L'angelo nero

di Lady Nix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prefazione ***
Capitolo 2: *** sorpresa! ***
Capitolo 3: *** una notte da incubo! ***
Capitolo 4: *** primi incontri, prime fughe ***
Capitolo 5: *** di nuovo in sieme ***



Capitolo 1
*** prefazione ***


cari lettori e lettrici, spero vi piacci la mia storia,
vi prego di recensire per farmi sapere cosa ne pensate.
qundi buona lettura!



 Prefazione
 
Il cuore mi martellava nelle orecchie il respiro era irregolare e affannoso. Stringevo convulsamente la bambina tentando di calmarla, se non avesse smesso di piangere ci avrebbe trovato, e allora per noi sarebbe stata la fine. Senti uno schianto alle mie spalle. Ci aveva trovato. Iniziai a correre più veloce, i miei tacchi risuonavano sull’asfalto umido e sporco delle strade londinesi. Svoltai per un paio di volte a destra e una a sinistra senza incrociare nessun passante o casa abitata. Ero sola. Era capodanno tutta la popolazione era nelle strade principali e i fuochi d’artificio sarebbero iniziati di li a poco coprendo ogni rumore. voltai di nuovo a destra e mi fermai ero finita in un vicolo cieco cazzo! Girai su me stessa pronta per correre nella direzione opposta, ma era troppo tardi lui era li accompagnato dalle sue guardie. Indietreggiai lentamente finche mi ritrovai con le spalle contro il muro sudicio la bambina piangeva tra le mie braccia tremanti. Dovevo proteggerla era lei la cosa più importante, non era la mia vita, non era la paura delle atroci torture che mi avrebbe inflitto di li a poco. No, il resto non contava, la cosa più importante era lei.
Inizio ad avanzare lentamente verso di noi, strinsi di più la bambina al mio corpo e quando fu a meno di un  passo da me pronto per colpirmi, mi girai su n fianco per attutire il colpo e proteggere la bambina. Fini contro dei secchi dell’immondizia che produssero un suono assordante. Ero sicura di essermi rotta un braccio, ma quel dolore era nulla rispetto a ciò che provavo nel sentir piangere mia figlia. lo senti ordinare a uno dei suoi uomini, strinsi la presa con il braccio sano, ma fu tutto inutile me la starpparono dal petto.
< NO!> urlai< la mia bambina ridatemi la pia bambina>
fui colpita ancora e ancora e ancora sentivo il sangue sgorgare copioso dalle ferite le ossa rompersi sotto i suoi colpi, ringhi tutto intorno a me, ma non sentivo dolore, solo la sensazione di vuoto nelle mie braccia.
Il cielo fu illuminato di mille colori. Era mezza notte e la luce scaturita dai fuochi d’artificio illuminava il volto del mio assassino deformato in una maschera d’odio e ferocia.
Lo sentivo la morte stava sopraggiungendo veloce in sella ad un cavallo alato.
addio piccola mia scusami se non ho saputo proteggermi furono i miei ultimi pensieri coerenti.
furono le ultime parole che sussurrai. Ho credetti di sussurrare.

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Capitolo 2
*** sorpresa! ***


ecco a voi il primo vero capitolo. spero vi piaccia! vi prego di recensire se potete per farmi capire se vi piace e se posso migliorare lo scritto in qualche modo. un bacione a tutti buona lettura!  

Capitolo 1



Sorpresa!
Il mio nome è Chaterin Marì Fair, ma da quando sono nata mi hanno chiamato sempre solamente Marì.
Sono nata a Bordò in Francia, mio padre Andrè e mia madre Sofia sono proprietari di un enorme vigneto a nord della città. Fuori dal centro abitato, lontano dal caos e dalle luci, sembra di essere tornati nell’800.
Si riesce quasi a  percepire nell’aria l’antichità di una città ormai persa nel tempo.
Ho diciassette anni, be quasi, li compirò sta notte mezzanotte e mezza. Non vedo l’ora!
Tutta questa euforia e data dal fatto che i mie genitori mi hanno dato il via libera per la serata. Perciò potrò tornare all’ora che voglio. E i miei amici mi hanno organizzato una serata speciale. Tutto ciò che sono riuscita a sapere riguardo alla serata e che saremo Io, Marco, Giovanni, Armando e Jessica. Il resto dicono che sarà una sorpresa. Si sono raccomandati però di vestirmi comoda niente tacchi o ginocchia scoperte e di portare torcia e guanti.
Be se queste sono le premesse della serata credo proprio che dovrei cominciare a preoccuparmi soprattutto con quei quattro a piede libero. Ma sono troppo euforica per preoccuparmi. Se ci sarà qualche pasticcio farò come ho sempre fatto. Lo affronterò a tempo debito senza fasciarmi la testa prima di cadere- come diceva sempre mia madre- la vita va presa alla leggera.
Questo è sempre stato il mio motto e visto che fino a quel momento aveva funzionato avrei continuato ad affidarmi all’istinto. Anche se questo voleva dire cacciarsi nei guai.
Sono le dieci e mezza, tra poco i ragazzi saranno qui meglio che inizi a prepararmi.
Aprì l’armadio  senza avere un idea precisa di cosa mettermi, e iniziai a scartare tutte le gonne e gli short,  e alla fine decisi di mettere un pantalone verde militare, con le toppe. A vita bassa ma ampi perfetti per un infrazione. Per il sopra una volta scartate la maggior parte delle magliette, perchè bianche o troppo vistose, mi decisi per un top nero e una giacca a maniche lunghe di jeans anche essa verde militare. Leggera, ma abbastanza resistente per non rompersi al primo ruzzolone. Quindi passai alle scarpe, scelta ardua visto che la maggior parte di quelle in mio possesso erano con tacchi alti minimo una decina di centimetri. Alla fine mi decisi per un paio di stivali di pelle nera con borchie e zeppa di sughero alta sette centimetri con  suole in gomma dura. Comodi e resistenti, perfetti per correre e saltare. La suola in gomma attutisce le caduta. Infine passai agli accessori. Anche un abbigliamento da militare se completato dagli accessori giusti può diventare alla moda. Perciò optai per un orecchino cour nuar e una serie di orecchini piccoli, ma a modo loro appariscenti. Una catenina con una croce rovesciata, un filo di trucco e un braccialetto con anello d’argento e onice nera, abbinato alla collana. Anche se dovevo mettere i guanti ciò non voleva dire che avrei rinunciato al mio gioiello preferito. Mi dipinsi le unghie di nero e presi una borsa a tracolla nera piccola, ma abbastanza grande da contenere torcia, guanti e qualche oggetto. Ci misi dentro anche dell’alcol, dei fazzolettini, una fascia e pile di scorta per la torcia insieme al cellulare e a dei codini naturalmente. Mi fidavo ciecamente dei miei amici, ma non si sa mai come vanno a finire certe uscite con loro.
Finiti di fare tutti i preparativi del caso, scesi in cucina ad aspettare l’allegra brigata, e perché no a mangiare un muffin con scaglie di cioccolato.- Ve lo detto che sono una golosona?-.
Appena scesa in cucina incontrai mio padre che si preparava  un panino con hamburger, mostarda, keciup, maionese e sottaceti. Considerando che erano le dieci e mezza e noi avevamo mangiato da meno di un ora lo apostrofai entrando in cucina con un < Ei pà fai scorte per l’inverno?>, naturalmente la sua risposta, come ogni volta che dicevo cosi fu< che ti devo dire piccola sono come un lupo, mangio quando ho fame e dormo quando ho sonno>

