The Evil Slayers' Guide to the Heavenly

di Doralice
(/viewuser.php?uid=4528)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitoo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note

Questa fanfic farà arrabbiare un po' persone per il solo fatto che esiste, dato che ho 9 long-fic ancora in lavorazione che prometto sempre di aggiornare. Ma vi capita mai di essere sature e non poterne più delle stesse idee? Ecco, io sono in quell'impasse lì, che non sai come spezzare. E così ho pensato che cimentarmi in altri fandom potesse essermi utile a rinfrescarmi la testolina. Quindi – e qui mi rivolgo ai quattro gatti che mi seguono – vi prego, non prendetevela: è anche per voi che lo faccio. Davvero!

L'idea di scrivere qualcosa su TVD è nata sin dalla visione delle prime puntate, ma nel concreto non sapevo bene cosa scrivere, anche perché è già stato scritto praticamente tutto e le idee nuove sono difficili da tirare fuori. Poi le ultime puntate sono state una delusione e, paradossalmente, mi si sono aperte le cateratte della fantasia e ho concepito questa storia. Il titolo è un tributo a The Hitchhiker's Guide to the Galaxy di Douglas N. Adams e la trama, anche se toccherà argomenti seri, è stata ideata per essere semi-comica. L'obbiettivo principale è quello di vedere Damon Salvatore messo alle strette da qualcuno che non può fare fuori come di solito fa con i suoi “problemi”, ma il mio scopo è anche quello di prende per il culo i cliché dei telefilm fantasy, che saranno citati in abbondanza (sia i cliché che i telefilm, intendo).

Dei due personaggi originali che introdurrò, quello di Pas è ispirato in buona parte a Romo Lampkin, un personaggio di Battlestar Galactica che io adoro e che potete vedere in questo video qui (è quello con gli occhiali da sole). Il secondo personaggio vi dirò che faccia ha nel prossimo capitolo.

Per esigenze narrative la storia sarà raccontata da più punti di vista.

Siccome ormai per me è una tradizione, ogni capitolo avrà un link ad una canzone.

Mannagia che papiro! Basta così, ho detto tutto... buona lettura!







Capitolo 1

~

Dove si frega un angelo e si ritrovano vecchie compagnie


Luogo: Seconda sfera Angelica, Coro delle Dominazioni, Asse delle Procure

Tempo: XLII era del piano divino

Cosa dovrei fare io?! –

Hai capito benissimo. –

No, no, no... non se ne parla proprio! –

È un ordine dall'alto. –

Non m'interessa! Ci sono i Custodi per queste cazzate! –

Modera i termini o ti rispedisco a smistare anime. –

Ok, senti, non puoi affidarmi... che ne so? I fratelli Winchester? –

– … –

No, eh? Le sorelle Halliwell...? –

Fai meno la spiritosa. –

Non sto scherzando! Io coi Salvatore non ci voglio avere niente a che fare! –

Forse non ti è chiara la situazione: dopo la tua ultima bravata, lassù sono un po' alterati. –

Sì, be', sono loro che mi hanno voluta qui. Chi gli ha chiesto niente? –

Come ti hanno presa ti possono rispedire al mittente. –

Ah-ah! Bella questa! Sì, proprio carina! Quasi quasi ci stavo... cascando... –

... –

Non era una battuta, eh? –

No. –

Quando comincio? –

~~~

Luogo: Mystic Falls, Virginia, USA

Tempo: 14 maggio 2010, ore 7:22


Buongiorno. –

Elena sussultò tra le braccia di Stefan. Si rigirò nel letto e si guardò attorno confusa: era da sola.

Stefan? – fece con una punta d'ansia.

Dovresti rispondere alla tua donna. –

Si voltò verso il punto da cui proveniva la voce strozzata: il suo ragazzo stava tenendo contro il muro un uomo.

Chi sei? – lo sentì ringhiare.

Ah, andiamo Salvatore, non sono passati neanche trent'anni... – si lamentò l'uomo.

Elena si avvolse nella coperta, si alzò dal letto cauta e si mosse verso la porta.

S'immobilizzò appena sentì l'intruso dire: – Accidenti, è identica a lei. –

Osservò la scena atterrita: un altro tirapiedi degli Antichi? Ma non dormivano mai?

Oh, cos'è, una rimpatriata? –

Elena trasalì e si voltò verso Damon: come al solito le era sbucato alle spalle silenzioso come un gatto.

Chi è? – gli chiese.

Lui alzò le sopracciglia e la superò: – Uno che mi deve un sacco di soldi. –

Sei venuto a saldare, Pas? – fece avvicinandosi ai due.

A sentire quel nome, Stefan mollò immediatamente la presa sul collo dell'intruso.

Pascal? – lo sentì sussurrare stupito.

Eh... – sospirò l'uomo accasciandosi contro il muro.

Damon gli tese la mano e lo aiutò ad alzarsi, solo per sbatterlo nuovamente contro il muro.

Dove sono i miei soldi? – cantilenò seccato – Dall'83 si sono accumulati un po' d'interessi. –

È sempre un piacere, Damon. – sghignazzò lui.

Un rumore sordo e il vampiro dovette deviare dalla traiettoria di un paletto. Stefan scattò in avanti per separarli e il fratello si allontanò con uno sbuffo.

Qualcuno mi vuole spiegare? – intervenne Elena, stringendosi in un angolo.

Tre paia di occhi si piantarono su di lei. O meglio, due paia di occhi e un paio di occhiali da sole.

Sul serio, ragazzi. – disse il nuovo arrivato abbassando gli occhiali sul naso – Dove l'avete pescata? –

Non credo che siano affari... –

Pas, lei è... –

Un delizioso rimpiazzo. –

I due fratelli ammutolirono e si lanciarono un'occhiataccia. Elena guardò Damon con la sua migliore smorfia di disgusto.

Ah! – l'uomo batté le mani – Quanto mi mancavano le vostre zuffe! –

La ragazza fece un passo indietro quando lo vide avvicinarsi.

Pascal Serrault. –

Sorriso sghembo e mano tesa. Doveva ricambiare? Elena guardò con diffidenza l'uomo senza età che le stava davanti e scambiò una breve occhiata con Stefan. Il vampiro annuì e capì che poteva stare tranquilla.

Elena Gilbert. –

L'uomo inclinò la testa di lato e la osservò incuriosito, per quel che poteva vedere attraverso le lenti scure.

Quei Gilbert? I fondatori di Mystic Falls? –

La mia fu una delle famiglie fondatrici, sì. – aggiunse, un po' spaesata da tutto quell'interesse.

Be', tecnicamente è una Gilbert, ma suo padre è lo zio e sua madre... lascia stare, è peggio di Beautiful. – disse Damon, guadagnandosi la seconda occhiata omicida della giornata – Che c'è? È vero! –

Ma i Gilbert non sono di origine bulgara. – commentò Pascal – Insomma, la sua somiglianza con Katerina è... –

Ehi! Io sono qui. – sbottò Elena irritata – Potreste evitare di parlare come se non ci fossi? E vi sarei grata se la piantaste di ripetere che assomiglio a lei. –

Detto questo, diede un'ultima, feroce occhiata ai presenti, e uscì dalla stanza con cipiglio offeso.

Calò il silenzio. I passi di Elena scemarono lungo le scale e i tre la sentirono entrare nel vasto soggiorno, afferrare il suo cellulare e digitare un numero.

Allora. – Pas si voltò verso i due vampiri – Che ci fa il doppelgänger di Petrova nel maniero dei Salvatore? –

Non girarci intorno. – disse Stefan serio – Dicci perché sei qui, per favore. –

Damon si sbracò sul letto: – Sì, Pas, per favore. –

~~~

Luogo: Seconda sfera Angelica, Coro delle Potestà, Asse della Storia

Tempo: XLII era del piano divino


Non posso credere che abbiano scelto te. –

Lasciamo stare, va. –

No, davvero... hai tutta la mia comprensione. –

Grazie. –

Dunque, immagino che ti serva tutta la loro vita. –

Tutta. Dal primo vagito ad oggi. –

Di...? Quanti ne hai? –

Ho qui la lista. –

Uhm... Alaric Salzman, Caroline Forbes, Tyler Lokwood... Bonnie Bennett? Conosci già la sua famiglia. –

Non sono aggiornata, un ripasso mi farebbe bene. –

Ok... ma Petrova e il suo doppelgänger? Anche loro? –

Tsè! Secondo te perché mi mandano lì? –

Ma la conoscono tutti quella storia, dai! Trevor l'ha raccontata a mezzo Inferno. Povero stupido... –

Siete dei fottuti manipolatori, lo sai? Almeno da morto potevate dirgli la verità, che cavolo! –

Un'anima dannata innamorata è una palla, un'anima dannata incazzata può diventare una vera rottura. –

... –

Non guardarmi così: le regole sono regole. –

Sempre saputo che era tutta una puttanata quella sull'amore. –

Se ti sentisse Shemaniel... –

Quel cretino lo sa perfettamente cosa penso di lui e della sua “virtù”. –

Adesso capisco tante cose. –

~~~

Luogo: Mystic Falls, Virginia, USA

Tempo: 14 maggio 2010, ore 8:41

Piuttosto mi faccio arrostire al sole. –

Stefan alzò gli occhi al cielo all'ennesima dimostrazione diplomatica del fratello.

Elena era andata a lezione e questo lo confortava: era meglio se quel discorso non lo facevano davanti a lei. In un momento del genere ci mancava solo che si mettessero in mezzo personaggi come Pas.

Dovremmo per lo meno stare a sentire quello che hanno da proporci. – suggerì cauto, mentre offriva da bere all'ospite.

Te lo dico io cos'hanno da proporci. – Damon lampeggiò uno sguardo minaccioso verso Pas – Un paletto nel cuore a fine missione. –

Mi spiace deluderti, ma la dipartita dei fratelli Salvatore, per quanto sia allettante, non è in cima alla lista delle nostre priorità. – replicò l'uomo, sorseggiando il suo whisky.

Senza offesa, eh. – aggiunse rivolto a Stefan.

Lui sorrise appena, alzando il bicchiere nella sua direzione.

Il fatto è che, sai, l'avere un ammazza-vampiri prezzolato dalla Chiesa in mezzo ai piedi... ho come una strana sensazione, non so proprio perché... aspetta, forse... oh! – schioccò le dita e finse un'espressione illuminata – Già, io sono un vampiro! –

Volete salvare il culo alla vostra principessa, sì o no? – insisté Pas versandosi dell'altro whisky.

Stefan si affrettò a rispondere: – Certo che... –

Siamo in grado di gestire la situazione. – lo interruppe Damon con aria pericolosamente tranquilla – Grazie. –

Quindi immagino che il rapimento di Elena da parte di Trevor, giusto dopo che era scampata ad un incantesimo che stava per farla fuori, sia classificabile come “banale incidente”. –

La sala si fece pesantemente silenziosa. Stefan abbassò lo sguardo e Damon si scolò il suo whisky con espressione infuriata.

Al momento abbiamo tutto sotto controllo. – spiegò Stefan in tono calmo – Stiamo elaborando un piano e... –

Pas strozzò una risatina.

Scusa... – tossì – scusa... è che davvero, Steve, non hai mai saputo mentire. –

Ma parlatemi del piano, sì. – aggiunse con una smorfia di compatimento – Se si può chiamare “piano” fidarsi dei Elijah e aspettare pacificamente che arrivi Klaus. Per non parlare di quel cretino di John Gilbert e del branco di sacchi di pulci. Quelli come volete gestirli? –

Damon strinse gli occhi: – Sei ben informato. –

Stefan gli lanciò un'occhiata preoccupata: si stava irritando.

Nessuno si fida di Elijah, né di John. – spiegò deciso – E la questione dei licantropi per ora è sistemata. –

Pas ripeté tra sé “per ora” in un tono che a giudicare dalla smorfia di Damon dovette aumentare ulteriormente la sua irritazione.

Quanto a Klaus, concorderai sul fatto che adesso non possiamo fare molto. – continuò Stefan – Se si farà vivo per tentare di prendere Elena, noi lo affronteremo e lo fermeremo. –

Pas si portò le mani al petto: – Oh, ma quanta nobiltà! –

Non sapete con chi avete a che fare. – aggiunse improvvisamente serio.

Un Antico. – intervenne Damon stancamente – Sì, abbiamo studiato: il più antico degli Antichi, il pezzo grosso, il grande capo, il più fico di tutti... bla bla bla. Be', c'è sempre il modo di fare fuori il boss finale, no? –

Pas sogghignò: – O di finire in game over. –

Damon guardò il fratello e scosse la testa con aria incredula.

Stefan sorrise a Pas: – Ci stai sottovalutando. –

Mi fa piacere che siate così positivi! – esclamò gesticolando allegramente – Davvero, è questo lo spirito giusto. Peccato che siate destinati a crepare miseramente. –

Damon schioccò la lingua: – Lo accompagni tu alla porta o gli stacco la testa io? –

Stefan fece un cenno all'ospite e si avviarono all'ingresso.

Ci parlo io. –

Sì, e come sempre sarà tempo perso. – gli diede una pacca sulla spalla – Grazie comunque Steve. Nel caso mi trovi da Salzman. –

Stefan lo guardo sorpreso: – Alaric sa di te? –

Chi credi che gli abbia insegnato tutte quelle cosette? – replicò lui, spingendo gli occhiali sul naso e uscendo all'aperto.

La porta si richiuse alle spalle dell'uomo e Stefan vi si appoggiò contro, scotendo la testa con aria affranta. Il discorso di Pas non l'aveva convinto, ma sapeva che avrebbe potuto essere un alleato prezioso e non voleva lasciare intentata alcuna strada – non quando si trattava di Elena. Adesso lo aspettava una lunga, estenuante conversazione con quel muro di gomma di suo fratello.

Lo stai facendo per Elena... lo stai facendo per la donna che ami... si ripeté per farsi coraggio.

Levati dalla faccia quell'aria drammatica e richiamalo. –

Stefan alzò lo sguardo verso Damon e lo osservò con palese perplessità.

Si tratta di Elena. – sbuffò prima di girare i tacchi e scomparire nella cantina.

Quella piega era decisamente nuova. E come succedeva sempre quando Damon faceva qualcosa di apparentemente inspiegabile, Stefan si ritrovò a chiedersi con una certa apprensione cosa mai stesse tramando.

