù di aprire le Porte dell’Inferno per la prima volta e proprio
laggiù aveva affrontato Dante nello scontro che avrebbe poi condotto alla sua
sconfitta definitiva e a lunghi anni di esilio volontario nelle tenebre
infernali. Laggiù, da qualche parte, ora lo aspettava una seconda chance.
Dietro di lui Magornak trotterellava tranquillo, guardandosi costantemente
intorno, affascinato. Quella torre nel suo apogeo doveva essere stata un vero
splendore considerando la terribile bellezza che ancora conservavano i suoi
resti, pur piagati dal crollo e corrosi dal tempo. Avvertì di nuovo quella
profonda malinconia che aveva provato la prima volta che si era recato sulle
macerie invaderlo. Quel posto gli ricordava qualcosa, anche se non avrebbe
saputo dire cosa, e faceva emergere dai meandri più profondi della sua memoria
sensazioni confuse, da lungo dimenticate. Un richiamo molto antico che
risuonava nella sua anima, dolce e nostalgico. Il demonietto assisteva stupito
a tutto quel mescolarsi di emozioni, incapace di capire cosa gli stesse
succedendo. Chissà, magari quelle sensazioni non erano sue, ma erano rimaste
intrappolate nelle mura circostanti e adesso gli si trasmettevano. Ma non ne
era troppo convinto: Temen-Ni-Gru era pur sempre un pezzo di Inferno e la
soavità, per quanto triste e oscura, di quello che stava provando non poteva
provenire da un ambiente infernale. Non del tutto, almeno. E poi Vergil
sembrava non avvertirlo affatto.
Dopo una discesa che era parsa interminabile, i due giunsero finalmente in
un’ampia sala. Il crollo della parte sovrastante aveva fatto franare parte
delle arcate che reggevano il soffitto, ma per il resto era ancora intatta. Il
mezzo demone avvertì un brivido mentre le immagini presenti si sovrapponevano a
quelle dei suoi ricordi. Ma questa volta l’esito sarebbe stato diverso. O la
vittoria o la sconfitta definitiva, la morte, non avrebbe accettato soluzioni
intermedie. Si fermò al centro della sala, concentrandosi per cercare di
percepire la presenza della spada, ma invano. Il sigillo impostole da Damaer
doveva essere così potente da incatenarne anche la presenza stessa. Un modo im
più per evitare che venisse trovata.
“Magornak, passami il libro”ordinò, rompendo il silenzio quasi sacrale che
regnava nell’ambiente circostante. “È ora di capire se quell’idiota del suo
autore ci può essere utile o no”.
La creaturina annuì e si affrettò ad estrarre il volume dallo zaino che portava
in spalla, porgendolo al suo protettore. Questo lo afferrò e lo aprì con
sicurezza sulla pagina della descrizione, scorrendo velocemente le parole
latine.
“Allora?”domandò Magornak, ansioso. Non sapeva se voleva o non voleva arrivare
fino in fondo. Man mano che scendevano le emozioni si erano fatte sempre più
pressanti e ora lui si sentiva turbato come non mai. Erano nel posto giusto. Lo
avvertiva. Lo sapeva. Da qualche parte, lontano ma al tempo stesso
tremendamente vicino, c’era qualcosa.
Qualcosa di oscuro. Era una presenza vaga, impalpabile, inconsistente, eppure
lui la percepiva in tutta la sua gravità.
Il mezzo demone lo scrutò attentamente, trapassandolo con i suoi occhi azzurro
ghiaccio. “Ci sono quasi”rispose. “Qualcosa non va?”.
“No, non è niente. Solo che…Non so, mi sento strano. E poi c’è una presenza. O
meglio, c’è ma non c’è, non saprei come spiegarlo”rispose lui incerto.
Vergil lo guardò dubbioso, ma chiuse gli occhi lo stesso, cercando di capire di
cosa stesse parlando il suo protetto. Non avvertì nulla che non fossero l’aura
spettrale della torre o i residui dell’atmosfera infernale che un tempo vi
aveva regnato ma che era andata poi affievolendosi negli anni di rovina.
Nessuna presenza turbava la quiete spettrale del luogo e il rumore dei loro
respiri risultava quasi insopportabile nell’opprimente silenzio di morte. Forse
Magornak era solo nervoso e le sue sensazioni non erano altro che le proiezioni
dei suoi timori. Niente di cui preoccuparsi. “Io non sento niente. Sei solo
agitato, probabilmente. Calmati, ci sono io. Non ti accadrà nulla, vedrai.
Presto avremo ciò che cerchiamo”disse mentre il suo protetto annuiva poco
convinto. “Allora. Questo inutile libro non è poi così inutile. Dopo una
descrizione alquanto fantasiosa e articolata del limbo che precede il luogo in
cui è sigillata Kasreyon, che corrisponderebbe a questa stanza, passa ad
illustrare il modo per raggiungere il sigillo che la imprigiona. Parafrasando,
da quando riesco a capire almeno, da qualche parte qui intorno dovrebbe esserci
una porta”. Il mezzo demone gettò un’occhiata alla pagina ingiallata. “Un
portale che solo l’oscurità della vista può aprire, la porta che solo si sente,
il passaggio che solo chi è pronto ad affondare le mani nella dura oscurirà può
aprire ” recitava all’incirca l’inchiostro sbavato. Si accostò a una delle
pareti. In che senso “che solo si sente ”? Tanto valeva fare letteralmente
quello che diceva il libro. “Magornak, spegni la torcia”ordinò porgendo anche
la propria e il codice al suo protetto che si affrettò ad ubbidiresebbene fosse un po’ sorepreso da quella
richiesta.
Vergil chiuse gli occhi e appoggiò le palme delle mani sulla parete, facendole
scorrere sulla pietra scura. Forse c’era qualcosa di simile ad un passaggio
segreto. In effetti quella sala era sempre stata illuminata dalle fiaccole, che
però dovevano essersi spente a causa del crollo. Chissà cosa potevano
nascondere le sue ombre.
Per via della fitta oscurità che era calata, Magornak riusciva a stento a
vederlo mentre si spostava lungo il muro, come alla ricerca di qualcosa.
Sinceramente non aveva ben capito cosa stesse facendo e quindi si limitò a
seguirlo in silenzio, attento a non inciampare. Quel buio gli ricordava
l’Inferno e temeva che da un momento all’altro potesse saltare fuori qualche
demone. Eppure, nonostante questi timori, si sentiva quasi al sicuro, cullato
dalle sue strane emozioni. E non era solo la presenza del giovane a
rassicurarlo. Era Temen-Ni-Gru, ne era certo. Il collegamento tra i due mondi,
il solo luogo esistente in cui potessere venire spalancate le Porte degli
Inferi. Non si era mai sentito a casa come in quel momento. Chissà se…
Vergil si bloccò di scatto, strappandolo alle sue riflessioni. Le sue dita
lavoravano frenetiche sulla pietra, tastando qualcosa che lui non riusciva a
vedere. Teneva sempre gli occhi chiusi ma dopo qualche secondo un ghigno gli
illuminò il volto. Fece un passo indietro e nella parete davanti a loro si spalancò
l’ingresso di un cunicolo. L’oscurità che lo avvolgeva era talmente fitta da
parere solida. L’ingresso alla sala in cui doveva essere rinchiusa Kasreyon.
“Non è stato poi così difficile”commentò soddisfatto il mezzo demone, con una
lieve nota di eccitazione nella voce. “Andiamo, Magornak”.
Il demonietto si affrettò a riaccendere le torce e gliene porse una. Il giovane
la afferrò e gli fece cenno di precederlo. Lui lanciò un’ultima occhiata alla
sala prima di voltarsi e inoltrarsi nell’oscurità, lasciando però aperto il
passaggio. D’altra parte, aveva promesso a Dante che gli avrebbe reso le cose
un po’ più facili questa volta.
Il corridoio si rivelò presto essere una nuova scalinata che si inabissava
sotto la torre in una larga aspirale. Sotto lo strato di polvere i gradini di
ossidiana erano intatti e levigati, come se fossero stati appena scolpiti, e
anche le pareti non presentavano il minimo segno dello scorrere del tempo.
Sulla pietra lucida si intravedevano, nella luce scarsa, scritte in linguaggi sconosciuti
intrecciate ad altri simboli di ogni genere. Il mezzo demone sollevò la torcia
per esaminarli meglio. Emanavano una strana energia. Probabilmente erano già
parte del sigillo che sembrava estendesi ad incatenare come le spire di un
serpente l’intero luogo. Li sfiorò cautamente con le dita e subito una scarica
di emozioni lo attraversò. Rabbia, rancore, odio. E un buio gelo che incatenava
l’anima e la mente. Ritrasse la mano di scatto. Quella sensazione gli ricordava
le tenebre in cui lo rinchiudeva la voce. Che diamine significava? Che fossero
i sentimenti di Damaer? No, impossibile. Secondo la leggenda lui era più che
felice di essere riuscito ad imprigionare la sua creazione. Ma allora…Che fosse
Kasreyon stessa ad emanare quelle emozioni tanto violente?
Davanti a lui Magornak scendeva incerto gli scalini. Quel posto non gli piaceva
per niente. L’aura che emanava era quasi peggio di quella infernale. Qualcosa
vibrava nell’aria, qualcosa di terribile, qualcosa che somigliava a una
dolorosa collera, tanto forte da risultare quasi insopportabile. Il sentimento
di un’anima così corrotta che il solo percepirla gli dava la nausea. Cosa si
nascondeva in realtà in fondo a quell’interminabile scalinata? Il demonietto
tremò, sopraffatto da quelle percezioni che si scontravano decisamente con
l’essenza del suo spirito. La paura lo invase. Timore di morire, terrore di
perdersi in quelle tenebre maledette. Si bloccò incapace di continuare. Il
mezzo demone gli rivolse uno sguardo interrogativo che lui ricambiò scuotendo
il capo, incapace di esprimersi.
Il suo protettore parve però intuire lo stesso cosa tormentava. Lo superò.
“Attaccati a me e non allontanarti per nessun motivo, chiaro?”ordinò con
fermezza, ma senza la solita nota gelida.
La creaturina lo guardò grato come non mai e si aggrappò a un lembo del suo
mantello mentre i due riprendevano la discesa.
Continuarono a scendere per diversi minuti. L’oscurità intorno a loro sembrava
farsi se possibile sempre più fitta, affievolendo anche la luce delle torce.
Finalmente i gradini cessarono e i due si ritrovarono di fronte a una porta a
due battenti, che ricordava nelle sue decorazioni quella degli Inferi, solo che
era decisamente meno estesa e non era chiusa dalle due falci incrociate. Vergil
allungò cautamente le mani verso il gelido metallo lucido e spinse. La scarica
di odio e rancore lo colpì nuovamente, segno che il sigillo legava anche
quell’ingresso, ma la porta rimase serrata. Lui si ritrasse un po’ contrariato,
poi si voltò e prese il libro dalle mani tremanti di Magornak. Sfogliò piano le
pagine, scorrendo con cura le righe, alla ricerca di un indizio che gli
indicasse il modo di spalancare quei battenti chiusi da millenni. Ma il codice
sembrava perdersi nelle sue descrizioni favolose e pareva tralasciare quel
passaggio fondamentale. ‘Dannazione’pensò irritato il giovane chiudendo il
libro e restituendolo al demonietto. Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa. Magari
c’era qualche meccanismo nascosto come per le altre porte di Temen-Ni-Gru. Se
non l’avesse trovato gli sarebbe toccato provare ad usare la forza, sempre che
servisse a qualcosa contro il sigillo di un demone potente come Damaer.
“Fatti da parte, Magornak”fece. “Quel libro è davvero inutile. Non dice nulla
su come diamine si passa questa porta. Ci tocca fare da noi”.
Magornak annuì e si mise in un angolo mentre lui iniziava ad ispezionare
attentamente la superficie metallica. Perfetto. Non avevano neanche iniziato ed
erano già bloccati. Sospirando aprì il volume che aveva in mano e si mise a
studiare le pagine con la descrizione che li interessava, anche se non capiva
la lingua in cui era scritto. Si chiese perché gli umani usassero lingue così
differenti tra loro. Era una cosa scomoda. I demoni parlavano tutti lo stesso
idioma e avevano imparato alcuni di quelli del mondo di luce al tempo del regno
di Mundus, ma l’avevano fatto solo per pura necessità pratica, non perché li interessasse.
Era molto più comodo. Lui sinceramente parlava la lingua degli umani solo
perché gliel’aveva insegnata Vergil, altrimenti non si sarebbe mai sognato di
studiarla. Lanciò un’occhiataccia a quelle parole per lui incomprensibili e
riprese a sfogliare le pagine, arrivando alla fine del capitolo dedicato a
Kasreyon. Chissà se c’era qualche parola che riusciva a decifrare.
Scorse le pagine seguenti cercando di concentrarsi e di ignorare così il
turbamento che lo opprimeva. Ad un tratto i suoi occhi si bloccarono su un nome
in particolare, sopresi. Scritto decisamente male, con la minuscola, ma era
lui.
“Vergil”chiamò alzando gli occhi dalla carta scritta a mano.
Il mezzo demone si voltò a guardarlo, infastidito per essere stato interrotto.
“Cosa c’è adesso?”.
“Tu per caso hai letto i capitoli che seguono quello su Kasreyon?”.
“Li ho scorsi molto velocemente, ma non contenevano nulla di interessante.
Perché?”.
“C’è il nome di tuo padre qui”.
Vergil inarcò leggermente un sopracciglio. Non ricordava di aver incontrato il
nome di Sparda nel codice. Si staccò dalla porta che stava esaminando e si
accostò al suo protetto fissando l’attenzione sulla riga che questo gli
indicava. Sembrava essere una citazione. Lesse velocemente il paragrafo in cui
era contenuta. “Non è nulla”disse alla fine. “Sta descrivendo la gerarchia
infernale, in modo molto fantasioso oserei dire, e dato che mio padre era uno
dei demoni che stavano al vertice lo cita usando le parole con cui viene
descritto nella versione ufficiale della sua leggenda. Ora, se non ti spiace,
avrei cose più serie da fare”. Detto ciò tornò al portale, fulminando il
demonietto con uno sguardo che apreva dire “E vedi di non disturbarmi più per
altre cavolate”.
L’altro distolse lo sguardo, contrito. Uffa, non ne faceva una giusta. Tornò a
guardare il libro. Certo che il Cavaliere Oscuro era proprio ovunque. “Gli
umani parlano un sacco di tuo padre, anche se per loro ormai non è altro che
una leggenda. Si parlava di lui in tutti i libri che abbiamo rubato dalla
biblioteca…”commentò dopo un attimo di silenzio.
“Già. Questi esseri infimi non si sono mai scordati di lui in fondo. L’eroe
che, uscito dall’Oscurità, protesse la Luce da essa stessa, sacrificando la sua
natura e tradendo il suo essere”rispose distrattamente Vergil, facendo scorrere
le dita sui cardini della porta. “Il demone che si ribellò all’Inferno e al suo
imperatore, che amò talmente gli umani da sposare una di loro. Sparda”. L’eco
del nome del demone risuonò fievole nel buio, fino a spegnersi tra le pareti
della scalinata. Forse secoli prima suo padre aveva camminato tra quelle stesse
mura di pietra, salendo i gradini che lui aveva appena sceso, percorrendo al
contrario il cammino che avrebbe portato lui dall’arma ripudiata per paura dal
suo stesso creatore e che forse Sparda aveva contribuito a sigillare. Era
consapevole di ciò, ma ormai era troppo tardi per pentirsi. Era come aveva
detto a Dante: aveva passato il punto di non ritorno. Strinse i pugni. Ormai
non stava nemmeno più cercando il potere di Sparda, ne voleva uno ancora
maggiore. Quello che stava facendo non aveva più niente a che fare con il suo
passato. Non poteva esserne più lontano. Si stava creando una nuova, sofferta
identità, diversa da quello che era stato e da quello che aveva sognato di
diventare. E non avrebbe permesso a niente e nessuno di fermarlo. Soprattutto a
quella stupida porta che gli sbarrava la strada. Le sue iridi si illuminarono
di rosso e l’aura demoniaca lo avvolse avvampando mentre lui indietreggiava.
Non aveva il potere di suo padre, ma rimaneva pur sempre sangue del suo sangue.
Cosa poteva essere una parete di metallo anche se protetta da un sigillo eterno
per il figlio maggiore di Sparda?
Ma non fece in tempo a sguainare Yamato che le scritte lungo le pareti furono
percorse da un rapidissimo lampo di luce che andò a concentrarsi sui
bassorilievi della porta. Una voce roca risuonò tutto intorno a loro, intonando
il duro linguaggio dei demoni. “E così sei tornato, Sparda”.
Dante indugiava scrutando il buio in cui scomparivano i gradini di
pietra. Detestava l’idea di dover scendere di nuovo là sotto. Aveva creduto di
aver detto addio a quelle mura maledette dieci anni prima e invece stava per
trovarvisi dentro ancora una volta. Avrebbe rivisto i luoghi in cui si era
consumata la tragedia dei piani folli di suo fratello e del loro scontro
fratricida. I luoghi in cui ciascuno dei due aveva combattuto per il proprio
scopo e da cui erano entrambi usciti sconfitti. Vergil aveva fallito nel suo
proposito di ottenere il potere di Sparda, lui nel proprio di recuperare il
fratello e ricondurlo alla ragione. Nonostante fosse passato tanto tempo, le
emozioni che provava di fronte a quell’ingresso erano le stesse di un decennio
prima: nervosismo, decisione, rabbia, divertimento, sconforto, speranza.
Coerenza proprio zero.
Sospirò. Non poteva di certo starsene lì impalato tutto il giorno. Più in
fretta scendeva, più possibilità avrebbe di arrivare in tempo per fermare
Vergil prima che portasse a termine il suo misterioso piano. Però non riusciva
a decidersi. Era combattuto tra il desiderio di correre giù per quella dannata
scalinata per fermare suo fratello e l’angoscia di fallire di nuovo che lo
bloccava davanti a quel dannato ingresso. Ma tanto non aveva scelta. Gli eventi
avrebbero fatto il loro corso anche se lui fosse rimasto indeciso per sempre.
Tanto valeva inoltrarsi nel buio e cercare di prendere quel pazzo scatenato.
Scosse il capo esasperato. Vergil l’avrebbe pagata cara per tutta quella
situazione di merda. Molto cara.
“Andiamo”borbottò rivolto a Lady, che era rimasta in silenzio al suo fianco
fino a quel momento. La ragazza gli aveva lasciato il tempo di pensare e di
scacciare tutti i dubbi senza fargli la minima fretta. Sapeva bene che forzare
il suo amico sarebbe stato controproducente e che lui doveva prendersi il tempo
che gli serviva per affrontare i suoi demoni passo per passo, nonostante il
tempo stringesse. E lo stesso valeva per lei. In fondo anche i suoi ricordi
legati a Temen-Ni-Gru non erano molto positivi. Stava per scendere nuovamente
nel luogo in cui aveva affrontato suo padre faccia a faccia e in cui si era
presa la sua tanto desiderata, anche se non appagante come aveva sperato,
vendetta. Un luogo che apparteneva ad un capitolo della sua vita che credeva di
aver chiuso per sempre e che avrebbe decisamente desiderato non dover aprire
mai più. Eppure eccola lì, pronta a riaprire vecchie e dolorose ferite che era
riuscita faticosamente a lasciarsi alle spalle. Per Dante. Ma in un certo senso
anche per Vergil. E non solo nelle vesti di una nemica che pretendeva rivalsa.
Si avviarono fianco a fianco giù per i gradini, in silenzio. D’altra parte non
c’era molto da dire. Nessuno dei due era molto felice di trovarsi in quel posto
e in quella situazione, questo era più che chiaro. Ma non c’era tempo per le
lamentele. Avevano un compito da portare a termine.
Arrivarono in fondo alla scalinata senza imprevisti. L’unico
problema era stato rappresentato dalle macerie che ingombravano le scale, ma
più che un vero intoppo erano solo una scocciatura. Non sembravano esserci
demoni o altri esseri viventi là sotto. Il che faceva uno strano effetto
rispetto ai loro ricordi di dieci anni prima, quando torre era letteralmente
infestata di presenze infernali.
La luce delle loro torce illuminò l’immensa sala posta alla base della torre.
Dante strinse i pugni. Era esattamente come la ricordava, nonostante ora grosse
crepe piagassero la superficie marmorea delle pareti e il buio la avvolgesse
nella sua stretta di morte. Gli sembrava ancora di vedere le torce brillare
attaccate ai muri e suo fratello in piedi in fondo alla sala, intento a
litigare con il sigillo imposto da loro padre. Poi era arrivato Arkham ed era
scoppiato tutto il casino. Lanciò un’occhiata alla sua compagna e lesse sul suo
volto la sua stessa inquietudine. Probabilmente anche lei stava rivivendo quei
momenti così tragicamente indimenticabili. Scosse il capo. Non c’era tempo per
i ricordi adesso.
“Forza, Lady, non abbiamo tempo per romantiche gite nel passato”disse
sarcastico ma non senza una nota di amarezza, guardandosi e spostando il fascio
di luce per svelare gli angoli nascosti dal buio. “Quando tutto sarà finito
potremmo sederci davanti a un bel piatto di pizza e parlare dei vecchi tempi
tutti insieme, ma prima dobbiamo recuperare i dispersi. Prima che siano loro a
giocarci qualche brutto scherzetto”.
La ragazza abbozzò un sorriso tutt’altro che allegro. “Già. L’altra volta
abbiamo rischiato parecchio, non è il caso di ripetere l’esperienza. Per
fortuna questa volta non c’è mio padre a complicare le cose…”.
“Sinceramente preferirei mille volte dovermi scontrare con Arkham di nuovo
piuttosto che con mio fratello”borbottò il giovane. “Sarebbe di gran lunga più
semplice”.
“E invece è proprio Vergil il tuo nemico!”lo rimbeccò lei, canzonatoria,
superandolo ed avviandosi verso il centro della sala. “Quindi fattene una
ragione e metti da parte i teneri sentimenti che provi per lui per un momento!
Dovrai essere concentrato quando vi scontrerete! Non è facile dover combattere
con la persona che si ama, ma se vinci starete insieme per sempre! Non è
romantico?”.
“Ancora con questa storia?!”esplose il mezzo demone, a disagio. “Pensavo che
l’argomento fosse chiuso! Tra me e Vergil non c’è nulla che non sia il nostro
complicato rapporto di fratelli gemelli, chiaro? Nulla di tenero e tanto meno
di amoroso!”. Quella ragazza era una testona. Quando si fissava su una cosa non
mollava finchè non otteneva quello che voleva. Avrebbe continuato a tormentarlo
in eterno se necessario.
“Se, se, continua ad illuderti”rispose la donna, guardandosi attentamente
intorno. “Comunque. Vergil ha detto che ci avrebbe lasciato una traccia per
capire dove sarebbe andato, giusto? Scusa se te lo faccio notare, ma
sinceramente non vedo nulla. Non che mi aspettassi un cartellone luminoso però
almeno un indizio…”.
Il cacciatore di demoni le lanciò un’occhiataccia. Era chiaro che la sua amica
non era ancora del tutto convinta che lui avesse fatto bene a lasciar andare
suo fratello. Be’, che se li tenesse, i suoi sospetti, lui si fidava di Vergil,
anche se forse non aveva neanche un motivo per farlo, e avrebbe continuato a
farlo. Doveva farlo. Se non si fidava quando era stato il suo gemello a
chiedergli di farlo come poteva pretendere di poterlo convincere a tornare?
Stava dimostrando che lui teneva davvero a Vergil, che c’era ancora la
possibilità di ricongiungere le loro vite, che potevano ancora essere fratelli,
che potevano ancora stare insieme. E era sicuro che suo fratello avrebbe
capito. Quindi doveva muoversi a trovare la via che era stata segnata per lui.
Il suo sguardo vagò fugace tra le ombre. Là dentro era tutto dannatamente buio.
Poi ad un tratto i suoi occhi furono catturati da qualcosa. L’oscurità sembrava
farsi più densa in un punto, come se risucchiasse la poca luce che poteva
raggiungere quell’angolo appartato. Puntò la torcia in quella direzione, ma
neanche il fascio di luce sembrò essere in grado di fendere il buio.
“Lady…”chiamò avvicinandosi. Quando fu a pochi metri la vide. Una porta nel
muro. ‘Sapevo che non mi avresti ingannato’pensò vittorioso e rivolse un ghigno
soddisfatto alla donna che si era nel frattempo avvicinata.
Quella lo ricambiò con un’occhiata assassina, ma alzò le mani in segno di resa.
“Va bene, va bene, avevi ragione tu”ammise. Poi sorrise a sua volta, un sorriso
da vampiro. “Certo che Vergil deve amarti sul serio!”.
Dante aprì la bocca per rispondere alla frecciata, ma Lady lo superò e varcò la
soglio sparendo nell’oscurità, senza dargli il tempo di proferire parola. Lui
scosse il capo, esasperato. Doveva dirle cos’era successo tra lui e Vergil o li
avrebbe davvero tormentati per sempre. Suo fratello lo avrebbe ammazzato,
ovvio, ma almeno avrebbe risparmiato la vita della sua amica. L’avrebbe fatto.
Ma solo dopo aver recuperato il suo gemello. Cercò di immaginarsi la reazione
che avrebbe potuto avere Vergil se fosse venuto a sapere che lui aveva
raccontato cosa avevano combinato. Rimase un attimo pensoso. No, forse non gli
conveniva dirlo a Lady. Per un attimo riavvertì nuovamente il corpo di suo
fratello premuto contro il suo. Non poteva proprio fare a meno di pensarci.
Sospirò e si decise a seguire la sua compagna. ‘Vengo a prenderti, Vergil.
Qualunque cosa tu voglia da me. Qualunque cosa tu sia per me’.
Ciao a tutti!! Scusate se ci ho
messo tanto e per di più il capitolo è più corto del solito, ma ho
ancora gli ultimi strascichi di scuola che mi rallentano e in più ho avuto da
fare con il corso di teatro ultimamente…Potrete mai perdonarmi?? XD
So, capitolo che finalmente
realizza qualcosa oltre a lasciarci basiti sull’ingenuità e la credulità di
Magornak che non sa capire quando due persone si stanno baciando!! Ergo,
sorvolando il fatto che fare zapping è peccato XD e sorvolando anche l’esame
di coscienza di Ver, Vergil e Magornak non solo sono finalmente
scesi nei sotterranei di Temen-Ni-Gru, ma sono anche riusciti a scovare l’ingresso
del percorso che li porterà a Kasreyon. Sarà la volta buona? Si accettano
scommesse!! Però chi sarà mai quello che ha scambiato Vergil per Sparda?! Insomma,
c’è un po’ di differenza, purtroppo per il nostro mezzo demone…E poi com’è che
Magornak sente cose che Vergil non riesce nemmeno a percepire?? Sarà davvero
solo agitazione?
Si sono mossi anche Dante e Lady tra
una litigata e l’altra…arriveranno in tempo per evitare che Vergil risvegli
Kasreyon?? Non chiedetemelo, ci devo pensare!!
Ringraziamenti: LadyVergil, Bloody
Wolf, Xeira__ , Kuromi_, Alice Mudgarden e doc11 siete sempre le mie Calliopi!! Vi adoro con tutta l’anima!!
Grazie anche a tutti quelli che seguono/preferiscono (soprattutto tu, Rakelle!! XD) la storia e anche solo a
chi legge.
“E così sei tornato, Sparda”. La voce profonda echeggiò tra le
tenebre. “E hai di nuovo con te quel demonietto. Pensavo che avessi chiuso i
conti con questo postosecoli fa”.
Vergil si voltò incredulo verso Magornak che scosse il capo confuso quanto e forse
più di lui. Di che diamine stava parlando quella voce?! Lui non era Sparda e
tanto meno il demonietto aveva conosciuto suo padre. O, almeno, così gli
risultava. Ci avrebbe riflettuto più avanti. Per prima cosa doveva capire chi
era il proprietario di quella voce e fare in modo che li lasciasse passare. Una
volta ottenuta Kasreyon si sarebbe occupato dei possibili legami tra il suo
protetto e Sparda. Quell’essere, qualunque cosa fosse, doveva aver percepito la
sua aura demoniaca e doveva averla scambiata per quella di suo padre. Forse
anche l’aura di Magornak somigliava a quella di un altro demone e quindi la
creatura poteva essersi sbagliata anche se di lui. Eppure quella spiegazione
non lo convinceva molto. Lanciò una nuova occhiata al suo compagno che si era
attaccato al suo giaccone e si guardava intorno disorientato. Non era facile
trovare un demone che avesse l’anima pura come la sua. Era quasi impossibile.
“Chi sei?”chiese tornando a rivolgersi al buio. I suoi occhi ricaddero sulla
porta. Sotto il suo sguardo i bassorilievi parvero prendere vita e le sculture
iniziarono a brillare di una luce soffusa, mentre una forza oscura impregnava
lentamente l’aria circostante, che iniziò a vibrare.
“Ma
come, ti sei scordato di me, Sparda? Proprio tu che mi ponesti a guardia di
questo luogo più di due millenni fa?”chiese la creatura sconosciuta.
“Io non sono Sparda. Sono suo figlio maggiore. Il mio nome è Vergil”rispose con
calma il giovane. Quel demone doveva essere il guardiano della porta. Anzi,
probabilmente era la porta stessa. Ecco perché non riusciva ad aprirla:
quell’ingresso era in realtà il corpo di una creatura demoniaca posta lì da suo
padre per bloccare in eterno il passaggio. La sua aura, così simile a quella
del suo creatore, doveva averla risvegliata dal suo sonno millenario.
“Il
figlio maggiore di Sparda”ripetè piano la creatura. “E
così Sparda ha avuto dei figli. Lui dov’è? È ancora sulla terra?”.
“Mio padre è morto anni fa”.
“Capisco.
Come era ovvio. Rinunciando ai suoi poteri deve aver rinunciato anche alla sua
immortalità di demone”. La voce tacque per diversi attimi poi riprese:
“Il
mio nome è Reiyel e sono il guardiano del Labirinto della Perdizione, al cui
centro giace sigillata Kasreyon, l’arma più potente mai creata dalla Notte dei
Tempi. Cosa sei venuto a cercare in questo luogo maledetto, giovane Vergil?”.
“Sono qui per Kasreyon. E per il potere di mio padre. Mi spetta di
diritto”rispose il mezzo demone senza esitazione, mentre la sua mano si
stringeva istintivamente sull’elsa di Yamato. Non riusciva a capire cosa voleva
quell’essere da lui: non sembrava intenzionato ad attaccarli, eppure il suo
compito era quello di proteggere l’ingresso. Se era davvero stato posto lì da
suo padre come non aveva ragione di dubitare, allora batterlo non sarebbe stato
per niente facile.
“Kasreyon…Sei
sicuro di sapere quello che cerchi, Vergil?”domandò Reiyel con calma.
Sui battenti della porta la luce che dava vita alla sculture si concentrò in
due punti fino a formare due occhi rosso fiammeggiante. “Sei sicuro di conoscere
abbastanza l’abisso in cui stai per gettati? Il Labirinto della Perdizione non
è un luogo che tutti possono attraversare”.
Vergil si costrinse a guardare dentro quelle iridi rosso sangue. Non poteva
permettersi di esitare neanche per un istante. Quel demone non l’avrebbe
fermato. Di fianco a lui Magornak si staccò dal suo giaccone, gli occhi
ametista che catturavano i bagliori di fuoco di quelli del guardiano, come
incantato. “Non è la prima volta che mi getto di proposito tra le Tenebre. So
badare a me stesso. Sono pronto a qualunque cosa pur di raggiungere il mio
obiettivo. Quel potere è mio, avrei dovuto prenderlo anni fa. Non posso
sprecare questa mia ultima opportunità. Se dovessi fallire, la morte mi accolga
pure nel suo gelido abbraccio”.
“Sei
proprio il figlio di Sparda. Scopi così diversi, motivazioni tanto differenti.
Eppure la stessa forza, la medesima volontà di riuscire. Ti lascerò passare,
giovane Vergil. Ma ricorda: una volta entrato nel Labirinto non potrai far
altro che avanzare, qualsiasi cosa accada. Non potrai voltarti indietro.
Nessuno potrà soccorrerti, dovrai arrivare fino in fondo. E ricorda che
potresti andare incontro a qualcosa di molto peggiore della morte”. La
luce che avvolgeva i bassorilievi si intensificò e i battenti della porta si
dischiusero senza emettere il minimo suono.“Tieniti stretto la tua anima,
figlio di Sparda. O potresti rischiare di perderla per sempre”.
“Lo terrò presente”disse Vergil. “Reiyel. Ho un favore da chiederti. Dante, mio
fratello gemello, sarà qui nel giro di poco tempo. Non negargli l’accesso. Gli
ho promesso che gli avrei dato la possibilità di fermarmi”.
“Come
vuoi. Lo lascerò passare”concesse il guardiano.
“Andiamo, Magornak”ordinò il giovane, oltrepassando la soglia senza attendere
un attimo di più. La percepiva già. L’aura sopita di Kasreyon. Oltre quella
porta. Brividi gelidi gli corsero lungo la schiena. Eccitazione e angoscia. Un
potere immenso proveniva da dietro i battenti metallici e lo stava risucchiando
oltre la soglia. Presto tutta quella potenza sarebbe stata sua. La bramava più
di ogni altra cosa.
Il demonietto esitò un attimo di fronte alla porta, indeciso, e fissò il suo
compagno varcarla senza esitazione, il braccio leggermente teso in avanti,
quasi in trance. Scosse il capo, ansioso. Perché Vergil doveva fare così? Lo
spaventava. E aveva paura di quello che li aspettava dall’altra parte. Aveva
assistito in silenzio al dialogo tra il suo protettore e Reiyel e quello che
aveva sentito non gli era piaciuto neanche un po’. Non doveva essere un bel
posto, quel Labirinto della Perdizione. Già il nome diceva tutto. Scosse di
nuovo il capo. Non aveva altra scelta. Non poteva abbandonare il suo compagno.
Prese un respiro profondo per farsi forza e fece per seguirlo oltre la porta ma
la voce del guardiano lo bloccò.
“Magornak.
Stagli vicino. Ricordagli di chi è figlio, chi era sua madre. Rammentagli che
suo fratello lo sta ancora cercando e che la strada è ancora aperta per lui. Ma
non tentare di aiutarlo se si perde. È una cosa che deve fare da solo”.
Magornak fissò la porta, confuso. Non capiva cosa gli stava dicendo il demone.
Come poteva non aiutare Vergil?! Lui era lì per quello e nient’altro. Se non
poteva aiutarlo, tanto valeva morire. Però doveva fare come diceva Reiyel. Se
fosse intervenuto sarebbe stato peggio. Lo sentiva. Lo sapeva. Annuì
lentamente. “Lo farò, Reiyel”mormorò mentre un lampo attraversava i suoi occhi
ametista. Ora conosceva il suo ruolo. Anche se non sapeva il perché di tutto
quello che gli stava succedendo. Lui poteva attraversare indenne quel Labirinto
e avrebbe portato Vergil con sé. Poteva giurarci. Si affrettò a correre dietro
al mezzo demone.
Il guardiano aspettò che la creaturina fosse sparita nell’oscurità e chiuse la
porta. Era arrivato finalmente. Dopo tanti secoli. Appena in tempo. Il sigillo
aveva già iniziato ad indebolirsi. La catena che Damaer aveva imposto a quella
spada maledetta non avrebbe retto ancora a lungo, anche se lei non poteva
saperlo. E neanche le barriere di Sparda e lui stesso avrebbero potuto qualcosa
una volta che si fosse liberata. L’unica speranza giaceva in quel giovane.
Aveva il sangue del Cavaliere Oscuro nelle vene e la Luce della più pura delle
umane nell’anima. Ma era anche invaso dall’Oscurità più profondo dell’Inferno.
Il suo destino non era ancora scritto. Sarebbe stato la salvezza o la rovina
del mondo umano. Nessuno poteva saperlo. Dipendeva da se avrebbe retto
all’assalto delle Tenebre o se sarebbe caduto vittima delle sua ossessione. Si
chiese se aveva fatto bene a farlo passare. Vergil non era pronto, era così
instabile, così combattuto. Eppure Damaer era stato chiaro su quel punto.
Quando fosse giunto il demone che lui avrebbe scambiato per Sparda avrebbe
dovuto lasciarlo passare perché era il prescelto. E lui aveva fatto come gli
era stato detto. Aveva con sé quel demonietto distratto e sbadato. Lui avrebbe
saputo mostrargli la strada tra le Tenebre del Labirinto. Su questo non c’erano
dubbi. Ma Vergil avrebbe saputo sconfiggere quelle della sua anima?
Aveva svolto il compito. Non gli restava che attendere l’altro figlio di Sparda
per completarlo e tornarsene da dove Sparda l’aveva chiamato. Che ironia.
Gemelli. Uno votato alle Ombre, l’altro alla Luce. I due lati di Sparda. Uno
contro l’altro. O forse insieme contro il vero Male.
La sala che si spalancò davanti a loro una volta oltrepassato
Reiyel era, al contrario di tutto il percorso che avevano fatto fino a quel
momento, illuminata soffusamente, abbastanza da rendere inutili le torce. La
luce bianca e fredda pareva provenire dal soffitto, ma non si riuscivano a
scorgere aperture o altre fonti luminose tra la roccia grezza che lo componeva.
La stanza era una caverna naturale di forma quasi circolare e la pietra delle
pareti era nera ossidiana.
Magornak passò inquieto una mano sulla roccia gelida. Nelle orecchie gli
rimbombavano ancora le parole di Reiyel, come una cantilena, accompagnate da
quella serie di misteriose certezze che si agitavano misteriose ed incomprese
nel profondo della sua anima. Quel posto era così famigliare, eppure così
estraneo. Avvertiva una repulsione fortissima verso di esso ma al tempo stesso
una nostalgia struggente gli faceva salire le lacrime agli occhi. E poi c’era
lei. Così vicina eppure così distante. La tanto odiata Kasreyon, l’inizio e la
fine del loro viaggio.
Di fianco a lui Vergil fissava il centro della stanza che era avvolto da un
fascio di luce più intensa, in attesa che i suoi occhi vi si abituassero per
permettergli di scorgere ciò che esso conteneva. Ma non aveva bisogno di
vedere per sapere cosa c’era. L’arma che aveva tanto bramato era lì, di fronte
a lui circondata da una barriera invisibile. Ne avvertiva il potere e l’oscura,
schiacciante presenza. Avanzò verso la luce e poggiò le mani sullo schermo
invisibile che lo separava dal compimento della sua missione. La spada doveva
essere su un altro piano di realtà tangente al loro. E quello che il guardiano
aveva definito “Labirinto della Perdizione” non poteva che essere il sentiero
che collegava le due dimensioni. Distolse a fatica lo sguardo dalle forme vaghe
ma inconfondibili di Kasreyon, perse in quella strana luce, e cercò con lo
sguardo la porta che l’avrebbe portato da lei. La sua mente era completamente
persa nel suo struggente desiderio di averla tra le mani, dimentica di tutto il
resto, e lui pareva non avvertire nemmeno le mani del suo protetto artigliate
al suo giaccone né vedere le lacrime che ingombravano quegli occhi ametista
così pieni di confusione. Anche il pensiero che suo fratello lo stava
inseguendo si era eclissato. Nulla importava. Era così vicino a saziare la sua
ossessione.
L’ingresso del Labirinto era inserito nella parete opposta. Nella roccia erano
scolpite due colonne lisce, i cui capitelli scolpiti sorreggevano un architrave
che portava il nome del sentiero scritto in caratteri demoniaci. Tra i due
pilastri si erigeva una parete di luce nera, uguale a quella che si sprigionava
oltre le Porte dell’Inferno.
Il mezzo demone lo raggiunse seguito, seppure non senza esitazione, dal
demonietto. Allungò un braccio per toccare la parete di luce, ma quella risultò
dura ed impenetrabile al suo tatto come la pietra in cui era fatto il resto
della sala. Ma bene. Un altro ostacolo. Estrasse il codice dallo zaino,
sfogliando con urgenza le pagine. Si ricordava che anche il libro accennava a
un labirinto. Non gli ci volle molto a trovare il passo che cercava.
“Sentiamo cosa dice questo pazzo inutile di un autore…”disse a bassa voce più
rivolto a sé stesso che al suo compagno.“Sciocco viandante, dannato assetato del
potere che fu generato nel punto più profondo degli Inferi, rifletti bene prima
di compiere questo passo fatale. Sfidi gli dei, quindi preparati a perdere.
Tanta arroganza e superbia e forse una forza malvagia ti spinsero fino a quella
soglia maledetta, ad un passo dall’Oscura”recitava minaccioso il codice. “Ma
non sperare di uscirne come ne sei entrato. L’Inferno stesso ti aspetta, lo
stesso Inferno di cui tu con la tua anima nera spalancasti le porte
intraprendendo questa folle ricerca”. Vergil sbuffò, annoiato. Tutta quella
predica morale lo infastidiva e basta. Cosa voleva saperne quell’umano
dell’Inferno? Lui ci aveva vissuto e di sicuro ora nulla poteva più
impressionarlo, tanto meno delle parole sbavate. Saltò il resto del paragrafo
cercando il punto in cui incominciava la spiegazione. “L’anima che si appresta
a percorrere l’Oscuro Sentiero non deve temere di incrociare la lama con i
propri demoni e con sé stessa. Lasciala là, la tua anima, dannato, non ti
servirà più. Perché solo la buia Perdizione potrà illuminarti la strada.
Vota quel poco di luce che questo viaggio ti ha lasciato e le Tenebre
illumineranno il tuo percorso. Perché nulla ti creerà più buio intorno della
Luce. Libera il tuo vero spirito e lascia che si perda trovando la via che ti
sei scelto, maledetto!”. Sempre molto chiaro quel dannato libro. E decisamente
insistente con la sua religiosa morale. L’autore doveva essersi infervorato
nella sua fede medievale scrivendo quelle righe. Ma tutto ciò non aveva
importanza. Tanto aveva capito quello che doveva fare. Appoggiò per terra il
volume, lasciandolo aperto sulla pagina che aveva appena letto. A lui non
sarebbe più servito. Per un attimo un sorrisetto gli si aprì sulle labbra al
pensiero che suo fratello ci avrebbe sbattuto la testa senza riuscire a leggere
quello che c’era scritto. Peggio per lui: si sarebbe pentito di non aver
seguito come si doveva le lezioni di Sparda quando erano ragazzini.
“Magornak. Attaccati a me e non lasciarmi per nessun motivo, chiaro? Qualunque
cosa dovessi fare o dire”ordinò gelido e deciso. “Stiamo per tornare
all’Inferno, ma sarà un Inferno diverso da quello che consociamo. Non è casa
nostra, è territorio nemico. Potresti vedere cose terribili, ma non lasciarmi
mai, Magornak. Mai, hai capito? Non voglio correre il rischio che tu ti perda”.
Il demonietto sollevò lo sguardo incrociando esitante quello del suo
protettore. C’era un tale fuoco in quegli occhi, la fiamma gelida e distruttiva
dell’ossessione. Annuì piano. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, qualsiasi cosa,
ma il groppo che gli chiudeva la gola glielo impedì e lui si limitò a stringere
la presa sulla stoffa. Continuò a guardarlo mentre l’altro tornava a fissare la
parete di luce di fronte a loro. ‘Vergil, ti prego, sei tu quello che rischia
davvero di perdersi. Non lasciarmi, non cedere. Ho paura, Vergil, una dannata
paura, ma io ti seguirò. Ovunque. Non ti lascio. Per nessun motivo. Neanche se
dovessi ordinarmelo. Se si dovrà morire, ci sarò anche io. Ti seguirò anche
laggiù, nelle lande desolate della Morte. Ma ti prego, Vergil, ti scongiuro,
non lasciare che ti prenda, non permettergli di farlo’pensò, ricacciando
indietro le lacrime. Non c’era spazio per esitazioni o debolezze. Doveva essere
forte per entrambi. ‘Io credo in te. Non tradire la mia fiducia, la mia
devozione’.
Il giovane, ignaro dei pensieri del suo protetto, strinse i pugni, pronto a
compiere quel passo cruciale. Avrebbe lottato. Avrebbe dimostrato che quel
Labirinto non poteva nulla contro il sangue di Sparda. Suo padre lo aveva percorso
secoli prima e quindi poteva farlo anche lui. Non si sarebbe perso. Non del
tutto almeno. Avrebbe sconfitto qualunque cosa si fosse parata davanti a lui.
Ad ogni costo. Chiuse gli occhi lasciando che la sua aura fluisse dentro la
parete di luce nere che sotto le sue dita divenne impalpabile senza però
perdere il suo gelo. Un’ondata di sensazioni, le stesse che aveva provato nel
toccare i bassorilievi ma moltiplicate, lo investì senza preavviso, ma lui
riuscì a scacciarle e a non farsi dominare. Prese fiato e penetrò nella parete
di luce nera. ‘Kasreyon, sto arrivando a prenderti’.
I due sparirono oltre le colonne e nella sala tornò il silenzio di morte che vi
regnava prima. La luce intorno a Kasreyon iniziò a brillare più intensa, fino
ad illuminare a giorno tutta la stanza, e una risata terrificante echeggiò tra
le pareti di ossidiana. Non temere, non andrò da nessuna parte.
Sono secoli che aspetto solo te, Vergil Sparda.
Quel dannato corridoio era buio peggio dell’Inferno, non si
riusciva a vedere un cavolo. Ma perché tutti i posti in cui andava a cacciarsi
quel pazzo di Vergil dovevano avere ripide ed interminabili scalinate buie? E
soprattutto perché dovevano sempre essere impregnati di un’aura tanto
inquietante e pressante? Quello, comunque, era il peggiore di tutti: l’aria
vibrava satura di sentimenti tenebrosi e brutali, mentre una forza oscura di
espandeva tutto intorno. Dante sbuffò, irritato e anche un po’ ansioso,
rischiando al tempo stesso di inciampare, per l’ennesima volta, in uno dei gradini
della scalinata. Avevano una torcia in due perché a lui non era neanche passato
per la testa di prendere la sua e ovviamente l’aveva monopolizzata Lady. La
ragazza scendeva spedita i gradini davanti a lui, fermandosi di tanto in tanto
a studiare i bassorilievi che occupavano le pareti levigate, e il fascio di
luce non bastava a far vedere anche lui tutto quello che c’era sotto i suoi
piedi. ‘Spero che questa discesa del cavolo finisca al più presto o mi
ammazzerò prima ancora di riuscire a raggiungere mio fratello’pensò irritato,
lanciando un’occhiataccia alla schiena della sua amica. Doveva divertirsi,
quella stronza. Si era di certo accorta che lui non ci vedeva un cavolo e
ovviamente non faceva nulla per rimediare a quel piccolo inconveniente. Se non fosse
stata così terribilmente carina e sotto certi aspetti invitante di sicuro
l’avrebbe già strozzata da un pezzo. Sbuffò nuovamente, imprecando in silenzio
contro tutto quello che gli veniva in mente.
“Ma la vuoi smettere di sbuffare, Dante? Mi dai sui nervi”lo apostrofò
all’improvviso la donna, fermandosi e voltandosi a guardarlo. Nonostante
l’oscurità il cacciatore di demoni riuscì a leggere l’angoscia che trapelava
dal suo volto e soprattutto non potè non notare la nota leggermente isterica
che permeava la sua voce. Quel posto non doveva piacerle neanche un po’ e lui
non poteva darle torto. Se quell’atmosfera inquietava lui che era un mezzo
demone, poteva immaginare come si dovesse sentire un umano.
“Scusami, ma, sai com’è, non ci vedo un cazzo e la cosa mi dà un po’
fastidio”rispose lui scontroso. Mostrarsi comprensivo verso la paura della sua
amica l’avrebbe solo resa ancora di più di cattivo umore. In quelle situazioni
lei voleva sempre mostrarsi forte e guai a chi provava a dire il contrario. Si
somigliavano da quel punto di vista. Quindi lui avrebbe adoperato la strategia
che usava lei: l’avrebbe provocata fino a farla incazzare se fosse stato
necessario. Così le avrebbe ridato un po’ di grinta e si sarebbe anche
divertito.
“Colpa tua se, da bravo idiota che sei, non ti sei preso una torcia!”.
“E che ne sapevo che si saremmo dovuti infilare in questo buco?! E poi scusa
tanto se non sono qui per una gita di piacere ma perché il mio gemello sta cercando un altro pazzo
piano malefico per ottenere il potere di nostro padre e di conseguenza ho la
testa altrove!”.
“E io sono in vacanza secondo te? Avrei scelto un luogo un po’ più soleggiato e
meno tetro se fossi venuta per rilassarmi, non trovi? O forse credi che mi
piacciano questi luoghi così spiccatamente infernali? Se volevo un po’ di
brividi me ne andava alla casa degli orrori del Luna Park che non necessita che
io mi porti dietro Kalina Ann. Invece di starmene tranquilla a farmi i cazzi
miei sono qui per dare una mano a te e a tuo fratello, anche se non ve lo
meritate neanche un po’, visto gli stronzi egoisti che siete. Rischiando la
vita, tra l’altro, in questo postaccio che avrei tanto voluto dimenticare da
anni!”.
“E allora tornate di sopra e lascia che mi occupi io di mio fratello. Anzi,
sarebbe la cosa migliore. Questo affare riguarda solo me e Vergil e quindi è
giusto che ce la sbrighiamo da soli. Se devo anche proteggerti non rampo fuori
più”.
“Cos’è, mi hai usata fino ad adesso e mi scarichi? Non te lo lascio fare mio
caro! Per cosa mi hai preso, per un dispensatore di consigli automatico? Ho
anche io un conto in sospeso con il tuo gemello e non ho intenzione di
affidarlo a un irresponsabile come te!”.
Sul volto di Dante comparve un sorrisetto. “Va be’, peccato”sospirò
teatralmente superandola e lanciandogli al tempo stesso un’occhiata divertita.
“Tu devi sempre essermi tra i piedi, vero? Non ne puoi fare a meno. Sai, ci
tenevo tanto a stare solo soletto con Vergil…”.
Lady lo fissò a bocca spalancata senza trovare nulla da rispondere. Questa
volta era stato lui a zittirla. ‘D’accordo, touchè, Dante Sparda’pensò.
Arrivare a dire una cosa del genere per spiazzarla. Non se l’aspettava.
Sorrise. Sapeva perché Dante l’aveva fatto. E gliene era grata. In fondo, anche
lui sapeva bene come trattarla. Sapeva avere la giusta dose di sensibilità
quando serviva. Dopo dieci anni di amicizia e partnership era il minimo,
d’altra parte. Scosse il capo e riprese a scendere le scale. Si sentiva
decisamente meglio. Forse avrebbe sopportato ancora per un po’ il continuo
sbuffare dell’amico. E poi adesso aveva un nuovo spunto per prenderlo in giro.
‘Hai fatto male a voler essere così carino con me, Dante…’.
Quasi avesse intuito i suoi pensieri il giovane si girò e lei gli rivolse il
più solare ed innocente dei sorrisi, che lo turbò più dei soliti ghigni da
squalo. Aveva fatto una cazzata a dire quelle cose. E ne avrebbe subito le
conseguenze. Però avere di nuovo la Lady determinata e impavida lo rassicurava.
Qualunque cosa fosse accaduta, lei sarebbe stata al suo fianco.
Dopo pochi minuti i due giunsero finalmente in fondo alla scalinata. La porta
che conduce al Labirinto li sovrastava con i suoi terrificanti bassorilievi.
Dante le si avvicinò e tentò di aprirla spingendo, ma i battenti sembravano
bloccati. Allora si guardò intorno alla ricerca di un pannello o qualcosa di
simile che permettesse di dischiuderla, ma le pareti levigate gli restituirono
solo il riflesso della torcia di Lady.
“E adesso che facciamo?”domandò, voltandosi a guardare la sua compagna.
Lei si strinse nelle spalle. “E io che ne so?”rispose. “Tuo fratello ti aveva
detto che ti avrebbe sgomberato la via e quindi qualcosa deve aver fatto anche
qui”.
“Uff, questa situazione me ne ricorda una non troppo simpatica in cui mi sono
trovato dieci anni fa”borbottò lui, mentre i ricordi del suo primo incontro con
Jester gli passavano veloci davanti agli occhi. Brutto stronzo di un giullare,
si era preso gioco di lui. E anche alla grande. Scacciò quel pensiero, tornando
a guardare torvo la porta. “Che anche mio fratello mi abbia fatto uno
scherzetto di qualche genere? Giuro che se è così, appena ti trovo ti strozzo.
Sta’ sicuro che lo faccio, Vergil!”.
Aveva appena finito di pronunciare quel nome che i bassorilievi furono percorsi
da un lampo di luce e la voce di Reiyel risuonò tutto intorno. “Sei
Dante, vero? Ti aspettavo”.
Le mani dei due giovani corsero istintivamente alle loro armi e loro si
guardarono attentamente intorno, alla ricerca del proprietario della voce.
“Chi sei?”domandò il cacciatore di demoni, voltandosi a fissare la porta. Sotto
i suoi occhi le iridi di fuoco del demone si accesero nell’oscurità.
“Il
mio nome è Reiyel e sono il guardiano di questo luogo. Mi pose qui tuo padre
Sparda più di due millenni fa, dopo che ebbe sigillato Kasreyon in fondo al Labirinto
di Damaer. Tuo fratello mi aveva avvisato che saresti venuto a cercarlo”rispose
il guardiano con calma. “Mi ha pregato di lasciarti passare e io lo
farò”.
“Bene. E allora che aspetti? Apri questa dannata porta!”esclamò Dante
impaziente. Non gli importava nulla di chi era quella voce del cavolo e a che
cosa faceva la guardia. Lo avrebbe fatto passare? Meglio. Non avrebbe dovuto
combattere.
“Sta’ buono, Dante”lo bloccò Lady con calma, lanciandogli però un’occhiataccia.
Al contrario dell’amico, a lei interessava chiedere spiegazioni al guardiano, e
anche parecchio. Forse avrebbero finalmente scoperto a cosa mirava Vergil e
dove li avrebbe portati quel sentiero buio. “Voglio sapere cos’è questa storia
del Labirinto e di Kasreyon”.
“Che palle! Non abbiamo tempo, Lady! Devo raggiungere Vergil!”.
“E
invece dovresti ascoltare la tua amica umana, figlio di Sparda. Perché lei è
molto più attenta e saggia di te”lo rimproverò Reiyel. Poi si rivolse
alla ragazza. “Mi pare di capire che non sapete nulla di ciò a cui dà la caccia Vergil”.
“È così”rispose lei.
“Bene,
allora ti spiegherò come stanno le cose. Sarò breve visto che siete di fretta.
E non avete torto ad esserlo”. La voce del demone tacque per qualche
attimo. Poi iniziò il racconto: “Questa porta è l’ingresso del Labirinto
della Perdizione, il sentiero che conduce al luogo in cui giace da quasi due
millenni Kasreyon, la spada che venne forgiata da un demone di nome Damaer
millenni fa, su ordine di Mundus, l’imperatore dei demoni. Damaer era uno dei
demoni più potenti dell’Inferno, ma davanti all’immenso potere che aveva infuso
nell’arma, di gran lunga superiore al suo, tremò e decise di sigillarla,
nascondendola per impedire che qualcuno la usasse. Invano Mundus tentò di farsi
rivelare il nascondiglio. Quando Sparda si ribellò, Damaer si confrontò con lui
ma venne ferito a morte. Prima di spirare rivelò a Sparda l’ubicazione di
Kasreyon e lo pregò di rafforzare il suo sigillo. Sparda accettò e mise me a
guardia del Labirinto. Vergil è venuto qui per Kasreyon, ma non credo che
sappia quello che sta cercando”.