mia madre come al solito scelse proprio quel momento per fare la sua apparizione in cucina e disse< se vuoi posso anche darti un cervo per colazione domani>
Mio padre rise e la bacio sulle labbra  dicendo qualcosa a bocca piena che assomigliava ad un < mi pizzica sempre a fare qualcosa di sbagliato> mia madre alzò gli occhi al cielo, ma per il resto lo ignorò. I miei genitori facevano proprio una strana coppia erano gli opposti in tutto, perfino nell’aspetto fisico, ma forse proprio per questo si amavano alla follia. Mio padre proveniente da una famiglia di campagnoli, dove la cosa più importante era essere felici, era un tipo alla buona, simpatico, divertente, molto disordinato e amante della tavola. Era il classico uomo di campagna alto più o meno un metro e  settanta cinque, aveva gli occhi grigi che cambiavano colore  secondo il tempo, i capelli di un nero intenso che portava corti, la carnagione scura, ma non troppo; simile al cuoio. Mentre mia madre proveniva da una famiglia istruita , dove ciò che contava di più era ottenere ottimi risultati accademici. Alta più o meno un metro e settanta, aveva i capelli biondi che al sole diventavano color del grano novello, degli occhi azzurri nei quali come diceva spesso mio padre vi si poteva scorgere il paradiso, e una pelle bianca quasi trasparente. Che al sole sembra risplendere di luce propria, per usare un'altra espressione di mio padre assomigliava ad una rosa bianca sulla quale è caduta una goccia del sangue puro e incontaminato della vergine Maria. Una persona solare, ma anche molto serie e rispettosa delle tradizioni religiose. in somma  simile a mio fratello, ma l’opposto di me e mio padre.  
Mentre me ne stavo li in silenzio a mangiucchiare il mio muffin ancora caldo, mio fratello entrò in cucina inseguito dal nostro cane Rufus che come al solito mi mordicchiava le caviglie. Rufus è un incrocio tra un alano e un pastore tedesco. Quindi e abbastanza massiccio come cane, di un colore simile al marrone sbiadito che mio fratello Stefano continua a definire color cacca. Per quanto riguarda Stefi – è cosi che lo chiamo, perché mi diverto un mondo a farlo arrabbiare-, ha dodici anni è alto un metro e sessanta circa e assomiglia in modo impressionante a mia madre a parte per gli occhi. Grigi come papà. Invece io alta quasi come mio madre avevo i capelli di mio padre, gli occhi di mia madre e la pelle che era un misto tra le due tonalità così contrastanti tra l’oro. Più chiaro del color terra di Siena e più scuro del besc.
Tutto ad un tratto mia madre mi chiese < Ei Marì, allora che fate stasera?>
< non lo so i ragazzi mi hanno detto di vestirmi comoda e non preoccuparmi> meglio sorvolare sulla torcia e i guanti.
< chi siete?>

< io fossi in te mi  preoccuperei con Giovanni e Armando nei paraggi, sono in prevedibili> detto questo alzò gli occhi al cielo. Forse si era ricordata di quando quei due con l’intenzione di fare un falò avevano quasi dato fuoco al giardino, oppure quando con l’intenzione di cucinare qualcosa noi cinque avevamo quasi dato fuoco alla cucina, in quel caso però la tovaglia con la quale avevamo cercato di spegnere le fiamme e   alcune pentole erano restate ferite. Per fortuna in entrambi i casi mio padre ci aveva salvato, improvvisandosi pompiere.
per fortuna prima che aggiungesse qualcos’altro fui chiamate da mio padre che mi informò che i ragazzi erano arrivati. Così salutai, presi le chiavi dalla mensola e mi diressi a velocità super sonica alla porta, per evitare altre domande.

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Capitolo 3
*** una notte da incubo! ***


ecco a voi un nuovo capitolo.
spero vi  piaccia.
perfavore recensite cosi posso regolarmi di conseguenza con la storia.
un bacione : )
e una buonissima lettura!!