~~~

Luogo: Seconda sfera angelica, Coro delle Virtù, Asse della Materia

Tempo: XLII era del piano divino

Oh, chi si rivede! Era da un po' che non passavi da queste parti. –

... –

Cos'è quel broncio? –

Quanto ci godi a vedermi in crisi? –

Mi stai attribuendo sentimenti che non posso provare, tesoro. –

Seh... come se non vi conoscessi... –

Così mi ferisci! –

Saltiamo i convenevoli e datemi questo corpo. –

Sei fortunata, siamo riusciti a recuperare quello originale. –

Ma non mi dire. –

Sei tu che hai rotto tanto l'ultima volta. –

Già, be', era solo uno sfizio. –

Bugiarda! Dillo che ti ci sei affezionata. –

Lo saresti anche tu se fosse il corpo con cui sei nato, ma tanto... –

Tanto non posso capire... sì, sì, già sentita. –

Fidati: essere stati umani una volta, ti segna. –

Questo spiega molte cose. –

... –

Che c'è? –

Hai parlato con Rezahel? –

... –

Ridi, ridi... non vedo l'ora lasciare questo covo di pettegoli, Cristo! –

Ehi! –

Ops... –

~~~

Luogo: Mystic Falls, Virginia, USA

Tempo: 14 maggio 2010, ore 15:12

Quindi tu sei una specie di mezzo vampiro? –

Pas sorrise ad una Caroline particolarmente curiosa.

Diciamo di sì, chéri. –

Lei alzò le sopracciglia e rise, sinceramente compiaciuta da quell'appellativo carino.

È per questo che porti gli occhiali da sole? – indagò Jeremy tutto interessato – Puoi sopportare la luce, ma ti dà fastidio? –

Pas annuì, scatenando una valanga di domande da parte del ragazzo.

Mi ricorda qualcuno. – disse d'un tratto, scambiando un'occhiata divertita con Alaric.

Da quanto vi conoscete? – chiese Bonnie.

È stato il mio professore di storia al liceo. – fece l'uomo gioviale – Certo, allora non immaginavo che fosse un dampiro e che cacciasse creature oscure per hobby. –

Caroline trattenne una risata: – Avrei voluto vedere la tua faccia quando l'hai scoperto! –

Oh, da qualche parte dovrei avere una foto. – scherzò Pas.

Ci siamo tutti? –

Si voltarono verso Stefan con un “sì” generale.

Elena uscì dal coro: – No. Dov'è Damon? –

Stefan fece un sorrisetto: – Nessuno arriva dopo la regina. –

La voce di Damon arrivò dal piano superiore: – Lascia le battute al fratello dotato di humor. –

Benvenuti alla prima riunione del Comitato per la Salvaguardia dei Doppelgänger. – continuò sprezzante, mentre scendeva le scale – Pensa al futuro, adotta anche tu un doppelgänger. –

Salva la doppelgänger, salva il mondo. – scherzò Jeremy.

Elena lo ammonì: – Tu guardi troppa tv. –

Ehi, ho 15 anni. – si difese.

Appunto, che ci fa qui? – intervenne Damon.

Non cominciare, tu, ne abbiamo già parlato. – replicò Elena.

I due presero a battibeccare, sotto lo sguardo esasperato di Stefan.

È sempre così? – chiese Pas, osservando la scena con interesse.

Oh, no. – fece Alaric – Oggi li hai trovati di buonumore. –

Affascinante. –

Caroline rise ancora, il che visti gli ultimi eventi della sua vita era un toccasana. Quell'uomo era divertente: le importava poco che avesse 300 anni e di mestiere ammazzasse quelli come lei. E poi, chiunque fosse amico di Stefan e volesse aiutare Elena, ai suoi occhi aveva già guadagnato mille punti.

Un lieve movimento attirò la sua attenzione. Bonnie si era voltata verso l'ingresso e fissava la porta.

Ehi, – la chiamò piano – tutto ok? –

La strega annuì lentamente.

Sta arrivando qualcuno. – sussurrò, gli occhi incollati alla porta come se dovesse esplodere da un momento all'altro.

Non era la prima volta che la sua amica andava in trance e aveva un presentimento. E di solito non comportava niente di buono. La scosse delicatamente per farla tornare in sé: Bonnie batté le ciglia un paio di volte e ripeté a voce alta quello che aveva detto, attirando l'attenzione degli altri.

Il silenzio che si era improvvisamente creato venne spezzato dal sonoro scampanellio della porta. Tutti gli umani presenti trasalirono.

Oh, sì! La streghetta è promossa. – saltò su Pas, dando un buffetto alla ragazza.

Caroline seguì attenta lo scambio di sguardi tra Bonnie e i fratelli Salvatore: sembrava che non ci fosse niente di cui preoccuparsi, ma per buon conto Stefan si avvicinò ad Elena e fece un cenno col capo a Damon.

Da quando sono stato degradato a maggiordomo? – borbottò lui allargando le braccia.

Ma si stava comunque avviando all'ingresso. Quando c'era di mezzo Elena, i fratelli Salvatore diventavano dei cuccioli servizievoli. Fino a qualche tempo fa Caroline ne era stata invidiosa, ma adesso guardava la sua amica con compatimento. Essere oggetto di contesa di due vampiri? No, grazie. Non l'avrebbe augurato a nessuno.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Note

Grazie a tutte per le recensioni! In un fandom così esteso non me ne aspettavo già quattro al primo capitolo, quindi mi ritengo soddisfatta!

Questa fanfic è praticamente tutta ideata, devo solo metterla per iscritto e, strano a dirsi, i capitoli più difficili saranno i prossimi due, quindi mi scuso in anticipo se ci metterò un po' a pubblicarli.

Intanto eccovi il secondo capitolo e la mia Nora. In questa foto mi piace una sacco perché mi ricorda l'iconografia degli angeli leonardeschi, col dito puntato verso il cielo. Ok, chiusa parentesi pseudo-artistica...

Buona lettura!







Capitolo 2

~

Dove si scoprono (mica tutte) le carte


Arrivare lì, suonare il campanello e aspettare pazientemente. Non era così difficile, dai. Eppure ci aveva messo un po' a decidersi e, così come lei aveva percepito la strega, la strega doveva aver percepito lei. Fantastico: adesso avrebbe ottenuto un'indesiderata entrata ad effetto.

Sentì i passi di qualcuno provenire dall'interno del maniero e il cuore prese a batterle furiosamente. Si portò una mano al petto: strana sensazione sentire di nuovo quel tum-tum dopo 105 anni.

Fa che sia umano, fa che sia umano...pregava con ansia crescente.

Non era esattamente pronta per affrontare di nuovo dei vampiri. Gli altri l'avrebbero presa per il culo in eterno, ma – che diamine! – la sua virtù non era il coraggio. Proprio no.

La serratura scattò, la porta si aprì e sull'ingresso di stagliò la figura di Damon Salvatore. Strinse le labbra e alzò gli occhi al cielo, in un muto insulto ai suoi superiori: la faccenda non stava iniziando bene. Per niente.

~~~

La ragazzina davanti a Damon avrà avuto sì e no l'età di Jeremy. La studiò per un attimo con aria perplessa: zazzera di corti capelli rossi, grandi occhi nocciola, una valanga di lentiggini e l'aria di chi si era ritrovata lì chissà come. Che fosse stata soggiogata?

Ehr... Damon Salvatore?

Damon si produsse in una delle sue pittoresche espressioni da cinema muto che riuscivano a condensare un intero discorso in una smorfia e mezza. In questo caso: “Certo che sono Damon Salvatore, non si vede? Chi sei tu, piuttosto? E spero per te che abbia un valido motivo per aver abusato della mia attenzione”.

La ragazzina annuì ed esitò, come se stesse cercando le parole. La già poca pazienza di Damon iniziò ad affievolirsi.

Posso parlare con Stefan?

Il vampiro strinse la mascella, reprimendo la solita, fastidiosissima sensazione di essere il fratello sfigato.

È in riunione, prenda un appuntamento.ribatté seccato, facendo per chiudere la porta.

È importante, si tratta di Klaus.

Questa poi...

Damon spalancò la porta e l'afferrò per un braccio, la trascinò dentro e richiuse la porta. Il tutto in due secondi netti.

Stai giocando col fuoco ragazzina.

Per reazione lei si strinse nelle spalle e si rannicchiò contro il muro dell'ingresso, tentando di sfuggirli.

Oh... ehi, non arrabbiarti, ho solo bisogno...

Io ho bisogno che tu mi dica che diavolo vuoi. – la interruppe.

Ma se potessi parlare con tuo fratello...

La gioventù d'oggi... – sospirò nervoso – E chi ti ha detto di darmi del “tu”? Diosanto, sei solo una bambina!

Ah... non volevo... mi dispiace signore. Mi scusi. balbettò lei trattenendo una risatina – Sì... potrei vedere il signor Salvatore, adesso? L'altro Salvatore. Suo fratello. –

Damon si chiese di cosa si fosse fatta quella sciroccata di Bonnie per prevedere l'arrivo di quell'inutile essere petulante. Stava considerando come levarsela di torno sbrigativamente, ma prima doveva per lo meno scoprire chi era e come faceva a sapere di Klaus. Doveva soggiogarla e farsi dire tutto. Dopo ci avrebbe banchettato.

Adesso io te faremo una chiacchierata. –

Ah,alzò un dito con l'aria dubbiosa non credo che...

Nora?!

Damon si voltò: Pas li stava guardando esterrefatto. Si era persino tolto gli occhiali da sole.

Pascal?disse lei con una vocetta stupita.

Li guardò a turno senza capire. Poi lei si divincolò dalla sua stretta e corse incontro al dampiro.

Brutto figlio di puttana!esclamò saltandogli al collo.

Damon osservò la scena che seguì con crescente confusione. Stava per soggiogare e nutrirsi di una ragazzina rompicoglioni che probabilmente sapeva troppo, e un attimo dopo il suo pasto si scambiava amichevoli pacche sulle spalle con il suo (poco gradito) ospite.

Cosa ci fai qui, uccellino?

Cosa ci fai tu qui?ribatté lei – Non eri appresso a Constantine? –

Quel paranoico di John? Per carità! L'ho mollato mesi fa.

Gavriel non lo sopporta!

E figurati io! Ora mi hanno assegnato ai Salvatore.

Ma va?! Anche a me!

Che sta succedendo?intervenne Stefan.

Tutti gli altri stavano facendo capannello attorno a loro, incuriositi dal casino. Damon si fece affianco al fratello, con le braccia incrociate e l'umore che virava al nero.

Succede che Pas se la fa con le ragazzine.

Questa ragazzina ha 125 anni.lo rimbeccò lui, circondandole le spalle.

È comunque una mocciosa in confronto a te.sogghignò il vampiro.

Qualcuno lì mentiva. O Pas stava barando sull'età o la ragazzina sapeva nascondere bene la sua natura, perché il suo odore era inconfondibilmente umano.

Caroline lo risvegliò dalle sue elucubrazioni con un sarcastico: "Da che pulpito". Damon le lanciò un'occhiata di sufficienza.

Pas, vorresti presentarci la tua amica? lo invitò Stefan.

Posso? la ragazza annuì e lui si schiarì la voce Bene. Vi presento Eleonora Lath... Luati... non ho mai capito come diavolo di pronuncia!

Lautnitha.gli venne in soccorso E non hai ancora sentito l'altro nome!

Ma potete chiamarla Nora. Giusto?aggiunse Pas allegramente.

Si scambiarono un'occhiata comica, borbottando sì, meglio”.

Ed è...?chiese Stefan.

Un angelo.

Tutti si voltarono verso Bonnie, che osservava la nuova arrivata con occhi spiritati. Damon fece una smorfia che palesava quanto la ritenesse fuori di testa.

Non esistono gli angeli. – scandì come se parlasse a degli idioti.

Fino a un paio di settimane fa non esistevano neanche i licantropi.gli fece notare Alaric.

A vedere l'atteggiamento degli altri, Damon aveva già capito di avere tutti contro. Presentarsi a degli sconosciuti come un emissario divino e ricevere fiducia immediata: doveva segnarselo.

