Crossed Times

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'alba del giorno dopo ***
Capitolo 2: *** Memorie Ritrovate ***
Capitolo 3: *** Finestre sul Passato ***
Capitolo 4: *** Piccole Speranze ***
Capitolo 5: *** Grandi Speranze ***
Capitolo 6: *** Piani di Viaggio ***
Capitolo 7: *** Hogwarts ***
Capitolo 8: *** Scontri ***
Capitolo 9: *** Spiragli di un Accordo ***
Capitolo 10: *** Colloquio Notturno ***
Capitolo 11: *** Benvenuto a Serpeverde ***
Capitolo 12: *** La Stanza del Prefetto ***
Capitolo 13: *** A Proposito di Quidditch ***
Capitolo 14: *** Serpeverde e Corvonero ***
Capitolo 15: *** Patroni ***
Capitolo 16: *** In Camera ***
Capitolo 17: *** Tradito ***
Capitolo 18: *** Punti di Vista ***
Capitolo 19: *** Quattro Giorni ***
Capitolo 20: *** Epiphanies ***
Capitolo 21: *** Tra Bolidi e Boccini ***
Capitolo 22: *** Nodi al Pettine ***
Capitolo 23: *** Potere e Non Potere ***
Capitolo 24: *** Capire ***
Capitolo 25: *** Futuro su Mezze Verità ***
Capitolo 26: *** Sconosciuto ***
Capitolo 27: *** Studio in Rosso e Verde ***



Capitolo 1
*** L'alba del giorno dopo ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 1/? (ne ho 10 finiti per ora)

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

A.N.: Non sapete da quanto tempo sogno di riuscire a scrivere questa storia, con questo pairing un po’ speciale (per non dire bizzarro), ma che contiene il mio personaggio preferito in assoluto: Tom Riddle. Perché quando non era ancora Voldemort, chi era? Beh, la mia idea è un po’ questa qua.

Spero esca fuori un buon lavoro, ho cercato di delineare i personaggi il più possibile In Character, ma se trovate che ci sia qualcosa che non va, in qualunque aspetto, non aspettate a dirmelo, anzi!

Ultimo avviso, questa storia è SLASH, relazione tra ragazzo/ragazzo, yaoi, come lo volete chiamare. Per cui, se ciò vi disturba questa fanfic non è per voi.

Infine, posso solo dirvi Buona Lettura! ^^

 

 

 

Capitolo 1.   L’Alba del Giorno Dopo

 

 

 

“Non mi sarei mai voluto trovare nella condizione di dire questo Professoressa, ma non so davvero cos’altro possiamo fare” sospirò stancamente Harry passandosi nervosamente una mano nella sua chioma disordinata.

 

Minerva McGranitt osservava con sguardo grave il giovane uomo seduto al tavolo sommerso da innumerevoli carte, in quello che una volta ricopriva esclusivamente il ruolo di ufficio del preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. La stanza infatti aveva subito diverse modifiche da quando, più di un anno prima, il ritratto di Albus Silente era stato appeso sui suoi muri circolari: la possente scrivania era scomparsa, lasciando posto a un ampio tavolo da lavoro posto nell’esatto centro e non c’era più traccia dei delicati strumenti di dubbia funzione che un tempo decoravano il luogo.

 

Al loro posto diverse librerie ricolme di spessi tomi erano state aggiunte e ai muri erano state appese diverse cartine della Gran Bretagna e del resto del mondo, segnate in alcuni punti con diversi colori. I ritratti dei precedenti presidi erano ancora allineati lungo le pareti e, come di consuetudine, la maggior parte sembrava addormentata, benché mancasse del tutto l’atmosfera pacifica che albergava un tempo. L’unica cosa che era rimasta nell’ufficio dalla precedente gestione era un trespolo in oro posto di fianco alla finestra, che nessuno aveva avuto né l’intenzione, né il coraggio di spostare.

 

Il ragazzo seduto al tavolo si allungò per recuperare alcuni fogli sparpagliati sul lato opposto, prima di immergersi nella loro ennesima rilettura con aria rassegnata.

 

La Preside sospirò e si portò di fronte alla finestra, sporgendosi lievemente per osservare il paesaggio. Osservando distrattamente il parco ai piedi del castello sarebbe sembrato che nulla fosse cambiato da qualche anno prima, ma ad occhi attenti, come solo quelli che chi prende parte ad una guerra può possedere, non sarebbe sfuggita la tendenza degli studenti a non allontanarsi troppo dall’edificio a discapito dell’enorme distesa di verde, così come la mancanza di passeggiatori solitari, sostituiti da gruppi compatti dall’aria nervosa.

 

Hogwarts dopo i tragici eventi che portarono alla morte di Albus Silente contro ogni aspettativa aveva riaperto i cancelli per ammettere quei pochi studenti che i genitori avevano ancora fiducia ad iscrivere. A Minerva rattristava tuttora constatare la quasi totale mancanza dei ragazzi che a quest’ora avrebbero terminato entro breve il loro settimo ed ultimo anno, tra chi aveva voluto dare una mano più concreta e chi purtroppo si era unito alle schiere nemiche.

 

Si voltò nuovamente verso uno dei più famosi rappresentanti di quel gruppo, che era ancora intento a studiare complicati fogli di pergamene.

 

“Harry, prenditi una pausa, sei qua da stamattina e per quanto tu possa affermare il contrario, sono sicura che non ti sia ancora ripreso del tutto dalla missione di recupero della spilla di Corvonero.”

 

Il moretto lasciò ricadere le carte sul tavolo e si strofinò stancamente gli occhi, sorridendo suo malgrado sentendo la nota di preoccupazione nella voce della sua ex insegnante. Dietro alla facciata severa nessuno poteva dire che Minerva McGranitt non tenesse ai suoi alunni.

 

A dispetto delle sue intenzioni di tenere le informazioni sugli Horcrux strettamente riservate, quando lui, Ron e Hermione si ritrovarono feriti e fortemente indeboliti dopo essere riusciti a recuperare la tazza di Tassorosso, ma senza ancora nessuna idea di come distruggere il pezzo d’anima che vi risiedeva all’interno, si erano ritrovati costretti a rivolgersi alla figura che più si avvicinava a ricoprire il ruolo di Silente. Senza il suo aiuto Harry non riusciva ad immaginare come avrebbero fatto ad arrivare fin a quel punto, con ciò che rimane di cinque dei sei Horcrux sparsi per il mondo custoditi in uno degli studi segreti di Grimmauld Place.

 

Cinque dei sei Horcrux.

 

Cinque, ma non sei.

 

L’ultimo infatti, nonostante le innumerevoli ricerche, non sembrava avere nessuna intenzione di essere scovato e da quando Nagini era stata uccisa in una battaglia tre mesi fa senza che si rivelasse essere nulla più che un comune serpente, non avevano nemmeno più indizi su dove cercare.

 

Harry alzò la testa per puntare i suoi occhi verdi sul ritratto del mago che fino all’anno scorso aveva costituito per lui un mentore e che, da quando era stato appeso alla parete, nessuno sapeva perché, non aveva pronunciato una sola parola, ne tanto meno dato segno che si trattasse di un dipinto magico, restando perfettamente immobile con gli occhi chiusi.

 

Sospirando stancamente si alzò e prese il mantello dallo schienale della sedia per sistemarselo sulle spalle. Come aveva deciso alla fine del suo sesto anno, non era tornato a frequentare Hogwarts, anche se il tempo che passava nella scuola quasi non era diminuito: da quando anche la preside era al corrente della loro ricerca, era molto più comodo usare il suo ufficio per pianificare ogni cosa che non la sede dell’Ordine, con il rischio di essere disturbati in ogni momento da uno di membri.

 

“Se non ci sono novità non penso che prima della prossima riunione dell’Ordine ci vedremo, Professoressa” disse Harry con un sorriso stanco.

 

La McGranitt annuì, aggiungendo poi con un debole sorriso: “Veda di essere riposato al nostro prossimo incontro Signor Potter, o non finirò più di sentire Poppy lamentarsi sul suo stato di salute. Come infermiera ha l’abitudine di incolpare la disattenzione degli insegnanti e sappiamo tutti che ha sempre avuto un debole per lei.”

 

Harry rise, con un ultimo saluto uscì dall’ufficio e percorse i corridoi fino alla biblioteca, non notando nemmeno gli sguardi d’ammirazione che gli venivano rivolti dagli studenti, tanto era abituato ad essere additato durante tutta la sua vita da Bambino Sopravvissuto. Non aiutava certo il fatto che la divisa da combattimento da Auror non fosse particolarmente adatta per confondersi tra le uniformi di Hogwarts.

 

Quando era partito per la caccia agli Horcrux dopo il matrimonio di Bill e Fleur non aveva preso in considerazione l’idea che la guerra non avrebbe certo aspettato lui per scoppiare. Quando seppe, dopo qualche mese, che gran parte dell’ES si era iscritta ad un corso speciale di addestramento, non riuscì più a sopportare l’idea di lasciare i suoi amici combattere da soli in un campo di battaglia mentre lui era chiuso in qualche biblioteca al sicuro a fare ricerche.

 

A quel tempo avevano già distrutto due frammenti dell’anima di Voldemort e lui e Ron decisero di iscriversi a loro volta lasciando per la durata dei sei mesi previsti che fosse Hermione a portare avanti le ricerche, facendole promettere che li avrebbe aspettati per qualunque missione pratica.

 

Il Ministero prese la palla al balzo, cercando di sfruttare il più possibile l’evento facendo sembrare che Harry stesse lavorando per loro. Arrivarono addirittura a nominarlo Generale delle Forze Armate Giovanili, il gruppo che si era iscritto all’addestramento e che ora era diventato un plotone a parte. Inizialmente Harry era stato furioso e aveva perfino fatto irruzione nell’ufficio di Scrimgeour per chiedere l’immediato ritiro del titolo, ma più avanti dovette ricredersi. Ricordava ancora le parole di Ron quando gli si era avvicinato dopo la loro prima vera battaglia, dove erano riusciti a respingere l’attacco dei Mangiamorte.

 

“Amico, sei stato davvero fantastico oggi e so che tanto non mi crederai, ma è merito tuo se abbiamo vinto. No, lasciami finire: per quanto tu odi essere visto come il salvatore del mondo magico, tutti si affidano a te ed anche noi, che combattiamo al tuo fianco, non possiamo fare a meno di prendere da te la forza e il coraggio. Perché guardiamo te e vediamo il nostro bagliore di speranza Harry, perché sei tu la nostra speranza.”

 

Così finito il corso Harry era tornato ad occuparsi degli Horcrux, ma rimanendo sempre pronto a scendere in prima linea alla prima chiamata. Ron d’altro canto affermava che la ricerca non era mai stata il suo forte e preferì restare a svolgere le missioni per l’Ordine affidategli da Moody, in attesa che gli altri componenti del Magico Trio scoprissero il nascondiglio del prossimo Horcrux.

 

Harry entrò nella biblioteca con un cenno del capo in segno di saluto a Madama Pince, per dirigersi verso gli ultimi tavoli di fianco alla sezione proibita, dove aveva appuntamento con una certa riccia, che trovò come al solito immersa in volumi più grandi di un dizionario bilingue.

 

“Qualche novità?”

 

La ragazza alzò la testa e, riconosciuto l’amico, gli rivolse un ampio sorriso.

 

“Harry! Non ti avevo sentito arrivare. Com’è andata con la McGranitt?”

 

Mentre Harry dava un breve resoconto dei progressi quasi nulli, Hermione si prese il tempo per osservare l’amico che era cambiato così tanto senza che lei nemmeno se ne accorgesse.

 

L’addestramento aveva rimediato a quello che anni di maltrattamenti da parte dei Dursley avevano causato, riempiendo con muscoli ben definiti ciò che prima era solo pelle e ossa. La divisa in pelle di drago naturalmente non faceva che aiutare a mettere in risalto tutto ciò, non che Harry se ne curasse particolarmente. I capelli neri erano più spettinati del solito, segno di tutte le volte che vi aveva passato le dita attraverso nervosamente e, sebbene non ne diminuissero la lucentezza, si potevano vedere due ampie occhiaia contornare gli occhi verde smeraldo.

 

“Harry, Poppy ha ragione, dovresti riposare di più” disse la riccia guardandolo critica.

 

Harry alzò gli occhi al cielo con fare esasperato.

 

“Quando la smetterete di ripetermelo? Penso che ci siano cose più serie di cui preoccuparsi di quante ore dorma la notte. Piuttosto, cosa stavi guardando prima che arrivassi?”

 

Hermione si accorse del tentativo di evitare il discorso, ma per questa volta decise di soprassedere, prendendo invece in mano il vecchio tomo che aveva di fronte e girandolo in modo che anche Harry potesse vedere.

 

“Guarda un po’ qua. Questo è uno degli annuari di Hogwarts, non sapevo nemmeno che esistessero, a quanto pare era una tradizione che si è persa negli anni. Non so neanche come lo abbia trovato, ma osserva bene questa pagina, dall’anno 1948.”

 

Harry si sporse un po’ per vedere meglio la pagina ingiallita dal tempo: le fotografie erano in bianco e nero e i volti pettinati secondo la moda dell’epoca sembravano muoversi a scatti. Le divise avevano uno stile più austero e lo stemma era leggermente più grande, ma non fu nessuno di questi particolari ad attirare l’attenzione di Harry, poiché in alto a sinistra vi era la foto di un ragazzo a lui fin troppo noto.

 

Il bianco e nero accentuava ancora di più il contrasto tra la pelle pallida e i capelli neri che ricadevano sulla fronte elegantemente pettinati. Portava la cravatta perfettamente annodata e sulla divisa spiccava il serpente dello stemma della sua Casa. Lo sguardo di Harry tornò a posarsi sugli occhi che, se solo fosse stata una foto a colori, era certo avrebbero brillato di un bagliore rossastro. Sotto l’immagine la didascalia recitava:

 

Tom Orvoloson Riddle

 

“È Voldemort…” sussurrò.

 

“Già, Voldemort quando aveva ancora sedici anni se i miei calcoli sono esatti. Fa impressione vero? Ogni tanto mi dimentico che anche lui è stato un semplice essere umano come tutti noi. Con la gente che si ostina ancora a chiamarlo Tu-Sai-Chi poi…” tralasciò alzando gli occhi al cielo, “in ogni caso, non è per questo che te l’ho mostrato, osserva bene la sua mano.”

 

Harry ubbidì, non avendo nemmeno notato che Riddle aveva un gomito appoggiato al bracciolo della sedia e faceva girare con aria annoiata la propria bacchetta tra le dita. Strizzando un po’ gli occhi però, si notava un particolare significativo, proprio sul dito medio.

 

“Indossa già l’anello dei Gaunt” constatò Harry.

 

Hermione annuì, “E da quello che mi hai raccontato delle tue lezioni con Silente, Tom Riddle lo prese a Morfin nell’estate tra il quinto e sesto anno, per poi chiedere informazioni a Lumacorno sugli Horcrux nel viaggio in treno per arrivare ad Hogwarts” ora aveva cominciato a parlare con una nota d’eccitazione nella voce,  “è importante che tu ti ricordi: quando hai visto Tom Riddle nella Camera dei Segreti, aveva all’incirca sedici anni?

 

Harry non riusciva a capire dove potesse andare a parare quel discorso, ma cercò di fare mente locale su quell’episodio di quasi cinque anni fa.

 

“Si, mi sembra di si all’incirca.”

 

Hermione si alzò in piedi di scatto in un gesto che tratteneva a stento il suo entusiasmo.

 

“Oh, Harry! Forse allora… devo solo controllare, ma se fosse…” farfugliava mentre metteva a posto i libri.

 

Harry era sempre più confuso.

 

“Ehm, Herm? Esattamente cosa hai capito?”

 

“Non sono sicura… potrei anche non trovare nulla…fammi solo controllare…” finì di impilare i libri e sistemarli nella borsa che si mise a tracolla di tutta fretta.

 

“Ehi Herm, aspetta!” le urlò l’amico ancora spaesato.

 

La riccia si fermò ricordandosi di non essere sola e con un sorriso eccitato esclamò: “Forse ci siamo Harry! Forse ci siamo! Devo solo vedere se la mia teoria è esatta. Ci vediamo stasera al Quartier Generale, ti spiegherò tutto, promesso!” E con questo scappò via dalla biblioteca lasciando un Harry attonito con Madama Pince che lo guardava con rimprovero per tutto il baccano creato.

 

 

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Capitolo 2
*** Memorie Ritrovate ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 2/? (ne ho 11 finiti per ora)

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna LoveGood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

A.N.: ringrazio di cuore Zafirya, MORFEa e RowanMayFlower per aver lasciato il proprio commento (e avermi dato tanto appoggio, grazie davvero!). Questo è il secondo capitolo e spero vivamente che sia all’altezza (anche se purtroppo per Tom in persona bisognerà aspettare ancora un po’), in ogni caso ho aspettato di aver scritto una decina di capitoli prima di pubblicarla, così da evitare che gli aggiornamenti (che sto tentando di fare ogni settimana) non debbano ritardare troppo.

Beh, ancora: Buona lettura! ^^

 

 

 

Capitolo 2.   Memorie Ritrovate

 

 

 

“Mmh… Molly, stasera hai davvero superato te stessa, queste sono le migliori polpette che abbia mai mangiato. E detto da chi gusta la tua cucina da così tanti anni è qualcosa!” esclamò il Sig. Weasley tra un boccone e l’altro.

 

La tavola nella cucina di Grimmaul Place fu percorsa da mugugni di assenso mentre tutti assaporavano i deliziosi piatti della matrona di casa Weasley, che per l’Ordine era diventata come una mamma comune.

 

La donna in questione si limitò a liquidare il complimento con un modesto ‘il piacere è mio’ prima di rivolgersi al suo primogenito: “Charlie, mi fai il favore di prendere altro succo di zucca? Credo ne sia rimasta ancora qualche bottiglia in dispensa.”

 

Harry si spostò leggermente per fare spazio a Charlie, masticando anche lui con gusto. “Ron farà un salto dopo cena o Shackbolt ha intenzione di fargli finire di nuovo tutta la burocrazia arretrata?” chiese poi con un ghigno divertito.

 

Tonks ridacchiò piano, mentre Moody rispose con un grugnito “Quella volta se l’era meritato, l’incosciente. Sparare schiantesimi alla cieca in quel modo… Auror migliori hanno perso un pezzo di naso per cose del genere!”

 

“Oh, suvvia Moody, ha solo diciassette anni. Sei mesi di addestramento difficilmente trasformano un ragazzo in un veterano,” replicò Lupin pacato, “ma sono tempi duri questi, ogni aiuto si dimostra indispensabile.”

 

Altri versi d’assenso vennero seguiti da un lungo silenzio, finché il Sig. Weasley, dopo aver inghiottito un altro boccone di polpette, si rivolse ad Harry: “In ogni caso non credo che Ron ce la farà ad arrivare, da quello che mi ha detto non avevano ancora finito il sopralluogo dell’ultimo attacco a Delvery.”

 

“Quel ragazzo lavora troppo, ecco cos’è” disse la Sig. Weasley mentre serviva l’insalata, “oh, ma quando arriva mi sente, il signorino. Fare così tardi a diciassette anni, roba da matti!”

 

Qualcuno al tavolo rabbrividì ringraziando il cielo di non essere nei panni di Ron in quel momento.

 

“Harry, dov’è Hermione? È tutto il giorno che non la vedo. Si è di nuovo chiusa in biblioteca?” chiese Remus.

 

“No, no, sono andato a chiamarla prima per la cena ed era nella sua stanza. Ha detto di aver già mangiato, ma era ancora china sui libri, si.”

 

Molly corrugò la fronte, “non può certo farle bene tutto ciò” borbottò.

 

“Molly, cara, tu ti preoccupi troppo. Sono abbastanza grandi per poter pensare a loro stessi.” rispose il Sig. Weasley.

 

La cena continuò intervallata da chiacchiere varie e silenzi per godersi il cibo squisito fino a che, quando ormai si era arrivati al caffè, una trafelata Hermione fece il suo ingresso sulla porta chiamando a gran voce: “Harry!”

 

Il moretto in questione si voltò con sguardo interrogativo.

 

“Vieni, presto!” lo incitò ancora lei.

 

“Hermione cara, sicura di non avere fame? Puoi mangiare qualcosa nel frattempo che Harry finisce il suo caffè” le disse Molly con un sorriso bonario.

 

“No, ma grazie Signora Weasley” rispose lei prima di tornare a guardare Harry con un’aria impaziente, “Harry, ricordi quello di cui abbiamo parlato in biblioteca? Ti dovrei mostrare una cosa al riguardo…”

 

Il ragazzo sospirò e abbandonò il suo caffè su un tavolino per stare dietro alla riccia e, dopo aver salutato tutti, la seguì su per le scale, fino alla sua camera.

 

Entrando si sedette sul letto, mentre l’amica si diresse verso la scrivania, raccogliendo alcune carte e spostando grossi volumi, lasciando scoperto un piccolo libricino che sembrava quasi insulso visto di fianco ai grandi tomi rilegati in pelle che facevano bella mostra di se sulla scrivania. Malgrado tutto ciò Harry si avvicinò sospettoso senza staccare gli occhi dall’oggetto e, prendendolo cautamente in mano, lo studiò per qualche secondo, vedendo i suoi peggiori timori avverarsi.

 

“Dio mio Herm, ma questo… perché diavolo è ancora intatto? Pensavo di averlo distrutto!” domandò con una nota rabbiosa nella voce, lasciando cadere il diario sulla scrivania come se ne fosse stato scottato.

 

Hermione si voltò ma non rispose subito, anzi, guardava Harry mordendosi leggermente il labbro, come se avesse paura della reazione che avrebbero potuto causare le sue prossime parole.

 

“Lo hai distrutto, si, o almeno, hai distrutto l’Horcrux che conteneva. Ricordi vero che cosa ne fu del diario?”

 

Harry si sforzò un attimo di ricordare quello che era successo solo qualche anno prima, ma che sembrava appartenere ad una vita precedente.

 

“L’ho lanciato a Malfoy con il mio calzino in mano, perché liberasse Dobby. Ma centra, come fai ad averlo tu ora? E perché non mi hai detto niente?”

 

La ragazza sospirò. “Non è in mio possesso da molto, solo qualche mese… vedi, quando Ron decise di rimanere tra gli Auror, beh, non avevo tante occasioni per vederlo, quindi andavo a trovarlo ogni tanto. Un giorno siamo scesi nel magazzino degli oggetti confiscati per…ehm, chiacchierare.” per qualche motivo era diventata completamente rossa a queste parole. “Comunque, c’era un intero reparto dedicato a ciò che fu rinvenuto nel Maniero dei Malfoy quando Lucius fu sbattuto ad Azkaban. Immagina la mia sorpresa quando riconobbi tra il mucchio il vecchio diario di Voldemort integro, senza una singola traccia del buco causato dalla zanna del basilisco… beh, non potevo proprio lasciarlo lì.”

 

Harry era rimasto ad ascoltare continuando a guardare il libricino in cagnesco. “Herm, ma ti rendi conto, potrebbe avere chissà quali maledizioni! E tu lo hai tenuto tutto questo tempo senza dirmi nulla!”

 

“L’ho controllato, naturalmente! Non ho nessuna intenzione di correre rischi inutili, non in tempi come questi. Credimi Harry, ora non è altro che un semplice diario, nessuna traccia di magia è contenuta tra le sue pagine. Sembra che Malfoy abbia tentato di restaurarlo e ci sia riuscito in gran parte anche se ci sono ancora delle parti mancanti o completamente illeggibili. Comprensibile, avendo avuto una zanna conficcata nel mezzo.”

 

Il diario fu ripreso dalle mani del moro, che ne aprì la copertina trovandovi la stessa semplice scritta di tanti anni prima: T. M. Riddle

 

“Non mi piace, ma se ti è servito a scoprire qualcosa, tanto meglio. A cosa servivano tutte quelle domande in biblioteca?”

 

A Hermione si illuminarono gli occhi mentre si avvicinava e gli prendeva il libricino dalle mani, aprendolo e sfogliandone le pagine che, Harry notò sorpreso, non erano vuote ma riempite di fitte scritte in un’elegante calligrafia.

 

“Quando lo portai qui mi accorsi che tutte le scritte che la magia aveva tenute nascoste erano apparse e non riuscii a trattenermi dal leggerlo. Ammetto che fa uno strano effetto leggere i pensieri di Voldemort a sedici anni… comunque, quello che volevo farti vedere è che verso la fine ci sono alcune pagine che parlano degli Horcrux! Cioè, non li chiama per nome, penso per paura che qualcuno lo potesse leggere, ma sono sicura che si riferisca a loro.”

 

Mentre la riccia sfogliava febbrilmente le pagine alla ricerca di quella giusta, Harry stava combattendo un’agguerrita battaglia interiore: una parte di lui voleva solo bruciare quel diario e sotterrarne le ceneri il più profondamente possibile, ma un’altra parte fremeva all’idea che ci potessero essere informazioni utili alla scoperta dell’ultimo Horcrux. Una terza parte stranamente, si sentiva leggermente a disagio nell’invadere in quel modo la privacy di un’altra persona, anche se si trattava di Voldemort.

 

“Ti ho chiesto se il ricordo di Riddle aveva sedici anni per essere sicura: come ho detto non parla esplicitamente di Horcrux, li chiama solo “Frammenti”, ma se questo diario è davvero quello del suo sesto anno è altamente probabile che stesse solo usando un codice per evitare che occhi indiscreti potessero leggere i suoi piani. In ogni caso, guarda, guarda qua! C’è un incantesimo per localizzare gli Horcrux!” disse Hermione eccitata indicando una delle ultime pagine.

 

Harry fu subito al suo fianco osservando i fogli ingialliti del diario, dove si leggeva in cima alla pagina Rintracciare Frammenti smarriti.

 

“Si, so che metà della pagina è illeggibile, ma con un po’ di lavoro penso che io e la McGranitt riusciremo a cavarne fuori qualcosa…” aggiunse in fretta la riccia.

 

Il moretto però stava leggendo esitante la procedura dell’incantesimo che sembrava includere anche una pozione nel suo processo ed era già arrivato alla fine quando si accorse di quello che aveva detto l’amica.

 

“Cosa scusa? Cosa c’è di illeggibile?” chiese perplesso.

 

“Come cosa c’è di illeggibile, metà della pagina è completamente rovinata, è solo un susseguirsi di strane linee e onde, probabilmente a causa del veleno del basilisco.”

 

Harry tornò ad osservare la pagina senza vedere altro che la calligrafia nitida ed elegante di prima. “Herm, ti sbagli, sotto c’è una semplice lista di ingredienti e la procedura per preparare una pozione, che se posso dire sembra anche dannatamente complicata.”

 

La ragazza corrugò le sopraciglia. “Ma come...? Oh! Ma certo! Che stupida, naturalmente! Non sono onde casuali, è Serpentese!” esclamò meravigliata.

 

Harry sgranò gli occhi e passò due dita delicatamente sulla superficie ruvida della pergamena, quasi come se quel gesto potesse rivelare i segni di cui l’amica parlava, ma per quanto si sforzasse non riusciva a vedere nient’altro che semplice parole. Eppure era lì, proprio davanti ai suoi occhi, quello che poteva essere il miracolo che aveva rinunciato a sperare che arrivasse, la soluzione al loro problema più grande. A stento riusciva a crederci.

 

“Devi assolutamente trascrivere in inglese la procedura, così possiamo subito portarlo domani alla McGranitt.” E con questo si misero al lavoro.

 

Dopo poco meno di un’ora e qualche problema da parte Harry che ogni tanto nel trascrivere passava al serpentese senza accorgersene, le istruzioni per il rito erano state messe nero su bianco in un linguaggio noto anche al resto del mondo. Hermione si era subito dedicata allo studio del complicato rituale, mentre Harry si era sdraiato sul letto, sfogliando casualmente le pagine del diario, sempre più curioso. Ogni tanto si fermava addirittura a leggere alcuni brani.

 

 

17 Settembre 1947

 

Avery si è fatta mettere di nuovo in punizione per aver attaccato due Tassorosso che tornavano dalla lezione di Divinazione. Deve davvero smetterla di agire così d’impulso, nemmeno fosse una sbandata Grifondoro. Non è così che si comporta un Serpeverde, non si abbasserebbe mai ad attaccare due insulsi Tassorosso, o almeno se lo facesse, troverebbe anche il modo di non farsi beccare. Appena torna ne sentirà quattro dal sottoscritto, parola mia.

 

 

Nel leggere questo Harry quasi scoppiò a ridere, pensando a cosa direbbe adesso Tom Riddle vedendo persone come Malfoy che hanno passato la loro vita a Hogwarts bullando chi gli pareva senza preoccuparsi certo dell’etichetta Serpeverde. Decise di saltare un po’ di pagine e andare un po’ più avanti.

 

 

3 Gennaio 1948

 

Non lo sopporto più Silente! Non lo sopporto! Sempre convinto di sapere tutto su tutti, sempre convinto di essere nel giusto, con quel suo atteggiamento da buon samaritano. Da bravo, aiuta i tuoi cari Grifondoro: gli unici per cui ne vale la pena, giusto? Gli altri non sono niente. “Silente è un grande mago”, certo, come no! Beh ditemi, dov’è Silente quando ogni anno vengo spedito in quell’inferno di orfanotrofio dove ho dovuto passare i primi undici anni di vita? No, Silente sa solo guardarmi con diffidenza e compassione e io non lascio che nessuno mi compatisca, non me, l’erede di Salazar Serpeverde! Quegli occhi, in cui leggo le stesse emozioni che leggevo in quelli di mio padre: anche lui è convinto che io sia un mostro ingrato che non vale niente, un’anomalia del genere umano. Beh, gliela farò vedere, come l’ho fatta vedere a mio padre: non aveva più nulla di tutto ciò nello sguardo quando era ad un passo dalla mor-

 

 

Harry chiuse il diario di scatto, scosso da ciò che aveva letto e combattuto tra la rabbia di sentir parlare male di Silente e un’altra emozione che non riusciva bene ad identificare. Voldemort a sedici anni parlava dell’omicidio di suo padre quasi con soddisfazione ed era qualcosa che lo faceva letteralmente rabbrividire. Lasciò il libricino sul letto e si stiracchiò: per quella sera di emozioni ne aveva avute abbastanza.

 

“Penso che andrò a letto Herm, domani andiamo dalla McGranitt subito dopo pranzo, d’accordo?”

 

“Si, si, d’accordo” fu la risposta sbrigativa che ricevette da un’Hermione ancora intenta a studiare. Era già sulla porta quando la voce dell’amica lo fermò “Ah, prendilo il diario, quello che potevo leggere, io l’ho già letto.”

 

Harry rimase un attimo fermo incerto sul da farsi, ma alla fine si chinò e raccolse l’oggetto in questione per poi dare la buona notte.

 

Mentre camminava verso la sua stanza non riusciva a togliersi dalla mente le parole lette nel diario.

 

dov’è Silente quando ogni anno vengo spedito in quell’inferno di orfanotrofio dove ho dovuto passare i primi undici anni di vita?… anche lui è convinto che io sia un mostro ingrato che non vale niente, un’anomalia del genere umano…

 

Cosa poteva aver generato un simile odio nei confronti del suo professore? Ma soprattutto… come mai quelle parole sembravano raccontare una storia così simile alla sua stessa vita?

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Capitolo 3
*** Finestre sul Passato ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 3/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

A.N.: Azione? Beh, prossimo capitolo, lo giuro XD. Mi scuso per il ritardo, ma martedì e mercoledì ero in vacanza a prendere il sole, quindi non sono riuscita ad aggiornare ^^”. L’estate sarà problematica, visto che starò per molto tempo senza un computer a portata di mano, quindi non spaventatevi se i nuovi capitoli ci metteranno un po’ a comparire, non è che la storia si è interrotta… sono io a Londra per tre settimane  :P

P.S.: le risposte alle recensioni sono in fondo al capitolo.

 

 

 

Capitolo 3.   Finestre sul Passato

 

 

 

“Che dice Professoressa, pensa che possa funzionare?” chiese Harry speranzoso.

 

La McGranitt stava ancora studiando l’incantesimo con la fronte leggermente corrugata ma, quando alzò la testa, i suoi occhi avevano una scintilla animata nello sguardo: “Si, possiamo provare. Certo, un incantesimo che con tutta probabilità è stato inventato dallo stesso Voldemort comporta sicuramente dei rischi, ma è la nostra migliore possibilità di successo.”

 

Hermione tirò un sospiro di sollievo, stiracchiandosi piano sullo schienale della sedia.

“Professoressa, per la pozione dovremmo chiamare in causa Lumacorno, ma come lo convinciamo ad aiutarci senza spiegarli a cosa serve?”

 

“Non penso che sarà un problema se a chiederglielo sarà il Bambino-Che-È-Sopravvissuto e quella che era la studentessa migliore del suo corso” rispose Harry. Hermione sembrava indecisa se arrossire o essere compiaciuta.

 

“D’accordo, d’accordo. Professoressa, vado a parlare subito col professor Lumacorno, così possiamo metterci al lavoro immediatamente. Harry, tu trova un posto comodo e riposati, Dio solo sa cosa potrebbe succedere se ti avvicinassi al calderone.”

 

“Ehi!” esclamò Harry indignato.

 

La McGranitt sorrise allo scambio di battute e lasciò I suoi due ex-studenti liberi di andare.

 

Fuori dall’ufficio i due amici si separarono, Hermione diretta verso i sotterranei ed Harry verso il settimo piano. Arrivato davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo, il moretto camminò tre volte davanti al muro di fronte e magicamente una porta comparve davanti ai suoi occhi. Girò il pomello ed entrò, dando un’occhiata d’apprezzamento alla stanza.

 

 ‘Mhm, niente male’ pensò osservandosi intorno. Aveva pensato ad un luogo accogliente dove potersi rilassare e il risultato era una stanza molto simile alla Sala Comune di Grifondoro: un divanetto e due poltrone erano sistemati intorno ad un camino in cui scoppiettava allegro il fuoco, un tavolo da lavoro era posto al centro della sala, con un vassoio di frutta per un eventuale spuntino e in fondo a sinistra un letto a baldacchino esattamente uguale a quello del suo dormitorio era adagiato contro la parete.

 

Harry optò per il divano davanti al fuoco e sedendosi aprì la borsa, intenzionato a rivedere la cartina degli ultimi attacchi da parte dei Mangiamorte. Non appena ebbe rovesciato il contenuto sul tavolo però, a catturare la sua attenzione fu il diario di Tom Riddle, che sinceramente non ricordava nemmeno di aver infilato nello zaino. Rimase ad osservarlo per alcuni secondi prima di decidersi e raccoglierlo cautamente, sdraiandosi a pancia in su e cominciando a sfogliarne le pagine come aveva fatto la sera prima.

 

 

11 Ottobre 1947

 

Da quando Heidi Rosier e Rudolf Lestrange si sono messi insieme non si riesce più a stare in Sala Comune senza farsi venire il voltastomaco. Per l’amor del cielo, che si diano un contegno! Due purosangue che si comportano in maniera così indecente sono una vergogna per la loro stessa classe. Se fosse solo attrazione fisica potrei anche capire, ma quei due passano le giornate a giurarsi amore eterno. Sciocchi, l’amore è un sentimento senza alcun valore. L’amore è una debolezza, un virus che trasforma anche l’uomo migliore in uno straccio senza volontà propria. Non vale la pena rovinarsi per amore. Non vale la pena amare.

Per il  comune senso del pudore e la salute di tutti i due piccioncini dovrebbero capire che nessuno vuole assistere alle loro scenette.

Beh, a parte Black, lui continua a chiedere se può unirsi a loro, ma quello è un caso senza speranza.

 

 

Harry non sapeva se ridere o meno. Il pensiero di avere Voldemort così indispettito da una cosa così frivola come due compagni di casa che pomiciavano in Sala Comune era esilarante. Quel ragazzo poi – da quando aveva cominciato a pensarlo come ragazzo? – era davvero fissato con i costumi e l’etichetta appropriati.

 

Il discorso sull’amore invece lo rattristava leggermente e gli induceva un sentimento quasi di compassione per il futuro Signore Oscuro. Una vita senza sapere né amare né che cosa vuol dire essere amati doveva essere una vita davvero vuota. Non vale la pena amare. Cosa sarebbe successo se solo Tom Riddle avesse avuto l’amore di una famiglia alle spalle? Forse, solo forse, non sarebbe finito in questo modo.

 

Le ultime righe invece stavano seriamente facendo scoppiare a ridere il moretto. Black? Possibile che si trattasse del padre di Sirius? Rudolf Lestrange era sicuramente il padre del marito di Bellatrix.

 

Continua a chiedere se può unirsi a loro…era semplicemente troppo ridicolo pensare a come il marito della strillante Signora Black potesse essere stato un rampante adolescente in preda agli ormoni. Quello che un po’ sconcertava Harry era come fosse possibile che Riddle fosse tanto indignato di due compagni che limonano in pubblico e parlare con tono quasi divertito di uno che vorrebbe organizzare una cosa a tre in Sala Comune. Che lui e questo Black fossero amici? No, impossibile, Voldemort non ha mai avuto amici.

 

Ancora ridacchiando un po’ Harry continuò a sfogliare le pagine, fino a che una non catturò la sua attenzione.

 

 

22 Gennaio 1947

 

È strano, continuo ad avere l’impressione che ci sia qualcosa che mi sfugge, come se avessi dimenticato qualcosa di importante. Sono solo dei momenti, attimi che passano come sono venuti, ma non di meno strani. L’altro giorno per esempio, non so come ma mi ritrovai al campo di Quidditch durante gli allenamenti della squadra di Serpeverde. Beh, io ho sempre detestato il Quidditch, un’enorme perdita di tempo a mio parere. E poi davvero, non vedo dove sita il divertimento nel rincorrere palline e farsi schiantare da bolidi: per questo non l’ho mai seguito. È stata legittima quindi la mia sorpresa quando non solo riconobbi tutte le mosse e le azioni, ma trovai addirittura piacevole seguirle! Non capisco come sia possibile, ma c’è qualcosa di anomalo, ne sono certo. Inoltre quando il cercatore scese in picchiata per rincorrere il boccino, per un attimo mi sembrò che la sua divisa diventasse nera e oro al posto del solito verde, ma appena riguardai non vidi proprio nulla di diverso…

 

 

Harry sinceramente non sapeva cosa pensare a queste pagine, se non sentirsi leggermente offeso per gli insulti al suo amato sport. Per il resto, che Voldemort stesse cominciando a diventare pazzo già a sedici anni? Per quel che ne sapeva era anche possibile. Decise di passare ad un’altra pagina, appena qualche giorno dopo.

 

 

28 Gennaio 1947

 

Ieri sera ho fatto di nuovo uno di quei sogni, ma come sempre alla mattina non ricordavo quasi nulla, per cui non so esattamente in cosa consistesse. So che c’è sempre qualcuno, qualcuno che conosco, ma non ricordo chi sia, e non riuscire a ricordare nemmeno che aspetto abbia non aiuta. Mi sembra di impazzire in questi giorni. Quando passo vicino ad alcune parti del castello ho la sensazione di esserci già stato e aver fatto qualcosa di preciso, ma so per certo che nulla di simile sia mai successo. In più Nagini continua a chiedermi dove sia “quello Verde”, ma non ho la più pallida idea di che cosa stia parlando, e quando le chiedo spiegazioni si rifiuta di dire una parola.

 

 

Di quanto stesse andando fuori di testa Voldemort ad Harry non gliene fregava nulla, però rimase sorpreso di sapere che già a quell’età possedeva il suo fidato serpente. Chissà come doveva essere da piccola Nagini. A proposito, ma quanti anni avrà avuto quell’animale? Dovevano essere stati più di cinquanta, ma era normale che un serpente vivesse tanto a lungo? Avrebbe dovuto controllare se per caso i serpenti magici fossero più longevi di quelli normali. Per qualche motivo cominciava a pensare che non sarebbe stato male comprarsene uno, in fondo non aveva nessun’altra occasione per esercitarsi un po’ con il Serpentese.

 

Andò verso la seconda metà del diario, notando che non vi erano più accenni a quegli strani episodi di pazzia.

 

 

14 Marzo 1948

 

Questa mattina mi sono svegliato con una ragazza nel mio letto. Non so cosa lei si aspettasse, ma si è messa a piangere quando l’ho sbattuta fuori. Idiota.

So di essere attraente e che gran parte della scuola non vedrebbe l’ora di infilarsi nei miei pantaloni (ormai ho perso il conto di tutte le volte che Black mi ha chiesto di andare a letto con lui) e qualcuno viene anche accontentato ogni tanto, ma la storia finisce lì. Alden Principe, il fratello di Eileen che è a Corvonero, dice di amarmi, lo dice da due anni ormai, e continua a chiedermi perché io non gli creda.

Gli credo. Ma non riesco a capirlo. È vero, disprezzo l’amore in tutte le sue forme, ma la verità è anche che non so cosa significa.

 

 

‘Questo è decisamente triste’ pensò Harry finendo di leggere. Sapeva di star quasi simpatizzando per Voldemort, ma non riusciva a non provare compassione per lui. “Un potere a lui sconosciuto” così diceva la profezia e Silente aveva detto che questo fantomatico potere fosse proprio l’amore. Mai come prima Harry credette alle parole del suo vecchio preside.

 

Ancora una volta compariva il nome Black e di nuovo in un contesto assai poco dignitoso. Soprattutto però a Harry scioccava il fatto che il futuro Signor Black, un uomo (o ragazzo), avesse chiesto di fare sesso a Tom Riddle. E Riddle non sembrava esserne minimamente turbato. Non che Harry avesse qualcosa contro i gay, sia chiaro, però per qualche motivo aveva sempre pensato a Voldemort come un bigotto, fanatico del sangue puro (da bravo ipocrita) e di solito tutti i Purosangue sono fissati col dover mettere al mondo un erede, cosa che due uomini non possono certo fare. O si? No, quella era una linea di pensiero che non voleva minimamente sviluppare, il solo concetto era decisamente sconcertante.

 

Si divertì però ad immaginarsi Malfoy con un pancione enorme che si lamentava di quanto fosse ingrassato e di come gli facessero male le caviglie. Harry scoppiò a ridere: ecco, quella sarebbe stata una punizione adeguata per quel bastardo.

 

Tornando al diario, si soffermò sul nome Alden Principe, che Riddle aveva detto essere fratello di Eileen. A quanto pareva Eileen Principe, la madre di Piton, andava a scuola ai tempi di Tom Riddle. Al pensiero dell’ odiato professore ad Harry cominciarono a tremare i pugni per la rabbia. Quel sudicio traditore…

 

Dopo i funerali di Silente, Piton aveva contattato nuovamente l’Ordine chiedendo un incontro. Non c’era bisogno di dire che se Harry l’avesse rivisto anche solo per un istante l’avrebbe ucciso con le sue stesse mani, ma con una riunione straordinaria si decise almeno di sentire cosa avesse da dire. Quando arrivò aveva metà dei membri che lo tenevano a tiro di bacchetta, ma con una faccia impassibile dichiarò di voler essere interrogato sotto Veritaserum sulla morte di Silente. Harry al ricordo fremeva ancora di rabbia: quel verme aveva anche avuto la faccia tosta di ripresentarsi parlando di Silente. Se Remus non lo avesse trattenuto…

 

In ogni caso quando venne interrogato cominciò a dire un sacco di cretinate su come era stato obbligato a fare un Voto Infrangibile per proteggere Malfoy e per questo costretto ad uccidere Silente o sarebbe morto. Molti obbiettarono che sarebbe dovuto morire piuttosto che uccidere il Preside, ma Piton affermò di essere stato dello stesso identico avviso, e che fu Silente stesso a chiedergli di ucciderlo se le cose fossero andate male. A quel punto Harry dovette uscire dalla stanza per non saltare addosso al suo ex professore e spaccargli letteralmente la faccia.

 

Quel che è peggio fu che l’Ordine credette a tutte quelle stronzate e addirittura spedirono il verbale dell’interrogazione al Ministero per far si che tutte le accuse su di lui fossero sollevate! Naturalmente Harry diede di matto e ci volle l’aiuto combinato di Ron, Hermione e Remus per calmarlo, quando già aveva distrutto tutte le finestre della cucina in un’esplosione di magia accidentale.

 

Non gli importava niente se Remus sosteneva che non si poteva mentire sotto Veritaserum, probabilmente Piton si era fatto dare un antidoto da Voldemort o qualcosa di simile! Quel bastardo stava mentendo e nessuno sembrava voler fare nulla. Era l’assassino di Silente per l’amor di Dio! Ma niente, tutto quello che Harry sosteneva veniva accantonato come il frutto del cattivo sangue che era sempre scorso tra lui e Piton e non c’era altro da fare se non rassegnarsi.

 

Sospirando, il moretto cercò di darsi una calmata e aprì di nuovo il diario, questa volta prendendo una delle ultime pagine, dove vi erano scritte solo poche righe.

 

 

29 Maggio 1948

 

Tra meno di una settimana la scuola sarà finita. Non voglio tornare all’orfanotrofio, non voglio metterci più piede in quel posto. Ho scritto una lettera a Dippet per convincerlo a farmi rimanere ad Hogwarts per l’estate. Voglio rimanere qui, questa è la mia casa, Hogwarts è la mia casa. Mi ha convocato nel suo ufficio, spero che quest’anno la risposta sarà diversa rispetto a tutti gli anni precedenti.

 

 

Quelle parole lasciarono Harry leggermente scosso. Questo era esattamente quello che lui stesso aveva pensato più e più volte alla fine di ogni anno, prima di dover essere spedito dai Dursley, e il fatto che i suoi pensieri fossero così simili a quelli di Voldemort nella sua giovinezza lo turbava non poco. Anche lui considerava Hogwarts casa sua e non aveva mai provato alcun piacere nel tornare ogni anno dai Dursley, rendendolo forse l’unico in tutta la scuola ad odiare le vacanze estive.

 

Si ritrovò a pensare a come doveva essere stata per Riddle la vita in orfanotrofio. Come si viveva in un posto del genere? Era possibile che la sua infanzia fosse stata tanto infelice, se non di più di, quanto quella che Harry aveva passato insieme ai Dursley? Che fosse questo uno dei motivi che fecero scaturire l’odio malsano di Voldemort in confronto ai Babbani?

 

Harry scosse la testa: anche se fosse stato questo il motivo, non giustificava nulla. Anche lui aveva avuto l’infanzia rovinata da dei Babbani, eppure non era mai andato in giro ad ucciderli tutti per vendetta, ne era diventato un altro Signore Oscuro per questo. Eppure…la verità è che non so cosa significhi l’amore. Possibile che se Voldemort avesse semplicemente vissuto in un modo diverso, ora non sarebbe il Signore Oscuro?  Se solo Voldemort – no, se solo Tom Riddle avesse imparato ad amare, sarebbe mai diventato Voldemort?

 

Il ragazzo guardò il diario che teneva tra le mani. Quand’è che Tom Riddle divenne Voldemort? Quando uccise suo padre? Quando aprì la Camera dei Segreti? O forse ancora prima, già quando terrorizzava gli altri bambini all’orfanotrofio. Harry questo non poteva saperlo, ma per la prima volta mentre guardava quel libricino rilegato, lo pensò come il diario di Tom Riddle e non di Lord Voldemort.

 

Venne riscosso dai suoi pensieri da un bussare alla porta. Si alzò pensando a come avevano fatto a trovarlo dentro la Stanza delle Necessità.

 

Quando aprì la porta però, fu sorpreso nel non trovare nessuno davanti a sé e stava quasi per richiudere quando sentì qualcosa tirargli esitante una gamba dei pantaloni. Abbassando lo sguardo Harry sorrise vedendo un lungo naso a matita spuntare da sotto uno scolapasta indossato come cappello.

 

“Dobby, che ci fai qui?” chiese.

 

L’elfo domestico sgranò gli occhi già comicamente grandi.

“Dobby si scusa se Padron Harry stava riposando! Ma Dobby è stato mandato a chiamare Padron Harry per la cena e Dobby è sempre felice di vedere Padron Harry!” disse tutto d’un fiato saltellando frenetico.

 

Harry rimase un attimo spiazzato. Era già ora di cena? Possibile che fosse rimasto così tanto tempo a leggere il diario?

 

“È tutto a posto Padron Harry? Dobby può fare qualcosa?” chiese l’elfo guardandolo con apprensione.

 

“No, va tutto bene Dobby, non ti preoccupare. Adesso scendo, grazie per avermi chiamato” gli rispose Harry con un sorriso.

 

Di tutta risposta l’elfo cominciò a saltellare e a battere le mani eccitato.

“Oh, nessun problema padron Harry! Dobby è sempre lieto di servire il grande Harry Potter!” e dopo un inchino esagerato sparì con un piccolo “Pof!”

 

 

 

 

 

RISPOSTE:

 

 

Selvy: Tom, Tom, Tom, tutti lo cercano e nessuno lo trova XD. Non preoccuparti, arriverà presto, ancora solo un po’ di pazienza nel sopportare il mio lento ritmo di narrazione, ma ho sempre paura di fare accadere le cose troppo in fretta ^^” (d’altronde con un pairing così strano di cose da spiegare ce ne sono!)

 

MORFEa: Vero che sono due personaggi con un sacco di punti in comune? E allo stesso tempo completi opposti… beh, dimmi tu se non sono la coppia perfetta! :P

 

RowanMayFlower: Naturalmente Tom cercherà di sfruttare Harry, ma nella mia storia gli ho aggiunto una buona dose di curiosità che gli creerà un bel po’ di problemi. Non dimentichiamoci poi che Harry avendo vissuto in guerra è cresciuto molto in fretta e non si lascerà ingannare tanto facilmente!

 

Zafirya: Qualche altro estratto dal diario pronto per lei! Non dico quanto è stato difficile cercar di disegnare i pensieri di un personaggio tanto intricato ed ambiguo, ma spero che il risultato ne sia valsa la pena (ridevo da sola immaginandomi Tom che scriveva prima di andare a dormire XD). Inutile dire poi che sarà molto importante ricordarsi questi piccoli passaggi in futuro!

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Capitolo 4
*** Piccole Speranze ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 4/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

A.N.: oh, finalmente si entra un po’ nel vivo della storia! Mi sto accorgendo che la mia narrazione è una delle più lente esistenti, speriamo di non star facendo morire tutti di noia XD E contare che l’ispirazione per questa storia mi è venuta a partire da una scena che sarà… nel penultimo capitolo!

 

 

 

Capitolo 4.   Piccole Speranze

 

 

 

Tre settimane dopo Harry e Hermione si trovavano nuovamente nell’ufficio della McGranitt, il primo nervoso e impaziente e l’altra con aria determinata, mentre teneva in mano una boccetta piena di un liquido verde scuro. Il tavolo al centro dello studio era stato completamente sgombrato, tranne che per una grossa cartina della Gran Bretagna.

 

“Signorina Granger, credo sia il momento di iniziare.” Disse la professoressa rivolgendosi alla riccia.

 

Hermione annuì e avvicinandosi al tavolo stappò la boccetta, la quale fumava lievemente di un vapore verdastro.

 

“Da come è descritta la procedura sembra molto simile ad un incantesimo di Orientamento. Gli appunti nel diario dicono di intingere la punta di una bacchetta nella pozione e pronunciare ‘invenio’, dopodiché la bacchetta mostrerà la posizione dell’Horcrux. Purtroppo, dato che Voldemort sicuramente conosceva il procedimento, avendolo inventato lui, non fa nessun riferimento a come possa indicare uno di questi luoghi… voglio dire, sicuramente funziona anche se l’Horcrux non è nella stanza in cui viene pronunciato l’incantesimo.” spiegò Hermione aggiungendo l’ultima parte con una nota infastidita nella voce, quasi che Tom Riddle avesse omesso informazioni solo per fare un dispetto a lei, “Dovremo procedere a tentativi quindi: per ora proviamo a vedere se funziona con una semplice cartina geografica  della Gran Bretagna.”

 

Gli altri due presenti nello studio annuirono, lasciando che la ragazza procedesse. Quando stava per intingere la sua bacchetta nella pozione però, ad Harry venne un’idea.

 

“Aspetta Herm, perché non usiamo la mia?” disse con tono ragionevole, “In fondo la mia bacchetta e quella di Voldemort sono gemelle, potrebbe non fare alcuna differenza, ma magari sarà più efficace.”

 

Hermione sembrava un po’ dubbiosa, ma in fondo tentar non noceva. “D’accordo, come vuoi.” Rispose prendendo la bacchetta che le veniva offerta.

 

“Non so cosa potrebbe succedere, non sappiamo nemmeno se le istruzioni siano giuste, forse è meglio se vi allontanate un po’ dal tavolo.”

 

Harry voleva rispondere che se l’incantesimo non era sicuro, nemmeno Hermione avrebbe dovuto correre un rischio simile, ma dovette mordersi il labbro frustrato: non avevano scelta, era la loro unica possibilità dopo mesi di ricerche.

 

Appena la punta della bacchetta entrò in contatto con il liquido vischioso della pozione il lieve fumo verde che aleggiava sparì e il contenuto brillò leggermente. La ragazza che teneva entrambi gli strumenti in mano affondò la punta all’interno della boccetta, mescolando un po’ prima di ritirarla fuori, rimanendo sorpresa insieme agli altri nel vedere come il liquido che rimaneva attaccato intorno al legno non avesse più un colorito verde ma completamente trasparente. Senza indugiare oltre, Hermione posò la bacchetta sul tavolo e richiudendo la pozione si avvicinò alla cartina geografica per vedere meglio.

 

Invenio!

 

I presenti nella stanza trattennero il fiato per qualche secondo.

 

Niente.

 

Hermione guardò sospettosa la bacchetta e la mosse leggermente verso la cartina.

 

Invenio!

 

Ancora nulla.

 

Harry non voleva arrendersi dopo così poco, ma non poté fare a meno di sentire una punta di sconforto cominciare a farsi largo dentro di se.

 

“È possibile che l’Horcrux non si trovi in Gran Bretagna. Prova a puntare la bacchetta contro il planisfero.” Suggerì la professoressa McGranitt.

 

Con una nuova aria di determinazione Hermione prese il tavolo e lo avvicinò alla parete.

 

Invenio!” ripeté per la terza volta e di nuovo nulla accadde.

 

Harry si avvicinò agitato. “Herm, fammi provare, forse dato che è la mia bacchetta…” ma lasciò la frase in sospeso, poiché appena si fu accostato al tavolo la bacchetta cominciò a vibrare e a girare vorticosamente, per poi bloccarsi di colpo.

 

Puntando direttamente Harry.

 

Il ragazzo era troppo sbigottito da non sentire nemmeno Hermione inspirare scioccata portandosi una mano alla bocca, né notò lo sguardo sbalordito della sua professoressa. Tutto quello che riusciva a vedere era la punta della sua stessa bacchetta puntare su di lui.

 

“Oh mio dio… non è possibile, non può essere…” sussurrava la riccia sottovoce, mentre la McGranitt si lasciava cadere su una sedia, incapace di parlare.

 

“Harry, ci deve essere sicuramente un errore, non può essere giusto… ricontrollerò, probabilmente qualcosa è sbagliato nella pozione…” disse Hermione quando riprese la parola, avvicinandosi all’amico. Harry istintivamente fece un passo indietro, ritirandosi al contatto e distogliendo lo sguardo dalla bacchetta che, appena egli si era mosso, lo aveva seguito continuando a puntare su di lui.

 

“Falla smettere.” Ordinò Harry con voce troppo calma rispetto a quello che stava pensando dentro di se.

 

Hermione con voce tremante sussurrò “inventus”, continuando a guardare l’amico per vedere la sua reazione.

 

Harry in quel momento sentiva di non riuscire a pensare chiaramente. Parole vaganti continuavano a fluttuargli in testa: Horcrux… io… Voldemort… non è possibile… io… anima…

 

Lui, lui era un Horcrux? Com’era possibile? Quand’era successo? Ci doveva essere un errore, non era possibile, ma più ci pensava, più cose che prima non avevano alcun senso ora si delineavano con chiarezza davanti ai suoi occhi: la strana connessione che lo legava a Voldemort non poteva essere solo per via della cicatrice, il suo parlare serpentese poi gli era sempre sembrato strano che derivasse solo da una trasmissione di poteri e durante il suo quinto anno, il modo in cui gli era così facile trovarsi nella mente di Voldemort senza nemmeno volerlo…

 

Harry Potter era l’ultimo Horcrux.

 

Il moretto si girò verso Hermione: come poteva starle anche solo vicino quando poteva rappresentare un pericolo così grande? Doveva andarsene, allontanarsi il più possibile. Si sentiva improvvisamente contaminato, sporco, come quando nel suo quinto anno era convinto di essere posseduto da Voldemort.

 

Voldemort! Come avrebbe fatto ad uccidere Voldemort?

 

 “Ah, si, era proprio quello che temevo.” Disse improvvisamente una voce dall’altro lato della stanza.

 

Tutti si voltarono verso quel lato e ciò che videro li lasciò a bocca aperta.

 

“Professor Silente!”

 

Il ritratto di Silente infatti non era più immobile con gli occhi chiusi come ormai da più di un anno erano abituati a vederlo, ma al contrario teneva ora le mani giunte in grembo e gli occhiali a mezzaluna non riuscivano a nascondere il suo caratteristico luccichio degli occhi.

 

Harry, vedendo il suo vecchio preside, venne investito da un’ondata di sollievo: se Silente era con lui, c’era ancora speranza. Tuttavia questi pensieri gli fecero tornare in mente il motivo primario del perché avesse bisogno d’aiuto.

 

Silente rivolse gli occhi verso quello che qualcuno si azzardava a dire essere stato il suo alunno preferito “Harry, mio caro ragazzo, siediti e non pensare di andare da nessuna parte.”

 

Il ragazzo, che aveva smesso molto tempo fa di chiedersi come Silente riuscisse a sapere sempre tutto, si sedette rassegnato.

 

Hermione però non sembrava aver alcuna intenzione di smettere di agitarsi. “Professore, com’è possibile? Pensavamo che il dipinto fosse venuto male, che lei non potesse parlare!”

 

Da un lato si sentì un grugnito da parte del ritratto di Phineas, ma Silente si limitò a sorridere bonario. “No, signorina Granger, questo ritratto è perfettamente a posto e ricorda, io non me ne sarò mai andato finché a Hogwarts ci sarà ancora qualcuno che crede in me.”

 

Hermione e la professoressa McGranitt si guardarono perplesse, ma un piccolo sorrisino si delineò sul viso di Harry, ricordando le parole di tanti anni fa.

 

“Albus, cosa intendevi nel dire che era quello che temevi?” chiese la McGranitt con voce grave.

L’ex preside sospirò “Vuol dire, Minerva, che sospettavo che Voldemort avesse potuto fare una cosa simile.”

 

A quelle parole scese un silenzio spesso, ma Harry non credeva alle sue orecchie. “Lei sospettava che io fossi un Horcrux?” chiese con una pericolosa inclinazione nella voce, rivolgendo uno sguardo gelido al suo ex preside, “Due anni fa aveva detto di avermi detto tutto, che non ci sarebbero stati più segreti, e ora invece mi viene a dire che sin dall’inizio sapeva che avevo un pezzo di Voldemort dentro di me! Come ha potuto non dirmelo!” urlò.

 

La professoressa McGranitt sembrava indecisa se rimproverare il tono che Harry stava usando nei riguardi di Silente o rimanere prudentemente nell’ombra, mentre Hermione era ben decisa a non intromettersi: aveva imparato che la furia di Harry era qualcosa che nessuno avrebbe voluto aver contro.

 

“Mio caro ragazzo, al contrario dell’opinione comune, non sono onnisciente,” disse Silente con voce calma, anche se improvvisamente sembrava più vecchio che mai, “non avevo intenzione di caricarti di preoccupazioni basate su sospetti senza alcun fondamento.”

 

Harry chiuse gli occhi e si portò entrambe la mani sul viso con un sospiro, cercando di calmarsi: era troppo stanco perfino per arrabbiarsi.

 

Hermione decise di farsi avanti. “Professore, mi scusi, ma ci sono un sacco di cose che non tornano: prima di tutto, quando sarebbe successo? Quand’è che Tu-Sai-Chi avrebbe potuto fare di Harry un suo Horcrux? E poi ha passato tutti questi anni a cercare di ucciderlo, ma perché voler distruggere la propria anima?”

 

Il vecchio professore sorrise voltandosi verso la ragazza. “Brillante come sempre signorina Granger,” la lodò facendola arrossire, “ e le posso assicurare che ogni domanda avrà una sua risposta.

 

Ho cominciato a sospettare qualcosa durante il tuo secondo anno Harry, quando venne a galla la tua abilità come Rettilofono. Vedi, mai è esistita una connessione simile a quella portata dalla tua cicatrice, non esistendo nessun altro sopravvissuto all’anatema mortale, per cui non potevo sapere quale fosse la portata del suo potere. Quando si scoprì che potevi parlare Serpentese ti dissi che era dovuto ad una trasmissione di poteri avvenuta la fatidica notte della morte dei tuoi genitori ed era, sinceramente, ciò che credevo anche io, anche se il dubbio si era insinuato nella mia mente. Non avevo però né mezzi né prove per affermare altro.

 

Alla fine del Torneo Tremagli, quando tornasti dal cimitero e raccontasti ciò che era accaduto alcune delle tue parole mi rimasero impresse: dicesti che Voldemort aveva usato un rituale di sangue per resuscitare e che aveva specificatamente chiesto il tuo sangue e non quello di un nemico qualunque, come gli avevano suggerito i suoi fedeli Mangiamorte. Perché proprio il tuo? Vendetta personale? Sicuramente cercare di prenderti deve avere rallentato i suoi piani di parecchio, dovendo aspettare la fine dell’anno, eppure lo fece lo stesso. È possibile che lo abbia fatto solo per liberarsi della protezione di tua madre… ma forse non era l’unico motivo.

 

Poi durante il tuo quinto anno la vostra connessione è cresciuta talmente tanto che tu stesso ti accorgesti che qualcosa non stava andando come avrebbe dovuto: ricevevi sogni, provavi emozioni che non erano le tue, per non parlare dell’improvviso odio verso di me che non riuscivi a spiegarti. Quando al Ministero Voldemort prese possesso del tuo corpo, seppur per pochi secondi, era chiaro che qualunque connessione aveste fosse ben più profonda di quanto non sospettassi. Eppure pensai che non era molto strano in fin dei conti che Voldemort fosse capace di possedere qualcuno, infondo l’aveva già fatto in precedenza col professor Raptor. Forse semplicemente mi rifiutavo di vedere la verità.

 

Infine, l’anno scorso nella grotta, trovai estremamente strano che la barca che usammo per raggiungere l’isola dove si trovava l’Horcrux non avesse protestato nel caricare due maghi, quando era stata palesemente progettata per impedire una cosa del genere. Mi dissi che era solo perché non eri legalmente adulto, eppure Harry, tu hai un potere enorme, di gran lunga superiore alla media per la tua età. In ogni caso ero piuttosto impegnato in quel momento e non c’era tempo per questi pensieri. Allora non avevo nessuna prova per queste mie teorie, ma ora l’incantesimo non mente: l’ultimo Horcrux sei tu, Harry.”

 

Harry aveva ascoltato tutto senza mai una volta alzare il viso dalle proprie mani, ma sentito il preside fermarsi decise di alzare lo sguardo. “Non ha ancora risposto alle domande di Hermione, professore.” Fu l’unica cosa che disse.

 

Silente annuì, “Vero, e ho intenzione di rimediare subito. Chiedeva quando sarebbe potuta succedere una cosa simile, signorina Granger? Beh, la risposta è piuttosto ovvia, nella notte in cui tutto è cominciato, Halloween di sedici anni fa. Quella notte Voldemort commise un grandissimo errore di valutazione e in tutti questi anni mi sono chiesto il perché di un atto così stupido, sapendo che la stupidità non è mai stata un attributo di Voldemort. 

 

Bisogna capire che una Profezia non è mai qualcosa da prendere alla leggera e Tom ne è cosciente. Se essa indicava possibilmente te come ‘l’unico col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore’, la  decisione di correre e cercare di ucciderti non era per niente saggia. Solo ora è chiaro che Voldemort aveva un piano ben più astuto in mente, aveva intenzione di renderti completamente innocuo rendendoti uno dei suoi Horcrux.

 

Creare un Horcrux da una creatura cosciente è possibile, ma molto rischioso, poiché non si è mai sicuri di avere il completo controllo sopra di essa. Perciò dopo aver ucciso i tuoi genitori e fatto di te un Horcrux, Harry, tentò di ovviare a questo problema nella maniera a lui più comoda.”

 

Silente fissò intensamente i suoi occhi azzurri nelle iridi verdi di Harry.

 

“Ti ricordi, vero, cos’è un Inferius?”

 

Harry spalancò gli occhi ed Hermione emise un gemito orripilato, mentre la professoressa McGranitt, che fino a quel momento era rimasta stranamente taciturna, si alzò di scatto dalla sedia su cui era seduta.

 

“Ma era solo un bambino! Come si può anche solo pensare di fare una cosa simile ad un neonato? È atroce, agghiacciante!”

 

Silente le rivolse uno sguardo triste: “hai ragione Minerva, ma sappiamo tutti che nel cuore di Voldemort non c’è posto per la compassione: ha rinunciato all’amore tantissimo tempo fa.”

 

A queste parole Harry non poté fare a meno di ritornare col pensiero alle pagine del diario che aveva letto settimane addietro e chiedersi quanto a fondo Silente avesse conosciuto Tom Riddle.

 

“Comunque, ritornando al discorso principale, Voldemort voleva fare del piccolo Harry un Inferius, ma quando nel processo dovette scagliare l’Avada Kedavra, come tutti sappiamo l’incantesimo si rifletté contro di lui a causa della protezione che il sacrificio di Lily aveva donato. Il resto è storia.”

 

Calò un lungo silenzio nell’ufficio mentre tutti cercavano di venire a patti con tutte quelle nuove rivelazioni, ma tra tutti Harry era il più afflitto: si sentiva come se improvvisamente non conoscesse più se stesso, come se, se solo avesse chiuso gli occhi e si fosse concentrato, avesse potuto sentire quel frammento d’anima alieno avvelenargli lentamente il sangue. Finiva così tutta la storia? Non erano serviti a niente i mesi di allenamento da Auror, non avrebbe mai potuto sconfiggere Voldemort, avevano già perso. Tutti gli sforzi, tutte le fatiche, tutte le perdite, le morti… tutto vano.

 

“P-professore, “ iniziò Hermione con voce tremolante, “ma anche se Harry… se anche Harry – oh Dio – se anche si… sacrificasse per uccidere Voldemort… non servirebbe, il suo spirito ci metterebbe pochissimo ad impossessarsi di un corpo qualunque in attesa di resuscitare di nuovo, e una volta tornato… beh, secondo la profezia Harry sarebbe l’unico con il potere di sconfiggerlo, per cui non ci sarebbe nulla da fare….”

 

Silente spostò il suo sguardo grave su di lei con esasperante pacatezza. “Si, hai dipinto uno dei possibili scenari.”

 

Harry non ci vide più. “Uno dei possibili scenari?! E quali sarebbero gli altri? Voldemort finisce il suo piano e io divento un mostro senza vita? Come fa ad essere così calmo? Mi sta dicendo che non c’è più nulla da fare!” urlò.

 

Stranamente né Hermione né la McGranitt lo rimproverarono per la mancanza di rispetto mostrata. Silente di rimando rimase imperturbato. “Non ho mai detto che non ci sia più nulla da fare, ho solo raccontato i fatti. Ho piena fiducia in te Harry: non disperare quando tutto è ancora da decidere.”

 

Harry scosse la testa, non avendo la forza di ribattere al suo vecchio professore.

 

La professoressa McGranitt prese parola: “Albus, ci deve essere qualcosa che possiamo fare, sicuramente puoi trovare un modo – ”, ma si interruppe vedendo l’uomo scuotere il capo.

 

“Minerva, Minerva, troppo spesso durante la mia vita le persone si sono dimenticate che anche io, come tutti gli altri, ero un essere umano. Adesso, ad un anno dalla mia morte è bene che vi ricordiate che non solo altro che un ritratto.” Disse con un sorriso triste.

 

Harry si sentiva improvvisamente esausto e dovette appoggiarsi al tavolo mentre si passava stancamente una mano sul viso. Hermione sembrò accorgersene e si morse il labbro ma restò zitta, non volendo peggiorare la situazione facendogli da mamma. Non dovette preoccuparsi però, perché la McGranitt scelse proprio quel momento per guardare l’orologio e constatare l’ora tarda.

 

“Ragazzi, è stata sicuramente una serata spossante, con tutto quello che è successo…” si fermò un attimo indecisa su cosa dire, poi si rivolse ad Harry “sono convinta che una soluzione ci sia, so che la situazione non sembra delle più rosee al momento e qualunque cosa possa dirti difficilmente ti sarebbe di conforto, ma Silente ha ragione: non disperiamo quando è ancora tutto da decidere. Ora, anche se dubito ci riuscirai, pensa solo a dormire che domani ci aspetta una lunga giornata.”

 

Hermione, vedendo che l’amico non si era mosso, gli si avvicinò e fu grata quando posandogli una mano intorno al braccio, quello non si ritirò al tocco. “Harry andiamo, sembri morto in piedi, domani mattina saremo di nuovo qui, non sarà cambiato nulla, tanto vale cercare di riposarsi un po’, sicuramente ne hai bisogno. Ne abbiamo tutti bisogno.”

 

Il moro lasciò cadere le spalle in avanti sconfitto, ma annuì rassegnato prima di lasciarsi condurre fuori dall’ufficio dall’amica, sicuro che nonostante la stanchezza non sarebbe riuscito a chiudere occhio.

 

Una volta che la porta dell’ufficio si fu richiusa alle spalle dei due ragazzi, la Preside si abbandonò nuovamente s’una sedia.

 

“Minerva, anche tu hai bisogno di un buon numero di ore di sonno, rimanere a rimuginare con la mente poco lucida non ha mai portato a grandi risultati.”

 

La McGranitt annuì. “Certo, hai ragione Albus, è solo che… mio Dio, ancora stento a crederci, è così incredibile!” disse scuotendo la testa, fermandosi però con aria pensosa. “Sai Albus, c’è anche qualcos’altro…”

 

“Si?” chiese il ritratto.

 

“Non lo so, ma avrei pensato di trovarmi più disperata in una situazione del genere, invece è come se sapessi che in fondo c’è davvero una soluzione. Sento di avere la risposta sulla punta della lingua…”

 

Silente sorrise bonario. “Sono sicuro che tu ce l’abbia Minerva, sono sicuro che tu ce l’abbia.”

 

Ma allo sguardo interrogativo della professoressa, il vecchio preside non diede alcuna risposta.

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Capitolo 5
*** Grandi Speranze ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 5/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

IMPORTANTE: l’estate arriva, la gente parte… e gli aggiornamenti? Eh si, purtroppo nel periodo estivo (come avevo già avvertito) non avrò la possibilità d fare granché. Dopo questo capitolo è probabile (non sicuro) che ne arrivi un altro solo verso il 7 di luglio e poi fino al 26-27 luglio niente. Infatti dall’8 al 26 sono a Londra, giusto in tempo per l’uscita di Harry Potter and the Deathly Hollows, non vedo l’ora!

Spero che continuerete a seguire questa storia anche dopo questo piccolo stallo!

 

A.N. e risposte alle recensioni sono in fondo al capitolo

 

 

 

Capitolo 5.  Grandi Speranze

 

 

 

Destro. Destro. Indietro. Giù. Calcio. Rotola. Protego! Su. Schiva. Sinistra. Immobilus!

 

Harry si fermò ansimando e si tolse il sudore dalla fronte con una mano, guardando la sfera che galleggiava immobile a mezz’aria a qualche metro da lui. Era un utile congegno di addestramento che fungeva da avversario, con colpi sia fisici che magici. Un piccolo regalo da parte di Moody per far sì che continuasse ad allenarsi anche al di fuori del programma per Auror, ed Harry aveva preso l’abitudine di tirarlo fuori ogni mattina verso le sei per allenarsi. Quella mattina non faceva eccezione, ma essendo rimasto a Hogwarts per la notte, ora si trovava in riva al lago al posto che in una delle tante stanze di Grimmauld Place.

 

In più allenarsi gli distoglieva i pensieri da tutto quello che era successo il giorno prima. In realtà Harry sentiva di aver preso la notizia molto meglio di quanto non si sarebbe aspettato. L’intera situazione gli ricordava alquanto il suo quinto anno nel quale, doveva ammetterlo, il suo comportamento non era stato certo esemplare, per non parlare degli sbalzi d’umore che aveva avuto neanche fosse stato una donna incinta. Eppure allora era convinto che Voldemort in qualche modo lo stesse possedendo, mentre adesso era tutta un’altra storia.

 

Era un Horcrux, d’accordo, ma non lo era diventato ora, lo era stato per praticamente tutta la vita. L’averlo saputo solo adesso non cambiava nulla: dopo il primo shock si era accorto che alla fine, Horcrux o no, era ancora l’Harry di sempre. L’unico pensiero leggermente inquietante era che il frammento dell’anima di Voldemort faceva parte dell’Harry di sempre.

 

Stiracchiandosi la schiena, il ragazzo si mise di nuovo in posizione di difesa, prima di rilasciare la sfera e riprendere l’allenamento.

 

Appena rilasciata, la piccola sfera lanciò un fascio rosso nella sua direzione, che Harry schivò saltando a sinistra, facendo rimbalzare il colpo sull’erba. In risposte si abbassò per lanciare uno schiantesimo che colpì un albero nelle vicinanze. Sentendo qualcosa arrivargli alle spalle, rotolò di colpo da un lato, in tempo per vedere la sfera, che evidentemente lo aveva aggirato, schizzare in avanti.

 

Diffindo!” urlò vedendo un fascio di luce bianca scagliarglisi contro, e i due incantesimi si scontrarono a mezz’aria provocando una pioggia di scintille.

 

Con i sensi all’erta, sentì improvvisamente l’aura di qualcuno avvicinarsi e in pochi secondi bloccò la sfera con un Pietrificus Totalus ben piazzato, materializzò uno scudo magico davanti a sé con un rapido movimento del polso, ed aveva già sulla punta della lingua uno schiantesimo quando si girò e riconobbe la persona che gli era davanti.

 

“Ciao Harry” disse Ginny con un sorriso.

 

Lo scudo in un attimo scomparve, lasciando Harry libero di alzarsi e pulirsi l’uniforme da tutti i fili d’erba che gli erano rimasti attaccati ai pantaloni di pelle.

 

“Ah, ciao Ginny. Scusa per prima, è che ho sentito qualcuno arrivarmi alle spalle…” ma Ginny scosse il capo.

 

“Non preoccuparti, è stato stupido da parte mia interromperti mentre ti alleni, ma è tanto che non ci sentiamo, non trovi?”

 

Harry la osservò studiandole l’espressione. Portava i capelli rosso fuoco in una treccia morbida che teneva appoggiata su una spalla e le lentiggini le risaltavano sul volto grazie alla leggera abbronzatura che sicuramente i primi giorni di sole le avevano donato. Sorrideva ancora, ma qualcosa negli occhi suggeriva a Harry che non era venuta solo per una conversazione casuale. Si accorse che nella mano sinistra stringeva una copia della Gazzetta del Profeta.

 

“Come facevi a sapere dove trovarmi?” chiese curioso.

 

La rossa lo sorprese scoppiando a ridere. “Oh Harry, capita piuttosto spesso che tu resti a Hogwarts per la notte ed hai sempre la stessa routine. Sai,” aggiunse a bassa voce avvicinandosi, “ci sono ragazze che non aspettano altro.” Ed indicò l’altra sponda del lago, dove in effetti era seduto un gruppo di ragazzine che lo stavano osservando ridacchiando e chiacchierando.

 

Harry arrossì furiosamente.

 

“Dai, ignorale. Almeno non devi sorbirti tutto il giorno Romilda Vane che blatera in continuazione su come le hai promesso un appuntamento appena il Ministro ti lascerà una giornata libera, perché ‘il mio Harry è sempre così impegnato a salvare il mondo!’” le fece il verso Ginny con una vocetta stridula.

 

“Che cosa?!” esclamò Harry orripilato, “Ma non è vero!”

 

Ginny sbuffò. “Certo che non è vero, solo le sue amiche oche le credono.” Disse sedendosi comodamente sull’erba e battendo una mano sul terreno di fianco a lei, invitando Harry a fare lo stesso. Una volta che il ragazzo le si fu accomodato di fianco, srotolò la sua copia della Gazzetta e gliela passò.

 

“Hai visto la notizia di prima pagina di oggi? Se devo essere sincera un po’ me l’aspettavo…”

 

Il ragazzo prese in mano il giornale osservando una grande foto in bianco e nero del Malfoy Manor, per poi spostare l’attenzione sulla testata.

 

 

Narcissa Malfoy trovata senza vita.

Il corpo rinvenuto nella stanza da letto aveva ancora in mano una boccetta di veleno. I medimaghi sono certi: si è trattato di suicidio.

 

 

“Dopo la morte del figlio e con il marito ancora ad Azkaban non mi stupisce che abbia voluto farla finita.” aggiunse la rossa.

 

Harry continuò a guardare la pagina mentre rifletteva che si, anche per lui non veniva fuori come una sorpresa.

 

Dopo lo scagionamento di Piton, molti membri dell’Ordine cercarono di rintracciare anche Malfoy, con l’intenzione di esaudire le ultime volontà di Silente e offrirgli la protezione che il vecchio preside gli aveva promesso la notte della sua morte. Purtroppo il ragazzo sembrava assolutamente intento a sfuggire, secondo Piton per paura che le minacce contro sua madre si avverassero.

 

Fattostà che verso gennaio venne trovato per la prima volta dopo mesi: nell’Ufficio Misteri. Come avesse fatto ad entrare o perché Voldemort lo avesse mandato lì non lo sapeva nessuno, ma anche quando fu circondato da Auror non volle arrendersi e anzi, si ostinò a combattere. Nello scontro una maledizione vagante lo colpì facendolo volare all’indietro e catapultandolo direttamente oltre il Velo.

 

Harry trovò tristemente ironico che una delle persone che aveva amato di più e una di quelle che aveva odiato di più avessero condiviso la stessa fine.

 

“Mi stupisce che abbia aspettato tanto in realtà.” Disse infine lasciando cadere il giornale sull’erba.

Scese il silenzio per alcuni minuti e la mente di Harry stava andando a mille. Avrebbe dovuto dirle di quello che avevano scoperto su di lui? Non l’avevano ancora detto nemmeno a Ron, ma glielo doveva, a tutti e due, non li aveva mai lasciati nell’ombra su qualcosa di così importante. Eppure era ancora presto, lui stesso aveva appena cominciato a venire a patti con la cosa… E se Hermione glielo avesse già detto? Se fosse questo il motivo per cui era venuta a parlare? E se adesso non voles –

 

“Sto con Dean”

 

Harry bloccò il flusso di pensieri e cercò di rielaborare quelle semplici parole.

 

“Come scusa?”

 

Ginny lo guardò fisso negli occhi e ripeté lentamente: “Sto con Dean ora.”

 

“Oh” fu l’unica risposta che riuscì a formulare.

 

Beh, tra tutte le cose, questa era quella che meno si era aspettato. Pensandoci, gli sembravano passati anni luce da quando si preoccupava ancora di ragazze e amori, quando la guerra non era ancora scoppiata a pieno regime.

 

Appena lui e Ginny si erano lasciati, aveva passato giorni a sperare che tutto fosse diverso per poter sentire ancora la ragazza al suo fianco, per poterle passare ancora le mani tra i capelli come era solito fare, ma poi le settimane passarono, con l’addestramento, la caccia agli Horcrux, le battaglie… la guerra gli aveva portato via tutti i ricordi di una vita normale, tutte le sensazioni di una vita normale.

 

“Sai, quel giorno, al funerale…” iniziò Ginny, “quel giorno mi dissi che se ti avevo aspettato per cinque anni, ti avrei aspettato anche fino alla fine di questo casino. Non ho pianto quando mi hai lasciato, perché mi dissi che alla fine sarebbe andato tutto bene.”

 

Harry ascoltò senza parlare, osservandola sorridere triste mentre guardava le increspature del lago.

 

“Ne ero davvero convinta sai? Ma ora…” si fermò un attimo, raccogliendo i pensieri, “ci sono tanti ragazzi che non sono tornati a scuola, e non solo perché i genitori non li volevano mandare. Ci sono ragazzi che non sono tornati a scuola perché semplicemente non ci sono più.” Si voltò a guardare Harry negli occhi, “Ho capito alla fine che non posso aspettarti, perché non c’è più tempo. Le persone intorno a noi stanno morendo, e non posso rimanere ad aspettare senza fare nulla fino a che non capiti a me o fino a che… fino a che non capiti a te.” Finì con un filo di voce.

 

Harry sospirò e aprì la bocca per parlare, ma di fianco a sé sentì un flebile “…mi dispiace” che lo interruppe. Le prese la mano e con voce ferma disse:

 

“Ginny, ascoltami bene: tu per nulla, nulla al mondo dovrai mai sentirti in colpa per me, sappiamo entrambi che basto io per tutti e due con i sensi di colpa.” Tentò di scherzare e fu premiato con un sorrisino da parte della rossa.

 

Sospirò ancora. “Ascolta, questa guerra… ci sta togliendo tutto. È quello che vuole Voldemort: essere così impegnati a sopravvivere da dimenticarsi di vivere. Io non posso fare a meno di esserci dentro e non ho potuto impedire a Ron e Hermione di seguirmi, ma non riesco ad immaginare la mia vita oltre questa guerra, ci sono altissime probabilità che io non ne esca vivo. Aspetta, fammi finire” disse vedendo che la ragazza aveva aperto la bocca per ribattere, “Ginny… so che sembra banale, ma voglio e anzi, pretendo che tu sia felice, e so che con me non saresti mai potuta esserlo.” Disse infine abbassando gli occhi.

 

La mano che teneva ancora nelle sue diede una piccola stretta, facendogli alzare lo sguardo. Gli occhi azzurri di Ginny erano lucidi, ma Harry sapeva che non avrebbe mai pianto.

 

“Va bene Harry, dovevo solo… parlartene credo” disse.

 

“Si, capisco.”

 

Ora che sentivano non esserci più nulla che gravava tra di loro, l’atmosfera era molto più leggera.

 

“Allora,” disse Harry con tono innocente, “com’è che non ho mai sentito parlare Ron di questa tua relazione?”

 

Ginny arrossì, ma fu grata che Harry non sembrava tenere rancori. “Oh beh, sai come la prende sempre lui… e poi ho sentito che era in missione in Irlanda, non volevo dargli troppi pensieri, ecco.”

 

“Non vuoi che si metta in mezzo e rompa le scatole quindi.” Ridacchiò il moro.

 

“Si, assolutamente!” rispose la ragazza ed entrambi scoppiarono a ridere.

 

Chiacchierarono ancora per un po’ ed Harry si fece raccontare la storia di come si fossero rimessi insieme lei e Dean, ogni tanto chiedendosi se fosse normale raccontare queste cose al proprio ex.

 

“Quindi sei felice?” chiese Harry, “Con lui intendo, sei felice?”

 

Ginny aspettò un po’ a rispondere ma poi rispose semplicemente con un sorriso: “si.”

 

“Bene.” disse Harry, e sentiva di pensarlo davvero.

 

 

 

 

Hermione spostò lo sguardo dal polveroso tomo che aveva davanti per scrivere qualche appunto s’un foglio di pergamena che teneva lì vicino, strofinandosi distrattamente un occhio. Il Reparto Proibito era uno dei luoghi più bui di tutta la biblioteca e gli strati di polvere accumulati negli anni sui libri rendevano quasi insopportabile la permanenza in un luogo del genere.

 

Hermione però aveva ben altro per la testa e l’essere rimasta chiusa in quel reparto per l’intera mattinata non sembrava aver avuto alcun effetto negativo su di lei: in fondo era il suo ambiente naturale.

 

Riguardò il foglio di appunti in cui aveva riassunto ore di ricerche. Era così vicina alla soluzione… aveva scoperto che, seppur la situazione di Harry fosse un caso unico nel suo genere, legami tra maghi che consistono nel condividere la propria anima non erano poi così rari e anzi, piuttosto comuni nel Medioevo. Aveva trovato affascinante scoprire che il rito nuziale originario nella comunità magica consisteva nel prendere i voti matrimoniali letteralmente: finché morte non ci separi.

 

Al giorno d’oggi sembrava che riti così drastici fossero passati d’uso, soprattutto visti i numerosi casi di tentata separazione, che portavano alla morte di almeno una delle due parti. Ed era proprio questo punto che Hermione aveva cercato di approfondire, un modo non solo per liberarsi dell’Horcrux, ma anche di Voldemort contemporaneamente. Purtroppo però, le informazioni erano molto vaghe, a quanto pareva anche nel Medioevo era una pratica altamente illegale.

 

In teoria sembrava esistere un incantesimo capace di separare le due anime unite, ma sembrava essere un tipo di magia molto volubile, qualcosa che aveva a che fare con il motivo per il quale si voleva la separazione…

 

Hermione si lasciò sfuggire un sospiro frustrato: oltre tutto, tutte le fonti che aveva ricercato puntavano sullo stesso volume, un certo Anima e Corpo: Condanne e Beatitudini dei Legami Magici, libro che un tempo faceva parte della collezione del Reparto Proibito. Peccato che quest’unica copia esistente sembrava essere andata persa in un incendio avvenuto nel 1948. Ci mancava solo doverne ricercare qualche copia illegale sul mercato nero del Mondo Magico.

 

Sbuffò un’ultima volta, mentre chiudeva anche l’ultimo tomo che aveva portato al tavolo: sarebbe stato meglio andare a riferire le sue ricerche a Harry e alla McGranitt.


 

 

 

 

“Quindi usando questo incantesimo, non solo mi sbarazzerei dell’Horcrux, ma anche di Voldemort?” chiese Harry con una nota speranzosa nella voce.

 

La McGranitt però aveva la fronte corrugata. “Harry, per quanto questa previsione sia allettante, quel libro è irrecuperabile: era uno dei più rari tomi che questa scuola abbia mai posseduto, scritto a mano da adepti della scuola medievale; io stessa ero a Hogwarts quando l’incendio ebbe luogo.”

Harry però non sembrava lasciarsi abbattere: “Ma è un libro, sicuramente ce ne sono delle copie in circolazione!”

 

“Harry, anche se ci fossero non stiamo parlando di un libro di favole: la maggior parte delle maledizioni contenute lì dentro erano illegali già al suo tempo. Non dimentichiamo che era nella sezione proibita per una ragione ben precisa.” Intervenne Hermione, “Gli unici posti dove potresti avere la possibilità di trovarne una copia sono in Nocturne Alley o nelle librerie di qualche fanatico collezionista, ma dopo tutto questo tempo chi può saperlo…”

 

Harry però cominciava a sentire la rabbia montare. “Hermione, mi sembra che ne vaga più che la pena di fare una piccola ricerca per risolvere questa situazione! Comodo quando non sei tu quella che ha UN PEZZO DI VOLDEMORT DENTRO DI SE’!”

 

Hermione indietreggiò con un’espressione ferita, “Harry, io non… non era questo quello che intendevo… Volevo dire che ci sono pochissime possibilità di trovarlo ed è meglio non darsi false speranze.”

 

“Hermione ha ragione, Harry, per quanto possa essere la nostra soluzione, ciò che non vale la pena è che tu rischi la tua vita per cercare quel manoscritto, del quale, per quanto ne sappiamo, potrebbe non esiterne alcuna copia.” Ragionò la McGranitt.

 

Ma il ragazzo non era per niente convinto: “sentite, non mi interessa il rischio che corro, se c’è anche una sola possibilità di riuscita è indispensabile coglierla. Siamo in guerra e io sono il dannatissimo Prescelto: penso che non rischiare sia abbastanza impossibile per me. Per cui mi dispiace, ma non sono disposto a lasciarmi sfuggire quest’opportunità.”

 

E detto questo si alzò di colpo, gli occhi verdi accesi di determinazione, e uscì dall’ufficio ignorando gli “Harry!” di Hermione.

 

All’interno della stanza cadde il silenzio mentre gli occupanti rimanevano ad osservare la porta chiusa.

 

“Farà qualcosa di stupido, non è vero Professoressa?”

 

La McGranitt sospirò. “Si, ma è Harry: se non possiamo contare su di lui, non possiamo contare su nessun’altro.”

 

 

 

 

Diagon Alley aveva perso da tempo l’aria frenetica ed entusiasta della via commerciale magica più florida di tutta la Gran Bretagna: i pochi che ancora si aggiravano per i negozi si affrettavano ad entrare nelle botteghe con aria nervosa, senza mai fermarsi a chiacchierare o salutare gli altri passanti.

 

Un solo ragazzo sembrava camminare senza avere alcuna intenzione di fare compere: aveva capelli spettinati di un ricco castano quercia, comuni occhi nocciola e una statura leggermente più bassa di quella del ragazzo medio. La sua andatura decisa però tradiva qualcosa di particolare, e il passo militare con cui marciava sulla strada battuta lo distingueva dal resto dei passanti.

 

Arrivato all’incrocio a lui ben noto, Harry si passò una mano tra le finte ciocche castane, sentendo un po’ la mancanza della sua solita matassa d’inchiostro. Si guardò intorno per essere certo di non essere notato, prima di girare l’angolo e infilarsi in un vicolo buio. Il travestimento era diventata un’abitudine necessaria di quei tempi, soprattutto se ti chiamavi Harry Potter.

 

Soprattutto se ti chiamavi Harry Potter e stavi per entrare a Nocturne Alley.

 

Il ragazzo si alzò il cappuccio del mantello e cercò di confondersi più che poté tra le ombre di quel vicolo infame, sapendo bene che ora che il mondo magico era in piena guerra, chiunque si avventurasse in quella via era o estremamente stupido, o estremamente pericoloso, o abbastanza potente da sbarazzarsi dei primi e non temere i secondi.

 

Harry personalmente si riteneva un po’ di tutti e tre.

 

Lentamente l’insegna di Magie Sinister apparve davanti ai suoi occhi e le varie reliquie esposte in vetrina prendevano forma tra le ombre. Harry si fermò ad osservare l’esposizione del negozio che vide come suo commesso Lord Voldemort in persona, trovando come sempre la fila di teschi rimpiccioliti raccapricciante e alcuni articoli semplicemente troppo inquietanti.

 

Salì il primo gradino dell’uscio ed era sul punto di entrare quando con la coda dell’occhio scorse un bagliore chiaro dietro di sé. Si voltò e non si riuscì a trattenere dallo sbarrare gli occhi.

 

Luna?” sussurrò stupefatto.

 

L’inconfondibile ragazza dagli occhi sognanti si trovava a qualche metro di distanza e sembrava completamente intenta ad osservare una crepa sul muro di un vicolo cieco. Portava anche lei un mantello sulle spalle, ma teneva il cappuccio abbassato e i capelli biondi producevano un forte contrasto con le tinte buie della via. A tracolla portava una grande borsa a sacco.

 

Harry non si era aspettato di incontrare nessuno dei suoi vecchi compagni di scuola lì, men che meno Luna che doveva essere nella stessa classe di Ginny in questo momento. Ripensandoci però doveva ammettere che, tra tutti, Luna era l’unica per cui una cosa tanto strana non avrebbe dovuto sorprenderlo più di tanto.

 

“Ehi Luna!” cercò di chiamarla senza alzare troppo il tono, ma non ottenne risposta. Si avvicinò guardandosi intorno con circospezione, assicurandosi che non ci fosse nessuno, e quando le arrivò di fianco la ragazza si voltò.

 

“Harry.” disse semplicemente, con lo stesso tono sognante che le aveva sempre sentito usare, riuscendo singolarmente a riconoscerlo sotto il suo travestimento.

 

“Luna, cosa ci fai qui? Non dovresti essere a Hogwarts? Nocturne Alley non è un posto in cui passare la giornata.” Le chiese Harry sempre sussurrando, ma con tono severo.

 

Lei lo guardò per qualche secondo prima di dire: “Avrei voluto aiutare papà con la ricerca del Biforo Baffuto in Tunisia, ma mi hanno chiamata.”

 

Il ragazzo rimase un attimo confuso, prima di ricordarsi che tra i ragazzi che non erano ritornati ad Hogwarts per quell’anno c’era proprio anche Luna.

 

“Mi avevano detto che saresti stato qui, ho questi per te.” Interruppe i suoi ragionamenti la ragazza, rovistando nella sua grande borsa a sacco.

 

Harry però si concentrò sulle sue parole: “Ti hanno detto che sarei stato qui? Chi?” chiese leggermente allarmato.

 

Luna smise di rovistare nella borsa ed alzò i grandi occhi blu per guardarlo, ma non rispose. Invece, sollevò il braccio che non era seppellito nel grande sacco e indicò il muro di fronte a lei. Harry si voltò, ma l’unica cosa che si trovò davanti fu una piccola e sporca crepa tra i mattoni.

 

Si passò di nuovo una mano tra i capelli, troppo abituato alla ragazza per voler mettersi ad analizzare i suoi strani comportamenti. Quando diresse nuovamente la sua attenzione sulla biondina però, la trovò a porgergli un piccolo libricino e una scatoletta di legno.

 

“Luna, ma cosa…?” cercò di chiedere Harry, ma la ragazza in questione si limitò a fissarlo con i suoi occhi vacui e tendergli gli oggetti. Il moretto prese in mano il libro e la scatola, ancora piuttosto confuso.

 

Osservò il primo, sfogliando le pagine e trovandole tutte vuote eccetto la prima, piena di una scrittura fitta e minuta, a cui sarebbe servita molta più luce di quella del vicolo per poterla decifrare; poi passò alla scatola ed aprendola con una certa curiosità si trovo davanti, con sua somma meraviglia, ad una piccola Giratempo d’oro.

 

“Tre giri stavolta non basteranno.”sentì la voce di Luna dire, ma quando alzò la testa per chiederle spiegazioni, il vicolo era deserto.

 

 

 

 

 

 

A.N.: Come potevo creare una slash post 6° libro senza sistemare la faccenda Ginny? Non potevo, semplice XD. È un ostacolo che ogni scrittore di slash ha dovuto faticosamente superare dopo l’uscita del Principe Mezzo-Sangue, ma stranamente non è un personaggio che odio.

In più, in questo capitolo compare anche Luna, che è uno dei personaggi più affascinanti di Harry Potter a mio parere. Ho cercato di renderla il più possibile verosimile, ma è sempre difficile con lei…

Infine: “Tre giri stavolta non basteranno.”… avete capito, vero, a cosa rimanda? ;)

 

P.S.: rullo di tamburi…. Tom arriva nel prossimo capitolo! Urrah! XD

 

 

RISPOSTE:

 

MORFEa: ah, non rivelo niente io! Ma sono convinta che dopo questo cap hai capto pressa poco come andrà avanti  ;). La teoria dell’Horcrux poi, viene fuori da estenuanti ore di discussioni e ipotesi tra amici sulla possibile fine e devo dire che, anche se dubito con le ragioni che ho inserito io, non la trovo poi così campata per aria. Non ci resta che aspettare il 21 luglio!

 

RowanMayFlower: infatti, ci sono un sacco di cose che la Bowling non ha spiegato e che sono poco chiare… beh, la mia versione l’ho data, anche se solo ai fini della mia stria XD

 

Zafirya: sorpresona? XD Boh, quella dell’Horcrux è sempre stata una teoria che ho avuto (tra l’altro condivisa in lunghissime discussioni tra amici). Per quanto riguarda la reazione di Harry, dopo lo shock iniziale ho voluto che ragionasse in modo un po’ più maturo del solito, anche perché se fosse stato a crogiolarsi nella sua miseria, chissà quando si sarebbe vista un po’ di azione! :P

 

Michy90: Mi fa sempre piacere trovare qualcuno che condivida le mie visioni sul fantastico personaggio che è Tom (e nel prossimo capitolo finalmente lo si vedrà entrare in scena). Inoltre sono contenta che ci sia qualcuno che nota tutti i particolari: prima d iniziare questa storia ho passato mesi e mesi a pianificare ogni cosa per non tralasciare nulla, ma ne è valsa la pena!

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Capitolo 6
*** Piani di Viaggio ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 6/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 6.  Piani di Viaggio

 

 

 

Harry era tornato a Grimmaul Place da diverse ore, chiudendosi immediatamente in camera sua senza parlare con nessuno, e aveva passato la maggior parte del tempo ad osservare il libricino donatogli da Luna che, da quando l’aveva scaraventato sul proprio letto appena arrivato, non era stato spostato di un millimetro.

 

Non riusciva a capire nemmeno lui stesso perché non l’avesse ancora aperto, lottando contro la vorace curiosità che lo aveva sempre contraddistinto. Aveva questa sensazione nel fondo della mente, questo piccolo brivido che gli scendeva giù per la schiena che lo avvertiva che qualcosa di grosso sarebbe successo se avesse letto quell’unica pagina scritta.

 

Scosse la testa per l’ennesima volta diviso tra curiosità e cautela: forse avrebbe fatto meglio a consegnare il tutto alla McGranitt e anzi, poteva quasi sentire la voce di Hermione rimproverarlo per non essere corso subito da loro. Eppure era stata Luna a consegnargli quei due oggetti… sempre che di Luna davvero si fosse trattato.

 

‘Oh, al diavolo!’ pensò mentre afferrava il libricino e lo apriva: non era stato smistato a Grifondoro per niente.

 

Scese dal letto e camminò fino alla sua scrivania, dove accese la luce da tavolo e si sedette. La calligrafia era davvero difficile da leggere, ma il titolo scritto in maiuscolo fu abbastanza per farlo boccheggiare.

 

IL VELO

Mistero del Dipartimento Misteri

 

Harry si accomodò meglio e avvicinò il viso al foglio di pergamena per poter leggere più facilmente. Divorò la pagina avidamente, e ad ogni riga gli occhi gli si spalancavano sempre di più. Quando ebbe finito si lasciò cadere pesantemente sullo schienale chiudendo il libro.

 

“Merlino…” sussurrò.

 

Quel che aveva letto era follia, pazzia pura. C’erano così tante cose che potevano andare storte, anzi, non aveva la certezza che nulla sarebbe andato per il verso giusto, non aveva idea di quello che sarebbe potuto succedere. E se fosse stato tutto un piano di Voldemort? E se quella non fosse stata Luna, ma uno dei Mangiamorte sotto Polisucco? Sarebbe sicuramente morto.

 

‘Ma andando avanti così, morirò comunque’ pensò, ‘Voldemort non aspetterà all’infinito prima di attaccare per la battaglia finale e se non avrò trovato quel libro non ci sarà nulla a fermarlo.’

 

Però fare ciò che aveva appena letto era un completo salto nel buio, un rischio totale. Harry si guardò intorno, cercando di distrarsi un attimo osservando le varie cose sparse per la sua camera: la Firebolt appoggiata sotto la finestra, uno dei pochi ricordi che aveva di Sirius, lo Spioscopio che Ron gli aveva regalato per il suo quattordicesimo compleanno, che ora sarebbe stato più utile all’amico da qualche parte in missione in Irlanda, una foto di gruppo scattata vicino al Lago, dove Lavanda e Calì chiacchieravano amabilmente, Hermione studiava e Ginny rincorreva Seamus per il prato.

 

Ora Lavanda si trovava all’obitorio del San Mungo, uccisa nell’ultimo attacco a Diagon Alley, Calì e Seamus si allenavano con il resto dell’ES, piccolo esercito sotto il suo comando, Hermione passava le giornate a fare ricerche su strategie di guerra e Ginny era rimasta abbandonata a Hogwarts.

 

Era vero, era un salto nel buio, ma il gioco valeva la candela.

 

Harry tirò fuori in fretta il suo vecchio baule da sotto il letto e ci infilò dentro tutto ciò che pensava gli sarebbe potuto essere utile. Si svestì velocemente, togliendo la divisa da Auror che era diventata per lui una seconda pelle e indossando l’uniforme di Hogwarts. Rimpicciolì la Firebolt e mise anch’essa nel bagaglio, prima di avvicinarsi verso la scrivania, intascare il libricino e nascondere la Giratempo sotto il colletto dell’uniforme. Rimase incerto qualche secondo se mandare una nota ad Hermione, ma decise di no: in fondo se fosse andato tutto bene nessuno si sarebbe accorto di nulla. Se fosse andato male invece… beh, non voleva pensarci nemmeno, doveva andare tutto bene.

 

Rimpicciolì il baule fino a farlo entrare nel palmo della sua mano per poi mettere anch’esso in tasca ed uscire dalla camera. Scese le scale per il piano terra ed entrò in cucina per prendere qualcosa da mangiare e da bere, nel caso che ce ne fosse stato bisogno.

 

Quando ebbe tutto il necessario, uscì dalla porta di casa e con un ultimo sguardo verso Grimmaul Place numero 12, si Smaterializzò.

 

 

 

 

Il vecchio mago posto al bancone di sorveglianza dell’Atrium del Ministero fece semplicemente un cenno ad Harry vedendolo passare, non sprecandosi nel controllo della bacchetta, ne tanto meno in uno d’identità.

 

‘Sarei potuto essere un Mangiamorte e a quest’ora avrei già ucciso metà dei dipendenti del ministero’ pensò cinicamente Harry notando la totale mancanza di cautela. Se Moody lo fosse venuto a sapere…

 

Entrò in uno degli ascensori dorati insieme ad un altro gruppo di impiegati, perso nei suoi pensieri e totalmente focalizzato su ciò che stava per fare.

 

Era così sovra pensiero da non essersi accorto che una delle persone nell’ascensore lo stava chiamando da qualche tempo e solo quando sentì una mano posarglisi sulla spalla si riscosse. Purtroppo con i nervi a fior di pelle che si ritrovava e gli istinti che l’addestramento e il campo di battaglia gli avevano fatto sviluppare, il povero malcapitato si ritrovò sbattuto con forza di faccia contro il muro e con le braccia nella stretta ferrea di Harry prima di poter aprir bocca.

 

“Ehi Harry! Che fai, sei impazzito?” gli giunse la voce nervosa di Ernie Macmillan.

 

Riconosciuto l’amico, lo lasciò subito andare, maledicendo la sua agitazione e preparandosi a scusarsi, notando di aver lasciato il resto dell’ascensore piuttosto spaventato.

 

“Oddio, scusa Ernie, non volevo” disse aiutando l’altro a risistemarsi i vestiti, “sai, istinti duri a morire, quando mi si prende alle spalle…”

 

Ernie, da Tassorosso esemplare che era, sembrava aver già perdonato tutto e anzi rispose ad Harry con la sua solita aria bonaria. “Nulla di cui scusarti. Non vorrei niente di meno dal mio Generale!” aggiunse con una strizzata d’occhio.

 

Harry rise, sentendo subito la tensione scivolare di dosso: dopo tanto tempo passato a fare ricerche, cominciava a mancargli la sua squadra, anche se non poteva ritenersi per niente dispiaciuto dall’assenza di battaglie degli ultimi tempi. L’ultimo attacco aveva causato fin troppe perdite.

 

“Allora, venuto a controllare come vanno gli allenamenti? Posso assicurarti che Moody non lascia nessuno battere la fiacca.” Gli chiese l’altro ragazzo.

 

“Ehm, no in realtà. Sono qui per altri… problemi” gli rispose il moretto leggermente a disagio.

 

Ernie però si limitò a sventolare una mano: “ah, non devi dirmelo per forza, gli affari di Harry Potter devono essere sempre Top Secret. E quando non lo sono, solitamente finiamo tutti nei guai!” finì con una risata.

 

Li interruppe la voce metallica dell’ascensore: “Secondo Livello, Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, comprende l’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, il Quartier Generale degli Auror e i Servizi Amministrativi Wizengamot”

 

“Oh, è il mio” disse Ernie voltandosi, “a presto Harry, passa più spesso, d’accordo?”

 

“Sicuro” rispose Harry, chiedendosi mentalmente se ne avrebbe avuto mai più la possibilità.

 

Pian piano che l’ascensore scendeva il cubicolo si svuotava sempre di più, fino a che, arrivato all’ottavo livello, l’unica compagnia del ragazzo erano due promemoria che svolazzavano in cerchio sopra la sua testa.

 

“Ufficio Misteri” annunciò la voce e non aggiunse altro.

 

Harry varcò i cancelli, grato di non trovare nessuno, e si avviò verso il lungo corridoio in pietra. Arrivato davanti alla porta scura che aveva tanto infestato i suoi sogni anni addietro ebbe un attimo di esitazione, ma ormai non poteva più tirarsi indietro: sarebbe andato fino in fondo.

 

Aprì la porta e si ritrovò nella stanza circolare da dove tutte le altre parti dell’Ufficio Misteri si diramavano. Aspettò che la stanza smettesse di girare, prima di guardarsi intorno osservando le decine di diverse entrate.

 

Esasperato si concentrò attentamente sulla stanza del Velo e dopo un deciso movimento del polso, sentì una porta alla sua destra aprirsi e ci si fiondò all’interno.

 

Le rampe di gradini di pietra si aprivano davanti ai suoi piedi e al centro, imponente quanto per lui terrificante, si stagliava il famigerato Velo.

 

A quella vista Harry fu assalito da tante emozioni insieme che per poco non rischiò di cadere in ginocchio. I ricordi che aveva tanto cercato di sotterrare riaffiorarono davanti al Velo tanto odiato e se si concentrava, poteva quasi rivedere quella figura sparire oltre il tessuto fluttuante…

 

“Sirius…” sussurrò piano, avendo solo gli spessi muri di pietra come spettatori.

 

Si riscosse dopo qualche secondo, cercando di deglutire nonostante il groppo alla gola, e scese lentamente i gradini, avvicinandosi alla piattaforma di roccia che supportava l’arco rovinato.

 

Salì sul piedistallo, trovandosi faccia a faccia con il Velo, così vicino da poter sentire di nuovo quei deboli sussurri di voci ignote. Si chiese sospirando perché quella stanza sembrava essere il fulcro di tanti dei momenti più importanti della sua vita.

 

Harry tirò fuori dalla tasca il libricino che Luna gli aveva consegnato e lesse per l’ultima volta le istruzioni contenute in quell’unica pagina scritta prima di riporlo al suo posto. Si sfilò la Giratempo dal collo e la strinse in mano, prima di gettarla violentemente attraverso la stoffa.

 

“Hogwarts 1947!” urlò.

 

La pesante tenda nera cominciò a scuotersi come se una raffica di vento si fosse sprigionata nella stanza, ed Harry, dopo un ultimo profondo respiro, con un passo varcò l’arco e scomparve al di là del Velo.

 

Dall’altro lato della stanza, una figura dai lunghi capelli biondi era girata di schiena ad osservare una sporca crepa sul muro. Si voltò puntando i suoi grandi occhi blu sul velo che stava pian piano tornando a fluttuare etereo come il suo solito.

 

‘Silente aveva ragione’ pensò Luna divertita, ‘a lavorare all’Ufficio Misteri non ci si annoia mai”.