Capitolo 2
Una notte da incubo
 
L’aria fredda della sera mi sferzava le gambe fasciate dai pantaloni, mentre scendevo dall’enorme jeep di Giò.
La meta del viaggio era stata per me durante tutto il tragitto un mistero, ma ora mentre guardavo quel edificio a due piani, squadrato che incastonato nella notte buia e fredda, ben si fosse estate, sembrava una breccia temporale proveniente da un oscuro universo. La scuola. La mia scuola, quella che tra poco più di un mese ci avrebbe riaccolti al suo interno, come una madre che tende le braccia ai suoi figli. Quanti ricordi erano legati a quel austero edificio . Dalle noiose e interminabili ore di lezione, alle litigate, al primo bacio. e quante sensazioni rinchiudeva quel posto dalla paura per l’interrogazione, a ciò che si crede amore per il proprio ragazzo, all’’odio, e per quanto mi riguarda a quella sensazione di essere osservata, come se si avesse continuamente degli occhi invisibili puntati a dosso.
mi chiese tutta eccitata Jessica, mentre i ragazzi scaricavano delle borse dall’auto.
<è bellissimo risposi, spettrale, e….. perfetto in somma. Non so proprio come definirlo>le sorrisi.
chiesi un po’ dubbiosa dando un occhiata veloce all’edificio per poi riportare lo sguardo sui miei amici. Armi e Giò iniziarono  a ridere. Facendomi indispettire- non li sopportavo quando facevano cosi- Assomigliavano a due iene. Mentre Marc alzava gli occhi al cielo dicendo a bassa voce,
Mi rivolsi a quei due che erano quasi stesi a terra dalle risate chiesi irritata.
A rispondermi fu Jess. Ci mancava poco che strozzassi quei due imbecilli. < vedi visto che sappiamo che ti piacciono le cosa un po’ …..come posso definirle……inquietanti. Ecco la parola che cercavo, abbiamo deciso di portarti a fare un pic- nik nel posto più pauroso che conoscevamo. La scuola > disse atteggiandosi ad un fantasma. Risi con lei e prendendo la borsa dal sedile posteriore seguì quei due scriteriati di  Armi e Giò verso la rete che delimitava la proprietà scolastica.
chiesi scrutando la rete alta circa due metri. < abbi fiducia> disse Giovanni,    < ci pensiamo noi> lo spalleggiò Armando. Le ultime parole famose, dissi tra me. Marco diede una gomitata a me e Jess sussurrando < o be allora io vado a prendere gli elmetti per proteggerci dall’esplosione> ridemmo tutti e tre insieme facendo indispettire il fantastico duo- come si definivano scherzosamente- che borbottarono all’unisono questo naturalmente scatenò l’iralità generale. Eravamo proprio uno strano gruppo.
Quando Armando che per tutto il tempo della nostra piccola discussione era stato intento a cercare una tronchese nello zaino nero che portava sulle spalle riuscii ad estrarla. Ci risulto facile tagliare la rete quanto bastava per sgattagliolare all’interno della proprietà.
Ci aggirammo per una decina di minuti all’interno del cortile scolastico, era inquietante, ma allo stesso tempo affascinante. Anche se non riuscivo a liberarmi dalla sensazione di essere osservata. Non solo io, ma tutti noi. Non ci badai, era una bellissima notte estiva, la luna piena risplendeva come un faro nella notte, ed io stavo facendo qualcosa di assolutamente illegale. Cosa poteva andare storto?.
Finalmente decidemmo di entrare, la nostra scuola poteva anche avere l’aula multimediale e i laboratori di chimica e biologia all’avanguardia, ma fortunatamente per noi il preside aveva deciso di non istallare nessun’antifurto, ma di chiudere le porte con delle catene. In fondo chi cavolo dovrebbe entrare in un liceo in piena notte e ad agosto?!. A parte noi.
I ragazzi tagliarono le catene e ci  aprirono le porte con un finto gesto galante.
Appena fummo nell’atrio rimasi meravigliata di come i raggi lunari che facevano capolino dalle finestre  disegnando strani ghirigori sui muri rendendo l’atmosfera in qualche modo tranquillizzante, purificatrice, in grado di metterti in pace con il mondo.
Girammo per tutto il piano terra guardando tutte le aule e i laboratori con il solo ausilio della tremula luce lunare e i sottili raggi delle torce simili a cinque fili dorati che si  riuniscono a formare un unico raggio di luce che vuol paragonarsi alla pura energia solare cosi forte e orgogliosa, opposto della luce lunare cosi fragile e cupa portatrice di tenebra e terrore custode delle più antiche profezie e dimora delle più tenebrose creature.
Finito di curiosare passammo al piano superiore li tra le mille aule trovammo una scala che non ci sarebbe dovuta essere, proprio nella nostra aula vi era una scala che portava al piano inferiore. sembrava essere stata staccata da un antico castello medievale i  muri erano in pietra con delle sporgenze a intervalli regolari che servivano a ospitare le fiaccole accese che illuminavano spettralmente i gradini di marmo bianco ricoperti da un drappo di velluto color rosso acceso. Dopo un attimo di silenzio permeato di paura e stupore Jess con voce tremolante disse < ragazzi, ma questa ve la ricordavate??> passo un altro minuto nel quale ognuno di noi faceva congettura e si chiedeva come cavolo era possibile che nella nostra vecchia aula fosse apparsa una scala. Sentì montare in me una strana sensazione che era un mix tra paura, e una sensazione morbosa  che mi spingeva verso le scale a discenderle e ad avventurarmi in un mondo cupo, oscuro.
Mi destai da quelle fantasie non appena avvertì una presenza alle mie spalle e una sensazione familiare mi invase. Era lì non l’avevo sognato giorno dopo giorno. Quegli occhi che per un anno mi avevano scrutata nascosti chi sa dove ora erano lì dietro di me, insieme al corpo dell’uomo a cui appartenevano.
 
 
 