E dove sono le ali?chiese sarcastico.

Le ho lasciate nel cassetto del comodino.intervenne Nora con aria sfrontata.

Damon piantò gli occhi su di lei. Entrava in casa facendosi annunciare dalla strega ed era amica di Pas: erano elementi sufficienti per indurlo a fanculizzarla.

Hai detto che sai qualcosa di Klaus. Parla e poi sparisci.

Era una balla.ammise lei facendo spallucce Mi serviva una scusa per entrare.

Pas si finse scandalizzato: Non si dicono le bugie!

Damon non era dell'umore. Per la precisione, si era veramente rotto le palle, come disse al fratello.

La riunione è finita, andate in pace.annunciò prima di sparire.

~~~

Nora ringraziò Elena per il the che le stava porgendo e si rivolse a Stefan.

Tuo fratello è esattamente come lo immaginavo.

Il vampiro non seppe cosa rispondere, per cui si limitò ad esprimere tutta la sua costernazione per il comportamento di Damon attraverso una delle molteplici parafrasi di scuse che aveva collaudato in 145 anni.

Ricevuta la sua tazza di the, Bonnie si fece coraggio e sedette accanto a Nora. Era inesplicabilmente incantata da quella ragazza. E anche se sapeva – sentiva – che era quello che era, non riusciva proprio a capacitarsene.

Jeremy diede voce ai suoi dubbi: Come puoi essere un angelo?

Nora aprì la bocca per rispondere.

Attenta,l'ammonì Pas quello non ti molla più!

Ero umana prima.spiegò Nora, guardando il ragazzo divertita.

Prima di cosa?chiese Caroline.

Prima del sacrificio.

Bonnie si rese conto di aver parlato solo perché adesso la stavano guardando tutti. Di nuovo. Detestava quando facevano così.

Per chi ti sei sacrificata?le chiese Elena.

Nora si strinse nelle spalle e lanciò un'occhiata a Pas, a disagio.

È una lunga storia.disse sorseggiando il suo the Comunque... lassù è piaciuta molto e così, ta-dan! Ecco a voi la Virtù del Sacrificio.

Lo diceva come se niente fosse, ma Bonnie sentiva provenire da lei un insieme di sensazioni contrastanti. Ed era qualcosa che aveva l'impressione di aver già sentito.

Come faccio a sentirti così bene?le chiese confusa Di solito devo toccare la gente per percepire certe cose.

Tu sei una strega e io un angelo incarnato: non è che ci s'incontri tanto spesso!

Dimentichi la parte interessante: Nora era amica di Corinne Bennett – aggiunse Pas – Una tua antenata, Bonnie.

La ragazza girò lo sguardo dall'una all'altro, incredula: Mi prendete in giro? Anche tu eri una strega?

Apprendista strega. – precisò cauta – Mia madre ed io siamo scappate dall'Europa nel 1889. Corinne ci ha accolte e per un po' siamo riuscite a vivere tranquille da queste parti.

Dunque la sua trisavola aveva aiutato delle streghe in fuga e una di queste era diventata un angelo in circostanze misteriose. Se solo ci fosse stata la nonna per raccontarle tutta quella storia incredibile!

Da cosa scappavate? chiese Alaric.

Da chi. precisò lei con riluttanzaAvevamo pestato i piedi a un paio di Antichi.

Oh,Elena fece una piccola smorfia benvenuta nel club.

Nora la osservò attentamente: Accidenti, sei davvero...

Uguale a lei, sì, lo so.mugugnò rabbuiandosi.

No,scosse la testa e rise no, tu sei completamente diversa! La tua aura è così limpida e...

Tu riesci a vedere l'aura delle persone?intervenne Jeremy.

Nora agitò una mano: Lo sanno fare tutti gli angeli, ce l'abbiamo di default.

Che altro sai fare?le chiese interessato.

Ci risiamo...borbottò Pas.

Nora ridacchiò divertita.

Non molto: in forma umana le mie capacità sono limitate. E la mia missione è solo quella di proteggervi.

Ma avrai qualche potere fuori dal comune, no? insisté.

Tuo fratello è sempre così ficcanaso? chiese ad Elena, che si limitò a guardarla con un'espressione di muta scusa.

Posso creare barriere protettive, guarire le ferite inferte da creature oscure, amplificare le potenzialità... contò sulle dita cose così, insomma.

Tutto a beneficio degli esseri umani, ovviamente.precisò guardando Stefan.

Avevo immaginato che noi anime perdute fossimo escluse dal privilegio.commento ironico.

Nora scrollò le spalle: Le regole non le faccio io.

E quando sei in forma angelica cosa puoi fare? chiese ancora Jeremy.

Nora posò la tazza vuota e sospirò: Un sacco di cose noiose.

Del tipo?

Del tipo essere in più luoghi contemporaneamente...

Hai il dono dell'ubiquità?!saltò su Caroline Che cosa fica!

Altroché se è fico! esclamò Pas, scambiando un'occhiata d'intesa con Nora – Ma preferisci il teletrasporto, no? –

Oh, sì! Per non parlare della telecinesi e dei... zin!portò le mani davanti agli occhi e agitò le ditaRaggi laser dagli occhi!

Bonnie li guardò scettica: se pensavo che si bevesse quelle idiozie avrebbero dovuto metterci più impegno. Gli altri ci misero un po' a capire che li stavano prendendo per il culo.

Puoi entrare Damon.disse Stefan in tono canzonatorio.

Il vampiro fece il suo ingresso nella sala, le mani ficcate in tasca e l'aria sfrontata di chi cerca di camuffare di esser stato beccato in pieno. Caroline e Jeremy trattennero una risata, Alaric alzò gli occhi al cielo. Lo scambio di occhiate tra i Salvatore fu alquanto eloquente.

Sono il maggiore,si difese portandosi una mano al petto devo controllare chi mi porta in casa quello scapestrato di mio fratello.

Sopratutto se si beve la storiella dell'angelo caduto in volo. aggiunse squadrando Nora.

Bonnie ebbe l'istinto di friggergli i neuroni, ma venne trattenuta Elena. Pas ebbe la bontà d'interrompere il momento di tensione.

Allora!si batté le mani sulle cosce Vogliamo parlare di cose serie?

~~~

Alaric si fece rapidamente due conti: in quella sala c'erano tre vampiri, una doppelgänger che era la chiave vivente per la libertà delle peggiori creature oscure, una strega, un angelo incarnato, un dampiro che faceva il Van Helsing per la Chiesa e due umani resi immortali da degli anelli incantati.

Gli X-Men ci fanno una pippa!

Partiamo da un presupposto semplice. – iniziò Pas – Klaus verrà qui a reclamare Elena, noi dobbiamo fermarlo: semplice, lineare.

Perché vi sta tanto a cuore questa faccenda?intervenne Damon Voglio dire... scomodare persino un angelo.

Non era difficile intuire che Damon fosse ancora scettico a riguardo. E non è che Alaric invece si fosse convinto del tutto.

Nora sospirò e si rivolse al dampiro: Glielo spieghi tu?

Qua non si tratta solo di proteggere la damigella in pericolo. Tu sei adorabile Elena, davvero, Pas giunse la mani e guardò la ragazza con dolcezza ma la questione è un pochino più seria e coinvolge il mondo intero e una buona parte delle sfere infernali.

Spiegati.lo invitò Stefan.

Avete idea di cosa accadrebbe se Klaus riuscisse a spezzare la Maledizione del Sole e dalla Luna? – continuò Pas – Provate a pensarci: vampiri ovunque, non più costretti a limitare i loro appetiti dal tramonto all'alba, pronti a farsi uno spuntino a qualsiasi ora del giorno.

Elena si strinse a Stefan, sconvolta.

Mi sa che ci servirà più verbena.commentò Alaric per allentare la tensione.

Al ritmo con cui verrebbe vampirizzata la gente, non riusciremmo a contenerli nemmeno se convertissimo l'intera agricoltura mondiale in verbena e se deforestassimo l'Amazzonia per procurarci paletti. – ribatté Pas secco L'umanità si estinguerebbe nel giro di due generazioni. –

Tutti i presenti lo guardarono allibiti.

Non dirmi che avete fatto davvero delle proiezioni simili? fece Nora vagamente stranita.

Perché, voi non avete calcolato quante anime vi toccherebbe smistare?replicò lui.

Ah, non lo so. la ragazza alzò le mani Io quei brainstorming li pacco sempre.

E cosa si aspettano che facciamo?intervenne Caroline accigliata Non siamo dei professionisti, siamo solo un gruppo di freak.

È per questo che hanno mandato noi. disse Pas indicando sé e Nora Insieme abbiamo qualche possibilità di farcela contro le forze del Male.

Sì, la Justice League... ma per favore!sbottò Damon – Io mi chiamo fuori. –

Per me è una figata!dichiarò Jeremy.

Aspetta di trovarti davanti ad un Antico.commentò Stefan serio.

Elena tagliò corto: – Lui non si troverà davanti a nessun Antico. Nessuno di noi combatterà.

Damon le rivolse una smorfia: Per carità, non ricomincerai con la menata del sacrificio?

Temo che combattere sarà inevitabile.fece notare Pas.

No.intervenne Alaric, che aveva ascoltato anche troppe idioziePossiamo trovare un'altra soluzione, un modo per tenerli a bada finché non capiamo come renderli inoffensivi.

Pas e Nora si guardarono: la ragazza arricciò le labbra e alzò le sopracciglia in segno di assenso.

D'accordo.fece Pas conciliante Ma non abbiamo molto tempo, dovremo tutti prenderci un po' di ferie.

Gli altri annuirono. Alaric pensò che era ora di sfruttare la vecchia scusa dell'anno sabbatico e sparire dalla scuola per qualche tempo.

Sarebbe anche il momento di decidere se ci state o meno.Nora li guardò uno ad uno – Chiunque non se la sente, molli adesso. –

Nessuno proferì parola. Lentamente gli sguardi si puntarono tutti su Damon.

Cosa? sospirò teatralmente Vi ho già detto come la penso e...

Elena lo afferrò per un braccio e lo guardò seria: Damon, ci servi anche tu. È importante.

...e se mi lasci finire di parlare.la fulminò Secondo me è una stronzata, ma facciamolo, sì... giochiamo ai supereroi.

Alaric aveva un gran brutto presentimento. E sapeva esattamente il perché.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Note

Woah! Non mi aspettavo di riuscire ad aggiornare così in fretta!

Uhm... mi sono accorta di non aver scritto in che momento è ambientata la fanfic... comunque, se non si fosse già capito, tiene conto degli eventi accaduti fino alla 2x13.

Non avete idea di quanto mi faccia piacere che Nora vi stia simpatica! Ho il sacro terrore di cadere nella trappola delle Mary Sue e vedere che vi piace mi conferma che la mia Nora è una “a posto”! NB io ADORO Bryce Dallas Howard: è senza tette... proprio come me! *o*

Enjoy the song: è un chiaro tributo a gente come Damon! ;)









Capitolo 3

~

Dove si mettono un po' di paletti (figurativamente, eh)


La stoffa consunta si srotolò, aprendosi sotto gli occhi dei quattro uomini. Damon afferrò il pugnale e lo maneggiò con nonchalance.

Pas si sfilò gli occhiali da sole con un “Parbleu!”. Erano letteralmente secoli che non vedeva un oggetto simile: la fattura che aveva incantato quel pugnale non era più rintracciabile e la polvere della Quercia Bianca era rara al pari del primo volume di Spiderman. I pochi che custodivano quell'arma erano tutti catalogati nei registri demonologi della Chiesa. Sapeva che uno di quei privilegiati era stato Johnathan Gilbert, ma dopo la sua morte l'arma era stata data per dispersa. Certo, se avessero immaginato che era finita nelle mani di quell'imbecille di John, avrebbero provveduto da un pezzo a destinarla a gente più meritevole.

Secondo John, con questo si può uccidere un Antico.spiegò Alaric, osservando l'arma con scetticismo.

Mi sa che John ha dimenticato una parte.commentò Pas.

Quando spiegò esattamente il suo funzionamento, Damon si produsse in una sfilza di imprecazioni in tutte le lingue che conosceva, più qualcuna inventata lì sul momento. Conoscendo quella testa calda, non vedeva l'ora d'infilzare Elijah: il piccolo effetto collaterale dell'arma gli rovinava la festa.