 

 

 

 

Tom Riddle era comodamente sdraiato sull’erba al confine della Foresta Proibita, con la schiena appoggiata al tronco di un albero e il corpo rivolto verso il lago. Nonostante fosse metà Ottobre, stranamente non stava ancora piovendo e ad ovviare al problema della bassa temperatura era bastato un semplice incantesimo riscaldante.

 

Quel piccolo antro dove stava riposando al momento era uno dei luoghi più riparati del parco di Hogwarts, dove il lago disegnava una leggera curva lasciando che gli alberi coprissero al castello la visuale della piccola radura. Contando il fatto che era pieno inverno, con tutta probabilità nessuno si sarebbe mai avventurato così lontano dalla scuola ed era proprio per questo motivo che il ragazzo in questione lo aveva scelto come luogo di riposo, lontano da tutti e da tutte le loro scocciature.

 

‘Giuro che se rivedo Rudolf e Heidi intenti in atti osceni nei sotterranei, pulire i bagni maschili per un mese sarà la pena più leggera che gli possa capitare’ pensò Riddle, i suoi attraenti lineamenti corrucciati in una smorfia infastidita al solo pensiero di quei due.

 

Il ragazzo dai capelli neri come la pece fece scorrere una delle pallide ed eleganti dita sulla copertina del libro che teneva in grembo quasi con affetto. Si poteva leggere a fini lettere argentate stampate sul cuoio il titolo “Salazar Serpeverde: tra leggenda, pregiudizi e realtà”.

 

Tra poco sarebbe dovuto ritornare al castello, lo sapeva, ma in quel momento Tom non aveva davvero alcuna voglia di dover stare in compagnia dei suoi compagni di Casa, tanto meno doverne tollerare gli atteggiamenti immaturi. Peccato che per i propri scopi fosse necessaria la presenza di altre persone. Lui sicuramente reputava di poter portare a termine qualunque cosa nella maniera migliore, ma alla fine avere qualche pedina era anche un bene: a qualcuno il lavoro sporco doveva pur farlo fare.

 

Si alzò da terra alzando le braccia per stiracchiarsi, sempre tenendo il libro che aveva con se in mano, e cominciò ad aggirare la barriera d’alberi che lo divideva dal resto del parco. Aveva appena cominciato a scorgere le torri più alte del castello quando qualcosa lo indusse a fermarsi. C’era un ché di insolito nell’aria, come un formicolio nell’atmosfera, un’insolita agitazione della magia nello spazio circostante.

 

Inizialmente Tom aveva liquidato il vento che improvvisamente si era alzato scuotendo le fronde degli alberi come un semplice fenomeno stagionale, ma ora che aveva i sensi all’erta non sembrava più una cosa tanto normale.

 

Il turbinio d’aria si stava alzando sempre più forte, ma il ragazzo non riusciva a riconoscere con precisione né da che parte provenisse, né da che parte fosse diretto.

 

Improvvisamente un sonoro thump catturò la sua attenzione facendolo voltare di scatto a sinistra dove, a pochi metri da lui, vide con sua immensa sorpresa una figura essere comparsa dal nulla, distesa sgraziatamente sull’erba, come se fosse caduta a peso morto da un paio di metri. Cosa che a giudicare dal tonfo che aveva sentito era più che possibile, anche se inspiegabile.

 

Tom era piuttosto combattuto sul da farsi: da un lato tutti gli istinti gli gridavano di allontanarsi dal possibile pericolo, dall’altro la sua curiosità (caratteristica decisamente poco Serpeverde di cui era sfortunatamente dotato) lo spingeva a controllare chi fosse quella persona che era apparentemente apparsa dal nulla.

 

Si trovava davanti ad una figura del tutto sconosciuta che si era materializzata improvvisamente dall’aria, in quello che era sicuramente un fenomeno magico. Di certo non si era davvero Materializzato, non ci si poteva Materializzare o Smaterializzare all’interno dei confini di Hogwarts e non sembrava aver usato nemmeno una passaporta, vista la mancanza di oggetti strani vicino al corpo, anche se da quella distanza non poteva esserne sicuro.

 

Chi poteva essere? Strizzando gli occhi per individuare più dettagli possibili, riconobbe con tutta probabilità la figura essere quella di un maschio, vista la forma del corpo, anche se la statura era leggermente piccola. Che fosse un ragazzino? Era possibile, ma le circostanze della sua apparizione erano così bizzarre da far supporre che ci fosse qualcosa di più serio in ballo.

 

Che fare, continuare verso il castello e andare a chiedere l’assistenza di un professore, o indagare meglio sullo strano individuo? E poi perché non si era ancora mosso? Che fosse svenuto? Morto addirittura?

 

A dispetto del possibile pericolo, la curiosità vinse ed estraendo la bacchetta, Tom cominciò cautamente ad avvicinarsi al corpo passo dopo passo.

 

Arrivato ad appena qualche centimetro di distanza, si mise ad osservare con attenzione: non era un ragazzino, ma un ragazzo di forse un anno più giovane di lui, almeno a dirsi dalla mascella pronunciata e la fisionomia del corpo. Aveva folti capelli neri sparpagliati a ciocche disordinate sull’erba tutt’intorno, e la testa piegata da un lato nascondeva gran parte dei lineamenti del viso. Non era di statura molto alta, probabilmente di un buon dieci centimetri più basso di lui, ma non era per niente mingherlino, anzi, anche attraverso l’uniforme di Hogwarts poteva intravedere la robusta muscolatura…

 

Aspetta un attimo, uniforme di Hogwarts?

 

Si, il ragazzo indossava una delle famose divise nere e, ora che ci faceva caso, aveva addirittura lo stemma della propria casa appuntato sul petto: Grifondoro.

 

Eppure c’era qualcosa che non andava, prima di tutto la stessa divisa: sembrava diversa, il taglio non era lo stesso ma molto più informale e anzi, c’era addirittura una fila di bottoni che Tom era sicuro non esistere neppure in quella estiva. Il tessuto era troppo leggero per essere il corredo invernale e non riusciva a trovare nessun motivo ragionevole per dover indossare vestiti fuori stagione. Lo stemma poi era più piccolo di quello che doveva essere.

 

Inoltre Tom conosceva praticamente tutti i Grifondoro del suo anno ed era sicuro che questo ragazzo non fosse tra di loro. Anzi, era certo di non averlo mai visto all’interno della scuola e c’era qualcosa in quella figura che, era certo, avrebbe catturato la sua attenzione.

 

Un’improvvisa raffica di vento lo fece rabbrividire e sempre tenendo d’occhio lo sconosciuto, decise di provare a fargli riprendere i sensi: infondo doveva star congelando.

 

“Ehi tu, sveglia.” gli disse, scuotendolo leggermente dopo essersi accucciato al suo livello.

 

Il ragazzo si mosse lievemente da un lato mettendo in mostra finalmente il viso, ma senza dare segni di svegliarsi.

 

‘Beh, almeno so che è vivo’ pensò Tom prima di spostare l’attenzione sui suoi lineamenti. Rimase ad osservarlo per parecchio, soffermandosi sugli occhi chiusi, seguendo la linea dritta del naso fino alla bocca. Si, decisamente una figura così l’avrebbe notata, si disse. C’era qualcosa di quello sconosciuto che catturava il suo interesse, qualcosa che lo attirava verso di lui, ma non riusciva a capire cosa.

 

Stava per scuoterlo di nuovo quando qualcosa sulla fronte del ragazzo attirò la sua attenzione. Seminascosta dalle ciocche nero inchiostro c’era una piccola cicatrice a forma di saetta.

 

Tom avvicinò una mano per scacciare i ciuffi ribelli e poterla osservare meglio, ma appena le sue dita vennero in contatto con la vecchia ferita, una piccola scossa sembrò percorrere il ragazzo che aprì gli occhi di scatto.

 

Verde scontrò nero.

 

Gli occhi smeraldo dello sconosciuto si posarono subito su di lui velati di confusione, poi quasi a riconoscerlo – ma era impossibile, giusto? – si spalancarono comicamente e il ragazzo, con un’espressione simile al terrore, indietreggiò velocemente ancora a carponi, inciampando sui suoi stessi vestiti.

 

Tom era rimasto piuttosto confuso dal suo comportamento, ma non fece in tempo ad aprire bocca che con riflessi impassibilmente veloci il ragazzo aveva tirato fuori la bacchetta, e Tom si vide dirigere addosso uno schiantesimo prima ancora che potesse fare alcunché. Poi non vide più nulla.

 

 

 

 

 

 

A.N.: Ed è arrivato il nostro beniamino! Il momento che tutti aspettavano, all’alba del 6° capitolo finalmente è arrivato XD. Purtroppo però, come avevo anticipato, questo è probabilmente l’ultimo aggiornamento fino al 26 o 27, ma forse (se riesco a trovare un computer nella casa in cui starò a Londra) un modo per aggiungere un capitolo lo trovo. Non prometto nulla però!

 

P.S: ringrazio di cuore Michy90 e nylon per aver lasciato un commento, anche se non ho molto tempo per rispondere, sappiate che vi sono enormemente grata: sono le recensioni che danno la forza di continuare a scrivere!

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Capitolo 7
*** Hogwarts ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 6/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 7.  Hogwarts

 

 

 

‘Ho schiantato Lord Voldemort! Ho schiantato Lord Voldemort! Oh mio dio…’ fu l’unica che Harry riuscì a pensare guardando il corpo accasciato a terra di Riddle, mentre teneva ancora la bacchetta a mezz’aria.

 

Non si aspettava certo che sarebbe iniziata così, anzi, se doveva essere sincero non aveva pensato granché alle conseguenze sin dall’inizio. Non aveva nemmeno collegato la data del viaggio con il giovane Voldemort, e dire che Hermione gli aveva mostrato l’annuario appena qualche settimana prima!

 

Cercando una qualche soluzione, Harry si guardò intorno, notando solo ora il paesaggio e riconoscendo il lago di Hogwarts.

 

Hogwarts.

 

Ce l’aveva fatta! Era ancora vivo e quello era indubbiamente il lago vicino al quale aveva passato tanti pomeriggi.

 

Abbassò lo sguardo, riportandolo sulla figura immobile ad appena un metro da lui: a giudicare da chi aveva di fronte in quel momento, aveva anche azzeccato il periodo, era davvero cinquant’anni nel passato.

 

Il significato della sua situazione attuale lo colpì in pieno: quello che aveva davanti era Voldemort e lui lo aveva appena attaccato. Non era rimasto nemmeno un attimo a riflettere, aveva agito d’istinto, reagendo allo shock e alla paura. Ora però, con la mente più lucida, Harry si sentì i pugni tremare e la mano stringere convulsamente la bacchetta.

 

Quello era Voldemort, lo stesso Voldemort che aveva ucciso i suoi genitori, lasciandolo per anni nell’inferno di casa Dursley, lo stesso Voldemort che aveva cercato di ucciderlo innumerevoli volte, mettendo in pericolo anche tutti i suoi amici, lo stesso Voldemort a cui era da attribuire la colpa della morte di Cedric, Sirius, Silente, Lavanda, Hanna Abbott, Dawlish, Micheal Corner. Ed ora lui lo aveva lì, svenuto ai suoi piedi, e sarebbe bastato così poco per far sì che nulla di tutto quello fosse mai successo…

 

No, si disse Harry rilassando i muscoli e scuotendo vigorosamente la testa, era stato già abbastanza stupido andare a disturbare la linea temporale – Dio solo sapeva quali cambiamenti aveva già causato il suo solo essere arrivato – non poteva permettersi una così grande intromissione. Se avesse ucciso lì sul momento Tom Riddle, il mondo che conosceva sarebbe diventato completamente diverso, magari cambiato in peggio (anche se dubitava potesse andare peggio di come stava andando ora), oppure sparire completamente.

 

Il moretto tirò un lungo sospiro. Beh, ora che aveva stabilito che non avrebbe ucciso seduta stante l’altro ragazzo, qualcosa doveva pur fare al riguardo. Tra tutte le persone che avrebbe potuto incontrare per prime, proprio Tom Riddle doveva capitare.

 

Harry si tirò su in piedi e ripose la bacchetta in tasca mentre si avvicinava alla figura distesa. Assai poco delicatamente prese Riddle per le braccia e cominciò a trascinarlo verso l’albero più vicino.

 

‘Merlino quanto pesa’ pensò Harry mentre lo tirava a fatica tra l’erba, non volendo ammettere che per quanto la figura della sua nemesi fosse piuttosto snella, era probabilmente di diversi centimetri più alta di lui.

 

Arrivato al costeggiare degli alberi, posizionò il corpo seduto con la schiena contro un albero e lo lasciò lì, con la testa a penzoloni e i vestiti stropicciati. Con un po’ di fortuna, lo schiantesimo sarebbe stato abbastanza forte da fargli dimenticare l’incontro e in caso contrario, beh, non aveva comunque intenzione di farsi vedere molto in giro. Voltò le spalle al ragazzo dormiente e cominciò ad incamminarsi verso la scuola.

 

Cosa avrebbe fatto ora? Non aveva avuto il tempo di formarsi alcun piano prima di gettarsi a capofitto nell’impresa, temendo che se si fosse fermato a riflettere, si sarebbe reso conto di che pazzia stesse commettendo e ci avrebbe ripensato.

 

Per prima cosa non doveva farsi vedere – ‘cosa che fin ad ora mi è riuscita spettacolarmente’, pensò ironico – poi doveva concentrarsi sulla missione per cui era venuto lì sin dal principio: trovare il dannatissimo libro sui legami magici.

 

Quando si cominciarono a scorgere le prime guglie del castello, Harry pensò che forse sarebbe stato meglio tirare fuori il suo Mantello dell’Invisibilità se avesse voluto evitare scene simili a quella di prima. Una volta nascosto agli occhi di tutti, continuò con passo deciso verso i portoni che conducevano alla Sala d’Ingresso: aveva in mente il posto perfetto dove poter passare la sua permanenza indisturbato.

 

Salì i gradini due a due e solo dopo aver varcato le enormi porte di quercia cominciò a scorgere i primi membri del corpo studentesco vagare distrattamente per la sala, la maggior parte di quelli che passavano diretti verso la Sala Grande. Evidentemente era ora di pranzo.

 

‘Meglio così’ pensò mentre si avvicinava alle grandi scale che portavano ai piani superiori, ‘almeno non dovrò preoccuparmi di schivare la folla nei corridoi’.

 

Arrivato al secondo piano, prese uno dei tanti passaggi segreti che conosceva a memoria, subito dietro ad un arazzo, che lo portò direttamente al settimo senza troppa fatica. Percorse il corridoio deserto, osservandosi curiosamente intorno. Hogwarts era Hogwarts in tutte le epoche, eppure era inevitabile per Harry, che aveva passato tanto di quel tempo a girovagare di nascosto per i corridoi del castello, notare anche le minime differenze, come quadri che non aveva mai visto prima o armature fuori posto.

 

Girato l’angolo, un sorriso gli comparve sul volto: per fortuna l’arazzo di Barnaba il Babbeo era dove sarebbe sempre stato.

 

Camminò in fretta per tre volte andando avanti e indietro davanti alla nuda parete, pensando per tutto il tempo ad una semplice e confortevole stanza dove poter alloggiare. Al terzo passaggio, la porta della Stanza delle Necessità si materializzò magicamente ed Harry, senza alcun indugio, girò il pomello e l’aprì.

 

Davanti ai suoi occhi vi era una stanza di medie proporzioni, dipinta in leggeri toni di blu e azzurro. In uno degli angoli a sinistra un grande letto a baldacchino era posizionato contro il muro, con di fianco il proprio comodino completo di abat-jour. Al centro un piccolo tavolino basso circondato da un divanetto e una poltrona erano radunati di fronte ad uno scoppiettante caminetto, mentre dall’altro lato, verso l’ultima parete, vi era una scrivania di mogano già equipaggiata con piume, pergamene e calamaio. Di fianco al letto infine si apriva un’altra porta, probabilmente collegata al bagno.

 

Harry si richiuse la porta alle spalle e vi installò un incantesimo d’allarme che lo avrebbe avvisato se qualcuno avesse tentato di entrare senza il suo consenso. Si avvicinò al letto e ne tastò la morbidezza molleggiandocisi per qualche secondo sopra, poi tirò fuori dalla tasca il suo baule rimpicciolito e lo riportò a grandezza naturale, sistemandolo ai piedi del letto come era solito fare nel suo amato dormitorio.

 

Ora che tutte le sue cose erano sistemate, prese per un attimo in considerazione l’idea di fare un salto da subito in biblioteca, ma un profondo sbadiglio gli fece realizzare quanto davvero fosse esausto: nessuno poteva dire che i viaggi nel tempo non fossero stancanti. Si limitò a togliersi le scarpe prima di buttarsi a peso morto sul letto soffice.

 

“Ragazzi che giornata” sospirò. Si girò da un lato e gattonò verso il suo baule nel quale, una volta aperto, rovistò per qualche secondo prima di tirare fuori una piccola boccetta dal liquido blu: pozione soporifera. Erano diversi mesi che ormai gli era diventato indispensabile assumerne una dose prima di andare a dormire a causa dei terribili incubi che gli infestavano il sonno. Senza la pozione creata apposta per assicurare un sonno senza sogni, si sarebbe sicuramente svegliato urlando come un pazzo.

 

L’unico problema era che quel tipo di pozione dava assuefazione. Poppy più di una volta di prenderla gli aveva proibito, nonostante avesse sempre lasciato l’armadietto delle scorte aperto: sapeva in fondo cosa voleva dire essere in guerra ed Harry preferiva essere dipendente che insonne.

 

Stappò la boccetta e ne deglutì il contenuto in una volta sola. Ebbe appena il tempo di infilarsi sotto le coperte prima di cadere in un sonno profondo, dimenticandosi che fosse solo ora di pranzo.

 

 

 

 

Tom aprì gli occhi e la prima cosa che notò fu il cielo molto più scuro di quanto non ricordasse. Provò a spostarsi e una fitta alla schiena gli impedì i movimenti per qualche secondo, irrigidito dalla postura scomoda nella quale aveva apparentemente dormito per diverse ore. Come aveva fatto ad addormentarsi là fuori? Si chiese stupito mentre riusciva a fatica ad alzarsi in piedi, stirando i muscoli indolenziti. In realtà l’ultima cosa che ricordava era leggere il suo libro…

 

Si guardò intorno cercando il prezioso oggetto, non trovandoselo in mano e neppure nei vicini dintorni dell’albero a cui era appoggiato. Lasciando vagare lo sguardo verso il resto della radura, finalmente scovò il libro a qualche metro di distanza, appoggiato sull’erba.

 

“Ma che diavolo…?” sussurrò mentre correva a raccoglierlo e ne controllava eventuali ammaccature.

 

Come aveva fatto a finire così lontano se ricordava benissimo di averlo tenuto tra le mani, mentre lo leggeva appoggiato all’albero?

 

Alzò lo sguardo ad osservare il punto dove aveva trovato il libro e in effetti riconobbe, anche nell’ombra che era scesa, l’esatto punto dove aveva passato il pomeriggio a leggere: non era il libro ad essersi spostato, era stato lui.

 

Tom assottigliò gli occhi, non gradendo per niente la svolta che aveva preso la giornata. Non era più nemmeno sicuro di essersi addormentato a questo punto e, nel caso lo avesse fatto, difficilmente avrebbe potuto spostarsi di dieci metri nel sonno. Cos’è che non riusciva a ricordare?

 

Scrutò ancora con attenzione ogni angolo della radura intorno a sé alla ricerca di indizi, finché non lo vide, a poca distanza da lui: un punto preciso dove l’erba alta era appiattita ed in alcuni punti strappata. Si avvicinò con cautela ed arrivato proprio davanti al punto, si accucciò. Per qualche motivo provò un forte senso di dejà-vu e sempre più incuriosito e sospettoso, spostò con una mano i fili d’erba distrutti: sembrava proprio come se qualcuno fosse stato sdraiato su quei ciuffi, come se ci si fosse poi rotolato, o…

 

Il ragazzo.

 

Il verde di quegli occhi.

 

Lo schiantesimo.

 

Il buio.

 

Flash di quel pomeriggio tornarono a Tom con forza facendogli mozzare il respiro e massaggiarsi la tesa dolorante. Ora ricordava: stava leggendo tranquillo, lamentandosi dei suoi compagni di Casa quando quel ragazzo era comparso dal nulla, cadendo a terra svenuto.

Tom tastò distrattamente l’erba dove ora sapeva era stata sdraiata la figura misteriosa, quasi ad accertarsi che fosse reale, perché era sicuro che se non ne avesse avuto davanti le prove, avrebbe creduto tutto un sogno.

 

Ripassò nella mente tutti i particolari di quella figura, dagli spettinatissimi capelli d’ebano alla divisa bizzarra, fino a ricordarsi la strana cicatrice a forma di saetta che portava sulla fronte, quella che, quando l’aveva toccata, aveva prodotto una scarica elettrica attraverso tutto il corpo svenuto. Una cicatrice così non veniva da una ferita normale, rifletté Tom, nel mondo magico le lesioni che non potevano essere guarite magicamente erano davvero poche.

 

In ogni caso, ora che stava rivivendo nella mente tutto l’episodio, non era la cicatrice la cosa che più lo aveva turbato. Nulla al mondo gli avrebbe fatto dimenticare lo sguardo di terrore in quei brillanti occhi smeraldo appena lo avevano riconosciuto.

 

Perché tanta paura? E com’era possibile che lo avesse riconosciuto, mentre lui era sicuro di non averlo mai visto prima? Vero, indossava una divisa di Hogwarts quindi sicuramente aveva già visto Tom per i corridoi (soprattutto vista la fama che aveva per tutta la scuola), però aveva lo stemma di Grifondoro e lui era sicuro di conoscere tutti i Grifondoro del suo anno, almeno di vista. In più il modo in cui era comparso, dal nulla completo…

 

No, decisamente c’era qualcosa che non quadrava e Tom era fermamente deciso a scoprire cosa.

 

Si alzò in piedi in un fluido movimento e cominciò a dirigersi verso la scuola a passo spedito, continuando a pensare all’accaduto e in meno di dieci minuti era già alle porte del castello.

 

Entrando nella Sala d’Ingresso, la prima cosa che vide fu il folto gruppo di studenti che chiacchieravano davanti alle porte che davano sulla Sala Grande, aspettando che aprissero i battenti per andare a mangiare. Sentendo i crampi allo stomaco al pensiero della cena, si ricordò solo in quel momento di aver saltato il pranzo.

 

“Ehi Tom! Dove eri finito?” Una voce esclamò alle sue spalle e, voltandosi, Tom si trovò di fronte al suo compagno di Casa e unica persona che poteva permettersi di rivolgersi a lui così casualmente: Orion Black.

 

Orion aveva neri capelli mossi che gli arrivano appena sopra le spalle, tagliati in modo da lasciare un po’ di frangia coprirgli gli occhi grigio tempesta. Alle sue parole molti si erano voltati e la maggior parte delle ragazze sembravano indecise su quale dei due ragazzi restare a fissare: Black era il playboy ufficiale della scuola, con il suo corpo da favola e il sorriso accattivante, ma a parità di bellezza, come ripeteva sempre Giselle Malfoy, mancava del ‘carisma disarmante e fascino misterioso del nostro Prefetto preferito’.

 

Tom assottigliò gli occhi e fulminò l’altro ragazzo con uno sguardo gelido. “Cosa faccio nelle mie giornate non è in nessun modo fatto tuo. Non mi sembra di aver fatto richiesta per un cane da guardia.”

 

Orion per un attimo sembrò ferito, ma in un attimo riprese il suo sorriso smagliante “Eddai Tom, non fare sempre così, stavo solo cercando di fare l’amico.”

 

Tom si limitò a voltargli le spalle “Non ho fatto richiesta neppure per quello.” Rispose, seguendo il flusso di studenti che si riversavano in Sala Grande per prendere posto ai tavoli, ora che le porte erano state aperte.

 

Se l’altro lo stava seguendo, Tom non se ne curò, occupato a scrutare uno per uno i volti dei ragazzi seduti al tavolo di Grifondoro. Per ora non aveva ancora visto da nessuna parte lo sconosciuto del suo strano incontro, ma ancora molti dovevano scendere per la cena, soprattutto contando la scarsa puntualità della casa dei Leoni.

 

L’erede di Serpeverde prese il suo solito posto al centro del tavolo con le spalle al muro, in modo da avere di fronte l’intera sala. Alla sua sinistra si sedette Orion mentre alla sua destra una ragazza dai capelli castani e il viso pallido che reggeva uno spesso libro di pozioni con una mano e la forchetta con l’altra. Davanti a lui, erano seduti un ragazzo e una ragazza dai lineamenti quasi identici: capelli biondi, pelle nivea e tratti aristocratici che gridavano ‘Purosangue’ da ogni parte. Giselle Malfoy e suo fratello maggiore Abraxas stavano chiacchierando compostamente mentre mangiavano e sorseggiavano vino dai loro calici d’oro.

 

Qualche posto più in là una rossa stava imboccando il proprio ragazzo suscitando gli sguardi schifati dei loro compagni di Casa che vi sedevano di fronte, Marcus Mulciber e Caleb Dolohov.

 

“Ehi Giselle, hai mica visto Madlene? È tutto il giorno che la cerco” chiese Orion rivolgendosi alla biondina che era indaffarata a legare i capelli del fratello in un codino basso.

 

“Oh, ho sentito che è in infermeria, Heidi l’ha sentita insultare Rudo e le ha lanciato una brutta Fattura Orcovolante,” rispose lanciando uno sguardo esasperato alla coppietta qualche posto più in là, “e a proposito, sarà meglio fare qualcosa prima che Marcus e Caleb vomitino, i due piccioncini fanno venire la nausea – Abrax, stai fermo, se no ti farà ancora più male – comunque io non c’ero in quel momento, stavo provando il nuovo rubinetto della vasca dei Prefetti, quello con le bolle rosa, ma Eileen ha visto tutto, vero Eileen?” finì tutto d’un fiato. La ragazza col libro di pozioni alzò lo sguardo, ma si limitò a rispondere con un cenno affermativo.

 

“Ecco fatto!” continuò Giselle finendo di fare il fiocco al nastro di raso nero tra i capelli del fratello, che la stava intanto fulminando con lo sguardo, senza però perdere mai la postura impeccabile. “In ogni caso, perché ti serviva Madlene, Orion?”

 

“Oh niente, ci dovevamo vedere stasera, ma poco male, troverò qualcun altro.” E detto questo si alzò leggermente sulla panca e si sporse in avanti “Ehi Connor!” urlò verso il tavolo dei Corvonero, facendo voltare un biondino, “Stasera, nove e mezza alla statua della Strega Orba, ci sei?” chiese con un occhiolino e un sorrisino sensuale. Quando l’altro ragazzo fece un cenno affermativo, Orion tornò allegramente a mangiare.

 

“Seriamente Orion, non puoi proprio fare a meno di farti qualunque cosa abbia un buco?” disse Marcus Mulchiber, che nel frattempo era scappato da Rudolf e Heidi e si era seduto di fianco a Giselle.

 

“Tsk, Tsk, tutta invidia la tua, solo perché non riesci a trovare una ragazza decente da portare a letto non vuol dire che io debba trattenermi. Hai provato dall’altra sponda? Potresti avere più fortuna.” Rispose il ragazzo ridacchiando all’espressione schifata di Marcus.

 

“Black, forse ti stai dimenticando che siamo a tavola e un comportamento del genere non è degno di quello di un Purosangue come te.” intervenne Abraxas con tono gelido ma calmo, “Tom, per favore, digli qualcosa tu, sei l’unico che riesce a farlo stare zitto.”

 

Ma Tom aveva ascoltato appena le conversazioni dei suoi compagni, non che gli sarebbero interessate in ogni caso, intento com’era a scrutare il tavolo rosso oro. Ormai erano scesi tutti a mangiare, ma per quanto si sforzasse di aguzzare la vista, il misterioso ragazzo di quel pomeriggio non si vedeva da nessuna parte.

 

“Ehi Tom, ci sei? Sei ancora più taciturno del solito, il ché la dice lunga.” Chiese Orion poggiandogli una mano sul braccio.

 

Tom si voltò di scatto, fissando la mano sul suo braccio fino a che l’altro non la ritirò. Si alzò in piedi, attirando l’attenzione del tavolo.

 

“Io mi ritiro in camera, il primo che mi disturba, raggiunge Madlene Avery in infermeria.” E detto questo si allontanò dal tavolo e uscì dalla sala a passo spedito.

 

Orion guardò il ragazzo andarsene ed aggrottò la fronte “Ma che gli è preso? Prima sparisce per tutto il pomeriggio, ora questo…”

 

Nessuno rispose: le azioni del Re di Serpeverde non si discutevano.

 

Intanto Tom si era diretto verso i sotterranei, formandosi nella mente teorie su teorie sul misterioso moretto, una meno probabile dell’altra. Arrivato davanti al muro che celava l’entrata della Sala Comune di Serpeverde disse la parola d’ordine in un sussurro frustrato, entrando prima ancora che la porta di pietra scorrevole si fosse del tutto aperta. Il fuoco del camino scoppiettava allegro benché la sala comune fosse vuota, essendo tutti gli studenti a cena.

 

Tom si fermò indeciso se sedersi sui divanetti di velluto verde di fronte al fuoco o salire direttamente in camera, ma alla fine decise per quest’ultima: non sarebbe davvero riuscito a sopportare le chiacchiere inutili dei suoi compagni di Casa quando sarebbero tornati dalla Sala Grande.

 

Salì quei pochi gradini che portavano al dormitorio maschile ed entrò nelle sue stanze personali di Prefetto, chiudendosi la porta alle spalle e applicandovi un incantesimo Imperturbabile, insieme ad un Colloportus. Rimettendo la bacchetta in tasca, si diresse verso il letto e vi ci si buttò a pancia in su, incrociando le braccia dietro la testa.

 

Continuava a rivedere nella mente la scena di quel pomeriggio, cercando di imprimersi nella memoria quanti più particolari poteva. Dopo qualche minuto, si ritrovò a soffocare uno sbadiglio: non era tardi, eppure si sentiva davvero stanco nonostante fosse rimasto svenuto per parecchie ore.

 

Quello schiantesimo… era stato estremamente potente, soprattutto se si contava che diversi maghi a quell’età non sanno nemmeno usarlo uno schiantesimo. Inoltre era stato velocissimo a lanciare l’incantesimo e i riflessi con cui aveva tirato fuori la bacchetta erano impressionanti, difficilmente uno studente normale avrebbe potuto possedere una preparazione del genere. Saper agire rapidamente in una situazione di pericolo non era qualcosa che si poteva imparare dai libri, ma solo dall’esperienza.

 

Tom sospirò un’ultima volta mentre le palpebre gli si facevano pesanti e si voltò da un lato, aspettando di cadere nelle braccia di Morfeo. Quello che non sapeva era che ciò che stava disperatamente cercando era addormentato solo sette piani più in alto.

 

 

 

 

 

 

A.N.: Tornata da Londra! E come era prevedibile, mi sono sciroppata tutto d’un fiato The Deathly Hollows. Voglio precisare che questa storia NON terrà assolutamente conto del 7 libro, visto che è già stata pensata dall’inizio alla fine, e NON ci saranno spoiler di alcun genere.

Detto questo, torniamo alla storia: come avrete letto dalle reazioni, non sarà certo subito rose e amore tra i due, sarebbe semplicemente ridicolo. Inoltre ho cominciato ad introdurre i compagni di scuola di Tom e ne salterà fuori anche qualcun’altro nel corso della storia… So che molta gente non vede di buon occhio i personaggi inventati (io in primis quando leggo una storia ^^”), ma in qualche modo spero che non li vediate sotto quest’ottica, primo perché sono indispensabili (qualcuno la deve pur frequentare quella scuola) e secondo perché nella stragrande maggioranza hanno un collegamento con i personaggi a noi tutti noti (Malfoy, Orion Black, Dolohov, Avery, Eileen Principe…).  Se per caso vi sarà difficile ricordare tutti i nomi, basta dirlo e se volete posterò l’elenco dei nuovi personaggi.

Dio che A.N. lunga! Vabbeh, ancora una cosa sola: non so davvero quando avrò di nuovo a disposizione un computer per aggiornare, forse il 6, forse non so… quindi vi prego di avere pazienza per questa estate!

 

 

RISPOSTE:

 

Selene_90: sono contenta che ti sia piaciuto e pensando alle Harry/Tom, è un peccato che ce ne siano così poche in giro…

 

lake: spero che continuerai a leggere ^^. Dici che il 6 era il più bello? Mm, non so, di sicuro mi sono divertita a scrivere i pensieri di Tom!

 

Zafyria: già, finalmente è arrivato! Credimi, mi immaginavo così bene la scena dello schiantesimo, mi sono divertita da pazzi a scriverla (di sicuro più d Tom ad essere schiantato XD). Luna poi la trovavo semplicemente perfetta all’Ufficio Misteri!

 

gokychan: cercherò di fare del mio meglio, ma come ho già detto è difficile in vacanza avere un computer a portata di mano…

 

Michy90: W il Tom Riddle Fan Club! XD Condivido pienamente i tuoi sentimenti verso questo fantastico personaggio (e arrossisco profondamente ai complimenti ^^”). Mi chiedo spesso come mai nel mondo dello slash dove si trova praticamente di tutto, siano così poche le TRxHP confronto alle HPxDM o HPxSP, è davvero un peccato…

P.S.: Deathly Hallows letto, finito e riletto, ma non voglio dare giudizi né spoiler, quindi terrò la bocca chiusa :).

 

kristin: ehehe, lo schiantesimo l’ho trovato la reazione più verosimile che Harry potesse avere alla fine. Di Orion poi se ne vedrà dell’altro, stanne certa!

 

Selvy: un altro membro del Tom Riddle Fan Club, dovrò cominciare a fare le targhette XD

 

Infine ringrazio di cuore anche tutti quelli che leggono e seguono anche se non lasciano un commento (bruttissima abitudine che troppo spesso ho anch’io ^^”)!

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Capitolo 8
*** Scontri ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 8/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 8.  Scontri

 

 

 

“Fanculo!” esclamò Harry esasperato chiudendo l’ennesimo libro davanti a sé con un tonfo sordo.

 

Era passata più di una settimana dal suo arrivo e la prima cosa che si era messo a fare era cercare il maledetto libro Anima e Corpo: Condanne e Beatitudini dei Legami Magici, e purtroppo le difficoltà si erano fatte vedere sin dall’inizio.

 

In principio aveva pensato che sarebbe stato un compito facile, infondo bastava usare il suo solito travestimento che aveva usato anche per andare in Nocturne Alley e fare finta di essere uno studente qualsiasi. Poi si era ricordato quello che la McGranitt aveva detto, cioè che il libro si trovava nella Sezione Proibita: anche usando il Mantello dell’Invisibilità di sicuro la bibliotecaria si sarebbe accorta della porta per il Reparto Proibito che si apriva, o per lo meno dei libri che sembravano uscire dagli scaffali da soli e galleggiare a mezz’aria.

 

Si era ridotto quindi a sgattaiolare di notte con il Mantello ed usare le ore di buio per cercare tra gli innumerevoli tomi del Reparto Proibito, metodo che non solo lo privava di essenziali ore di sonno che non sempre riusciva a recuperare durante il giorno, ma che lo lasciava annoiato a morte per tutto il resto delle giornate, costretto com’era a rimanere chiuso nella Stanza delle Necessità.

 

Gli unici momenti di sfogo erano quando, ritornato dalla Biblioteca verso le prime ore del mattino, si recava come faceva nel suo tempo al lago per il suo addestramento mattutino, che però invece di lasciarlo ristorato come di consueto, dopo ore passate sui libri, non sorbiva altro effetto che renderlo più esausto che mai.

 

Inoltre era passata ormai più di una settimana e di quel libro non sembrava esserci alcuna traccia.

 

Sfinito, Harry si massaggiò gli occhi stancamente e si alzò in piedi, avvicinandosi ad uno scaffale e tirando fuori un altro libro, sperando di trovarvi le informazioni giuste. Si sedette al tavolo e l’aprì, ma per quanto provasse non riusciva a concentrarsi sulle parole che leggeva.

 

Aveva pensato diverse volte all’incontro con Tom Riddle, inizialmente con rabbia e frustrazione per aver avuto il suo nemico numero uno tra le mani e non aver potuto fare nulla, poi però si era rassegnato a non trastullarsi con l’idea di giocare col destino e, con non poco orrore, aveva cominciato a provare anche una leggera curiosità. Si ricordava bene il diario di Riddle che Hermione gli aveva consegnato, cavolo, lo aveva anche portato con se nel baule, ma quando aveva passato le serate a leggerlo, per lui era sempre stata tutta una cosa astratta, come se fosse stato un romanzo. Ora non poteva fare a meno di collegare quelle parole ad una persona reale, in carne ed ossa e trovarsi davvero curioso di sapere che cosa aveva trasformato Tom Riddle in Lord Voldemort.

 

Doveva però per prima cosa trovare quel dannato libro sui legami magici e solo dopo avrebbe potuto passare il tempo rimanente facendo quello che voleva, anche se di questo andazzo non gliene sarebbe rimasto molto. Certo, sarebbe stato molto più facile se fosse stato uno studente, così gli sarebbe bastata una scusa qualsiasi per farsi dare un permesso speciale da un professore per ritirare il libro dalla Sezione Proibita, ma cosa avrebbe potuto dire al Preside?

 

“Mi scusi Professor Dippet, vede, sono uno studente di Hogwarts che dovrebbe fare il settimo anno, ma non ho nessun certificato per provarlo, anzi a dirla tutta non ho nemmeno un documento d’identità. Che dice, va sempre bene Grifondoro o devo essere Smistato di nuovo?”

 

Anche nella sua testa sembrava ridicolo.

 

Dirgli tutta la verità? No, meglio di no, visto soprattutto che quello che aveva fatto era sicuramente illegale e con tutta probabilità o avrebbero cercato di rispedirlo nel futuro il prima possibile o lo avrebbero sbattuto ad Azkaban il prima possibile, Prescelto o no.

 

Con un sospiro tirò fuori la bacchetta e lanciò un “Tempus”: erano già le tre e mezza del mattino e per tutta la settimana non aveva fatto altro che andare a letto alle quattro e svegliarsi due ore dopo per l’allenamento mattutino.

 

Incrociò le braccia sul libro che aveva di fronte e vi poggiò la testa: in quel momento gli sembrava il cuscino migliore che avesse mai avuto. C’erano ancora parecchie ore prima che il resto della scuola si svegliasse e fortunatamente la biblioteca apriva un’ora dopo l’inizio delle lezioni.

 

Sentiva le palpebre pesanti e la testa come se fosse stata circondata di ovatta.

 

‘Chiudo gli occhi solo un secondo, solo un secondo…”

 

 

 

 

Tom stava camminando per i corridoi con un’espressione estremamente irritata in volto, tenendo con una mano la sua borsa, visibilmente rotta.

 

Mancavano solo cinque minuti all’inizio della prima ora e il Prefetto di Serpeverde si era ritrovato costretto a dover tornare al suo dormitorio per cambiare borsa. Tutto questo, nemmeno serviva dirlo, era colpa di Black.

 

Tom non riusciva davvero a capire Orion e i suoi tentativi di dimostrarsi tanto un buon amico, un comportamento non solo decisamente poco Serpeverde, ma che nel novanta percento dei casi finiva col creare disastri. Uno si aspettava che dopo cinque anni lo avesse capito da solo.

 

Era passata più di una settimana dall’incidente del Lago e del ragazzo sconosciuto ancora nessuna traccia. Si era spinto addirittura a chiedere un po’ in giro, sempre senza dare sospetti, e aveva preso l’abitudine di scrutare attentamente il tavolo rosso-oro ai pasti. Più ci pensava, più trovava dettagli che infittivano l’enigma di quell’incontro, che aveva cominciato ad essere il pensiero fisso delle sue giornate.

 

Gli era capitato più di una volta di fermare svariati ragazzi per i corridoi solo perché avevano gli stessi capelli, o la stessa statura, ma oltre a diverse occhiate perplesse non aveva raggiunto altri risultati. Cominciava ad essere sempre più sicuro che il moretto non fosse un vero studente, nonostante il leone sullo stemma della sua divisa.

 

Persino i suoi compagni di Casa si erano accorti del suo insolito comportamento e Black, avendo notato la sua strana fissazione per i Grifondoro, si era anche azzardato a chiedergli quale fosse stata la fortunata Grifoncina che gli aveva rubato il cuore, cosa che gli era costata puntualmente un pomeriggio in Infermeria.

 

Era stato proprio per farsi perdonare per quell’uscita infelice che il Playboy di Hogwarts aveva deciso di voler a tutti i costi portare a Tom la borsa sulla strada per Divinazione.

 

Orion purtroppo non aveva tenuto conto della congenita gelosia e possessività che Tom aveva per le sue cose, caratteristiche che trasformarono il suo gentile tentativo di disponibilità in una vera e propria battaglia di tira e molla, con la borsa sfortunatamente al centro. Non ci si doveva stupire quindi, quando le cuciture della tracolla saltarono e l’oggetto conteso cadde rovinosamente a terra, sparpagliando il proprio contenuto sul pavimento di pietra. Come se non bastasse una delle boccette d’inchiostro si era rotta nell’urto ed aveva macchiato ovunque.

Tom non era nemmeno voluto restare a sentire le scuse del compagno, aveva raccolto le sue cose e marciato verso le scale, diretto al suo dormitorio dove fortunatamente teneva un’altra borsa.

 

‘Fortuna che ho messo tutti i miei compiti sotto un incantesimo imperturbabile’ pensò il ragazzo tirando fuori dalla borsa un fascio di fogli da cui l’inchiostro versato sembrava scivolare via come avrebbe fatto sulla plastica.

 

Il Serpeverde era tanto impegnato a controllare i danni alle sue proprietà, da non accorgersi che, arrivato ad un incrocio con un altro corridoio, dalla sua destra qualcuno schizzò a tutta velocità verso la sua direzione e non poté fare nulla per evitare lo scontro.

 

Caddero a terra entrambi con un severo tonfo e Tom vide per la seconda volta la sua amata borsa venire catapultata in aria e sbattuta contro il pavimento. Si alzò dopo i pochi secondi necessari a riassettarsi, pronto a minacciare con una brutta fattura chiunque fosse stato l’idiota che gli era venuto addosso.

 

Quando alzò gli occhi però, le parole gli morirono in gola.

 

 

 

 

Harry si svegliò di colpo con un urlo, con ancora le immagini dell’incubo vivide nella sua mente. Prese qualche profondo respiro, inspirando ed espirando lentamente fino a che il battito del cuore non fu tornato alla sua normale frequenza.

 

Che cos’era successo? Perché non aveva preso la sua dose di pozione soporifera? Si guardò intorno, cercando di scacciare dalla mente la visione del corpo di Lavanda che si contorceva sotto gli effetti della maledizione Cruciatus.

 

Per prima cosa capì dai forti crampi che tutti i muscoli del suo corpo sembravano avere che non poteva decisamente essere nel suo letto, poi, quando cominciò a prendere coscienza dei suoi dintorni, realizzò di non essere nemmeno nella Stanza delle Necessità.

 

Polverosi tomi incrociavano dappertutto il suo sguardo e improvvisamente i ricordi della sera precedente gli riaffiorarono nella mente: si era addormentato in biblioteca.

 

“Merda!” esclamò alzandosi di scatto dalla sedia.

 

Controllò l’ora sul grande orologio a pendolo vicino allo scaffale più alto e notò con suo grande orrore che erano già le otto passate, per cui le lezioni dovevano essere già iniziate e il castello pieno di studenti. Per di più, da un momento all’altro poteva arrivare la bibliotecaria ad aprire e lo avrebbe scoperto di sicuro…

 

‘Non ho nemmeno il Mantello con me’ pensò disperato mentre chiudeva e riponeva nei propri posti tutti i libri che aveva tolto dagli scaffali la notte prima.

 

Finito di mettere in ordine, aprì lentamente la porta della Sezione Proibita e sbirciò attraverso l’uscio per controllare che non ci fosse nessuno. Appurata l’assenza di anima viva, si richiuse la porta alle spalle bisbigliando un Colloportus senza nemmeno tirar fuori la bacchetta.

 

Fortunatamente indossava sempre la sua divisa di Hogwarts sopra l’uniforme in pelle di drago e con un po’ di fortuna i ritardatari che erano ancora in giro per i corridoi non avrebbero fatto domande, pensando che fosse un altro studente qualunque che correva per andare a lezione.

 

Uscendo dalla biblioteca notò con suo grande sollievo che il corridoio sembrava vuoto, ma c’era ancora qualche piano che lo separava dalla sua camera e purtroppo in quella parte del castello non c’erano passaggi segreti utili per portarlo più velocemente a destinazione.

 

Salì le scale a due a due, ma già dopo qualche minuto di corsa per i corridoi si decise a rallentare il passo, vedendo che sembrava davvero che tutti gli studenti si trovassero all’interno delle aule. Continuò dunque a camminare con molta più calma, assaporando per la prima volta da più di una settimana l’atmosfera unica del castello. Non era la stessa cosa visto di notte di sfuggita, correndo tra la biblioteca e la Stanza delle Necessità.

 

Passando davanti alla porta di un’aula del quinto piano, rimase piacevolmente sorpreso nel sentire la voce del professor Ruf parlare con lo stesso tono piatto e monotono che aveva sempre avuto. Chissà se in questi anni era già un fantasma o era ancora vivo.

 

Stava per mettere piede su di un’altra rampa di scale, quando da dietro le spalle sentì un flebile miagolio. Si voltò di scatto e vide, a pochi metri da lui, un gatto che lo fissava attento: era ritto sulle quattro zampe e il pelo, che probabilmente sarebbe dovuto essere bianco, era arruffato a ciuffi disordinati. Gli occhi gialli, affilati in due strisce verticali, erano fissi in quelli di Harry.

 

Harry aveva già visto quel gatto diverse volte nel corso degli ultimi giorni: il gatto del custode. Aveva pensato che la fissazione che Gazza aveva per Mrs. Purr fosse una sua personale malattia e invece a quanto pareva insieme al posto di custode, veniva il gatto.

 

Gli occhietti gialli seguirono ogni mossa di Harry mentre saliva lentamente un altro gradino. Non sapeva come, ma ogni volta che lo aveva incontrato, con Mantello dell’Invisibilità o senza, il dannato felino sembrava sempre sapere che lui non fosse davvero studente. Si guardò intorno per vedere se l’uomo che avrebbe dovuto accompagnare sempre il gatto fosse nelle vicinanze ma, anche se non vide nessuno, non volle tirare troppo la corda della sua fortuna e partì per una folle corsa per i corridoi.

 

Peccato che arrivato al sesto piano non riuscì a vedere, se non quando era ormai troppo tardi, il ragazzo che stava sbucando da dietro l’angolo. Lo scontro fu inevitabile, ma Harry riuscì nella caduta ad atterrare sulle quattro zampe, come gli avevano insegnato nell’addestramento.

Rischiò però di cadere di nuovo dalla sorpresa quando, alzando gli occhi, vide chi era l’altra persona.

 

 

 

 

“Tu…” sussurrò Tom nel vedere il volto dell’unica persona che aveva abitato i suoi pensieri nell’ultima settimana. Era indubbiamente il ragazzo misterioso: stessi arruffatissimi capelli neri come la pece, stessi occhi impassibilmente verdi, stessa divisa dal taglio insolito e, notò con un certo interesse, stessa posizione da combattimento.

 

Vide l’espressione sorpresa del moretto svanire, lasciando posto ad un’aria guardinga mentre si sollevava in piedi. ‘Ed ecco che ancora sembra mi riconosca’ pensò Tom, ‘eppure io prima di qualche giorno fa non l’avevo mai visto. Da dove viene tanta diffidenza, tanta paura?’

 

Nessuno dei due stava parlando, erano entrambi fermi, in piedi, che si studiavano silenziosamente. Anche se il suo viso era diventato impassibile, Tom riusciva a leggere fin troppo bene gli occhi smeraldo del ragazzo di fronte, che sembravano rispecchiargli l’anima. Sospetto, paura, rabbia, ostilità e… curiosità?

 

Il Serpeverde fu il primo a rompere il contatto visivo, distratto da una dei calamai usciti dalla sua borsa, che era rotolato fino ai suoi piedi. Si chinò per raccoglierlo, ma si bloccò quando vide che anche questo suo semplice movimento aveva portato immediatamente l’altro a sfoderare la bacchetta, che ora si trovava puntata direttamente contro di lui. Tom assottigliò gli occhi: non gli piacevano per niente le minacce, ma non aveva dimenticato di che riflessi era munito quel ragazzo.

 

“Posso sapere, di grazia, perché ho una bacchetta puntata al petto?” decise infine di rompere il silenzio, come minimo perché il pensiero di trovarsi a raggio di maledizione non lo allettava parecchio.

 

Di risposta l’altro lo guardò come se avesse detto qualcosa di immensamente stupido.

 

“Sei Tom Riddle” rispose, con una voce molto più profonda di quanto Tom non gli avrebbe attribuito, “c’è davvero bisogno di un motivo per puntarti una bacchetta contro?”

 

Beh, ora almeno sapeva che i suoi sospetti erano fondati: sapeva decisamente più cose quel ragazzo su di Tom che non Tom su di lui.

 

“Sembri conoscermi bene,” continuò il Prefetto cauto, “posso sapere come, visto che non mi sembra ci siamo mai presentati?”

 

Per qualche motivo la domanda lo sembrò divertire.

 

“Oh beh, a me sembra di conoscerti da una vita” fu la criptica risposta. Tom naturalmente non riuscì a ricavarne un significato che avesse un minimo di senso, ma non perse la pazienza: i misteri erano sempre stati le sue passioni.

 

“Perché non sei a lezione?” gli chiese improvvisamente il ragazzo.

 

Tom spostò lo sguardo sulla sua borsa ancora per terra e stette per qualche secondo a ponderare se dirgli la verità o meno. Quando tornò a fissare quegli occhi di giada però, vide per un attimo la curiosità sovrastare le altre emozioni e decise che forse poteva essere usata come unica breccia.

 

“Dovrei essere a Divinazione, stavo tornando al dormitorio perché mi si è rotta la borsa.”

 

Lo sguardo dell’altro vagò verso l’oggetto sul pavimento, senza però muovere per un solo istante la bacchetta dalla sua posizione.

 

“Tu invece, perché non sei a lezione?”

 

Lo sconosciuto sembrò sinceramente stupito dalla domanda e, per la seconda volta in dieci minuti, lo fissò come se avesse detto la cavolata del secolo. Onestamente, era qualcosa che cominciava a dare un po’ sui nervi a Tom.

 

“Non avrai davvero pensato che fossi uno studente?” chiese, più sorpreso che altro.

 

“No, in effetti avevo i miei dubbi, ciò non toglie che indossi una divisa di Grifondoro. Nessun particolare motivo? Tra l’altro se doveva essere un travestimento è fatto anche piuttosto male, il taglio è completamente diverso.” Chiese Tom alzando un sopraciglio.

 

“Perché, cosa c’è di male in Grifondoro?” ribatté l’altro con tono leggermente irritato.

 

Tom roteò gli occhi al cielo. “C’è anche solo bisogno di chiederlo?”

 

“C’è bisogno di rispondere?”

 

“Sai rispondere con qualcosa che non sia una domanda?”

 

“No, tu?”

 

Tom cominciava ad innervosirsi sul serio per tutte quelle risposte inconsistenti e tentò di cambiar tattica.

 

“Visto che conosci il mio nome, mi sembra semplicemente legittimo che anch’io conosca il tuo.” Disse incrociando le braccia al petto stizzito.

 

L’altro ragazzo non rispose subito, ma si potevano quasi vedere i meccanismi del suo cervello girare per soppesare la risposta.

 

“Harry” rispose dopo qualche secondo mordendosi un labbro, come se non fosse sicuro di stare facendo la cosa giusta.

 

‘Harry.’ pensò Tom rigirandosi la parola sulla lingua, tastandone il suono. Era un nome piuttosto comune e probabilmente di origine babbana, ma c’era un solo modo per saperlo.

 

“Harry e basta?” chiese, il suo sopraciglio sempre ben sollevato.

 

Purtroppo la domanda sembrò suscitare l’effetto opposto a quello desiderato, perché il moretto assunse nuovamente un’espressione sospettosa e ostile.

 

“Harry è già tanto, ritieniti fortunato”

 

Ma come osava…

 

“Cos’è, sei uno sporco mezzosangue che se ne vergogna tanto da non voler nemmeno pronunciare il suo cognome ad alta voce?” lo schernì Tom con un ghigno cattivo stampato in volto.

 

Non lo vide nemmeno muoversi, ma in un lampo il ragazzo gli si era lanciato addosso e lo aveva sbattuto violentemente contro il muro del corridoio, tenendolo fermo in una presa ferrea con un braccio, mentre con l’altro gli puntava la bacchetta alla gola. Gli occhi smeraldo erano diventati incandescenti di rabbia e Tom poteva sentire ogni suo muscolo tremare improvvisamente di furia. Non avrebbe mai pensato di suscitare una simile reazione, né tanto meno che quel ragazzo tanto più basso di lui potesse possedere tanta forza, sia fisica che magica: quasi si tastava la magia che stava emanando intorno a sé.

 

“Non – ti – azzardare” ringhiò ogni parola, ed erano così vicini che i loro nasi quasi si sfioravano. Posizione che, aggiunta alla bacchetta, al braccio che quasi lo soffocava e al respiro dell’altro che gli danzava sul collo, non lasciava a Tom il tempo di pensare lucidamente.

 

Trovandola essere l’unica cosa da fare, in qualche modo riuscì a recuperare dalla tasca la propria bacchetta e lanciare al suo assalitore un Expelliarmus non verbale che lo scaraventò dall’altro lato del corridoio, lanciando la sua bacchetta a qualche metro di distanza.

 

Tom ebbe appena il tempo di riprendere fiato che già il ragazzo dagli occhi verdi era rotolato da un lato, aveva recuperato la propria bacchetta e innalzato uno scudo intorno a sé.

 

‘È davvero potente,’ pensò Tom osservandone i movimenti, ‘e anche un vero Grifondoro.’ aggiunse vedendo che oltre a materializzare lo scudo, non aveva dato altro segno di voler attaccare.

 

Si ricompose e cercò di mostrarsi come se non fosse successo nulla. “Non ti conviene iniziare un combattimento qui, nei corridoi” gli disse stirandosi la camicia stropicciata e risistemando la cravatta verde-argento.

 

L’altro non si mosse, né abbassò lo scudo.

 

“E nemmeno io ho intenzione di farmi beccare, sono un Prefetto e ho una reputazione da mantenere.” Continuò Tom, incoraggiandolo a modo suo a rilassarsi. Davvero sarebbe stato più avventato del più stupido Grifondoro a ingaggiare un duello con un avversario di cui sapeva così poco.

 

Finalmente, dopo un’altra occhiata sospettosa e un momento di esitazione, il ragazzo abbassò lo scudo e fece un passo avanti. Aveva appena aperto bocca, quando il suono della campanella di fine ora risuonò per tutto l’edificio, annunciando il cambio delle lezioni. I rumori delle sedie che si spostavano all’interno delle aule crebbero sempre di più, come lo sguardo di panico negli occhi verdi.

 

Prima che Tom potesse fermarlo, Harry era partito in una corsa frenetica.

 

“No, aspetta!” gli urlò dietro il Serpeverde, ma senza risultati, e quando voltò a sua volta l’angolo vide con sua somma delusione che dell’altro non vi era più traccia.

 

“Maledizione” sussurrò tra sé ritornando a raccogliere la borsa, mentre la massa di studenti cominciava a riversarsi per il corridoio.

 

Inspiegabilmente però, nonostante la riscomparsa dello pseudo Grifondoro, Tom si sentiva stranamente soddisfatto,  e più rilassato di quanto non gli capitava da giorni. Aveva un nome ora: Harry.

 

“Ehi Tom!”

 

Si voltò e vide Orion scendere le scale e raggiungerlo di corsa. “Dov’eri finito, perché non sei più tornato? Ho detto alla Carroll che ti eri sentito poco bene.” Si avvicinò e, notando il leggero sorrisino sulle labbra del compagno di casa, aggiunse: “Non ti sei sentito davvero male, vero?”

 

Il sorrisino di Tom si allargò.

 

“Oh no, mai stato meglio.”

 

 

 

 

 

 

A.N.: Ce l’ho fatta ad aggiornare anche stavolta! Un capitolo tutto Harry e Tom! E forse purtroppo sarà anche l’ultimo prima di settembre (mi sento un po’ ripetitiva =_=).

Comunque, visto che vado di fretta taglierò corto e passerò alle recensioni.

 

 

RISPOSTE:

 

Selvy: ehehehe, imparerà ad amarlo ;)

 

gokychan: oddio, grazie, sto diventando peperone XD

 

lake: Orion sembra un pazzo furioso? Si, devo dire che hai ragione, ma è un personaggio che mi fa continuamente morire dalle risate anche quando lo scrivo XD

 

kristin: allora, per te ecco qua la lista (di quelli visti fin ora almeno)

              Orion Black

              Giselle Malfoy

              Abraxas Malfoy (fratello maggiore di Giselle)

              Eileen Principe

              Marcus Mulciber

              Caleb Doholov

              Heidi Rosier & Rudolf Lestrange (la coppietta)

              Madlene Avery (anche se non si è vista davvero)

 

Michy90: spero ti piaccia questa nuova interazione tutta Harry e Tom allora ^^! A proposito del 7 libro… si, mi è piaciuto, anche se 5° e 3° rimarranno sempre i miei preferiti. Ho trovato però alcune scene un po’ troppo spettacolarizzate forse, come se la Bowling stesse un po’ pensando ai film mentre lo scriveva…

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Capitolo 9
*** Spiragli di un Accordo ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 9/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 9.  Spiragli di un Accordo

 

 

 

“Tom, mi vuoi dire cos’hai in questi giorni?” chiese Orion buttandosi su uno dei divanetti verdi posti davanti al fuoco, nella Sala Comune di Serpeverde.

 

Il ragazzo indirizzato non rispose, né staccò gli occhi dal blocco appunti che teneva in mano, sul quale era intento a tratteggiare qualcosa a matita. Orion aveva esitato qualche minuto prima di parlargli, rimanendo ad osservarlo: nel vederlo così focalizzato sul proprio lavoro, qualunque esso fosse, con le sopracciglia lievemente aggrottate per la concentrazione e il riflesso delle fiamme che gli danzava negli occhi scuri, avrebbe voluto avere con sé una macchina fotografica, solo per potersi vantare con qualcuno di aver potuto osservare una creatura tanto mozzafiato.

 

Peccato che la bellezza del suo aspetto esteriore non rispecchiasse quello interiore. Orion voleva bene a Tom, davvero, e cercava in tutti i modi di dimostrarsi un buon amico, anche sapendo bene che non sarebbe mai stato capace di superare le impenetrabili barriere che egli aveva costruito intorno a sé. Però non era così ingenuo da mentire a se stesso: Tom non era una brava persona.

 

Lo guardò far fluttuare la matita sul foglio, creando tratti e curve che dalla sua posizione non riusciva a vedere e che, per esperienza, non era sicuro di voler sapere cosa stessero formando. Non era così insolito vedere il Prefetto disegnare, ma i frutti di quell’attività avevano sempre lasciato Orion leggermente a disagio: era innegabile che avesse del talento, ma i soggetti…

 

Il primo che gli aveva mai visto fare era stata una bellissima riproduzione dello stemma di Serpeverde, con il serpente attorcigliato languidamente alla S capitale, i denti leggermente affondati nella lettera. In molti ne erano rimasti colpiti, tanto che era diventata una moda averne una copia stampata sulle copertine di quaderni e diari, in perfetto orgoglio Serpeverde.

 

Vedendo quanto fosse bravo a disegnare Tom, Orion era stato il primo ad incoraggiarlo, ma se ne era pentito quasi subito vedendo i suoi capolavori seguenti: erano pezzi d’arte cupi che spesso sfioravano il macabro. Ce n’era uno che raffigurava un enorme serpente intento a divorare un corpo martoriato, di cui si vedevano solo i resti che pendevano dalle fauci affilate. Un altro era il chiaro-scuro della statua mortuaria di un angelo che aveva perso un’ala, con solo un albero scarno e qualche lapide minore a tenergli compagnia.

 

Infine c’era quello che Orion detestava di più, quello che ogni volta che guardava gli faceva venire la pelle d’oca su tutto il corpo: era il disegno di una semplice stanza piuttosto spoglia, con solo un letto perfettamente fatto e un armadio. In uno degli angoli però, rannicchiato in posizione fetale, c’era un bambino dai capelli scuri che si abbracciava le ginocchia. L’unico suo compagno sembrava essere un piccolo serpentello attorcigliatogli ad un braccio.

 

Orion amava tanto quanto odiava quei disegni, da un lato perché erano indubbiamente stupendi e costituivano l’unico scorcio sull’animo di Tom, dall’altro perché mostravano esattamente quanto fosse distorta e tormentata quell’anima.

 

Il ragazzo sospirò e decise di nutrire la sua vena masochista e sbirciare il disegno in corso di realizzazione per vedere quale fosse quella volta il soggetto. Si poteva quindi immaginare la sua sorpresa quando, portandosi alle spalle del compagno di Casa, vide prendere forma sulla pergamena un semplice volto.

 

Niente sangue, carneficine, solitudine o disperazione, solo un semplice volto. Era un ragazzo con dei capelli scuri molto spettinati, con ciocche che venivano sparate un po’ da tutte le parti, alcune delle quali che cadevano sulla fronte semicoprendo un singolare segno a forma di saetta. La linea della mascella era ben pronunciata e gli occhi un po’ grandi avrebbero dato all’insieme un’espressione d’innocenza se non fosse stato per lo sguardo duro che sembravano rivolgere al disegnatore.

 

Non vi erano tratti singoli che si potevano definire belli, ma nell’insieme creavano un qualcosa di estremamente attraente. Anche i capelli che sembravano non aver visto un pettine da molti anni, più che di una mancanza di cura davano l’impressione che qualcuno ci avesse passato più volte le dita attraverso appassionatamente.

 

Ma perché Tom avrebbe dovuto disegnare qualcuno così, a caso? Che stesse iniziando una storia a fumetti? Il solo pensiero era ridicolo. Solo dopo aver staccato gli occhi dal viso disegnato Orion si accorse che sul fondo della pagina vi erano scritte diverse note:

 

Harry

Altezza: massimo 1,70m

Capelli: neri

Occhi: verdi

Grifondoro?

 

“Non riuscirò mai a far venir bene gli occhi” disse improvvisamente Tom mentre ricalcava con accuratezza l’iride, “il bianco e nero non gli rende giustizia.”

 

Orion sgranò gli occhi sorpreso: aveva davvero detto quello che aveva sentito? Chiunque fosse, questo ragazzo era dunque una persona reale e, contando che da quando lo conosceva non aveva mai sentito Tom indirizzare un complimento a nessuno, doveva essere anche qualcuno  piuttosto interessante.

 

Solo in quel momento prese coscienza dell’ultima parola sul fondo pagina: Grifondoro. In quegli ultimi giorni, quando Tom aveva cominciato a sperimentare gli stessi sbalzi d’umore di una donna incinta, non aveva forse sviluppato una strana fissazione con i Grifondoro? Era stato così palese nei suoi comportamenti che diversi altri Serpeverde se ne erano accorti, cosa che non era mai stata tipica di Tom. Possibile che fosse stato tutto per…

 

“Uhuhu, vedo che il nostro Prefetto preferito si è preso una cotta per qualcuno” gli disse con un sorrisetto da chi la sapeva lunga. La matita dell’altro ragazzo si fermò, ma lui non si voltò e per un attimo Orion dovette dare ragione a tutti quelli che affermavano che quando trattava con Tom doveva essere guidato da un vero e proprio istinto suicida.

 

“Dimmi Black,” esordì Tom con voce gelida, “ti è piaciuto così tanto il tuo ultimo soggiorno in Infermeria da avere l’improvviso desiderio di prolungare l’esperienza?”

 

“Suvvia Tom, era solo un’ipotesi” rispose lui sulla difensiva, cominciando a temere per la sua salute. “Non vuoi proprio dire al vecchio Orion chi sia questo affascinante giovane? Non penso di averlo visto in giro e credimi, se lo avessi visto ci avrei fatto un pensierino.”

 

Alle sue parole Tom si irrigidì visibilmente e lui dovette trattenere il ghigno che minacciava di salirgli sulle labbra. ‘Colpito in pieno, eh?’

 

“Ti posso assicurare che l’intera faccenda non ti riguarda minimamente” rispose il Prefetto, non riuscendo a togliere del tutto l’irritazione dalla sua voce.

 

Orion, più curioso che mai, si sporse per vedere meglio i tratti del ragazzo che aveva catturato tanto l’attenzione di Tom. Ora che lo osservava bene però, un po’ gli sembrava familiare…

 

“Ehi, ma io questo qui l’ho già visto!” esclamò ricordandosi.

 

La matita che il Serpeverde teneva in mano cadde a terra.

 

“Come scusa?”

 

“Ma si,” continuò Orion noncurante dell’insolita reazione di Tom, “non so se sia uno studente, perché per i corridoi sinceramente non l’ho mai visto, ma ogni mattina verso le sei è sempre vicino al lago a fare esercizi o a correre.”

 

Tom si era chinato e aveva ripreso in mano la matita, ma era ovvio che fosse completamente focalizzato su quello che gli si stava raccontando.

 

“Una volta sono rimasto ad osservarlo quando aveva appena finito di correre intorno al lago e si stava togliendo la maglietta sudata. Oh, dovevi vedere che musco–”

 

“E che stavi facendo” lo interruppe Tom prima che potesse finire la frase, “in giro alle sei del mattino?”

 

“Oh beh, devo sempre tornare al mio letto prima di colazione, no?” rispose Black facendo l’occhiolino e tornando a sedersi sul divanetto in modo da poter guardare l’altro in faccia. Il moretto sembrava profondamente assorto nei suoi pensieri, ma un piccolo sorrisino gli si stava formando sulle labbra.

 

Si voltò per la prima volta verso di lui. “Orion, che ore sono?”

 

“Ehm, le undici e venti, perché?”

 

“Oh niente, niente” rispose Tom senza abbandonare il suo piccolo ghigno, “penso che me ne andrò a letto.” E detto questo chiuse il blocco degli appunti e si alzò. Si stava già dirigendo verso la sua stanza quando si rivolse per l’ultima volta all’altro ragazzo. “Grazie per l’informazione comunque, non me ne dimenticherò” aggiunse prima di sparire per le scale.

 

Orion si lasciò andare ad un lungo sospiro, facendo cadere pesantemente la testa tra le mani. Non me ne dimenticherò: una frase del genere detta da Tom avrebbe fatto saltare di gioia molte persone, pregustando la ricompensa che sarebbe sicuramente arrivata, ma a lui appesantivano soltanto il cuore. Non era quello che voleva, non doveva essere così. Possibile che per Tom fossero così estranei i concetti di amicizia, di altruismo? Doveva sempre essere una cosa per un'altra, ogni piccola azione con il proprio valore?

 

Tom era una persona piena di capacità e possedeva una grande influenza sull’intero corpo studentesco, ma la sua vita era così vuota sul piano affettivo che Orion personalmente era sicuro che non avrebbe fatto cambio con lui per tutto l’oro della Gringott. Non aveva nessuna intenzione di vedere l’amico rovinarsi sprofondando sempre di più nell’oscurità come stava facendo, ma sapeva benissimo di non poter fare nulla.

 

Osservò assorto il punto dove poco prima Tom stava disegnando quello strano ragazzo. Era davvero possibile che qualcuno fosse riuscito a scalfire, o addirittura ad oltrepassare la corazza di ferro che il gelido Serpeverde aveva costruito intorno a sé? Quella corazza con cui si era dovuto scontrare fin dal primo giorno, quando erano ancora solo dei bambini. Se le sue congetture fossero state esatte…  non aveva mai visto il compagno di Casa tanto preso su di una persona.

 

‘Beh,’ pensò, ‘chiunque tu sia, Harry, farai meglio a non torcere nemmeno un capello a Tom. Potresti essere la sua ultima speranza.’

 

 

 

 

‘Ancora uno.’ Pensò Harry continuando a correre lungo la riva del lago, lasciando che il freddo vento mattutino gli scompigliasse i capelli. Tutt’intorno le alte fronde degli alberi schermavano l’intera zona dalla fioca luce dell’alba invernale e le acque calme dello specchio d’acqua rilucevano, nell’ombra, di uno scuro color petrolio.

 

Il ragazzo teneva un ritmo sostenuto, sebbene il fiato corto e i lunghi segni scuri che portava sotto gli occhi mostravano quanto realmente fosse esausto: ormai la sua routine si era consolidata e sfortunatamente sembrava comprendere appena tre o quattro ore di sonno. Si sentiva ogni giorno più debilitato dalla mancanza di riposo, ma era lì per una missione, non per una vacanza, e non avrebbe permesso a nulla di fargli rinunciare al suo allenamento. Vigilanza Costante era ancora il suo motto.

 

Si fermò arrivato alla radura da dove aveva cominciato i suoi quindici giri e, appoggiatosi ad un albero, riprese lentamente fiato. ‘Vigilanza costante, certo.’ pensò ironico, ‘A chi voglio darla a bere se quasi non mi reggo più in piedi?’. Sapeva bene che se avesse continuato così sarebbe finito a ricommettere l’errore di qualche giorno fa, addormentandosi in biblioteca, ma cosa poteva fare? Aveva bisogno delle ore della notte per ricercare. Se solo avesse potuto essere uno studente… Avrebbe sicuramente evitato altri incidenti, cosa alquanto gradita, visto com’era finito l’ultima volta.

 

Dirigendosi verso il centro della radura, Harry si sdraiò per terra per cominciare la serie di addominali. Aveva rivissuto diverse volte l’incontro/scontro con Riddle nella mente ed ogni volta era arrivato a conclusioni diverse. All’inizio si era dato del perfetto idiota per non essere subito volato via invece di rimanere a chiacchierare amichevolmente con il sedicenne Signore Oscuro, non riuscendo a vincere la sua dannata curiosità Grifondoro. Poi però aveva cominciato ad analizzare più attentamente l’intero episodio ed era rimasto scioccato quando si fu accorto che Tom Riddle non sembrava tenere nessun comportamento ostile nei suoi confronti.

 

Era così strano per lui il pensiero di Lord Voldemort che non lo voleva morto che Harry, sebbene conscio del fatto che a sedici anni non c’era modo che potesse nemmeno sapere chi lui fosse, non poteva fare a meno di tenere sempre la bacchetta sfoderata. Si era sentito così stupido per avere attaccato l’altro ragazzo in un impeto di rabbia, solo perché aveva usato la parola Mezzosangue. Per quanta rabbia avesse provato in quel momento, ogni tanto Harry riusciva a spaventarsi da solo: e se la prossima volta non fosse riuscito a contenersi? Sapeva di essere abbastanza forte da poter fare seriamente del male…

 

‘Oh, ma smettila, è di Voldemort che stiamo parlando!’ pensò arrabbiato con i suoi stessi pensieri, ‘Si merita tutto il male che gli possa capitare.’

 

Eppure l’espressione di completa sorpresa sul suo bel volto lo aveva lasciato con più confusione di quanta non dovrebbe essere normale provare.

 

Con uno sbuffo finì l’ultima a serie di addominali e si stava per girare a pancia in giù per iniziare le flessioni quando con la coda dell’occhio vide qualcosa che lo fece immediatamente balzare in piedi. Là, appoggiato casualmente al tronco di un albero con le braccia incrociate vi era proprio il soggetto dei suoi pensieri, Tom Riddle, che lo osservava attentamente.

 

Istintivamente la mano di Harry schizzò alla tasca posteriore dove teneva la bacchetta, prima di bloccarsi con un grande sforzo di volontà. ‘Calmati Harry, finché non fa nessuna mossa non costituisce alcun pericolo.’

 

“Non è un po’ presto per fare ginnastica? Contando che hai tutto il giorno libero dalle lezioni, non è certo il tempo che deve mancarti.” Disse il Serpeverde con voce impassibile.

 

Curiosamente Harry si ritrovò a confrontare il suo atteggiamento con quello di Malfoy. Sebbene una frase così se la sarebbe aspettata da entrambe le parti, Malfoy l’avrebbe sicuramente detta con il suo classico ghigno strafottente in faccia, con l’unico scopo di farlo arrabbiare. Riddle sembrava molto più calcolato, come se volesse studiare la sua reazione per cogliere più informazioni possibili.

 

“Come sapevi che ero qui?” chiese Harry evitando la provocazione.

 

Un sorrisetto si delineò sul volto dell’altro. “Me l’ha riferito un uccellino.” Disse mentre si staccava dall’albero e faceva qualche passo in avanti.

 

Harry sospirò quasi impercettibilmente. Aveva passato l’ultima ora ad allenarsi dopo aver dormito poco meno di quattro ore: davvero era troppo stanco per i giochetti.

 

“Che cosa vuoi Riddle?” chiese infine fissando attentamente l’altro.

 

“Voglio sapere chi sei.” Rispose lui schietto ed Harry si stupì di un approccio tanto poco Serpeverde. “Voglio sapere da dove vieni,” continuò avanzando verso il Grifondoro, “perché non ti ho mai visto prima e perché sembri sapere così tante cose su di me. E sono intenzionato a scoprirlo, perché odio i segreti tanto quanto amo i misteri.”

 

Ora i due ragazzi erano abbastanza vicini che Harry era costretto a piegare un po’ la testa verso l’alto per guardare l’altro negli occhi. Voleva sapere chi era? Beh, questo era qualcosa che sicuramente non poteva dirgli.

 

Improvvisamente un piano gli si formulò nella mente. Forse era folle, forse non avrebbe funzionato e forse stava sottovalutando la curiosità di Riddle, ma se fosse andato in porto sarebbe stata la sua occasione.

 

“Ho una proposta.” disse quindi Harry dopo qualche secondo di silenzio e fu grato di vedere un bagliore di interesse negli occhi dell’altro. “Vuoi sapere chi sono? Mi dispiace ma non te lo posso dire. Però se come hai detto tu sei così intenzionato a saperlo, non posso certo impedirti di tentare di scoprirlo.”

 

Riddle assottigliò leggermente gli occhi, cercando di capire dove sarebbe andato a parare il discorso. Harry cercò di assumere la posa più arrogante che trovò, sperando che l’altro non si accorgesse del bluff.

 

“Ma quante probabilità hai di scoprirlo? Ci siamo incontrati per puro caso una volta e non credere che continuerò ad allenarmi qui sapendo che ormai sei a conoscenza del luogo.” Harry si avvicinò di un altro passo, in modo da poter guardare Riddle direttamente negli occhi. “Con ogni probabilità, non mi vedresti mai più in tutta la tua vita.”

 

Lo sguardo di Tom era diventato gelido e nei suoi occhi si era accesa una scintilla rosso rubino. “E quale sarebbe quindi la proposta?”

 

Harry sorrise, lieto di aver attirato il Serpeverde proprio dove lo voleva. “Voglio aiutarti nell’impresa, voglio iscrivermi ad Hogwarts, come studente.”

 

Tom lasciò solo per un secondo che un lampo di sorpresa gli attraversasse il volto. “E quale sarebbe il mio ruolo in tutto questo?” chiese sospettoso.

 

Harry distolse un attimo lo sguardo dagli occhi scuri e si fissò per qualche secondo le mani. “So che nonostante tu non abbia una prestigiosa famiglia alle spalle, hai molti contatti nella scuola.” Disse e rialzò lo sguardo sul viso di Riddle. “Io non ho documenti e non accetterebbero mai un ragazzo che arriva a trimestre già iniziato che non è nemmeno iscritto all’anagrafe.”

 

“Vorresti che ti procurassi documenti e certificati falsi?” chiese leggermente stupito il Prefetto. “E tutto questo solo per aiutarmi a scoprire chi sei?” chiese alzando un sopracciglio.

 

“Oh no, certo che non è solo per questo. Ho i miei motivi.”

 

“Però io non ho alcuna garanzia. Difficilmente mi sarebbe d’aiuto se tanto finiresti in Grifondoro, non riuscirei nemmeno ad avvicinarmi.”

 

Harry sospirò e ringraziò il cielo che nessuno dei suoi amici potesse vederlo in quel momento, perché sicuramente sarebbe venuto loro un infarto per le parole che stava per pronunciare: “Lo so, è per questo che mi farò smistare a Serpeverde.”

 

Tom gli lanciò un’occhiata esasperata. “Non si può decidere in che Casa essere smistati, ci si mette solo un cappel –”

 

“So come funziona lo Smistamento grazie. Ti assicuro solo che sarò a Serpeverde. Fidati di me.”

Tom si ammutolì e per un attimo qualcosa di indecifrabile gli passò attraverso gli occhi ed Harry si chiese che cosa avesse detto di tanto strano. Eppure in quei secondi di silenzio le parole “fidati di me” rimasero come sospese nell’aria tra di loro.

 

“Quarantotto ore.” La voce del Serpeverde lo distolse dai suoi pensieri.

 

“Quarantotto ore?”

 

“Dammi quarantotto ore per pensarci, dopodomani ti darò una risposta. Immagino non ci sia bisogno di dirti dove.” E detto questo si voltò e cominciò ad allontanarsi dalla radura.

 

 

 

 

 

 

A.N.: Tornata! Mi dispiace per la lunga attesa, ma avevo avvertito che non avrei avuto una connessione a internet disponibile per un bel po’ di tempo.

Comunque ho delle buone notizie per voi che sono cattive notizie per me: questa storia sta diventando un poema omerico. La trama è già tutta stata decisa, revisionata, abbozzata nero su bianco e approvata fino alla fine, ma quando ho provato a fare uno schema dei capitoli… Merlino mi salvi! Ne ho contati 23 ed ero appena a metà della storia e come se non bastasse quando ho iniziato a scriverli per intero, quello che avevo previsto dovesse stare in un capitolo è uscito fuori in 3  =_=.

Vabbeh, spero solo che l’inizio della scuola non mi rallenti nello scrivere…

P.S.: più avanti anche i capitoli si allungano, tornando a revisionare questo per postarlo mi sono scioccata di quanto corto fosse o_o.

 

 

RISPOSTE:

 

Michy90: aaah, lo sai che le tue recensioni mi lasciano sempre un enorme sorriso stampato in faccia? Ne sono infinitamente grata, davvero, perché tutti i complimenti fanno sempre piacere, ma se c’è qualcuno che prende tempo a commentare ed analizzare un po’ il capitolo… beh, è manna dal cielo per uno scrittore!

Comunque, tornando alla storia: rapporto problematico? Altroché, ci vorrà un bel po’ prima che quei due si sbroglino, d’altronde con la testa bacata di Harry e la congenita insensibilità di Tom, è uno spasso scrivere come si sviluppa la loro storia XD.

A proposito del carattere di Harry, come lo si vede in questa fanic non è l’Harry che è uscito dal Principe Mezzosangue, ma un Harry che ha passato quasi un anno sul campo di battaglia, per di più dovendo comandare di persona i suoi stessi amici. Ha dovuto per forza di cose imparare a controllare l’impulsività, che in passato gli ha causato innumerevoli guai, tra cui la morte di Sirius (per la quale non ho mai perdonato né lui, né la Rowling  =_=).

Tom invece, è perfetto così com’è XD. No vabbeh, scherzo (nemmeno troppo però :P) più avanti si vedranno altri lati del suo carattere e anche qualche scena comica non mancherà  ;).

 

Resha91: Beh, penso di aver risposto alla tua domanda, no? :P Piano, piano si vedranno sempre più spesso, sta tranquilla.

 

gokychan: XDDDDDDDD. Grazie mille per i complimenti e come vedi alla fine sono riuscita ad aggiornare, ora i nuovi capitoli torneranno ad arrivare con la solita frequenza, continua a seguire!

 

Ginny W: Sono contenta che ti piaccia, mi dispiace di averti dovuto far aspettar tanto prima di questo nuovo capitolo, spero che tu stia seguendo ancora! ^^”

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Capitolo 10
*** Colloquio Notturno ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 10/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 10.  Colloquio Notturno

 

 

 

“Malfoy, ho un favore da chiederti” disse Tom appena vide l’aristocratico biondino attraversare la Sala Comune. Abraxas si fermò e fece un cenno ai suoi amici di avviarsi verso cena da soli, mentre si avvicinava al Prefetto.

 

“Che tipo di favore esattamente?” chiese con tono neutrale, guardandosi però intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi. Non che ce ne fosse bisogno: quando Tom Riddle voleva parlare in privato con qualcuno, la massa sembrava fare in fretta a disperdersi.

 

“C’è una persona,” rispose il moretto, guardandosi apparentemente annoiato le unghie di una mano, “che vorrebbe entrare in questa scuola. Purtroppo manca dei necessari… requisiti: documenti, per essere più specifici.”

 

Malfoy alzò un sopracciglio. “Ah si? E chi sarebbe questa persona?”

 

Tom fissò duramente gli occhi topazio dell’altro. “È una persona che mi interessa avere in questa scuola, non ti basta?” chiese, ma non era davvero una domanda.

 

Abraxas assottigliò gli occhi, ma vedendo l’espressione di sfida sul volto del moro decise che a quanto pareva sarebbe dovuto bastargli. Aveva rapporti abbastanza buoni con Riddle, ma non aveva mai perdonato il fatto che il ragazzo che teneva in pugno così tanti professori e studenti nella scuola fosse un lurido Mezzosangue.

 

“Tra tre giorni ci sarà uno dei weekend di Hogsmade e so che conosci alcune persone che saprebbero risolvere questo mio problema.” Continuò Tom quando il biondino non rispose.

 

Ma l’altro non sembrava pronto a sottomettersi così facilmente: erano Serpeverde dopo tutto.

 

“E dimmi, quale sarebbe il mio profitto in tutto questo?”

 

Riddle riprese l’aria annoiata di prima. “Malfoy, ti ho chiesto un favore. Non è dei profitti che dovresti preoccuparti, ma delle conseguenze.”

 

Il biondo si fece avanti intimidatorio. “Mi stai forse minacciando, Riddle? Non so se te lo sei dimenticato, ma sono un Malfoy e sai,” aggiunse con un ghigno, “non tutti sono abbastanza potenti o purosangue per potersi permettere di farlo.”

 

In meno di un secondo Tom gli era alla distanza di un soffio e Abraxas avrebbe giurato che i suoi occhi stessero lampeggiando di rosso. “Ascoltami bene Malfoy” sibilò il Prefetto scandendogli ogni parola sotto il naso, “a casa tua potrai anche ripararti il culo dietro le spalle della tua altezzosa famiglia del cazzo, ma qui siamo ad Hogwarts.” Gli afferrò il mento tra il pollice e l’indice. “E a Hogwarts comando io, intesi?”

 

Malfoy tremava dalla rabbia, ma non era così stupido da tentare qualcosa di avventato, conoscendo chi aveva di fronte.

 

“E poi,”continuò Tom con un ghigno, avvicinandosi fino a sussurrargli nell’orecchio, “conosco qualche piccolo aneddoto su Halloween che la tua fantastica famiglia sarebbe entusiasta di venire a sapere.”

 

Abraxas si irrigidì. “Non so di cosa tu stia parlando Riddle:”

 

Il ghigno del moro si allargò. “Oh, io penso proprio di si invece. Hai presente Margareth Rowell? Sai, quando è stesa su un letto, la lingua le si scioglie completamente.” Sussurrò. “Anche per parlare.” Aggiunse con una risatina prima di fare un passo indietro.

 

Lo sguardo di Malfoy era omicida, ma non c’era nulla che potesse fare. “Cosa vuoi che faccia esattamente?”

 

Riddle prese immediatamente un atteggiamento professionale. “Non ho tutte le informazioni in questo momento, ma posso averle per il giorno dell’uscita di Hogsmade. Tu fa solo sì di poter incontrare qualcuno che può procurarmi quello che cerco.”

 

“Sai che avere per le mani documenti falsi è altamente illegale? Se ti scoprono, non riusciresti a tirarti fuori dai guai tanto facilmente.” Lo ammonì il biondino.

 

“Se sono fatti bene, non c’è motivo di preoccuparsi. E se saranno minimamente sotto il livello di perfezione, ti riterrò direttamente responsabile, Abraxas.”

 

Malfoy studiò attentamente il Prefetto. “Riddle, parliamoci chiaro, tu davvero non hai nessuno alle spalle che possa toglierti dai guai, potresti perdere tutto. Sicuro che per chiunque sia, ne valga la pena?”

 

Il moretto distolse lo sguardo, per la prima volta leggermente turbato. Abraxas aveva ragione, stava rischiando grosso, tutto per cosa? Harry, ecco per cosa. Qualcuno che nemmeno sapeva chi fosse, di cui certamente ancora non si fidava per niente. Ma davvero se lo sarebbe mai perdonato se avesse lasciato la faccenda andare, se non fosse mai arrivato fino a fondo?

 

“Ne vale la pena, Malfoy, e questo deve bastare. A tutti e due.”

 

 

 

 

Harry si trovava disteso a pancia in su, con l’erba che gli solleticava il volto e lo sguardo perso nella volta celeste. Non che ci fosse molto da guardare essendo inverno, e anzi, era una notte piuttosto nuvolosa, con solo poche flebili stelle che riuscivano a far arrivare la loro luce attraverso le nubi. Sedici per la precisione: inutile dire che Harry era lì da un bel po’ di tempo.

 

Ora che c’era la possibilità di tornare ad essere uno studente a Hogwarts, si era molto più rilassato per quanto riguardava la sua ricerca, non essendoci più bisogno di sfruttare al massimo le poche ore disponibili, se tanto da lì a qualche giorno sarebbe potuto liberamente entrare in biblioteca con la luce del sole. Ora che ci pensava, mentre il vento gli accarezzava la pelle e il profumo dell’erba gli riempiva le narici, non si era sentito tanto rilassato da moltissimo tempo, anche da prima di essere arrivato nel 1947.

 

Si portò una mano alla fronte a sfiorarsi la cicatrice: nel suo tempo, da quando la guerra era scoppiata a pieno regime, non aveva fatto altro che bruciare ventiquattro ore al giorno, causandogli un bel po’ di dolore quando Voldemort si sentiva particolarmente attivo. Eppure da quando era arrivato lì, nonostante la ravvicinata presenza di Tom Riddle, aveva smesso di procurargli il minimo fastidio e anzi, si era davvero accorto quanto male nell’ultimo anno gli avesse fatto solo quando aveva cessato così improvvisamente. A parte che nei suoi incubi, dove il dolore sembrava più legato ai ricordi che alla mente di Voldemort, sembrava che la vecchia ferita fosse andata in vacanza.

 

Che ora che tecnicamente la persona che gliel’aveva procurata non esisteva ancora, si fosse come spenta? Eppure in realtà non aveva proprio smesso di inviare segnali: ogni volta che aveva avuto un incontro con Riddle, aveva notato che la sua cicatrice aveva reagito alla presenza del Serpeverde, solo che al posto del dolore c’era qualcosa di diverso, più come un formicolio. Non era qualcosa di fastidioso, doveva solo farci l’abitudine.

 

E davvero avrebbe fatto meglio ad abituarcisi, visto che aveva intenzione di passare il suo soggiorno nel passato in stretto contatto con il piccolo Voldemort. Serpeverde… ma come gli era venuto in mente?

 

Per quanto l’idea gli facesse venire i brividi, più ci pensava più trovava dei validi vantaggi ad una situazione del genere: non solo avrebbe avuto tutto il tempo necessario per le sue ricerche, ma in più aveva l’occasione di osservare da vicino il suo nemico giurato numero uno, potendone così studiare punti forti e debolezze. Qualunque cosa sarebbe potuta essere decisiva per la loro vittoria.

 

Harry osservò una nuvola scoprire lentamente un sottile spicchio di luna. E poi… c’era un altro motivo. Gli costava tantissimo ammetterlo, ma Tom Riddle lo… affascinava. C’era qualcosa nella sua persona che non si poteva semplicemente ignorare, era una di quelle persone che lasciavano il segno in chiunque le incontrasse. Voleva conoscere, vedere di persona il rinomato fascino con cui legava intorno a fili sottili tutte le persone intorno a lui e le rigirava a suo piacimento.

 

Quali erano infondo i rischi? Certo, poteva finire a scoprire la sua vera identità, visto come era detto essere uno dei ragazzi più brillanti che avessero mai messo piede a Hogwarts, ma anche in quel caso, Harry dopo tre mesi sarebbe tornato comunque nel suo tempo e un semplice incantesimo di memoria avrebbe posto fine ad ogni problema. Già ora non aveva intenzione di lasciare gli anni ’40 senza aver cancellato i ricordi del loro incontro: non poteva certo avere un Voldemort che si ricordava di averlo conosciuto nella sua gioventù.

 

Tempus” sussurrò Harry e l’ora gli apparve magicamente davanti. Erano passate da poco le undici e mezza, il che voleva dire che tra poco più di sei ore avrebbe avuto una risposta dal Serpeverde.

 

“Credevo ci fossimo messi d’accordo per domani mattina. Così impaziente di vedermi?” lo apostrofò una voce da dietro le spalle. Harry si voltò di scatto mettendosi già accucciato con la bacchetta in mano, e rimase sbigottito quando vide Tom Riddle alzare gli occhi al cielo.

 

Tom Riddle aveva davvero alzato gli occhi al cielo.

 

“Oh per l’amor del cielo, metti via quella bacchetta,” continuò il moretto con tono semi esasperato e semi canzonatorio, “non mordo mica, sai.”

 

Ma Harry lo stava osservando guardingo come se temesse proprio quello, benché rimise la bacchetta in tasca e tornò a sedersi rigidamente sull’erba. Guardò Tom avvicinarsi disinvolto e rimase a fissarlo come un pesce lesso con occhi sbarrati quando lo vide accucciarsi al suo fianco e sdraiarsi comodamente sull’erba, con le braccia incrociate dietro la testa e l’espressione calma di chi non aveva una sola preoccupazione al mondo.

 

Sapeva che non si sarebbe dovuto sentire tanto sbalordito, ma semplicemente non si era aspettato un gesto cosi, così… umano da Tom Riddle. Era lì, il suo nemico giurato, la creatura di pura malvagità che aveva distrutto tante vite intorno a lui, lì sdraiato sull’erba a godersi la brezza notturna e il cielo invernale. E forse per la prima volta, osservando il ragazzo scostarsi un paio di ciocche cadutegli sul viso a causa del vento, Harry si accorse che no, quello che aveva davanti non era Voldemort: era solo Tom.

 

Vide i capelli neri che avevano perso la loro perfetta forma tra i fili d’erba, il viso allungato, gli occhi scuri, il naso dritto, la bocca disegnata ad arte e più giù, il collo sottile che si perdeva al di sotto del colletto della camicia e il corpo snello e scattante che si muoveva appena per cercare la posizione più comoda. Vide tutto questo e in tutto questo vide solo un ragazzo.

 

Harry rilassò le spalle e si lasciò cadere all’indietro sul prato di fianco alla sua nemesi, nella sua posizione precedente. Dovette solo combattere il sorrisino che gli rischiava di spuntare all’espressione sorpresa che notò sul volto del ragazzo di fianco a lui quando si girò a guardarlo.

 

Si fissarono negli occhi a lungo, entrambi non del tutto sicuri di quale improvviso cambiamento si fosse verificato tra i due, ma certi che si trattasse di un passo avanti. E senza capire esattamente cosa fosse successo, Tom si limitò ad annuire in segno di riconoscimento verso quell’inaspettata accettazione ed Harry vide improvvisamente, come per magia, quanto l’attitudine calma sfoggiata dal Serpeverde fino a poco prima non fosse altro che una maschera: perché solo ora i suoi occhi persero il velo gelido che li aveva accompagnati, la fronte si distese, i muscoli delle spalle si rilassarono e la postura assunse una forma più riposata.

 

Dov’era il mostro ora? Nella mente di Harry stava lasciando il posto ad un ragazzo dalle mille sfaccettature, un ragazzo dal passato difficile e dal futuro orribile, un ragazzo che si stava godendo il cielo sopra la testa e il vento sulla pelle, un ragazzo che…

 

‘È davvero bello.’

 

Avvampò quando si accorse di quello che aveva appena pensato e voltò il viso dall’altra parte sperando che Tom non avesse notato nulla. Ma che diavolo andava a pensare? Ok accettare il fatto che Riddle non fosse ancora diventato Voldemort, ma da lì a passare ai complimenti ce n’era di strada. Bello, tsk, andiamo…

 

Però lo è davvero, disse una vocina dentro di lui quando Harry si ritrovò di nuovo ad osservare i lineamenti perfetti di quel volto. Silente stesso non aveva detto che Riddle era famoso per affascinare le persone anche con il suo bell’aspetto? Beh, non c’era nulla di male nel voler studiare attentamente le armi del proprio avversario, no?

 

Quando vide una delle fini sopracciglia arcuarsi interrogativa si accorse di non aver smesso per un attimo di fissare l’altro ragazzo, che ora lo stava guardando piuttosto curiosamente. Harry si sentì avvampare di nuovo: ‘Non riuscirò più a guardarlo negli occhi senza arrossire.’ Pensò.

 

“Hai freddo?” chiese improvvisamente Tom rompendo il silenzio.

 

“Cosa? Freddo? No, sto bene.” Rispose Harry ancora leggermente imbarazzato. “Perché?”

 

“No, niente,” disse l’altro tornando a guardare il cielo, “mi era sembrato fossi diventato un po’ rosso.”

 

“Ehm, no, non è niente, tutto a posto.” Si schiarì maldestramente la voce, “Comunque, è vero che dovevamo vederci domani, ma già che siamo qui, tanto vale iniziare le danze, non trovi?”

 

“Danze? Ma di che stai parlando?” chiese confuso il Serpeverde.

 

Harry lo guardò come se fosse diventato improvvisamente scemo: era cresciuto in un orfanotrofio babbano, sicuramente conosceva le loro espressioni. Che la lingua fosse tanto cambiata in cinquant’anni?

 

“Lascia stare, è un detto, vuol dire mettersi al lavoro.” Spiegò Harry, senza accorgersi dello sguardo sospettoso che gli venne lanciato.

 

“D’accordo,” disse allora Tom rotolando sullo stomaco e tirando fuori la bacchetta, “Dopodomani c’è un’uscita ad Hogsmade dove ho organizzato un incontro con qualcuno che può procurarci i tuoi ‘nuovi’ documenti.” Con un colpetto di bacchetta, materializzò pergamena, piuma e calamaio, poi si voltò nuovamente verso Harry, che lo aveva osservato curioso fino ad ora.

 

“Mi serviranno comunque dei dati da poter utilizzare: nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza, scuole frequentate, eccetera. Quindi,” continuò succhiando leggermente la punta della piuma, in un gesto che ricordava molto Rita Skeeter, “pronto per qualche domanda?”

 

Harry era rimasto piuttosto spiazzato. Come aveva fatto a non pensarci? Era logico che per dei documenti, per quanto falsi potessero essere, sarebbero serviti dei dati. Dati che lui non poteva certo fornire. Trattenne l’impulso di lasciarsi andare ad un lungo sospiro rassegnato: avrebbe dovuto inventare un sacco di balle.

 

“Ok, spara.”

 

“Eh? Sparo cosa?”

 

“Oh, per l’amor del cielo, vuol dire vai avanti.”

 

Ad Harry non piacque per niente il ghigno che si stava formando sulle labbra di Riddle.

 

“Nome?”

 

“Lo sai già, Harry.”

 

“Grazie, ma servirebbe anche il cognome. Ed Harry è davvero il tuo vero nome? Sono sorpreso.”

 

L’occhiataccia che gli venne indirizzata avrebbe normalmente turbato la maggior parte delle persone, soprattutto quando il mittente era Harry Potter, ma Tom Riddle non era decisamente la maggior parte delle persone.

 

“Beh? Cognome?”

 

“Ehm, si, cognome… Evans!”

 

Un sottile sopracciglio si alzò dubbioso.

 

“Evans, eh? Non è un cognome molto comune nel Mondo Magico.” Rifletté ad alta voce Tom, prima di assottigliare gli occhi pericolosamente, “Sei davvero un mezzosangue allora.”

 

L’espressione di Harry diventò glaciale. “Mi sembrava di essere stato chiaro l’ultima volta” ringhiò, “non pronunciare mai quella parola in mia presenza. E comunque senti un po’ chi parla, Riddle.”

 

“E con questo cosa vorresti insinuare?” domandò Tom con tono sempre più gelido.

 

“Cos’è, hai detto a tutti i tuoi ‘amici’ serpeverde che eri un purosangue?” gli rise in faccia Harry.

 

Tom si era tirato leggermente a sedere, dimenticando pergamena e piuma sull’erba. “Per tua informazione il mio status sociale non è un segreto ma mi chiedo come tu, invece, possa esserne a conoscenza.” Rispose pronunciando ogni parola come un sibilo.

 

Non ottenne risposta e i due continuarono a fissarsi in cagnesco senza dire nulla, fino a quando Harry non voltò la testa in direzione del lago, pensando che di questo passo non avrebbero combinato davvero niente. E in più il fastidio alla cicatrice, che aveva cominciato a bruciare fastidiosamente, stava diventando insopportabile.

 

“Non lo sono, comunque.”

 

“Cosa?”

 

“Di famiglia babbana” spiegò l’ex Grifondoro. “Mia madre lo era, ma mio padre era un purosangue.”

 

Riddle non sembrava molto convinto. “Evans non è un cognome da purosangue.”

 

“Infatti era il cognome di mia madre.”

 

“Era?”

 

Harry si irrigidì, lo sguardo ancora puntato sulle acque del lago, ma la mente molto più lontana. Si stava lasciando scappare troppe informazioni e il solo pensiero di discutere la morte dei suoi genitori con il loro assassino rischiava di fargli montare nuovamente la rabbia che stava cercando di tenere sotto controllo con molti sforzi.

 

“Si, era. Anzi, erano: sono morti entrambi quando avevo un anno.”

 

Tom rimase in silenzio ad osservare il ragazzo che aveva di fronte, l’astio e il sospetto svaniti dal suo viso a quella rivelazione.

 

“Posso chiedere –?”

 

“No”, lo interruppe secco Harry, “non puoi. Non mi sembra che siano informazioni utili per i miei documenti.”

 

Anche se normalmente non avrebbe lasciato a nessuno di rivolgersi a lui in quel modo, questa volta il Serpeverde si limitò ad annuire.

 

“Allora andiamo avanti. Dovrai spiegare in qualche modo come mai non sei andato ad Hogwarts, perché se non mi sbaglio, hai l’accento inglese.”

 

Riddle stava ponendo tutte le domande con aria distaccata, ma Harry sapeva che intanto era attento ad ogni particolare di ogni singola risposta, nel tentativo di scoprire chi realmente fosse. Non che c’era molto pericolo – l’idea di viaggiatore del tempo non era proprio la prima che saltava in mente – ma doveva comunque stare molto attento.

 

“Sono vissuto con i miei zii nel Surrey fino a quando avevo dieci anni, poi ci siamo trasferiti in Australia. Anche dopo tanti anni laggiù, l’accento inglese non è mai sparito del tutto.” Spiegò, “Data di nascita? 31 luglio 19… ehm… 31, 1931.”

 

Tom lo fissò, come a cercare di distinguere quanto c’era di vero e quanto di inventato, ma non disse nulla e si limitò a scrivere ciò che gli era stato detto.

 

“Presumo tu non abbia un certificato di attestazione della scuola che hai seguito in… cos’è che hai detto? Ah, si, Australia.

 

No, non gli piaceva per niente il ghigno sulle labbra di Riddle.

 

“No, non ho nessun certificato perché non ho mai frequentato nessuna scuola. Venivo seguito a casa da insegnanti privati.”

 

Tom scribacchiò anche questo sulla pergamena, prima di rivolgersi nuovamente all’altro. “Allora mi sa che sarai costretto a fare gli esami del G.U.F.O. per sapere che corsi puoi seguire.”

 

Harry rimase un attimo confuso. “G.U.F.O.? Ma non si fanno alla fine del quinto anno? Servono solo per il sest… aspetta un attimo, in che anno sei tu?”

 

“Sesto, ovvio.” Rispose noncurante l’altro.

 

“Ma io devo fare il settimo!”

 

“Cosa? Scherzi vero? Tu, diciassette anni? Figuriamoci!”  rise Tom.

 

Harry si sentì piuttosto insultato. ‘Passa i primi undici anni della tua vita in uno sgabuzzino del sottoscala e poi vediamo un po’ chi è quello più piccolo per la sua età.’

 

“Ho diciassette anni compiuti, grazie tante. Ho pure preso la licenza di Materializzazione!”

 

Tom alzò un sopracciglio scettico. “Scusa, ma se sei nato nel ’31, come fai ad avere diciassette anni?”

 

Merda, ho sbagliato la data!

 

“Ah, ho detto ’31? Intendevo ’30, devo aver sbagliato a fare i conti.”

 

Il sopracciglio si alzò ancora di più. “I conti? Per sapere in che anno sei nato conti a ritroso gli anni?”

 

Merda!!

 

“Ehm si, sai, non ho una buona memoria.” Anche alle orecchie di Harry suonava davvero patetica come scusa.

 

“Si, certo.” Rispose Tom, con l’aria di non credere ad una sola parola. “In ogni caso che vuoi fare? Sesto o settimo?”

 

Harry ci pensò su: se fosse andato nel sesto, c’erano molti più rischi che Riddle scoprisse qualcosa, ma se avesse fatto il settimo, voleva dire che si sarebbe dovuto anche preoccupare delle lezioni e non aveva decisamente tempo per quelle.

 

“Sesto,” rispose quindi, “non sarà certo difficile dopo averlo già fatto.”

 

“Non avevi detto di aver avuto lezioni private?”

 

‘Ma perché non so starmene zitto?’

 

“Si, si, certo, ma i programmi non sono così diversi, no? E poi comunque dipenderà dai G.U.F.O., come hai detto.”

 

“Se lo dici tu…” rispose Tom con un’altra occhiata sospettosa, prima di scrivere anche l’ultima informazione.

 

“E comunque per soli tre mesi riuscirò a cavarmela.” Aggiunse Harry.

 

Il serpeverde alzò di scatto la testa. “Cosa? Perché tre mesi?”

 

“Resterò solo tre mesi.” Spiegò il Grifondoro. “Anzi, ormai due mesi e mezzo circa.”

 

“Non me l’avevi detto:” ribatté tagliente Riddle.

 

“Non me l’avevi chiesto.” Rispose Harry, sorpreso da quanto quell’informazione sembrava turbare l’altro ragazzo.

 

Tom sembrava perso nei suoi pensieri, ma dopo poco alzò di nuovo lo sguardo. “Beh, vuol dire che dovrò fare solo un po’ più in fretta, no?” Disse semplicemente, scrollando le spalle.

 

“Più in fretta?” chiese Harry confuso.

 

Il Serpeverde si esibì in un sorrisetto divertito. “Beh, se rimarrai qua solo due mesi e mezzo, non ho molto tempo, non ti pare?”

 

Harry, che stava capendo sempre di meno, aggrottò le sopraciglia, ma prima che potesse chiedere ‘Tempo per cosa?’, una forte e carica risata gli fece spalancare gli occhi. Tom Riddle era lì di fianco a lui, semisdraiato sull’erba, ancora tenendo penna e pergamena in mano e stava ridendo.

 

I denti perfetti facevano capolino nel loro candore tra le labbra distese, gli zigomi sollevati nella risata, facevano sì che gli occhi lucidi si socchiudessero leggermente, mentre un leggero rossore si spargeva sulle gote, illuminando il viso solitamente pallido. Il suono poi non era nulla di simile alla bassa risata da tenore di Ron, o a quella aperta di Hermione, o alle risatine stridule e squillanti di Lavanda e Calì: era un suono ricco e vivace, ed Harry non riusciva a credere che tutto questo potesse provenire da Tom Riddle. Sembrava una persona completamente diversa.

 

“Scusa” disse il ragazzo riprendendo fiato, “è che, avevi una faccia così buffa.” Spiegò, un lieve sorriso non ancora spento sul viso mentre tornava ad osservare il foglio davanti a sé.

 

“Penso che così possa bastare.” Disse infine ripiegando la pergamena e facendo sparire piuma e calamaio. Harry dovette scuotere la testa un paio di volte per schiarirsi i pensieri. Ma che gli prendeva? Si chiedeva, mentre Riddle si alzava da terra e si spazzolava noncurante i vestiti per togliere i fili d’erba.

 

“Ci rivediamo stesso posto e stessa ora quando avrò tutto pronto” aggiunse Tom prima fermarsi a guardare l’altro con uno sguardo che Harry non riuscì bene a decifrare. “O magari anche prima.”

 

Ma prima che il Grifondoro potesse chiedere spiegazioni sull’ultima parte, il Prefetto si era già incamminato verso il castello.

 

 

 

 

 

 

A.N.: aaah, la bellezza degli aggiornamenti puntuali! XD Non ho nulla di particolare da dire, a parte che ho aggiornato il mio profilo (creato sarebbe la parola migliore, visto che non ce n’era uno =_=).

La storia continua… bla bla bla… Harry e Tom si sono incontrati di nuovo… bla bla bla… ma l’avete letto, no? Quindi che parlo a fare? XD

Aspetto solo i vostri commenti! ^^

 

 

RISPOSTE:

 

Zafirya: eheh, se ne vedranno delle belle con quei due a stretto contatto, stanne certa! Poi per quanto riguarda Orion, è un personaggio che ho potuto sfruttare perché sappiamo molto sulla madre di Sirius da quell’orribile ritratto, ma sul padre? Ho voluto credere che forse c’era un incentivo in più che spinse Sirius a voltare le spalle alla propria famiglia… che non fossero tutti davvero dalla parte del male?

 

tom13: grazie, spero di sapermelo tenere  :P

 

Ginny W: ne sono felice, spero ti sia piaciuto anche questo cap!

 

kagchan: grazie mille!^^ Come vedi ora sono tornata ad aggiornare come prima, quindi non temere!

 

Michy90: e io sono contenta di aver reso contenta qualcuno XD Ora finalmente le riflessioni uno sull’altro danno i primi frutti e Tom ha trovato la scusa migliore per spillare informazioni XD Mi è piaciuto tingere un po’ di contrasto tra il modo in cui Tom tratta alcune persone (vedi Abraxas) e come tratta Harry e… beh, si vedrà più avanti ;). Ti è piaciuta la parte sui disegni? Devo dire che ero un po’ dubbiosa, all’inizio mi sembrava un po’ come una di quegli inutili particolari che creano solo dell’OOC nei personaggi, ma era un buon modo per introdurre Harry a Orion, quindi…

E ci conto che ci sarai a recensire! ;)

 

Selene_90: Ma figurati! Non preoccuparti, sapessi quante cose da recensire manco io! XD

Beh, Tom non sarà purosangue, ma i metodi li trova comunque: è un Serpeverde dopo tutto ;). Harry alcune caratteristiche delle serpi le ha sempre avute, ma non in pochi si accorgeranno che ha le caratteristiche di entrambe le case!

 

gokychan: eheh, creiamo un esercito di Tom/Harry e invadiamo il mondo della fandom! Bwhuhwuhuauhahaha! No, sul serio: più siamo, meglio è! ;)

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Capitolo 11
*** Benvenuto a Serpeverde ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 11/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 11.  Benvenuto a Serpeverde

 

 

 

“Ah, tu devi essere il Sig. Evans, giusto?”