“Ma non diciamo cazzate!”fece Dante. Aveva ascoltato si e no metà di quello che
il guardiano aveva detto. Non riusciva a concepire il fatto che stessero
perdendo tempo in inutili lezioni di storia mentre forse suo fratello aveva già
raggiunto la sua meta. “Vergil sa sempre quello che fa! Mio fratello non è un
avventato”.
“Dante! Non essere così scortese! Reiyel è un amico di tuo padre!”lo sgridò la
sua compagna. Quel ragazzo era impossibile. Un maleducato cronico.
“Non
importa, Lady, va bene. Ha il diritto di difendere suo fratello. Non metto in
dubbio le capacità di Vergil, giovane Dante. Ma ti prego di non fraintendermi.
Il fatto è che tuo fratello non sa cos’è Kasreyon. Anzi chi è”rispose
paziente Reiyel. “Damaer voleva creare un’arma. Certo, potentissima, ma pur sempre
un’arma. E invece la spada sviluppò con l’accrescere del suo potere una volontà
propria, fino a divenire una creatura demoniaca vera e propria. Per questo
Damaer la sigillò: Kasreyon si ribellò al suo creatore che solo a stento
riuscì ad imprigionarla. E temo che Vergil non conosca questa parte della
storia”.
Il mezzo demone fissò attonito quegli occhi fiammeggianti. Suo fratello stava
andando dritto tra le fauci di un mostro dalla potenza sconfinata e non lo
sapeva?! Di fianco a lui Lady si tormentava le mani, agitata. Quella missione
di salvataggio stava prendendo una pessima piega.
“Kasreyon
vuole l’anima di Vergil per liberarsi dal sigillo che la confina in questo
luogo. E quando sarà libera per il mondo di Luce non ci sarà più salvezza. Devi
impedire che accada, figlio di Sparda. La Luce vi guiderà nel Labirinto. Tuo
fratello vi ha già aperto la strada. Riporta Vergil sulla retta via, salvalo
dall’abisso di perdizione in cui è caduto! E insieme finite quello che vostro
padre Sparda e Damaer hanno iniziato: distruggete quel mostro oscuro una volta
per tutte!”.
La voce del demone guardiano rimbombò per tutta la scalinata buia, mentre un
lampo di luce percorreva rapido i bassorilievi che coprivano le pareti. Gli
occhi scomparvero e i battenti del portone si schiusero. I due giovani si
scambiarono un’occhiata decisa e li varcarono senza esitare. Non c’era tempo da
perdere. Avrebbero lasciato lì tutti i dubbi e le incertezze. Non c’era più spazio
per quelli, la situazione era troppo grave ormai.
Reiyel li osservò sparire nel buio. Ora aveva davvero terminato il suo compito.
Poteva tornare nel suo luogo natio. “Spero che vada tutto bene. Damaer, Sparda,
amici miei, io ho terminato. Ora tutto è nelle mani di quei ragazzi. Siate
forti, figli di Sparda, perché solo la forza del Cavaliere Oscuro potrà contro
il potere dell’Oscurità. E voi due, uniti, lo avete in tutto il suo splendore”.
I bassorilievi si illuminarono ancora una volta per poi perdere per sempre la
loro energia e la scalinata sprofondò nuovamente nel buio e nel silenzio in
cui era rimasta per più di due millenni.
Eccomi qua! No, non sono morta,
solo che sono stata un po’ impegnata anche con le altre storie e con questioni
personali, quindi non ho potuto aggiornare prima…
Allora, inizio col dire che mi
spiace per avervi fatto attendere e in più per aver postato un capitolo più
corto del solito dopo averci messo un’eternità ad aggiornare…sorry, guys!! Ma
mi rifaccio col prossimo capitolo, che sarà bello lunghetto!! ^^ promesso!
Si è svelata l’identità della voce
misteriosa che aveva scambiato Vergil per suo padre…e che tra l’altro sembra
conoscere Magornak. I misteri sul demonietto si infittiscono. È l’ennesima
svista del demone guardiano? Oppure c’è sotto molto altro che non sappiamo sul
demonietto?! Be’, io lo so, voi non ancora!! XD La domanda dell’anno:
chi è Magornak?! XD
Comunque, c’è da dire che con
questo capitolo, o meglio con il precedente, siamo giunti all’inzio della fine
della storia, e ben presto tutti i conti e i debiti saranno regolati…Quindi è
giunto il momento che io mi rimbocchi le maniche sul serio! Anche perché questa
sarà una delle parti più complesse da scrivere…ergo, mi richiederà più tempo!!
Sorry! ^^”
Sinceramente non ho molto da dire,
perché le crisi di onnipotenza di Ver le conosciamo già tutti fin troppo bene,
così come il comportamento di Dan. Solo una cosa: sorpresa, Kasreyon non è una
semplice arma ma è un demone! XD Probabilmente molti di voi lo avevano già
capito, così come sapevano già che è proprio lui la voce che tormenta Vergil.
Spero di aver sorpreso almeno qualcuno oltre che me stessa con questa
rivelazione…
Vorrei ringraziare Xeira_, doc11 e Alice Mudgarden che non mancano mai di recensire i miei capitoli, devilcancry (che tra l’altro ha tutto
il mio sostegno e la mia indignazione verso una cosa che le è successa…) e
vorrei dedicare un abbraccio speciale a quella santa di Rakelle che ha fatto fin troppo in queste settimane! Un bacio anche
a LadyVergil, Bloody Wolf e
Pride_ che in un modo o nell’altro mi sostengono sempre! Grazie anche a chi
legge e tiene la storia tra le preferite/ricordate! Pur non avendo nulla da
dire ho scritto un poema…mi rassegno è una maledizione!
Oltre le colonne di pietra lo spazio era completamente immerso
nella luce nera. Le dimensioni si fondevano e si mescolavano, rendendo
impossibile definire la profondità e lo spazio. Quel nero brillante si
estendeva tutto intorno a loro, intrappolandoli nella sua indeterminatezza. Era
come camminare nel vuoto, anzi sul
vuoto. Sotto di loro avvertivano chiaramente qualcosa di solido, ma era
impossibile distinguerlo da tutto il resto. Avanzavano praticamente alle cieca,
un passo dopo l’altro, pur senza avere l’impressione di procedere. Nulla in
quel limbo cambiava o si muoveva.
Vergil camminava in fretta, incurante di dove lo stessero conducendo i suoi
passi. Il libro gli aveva detto che doveva perdersi e così avrebbe fatto.
Quella luce oscura era impregnata di quell’odio senza fine che aveva percepito
quando l’aveva toccata la prima volta, ma il sentimento non lo aggrediva più
come aveva fatto all’inizio. Gli scivolava sopra, avvolgendolo in un abbraccio
gelido ma al tempo stesso confortante. Non si era mai sentito più a suo agio di
così, con quell’emozione così oscura che cullava la sua anima con una dolcezza
inquietante. La confortava, la accarezzava. Odio, rabbia, rancore,
risentimento, dolore, collera non erano mai stati così tremendamente sublimi.
Un vero incanto, un’oscura melodia soggiogante che si avviluppava intorno a
lui, stregandolo. Sentiva che stava lentamente perdendo la percezione di ciò
che lo circondava, che la sua mente stava pian piano scordando ogni cosa, ma
lui non riusciva a lottare contro quel dolce senso di oblio, quasi non gli
importava farlo tanto agognava di cadere in quella sensazione di buio
smarrimento. Avvertiva che, più essa aumentava, più la distanza che lo divideva
dal potere che tanto desiderava diminuiva. Più la sua anima si abbandonava a
quello stato più lui si sentiva bene, più la sua sicurezza aumentava, più il
caos del suo spirito si calmava, più la sua sete di onnipotenza si placava.
Perché perdendo coscienza di sé gli pareva di acquisire quella della totalità
degli universi.
Aggrappato a lui, Magornak era invece completamente terrorizzato. Si sentiva
risucchiare verso il basso, come se delle mani invisibili e gelide lo stessero
strattonando sempre più giù, e aveva una dannata paura di cadere, anche se era
conscio di avere un qualche tipo di pavimentazione sotto i piedi. In più
quell’atmosfera oscura gli riportava alla memoria i suoi ricordi peggiori,
immagini di sangue e violenza, di solitudine e impotenza, di delusione e
scoraggiamento. Tutte emozioni che avrebbe dovuto evitare se voleva riuscire
nel compito che si era assunto. Il suo unico conforto era avvertire il corpo di
Vergil di fianco al suo. Doveva essere forte se voleva aiutare il suo
protettore. Non doveva assolutamente cedere.
All’improvviso, un lampo di luce più forte degli altri li avvolse e loro si
ritrovarono in un’altra grotta immensa, al cui interno si attorcigliavano file
su file di corridoi di pietra che si muovevano di continuo, in una danza
sfrenata, scontrandosi, attraversandosi, intrecciandosi e delineando così una
progressione di forme in contiua evoluzione, senza sosta. Il Labirinto della
Perdizione. E al centro di quell’immensa struttura giaceva Kasreyon. La si
percepiva chiaramente, quasi come se fosse lì, ad un passo da loro. Il
demonietto alzò istintivamente lo sguardo verso il giovane e vide con orrore
che i suoi occhi si erano tinti di un rosso sangue intenso, pupilla compresa, e
brillavano minacciosi nella semi oscurità. Sul viso del mezzo demone era
dipinto un ghigno soddisfatto e il suo sguardo sembrava perso nel vuoto, quasi
come se non si accorgesse di quello che gli stava accadendo intorno. La
creaturina tremò. Vergil stava già iniziando a perdersi. Ed erano solo
all’inizio del Labirinto. Doveva fare qualcosa. E subito.
“Ricordagli
di chi è figlio, chi era sua madre. Rammentagli che suo fratello lo sta ancora
cercando e che la strada è ancora aperta per lui”. Le parole di Reiyel
gli echeggiarono nelle orecchie, quasi in risposta alla sua muta richiesta di
aiuto. E va bene. Avrebbe parlato. Senza mai fermarsi. Per tutto il tempo del
percorso, se fosse stato necessario. Prese fiato. Prima Sparda, poi Dante.
Sparda, Dante. Sparda, Dante. Le parole gli fluirono dalla bocca molto più
facilemente di quello che aveva creduto: commenti, pensieri sparsi, aneddotti
inventati, dubbi, curiosità, domande. Era più che consapevole che il suo
protettore non lo stava ascoltando, almeno non del tutto, ma sapeva anche che
non poteva permettersi di smettere di parlare, che non doveva per nessun
motivo. E così proseguì il suo monologo mentre imboccavano l’entrata del
Labirinto, incurante di tutto quello che avrebbe potuto succedere di lì a poco.
Vergil abbassò per una frazione di secondo lo sguardo su di lui, ma le sue
iridi rosse erano incapaci di vederlo. Davanti ad esse si estendeva ancora quel
misterioso universo di luce nera e potere vibrante. Avvertiva la sua voce, ma
era come lontana, come se il suo protetto non fosse lì di fianco a lui ma gli
stesse parlando da un luogo estremamente distante. Gli arrivavano solo parti
del suo discorso, e in particolare nella sua mente annebbiata risuonava chiaro
il nome di Sparda. Suo padre. Sapeva che addentrandosi in quel Labirinto stava
firmando irreversibilmente l’atto del suo tradimento verso la volontà di colui
di cui era figlio e che era stato per lungo tempo il suo modello, ormai definitivamente
tramontato nelle Ombre. Quella consapevolezza gli faceva male, gli riportava
nell’anima i sensi di colpa per tutto quello che era accaduto, ma al tempo
stesso evocava in lui una serena rassegnazione che non aveva mai provato prima.
Era come se stesse lentamente accettando uno dopo l’altro tutti i suoi sbagli,
gli errori che per lunghi anni non era mai riuscito a perdonarsi. Restavano
solo un desiderio sfrenato di libertà da quel tormente interiore e un odio
incontrollato che esigeva di essere sfogato. La morte di sua madre, la sua
debolezza così maledettamente umana, il tradimento che aveva scelto più o meno
conscietemente di compiere, la sofferenza che aveva causato a suo fratello in
tutti quegli anni affondavano lentamente nelle tenebre che avevano invaso la
sua mente.
‘Dante…’. La voce di Magornak aveva iniziato a parlare anche di lui. Commenti
confusi, osservazioni che lui non riusciva ad afferrare. Qualcosa sul fatto che
lo stava venendo a prendere, ne poteva essere certo, sul fatto che voleva
salvarlo. Ma salvarlo da che cosa? Il mezzo demone scosse il capo, confuso. Lui
non aveva bisogno di essere salvato. Se la cavava benissimo da solo. Stava per
ottenere il potere che aveva desiderato da sempre. Lo sentiva fluire lentamente
dentro di sé. Presto non avrebbe più avuto bisogno di niente e nessuno. Doveva
solo lasciarsi sprofondare sempre di più in quell’abbraccio gelido.
Un’immagine gli si affacciò improvvisa alla mente con una nitidezza accecante
fra i contorni confusi dei suoi pensieri. Il ricordo di un avvenimento di
qualche ora prima. Dante che lo tirava fuori dal buio soffocante che prima lo
aveva incatenato e poi aveva cercato di inghiottirlo. Quel freddo, quelle
sensazioni, quella forza oscura…Qualcosa dentro di lui scattò, strappandolo da
quell’esaltante stato confusionale e riportandolo bruscamente alla realtà. Le
emozioni che stava provando, a cui si stava abbandonando erano le stesse che
aveva provato nei momenti in cui la voce gli aveva tolto la padronanza di sé.
Meno violente, più intense ed inebrianti, ma erano le stesse, ne era sicuro.
Come aveva potuto non accorgersene? Quella voglia crescente di onnipotenza non
era altro che la brama insaziabile di potere che lo prendeva quando perdeva il
controllo. Intuendo di colpo cosa gli stava accadendo, abbassò lo sguardo su di
sé: la materia informe che costituiva la prigione di luce in cui era
intrappolato aveva iniziato ad avvolgergli le braccia e le gambe e strisciava
impercettibilmente verso l’alto, determinata ad inglobarlo. Vergil strattonò
violentemente i fasci di tenebre, cercando disperatamente di liberarsi, mentre
avvertiva la rabbia crescere dentro di lui. Non l’avrebbero avuto, non glielo
avrebbe permesso.
Mentre di dibatteva tra quei tentacoli che avevano iniziato a soffocarlo, dalla
luce nera iniziarono ad emergere delle figure spettrali: persone coperte di
sangue e con il corpo orribilmente deturpato, demoni dall’aspetto spaventoso,
ombre dai contorni indefiniti. I suoi incubi, le sue vittime, i suoi sensi di
colpa. Quei volti pallidi, quegli sguardi di tacita accusa. Le persone che
aveva strappato alla vitafin da quando
era ragazzino, durante tutto il corso della sua tormentata esistenza, di
propria volontà o costretto dalla situazione. Poi, tra di essi, una figura.
Come non riconoscerla, come aver dimenticato il colore candido di quel vestito,
seppure ora strappato e quasi invisibile sotto il rosso del sangue, quei lunghi
capelli biondi incrostati dal liquido vermiglio? Sua madre. Eva tese un braccio
verso di lui, la carnagione resa ancora più bianca dalla morte, gli occhi
addolorati che parevano chiedere: “Perché non mi hai salvata, Vergil?”. Il
mezzo demone si sentì soffocare sotto il peso di quello sguardo e si dimenò con
più forza, urlando per la frustrazione e la rabbia, ma invano. I tentacoli
oscuri continuarono ad avvolgerlo sempre di più, mentre la loro forza cresceva
con la sua disperazione e i suoi sensi di colpa.
Magornak capì immediatamente che la situazione, per qualche motivo a lui
sconosciuto, stava precipitando. Di fianco a lui Vergil si era irrigidito e
aveva accelerato ancora di più il passo. E poi avevano iniziato ad apparire
quelle cose. All’inizio non riusciva
a distinguerle molto bene, i loro contorni erano sfocati, ma poi le figure
erano andate facendosisempre più
definite. Sbucavano dalle pareti e dal pavimento, li accerchiavano e li
seguivano. Non riusciva a capire se volessero attarcarli o cosa dal momento che
si limitavano a fissarli e a seguirli a distanza, mostrandosi in tutto il loro
orrore spettrale. Avanzando si lasciavano dietro una scia rossastra, come il
sangue rappreso, che emanava un insopportabile puzza di morte. Il demonietto
sbiancò, terrorizzato, e perse il filo del discorso che stava facendo,
dimenticandosi per un istante dov’era e perché. Dentro di lui rimase solo uno
strano terrore che gli gelò il corpo, stringendolo in una morsa paralizzante
che gli spezzava il respiro. Quegli spettri lo spaventavano non tanto per il
loro aspetto, quanto più per le loro aure. Non erano oscure come quella di
Kasreyon, ma non era neanche tanto quello a preoccuparlo: avevano tutte
qualcosa di terribilmente familiare, anche se stravolto. Il suo sguardo si
spostò di istinto sul suo protettore. Quei mostri in qualche modo venivano
fuori da lui. Brividi di paura gli corsero lungo la schiena. Com’era possibile
che fosse proprio Vergil ad evocare quelle cose
tanto intrise di buio? No, il mezzo demone non era così, lui lo sapeva, non
poteva essere. Era tutta colpa di quel maledetto Labirinto, di quella dannata spada,
volevano portarlo via da lui, rinchiuderlo per sempre in un Buio dove nessuno
avrebbe potuto raggiungerlo. E il problema era che ci stavano riuscendo.
All’improvviso il fantasma insanguinato di una donna si parò davanti a loro,
più vicino degli altri. Il demonietto la fissò a metà tra lo spaventato e
l’incantato: in vita doveva essere veramente bella, con i lunghi capelli
biondi, che apparivano così morbidi nonostanti i grumi di sangue che li
incrostavano, e i lineamenti del volto che ancora trasmettevano un mesta
dolcezza. Le iridi viola di Magornak incontrarono quelle vuote e opache di lei
e lui sgranò gli occhi, incredulo: erano gli stessi occhi di Vergil, non poteva
sbagliarsi. Certo, privi della freddezza che caratterizzava lo sguardo del suo
protettore, ma erano gli stessi, li avrebbe riconosciuti tra mille. Quindi
quella donna doveva essere…la sposa di Sparda. Cosa ci faceva lei tra quei
mostri? E perché aveva quell’espressione così inquietante e straziata? Aveva un
brutto presentimento.
In quell’istante, quando erano appena a qualche metro dalla figura, Vergil si
bloccò di scatto, interrompendo le sue riflessioni. La creaturina alzò lo
sguardo sul mezzo demone, preoccupato. Il giovane guardava fisso il fantasma
come se non potesse far altro che affogare lo sguardo in quegli occhi pieni di
dolore, più pallido del solito.
“Vergil?”azzardò Magornak, con voce quasi tremante.
L’altro parve udirlo e abbassò lo sguardo su di lui, sconvolto e disorientato.
Le pupille erano tornate nere ma ora la cornea di uno dei due occhi si era
diventata color ebano. “Magornak”. Fece una pausa. Il suo tono era incerto,
come se anche solo parlare gli costasse uno sforzo immenso. La stretta dei
fasci di tenebre gli toglieva il respiro. Stava davvero perdendo il controllo. E
sapeva che se fosse accaduto non sarebbe più stato in grado di riacquistarlo.
Avrebbe ceduto alle Tenebre della voce e ci sarebbe rimasto intrappolato per
l’eternità. “Dobbiamo uscire di qui. Subito”disse ansimando. I sensi di colpa
lo stavo soffocando e aveva iniziato a girargli la testa. “Conosco la strada.
Non ti fermare. E se mi fermo io tirami avanti, va bene? Non possiamo fermarci.
O non usciremo da questo posto”.
Il suo protetto annuì mostrando una decisione che in realtà non aveva. Rimasero
a guardarsi, senza che nessuno dei due avesse il coraggio di iniziare la corsa.
Gli spettri si facevano sempre più vicini. Il fantasma di Eva era ormai a pochi
passi da loro e presto avrebbe potuto allungare un braccio e toccarli. Magornak
capì che Vergil non si sarebbe mosso. E allora doveva farlo lui. Prese fiato.
Aveva la possibilità di salvarlo, di dimostrare che poteva essergli d’aiuto,
che poteva saldare il loro debito. Doveva essere forte. Per sé stesso. Per
Vergil. E anche per Mary. L’immagine della ragazza gli diede coraggio. Forse
una volta conclusa quella pazzia, se lei non l’avesse odiato e le circostanze
l’avessero permesso, avrebbero potuto spendere ancora del tempo insieme. Non
poteva certo morire lì. Non l’aveva neanche salutata. Attese ancora un attimo e
poi si mise a correre, tirando con forza il braccio del suo protettore e
costringendolo a fare altrettanto. Vergil passò attraverso lo spettro gelido di
sua madre e quel contatto gli provocò un dolore tale che non potè impedirsi di
urlare. Ma non si fermò. Avvertiva la mano del demonietto stretta nella sua, le
unghie affondate nella sua carne. Aveva una missione da compiere. E soprattutto
aveva una persona da proteggere. Questa volta si sarebbe dimostrato abbastanza
forte. Avrebbe riportato Magornak a casa sano e salvo.
I fantasmi avevano inziato ad inseguirli, tentando di afferrarli. La
creaturina, per quanto corresse veloce, faceva fatica a seguire il mezzo demone
e più volte fu sul punto di cadere per terra. Il giovane strinse i denti. Non
potevano andare avanti così. Se Magornak cadeva quei mostri sarebbe saltati
loro addosso. E sarebbe stata la fine, lui non era abbastanza lucido per
affrontarli. Lo avrebbero ucciso perché la creaturina era un ostacolo verso il
vero obiettivo di quei bastardi. Lui. Le tenebre lo stavano inghiottendo, ormai
avevano ricoperto quasi tutto il suo corpo. Doveva fare qualcosa. Estrasse
Yamato con la mano libera e interruppe la corsa, colpendo lo spettro più
vicino. Quello si dissolse lanciando un urlo terrificante.
Il suo protetto lo guardò confuso, senza capire perché si erano fermarti, ma
lui non gli lasciò il tempo di fare domande: lasciò la presa sulla sua mano, se
lo caricò in spalla e, dopo aver distrutto un altro paio di fantasmi, riprese a
correre. Sentiva una voce che lo chiamava dalla fine del Labirinto. Una voce
molto familiare purtroppo. Ma non poteva tornare indietro. Reiyel era stato
chiaro: non doveva e non poteva voltarsi indietro. L’avrebbe afforntata e vinta
una volta per tutte. O sarebbe morto nel tentativo di farlo. Tanto ormai aveva
capito chi era quella voce. Era stato uno stupido a non arrivarci prima, ma
ormai era tardi. Non aveva più scelta. Gli dispiaceva solo di aver coinvolto
non solo il suo protetto, ma anche suo fratello in quel dannato casino.
Magornak si lasciò trasportare senza reagire, artigliato al giaccone del suo
protettore. Vergil lo aveva praticamente perso in braccio. Se fosse accaduto in
altre circostanze non avrebbe saputo evitare di commentare la cosa. Ma in quel
momento non era decisamente il caso. Ancora una volta era stato il mezzo demone
a salvare lui. Possibile che, qualunque cosa facesse, fosse sempre e solo un
peso? Uno spettro tentò di afferrarlo di lato e la sua stretta gelida lo
riportò bruscamente al presente. Quel contatto gli bruciò la pelle e lui fu
costretto a mordersi le labbra a sangue per non urlare. E no. Non si sarebbe
fatto prendere. Affondò i denti appuntiti in quella mano coperta di sangue e
non lasciò la presa, nonostante quel contatto gli succhiasse le forze, finchè
non fu il fantasma a farlo. A quel punto gli rifilò un pugno sul volto
deturpato, spedendolo lontano da loro. Il mezzo demone gli lanciò un’occhiata
stanca ma incredula e lui per un secondo si sentì fiero di sé. A modo suo,
anche lui sapeva combattere.
Non seppero per quanto ancora corsero tra i muri mobili del Labirinto,
inseguiti dagli spettri. Vergil svoltava sicuro gli angoli, seguendo la voce
roca che urlava, anzi invocava il suo nome. Era come se potesse prevedere
quando il muro si sarebbe spostato e in che posizione si sarebbe messo. Poi,
all’improvviso, una nuova parete di luce nera. Il giovane ci si tuffò dentro
senza attendere un attimo di più e la materia informe li inghiottì con un lampo
accecante che fece disperdere gli spettri. Non ci fu un limbo di passaggio
questa volta. I due furono spediti diretti su un pavimento di fredda e levigata
ossidiana. Una presenza schiacciante, portatrice di una potenza inaudita li
colpì senza preavviso, tanto violenta da spingerli ancora di più contro la pietra
del pavimento. Vergil alzò a fatica lo sguardo, senza essersi ancora del tutto
ripreso, e la vide: davanti a lui, sospesa a mezz’aria, incatenata nel suo
sigillo eterno che pareva scolpito nella luce, c’era la chiave che l’avrebbe
portato a soddisfare finalmente la sua ossessione. L’oggetto di tutti i suoi
desideri, la sua avversaria, la fonte in cui avrebbe dissetato la sua sete di
potere, la voce che tanto odiava, lì, a pochi metri da lui. Kasreyon.
Oltrepassata la porta protetta da Reiyel, Dante e Lady si
ritrovarono nella grotta circolare che introduceva al Labirinto. I loro sguardi
furono immediatamente catturati dalla sfera di luce che splendeva al centro di
essa. La ragazza si ritrasse istintivamente, mentre brividi gelidi le correvano
lungo la schiena. Qualunque cosa ci fosse dentro quella luce accecante le
insinuava dentro un sentimento di paura che andava a radicarsi nel profondo del
suo animo, aggredendolo dall’interno. Il mezzo demone, invece, si fece avanti
finchè le sue dita non incontravano la barriera invisibile che divideva i due
piani di realtà. Oltre quel muro impalpabile c’era l’oggetto che aveva
riportato suo fratello sulla terra, l’essere che lo aveva tirato fuori
dall’Inferno solo per condurlo sull’orlo di un abisso ancora più profondo e che
cercava in tutti i modi di trascinarlo giù con sé. Ma lui non glielo avrebbe
permesso, non avrebbe lasciato che una stupida arma, per quando potente, gli
portasse via Vergil. Aveva atteso dieci lunghi anni nei rimorsi prima che gli
si presentasse una nuova chance. E ora non se la sarebbe fatta scappare.
Estrasse Rebellion e strinse forte l’elsa, mentre si voltava a guardare la
porta del Labirinto. L’ultimo gradino che lo separava dalla resa dei conti.
Oltre quel sentiero si sarebbe decisa non solo la sorte della vita sua e del
suo gemello, ma il destino dell’intero mondo umano.
“Lady”chiamò, distogliendo la sua amica dalla sua lotta interna. Allungò una
mano verso di lei. “Attaccati a me. Non sappiamo quali schifezze infernali
troveremo là dentro e io non voglio che ti accada qualcosa di male”. Tacque per
un attimo, poi riprese: “Voglio che tu mi prometta una cosa. Quando saremo
davanti a Kasreyon o come si chiama, promettimi che prenderai Magornak e ti
farai da parte. È un avversario troppo fuori dalla tua portata. E tu lo sai. Ci
penseremo io e Vergil, se quel pazzo non si sarà già lasciato prendere. In caso
contrario…Me la vedrò io con entrambi, mentre tu ripercorrerai questo maledetto
labirinto. Capito?”.
Lady fissò la mano che le veniva tesa, esitante. Dante le stava chiedendo di
abbandonarlo se le cose si fossero messe male?! Non lo avrebbe mai fatto. Non
avrebbe potuto. “Dante, non…”cercò di ribattere, ma lui la bloccò.
“Lady, prometti. Altrimenti ti lascio direttamente qui”. Il suo tono si era
fatto duro e i suoi occhi erano freddi e decisi come mai li aveva visti. Uguali
a quelli di Vergil. “Non voglio che rischi la vita per me. Hai già fatto
abbastanza. Non posso chiederti anche questo. Cerca di capire. Immagina come
potrei sentirmi se…se qualcosa dovesse andare storto”.
Lei abbassò lo sguardo. Sapeva che il suo amico voleva solo proteggerla, ma lei
non era da meno. Aveva giurato a sé stessa che lo avrebbe aiutato in ogni
situazione e non aveva nessuna intenzione di rinunciare a quella promessa. Lui
temeva per la sua vita, ma anche lei non voleva perderlo. Per nulla al mondo.
Anche a costo di sacrificarsi per lui. Un sorriso triste le increspò le labbra.
Dieci anni prima non le sarebbe neanche passato per la testa di provare una
cosa simile per un demone. E invece
eccola lì, che andava incontro di proposito a un pericolo mortale, solo per
stare accanto al suo infernale
migliore amico. Perché lei amava il cacciatore di demoni, lo amava come se
fosse non solo l’amico più caro che avesse, ma anche come un fratello, un
membro della sua famiglia. Quella famiglia che aveva perso con sua madre ma che
aveva avuto la fortuna di ritrovare nel mezzo demone. E quindi anche Vergil
faceva parte della sua parentela acquisita, che lei fosse d’accordo o meno. Lo
avrebbero salvato insieme.
Afferrò la mano che Dante le tendeva, senza proferire parole e senza avere il
coraggio di guardarlo negli occhi. Il giovane le sorrise mesto e annuì,
stringendo forte la prese sulle sue dita, sicuro che lei avrebbe fatto come voleva
lui. Ma si sbagliava di grosso. Ma, d’altra parte, Lady preferiva tradire la
sua fiducia che abbandonarlo al suo destino. Si sarebbero urlati addosso
concluso l’affare, sempre che ne uscissero vivi, ma andava bene così. Preferiva
sorbirsi i suoi discorsi idioti piuttosto. Un sorrisetto le increspò nuovamente
le labbra. Tanto, se tutto fosse andato bene, forse non avrebbe dovuto neanche
armarsi della pazienza di sopportare le ingiurie di lui: Dante sarebbe stato
troppo preso dalla presenza di Vergil per pensare a lei.
I due si incamminarono verso la parete di luce nera sul lato opposto della
caverna. Di fianco a una delle colonne giaceva ancora abbandonato il codice. La
donna si chinò e lo raccolse, scorrendo le parole antiche, nel tentativo di
trarne fuori un senso.
“Sembra latino medievale”borbottò sbuffando. “Arkham sapeva leggere questa
roba, io mi sono per ovvie ragioni sempre rifiutata di prendere lezioni da
lui”.
Il cacciatore si sporse per vedere le pagine ingiallite. Probabilmente Vergil
l’aveva fatto apposta a lasciarlo lì. Voleva provocarlo perché sapeva che lui
non ci capiva nulla di latino. Bastardo. Rimpianse di non aver seguito con più
attenzione le lezioni di Sparda quando erano bambini. “Anche mio padre ci aveva
insegnato a quella lingua del cavolo, ma io non l’ho mai studiata: copiavo i
compiti di Vergil…Chi poteva immagirnarsi che un giorno avrebbe potuto
servirmi?!”.
La ragazza lo guardò sollevando un sopracciglio. “E Vergil ti lasciava
copiare?”chiese.
“Be’, all’epoca non era antipatico, scontroso ed egoista come adesso. E poi io
sapevo sempre come prenderlo…”rispose Dante con l’aria di chi la sa lunga.
Sorrise appena ripensando a quei tempi così infinitamente diversi dalla sua
attuale situazione. Sembravano immagini di un’altra vita, come se non fosse
stato lui a viverli ma qualcun altro.
Lei trattenne a stento una risata. Non ce lo vedeva il suo amico a convincere
Vergil a fare qualcosa. Per non parlare del fatto che, alla luce di quello che
era quasi certa di aver visto nel salotto della “Devil May Cry”, quella frase
poteva suonare decisamente male.
Il cacciatore di demoni parve intuire i suoi pensieri perché le rifilò
un’occhiata assassina, senza però esprimersi. Non era il momento adatto per
riaprire quel discorso spinoso. “Basta chiacchiere. Non abbiamo tempo da
perdere. Potrai chiedere conferma a Vergil dopo che lo avremo riportato a
casa”sentenziò, spostando l’attenzione dal libro alla porta di luce. Allungò
cauto un braccio fino a sfiorarne la superficie con le dita. Incredibilmente la
sua mano affondò senza incontrare resistenza nella parete in apparenza
impenetrabile. A quanto pare il passaggio doveva essere rimasto aperto dopo che
Vergil ne aveva varcato la soglia. Un flusso di emozioni negative, rapido e
violento, attraversò tutto il suo corpo in un attimo, come una scarica
elettrica, sconvolgendolo. Fece istintivamente un passo indietro, ritraendo di
scatto il braccio. Ancora quelle sensazioni oscure che aveva avvertito lungo la
scalinata. Centuplicate in potenza. Non sarebbe stato facile attraversare
quella barriera maledetta. La vista gli si sfuocò per un attimo e lui si portò
la mano libera alle tempie avvertendo il suo equilibrio vacillare.
“Dante? Ti senti bene?”si affrettò a domandare Lady, preoccupata.
“Sì, tranquilla”rispose lui, sbattendo piano le palpebre. Maledizione. Se
quella luce faceva quell’effetto a lui, cosa avrebbe fatto alla ragazza? “Però
questa roba è pericolosa, sta’ attenta quando la tocchi”.
La donna annuì ed allungò a sua volta una mano verso il portale. Le sue dita
sfiorarono incerte ma decise la luce gelida. L’odio e la rabbia di Kasreyon la
aggredirono, terrorizzandola. Ma a parte questo non avvertì alcun malessere
fisico. Quelle sensazioni, per quanto forti fossero, alla fine le scivolavano
addosso, travolgendola, ma la abbandonavano con altrettanta velocità,
colpendola in ondate continue. Come se in fondo non potessero toccarla.
“Andiamo”disse cercando di farsi forza e tirando al tempo stesso la mano del
suo compagno. “Dobbiamo salvare una persona!”.
Dante annuì, stupito dal fatto che Lady fosse stata turbata da quelle emozioni
in apparenza meno di lui, ma decise di non pensarci e seguì la sua amica
attraverso la parete di luce. Forse, invece, avrebbe dovuto farlo.
Il limbo senza dimensioni li inghiottì nella sua densa atmosfera,
disorientandoli. Lady cercava di camminare guardando dritto davanti a sè, ma lo
sguardo le cadeva inevitabilmente verso il basso, in direzione del vuoto che si
estendeva nero ed informe sotto i loro piedi. Durante la sua scalata di
Temen-Ni-Gru di dieci anni prima aveva già sperimentato la sensazione di cadere
nel vuoto, ma in quel momento era diverso: la volta precedente poteva vedere il
suolo che, seppur lentamente, si avvicinava, mentre adesso la voragine si
apriva infinita sotto di lei. La prima volta sapeva che sarebbe morta nel giro
di poco se non fosse riuscita a trovare un appiglio, ora invece non aveva
neanche la prospettiva di poter frenare in qualche modo una possibile caduta.
Avrebbe continuato a precipitare per sempre. E quella prospettiva la spaventava
molto di più. Strinse istintivamente la mano del mezzo demone in cerca di
conforto. Non doveva pensarci. Presto avrebbe avuto di nuovo un pavimento sotto
i piedi. O almeno così sperava. Rabbrividì. Tutte quelle emozioni negative non
la aiutavano. L’atmosfera buia e intrisa di rabbioso dolore le riportava alla
mente i suoi ricordi peggiori. Gli esperimenti di Arkham, l’ossessione di suo
padre per i demoni, l’immagine straziante del corpo senza vita di sua madre.
Scosse il capo, cercando di scacciare quei pensieri. Avrebbe lottato anche
contro i suoi demoni. Doveva farlo o davvero non ne sarebbero usciti vivi.
Di fianco a lei anche Dante era perso in una sorta di lotta interiore.
Camminava meccanicamente, senza badare più di tanto a quello che gli stava
intorno o al vuoto sotto di lui. Era troppo impeganto a cercare di capire cosa
gli stava succedendo.Non si era mai sentito così strano in vita sua. Era come
se la sua anima si agitasse, presa da una furiosa battaglia contro sé stessa.
Avvertiva qualcosa di oscuro crescergli dentro, ma era sicuro che non
provenisse dall’atmosfera del limbo. Veniva dal profondo del suo animo.
Comunque, qualunque cosa si trattasse, aveva la sensazione che stesse
diventando sempre più forte ad ogni passo.
Prima che potesse capirlo, però, il lampo di luce che segnava la fine del limbo
li avvolse in uno splendore accecante, che li costrinse a serrare gli occhi.
Quando furono in grado di riaprirli, il Labirinto della Perdizione si presentò
a loro in tutta la sua misteriosa imponenza, avvolto dalla semi oscurità e da
una fitta foschia. I muri spessi scivolavano incredibilmente silenziosi nella
loro vorticosa danza e un silenzio sacrale avvolgeva la caverna che li
conteneva. La forza oscura di Kasreyon ora era ben percepibile e con essa tutti
i suoi propositi di vendetta, che si infrangevano su di loro in una tempesta di
emozioni violente.
‘Vergil…Arrivo’pensò il mezzo demone, stringendo i denti, gli occhi fissi
sull’ingresso monumentale della struttura.
I due si scambiarono un’occhiata per farsi coraggio a vicenda e, senza mollare
la presa uno sulle dita dell’altra, presero un respiro e si inoltrarono in quel
groviglio danzante di pietra.
Fu presto chiaro che tra quelle mura in continuo movimento era impossibile non
perdere l’orientamento. Già dopo pochi minuti dal loro ingresso nella struttura
non avrebbero più saputo dire da dove erano entrati. I corridoi che finivano di
percorrere venivano sbarrati dalle pareti di pietra, che parevano voler
impedire loro di ritornare sui propri passi. Sembravano quasi divertirsi a
sbarrare loro la strada costringendoli a fare le deviazioni più improvvise ed
assurde. Non c’era modo di capire se stavano avanzando o tornando indietro, se
stavano proseguendo nella direzione giusta o se stavano irrimediabilmente
girando intorno.
Non ci volle molto perché Dante iniziasse a perdere la pazienza. Sentiva di
provare un odio profondo per quelle mura di pietra che parevano ridere dei suoi
sforzi di trovare una via d’uscita, sentiva il desiderio di sollevare Rebellion
e radere al suolo quel luogo maledetto. Una rabbia violenta aveva iniziato a
bruciargli dentro, una collera repressa che non aveva mai saputo di avere.
Chiuse gli occhi per un attimo, cercando di scacciare quei sentimenti che
aumentavano solo la sua frustrazione e che lo intralciavano, impedendogli di
concentrarsi su quello che doveva fare. Inoltre il turbamento interno che aveva
iniziato a provare fin dall’ingresso nel limbo era andato crescendo, divenendo
sempre più nitido: una brama di distruzione che non aveva mai provato, mista a
quella stessa sete di sangue che leggeva negli occhi dei demoni che combatteva
per lavoro. Quel maledetto Labirinto, o forse l’influenza di quella dannata
spada, stava risvegliando la sua parte demoniaca dandole una potenza tale da
fargli temere che prima o poi avrebbe perso il controllo come era successo a
Vergil. Strinse l’elsa di Rebellion, cercando di respingere quell’istinto che
esigeva violenza e sangue. Le immagini delle stragi compiute da suo fratello
gli invadevano la mente senza pietà. Una parte di lui desiderava ardentemente
che fosse stato lui a compierle, lui ad assaggiare quella carne, lui a godersi
tutto quel sangue.
‘NO!’si impose, scuotendo il capo e riaprendo gli occhi. Non si sarebbe
lasciato schiacciare da quell’oscurità, non avrebbe lasciato che lo prendesse.
“Dante…”la voce di Lady lo riportò bruscamente alla realtà. La ragazza lo
fissava a metà tra lo spaventato e il preoccupato. “Ehm…”.
“Che cazzo c’è adesso?!”rispose bruscamente lui, cercando di simulare il suo
solito caratteraccio per non far trasparire le sue paure. Ci mancava solo che
la sua amica si accorgesse dello stato in cui era. Sperò che il Labirinto non
stesse avendo qualche effetto anche su di lei o sarebbe stata la fine sul
serio. Lui non poteva difenderla. Faceva fatica a tenere a bada sé stesso.
La rispostaccia parve dare alla ragazza un po’ più di coraggio. Almeno era
certa che la persona che le stava accanto era ancora il cacciatore di demoni.
“Dante, i tuoi occhi…”riuscì a dire titubante.
Il mezzo demone la guardò interrogativo e poi volse la sua attenzione sulla
lama della sua spada che gli rimandava il riflesso di metà del suo volto. Sotto
i ciuffi di capelli bianchi l’iride brillava di un rosso sangue intenso. Dante
imprecò pesantemente tra i denti. Forse la situazione era più grave di quanto
pensasse. “Non ti preoccupare, Lady, va bene. Riesco a gestirmi, non finirò
come mio fratello, non temere”rispose dopo un attimo di esitazione. ‘O almeno
lo spero’.
Lei lo guardò scettica e ancora un po’ spaventata. Se il suo amico avesse
davvero perso il controllo per lei sarebbe stata la fine. Non aveva chance
contro di lui in forma demoniaca. E poi convincersi a lottare contro il suo
migliore amico non sarebbe stata una cosa facile, neanche se c’era in gioco la
sua vita. “Spero che non manchi tanto all’uscita perché sinceramente non so
quanto a lungo potrai tenerti a bada. Se non c’è riuscito Vergil figuriamoci se
ci riesci tu!”lo apostrofò.
“Ma che grande considerazione che hai di me! Vergil, mia cara, ha ceduto più
facilmente perché la sua anima è decisamente più nera della mia! Quindi, se mi
permetti, ho più possibilità io di lui di resistere”la rimbeccò il giovane,
quasi offeso. Ma bene. Era tutta lì la fiducia che gli sapeva dare quella che
avrebbe dovuto essere la sua migliore amica?!
“Non lo metto in dubbio, ma conoscendo il livello del tuo autocontrollo…Be’,
scusami se mi preoccupo per la mia sopravvivenza!”.
“Che stai insinuando?! Che io non mi so controllare?!”.
“Diciamo che non è il tuo forte”.
Dante aprì la bocca per ribattere ma fu interrotto. Improvvisamente un’ombra
emerse da uno dei muri e gli si gettò sopra. Lui agì d’istinto: sollevò
Rebellion e trafisse la creatura che si dissolse con un urlo disumano.
I due si bloccarono sul posto. Lady estrasse la pistola guardandosi intorno,
mentre la mano del cacciatore di demoni corse all’impugnatura di Ivory.
“Cos’era quella roba?!”chiese a bassa voce il giovane mentre il grido di dolore
dell’ombra gli risuonava nelle orecchie.
“Non lo so e qualcosa mi dice che non voglio saperlo”rispose nervosamenete la
sua compagna. Quell’affare non era un demone, questo era sicuro. L’aveva visto
solo di sfuggita eppure le era parso che avesse forme decisamente umane. Rabbrividì.
No, non voleva saperne di più.
Ripresero ad avanzare, attenti al minimo rumore o movimento sospetto. Poi,
senza preavviso, il muro davanti a loro si spostò, rivelando un esercito di
spettri. I due rimasero a fissarli inorriditi: mostri, demoni, persone
orribilmente mutilati e coperte di sangue li fissavano con le loro orbite vuote
e al tempo stesso piene di odio e dolore. La puzza di morte li prese a
tradimento alla gola.
“Merda”riuscì a dire il mezzo demone, prima che quelle creature gli si
scagliassero contro.
La lotta si fece disperata fin da subito. Lady svuotava i caricatori su quelle
figure spettrali senza però riuscire anche solo a scalfirle, nemmeno con Kalina
Ann: i colpi si infrangevano sulle creature, che arretravano per il
contraccolpo per poi riprendere inesorabili la loro avanzata verso di lei.
L’unica cosa che riusciva a fare era tenerli a distanza. Molto più efficace
invece si dimostrò fin da subito la lama di Rebellion: un colpo, due al
massimo, e le creature si dissolvevano, lanciando tutte lo stesso grido
inquietante e spaventoso. Gli spettri, dal canto loro, si limitavano a tendere
le braccia verso i due nel tentativo di toccarli. Un paio di volte le dita di
uno di essi raggiunsero il braccio del mezzo demone, infondendogli un gelo spettrale
nell’anima e alimentando la forza della sua parte demoniaca che era ormai così
vicina ad uscire che al giovane pareva quasi di sentire il suo fiato sul collo.
Dante cercava in tutti modi di aprire la strada a sé stesso e alla sua amica
tra quella folla di incubi. Alcuni di loro avevano volti vagamente familiari,
visi di persone che gli pareva di aver già incontrato, ma le espressioni
deformate dall’odio e dalle ferite gli impedivano di collegare quella
sensazione a dei nomi o a delle immagini ben definite.
Solo dopo una serie di furiosi combattimenti i due si ritrovarono finalmente
oltre quella schiera di figure spettrali. Senza bisogno di parlarsi, si volsero
e iniziarono a correre a caso, cercando di seminare gli spettri che si erano
lanciati immediatamente al loro inseguimento. Lady afferrò la mano del suo
amico e la strinse. Dante non era più completamente in sé, glielo leggeva in
faccia. Stava a lei condurlo fuori da quel posto infernale e doveva farlo in
fretta, prima che lui si perdesse del tutto. Il problema era che non aveva la
più pallida idea di che direzione prendere. Iniziava a mancarle il fiato e
faceva fatica a non farsi sopraffare dalla disperazione che le avevano
trasmesso gli spettri. Sentì le lacrime pungerle gli occhi, ma le ricacciò indietro
e strinse i denti, senza rallentare l’andatura. Doveva pensare solo a trovare
una via d’uscita.
Svoltarono un angolo di corsa e la ragazza avvertì il braccio del suo compagno
tirarla fino a costringerla a fermarsi. Gli occhi del mezzo demone erano fissi
su una figura che si era parata loro davanti e il suo respiro si era fatto
veloce e ansioso. La ragazza voltò di nuovo lo sguardo di fronte a sé e i suoi
occhi ne incontrarono un altro paio azzurri, straziati e gelidamente vuoti.
Occhi che le erano così familiari.
Eva tese un braccio verso suo figlio, in un muto rimprovero addolorato. Dante
si portò le mani alle tempie e serrò gli occhi, urlando, mentre la sua parte
demoniaca lo assaltava. Udiva la voce di sua madre che lo accusava di non
averla salvata, di averla lasciata morire. Attraverso le dita con cui si era
coperto la faccia vide lingue di buio strisciargli sul corpo e avvolgerlo, nel
tentativo di soffocarlo. Era finita lì. Si sarebbe perso in quel Labirinto
maledetto e Lady con lui. Avrebbe ceduto alle Tenebre che gli si annidavano
dentro, sarebbe diventato un mostro come quelli che avevano distrutto la sua
famiglia. Vergil aveva ragione: non potevano rinnegare la loro vera natura.
Già, Vergil. Non lo avrebbe salvato, aveva fallito, aveva deluso non solo sé
stesso ma anche tutte le persone che avevano creduto e credevano in lui. Si
sarebbero ritrovati in quell’Inferno oscuro, condannati per l’eternità a
consumarsi nell’Oscurità, senza speranza di rivedere la luce.
Accanto a lui, Lady era come paralizzata. Non riusciva a muoversi e soprattutto
non sapeva cosa fare. Dietro di loro l’esercito di spettri si faceva sempre più
vicino e Dante non dava segno di riprendersi dalla sua crisi. Per un attimo fu
certa che la sua esistenza sarebbe terminata in quel luogo senza che lei fosse
riuscita a concludere veramente qualcosa. Strinse i pugni, frustrata. Era una
fallita, non megliore di quel pazzo di suo padre. O forse no. Ripensò a quello
che aveva fatto negli ultimi anni, alla vita che aveva condotto. Non era stata
il massimo, sempre lottando per trovare i soldi per pagare l’affitto e per
salvare la pelle, ma l’aveva vissuta come si doveva. Trascorsa al fianco di
persone a cui si era legata, con cui aveva condiviso esperienze di ogni tipo.
Tra i suoi pensieri fece capolino l’immagine di Magornak. Il demonietto le
sorrideva in tutta la sua innocente ingenuità. “Che fai, Mary? Non vorrai
lasciarti andare così! Io so che ce la puoi fare. Avanti, io ho bisogno di te e
Vergil ha bisogno di Dante. Glielo devi portare”le parve che le stesse dicendo.
“Ci sono passato io tra quei mostri orribili, figuriamoci se non puoi farlo
tu!”. La voce delle verità. La ragazza si riscosse. Non poteva lasciarsi andare
così. Magornak aveva ragione. Si era data un compito, non poteva mica mollare
alla prima difficoltà. Quel demonietto le aveva ridato forza. Che tempismo.
Meglio di un angelo custode.
“Dante, smettila di fare il coglione, abbiamo qualcosa di più serio delle tue
crisi di identità di cui preoccuparci!”esclamò rivolta al mezzo demone. Vedendo
che lui non pareva averla minimamente sentita, intrappolato tra le tenebre,
Lady scostò le mani e gli rifilò un sonoro ceffone. “Che cazzo fai?! Vuoi
arrenderti così?! Per uno spettro che non è nemmeno reale?! E Vergil? Vuoi
lasciarlo a quella bastarda di Kasreyon? Vuoi che se lo prendano? Non credo! E
allora reagisci, o davvero non potrete mai avere l’idillio amoroso che tu tanto
desideri!”.
Il giovane sussultò preso alla sprovvista dal colpo. Si rese immediatamente
conto di aver quasi ceduto. Ci era cascato. Se non ci fosse stata Lady si
sarebbe perso davvero. Non l’avrebbe mai ringraziata abbastanza. Lottò con
forza contro la sete di sangue e l’odio che lo avevano invaso, la mente
occupata dall’immagine di Vergil e da quella della sua migliore amica. Doveva
farlo per loro. Doveva salvarli, proteggerli. Era l’unico in grado di farlo.
Non poteva rinunciare. Con uno sforzo immane riuscì a ricacciare la sua parte
demoniaca e le tenebre iniziarono a scivolare via dal suo corpo. Sollevò lo sguardo
verso di lei. “Che palle che sei, ancora con questa storia?!”sbottò, irritato
ma con un mezzo sorriso sulle labbra.
La ragazza sorrise a sua volta, anche se doveva ammettere che vedere il
cacciatore di demoni con quegli occhi rosso sangue la metteva a disagio. Faceva
quasi paura. “Ne discutiamo in un altro momento, ora non mi pare il
caso”rispose lanciando uno sguardo a in direzione degli spettri che erano ormai
a pochi metri da loro.
Lui annuì e si voltò a fronteggiare il fantasma insanguinato di sua madre.
Convincersi che non fosse veramente lei gli risultava alquanto difficile. Ma
prima che potesse ricadere nel dubbio, la sua amica lo afferrò e lo trascinò in
un vicolo che si era aperto di fianco a loro, costringendolo a mettersi a
correre e allontanandolo dal suo incubo.
“Dove stiamo andando?!”le urlò il giovane, preso nuovamente alla sprovvista.
“E che ne so?! Verso l’uscita spero!”fu la risposta.
Dante sospirò esasperato. Erano punto e a capo. Avrebbero anche potuto vagare
in eterno per quanto ne sapeva. E prima o poi quei dannati mostri li avrebbero
presi, non potevano fuggire per sempre. Proprio mentre stava per mettersi a
imprecare contro tutto il creato, gli parve di avvertire qualcosa. Ci mise
qualche attimo a capire di cosa si trattava. Era qualcosa che lo chiamava in un
sussurro, una sorta di presenza debole ed impalpabile. Qualunque cosa fosse non
poteva non capire a chi apparteneva. Li avrebbe condotti fuori dal Labirinto,
dritti verso di lui. Strattonò Lady per un braccio, facendole cambiare direzione.
“Che cazzo fai adesso?! Così torniamo indietro!”lo aggredì lei.
“Non ti preoccupare, so dove dobbia andare”rispose lui con calma. Poi, notando
il suo sguardo interrogativo, aggiunse: “Fidati. Mio fratello aveva detto che
ci avrebbe reso le cose più semplici. E io sono certo che lo farà anche
adesso”.
La ragazza lo guardò poco convinta ma non ribattè.
Corsero a perdifiato lungo i corridoi, sempre braccati dagli spettri. La
presenza si faceva sempre più forte e nella mente di Dante si faceva sempre più
chiaro il percorso che dovevano fare. Vergil, non sapeva se volontariamente o
meno, lo stava guidando da lui. Strinse i pugni. Presto sarebbero stati di
nuovo faccia a faccia e lui avrebbe scoperto se sarebbero stati alleati o
nemici nello scontro finale. Una sola cosa era certa: lo rivoleva con lui,
qualunque fosse stato il prezzo da pagare. O avrebbe ottenuto la morte dalla
lama gelida di Yamato.
Finalmente davanti a loro si spalancò l’uscita. Senza pensarci due volte i due
giovani si immersero nella luce nera che li avvolse, trascinandoli lontano dal
Labirinto della Perdizione e dagli incubi in esso racchiusi.
Gli spettri urlarono e si dissolsero tra urla strazianti. Ormai non aveva più
senso esistere per loro: le persone che li avevano evocati erano riuscite a
fuggire. I muri di pietra rallentarono sempre di più la loro danza mentre
l’energia che Damaer aveva infuso a quel luogo maledetto si esauriva per
sempre. Vergil, tuo fratello è arrivato. È ora di
chiudere la partita. Tu sei mio, nessuno potrà dividerci. Dante, è inutile, tuo
fratello mi appartiene! E tu non potrai farci nulla!
Una risata terribile si innalzò tra le pareti ormai congelate nella loro
immobilità. Erano arrivati allo scontro finale. Ora si sarebbe visto chi
avrebbe trionfato. L’Oscurità o il sangue di Sparda, Cavaliere Oscuro difensore
della luce. Poi un silenzio di morte tornò a regnare sovrano sulle profindità
del Labirinto.
Hi, guys!!
Sto postando ogni volta sempre più tardi…Ma il fatto è che più l’estate avanza
meno tempo ho per scrivere…c’è sempre qualcosa che mi impedisce di farlo!!
>.
Allora, be’, finalmente un po’ di
cose serie. A momenti perdevamo Vergil per strada. Dobbiamo ammettere che
Kasreyon non è male a usare le ossessioni e l’anima divisa del nostro mezzo
demone contro lui. Fargli vedere tutti quei fantasmi, quello di Eva per primo,
ha rischiato di farlo crollare sul serio. Meno male mai avrei pensato di
dirlo XD che c’è Magornak!! A quanto pare inizia ad essere utile anche lui,
anche se alla fine è Vergil quello che li tira fuori dal casino in cui si erano
cacciati, come sempre d’altra parte. Inoltre il nostro demonietto ha tirato
fuori dai guai anche Dante, sebbene indirettamente presentandosi alla mente di
Lady come incoraggiamento a reagire. Certo che tra tutti e due i figli di
Sparda sono messi malaccio. La loro parte demoniaca da un sacco di problemi.
Infatti Lady non è stata toccata più di tanto dalla luce infernale e dall’aura
di Kasreyon, mentre a momenti anche Dante finiva come suo fratello!! Però
diciamo che anche il nostro cacciatore di demoni si è riscattato riuscendo a
respingere i suoi istinti, cosa che invece sembra essere quasi impossibile per
il suo gemello. Potrebbe culminare in una tragedia tutta questa serie di lotte
interne!! >.