 
Lei era li la  ragazza che per  un anno avevo osservato durante le noiose ore di scuola mentre io Devid l’angelo vendicatore figlio di Gabriel ero costretto a nascondermi nell’oscurità perché avevo osato contraddire il capo supremo. Quello che gli uomini chiamano Dio.
Adesso era lì In tutta la sua stupefacente bellezza. Era piccola appena diciassette anni, ma studiandola una noiosissima ora dopo l’altra avevo imparato a capirla, a vedere oltre l’aspetto che in un primo momento mi aveva catturato i suoi occhi cosi profondi e del color del cielo, i capelli neri come uno zibellino, le sue labbra  rosse e sensuali come un bocciolo di rosa, che quando si indispettisce si increspavano leggermente, o quando si dispiace ricadono all’ingiù in un broncio. In quei momenti ti viene voglia di abbracciarla, confortarla, per far in modo che su quel bellissimo visino a cuore privo di imperfezioni venisse di nuovo illuminato da quel suo sorriso così caldo e angelico da far sembrare la creatura più pura del mondi un vile essere come qualsiasi altro. Molte volte dalle telecamere l’avevo osservata mentre si dirigeva alla tualet, al bar, dalle amiche o nei momenti che mi indispettivano di più per incontrarsi con qualche ragazzo che la baciava rudemente come se fosse un giocattolo e nient’altro.
Guardava all’interno delle scale che portavano nei sotterranei dove era situata la base segreta dalla quale noi guardiani amministravamo la giustizia tra le creature che facevano parte del sottosuolo.
Io ero proprio dietro di loro, ma l’unica che se ne accorse che in un certo senso avvertì la mia presenza fu lei. La mia piccola rosa nera, come amavo definirla tra me e me.
Ci furono dei rumori all’interno delle scale che   richiamarono tutta la sua attenzione. Accidenti! Lucan il nostro capo li aveva avvistati e aveva inviato ad ucciderli dei demoni di livello inferiore.
All’interno del nostro ordine non c’erano molte regole, ma le poche che vigevano venivano fatte rispettare severamente. In fatti le nostre leggi dicevano che gli unici  umani che potevano essere messi a conoscenza della nostra esistenza erano le compagne dei guerrieri maggiori. Cioè di quelli che appartenevano alla mia casta. Tutti gli altri dovevano essere eliminati. I ringhi e i borbottii accompagnati al rumore dei passi sempre più vicini dei demoni fece battere ancora più forte il cuore di Chaterin. Dovevo fare qual cosa, non potevo lasciare che la uccidessero, lei era mia e niente e nessuno me l’avrebbe portata via.
Iniziai a correre silenziosamente e velocemente avvolto dalle tenebre verso la scala secondaria che portava all’ingresso. Dovevo farcela dovevo arrivare da Lucan prima che i demoni arrivassero a lei dovevo chiedergli di risparmiarla perché aveva capito che lei mi apparteneva.
Finalmente David arrivò alla porta appoggio la mano sulla maniglia, e mentre era a metà del movimento da compiere per far scattare il meccanismo di apertura le senti. Senti le urla dei ragazzi, mentre si precipitavano fuori dalla classe e giù per le scale anti incendio verso la libertà.
Doveva sbrigarsi!!  Se lui non fosse stato abbastanza veloce se lei non avesse resistito abbastanza tutto sarebbe finito ancora prima di iniziare. Non poteva permetterlo!  Mentre ricominciava la sua folle corsa David si chiese cosa ci fosse in lei di diverso dagli altri umani. Lui li aveva sempre considerati solamente come bestie. Pasti pronti per essere usati, ma da quando aveva incontrato per la prima volta il suo sguardo attraverso le telecamere un istinto più forte di qualsiasi altro si era manifestato in lui. Lei era sua è questo che gli gridava ogni cellula del suo corpo. Lui il potente, glaciale e temutissimo David dalla fama di feroce e sadico assassino da quando aveva visto quella donna che in confronto ai suoi diecimila anni era solo una bambina aveva incominciato a provare qualcosa. Certo continuava a vedere il resto degli umani sempre allo stesso modo, ma lei, per lei avrebbe fatto di tutto. Pieno di questa consapevolezza corse verso la sala dove si trovava il suo sire e prego -per la prima volta dopo più di ottomila anni-, che ciò bastasse.
 
Sentivo il cuore che mi rimbombava nel petto, pompando sangue e adrenalina al resto del corpo, il respiro forte e in regolare della corsa. Non potevo crederci, come cavolo era possibile che dei demoni, perché è questo che quegli esseri erano. Enormi, uno di loro bastava a bloccare l’entrata del tunnel presente all’interno dell’aula, avevano la pelle di un rosso scuro, le zanne e…..adesso li stavano rincorrendo verso l’uscita. Io ero l’ultima davanti a me c’erano Jessica, e marco, mentre a guidare la fuga c’erano Giò ed Armi.
Dovevamo uscire! di li sentivo i ringhi animaleschi di quegli esseri avvicinarsi. Stavano guadagnando terreno. Cazzo, cazzo, cazzo. Dovevano uscire di li e raggiungere l’auto, e dovevano farlo ora!
La paura che mi pervase quando uno di l’oro mi sfioro la gamba con i suoi artigli neri, fece produrre al mio corpo una gran quantità di adrenalina, che quando entrò in circolo mi diede come una scarica elettrica. Afferrai la mano di Jess e Marc e li trascinai con me. Mi accorsi che altri erano sopraggiunti solo quando c’è li trovammo davanti. MERDA!!!.  Adesso eravamo accerchiati. Ci stringemmo gli uni agli altri per strare il più lontano possibile da quella massa rossa e ringhiante che lentamente, ma inesorabilmente si avvicinava a noi.
cercai di calmare il respiro e ricominciare a pensare razionalmente, perché se ci facevamo prendere dal panico per noi sarebbe stata veramente la fine. ok sta calma Marì…….sono tanti, ma c’è sempre un modo per cavarsela, in fondo è come Resident Evil. Dissi a me stessa, mentre tentavo di mettere a tacere quella vocina dentro di me che continuava a dirmi “sei una stupida Mari! Qui non ci sono armi, piante che ti guariscono o la possibilità di ritornare in vita, .Se muori muori!. “
 
 
Appena arrivato nella stanza all’interno della quale risiedeva il mio signore mi inchinai rispettosamente e dissi. Lucan mi guardò dall’alto del suo trono circondato da bellissime donne, pronte ad offrirsi a lui in ogni momento e ad soddisfare ogni suo desiderio. Un tempo l’aveva invidiato per questo, ma ora non più avevo trovato la mia sposa e niente e nessuno avrebbe potuto separarci. Be… a parte Lui . Infine dopo un attimo di attenta riflessione disse facendo svolazzare il suo mantello di broccato e velluto nero< e sia Devid, prendi la tua donna e ordina di sterminare gli altri>
risposi ossequioso e mi diressi velocemente all’uscita. Adesso che avevo il permesso del mio sire dovevo solo fermare le guardie.
Corse senza sosta seguendo solo il suo delizioso aroma, assomigliava a quello…… non assomigliava a nessun altro era unico e delizioso. Delicato come una rosa, ma allo stesso tempo forte come l’oscurità.
Una rosa nera.
La trovai era nell’atrio della scuola circondata dalle guardie. Nella frazione di secondo in cui la guardai riuscì a scorgere in lei una forza che altri non avevano. Mentre i suoi compagni si stringevano gli uni agli altri tremando, pregando e uno di loro. Un maschio. A chiamare la mamma. Lei sfidava con lo sguardo le bestie che si ponevano di nanzi , mentre di tanto in tanto lanciava delle occhiate all’area circostante cercando una via si fuga.
Devid si rese conto che non poteva affrontarli senza farsi vedere dagli altri umani. Cosi entrò nel bar accanto all’ingresso attento a non essere visto neanche dalle bestie e dopo aveer reciso il tubo del gas collegato alla piccola cucina da campo, si scosto levandosi dalla traiettoria e lanciando l’accendino che portava sempre con se con straordinaria perizia, come solamente lui sapeva fare, diede fuoco al gas provocando un esplosione che distrasse le creature costringendole a rifugiarsi verso l’uscita, dando modo ai ragazzi di fuggire.
 