Stefan si portò una mano al viso, stringendo la base del naso. Adesso sarebbe stato divertente osservare i patetici tentativi di fermare il fratello dal tentativo di uccidere John.

~~~

Dove starai?

Nora emerse dagli scaffali con una pila di tomi polverosi e si sedette per terra vicino a loro. Jeremy era andato con lei ed Elena a casa Gilbert, per recuperare i vecchi diari di Johnathan: forse potevano ancora fornire informazioni preziose.

Alaric mi ha offerto un letto. li informò mentre prendeva a sfogliare le pagine ingiallite.

Elena le lanciò un'occhiata allarmata: A Jenna verrà un colpo.

Oh, ti prego!alzò gli occhi al cielo Dimostro 15 anni, diremo che sono la figlia di Pas o qualcosa del genere. Sono più preoccupata per tuo zi... tuo padre...? Sì, insomma, per John.

Non è certo un problema.commentò Elena afferrando un diario e soffiando via la polvere È solo... un po'...

Ossessivo?suggerì Jeremy alzando gli occhi da un diario.

Cretino.affermò Nora con un risatina sarcastica E del tipo più pericoloso. Va tenuto d'occhio come i bambini.

La risata di Jeremy si strozzò sul nascere quando sentì la voce di suo zio.

Chi va tenuto d'occhio?

Elena trasalì e nascose goffamente il diario che stava leggendo, scambiando un'occhiata colpevole con il fratello.

John pescò uno dei quaderni dalla scatola.

I diari di nonno Johnathan. mormorò sfogliandolo distrattamente e rimettendolo poi al suo posto Non credo che siano una lettura adatta a dei ragazzini. E tu saresti...?

Be', sai, io non credo che le nostre letture siano affari tuoi.intervenne Jeremy mettendosi in piedi e fronteggiandolo.

Come sempre, Elena l'avrebbe rimproverato come se avesse ancora cinque anni. Come sempre, gli avrebbe remato contro per il solo fatto di essersi voluto coinvolgere. Ma Jeremy era stufo di essere il cucciolo di casa, stufo di prendere ordini da persone che pretendevano di sapere cos'era il meglio per lui e invece gli stavano rovinando la vita, stufo di ascoltare senza mai agire.

John lo fissava con malcelato astio.

Tutto della vostra vita è affar mio. Lo è finché siete sotto la mia tutela. ribatté con aria strafottente In ogni caso questi diari sono miei. Non gradisco che vengano letti da sconosciuti.

La sua attenzione tornò all'ospite. Nora posò il diario che stava leggendo e saltò su tendendogli la mano.

Piacere, Nora. si presentò.

John non ricambiò la stretta: il modo in cui la squadrò avrebbe irritato chiunque. Nora si limitò a sorridere, in paziente attesa di una sua risposta. Jeremy si disse che quella ragazza doveva essere un angelo a tutti gli effetti, perché solo una creatura celestiale non avrebbe reagito a John sputandogli in faccia. La sola presenza di quell'uomo era capace di scatenare istinti omicidi in un santo.

Bene, Nora. commentò lui con supponenza Preferirei che Jeremy portasse le sue amichette a giocare fuori.

Il sorriso della ragazza si trasformò in una risata allegra.

– “Amichetta” lo dici a tua sorella.disse in tono soaveSono una Virtù. E non fare il finta di non capire, John.

Il volto di John divenne esangue. Elena osservava la scena con gli occhi larghi come piattini.

Se oltre ai diari avessi ereditato anche il cervello di Johnathan, capirei le tue pretese, ma sei solo un piccolo idiota che sa troppe cose.

Jeremy si ficcò un pugno in bocca per non ridere: John era semplicemente pietrificato.

Nora gli diede un'amichevole pacca sul braccio: Mettiti da parte, potresti farti la bua.

Dopodiché tornò a sedersi per terra e riprese a leggere il diario che aveva abbandonato. Un secondo dopo, John si era volatilizzato giù per le scale.

~~~

Ciao Johnny caro.

A giudicare dal suo pallore, quella doveva essere una brutta giornata per il buon, vecchio Gilbert. Stranamente, a Damon non poteva fregargliene un cazzo.

Ma che bel terzetto. – ebbe il coraggio di biascicare, chiudendosi la porta alle spalle. Tu e tuoi amici non siete graditi in casa mia, Salvatore.

Siete tutti così accoglienti in Virginia?commentò Pas sarcastico.

Alaric annuì: Ce ne facciamo un vanto.

Dove vai di bello, John?gli chiese Damon con un tono un po' troppo cordiale.

L'uomo sogghignò: Ho l'impressione che non siano affari tuoi.

Riproviamo.sospirò il vampiro.

Una frazione di secondo dopo John era appeso contro il muro.

Vorresti farmi la cortesia di dirmi dove stai andando?ripeté pazientemente.

Pas si lamentò alle sue spalle: Ma perché devi essere sempre così violento?

Damon alzò gli occhi al cielo.

Io ci ho provato a chiederglielo con le buone.si giustificò Allora?

Alaric sentì il bisogno di fargli notare che “È pieno di verbena”.

Guarda che lo so.sbuffò irritato.

Ma posso sempre fargli un sacco male. – aggiunse aprendosi in un sorriso perfido e tendendo la mano ad Alaric – Dammi l'anello.

Non credo che sia una buona idea.azzardò Pas mentre infilava l'anello al dito di John.

Voglio solo divertirmi un po'. protestò con voce piagnucolosa Lasciatemi fare una buona volta!

Lo prendevano per scemo? Perché nessuno si fidava mai della sua capacità di giudizio?

Perché sei giusto un tantino impulsivo.

Esci dalla mia testa, stupida pennuta. Lo sapevo che non ci si può fidare di te.

Non sono nella tua testa. E lascia perdere il discorso sulla fiducia, che non mi va di umiliarti...

Damon imprecò. Mollò la presa su John, guardandosi intorno irritato.

Pensateci voi.

Entrò in casa e, fermo sulla soglia, osservò l'ambiente accigliato, come se il mobilio gli avesse fatto qualche torto.

Piccola Freud, che cazzo ne sai di me? Esci. Dalla. Mia. Testa.

Aspetta... come fai a scandire le parole nel pensiero? Io non ci riesco mai!

Salì le scale e giunse al piano superiore, seguendo il flusso di pensieri.

La vuoi smettere?! Mi irritano non poco li telepati.

Non leggo nel pensiero. E se anche potessi farlo, la tua testa sarebbe di una noia mortale.

La trovò nella stanza di Elena, con i fratelli Gilbert, circondati da una montagna di diari polverosi.

Piantala!

La sua voce spezzò improvvisamente il silenzio della stanza. I due ragazzi sobbalzarono e lo guardarono malissimo. Damon batté le palpebre confuso, rendendosi conto solo in quel momento di aver parlato a voce alta.

Nora si accigliò: Tu hai qualche problema, lo sai?

Non sono io quello che fruga nella testa degli altri.commentò disgustatoCosa sei, il Professor X?

La vide lanciare via il diario che stava leggendo e alzarsi in piedi.

Era un dialogo tra entità. fece con un'irritante aria di superiorità – Non posso controllarlo.

Damon agitò appena una mano: E a me cosa me ne frega? Non farlo mai più.

Altrimenti?

Strinse gli occhi e si chinò su di lei: Quant'è vero Iddio, ti spenno.

Oh, ma che paura!fece quella sfrontata, alzando il mento.

Lo aggirò e uscì dalla stanza, cantilendando di nuovo “Non posso controllarlo”.

Impara.le urlò dietro.

Era rimasto nella stanza con Elena e Jeremy, che lo osservavano con diffidenza. La stessa diffidenza che di solito si riserva ad un animale molto strano o ad una persona un po' scema.

Damon scosse la testa e tornò di sotto, dove ritrovò Alaric e Pas. E il caro John, ovviamente: affossato in una poltrona, al momento messo sotto torchio dal dampiro.

Si sedette di fronte lui. Lo stupido battibecco con il tacchino gli aveva fatto dimenticare per un attimo il truculento proposito con cui si era recato a casa Gilbert. L'odio e il disgusto per quell'omuncolo riemersero prepotenti, e assieme a loro tornò immediatamente qualcosa di molto seccante.

Che ti ha fatto quel poveretto?

Damon la fulminò con lo sguardo.

Poveretto 'sto cazzo. E ti ho detto di smetterla.

Che ti piaccia o meno, io. Non. Posso. Controllarlo. Uh? Ci sono riuscita!

Ma che...?!

Lo vedi che è come un dialogo? Mi piglia tutte le volte che qualcuno vuole fare una stronzata.

Io non voglio fare nessuna stronzata.

Gesù, non poteva credere di essersi impantanato in una cosa così assurda. E si stava anche giustificando!

Tu vuoi torturare John!

Non vedo la parte classificabile come “stronzata”.

Ti devo mettere i sottotitoli? Vuoi fare fuori il padre biologico della donna che ami!

Damon batté le palpebre e sorrise amabilmente.

Ti sei appena fregata.

Nora fece una buffa smorfia.

Come puoi sapere cosa provo per lei se non mi leggi nel pensiero?si indicò la testa e la fissò con aria folle, inconsapevole degli sguardi allucinati che gli rivolgevano i presenti.

Telepate.sussurrò trionfante.

Non ne ero sicura fino ad ora.ammise lei pensierosa Grazie per avermene dato conferma.

Damon strinse la mascella e si afflosciò sul divano. Passò lo sguardo sui presenti con aria scornata.

Nora. fece Pas con il tono di un maestro che riprende un'alunna.

Lei alzò le mani e le fece ricadere lungo i fianchi, sbuffando.

Cosa?! –

Smettila di tormentarlo.l'ammonì serio.

Non è colpa mia! Ha cominciato lui!protestò indicandolo.

Smettila lo stesso.ribadì Pas in tono fermo.

Ma...!

Uno sguardo severo e la ragazza ammutolì. Mise il broncio e si lasciò cadere sul divano, nel punto più lontano da Damon.

~~~

Quando Stefan aveva detto loro che li avrebbe raggiunti più tardi, aveva avuto una strana sensazione. Era come una voce interiore che gli diceva: “e se poi te ne penti?”. Ebbene, Stefan se n'era pentito.

Al suo arrivo a casa Gilbert, infatti, trovò una scena bizzarra: Pas chiacchierava amabilmente con un John poco propenso al dialogo, mentre suo fratello, che aveva messo su un muso non indifferente, scambiava occhiatacce con Nora in silenzio assoluto.

Mi sono perso qualcosa? – chiese alla sua ragazza.

Elena appariva visibilmente sollevata di rivederlo.

Ti racconto più tardi. – gli disse a mezzabocca – Hai portato tutto? –

Stefan annuì.

Prendo la mia roba e possiamo andare. – aggiunse, scomparendo al piano di sopra.

Avete una gita in programma? –

Pas aveva mollato John nelle mani di Alaric e sembrava molto interessato al borsone che aveva appresso. Stefan si ficcò le mani in tasca e si strinse nelle spalle: aveva una strana sensazione.

Passiamo il weekend nella casa sul lago dei Gilbert. –

Calò un pesante silenzio. Alaric e John avevano smesso di parlare e si erano voltati a guardarlo. Persino Nora e Damon sembravano aver catalizzato l'attenzione su di lui.

Il dampiro abbassò gli occhiali da sole e lo fissò incredulo.

Mi prendi per il culo? Qui si cerca di salvare il mondo e voi andate a fare i piccioncini? –

Stefan aprì la bocca per spiegarsi, ma non riuscì a trovare niente di sensato da dire, così la richiuse e abbassò la testa rassegnato.

Nella casa sul lago! Perché non mettete anche un'insegna luminosa? – alzò le mani a simulare la scritta – “KILL ME”. –

Elena spuntò dalle scale e si fermò a metà della rampa. Lui le fece un cenno negativo e lei emise un flebile, piagnucoloso "no", trafiggendolo con occhi accusatori. Stefan si sentì colpevole dei peggiori crimini contro l'umanità. Con un'imprecazione, Elena lasciò cadere le borse a terra e ci sedette sopra.

Pas, – tentò Stefan in modo diplomatico – abbiamo bisogno di staccare. Elena ne ha viste troppe ultimamente. –

Oh, ma che dolci! – li canzonò – Scordatevelo. –

Venite con noi. –

I due si voltarono verso Elena. Era impossibile non notare lo sguardo speranzoso con cui li occhieggiava.

Damon parve aver ritrovato l'allegria, perché se ne uscì con un inopportuno: – Be', sarà meno romantico del previsto, ma... –

Molto inopportuno. Così inopportuno che Pas intercettò l'espressione incupita di Stefan e gli venne in soccorso.

No. Noi due dobbiamo finire con John. Vero, John? – disse rivolto all'uomo – Ci vanno Alaric e Nora con loro. –

Elena fece spallucce e annuì. Stefan tirò un lungo sospiro di sollievo.

Tutti d'accordo? – batté le mani e si guardò intorno – Bene! Buona caccia, che Dio vi assista, in bocca al lupo eccetera. –

~~~

Katherine scorse velocemente il suo mezzo millennio di vita e considerò che, no, non si era mai trovata in una situazione più imbarazzante. Erano secoli che non lo incontrava e trovava che fosse alquanto ingiusto che si rivedessero proprio quando lei era in quelle deprecabili condizioni.

Pascal. Ti trovo bene. –

Il dampiro si tolse gli occhiali da sole e la osservò con compassione, appoggiato all'architrave della cripta.

Non posso dire altrettanto, cheri. –

Detestava quando faceva così. Quella sua assurda boria... come se essere un mercenario della Chiesa equivalesse automaticamente ad assurgere ad un gradino superiore. Era più divertente quando lavorava in proprio e cacciava per passione. Certo, restava un misero mezzosangue, ma Katherine aveva sempre pensato che Pascal avesse il "suo perché" – e a suo tempo Pascal aveva pensato altrettanto di lei.

Ma... – schioccò la lingua e adocchiò gli altri alle sue spalle – questa non è una visita di cortesia, dico bene? –

Dici bene. –

Spinse verso di lei una borsa. Katherine poteva sentire l'odore del sangue fresco attraverso la tela e la plastica della sacche: la gola divampò. Lanciò un'occhiata diffidente ai presenti, ma non è che potesse permettersi di fare troppo la sostenuta, non dopo settimane di digiuno.