 

Harry si voltò, sentendosi chiamare con il suo pseudonimo, e si trovò faccia a faccia con un vecchio uomo quasi del tutto calvo, dall’aria piuttosto fragile e raggrinzita. Con i suoi occhi falsamente nocciola, il ragazzo osservò attentamente l’anziano mago: le rughe sulle mani e sul viso testimoniavano un’età molto avanzata, ma i vestiti che indossava, insieme al portamento sicuro, facevano sospettare che ci fosse molto di più al di là delle apparenze. Quell’uomo infatti non era per niente ignoto ad Harry, che lo aveva visto per la prima volta a soli dodici anni, in uno sfumato ricordo.

 

“Si Professor Dippet, Harry Evans.” Si presentò con un leggero inchino del capo. “È un piacere conoscerla.”

 

“Oh, non c’è alcun bisogno di tante formalità.” Rispose il Preside con una risata, ma si poteva sentir trasparire dal tono di voce una punta di compiacenza.

 

‘Se è così semplice fargli una buona impressione, non c’è da stupirsi che Riddle lo abbia ingannato tanto facilmente.’ Pensò Harry mentre, senza mostrarlo, scrutava con occhio critico l’anziano di fronte a lui.

 

“Se vuoi seguirmi, da questa parte, potremmo parlare liberamente nel mio ufficio di tutto ciò che riguarda la tua situazione.” Continuò Dippet indicando con una mano il corridoio che, Harry istintivamente sapeva, conduceva all’ufficio del Preside.

 

Sfoggiando il sorriso migliore che riuscì a trovare, il ragazzo rispose: “Con piacere.”

 

Mentre seguiva silenziosamente il professore, Harry non riusciva a non paragonare lui e Silente, l’ unico preside (se non si voleva contare la McGranitt) con cui poteva fare un confronto. Almeno a primo impatto, non c’erano dubbi su quale dei due Harry reputasse essere un mago migliore: Dippet mancava dell’aura impressionante che Silene sembrava emanare costantemente, né aveva quell’aria di antica saggezza che dava subito la sensazione di essere in buone mani.

 

Oltretutto, se aveva avuto un personaggio come Tom Riddle sotto il naso e non aveva mai sospettato di nulla, doveva mancare di alcuni requisiti sostanziali. In effetti solo Silente era sempre stato sospettoso nei confronti del giovane Voldemort…

 

Silente!

 

Ad Harry si era come acceso un lampeggiante allarme in testa. Come aveva potuto dimenticarsene? Silente era qui in questo tempo, vivo e vegeto! Avrebbe potuto chiedergli consigli, avrebbe potuto scaricare le sue preoccupazioni, avrebbe potuto sciogliere le miriadi di dubbi che aveva…

 

‘No, frena Harry, ti sei già dimenticato che quello che hai fatto, non è propriamente legale?’ una vocina nella sua testa gli sussurrò, facendogli scoppiare quel palloncino di sollievo che gli si era gonfiato in petto.

 

Era vero, chissà quali conseguenze ci sarebbero state nello svelare la sua vera identità. E se Silente avesse ritenuto tutto una follia e avesse voluto trovare un modo per rispedirlo immediatamente a casa? Tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani.

 

Però se nel futuro il ritratto di Silente non lo aveva fermato, o per lo meno ammonito, doveva aver reputato ciò che Harry avrebbe fatto la cosa più giusta. O forse semplicemente non si era mai fatto scoprire e in realtà il preside non aveva idea di ciò che era stato sul punto di fare.

 

Il rumore della statua del gargoyle che si spostava distrasse il ragazzo dai suoi pensieri. Scosse la testa per liberarsi la mente in vista dell’interrogatorio che sarebbe certamente seguito: pensare alla linea temporale assicurava sempre un gran mal di testa.

 

Salì i gradini che portavano all’ufficio lentamente, ripetendosi nella mente tutte le informazioni che Riddle gli aveva fornito sulla sua presunta vita: i suoi genitori dovevano essere morti in un incidente d’auto quando aveva solo un anno, lasciandolo a vivere con i suoi zii nel Surrey fino all’età di 10 anni, quando i pericoli della guerra contro Grindelwald erano diventati ormai troppo grandi, costringendoli a trasferirsi in Australia. Essendo stato sconfitto da Silente ormai da due anni, non c’era più motivo di ignorare il desiderio dei genitori defunti di iscriverlo a Hogwarts.

 

“Prego, accomodati.” Lo invitò a sedere il Professor Dippet appena furono entrati nell’ufficio.

 

Harry si sistemò comodamente sulla poltrona di fronte alla scrivania, mentre osservava l’arredamento. Non dovette nemmeno sforzarsi di fingere curiosità o sorpresa, visto che in effetti l’ufficio così com’era non l’aveva mai visto: non c’erano strani strumenti argentei sugli scaffali e sul tavolo, non si poteva scorgere il luccichio del pensatoio di Silente tra le ante socchiuse dell’armadio e l’angolo che avrebbe ospitato il trespolo di Fanny era, curiosamente, occupato da un mini bar.

 

Spostò nuovamente l’attenzione verso il Preside, che in quel momento aveva raccolto diversi fogli, che Harry immaginò fossero i suoi documenti, e aveva cominciato a sfogliarli attentamente. Si passò una mano tra i finti capelli castani e si preparò per il colloquio.

 

“Devo dire di essere rimasto piuttosto sorpreso di ricevere quel gufo dai tuoi zii,” incominciò Dippet una volta lasciate cadere le pergamene sul tavolo, “non capita spesso di vagliare una richiesta di iscrizione per il sesto anno, tanto meno a metà del primo trimestre.”

 

Harry annuì. “Immagino, signore.”

 

“Come mai solo ora?” chiese il professore, guardando attentamente il ragazzo.

 

“Se intende perché solo ora per il sesto anno, è stato per la guerra signore: i miei zii non si fidavano a tornare in Europa fino a che il pericolo di Grindelwald non fosse passato.” Spiegò Harry, pregando con tutto se stesso di aver assunto un tono credibile, “Per quanto riguarda il trimestre, mi dispiace davvero, ma ci sono stati dei problemi con il cambio di residenza. Dovrebbero comunque avere spiegato tutto i miei zii nella lettera che le hanno mandato, signore.”

 

Il vecchio annuì un paio di volte. “Si, si, era tutto spiegato, ma volevo essere sicuro che per te non costituisse un peso. Spero che siate riusciti a risolvere qualunque problema burocratico, ma per quanto riguarda la guerra…”

 

Harry si fece molto più interessato. “Che cosa, signore?”

 

“Beh, non si può mai essere sicuri che il pericolo sia passato. Le visite ad Hogsmade sono state riabilitate solo quest’anno sebbene Grindelwald sia ormai morto da un paio di anni, ma con i continui attacchi degli Zefiri non si può mai sapere.”

 

“Zefiri?” chiese Harry prima di potersi trattenere.

 

Il preside lo squadrò qualche secondo, prima di chiedere con tono deliberatamente calmo: “non sa chi siano gli Zefiri, Sig. Evans?”

 

Il ragazzo si accorse di aver appena fatto, con tutta probabilità, un errore davvero stupido, ma cercò di rimediare meglio che poté.

 

“Mi dispiace doverlo ammettere, ma la vita in Australia è piuttosto isolata e le notizie sulla guerra sono sempre state scarse e approssimative.”

 

Tirò mentalmente un sospiro di sollievo quando vide Dippet annuire con aria grave. “Certo, capisco. D’altronde non è una colpa non volersi immischiare in guerre che non ci riguardano.” Disse con quello che doveva essere un tono saggio. “Gli Zefiri sono i seguaci di Grindelwald, coloro che lo hanno seguito, acclamato e riverito durante il suo regno del terrore. Purtroppo non tutti sono stati ancora consegnati nelle mani della giustizia e anche ora che il Signore Oscuro è morto, non sembrano volersi dare pace.”

 

Harry sentì un fremito percorrerlo a quelle parole. Zefiri? Sembravano essere l’esatto equivalente dei Mangiamorte: altri nemici, altre battaglie, altre morti. E quell’oppressione, quel senso del dovere che, assieme al senso di colpa, lo aveva sempre accompagnato nel futuro, si fece risentire come un macigno.

 

No, questa non è la tua guerra, si disse, non sta a te combattere queste battaglie… non sta a te caricarti il peso di queste morti.

 

“… vero Harry?”

 

Sentirsi chiamare lo risvegliò dalle sue meditazioni e vide che il preside lo stava guardando aspettando chiaramente la risposta ad una domanda.

 

“Mi scusi, può ripetere per favore? Devo essermi perso un attimo nei miei pensieri…”

 

Il vecchio si limitò a sorridergli indulgente. “Dicevo che mi sembra sia tutto in ordine, ma manca ancora un piccolo particolare: chiedevo se eri a conoscenza della suddivisione tra Case qui ad Hogwarts.”

 

Harry annuì sorridendo, trovandosi per la prima volta su terreno sicuro: “Oh si signore, i miei zii mi hanno spiegato le cose più importanti.”

 

“Bene, bene, allora saprai che è necessario che tu sia smistato in una delle quattro Case. Tradizionalmente lo smistamento viene effettuato la sera del primo giorno di scuola in Sala Grande, ma non essendo inizio anno, ne tanto meno tu uno del primo anno puoi scegliere: preferisci essere smistato qui in privato o questa sera durante la cena?”

 

Il ragazzo ci pensò su qualche secondo, ma non gli ci volle molto per prendere una decisione: anche con il suo travestimento, meno attenzione attirava verso di sé, meglio era.

 

“Preferirei qui in privato signore.”

 

“Nessun problema giovanotto,” replicò Dippet alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso uno degli armadi, “immagino che tutti quegli occhi puntati addosso non farebbero piacere a nessuno, vero?” ridacchiò.

 

‘Non sa quanto’ si rispose Harry cercando di forzare un sorriso sulle labbra.

 

Il preside tirò fuori un basso treppiede di legno su cui era appoggiato un logoro cappello da mago, pieno di pezze e rattoppi. Il sorriso del ragazzo divenne sincero: ecco qualcosa che non sarebbe mai cambiato.

 

“Non so cosa ti hanno raccontato i tuoi zii, ma per essere smistato basterà che indossi questo cappello. I ragazzi più grandi hanno la brutta abitudine di spaventare i nuovi arrivati con storie orribili…” spiegò Dippet con un’altra risatina.

 

Harry si avvicinò, sollevò il Cappello Parlante dallo sgabello e, sedendosi, lo indossò, notando che stavolta non gli cadeva tanto sugli occhi come era successo sette anni prima. Non dovette aspettare molto prima di sentire nella mente la vocetta conosciuta .

 

Interessante sarebbe a dir poco un eufemismo, sig. Potter. D’altronde non capita tutti i giorni di dover smistare un sesto anno che tra l’altro, ho già smistato.’

 

Harry rise tra sé e sé. ‘Non penso che capitino spesso nemmeno viaggiatori del tempo. Posso fidarmi che terrai il segreto?’

 

Io? Sono solo un vecchio cappello: smisto ragazzi, non mi occupo d’altro. Ma passiamo ai fatti, vediamo un po’… beh ragazzo mio, vedo che la tua strada è già ben segnata, ma… Grifondoro? Ti sei sicuramente trovato bene a quanto pare, ma avrei detto più –

 

‘Serpeverde?’ suggerì Harry conoscendo già la risposta.

 

Si, si, decisamente, avresti fatto grandi cose a Serpeverde. Allora, dove ti metto?

 

Harry sospirò rassegnato. ‘Per questa volta, ho bisogno di seguire il tuo primo consiglio.’

 

Si, si, vedo… Tom Riddle eh? Mente brillante già ad undici anni, quel ragazzo. Peccato che sia destinato ad una fine simile. Ma ricorda Harry, i giudizi lasciamoli a conti fatti: non si nasce ciò che si diventa.

 

L’ex-Grifondoro stava per chiedere spiegazioni, ma venne interrotto dalla voce squillante del Cappello che annunciò altisonante: “SERPEVERDE!”

 

Si sfilò il cappello dal capo alzandosi dallo sgabello e osservò attentamente la reazione di Dippet all’annuncio della Casa. Rimase sorpreso quando non notò nessun tipo di sospetto nella sua espressione: che la brutta reputazione di Serpeverde fosse dovuta in gran parte a Voldemort?

 

“Perfetto, perfetto! Vedo che non c’è stato nessun problema. Serpeverde, uhm? Oh…” il vecchio assunse improvvisamente un’aria pensosa, “mmh, sarà meglio chiamare un Capocasa. Sai, i sotterranei hanno sempre avuto un problema di spazio e ho paura che i dormitori siano piuttosto pieni…” spiegò, ma subito tornò un sorriso rassicurante. “Sono sicuro che troveremo una soluzione ad ogni modo. Tibby!”

 

Con un leggero ‘pop’ un elfo domestico apparve nell’ufficio, prostrandosi in un profondo inchino all’insegna del preside. “Il Signore ha chiamato?”

 

“Tibby, vai a chiamare la signorina Alice Travers, è richiesta la sua presenza nel mio ufficio.” Ordinò, ed Harry notò anche qui la differenza tra come Silente si era sempre rivolto agli elfi domestici e il tono autoritario usato da Dippet.

 

L’elfa però sembrava più che contenta che gli fosse stato assegnato un qualsiasi incarico e con un altro profondo inchino, sparì in un leggero ‘pop’.

 

Il preside tornò a sedersi dietro alla scrivania. “Mentre aspettiamo l’arrivo della Capocasa, ci sono ancora un paio di faccende da sbrigare. Sei stato seguito da un insegnante privato per tutta la tua carriera scolastica, vero?”

 

Harry annuì. “Si, signore.”

 

“Qui ad Hogwarts gli studenti sono soliti tenere un esame alla fine del quinto anno, chiamato G.U.F.O.. È un esame molto importante, perché determina il futuro percorso di studi dei ragazzi, percorso che delimiterà anche il campo lavorativo una volta preso il diploma. Mi dispiace informarti che senza aver preso i G.U.F.O. non sapremmo in quali corsi ammetterti.” Spiegò l’anziano professore.

 

“Capisco, signore.” Rispose Harry. Non era particolarmente preoccupato dall’esame, in fondo lo aveva già fatto una volta e gran parte degli incantesimi, pozioni e concetti che sarebbero stati testati li conosceva ormai a memoria.

 

“Ti verranno date due settimane di tempo per prepararti, poi inizieranno i test. So che è relativamente poco come preavviso, ma visto che il trimestre è già iniziato da due mesi, non vogliamo rischiare di lasciarti troppo indietro col programma rispetto agli altri.”

 

“Farò del mio meglio, signore.”

 

Il vecchio annuì soddisfatto. “Bene, bene, proprio lo spirito giusto, sono sicuro che ti troverai splendidamente qui ad Hogwarts. In ogni caso non ti devi preoccupare, il programma non dovrebbe essere troppo diverso da quello che hai segui –”

 

Le sue parole vennero interrotte da un leggero bussare alla porta.

 

“Oh, deve essere arrivata la Capocasa. Avanti!”

 

Harry si voltò con una certa curiosità alla prospettiva di conoscere la prima compagna di Casa che avrebbe incontrato da quando era arrivato nel passato, ma quando la porta si aprì, vide con grande stupore e non poco fastidio che chi era entrato non era affatto la Capocasa, né tanto meno una ragazza: era di nuovo Tom Riddle.

 

“Tom? Cosa ci fai qui?” chiese sorpreso anche il Preside.

 

Il ragazzo, appena richiusa la porta alle spalle, aveva puntato gli occhi su di Harry con un’espressione tra l’incuriosito e il confuso, ma riportò l’attenzione a Dippet quando venne indirizzato.

 

“Aveva chiamato per il Capocasa, ma Travers è in Infermeria e Malfoy sta svolgendo un compito di pozioni. Mi sono offerto di venire al loro posto, ma se non sono abbastanza competente per qualunque sia questo compito, posso tornare a chiamare Malfoy, se ce n’è bisogno.” Disse, riuscendo a mostrarsi abbastanza modesto da togliere qualunque sospetto e abbastanza sicuro di sé potersi assicurare l’incarico.

 

Harry personalmente non credeva ad una sola parola di tutto quello che aveva detto il Serpeverde e anzi, era convinto che avesse architettato in qualche maniera il modo di trovarsi personalmente nell’ufficio. Dippet però sembrò illuminarsi alla presenza di quello che credeva essere uno degli studenti più brillanti che Hogwarts avesse mai avuto.

 

“Oh, no, no Tom, nessun bisogno di disturbare il Capocasa, sono convinto che tu sia più che adatto per questo lavoro.” Gli rispose con un sorriso. “Vieni, avanti, vieni. Vedi, abbiamo straordinariamente un nuovo studente che frequenterà proprio il tuo anno: Harry Evans. Harry, questo è il Prefetto Serpeverde, Tom Riddle.”

 

Harry vide un bagliore di comprensione guizzare negli occhi di Tom quando venne annunciato il suo nome e dovette trattenere un sorrisetto soddisfatto al pensiero di esser riuscito ad ingannare persino lui con il suo travestimento.

 

L’altro ragazzo, però, sembrò riprendersi in fretta ed allungò una mano in direzione di Harry con un piccolo sorriso, che solo da vicino si sarebbe riconosciuto per il ghigno che era.

 

“Benvenuto a Serpeverde, Evans.”

 

Harry strinse la mano, lanciandogli uno sguardo di fuoco approfittando di avere le spalle voltate dal Preside. In risposta il ghigno di Tom si fece solo più largo.

 

Il vecchio, rimasto ignaro dello scambio avvenuto tra i ragazzi, continuò: “Tom, che tu sappia, il dormitorio del sesto anno ha ancora un posto libero?”

 

A quella domanda, l’espressione di Tom assunse un’aria apparentemente pensosa, ma dai suoi occhi Harry riusciva non solo a riconoscere la maschera, ma a scorgere una punta di soddisfazione che non prometteva nulla di buono.

 

“No, mi dispiace signore. Si sarebbe dovuto liberare un posto essendomi io trasferito nella mia nuova stanza da Prefetto, ma con Lestrange che non ha passato gli esami di fine anno, sono di nuovo in quattro i maschi del sesto anno.” Lanciò per un secondo uno sguardo divertito ad Harry prima di continuare. “Il dormitorio femminile è più spazioso, ma non so quanto quella possa essere una soluzione adeguata, signore.”

 

Il Preside rise, non notando l’occhiata omicida che il nuovo studente indirizzò al suo Prefetto preferito. “Oh no, non credo proprio che andrà bene. Vediamo… non abbiamo altre stanze? Non vorrei dover assegnare Harry al dormitorio di un altro anno…”

 

Tom scosse la testa. “No signore, tutte le altre stanze sono occupate dai Capocasa e dai Prefetti.”

 

Dippet si massaggiò il mento pensieroso, prima di spostare lo sguardo su Riddle e osservarlo attentamente come se stesse ponderando qualcosa. Harry intanto stava cominciando ad inquietarsi, avendo un vago sospetto di quello che il preside stesse pensando.

 

“Tom, pensi che in una delle stanze da Prefetto possano stare comodi due letti?”

 

Solo osservando molto da vicino si poteva vedere lo sforzo che stava facendo il Serpeverde per trattenere un ghigno soddisfatto.

 

“Beh, si, signore. Sono molto grandi per gli standard dei sotterranei.”

 

“Tom, sarò costretto a chiederti un grande favore. So quanto tieni alla tua privacy, ma potresti ospitare il sig. Evans nelle tue stanze? Almeno fino a che non si sarà trovata una soluzione alternativa.”

 

“Se non c’è altro sistema, farò quello che è meglio fare, signore.” Rispose perfettamente educato Riddle, mentre Harry lo malediceva mentalmente in tutti i modi che conosceva: aveva sicuramente architettato tutto il bastardo.

 

“Perfetto allora, anche questo è sistemato. A meno che Harry, tu non abbia qualche obbiezione.”

 

Il ragazzo aprì la bocca per ribattere che si, in effetti qualche obbiezione ce l’aveva, ma si ritrovò a doverla richiudere. Cosa poteva dire? Per quel che ne sapeva il Preside, quella era la prima volta che vedeva Tom, non aveva alcun motivo per non voler condividere una stanza con lui.

 

“No, signore, nessuna obbiezione.” Rispose a denti stretti.

 

“Perfetto, perfetto. Allora non voglio trattenervi più del dovuto. Harry, nella lettera c’era scritto che tutte le tue cose ti sarebbero state inviate via gufo in giornata, quindi aspettane l’arrivo. Tom, accompagna pure il sig. Evans al dormitorio e mostragli la sua nuova stanza, farò aggiungere tutto il necessario immediatamente.”

 

Con un ultimo saluto, entrambi i ragazzi si ritrovarono a scendere le scale verso il corridoio. Appena oltrepassato il gargoyle, Harry si voltò versò il compagno di Casa.

 

“Avevi previsto tutto, non è vero?” sospirò rassegnato.

 

Tom alzò un sopracciglio. “Io ho solo seguito le direttive del Preside. Non mi pare di aver costretto nessuno, ma è curioso il fatto che tu mi reputi capace di una cosa simile.”

 

“Se lo faccio è perché lo sei, e comunque avresti potuto rifiutare.” Continuò Harry mentre si incamminavano verso i piani inferiori.

 

Il Prefetto scrollò le spalle. “A caval donato non si guarda in bocca.” Rispose, voltandosi ad osservare meglio l’altro ragazzo. “Bel travestimento comunque, per un attimo non ti avevo riconosciuto. Trasfigurazione umana si studia al settimo anno se non sbaglio…”

 

“No, niente di tanto complicato, è solo un’illusione: un piccolo trucco da Metamorfomagus che ho imparato.” Buttò lì Harry, sorridendo leggermente ricordando i consigli di Tonks.

 

Tom lo osservò ancora per qualche secondo, prima di annuire a se stesso. “Bene, perché sarebbe un vero peccato dover nascondere sempre i tuoi occhi, mi piacciono molto di più al naturale.”

 

Harry per poco non cadde rovinosamente a terra. “C-Come scusa?”

 

L’altro Serpeverde sembrò piuttosto divertito dalla reazione provocata e ripeté lentamente: “Ho detto che sarebbe un peccato dover sempre nascondere due occhi come i tuoi, hanno un colore davvero unico.”

 

Nonostante non sapesse ancora se prendere il commento come un complimento o come una presa in giro, Harry si sentì comunque arrossire fino alla punta dei capelli. Fortunatamente per lui erano ormai arrivati davanti al muro che conduceva alla Sala Comune di Serpeverde e ogni conversazione cessò.

 

“Verba volant” disse il Prefetto, e il muro scivolò per rivelare l’entrata del famoso covo delle Serpi.

 

 

 

 

 

 

A.N.: Eccoci di nuovo qua con un altro capitolo. Mi scuso per la limitata presenza di Tom, ma mica può essere ovunque XD. Ora che finalmente Harry è uno studente poi, aspettatevi qualche nuova entrata tra i personaggi [e non è detto che siano tutti nuovi ;)]

La scuola è iniziata da meno di una settimana e sono già distrutta, non so come sopravvivrò per tutto l’anno =_=. Comunque, spero che non avrò troppo da fare per continuare a scrivere, ma anche in caso di blocco ho abbastanza capitoli già scritti per avere tutto il tempo di farmelo passare! ^^

 

 

RISPOSTE:

 

Ginny W: Eh già, la storia comincia ad andare avanti e avere un senso XD. E gli aggiornamenti sono normalmente uno alla settimana, quindi al prossimo venerdì!

 

Kagchan: Grazie mille! E Tom che ride, beh, non lo fa mica per tutti, ma Harry è un caso speciale ;)!

 

Selene_90: Tom stile Signora in Giallo, solo meno vecchio e molto più figo XD Comunque si, era ora che Harry si svegliasse, ma sappiamo tutti fino a che punto può essere ingenuo quando si tratta di amori. Poi non volevo fare una fanfic che fosse solo concentrata su Harry e Tom, ma che avesse anche una trama con un po’ di spessore, per questo la loro storia sembra così lenta… ma ti posso assicurare che arriverà da qualche parte!

 

Gokychan: So che ti lamenterai che c’è troppo poco Tom in questo chap (lo penso anch’io XD), ma ti assicuro che se ne vedrà un po’ di più nel prossimo, insieme ad un piccolo scorcio di ciò che pensa a proposito di un certo ragazzo dagli occhi verdi… ma non aggiungo altro! :P

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Capitolo 12
*** La Stanza del Prefetto ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 12/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 12.  La Stanza del Prefetto

 

 

 

Harry si guardò intorno con circospezione, osservando le mille tonalità di verde che spiccavano nella grande sala. Fece vagare lo sguardo dai divanetti di velluto ai tappeti ricamati, fino ai tavolini di vetro dalle pregiate rifiniture di giada, poi ai vari mobili in mogano scuro appoggiati alle pareti. Anche le torce appese ai muri sembravano riflettere sulla pietra una luce smeraldina.

 

Si ricordava bene l’unica volta che era entrato nella Sala Comune di Serpeverde, quando lui e Ron si erano travestiti da Tiger e Goyle per estrapolare informazioni a Malfoy. Quella volta però, impegnato com’era nella sceneggiata, non era riuscito ad osservare bene l’ambiente e l’unica cosa che gli era rimasta impressa era stata l’aria umida e cupa dei sotterranei; ora invece doveva ammettere che, sebbene l’illuminazione non fosse la migliore, la temperatura era perfetta e l’ordine e la raffinatezza dell’arredamento donavano alla Sala un’eleganza con cui la caotica Torre di Grifondoro non avrebbe mai potuto competere.

 

Pensando al caos che di solito regnava sovrano nella Sala Comune rosso-oro, Harry notò per la prima volta che quella di Serpeverde, invece, sembrava completamente deserta.

 

“Sono tutti a lezione o nei propri dormitori,” disse Tom intuendo i pensieri del ragazzo, “ma prima di pranzo si riempirà di sicuro.”

 

Harry fece qualche passo in avanti, poggiando una mano sui fini intagli che percorrevano il bordo di uno dei tavoli. “È tutto così… ordinato.”

 

Tom scrollò le spalle. “Teniamo molto alla pulizia. Prima di parlare però, dovresti vederla nel periodo esami. Quando ci sono in gioco i voti, la Foresta Proibita ci fa un baffo al confronto.” Aggiunse ridendo.

 

Harry sorrise: Tom Riddle aveva un contorto senso dell’umorismo.

 

Attraversarono la sala fino ad una porta in legno situata in fondo a destra, dove si poteva leggere, incisa sopra una placchetta d’argento, l’inscrizione: Prefetto – Tom O. Riddle.

 

“Ok, queste sono le mie stanze, quelle che d’ora in poi saranno anche le tue.” Cominciò Tom girandosi con le spalla alla porta chiusa, tenendo il pomello fermo in una mano. “Regola numero uno: non si mangia in camera da letto, c’è sempre il salottino se proprio devi.”

 

Il moretto sgranò gli occhi: salottino? Ma quanto era grande l’alloggio del Prefetto?

 

“Numero due: visto che sembri essere abituato a svegliarti all’alba per fare non-so-che giù al lago, se scopro che hai finito l’acqua calda, finisci a dormire sul tappeto.”

 

Harry rise, annuendo in segno d’assenso. Tom lo guardò un attimo sorpreso da quel gesto, ma infine si abbandonò ad un lieve sorriso, che poi scomparve immediatamente com’era venuto.

 

“Numero tre: vietato portare qua ragazze e/o ragazzi. Se proprio devi fare qualcosa, che sia lontano dai miei occhi e dalle mie orecchie. Orion ci ha provato una volta e le conseguenze non sono state piacevoli.”

 

“Orion?” chiese curioso Harry.

 

“Orion Black, la mia spina nel fianco personale. Lo vedrai sicuramente ronzare attorno prima o poi e anzi, sono sorpreso che non sia già qua ad imporre la sua inopportuna presenza.” Rispose, ma il bagliore divertito che gli danzava negli occhi suggeriva ad Harry che in realtà tutte quelle cose non le pensasse davvero.

 

“Comunque per finire, beh, non è tanto una regola quanto un consiglio: se ci tieni alla privacy chiuditi in camera, perché Orion e Giselle hanno la pessima abitudine di comparire qua quando pare e piace loro, facendo come se fossero a casa propria.”

 

Orion, Giselle, e poi? Non aveva tenuto in considerazione il fatto che avrebbe conosciuto e dovuto convivere con tanti altri ragazzi oltre che a Tom.

 

“Bene, ora che è tutto chiaro, sarà meglio entrare.” E detto questo, il Prefetto aprì la porta ed entrò.

 

Harry trattenne il respiro. Sebbene non avesse mai avuto l’occasione di vederla, era sicuro che nemmeno la stanza del Caposcuola di Grifondoro fosse tanto grande. La stanza dove erano entrati era davvero un piccolo salotto, con tanto di divanetti e tavolino, e una scrivania nell’angolo in fondo a sinistra. Sulla parete destra invece c’era un’altra porta, che conduceva probabilmente alla camera da letto.

 

“Caspita, hanno fatto in fretta,” disse Tom indicando uno dei divani dove era appoggiata un’uniforme nera, “qui c’è già la tua divisa e l’orario delle lezioni.” Aggiunse raccogliendo un foglietto di pergamena dal tavolino.

 

Harry si avvicinò ad osservare il suo nuovo corredo, facendo un’espressione leggermente schifata vedendo lo stemma di Serpeverde appuntato all’altezza del cuore: non ci si sarebbe mai abituato. In più aveva un altro problema: nella lettera che aveva scritto, facendo finta di essere suo zio, aveva detto che tutte le sue cose gli sarebbero state spedite in giornata, ma in realtà aveva svuotato la Stanza delle Necessità prima del colloquio col Preside e il suo baule era in quel momento rimpicciolito nella sua tasca. Come fare in modo di tirarlo fuori senza che l’altro Serpeverde se ne accorgesse?

 

Tom stava ancora studiando il suo orario ed Harry, curioso, si avvicinò. Essendo però il Prefetto girato di schiena e lui dieci buoni centimetri più basso, per poterlo vedere dovette sporgersi al di là della spalla dell’altro, con il mento quasi appoggiato nell’incavo del suo collo.

 

“Qualcosa non va con le mie lezioni?” chiese, incuriosito da un così lungo scrutinio.

 

Tom si irrigidì di colpo e si voltò di scatto, facendo quasi un salto all’indietro, un’espressione illeggibile sul volto. Harry di rimando lo guardò confuso: ma che aveva fatto?

 

“Scusa, cosa hai detto?” gli chiese il Prefetto con la voce stranamente incrinata.

 

“Ehm, no, niente. Chiedevo solo se era tutto a posto col mio orario.”

 

Tom lo guardò un attimo stranito. “Orar…?” poi abbassò lo sguardo verso il foglietto di pergamena che ancora stringeva tra le dita. “Oh, l’orario certo. Cioè, no, non c’è nulla che non va.” Rispose in fretta porgendoglielo.

 

Harry allungò la mano per afferrarlo circospetto: Riddle si stava comportando in modo decisamente strano rispetto al solito.

 

Lo vide ricomporsi in pochi secondi e un attimo dopo si stava di nuovo rivolgendo a lui con la solita espressione distaccata. “Io vado a farmi una doccia prima che diventi ora di pranzo, tu cambiati pure qui e non uscire per nessun motivo fino a che non sono di ritorno, intesi?”

 

Il moretto semplicemente annuì di risposta mentre osservava, ancora leggermente confuso, il Prefetto attraversare la stanza a grandi passi prima di chiudersi dietro le spalle la porta della camera da letto.

 

Passandosi una mano tra i capelli, Harry decise di lasciar perdere il suo nuovo compagno di stanza per il momento, visto che gli si era appena presentata l’occasione per tirar fuori le sue cose. Prese dalla tasca il baule rimpicciolito e si portò di fianco alla scrivania prima di posarlo a terra e lanciargli un “Engorgio!”.

 

Dopo aver controllato che tutti gli incantesimi serranti fossero al loro posto (non sarebbe stato piacevole se qualcuno avesse trovato il suo libro di Storia della Magia con una cinquantina di anni di storia in più), tornò dalla sua nuova divisa. Come sempre indossava sotto i vestiti la pettorina in pelle di drago che faceva parte della divisa da Auror ed era piuttosto reclutante a togliersela: in un ambiente sconosciuto rinunciare alla costante protezione lo faceva sentire vulnerabile.

 

‘Datti una svegliata Harry,’ si disse, ‘non ci sono Mangiamorte in giro per la scuola, sei ad Hogwarts in tempo di pace!’

 

Scuotendo la testa si sbottonò la camicia e la ripiegò sulla spalliera del divano, prima di attaccare i vari lacci che tenevano allacciata la pettorina. Quando ebbe finito, se la sfilò rimanendo a torso nudo, e fece appena in tempo a rimpicciolirla e mettersela nella tasca dei pantaloni, quando la porta dell’entrata si spalancò.

 

“Ehi Tom, com’è che non c’eri a Difesa? Non sai che ti sei perso, Heidi aveva appena finito di raccoglie le sue– oh… tu non sei Tom.” Disse lo sconosciuto.

 

Harry si voltò, ma ogni parola gli morì in gola una volta visto in faccia il ragazzo che era entrato.

 

“Sirius…”

 

 

 

 

Tom si chiuse la porta alle spalle con un lieve ‘click’ e vi appoggiò contro la schiena con un sospiro. Che cosa gli stava succedendo? Che gli era preso prima?

 

Il piano che si era formulato nella mente era semplice: quel ragazzo, chiunque fosse e qualunque fossero i segreti che portava con sé, era estremamente potente. Era riuscito a capirlo fin dal primo incontro, quando – e la cosa gli bruciava ancora un po’ – era riuscito a schiantarlo senza troppe difficoltà. Era indispensabile che riuscisse a farne un alleato, nonostante l’inspiegabile rancore che sembrava serbare nei suoi confronti.

 

Si, doveva assolutamente trovare il modo di avvicinarlo, fare in modo che si fidasse e infine sfruttarlo nel modo più appropriato. E con un potere del genere, di modi ce n’erano a volontà. Doveva stare attento però perché, se conoscenza significava potere, tutti i segreti che quel ragazzo teneva potevano rivelarsi un ostacolo difficile da sormontare. Come si tiene in pugno una persona di cui non si sa nulla? Non poteva nemmeno usare la sua identità falsa come ricatto, tanto tra poco più di due mesi sarebbe partito…

 

Una strana stretta allo stomaco lo colpì a quel pensiero e, infastidito, si diresse verso il suo baldacchino, notando per la prima volta il secondo letto sistemato sotto la finestra. Perché gli dava tanto fastidio il pensiero che se ne sarebbe andato?

 

“Perché due mesi e mezzo sono troppo pochi per poter mettere in atto il mio piano, ecco perché.” Si disse ad alta voce, portandosi di fronte al suo grande specchio a parete e osservandosi.

 

“Bugiardo,” gli rispose il suo riflesso, la cui voce stranamente somigliava molto a quella di Black, “e l’esserne stato ossessionato per più di una settimana dove lo metti? L’effetto che ti fa guardarlo dritto in quegli occhi smeraldo? Il ritratto che ne hai fatto?”

 

“Era solo perché volevo scoprire chi fosse!” ribatté, senza nemmeno preoccuparsi del fatto che stesse litigando con uno specchio.

 

“Certo, certo, ed è per questo che sentirlo così vicino, sentire il suo fiato danzarti sul collo ti ha fatto andare in black out il cervello poco fa, vero?”

 

“Quello… quello non centra niente! E poi anche se fosse? D’accordo, ammetto di essere un minimo attratto da quel ragazzo, non è la prima volta che succede, non vedo il grande avvenimento.”

 

Il tono del riflesso si fece triste tutto d’un tratto. “Sempre spaventato dai propri sentimenti, vero Tom?”

 

Il Serpeverde si irrigidì e l’espressione divenne di pietra. “Sentimenti?” disse improvvisamente risoluto, “No, io non ho sentimenti, le uniche emozioni che provo sono rabbia, odio, rancore” e dolore, aggiunse tra sé, “Harry Evans non è altro che l’ultimo strumento da sfruttare, l’ultimo giocattolino con cui trastullarmi. Nient’altro.”

 

Lo specchio non rispose, limitandosi a riflettere la sua immagine. Ossessionato? Forse, lo ammetteva. Perché a trovare irresistibile era il potere che quel ragazzo emanava, un potere che in fatto di unicità era così simile al suo, così simile…

 

“… erano: sono morti entrambi quando avevo un anno.” Un orfano, anche lui.

 

Così simile…

 

Riportò lo sguardo verso il suo riflesso e incontrò i suoi stessi occhi, occhi che solitamente erano tanto freddi e decisi e che ora invece ospitavano una punta di dubbio nelle iridi color pece. Strinse i pugni voltandosi verso il nuovo letto comparso nella sua stanza. Era stata una decisione avventata quella di far sistemare Harry nella sua stanza. E se avesse cominciato ad impicciarsi troppo? Sembrava già inspiegabilmente sapere così tante cose sul suo conto…

 

Tom spalancò gli occhi mentre un orribile dubbio gli si formava in mente: sapeva forse anche della sua ricerca? Del luogo che stava disperatamente cercando da mesi? E se avesse cercato di intralciarlo?

 

No, Harry Evans non doveva essere che una pedina da tenere a disposizione, non avrebbe mai permesso che si mettesse in mezzo tra lui e i suoi piani.

 

Si voltò con decisione e, dimentico della doccia, si diresse alla porta per provare a se stesso la veridicità delle convinzioni che aveva appena raggiunto.

 

Convinzioni che, una volta aperta la porta, volarono fuori dalla finestra, rimpiazzate da un’ondata di rabbia e gelosia che lo investì allo scenario che gli si parò davanti.

 

 

 

 

Orion osservò il ragazzo che gli era di fronte: no, decisamente non era Tom e anzi, non era nessuna delle persone che conosceva. Aveva folti capelli castano quercia che andavano da tutte le parti e occhi nocciola chiaro, quasi ambrati. Per non parlare dei pettorali scolpiti e degli addominali definiti che si potevano vedere muoversi sottopelle ad ogni movimento, sotto la dorata abbronzatura.

 

Si leccò le labbra lasciando vagare lo sguardo su tutto il petto nudo dello sconosciuto, pensando a diverse cose – nessuna delle quali particolarmente caste – che gli sarebbe piaciuto fare su quegli addominali. Prima di saltargli addosso però, avrebbe fatto meglio a scoprire chi fosse, o per lo meno che ci facesse nella stanza del Prefetto.

 

‘E magari,’ aggiunse tra sé, ‘perché mi sta guardando come se fossi un fantasma appena resuscitato.’ Infatti il ragazzo lo stava guardando fisso con l’espressione più sorpresa, triste e incredula che Orion avesse mai visto. Sussurrò qualcosa, un nome forse, ma lui non riuscì a sentire esattamente quale.

 

“Ehi, ragazzo, sicuro di sentirti bene? Sei un po’ pallido…” tentò, ma senza ottenere alcuna risposta se non lo sguardo perennemente fisso degli occhi nocciola.

 

Ora che gli stava osservando il viso però, gli sembrava di notare una certa famigliarità… l’aveva già vista da qualche parte quella faccia, ma non riusciva a ricordarsi dove. In più c’era qualcosa che non andava nel suo aspetto: non sapeva esattamente cosa, ma c’era come qualcosa di storto, di sbagliato nei tratti del suo volto.

 

L’altro intanto non aveva ancora spiccicato parola e Orion cominciava un po’ a preoccuparsi.

 

“Ehm, ero venuto a cercare Tom, il Prefetto. Sai, il proprietario di queste stanze…” spiegò gesticolando intorno per indicare la sala. Lo sconosciuto però sembrava ancora perso nei suoi pensieri, costringendo il Serpeverde ad un’altra tattica.

 

“Non so esattamente chi tu sia,” iniziò cercando di sfoggiare il sorriso più rassicurante del suo repertorio, “ma nemmeno io mi sono presentato, che maleducato: sono Orion Black, piacere.” Aggiunse porgendo una mano all’altro.

 

Finalmente il ragazzo sembrò scendere da qualunque pianeta la sua testa fosse finita e con due passi raggiunse Orion per stingergli la mano, non abbandonando ancora lo sguardo leggermente incredulo che il Serpeverde non riusciva a capire. Vicino com’era adesso inoltre, Black constatò di essere quasi più alto dell’altro dell’intera testa.

 

“Ehm, piacere, io… io sono uno studente nuovo, sesto anno… ehm, scusa per.. per prima sai, è che non conosco ancora molta gente… eheh” disse il ragazzo arrossendo leggermente e passandosi una mano tra i capelli con fare nervoso.

 

Quando arrossiva così era davvero adorabile!

 

“Nessun problema, figurati! Sesto anno, eh? Ti avrei detto più giovane, ma forse solo perché hai un’aria tanto tenera.” Rispose Orion facendogli l’occhiolino e godendosi il furioso rossore che era salito sulle guance dell’altro a quelle parole.

 

“Avrei dovuto aspettarmelo però,” continuò il Serpeverde con un piccolo ghigno scherzoso, “a quindici anni non si hanno muscoli del genere.”

 

L’altro ragazzo spalancò comicamente gli occhi, prima di abbassare la testa e constatare il suo stato di semi-nudità che sembrava aver dimenticato. Con un verso shockato cercò di allungarsi verso uno dei divanetti dove era adagiata una divisa, ma senza riuscirci, dato che Orion lo prese per un braccio trattenendolo esattamente dov’era.

 

“Eddai, cos’è tutta questa timidezza, non hai davvero nulla di cui vergognarti, credimi.” Gli sussurrò all’orecchio.

 

Se non altro servì solo ad accrescere il panico del ragazzo, che con una straordinaria forza che Orion non gli avrebbe mai attribuito a vederlo, si liberò dalla presa e fece uno scatto verso il divano. Prima che potesse raccogliere l’uniforme però, il Serpeverde lo aveva raggiunto e, spingendolo contro il divano, gli aveva imprigionato la testa tra le sue due braccia, appoggiando i palmi delle mani allo schienale.

 

“Ehi, ma di cosa hai paura, non mordo mica sai? Oh almeno, a meno che tu non me lo chieda.” Gli sussurrò lascivo, passandosi la lingua sulle labbra.

 

Era così intento ad osservare la sua preda da non sentire la porta della camera aprirsi, ma non poté ignorare la voce furibonda che gli ringhiò contro dall’uscio.

 

“Levagli – subito – le mani – di dosso – Black!

 

Orion si voltò, trovandosi davanti la visione di Tom Riddle fermo sull’uscio della camera che stringeva convulsamente il pomello della porta, con un’espressione furiosa che gli aveva visto poche volte sul viso e gli occhi che avrebbe giurato stessero brillando di un rosso acceso. Istintivamente si allontanò dal divano, accorgendosi nel mentre che il ragazzo sotto di se si era portato una mano alla fronte con un sibilo di dolore.

 

Il Prefetto si staccò dall’uscio e con passi calcolati attraversò la stanza.

 

“Dimmi, Black, esattamente, che cosa avevi intenzione di fare?”

 

Orion deglutì rumorosamente, poi però, ricomponendosi un attimo, rispose: “Mi stavo semplicemente presentando al nuovo studente, non mi sembra ci sia nulla di male.”

 

Tom lo fulminò con lo sguardo. “Da quando presentarsi vuol dire strappare di dosso i vestiti alla gente?”

 

“Ehi, non ho strappato di dosso un bel niente io, era già a torso nudo quando sono entrato, ha fatto tutto da solo!” ribatté l’altro.

 

Il Prefetto ghignò. “Un bel cambiamento dalla tua solita routine immagino.”

 

I due Serpeverde rimasero a fissarsi in cagnesco, finché Harry, ancora per metà stordito dal dolore lancinante alla sua cicatrice, non si decise ad intervenire.

 

“Eddai, tutti e due, non è successo niente. Tom, invece di litigare, perché non mi presenti?” tentò di riappacificare.

 

L’indirizzato lo ignorò completamente, preferendo cercare di uccidere con lo sguardo il compagno di Casa.

 

“D’accordo, fa niente.” Sospirò Harry, decidendo di cambiare tattica. “Orion, giusto?” si rivolse all’altro Serpeverde, che interruppe la battaglia di sguardi, “Piacere, io sono Harry Evans.”

 

Qualcosa scattò nella mente di Orion. Harry Evans, Harry Evans, Harry… ma certo! Ora ricordava dove l’aveva visto! Era il ragazzo del ritratto che aveva fatto Tom! Eppure… era leggermente diverso, i capelli avrebbero dovuto essere neri e gli occhi, Tom non aveva scritto che erano verdi? Forse era questo che sembrava stonare nel suo aspetto… ma perché nascondere i suoi veri tratti fisionomici?

 

Qualunque risposta avesse in previsione, venne interrotta dall’aprirsi della porta della sala. Una ragazza dai voluminosi capelli biondi, lineamenti raffinati e portamento elegante entrò con disinvoltura nella stanza, noncurante degli altri tre ragazzi presenti. Quando però i suoi occhi blu cobalto si posarono su Harry, una scintilla sembrò accenderlesi nello sguardo.

 

“E questo giovanotto chi sarebbe?” chiese avvicinandosi.

 

“Sono un nuovo studente, devo fare il sesto anno. Harry Evans, piacere.” Rispose Harry.

 

“Oh, piacere mio, Giselle Malfoy. Sesto anno hai detto? Sembri così piccolo! Saranno le gote rosse che danno l’impressione sbagliata.” Aggiunse arruffandogli i capelli e lasciandolo di stucco. “Un altro studente nuovo, è già il secondo quest’anno, anche se l’altro se l’è preso mio fratello. Ma cosa fai senza una maglietta addosso? È inverno, non fa poi così caldo. Ah, ho capito, non dire altro, Orion ha già tentato di molestarti, vero? Non farci caso, ti ci abituerai presto, fa così con tutti il nostro playboy!”

 

Harry la guardava con occhi stralunati: possibile che non avesse preso fiato nemmeno una volta?

 

“Ehi, non sono così maniaco!” protestò Orion con aria indignata, ma un’occhiataccia da parte di Tom lo zittì. “Comunque Giselle ha ragione Harry, non preoccuparti che non alzerò neppure un dito su di te d’ora in poi.” Aggiunse guardando di sottecchi il Prefetto che gli stava a fianco. “È tutto tuo, Tom.” Gli sussurrò all’orecchio in modo che fosse l’unico a poter sentire.

 

L’altro Serpeverde di risposta sbuffò e non diede altro segno di riconoscimento.

 

“In ogni caso ragazzi,” continuò Giselle, “sono venuta qui perché tu” indicò Orion, “hai gli allenamenti di Quidditch e stanno aspettando tutti te, e tu” indicò Tom, “hai bisogno di trovare una buona scusa da dare al Professor Donill sul perché non eri a Difesa, ti vuole nel suo ufficio. Quanto a te Harry, ti consiglio di metterti qualcosa addosso, prima che questi signori ti mangino con gli occhi.”

 

Harry arrossì nuovamente e lanciò un’occhiata a Tom di sottecchi, ma il Prefetto aveva voltato la testa dall’altro lato. Prese finalmente la propria divisa dalla poltrona e se la infilò con facilità, per poi girarsi verso gli altri occupanti della stanza: Tom era ancora ostinatamente voltato da un’altra parte, Orion guardava Tom ridendo sotto i baffi e Giselle si osservava attentamente la manicure.

 

Fu il Prefetto a rompere il silenzio. “Io andrò dal Professor Donill, il cielo non voglia che trovi altri pretesti per togliere punti a Serpeverde. Harry,” disse poi rivolgendosi al ragazzo, “resta con Giselle.” E detto questo girò i tacchi e uscì chiudendosi la porta alle spalle.

 

“Beh, a me non resta che dirigermi al campo allora.” Disse Orion stiracchiandosi come un gatto. “Giselle, tu che fai, resti a vedere gli allenamenti?”

 

“Naturalmente, Madlene e Heidi mi aspettano già sugli spalti.” Rispose lei arricciando una sua ciocca su una delle dita affusolate.

 

“Ehi Harry,” gli si rivolse il Serpeverde, “ti piace il Quidditch?”

 

Il primo vero sorriso da quando era arrivato nel passato si aprì sul viso dell’ex-Grifondoro.

 

“Ma certo che adoro il Quidditch! Giocavo come Cercatore nella… nelle partite con gli amici.” Rispose, ricordandosi che in teoria non aveva mai frequentato una scuola.

 

Il suo sorriso venne rispecchiato sul volto di Orion e mai come in quel momento quel ragazzo sembrava la copia carbone di Sirius.

 

“Perfetto, allora vieni con noi che ti faccio conoscere la squadra. Sai, sono convinto che anche quest’anno vinceremo la coppa, pensa che l’altroieri…” continuò il ragazzo sempre più lanciato in una lunga discussione sul Quidditch, mentre tutti e due entravano nuovamente in Sala Comune, con una bionda leggermente annoiata alle calcagna.

 

 

 

 

 

 

 

A.N.: Secondo voi è più bello Tom confuso o Tom arrabbiato? :P Nah, niente da fare, mi piacerà sempre qualunque cosa faccia XD.

Ma bando alle ciance, sono un po’ di fretta, quindi non ho tempo di rispondere alle recensioni, ma sappiate che vi ringrazio di cuore per tutto il vostro appoggio, siete veramente indispensabili e leggere i vostri commenti mi illumina sempre la giornata! Grazie mille!

P.S.: ho modificato leggermente il riassunto della storia, perchè quello che avevo messo all'inizio non mi piaceva granchè, ma non è cambiato praticamente nulla, era solo per informarvi ^^

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Capitolo 13
*** A Proposito di Quidditch ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 13/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 13.  A Proposito di Quidditch

 

 

 

“Sicuro di non essere gay?”

 

Harry sospirò ed alzò gli occhi al cielo. “Si, Orion, per l’ennesima volta: no, non sono gay.”

 

“D’accordo, d’accordo.” Rispose il ragazzo, mentre stava seduto a cavalcioni sulla sua scopa, che galleggiava a mezz’aria di fronte agli spalti.

 

Harry, insieme ai suoi due nuovi compagni di Casa, era infine sceso a vedere gli allenamenti della squadra. Mentre Orion, che giocava come Cacciatore, era andato negli spogliatoi a cambiarsi, Giselle lo aveva trascinato sugli spalti dell’ala destra per raggiungere le sue due amiche: Madlene Avery e Heidi Rosier.

 

Harry si voltò ad osservare il gruppetto di ragazze che chiacchieravano e ridevano insieme. Heidi aveva capelli rossi piuttosto corti, portati in un caschetto in stile un po’ retrò. Il nasino a punta e le guance rosee le davano un’aria innocente che veniva dissipata dallo sguardo furbesco che si accendeva ogni tanto nei suoi occhi ambrati. Sempre che non stesse guardando l’attuale portiere della squadra, un certo Rudolf Lestrange, perché in quel caso qualunque espressione avesse, si scioglieva in quella che si poteva definire solo come pura adorazione. Da quel che Harry aveva capito, quei due erano la coppia più mielosa di tutta Hogwarts.

 

Madlene invece era di tutta altra pasta. I folti capelli color cioccolato le ricadeva sulle spalle in soffici onde, facendo sì che alcune ciocche si insinuassero provocanti nella scollatura della camicetta, lasciata strategicamente aperta dei primi tre bottoni. I tratti del viso erano accentuati da una buona dose di trucco pesante e, seppure non si potesse negare che fosse estremamente bella, mancava del tutto della raffinatezza di Giselle. Ogni tanto mentre gesticolava, accavallava e scavallava le gambe, facendo notare il bordo del reggicalze appena nascosto dalla gonna della divisa, inspiegabilmente più corta dello standard.

 

C’era qualcosa in quella ragazza che non piaceva affatto ad Harry, fosse stato per lo sguardo malizioso e la risata falsa, o l’attitudine a guardare il resto del mondo dall’alto in basso. Persone come quelle avevano dato a Serpeverde la sua famosa e ingrata fama.

 

“Ma vuoi dirmi che non ci hai mai fatto neppure un pensierino?” lo distolse dai suoi pensieri la voce di Black.

 

In quel momento il ragazzo, che in teoria doveva essere al centro del campo ad allenarsi con gli altri, aveva deciso che lasciare solo Harry con un branco di ragazze non fosse il modo migliore per dare il benvenuto al nuovo studente. Per cui si era avvicinato, ancora in sella alla scopa, per fare un po’ di compagnia al nuovo venuto.

 

Harry gliene sarebbe stato pure grato, se non fosse per il fatto che già dopo cinque minuti si era ritrovato a chiedersi se gli argomenti di conversazione del Cacciatore non fossero più ‘da ragazze’ di quelli del gruppetto a pochi metri da loro.

 

“No, non ci ho mai fatto nemmeno un pensierino, perché avrei dovuto?” chiese Harry leggermente esasperato, dopo la ventesima volta che tornavano a discutere le sue preferenze sessuali.

 

“Beh, se non ci hai mai pensato non puoi ancora sapere con certezza se ti potrebbero piacere o no anche i ragazzi. Ti escludi un sacco di possibilità in questo modo, credimi. Gli rispose Orion facendogli l’occhiolino. “Davvero non hai mai guardato un ragazzo trovandolo attraente?”

 

Harry aprì la bocca per rispondere che assolutamente no, non gli era mai capitato, ma poi si bloccò. L’immagine di quella sera di qualche giorno prima gli tornò alla mente, e il viso di Tom gli si delineò davanti agli occhi. Non aveva forse pensato esattamente quello, vedendo il Serpeverde sorridere? Scosse la testa. No, una cosa era ammettere l’oggettiva bellezza di qualcuno, un’altra era trovare quel qualcuno attraente.

 

Non vide mai il ghigno vittorioso di Black al suo indugio.

 

“Ascolta, mi sono sempre piaciute ragazze” rispose infine, “non mi sembra difficile capire che sono etero! Sono sempre stato bene con loro,” fece una piccola pausa, pensando al fiasco con Cho, “ok, magari solo con una, l’altra è stata un vero disastro, ma non vuol dire che non mi piaceva!”

 

Orion sgranò gli occhi. “Sei stato con solo due ragazze? In tutta la tua vita?” chiese incredulo.

 

Harry si sentì leggermente offeso. “Avevo altre cose a cui pensare!” ribatté arrossendo. “Perché, tu invece con quante ragazpersone sei stato, scusa?”

 

Il Serpeverde lanciò un fischio e alzò gli occhi al cielo. “Oh, e chi lo sa? Ho perso il conto dopo la prima ventina!” rispose ridendo.

 

Harry però si fece serio. “Beh, io non sono così, non credo nella botta e via. Se vuoi davvero una persona, non puoi volerla per una sola notte. E se ami una persona, è inconcepibile il solo pensiero di lasciartela sfuggire dopo solo qualche ora.

 

Orion lo osservò per qualche secondo, rivolgendogli un improvviso sorriso dolce. “Ci credi davvero, non è così? Ad amare qualcuno intendo.

 

Harry annuì. Come poteva non credere nell’amore, se era grazie a quello che era vivo?

 

“Penso che tutti, anche inconsciamente, ci credano. Guarda te stesso per esempio, anche se non hai una storia fissa da… da sempre immagino” scherzò, beccandosi un leggero pugno sulla spalla, “pensa alla tua famiglia, o anche agli amici. Non è possibile non trovare qualcuno da amare, tra tutte le persone che si conoscono.

 

Orion si voltò ad osservare gli altri giocatori, l’espressione improvvisamente seria, velata di leggera tristezza. “Spero che tu abbia ragione. sospirò, ed Harry capì subito a chi stava pensando.

 

Rimasero in silenzio per qualche altro secondo, poi il Cacciatore si spostò di fianco ad Harry e tese un braccio verso il campo, dove gli altri membri della squadra svolazzavano da una parte all’altra.

 

“Vedi quello lì? Il biondino?” disse, indicando un ragazzo che volava un po’ più in alto degli altri, mentre faceva vagare lo sguardo da una parte all’altra del campo, evidentemente alla ricerca del boccino. “Dimmi cosa ne pensi.

 

“Ancora? Ma non ti arrendi mai?” disse Harry alzando gli occhi al cielo e sospirando esasperato.

 

Eddai, solo cosa ne pensi, obbiettivamente. Rispose l’altro.

 

Harry lo guardò in tralice sospettoso, ma si rassegnò a spostare lo sguardo verso il Cercatore in questione. Era piuttosto lontano, quindi non si riuscivano a scorgere i piccoli particolari, ma nel complesso ci si poteva fare un’idea abbastanza precisa. Proprio in quel momento inoltre, il ragazzo si buttò in picchiata d’improvviso e, arrivato ad una decina di metri dal terreno, virò a sinistra col braccio teso in avanti. Con uno slancio finale allungò la mano e la chiuse intorno al boccino, sorridendo entusiasta nel guardare il suo piccolo trofeo, mentre gli altri giocatori gli si avvicinavano per dargli pacche sulla spalla di congratulazioni.

 

“Beh, obbiettivamente non si può dire che sia brutto, e come corporatura, sebbene sia un Cercatore, non è smilzo e mingherlino, anzi, anche da qua si vede che è abbastanza atletico. Iniziò Harry, ignorando gli sghignazzi del ragazzo di fianco a sé. “Poi ha dei bei capelli, si vede da come si muovono al vento che sono puliti. E un bel sorriso, non c’è dubbio.

 

Orion annuì, ancora divertito. “Mh, mh, tutto questo obbiettivamente. Allo sguardo omicida che gli venne rivolto decise di smetterla con le prese in giro. “Ok, ok, ora vediamo… cosa ne pensi di Madlene?”

 

Harry si voltò verso la ragazza. “È molto carina, ma mette troppo trucco. Fece scorrere gli occhi verso il basso, “E gonne troppo corte.

 

Orion annuì pensoso, “Gonne troppo corte, uhm? Nient’altro? Che mi dici dei capelli?”

 

“Ehm, sono lunghi? E marroni.”

 

Orion alzò un sopracciglio, ma non commentò. “E il seno?”

 

Harry osservò, un po’ imbarazzato, l’abbondante scollatura della moretta. Ma come facevano a non cadere in avanti certe ragazze? Ginny gli era piaciuta così com’era ed aveva nemmeno la metà del volume di Madlene.

 

“Ingombranti penso.” Rispose infine, ancora intento a comparare le due ragazze nella mente.

 

Orion sgranò gli occhi e scoppiò a ridere, tanto che rischiò di cadere dalla scopa.

 

“Ingombranti! Merlino Harry, devi essere la prima persona al mondo a descrivere le tette di Madlene ingombranti!”

 

“Beh, dai, guarda anche tu! Pensi che staresti comodo con quelle due cose su di te?” ribatté Harry, ormai rosso fino alla punta dei capelli.

 

L’altro ghignò malizioso e rispose: “Ah, su di me non saprei, ma ti assicuro che sotto di me comode lo sono eccome. Provare per credere!”

 

Stavolta a beccarsi un pugno sulla spalla fu Orion, mentre continuava a ridacchiare. “Maniaco.” Gli sussurrò Harry, nonostante ridesse anche lui.

 

“A parte gli scherzi, devo presumere che la tua ex non avesse l’equipaggiamento di Madlene…” continuò il Cacciatore e, vedendo l’altro scuotere la testa, aggiunse “Parlami un po’ di lei.

 

“Vuoi che ti parli di Ginny?” rispose sorpreso Harry.

 

Ginny eh? Sta per Ginevra o Virginia?” chiese Orion appoggiando un gomito sul manico di scopa e la testa sulla mano, con fare interessato.

 

“Ehm…” in verità non se l’era mai chiesto, “non lo so con certezza, tutti l’han sempre chiamata Ginny, penso che sia proprio il nome intero.” Rispose Harry pensoso.

 

“E quindi? Alta, bassa, magra, grassa…” insistette il Serpeverde.

 

“Beh, non è molto alta e sicuramente non è grassa, ma non devi farti ingannare dalle apparenze, ha un caratterino…” iniziò Harry, sorridendo ai ricordi, “È sempre solare e vivace, ma se si mette in testa di fare qualcosa, non c’è verso di farla desistere. Credimi, non sarebbe piacevole trovarsi davanti alla sua bacchetta quando ha sulla punta della lingua una maledizione Orcovolante. Non si fa mai mettere i piedi in testa da nessuno e anche quando –”

 

“Si, si, ok, ho capito. Ma fisicamente?” lo interruppe Orion con un gesto spazientito della mano.

Harry lo guardò perplesso. “Te l’ho detto, è bassina e piuttosto magra. E ha i capelli rosso fuoco, come tutta la sua famiglia del resto.

 

L’altro scosse la testa. “Vabbeh, lasciamo perdere, sei un caso perso. Ma prima che Harry potesse ribattere aggiunse: “E vi siete lasciati perché tu venivi a studiare qui ad Hogwarts?”

 

L’ex-Grifondoro si irrigidì. ‘No, non per quello. Perché se fosse morta non me lo sarei mai perdonato.’ Pensò, ma dopo qualche secondo, ricordandosi che Orion aspettava ancora una risposta, si riprese. “Si, in un certo senso. rispose in tono piatto. Poi, con aria molto più allegra aggiunse, “Ma siamo rimasti ottimi amici, e l’ultima volta che l’ho vista si era rimessa con un suo ex, un altro mio amico tra l’altro, e sono felice per entrambi.”

 

“Meglio così.” Rispose Orion, prima di voltarsi e guardare gli spalti, ora vuoti. “Diamine, Giselle deve essere tornata in dormitorio con le altre… Ti dispiace tanto se ti lascio qui da solo?” chiese, con una nota preoccupata nella voce.

 

“Ma figurati, va benissimo. Credo che riuscirò a non mettermi nei pasticci qui, solo,” si guardò intorno, “in mezzo al nulla.” Lo rassicurò ironicamente Harry, ma l’altro sembrava ancora inquieto e setacciava il campo con lo sguardo alla ricerca di qualcuno che conoscesse.

 

Merda, se Tom viene a sapere che ti ho lasciato qua solo mi sbrana. Sussurrò tra sé e sé il Cacciatore, ma non così basso da non farsi sentire dall’altro, che sbuffò.

 

“Non credo che gli intereressi più di tanto la salvaguardia dell’ultimo arrivato” rispose Harry, ignorando la vocetta nella sua mente che aggiunse ‘E di chi è la colpa?

 

Ma Orion aveva spostato lo sguardo su di lui, e con un sorriso sornione aveva risposto: “Oh, ci tiene più di quanto tu non pensi.”

 

Harry lo guardò confuso, ma l’altro non aggiunse spiegazioni al suo sguardo interrogativo. Anzi, il Cacciatore non stava nemmeno più guardando Harry, ma il lato opposto del campo da Quidditch, con occhi sbarrati e bocca spalancata dalla sorpresa.

 

Tom?!” esclamò quello, stupefatto.

 

Harry spostò lo sguardo nella stessa direzione di quello del moretto e vide che, in effetti, Tom Riddle stava salendo con passo spedito le scalette che portavano agli spalti, ogni tanto fermandosi e guardandosi intorno, come se stesse cercando qualcosa.

 

“Ehm, scusa Orion, ma perché sei tanto stupito? Che c’è di strano?” chiese il ragazzo seduto.

 

“No, no, niente. Cioè, si… è che credo di non aver mai visto Tom qui al campo da Quidditch, se non ad un paio di partite nei primi anni. Rispose, continuando a tenere gli occhi incollati al suo compagno di Casa, “Sai, non è esattamente un fan di questo sport, anzi, lo reputa un’enorme perdita di tempo. È solo strano vederlo qui, ecco tutto…”

 

Harry annuì pensoso: non aveva forse letto qualcosa di simile in una delle poche entrate che aveva letto nel vecchio diario di Tom? Osservando la figura lontana del Serpeverde, che continuava a scrutare il campo da Quidditch, aggiunse:

 

“Sembra che stia cercando qualcosa…”

 

Orion si tirò una manata in fronte. “Ma certo, che stupido…” ridacchiò, prima di sistemarsi meglio sulla scopa e sventolare le braccia in aria, gridando: “Tom! Ehi Tom! Quaggiù!”

 

Il Serpeverde fermo sugli scalini si voltò sentendosi chiamare e, una volta individuati i due compagni di Casa, affrettò il passo nella loro direzione. Più si avvicinava, più Harry poteva notare l’espressione irritata sul suo bel volto. Una volta che il Prefetto li ebbe raggiunti, Orion non perse tempo a svolazzargli davanti, con un grosso sorriso.

 

Tom! Qual buon vento ti porta fin quassù, nell’umile dimora dei fanatici del Quidditch?”

 

Di risposta il Serpeverde indirizzato non gli rivolse altro che uno sguardo gelido, prima di spostare l’attenzione verso il ragazzo ancora seduto sugli spalti.

 

“Non ti avevo forse detto di rimanere con Giselle?” lo apostrofò acido Tom, incatenando gli occhi scuri ai finti nocciola dell’altro.

 

Harry, non capendo il motivo dell’irritazione del compagno, aprì la bocca per rispondere, piuttosto indignato, che Giselle era appena andata via e che in ogni caso non aveva certo bisogno di una baby-sitter, ma Orion lo batté sul tempo.

 

Eddai Tom, cosa hai paura che gli faccia?” chiese il Cacciatore portandosi nuovamente al fianco di Harry e stringendo languidamente le braccia intorno al petto di quest’ultimo, che sorpreso cercò di protestare inutilmente. “Ti assicuro,” continuò imperterrito il moretto, con un ghigno sornione, “nulla che anche lui non voglia. Ti da forse fastidio?”

 

Tom era rimasto a guardare con espressione indecifrabile, avendo riconosciuto il povero tentativo di Orion per quello che era. Non poté fare niente però per la piccola vena che gli stava pulsando ritmicamente su una tempia, né per le dita che si contraevano in pugni nelle tasche della divisa.

 

Un fischio sonoro ruppe la tensione e fece voltare il terzetto verso l’altro lato del campo, dove una delle giocatrici che volavano a mezz’aria si stava sbracciando nella loro direzione, con un fischietto in bocca e un’espressione poco amichevole sul viso. Approfittando della distrazione, Harry riuscì a liberarsi dalla stretta di Orion e ad alzarsi in piedi, mentre il Cacciatore, avendo recuperato il suo sorriso giovale, si librò di un metro in aria.

 

Oops, scusate ma mi sa che devo riprendere l’allenamento. Grazie mille per la chiacchierata Harry. Tom, ci vediamo a cena suppongo. E detto questo sfrecciò verso il centro del campo, mentre i due ragazzi rimasti sugli spalti si divertirono brevemente nel vederlo farsi sgridare dal Capitano. Quando l’allenamento riprese il suo normale corso, Harry si sentì prendere da un braccio.

 

“Su, forza, torniamo in Sala Comune.” Disse Tom voltandosi per scendere.

 

“Ehi no, aspetta! Io voglio finire di vedere l’allenamento!” ribatté Harry cercando di liberarsi dalla presa ferrea.

 

Tom lo guardò per un attimo, prima di gemere e alzare gli occhi al cielo. “Non dirmi che sei anche tu un fanatico di questo… sport. Disse, sibilando l’ultima parola come se fosse stata una bestemmia.

 

Harry si liberò il braccio con uno strattone. “Si, si da il caso che mi piaccia molto il Quidditch e anzi, ero solito giocare come Cercatore.”

 

“Perfetto, come se non ce ne fossero già abbastanza nel nostro anno. Borbottò il Prefetto. “Beh, io non ho intenzione di perdere altro tempo. Ribatté seccato.

 

“Vai allora,” rispose semplicemente Harry, risedendosi noncurante sugli spalti, “nessuno te lo impedisce.”

 

Tom lo guardò sorpreso e indignato. “Cos-? No, aspetta… ma io non…” non trovando le parole per esprimere il suo sdegno, si limitò a guardarlo male. “Non voglio guardare il Quidditch!”

 

Ma Harry non lo ascoltava, o per lo meno faceva finta di non farlo, e teneva gli occhi puntati sulle azioni di gioco, ignorando il compagno di Casa.

 

Dopo qualche secondo, Tom alzò le braccia al cielo. “E va bene, va bene!” disse, sedendosi di fianco all’altro ragazzo, incrociando le braccia.

 

Harry finalmente si voltò. “Visto? Non era tanto difficile. Gli disse con un sorriso, ma senza ottenere risposta. Osservò attentamente il Prefetto seduto di fianco a sé: fronte corrugata, braccia incrociate, labbra assottigliate… Oddio, non stava per caso…

 

“Non ci posso credere!” esclamò Harry divertito, “stai tenendo il broncio!” e scoppiò a ridere.

 

“Cosa? Non è vero!” si difese Tom, ma l’altro non lo ascoltava, e continuava a ridere, tenendosi la pancia con un braccio.

 

“Mai, mai nella mia vita” riuscì a dire, tra una risata e l’altra, “avrei pensato di poter vedere Tom Riddle tenere il broncio!”

 

Il Prefetto si alzò in piedi. “D’accordo, basta. Me ne ritorno in dormitorio.” E fece per andarsene, ma Harry gli afferrò un lembo della divisa, fermandolo.

 

Eddai, stavo solo scherzando” gli disse, asciugandosi le lacrime dagli occhi, “Torna qua.

 

“Non amo le persone che ridono di me.” Sibilò tra i denti Tom, ma non tentò di liberare i vestiti dalla presa dell’altro.

 

“Scusa, davvero, non volevo offenderti.” Si scusò Harry, tirando leggermente la divisa del Prefetto. “Torna giù, ho anche qualcosa da chiederti.

 

Tom lo fissò per qualche secondo, come a soppesare la sincerità di quelle parole, poi , con un sospiro, si risedette di fianco al compagno di Casa, che gli elargì un ampio sorriso.

 

“Sentiamo, cos’è che devi chiedermi?”

 

“Hai detto che ci sono un sacco di appassionati nel nostro anno, chi è che è in squadra?” chiese Harry indicando i giocatori che svolazzavano in aria, “So già di Orion e Rudolf Lestrange, ma gli altri?”

 

“Del nostro anno in più c’è solo Caleb Dolohov, il Cercatore. Rispose Tom indicando il biondino di cui Orion aveva voluto sapere prima il parere di Harry. “Il Capitano e Cacciatore invece, è la ragazza col fischietto, Dorea Black.”

 

“Black?” chiese Harry sorpreso.

 

“Si, è una cugina di Orion. Frequenta l’ultimo anno, ma sua sorella, Justine, è nel sesto con noi, è l’altro Prefetto.” Spiegò l’altro paziente, ritornando poi ai giocatori. “I due Battitori sono uno del quarto e uno del quinto anno, mentre l’ultimo Cacciatore, la ragazza coi capelli ricci, è nello stesso anno di Dorea, Isabella Roockwood.

 

Harry osservò ad una ad una tutte le piccole figure svolazzanti, attribuendo ora alla maggior parte un nome. Vedendo le scope sfrecciare e il vento scompigliare i capelli, una forte malinconia lo prese, stringendogli lo stomaco. Gli mancava così tanto volare… Da quanto tempo era che non saliva sulla sua Firebolt? Troppo per i suoi gusti, ma qui non poteva nemmeno tirarla fuori, troppo era il rischio di suscitare domande indiscrete.

 

“Quanto darei per poter tornare in aria…” sussurrò senza nemmeno accorgersene.

 

“Perché hai smesso?” gli chiese Tom, avendolo sentito.

 

Harry soppesò per qualche secondo la domanda. “Avevo… cose più importanti a cui pensare.” Disse infine, “Ma è una delle cose che mi mancano di più al mondo.

 

Tom riportò lo sguardo verso il resto dei giocatori. “Non ho mai capito l’attrattiva di questo sport,” disse infine con tono scettico, “sono solo sette persone che rincorrono palle di diversa grandezza.”

 

“C’è molto di più di questo!” ribatté Harry indignato, “È la sensazione di salire in aria, l’adrenalina della competizione, sentire l’aria sfrecciarti di fianco e doversi concentrare solo sul proprio obbiettivo… e poi è anche un gioco di strategia sai? Guarda i Cacciatori, vedi come sono schierati?” disse al Serpeverde puntando un dito in direzione del campo, “Quella si chiama Formazione Testa di Falco. E vedi i Battitori come dividono l’attenzione tra i Cacciatori e il Cercatore? Mai lasciare il Cercatore scoperto, nemmeno se tutta la squadra avversaria si lanciasse sui propri anelli.

 

Tom sembrava ascoltare attento mentre osservava i giocatori cambiare posizione ed assumere forme diverse, ma la sua espressione rimaneva impassibile. “Più che formazioni e strategie mi sembra che stiano organizzando un balletto. Esordì infine.

 

Harry scoppiò a ridere tanto da essere costretto a tenersi una mano sulla pancia. “Sei davvero un caso senza speranze Tom. Riuscì a dire tra una risata e l’altra.

 

Questa volta, riconoscendo l’innocenza delle parole dell’altro, il Serpeverde non si offese e, forse semplicemente a causa della risata contagiosa del compagno, si ritrovò a sorridere a sua volta malgrado tutte le sue riserve.

 

 

 

 

 

 

A.N.: Non preoccupatevi, non dovrete ricordarvi tutti i nomi che sono saltati fuori nella squadra! Anzi, probabilmente oltre a quelli che erano già stati presentati in passato soltanto Bustine Black potrebbe avere qualche rilevanza…

Poi seriamente, ma la Rowling ha una qualche idea di come si comporta un tipico diciassettenne? Perché se in tutta la sua vita Harry ha avuto solo una storiella e mezzo (che dai libri sembra comunque non aver portato a nulla =_=) o è davvero un imbranato, o è gay e non lo sa XD.

 

Parlando di cose più tecniche, sto cercando di rivedere un paio tra i capitoli che ho già scritto (ma che non ho ancora pubblicato) per velocizzare un po’ le cose: i nostri due ragazzi la stanno tirando un po’ troppo per le lunghe, che ne dite? Non so, credo che, benché lo faccia per dare una più ampia visione dell’ambiente di Hogwarts, stia dando troppo spazio ad altri personaggi (che posso assicurare hanno un loro ruolo nella storia, seppur marginale) e questo porta ad uno sviluppo troppo lento della storia tra Harry e Tom… non so, visto che la storia è già progettata non dovrebbe essere troppo importante, ma voglio sapere che ne pensate: in fondo scrivo anche per voi! ;)

 

 

RISPOSTE:

 

Ginny W: a quanto pare Tom ha davvero un problema con la gelosia :P. E, anche a proposito della scena dello specchio, tra i due sembra che il primo a svegliarsi sia proprio lui… quanto tempo ci vorrà ad Harry? :P

 

Selene_90: non preoccuparti, aggiorno ogni settimana, sempre al Venerdì. Se c’è qualche cambiamento avviso prima o, nel caso che non lo faccia, devo essere in ospedale e allora non è colpa mia XD.

 

Kagchan: Orion non smetterà mai di molestare il nostro protagonista a quanto sembra XD E Tom, beh, almeno lui di qualcosa si sta accorgendo, mentre Harry… beh, ce la faranno a trovarsi prima o poi, assicuro! XD

 

KIA: grazie mille per tutti i complimenti, e certo che sono contenta di aver una nuova ammiratrice! (Anche se ammetto che il concetto di avere delle ammiratrici mi suona ancora un po’ strano ^^”). Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo e aspetto i tuoi commenti!

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Capitolo 14
*** Serpeverde e Corvonero ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 14/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 14.  Serpeverde e Corvonero

 

 

 

Harry era nervoso. Non sarebbe dovuta essere una novità in teoria: aver vissuto gli ultimi tre anni in guerra, i quattro precedenti cercando annualmente di non farsi ammazzare, essere stato catapultato cinquanta anni nel passato trovandosi a convivere con la vera ragione di tutte le sue sventure… beh, non si potevano definire esperienze rilassanti. Eppure, nonostante tutto, nessuna di quelle ragioni costituivano in quel momento il motivo del nervosismo di Harry.

 

No, quello di Harry era qualcosa di molto più banale e terrificante allo stesso momento: il primo giorno di scuola.

 

‘Sei a Hogwarts,’ si ripeteva mentre stava fisso a guardare le porte che si aprivano sulla Sala Grande, ‘di che ti preoccupi?’

 

Ma questa non era la sua Hogwarts, non erano i suoi compagni di scuola quelli che in quel momento erano felicemente seduti ai tavoli mangiando e chiacchierando, non erano i suoi i professori che osservavano il corpo studentesco dall’alto del loro tavolo, forse pensando alla lezione del giorno.

 

Ecco, le lezioni erano forse l’unica cosa che Harry poteva considerare la sua via di fuga. Fino a che non fosse stato testato per i G.U.F.O. avrebbe seguito solo quelle obbligatorie, come in un orario del primo e del secondo anno, più quelle meno impegnative, così da poter utilizzare – in teoria – le ore buche per ripassare in vista dell’esame imminente. Esame che era sicuro di poter passare senza nemmeno dover aprire un libro, per cui era libero di usare le ore a disposizione per le sue ricerche in biblioteca.

 

Un gruppetto di Tassorosso gli passò davanti lanciandogli occhiate curiose. In effetti uno studente mai visto che rimaneva fisso come un baccalà di fronte alle porte della Sala Grande doveva pur suscitare l’interesse di qualcuno.

 

“Harry!” sentì qualcuno chiamarlo alle spalle.

 

Il ragazzo si voltò in direzione della voce e vide, a qualche metro di distanza, Tom salire le scale che conducevano ai sotterranei e dirigersi verso di lui.

 

“’Giorno, Tom.” Rispose Harry con un piccolo cenno del capo.

 

Il Serpeverde, una volta raggiunto il compagno di Casa, lo squadrò da cima a fondo, in una specie di radiografia a raggi X con gli occhi.

 

“Hai i polsini della camicia slacciati, stai pestando uno dei lacci delle tue scarpe e…” inclinò leggermente la testa da un lato, “dov’è la tua cravatta?” finì, puntando gli occhi neri in quelli finto nocciola dell’altro.

 

Harry sgranò gli occhi. “Come scusa?”

 

Tom sospirò, “Ho detto che hai i polsini –”

 

“No, ho sentito quello che hai detto,” lo bloccò Harry tra l’imbarazzato e lo stupefatto, “ma non ho capito esattamente a cosa devo questo terzo grado, chi sei, mia zia?”

 

Ma Tom non sembrava essere minimamente turbato dalle parole dell’altro e anzi, si era già attivato ad attaccare uno dei polsini slacciati prima che il proprietario avesse tempo di protestare.

 

“Fortuna che sei rimasto fermo come un idiota davanti alle porte fino ad ora, o immagino che disastro se non fossi arrivato in tempo.” Continuò il Prefetto come se nulla fosse, finendo di allacciare anche l’altro polsino. “E ringrazia,” aggiunse frugando nella borsa, “che tengo sempre una cravatta di scorta.” E tirò fuori uno dei nastri verde-argento, avvicinandosi al compagno per passarglielo intorno al collo.

 

“Ehi, aspetta, fermo, fermo!” lo interruppe Harry prendendogli i polsi, “Ma che stai facendo, sei impazzito? Chi se ne frega se non ho la cravatta o se i miei polsini sono slacciati!”

 

Tom fissò le mani che gli stringevano i polsi e Harry, dopo aver immediatamente mollato la presa, avrebbe potuto giurare che quello sguardo gli avesse bruciato le dita. Una volta che ebbe i polsi liberi, il Serpeverde tornò a cercare di allacciare la cravatta al compagno, inchiodandolo al posto con uno sguardo gelido.

 

“Ascoltami bene, non lo sto facendo per un mio personale feticismo per l’ordine, bensì ti vorrei far notare che sei uno studente nuovo, porti un cognome da mezzosangue,” alzò gli occhi al cielo all’occhiataccia di Harry, “d’accordo, un cognome babbano,” si corresse stringendo però il nodo della cravatta decisamente più del necessario, “e ti stai per sedere al tavolo di Serpeverde: credimi, hai bisogno ti tutto l’aiuto possibile.”

 

“Ma dai, stai solo esagerando,” ribatté Harry mentre tentava di allentare la cravatta per poter tornare a respirare normalmente, “siamo in una scuola, non è mica l’inquisizione spagnola.”

 

“Ma questi capelli non ci stanno mai a posto?” chiese esasperato Tom ignorando completamente il compagno e cercando, con sommo orrore di Harry, di appiattirgli la chioma passandoci in mezzo le dita.

 

L’ex Grifondoro fece quasi un salto all’indietro quando un brivido gli percorse tutto il corpo sotto l’effetto di quelle dita affusolate.

 

Il Prefetto, però, doveva aver interpretato male la reazione dell’altro, perché lasciò andare i capelli di Harry e si limitò a guardarlo con sguardo impassibile.

 

“Senti,” riprese dopo qualche secondo, “forse conosci a perfezione la planimetria di questa scuola e tutti i suoi usi e costumi, ma posso assicurarti che non hai idea di come funzionino le cose a Serpeverde e…” voltò la testa da un lato, per un attimo sembrò incerto su come continuare, “Solo, stammi vicino, ok?” riprese, tornando a guardarlo negli occhi, “C’è un motivo se veniamo soprannominati Serpi.” Finì girando i tacchi ed oltrepassando le porte della Sala Grande.

 

Il caratteristico vociare della colazione cresceva sempre di più mano a mano che Harry si avvicinava alla porta e quando, con una leggera corsetta, si affrettò a raggiungere Tom, venne avvolto dai suoni tipici della Sala Grande: risa, chiacchiere, tintinnio di posate e cibo che viene versato. Mentre i due oltrepassavano i vari tavoli per raggiungere quello di Serpeverde situato in fondo alla sala, Harry si accorse che non pochi studenti, soprattutto tra quelli che sedevano verso l’entrata, avevano già notato la sua presenza.

 

“Ehi, chi è quello là?”

 

“Quello chi?”

 

“Guarda, è insieme a Tom Riddle!”

 

“Cosa? Non l’ho mai visto”

 

“Ehi, avete visto quel tipo? Cammina fianco a fianco con Riddle!”

 

Harry, pur abituato da una vita di sguardi e additazioni, non poté fare a meno di sentirsi leggermente a disagio.

 

“Sembri essere piuttosto famoso,” disse al compagno di Casa, “tutti mi stanno guardando come se fossi un alieno solo perché ti sto camminando di fianco.”

 

Tom rise, e Harry si trovò nuovamente affascinato da quanto potesse suonare viva la sua risata. “Famoso? Popolare al limite e bada bene, non sempre per belle ragioni. E comunque, difficilmente sono stato visto in compagnia di qualcun altro che non fosse Orion o, al limite, Alden.”

 

Alden? Dove l’aveva già sentito?

 

“Ehi Tom! Aspettami!” giunse una voce dall’entrata. I due si voltarono per vedere un Orion trafelato che correva verso di loro e Harry, vedendo lo stato in cui era la camicia dell’altro Serpeverde, pensava che al confronto lui, anche senza cravatta e con polsini slacciati, sarebbe sembrato un galantuomo.

 

Tom, com’è che sei schizzato via? Non è meglio se aspettavamo che Harry si svegliasse? Come fa a trovare la strada per – oh…” si bloccò notando per la prima volta l’ex Grifondoro di fianco al Prefetto. “Ma sei già qua! E io che mi preoccupavo. Esclamò sorridendo allegramente, scompigliando i capelli di Harry con una mano, sotto le lamentele del proprietario e un sopracciglio alzato di Tom.

 

“Si, si, sono già qua, smettila.” Protestò Harry, sorridendo suo malgrado all’allegria contagiosa del compagno di Casa che tanto gli ricordava il suo Padrino. Non notò, intanto, il brusio sempre più crescente del resto del corpo studentesco attorno a sé che, avendo notato anche Orion riconoscere lo strano nuovo venuto, era sempre più curioso di scoprirne l’identità.

 

Così i tre, finalmente, raggiunsero il loro tavolo sotto diversi sguardi attenti: Tom si sedette al suo solito posto al centro del tavolo, con le spalle al muro e il resto della sala davanti a sé e Harry, sotto espresso gesto d’invito di Tom, gli si sedette di fianco, alla sua destra. Orion, invece, fece per sedersi accanto a Harry, quando il Prefetto si schiarì rumorosamente la gola, bloccandolo.

 

“Black, che ne dici di sederti al tuo posto?” chiese con voce incurante ma dall’inclinazione ferrea, senza nemmeno staccare gli occhi dal bicchiere di succo di zucca che si stava versando in tranquillità.

 

Orion non perse il sorriso, che anzi, trasformò in un ghigno sornione. “Agli ordini capo!” disse sedendosi alla sinistra di Tom, “Non sia mai che mi avvicini troppo al cuccioletto.” Aggiunse, ed Harry sperò per lui di aver capito male, o gli avrebbe dato subito una dimostrazione di quanto fosse un cuccioletto.

 

Scuotendo leggermente la testa in direzione del compagno di Casa, Harry alzò gli occhi dalla tazza che aveva di fronte e desiderò immediatamente di non averlo mai fatto: ogni singolo paio di occhi del tavolo di Serpeverde era puntato unicamente su di lui.

 

Il nervosismo che lo aveva fatto esitare davanti alle porte lo attanagliò nuovamente e lo costrinse ad inchiodare gli occhi sul suo piatto per sfuggire a tutta quella attenzione. Arrischiò un’occhiata in tralice a Tom, ma quello stava placidamente zuccherando il suo caffè, senza apparentemente curarsi di dove fosse diretto l’interesse del resto del tavolo. Non potendo ignorare la fame, Harry si risolse a cominciare ad imburrare del pane tostato, non avendo il coraggio di chiedere a qualcuno di passargli i cereali.

 

“Ragazzi che silenzio, com’è che siamo tutti così taciturni oggi?” chiese Orion ignaro di tutto.

 

“Forse ci stiamo tutti chiedendo, Black,” rispose una voce strascicata, “perché c’è un ragazzo mai visto prima seduto al nostro tavolo, con indosso una nostra divisa.”

 

Harry si decise finalmente di alzare gli occhi per incontrare quelli blu mare di quello che poteva essere la copia di Lucius Malfoy a diciassette anni.

 

“Oh, giusto.” Esclamò Orion dandosi una pacca sulla fronte, “E pensare che, visto che Giselle ne era già al corrente, credevo che ormai lo sapesse già tutta la scuola! Allora, lui è –”

 

“Harry Evans, nuovo studente, sesto anno. Lo interruppe Tom, passando finalmente in rassegna tutto il tavolo. Molti occhi, soprattutto tra quelli appartenenti agli anni più piccoli, spostarono immediatamente lo sguardo altrove, ma altri rimasero a scrutare il nuovo arrivato con curiosità.

 

“Ehi, non eri tu quello che ieri guardava gli allenamenti?” chiese un biondino seduto qualche posto più in là, che Harry riconobbe come Caleb Doholov, il Cercatore della squadra. Prima che potesse rispondere però, Madlene, seduta di fianco a Malfoy, aveva già ribattuto.

 

“Si, era rimasto sugli spalti a chiacchierare con Orion. Sesto anno?” lo squadrò dall’alto in basso con aria di sufficienza, “Avrei detto quarto.

 

Ma prima che Harry potesse ribattere, quello che era inconfondibilmente un Malfoy aveva già preso la parola. “Allora, Evans…” esordì, e a Harry non piacque per niente il modo in cui aveva enfatizzato il suo cognome, “a cosa dobbiamo quest’iscrizione tanto tardiva?”

 

Evans?” si intromise Rudolf senza lasciare al ragazzo il tempo di rispondere, “Non mi sembra di averlo mai sentito, sei un purosangue?”

 

Harry non riusciva a venir fuori con una risposta decente sotto tutte quelle domande e quelli sguardi inquisitori. “No, io… ecco non…”

 

“Oh poverino…” interruppe il suo balbettio Madlene, con una falsa vocetta che ricordava molto le provocazioni di Bellatrix Lestrange, “temo che lo stiamo mettendo in soggezione.

 

Il moretto a quel punto stava stringendo spasmodicamente la propria forchetta in una mano, tanto da fargli diventare le nocche bianche. Stava cercando in tutti i modi di riprendere la calma e rilassare i nervi a fior di pelle ma proprio in quel momento sentì qualcuno, arrivatogli alle spalle, prendergli un braccio con una mano: chiunque fosse, aveva scelto il momento sbagliato.

 

Alcuni giurarono di non averlo nemmeno visto muoversi, fattostà che in meno di tre secondi Harry si era girato, aveva preso lo sconosciuto per le braccia, lo aveva atterrato faccia a terra, tenendolo fermo stando a cavalcioni sul suo corpo, e gli aveva puntato la bacchetta alla gola.

 

Un silenzio innaturale per lo standard della Sala Grande scese sul tavolo di Serpeverde, rotto improvvisamente da un’esclamazione irata: “Ehi! Ma che cazzo fai, sei impazzito?!

 

Harry, risvegliato dalla voce dello sventurato ragazzo che teneva ancora schiacciato a terra, si affrettò a tirarsi in piedi e liberare il ragazzo dalla morsa ferrea, farfugliando scuse a raffica.

 

“Oddio, scusa, non volevo… davvero, non… non so cosa mi è preso, io–

 

“Si, chi se ne frega. Dacci un taglio ora e smettila di balbettare. Rispose il ragazzo acido, una volta tornato su due piedi. “Delle tue scuse non me ne faccio niente. Aggiunse mentre si spolverava la divisa che, Harry notò, portava lo stemma di Corvonero. Si fermò qualche secondo ad osservarlo: aveva un viso asciutto, piuttosto allungato, con occhi verde acqua e capelli castani ed era molto alto, come al solito molto più di lui.

 

Venne riscosso dai suoi pensieri da una fragorosa risata. Riconoscendo la voce, si voltò stupito per osservare Tom che, girato da un lato probabilmente per lo spettacolino di poco prima, aveva poggiato il suo caffè ed era scoppiato a ridere.

 

“Beh Harry,” disse guardando il ragazzo, “penso che tu abbia superato il terzo grado.”

 

Solo allora il moretto alzò gli occhi sul resto del tavolo per incontrare le espressioni stupite e calcolatrici del resto della Casa di Serpeverde. Alla prima categoria appartenevano soprattutto gli anni più giovani, rimasti impressionati dai suoi riflessi, mentre i più grandi, tra cui quelli che gli avevano rivolto la parola, lo stavano studiando attentamente, come a soppesarlo.

 

Alden, devi scusare Harry, è il suo primo giorno e deve sentirsi un po’ sotto pressione. Sentì Tom indirizzare il ragazzo di Corvonero. “Avevi bisogno di qualcosa?”

 

‘Quel ragazzo si chiama Alden?’ pensava intanto l’ex Grifone, ‘Ma dove l’ho già sentito?’

 

“Nulla di importante,” rispose il Corvonero, e Harry notò come il viso gli si era addolcito nel parlare con il Prefetto, “ero solo venuto per ridare questo a mia sorella.” Aggiunse porgendo un libro ad una ragazza pallida seduta poco lontano che Harry, con un balzo, riconobbe immediatamente.

 

‘Ma certo! Alden Principe, il fratello della madre di Piton! C’era scritto qualcosa a suo proposito sul diario di Tom, ma non ricordo cosa…

 

Un grugnito fece voltare il Corvonero, per incontrare gli occhi assottigliati di Orion in uno sguardo provocatorio. I lineamenti di Alden si indurirono nuovamente.

 

“Problemi, Black?” lo apostrofò gelido.

 

“Nessuno che ti debba interessare, Principe. Rispose con lo stesso tono Orion, tono che Harry non gli aveva ancora mai sentito usare, “Ma se sei venuto solo per restituire un libro, te ne puoi anche andare ora.

 

“Non puoi certo darmi ordini,” ribatté l’altro, “ma se proprio vuoi saperlo, dovevo scambiare due parole da solo con Tom.” Aggiunse guardando il Prefetto, come per chiedere il permesso.

 

Ma Orion interruppe di nuovo ringhiando tra i denti. “Tom deve accompagnare Harry alla lezione della prima ora.

 

Alden lanciò un’occhiata di fuoco all’ex Grifondoro che era rimasto ancora in piedi, prima di rivolgersi nuovamente al Serpeverde. “Beh, puoi accompagnarlo benissimo tu, non vedo perché proprio Tom  debba farlo.”

 

Un ghigno strafottente si dipinse sul volto del ragazzo seduto. “Cosa c’è, geloso per caso?”

 

Per un attimo Harry temette che il Corvonero gli avrebbe tirato un pugno, ma prima che potesse ribattere, Tom intervenne.

 

“Basta così, tutti e due.” Disse in tono repentorio. “Alden, dovevo giusto passare dalla Sala Comune a prendere un tema che ho dimenticato, se mi accompagni puoi dirmi quello che vuoi. Evans è abbastanza grande per cavarsela da solo.” E detto questo si alzò, raccolse la sua tracolla e si diresse verso l’uscita con Alden al seguito, senza aver guardato Harry nemmeno una volta.

 

Il ragazzo, rimasto ancora in piedi, guardò la schiena del Prefetto allontanarsi e sentì, inspiegabilmente, una punta di rammarico. Dopo aver passato dieci minuti fuori dalle porte della Sala Grande a – poteva azzardarsi a dirlo? – preoccuparsi per lui per l’imminente inquisizione degli altri Serpeverde, lo aveva lasciato così, senza nemmeno rivolgergli uno sguardo.

 

“Allora, pronto per andare?” gli giunse la voce nuovamente allegra di Orion.

 

Annuendo, raccolse la propria borsa e si diresse verso l’uscita fianco a fianco dell’altro Serpeverde, seguendo la massa di studenti che si stava incamminando verso le prime classi della giornata.

 

Orion, posso chiederti una cosa?” disse curioso Harry, “Come mai odi tanto quel Corvonero?”

 

“Chi, Alden dici? Mah, odio è una parola un po’ forte… diciamo che lo disprezzo profondamente. Rispose con una scrollata di spalle. “È il fratello minore di Eileen, l’unico motivo per cui non gli ho ancora spaccato la faccia, e sono ormai due anni che ronza intorno a noi Serpeverde, non certo per sua sorella.” Qui lanciò un’occhiata in tralice a Harry, “Va dietro a Tom dall’alba dei tempi, ma negli ultimi due anni gli si è appiccicato addosso come una cozza, me lo ritrovo ovunque e non capisco perché Tom gli dia tanta corda!”

 

Harry osservò un attimo il compagno di Casa. “Orion, non è che per caso tu… insomma, a proposito di Tom…” disse, non riuscendo a trovare bene le parole per non essere troppo schietto.

 

“Eh? Vuoi dire se io…?” Orion scoppiò a ridere. “No, no, non mi piace Tom, te lo assicuro. Oddio, non so quanto pagherei per avere quel corpo a quattro zampe sul mio letto,” disse ridendo e facendo arrossire furiosamente Harry con quelle parole, “ma per il resto lo vedo solo come un amico. È che Alden è troppo pedante e possessivo. E poi io non ci credo. Aggiunse infine.

 

“Non credi a cosa?” chiese l’altro confuso.

 

“Che lo ami davvero.” Rispose semplicemente il Serpeverde. “Farebbe qualsiasi cosa per lui, gli dà sempre ragione, segue ogni suo passo, ma quello non è amore, è un’ossessione. Poi abbassò la voce ad un sussurro, tanto che Harry lo sentì appena. “Se lo amasse davvero gli farebbe capire che sta sbagliando tutto.

 

Seguì un breve silenzio mentre salivano una rampa di scale quando, chiedendosi dove stessero andando, Harry domandò:

 

“Cos’abbiamo alla prima ora?”

 

“Difesa Contro le Arti Oscure con i Corvonero. Rispose prontamente Orion, causando un sorriso rincuorato sul volto di Harry: almeno per la prima ora era sicuro di andare bene.

 

“Come mai quel sorriso?” chiese l’amico notando la contentezza di Harry.

 

“No, sono solo sollevato, Difesa è la mia materia preferita.” Rispose.

 

“E lo credo bene, visto quello che hai fatto a colazione!” esclamò il Serpeverde, “Mai visti riflessi del genere, ma dove hai imparato ad atterrare gli avversari? Non che mi lamenti, si trattava di Alden in fin dei conti.”

 

Harry rise, ma fu salvato dal dover rispondere alla spinosa domanda, visto che ormai erano arrivati davanti alla porta aperta dell’aula, già invasa dalle chiacchiere degli studenti in attesa dell’arrivo del Professore.

 

I due ragazzi entrarono e subito Orion si sentì chiamare da un lato della classe, dove Caleb e Rudolf stavano apparentemente discutendo su alcune tattiche di Quidditch. Dopo aver detto ad Harry di scegliersi un posto che lo avrebbe raggiunto più tardi, Orion si unì al gruppetto per parlare della prossima partita, lasciando il compagno di Casa ad osservare l’aula.

 

Era arredata con uno stile abbastanza austero, ma ad Harry, che dopo aver passato notti intere nell’ufficio della Umbridge aveva sviluppato un odio profondo per i colori pastello, non dispiaceva affatto. Alle pareti erano appesi diversi fogli di pergamena elencanti diverse maledizioni e controincantesimi, mentre di fianco alla lavagna erano sistemati contro il muro diversi scaffali stracolmi di libri. Sulla scrivania facevano bella mostra diversi oggetti insoliti che Harry riconobbe come detector oscuri.

 

Seguendo il consiglio di Orion, cominciò a cercarsi un posto libero. La maggior parte delle ultime file era già occupata, nonostante la maggior parte dei ragazzi stessero ancora girando per la classe, dato che il Professore non era ancora arrivato. Pensò che infondo per le prime lezioni – dato che in realtà senza G.U.F.O. non era ancora ammesso legittimamente ai corsi – sarebbe stato meglio essere seduti in prima fila. Stava per sistemare la borsa sul banco più vicino a sé quando notò che al primo banco, staccata da tutti, sedeva sola una ragazzina.

 

Non sapeva bene perché, ma qualcosa gli suggeriva che non stesse aspettando nessuno a sederlesi di fianco, forse per il gruppetto di ragazze che stavano chiacchierando allegramente ad appena due banchi di distanza, senza degnarla nemmeno di uno sguardo. Era intenta a scarabocchiare con aria annoiata sulla pergamena che aveva appoggiata al banco, ogni tanto guardando fuori dalla finestra o verso la porta. Harry decise di avvicinarsi e, una volta arrivato al banco di fianco, vi appoggiò la borsa.

 

“Scusa, è libero?” chiese per attirare l’attenzione della ragazza.

 

Quella si voltò e Harry poté osservarla bene: sembrava molto più piccola di una del sesto anno, con un viso tondo da bambina e le guance rosee, attorniate da una folta chioma di fitti boccoletti castano scuro. Un’espressione sorpresa le attraversò gli occhi castani e il suo sguardo vagò per qualche secondo sul viso di Harry, prima di spostarsi sullo stemma di Serpeverde appuntato sulla sua divisa. Harry notò che la ragazza indossava un cravattino blu e bronzo e, vista la sua aria guardinga, intuì i suoi pensieri e cercò di sorridere nel modo più incoraggiante e sincero che poté.

 

“Preoccupata perché sono un Serpeverde? Stai tranquilla, non sono velenoso. Cercò di metterla a suo agio.

 

La ragazza non perse del tutto lo sguardo sospettoso, ma sorrise suo malgrado.

 

“Allora, posso sedermi?” ripeté Harry.

 

“Si, si, non è occupato da nessuno.” Rispose lei con una vocina flebile.

 

Harry si sistemò, aprì la borsa ed estrasse il libro di Difesa che gli era stato fornito dal Professor Dippet insieme alla divisa e al resto dell’occorrente scolastico.

 

“Chi sei?” gli arrivò di nuovo il fievole tono della sua compagna di banco. Quando Harry si girò, la ragazza abbassò lo sguardo e arrossì. “Intendevo… non ti ho mai visto prima…”

 

Di gente timida Harry ne aveva vista, ma nemmeno Neville al primo anno era tanto insicuro.

 

“Ma no, sono io che non mi sono presentato: Harry Evans, nuovo studente. Rispose lui tendendole la mano.

 

Lei, con un piccolo sorriso, gliela strinse. “Meredith Donill.

 

“Piacere di conoscerti Meredith.” Sorrise Harry, “Anche perché, se devo essere sincero, non conosco ancora molte persone e non tutte quelle che ho conosciuto oggi sono state molto piacevoli. Aggiunse schioccando un’occhiataccia in particolare a Madlene, seduta a gambe accavallate sopra un banco.

 

Meredith seguì il suo sguardo e scoppiò in una risatina. “No, immagino di no. Ne so qualcosa di quelle Serpi.

 

“Oh, ma non sono tutti così.” Aggiunse Harry osservando Orion che incantava una Cioccorana e la spediva dritta nella scollatura di Madlene. “Orion è fantastico e Giselle è simpatica una volta che riesci a sopportare la sua parlantina. Anche Caleb sembra un tipo ok.

 

Meredith squadrò il resto della classe. “Non lo so, non che li conosca. So solo che la reputazione di alcuni è leggenda ormai.

 

“Immagino quella di Tom.” Borbottò Harry, ma la ragazza al suo fianco lo sentì comunque.

 

“Parli di Tom Riddle?” chiese lei, cominciando a giocare con la sua piuma d’aquila, “Al contrario, su di lui ci sono versioni contrastanti: c’è chi dice che sia un mostro, c’è chi dice che sia un genio, che a chi non gli importa nulla, basta che accetti un appuntamento. Ridacchiò e un’altra volta Harry venne ricordato di quanto Tom fosse desiderato come ragazzo. “Non ci vuole molto a capire che non è proprio una brava persona, ma io personalmente lo ammiro molto: è uno studente davvero brillante.

 

Il ragazzo rimase un attimo ad osservare le piccole dita di Meredith far girare la piuma e notò quanto le sue mani fossero tanto più minute rispetto alle sue.

 

“Sai, sembri più piccola di sedici anni.” Disse Harry senza pensare, maledicendosi per la sua mancanza di tatto quando vide la ragazza arrossire fino alla punta di capelli e nascondere le mani sotto il banco.

 

“Cioè, non che ci sia nulla di male, anzi, lo dicono sempre anche a me, è solo che –”

 

“Ma no, figurati.” Lo interruppe lei, sorridendo appena al goffo tentativo di riparare di Harry. “Hai ragione, infatti ho quattordici anni.”

 

“Eh, come? Ma questa è la classe del sesto anno…” ribatté confuso il moretto, grattandosi la testa con una mano.

 

Meredith sembrò arrossire ancora di più. “Si, ma io… ho fatto degli esami e sono passata un po’ avanti…”

 

Harry sgranò gli occhi. “Due anni? Alla faccia delun po’ avanti’!” esclamò, ma la ragazza sembrava sempre più imbarazzata, “Allora ho fatto bene a sedermi di fianco a te! Ma ti avverto che avrai concorrenza, Difesa è la mia materia preferita. Cercò di scherzare, e fu premiato da un timido sorriso.

 

In quel momento, vide con la coda dell’occhio Tom entrare in classe e si girò completamente verso Meredith, dandogli le spalle. Per qualche motivo che non riusciva bene a capire lui stesso, non aveva nessuna voglia di parlare con il Serpeverde dopo quello che era successo a colazione. Vide dal riflesso della finestra Tom trovare Orion e chiedergli qualcosa. L’altro Serpeverde si guardò un po’ intorno poi, fissando in direzione di Harry, indicò il banco suo e di Meredith. Vide Tom avvicinarsi ma fortunatamente, proprio in quel momento, il Professore entrò in aula e tutti accorsero a prendere il proprio posto.

 

Il Professore di Difesa Contro le Arti Oscure era un uomo alto e abbastanza giovane, probabilmente sui quaranta. Appena entrò in classe calò in fretta il silenzio in modo pericolosamente simile alle lezioni di Piton. In effetti aveva un’aria piuttosto austera e i lineamenti duri, ma i capelli color sabbia e le guance un po’ scarnite ricordavano a Harry il suo vecchio amico Remus. Mancava però della veste rattoppata, in questo caso rimpiazzata da una costosa tunica blu oltremare.

 

L’uomo si avvicinò alla cattedra e posò la sua valigetta di pelle dove, grazie alla vicinanza del primo banco, Harry riuscì a leggere le scritte incise sulla targhetta: Hector L. Donill.

 

Donill…?” Si voltò verso Meredith. “Siete per caso parenti, tu e il Professore?” Chiese incuriosito.

Il rossore sulle guance della ragazza si ravvivò nuovamente. “Ehm, si. Disse lei, giocherellando con i lacci della sua divisa. “È mio padre.

 

Harry, scioccato, voltò la testa ora per guardare Meredith ora il Prof, prima di lasciarsi andare ad una risatina e tirare fuori la sua penna dalla borsa.

 

Come prima ora di lezione, si prospettava di certo interessante.

 

 

 

 

 

 

A.N.: Ragazzi, mi dispiace di non avere il tempo di rispondere alle recensioni, ma sono terribilmente di fretta!

Un paio di cose su questo capitolo: i due Corvonero presentati saranno importante per la storia in seguito, quindi teneteli d’occhio (e dovrebbero essere anche gli ultimi personaggi nuovi che compariranno, salvo imprevisti). E non odiate troppo Alden… anzi no, fatelo, non lo sopporto nemmeno io! XD

 

 

 

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Capitolo 15
*** Patroni ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 15/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 15.  Patroni

 

 

 

“Prima di iniziare la lezione, ho un annuncio da fare. Esordì il Professor Donill dopo aver aspettato che ci fosse l’assoluto silenzio nell’aula. “C’è un nuovo studente che sta frequentando il sesto anno a Serpeverde: Harry Evans. Prego, Signor Evans, si alzi e si mostri alla classe. Disse invitando il ragazzo con una mano ad alzarsi in piedi.

 

Harry, leggermente a disagio, spostò la sedia indietro e si alzò, diventando immediatamente il centro dell’attenzione della classe per quella che gli sembrò essere un’eternità, prima che il Professore gli facesse segno di sedere.

 

“Il Signor Evans però, essendo arrivato soltanto pochi giorni fa, non è ancora stato testato per i G.U.F.O., quindi tecnicamente non frequenterà ancora questo corso.” Si rivolse direttamente a Harry. “Seguirai la lezione e potrai prendere appunti, ma non sarai tenuto a partecipare attivamente. Lo disse con un tono che suggeriva che non gli piacesse affatto avere studenti non autorizzati nella sua classe.

 

“Si, signore.” Rispose semplicemente Harry annuendo col capo.

 

Il Professore lo squadrò per qualche istante con i suoi occhi scuri, prima di rivolgersi nuovamente alla classe. “Riprenderemo la lezione da dove l’abbiamo lasciata l’ultima volta. Qualcuno può gentilmente rinfrescare a tutti la memoria? Signorina Rosier?”

 

Heidi abbassò la mano e recitò. “Abbiamo parlato dei Patronus, di come sono l’unica difesa contro i Dissenatori e altre pericolose creature magiche come i Letifold.

 

Esatto, cinque punti a Serpeverde.” Assegnò Donill. “Ora, parliamo delle altre funzioni che un Patronus può avere, alcune le potrete trovare solo usando l’immaginazione. Si, Signor Barton?”

 

“Si può, con il giusto incantesimo, far riferire al proprio Patronus un messaggio o, semplicemente dandogli alcune istruzioni, fare in modo che faccia da guida ad un'altra persona. Rispose un ragazzo di Corvonero.