I demoni o qualunque cosa fossero erano pericolosamente vicini i loro artigli a non più di cinque centimetri dalle loro gambe. Serviva un piano e serviva subito.
Pensa pensa pensa. Ripetevo continuamente a me stessa. Iniziai mentalmente a scartare le varie vie di fuga.
C’era l’uscita  più vicina naturalmente la porta, ma a parte i demoni c’erano le catene e non c’era abbastanza tempo per tagliarle ammesso e non concesso che sarebbero riusciti a scartare gli uomini in nero li davanti.
Poi c’era  la porta nel corridoio a destra, era una delle uscite di emergenza, ed era senza catene perchè era quella dalla quale eravamo entrati. Bocciai anche quel ’idea a parte i ragazzoni qui davanti sentivo ancora quella presenza e avevo già abbastanza problemi di cui preoccuparmi in quel momento. Quindi riflettendo attentamente l’unica via d’uscita accettabile sarebbe stata la porta esattamente alle nostre spalle era a non più di cinque metri nel corridoio sella segreteria ed era senza catene perché avevano pensato di entrare di li, ma noi avevamo optato per fare un altro giretto e l’avevamo lasciata aperta. Si, era l’unica via d’uscita accettabile e col minor numero di rischi. Si perfetto, ma c’era ancora un problemino. Gli stronzi ringhianti davanti a noi. Lo so sono monotona, ma CAZZO!!!!!!.
Neanche il tempo di formulare quel pensiero che si senti un rumore assordante come quello di un esplosione mi riempi i timpani…………….. ed effettivamente era un esplosione.
Il corridoio fu inondato di macerie, fumo e urla. Non so bene a chi appartenessero, ma erano strazianti unite a quei ringhi animaleschi.
Beata innocenza, in quel momento non sapevo ancora che ben presto la mia vita sarebbe stata un continuo turbinio di caos e distruzione.
Presi Jessica la più vicina a me per un braccio e urlai agli altri di correre verso l’uscita . mi assicurai che gli altri corressero tutti davanti a me, in quel momento non mi curai della mia incolunita, ma pensai unicamente a quella dei miei compagni. Sono sempre stata una persona egoista e menefreghista, ma in quel momento mentre gli occhi mi bruciavano per la polvere e il fumo la faccia era imperlata di sudore e sporco l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era tutto, fatemi ciò che volete, uccidetemi torturatemi, ma non toccate nessun membro della mia famiglia.
Ci ritrovammo senza neanche rendercene conto all’esterno l’aria fredda e i capelli ci frustavano il viso durante la corsa, ma noi non c’è ne curavamo , ad un tratto come fossero usciti dal nulla una marea di quei demoni ringhianti ci attacco, fummo sballottati a destra e  a sinistra, venni afferrata per le spalle da uno di loro mentre un altro tentava di intrappolarmi le gambe con le quali continuavo a scalciare.
Riuscì a posare i piedi a terra e roteando su me stessa come mi avevano insegnato al corso di auto difesa riuscì a far perdere presa al mio aggressore, appena fui libera iniziai a correre nella direzione opposta all’auto con i miei due inseguitori alle calcagna. Lo so può sembrare una decisione stupida, ma io ben sapevo che vicino alla palestra c’era un buco nella recinzione che noi ragazzi usavamo per saltare le lezioni. Ero quasi arrivata al vecchio pozzo proprio accanto alla recinzione quando mi si parò davanti.
Era alto almeno due metri, una massa enorme di muscoli e…….. aveva due ali nere.
Istintivamente mi allontanai da lui, volevo mettere più distanza possibile tra me e quel quel......angelo? ma che cazzo stava succedendo è mai possibile che tutte le creature dei film horror avessero deciso di farsi una passeggiatina quella notte?!
Fui intrappolata da due braccia di una forza sovrumana. I demoni, mi ero dimenticata che mi stavano inseguendo, uno di l’oro mi si parò davanti mentre il compagno mi teneva saldamente per le spalle, mi dibattevo, urlavo, gli dicevo che erano degli stronzi dei figli di puttana, ma fu tutto inutile l’ultima cosa che registrai furono le urla dei miei amici e il pugno enorme del demone che si abbatteva sul mio viso facendomi perdere conoscenza.


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Capitolo 4
*** primi incontri, prime fughe ***