Pochi minuti dopo aveva fatto fuori quasi tutto il contenuto della borsa. Lasciò cadere la sacca di emoglobina che aveva appena prosciugato e si pulì le labbra con il dorso della mano.

Dunque, a cosa devo questa rimpatriata? –

Damon spinse avanti John: – Diglielo. –

Non serviva che dicesse niente: Katherine lo guardò con disprezzo e si chiese come avesse potuto pensare davvero di poter contare su di lui.

Siete qui per farmi il processo? – ridacchiò – Non avete cose più importanti di cui occuparvi? –

Pascal si mise a passeggiare su e giù, una mano a grattarsi il mento. Katherine strinse gli occhi: conosceva i suoi modi. Al momento le stava dicendo che aveva il coltello dalla parte del manico e questo non prometteva niente di buono – non con Pascal.

Supponi che Elijah venga a sapere del vostro piano. – cominciò lui.

Katherine dovette fare un notevole sforzo per non far trapelare il terrore che l'aveva presa appena pronunciato quel nome. Eppure se l'era aspettato.

Uhm... fammi pensare. Se fossi al posto suo cosa mi farebbe più comodo, conservarmi viva per consegnarmi a Klaus o vendicare un ipotetico torto mai subito? –

Mi fa piacere notare che non sei cambiata per niente. – se ne uscì Pascal con un sorrisetto strafottente – Sempre così ottimista. –

Bene. A Katherine, invece, non faceva per niente piacere notare che anche lui non era cambiato. Pascal era il solito: non lo si poteva fregare così facilmente. Lui non era un Damon qualsiasi.

Vieni al punto. – sospirò guardandolo storto – Che cosa volete? –

Che la finiate con questo spettacolino. – intervenne Damon – Tutti e tre. –

Katherine alzò le sopracciglia, stupita. Tutto qui? Si aspettava, come minimo, che chiedessero – anzi pretendessero – il loro aiuto per il piano sgangherato che sicuramente stavano cercando di tirare su per contrastare Klaus. Non che le dispiacesse stare fuori da quella stupida guerra, beninteso, ma c'era da ammetterlo: tralasciando l'ormai inutile John, lei ed Isobel non erano da buttare via.

Se proprio devo. –

Devi. –

Alzò gli occhi su Damon, divertita. Era così carino vederlo fare la parte del dannato, del cattivo.

Non abbiamo tempo per i vostri giochetti. –

Katherine scrollò le spalle non noncuranza: – C'è altro? –

Sì. – Pascal si fece vicino – Gradiremmo che condividessi con noi tutto quello che sai su Klaus e gli Antichi. –

Sì, come no. E magari anche mangiare un'insalata di verbena.

Oh, – Katherine si portò una mano ai capelli e si ritrasse nelle spalle – mi dispiace, io... non ho una buona memoria per queste... –

Qualunque cosa fosse, le stava trapanando il cervello con mille aghi arroventati. Si piegò a terra con un urlo strozzato.

Basta così. –

Il dolore scemò, lasciandola stordita e ansante sul nudo pavimento. Si strinse a sé con un rantolo, sentendo colare le lacrime. Pascal si chinò su di lei e le scostò i capelli dal volto, quasi con tenerezza.

Adesso – solo adesso – quella puttanella della Bennet aveva avuto il coraggio di uscire allo scoperto. La guardò con odio. Il sangue affluì al viso e con uno scatto sfoderò i denti.

Buona! – l'ammonì Pascal allontanandosi.

Stavano tutti a distanza di sicurezza, ma nessuno aveva l'aria di volersene andare da lì. Maledetti... sarebbe stata quella la loro tecnica? Torturarla fino ad ottenere ciò che volevano sapere?

Possiamo stare qui anche tutta la notte, tesoro. –

Katherine scambiò un'occhiata con Pascal e comprese che le sue peggiori ipotesi si stavano avverando. Ebbene, la grandezza sta anche nell'accettare i propri limiti – o almeno così dicono.

D'accordo. – sibilò.

Disse loro tutto. Qualsiasi cosa avesse a che fare con gli Antichi, tutte le sue esperienze in merito: non tralasciò nulla. Scavò nel proprio passato e tirò fuori ogni cosa. E si accorse che in un certo senso era liberatorio, quasi catartico.

Quegli stolti forse l'avevano anche avuta vinta, ma tanto erano destinati ad una morte atroce nonappena fossero incappati in Klaus. La consapevolezza di ciò era sufficiente a rendere più dolce quel momento umiliante.

Bene. – fece Pascal con aria soddisfatta – Direi che per oggi può bastare. –

Katherine soffiò via l'aria con esasperazione: – Vi ho detto tutto. –

Lo spero per te. – aggiunse.

Con occhi attenti lo osservò trascinare verso di lei un'altra borsa, simile alla prima.

Il bastone e la carota. – commentò sarcastica – Immagino di doverti dire grazie. –

Pascal le fece l'occhiolino: – Oh, grazie a te. –

Katherine alzò gli occhi al cielo: eppure era un tipo sveglio, come faceva anche solo a ipotizzare di avere una qualche possibilità contro Klaus?

Allora siete davvero convinti. – trattenne una risata – Non posso crederci... vi farete ammazzare, lo sapete, vero? –

Damon sogghignò: – Ci hanno potenziati, cosa credi? –

A Katherine non sfuggì lo sguardo allarmato che Pascal scoccò verso di lui. Guardò John: se sapeva qualcosa, era il momento giusto per dirla.

Un angelo. – fece in tempo a dire, prima di venire trascinato via dagli altri.

Quando vide Pascal stringere la mascella, il bel volto di Katherine si aprì in un sorriso compiaciuto.

Ed Elijah lo sa che c'è sangue divino in città? – buttò lì mentre uscivano dalla cripta.

Pascal s'irrigidì, Damon aguzzò le orecchie, tutti gli altri si lanciarono occhiate confuse. Esattamente l'effetto che sperava di ottenere.

Il dampiro non disse niente, ovviamente: avrebbe solo peggiorato la situazione. Ma per il momento era più che sufficiente. Adesso non doveva fare altro che aspettare sulla sponda del fiume: i cadaveri dei suoi nemici sarebbero passati presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Note

Raga'... una recensione UNA mi avete lasciato (grazie kannuki... tu sai). Cioè. Io non elemosino mai, ma capirete che è un po' deprimente. Se non vi piace ditelo, eh, mi basta solo sapere a grandi linee cosa ne pensate, non pretendo una mega-recensione.

PS: Sono basita e costernata dalle ultime puntate, tant'è che mi sono rifiutata di vedere la fine della stagione. Sappiate che questa fanfic non prenderà minimamente in considerazione la favoletta dei 7 fratelli, ma continuerà sulla linea della Maledizione del Sole e della Luna. Come ha detto una mia amica: le atmosfere fanno un po' troppo Lost, secondo me questi non sanno quello che fanno. E aggiungo *SIGH*!

Vabbè, bando alle depressioni... eccovi il quarto capitolo... buona lettura! :)







Capitolo 4

~

Dove si fa baruffa per un diario


Cioè, non puoi capire! Questa roba spacca di brutto! –

Le sopracciglia di Stefan schizzarono verso l'attaccatura dei capelli.

Caroline osservò Nora con palese preoccupazione: – Ti sei fumata qualcosa? –

Ehi, sto cercando di adattarmi al ventunesimo secolo! – si difese lei, scollando per un attimo lo sguardo dallo schermo della Xbox.

La gente non parla così dagli anni ottanta. – le fece notare Jeremy.

E approfittando della sua distrazione le piazzò una combo micidiale. La squillante imprecazione che scaturì dall'angelo fece fischiare le sensibili orecchie dei vampiri presenti.

Nora mollò il controller sul divano e ribatté stizzita: – Ma se non eri nemmeno nato negli anni '80! –

Stefan, semplicemente, non sapeva se essere divertito o perplesso. La carezza di Elena lo distolse dalla contemplazione di quella scena ai limiti dell'assurdo.

Sei preoccupato. –

Non era una domanda, era proprio una constatazione.

Stefan rimirò i suoi lineamenti morbidi: Elena era l'allegoria dell'altruismo. Poteva contare sulle dita le volte che era stata egoista e, se ci pensava bene, le avrebbe anche trovato una nobile giustificazione. Non poteva rimpiangere troppo il fatto che questa sua caratteristica la mettesse costantemente in pericolo, perché se non fosse stata così irrimediabilmente pura non l'avrebbe amata. Cioè, non l'avrebbe amata davvero, di quel sentimento totalizzante e senza ragione che mai aveva provato prima.

Quando la guardava Stefan poteva vedere come fosse identica a Katherine, eppure non avrebbe potuto trovare al mondo una creatura tanto diversa da lei: adorava notare questo ogni volta.

Diciamo che lo adorava un po' troppo.

Stefan lo poteva constatare spesso e questa era una di quelle volte. Quelle volte in cui il suo sguardo scivolava dagli occhi scuri alle labbra morbide e lì si fermava, famelico.

Ed Elena, be', lei le conosceva bene quelle volte. Abbassò le ciglia e sorrise.

~~~

Jeremy sbadigliò rumorosamente, dando il via ad una catena di sbadigli senza fine. Caroline di alzò di colpo e prese ad errare nervosamente per il soggiorno, con le braccia incrociate sul petto.

Non posso credere di essere finita a fare il cane da guardia a quei due. – mugugnò seccata.

È venerdì sera! – sbottò, quando vide che nessuno le dava retta.

Alaric l'adocchiò stancamente: – Avevi di meglio da fare? –

Domanda retorica. Eppure sì, ne avrebbe avute eccome di cose migliori da fare. Sistemare le cose con Matt, per esempio – ormai era diventata una priorità. E non sarebbe stata una cattiva idea anche decidersi a chiudere definitivamente la questione-Tyler.

Be', – Nora si batté le mani sulle cosce e balzò su, strofinandosi gli occhi – allora facciamo qualcosa, no? Idee per ammazzare il tempo? –

Per un momento restarono tutti immobili e zitti, guardandosi a turno.

Ehi, piano, uno alla volta! – ironizzò.

Potremmo cercare altre informazioni sui diari. – propose con poca convinzione Jeremy, indicando con il pollice lo scatolone pieno che si erano portati via da casa Gilbert.

Oh, no... – pensò Caroline – non di nuovo quei dannati diari!

Emise un rantolo piagnucoloso: – Ancora?! –

Li abbiamo setacciati, non c'è niente che non sappiamo già. – constatò Alaric.

Caroline gli fece un cenno di ringraziamento.

Potrebbe esserci sfuggito qualcosa. – suggerì Nora stringendosi nelle spalle.

E con orrore di tutti i presenti, agguantò un paio di volumi e tornò a stravaccarsi sul divano. Mestamente, ognuno di loro la imitò.

Venti minuti dopo, Jeremy russava sonoramente, con la testa reclinata sul bracciolo. Caroline, col mento poggiato sulla mano, faceva solo finta di leggere gli assurdi scarabocchi di Johnathan Gilbert. Nora stessa sembrava più interessata alle ragnatele del soffitto che al diario che aveva riverso sul petto.

Solo Alaric pareva ancora immerso nella lettura, per quanto i frequenti sbadigli palesassero la sua noia. D'un tratto si alzò e andò a frugare nello scatolone – Caroline davvero non capiva con quale coraggio continuasse spontaneamente quella tortura.

Qualcuno di voi ha il diario che va dall'estate del 1864 alla primavera del 1865? –

Risuonando improvvisa nel silenzio assoluto della stanza, la sua voce risvegliò di colpo Jeremy. Il suo scatto spaventò Nora, alla quale cadde il diario a terra. Caroline ridacchiò a quel teatrino e poi controllò sul dorso del diario che aveva in mano: era del 1866.

Niente da fare. – borbottò.

Anche i diari di Nora e Jeremy risalivano ad altre date.

Avete lasciato dei diari a casa? – chiese Alaric.

Jeremy scosse la testa: – Quelli che vedi sono tutti quelli che abbiamo trovato. –

Allora ne manca qualcuno. –

Caroline si strinse nelle spalle.

Forse Johnathan non scriveva sempre tutto quello che gli succedeva. – ipotizzò speranzosa.

O forse contenevano delle informazioni preziose... – suggerì Nora.

E ha preferito nasconderli? – concluse la voce di Stefan dalle scale.

Era lì con Elena, scendevano dal piano di sopra con le braccia ricolme di diari. Caroline si convinse di essere appena finita in un incubo.

~~~

Ma voi non...? – azzardò Nora indicando verso il piano di sopra.

Elena arrossì e Stefan tossì nervosamente.

Era abbastanza chiaro, in realtà, che non avessero combinato niente in quelle ore. Caroline sarebbe diventata di tutti i colori per l'imbarazzo di sentire certi rumori grazie al suo udito da vampira. E Nora stessa aveva capito che non dovevano aver passato delle ore allegre: Stefan era imperscrutabile come sempre, ma era impossibile non accorgersi degli occhi gonfi di Elena. Aveva tirato fuori quella stupida battuta nella speranza di allentare la tensione.