 

“Anche questo è esatto, dieci punti a Corvonero. Si signor Mulchiber?” disse indirizzando Marcus, che aveva teso il braccio in aria.

 

“Signore, ma come si possono dare delle istruzioni ad un Patronus? Non sono esseri viventi e di solito spariscono dopo poco. Domandò il Serpeverde.

 

Il Professore osservò il resto della classe, tra cui alcuni Corvonero che discutevano già la risposta alla domanda.

 

“Cinque punti in meno a Corvonero per chiacchiere inutili: se avete delle domande o delle teorie, potete esporle a tutta la classe. Disse, fulminando con lo sguardo i due studenti. “Qualcuno sa rispondere alla domanda del compagno? No? Molto bene. Cominciò a passeggiare avanti e indietro davanti alla cattedra mentre spiegava. “Allora, prima di tutto i Patronus, come ha detto Mulchiber, non sono esseri viventi, ma esseri formati dai ricordi più felici di ogni persona.

 

Come è possibile, quindi, che capiscano delle istruzioni? Non hanno una coscienza propria. Non sono esseri senzienti, ma esseri tangibili che vengono evocati – badate bene, evocati, non creati – al momento del bisogno. I Patronus esistono all’interno di ogni mago, a dispetto del fatto che vengano evocati o no. Un mago può non imparare mai l’incantesimo per evocarlo, ma questo non significa che egli non abbia un Patronus, semplicemente che non lo può richiamare.”

 

Gli unici suoni presenti nell’aula erano quelli delle penne che scrivevano sulle pergamene per prendere appunti e i passi del Professore.

 

“Ora, per quanto riguarda la durata dell’evocazione, c’è un pregiudizio molto comune in circolazione: il pensare che il Patronus resti corporeo tanto a lungo quanto più era felice il ricordo che lo ha evocato. La realtà è ben diversa. È vero che più il ricordo è felice, meglio riesce l’evocazione, ma una volta evocato, un Patronus dura per tutta la durata del bisogno che, anche inconsciamente, è dettata dal mago. Quello, o a seconda della potenza magica del mago in questione.”

 

Una ragazza di Corvonero alzò la mano e Donill le diede la parola. “Professore, da cosa dipende la forma che un Patronus assume?”

 

“La forma è soggettiva, dipende da chi lo evoca ed è diversa di mago in mago. Un Patronus è sempre un animale o, in casi più rari, una creatura magica e sebbene è normale che esistano due persone con la stessa specie di Patronus, gli esemplari singoli non saranno mai uguali. È inoltre possibile che un Patronus cambi forma, a seguito di un forte trauma o altri avvenimenti significativi nella vita del mago.

 

Rudolf alzò la mano. “In quali campi lavorativi è obbligatorio o consigliato imparare l’Expecto Patronum?”

 

“Legittima domanda.” Rispose Donill, smettendo di andare avanti e indietro e appoggiandosi alla cattedra. “Imparare ad evocare un Patronus è consigliato a tutti per ovvi motivi di sicurezza, ma non tutti ci riescono. Per gli Auror è obbligatorio e anche chi sceglie le branche legali del Ministero della Magia dovrebbe esserne capace. Poi, ovviamente, per chiunque abbia intenzione di lavorare ad Azkaban – si, signorina Grey, c’è chi sceglie di lavorare ad Azkaban – o finisce in quel dipartimento in ogni caso. Rispose allo sconcerto di una ragazza seduta qualche fila più indietro di Harry il quale, doveva ammettere, aveva pensato la stessa cosa.

 

“In ogni caso,” continuò il Professor Donill, “non è qualcosa di cui vi dobbiate preoccupare ora, visto che rientra solo nei corsi avanzati del settimo anno, facoltativi per chiunque non intenda perseguire una delle carriere prima elencate.”

 

Diversi lamentele si levarono dagli alunni: “Quindi niente pratica?” o “Uffa, io volevo una dimostrazione!”

 

Il Professore ghignò leggermente nel sentire le proteste della classe. “Se volete una dimostrazione – visto che gli alunni siete voi – rivolgo la domanda a tutti: c’è qualcuno in questa classe capace di evocare un Patronus?”

 

Sbuffi e “Non è giusto…” riempirono l’aula, ma Harry non ascoltava nessuno. Beh, lui sapeva evocare un Patronus, ma Donill era stato chiaro nel fargli capire che non voleva che intervenisse. Guardò le espressioni deluse dei suoi compagni di classe. In fondo, aveva rivolto la domanda a tutti… Alzò la mano.

 

Il Professore, nel vedere il braccio alzato di Harry, sollevò un sopraciglio. “Signor Evans, mi era sembrato di averle detto che non era tenuto a partecipare attivamente alla lezione. Se ha una domanda, può pormela alla fine dell’ora.

 

Harry arrossì leggermente, ma non si diede pervinto. “No, signore, non è una domanda. È che lei ha chiesto chi sapeva evocare un Patronus…”

 

Donill lo osservò attentamente, puntando gli occhi scuri in quelli falso nocciola dell’altro. “Mi vuole dire, Signor Evans, che lei è in grado di evocare un Patronus?”

 

Harry poteva sentire tutti gli sguardi della classe sulla sua nuca, ma annuì e rispose: “Si, signore.

 

Mormorii e commenti cominciarono a levarsi dagli altri studenti, ma Donill li zittì tutti con un’occhiata. “Un Patronus corporeo, signor Evans?” all’assenso del ragazzo, aggiunse “E che forma assume?”

 

“Un cervo, Professore.” Rispose prontamente Harry.

 

Dopo qualche secondo di pausa, in cui i mormorii della classe ritornarono in vita, Donill si portò di fianco alla cattedra e sventolò una mano in direzione dello spazio vuoto di fronte a sé. “Allora prego, signor Evans, la classe è tutta sua.

 

Harry, leggermente a disagio sotto gli sguardi di tutti e pensando che se non doveva dare nell’occhio, ci stava davvero riuscendo da schifo, si alzò dal proprio banco e camminò di fronte alla classe. Arrivato davanti alla cattedra, estrasse la bacchetta e chiuse gli occhi, cercando di isolarsi dai tanti commenti che i suoi compagni si stavano sussurrando tra di loro.

 

‘Un ricordo felice, un ricordo felice…’ si ripeteva tra sé e sé mentre raccoglieva la concentrazione. Poi lo trovò: dopo il primo raid dei Mangiamorte che avevano respinto, quando lui e la sua squadra si erano guardati intorno, un po’ stupiti di essere tutti interi, un po’ increduli di esserci davvero riusciti. E aver potuto abbracciare tutti ancora lì, tra le macerie della loro vittoria, saltando dalla gioia per avercela fatta e ringraziando il cielo di essere tutti vivi.

 

Sorridendo, Harry spalancò gli occhi ed esclamò: “Expecto Patronum!

 

Una nuvola argentea esplose dalla punta della sua bacchetta, prendendo rapidamente forma del famigliare cervo dalle maestose corna. Ramoso, sotto gli sguardi meravigliati della classe, cavalcò fino alla porta e tornò indietro, iniziando a trottare in mezzo ai banchi.

 

Si fermò di fianco a Meredith, scostandole una mano con un piccolo cenno del muso e facendola sorridere intenerita. Arrivò fino al posto di Orion, trotterellando intorno al suo banco con aria allegra. Poi però, arrivato dall’altro lato dell’aula, improvvisamente si bloccò.

 

Harry vide Ramoso abbassare la testa e mettere minacciosamente in mostra le grandi corna, puntare gli zoccoli per terra e scalciare nervoso con le zampe di dietro, sbuffando dalle narici. Il ragazzo non capiva perché improvvisamente si fosse messo in posizione di carica e sembrasse intenzionato a portare a termine il suo attacco, finché non vide chi il cervo aveva davanti: Tom.

 

“Ramoso, no!” urlò Harry appena capì il perché del suo comportamento.

 

Il cervo, voltando il muso verso il suo padrone, lo vide scuotere la testa e abbandonò il suo assalto, continuando a trottare verso il fondo dell’aula, lasciando un Prefetto leggermente confuso e Orion che esclamava, con finta voce mielosa “Che tenero, ha anche un nome!”. stupefacente

 

“Signor Evans,” interruppe il Professor Donill, “se per piacere può far finire questo teatrino…”

 

Harry arrossì “Ma certo, signore. Ramoso!” chiamò nuovamente il Patronus, “Vieni qui.”

 

Il cervo saltellò un’ultima volta in mezzo ai banchi prima di tornare al passo e raggiungere il padrone che aveva alzato una mano per accarezzargli il muso, proprio come aveva fatto quella prima volta in riva al lago, quando aveva salvato Sirius da un centinaio di Dissennatori. Pensare al padrino gli faceva ancora stringere un nodo alla gola, ma guardando gli occhi argentei del cervo, straordinariamente umani, non poté fare a meno di pensare:

 

‘Mi perdonerai mai per averlo ucciso, papà?’

 

Per quanto ne sapeva Harry, i Patronus non potevano leggere nei pensieri del proprio mago, ma Ramoso sembrava in qualche modo aver capito comunque perché, alzando il muso, diede un’ultima leccata alla mano del suo padrone prima di svanire in una nuvola d’argento.

 

In quel preciso momento la campanella suonò e il Professor Donill dovette alzare parecchio la voce per sovrastare il rumore delle sedie che si spostavano e delle chiacchiere che si levavano per poter farsi sentire nel dare i compiti.

 

Harry tornò al proprio banco per raccogliere le sue cose e lì incontrò l’espressione meravigliata di Meredith.

 

Un Patronus! Sai evocare un Patronus!” esclamò euforica, messa per un attimo la timidezza da parte. “Oh, come sono invidiosa, ho sempre desiderato riuscirci anch’io, ma tutto quello che veniva fuori era un’informe nube argentea…” aggiunse abbassando gli occhi.

 

Harry le sorrise. “Se vuoi posso insegnartelo. Disse, e vedendola alzare la testa con aria speranzosa aggiunse “Quando ero a casa l’ho insegnato a diversi amici, non è così difficile come sembra.”

 

“Davvero lo faresti?” chiese lei, con una nota di preghiera nella voce.

 

“Certo, perché no?” rispose il ragazzo. Poi, pensandoci un po’ su aggiunse “Ma magari dopo i miei G.U.F.O., quando avrò un po’ più di tempo.”

 

“Va benissimo! Benissimo!” rispose lei esaltata, saltellando in maniera che a Harry ricordava un po’ Dobby quando gli veniva dato un nuovo incarico. Lui sorrise divertito d’aver suscitato tanta euforia, ma rimase di stucco quando, evidentemente presa dall’entusiasmo, la ragazza lo strinse in un abbraccio improvviso.

 

Quasi immediatamente però, Meredith sembrò risvegliarsi, perché lo lasciò andare di scatto arrossendo fino alla punta dei capelli e biascicando scuse a raffica.

 

“Oddio, scusa… non volevo… cioè, non…” ma non trovando le parole si risolse ad abbassare la testa e nascondere gli occhi dietro i suoi boccoli. “Chissà cosa penserai, mi conosci da un’ora e ti sono praticamente saltata addosso…”

 

Harry rise, sventolando una mano in segno di diniego. “Ma figurati, lo prendo come un gesto di gratitudine.

 

Prima che Meredith potesse rispondere, il ragazzo sentì una voce alle proprie spalle.

 

“Harry, Harry, ti fai mettere le mani addosso da lei ma non da me?” disse Orion con finta voce addolorata, tenendosi una mano sul cuore, “Mi ferisci.”

 

Harry gli tirò una spintarella, mezzo divertito e mezzo imbarazzato. “Ma smettila, che se tu mi mettessi le mani addosso mi ritroverei senza pantaloni in meno di cinque secondi.

 

Orion scoppiò a ridere, prima di fare l’occhiolino. “Vero. Almeno però, abbi le cortesia di presentarmi questa fanciulla che, stranamente, mi sembra proprio di non conoscere.” Disse spostando Harry da un lato e portandosi di fronte a Meredith.

 

Harry roteò gli occhi al cielo. “Orion, Meredith Donill. Meredith, Orion Black.”

 

Orion raccolse la mano della ragazza e ci diede un piccolo bacio sopra. “Incantato.” Disse con un sorriso, facendo arrossire furiosamente la poverina. “Donill hai detto? Ma non è…? Ah, so chi sei!” esclamò improvvisamente. “Sei la bimba prodigio che ha saltato due anni di seguito! La figlia del professor Donill!”

 

“Professore che ti sta guardando piuttosto male, visto il modo in cui stai importunando sua figlia. Lo interruppe Harry divertito.

 

Orion impallidì di colpo e si voltò di scatto, ma il Professor Donill era voltato di schiena, intento a discutere con uno studente di Corvonero, senza aver dato alcun segno di essersi accorto dei due ragazzi che parlavano con la figlia.

 

Black si voltò di nuovo verso Harry che, assieme a Meredith, stava facendo di tutto per trattenere le risate. “Questa me la paghi Evans. Disse, ma il suo tono non conteneva in realtà nessuna minaccia. “Comunque, ero venuto perché Tom voleva…” si voltò ma, non trovando nessuno, si grattò la testa. “Ehi, ma dov’è finito? Era qui fino ad un secondo fa!”

 

Harry e Meredith si scambiarono uno sguardo. “Orion, sei venuto da solo, non c’era Tom con te.

 

Ma il Serpeverde si era girato ed aveva esclamato: “Ehi Giselle! Hai mica visto dov’è andato Tom?”

 

La bionda, in piedi a qualche banco di distanza che sistemava i libri, ci pensò un attimo su, prima di parlare. “Uhm, Tom? Ah si! È uscito solo poco tempo fa, ed anche piuttosto di fretta. Se fossi in te lo lascerei un po’ stare, non sembrava essere particolarmente di buon umore, anzi, continuava a borbottare qualcosa sottovoce, uhm… qualcosa come “Stupido edan” o “Stupido etans” qualunque cosa voglia dire. Anzi,” aggiunse guardando Harry, “probabilmente era “Stupido Evans”, non gli hai fatto niente tesoro, vero? Non vorrei doverti dire addio ad appena una settimana dal tuo arrivo.

 

Harry spalancò gli occhi con aria sorpresa. “No che non gli ho fatto niente! Vero Orion?”

 

Ma l’altro Serpeverde stava scuotendo la testa con un piccolo sorrisetto. “Quel ragazzo è davvero senza speranza.” Poi, senza dare altre spiegazioni, si rivolse nuovamente ai due. “Allora, andiamo? Meredith, cos’hai tu adesso?”

 

Aritmanzia.” Rispose lei con la ritrovata vocina flebile, evidentemente non ancora del tutto a suo agio con il secondo Serpeverde conosciuto nel giro di un’ora.

 

“Al quarto piano se non sbaglio. Harry, noi abbiamo Storia della Magia: visto che è sulla strada, che ne dici di accompagnare la nostra nuova amica alla sua prossima classe?”

 

Harry avrebbe naturalmente accettato con entusiasmo, ma Orion non gli diede nemmeno il tempo di fare quello, che già aveva esclamato: “Perfetto! Ragazza, permettimi di portarti la borsa, libri troppo pesanti per spalle così giovani. Prese la tracolla di Meredith e se la mise su una spalla, avviandosi verso la porta, “Aritmanzia? Anch’io seguo quel corso, ma c’è un passaggio dell’equazione di Cassandra che non riesco bene a capire, tu ne sai qualcosa?”

 

Mentre Orion esponeva il suo problema alla Corvonero la quale, una volta entrati nell’argomento scuola, era molto più sicura di sé e sciolta nel parlare, ad Harry tornò in mente il Prefetto.

 

“Ehi Orion, ma Tom?”

 

Il ragazzo di risposta si limitò ad un ghigno sornione. “Oh, quando se la sentirà ritornerà coi piedi per terra da solo, non ti preoccupare. Disse uscendo nel corridoio e lasciando un Harry confuso ad affrettarsi per raggiungerlo.

 

 

Pochi minuti prima

 

 

La campanella era appena suonata, e Harry era fermo in mezzo alla classe, con una mano ancora alzata da dove aveva accarezzato il muso del suo Patronus.

 

Orion si alzò dalla sedia stiracchiandosi, osservando il compagno di Casa raggiungere il proprio banco. Si voltò a sinistra e, una volta individuato il banco di Tom, si diresse verso di lui. Il Prefetto aveva le sopracciglia aggrottate e un’aria pensierosa stampata in volto.

 

“Stai pensando all’ultimo exploit di Harry?” chiese per attirare l’attenzione una volta che si fu avvicinato. “Sono rimasto di stucco anch’io. Evocare un Patronus… e chi l’avrebbe mai detto?” disse. Poi, pensando al comportamento del cervo, rimuginò ad alta voce: “Però hai visto che stano? Mi è sembrato quasi che ti volesse attaccare, chissà perché.

 

“Già, chissà perché…” sussurrò il Prefetto, unico segno che diede di aver udito il compagno di Casa.

 

“Comunque non ha importanza.” Continuò Orion imperterrito, “Dai, andiamo da lui, così ti puoi scusare.

 

Tom, ancora soprappensiero, si alzò e borbottò un distratto “Si, certo. Poi, assimilando le parole dell’altro, si fermò di colpo. “Cosa?! Scusarmi? E di ché?”

 

Orion roteò gli occhi, ma spiegò con tono accondiscendente. “Scusarti con Harry per averlo mollato lì da solo stamattina a colazione. Tutto per seguire il caro Alden. Aggiunse, pronunciando il nome del ragazzo come se fosse stato qualcosa di particolarmente disgustoso.

 

Tom assottigliò gli occhi. “Tu sei di parte quando si tratta di Alden e comunque Evans non ha bisogno di una balia, se la sa cavare benissimo da solo.”

 

“Tu dì pure quello che vuoi, ma io credo che Harry se la sia presa. Ribatté Orion.

 

Tom si voltò verso il ragazzo in questione, che stava chiacchierando con una ragazzina sedutagli di fianco. “E come fai a dirlo?”

 

Orion ghignò tra sé e sé, avendo suscitato la reazione prevista. “Beh, non ti ha nemmeno salutato quando sei entrato in classe…”

 

“Ma che dici, non mi ha neanche visto entrare in classe. Ribatté il Prefetto, senza però smettere mai di osservare Harry.

 

“Se lo dici tu…” rispose Black, prendendo poi per un braccio il Prefetto, facendolo voltare nuovamente verso di lui. “Dai, che se la sia presa o no, non è stato un comportamento carino da parte tua, quello di stamattina, quindi ora andiamo.

 

Ma quando si girarono nuovamente entrambi, videro che Harry sembrava piuttosto occupato, stretto in un caloroso abbraccio dalla sua compagna di banco. Orion rise e con tono malizioso disse:

 

“Sai Tom, forse in fin dei conti avevi ragione tu: non ha per niente bisogno di una balia.” E si incamminò per raggiungere il ragazzo.

 

Per cui non vide mai Tom assottigliare lo sguardo, fare dietro front e uscire in fretta dalla classe, borbottando tutto il tempo sottovoce “Stupido Evans!”.

 

 

 

 

Harry passò in rassegna gli alti scaffali della Biblioteca di Hogwarts, sotto lo sguardo guardingo della Bibliotecaria, insospettita dal fatto di non averlo mai visto entrare prima.

 

La giornata per Harry era continuata piuttosto normalmente: dopo aver accompagnato Meredith ad Artmanzia, lui e Orion si erano avviati verso Storia della Magia. Lì Harry aveva scoperto che l’effetto soporifero delle lezioni del Professor Ruf si faceva sentire benissimo anche all’epoca in cui il professore era vivo e vegeto, per cui aveva passato l’ora a fare ghirigori sulla sua pergamena annoiato, rispondere ai bigliettini di Orion ed osservare Tom che, seduto dall’altro lato dell’aula, si dondolava sulla sedia noncurante, avendo incantato la propria penna affinché prendesse appunti da sola.

 

Harry si era domandato più volte come mai dalla mattina il Prefetto non gli avesse ancora rivolto la parola, ma ancora di più si domandava come mai il fatto lo disturbasse tanto. In teoria, più gli stava lontano, meglio era… no?

 

Il ragazzo scosse la testa confuso e decise di addentrarsi un po’ di più nei meandri degli scaffali, stanco di avere lo sguardo inquisitore della bibliotecaria attaccato alla nuca.

 

In quel momento Harry aveva una delle ore buche che avrebbe dovuto utilizzare per studiare per i G.U.F.O., così come quella dopo pranzo e, anche se sapeva bene di non poter entrare nel Reparto Proibito, aveva deciso comunque di fare un salto in Biblioteca. In fondo a parte cercare Anima e Corpo: Condanne e Beatitudini del Legami Magici, non aveva ancora speso un attimo a ricercare l’incantesimo contenuto nel libro, affidandosi solamente al resoconto di Hermione alla quale, nella fretta, non aveva nemmeno chiesto accurati dettagli.

 

Si stava incamminando verso il giusto reparto quando qualcosa di spigoloso ed estremamente pesante gli cadde in testa, facendogli vedere le stelle.

 

“Ahia! Che male…” esclamò massaggiandosi la testa e guardando per terra, dove giaceva il grosso libro che lo aveva appena colpito.

 

“Oh scusa, mi dispiace!” arrivò una voce dall’alto.

 

Harry sollevò lo sguardo e vide, arrampicata s’una delle scale per raggiungere i ripiani più alti, una ragazza rivolgergli uno sguardo dispiaciuto scendere i pioli per tornare a terra. Pian piano che scendeva ed Harry riusciva a vederla meglio, trovava che aveva un ché di famigliare: capelli scuri raccolti in una stretta crocchia dietro il capo, occhiali dalla montatura squadrata, labbra sottili…

 

‘Oh mio Dio,’ pensò il ragazzo dopo averla riconosciuta, ‘è la McGranitt!’

 

“Scusami davvero, non volevo, ma mi è scivolato di mano. Disse la Grifondoro una volta arrivata a terra.

 

Harry, risvegliato dallo shock alle sue parole, si affrettò a raccogliere il libro da terra. “Fa niente, non l’hai fatto apposta. Ecco.” Rispose, tendendole il tomo con una mano. Lei lo prese e, osservandolo per qualche secondo con aria critica, disse:

 

“Sei il nuovo studente, vero?”

 

Harry la guardò sorpreso. “Come hai fatto a indovinarlo?”

 

Lei di tutta risposta sbuffò, avvicinandosi ad uno dei tavoli per posarvi il resto dei volumi che teneva tra le braccia. “Un normale Serpeverde non si sarebbe sprecato ad accettare le mie scuse e raccogliermi il libro.

 

Harry si grattò la testa con fare imbarazzato. “Forse hai ragione. Rispose semplicemente, senza sapere cosa dire.

 

Minerva lo osservò per qualche altro secondo, prima di sedersi al tavolo, tenendo comunque la sedia scostata verso di lui. “Sai, ho sentito parlare di te.”

 

Harry rise, sorprendendola un po’. “Questo è il mio primo giorno e già corrono voci sul mio conto?”

 

La ragazza abbozzò un sorriso, “Quando mai non corrono voci, qui a Hogwarts?” poi allungò una mano, “Minerva McGranitt.

 

Harry sorrise e si avvicinò per stringerle la mano e presentarsi. “Harry Evans, piacere di conoscerti.

 

“Allora Harry,” incominciò la sua futura professoressa finite le presentazioni, “visto che è il tuo primo giorno, cosa ci fai qua in Biblioteca? Non ti avranno già dato compiti spero.”

 

Ecco, quella era già una domanda piuttosto spinosa ed Harry, indeciso su come rispondere, si morse un labbro. Osservando la ragazza di fronte a sé però, pensò che se fosse stato attento sarebbe anche potuta essere d’aiuto.

 

“Ehm vedi, forse potresti aiutarmi a proposito. disse con tono spaesato da novellino, “Prima di trasferirmi qua stavo seguendo un progetto con uno dei miei professori, sui legami magici.” Fu contento di vedere un luccichio d’interesse accendersi negli occhi dell’altra. “Ho dovuto lasciare il lavoro a metà e un po’ mi dispiace, per cui cercavo qualche libro a proposito ma sai, è così grande questo posto.” Disse guardandosi intorno e fingendosi meravigliato.

 

Minerva sembrava essersela bevuta –E poi si chiedono tutti perché sono a Serpeverde’ – e battendosi un dito sul mento con aria pensierosa, rispose: “Legami magici… si, mi sembra di aver letto qualcosa in proposito. Guarda, girato questo scaffale, sulla destra dovrebbe esserci un reparto che ne parla. Gli disse indicando il percorso, “Se poi vuoi, puoi venire su questo tavolo, non mi disturba. Aggiunse.

 

Harry la ringraziò e si avviò verso lo scaffale indicatogli. In effetti Minerva aveva ragione: c’era un bel po’ di materiale utile benché, ovviamente, non ci fosse il libro che tanto stava cercando. Raccolse altri tre o quattro volumi, prima di ritornare al tavolo dove la giovane McGranitt era già immersa nei propri tomi. Nel totale silenzio, interrotto solo dal fruscio delle pagine, i due ragazzi incominciarono a studiare.

 

Doveva essere passata più di un’ora quando Harry, indolenzito dalla postura rigida, si stiracchiò sullo schienale, catturando l’attenzione della ragazza di fronte a sé. Quella guardò l’ora e, tirata fuori la bacchetta, materializzò un vassoio pieno di sandwich e due bicchieri d’acqua.

 

Al sopracciglio alzato di Harry rispose: “Il pranzo è già iniziato. Di solito quando io sono immersa nelle ricerche, di rado scendo in Sala Grande per i pasti. Però se vuoi puoi anche andare, nessuno te lo vieta.

 

Harry scosse la testa e allungò una mano verso uno dei sandwich. “No, anzi, ti ringrazio.

 

Le lo guardò al di sopra del calice d’acqua. “È proprio vero, sei diverso dagli altri Serpeverde.

 

Harry sorrise. “Lo prendo come un complimento, detto da un Grifondoro. Disse, aggiudicandosi un sorriso dalla sua compagna di studi.

 

Dopo aver finito i sandwich, curioso, il ragazzo chiese: “Tu invece? Su cosa stai lavorando?”

 

Si stupì un po’ di vedere un lieve rossore salirle sulle guance. “Io? Oh beh nulla, solo qualche libro che mi interessava a proposito degli Animagi…”

 

Harry dovette trattenere la risata che gli venne spontanea pensando al gatto-McGranitt. “In che anno sei?” chiese invece.

 

“Quinto.” Rispose lei.

 

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. “Ma gli Animagi non sono programma del quinto anno.

 

Minerva cominciò a giocherellare con una delle pagine del libro davanti a lei, leggermente a disagio. “No, lo so, è solo che…” si fermò improvvisamente, guardando Harry sospettosa, “Aspetta un attimo, come fai a sapere che non sono nel programma?”

 

Harry deglutì, cercando la prima scusa che gli passò per la mente. “Ehm, me lo deve aver detto Tom una volta…”

 

Se non di soddisfarla, la risposta sortì almeno l’effetto di distrarla. “Tom Riddle intendi? Lo conosci?” chiese curiosa.

 

Il ragazzo annuì. “Si, visto che non c’era posto da nessun’altra parte, divido la stanza di Prefetto con lui. Diciamo che riusciamo ad andare d’accordo. Aggiunse con una bozza di sorriso.

 

La McGranitt alzò le sopracciglia. “Davvero? Non l’avrei mai detto…”

 

“Credimi, nemmeno io.” Rispose Harry criptico, ma lei non chiese spiegazioni e anzi, fece svanire il vassoio e cominciò a raccattare i suoi libri.

 

“Beh, mi sa che io devo andare, Babbanologia mi aspetta. Disse mettendo un paio di tomi nella sua borsa. “Tu cos’hai adesso?”

 

“Io un’altra ora buca, penso che resterò qui ancora un po’. Rispose lui.

 

Minerva, dopo aver sistemato tutto, si rivolse un’ultima volta al ragazzo seduto. “Allora, ci si vede in giro Harry. È stato… interessante fare la tua conoscenza.

 

Harry sorrise. “Altrettanto, Minerva.” Rispose e rimase a guardare la sua futura professoressa allontanarsi e sparire dietro gli scaffali.

 

 

 

 

 

 

A.N.: Ah, teoria della magia, mi ha sempre affascinato (anche se non esiste XD)!

E Tom sospetta, e Tom sospetta, trallalero trallallà! XD

Vabbeh, vediamo di scrivere qualcosa di sensato: per esempio che c’era un motivo se la McGranitt era scritta tra i personaggi. Questa storia è piena zeppa di comparse, alcune delle quali non svolgeranno un ruolo significativo ma spunteranno ogni tanto, altre appariranno una sola volta ma saranno la chiave di alcuni eventi. Per cui, anche se sono noiosi, dateci un occhio ;).

 

P.S.: questa è una Tom/Harry, è nata Tom/Harry e morirà (eh si, prima o poi finirà) Tom/Harry ;).

 

 

RISPOSTE:

 

MORFEa: ehilà, era tanto che non ti si vedeva! Grazie mille come sempre, e come ho già scritto nel Post Scriptum Tom e Harry sono fatti per stare insieme, lo vedono tutti (tranne la Row… =_=), ma per quanto riguarda quale rapporto ci sia tra Alden e Tom… beh, che leggerà saprà :P.

 

Kagchan: eheh, piano piano spuntano un sacco di indizi per il nostro Tom e di certo lui stupido non lo è… ;)

 

KIA: eh, lo sapevo che Alden avrebbe suscitato reazioni simili, ma quoto ciò che ho detto nel Post Scriptum! ^^

 

StellaMars: un’altra abbonata al Tom Riddle Fan Club allora! ^^ Dovremmo cominciare a distribuire tessere d’iscrizione XD. Sono contenta che la storia ti piaccia e spero che continuerai a seguire!

 

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Capitolo 16
*** In Camera ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 16/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 16.  In Camera

 

 

 

Harry era in camera, comodamente sdraiato sul suo letto a leggere uno dei libri che aveva preso in prestito dalla biblioteca, quando una lancinante fitta di dolore alla cicatrice lo costrinse a rizzarsi seduto, portandosi una mano alla fronte con un sibilo di dolore.

 

Che cosa stava poteva essere successo a Tom tale da provocare tanta rabbia? Forse era meglio se fosse andato a cercarlo…

 

Non fece in tempo a girare le gambe per scendere dal letto, però, che con un sonoro slam! la porta si spalancò, mostrando un irato Tom Riddle sull’uscio.

 

“Dove diavolo eri!” sibilò il Prefetto indirizzando il compagno di Casa, un bagliore rosso rubino che gli danzava negli occhi.

 

“Tom, ma cosa…?” biascicò Harry tirandosi su a sedere, stringendo ancora con una mano il libro e con l’altra massaggiandosi la fronte, cercando di calmare il bruciore alla cicatrice che, con il suo travestimento, non era visibile a occhio nudo.

 

Il Serpeverde fece un passo avanti e sbatté violentemente la porta alle proprie spalle, prima di avvicinarsi a grandi falcate verso l’altro ragazzo e fermarsi a mezzo metro dal letto, troneggiando sopra l’ex Grifondoro.

 

“Cosa? Cosa, chiedi? Ho passato l’intera fottutissima giornata a cercarti, ecco cosa! Sei scomparso dopo Storia della Magia, a pranzo non c’eri, dopo pranzo eri introvabile e ora non ti presenti neanche a cena! Ecco cosa!” sbraitò tutto d’un fiato il Prefetto, gli occhi accesi che passavano dal nero al rosso, ed ogni volta che brillavano mandavano una nuova scarica di dolore alla cicatrice dell’altro.

 

Harry cercò di ignorare il dolore e di concentrarsi sulla conversazione. “Tom, ti scongiuro calmati. Lo pregò, guardando nel frattempo l’orologio: in effetti la cena era iniziata da un pezzo e lui, completamente preso dal suo libro, non si era minimamente accorto del tempo che scorreva. “Mi dispiace per la cena, stavo leggendo e ho perso il senso dell’ora…” disse, ma a quanto pare non era abbastanza per calmare il suo compagno di stanza.

 

“La cena è l’ultima cosa! Voglio sapere dove sei stato tutto il giorno!” Ribatté Tom

 

Dolore alla cicatrice o no, con che diritto Riddle pretendeva di sapere dove passava il tempo Harry? Lui non doveva certo render conto a nessuno, meno che meno a Tom Riddle. Harry si alzò in piedi, lasciando il libro sul letto, così da fronteggiare Tom (quasi) alla stessa altezza.

 

“E perché mai sarei tenuto a dirti cosa faccio nelle mie giornate?” chiese provocatorio.

 

Gli occhi di Tom arsero di nuova furia e il nero venne divorato dal rosso. “Non ci provare neanche Evans.” Rispose in un basso e minaccioso sibilo. “Sono stato io a procurarti i falsi documenti, sono stato io a cederti una stanza dove dormire e sempre io ti ho presentato agli altri Serpeverde: se fai qualche cazzata sono io a doverne rispondere davanti a tutta la Casa. Sei sotto la mia responsabilità!”

 

Harry lo guardò con occhi spalancati. “Ma che diavolo…? Cosa sono io, il tuo animaletto domestico? Non sono sotto la responsabilità di nessuno se non di me stesso, figuriamoci di te poi! Non sono una tua proprietà!” gli urlò di risposta, ma l’ennesima ondata di dolore alla testa lo costrinse a sedersi di nuovo sul letto tenendosi la fronte con una mano, tanto che aggiunse: “Sono stato in biblioteca cazzo! Solo in biblioteca, contento? Ora però, per l’amor del cielo, calmati!”O la testa mi esplode.’ Pensò tra sé.

 

Tom non rispose e, purché non avesse per niente l’aria di essersi calmato e stesse stringendo ancora i pugni convulsamente, i suoi occhi erano tornati del loro color onice. Vide Harry tirare un sospiro di sollievo, tenendosi la fronte con una mano.

 

“Che cos’hai?” chiese in tono piatto.

 

“Mal di testa.” Mentì prontamente Harry, “E tu che urli non aiuta certo le cose.” Aggiunse massaggiandosi il punto dove sarebbe stata in mostra la famosa saetta.

 

Tom strinse i pugni un’ultima volta, poi fece dietro front verso il centro della stanza, facendo qualche passo nervoso verso la finestra, prima di fermarsi e tornare indietro. Assomigliava vagamente ad un animale in gabbia in quel momento. Harry lo osservò incuriosito abbassare la testa e lasciare alcune ciocche di capelli a coprirgli gli occhi. Si era appena voltato per poggiare il libro sul comodino quando sentì l’altro parlare.

 

“Credevo te ne fossi andato.”

 

Harry alzò nuovamente lo sguardo. “Come scusa?”

 

Tom voltò la testa in direzione della finestra, evitando il suo sguardo. “Credevo fossi ritornato da dove sei venuto, qualunque posto sia.

 

Harry sgranò gli occhi, capendo almeno in parte cosa fosse passato in testa al moretto. “Tom, no… avevo detto che sarei andato via tra tre mesi, no? Perché hai pensato che fossi partito?” chiese, e c’era qualcosa di non ben definito che gli scaldava il petto al pensiero che l’altro ragazzo si fosse preoccupato tanto.

 

Il Serpeverde sospirò e si sedette sul proprio letto. “Non lo so, ho visto che non c’eri e…” scosse la testa, “Non lo so, non so niente: non so chi sei, non so da dove vieni, non so perché sei qui, non so…”non so perché sono andato in panico quando non ti ho trovato.’ Pensò, ma non lo disse, alzando invece gli occhi e puntandoli in quelli dell’altro. “Chi sei, Harry?”

 

La domanda fece mancare il respiro al ragazzo, che non riusciva a staccare gli occhi da quelli nero inchiostro del Prefetto, che mai come ora gli erano sembrati tanto espressivi. Ed era forse anche per questo che gli stava facendo così male dovergli rispondere così:

 

“Tom, lo sai che non posso dirtelo…”

 

Ma il Serpeverde sbuffò. “No Harry, non lo so, non lo so perché non mi puoi dirmelo.” Disse con una nota amara nella voce.

 

Rimasero in silenzio per quella che ad Harry sembrò un’eternità, ma che in realtà dovevano essere stati solo un paio di minuti. Non aveva mai pensato che i suoi segreti sarebbero stati un tale peso per l’altro ragazzo. Certo, era stato Tom stesso a dirgli sin dall’inizio che voleva scoprire chi fosse, ma poi l’argomento non era più saltato fuori e Harry non ci aveva dato più peso. Ormai era diventato tanto normale recitare il ruolo che aveva costruito, che non trovava più strano inventare particolari della sua presunta vita, ma…

 

Stava mentendo a tutti.

 

Questo pensiero colpì Harry come un fulmine a ciel sereno. Stava mentendo a tutti sul suo passato, sul suo aspetto, sul suo futuro. Sapeva che avrebbe dovuto nascondere la sua identità, sapeva che non avrebbe potuto raccontare a nessuno la sua storia, ma non gli era mai pesata la cosa, perché non aveva mai pensato di farsi degli amici.

 

Amici… si, in quei pochi giorni si era affezionato così tanto ad Orion e alla sua giovialità, aveva trovato tanto divertenti le chiacchiere inutili di Giselle, e anche Meredith, la timida ragazzina di Corvonero che aveva subito trovato simpatica e sveglia e poi… Tom

 

Tom, il ragazzo irraggiungibile, dalla personalità tanto complessa ed oscura. Un’oscurità che terrorizzava ed ammaliava allo stesso tempo, che ti chiamava, ti invitava ad avvicinarti solo per poterti schiacciare dagli enormi muri di ghiaccio che il ragazzo aveva eretto intorno alla sua anima.

Ma Harry sapeva cosa Tom sarebbe diventato e quell’oscurità era niente in confronto, quel ghiaccio indissolubile era niente confronto al vuoto e alla distruzione che avrebbero preso il suo posto. Per questo voleva vedere oltre quei muri, perché era l’unico che avrebbe potuto vedere la differenza tra Voldemort e Tom Riddle, una differenza in cui ormai credeva ciecamente. Avrebbe fatto di tutto per salvarlo, se solo avesse potuto… ma non poteva.

 

E Tom, l’ultima persona al mondo che sarebbe dovuta venire a conoscenza dei suoi segreti, era quella per la quale ad Harry pesava di più nascondere la verità. Perché?

 

Perché era così speciale?

 

Improvvisamente, Tom si alzò in piedi e, apparentemente ripresa la sua facciata impenetrabile, disse:

 

“Se hai saltato il pranzo devi essere affamato, ma ormai in Sala Grande sarà rimasto ben poco, meglio farti portare la cena qua da un elfo.

 

Ora che ci faceva pensare, Harry cominciava a sentire i morsi della fame. “Si, grazie, mettere qualcosa sotto i denti non sarebbe una cattiva idea. Ah, comunque non ho saltato il pranzo, in biblioteca ho conosciuto una ragazza che era al tavolo con me e ha materializzato dei sandwich da mangiare.

 

Tom alzò un sopracciglio. “E chi sarebbe questa ragazza?” chiese, con un’inclinazione nella voce che Harry non riuscì bene a decifrare.

 

“Dovresti conoscerla anche tu: Minerva McGranitt, è una dei Prefetti di Grifondoro. Rispose, vedendo un lampo di riconoscimento negli occhi dell’altro.

 

Si, l’ho vista alle riunioni dei Prefetti.” Disse l’altro. Poi, con un sopracciglio alzato, aggiunse “Ma guarda, è solo il primo giorno e già fai conquiste: stamattina quella Corvonero, poi la McGranitt…”

 

Harry arrossì fino alla punta dei capelli. “Ma no Tom, che dici! Meredith non… Io… ohuf. Fu tutto ciò che riuscì a cavar fuori in risposta a quella provocazione.

 

Il Serpeverde ghignò, ma non diede altro segno di voler continuare l’argomento, tornando alla cena. “Conosci per caso il nome di qualche Elfo Domestico?” chiese all’altro, “Non ne ho mai chiamato uno.

 

Harry ci pensò un attimo su. Gli era immediatamente venuto spontaneo di chiamare Dobby, o al limite Kreacher, ma dubitava che fossero anche solo nati in quel tempo. Si ricordò però, improvvisamente, dell’elfa che il Preside aveva chiamato durante il colloquio nel suo ufficio, il primo giorno.

 

Tibby!” chiamò ad alta voce Harry, e due secondi dopo la piccola creatura apparve davanti in un piccolo “Pof”, prostrandosi immediatamente in un profondo inchino.

 

“I Signorini desiderano qualcosa? Tibby provvede subito. Disse con la tipica vocetta stridula.

 

Prima che Harry potesse aprir bocca, Tom aveva già preso la parola. “Si elfa, portaci un piatto –”

 

“Tom!” lo interruppe Harry, inorridito dal modo in cui si stava rivolgendo a Tibby, la quale però sembrava non aver fatto una piega nel sentire le dure parole del Prefetto. Tom si girò verso Harry e sembrava completamente preso di sorpresa dall’occhiataccia di rimprovero che gli veniva indirizzata.

 

Harry si voltò verso l’alfa, con un sorriso incoraggiante. “Tibby, potresti, per favore, portarci qualcosa da mangiare? Sbadato come sono, mi sono dimenticato di scendere per cena.

Tibby sgranò gli occhi e fece un salto in aria. “Ma certo! Tibby torna subito col cibo, Signore! Non si preoccupi Signore!” e sparì in un altro “Pof”.

 

Harry tornò a guardare male il compagno di stanza. “Ti sembra quello il modo di rivolgersi a qualcuno? ‘Elfa’… come se fosse un essere inferiore.”

 

Tom sgranò gli occhi e sollevò le sopracciglia. “È un elfo domestico, è un essere inferiore!”

 

Harry si alzò in piedi, non riuscendosi a spiegare del tutto la rabbia che stava provando. Dobby lo aveva aiutato innumerevoli volte, si era rivelato un amico sempre fedele e disponibile. Sentire qualcuno che lo sminuiva solo per idiotici pregiudizi lo stava facendo andare in bestia.

 

“Anche gli elfi domestici hanno dei sentimenti e non è giusto trattarli peggio di uno zerbino! Meritano come tutti di essere rispettati!” ribatté stringendo i pugni ai lati del corpo.

 

Il Serpeverde alzò le mani al cielo con aria esasperata. “Ma che –? Che diavolo ci fai tu a Serpeverde? Mi sembra di parlare con un Tassorosso! Hanno anche loro dei sentimenti e non è giusto trattarli male ma per favore…” gli fece il verso Tom, prima di puntare gli occhi neri direttamente in quelli nocciola di Harry. “Non esiste nessun giusto o sbagliato, esiste –”

 

“Solo il potere e quelli troppo deboli per ottenerlo?” ringhiò Harry interrompendolo.

 

Tom fece un passo indietro, spiazzato. “Come… come fai a…?” cercò di formulare, lasciando trasparire la confusione, la sorpresa e il sospetto sul suo volto.

 

Ma Harry scosse la testa sconsolato. “Stai sbagliando tutto, Tom.” Disse, con una nota di profonda tristezza nella voce. “Stai sbagliando davvero tutto.

 

Perché un attimo prima fai qualcosa che mai riuscirei a veder Voldemort fare, e un attimo dopo parli esattamente come lui? Un secondo prima sei un normale ragazzo di sedici anni, e quello dopo sei l’ombra di un mostro? Mi volto e i tuoi occhi sono pozze d’inchiostro, mi volto e sono diventati rosso sangue?

 

Tu chiedi a me chi sono, Tom, ma…

 

Chi sei tu, invece?

 

Chi sei, Tom?

 

Vennero entrambi risvegliati dal “Pof” che annunciava il ritorno di Tibby. La piccola elfa stava portando sulla testa un’enorme vassoio pieno di cibo, quello che Harry avrebbe giurato fossero almeno tre portate. Se il ragazzo non si fosse affrettato ad afferrarlo, era sicuro che avrebbe spiaccicato completamente Tibby quando quella tentò di prostrarsi nell’ennesimo inchino, mentre ancora teneva il piatto con le sue braccine esili.

 

“Desidera ancora qualcosa, Signore? Tibby sarà felicissima di servire!” squittì l’elfa euforica.

 

Harry sorrise, ma scosse la testa. “No, non ti preoccupare Tibby, ma grazie mille per il cibo: sono sicuro che sarà ottimo.”

 

Tibby cominciò a saltellare di qua e di là. “Oh, il Signorino non deve ringraziare, Tibby ha fatto solo il suo dovere! Il Signorino non esiti a chiamare se ha bisogno di qualcosa!” e detto questo sparì con il solito ‘Pof’.

 

Harry portò il vassoio sul letto senza preoccuparsi minimamente delle macchie che avrebbe potuto lasciare sul copriletto, si sistemò comodamente contro la spalliera e, piatto sulle gambe, cominciò a mangiare. Uno strano formicolio alla cicatrice gli fece nuovamente portare una mano alla fronte, girandosi curioso verso il suo compagno di stanza, che lo stava osservando attentamente, un’espressione indecifrabile sul volto. La vecchia ferita non gli stava facendo male, ma avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere cosa stesse pensando il moretto in quel momento.

 

“Puoi tornare com’eri prima?” arrivò la domanda inaspettata.

 

Harry corrugò le sopracciglia, non del tutto sicuro di averlo capito. “Come scusa?” chiese, e fu curioso di vedere l’altro mordersi un labbro nell’unico sintomo di indecisione che gli aveva mai visto avere. Stranamente, il suo sguardo non riusciva a distogliersi dai denti banchi che torturavano quel labbro perfetto.

 

“Si, senza questa… questa maschera.” Continuò Tom, indicando vagamente nella sua direzione. Vedendo Harry adocchiare la porta preoccupato, aggiunse “Stai tranquillo che non verrà nessuno, nemmeno Orion osa entrare nella camera, fortunatamente si limita al salottino.”

 

Harry lo osservò un attimo, non riuscendo a capire il motivo di quella strana richiesta. Ma se quello che aveva detto era vero, che male c’era infondo? Chiuse gli occhi e si concentrò nel rimuovere l’illusione. Come se qualcuno gli avesse rotto un uovo in testa, Harry sentì la magia scivolargli di dosso, partendo dalla testa fino a scorrere giù alla punta delle scarpe.

 

Quando il ragazzo seduto sul letto aprì gli occhi, Tom si scontrò nuovamente con le brillanti pozze color Avada Kedavra che lo avevano incantato dalla prima volta che le aveva viste. Erano la sfumatura di verde più vivida che avesse mai visto, erano verde speranza e insieme il verde della maledizione mortale, erano il verde della natura, della vita ed insieme il verde che ci si sarebbe potuti aspettare dal veleno più letale.

 

“Ti ho già detto, vero, quanto mi piacciono i tuoi occhi?” disse senza pensare, avvicinandosi, “I tuoi veri occhi intendo.

 

Harry trattenne il respiro. Non riusciva a decifrare quello sguardo negli occhi di Tom – nemmeno ora che si stava facendo così vicino – ma, per quanto a disagio, non riusciva nemmeno a sentirsi minacciato.

 

Gli sarebbe solo piaciuto sapere che cosa diavolo stava succedendo, e perché ad ogni passo che l’altro faceva, la cicatrice gli formicolava così insistentemente.

 

Quando il Serpeverde fu davanti al letto, si abbassò al livello dell’altro ragazzo ed Harry non riuscì a fare nulla se non guardare con occhi spalancati una delle pallide dita affusolate scostargli una ciocca nera dagli occhi, in un gesto lento, quasi guidato da qualche forza esterna. Inspirò sorpreso, invece, quando le dita sfiorarono accidentalmente la famosa saetta, ed un improvviso fiotto di calore esplose dalla sua fronte e gli percorse tutto il corpo, lasciandolo boccheggiante per la sensazione piacevolmente sublime.

 

Era come se ogni nervo del corpo gli si fosse improvvisamente acceso, e in un’onda di piacere partita dalla cicatrice, un’avvolgente calore gli invase il resto del corpo, facendogli mancare il respiro. Nella sua mente annebbiata riuscì solo a chiedersi furtivamente che cosa stesse succedendo e a sperare che Tom non si fosse accorto di nulla.

 

La reazione di Harry però, per quanto minima in confronto alle sensazioni che stava provando, sembrò risvegliare il Prefetto da quella strana trance in cui era caduto e ritirò la mano di scatto, voltandosi poi leggermente confuso. Mentre Harry riprendeva fiato, Tom percorse i pochi passi che lo separavano dal suo letto e vi si sedette, osservandosi la mano in questione come se potesse contenere tutte le risposte ai mille dubbi che gli affollavano la mente, tanti quanti non ne aveva mai avuti.

 

Harry abbassò gli occhi sul vassoio di cibo ormai dimenticato, un turbinio di pensieri ed emozioni che gli vorticavano dentro, mentre quel piacevole calore ancora gli pizzicava alla punta delle dita. Dio, non ci stava capendo più niente…

 

Si portò per l’ennesima volta una mano alla fronte, massaggiandosi la vecchia ferita che continuava tutt’ora a sorprenderlo. Quando però sentì lo sguardo dell’altro ragazzo puntato su di sé e si voltò per fronteggiarlo, capì immediatamente l’errore che aveva commesso: vide gli occhi neri seguire il suo braccio e puntarsi sulla cicatrice in mezzo alla fronte, prima di assottigliarsi curiosi.

 

“Come ti sei procurato quella ferita?” arrivò la scontata domanda.

 

Harry sospirò e spostò il vassoio che aveva sulle ginocchia sul tavolino di fianco al letto, prima di stendersi tra le coperte, voltando la testa verso Tom, ben conscio della cicatrice che spiccava fieramente sulla sua fronte.

 

“La notte che i miei genitori sono morti, quando avevo un anno. È lì che me la sono fatta.” Rispose, sentendosi estremamente stanco d’improvviso. Vide Tom irrigidirsi, ma in fondo alla mente sapeva che non gli sarebbe bastata come risposta.

 

“Avevi detto che i tuoi genitori erano morti in un incidente d’auto, ma quella è una cicatrice da maledizione, ne sono certo. Se così non fosse, sarebbe già guarita.” Continuò il Serpeverde e, sebbene Harry non amasse per niente la piega che stava prendendo la discussione, sapeva che prima o poi si sarebbe ritrovato di fronte a domande del genere. Stranamente, non trovava più così terribile il pensiero di parlare dei suoi genitori a Tom, forse perché infondo se c’era qualcuno che avrebbe potuto capirlo, sarebbe potuto essere solo un orfano come lui.

 

“Non… loro non sono morti in un incidente d’auto. Sospirò infine strizzando gli occhi, rivivendo per un attimo le grida di sua madre e il fascio di luce verde che tante volte aveva rivisto nei suoi incubi. “Sono stati assassinati.

 

Avendo gli occhi chiusi, non vide l’altro ragazzo spalancare i propri, per poi abbassare la testa guardandosi le mani.

 

“Tom, io non voglio mentirti,” il Prefetto sentì Harry continuare dalla sua posizione, sdraiato sul letto, “ma se voglio rimanere sincero, ci sono delle risposte che non posso darti.”

 

Il Serpeverde tornò ad osservare quegli occhi impossibilmente verdi, che in quel momento sembrava che lo stessero pregando di capire, semplicemente capire, qualunque cosa ci fosse da comprendere. Era uno sguardo che gli stava chiedendo qualcosa che nessuno prima d’ora aveva osato chiedergli: fiducia.

 

Sospirò, non rassegnato – quello non lo sarebbe stato mai – ma disposto a lasciare le spiegazioni ad un altro momento. Un unico cenno di assenso con la testa bastò per far rilassare visibilmente la figura del ragazzo sdraiato. Tom lo vide sospirare piano e massaggiarsi nuovamente il punto dove era in bella mostra la sua cicatrice. ‘Aspetterò per le risposte che cerco, ma non pensare che abbia rinunciato anche solo per un attimo.’

 

Che cosssa ti turba tanto, Tom?” arrivò un sibilo dall’altro lato della stanza.

 

Mentre Tom sorrideva appena, riconoscendo la voce del suo fidato famiglio, Harry spalancò gli occhi di scatto tirandosi su seduto. Voltando la testa verso dove gli sembrava fosse provenuto il sibilo – cercando di non farsi notare troppo visto che non sarebbe dovuto essere capace di comprenderlo – vide appoggiato contro la parete opposta un grande terraio che non aveva ancora mai notato, ma nel quale, ora che ci faceva caso, riusciva a vedere benissimo il grosso pitone arrotolato ad un ramo, con la testa che usciva fuori dal vetro privo di coperchio, la lingua biforcuta che serpeggiava tra le fauci chiuse.

 

Nulla di cui preoccuparsi, Nagini, rispose in Serpentese Tom, “ma non ti ho ancora presentato il mio nuovo compagno di stanza.” Si voltò verso Harry, attribuendo lo shock dipinto sul suo volto al fatto di averlo sentito parlare Serpentese.

 

“Harry, ti ho mai detto che sono un Rettilofono?” ghignò leggermente, mentre si alzava e raggiungeva il terraio dove risiedeva Nagini. Allungò un braccio verso il serpente, che non perse tempo ad attorcigliare le sue spire intorno al suo padrone. Con pitone appresso, attraversò la stanza dirigendosi verso Harry e, una volta arrivatogli davanti, disse con tono divertito “Nagini, questo è Harry. Harry, lei è Nagini.”

 

L’ex Grifondoro era ammutolito, non solo per lo shock di ritrovarsi davanti al serpente che in più di una battaglia aveva tentato di ucciderlo, ma anche perché non era sicuro di saper mantenere le sue parole in inglese, con un serpente davanti.

 

“Non preoccuparti Harry, non è velenosa e non ti farà nulla. Cercò di rassicurarlo Tom, non conoscendo i veri motivi della riluttanza dell’altro. Poi si rivolse nuovamente al serpente: “Allora Nagini, cosa ne pensi?”

 

Una delle pupille verticali del rettile si voltò verso il ragazzo sul letto. “Mi piacciono i ssuoi occhi, cosssì verdi…”

 

Tom ridacchiò. “Ho pensato la stessa cosa. È davvero bello, non è vero?”

 

Harry sgranò gli occhi e voltò la testa da un lato per nascondere il furioso rossore che gli era salito alle gote nel sentire quell’inaspettato complimento. Doveva far di tutto per non far capire che stava comprendendo le loro parole, ma non riusciva ad ignorare quel qualcosa simile al calore dell’incidente di poco prima che gli si era creato nello stomaco a quelle parole.

 

“È vero, ma c’è qualcosss’altro… sssento il tuo sstessso odore ssu di lui, come mai?”

 

Tom osservò nuovamente il ragazzo di fronte a sé pensieroso, con un’improvvisa scintilla calcolatrice negli occhi. “Non saprei dirti, Nagini.

 

Harry si irrigidì ulteriormente. Cosa voleva dire che aveva il suo stesso odore? Che…? No, non era possibile… Che Nagini riuscisse a fiutare il legame che c’era tra loro due, il frammento dell’anima di Tom che risiedeva dentro di lui? In effetti sapeva benissimo che Nagini non era un serpente qualunque, ma che potesse arrivare a tanto…

 

Ma il tuo amico non ssa sssalutare?” chiese improvvisamente Nagini, facendo saettare la lingua biforcuta dalle fauci chiuse, in segno di irritazione. Harry a quelle parole – o sibili – impallidì.

 

‘No, no, no! Non farmi parlare, ti prego, non farmi aprir bocca!’ pensò nel panico.

 

Tom aggrottò le sopracciglia e lanciò un’occhiata inquisitrice al ragazzo. “Nagini ha ragione Harry, è maleducazione non salutare. Disse, ma vedendo la reticenza dell’altro aggiunse, “Ti ho detto che non è pericolosa, o per lo meno, non per te.”

 

Ma Harry non sapeva cosa fare: non poteva rischiare di parlare in Serpentese di fronte a Tom, ma se non avesse fatto qualcosa subito, il Serpeverde si sarebbe di sicuro insospettito e avrebbe potuto capire tutto comunque…

 

Prese un profondo respiro e si volse verso il grosso serpente, evitando di guardarlo negli occhi e tenendo lo sguardo fisso appena sopra il muso dell’animale, sperando che sarebbe bastato per mantenere le sue parole in Inglese e che Tom non si accorgesse di nulla.

 

P-piacere di conossc-scerti, Nagini.” Riuscì a balbettare, con appena appena una nota sibilante nella voce.

 

Tom annuì soddisfatto. “Visto? Non era poi così difficile. Disse, senza essersi apparentemente accorto di nulla. Poi, vedendo il colorito pallido dell’altro aggiunse, “Non mi dirai che hai paura dei serpenti?”

 

Harry, che aveva appena tirato un sospiro di sollievo per averla fatta franca, scosse la testa in segno di diniego. Si ritrovò però a deglutire piuttosto rumorosamente quando notò, tornando a guardare per un attimo il pitone davanti a sé, che gli occhi del rettile erano puntati su di lui in quello che, Harry avrebbe potuto giurare, era uno sguardo di curioso interesse.

 

Come mai aveva l’impressione che Nagini sapesse?

 

Ssai Tom,” sibilò lentamente il serpente, “pensso che ssia proprio un tipo interesssante, il ssignor Verde…”

 

Tom lanciò un’altra occhiata ad Harry, il quale non aveva staccato gli occhi dal pitone. “E per quale motivo?

 

Nagini fece uno strano verso, che Harry interpretò come il corrispondente rettile di una risatina, continuando a fissare il ragazzo con le sue pupille sottili. “Oh, nesssun motivo particolare.

 

Prima che il Prefetto potesse stare troppo a riflettere sulle parole del suo famiglio, Harry si era alzato in piedi passandosi nervosamente una mano tra i capelli. Sotto lo sguardo inquisitore di Tom, biascicò in fretta uno “Scusa un attimo…” prima di fondarsi in bagno con passo affrettato e chiudersi dentro a chiave, lasciando un Tom decisamente confuso a guardare la porta dietro alla quale era appena sparito il suo compagno di stanza.

 

Harry, dentro il bagno, appoggiò con un sospiro la fronte alla porta, tenendo ancora una mano aggrappata alla maniglia. Era andato così vicino a farsi scoprire… A dividere una camera con Tom si sarebbe dovuto aspettare situazioni del genere, ma ciò non diminuiva il senso di panico che aveva provato per un attimo davanti a Nagini.

 

Si guardò la mano sinistra, quella che non era chiusa intorno alla maniglia, e si lasciò andare ad una piccola risatina isterica quando la vide tremare contro il legno della porta. Dio, stava addirittura tremando…

 

Decise che sarebbe stato meglio darsi una bella rinfrescata e, voltandosi, diede per la prima volta uno sguardo all’interno del bagno. Era un po’ come se lo sarebbe immaginato, vista la grandezza del resto dei quartieri del Prefetto: il colore predominante era il bianco, mentre ogni guarnizione in metallo luccicava dell’argento lucidato. Le piastrelle del pavimento erano ornate di ricche decorazioni in verde giada, mentre sulle mattonelle delle pareti si alternavano serpeggianti arabeschi smeraldo e raffinate rifiniture argentate.

 

Guardandosi intorno, il ragazzo lasciò scivolare lo sguardo dalla spaziosa vasca da bagno posta sotto la finestra al vano doccia che occupava l’angolo opposto alla porta, poi al grande specchio sopra il lavandino e alla toilette di porcellana bianca.

 

Harry si avvicinò al lavandino ed osservò leggermente divertito i due serpentelli dipinti sulle manopole dell’acqua calda e dell’acqua fredda, per non parlare dello stemma di Serpeverde cucito sugli asciugamani appesi agli appositi ganci sulla parete: certo che l’orgoglio della Casa verde-argento sconfinava nell’ossessione.

 

Aprì il rubinetto dell’acqua fredda e si gettò sul viso una spruzzata d’acqua gelida, guardando attraverso lo specchio i rivoli che gli scendevano sul collo e le goccioline che cadevano dai ciuffi neri bagnati.

 

Lo colpì improvvisamente un’onda di stanchezza, di un torpore che non aveva mai provato: si sentiva le membra pesanti e il respiro fiacco, come se qualcosa lo stesse d’un tratto opprimendo dall’interno. Non avrebbe voluto altro che cedere al sonno, sprofondare in quell’oscurità tanto amata e avvolgente, quella che teneva lontana tutti gli incubi che altrimenti lo avrebbero tormentato senza dargli pace.

 

Gli sarebbe bastato stappare una piccola boccetta, lasciare il liquido denso scendergli in gola e poi arrendersi al buio del sonno…

 

Harry spalancò gli occhi di scatto. Con una punta di angoscia sollevò la mano sinistra all’altezza degli occhi, osservando il tremito delle dita con tutto un nuovo significato. Non era stato lo shock di vedere Nagini, non era stata la paura di essere scoperto…

 

Era la dipendenza dalla pozione soporifera che cominciava a fare effetto.

 

Merda.” Sussurrò Harry stringendo il bordo del lavandino finché le nocche non gli furono diventate bianche. Aveva un’improvvisa voglia di tirare un pugno allo specchio, tutto per non dover più vedere i piccoli spasmi che gli stavano percorrendo le mani.

 

Dannazione, sapeva che il Distillato della Morte Vivente dava assuefazione, sapeva che con l’uso quotidiano che ne faceva sarebbe sicuramente finito a sentirne gli effetti. Ed erano appena cosa, le dieci e mezza? Le undici? E già lui era in astinenza…

 

Chiuse rabbiosamente il rubinetto, strattonando violentemente uno degli asciugamani dai ganci.

 

Era l’ennesimo problema in più che si aggiungeva alla sua lunghissima lista. Ma cosa poteva fare? L’alternativa era… no, non voleva nemmeno pensarci. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di non doversi confrontare con i propri incubi. Scenari raccapriccianti della devastazione delle battaglie, le grida dei suoi amici che invocavano aiuto e Anna Habbot che urlava sotto gli effetti della maledizione Cruciatus, Micheal Corner a cui veniva risucchiata l’anima da un Dissennatore, Lavanda Brown che veniva fatta a pezzi da Greyback, e poi Cedric che si accasciava a terra in un lampo di luce verde e Sirius che cadeva oltre il Velo…

 

Scosse la testa cercando di allontanare quelle immagini che, più gli si affollavano nella mente, più richiamavano dentro di lui quel desiderio di oblio e oscurità contro cui invece avrebbe dovuto combattere più che poteva, sapendo che alla fine sarebbe dovuto in ogni caso soccombere.

 

Dopo essersi passato l’asciugamano sul viso, lo riagganciò al suo posto prima di dirigersi di nuovo verso la porta. Strinse la mano tremante alla maniglia facendo un profondo respiro, poi aprì.

 

Tornando nella camera da letto, fu sorpreso di vedere che Tom era tornato sul suo letto, sdraiato con le spalle contro la spalliera a leggere un libro in tutta tranquillità. Nagini era di nuovo dentro il suo terraio, la testa nascosta tra le spire attorcigliate al suo ramo e nessun segno di attività.

 

Il ragazzo si richiuse la porta dl bagno alle spalle, attirando l’attenzione di Tom con il click della maniglia. Il Prefetto lo osservò per qualche secondo con i suoi occhi neri, poi semplicemente chiese:

 

“Tutto bene, Harry?”

 

L’indirizzato deglutì una volta, prima di esibire un sorriso teso. “Io? Benissimo, perché non dovrei?” rispose con una risatina, mentre torturava nervosamente la manica della divisa con le dita. Quando abbassò lo sguardo e vide le sue mani tremanti bene in vista, si affrettò a nasconderle nelle tasche.

 

Tom alzò un sopracciglio adocchiando per un attimo quel gesto inconsueto, ma non disse nulla. “Stai andando a dormire?” chiese vedendo l’altro tirar fuori dal suo baule il pigiama. “Sono solo le undici.”

 

“Ehm… è stata una giornata pesante.” Farfugliò mentre si cambiava velocemente con gesti nervosi, cercando di tenere le mani occupate per nascondere il tremito e di avere un pretesto per non guardare in faccia il Serpeverde.

 

Una volta che fu vestito per la notte, con la scusa di riporre la divisa nel baule, rovistò un attimo per prendere il Distillato, che fece scivolare nella tasca del pigiama con nonchalance. Aprì poi le tende del letto a baldacchino e, senza voltarsi, diede la buonanotte al suo compagno di stanza, prima di sparire dietro la pesante tela verde scuro, ben conscio dello sguardo degli occhi d’onice che sentiva puntato sulla sua nuca.

 

Appena le tende del letto di fianco si furono chiuse, Tom posò il libro che stava tenendo in mano sul comodino: i suoi pensieri non potevano essere più lontani dalla lettura in quel momento.

 

Che cosa voleva dire l’improvvisa dipartita del ragazzo? Se pensava di comportarsi in quella maniera e non destare sospetti, era davvero un ingenuo. Ma per quanto si sforzasse, Tom non riusciva ad inquadrare bene la causa dello strano e improvviso comportamento. Centrava qualcosa Nagini forse? Era spaventato dai serpenti? Scioccato dal fatto che lui fosse un Rettilofono? No, in qualche modo non sembrava quella la risposta giusta…

 

Nel far vagare gli occhi verso il letto che nascondeva il motivo delle sue elucubrazioni, un piccolo particolare catturò l’attenzione del Prefetto: sul comodino di fianco al baldacchino, era appoggiato il libro che Harry era intento a leggere quando lui era entrato in camera.

 

Incuriosito, si alzò dal letto e si avvicinò al basso tavolino cercando di fare il meno rumore possibile, ma dal letto dell’altro non giunse alcun segno di averlo sentito. Con cautela raccolse in mano il libro rilegato, leggendo il titolo sul dorso.

 

Magie dell’Anima e il Loro Uso Attraverso i Secoli.

 

Tom assottigliò gli occhi, riponendo il libro al suo posto e fissando le pesanti tende di velluto.

 

‘Scoprirò tutto, Harry.’ Pensò, ‘Prima o poi, scoprirò tutto quanto.’

 

 

 

 

 

 

A.N.: Siete arrivati tutti interi alla fine? Merlino quant’era lungo! 5.300 sudatissime parole (scusate, ma passando le mie giornate su FanFiction.net sono stata contagiata dalla fissa per il conteggio parole ^^”) e anche il prossimo è più o meno della stessa lunghezza.

Povero Harry comunque, gliene invento una dopo l’altra, ma è tutto necessario. E finalmente si è vista qualche scena interessante per quanto riguarda un po’ di Tom/Harry, anche se sembrano incapaci di non litigare come cane e gatto! ;)

D’altro, posso solo chiedervi di commentare, che sia un “che palle ‘sta storia, quando arriva lo slash?!” o un semplice “aggiorna presto!”

 

Ringrazio tutti quelli che recensiscono, tutti quelli che leggono e tutti quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti, a venerdì prossimo!

 

 

RISPOSTE:

 

GinnyW: in effetti Harry non è mai passato inosservato, checché lui desideri XD. Spero davvero che questo capitolo di solo Harry e Tom abbia riscattato quelli precedenti e posso dirti che nei prossimi daranno meno spazio a personaggi secondari!

 

StellaMars: avevi ragione, la storia tra i due è andata avanti! Sono felice che ti sia piaciuta l’entrata della McGranitt, hai capito l’idea che volevo dare di lei e anche se non coprirà un gran ruolo in questa storia era un personaggio che non potevo fare a meno di introdurre. Ora però sarà bene che mi focalizzi sui due protagonisti, o prima o poi voi lettori mi falcerete XD.

 

KIA: grazie per aver aggiunto la fic ai tuoi preferiti! E per risponderti: le emozioni di Tom non sono facili da leggere (e le descrivo apposta così sibilline), ma ti posso dire che era sicuramente preoccupato che Harry ce l’avesse con lui!

 

Kagchan: ti posso assicurare che la lunghezza di questa fic sta spaventando la sua stessa autrice! E le Lemon? Diciamo solo che ne avevo già un paio in mente quando non avevo ancora cominciato nemmeno il primo capitolo ;)

 

Zafirya: ma figurati, non voglio pensare io a tutte le fic a cui non recensisco x pigrizia XD. Comunque si, Alden è fatto apposta per essere odiato e ricoprirà il ruolo adatto a tempo debito. Tom geloso? Noooo, ma dove! XD È una persona possessiva, si sa. :P

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Capitolo 17
*** Tradito ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 17/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 17.  Tradito

 

 

 

I tavoli erano già accesi di chiacchiere e risate quando Harry entrò in Sala Grande per la colazione. Aveva i capelli ancora leggermente bagnati dalla doccia che si era fatto poco prima e l’aria rifocillata e attiva che aveva sempre quando tornava da uno dei suoi allenamenti. Si diresse con sicurezza verso il tavolo di Serpeverde, avendo ormai smesso di confondersi e dirigersi verso quello di Grifondoro come gli era capitato nei primi giorni.

 

“Ehi Harry! Finalmente ti si vede, eri di nuovo a correre?” gli arrivò per prima la voce di Orion, appena si fu avvicinato.

 

Alle parole di Black anche Tom, sedutogli di fronte, si voltò, annuendo una volta in segno di saluto e mormorando semplicemente “Buongiorno Harry” per poi ritornare al suo caffè.

 

“Si, ero giù al Lago.” Rispose il ragazzo, continuando però a guardare il Prefetto. Sembrava che il litigio del giorno prima non fosse mai successo, ma con la capacità di Tom di mascherare le proprie emozioni, non si poteva mai sapere se fosse arrabbiato o no.

 

Quando però il Serpeverde si spostò leggermente a sinistra, in modo da lasciare uno spazio abbastanza largo sulla panca tra lui ed Eileen, Harry tirò un sospiro di sollievo che non sapeva nemmeno di aver trattenuto e gli si sedette di fianco, accettando grato l’invito. Non si era nemmeno reso conto fino a quel momento quanto lo avesse turbato il pensiero che Tom ce l’avesse avuta ancora con lui.

 

Orion squadrò con occhi lascivi il ragazzo mentre si sedeva. “Mmm, allenandoti ogni giorno devi essere davvero in gran forma… Tutti quei muscoli, sarebbero perfetti per– Ahia! Tom, ma perché l’hai fatto?” gemette il Serpeverde massaggiandosi uno stinco da sotto il tavolo, probabilmente in seguito ad un doloroso calcio, “Quidditch. Sarebbero perfetti per il Quidditch. Finì lanciando un’occhiata torva al Prefetto.

 

Tom non alzò nemmeno gli occhi dalla sua copia della Gazzetta del Profeta, limitandosi ad un piccolo ghigno tra sé e sé.

 

“Ehi, Orion non ha poi tutti i torti.” Si intromise Caleb masticando di gusto un toast alla marmellata, “Non avevi detto che giocavi prima di venire qua?”

 

Harry deglutì, cercando di prendere tempo versandosi una tazza di latte. “Si, ma niente di spettacolare… e poi giocavo come Cercatore e ci sei già te in squadra, Caleb: non voglio rubare il posto a nessuno.” Tentò di spiegare. La sua Firebolt avrebbe suscitato troppe domande e a giocare con una delle scope di quel tempo non si sarebbe mai sentito a proprio agio.

 

“Beh, peccato.” Si limitò a ribattere il biondino, forse non volendo approfondire il discorso visto che si metteva a rischio la sua posizione nella squadra.

 

Intanto, mentre tirava il secondo sospiro di sollievo della mattinata, Harry alzò lo sguardo verso gli altri tavoli, non riuscendo ancora ad abituarsi a vedere davanti a sé quello di Corvonero al posto della massa giallo-nera dei Tassorosso. Molti di loro avevano davvero un libro aperto di fianco alla propria tazza di tè, una cosa che Harry aveva sempre pensato essere solo uno stereotipo.

 

Facendo vagare distrattamente gli occhi però, una figura alla fine del tavolo attirò la sua attenzione: era Meredith, la ragazzina che aveva conosciuto in classe il giorno prima, seduta separata dagli altri da almeno un paio di posti, completamente sola. Teneva la testa abbassata, probabilmente per leggere anche lei un libro che teneva sulle proprie ginocchia, e di tanto in tanto dava un morso ad un toast triangolare.

 

Harry aggrottò le sopracciglia: cosa ci faceva seduta al capo più lontano del tavolo? Ora che si ricordava, anche a lezione si era avvicinato giusto perché l’aveva vista sola e in disparte, seduta in prima fila mentre gli altri chiacchieravano amabilmente tra amici.

 

“Scusa un secondo…” bofonchiò ad Orion, che aveva cominciato un discorso di cui non aveva ascoltato una sola parola, e si alzò diretto verso il tavolo di Corvonero.

 

Arrivato davanti al suo obbiettivo, si sedette con noncuranza nel posto di fronte alla ragazza, ignorando completamente i bisbigli che si stavano alzando nel vedere un Serpeverde sedersi al tavolo di un’altra Casa.

 

“Ehilà Meredith, che leggi di bello?” chiese allegramente per attirare l’attenzione dell’altra.

 

La ragazza alzò la testa di scatto e un’espressione sorpresa le si disegnò sul volto vedendo Harry, subito seguita dal suo caratteristico rossore sulle gote.

 

“Oh, io… cioè, ciao Harry…” balbettò con voce flebile, ma al sorriso incoraggiante di Harry continuò, “Leggevo questo libro,” Rispose tirando su sul tavolo uno spesso volume dall’aria consunta, “è sui Patronus, molto interessante. Poi visto che… cioè, avevi detto che me lo avresti insegnato…” arrossì ancora di più, “volevo portarmi un po’ avanti…”

 

“Oh, ma si, certo. Fai benissimo, anzi!” rispose il ragazzo sorpreso. In realtà si era completamente dimenticato di quella promessa e già stava cominciando a sentirsi in colpa.

 

Meredith abbassò gli occhi, ma si lasciò ad un timido sorriso. Poi, con uno sguardo leggermente più curioso – che le toglieva anche un po’ di quell’aria da bambina addosso – disse:

 

“Ehm, Harry? Non che non ti voglia… anzi, il contrario, ma ehm… perché sei qui? Cioè,” aggiunse all’occhiata interrogativa dell’altro, “questo non è il tuo tavolo, te ne sei accorto?”

 

Il ragazzo scrollò le spalle. “Ha importanza?” chiese, iniziando a mangiare, “Non c’è nessuna regola che vieta di sedersi ai tavoli delle altre case. Masticò rumorosamente i suoi cereali con aria pensosa, “Oh beh, forse c’è, o se no ci sarebbe di sicuro più macello, ma finché non do fastidio a nessuno non vedo cosa ci sia di male.”

 

Sebbene i Corvonero fossero famosi per seguire le regole a puntino, Meredith non fece altro che soppesare per un attimo le parole del compagno, prima di tornare ad addentare il suo toast.

 

“Piuttosto,” continuò Harry, “come mai sei seduta qui tutta da sola?”

 

La ragazza abbassò subito lo sguardo, ma più che un’espressione imbarazzata, quella che le attraversò il volto sembrava un misto tra tristezza e amarezza. “Io… non ho molti amici. Non c’è molta gente che mi trovi simpatica, ecco.

 

Harry assottigliò gli occhi e osservò il resto del tavolo di Corvonero: come sempre molti ripassavano, le ragazze ridacchiavano e qualcuno gli lanciava occhiate sospette, ma nessuno sembrava particolarmente curioso o preoccupato che il Serpeverde stesse parlando con una loro amica o compagna di classe.

 

“Meredith,” iniziò riportando l’attenzione sulla ragazza davanti a sé, “qual è il vero problema?”  le chiese con voce calma ma ferma.

 

Finalmente la Corvonero alzò gli occhi e, Harry fu sorpreso nel notare, non vi era ombra di insicurezza sul suo volto e le emozioni erano stampate in modo chiaro e deciso nei suoi occhi.

 

“Forse Serpeverde è la Casa degli ambiziosi,” rispose, “ma a Corvonero uno dei tratti più distintivi è sempre stata la competitività. A nessuno piace dover riconoscere che può esserci qualcuno migliore di lui, ed ogni pretesto è buono da usare come scusa.

 

Harry aggrottò le sopraciglia, confuso. Che cosa voleva dire con quello? Non c’era alcun motivo per cui la competitività avrebbe dovuto impedirle di farsi degli amici… Spalancò gli occhi quando la risposta lo colpì.

 

“È perché hai saltato due anni…” sussurrò e vide Meredith annuire mesta. Lanciò un’occhiataccia al resto del tavolo e notò con soddisfazione che molti si girarono per evitare il suo sguardo. “Ma non ha senso, i tuoi compagni degli anni passati… dovrebbero essere felici per te, non possono incolparti per essere più intelligente!” esclamò alla fine.

 

Meredith scosse la testa. “Ma nessuno ammetterà mai che io sia più brava di loro, sarò sempre solo la figlia del Professore che se ne approfitta per avere i privilegi che vuole. Potrei scoprire la cura all’Avada Kedavra e non sarà mai comunque merito mio, ma del fatto che sono la figlia del Professor Donill.

 

Harry sentì la rabbia montargli in corpo. Non era giusto, non era per niente giusto. Chi erano quelli per giudicare senza sapere, spinti solo dalla gelosia? Era come al tempo del Torneo Tremagli, quando Ron gli aveva voltato le spalle perché aveva pensato che fosse stato lui a mettere il proprio nome nel Calice. Si ricordava ancora come era stato orribile quel periodo, quando tutti lo credevano uno in cerca di attenzioni e fama e non capivano che avrebbe dato tutto per poter rimanere nell’ombra, come un ragazzo normale.

 

Alzò gli occhi con sguardo deciso. “Hai finito di mangiare?” le chiese improvvisamente. Alla sorpresa risposta affermativa, continuò “Bene, che cos’hai adesso?”

 

La ragazza sembrava sempre più disorientata. “Ehm, Erbologia, perché?”

 

Harry si alzò ed aggirò il fondo del tavolo per pararlesi davanti. “Perché,” rispose con la punta di un sorriso prendendole la borsa da terra, “io non ho bisogno che i miei amici siano più stupidi di me per volergli bene.” Disse mettendosi la borsa della ragazza a tracolla, mentre lei lo guardava con occhi sgranati, “Per cui, Meredith, ora ti accompagno in classe.”

 

La Corvonero lasciò che la sorpresa le si dipinse sul volto solo per qualche altro istante, prima di illuminarsi in un vero sorriso e annuire. Non servivano sempre le parole per esprimere la gratitudine.

 

Mentre la Sala Grande si riempiva di mormorii nel vedere un Serpeverde e un Corvonero alzarsi dal tavolo insieme, c’era almeno una persona che sembrava propensa a fare più che limitarsi a spettegolare.

 

“Harry!”

 

L’indirizzato si voltò quando era ormai alle porte della Sala e vide Tom alzarsi dal tavolo e dirigersi con passo svelto verso di loro.

 

“Tom, cosa c’è? Vuoi venire con noi?” chiese sinceramente disponibile il ragazzo, una volta che il Prefetto li ebbe raggiunti.

 

L’altro Serpeverde non rispose subito, forse leggermente spiazzato da quell’invito, ma si riprese in fretta. “Dove stai andando?” chiese, assottigliando gli occhi in direzione di Meredith, “E soprattutto con chi?”

 

“Sto accompagnando Meredith ad Erbologia… oh, vero, che idiota: Tom, questa è Meredith Donill. Meredith, sono sicura che tu già lo conosca, ma lui è Tom Ridde. Presentò i suoi due compagni.

 

Tom non perse lo sguardo gelido e continuò a squadrare la ragazza con diffidenza. Harry non capiva da dove venisse tutta quell’avversione, ma quando si voltò verso Meredith, dovette trattenersi dallo sventolargli una mano davanti alla faccia. La ragazza aveva gli occhi spalancati e stava guardando Tom come se stesse vedendo una specie di superstar. Ogni tanto si dimenticava quanto fosse ammirato il Prefetto da quelle parti.

 

“Ehm, Mere…” gli sussurrò, tirandole una gomitata per svegliarla. Al colpo del gomito di Harry la Corvonero sembrò riprendersi e, subito dopo essersi resa conto del suo comportamento, arrossì furiosamente ed abbassò la testa mortificata.

 

“Harry,” riprese Tom come nulla fosse, “mi spieghi perché stai accompagnando questa Corvonero a lezione?”

 

“Perché è una mia amica.” Gli rispose l’altro lanciandogli un’occhiata di ammonimento, “E in ogni caso le serre sono sulla strada per Cura delle Creature Magiche, no? Quindi, vieni anche tu o vuoi restare qui ad aspettare Orion?” chiese di nuovo.

 

Tom non rispose, limitandosi ad incrociare le braccia al petto. Lanciò un breve sguardo al tavolo di Serpeverde, dove Orion si stava esibendo nell’imitazione del tricheco con un paio di grissini e voltò la testa con aria disgustata.

 

Harry a quanto pare però, non aveva così tanta voglia di aspettare, per cui prese a braccetto uno sbigottito Tom e con un “Ho deciso io, vieni con noi.” lo trascinò fuori dalla Sala Grande, di fianco ad una Corvonero divertita e agli sguardi di tutti gli altri studenti, che mormoravano stupefatti tra di loro su quello strano nuovo studente.

 

 

 

 

“A che stai pensando?” chiese Harry, mentre lui e Tom attraversavano tranquillamente il parco di Hogwarts.

 

Avevano appena lasciato Meredith alla Serra numero 3 ed ora si stavano incamminando verso il limitare della Foresta Proibita, dove si doveva svolgere la lezione di Cura delle Creature Magiche.

 

Il Serpeverde alzò lo sguardo verso l’alto e mise le mani in tasca con noncuranza, senza rispondere. Poi, in fine, si voltò verso Harry.

 

“A te.” Disse con l’accenno di un ghigno.

 

Senza capirne il motivo, Harry si ritrovò ad arrossire a quella semplice risposta. E ad arrabbiarsi con se stesso per il fatto di essere arrossito e arrossire ancora di più per la figura imbarazzante che di sicuro stava facendo. Quando però rialzò gli occhi verso Tom, vide che il ragazzo stava semplicemente continuando a ghignare.

 

“Stai ancora cercando di scoprire la mia identità?” chiese infine, riprendendosi.

 

“Si” rispose prontamente il Prefetto, “… e no. Aggiunse poi, allargando il suo ghigno.

 

Harry aggrottò le sopraciglia. Che intendeva con quello? Che stesse pian piano rinunciando nell’intento? Non era da Tom…

 

Strano, da quando lo conosci così bene da pensare di poter prevedere i suoi modi di fare?

 

Ignorando la fastidiosa vocina nella sua testa, chiese confuso “Che cosa vuoi dire?”

 

Il Serpeverde gli lanciò un’occhiata divertita e Harry dovette ammettere che non trovava più tanto strano vedere il ragazzo esprimere dei sentimenti positivi, vederlo ridere tanto quanto odiare. In quelle poche settimane che aveva condiviso con lui si era accorto quanto fosse davvero anche un ragazzo normale.

 

Solo molto, molto di più.

 

“Voglio ancora sapere chi sei,” arrivò la risposta di Tom, “ma non solo cognome, provenienza o motivazioni.”

 

Si fermò, ed Harry si trovò a fermarsi a sua volta sotto la sola forza dello sguardo dell’altro. Gli occhi neri così aperti non li aveva mai visti.

 

“Sei… una persona interessante, Harry.” continuò il moretto, “Io conosco tutti in questa scuola – o per lo meno, tutti quelli che contano – e so esattamente ciò che ciascuno di loro vuole.”

 

Riprese a camminare, alzando gli occhi verso il cielo, in un atteggiamento che della sua solita freddezza non aveva nulla.

 

“Tutti vogliono qualcosa, è la legge più vecchia del mondo. Di te però, Harry… non so cosa vuoi. Disse con un sospiro, mostrando quanto ci avesse riflettuto sopra. “Tu sei venuto qua, non so da dove, non so come e non so perché, ma sei venuto qua e hai accettato di lasciarti avvicinare, di lasciarti conoscere appena te l’ho chiesto. Lanciò un’occhiata all’ex-Grifone, “E non hai chiesto niente in cambio.

 

Harry trattenne un mezzo respiro. “Ma non è vero, tu mi hai dato i documenti per poter frequentare la scuola, senza quelli non–

 

Ma Tom lo interruppe con un verso spazientito.

 

“Quei documenti servivano tanto a te quanto a me. Sei stato proprio tu a dirmi che non ti avrei più rivisto se non fossi entrato ad Hogwarts come studente. Non si può certo dire che ti abbia ripagato solo con quello.

 

Harry lasciò andare un lungo sospiro. Avrebbe potuto raggirare la domanda, avrebbe potuto inventare una scusa, avrebbe potuto semplicemente dire che non poteva rispondere, ma era così stanco di tutti quei giochi, di tutte quelle bugie. Voleva che tutto fosse semplice per una volta, che potesse essere amico di Tom senza che il suo passato o il suo futuro si mettessero in mezzo.

 

‘Ma non potrà mai essere semplice, non quando lui è Tom Riddle e io sono Harry Potter.’ Pensò con amarezza.

 

Ma questo era il presente: lui si chiamava Harry Evans e l’altro… l’altro era semplicemente Tom. Era vero, sarebbe diventato Voldemort in un futuro ora lontano, ma per questo doveva forse buttare via questa unica, irripetibile occasione di conoscere una persona tanto speciale? Il fatto che sarebbe diventato un mostro, non rendeva ancora più urgente il bisogno di conoscere ora, in quelle troppo brevi settimane, ciò che sarebbe andato irrimediabilmente perso?

 

‘Non mi fido di Voldemort, non mi fido di ciò che Tom diventerà, ma ora…’

 

Ora mi fido di Tom.

 

“E se ti dicessi che non voglio nulla in cambio?”

 

Il Serpeverde assunse un’aria scettica. “Tutti vogliono qualcosa in cambio. Do ut des: è la prima cosa che imparano i bambini dopo camminare e parlare.

 

‘Io invece ho imparato a friggere uova e pancetta per i Dursley, vedi un po’ te.’ Pensò Harry alzando mentalmente gli occhi al cielo.

 

“Beh, forse invece ci sono delle persone che sanno dare senza aver bisogno ricevere. Che sono disposte a fare questo sacrificio… anzi, non lo vedono nemmeno come un sacrificio, ma sono contente di farlo.”

 

“Direi che sono dei folli, degli illusi.” Rispose prontamente l’altro.

 

Harry si fermò e fissò negli occhi il ragazzo di fianco a se, con un’espressione pacata ma decisa sul suo volto. “Allora sono un folle e sono un illuso, perché ti sto proprio offrendo la mia amicizia senza chiederti nulla in cambio.

 

Tom gli rivolse uno sguardo sorpreso e sui suoi occhi si poteva quasi scorgere una parola continuare a vorticare in superficie: amicizia.

 

Harry, intuendo i pensieri dell’altro, aggiunse. “Lo sai che Orion è un tuo amico.

 

“Io non–

 

“No,” lo interruppe, “non ho detto che tu ed Orion siete amici, ho detto che Orion è un tuo amico. C’è differenza: lo è e lo sarà, che tu lo voglia o meno.” Guardò gli occhi neri tentare di negare quelle parole, ma infine accettarne tacitamente l’evidenza. “Ed è quello che voglio essere io, è quello che sarò anch’io. Vuoi che ti chieda per forza qualcosa? Bene, chiedo che tu mi permetta di esserlo.

 

Tom rimase a guardarlo per qualche secondo, senza che si potesse individuare alcun’emozione precisa sul suo viso, da quante erano ad attraversargli lo sguardo. Poi cosse la testa.

 

“Come tu possa essere a Serpeverde, non smetterò mai di domandarmelo. Disse, e un piccolo sorriso gli si delineò agli angoli della bocca.

 

Un enorme sorriso si aprì sul volto di Harry e un sorprendente calore gli si accese nel petto. Non riusciva a capire perché si sentisse tanto felice da quella risposta, ma sentiva semplicemente che non poteva che essere stata quella giusta.

 

Quand’è che era passato dal volerlo uccidere al non volersene separare? Da quando Tom era diventato così importante? Ma soprattutto…

 

Da quando non gliene fregava più niente, fintanto che gli era vicino?

 

“Devo ricordarti che mi ci ha messo il Cappello, proprio come a te. Ribatté ridendo, mentre riprendevano a camminare verso la Foresta.

 

“Resta il fatto che ti comporti come un Grifondoro.

 

“Ehi! Non c’è nulla di male in Grifondoro!”

 

Tom alzò un sopracciglio. “Immagino tu non voglia dirmi come mai ti offendi tanto nel sentir qualcuno insultare i Grifondoro, giusto?”

 

Ma nemmeno le domande inquisitorie di Tom potevano togliergli il buon umore. “Nada.” Rispose con un ghigno.

 

Poi, lanciando un ultimo sorrisetto al Serpeverde, urlò “A chi arriva primo!” e partì in una corsa improvvisata verso il gruppo appena visibile della classe che aspettava l’inizio della lezione.

 

“Grifondoro…” borbottò appena Tom, prima di lanciarsi all’inseguimento.

 

 

 

 

Orion si guardò intorno, alla ricerca degli unici due Serpeverde che non erano ancora presenti all’appello. Fortuna che il Prof era in ritardo, o sarebbe stata la prima volta che la loro Casa perdeva dei punti per colpa di Tom. Si guardò intorno, osservando la classe: Cura delle Creature Magiche era con i Grifondoro, ma dopo i G.U.F.O. non erano più così tanti gli studenti che frequentavano quella classe.

 

Risate e rumore di passi in corsa lo fecero voltare in direzione del castello. ‘Finalmente!’ pensò irritato vedendo Harry e Tom arrivare, ma tutta l’irritazione scivolò via non appena si trovò ad osservare meglio il paio.

 

Harry si era appena fermato da quella che sembrava essere stata una folle corsa, con il fiatone e le guance arrossate dallo sforzo, e Tom gli era subito dietro – Tom! Quello sempre composto in qualunque cosa facesse – rallentando ora che l’altro si era fermato. E stavano ridendo, entrambi! Gli occhi nocciola di Harry brillavano e il volto era aperto in una chiara risata, le ultime tracce di euforia per la corsa ancora visibili, mentre Tom…

 

Dio, Tom

 

Stava sorridendo. No anzi, ridendo, senza alcuna traccia di ghigno. Mostrava una perfetta fila di denti bianchi e due piccole fossette, che Orion non sapeva nemmeno esistessero, gli si erano delineate ai lati della bocca, mentre negli occhi neri non si riusciva più a scorgere traccia della sua maschera di freddezza.

 

Era semplicemente stupendo.

 

Vide il Prefetto fermarsi di fianco al compagno una volta che lo ebbe raggiunto ed Harry aggrapparsi al suo braccio per riprendere fiato. E Tom lo lasciò fare! Anzi, gli raccolse la borsa che gli era caduta per terra e se la caricò su una spalla, continuando a chiacchierare. E pensare che Orion non era mai riuscito a dargli di più di una pacca sulla spalla…

 

Scosse la testa da quei pensieri e si concentrò sui due che si facevano sempre più vicini, tanto che poteva cominciare a sentire cosa si stavano dicendo.

 

“…sto! Non sei poi così in forma, eh Tom? Vedi cosa succede a disdegnare il Quidditch!” sentì Harry scherzare e tirargli un leggero pugno su una spalla.

 

“Primo, sei partito in anticipo, e secondo, ero appena di un metro dietro di te. Rispose Tom senza scomporsi, con un’espressione divertita sul volto. “E dubito che il Quidditch centri qualcosa, quando si parla del pazzo che si sveglia ogni mattina alle sei per correre intorno al lago.

 

L’ex-Grifondoro gli lanciò un’occhiataccia. “Questo era un colpo basso. Non c’è nulla di male nel volersi tenere allenati!”

 

Quello che fece Tom a quel punto lasciò Orion letteralmente a bocca aperta, perché il prefetto si fermò, squadrando da cima a fondo Harry con un piccolo ghigno stampato in faccia e disse: “Hai ragione, non c’è davvero nulla di male.

 

Poi si voltò, non vedendo quindi il rossore che si era steso sulle guance dell’altro ragazzo, particolare che invece ad Orion non era per niente sfuggito. Decise che era ora di riportare i due piccioncini con i piedi per terra.

 

“Ehi, voi due! Alla buon ora!” urlò in direzione dei due ragazzi.

 

Come previsto Harry si affrettò ad avvicinarsi e salutarlo, mentre Tom rialzava un buon numero delle sue difese, ricostruendo la sua raffinata maschera gelida.

 

“Scusa, ma abbiamo accompagnato Meredith ad Erbologia. Rispose subito Harry, “Il Professore si è arrabbiato?”

 

“No, in realtà non è ancora qua ma –” stava rispondendo Orion, ma la voce di una ragazza nel gruppo lo interruppe.

 

“Ragazzi! Scamandro ha detto di raggiungerlo tutti dietro la capanna del Guardacaccia!” urlò alla classe e tutti si affrettarono a raccogliere le proprie borse ed incamminarsi.

 

“Cos’avrà preparato questa volta quel pazzo…” borbottò Tom, mentre seguivano gli altri compagni di classe verso la capanna.

 

Quando raggiunsero finalmente il retro della piccola abitazione, Harry vide per la prima volta il professore di Cura delle Creature Magiche: era un ometto basso e mingherlino, con una zazzera di capelli rosso scuro e vivaci occhi neri. Pian piano che gli studenti si avvicinavano sembrava animarsi sempre di più, facendo dardeggiare lo sguardo da un volto all’altro. Ad Harry ricordava vagamente un elfo o un folletto.

 

Solo quando tutti si furono raggruppati e il Prof ebbe fatto un passo avanti per venire incontro agli alunni Harry notò la decina di casse stese sull’erba alle spalle del professore.

 

“Benvenuti, benvenuti ragazzi!” indirizzò la classe l’uomo, con una voce meno acuta di quanto Harry non si fosse aspettato.

 

I ragazzi risposero con un mormorio di “Buongiorno. ma la maggior parte dei bisbigli riguardavano le casse a qualche metro da loro. E Harry avrebbe giurato di aver sentito pure qualcuno lamentarsi della mancanza di luce, ma non riusciva davvero a capire cosa volesse dire vista la giornata mediamente limpida.

 

“Oggi ho pensato di portarvi qualcosa di speciale e vi chiedo quindi di fare attenzione se volete evitare spiacevoli incidenti. E detto questo si voltò e si accucciò davanti ad una delle casse, alla quale tolse il coperchio e infilò le mani dentro.

 

Oh, luce ffinalmente!” disse una voce di cui Harry non riuscì a capire la provenienza, fino a quando il Prof non si voltò, tenendo attorcigliato al braccio un lungo serpente a tre teste.

 

Era di un arancione grigiastro a strisce nere e le tre teste ondeggiavano fuori sincro facendo saettare in avanti le rosse lingue biforcute. Quella di sinistra si guardava intorno curiosa, studiando l’ambiente e le persone intorno a lei, quella al centro era ferma immobile, con gli occhietti aperti in un’espressione sognante, mentre quella di destra sibilava irata, scoprendo le lunghe zanne.

 

“Questo, come alcuni di voi hanno già capito, è un Runespoor. Cominciò il professore accarezzando leggermente la testa centrale, “Chi sa dirmi qual è l’unica testa velenosa?”

 

Mentre un ragazzo di Grifondoro rispondeva, Harry ascoltava divertito le minacce di morte della testa di destra e pensò che anche senza saperlo non ci sarebbe voluto un genio per capire quale delle tre sarebbe stato meglio evitare. Distratto nel sentire tutti i sibili provenire dalle casse, seguì appena la spiegazione – qualcosa a proposito di due teste che si coalizzavano per staccare a morsi l’altra – e solo quando il Prof ebbe riposto il Runespoor nella propria cassa tornò a prestare attenzione.

 

“Allora ragazzi, ho soltanto sette esemplari qua con me e voi siete in undici: formate quattro coppie e i tre restanti prenderanno un Runespoor ciascuno. Quando va sarete sistemati, mettetevi in fila qua davanti che vi darò il vostro serpente. Dette direttive il Prof, prima di tornare alle sue casse.

 

Fruscii di gente che si spostava e mormorii si propagarono per qualche secondo, mentre tutti cercavano di trovare un compagno.

 

“Beh, Harry, visto che il Tom qua presente se la sa cavare benissimo da solo con i serpenti, direi di lasciargli a lui l’esemplare solitario. Disse Orion rivolgendosi al ragazzo, “Fai coppia con me, allora?”

 

Ma Harry stupì entrambi i due amici scuotendo la testa. “No, grazie. Preferirei anch’io tenerne uno per me. Rispose con un piccolo sorrisetto, “Anch’io non me la cavo male.

 

Tom assottigliò gli occhi: “Non mi sembravi troppo a tuo agio quando ti ho presentato Nagini. Anzi, ti avrei quasi detto spaventato.”

 

L’ex-Grifondoro voltò la testa dall’altra parte: beh, con Nagini era stato diverso, erano stati solo lui e Tom, mentre ora c’era un sacco di altra gente, e se si fosse trovato a parlare in Serpentese l’avrebbero tutti sentito come un sibilo proveniente dai serpenti. Se avesse parlato a bassa voce, nemmeno Tom si sarebbe accorto della differenza.

 

“No, ero solo molto stanco quella sera,” cercò una scusa Harry, “non sono certo i serpenti a farmi paura.”

 

Il Prefetto non abbandonò l’aria sospettosa, ma scrollò le spalle e si avviò verso la coda, mentre Orion si appaiava ad Eileen. Aspettarono il loro turno in fila, fino a ché, arrivato a circa metà, il Professore non si fermò.

 

“Oh, due degli esemplari hanno ancora la testa destra… C’è per caso qualche volontario? È l’unica ad avere zanne avvelenate, e il suo morso è estremamente pericoloso, quindi va trattata con estrema cautela. Se nessuno se la sente, li lascerò nelle casse e formeremo un gruppo da tre. Spiegò, osservando attentamente la classe, “Qualcuno si offre?”

 

Tom e Harry alzarono in contemporanea le mani. “Io.”

 

Per qualche motivo, allo sguardo shockato che gli rivolse il Serpeverde, Harry si sentì particolarmente compiaciuto, forse solo per essere riuscito a rompere nuovamente la maschera che il Prefetto aveva prontamente indossato non appena avevano raggiunto gli altri.

 

Ritornò coi piedi per terra quando l’altro ragazzo gli prese il braccio in una stretta dolorosa.

 

“Quegli animali sono davvero pericolosi se non sai come trattarli. Sibilò tra i denti Tom, inchiodandolo con uno sguardo gelido, “Se lo stai facendo solo per far vedere che non hai paura, smettila immediatamente. Rischi davvero di farti male.

 

Tra l’irritazione per l’inutile ammonimento e un piacevole calore al pensiero che il Prefetto si preoccupasse per lui, Harry rimase senza risposta, ma liberò il braccio dalla presa dell’altro.

 

“Non sono un bambino e tu non sei mia madre. Gli rispose Harry acido, ma poi addolcì lo sguardo e con la mano con cui aveva strattonato il braccio di Tom per liberarsi strinse brevemente quella dell’altro. “So quello che faccio, fidati di me. Disse, prima di avvicinarsi al professore senza aspettare una risposta.

 

Quando il Runespoor gli venne posato sulle mani, non perse tempo ad attorcigliarglisi ad un braccio, mentre Harry trovava un posto leggermente in disparte dove portare a termine la lezione. Il compito non era particolarmente difficile: avevano una pila di topi morti e dovevano nutrire il serpente facendo in modo che tutte le teste ricevessero la stessa quantità di cibo, dovendo impedire le liti tra le tre bocche.

 

Vedendo che Tom era temporaneamente occupato a parlare con il professore, Harry indirizzò il serpente che aveva al braccio.

 

Ascoltate bene: vedete questo sacco di topi? È tutto per voi, a patto che stiate buoni e non litighiate.” Guardò la testa di destra che aveva ancora le zanne in bella mostra, “E non mordiate.

 

Un umano che parla la nossstra lingua?” rispose la testa di sinistra, quella pratica, “Sse ci darai davvero tutti quei topi, vedremo di non morderti, ma sstai attento a mantenere la tua parola.

 

Harry annuì, non fidandosi a rispondere ora che Tom era tornato nel gruppo, sedendosi non proprio vicino ma ancora abbastanza da essere a raggio di udito. Cominciò col prendere il primo topo e lasciarlo pendere dalla coda di fronte alla testa di destra – prima quella era occupata, meglio era – e la guardò affascinato aprire le mandibole snodabili ed ingoiarlo in un sol boccone. Ne raccattò un altro e lo diede a quella di sinistra, i cui sibili impazienti lo stavano innervosendo. Quando però sventolò il terzo topo di fronte alla testa centrale, quella non diede alcun cenno di vita.

 

Harry poggiò il topo a terra e la osservò attentamente. Non stava dormendo – gli occhi aperti escludevano quella possibilità – ma aveva un’aria leggermente incantata, come se stesse sognando ad occhi aperti. Il Prof non aveva per caso detto che quella centrale era la testa sognatrice? Beh, in qualche modo doveva risvegliarla da quel torpore. Gli schioccò un paio di volta le dita davanti al muso, proprio come avrebbe fatto con un essere umano.

 

Senza alcun preavviso, la testa si risvegliò e affondò le zanne nella sua mano.

 

Ahia! Ma perché l’hai fatto?!” esclamò arrabbiato.

 

Impallidì quando si rese conto di quello che aveva appena fatto.

 

Chiuse gli occhi, mentre il panico gli attanagliava le viscere. Non sentì nemmeno la testa sognatrice sibilare “Scusa, stavo sognando un coniglio succulento.”, mentre cercava in tutti i modi di non perdere la calma.

 

Probabilmente nessuno l’aveva visto parlare, ma sapeva, sapeva, che c’era almeno una persona che aveva sicuramente capito.

 

Lentamente, voltò la testa verso dove sapeva essere seduto Tom. Per quanto avesse potuto avere un’idea della possibile reazione del Prefetto, nulla lo preparò per lo sguardo scioccato, incredulo e tradito che si leggeva negli occhi nero inchiostro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.N.: O_O <----- questa è stata pressappoco la mia reazione dopo aver visto quante recensioni aveva ricevuto l’ultimo capitolo. Ragazzi vi adoro! Siete il pane delle mie giornate!

Il cap 16 aveva suscitato qualche domanda, alle quali cercherò di rispondere al meglio nelle risp alle recensioni. Ho visto inoltre che molti si aspettavano che Harry rispondesse a Nagini, ma per l’effetto giusto serviva qualcosa di più drammatico, non trovate? ;). A proposito di questo capitolo… Harry è nei guai, neh? :P

 

 

RISPOSTE:

 

Selene_90: spero ti sia piaciuto anche questo e come vedi Tom si avvicina alla verità ogni giorno di più!

 

Kagchan: eheh, spero che non dovrete aspettare troppo per le Lemon, ma si vedrà (non sono ancora insieme in effetti =_=). Nagini in ogni caso è un essere mooolto intelligente, di più non dico ;).

 

Bluking: diamine, sono onorata di averti iniziato a questa coppia! Spero che continuerai a seguire e ti appassionerai sempre di più: credimi, sono davvero un amore Harry e Tom insieme XD.

 

MORFEa: non preoccuparti! Sono contenta che tu recensisca in ogni caso. Grazie davvero per i complimenti, finisco sempre per arrossire davanti allo schermo ^^”! Ora ci troveremo davanti un bello scontro, chissà che verità salteranno fuori…. ;)

 

GinnyW: beh, non ci è riuscito troppo bene, no? XD Spero davvero che ti sia piaciuto anche questo cap!

 

Zafirya: sono contenta ti sia piaciuto e si, i due cominciano ad essere sempre più vicini (si vede anche in questo cap prima del casino con il Serpentese). Vediamo cosa farà adesso Tom! ^^

 

Zia Voldy: sono sempre contenta che ci sia sempre più gente a cui questa fic piace. Per rispondere alle tue domande: 1) Eh, lo so che sarebbe stato un bello sviluppo, ma come vedi mi serviva il colpo di scena di questo capitolo. 2) Qui non sono sicura se stai chiedendo perché Harry ha un aspetto diverso o perché si è tolto l’illusione davanti a Tom. In ogni caso spiego: Harry è sotto un incantesimo che modifica il suo aspetto, dandogli capelli castani e occhi nocciola, che porta sempre su di sé per evitare che nel futuro qualcuno si ricordi di lui col proprio aspetto. Tom, però, conosce già il suo vero aspetto, per cui non c’era alcun motivo per rifiutare la sua richiesta. Spero di aver risposto bene ^^ Continua a seguire!

 

Gokychan: XDDDDD sindrome di Sherlock Holmes! Ora speriamo non diventi il Mastino di Baskerville nella sua furia semmai!

 

KIA: grazie per la recensione! In ogni caso aggiorno ogni venerdì, né prima, né dopo. Nel caso debba saltare un aggiornamento, lo farò sapere in anticipo così da non creare troppi problemi ^^

 

Miss pink 87: la Lemon arriverà, stanne certa, ma ci sarà ancora qualche capitolo: ora non stanno nemmeno davvero insieme XD

 

Cesarina89: sono contenta che ti sia piaciuta e spero che continuerai a seguire!

 

RowanMayFlower: grazie mille! E come vedi, puntuale come ogni venerdì (anche se ad un oriario leggermente più tardo ^^”)

 

Pristina: grazie mille per i complimenti! A proposito di Tom: la sua personalità è molto complessa (è per questo che lo amiamo ;) ) e la presenza di Harry di sicuro lo sta sconvolgendo un po’. Sicuramente ora non sarà felice dopo gli ultimi risvolti, ma vedremo la sua reazione nel prossimo cap!

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Capitolo 18
*** Punti di Vista ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 18/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 18.  Punti di Vista

 

 

 

Il tempo sembrava essersi fermato in quei brevi istanti i cui i loro occhi rimasero incatenati, e sebbene Harry avrebbe fatto di tutto per poter distogliere lo sguardo, non ci riuscì in nessun modo. Sul volto di Tom si rincorrevano sorpresa, shock e incredulità, ma non era quello ciò che stava distruggendo Harry, ciò che gli stava togliendo l’aria dai polmoni. No, tutte quelle emozioni se le sarebbe aspettate.

 

Era lo sguardo ferito che gli stava rivolgendo.

 

Harry, con uno sforzo enorme, riuscì a strizzare gli occhi. Poteva quasi tradurre in parole tutto ciò che quello sguardo gli stava silenziosamente trasmettendo.

 

Come hai potuto tenermelo nascosto?

 

Come hai potuto non dirmelo?

 

E lui sapeva che non aveva potuto fare altrimenti, che non ci sarebbe stato modo di far sapere a Tom che era un Rettilofono senza dover rispondere a domande scomode, ma questo non gli impediva di pensare che qualunque reazione il Serpeverde avrebbe avuto, lui se la sarebbe meritata in pieno.

 

Tom non si fidava di nessuno, non lasciava nessuno avvicinarsi, poi sono arrivato io ad offrirgli la mia amicizia, a spingerlo ad aprirsi, a dargli una speranza.

 

E ora ho tradito la sua fiducia.

 

Riaprì gli occhi in quel momento e vide Tom ancora lì, con lo sguardo fisso su di lui. Si accorse vagamente che la ferita alla sua mano aveva cominciato a sanguinare, ma in quel momento non gliene sarebbe potuto fregare di meno perché, piano piano, una nuova emozione si stava facendo strada nello sguardo del Prefetto, sovrastando tutte le altre.