Capitolo 3
Primi incontri, prime fughe
Ripresi coscienza lentamente, la prima cosa che senti fu un gran mal di testa, ma a quello preferivo non badarci almeno per il momento, poi mi resi conto di essere distesa in un letto, apri gli occhi lentamente e mi ritrovai in una stanza abbastanza grande illuminata solo dalla flebile luce di un lume posto sopra ad un grande comò di legno scuro situato accanto alla porta. Ero in un enorme letto sarà stato almeno tre piazze coperta da delle lenzuola di seta nera e da un copriletto anch’esso nero, immediatamente capi di avere indosso solamente la biancheria intima. Feci scorrere lo sguardo  per la stanza e riconobbi i miei vestiti posati su una poltrona. Cosi scesi dal letto lentamente e cercando di far il minor rumore possibile mi rivesti alla svelta. Non appena ebbi finito di indossare la giacca la porta si aprì e davanti a me si staglio lo stesso uomo(o meglio angelo) che avevo visto nel cortile della scuola. Restammo in silenzio per un lungo istante mentre ci osservavamo a vicenda. Sembrava contrariato, richiuse la porta lentamente senza distogliere gli occhi dai miei e appena la serratura fu scattata disse con una voce cupa e oscura, nella quale si avvertiva la rabbia crescente appena sotto la superficie < dove credi di andare?>
Era li a meno di un metro da me dovevo trattare con calma stare attenta ad ogni mia parola usare un tono di voce dolce e moderato. Ma naturalmente questo andava contro ciò che ero, contro il mio infinito orgoglio
Cosi risposi con tutta la mia considerevole arroganza guardandolo dritto negli occhi,sorridendo sarcasticamente e facendo mostra di un coraggio che era lontano dall’appartenermi < a fare colazione al bar ti prendo nulla?> lui sorrise alle mie parole. Un sorriso che duro solo un istante e poi sempre soppesandomi rispose questa volta fui io a sorridere. Avevo trovato qualcuno come me. Questo di sicuro non era un bene.
rispose avvicinandosi,  non mi mossi da dove ero per dimostrargli che non avevo paura, anche se sinceramente me la stavo facendo sotto. E poi anche se mi fossi mossa dove sarei potuta scappare all’interno di una stanza chiusa a chiave. L’unica mia possibilità sarebbe stata l’effetto sorpresa. Si avvicino di un altro passo e mi prese il mento con una mano costringendomi a guardarlo in quegli occhi neri come l’ossidiana, ma con striature rosso sangue. inumani.
effettivamente era vero, aveva i capelli pieni di polvere e la faccia sporca di fuliggine, segno che non mi ero sbagliata e che era lui la presenza da cui mi sentivo spiata in continuazione. Strinse di più la sua presa gia salda sul mio mento e disse< vuol dire che ci insaponeremo la schiena a vicenda>
scansai non so come la sua mano e mi diressi con uno scatto repentino verso la porta, ma lui fu più veloce e mi colpi al viso con la mano, cosi forte da farmi cadere sul pavimento. Dalla posizione in cui mi trovavo sembrava più grande, o forse non era solo un illusione visto che  sollevo le sue enormi ali nere che invece di sfiorare il pavimento come pochi attimi prima, ora toccavano il soffitto nello spazio angusto della camera, e mi ringhio, un ringhio basso e prolungato diverso da quelli che avevo sentito nella fuga, ma ugualmente se non più terrificante.
mi intimo la voce inasprita dalla rabbia. La parte più testarda di me mi incitava a rispondergli per le rime e ad affrontarlo, ma questa volta ,per fortuna, l’istinto di auto conservazione fu più forte.
Feci come mi aveva chiesto e questo sembrò calmarlo, infatti abbasso le ali il, e riprese una postura normale.
Eravamo di nuovo uno di fronte all’altra a soppesarci a vicenda. pochi metri ci separavano. Dopo un istante disse con aria arrogante. E si, avevo proprio trovato pane per i miei denti < da me non si scappa ragazzina>
  accidenti al mio caratteraccio! Rise, seriamente divertito all’idea
  e mi fece cenno con una mano. Soppesai l’idea di tentare un'altra fuga mi avverti
ok adesso dovevo seguire il mio istinto e avvicinarmi o la mia testa e tentare la fuga?...........istinto, meglio rimandare la fuga a quando avessi avuto almeno una possibilità. Mi avvicinai lentamente a lui, adesso solo un passo ci divideva. Allungo le mani e prendendo con forza i miei fianchi mi costrinse ad aderire perfettamente al suo corpo. Misi le mani sul suo petto e comincia a spingerlo via < lasciami andare maledetto bastardo>
mi dimenai di più iniziando ad insultarlo, cosi lui strinse di più la presa sui miei fianchi facendomi gemere dal dolore. ripete infastidito
un altro gemito mal represso mi sfuggi dalle labbra. Allento la presa e abbassando lievemente la testa mi sussurro piano all’orecchio una delle sue mani mi scivolo sul sedere, mi costrinsi a restar ferma nonostante tutto. Le sue labbra si posarono lievi sul mio collo, baciandolo lentamente sensualmente. Rimasi rigida un pezzo di ghiaccio. gli chiesi nel tentativo di distrarlo


chiese stupito allontanandosi dal mio collo per guardarmi negli occhi
fece un sorrisetto arrogante e rispose< io so sempre tutto piccola, abituatici> rimasi in silenzio tentando di reprimere la mia rabbia, sarebbe stata decisamente una cattiva idea fallo incazzare giusto?......ma chi sa perché questa rassicurazione non mi faceva prudere meno le mani dal desiderio di fargli il culo. volsi i miei occhi dai suoi, non volevo guardare quello suo sorrisetto arrogante.
chiese tornando a baciarmi il collo e a sfregare il suo corpo contro il mio. Ma si può sapere come cavolo facevo a cacciarmi sempre nei guai? Avvolte mi sembrava proprio di essere una calamita per i guai……ma che dico guaio  non rende bene l’idea questa è una catastrofe. In più non sapevo che cavolo di fine avevano fatto i miei amici.
< allora?> mi incito a rispondere aumentando lievemente la pressione sui miei fianchi. Tornai alla realtà con un batter di ciglia < mia nonna mi chiamava cosi, perciò da quando è morta mi faccio chiamare con il mio secondo nome, Marì>