C'è uno stanzino segreto di sopra. – li informò Stefan.

Ti piacerà, Alaric. – aggiunse rivolto all'uomo, che lo guardò interessato – Non abbiamo trovato solo libri là dentro. –

Alaric non se lo fece ripetere due volte: andò di sopra, seguito a ruota da un curiosissimo Jeremy.

Quindi... – sospirò Caroline, afferrando uno dei diari appena scoperti – avete letto qualcosa d'interessante? –

Diciamo di sì. – fece Elena, ficcandosi le mani nelle tasche e adocchiando Stefan in modo strano.

Nora aprì e sfogliò qua e là i diari sparsi sul tavolo: – Qualcosa di utile? –

Sì e no. – disse Stefan – Abbiamo trovato la storia della polvere della Quercia Bianca e del pugnale. Pensiamo che possano esserci altre informazioni utili su come... comportarsi... con un Antico. –

Scambiò un'occhiata significativa con Nora.

Ehi, non avete idea della roba da urlo c'è lì! – proruppe Jeremy scendendo di corsa dalle scale.

Alaric faceva capolino dietro di lui, rigirandosi tra le mani un aggeggio dall'aria abbastanza letale.

Nora ridacchiò: – E poi sono io che parlo come negli anni ottanta! –

Le ore seguenti, nonostante la stanchezza generale e lo strano umore di Elena e Stefan, furono assai più proficue delle precedenti. Mentre Alaric insegnava a Jeremy un po' di tattiche utili con tutti quei gingilli, gli altri si buttarono nella lettura dei diari appena scoperti. E non ci volle molto per capire il motivo per cui erano stati nascosti con tanta cura.

Nora valutò che quella doveva essere la riserva di informazioni più preziosa alla quale potevano attingere. Le era bastato un diario e mezzo per farsi un quadro generico ma abbastanza chiaro delle possibilità che avevano di sconfiggere Klaus. E poco dopo Elena trovò quella che sarebbe stata considerata da tutti un'informazione-chiave.

Non furono solo i due vampiri a sentirle trattenere il respiro quando trovò l'incantesimo per distruggere la Pietra di Luna.

Questo dobbiamo farlo vedere a Bonnie! – esclamò Caroline eccitata.

Stefan lesse attentamente e annuì.

Ma serve il potere congiunto di tre streghe. – notò – E dopo la faccenda dei Martin non è pensabile fidarsi di nessuno. –

Nora rifletté un momento: non aveva mai fatto niente del genere, ma sapeva che poteva. Non sapeva fino a che punto poteva spingersi e non era sicura di volerlo testare proprio su Bonnie, ma era comunque una possibilità. E poi non è che avessero molta altra scelta!

Posso pensarci io. – azzardò.

Stefan la osservò incuriosito. Ma prima che potesse chiederle qualcosa, Jeremy spuntò da sopra il divano.

Ehi, cervelloni, non state dimenticando un dettaglio? Non ce l'abbiamo la Pietra di Luna. –

Quello non sarà un problema. – annunciò Alaric, maneggiando un paletto.

Elena lo squadrò con aria preoccupata: – Non starai pensando di uccidere Elijah. –

Nora lo vide scambiare con Stefan uno sguardo che la diceva lunga.

Dite che è troppo tardi per un invito a cena? –

~~~

Elena si rifiutò di ascoltare i piani folli che il suo ragazzo e il suo professore di storia stavano cercando di architettare per fare fuori un vampiro superpotente e portargli via una pietra che avrebbe salvato il mondo. Quello sembrava più uno di quei colpi di testa avrebbe potuto fare Damon – e comunque era contraria a certi metodi – ma sapeva di non avere la minima possibilità di farli ragionare. Per cui, semplicemente, decise di ignorarli e si immerse nuovamente nella lettura dei diari.

Oh! –

L'urletto di Caroline catalizzò l'attenzione di tutti. Da che si aveva memoria nessuno l'aveva sentita così eccitata per qualcosa contenuto in uno dei diari – anzi, per qualsiasi cosa contenuta in un qualsiasi testo scritto.

Porca zozza! – ripeté con voce strozzata, sfogliando e risfogliando febbrilmente le pagine che aveva appena letto.

Elena si avvicinò preoccupata: – Caroline, cosa...? –

Qui ci sei tu! – esclamò indicando prima la pagina e poi Nora.

Tutti affluirono attorno a Caroline per poter leggere. Tutti tranne Nora, che li fissava da lontano, immobile e pallida.

Il breve guazzabuglio che seguì risultò poco chiaro agli occhi degli umani presenti. Per lo meno, Elena non ci aveva capito nulla. E dalle le occhiate che scambiò con Jeremy e Alaric, intuì di non essere la sola.

L'unica cosa chiara era che adesso il diario incriminato si trovava nelle mani di Nora e i due vampiri la guardavano costernati. Stefan saettò gli occhi dall'una all'altra.

Caroline, – disse in tono pericolosamente calmo – cosa c'era scritto? –

La vampira aprì la bocca, ma Nora la zittì.

Qualsiasi cosa tu abbia letto, dimenticala. – l'ammonì, stringendosi il diario al petto.

Sembrava davvero spaventata. Elena non riusciva ad immaginare cosa potesse esserci di così preoccupante per un angelo in un diario del suo trisavolo.

Caroline tentò di protestare: – Ma io ho solo... –

Non hai capito. – la interruppe mortalmente seria.

Le sue dita si contrassero sulla copertina fino a sbiancare.

Tu non hai letto niente. – scandì.

Ci fu un pesante momento di silenzio ed Elena temette il peggio. Stefan sembrava teso: era sicura che da un momento all'altro sarebbe scattato.

Poi sia lui che Caroline si voltarono accigliati verso la porta, e poco dopo un fracasso immane attirò l'attenzione di tutti. La porta si aprì con uno schianto e davanti a loro si dispiegò una scena ai confini con la realtà.

Tyler Lockwood rotolò sullo zerbino dell'ingresso, spinto di malagrazia da un poco gentile Damon. Alle sue spalle c'era Pas, che fece il suo ingresso rimettendosi apposto gli occhiali e spazzolandosi i vestiti. E dietro di loro, sulla strada buia, si poteva scorgere Bonnie: il profilo immobile illuminato dalle deboli luci della veranda, stava fissando qualcosa ai suoi piedi. Elena ci mise un po' a mettere a fuoco le sagome di un paio di uomini – licantropi? – che rantolavano a terra, in preda a sconosciuti dolori.

Jeremy e Alaric corsero fuori per capire che stava succedendo.

Devo rimanere ancora per molto qui? –

La voce di Damon li risvegliò da quello stato di stupore generale. Come la maggior parte dei presenti, Elena lo fissò sgomenta. Poi si rese conto che aspettava il suo invito per poter entrare e, di malavoglia, glielo diede.

Cosa ci fa lui qui? – disse Stefan.

Tyler tentò di rialzarsi, ma Damon lo scaraventò nuovamente a terra con un calcio. Elena era sicura di aver visto un movimento da parte di Caroline.

Non crederete quello che stavano... –

Dopo. – lo interruppe Stefan.

Stava adocchiando Nora: era corsa disperatamente verso Pas e si era messa a confabulare con lui. Elena non fu in grado di sentire molto tra le imprecazioni di Damon, che insultava il fratello per avergli chiesto delle cose che poi non voleva sentire. Ma non passò inosservato a nessuno il sonoro “Merde!” di Pas.

~~~

Pas lesse e rilesse le parole vergate più di cento anni prima sulla pagina ingiallita, cercando di convincersi – pregando – che non fosse vero.

Chi altri l'ha letto? – chiese a Nora.

Caroline. –

Il dampiro imprecò ancora: – Bene, adesso dovrò ucciderla. –

Caroline, che aveva ceduto ad ogni pudore ed era andata a soccorrere Tyler sotto lo sguardo disgustato di Damon, aveva alzato su di loro un'espressione attonita.

Che?! – Nora l'afferrò per un braccio – Non fare cazzate! L'abbiamo già gestita... possiamo inventarci una balla... –

Pas la fulminò con lo sguardo: – Non parla di quello. È peggio. –

Peggio? – Nora fissò confusa il diario, ancora nelle mani di Pas – Cosa c'è di peggio di quello? –

Angeli e sangue. – disse tra i denti – Ecco cosa. –

Merde! – esclamò anche lei.

Se poteste spiegarci la situazione ve ne saremmo grati. – intervenne Stefan.

È molto semplice, mon ami. – iniziò Pas col suo fare da teatrante.

La qui presente signorina Caroline Forbes ha letto qualcosa che non doveva leggere. – spiegò, riaprendo il diario, sfogliandolo e trovando la pagina giusta – Per cui adesso dobbiamo porre rimedio. –

E senza tante cerimonie la strappò dal diario, suscitando le proteste di Elena.

Quel diario appartiene a me! – esclamò indignata facendosi avanti.

Ma certo, mia cara, ma certo. – fece lui consegnando il diario a lei e porgendo il foglio strappata a Nora.

Lei sapeva cosa fare: un attimo dopo, infatti, la pagina si stava accartocciando su sé stessa, divorata dalle fiamme, tra le mani dell'angelo.

Oh-oh! – esclamò Damon battendo le mani – Anche i fuori d'artificio! –

Pas lasciò a Nora l'incombenza di tirare fuori una spiegazione per i fratelli Salvatore. Il suo compito, adesso, era rimediare al danno. Un danno che aveva le fattezze di una deliziosa – e pericolosissima – fanciulla dai boccoli biondi, che in quel momento gli stava soffiando contro con i denti sfoderati.

Sssh... buona... – tentò di ammansirla.

Ma Caroline non era della stessa opinione. Scattò in avanti per morderlo e, quando lui al schivò, tentò di scappare oltre la finestra che dava sul pontile. Pas la placcò senza difficoltà e finirono entrambi oltre, rotolando nella macchia di luce che la finestra proiettava sulle assi di legno.

Ho trecento anni di esperienza, chéri. – l'avvertì mentre lei gli si divincolava tra le braccia – Se volessi farti fuori l'avrei già fat... ehi! –

Era riuscita a morderlo. E non mollava la presa! Quella era una cosa che non andava affatto bene.

Percepì i canini farsi strada dolorosamente attraverso le ossa e le gengive. Assaporò il gusto del suo stesso sangue e questo bastò a dargli la spinta finale. Con la mano libera afferrò Caroline per il mento, scostandole bruscamente la testa, e le affondò i denti nella pelle candida del collo. La ragazza uggiolò spaventata e si quietò subito: evidentemente non si aspettava quella mossa.

Pas bevve appena qualche goccia di quel suo sangue aspro e la lasciò subito andare. Non era come con gli umani, ma si conosceva abbastanza bene. Sapeva che era sempre meglio fermarsi prima.

Per un lungo momento rimasero per terra, ansanti e confusi. Caroline pareva terrorizzata, ma non tentò di fuggire ancora. Pas si pulì la bocca col dorso della mano e si alzò sulle ginocchia.

Poggiò la schiena alla parete e sospirò: – Non voglio farti male. –

Cercava di mantenere un tono dolce, di ricacciare indietro la bestia che aveva momentaneamente risvegliato. Ma non era per niente facile – non lo era mai – e con l'età stava peggiorando.

Si tolse gli occhiali da sole e si stropicciò gli occhi. Un po' perché aveva davvero mal di testa – il solito effetto collaterale – e un po' perché un gesto di debolezza da parte del nemico sortiva sempre un certo abbassamento della guardia. Ecco, infatti, il respiro di Caroline che si faceva lentamente più calmo.

Ho davvero bisogno di sapere quanto hai letto. – le disse onestamente.

E per favore, chéri... – aggiunse vedendole un guizzo di panico negli occhi – per favore, dimmi la verità. –

Caroline si scostò una ciocca di capelli dal viso sporco di sangue e si umettò le labbra.

Parlava... di angeli. – la vide accigliarsi nello sforzo di ricordare – E di sangue... il sangue di un angelo, che serviva per un... incantesimo? Boh... non ho letto tutto. –

Le tremavano le labbra, di nuovo in preda al panico.

Davvero... – balbettava – non lo so, ho letto “angelo” e ho pensato a lei e non credevo che fosse così importante... voglio dire... –

Va tutto bene. – Pas si alzò e si avvicinò piano a lei, ripetendo quelle parole in tono rassicurante.

Caroline si lasciò prendere per le braccia e rimettere in piedi, piagnucolando un debole “Mi credi?”.

Ma certo. –

Pas era abbastanza navigato da riconoscere una menzogna anche in un vampiro. E Caroline Forbes non era minimamente in grado di mentire. Aveva letto qualcosa? Sì, ma fortunatamente aveva capito poco e quel poco non le interessava. Non era il tipo a cui potesse interessare.

La ricondusse dentro casa e l'affidò ad una perplessa Elena. Mentre le due scomparivano al piano di sopra sotto gli occhi attenti dei fratelli Salvatore, Pas intercettò lo sguardo di Nora, e non gli ci volle molto per capire che lei pensava la stessa cosa.

Forse Caroline non era quel tipo di vampiro, ma là dentro ce n'era almeno uno che avrebbe potuto esserlo. Anzi, che lo era sicuramente. Il problema adesso era: come fermare un Damon Salvatore che stava intuendo qualcosa che assolutamente non avrebbe dovuto intuire?