 

Rabbia.

 

Harry si alzò in piedi di scatto, attirando l’attenzione di molti dei presenti, Professore compreso.

 

“Professore, sono stato morso! Non è avvelenata, ma vorrei far vedere la ferita in Infermeria. Esclamò, e quasi senza aspettare il consenso dell’insegnante, ignorando i mormorii preoccupati di alcuni, si lanciò in una folle corsa in direzione del castello.

 

Mi odia, mi odia, mi odia.

 

Continuavano a vorticargli in testa quelle parole come un mantra, ed ogni volta che le ripeteva, era come se qualcosa di appuntito e affilato gli si stesse conficcando nel petto.

 

In men che non si dica si trovò davanti alle grandi porte della Sala d’Ingresso, a salire i gradini che lo avrebbero portato nell’atrio della scuola. Una volta entrato, si diresse istintivamente verso i sotterranei, con l’assurda idea di chiudersi camera e rimanerci per tutto il tempo necessario a formulare un piano.

 

Poi si ricordò che camera sua era prima di tutto camera di Tom.

 

Tom…

 

Cos’avrebbe fatto il Prefetto adesso? Avrebbe preteso delle spiegazioni sicuramente. Harry si trovò sorpreso nel trovarsi non tanto a pensare a come avrebbe potuto nascondere al meglio la verità…

 

…ma a quanto fosse disposto a rivelargli.

 

Si lasciò cadere contro una parete dei sotterranei, scivolando lentamente verso il terreno e chiudendo gli occhi. Dio, era cambiato così tanto da quando era arrivato nel passato…

 

La verità era che non voleva mentire a Tom, non voleva. Lì, dove nessuno lo additava come Il-Bambino-Che-È-Sopravvissuto, dove nessuno si aspettava che salvasse il mondo, dove nessuno faceva caso alla cicatrice sulla sua fronte, almeno lì, voleva avere una possibilità di sapere cosa volesse dire sentirsi libero dalle responsabilità.

 

Si, aveva una missione, ma per l’amor del cielo, era solo cercare un libro! Nessuna battaglia, nessun Horcrux, nessuna pressione: solo due mesi a disposizione per ricercare in biblioteca e vivere la vita di un normale diciassettenne.

 

Confronto a ciò che doveva passare nel presente era una favoletta. Senza dimenticarsi di Tom.

 

Che tipo di legame aveva con il Serpeverde? I contorni del loro rapporto erano diventati così sfuocati che Harry non riusciva più a delinearli. Gli aveva offerto la sua amicizia e Tom l’aveva accettata… ma poteva dire che fosse la stessa cosa con Ron o Hermione? No, decisamente no. E non solo per gli ovvi motivi, quali il futuro di Tom e il fatto che lo conoscesse da meno di un mese.

 

No, era qualcos’altro. Non era come con Ron, con cui poteva quasi palpare la profonda fiducia che scorreva tra di loro, quel senso di sicurezza nel sapere che sarebbe sempre stato al suo fianco, che si sarebbe sempre offerto come appoggio, qualunque cosa accadesse. Non era nemmeno come con Hermione, alla quale bastava uno sguardo per capire quando aveva un problema e di cosa avesse esattamente bisogno, sempre disponibile a risolvere qualunque situazione. E poi Ron aveva un temperamento infiammabile, era diretto e sincero, in pieno stile Grifondoro, e Hermione, pur avendo un po’ più di tatto di Ron, era anche lei schietta, fermamente convinta che i problemi dovessero essere affrontati di petto.

 

Con Tom era tutta un’altra cosa. C’era un’intensità in ogni loro azione nei confronti l’uno dell’altro che non era paragonabile a niente che Harry avesse mai sperimentato prima. Quel gioco pericoloso che stavano portando avanti, fatto di dubbi, segreti e supposizioni era qualcosa di elettrizzante, di vivo, e li stava legando in modi che il ragazzo non riusciva più a comprendere del tutto.

 

E proprio ora aveva dovuto rovinare tutto.

 

Il pensiero di doversi fronteggiare con Tom gli faceva venire i brividi. Che cosa gli avrebbe detto?

 

E se gli dicessi la verità, tutta la verità?

 

Il pensiero, seppur non del tutto nuovo, lo colse comunque di sorpresa. No, non poteva farlo, avrebbe rischiato troppo.

 

Eppure…

 

Eppure aveva già deciso che avrebbe cancellato i ricordi di Tom al momento in cui se ne sarebbe dovuto andare. C’era… non esattamente un incantesimo, ma un modo per far sì che il Serpeverde non si ricordasse di lui, senza dover subire gli effetti di un Oblivion. Era un trucchetto di Legilimanzia – pratica che Harry aveva scoperto riuscirgli molto meglio dell’Occlumanzia, sebbene non amasse nessuna delle due – che consisteva nell’entrare nella mente di qualcuno e scegliere con cura i ricordi da cancellare, rimuovendone solo delle parti.

 

In questo modo la persona non avrebbe avuto un intero vuoto di memoria del quale si sarebbe potuta insospettire, ma tanti piccolissimi buchi che la mente avrebbe colmato da sola tralasciandoli come non importanti, proprio come una persona normale non riesce a ricordare ogni singola cosa fatta o avvenuta in un giorno.

 

Ma se questo era quello che aveva intenzione di fare con Tom, che motivo aveva di continuare a nascondere la verità? Non poteva raccontare tutto e vivere a pieno quell’amicizia a cui inspiegabilmente teneva così tanto?

 

Inaspettatamente, la risposta gli arrivò al ricordo di quel fiotto di calore che il giorno prima gli era esploso dalla fronte, al leggero tocco di Tom. Era semplice come risposta, e con una risata amara Harry si chiese perché non ci aveva pensato subito dall’inizio.

 

Perché sarebbe diventato insopportabile doverlo lasciare, alla fine.

 

Si fece scappare una risatina isterica, mentre chiudeva gli occhi e si chiedeva perché non poteva esserci una sola, fottutissima cosa semplice nella sua vita. Era così stanco, che gli veniva quasi voglia di dormire…

 

Un piccolo allarme gli si accese in testa a quella stanchezza improvvisa e gli fece spalancare gli occhi. Per la prima volta da quando era rientrato riportò l’attenzione sulla sua ferita che – ora vedeva – non aveva smesso di sanguinare e dalla quale, lentamente ma costantemente, il sangue aveva continuato ad uscire, formando una piccola pozza al suo fianco.

 

Maledicendosi sotto voce, Harry si alzò in piedi, lottando contro il giramento di testa. Ci mancava solo che morisse dissanguato perché perso nei suoi pensieri: si stava già sentendo più affaticato e sapeva che quando le sue risorse fisiche si fossero esaurite, avrebbe automaticamente cominciato a consumare quelle magiche, cosa che avrebbe probabilmente portato alla scomparsa dell’illusione del suo travestimento.

 

Osservò attentamente i quattro piccoli fori provocati dal morso del serpente: aveva imparato un po’ di magia curativa durante il suo addestramento, ma consisteva per lo più nel guarire ossa rotte o lacerazioni, le ferite che era più probabile venissero inflitte in un combattimento. Di morsi di creature magiche non ne sapeva davvero niente. Sarebbe stato meglio recarsi seriamente in Infermeria per farselo curare.

 

Si staccò dalla parete e risalì la scala che usciva dai Sotterranei, stringendosi la mano al petto. Arrivato nella Sala d’Ingresso, si stava dirigendo verso la rampa che lo avrebbe portato ai piani superiori, quando con la coda dell’occhio vide qualcosa che lo fece bloccare sul posto. Voltò la testa verso le porte dell’ingresso e quello che vide non gli piacque affatto.

 

Caleb e Orion erano in piedi sull’uscio, chiacchierando allegramente, quando avrebbero dovuto essere ancora a Cura delle Creature Magiche. Harry spostò lo sguardo verso il grande orologio a pendolo appoggiato alla parete sinistra ed imprecò sottovoce: l’ora era già finita.

 

Con uno scatto si precipitò su per le scale, salendo i gradini due a due. Diamine, dov’era Tom allora? Non era tornato al dormitorio di Serpeverde, o lo avrebbe sicuramente visto passare, ma non era neppure lì con Orion e Caleb. Che fosse rimasto a parlare col Professore? Ne dubitava, non dopo quello che aveva fatto Harry… la cosa più probabile era che lo stesse cercando.

 

Doveva trovare il modo di raggiungere l’Infermeria senza farsi trovare. Sapeva che non avrebbe potuto evitare l’altro ragazzo a lungo, ma per lo meno voleva rimandare il confronto finché non si fosse fatto guarire la ferita alla mano.

 

C’era un passaggio segreto che lo avrebbe portato in quei paraggi, ma si trovava in un corridoio per lo più inutilizzato, nella parte est del secondo piano. Oltrepassò porte e arazzi, cercando di evitare gli studenti che uscivano dalle aule per avviarsi verso l’ora successiva. Pian piano che proseguiva, la strada si faceva sempre più deserta, segno che si stava avvicinando. Ecco, girato l’angolo, era proprio dietro quell’armatu–

 

Una fitta alla cicatrice lo fece bloccare di colpo, portandosi la mano sana alla fronte con un sibilo di dolore. Lentamente alzò la testa, sapendo già che cosa – o meglio chi – avrebbe visto davanti a sé.

E infatti a qualche metro di distanza, appoggiato al muro del corridoio, vi era Tom, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo gelido puntato su di Harry.

 

“Tom…” sussurrò appena la fitta acuta fu passata, lasciando solo un doloroso ma più debole pulsare.

 

Il ragazzo non disse nulla, ma assottigliò lo sguardo. Quegli occhi… se c’era qualcosa che stava facendo male ad Harry, molto più della cicatrice e della ferita alla mano, era vedere lo sguardo glaciale che gli stava rivolgendo, su un viso totalmente privo di emozioni, inespressivo. E pensare che era appena riuscito ad abbattere quei muri…

 

Harry.” Sibilò Tom, e questa volta l’ex Grifondoro riuscì immediatamente a distinguere in che lingua avesse parlato.

 

Distolse lo sguardo e voltò la testa da un lato, non volendo rispondere.

 

Cos’è, non dici niente ora?” continuò l’altro sempre in un basso e minaccioso sussurro, “Eppure sappiamo benissimo entrambi che mi puoi capire alla perfezione. Aggiunse avvicinandosi lentamente, come un grande felino che puntava la sua preda.

 

“Tom, ascolta, non–

 

Ma non finì nemmeno la frase, perché con appena due falcate il Serpeverde gli era arrivato davanti e lo aveva afferrato per la veste, spingendolo contro il muro del corridoio.

 

No Harry! Forse non ci siamo capiti: io ti sto parlando in Serpentese e tu mi rispondi in Serpentese, visto che è proprio quello il motivo per cui stiamo chiacchierando in questo momento.” Gli sibilò ad un centimetro dal viso, ma Harry strizzò gli occhi e non disse nulla, il dolore alla cicatrice e un pizzico di paura a riempirgli i sensi.

 

Rispondi!” gli urlò contro Tom schiacciandolo ancora di più contro il muro.

 

Va bene, va bene!” si arrese alla fine Harry, lottando contro il panico che gli stava affiorando in gola, “Ti rispondo.

 

Un sorriso che di piacevole non aveva assolutamente nulla si allargò sul volto del Serpeverde, trasformandogli il viso in una smorfia cattiva.

 

Ecco, ora va meglio. Adesso Harry, però, voglio che mi rispondi una volta per tutte: perché sei qui?” gli sussurrò ad un orecchio, “Sei dalla parte di quella pazza e malata famiglia? Sei venuto ad uccidermi, per caso?

 

Harry spalancò gli occhi sorpreso. Ma che diavolo stava dicendo? Famiglia malata? Ucciderlo?

 

Rispondi!” gli urlò contro Tom per la seconda volta.

 

Ma Harry non aveva la più pallida idea di che cosa stesse parlando e soprattutto non voleva aprire gli occhi e vedere due iridi rosso rubino contraccambiargli lo sguardo. Per cui stette fermo immobile, cercando di ignorare il dolore lancinante alla cicatrice e la paura di vedere Tom trasformato in quel modo, sentire la sua voce sibilare maligna, come aveva già sentito innumerevoli volte negli scontri con Voldemort.

 

Quando però sentì i pugni che gli stringevano i vestiti schiacciargli pericolosamente la gola, si decise a balbettare:

 

T-Tom… ti prego… n-non so di che parli…

 

Non mentirmi!” rispose irato Tom, “Esiste solo una linea di discendenti di Salzar Serpeverde e io ne sono l’unico erede. O almeno così credevo, prima di sentirti poco fa.

 

Discendenti? Salazar Serpeverde? Ma cosa c’entravano in quel momen… No, non avrà davvero pensato che io fossi…?

 

Quindi dimmi cosa hai intenzione di fare: chi ti ha mandato? Sei venuto fin qui per estirpare l’unica macchia mezzosangue nella linea dei Gaunt? E dire che ci avevo anche creduto a tutte le idiozie babbanofile che sparavi, mentre in tutto questo tempo stavi solo pensando a come uccidere il lurido Mezzosangue che infanga il nome di Serpeverde. Non è forse così?

 

“No!” urlò Harry, che raccogliendo le forze riuscì a spingere via il Serpeverde, “No, Tom, non è così! Io non sono un discendente di Serpeverde! Non abbiamo alcun legame di sangue noi due!” disse con voce supplicante, cercando disperatamente di far capire l’altro ragazzo.

 

Ma Tom non sembrava voler sentire ragioni. “Sei un Rettilofono! Come puoi continuare a mentire in questo modo anche in faccia alla realtà dei fatti!” rispose tagliente in Serpentese, gli occhi rosso ardente stretti in due fessure.

 

Harry scosse la testa frenetico. No, Tom doveva credergli, non poteva pensare che fosse venuto lì per ucciderlo, non poteva… non poteva odiarlo.

 

Ma cosa avrebbe detto?

 

“No Tom, non è vero! Cioè, io… io sono un Rettilofono è vero ma… ma non sono nato così! Cioè…” cercava in tutti i modi di trovare le parole e non era importante se fosse finito a rivelargli qualcosa, era essenziale solo che Tom gli credesse, “È un’abilità che ho acquisito dopo che… dopo che…” dopo che mi hai dato un pezzo della tua anima, pensò, ma non lo disse, limitandosi a scuotere nuovamente la testa.

 

Tom non disse nulla, ma dallo sguardo in quegli occhi rossi si vedeva benissimo che non si sarebbe accontentato di così poco.

 

“Credimi Tom, ti prego, ti scongiuro…” continuò Harry con voce supplichevole, alzando gli occhi sul volto dell’altro, “Io, ucciderti? Come potrei…? Non potrei mai, credimi… credimi, ti prego…”

 

Il Serpeverde ancora restò fermo, ma Harry, attraverso occhi appannati – e che cos’era che gli stava tanto offuscando la vista? – riuscì a scorgere piano piano le iridi tornare del loro colore naturale, nero pece.

 

Poi Tom tirò fuori la bacchetta, e Harry temette il peggio.

 

Medeor.” Sibilò il ragazzo.

 

Un intenso pizzicore alla mano sinistra gli fece ritornare l’attenzione verso la ferita dimenticata che, sotto ai suoi occhi, si cicatrizzò in pochi secondi. Voltò nuovamente la testa verso il Prefetto, uno sguardo sorpreso e speranzoso insieme negli occhi.

 

Ma l’espressione di Tom era indecifrabile. “Forse non stai mentendo, forse non sei qui per uccidermi. Ma non basta.” Disse con voce piatta, “Ti credo, Harry, ma è tutto ciò che avrai da me, d’ora in poi.

 

E detto quello, si voltò e si incamminò verso la fine del corridoio, sparendo dietro un angolo senza voltarsi nemmeno una volta.

 

Harry rimase lì stringendosi la mano guarita al petto, con la vista offuscata e le ultime parole dell’altro ragazzo a rimbombargli in testa.

 

Sentì qualcosa di caldo e bagnato cadergli sulla mano e quando abbassò la testa per guardare, vide una piccola goccia che gli scivolava giù dal palmo.

 

Ma non poteva essere una lacrima.

 

Era da troppo tempo che non ne versava una.

 

 

 

 

Meredith si trovava in Biblioteca, seduta al suo tavolo di studio preferito. Era una postazione che aveva scoperto all’inizio dell’anno scorso, quando era stata ammessa ai corsi di due anni più avanti: un grande scaffale la nascondeva dalla vista della bibliotecaria, ma lasciava libera la visuale sulla porta d’entrata. Visto che la Biblioteca era il posto dove passava più tempo – e lo sapevano benissimo anche i suoi compagni di Casa – le era stato sempre molto utile poter vedere per tempo le persone che entravano, così da poter evitare eventuali scocciatori.

 

Quando l’aveva scelto però, non aveva mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe visto Tom Riddle oltrepassare la soglia a grandi passi, con l’espressione più terribile che gli avesse mai visto sul volto.

 

La ragazza lo vide dirigersi a passo spedito verso l’area est della Biblioteca, quella contenente il reparto di Storia della Magia e, senza pensarci troppo, raccolse i suoi libri e lo seguì silenziosamente. Il Serpeverde era andato dritto verso gli scaffali di Storia delle Arti Oscure, fermandosi per qualche secondo davanti al reparto di Genealogia.

 

La Corvonero osservò con un certo timore l’espressione sul suo viso: non lo aveva mai visto con uno sguardo tanto gelido, o meglio, forse solo qualche volta quando lo aveva incontrato per i corridoi, ma non da un bel po’ di tempo, almeno non da quando Harry Evans aveva fatto la sua comparsa ad Hogwarts.

 

Harry.

 

Meredith non era stupida – non per niente era a Corvonero – e aveva notato, come molti altri nella scuola, il cambiamento improvviso nel comportamento del Prefetto di Serpeverde. Forse sarebbe sembrato strano visto che non ci aveva mai parlato, ma Tom Riddle era praticamente famoso ad Hogwarts e in tanti non lo perdevano di vista nemmeno un secondo, sapendo bene quale peso avesse nelle politiche della scuola.

 

Meredith era brava ad osservare, e si era sempre trovata affascinata dalla figura del Serpeverde: studente modello, bello e affascinante, carismatico con i professori ma distante da tutti, apparentemente senza amici se non si voleva contare Black e Principe che gli ronzavano intorno continuamente, senza però suscitare un gran riguardo da parte del ragazzo.

 

Per cui quando Tom aveva iniziato a cambiare in modo così drastico i suoi modi di fare, quasi tutti si erano messi immediatamente all’erta, piuttosto confusi da quell’improvvisa trasformazione. E qualcuno era anche riuscito a notare la persona intorno alla quale sembrava essere incentrato tutto: Harry Evans.

 

Adesso, osservando Tom, Meredith era giunta all’unica conclusione ovvia per una mente logica: qualunque cosa fosse successa al Serpeverde, di sicuro centrava in qualche modo con Harry.

 

Intanto il Prefetto si era seduto ad un tavolo con un paio di libri al seguito, dei quali stava voltando le pagine con movimenti rigidi della mano. La ragazza prese coraggio – un coraggio dettato solo dal fatto di averci già parlato quella mattina, prima di Erbologia – e si avvicinò al tavolo.

 

Quando appoggiò i propri libri davanti al ragazzo, quello alzò gli occhi e per un attimo, appena il suo sguardo incontrò il volto di Meredith, un lampo di sorpresa gli attraversò le iridi nere, prima che qualunque emozione tornasse ad essere chiusa a chiave dietro la sua maschera.

 

“Tom.” Lo salutò lei, maledicendo internamente la sua goffaggine quando sentì la voce flebile con cui gli era uscito il nome dell’altro. Ma non poteva farci nulla: nonostante Harry li avesse avvicinati, per lei parlare con Tom Riddle era ancora come parlare con una specie di Vip, qualcuno fatto per essere ammirato da lontano ma impossibile da avvicinare.

 

Il ragazzo le lanciò uno sguardo calcolatore e in qualche modo sospettoso. “Meredith.” Rispose infine, e la Corvonero ne approfittò per sederglisi di fronte.

 

Tom alzò un sopracciglio. “Per caso i tutti gli altri tavoli sono stati occupati? Non mi sembrava così affollata la Biblioteca.

 

Meredith arrossì ed abbassò lo sguardo a disagio. Ma cosa le era venuto in mente di piombare lì in quel modo? Ci aveva parlato per appena dieci minuti quella mattina e già si stava rivolgendo a lui con così tanta confidenza. E se non fosse stato per Harry non ne avrebbe mai avuto il coraggio.

 

Ma era assolutamente certa che l’umore nero del Serpeverde poteva essere ricollegato solo a Harry e se gli era successo qualcosa, aveva il diritto di saperlo.

 

“No, io… volevo sapere… se era successo qualcosa a Harry, tutto qua. Rispose impacciata.

 

Avrebbe potuto giurare che la temperatura fosse calata di almeno dieci gradi a seguito delle sue parole. Sicuramente lo sguardo che le stava lanciando Tom le stava facendo venire i brividi, anche se non erano brividi di freddo.

 

“E perché mai” sibilò il Prefetto, “dovrebbe essergli successo qualcosa?”

 

Meredith deglutì. “Non-non lo so, io…” balbettò un attimo. Poi, ricomponendosi, riprese con più decisione, “Senti, io… sono solo brava ad osservare, ecco tutto. Ti ho visto così e… voglio solo sapere se Harry sta bene, nient’altro. Finì, cercando di sostenere lo sguardo dell’altro.

 

Tom la guardò per qualche altro secondo, poi la sorprese con un verso di scherno. “Mpf, puoi stare tranquilla allora, non è successo assolutamente niente a lui.

 

L’enfasi sulle ultime due parole la lasciò un po’ spiazzata. Se Harry stava bene, cos’era che aveva tanto disturbato il Prefetto? Da come ne aveva parlato sembrava quasi che avessero… litigato. Ma su cosa? Meredith osservò i libri che il Serpeverde aveva sparso sul tavolo: riuscì a leggere solo alcuni titoli, ma furono sufficienti per farsi un’idea di ciò che stesse ricercando.

 

“Come mai stai facendo ricerche sul Serpentese? Pensavo che proprio tu tra tutti… cioè, non è che tu ne abbia bisogno…” chiese timidamente.

 

Lo sguardo sospettoso di Tom fu prevedibile: giravano molte voci sul suo conto, prima tra tutte proprio quella che fosse capace di parlare la lingua dei serpenti. Non era mai stato confermato, ma Meredith aveva avuto la fortuna, un giorno, di assistere al Prefetto parlare con una vipera ai margini della Foresta Proibita, mentre stava tornando da Cura delle Creature Magiche.

 

“Parlavi seriamente,” disse Tom, “quando dicevi che sei brava ad osservare.” Alzò un sopracciglio, “Come fai a sapere che sono un Rettilofono?”

 

Meredith scrollò le spalle, cercando di mostrarsi noncurante. “Lo dicono tutti in giro. Rispose.

Il sopracciglio non si abbassò, “Non hai risposto alla mia domanda.

 

La ragazza abbassò lo sguardo e arrossì, “Io… ti ho sentito, una volta. Non volevo spiare ma – cioè, non sapevo che eri tu, ho sentito dei sibili ed ero curiosa…” spiegò, torcendosi nervosamente le mani.

 

Per un po’ non sentì nulla, poi un fruscio di pagine le fece alzare nuovamente la testa: Tom era tornato a volgere la sua completa attenzione ai libri e sembrava essersi deciso ad ignorarla.  Ma lei non aveva ancora saputo cosa era successo tra lui e Harry.

 

“Quindi,” incominciò, cercando un appiglio per cavargli fuori ciò che voleva sentire, “come mai sei qui in Biblioteca, a fare ricerche sul Serpentese, tutto solo?”

 

Il Prefetto sollevò la testa dal tomo che aveva davanti e alzò nuovamente un sopracciglio, guardandola come se avesse appena detto qualcosa di estremamente stupido.

 

“E chi altri dovrei portarmi appresso? Sono l’unico Rettilofono di tutta la Gran Bretagna. Disse con tono irritato. Poi un’ombra gli oscurò il volto, e con voce molto più bassa – tanto che Meredith quasi non riuscì a sentirlo – mormorò tra se: “O almeno, così credevo.”

 

Qualcosa si accese nella mente della Corvonero a quell’ultimo sussurro, ma il collegamento che sentiva essere tanto vicino ancora le sfuggiva.

 

“No, certo. Solo… di solito sei sempre con Black, Alden… o Harry. Rispose lei con leggerezza, osservando attentamente la reazione dell’altro.

 

E come previsto, all’ultimo nome le spalle del Serpeverde si irrigidirono e Meredith trattenne un sorriso soddisfatto: come pensava, in quella storia Harry c’era dentro fino al collo.

 

“No, Black e Evans non li vedo da Cura delle Creature Magiche. Rispose Tom con voce gelida.

 

Era vero, si era dimenticata che avevano avuto Cura delle Creature Magiche loro, e dire che l’avevano anche accompagnata ad Erbologia sulla strada. Qualunque litigio avesse avuto luogo, doveva essere successo tra il momento in cui l’avevano lasciata e la fine della lezione, perché quando erano con lei di sicuro erano ancora in ottimi rapporti.

 

Diamine, sentiva la risposta alla distanza di un soffio. Che cosa era potuto succedere in quell’ora? Cura delle Creature Magiche… mmh, lei l’aveva avuta proprio due giorni prima: cos’è che avevano trattato? Ippogrifi? No, quelli erano stati la settimana scorsa. Runespoor? Si! Era stata la lezione sui Runespoor. Ma questo come l’aiutava?

 

E improvvisamente, come un grande pezzo di puzzle senza il quale la figura non avrebbe preso alcun significato, anche l’ultimo tassello trovò posto.

 

Serpentese. Genealogie. Harry. Runespoor.

 

O almeno, così credevo.

 

Trattenne un respiro scioccata. “Harry è un Rettilofono?!” esclamò senza sapersi trattenere.

 

L’espressione di puro sgomento sul volto di Tom fu impagabile, probabilmente un momento unico nella storia.

 

“Cos…? Ma come…? Come diavolo fai a saperlo?!” le chiese scioccato.

 

Meredith scrollò le spalle. “Ho fatto due più due. Rispose semplicemente, ma in realtà stava internamente gioendo per la conclusione raggiunta. Se c’era una sola cosa al mondo su cui sapeva di poter contare, era il suo intelletto.

 

Rimanevano comunque più domande che risposte. “Ma com’è possibile? L’ultima linea di Rettilofoni esistenti nel Regno Unito è risalibile solo a Salazar Serpeverde!”

 

Il Prefetto non rispose, si limitò ad osservarla con uno sguardo calcolatore. Dopo qualche secondo – nel quale Meredith si trovò ad arrossire sotto quello sguardo penetrante – il volto di Tom si distese in un’espressione più rilassata e la ragazza seppe di aver appena passato una qualche sorta di test.

 

“Immagino sia questo il motivo per cui sei a Corvonero.” Asserì. Poi indicò i libri aperti sul tavolo, “E per risponderti, era proprio quello su cui stavo ricercando.

 

Meredith annuì in direzione dei libri, poi, mordendosi leggermente un labbro, si tuffò nella questione più spinosa di tutta la faccenda, sapendo che parlare di questo con Tom Riddle era come camminare sopra un lago ghiacciato quando ormai il caldo della primavera era già alle porte.

 

“Immagino che tu l’abbia scoperto per sbaglio e che non sia stato Harry a dirtelo di sua spontanea volontà.

 

L’espressione di Tom a quelle parole si tramutò nuovamente in quella che aveva avuto quando aveva varcato le soglie della Biblioteca. Meredith lo vide serrare la mascella e stringere il pugno che teneva su uno dei volumi aperti, lo sguardo glaciale puntato su un punto imprecisato del tavolo, evidentemente ricordando un qualche accaduto.

 

“Avrebbe dovuto dirmelo,” sibilò con rabbia, e la Corvonero non era nemmeno più sicura che stesse parlando a lei, “avevo il diritto di saperlo.”

 

La ragazza tornò a torturarsi il labbro, ponderando bene le parole da dire. “Io… sono sicura che Harry abbia sbagliato a tacerti una cosa simile, ma –” rabbrividì allo sguardo che le lanciò Tom a quelma’, “– ma ho osservato Harry in quel poco tempo che ho passato con lui e sono sicura che tu hai avuto molte più occasioni di me di averlo vicino… beh, non si può certo dire che sia un ragazzo normale, no?”

 

Tom rimase zitto per qualche secondo e Meredith gli fu grata che stesse davvero soppesando la domanda e non liquidandola nella rabbia del momento. Non ci volle molto, comunque, perché rispondesse:

 

“No, non è un ragazzo normale. Ma questo non lo autorizza a mentirmi o a lasciarmi all’oscuro di cose che sarebbero un mio diritto sapere. Disse, sempre nel suo basso e irato sibilo. Anche se non l’avesse sentito con le proprie orecchie quel giorno, non le ci sarebbe voluto molto per crederlo un Rettilofono.

 

“Forse hai ragione, ma hai pensato al motivo per cui non te lo ha detto?” ribatté lei con voce calma.

Il Prefetto le lanciò un’occhiata irritata. “Che domanda idiota, certo che ci ho pensato.

 

“Allora dovrai ammettere che forse… forse non dipende da lui.” Finì Meredith tornando a mordersi il labbro inferiore, sperando che il ragazzo riuscisse a vedere il suo punto di vista.

 

Tom aggrottò per un secondo le sopracciglia. “Che cosa intendi dire?”

 

La Corvonero cominciò a sentire un po’ di impazienza: possibile che Riddle, uno degli studenti più brillanti della scuola, non ci fosse arrivato?

 

“Andiamo, l’hai visto! È sempre gentile con tutti e sembra tanto piccolo e indifeso, ma tanti hanno già capito che mettersi contro di lui sarebbe una pessima mossa. Sa evocare un Patronus! Mi ha detto che la sua materia preferita era Difesa, ma non basta a spiegare il suo potere. Cosa può mai aver suscitato il bisogno di imparare l’Expecto Patronum? E quello che ha fatto ad Alden il primo giorno? Non l’ha dimenticato nessuno, me compresa: non sono nemmeno riuscita a vederlo muoversi quando lo ha atterrato. Dimmi, quale normale ragazzo di sedici anni sa fare cose del genere?” Esclamò tutto d’un fiato.

 

Tom aveva un’aria pensierosa sul volto, ma ancora un’espressione perplessa. “E dove vorresti andare a parare con questo?”

 

“Sto cercando di dire” rispose Meredith con un sospiro, “che Harry è stato evidentemente addestrato per combattere.”

 

Il Prefetto sgranò gli occhi, ma l’espressione sorpresa fu presto sostituita dalla calma tipica di qualcuno che aveva appena realizzato qualcosa di molto ovvio. Aprì bocca per parlare e stava per rispondere quando il suono della campanella risuonò tra i muri.

 

Meredith, che aveva Incantesimi, cominciò a raccattare i libri dal tavolo, senza però abbandonare il discorso. “Non è piacevole da pensare, ma sono sicura che il Serpentese sia solo uno di tanti segreti che quel ragazzo sta nascondendo. Disse alzandosi, mentre si sistemava la borsa su una spalla. “E stando così le cose,” aggiunse guardando il Serpeverde negli occhi, “personalmente non sono sicura di volerli sapere.”

 

E detto quello, si voltò e si incamminò verso l’uscita, felice di aver avuto l’occasione di parlare faccia a faccia con Tom Riddle e sperando di aver lasciato il Prefetto più bendisposto nei confronti di Harry.

 

Almeno un pochino.

 

 

 

 

Orion stava scendendo una rampa di scale, grattandosi la testa con una mano con aria perplessa. Non aveva ben capito cosa fosse successo, solo che Harry era stato morso ed era corso in Infermeria. Ma lui era appena passato dall’Infermeria proprio per sapere se stava bene e l’Infermiera lo aveva cortesemente informato che nessun Harry Evans si era mai presentato.

 

Che avesse voluto passare dai Sotterranei prima di farsi curare la mano? Ma a quest’ora sarebbe dovuto essere già arrivato. O magari aveva incontrato Tom per strada e ci aveva pensato lui; quel ragazzo ne sapeva una più del diavolo, sicuramente guarire un piccolo morso non sarebbe stato un problema.

 

Eppure anche Tom si era comportato in un modo strano a lezione. L’espressione che aveva avuto sul viso… era come se avesse visto un fantasma. All’inizio Orion aveva pensato che si fosse solo preoccupato per Harry, ma qualcosa non quadrava.

 

Stava oltrepassando l’ennesima armatura, quando un’ombra attirò la sua attenzione. C’era l’entrata ad un angusto corridoio proprio alla sua sinistra e avrebbe giurato di aver visto qualcosa muoversi tra la penombra delle torce. Curioso, decise di avvicinarsi.

 

Più avanzava, più in effetti una figura si delineava nel cono di luce che una delle fiaccole appese al muro rifletteva sulla pietra del corridoio: era sicuramente uno studente vista la divisa e, benché ne vedesse solo il profilo, riuscì a distinguere una chioma disordinata di capelli nero inchiostro e la strana posa che teneva, con una mano stretta al petto.

 

Arrivato ad un paio di metri di distanza, cominciò a pensare che ci dovesse essere qualcosa che non andava, perché il ragazzo non solo non lo aveva sentito, ma era rimasto tutto il tempo immobile, con anche la testa voltata sempre nella stessa direzione.

 

“Ehi ragazzo, tutto bene?” chiese leggermente preoccupato, cercando di attirare l’attenzione dell’altro.

 

Quando il ragazzo si voltò, però, Orion non riuscì a credere ai propri occhi: era Harry.

 

Ma non era l’Harry che aveva conosciuto in quei giorni, con capelli castano chiaro e occhi nocciola, ma l’Harry di quando non sapeva ancora che si chiamasse Harry, quello che aveva visto per la prima volta correre intorno al lago all’alba, quello del disegno di Tom.

 

Questo Harry aveva i capelli più neri del carbone e due occhi… Dio, Tom aveva avuto ragione a dire che il bianco e il nero non gli rendevano giustizia. Un verde del genere non aveva parole per poter essere descritto.

 

Ma c’era qualcosa di estremamente storto, perché quegli occhi impossibilmente verdi, in quel momento, erano ricolmi di lacrime non ancora versate e solo un’unica, solitaria scia bagnata si era fatta strada sulla guancia sinistra.

 

“Orion…” sentì la voce spezzata del ragazzo sussurrare, ma il suo sguardo era rimasto vacante, tanto che il Serpeverde avrebbe pensato di non essere nemmeno stato visto, se non lo avesse sentito pronunciare il suo nome.

 

“Oh mio Dio, Harry!” gli si precipitò di fianco, “Che ti è successo?”

 

Ma il moretto non rispose, restando a fissare invece la mano che si stringeva al petto. Orion gli si piazzò davanti, prendendolo per le spalle.

 

“Ehi, Harry, mi senti?” gli chiese con una nota di panico nella voce, aspettando finché l’altro non ebbe alzato il viso, “Voglio che tu mi dica cosa ti è successo. Per caso il morso era velenoso? Non siamo lontani dall’Infermeria…”

 

Harry però scosse la testa. “No… Tom…” mormorò, ma sembrò incapace di continuare.

 

Un’ondata di panico investì Orion. “Tom? Che c’entra Tom? Gli è forse successo qualcosa?” cominciò a chiedere spaventato. Non riusciva a capire cosa avesse potuto provocare una reazione del genere in Harry: le lacrime, lo sguardo perso, l’espressione leggermente scioccata… che fosse davvero successo qualcosa al Prefetto?

 

Finalmente, però, il moretto sembrò riprendersi leggermente, perché sollevò le mani e le posò sulle braccia di Orion, ancora tese a stringergli le spalle con le mani. Poi alzò nuovamente il viso e il Serpeverde si trovò ad annegare in due pozze piangenti di giada.

 

“Tom… lui ha detto… ha detto…” incominciò con voce spezzata, mentre nuove lacrime gli si formavano ai bordi delle palpebre e scendevano in rivoli silenziosi sulle sue guance, “ha detto che non vuole avere più niente a che fare con me.”

 

Orion spalancò gli occhi, non potendo credere a quelle parole. Ma al primo singhiozzo che scosse il corpo del ragazzo davanti a sé, corse a stringerlo in un abbraccio rassicurante, unica fonte di conforto che poteva fornire al momento, visto che le parole lo avevano lasciato.

 

Tom aveva detto una cosa del genere? Quando? E perché? A Harry poi… no, non poteva crederci. Cosa era successo? Aveva queste e molte altre domande in testa, ma sapeva che non era quello il momento per porle, non con un Harry scosso dai singhiozzi che piangeva tra le sue braccia.

 

Sshh, Harry, non piangere dai.” Gli ripeteva con tono rassicurante.

 

E mentre cercava di tranquillizzarlo, soltanto un pensiero gli passò per la mente, oltre alle parole di conforto:

 

‘Tom, qualunque cosa tu abbia fatto, hai combinato davvero un bel casino.’

 

 

 

 

 

 

 

 

A.N.: vi ringrazio sempre per le tantissime recensioni che mi state lasciando, vi adoro! E per questo mi riesce ancora più difficile annunciarvi una brutta notizia: venerdì prossimo non potrò postare il capitolo 19.

Mi dispiace davvero, ma giuro che non è colpa mia! Problemi con il computer che ho dovuto portare a riparare, tanto che il capitolo di oggi è uscito solo perché ce l’avevo miracolosamente salvato su una chiavetta. Da quel che mi dicono non dovrebbe venir perso nessuno dei miei dati, ma non potrò rivederlo prima di lunedì prossimo =_=

Mi scuso ancora, tenete duro!

 

 

RISPOSTE:

 

GinnyW: diciamo che per ragioni diverse nessuno dei due ha davvero torto, ma – e si vedrà bene nel prossimo capitolo – hanno entrambi la loro parte di colpa nel modo di pensare.

 

cesarina89: grazie! ^^ Purtroppo come avrai letto nell’AN, sono costretta a saltare una settimana, mi dispiace un sacco T_T

 

nixy: se devo essere sincera un po’ mi dispiace per loro: appena Harry era riuscito a farsi strada tra le barriere di Tom, devo fargli succedere ‘ste cose qui. Che cattiva che sono XD. Cmq, a proposito del Distillato, è un particolare che avrà un certo peso soprattutto più avanti nella storia. Ora immagino siano tutti concentrati sul litigio di quei due XD

 

Zia Voldy: forse non è stata molto lunga, ma di sicuro di impatto! :P

 

MORFEa: XDDDDDDDDDDDDDDDDDDDDD Si, gliene faccio passare di tutti i colori XD Ma si sa quel che si dice, anche dei rapporti: ciò che non uccide, rafforza! Bisognerà solo vedere fino a che punto la testardaggine di certi due ragazzi arriva ;)

 

kagchan: eh si, la reazione di Tom non è stata piacevole. Per la Lemon posso solo dirvi: abbiate pazienza! Ci sono ancora alcuni punti chiave da sbloccare (che non sono lontani, ma non possono essere saltati). Tutto arriverà a tempo debito ^^. Mi dispiace tantissimo per l’inconveniente di settimana prossima, davvero, spero che non causi troppi problemi!

 

Bluking: si, Harry è davvero una persona ingenua, in tutti gli aspetti! (Scarico su di lui la colpa del fatto che non sia già con Toma darci dentro come conigli XD)

 

KIA: come ho già detto nell’AN, mi dispiace un sacco di non poter aggiornare settimana prossima! Spero che la lunghezza extra di questo cap sia abbastanza per tenere i lettori buoni fino al prossimo XD

 

tom13: oddio grazie! Mi fai arrossire ^^”

 

StellaMars: e un bel po’ di problemi li sta avendo infatti, ma vedremo come si risolverà la cosa. Abbi pazienza per la prossima settimana, io intanto cercherò un modo per farmi perdonare ^^

 

RowanMayFlower: sono contenta ti sia piaciuto tanto! Per le fanfic guarda, la mancanza di immagini di questa coppia sul web è una vera piaga, io stessa sono riuscita a raccattarne appena una decina di decenti. Ho soltanto alcuni link a pagine di deviantart salvati, le altre le ho solo sul computer:

http://karineko.deviantart.com/art/Harry-Potter-Harry-and-Tom-27331775

http://len-yan.deviantart.com/art/HP-Harry-and-Tom-17358959

http://jin-tonix.deviantart.com/art/Harry-vs-Tom-Riddle-32403925

http://loonylucifer.deviantart.com/art/HP-Death-Eater-Ball-51104249

(L’ultimo è ispirato alla fanficChasing Shadows” di E. Larson, una fic moooolto complessa che si può trovare solo in inglese su FF.net. In ogni caso nella gallery dell’autore ce ne sono delle altre.)

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Quattro Giorni ***


Piano piano i singhiozzi di Harry si spensero definitivamente

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 19/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 19.  Quattro Giorni

 

 

 

Piano piano i singhiozzi di Harry si spensero definitivamente. Il moretto sentì Orion muoversi, districando dolcemente le braccia dalla presa con cui lo stava tenendo, cercando di allontanarsi il minimo indispensabile per riuscire a guardarlo in faccia.

 

Ora che si era calmato, Harry sentì l’imbarazzo e la vergogna investirlo nel vedere il modo in cui era scoppiato a piangere nelle braccia dell’altro, ma non era riuscito a trattenersi: per un attimo era stato come riavere Sirius davanti, sempre pronto ad aiutarlo e a rassicurarlo nel momento del bisogno.

 

“Harry,” sentì Orion sussurrare, “io non so cosa sia successo e so che non ti andrà di parlarne, ma conosco Tom. Credimi Harry, lui non ti odia, non penso che ci riuscirebbe nemmeno se ci provasse.” Disse con una risatina.

 

Ma l’altro ragazzo scosse la testa. “N-no Orion… tu non c’eri, l-lui… lui ha detto…” ma la voce gli si spezzò di nuovo e non riuscì a continuare.

 

Shh, non ne devi parlare per forza.” Insistette rassicurante il Serpeverde.

 

Ma Harry sentiva che aveva bisogno di parlare. Tutti i segreti che gli erano pesati sull’animo nell’ultima settimana, quei segreti che lo costringevano a mentire, quei segreti che avevano spinto Tom ad andare via, che avevano spinto Tom ad odiarlo… non credeva di riuscire a sopportarli ancora a lungo, non dopo quello che era appena successo. Aveva bisogno ora di qualcuno con cui confidarsi, almeno in parte.

 

“No, i-io… ho fatto una cosa stupida…” incominciò a spiegare Harry, “non – non avrei dovuto parlare, m-mi sarei dovuto trattenere e lui… lui ha pensato…! Ma io n-non potrei mai! Come ha fatto a pensarlo…? E poi, poi –”

 

“Scusa Harry,” lo interruppe Orion, “ma quel che dici non ha alcun senso.”

 

Il moretto prese un profondo respiro e alzò la testa per guardare l’altro negli occhi. Ormai Tom l’aveva scoperto, non c’era alcun motivo di tacere la cosa anche a l’altro. “Sono un Rettilofono, Orion.”

 

Vide l’altro ragazzo spalancare gli occhi sorpreso e sussurrare. “ Un Rettilofono? Nel senso che parli ai serpenti come Tom?”

 

All’assenso di Harry, si aprì in un ghigno ammirato. “Cavolo! I miei amici hanno tutti dei superpoteri! Ma perchè Tom dovrebbe essersi arrabbiato? Sarebbe dovuto essere contento che… Oh, aspetta,” si bloccò, rabbuiandosi, “non gliel’hai rivelato tu, vero?”

 

L’ex Grifone scosse la testa. “No, l’ha scoperto oggi a Cura delle Creature Magiche, c’erano i Runespoor e io… non mi sono accorto e ho parlato al mio, ma lui ha sentito e…” ma si fermò nel suo farfugliare vedendo l’espressione sul volto dell’altro.

 

“Non ci posso credere! Si è davvero incazzato perché non gliel’hai detto! Come se avesse il diritto di sapere tutto quello che fai! Cheidiota. Che egoista, arrogante, prepotente, insensi –”

 

“No!” lo interruppe Harry, “No Orion, non capisci! Lui… lui ha ragione, credeva che fossi un discendente di Serpeverde, credeva che fossi qui per ucciderlo, perché non è un Purosangue…” abbassò la testa per nascondere gli occhi ritornati lucidi.

 

Passarono alcuni secondi di silenzio, poi sentì due dita afferrargli il mento e spingerlo delicatamente verso l’alto. Due occhi grigi lo stavano guardando intensamente, cercando di trasmettergli qualcosa che non riusciva ancora a capire.

 

“Harry, ascolta,” iniziò il Serpeverde con voce calma, “Tom ha passato tutta la vita a guardarsi le spalle, a sospettare di tutto e tutti, ma non ha ragione. Sta rasentando la follia! Tu, un discendente di Serpeverde? Ma siamo seri! Non ho mai conosciuto un Serpeverde meno Serpeverde di te! E la storia del Purosangue? Fa ridere solo a pensarci, con tutte le volte che ti ho visto guardare male qualcuno perché diceva la parola ‘mezzosangue’. No, non è per quello che si è arrabbiato, è perché è odia non essere in controllo di tutto. E tu, Harry, sei assolutamente imprevedibile. Ma deve capirlo da solo che le persone non sono qualcosa che può controllare, non sono solo dei burattini.

 

Harry si lasciò andare ad un lungo sospiro, soppesando le parole del compagno di Casa. E se Orion avesse avuto ragione? E se non fosse stata colpa sua infondo, ma di Tom? Che cosa aveva fatto lui di sbagliato? Mentirgli? Ma non gli aveva nemmeno mentito, aveva solo omesso il suo passato, e ne era stato anche costretto: Dio solo sapeva che per lui sarebbe stato molto più facile raccontare tutta la verità.

 

Ma non aveva potuto raccontare tutto, avrebbe rischiato di creare un paradosso temporale irrimediabile, avrebbe rischiato di cambiare il passato e modificare o addirittura cancellare il futuro. Chi gli assicurava che sarebbe bastata una perdita di memoria a portare tutto a posto, se si fosse lasciato scappare troppe informazioni?

 

No, Tom non aveva il diritto di chiedergli piena onestà, quando lui per primo non la offriva. Gli aveva mai parlato lui di aver ucciso suo padre? Della sua ricerca della Camera dei Segreti? Dell’acronimo di Voldemort? No, non aveva alcun diritto di chiedere tanto ad Harry. Aveva torto.

 

E allora perché faceva comunque così tanto male?

 

Harry sospirò di nuovo. “E ora che facciamo?” chiese.

 

Orion sorrise, forse riconoscendo il processo mentale a cui era passato attraverso l’altro. “Ora, torniamo in dormitorio. Non preoccuparti, tu dormirai nel mio letto; non ci penso nemmeno a rimandarti in camera col signorotto, finché non sarà tornato coi piedi per terra.”

 

Il moretto sgranò gli occhi. “Ehm, Orion… non che non ti sia grato, ma dividere un letto mi sembra un po’ eccessivo…” disse arrossendo fino alla punta dei capelli.

 

Il Serpeverde scoppiò a ridere e ne approfittò per tirarsi su in piedi e porgere una mano a Harry perché facesse lo stesso. “Ma no Harry, il mio letto non è stato praticamente mai usato dall’inizio dell’anno: sono solito rimanere a dormire in camera delle mie conquiste.” Rispose facendo l’occhiolino.

 

Harry alzò gli occhi al cielo, ma si ritrovò a sorridere suo malgrado. Al pensiero del Prefetto, però, tornò a rabbuiarsi. “E Tom?”

 

Una strana luce si accese negli occhi di Orion. “Tom si ravvedrà da solo, soprattutto dopo averne sentite quattro dal sottoscritto. Disse scrocchiandosi le nocche in modo poco invitante.

 

Harry si affrettò a togliergli dalla testa strane idee. “No, Orion, aspetta, promettimi che non gli farai niente. Se vuoi parlagli, urlagli addosso, tutto quello che vuoi, ma non fargli male.

 

Il Serpeverde sospirò lasciando cadere le braccia ai lati del corpo, ma annuì. “Va bene, ma se oltrepasserà il limite non risponderò delle mie azioni.

 

Harry, annuì a sua volta, pensando che quello fosse, probabilmente, il massimo che si sarebbe potuto aspettare. Stava per incamminarsi verso la fine del corridoio, quando l’altro lo fermò per un braccio.

 

“Ehm, non sono sicuro, ma credo sia meglio che torni ad indossare quella tua strana illusione, prima di farti vedere in pubblico.”

 

L’ex Grifondoro sgranò gli occhi e si portò una mano ai capelli, tentando di far arrivare i ciuffi nel suo campo visivo per vederne il colore. Osservò nel panico un capello che gli rimase in mano nel tentativo, riconoscendone il colore: nero inchiostro. Spostò lo sguardo scioccato verso Orion, che era rimasto lì davanti a ghignare leggermente, mentre lui si concentrava il più velocemente possibile per ripristinare l’incantesimo.

 

Un’altra risata gli fece riaprire gli occhi, quando i suoi occhi e capelli furono ritornati del loro colore finto. “Harry, molla quello sguardo da coniglio spaurito, non lo dirò a nessuno. Non che sia una novità poi per me, lo sapevo già da quasi un mese.”

 

Se possibile, gli occhi di Harry si allargarono ancora di più. “Lo sapevi? Come facevi a saperlo?”

 

L’altro scrollò le spalle. “Ti ho visto una mattina mentre correvi intorno al Lago, prima che ti iscrivessi.” Rispose semplicemente.

 

Harry lo guardò guardingo. “E non t’importa il perché io nasconda il mio aspetto?”

 

Orion gli sorrise. “A me? E perché dovrebbe? Non so perché ti sei iscritto, né la tua storia, ma che importanza ha? Ciò che conta è che se qui.”

 

Harry sentì il primo vero sorriso spuntargli in viso dal litigio con Tom. Orion non credeva probabilmente ad una sola parola della sua storia e non gliene fregava niente.

 

Magari fosse potuto essere tutto così semplice anche con Tom…

 

 

 

 

Tom si svegliò di colpo, tirandosi su a sedere. Non sapeva esattamente cosa lo avesse svegliato e non si ricordava nemmeno cosa stesse sognando prima di svegliarsi. Si passò stancamente una mano sulla faccia nel tentativo di liberarsi degli ultimi strascichi del sonno, prima di spostare le coperte che gli si erano arricciate in grembo in modo da poter sedersi a bordo letto.

 

Afferrando il bordo delle tende del baldacchino, spalancò le cortine con un gesto deciso, lasciando che la luce del giorno illuminasse il materasso. Il suo sguardo fu immediatamente catturato dal letto situato ad appena un paio di metri dal proprio.

 

Vuoto.

 

Sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Erano passati quattro giorni dal suo litigio con Harry, quattro giorni da quando si erano rivolti la parola per l’ultima volta, quattro giorni da quando avevano condiviso la stessa stanza.

 

Quattro giorni da quando Orion si era catapultato in Sala Comune furioso e gli aveva tirato un pugno dritto in faccia.

 

Tom portò una mano a massaggiarsi lo zigomo sinistro, lasciandosi scappare un sibilo di dolore al contatto: poteva anche aver coperto immediatamente il livido, ma il dolore non sarebbe andato via fino a che non fosse guarito. Per qualche motivo non aveva alcun desiderio di guarirlo con la magia.

 

Potevano anche essere trascorsi solo quattro giorni, ma al Prefetto sembrava che fosse passata un’eternità, benché il litigio con Harry e il successivo scontro con Orion li ricordava come se fosse stato ieri.

 

Ricordava con precisione Orion che gli si gettava addosso come un toro imbufalito, ricordava come gli aveva urlato contro che se avesse mai fatto piangere Harry un’altra volta lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani. Ricordava la sua sorpresa, ricordava di non aver capito e di non aver creduto alle parole del compagno di Casa, ricordava di avergli sibilato di starsene zitto e lontano da affari che non gli riguardavano.

 

Ricordava, poi, di aver visto Harry precipitarsi nella Sala Comune ed aver raggiunto Orion, parlandogli di una qualche promessa che gli aveva fatto e cercando di allontanarlo da lui, sempre evitando il suo sguardo. Ricordava di non aver prestato la minima attenzione a ciò che Orion gli aveva risposto, perché rimasto per un attimo scioccato nel vedere gli occhi gonfi, il naso rosso e le scie bagnate sulle guance dell’altro ragazzo.

 

Ricordava di aver pensato, per almeno un istante, quale diavolo di motivo aveva potuto giustificare l’aver causato tanto dolore in quegli occhi finto nocciola. Poi, però, ricordava la rabbia montargli nel petto: che diritto aveva Harry di piangere, quando era a lui, Tom, che era stato fatto il torto?

 

E se Orion non avesse scelto proprio quel istante per trascinare via Harry, urlandogli che da quel momento in poi il ragazzo avrebbe dormito nel dormitorio maschile, Tom avrebbe sicuramente detto qualcosa di cui si sarebbe poi pentito.

 

Si, questo lo ricordava benissimo, benché fossero quattro giorni ormai che non vedeva Harry se non in classe.

 

Quattro giorni che Harry non dormiva nel suo letto.

 

Tom si alzò in piedi, dirigendosi verso l’armadio per tirare fuori la divisa e vestirsi, mentre pensava agli ultimi quattro giorni. Nella sua vita si era sempre considerato, con orgoglio, al di sopra delle emozioni: più di tutto, stimava la sua capacità di rimanere freddo e distaccato di fronte a qualunque situazione, condizione indispensabile per fare l’analisi oggettiva di un problema. Era il suo punto di forza, il suo cavallo di battaglia.

 

Ed era bastato un ragazzo a far cadere tutto a pezzi.

 

Si era fatto sopraffare dalla rabbia, da una furia che lo aveva accecato, facendolo saltare a conclusioni affrettate, conclusioni che, ora a mente lucida vedeva, non avevano alcun fondamento razionale. E ancora, in ogni caso, non riusciva a trovare su quale delle sue azioni porre il torto, perché quando i sentimenti sono coinvolti la colpa si può dare a tutto come a nulla.

 

Come avrebbe potuto ragionare razionalmente in un momento come quello?

 

Il dolore che aveva sentito al petto nello scoprire Harry un Rettilofono, nel sapere che per tutto il tempo gli aveva taciuto un particolare così importante, che gli aveva quindi mentito, forse tramando chissà cosa alle sue spalle, era il tipo di dolore che lo aveva spinto a rinunciare ai sentimenti, molto tempo addietro.

 

Era un dolore che riconosceva bene, che derivava da qualcosa di molto, molto pericoloso, da un errore fatale che si era promesso tante volte di non commettere e nel quale invece era cascato come un idiota: aveva lasciato che qualcuno si avvicinasse troppo, aveva abbassato per un attimo le sue difese e fatto entrare qualcuno, addirittura iniziando ad offrire la propria fiducia in maniera così sconsiderata. E questo era il risultato.

 

‘Sei stato un folle, Tom, ad aver creduto nel prossimo, anche solo per un attimo.’ Pensò, ‘Anche se quel prossimo era Harry…’.

 

“Ti sto proprio offrendo la mia amicizia senza chiederti nulla in cambio.

 

Quanto era stato stupido e ingenuo a non accorgersi immediatamente del baratro in cui stava mettendo volontariamente piede, della trappola in cui stava inconsciamente cadendo. Harry era stato lì, in maniera apparentemente semplice, ad offrirgli qualcosa che non aveva avuto la possibilità di scorgere da anni, praticamente da sempre… Ma davvero poteva dirsi colpevole per non aver resistito davanti a qualcosa di tanto straordinario?

 

E diamine se Harry non era straordinario: il modo in cui si era lentamente infiltrato sotto la sua pelle, come lo aveva attratto, il mistero che lo avvolgeva, quegli occhi, la sua vitalità, quel corpo… Dio se non l’avevano ammaliato.

 

E anche dopo aver voltato le spalle al ragazzo quattro giorni prima, dopo essersi detto che il capitolo Harry Evans era ormai un capitolo chiuso per lui, che non voleva aver più niente a che fare con lui, si ritrovava a sentire un buco dove prima abitavano tutte le emozioni che la vicinanza dell’altro ragazzo aveva fatto germogliare a sua insaputa.

 

Visto che non si può sentire la mancanza di qualcosa se non la si è mai provata, la difesa migliore era sempre stata non provare niente sin dall’inizio.

 

Ora, purtroppo, era troppo tardi. E adesso che quel qualcosa era scomparso, quei quattro giorni in cui era tornato alla sua vita di sempre, la vita che conduceva prima dell’arrivo di un certo moretto, non erano mai sembrati tanto piatti.

 

Vuoti.

 

Annodandosi con cura la cravatta, si diresse verso la porta, lanciando un’ultima occhiata al letto fatto del suo ex compagno di stanza. Con un sospiro entrò in Sala Comune, facendo appena un cenno di saluto ai presenti che lo salutavano con entusiasmo, sperando in una qualunque forma di riconoscimento da parte del Prefetto.

 

Si, vuoti era la parola giusta. Mai avrebbe pensato che avrebbe fatto una tale differenza la mancanza del chiasso e dell’esuberanza di Orion o del carisma e del mistero che circondavano Harry. Nonostante da quando i due avevano preso ad evitarlo Alden fosse stato più presente che mai e molti fossero tornati a leccargli spudoratamente i piedi, le giornate semplicemente non erano più le stesse.

 

Erano state un susseguirsi di eventi insignificanti, benché in realtà non fossero mancate delle azioni importanti, quali il rassettamento della sua posizione nella scala gerarchica di Hogwarts. Era incredibile  quanto avesse trascurato le politiche della scuola in quell’ultimo mese, a quanti alleati non aveva più parlato, quanti nemici aveva mancato di tenere d’occhio, a come avesse messo da parte la sua ricerca della Camera dei Segreti e tutti i suoi piani per il futuro.

 

Il mese appena trascorso, dal fatidico primo incontro con Harry nella radura dietro al Lago, sembrava fosse stato parte di un sogno, da quanto lo aveva allontanato dalla realtà.

 

Ora però, si era svegliato.

 

E ciò che lo turbava, era che una parte di lui desiderava ardentemente tornare a dormire.

 

Sentì una risata amara crescergli nel petto: ironico che tra tutti, quelli che gli impedivano di cadere nella tentazione di fare qualcosa di avventato – come andare a parlare con Harry per chiarire tutto – fossero proprio Orion e Harry stesso. Di Black ormai si sarebbe stupito se gli avesse mai più rivolto la parola e Harry non lo vedeva mai se non durante le lezioni, nemmeno durante i pasti. Solo Meredith lo salutava ancora quando lo incontrava per i corridoi.

 

“Sto cercando di dire che Harry è stato evidentemente addestrato per combattere.”

 

Le parole della ragazza di quel giorno in biblioteca gli continuavano a tornare in mente e, sempre più spesso, accompagnate da altri pensieri indesiderati quanto quello. Per quanto non volesse ammettere la verità dietro a quelle parole, non poteva chiudere gli occhi all’evidenza che avevano portato a galla.

 

Come aveva fatto a non vederlo prima? Si era lasciato ingannare da quell’apparente spontaneità di Harry, quella sua ingenuità, quel suo modo di essere felice per il semplice fatto di essere vivo, mentre in realtà avrebbe dovuto mettere insieme tutti i pezzi: il formidabile schiantesimo che gli aveva lanciato la prima volta che lo aveva visto, i loro successivi incontri fatti di posizioni da combattimento, guardia alta e bacchetta in mano, il modo in cui aveva atterrato Alden, il suo saper evocare un Patronus

 

Harry era una perfetta macchina da guerra.

 

E questo lo metteva di fronte a tantissime altre riflessioni, prima tra tutte la scelta di parole che aveva utilizzato Meredith che, avrebbe giurato, non era stata per niente casuale: non aveva detto “Harry è evidentemente allenato per combattere”, aveva detto “è stato addestrato”.

 

Che… che Harry fosse stato solo una vittima delle circostanze? Ma circostanze manovrate da chi? E per che cosa? La guerra era finita da più di due anni, Grindelwald era stato sconfitto, perché qualcuno avrebbe dovuto addestrare un diciassettenne a combattere? Sicuro, Harry era particolarmente potente, ma vi erano tantissimi Auror freschi di battaglia pronti ad offrire i propri servizi, non c’era alcun bisogno di sfruttare un ragazzo.

 

Perché come poteva Harry, che lo sgridava se usava la parola mezzosangue, che cercava di rappacificare i conflitti e i litigi, che si rifiutava di rispondere alle provocazioni che i Corvonero gli lanciavano se lo vedevano camminare insieme a Meredith, essersi allenato a combattere se non in qualche modo contro la sua volontà?

 

Ed ogni volta, a questo pensiero, qualcosa di feroce gli si svegliava nel petto, qualcosa che lo spingeva a pensare che se fosse venuto a sapere che qualcuno si era anche solo azzardato a torcere un capello ad Harry, costui non avrebbe più rivisto la luce del giorno.

 

Tom poteva dire di aver voltato pagina quanto voleva, ma allora non poteva spiegarsi perché aveva passato le ultime due notti a leggere tomi su tomi a proposito di Serpentese, Serpeverde, Genealogie e Arti Oscure in generale, cercando un qualunque indizio sul perché Harry fosse un Rettilofono.

 

Perché ciò che aveva detto quattro giorni prima era vero: per quanto avesse tradito la sua fiducia, era convinto che Harry fosse sincero. Diceva di non essere nato con l’abilità di parlare con i serpenti, ma si era bloccato prima di poter dire come l’aveva acquisita. Perché si era bloccato? Cosa lo aveva trattenuto dal continuare? Era un altro dei suoi segreti?

 

“Sto cercando di dire che Harry è stato evidentemente addestrato per combattere.”

 

Era sembrato così disperato nel voler far credere la sua innocenza a Tom, che in effetti l’unico motivo per cui non l’avrebbe detto, sarebbe stato se non avesse potuto

 

Il rancore, la rabbia e, forse, anche un po’ la delusione erano ancora tutti lì, eppure Tom stava quasi disperatamente cercando un motivo per giustificare il tradimento di Harry, per scagionare ai suoi occhi il ragazzo, per dimostrare che infondo non era stata colpa sua.

 

Non era decisamente un comportamento da lui, ma quando si trattava di Harry nulla sembrava più seguire le regole.

 

Uscito dalla Sala Comune attraversò i sotterranei, pensando se anche quel giorno Harry avrebbe saltato la colazione e lui avrebbe passato tutto il tempo in Sala Grande a ricevere occhiatacce da Orion. Salite le scale che lo portavano alla Sala d’Ingresso, si stava dirigendo verso le porte della mensa quando fu certo di sentire qualcuno sussurrare il nome “Harry”.

 

Si fermò, indietreggiando silenziosamente dietro una colonna, mentre faceva vagare lo sguardo verso l’ingresso dove non molti – a quell’ora tanto mattiniera – si erano fermati a chiacchierare, se non di passaggio per andare a colazione. Infatti solo due persone erano ferme a parlare sottovoce di fianco a un’armatura, due persone che Tom conosceva bene: Meredith e Orion; che a quanto pareva stavano parlando di Harry.

 

Sussurrò un incantesimo di Disillusione e, una volta che la spiacevole sensazione di avere un uovo rotto sulla testa fu scomparsa, si avvicinò cercando di non fare alcun rumore, fino a che non fu abbastanza vicino da poter udire cosa si stavano dicendo.

 

“-erto che mi preoccupo!” aveva appena esclamato Orion gesticolando animatamente con le braccia.

 

Meredith si stava mordendo un labbro in un gesto nervoso. “E tutto questo è venuto fuori solo in questi giorni? Non l’aveva mai fatto prima?”

 

Il ragazzo le lanciò uno sguardo esasperati. “Meredith, passa tutto il tempo libero chiuso in Biblioteca! Non si presenta ai pasti e quando glielo faccio notare dice di essersene semplicemente dimenticato, dimenticato! Di mangiare! Per non parlare della notte, che è quello che mi preoccupa di più: va a dormire prestissimo, alle dieci e mezza massimo! Il primo giorno poi aveva un’aria esausta, ma pensavo fosse perché si era alzato presto per allenarsi giù al Lago, invece sono già due giorni che fa quasi tardi a lezione perché non riesce a svegliarsi. Come fa qualcuno a dormire così tante ore e sembrare sempre così stanco?”

 

Ma hai provato a parlargliene?”

 

“Ah, come se mi ascoltasse! Riesce sempre a sviare il discorso in qualche modo, o a liquidarmi con tre parole. È una porta blindata quel ragazzo, non gli si cava fuori nulla di bocca. Rispose il Serpeverde con tono irritato.

 

Tom osservò la ragazzina soppesare per un attimo le parole dell’altro, poi ciò che disse lasciò di stucco persino lui:

 

“Penso che dovremmo dirlo a Tom.”

 

Dopo un paio di secondi di shock arrivò la puntuale risposta.

 

Cosa?!

 

Eddai, cerca di capire: tra di noi lui è quello che conosce Harry meglio di tutti e, tra l’altro, anche il possibile motivo di questo suo comportamento. Ha dormito nella stessa stanza con lui da quando è arrivato a Hogwarts e da quel che mi hai detto non lo ha voluto lasciare solo nemmeno per un istante! Se c’è qualcuno che può avere le idee chiare sul perché Harry si stia comportando in questo modo, è lui.

 

Ma Orion non sembrava così d’accordo. “Mere, lo sappiamo già il perché, Tom è il perché! È dal giorno del loro litigio che tutto è iniziato!”

 

“No, è dal giorno del litigio che tu lo vedi. Ribatté la Corvonero, “Forse invece questa stanchezza è l’indizio di un qualche malanno di cui i sintomi si sono verificati da molto prima ma non ce ne siamo accorti. Tom, d’altro canto, avrebbe sicuramente notato qualcosa.

 

“Basterebbe fargli fare una visita in Infermeria allora!”

 

“L’hai detto tu che si rifiuta di farsi vedere dall’Infermiera.

 

“Beh, portiamocelo di peso!” esclamò Orion esasperato.

 

Shh!” lo ammonì la ragazza, vedendo una coppia di Tassorosso girarsi verso di loro. “Ora Harry dov’è?” chiese infine.

 

Orion sospirò. “In Biblioteca, come al solito. Mi ha detto che per una volta che si era svegliato in orario, voleva approfittarne per un ripasso.”

 

Ok, allora faremo così: prima che inizino le lezio…”

 

Ma a Tom non interessava cos’altro aveva da dire la Corvonero, aveva già sentito abbastanza.

 

Quattro giorni, pensò mentre marciava verso le scale, erano stati anche troppi.

 

 

 

 

Harry si strofinò stancamente gli occhi, cercando di mettere bene a fuoco i minuscoli caratteri del libro che aveva aperto davanti a sé. La Biblioteca a quell’ora era completamente deserta, salvo per l’austera figura della bibliotecaria che ogni tanto si affacciava da uno degli scaffali per controllarlo.

 

Sospirò, passandosi le dita tra le ciocche castane: si sentiva a pezzi. Mai aveva provato tanta stanchezza, e sì che aveva vissuto in condizioni ben peggiori durante la guerra; ma quel tipo di stanchezza non aveva nulla a che fare con la sua condizione fisica e lui lo sapeva bene. No, purtroppo derivava dalla sua ormai radicata dipendenza da pozioni soporifere, che avevano cominciato a far sentire il loro peso. Ecco che cosa intendeva Madama Chips quando parlava di effetti collaterali.

 

Diamine, era stato sicuro di avere molto più tempo a disposizione prima di soffrirne le conseguenze, ma con tutta probabilità ad accelerare il processo doveva essere stato lo stress degli ultimi giorni. Dopo tutto il casino successo con T-

 

No, non doveva pensarci.

 

Perché non c’era davvero nulla a cui pensare, giusto?

 

Lui era andato nel passato con una missione e sarebbe tornato due mesi più tardi avendo trovato ciò che era venuto a cercare. Questo era l’importante. Questo e basta.

 

Il fatto di aver conosciuto tante persone speciali, di essersi fatto degli amici… era irrilevante, superfluo. Non aveva nessuna importanza.

 

Nessuna.

 

Harry gemette affondando la testa tra le mani quando l’immagine del viso perfetto di Tom gli tornò alla mente per l’ennesima volta. Dio, perché era così difficile toglierselo dai pensieri?

 

Lui aveva una missione, un compito cruciale, e doveva concentrarsi su quello, doveva. Non aiutava certo la cicatrice che cominciava a formicolargli ad intervalli regolari – come stava facendo in quel momento – e a nulla sembravano servire le sue esortazioni, a nulla sembrava servire ripetersi che era stato meglio così, che sapeva quale sarebbe stato il futuro di Tom e che non si sarebbe dovuto aspettare così tanto, benché lo avesse scoperto una persona tanto meravigliosa dietro a tutte le sue difese…

 

Ecco, ci era cascato di nuovo.

 

Con un altro sospiro riportò l’attenzione al libro aperto sul tavolo, tentando di focalizzare nuovamente i pensieri sul suo problema più urgente. Fortunatamente aveva trovato qualcosa che lo avrebbe potuto aiutare: da ciò che aveva letto sembrava che l’aconito in polvere – uno degli ingredienti principali del Distillato della Morte Vivente – sciolto in un infuso di belladonna sopprimesse temporaneamente le conseguenze del sopruso della pozione. L’unica pecca era che avrebbe dovuto assumerlo solo dopo che ogni residuo del distillato fosse stato assorbito dal suo organismo e quindi uscito dal sistema circolatorio: ci sarebbero volute un minimo di ventiquattr’ore, cioè almeno un’intera notte di incubi.

 

Rabbrividì al solo pensiero, ma sapeva che era necessario.

 

Il formicolio alla cicatrice aumentò improvvisamente d’intensità, riportando inesorabilmente i suoi pensieri verso Tom. Chissà cosa stava facendo ora il Prefetto? Doveva essere concentrato intensamente su qualcosa per procurargli una reazione simile, chissà dov’era…

 

Il sesto senso di Harry si accese di colpo, captando una distinta aura alle sue spalle, benché non fosse stato prodotto alcun rumore. Chiedendosi perplessamente chi mai avrebbe avuto interesse a restarsene fermo ad osservarlo, si girò sulla sedia per scoprirlo.

 

Riuscì anche a chiedersi, attraverso la sorpresa, come poteva essere stato tanto stupido da non aver fatto l’immediato collegamento con la sua cicatrice. Ma anche quel pensiero si perse in fretta nel turbinio di emozioni che gli stavano gonfiando il petto mentre osservava il ragazzo fermo di fronte a lui.

 

Tom era appoggiato ad uno degli scaffali, con le braccia conserte e un’espressione indecifrabile sul volto impassibile. Da quanto tempo fosse stato lì a guardare, Harry non poteva saperlo, ma non gli sembrava davvero il momento di irritarsi per quello. Si guardarono per lunghissimi istanti e nessuno dei due sembrava aver intenzione di fare altro.

 

‘Ti prego, dì qualcosa. Qualunque cosa…’ pensava Harry disperatamente, tutta la sua intenzione di dimenticare l’altro ragazzo già gettata al vento.

 

Tom fece vagare brevemente lo sguardo sulla sua figura, poi parlò:

 

“Evans.”

 

Fu come se un macigno fosse caduto nello stomaco di Harry. Era di nuovo Evans adesso, eh? Ma certo, che stupido ad essersi lasciato trasportare dalle speranze, probabilmente il Serpeverde era passato di lì per caso, senza nemmeno pensare a lui. Forse non aveva pensato a lui nemmeno una volta negli ultimi quattro giorni.

 

Aprì bocca per rispondere con un atono ‘Riddle’, ma osservando ancora il ragazzo di fronte a sé, cambiò idea. Forse adesso era tornato ad essere Evans per il Serpeverde, ma di sicuro l’altro ragazzo aveva smesso di essere Riddle ai suoi occhi tanto tempo prima.

 

“Tom.”

 

Il Prefetto, con grande soddisfazione di Harry, voltò la testa da un lato evitando il suo sguardo, rivolgendosi verso uno dei tavoli più lontani. Per qualche secondo calò nuovamente il silenzio, poi, quasi troppo piano perché Harry potesse sentirlo, Tom sussurrò qualcosa:

 

“Harry…”

 

Fu lui questa volta a dover spostare lo sguardo, perché quel tono di voce, quegli occhi… che cosa voleva Tom da lui? Perché era lì? Perché Harry non riusciva a spegnere quella piccola scintilla di speranza che gli si era accesa in petto nel sentire di nuovo il suo nome pronunciato da quelle labbra perfette?

 

Dio, voleva che tutto ritornasse come prima. Voleva rivedere il sorriso dell’altro aprirsi e illuminargli il volto, voleva vedere i suoi occhi accendersi ancora e ancora e sciogliere il ghiaccio in cui erano normalmente intrappolati, voleva sentire di nuovo la sua energica risata. Sentiva, irrazionalmente, che avrebbe fatto qualunque cosa per riavere tutto quello ancora una volta vicino.

 

Non sapeva come avrebbe fatto a spiegare il suo essere un Rettilofono, o se l’altro ragazzo si sarebbe mai accontentato di una qualunque spiegazione, ma doveva fare qualcosa. Le parole gli uscirono di bocca prima che potesse fermarle.

 

“Tom ti prego, ascoltami, io non –!”

 

Ma il Serpeverde alzò una mano, zittendolo efficacemente.

 

“Non sono venuto qui per parlare di quello.” Disse con un’espressione che Harry non riuscì bene a decifrare.

 

L’ex Grifondoro tentò di nascondere la sua sorpresa e la sua confusione. Non voleva parlare di quello che era successo? Ma allora perché lo aveva cercato? Forse era davvero passato per caso dalla Biblioteca e in realtà lui non centrava niente. Sentì lo stomaco affondargli, ma prima che potesse continuare quella linea di pensiero, sentì lo sguardo di Tom nuovamente su di lui,e, quando alzò gli occhi, lo trovò ad osservarlo attentamente.

 

“Hai un aspetto orribile.” Dichiarò improvvisamente, e qualcosa di indefinito gli attraversò lo sguardo che, notò Harry, aveva perso granché della sua freddezza.

 

Il Prefetto si staccò dallo scaffale e fece due passi in avanti, fermandosi ad un paio di metri da Harry, sotto lo sguardo attento dell’altro ragazzo che seguiva ogni suo movimento.

 

“Ho sentito Orion e Meredith parlare stamattina, prima di colazione. Iniziò, continuando a guardare l’altro negli occhi, “Parlavano di te.

 

Harry poteva solo fissare di risposta il Serpeverde, chiedendosi dove stesse andando a parare il suo discorso.

 

Dicono che non stai mangiando.”

 

Harry, completamente preso alla sprovvista, si ritrovò automaticamente a difendersi, come ormai aveva già fatto innumerevoli volte con gli altri due amici.

 

“Non è vero che non mangio, ogni tanto –”

 

Dicono che vai a letto presto e ti svegli comunque tardi.” Lo interruppe di nuovo Tom.

 

Harry abbassò gli occhi. “È solo perché questa settimana –”

 

Dicono che te ne stai chiuso tutto il tempo in Biblioteca.”

 

E cosa c’è di male nel voler –”

 

Dicono che per quanto tu dorma sei sempre esausto e hai un’aria distrutta.”

 

“Orion esagera sempre, non sono così tanto –”

 

“E ora che ti vedo, devo dar loro ragione. Continuò imperterrito il Prefetto, “Hai un aspetto orribile.

 

Harry, già esasperato da quattro giorni di prediche da parte di Orion, rispose aggressivamente sulla difensiva: “Ne parli come se te ne preoccupassi!”

 

Immediatamente, vedendo lo sguardo di Tom, si pentì di quelle parole. Ma perché doveva sempre essere così stupido? Tom era venuto lì a parlargli e forse, forse c’era una minima possibilità che non lo odiasse, e lui doveva rovinare tutto in quel modo! Perso ancora nel darsi dell’idiota, quasi si perse le parole che l’altro sussurrò.

 

“Mi sono preoccupato.”

 

Harry alzò la testa di scatto, incontrando quelle iridi color pece delle quali, finalmente, riuscì a dare un nome all’emozione che vi albergava: preoccupazione.

 

Tom…Tom si era preoccupato. Per quanto avessero litigato, per quanto non avessero ancora risolto nulla, per quanto avessero ancora un sacco di motivi per non rivolgersi la parola, appena aveva sentito che Harry non stava bene era subito corso a cercarlo. Qualunque fosse stato il motivo del litigio, l’incolumità di Harry era stata più importante.

 

Un groppo alla gola impediva a Harry di parlare ma, anche se avesse potuto, non credeva che sarebbe riuscito a trovare le parole per esprimere il sollievo che stava provando in quel momento. Infatti l’unico, irrazionale impulso che aveva in quel momento era di gettarsi addosso all’altro ragazzo e stringerlo, e poter toccare con mano la prova che fosse davvero venuto lì, per lui.

 

E fu esattamente quello che fece.

 

Non si accorse nemmeno di aver annullato la distanza che li separava fino a che non sentì l’impatto con il petto di Tom, e la stoffa della divisa che veniva stretta nei suoi pugni serrati all’altezza della schiena del ragazzo. Aveva affondato il viso nell’incavo del collo dell’altro, riuscendo così a sentirne per la prima volta il profumo: sapeva di cannella, e di autunno, e di qualcosa che era unicamente Tom.

 

Solamente quando ebbe sentito il Prefetto irrigidirsi dalla sorpresa di quell’improvviso abbraccio fu che, spalancando gli occhi di scatto, realizzò ciò che aveva appena fatto.

 

‘Oddio, ma che diavolo sto facendo?!’ pensò nel panico, cercando immediatamente di allontanarsi dal Serpeverde.

 

Ma un braccio lo bloccò, scivolando a circondargli la vita, e un altro salì ad afferrargli una spalla e a stringerlo ancora di più contro il corpo caldo che aveva davanti. Trattenendo il respiro, sentì Tom abbassare leggermente la testa e affondare il viso nei suoi capelli arruffati, strofinando leggermente il naso tra i ciuffi prima di appoggiarvi una guancia con un sospiro.

 

Harry si lasciò finalmente andare al calore di quelle braccia, abbandonando la testa sulla spalla di Tom e godendosi quello strano sfarfallio che gli era esploso nello stomaco.

 

E forse non avevano risolto niente, ma lì, stretti in quel modo, Harry sentiva come se ogni cosa fosse andata magicamente a posto.

 

Lì, stretto tra le braccia di Tom, ogni cosa era al suo posto.

 

 

 

 

 

 

Una figura si staccò dall’ombra degli scaffali della Biblioteca, con i pugni serrati e le narici dilatate dalla rabbia.

 

Come osava?

 

Come osava quel ragazzino anche solo toccare Tom?  Il suo Tom?

 

Alden si diresse a passo di marcia verso l’uscita della Biblioteca, fumando di gelosia. Lui erano anni, anni, che era sempre stato di fianco al Prefetto e ora chi si credeva di essere quel moscerino per comportarsi da padrone, quando era l’ultimo arrivato?

 

Ah, ma di certo lui non si sarebbe fatto da parte tanto facilmente, anzi. No, avrebbe fatto molto di più che rendergli la vita difficile.

 

Gli avrebbe fatto pagare caro l’aver toccato qualcosa che era suo e soltanto suo.

 

 

 

 

 

 

 

A.N.: Tornata! Buone notizie per me perché il computer non ha perso nessuno dei suoi dati e buone notizie per voi perché il capitolo è finalmente arrivato XD. Grazie a tutti per aver avuto pazienza e per le vostre magnifiche recensioni! Il prossimo capitolo sarà on line venerdì prossimo (non questo) e da quel momento in poi gli aggiornamenti dovrebbero riprendere il loro corso normale.

 

Ho anche un paio di cose da dirvi: a quanto pare siete tutti affamati di Lemon (XD) ma come ho già detto dovrete avere pazienza. Se leggete ogni capitolo sperando che finalmente quei due si saltino addosso non riuscirete a gustarvi appieno la storia. Posso solo dirvi che non è ancora il momento e che, quando arriverà, vi accorgerete da soli della piega che la storia avrà preso.

 

A proposito di questo, mi sono arrivate delle richieste di non alzare il rating a NC-17 (o rosso) perché renderebbe la fic inaccessibili ai minorenni (o per lo meno ai pochi che hanno dichiarato la loro vera età :P). Purtroppo ragazzi, non posso farlo: se postassi le Lemon lasciando il rating attuale andrei chiaramente contro il regolamento e se togliessi le scene spinte dalla storia… non sarebbe la stessa storia. Per essere completa deve avere tutti i pezzi. E comunque non sarebbe giusto nei confronti di chi può e vuole leggere le Lemon.

 

Quindi, come ha suggerito Cristina, quando il rating verrà alzato chiunque non possa più leggere mi può contattare e chiedere di inviargli i capitoli per e-mail separatamente.

 

 

RISPOSTE: (visto il numero di recensione che ho ricevuto – e non so dirvi quanto mi avete fatto felice! – risponderò solo a chi mi ha posto delle domande o a chi ho qualcosa di effettivo da dire, per non occupare troppo spazio e rubarlo alla storia ^^)

 

KIA: spero che il capitolo sia stato lungo abbastanza, per la storia dell’NC-17, ho già risposto nell’AN ^^

 

BloodyMoon: O_O <------- questa è stata la prima reazione nel vedere la lunghezza della tua recensione! XD Hai tutta la mia profonda gratitudine per aver speso un po’ del tuo tempo a lasciarmi un commento più che degno di questo nome, mi hai illuminato la giornata! :D Tra l’altro hai ragione nel dire che abbiamo le stesse opinioni su un sacco di aspetti, perché anch’io ho un debole per Harry in crisi XD. Non so quanto tu sia brava con l’inglese, ma hai mai letto Serendipity di Macvanaly su FF.net? È fantastica (centra con Harry in crisi, non è uscita fuori dal nulla XD).

A proposito della scena della biblioteca, in effetti non avevo pensato a quanto doveva essere stato frustrante per chi non sapeva come sarebbe continuata avere un’interruzione simile proprio sul più bello ^^” Cercherò di darci un occhio in futuro. Grazie mille ancora per la stupenda recensione, a venerdì prossimo!

 

StellaMars: evvai con le tessere d’iscrizione XD. No, a parte gli scherzi, ti devo dare ragione sul fatto che Meredith ha fatto un po’ un salto nelle sue conclusioni, ma ho cercato di mostrare il suo ragionamento nel modo più verosimile possibile. Poi se non ci sono riuscita… cercherò di fare meglio la prossima volta ^^”. Avrei voluto farle raccogliere indizi nel tempo, ma davvero si sarebbe allungata troppo la storia e non ce la facevo più nemmeno io a non arrivare mai ad una svolta XD. Sono felice che tutto sommato ti sia piaciuto, spero che ti piaccia anche quello nuovo!

 

Mistress Lay: oddio, oddio, oddio, oddio, oddio! Respira, Lien, respira! Aaaaah non ci posso credere! Tu, TU che recensisci la mia fic?! Non hai idea di che tuffo al cuore mi hai fatto prendere! Tu sei una leggenda! La tua “Raggi di Speranza” è stata la fic che mi ha iniziato a questa coppia favolosa (quindi puoi anche dire che è un po’ merito tuo se esiste Crossed Times :P)! Mi sento realizzata adesso, in pace con il mondo XD. Infinite grazie per tutti i complimenti, che non sai quanto valgano per me. E non preoccuparti di recensire o no, pensa solo a riposarti, a scrivere e a continuare i tuoi capolavori XD (Sono io quella imperdonabile che sbava sulle tue fic e non ha mai lasciato una recensione =_=. Chiedo umilmente perdono anche se non basta). Spero di non deludere le tue aspettative e che continuerai a leggere!

 

Nixy: oddio quante domande XD Allora, con odine: no, i Gaunt non hanno mai provato ad ucciderlo (se ricordi il 6° libro lui ha già fatto imprigionare Morfin, l’ultimo della famiglia), ma vedendo che Harry parla il Serpentese, l’unica spiegazione che aveva trovato era che fosse un lontano parente di cui non sapeva nulla. Naturalmente non è proprio una deduzione brillante, e come spiega in questo capitolo, se n’è accorto pure lui con il senno di poi. Harry poi aveva ripreso il suo aspetto normale perché, come aveva spiegato, se avesse perso troppo sangue e si fosse affaticato il suo corpo avrebbe cominciato a consumare la sua forza magica per sostenersi, per prima cosa “mangiando via” la magia dell’illusione. Non viene mai detto il momento in cui l’illusione sparisce, ma Harry da solo non se ne sarebbe accorto e Tom non stava certo pensando a quello in quel momento ^^. Se hai altri dubbi non esitare a chiedere, è la parte che preferisco discutere della fic con i lettori! A venerdì prossimo!

 

RowanMayFlower: sul pentirsi delle sue parole, ci avevi quasi azzeccato ;). E sei anche la prima a tirar fuori il futuro matrimonio di Orion! Ma credevi davvero che non ci avevo già pensato? :P Tutto è calcolato, e si scoprirà anche questo particolare (molto) più avanti. A proposito di Chasing Shadows, con complessa intendevo di più come trama che non come inglese, ma se hai cominciato a leggere te ne sarai accorta da sola ^^. Spero ti sia piaciuto anche questo cap, ci si vede venerdì!

 

Cristina: come avrai letto dall’AN, ti quoto in pieno ^^.

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Capitolo 20
*** Epiphanies ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 20/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 20.  Epiphanies

 

 

 

Harry si stava torcendo le mani con fare nervoso, lanciando occhiate in tralice al profilo del ragazzo sedutogli di fianco. Era strano non riuscire a vedere il proprio fiato condensarsi in una nuvoletta bianca, visto il freddo che faceva, ma un incantesimo di Tom aveva creato una specie di bolla riscaldata intorno a loro cosicché né il gelo, né il vento che si abbatteva sulla Torre Nord li potesse raggiungere.

 

Una volta usciti dalla biblioteca avevano percorso in silenzio i corridoi della scuola, fino a quando i loro passi non li avevano portati in cima ad una delle torri. Quando il Prefetto aveva aperto la porta che li avrebbe condotti alla terrazza, Harry sapeva che il tempo per la discussione che tanto temeva era arrivato.

 

Ora si trovavano entrambi seduti per terra con la schiena appoggiata al parapetto di pietra, uno di fianco all’altro con le spalle che si sfioravano appena.

 

Tom risistemò le gambe, avvicinandosi leggermente e finendo col fare aderire i loro corpi dalla spalla al bacino. Harry si sentì le guance avvampare, non sapendo nemmeno bene il perché: era solo che… diamine, dopo aver passato quattro giorni senza nemmeno parlargli, si stava così bene di nuovo in compagnia di Tom… La sua sola presenza lo stava scaldando molto più dell’incantesimo che li circondava, gli faceva venire voglia di avvicinarsi ancora un po’…

 

Scosse la testa domandandosi da dove diavolo fossero venuti fuori quei pensieri, perdendosi così il sospiro che si lasciò sfuggire Tom. Per quel motivo fu preso alla sprovvista quando l’altro ragazzo parlò:

 

“Com’è possibile che tu sia un Rettilofono,” cominciò dopo aver preso un bel respiro, “non puoi proprio dirmelo, vero?”

 

Harry sentì distintamente i battiti del suo cuore accelerare mentre scuoteva lentamente la testa in senso di diniego. Cercava di capire che cosa il Serpeverde stesse pensando, ma l’espressione contemplativa che aveva sul volto non riusciva a dirgli granché, a parte che il moretto doveva essere immerso nei suoi pensieri.

 

Harry non voleva, per nessun motivo, che le cose tornassero ad essere come erano state in quegli ultimi quattro giorni, non sarebbe riuscito a sopportarlo. E questo era quello che lo spaventava di più, perché sentiva che, pur di evitarlo, qualunque cosa Tom gli avesse chiesto lui gli avrebbe detto tutto. Tutto.

 

“Va bene.” Disse improvvisamente Tom.

 

Harry ci mise qualche secondo ad assimilare le parole del compagno e quando lo fece, non fu del tutto sicuro di aver capito bene.

 

Co-come scusa?”

 

Tom sospirò di nuovo, voltandosi poi verso di lui e fissandolo dritto negli occhi. “Ho detto va bene. Anche se non me lo dici, fa niente.

 

Harry era rimasto di sasso. Com’era possibile? Dopo tutte le volte che aveva tentato di scoprire la verità, ora improvvisamente non voleva più sapere nulla?

 

“Io non… non capisco” fu l’unica cosa che riuscì a dire, mentre fissava gli occhi carbone dell’altro.

 

“Harry…” cominciò Tom, “Questo non vuol dire che non voglia più sapere la verità, anzi spero… spero che un giorno tu me la vorrai dire spontaneamente. Ma come sono passati gli ultimi quattro giorni…” scosse la testa con un sorriso amaro sulle labbra, “Continui a ripetere che tra due mesi te ne andrai e sprecare il tempo in questo modo… non ne vale la pena.

 

Harry ascoltava rapito quelle parole uscire dalle labbra del ragazzo, non riuscendo bene a crederci.

 

“Quando ti ho sentito parlare Serpentese” continuò il Prefetto, “è stato un po’ come la goccia che fa traboccare il vaso: mi ha ricordato quante cose non sapessi sul tuo conto, cose che sembravano sempre riguardarmi in un modo o nell’altro… ho realizzato, in un attimo, quanto fosse pericolosa questa cosa. Eri una debolezza, la mia unica debolezza fino a quel momento. Ho pensato che avrei dovuto subito allontanarti, che non era accettabile il rischio che stavo correndo.

 

Prese un profondo respiro, come se quello che stava dicendo gli stesse costando uno sforzo enorme.

 

“Non ci sono riuscito.”

 

Harry si guardò distrattamente le mani intrecciate, mentre pensava a quello che gli aveva appena detto Tom. C’erano così tante cose che avrebbe voluto rispondere e così poche parole che trovava per esprimerle che, alla fine, riuscì a dire solo la più insulsa.

 

“Per non esserci riuscito, mi sembra che tu abbia fatto un buon lavoro.

 

Il Serpeverde ridacchiò piano, ma ce n’era davvero poca di allegria in quella risata. “Tra i periodi peggiori che abbia mai passato. Aggiunse sotto voce, irrigidendosi subito dopo, come a pentirsi delle parole appena pronunciate.

 

Harry lo guardò stupito, poi, sorridendo appena, rispose. “Ne ho passati di peggiori, ma di sicuro rientra tra i primi venti.

 

L’altro non si rilassò subito, ma quando si voltò, l’ombra di uno dei suoi migliori sorrisi gli era apparsa sulle labbra. Era bello, si disse Harry, tornare a vedere il ghiaccio sciogliersi da quegli occhi nero onice.

 

“Grazie.” Disse improvvisamente Harry, senza sapere esattamente per che cosa stesse ringraziando, “Grazie.

 

Tom lo guardò intensamente per un attimo, poi annuì semplicemente.

 

“Spero davvero,” continuò, “che un giorno mi racconterai la tua storia.”

 

Harry si morse un labbro. “Sarà difficile.

 

Il Prefetto sospirò, ma non sembrava per niente sorpreso da quella risposta. Dopo qualche secondo di silenzio però, si voltò inchiodando Harry con uno dei suoi sguardi più intensi.

 

“Promettimi una cosa però.” Disse, “Promettimi che se ti troverai in pericolo, mi darai tutte le informazioni possibili perché possa aiutarti.

 

L’ex Grifondoro era rimasto completamente spiazzato. Da cosa veniva fuori quella strana richiesta? Come mai parlava di pericolo? Voleva chiedergli spiegazioni, ma osservando lo sguardo che gli stava rivolgendo, cambiò idea.

 

I-io… ci proverò Tom.” Rispose infine, sperando che sarebbe bastato.

 

Il Serpeverde, comunque, sembrò soddisfatto, perché annuì una volta e si alzò in piedi, sistemandosi la divisa per poi tendere una mano ad Harry che era ancora seduto.

 

“Torniamo dagli altri?” chiese con l’accenno di un sorriso.

 

L’altro annuì e afferrò la mano tesa, sorridendo a sua volta. “Cosa pensi che farà Orion quando ci vedrà entrare in Sala Comune insieme?”

 

“Spero non mi tiri un altro pugno.” Rispose in tono piatto Tom.

 

“Ti ha fatto parecchio male, non è vero?”

 

“Male, quel colpetto? Figurati, come se Black sapesse fare a pugni.

 

“Bugiardo.”

 

“Senti chi parla.”

 

“Ehi!” ribatté indignato Harry, scoppiando poi a ridere mentre il Serpeverde apriva la porta che li avrebbe ricondotti dentro il castello.

 

Se si accorse che Tom non gli aveva ancora lasciato la mano, di certo non protestò.

 

 

 

 

Harry ridacchiò tra sé e sé ricordandosi l’espressione sbigottita sul volto di Orion quando lui e Tom erano entrati in Sala Comune chiacchierando amabilmente. Fortuna che la sorpresa era durata poco, rimpiazzata immediatamente da un sorriso e una pacca sulla spalla. Ebbe anche la faccia tosta di rimproverarli per averci messo così tanto tempo a fare pace, prima di uscire per andar a riferire la buona notizia anche a Meredith.

 

In quel momento Tom era ad Antiche Rune, mentre Orion era a Divinazione; lui si stava godendo una delle sue tante ore buche.

 

Si stiracchiò pigramente mentre percorreva un corridoio solitario, dirigendosi verso le Serre. Aveva bisogno di raccogliere qualche bacca di Belladonna per il suo infuso, mentre l’Aconito l’avrebbe dovuto rubare dalla scorta di ingredienti durante una delle lezioni di Pozioni. Sicuramente senza Piton in giro sarebbe stato molto più facile.

 

Doveva ammettere che l’aver fatto pace con Tom lo aveva tirato su parecchio, ma sapeva che era con tutta probabilità un effetto passeggero, provocato dal suo stato d’animo più che euforico.

 

Ripensando ai fatti di quella mattina, quasi non si accorse del rumore di passi che avevano cominciato ad echeggiare dal corridoio che aveva appena percorso, ma quando i suoi istinti lo misero all’erta, fece appena in tempo a voltarsi che un ragazzo apparve da dietro l’angolo che lui aveva appena svoltato.

 

C’era un nonsoché di teso in quella figura che gli suggeriva ci fosse qualcosa che non andava. Lontano com’era però, riusciva solo a vederne l’altezza slanciata. Fu solo quando il ragazzo si avvicinò a grandi passi che Harry riuscì a riconoscerlo: era quel ragazzo di Corvonero… Alden? Si, Alden Principe!

 

Alden si fermò ad un paio di metri di distanza, con un’espressione fredda in volto. Harry, il cui istinto gli stava gridando di stare all’erta, mosse piano piano la mano fino a che non fu a portata di bacchetta, osservando intanto l’altro ragazzo per capire dove lui tenesse la propria.

 

E benché fosse assolutamente pronto per ingaggiare un duello, venne completamente preso alla sprovvista quando l’altro, con un ghigno, gli si scagliò addosso colpendolo violentemente in faccia.

 

Harry cadde per terra portandosi le mani al naso, con tutta probabilità rotto, dal quale era cominciato ad uscire copiosamente il sangue. Prima che potesse aggiustarlo però, il Corvonero lo bloccò per terra approfittando della distrazione.

 

“Ascoltami bene novellino.” Gli sputò in faccia quando gli ebbe afferrato entrambe le mani per farlo stare fermo, “Tu non devi nemmeno pensare di avvicinarti a Tom, intesi? Perché vedi, non devi farti grandi illusioni, Tom sembra tanto interessato a te solo perché sei una novità, l’ultimo arrivato. Ma tu in realtà non sai assolutamente niente di lui.

 

Harry, che aveva ricevuto minacce ben peggiori nella sua vita, non aveva alcuna intenzione di dare retta ad un quindicenne in crisi di gelosia e anzi, la voglia matta di sputargli in faccia il sangue che dal naso gli era colato in bocca stava diventando sempre più irresistibile. Il ragazzo purtroppo non sembrava aver finito.

 

“Se ti vedo toccare Tom anche solo un’altra volta, questo naso rotto sarà il minimo che ti farò. sibilò, prima di deformare il viso in un altro ghigno, “E in ogni caso è tutta fatica sprecata la tua, lo sanno tutti che a letto ci porta solo i migliori.”

 

Questo, decise Harry, era abbastanza. Principe poteva anche essere molto più alto di lui, ma Harry aveva due anni di muscoli in più su cui contare, senza parlare del suo addestramento. Con un colpo di reni sollevò le gambe e scalciò l’altro ragazzo lontano, saltando a cuccia e alzandosi in piedi, osservando guardingo il Corvonero che si tirava su a sua volta.

 

“E fammi indovinare un po’,” rispose Harry assottigliando gli occhi, “tu credi di essere tra i migliori?”

 

Il ghigno dell’altro non si spense per nulla, se non altro si allargò.

 

“Oh, ma io sono stato tra i migliori.” Rispose, ridendo all’espressione di Harry.

 

Poi, mentre Harry era rimasto a occhi sbarrati, si avvicinò nuovamente, “Ricordati quello che ti ho detto, che davvero non vorrei essere costretto ad usare metodi più brutali. Ci si vede in giro, Evans.” Finì voltandosi di spalle e percorrendo nuovamente il corridoio, sparendo infine dietro l’angolo.

 

Harry, che era rimasto fermo immobile scordandosi anche del suo naso rotto, si chiese vagamente perché tutto il sangue sembrava gli si fosse ghiacciato in corpo.

 

 

 

 

“E stai un po’ fermo!”

 

“Ma così mi fai male!” esclamò Harry mentre Meredith borbottava, tentando per l’ennesima volta di avvicinargli un batuffolo di cotone al naso tumefatto.

 

“Se tu non ti rifiutassi di farti vedere dall’Infermiera, ora non saresti qua a soffrire.” Gli rispose la ragazza con un sospiro, “Davvero, non capisco questa tua avversione per l’Infermeria, a quest’ora saresti di già perfettamente a posto!”

 

Si, e se mi facesse un check-up completo e scoprisse una cicatrice da Avada Kedavra, una da zanna di Basilisco, una da pugnale per rituali di sangue, che ho dovuto far ricrescere le ossa del mio braccio, senza contare l’assuefazione da Distillato della Morte Vivente, immagino come sarei perfettamente a posto!

 

“Non mi sono mai piaciuti gli ospedali.” Rispose imbronciato, guardando ostilmente il batuffolo imbevuto di pozione guaritrice.

 

Erano nella parte più nascosta della biblioteca, quella più lontana dall’entrata e dalla postazione della Bibliotecaria. Harry, sapendo di non poter farsi vedere dall’Infermiera, aveva cercato quale classe avessero i Corvonero del sesto anno in quell’ora e aveva aspettato fuori dall’aula che Meredith uscisse: se c’era qualcuno che avrebbe saputo aiutarlo, era lei.

 

“Dovresti dirlo a Tom, sai?” disse la ragazza mentre ripuliva delle ultime incrostazioni di sangue il volto di Harry.

 

“E perché mai?”

 

Meredith alzò gli occhi al cielo. “Perché sicuramente farebbe in modo che un episodio del genere non si ripeta.

 

Ma in quel momento l’ultima cosa che Harry aveva intenzione di fare era parlare di Alden a Tom.

Erano andati a letto insieme. Tom si era portato a letto Alden. Quei due avevano fatto sesso.

Tom, Alden, letto, sesso.

 

Da quando il Corvonero gli aveva rivelato quel piccolo particolare, il pensiero non aveva smesso di vorticargli in testa. E non si era mai sentito il cuore affondargli tanto nello stomaco.

 

Quando poteva essere successo? L’anno precedente? Prima che lui fosse arrivato? La settimana prima? Ieri? E poi che cosa voleva dire, stavano insieme per caso? Forse Alden aveva tutto il diritto di essere geloso… ma poi geloso di cosa? Tra lui e Tom non c’era assolutamente nulla… giusto? E poi no, non gli sembrava che quei due stessero insieme, o almeno Tom non aveva mai dato segno di essere in una relazione con il Corvonero.

 

E se non stessero insieme, ma andassero semplicemente a letto insieme? Sesso senza legami, né scrupoli. Era indubbiamente molto Serpeverde.

 

Harry sospirò sentendo lo stomaco contorcersi al solo pensiero, e dovette rilassare le dita delle mani che gli si erano costrette in due pugni.

 

Che cos’era, poi, che lo infastidiva tanto? Se Tom si portava a letto metà della scuola, non dovevano essere fatti suoi. A lui non importava niente, davvero.

 

Davvero?

 

“Così dovrebbe andare, non guarirà storto e non farà infezione, ma il dolore beh, quello te lo dovrai tenere se ti ostini a rifiutare una visita in Infermeria. Gli comunicò Meredith distogliendolo dai suoi pensieri, mentre faceva sparire il cotone sporco con un colpo di bacchetta.

 

“Al dolore sono abituato,” rispose Harry, non vedendo l’occhiata che le sue parole produssero, “ma grazie mille lo stesso. Cosa fai tu adesso?”

 

“Ho giusto dieci minuti per tornare in Dormitorio prima di Storia della Magia.” Rispose lei raccogliendo la sua roba, mentre entrambi uscivano dalla Biblioteca sotto lo sguardo sospettoso della Bibliotecaria.

 

“Va beh, ci si vede a pranzo allora!” si salutarono alla fine del corridoio, prima che Harry prendesse una rampa di scale verso il piano terra. L’incontro con Principe non gli aveva permesso di procurarsi la belladonna dalle serre dopotutto.

 

L’attenzione di nuovo concentrata sulle parole del Corvonero, Harry tornò a pensare a Tom, e una domanda che fino ad allora non gli era mai passata per la mente, adesso gli si presentò davanti a tutti gli altri pensieri.

 

Tom era gay?

 

Per quel che ne sapeva Harry, per andare a letto con una persona dello stesso sesso bisognava come minimo avere certe inclinazioni. Cambiava forse qualcosa? Lui personalmente non aveva mai avuto problemi con quel genere di cose, non era certo omofobo.

 

Eppure anche solo immaginarsi Tom e Principe stretti insieme, che si baciavano, si toccavano, magari in quella stessa camera dove attualmente dormiva ogni notte… al solo pensiero gli si rivoltava e annodava lo stomaco.

 

Che avesse qualche problema con gli omosessuali e non l’avesse mai saputo? Eppure tutte le volte che aveva sentito Orion parlare di una delle sue scappatelle con uno degli innumerevoli ragazzi che si era portato a letto, non gli aveva fatto alcun effetto, se non imbarazzarlo immensamente per la particolarità dei dettagli.

 

Forse, non è il fatto che Tom sia gay ma che sia stato con qualcun’altro. Una vocina sussurrò nella mente di Harry, ma lui scosse la testa quasi a volersene liberare. Non aveva alcun senso, almeno non se prima non avesse risposto alla domanda più grande:

 

Quali erano i suoi sentimenti nei confronti di Tom?

 

‘È un amico.’ Si rispose immediatamente, ‘nonostante i litigi e le incomprensioni, alla fine è diventato un caro amico.’

 

Si, un amico che ti è mancato da morire per soli quattro giorni che non gli parlavi, un amico del quale ti fermi incessantemente ad ammirare la bellezza e la perfezione, un amico tra le cui braccia ti sei gettato alla prima occasione, un amico del quale il solo pensarlo con qualcun altro ti provoca una scarica di gelosia –

 

‘Gelosia?’ si ritrovò a chiedersi sorpreso con se stesso. Era di quello che si trattava, gelosia? No, non era possibile.

 

Era vero, era stato malissimo quando avevano litigato e il sollievo di aver fatto pace forse l’aveva spinto a farsi prendere dall’entusiasmo. Ma un abbraccio cosa significava?

 

Niente Harry, solo una stretta al profumo di cannella.

 

E si, aveva notato più di una volta l’aspetto fisico e i lineamenti del Prefetto, il corpo asciutto e modellato, i capelli lucenti, il naso dritto,  gli occhi scuri, la bocca perfetta…

 

Harry si bloccò e sgranò leggermente gli occhi.

 

No, non era possibile, non intendeva certo in quel senso… vero? Scosse la testa per l’ennesima volta, non riuscendo a dare un senso ai propri stessi pensieri, mentre guardandosi intorno per la prima volta si accorse di essere praticamente arrivato all’entrata del castello. Appena oltrepassò gli enormi battenti di quercia, il gelido vento invernale lo investì in pieno, facendogli rimpiangere di non aver pensato a portarsi il mantello.

 

Cominciò a dirigersi verso le serre scacciando via ogni pensiero e concentrandosi sul ricordare in quale delle serre venisse tenuta la belladonna. Se la memoria non lo ingannava sarebbe dovuta essere la numero due…

 

“Harry? Sei tu?”

 

L’ex Grifondoro alzò lo sguardo per vedere chi lo avesse chiamato e fu così che notò il gruppo di studenti allontanarsi proprio dalle serre per la fine della lezione di Erbologia. Gli bastò uno sguardo per individuare la voce femminile che lo aveva indirizzato: dopo cinquant’anni, di quella crocchia di capelli stretta in testa sarebbe cambiato solo il colore.

 

“Ciao Minerva.” Rispose una volta che la Grifondoro gli si fu avvicinata, “Tutto bene?”

 

“Io? Certo che va tutto be– Oh mio Dio, che ti sei fatto al naso?” esclamò lei osservando il retto nasale del ragazzo ancora decisamente gonfio.

 

“Oh, questo?” ridacchiò evasivo Harry portandosi una mano al viso, “Non è nulla, un piccolo incidente…”

 

La ragazza alzò un sopracciglio. “E non sei ancora andato in Infermeria?”

 

“Ehm, no. Sai, ho una terribile fobia degli ospedali, e –” ma venne fortunatamente interrotto delle voci dei compagni di classe di Minerva ormai arrivati all’entrata.

 

“Minnie, andiamo! Arriveremo in ritardo!”

 

“Andate pure voi!” rispose loro lei, “Arrivo tra un attimo!” e rivolgendosi nuovamente ad Harry tirò fuori la bacchetta.

 

Per un attimo il ragazzo si irrigidì, ma dopo un breve “Episkey” sentì immediatamente la pressione al naso alleviarsi e il dolore scomparire.

 

“Grazie mille.”

 

“Di niente, figurati.” rispose lei rimettendo la bacchetta in tasca e sistemandosi meglio la borsa, “Piuttosto, cosa fai qua fuori con questo freddo?”

 

“Oh, io? Beh…” Harry si grattò la testa cercando una scusa qualunque, “ero uscito per prendere un po’ d’aria e guardarmi un po’ in giro… non ho ancora avuto il tempo per visitare tutto il parco da quando sono arrivato qui, è enorme!”

 

Minerva gli lanciò una chiara occhiata scettica “Naturalmente. Disse, e anche dal tono di voce si poteva capire che non aveva creduto ad una sola parola. Rimase poi a fissare intensamente il ragazzo con occhi severi, tanto che Harry si sentì come se fosse tornato nella sua vecchia aula di Trasfigurazione.

 

“Quali sono i rapporti tra te e Riddle?” chiese improvvisamente.

 

“Come scusa?” ribatté Harry completamente colto alla sprovvista, deglutendo a fatica.

 

Lei lo fissò ancora qualche secondo, prima di parlare di nuovo. “Sei un Serpeverde anomalo, lo sai?”