In chiusura abbiamo un nuovo
intervento della nostra spada demoniaca e maledetta che afferma il suo diritto
di proprietà sull’anima di Ver…Arma che finalmente si vedrà in tutto il suo
orrendo splendore nel prossimo capitolo. A proposito, preparatevi
psicologicamente a una possibile tragedia…
Un bacio Xeira_, doc11 e Alice
Mudgarden che sono sempre lì a qualunque ora del giorno e della notte XD, a FiretearsAngele a Neik!!E ovviamente alla mia Rakelle
adorata (I miss ya!)! Un abbraccio anche a LadyVergil, Bloody Wolf e Pride_, che son sempre lì pure loro
(credo…scherzo XD)! Grazie anche a chi legge e tiene la storia tra le
preferite/ricordate! Scusate l’ennesimo commento inutile ed idiota lungo peggio
della catena degli Appennini…-.-“ Non so trattenermi!! >.
Alla prossima, my dears!
Love,
Gli ci vollero parecchi secondi per
riprendersi da quella presenza schiacciante. Rimase immobile, il corpo premuto
contro il pavimento freddo, cercando di abituarsi a quella gravità appesantita.
Poi Vergil si alzò cautamente e si diresse verso il sigillo che imprigionava
Kasreyon. Finalmente. La spada tanto cercata era lì di fronte a lui, avrebbe
potuto toccarla solo allungando un braccio. E con essa c’era il potere che
aveva sempre desiderato, c’era la fine dei suoi tormenti.
“Vergil. Finalmente sei arrivato. Ti ho
atteso così tanto”. La voce
oscura riecheggò in un sussurro nella caverna immersa nella penombra. Il suo
tono era calmo, quasi dolce, e per la prima volta non provocò in lui alcuna
reazione violenta, per la prima volta lui, udendola, non avvertì le Tenebre
assaltare la sua anima.
“Potrei dire lo stesso, Kasreyon”rispose freddo il giovane. Avvertiva l’istinto
di slanciarsi sulla spada e spezzare senza attendere un attimo di più il
sigillo che ancora li divideva per saziarsi così del suo potere, ma si
trattenne. Sapeva quanto potesse essere pericolosa la sua avversaria e quando
forte fosse. Forse troppo per lui.
“E allora perché esiti ancora? Perché non
ti concedi a me? Uniamoci, Vergil, e nulla potrà più fermarci. Io ho quello che
vuoi. Io sono quello che desideri”lo
tentò la voce. “Non ho nessuna intenzione di lasciarmi dominare da te”la rimbeccò lui
cercando di mostrarsi deciso e calmo mentre invece non lo era affatto. Quelle
parole erano come una musica che lo incantava, facendogli perdere lucidità, e
che cercava di farlo cedere al suo desiderio. “So chi sei e cosa puoi farmi.
Non sono così scemo da aprirmi a te solo perché me lo chiedi tu. Mi hai
costretto a compiere azioni contro la mia volontà, mi hai usato, mi hai
umiliato. Ma questa volta le cose saranno diverse. Io sono qui per dominarti,
non per cedere a te. Io sono il figlio di Sparda e come tale non mi abbasserò a
lasciarti dominare la mia anima”.
“Vergil, io l’ho fatto solo per mostrarti
cosa potevamo fare insieme”spiegò l’arma. Il suo tono si fece ancor più
carezzevole. “Io so chi sei e proprio per
questo ti ho atteso così a lungo. Damaer non era degno del mio potere, non era
abbastanza forte. Io volevo che il mio possessore fosse il demone più forte,
colui che avrebbe potuto regnare su tutti i mondi. Ma non potei cercarlo,
Damaer mi rinchiuse qui. E quando finalmente il demone giusto si presentò da
me, prima che io potessi offrirmi, lui mi respinse, fidandosi delle parole del
mio creatore”.
“Ti riferisci a mio padre?”.
“Esatto. Colui il cui potere superava
anche quello di Mundus. Ma Sparda non mi volle ascoltare. E così ho passato più
di duemila anni ad attendere il suo erede. E quello sei tu, Vergil. Il solo che
merita di usare il mio immenso potere, l’unico a cui io lo concederò”.
Il mezzo demone sorrise amaramente. “E tu ti aspetti che io ti creda? Questa
storiella dovrebbe convincermi a fidarmi di te? Mi credi davvero tanto stupido?
Forse dovrei distruggerti invece che liberarti, te lo meriteresti”.
“Ma non lo farai. Perché tu sei diverso
da tuo padre, sei diverso anche da tuo fratello. Reiyel ha detto a lui e alla
sua amica di fermarti e distruggermi, ma tu non glielo lascerai fare. Perché tu
vuoi il potere. Lo vuoi troppo. Perché solo quello ti può dare la pace che
cerchi. Io posso darti la facoltà di fare tutto, anche ciò che per chiunque
altro è impossibile. Spezza questa catena che mi imprigiona, Vergil, rompila e
liberami. So che tu sai come fare”.
Il giovane fissò la spada, ma i suoi pensieri erano altrove, risucchiati da una
voragine di sentimenti. Era vero. Lui era ossessionato dal potere, solo quello
gli avrebbe permesso di pagare il conto con i suoi sensi di colpa. Ma poteva
davvero rischiare l’anima per saziare la sua ossessione? La risposta era ovvia
e gli rimbombò nella mente come un urlo di liberazione. Lo desiderva. Ne aveva
bisogno. Doveva. Avrebbe potuto controllare ogni cosa, avrebbe potuto fare
quello che voleva. Forse addirittura trovare il modo di cambiare il passato, di
rimediare ai suoi errori. Doveva solo lasciarsi andare. I suoi occhi
brillarono, le pupille rosso sangue e la cornea nera come la morte, mentre un
ghigno gli si allargava sul volto. Poteva correre quel rischio. In fondo era il
figlio di Sparda, niente e nessuno poteva controllarlo a suo piacimento.
Magornak assisteva alla scena impotente, ancora schiacciato contro la
pavimentazione. Quel potere era troppo forte, troppo oscuro, non riusciva a
reagire. Quando vide quel sorriso inquietante increspare le labbra del mezzo
demone capì che presto sarebbe stato troppo tardi. Vergil era completamente in
balia dell’Oscurità, lo intuiva dal colore che avevano assunto suoi occhi,
poteva anche vedere i fasci di tenebre scorrere sul suo corpo e avvolgerlo
nella loro stretta mortale. E lui non ne era forse nemmeno consapevole, covinto
com’era di poter essere ancora lucido. O in un certo senso, e a quel pensiero
il demonietto rabbrividì, era ancora padrone di sé stesso, solo che Kasreyon
stava tirando fuori il suo lato oscuro, malvagio, la sua parte peggiore.
Cercò di alzarsi, ma un peso improvviso gli si abbattè sulla schiena
sbattendolo di nuovo contro la pietra. La spada non voleva che lui
interferisse. Alzò gli occhi viola velati dalle lacrime sulla sua nemica. La
lucida lama nera brillava affilata riflettendo la luce del sigillo, ma i
bagliori che emanava erano rossi come il sangue e non avevano nulla a che
vedere con la luce bianca della sua catena. Alla base il metallo argenteo
cingeva la base dell’arma salendo a formare l’elsa, decorata con un complicato
intarsio che culminava all’estremità con un teschio. Quelle orbite vuote
sembravano fissarlo divertite, ridendo della sua impotenza.
“Vergil!”gridò Magornak con tutto il fiato che gli era rimasto. “Non farlo! È
una trappola!”.
Il giovane si voltò a guardarlo, irritato da quell’interruzione. “Non ti
impicciare, Magornak, so badare a me stesso. Ma a quanto pare tu e mio fratello
non lo volete capire questo punto. E soprattutto non volete capire che io posso
fare tutto quello che mi pare, che sono più che libero di fare le mie scelte.
Se voglio dannarmi, voi non me lo potete impedire”gli rispose sprezzante. “Non
sei nulla per me. Non me ne faccio nulla dei tuoi consigli, essere infimo. Tu
non esisti. E di certo non potrai impedirmi di raggiungere il mio scopo primario.
Se ti opporrai, ti ucciderò”.
Il gelo nella sua voce spaventò a morte il demonietto che scosse il capo,
ferito dalla cattiveria di quelle parole. Quello non era il Vergil che aveva
conosciuto, non era il suo protettore, non era colui che gli aveva salvato la
vita. Non poteva essere lui. Con uno sforzo immenso riuscì a rimettersi in
piede, sorretto dalla forza della disperazione e avanzò verso il mezzo demone.
“Kasreyon!”urlò. “Brutta bastarda! Cosa gli hai fatto! Vergil torna in te, ti
prego! Ti sta prendendo con l’inganno, tu non sei così, io lo so! Non
lasciarmi, Vergil!”.
“Taci”ordinò Vergil, sguainando Yamato e puntandola verso di lui. “Se ci tieni
alla vita. Hai giurato che avresti sempre fatto quello che io ti avrei chiesto.
Quindi levati dai piedi”.
“No! Io prendo ordini solo da Vergil e tu non sei lui!”.
“Uccidilo, Vergil. Ci è solo di impiccio”.
Magornak fissò il mezzo demone, terrorizzato, ma non si mosse. L’altro avanzò
verso di lui, la lama della katana che brillava minacciosa. Il colpo arrivò quasi
senza che lui potesse vederlo, tanto violento da sbatterlo a terra, ma
lasciandolo incolume. Vergil lo aveva colpito di piatto.
Il giovane tornò a voltarsi verso Kasreyon e si incise in profondità il palmo
con la lama. Il sangue sgorgò copioso dalla ferita e lui rimase a guardarlo per
qualche istante. “Il sangue di Sparda. La chiave di questo sigillo
eterno”mormorò, tendendo il braccio verso la spada.
Ma prima che potesse sfiorarla con la mano insanguinata, il demonietto gli si
lanciò addosso, spostandogli il braccio. Lui, preso alla sprovvista, arrestrò
di qualche passo e spinse via il suo protetto con rabbia. Come aveva osato? Non
poteva permettergli di ostacolarlo. Era così vicino. Il potere che gli spettava
era lì e non sarebbe stato certo un demone di infimo livello a fermarlo. Il suo
odio crebbe a dismisura. Non aveva scelta, doveva liberarsene una volta per
tutte. i suoi occhi rossi mandarono un lampo minaccioso.
“Questo è troppo. Ora morirai, essere insignificante!”ruggì sollevando Yamato.
“Pensavo che mi avessi capito, Magornak, mi sono illuso che almeno tu potessi
restarmi fedele fino alla fine. Ma invece sei come tutti gli altri, non puoi
comprendere quello che provo, quello che sono.
Non ho più bisogno di te. Sei solo una seccatura ormai. Anzi, lo sei sempre
stato”.
La creaturina sollevò istintivamente un braccio per proteggersi, anche se
sapeva che sarebbe stato tutto inutile. Era la fine. Non era riuscito a salvare
Vergil. Per colpa sua tanti innocenti avrebbero pagato un prezzo troppo alto. ‘Mi
dispiace, Vergil, ti ho deluso di nuovo, come sempre. E anche tu, Sparda,
perdonami, ho fallito…’pensò.
Ma prima che il mezzo demone potesse abbassare l’arma, un lampo di luce avvolse
la caverna e Dante e Lady atterrarno sul pavimento di pietra con un tonfo
sordo. I quattro rimasero a fissarsi tra loro per qualche secondo, sorpresi,
poi il cacciatore di demoni, vedendo la scena e la mano insanguinata di suo
fratello esplose: “Vergil! Che cazzo stai facendo?!”.
La luce nera li aveva avvolti,
strappandoli dalle grinfie degli spettri e proiettandoli in quello che pareva
un nuovo limbo, del tutto identico a quello iniziale. Ma quella visione era
durata meno di un battito e i due cacciatori di demoni erano stati spediti con
violenza su un freddo pavimento di pietra. Immediatamente l'aura oscura di
Kasreyon li aveva schiacciati, togliendo loro il fiato come se un peso fosse
caduto dritto sulle loro casse toraciche. Dante aveva alzato lo sguardo ancora
annebbiato, mentre le sue pupille cambiavano lentamente colore fino a
riacquistare il solito azzurro ghiaccio. La scena che gli si era presentata
davanti agli occhi lo aveva lasciato completamente sconvolto. Suo fratello era
in piedi di fianco a quella che non esitò a riconoscere come Kasreyon, Yamato
sollevato e pronta a colpire, mentre Magornak era a terra ai suoi piedi,
completamente terrorizzato, gli occhi serrati, pronto a ricevere il colpo.
Dalla mano sinistra di Vergil colavano lentamente rivoli di sangue scarlatto
che finivano per gocciolare a terra cadendo dalle punte delle sue dita,
pericolosamente vicine al basamento dell’arma infernale. Quella visione lo
lasciò incredulo. Cosa diamine stava succedendo?! Il suo gemello era
completamente uscito di testa?! In quello stesso istante l’altro mezzo demone
si voltò a fissarlo. Lui aprì la bocca per urlare qualcosa, ma le parole non
vennero e i due rimasero a fissarsi in silenzio, gelidi occhi cremisi pieni
d’odio in increduli occhi azzurro ghiaccio.
Di fianco a lui, Lady si irrigidì.
Magornak era in pericolo. Doveva fare qualcosa. E doveva farlo subito. Tentò di
alzarsi, ma il peso dell’aura della spada demoniaca rese vani tutti i suoi
sforzi. E così rimase immobile a fissare il suo amico che ricambiò il suo
sguardo frustrato con un mezzo sorrisetto triste che pareva volerle dire addio.
Magornak tornò a guardare la lama
che nel giro di pochi secondi lo avrebbe strappato alla luce. Almeno aveva
rivisto Mary un’ultima volta. Certo non avrebbe voluto che lei fosse costretta
ad assistere alla sua esecuzione, ma era felice di averla accanto inmquegli
ultimi momenti. Sperò solo che lei potesse capire che la colpa non era né sua
né di Vergil, ma che tutto era da imputare a quella maledetta spada. Era sicuro
che lei avrebbe saputo prendere il suo posto accanto al mezzo demone e
prendersi cura di entrambi i gemelli. Chiuse gli occhi, rasseganto. Ma prima
che potesse anche solo formulare un pensiero la voce di Dante lo costrinse a
riaprirli.
“Vergil! Che cazzo stai
facendo?!”urlò il mezzo demone, costringendo il suo gemello a bloccare l’arma
per la seconda volta.
“Non ti impicciare, Dante, non sono
affari tuoi”gli rispose quest’ultimo, irritato. Doveva proprio arrivare in quel
momento quel dannato guastafeste? Be’, non l’avrebbe fermato. Né lui né la sua
amica umana. Doveva eliminare tutti gli ostacoli che lo separavano dal suo
obiettivo. Dopo si sarebbe occupato anche di loro. Tornò a rivolgere la sua
attenzione sul suo protetto e senza attendere oltre calò Yamato.
Ma prima che la lama potesse
toccare il corpo del demonietto, il cacciatore di demoni gli fu addosso. Vergil
perse l’equilibrio sotto il peso del corpo di suo fratello, preso alla
sprovvista, e fu costretto ad indietreggiare finendo contro la lama fredda di
Kasreyon. Dante, dal canto suo, riuscì a malapena a evitare che la lama della
katana gli sfregiasse il petto scostandola con una mano, ma non potè evitare di
tagliarsi il palmo. I due giovani si ritrovarono schiacciati contro la spada
demoniaca, avvolti dal sigillo di Damaer. Il loro sangue si mischiò colando sul
metallo nero che iniziò a brillare con intensità sempre maggiore, mentre
l'energia oscura che gravava sulla stanza andava a concentrarsi tutta in quel
punto. Le catene di luce che avvolgevano l’arma iniziarono a vibrare fino a
spezzarsi in un'esplosione di un bianco accecante. Il sigillo millenario di
Damaer era rotto. L’onda d’urto spedì i due gemelli a terra, mentre Kasreyon di
innalzava sopra di loro con un ruggito, finalmente libera, e iniziava a
cambiare forma.
“Dante, sei una testa di
cazzo!”urlò Lady, sconvolta, riuscendo finalmente ad alzarsi. Quand’è che
quell’idiota avrebbe imparato a pensare prima di agire?! Certo, con il suo
gesto aveva salvato Magornak, però rischiava di averli condannati tutti e
quattro e con loro anche l’intero mondo umano. Si precipitò verso il demonietto
afferrandolo per la collottola e trascinandolo lontano da Kasreyon. Questa nel
frattempo era stata avvolta da una nube nera come il buio dell'Inferno e stava
lentamente prendendo le forme si una spaventosa ed immensa creatura demoniaca.
Vergil spinse via Dante che gli era
caduto sopra per via dell'esplosione, assistendo attonito alla trasformazione
della loro avversaria. “Ma che diamine...?!”mormorò. Ma prima che potesse
terminare la frase la sua parte demoniaca lo assoltò senza il minimo preavviso,
con molta più violenza delle volte precedenti, decisa a prendere il controllo
totale e permanente. Lui urlò gettandosi a terra in preda alle convulsioni,
mentre la realtà intorno a lui veniva lentamente inghiottita dalle tenebre.
Suo fratello gli fu accanto in un
attimo, allarmato. “Vergil! Vergil!! Coraggio, devi reagire! Non puoi lasciare
che quello schifoso bastardo ti controlli! Andiamo, Verge, so che puoi
sconfiggerlo! Lascia che ti aiuti come ho fatto l'altra volta!”lo pregò scuotendolo,
ma lui sembrava non udirlo, assorbito completamente dalla sua lotta interiore.
I suoi occhi rossi erano spalancati e vuoti come se davanti ad essi non ci
fosse più la realtà circostante. Il cacciatore di demoni lo fissò disperato.
Non sapeva cosa fare, cosa dirgli per farlo reagire. Non avrebbe lasciato suo
fratello a quella stronza di un'arma, a qualunque costo. Ma non aveva la più
pallida idea di che cosa fare. “Vergil...”.
“È tutto inutile, figlio di Sparda,
lui non può più sentirti né cedetti. Presto la sua anima mi apparterrà e
nessuno potrà più fermarmi!”. Ruggì una voce dietro di lui.
Il giovane fece per voltarsi, ma
prima che potesse anche solo alzare lo sguardo, qualcosa di duro e tagliente lo
colpì spedendolo contro una parete, lontano dal suo gemello. L’impatto contro
la roccia gli tolse il fiato strappandogli un gemito di dolore. Alzò gli occhi,
nonostante avesse ancora la vista un po’ annebbiata. Kasreyon si era
trasformata in un gigantesco demone nero. Gli arti terminavano in lucenti artigli
argentati che brillavano affilatissimi catturando la poca luce superstite
dell’antro, mentre i suoi occhi cremisi brillavano di un odio bruciante e di
sete di vendetta. La corazza che ricopriva gran parte del suo corpo riproponeva
gli intarsi che ornavano la sua elsa quando era informa di spada e al centro
del petto spiccava il bassorilievo di un teschio identico a quello che
concludeva l’impugnatura, solo che di dimensioni maggiori. Quello era il suo
vero aspetto, quellomera ciò che aveva terrorizzato Damaer al punto da
spingerlo a sigillaria per sempre. La sua aura emanava una potenza senza
confini, un potere così immenso che avrebbe potuto spaventare la morte stessa.
Il mezzo demone la fissava attonito, inginocchiato sul pavimento gelido. Quello
era il suo avversario. Non aveva chance, lo sapeva, neanche la più pallida. E
per di più avrebbe dovuto farlo da solo. Vergil era preso dai suoi conflitti e
molto probabilmente non ne sarebbe uscito. Quel mostro gli avrebbe mangiato
l’anima sotto i suoi occhi, senza che lui potesse impedirglielo. Per la prima
volta in vita sua, Dante sentì che quella era la fine di tutto. Per quanto si
fosse sforzato, per quanto ardore avesse messo nel combattimento, non c’erano
speranze. Era una battaglia persa in anticipo, era già tutto scritto. Aveva
fallito. Non avrebba mai portato a casa suo fratello, non avrebbe mai potuto
ricostruirsi una vita con lui. Non avrebbe più discusso con Lady sulle piccole
cose, non avrebbe più sentito le sue frecciatine. Lo scomforto lo schiacciò
insieme all'aura del suo nemico. Era tutto perduto.
Rimase immobile a fissare il demone
che sollevava di nuovo uno dei suoi immensi artigli, pronto a colpirlo. Ma
prima che le lame affilate potessero raggiungerlo, un proiettile le colpì,
deviandone la traiettoria.
“Dante, che cazzo stai facendo lì
impalato?!”gli urlò Lady, sparando di nuovo con Kalina Ann. “Non mi dire che ti
sei arreso prima di provare a combattere! Che fine ha fatto quel testone del
mio migliore amico? Hai paura di questo stronzo per caso? O forse non ti senti
all'altezza? Tuo fratello, se non fosse in quello stato, riderebbe di te!”.
Dante la guardò tornando al
presente. La sua amica era decisamente pallida e poteva vedere le sue dita
tremare anche a quella distanza. Era chiaro che l’aura di Kasreyon la stava
schiacciando e le stava consumando le energie, eppure lei non aveva rinunciato
a combattere. Anche lei sapeva di non essere per nulla all'altezza di un
avversario simile, sapeva che stava guardando in faccia la morte, eppure non aveva
esitato un momento a tirare fuori le unghie per difendere la propria vita e
quella di tutti loro. Quel senso di impotenza che si era impadronito di lui
svanì immediatamente. Che cazzo stava facendo?! Avrebbe dovuto essere lui a
salvare lei, non il contrario. Si alzò ed estrasse Rebellion, menttendosi in
posizione di attacco. Quello stronzo aveva cercato si fregarlo. Per fortuna non
era solo. E proprio per questo non si sarebbe lasciato ingannare un’altra
volta. Il suo sguardo corse a suo fratello che si stava ancora dibattendo in
preda alle convulsioni. ‘Resisti, Vergil, giuro che in qualche modo ti
salverò’pensò prima di lanciarsi sul mostro accomoagnato da una scarica di
proiettili provenienti dalle pistole della sua collega.
Magornak assistè a tutta la scena
senza muoversi. Lady lo aveva trascinato in un angolo in modo che fosse al
riparo dalla battaglia e poi era corsa in aiuto del suo amico. Lui aveva
percepito il terrore della donna, aveva sentito la sua ansia, eppure lei le
aveva vinte e si era buttata nella mischia per difendere quello che le era più
caro. Cosa che lui non aveva saputo fare. Scosse il capo. No, non sarebbe
rimasto lì ad autocompiangersi. Non questa volta, la situazione era troppo
grave. Doveva svegliare Vergil dal suo coma perché solo uniti i due gemelli
avrebbero avuto qualche chance di sconfiggere Kasreyon. Si alzò e osservò
attentamente lo scontro. I due cacciatori di demoni cercavano in ogni modo di
ferire il mostro, ma quello respingeva i loro colpi come se fossero solo fastidiose
mosche. Il suo protettore giaceva poco più in là, sempre dibattendosi e
urlando, anche se lui non poteva udirne la voce a causa del rumore della
battaglia. Doveva raggiungerlo.
Prese fiato e spiccò una corsa in
quella direzione. Il demone però si accorse immediatamente delle sue intenzioni
e allungò uno dei suoi artigli verso di lui, cercando di trafiggerlo. Il
demonietto lo schivò buttandosi a terra, ma fu immediatamente costretto a
rotolare su un finaco per schivare un secondo colpo e poi un terzo. L’arma
pareva decisa a farlo fuori. All’improvviso di sentì afferrare per la
collottola e tirare all’indietro, appena in tempo per evitare l’ennesimo
affondo.
“Magornak, stai al riparo,
maledizione! Che cazzo volevi fare?!”lo aggredì Lady portandolo fuori dalla
portata del loro avversario. “Sei impazzito per caso?! Quello ti ammazza!”.
“Ma io devo andare da
Vergil!”ribattè lui liberandosi dalla presa della sua amica. “Lui ha bisogno di
me! Lo devo aiutare!”.
“Magonak è troppo pericoloso!
Potresti morire!”cercò di farlo ragionare lei, esasperata e ansiosa.Non poteva permettere che il demonietto si
facesse male. Era diventato troppo importante per lei.
Ma lui scosse il capo. “Non mi
importa. Ho fatto un giuramento e lo manterrò. E poi perché devono sempre essere
gli altri a sacrificarsi per me? Non lo posso più tollerare. È giunto il
momento che io paghi i miei debiti!”. La decisione brillava fiera nei suo occhi
ametista e con essa la consapevolezza. Sapeva a cosa poteva andare incontro. Ma
non per questo si sarebbe tirato indietro. Anche a costo di rimetterci la vita.
Il loro dialogo fu interrotto da un
nuovo attacco di Kasreyon. Fortunatamente la lama di Rebellion bloccò gli
artigli affilati prima che potessero raggiungerli.
“Avete finito voi due? Parlerete dopo,
adesso non mi pare il momento più adatto!”urlò Dante prima di tornare ad
occuparsi del loro avversario. Aveva iniziato ad ansimare e un taglio
superficialegli si apriva sul petto,
nel punto in cui le lame del mostro lo avevano sfiorato.
“Magornak, mettiti al sicuro e
basta!”ordinò Lady chiudendo la conversazione. “E niente ma!”. E prima che lui
potesse ribattere tornò a sua volta a slanciarsi sul loro nemico.
La creaturina rimase a fissare i
due che combattevano. Capiva che la ragazza era preoccupata per lui, ma questi
non bastava a dissuaderlo. Anche lui deveva fare la sua parte. ‘Mi spiace,
Mary, ma non posso fare quello che mi chiedi. Io ho un debito con Vergil e lo
devo saldare. E poi non posso perderlo. Lui è tutto per me e gli devo
dimostrare che posso essere degno di lui!’pensò rivolgendo un'ultima occhiata
alla battaglia per poi tentare di nuovo di raggiungere il mezzo demone.
Ma proprio quando era a pochi metri
da lui, un urlo improvviso sovrastò il clangore delle spade e gli gelò il
sangue nelle vene. Si voltò di scatto, terrorizzato da quello che avrebbe
potuto vedere. E i suoi timori trovarono immediatamente conferma: Kasreyon
aveva colpito in pieno Lady, rigandole di rosso il petto e sbattendola lontano,
contro la parete.
Dante si voltò a fissare l’amica,
mentre una rabbia disperata si impadroniva velocemente di lui. Quello stronzo
aveva osato toccare le persone più care che lui aveva. Non gli avrebbe permesso
di passarla liscia. “Questa me la paghi, bastardo!”urlò furioso. Poi si volse
verso il demonietto. “Magornak, prendi Lady e portala al sicuro. Dovete
andarvene immediatamente! A questo figlio di puttana e a mio fratello ci penso
io…in un modo o nell’altro!”. E senza attendere una risposta tornò a scagliarsi
contro l’arma, con più forza e violenza.
Magornak rimase come pietrificato
per parecchi secondi. Dietro di sé avvertiva chiaramente le urla di Vergil, ma
non sapeva decidersi su chi soccorrere. Alla fine decise di fare come gli aveva
detto il mezzo demone e si fiondò verso la donna.
“Mary!”la chiamò quando le fu
accanto con le lacrime agli occhi. “Mary, ti prego, rispondimi!”.
Lei gemette di dolore, tentando di
muoversi, ma senza successo. Il taglio che aveva sul petto non era profondo, ma
sanguinava parecchio e inoltre cadendo aveva sbattuto con violenza la testa
contro il muro. Con troppa violenza. Non avrebbe più potuto combattere, si
sentiva svenire. E questo significava che Dante sarebbe stato solo contro la
potenza senza confini di quel mostro. Forse era davvero la fine. Ma c’era
ancora una speranza. I suoi occhi annebbiati misero a fatica a fuoco quelli
preoccupatissimi del demonietto. “Non pensare a me, Magornak. E…lascia perdere
quello che ha detto…quel cretino di Dante. Da solo non…può fare nulla”riuscì a
dire con uno sforzo evidente. Non le importava se in quel modo avrebbe
rischiato la vita, si sacrificava volentieri per i suoi compagni e per il suo
mondo. Così avrebbe fatto qualcosa di veramente utile, si sarebbe distinta
davvero da quel pazzo di suo padre. E forse avrebbe trovato la pace che la
vendetta non le aveva dato. “Va’ da Vergil, sveglialo, devi farcela...È l’unico
che può tirarci fuori da questo guaio...Io...me la...caverò. va’, o sarà la
fine per tutti. Io…ho fiducia in te, so che…ce la farai”. La testa iniziò a girarle,
ma prima di svenire vide il suo amico correre via. ‘Vergil, ti prego...Devi
salvare Dante…’pensò mentre il buio la prendeva con sé.
Magornak raggiunse di nuovo il suo
protettore, anche se avrebbe preferito restare accanto a Mary. Doveva tirare
Vergil fuori dalle tenebre in cui stava lottando. Lui era l’unico che poteva
farlo, lo sentiva. Se non fosse riuscito a svegliare il mezzo demone sarebbe
stata la fine per tutto. Non avrebbe saputo dire da dove gli veniva quella
sensazione, non riusciva a capire come faceva a sapere tutte quelle cose. Si
muoveva abbandonandosi a quelle emozioni, come se ci fosse qualcuno che stesse
guidando le sue azioni. Come se fosse caduto in una sorta di trance. Si chinò
sul mezzo demone e lo afferrò per le spalle. “Vergil, Vergil, reagisci! Dante
ha bisogno di te, io ho bisogno di te! Salvaci, Vergil, sei l’unico che può
farlo, dimostrami che ora hai il potere per non rifare l'errore di quando eri
bambino!”gli urlò scuotendolo. “Tu hai la forza per uscirne devi soltanto volerlo!
Non sei un mostro schiavo dell'Oscurità! Sei il figlio di Sparda e di na
creatura di Luce! Tu puoi disperdere le Tenebre che ti assalgono perché hai la
loro forza dentro di te! E se non ti dovesse bastare, prendi anche la mia
Luce...”. Allungò una mani verso la sua fronte. Quella era l’unica cosa che
poteva fare, la loro ultima speranza. Avrebbe funzionato, doveva farlo. Non
sapeva perché lo stava facendo, ma era certo che era la cosa giusta da fare per
aiutare il suo protettore. Osservò le sue mani distendersi sopra il viso del
giovane, come se stesse guardando le azioni di un’altra persona. Intorno a lui
l’aria iniziò a vibrare e a brillare, mentre lampi di luce bianchissima gli
scorrevano lungo il corpo, concentrandosi sulle sue dita e penetrando nella
pelle del mezzo demone. I suoi occhi ametista si illuminarono, splendenti nella
penombra dell’antro. “Svegliati, Vergil
Sparda”.
Vergil aveva assistito impotente
alla prima parte dello scontro. Aveva visto la rassegnazione dipingersi sul
volto di Dante e lo aveva visto inerme di fronte all’attacco di Kasreyon.
Avrebbe voluto urlargli di reagire, ma la sua lotta interna lo stava
trascinando sempre di più oscurità, lontano dalla realtà che lo circondava.
Fortunatamente ci aveva pensato la figlia di Arkham a riscuotere suo fratello e
a riportarlo in sé. Aveva letto la muta promessa nello sguardo del suo gemello
prima che lui si slanciasse contro il mostro. Poi tutto era divenuto buio e lui
si era ritrovato di nuovo nel limbo di luce nera.
Intorno a lui danzavano gli spettri
che lo avevano aggredito nel limbo, in un movimento ripetitivo e ipnotico che
lo stordiva, rischiando di fargli perdere conoscenza. Lui si era slanciato su
di essi mosso dalla forza violenta della disperazione e sostenuto da una
sofferente volontà di non arrendersi. Fuori avevano bisogno di lui. Questa
volta li avrebbe salvati, perché era stato lui a metterli in quel casino. La
persona a cui teneva di più al mondo stava combattendo contro un incubo che lui
aveveva liberato perché non era stato in grado di vincere la sua parte oscura.
E lui non poteva permettere che morisse per rimediare a un suo sbaglio.
Trafisse l’ultimo degli spettri e
quello svanì emettendo il solito, orrendo grido. Il mezzo demone ansimava,
tentando di riprendere fiato. Sapeva che il peggio doveva ancora venire. Si
guardò intorno, all’erta. Percepiva un’altra presenza molto vicina, una
presenza a lui ben nota. Kasreyon.
“Ma bravo, Vergil, come mi
aspettavo non mi hai deluso. Il potere della tua anima è proprio immenso”commentò
una voce alle sue spalle. “Ho fatto bene a sceglierti”.
Lui si voltò di scatto, trovandosi
a fissare due occhi cremisi fin troppo familiari. I propri. La figura che aveva
davanti era uguale a lui in tutto e per tutto, tranne per il fatto che in mano,
al posto di Yamato, stringeva una spada identica alla forma da arma di
Kasreyon.
“Bastardo, ti permetti anche di
prendere il mio aspetto adesso?”ringhiò fissando il suo avversario con odio.
Quello stronzo si stava di sicuro prendendo gioco di lui.
“È ovvio dal momento che io e te
siamo la stessa cosa”rispose con calma il demone. “Anche se tu non vuoi
ammetterlo, la tua anima mi appartiene così come il tuo stesso essere, Vergil.
Non hai scampo. Non puoi scappare da te stesso, sei destinato a soccombere”.
“Ti sbagli. Io non sono te. Non
cederò alle Tenebre in cui cerchi di rinchiudermi. Io sono il figlio di Sparda
e appartengo solo a me stesso!”ribattè con decisione il mezzo demone.
L’avversario che aveva di fronte era decisamente più potente di tutti quelli
che aveva affrontato fino a quel momento, molto più potente persino
dell'abominio in cui Arkham si era trasformato dopo aver tentato di assorbire
il potere del Cavaliere Oscuro. Per la prima volta in vita sua Vergil era certo
che la battaglia che si apprestava a combattere iniziava a suo completo
sfavore. La potenza di Kasreyon pareva estendersi all’infinito attraverso il
vuoto del limbo e inoltre avrebbe dovuto affrontare contemporaneamente anche sé
stesso e la sua parte demoniaca senza poter contare su nessun aiuto esterno.
Questa volta era davvero solo contro i suoi demoni. Sapeva che era giunta l'ora
di affrontare anche quella dolorosa contraddizione che caratterizzava il suo
essere e di chiudere i conti con chi era e con le scelte che aveva fatto. Ma questo
non gli avrebbe impedito di lottare fino alla fine, non per questo si sarebbe
arreso contro dei nemici infinitamente più forti di lui. Aveva la possibilità
di dimostrare una volta per tutte di essere degno dell'eredità di Sparda.
L’alternativa era sparire per sempre. “Mio padre capì chi eri, ti sconfisse e
ti rinchiuse quale mostro che sei. Io farò di meglio: porterò a termine il suo
lavoro e ti distruggerò una volta per tutte!”. Strinse la presa sull'elsa di
Yamato, pronto a combattere fino alla morte. “Basta sprecare fiato. Se davvero
mi vuoi, dovrai prima uccidermi”.
“Che peccato, Vergil, eppure io ti
avevo offerto il rimedio ai tuoi mali. E in cambio ti chiedevo solo la tua
anima, un prezzo così ragionevole”commentò sarcastica la sua copia, scuotendo
il capo, mentre i suoi occhi rossi lampeggiavano. “Ma se la metti così non mi
lasci altra scelta. Dovrò davvero prenderti con la forza. Volente o nolente, ti
arrenderai a me e all’Oscurità da cui sei stato generato e a cui devi
ritornare!”. E senza aggiungere altro si scagliò su di lui.
Vergil parò a stento il colpo e le
lame delle due spade cozzarono con violenza sprigionando una pioggia di
scintille. I due si separarono mettendo qualche metro di distanza tra loro. Il
mezzo demone fissò gelido il suo avversario. Quando potenza in un unico colpo.
Gli aveva quasi strappato l’arma di mano. E a giudicare dalla faccia dell’altro
quello non era neanche l’inizio.
Kasreyon gli rivolse un sorriso da
squalo. Era così divertente vederlo dibattersi con una tale disperazione nella
rete di Buio che lo avvolgeva. Quel mezzosangue aveva una volontà di ferro,
glielo doveva concedere, e sapeva che non avrebbe ceduto tanto facilmente. In
un certo senso era fiero di lui, la sua anima era proprio quella che ci voleva
per liberare in modo definitivo il suo potere. Un potere che andava oltre
quello di Sparda, che raggiungeva quello dello stesso creatore dell'Inferno e
del suo antico imperatore. Presto, grazie a Vergil, tutto ciò che esisteva
sarebbe stato suo e lui avrebbe potuto saziare la sua brama di distruzione.
Rimasero a studiarsi ancora per
qualche attimo, poi le loro lame tornarono a cozzare, sfregando tra loro fino a
diventare incandescenti, per poi separarsi e incontrarsi di nuovo in una
ripetizione infinita e mutevole. I movimenti dei due si fecero sempre più
veloci e potenti senza però perdere fluidità e una certa eleganza, tanto che lo
scontro prese l’aspetto di una violenta danza di lame che a ogni scontro
produceva una piccola onda d'urto.
Fu però chiaro fin da subito che il
demone era in netto vantaggio: i suoi colpi erano più precisi e lui sembrava
risentire molto di meno del prolungarsi di quel tremendo ballo. Il giovane
invece faceva sempre più fatica a seguirne il ritmo crescente che lo stava
lentamente portando oltre il limite delle sue possibilità. I suoi muscoli si
lamentavano per lo sforzo estremo che lui stava esigendo, sforzo che non
potevano sostenere, e minacciavano di cedere, mentre il suo respiro si faceva
sempre più affannato. Nella sua testa le Tenebre si dibattevano offuscandogli
la vista e la sua forza di volontà rischiava di vacillare sotto le bisbigliate
promesse della sua parte più oscura, sotto la tentazione di saziare per sempre
la propria ossessione, nonostante il caro prezzo che gli veniva imposto. Non
avrebbe retto ancora a lungo, lo sapeva. Ma non poteva certo arrendersi, anche
a costo di distruggersi per la fatica.
All’improvviso la spada di Kasreyon
schizzò verso di lui, cambiando direzione senza preavviso e cogliendolo di
sorpresa. Lui tentò di parare quel fendente inaspettato, ma l'altro fu troppo
veloce. La lama gelida lo raggiunse straziandogli la carne e strappandogli un
urlo di dolore, mentre le tenebre del limbo si fiondavano ad occupare la
ferita.
Vergil si sentì mancare e fu
costretto ad allontanarsi di scatto dal suo avversario che lo fissava con un
ghigno vittorioso stampato sulle labbra. Si portò una mano tremante nel punto
in cui il metallo freddo l'aveva colpito e avvertì il sangue uscirne copioso.
Sangue nero come l’Inferno, il sangue di un demone, il sangue indelebile in cui
era scritto il suo destino.
Il suo nemico non gli diede tregua
e tornò ad attaccarlo, sicuro che ormai mancasse poco. Ormai il figlio di
Sparda si limitava quasi solo a parare e i suoi movimenti diventavano sempre
più imprecisi e meno fluidi. Era ora di chiudere quella partita. Colpì con
forza la lama di Yamato strappandola dalle mani del suo possessore e senza
attendere un altro attimo gli conficcò la propria spada nel petto, sollevandolo
da terra.
Vergil urlò nuovamente mentre un
getto di sangue gli usciva dalla nuova ferita e la vista gli si sfocava. Era
davvero la fine, non aveva più neanche la forza di tenere aperti gli occhi. Il
sapore metallico gli invadeva la bocca e lui sentiva il proprio sangue colare
fuori dalle sue labbra. Non aveva via di scampo. Aveva fallito di nuovo, solo
che le conseguenze sarebbero state decisamente più gravi questa volta. I suoi
occhi si fissarono in quelli identici dell’essere che aveva davanti. No, non
poteva sottrarsi a sé stesso. La sua natura esigeva il suo prezzo e lo avrebbe
riscosso in quel momento. La sua anima sarebbe bruciata nel fuoco nero
dell’Oscurita per tutto il resto dell’eternità mentre lui avrebbe perso sé
stesso nel Buio.
“È finita, figlio di Sparda. Come ti
avevo preannunciato. Hai combattuto bene, te lo concedo, ti sei dimostrato
degno figlio di tuo padre, ma ora hai perso definitivamente”disse Kasreyon
serio, scandendo ogni parola. “Però alla fine non hai saputo sconfiggere le
Tenebre della tua anima e rinunciare alla tua ossessione per il potere.
Consolati, perlomeno otterrai la forza che hai agognato per anni”. Allungò le
dita gelide fino a sfiorare quasi con dolcezza il viso sudato di Vergil.
“Presto la tua sofferenza sarà finita. Per sempre. Diventeremo una cosa sola e
nulla potrà più fermarci. La nostra forza sarà ineguagliabile, molto superiore
persino a quella di tuo padre. Tanto ormai non stai più cercando il potere di
Sparda, lo sai vero, Vergil? La tua strada ti ha condotto dritto verso quello a
lui opposto e infinitamente più potente. Figlio di Sparda, quello che tu hai
cercato negli ultimi dieci anni è il potere di Mundus, imperatore
dell'Inferno!”.
Quelle ultime parole risuonarono
terribili nel silenzio del limbo. Vergil sbiancò ancora di più. Il potere di
Mundus? Lui, il figlio del Cavaliere Oscuro, era passato, spinto dalla propria
ossessione, alla parte opposta? Si rese conto che non poteva negarlo. Lo
sapeva, anche se inconsciamente. Quella consapevolezza lo colpì con una
violenza inaudita. Era consapevole del fatto che stava percorrendo una strada
diversa, per certi versi opposta a quella di suo padre, ma mai aveva pensato di
essersi schierato con il nemico giurato di suo padre, finendo per desiderare di
diventare come lui. Quello che aveva compiuto era un tradimento sacrilego,
troppo grave per poter essere sopportato. La poca volontà di resistere che
aveva svanì di colpo, distrutta dalla vergogna e dai sensi di colpa. Aveva
sbagliato tutto fin dal giorno della morte di sua madre quando aveva deciso di
abbandonare suo fratello al suo destino. Ogni lotta che aveva sostenuto fino a
quel momento per credere di essere padrone consapevole delle sue scelte era
stata in realtà solo una vuota illusione. Non aveva mai scelto nulla. Si era
sempre fatto guidare ciecamente dalla sua ossessione e dalle tenebre fino a
superare il punto di non ritorno. E se ne rendeva conto solo in quel momento.
Per la prima volta dopo anni
avvertì le lacrime pungergli gli occhi. Era distrutto, completamente
annientato. Voleva solo sparire, svanire per sempre. E presto quel suo estremo
desiderio sarebbe stato esaudito. ‘Padre, ho sbagliato tutto, non merito di
essere tuo figlio! Che io sia maledetto, non solo mi sono annientato con le mie
stesse mani, ma ho segnato la rovina del mondo per cui tu donasti tutto!’gridò
dentro di sé, chiudendo gli occhi. ‘E anche tu, Dante. Tu l’avevi capito prima
di me, avevi intuito come sarebbe finita, anche se forse non ne eri
completamente consapevole. Ma io non ho voluto ascoltarti. Questa volta la
colpa è solo mia. Volevo proteggerti e ho ottenuto solo di farti soffrire. Ora
morirai per colpa mia. Non sono degno neanche di essere tuo fratello. Avevi
ragione, tu hai saputo essere davvero figlio di Sparda, io sono diventato il
successore di Mundus...’.
Kasreyon lo fissava in silenzio,
lasciando che la tragedia dentro di lui si consumasse secondo il ritmo che
richiedeva. Avvertiva la forza dell’anima del mezzo demone fluire dentro la
sua. Vergil si era arreso del tutto. Quella rivelazione lo aveva straziato,
riducendolo alla passività più totale e facendolo precipitare nel baratro senza
fondo dei suoi sensi di colpa. Le sue dita erano ancora ferme sulla guancia
della sua preda e avvertivano quella pelle diventare sempre più gelida mentre
il figlio maggiore di Sparda si spegneva senza un lamento, con una sorta di
orgoglio disperato. Composto fino alla fine. Comunque presto sarebbe stato
tutto finito, molto presto.
Il buio si chiuse pietoso sul
giovane, cullandolo come avevano fatto le tenebre infernali dieci anni prima,
cercando di lenire il suo dolore inguaribile. Ma lui sapeva che questa volta
non si sarebbe svegliato. Non avrebbe avuto una nuova possibilità. L’Oscurità
lo avrebbe ripreso con sé per sempre. Le immagini dei suoi ultimi giorni sulla terra
lo invasero e con esse quelle delle persone che li avevano occupati. Lady,
Magornak, Dante. Erano lì davanti a lui e lo guardavano cadere, come per dargli
l’ultimo saluto. Sorrise mesto. Sapeva che, se per qualche assurda ragione suo
fratello fosse riuscito a sconfiggere Kasreyon e a salvare il mondo di luce, ci
sarebbe stata la figlia di Arkham ad aiutarlo a colmare il dolore per la sua
perdita. E di certo la giovane si sarebbe presa cura del demonietto molto
meglio di come aveva fatto lui. La ringraziò mentalmente. Tra loro non era mai
corso buon sangue, ma lei rimaneva l’unica umana insieme a sua madre ad essere
degna del suo rispetto, quasi fosse una sua pari.
E poi Magornak. Quell’idiota gli si
era affezionato moltissimo e insisteva con la storia di dover pagare il suo
debito di vita, ma non si era mai accorto che in realtà era quello che lui
definiva il suo protettore ad avere un debito con lui: quell'esserino strambo
era stata la sua luce nel buio dell'Inferno, il faro di innocenza che gli aveva
permesso di non corrompersi tra quelle fiamme maledette.
E ultimo, proprio mentre l’oscurità
gli chiudeva gli occhi definitivamente, Dante. Immagini che si sovrapponevano,
ricordi sparsi, felici e dolorosi, luminosi ed insanguinati. Avevano vissuto
tutto insieme. Avevano toccato i prati luminosi del Paradiso e si erano
scottati con le fiamme nere dell'Inferno. Avevano assaporato la felicità ed
erano annegati nella disperazione. Erano cresciuti fianco a fianco, erano
fuggiti l’uno lontano dall'altro, si erano aiutati, si erano combattuti, si
erano cercati, si erano quasi uccisi a vicenda. Erano stati fratelli ed
estranei, erano stati amici e nemici. Si erano odiati, si erano amati. Gli
parve di avvertire di nuovo le labbra di Dante sulle sue. Almeno si sarebbe
risparmiato un'ammissione piuttosto imbarazzante. Se fosse stato ancora in
grado di farlo avrebbe riso. Che pensiero stupido per essere il suo ultimo. In
fondo non era poi tanto diverso da quel cretino del suo gemello.
Il buio lo avvolse strappandolo alla
realtà irreale del limbo di luce nera e sfumando lentamente i suoi pensieri
fino a renderli una massa indistinta di ricordi lontani.
Hey, guys!! I’m back!!
As always I’m late e penso che ormai sarete stufi di sentirmi dire che mi
spiace!! I know, I know, ma non posso farci nulla!! >.
Comunque, passiamo al capitolo che è meglio…Be’, ci sono un po’ di sviluppi
qui. Finalmente vediamo il nostro Kasreyon in faccia e soprattutto in carne
e ossa!! XD. E cosa ovviamente cerca di fare per prima cosa? Di sedurre
Ver! Ce ne mette di impegno per fare la corte alla sua anima, concediamoglielo.
Sinceramente mi sta parecchio antipatico come personaggio…E l’ho creato io…Nice…
Atto di eroismo di Magornak! Vai, sei il migliore! Peccato che quasi ci
rimanevi secco…Comunque Magornak è l’unico che ci capisce qualcosa in tutta la
faccenda, che sa fare tutto, anche se non sa perché lo sa! XD Siamo
messi bene. Ancora una volta Vergil dimostra di non sapersi dare una calmata
(mi stava per ammazzare il demonietto!! T.T>.
Meno male che è arrivato Dante a salvare Magornak…e a combinare un guaio
ancora più grosso! Povera Lady (la risolvi-guai per eccellenza e il mio
mito u.u), che pazienza che si deve avere con uno così. Se non ci fossero lei e
Magornak i due figli di Sparda sarebbero davvero nei casini…Anche questa volta
hanno salvato la situzione. O, almeno, diciamo che hanno rimandato il peggio e sono riusciti
a ridare grinta a Dan! Coraggio, se si demoralizza lui finisce il mondo…Peccato
che poi la nostra motociclista si prenda un bel colpo dopo aver salvato anche
Magornak. A quanto pare l’Autrice non le vuole permettere di salvare anche
il mondo!! Vergil versus Vergil! Ho sempre desiderato di poter scrivere una cosa del
genere…peccato che l’altro Ver gil sia un po’ troppo più forte
dell’originale…Eh, chissà come se la caverà il nostro mezzo demone. Da figlio
di Sparda a successore di Mundus…sono stata cattiva, lo so!! Coraggio Ver, siamo tutti con te! Spero non finsica male… wait a sec, ma
sono io che decido come finisce!! 0.0!
Ringraziamenti: Un bacio e un abbraccio stritolante a Rakelle, Hikari Sama, Xeira_, Pride_ e Bloody Wolf (lo sapevo che tornavate!!! *.*) e doc11. Un saluto speciale anche a LadyVergil e ad Alice Mudgarden che mi seguono sempre e comunque e anche a ninjiapiccina che mi sta recensendo tutti i capitoli *.*!! Grazie anche a chi legge e tiene la storia tra le preferite/ricordate! I'm sorry per il mio sproloquio ma a quanto pare non posso farne a meno!! XD
Al prossimo capitolo! Mi spiace di lasciarvi così col fiato sospeso ma una
storia senza suspense non va bene!! XD
*dal manicomio criminale*
Mystic
La luce inondava lo studio
entrando dalla grande finestra incorniciata da tende di velluto, posta dietro
l'imponente ma spartana scrivania lignea. Le pareti erano coperte di scaffali
ingombrati da libri di ogni genere, sapientemente ordinati per argomento e
autore. Degli arazzi riportanti scene mitologiche occupavano gli spazi lasciati
liberi dai volumi, mentre in una teca di vetro posta accanto alla porta erano
in bella mostra diversi tipi di spade. Seduto alla scrivania Sparda aveva
alzato gli occhi dai documenti che stava esaminando e fissava suo figlio
maggiore che se ne stava seduto a gambe incrociate su una poltrona a qualche
metro di distanza, intento a leggere uno dei suoi libri di storia infernale.
Nonostante avesse poco piùdi una decina
d’anni, Vergil sembrava già aver intuito molte delle cose che lo riguardavano e
aveva una serietà e una profondità che di sicuro non si addicevano ad un
bambino della sua età. E soprattutto cominciava già a mostrare i segni di un
morboso interesse che preoccupava alquanto il demone. Sentiva che se suo figlio
non lo avesse abbandonato al più presto quella sua ossessione avrebbe potuto
portarlo a conseguenze molto gravi.
Il suo sguardo si spostò
sull’altro gemello, accucciato ai piedi del fratello con la schiena contro la
poltrona, occupato con un videogioco. Dante era decisamente diverso da suo
fratello. Molto più allegro, più aperto, più solare e meno problematico sotto
molti versi. Non sembrava preoccupato più di tanto dal fatto di essere un
mezzosangue, forse perché ancora non capiva cosa ciò implicava, forse perché
aveva scelto di conviverci senza porsi troppi problemi, forse perché sentiva
che finché ci sarebbe stato suo fratello non sarebbe mai stato solo nonostante
la sua diversità. O forse solamente perché era Dante e riusciva sempre a vedere
la luce nelle cose. Se Vergil si perdeva dietro alle tenebre della loro
condizione, lui si concentrava sugli aspetti più positivi. E proprio per questo
Sparda sperava che i due potessero compensarsi. Finché ci sarebbe stato Dante,
Vergil avrebbe potuto avere un po’ di luce che lo avrebbe tenuto lontano dalle
Tenebre che tanto lo attraevano, mentre viceversa Dante avrebbe trovato in
Vergil un valido aiuto per affrontare ed accettare la parte oscura che
costituiva la loro natura. Era vitale che i due restassero insieme.
Vergil alzò lo sguardo dalle
pagine accorgendosi che il demone li stava guardando e gli rivolse uno sguardo
interrogativo. “Qualcosa non va, Padre?”domandò in tono rispettoso.
Sparda sospirò. Era sempre
così formale con lui, nonostante gli avesse ripetuto più volte che non doveva
esserlo, che non c'era bisogno perché, anche se era un demone, anche se era
colui che aveva difeso il mondo di Luce contro l’Inferno intero, restava sempre
suo padre. “No, Vergil, stavo solo riflettendo”rispose con calma. “Avrei
bisogno di parlarti, comunque. Avvicinati per piacere”.
Il bambino annuì, chiudendo
il libro. “Dante deve uscire?”chiese indicando l’altro mezzo demone con lo
sguardo.
A quel punto anche Dante
smise di giocare e fissò la sua attenzione sul fratello, un po’ contrariato.
Odiava quando lo si mandava via perché non si voleva che sentisse i discorsi
che venivano fatti. Non era giusto.
“No, può restare. Anzi,
venite qui entrambi, preferisco”.
I due obbedirono e si sedettero
sulle due sedie poste di fronte alla scrivania. Sparda li fissò per qualche
attimo senza proferire parola, passando lo sguardo dal volto serio di Vergil a
quello curioso di Dante. Non avrebbero davvero potuto essere più diversi di
così.
“Devo farvi un discorso
molto importante, quindi vi prego di prestarmi tutta la vostra
attenzione”iniziò poi.”Vostra madre avrebbe preferito che io non affrontassi
questo discorso con voi così presto, è convinta che voi siate ancora troppo
piccoli, ma io sono convinto che voi siate pronti per capire cosa voglio dirvi.
O se anche non lo foste lo capireste comunque da soli più avanti. Inoltre ci
tengo ad affrontare la questione adesso perché ho paura che se aspettassi
troppo a lungo sarebbe troppo tardi”. Fece una pausa. I due bambini lo
fissavano attenti pendendo dalle sue labbra, pronti a stampare a fuoco nella
loro mente ciascuna delle parole che avrebbe pronunciato. Si concesse un
leggero sorriso. Sapevano sempre quando essere veramente seri e concentrati e
per questo andava fiero di loro. “Vergil”riprese tornando serio. “Devo
chiederti una cosa”.
“Ti ascolto, Padre”rispose
il maggiore dei gemelli ricambiando il suo sguardo.
“Ho notato che ultimamente
leggi molti libri che riguardano l’Inferno, in particolare la mia...leggenda”.
Negli occhi di Vergil passò
un lampo. Probabilmente aveva già capito dove lui voleva arrivare. “È così,
Padre. Sono convinto che anche se abitiamo nel mondo umano sia un bene per me
essere informato sulle mie origini infernali. C’è qualcosa di sbagliato in
questo?”.
“Assolutamente nulla, anzi,
sono perfettamente d’accordo con te. Per conoscersi a fondo e sapersi capire al
meglio è fondamentale riuscire a comprendere la propria natura”rispose il
demone, serio. “Però non bisogna prediligere una parte di noi stessi. Bisogna
studiarle ed accettarle tutte quante o si rischia di ricadere in dolorose lotte
interiori. Capisci cosa intendo, Vergil. E mi è parso di notare che tu ti stia
concentrando esclusivamente sul tuo lato demoniaco ultimamente. Sai benissimo
quanto sono pericolosi i demoni. E non credere che solo perché quello in
questione è una parte di te non si ribellerà al tuo controllo”.