avevo qualche problemino di concentrazione visto che ero letteralmente appiccicata al suo corpo con le sue mani che mi palpavano il sedere e mi spingevano ancor di più, sentivo la sua eccitazione aumentare, mentre il suo respiro si faceva più veloce al mio orecchio. 
E mentre le sue mani si spostavano sopra la maglia sue e giù dal l’accetto del reggiseno al mio sedere e la sua bocca baciava e succhiava il mio collo, i miei pensieri diventavano sempre più leggeri e sfuggenti, mentre il mio intento di restare ferma e di non assecondarlo diventava sempre più difficile da realizzare.
mi sussurro all’orecchio. Cavolo NO . Non mi sarei fatta scopare come una puttana, mi allontanai bruscamente da lui e lo colpì in pieno volto. Non l’avessi mai fatto i suoi occhi iniziarono a brillare dalla  rabbia, le sue ali si sollevarono facendolo sembrare ancora più grosso, il suo corpo si in rigidi, e le labbra si arricciarono scoprendo i denti e emettendo un ringhio che mi face accapponare la pelle. Gridai terrorizzata da quella vista, tentai di allontanarmi, ma lui mi prese per il collo e mi scaravento sul letto. Ero terrorizzata non feci neanche in tempo a sollevarmi che lui mi fu sopra, mi immobilizzo stendendosi su di me , posizionandosi tra le mie gambe e bloccandomi le braccia sopra la testa. Mi sentivo inerme in balia  di un mostro. Strinse la presa sui miei polsi facendomi male, e con il viso a meno di un centimetro da me disse pieno di rabbia< ti conviene stare attenta ragazzina, so essere di buona compagnia, ma se mi fai arrabbiare ti farò patire le peggiori torture infernali tanto da farti rivedere il concetto di dolore. ci siamo capiti?> strinse ancora di più la presa sui miei polsi, graffiandoli, facendoli sanguinare ripete scuotendomi per dare più enfasi alle sue parole.
dissi con tono arrogante e sfidandolo
finì la frase con un lieve sorriso e avvicinando di più la sua testa alla mia.
affermai decisa
disse e la sua bocca calò con violenza sulla mia. cercai di spingerlo via, ma ero immobilizzata cosi gli morsi la lingua fino a sentire il sapore del sangue. Non appena mollai la presa David rotolò su un fianco premendosi una mano sulla bocca sanguinante
urlo, ma lo senti a mala pena. Corsi verso la porta e l’apri iniziando a correre senza badare alle guardie che mi inseguivano. L’unica cosa a cui pensavo era trovare una via di fuga, perché non avevo paura di ciò che Devid avrebbe potuto farmi una volta presa, bensi dell’attesa. Svoltai a destra in un corridoio e notai delle scale secondarie, pregando che conducessero all’esterno iniziai a salire due gradini per volta.  Sali il più in fretta possibile, sempre con quei demoni alle calcagna. aprì il portello e l’aria fresca della del mattino mi inondò il viso, e la fievole luce del sole che sorgeva mi fece stringere gli occhi. Corsi a perdifiato nel campo arrischiando un occhiata alle mie spalle e vidi…….. niente, non mi stavano seguendo. Non mi fermai a chiedermi perché. Corsi fino a casa, poi lentamente salì per la scala posta sotto la finestra di mio fratello senza far rumore e percorsi il tetto fino alla mia stanza, seguendo la strada che avevo fatto centinaia di volte, quando volevo andare ad una festa oppure se come in questo caso tardavo troppo e sapevo di trovare mia madre in cucina intenta a preparare il caffè per dare la sveglia a mio padre. Una volta in camera entrai nel mio bagno e denudatami feci una lunga e rilassante doccia calda. Usci dal bagno che erano ormai le sette e mezza e visto che alle otto avevo appuntamento con i ragazzi, i quali speravo fossero ancora vivi, mi vestì velocemente con jeans neri, una canotta bianca con schizzi arancioni, delle scarpe chiuse con la zeppa, del trucco leggero e una collana. Dovevo sembrare del tutto normale a mia madre. presi il cellulare che per fortuna non si era rovinato dopo la pazza notte appena trascorsa e scesi in cucina. Salutai brevemente i miei genitori, che essendo ancora mezzi addormentati non mi chiesero nulla della serata e uscì di casa diretta al centro commerciale dove ci sarebbe stato il nostro appuntamento.

 

Non riuscivo a parlare mi doleva troppo la lingua, anche se la ferita era già guarita senza lasciare traccia la sentivo ancora dolorante. Mi diressi velocemente nella stanza delle udienze Lucan aveva indetto una riunione di tutti i caduti . durante il tragitto incontrai Altea la compagna di Stefan lui come la maggior parte dei caduti aveva trovato la propina compagna. Chissà se anche gli altri avevano avuto tutti questi problemi, improbabile sono sicuro che l’unico ad essere stato predestinato ad una compagna così testarda ero io. Entrai nella stanza erano già tutti li mancavo solo io dissi rivolto a Lucan e agli altri caduti, disse con un sorrisetto Dante, un possente angelo, che aveva trovato la sua compagna in Elen una donna Libica dall’aspetto di una fata, spesso mi chiedevo come facesse a sopportarlo. Lucan si schiarì la voce per evitare altri commenti ed evitare che la situazione come sempre sfociasse in una scazzottata di quelle epiche che ti sfondano, noi caduti siamo di indole molto orgogliosi e devoti alla guerra, basta un non nulla per scatenare la nostra furia. < vi ho convocati qui perché ultimamente ci sono state un po’ troppe uccisioni da parte dei dannati in superficie: vampiri, licantropi, goul, spettri, e demoni inferiori di ogni genere cacciano senza ritegno. Questo naturalmente sta destando sospetti in superficie, quindi dobbiamo agire il più velocemente possibile, partirete per le varie parti del globo con le vostre compagne che sono valchirie per metter fine a questa follia dilagante, e dovrete farlo il più in fretta possibile perché se non interveniamo noi saranno inviati degli angeli dall’alto e questo darà vita ad una nuova guerra per governare il mondo e ciò porterà ad un nuovo apocalisse e non possiamo permetterci di aspettare chi sa quant’ altro tempo prima che l’umanità diventi di nuovo cosi corrotta e facilmente governabile da noi.> il silenzio scese nella stanza tutti apettavamo che Lucan dicesse noi i luoghi che dovevano raggiungere e le classi da sterminare. Ci fu un altro istante di silenzio prima che Lucan riprendesse< allora Dante tu con la tua luce ( è cosi che chiamiamo le nostre compagne) ti occuperai dei licantropi nelle ingland, và e partite entro una settimana- Dante lasciò la stanza per adempiere al suo compito- tu Stefan invece con la tua luce ti occuperai dei goul, parti anche tu in settimana- Stefan abbandono la stanza- Bran tu e la tua luce vi occuperete dei demoni trasformisti, ai due settimane, con te verranno Brizo e Norman accompagnati dalle loro luci> i tre abbandonarono la stanza seguiti da Braian che insieme a Cristanna doveva occuparsi dei demoni inferiori in altre parti del globo. Ero rimasto solo nella stanza Lucan si volto a guardarmi annui silenziosamente , cosi Lucan si alzo e sorridendo mentre si dirigeva nelle sue stanze seguito da me disse
<è molto combattiva, forte e orgogliosa,ma riuscirò a piegarla al mio volere e una volta fatto sono sicuro diventerà un ottima guerriera>

annui in segno d’assenso e fermandosi davanti alla porta  dei suoi  alloggi disse < se è stata destinata a te ci sarà u motivo, mostrale il tuo vero io e saprà amarti> rientrò nelle sue stanze mentre io visto che non potevo uscire per colpa del sole mi diressi velocemente verso la sala di addestramento.

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Capitolo 5
*** di nuovo in sieme ***


 Capitolo  4
Di nuovo in sieme
Era piacevole ritrovarsi in quella stanza bianca, con specchi alle pareti vuota tranne per la presenza dargli armadi contenenti armi di ogni tipo. Presi un pugnale intarsiato e con la lama curva cosi affilato da tagliare carne e nervi come burro, e guardando il gioco di luce della lama ripensò a ciò che era successo qualche ora prima con Katerin, Marì si corresse mentalmente. Era stato tutto perfetto lui la stringeva forte coccolandola riversando su di lei il suo amore, e il suo corpo rispondeva a lui. Il suo corpo lo conosceva lo voleva. Sentiva la connessione che c’era tra loro. Sapeva di appartenergli, ma la testa no! Getto stizzito il pugnale verso il manichino. Centro perfetto, dritto al cuore, pensò compiaciuto di se stesso.
Scoccò un occhiata all’orologio, mancano solo due ore al tramonto, sarebbe stato meglio riposare un pò, sentiva che sarebbe stata una lunga e faticosa notte.
 