 

“Me lo dicesti anche in Biblioteca.” Rispose lui ancora teso per le parole di prima.

 

“Già,” concordò Minerva, “e ti dissi anche quanto mi sembrava strano che tu e Riddle poteste andare d’accordo. In realtà, come Riddle potesse andare d’accordo con chiunque…”

 

Harry aggrottò le sopraciglia. “Tom non è così terribile, non capisco perché tutti continuino a dipingerlo come un mostro.

 

Se pensano che sia un mostro adesso, è perché non hanno idea di cosa diventerà di qui a qualche anno…

 

La ragazza fece quasi un sorrisetto. “È proprio di questo che sto parlando! Senti, io sono una Grifondoro e normalmente non mi interesso di ‘politiche sociali’ all’interno della scuola, soprattutto non quelle dei Serpeverde. Non mi è mai piaciuto il modo in cui dividono il mondo tra alleati e nemici… Ma questo non è importante ora, quello che sto cercando di dire è che pure io, che non mi interesso di queste cose, ho notato dei…” sembrò incerta un attimo, “cambiamenti.

 

“Cambiamenti?” chiese il ragazzo ancora perplesso, “E in che cosa?”

 

La Grifondoro si morse un labbro indecisa, poi iniziò. “Il giorno che ci siamo conosciuti, in Biblioteca, quello stesso pomeriggio avevo una riunione di Prefetti e naturalmente c’era anche Riddle. Ma per tutta la durata dell’incontro rimase sulle sue, distratto, sembrava avesse la testa da tutt’altra parte, e credimi se ti dico che se c’è invece qualcuno interessato alle politiche della scuola, quello è lui.”

 

“Ancora non capisco cosa centri io in tutto questo. Le disse Harry, ascoltandola con attenzione.

 

Con sua sorpresa la vide arrossire leggermente. “Vedi, finita la riunione… oh, ho aspettato che se ne fossero andati tutti e l’ho seguito, ecco.”

 

“Come scusa?” chiese l’altro ridendo divertito. Oh Dio, l’immagine della McGranitt che pedinava di soppiatto Voldemort era una delle cose più inverosimili che avesse mai sentito.

 

Il leggero velo purpureo sulle guance della ragazza si intensifico vistosamente. “Lo so che non erano fatti miei, ma era semplicemente così anomalo vederlo distratto mentre si parlava dell’andamento della scuola, che non ho potuto resistere!”

 

Harry continuò a sghignazzare, chiedendosi però quale strana reputazione non avesse Tom, se il solo vederlo soprappensiero aveva causato tanto sconcerto.

 

“Appena fuori dalla porta è arrivato quell’altro ragazzo, quello coi capelli neri, che va un po’ con tut… ehm, Black credo che si chiami…” aggiunse in fretta l’ultimo pezzo per coprire la gaffe, “Comunque, appena Riddle lo vide, beh… chiese di te.”

 

Harry alzò entrambe le sopracciglia. “Di me?”

 

“Si. Certo, non collegai subito che l’Harry di cui stava parlando fossi tu, ma la prima cosa che gli disse fu chiedergli se sapeva dove eri finito. Quando l’altro gli rispose che non ti vedeva da pranzo, Riddle sembrò, sembrò…” rimase a corto di parole per un secondo, “sembra impossibile, ma sembrò preoccupato.

 

Il ragazzo continuò a tenere le sopracciglia alzate, ma stavolta guardandola confuso. “Ehm, tutto qui?”

 

Lei lo fissò come se gli fosse appena cresciuta un’altra testa. “Tutto qui? Harry, tu non puoi vedere la differenza, ma fidati se ti dico che quel tutto qui è davvero tanto! Tom Riddle non si distrae dal raccogliere utili informazioni, Tom Riddle non mostra emozioni e soprattutto Tom Riddle non si preoccupa per un altro essere umano!”

 

Harry ascoltò quelle parole sorpreso e turbato allo stesso tempo: perché il Tom che tutti gli descrivevano non combaciava con quello che conosceva lui?

 

“No, ti sbagli, Tom non è davvero così, è diverso.

 

Ma la McGranitt scosse la testa. “No Harry, sei tu che lo vedi diverso perché è da quando sei arrivato tu che è cambiato. Dopo quel pomeriggio mi sono incuriosita e ho cominciato ad osservarvi in Sala Grande, ai pasti. Merlino, non ti lasciava solo un secondo, nemmeno con lo sguardo. Solo negli ultimi giorni non vi ho visto insieme, ma da quel che ho sentito in giro – e credimi, di pettegolezzi ce ne sono a valanghe – so di certo che non sono fatti miei. Una sola domanda quindi mi sorge spontanea: quali sono i rapporti tra te e Riddle?”

 

Harry abbassò lo sguardo pensieroso e confuso, riflettendo sulle parole della ragazza. Non si era forse posto la stessa domanda solo pochi minuti prima? Si era chiesto quali erano esattamente i suoi sentimenti nei confronti di Tom e non era nemmeno riuscito a trovare una risposta. Ora, con quello che Minerva gli aveva detto, un’altra domanda affiorava: i propri confusi sentimenti a parte…

 

… che cos’era lui per Tom?

 

“Siamo amici.” Si decise a dire infine, continuando a guardare verso il basso, “Più di così, non me lo saprei dire nemmeno io.


La Grifondoro lo osservò per qualche secondo, poi sospirò. “Beh, quello che ti volevo dire te l’ho detto. Sarà meglio che vada ora, se non voglio fare troppo tardi. Disse, mentre Harry annuiva ancora pensieroso. “Ci vedremo ancora in giro, spero.”

 

E con un cenno della mano si congedò incamminandosi verso il castello, lasciando Harry ancora assorto mentre, dimenticata la Belladonna, fece anche lui dietro front per tornare in dormitorio.

 

“Tom? Ci sei?” domandò Harry al vuoto entrando in camera. Non aveva trovato il Prefetto in Sala Comune e nemmeno nel salottino delle loro stanze.

 

Non ricevette alcuna risposta, benché le torce appese ai muri della stanza vuota fossero accese. Con un sospiro si diresse verso il suo letto, togliendosi le scarpe e buttandosi a peso morto sopra il piumino verde smeraldo. Era praticamente finito col saltarsi anche quelle poche ore di lezione che avrebbe avuto nella mattinata, eppure si sentiva già stanco, con tutto quello che aveva avuto da pensare, anche senza gli effetti latenti della sua corrente assuefazione.

 

Sospirò, tirandosi sui gomiti. Avrebbe fatto meglio a ricontrollare il testo dove era descritto l’infuso e contare bene quanto tempo gli sarebbe servito per prepararlo. Si alzò in piedi e aggirò il letto per arrivare al suo baule e fu solo allora, quando passò davanti alla porta del bagno, che sentì il rumore attutito di acqua scrosciante.

 

‘Allora Tom c’è’ pensò, ‘deve aver voluto fare una doccia prima di pranzo.’

 

Scrollando le spalle, si apprestò a togliere tutti i complicati incantesimi applicati alla serratura del suo baule, prima di prendere il libro e tornare a sdraiarsi sul letto.

 

Ecco, proprio lì diceva che all’infuso sarebbe servita solo una notte di riposo, ma una piccola nota avvisava che l’aconito doveva essere raccolto una volta fiorito, che accadeva solo nel giorno successivo alla luna nuova. Probabilmente quello essiccato nella scorta della scuola non sarebbe andato bene…

 

Sentì il rumore dell’acqua cessare dalla stanza attigua, ma non ci badò più di tanto.

 

La prossima luna nuova tra quanti giorni sarebbe stata? Era sicuro di aver letto da qualche parte un incantesimo per sapere immediatamente il calendario lunare, ma non riusciva a ricordarsi le parole esatte… vabbeh, Tom di sicuro lo sapeva, gliel’avrebbe chiesto appena fosse uscito dal bagno.

 

Proprio in quel momento, infatti, Harry sentì la porta del bagno aprirsi.

 

“Ehi Tom, tu sai mica come fa l’incan…” ma le parole gli morirono immediatamente in gola e gli occhi gli si spalancarono comicamente appena alzò lo sguardo dal suo libro.

 

Una piccola nuvola di vapore era entrata nella stanza appena la porta era stata aperta e con lei Tom aveva fatto tranquillamente il suo ingresso nella camera…

 

… vestito solo di un asciugamano legato in vita.

 

La pelle di alabastro bagnata rifletteva la luce delle torce appese alle pareti, luccicando attraverso le mille goccioline non ancora evaporate. I muscoli delle braccia e delle spalle potevano benissimo vedersi flettere mentre con un altro asciugamano il Prefetto si strofinava i capelli bagnati e agli occhi saltava immediatamente il contrasto tra la bianca pelle del petto ampio e il rosa scuro dei tondi capezzoli al centro dei pettorali.

 

Harry registrò vagamente che Tom doveva avergli detto qualcosa, ma non riusciva a staccare di dosso gli occhi da una piccola goccia che in quel momento stava scivolando lungo il collo pallido, fermandosi per un attimo lungo la clavicola per poi scendere sullo sterno e attraversare il petto del Serpeverde, arrivando agli addominali scolpiti, aggirando l’ombelico e sparendo in un rivolo più giù, oltre la linea dell’asciugamano…

 

Harry sentì una vampata di calore salirgli alle guance, mentre una molto più intensa si stava concentrando molto più in basso, intanto che la vista di ogni muscolo di quel corpo perfetto flettersi al minimo movimento gli correva dritta al sangue.

 

“…ntesimo per che cosa Harry?”

 

Il ragazzo deglutì a fatica, la bocca diventatagli completamente secca. Riuscì ad alzare gli occhi quel che bastava per osservare ipnotizzato anche le gote tinte di rosso dell’altro a causa del caldo e i capelli nero inchiostro ancora umidi e disordinati che gli ricadevano a ciocche sulla fronte.

 

C-cosa?” fu l’unica cosa che riuscì a far uscire con voce strozzata.

 

Nemmeno si accorse che Tom si era fermato ad osservarlo, né dello scintillio che si accese negli occhi scuri del Prefetto.

 

Con un piccolo ghigno il Serpeverde cominciò ad avvicinarsi a passi lenti ed Harry poteva solo guardarlo avanzare mentre sentiva il suo cuore accelerare i battiti e il bisogno di uscire immediatamente da quella stanza si faceva impellente.

 

Quando Tom fu arrivato davanti al letto dell’altro, si piegò quel tanto che bastava per trovarsi faccia a faccia con Harry, ignorando le gocce d’acqua che cadevano sul copriletto. Allargò ancora di più il suo ghigno mentre osservava l’espressione dell’altro ragazzo, si avvicinò un altro po’ e sussurrò piano al suo orecchio.

 

“Il bagno è libero.”

 

Senza farselo ripetere due volte, Harry scattò in piedi e corse verso il bagno, chiudendosi rumorosamente la porta alle spalle in tempo solo per sentire la risatina del Prefetto provenire dalla camera.

 

Appoggiò pesantemente la schiena alla porta, scivolando poi lentamente verso il basso chiudendo gli occhi. Il caldo residuo della doccia era quasi insopportabile ma Harry non ci badò più di tanto, intento com’era a obbligare il suo cuore a rallentare i battiti.

 

Quando riaprì gli occhi, fu solo per lasciarsi cadere la testa tra le mani, mentre prendeva coscienza che in mezzo alle gambe, i pantaloni gli erano diventati improvvisamente stretti.

 

“Oh cazzo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!

CE L’HO FATTA!

Ora, sono sicura che tutti quelli che non hanno visto il mio profilo abbiano una immensa voglia di uccidermi e con tutte le ragioni. Purtroppo per gli assetati di sangue, la mia assenza è dovuta a motivi che sono andati oltre il mio potere, ergo, ho sofferto quanto (se non più) di voi.

 

Se volete sapere cosa è successo e il mio lungo calvario andate sul mio profilo dove è scritto stile romanzo a puntate XD. Per il resto, un GRAZIE INFINITO a chi non ha perso le speranze e ha continuato a controllare se per caso questa sciagurata di autrice aveva aggiornato ^^”.

 

Un GRAZIE INFINITO + 1 inoltre a tutti quelli che hanno recensito, siete fantastici!

 

P.S.: ormai che è già sera e io non ho studiato nulla per cercare di postare questo capitolo il prima possibile, perdonatemi quest’ultima colpa di non aver risposte alle recensioni, ma vi prometto che se c’erano delle domande saranno sommate a quelle del prossimo capitolo e risposte in modo adeguato.

 

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Capitolo 21
*** Tra Bolidi e Boccini ***


Harry voltò per l’ennesima volta la testa verso il foglio d’appunti che teneva immacolato sul banco, mentre sentiva il puntuale rossore salirgli sulle guance

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 21/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

 

Capitolo 21.  Tra Bolidi e Boccini

 

 

 

 

Harry voltò per l’ennesima volta la testa verso il foglio d’appunti che teneva immacolato sul banco, mentre sentiva un puntuale rossore salirgli sulle guance. Se si fosse concentrato, era sicuro che avrebbe potuto ancora scorgere con la coda dell’occhio il ghigno soddisfatto di Tom, seduto a due banchi di distanza.

 

Era tutto il pomeriggio che andava avanti in quel modo: Harry, che non aveva altro chiodo fisso se non ciò che era successo prima di pranzo e ciò che comportava, si ritrovava senza nemmeno farlo apposta a perdersi nei suoi pensieri mentre osservava Tom, fino a ché quest’ultimo non si fosse accorto dello sguardo puntato su di lui e, con uno dei suoi ghigni migliori, avesse aspettato che l’altro si rendesse conto di essere stato scoperto.

 

Purtroppo per tutte le buone intenzioni di Harry, erano a Storia della Magia, la materia peggiore se si aveva bisogno di distrarre la mente dai propri pensieri. Tra l’altro anche se si fosse trattato di Difesa contro le Arti Oscure, non era sicuro che sarebbe riuscito a dimenticare gli avvenimenti della mattinata.

 

E come avrebbe potuto? Se pensava di essere stato in una situazione complicata prima, figurarsi adesso. Harry trattenne l’impulso di gemere disperato e sbattere ripetutamente la testa conto il banco, mentre ripensava al casino in cui si trovava.

 

Beh, i fatti parlavano chiaro e da quella mattina una cosa era sicuramente certa:

 

Era attratto da Tom. Fisicamente attratto da Tom.

 

Lui, Harry James Potter, alias Harry Evans, meglio conosciuto come Il Bambino che è Sopravvissuto o Il Prescelto, era attratto da Tom Orvoloson Riddle, meglio conosciuto come Lord Voldemort, futuro assassino dei suoi genitori, più potente Mago Oscuro degli ultimi cinquant’anni, colui che era la fonte di tutti i suoi problemi, che era la causa di milioni di morti, che era il motivo per cui si ritrovava cinquant’anni nel passato, che era… che era…

 

Bello da mozzare il fiato.

 

I muscoli scolpiti come quelli di una scultura greca, le spalle larghe ma proporzionate s’una figura snella e atletica, la pelle diafana e lo sguardo magnetico, tutto contornato da quelle labbra tentatrici stirate in un ghigno strafottente, che faceva venir voglia di poterglielo cancellare dal volto con un bac

 

E Harry voltò in fretta la testa verso il suo foglio di appunti, perché di nuovo era tornato a fantasticare sul corpo del suo peggior nemico, di nuovo il suo sguardo era involontariamente andato a cercare la figura del Serpeverde e, naturalmente, di nuovo Tom se n’era accorto e gli stava rivolgendo uno dei suoi ghigni migliori.

 

“Harry, tutto bene?” la voce di Orion, seduto nel banco alla sua sinistra, gli arrivò a distoglierlo dall’imbarazzo.

 

“Si, certo.” mugugnò indistintamente.

 

Era tutto così confuso e complicato… Se era attratto da Tom voleva dire che era gay, giusto? Ma lui non poteva essere gay, era stato con Ginny, per Dio! E gli erano sempre piaciute le ragazze: c’era stata Cho, poi Ginny e… mmh… beh, c’erano state Cho e Ginny!

 

Ma Tom non è sempre stato un caso a parte? Una vocina gli sussurrò nella mente.

 

Harry aggrottò le sopracciglia. Se ci pensava bene in effetti, i primi aggettivi che aveva pensato vedendo il Serpeverde nel pensatoio di Silente erano sempre stati “bello” o “attraente”… ma cosa significava quindi, che era bisessuale? “Tom-sessuale”?

 

Anche nella sua testa suonava particolarmente stupido.

 

Harry sospirò, passandosi una mano tra i capelli e arruffandoseli ancora di più.

 

Lui non era fatto per queste cose, non aveva mai avuto il tempo per pensare alle ragazze – o ai ragazzi a questo punto. La sua vita era sempre stata cercar di sopravvivere fino all’anno successivo, salvando il mondo nel mentre se fosse stato necessario. La guerra poi, aveva cancellato tutto quello che caratterizzava una vita normale, e se prima non si era mai interessato all’amore, una volta scoppiato a pieno regime il conflitto non ci sarebbe riuscito nemmeno se avesse voluto.

 

A cosa serviva essere l’Auror migliore in circolazione, se poi non era nemmeno capace di affrontare una semplice… cotta?

 

A cosa serviva non aver nemmeno bisogno della bacchetta per lanciare incantesimi, se poi si trovava completamente perso quando guardare un ragazzo quasi nudo gli faceva venire l’erezione del secolo?

 

Ciò di cui aveva bisogno era qualcuno con cui parlare, che avrebbe potuto dirgli cosa fare in una situazione del genere, per lui completamente nuova.

 

Voltò la testa verso sinistra, trovandosi ad osservare Orion che con uno sbadiglio si dondolava sulle gambe posteriori della sedia, mentre la piuma che aveva incantato perché prendesse appunti da sola stava furiosamente scribacchiando sul suo foglio di pergamena. Lanciò  uno sguardo divertito ad una ragazza di Tassorosso seduta dietro al moretto che lo stava guardando con occhi languidi, sospirando sognante di tanto in tanto.

 

Forse avrebbe potuto parlarne con Orion, di sicuro non era l’esperienza che mancava a quel ragazzo… Ma immediatamente decise che non sarebbe stata una buona idea: non ce l’avrebbe mai fatta a confidarsi, era semplicemente troppo imbarazzante. E poi il Serpeverde gli avrebbe sicuramente consigliato di farsi avanti, ma lui non aveva idea del suo passato, di chi era – o sarebbe diventato – Tom, della loro storia trascorsa, della loro connessione, del fatto che lui se ne sarebbe dovuto andare via da lì a due mesi…

 

No, non ci voleva nemmeno pensare. La sola idea della sua partenza gli faceva attorcigliare lo stomaco su se stesso: mai due mesi gli erano sembrati un periodo di tempo tanto corto.

 

Trattenendo l’ennesimo sospiro rassegnato, passò distrattamente in rassegna l’intera classe con lo sguardo, prima di soffermarsi sulle finestre che davano sul parco.

 

Doveva assolutamente trovare qualcosa che lo distraesse, qualcosa che gli desse una piccola tregua da quel turbinio di pensieri ed emozioni che lo stavano assillando. E pensare che era venuto nel passato pensando che sarebbe riuscito ad alleviare un po’ di stress, non dovendo pensare alla guerra; ora avrebbe dato qualunque cosa per potersi rilassare con una semplice partita di scacchi conto Ron

 

Oddio, Ron e Hermione… Che cosa penserebbero loro se sapessero che gli piaceva Tom Riddle?

 

No ecco, così proprio non andava: doveva assolutamente smettere di pensarci o sarebbe di sicuro impazzito. Tornò a focalizzare l’attenzione verso il paesaggio fuori dalla finestra: era una così bella giornata, una delle rare giornate invernali a cielo limpido, anche se il modo in cui le fronde degli alberi della Foresta Proibita si piegavano e scuotevano suggeriva la presenza di un vento invernale non poco notevole.

 

L’attenzione di Harry, però, venne attratta dagli stendardi colorati che venivano sbatacchiati dalle forti folate: anche se l’angolatura della finestra ne copriva la gran parte della mole, il ragazzo avrebbe riconosciuto ovunque i dettagli del suo amato campo da Quidditch. Palle volanti e giocatori in aria non se ne vedevano, probabilmente perché gli allenamenti sarebbero cominciati solo nel tardo pomeriggio, lasciando al momento il campo completamente sgombro.

 

Bastarono appena un paio di secondi di riflessione, prima che ad Harry si dipingesse un largo sorriso in volto. Si guardò l’orologio: mancavano appena dieci minuti alla fine della lezione.

 

Perfetto.

 

 

*** *** ***

 

 

L’ex Grifondoro si guardò velocemente intorno per essere certo che non ci fosse nessuno nei paraggi, prima di sgusciare all’interno degli spogliatoi di Serpeverde. Il suo primo impulso era stato quello di dirigersi dritto verso quelli di Grifondoro, per un attimo anche ponderando se per questa sola volta non avesse potuto accondiscendere alla nostalgia: in qualche modo ad entrare negli spogliatoi di Serpeverde gli sembrava quasi di barare, ma poi se qualcuno lo avesse visto avrebbe suscitato troppe domande.

 

Una volta che fu entrato – e che ebbe constatato che lo spogliatoio era esattamente uguale a quello della sua vecchia casa – Harry posò la borsa che si era portato in spalla fin dal dormitorio sulla panca, aprendola velocemente.

 

Fu quasi con una certa reverenza che tirò fuori la sua vecchia divisa da Quidditch rossa e oro, con la spilla di capitano ancora ben lucida appuntata al petto. Soltanto sentire l’odore del cuoio lo faceva tornare con la mente ai discorsi d’incitamento pre-partita, all’attesa di scendere in campo, alle pacche sulle spalle dei propri compagni di squadra, all’adrenalina…

 

Lasciò la divisa appoggiata sulla panca e infilò nuovamente le mani nella borsa, tirando fuori con un sorriso orgoglioso anche la sua fidata Firebolt, che aveva rimpicciolito per poter farla entrare nella sacca. A guardarla così, non più lunga di mezzo metro, sembrava quasi una di quelle scope giocattolo per bambini.

 

Dopo averla portata a dimensioni normali con un gesto della mano, l’appoggiò al muro mentre si spogliava per mettersi in tenuta da Quidditch.

 

In teoria, prima di partire, aveva deciso di portarsi dietro la Firebolt solo per le emergenze, visto che una scopa del genere – con un’accelerazione da 0 a 250 km orari in 10 secondi – non sarebbe mai passata inosservata e non avrebbe mancato di suscitare parecchie domande. Ma la sua coscienza non aveva nulla su cui protestare.

 

Questa, Harry, la considerava in tutto e per tutto un’emergenza.

 

Indossata la divisa, scrollò appena gli arti per riassettarne l’elasticità, prima di infilare per l’ultima volta la mano nella sua borsa e cacciare fuori uno dei regali migliori che Ron gli avesse mai fatto: un boccino d’allenamento.

 

Era in tutto e per tutto uguale ad uno vero, dalle piccole alucce alla caratteristica elusività, ma in più era dotato di un incantesimo di appello incorporato, di modo che con una semplice parola si sarebbe fiondato da solo direttamente in mano ad Harry: molto utile se fosse cominciato a fare buio e non lo si avesse ancora acchiappato.

 

Con un’eccitazione che non sentiva da tanto tempo, Harry afferrò la sua Firebolt con una mano mentre con l’altra teneva stretto il boccino che già aveva cominciato a dispiegare le proprie ali, ed era già praticamente alla porta quando si bloccò.

 

Abbassò la testa e si osservò per qualche secondo, prima di sospirare alla sua stessa idiozia: cosa avrebbe risposto se qualcuno gli avesse chiesto come diavolo era entrato in possesso di una divisa di Grifondoro?

 

No, in rosso e oro non poteva certo andare in giro. Ma nemmeno in verde e argento, non era mica entrato nella squadra. Blu e giallo erano fuori questione per lo stesso motivo. Mmh… e avesse cambiato solo due colori? Bianco e rosso? Nah, troppo pagliaccio. Forse…

 

Chiuse gli occhi e si concentrò sulla trasfigurazione per qualche istante e quando li riaprì, fu per vedersi rivestito come un guanto in nero e oro. Si osservò ancora qualche secondo, non troppo convinto: non era esattamente quello che avrebbe chiamato buon gusto, ma d’altronde non gliene poteva fregare di meno. L’importante, in quel momento, era tornare a volare.

 

Non riuscendo a trattenere un sorriso enorme, si precipitò finalmente fuori dallo spogliatoio, verso la distesa verde del suo amato campo da Quidditch. Senza perdere altro tempo, si portò a cavalcioni della propria scopa e con un’unica, piccola spinta, si librò nell’aria.

 

Era come se fosse tornato nel suo ambiente naturale: l’aria che gli soffiava indietro i capelli, il vento che gli sferzava le guance, mentre saliva sempre più su e una bolla di euforia gli si gonfiava nel petto. Arrivò fino a che gli anelli non sembrarono che sei spilli appuntati al terreno; da lì, fermatosi in stallo sospeso letteralmente a mezz’aria, guardando giù e tutt’intorno il campo, gli sembrava di essere l’unico uomo sulla terra e al tempo stesso non si era mai sentito meno solo.

 

Rimase solo qualche secondo ancora immobile e poi dritto con un ghigno in accelerazione verso il lato opposto, sempre di più, fino a che non cominciarono a venirgli le lacrime agli occhi e non poteva sentire la velocità stessa rimbombargli nelle orecchie, fino a che non rivolse la punta del manico verso il basso e si lanciò in una picchiata vertiginosa.

 

Si lasciò cadere per una ventina di metri, fermandosi infine ad altezza anelli ed esibendosi in un paio di slalom tra i pali. Un paio di capovolte, qualche giro del campo, su, giù, frenata, impennata e ancora piroette intorno agli spalti, passando sotto a stendardi e schivando bandiere. Ogni pensiero, come previsto, incentrato solo sull’adrenalina che gli pompava il cuore.

 

Si fermò sospeso a metà campo e, stendendo il braccio sinistro di fronte a sé, chiuse gli occhi e aprì il pugno. Appena due secondi di fruscio d’ali e poi ogni traccia del boccino era già scomparsa, ma Harry non si mosse ancora, mentre contava mentalmente fino a trenta, inconsciamente seguendo il ritmo delle sue pulsazioni.

 

Al 29 scattò in avanti.

 

Fece un intero giro del campo lasciando saettare lo sguardo in ogni direzione alla ricerca del minimo scintillio dorato. Salì di qualche altro metro, concentrandosi nel percepire anche il più flebile fruscio di ali tra i fischi del vento.

 

Erano passati solo pochi minuti quando un bagliore dorato attirò Harry con la coda dell’occhio. Virò a sinistra e lo vide lì giù, il boccino, che svolazzava intorno all’anello inferiore.

 

Con un sorriso euforico si buttò giù in picchiata all’inseguimento. Il boccino, quasi a sentire di essere tallonato, in un fruscio d’ali virò bruscamente verso destra, costringendo Harry ad una forzata inversione a U che però non riuscì a farlo desistere. Non staccava di dosso gli occhi dalla minuta pallina d’oro che sferzava l’aria a pochi metri di distanza, facendogli compiere arrischiate capovolte e picchiate vertiginose.

 

In realtà metà di quelle stravaganti manovre avrebbe anche potuto evitarle, ma diavolo, ne aveva fisicamente bisogno per bruciare l’adrenalina che gli scorreva nelle arterie. Abbassò il corpo il più possibile contro il manico della Firebolt per diminuire l’attrito dell’aria mentre s’infilava tra le transenne sotto gli spalti, guadagnando sempre più terreno sullo scintillio d’oro.

 

Fu un attimo però, il momento in cui ritornò sul campo aperto e la luce improvvisa del sole quasi lo accecò. Scrollò velocemente la testa, subito aguzzando la vista per essere sicuro di non aver lasciato sfuggire la sua preda, e per un secondo, vedendo solamente il verde del prato, fu sicuro di averlo perso.

 

Poi lo riscovò, che volava a scheggia rasoterra all’erba e gli si precipitò alle calcagna. Spingendo la Firebolt ai suoi limiti, centimetro dopo centimetro si avvicinò sempre di più al boccino, tanto che, ad ormai meno di un metro, iniziò ad allungar la mano sicuro di poter stringere da lì a qualche secondo quelle alette svolazzanti.

 

Ebbe come unico avvertimento un fischio portato dal vento prima che i suoi istinti – di giocatore di Quidditch o di Auror – lo portarono a buttarsi a sinistra ed evitare il Bolide che gli fece il pelo.

Boccino momentaneamente dimenticato, guardò con occhi spalancati la palla grigia che faceva dietrofront e tornava a puntare contro di lui, mentre oniricamente si chiedeva se per caso Dobby non lo avesse seguito nel passato.

 

Inclinò il manico verso l’alto e ripartì, stavolta inseguito e non inseguitore. ‘Ma chi diavolo è l’idiota che ha lasciato un Bolide a zonzo?’ pensava mentre faceva una capriola per cercar di seminarlo, cosciente che, essendo lui l’unico giocatore in campo, ci sarebbero volute molto più che un paio di acrobazie.

 

Cercando una soluzione, si fiondò nuovamente sotto gli spalti, sperando che le transenne avrebbero rallentato il Bolide e gli avrebbero fatto guadagnare terreno. Dovette però riconoscere che non fosse stata poi una così geniale idea nel momento in cui sentì il fracasso del legno che si infrangeva, e schegge grosse quanto paletti cominciarono a volare ovunque, alcune conficcandosi pericolosamente vicino a lui.

 

Proprio quando virò per tornare all’aperto però, si vide sbucare da sopra una transenna un secondo Bolide che gli si dirigeva dritto addosso a tutta velocità. Sbarrando gli occhi, abbassò immediatamente la testa contro il manico e sentì la palla sfiorargli i capelli sulla nuca, mentre subito il clangore delle due palle animate che si scontravano lo fece sobbalzare.

 

Sbucò all’aperto e fu felice di constatare che solo uno dei due Bolidi lo seguì a ruota. Formandosi in fretta un piano in mente, si innalzò verso il cielo tallonato dall’altra palla, incurante delle lacrime che gli si formavano a bordo degli occhi a causa del vento. Arrivato ad un’altezza adeguata, fece appena un piccolo giro in modo che il Bolide fosse al suo livello. Poi si buttò in picchiata.

 

‘L’hai fatto in tantissime partite, ce la puoi fare anche adesso.’ Si diceva mentre vedeva il suolo avvicinarsi ad una velocità vertiginosa. Più cadeva, più sentiva il controllo della scopa scivolargli via e pregò tutte le divinità a lui conosciute perché non finisse come porridge sul terreno del campo.

 

Arrivato ad un paio di metri dal suolo, con uno sforzo immane tirò il manico verso l’alto e si trovò a schizzare in avanti, con i piedi che strusciavano contro l’erba finemente tagliata mentre sentiva con soddisfazione il tonfo del Bolide che affondava invece nel terreno in una buca di almeno un metro di profondità.

 

Il cuore gli batteva a mille e il sangue gli rimbombava nelle tempie mentre si sollevava nuovamente in cielo con una capovolta e un sorriso euforico e un po’ folle stampato in faccia.

 

Decise che sarebbe stato meglio richiamare il boccino prima che il bolide fosse riuscito a liberarsi, quando voltando la testa all’indietro lo vide svolazzare quasi tranquillamente al di sopra degli anelli. Un ghigno si sostituì al sorriso di prima: certo, avrebbe potuto benissimo richiamarlo, ma che gusto c’era in quel modo?

 

Accelerò verso la sua preda, che puntualmente schizzò via cercando di sfuggire. Harry però non l’avrebbe lasciato andare per nulla al mondo, e seguendolo in un volo ad appena un metro dal suolo gli si avvicinò sempre di più. Arrivato abbastanza vicino, staccò la mano destra dal manico della scopa e l’allungò verso il boccino dorato, le dita che sfioravano appena le alucce frenetiche.

 

Con un guizzo, il boccino schizzò improvvisamente a sinistra e Harry, senza nemmeno provare a girare, staccò anche l’altra mano dalla scopa e si lanciò addosso alla pallina d’oro, agguantandola nel volo e cadendo per  terra di schiena, la scopa ancora agganciata tra le gambe.

 

L’impatto per un attimo gli svuotò il fiato dai polmoni, ma il terreno era fortunatamente abbastanza morbido e l’altezza da cui era caduto così poca che oltre alla botta iniziale non sembrò aver riportato altri danni.

 

Rimase sdraiato così, supino a terra, col fiatone e le pulsazioni a mille, prima di alzare lentamente la mano che teneva stretta il boccino davanti agli occhi e osservare le ali della pallina che ancora sbattevano frenetiche tra le sue dita. Scoppiò allora in una risata carica di euforia, tornando a volgere lo sguardo al cielo blu cobalto del pomeriggio invernale che andava a imbrunire.

 

Fu solo così che vide all’ultimo momento il secondo Bolide di cui si era dimenticato volare a razzo verso di lui. Avendo lasciato la bacchetta in spogliatoio, non ci pensò due volte prima di allungare il braccio libero e urlare:

 

Protego!

 

Una barriera azzurrina si diramò come una cupola attorno a lui, in tempo per ricevere l’impatto del Bolide. Ansimando anche per lo spavento, Harry si alzò lentamente in piedi e disattivò con una parola il boccino, che lasciò cadere per terra mentre osservava il Bolide che a più riprese cozzava contro il suo scudo.

 

Sempre tenendo il Protego attivo, con un gesto dell’altra mano scagliò un Immobilus alla palla, facendola arrestare di colpo a mezz’aria.

 

Fece passare qualche secondo in cui rimase immobile pure lui, aspettando che il numero delle sue pulsazioni frenetiche diminuisse, prima di lasciare il Protego con un sospiro e avvicinarsi al Bolide per prenderlo sotto braccio così immobilizzato.

 

‘Cavolo, non avrei mai immaginato che si sarebbe finito in questo modo un semplice allenamento solitario.’ Pensò ancora elettrizzato, non riuscendo suo malgrado a levarsi un enorme sorriso dalla faccia.

 

Quando si voltò, tuttavia, ci pensarono le sette persone vestite in tenuta da Quidditch verde-argento che lo stavano guardando a bocca aperta a fargli svanire il sorriso.

 

 

*** *** ***

 

 

Orion si sbottonò la camicia ridendo ad una battuta che aveva appena fatto Caleb, mentre il vociare dello spogliatoio accresceva tra il trambusto di una manciata di persone che si cambiavano per iniziare l’allenamento.

 

Tirò fuori dalla sua sacca la divisa da Quidditch verde-argento e pensò che, sotto sotto, non aveva poi tutta questa voglia di allenarsi, nonostante il tempo splendido. No, avrebbe di gran lunga preferito rimanere in Sala Comune ad osservare due ragazzi di sua conoscenza lanciarsi occhiatine indiscrete di soppiatto.

 

Era sicuro, al cento per cento, che fosse successo qualcosa tra Harry e Tom di cui lui non era ancora venuto a conoscenza, perché se no non si spiegava come mai il primo avesse assunto un colorito rosso permanente sulle guance e l’altro un soddisfatto ghigno permanente sulle labbra.

 

Non sapeva spiegarlo bene nemmeno lui, ma c’era una tale alchimia tra i due che era impossibile non percepirla: qualunque cosa Harry stesse facendo, non mancava mai di cercare con lo sguardo Tom, non lo perdeva mai di vista; per Tom poi, quel ragazzo poteva essere ciò di cui aveva esattamente bisogno, l’ancora di salvezza che Orion aveva ormai rinunciato a sperare che arrivasse.

 

Dovevano solo aprire gli occhi, e qualcosa gli diceva che avevano già fatto il primo passo.

 

Beh, ne avrebbe parlato con Meredith finiti gli allenamenti. Già, perché all’insaputa dei due piccioncini, lui e la piccola Corvonero avevano formato una specie di alleanza, entrambi con in mente il preciso scopo di fare qualunque cosa affinché quei due potessero finire insieme. Per ora naturalmente non avrebbero interferito (e d’altronde sembrava non ce ne fosse nemmeno bisogno), ma se le cose fossero andate troppo per le lunghe, avrebbero trovato il modo d’intervenire.

 

Finì di vestirsi e fece giusto in tempo ad infilarsi l’ultimo guanto quando sulla porta comparve la figura del loro Capitano –  nonché sua cugina – Dorea Black, a rimproverarli con aria impaziente.

 

“Allora? Siete pronti o no?” li indirizzò assolutamente noncurante di essere entrata in uno spogliatoio maschile dove alcuni ragazzi erano ancora mezzi nudi. D’altronde essere capitano della squadra richiedeva una certa tempra.

 

Arriviamo, arriviamo.” Le rispose Rudolf mentre si finiva di allacciare gli stivali. “Stacanovista.” Sussurrò poi sottovoce, lanciando un’occhiataccia alla ragazza.

 

“Vuoi che ti porti la cassa?” si rivolse Caleb, che era già vestito, al Capitano che teneva tra le braccia la cassa contenente le palle da Quidditch, “Non deve essere leggera. Su, da qua.” E senza ascoltare le proteste della ragazza gli prese il bauletto e si avviò fuori dallo spogliatoio.

 

“Ehi, non sono fatta di porcellana! Non ho bisogno di alcun aiuto!” gli urlò dietro lei, nonostante il lieve imporporarsi delle sue gote.

 

Orion e Rudolf si lanciarono un’occhiata e alzarono gli occhi al cielo contemporaneamente.

 

Vennero però distratti tutti dalla voce di Caleb che urlava da fuori. “Ehi ragazzi! C’è qualcuno in campo!”

 

Dorea corrugò la fronte. “Giuro che se sono ancora i Grifondoro lo vado a segnalare al preside, il giovedì è il nostro turno d’allenamento!”

 

Si precipitarono tutti fuori – chi con buone e chi con cattive intenzioni – per vedere chi stesse occupando il campo da loro prenotato.

 

La sorpresa – seguita a ruota dalla meraviglia – nel vedere quell’unico giocatore sfrecciare per aria, si poteva ben rispecchiare nell’espressione di tutti i sette giocatori

 

Quella persona – chiunque fosse – sembrava muoversi tutt’uno con il vento, ad una velocità che rasentava l’inverosimile, troppo anche per l’ultimo modello di scopa appena uscito, la Stellasfreccia. Capriole, picchiate, cambi di direzione, inversioni, tutto senza mai perdere il controllo della velocità.

 

Ma chi diavolo è?” sussurrò Isabella Roockwood, esprimendo ad alta voce la domanda che tutti si stavano ponendo nella mente.

 

E in effetti il ragazzo non indossava la divisa di nessuna delle quattro case, ma una completamente nera, almeno da quello che si riusciva a vedere da fondo campo. Purtroppo la distanza e la velocità con cui stava volando rendeva praticamente impossibile riconoscerne i tratti fisionomici.

 

“Aspetta un attimo, ma quello è un boccino!” esclamò Caleb improvvisamente, l’unico – essendo lui stesso Cercatore – in grado di scovare l’elusiva pallina dorata.

 

Ora che era stato fatto notare, anche gli altri poterono vedere il boccino cercare di volar via, tallonato a soli pochi metri di distanza dal ragazzo misterioso. Improvvisamente la pallina scheggiò via sotto gli spalti, col Cercatore alle calcagna.

 

“Me è ammattito?! Si ammazzerà là sotto!” Esclamò uno dei due Battitori, mentre tutti si guardavano intorno cercando di indovinare dove – e se – sarebbe risalito.

 

Quando Orion lo vide risbucare da sotto gli spalti di Corvonero sulla destra, tirò un sospiro di sollievo: sarebbe stato proprio un peccato sprecare un talento simile.

 

“Ehi Dorea, aspetta… ma che stai facendo?” si sentì la voce di Caleb reclamare. Orion si voltò, in tempo per vedere il Capitano accucciarsi davanti al baule delle palle, aprirlo e sganciare uno dei due Bolidi.

 

“Ma sei impazzita!?” gli urlò Rudolf correndo a bloccarle i polsi, “Che diavolo stai facendo, vuoi forse ammazzarlo?!”

 

“Voglio solo vedere come se la cava, tutto qui!” ribatté lei con un determinato ardore negli occhi, cercando di liberarsi le mani dalla stretta dell’altro.

 

“Ehi, guardate!” indicò di nuovo verso il cielo Isabella e tutti spostarono l’attenzione nuovamente sul ragazzo in aria che faceva una capriola nel tentativo di seminare il Bolide e si buttava nuovamente sotto gli spalti.

 

Tutti impegnati a sussultare ai rumori del legno che si infrangeva provenienti dai sotto-spalti, nessuno si accorse di Dorea che, approfittando della distrazione, aveva liberato anche il secondo Bolide. Appena Orion vide la seconda palla librarsi in aria e sparire anch’essa sotto gli spalti, si rivolse anche lui al Capitano.

 

“Ma che cazzo fai! Lo vuoi vedere morto?!” le urlò contro, ma venne nuovamente distratto dal fragore di metallo che cozzava contro metallo provenire dagli spalti.

 

Dopo qualche secondo videro il Cercatore sbucare nuovamente fuori, con una sola delle palle grigie alle calcagna. Osservarono il ragazzo fare un giro del campo, prima di cominciare a salire sempre più su, fino ad un altezza di almeno cinquanta metri.

 

Poi, sotto gli occhi sbarrati della squadra, si lanciò verso il basso.

 

La velocità era impressionante e tutti potevano solo guardare con orrore il ragazzo avvicinarsi sempre di più al suolo.

 

“Non ce la farà mai a frenare, si schianterà!” urlò Isabella.

 

All’ultimo secondo però, videro il Cercatore sollevare il manico verso l’alto e partire a razzo in avanti, mentre il Bolide si schiantava nel terreno e affondava tra la terra. Con occhi ancora spalancati, Orion lo vide fare una capovolta di vittoria e poi ripartire nuovamente alla ricerca del boccino.

 

“Non ci posso credere,” sussurrò Caleb, “ce l’ha fatta davvero…”

 

Intanto il ragazzo volava ad un metro da terra sempre rincorrendo il boccino e aveva appena allungato un braccio, quando la pallina cambiò improvvisamente direzione. Invece di girare si lanciò con l’altra mano, acchiappando la piccola sfera e cadendo di schiena sull’erba.

 

Orion si apprestava a correre a centro campo per raggiungere quel giocatore sconosciuto e scoprire finalmente chi fosse, quando vide il secondo Bolide sbucare da un lato e scagliarsi sul ragazzo.

 

“Attento!” urlò, sapendo però che non avrebbe mai potuto sentirlo da così lontano.

 

Il ragazzo in ogni caso si accorse da solo del pericolo e fu quando lo vide scagliare il Protego con una sola mano, che Orion riconobbe immediatamente chi fosse.

 

“Harry?!” esclamò, non potendo credere ai propri occhi.

 

“Cosa?” chiese Rudolf, mentre come gli altri continuava a guardare il ragazzo alzarsi in piedi e immobilizzare il Bolide senza bacchetta.

 

“Harry, quello è Harry!” ripeté Orion, “Harry Evans, il nuovo studente.

 

“Quel ragazzo è con noi a Serpeverde?” chiese incredula il Capitano, “E nessuno sapeva che era un mostro nel volare?!

 

‘No, non lo sapevo nemmeno io.’ pensò Orion mentre vedeva l’amico girarsi e irrigidirsi una volta che si fu accorto della loro presenza.

 

Con un’espressione risoluta in volto, il Serpeverde si incamminò per raggiungere il ragazzo a centro campo, con tutta l’intenzione di esigere un paio di spiegazioni.

 

 

*** *** ***

 

 

“Ragazzi, ho detto che vi avrei potuto aiutare con gli allenamenti, ma non ho davvero il tempo per entrare nella squadra!” ripeté per l’ennesima volta Harry, cercando in qualunque modo di tirarsi fuori dal casino in cui si era cacciato.

 

Erano tutti negli spogliatoi, l’allenamento essendo appena finito, e Harry aveva dovuto passare le ultime due ore a rispondere a miriadi di domande e a dover rifiutare – in parte a malincuore – le continue proposte di farlo entrare in squadra.

 

Ce l’avete già un Cercatore!” disse spazientito all’ennesima protesta del Capitano, indicando Caleb, l’unico forse a non essere poi così dispiaciuto che Harry non volesse accettare.

 

“Si, sembrate esservi tutti dimenticati di me. Borbottò il biondino, “Volete che vi ricordi chi è che vi ha fatto vincere conto Tassorosso due mesi fa?”

 

“Oh ma taci.” Ribatté Dorea, “Sai benissimo che con il talento di Evans non potresti mai competere.”

 

Caleb di risposta borbottò qualcos’altro di incomprensibile, ma voltò le spalle e continuò a cambiarsi. Harry invece si passò una mano tra i capelli mentre piegava con cura la sua divisa, sperando che le domande fossero finite.

 

Magari.

 

“Cazzo quanto è bella!” stava esclamando Rudolf osservando la Firebolt come se fosse stata una statua di Michelangelo, “Hai detto che è un prototipo, mh? Sai per caso quanto verrebbe a costare farne spedire sette dall’Australia?”

 

Harry affondò la testa tra le mani soffocando un gemito.

 

“No, no, non sono in commercio.” Si affrettò a rispondere una volta alzata la testa, “Mi è stata regalata e… ehm…cioè, mio zio le costruisce! Cioè, non è che ha costruito questo modello ma… un suo amico, si, conosce l’inventore e gliene ha presa una.”

 

“Che culo…” continuò l’altro adocchiandola sognante, “A quanto hai detto che arriva?”

 

250 km/h, ma ora sarà meglio che la metto via. Gli rispose strappandogliela quasi dalle mani e rimettendola nella borsa. Con un sospiro finì di allacciarsi la divisa, notando con sollievo che Orion aveva finito di prepararsi.

 

Ora che rivedeva l’amico, i pensieri di quel pomeriggio gli ritornarono in mente e, mordendosi per qualche secondo il labbro indeciso, infine prese una decisione.

 

“Ehi, Orion.” Lo chiamò attirando la sua attenzione.

 

“Si, Harry?”

 

Il ragazzo si avvicinò. “Mi chiedevo se potessi parlarti qualche minuto.

 

Orion lo guardò un po’ sorpreso, ma rispose subito: “Certo, fammi prendere le mie cose che torniamo in Sala Comune.

 

“No, aspetta!” lo fermò l’altro, volendo proprio evitare di andare ovunque potessero incontrare Tom. “Volevo parlarti ora, lontano da… è una cosa un po’ privata insomma…”

 

Il Serpeverde sollevò le sopraciglia un po’ perplesso, ma acconsentì. “Oh, va bene. Allora ti va di fare un giro sugli spalti? Poi torniamo a prendere la roba.”

 

Harry annuì e, infilando le mani in tasca, seguì l’amico fuori all’aria aperta, già quasi del tutto buia per via del precoce tramonto invernale.

 

La strada fino agli spalti la percorsero in silenzio, poi, una volta seduti, Orion si rivolse ad Harry.

 

“Allora, cos’è che volevi dirmi?”

 

Harry si torse le mani per qualche secondo, non sapendo bene come cominciare. “Orion tu… hai mai avuto delle storie serie? Cioè, qualcosa che non fosse solo una botta e via?”

 

Il Serpeverde sembrò sorpreso dalla domanda, ma rispose comunque: “Oh beh, certo che ne ho avute.”

 

E ti è mai capitato… ti è mai capitato di incontrare la persona sbagliata, qualcuno a cui sai non ti dovresti mai avvicinare, ma che non puoi fare a meno di… di…”

 

“Volere?” finì Orion.

 

Harry annuì, senza guardare l’altro in faccia.

 

L’altro ragazzo sospirò. “Stai parlando di Tom, non è vero?”

 

Harry si voltò di scatto, aprendo immediatamente la bocca per negare, ma poi la richiuse e, tornando a guardarsi le mani, annuì mesto.

 

Orion sorrise. “Harry, non c’è niente di male nel sentirsi attratti da Tom, anzi, mi preoccuperei se non lo fossi. Quel ragazzo è un sogno erotico che cammina. Ridacchiò, vedendo l’altro ragazzo arrossire furiosamente. “Perché ti sembra tanto sbagliato?” aggiunse poi tornando serio.

 

“No, non intendo sbagliato perché è un ragazzo, è sbagliato perché…” ma si fermò, aggrottando le sopraciglia, “No, aspetta un momento, è sbagliato anche per quello, a me non piacciono i ragazzi!” esclamò infine, come se se lo fosse appena ricordato.

 

Orion alzò un sopraciglio divertito. “Ma davvero? Aspetta, aspetta, com’è che avevi definito le tette di Madlene? Ah già: ingombranti. Sicuro, etero al cento per cento.”

 

Il rossore sulle guance di Harry tornò a tutta forza. “M-ma che centra questo! E Ginny dove la metti? Io ho avuto solo delle ragazze!”

 

E da quel che mi ricordo è un plurale un po’ stringato o sbaglio? Due non conta proprio come ciò che chiamerei esperienza…” rispose serafico il Serpeverde, “E quando ti ho chiesto di parlarmi di questa Ginny? ‘È bassina e magra’… ma che risposta è? Né un commento sul suo culo, sulle sue labbra, se porta la quarta, cavolo, nemmeno se era bella o brutta!”

 

Harry cominciò a scaldarsi. “E allora? Questo vuole solo dire che guardo oltre la taglia di reggiseno!”

 

L’altro alzò le mani in segno di pace. “Ehi, calmino, non volevo offenderti. Sto solo dicendo che se ti metti con una persona per ciò che è oltre il suo aspetto fisico, che sia un ragazzo o una ragazza non fa troppa differenza, no? E comunque dalla domanda che mi hai fatto prima, devo presumere che qui l’aspetto fisico non sia poi un problema.” Ghignò, lanciando uno sguardo sornione all’altro, “Spara, cos’è successo?”

 

Harry affondò la testa tra le mani con un lamento. “Ero in camera a leggere un libro quando è uscito dal bagno,” disse parlando attraverso le dita, “indossando solo un asciugamano legato in vita.”

 

Orion fischiò, “Oh mamma, avrei voluto esserci. Ma all’occhiata omicida che gli venne rivolta, si affrettò ad aggiungere “Per vedere la tua reazione naturalmente!” si esibì in un altro ghigno canzonatorio, “Perché, geloso forse?”

 

“Eh?! Geloso io? Ma non dire cazzat-“ ma si bloccò e spalancò gli occhi, “Oh mio Dio, si! Non ci posso credere, sono davvero geloso! Oh mamma…” gemette per l’ennesima volta.

 

Orion scoppiò a ridere, circondando con un braccio le spalle dell’altro in una stretta amichevole. “Eddai, non essere così melodrammatico. Ti piace Tom, e allora? Non sei certo né il primo né l’unico, dove sta la catastrofe esattamente?”

 

E lo chiedi anche!” ribatté Harry, “Stiamo parlando di Tom Riddle! Possibile che tra tutte le persone che ci sono sulla faccia della Terra, proprio l’unico che non sa nemmeno cosa voglia dire amare dovevo andare a scegliere?”

 

“A chi non sa qualcosa,” rispose Orion con un sorriso mesto, “basta insegnarglielo. Non potresti essere tu a insegnarlo a Tom?”

 

Ma Harry scuoteva la testa. “Non posso…” non posso rischiare di cambiare il futuro… “E poi chi mi dice che lui ricambi? Farei solo la figura dell’idiota.”

 

Orion sbuffò divertito. “Oh, di quello non mi preoccuperei di certo. Ma all’occhiata interrogativa dell’altro non approfondì. “Senti, vuoi un consiglio su come comportarti? Io ti dico: prendi l’iniziativa, agisci! È una cosa che potresti rimpiangere tutta la vita di non aver fatto: un giorno ti sveglierai e – puf! Tempo scaduto. Un’occasione andata persa. E se posso dirtelo, cazzo che occasione, Tom Riddle non è certo il primo che capita!”

 

Harry sorrise suo malgrado, mentre rifletteva sulle parole sul compagno. Aveva ragione Orion, di tempo non ne aveva poi così tanto a disposizione, due mesi su per giù. Ma cosa avrebbe dovuto fare, provarci con Tom? La sola idea gli sembrava ridicola, se non altamente imbarazzante.

 

Una cosa però, almeno gli era chiara adesso:

 

Si, gli piaceva Tom Riddle.

 

E non c’era niente di male.

 

Anzi, proprio come aveva detto Orion – ed Harry era pienamente d’accordo con lui – se si pensava a quel corpo sarebbe stato strano il contrario.

 

“Harry, non che non voglia restare a parlare ancora un po’, ma il resto della squadra sta cominciando a tornare al castello, non vorrei che chiudessero tutto lasciando la nostra roba dentro. Gli disse Orion indicando con la testa gli spogliatoi.

 

“Si, sarà meglio andare.” Annuì l’altro ragazzo, prima di aggiungere “Comunque grazie. Non so ancora cosa farò, ma mi ha fatto bene parlarne con qualcuno almeno.

 

Orion sorrise ed annuì semplicemente, mentre tutti e due si avviavano verso gli spogliatoi.

 

Quando Orion entrò per primo, vide che erano rimasti soltanto Rudolf, uno dei battitori e Isabella, che mentre chiudevano le sacche o piegavano i vestiti, chiacchieravano animatamente con…

 

“Tom? Che ci fai qui?” chiese stupito Orion.

 

Il Prefetto si girò, assottigliando gli occhi. “Ero venuto a cercare te e Harry, visto che eravate entrambi spariti nel nulla, ma mi sono fermato ad ascoltare una storia curiosa che mi stava raccontando Rudolf. Disse con una nota di finta dolcezza, “Coinvolge Harry, un boccino e due Bolidi assassini. Tu ne sai niente?” finì in un sibilo.

 

Orion deglutì. “Andiamo, assassini è un po’ esagerato… Te lo può dire pure Harry che non si è fatto niente, vero Harr – Harry?” domandò al vuoto constatando, una volta che si fu voltato, che il ragazzo era svanito nel nulla.

 

“Allora, Black?” continuò Tom incrociando le braccia al petto.

 

E Orion, mentre pensava che in qualche modo questa Harry gliel’avrebbe pagata, osservando lo sguardo controllatamene furioso dell’altro Serpeverde non poté fare a meno di pensare:

 

‘‘Non ricambia’’ un corno, Harry.

 

 

 

 

 

 

 

A.N.: Ragazzi che fatica! Scusate il ritardo ignobile, ma sto ancora risistemando un paio di cose e ho avuto qualche problema nel trovare il tempo di scrivere.

Questo tra l’altro è il capitolo più lungo mai scritto fino ad ora (per farmi perdonare, anche se non succede granché ^^”) e il numero di pagine a cui stanno arrivando comincia quasi a preoccuparmi… Infatti avevo una mezza idea di tagliarlo al punto in cui Harry scopre di essere stato osservato, e aggiungere il resto al 22, ma visto come siete stati pazienti ho deciso di lasciarlo così lungo com’era.

In ogni caso, Tom si vede relativamente poco, ma – ormai dovreste conoscermi – se in un capitolo il nostro caro Prefetto compare poco, potete essere sicuri che in quello successivo avrà un ruolo in primo piano ;).

 

So che avevo promesso di rispondere alle recensioni alla fine di questo cap, ma credetemi se vi dico che non ne ho davvero il tempo adesso! Chiedo umilmente perdono!

 

Al 22, spero anche io on-line il prima possibile!

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Capitolo 22
*** Nodi al Pettine ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 22/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 22.   Nodi al Pettine

 

 

 

Harry aveva afferrato i bordi del tavolo di Serpeverde e li stava stringendo con così tanta forza da farsi diventare le nocche bianche, ma non gli importava. Tutto pur di riuscire a mantenere un briciolo di autocontrollo e cercare di smetterla di arrossire come un idiota.

 

Arrischiò un’altra occhiata al tavolo della colazione, giusto in tempo per vedere la lingua di Tom pulirsi delicatamente il labbro inferiore da un – inesistente, Harry ne era sicuro – residuo di mousse al cioccolato. Il ragazzo strizzò nuovamente gli occhi, tornando ad abbassare la testa sulla sua tazza di cereali.

 

Lo stava facendo apposta, ne era sicuro. Dio santo, esistevano i tovaglioli per pulirsi le dita, non c’era alcun bisogno di leccarle una ad una!

 

E anche a cena, il giorno prima, era stata la stessa storia. Anzi, facciamo da quando era tornato dal campo da Quidditch: per tutto il tempo, ogni volta che aveva guardato il Serpeverde, lo aveva trovato sempre in azioni e gesti dal significato più che ambiguo.

 

Ciò che lo stava facendo impazzire era non riuscire a capire se era Tom ad essere volutamente provocante, o se era forse lui che leggeva anche nei gesti più semplici un significato molto meno pulito.

 

Però se ci pensava, era fin troppo lascivo il modo in cui Tom si era sdraiato sul divano della Sala Comune la sera prima; o quando si era stiracchiato come un gatto prima di andare a dormire, scoprendo svariati centimetri della pelle diafana del suo addome scolpito; o come quella mattina Harry fosse uscito dal bagno nell’esatto istante in cui l’altro si stava togliendo la camicia del pigiama…

 

O il modo in cui adesso si stava allentando il nodo della cravatta adducendo come scusa quella mattina – a Novembre!facesse fin troppo caldo in Sala Grande.

 

In poche parole Harry non aveva più il coraggio di guardarlo negli occhi.

 

Forse anche perché, provocazioni o no, l’unica cosa che aveva in testa negli ultimi giorni era prendere quel ragazzo per il colletto, trascinarlo nella prima classe vuota e divorare quelle labbra sfrontate finché non gli fosse mancato il fiato.

 

Prendi l’iniziativa, gli aveva suggerito Orion, ma come avrebbe fatto se non riusciva nemmeno a guardarlo senza vedere mille situazioni compromettenti in ogni sua mossa?

 

E poi lo preoccupavano un po’ tutte queste allusioni… e se fossero state davvero tutte volute? Poteva voler dire… poteva voler dire che Tom sapeva! Che lo stesse prendendo in giro, perché aveva scoperto della sua… infatuazione? Oddio, che imbarazzo che sarebbe stato…

 

E a proposito di imbarazzo, se non si fosse dato un contegno in fretta, si sarebbe notato qualcosa di molto più evidente del rossore sulle guance.

 

Si voltò deciso a intavolare una qualunque conversazione almeno con Orion, sedutogli di fianco, ma appena lo vide dovette trattenersi dallo svegliarlo con due schiaffi. Infatti non solo il Serpeverde non gli poteva essere di aiuto, ma il motivo era addirittura da ricollegare al suo guardare imbambolato Tom che mangiava un grappolo d’uva nel modo – a detta di Harry – più osceno possibile. Delle due cose non sapeva quale gli desse più fastidio.

 

Decidendo che quello era davvero troppo, Harry si alzò in piedi con uno scatto, biascicò una mezza scusa qualunque e raccolse la sua borsa, uscendo poi di fretta dalla Sala.

 

Orion osservò Harry allontanarsi dalla Sala Grande, e non appena fu scomparso oltre le porte, si rivolse al Prefetto.

 

“Sai Tom, ci sono modi meno osceni per fare quello che stai facendo.

 

Il ragazzo, grappolo d’uva dimenticato nel piatto, si asciugò con aria indifferente le mani sul tovagliolo. “Non so di cosa tu stia parlando Black.”

 

Orion ghignò. “Suvvia, sono fin troppo palesi le tue intenzioni e credimi, non ho nulla in contrario. Magari se scegliessi un metodo che non… come posso dire… disturbi così tante altre persone…”

 

Tom osservò il resto del tavolo intorno a sé con un sopracciglio alzato, notando diversi sguardi rivolti verso di lui, alcuni addirittura accompagnati da occhi appannati e bocche semiaperte. Scrollò le spalle, mostrando chiaramente quanto poco gliene importasse se il resto della sua casa gli stesse sbavando letteralmente dietro. Si alzò con la sua solita eleganza e raccolse la sua borsa, noncurante degli sguardi che lo seguivano mentre si allontanava dal tavolo, con Orion al seguito.

 

Appena furono fuori dalla Sala, Orion fermò il Prefetto per un braccio.

 

“Tom, parlando seriamente, che intenzioni hai? Harry forse è così ingenuo da avere dei dubbi su cosa tu stia cercando di fare, ma di certo non inganni me.”

 

L’altro Serpeverde strattonò il braccio liberandosi dalla presa, fulminando con una delle sue occhiate gelide.

 

“Mi sembrava di averti sentito dire che non avevi nulla in contrario.

 

“Vero, e anzi,” aggiunse Orion guardando l’altro negli occhi “penso che sia la cosa migliore che possa capitare a tutti e due. Questo però non mi impedisce di criticare i tuoi metodi. La mia domanda è semplice: che intenzioni hai?”

 

Tom aprì la bocca per rispondere, ma una breve occhiata alla massa di studenti che si stava riversando fuori dalla Sala Grande lo bloccò. Prese Orion per una manica e lo trascinò nella prima aula vuota che incontrarono. Una volta entrati, il Prefetto lasciò il braccio all’altro e si appoggiò con fare noncurante ad uno dei banchi, mentre Orion rimase in piedi di fianco alla cattedra, con le braccia incrociate.

 

“Allora?”

 

Tom sbuffò. “Non capisco davvero cosa vuoi sentirti dire. Prima dici che le mie azioni sono fin troppo palesi, poi vieni a chiedere spiegaz-

 

“Oh, smettila di girarci intorno!” lo interruppe Orion guadagnandosi un’occhiataccia, “Cosa voglio sentirmi dire? Che Harry non è solo un giocattolo per te, che non lo userai solo per gettarlo via una volta che ti sarai stancato!”

 

La postura di Tom si irrigidì visibilmente a quelle parole: si potevano vedere le mani stringere il bordo del banco con forza, mentre la sua voce uscì come un sibilo tra i denti stretti.

 

Nonostante tutto evitò lo sguardo dell’altro mentre rispondeva “E chi ha mai parlato di gettare via?”

 

Orion sospirò, sciogliendo le braccia dall’intreccio ed avvicinandosi al compagno di Casa.

 

“E allora cosa stai aspettando, Tom?” chiese con un tono molto più dolce, “Che Harry si metta a pregarti? A strisciare ai tuoi piedi? Lo vedi benissimo anche te che non gli sei per niente indifferente…”

 

E mentre osservava quel testardo di un Prefetto continuare a fissare fuori dalla finestra, piano piano notò anche qualcosa cambiare. Seppure non lo stesse guardando in faccia, anche dalla sua posizione Orion poté scorgere una luce che non aveva nulla a che fare con il pallido sole che splendeva all’esterno riflettersi nelle iridi color inchiostro.

 

“Io so esattamente come si fa a portarsi a letto una persona,” sussurrò Tom con voce atona, “ma da lì in poi…”

 

Orion lo vide abbassare la testa e rimase indeciso, in stallo tra il rimanere ad ammirare quell’attimo di ciò che il Prefetto avrebbe sicuramente chiamato ‘debolezza’ e il trovare le parole giuste per aiutare l’amico che si era dimostrato molto meno sicuro di quanto non volesse apparire.

 

“Harry però lo sa.” Disse infine, “Se solo gli parlassi, gli lasciassi capire che-“

 

“Che cosa? Che cosa esattamente, Black? Su quale assurdo sogno romantico ti stai arrampicando?”  sbottò l’altro improvvisamente, interrompendolo, “Stai parlando di amore, forse? Perché se è così ti dimentichi chi hai di fronte!” lo schernì, gli occhi nuovamente duri che lo sfidavano a controbattere.

 

Orion alzò le braccia al cielo in un gesto esasperato, “E allora provami che non è così! Dimmi chiaro e tondo che non te ne frega niente di Harry, che non hai problemi a dimenticarti di lui come se nulla fosse!” gli rispose a tono e, non ricevendo risposta se non la rabbia e il rifiuto negli occhi neri, continuò con voce mesta “Ma non puoi farlo, vero? Non puoi mentire a te stesso fino a questo punto.

 

Orion avrebbe giurato di aver visto per un attimo gli occhi di Tom brillare di una scintilla rossastra, prima che in uno scatto furioso il Prefetto si staccasse dal banco ed avanzasse verso di lui. Per qualche orribile secondo temette che gli si sarebbe scagliato addosso, ma poi il Serpeverde si limitò a voltarsi e marciare fuori dall’aula sbattendosi la porta alle spalle.

 

Rimasto solo nella classe deserta, Orion sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Sarebbe dovuto essere arrabbiato con la cocciutaggine di Tom, esasperato dal suo comportamento, ma l’unica cosa che riusciva a sentire era una profonda tristezza.

 

Che cosa c’è nell’idea di essere umani che ti fa tanto schifo, Tom?

 

Scuotendo la testa, uscì anche lui dall’aula per riversarsi nel fiume di studenti che tornavano ai dormitori prima di iniziare le lezioni.

 

Preso com’era dai suoi pensieri, non si accorse della voce che continuava a chiamarlo e quasi andò a sbattere contro la piccola Corvonero che inutilmente stava cercando di attirare la sua attenzione da qualche tempo.

 

“Orion! Ma sei sordo o cosa?” lo apostrofò irritata la ragazza, una volta che gli si fu piazzata proprio davanti.

 

Il Serpeverde alzò la testa sorpreso. “Ah, Meredith. Scusa, ero un po’ soprappensiero. Rispose distrattamente.

 

Meredith alzò gli occhi al cielo. “Non l’avevo notato. Borbottò, prima di affiancarlo e camminare con lui per il corridoio. “Allora? Che cos’era esattamente quel teatrino, a colazione?”

 

“Parli di Tom?” chiese l’altro sapendo già la risposta, “Si diverte a giocare al gatto e al topo, mi sembra ovvio. Rispose con una nota di irritazione.

 

Se la ragazza si accorse del suo tono, non lo diede a vedere. “E Harry?”

 

“Mi stupisco che non sia già finito in infermeria per un collasso nervoso. Se Tom continua di questo passo lo farà impazzire. Rispose Orion sospirando.

 

Meredith si fermò. “Vuoi dire che Harry finalmente…? Pensavo ci sarebbe voluto molto più tempo!” esclamò con un sorriso.

 

Orion non poté non lasciarsi sfuggire un piccolo ghigno. “Beh, lo pensavo anch’io all’inizio, ma cavolo, vivono insieme ventiquattrore su ventiquattro, era impossibile che qualcosa non succedesse!”

 

“E tu come fai a saperlo?” domandò la ragazza quasi saltellando, “Harry ti ha detto qualcosa? Dai, parla!”

 

Il Serpeverde sorrise all’euforia della ragazza. “Ah, ho promesso di non dire nulla! Ma se proprio insisti…” aggiunse, vedendo l’occhiataccia che gli veniva indirizzata, “diciamo solo che Harry ha avuto la sua piccola rivelazione.”

 

“Ah! Lo sapevo!” poi però, vedendo l’espressione di Orion, aggiunse con una nota interrogativa nella voce “Ma qual è il problema dunque? Perché quel muso lungo?”

 

Il ragazzo sospirò di nuovo, una cosa che cominciava a trovarsi a fare un po’ troppo spesso. “È Tom, lui… credo che abbia paura.”

 

Meredith gli rivolse uno sguardo sorpreso. “ Paura?”

 

Ma l’altro ignorò la domanda. “È da quando Harry è arrivato che Tom non fa altro che ossessionarci sopra. Anche solo il fatto di aver voluto condividere le sue stanze… ti giuro che se me l’avesse raccontato qualcuno non ci avrei mai creduto! Allora cosa c’è che non va?” si chiese, praticamente pensando ad alta voce

 

La ragazza gli lanciò uno sguardo confuso. “Non ho ancora capito bene di cosa tu stia parlando, ma se posso dire la mia, anche io che nemmeno li conoscevo potevo vedere gli sguardi che si lanciavano – e che si lanciano tutt’ora.”

 

“È come un’alchimia, una specie di affinità elettiva. E la riescono a sentire tutti quanti intorno a loro!”

 

“Hai presente quanto è protettivo Tom nei confronti di Harry? Possessivo lo definirei. Ridacchio la Corvonero.

 

Orion fischiò. “Eccome, non fa avvicinare nemmeno me! Se mai qualcuno osasse torcere un capello a quel ragazzo, non voglio nemmeno immaginare che fine farebbe!” esclamò ridendo.

 

A quelle parole però la ragazza smise di ridere. “Ehm…si, eh eh, immagino…” balbettò evitando lo sguardo dell’altro.

 

Orion la osservò confuso. “Mere?”

 

“Si? Cosa?” chiese lei con aria falsamente sprovveduta.

 

“Dici che Tom non andrebbe su tutte le furie?” chiese perplesso.

 

“Oh, nonono, anzi, sarebbe sicuramente una belva! Cioè, si, nel senso, si arrabbierebbe sicuro, ma sai una cosa? Tanto nessuno farebbe mai del male a Harry, giusto? Che ne paliamo a fare! Inutile parlare di qualcos-

 

“Meredith, stai blaterando.”

 

“Io blatero? Guarda che stavo solo dimostrando che è un discorso inutile, senza sens-

 

“C’è qualcosa che vorresti dirmi, per caso?”

 

“Adesso perché vai a pensare che ti stia nascondendo qualcosa! Se ti dico che nessuno ha mai fatto del male a Harry, perché non dovresti credermi? Cioè, dico –“

 

“Meredith…”

 

“Oh, ti prego, Harry mi ha detto di non dirlo a nessuno, non farmi dire niente!” supplicò la ragazza torcendosi le mani.

 

Orion però non sembrava aver alcuna intenzione di lasciar correre la faccenda. “Harry? Ti ha fatto promettere di tenere un segreto? Lo sa che non c’è niente che non possa dire anche a me o a Tom…”

 

Poi, ricollegando improvvisamente il discorso di prima, si bloccò in mezzo al corridoio, prendendo per le spalle la Corvonero. “Meredith, qualcuno ha fatto del male a Harry?”

 

La ragazza si stava torturando il labbro inferiore. “Oh, ho promesso che non avrei detto nulla…”

 

“Ma scherzi? E se venisse attaccato di nuovo?” continuò serio Orion, “Qualcuno deve saperlo se Harry viene perseguitato, qualcuno che possa fare qualcosa!”

 

Meredith però rimaneva indecisa, non volendo tradire la fiducia dell’amico. “Prometti di non dirlo a nessuno, specialmente a Tom?”

 

Il ragazzo sembrò voler obbiettare, ma poi si rassegnò e annuì.

 

“Immagino allora che Harry non ti abbia raccontato” rispose infine la Corvonero, “di quando Alden gli ha rotto il naso.”

 

Guardando l’espressione che assunse Orion a quelle parole, Meredith capì immediatamente che non era stata una buona idea: il viso normalmente calmo e solare del ragazzo si era irrigidito, la mascella serrata e le narici dilatate. Le stava anche stringendo le spalle con più forza di quanta non ne fosse necessaria, e la Corvonero si trattenne dallo scrollarsi, sapendo che con tutta probabilità l’altro nemmeno se ne rendeva conto.

 

“Adesso vado e lo ammazzo.” Dichiarò lui a denti stretti, lasciandole le spalle e voltandosi.

 

Meredith però lo afferrò all’ultimo. “No!” esclamò cercando di trattenerlo, “Fermati Orion, non puoi andarlo a cercare, io non ti avrei dovuto dire niente! Non pensi a cosa dirà Harry? O a cosa farà Tom?”

 

A quelle ultime parole il ragazzo si fermò, ma il ghigno quasi sadico che gli aprì il volto non fu per niente rassicurante. “Hai ragione, perfettamente ragione. Rispose lui continuando a sorridere, “Lo vado a dire a Tom così lui va e lo ammazza!” esclamò trionfante tentando nuovamente di camminare via.

 

“No, fermo!” ribatté la ragazza puntando i piedi a terra per riuscire a fermarlo. “Cosa ti avevo detto? Mi hai promesso che non l’avresti detto a nessuno, specialmente a Tom!”

 

“Beh, se le circostanze lo richiedono una promessa può essere infranta!” rispose lui incrociando le braccia ostinato ma, con sollievo di Meredith, fermandosi.

 

“Se lo dici a Tom, Harry saprà che per forza devo avertelo detto io, e si arrabbierà con me, e invece sarebbe tutta colpa tua!”

 

Il ragazzo a quello alzò un sopracciglio. “Scusa, ma se lui ti aveva detto di non dirlo a nessuno, la colpa di aver spifferato tutto è solo tua.

 

Meredith lo guardò con occhi sgranati. “Cosa? Ma sei tu che l’hai voluto sapere! Per il bene di Harry hai detto!”

 

Orion scrollò le spalle. “Infatti era quello che volevo. Ma non ho mai detto che fosse anche  giusto.”

 

“Tu-tu…! Smettila di fare il… fare il…” agitò vagamente le braccia nella sua direzione, “Serpeverde!

 

Il ragazzo la guardò per un attimo indeciso se dover sentirsi offeso o divertito, poi, dopo qualche secondo, sospirò e sciolse le braccia. “Senti, non voglio che Harry si arrabbi con te, ma Tom lo deve sapere. Potrebbe essere la volta buona che apre gli occhi e si accorge di che feccia sia quel Principe!”

 

Ma Meredith sembrò infervorarsi ancora di più a quelle parole. “Ah, ora è chiaro! Non lo stai facendo per proteggere Harry, è solo perché ce l’hai a morte con Alden!”

 

“No, non è…” ma si interruppe, e dopo un altro sospiro riprese “Ascolta, non posso negare che vedere quel verme ricevere ciò che si merita non mi darà un’enorme soddisfazione, ma questo è anche per Harry. Principe è ossessionato da Tom, è pazzo! Pensi che se Harry non dirà nulla a Tom lui lo lascerà stare per gratitudine? Ma per favore! Tom deve saperlo, è l’unico che può fare qualcosa.

 

Meredith si morse il labbro inferiore, soppesando le parole dell’altro. “Ma non possiamo trovare un modo per far sì che sia Harry a dirglielo?”

 

Orion aggrottò le sopracciglia. “Non so Mere… se quel ragazzo ha in testa una cosa, è difficile fargli cambiare idea…” pensieroso, si guardò intorno come sperando che l’ambiente circostante potesse fargli venire qualche idea.

 

Improvvisamente il suo sguardo si bloccò in un punto preciso e un largo ghigno gli si dipinse in volto. “Forse ho trovato.

 

Meredith lo guardò perplessa, poi volse gli occhi nella stessa direzione dell’altro, notando Giselle Malfoy e il gruppo di amiche serpeverde parlottare e ridacchiare a poca distanza.

 

Sgranò gli occhi prima di voltarsi e prendere l’altro per le braccia. “Ma sei impazzito?! Vuoi che l’intera scuola lo venga a sapere?”

 

Ma il ragazzo non smise di sorridere. “Non lo vedi? È perfetto! Harry non sarà mai in grado di capire chi è che ha fatto partire la notizia, per quel che ne sa qualcuno potrebbe essere stato presente. Fidati, entro sera sarà già storia antica, ma chi doveva sentire avrà sentito di sicuro.

 

La Corvonero non era per niente d’accordo, ma anche dopo qualche secondo di indecisione, non riusciva a vedere altra via d’uscita. Annuì.

 

“Fantastico!” rispose quasi euforico Orion, “Allora tu va pure a lezione – se devo fare una cosa fatta bene, servirà un po’ di tempo. Ci vediamo a pranzo allora!” la salutò infine, dirigendosi verso il gruppetto di ragazze.

 

Meredith sospirò guardandolo allontanarsi e, mentre si sistemava meglio la tracolla s’una spalla, non riuscì a trattenersi dal borbottare sotto voce un esasperato “Serpeverdi

 

 

****

 

 

Tom scese le scale del dormitorio sistemando alcuni libri nella sua borsa, prima di doversi dirigere a lezione. Lanciando uno sguardo al resto della Sala Comune, assottigliò gli occhi notando che di nuovo non c’era alcuna traccia di Harry in giro. Ormai aveva cominciato ad abituarsi alle improvvise sparizioni del ragazzo – spesso in Biblioteca – ma negli ultimi giorni aveva avuto la netta impressione che l’altro lo stesse volutamente evitando.

 

E in effetti non poteva dargli tutti i torti.

 

Sospirò sentendo le parole di Orion risuonargli in testa. Black aveva probabilmente ragione, tentare Harry in quel modo non avrebbe portato da nessuna parte: Harry non era un ragazzo da una botta e via, era logico che scappasse invece di correre incontro alla possibilità che i gesti del Prefetto gli stavano tanto palesemente proponendo.

 

Per certi versi Tom ne era quasi sollevato.

 

Sapeva di essere attraente, di avere il fascino giusto, un corpo perfetto. Lo aveva sfruttato innumerevoli volte nelle più svariate occasioni, e aveva quindi la prova che non era certo quello a fermare Harry. No, era probabilmente qualcosa che aveva a che fare con l’alone di mistero che circondava il ragazzo, uno dei tanti segreti che il  novizio Serpeverde non era disposto a rivelare.

 

E anche solo il fatto che Tom fosse disposto a soprassedere a tutti quei segreti era indice di quanto stesse impazzendo.

 

Impazzendo, almeno, gli sembrava la parola adatta.

 

Quella che era iniziata come curiosità verso un giovane sbucato fuori dal nulla, era presto degenerata in qualcosa a cui il Prefetto non voleva dare nemmeno un nome. Ripensando a tutto quello che era successo da quando l’aveva conosciuto, Tom si rendeva conto di come si fosse creato da solo la sua stessa trappola: più aveva indagato, più aveva scoperto nuovi piccoli misteri che lo avevano spronato a scavare più a fondo, ad avvicinasi un po’ di più, come una falena attratta da una fiamma.

 

Si sa, però, che a giocar col fuoco ci si scotta.

 

Lui, adesso, stava bruciando.

 

Quella che era iniziata come una sfida a se stesso e una gara tra chi riusciva a scoprire di più e chi a nascondere più a lungo, confronto a ciò che era diventato ora non era altro che un pallido ricordo.

Era diventato un fottutissimo bisogno.

 

Bisogno di rivedere quelle iridi di un verde senza fondo, bisogno di non perdere di vista la finta chioma castana tra le mille altre teste di studenti, bisogno di sentirne il respiro nel letto accanto al proprio, bisogno di saperlo solo ed esclusivamente suo.

 

E poteva mostrarsi noncurante tutte le volte che Orion circondava con un braccio la vita di Harry per farlo ingelosire, ma la verità era che mentre i pugni serrati venivano appositamente nascosti nelle tasche, una maledizione era sempre già pronta sulla punta della lingua.

 

Si, forse Black aveva ragione, forse si stava comportando in modo infantile, ma quel bisogno si stava facendo sempre più consumante.

 

Bisogno di sfiorare e toccare con le proprie dita, bisogno di baciare e leccare ogni centimetro di pelle, bisogno di riconoscere i sospiri e i gemiti tra il fruscio delle lenzuola, bisogno di vedere quegli occhi appannati di piacere, magari con la stessa identica espressione che gli aveva visto in volto quella volta che era uscito dal bagno…

 

Non era riuscito a rimanere freddo, non era riuscito a non fare nulla, e seppure il suo comportamento era stato infantile, senza almeno quelle piccole soddisfazioni di vedere Harry arrossire, balbettare, girare la testa imbarazzato e frustrato non sarebbe rimasto sano.

 

E d’altronde quello che aveva detto ad Orion era vero: di esperienza se si parlava di sesso ne aveva, e se si fosse voluto portare a letto Harry in un modo o nell’altro ci sarebbe già riuscito.

 

Era il timore che non sarebbe stato abbastanza che lo aveva fatto fermare alle piccole provocazioni, il terrore che una volta provato, non solo non ne sarebbe rimasto saziato, ma anzi ancora più assuefatto di prima.

 

Perché alcune sensazioni che quel ragazzo gli suscitava erano semplicemente troppo perché un assaggio potesse essere abbastanza. La possessività e addirittura – si sentiva disgustato da se stesso anche solo a pensarlo – la protettività con cui non poteva fare a meno di trattare Harry era disarmante.

 

“Ah Tom, finalmente ti ho trovato!” una voce lo distolse improvvisamente dalle sue riflessioni. Alzando lo sguardo, vide Dorea Black, capitano della squadra di Quidditch, nonché cugina di Orion, attraversare la Sala Comune e venirgli incontro facendo svolazzare alcuni fogli che teneva in mano.

 

“Si?” chiese vagamente incuriosito Tom. Non aveva mai avuto stretti rapporti con quella ragazza, visto che il suo unico rilievo sociale era dato dal Quidditch, da lui sempre reputato un’enorme perdita di tempo.

 

“Ho bisogno che mi firmi questi moduli e che li porti da Lumacorno. Rispose lei una volta che si fu avvicinata.

 

Tom aggrottò le sopracciglia. Di qualunque pratica si trattasse, era strano che dovesse occuparsene un Prefetto, solitamente era compito dei Caposcuola dover firmare le autorizzazioni come rappresentanti. Prese in mano i fogli e gli diede una superficiale occhiata, leggendo velocemente.

 

Ah.

 

“Come vedi sono i moduli per autorizzare Harry a farci da allenatore. Mi serve solo la firma di un Caposcuola o Prefetto prima di portarlo dal Capocasa…”

 

Tom l’ascoltò distrattamente, sapendo già quello che gli stava dicendo. Arrivato al terzo foglio però, alzò lo sguardo sollevando un sopracciglio.

 

Questa credo che sia finita qui per sbaglio, visto che un’iscrizione come Cercatore di scorta, ad Harry che non ha nessuna intenzione di diventarlo, non serve proprio a niente.”

 

La ragazza intrecciò nervosamente le dita, sbuffando. “Oh suvvia Riddle, tu non hai visto come vola quel ragazzo, è un portento! Non vuoi anche tu che Serpeverde vinca la Coppa quest’anno?”

 

Tom rimase impassibile. “Non ce nulla che mi importi di meno. Rispose serafico, ma prima che l’altra avesse il tempo di ribattere, aggiunse “E in ogni caso è già tanto che firmi per quest’assurda storia dell’allenatore.

 

Il viso della ragazza cominciò a prendere un colorito arrabbiato. “Visto di chi si trattava ho pensato che fosse meglio farlo vedere a te, ma sappi che sarei potuta anche andare dal Caposcuola o dall’altro Prefetto!” ribatté lei con foga, “Cos’è, ancora per quella storia dei Bolidi? Nessuno è mai morto giocando a Quidditch!”

 

Tom le lanciò uno sguardo gelido. “Primo, senza l’autorizzazione del diretto interessato – Harry in questo caso – puoi andare anche dal Preside e nemmeno lui potrebbe farci nulla. Secondo, l’ultima cosa che ho sentito a proposito di Harry e del Quidditch era proprio che si stava quasi per spaccare l’osso del collo.

 

Ma invece dell’espressione furiosa e frustrata che si sarebbe aspettato sarebbe comparsa sul volto della Black, il Prefetto rimase sorpreso nel vedere l’occhiata di sufficienza che gli fu indirizzata.

 

“Certo che sei proprio un ipocrita Riddle. Gli sputò contro la ragazza, “Finché si tratta di qualcosa di cui non te ne frega niente come il Quidditch fai tanto la mamma protettiva, se invece sono i tuoi stessi cari protetti ad oltrepassare il limite chiudi un occhio come se niente fosse.”

 

“Che cosa hai detto?” sibilò Tom guardandola con un misto di sbigottimento, furia e confusione. La Serpeverde poteva essere anche un anno più grande di lui, ma per prendersi certe libertà doveva avere proprio un bel fegato – o essere immensamente stupida. E poi di che diavolo stava parlando?

 

Lei lo osservò per qualche secondo, poi un ghigno soddisfatto le si dipinse in viso. “Non ci posso credere, non lo sai?” chiese lei tra il divertito e il sorpreso. “ E dire che ormai la scuola intera ne parla… devi essere proprio fuori dal giro.”

 

Il Prefetto serrò la mascella. “Di che stai parlando?”

 

“Non ti è arrivata la notizia dell’ultima bravata di Principe?” disse lei ora sinceramente stupita e, capendo dalla confusione dell’altro che era evidentemente quello il caso, leggermente impaurita di dover essere lei la messaggera di una tale notizia.

 

Vedendo l’espressione del Prefetto però, si affrettò a parlare. “Ehm, non ho capito bene quanto tempo fa, ma sembra che Alden… beh, si sa che non gli è mai andato giù il fatto che tu sembri frequentare molto il nuovo arrivato e da quel che ho sentito ci dev’essere stato un piccolo scontro. Un bel gancio destro a quanto pare, e Evans si è ritrovato il setto nasale in frantumi. Se devo essere sincera non mi stupisce per niente, mi chiedo solo come mai sia saltato fuori solo ades- ehi aspetta! Dove vai? Non mi hai ancora firmato i moduli!”

 

Ma il ragazzo si era già chiuso l’entrata della Sala Comune alle spalle e fu solo perché si fu voltato tanto in fretta che la Serpeverde non fece in tempo a vedere le iridi color carbone accendersi completamente di rosso rubino.

 

 

****

 

 

Ci volle un bel po’ di tempo prima che Harry si accorgesse dello strano comportamento di alcuni dei suoi compagni di classe. Abituato com’era ad essere sempre stato il centro dei pettegolezzi, fu probabilmente solo perché in quell’ultimo mese non erano mai stati rivolti a lui che notò quando i mormorii incominciarono.

 

Per i corridoi, gruppetti di studenti lo guardavano e bisbigliavano tra loro, altri smettevano immediatamente di parlare appena si fosse avvicinato e altri ancora gli lanciavano sguardi comprensivi. Mancavano solo le risatine e si sarebbe quasi sentito a casa.

 

Inizialmente aveva liquidato la cosa come una sua impressione: infondo non aveva fatto nulla di straordinario per meritare tanta attenzione. L’unica cosa che gli veniva in mente era il Quidditch, ma non poteva davvero essere così importante… Più passava il tempo e più occhiate riceveva, però, più cominciava a preoccuparsi: attirare attenzione su di sé era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.

 

Inoltre Orion sembrava essere scomparso nel nulla, e così anche Tom. Beh, in realtà per Tom era lui che lo stava evitando come la peste, ma dato che solitamente se lo ritrovava davanti ovunque andasse in ogni caso, anche la sua assenza gli pareva piuttosto insolita. Visto che la cicatrice non aveva smesso di formicolargli un secondo da quando aveva finito il pranzo poi…

 

Ogni suo dubbio, comunque, fu spazzato via nel momento in cui, mentre si avviava alla sua seconda ora del pomeriggio, gli venne incontro un ragazzo che era sicuro di non conoscere affatto.

 

“Ehm, si?” chiese Harry una volta che il ragazzo gli si fu piantato davanti.

 

L’altro si schiarì brevemente la voce ed Harry, nell’osservarlo, notò lo stemma dell’aquila appuntato al petto della divisa.

 

“Sono Philip Dalton, Prefetto di Corvonero e beh…” si passò una mano dietro al collo, a disagio, “volevo chiederti scusa a nome della Casa per quello che è successo.” Disse, a quanto pare dando per scontato che il Serpeverde sapesse di cosa stesse parlando.

 

Harry, naturalmente, era completamente all'oscuro.

 

“Sappiamo che non gli stai troppo simpatico e si, forse non ragiona proprio lucidamente se si tratta di certi argomenti, ma credimi, non è poi una cattiva persona!” continuò il Prefetto, non riconoscendo lo sguardo perplesso del suo interlocutore, “Però prenderti a pugni è stato decisamente esagerato, perfino per Alden.

 

Harry si immobilizzò di colpo.

 

C-cosa hai detto, scusa?”

 

Il Corvonero lo guardò. “Ehm, quale parte?”

 

L’altro non gli diede retta. “Tu come fai a saperlo?” gli chiese, non riuscendo a nascondere il tono agitato della voce.

 

“Oh, io l’ho saputo da Jeremy Hopkin, a cui credo l’abbia detto Livio Cohen, che ha sentito Ester e Sandy Lockfly parlarne perché Hanna Wool aveva…” ma si interruppe vedendo lo sguardo orripilato di Harry aumentare ad ogni nome. “Beh, è stato un giro un po’ largo, ma non mi stupisce visto che ne parla quasi tutta la scuola.

 

Tutta la scuola?” Harry chiese con voce strozzata.

 

Il Corvonero finalmente notò l’agitazione dell’altro. “Ehm, quasi tutta?” offrì.

 

Ma la mente del Serpeverde non lo stava nemmeno più ascoltando, occupata a collegare tutti gli strani avvenimenti della giornata. I bisbigli, il formicolio alla cicatrice, la sparizione di Orion…

 

Tom.

 

Senza fermarsi a dare spiegazioni ed ignorando i richiami, Harry fece immediatamente dietrofront e partì di corsa per il corridoio, facendo lo slalom tra gli studenti che uscivano dalle classi. Non sapeva esattamente cosa aveva intenzione di fare, sapeva solo che aveva bisogno di trovare Tom prima che… prima che potesse succedere qualsiasi cosa.

 

Arrivato davanti alla classe di Storia della Magia – l’ora che dovevano avere in quel momento – si piazzò davanti all’entrata, passando in rassegna tutti i ragazzi già seduti all’interno in attesa del Professore.

 

Di Tom nessuna traccia.

 

Imprecando sottovoce, si fiondò nuovamente nel corridoio, stavolta diretto verso i Sotterranei: l’unica cosa che in quel momento poteva aiutarlo a trovare il Serpeverde era chiusa dentro il suo baule.

 

 

****

 

 

Tom Orvoloson Riddle.

 

Harry continuava a ricontrollare la Mappa ogni pochi secondi mentre correva verso uno dei corridoi del quinto piano, esattamente dove la vecchia pergamena stava indicando essere la posizione del Serpeverde. Ma non era il fatto che dal secondo piano – dove si trovava lui – al quinto ci fosse ancora un bel po’ di strada da fare che lo stava facendo correre. No, era il nome dipinto esattamente davanti a quello del Prefetto.

 

Alden Timothy Principe.

 

Battendo tre volte la bacchetta sopra un arazzo, il ragazzo aprì uno dei tanti passaggi segreti che grazie a quella splendida invenzione dei Malandrini aveva ormai imparato a memoria: lo avrebbe portato dritto al quarto piano e, con un po’ di fortuna, forse sarebbe arrivato prima di…

 

Prima di cosa?

 

Per un attimo Harry si immaginò se stesso entrare come una furia in un aula in disuso solo per trovare Tom e Alden impegnati a prendere un thé e chiacchierare del tempo.

 

Poi, pensando che l’adrenalina gli stesse evidentemente dando alla testa, svuotò la mente da altri pensieri e si concentrò a salire le scale di pietra il più velocemente possibile. Una volta sbucato fuori da dietro un’armatura, si diresse verso la rampa che lo avrebbe portato un piano più in alto.

 

Arrivato al quinto piano, percorse tutto il corridoio col fiatone, ed aveva raggiunto l’angolo quando una voce – per lui inconfondibile – lo bloccò quasi sul posto.

 

Incarceramus!

 

Un attimo solo rimase ancora immobile, prima che le implicazioni di quella parola venissero assorbite dal suo cervello e lo smossero dalla sua posizione, facendogli voltare l’angolo con uno scatto.

 

Davanti a lui Alden era appeso al muro con le braccia aperte ai lati del corpo, funi invisibili ad impedirgli di muoversi, mentre con un’espressione supplicante mormorava parole a raffica.

 

Di fronte al Corvonero invece, Tom Riddle era ritto in piedi, con una mano serrata a pugno di fianco al proprio corpo e l’altra tesa verso il ragazzo al muro, bacchetta ben stretta nella sua presa. Quando Harry lo vide aprire la bocca, decise che non aveva alcuna intenzione di scoprire quale incantesimo avrebbero pronunciato quelle labbra.

 

Expelliarmus!” urlò.

 

Non aspettandoselo, la presa sulla bacchetta di Tom si allentò quasi senza proteste, lasciandogli compiere un ampio arco nell’aria prima di finire nella mano tesa dell’intruso. Ma la sorpresa durò poco.

 

Quando Harry vide il Serpeverde voltarsi per scoprire chi avesse osato interromperlo, una fitta lancinante alla cicatrice lo costrinse a piegarsi in due per terra e portarsi una mano alla fronte.

 

E mentre tentava di contrastare il dolore – un ginocchio a terra e un braccio a sorreggerlo contro il muro – alzò gli occhi sul viso di Tom, incontrando le iridi rosso sangue dell’altro.

 

Per la prima volta da quando era arrivato nel passato, poté sentire chiaramente il sapore della paura affiorargli in bocca.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.N.: ok, metà di voi a questo punto mi vorrà uccidere e l’altra metà sta solo aspettando di leggere le risposte alle recensioni per farlo. È vero, non ho scuse per questo ritardo. O per lo meno ce le avrei, ma dubito fortemente che vi interessino ^^”.

Posso solo promettervi che il prossimo non ci metterà così tanto.

 

Passando a cose più allegre, ho un paio di novità da comunicare: ho creato un blog su msn space dove potrete vedere (in un angolino in alto a destra) l’avanzamento delle mie fic, cioè a che punto sono con il nuovo capitolo, completo di word count. Così potete controllare che non batta la fiacca :P

L’indirizzo (che è anche nel mio profilo) è http://fleetingwords.spaces.live.com/

È importante soprattutto perché posterò le risposte alle recensioni lì, così da non dover occupare spazio inutile alla fine dei capitoli. (i commenti a quel post saranno però disabilitati, o non capirò più niente se dovrò rispondere metà a chi recensisce sul blog e metà a chi lo fa qua).

 

 

Ci sentiamo al prossimo cap, sperando che arrivi molto più in fretta di quanto non abbia fatto questo.

 

Bye, Lien

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Capitolo 23
*** Potere e Non Potere ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 23/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 23.  Potere e Non Potere

 

 

 

Tom poteva sentire un ghigno distorto affiorargli sulle labbra, mentre ascoltava avido le suppliche del ragazzo incatenato al muro. Lo osservava distaccato e vagamente divertito, dall’espressione implorante negli occhi verde acqua al principio di pianto che si poteva vedere ancorato alle ciglia, sul punto di cadere e scorrere sulle guance.

 

Tom era furioso. Oh si, era indiscutibilmente furioso. Ma la sua non era una rabbia che si manifestava in scatti d’ira, pugni alzati e facce rosse. No, la sua era un veleno gelido: scorreva lento, ma arrivava sempre a colpire la sua vittima infine. In quel momento aveva precisamente in mente quello che avrebbe soddisfatto la sua rabbia, e ne avrebbe amato ogni singolo secondo.

 

Il ghigno si allargò. Si sentiva… libero: il ragazzo davanti a lui era completamente alla sua mercé, incapace di muovere un solo muscolo fino a che Tom non glielo avesse permesso, costretto all’unica possibilità di piangere e supplicare.

 

Quello era ciò che Tom era nato per fare.

 

Quello era potere.

 

Lo poteva sentire scorrergli lentamente nelle vene come una colata di dolcissimo miele, lasciandogli un formicolio lungo ogni arto, dalla punta dei capelli ai polpastrelli. La bacchetta che stringeva tra le dita stava fremendo per essere utilizzata.

 

Quanto tempo era che non si sentiva così? Troppo, maledizione… ma non aveva nemmeno importanza, non quando era lì, bacchetta in mano e vittima appositamente immobilizzata ai suoi piedi.

 

Una piccola vocina nel retro della sua mente, però, era qualche tempo che stava provando insistentemente a dirgli qualcosa: ma perché vuoi tanto fare del male ad Alden? Per vendetta, certo, ma… beh, il motivo particolare non riusciva più a ricordarselo bene, ma non aveva poi così tanta importanza. Si sentiva inebriato, sensazioni travolgenti di supremazia e potere si rincorrevano per tutto il suo corpo e non riusciva a pensare a nulla di più importante.

 

Scrollò mentalmente le spalle, tornando ad ascoltare quasi rapito i lamenti e le preghiere del Corvonero. Mmh, per cominciare cosa avrebbe usato? Una fattura? No, troppo poco teatrale. Direttamente un Cruciatus? Mmh, le urla avrebbero attirato troppa attenzione…

 

La vocina di prima tornò a di farsi sentire, più veemente di prima: questo suo comportamento non era normale, aveva cercato quel ragazzo per un preciso motivo, certamente non pacifico ma di sicuro importante. Che senso aveva torturarlo senza nemmeno tenere il conto del perché?

 

Infastidito Tom, ricacciò quella piccola coscienza – e da quando poi se n’era creata una? – nel fondo della mente, tornando a concentrarsi sull’incantesimo che avrebbe avuto il piacere di usare per primo. Gli occhi scarlatti scintillarono di una luce crudele.

 

Ah si, questo è perfetto…

 

Avendo già le parole sulla punta della lingua, alzò la bacchetta sul ragazzo immobilizzato, per un attimo gustandosi l’espressione disperata che si riflesse sul volto dell’altro.

 

E fu proprio in quel momento che se la sentì volare via dalle mani all’urlo di un “Expelliarmus!

 

Per un attimo Tom rimase immobile, ma dallo sguardo di rinnovata paura che gli stava rivolgendo Principe poteva immaginare come la sua espressione dovesse essere niente meno che terrificante.

 

Con movimenti lenti, studiati, fece un passo indietro e, finalmente, si voltò a vedere chi aveva osato interromperlo.

 

Harry.

 

Il ragazzo era a pochi metri di distanza, la propria bacchetta sguainata in una mano e quella di Tom fermamente stretta nell’altra, le gambe divaricate e leggermente piegate in posizione di difesa.

 

E uno sguardo come implorante sul volto, tanto che gli sembrava quasi di sentire le parole che stava cercando di comunicargli: “Ti prego, non farlo”. Sebbene il Corvonero immobilizzato al muro avesse già espresso ad alta voce parecchie preghiere di quel genere, non poteva esserci nulla di più diametralmente opposto tra le due suppliche.

 

La vocina che tanto aveva cercato di farsi sentire negli ultimi minuti lanciò un grido – osava ammetterlo? - sollevato: Harry!

 

Harry. Era per Harry che era andato a cercare Alden, era per Harry che lo aveva incatenato al muro, era per Harry che voleva fargliela pagare tanto. Lo stava facendo per Harry. Per Harry.

Come tutto quello che faceva da un mese a quella parte.

 

Le dita delle mani di Tom si strinsero in due pugni ai lati del corpo. Tutto faceva sempre capo ad Harry: da quando lo aveva incontrato ogni sua giornata iniziava pensando a Harry, ogni sua azione teneva sempre in conto di Harry, sempre Harry Harry Harry

 

Anche una cosa così semplice, così banale come vendicarsi su uno dei tanti studenti della scuola, una cosa che aveva già fatto innumerevoli volte, doveva essere per forza incentrata su Harry.

 

Chi mai, quindi, avrebbe tentato di fermarlo se non Harry?

 

Perché anche a fermarlo era sempre Harry.

 

Rabbia – bollente, consumante rabbia – gli ribollì nello stomaco, salendogli velocemente nel petto, gonfiandogli i polmoni e infiammandogli il cuore.

 

Con uno sguardo gelido tornò a fissare la figura in piedi a qualche metro di distanza, registrando appena il fatto che il ragazzo fosse improvvisamente caduto in ginocchio portandosi una mano alla fronte con una smorfia di dolore.

 

Così era ridotto Tom Riddle? Dov’erano finiti tutti i suoi piani, i suoi progetti? Come aveva potuto un semplice ragazzino fermare l’erede di Serpeverde?

 

Tutte le sue ambizioni… perché gli suonavano così lontane ora, come se fosse stato tantissimo tempo che non ci pensava più? Il suo sogno più grande, quello di abbandonare il disgustoso nome babbano che si ritrovava e ricomparire al Mondo Magico sotto le spoglie del più potente mago che avesse mai messo piede sulla terra, con un nome di cui la gente avrebbe avuto il terrore solo a nominare, un anagramma così perfetto che faceva quasi pensare fosse opera del destino…

 

Quell’assaggio di potere per il quale aveva appena avuto il tempo di gustare, prima che Evans fosse venuto a interromperlo, gli aveva ricordato quali fossero i suoi veri obbiettivi.

 

E un insulso ragazzetto non ne faceva parte.

 

Accio bacchetta!

 

Per la seconda volta nel giro di qualche minuto, la bacchetta di Tom compì un ampio arco e sfrecciò nel palmo aperto del Serpeverde.

 

Tom osservò con occhi assottigliati Harry alzarsi nuovamente in piedi, lasciando l’appoggio del muro e riuscendo a rimanere stabile, nonostante il lieve tremore alle gambe. Per la prima volta non gliene fregava niente di sapere il motivo di tanto sforzo.

 

Harry, a quanto pareva invece, era assolutamente convinto che ci fosse bisogno di chiarire qualcosa.

 

“Tom, ascolt–

 

Reducto!

 

Evidentemente preso alla sprovvista, l’altro ragazzo fece appena in tempo a rotolare da un lato per non farsi prendere in pieno dall’incantesimo. Tom lo vide issarsi in ginocchio e alzare la testa verso di lui, uno sguardo incredulo e vagamente impaurito dipinto a chiare lettere sul volto.

 

“Tom! Che cosa stai face

 

Confringo!

 

Questa volta, grazie agli istinti probabilmente messi all’erta dall’ultimo attacco, uno scudo magico si materializzò immediatamente di fronte a Harry, facendo rimbalzare la maledizione contro il muro sinistro del corridoio, facendo sfrecciare frammenti di pietra ovunque.

 

I loro occhi si incontrarono per un interminabile istante, rosso cremisi contro nocciola fasullo.

 

Poi scattarono all’unisono.

 

Impedimenta!

 

Lacero!

 

Tom deviò con facilità l’attacco dell’altro e vide Harry schivare il suo perché – al contrario di quel patetico incantesimo del quarto anno – la sua maledizione non poteva essere respinta da alcuno scudo. In pochissimi istanti però, il ragazzo era di nuovo pronto in posizione di difesa. “Petrificus totalus!

 

Deprimo!” urlò lui di risposta, bloccando con un Protego non verbale l’incanto della pastoia. Tom vide l’altro ragazzo materializzare uno scudo dal colore rossastro che non aveva mai visto prima con un semplice movimento del polso, e dovette ricordarsi di quanto fosse davvero potente il suo avversario. Era piuttosto facile dimenticare, con l’aria riservata che mostrava tutti i giorni, che il ragazzo avrebbe potuto fare concorrenza ad un Auror.

 

Ma allora perché stava usando solo incantesimi innocui?

 

Incendio!” la voce di Harry lo distolse da quell’attimo di distrazione che gli costò caro. Un lembo della divisa del Prefetto andò in fiamme, e nel tempo che ci volle per pronunciare l’incantesimo per spegnerla, l’altro ragazzo si era già mosso.

 

Stupeficium!

 

Tom riuscì all’ultimo momento a deviare l’incantesimo, facendolo schiantare contro il muro, involontariamente ad appena qualche centimetro dal viso di Alden, facendogli cadere in faccia una pioggia di detriti. Fu con immenso piacere che il Serpeverde osservò l’espressione inorridita di Harry al lamento di dolore del ragazzo incatenato: la sua prossima mossa era fin troppo ovvia…

 

E infatti Harry indirizzò immediatamente la bacchetta contro Principe: “Protego!” urlò, e uno scudo azzurrino avvolse completamente il ragazzo.

 

Quell’azione però, l’aveva appena lasciato completamente scoperto.

 

Tom non perse tempo, puntò la bacchetta verso i frammenti di pietra che giacevano per terra a causa dei loro incantesimi e gridò: “Oppungo!

 

Le pietre levitarono e sfrecciarono in direzione di Harry che, preso alla sprovvista, dovette accucciarsi per schivare i primi proiettili. Ma altri ne arrivavano e il ragazzo fu costretto a rotolare da un lato e nascondersi dietro un’armatura.

 

Fu a quel punto che Tom si mosse: si lanciò in avanti, trovando l’angolazione giusta per non avere l’armatura davanti al suo bersaglio e puntò la bacchetta:

 

Diffindo!

 

Vide il getto di luce rossa lampeggiare verso Harry e gli occhi del giovane spalancarsi per una frazione di secondo prima che si decidesse a spostarsi.

 

Ma non abbastanza velocemente.

 

Un sibilo di dolore si fece strada tra i denti del ragazzo, mentre si portava una mano alla spalla colpita dove, nel punto in cui la maledizione aveva lacerato la manica della divisa, si poteva vedere un profondo taglio cominciare a sanguinare abbondantemente.

 

A quella vista Tom scoppiò a ridere.

 

Una risata malsana, senza alcuna spiegazione se non la gioia perversa di essere riuscito a ferire il proprio avversario. Una risata che anche alle sue orecchie stonava in maniera orrenda, ma che il petto non riusciva a frenare in alcun modo.

 

Un altro sibilo di dolore lo riportò a guardare il ragazzo davanti a sé, che ora si era lasciato la spalla per tenersi la fronte con una mano, dove cominciava ad intravedersi la forma di una cicatrice a saetta. Tom osservò l’illusione che sapeva coprire sempre il vero aspetto di Harry svanire lentamente, scoprendo al suo posto una zazzera di capelli nero inchiostro.

 

Se l’illusione stava svanendo, voleva dire che le riserve del ragazzo stavano lentamente venendo meno. Il ché voleva dire che Tom stava vincendo, era solo una questione di tempo ormai.

 

Con somma delusione del Prefetto però, Harry si rizzò un’altra volta in piedi e, senza alcuna esitazione, sguainò nuovamente la bacchetta. “Confundo!

 

Tom dovette rotolare da un lato per schivare l’attacco, maledicendo la sua distrazione. Stava anche velocemente perdendo la pazienza: per uno che sapeva lanciare solo incantesimi del quinto anno in giù, il suo avversario stava durando fin troppo sotto i suoi colpi.

 

Il Serpeverde vide un’altra sua maledizione rimbalzare sullo scudo dell’altro, mentre pensava ad un modo per finire in fretta il combattimento: davvero, aveva cose più importanti da fare. Primo fra tutte un certo Principe ancora incatenato, pronto a ricevere qualunque tortura.

 

Fu preso di sorpresa però, quando vide Harry lanciarsi in avanti con uno scatto. Per un attimo fu sicuro che avesse intenzione di ingaggiare un corpo a corpo, ma quando lo vide alzare la bacchetta, ormai si era accorto troppo tardi della finta.

 

Repello!

 

L’incantesimo colpì Tom in pieno petto, scaraventandolo contro il muro in fondo al corridoio. L’impatto con la dura parete di pietra gli tolse tutto il fiato dai polmoni, lasciandolo per un paio di secondi a boccheggiare sul pavimento.

 

Quando si riprese però, fu con una nuova ondata di furia che fissò le sue iridi vermiglie sulla figura del suo avversario.

 

Adesso basta.

 

Non si rese nemmeno conto che l’altro ragazzo si era accasciato nuovamente a terra tenendosi la testa tra le mani, cercando di soffocare i gemiti di dolore. Il Serpeverde si alzò nuovamente in piedi, ignorando le fitte alla schiena, e si avvicinò con fredda risoluzione alla figura del suo compagno di stanza.

 

Furono occhi scarlatti e voce gelida a pronunciare l’incantesimo seguente.

 

Imperio.

 

Per Harry ci fu appena in tempo di alzare la testa in un singulto sorpreso, che la maledizione senza perdono lo colpì.