“Ne sono conscio, Padre. Ma
permettimi di spiegarti le mie ragioni. Io mi concentro sulla mia parte
demoniaca appunto perché è quella che potrebbe darmi maggiori problemi. E
inoltre è l’unica che necessita di essere coltivata. Dal mio lato umano non
posso trarre nulla, se non una serie di debolezze, quindi al massimo lo dovrò
correggere, la mia metà demoniaca invece è la fonte da cui posso trarre la mia
forza”. Gli occhi azzurro ghiaccio di Vergil brillavano decisi in quelli
inespressivi di suo padre, senza però risultare in qualche modo insolenti.
Sparda si lasciò sfuggire in
sospiro. Eccolo lì il tasto dolente, ciò che lo preoccupava. Suo figlio
maggiore era troppo attratto dal potere, che lui riteneva prerogativa esclusiva
dei demoni.”È qui che ti sbagli, Vergil”disse paziente. “Il tuo lato umano,
quello che tu vorresti solo “correggere”, è invece la sede di un tipo di potere
che un demone puro come me non potrebbe mai ottenere, almeno non completamente.
La forza non è solo quella fisica o quella derivante da capacità sovrumane,
Vergil. È anche qualcosa che è insito nella nostra anima e che si mostra
attraverso i nostri sentimenti. La Luce che tua madre ti ha trasmesso non va
ignorata. Come è fonte delle debolezze che hai citato con tanto disprezzo, essa
ti regala anche la capacità di lottare contro le Tenebre, cosa che normalmente
un demone non può fare”. Tacque per un istante, per dare tempo al bambino di
assimilare tutto quello che aveva detto. “E, cosa più importante, il potere non
è tutto, Vergil, almeno non quello che vorresti tu. Mentre a me pare che tu sia
convinto del contrario”.
“Ma, Padre, perdonami se ti
contraddico, ma senza potere non puoi fare nulla!”ribatté il mezzo demone. “Se
non sai sconfiggere i tuoi avversari, come puoi raggiungere i tuoi scopi? Come
puoi proteggere le persone che ti stanno intorno se non hai i mezzi per farlo?
Se tu non fossi stato così potente non avresti potuto proteggere il mondo di
Luce”.
Dante assisteva in silenzio
alla conversazione. Da un lato aveva l’impressione che gli stesse sfuggendo il
significato profondo di quel discorso, ma dall’altro sentiva che era un punto
fondamentale che anche lui doveva tenere presente.
“Questo è vero, ma io non ho
mai detto che il potere è inutile. Messo a servizio di scopi nobili è una cosa ammirevole,
ma se ricercato per sé stesso può diventare addirittura dannoso. Come ogni cosa
dell’Inferno, inquina l’anima e la corrompe, fino a portare lo sprovveduto che
lo ha agognato a perdere sé stesso”. Il tono di Sparda si fece duro. “Per
controllare le Tenebre bisogna affidarsi alla Luce o si finisce per venirne
risucchiati senza via di scampo. Io ho vinto la mia guerra grazie sì al mio
potere di demone, ma soprattutto in virtù dei sentimenti positivi che gli umani
mi avevano insegnato. Io ho amato questi esseri che ai tuoi occhi possono
apparire inferiori a noi per potenza, ho amato la Luce del loro mondo. Ed è
stato proprio l’amore a spingermi ad intraprendere la mia battaglia e poi a
farmela vincere. Mundus era infinitamente più potente di me, ma lui non aveva
un obiettivo che lo rendesse propenso a sacrificare tutto sé stesso per la sua
causa, io sì. Ed è stato proprio grazie a questo sentimento puro che io lo
sconfissi, nonostante la differenza che c'era tra noi”.
Suo figlio maggiore lo fissò
poco convinto, ma non ribatté. “Capisco cosa vuoi dire, Padre. Lo terrò a
mente”si limitò a dire.
“Mi auguro che tu lo faccia
davvero, figlio mio”.
“Andiamo, papà, non
dubiterai di Verge, vero?”si intromise a quel punto il minore dei gemelli,
quasi come a correre in difesa del fratello. “Lo sai che lui vuole bene a tutti
quanti noi, sia a me che a te che alla mamma. Sarebbe disposto a fare di tutto
per proteggerci!”.
Gli altri due si voltarono a
guardarlo, senza che nessuno dei due rispondesse. Si erano quasi dimenticati
della sua presenza.
“Vero, Verge? Tu ci vuoi
bene, no?”insistette lui.
“Certo, Dante”fece Vergil un
po’ esitante. Certe volte le uscite del suo gemello lo spiazzava. Era convinto
che lui non avesse capito fino in fondo il punto del discorso, eppure in un
certo senso aveva compreso che lui si era sentito insicuro e aveva fatto di
tutto per mostrargli che lui non dubitava di lui.
“Oh, andiamo, Ver, cos’è
quel tono tentennante?! Hai dei dubbi? Non ami il tuo fratellino minore?”si
offese Dante afferrando il fratello per un braccio e attirandolo a sé,
rischiando di farlo cadere dalla sedia. “Avanti, di’ che mi vuoi bene anche se
sei sempre scorbutico e freddo con me!”.
“Dante, lasciami! Mi fai
cadere!”.
“Dillo!!”.
“Ma scusa ti ho già detto di
sì! Ti voglio bene, Dante. Contento?? E ora mollami!!”.
Per tutta risposta il minore
diede l’ennesimo strattone al gemello. “È Dan, non Dante!! E no, non ti lascio!
Perché tu sei mio e non di quelle Tenebre di cui stava parlando papà!”.
Vergil arrossì lievemente,
scuotendo il capo. Quanto era ingenuo suo fratello. “Dante, sei un idiota! Non
parlare di cose che non capisci! E mollami una buona volta!!”.
Sparda assisteva divertito
alla scena e rise quando i gemelli, a furia di strattonarsi a vicenda, finirono
entrambi per cadere dalla sedia. Finché ci sarebbe stato Dante, non avrebbe
dovuto preoccuparsi di Vergil, quella era l’ennesima prova. Il primo era sempre
capace di distogliere il secondo dal suo oscuro interesse ed era certo che con
il tempo avrebbe potuto insegnargli a vivere. “Basta, non azzuffatevi nel mio
ufficio!”fece senza smettere di sorridere, scuotendo il capo. “Rischiate di
buttarmi all’aria tutti i libri! Andate un giardino!”.
“Hai terminato il discorso,
Padre?”domandò Vergil, bloccando Dante contro il pavimento e sedendogli sopra a
cavalcioni.
“Sì, potete andare. Non ne
riparleremo più, Vergil, a meno che non sia tu a chiedermelo”sospirò il demone,
lanciandogli un’occhiata significativa. “Spero che il discorso di oggi serva a
farti riflettere”.
“Certo, Padre”rispose il
bambino, mollando la presa sul gemello che continuava a lamentarsi. “Muoviti,
Dante, fila a prendere la tua spada. Io ti aspetto di sotto”. Si alzò e
raccolse la katana che aveva lasciato di fianco alla poltrona, uscendo dalla
porta inseguito dal fratello che urlava: “Uffa, aspettami, Verge!!”.
‘Spero davvero che tu abbia
capito, Vergil...’pensò Sparda tornando a concentrarsi sui suoi documenti. ‘E
spero che tu, Dante, possa trovare il modo di non lasciare mai tuo fratello da
solo...’.
La neve era caduta fino a
coprire tutta l’area circostante con uno strato candido di cinquanta centimetri
buoni. Tutti i suoni erano ovattati e gli unici rumori che turbavano la quiete
erano i rami che scricchiolavano sotto il peso di tutto quel bianco e che ogni
tanto se ne liberavano facendolo cadere al suolo.
Dante avanzava in fretta in
mezzo alla neve, Rebellion assicurata sulla schiena, desideroso di raggiungere
il prima possibile la meta. Sapeva bene che sua madre sarebbe stata furiosa se
lo avesse saputo, come del resto era accaduto le altre volte, ma lui era
convinto che prima o poi avrebbero dovuto iniziare in qualche modo e quella era
la strada più veloce. Ora che Sparda non c’era più sarebbe toccato a loro
continuare il suo lavoro. E visto che per i demoni erano ancora troppo giovani
ed inesperti, tanto valeva cominciare dai criminali normali.
Di fianco a lui Vergil
camminava con più calma, attento a quello che li circondava, la mano appoggiata
sull'elsa di Yamato che portava legata al fianco. Non era per nulla entusiasta
dell'idea che aveva avuto suo fratello. Anche se si trattava di umani e non di
demoni, gli pareva avventato precipitarsi sul posto senza un piano. Non che lo
preoccupasse lo scontro in sé ma più che altro non gli andava di rischiare di
avere più noie del previsto. Alla fine, però, come sempre aveva ceduto alla
testardaggine dell’altro e aveva accettato di aiutarlo di nuovo. E avrebbe
continuato a farlo nonostante ogni volta giurasse a sé stesso che quella
sarebbe stata l'ultima. Sapeva che altrimenti ci sarebbe andato da solo e non
poteva permetterlo. Ora che loro padre era scomparso era lui, in quanto figlio
maggiore, a doversi occupare della famiglia e a dover proteggere i suoi membri.
“Ehi, Verge, cos’è quella
faccia? Non sei contento? Stiamo lavorando!”esclamò il minore dei figli di
Sparda, l’eccitazione ben udibile nel tono di voce.
“Neanche un po’. Non stiamo
lavorando, stiamo solo andando a stendere degli stupidi umani, Dante, e non è
neanche la prima volta, altrimenti magari potrei capirti. E non chiamarmi Verge,
sai che lo odio”rispose l'altro lanciandogli un'occhiataccia. “E poi da quando
ti entusiasmi così tanto parlando di lavoro? Di solito sei talmente pigro che
trovi una scusa per evitare di fare tutte le commissioni che nostra madre ci
dà”.
“Ma questa è una cosa
diversa! Insomma, come puoi fare un paragone del genere?! Vuoi mettere
l’emozione che puoi provare rifacendo il letto e quella che ti suscita un
combattimento?”ribatté Dante. Suo fratello certe volte gli pareva
irrecuperabile. Da quando loro padre se ne era andato, poi, era peggiorato. Era
diventato molto più taciturno e solitario e aveva preso il vizio di coprirsi il
volto con quell'antipatica maschera impassibile che non abbandonava quasi mai
se non in rari momenti quando erano soli. Gli era anche venuta la fissa di
dover fare tutto lui da solo, come se fosse l’unico in grado di farlo. Poi, se
qualcosa andava storto, anche se non era stata colpa sua, non se lo perdonava e
restava per giorni con l’aria di un condannato a morte. Diceva sempre che avrebbe
dovuto evitarlo, che avrebbe dovuto prevederlo. E poi giù con la storia che era
troppo debole per fare le veci di Sparda. Da un lato il comportamento di suo
fratello lo irritava, ma dall'altro lo preoccupava molto di più: Vergil era
diventato strano, passava ore sui libri a studiare di tutto e di più e il resto
del tempo lo spendeva in allenamenti massacranti. Doveva diventare più forte,
diceva, doveva ottenere il potere di loro padre. Lui lo teneva d'occhio
costantemente perché temeva che potesse fare qualche cavolata e aveva notato
che anche Eva era turbata da quegli atteggiamenti che per nulla si addicevano
ad un tredicenne. Perciò cercava di coinvolgerlo nelle sue missioni
improvvisate, per tirarlo fuori da quello studio polveroso in cui trascorreva
tutto il tempo che non passava con Yamato in mano.
“Non noto questa grande
differenza, se devo essere sincero. Combattere con quegli umani mi annoia.
Preferisco scontrarmi con te”rispose atono Vergil. Non capiva cosa ci trovasse
di tanto eccitante suo fratello in quelle piccole scaramucce. Loro erano
demoni, anche se solo per metà, e di conseguenza la maggior parte degli umani
non era minimamente al loro livello, nonostante fossero ancora due ragazzini.
“Uff, sei impossibile,
Ver!”.
“Senti chi parla. E non
chiamarmi neanche Ver. Ti ho detto che odio i diminutivi”.
“Che palle. Sei noioso!”.
“E tu sei un idiota. E ora
muoviamoci a sistemare questa faccenda così possiamo tornarcene a casa. Devo
finire di studiare. E non ho ancora fatto i miei esercizi”.
“Come puoi avere da studiare
se non andiamo neanche a scuola?!”.
“Io, al contrario di te, ci
tengo alla mia istruzione e quindi mi sono fatto un piano di studi. Se ti
ricordi ti avevo anche chiesto se volevi studiare con me, ma tu avevi detto che
quella “robaccia” non faceva per te”.
Dante sbuffò ma non ribatté.
Tanto aveva sempre ragione Vergil. Che palle, ancora una volta quell’antipatico
era riuscito a rovinargli l’atmosfera.
Fortunatamente anche quella
volta andò tutto secondo i piani e nel giro di una mezz’ora i due gemelli
avevano sistemato e consegnato alla polizia i loro avversari. Il minore si era
trattenuto per scambiare insulti con il capo della banda di criminali finché
suo fratello non l'aveva afferrato per la collottola e trascinato via di peso e
ora i due stavano di nuovo attraversando il bosco diretti alla loro abitazione.
“Però potevi lasciare che mi
divertissi un altro po’ con quel tipo”borbottò Dante dopo diversi minuti di
silenzio.
“Perché avrei dovuto farlo?
Siamo già in ritardo. Nostra madre sarà a casa tra meno di un’ora e io non ho
nessuna voglia di sorbirmi la sua ennesima ramanzina per colpa tua. Sai bene
che non apprezza quello che facciamo”ribatté Vergil, voltandosi indietro a
guardarlo, leggermente irritato.
“Va bene, va bene, non ti scaldare”fece
lui rassegnato. Poi un ghignetto gli si allargò sul volto. “Però sei troppo
noioso, Ver. E questo non va bene”.
“Mi sembrava di averti detto
di non chiamar...”iniziò a dire il maggiore, ma fu costretto a bloccarsi quando
una palla di neve lo raggiunse in piena faccia. “Dante! Razza di idiota!”.
Il suo gemello scoppiò a
ridere come un matto. “Scusa, ma non sono riuscito a resistere!”riuscì a dire
tra le risa.
“Sei un cretino di prima
categoria!”ringhiò Vergil voltandosi, con aria risentita.
“Oh, andiamo, Vergil, non ti
sarai mica offeso per così poco?”cercò di calmarlo Dante. “Su, non...”. Ma
questa volta fu lui ad essere colpito in pieno da un proiettile bianco. “Brutto
stronzo!”esclamò allora lanciando un’occhiata divertita al ghignetto che era
spuntato sulle labbra di suo fratello. “Vuoi la guerra, eh? Oh, preparati,
perché ti accontento all’istante!”.
I due ragazzini iniziarono
la loro battaglia rincorrendosi per tutto il bosco e colpendosi senza pietà e
anche abbastanza violentante con le palle di neve. Dante non riusciva a
smettere di ridere e anche sul viso di Vergil si era aperto uno dei suoi ormai
rari sorrisi.
Ad un certo punto si
ritrovarono sull’orlo di un burrone. Il minore si spinse incautamente fino al
bordo del baratro e si sporse per guardare giù. Diversi metri sotto di lui
scorreva un fiume che poi sarebbe andato a gettarsi nel lago che c'era più a
valle. In quel momento le acque erano coperte da un leggerissimo strato di
ghiaccio per via del freddo e l’orlo del burrone era alquanto scivoloso.
“Accidenti che bel salto!
Non deve essere una bella esperienza farsi un tuffo da quassù”commentò il mezzo
demone.
“E allora levati dal bordo o
rischierai di cadere sul serio, idiota”lo apostrofò suo fratello, afferrandolo
per la giacca.
“Ma figurati! Non sono mica
così scemo!”protestò lui, liberandosi dalla sua presa. Ma proprio nel farlo
mise il piede su una lastra di ghiaccio e perse l’equilibrio.
Fortunatamente Vergil lo
afferrò a volo, impedendogli di cadere, ma ottenendo al tempo stesso di perdere
a sua volta l’equilibrio e di scivolare oltre il bordo del baratro trascinando
con sé anche il gemello. Dante si ritrovò a terra, il braccio di suo fratello
stretto tra le mani, mentre quest'ultimo era sospeso sopra il fiume.
“Dante, per l’Inferno! Sei
un idiota!”urlò Vergil, cercando un appiglio, ma le pareti di roccia erano
completamente coperte di ghiaccio e scivolavano sotto la suola dei suoi
stivali.
“Mi spiace, Ver! Non volevo
farti cadere!”esclamò Dante, tentando in ogni modo di tirare su l’altro, ma per
via del ghiaccio neanche lui riusciva a fare presa sufficiente sul terreno.
“Dammi l’altra mano! Non riesco a tirarti su così!”.
“Ma sei scemo?! Se provi a
tirarmi su cadiamo tutti e due!”.
“E allora che dovrei
fare?!”.
“Lasciamo andare!”.
“CHE?! Ma così finisci di
sotto! Sei impazzito per caso?!”.
“Meglio uno che entrambi.
Non mi ucciderò, non temere! É l'unica cosa che possiamo fare! Ho perso
l’equilibrio come un cretino e adesso ne devo pagare le conseguenze!”.
“Ma allora sei scemo forte!
Perché ti devi sempre addossare tutte le colpe?! Maledizione a te! Ho anche io
la mia parte di responsabilità. Siamo in questa situazione perché IO ho fatto
il cretino! Che c'entri tu?! E non ho nessuna intenzione di lasciati cadere!”.
“Non ha senso che tu ti
faccia male solo perché io non sono stato capace di restare in piedi! Se non
sono capace di tirarmi su da solo peggio per me! Lasciami, ho detto!”.
“Vergil, cazzo! Ti ho detto
che non è colpa tua! E poi non é che devi fare sempre tutto da solo! Se io ti
voglio aiutare non puoi impedirmelo!”.
“Ma così cadremo in due sul
serio! E poi se io fossi stato più attento, non...”.
“E chi se ne frega! Io non
ho nessuna intenzione di lasciarti andare! Anche se per far questo dovessi
finire per cadere con te! Dannazione, Vergil, siamo gemelli, se non ci aiutiamo
tra noi, che senso ha? E poi ti ricordi cosa diceva sempre nostro padre? Che
dovevamo stare sempre insieme, qualunque cosa fosse successa, perché da soli
non si va da nessuna parte. E quindi se dobbiamo cadere, cadiamo in due! Io non
ti abbandono!”.
I due rimasero a fissarsi in
silenzio per qualche attimo. Il discorso di Dante aveva lasciato Vergil senza
parole. Lui aveva sempre preteso di fare tutto da solo, nonostante quello che
diceva Sparda. Perché era ancora convinto che solo essendo in grado di fare
tutto avrebbe potuto proteggere come si doveva le persone a lui care. E ora
Dante si impuntava a mettersi in pericolo per aiutare lui. Scosse il capo.
“Dante...”iniziò a dire ma proprio in quel momento suo fratello perse la presa
sul suo braccio e lui si sentì cadere. Il minore si sporse ancora di più e
riuscì ad afferrarlo, ma i due non ebbero neanche il tempo per guardarsi di
nuovo che anche Dante scivolò oltre il bordo del baratro.
L’urto con l'acqua gelida
non fu per nulla piacevole. Vergil si sentì strappare con violenza il fiato dai
polmoni e per un attimo ebbe paura che le forze lo abbandonassero prima che
potesse raggiungere la superficie, ma poi l’aria invernale tornò a sfiorargli
il viso. Si guardò immediatamente intorno alla ricerca di suo fratello e quello
emerse quasi subito di fianco a lui.
“Maledizione che
freddo!!”esclamò Dante battendo i denti. “E cazzo che male! Ho sbattuto la
faccia, credo”.
“Dante, io ti uccido!”lo
aggredì lui, furioso, riuscendo ad afferrarlo per la collottola nonostante
tutti i suoi movimenti fossero resi più difficili ed impacciati per via del
gelo. “Potevi farti male sul serio! Perché non mi hai lasciato cadere e basta?!
Sei una testa di cazzo!”.
L’altro mezzo demone lo guardò irritato. “Ancora con questa storia?!”esplose.
“Vergil, hai rotto! Tu non sei Sparda e non lo sarai mai! Quindi piantala di
pretendere di voler fare tutto quello che poteva fare lui! Non ha senso, non
capisci che non puoi?! Non sei un demone!”. Le parole peggiori che avrebbe
potuto dire. Dante se ne accorse troppo tardi, portandosi una mano alla bocca.
“Ver, mi spiace, io...”.
“No, Dante, hai solo esposto
i fatti”lo interruppe Vergil, scuro in volto, mollando la presa su di lui. Il
suo tono era gelido e inespressivo, ma i suoi occhi erano pieni di rabbia.
“Usciamo da queste maledette acque o rischieremo di morire congelati”.
L’altro scosse il capo con
un sospiro ma non ribatté.
I due ragazzini raggiunsero
la riva e poi si affrettarono a tornare alla loro abitazione, senza scambiarsi
una parola per tutto il tragitto. Una volta a casa si liberarono dei vestiti
ghiacciati e si cacciarono nella vasca piena di acqua bollente, seduti uno di
fronte all'altro. Vergil era perso nei suoi pensieri e fissava distrattamente
il vuoto davanti a lui, mentre Dante si stava ancora dando del cretino per aver
detto quelle cose.
“Ehi, Verge”fece il minore
dopo diversi minuti, rompendo il silenzio teso che si era creato tra loro. “Mi
dispiace di aver detto quelle cose e soprattutto di averle dette in quel modo”.
“Ti ho detto che non fa
nulla”fu la risposta atona.
“No che non fa niente! Ti ho
ferito e mi dispiace!”.
Suo fratello sospirò. “Non è
colpa tua se la verità fa male, Dante”commentò amaramente. “Hai ragione, io non
sarò mai come nostro padre, sono solo un povero mezzosangue. Come posso
competere con un demone? Sono impotente”.
Lui scosse il capo e gli si
avvicinò, allungando le braccia per stringerlo a sé. “Non dire cagate, Ver. Ora
sei tu l’idiota. Hai fatto un sacco di cose da quando papà se n’è andato. Io
non so cosa avrei fatto senza di te”gli disse con un sorriso. “E neanche la
mamma. Hai visto quanto stava male. Tu non ti sei lasciato andare alla
disperazione nonostante tutto e hai saputo risvegliare anche lei dallo stato di
trance in cui era caduta. Hai fatto molto di più di quello che ci si aspettava
da te”.
“Ma ciò non toglie che, se
quei bastardi che davano la caccia a nostro padre dovessero farsi vivi, io non
saprei proteggervi. È per questo che voglio il potere di nostro padre, ne ho
bisogno”protestò Vergil. “E quelli verranno, Dante, ne sono certo. E allora
sarà la fine. Ma forse, anche se trovassi il modo di ottenere quel potere,
sarei comunque troppo umano per gestirlo”.
“Non è detto. Magari
scopriresti che neanche ti serve quel dannato potere. Non sei da solo, ci sono
anche io! Insomma, insieme noi due siamo Sparda, non credi?”insistette Dante,
deciso.
Il maggiore lo guardò
scettico, ma poi un sorriso gli illuminò il volto. “Hai ragione. Il fatto è che
tendo a dimenticarlo spesso. Troppo spesso. Forse perché sono io che sarei
perso senza di te, sperduto in balia delle mie ossessioni”.
“Non dire così, Ver. Tu hai
la forza per sconfiggerle, devi solo crederci e non lasciarti schiacciare. E
poi anche io ho una cosa da confessare, visto che siamo in vena. A te fa schifo
essere per metà umano, a me dà fastidio essere un mezzo demone. Insomma, siamo
imparentati con degli esseri rigurgitati dall'Inferno che lasciano dietro di
loro solo sangue e distruzione. Io non voglio diventare così!”.
“E non lo diventerai, Dante.
Siamo metà e metà. Possiamo scegliere quale dei due essere. O trovare il modo
di essere entrambi, anche se non sarà facile”. Il minore dei gemelli guardò suo
fratello un po’ confuso. Odiava quando l’altro si metteva a fare quei discorsi
così astratti che a lui dicevano poco o nulla. Vergil gli lesse in faccia
quello che stava pensando e ricambiò l’abbraccio. “Un giorno capirai cosa
intendo, Dante. Comunque penso che tu abbia ragione. Dobbiamo stare insieme, ci
completiamo a vicenda”.
“Se lo dici tu...”fu la
risposta poco convinta. “Ver, mi prometti una cosa?”.
“Tutto quello che vuoi,
Dan”.
“Promettimi che farai come
ci disse nostro padre, che mi insegnerai ad essere un demone e lascerai che io
ti impedisca di perdere la tua parte umana. Giurami che non mi lascerai mai”.
“Te lo giuro, Dante.
Qualunque cosa accada, anche se fisicamente saremo separati, io non ti lascerò
mai davvero e troverò il modo di tornare da te”.
Rimasero in silenzio
nuovamente, stretti uno all'altro, ma questa volta era un silenzio diverso,
pieno di intesa e calore. Poi Vergil parve finalmente accorgersi della
posizione in cui si trovavano e spinse via il fratello. “Va bene, va bene,
basta romanticherie! E non starmi così attaccato, sai che mi dà fastidio! E poi
cacchio, non siamo neanche vestiti!”borbottò avvampando.
Dante scoppiò a ridere.
“Cos’è, Verge, ti vergogni anche di tuo fratello adesso? Andiamo, siamo due
maschi e siamo gemelli, è come se stessi abbracciando te stesso!”ribatté divertito
dalla sua reazione. “ E poi a me piace starti appiccicato, mi fa sentire
bene!”.
"Non fa nulla. Mi dà
fastidio lo stesso. E non dire cagate!”fu la risposta imbarazzata.
“Ah sì? Ti dà così fastidio,
fratellone? Non avresti dovuto dirmelo! Adesso vedi!”. Sul volto del minore
comparve un ghigno decisamente poco rassicurante e lui saltò addosso al gemello
tentando di mettergli la testa sott’acqua e cercando di stargli il più
attaccato possibile.
“Dante!!”urlò Vergil,
furioso, tentando senza successo di levarselo di dosso. “Sei un idiota!
Smettila, cretino! E attento a dove metti le mani!!!”. Gli rifilò un pugno in
pieno stomaco, ma senza successo perché l’altro, dopo essersi bloccato un
attimo preso alla sprovvista dal colpo, ritornò all’attacco. Lui non poté
impedirsi di sorridere mentre infuriava quello che era a metà tra una rissa e
una scherzosa dimostrazione di affetto. Era certo che finché Dante fosse stato
con lui, non avrebbe ceduto alle tenebre.
Era avvenuto tutto così
dannatamente in fretta, senza preavviso. Un attimo prima era una giornata
qualunque, con le solite cose, le solite conversazioni, le solite, care
immagini. Quello dopo era esploso l’Inferno. La scena si era svolta sotto i
suoi occhi in maniera quasi surreale. I rumori erano come attutiti, le immagini
correvano lentamente di fronte ai suoi occhi. Aveva visto sua madre cadere
sotto quegli strappi rossi che si erano aperti nel suo vestito candido. L’aveva
sentita gridare, gridava a loro di salvarsi mentre quei bastardi insozzavano di
rosso la sua luce fino a soffocarla. Poi aveva visto suo fratello dibattersi
con tutte le sue forze in mezzo a quelle lame incrostate di sangue, Rebellion
che li trapassava feroce come solo il dolore e la disperazione possono essere. Lo
aveva guardato lottare finché la sua vista non si era fatta troppo sfuocata da
impedirglielo. E infine aveva visto sé stesso combattere contro quei mostri
assetati di sangue. Lo avevano ferito a morte, avevano marchiato senza pietà la
sua pelle con cicatrici che non sarebbero mai scomparse del tutto, ma lui non
si era fermato, aveva continuato a combattere meccanicamente, lasciando che le
loro armi continuassero a straziare il suo corpo. Era come in trance, quasi non
sentiva il dolore. Si faceva largo tra falci e artigli, in una foresta di occhi
rosso sangue, quasi a cercare lo scontro.
Poi era successo. Nel
vecchio cimitero abbandonato vicino alla loro abitazione. Il suo corpo aveva
ceduto allo sfinimento e quelli lo avevano inchiodato a un lapide. Era stato
allora che aveva sentito quel potere invaderlo, che la sua seconda natura si
era mostrata in tutto il suo orrendo splendore. Immagini confuse, le grida di
quei bastardi, il rumore delle ossa e del ferro che si spezzavano, il sapore
del sangue, suo ed estraneo. E alla fine il silenzio. Un silenzio di morte,
sacrale, segno della fine di una parte irrimediabilmente persa della sua
esistenza e dell'inizio della sua nuova, distruttiva ricerca.
Si era svegliato coperto di
sangue e con i vestiti stracciati in mezzo alle macerie senza vita di quella
che era stata la sua casa, con la consapevolezza di essere morto. Il ragazzino
che era stato e che aveva iniziato a scomparire il giorno in cui Sparda aveva
lasciato la terra se n’era andato per sempre. Ora restava il neonato demone che
sarebbe vissuto per appropriarsi dell’eredità demoniaca del Cavaliere Oscuro.
Di Dante non c’era traccia, ma lui era sicuro che suo fratello era vivo e che
prima o poi si sarebbero incontrati di nuovo. Per quel giorno avrebbe avuto la
forza che sarebbe servita a proteggerli entrambi da quel mondo a cui erano
tanto estranei e in cui non avevano più punti di riferimento. Per il momento
non poteva fare altro che abbandonarlo al suo destino, non era abbastanza forte
per crescere accanto a lui dopo quello che era accaduto. Dante se la sarebbe
cavata, era più forte di lui da quel punto di vista. Aveva fatto la sua scelta,
avrebbe preso la via delle Tenebre per poi emergere nella Luce più abbagliante.
E avrebbe rimesso tutto apposto. Comunque non avrebbe rotto la promessa fatta:
ovunque fosse andato una parte di lui sarebbe rimasta con Dante. Strinse il
medaglione che portava al collo. Finché avesse avuto quella pietra nulla
avrebbe potuto separarli. O almeno così credeva. Non poteva immaginare a cosa
lo avrebbe portato il sentiero buio che si accingeva a percorrere.
“Dante. Io salverò entrambi,
qualunque cosa dovesse accadere. Troverò il potere di nostro padre e poi
insieme lo faremo rinascere. Non mi perderò, saprò tornare da te, te l'ho
giurato. Le stelle insanguinate di questa notte e il sole sorgente di questo
nuovo giorno mi siano testimoni!”.
“VERGIL! NO, NON LASCIARMI!”.
‘Dante...’. Vergil riaprì gli occhi di scatto. Non sapeva se la voce che aveva
sentito era reale o parte di un ricordo rimosso. Troppo infantile per
appartenere al presente, troppo adulta per essere di quell'epoca. Ma poco
importava. Non poteva lasciarsi andare, aveva fatto una promessa che non poteva
infrangere. E proprio in virtù di quella promessa lui non poteva aver cercato
il potere di Mundus. Aveva giurato di diventate degno erede di suo padre e, per
quanti sbagli potesse aver fatto, non poteva aver rotto il giuramento. Avrebbe
dovuto rendersene conto. Aveva accettato di recuperare Kasreyon in cambio del
potere di Sparda, non per altro. Forse aveva perso di vista il vero motivo
della sua ricerca ma dentro di lui quella ragione era rimasta viva. Come aveva
potuto scordarlo? Come aveva potuto permettere che le Tenebre gli offuscassero
la mente fino a fargli scordare chi era? Tentò di muoversi, ma il suo corpo non
aveva più l'energia per rispondergli. Eppure non poteva finire lì. Doveva
esserci un modo per uscire da quel limbo maledetto ora che aveva ritrovato la
strada!
“Svegliati, Vergil Sparda”. Un’altra voce, così familiare eppure
altrettanto estranea, lo accarezzò, poco più di un sussurro, ma calda e
luminosa. Avvertì le forze tornargli di colpo. Poteva uscire da quell'incubo
infernale.
Allungò le mani e le strinse sulla lama che gli trapassava il
petto. Non sarebbe morto lì. Aveva troppe faccende in sospeso. Doveva chiedere
scusa a sua madre. Doveva onorare la memoria di suo padre. Doveva raccontare la
leggenda di Sparda a Magornak. Doveva ringraziare la figlia di Arkham per
essersi presa cura di suo fratello. Doveva recuperare con Dante il tempo
perduto. Il sangue usciva copioso e di nuovo rosso dalle sue mani e con esso il
dolore, ma lui strinse i denti fino ad estrarre l’arma dal proprio petto.
Kasreyon lo fissava incredulo, incapace di credere a quello a cui
stava assistendo. Fino a qualche secondo prima il figlio di Sparda era
completamente avvolto dalle Tenebre, sconfitto, troppo stanco e pieno di sensi
di colpa persino per lasciarsi morire. Ora i fasci di buio che imprigionavano
il suo corpo erano completamente spariti e nei suoi occhi di nuovo azzurri
brillava una forza immensa nonostante la sua anima fosse ferita a morte. Una
sola volta aveva visto quello sguardo: quando Sparda lo aveva messo in
ginocchio e incatenato per l'eternità. Guardò il giovane raccogliere Yamato da
terra e mettersi in posizione di combattimento, seppur vacillante. E seppe che
non avrebbe più potuto prendere la sua anima. Troppa Luce aveva inquinato le
sue Tenebre.
“Sparda, questa volta sarai tu a soccombere!”ruggì furioso
scagliandosi su di lui.
“Questo è tutto da vedere, Kasreyon! Pagherai per quello che mi
hai fatto passare e per aver fatto soffrire anche mio fratello!”esclamò Vergil
in risposta, parando il colpo. Avvertì un dolore profondo percorrere come una
scarica elettrica tutto il suo corpo per il contraccolpo, ma ciò non bastò a
togliergli il sorriso vittorioso dalle labbra. Il suo avversario l’aveva
chiamato con il nome di suo padre. E come tale si sarebbe comportato. Sapeva
che non poteva resistere a lungo, quindi doveva concludere quello scontro immediatamente.
E c'era un unico modo per farlo. Con la mano libera afferrò di nuovo la lama
del suo nemico. La sua carne martoriata urlò per la nuova ferita, ma lui ignorò
la sofferenza e strinse ancora di più la presa sul metallo tagliente e intriso
di Oscurità.
“Figlio di Sparda, non oserai...”iniziò Kasreyon ancora più
incredulo tentando di liberare la lama dalla presa del giovane, ma lui la
scostò e senza attendere un attimo di più gli piantò Yamato dritta nel petto.
Il sangue nero schizzò ovunque insieme al gemito rabbioso del demone.
“È più divertente quando lo faccio a Dante”commentò il mezzo
demone con un ghigno cattivo. “Lui mi dà più soddisfazione!”. E spinse la lama
verso l’alto fino a liberarla dalla carne dell'arma demoniaca. Quella si
disintegrò in un'esplosione di luce bianca che investì anche il resto del limbo
di luce nera, cancellandolo e penetrando negli squarci della sua carne. Il
dolore si attenuò fino a scomparire, mentre lui veniva accecato da quel
bagliore che però non gli fece male, anzi parve ristabilirlo del tutto.
Vergil si mise a sedere di scatto, ansimando. Era di nuovo nella
sala del sigillo e, cosa più importante, era finalmente di nuovo padrone di sé
stesso. Aveva sconfitto le Tenebre annidate nella sua anima. Istintivamente abbassò
lo sguardo sulle parti del suo corpo in cui avrebbero dovuto trovarsi le
ferite, ma non ne trovò traccia. Erano davvero solo ferite della sua anima
allora. Ferite che quella luce misteriosa aveva curato.
Alzò gli occhi e incrociò quelli viola e pieni di lacrime di Magornak. Il suo
protetto era accucciato al suo fianco e il suo viso rifletteva il senso di
liberazione e sollievo che il mezzo demone avvertiva dentro di sé. Non poté
evitare di notare che quelle iridi ametista brillavano molto più del solito. La
luce che vi splendeva era la stessa che lo aveva svegliato, ne era certo. Un
pensiero lo colpì. La voce che aveva udito era quella di Magornak.
“Magornak...”cominciò, ma il demonietto lo interruppe.
“Non ora, Vergil. Devi andare da tuo fratello! È parecchio nei
guai!”gli disse indicando lo scontro feroce che era in corso al centro della
stanza. “E Mary è stata ferita...”.
Il giovane annuì e si alzò. “Magornak, va’ da Lady. Difendila a
costo della vita, chiaro? A quel bastardo ci pensiamo io e Dante”ordinò. “Poi
mi dovrai spiegare un paio di cose. Ma solo dopo che avremo fatto il culo a
quello stronzo”.
La creaturina annuì e corse via determinato a eseguire alla
lettera quell’ordine non appena il suo protettore ebbe finito di parlare. In
un’altra occasione sentire il mezzo demone dire tante parolacce tutte in una
volta lo avrebbe stupito e lui non avrebbe potuto evitare di dire che a parlava
come suo fratello, ma decise che non era il caso e che era meglio rimandare
tutti i commenti a dopo che avessero risolto quella brutta faccenda. E poi i
suoi pensieri erano presi da tutt’altro: Vergil si era finalmente svegliato. Ed
era di nuovo il suo Vergil. Ora tutto sarebbe andato a posto. Sparda era di
nuovo lì adesso che entrambi i suoi figli erano schierati uno accanto
all’altro. Era giunta la fine di quella brutta storia, una storia che aveva
avuto inizio più di due millenni prima in quello stesso antro, quando uno
scontro simile si era consumato tra quelle stesse mura di pietra. Non aveva la
più pallida idea di come facesse a sapere quelle cose, ma, mentre si
inginocchiava accanto a Lady e iniziava ad esaminarle le ferite, era anche
certo che una volta conclusa quella battaglia sarebbero arrivate tutte le
risposte. E lui avrebbe finalmente ricordato.
Good afternoon people!!
I’m back! Con un po’ più di anticipo rispetto al solito…e meno male!!
Dai, sono stata brava questa volta, il capitolo è anche lunghetto…ero stata
tentata di fermarmi ai ricordi, però poi mi sono detta che mi avreste ammazzato
se dopo avervi fatto aspettare una settimana vi avessi postato tre falshback in
apparenza privi di senso senza dirvi cosa succedeva a Vergil…quindi ho pensato
di aggiungere anche la parte dopo!!
Forse questo capitolo necessita di qualche spiegazione, soprattutto per la
scelta dei ricordi. Ho cercato di inventarmi degli episodi che potessero
spingere Ver a reagire e a capire che Kasreyon lo stava solo prendendo per i
fondelli per farlo cedere. Il primo gli ricorda che, nonostante tutto, lui a
modo suo aveva cercato di seguire gli insegnamenti di suo padre e poi serve a
me per far presagire una cosa che avverrà nello scontro tra i gemelli e
Kasreyon. Il secondo è la promessa che Vergil fa a Dante e che gli fa ricordare
da dove è partito. Il terzo è più che evidente. Il momento che ha segnato l’inizio
della degenerazione della sua ossessione. Comunque tutti e tre i flashback
contengono lo stesso messaggio: lui non è andato in cerca del potere fine a sé stesso
ma per una motivazione ben precisa, proteggere le persone a cui tiene, e che
non è affatto vero che è andato a cercare il potere di Mundus visto che lui,
nonostante tutto, pur lasciando da parte il suo obiettivo iniziale,
inconsciamente ha sempre e solo voluto quello di Sparda, non il potere in
generale. Non si è mai perso del tutto e non è troppo tardi per reagire.
Spero che abbiate capito qualcosa di quello che ho detto. Io non l’ho capito
quindi tranquilli!! XD L’unica cosa certa è che siamo allo scontro finale! Adesso
che i due gemelli sono di nuovo fianco a fianco riusciranno a toglierci
finalmente di torno Kasreyon?? E poi che cosa succederà? E Magornak? Quella pazza
dell’Autrice si deciderà finalmente a dirci chi è?? Ehm…forse u.u
Ho parlato a vanvera anche troppo!! Me ne vado!
Baci e abbracci alle mie recensitrici, Rakelle, ninjiapiccina, Hikari Sama,Bloody Wolf e doc11!! Grazie
ragazze non so cosa farei senza di voi!! >.Shi, lo so, smetterei di
postare u.u Un abbraccio anche alle mi altre ragazze, Xeira_, Pride_,
LadyVergil e Alice Mudgarden!!
Grazie anche a chi legge/segue/preferisce la storia!! Per me è molto
importante!!
Alla prossima! Sperando che non ci metta un anno…
Mystic
Quel mostro era dannatamente forte, doveva ammetterlo, molto più
forte di tutte le creature infernali che aveva affrontato fino a quel momento.
Ed erano una bella lista visto il lavoro che si era scelto. Dante parò
l’ennesimo fendente, evitando così che quegli artigli gli squarciassero di
nuovo la carne. La ferita che aveva sul petto si rimarginava con una lentezza
esasperante e il dolore bruciante unito allo sfinimento che provava gli rendeva
difficile riuscire a concentrarsi sullo scontro. Ma anche se fosse stato ancora
in perfetta forma difficilmente sarebbe riuscito a fare di meglio. I suoi
colpi, per quanta forza ci mettesse, sembravano non riuscire a penetrare in
nessun modo la guardia del suo avversario e quello non appariva per nulla
risentire del prolungarsi di quel violento scontro. Erano proprio su due
livelli di potenza diversi, non c’era nulla da fare. Ma lui non poteva
permettersi di cedere. Aveva promesso a Vergil che lo avrebbe salvato e solo la
Morte avrebbe potuto impedirgli di mantenere quel giuramento.
Spiccò un balzo di lato poggiando i piedi sulle lame affilate che avevano
tentato nuovamente di aggredirlo, spingendole verso il basso e aprendosi così
finalmente una via nella guardia dell’avversario. Ma quello non si lasciò
sorprendere e reagì immediatamente, attaccando il giovane con l’altra mano
artigliata. Lui si scostò all’ultimo momento e il mostro finì per conficcare le
zanne nella propria carne. Infastidita, la creatura infernale ruggì per il
dolore e gli menò un altro fendente, spedendolo con violenza contro il
pavimento.
Dante avvertì il dolore propagarsi attraverso tutta la cassa
toracica, mentre l’urto gli toglieva il poco fiato che gli era rimasto. Sentiva
il sudore corrergli sul viso e quel maledetto taglio continuava a bruciare.
Sbatté le palpebre per schiarirsi la vista e vide gli artigli del suo nemico
scintillare minacciosi sopra di lui, pronti a farlo a pezzi. Cercò di muoversi,
ma si rese conto di essere bloccato. Cadendo, Rebellion gli era sfuggita di
mano e si era conficcata di fianco a lui, inchiodando a terra un lembo del suo
giaccone. Cercò di afferrare la lama, ma quella era in una posizione troppo
scomoda per poterla estrarre da terra. Provò anche a tirare la giaccia, ma il
tessuto non ne volle sapere di strapparsi. Bestemmiò pesantemente. Che fine
idiota. Degna di un cretino come lui. Vergil aveva ragione, forse avrebbe
dovuto cercare di essere meno avventato in quello che faceva e usare meglio la
testa. Ma ormai era un po’ tardi per seguire quel consiglio. Era talmente
incredulo e arrabbiato che non riusciva a provare paura o sconforto al pensiero
che nel giro di qualche attimo sarebbe stato ridotto in tanti pezzettini da
delle spade affilatissime. Se solo avesse potuto litigare con Lady un’ultima
volta prima di andarsene in quel modo assurdo. Sarebbe stato un ottimo regalo
di addio. Si ritrovò a pensare con un misto di sorpresa ed imbarazzo che gli
sarebbe anche piaciuto anche poter baciare Vergil un’ultima volta, che avrebbe
voluto riavvertire il calore del suo corpo contro il proprio e tutto quello che
ne seguiva. Ma anche quello sarebbe rimasto solo uno strano, assurdo desiderio
concepito nei suoi ultimi attimi.
Alzò
deciso lo sguardo sul suo nemico. Sarebbe morto fissando negli occhi quel
bastardo, gli avrebbe fatto vedere che neanche in quegli ultimi momenti lui
aveva avuto paura o aveva pensato di arrendersi. Avrebbe guardato la Morte in
faccia senza temerla, come aveva fatto tante volte suo padre durante la sua
rivolta contro gli Inferi. Le lame calarono spietate su di lui, luccicanti
nella penombra. Ma il colpo non arrivò perché improvvisamente una figura invase
il suo campo visivo, bloccando l’attacco appena in tempo.
“Allora sei proprio un idiota, non c’è nulla da dire”commentò gelido Vergil,
voltandosi a guardarlo. “Sei peggio di Magornak. E questo dice tutto”. Spinse
via gli artigli di Kasreyon e divelse con un unico movimento Rebellion dal
terreno.
“Ver…Vergil?!”esclamò Dante, preso alla sprovvista. Non poteva credere ai suoi
occhi. L’altro mezzo demone era lì di fronte a lui, gli occhi azzurro ghiaccio
che lampeggiavano. Aveva sconfitto le tenebre che c’erano in lui ed era corso
in suo aiuto. Un sorriso raggiante gli illuminò il volto mentre lui saltava di
nuovo in piedi pronto a riprende quel combattimento mortale. Sapeva che ce
l’avrebbe fatta. Dopotutto era di Vergil che stavano parlando. Era fiero di lui
e soprattutto ciò che lo rendeva felice era quella fiamma determinata che
vedeva bruciare negli occhi del suo gemello. Lo stesso fuoco che aveva visto
dieci anni prima durante il loro scontro contro Arkham, lo stesso che bruciava
negli occhi di loro padre quando raccontava loro della sua lotta contro Mundus.
Avvertì le forze tornargli di colpo. Si sentiva come se gli avessero tolto un
peso, la sua angoscia era diminuita di colpo. Adesso che erano insieme quello
stronzo, per quanto forte fosse, non avrebbe più potuto sconfiggerli. Perché
loro, insieme, potevano tutto. Erano le due metà di Sparda d’altra parte. “Sei
tornato. Lo sapevo che non potevi starmi lontano, Ver! Ti stavo aspettando.
Puntuale come sempre, comunque”.
“Togliti quel sorriso ebete dalla faccia e piantala di sparare cagate come tuo
solito. Non ho intenzione di tollerarle. E non chiamarmi Ver. Prima sistemiamo questo bastardo, prima potremo regolare le
cose tra noi. E finalmente potremo avere quel dannato scontro che rimandiamo
ormai da troppo tempo”lo riprese l’altro mezzo demone, porgendo Rebellion al
fratello e voltandosi a lanciare un’occhiata d’odio verso il suo avversario.
“Quindi vediamo di collaborare, almeno per il momento”.
“Puoi giurarci! Come dieci anni fa, nello scontro Arkham. Poi quello che
seguirà seguirà”fece il minore afferrando la sua arma e porgendogli in cambio
Ebony. “Ma sta’ certo che non permetterò che quel finale si ripeta”.
Vergil prese la pistola. “Come dieci anni fa”annuì atono. “Io invece sono certo
che rimetteremo in scena qualcosa di molto simile”. Poi, senza preavviso,
agguantò il suo gemello per il bavero della giacca, attirandolo a sé. “In caso
non dovessimo sopravvivere entrambi a questo scontro…”disse in un soffio e gli
sfiorò le labbra con le proprie. Il contatto non durò più di un secondo, ma fu
comunque decisamente appassionato. Poi il giovane mollò la presa e si voltò
nuovamente a fronteggiare il loro nemico.
Dante sbuffò, insoddisfatto e contrariato, leccandosi istintivamente le labbra.
Se quello doveva essere un regalo per un eventuale addio avrebbe preferito
qualcosa di più approfondito.
“Quand’è che imparerai a baciarmi come si deve?”borbottò imbronciato
guadagnandosi un’occhiata assassina da parte del fratello.
“E, di grazia, cosa intendi con “baciare come si deve”, Dante?”.
“Andiamo, Vergil, quando si bacia una persona la si bacia con la lingua! Tu
invece non l’hai mai fatto e mi hai sempre baciato a stampo come se fossimo due
bambini delle elementari!”.
Il maggiore dei figli di Sparda strinse la presa sul manico di Yamato,
esasperato. Ma a quell’idiota pareva il momento adatto per fare un discorso del
genere?! Era proprio irrecuperabile. “Io non sono uno che ha molta esperienza
in queste cose, sai com’è. Non è che all’Inferno trovi molta gente come quella
che frequenti tu qui nel mondo degli umani. E poi non è vero che ti devo
baciare in quel modo. Non sono mica una di quelle sgualdrinelle che ti fai ogni
tanto”commentò sarcastico senza neanche degnarsi di voltarsi verso di lui.“E
non sono neanche il tuo ragazzo. E poi mi sembrava di averti detto di smetterla
con le stronzate. Stiamo abusando della pazienza del nostro ospite facendolo
attendere tanto a lungo”.
“Giusta
osservazione, Vergil. In effetti non vedo l’ora di fartela pagare”concordò
Kasreyon. Era rimasto a guardare la scena con un ghigno feroce dipinto sul
volto. Adesso che c’erano tutti e due i mezzi demoni la sfida si sarebbe fatta
più interessante. Sarebbe stato come riavere lì Sparda. Gli sembrava quasi di
vederlo in piedi davanti a lui, di scorgere il suo sguardo in quello gelido di
Vergil e la sua luminosa determinazione nell’espressione decisa di Dante. Per
lui era una sorta di rivincita contro il Cavaliere Oscuro, un’occasione per
riscattare la sconfitta subita secoli prima. Certo, sarebbe stato più facile se
fosse riuscito ad assorbire l’anima di Vergil mentre lui era ancora avvolto
nelle Tenebre, ma adesso aveva la possibilità di ottenere entrambe le anime dei
figli di Sparda. E se ci fosse riuscito allora davvero niente e nessuno
sarebbero più stati in grado di fermarlo. “Sarai anche riuscito a salvarti da me nel
Buio, ma presto renderò il tuo successo un’inutile vittoria. E farò lo stesso
con la tua testarda resistenza, Dante”.
“Questo è ancora tutto da vedere!”esclamò il minore dei gemelli in tono di
sfida puntandogli Rebellion contro. “Forse separati ci puoi battere, ma adesso
che siamo insieme saremo noi a farti il culo, bastardo infernale!”.
“Mio padre ti ha già sconfitto una volta due millenni fa. E ora è il nostro
turno. Ma noi faremo di meglio: ti spazzeremo via per sempre!”concordò Vergil
mettendosi in posizione di attacco.
“Bene,
figli di Sparda, aggrappatevi alle vostre certezze finché vi è concesso. Ma non
potete battermi e voi lo sapete meglio di me. Quindi preparatevi alla rovina! E
con voi perirà anche il mondo di Luce una volta per sempre!”ruggì il
demone avventandosi su di loro.
I due mezzi demoni furono costretti a separarsi per schivare quell’attacco
violento ed improvviso. Gli artigli di Kasreyon si conficcarono nel pavimento
di pietra, aprendovi crepe larghe e profonde. Dante fissò con gli occhi
sgranati le lame disintegrare la roccia come se fosse vetro. Durante il loro
precedente combattimento quel bastardo non aveva mostrato tanta forza. Stava
solo giocando con lui, quindi. Incontrò lo sguardo deciso anche se vagamente
preoccupato di Vergil. Non sarebbe stato facile batterlo, ne erano entrambi
consapevoli, soprattutto ora che il demone sembrava essersi finalmente deciso a
prenderli sul serio. Ma il fatto di avere il gemello al suo fianco rassicurava,
nonostante tutto, il cacciatore di demoni. Sapeva bene a che livello potevano
arrivare quando collaboravano. E non erano mai andati veramente fino in fondo.
“Dante”. Vergil gli fu accanto in un attimo. “Non fare cazzate, mi raccomando.
Non è come dieci anni fa. È molto peggio”.
“Lo so, lo so. Cos’è, ti preoccupi per me, fratellone? Ma quanto sei
caro!”rispose lui canzonatorio, anche se non poteva fare a meno di sentirsi
nervoso. “Ma neanche noi siamo più come dieci anni fa, non trovi?”.
Il maggiore dei gemelli ignorò la presa in giro. “Giusta osservazione. Vedo che
forse hai deciso di accendere il cervello”commentò con gelido sarcasmo. “Però
sono certo che puoi fare di meglio. E ora concentrati, fammi questo piacere”.
“Sissignore!”rispose lui regalandogli un ghigno divertito. Poi aggiunse
malizioso: “Ma sai com’è, ultimamente non mi è facile concentrarmi se ci sei tu
in giro…”.
L’altro mezzo demone gli lanciò un’occhiata assassina, ma non ribatté,
scostandogli Rebellion con la lama della sua katana. “Andiamo”. E si gettò sul
loro nemico.
Kasreyon non si fece prendere alla sprovvista e bloccò Yamato con uno dei suoi
artigli. I due iniziarono un duello violento, simili alla furiosa danza di lame
che avevano intrapreso nel buio. L’arma di Vergil si scontrava continuamente
con le dieci avversarie che la aggredivano da ogni lato, costringendola a
disegnare strane e tortuose circonferenze nell’aria. A ogni impatto dalle lame
si sprigionava una pioggia di scintille che si spargevano tutto intorno come
lampi fugaci nella semi oscurità della caverna. Il giovane avvertiva
chiaramente lo sforzo che tutti quei movimenti, necessariamente precisi, veloci
e potenti, al tempo stesso imponevano al suo corpo, ma non avvertiva quella
spossatezza, quella stanchezza che gli avevano via via tolto la voglia di
combattere mentre era intrappolato nelle Tenebre. L’ennesima prova che la sua
anima era libera dal loro controllo e anche dall’influenza di quel bastardo.
Quel pensiero gli diede ancora più forza. Si sarebbe vendicato per tutto quello
che era stato costretto a subire in quei giorni, si sarebbe preso la rivincita
contro chi l’aveva strappato a sé stesso, avrebbe dimostrato chi era realmente.
Il figlio di Sparda, non il successore di Mundus.
Dante osservava il duello in corso senza riuscire ad inserirvisi. Sia Kasreyon
che il suo gemello sembravano determinati a chiudere i conti che avevano in
sospeso senza permettergli di interferire. Eppure era stato proprio Vergil a
dirgli che era ora di collaborare. Scosse il capo irritato. Non avrebbe mai
capito cosa aveva in testa quel dannato. Si era già dimenticato di lui? Oppure
era tutta una finta per far credere a Kasreyon che avrebbero combattuto ognuno
per conto proprio? Mistero. Cercò lo sguardo dell’altro mezzo demone, ma quello
era troppo occupato a difendersi dagli attacchi nemici per prestargli
attenzione. Bene. Lui avrebbe la sua parte in quello scontro, che gli altri due
lo volessero o meno.
Scattò in avanti ed intercettò un artiglio pericolosamente diretto verso la
schiena di Vergil. Quest’ultimo aveva alzato la katana per parare, ma, quando
la lama di Rebellion lo precedette respingendo l’attacco, cambiò la traiettoria
della propria arma senza scomporsi troppo e ne approfittò per infilarsi nella
guardia avversaria. Yamato penetrò in profondità, crepando le placche
dell’armatura dell’arma demoniaca che urlò di rabbia e di dolore, mentre un
fiotto di sangue nero usciva dalla ferita.
Il demone però reagì molto più in fretta di quanto i due giovani si
aspettavano. Colpì Vergil di piatto in pieno petto spedendolo contro il muro
più vicino con tanta violenza da farlo sprofondare nella pietra. Lui gemette e
si sentì mancare mentre il dolore gli risaliva la colonna vertebrale,
rimbombando nella cassa toracica. Cadde a terra con lo sguardo annebbiato. Non
aveva neanche visto arrivare l’attacco. Alzò lo sguardo sul suo avversario, ma
non fece nemmeno in tempo a cercare di alzarsi che il suo gemello gli finì
addosso spendendolo nuovamente contro la parete.