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

~

Dove tanto per cambiare certa gente fa di testa sua



Damon non poteva leggere nella mente. Questa era l'unica cosa che in quel momento atterriva completamente Caroline. Aveva capito di essere nata sotto una cattiva stella dal momento in cui i fratelli Salvatore l'avevano coinvolta in quella stupida guerra, ma adesso era troppo. Adesso lei aveva saputo qualcosa che non doveva sapere – anche se non ci aveva capito assolutamente nulla – e questo qualcosa faceva gola a Damon. L'aveva capito nonappena aveva rimesso piede nella stanza e lui l'aveva guardata: si era sentita come prima, quando era solo umana, quando l'aveva soggiogata. Un oggetto utile.

Ma Caroline era stata morsa già troppe volte da lui. Davvero troppe.

Si sfregò una mano sul collo, rincagnandosi nelle spalle. Pas le lanciò un'occhiata che non seppe decifrare. Vergogna? Le sue iridi rosse lasciavano trasparire ben poco, solo quello che lui voleva. Sarebbe stato inopportuno da parte sua dirgli che non era per il suo morso che stava male? Si era esposta anche troppo.

Sospirò e abbassò gli occhi. Non c'era niente da fare. E se Damon voleva scoprire quello che sapeva, ci sarebbe riuscito e basta. Aveva la sensazione che sarebbe sempre andata così, che sarebbe stata l'eterna vittima sacrificale di quei giochi tra vampiri.

Fu in quel momento che Alaric le chiese se aveva bisogno di un passaggio a casa. Caroline ci mise un po' a mettere a fuoco quello che le stava dicendo. E dopo balbettò qualcosa di incomprensibile, perché semplicemente non sapeva che cosa fare. Non voleva allontanarsi dai suoi amici, ma non voleva nemmeno stare nei paraggi di Damon. E Tyler? Chi si sarebbe occupato di lui?

Aveva una gran voglia di ficcarsi nel proprio letto, abbracciare il suo cuscino e dormire in pace.

Riaccompagno Jeremy. – le stava dicendo.

Mi fermo anch'io. – aggiunse – A casa Gilbert, intendo. –

Caroline lo guardò basita. Non capiva per quale motivo quell'informazione avrebbe dovuto interessarle: preferiva non sapere che lui e Jenna avrebbero passato la notte insieme. C'erano fin troppe coppiette felici in quella stanza.

Poi notò lo scambio di sguardi con Pas.

Il letto di Elena sarà libero. – le fece notare Alaric.

Caroline era un po' lenta e aveva la tendenza a credere che nessuno si preoccupasse per lei, ma non era scema. Capì che Damon non avrebbe rischiato in casa Gilbert – non con altre tre persone presenti – e d'improvviso l'idea di passare la notte fuori non le sembrò più così terribile.

Annuì timidamente, quasi temesse che troppo entusiasmo avrebbe cancellato quella favolosa scappatoia. Prese il borsone con le sue cose e seguì gli altri fuori dalla casa. Poi si ricordò...

I piedi saldamente puntati sull'ingresso, si voltò rigidamente e guardò dentro. Tyler sedeva per terra, rannicchiato, ignorato da tutti. Un incomprensibile miscuglio di soddisfazione e tristezza la attanagliò.

Starà bene, chérie. –

Caroline non trasalì. Aveva già percepito che si era avvicinato a lei e comunque era sicura che per un vampiro sarebbe stato indecoroso trasalire come un comune mortale. Però in quel momento ci sarebbe stato a pennello.

Di' un po', ma leggi nel pensiero? – gli chiese, vagamente impacciata.

No. – Pas sorrise appena – E me ne faccio un vanto. –

Ecco, non capì bene il perché, ma in quel momento avrebbe tanto voluto dargli un bacio. Un innocente, sciocco bacetto sulla guancia. Una cosa talmente puerile che si tolse l'dea dalla mente prima che potesse metterla stupidamente in atto.

Il problema era che Pas sembrava di diverso avviso. Perché inclinò la testa e si batté un dito sulla guancia, restando in attesa.

Per la seconda volta nella serata, Caroline avrebbe voluto trasalire. Si guardò intorno imbarazzata, ma nessuno prestava loro attenzione. Era fregata!

Gli diede un bacio a velocità vampiresca, ma così veloce che un essere umano l'avrebbe percepito al massimo come uno spiffero. Peccato che lui fosse un dampiro.

Fuggì via senza guardarlo, come la goffa adolescente che era stata. E per quanto il suo cuore non battesse e nelle sue vene il sangue non scorresse, fu certa di sentire le guance andare in fiamme. Caroline era sicura che tutto questo comportamento fosse del tutto inappropriato per un vampiro, ma si disse anche che era proprio stufa di recitare la parte della brava vampira.

~~~

A che gioco stavano giocando, era ormai chiaro. Damon si chiese se Pas non stesse perdendo colpi. Insomma, mandare via Caroline con tanto di scorta al seguito...

Grazie per conferma.

Adesso aveva la certezza che il contenuto di quella pagina era molto interessante e che secondo loro sarebbe stato meglio che lui non sapesse niente. Il problema era un altro: non potendo estorcere le informazioni che desiderava da Caroline, in che altro modo avrebbe potuto ottenerle?

Andò per esclusione: le uniche persone presenti che sapevano qualcosa di quella faccenda erano Pas e Nora. La pennuta aveva iniziato a manifestare una stanchezza tutt'altro che angelica e se n'era andata con gli altri. Dal suo vecchio compare di poker non avrebbe ottenuta nulla.

Pensa, Damon, pensa...

Osservò, senza vederli davvero, i frammenti anneriti della pagina incriminata, che giacevano nel portacenenere sul tavolino davanti a lui. Un rumore sordo attirò la sua attenzione: Bonnie aveva chiuso con poca grazia un diario e ne aveva preso un altro, sfogliandolo distrattamente.

Damon sogghignò tra sé.

Ehi, Bennett. –

Bonnie sospirò con aria sostenuta e disse un annoiato “Cosa?” senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

Vediamo che sai fare. –

Damon si stiracchiò come un gatto e si preparò al trucchetto di magia. Ingredienti: un pagina a caso da un vecchio, inutile diario, un accendino, una strega troppo sicura di sé per pensare di poter cascare in una trappola. Il resto l'avrebbe fatto la leggendaria dialettica di Damon Salvatore, indiscusso genio del male.

~~~

Ma quante visite stasera. Sa l'avessi saputo avrei preparato del the. –

Katherine sapeva perfettamente che l'ironia non funzionava con Elijah, ma non poteva esimersi dal fare la parte di sé stessa. Non quando la propria vita dipendeva da quanto bene avrebbe recitato la sua parte. E infatti Elijah non aveva risposto – prevedibile. Si era limitato a “non guardarla” come sempre, come se fosse una creatura troppo insignificante per meritarsi la sua attenzione. Peccato che Katherine si ricordava bene che lui non l'aveva sempre guardata così. Oh, no.

A cosa devo l'onore? – gli chiese.

Elijah guardò John. Katherine l'aveva mandato a chiamarlo e per una volta quell'imbecille aveva fatto il suo dovere.

Sostiene che hai qualcosa da dirmi. –

Katherine schioccò la lingua: – In effetti sì. Ma non sono certa che potrebbe interessarti. –

Elijah era veloce. Molto. Ma quella mossa era talmente ovvia... Katherine si allontanò di scatto, nascondendosi nel buio della cripta, ascoltando i passi di lui che riecheggiavano tra le volte di pietra.

Non essere sciocca, sento il tuo odore. –

Non essere timido, sento che vuoi giocare. –

E d'improvviso Katherine si trovò catapultata indietro nel tempo. Era il secolo scorso, no, quello prima, no, era molto prima... era tutta la sua vita. Klaus non si scomodava dal suo rifugio, sguinzagliava sempre i suoi servi per cercarla. Elijah era il più fidato. Ed era il più bravo, anche, ma questo Klaus non lo sapeva. Non avrebbe mai saputo che Elijah la trovava sempre, che la braccava e la minacciava, ma non la catturava. Mai. Faceva in modo che fosse costantemente sotto tensione, terrorizzata, perennemente in fuga, priva di qualsiasi speranza di pace. Le era sempre addosso, avrebbe potuto prenderla e condurla da Klaus in qualsiasi momento, ma non lo faceva mai.

Quella notte, in quella piccola, umida cripta, Elijah e Katherine riesumarono i vecchi tempi. Era solo una un pallida imitazione di ciò che avevano vissuto in quegli ultimi secoli, ma alla fine furono entrambi stremati, eccitati e colmi di adrenalina, come accadeva solo dopo un inseguimento intercontinentale.

Vedo che ti sono mancata. – ansimò contro la pietra fredda.

Elijah ce la stava tenendo premuta contro. Non la toccava che non una mano e Katherine, per quanto non potesse vederlo, se lo immaginava perfettamente. Elegante come sempre nel suo completo di sartoria, nemmeno uno capello fuori posto, e una considerevole distanza tra i loro corpi. Come se, una volta raggiuntala, finalmente, fosse lui ad avere timore di lei.

Taci. O dimmi quello che devi. –

Quale torto dovesse avergli fatto, Katherine poteva immaginarlo, ma preferiva seppellire quell'idea in un angolo remoto. Un tempo, Elijah era stata una delle rare persone che nella sua lunga vita le aveva dato ciò di cui aveva bisogno: accettarla per ciò che era. Il che riconduceva inevitabilmente al motivo del torto. Oh, be', Katherine era sempre stata una maestra nel farsi del male da sola.

Se proprio vuoi saperlo, soggiogami. –

Ed era recidiva.

Ricordati che me l'hai chiesto tu. –

La voce di Elijah, mentre la girava tenendola per le spalle, era pacata, fredda e distante come sempre. Eppure Katherine per la prima volta ebbe davvero paura di lui. Non di Klaus, né di ciò che che poteva farle Elijah come Antico, bensì di Elijah come persona.

Non ho mai chiesto di essere la vostra dannata Chiave. – sibilò, sentendosi terribilmente patetica.

È un po' tardi per le giustificazioni. – commento lui alzando un sopracciglio – Guardami. –

Mentre alzava lo sguardo su di lui, Katherine pensò che ci si era cacciata da sola in quella situazione e che da sola ne sarebbe uscita. E l'avrebbe fatto a testa alta, come ogni volta.

Elijah la osservò per un interminabile momento. Poi, quando parve abbastanza soddisfatto del terrore che le stava incutendo, parlò.

Non lo farò. Ma mi dirai tutto lo stesso. –

Katherine nemmeno tentò di nascondere il patetico sospiro di sollievo. E subito si mise a parlare, come se non avesse aspettato altro. Riempì di parole le ombre della cripta, raccontandogli di Pas, dell'angelo, dello stupido piano che sicuramente stavano progettando.

Se Damon non è stupido, vorrà fare quello che vuoi fare tu. – commentò distrattamente.

Elijah inclinò appena la testa: – E cosa vorrei fare io? –

Katherine gelò. Le era sembrato ovvio, ma dietro la solita freddezza di quelle parole, percepì tutto lo scherno per la sua presunzione.

Sappiamo tutti e due che qualsiasi metodo per uccidere Klaus è fallibile. – replicò, gonfiandosi in tutta la sua (al momento poca) autostima.

E presumi che invece quello non lo sia. – concluse lui.

Katherine strinse gli occhi: – Lo è? Come potrebbe esserlo? –

Elijah non rispose. Le voltò le spalle e si avviò verso l'uscita della cripta. Katherine gli corse dietro, andando a sbattere contro la “barriera” che lui stesso le aveva imposto.

Dimmi che questa informazione è inutile e sarà una menzogna! – gli urlò inferocita – E lo sapremo entrambi! –

Mi è utile. – ammise candidamente – Ma non nel modo in cui credi tu. –

Katherine di rabbuiò: non le andava a genio quando non capiva ciò che gli altri avevano in mente. In particolare quando gli altri avevano tutto quel potere su di lei.

Ah, Katerina. –

Gli occhi nei suoi e poi ecco, la solita, invincibile inerzia che la prendeva. Una marionetta tenuta su dal potere di Elijah.

Aveva detto che non l'avrebbe fatto...

Era solo questo il suo pensiero. Tempo dopo Katherine avrebbe compreso che quello che stava per succedere era il momento più intimo mai verificatosi tra di loro. Ma avrebbe dovuto attraversare un oceano di odio per arrivare a quella verità.