 

Sul volto di Tom si aprì un ghigno soddisfatto: quella era la fine dei giochi, ora non avrebbe dovuto fare altro che dare un semplice comando e l’altro ragazzo avrebbe fatto qualunq

 

Tom… che cosa hai fatto?

 

Per la prima volta la vocina nella sua testa aveva usato un tono di voce bassissimo, ma Tom non l’aveva mai sentita tanto chiaramente.

 

E vedere quegli occhi di un verde tanto acceso velati e appannati, come se tutta la vitalità, l’energia, la vita, gli fosse stata strappata via, lo colpì più forte di qualunque schiantesimo.

 

Fece un passo indietro e fu come aprire gli occhi dopo un lungo sogno. Dio santo, cosa stava facendo? Cosa aveva fatto? Era… non riusciva nemmeno a spiegarselo, cosa gli era preso?

 

Quando aveva saputo che Alden aveva osato attaccare Harry era andato su tutte le furie, lo aveva subito cercato e scovato, lo aveva portato in quel corridoio deserto con un pretesto idiota, l’aveva immobilizzato e poi… poi…

 

Poi si era lasciato inebriare da quella sensazione di potere, avere il controllo completo della situazione e un altro essere umano senza alcuna difesa totalmente in suo dominio, essere libero di farci tutto quello che avesse voluto. Un brivido gli percorse la schiena al ricordo di quelle sensazioni, ma se fosse stato uno di piacere o di disgusto non era più in grado di definirlo.

 

Come aveva potuto dimenticare persino il motivo dietro a quello che stava facendo? E anche quella sua risata, una risata da folle, che aveva lo inorridito già dal momento in cui gli era uscita dal petto… che cosa gli era successo?

 

Quando era arrivato Harry…

 

Harry!

 

Tornò a guardare con occhi orripilati il profondo squarcio sulla spalla del ragazzo, da cui il sangue stava ancora scendendo a inzuppare la divisa, arrivando fino alla mano in due rigagnoli rossi e gocciolando per terra dalla punta delle dita.

 

Sono stato io… Sono stato io a causargli quella ferita…

 

Sono io ad averlo messo sotto Imperius.

 

Che cosa aveva fatto?

 

Una risata accennata lo riportò alla realtà. Si voltò alla ricerca del suono, verso il muro dove Alden era ancora immobilizzato, ma l’unica cosa che poteva vedere sul suo volto era un’espressione di shock, paura e un rivolo di sangue che gli scendeva da una tempia. Sicuramente, non stava ridendo.

 

Tom voltò lentamente la testa verso la figura ancora accucciata di Harry da dove – ora lo vedeva – proveniva la risata.

 

Il ragazzo aveva la testa abbassata, lo sguardo celato dietro ciuffi di capelli color inchiostro, e le sue spalle venivano scosse da quel quieto eccesso di risa che piano piano si stava facendo sempre più forte.

 

Una risata senza la minima ombra di allegria, una risata vuota, con una nota appena accennata di sconforto e… tristezza.

 

Tom fece appena in tempo a chiedersi come fosse possibile che Harry si potesse muovere anche sotto Imperio, quando improvvisamente la testa dell’altro si alzò.

 

Gli occhi smeraldo si fissarono direttamente nei suoi, inchiodandolo sul posto: per la prima volta, gli occhi che aveva tanto amato erano più gelidi dei suoi.

 

“Questo non avresti dovuto farlo… Voldemort.”

 

 

*** *** ***

 

 

Harry si fiondò dietro un’armatura alla sua sinistra, cercando di schivare la pioggia di proiettili che gli venivano scagliati addosso. Appiattito al muro, si concesse un secondo per riprendere fiato: tra il tintinnio di roccia contro metallo e il battito frenetico del suo cuore non sapeva cos’era che gli rimbombava più nelle orecchie.

 

Dio, come erano finiti a quel punto? Tom… Tom lo stava attaccando! Cosa…? Come era successo?

E perché ne sei tanto sorpreso poi? Una vocina gli sussurrò, È Tom Riddle, avresti dovuto tenerla in conto come possibilità, no?

 

Ed aveva perfettamente ragione, ma Harry dovette ammettere che non c’era cosa che si sarebbe aspettato meno di quella: solo ora si rendeva conto di quanto avesse davvero diviso Tom Riddle da Voldemort.

 

Invece adesso quegli occhi…

 

Il dolore alla cicatrice era ancora lancinante, un continuo promemoria di ciò che stava accadendo. Era tantissimo tempo che non sperimentava quella familiare tortura, tanto che da quando era arrivato, si era talmente abituato alla pace del passato da dimenticarsi quanto la sua cicatrice potesse bruciare.

 

Distratto dai suoi pensieri, non notò Tom cambiare posizione fino a che non vide il fascio di luce rossa della maledizione puntare dritto verso di lui. Sgranò gli occhi sorpreso, prima che l’istinto scattò e lo portò a rotolare da un lato.

 

Un secondo troppo tardi.

 

Soffocò l’urlo che minacciò di uscirgli dalla gola quando sentì la maledizione lacerargli la carne del braccio, lasciandosi andare solo ad un sibilo di dolore. Si portò una mano alla spalla, sentendo il sangue uscire dal profondo taglio e sgorgare attraverso le sue dita, imbrattando la manica strappata della divisa.

 

Stranamente, il primo pensiero che gli venne alla mente fu cosa avrebbe detto Moody se l’avesse visto in quel momento: se fosse stata una vera battaglia e quell’incantesimo un Avada Kedavra, sarebbe già morto.

 

Come aveva fatto a rammollirsi tanto?

 

No, è che da Tom non te lo saresti mai aspettato. Non avresti mai pensato che ti avrebbe ferito veramente.

 

Per quanto assurde quelle parole gli suonavano, si accorse che erano la pura verità: non aveva alcun senso, ma Harry realizzò di essere arrivato a dare talmente tanta fiducia a quel ragazzo, da non credere che Tom l’avrebbe mai ferito volontariamente.

 

Una risata improvvisa lo distolse dai suoi pensieri. Un suono che gli fece correre brividi lungo la schiena e gli ghiacciò le ossa, prima che il dolore alla cicatrice raddoppiasse d’intensità, sovrastando qualunque altra sensazione.

 

Harry cadde in ginocchio, lasciandosi la spalla per tenersi la testa tra le mani, pregando che il bruciore si spegnesse e quell’orribile risata svanisse.

 

Tom non era in sé e lui doveva fare qualunque cosa per fermarlo, per impedirgli di compiere una sciocchezza e farlo tornare normale. Ma come fare senza rischiare di ferirlo? Fino ad ora Harry aveva usato solo incantesimi fondamentalmente innocui, con pochissimi risultati.

 

Ma l’idea di quegli occhi rossi non tornare mai più al loro profondissimo nero, l’idea di perderlo a quella follia che sarebbe stata sempre presente da lì a cinquant’anni…

 

Harry si rizzò nuovamente in piedi nonostante il dolore e, puntando nuovamente la bacchetta verso Tom, tornò a contrattaccare.

 

Confundo!

 

L’altro ragazzo, probabilmente preso alla sprovvista, fu costretto a rotolare da un lato per evitare l’incantesimo. Fu subito pronto a scagliare un’altra maledizione, che Harry riuscì facilmente a bloccare in tempo.

 

I movimenti dell’altro avevano cominciato a farsi meno studiati e più immediati, tanto più il Prefetto andava a corto di pazienza. Vedendo una possibile breccia in questo, Harry cercò un diversivo, lanciandosi a testa bassa verso il ragazzo come se lo avesse voluto caricare di peso.

 

Vide gli occhi di Tom spalancarsi sorpresi, prima che, finta riuscita, la maledizione di Harry scaraventasse il Serpeverde contro il muro opposto del corridoio, facendogli colpire la dura pietra con un tonfo sordo.

 

Fu con una punta di preoccupazione che il ragazzo vide il Prefetto accasciarsi per terra, cercando di far tornare in funzione i polmoni. Quando però Tom si fu ripreso, furono due furiose iridi scarlatte a incatenargli lo sguardo, lampeggiando di rabbia.

 

La sua cicatrice tornò ad infiammarsi, più straziante di prima. Harry cadde nuovamente in ginocchio, non riuscendo a trattenere un gemito mentre si teneva la testa tra le mani. Nel dolore, riuscì a registrare i movimenti di Tom, che si era alzato e gli si stava avvicinando a passi lenti. Avrebbe dovuto alzarsi, muoversi, cercare di difendersi, ma gli spasimi di dolore provenienti dalla fronte erano tutto quello che il suo cervello riusciva a concepire.

 

Vide attraverso le dita delle sue mani Tom fermarsi ad appena due passi di distanza e sollevare la bacchetta.

 

Quando lo sentì pronunciare l’incantesimo, però, non fu dolore ma shock a impedirgli di muoversi.

 

Imperio.

 

La sensazione di vuotò lo colpì, e tutto svanì – letteralmente – per incanto: niente più dolore alla spalla, niente più dolore alla cicatrice, niente più stanchezza, niente più preoccupazione, nulla.

 

E per qualche secondo Harry si abbandonò al più totale sollievo del non dover più sentire tutti i nervi del  suo corpo in fiamme. Non avrebbe voluto fare altro che abbandonarsi a quella sensazione di vuoto che gli avrebbe tolto dalle spalle qualunque problema.

 

In quel momento, avrebbe dato qualunque cosa per non essere in grado di scrollarsi di dosso l’Imperio come se fosse acqua.

 

Con un ultimo sospiro, si concentrò sulle sue vere sensazioni e in pochi secondi sentì la maledizione scivolargli via dalla pelle.

 

E tutto quanto ritornò.

 

Ancora in ginocchio, si lasciò cadere la testa in avanti, qualche ciocca nera a coprirgli lo sguardo.

 

Tom lo aveva colpito con la maledizione Imperio. Una maledizione senza perdono.

 

Come una pioggia gelata, Harry capì improvvisamente che non era più questione di impedire a Tom di commettere la sciocchezza di vendicarsi su Alden. Quello che aveva davanti non era più Tom: adesso, si trattava di proteggere un innocente da Voldemort.

 

E per quello scopo, Harry era stato addestrato da una tutta una vita.

 

Il verso che si sentì affiorare dalla gola assomigliava talmente tanto ad un singhiozzo, che per un attimo fu convinto di esser sul punto di scoppiare in lacrime. Ma invece del pianto fu una risata vuota e disperata a fuoriuscire dal suo petto, rimbombando tra le pareti del corridoio. Alzando gli occhi sulla figura in piedi di fronte a sé, non si accorse nemmeno che il dolore alla cicatrice era completamente svanito.

 

L’unica cosa che vedeva, ora, era un nemico.

 

“Questo non avresti dovuto farlo… Voldemort.”

 

L’ultima cosa che registrò, prima che il corridoio venisse illuminato dalle luci degli incantesimi, fu lo sguardo shockato di Tom.

 

Un lampo di luce blu e il Prefetto si ritrovò nuovamente scaraventato contro la parete. Accusando per due volte di fila il colpo nello stesso punto, ci mise un po’ a tirarsi su in ginocchio, posizione dalla quale dovette immediatamente rotolare di lato per evitare altre due maledizioni. Uno dei due fiotti di luce rossa, una volta colpito il pavimento, cominciò a corrodere la pietra come un acido, lasciando una piccola fossa a testimone.

 

Se Harry notò lo sguardo orripilato che gli lanciò Tom, non vi dette peso.

 

Non c’era alcun pensiero nella sua testa se non quello del combattimento, e poteva solo immaginare come dovesse sembrare la sua espressione dall’esterno. Come una statua greca: impassibile e fredda nella sua potenza.

 

Tom intanto era riuscito ad alzarsi e, puntando la bacchetta contro alcuni dei detriti lasciati per terra dalle loro esplosioni, aveva trasfigurato i pezzi di pietra in un muro eretto come protezione, frapposto tra lui e Harry.

 

Harry però non si scompose: un’occhiata, un movimento della mano, e la parete andò subito in mille pezzi, facendo schizzare frammenti di granito ovunque. L’espediente del muro aveva però dato a Tom il tempo necessario per prepararsi: appena la parete si fu sgretolata, già aveva puntato la bacchetta.

 

Impedimenta!

 

Distrattamente, mentre bloccava anche quell’ultima mossa, Harry notò come le parti sembravano essersi invertite, Tom ad usare incantesimi innocenti e lui a contrattaccare. E forse quella scintilla di preghiera, negli occhi dell’altro, poteva anche essere stata autentica, ma non era a fidarsi di Voldemort che era stato addestrato.

 

Con un movimento lento e calcolato alzò la bacchetta e un getto di luce bianca scaturì dalla punta diretto verso l’altro, tagliando nel Protego del ragazzo come un coltello nel burro tiepido. Tom fece in tempo a sgranare gli occhi e cercare di togliersi dalla traiettoria prima che l’incantesimo arrivasse a destinazione e gli avvolgesse l’intero braccio sinistro.

 

Harry osservò il Serpeverde stringersi l’arto appena colpito, ricordando – al sibilo di dolore dell’altro – quale fosse l’esatto effetto di quella particolare fattura: centinaia di spilli che perforano la carne, che si sarebbe creduto arrivassero fino all’osso, se non fosse che la pelle rimaneva assolutamente immacolata.

 

Una comoda maledizione che il Ministero aveva accuratamente evitato di catalogare tra le Arti Oscure, giusto perché – se la Cruciatus era illegale – durante gli interrogatori avevano bisogno di un qualche mezzo per far parlare gli imputati.

 

Non c’era tempo però di farsi scrupoli in battaglia: l’obbiettivo era di rendere il nemico inerme il più in fretta e il più efficacemente possibile, e quell’incantesimo era solito funzionare bene per tutte e due le necessità, soprattutto perché qualunque parte del corpo dell’avversario fosse stata colpita, sarebbe stata resa inutilizzabile.

 

Purtroppo il braccio centrato non era quello con cui Tom usava la bacchetta, e Harry non poteva permettersi di correre rischi.

 

Mentre l’altro ancora cercava di ignorare il dolore e ricomporsi, Harry tornò nuovamente all’attacco e, cominciando a camminare verso il ragazzo, urlò: “Repello!

 

Per la terza volta la forza dell’incantesimo scaraventò Tom contro il muro, ma al contrario delle volte precedenti il Prefetto non si rialzò in piedi. Harry lo vide accasciarsi per terra dopo l’impatto, la schiena appoggiata alla pietra come se fosse stata l’unica cosa a tenerlo eretto e il petto che si alzava e abbassava con sforzo, come se l’ossigeno che vi entrava non fosse stato mai abbastanza.

 

Accertatosi che il Serpeverde non si sarebbe mosso tanto in fretta, Harry percorse la distanza che lo separava dall’altro ragazzo a passo deciso, oltrepassando Alden ancora ancorato al muro e ignorando i suoi lamenti. Arrivato ad un passo di distanza si fermò: il respiro di Tom era ritornato normale, sebbene non stesse dando alcun segno di volersi rialzare; teneva la testa voltata da un lato, il braccio sinistro giaceva accasciato accanto al suo fianco, mentre quello destro – sebbene anch’esso inerte – stringeva ancora la bacchetta nella mano.

 

Finché ci fosse stato anche il minimo rischio di un attacco, Harry non poteva lasciare andare il proprio avversario: regole standard da primo livello per Auror.

 

Guardò la figura a terra davanti a sé e sollevò la bacchetta. Un semplice schiantesimo a quel punto sarebbe bastato, non serviva nulla di più complicato.

 

Fu quando aveva già le prime sillabe sulla punta della lingua che Tom alzò la testa, e un flebile sussurrò risuonò nel corridoio.

 

“Harry…”

 

Harry si fermò, l’incanto morto in gola, mentre lo sguardo si posava sugli occhi dell’altro. Benché una parte di lui lo stesse incitando a finirla in fretta e a schiantare il nemico una buona volta per tutte, un’altra aveva riconosciuto quel tono di voce e fissava il viso del ragazzo con un’intensità frenetica, per cercare una minima prova in quelle iridi rosse che –

 

che non erano più rosse.

 

Verde e nero si incontrarono, e con loro la realtà tornò a farsi sentire in tutto il suo peso.

 

Tom.

 

Fu un sollievo amaro che quella parola sussurrata nella mente di Harry portò: sollievo nel tornare a vedere il Prefetto in sé e una schiacciante disperazione che gli bloccava l’aria nei polmoni nel dover ammettere che nell’essere che gli aveva lanciato una maledizione senza perdono c’era qualcosa del suo Tom.

 

Qualcosa a metà tra un gemito e un sospiro si fece strada tra le sue labbra, impossibile da trattenere. Tom aprì nuovamente la bocca per parlare, ma la richiuse di scatto quando vide la bacchetta di Harry sollevarsi per l’ennesima volta contro di lui.

 

Ma sebbene fosse il Prefetto quello a terra, tra i due non era lui il più stanco di combattere.

 

Finite Incantatum.

 

Tom si portò una mano al braccio sinistro, ora completamente sollevato dalla sensazione di essere infilzato da centinaia di spilli. Aprì la bocca, non ne uscì nulla, la richiuse.

 

La tentazione di Harry era quella di lasciarsi cadere sulle ginocchia, abbandonare la bacchetta, allungare le braccia, prendere tra le mani il viso di Tom, guardarlo in quelle torbide iridi nere e sussurrare…

 

E adesso cosa facciamo, Tom?

 

E l’avrebbe fatto, se solo non fosse stato così spaventato dalla risposta.

 

Si voltò invece, e cominciò a camminare verso il punto dove Alden era ancora immobilizzato alla parete; in un batter d’occhio ripeté l’ultimo incantesimo e il Corvonero cadde a terra con un tonfo, non più sostenuto dalle corde invisibili.

 

Concentrò tutta la sua attenzione su di lui, osservandolo tirarsi su a gattoni e poi seduto massaggiandosi i polsi, perché qualunque cosa era meglio che pensare ad un altro ragazzo, seduto in una posizione del tutto simile, ad appena qualche metro di distanza. Ma se si era aspettato clemenza o – che Dio volesse – addirittura riconoscenza da parte di Principe, rimase decisamente deluso.

 

“Tu…” lo sentì sussurrare dalla sua posizione, e non c’era modo di scambiare quell’emozione con nient’altro che rabbia, “chi diavolo sei?!” esclamò, alzando il viso per poter guardare dritto in faccia Harry. “Chi…? Chi diavolo sei per poter entrare così nelle nostre vite?!” finì con l’urlare, mentre si alzava in piedi appoggiandosi al muro, “Arrivi dal nulla e sconvolgi qualunque cosa! E nessuno sa né da dove vieni, né perché sei venuto qua! chi diavolo sei!”

 

Harry poteva solo guardarlo, la mente vuota o troppo piena, non ancora venuta a patti con tutto quello che era accaduto nell’ultima ora.

 

Perché hai voluto rovinare tutto? Cosa… cosa vuoi da noi?” continuò abbandonando il tono rabbioso, sostituendolo con qualcosa di gran lunga peggiore, “Vorrei solo che mi lasciassi in pace… Vorrei solo che ci lasciassi in pace…”

 

Guardando il suo viso, dove le deboli ciglia non erano riuscite, infine, a trattenere del tutto le lacrime, Harry capì esattamente perché anche dopo tutto quello che gli aveva fatto, dopo il pugno e le minacce, non era mai riuscito realmente ad odiare Alden Principe: era solo un ragazzo innamorato.

 

Glielo si leggeva negli occhi, nel tono della voce, nei pugni stretti ai fianchi. Glielo si leggeva nella postura delle spalle, nel modo in cui si era girato per poter tenere d’occhio sia lui che Tom, nel modo in cui i suoi occhi continuavano a saettare verso il Prefetto, nonostante lui non stesse facendo niente.

 

Glielo avevano detto, gliel’aveva detto Orion, gliel’aveva detto praticamente lo stesso Alden, ma era una cosa completamente diversa vederlo lì, con i propri occhi.

 

E chi era lui per mettersi in mezzo? Principe… Principe aveva ragione, non aveva alcun diritto di sottrargli qualcosa di così prezioso. Amore: era esattamente ciò di cui Tom aveva bisogno, ciò che avrebbe potuto salvarlo, e Alden era disposto a donarglielo incondizionatamente. Voleva davvero rovinare tutto? Doveva farsi da parte, doveva fare come gli aveva detto il Corvonero, lasciarli in pace, doveva–

 

“Non posso.”

 

Alden alzò la testa verso di lui e Harry rispose allo sguardo sgranando gli occhi, sorpreso dalle parole uscite da sole dalla sua stessa bocca, completamente opposte a ciò che stava pensando.

 

E le mani gli tremavano, perché Dio, non c’era nulla di più vero di quelle parole.

 

Si voltò verso Tom, ancora seduto contro il muro, il cui sguardo non lo aveva mai lasciato e si trovò a ripetere:

 

“Non posso.”, questa volta quasi in un sussurro.

 

Non poteva. Non gli serviva nemmeno guardare Tom per rendersene conto, lo sapeva anche inconsciamente, se lo sentiva in ogni arteria, in ogni organo, in ogni respiro. Non gli serviva guardare Tom per saperlo, ma ora che i suoi occhi erano ancorati alla sua figura gli era impossibile convincersi del contrario.

 

Non avrebbe mai potuto farsi da parte, non avrebbe mai potuto allontanarsi da Tom, non avrebbe mai potuto lasciare –

 

Il ragazzo di cui si era innamorato.

 

Un respiro gli si smorzò in gola. Il ragazzo di cui si era innamorato… Non staccò gli occhi da quel viso, così bello anche in quel momento che era ricoperto di polvere e un rivolo di sangue gli colava da una tempia. Non staccò gli occhi da quegli occhi, così neri adesso in confronto al vermiglio che avevano indossato pochi minuti prima, che aveva visto impassibili, ridenti, furiosi, preoccupati…

 

E diavolo, doveva essere stato proprio stupido ad averlo afferrato solo ora, ora che era tutto un casino, ora che non sapeva più cosa fare. Ma almeno aveva capito, adesso. E non poteva più tornare indietro.

 

Con un verso strano, a metà tra una risata e un singhiozzo, gli ritornarono alle labbra le stesse parole:

 

“Non posso.”

 

Con le mani ferme, adesso non più tremanti, si girò verso Alden, che lo fissava spaesato e furioso. “Mi dispiace. gli disse, con sguardo ammorbidito, di qualcuno che aveva realizzato di condividere la stessa dolce tortura.

 

Poi girò su se stesso e iniziò a correre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.N.: ok, sono pronta per la gogna pubblica adesso. Si, non c’è alcuna scusa per il ritardo mostruoso. No, non ho alcuna intenzione di abbandonare la fic.

 

Mi dispiace davvero, davvero, se vi ho fatto un po’ penare. Sorry.

 

Vabbeh, tornando a parlare del contenuto, non avevo davvero idea di quanto fosse faticoso scrivere una scena d’azione: non sei mai sicuro che sia venuta fuori nel modo giusto, vorresti descrivere tutto nel modo più perfetto, ma non puoi soffermarti nelle descrizioni o spezzeresti il ritmo veloce necessario. Frustrante.

A parte questi problemi tecnici, la Svolta – come avevo già detto – è prossima. E all’alba del 24° capitolo sarebbe anche l’ora XD

 

Le risposte alle recensioni saranno, come al solito, sul mio blog. Appena le posterò.

 

Baci e alla prossima,

Lien.

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Capitolo 24
*** Capire ***


Titolo: Crossed Times

 

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 24/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 24.  Capire

 

 

 

Harry corse, corse e corse. Un corridoio dopo l’altro, una rampa dopo l’altra, non si fermò neanche quando gli altri studenti iniziarono a fuoriuscire dalle aule e a riempire di chiacchiere l’aria. Continuò a correre quando la borsa gli cadde per terra nella foga, continuò correre quando voltando un angolo andò a sbattere contro un primino, continuò a correre quando le persone a cui passava di fianco vedevano la sua ferita sanguinante e cercavano di chiedergli se andasse tutto bene.

 

Non poteva fermarsi. Se si fosse fermato avrebbe dovuto pensare e se fosse rimasto a pensare non era sicuro che le gambe lo avrebbero più retto.

 

Continuò a correre e correre, e sapeva anche che in realtà non stava correndo… stava scappando.

 

Non avrebbe saputo dire dopo quanto, ma ad un certo punto i corridoi ritornarono ad essere deserti e tutti i ragazzi tornati nuovamente nelle classi per l’ora di lezione successiva. Nessuno più in giro, e Harry sentì finalmente le proprie gambe rallentare il passo, tentare ancora qualche falcata traballante sotto il peso del corpo stanco e dei polmoni in fiamme. Si fermò infine, la schiena ricurva per facilitare l’entrata d’aria ad ogni respiro ansante.

 

Rimase più di qualche minuto a riprendere fiato, prima di alzare la testa e guardare effettivamente dove le sue stesse gambe lo avessero portato. Riconobbe quasi immediatamente l’entrata della Biblioteca, ma se fosse arrivato lì inconsciamente o per puro caso non ne aveva idea.

 

Sperando vivamente che la bibliotecaria fosse indaffarata nell’angolo più remoto – non voleva nemmeno pensare a cosa gli avrebbe fatto se l’avesse visto gocciolare sangue vicino ai suoi prezioso libri – entrò con passo barcollante.

 

Non ebbe il tempo di trovare un reparto troppo appartato prima che le forze gli mancassero e lo costrinsero ad abbandonarsi contro lo scaffale più vicino. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, lottando contro i milioni di puntini luminosi che minacciavano di oscurargli la vista.

 

Il dolore alla spalla stava cominciando a diventare insopportabile, ora che tutta l’adrenalina gli era scivolata via dal corpo. Voltò la testa verso il braccio, e trattenne un’imprecazione nel vedere la macchia scura di sangue che impregnava quasi tutta la manica: doveva assolutamente fare qualcosa.

 

Riuscendo in qualche modo a slacciarsi i bottoni della veste con una sola mano, si scrollò di dosso la divisa: il rosso del sangue quasi non si era notato sul nero della veste, ma in contrasto con il bianco della camicia che indossava sotto faceva molta più impressione. Harry guardò frustrato la seconda fila di bottoni che avrebbe dovuto sbottonare senza l’aiuto del braccio sinistro e provò una certa soddisfazione quando con troppa forza finì per strapparne uno o due.

 

Digrignando leggermente i denti per il dolore, separò con delicatezza la stoffa impregnata dalla pelle del braccio, scoprendo la ferita.

 

Eugh… non era un bello spettacolo.

 

Il taglio era profondo, fortunatamente non fino all’osso, ma abbastanza da essere stato fortunato che non si fosse reciso alcun tendine o nervo. Il sangue che si era rappreso aveva fermato parzialmente il flusso, ma i bordi della ferita erano di un rosso acceso e sicuramente avrebbero fatto infezione se non avesse fatto qualcosa. Se fosse stato in un ospedale babbano gli avrebbero sicuramente messo dei punti.

 

Teoricamente aveva imparato a guarire ferite simili, ma aveva avuto poche occasioni per mettere in pratica gli insegnamenti e in ogni caso era ben lontano dall’essere un medimago. Stavolta forse gli sarebbe davvero toccato andare in Infermeria…

 

No, non poteva. Troppe domande e nessuna risposta, sia per le nuove che le vecchie ferite. E se qualunque particolare fosse trapelato si sarebbe ritrovato in un mare di guai. No, si sarebbe dovuto accontentare di rimarginare alla bene e meglio il taglio e lasciare che guarisse alla babbana.

 

Tirando fuori dalla tasca la bacchetta, puntò la punta verso la spalla e mormorò l’unico incantesimo che conosceva adatto a lacerazioni del genere. Sotto i suoi occhi vide il sangue rappreso scomparire e i bordi unirsi, ma non fu abbastanza bravo da riuscire a rendere la guarigione indolore o completa: adesso al posto del profondo taglio di prima vi era una rossa linea irregolare incisa nella pelle, arrossata anch’essa attorno ai contorni della ferita. Avrebbe fatto male ancora per qualche giorno, qualche settimana forse, ma non poteva farci niente per quello, aveva scelto il male minore.

 

Tirò nuovamente su la manica della camicia, non preoccupandosi di pulirla dal sangue con un incantesimo, e gettò la testa all’indietro con un sospiro e gli occhi chiusi.

 

Cosa fare adesso?

 

La domanda del secolo… avrebbe fatto qualunque cosa per poter rispondere. Dio, quel che era successo era surreale: aveva lottato a sangue contro Tom, e subito dopo aveva capito… aveva capito

 

Se n’era innamorato.

 

Dio, se n’era davvero innamorato.

 

Tom era stato un nemico, poi solo una presenza ostile, poi un amico, poi… Harry aveva davvero creduto che fosse stata solo attrazione fisica, ma se solo fosse rimasto a pensare un attimo più attentamente avrebbe visto quanto poco senso avesse avuto crederlo. Come si può essere attratti da una persona a cui si vuole già bene come un amico, e non esserci nent’altro?

 

Forse… forse era la parola amico a non andare bene. In effetti, poteva dire di aver provato gli stessi sentimenti verso Ron, o anche Orion?

 

Era stato così bravo a mentire a stesso…

 

Adesso che l’aveva capito, cosa avrebbe fatto con Tom? Dio, se solo l’altro ragazzo l’avesse sospettato…

 

Harry sgranò gli occhi. E se Tom lo sospettasse di già? Se lo sapesse già? Che tutte quelle provocazioni lascive fossero state davvero rivolte specificatamente a lui? Che diavolo avrebbe fatto allora…? Non poteva scappare, non ora che aveva la libreria a sua disposizione, ora che stava facendo qualche progresso con le ricerche e di sicuro non dopo quello che era appena successo.

 

Ripensando al duello, Harry dovette trattenere l’impulso di prendersi la testa tra le mani. Aveva avuto paura. Aveva avuto una paura fottuta: il bruciore straziante alla cicatrice, il panico del dover schivare gli incantesimi lanciati da una mano amica, la furia che aveva visto riflessa negli occhi rosso rubino di Tom…

 

Era andato così vicino a perderlo – così vicino – che il pensiero gli strozzava ancora il respiro in gola.

No, non se ne sarebbe andato. Avrebbe dovuto, alla fine, ma fino a quel momento avrebbe passato ogni minuto del tempo che aveva a disposizione ad assicurarsi che Tom non si trasformasse nel mostro che era destinato a diventare. Finché gli fosse rimasto al fianco, non avrebbe mai accettato di perderlo alla follia di Voldemort.

 

Ci era già andato così vicino…

 

Ripensando allo scontro, però, una cosa lo fece fermare a riflettere: tutto quello che era successo, era tutto partito quando Tom era andato a cercare Alden. Harry aggrottò le sopracciglia. Esattamente perché Tom si era infuriato tanto con il Corvonero? Era successo sicuramente dopo che era venuto a sapere della storia del pugno, ma… non aveva senso che avesse fatto tutto quello per… lui…

 

o si?

 

Poteva essere che… poteva anche solo sperare che –

 

“…chi mi dice che lui ricambi? Farei solo la figura dell’idiota.”

“Oh, di quello non mi preoccuperei di certo.

 

Sentì improvvisamente i suoi battiti accelerare nel petto. Non aveva nemmeno riflettuto sulle parole che Orion gli aveva detto appena qualche giorno addietro, ma se ci ripensava, alla luce del comportamento di Tom degli ultimi giorni… potevano davvero significare –

 

E se anche Tom ricambiasse, tu cosa vorresti fare? Abbandonarlo dopo due mesi?

 

Il pensiero colpì Harry come una pioggia gelata. Era vero, lui se ne sarebbe andato via alla fine, l’avrebbe abbandonato. E il fatto che se tutto fosse andato secondo i piani il Prefetto non avrebbe ricordato nemmeno di averlo mai visto non cambiava il torto che gli avrebbe fatto. Tom non era una persona qualunque, aveva già abbastanza problemi a fidarsi delle persone che l’ultima cosa di cui aveva bisogno era un altro abbandono.

 

Per lui ci voleva qualcuno che fosse disposto a stargli sempre vicino, qualcuno che lo amasse, qualcuno che non sarebbe sparito nel nulla, che non sarebbe stato costretto ad ucciderlo, in un futuro non troppo lontano.

 

Tutto quello che Harry non era e che invece era… Alden.

 

Un flash dalla sua immaginazione, due corpi su un letto, baci, lenzuola, spinte, sudore, e poi Harry scosse la testa frenetico per togliersi di mente il pensiero di Tom con il Corvonero, che gli aveva già fatto stringere i pugni fino a fargli quasi uscire sangue.

 

Però non poteva negarlo, quei due avevano già condiviso ciò che Harry non si azzardava a sognare e, cosa più importante, Alden amava Tom come un disperato e non lo avrebbe mai lasciato solo.

 

Il solo pensiero gli fece risalire la bile in bocca, ma non era forse quella la cosa migliore per Tom? Con una persona che ci ama al proprio fianco, non è possibile per tutti guarire?

 

Dio, che egoista che era, perché non voleva, non voleva e se lo sentiva in ogni cellula del corpo che avrebbe preferito fare qualsiasi cosa pur di non pensare a Tom con qualcun altro. Ma se davvero amava Tom, allora si sarebbe dovuto fare da parte, avrebbe dovut–

 

Un rumore improvviso gli fece voltare la testa di scatto e staccare la schiena dallo scaffale. A quell’ora non era strano che la biblioteca fosse frequentata, e lui non era andato proprio a cercare l’antro più appartato, ma non serviva fare tutto quel casino per consultare un libro.

 

Rumore di passi veloci, probabilmente a qualche fila di scaffali di distanza, lo sorpassarono e si persero dell’eco della biblioteca. Harry prese con una mano lo schienale della sedia più vicina e con l’altra fece leva s’una mensola per tirarsi su in piedi, ancora leggermente barcollante. Fece in tempo ad appoggiarsi contro uno scaffale e a reindossare la veste della divisa quando il rumore di passi in corsa tornò a farsi vicino.

 

Con un profondo respiro, sospettando già di chi si trattasse – se c’era da fidarsi del formicolio alla cicatrice – Harry fu pronto, con sguardo inflessibilmente puntato verso l’apertura tra gli scaffali, quando Tom svoltò e gli si parò davanti.

 

Il Serpeverde aveva il fiatone e si stava appoggiando con una mano ad uno dei ripiani per regolare il respiro: doveva essersi fatto l’intera scuola di corsa nel cercarlo. Aveva ancora i vestiti strappati in alcuni punti e sporchi di polvere, per non parlare del sangue incrostato sul lato sinistro del viso, dove era colato dalla ferita alla tempia.

 

E agli occhi di Harry era ancora la creatura più bella che fosse mai esistita.

 

Tom continuava a fissarlo senza dire nulla, anche lui spostando gli occhi su vari particolari della figura dell’altro che – Harry stesso sapeva – non dovevano sembrare meno malridotti di quelli del Prefetto.

 

Deglutendo, fu Harry a fare la prima mossa. “Alden?”

 

Gli occhi di Tom tornarono a focalizzarsi su quelli dell’altro ragazzo e fece un passo avanti, giusto per avere la protezione delle alte file di libri.

 

“A lui ho già provveduto.” Rispose, ma vedendo gli occhi di Harry sgranarsi shockati dovette accorgersi di come quelle parole fossero suonate, perché si affrettò ad aggiungere, “No, non in quel –” sospirò, “Gli ho detto di tornare in dormitorio e gli ho chiesto di non raccontare a nessuno quello che è successo. Vedrai che non lo farà.”

 

Harry non si mosse. “Non era di quello che mi preoccupavo.

 

“Lo so.” Rispose il Serpeverde voltando la testa da un lato, evitando lo sguardo fisso dell’altro. “Sta bene, in ogni caso.

 

Harry abbassò la testa, lasciando che i ciuffi nero inchiostro della frangia gli adombrassero il viso.

 

Perché gli aveva detto di tornare in dormitorio? Perché non era rimasto con lui? Alden lo amava, lo amava. Possibile che Tom non capisse quanto fosse preziosa una cosa simile?

 

Non sarebbe dovuto essere lì con lui, in quel momento, sarebbe dovuto rimanere con Alden, con chi lo amava, con chi non lo avrebbe abbandonato da lì a qualche mese, con chi avrebbe potuto fargli vedere un’altra strada. Con chi avrebbe potuto insegnargli ad amare.

 

Harry non si stupì nel vedere i suoi pugni tremare, ma nonostante ogni pensiero fosse come una nuova morsa al petto, avrebbe fatto quello che era meglio per Tom.

 

“Perché lo hai lasciato andare?” disse ancora a capo chino, cercando di ignorare quanto suonasse rauca la sua voce.

 

Tom non rispose, ma d’altronde Harry non si era aspettato una risposta.

 

Alden ti ama.” Continuò.

 

“Lo so.”

 

“E allora che diavolo ci fai ancora qui?” ribatté Harry alzando di scatto la testa e incatenando lo sguardo con quello nero pece dell’altro, “Dovresti essere con lui, Tom. Ti ama: come fai a non vedere quanto è importante?” chiese, ed era quasi un sorriso triste quello che gli si era dipinto in volto. “Forse non lo sai, Tom, ma amare… è la cosa più meravigliosa che ti possa capitare a questo mondo. Vivere senza significa avere la ragione sbagliata per svegliarsi alla mattina.”

 

Tom lo guardava e ancora non diceva niente, ma il suo sguardo era ben lontano dall’essere quello freddo e impassibile, anche se le emozioni di cui era colmo l’altro non riusciva a riconoscerle.

 

“Devi stare con chi ti ama, sempre.” Continuò Harry, “E l’hai ammesso tu stesso che Alden rientra perfettamente tra queste persone. Abbassò nuovamente la testa, perché sotto quello sguardo si sentiva sempre nudo ed era sicuro che la sua espressione avrebbe tradito i suoi sentimenti. “Che diavolo stai facendo qui allora? Va da lui!” gli urlò infine.

 

Passarono alcuni istanti di silenzio, poi sentì il fruscio di stoffa e Tom muoversi. Ancora qualche secondo di nulla, ma il ragazzo non aveva il coraggio di alzare gli occhi: lo aveva ascoltato davvero? Se n’era andato?

 

“Harry, guardami.”

 

Il ragazzo alzò la testa di scatto, più per la sorpresa di sentire la voce dell’altro tanto vicina che per le sue parole: Tom era adesso a solo qualche passo di distanza, il nero dei suoi occhi quasi vivo sotto la luce soffusa della Biblioteca e lo sguardo che gli faceva formicolare incessantemente la cicatrice.

 

“Ti sei mai chiesto perché, tra tutti gli sciocchi spasimanti che mi ronzano intorno, lascio che si avvicini solo Principe?” chiese, quasi a bassa voce.

 

Harry se l’era chiesto, più di una volta. Soprattutto dopo aver scoperto fino a che punto si fosse spinta la relazione fra i due, aveva passato più di una sera a fissare il soffitto del letto a baldacchino chiedendosi quali fossero i sentimenti di Tom verso il Corvonero.

 

“Fu il primo a dirmi che mi amava.” Riprese il Prefetto, scuotendo l’altro dai suoi pensieri. Harry lo guardò, ma nulla era cambiato nell’espressione del Serpeverde a quell’affermazione. “Successe due anni fa. Fu probabilmente solo il primo ad avere il coraggio di dirmelo, ma fu il primo in ogni caso.

 

Fece un altro passo avanti e ricominciò a parlare, stavolta fissando uno degli scaffali alla sua destra. “Amore… Dio quanto ho odiato questa parola – anzi, non è odio, è disgusto. Gli innamorati sono degli illusi che si comportano in modo semplicemente folle, e Alden ne è il perfetto esempio. Fa compiere azioni immonde, procura disgrazie: è per amore che Principe ti ha rotto il naso, è per amore che mia madr –” si bloccò di colpo stringendo i pugni, prima di prendere un profondo respiro.

 

Ma ero curioso.” Riprese, “Non l’avrei mai ammesso, ma hai ragione tu: l’amore è un sentimento che mi è sempre stato alieno. Ed era ciò di cui quell’idiota di Silente continuava a blaterare, la sua arma migliore: non è forse la miglior tattica quella di conoscere le armi del nemico?” finì con una risatina irrisoria.

 

Harry, concentrato com’era su Tom non fece nemmeno caso all’insulto rivolto al suo amato preside. “E hai scoperto qualcosa infine? Hai imparato niente?” chiese.

 

Tom tornò a guardarlo, e il suo sguardo sembrava così carico che Harry si sentiva un idiota per non riuscire a capire che cosa stesse cercando di trasmettergli.

 

“No, non ho imparato niente da Alden.”

 

Harry sospirò. “E allora cosa è cambiato?”

 

Un passo, e il ragazzo si accorse improvvisamente di quanto vicino fosse il Serpeverde: se solo Tom avesse allungato un braccio avrebbe sicuramente toccato lo scaffale a cui Harry aveva appoggiato la schiena. Poteva vedere benissimo ogni centimetro della pelle diafana del suo viso, ogni curva delle labbra, ogni singola ciglia e la linea appena visibile che divideva il nero dell’iride con il nero ancora più profondo della pupilla.

 

“Ora,” rispose Tom, il cui respiro arrivava a solleticare il viso dell’altro, “credo di non averne più bisogno.”

 

Harry lo fissò, confuso, intento nel cercar di non far cadere lo sguardo sulle labbra a così poca distanza, ma poi quelle parole si fecero finalmente strada nel suo cervello e gli occhi gli si spalancarono. Riuscì a riconoscere, in quel momento, il fuoco negli occhi dell’altro che fino ad allora non era riuscito a capire.

 

“Tom…” cercò di parlare, sorpendendosi di quanto la sua voce suonasse sospirata, ma la temperatura sembrava essersi improvvisamente alzata ed ogni singola fibra del suo organismo era dolorosamente consapevole di quanto fosse vicino il corpo di Tom.

 

Una delle braccia del Serpeverde fece esattamente quello che Harry aveva prima pensato, andandosi a piazzare a pochi centimetri dalla sua testa, quasi chiudendolo tra lui e lo scaffale. Harry deglutì, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quello dell’altro, mentre sentiva tutto il sangue affluirgli dalla testa verso il basso e la cicatrice pulsargli in fronte.

 

“Tom, non hai idea di quanti motivi ci siano per cui questa sarebbe una cattiva idea.” Riuscì a dire infine, deglutendo più di una volta per non inciampare ad ogni parola.

 

Il volto di Tom si abbassò fino a toccarlo, andandogli a sfiorare la mascella con il naso. “E quale sarebbe, sentiamo, la cosa giusta da fare?” gli sussurrò in un orecchio, mandandogli brividi lungo tutta la schiena.

 

L-la cosa giusta?” ripeté Harry balbettando, perché era come se improvvisamente la testa gli si fosse riempita di ovatta.

 

Mmh, mmh.” Annuì l’altro, allontanandosi quello che bastava per poter tornare a guardarlo negli occhi.

 

Harry scosse la testa per snebbiare i pensieri, poggiando entrambe le mani sul petto dell’altro per tenere le distanze, ma più che di separarlo, l’effetto fu quello di accendergli il desiderio di sentire com’era toccarlo senza tutti quegli strati di vestiti.

 

“Sarebbe che tu ti allontanassi e tornassi da Alden e – e… te l’ho già detto, no? Come fai a non vedere che occasion–

 

“E tu,” lo interruppe Tom posandogli l’altra mano s’un fianco, zittendolo efficacemente, “come fai a non vedere che tra te e lui, quello che voglio sei tu?”

 

Un verso strozzato, a metà tra un gemito e un mugolio uscì dalla bocca di Harry, e le sue mani non poterono fare a meno di stringere in due pugni la divisa sul petto di Tom, così caldo, così vicino.

 

Non avrebbe saputo dire chi avesse tirato a sé chi, ma in un attimo stava stringendo la veste dell’altro contro il proprio petto e una mano di Tom era salita ad accarezzargli la nuca, inclinandogli la testa leggermente all’indietro quanto bastava per poter arrivare a lui, e nel momento in cui Harry sentì le labbra di Tom sulle proprie, qualcosa dentro di lui si spezzò.

 

Si spinse contro il corpo dell’altro, lasciando andare i suoi abiti per poter affondare le mani nei suoi capelli, mentre la lingua di Tom scivolava tra le sue labbra semiaperte, assaggiando, esplorando, divorando, svuotando completamente la mente di Harry se non per le sensazioni di quelle morbide labbra che si muovevano sulle proprie, di quella lingua che accarezzava la sua.

 

Sentì l’altro braccio di Tom circondargli la vita e una volta posata la mano sulla sua anca le dita lo strinsero in una morsa possessiva, mandando in fiamme la pelle di Harry sotto i vestiti, tanto da fargli scappare un gemito subito soffocato tra le loro labbra.

 

Afferrò i capelli ancora sporchi di terra e polvere del Serpeverde, strattonando in un modo che doveva aver sicuramente fatto male ma di cui nessuno si lamentò, e alimentò il bacio di tutte le emozioni che si erano rincorse senza tregua nelle ultime due ore, in uno sfogo di tutta l’impotenza di fronte a quel desiderio che aveva tentato di reprimere tanto faticosamente nei giorni passati.

 

Le mani di Tom si stavano muovendo, sulla sua schiena, sui suoi fianchi, sul suo collo, quasi strattonandogli i vestiti e Harry non riusciva a fare nulla se non gemere, e nella frenesia avevano entrambi completamente dimenticato di respirare perché ormai a corto di ossigeno si dovettero staccare ansimando, col cuore a mille e il sapore metallico di sangue in bocca, ancora vicini, ancora aggrappati l’un l’altro.

 

Harry, boccheggiando, cercando di ridare un filo ai propri pensieri, guardò Tom che aveva ancora gli occhi socchiusi, ad un soffio dal suo viso, mentre riprendeva fiato, le labbra bagnate e le guance così inconsuetamente arrossate.

 

E poi alzò anche lui gli occhi, e nel momento in cui i loro sguardi si incontrarono la cicatrice esplose.

 

Una scarica di piacere gli percorse tutto il corpo, correndogli lungo la spina dorsale, facendogli arricciare le dita e arcuare la schiena, mentre un calore incontenibile si diffondeva ovunque. Lasciò andare la testa all’indietro, sussurrando uno strozzato “Oh Dio…” e abbandonandosi nella presa di Tom visto che i suoi muscoli sembravano essersi sciolti come burro.

 

Si sentiva in fiamme, ogni punto di contatto con il corpo dell’altro un fuoco insopportabilmente caldo ma sempre non ancora abbastanza vicino. Brividi di piacere gli percorrevano ogni nervo, partendo dalla fronte pulsante fino ad arrivare all’inguine costretto nei pantaloni della divisa.

 

Si rese distrattamente conto che stavano indietreggiando, lui sempre sostenuto dalle braccia forti di Tom, fino a quando non sentì lo spigolo di uno dei tavoli della Biblioteca premergli contro la schiena e la sensazione di essere sollevato. Cercò di snebbiarsi i sensi, come assuefatti dal piacere che gli stava ancora facendo formicolare la pelle, almeno quanto bastava per rendersi conto di essere finito seduto sul tavolo, con le braccia attorno al collo di Tom e il suo viso finalmente all’altezza giusta.

 

Attraverso le palpebre semichiuse poteva vedere dritto negli occhi neri dell’altro, che avrebbe giurato sembravano bruciare. Si leccò le labbra, improvvisamente asciutte e lo sguardo di Tom venne come calamitato sulla sua bocca, prima che facesse un verso strano, a metà tra un sibilo e un ringhio, e si avventasse sul suo collo leccando e mordendo, lasciando una scia di baci bagnati ovunque si posasse la sua bocca. Harry fece cadere la testa all’indietro con un gemito sospirato, poggiando le mani sul tavolo dietro di sé per non cadere.

 

Dio, non stava capendo più niente e le mani di Tom non aiutavano, tirandogli fuori la camicia dai pantaloni e intrufolandosi sotto, con foga, quasi distrattamente, passando dall’accarezzargli gli addominali ad afferrargli una spalla e…

 

… e Harry si fece scappare un sibilo di dolore quando le dita dell’altro si strinsero sopra la ferita da poco rimarginata, causandogli una fitta abbastanza acuta da sovrastare l’annebbiamento della sua mente.

 

Tom s’immobilizzò. Lentamente, si allontanò dal collo dell’altro per poterlo guardare in faccia, uno sguardo solo per metà interrogativo e per l’altra tormentato, come se in fondo avesse già saputo la risposta. Con movimenti calmi, misurati, lasciò la presa sulla spalla dell’altro e prese tra le dita la veste della divisa del ragazzo, sfilandogliela lentamente.

 

Un mugolio d’angoscia lasciò le labbra del Serpeverde, e Harry non aveva bisogno di girarsi per sapere che cosa stesse guardando, per sapere che sotto la veste nera della divisa c’era il rosso sangue, vivo, acceso, contro il bianco della camicia e lo squarcio nella stoffa che lasciava intravedere la linea a zig zag di una ferita maldestramente ricucita insieme, ancora arrossata.

 

Con la mente lucida, riportata alla realtà dal verso tormentato di Tom, Harry lasciò l’appoggio del tavolo per tirarsi propriamente a sedere, afferrò le braccia dell’altro e sospirò.

 

“Tom… Tom, non è così–

 

“Sono stato io…” lo interruppe il Serpeverde, senza dare alcun segno di averlo nemmeno sentito parlare, gli occhi puntati sulla sua spalla.

 

Harry si affrettò a tirarsi su nuovamente la veste per coprire tutto quel rosso e finalmente la testa di Tom scatto verso il suo viso, guardandolo negli occhi con un fervore completamente diverso da quello di pochi istanti prima, ma di intensità identica.

 

“Harry…” disse, sollevando le braccia e prendendo il viso dell’altro tra le mani, strofinando appena un pollice contro una delle guance, “Harry, Harry... ascoltami ti prego, guardami: ti prometto che una cosa del genere non succederà mai, mai più; che ingoierò la mia stessa bacchetta prima di ferirti e che il primo che ti torcerà un capello sarà morto prima di poter chiedere scusa. Te lo giuro.”

 

E Harry si lasciò sfuggire una risata tra le labbra, strozzata, soffocata, felice e disperata, perché per una volta c’era determinazione e sincerità nello sguardo di Tom e quella era una promessa che era così destinato ad infrangere… anche se adesso non poteva saperlo.

 

Non potendo dire niente, non potendo affermare né rifiutare, si sporse in avanti e catturò nuovamente le labbra dell’altro, questa volta con calma, assaporando, quasi confortando. E le mani di Tom lasciarono il suo viso e scesero ad abbracciargli la vita, tirandolo verso di sé finché non fu di nuovo con i piedi sul pavimento, in piedi contro il suo petto, baciandolo lentamente.

 

Era completamente diverso dai baci di prima, da quella foga quasi irreale: questi erano movimenti studiati, sentiti, tanto che nonostante la cicatrice stesse ancora formicolando piacevolmente, solo in quel momento Harry realizzò che sì, stava – davvero, finalmente, non ci credo – baciando Tom e che Dio, quanta poca importanza aveva qualunque pensiero su Alden quando le labbra dell’altro si muovevano sulle sue esattamente come stavano facendo le proprie.

 

Sospirò e allacciò le braccia dietro al collo di Tom, avvicinandosi fino a far aderire il proprio corpo perfettamente a quello dell’altro, volendo godersi appieno quei momenti di beatitudine prima che la stanchezza tornasse a farsi sentire, prima che –

 

Tom?!”

 

I due ragazzi si staccarono di scatto, voltandosi sorpresi verso l’apertura tra gli scaffali che dava sul resto della Biblioteca, da dove era provenuta la voce.

 

A qualche metro di distanza da loro c’era Meredith, con gli occhi sbarrati e un gruppo di libri ai piedi, probabilmente lasciati cadere dalla sorpresa.

 

Harry si sentì arrossire fino alla punta dei capelli, e si affrettò ad allontanarsi il più possibile da Tom. O almeno tentò di farlo, visto che non fece in tempo a fare un passo che un braccio dell’altro ragazzo lo afferrò immediatamente per trattenerlo lì, stretto a lui.

 

Quel gesto almeno sembrò risvegliare la Corvonero dal suo stupore: aprì e chiuse un paio di volte la bocca, ma non ne uscì alcun suono

 

Fu Tom a sbloccare la situazione. “Qualche problema, Donill?”

 

E per la prima volta, Harry vide Meredith lanciare a qualcuno uno sguardo furioso, diretto però unicamente a Tom, come se lui non esistesse. “Problema? Chi – chi diavolo… Che cosa stai facendo?! Sei impazzito?!

 

Il Serpeverde si limitò ad alzare le sopraciglia, ma Harry rimase di stucco, completamente spiazzato dalla reazione dell’amica, e anche un pochino ferito. Perché sembrava tanto contrariata? Che trovasse una cosa del genere disgustosa? Non l’aveva presa per una persona intollerante, visto che sopportava tutti i discorsi di Orion, ma la sua espressione…

 

“Meredith, aspetta, non trovi –”

 

E tu chiudi il becco, nessuno ti ha interpellato!” lo interruppe di colpo lei, rivolgendogli per la prima volta la sua attenzione.

 

Il ragazzo si zittì, lanciandole uno sguardo sbigottito e scambiando un’occhiata spiazzata e perplessa con Tom, che però più che confuso, ora sembrava cominciare ad arrabbiarsi.

 

“Non so con quale autorità stai giudicando quello che facciamo della nostra vita privata e non c’è nulla che mi potrebbe importare meno della tua opinione,” le disse in un sibilo, “ma se gli parli un’altra volta con quel tono ti ritroverai dalla parte sbagliata della mia bacchetta, Donill.”

 

“Non è la mia opinione quella importante!” ribatté Meredith, “Ma non hai pensato a Harry? A come si sentirebbe? Non era lui quello che volevi?!

 

I due ragazzi si fermarono a fissarla, oltre che confusi – almeno Harry – anche con un briciolo di preoccupazione: ma che diavolo stava dicendo?

 

“Dopo tutto quello che è successo, tutto il tempo che avete passato assieme, adesso te la fai col primo che capita?! In Biblioteca per giunta, con tutte le ore che Harry passa qua dentro! E se ti avesse visto? Non hai nemmeno un briciolo di considerazione? E pensare –”

 

E mentre la ragazza continuava a urlare contro Tom, Harry venne preso improvvisamente da un dubbio e si passò immediatamente una mano tra i capelli, staccandone uno e portandoselo davanti agli occhi.

 

Nero.

 

“Meredith!” la interruppe a metà sfuriata lui, “Io sono Harry!”

 

“Non ti avevo forse detto di chiudere– Cosa?” si bloccò confusa.

 

Il ragazzo si districò dalle braccia di Tom – impresa non proprio facile, data la reticenza del Serpeverde a lasciarlo andare – e si avvicinò alla ragazza fino a che non fu a qualche passo di distanza e non vide gli occhi di lei sgranarsi in segno di riconoscimento.

 

“Harry? Ma… sei tu?” chiese esitante.

 

Il ragazzo annuì con un sorriso, mentre vedeva Meredith assottigliare gli occhi per guardarlo meglio.

 

Ma che diamine hai fatto ai capelli?”

 

Il sorriso gli svanì dal volto. “Ehrm…” cominciò, senza saper bene cosa dire. Che scusa avrebbe inventato questa volta? Si voltò verso Tom per cercare un po’ d’aiuto, ma lo trovò appoggiato con noncuranza ad uno scaffale, con le braccia incrociate e un piccolo ghigno – sadico, a detta di Harry – sul volto.

 

“Su Harry, perché non glielo dici? Non è una tua amica?”

 

“Dirmi cosa? Harry, che sta succedendo?” chiese la ragazza, alternando lo sguardo da uno all’altro.

 

Grazie mille Tom.” Pensò lui, lanciando un’occhiataccia al Serpeverde che prometteva vendetta. Gli bastava abbassare la guardia un secondo e subito il Prefetto ne approfittava per estorcergli qualche informazione in più. Tornò a guardare Meredith, passandosi una mano tra i capelli con fare nervoso, indeciso sul da farsi.

 

Alla fine sospirò.

 

“D’accordo, d’accordo. Ma non parliamone qui, potrebbe passare chiunque. Rispose Harry, guardandosi intorno, “E sarà meglio chiamare anche Orion, tanto vale farlo una sola volta per tutte.

 

Meredith, però, sembrò semplicemente più confusa. “Ma di che stai parlando…? Che c’entra Orion?”

 

Il ragazzo si morse un labbro, cercando di trovare le parole giuste. “No, è che… non sono stato del tutto sincero con te, o con Orion, e ho avuto le mie buone ragioni, credimi, ma… almeno questo ve lo devo, suppongo.” Sospirò di nuovo, “Tu va a chiamare Orion, e ci vediamo tra un quarto d’ora al settimo piano, davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo, d’accordo?”

 

Ancora un po’ incerta la ragazza annuì. “D’accordo. Rispose. Poi, la testa le scattò improvvisamente da un lato, in direzione di Tom, poi di nuovo su Harry, posando lo sguardo stupito ora su uno, ora sull’altro, collegando solo in quel momento quale situazione avesse interrotto. Arrossì completamente, raggiungendo un colorito che avrebbe fatto pandan con la Sala Comune di Grifondoro, e sembrò farsi piccola piccola, mentre si sporgeva oltre Harry per potersi rivolgere anche a Tom, ancora appoggiato allo scaffale.

 

“Ehm… scusate per… per prima,” cominciò, riprendendo la sua caratteristica voce flebile, “Non volevo attaccarvi così, è che pensavo che… si insomma…” lanciò un’altra occhiata ai ragazzi e arrossì ancora più di prima, “VadoachiamareOrion!” finì tutto d’un fiato prima di voltarsi e uscire di corsa dalla Biblioteca.

 

Harry scoppiò a ridere, scuotendo la testa di fronte al comportamento della ragazza. Si voltò poi, e Tom era ancora lì, a braccia incrociate contro la libreria, che lo fissava senza alcuna espressione in volto.

 

L’interruzione di Meredith aveva come spezzato quel momento, quell’atmosfera irreale, e li aveva fatti tornare coi piedi per terra. Quello che era successo… Harry si era fatto trasportare dalle proprie emozioni, troppe, troppo forti, troppo in fretta, tutte insieme; ma ora la mente era lucida, nonostante la stanchezza e la spossatezza. Quella era la realtà e tutto aveva un altro peso.

 

Guardò Tom, ma il ragazzo si limitava ad osservarlo impassibile, senza alcuna indicazione che avesse intenzione di fare qualcosa, nonostante Harry sapesse che era solo una maschera quella che portava in volto, e non c’era bisogno del formicolio alla cicatrice per confermarlo.

 

Prese un bel respiro e cominciò ad avvicinarsi. Il Serpeverde non reagì, non si mosse nemmeno di un centimetro, nemmeno quando ormai l’altro gli fu proprio davanti, continuando a fissarlo imperturbabile. Avrebbe dovuto esserci una regola, da qualche parte, per quanto uno sguardo fosse autorizzato a farti sentire nudo.

 

Harry aprì la bocca per parlare, ma sinceramente non gli veniva in mente niente di giusto da dire. Quindi la richiuse, fece un altro passo in avanti si lasciò appoggiare contro il corpo dell’altro, cingendogli la vita e appoggiando la fronte su una delle sue spalle.

 

Un secondo, e poi sentì le braccia di Tom avvolgerlo e ricambiare l’abbraccio, e il volto piegarsi leggermente in avanti per toccargli la testa con il naso. Calore, profumo di shampoo e il viso di Tom affondato tra i suoi capelli.

 

Quella era la realtà, e Harry poteva farci davvero poco.

 

“Pensavi che mi sarei rimangiato ogni cosa?” chiese con una nota canzonatoria nella voce.

 

Le braccia dell’altro si strinsero leggermente, e un piccolo sbuffo gli sollevò una ciocca sulla testa. “Tutti quei discorsi su Alden certo non rassicuravano. Sei abbastanza testardo che non mi stupirei se ora ti girassi e te ne andassi, probabilmente pensando di farlo per il mio bene.”

 

Harry rise, ancora appoggiato alla spalla dell’altro. “Francamente, non so se ne sarei capace anche se lo volessi, non dopo…” ma lasciò la frase in sospeso, non sapendo bene come finire.

 

Tom lo allontanò gentilmente, slegandolo dall’abbraccio. Con una mano gli prese il mento, gli sollevò la testa e lo baciò di nuovo, per qualche secondo, prima di tornare a guardarlo.

 

“Dopo questo?” chiese, il suo ghigno strafottente di nuovo stampato in faccia.

 

E Harry, mentre attirava nuovamente Tom a sé, calcolò in fretta che dovevano avere almeno dieci minuti buoni, prima di dover raggiungere gli altri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.A.: ehm… hellommh, si…. Ok, d’accordo, ho spiegato un paio di cose sul mio blog, dove metterò anche le risposte alle recensioni al più presto. Vorrei davvero fare un bel commentino su questo capitolo (di cui ci sono scene che amo come scene che odio a morte) perché, come avete visto, è piuttosto importante ^^. Purtroppo mi mancano completamente le forze, e ho un altro milione di cose da fare prima che la giornata finisca, quindi forse metterò qualcosa insieme alle risposte, speriamo.

 

Mi scuso anche qua per l’ignobile ritardo, e prego come voi che il prossimo arrivi molto prima!

 

Ah, e… mi uccidete se vi chiedo di lasciare comunque un commentino? ^^”

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Capitolo 25
*** Futuro su Mezze Verità ***


Titolo: Crossed Times

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 25/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 

 

 

Capitolo 25.  Futuro su Mezze Verrità

 

 

 

“In poche parole, non sei davvero uno studente.

 

“No.”

 

“E non sei neanche mai stato in Australia.

 

Sospiro. “No.”

 

“E Evans non è nemmeno il tuo vero cognome.

 

Mani nei capelli. “No.”

 

“E non puoi dirci né da dove vieni né come ti chiami realmente.

 

Harry si spettinò i capelli con una mano, mentre sospirava per l’ennesima volta. Guardò ora Meredith, ora Orion, entrambi seduti di fronte a lui su due comode poltrone, lei zitta e pensierosa, lui a braccia incrociate e inquisitorio.

 

“Sentite ragazzi, credetemi se vi dico che se solo potessi vi racconterei ogni cosa, ma non posso. Sto già rischiando tantissimo nel dirvi così poco…” si fermò, mordendosi un labbro. Voltò la testa verso la sua destra, dove seduto sul divanetto di fianco a lui stava Tom, ma il ragazzo si stava inespressivamente osservando le dita di una mano.

 

Orion seguì lo sguardo di Harry e anche la sua attenzione si spostò sul Prefetto. “E tu Tom non dici niente? Immagino sapessi già tutto…”

 

Il ragazzo si limitò a rivolgergli uno sguardo condiscendente. “So poco più di quello che vi ha appena raccontato, ma certo da un bel po’ di tempo: chi credi che glieli abbia procurati dei documenti falsi, la Fata Turchina?”

 

Orion, inaspettatamente, assunse un’espressione confusa. “Certo che no, non è morta negli anni venti? E poi che centra?”

 

Harry e Tom si scambiarono un’occhiata in tralice, ma tornarono in fretta a rivolgere la loro attenzione agli altri due compagni, prima che potessero notare le espressioni divertite sui loro volti.

 

Meredith, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, parlò per la prima volta: “È per non rivelare la tua identità che hai scelto un cognome babbano allora?”

 

“No, in realtà in un certo senso Evans è anche il mio cognome, era quello di mia madre infondo.

 

“Questa cosa non ha senso,” Ribatté nuovamente Orion, “com’è possibile che non possiamo neanche sapere come ti chiami?”

 

“Dai, Orion, se ha detto che non può dircelo, non potrà davvero…” intervenne con voce flebile Meredith cercando di calmare l’amico.

 

“Ma nemmeno il suo nome! Cos’ha paura che succeda, che lo cerchiamo sull’elenco della Metropolvere e gli facciamo gli scherzi via camino?”

 

“Forse non ti è venuto in mente, Black” si intromise Tom derisorio, “che se usa un nome falso, sotto mentite spoglie, per un certo periodo di tempo, è chiaramente in incognito. Se volete proprio saperlo, da come la vedo io assomiglia tanto ad una–

 

“– missione…” finì la frase Meredith in un soffio.

 

E Harry, che aveva seguito lo scambio di battute sentendo una vena di panico cominciare a salirgli in gola, si trovò improvvisamente con tre paia di occhi focalizzati completamente su di lui, i loro sguardi percorrere la sua intera figura fino al minimo dettaglio.

 

Fu Orion a rivolgerglisi per primo, con espressione metà tra il sorpreso e il meravigliato.

 

“Sei un soldato.”

 

Harry sbarrò gli occhi. “Oh no, nononono, non cominciate nemmeno. Niente speculazioni, niente tiri ad indovinare, niente discussioni: quello che potevo dirvi ve l’ho detto, dimenticate qualunque altra cosa. si affrettò a mettere le cose in chiaro il ragazzo, “Per l’amor del cielo, non provate a indovinare.”

 

Di tutta risposta, Orion alzò semplicemente un sopracciglio, “Che ti aspettavi scusa, che avremmo accettato questa mezza spiegazione senza fare domande?”

 

“Ma sei stato tu per primo a dirmi che non importava quale fosse la mia storia, o perché nascondessi il mio aspetto! Che l’unica cosa che conta è che io sia qui!” ribatté ricordando le vecchie parole dell’amico.

 

Il Serpeverde si passò una mano tra i capelli. “Si, è vero, ma – per Merlino – stavo pensando a qualcosa di molto più semplice, non che tu fossi una specie di… agente segreto o cosa. Poi, prima che Harry potesse rispondere, si girò di scatto verso Tom. “Ehi, aspetta un secondo, cosa vorresti dire con ‘per un certo periodo di tempo?”

 

Tom si limitò ad alzare le sopracciglia e guardare Harry, invitandolo a rispondere. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo in direzione del Prefetto, ormai capendo che se stava cercando un po’ di appoggio, non l’avrebbe trovato nel suo… ragazzo?

 

“Beh?” arrivò spazientita la voce di Orion.

 

Scosse la testa, cercando di concentrarsi e non pensare a cos’era successo non tanto tempo prima in Biblioteca. Rigirandosi nella mante la domanda di Orion, alla ricerca di una possibile via d’uscita, si mordicchiò il labbro inferiore: quella era sicuramente la parte più difficile da dire e non c’era modo che i due amici la potessero prendere bene.

 

“Quello che Tom voleva dire è che… l’anno prossimo non sarò più a Hogwarts. Strizzò gli occhi, “Anzi, parto tra due mesi.

 

Se qualcuno pensava che soltanto nei fumetti le persone rimanessero a bocca aperta, si sarebbe ricreduto nel vedere l’espressione di Orion. Ed Harry rimase sorpreso quando a scattare in piedi fu Meredith, approfittando della temporanea impossibilità a parlare coerentemente del compagno.

 

“Due mesi? Te ne andrai tra due mesi?!

 

Harry sospirò. “Si.”

 

La Corvonero sembrò per un attimo entrare nello stesso stato di Orion, ma in pochi secondi il viso le si arrossò, e lui dovette ricordarsi che quelle poche volte che la ragazza cominciava ad alzare la voce, perdeva completamente ogni velo di timidezza.

 

“Tu – tu…! Non te ne puoi andare! Non puoi!”

 

“Mere, cerca di capire, non dipende da me –”

 

Ma la ragazza non si lasciava placare così facilmente “No, cerca di capire tu invece!” ribatté infervorata, “Hai solo una vaga idea di come fossero le giornate prima che arrivasti, almeno per me? Cosa vuol dire svegliarsi solo per seguire le lezioni, fare i compiti e tornare a dormire? Non avere nessuno con cui parlare, scherzare, non avere nessun amico?”

 

Harry non rispose, perché non c’era una risposta che avrebbe potuto consolarla, almeno non senza dover contenere per forza una bugia. Poté solo continuare ad ascoltarla, guardando con una stretta al cuore i suoi occhi farsi lucidi.

 

“E poi sei arrivato tu e finalmente c’era qualcuno! E ho conosciuto anche Orion, e Tom, e i miei compagni di Casa non mi fanno più nulla perché improvvisamente non sono più così piccola, o così sola e impotente…” sbatté gli occhi, forse per ricacciare indietro le lacrime, “Adesso mi vuoi dire che era solo una piccola pausa, che tempo due mesi tornerà tutto come prima. Che ci lascerai di nuovo soli…”

 

“Meredith, io non…” Harry deglutì, “Se fosse per me… credimi, le cose andrebbero in un altro modo. Ma non dipende da me! Non posso fare nulla!” cercò di ribattere. Era la verità, non c’era dubbio, ma sapeva anche bene che non aiutava a rendere le cose migliori, e anche alle sue stesse orecchie quelle parole non sembravano che deboli scuse.

 

Cercò un altro appiglio. “E poi non sarai sola, ci sarà sempre Orion! E sì, anche Tom…” si voltò verso l’altro seduto sulla poltrona, “Dai, diglielo anche tu!”

 

Ma Orion non stava nemmeno guardando Harry, era invece voltato verso Tom.

 

“E tu non dici nulla? Lo lasci andare così, semplicemente?”

 

Harry si irrigidì, perché improvvisamente la temperatura dentro la stanza sembrava essersi abbassata vertiginosamente, e aveva il brutto presentimento che quelle parole non avrebbero portato a nulla di buono.

 

“Orion…” cercò di ammonire il ragazzo, sperando vivamente che la conversazione non stesse prendendo la piega che temeva. Lanciò un’occhiata a Tom, sedutogli di fianco, non sorprendendosi nel trovarlo impassibile come sempre.

 

L’altro Serpeverde non gli diede retta e continuò ad indirizzare il Prefetto. “E io che pensavo ci tenessi, almeno un minimo, e invece era solo un altro dei tuoi giochetti, un passatempo.

 

“Basta Orion, dacci un taglio!” gli sibilò Harry, notando con un po’ di apprensione che la mano che Tom stava tenendo appoggiata sul divano di fianco a lui si era stretta in un pugno e aveva cominciato a tremare.

 

“Avanti Tom, allora deve essere un sollievo il pensiero che tra due mesi partirà. Che per tutto il resto della tua vita non lo rivedrai mai, mai pi–

 

Sbam!

 

Tom era in piedi, i palmi aperti contro il tavolino di vetro che aveva colpito con tanta forza che era un miracolo non fosse andato in frantumi. Testa bassa, abbastanza da coprirgli l’espressione in volto, ma non c’era alcun bisogno di guardarlo in faccia per capire il suo stato d’animo. Ci fu qualche secondo di silenzio, dove tutti erano rimasti troppo sorpresi per potersi muovere, prima che Tom rizzasse la schiena, girasse su se stesso e si precipitasse fuori dalla Stanza delle Necessità, sbattendosi la porta alle spalle.

 

“Tom!” lo chiamò invano Harry, alzandosi a sua volta. Senza nemmeno guardare in faccia gli altri due compagni corse fuori dalla stanza, ignorando la voce di Meredith che lo chiamava.

 

Appena si chiuse la porta alle spalle – che sparì come se non ci fosse mai stata – si fermò dopo appena un passo, voltando la testa da un lato e dall’altro alla ricerca del ragazzo. Lo trovò subito, appena alla fine del corridoio, con la schiena rivolta verso di lui e il viso verso il muro, i pugni chiusi ai lati del corpo, come se fosse stato nel mezzo di una corsa e si fosse imposto da solo di fermarsi, bloccandosi in stallo lì, davanti alla parete.

 

In pochi secondi Harry gli era già di fianco. “Tom…”

 

Nessuna risposta. Harry gli prese una manica e la tirò piano, ma il braccio dell’altro rimase rigido e immobile, e il ragazzo non si voltò nemmeno a guardarlo.

 

Prendendo un profondo respiro continuò: “Lo so che tutto quello che ha detto Orion era solo per farti reagire, so che…” si fermò, lanciando un’occhiata ai lineamenti impassibili dell’altro, “so che non lo pensa davvero. So che tu non lo pensi.

 

Un tremito delle palpebre fu l’unica risposta che ricevette, e ad Harry stava crescendo una voglia enorme di prendere per un braccio il Serpeverde e scaraventarlo contro il muro, giusto per estorcere – per una volta – una qualunque emozione da quella fredda corazza che erano le sue espressioni. Per riuscirci ci sarebbe riuscito, la forza certo non gli mancava.

 

Ma, sapeva, non sarebbe servito a nulla, ed erano successe troppe cose in troppo poco tempo, ed era ancora così stanco, fisicamente, emotivamente, non lo sapeva più neppure lui.

 

Tom pensava forse che non gliene fregasse niente? Credeva che quella situazione fosse anche solo un briciolo meno dolorosa per lui di quanto non lo fosse per gli altri?

 

Non si era lasciato nemmeno il tempo di pensarci, in quale casino si era andato a cacciare, e l’aveva fatto per puro spirito di conservazione, perché chi sapeva a quale conclusione sarebbe arrivato se si fosse fermato a ragionare?

 

E Tom si comportava come se lui, Harry, lo stesse facendo apposta a voler a tutti i costi abbandonarlo, come se non si sentisse il sangue ghiacciare nelle vene ogni volta che pensava alla sua partenza… al doverlo lasciare… al doverlo uccidere

 

E Harry era così convinto che il cuore gli battesse tanto forte da farsi sentire da tutta Hogwarts quando Tom gli era vicino, che gli era sembrato ovvio che anche l’altro ragazzo lo sentisse fermarsi improvvisamente ogni volta che la sua partenza veniva nominata.

 

Alzò gli occhi sul viso di Tom – sul viso perfetto di Tom – e si trovò stanco anche di sapere che c’era qualcosa dietro ai suoi baci, e di non poterglielo mai vedere riflesso negli occhi.

 

“Tom, ti prego…” sospirò, quanto più vicino ad una supplica sarebbe mai andato.

 

Doveva esserci stato davvero qualcosa nel suo tono voce, perché il Prefetto alzò lo sguardo verso il soffitto e rilassò le mani, mettendole nelle tasche dei pantaloni.

 

“’Quasi due mesi’ è un po’ vago come periodo. Disse infine, “Quanto tempo ti resta, di preciso? Quando dovresti partire?” aggiunse voltandosi finalmente a guardare Harry in faccia.

 

L’altro si fermò un attimo sbattendo gli occhi spiazzato, non tanto perché fosse una domanda inaspettata, ma perché seppure ne avesse un’idea vaga, aveva sempre – anche solo inconsciamente – rimandato il pensiero di contare i giorni ad un altro momento.

 

“Non lo so di preciso…” e si sarebbe voluto picchiare da solo, perché cosa avrebbe fatto se il tempo fosse finito senza che lui se ne fosse accorto, e l’incantesimo l’avesse rispedito nel presente senza che lui avesse trovato il libro? “Ricordi che giorno era, la prima volta che ci siamo incontrati?” chiese a Tom.

 

Lo sguardo del Serpeverde si fece distratto, come se stesse rivivendo nella mente quel ricordo. “Era il diciotto Ottobre. Disse infine, e Harry fu contento di vedere che non era riuscito a nascondere del tutto un piccolo sorrisetto che gli era spuntato sulle labbra al pensiero di come era finito il loro primo incontro. Quello schiantesimo – Harry ne era sicuro – non gli era mai stato perdonato.

 

Avrebbe voluto rimanere a pensare ai ricordi dei giorni passati – molto meno dolorosi dei pensieri di quelli futuri – ma la domanda del Prefetto non aveva ancora ricevuto una risposta.

 

“Il diciotto Gennaio, quindi.” Rispose, deglutendo.

 

Tom si voltò completamente verso di lui, sorriso completamente scomparso, rimpiazzato da qualcosa che non era impassibilità, ma nemmeno rabbia. “Quindi è così, sei deciso ad andartene.

 

Tom che – coglione che sei!

 

“Ma perché nessuno riesce a capirlo?” esclamò Harry alzando le braccia al cielo, “Non – dipende – da – me - !” sibilò, “E tu mi guardi come… come se fosse colpa mia, come se volessi andarmene! Come diavolo puoi solo pensare che io voglia lasciarti? Dio, se fosse per me io – io –”

 

“Tu cosa?” rispose Tom, e l’altro registrò vagamente come fosse strano che tra i due quello calmo sembrasse il Serpeverde, “Cosa faresti, se fosse per te? Non te ne andresti?”

 

La risposta automatica Si! gli rimbombò per con veemenza nel cervello, e aveva già aperto la bocca per rispondere quando, implacabili, le immagini dei volti di Ron, Hermione, Ginny, Remus e tutta la sua squadra gli vennero prepotenti alla mente. Serrò la bocca di scatto e strinse i pugni, mentre un’onda di sensi di colpa lo sommergeva.

 

Se ci fosse stato un modo per raggirare il Velo e farlo rimanere nel passato, lo avrebbe mai sfruttato? Avrebbe abbandonato tutti i suoi amici al loro destino? Tutte le persone che credevano in lui, l’intero Mondo Magico?

 

Avrebbe rischiato di cambiare completamente il corso del tempo? Sarebbe stato disposto a rimanere nel passato, sapendo di poter compromettere la stessa nascita di tutte le persone che conosceva?

 

Dentro di sé sapeva già la risposta, la sentiva chiara e forte. Sapeva che nonostante ciò che Tom significava per lui, c’erano cose che avrebbero sempre preso il primo posto tra le sue priorità. Anche se lui non lo voleva, anche se non erano più importanti. Era la storia della sua vita.

 

Ma guardando negli occhi Tom, in quel momento, e vederlo così bello, così potente, così brillante… e sapere che nel momento in cui lui, Harry, se ne fosse andato, lo avrebbe condannato a diventare un mostro... quelli erano sensi di colpa più atroci di qualunque altri.

 

Perché era lui ora l’unica speranza di Tom: non Orion, non Alden, ma lui. Era l’unico che avrebbe potuto mostrargli un’altra strada, fargli capire quanto si stava perdendo, insegnarli poco a poco quanto era diverso il sapore della vita con qualcuno al proprio fianco.

 

E invece quando sarebbe partito, Tom avrebbe dimenticato tutto, si sarebbe trasformato col tempo nella creatura peggiore che avesse mai camminato sulla faccia del pianeta.

 

Cosa faresti, se fosse per te?

 

Le parole gli uscirono dalla bocca prima che potesse controllarle.

 

“Ti porterei via con me.”

 

Vide gli occhi di Tom allargarsi per un attimo sorpresi e dovette trattenersi dal tapparsi la bocca con una mano, allarmato ora dal sorrisino che si stava delineando sulla bocca del Serpeverde, troppo felice per essere definito un ghigno e troppo – troppo Tom per poter essere chiamato un sorriso.

 

“Sarà quello che farò allora, verrò via con te. Disse il Prefetto, scrollando le spalle come se non si trattasse di nulla di difficile, ma senza mai abbandonare il suo strano sorriso.

 

Harry, invece, si stava allarmando non poco. “No, no, Tom, aspetta, tu non – non ti posso portare con me! Era solo… non volevo dire quel –”

 

“Vuoi dire che non mi vuoi?”

 

“Ma certo che ti voglio, idiota, quello che volevo dir… oh, lo stai facendo apposta, vero? Dai ascoltami, io sono serio! Non puo –” ma venne interrotto da un paio di labbra sulle proprie, veloci, in un piccolo bacio a stampo che ebbe giusto l’effetto di zittirlo momentaneamente.

 

“Ma che fai Tom!” protestò Harry quando un braccio gli circondò la vita, e un altro bacio a stampo gli venne recapitato sulle labbra. Sbattendo gli occhi, una volta che il Serpeverde si fu di nuovo allontanato, Harry aggrottò le sopraciglia, cercando di divincolarsi dalla presa.

 

“Dai, Tom, è un discorso serio, dobbiamo parlarne con calm–” bacio di nuovo, “– e smettila dai–” bacio ancora, e questa volta Harry si lasciò sfuggire una mezza risatina, perché era semplicemente così assurdo e infantile il comportamento del Serpeverde, in una situazione come quella.

 

Però quella volta le labbra di Tom non si allontanarono subito, anzi si aprirono e un brivido scese lungo la schiena di Harry quando sentì la lingua calda dell’altro chiedere il permesso di entrare, bagnandogli le labbra. Con un sospiro a metà esasperato e a metà avido, il ragazzo si sciolse nel bacio, lasciandosi scappare un gemito quando sentì i movimenti di Tom farsi più passionali, cercando un appiglio nel far scorrere le mani prima sulle spalle, poi lungo il collo e infine tra i capelli del Serpeverde.

 

Non poteva resistergli. Non poteva resistergli in alcun modo e non gliene fregava niente.

 

Quando Harry sentì che di lì a poco le cose sarebbero degenerate nel mezzo del corridoio, si separò ansimando. Nonostante non avesse dimenticato la discussione, non provò più a parlare, accontentandosi di sfoggiare un pigro e contento sorriso sulle labbra tra le guance arrossate e il fiatone, mentre i loro nasi erano ancora abbastanza vicini da toccarsi.

 

Primo perché era sicuro che se avesse aperto bocca sarebbero uscite fuori le parole sbagliate – qualcosa più vicino a Dio, seguimi in capo al mondo che non Mi dispiace, non puoi venire con me. Secondo – motivo più serio – perché qualunque cosa Tom avesse cercato di fare, non vi era davvero un modo per aggirare il Velo, e quando il momento sarebbe arrivato, avrebbe risucchiato Harry, e solo Harry, nuovamente nel presente.

 

“Piaciuto lo spettacolo?” sentì la voce di Tom chiedere sarcastico.

 

Alzò la testa perplesso, tornando a concentrarsi sul presente, ma vide subito che il Prefetto non si stava rivolgendo a lui, ma aveva il volto girato verso il resto del corridoio.

 

Infatti dall’altro lato del corridoio Orion e Meredith erano fermi appena fuori dalla Stanza delle Necessità e li stavano fissando, uno con occhi sbarrati ed espressione visibilmente sorpresa, l’altra con un piccolo sorriso e le guance imporporate di imbarazzo.

 

Sinceramente, pensò Harry, quella scena cominciava ad essere ripetitiva.

 

“Ehm… noi eravamo venuti a cercarvi…” cominciò Meredith, ancora decisamente imbarazzata, se il suo colorito diceva qualcosa, “…perché Orion,” e qua il suo tono non aveva nulla di timido, “ deve delle scuse a qualcuno, non è vero?”

 

Il Serpeverde venne spinto in avanti, così risvegliato dallo stupore, e con un sorrisetto impacciato si grattò la testa. “Si, ecco… io non…” fece un’altro passo verso di loro, ma si fermò subito, voltandosi verso la Stanza delle Necessità. “Non è che potreste tornare qua? Non è proprio comodo parlare da un capo all’altro del corridoio…”

 

Harry sospirò e si districò dalla presa del Prefetto. “Dai, andiamo. Ci sono un sacco di cose di cui dobbiamo ancora parlare.

 

Tom non sembrava troppo propenso a muoversi, ma bastò che Harry gli prendesse una mano, intrecciasse le proprie dita con le sue e lo tirasse dolcemente per il braccio, che con uno sbuffo il Serpeverde cominciò a seguirlo, e in due raggiunsero gli altri.

 

Una volta che furono nuovamente tutti e quattro nella Stanza delle Necessità ripresero i propri posti, Orion e Meredith nelle poltrone e Tom e Harry sul divano, anche se stavolta gli ultimi due ne occupavano solo poco più di metà, avendo un braccio di Tom afferrato la vita dell’altro e trascinato il ragazzo il più vicino possibile al suo fianco.

 

Orion si schiarì la gola. “Quindi… state insieme?”

 

“Problemi, Black?” ribatté immediatamente Tom, con una nota minacciosa nella voce.

 

“Tom…” lo ammonì bonariamente Harry, sapendo che in realtà non aveva alcuna cattiva intenzione contro l’amico.

 

Ma Orion sollevò un lato della bocca in un mezzo sorriso. “Nessuno, nessuno… solo, volevo sapere se Harry è ufficialmente fuori dalla piazza.”

 

Passò qualche secondo di silenzio, in cui tutti aspettavano la risposta di Tom che sembrava non voler arrivare. Dopo un po’, vedendo che nessuno si muoveva ad andare avanti, Harry si decise a riprendere in mano le redini del discorso e interrompere l’infantile battaglia di sguardi tra i due Serpeverde. Aveva appena aperto la bocca, però, quando finalmente Tom parlò:

 

“Lo tocchi una sola volta e sei morto, Black.

 

“Tom!” si voltò indignato Harry verso il Prefetto, ma dall’altro lato del tavolino Orion scoppiò a ridere.

 

“Lascia stare Harry, è esattamente la risposta che volevo sentire. Disse ancora ridendo il Serpeverde, mentre Tom si limitava a stringere la presa sul suo ragazzo e Harry a scuotere la testa rassegnato davanti al comportamento dei due.

 

In tutto quello, Meredith si schiarì piano la gola. “Ehm, non che non sia contenta per voi e tutto, ma possiamo tornare all’argomento principale?”

 

Harry annuì. “Dove eravamo rimasti?”

 

“A te che te ne vai tra due mesi.” Rispose piatto Orion.

 

“Oh, giusto…”

 

“E a qualcuno che deve delle scuse, vero Orion?” intervenne Meredith lanciando un’occhiata al ragazzo in questione.

 

“Ehm, già…” Orion si passò una tra i capelli, prima di indirizzare gli altri due ragazzi, “Sentite, non dicevo sul serio prima, quando ho detto… vabbeh, lo sapete quello che ho detto. Insomma, mi dispiace. Da quello che ho visto  poi, è evidente che tu ci tieni a Harry.” Aggiunse con un sorrisetto guardando Tom, poi tornò serio, “Tra di voi tutto a posto? Non vorrei aver causato qualche screzio…”

 

Fu Tom a rispondere. “Tutto a posto.” Poi, sollevando un angolo della bocca in un ghigno, aggiunse. “Io partirò con lui.”

 

Un attimo di silenzio, poi:

 

“Davvero?”

 

“Puoi farlo?”

 

“Tom!”

 

Il Prefetto si voltò verso Harry, che in quel momento stava tentando di spostargli il braccio per potersi girare del tutto verso di lui.

 

“Tom, ti ho detto che non puoi venire con me!” ribatté una volta che ebbe rinunciato a smuovere il Serpeverde. “Sto dicendo sul serio, non c’è alcuna possibilità: non  – puoi – seguirmi–!

 

“D’accordo, come vuoi tu.” Fu la semplice risposta dell’altro, ma il tono noncurante con cui erano state pronunciate e il solito, compiaciuto ghigno stampato in faccia, facevano di quelle parole le più false che Harry avesse mai sentito.

 

Guardando con la coda dell’occhio agli altri due occupanti della stanza, che li stavano osservando attentamente, Harry decise che sarebbe stato meglio continuare quella conversazione in privato. Lanciò un’occhiata a Tom con il chiaro significato di Non è finita qui e tornò a rivolgersi verso Meredith e Orion, inconsciamente risistemandosi intorno alla vita il braccio del Prefetto.

 

“Lasciamo stare… stavamo dicendo?”

 

Orion fece rimbalzare per un attimo lo sguardo tra Harry e Tom, poi, evidentemente decidendo fosse meglio non immischiarsi in una discussione tra amanti, scosse la testa e riprese il discorso:

 

“Harry, io e Meredith abbiamo parlato un po’ mentre voi eravate… fuori… e beh,” assottigliò gli occhi, “non pensare per un secondo che tu sia perdonato ma… volevamo chiederti una cosa: per questa tua ‘missione segreta,” disse accentuando le parole disegnando un paio di virgolette in aria con le dita, ignorando le proteste di Harry su come la sua non fosse per niente una missione, “hai detto che hai tempo due mesi e poi te ne andrai, giusto?”

 

Al segno affermativo di Harry continuò, “E se non facessi in tempo a fare… qualunque cosa tu debba fare, cosa succederebbe?”

 

Il ragazzo scrollò le spalle. “Non farebbe alcuna differenza, dovrei partire comunque.

 

Sorprendentemente, Orion si limitò ad annuire. “E se finissi prima?”

 

Harry gli lanciò un occhiata inquisitoria, cercando di capire dove volesse andare a parare. “Uguale, dovrei andarmene tra due mesi in ogni caso. Come cercavo di dirvi, non dipende da me. Rispose, enfatizzando le ultime parole.

 

“Bene!” esclamò Orion con un sorriso, “Quindi perché non ti fai aiutare?”

 

Harry sbatté un paio di volte le palpebre. “Come scusa?”

 

“Ma si,” insistette il Serpeverde, “se tanto non possiamo fare nulla perché tu non parta, e se il giorno della tua partenza non dipende dal successo o meno di questa ‘missione segreta, l’unica cosa che possiamo fare è aiutarti. Prima ci leviamo dalle scatole questa ‘missione segreta, più tempo avrai da spendere con noi senza preoccupazioni, o sbaglio?”

 

Harry era rimasto spiazzato. Non gli era passato per la testa nemmeno per un minuto la possibilità di chiedere aiuto, e sebbene solo qualche ora prima gli sarebbe sembrata un’idea assurda, non riusciva a trovare un’immediata obbiezione al discorso di Orion. Quali rischi correva? Potevano scoprire qualcosa del futuro, aiutandolo a cercare il libro? Ma non sapevano nemmeno che lui veniva dal futuro… e se avessero chiesto spiegazioni, beh, lui ufficialmente non poteva dire niente, giusto?

 

E poi era vero che le ore che passava in Biblioteca erano tutti minuti rubati al tempo che avrebbe potuto spendere insieme a Orion, a Meredith… a Tom…

 

“Non so Orion…” rispose ancora leggermente titubante, “quello che dici ha senso, però…”

 

“Andiamo, non sarà certo qualcosa di spericolato e impossibile che solo chi ha avuto un addestramento da Auror può portare a termine!” ribatté il ragazzo. Poi si fermò e lanciò un’occhiata ansiosa a Harry, “… non è qualcosa di spericolato e impossibile che solo chi ha avuto un addestramento da Auror può portare a termine, vero?”

 

Il ragazzo rise. “No, no, non preoccuparti. Anzi, è piuttosto noioso in realtà.

 

“Di che si tratta?” chiese Meredith.

 

Harry si morse un labbro ancora per qualche secondo indeciso, poi sospirò. “Sto cercando una cosa.

 

Tom, che fino ad allora non aveva parlato, si voltò interessato. “Qui a Hogwarts?”

 

Harry annuì.

 

“Avanti, dai, di che si tratta?” lo incitò Orion.

 

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, poi, finalmente, rispose.

 

“Un libro.”

 

Per qualche secondo nessuno parlò, poi:

 

“Un libro?”

 

“Un libro?!

 

Perfino Tom alzò un sopracciglio a metà tra il sorpreso e lo scettico.

 

Harry guardò i compagni con espressione spiazzata, colto alla sprovvista dalle loro reazioni. “Si. C’è qualcosa che non va?”

 

Orion si grattò la testa. “Beh, no, presumo di no. Solo… boh, mi aspettavo qualcosa di diverso. Rispose con una risatina imbarazzata.

 

“Ecco perché passi così tanto tempo in Biblioteca…” mormorò Meredith, come se le si fosse appena svelato un grande mistero, “E io che ero convinta ti impegnassi tantissimo negli studi.”

Il sopracciglio di Tom non si era ancora abbassato. “E quale sarebbe, sentiamo, questo fantomatico libro? E poi perché cercarlo qui?”

 

“Sono sicuro che sia qui,” rispose lui con un sospiro, “almeno in questo an–posto, in questo posto.” Si salvò all’ultimo, cercando di ignorare il modo in cui il Prefetto aveva assottigliato gli occhi nel sentire il suo lapsus, “Comunque il titolo è Anima e Corpo: Condanne e Beatitudini dei Legami Magici.”

 

“Il titolo? Ma se hai il titolo qual è il problema? Vai dalla bibliotecaria e chiedi. Intervenne Orion.

 

Ma Harry scosse la testa, mentre registrava distrattamente Tom spostarsi e scioglierlo dalla presa del suo braccio, “Non è così semplice: prima di tutto è nel Reparto Proibito, e non posso certo presentarmi alla bibliotecaria senza un permesso firmato da un professore.

 

Il Serpeverde sollevò entrambe le sopracciglia. “Reparto Proibito? E a che diavolo ti serve un libro del genere? No, vabeh, lascia stare,” disse quando vide Harry aprir bocca per ribattere, “ho capito l’antifona ‘non posso dirvelo” gli fece il verso.

 

Anima e Corpo: Condanne e Beatitudini dei Legami Magici…” sussurrò Meredith pensierosa, mentre Harry fulminava Orion con lo sguardo, “Non l’ho mai sentito, ma è anche vero che non ho mai fatto ricerche nel Reparto Proibito.” Si rivolse ad Harry, “Anche quei libri però dovrebbero essere catalogati nei registri, hai provato a guardare lì in quale scaffale si trova?”

 

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli in un gesto nervoso, sentendo riaffiorare la frustrazione che lo accompagnava sempre quando si trattava della sua ricerca. “È che le cose cominciano ad essere strane: ho controllato i registri, ma non c’è nella posizione che lì è segnata. L’unico indizio che ho è che qualcuno l’ha preso in prestito più di due mesi fa e stranamente il nome non è segnato. Come al solito la data di restituzione è per quindici giorni dopo e sebbene non c’è traccia di alcun richiamo per un ritardo, non c’è neppure una conferma di restituzione… il che in realtà potrebbe voler dire qualunque cosa.” Finì di spiegare con voce esasperata.

 

Vide la Corvonero aggrottare le sopracciglia. “È strano che ci sia un buco del genere nei registri; conosco la bibliotecaria ed è davvero scrupolosa nel suo lavoro…”

 

“Beh, tutti possono sbagliare una volta, la sfiga è che doveva capitare proprio su questo. Ribatté Orion con una scrollata di spalle. Poi si rivolse di nuovo a Harry, “E quindi cosa stai facendo adesso?”

 

Il ragazzo sbuffò. “Sto continuando a cercarlo nella Sezione Proibita, sperando che sia stato rimesso fuori posto per sbaglio. Poi sai come sono i libri in quegli scaffali, sono così vecchi che molti non anno nemmeno il titolo scritto in copertina… forse c’è e non l’ho ancora trovato…”

 

Il Serpeverde lo guardò con aria scettica. “E se fosse stato messo per sbaglio nel resto della Biblioteca? Non puoi andare a sfogliare ogni singolo libro!”

 

Harry gli lanciò un’occhiata irritata, “Tu hai un’idea migliore per caso?” ribatté.

 

Orion non rispose, evidentemente dandogli ragione, e per qualche secondo nessuno parlò, tutti presi dai loro pensieri mentre cercavano di trovare una via d’uscita. Fu solo in quel momento di quiete che Harry notò che Tom era rimasto in silenzio per tutta la discussione.

 

“Tom?” lo chiamò piano, rendendosi conto per la prima volta che il Prefetto si era allontanato da lui fino all’altro lato del divano e stava fissando il fuoco scoppiettante nel camino, con espressione assorta.

 

Sentendosi chiamare si voltò, ed Harry aveva cominciato a capire abbastanza del ragazzo per sapere che l’espressione che aveva in volto non aveva nulla di rilassato.

 

“Hai detto che se anche non trovi questo libro, dovrai partire comunque. Disse poi, rivolgendosi direttamente a lui. Al cenno affermativo di Harry continuò, “È così poco importante quindi? Puoi farne a meno tanto facilmente?”

 

E quella era la sua preoccupazione maggiore, tra tutte – si poteva contare su Tom nel trovare sempre la principale debolezza – e gli riportava alla mente uno dei piani più pericolosi e sconsiderati che aveva mai pensato di poter mettere in atto, anche più di quello di essere andato cinquant’anni nel passato:

 

Farlo di nuovo.

 

Perché no? Se – nell’ipotesi peggiore – fosse stato costretto a tornare nel presente a mani vuote, cosa gli impediva di rifare la stessa identica cosa, prendere una giratempo, lanciarla nel velo e dire anno esatto e luogo dove sarebbe voluto arrivare?

 

La parte assennata di Harry – quella che suonava sospettosamente come la voce di Hermione – gli faceva notare ogni volta che ci pensava che un viaggio nel tempo non era esattamente come un viaggio in aereo, che era stato fin troppo fortunato a non essersi dissolto nel nulla nel mezzo della dimensione spazio-temporale e che prima che fosse stato capace di trovare un’altra giratempo Hermione avrebbe avuto il tempo di spellarlo vivo per averlo fatto già una sola volta.

 

E nonostante tutti questi vincoli, non era mai nessuno di quelli a fargli abortire il piano e sotterrare il pensiero, ma…

 

Tom non ricorderà nemmeno di avermi mai incontrato.

 

Era una doccia gelida il pensiero, e davvero non gli serviva pensarci sopra per sapere che non sarebbe mai riuscito a vivere dentro Hogwarts, seppure di nascosto, sapendo che Tom era lì a qualche metro di distanza, mangiando, studiando, dormendo, il tutto senza essere nemmeno consapevole della sua esistenza.

 

Perché come poteva finire altrimenti? Se il Velo lo avesse riportato nell’esatto punto e momento del suo primo arrivo, avrebbe incontrato un Tom che lo vedeva per la prima volta; e se anche lo avesse straordinariamente riportato appena poco dopo il momento della sua partenza, Harry sapeva ciò che sarebbe stato costretto a fare prima di ritornare nel presente: cancellare i ricordi del loro incontro, perché non poteva rischiare di fallire e cambiare così drasticamente il futuro.

 

Ma come era Tom a fargli scartare la possibilità, era sempre lui a tenere una piccola fiammella di speranza viva, perché – se fosse riuscito a trovare un modo per non dover cancellare la memoria a Tom e preservare il futuro? Se il Velo avesse potuto portarlo nel momento esatto?

 

Tre mesi in più con Tom. Tre mesi. Dio, avrebbe dato un occhio anche solo per un giorno in più…

Si morse un labbro, guardando l’espressione atona del Prefetto mentre lo fissava. “No, quel libro mi serve assolutamente.” Disse infine cauto, “Non ne sono sicuro… ma è possibile che io ritorni, per altri tre mesi intendo, nel caso non lo trovassi… ma non è certo!” Si affrettò ad aggiungere, più per sé stesso che non per Tom.

 

Gli occhi del Prefetto brillarono per un istante di una luce strana, poi semplicemente annuì e si avvicinò di nuovo, riprendendo la sua posizione di prima, intrufolando un braccio dietro alla schiena di Harry per stringerlo al suo fianco in una presa che il ragazzo cominciava a trovare un po’ troppo possessiva, nonostante il sospiro contento che gli sfuggì dalle labbra al contatto con il calore dell’altro.

 

Lanciò un’occhiata a Orion e Meredith per vedere come avevano preso la notizia di un suo possibile ritorno, ma li trovo a parlottare tra loro. Dovevano aver pensato che la loro fosse una conversazione tra ‘fidanzati’ e aver loro lasciato un po’ di privacy.

 

‘Beh, meglio così,’ pensò Harry tra sé, ‘meglio parlarne tra due mesi che dar loro adesso false speranze…”

 

Si schiarì la gola per catturare la loro attenzione. “Quindi… mi aiuterete a trovarlo?”

 

“Certo! Cosa stiamo parlando a fare da un’ora sennò?” rispose Orion entusiasta, “Dobbiamo solo metterci d’accordo per il quando. Che ne dite di mercoledì pomeriggio?”

 

“Dopodomani? Perché non domani?” ribatté Tom con voce annoiata. Harry si girò per guardarlo negli occhi: sembrava improvvisamente disinteressato, come se l’argomento lo riguardasse appena. Nonostante fosse sicuro che il Prefetto stesse sentendo chiaramente il suo sguardo inquisitorio, visto che non riceveva alcuna risposta, tornò a concentrarsi sulla discussione, mettendo da parte per un secondo momento le domande.

 

“Domani ho gli allenamenti di Quidditch, stessa cosa venerdì. Rispose Orion scrollando la testa.

 

“Ma mercoledì io e Tom abbiamo il Lumaclub, non possiamo saltarlo…” ribatté Meredith. Harry rimase un attimo sorpreso nel sentire che anche la ragazza era entrata nel club di Lumacorno ma, conoscendo il professore, era praticamente impossibile che non si fosse interessato nell’unica studentessa che era stata capace di saltare due anni di scuola.

 

Orion si grattò il mento pensieroso. “Giovedì? Qualcuno ha qualche impegno?”

 

Harry alzò spalle. “Io sono sempre libero.” Rispose con voce stanca. Dio, non vedeva l’ora di poter tornare in camera per farsi la doccia più lunga della sua vita.

 

Intanto anche gli altri scossero la testa.

 

“Perfetto! Allora siamo d’accordo.” Disse Orion allegro battendo le mani sui braccioli della poltrona. Poi, guardando dritto in faccia a Tom e Harry, aggiunse: “Ora, forse, potete finalmente dirci come mai siete ricoperti da capo a piedi di polvere, avete i vestiti ridotti in quel modo e… è sangue quello che hai sulla faccia Tom?”

 

I due ragazzi in questione si scambiarono un’occhiata, poi Harry lasciò cadere all’indietro la testa sulla spalla di Tom con un gemito sofferente, pregando che al Prefetto venisse un improvviso, irrefrenabile impulso di parlare a macchinetta per i prossimi dieci minuti.

 

Lui aveva raggiunto la quota massima di mezze verità da raccontare, per quel giorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.N.: sono di fretta (quando mai non lo sono?) e la decisione di pubblicare il capitolo così è dell’ultimo momento, quindi meglio che mi sbrighi prima che cambi idea XD.

Se qualcuno legge il mio blog, saprà qual è stato il problema, e che quindi dovete aspettarvi un bizzarro aggiornamento 25.5 tra qualche giorno ^^

È davvero l’unica soluzione a cui sono riuscita ad arrivare, ma non credo che ci sia nulla di cui lamentarsi :P

 

Ditemi cosa ne pensate di questo, se avete qualche domanda o c’è qualcosa che non vi torna chiedete pure!

 

P.S.: risposte alle recensioni come al solito sul blog (vedere profilo). Ma credo che le metterò nella mattina di domani o nella tarda notte oggi. ^^”

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Capitolo 26
*** Sconosciuto ***


Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 26/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash




Capitolo 26. Sconosciuto




Harry uscì dal bagno strofinandosi i capelli bagnati con un asciugamano, lasciandosi sfuggire un sospiro soddisfatto alla sensazione del pigiama pulito sulla pelle. Il sangue appiccicava i vestiti addosso come nient’altro al mondo.


Appena messo piede in camera sollevò lo sguardo e, vedendo il letto di Tom vuoto, si guardò intorno alla ricerca del Prefetto. Lo trovò davanti al terrario di Nagini che sibilava qualcosa in serpentese, mentre faceva dondolare per la coda quello che sembrava essere un grosso topo morto. Il serpente, però, se ne stava raggomitolato dalla parte opposta della teca di vetro e rispondeva in brevi sibili stizziti.


Incuriosito dalla nota esasperata nella voce di Tom, Harry si avvicinò per sentire meglio.


Non la mangio quella roba Tom, è cosssì… morta.” sibilò Nagini girando la testa dal lato opposto.


Il Prefetto si lasciò andare ad un lungo sospiro sofferto. “Nagini, ‘quella cosa’ è un topo, un topo. I serpenti mangiano i topi.


I ssserpenti cacciano i topi.


Tom lasciò cadere il topo nel terrario e incrociò le braccia al petto. “Lo sai benissimo che non ti posso lasciare libera di andare a caccia, e sai anche di chi è la colpa.


Non sso di cosssa tu sstia parlando.” rispose lei con tono indifferente.


Nagini, ti sei intrufolata nella Sala Comune di Tassorosso.


Mi ero persssa.


Per tre volte?


Harry si lasciò scappare una risata, non riuscendo più a trattenersi. Gli altri due girarono entrambi la testa verso di lui e, sebbene Nagini non avesse sopracciglia da sollevare, Harry era sicuro che le espressioni di serpente e padrone combaciassero alla perfezione.


Oh, no, non badate a me. Continuate pure.” disse loro cercando di ricacciare indietro il sorriso divertito.


Il volto di Tom si dipinse per un attimo di un’espressione sorpresa, ma subito dopo scosse la testa e si voltò di nuovo verso il terrario.


Che c’è?” chiese Harry, istintivamente mantenendo il Serpentese.


Niente, niente. Solo, non sono abituato ad avere qualcun altro che mi capisce quando parlo con Nagini.” rispose il Prefetto con un sorrisetto.


Il serpente in questione aveva sollevato la testa oltre il bordo del vetro – abbastanza da far dedurre che, essendo il terrario senza coperchio, non c’era davvero niente se non ubbidienza al suo proprietario a fermarla nel caso volesse uscire – e si stava allungando verso Tom.


Allora lo hai ssscoperto, finalmente.” disse in un sibilo divertito.


Tom le rivolse un’occhiataccia. “E questa è un’altra cosa di cui dobbiamo parlare, perché non mi hai mai detto niente anche se sapevi che Harry era un rettilofono.


Nagini ritornò alla sua posizione raggomitolata. “Sse quello Verde voleva tenere il sssegreto, perchè sssarebbero dovuti esssere affari miei?


Il ragazzo borbottò qualcosa che somigliava molto a “Ti vizio troppo…”, mentre Harry guardava il serpente con sguardo interrogativo. “Quello Verde…?” sussurrò perplesso.


Tom si girò del tutto verso Harry, appoggiandosi al tavolo che sosteneva il terrario e incrociando le braccia con disinvoltura. “È da quando te l’ho presentata che ti chiama così. Le piacciono i tuoi occhi.” rispose. Poi un angolo della bocca gli si sollevò in un ghigno accattivante. “E non la biasimo.” aggiunse, staccandosi dal tavolo con una piccola spinta e avvicinandosi passo dopo passo a lui.


Harry lo guardò avvicinarsi, maledicendo quanto quel sorriso seducente gli stesse dirottando i pensieri in un'unica direzione. Ancora non riusciva a capacitarsi di essere autorizzato a toccarlo, a baciarlo... non riusciva a capacitarsi che Tom volesse toccare lui, che tra tutti si accontentasse di sprecare baci sulla sua bocca, di far passare il tocco delle sue mani sul suo corpo...


Si accorse di aver inconsciamente fatto un paio di passi in direzione del Serpeverde, ma prima che, impacciato, potesse tornare indietro, Tom lo aveva già afferrato e tirato a sé, facendolo capitolare in avanti tra le sue braccia.


Il Prefetto gli circondò la vita con un braccio per sorreggere il suo peso, mentre l’altra mano andava a giocare con i capelli della sua nuca. Abbassando lentamente il viso, gli sussurrò piano ad un orecchio: “Dì qualcos’altro in Serpentese.”


Il respiro del ragazzo sul suo collo fece scendere un brivido lungo la schiena di Harry, mentre si ritrovava a socchiudere gli occhi sotto l’effetto rilassante di quelle dita tra i capelli. Lottando contro le palpebre pesanti, tornò a guardare fisso nelle iridi nere di Tom e, mentre un suo braccio andava ad allacciarsi dietro al collo del Prefetto, un solo pensiero gli attraversò la mente.


Baciami.


E Tom lo fece, catturandogli le labbra con movimenti lenti e sensuali, accarezzandole con la lingua finché Harry non aprì la bocca e lo lasciò entrare. Rispose al bacio entusiasta, spingendosi in avanti contro il Serpeverde, cercando quanto più contatto poteva col corpo dell’altro.