Dante bestemmiò pesantemente, affrettandosi a spostarsi per non soffocare suo
fratello. Maledetto bastardo infernale. Era troppo veloce, non riuscivano a
stargli dietro. Si voltò a guardare l’altro mezzo demone che stava tentando di
rimettersi in piedi a sua volta. Non poté evitare di notare che barcollava. Si
doveva essere fatto decisamente più male di lui, visto che non solo era stato
sbattuto contro il muro, ma gli aveva anche attutito la caduta. Tornò a
guardare Kasreyon che sorrideva nella loro direzione, feroce e sicuro di avere
già la vittoria per sé. Strinse l’elsa di Rebellion fino a farsi sbiancare le
nocche. Lurido schifoso. Ce l’aveva con Vergil, era più che ovvio. Voleva
sfiancarlo così da impedire loro di combattere veramente insieme. Forse voleva
addirittura ridurlo in fin di vita per poi concentrarsi su di lui. E alla fine
li avrebbe finiti uno alla volta. Ma lui non poteva permetterglielo.
Vergil osservò le emozioni correre veloci sul volto di suo fratello mentre
fissava il ghigno minaccioso del loro nemico. Rabbia, paura, determinazione,
sconforto, odio per il loro avversario, una disperata e fiduciosa speranza. Il
taglio sul suo petto si era riaperto per via del colpo subito e aveva ripreso
lentamente a sanguinare, ma lui sembrava non essersene neanche accorto, tanto
era concentrato sullo scontro. Osservò distrattamente il rivolo rosso colare
lungo il petto scolpito di Dante. Si sentiva ancora stordito per via del doppio
impatto con la parete, ma la vista aveva già cominciato a schiarirglisi. Non
potevano battere quel mostro. Lo aveva capito nel momento in cui lui li aveva
colpiti senza quasi che loro se ne accorgessero. Dentro quel demone era stato
convogliato tutto il potere dei demoni più forti dell’Inferno. Non potevano
competere con lui, non c’era modo per cui due mezzosangue potessero scontrarsi
con la potenza più nera degli Inferi. Almeno, non finché avessero lottato
separatamente come stavano facendo. Collaborare non sarebbe bastato quella
volta. Dovevano diventare una cosa sola, dovevano sentirsi tali, dovevano far
rivivere Sparda. E forse gli era venuta un’idea.
Afferrò suo fratello per un braccio, impedendogli di ripartire all’attacco. Quello
gli lanciò un’occhiata interrogativa, ma non poté proferire parola perché in
quel momento Kasreyon si gettò nuovamente su di loro, deciso a toglierli di
mezzo prima che potessero trovare un modo di fermarlo. In fondo quei due
rimanevano pur sempre i figli di colui che l’aveva sconfitto già una volta e
non poteva certo rischiare che la storia si ripetesse come gli aveva promesso
il maggiore dei gemelli. Sarebbe stata la fine per lui.
I due mezzi demoni schivarono appena in tempo l’attacco e le lame delle loro
spade cozzarono con violenza contro gli artigli affilati del demone. I loro
occhi si incontrarono per un attimo e senza bisogno di altro seppero entrambi
cosa fare. Spinsero via con forza le mani artigliate che avevano cercato di
squarciare la loro carne e si introdussero entrambi nella guardia avversaria
affondando le lame contemporaneamente nel corpo immenso del demone.
“Dante, voglio che tu ti concentri solo su di me e cerchi di fare esattamente
tutto quello che faccio. E io farò lo stesso, capito?”gridò Vergil, mentre si
spostavano per evitare un eventuale contrattacco. “Nostro padre ogni tanto ci
faceva un allenamento simile, ricordi?”.
“Certo! Adoravo quel gioco! Ci faceva sentire la stessa persona e…”iniziò a
dire Dante ma si bloccò quasi subito realizzando il motivo di quella strana
richiesta. Immagini fugaci della sua infanzia gli invasero la mente, rendendo
ancora più chiaro dove il maggiore voleva arrivare. Sul volto di suo fratello
si allargò un ghigno che lui non poté fare a meno di ricambiare. Era giunto il
momento di capovolgere le sorti di quello scontro. “Oh, sì, così potremmo
davvero fargli il culo!”. Chiuse gli occhi per un attimo e si concentrò.
Nonostante fossero passati anni dall’ultima volta che ci aveva provato,
riusciva a percepire chiaramente l’energia vitale di suo fratello divampare
vicino a lui. Sentiva le sue energie concentrarsi sulla lama di Yamato e senza
vederlo intuì che era pronto per attaccare di nuovo. “Forza, Ver! Quel bastardo
sta aspettando solo che gli facciamo il culo! E noi non vogliamo farlo
aspettare, vero? So, let’s rock!”.
Vergil lo fulminò con lo sguardo ma non riuscì a trattenere un mezzo sorriso.
In fondo suo fratello aveva espresso, con il suo solito turpiloquio ed
eccessivo entusiasmo, quello che stava pensando lui. Scosse il capo e si lanciò
contro l’arma demoniaca nello stesso momento in cui suo fratello faceva lo
stesso. Non l’aveva visto muoversi ma sapeva con certezza che l’avrebbe fatto.
Aveva sempre trovato interessante quello strano allenamento a cui loro padre li
aveva sottoposti fin da quando erano piccoli. All’inizio lo aveva posto come
una specie di gioco, poi quando erano cresciuti era diventato un esercizio
serio. Si trattava di percepirsi a vicenda, di sviluppare oltre il limite la
naturale capacità dei gemelli di condividere gli stati d’animo, di arrivare a
toccarsi anche a livello non fisico. Arrivare ad essere un unico essere diviso
in due corpi. All’inizio non aveva capito la continua insistenza di Sparda.
Aveva realizzato a cosa mirava suo padre solo dieci anni prima quando lui e
Dante avevano combattuto contro Arkham e avevano usato in maniera minima e
quasi inconsciamente quella connessione. Insieme loro due potevano diventare
forti quasi quanto lo stesso Cavaliere Oscuro.
Dante avvertì l’eccitazione crescergli dentro. Combattere in quel modo era la
cosa più forte che aveva mai fatto. Conosceva esattamente quello che il suo
gemello stava per fare senza bisogno di guardarlo, come se potesse vedere dai
suoi occhi o leggergli nel pensiero. Le loro emozioni e sensazioni si
scontravano e si fondevano, coordinando i loro movimenti alla perfezione.
Sapeva quando doveva attaccare approfittando di un varco aperto apposta dal suo
compagno nella guardia del loro nemico o quando era lui a dover rompere le
difese del demone. E tutto gli usciva con una naturalezza inaudita, come se lui
e Vergil fossero davvero le due parti di uno stesso corpo. Anche il loro nemico
pareva essersi accorto del cambiamento nel loro modo di combattere perché
faceva più fatica a contrattaccare e a respingere i loro assalti. I movimenti
di Kasreyon parevano aver perso quella velocità letale e quella potenza
sconfinata che avevano fino a pochi minuti prima. O forse erano loro che erano
diventati più forti. In effetti il cacciatore di demoni poteva sentire una
strana energia invadere tutto il suo corpo, molto più forte anche di quella che
lo invadeva quando si trasformava e molto più luminosa. Un sorriso spavaldo gli
si dipinse sul volto. Qualunque cosa fosse, gli dava la certezza che ora
avevano il potere di affrontare alla pari il loro avversario e batterlo.
Lo scontro si fece sempre più violento e furioso, senza che nessuna delle due
parti riuscisse a prevalere sull’altra. L’arma demoniaca, nonostante fosse
stata presa alla sprovvista dalla nuova potenza dei gemelli, si era ripresa
quasi subito e ora cercava in ogni modo di interrompere il contatto che si era
creato tra i suoi avversari. I due mezzi demoni invece cercavano in ogni modo
di non farsi influenzare dalle ondate di Oscurità che li avvolgevano,
rischiando di interferire nella connessione che avevano creato tra loro e
continuavano a rispondere agli attacchi senza esclusione di colpi. Ma era
chiaro che dovevano chiudere al più presto quello scontro. Se Kasreyon fosse
davvero riuscito a intromettersi tra loro avrebbero perso l’unica arma che
avevano contro la sua potenza infernale.
Dante lanciò uno sguardo preoccupato in direzioni di Vergil mentre eseguiva un
balzo di lato per evitare le spade affilate del demone. Temeva che le Tenebre
potessero avere ancora qualche effetto su suo fratello dal momento che la sua
anima ne rimaneva comunque impregnata, anche se lui era riuscito in apparenza a
dominarle completamente. Eppure le emozioni che gli arrivavano dall’altro erano
tutt’altro che tese, anzi gli trasmettevano una sicurezza incrollabile. Quando
finalmente i suoi occhi incontrarono quella figura identica alla sua, il
cacciatore di demoni constatò con immenso stupore che stava Vergil sorridendo. Un ghigno più che
soddisfatto gli illuminava il volto e sembrava diventare sempre più ampio
nonostante lui fosse assediato dagli attacchi di Kasreyon. Dante sgranò gli
occhi incredulo. Non riusciva a capire il motivo di tanto entusiasmo. E
soprattutto gli faceva effetto avvertire tanta euforia provenire da quel pezzo
di ghiaccio che di solito era suo fratello maggiore.
Vergil era più che conscio di avere lo sguardo stupito dell’altro incollato
addosso, lo sentiva, ma decise di non curarsene. Come aveva scelto d’altra
parte di non curarsi del fatto che l’esaltazione che provava in quel momento
non gli si addicesse affatto. Aveva cose più importante a cui pensare. Quel
testone di suo fratello di certo non aveva realizzato cosa stava succedendo, ma
lui l’aveva capito quasi subito, appena aveva avvertito quell’energia immensa
crescere e trasformarsi dentro di loro. Non aveva mai avvertito un potere
simile prima di allora, ma sapeva fin troppo bene di cosa si trattava. E
pensare che l’aveva cercato tanto a lungo quando l’aveva lì a portata di mano.
L’eredità di suo padre, il potere di Sparda. Riusciva a sentirlo scorrere
dentro di sé come un fiume in piena, lo avvertiva accrescere le sue forze
sempre di più man mano che il confine che separava lui e Dante si faceva sempre
più confuso. La sua ossessione stava venendo saziata in una maniera che non
avrebbe mai pensato possibile.
Con un movimento fluido liberò la propria arma dalle lame di Kasreyon. Era ora
di chiudere quello scontro, la partita era durata anche fin troppo. Aveva
atteso di essere chiusa per più di duemila anni. Si voltò verso suo fratello,
ma non servirono parole, non avevano più significato quando si era una cosa
sola.
I due gemelli scattarono ai lati del loro avversario e spiccarono un balzo
verso l’alto nello stesso istante incontrandosi a mezz’aria sopra di lui. Le
loro lame si illuminarono e calarono sul demone, disegnando una croce sul suo
torace. Le ferite provocate dalla luce sprofondarono nella carne del demone ed
esplosero letteralmente distruggendo gran parte della sua corazza. I due
atterrarono sul lato opposto rispetto a quello di partenza mentre Kasreyon
urlava accecato dal dolore e dalla collera, incapace di comprendere cosa stesse
succedendo, mentre schizzi di sangue nero si spargevano tutto intorno. Senza
curarsi per nulla delle sue grida rabbiose i due figli di Sparda si
incamminarono uno verso l’altro, gli occhi dell’uno fissi in quelli dell’altro,
e si incontrarono a metà strada, esattamente di fronte al loro nemico. Dante
sorrise raggiante e Vergil per una volta si concesse di poter ricambiare quel
sorriso incurvando lievemente le labbra.
“Lo senti, Dante? Questo potere…è l’eredità di nostro padre”mormorò il maggiore
senza staccare gli occhi da quelli del fratello. “Ed è tutto dentro di noi. È
il coronamento della mia ossessione, anche se solo temporaneo”.
“Non ti accontenti mai, vero Vergil? Comunque non so cosa dire, riesci sempre
ad ottenere quello che vuoi alla fine, anche se magari non del tutto. Il potere
di Sparda, lo scopo della tua esistenza. Scommetto che sei la settimo
cielo”commentò il minore. “Chiudiamo qui, che dici? Sto iniziando ad annoiarmi.
L’unico avversario degno veramente di me sei tu, mi sa”.
“Già, mi sento molto realizzato al momento”rispose Vergil con un ghigno
divertito. “Anche io sto iniziando a stufarmi di questo combattimento. È durato
troppo a lungo e poi è sempre uguale. Però devo ammetterlo, combattere al tuo
fianco è un’esperienza alquanto interessante e soprattutto ricca di sorprese”.
“Allora sarebbe il caso di ripetere la cosa non credi?”fu la proposta. “Magari
tra meno di dieci anni però per piacere”.
Il maggiore dei gemelli si limitò a scuotere il capo e i due si voltarono a
fronteggiare il loro nemico. Dante puntò Yvory in direzione del demone e Vergil
vi appoggiò sopra Ebony. Era come un dejavous vissuto centinaia di volte, fin
da quando erano bambini. Situazioni diverse, motivi diversi, eppure l’emozione
era sempre la stessa.
“Te lo ricordi anche se hai passato dieci anni all’Inferno, vero
Vergil?”domandò il cacciatore di demoni indicando le pistole con un cenno del
capo.
“Certo, Dante. Non potrei mai scordarlo, neanche se ci passassi millenni chiuso
in quel buio maledetto”rispose suo fratello, stringendo la presa
sull’impugnatura della pistola.
L’arma demoniaca puntò i suoi occhi rosso sangue sui due. Non era possibile,
non poteva finire così. Eppure non c’erano dubbi, quello che l’aveva colpito e
che ora aleggiava intorno ai gemelli era il potere di Sparda. Ma non era solo
quello, c’era anche qualcos’altro, perché il potere di un demone, neanche
quello del Cavaliere Oscuro, era mai stato tanto luminoso. Non aveva scampo,
non poteva muoversi. Avvertiva le catene di luce intrappolare il suo corpo nel
punto esatto in cui era, di fronte alla bocca delle due armi da fuoco.
L’Oscurità più nera non era bastata a sconfiggere il sangue di Sparda. Le
parole con cui il demone leggendario lo aveva ammonito rinchiudendolo in quel
luogo dimenticato dal tempo gli rimbombarono nella mente. “Non importa quanto potere tu possa acquisire, l’Oscurità non potràmai inghiottire la luce. Perché entrambe per
esistere hanno bisogno l’una dell’altra. Solo il precario eppure infrangibile
equilibrio che si viene e creare tra i due opposti può sprigionare il potere
che governa l’universo. Qualunque cosa tu cercherai di fare, avrai già perso in
partenza”. E ora lo vedeva, lo percepiva quel dannato equilibrio,
quell’unione maledetta. Erano lì, davanti a lui, incarnati nei figli di Sparda
e di un’umana dall’anima tanto luminosa da fare invidia agli angeli. Era
davvero finita per lui.
Buttò il capo indietro e ruggì tutto il suo odio e la sua frustrazione proprio
nel momento in cui i due gemelli di fronte a lui gridavano all’unisono
“JACKPOT!”. I due proiettili intrisi di energia luminosa si conficcarono dentro
il suo corpo, trapassandolo da una parte all’altra, bruciando più delle fiamme
dell’Inferno. Con un ultimo grido disumano, l’immensa creatura si abbatté al
suolo, sprofondando nel lago nero come la morte del suo stesso sangue.
I due mezzi demoni abbassarono le armi, fissando l’enorme massa immobile di
fronte a loro. Era finita, quella dannata storia, iniziata per via di una
missione in apparenza non particolarmente impegnativa che poi era andata ad
intrecciarsi con un conto aperto duemila anni prima e mai veramente chiuso.
Vergil porse senza fare commenti la pistola verso Dante che la afferrò e ripose
entrambe le armi nella loro fodera. Poi i due rimasero semplicemente a fissarsi
in silenzio. Erano in parte ancora collegati, le emozioni che ancora si
urtavano dicevano molto di più di quello che le parole avrebbero potuto
trasmettere. Il cacciatore di demone allungò una mano e afferrò il braccio di
suo fratello, stringendolo quasi avesse paura che potesse scomparire come aveva
fatto dieci anni prima. L’altro si limitò a guardarlo per un attimo poi lo
afferrò a sua volta e fece per attirarlo a sé.
Ma un lampo di luce nera interruppe senza preavviso quel dialogo silenzioso. Le
tenebre che circondavano Kasreyon erano andate a concentrarsi tutte in un
punto, insieme alle ultime energie del demone e avevano creato un varco con la
dimensione infernale, spalancando le Porte dell’Inferno. Una sottile barriera
di luce divideva ancora i due mondi, impedendo alle schiere infernali di
dilagare nel mondo umano, ma non sarebbe resistita ancora a lungo. Dietro di
essa si accalcavano file di demoni di ogni specie e livello, primi fra tutti i
tre che avevano ingaggiato Vergil.
I due figli di Sparda si separarono all’istante, voltandosi verso la nuova
minaccia. Dovevano chiudere quelle maledette Porte prima che la barriera
cedesse o sarebbe stato troppo tardi.
“Pensavate
davvero che vi avrei permesso di sconfiggermi tanto facilmente?”rise
Kasreyon, la voce ridotta a poco più di un rauco soffio. “Voglio vedere come ve la caverete
ora contro tutti i demoni dell’Inferno, figli di Sparda! Il vostro caro mondo
di Luce è condannato a soccombere sotto il potere dell’Oscurità!”.
“Brutto bastardo!”urlò Dante, incredulo e furioso. E ora cosa cazzo avrebbero
dovuto fare? Chi diamine sarebbe riuscito a combattere un intero esercito di
demoni di altro livello?!
“Stai calmo, Dante”gli intimò Vergil, che al contrario del fratello era
riuscito come sempre a non farsi prendere troppo dalle emozioni. Potevano
chiudere quelle Porte, però dovevano fare in fretta. “Dammi il tuo medaglione”.
L’altro mezzo demone lo guardò confuso per un attimo poi capì e si sfilò la
catena che portava al collo. Per una frazione di secondo esitò. Con quegli
stessi ciondoli Vergil dieci anni prima aveva tentato di impadronirsi del
potere di Sparda e quindi per un attimo il pensiero di lasciare a lui il
completo controllo di essi lo fece vacillare. Ma non c’era più spazio e tempo
per i dubbi. Si sarebbe fidato di suo fratello come aveva fatto concedendogli
quell’ora di vantaggio. E non se ne era pentito neanche un po’. Gli tese il
medaglione e il suo gemello, dopo essersi sfilato il proprio, si affrettò in direzione del portale.
L’arma demoniaca comprese al volo cosa intendeva fare Vergil. Non poteva
permettere che anche quel suo estremo tentativo andasse in fumo. Avrebbe fermato
quel dannato mezzo demone ad ogni costo. “Non ti permetterò di farlo, Vergil Sparda!”ruggì
allungando un arto artigliato verso il giovane. Quest’ultimo di voltò di
scatto, preso completamente alla sprovvista. Non pensava che quel mostro avesse
ancora la forza per muoversi. Non ebbe neanche il tempo di muoversi o di
sguainare Yamato per parare. Le lame gli furono addosso nel giro di un attimo.
“Merda!”urlò Dante, allungando un braccio verso di lui, troppo lontano per fare
qualunque cosa per aiutare suo fratello. “Vergil!”.
Ma prima che le lame potessero trafiggere il corpo del giovane qualcos’altro si
frappose tra la sua carne e il freddo metallo, facendogli da scudo. Schizzi di
sangue scarlatto spruzzarono tutto intorno, macchiando i vestiti e il viso sgomento
di Vergil che rimase a fissare sconvolto la figura che si era gettata davanti a
lui. Aprì la bocca, ma le parole non gli vennero, mentre avvertiva una collera
bollente farsi largo dentro di sé, accompagnata da un dolore acuto.
“Ma…Ma…gornak…”riuscì a balbettare. Poi la voce parve tornargli. “Magornak!
NO!”.
-------------------------------------------------------------------------------- T.T Lucifero, quanto ho odiato scrivere l’ultima
parte…Il mio povero personaggio…
……………
*si ricorda l’educazione*
Ehm, salve a tutti!! Niente ritardo questa volta u.u Visto che brava?? Uff, che
faticaccia però, il tempo di scrivere è sempre poco…e l’ispirazione ancora di
meno!! -.-“ Però immagino che sia normale quando si dorme poco e si hanno un
sacco di cose da fare…u.u
Comunque passiamo al capitolo…Dan se l’è vista brutta, rischaindo quasi di
finire sbrindellato, ma per fortuna è arrivato suo fratello a salvargli la
pelle. Quanto ci ho goduto a scrivere il combattimento…ero lì che pensavo
“Forza, Ver, fai il culo a quel bastardo batti quel cattivone!”, anche
se all’inizio li ho fatti quasi perdere…Insomma, un minimo di suspense ci
vuole!!
Il potere di Sparda…scusate, non ho saputo trattenermi. Volevo dare un po’ di
soddisfazione a Vergil visto che anche questa volta il suo piano è andato a
farsi benedire…E poi insomma Kasreyon e Sparda dovevano finire il loro duello!!
Quale duello?? Eh, la spiegazione più avanti u.u Mi piaceva anche l’idea
di quella cosa di far diventare Dan e Ver quasi la stessa persona. In fondo ho passato
tutta la storia a dire che loro due insieme sono Sparda!! Lo so, suona tanto
come una cagata, ma ormai l’ho scritta!! >.<
Kasreyon fa guai anche da moribondo!! Non è possibile!! Mai io lo uccido!! E
in effetti l’ho fatto…Ma dettagli u.u Magornak…ma l’ho ammazzato sul
serio?? Questo lo si scoprirà nel prossimo capitolo, mi spiace, non anticipo
nulla! Secondo voi sono così cattiva da ucciderlo?? Sarei curiosa di sapere
cose ne pensate…E per di più vi
lascio anche con le Porte dell’Inferno spalancate…un altro casino dopo il caos?
Comunque oltre a questa cruciale risposta su quanto è sadica l’Autrice
nel prossimo capitolo avremmo finalmente un po’ di spiegazioni e vedremo se
distruggerò il mondo per mano di un esercito di demoni incavolati o se mi
limito a chiudere quelle Portacce XD E se lo farò, come lo farò?? Eheh u.u
Va bene, basta fare al cretina!! Vi lascio in ansia. Mi sento
particolarmente cattiva in effetti…0.0
Un grazie e un bacio a tutte le mia amate lettrici e recensitrici, doc11, Hikari
Sama,Bloody Wolf,Rakelle, ninjiapiccina, LadyVergil e Pride_!!! Ragazze lo sapete che vi adoro *.* Siete le mie Muse! Mi fate sciogliere ogni volta con i vostri commenti, la vostra
fedeltà e il vostro appoggio! *commossa* Un abbraccio come sempre anche a Xeira_
e ad AliceMudgarden! Grazie dalla mia anima nera anche a
chi legge/preferisce/segue senza recensire questa mia storia che ormai è alle
battute finali…T.T uffa, mi piaceva scriverla!! >.
Al prossimo capitolo! Tranquilli aggiorno prestissimo promesso!!
Dall’Inferno profondo con affetto (?!)
Lam…ehm, Mystic ^^
Magornak aveva assistito allo scontro da un angolo riparato in cui
aveva trascinato Lady ancora priva di sensi. Aveva visto Vergil arrivare appena
in tempo per salvare Dante delle lame affilate di Kasreyon, gli occhi che
brillavano gelidi e seri nella semi oscurità. Aveva capito subito che qualcosa
era cambiato. Quello era davvero di nuovo il suo protettore, la creatura che lo
aveva salvato tante volte da morte certa e che si era presa cura di lui. Il
figlio maggiore di Sparda. Vergil era riuscito a liberarsi dalle Tenebre che lo
assediavano.
Certo, vedere il mezzo demone afferrare il proprio fratello per la giacca e
baciarlo un po’ lo aveva sorpreso. Quindi gli aveva mentito quando gli aveva
detto che lui e Dante non si stavano baciando sul divano della Devil May Cry? Era rimasto a fissarli un
po’ perplesso mentre discutevano tra loro. Perché il suo protettore aveva
baciato il cacciatore di demoni? Non riusciva proprio a capirlo. Forse la
relazione tra i due andava oltre il legame fraterno. Ma com’era possibile se
erano stati sempre nemici ed erano dieci anni che non si vedevano? Si era perso
nelle sue ipotesi, che gli parevano una più assurda dell’altra, fin quando la
voce di Kasreyon non lo aveva riportato alla realtà, facendolo tremare.
Quell’essere era così intriso di Oscurità che anche quando si limitava a
parlare dalla sua aura dilagavano ondate di Buio. Non sarebbe stata una lotta
facile per i due figli di Sparda, lo aveva capito bene anche lui. Ma ciò non
bastava a far anche solo vacillare la fiducia che aveva in loro. I due mezzi
demoni erano l’unica speranza del mondo di Luce e quindi dovevano riuscire a
sconfiggere quel mostro ad ogni costo. E poi erano gli eredi del più grande e
nobile dei demoni, avevano le capacità per vincere. Dovevano solo capire come
usarle.
Nonostante quella convinzione, aveva comunque assistito alla prima parte dello
scontro in preda all’ansia. Vedeva chiaramente che i due erano in difficoltà, e
non in modo irrilevante, e poi Kasreyon con tutta la sua oscura potenza lo
terrorizzava a morte. Inoltre, Mary non sembrava volersi svegliare, nonostante
lui cercasse disperatamente di rianimarla in ogni modo. Temeva che il colpo che
la ragazza aveva ricevuto fosse stato troppo forte. Gli umani non avevano il
potere di autorigenerarsi in fretta come i demoni. Poteva aver subito danni
permanenti. O essere caduta in coma. O peggio ancora.
Fortunatamente, però, alla fine la cacciatrice di demoni si era mossa, gemendo
e attirandosi così l’attenzione della creaturina, che si era immediatamente
concentrata su di lei.
“Mary! Mary, stai bene?”si era affrettata a chiedere, aiutandola a mettersi
seduta.
“Magornak…Cosa è successo? Dov’è Dante? Perché non sei con Vergil?”aveva
balbettato lei, guardandosi intorno, la vista che andava lentamente mettendo a
fuoco quello che stava accadendo. La testa le doleva da morire e le ferite che
le avevano provocato gli artigli di Kasreyon bruciavano terribilmente. Ma
almeno era ancora viva.
Il demonietto le aveva sorriso, raggiante. “Sei svenuta, Mary. Ma non temere,
Vergil si è svegliato, ha sconfitto le sue tenebre e ora lui e Dante si stanno
battendo con Kasreyon”aveva spiegato tornando a voltarsi verso lo scontro. La
scena però era leggermente diversa da quella che aveva osservato fino a quel
momento. Era cambiato qualcosa nel modo di combattere dei gemelli, nei loro
movimenti c’erano una coordinazione e un tempismo nuovi.
I due erano rimasti a guardare il combattimento, quasi incantati da quella
sorta di danza di lame. Davanti agli occhi di Magornak le figure dei due mezzi
demoni andavano confondendosi e al loro posto se ne formava un’altra,
conosciuta ed estranea al tempo stesso. Percepiva anche un’energia nuova
circondarli e concentrarsi nei loro colpi, un potere antico, più luminoso del
sole. Il potere di Sparda. Il suo sguardo si era fermato su Vergil e lo aveva
visto sorridere ferocemente. Anche lui aveva capito cosa stava accadendo a lui
e suo fratello. Erano giunti al termine di quella brutta storia.
Kasreyon aveva apposto le ultime resistenze, ma alla fine i due l’avevano
ferito a morte con una serie di attacchi simultanei. Quando il demone si era
schiantato al suolo, la sua aura tenebrosa si era affievolita di colpo,
liberandoli dal suo peso. Lady era scattata in piedi, seppur barcollante, un
largo sorriso esultante dipinto sul volto. L’incubo era finito. Ce l’avevano
fatta, avevano spazzato via quelle Tenebre maledette.
Poi però era successo. L’Oscurità era esplosa nuovamente in tutta la sua
potenza, spalancando le Porte dell’Inferno. Magornak aveva avvertito un brivido
di puro terrore attraversargli il corpo alla vista della schiera di demoni che
premevano per invadere il regno di Luce. L’avrebbero soffocata nel sangue,
spenta nel dolore e nella disperazione. Non poteva permetterlo. Aveva udito
Kasreyon ridere, ruggire quella sua risata terribile, apocalittica. Aveva visto
con la coda dell’occhio Vergil gridare qualcosa a suo fratello che si era
affrettato a porgergli un oggetto. Ma i suoi occhi ametista erano rimasti, per
qualche motivo, puntati sul loro nemico. Lo aveva visto alzare un’ultima volta
gli artigli deciso a colpire il suo ignaro protettore. Quel bastardo voleva
trafiggere il mezzo demone, impedirgli di chiudere le Porte per salvare la
Luce. Aveva agito d’istinto, senza aspettare, senza pensare alle conseguenze.
Non c’era il tempo. Aveva udito Lady strillare il suo nome, lei aveva capito
subito quello che lui voleva fare, ma ormai troppo tardi per fermarlo.
Gli artigli affilati dell’arma demoniaca si erano conficcati nella sua carne,
trapassandolo da parte a parte, ma così il suo corpo aveva impedito loro di
arrivare a Vergil. Quest’ultimo lo aveva fissato sgomento mentre il suo sangue
gli lordava i vestiti. Aveva mormorato qualcosa, poi i suoi occhi si erano
accesi d’odio puro e collera. “Magornak! NO!”aveva urlato, voltandosi poi verso
il loro nemico. “Bastardo! Questo è stato il tuo ultimo delitto!”.
La lama di Yamato aveva iniziato a brillare, carica di energia. Il fendente
aveva tagliato il demone a metà per il lungo, spargendo il suo sangue nero
ovunque, senza neanche dargli tempo di urlare. Magornak vide i suoi resti
iniziare a svanire nel nulla, ma subito dopo la sua vista sfuocata fu occupata
dalla figura del suo protettore che si era gettato in ginocchio al suo fianco.
“Magornak…razza di idiota!”esclamò Vergil, la voce che tremava, incapace di
contenere le emozioni. “Che cazzo hai fatto?!”. Strinse i pugni, frustrato.
Ancora una volta non era riuscito a salvare tutte le persone che voleva
salvare, neppure con l’ausilio del potere di Sparda. Il suo protetto era
ridotto in quello stato per colpa sua. Lui li aveva trascinati in quel baratro,
lui li aveva quasi condannati a morte, per colpa sua era stato versato
quell’innocente sangue argenteo.
“Ho…ho saldato…il nostro…debito”riuscì a rispondere lui cercando di sorridere.
“Ora siamo pari, Vergil Sparda”. Non avvertiva il dolore. Era solo stanco, così
mortalmente stanco. Sapeva che stava per morire, ma quella consapevolezza non
gli pesava. Aveva compiuto il suo compito, aveva protetto la persona a cui
teneva di più. Il mondo tanto caro a Sparda era salvo e Vergil era in buone
mani. Non aveva rimpianti, a parte quello di lasciare per sempre quell’affetto
che aveva desiderato tanto a lungo. Avvertì la mano calda di Lady accarezzargli
il volto ormai gelido.
“Magornak…”mormorò lei in lacrime. Si era inginocchiata di fianco a Vergil e lo
guardava, distrutta. Non poteva essere. Il demonietto era l’unico tra loro che
non meritava di svanire così. E invece quel destino crudele era toccato proprio
a lui. “Mi dispiace, Magornak…Non ho saputo proteggerti. Che razza di amica
sono?!”.
“La migliore…che si possa….desiderare”rispose lui in un soffio. “Non essere
triste…Mary. Prenditi cura dei figli…di Sparda. Ti affido…anche Vergil. Hanno
entrambi bisogno…della tua energia. Sono felice…di averti avuta accanto.
Sei…speciale”.
Lei scosse il capo premendosi una mano sulla bocca, mentre le lacrime bollenti
continuavano a rigarle sempre più copiose le guance. Non riusciva a crederci,
non poteva crederci. Continuava ad accarezzargli il volto con la mano, quasi
sperando di potergli trasmettere il suo calore e spazzare via il gelo della
morte che stava lentamente avvolgendo il corpo del suo amico. Ad un tratto
qualcuno le afferrò il braccio, costringendola a scostarsi. I suoi occhi
incontrarono quelli gelidi e al tempo stesso sconvolti di Vergil. Il giovane la
costrinse con fermezza ma anche con gentilezza a togliere le dita dal viso di
Magornak. Lei lo lasciò fare e poi strinse i pungi, portandoseli al petto e
serrando gli occhi, come a cullare il dolore che provava.
Il mezzo demone rimase a fissare negli occhi la creaturina. Quelle iridi
ametista parevano dirgli di non prendersela, che non era colpa sua. Lo
incoraggiavano silenziosamente ad andare avanti. Ma come poteva farlo se la
persona che aveva giurato di proteggere si stava ancora una volta spegnendo
sotto i suoi occhi? Avvertì i brividi corrergli lungo la schiena. Si sentiva
così maledettamente vuoto e aveva freddo, un dannatissimo freddo. Quasi
leggendogli nel pensiero, Dante lo abbracciò da dietro, prendendolo alla
sprovvista. Se fosse stato in sé lo avrebbe di certo respinto, ma in quel
momento gli mancava anche solo la forza di pensare di farlo e così si abbandonò
in quell’abbraccio, lasciandosi invadere dal calore del corpo di suo fratello
che aderiva strettamente al suo.
I demoni al di là delle Porte si dibattevano con forza sempre maggiore, ma
nessuno dei quattro pareva prestare loro attenzione. Era come se il tempo
intorno a loro scorresse più lentamente, scivolando via insieme alla luce che
si affievoliva sempre di più negli occhi di Magornak. Il demonietto fece
passare lo sguardo sul viso degli altri tre. Era contento, felice. Aveva
vissuto davvero negli ultimi due anni, specialmente in quegli ultimi giorni. La
gelida stanchezza prese lentamente il sopravvento, chiudendogli gli occhi
mentre lui le si abbandonava senza paura. Il buio lo prese, confortante,
trascinandolo lontano dall’antro in cui si era consumata la sua tragedia.
Tutto intorno era così buio. Eppure,
per la prima volta nella sua esistenza, non aveva paura né si sentiva sperduto.
Anzi, quelle tenebre gli apparivano così confortanti, ben diverse da quelle
dell’Inferno e da quelle che aveva creato quel mostro spaventoso che si era
rivelato essere Kasreyon. Si sentiva calmo e in pace come mai era stato prima
di quel momento, lontano dal trambusto senza pausa in cui era sempre transitata
la sua vita. L’ultima immagine che aveva avuto prima del buio era stato il volto
di Vergil che teneva il suo corpo tra le braccia. Il suo protettore, la sua
guida, il fratello che non aveva mai avuto, il suo Sparda, la sua Luce. Per la
prima volta da quando lo conosceva aveva visto il gelo di quelle tanto adorate
iridi azzurre sciogliersi in un dolore bollente ed essere sostituito da un velo
di lacrime. Lacrime. Sì, Vergil avrebbe pianto per lui. Ma non era giusto che
si desse la colpa, glielo aveva detto: aveva saldato il loro debito ed era
felice così. Vergil non doveva star male per lui. Aveva eseguito il compito che
si era imposto, aveva potuto dare mostra, in quel suo estremo atto, di tutta la
devozione che gli portava, di tutto l’affetto che provava per il mezzo demone.
Ora doveva vivere la sua vita, fare le sue scelte e ogni tanto, magari, pensare
a lui. Andava bene così. Anche se gli sarebbe piaciuto passare ancora un po’ di
tempo con il giovane. Ma il destino aveva voluto diversamente e lui lo
accettava serenamente. Vergil era in buone mani con Dante. Aveva capito che suo
fratello gli voleva bene, forse tanto quanto lui, forse di più, anche se era un
tipo diverso di affetto. Molto diverso. Si sarebbe preso cura di Vergil a
dovere. Ne era certo. Chiuse gli occhi e ringraziò mentalmente il cacciatore di
demoni. Era stato geloso di lui a torto. E gli aveva anche rubato il pranzo.
Dante voleva solo aiutare Vergil e riaverlo al suo fianco. Legittimo, anzi di
più. E poi con loro ci sarebbe stata Mary. Già, Mary. Sorrise. Il suo angelo
umano, la migliore amica che avesse mai avuto, sebbene il tempo che avevano
passato insieme fosse stato pochissimo. Anche lei gli sarebbe mancata da
morire. L’aveva sentita gridare il suo nome nel momento in cui gli artigli di
Kasreyon lo avevano trapassato. E aveva visto il suo viso disperato rigato di lacrime,
i suoi vestiti macchiarsi del suo sangue quando era corsa a buttarsi in
ginocchio di fianco a Vergil. Ma anche lei non doveva essere triste: avevano
passato dei bellissimi momenti insieme e lui voleva solo che lei li portasse
per sempre nella sua anima. E lui non l’avrebbe mai lasciata sul serio.
Si guardò intorno ma non poté scorgere altro che buio. Era differente dal limbo
che precedeva il Labirinto della Perdizione, non c’era quella inquietante luce
nera e non aveva paura di cadere. Forse quella era una specie di stazione dove
la Morte veniva a prendere le persone quando finiva il loro tempo. Be’, era un
po’ in ritardo quel giorno. Avrebbe aspettato, non c’erano problemi. Tanto non
aveva nulla da fare. Si perse nei ricordi degli ultimi due anni e in
particolare dei suoi primi e unici giorni sulla terra.
“Che cosa fai qui, Magornak?”. Una voce profonda ma benevola lo strappò dai
suoi pensieri, inaspettata. Una voce così familiareeppure impossibile da connettere a un volto.
Il demonietto si voltò di scatto. A pochi metri da lui era apparsa una figura,
in apparenza umana, ma gli occhi percorsi da bagliori rosso fuoco tradivano la
sua vera natura. La fissò mentre quella gli si accostava, incapace di
riconoscerla ma sapendo chiaramente che si erano già incontrati in un passato
che non riusciva a mettere a fuoco.
“Allora, Magornak? Che ci fai qui?”domandò ancora lo sconosciuto, sistemandosi
con una mano i capelli candidi. Vestiva all’antica e dal taschino della giacca
spuntava la lente di un occhiale.
Magornak lo fissò con gli occhi sgranati, incredulo. Quegli occhi, quei
capelli, quei lineamenti e soprattutto quell’aura…Non poteva essere. No, non
poteva essere. Forse non era ancora morto e quella figura faceva parte dei suoi
deliri di moribondo. “Ma…ma…tu…?!”balbettò incredulo.
L’uomo lo fissò in attesa con un sorriso comprensivo. “Sì, Magornak, sono io.
Non ti sono ancora tornati i ricordi, vedo”commentò.
“Oh per l’Inferno Oscuro! SPARDA!”urlò il demonietto buttandosi ai piedi
dell’uomo, sconvolto e adorante. “Non ci posso credere, tu…qui…io…Oh Inferno!
Sparda!! Sparda! Il Cavaliere Oscuro!! Sei il mio mito, lo
sei sempre stato! Anche se probabilmente sei frutto della mia immaginazione!!”.
Sparda si chinò a sua volta senza smettere di sorridere e gli si sedette di
fianco. “No, sono vero, Magornak. Andiamo, non c’è bisogno di fare così.
Calmati. Anche se apprezzo tutto questo entusiasmo per me”.
“Come posso stare calmo?! Tu sei Sparda!!”ribatté
il demonietto guardandolo convinto.
“Lo so chi sono, non c’è bisogno che continui a ripeterlo”disse il demone
paziente. “Il problema è che a quanto pare invece tu non sai, o meglio, non ti
ricordi chi sei. E in questo momento sarebbe molto utile che tu lo facessi,
visto che il tuo compito non è ancora finito”.
La creaturina lo fissò, senza capire. Di cosa stava parlando? Cosa voleva
direche lui non sapeva chi era? Lui era
Magornak, un demone che a stento poteva essere definito tale e che girava da
sempre a combinare guai all’Inferno. Però…un pensiero lo colpì. La sua vita non
aveva un inizio. Non ricordava come fosse arrivato nelle lande infernali o il
perché si comportasse in quel modo tanto diverso dai suoi simili. E poi quei
ricordi, quelle consapevolezze che avevano cominciato ad emergere in quegli
ultimi tempi, quella dannata sensazione che gli mancasse qualcosa di
fondamentale. Aveva forse perso un pezzo del suo passato?
“Devi sforzarti di ricordare, Magornak. I medaglioni non funzioneranno questa
volta. La forza di Kasreyon ha distrutto completamente il sigillo che avevo
imposto alle Porte”riprese Sparda con calma, fissandolo serio. “La barriera che
separa i due mondi non resisterà ancora a lungo. Non c’è tempo da perdere. Devi
chiudere quelle Porte, Magornak, sei l’unico che può farlo”.
“Ma…io non sono nessuno! Io non ho un potere tale!”ribatté lui, sempre più
confuso. Avvertì l’ansia prenderlo alla gola. Sentiva su di sé il peso di una
responsabilità immensa, di un imperativo di cui non comprendeva il contenuto.
“Io non so di che cosa stai parlando! Aiutami a capire!”.
“Non devi capire nulla, devi solo ricordare quello che due millenni fa
dimenticasti per me. Il nostro patto è giunto al termine, è arrivato il momento
che le nostre strade tornino a separarsi e che tu torni al tuo compito. Lo so
che ora ti senti confuso, ma fidati di me, presto tutto ti sarà chiaro”. Un
sorriso tornò ad illuminare il suo volto, un sorriso triste.”Volevo anche
ringraziarti per essere stato vicino a Vergil in questi momenti di buio totale.
L’hai aiutato a non perdersi, hai risvegliato la Luce che c’è in lui. Di questo
ti sono immensamente grato. Non mi è stato concesso di restare con la mia
famiglia, il tempo mi ha strappato a loro troppo presto, con tutte le orribili
conseguenze che sono seguite. Ma io ho sempre continuato a vegliare su di loro.
E voglio continuare a farlo”. Allungò una mano e accarezzò i capelli scuri del
demonietto, per poi alzarsi. “Ricorda, Magornak, ti chiedo solo questo. Hai già
in mano la chiave dello scrigno della tua memoria. Devi solo usare la Luce per
dissolvere le tenebre dell’oblio”. Si voltò e fece per incamminarsi. “Ritorna
al tuo compito. Chiudi le Porte. Il tuo tempo non è scaduto”.
Magornak scattò in piedi a sua volta, tendendo un braccio e afferrandolo per la
manica della giacca. “No, aspetta, non mi lasciare! Ho sempre desiderato
incontrarti, ho sempre pregato per avere la tua guida! E ora che ti ho
incontrato non voglio ritrovarmi di nuovo da solo senza sapere cosa
fare…sentendomi così inutile”. Avvertì le lacrime pungergli gli occhi. Aveva
bisogno di qualcuno a cui appoggiarsi, non poteva farcela da solo, era troppo
fragile.
Il demone si liberò gentilmente dalla sua stretta e si chinò nuovamente,
appoggiandogli le mani sulle spalle. “Ma io non ti ho mai lasciato, Magornak.
Sono sempre stato al tuo fianco. Solo che te la sei sempre cavata benissimo
senza bisogno che intervenissi. E puoi farlo anche ora”. Armeggiò con il
colletto della giacca per un attimo e poi mise qualcosa tra le mani della
creaturina. “Ora va’, Magornak. I tuoi amici hanno bisogno di te. Riporta
l’equilibrio tra la Luce e le Tenebre, sei l’unico che può farlo”. Si staccò da
lui, regalandogli un ultimo sorriso rassicurante e si incamminò.
Il demonietto guardò quella figura elegante staccarsi da lui e perdersi
nell’oscurità. Doveva avere fiducia. Come poteva non fidarsi di Sparda? Abbassò
lo sguardo sull’oggetto che brillava tra le sue dita. L’amuleto che il demone
portava al collo della giacca scintillava quasi ad incoraggiarlo a lasciare
ogni dubbio. Chiuse gli occhi e lo strinse con forza fino a far sbiancare le
nocche. ‘Spazzare via le Tenebre con la Luce…’. Come aveva fatto con Vergil.
Si concentrò. Un alone di luce iniziò a propagarsi dai suoi palmi, venendo
subito assorbita dalla pietra che iniziò a splendere a sua volta, amplificandola.
Il buio tutto intorno iniziò lentamente a dissolversi. Ma lui non lo vedeva.
Centinaia di immagini gli vorticavano davanti agli occhi, ricostruendo il
passato che così a lungo aveva dimenticato. I ricordi che gli si presentarono
davanti agli occhi avrebbero dovuto scioccarlo, ma invece più il quadro si
completava più lui si sentiva in pace. Ora aveva capito tutto. Sapeva cosa era
successo e cosa doveva fare. Non aveva più paura di sbagliare.
Aprì gli occhi sul limbo che era ormai completamente inondato dalla luce. Le
sue iridi viola brillavano prive di pupille, fisse sulle Porte dell’Inferno che
si erigevano chiuse davanti a lui in tutta la loro terribile imponenza,
chiamandolo. Doveva solo raggiungerle. Tese un braccio in avanti e la distanza
che lo separava da esse svanì immediatamente. Le falci incrociate si drizzarono
e gli immensi battenti si spalancarono, lasciandogli la via sgombra. Era ora di
ripristinare l’antico ordine che era stato fissato nella Notte dei Tempi.
Vergil era rimasto a fissare il volto del suo protetto anche dopo che i
suoi occhi si erano chiusi per sempre, incapace di muoversi. Di fianco a lui
Lady piangeva in silenzio, il viso affondato nelle mani, mentre Dante gli aveva
appoggiato la testa su una spalla, le braccia ancora strette intorno alla sua
vita. Dalle Porte provenivano i ruggiti furiosi dei demoni, mentre la barriera
che impediva loro di invadere il mondo umano si faceva sempre più sottile.
Presto avrebbe ceduto e sarebbe stata la fine. Il giovane si riscosse. Non era
il momento di lasciarsi andare al dolore. Doveva sistemare il casino che aveva
combinato.
Si dibatté, liberandosi dalla presa di suo fratello e strinse i medaglioni.
Avrebbe chiuso quel portale maledetto, a tutti i costi. Magornak si era
sacrificato per permettergli di farlo e lui non aveva nessuna intenzione di
sprecare quell’opportunità macchiata di innocente sangue argenteo. Ma proprio
quando fece per alzarsi avvertì una mano trattenerlo, tirandolo debolmente per
il giaccone. Si voltò infastidito, pensando che si trattasse del suo gemello,
pronto ad aggredirlo verbalmente, ma le parole gli morirono in gola quando si
rese conto che quelle strette intorno alla stoffa erano le pallide dita del suo
protetto. Allora era ancora vivo! I loro sguardi si incontrarono e lui capì al
volo che era cambiato qualcosa. Un brivido gli corse lungo la schiena. Gli
occhi del demonietto brillavano come fuochi viola nel buio e non avevano la
pupilla.
Lady smise all’istante di singhiozzare, incredula quanto lui. Magornak era ancora
vivo. Forse c’era ancora una speranza di poterlo salvare, nonostante la sua
ragione le suggeriva il contrario considerando gli squarci che lo trapassavano
da parte a parte. Ma lei non voleva ascoltarla, non poteva. Era ancora
cosciente, questo era tutto quello che le importava. Eppure i suoi occhi erano
così strani…Ma che le importava? Ciò che contava era che il suo amico fosse
ancora lì con lei. Fece per avventarsi sulla creaturina, ma Dante la trattenne.
Il mezzo demone aveva capito che stava per succedere qualcosa e che loro due
non dovevano interferire. Lei lo guardò, stupita ed irritata da quel gesto, ma
lui le rivolse uno sguardo significativo scuotendo appena il capo come per
dirle che non era il momento.
“Vergil…”chiamò Magornak in un soffio, ansimando. Lo sforzo che faceva per
parlare era più che evidente, ma la sua voce, per quanto spezzata non tremava.
“Vergil…le Porte…al centro…Portami là. Non c’è tempo da perdere”. Nonostante il
suo fosse poco più di un sussurro la richiesta suonò quasi come un ordine.
Vergil lo fissò, incredulo. Il demonietto non si sarebbe mai permesso di
rivolgersi a lui in quel modo. Se le circostanze fossero state diverse gli
avrebbe rivolto uno dei suoi soliti commenti taglienti. Ma in quel momento non
era più neanche sicuro che la creatura che aveva davanti fosse davvero il suo
protetto. E poi c’erano cose più gravi da risolvere prima. Perciò non ribatté e
si affrettò a sollevarlo, incamminandosi verso gli immensi battenti infernali
senza degnare di uno sguardo gli altri due, che, dopo essersi scambiati
un’occhiata si affrettarono a seguirlo a qualche passo di distanza.
Il giovane avanzò senza esitare, il sangue caldo del suo protetto che gli
insozzava lentamente i vestiti. Più si avvicinava, più riusciva a distinguere i
volti delle creature che si affollavano dietro la fievole barriera. Visi
mostruosi, a volte conosciuti, a volte estranei, in una foresta di artigli
affilati e occhi rossi che andava man mano focalizzandosi su di lui. Demoni. I
suoi simili, gli abitanti del mondo a cui apparteneva. E a cui sarebbe tornato.
“Vergil! Traditore!”ruggì uno dei demoni che lui riconobbe come il capo dei
suoi committenti. “Sei proprio figlio di quel lurido bastardo di tuo padre!
Come abbiamo potuto fidarci del sangue di un ribelle?”.
“Mi spiace, avreste dovuto pensarci prima. Io sono fiero di essere il figlio di
Sparda e, volente o nolente, seguirò le sue orme”rispose lui, con aria di
sfida. “Vi è andata male. E ora subirete le conseguenze del vostro sbaglio.
Speravate di potermi usare come un burattino per ottenere quello che volevate.
Ma non avevate considerato un piccolo particolare: io non permetto a nessuno di
manipolarmi. Ci ha provato anche quella spada maledetta. E ora le sue ceneri
giaceranno per sempre in questo antro dimenticato dal Tempo”.
“Ma tornerai all’Inferno, mezzosangue, tornerai. E allora te la faremo pagare
per questo affronto e per la tua superbia!”lo aggredì la creatura mentre i suoi
artigli graffiavano inutilmente la barriera che li separava.
Sul volto del mezzo demone si dipinse un ghigno mentre lui si avvicinava allo
scudo invisibile per affondare i suoi occhi di ghiaccio in quelli infuocati del
suo interlocutore. “Vedremo chi di noi pagherà. Mio padre sfidò due millenni fa
tutti gli Inferi e io non sarò da meno, potete starne certi. Soprattutto adesso
che ho ottenuto quello che volevo”.
Il demone lo fissò sconvolto, ma lui non gli diede la possibilità di ribattere
perché tornò a concentrarsi sul demonietto che aveva in braccio,
allontanandosi. Giunto esattamente al centro del vano lo appoggiò delicatamente
a terra e fece qualche passo indietro. Non sapeva cosa sarebbe successo né
riusciva a capire cosa volesse fare Magornak, sempre che quell’essere fosse
davvero lui. C’era qualcosa in quegli occhi, una nuova consapevolezza che non
si addiceva all’esserino tanto insicuro di cui si era preso cura in quei due
anni. Per non parlare della strana energia che, per quando flebile, aveva ad
emanare il suo corpo. Rimase immobile a fissare la creaturina che si metteva con
uno sforzo estremo a sedere. Come poteva ancora avere la forza per muoversi
dopo essere stato trapassato da parte a parte da delle armi demoniache?
Magornak si morse le labbra avvertendo il dolore trafiggergli il corpo. Si
sentiva svenire di nuovo e le poche energie che aveva recuperato si stavano
velocemente esaurendo portate via dal flusso di sangue che usciva lento dalle
sue ferite. Doveva fare in fretta, il tempo a sua disposizione era praticamente
nullo. Sentiva la barriera tremare sempre più forte sotto i colpi dei demoni,
vedeva le crepe invisibili che la solcavano allargarsi sempre di più sotto la
pressione degli attacchi. Prese un respiro profondo e si alzò in piedi
barcollando, facendo leva con le braccia per aiutarsi. Altro sangue argenteo
sgorgò dalle sue ferite mortali e il suo corpo minacciò di cedere, ma lui
strinse i denti. Doveva resistere solo un altro po’. Chiuse gli occhi e si
concentrò. Le parole nell’antica lingua che aveva dimenticato per così tanto
tempo gli salirono facilmente alle labbra, come se avesse passato tutta la vita
a recitarle. Sollevò le braccia verso le Porte, avvertendo un calore familiare
avvolgerlo man mano che la sua litania si sviluppava. Quei gesti, quelle
sensazioni lo riportavano indietro nel tempo, ai suoi ricordi, alla sua vera
vita, al vero significato della sua esistenza e lui, finalmente dopo tanto
tempo, si sentì davvero a casa. La paura e l’ansia che lo avevano tanto a lungo
perseguitato prima nella sua solitudine nelle lande infernali, poi nelle sue
missioni e fughe per conto di Vergil erano scomparse insieme alla sensazioni di
inadeguatezza che lo aveva sempre accompagnato.
Avvertiva l’Oscurità di Kasreyon fare resistenza ai suoi poteri, cercando di
impedirgli di prendere il controllo del portale. Quel demone era maledettamente
forte anche ora che la sua essenza si era dissolta per sempre. Ma tutta quella
potenza non era comunque abbastanza per metterlo davvero in difficoltà. Quello
era il suo regno e niente poteva batterlo. Decideva lui come sarebbero andate
le cose perché solo lui conosceva le Leggi che tutelavano l’Ordine dell’Universo.
I palmi delle sue mani iniziarono a brillare sprigionando una luce argentea che
lo avvolse completamente. Il Buio che bloccava i cardini delle Porte cominciò a
disfarsi mentre delle urla straziate e stridule iniziavano ad alzarsi fino al
soffitto dell’antro, ma si spensero di colpo quando le Tenebre furono
completamente assorbite da quel bagliore intenso. Lui alzò la voce coprendo
quegli echi orribili, le sue parole che diventavano un canto armonioso ed
oscuro. Una melodia infernale, ma al tempo stesso dotata di un’armonia celestiale.
Si portò di scatto le braccia al petto proprio nel momento in cui la barriera
si infrangeva in una pioggia di cristalli di luce. Gli immensi battenti delle
Porte dell’Inferno di chiusero, docili al suo comando, imprigionando di nuovo
nell’eterna notte infernale le creature demoniache. Le due falci rimasero però
dritte, segno che il portale non era ancora sigillato, e dalle loro lame
partirono due lampi neri che andarono ad unirsi al bagliore argenteo che
avvolgeva il demonietto, che venne sollevato da terra. La luce trapassò le sue
ferite, rimarginandole, per poi scorrere lungo tutto il corpo di Magornak. I
suoi vestiti stracciati scomparvero sostituiti da una tunica grigio argento
bordata di nero e sulla schiena gli si spalancarono le ali. Erano però ben
diverse da quelle che aveva nella sua solita forma demoniaca: una era ricoperta
di piume, come quelle degli angeli, solo che erano nere come l’Inferno, mentre
l’altra era simile a quelle dei demoni ma era di un bianco quasi accecante.
I fasci luminosi si dissolsero in un ultimo lampo e la creatura aprì i suoi
occhi ametista, di nuovo dotati di pupille, ma che brillavano ancora come due
astri nel cielo notturno contro la sua pelle pallidissima. Mosse appena le dita
e tra le sue mani apparvero dal nulla due falci identiche a quella che
chiudevano le Porte infernali, legate tra loro da una sottile catena di metallo
nero. Lui le fissò con un sorriso nostalgico e al tempo stesso raggiante.