Era il tramonto ormai è anche se non era un idea geniale mi stavo  preparando ad uscire, sapevo che sarebbe sembrato strano se non l’avessi fatto, e sapevo anche di voler mettere più distanza possibile tra quei mostri e la mia famiglia. Sapevo che mi avrebbero trovata. Non so perché, ma avevo la sensazione che lui stesse arrivando. in più una paura folle mi attanagliava lo stomaco visto che i miei amici non si erano presentati al nostro appuntamento e non rispondevano ai cellulari. Nemmeno i genitori rispondevano.
 Mi vestì velocemente, mettendomi ancora una volta dei pantaloni lunghi, e stivali con la zeppa, almeno cosi se fossi stata costretta a correre non avrei avuto tanti impedimenti. Scesi e scale e salutai i miei con il sorriso più naturale che mi riuscì , ma purtroppo non fu sufficiente.
< sembri preoccupata> disse mia madre. Accidenti!

sbuffai, come se non lo sapessi.
 
Abbozzo un sorriso< meglio essere sicura no?>
< si certo….. ciao gente>.  Uscì in strada e mi diressi il più velocemente possibile al luogo dell’appuntamento,sperando di trovarli.  non mi andava di girare da sola, al buio per strada e in più con uno strano essere che mi dava la caccia. Svoltai l’angolo, quando si parla del diavolo. Appoggiato ad una mercedes nera dall’altra parte della strada rispetto al marciapiede dove mi trovavo c’era lui. Accidenti!! Valutai l’idea di tornare in dietro, ma poi decisi di far finta di nulla e continuare per la mia strada. Avevo fatto appena cinque passi che me lo ritrovai di fronte.
< non si salutano gli amici?> chiese con tono di scherno,
ecco, perfetto farlo incazzare che tattica vincente, come uscire di notte e mettersi delle scarpe alte. Ma a che cazzo stavo pensando quindici minuti fa?

< a si?- chiesi scettica alzando un sopracciglio- non ne ero a conoscenza. Non mi sembra di amarti o di aver mai scopato con te>
Fece un sorrisetto che aveva un non so che di spietato e provocante allo stesso tempo< presto farai entrambe le cose, e non è detto che saranno in quest’ordine.>
Mi guardai in torno,. Quindi facciamo il punto della situazione dissi a me stessa. sono sola , in una strada buia lontana dal centro abitato, con uno squilibrato da film horror alto due metri davanti a me. Che CAZZO faccio?!!.
dissi in tono arrogante, per risparmiare tempo, non so cosa avrei fatto, ma qualcosa mi sarei inventata.
diede a quella frase un inflessione minacciosa , mentre si avvicinava di un passo inchiodandomi con quegli occhi cosi spaventosi e seducenti. Ma che cavolo vado a pensare in un momento come questo?!. Feci istintivamente un passo in dietro. Stava giocando al gatto col topo con me, bene non gli avrei reso le cose facili. Se ricordavo bene nel vicolo alle mie spalle c’era un tombino che conduceva ad una vecchia villa abbandonata, veniva usato nel cinquecento come via di fuga, e la villa era di fronte ad un mercato all’aperto, con centinaia di persone presenti non avrebbe potuto farmi niente. Sorrisi tra me era un piano perfetto.
Fece un altro passo nella  mia direzione, indietreggiai ancora, ero ancora lontana dal punto da cui sarei dovuta fuggire, mi toccava stare al gioco ancora un po’.
fece un sorrisetto

perfetto mancava poco, bastava che lui facesse ancora pochi passi in avanti e sarei potuta scivolare con facilità nel condotto. feci un sorrisetto ironico < non è ho proprio idea . una pizza? Un caffè? Un viaggietto alle Hawaii?> alzò gli occhi al cielo con fare teatrale ecco, un ultimo passo è sarei stata libera mi insospettì <è allora?> chiesi come se fosse una cosa di scarso interesse
O MERDA!!.
< complimenti mi hai catturato. Vuoi un applauso?>
  disse e in pochi secondi mi ritrovai contro il muro alle mie spalle. < voglio qualcos’altro> disse abbassando di due toni la voce e passandomi la mano sul ventre. Fui percossa da un brivido, ma ero più che intenzionata a non darlo a vedere. Scacciai la sua mano con uno schiaffo, e tentai la fuga, ma lui fu più veloce e fui ribattuta con forza contro il muro di mattoni.           disse con un sorrisetto di scherno.< si ora che mi ci fai pensare ho un appuntamento>. provai di nuovo a scansarlo, ma la mia schiena ritrovò la ruvida parete alle mie spalle. Mi stavo riempiendo di lividi!
la voce perfettamente calma e modulata. Valutai per un istante le mie possibilità. Essere fata a pezzi e seguirlo,, o restare integra tenendomi pronta per un'altra fuga?
La seconda suonava infinitamente meglio alle mie orecchie. Perciò rilassai i muscoli abbandonando ogni resistenza. Non che facesse qualche differenza comunque.      
Sul suo viso apparve un sorriso trionfante, e lasciandomi andare disse< ottima scelta ragazzina, le forze ti serviranno più tardi quando dovrai scontare la tua punizione per essere fuggita>
Appunto! Ci mancava solo questo.
Salimmo in macchina e per tutto il viaggio perdurò il silenzio più assoluto, fino a quando lanciandogli l’ennesima occhiata dissi sorpresa< ma tu non avevi le ali?!> immediatamente mi tappai la bocca con le mani, maledicendomi mentalmente per la mia inghiozzia.
Stupida stupida stupida. Ma che avevo in testa? Il nulla?! 
Si con ogni probbabilita era proprio cosi.
Mi scocco un occhiata divertita < posso ritrarle fino a farle diventare semplici tatuaggi. In modo da apparire normale agli occhi degli umani>
è ufficiale stavo tentando il suicidio.
Rise, ma non rispose.  
Che cazzo c’era da ridere.        

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