Indietreggiarono senza mai separarsi, e sarebbero sicuramente caduti sul letto di Tom se Harry, sentendo il bordo del materasso battergli contro il retro delle ginocchia, non si fosse aggrappato con una mano ad uno dei pali in legno che sostenevano il baldacchino. A quel gesto Tom fece un passo indietro, lasciandogli le labbra con un ultimo piccolo morso, e sorridendo fece scorrere una mano lungo il braccio di Harry fino a staccargli dolcemente le dita dalla presa che avevano sul legno, per intrecciarle con le proprie in un gesto inaspettatamente dolce.


Un po’ troppo dolce.


Francamente, Harry avrebbe dovuto saperlo da tempo che dolce e Tom erano due parole che non si sarebbero mai trovate naturalmente in una stessa frase.


Vide infatti, in pochi istanti, il sorriso dell’altro trasformarsi in un piccolo ghigno, ma quando capì quali fossero le sue intenzioni era già stato spinto all'indietro e in due erano ruzzolati sul letto. Quando ebbero finito di rotolare, Harry si lasciò scappare una risata soffocata per metà dai cuscini e per metà dal corpo del Serpeverde.


Tom, non per distruggere tutte le tue illusioni, ma non sei esattamente un peso piuma...” riuscì a borbottare oltre la spalla dell’altro, che gli si era spalmato addosso a pelle d'orso.


Il Prefetto si issò sui gomiti dando un po’ di respiro al ragazzo sdraiato sotto di lui. “C’è per caso qualcosa ti cui ti vuoi lamentare?” chiese con una finta nota d’offesa, smascherata dal ghigno divertito che gli si allargava sul volto.


Harry avrebbe continuato a ribattere assecondando la vena giocosa dell'altro ragazzo, ma con il viso di Tom così vicino non c’era nulla che lo distraesse dai suoi lineamenti scolpiti, dagli occhi di un nero quasi innaturale, che rimanevano impenetrabili anche quando la sua bocca – dalle labbra fini, di un rosa pallido – era piegata all’insù in un sorrisetto provocatorio.


Scosse la testa in risposta, trattenendo un sorriso, sconsolatamente rassegnato al fatto che qualunque altra replica sarebbe stata poco meno che un’eresia.


Tom assunse un’espressione leggermente sorpresa, quasi non si fosse aspettato una resa tanto veloce, ma la risposta doveva averlo comunque soddisfatto, perché in una frazione di secondo era tornato a ghignare e, intrecciando le dita di una mano tra le ciocche nere di Harry, si abbassò fino a posare le proprie labbra di nuovo sulle sue.


Non approfondì il bacio, gli prese invece il labbro inferiore tra i denti, mordicchiando appena, prima di passarvi sopra la lingua come una carezza. Harry si chiese come faceva a trasformare un bacio a labbra appena socchiuse in uno dei più sensuali che avesse mai sperimentato.


Harry...” lo sentì sospirare mentre si separava dalle sue labbra per lasciargli una scia di baci bollenti dalla mascella alla spalla, “Ti voglio.”


Harry si lasciò sfuggire un gemito, e sapeva che avrebbe dovuto fermarlo, che erano entrambi distrutti, che lui aveva ancora troppi dubbi, ma c’era da chiedersi se prima di lui qualcuno era mai riuscito a dire di no a Tom Riddle dopo aver sentito una frase del genere. O se qualcuno era mai riuscito a dire di no a Tom Riddle punto.


Lo lasciò slacciare i primi due bottoni del suo pigiama per poter avere migliore accesso al suo collo, dove cominciò a mordere e succhiare la pelle sottile, obbligando Harry a serrare la mascella per non gemere, mentre sollevava il mento suo malgrado per incitarlo a continuare.


In pochi secondi però, un altro tipo di gemito rischiò di scivolargli tra le labbra, perché le mani di Tom stavano scendendo lungo il suo corpo e una delle due si faceva pericolosamente vicina alla sua spalla. Trattenne il respiro quando gli sfiorò la ferita, restando il più fermo possibile per non tradire alcun segno di dolore. Tom, però, doveva essersi accorto della sua postura improvvisamente rigida, perché con un ultimo bacio sotto la mascella, sollevò il viso per guardarlo negli occhi.


Che c’è?” chiese il Serpeverde.


La vista del suo viso arrossato, dei capelli arruffati e delle sue labbra bagnate fecero momentaneamente dimenticare ad Harry qualunque dolore, tanto che per un attimo si trovò a chiedersi la stessa cosa.


Ma, forse solo per incitarlo a rispondere, Tom scelse quel momento per stringergli la spalla una seconda volta, scegliendo il posto peggiore dove afferrarlo.


Niente.” si affrettò Harry a rispondere, maledicendosi da solo sentendo quanto affannata la sua voce gli era uscita.


Lo sguardo che Tom gli rivolse, infatti, gli fece capire che non se l’era bevuta nemmeno per un secondo.


Harry...” ribatté, con una nota d’avvertimento nella voce.


E strinse di nuovo.


Non aspettandoselo, questa volta Harry non riuscì a trattenere un sussulto alla fitta di dolore che gli percorse il braccio. Non c’era verso che Tom non se ne fosse accorto e, sentendosi quasi in colpa, come un bambino colto con le mani nel barattolo della marmellata, alzò gli occhi per incontrare quelli del Prefetto.


Per un attimo i lineamenti del viso dell’altro si erano contratti in un’espressione perplessa, poi ogni emozione sembrò scomparirgli dal volto in un lampo e si affrettò a staccare la mano che poggiava sulla sua spalla, come se si fosse scottato.


Due secondi dopo si era precipitato fuori dal letto.


Tom, aspetta!” cercò di chiamarlo Harry, sollevandosi sui gomiti, “Davvero, non fa così male. Per chi mi hai preso, una ragazzina? Mi hai semplicemente preso alla sprovvis– woah!” esclamò quando, inaspettatamente, il Serpeverde lo strattonò per un braccio facendolo capitolare giù dal letto e contro il suo petto.


Harry gli avrebbe chiesto, anche piuttosto irritato, che diavolo stava pensando di fare, se lo sguardo furioso del Prefetto non gli avesse fatto morire qualsiasi parola in gola.


Tu – infermeria – adesso!” gli sibilò ad una manciata di centimetri dal volto.


Ma Harry si strattonò fuori dalla presa, ponendo qualche passo di distanza tra lui e il Serpeverde. “Sto bene, non è niente.” rispose con voce decisa, “Non ho bisogno di andare in Infermeria.”


Non so per quale idiota tu mi abbia preso, Evans,” ribatté Tom sibilando ogni parola nonostante stesse parlando in inglese, “ma sussultare ogni volta che qualcuno ti sfiora la spalla, dalle mie parti non significa ‘niente’.”


Harry distolse lo sguardo sapendo che non c’era modo di negare, ma una cosa era certa: non si sarebbe fatto vedere la ferita e Tom non poteva fare nulla per costringerlo.


Non andrò in Infermeria.” ripeté con voce calma, ma abbastanza ferma da far capire che non ammetteva repliche.


Tom serrò la mascella, stringendo i pugni ai lati del corpo come se stesse trattenendo l’impulso di lanciarsi addosso ad Harry, e non nel senso che gli sarebbe piaciuto.


Ti stai comportando in maniera totalmente sconsiderata,” disse con un tono basso che urlava pericolo, “Non c’è bisogno di fare lo stoico. Che orgoglio c’è nel non farsi curare? Sei un Serpeverde, per Salazar! Dov’è il tuo spirito di conservazione?”


Non ho detto che non voglio farmi curare, non sono masochista, grazie tante.” ribatté Harry irritato, “Ma non posso andare in Infermeria, davvero non posso.”


Per un attimo Tom lo guardò con un espressione che diceva chiaramente che, se proprio Harry voleva dire cose che non avevano alcun senso, poteva risparmiarsele in sua presenza e non fargli perdere tempo. Poi però gli occhi gli si sgranarono mentre un altro pensiero gli attraversava la mente, e si ritrovò a rivolgere al compagno uno sguardo indeciso tra l’incredulo e l’esasperato.


Non ci credo, è un altro dei tuoi segreti.” sussurrò, guardandolo fisso negli occhi mentre scuoteva leggermente la testa, come se fosse stato troppo attonito per fare altro. Immediatamente dopo però lo sguardo gli si indurì, e si fece di nuovo vicino a Harry in pochi passi, assottigliando gli occhi.


Sta diventando un po’ troppo comoda questa scusa, non trovi anche tu? C’è qualcosa che non vuoi dire e puf!, basta accennare al fatto che ha a che fare con la tua missione super top secret e nessuno è più autorizzato a fare domande. Dimmi, con quante balle l’hai già fatta franca usando questo simpatico stratagemma?”


Harry lo fissò indignato. “Questa è bella, tu che mi fai una predica sul mentire!” replicò infiammandosi, spintonandolo via di qualche passo, “E questo ignorando che gran cazzata è quella che hai appena sparato! Dio, non posso credere che sei tu a dirmi una cosa del genere, quando lo sai benissimo quanto mi pesa dover sempre stare attento a quello che dico.” ribatté stringendosi i capelli in una mano, guardando con rabbia la posa arrogante dell’altro. “Ma vogliamo davvero parlare di sincerità, Tom? Vogliamo parlare di tutte le cose che tu mi stai nascondendo?”


Il Serpeverde gli rivolse uno sguardo di sufficienza, sollevando appena le spalle. “Come se tu non sapessi già praticamente tutto su di me, qualcos’altro a cui non hai mai dato una spiegazione. Esattamente come stai facendo adesso, con questa tua nuova, irrazionale intolleranza alle più semplici cure.” Il volto gli si distorse in una smorfia di scherno, “Di cosa si tratta questa volta? È il tuo nuovo allenamento su campo, sopportare ogni danno subìto in silenzio?”


No, ho una terribile paura degli aghi.” gli rispose sarcastico Harry.


Ogni traccia di sorriso derisorio sparì dal volto del Prefetto, rimpiazzata da rabbia. “Non fare il furbo con me, adesso, non ci provare neanche.” gli sibilò, “Sono stufo marcio di doverti correre dietro senza mai sapere nulla. Non so nemmeno il tuo vero nome, per Dio! Ma l’ho sempre fatto e continuo a farlo, quindi mi fai il favore di tenerti per te almeno il sarcasmo!”


Harry serrò la mascella, “Beh, se ti irritiamo tanto, allora abbandona me e i miei segreti a soffrire in silenzio! Perché mai te ne dovrebbe fregare qualcosa?”


Sai cosa ti dico? Bene! Forse hai ragione! Forse questo è tutto tempo perso, e tu non ne vali la–” Ma si fermò, anche se entrambi sapevano benissimo come avrebbe finito la frase, ed Harry si stava già promettendo nella mente che se l’avesse terminata avrebbe dovuto sudare per farsi perdonare.


Si fissarono con il respiro affannato, entrambi tesi di rabbia come due corde di violino, e Harry si chiese come avevano fatto a passare dallo stringersi tra le braccia allo sputarsi contro veleno. Qualcosa gli diceva che, con molta probabilità, quella sarebbe diventata la loro routine quotidiana.


Ma poi Tom fece un gesto frustrato con la mano, espirando tutta l’aria che aveva nei polmoni.


Farà una cicatrice.” disse a denti stretti, guardando da qualche parte alla sua sinistra, “Avrai una nuova cicatrice sul tuo corpo e sarò stato io a procurartela.”


Per un attimo Harry rimase quasi confuso. ‘Ce l’ho già una cicatrice che mi hai procurato tu,' pensò, ‘ed è la più importante.’ Ma quello Tom non poteva saperlo, e non stava proprio lì l’origine di tutti i loro problemi?


Prima che potesse fermarlo, uno sbuffo gli uscì dalle labbra, facendo voltare di scatto anche Tom. “Era solo quello di cui ti preoccupavi?” chiese Harry, mentre si arrotolava la manica del braccio incriminato fino al gomito.


Quando ebbe finito distese e mostrò l'avambraccio a Tom, sul quale faceva bella mostra il segno biancastro e contorto che gli aveva lasciato la zanna di Basilisco giù nella Camera dei Segreti. “Questa me la sono fatta quando avevo dodici anni. Questa,” continuò, tirando giù la camicia del pigiama dall'altra spalla per scoprire la cicatrice procuratagli da Codaliscia nel cimitero, “quando ne avevo quattordici. Questa è di meno di un anno fa invece.” disse, abbassando il colletto e voltando il collo per mostrare una linea che gli andava da sotto il mento alla clavicola, un regalino lasciatogli da Bellatrix quando aveva tentato di tagliargli la gola di netto.


Tom guardava tutti i punti indicatigli da Harry con un'espressione combattuta, in cui si riconosceva però una morbosa curiosità. Quasi che, nonostante non gli piacesse per niente quello che Harry gli stava raccontando, non poteva fare a meno di ascoltare, disperato per qualunque dettaglio sulla vita dell'altro.


Se anche questa ferita mi lasciasse un segno,” continuò Harry imperterrito, “come vedi ne ho tanti altri, non sarebbe il primo e non c'è verso che sarà l'ultimo.” Sospirò poi, rimettendosi a posto il pigiama. “Uno in più o uno in meno, che differenza vuoi che faccia?”


Tom percorse la distanza che li separava in un lampo, e prima che Harry potesse rendersene conto era stretto di nuovo contro il suo petto. “Ma perché devi dire cose così platealmente stupide?” gli mormorò tra i capelli, mentre lui soffocava sul suo collo uno sbuffo per il movimento improvviso. “Odio sentirti parlare così. Quante volte sei stato ferito? Quante battaglie hai combattuto?” Tom abbassò la voce fino a quasi sussurrare, “Dove hai imparato a combattere così?”


Harry sapeva che l’altro non si aspettava una risposta, ma il fatto di sapere che non avrebbe potuto rispondergli in ogni caso non faceva nulla per smorzare la frustrazione che provava. Aveva il desiderio quasi irrefrenabile di mandare al diavolo tutto e tutti e potersi godere due mesi di una felicità che gli era stata negata da sempre. Aveva ragione Tom, quante battaglie aveva combattuto oramai? Quante ancora ne avrebbe dovute combattere per poter riposare in pace? Non si era forse meritato una pausa?


E nonostante tutto quello, udì la sua voce rispondere con un finto tono ingenuo, “Beh, non è un bene che sappia difendermi?”


Sentì Tom stringergli un braccio per fargli capire che non ci era cascato. “Non mi piace pensare che ti sia trovato in una situazione in cui sei stato costretto ad usare tanta abilità.” ribatté.


Harry sospirò e non rispose, non c’era nulla che avrebbe potuto dire. Aveva ancora la testa poggiata sul petto del Serpeverde, e sebbene cominciava a rendersi conto di quanto possessivo il ragazzo fosse, doveva ammettere che sentire il calore dell’altro avvolgerlo... poter chiudere gli occhi e affondare la testa nell'incavo del suo collo... in quel momento non gli dispiaceva affatto...


Ehi, non ti addormentare addosso a me.” lo scrollò d’improvviso Tom.


Uhm?” rispose Harry sollevando la testa, sbattendo lentamente le palpebre.


Il Prefetto roteò gli occhi al cielo. “Vai a dormire Harry, ti stai reggendo a mala pena in piedi.” gli disse, sciogliendolo dalla presa delle sue braccia.


L’altro scosse la testa per liberarsi dal sonno, “Mmh, ma non è nemmeno ora di cena...” protestò debolmente, trascinandosi comunque verso il proprio letto.


Una volta sedutosi sul copriletto, gli bastò un’occhiata all’espressione di Tom per capire che non aveva per niente gettato la spugna a proposito della sua spalla.


Se domani mattina quella ferita dà anche il minimo segno d’infezione,” lo avvertì quello mortalmente serio, “ti schianto e ti ci porto di peso in Infermeria.”


Harry annuì, perché tanto non sarebbe mai successo, sia che si fosse infettata che no. Non l’avrebbe mai permesso. Con un ultimo cenno al Serpeverde, improvvisamente troppo stanco per fare altro ora che sentiva il materasso morbido sotto di sé, si distese sotto le coperte e chiuse le tende.


Si ricordò appena di mormorare un incantesimo silenziatore prima di cadere in un sonno profondo che sapeva più di esaurimento che di voglia di dormire.



**** **** ****


Orion soffiò sulla superficie del suo tè bollente per raffreddarlo, mentre con la coda dell'occhio vedeva Meredith aggiungere due cucchiaini di zucchero al proprio. Erano tornati nella Stanza delle Necessità una volta finita la cena, sentendo che c'erano ancora tantissime cose di cui parlare e da chiarire. Avrebbero trascinato con loro anche Harry e Tom, ma i due non si erano fatti vedere per nessuna delle lezioni successive alla loro chiacchierata.


Secondo te stanno bene? ” disse Meredith, piegando le gambe sulla poltrona e sistemandosi in ginocchio, “Intendo Tom e Harry... Voglio dire, hanno saltato anche la cena, chissà cos'hanno fatto tutto questo tempo...”


Orion, che aveva appena fatto il primo cauto sorso di tè, rischiò di risputarlo fuori in modo molto poco dignitoso.


Uhm, Meredith, sono sicuro di non volerlo sapere. E che tu sia troppo giovane per saperlo.” rispose, vedendola colorarsi come un papavero non appena ebbe capito a cosa stesse alludendo. Sghignazzando alla reazione della ragazza, tra sé e sé dovette però rimangiarsi quelle parole: se era onesto, doveva ammettere che avrebbe pagato per essere presente. Ma quello a Meredith era meglio non dirlo.


La Corvonero bevve un lungo sorso di tè per darsi il tempo di tornare al suo colorito normale, poi riprese “Intendevo dire, sai, dopo la litigata che hanno fatto... spero solo che tra di loro vada tutto bene, ecco.” Giocherellò per qualche secondo con il cucchiaino, “Non posso ancora credere che Harry se ne andrà...” sospirò infine tenendo gli occhi bassi, lo sguardo sconsolato posato sulla tazzina.


Orion annuì mestamente, pensieroso. Anche lui, appena Harry aveva comunicato loro la notizia, era rimasto completamente spiazzato. Poi però, diversamente da Meredith, aveva lasciato che fosse la rabbia, e non la tristezza, a prendere il posto dello sgomento: come poteva fare una cosa simile a tutti loro? Come poteva fare una cosa simile a Tom?


Era su quest'ultimo infatti che si era sfogato: vederlo così calmo e indifferente, mentre Harry comunicava loro tranquillamente che sarebbe sparito dalle loro vite da lì a due mesi, lo aveva irritato in maniera insopportabile. Possibile che si fosse sbagliato sui sentimenti che Tom provava per l'altro ragazzo?


Proprio perché gli era impossibile accettare una conclusione simile lo aveva provocato, ma da quello a cui aveva assistito poco dopo nel corridoio, non era della validità dei sentimenti che legavano i due che doveva preoccuparsi.


Ma allora perché Harry voleva partire?


Meredith,” indirizzò Orion la ragazza, “tu a quanto credi di tutta questa faccenda?”


La Corvonero lo guardò e poggiò lentamente la tazza di tè sul tavolino. “Pensi che Harry ci stia mentendo?” una nota sorpresa nella voce, ma non incredula.


Non dico mentire di per sé,” rispose lui cauto, “ma ha evitato accuratamente di spiegare molte cose. L'ha ammesso lui stesso che ci sono cose che non può dirci, no? Ma comunque non mi riferivo a quello.” continuò rapido vedendo Meredith pronta a ribattere, “Intendevo tutta questa storia della missione segreta, della pazza ricerca per un libro... Voglio dire, parliamoci seriamente, un libro? Tutto questo polverone per un semplicissimo libro? E la partenza improvvisa, tra solo due mesi?” Si rigirò la tazzina tra le mani pensieroso, “Forse è solo che non ne sappiamo abbastanza, ma ci sono una marea di cose che non hanno senso in questa storia.”


Meredith fissava il tavolino, soppesando quelle parole. “Harry ci ha detto che non dipende da lui, che è costretto ad andarsene.”


Già, ma costretto da chi?”


Sei stato tu il primo a dargli del soldato,” ribatté a quello la ragazza, “se è davvero così riceverà degli ordini da qualcuno, chiunque sia il suo... superiore... lo obbligherà ad andare via.” ipotizzò, “Certo che deve essere una questione terribilmente importante, o Harry una persona estremamente leale, perché arrivi a -”


- lasciare qui Tom.” le finì la frase Orion, “Già, è quello che ho pensato anch'io. Capisci perché dico che non ha senso? Può un libro essere così importante?” Finì in un sorso il resto del suo tè e poggiò la tazza vuota sul tavolo. “In ogni caso lo dicevo più per provocarlo che per altro, 'soldato'.”


Meredith restò qualche secondo in silenzio. “Si, in effetti non c'è alcun modo che lo sia davvero.”


L'altro aggrottò la fronte. “Che intendi dire?”


Beh,” iniziò la ragazza, “Harry ha ammesso di non essere nemmeno mai stato in Australia, e visto il suo accento inglese non può che essere nato in Inghilterra. Le uniche forze armate della Gran Bretagna sono gli Auror e gli Indicibili: è vero che il Dipartimento Misteri ha il lasciapassare del Ministero su molte cose, ma Harry ha solo sedici anni, è comunque troppo giovane per essere arruolato come soldato.” spiegò, finendo anche lei la sua tazza di tè. “E non penso che lavorerebbe mai per un gruppo terroristico, non è proprio il tipo.”


Orion sbatté le palpebre un paio di volte, guardandola sorpreso. “Hai ragione, non ci avevo pensato. Cavolo, è davvero vero che sei sveglia.” Allo sguardo quasi ferito che la ragazza gli lanciò si affrettò a spiegare, “No, intendevo, lo sapevo che sei intelligente e – voglio dire, so di tutte le voci che corrono sul tuo conto, che hai slittato di due anni solo perché sei figlia di... si, insomma, lo sai...” Si schiarì la gola, “Ovvio che non ci credevo, però sai... uno resta sempre un po' sorpreso... no?”


Meredith abbassò lo sguardo sul lembo della gonna che si stava rigirando tra le dita. “Capisco.” disse dopo qualche secondo, con un sorriso un po' triste. “No, sul serio,” continuò vedendo che Orion aveva aperto la bocca per ribattere, “è normale che il dubbio ci sia, un caso come il mio sarà capitato quante volte prima d'ora, tre? Quattro?” poi abbassò la voce in un sussurro, tanto che Orion fu sicuro che la ragazza non intendeva farsi sentire. “Alcune volte il dubbio l'ho avuto anch'io...”


Orion si schiarì la gola a disagio: come per ogni Serpeverde, anche per lui consolare non era un punto forte, soprattutto se ad insultare era stato lui stesso.


Si, insomma... non volevo offenderti...” Aspettò che la ragazza annuisse per accettare le sue scuse, prima di andare avanti. “Hai perfettamente ragione, comunque.” continuò quindi, facendo un po' finta che gli ultimi due minuti non fossero mai esistiti, “Ma allora chi c'è dietro a Harry? Perché anche se stesse... 'agendo'... da solo, ci sono altre cose che non quadrano.”


Tipo?”


Beh,” rispose subito lui, grato che Meredith si fosse riconcentrata su Harry e non sulla sua gaffe, “per prima cosa, se come hai detto tu è inglese, com'è riuscito ad evitare di venire ad Hogwarts prima di quest'anno? È vero che non ha smentito di essere stato seguito da insegnanti privati, e infondo non è poi così raro, ma ci sono molti controlli su queste cose da parte del Ministero: i tutori certificati sono pochi, e solo famiglie purosangue particolarmente ricche possono permetterseli.”


Meredith lo ascoltava attenta, con aria pensierosa. “Ma potrebbe essersi anche iscritto ad un'altra scuola, Durmstrang o qualunque altra.”


Il ragazzo ci pensò su un attimo, ma poi scosse la testa “Sarebbe stato molto più facile per lui fare una richiesta di trasferimento, invece di inventarsi tutto di sana pianta.”


E non potrebbe provenire da una famiglia babbana ed essere comunque ricco?” continuò lei.


Se fosse così, i soldi potrebbero anche non essergli mancati, ma i contatti giusti si.” ribatté Orion, “Li hai mai visti dei babbani a Diagon Alley? Una volta ne ho incontrata una famiglia da Bolidi e Boccini e cavolo, stavano cercando di spazzare il pavimento con una Stellasfreccia.” disse roteando gli occhi al cielo, “Come vuoi che li possano trovare degli insegnanti privati? E poi perché mai dei babbani non vorrebbero mandare i figli a Hogwarts?”


La ragazza, però, aggrottò le sopracciglia. “Se venisse davvero da una famiglia purosangue, non avrebbe avuto bisogno di Tom per farsi fare dei documenti falsi.”


Beh, non tutti i purosangue sono così influenti. Guarda i Dalton, per esempio.”


Ci ha detto che Evans è il cognome di sua madre, giusto?” continuò non convinta Meredith. “Però non è un cognome purosangue...”


Orion si passò una mano tra i capelli, sbuffando. “No, non penso proprio. Però anche quello è strano: un purosangue che sposa una babbana? Sarebbe uno scandalo troppo succulento per passare inosservato e io li conosco tutti i circoli purosangue inglesi – sono imparentato con metà di loro – ma di una cosa del genere, o di Harry, non ho mai nemmeno sentito parlare.”


Quindi non è né di origini babbane, né purosangue, né metà e metà?” riassumé lei con aria scettica, “Inglese ma che non ha mai frequentato Hogwarts?”


E se invece l'avesse frequentata Hogwarts?” domandò improvvisamente Orion. Allo sguardo perplesso che gli venne rivolto elaborò “Voglio dire, magari è arrivato qui come tutti noi e poi ha cambiato scuola, chessò, l'anno scorso, o due anni fa. Non è che conosciamo tutti gli studenti della scuola personalmente. E se avesse vissuto tutta la sua vita qui, anche se poi si fosse trasferito a Beauxbatons l'accento inglese gli sarebbe rimasto.” Si grattò la punta del naso con aria pensierosa. “Certo, perché sarebbe tornato, in incognito, non si spiega...”


Meredith sembrava tutto tranne che convinta. “Mi sembra una teoria un po' azzardata. È vero che non conosciamo tutti gli studenti, ma tu e Tom almeno tutti i Serpeverde si. Dovrebbe essere stato a Grifondoro o a Tassorosso, ma non credo che sia possibile farsi smistare in due case diverse.” ribatté. “Eppure qualche connessione con Hogwarts ce l'ha...” aggiunse pensierosa.


Orion aggrottò la fronte, “Che intendi dire?”


Si, per forza, se no perché nascondersi sotto mentite spoglie?” rispose la ragazza “Se è costretto a camuffarsi vuol dire che qualcuno, qui a Hogwarts, è in grado di riconoscerlo. Però sia io, che te, che Tom abbiamo visto il suo vero aspetto e – almeno io – posso dire di non averlo mai visto prima.” Poi aggiunse, quasi in un sussurro “Anche se ora che ci penso ha un ché di familiare...”


Rimasero in silenzio qualche secondo, tutti e due presi nelle loro congetture.


Mhpf, tutto questo mi sta facendo venire il mal di testa.” disse infine Orion posando i gomiti sulle ginocchia e massaggiandosi le tempie con le dita.


Anche Meredith sospirò, comandando alla stanza di far sparire le tazze vuote. “È come se fosse comparso dal nulla.” disse infine, mentre si risistemava sulla poltrona. “Però non voglio che sparisca così com'è venuto...” sussurrò poi con una smorfia addolorata.


Io di quello non mi preoccuperei tanto.” rispose Orion dopo un paio di secondi di silenzio, “Se c'è una cosa di cui sono certo, è che Tom non lo lascerà mai andare via.”


La ragazza gli lanciò un'occhiata. “Non stai sottovalutando un po' Harry?” ribatté, “Capisco che Tom non voglia lasciar partire Harry, probabilmente molto più noi. Ma se Harry è deciso ad andarsene non sono così sicura che Riddle possa riuscire a fermarlo.”


Orion, però, si passò una mano tra i capelli, “Non è questione di sottovalutarlo o no, so bene che non abbiamo ancora visto tutto quello di cui Harry è capace. Voglio solo dire che conosco Tom, e che lui se ne renda conto o no... lui...” sospirò, cercando le parole “Hai visto quanto è possessivo, giusto?”


Quando vide Meredith annuire, continuò “Questo è il suo modo di relazionarsi con le persone, come con gli oggetti: quelli che gli servono, usa, quelli che vuole, tiene. Vuole Harry” sottolineò, “e per come la vede lui, adesso Harry è suo. Per tenerselo per sé farà di tutto, e quando dico di tutto, intendo cose che a noi non verrebbero mai in mente.”


Meredith lo fissò con occhi un po' sgranati, “Ma di certo nulla che potrebbe fare del male ad Harry, vero?”


Per impedirgli di andarsene?” chiese retoricamente l'altro, “Non ne sarei così sicuro.”


La Corvonero non disse altro, cercando di assorbire e forse razionalizzare quelle parole, ma Orion scosse la testa. Ogni tanto, aveva l'impressione che ci fossero cose che solo un Serpeverde avrebbe potuto capire.


Abbiamo ancora due mesi.” ruppe lui il silenzio, “Non è molto, ma ora che possiamo aiutare Harry con la sua ricerca abbiamo moltissime possibilità in più di scoprire chi sia, che cosa debba davvero fare e, se Merlino vuole, impedirgli di partire.”


Meredith lo guardò sorpresa “Ma non ti eri offerto di aiutarlo... beh, per aiutarlo? Adesso lo vuoi ostacolare?”


E perché mai avrei voluto aiutarlo ad andarsene?” le rispose il ragazzo lanciandole uno sguardo incredulo, “Passa un'enormità del suo tempo in biblioteca, era l'occasione ideale per scoprirne di più. Senza contare che se dobbiamo aiutarlo a cercare quel libro, ci dovrà dare qualche informazione anche su che tipo di libro sia, o l'argomento generale come minimo. Il che ci farà capire meglio cosa comporta la sua 'missione'.” si lasciò appoggiare all'indietro sullo schienale della poltrona, un'espressione compiaciuta in volto, “Due piccioni con una fava.”


All'espressione incredula, indignata, ma un po' divertita che la Corvonero aveva in volto, Orion roteò gli occhi al cielo “Ehi, vedi per caso un tasso sul mio stemma? Ti sembra che il mio cravattino sia rosso-oro?” le ribatté indicando le varie parti della sua divisa, “Davvero, non vedo cos'hai da stupirti tanto, solo Tom può avere il patentino da stronzo?”


No! Certo che no, certo che anche tu puoi -” ma si bloccò, aggrottando le sopracciglia “No, aspetta un momento, lo dici come se mentire e ingannare fossero una cosa buona!” ribatté, ancora più indignata di prima.


Orion scoppiò a ridere “Ah, cara, dolce, ingenua Meredith!” cantilenò con una finta espressione accondiscendente, “Sei fortunata ad aver trovato dei valenti Serpeverde come noi, capaci di mostrarti come gira davvero questo sporco mondo. Con una mente come la tua, chissà quanta gente sarebbe pronta ad approfittarsi di te!” fece un drammatico sospiro, tagliando la protesta già pronta sulla bocca dell'altra, “Cosa faresti senza la nostra protezione?”


La ragazza incrociò le braccia al petto, ma un sorriso le stava già tirando su gli angoli della bocca “Per qualche motivo ho difficoltà a credere che Harry condivida questa tua cinica visione.”


Orion si soffiò via una ciocca dagli occhi con uno sbuffo, “Si, beh, c'è un'anomalia in ogni sistema. Il nostro Harry è semplicemente l'eccezione che conferma la regola.”


Meredith lo guardò scettica, ma non commentò altro sull'argomento. “Tornando in tema di ricerche, dobbiamo cominciare a pensare a come organizzare i rientri in dormitorio. So che non si dovrebbe, ma Tom non potrebbe usare la scusa che è un Prefetto per riaccompagnare almeno me? Non si sa mai...”


Il ragazzo non rispose, fissandola perplesso. “...eh?”


Il rientro in dormitorio.” ripeté lei, un po' più lentamente. “Quando avremo finito con le ricerche. Non vorrai certo dormire in Biblioteca.” L'espressione di lui non cambiò, e la ragazza sospirò. “Orion, ti sarai reso conto anche tu che per esplorare il Reparto Proibito senza un permesso firmato dobbiamo entrare dopo l'orario di chiusura.” spiegò infine.


Oh.” fu tutta la risposta che ricevette mentre il Serpeverde sembrava pensarci su un attimo. “Aspetta, ma allora come facciamo a...”


Superare gli allarmi di Madama Benton?” continuò Meredith, “Non lo so, ma Harry riesce a farlo da un mese ormai, credo ci basterà seguire lui.”


Orion aggrottò la fronte. “È vero, chissà come ha fatto ogni volta...” Un'espressione preoccupata gli attraversò lo sguardo, “E quanto poco dorme! Come diavolo faceva ad uscire dalla biblioteca, cambiarsi, scendere giù al Lago per allenarsi e trovare il tempo per dormire nel mezzo?”


Beh, ci doveva essere un motivo se lo vedevamo sempre così stanco, soprattutto negli ultimi giorni.” gli rispose lei, con aria pensierosa.


Il Serpeverde però non sembrava convinto, “Dici che era quello il motivo?”


Meredith aprì la bocca per rispondere, ma il tentativo di parlare si trasformò presto in un enorme sbadiglio. Orion si girò per guardare il grande orologio a pendolo appoggiato alla parete alle sue spalle e imprecò a bassa voce.


Mere, abbiamo fatto tardissimo, manca meno di mezzora al coprifuoco.” esclamò, mentre già si alzava dalla poltrona e scrollava le gambe impigrite dalla posizione seduta.


Si alzò anche Meredith, soffocando un altro sbadiglio, e si diressero insieme verso la porta. Uscirono in silenzio nel corridoio deserto, guardandosi intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno in giro: nonostante non fossero ancora oltre l'orario limite, la loro presenza fuori dai dormitori tardi com'era avrebbe suscitato domande a cui volevano evitare di rispondere.


Vuoi che ti accompagni fino alla torre?” chiese Orion alla ragazza, una volta che furono arrivati davanti alle scale.


Lei si lasciò sfuggire un sorriso “Posso sempre sbagliarmi ma, come hai sottolineato prima, il tuo cravattino non è rosso-oro.” scherzò, “Non preoccuparti, siamo al settimo piano, non ho molta strada da fare.”


D'accordo.” rispose lui annuendo, “Allora ci si vede domani mattina a colazione.”


Si, a domani.”


Dopo averla salutata, Orion cominciò la lunga discesa verso i sotterranei, rassegnato al fatto che non sarebbe mai arrivato a destinazione in tempo per il coprifuoco. Con tutte le volte che era sgattaiolato fuori dal letto di una qualche conquista nel mezzo della notte per ritornare al dormitorio ed era stato beccato, si stupiva che Serpeverde avesse ancora tanti punti. Fortuna che ogni volta che aveva incontrato un professore particolarmente odioso, intenzionato a non fargliela passare liscia, c'era sempre stato Tom a tirarlo fuori dai guai. Anche se ogni volta gli diceva che sarebbe stata l'ultima volta e che in futuro si sarebbe dovuto arrangiare da solo.


Si fermò un secondo in mezzo ad un corridoio del terzo piano, preso dai suoi pensieri. Dopo aver passato praticamente l'intera serata a congetturare sul conto di Harry, il pensiero di Tom gli suscitava altri interrogativi.


Cosa ne pensava Tom di tutta quella storia?


Aveva provato a capirlo, sì, quando si erano trovati a parlare tutti insieme, ma tra tutte le domande e rivelazioni non era riuscito a scucirgli un gran ché. Di una sola cosa era sicuro, quello che aveva detto anche a Meredith: Tom non avrebbe mai lasciato andare via Harry, e non sarebbe stato l'erede di Salazar Serpeverde se non avesse avuto già almeno l'idea di un piano.


Orion aveva, però, un certo timore di cosa il Prefetto sarebbe arrivato a fare per assicurarsi che Harry non gli scivolasse tra le dita. Perché la mossa sbagliata non solo non avrebbe avuto l'effetto desiderato – quello di far restare il ragazzo – ma avrebbe rischiato di alienarlo anche prima del momento della sua partenza. Era chiaro che ci fossero cose che Harry, sebbene fosse un Serpeverde, non era disposto a perdonare.


Nonostante la serietà di quelle elucubrazioni, Orion non poté non lasciarsi sfuggire un ghigno: era strano pensare che in tutta la scuola, inclusi il Preside e professori nazionalmente riconosciuti, a mettere finalmente un qualche guinzaglio a Tom Riddle era stato un ragazzo della loro età. L'unica altra persona che aveva mai avuto una qualche influenza sul Serpeverde era stata Albus Silente.


Arrivato nella Sala d'Ingresso, Orion prese l'entrata ai sotterranei, mentre i suoi pensieri si rivolgevano al professore di Trasfigurazione. Aveva sempre avuto delle difficoltà a comprendere il rapporto tra Tom e il professor Silente. Di sicuro quell'ultimo non pensava al Serpeverde come lo studente modello che tutti gli altri vedevano in Tom, ma la totale mancanza di fiducia che Silente gli dimostrava aveva sempre lasciato Orion piuttosto spiazzato.


Era vero che il modo in cui Tom si presentava ai professori, l'immagine carismatica del ragazzo affidabile e volenteroso, era solo una maschera che il Prefetto sapeva ben manipolare per i propri scopi ma, beh, era un po' ingiusto non dargli il riconoscimento dovuto: se un professore gli chiedeva di fare qualcosa, Tom era capace di rigirarla perché accomodasse i suoi bisogni, dando suggerimenti o apportando un paio di modifiche, ma la portava sempre a termine. Infondo, quale miglior metodo di manipolare, se non far fare agli altri quello che si vuole, facendo loro credere di fare quello che loro vogliono?


Non era certo, inoltre, l'unico studente a far buon viso a cattivo gioco. Che ci fosse qualcosa che Silente sapeva, sul conto di Tom, che Orion ignorava?


Gli balzò alla mente l'immagine di Baltus Avery, il fratello maggiore di Madeleine, un Serpeverde dell'ultimo anno. Era uno dei più affiatati della corte di Tom. Come lo erano Abraham Davies, Cloelia Sommer, Joshua Fisher, Nero Eldridge, Valerie Cowden...


Non poté trattenere la smorfia disgustata che gli comparve sul volto: si, ok, c'erano delle cose che lui volutamente faceva finta di non vedere. Tra quelle, sicuramente, c'erano le inquietanti riunioni che Tom ogni tanto teneva alla fine di un qualche Lumaclub con tutti quelli che Orion, alle volte, non poteva impedirsi di classificare come seguaci. Che fossero quelli i motivi dell'antipatia del professor Silente?


E chissà cos'avrebbe detto, quando sarebbe venuto a sapere di Tom e Harry.


Arrivato alla fine del buio corridoio che portava al dormitorio, Orion si accorse di essersi perso così tanto nei propri pensieri da non essersi accorto di aver superato da un bel po' l'entrata alla Sala Comune. Ridendo te sé e sé della sua distrazione, si voltò e fece marcia indietro, scuotendo la testa lentamente.


Aveva appena fatto un paio di passi, però, quando dall'angolo opposto sbucò fuori una figura, correndo a tutta velocità.


Sorpreso, Orion fece appena in tempo ad esclamare un “Ehi! Dove stai andando?” che l'altro ragazzo lo aveva già superato senza nemmeno voltarsi, e il Serpeverde non poté fare altro che rimanere fermo ad osservarne la testa bionda scomparire dietro un altro angolo.


Perplesso, Orion rimase qualche secondo nel mezzo del corridoio, grattandosi la testa.


Lo sapeva, quel ragazzo, che da quella parte ci si addentrava sempre di più nei sotterranei? E che diavolo ci faceva a quell'ora laggiù? Già durante il giorno i sotterranei venivano evitati da tutti meno che i Serpeverde, figuriamoci di notte.


'No, aspetta, io l'ho già visto quel ragazzo.' pensò Orion sforzandosi di ricordare. Certo, veloce come stava correndo quello, non aveva avuto il tempo di guardarlo nemmeno in faccia, ma qualcuno gli stava venendo in mente.


Non era forse quel ragazzo nuovo, quello di cui Malfoy si lamentava sempre? Com'è che si chiamava... Boldock? Baddock? Il nome proprio non riusciva a ricordarlo.


Forse non sapeva davvero dove stava andando: l'anno scolastico era iniziato da soli tre mesi e ad imparare la planimetria di Hogwarts non bastavano nemmeno sette anni. Che si fosse perso?


Per un attimo prese in considerazione l'idea di andarlo a cercare, ma poi scrollò le spalle e continuò in direzione del dormitorio: non erano affari suoi, e il peggio che poteva capitare a quel ragazzo era farsi prendere da un Prefetto o da Lumacorno, entrambi i quali gli avrebbero fatto al massimo una ramanzina.


Tornando sui suoi passi, arrivò finalmente al muro che celava l'entrata alla Sala Comune e, con ormai in mente solo il suo letto morbido e caldo, sussurrò la parola d'ordine ed entrò.










A.N.: i motivi della mia assenza (con scuse incorporate) sono tutti spiegati qui: http://lien-cinnamon.livejournal.com/


Qui, com'è la funzione della Author's Note, devo fare un paio di precisazioni a proposito della storia. Per prima cosa, non so se qualcuno se lo ricorda, ma Harry non ha sedici anni, ne ha diciassette e ha deciso di ripetere il 6° anno per non doversi preoccupare troppo di studiare e per tenere d'occhio Tom. Questo però lo sa soltanto Tom ed è per quello che Meredith e Orion continuano a dire che Harry ne ha sedici.

Seconda cosa, molti di voi si sono chiesti perché Harry non ha ancora incontrato Lumacorno, Silente e Hagrid. Ci sono motivi per tutti e tre (piuttosto banali, non aspettatevi cose sensazionali) e verranno accennati più avanti nella storia. So che la parte in cui Orion sta pensando a Silente crea un po' di confusione ma Orion (essendo un personaggio) su alcune cose ne sa più del lettore, e mentre parla con sé stesso non spiega per filo e per segno cose che già sa.


Con questo, se mi verranno in mente altre cose da far notare, le metterò sul mio LJ

Ora vado a rispondere alla recensioni, che troverete nel solito posto.


Baci, Lien

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Capitolo 27
*** Studio in Rosso e Verde ***


 

Titolo: Crossed Times

Autore: Lien

Capitoli: 27/?

Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)

Pairing: Tom/Harry

Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy, altri…

Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash

 
MiniA.N.: dedico il capitolo a Sumire76, che non ha mai perso la speranza e ha dimostrato una tenacia ineguagliabile nel lasciarmi promemoria (sei un tesoro!), e a Lal23, che proprio ieri compiva gli anni! Auguri! Considera questo il mio regalo di compleanno :)

 

 
 

Capitolo 27.  Studio in Rosso e Verde







Tom aprì gli occhi un paio di istanti prima che l'incantesimo-sveglia cominciasse a suonare. Rimase ad ascoltare per qualche secondo l'insopportabile driiin proveniente dalla sua bacchetta, prima di tirarsi su a sedere, lasciando che le lenzuola gli scivolassero giù ad arrotolarsi sul ventre. Fece terminare l'incantesimo afferrando la bacchetta e sussurrando un secco “Finite”, prima di girarsi e poggiare i piedi per terra, trascinando con sé parte delle lenzuola attorcigliate come un drappo bianco intorno alle gambe.

Erano le sette. Tra due ore sarebbero iniziate le lezioni, quelle di un martedì qualunque per tutti gli altri studenti della scuola. Con tutto quello che era successo il giorno prima, era strano per Tom pensare che si sarebbe alzato, avrebbe fatto una doccia e sarebbe sceso a colazione, dove si sarebbe unito agli altri Serpeverde per i quali nulla era cambiato. Perché qualcosa per lui era cambiato.

Aveva Harry.

Gli angoli della bocca gli si sollevarono con una lentezza quasi sensuale, finché un ghigno non si delineò pienamente sul suo volto.

Aveva Harry, oh, se aveva Harry...

Dopo settimane, poteva finalmente fare tutto quello che aveva desiderato fare probabilmente sin dal primo istante in cui aveva intrecciato lo sguardo con quelle splendide iridi verdi. Poteva toccarlo, accarezzarlo, baciarlo. Poteva passare le dita tra le ciocche ribelli dipinte di castano e sapere di essere l'unico a poterle toccare anche quando si rivelavano nero inchiostro. Poteva afferrargli la vita con un braccio per stringerlo al suo fianco nei corridoi, e fulminare con gli occhi chiunque si fosse azzardato a guardarlo nel modo sbagliato. Poteva prendergli il mento tra due dita e sollevargli il viso fino a catturargli le labbra in un bacio che l'avrebbe lasciato boccheggiante. Poteva lasciar che le sue mani sfiorassero ogni centimetro di pelle che il ragazzo nascondeva sotto la larga divisa, tastassero i muscoli scolpiti della schiena, delle spalle, del petto, dello stomaco, e poi più giù...

Una scintilla di eccitazione gli si accese nel basso ventre e Tom scosse la testa per chiarirsi la mente da quei pensieri i quali, lungi dall'essergli in ogni qual modo sgraditi, non facevano nulla per aiutare la sua già naturale erezione mattutina.

Si alzò finalmente in piedi, concedendosi qualche secondo per stiracchiarsi prima di dirigersi verso il bagno, vestito solo di un paio di boxer. Non era come era solito andare a dormire, preferendo indossare un pigiama intero soprattutto in inverno; nonostante gli incantesimi riscaldanti, l'umidità riusciva ad infiltrarsi da ogni crepa tra le pietre dei sotterranei. Quella era, però, un'abitudine che aveva perso quando si era accorto esattamente di quale effetto aveva su Harry il suo girare per la stanza seminudo: anche ora che non ne aveva più bisogno, Tom non poté che ricordare con un ghigno come fosse più che valsa la pena di sopportare un paio di brividi di freddo per vedere Harry deglutire, balbettare e voltare la testa dall'altro lato in evidente imbarazzo ogni sera al momento di coricarsi.

Lanciò uno sguardo distratto allo specchio prima di voltarsi verso la doccia, sfilandosi con un gesto fluido anche l'ultimo capo di vestiario che lo copriva ed entrando sotto il getto caldo, senza nemmeno preoccuparsi di chiudere la porta, tanto abituato com'era a svegliarsi da solo in una stanza vuota. Harry, infatti, non aveva mai perso la dissennata abitudine di alzarsi ad un orario improponibile per andare a far jogging intorno al Lago.

Le labbra di Tom s'incresparono in un sorrisino lievemente più sincero del suo solito ghigno, mentre pensava a tutte le stranezze che rendevano Harry semplicemente Harry.

Era perfetto, nient'altro che perfetto: era tutto quello che Tom avrebbe potuto desiderare se mai avesse pensato di voler qualcuno al proprio fianco. Era potente, audace, carismatico. Non si lasciava intimidire come tutti gli altri, anzi, gli teneva testa, ogni volta alzando il mento in segno di sfida per poterlo guardare dritto negli occhi, senza paura. Testardo, sì, ma più per fede e determinata convinzione nei suoi ideali che per egoismo o ignoranza.

E poi Tom non poteva fare a meno di stupirsi ogni volta che pensava a quante cose avevano in comune Harry e lui, nonostante sembrassero avere caratteri diametralmente opposti. Entrambi custodivano gelosamente i propri segreti e, benché l'alone di segretezza che circondava l'altro ragazzo fosse una continua fonte di frustrazione, Tom doveva ammettere che si trattava di una vera boccata d'aria fresca in confronto alla noiosa moltitudine di tutti gli altri studenti.

Entrambi avevano un potenziale straordinario. Tom non aveva remore nell'ammettere che, dal suo punto di vista, lui e Harry erano su un gradino nettamente superiore rispetto al resto della popolazione studentesca di Hogwarts.

Infine, entrambi erano orfani sin dalla più tenera età.

Sempre che non ti abbia mentito anche su quello.

Tom appoggiò le palme delle mani contro le piastrelle del muro di fronte a sé, abbassando la testa per lasciare che l'acqua gli scivolasse sul collo e rilassasse le spalle tese. Gli era impossibile evitare quel tipo di pensieri, nonostante si sforzasse in tutti i modi di offrire a Harry almeno il beneficio del dubbio. Come un tarlo, scavavano nel suo cervello cibandosi dei dubbi, della sfiducia e della diffidenza che non era mai riuscito a lasciare chiusi dietro la porta di un freddo orfanotrofio.

Ma aveva fatto una scelta, quel pomeriggio sulla Torre Nord, quando aveva capito che se il prezzo da pagare per conoscere tutti i segreti dell'altro ragazzo era dover rinunciare a lui, allora non ne valeva per niente la pena. Aveva sempre l'impressione che così com'era venuto infatti – così, fuori dal nulla – Harry potesse benissimo scomparirgli da sotto il naso, senza preavviso.

Le labbra di Tom si arricciarono in una smorfia. Certo, non era facile, soprattutto quando accadevano cose come quelle del giorno prima. Non poter fare nemmeno una domanda... richiedeva un livello di fiducia quale mai si sarebbe immaginato disposto a donare, e Tom, con la fiducia, aveva sempre avuto qualche problema.

Inoltre, Tom non era assolutamente nella posizione di potersi permettere errori di valutazione. Troppi segreti, troppe invidie, troppi nemici... Harry era un rischio enorme, forse il più alto che avesse mai corso dopo l'omicidio di suo padre. Era il suo unico punto debole, ma se non poteva eliminarlo cos'altro poteva fare?

Proteggerlo.

Il Serpeverde si fermò un attimo a quel pensiero, così chiaro e limpido nella sua semplicità. Chiuse in fretta l'acqua ed uscì dalla doccia, afferrando un asciugamano da legare in vita mentre si dirigeva verso lo specchio.

Aveva senso, no? Aveva sempre pensato che il modo migliore di difendersi era non lasciare nemmeno una breccia aperta al nemico, ma se una debolezza non poteva fare a meno di averla – e rinunciare a Harry era fuori questione – l'unica cosa che gli rimaneva da fare era proteggerla con ogni mezzo.

Anche da me stesso?

Poggiò le mani sui bordi laterali del lavandino e fissò la sua immagine riflessa, mentre per un attimo le immagini del loro duello gli scorsero davanti agli occhi come un flash, e un gemito gli sfuggì appena dalle labbra.

Quello che aveva fatto... anche dopo essersi preso l'intera sera per pensarci, dopo che l'altro ragazzo si era finalmente addormentato, ancora non riusciva a dare una spiegazione razionale al suo comportamento, a capire cosa lo avesse spinto ad attaccare Harry con così tanto odio. Era successo soltanto il giorno prima, ma se provava a ricordare i suoi pensieri di quel momento, tutto gli sembrava nebuloso e confuso, come se fosse accaduto anni addietro.

Continuò a guardare lo specchio, osservando le gocce d'acqua scendere dalle ciocche ancora bagnate e scorrergli lungo il collo. Impossibile, mentre si fissava gli occhi neri, non ripensare alle folli grida e dissennati discorsi di Morfin. Che fosse possibile che...? Non aveva mai preso in seria considerazione la possibilità che parte di quella follia, riprodottasi come un cancro di generazione in generazione, gli fosse stata trasmessa e gli potesse scorrere nelle vene. Forse sarebbe stato meglio se avesse fatto qualche ricerca in più prima di incastrare suo zio e mandarlo a marcire ad Azkaban, e togliere dalla circolazione suo padre.

Non che non se lo fossero meritati.

Il suo riflesso gli rispose con un ghigno sinistro, mentre un bagliore rosso gli attraversava le iridi color inchiostro. Ah, la soddisfazione di vedere la vita svanire dagli occhi di quella feccia babbana che aveva osato abbandonare lui e sua madre! Quell'insulso, patetico verme, che una volta saputa l'origine magica di Merope, invece di ringraziare ogni divinità conosciuta per aver ricevuto l'onore di contribuire alla nascita dell'erede di Serpeverde, aveva avuto il coraggio di metterla alla porta, condannandola a morte quasi certa. Nessun tribunale avrebbe soddisfatto il bruciante desiderio di far pagare quell'affronto, e nessuno avrebbe tolto a Tom il piacere di quella vendetta.

E così, in effetti, era stato.

Con un ultimo sorriso soddisfatto, Tom lasciò andare il lavandino e lo specchio, afferrò un altro asciugamano per asciugarsi i capelli e, mentre si strofinava le ciocche nere, tornò in camera per vestirsi.

In quel momento aveva cose migliori a cui pensare che il suo albero genealogico; per esempio cos'avrebbe fatto a Harry se fosse riuscito ad intercettarlo prima della colazione, quando sarebbe tornato dal Lago. Si concesse qualche minuto per fantasticare su diversi possibili scenari mentre tirava fuori la divisa e si vestiva, fissando le tende chiuse del letto del ragazzo, sovrappensiero. Forse valeva la pena saltare le lezioni per quel giorno, anche solo per darsi un po' di tempo per riprendersi dagli ultimi avvenimenti; prendersi una giornata libera, solo lui e Harry, tutto il tempo nelle loro stanze...

Scosse la testa per liberarsi dalla tentazione: nessuno avrebbe osato dir loro nulla, ma una loro assenza avrebbe potuto far sorgere domande scomode. Qualcuno doveva sicuramente aver sentito i rumori del duello o, nonostante tutti gli sforzi di Tom per farlo tornare al suo pristino stato, aver notato i danni causati al corridoio. Se non volevano essere ricollegati a quello che era successo il giorno precedente avrebbero fatto meglio a tenersi lontani da ogni sospetto.

Spostò l'attenzione dal letto di Harry alla sua borsa, ponderando se lasciarla lì per poi tornare a riprenderla dopo colazione, o portarsela direttamente in Sala Grande. Con una scrollata di spalle, decise infine per lasciarla ai piedi del comodino e diede un ultimo sguardo alla stanza mentre apriva la porta per uscire.

E lì si bloccò, con la mano che aveva tirato fuori la bacchetta per spegnere le torce ferma a mezz'aria e la sensazione vaga che qualcosa fosse fuori posto.

Aggrottò le sopracciglia. Ora che stava dando un’occhiata generale alla camera, sembrava ci fosse qualcosa di insolito, anche se non riusciva bene ad inquadrare cosa. Passò in rassegna la stanza con gli occhi, spostando lo sguardo dalla porta chiusa del bagno agli asciugamani appoggiati alla cassettiera, al terrario dove Nagini dormiva raggomitolata, alle tende chiuse del letto di Harry –

...tende chiuse?

Tom sollevò entrambe le sopracciglia e tornò cautamente sui suoi passi, aggirando il proprio letto per fermarsi davanti ai tendaggi di velluto verde scuro di quello dell'altro. Non una volta, in tutto il tempo che Harry aveva dormito in quella stanza, Tom si era svegliato vedendo il baldacchino chiuso. Anzi, si era trovato più volte infastidito dal letto sfatto e dalle lenzuola attorcigliate che il ragazzo lasciava puntualmente in disordine ogni volta che usciva per allenarsi.

Per quanto sarebbe stato bello pensare che fosse stato semplicemente il frutto di una rinnovata scoperta dell'ordine da parte di Harry, l'ipotesi suonava dubbiosa persino alle sue orecchie mentali. Soppresse una smorfia al pensiero, mentre con una mano scostava dolcemente le tende.

Quello che trovò al di là del velluto, infatti, non fu un letto rifatto, ma la testa nera di Harry affondata nel cuscino.

Tom aprì del tutto le tende, osservando sorpreso il ragazzo ancora addormentato. Cosa ci faceva lì, ancora perso nei suoi sogni? Non aveva fatto alcun cenno, la sera prima, al fatto di voler rimanere a letto fino a tardi...

Il Serpeverde si sedette lentamente a bordo del letto, guardando il ritmico alzarsi e abbassarsi delle coperte smeraldo ad ogni respiro di Harry, il piumino attorcigliato attorno al suo corpo come se ci si fosse rotolato dentro più e più volte nel corso della notte.

Senza nemmeno pensarci, poggiò una mano sulla testata di legno per reggersi, mentre l'altra andava a scostare dalla fronte del ragazzo un paio di ciocche nere le quali – si accorse ora che le stava toccando – erano leggermente bagnate di sudore.

Nel momento in cui la mano di Tom lo toccò, Harry si mosse nel sonno, rigirandosi di schiena e mostrando il volto allo sguardo del Serpeverde. Tom corrugò la fronte: Harry aveva un aspetto orribile, persino peggiore della sera precedente. Invece di giovargli, il riposo sembrava averlo sfiancato ancora di più: il volto era pallido e creava un contrasto inquietante con le lunghe e scure occhiaia che gli adombravano il viso, i capelli gli si erano appiccicati per il sudore al collo e alla fronte, sulla quale spiccava nel centro la cicatrice a forma di saetta, tinta di un rosso arrabbiato.

In un lampo, la conversazione che aveva origliato tra Orion e Meredith più di una settimana addietro tornò alla mente del Prefetto. Non avevano forse detto che Harry aveva cominciato a mangiare molto meno, che andava a dormire distrutto ma si svegliava appena in tempo per andare a lezione, sempre più esausto, vittima di una stanchezza continua? A quel tempo, se non ricordava male, Orion aveva attribuito la colpa di tutto al litigio che c'era appena stato tra di loro, eppure…

Tom cercò di ricordare se negli ultimi giorni il comportamento di Harry avesse mostrato uno qualunque di quei sintomi, ma alla mattina avevano orari talmente diversi, e Harry riusciva ad essere talmente elusivo alle volte, che il Serpeverde non riuscì a ricordare una sola volta in cui avesse incontrato l'altro ragazzo prima di colazione o delle lezioni. Possibile che fosse già successo che Harry rimanesse in stanza a dormire, nascosto dal baldacchino, senza che lui se ne accorgesse?

Irritato, non del tutto sicuro se con Harry per averlo tenuto all'oscuro di qualcos'altro, o se con se stesso per non essersi accorto che ci fosse qualcosa che non andava, Tom si spostò più avanti sul letto, deciso a scrollare il ragazzo dal sonno e chiedere magari qualche risposta. Tuttavia un particolare attirò la sua attenzione, facendolo bloccare nuovamente: le coperte, quando si muovevano, non facevano alcun rumore.

Un incantesimo silenziatore?

Tom passò una mano sul copriletto per essere sicuro, ma nessun fruscio accompagnò il movimento. Perché mettere un incantesimo silenziatore intorno al letto? Il Prefetto scartò immediatamente l'ipotesi più ovvia, che Harry russasse o parlasse nel sonno: era sicuro che i primi giorni in cui si era trasferito in quelle stanze Harry non fosse solito nemmeno chiudere le tende, e più di una volta Tom era rimasto a leggere fino a tardi ascoltando il suono del suo lento respirare.

Da quanto tempo, quindi, andava avanti quella storia? E perché? Cosa c'era che non andava, che non gli stava dicendo?

Magari è semplicemente stremato da quello che tu gli hai fatto passare ieri, una voce, subdola, gli suggerì sibilante nella mente.

Di nuovo, come era accaduto prima in bagno, sentì una strana morsa serrargli le viscere. Non riusciva a capire da cosa derivasse, ma più osservava i segni di stanchezza sul volto di Harry, più qualcosa sembrava mozzargli il fiato al pensiero di esserne stato la causa.

Quella vena protettiva che si era sviluppata lentamente nell'animo di Tom nei confronti di quel ragazzo, quella che lo aveva spinto a promettere a se stesso che se qualcuno si fosse anche solo azzardato a toccarlo avrebbe dovuto sperimentare sulla propria pelle di cos'era esattamente capace Tom Riddle, ora gli si stava rivoltando contro. La rabbia e l'istinto di punire chiunque avesse fatto del male a quella gemma che ora dormiva innocentemente nel letto non aveva altri bersagli se non se stesso, ed era una sensazione orribile, come se... come se...

Come se mi sentissi in colpa.

Tom deglutì. Non c'erano altre spiegazioni, no? Era stato lui a ferirlo, era lui il responsabile di aver fatto soffrire Harry in quel momento, e di conseguenza ora si sentiva in colpa. Corrugò la fronte, a disagio: era una sensazione che non gli piaceva per niente. Poteva ricordare anche solo una volta in cui si era sentito in quel modo? Lo stesso orrore che aveva provato nel vedere la camicia di Harry intrisa di sangue sapendo di essere stato lui a–

La ferita.

Giusto, se ne era quasi dimenticato. Riportò l'attenzione al ragazzo addormentato, cercando di ignorare il senso di colpa che ancora gli attanagliava lo stomaco. Forse gli conveniva, vista la reazione che aveva avuto l'altro al solo menzionare l'Infermeria, controllarla adesso che Harry stava ancora dormendo invece di svegliarlo e dover lottare contro tutte le sue proteste.

Si risistemò sul copriletto per aver più facile accesso alla spalla del ragazzo, e lentamente abbassò le coperte fino a scoprirgli il braccio. Harry poteva aver pure sopportato chissà quali e quante altre ferite nella sua vita, quel taglio poteva anche non essere nulla per lui, ma Tom aveva bisogno di sapere che stesse bene, che quello che gli aveva fatto non gli avesse arrecato gravi o permanenti danni.

Tirò fuori la bacchetta dalla tasca e annullò l'incantesimo silenziatore, poi, cercando di fare il più piano possibile, scostò il collo del pigiama mezzo sbottonato di Harry fino al gomito, ignorando – dopo forse solo un secondo di distrazione – la parte di petto nudo che veniva scoperta. Harry fece uno strano verso e voltò la testa dall'altro lato, ma non si svegliò.

Tom osservò la linea zigzagante che percorreva metà braccio del ragazzo, dalla fine della clavicola al gomito. Era irregolare e arrossata, ma solo sul contorno, evidentemente non abbastanza da far supporre una seria infezione. Vi passò sopra una volta sola i polpastrelli in un tocco leggero, poi, con una smorfia contrariata, risistemò il pigiama al suo proprio posto, ben consapevole del fatto che non sarebbe mai riuscito a convincere Harry a farsi visitare in Infermeria.

Stava ponderando se riallacciare i bottoni o no quando Harry si mosse di nuovo, stavolta aggiungendo un piccolo mugugno, e lentamente aprì gli occhi. Tom lo osservò sbattere le palpebre, non ancora del tutto cosciente. Quando si accorse della presenza del ragazzo, però, un sorriso languido e assonnato gli comparve in volto.

Ehi...” sussurrò Harry, tirandosi su sui gomiti. Il pigiama mezzo sbottonato gli scivolò giù dalla spalla, ma lui sembrò non farci caso; le palpebre a mezz'asta gli adombravano gli occhi rendendo l'iride di un verde più scuro e denso e, davvero, Tom non ebbe altra scelta che reggersi con una mano alla testata e abbassarsi fino a baciarlo.

Harry rispose immediatamente con un sospiro soddisfatto, che si tramutò in un basso gemito quando sentì Tom arrampicarsi sul letto e sistemare una gamba fra le sue, sdraiandosi sopra di lui. Liberò una delle braccia dalle lenzuola per poter affondare la mano tra i capelli del Serpeverde e attirarlo a sé ancora di più, cosa che Tom assecondò più che volentieri. Per qualche infervorato secondo, il Prefetto si concentrò solo sulla bocca calda del ragazzo ancora assonnato, accarezzandogli la lingua con la propria, per poi tirarsi indietro con un piccolo morso al labbro inferiore, interrompendo il bacio.

Harry fece in tempo ad emettere un mugugno perplesso quando sentì le labbra dell'altro posarsi sotto la mascella e la testa gli scattò all'indietro con un gemito. Tom si prese un istante per ammirare la gola esposta del ragazzo, prima di continuare a lasciare baci lungo il suo collo, ghignando nel sentire il sospiro strozzato che scappò all'altro quando fece passare la lingua nell'incavo tra gola e petto.

Mmh... non sto ancora dormendo, vero?” sussurrò Harry con voce ancora roca dal sonno, portando una mano ad intrecciare le dita tra le ciocche nere di Tom.

Nonostante la scossa di eccitazione che gli andò dritta all'inguine al suono rauco di quella voce, Tom arrestò la sua discesa lungo la clavicola e sollevò la testa per fissare l'altro negli occhi. Un piccolo ghigno gli si delineò sul volto, “Dipende. Se ti dicessi che stai ancora sognando, saresti disposto a ignorare che sono le otto e mezza e sei ancora in pigiama?”

Harry sgranò gli occhi. “Cosa?!

Si tirò su di scatto, rischiando di buttare giù dal letto Tom che, fortunatamente, riuscì a mantenere l'equilibrio e scendere dal letto con la dignità intatta, mentre Harry inciampava tra le lenzuola nella fretta. Coi piedi finalmente per terra si fiondò verso il suo baule e afferrò velocemente i vari pezzi dell'uniforme, borbottando imprecazioni.

Il Prefetto, dopo essersi accuratamente stirato e sistemato l'uniforme, si limitò ad osservare i tentativi frenetici dell'altro ragazzo di vestirsi appoggiato ad uni dei pali del baldacchino, guardando con soddisfazione i segni rossi che stavano affiorando alla base del collo di Harry, rammaricandosi del fatto che la cravatta li avrebbe coperti.

'Oh, ma c'è tempo.' pensò, 'Prima o poi l'intera scuola saprà che nessuno si deve azzardare a toccarlo. Sanno bene già adesso che tutto ciò che è mio è off-limits.'

Soddisfatto a quel pensiero, tornò a prestare attenzione al presente. “Dopo colazione, per la cronaca, ho una riunione dei Prefetti, perciò non sarò a Trasfigurazione.” comunicò ad alta voce mentre Harry si precipitava in bagno, senza preoccuparsi di chiudere la porta, “Fatti accompagnare da Orion.”

Anche se non poteva vederlo, sospettava che Harry stesse roteando gli occhi al cielo. “Non ho bisogno di una balia, Tom.” arrivò la pronta risposta dal bagno, “Sono perfettamente capace di arrivare all'aula di – ehi, hai visto? Non si è infettata!”

Fu il turno di Tom di alzare gli occhi al cielo. “Si, ho visto.”

Harry uscì dal bagno che ancora si stava annodando il cravattino, ma in pochi secondi riuscì a finire di vestirsi, massaggiandosi la spalla solo qualche istante con una smorfia. La maschera sul volto di Tom dovette aver lasciato trapelare qualcosa di quella – ormai l'aveva accettata – strana sensazione di rimorso, perché subito dopo essersi voltavo verso il Prefetto, Harry lasciò cadere giù la mano.

Ehi,” disse piano, avvicinandosi fino a trovarsi di fronte al Serpeverde, “lo sai che non ti ritengo responsabile, vero?”

Tom distolse lo sguardo, fissando qualcosa sulla sinistra. “Non c'era nessun altro a parte noi. E non te la sei certo fatta da solo.”

Ma Harry alzò le spalle. “In un litigio la colpa è sempre da dividere in due.”

Il Prefetto tornò a guardarlo e fece per rispondere che tra persone normali, quando si litiga non si finisce con l'avere bisogno di una pozione rimpolpasangue, ma si fermò. Sapevano entrambi che la colpa era di una sola persona, ma Harry stava osservando la sua divisa con quello sguardo distante che ogni tanto lo prendeva, come se stesse ripensando a vicende lontane e sgradevoli.

Decise invece di passargli una mano tra i capelli, e fu premiato con un sorriso.

Andiamo, o faremo tardi.” fu tutto quello che aggiunse.

Harry annuì, ma invece di allontanarsi per uscire poggiò una mano dietro al collo del Serpeverde e lo attirò a sé per un altro breve bacio.

Non posso ancora credere di poterlo fare ogni volta che voglio.” sospirò, poggiando la testa sulla spalla di Tom, mentre la mano del Prefetto gli carezzava pigramente la nuca.

Approfittando del fatto che l'altro non lo potesse vedere, Tom si lasciò sfuggire un sorriso. Poi, stringendolo a sé un ultima volta, lo allontanò quel che bastava per guardarlo. Con una mano gli incorniciò il viso, facendo scorrere il pollice lungo i segni viola delle occhiaie. Ora che era sveglio si notavano molto meno i segni di stanchezza sul suo viso, ma Tom non aveva intenzione di dimenticarsene: anche se non avevano tempo in quel momento per quella discussione, avrebbe ottenuto delle risposte, prima o poi.

Forza, o rischiamo di saltare la colazione.”

 

***

 

Per Harry era difficile, mentre percorreva insieme a Tom il corridoio che portava alla Sala d'Ingresso, nascondere l'enorme, ebete sorriso che gli stava stirando gli angoli della bocca. Come gli stava tornando impossibile evitare di camminare così vicino al Prefetto da sfiorargli il braccio o le dita della mano ogni tanto, o scontrargli la spalla in piccoli rimbalzi.

Se a Tom quel comportamento stesse dando fastidio, non stava dicendo nulla per scoraggiarlo. Anche se, ora che erano tornati in mezzo al resto della popolazione studentesca, sarebbe stato difficile distinguere sul suo volto qualunque emozione che non fosse stata una calma e un po' altezzosa serietà.

In effetti non avevano avuto occasione, rimuginò Harry, di parlare di come si sarebbero comportati di fronte al resto della scuola. Avrebbero fatto finta di niente, lasciando che gli altri si facessero una propria opinione da soli? Sarebbe servito un qualche gesto simbolico? Forse Tom non voleva che si sapesse in giro. Anzi, probabilmente era proprio così, visto quanto sembrava tenere alla propria privacy. Non che ad Harry avrebbe dato molto fastidio, tenere tutto nascosto. Se c'era qualcosa in cui era bravo era mantenere un segreto, e forse meno persone gli prestavano attenzione, più facile sarebbe stato per tutti dimenticarsi della sua esistenza una volta che se ne sarebbe andato.

Una familiare morsa allo stomaco lo prese a quell'idea e fu grato quando Tom interruppe il suo flusso di pensieri.

Presumo che questo pomeriggio sarai insieme ad Orion agli allenamenti di Quidditch.”

Harry notò con una punta di divertimento che Tom era riuscito di nuovo a dire Quiddich nel modo in cui Malfoy diceva mezzosangue. “Se mi chiedono di andare, certo.” rispose, “Anche se ho qualche dubbio che se ne ricordino ancora.”

Tom sbuffò, mezzo irritato e mezzo derisorio. “Se ne ricordano, su questo non ho dubbi. Se utilizzassero anche solo la metà della dedizione che hanno per quello sport ai loro –”

Ma venne interrotto da qualcuno che lo chiamava dal fondo del corridoio, vicino all'entrata della Sala d'Ingresso. Appoggiati alla base dell'arco di marmo vi erano due ragazzi, entrambi Serpeverde, che Harry aveva visto un paio di volte in Sala Comune, ma a cui non aveva mai prestato particolare attenzione.

Tom si fermò, ancora a diversi metri di distanza dai due, e l'espressione calcolata che assunse il suo viso era una che Harry non vedeva dal tempo del loro secondo incontro. Prima che potesse dire nulla, però, il Prefetto si era voltato verso di lui.

Vai pure avanti,” disse, poggiandogli una mano sul braccio, “io ti raggiungo tra qualche minuto.”

Harry lanciò un'occhiata ai due ragazzi, indeciso, ma l'intento nelle parole di Tom era abbastanza chiaro e sarebbe suonato assurdo insistere per restare.

Ok.” rispose, trattenendosi dallo squadrare i due, “ti aspetto al tavolo.” e si allontanò verso la Sala Grande mentre l'altro si fermava a parlare, riuscendo solo a sentire la voce di Tom dire “Avery, Davies...” mentre lasciava la Sala d'Ingresso.

Quelli, decisamente, non erano semplici amici. Il concetto di amicizia era tristemente estraneo a Tom, e c'era voluta tutta la buona volontà sua e di Orion assieme per convincerlo che i vantaggi di lasciarsi avvicinare battevano il rischio di rimanerne feriti. E quella era senza dubbio una conoscenza che risaliva a ben prima del suo arrivo nel 1947.

Arrivato ormai in Sala Grande Harry lanciò un'ultima occhiata alle proprie spalle, ma i tre Serpeverde sembravano semplicemente essere coinvolti in una fitta conversazione. Anzi, a parlare in quel momento era solo Tom, mentre gli altri due ascoltavano e annuivano.

Scuotendo la testa, riprese a camminare, non riuscendo però a sopprimere il brutto presentimento che quel semplice incontro gli aveva suscitato. Non pretendeva certo di conoscere tutta la vita di Tom dopo poco più di un mese – nonostante, in fondo, sapesse molte più cose sul suo conto di quante il Serpeverde ne avesse mai confidate a nessuno – eppure sapeva già dai pochi ricordi che Silente gli aveva mostrato della vita di Tom che, ad eccezione di Orion, le sue frequentazioni erano raramente prive di secondi fini. Era impossibile, per quanto si sforzasse, non lasciare che una punta di sospetto gli infiltrasse la mente.

Harry era così immerso nei suoi pensieri – e quando si trattava di Tom stava cominciando a capitare un po' troppo spesso – da non prestare nemmeno attenzione a dove stesse andando, e solo una volta arrivato davanti al tavolo si accorse che le sue gambe l'avevano automaticamente portato dalla parte dei Grifondoro. Alcuni dei quali si erano ovviamente accorti della sua presenza, lì in piedi al capo del tavolo, e lo stavano fissando chi con curiosità – evidentemente molti di loro non l'avevano ancora mai visto girare per la scuola – e chi con palese sospetto e astio: un Grifondoro, dopo tutto, non aveva bisogno di presentazioni per classificare un Serpeverde come persona non grata.

Harry deglutì, perché per quanto fosse abituato alle occhiate e all'attenzione del Mondo Magico, non era mai riuscito a trovarsi a suo agio con troppi occhi puntati addosso e la sua presenza stava attirando l'interesse anche degli altri tavoli. Stava giusto pensando che prima girava i tacchi e tornava al tavolo di Serpeverde, meno avrebbe fatto la figura dell'idiota, quando tra tutte le teste sedute una crocchia di capelli castani in particolare attirò la sua attenzione e, senza pensarci troppo, invece di allontanarsi si diresse verso il centro del tavolo.

Ciao, Minerva.”

La ragazza si voltò. “Harry!” esclamò sorpresa vedendolo, “Che ci fai qui?”

Ehrm...” Harry si sistemò meglio la borsa sulla spalla, imbarazzato: improvvisamente 'Volevo solo salutarti e sapere come andava.' suonava un po' più stupido e inutile di quando l'aveva pensato.

Minerva, fortunatamente, gli venne incontro prima che potesse dire nulla di insensato. “Come va il naso?”

Il naso?” chiese confuso, prima di ricordarsi che l'ultima volta che si erano visti Alden gli aveva appena mollato un pugno in faccia. “Oh, si, giusto, il naso... tutto bene, tutto bene. Non ci sono stati altri... ehm,” cercò di ricordare che scusa le avesse propinato al tempo, “incidenti?”

La Grifondoro assunse un'espressione divertita. “Lo stai chiedendo a me?”

...no?”

Minerva scoppiò a ridere, ed anche Harry abbozzò un sorriso, sentendo l'imbarazzo sciogliersi di fronte alla cordialità della ragazza.

Sai, non ti ho più visto in Biblioteca.” continuò lei una volta che si fu ripresa, “Hai già finito quel tuo progetto?”

Oh, no, è che ora che ho fatto i G.U.F.O. non ho più così tante ore libere. Ma sul tardo pomeriggio ci sono spesso, sarà che ci andiamo in giorni diversi.”

Prima che lei potesse rispondere, il ragazzo sedutole a fianco – un giovane dal viso tondo e i capelli biondo scuro – si schiarì la gola con fare eloquente. Solo in quel momento Harry si accorse che se prima aveva attirato non pochi sguardi, ora aveva l'attenzione del tavolo intero.

Minerva si voltò verso il suo compagno. “Che c'è, Joseph?” chiese assottigliando le labbra, in un'espressione così tipica della McGranitt da far provare ad Harry una fitta di nostalgia.

Beh,” cominciò il ragazzo guardando intorno al tavolo, “parlo a nome di tutti se chiedo chi è il tuo nuovo amico?”

Dagli sguardi curiosi che venivano indirizzati ad Harry, sembrava di sì.

Minerva roteò gli occhi al cielo. “Dio, come sei teatrale. Si chiama Harry Evans, è un nuovo studente arrivato quest'anno, e visto che si trova qua davanti potevi anche chiederglielo te.”

Harry fece un passo avanti, porgendo la mano al ragazzo con un sorriso. “Piacere.”

'Joseph' fece scorrere lo sguardo dalla sua mano tesa allo stemma verde-argento sulla sua divisa e per un attimo sembrò non avere alcuna intenzione di muoversi, ma una nemmeno troppo nascosta gomitata da parte di Minerva lo portò a stringere finalmente la mano, sebbene guardando in cagnesco la compagna.

Joseph Prewett. Grifondoro.” sottolineò, ma Harry era troppo distratto dal nome per farci caso.

Prewett...?

Ehi, ti ho visto in giro!” esclamò una ragazzina, parlando attorno ad una fetta di pane tostato, “Sei quello che gira sempre con Riddle e Black.”

Riddle? Tom Riddle?” chiese un'altra ragazza, seduta affianco alla prima.

Prima che Harry potesse rispondere, un generale gemito esasperato percorse i Grifondoro e più di un paio rotearono gli occhi al cielo.

Ti prego, Penelope, non cominciare!” supplicò Joseph.

Harry lanciò uno sguardo interrogativo alla McGranitt, che con aria rassegnata disse: “Diciamo che Penelope ha una malsana ossessione per Riddle, e siamo tutti piuttosto stanchi di sentirla tesserne le lodi.”

Non è un'ossessione!” cercò di difendersi la ragazza, arrossendo furiosamente.

Oh, hai ragione Penelope,” s'intromise Joseph, “quello che Minnie voleva dire è che hai una malsana cotta per Tom Riddle.”

Non lo ascoltare, Pen.” cercò di consolarla la compagna sedutale affianco, “Fai prima a contare chi non ha una cotta per Tom Riddle.”

Ora anche Harry, insieme alla povera Penelope, cominciava a sentirsi a disagio per la piega che il discorso stava prendendo.

È un Serpeverde!” esclamò Joseph, per poi doversi piegare in due con un “Ouch!” quando fu raggiunto da un'altra gomitata di Minerva.

Harry sorrise, un po' imbarazzato. “Bisogna imparare ad apprezzarlo, ma non è terribile come sembra.” disse, cercando di difendere Tom.

Si beh, detto da un altro Serpever- Ahia! Minnie, la vuoi smettere?”

Io la smetto quando tu la pianti di essere così cafone, Prewett. Tom Riddle è uno studente modello, Serpeverde o no: è sempre educato e cortese, non litiga mai per i corridoi ed ha, bisogna ammetterlo, un'intelligenza fuori dal comune.” rispose la ragazza con tono severo, “E non chiamarmi Minnie.”

Il Grifondoro si stava ancora massaggiando il fianco. “Beh, io non mi fido lo stesso, i suoi sorrisi mi fanno venire i brividi. E poi non hai sentito cos'ha detto Carl? La migliore amica di sua sorella è a Serpeverde, e dice che in Sala Comune si comporta come un tiranno! Dice che i primini sono terrorizzati. E inoltre –”

Ma venne interrotto dalla ragazza seduta al fianco di Penelope: “Si, si, certo, e la cugina dell'amico del vicino di mio nonno dice che sono la direttrice di Radio Strega Network. Ma ti senti quando parli? Se dobbiamo sorbirci un'altra volta la solfa 'Tom Riddle è il male incarnato' ti metto del pus di bubotubero nel cuscino.” esclamò esasperata, “Sei così fissato nei tuoi pregiudizi da non voler ammettere che hai torto nemmeno di fronte alla realtà dei fatti.”

Harry alzò le sopracciglia sorpreso a quelle parole, non riuscendo bene a credere a quello che stava sentendo.

Le orecchie di Joseph, intanto, si erano fatte paonazze. “Ma non capisci? Questo è esattamente quello che vuol far credere a tutti, vi sta ingannando!” ma dalle numerose occhiate al cielo era chiaro che nessuno lo stesse prendendo sul serio. Si voltò verso la McGranitt, “Minnie forza, diglielo anche tu!”

Harry osservò incuriosito la ragazza. Dalle loro precedenti conversazioni era chiaro che non avesse un'opinione eccellente del Prefetto di Serpeverde o che, come minimo, mantenesse alcune riserve nei suoi confronti. Ma quello che stava risultando ancora più chiaro era – e Harry ne era così sorpreso da fare fatica a credere ai suoi occhi – come quella non fosse l'opinione comune. E se persino al tavolo di Grifondoro Tom godeva di una certa stima, figurarsi nelle altre Case.

Dio mio, ha già la scuola intera che pende dalle sue labbra.

Ammetto di non fidarmi di lui,” rispose Minerva assottigliando le labbra, “però non hai alcuna prova per sostenere quello che dici. E per l'amor del cielo, non voglio ripeterlo mille volte: smettila di chiamarmi Minnie!”

Joseph sembrava ancora contrariato, ma la risposta dell'altra doveva averlo pacificato un po'. “Le troverò le prove, prima o poi...” borbottò. Poi, illuminandosi all'improvviso, lanciò un sorriso sornione all'altra, “E perché mai dovrei smettere, Minnie? Rub ti chiama sempre così!”

Si, beh, Rubeus ha, forse sorprendentemente, maniere migliori delle tue.”

Joseph stava borbottando qualcosa di risposta, ma Harry aveva smesso di ascoltare.

Rubeus. Rubeus Hagrid.

Qual era la probabilità che ci fossero due Rubeus, ad Hogwarts, in quegli anni? No, doveva trattarsi sicuramente di Hagrid... E lui prima di quel momento non aveva nemmeno pensato alla possibilità di vederlo, nonostante il suo passato fosse così legato a quello di Tom Riddle.

In fretta, fece scorrere lo sguardo lungo il tavolo di Grifondoro e, prevedibilmente, non gli ci volle molto prima di scorgere la massiccia figura del suo grosso amico seduto una decina di posti più in là. Le prime emozioni che lo colpirono furono sorpresa e curiosità, perché anche se la sua stazza lo rendeva inconfondibile, senza barba e capelli lunghi Hagrid era quasi irriconoscibile. Ma una volta che la sorpresa iniziale si fu dissolta, una fitta di nostalgia e affetto gli invase il petto, al pensiero di quanto fosse in debito con quell'uomo per tutto l'appoggio e l'affetto che gli aveva dato, quando stava ancora facendo i suoi primi, esitanti passi nel mondo magico.

La tentazione di andare lì e presentarsi, tendendo la mano al suo vecchio amico con un sorriso incoraggiante era enorme, ma come avrebbe motivato quell'improvvisa affabilità? Dal loro punto di vista, anche senza alcun pregiudizio, sarebbe stato un comportamento più che sospetto da parte di un Serpeverde. Forse la cosa migliore da fare, se proprio voleva conoscere Hagrid, era continuare a frequentare Minerva nella speranza di potersi avvicinare ad altri Grifondoro... ma in che anno era Hagrid?

Cercò di scavare nella memoria le poche informazioni che aveva su quegli anni. Hagrid era stato espulso quand'era al terzo anno e –

e improvvisamente ad Harry venne in mente la conseguenza più importante del fatto che Hagrid fosse ad Hogwarts.

La Camera dei Segreti non era ancora stata aperta.

Tom non l'aveva ancora trovata, nonostante sapesse già da tempo di essere l'erede di Serpeverde. Ma quand'è che era stata aperta? Il diario di Tom conteneva sicuramente l'intera vicenda, o non sarebbe mai potuto servire a riaprirla cinquant'anni più tardi, e Harry aveva rivisto con i propri occhi quello – o almeno parte di quello – che era successo a Hagrid, quando era stato risucchiato nel diario dallo spirito del sedicenne Serpeverde.

Sedicenne. Sesto anno.

Quell'anno.

Dio santo, quello stesso anno la Camera dei Segreti sarebbe stata aperta. E Harry era lì, consapevole di tutto ma senza poter fare nulla per prevenirlo. Nonostante sapesse bene di non avere alcuna responsabilità, gli tornava difficile non sentirsi in un certo senso complice delle orribili cose che sarebbero successe. Hagrid sarebbe stato espulso, Mirtilla Malcontenta sarebbe morta, e Tom –

Tom avrebbe perso un pezzo della sua anima.

Perché Harry se lo ricordava ancora come se ce l'avesse avuto davanti lo spirito di Tom, in piedi di fianco al corpo esanime di Ginny, che faceva roteare pigramente la sua bacchetta tra le dita affusolate di una mano mentre gli regalava un ghigno crudele e soddisfatto. Se lo ricordava bene perché era identico al Tom che aveva imparato ad adorare nell'ultimo mese, lo stesso di cui poteva ancora sentire il sapore in bocca dall'ultimo bacio.

Era chiaro che Tom aveva creato il suo primo Horcrux alla fine del sesto anno, o per lo meno dopo aver aperto la Camera dei Segreti. Cristo, aveva mutilato la sua stessa anima a sedici anni.

Una strana sensazione di disgusto lo assalì all'idea, mista al più inspiegabile istinto protettivo nei confronti dell'anima del ragazzo di cui si era innamorato, che non aveva bisogno di essere protetta da nessuno se non dal suo stesso possessore. Dio, come si poteva essere capaci anche solo di pensare a farla, una cosa del genere?

Ma forse più urgente era la domanda: possibile che Tom non avesse ancora iniziato a cercarla, la Camera dei Segreti?

“–ai ascoltando? Harry, ci sei?”

Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri e, voltandosi, vide Minerva e il resto dei Grifondoro intenti a guardarlo, evidentemente aspettando una risposta.

Scusa, mi sono un attimo incantato.” si scusò Harry con un sorriso imbarazzato, “Dicevi?”

La McGranitt lo squadrò qualche secondo da sopra gli occhiali squadrati, “Mi stavo chiedendo quando ti avrei trovato di nuovo in Biblioteca. Questo venerdì ci sarai?”

Harry ci pensò un secondo su, “Questo venerdì? Si, perché no?” rispose, poi però si bloccò: “Ah no, aspetta! Questo venerdì ho gli allenamenti di Quidditch...”

Quidditch!?” esclamò improvvisamente un'altra voce, facendo voltare entrambi i ragazzi. A parlare era stata la stessa ragazza che aveva cercato di consolare la povera Penelope poco prima. “Sei nella squadra di Serpeverde?” continuò a chiedere, assottigliando sospettosa gli occhi.

Harry rimase qualche secondo interdetto, guardandola sorpreso. “Erm, no, non proprio. La squadra era già al completo, ma visto che giocavo da Cercatore prima di trasferirmi mi hanno chiesto di partecipare agli allenamenti...”

La ragazza lo squadrò per un attimo, e sembrava sul punto di chiedere qualcos'altro quando fu interrotta da qualcuno che chiamava il nome di Harry.

L'ex-Grifondoro fece appena in tempo a voltarsi e vedere che a chiamarlo era stato Orion, prima di ritrovarsi strattonato dal braccio che il Serpeverde gli aveva allacciato intorno al collo.

Ecco dove ti eri cacciato!” esclamò con un sorriso a trentadue denti, “Cominciavo a preoccuparmi, sai?”

Ehi, Orion.” lo salutò Harry, cercando di districarsi dalla presa senza farsi notare, “Tom è già arrivato?” chiese, allungando il collo per riuscire a vedere il tavolo di Serpeverde.

Tom? No, no, anzi,” rispose il ragazzo, “pensavo fosse insieme a te. Dove l'hai mollato?”

Si è solo fermato a parlare nella Sala d'Ingresso con due tizi...” rispose Harry, riuscendo finalmente a sgusciare sotto il braccio dell'altro.

Orion lo guardò un secondo pensieroso, ma poi – come accorgendosi che avevano degli spettatori – riprese il suo sorriso e si rivolse verso i Grifondoro. “Beh, ho visto che avete fatto conoscenza col nostro ultimo acquisto! Uno zuccherino il nostro Harry, vero?”

Mentre Harry gli lanciava uno sguardo orripilato, i Grifondoro lo guardarono come se avesse appena insultato un ippogrifo. Il ché, ovviamente, non era abbastanza per fermare Orion.

Minerva!” continuò lui, “È sempre un piacere vederti quando non stai pattugliando i corridoi.”

La McGranitt annuì con un gesto secco, ma Harry riconobbe l'espressione con cui stava guardando Orion dalle tante volte in cui la professoressa si sarebbe trovata a dover trattare con i gemelli Weasley: un misto di irritazione, esasperazione e divertita benevolenza.

Black,” rispose, “sono un po' di notti che non ho più il piacere di togliere punti a Serpeverde per violazione del coprifuoco. Hai cambiato percorsi, o hai imparato a rimanere con le tue conquiste fino al mattino?”

Qualche risatina si levò dal tavolo rosso e oro, ma Orion sembrò non prendersela. “Ouch, mi ferisci.” ribatté melodrammatico.

Minerva, saggiamente, decise di non incoraggiarlo e si rivolse nuovamente a Harry, “Se non venerdì, dimmi tu quando ti trovo.”

Settimana prossima, promesso.” rispose Harry, scusandosi con un sorriso, “Ti mando un gufo appena sono sicuro di avere un pomeriggio libero. Ho solo un sacco di cose in ballo, in questi giorni.” aggiunse poi, passandosi una mano tra i capelli.

D'accordo.” rispose lei annuendo, nonostante l'espressione dubbiosa sul volto.

Orion si schiarì la gola in quel momento, attirando l'attenzione di entrambi, “Beh, è stato un piacere, ma se non vi dispiace, cari compagni rossi e oro, Harry e il sottoscritto devono ancora fare colazione.” Si rivolse poi verso il resto del tavolo, passando in rassegna alcuni dei commensali, “Julius! Il nuovo taglio di capelli ti sta una favola, e Anthea! Ce l'ho ancora io il tuo cravattino sai? Passa dai sotterranei quando hai un minuto – o anche di più.”

La ragazza in questione sembrò cercare di sprofondare sotto il tavolo mentre riceveva occhiate incredule dalle sue compagne.

Penelope,” continuò Orion imperturbato, “Tom manda i più sentiti saluti e – oh – Joseph,” si rivolse al ragazzo con un ghigno lascivo, “una tua parola e la Torre di Astronomia è prenotata – sai quanto amo le lentiggini in un uomo.”

Per Merlino, Black, sei disgustoso.” ribatté Joseph schifato, tentando di allontanarsi fisicamente finquanto il tavolo glielo permetteva.

Orion di tutta risposta gli fece l'occhiolino e, allacciando nuovamente un braccio intorno a Harry, si allontanò salutando un'ultima volta con la mano, trascinando il compagno con sé. L'ultima cosa che Harry riuscì a sentire mentre se ne andavano fu solo una ragazza sussurrare “Cazzo, ma com'è che tutti i fighi sono finiti a Serpeverde?” ad una sua amica.

Sai, non credo che fosse particolarmente interessato.” commentò Harry con una nota divertita nella voce.

Chi, Prewett? Bene, perché non lo toccherei nemmeno per tutto l'oro della Gringott, che in ogni caso lui certo non possiede.” rispose serafico Orion, allargando il ghigno.

Harry scosse la testa, divertito. Per un attimo si sorprese nell'accorgersi di non aver minimamente sentito l'impulso di rimproverare Orion per quelle frecciatine: infondo non erano poi così diverse da quelle che era solito lanciare Malfoy, in una delle tante volte in cui aveva preso in giro lui o Ron.

Eppure, più tempo passava insieme ai Serpeverde, più si abituava ai loro complicati modi di fare. E se c'era una cosa che aveva capito in quel periodo, era che si poteva intuire ben poco del vero carattere di un Serpeverde da quello che diceva o dal modo in cui si comportava. Qualche volta infatti, quando si fermava ad ascoltare i suoi compagni di Casa parlare in Sala Comune, gli sembrava sempre che si stesse svolgendo un'altra conversazione in parallelo, i contenuti della quale non riusciva mai ad afferrare: ogni parola pareva avere quattro diversi livelli di significato ed ogni gesto un secondo fine.

Come facevano a tenere il filo di una discussione senza dare di matto, Harry non ne aveva la più pallida idea. Non che la sua vita a Grifondoro fosse stata particolarmente priva di stress, ma per lo meno non aveva mai dovuto vivere ogni giorno guardandosi dai propri compagni di Casa, o tenendo il conto di quante persone gli dovevano un favore e quanti ne doveva lui ad altri.

Eppure bastava osservare per un pomeriggio Tom per capire che per lui, come per altri, questi piccoli intrighi non costituivano affatto un peso e anzi, sembrava addirittura trarne un vero e proprio godimento. E sebbene a Harry non piacesse affatto quel lato di Tom – troppo facile era sostituire quell'immagine con quella di Voldemort che sibilava ai suoi Mangiamorte – ogni tanto non poteva che rimanere affascinato nell'osservare il Prefetto parlare con studenti e professori, osservare la facilità con cui rigirava i discorsi, manipolava le loro aspettative e giocava con le loro emozioni.

Chissà che, se si fosse lasciato smistare a Serpeverde, non sarebbe venuto naturale anche a lui districarsi così facilmente tra quei giochi di potere...

Da quando hai tutti questi amici a Grifondoro?” chiese Orion, distogliendolo dai suoi pensieri.

Erano ormai arrivati al loro tavolo e Harry fece un cenno di saluto a Caleb Doholov e Dorea Black prima di sedersi al suo solito posto, lasciando di fianco a sé lo spazio vuoto per Tom.

Solo Minerva: ci siamo conosciuti una volta in biblioteca e da allora la incontro ogni tanto per i corridoi.” rispose, cominciando intanto a servirsi un'abbondante porzione di porridge.

Orion mugugnò in segno di assenso, la bocca occupata a masticare una fetta di pane tostato. Dopo aver deglutito tornò a rivolgersi a lui, “Ti ho visto parlare con il capitano della squadra di Grifondoro, però. Non le avrai detto niente, mi auguro.”

Chi, scusa?” chiese distratto Harry, mentre si portava una tazza di tè alle labbra.

Catherine Potter, il capitano di Grifondoro.”

Per poco Harry non si rovesciò l'intera tazza di tè bollente addosso.

P-Potter?”

Orion si girò per guardarlo meglio, posando il pane sul piatto. “Si, Catherine Potter. Del sesto anno.” Gli poggiò una mano sulla spalla, lanciandogli uno sguardo preoccupato, “Harry, tutto bene?”

Il ragazzo si affrettò ad annuire, cercando di mascherare il suo stato d'animo con una risatina nervosa e non riuscendoci per niente. Si voltò verso il tavolo di Grifondoro, ricercando con lo sguardo la ragazza in questione. La osservò con attenzione per la prima volta ma, onestamente, a parte il colore scuro dei capelli non vi era alcuna visibile somiglianza né con lui, né con James. E d'altronde cosa si aspettava, a distanza di generazioni? Non tutti i parenti si assomigliavano, bastava guardare a sua madre e sua zia...

Ehi, guarda che scherzavo,” riprese Orion, cercando di attirare la sua attenzione, “anche se le hai parlato di qualche strategia non fa niente, non lo sapevi –”

Harry riportò lo sguardo su di lui, affrettandosi a scuotere la testa, “No, non preoccuparti; sei arrivato prima che potessimo scambiare più di due parole. Non sapevo nemmeno il suo nome.”

Come mai questa improvvisa... passione… per le altre Case, Evans?” interruppe la voce di Madeleine, seduta di fronte a loro, “Posso capire l'interesse per quella bambina di Corvonero – Donill, giusto? – ma i Grifondoro? Qualcuno potrebbe cominciare a pensare che non ti trovi bene qui tra noi Serpeverde.” concluse, lanciandogli un'occhiata maliziosamente provocatoria da sopra il calice d'argento che teneva in mano.

Harry assottigliò gli occhi. “L'appartenenza ad una Casa non impedisce di conoscere persone di Case diverse.”

La ragazza alzò un sopracciglio, “Non sei d'accordo con la divisione in Case?” chiese con aria sorpresa, “Preferiresti che ci mettessero tutti insieme?”

Harry aprì e chiuse la bocca un paio di volte, “No, non ho detto questo.” rispose infine, a denti stretti, “Penso solo che questa divisione non debba essere un ostacolo, tutto qui.”

Devi ammettere che Madeleine non ha tutti i torti, però.” s'intromise Marcus Mulchiber, “Sei qui da quanto, tre settimane? E la sera ti avremo visto in Sala Comune si e no quattro volte.”

Prima che Harry potesse ribattere, anche Rudolf si sentì in dovere di di dare il proprio contributo: “Si dice che i legami che si stringono ad Hogwarts ci accompagnino per il resto della vita; la lealtà alla propria Casa dovrebbe venire subito dopo quella alla famiglia.” Il ragazzo fissò Harry attentamente, “Ma, forse, non sei familiare con questo tipo di valori a casa, Evans?”

Sia Madeleine che Heidi Rosier, sedutale accanto, riuscirono malamente a mascherare una risatina di scherno.

Harry guardò sorpreso i suoi compagni seduti al tavolo, non capendo l'improvviso interesse e animosità nei suoi confronti. Gli sembrava impossibile che ce l'avessero realmente con lui perché si sentivano trascurati, era al limite del ridicolo.

Proprio in quel momento, infatti, Orion alzò gli occhi al cielo, mentre si allungava per prendere la marmellata. “Posso assicurare di persona che Harry passa le serate in camera sua insieme a me o a Tom, e non nella Sala Comune di un'altra Casa a complottare dietro alle spalle di Serpeverde.” disse, spalmandosi per bene una fetta di pane, “Se volete così tanto la sua compagnia, perché non lo dite a Tom? Oh, ma tu guarda, proprio ora non c'è! Che coincidenza!”

E Harry, incredulo, arrivò finalmente a capire il motivo per cui sembravano essersi tutti così improvvisamente impegnati a metterlo sotto i ferri: l'assenza di Tom. Evidentemente lo consideravano sotto la protezione del Prefetto e, ora che non c'era, era come se si fosse aperta la stagione di caccia.

Ma perché in quella Casa non potevano tutti vivere la propria vita come ogni comune cristiano e farsi meno problemi? Evidentemente c'era di mezzo per l'ennesima volta qualche strana dinamica Serpeverde che a lui, come al solito, sfuggiva totalmente.

Quello, comunque, non voleva dire che sarebbe stato loro così facile mettergli i piedi in testa, e se credevano che avesse avuto bisogno della protezione di alcuno per cavarsela avevano decisamente sbagliato persona.

Beh, io sono comunque convinto che il progetto iniziale della divisione in Case fosse di far integrare gli alunni del primo anno e non dividerli, mettendo insieme ragazzini con caratteristiche in comune.” cominciò, fissando l'attenzione su Madeleine, “Lasciarsi inquadrare in uno schema così rigido per i sei anni che seguono mi sembra una scelta idiota: pensate davvero che se venissimo ri-smistati adesso saremmo tutti spediti nelle stesse Case? Volete dirmi che nessuno di voi è cambiato da quando aveva undici anni?”

I Serpeverde continuarono ad osservarlo attentamente senza rispondere, e lui continuò, “Non è poi così difficile pensare che un Grifondoro arrivi a capire quanto è importante studiare e diventi più diligente di un Corvonero, o che un Tassorosso maturi e trovi in se stesso il coraggio di un Grifondoro. E poi parliamoci chiaro, una volta usciti da Hogwarts le persone non vanno certo più in giro con lo stemma della propria Casa appuntato al petto: uno o due anni dopo il diploma, in quale Casa siamo stati conterà ben poco, e sfido chiunque a indovinare sempre quella di chi avrete di fronte, una volta fuori da qui.”

Un interessante punto di vista.”

Harry si voltò di scatto, sorpreso di sentire la voce di Tom provenire da dietro le sue spalle, non avendolo assolutamente visto arrivare.

Il ragazzo era arrivato con la solita grazia felina, silenzioso, e Harry trovò per un secondo sconcertante il fatto che, nonostante avesse passato mesi ad allenarsi proprio su questo genere di cose, non si sarebbe accorto della presenza di Tom se non avesse parlato, sebbene si trovasse in piedi giusto tra lui e Orion. Non voleva pensare a cosa avrebbe detto Malocchio se l'avesse visto.

Tom, intanto, aveva poggiato una mano sulla spalla di Harry e, con un lieve sorrisino compiacente, allargato l'altra in direzione del tavolo, facendo focalizzare l'attenzione su di sé in pochi gesti.

Eppure, Harry, devi ammettere che il sistema delle Case non è solo l'aspetto più caratteristico di Hogwarts, ma è ciò che ne costituisce il fondamento e ne dà un'identità. Esso, infatti, apporta due elementi essenziali per ottenere buone prestazioni dagli studenti: spirito di competitività e senso di appartenenza.” cominciò con tono di voce ben impostato, a metà tra il benevolente e l'irrisorio. Per un attimo, sembrò un professore in procinto d'impartire un'importante lezione di vita a degli studenti che sapeva essere troppo piccoli per capirla.

Il primo è sufficientemente chiaro come possa funzionare – è, dopotutto, considerato una qualità essenziale per raggiungere risultati ottimali in ogni campo, dall'economia allo sport. Uno studente poco stimolato non avrebbe alcun incentivo a dare il meglio di sé: senza la spinta data dalla competizione tra Case e il sistema dei punti, gli insegnanti sarebbero costretti a trovare continuamente nuovi modi per rendere più coinvolgente il programma scolastico al fine di evitare che gli studenti diventino svogliati. Il secondo, invece, non solo fa appello all'orgoglio di far parte di una determinata Casa – la quale diventa a tutti gli effetti una seconda famiglia durante i sette anni di frequentazione – per incentivare gli studenti a guadagnare punti per vincere la Coppa delle Case, ma si appoggia a forse l'unico strumento efficace per tenere a bada un'orda di adolescenti: il loro desiderio di essere accettati.”

Harry non aveva idea di cosa avesse spinto il Prefetto ad iniziare quella specie di arringa, ma era abbastanza sveglio da capire che non fosse certo per rispondere a lui. E pur sapendo che nascosto sotto le belle parole c'era sicuramente un obbiettivo nascosto, per Merlino, non poteva fare a meno di continuare ad ascoltarlo.

Quale migliore deterrente se non la paura di essere esclusi dal gruppo dei propri compagni?” continuò il Prefetto, “Se anche a uno studente non interessasse minimamente la Coppa, ci penserebbe due volte a combinare qualcosa che costerebbe cinquanta punti alla sua Casa se sapesse che avrebbe da fare i conti con la rabbia dei propri compagni. Questo toglie ai Professori il tediante compito di inventarsi adeguate punizioni: perché mai fare tanta fatica, quando i ragazzi stessi sono generalmente più creativi e crudeli di quanto loro non riuscirebbero mai ad essere?”

Tom aveva la completa attenzione del gruppo, e anche Harry – che sapeva di non essere un esperto in fatto di retorica – riusciva ad apprezzare la particolare verve del ragazzo. Certo, sarebbe riuscito ad apprezzarla meglio se Tom non avesse spostato la mano dalla spalla di Harry alla sua nuca a metà discorso, cominciando a tracciare con le dita piccoli cerchi sulla pelle del collo, facendogli scendere brividi lungo tutta la schiena.

Ma torniamo al punto principale – il perché della divisione in Case – e guardiamo le cose dal punto di vista dei Fondatori per un secondo: non è un caso che la fondazione di Hogwarts avvenga nel momento in cui il Mondo Magico comincia a stabilizzarsi nelle forme in cui lo conosciamo oggi. Vi era un impellente bisogno di formare i maghi e le streghe che avrebbero guidato la nostra nascente società, ed erano diversi i ruoli che necessitavano di essere coperti. Pensate per un secondo alle caratteristiche richieste dai Fondatori: per Grifondoro, ad esempio, erano coraggio, lealtà, intraprendenza e una certa dose di impulsività – combattenti, insomma. Perfetti per farne dei cavalieri o, in tempi di guerre medievali, una buona scorta di carne da macello pronta a sacrificarsi per un grande e nobile ideale.”

Qui Tom si fermò un attimo, dando il tempo agli sghignazzi di spegnersi.

Non è difficile trovare determinati ruoli sociali che corrispondano alle caratteristiche delle restanti Case, che vanno ben al di là di semplici differenze di personalità. Ovviamente, dal medioevo ad oggi di cose ne sono cambiate, e le esigenze della nostra comunità – per non parlare del mercato del lavoro – sono mutate con gli anni, lasciando molta più libertà ai singoli individui di decidere sul proprio futuro. Eppure le Case esistono ancora, e ci dividono ad undici anni con lo stesso metodo che usavano i Fondatori. Se esse non sono, in fondo, che l'insieme degli studenti che le compongono, una domanda resta sempre attuale.” Fece una pausa ad effetto, in vista della conclusione, “Quanto siamo noi a darne le caratteristiche, e quanto sono loro ad influenzare le nostre personalità?”

Il silenzio che aveva accompagnato il discorso ci mise un po' a riempirsi nuovamente dei suoni della colazione.

Diavolo Riddle, era per caso un'orazione quella?” esclamò Caleb, “Erano anni che non ti sentivo farne una!”

Harry si guardò intorno, osservando gli studenti più giovani commentare tra loro con sussurri eccitati e alcuni di quelli più grandi fare un cenno con la testa in direzione di Tom, come in segno di riconoscimento. E Harry si accorse che in tutto il discorso di Tom, il Prefetto non aveva mai davvero ribattuto né a lui, né a Rudolf. Ora che ci pensava, gli tornava difficile capire a quale delle due posizioni si appoggiasse la tesi di Tom.

Anzi, qual era stata, esattamente, la sua tesi?

Già, a cosa dobbiamo tutto questo zelo?” domandò Abraxas fissando Tom, alzando un sopracciglio sottile, “Non avrai certo paura che Evans ti rubi il posto sul trono, vero?”

Era chiaro che parole così sfacciate non sarebbero state perdonate a qualcuno meno influente di un Malfoy, ma Tom non sembrò scomporsi, rivolgendogli un sorriso quasi zuccherino.

Oh, certo che no, non ho nulla di cui preoccuparmi in quel frangente.” replicò, per poi voltarsi verso di lui, “Non è vero, Harry?”

E prima che Harry potesse rispondere, due dita sottili gli avevano afferrato dolcemente il mento per sollevargli la testa da un lato: così, senza alcun avvertimento, Tom si chinò e lo baciò di fronte a tutta la scuola.





 




A.N.: ehm, non ho granché da dire, onestamente. So che molti di voi mi davano per dispersa, ma l'Author's Note non è il luogo né per le scuse, né per le risposte ai commenti, e sarà ora che inizi ad usare le nuove funzioni di EFP che rendono possibile rispondere ad ogni recensione. (Sono cambiate un sacco di cose dall'ultima volta che ho postato un capitolo su EFP! Mi sento molto Old School XD)

Per chi ancora non lo sapesse, per sapere se sto ancora scrivendo e/ a che punto sono con il nuovo capitolo, sul mio LJ (http://lien-cinnamon.livejournal.com/) c'è un word count sulla destra. È l'unica cosa che viene aggiornata regolarmente, a quanto pare.

Grazie mille a tutti per le recensioni e le e-mail. Anche se non rispondo quasi mai le leggo tutte, e sono molte volte quello che mi sprona a continuare questa storia. Grazie, sul serio.

Baci,
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