Quanto gli erano mancate quelle sensazioni, il legame così intimo con le sue
Porte, il metallo freddo delle sue armi. Era di nuovo al suo posto, poteva
finalmente tornare a svolgere il compito che gli era stato affidato nella Notte
dei Tempi. Il mediatore dei due mondi, il garante del precario equilibrio tra
Luce e Oscurità, il guardiano delle Porte dell’Inferno.
Gli altri tre assistettero increduli a tutta la scena. Dante non poteva
semplicemente credere ai suoi occhi. L’esserino innocente e sbadato che aveva
visto sempre incollato a suo fratello si era trasformato tutto d’un tratto in
un demone dalla potenza spaventosa e aveva chiuso senza il minimo sforzo il
portale infernale. Semplicemente assurdo. Di fianco a lui Lady fissava la
creatura con la bocca spalancata, non meno sconvolta. Dentro di lei si
combattevano la gioia di vedere Magornak di nuovo in perfetta salute e la paura
per quella nuova aura che lo circondava. Chi era quell’essere tanto maestoso?
L’ingenuità era scomparsa dai suoi occhi lasciando spazio a una consapevolezza
antica quanto il mondo che lo aveva generato. Vi restava però quel velo di
innocenza un po’ infantile che, anche in quel momento, le rendeva difficile
accostare alla sua figura la parola demone. Eppure quell’essere che le
splendeva davanti non poteva altro che essere, seppure a suo modo, una creatura
infernale.
“Ma...Magornak?”azzardò a chiedere con voce insicura. “Sei ancora tu?”.
Il demone le rivolse uno sguardo interrogativo inclinando la testa di lato e
iniziando lentamente a scendere fino a toccare il suolo. “Certo che sono
io!”esclamò regalandole uno dei suoi sorrisi raggianti. “Chi vuoi che sia?”.
“Be’, se permetti sei un po’ diverso da prima”borbottò il cacciatore di demoni,
che stava iniziando a riprendersi dalla sorpresa, lanciando un’occhiata
significativa soprattutto alla sue ali e alle falci che stringeva.
Lui si portò una mano dietro la testa imbarazzato. “In effetti hai ragione…Ma
non è che sono cambiato: è questa la mia vera forma!”spiegò con l’aria di chi
la sa lunga. “Ora che i miei poteri si sono risvegliati e la memoria mi è
tornata ho potuto riprenderla. Ma se vi dà tanto fastidio posso tornare come
prima. Però questa mi piace di più. Sembro più un demone e…”.
Non poté finire la frase perché Lady gli fu addosso in un attimo, stritolandolo
nel suo abbraccio. “Razza di idiota!”lo aggredì, sentendosi più felice che mai.
“Mi hai fatto prendere un colpo! A momenti morivo di preoccupazione! Non fare
mai più una cosa del genere, capito? Mai più! Giuro che se lo fai e sopravvivi
poi ti ammazzo con le mie stesse mani!”.
Magornak scoppiò a ridere, ricambiando la stretta. Era così contento di poter
avere di nuovo Mary vicina. Ora che tutto si era sistemato avrebbe potuto
passare più tempo con lei senza paura di doverle mentire. Non ci sarebbero più
stati segreti tra loro. “Hai la mia parola, Mary. Non accadrà più perché non ce
ne sarà più bisogno. Non avremo altri episodi di questo genere. Adesso ci penso
io ad evitare altri stravolgimenti nell’Equilibrio tra i due mondi! È il motivo
per cui mi è stata data la vita”rispose allegro. “Ma non preoccuparti, anche se
adesso le Porte sono chiuse, alcuni demoni continueranno a passare, è la
regola, quindi tu e Dante non rimarrete disoccupati!”.
Dante osservò la scena con un sorriso. Quello era ancora Magornak. Lo si capiva
da come parlava. Finalmente poteva tirare il fiato. Quella brutta storia era
finita nel migliore dei modi. Niente più spade maledette, niente più poteri
assurdi, niente più rischio che l’Inferno si rovesciasse sulla terra. Tutto
sarebbe tornato alla normalità. Anche se doveva ammettere che quelle emozioni
intense gli erano mancate. Una volta ogni dieci anni potevano andare, tanto per
rendere la vita più interessante. Però poi si doveva poter tornare alla sua
solita tranquillità di cacciatore di demoni perennemente al verde. Fece per
avvicinarsi ai due che si erano finalmente staccati, ma la voce gelida di suo
fratello lo bloccò, rompendo quella tanto desiderata atmosfera di pace. “Magornak,
se hai finito con le tue idiozie io vorrei tornarmene a casa”.
Vergil era rimasto in disparte ad osservare la trasformazione del suo protetto.
Aveva avvertito una forza nuova e incredibile sprigionarsi da lui,
trasformandone l’aura. Quello che lo avvolgeva in quel momento era uno dei
poteri più forti che il giovane avesse mai percepito, ma era diverso da quello
degli altri demoni. In esso vi era sempre quella patina oscura che
caratterizzava la potenza delle creature infernali, ma l’Oscurità non era
l’unica componente. La sua aura era percorsa da continui lampi di Luce
purissima, che si fondevano armonicamente con il suo Buio. Il risultato era un
potere che univa la forza oscura e offuscante delle Tenebre e la limpida
chiarezza delle Luce. Chiunque fosse quella creatura che era diventato il suo
protetto non poteva essere un demone qualunque. Perfino l’aura di Sparda non
possedeva quella strana energia che lui irradiava con tanta intensità e
naturalezza.
“A casa?”ripeté Magornak sorpreso, incapace di capire a cosa si stesse
riferendo il suo protettore. “In che senso a casa, Vergil?”.
“Eh, no!”si intromise Dante che invece aveva capito fin troppo bene dove voleva
arrivare suo fratello. “Non se ne parla, Vergil! Non ti lascio andare un’altra
volta. E poi dove cazzo vorresti andare? In mezzo a un branco di mostri
inferociti che ti considerano un traditore e non vogliono altro che il tuo
sangue?!”.
“Ho fallito, Dante. Non ha più senso che io rimanga qui. Devo tornare al luogo
a cui appartengo, anche se questo significa morte quasi certa”rispose con calma
il suo gemello, glaciale. “Ma forse è meglio così. Ho compreso che non potrò
mai avere il potere che ho sempre agognato, quindi la mia esistenza perde
completamente di senso. Ma dubito che tu possa capirlo”.
“No, non riesco a capire, Vergil. Ma non importa. Mi hai dato la possibilità di
raggiungerti e di fermarti, ricordi? Bene, è arrivato il momento di portare a
termine lo scontro che abbiamo in sospeso!”. Il cacciatore di demoni si parò
davanti alle Porte, stringendo Rebellion. Odiava trovarsi costretto a
combattere ma era l’unica speranza che aveva di trattenere suo fratello. Sapeva
fin troppo bene cosa accadeva quando quel pazzo si metteva in testa qualcosa.
Non ci rinunciava finché qualcuno non lo sbatteva contro un muro come aveva
fatto lui stesso dieci anni prima quando lo aveva sconfitto impedendogli di
impadronirsi del potere di Sparda. “Dovrai uccidermi se vuoi passare attraverso
quel varco! Tu devi restare con me e io sono pronto a mettere in gioco la mia
vita, a perderla anche, se serve a darmi una possibilità di trattenerti!”.
“Non mi dai altra scelta a quanto pare. Sei lo stesso testone di dieci anni fa.
Preparati, perché questa volta sarò io a sconfiggerti”ribatté Vergil puntando
Yamato verso di lui. Quel cretino era sempre in mezzo. Non voleva affrontarlo,
voleva solo poter tornare nel buio infernale, poter sparire tra quelle tenebre
che gli erano tanto care, lontano da tutto e da tutti. Desiderava affondare in
quella notte eterna che si addiceva così bene al vuoto che avvertiva dentro.
Tutti i suoi sforzi per ottenere il potere di suo padre si erano rivelati
ancora una volta nulli e lui aveva realizzato in quel momento che lo sarebbero
sempre stati. Lui non poteva usarlo, anche se avesse trovato il modo di
ottenerlo. Gli mancava una cosa fondamentale. Dante. Solo insieme loro due
potevano essere come Sparda. Se avesse provato a prenderselo per sé molto
probabilmente sarebbe finito come Arkham oppure il potere lo avrebbe consumato
fino ad ucciderlo. Le sue ricerche, i suoi sacrifici, lo scopo stesso della sua
esistenza svanivano davanti ai suoi occhi sotto il peso di quella
consapevolezza, lasciandolo vuoto. Aveva vissuto e combattuto per nulla per
anni. Aveva camminato sull’orlo del burrone rischiando di caderci dentro e
aveva tradito gli insegnamenti di suo padresolo per scoprire che stava inseguendo una chimera. Aveva sofferto,
aveva dato il suo sangue, aveva vissuto in un incubo senza fine e senza speranza
solo per scoprire che dietro il suo scopo c’era il nulla, che non aveva mai
avuto niente sotto i piedi, che si era illuso di poter cambiare le cose. Era
stato uno stupido, cieco. O forse era solo disperato. Certo, combattendo contro
Kasreyon si era riscattato, aveva dimostrato di poter controllare le proprie
tenebre, aveva assaporato, anche se solo per poco, l’oggetto dei suoi desideri.
Ma ora era finita. Aveva riscattato i suoi debiti e non gli restava altro da
fare. Voleva solo sparire. E l’avrebbe fatto, anche a costo di dover far male
ancora un’ultima volta alla persona che gli era più cara al mondo. “Preparati,
Dante. Questa è la fine”. ‘Ma sarà la mia fine…Tu hai la tua vita,io non ho più nulla…’.
Lady li guardò incredula. Come potevano volersi ancora combattere dopo tutto
quello che era successo?! Capiva le ragioni di Dante, voleva solo trattenere su
fratello, ma non comprendeva perché per far ciò dovesse spargere il sangue di
entrambi. Erano spossati dal combattimento contro Kasreyon, avrebbero potuto
almeno provare a discuterne prima di arrivare alle armi. Riusciva anche ad
immaginare cosa stesse provando Vergil e al contrario del cacciatore di demoni
riusciva a concepire le ragioni contorte che lo spingessero a desiderare di
rinchiudersi all’Inferno. Ma quello che proprio non riusciva a concepire era il
fatto che il maggiore dei gemelli non potesse capire il desiderio di Dante di
averlo vicino, che non potesse accettare di lasciarsi il passato alle spalle e
ricominciare con suo fratello. Perché, lei ne era certa, il suo amico era pronto
a perdonargli tutto. Ma a quanto pareva non era nei costumi della famiglia
Sparda trovare una via pacifica per risolvere i problemi. Il sangue di demone
si faceva sentire eccome. E allora ci avrebbe pensato lei a fermare
quell’ennesima follia prima che accadesse qualcosa di irreparabile.
Ma prima che potesse fare anche solo un passo verso i due, Magornak la prese
per un braccio, bloccandola. “No, Mary. È una cosa che devono risolvere da
soli”disse con calma, ma il suo tono non ammetteva repliche. “Devono affrontarsi
e chiarirsi nel modo che preferiscono perché solo così potranno davvero
risolvere le questioni in sospeso tra loro”.
Lei lo fissò stupita da tanta serietà. Il demone non la guardava, il suo
sguardo luminoso era fisso sui due gemelli, ma poteva leggere lo stesso nei
suoi occhi che lui sapeva qual era la cosa giusta da fare. Doveva fidarsi.
Annuì, anche se un po’ turbata. Quella nuova versione di Magornak la
inquietava, soprattutto se la paragonava alla creaturina che aveva conosciuto.
“Va bene, Vergil, ti aprirò le Porte”disse Magornak rivolto ai due gemelli che
si voltarono a guardarlo. “Ma lo farò solo se sconfiggerai tuo fratello. Se
dovesse vincere Dante, spetterà a lui dirmi cosa fare”.
“Io ci sto!”esclamò Dante in tono di sfida, lanciando un’occhiata a suo
fratello. Non doveva perdere. Non poteva permettersi di farlo. Se avesse vinto
avrebbe finalmente riavuto indietro Vergil e quella era l’unica cosa che
desiderava.
“Accetto le condizioni”fece suo fratello, con meno entusiasmo. Avrebbe preferito
che Magornak gli aprisse quelle dannate Porte e basta, ma sapeva che il conto
che c’era aperto tra lui e il cacciatore di demoni non poteva più essere
rimandato. Lo avrebbe chiuso quel giorno per sempre. Ma prima di dare inizio a
quell’ultimo atto c’erano delle cose che voleva capire. “Magornak, c’è un’altra
cosa che volevo chiederti. Cosa successe due millenni fa tra mio padre, te e
Kasreyon? E soprattutto chi sei in realtà? Cosa
sei?”.
Il demone lo fissò intensamente. L’ora della verità era giunta. Era giusto che
i due mezzi demoni conoscessero anche quella parte della storia, erano i figli
di Sparda e avevano appena completato il suo lavoro. “Bene. Vi racconterò
tutto”.
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>.< Sparda *.* Ok, lo so, fargli fare questa comparsa così
improvvisa…però non ho davvero saputo resistere, è da quando ho conosciuto
Devil May Cry che volevo scrivere una storia in cui comparisse e…*si rende
conto che ancora una volta stava dimenticando di salutare*
Eh-ehm! Ciao a tutti!! Scusate se sono partita in quarta! Ma immagino che mi
perdonerete visto che sto aggiornando a velocità lampo!! E visto che non ho
ammazzato Magornak!
Comunque! Scusate se vi ho tenuto sulle spine riscrivendo tutta la battaglia
dal punto di vista di Magornak, ma dovevo far entrare nel personaggio perché
insomma quello è il suo momento! u.u
Vergil è un po’ OOC, temo, ma ho crecato di mettermi nei suoi panni. Dopo
quello che gli ha detto Kasryon, dopo che ha capito che tutto quello che ha
fatto è stata una cazz…ehm, un errore madornale e vedendo ripetersi la stessa
scena che aveva visto da bambino con la morte di Eva, ho pensato che fosse
troppo anche per lui e un minimo di emozione ci andava. E poi lo si era
capito che ci teneva a Magornak! u.u
E finalmente si è scoperta la cosa che vi ho tenuta nascosta per tutta la
storia! Contenti??? Chi è Magornak? Il guardiano delle Porte dell’Inferno! Lo
so, l’ho sparata grossa. Scommetto che nessuno se l’era immaginato. Be’,
considerando che ci è voluto Sparda
per farlo ricordare allo stesso Magornak direi che è abbastanza comprensibile!!
XD Come ho detto prima, morivo dalla voglia di far comparire Sparda e secondo
me ci sta anche visto che non ho fatto altro che citarlo per tutta la storia. E
ve lo vedrete comparire ancora per cinque nanosecondi più avanti, ma questi
sono dettagli. Per quanto riguarda l’aspetto, be’, i colori del vestito e le
ali simboleggiano il fatto che lui racchiude in sé entrambe le Tenebre e la
Luce, mentre le sue falci sono ovviamente le corrispettive di quelle che aprono
e chiudono le Porte e rappresentano i suoi poteri di guardiano…sperando che
questa cosa abbia senso non solo per me…
Atmosfera di festa, da finale, ed ecco che arriva Vergil che pretende di
tornare all’Inferno per farsi ammazzare da una massa di demoni inferociti
e me la rovina. -.-“ Oh, Sparda, che testone! XD Comunque, la storia non è
ancora finita! Nel prossimo capitolo abbiamo Magornak che dovrebbe chiarire
tutti i dubbi rimasti su come si svolsero le cose duemila anni fa e lo scontro
tra i gemelli che deciderà la fine. Chi l’avrà vinta? Vergil o Dante? E il
vincitore riuscirà davvero ad ottenere quello che vuole? Eh, nice question, guys. Sorry, you have to wait for
the answer!! Ma
niente paura, sarò velocissima anche con il prossimo capitolo, I swear!
Come sempre ringrazio dal profondo dell’anima tutti quello che recensiscono con
così tanta pazienza la mia storia e che quindi mi sopportano: doc11 (che tra l’altro mi corregge pure
gli errori di battitura e che per questo ha una pazienza da santa visto
quanti ne faccio XD), BloodyWolf, Rakelle (a cui devo un grazie speciale perché mi ha suggerito una
cosa per questo capitolo che io non riuscivo proprio a trovare!!), HikariSama, Pride_ e ninjiapiccina! Un bacio e un abbraccio,
ragazze! Non saprò mai come esprimervi la mia gratitudine! Un grazie come
sempre anche a LadyVergil, AliceMudgarden e a Xeira_ e a
tutti quelli che leggono/seguono/preferiscono questo scritto! Sigh, tre
capitoli rimasti…T.T mi deprimo se ci penso…. See you very very very soon, my dears!!
Love da dietro le Porte dell’Inferno (ma aspettate un attimo…Magornak,
cretino, mi hai chiusa dentro!!!!),
La vostra anima più che dannata Mystic
Il
guardiano lo fissò intensamente. L’ora della verità era giunta. Era giusto che
i due mezzi demoni conoscessero anche quella parte della storia, erano i figli
di Sparda e avevano appena completato il suo lavoro. “Bene. Vi racconterò
tutto”annuì. Preso un respiro. Era una storia lunga e complicata, ma sapeva
come spiegarla chiaramente. E poi d’altra parte spiegare tutto sarebbe stato
impossibile, si sarebbe limitato alle parti essenziali. “Nella notte dei Tempi,
quando tutto iniziò ad esistere, vennero anche create queste Porte per
mantenere in equilibrio le Tenebre che dominavano l’Inferno e la Luce del mondo
umano”iniziò a narrare. “Era però necessario che qualcuno vegliasse sul loro
funzionamento. Così fui posto a guardia di esse come custode e garante dell’Ordine
cosmico. Infatti i due mondi, subito dopo la loro creazione, erano
costantemente collegati e i demoni invadevano di continuo il mondo di Luce,
minacciandone ogni volta l’esistenza. Ogni volta che il pericolo diventava
troppo grande io intervenivo sigillando il portale per impedire ai demoni di
distruggere la Luce e lasciavo passare del tempo in modo che essa potesse
ritornare a splendere prima di rimettere in collegamento le due dimensioni”.
Tacque per un attimo, facendo scorrere lo sguardo sui tre. I loro occhi erano
fissi su di lui e nessuno fiatava. Anche Dante per una volta sembrava deciso a
prestare attenzione a quello che veniva detto. Non era così scemo da non
capirne l’importanza. “Poi poco più di duemila anni fa, Damaer creò Kasreyon per
ordine di Mundus. L’imperatore infernale mi impensieriva già da tempo con le
sue mire di conquista sulla Luce, ma la creazione di quell’arma mi sconvolse.
Non avevo mai visto tanta Oscurità tutta insieme, non pensavo neanche che una
cosa simile fosse possibile. Quel manufatto violava ogni Legge. Se quell’essere
fosse stato liberato sarebbe davvero stata la fine, nemmeno le Porte avrebbero
potuto fermarlo. Andai dal suo creatore e lo avvisai dei guai che quella spada
avrebbe sicuramente provocato se usata. Fortunatamente Damaer capì a cosa stava
andando incontro e ebbe l’accortezza di decidere di nascondere e sigillare
l’orrore che aveva creato. Mundus andò su tutte le furie, ma nonostante tutti i
suoi sforzi non riuscì a trovare Kasreyon. Poco tempo dopo Sparda si ribellò.
Ci conoscevamo già da tempo e io decisi di aiutarlo a chiudere le Porte e a
creare i sigilli che le avrebbero tenute chiuse fino a quando non fosse
arrivato qualcuno in grado di spezzarli”. I suoi occhi ametista si posarono su
Vergil. “Anche se nessuno di noi due si aspettava che succedesse.
“Durante la sua guerra contro l’Inferno, Sparda si scontrò con Damaer che era
stato mandato da Mundus nella speranza di riuscire a fermare il ribelle.
Nonostante la sua disubbidienza, Damaer restava pur sempre uno dei demoni più
potenti mai esistiti. Ma Sparda, dopo un lungo duello, ebbe la meglio e ferì
gravemente Damaer che in punto di morte gli rivelò l’ubicazione di Kasreyon e
lo pregò di vegliare su di esso affinchè nessuno ne risvegliasse mai i tremendi
poteri. Il Cavaliere Oscuro acconsentì e raggiunse Temen-Ni-Gru dove si scontrò
con Mundus e lo sconfisse. Poi io e lui lasciammo l’Inferno e ne sigillammo le
Porte. Prima di completare il processo di chiusura, però, Sparda volle
occuparsi dell’arma maledetta e scese nelle profondità della torre dove giaceva
Kasreyon. Il sigillo frettoloso di Damaer non aveva retto a lungo e aveva già
iniziato a svanire sotto la pressione dell’incredibile potenza della spada.
Sparda fu costretto a romperlo del tutto e a scontrarsi con Kasreyon, in un
duello che fu quasi più terribile di quello che aveva avuto con Mundus. Alla
fine sconfisse l’abominio e lo mise in ginocchio, anche se non fu in grado di
distruggerlo. La forza di quella creatura all’epoca era troppo forte. Allora lo
sigillammo usando anche il potere della Luce cha avrebbe indebolito i suoi
poteri con il passare dei secoli. Poi Sparda creò il Labirinto della Perdizione
e mise Reiyel a guardia del suo ingresso”. Le immagini di quei giorni di guerra
e degli altri che li avevano preceduti, quando ancora la tensione nell’aria non
era esplosa, gli affollavano la mente, riportando alla luce emozioni lontane ma
ancora forti e presenti. Gli pareva di sentire Sparda parlargli e spiegargli i
suoi piani, raccontargli cosa aveva scoperto in quelle effimere creature che
erano gli umani, opporre i suoi ideali alla sete di distruzione degli altri
demoni. Lo aveva ammirato ancora prima che si ribellasse, quando passavano le
giornate seduti davanti agli immensi battenti di cui lui era custode o sulla
sommità della torre, ad ammirare il paesaggio. “Per creare una catena
abbastanza forte che imprigionasse quel mostro, però, io dovetti sigillare gran
parte dei miei poteri come aveva dovuto fare Sparda con le Porte dell’Inferno.
Il mio ruolo era inutile ora che il portale era chiuso, così lui mi chiese di
fare un altro sacrificio: donare il resto del potere che mi era rimasto per
spostare la spada e il Labirinto su una dimensione parallela alla nostra, in
modo da essere certi che nessuno potesse percepirla anche trovandosi nella
torre. Io acconsentii. Fu così che non solo rinunciai ai miei poteri, ma anche
a parte della mia anima che rimase intrappolata nel sigillo. Ma sapevo che
prima o poi l’avrei ricquistata perché Damaer in punto di morte ci aveva
rivelato anche che qualcuno sarebbe venuto a distruggere quell’arma maledetta
una volta per tutte. Lui sapeva che Sparda non poteva batterla, non aveva
abbastanza Luce con sé per farlo.
“Prima di separarci Sparda mi chiese un ultimo sacrificio: dovevo dimenticarmi
chi ero e cosa era successo, in modo da impedire che qualche demone cercasse di
usarmi per riaprire le Porte o che si venisse a sapere in qualche modo
l’ubicazione di Kasreyon. Lui rimase nel mondo umano per vegliare su di esso,
mentre io scelsi di tornare all’Inferno e ricominciare a vivere lì. Ricordavo
solo il nome che Sparda mi aveva dato e null’altro. Vissi errando tra le lande
infernali e ben presto diventai famoso presso gran parte dei demoni per il mio
rifiuto di sottostare a loro. Forse, nel profondo, non ho mai scordato che ero
diverso, che loro non potevano comandarmi.
“Poi, dieci anni fa, Vergil aprì le Porte dell’Inferno ed insieme ad esse,
senza saperlo, incrinò la catena che rinchiudeva l’arma, risvegliandola. Fu allora
che qualcosa scattò dentro di me. Con l’indebolirsi del sigillo, le Porte
tornarono a domandare, per quanto debolmente, il mio ritorno. Così iniziai a
sentirmi inquieto, come se dovessi cercare qualcosa che però non ero in grado
di trovare. Questo almeno fino a quando due anni fa non incontrai il figlio
maggiore di Sparda. Fin dal primo momento in cui lo vidi capii che il mio
destino era stargli accanto. Perché lui era il prescelto, quello che mi avrebbe
condotto a sciogliere il mio patto con Sparda e a recuperare la memoria, anche
se ovviamente non potevo saperlo. Il resto della storia la conoscete”.
I tre rimasero in silenzio ad ascoltare la storia fino alla fine, senza
intervenire. Adesso si spiegavano molte cose. Non solo riguardo a Magornak, ma
adesso non sembrava più neanche così strano che Reiyel li avesse fatti passare
senza opporre alcuna resistenza come ci si sarebbe dovuto aspettare da un
guardiano. La creatura aspettava i due gemelli da più di due millenni. E si
spiegava anche perché Kasreyon avesse tentato di inglobare Vergil. In parte per
vendetta contro Sparda, in parte perché solo così avrebbe potuto riacquistare
il potere che il demone le aveva tolto con il suo sigillo. Dante, per quanto
combattuto tra le sue due nature, era troppo saldo per cedergli e aveva troppa
Luce perché lui potesse inglobarlo nel suo Buio. Il maggiore invece era
perfetto. L’arma sapeva che non sarebbe rimasto all’Inferno per sempre e quindi
non aveva fatto altro che attenderlo. Se non fosse arrivato prima che il sigillo
si rompesse, sarebbe andata a cercarlo nelle lande infernali.
Lady fissava il demone con un misto di incredulità e inquietudine. Il suo amico
era il guardiano delle Porte dell’Inferno. Una creatura antica quanto il mondo,
anzi di più. Possibile che nonostante ciò potesse ancora essere quello stesso
demonietto a cui si era tanto affezionata? Lui ricambiò il suo sguardo.
L’espressione del suo volto era insolitamente calma. Se fosse stato quello
stesso Magornak sarebbe stato agitatissimo per paura che lei potesse non
volerlo più, mentre quel demone la guardava in attesa, pronto ad accettare la
sua decisione, qualunque fosse stata. Lei abbassò gli occhi, incapace di
sostenere la luce troppo brillante di quelle iridi viola. Nonostante tutto non
poteva rinunciare alla loro amicizia. Sarebbe stato strano vederlo così maturo,
questo sì, ma era certa che non fosse cambiato completamente. Lo aveva
dimostrato mentre parlava con Dante. In fondo in fondo era sempre lo stesso
demonietto un po’ svampito, solo che adesso aveva una marcia in più e non era
più perso perché sapeva qual era il suo posto. Tornò a guardarlo e gli sorrise.
“Bene, bene! E così il mio amichetto infernale è un pezzo grosso, eh?”scherzò,
strizzandogli l’occhio. Un dolce calore la avvolse quando vide lo sguardo del
demone illuminarsi di gioia in quel modo che solo i bambini sanno. Ok, era
davvero ancora lo stesso nonostante le apparenze. “Ora c’è un’altra cosa che
dobbiamo risolvere…”. Si voltò a guardare i gemelli che erano ancora uno di
fronte all’altro, le armi in pugno.
“Hai ragione”concordò Vergil, voltandosi verso suo fratello. Sapere che
Magornak in realtà era il guardiano delle Porte lo aveva decisamente stupito,
ma si era guardato bene dal darlo a vedere. Sapere che addirittura dieci anni
prima, con la sua prima follia, aveva dato inizio ad quel casino che era quasi
costato non solo la vita a tutti loro, ma che aveva anche rischiato di
distruggere l’Equilibrio che era stato stabilito nella Notte dei Tempi gli
aveva lasciato dentro una nuova amarezza. Non ne aveva proprio fatta una
giusta. E tutto per niente. Se almeno fosse riuscito ad ottenere il potere di
Sparda si sarebbe sentito in qualche modo realizzato, avrebbe avuto la forza di
reagire. Ora invece voleva ancora di più sparire tra le tenebre infernali. “Ora
che hai soddisfatto la mia curiosità, direi che è arrivato il momento di
chiudere per sempre questa faccenda. È durata fin troppo. Ed è anche l’ora che
ciascuno si prenda le proprie responsabilità”. Strinse con disperata decisione
l’elsa di Yamato. “Dante, te lo chiedo un’ultima volta: fammi passare ed
eviteremo di spargere altro sangue”.
“Mi dispiace, Vergil, ma questa volta sono io che preferisco spargere del
sangue se questo potrà darmi la possibilità di riaverti con me!”ribattè Dante
altrettanto convinto. “Quindi direi che non ci resta che darci da fare. Chi
vincerà deciderà il destino di entrambi”.
Lady e Magornak si spostarono in un angolo della caverna per lasciare allo
scontro che stava per consumarsi tutto lo spazio necessario. Era una specie di
déjà vu. Di nuovo i figli di Sparda si affrontavano in uno scontro mortale, di
nuovo le Porte dell’Inferno facevano da sfondo a quel duello fratricida, di
nuovo entrambi erano determinati a non perdere. Ma le motivazioni erano completamente
diverse questa volta. Vergil non combatteva più per inseguire la sua folle
ossessione o per portare a termine uno dei suoi piani, ma semplicemente per
poter avere la possibilità di pagare per i suoi errori. Dante non era lì per
difendere il mondo degli umani da una minaccia, ma solo per poter riavere
indietro la cosa a cui teneva di più al mondo. Questa volta nessuno dei due lo
voleva, ma sapevano troppo bene entrambi che era dolorosamente inevitabile. E
si sarebbe scontrati senza esitazione, spingendosi fin dove sarebbe stato
necessario.
Senza attendere oltre scattarono entrambi in avanti. Non c’era bisogno di
studiarsi, si conoscevano fin troppo bene, soprattutto dopo quello che era
avvenuto durante lo scontro con Kasreyon. Le lame cozzarono con violenza
inaudita, spargendo scintille tutto intorno, per poi staccarsi immediatamente e
incontrarsi di nuovo, in una ripetersi senza fine. I loro colpi erano talmente
veloci che quasi non si vedevano e le spade non erano altro che lampi che si
muovevano tutto intorno a loro. I residui del potere di Sparda percorrevano
ancora i loro corpi regalando loro una forza decisamente superiore a quella che
avevano normalmente. E nessuno dei due sapeva ancora se quello era un beneun male.
Dante, stranamente, stava piuttosto sulla difensiva e si limitava quasi
esclusivamente a parare i colpi e a contrattaccare. Non era ancora del tutto
certo di volersi davvero scontrare con suo fratello. Non sapeva se era davvero
la cosa giusta. Vergil, invece, ne sembrava più che convinto. Ma quella che
leggeva nei suoi occhi, più che determinazione, erano una disperazione e un
vuoto senza fine. Che diamine era successo? Dov’era finita tutta la fredda
sicurezza del suo gemello? Sembrava solo stanco e ansioso di farla finita. Ma
in un certo senso non gli importava. Non lo avrebbe lasciato andare. Per nessun
motivo. Era stato troppo male in quegli anni, anche se non l’aveva voluto
ammettere, la solitudine lo aveva tormentato togliendogli le energie,
strappandogli la voglia di fare qualunque cosa. Se al suo fianco non ci fosse
stata Lady non avrebbe avuto la forza per reagire in certi momenti. Vergil era
troppo importante, adesso più che mai. Non sapeva cosa provava veramente per
lui, ma neanche quello aveva così tanta importanza. Lo rivoleva indietro e se
lo sarebbe ripreso. Questo era ciò che sapeva. Parò un altro fendente e, senza
dare all’altro il tempo di ribattere, gli si scagliò contro con tutta la forza
che aveva. Non poteva prendersi il lusso di esitare oltre o gli sarebbe scivolato
via dalle dita come dieci anni prima.
Vergil fu preso alla sprovvista da quell’improvviso cambiamento di Dante, ma si
riprese subito. Non lo avrebbe fermato, qualunque cosa avesse tentato di fare.
Leggeva chiaramente negli occhi di suo fratello il turbine di emozioni che gli
si agitava dentro, avvertiva il suo disperato desiderio di riuscire a
trattenerlo con sé. Ma lui non poteva restare. Neanche per quello che sentiva.
La sua esistenza aveva perso di senso, aveva sbagliato tutto e doveva pagare.
Ma il suo gemello pareva non capirlo. O forse più semplicemente si rifiutava di
capirlo. Comunque fosse, non era un problema suo. Non si sarebbe lasciato
battere, questa era l’unica cosa che Dante doveva sapere. Respinse con forza la
lama di Rebellion, costringendo il suo avversario ad arretrare.
I due si scambiarono uno sguardo, ansimanti, e poi tornarono a gettarsi uno
sull’altro. Si scontrarono ancora e ancora, cercando invano di penetrare la
guardia avversaria. Sembrava che nessuno riuscisse ad avere la meglio. L’aura
intorno a loro riprese a crescere come era successo durante lo scontro con
Kasreyon. Riuscivano a percepirsi, sapevano dove l’altro avrebbe tentato di
colpire. Non riuscivano a rompere quella dannata connessione nonostante tutto
l’impegno che ci mettevano. Si erano legati troppo strettamente quella volta,
ci sarebbe voluto ancora del tempo prima che il legame si affievolisse
abbastanza da dar loro la possibilità di infrangerlo. E di certo il fatto che
stessero sfruttando il potere che esso concedeva loro non migliorava la
situazione.
Dante fece un balzo indietro, schivando l’ennesimo fendente e calando con forza
la lama della sua spada che però incontrò solo il metallo di Yamato.
Approfittando del fatto che le loro lame erano intrecciate, estrasse Ivory
dalla fondina e la puntò contro il suo avversario. Ma Vergil fu più veloce.
Prima che potesse premere il grilletto gli afferrò il braccio alzandoglielo e
spostando così la traiettoria. Girò il polso di suo fratello senza pietà e lui
per liberarsi fu costretto a lasciare la presa sull’arma che cadde a terra. Il
cacciatore di demoni imprecò pesantemente tra i denti. Brutto bastardo. Ma non
c’era da aspettarsi nulla di meno da quel pazzo. In fondo era proprio per
quello che gli piaceva combattere con lui. Trovava sempre il modo di fermarlo.
Ma lui non si lasciava certo demoralizzare. Liberò Rebellion dalla prese della
katana, colpendo con violenza suo fratello con la fine dell’elsa.
Vergil non riuscì a schivare il colpo e si lasciò sfuggire un gemito, facendo
un balzo all’indietro. Non andava bene. Quello scontro stava durando fin
troppo. Il fatto che non riuscisse a togliersi quell’idiota dai piedi lo stava
facendo irritare e non poco. Doveva trovare una soluzione al più presto. Non ne
poteva più, la voglia di scappare era troppa. Peccato che il luogo in cui
volesse rifugiarsi fosse in quel momento irraggiungibile. Strinse la presa
sull’elsa di Yamato. Avrebbe sfruttato la connessione a suo vantaggio. D’altra
parte quello che avvolgeva i loro corpi era il potere di Sparda. Ma dubitava
fortemente che Dante lo avesse capito. Un ghigno gli illuminò il volto. Lo
avrebbe usato ancora una volta prima di lasciarlo per sempre. Serrò le palpebre
e si concentrò, cercando di attirare a sé tutta quell’immensa energia. La
sentiva correre nel suo corpo come una scarica, incontrollabile, sconfinata.
Spalancò gli occhi e parò con precisione l’attacco del suo gemello, mentre si
abbandonava al potere che aveva agognato per anni, in un misto di estasi e di
malinconica soddisfazione.
Dante indietreggiò nuovamente, preso alla sprovvista dal contraccolpo. C’era
qualcosa di strano. Fissò suo fratello e non potè evitare di notareche le sue iridi azzurro ghiaccio
scintillavano minacciose, percorse da bagliori rosso sangue. Quegli occhi. Era
passati anni dall’ultima volta che li aveva visti. Gli occhi di Sparda. Capì
troppo tardi quello che era successo. La lama di Yamato si illuminò, calando su
di lui come un fulmine, e oltre il bagliore accecante si poteva intravedere che
la spada aveva cambiato forma. Lui parò a stento il colpo, ma dopo di esso ne
venne un altro e poi un altro ancora. Quella pioggia di attacchi si abbattè su
di lui da ogni lato, impietosa, fino a quando un fendente più veloce degli
altri riuscì ad insinuarsi nella sua guardia, lasciandogli scoperto il petto.
Vergil lo colpì con forza con un pungo in pieno stomaco, la mano ricoperta di
energia, togliendogli il fiato e facendogli vedere nero per un attimo, mentre
Yamato gli strappava Rebellion di mano. Non poteva crederci. Quella potenza
assurda, quei colpi erano troppo veloci per i suoi riflessi. Non era neanche
riuscito a rispondergli. Sapeva fin troppo bene cosa lo aspettava adesso. Il
suo sguardo incontrò quello esaltato di suo fratello e un attimo dopo la lama
della katana lo raggiunse, trapassandolo da parte a parte.
Il cacciatore di demoni urlò avvertendo l’energia bruciargli la carne prima di
lasciare la lama dell’arma per sempre e crollò a terra con un tonfo sordo,
mentre il suo sangue schizzava i vestiti già imbrattati di Vergil. Quest’ultimo
pulì con calma la katana, la rinfoderò e poi si voltò, andando a raccogliere
Rebellion che giaceva a pochi passi da loro. Dante cercò di alzarsi, ma ancora
prima che potesse farsi leva sui gomiti, l’altro mezzo demone gli fu addosso di
nuovo e lo inchiodò di nuovo al pavimento con la sua stessa arma. Lui si lasciò
sfuggire un altro gemito e strinse gli occhi, cercando di non svenire per il
dolore. Quando li riaprì si ritrovò il viso di suo fratello a pochi centimetri
di distanza. I suoi occhi erano tornati normali e non era più avvolto da quel
potere incredibile, ma ormai non importava più. Il duello era finito.
“Ho vinto io a quanto pare”constatò il maggiore dei gemelli con un ghigno
soddisfatto. Aveva raggiunto il scopo. Poteva scomparire nell’oblio.
“Vergil…Sei il solito bastardo”riuscì a dire suo fratello con sforzo evidente.
Percepiva chiaramente la lama di Rebellion piantata nel suo stomaco e ad ogni
respiro la sua carne vi sfregava contro, mentre il sangue continuava lentamente
ad uscire dalla ferita, creando una pozza in continua espansione sotto di lui.
L’avrebbe perso di nuovo, questa volta per sempre. No, non voleva, non poteva
essere. Si erano giurati che sarebbero stati per sempre uno al fianco
dell’altro. Possibile che Vergil lo avesse dimenticato? “Ti prego. Non farlo,
Vergil. Non lasciarmi. Resta…”.
“Mi spiace, Dante, ma è quello che sto per fare”gli rispose lui serio. Non
c’era cattiveria nella sua voce. Era solo un’affermazione. “Non posso fare
altro, non ho scelta”.
“E invece sì. Resta con me”.
Il cacciatore di demoni riuscì a tirarsi su quel poco che bastava a chiudere lo
spazio che li separava. Non gliene fregava nulla del fatto che non erano soli e
di quello che i loro amici avrebbero potuto pensare. Voleva solo godersi quel
contatto di nuovo, voleva solo sentirsi ancora una volta un tutt’uno con suo
fratello. Avvertì la mano dell’altro correre immediatamente dietro la sua testa
per sostenerla mentre le loro labbra si sfioravano, desiderose e
appassionate, ma anche con una certa malinconia. A quanto pareva anche Vergil
era del suo stesso parere. Ma quella sarebbe stata davvero la loro ultima
volta? Un flusso di emozioni li investì attraverso la connessione che andava
via via indebolendosi ma che ancora permetteva loro di fondere le loro anime,
amplificando le sensazioni e dando loro l’illusione che il tempo si fosse
fermato e che quel contatto non solo fisico sarebbe potuto durare per sempre.
Si staccarono per un attimo e Vergil fece per dire qualcosa, ma poi ci ripensò
e tornò a baciarlo, quasi non volesse pronunciare le parole che doveva dire. Ma
non si poteva rimandare per sempre. Però nulla sarebbe cambiato se si fossero
concessi ancora qualche minuto. Continuarono a baciarsi, cercandosi
disperatamente finchè il bisogno di respirare non li costrinse a smettere.
“Non posso, Dante”mormorò Vergil non appena fu in grado di parlare, lasciando
la presa sulla testa di suo fratello ed alzandosi, gli occhi fissi sulle Porte.
Non si sarebbe guardato indietro. “Magornak, fa’ quello che devi fare”ordinò
poi rivolto al demone.
Quello annuì senza ribattere e gli si accostò. Aveva assistito al combattimento
studiando attentamente le aure dei due mezzi demoni e aveva visto che Vergil
era stato in grado di prendere e controllare il potere di Sparda, anche se per
poco. La cosa non l’aveva sorpreso più di tanto. Non aveva mai dubitato che
potesse farlo. Non dopo tutti gli anni che aveva passato a preparare il suo corpo
e la sua anima ad accoglierlo. Peccato che alla fine le cose non fossero andate
come aveva sperato. Sospirò mentre si preparava ad spalancare di nuovo il portale
infernale. Non avrebbe voluto farlo, ma quello era il patto. E in fondo forse
era quella la scelta migliore per il suo protettore dopo quello che era successo.
Lo avrebbe raggiunto dopo aver salutato Mary. Sollevò le braccia in alto,
pronto a dare il comando di apertura.
“Vergil…”gemette Dante, guardando impotente suo fratello accostarsi al portale,
trepidante di attesa. Avrebbe voluto fermarlo, ma non aveva neanche la forza di
urlare. Era davvero la fine, l’Inferno avrebbe di nuovo inghiottito la persona
più importante della sua vita, strappandogliela dalle mani per la seconda
volta.
Ma prima che Magornak potesse anche solo iniziare la formula rituale, la voce
infuriata di Lady li fece voltare tutti, prendendoli alla sprovvista. “Vergil
Sparda! Dove credi di andare, brutta stronzo infernale?!”. La giovane era
rimasta ad osservare il duello in silenzio, le mani strette al petto,
sussultando ad ogni colpo un po’ più forte degli altri. Non sapeva per cosa
temeva di più, per la vita del suo migliore amico o per la paura che lui
potesse, nella furia del combattimento, arrivare ad uccidere il suo gemello. In
entrambi i casi le conseguenze sarebbero state devastanti. Poi, senza
preavviso, Vergil aveva iniziato ad avere la meglio e lei aveva intuito come
sarebbe finita. Lo aveva letto negli occhi gelidi del mezzo demone. E infatti,
poco dopo, la lama di Yamato aveva trapassato senza pietà il petto di Dante e
lui era finito al suolo. Quando poi il maggiore aveva infierito su di lui era
stata tentata di mettersi ad urlare per insultarlo, ma le parole le erano morte
in gola quando i due avevano iniziato a baciarsi, incuranti del fatto che lei e
Magornak li stavano guardando. Era stato allora che aveva avvertito la furia
crescerle dentro, inarrestabile. Vergil doveva essersi accorto di cosa stava
succedendo tra lui e Dante eppure aveva egoisticamente scelto di ignorare la
cosa e di andarsene, scappando dai problemi. Non poteva perdonarglielo. Avrebbe
fatto soffrire il suo amico molto di più della volta precedente e lei non era
sicura che il cacciatore di demoni avrebbe trovato la forza per reagire ad un
nuovo abbandono. All’inizio di quella brutta storia, quando ancora nessuno di
loro sapeva cosa sarebbe accaduto, aveva giurato di rimettere insieme la
famiglia Sparda. Ed era giunto anche per lei il momento di assolvere al proprio
compito. Così aveva deciso di mandare al diavolo sia le possibile conseguenze
del suo atto sia il fatto che Magornak le aveva detto di non intromettersi.
“Me ne torno all’Inferno, al luogo a cui appartengo”le rispose gelido Vergil.
Ci mancava solo che quell’umana di mettesse in mezzo a sua volta. Non l’avrebbe
sopportato. “Ho vinto il duello e quindi mi spetta come pattuito”.
“Non me ne frega un cazzo di quello che tu e quell’altro coglione avevate
deciso!”ringhiò lei piantando i suoi occhi ardenti di collera in quelli
inespressivi del mezzo demone. “Come puoi fare una cosa del genere a tuo
fratello?! Come puoi, dopo quello che hai appena fatto?! E, soprattutto, come
puoi lasciarlo così, sapendo quanto soffrirà? Sei proprio un insensibile, non è
così? Un lurido egoista! Non sai far altro che scappare ogni volta che la
situazione diventa troppo personale per te! L’hai fatto quando eravate bambini,
l’hai rifatto dieci anni fa e lo stai facendo di nuovo in questo preciso
momento. Quando imparerai a prenderti le responsabilità delle tue scelte?!
Perché non le guardi in faccia, invece di scappare ogni dannata volta?!”.
“Lady, piantala. Non ti conviene”la ammonì Dante. Quella scema si sarebbe
cacciata nei guai. Vergil non era paziente con gli umani. Lui poteva prenderlo
per il culo e sperare di uscirne incolume, loro no. Figuriamoci se poi si
sentiva fare la predica da una di quelli che considerava degli esseri
inferiori.
“Tu sta’ zitto, cretino! Non mi sembri nella posizione di poter dire la tua. Ti
sei appena fatto fare il culo”lo aggredì la donna accostandoglisi e tirando con
forza l’elsa di Rebellion, estraendogliela così dal petto e strappandogli, non
senza un briciolo di soddisfazione, un gemito di dolore. “Il tuo brillante
piano di salvataggio non ha funzionato, ora lascia fare a me”.
Lui fece per ribattere, ma la ragazza piantò la spada nel terreno a pochi
centimetri dalla sua faccia, facendogli cambiare idea. “Allora, signor
primogenito di Sparda?”fece poi, tornando a guardare il maggiore dei gemelli.
Lui la ignorò. “Magornak, razza di idiota, apri quelle dannate Porte”ordinò,
irritato. Cosa gli toccava sopportare. E al diavolo il fatto che Magornak era
il guardiano delle Porte dell’Inferno. Restava pur sempre un imbecille sotto
certi aspetti.
“Magornak, non osare!”lo minacciò Lady, puntandogli un dito contro.
Il demone esitò, facendo passare indeciso lo sguardo dal giovane alla sua
amica. Si sentiva preso tra due fuochi e sinceramente non riusciva a decidere
quale dei due scottava di più. Si voltò a guardare Dante che ricambiò il suo
sguardo preoccupato con uno esasperato, ma questo non lo aiutò a scegliere. Era
combattuto. Sapeva che avrebbe dovuto mantenere la parola data, ma dall’altro
lato avrebbe preferito impedire a Vergil di buttarsi a capofitto tra le
tenebre. E di certo un’altra cosa che lo metteva ancora più in ansia erano quegli
sguardi, quello infuocato di lei e quello gelido di lui, addosso.
“Mary, ho dato la mia parola…”borbottò alla fine, anche se decisamente con poca
convinzione.
“E da quando vuoi demoni vi curate di rispettarla?”lo rimbeccò lei, irritata.
Perché diavolo Magornak non collaborava? Neanche lui voleva che Vergil andasse
all’Inferno, glielo leggeva in faccia, ma a quanto pareva era convinto che se
il suo prottettore desiderava farlo era quella la scelta giusta per lui. Ma lei
non gliel’avrebbe fatta passare liscia. “Insomma, non siete sempre lì a
rimangiarvela, quella vostra stramaledetta parola?”.
“Io non sono un demone qualunque!”si offese lui. Sapeva che la sua amica stava
solo cercando di fare il bene di Dante, ma lui non poteva di certo buttare via
i suoi principi così, da un momento all’altro. E poi doveva pensare a quello di
cui aveva bisogno Vergil. “Sono il guardiano dell’Ordine universale e al
contrario di molti dei miei simili ho un certo senso dell’onore!”.
“Piantatela di scannarvi voi due”li interruppe gelido il maggiore dei figli di
Sparda. “Potrete continuare a farlo dopo che me ne sarò andato. Ma ora vorrei
che quelle maledette Porte venissero aperte, se non vi dispiace”.
“Mi dispiace eccome!”tornò alla carica Lady, lasciando perdere il guardiano per
tornare a concentrarsi sul mezzo demone. “Ma ti rendi conto che, tanto per
cambiare, stai facendo una cosa senza senso?! E per cosa poi? Non lo sai
neanche tu! Non hai la più pallida!”.
“Umana, la mia pazienza sta giungendo al termine. Dovresti ascoltare quello che
ti ha detto mio fratello”la minacciò lui, portando la mano all’elsa di Yamato.
Quella donna era una seccatura esattamente come suo padre. “Chi ti credi di
essere per parlare così al figlio maggiore di Sparda? Sei proprio uguale a quel
pazzo superbo che ha mandato in fumo i miei piani dieci anni fa. Dici tanto di
essere diversa, di non voler avere nulla in comune con lui, ma la verità è che
siete identici. Testardi, irrispettosi, ciechi e superbi oltre ogni limite”.
Dante si lasciò scappare un gemito. Quella era l’ultima cosa che suo fratello
avrebbe dovuto dire. Lady andava in bestia quando la si paragonava a suo padre
e quello che il suo gemello aveva appena finito di fare era il discorso giusto
per farle perdere il poco buon senso che le era rimasto. Alzò gli occhi sulla
ragazza e vide chiaramente che stava tremando di rabbia. Ora si sarebbe davvero
scatenato l’Inferno. E lui ci era in mezzo, come al solito.
“Tu…”ringhiò la cacciatrice di demoni, stringendo con forza l’impugnatura di
una delle sue pistole. Era tentata di estrarla e sparare dritto in testa a quel
bastardo, anche se sapeva che sarebbe servito a poco. Ci aveva già provato con
il suo migliore amico e non aveva ottenuto il risultato che sperava. Prese un
respiro profondo cercando di calmarsi. Quello stronzo aveva detto che lei era
uguale all’uomo che le aveva rovinato la vita, al mostro che le aveva strappato
sua madre. Avvertì le lacrime pungerle gli occhi. Lo scopo di Vergil era di
certo ferirla nel profondo e a quanto pareva, per suo disappunto, ci era riuscito.
Ma non bastava un discorso, per quando simile a una pugnalata nello stomaco, a
buttarla giù. Ora gli avrebbe insegnato lei come si distruggevano le persone a
parole. In fondo aveva avuto dieci anni per allenarsi usando Dante come cavia.
“Di’ quello che vuoi, ma sappi che non me ne frega nulla. Io so chi sono e cosa
voglio, l’ho accettato e so convivere con le mie scelte e con i miei sbagli al
contrario di un certo codardo testone di mia conoscenza!”esclamò sorprendendo
tutti.
Il cacciatore di demoni la fissò incredulo. Si sarebbe aspettato una sfuriata e
invece Lady stava proseguendo spedita nella sua linea di attacco. La ragazza
era proprio determinata a non lasciarsi battere. Un lampo di sorpresa
attraversò anche gli occhi di Vergil mentre Magornak si premeva una mano sulla
bocca, cercando di non ridere. Quando voleva Mary era proprio una forza. Se
c’era una persona capace di aggiustare quella brutta situazione era lei.
“Te lo concedo, umana, hai coraggio a
sfidarmi in questo modo. O forse sei solo più stupida di quanto
pensassi”fece il mezzo demone, ancora un po’ sorpreso da quella reazione
inaspettata. Era convinto che con quell’argomento sarebbe riuscito a zittirla,
ma a quanto pare la giovane era più caparbia del previsto. Non gli restava che
passare alle maniere forti. “Forse Yamato saprà farti cambiare idea!”.
“Puoi anche tagliarmi a fettine se ti fa sentire meglio! Ma ti assicuro che
questo non cambierà le cose! Tu stai scappando perché non sia affrontare te
stesso!”ribattè lei, testarda. Ora gliene avrebbe dette quattro a quel
presuntuoso che si credeva tanto intelligente. “Hai paura, Vergil, hai una
paura fottuta di quello che provi, dei tuoi sentimenti che consideri tanto
umani e quindi inutili. Vi ho visti, tu e l’altro cretino qui, mentre vi
prevedevate a pugni. E soprattutto ho visto quello che avete fatto dopo. E sai
cosa ne penso? Mi date l’impressione che il vostro continuo combattere sia solo
un modo alternativo per scaricare il vostro dannato desiderio di voler fare
quello che non sarebbe conveniente fare tra fratelli!”.
A quell’uscita , Dante sgranò gli occhi e avvampò, sconvolto. Cosa cazzo aveva
bevuto quella?! Aveva appena firmato la sua condanna a morte. E poi…Dannazione,
ma che andava a dire?! Lui non si voleva fare Vergil. O sì? Il dubbio lo assalì
per un attimo, approfittando del suo sconcerto, ma lui lo scacciò in fretta. Ma
che andava a pensare?! “Lady! Ma sei scema o cosa?!”esplose cercando di
alzarsi. La sua ferita aveva cominciato a rimarginarsi e ciò gli permise di
arrivare a sollevarsi sui gomiti. “Che cazzo vai sparando?!”.
Vergil la fissò per un attimo, sconcertato. Quella era l’ultima cosa che si
sarebbe aspettato di sentire. Si sentì avvampare a sua volta, sia per
l’imbarazzo che per la rabbia. Come si permetteva quella lurida umana di
prenderlo per il culo in quel modo? Si voltò per evitare che lei vedesse il
leggero rossore che aveva tinto le sue guance, cercando di restare calmo.
Perché diamine si sentiva così turbato da quella frase completamente priva di
senso? “Magornak…apri le Porte”tornò a ripetere, incapace di controbattere
all’ultima uscita della donna.
Lei gli rivolse un sorriso da squalo. “La verità pesa, vero Vergil? Non dirmi
che ti ho lasciato senza parole!”lo provocò divertita dalla sua reazione ed
ignorando l’altro gemello. “Vedi? Ho ragione io, stai scappando un’altra
volta!”.
“Magornak, le Porte. Adesso”ripetè lui.
Il demone lo fece passare lo sguardo da lui alla ragazza, interdetto. Non aveva
capito cosa stava succedendo. Perché Vergil e Dante erano improvvisamente così
in imbarazzo? “Cos’è che tu e Dante vorreste fare che non si deve fare tra
fratelli?”chiese ingenuamente, lasciando gli altri tre completamente basiti.
Come poteva quella creatura millenaria non arrivare a capire un’insinuazione
tanto evidente? Ma in fondo, guardiano potentissimo o no, era sempre Magornak.
“Te lo spiego quando sarai più grande”gli rispose la sua amica lasciandolo
contrariato. Ma come? Aveva tutti gli anni dell’universo e lei aveva il
coraggio di dirgli che doveva crescere ancora?!
Ma la ragazza era tornata all’attacco contro il mezzo demone, ignorando il suo
sguardo irritato. “Allora, Vergil? Se davvero pensi che quello che ti sto
dicendo siano solo stronzate, dimostramelo! Dimostrami che puoi affrontare la
realtà senza scappare da essa!”.
Lui, sempre dandole le spalle, chiuse gli occhi e strinse i pugni. Quell’umana
non poteva capire quello che provava, anzi, quello che non provava, non poteva neanche immaginare che genere di vuoto
aveva dentro di sé. Non stava scappando, si stava semplicemente punendo per gli
errori imperdonabili che aveva commesso. Se non poteva essere il figlio di
Sparda tanto valeva che smettesse di esistere. Invece che proteggere le persone
che gli erano care aveva finito per diventare una minaccia per la loro
incolumità. Se se ne fosse andato sarebbe stato meglio per tutti. Eppure
qualcosa lo tratteneva. E se si fosse sbagliato? Se tutte le sue motivazioni
non fossero state altro che scuse per sfuggire a una realtà che non sapeva
affrontare? Se Lady avesse avuto ragione? Scosse il capo. Lui non era un
codardo. Poteva essere tutto ma non quello. Ma allora qual era la verità? Non
era più così sicuro di conoscerla.
“Lady, piantala!”. La voce di Dante lo strappò dai sui pensieri. Il cacciatore
di demoni si era finalmente rimesso a sedere e aveva strappato la sua Rebellion
dalle mani dell’amica. “Ma non lo capisci che stai solo sprecando fiato? Quando
quel testone si fissa su una cosa è impossibile fargli cambiare idea! Hai visto
cos’è successo questa volta con quella spada bastarda, no? Non è capace di
ammettere che ha sbagliato, è troppo orgoglioso, il mio caro fratellone! O
forse non se ne rende neanche conto di aver fatto l’ennesima cazzata! Sai come
si dice, errare è umano, perseguitare
è diabolico”.
Lei gli rivolse uno sguardo infuocato. “Non ti ci mettere anche tu! Io sto
lavorando per te e tu cosa fai? Mi dai contro! Ma sei scemo forte!”lo aggredì,
sbuffando. Gli sembrava il momento di fare le sue battute del cavolo?! “Siete
proprio gemelli, non c’è che dire. Cos’è, Dante, devi proprio difendere il tuo
fidanzatino a tutti i costi?!”.
Il giovane avvampò nuovamente. “Vergil non è il mio fidanzato!”protestò
imbarazzato. Brutta stronza. “Non osare…”.
“Però Mary ha ragione! Vi siete baciati!”si intromise timidamente Magornak,
dondolandosi sui piedi. “E mica sono i fidanzati quelli che si baciano?”.
“Ma la volete smettere tutti quanti?!”esplose a quel punto Vergil, voltandosi
di nuovo a guardarli. Non ne poteva più di tutte quelle cavolate. Non si
sarebbe fatto sbeffeggiare oltre. Avrebbe dimostrato a quei tre che non era un
codardo, che era capace di capire quando sbagliava e che tra lui e Dante non
c’era un bel nulla. I tre si zittirono all’istante, presi alla sprovvista. “Tu,
razza di idiota, non ti impicciare di cose che non capisci”continuò lui gelido,
rivolto a Magornak. Poi i suoi occhi si spostarono su Dante e Lady. “Tu,
fratellino, faresti meglio a tenere la bocca chiusa visto che ti ho appena
sconfitto. E per quanto riguarda te, umana, non sono un codardo. E sono pronto
a dimostratelo. Anzi, farò di più. Ti farò anche vedere che so essere magnanimo quando voglio. Sono disposto a
dare a quel cretino di mio fratello un’altra possibilità di convincermi a parole a restare. Ascolterò le sue
ragioni e opporrò le mie, così non potrai più dire che sto scappando. Ma se lui
non riuscirà a convincermi dovrete lasciarmi andare”.
I due cacciatori di demoni lo fissarono zittendosi all’istante, presi alla
sprovvista da quella reazione inaspettata, mentre il demone guardiano abbassava
gli occhi. Quella discussione stava portando il suo protettore
all’esasperazione, lo percepiva chiaramente. Forse avrebbe dovuto solo smettere
di esitare e aprire le Porte, lasciando che Vergil raggiungesse la pace che
tanto invocava nell’oblio della notte infernale. Gli avrebbe evitato quella
tortura prolungata perché tanto le possibilità che cambiasse davvero idea erano
poche. Però, anche se non ci credeva, continuava a sperare che Dante potesse compiere
quel miracolo e quella speranza gli impediva di decidersi una volta per tutte.
Il suo sguardo incontrò quello di Vergil.
“Sei sicuro di voler aspettare ancora?”domandò il demone indicando con un cenno
del capo le Porte degli Inferi.
“Ora mi chiedi se voglio aspettare? Ma se fino ad un momento fa eri tu quello
che esitava!”ribattè il giovane, canzonatorio. “Comunque non temere, aprirai
quelle Porte per me non appena avrò finito con quell’idiota”.
“Hai ragione…”borbottò lui alzando le mani in segno di resa e nascondendo un
sorriso. Si voltò verso il portale e incrociò le braccia sul petto mormorando
qualcosa in quella lingua nota solo a lui. Le immense falci si inclinarono
seguendo il suo movimento e sigillando di nuovo le Porte che scomparvero in un lampo
di luce nera. “Ma possibile che nessuno mi porti mai rispetto?! Anche adesso
che sappiamo tutti chi sono?!”.
“Se continui a comportarti come un idiota lo stesso è ovvio, Magornak”gli fece
notare il mezzo demone con un ghigno. Per una volta però non c’era
cattiveria nella sua voce. In fondo i poteri del suo protetto lo
impressionavano davvero, anche se non l’avrebbe mai ammesso. “E ora, se non ti
spiace, avrei da fare”.
“Infatti. Forza, Magornak, sloggiamo. I nostri due piccioncini devono
chiarirsi”si intromise Lady afferrando il demone per la manica della tunica e
tirandolo. “E mi raccomando, fate i bravi! Soprattutto tu, Dante! Non fare
troppe porcherie!”.
“Lady, cazzo! È una cosa seria!”esclamò il cacciatore di demoni arrossendo,
mentre suo fratello si limitava a guardare da un’altra parte senza commentare.
“Sparisci va’!”.
“Come vuoi, Mr. Semaforo! Siete maggiorenni e vaccinati, però andateci piano lo
stesso! E vedi di non rovinare questa possibilità che ti ho procurato. O non te
la faccio passare liscia!”lo minacciò lei, ridendo e incamminandosi trascinando
il demone con sé.
“Se e quando vuoi che ti apra le Porte vieni su a dirmelo! Vi aspettiamo
fuori!”fece in tempo a dire Magornak prima che la sua amica lo trascinasse nel
portale di luce nera che conduceva all’uscita. “E Vergil…sono certo che farai
la scelta giusta! Sappi che la rispetterò, qualunque essa sia!”.
I due mezzi demoni rimasero a guardarli finchè non furono teletrasportati fuori
dall’antro, poi si voltarono per fronteggiarsi. I loro occhi identici si
specchiavano gli uni dentro gli altri esattamente com’era successo durante il
loro scontro. Non ci sarebbe stato un’altra occasione di cambiare le cose,
avrebbero dovuto rassegnarsi. Questa volta sarebbe stata davvero l’ultima.
Eccomi!!
Ni hao, guys!!!
Visto che ho fatto presto?? Diciamo che dedico questa mia velocità a quelli di
voi che mi seguono sempre e comunque. Spero mi perdonerete se farò allusioni
strane, oggi non so cos’ha la mia testa, mi fa sentire strana 0.o”
Comunque, passando al capitolo…Finalmente vi ho dato una versione completa (o
quasi) di come si sono svolti i fatti tra Damaer, Sparda, Magornak e
Kasreyon! Spero che siate soddisfatti nella vostra curiosità perché immagino
che sarebbe il minimo dopo avervi tirati scemi con questa storia per ben 17
capitoli!! Spero che vi abbia fatti contenti e che sia stata abbastanza
all’altezza delle vostre aspettative!!
Sorpresi eh?? Ho fatto vincere Ver (e che cavoli, per una volta! Nel gioco
perde sempre alla fine! Insomma, dopo dieci anni all’Inferno non può non
vincere contro Dante u.u) però di nuovo non è detta l’ultima parola!!
Perché nel momento tragico, dopo quello splendido bacia che sapeva di addio
*.*, ecco Lady che si intromette e mi salva la situazione per l’ennesima
volta! Quindi siete pregati di ringraziarla o rischia di offendersi!! XD Shiii!
Litigata! E povero Magornak che è nell’occhio del ciclone, indeciso su qual è
davvero la cosa giusta! Nessuno lo rispetta anche se adesso si sa chi
è…*sospiro* Il mio povero personaggio -.-“
La discussione, soprattutto nello scoppio finale di Ver, mi porta il
personaggio un po’ OOC, però giuro che ci ho provato a mettermi nei suoi panni
e mi sono sforzata di immaginare come potesse sentirsi, con il vuoto che gli
eventi gli hanno lasciato, la disperazione che lo spinge solo a desiderare di
sparire nelle tenebre infernali e l’esasperazione per venire trattenuto. Alla
fine lui cede alle insistenze di Lady solo per disperazione, perché crede che
quello sia l’unico modo per garantirsi finalmente di potersene tornare
all’Inferno a morire. Ditemi voi se ho fatto un ragionamento senza
senso!!
E dopo l’ennesimo useless sproloquio ancora una volta vi lascio con il
punto interrogativo sul finale. Ma non temete, mancano due capitoli e nel
prossimo si capirà quanto è veramente sadica l’autrice…E questo dipenderà da
quale opzione sceglierà? Riuscirà Dante a convincere Vergil a restare? O
fallirà nel proposito? I due saranno costretti a separarsi o riusciranno a
scegliere di restare insieme (sulla terra o all’Inferno, c’è da chiedersi anche
questo)? Lo scoprirete tra circa una settimana! To be continued…
Un’ultima cosa, poi mi tappo la bocca tastiera. Ho scritto la scena tra
i due gemelli che alcuni me compresa aspettavano tanto…però come potete
vedere rating e avvisi (shonen ai non yaoi) sono rimasti inalterati perché…I’m
sorry but non si vede niente. E quando dico niente vuol dire niente.
Mettere una scena escplicita stonava con l’atmosfera generale della storia e
soprattutto con quella di quel particolare momento, quindi l’ho descritta dal
punto di vista dei sentimenti! Non linciatemi! *si nasconde dietro il divano e
poi scappa via*. Ok, ringraziamenti!! Veloceperché ho cianciatoanchetroppo! I really want to say thanks to those lovely people
that are ninjiapiccina,
doc11, Pride_, Rakelleand HikariSamathat, I
don’t know how, are always able to bear me and my madness! Kiss, girls!! XD
Ringrazio come sempre anche tutti quelli che leggono/preferiscono/seguono la
mia fic (LadyVergil e Bloody Wolf prime tra tutti
u.u)!
Da dietro quelle maledette Porte *Magornak, grrr…*,
Vostra finchè non mi sbranano, L’eterna dannata Mystic u.u
Avviso: L’ho già detto
(l’ho fatto? Non ricordo -.-“) nel commento a fine pagina del capitolo
precendente ma non a tutti piace leggere i miei deliri quindi lo ripeto! Questo
capitolo contiene materiali che potrebbero essere sgraditi a chi non ama lo
shonen-ai/yaoi. La scena in questione è del tutto implicita, cioè non si vede nulla di fisico perché è
descritta dal punto di vista dei sentimenti, ma se siete sensibili vi pregherei
di non leggere! Grazie per la cortese attenzione e buona lettura!
Dante non
si era mai sentito così nervoso in vita sua. Non era bravo con le parole, non
erano per niente il suo forte. Lui era per l’azione, la diplomazia l’aveva
sempre lasciata agli altri, ma questa volta avrebbe dovuto dare il suo meglio
se voleva riavere indietro suo fratello. Sapeva che Vergil lo stava fissando in
attesa, leggendogli chiaramente in faccia tutto quello che pensava. Quasi gli
sembrava di vedere nei suoi occhi una scintilla di divertimento, come se
vederlo in difficoltà non gli facesse altro che piacere. Lui, come sempre, era
impenetrabile e la cosa irritava parecchio il cacciatore di demoni. Voleva che
iniziasse lui? Bene, legittimo. Ma gliel’avrebbe fatta vedere a quel bastardo.
“Vedo che alla fine la parlantina di Lady ha vinto anche te”commentò
canzonatorio. “È proprio un bel peperino non trovi? Il mio genere di ragazza.
Peccato che lei non mi abbia mai voluto, soprattutto adesso che si è fatta
quelle strane idee…”.
“Mi dispiace di aver rovinato le tue conquiste amorose, fratellino. Ma, sai
com’è, sono piuttosto geloso”rispose Vergil, non meno sarcastico. “Però devo
ammetterlo, quell’umana ha coraggio. Ma d’altra parte non mi aspettavo di meno
da un’amica tua. Testardi allo stesso modo. Immagino che andiate d’amore e
d’accordo”.
“Ce la caviamo con qualche litigata. Però preferirei litigare con te, Ver.
Almeno con te non mi fermo alle parole e ci facciamo anche un sano duello,
mentre quella alla fine mi zittisce sempre”.
“E fa bene a farlo. È meglio quando non parli, ci sono meno cavolate
nell’aria”.
“Ma quanto sei carino. Purtroppo però l’argomento di discussione del momento
non è il tuo adorabile caretterino”. Il cacciatore di demoni si lasciò sfuggire
un sospiro e scosse il capo, tornando serio. “Vergil, non voglio che tu te ne
vada. Farò qualunque cosa mi chiederai, ma ti prego, resta”.
“Mi sa che dovrai darmi ragioni molto più convincenti se vuoi davvero
raggiungere il tuo scopo, Dante”fece suo fratello, glaciale. “Pregarmi non
basta. Non è servito dieci anni fa e non servirà adesso. Non credere che io non
sia più determinato di quanto lo ero allora. Anzi, prima avevo qualcosa da
perdere che mi frenava, ora non l’ho più”.
“Perché per una volta non me le dici tu, le tue stramaledette ragioni?! Sono
stufo di vederti ogni volta distruggere tutti i miei sforzi! Voglio essere io a
farlo per una volta”.
“Ti ricordo che hai questa possibilità solo perché io ho deciso di concedertela. Non sei nella posizione di dettare le
regole, Dante”.
Il cacciatore di demoni strinse i pugni. Stronzo. Si prendeva gioco di lui
sempre, ogni scusa era buona. Per quale dannato motivo si ostinava a rivolerlo
con sé?! Era chiaro che a Vergil non fregava nulla di lui. Eppure sapeva che
non avrebbe saputo stare senza il suo gemello. Aveva bisogno di sentirlo al suo
fianco, era un bisogno anche fisico. Aveva bisogno di sapere che l’avrebbe
trovato al suo fianco ogni volta che si sarebbe voltato e che gli sarebbe
bastato allungare un braccio per toccarlo, qualunque cosa fosse successa. “E
sia, Vergil. Inizierò io. Ma sappi che non ti lascerò fare i tuoi giochini
questa volta”lo ammonì, fissandolo dritto negli occhi. Prese un respiro. Si
sarebbe lasciato andare e avrebbe detto tutto quello che gli sarebbe venuto da
dire. Anche lui non aveva nulla da perdere d’altra parte. “Io non so perché
diamine tu ti ostini a volertene andare. Spiegamelo, voglio capire! Vergil,
cazzo, perché per una volta non la smetti?! Dovresti averlo compreso. Quello
che stai facendo, quella cazzo di ossessione che stai inseguendo ti stanno solo
portando alla rovina. Quel mostro…quel bastardo ci ha quasi fatti fuori, te ne
rendi conto o no?! Perché non la smetti di cacciarti nei guai? Nostra madre è
morta, cazzo! E anche nostro padre è sparito per sempre, molto prima di lei.
Lasciali stare, loro ormai hanno vissuto la loro vita e hanno il loro posto e
tu non puoi cambiarlo. Perché non ti lasci il passato alle spalle? Smettila,
non voglio che continui a tormentarti! Fai male a te e fai male anche a me.
Lascia stare i fantasmi, pensa al presente. Diamine, io sono ancora qui! Sono
la tua famiglia, Ver! E poi c’è anche Magornak. Lui crede in te, vuole solo il
tuo bene! Vergil, cazzo, per una volta, solo per una volta, prova a metterti
nei nostri panni!”.
“No, Dante. Sei tu quello che dovrebbe mettersi nei miei panni”. Vergil scosse
il capo abbassando lo sguardo. Perché quel cretino non poteva arrivarci da sé?
Perché non poteva comprendere la sua situazione, le sue motivazioni senza che
dovesse essere lui ad esplicitarle?! “Ma non capisci?! È proprio per non farvi
del male che me ne voglio andare! Ho giurato di proteggerti, Dante. In questi
anni ho sbagliato tutto, mi sono perso e ci è voluto quel bastardo di Kasreyon
per farmelo capire. Ho dovuto sbattere la faccia contro il rischio di perderti
per sempre per arrivarci! Dannazione, non riesci a capire che se io non fossi
mai entrato nella tua vita tutto questo non sarebbe successo?! Se io fossi
morto insieme a nostra madre quella notte, tu non avresti sofferto così tanto.
Sono io che ti rovino la vita, Dante, mi dovresti cacciare, odiare, uccidere,
non rivolere indietro. Io posso fare solo del male a chi mi sta intorno. Ora
che ho capito come stanno le cose non voglio sbagliare più. Voglio mantenere la
mia promessa. L’ho giurato agli astri quella notte e per troppo tempo sono
mancato a quel giuramento. Ma ora devo rimediare ai miei errori. Io devo
proteggerti, Dante, devo evitare che tu soffra ancora a causa mia. Devo
metterti al sicuro dall’unico vero nemico che tu abbia mai avuto, dalla fonte
dei tuoi problemi e del tuo dolore. Devo proteggerti da me! Per questo devo sparire. Per questo…”.
“Cazzo, NO! Tu mi avevi giurato che saresti rimasto per sempre con me! Non puoi
lasciarmi, io mi fidavo delle tue parole, Vergil. E tu invece mi hai tradito,
mi hai strappato la cosa più preziosa che avevo. Non mi hai permesso di vivere
con te questa nostra dannata esistenza a metà. Io non voglio che tu te ne vada.
Non mi proteggerai così facendo, mi farai solo soffrire ancora di più. Se tu te
ne vai, la mia vita perde di senso. Io ho bisogno di te, Vergil, ho un maldetto
bisogno di te! Cazzo, te l’ho già detto, ma tu ti ostini a non capire!”lo
interruppe Dante, fuori di sé. Ma che cazzo andava sparando quel cretino?!
Possibile che fosse così cieco da non vedere che stava condannando a morte
tutti e due? Perché diamine si ostinava a non voler capire che non doveva fare
tutto lui?
“Dante, tu hai il materiale per ricominciare. La mia esistenza invece è ormai
priva di senso. Anzi, lo è sempre stata perché non ho saputo mai darle un vero
fine”. L’altro mezzo demone si lasciò sfuggire un sospiro e poi tornò a
guardarlo negli occhi, disperato ma deciso. Non poteva più nascondersi. Tanto
valeva dire le cose come stavano. E sperare che Dante potesse capire. “Tu hai
superato tutto quello che ci è successo, sei andato avanti, ti sei costruito
una vita. Io ho passato anni vivendo nel passato, in un mondo che non è mai
esistito fuori dalla mia ossessione. E ora è finita. Vivevo per ottenere il
potere di nostro padre e per fare ciò ho fatto delle cose orribili a te, alla
persona che dovevo proteggere, senza quasi rendermene conto. Non ho capito che
avrei dovuto tornare subito da te invece che cercare quella stramaledetta
chimera. Non ho capito che solo restando al tuo fianco avrei potuto evitare il
peggio per entrambi. Avrei potuto farlo dieci anni fa, tentare di rimediare…Ma
ormai è tardi. Ho avuto la mia occasione, anzi, le mie occasioni e le ho
buttate via senza neanche vederle. Non posso avere il potere di nostro padre
perché io non sono altro che una sua metà. E tu non hai più bisogno di essere
protetto da me perché sei diventato molto più forte di quanto lo sono io. Non
posso più fare nulla né per te né per me stesso. Ho causato solo disastri. Non
ho un posto nel mondo, nella tua vita, e non lo merito. Per questo devo tornare
all’Inferno. Sono dannato, Dante, devo scontare la pena per i miei peccati.
Devo purificarmie per farlo devo pagare
con il mio stesso sangue. È l’unica via”.
Dante lo fissò, incredulo. Il suo gemello era distrutto dai sensi di colpa,
glielo leggeva in quelle iridi azzurre che lo guardavano, serie e per una volta
piene di emozioni. Quel cambiamento lo sconvolse, rendendolo incapace di
parlare per qualche attimo, ma si costrinse a riprendersi. Non poteva mollare.
“Vergil…”mormorò facendo qualche passo cauto verso di lui. Vedendo che l’altro
non reagiva, alzò la voce, più sicuro, continuando ad avanzare. “Non è troppo
tardi. Possiamo ricominciare insieme. Io non sono così forte come credi. Quando
dieci anni fa le Porte dell’Inferno si sono chiuse portandoti via da me, mi
sono sentito morire. Ho pianto quella volta. Sì, ho pianto, Ver. Era dalla
notte in cui nostra madre è morta che non lo facevo. Se non ci fosse stata Lady
al mio fianco io…dubito che ci saremmo rivisti”. Scosse il capo sorridendo
amaramente. “È stata lei a tenermi qui, a trattenermi, a darmi forza e a farmi
sperare che un giorno saresti tornato da me. E finalmente quel giorno è
arrivato. L’ho aspettato così tanto. E ora tu non puoi pretendere che io ti
lasci andare. Se proprio non vuoi restare…”. Erano uno di fronte all’altro, a
meno di un passo di distanza. “Se proprio non vuoi restare, allora portami con
te. Portami all’Inferno o ovunque vuoi andare, anche nella tomba. Ti seguirò
ovunque. Ma non lasciarmi, Vergil. Butterò tutto alle ortiche, il mio lavoro, i
miei amici, la vita che mi sono tanto faticosamente costruito. Non mi importa.
Se è il prezzo che mi chiedi per averti al mio fianco lo pagherò senza
esitare”.
“Dante, non dire cazzate. Non puoi farlo! Non te lo posso permettere!”si oppose
con forza Vergil. Il discorso di suo fratello lo aveva sconvolto. Come poteva
volerlo ancora così tanto dopo tutto quello che era successo per causa sua?
Eppure nei suoi occhi leggeva una volontà disperata di fare quello che aveva
appena detto. E soprattutto un bisogno estremo di averlo lì. Ma lui non poteva
rovinargli di nuovo la vita. Anche se ciò significava farlo soffrire ancora. Ma
si sarebbe ripreso. Lady lo avrebbe aiutato. E poi poteva sempre dire a
Magornak di vegliare su di lui. “Dante, ascoltami, per favore. Dentro di me c’è
solo vuoto. Il mio mondo è crollato nello stesso momento in cui ho capito i
miei errori. Non posso vivere perché non ho mai vissuto. Ed è troppo tardi per
me, non dire che non è così. Per me è finita, anzi, non è mai iniziata.
Lasciami sparire. Sono io a pregarti adesso”.
“No, Vergil. Sono io che non posso permettertelo. Non ti posso lasciare andare
proprio perché ci tengo a continuare a vivere. E senza di te non posso. Vergil,
perché non posso provare a riempire quel vuoto? Dammi una possibilità, fatti
aiutare per una volta! Posso essere io la tua vita! Posso essere io a darle un
senso! Ti insegnerò a vivere, non importa quanto sarà difficile, non ti lascerò
affondare. Torna da me. Continuiamo insieme il lavoro di nostro padre.
Proteggiamo il mondo che ha tanto amato e non rendiamo vano il sacrificio di
nostra madre. Ver, possiamo farlo. Insieme. Lo dici sempre anche tu: insieme
possiamo fare tutto. Avrai il potere di Sparda. Avremo il potere di Sparda. Possiamo anche andare a fare una
crociata all’Inferno se ci tieni tanto. Una bella vacanza ricca di emozioni!”.
Dante afferrò il fratello per le spalle. Sorrideva, ma era un sorriso
angosciato e sentiva le lacrime pungergli gli occhi. “Vergil, non è troppo
tardi. Me lo hai detto tu. Possiamo essere quello che vogliamo. Umani. Demoni.
O entrambi. Dobbiamo solo trovare il modo giusto per farlo. Io ci sono riuscito
solo perché tu mi hai indicato la strada. Non è possibile che tu non ci riesca.
Me lo hai inseganto tu”.
Vergil lo fissò intensamente. Vederlo in quello stato gli faceva male. Troppo
male. Ma non poteva cedere. Doveva pensare al bene di Dante, non a sé stesso. E
se lui fosse rimasto suo fratello non sarebbe mai stato felice come meritava di
essere. Lo avrebbe trascinato nell’abisso con lui. Non era in grado di vivere
davvero alla Luce, gli mancava la forza, aveva speso troppo tempo nelle Tenebre.
Era ora di chiudere quella faccenda, stava diventando insopportabile per
entrambi. “A volte non basta conoscere la strada per poterla seguire”rispose
cercando di suonare freddo, scostandogli le mani senza però guardarlo. “Il
fatto di conoscere la via non significa automaticamente essere in grado di
percorrerla. Non ho le capacità per farlo. Tu sì. Ed è per questo che devi
andare avanti. Per tutti e due. La Luce ti aspetta, Dante, aspetta solo te. Io
devo tornare nelle Tenebre a cui appartengo, devi capirlo. Sono già stato
giudicato, Dante”.
“Smettila con questa storia del Buio e della Luce! Chi cazzo se ne frega! Anche
se fosse vero quello chedici, io non
potrei accettarlo! Tu devi stare con me! Con me e basta! Tu sei mio, Vergil!”esplose il cacciatore di
demoni, ora veramente esasperato. Non ce la faceva più. Quella conversazione lo
stava distruggendo di più del loro scontro di prima. “Non mi interessano le tue
chiacchiere sui peccati e le altre cazzate. Siamo demoni, siamo dannati per
antonomasia. Ma questo non cambia nulla. Io voglio te, te e nient’altro. Anche
se averti significa morire. Perché non vuoi capire?! Perché?! Non è difficile!
Non…”.
La mano dell’altro mezzo demone gli tappò la bocca impedendogli di proseguire.
“Dante, basta. Ci stiamo solo facendo del male”gli sussurrò lui, quasi con
dolcezza. “Dobbiamo tornare ciascuno al proprio posto. E lo sai anche tu”.
Dante gli afferrò la mano, scostandogliela con forza. “No! Basta tu! L’unica cosa che so è che tu devi
stare con me e che io devo stare con te! Quello è il nostro posto, uno al
fianco dell’altro! Siamo le metà dello stesso essere, Vergil. E tu non puoi
negarlo e soprattutto non puoi cambiare questo stato di cose! Io ti seguirò
anche se tu non mi vorrai!”urlò, furente, stringendo la presa sulle sue dita.
Poi tacque per un attimo, respirando e cercando di calmarsi. “Se credi che ti
lascerò andare, ti sbagli! Ti starò attaccato ovunque andrai, qualunque cosa
farai”riprese con voce più bassa, portandosi la mano del suo gemello al viso.
“Se non vuoi che lo faccia uccidimi, Vergil. Uccidimi adesso! Non mi difenderò.
Perché tanto se non lo farai tu direttamente lo farò la tua assenza”.
Vergil scosse il capo, cercando invano le parole per ribattere. Suo fratello
abbassò lo sguardo e i capelli gli scesero a coprirgli il volto, ma lui poteva
sentire le sue lacrime bagnargli la mano. Avrebbe voluto sottrarre le dita
dalla presa dell’altro, ma sapeva che lui aveva bisogno di quel contatto.
Doveva solo chiudere quella storia. Poi tutto sarebbe andato a posto. Sospirò e
sfiorò piano quella pelle bagnata tentando di asciugarla. “Dante, io non ti
posso uccidere, lo sai”si costrinse a dire, guardando altrove. Quello che stava
succedendo era irreale. Perché quel cretino piangeva?! Era davvero lo stesso
che aveva affrontato in duello poco tempo prima? Gli sembrva di avere a che
fare con un bambino. Ma forse era proprio così. In fondo suo fratello non era
cambiato tanto. Aveva solo imparato a cavarsela nel mondo. “Dante, smettila.
Sei adulto, non mi sembra un comportamento dignitoso mettersi a piangere in
questo modo. Devi reagire. Non costringermi a prenderti a schiaffi”.
Il cacciatore di demoni rise, una risata triste. “Prendermi a schiaffi? Perché,
quello secondo te è un comportamento dignitoso?”fece, ma si portò una mano al
viso per asciugarsi le lacrime. “Certo che hai davvero il tatto di un demone,
Ver”.
“Io sono un demone. E per questo devo tornare nel luogo in cui sono stato
generato: all’Inferno”.
“Non molli mai, vero? Be’, io sono tuo fratello gemello, quindi dovresti sapere
che ti somiglio anche da questo punto di vista”. Dante tornò ad alzare lo
sguardo, gli occhi che brillavano. “Non ti lascerò andare, a costo di
incatenarti a me!”. Vergil fece per scostarsi, ma lui gli afferrò il polso e lo
riattirò a sé. “E lo farò, Vergil, puoi starne certo!”.
“Questo è tutto da vedere, Dante”gli sibilò minaccioso l’altro mezzo demone,
cercando di liberarsi dalla sua presa e afferrandogli a sua volta il braccio.
“Non mi piace essere controllato e lo sai bene. Hai visto com’è finito
Kasreyon”.
“Ma io non sono quel bastardo! Io non ti voglio legare per controllarti. Voglio
solo tenerti con me! Non mi importa dove e come!”esclamò il cacciatore di
demoni lottando a sua volta per fargli mollare la presa. “Dannazione, Vergil!
Possibile che tu non possa capire che stai sbagliando di nuovo?! Lasciati
consigliare per una volta!”. Non sapeva se era più arrabbiato e più disperato.
Non aveva più controllo su quello che gli usciva dalla bocca, ma non gli
interessava più di tanto. Se fosse servito a ottenere quello che voleva avrebbe
detto e fatto di tutto. “Cazzo, non mi sembra difficile! Devi solo abbassare la
cresta per un attimo e pensare senza i tuoi maledettissimi ideali del cazzo!
Odiami pure se vuoi, ma questo non mi impedirà di starti sempre accanto,
odiami, ma sappi che io non ti lascerò andare, qualunque cosa tu scelga di
essere! Dio, Vergil! Ma lo vuoi capire o no? Non posso perderti! Io…Io ti amo,
cazzo!”.
Vergil sgranò gli occhi bloccandosi, preso alla sprovvista da quell’uscita, e
anche lo stesso Dante mollò istintivamente la presa, sconvolto per quello che
si era appena lasciato sfuggire mentre avvertiva il proprio viso andare in
fiamme. Che cosa aveva appena detto?! Dio, proprio in un momento come quello la
sua mente bacata doveva arrivare a realizzare una cosa del genere? E poi perché
ad alta voce?! Ripensò a tutto quello che era successo in quei giorni, a tutte
le sensazioni e i pensieri che aveva avuto. Come aveva fatto a non arrivarci
prima?! Era così ovvio, dannatamente ovvio. Lady lo aveva capito fin dal giorno
del loro primo incontro. Avrebbe dovuto dar retta a quella scema per una volta.
Bestemmiò mentalmente tutti i santi e le divinità che conosceva, abbassando in
fretta lo sguardo per non dover guardare in faccia suo fratello. “Io non…ehm,
cioè…non intendevo…”balbettò, senza sapere cosa dire. Perfetto. Gran bella
figura di Merda. Sì, con la “m” maiuscola. E adesso che avrebbe dovuto fare?
Alzò gli occhi quel tanto che bastava per poter vedere il viso del suo gemello.
Sul suo volto si era aperto un ghigno cattivo e più che divertito. Che
bastardo.
“Ma bene bene. Cos’hai detto, fratellino? Questa non me la aspettavo proprio”lo
provocò il maggiore. “Neanche da un cretino come te. Meno male che la tua amica
non è qui se no era davvero la fine per te”.
“Taci, stronzo! Anzi, prendimi pure per il culo quanto vuoi!”esclamò lui,
sempre rosso in volto. Aveva fatto una cazzata a lasciarsi sfuggire quella
dichiarazione che neanche lui sapeva di voler fare. Ma forse poteva sfruttarla
in qualche modo. “Ma questa non è altro che una ragione in più per volerti con
me!”. Lui lo amava davvero, avrebbe potuto capirlo prima ma si era rifiutato di
farlo. Quello che provava per Vergil era una cosa completamente diversa dalla
solita attrazione fisica che sentiva verso le ragazze che si era fatto. Certo,
c’era anche quella, ma passava decisamente in secondo piano rispetto ai
sentimenti profondi che lo legavano a suo fratello contro tutto quello che lui
poteva dirgli o fargli. “Vergil, io ho bisogno di te. E adesso puoi
immaginareancora meglio perché. Non mi
importa se mi ricambi o meno, non ti chiedo di farlo. Solo…Resta. Resta e tutto
andrà a posto!”.
Vergil lo fissò impassibile. Anche il ghigno era scomparso lasciando posto ad
un’espressione indecifrabile. Forse doveva restare. Forse suo fratello aveva
davvero così tanto bisogno di lui. Dante non si sarebbe mai lasciato sfuggire
quella cosa se non fosse stato davvero disperato. Non si era accorto dei suoi
sentimenti prima di quel momento, glielo aveva letto in faccia dopo la
confessione. E come dargli torto? Non era una cosa facile da accettare. Eppure
lui l’aveva fatto, nonostante il modo improvviso in cui se ne era reso conto. E
prima gli aveva anche chiesto di ucciderlo piuttosto che lasciarlo da solo.
Avrebbe voluto prendersi il volto tra le mani. Quale promessa doveva mantenere?
Quella di proteggerlo o quella di non lasciarlo? Quando le aveva fatte aveva
pensato che le due cose fossero collegate. Ma lo erano veramente?
“Vergil. Ti prego. L’hai giurato”insistette suo fratello, quasi gli avesse
letto nel pensiero. “Resta con me e mi potrai proteggere dal male che mi
faresti lasciandomi. Ricominciamo. Non può essere così difficile. Nostro padre
lo fece dopo aver chiuso le Porte. Tu puoi fare lo stesso. Hai sconfitto le
Tenebre dentro di te come lui sconfisse quelle dell’Inferno. Ora non ti resta
che goderti la Luce che ai demoni di solito è negata”.
Lui lo fissò mentre le parole che Magornak gli aveva rivolto qualche giorno
prima gli rimbombavano nelle orecchie. “Sono
sicuro che, in qualche modo, tu ripercorrerai le scelte di Sparda, anche se
questo adesso ti sembra andare contro tutte le tue convinzioni. Dammi pure
addosso se vuoi, ma ti assicuro che è così. Fidati di me, lo so. Gli assomigli
più di quanto credi, Vergil”. Possibile che il guardiano sapesse già in
qualche modo che sarebbe finita così? Possibile che suo padre avesse già
previsto che lui, nonostante tutto, non si sarebbe perso e avrebbe trovato il
modo di essere davvero il suo erede? Suo fratello gli stava illuminando la
strada per arrivare finalmente ad essere quello che aveva sempre desiderato di
essere. Il degno figlio maggiore di Sparda. La strada era finalmente sgombra dall’Oscurità
e a lui pareva di vedere già la fine. Tutto quello che lo circondava scomparve
e lui si ritrovò in un prato illuminato dal sole e solcato da una strada
sterrata. La luce dell’astro arrivava con un’intensità naturale, ma i suoi
occhi non ne venivano feriti e ben presto misero a fuoco quello che gli stava
intorno, lascinadolo interdetto. Dove diamine era finito? Come ci era
arrivato?! Tornò a posare lo sguardo dove fino a qualche secondo prima c’era
suo fratello, in cerca di una spiegazione. Ma davanti a lui non c’era più
Dante, bensì un’altra figura fin troppo conosciuta. Una figura che gli era
mancata per così tanto tempo.
“Pa…Padre?”balbettò il giovane, sconvolto, facendo istintivamente un passo
indietro.
“Sei tornato, Vergil. Ti ho aspettato tanto, sai? Ma ero sicuro che prima o poi
mi avresti ritrovato. Dovevo solo avere pazienza. E infatti eccoti qui”rispose
tranquillo Sparda allargando le braccia. “Ti ho mandato Magornak apposta,
sapevo che ti avrebbe aiutato a ritrovare la strada. Quel demonietto è una
forza, anche se a guardarlo sembra l’essere più ingenuo dell’universo. E in
effetti lo è. Per non capire una battuta tanto esplicita come quella che ha
detto l’amica di Dante…Ma è anche furbo, ha sorpreso anche me un paio di volte,
quando eravamo ancora negli Inferi”.
Il mezzo demone lo fissava senza capire, incredulo di fronte a tanta calma. Possibile
che suo padre potesse essere tanto sereno con lui dopo tutto quello che aveva fatto,
dopo il suo tradimento ignobile? E soprattutto gli sembrava il momento di
citare le cagate di quell’umana?! “Padre, che significa? Dove siamo? Io…ho
sbagliato tutto, non…”balbettò incredulo e sconvolto. Ma Sparda lo interruppe, appoggiandogli
le mani sulle spalle e stringendo gentilmente la presa. “Non possiamo cambiare
il passato, Vergil. Fa’ come ti ha detto tuo fratello, lascialo dov’è. Non ci
riguarda più ormai. Né tu né io possiamo cambiarlo. A che servirebbe
tormentarci ancora? Non potrò mai perdonarmi di essere stato costretto a
lasciare la mia famiglia in balia dei bastardi che cercavano il mio sangue. Ma
ho dovuto e l’unica cosa che ho potuto fare è stata accettare l’accaduto e
andare avanti. Dovresti farlo anche tu, Vergil. E poi hai cose più importanti
da fare adesso. Ricorda, non conta quello che hai fatto, a me importa che alla
fine sei tornato riconoscendo di aver sbagliato. Perché già il desiderio
diseprato di voler pagare per le proprie è abbastanza per meritare una seconda
chance. Anche io ho fatto tanti errori nella mia vita. Troppi. Però ho rimediato
ad essi. Tu e Dante siete stati la mia redenzione insieme all’amore della mia
sposa. E sarà così anche per te. Hai capito i tuoi errori e sei pronto a
rimediare. Hai ritrovato la Luce che c’è dentro di te. Questo è quello che
conta. Sono fiero di te, Vergil. Non ho mai dubitato di te”. Il demone gli
sorrise raggiante. “Ora devo andare o tua madre mi sgriderà per essere sparito
di nuovo. Sai com’è fatta, vuole sempre sapere dove siamo o si preoccupa. Cerca
di essere felice, figlio mio. E prenditi cura di quello scatenato di tuo
fratello. Certi suoi comportamenti mi lasciano basito. Non capisco da chi abbia
preso. Io non ho mai fatto certe cose, neanche quando ero all’Inferno. E di
certo tua madre non c’entra. Ha proprio bisogno che qualcuno gli dia una
regolata. E questa, lo sappiamo bene tutti, è la tua specialità. Sono certo che
farai un ottimo lavoro. Lui in cambio ti tratterrà dal cedere di nuovo alla
tentazione delle Tenebre. E, per piacere, cerca di dargli un po’ di affetto
ogni tanto. Lo sai quanto ci tiene alle dimostrazioni esplicite. Ti lascio,
figlio mio. Ma non temere, ci rivedremo prima di quanto credi”.
Appena le mani di suo padre lasciarono le sue spalle, Vergil si sentì prendere
dal panico. Non poteva abbandonarlo così, lui non era pronto per perderlo di
nuovo. Aveva bisogno dei suoi consigli, della sua guida, della sicurezza che
solo la sua presenza gli regalava. “Aspetta, Padre! Io non so cosa devo fare!
Dimmelo tu! Non…”gli urlò lui allungando un braccio verso la figura tanto
cercata che iniziava a sparire.
“Ascolta tuo fratello per una volta. Dante ti saprà guidare. Non avete bisogno
di me. Non più. Siete cresciuti bene, avete affrontato le vostre
responsabilità. Non sentirti più in colpa, Vergil. È finita ormai. Vivi, hai la
possibilità di farlo, e goditi tutto quello che la vita e il tuo legame con
Dante ti offriranno. Io sarò sempre con voi, non scordarlo. A presto, figlio
mio”. “Non lasciarmi!”urlò Vergil, disperato. Ma non fece in tempo a finire la
frase che si ritrovò di nuovo nella caverna.
Dante lo fissava attonito, cercando di capire cosa stesse guardando. “Ver? Ti
senti bene?”gli chiese un po’ preoccupato.
“Ma tu non hai visto…?”iniziò lui, ma si bloccò. Ovvio che non aveva visto. Ma
poco importava. Quel messaggio era per lui e l’importante era che l’avesse
capito. Scosse il capo, chiudendo gli occhi per un attimo e ripensando alle
parole di suo padre. Ora sapeva quello che doveva fare. E per una volta era
certo che sarebbe stata davvero la cosa giusta. Aveva un garante infallibile.
“Non importa, Dante”.
“Come non importa? Cosa diamine ti è preso?! Ti sei messo a fissare il vuoto
tutto ad un tratto e hai fatto una faccia assurda, come se avessi visto il
fantasma di nostro padre!”protestò l’altro mezzo demone. “Mi hai fatto prendere
un colpo! E…”.
Non potè finire la frase perché il maggiore dei gemelli chiuse senza preavviso
il poco spazio che li separava, afferrandolo per la vita per avvicinare ancora
di più i loro corpi e affondando una mano nei suoi capelli. Lui sgranò gli
occhi sorpreso, però si rilassò quasi subito in quell’abbraccio inaspettato ma
tutt’altro che sgradito e rispose a quel bacio appassionato, cingendo il corpo
del fratello con un braccio e passandogli l’altro intorno al collo.
“Vergil…”mormorò Dante in un soffio dopo che furono costretti a staccarsi per
riprendere fiato. I loro volti erano ancora a pochi centimentri di distanza.
“Che significa questo?”.
“Che ho deciso di dartela vinta per una una volta”rispose Vergil chinandosi in
avanti per baciarlo di nuovo. “Voglio seguire le orme di nostro padre e
proteggere il mondo di Luce. Devo lasciarmi il passato alle spalle e accettare
i miei errori. Devo rimediare. E posso farlo solo qui. Resto, Dante”.
Il minore dei gemelli rimase interdetto per un attimo, incredulo, ma non ebbe
la possibilità di dire nulla. Non aveva capito le ragioni di quel cambiamento
improvviso ma non poteva dire di non esserne più che soddisfatto. Le loro
bocche si incontrarono ancora, affamate e desiderose, accarezzandosi lentamente.
Il cacciatore di demoni mugolò nel bacio, insoddisfatto. Voleva di più, molto
di più. Era stufo di quei baci da bambini delle elementari. Leccò impaziente le
labbra dell’altro, chiedendo di poter appronfondire il contatto, ma suo
fratello non sembrava dello stesso parere. Allora lui iniziò a fargli scorrere
le dita lungo la schiena, con una lentezza esasperante, cercando di
convincerlo. Avvertì le labbra di Vergil incurvarsi leggermente e anche lui
sorrise divertito, senza smettere di stuzzicarlo. Alla fine l’altro mezzo
demone si vide costretto a cedere e dischiuse le labbra, accontentandolo. Le
loro lingue si incontrarono incerte, toccandosi appena. Vergil non aveva la più
pallida idea di cosa dovesse fare e anche Dante sembrava aver perso tutto d’un
tratto la sua sicurezza. Iniziarono ad accarezzarsi lentamente, assaporando
quella sensazione così strana eppure tanto piacevole da far correre i brividi
lungo la schiena di entrambi. Poi, man mano che prendevano sicurezza, i loro
movimenti si fecero meno esitanti e più vigorosi finchè quel cauto contatto non
finì per trasfromarsi prima in una violenta lotta per il dominio, che però
restò senza vincitori,e poi in una
danza infuocata di passione. Il tempo sembrava essersi fermato, risucchiato nel
vortice delle loro emozioni, o forse erano solo loro che avevano deciso di
dimenticarsi di esso, persi l’uno nell’anima dell’altro, sentendo finalmente
quella vicinanza che avevano desiderato così a lungo.
Si staccarono diversi minuti dopo, ansimando e cercando di recuperare fiato.
Dante si leccò le labbra rompendo il ponte di saliva che ancora legava le loro
bocche e sorrise, provocatorio. “Allora, Ver? Finalmente abbiamo imparato a
baciare come si deve, a quanto pare”scherzò affondando il viso nella spalla di
suo fratello e baciandogli il collo.
“Spiritoso, Dante”rispose lui, fulminandolo con lo sguardo. Lo afferrò per i
capelli e se lo staccò di dosso, impedendogli di continuare a leccargli la
pelle. “Che cazzo stai facendo?!”.
“Oh, andiamo, Vergil! Perché devi essere sempre così freddo?”si lagnò il
cacciatore di demoni, sbuffando. “Per una volta potresti anche lasciarti un po’
andare…”. Gli fece correre le dita lungo i fianchi, sollevandogli appena la
maglia. “E poi dobbiamo festeggiare la tua decisione. Per una volta non ti sei
ostinato a sbagliare come tuo solito. E questo è un avvenimento unico che vale
la pena di festeggiare, non sei d’accordo?”.
Vergil gli rivolse un altro sguardo assassino, esasperato. Aveva capito fin
troppo bene dove voleva arrivare suo fratello e di sicuro non gliel’avrebbe
permesso. “Dante, non sono una delle tue amichette, cerca di non scordartelo”lo
ammonì serio, spingendolo via. “Non ci provare, io non ci casco nei tuoi
trucchetti. Ti ho già concesso fin troppo per oggi, non avrai nient’altro da
me. Se ci tieni a soddisfare i tuoi…istinti,
trovati qualcun altro”.
“Ma quanto sei permaloso, Ver! Andiamo, lo so che tanto è tutta scena!”lo
provocò l’altro cercando di abbracciarlo di nuovo. Ci riuscì dopo diversi
tentativi e catturò le labbra di suo fratello in un altro bacio appassionato,
approfittando della sua distrazione per infilargli le mani sotto la maglia. “Lo
so che lo vuoi anche tu, Vergil”gli mormorò quando si furono staccati, questa
volta serio. “Non ti scambierei mai per una di quelle ragazze. Loro non sono
nulla per me e non lo saranno mai. Non ti sto chiedendo di fare quello che
faccio con loro. Non voglio quello da te. Io…Amami, Vergil, ti prego”. Gli
appoggiò il mento sulla spalla, stringendosi a lui il più possibile, come per
paura che potesse sfuggirgli dalle mani e sparire di nuovo. “Almeno avrò una
sicurezza in più che rimarrai e che non potrà mai accadere che un giorno io mi
volti e scopra che tu sei scomparso di nuovo”. Sospirò, staccandosi appena per
lanciargli un’occhiata imbarazzata. “Ma ovviamente non è che devi farlo adesso
se non te la senti”.
Vergil scosse il capo. “Certo che sei proprio un cretino. Ho appena detto che
resto. Però devo ammettere che hai le tue ragioni per temere da me l’ennesimo
voltafaccia. Non sono affidabile come dovrei”disse piano senza guardarlo. “Io…non
so se sono pronto per ricominciare. Non sono sicuro di riuscire a vivere nella
Luce dopo aver passato tanto tempo nell’Oscurità”. I suoi occhi fissarono per
qualche attimo il punto in cui le Porte dell’Inferno erano scomparse. Sentì una
amara nostalgia avvolgerlo. Non avrebbe mai più rivisto quelle lande desolate e
pericolose che avevano rispecchiato per lungo tempo lo stato della sua anima.
Ma aveva fatto la sua scelta. Doveva fare come gli aveva detto suo padre,
accettare i propri sbagli e lasciarsi il passato alle spalle. Andare avanti.
Abbassò lo sguardo sull’altro mezzo demone. Poteva sentire il suo corpo
percorso dall’attesa contro il proprio, mentre quelle dita bollenti sfioravano
la sua pelle gelida. “Ma ci proverò, Dante, te lo giuro, e questa volta
manterrò la promessa”. Gli afferrò il mento e gli sfiorò le labbra con le
proprie. “Anche perché ci sarai tu a costringermi a farlo, giusto?”.
“Ci puoi scommettere! Non ti lascerò andare neanche se mi pianterai di nuovo
quella cazzo di katana nel petto! Ma di’ un po’, ti diverte tanto la cosa?! Lo
fai con tanto gusto…”lo prese in giro Dante con un sorrisetto. Era così bello
sentirgli dire quelle cose. Aveva la paura irrazionale che quello fosse solo un
sogno, il più bello che avesse mai fatto, e che lui prima o poi si sarebbe
svegliato scoprendo che era accaduto tutto solo nella sua immaginazione. Eppure
Vergil era così reale, lo percepiva con tutti i sensi e poteva sentire la sua
aura avvampare intrecciata alla propria. Non poteva decisamente essere solo
frutto della sua mente.
“Diciamo che vederti piantato al suolo, e quindi sconfitto, è una grandissima
soddisfazione personale”fece suo fratello maggiore con un ghigno cattivo. “E
soprattutto la cosa migliore è il fatto che, se non permetto a qualcuno di
liberarti, potresti rimanere lì in eterno. Completamente in mio potere”.
“Certo che certe volte sei proprio un bastardo sadico. Che fine ha fatto il mio
dolce fratellino che mi trattava così bene quando eravamo piccoli? Aspetta,
forse non l’ho mai avuto”.
“Infatti. O, se l’hai avuto, mi spiace deluderti ma non ero io”.
“Adesso sei tu quello che fa lo spiritoso, eh, Ver?”. Il cacciatore di demoni
si staccò dal gemello e lo tirò per un braccio. “Forza, muoviamoci, o quei due
inizieranno a pensare che stai cercando di ammazzarmi un’altra volta. Non
vorrai mandare il nostro potentissimo guardiano delle Porte in ansia di
nuovo?”rise indicando con un cenno del capo l’uscita.
Ma l’altro mezzo demone lo bloccò, riattirandolo a sé. “Che aspettino. Sono
certo che Magornak saprà tenere a bada la sua ansia”disse piano, scostandogli
con una mano i capelli dal volto mentre l’altra correva sul suo petto scolpito.
“Ci penserà la tua amica a tenerlo buono. Ci hanno detto di tornare da loro
quando ci saremo chiariti del tutto e noi non abbiamo ancora finito”.
Dante sgranò gli occhi, incredulo. Vergil stava davvero facendo quello che lui
pensava o era solo frutto della sua immaginazione?! Lo fissò incerto, come a
chiedergli conferma, e lui gli rivolse uno sguardo alquanto eloquente che cancellò
all’istante i suoi dubbi, lasciandolo comunque interdetto. Suo fratello lo
aveva sconvolto fin troppo negli ultimi minuti. Troppe cose tutte insieme.
“Ver, ma sei sicuro?! Insomma prima hai detto…”iniziò, ma l’altro gli rifilò
un’occhiata gelida che lo zittì all’instante.
“Dante,cerca di renderti conto di
quanto impegno ci sto mettendo per “lasciarmi andare”, tanto per usare le tue
parole”disse il maggiore con un tono calmo che però suonò alquanto minaccioso.
“Quindi, per favore…Vedi di tapparti quella boccaccia una volta tantoe di smetterla di rovinare i miei sforzi,
anche se capisco quanto possa essere difficile per te dal momento che parli
sempre quando non devi”.
Il cacciatore di demoni gli rivolse un sorrisetto furbo. “E allora, dal momento
che sai quanto è arduo per me, vedi di tenermi la bocca occupata”. Si chinò in
avanti, in attesa, con la stessa espressione di un bambino che aspetta
ansiosamente il cioccolato che gli è stato promesso come ricompensa.
Vergil lo fissò per un attimo, poi scosse il capo esperato e lo baciò. Quel
cretino non sarebbe mai cambiato. Meglio così. Gli accarezzò appena le labbra
con la lingua e l’altro non esitò a dischiuderle per permettergli di approfondire
il bacio. Le sue mani vagavano sotto il cappotto aperto del minore, sfiorando
appena la pelle. Sentirlo così caldo sotto le sue dita gli procurava una strana
sensazione, abituato com’era al freddo della pietra dei profondi antri
infernali in cui si rifugiava quando voleva pensare o semplicemente staccarsi
da ciò che lo circondava. Quel gelo gli penetrava le ossa, fino a raggiungere
la sua anima che col tempo si era abituata ad abbandonarsi ad esso, lasciando
che inibisse tutte le sensazioni che la attraversavano. Ora quel calore da
tanto dimenticato arrivava quasi a scottarla, sciogliendo con una lentezza
esasperante la barriera di ghiaccio che le si era creata intorno. Le emozioni
lo sommersero di nuovo, accompagnate dai tocchi sempre più urgenti di Dante e
dai suoi baci umidi che ricoprivano ogni millimetro della sua pelle ormai priva
di coperture. Piacere, dolore, gioia, tristezza si agitavano dentro di lui,
confusi e inseparabili. Non si era mai sentito così, completamente in balia
delle sue emozioni, devastato. Ma era una sofferenza diversa da quella che gli
aveva procurato la disperazione per aver fallito sotto ogni aspetto, per aver
sbagliato tutto. C’era una malinconica dolcezza in quei gesti, in quei
sentimenti incontrollabili. Serrò gli occhi, ansimando. Cos’erano tutte quelle
dannate emozioni? Da dove venivano? Perché solo pensare a Dante lo faceva
sentire così strano? E perché sentirlo così vicino, sia fisicamente che
spiritualmente, era così insopportabilmente piacevole? Era quello che si provava
quando si amava? Una felicità dolorosa. Oppure era così solo perché erano loro
due ad amarsi, con quel passato di sofferenza e di sangue alle spalle, con quel
rapporto tanto complicato e vissuto. Sinceramente non gli importava in quel
momento. Strinse suo fratello ancora di più, istintivamente, baciandolo, se
possibile, con ancora più passione. Non controllava più i suoi movimenti, gli
veniva tutto con una naturalezza che non aveva mai avuto, mentre lui era perso
nell’estasi che li avvolgeva entrambi. Voleva solo sentirlo vicino, tanto
vicino da fargli male. E sapeva che per lui era lo stesso. Voleva che Dante
percepisse tutto il caos che aveva dentro, voleva imprimerglielo sulla pelle
perché non trovava le parole per dirglielo. Non era mai stato bravo ad
esprimere quello che provava a voce, quindi preferiva lasciare che fossero i
suoi gesti a parlare per lui. Sapeva che suo fratello avrebbe capito. Lo
sentiva gemere a un soffio dal suo orecchio, lo sentiva mormorare il suo nome,
lo sentiva bisbigliare quanto lo amava. Avrebbe voluto che quel momento potesse
durare per sempre, che il tempo si fermasse e lasciasse che le loro anime
rimanessero così, fuse una nell’altra, per tutto il resto dell’eternità.
Dante era letteralmente aggrappato al corpo di Vergil, intenzionato a non
lasciarlo neanche per un attimo. Non poteva credere che tutto quello stava
accadendo. Non poteva credere di poter sentire che suo fratello era davvero suo
e che lo sarebbe stato per sempre, di sentirselo imprimere nella carne dai suoi
baci e dalle sue carezze e nello spirito dalle emozioni devastanti che gli
provocava e gli trasmetteva. Non riusciva a smettere di chiamarlo, non riusciva
a trattenersi. Avrebbe voluto gridare, urlare quello che provava, ma gli
mancava il fiato per farlo e non era del tutto cosciente, trascinato in quel
vortice di estasi e sconvolto dall’intensità delle loro emozioni. Dolore fisico
e sofferenza dell’anima si mischiavano creando un’ebrezza tanto piacevole da
stordirlo, facendogli perdere il contatto con la realtà. Non voleva che
finisse, qualunque cosa fosse. Voleva che durasse in eterno, voleva che le loro
anime si confondessero in ogni istante, in ogni respiro, come stava avvenendo
in quel momento. Perché non si era mai sentito più vivo di così. Le mani di
Vergil che correvano sulla sua pelle e la sua bocca affamata che la baciava
nella sua interezza sembravano risvegliare in lui ricordi lontani, confusi ma
intensi, e lui si sentiva rinascere. Il mondo intorno a loro non esisteva più,
c’erano solo baci, carezze, due corpi intrecciati, un’unica anima, un fuoco che
bruciava senza scottare. Si morse le labbra mentre si lasciava scappare
l’ennesimo gemito. Avrebbe superato ogni difficoltà, avrebbe combattuto ogni
problema che avrebbe cercato di intralciarli, avrebbe vinto ogni esitazione,
avrebbe fatto la guerra all’Inferno intero se fosse stato necessario, solo per
potersi sentire di nuovo così. Ma non sarebbe stato necessario perché Vergil
questa volta sarebbe rimasto al suo fianco. E insieme a lui anche quelle
emozioni indescrivibili. Per tutto il tempo che sarebbe stato concesso loro.
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Ni
hao, guys!! Sorry sorry, ci ho impiegato un po’ di più di quanto avevo detto
questa volta. Non è che non avessi il capitolo pronto, è solo che sono stata un
po’ impegnata perché domani ho un esame (speriamo bene!!) e poi
aspettavo…Lasciamo perdere, non voglio annoiarvi con le mie chiacchiere su
quello che voglio e non voglio…
So, business! xD Well, questo è il penultimo capitolo, anche se la storia si
conclude praticamente qui, il ventesimo serve solo da conclusione al tutto…Ma
passiamo al capitolo in sé! Allora, devo dire che c’è poco da
commentare…spiegano tutto i due gemelli mentre si fanno la loro litigata! Be’,
tanto per concludere in bellezza, ci voleva anche in questa “tranquilla”
chiacchierata un po’ di angst che culmina con la disperata quanto non voluta e
soprattutto non programmata confessione che Dante si lascia sfuggire perché
solo alla fine di tutto, solo quando ormai è completamente esperato e non si
rende neanche conto di quello che sta dicendo o facendo, il nostro adorato
cacciatore di demoni si rende conto che tutti i suoi pensieri verso il fratello
significano qualcosa. E ovviamente in parte un grazie deve andare all’effetto
dell’uscita di Lady sul suo inconscio xD Ci ho riflettuto parecchio sulla cosa,
perché ero certa che far dichiarare Dante era fuori dal personaggio alla grande
ma in qualche modo la cosa avrebbe dovuto saltar fuori. Mi sembrava da lui
farsi sfuggire di botto, in fondo lui è impulsivo e si rende conto dopo del
seignificato delle sue azioni. Ditemi che ne pensate della soluzione!! ^^” Come
al solito io non sono sicura di nulla! -.-“
Ma ovviamente ancora più OOC sarebbe stato far restare Vergil solo per “amore”.
Quella proprio è una cosa che non riesco a concepire e quindi…Be’, ho dovuto
tirare fuori l’unico che potesse davvero dare la spinta decisiva al nostro
mezzo demone: Sparda. Ho deciso di inserire quel breve dialogo tra loro due
anche perché per tutta la storia Vergil non fa altro che cercare di trovare la
sua strada per essere figlio di suo padre e l’apparizione di Sparda rappresenta
simbolicamente la nuova chance che gli viene data come ricompensa per aver
finlamente capito i suoi errori e la possibilità di rimediare. E poi volevo far
ricomparire quella leggenda vivente che è Sparda! >.<
La parte che segue mi fa troppo fanservice all’ennesiama potenza ma
prendetevela con una mia amica che mi ha mandato in modalità fangirl critica
scioglie la tensione che si era creata durante tutto il corso della storia e ci
regala l’happy ending tanto sperato! *.* Dan riesce finalmente ad ottenere un
bacio decente e Ver si ritrova già due secondi dopo aver deciso di restare
nonostante tutto a doversi subire le idiozie e le provocazioni del gemello che
gli fanno venire la voglia di cambiare idea xD Per l’ultima parte…chiedo
umilmente scusa se non è quello che volevate, ma come ho già detto nel commento
precendente mettere una scena esplicita avrebbe stonato con la storia in
generale e in particolare con quel momento preciso. Spero che possiate capire
il motivo della mia scelta ^^
Detto questo, ringrazio e me ne vado anche perché vi ho rubato come sempre un
sacco di tempo per nulla! But I can’t help myself!! >.<
Un abbraccio e un mare di baci alle mie recensitrici che non mi fanno mai
mancare i loro commenti: doc11, Rakelle, HikariSama e ninjiapiccina! *-* Vi erigerò un
santuario, mi commuovete con tutta questa devozione e capacità di
sopportazione verso di me!! Grazie anche a Xeira_ che ha recensito a sua volta e un pensierino anche a un’altra mia
amica adorata che non mi molla neanche morta (e chissene se non mi commenta
tutti i cap!! u.u), LadyVergil (Love
ya, Ver!! xD E ricordati che stiamo aspettando anche te qui! è-è). Un grazie
anche a tutti quelli che leggono/preferiscono/seguono la storia! Sarete
contenti che mi dovrete sopportare ancora per pochissimo, quindi fatevi
coraggio!! Siamo alla fine! xD
Alla prossima (l’ultima per queste pagine T.T)! E giuro che sarò velocissima ad
aggiornare!!
La vostra dannata preferita (si spera xD),
Mystic
L’antro
era immerso nel silenzio più totale. Piccole scintille di luce, gli ultimi
resti del sigillo millenario che aveva intrappolato Kasreyon, brillavano
testarde, decise a non spegnersi finché tutta la loro energia non si fosse
dispersa nell’ambiente circostante. I due mezzi demoni erano seduti contro una
delle pareti di roccia, ciascuno perso nei propri pensieri, con indosso solo i
pantaloni. Nessuno dei due aveva proferito parola dopo quello che era successo
tra loro. Le loro spade giacevano incrociate, esattamente come le avevano
lasciate, a qualche metro di distanza insieme ad Ivory ed Ebony, mentre il
resto dei loro vestiti era sparso disordinatamente tutto intorno.
Dante teneva le ginocchia strette al petto, il mento appoggiato sopra di esse e
lo sguardo che vagava per lo spazio buio della caverna soffermandosi sulle armi
e soprattutto su Vergil, che gli sedeva accanto a gambe incrociate, immobile,
gli occhi fissi davanti a sé, persi nel vuoto. Non poteva impedirsi di
accarezzare mentalmente quel corpo che aveva appena finito di amare,
quell’anima a cui si era donato completamente, il ragazzo che gli aveva
procurato le emozioni più intense che si possano provare, tanto forti da fare
male, tanto profonde che se le sentiva impresse nella carne come cicatrici
invisibili ed indelebili. Però, dall’altro lato, non poteva fare a meno di
temere che quel silenzio tra loro significasse che suo fratello si era pentito
di quello che aveva lasciato accadere. In fondo, per tutta la durata della loro
passione, Vergil non aveva mai detto di amarlo, nemmeno una volta, nemmeno al
culmine dell’estasi. L’aveva chiamato, l’aveva baciato, ma non aveva mai
espresso i suoi sentimenti chiaramente, lasciandogli quello sgradevole quanto
irragionevole dubbio. Tipico del suo gemello. Bisognava estorcergli tutto. Mai
una volta che si sforzasse di essere chiaro fin dal principio. Gli lanciò
un’altra occhiata impaziente, chiedendosi quanto a lungo sarebbe durata quella
stasi.
Un istante dopo, come a rispondere al suo muto interrogativo, l’altro giovane
si alzò, spolverandosi con cura i pantaloni e iniziando a raccogliere il resto
dei suoi vestiti per poi rimetterseli e recuperare anche Yamato. Il cacciatore
di demoni rimase a fissarlo tutto il tempo, senza fare commenti, seguendo con
gli occhi ogni movimento, anche il più piccolo, incantato. Prima di quel
momento non aveva mai fatto veramente caso a quanta eleganza racchiudessero i
gesti del suo gemello, anche i più insignificanti. E quella cosa lo stregava.
L’altro finì di vestirsi e gli lanciò un’occhiata interrogativa. “Che hai da
fissarmi?”domandò, gelido come sempre. “Cos’ho fatto stavolta?”.
“Nulla, Ver. Non posso guardarti? Mi piace farlo, c’è qualcosa che non va? In
fondo è anche normale che io non riesca a toglierti gli occhi di dosso dopo
quello che è successo, no?”rispose lui, ignorando il tono brusco e avvertendo
un leggero rossore estendersi sulle sue guance. Sentirsi quegli occhi glaciali
addosso gli dava i brividi e gli riportava alla mente emozioni ancora troppo
bollenti per poterne controllare gli effetti. “Mi fa piacere vedere che sei di
nuovo del tuo adorabile umore, fratellino”aggiunse sarcastico, cercando di
darsi un contegno, ma non poté impedire al suo sguardo bramoso di correre di
nuovo lungo tutta l’agile figura di suo fratello.
“Fa’ come ti pare. Però a me dà fastidio essere fissato, lo sai”fu la risposta
atona. Vergil raccolse il giubbotto rosso e lo lanciò al gemello. “Muoviti,
vestiti. Abbiamo aspettato anche troppo”.
Lui afferrò al volo l’indumento e si alzò, un sorrisetto stampato sulle labbra.
“Be’, non è colpa mia se tu ti sei
voluto trattenere così tanto”fece con aria innocente, mentre i suoi occhi
brillavano minacciosi. Il maggiore lo fulminò con lo sguardo, arrossendo
leggermente a sua volta, imbarazzato. Lui gongolò alla vista di quella
reazione, rivestendosi e riappropriandosi delle sue armi, e poi continuò,
sempre con lo stesso tono in apparenza serio ma in realtà decisamente
canzonatorio: “Insomma, Ver, non negare, non ti è bastato una volta, che tra
l’altro è stata la più lunga che io abbia mai avuto, no, hai voluto il bis!”.
“Io sarò sempre del mio umore adorabile, ma tu sei il solito cretino”disse
Vergil con calma, appoggiando con noncuranza la mano sull’elsa della sua
katana. “Sì, hai ragione, fratellino, ho voluto il bis. Non posso negarlo. Ma
sai com’è, non potevo mica lasciarti credere che potevi dominarmi così
facilmente”. Un ghigno gli si aprì sul volto. Voleva giocare? Lo avrebbe accontentato
ricambiandolo con la stessa moneta. “La prima volta poteva anche passare visto
che non avevo nessuna esperienza in materia, ma non potevo permettere che ti
montassi troppo la testa. Ti fa male. Quindi ho messo in pratica quello che ho
imparato da te”.
Dante avvampò ancora di più e fece una smorfia. Bastardo. Avrebbe dovuto
aspettarselo da uno come lui. Aveva sempre quella dannata risposta pronta.
Proprio come Lady. Non li poteva soffrire quei due quando facevano così. E da
quel momento in avanti li avrebbe avuto intorno tutti e due, anche
contemporaneamente. Un vero Inferno. Ma se l’era cercata, doveva ammetterlo.
“Touchè, Vergil. Non ti lasci mettere sotto in nessuno modo e da nessuno,
vero?”si arrese, scuotendo il capo e avvicinandoglisi fino a che non furono a
meno di un passo di distanza. “Però ammetti almeno che ti è piaciuto. Sia
essere scopato che scoparmi”fece avvicinando il proprio viso al suo con il più
bel sorriso sfacciato che riuscì a fare.
“La tua finezza non ha limiti, Dante. Sinceramente speravoche tu non considerassi “scopare” quello che
fai con me. Lo preferirei, se non ti spiace”commentò l’altro mezzo demone,
glaciale, senza raccogliere la provocazione. “Ma immagino che queste
espressioni siano dovute alla ristrettezza del tuo vocabolario”. Gli afferrò il
mento con una mano e glielo sollevò appena, fissandolo dritto negli occhi. “Ma
avrò tutto il tempo di aiutarti ad ampliarlo”.
“Non chiedo di meglio”lo provocò ancora lui, afferrandogli le dita e
portandosele alle labbra. “E allora sentiamo, fratellone, visto che ti ritieni
tanto acculturato, come lo chiami quello che abbiamo fatto?”.
“Se ti aspetti che io ti risponda, mi spiace deluderti ma devo avvisarti che
non casco nei tuoi stupidi giochini”fece Vergil, liberandosi dalla sua presa.
“Se sei pronto possiamo andare. Anche se l’idea di dover affrontare
l’interrogatorio della tua amica umana non mi piace neanche un po’. Farà di
sicuro un sacco di domande e di insinuazioni…inappropriate”.
“Oh, non sai quante, Ver. Ti metterà tanto in imbarazzo che ti verrà voglia di
ammazzarla. Ti pregherei di non farlo. In fondo glielo devi. Se non ci fosse
stata lei saresti tornato all’Inferno e nulla di quello che è successo sarebbe
successo. Magari quei demoni ti avrebbero sbranato!”gli ricordò suo fratello
con un ghigno. Poi sospirò. “Prima di andare devo chiederti una cosa,
Vergil”riprese serio dopo un attimo. “E non è una delle mie solite stronzate
questa volta, quindi ti pregherei di non partire prevenuto nei miei confronti”.
“Prevenuto? E perché mai dovrei esserlo?”fece lui canzonatorio. Aveva capito
che per una volta volta suo fratello voleva lasciare da parte le prese in giro,
ma non aveva saputo trattenersi dal lanciargli quell’ultima frecciatina. In
fondo fare il bastardo era nella sua natura. “Comunque sia, parla, ti ascolto”.
“Vedi che lo sei già?”sbuffò il minore dei figli di Sparda, irritato da
quell’ironia. “Lasciamo perdere. Litigheremo dopo, tanto abbiamo tutto il
tempo, vero?”. Fissò il suo gemello dritto negli occhi. “Vergil, io ti amo. Te
l’ho ripetuto all’infinito prima mentre…mentre…facevo con te quello che per me
era amore allo stato puro”. Stava facendo uno sforzo enorme per non distogliere
lo sguardo da quelle impassibili iridi azzurro ghiaccio che si specchiavano
nelle sue. Non era abituato a dire quelle cose, non erano decisamente il suo
genere, e il disagio che avvertiva era enorme. Ma in fondo quella situazione
era qualcosa di speciale e lui ci teneva. Voleva sentirselo dire. Voleva sapere
cosa provava Vergil, voleva essere certo dei suoi sentimenti, voleva sapere
cosa aveva guidato le sue azioni. “Ma tu non hai mai risposto. Cosa devo
pensare?”.
“Dovresti saperlo che non sono uno che esplicita i propri pensieri,
Dante”rispose calmo Vergil, anche se la situazione imbarazzava anche lui. “Non
saranno poche sillabe pronunciate o meno a cambiare quello che sento, non
trovi?”.
“Con te non si può mai sapere. Non si può mai sapere cosa ti spinge a
comportarti in un certo modo. Io l’ho imparato a mie spese e tu ne dovresti
essere più che conscio. E poi l’hai detto tu, che cosa cambia dire o non
dire?”.
“E perché dovresti fidarti delle mie parole più che delle mie azioni? Potrei
mentirti. Dovresti sapere quanto sono abile a fingere”.
“Mi hai dato motivo di fidarmi di te. Hai mantenuto quello che hai promesso,
anche a se a modo tuo. Quindi se mi giuri che non stai mentendo non ho motivo
per dubitarne”.
Rimasero a fissarsi in silenzio per un po’. Dante vibrava di attesa, non
sapendo se doveva aspettarsi una delle solite scuse o forse quelle agognate
parole. In fondo non gli sembrava di chiedere molto, voleva solo una
rassicurazione. E dopo tutto quello che il suo gemello gli aveva fatto passare
se l’era più che meritata, almeno dal suo punto di vista. Cercò negli occhi di
Vergil un indizio che potesse aiutarlo a capire quale decisione lui avesse
preso, ma quei pezzi di ghiaccio rimasero imperscrutabili. Eppure lui sapeva
che potevano riempirsi di emozioni. Li aveva visti sconvolti dalla loro
passione non molto tempo prima, aveva visto i suoi stessi sentimenti
attraversarli impetuosi. Ma lui si ostinava a volerlo sentire da suo fratello.
Perché poteva anche essersi immaginato tutto, nella confusione dell’estasi,
poteva essere stato tutto solo una bellissima illusione.
Dopo qualche minuto il maggiore dei gemelli scosse il capo. “Dante, non
cambierai mai, razza di idiota che non sei altro”sentenziò, con uno sospiro
esasperato. Poi, senza dare all’altro il tempo di ribattere, si chinò in avanti
e chiuse la distanza che c’era tra loro, baciandolo quasi con dolcezza. Lo
avrebbe accontentato ancora una volta. In fondo, in confronto a tutto quello
che Dante si stava dimostrando pronto a perdonargli, le sue concessioni non
erano nulla. Ma avrebbe fatto molto di più di quello che lui gli aveva chiesto.
Le loro aure si intrecciarono di nuovo e il cacciatore di demoni avvertì
qualcosa nella sua testa, quella voce che non parlava, la stessa che lo aveva
guidato fuori dal Labirinto della Perdizione qualche ora prima. Allora era
davvero stato suo fratello a tirarlo fuori dal quel posto infernale, anche se
probabilmente l’aveva fatto inconsciamente. Chiuse gli occhi concentrandosi su
quella flebile ma intensa sensazione, cercando di decifrare quello che stava
cercando di trasmettergli. Sentiva i loro corpi stringersi sempre di più uno
all’altro, quasi volessero cancellare ogni spazio fisico che li separava, e lo
stesso facevano le loro anime intrecciandosi. Riusciva ad avvertire i pensieri
e le emozioni del suo gemello, poteva quasi toccarle.
“Ti amo, idiota. L’ho sempre fatto anche
se non ho mai voluto ammetterlo, neanche con me stesso. Se te lo dico così non
puoi non credermi visto che mi stai praticamente leggendo dentro”. La voce
di Vergil, chiara ed silenziosa, gli rimbombò improvvisa dentro, arrivando al
tempo stesso da ogni parte e da nessuna. Era come se stesse leggendo i suoi
pensieri senza vedere le parole che li componevano. Avvertì un senso di
confusione invaderlo, ma era uno stordimento tutt’altro che spiacevole. Sentiva
anche chiaramente che suo fratello era alquanto divertito dal suo
disorientamento e la cosa lo irritò non poco. Sempre pronto a prendersi gioco
di lui e a dimostrare chi era il migliore. Ma decise di ignorare le sue manie
di grandezza almeno per una volta e godersi quelle sensazioni incredibili.
Però, poco dopo, Vergil si staccò senza preavviso da lui, rompendo in un attimo
anche il legame che si era creato tra loro. “Allora, sei contento adesso?”gli
domandò con mezzo ghigno divertito. “Se non lo sei, vedi di accontentarti
perché non lo rifarò una seconda volta”.
Dante si lasciò sfuggire un mugolio, indispettito da quell’interruzione, ma si
obbligò a rispondere: “Sì, lo sono. Non ti preoccupare, fratellino, non ti farò
pugnalare il tuo orgoglio di nuovo. E sono anche piacevolmente sorpreso dal
modo in cui hai soddisfatto la mia richiesta. Non finirai mai di stupirmi,
Ver”ammise ridacchiando e cercando di catturare le sue labbra di nuovo. “Ci
sarebbe da festeggiare anche questo…”.
Il maggiore gli diede una spinta, allontanandolo da sé senza troppi
complimenti. Possibile che il suo gemello non sapesse fare altro che
comportarsi come uno stupido e un pervertito? O forse lo stava facendo apposta
per provocarlo. Niente di più facile. “Non credo che sia necessario. E se anche
fosse, di sicuro non è questo il momento giusto per farlo”borbottò voltandosi e
incamminandosi verso l’uscita. “Muoviti, idiota”.
L’altro mezzo demone scosse il capo e si affrettò a seguirlo. Vergil era il
migliore quando si trattava di rovinargli la festa. “Potresti almeno cercare di
essere un po’ più dolce quando siamo da soli!”si lamentò affiancandolo.
“Nessuno lo saprà. E mi faresti contento! Ti giuro che non ti prenderò in giro
e non ti riderò dietro. O almeno, che proverò a non riderti dietro. E poi, se
lo facessi, sarebbe senza cattiveria!”.
“Non se ne parla”fu la risposta gelida ma anche vagamente divertita. “Mi hai
rivoluto indietro e adesso mi tieni come sono. Non cambierò per te”.
“Se questo è il tuo prezzo, allora sopporterò”sospirò teatralmente il
cacciatore di demoni, lanciando un’occhiata significativa al gemello che la
ricambiò. “Tanto ti ho detto cos’ero disposto a fare pur di riaverti indietro,
Vergil”.
“E io ti ho detto che non posso lasciartelo fare. Voglio mantenere le mie
promesse, Dante. Ad ogni costo. E di certo portarti all’Inferno con me non è il
modo migliore per farlo. Penso che invece costringerti a sopportarmi sia più
che accettabile”.
“Per una volta siamo d’accordo. E poi chissà che magari io non riesca ad
insegnarti a scioglierti un po’ di più, almeno in alcuni momenti particolari.
Però anche tu dovrai sopportarmi perché nemmeno io smetterò di essere quello
che sono”.
“Guarda che io mi sono rassegnato anni fa al fatto di avere un cretino per
gemello”.
“E allora io mi rassegnerò al fatto di avere un pazzo insensibile e
guastafeste”.
Erano arrivati davanti al portale che li avrebbe ricondotti sulla terra,
ponendo definitivamente fine a quella lunga battaglia. Si voltarono a guardare
l’antro in cui si erano consumati il loro scontro e duemila anni prima quello
di loro padre. Alla fine Sparda aveva nuovamente sconfitto le Tenebre
infernali, salvando la Luce da un tragico destino di distruzione. Su quel
pavimento di pietra sarebbe rimasto il suo sangue mischiato a quello del suo
nemico e tra quelle pareti sarebbero risuonati gli echi dei combattimenti,
mentre nell’aria avrebbero continuato a vibrare i ricordi delle forti emozioni,
negative e positive, che l’avevano percorsa. Ma tutto ciò non aveva più
importanza dal momento chequel luogo,
dopo la loro partenza, sarebbe stato dimenticato anche dal tempo e sarebbe
stato lasciato in custodia all’oblio dell’antica eternità.
Vergil fece vagare lo sguardo nella caverna ormai vuota, senza soffermarsi
sulle immagini presenti, ma lasciando che lo spazio venisse riempito dai
ricordi ancora freschi. Quello non era il finale che aveva previsto, non era la
fine che si era aspettato, non era l’epilogo che aveva desiderato. Però questo
non significavache non l’avrebbe
accettato. In fondo quell’imprevista conclusione era migliore dei suoi piani
più rosei. Aveva il potere di Sparda, in un certo senso. Poteva essere suo
figlio senza doversi dibattere nelle contraddizioni. Poteva mantenere le sue
promesse. Poteva vivere al fianco di Dante. Non poteva chiedere di più.
“Vogliamo andare?”chiese la voce di suo fratello, distogliendolo dalle sue
riflessioni. Lui lo guardò e il cacciatore di demoni ricambiò il suo sguardo
con uno dei suoi sorrisetti. “Lo so che non sei impaziente di sorbirti Lady, ma
sono certo che troverai il modo giusto per zittirla”scherzò quello. “E poi
ormai ci hanno beccati, che vuoi che cambi se la evitiamo o no? Comunque,
guarda il lato positivo, non può venirci a spiegare nulla, abbiamo fatto da
noi!”.
“Non è quello, stavo solo pensando”disse piano l’altro mezzo demone, ignorando
per un attimo i commenti idioti del gemello. “Comunque non c’è nient’altro da
fare qui. Andiamocene e lasciamo che questa storia diventi solo un ricordo”.
Tacque per un attimo. Anche il suo passato sarebbe diventato tale insieme a quei
fatti. La sua vita intera. Ma in fondo ne aveva già un’altra a portata di mano.
Un sorriso sincero gli si aprì sul volto. “Comunque alla tua amica conviene
tenere a freno la lingua se non vuole che la mia Yamato lo faccia per lei”.
Dante lo fissò a metà tra il sorpreso e l’incantato. Erano passati tanti anni
dall’ultima volta che lo aveva visto sorridere davvero. Decisamente troppi.
Aveva dimenticato quanto piacere gli dava quella vista, per quanto strana gli
potesse sembrare al momento, dopo tutto quello che era successo tra le loro
vite ancora giovani ma decisamente vissute.
“Perché mi fissi in quel modo? Ma cos’è, un hobby per te?”domandò il maggiore
dei figli di Sparda, lanciandogli uno sguardo interrogativo. “Che ti prende
adesso? Non…”.
Ma suo fratello non gli lasciò finire la frase perché si chinò rapidamente in
avanti e lo baciò a stampo, impedendogli così di continuare. “Fallo più spesso
e giuro che sarò pronto a fare tutto quello che mi chiederai. Qualunque cosa
sia”mormorò poi a un soffio dalle sue labbra. “Tranne lasciarti andare
ovviamente”.
Vergil si scostò, imbarazzato e sorpreso da quella reazione. “Fare che
cosa?”chiese interdetto.
“Sorridere”rispose il cacciatore di demoni riavvicinandoglisi di nuovo. “Cazzo,
non sai quanto ho sognato di vedertelo fare ancora. Ormai avevo perso la
speranza di poter rivedere quel tuo maledettissimo sorriso. Hai smesso da
bambino, da quando nostro padre se n’era andato non sorridevi che raramente, e
poi…è successo tutto quel casino”. Gli sfiorò la guancia con una mano. “Ma
adesso tornerai a farlo per il tuo fratellino adorato, vero, Ver?”fece
speranzoso. “E poi se sorridi sei molto più eccit…”.
“Vedremo”si affrettò a dire l’altro mezzo demone per impedirgli di completare
quelle sue considerazioni. Poi sospirò. “In effetti è vero, è una vita che non
lo facevo più. Pensavo di aver scordato come si fa. E invece tu, idiota, e
un’altra persona mi avete portato a farlo di nuovo”. In fondo Sparda sorrideva
spesso. Ricordava che suo padre diceva sempre a lui e a Dante che la Luce si
diffondeva meglio attraverso il sorriso e che quindi anche un demone come lui
poteva arrivare a toccarla con quel semplice gesto. E ora lui ci teneva davvero
ad arrivare a quella Luce da cui era scappato per così tanto tempo. “Potrei
anche darti retta”.
“Un’altra persona?”ripeté suo fratello, stupito. Di chi diamine stava parlando
Vergil?! Gli sembrava di essere tornato bambino, ai tempi in cui suo padre e
suo fratello facevano quei discorsi complicati che lui non riusciva ad
afferrare. Il senso di irritazione era lo stesso.
“Un giorno te lo spiegherò, Dante. Ma per il momento preferisco tenerlo per me.
Devo ancora capire alcune cose”.
“Come vuoi, Vergil. Ormai ho imparato da tempo a non chiederti spiegazioni
quando fai così. Cazzo, sei proprio la fotocopia di nostro padre”.
Vergil lo fissò per capire se lo stava prendendo in giro, ma dal sorriso che
l’altro gli rivolse comprese che quelle parole le pensava davvero. Scosse il
capo ed accennò un altro sorriso per la gioia di suo fratello. In fondo non era
così male. Però l’avrebbe fatto solo nelle occasioni particolari perché,
nonostante tutto, era una cosa che gli si addiceva per niente.
Dopo essersi scambiati un ultimo sguardo, i due oltrepassarono il portale,
senza proferire una parola di più, lasciando per sempre quell’antro maledetto e
con esso il loro passato intriso di sangue e di sofferenza.
Lady
sbuffò impaziente. Dannazione, erano passate più di due ore da quando lei e
Magornak avevano lasciato i gemelli da soli e ancora non avevano ricevuto
notizie. Era preoccupata, doveva ammetterlo. Non si fidava poi così tanto di
Vergil e soprattutto non aveva molta fiducia nelle capacità persuasive di
Dante. E poi entrambi i gemelli, che fossa colpa del loro sangue demoniaco o
meno, erano due teste calde, chi più, chi meno, e di certo non dicevano di no a
un qualunque pretesto per scontrarsi tra loro. Neanche il fatto che il
demonietto le avesse assicurato che riusciva ancora a percepire entrambe le
loro aure la rassicurava, anche perché quello non le diceva nulla su cosa
stessero facendo quei due idioti.
Il guardiano la guardava camminare avanti e indietro per la stanza circolare
mentre lui se ne stava seduto su un cumulo di macerie, dondolando
tranquillamente le gambe. Al contrario della sua amica lui non era per niente
ansioso. Era certo che i gemelli avrebbero risolto la faccenda senza fare
cavolate. Erano i figli di Sparda, questo aveva una qualche conseguenza
dopotutto. E poi lui sapeva bene che l’unico desiderio di entrambi era
chiarirsi, quindi non aveva motivo di dubitare che l’avrebbero fatto. L’unica
cosa su cui era incerto era il risultato della discussione. Entrambi i mezzi
demoni erano decisi a far valere le loro ragioni ed erano entrambi disperati.
Nessuno dei due aveva qualcosa da perdere ormai. Sinceramente sperava tanto che
Dante riuscisse a convincere Vergil a restare. Sarebbe stata la cosa migliore
per tutti loro. Però non poteva ignorare le motivazioni che spingevano il suo
protettore a rifiutarsi di rimanere nel mondo degli umani. Sospirò. Non gli
restava far altro che aspettare. Se fosse stato ancora semplicemente Magornak
avrebbe già avuto una crisi d’ansia, ma con millenni di esperienza alle spalle
ormai era difficile che qualcosa potesse spingerlo ad avere una reazione
simile.
“Mary, è inutile che ti tormenti. Non li farà tornare prima”disse all’amica. Il
suo tono era paziente ma imperativo. Era stufo di vederla in quello stato. Non
gli piaceva che lei ci stesse così tanto male per una cosa che non era ancora
successa e che forse non sarebbe accaduta. “Vieni a sederti di fianco a me e
calmati”.
Lei si bloccò e per un attimo lo guardò come se avesse davanti un fantasma. Le
ci sarebbe voluto del tempo per abituarsi a quel nuovo Magornak. Decisamente.
Soprattutto se continuava a dimenticarsi chi era in realtà il suo amico. Ma si
riprese in fretta e sostituì allo sguardo interdetto uno irritato. “Ma mi
spieghi come faccio a darmi una calmata sapendo che quei due magari si stanno
scannando per l’ennesima volta?! Dovresti sapere meglio di me come sono fatti
quei dei mezzi demoni cretini!”lo aggredì, ma al tempo stesso fece come le era
stato detto e gli si sedette accanto. Non era certa di potersi permette di
contraddire completamente il guardiano delle Porte dell’Inferno, anche se era
suo amico ed era un demone pacifico. “Non so chi è peggio tra i due! Quel pazzo
con manie di grandezza esagerate che a momenti non sa neanche in che mondo è o
l’idiota testone che non sa mai quando deve essere serio! Spiegamelo, dimmi
come cavolo faccio a restare calma sapendo che abbiamo chiuso quei due in una grotta
da soli teoricamente a parlare! E non
dire che l’idea è stata mia. Lo ammetto, però, dannazione, sono due ore che
sono chiusi lì dentro, anzi di più! Non è possibile che abbiano passato due ore
a discutere!”. Scattò in piedi con decisione. “Io adesso torno dentro! Non ce
la faccio più!”. Fece per avviarsi ma una delle falci del demone le sbarrò la
strada. La ragazza si voltò a fissarlo, incredula e un po’ spaventata. Quella
era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata da Magornak. Le aveva praticamente
puntato un’arma contro anche se ovviamente non aveva nessuna intenzione di
nuocerle.
“Ti prego di calmarti, Mary”le disse lui, piantando i suoi luminosi occhi viola
in quelli bicolore della cacciatrice, serio. Il suo tono era sempre calmo ma
non ammetteva repliche. Lei non poté far altro che tornare a sedersi, incantata
da quelle pietre di luce e il demone fece sparire la sua falce per poi
sospirare. “Appunto perché so come sono fatti ti sto dicendo di non
preoccuparti, Mary. Abbi fede. Sono i figli di Sparda, hanno il buon senso di
capire quando è ora di farla finita. Da’ loro il tempo che serve, è una
faccenda molto complicata quella che devono sistemare”. Sollevò lo sguardo
verso il soffitto. “Hanno passato anni a cercarsi e a combattersi, ad odiarsi e
a volersi, divisi tra i loro desideri e la realtà dei fatti. Non si può
risolvere un tale conflitto in poco tempo. E poi dopo tutto quello che è
successo con Kasreyon, soprattutto Vergil deve affrontare molti problemi che
fino a questo momento ha preferito ignorare. Lasciali stare. Hanno già
abbastanza difficoltà per conto loro senza che tu metta loro pressione e fretta
o che ti intrometta in una faccenda che possono risolvere solo tra loro”. Tornò
a guardarla. “Sono certo che puoi capire cosa sto cercando di dirti. Quindi
adesso rilassati e pensiamo ad altro, va bene?”.
Lady ricambiò il suo sguardo non del tutto convinta, ma poi alzò le mani in
segno di resa. “Va bene, va bene, sei tu il demone antico che sa tutto e
capisce tutto”borbottò offesa. “Certo che scoprire il tuo passato ti ha montato
la testa!”.
“Eh?! Ma…ma…non è vero!”protestò lui, sorpreso da quell’uscita.
“No? Ti ricordo che hai appena puntato una delle tue care falci contro di me”lo
rimbeccò la donna con aria offesa, ma nascondendo un sorriso. “Bel modo di
trattare gli amici!”.
“Ma…Insomma, se ti avessi semplicemente detto di stare buona non mi avresti
ascoltato!”protestò Magornak, incrociando le braccia. “Mi spiace! Ma era
l’unico modo! Sei arrabbiata con me? Non è giusto! Non ho fatto nulla. Stavo
solo cercando di impedirti di fare una cavolata!!”.
Lei scoppiò a ridere vedendo quella reazione disperata. Poteva essere il
guardiano di quello che voleva ma quel demonietto restava la personificazione
dell’ingenuità. “Lo so, scemotto! Ti sto prendendo in giro! Ma quando imparerai
ad afferrare queste cose?!”.
Lui gonfiò le guance, un po’ irritato da quello scherzo e imbarazzato dalla
propria eccessiva innocenza. Era proprio fallito come demone. Anche Sparda
glielo diceva spesso durante le loro giornate spese in cima alle rupi
infernali. E rideva come stava facendo la sua amica. Ma sapeva che le sue
parole, come quelle di lei, non erano cattive, anzi, per il Cavaliere Oscuro
erano quasi un complimento quello che gli rivolgeva apostrofandolo in quel
modo. “Ridi, ridi. Tanto ormai si è capito che nessuno mi porterà rispetto
anche se sono il guardiano delle Porte. Mi ci sono rassegnato. Però per una
volta sono stato io a farti rinsavire!”fece con una punta di orgoglio nella
voce, sorridendo a sua volta.
“Va bene, su questo hai ragione. Vedo che inizi ad imparare! Bravo il mio
demonietto! E anche quando hai risposto a tono a Dante per difendermi…Non sai
quanto mi sono sentita orgogliosa di te! Dire di fronte a Vergil che lui e suo
fratello sono fidanzati…Stai imparando dalla tua maestra!”rise la ragazza
scompigliandogli i capelli. “Di questo passo vedrai che la gente imparerà a non
darti costantemente dell’idiota, te lo garantisco!”.
Magornak abbassò gli occhi a disagio. “Mary…appunto, volevo chiederti questa
cosa…Ci terrei insomma…”balbettò indeciso.
“Coraggio, non essere timido. Sai che a me puoi chiedere tutto. Spara!”.
“Promettimi che non riderai e che non mi prenderai in giro”.
“Giuro sulla tomba di mia madre”.
Il guardiano si tormentò le mani per un attimo, poi, con l’espressione più
seria che avesse mai assunto, chiese: “Ma Vergil e Dante sono fidanzati
davvero? Insomma, non è tanto per il fatto che sono gemelli, ma si sono sempre
combattuti…Come fanno ad essere amanti se si sono sempre fatti la guerra?!”.
Lady lo fissò incredula. Quella domanda era talmente assurda che non le venne
neanche da ridere. Va bene, Magornak poteva essere ingenuo quanto voleva, ma li
aveva visti! Si erano baciati davanti a lui per ben due volte. Come poteva
venirle a farle quella domanda dopo quello che aveva visto?! Quella creaturina
era impossibile. “Magornak, ti prego, ora sono io che chiedo a te di
ragionare”disse con calma dopo qualche attimo di silenzio basito. “Dante e Vergil
si sono baciati, ok? E l’hai detto anche tu, solo i “fidanzati” si baciano no?
Almeno, si baciano sulla bocca”. Aveva l’impressione di dover spiegare quelle
cose a un bambino. “Loro non sono esattamente fidanzati. Diciamo che si amano e
basta, senza che ci sia un qualche tipo di relazione ufficiale tra loro. Per
quanto riguarda il fatto che sono stati nemici…be’, quello è stato il destino a
volerlo. Però anche io e te siamo stati nemici eppure ci vogliamo bene e siamo
ottimi amici. Quindi non vedo perché la stessa cosa non possa valere per loro.
Solo che loro ci hanno messo anni a realizzare quello che provano l’uno per
l’altro, mentre io e te ci siamo capiti al volo”.
Magornak rimase in silenzio per un po’, pensieroso. In effetti il ragionamento
della sua amica non faceva una grinza. Adesso aveva capito. Si sentì
soddisfatto di sé per un attimo. Ma poi realizzò quello che quel dato
implicava. “Oh per le falci delle Porte dell’Inferno!”esclamò sgranando gli
occhi. “Ma…ma…Vergil è innamorato?!
No, non ha senso!”. Quella era l’antitesi più grossa che gli era mai capitato
di incontrare. Incredibile. No, peggio, inconcepibile.
Lady ridacchiò divertita dalla sua reazione. In effetti il demonietto non aveva
tutti i torti. Non era una cosa facile da pensare. Ma a quanto pareva era
successo l’impossibile. “Lo so, sembra assurdo, ma credimi è vero”lo rassicurò
battendogli una mano sulla spalla. “Ma non andare a dirglielo perché, guardiano
delle Porte o meno, ti taglierà a metà lo stesso! Comunque visto che l’hai capito?
Vedrai che col tempo non sarei più così ingenuo come adesso!”.
“E così non mi daranno più dell’idiota di continuo”annuì lui, ancora un po’
scombussolato.
“Mi spiace contraddirti ma io continuerò a farlo perché quella è la tua
natura”si intromise una voce gelida, facendoli sobbalzare.
I due si voltarono immediatamente verso l’ingresso del passaggio segreto che si
era chiuso dietro i figli di Sparda. I gemelli erano in piedi uno accanto
all’altro e li guardavano. Dante aveva stampato sul viso un sorriso enorme e
anche piuttosto inquietante, mentre Vergil aveva la sua solita espressione
impassibile.
“Magornak, i tuoi servigi di guardiano non sono più richiesti!”annunciò il
cacciatore di demoni trionfante passando un braccio intorno alle spalle di suo
fratello e guadagnandosi così un’occhiataccia da parte di quest’ultimo che però
si guardò bene dal scostarselo di dosso. “Lascia chiuse quelle Porte maledette!
Per sempre”.
Lady fissò il suo migliore amico incredula. L’aveva fatto davvero. Aveva
convinto quel pazzo a restare. Avvertì la gioia invaderla mentre un sorriso
raggiante le illuminava il volto. Ora tutto sarebbe andato per il meglio.
“Dante!”esclamò scattando in piedi. “Tu…Non ci credo, l’hai fatto! L’hai fatto!
Ci hai messo un’eternità ma ci sei riuscito!”.
“Avevi qualche dubbio per caso?”domandò il minore dei gemelli rivolgendole uno
sguardo vittorioso. “Io ottengo sempre quello che voglio”.
“A dire il vero avevo poche speranze che tu ce la facessi…”lo prese in giro
lei.
“Che?! Grazie per la fiducia e…”iniziò a ribattere lui, quasi offeso, ma fu
interrotto da Magornak che, senza preavviso, si buttò addosso a Vergil, pazzo
di felicità.
“VERGIL!! Io lo sapevo che saresti tornato! Lo sapevo che non avresti tradito
le scelte di Sparda! Sono certo che è orgoglio di te!”gridò arpionandosi al
mezzo demone.
“Magornak! Idiota! Staccati!”imprecò lui cercando di scollarselo di dosso. Alla
fine ci riuscì e lo allontanò. “Ma che razza di guardiano sei?! Abbi un po’ di
contegno almeno per rispetto del tuo stesso ruolo!”. Per tutta risposta la
creaturina scoppiò a ridere seguita dagli altri due e a lui non rimase che
borbottare: “E io devo restare con questo branco di cretini…”.
“Oh, andiamo, Ver!”fece Dante, riacciuffandolo. “Lo sappiamo che sotto sotto
non ti stiamo così tanto antipatici! Ci avresti già ucciso”.
“Non mi hai ancora dato il tempo di farlo, Dante, ma sta sicuro che se mi lasci
prendere Yamato rimedio subito all’inconveniente”rispose suo fratello irritato,
cercando di liberarsi dalla sua presa.
“Oh, non te lo lascio mica fare!”esclamò lui abbracciandolo per bloccargli le
braccia.
Lady e Magornak li guardarono ingaggiare quella sorta di lotta attoniti. Quei
due erano gli stessi che si erano quasi ammazzati a vicenda qualche ora prima?
Era difficile crederlo.
Alla fine Vergil riuscì a liberarsi dalla prese dell’altro mezzo demone e
sguainò Yamato puntandogliela alla gola. “Sta’ lontano, cretino”sillabò,
minaccioso.
Il cacciatore di demoni alzò le mani, abbozzando un sorriso spavaldo, ma i suoi
occhi erano fissi sulla lama della katana, un po’ preoccupati. “Andiamo,
Vergil, stavo solo giocando! Quanto sei irritabile! Rilassati! La guerra è
finita”.
“Questo non vuol dire che io sia diventato un idiota come te. Sarò anche il tuo
gemello, ma ricorda che io e te siamo diversi come la Luce e le Tenebre”.
“Però sei rimasto, Vergil!”si intromise Lady, impedendo così a Dante di
rispondere e giocarsi la salute. “Forse avete qualcosa in comune, non trovi?”.
“Sono rimasto per essere degno figlio di mio padre. E a quanto pare l’unico
modo per esserlo è restare qui. E poi, se sto con questo cretino, ho anche il
potere che ho sempre agognato”rispose il maggiore dei figli di Sparda, atono,
abbassando la sua spada e rinfoderandola, mentre il suo gemello si lasciava
sfuggire un sospiro di sollievo.
“Cavoli, ci hai messo due ore a capire una cosa del genere? Non ci credo”fece
la ragazza basita. “Potrà essere complicata quanto volete, ma o Dante è del
tutto incapace di parlare, cosa non tanto assurda, o tu sei scemo. Quindi
opterei per la prima”.
“Ehi!”protestò il suo migliore amico. Eccola che cominciava. Sempre a prenderlo
per il culo. “Guarda che io mi sono espresso alla grande! E non ci ho messo due
ore a convincerlo! Vergil, come hai giustamente detto, non è scemo e non è neanche
così testardo al punto di negare l’ovvietà delle ragioni che gli ho esposto!”.
“E allora che cazzo avete fatto in tutto sto tempo?!”.
I due mezzi demoni si scambiarono una fugace occhiata imbarazzata, mentre un
leggero rossore si espandeva sulle guance di entrambi. Cosa avrebbero dovuto
dire adesso?
Ma prima che uno di loro potesse rispondere la ragazza sgranò gli occhi, molto
probabilmente leggendo loro in faccia quello che era successo. “Non ditemi che
voi…?! Non ci credo!”fece, presa alla sprovvista. Poi scoppiò a ridere. “Ma
allora non avevo del tutto torto quando ho detto quella cosa sul perché voi due
vi scontrate tanto volentieri! Questa è l’ultima cosa che mi sarei aspettata!
Dante! Ti avevo detto di non fare porcate!”.
“Bel colpo, Dante!”commentò Vergil fulminando suo fratello con lo sguardo,
irritato. “Ora non questa umana schifosa non la smetterà più di pigliarci in
giro!”.
Il cacciatore di demoni arretrò qualche passo, sentendosi attaccato su due
fronti. “Dai, Ver, non ti arrabbiare, l’avrebbe scoperto comunque! E tu, Lady,
non sparare cagate! Non abbiamo fatto nessuna porcata!”si difese.
“Non cercare di convincermi che mi sbaglio! Mi prendi per scema per caso?!
Sentiamo, cosa avreste fatto allora?!”lo rimbeccò la ragazza, mentre suo
fratello maggiore si copriva il volto con una mano, intuendo cosa stava per
dire Dante.
“Non sto cercando di convincerti che ti sbagli, Lady”rispose lui con calma. “Io
non mi sono scopato Vergil”.
“Dante, non…”fece per ribattere lei, ma lui la interruppe.
“Fammi finire prima di aggredirmi come tuo solito. Quello che sto cercando di
dire è che “porcata” non è la parola giusta per descrivere quello che abbiamo
fatto”.
“Dante, non ci interessa”si intromise suo fratello. Non voleva sentire di nuovo
quel discorso. E soprattutto non voleva sentire i commenti che sarebbero
seguiti. “Usciamo di qui e facciamola finita”.
“Dubito che ti salverai dai commenti di Mary. Così la istighi ancora di più”gli
fece notare Magornak. “E poi voglio sentire anche io cosa avete fatto tu e Dante!”.
Era chiaro che, come al solito, non aveva la più pallida idea di qual era
l’argomento del discorso.
“Ascolta la voce della verità, Vergil”lo prese in giro Lady guadagnandosi
un’occhiata assassina che ignorò prontamente. Poi tornò a rivolgersi all’altro
figlio di Sparda: “Avanti, finisci che così poi facciamo contento questo musone
e ce ne andiamo!”.
Dante lanciò un’occhiata al gemello, quasi a chiedergli il permesso per
continuare e quello gli fece cenno di muoversi, incamminandosi verso la
scalinata e fermandosi ai piedi di esse, in attesa. Lui si schiarì la voce,
sentendosi improvvisamente più imbarazzato che mai. La sua amica lo fissava
impaziente e divertita, pronta a prendersi la propria vittoria su di lui. Col
cavolo che glielo avrebbe permesso. “Vedi, Lady, forse tu mi credi un essere
inetto e superficiale, incapace di provare emozioni profonde e pensi che Ver
sia solo un pazzo con la sfera emotiva di un iceberg, ma ti devo deludere”fece,
mentre un ghigno gli si allargava sul voto. “In realtà non hai avuto più torto
di così. Quello che abbiamo fatto io e Vergil non può essere espresso a parole
e soprattutto è qualcosa che un semplice umano non potrà mai capire. E ancor
meno un demone. È una cosa unica, che solo noi che l’abbiamo provata possiamo capire”.
Tacque per un attimo, notando con piacere che lei, seppure contro la sua
volontà, pendeva dalle sue labbra. “Quindi…è perfettamente inutile che te lo
spieghi, mi spiace”. E senza aggiungere altro andò a raggiungere suo fratello,
ridacchiando e lasciandola senza parole.
“Brutto bastardo!”esplose Lady, dopo un attimo di sconcerto. “Ma come ti
permetti di prendermi per il culo in questo modo!”. Estrasse le pistole e sparò
dritto ai piedi del cacciatore di demoni che fu costretto a saltellare per
evitare i proiettili. “Adesso te la faccio pagare!”. Dante si voltò e scappò su
per le scale e lei lo inseguì, decisa a dargli una lezione. “Dove scappi, razza
di idiota?!”.
Vergil scosse il capo mentre Magornak gli si affiancava ridendo come un matto.
“Non si prospetta poi così male come vita, non trovi?”commentò il demonietto
incamminandosi su per la scalinata.
“Non è esattamente il mio genere, ma non c’è male”rispose divertito il giovane
seguendolo. “Quei due ci daranno parecchio da fare. Mi toccherà prendermi cura
di tre idioti adesso. Se non fossi figlio di mio padre sarebbe un’impresa
impossibile”.
“Secondo me presto capirai perché Sparda apprezzava tanto gli umani. Non tutti
gli umani, ovviamente, ma la vita di alcuni casi particolari vale davvero la
pena di proteggerli tutti. E poi, Vergil, la loro Luce. Vedrai, è bellissima”.
“Sulla prima cosa ho i miei dubbi, ma ormai ho fatto la mia scelta. Però credo
di potermi consolare con la seconda”.
“Non te ne pentirai”.
Salirono il resto dei gradini in silenzio, mentre le grida di Dante e Lady
rimbombavano tra quelle pareti antiche come l’Inferno. L’oscurità si diradava
lentamente mentre salivano, portando via con sé l’ansia e la sofferenza che
avevano sperimentato e lasciando loro un senso crescente di liberazione. Quando
arrivarono all’uscita, la luce del sole nascente li inondò completamente in
tutta la sua calda bellezza. Magornak si tuffò letteralmente in quel bagliore,
lasciando che i raggi dell’astro gli accarezzassero il volto. Il mondo di Luce.
Finalmente avrebbe potuto spenderci la sua esistenza, esattamente come gli
aveva promesso Sparda duemila anni prima. La sua missione era davvero conclusa.
Avrebbe ripreso a vegliare sulle Porte come aveva fatto fin dalla Notte dei
Tempi, ma ora poteva farlo lontano dal Buio infernale a cui sentiva di non
appartenere. Raggiunse Lady e Dante che avevano smesso di litigare e si erano
voltati a guardarli. La ragazza gli fece cenno di raggiungerla e lui le corse
incontro, lasciando che lei lo prendesse sotto braccio e gli scompigliasse i
capelli, ridendo.
Vergil invece arretrò nell’ombra, schermandosi gli occhi feriti dai raggi con
un braccio. Forse era troppo per lui, forse si era illuso di poter tornare a
vivere in quello splendore dopo tanto tempo passato nelle Tenebre. Forse lui
era davvero condannato a restare all’Inferno, anche se contro la sua volontà,
forse suo padre si era sbagliato, non poteva scegliere. Quel bianco lo accecava,
non poteva sopportarlo. Serrò le palpebre, cercando di arginare quella
sensazione di doloroso fastidio e scese istintivamente un altro gradino,
cercando riparo nel buio della torre. Le tenebre infernali lo chiamavano,
offrendogli suadenti il loro gelido conforto. Ma non era più quello che voleva.
All’improvviso qualcosa si frappose tra lui e la luce del sole, permettendogli
di riaprire gli occhi. Dante era in piedi davanti a lui e lo guardava con un
sorriso.
“Coraggio, Ver. Insieme possiamo fare tutto, ricordi?”lo esortò, tendendogli la
mano. Capiva quanto potesse essere difficile per Vergil compiere quel passo, ma
era necessario. Poi avrebbero potuto stare insieme per sempre e ottenere quella
felicità che il loro destino crudele aveva tante volte tentato di affogare nel
sangue.
Lui la guardò esitante. Doveva avere fiducia. Un nuovo mondo era pronto ad
accoglierlo. Doveva solo afferrare quella mano e lasciarsi trascinare. Il mondo
di sua madre. Il mondo per cui suo padre aveva dato molto più che la vita.
Allungò il braccio e le sue dita si intrecciarono saldamente con quelle del suo
gemello. Sarebbe andato fino in fondo questa volta, non avrebbe fallito
miseramente come era successo in passato. Perché quella era la sua strada. La
via della Luce, il sentiero di Sparda, la strada che avrebbe diviso con Dante
passo dopo passo.
La Luce li avvolse nuovamente mentre loro lasciavano una volta per tutte le
tenebre di Temen-Ni-Gru, mano nella mano. Non faceva più così male come prima,
constatò Vergil, non accecava più, anzi era quasi piacevole. Magornak e Lady si
erano già incamminati chiacchierando verso l’agenzia del cacciatore di demoni e
oramai non erano nulla di più di due sagome confuse nella luce dell’alba. I due
mezzi demoni si scambiarono uno sguardo complice e poi li seguirono stringendo
la presa l’uno sulle dita dell’altro. Forse quello non era proprio il loro
mondo, ma nessuno lo era data la loro natura a metà. Però erano certi che li
avrebbe accolti senza tentare di inghiottirli, qualunque cosa fosse successa.
Insieme potevano tutto, soprattutto ora che avevano accettato di vivere il loro
legame e di viversi senza limiti. E poi non sarebbero mai stati soli. Il potere
e la forza interiore di Sparda e l’anima luminosa di Eva rinascevano dentro di
loro, Oscurità e Luce insieme li avvolgevano senza più combattersi, ma
amandosi. L’Armonia possente del fragile Equilibrio che reggeva l’intero
Universo.
Buongiorno a tutti anche se ormai è
praticamente pomeriggio!
Eccomi qua a postare l’ultimo (già, non ci credo) capitolo. Lucifero, che
tristezza!! >.< Comunque, non mi dilungo tanto sul capitolo in sé perché voglio
fare un altro discorso…
Allora, capitolo che chiude la storia, nulla di speciale, era solo per tirare
un po’ le somme di quello che è avvenuto in generale e poi dovevo mettere la
frase ad effetto alla fine u.u Devo dire che la prima parte è anche la
festa dell’OOC xD Povero Ver, gli ho distrutto la reputazione facendogli dire a
Dante che anche lui è innamorato…Anche se teoricamente l’ha solo pensato,
quindi non è che l’ha proprio ammsso, e poco importa che Dan poteva leggergli
nella testa in quel momento! Tralasciando queste scuse idiote per
giustificarmi, volevo solo dire che ho deciso di mettere quella “dichiarazione”
perché mi sembrava il minimo per ricompensare gli sforzi di Dante e l’ho
tirato scemo parecchio xD Inoltre ho pensato che far chiedere scusa a Ver
direttamente sarebbe stato decisamente peggio, quello sì che andava fuori dal
personaggio! Altra cosa che mi sento in dovere di commentare è la maturità che
Magornak inaspettatamente assume. Non sono andata fuori dal mio personaggio, non pensatelo nemmeno! Non
sono così scema per fortuna! xD Solo
che volevo rimarcare il fatto che lui è cambiato con la scoperta del suo
passato anche se conserva tutti i suoi tratti di ingenuo cosmico come si vede
nella sua “domanda” xD
Bene, dopo il mio borbottio privo di senso
passiamo alla parte più seria del commento. Scrivere questa storia è stata una
bellissima esperienza e mi ha anche vagamente soddisfatta, cosa che non capita
quasi mai, anche se sono un po’ triste che sia finita. Ma tutte le storie hanno
una fine dopo tutto, noi nolenti o volenti! È stato bello poterla condividere
con tutti voi (sia chi ha recensito che chi l’ha seguita/preferita che chi si è
limitato a leggere nell’anonimato) e spero che sia stata un piacevole
passatempo anche per voi. Io amo scrivere e leggere, sono le mie passioni più
affezionate, e soprattutto adoro il potere che la letteratura ti dà, se non sul
mondo reale, almeno sui personaggi di cui racconti. Prendetemi per un’esaltata perché
lo sono ma questo è quello che provo quando scrivo. Per non citare il fatto
che per me ogni parola sulla carta è una via di fuga dalla realtà che spesso e
volentieri si fa troppo insopportabile, almeno per quanto mi riguarda.
Detto ciò, spero di rivedervi al mio
seguito in futuro! Grazie mille a tutti quanti, siete stati un pubblico
meraviglioso! Voglio citare un’ultima volta le mie recensitrici e sostenitrici
adorate, doc11, Rakelle, ninjiapiccina, HikariSama, BloodyWolf, Kuromi_, LadyVergil e Xeira_, che, chi più chi meno, mi hanno
sempre seguita e mi hanno dato il loro appoggio! Visto che è l’ultimo capitolo
voglio anche mettere tutti i nomi di chi ha seguito la storia senza commentare,
sperando di non dimenticare nessuno! Insomma, è il minimo che posso
fare!! Quindi un abbraccio a chi ha preferito/ricordato (BeyondUchiha, neik, nikkith, Pupa2009, ikarikun) e a chi ha seguito (davidemont, Mikachan, Mizzy, Ranchan, Sheilasparda, victormalfoy) questa storia!
E ora levo il disturbo definitivamente! Grazie a tutti della pazienza! Un bacio!
Alla prossima, se mai accadrà!!
La vostra pazza anima dannata che alla fine è rimasta chiusa dietro le Porte,