Da questo momento non avrai altro pensiero che questo: sapevi che ti amavo, ma non mi hai chiesto aiuto, e non sapremo mai come sarebbe andata se l'avessi fatto. –

L'urlo era agghiacciante e scaturì senza alcun preavviso, si moltiplicò per le pareti del cripta e la gettò nel terrore più nero. Ci vollero ore perché Katherine capisse che era lei ad urlare.

~~~

La gente parla di quello che non ha. Il problema con Damon era che non parlava con nessuno e, se non si poteva leggergli nel pensiero, non si capiva cosa voleva veramente. E, no, a dispetto delle sue paranoie, Nora non aveva capacità telepatiche.

E quindi cosa voleva Damon Salvatore?

Voleva Elena? Probabile. Ma la amava troppo per tramare ai danni della sua felicità.

Voleva vendicarsi della Pierce? Sicuramente. Ma non sembrava una sua priorità, al momento.

Voleva liberarsi degli Antichi? Be', che novità! Questo lo volevano tutti: era una gatta da pelare che ormai aveva varcato confini di Mystic Falls.

Ma Damon Salvatore, in quanto individuo dotato di pensieri, desideri, sogni eccetera... il Damon che più si avvicinava ad un essere umano, quel Damon lì... che cosa voleva davvero?

Nora dubitava fortemente che lui stesso lo sapesse. Sembrava congelato in una lotta interiore tra il desiderio di autodistruzione e di rivalsa contro il mondo intero, e la necessità di essere accettato – di accettarsi – per ciò che era. Insomma, era incastrato in un'eterna adolescenza. Il che faceva di lui un uomo come tanti altri.

Oh, per carità, meglio l'immaturità di Damon che la caparbietà di Stefan. Se qualcuno avesse chiesto a Nora chi dei due fratelli Salvatore le faceva più paura, senza dubbio avrebbe detto il minore.

Damon, nella sua disperata ricerca di sé stesso, era “prevedibilmente imprevedibile”: sapevi che stava costantemente complottando qualcosa – qualcosa di incredibilmente stupido e dettato dalla sua proverbiale impulsività, e che sicuramente alla fine si sarebbe rivelato inutile e dannoso. Il guaio di Stefan, invece, era che lui rifletteva, pianificava, non faceva mai niente di azzardato: le sue decisioni erano supportate da una tale sicurezza interiore che nessuno avrebbe potuto fermarlo veramente.

Damon era iperattivo e avventato, e cambiava continuamente idea, Stefan era granitico e inamovibile. Le azioni di Damon erano discontinue, perché poteva essere fermato in qualsiasi momento, attratto com'era da ogni minima possibilità di uscire dal suo gorgo di personale afflizione. Le azioni di Stefan potevano essere fermate solo con un paletto.

Nora l'aveva percepita più volte quella sua implacabilità, e si augurava di non doversi mai mettere a confronto con lui. Non che ne avesse paura – non c'era paragone tra loro – ma Nora era consapevole del fatto che Stefan non si sarebbe fermato davanti a niente pur di ottenere ciò che voleva. Questa era forse l'unica vera caratteristica che lo accomunava ad Elena. E a Katherine. Ma qualcosa le diceva che Stefan si era innamorato della doppelgänger per ben altri motivi.

Nora batté le palpebre e strizzò gli occhi mentre chiudeva l'acqua. Plic-plic facevano le gocce che scivolavano dalle dita e andavano a cadere sulle mattonelle. Soffiò via l'aria con stizza e agguantò un asciugamano: si era rovinata la sua prima doccia pensando. Uscendo dal box uscì anche da quelle riflessioni.

Lo specchio era appannato: ci disegnò un faccia che faceva la lingua. Si alzò in punta di piedi e fece combaciare la smorfia con la sua immagine riflessa. Coandava meglio.

Fare qualche puttanata ogni tanto... fare come se fossi umana...

Si appoggiò al lavandino, strofinando i capelli con l'asciugamano. Ne riemerse con la testa arruffata e di nuovo impegolata in fastidiose meditazioni.

Una volta non era così. Lassù, come entità angelica, non faceva tutta quella fatica a pensare. Le cose si dispiegavano chiare e lineari davanti a lei, prima ancora che si ponesse le domande.

Doveva scoprire cosa stava tramando Damon e doveva farlo prima che ne facesse una delle sue. La domanda era: doveva informare dei suoi dubbi anche gli altri? A parte Pas, ovviamente. Era sicura di poter gestire la situazione anche da sola, ma forse per prudenza sarebbe stato meglio dirlo ad Alaric – se si fidava Pas, poteva farlo anche lei. Stefan no: quello era capace di uccidere il fratello se avesse anche solo sospettato che poteva essere un pericolo indiretto per Elena.

Nora sospirò tra sé. E la stanza divenne immediatamente più piccola e soffocante. Per ottenere una missione come quella aveva atteso per un tempo che sarebbe stato incalcolabile dalla mente umana. Era preparata, aveva alle spalle miglia di missioni. Allora cosa diavolo era quella stanchezza che l'aveva presa, all'improvviso, nel soggiorno della casa sul lago. Non era passato nemmeno un giorno e già si stava arrendendo?

Maledetti vampiri...

Tra uno sbadiglio e l'altro, Nora maledisse più volte quella stirpe di dannati succhiasangue, origine di tutti i suoi mali dacché era nata. Spense la luce e uscì dal bagno, muovendosi impacciata tra le stanza buie. Alaric era stato gentile ad accettare di ospitarla, ma non conosceva quell'ambiente. A dire il vero, non conosceva nessun ambiente: era un centinaio di anni che non aveva un corpo materiale con il quale occupare dello spazio in quel piano dimensionale. Doveva imparare daccapo a muoversi come un essere umano e ciò comportava una certa quantità di spigoli presi sui gomiti, di anche sbattute sugli stipiti e di piedi che inciampavano in scalini e tappeti. Un flipper vivente, praticamente.

Nonostante tutto, Nora riuscì a guadagnare la camera da letto. Si lasciò cadere sul letto, muovendo meccanicamente braccia e gambe come... un angelo. Le venne da ridere, ma era troppo stanca, quindi emise solo un singulto indistinto.

Sulla neve viene meglio. –

Si puntellò sui gomiti e osservò perplessa la figura che stava in piedi, vicino alla finestra, con la schiena appoggiata al muro e le braccia incrociate sul petto. Damon Salvatore.

Nora fece ricadere la testa sul letto, sbuffando sonoramente.

Sto cercando di dormire. – piagnucolò, agguantando un cuscino e stringendosi a chiocciola.

Damon si staccò dalla parete e si sedette sul bordo del letto.

Non sei piatta come sembrava. – commentò.

Nora soffocò uno sbadiglio: – Avevo sedici anni quando sono morta, mica dodici. –

Nemmeno un po' di imbarazzo. Peccato, avrebbe dato più pathos alla scena.

Se speri che mi mi metta a strillare come in un romanzetto, stai fresco. Lassù si gira con l'anima in bella vista, sai quanto mi fa effetto che mi vedi nuda?

Non è questo l'effetto su cui conto.

Alla fine ci era arrivata, ma ormai era troppo tardi. Dopo si sarebbe giustificata scioccamente dicendosi che era stanca e stressata, ma la verità era che una Virtù Angelica Incarnata non poteva permettersi certi errori, in nessun caso, e men che meno in una situazione delicata come quella. Ma questo, e tante altre belle cose, se le sarebbe dette dopo. In quel momento doveva ancora realizzare com'era possibile che i denti di Damon fossero affondati nel suo collo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitoo 6 ***


Note

Questo capitolo vi farà venire strane idee, già lo so... e non so se incoraggiarle o meno. Be', non vi dico altro: meglio che traiate da sole le vostre conclusioni e che magari me le facciate sapere in una recensione.

Buona lettura!







Capitolo 6

~

Dove Damon fa onore al suo nome di battesimo



Per prima cosa sentì il bruciore. La pelle sfrigolava e gli occhi – Cristo! – manco poteva aprirli. Si tastò la mano: l'anello era al suo posto. Che cazzo succedeva?!

Ci volle un'immane forza di volontà solo per rigirarsi. L'erba era ancora umida della rugiada notturna, ma non gli dava alcun sollievo. Era cieco e dolorante e affamato, e il mondo roteava attorno a lui. Decisamente, non era il risveglio migliore della sua non-vita.

L'ultimo ricordo? Ah, ecco, lo schianto. Quello prima?

Sangue.

Non che fosse una novità. O lo era? Cos'era quel sapore? Si leccò le labbra e come un lampo tornarono, tutti insieme, i ricordi della notte prima. La casa sul lago, la pagina del diario, il trucco con cui aveva fregato Bonnie... l'appartamento di Alaric, Nora, il letto, i denti che affondano. Ghiaccio liquido nella gola. La sensazione di soffocare, ma l'impossibilità di fermarsi. E poi lo schianto.

Trovò la forza di alzarsi. E ricadde giù come un sacco di patate, lamentandosi confusamente. La testa pulsava. C'era troppa luce. Aveva fame.

Non riusciva a formulare pensieri più complessi di quelli. Aveva creduto che niente potesse essere peggio del periodo di transizione da umano a vampiro.

Cazzate.

Quando aveva avuto quella bella idea? Non è che si fosse pentito – lui non si pentiva mai di niente, se ne faceva un punto d'orgoglio. Ma diciamo che se l'avessero avvertito prima, ci avrebbe pensato un po' su. Avrebbe pianificato. E adesso non sarebbe riverso sull'aiuola del condominio, contando i neuroni sani e chiedendosi cosa mangiare.

Sì, perché aveva una gran fame. Ma non di sangue. Fu quella, più di ogni altra cosa, a dargli la spinta iniziale.

~~~

Quando Pas l'aveva trovata, Nora era praticamente in agonia. Adesso rimpiangeva che si fosse ristabilita. Il bagno di luce era stato anche troppo efficace.

Come sarebbe “è sparito”? –

Era incredibile quanto riuscisse ad apparire minacciosa nonostante inveisse contro di loro da un letto, seppellita tra le pieghe scozzesi di un plaid, con i capelli in tutte le direzioni e il visetto più pallido che mai.

Sarebbe che non lo troviamo. – ribadì stancamente.

Questo l'avevo capito. – sbottò, ergendosi fra le coperte in tutta la sua (al momento scarsa) maestà angelica – Voglio sapere com'è possibile! –

Non è la prima volta che lo fa. – intervenne Stefan, che assieme a Bonnie era l'unico ammesso a quella riunione – Se non vuole farsi trovare, cercarlo è tempo perso. –

No che non lo è! –

Pas sentì una fitta di emicrania trapassargli la tempia. E improvvisamente comprese in quale spirito si pianificasse e mettesse in atto l'omicidio del proprio capoufficio.

Stefan, com'era nella sua natura accomodante, tentò di ragionare: – Manteniamo la calma, non c'è bisogno di essere... –

Fatalisti? – lo interruppe lei, stroncando il suo debole tentativo – Oh, ti prego, so di cosa parlo. Pas, spiegaglielo tu! –

Ho già detto troppo. –

Mi stai dicendo che dovremmo lasciarlo scorrazzare?! –

Aveva una punta d'isteria nella voce.

Bene, – allargò le braccia, esasperato – come facciamo? Se hai in tasca un rivelatore di vampiri mutanti, ti prego, passami il sito dove l'hai comprato, mi sarebbe utile. –

Guarda che non c'è niente da scherzare! – lo rimproverò in tono petulante.

Si stava alzando dal letto, incurante delle sue condizioni. E non pensava alla sua salute, quanto alla palese crisi isterica cui stava per dare il via, nonché al pigiama di flanella color salmone che indossava: elementi che la rendevano ben poco credibile ai loro occhi.

Scusate. – ecco che Stefan ci provava di nuovo – Potreste spiegarmi di nuovo tutta questa faccenda? –

Pas gli lanciò l'occhiata più contrariata del suo repertorio. Ma prima che potesse obiettare, Nora partì a razzo, parlando senza quasi prendere fiato, come faceva sempre quando era nervosa.

Il mio sangue è una fottutissima droga. Se un vampiro la assume... bam! Gli vengono i superpoteri. Se prosciuga un angelo... ciao ciao... altro che superpoteri, quello diventa un demone! Il sangue di un angelo è il passaporto per l'Inferno. –

Pas non l'aveva massa esattamente in questi termini, ma doveva ammettere che era una riassunto calzante. Semplicistico, forse, ma sicuramente efficace. E magari un tantino ad effetto, a giudicare dalle espressioni atterrite di Stefan e Bonnie.

Sì, lo so, è assurdo. Non chiedetemi chi ha fatto queste regole del cazzo. – Nora si era infilata un paio di ciabatte a forma i coniglietto e aveva preso a camminare nervosamente in cerchio, tormentandosi una ciocca di capelli – Dovevo aspettarmelo! Avrei dovuto piantargli un paletto ieri notte... anzi, no, appena l'ho visto... sì... via il dente, via il dolore... –

A quel punto, Pas ebbe definitivamente la misura del crollo di Nora. Si era persino dimenticata che un angelo-guida, tecnicamente, non può uccidere coloro che la sua missione richiede di proteggere. Era insopportabile, va bene, ma vederla così lo fece sentire in colpa.

Occhieggiò Bonnie: la sua mortificazione poteva tagliarsi a fette. Ma chi aveva la responsabilità di quella disgraziata faccenda era una sola persona, e rispondeva al nome di Pascal Serrault. Un momento di distrazione, una stupida debolezza... ed ecco che tutto iniziava a vacillare. Questa volta non gliel'avrebbero perdonata – non se la sarebbe perdonata.

D'accordo, ma non è riuscito a bere tutto il tuo sangue. – stava dicendo Stefan.

Grazie per la puntualizzazione, mister Ovvio. – sbottò Nora, interrompendo la sua marcia circolare.

Un silenzio imbarazzato calò sulla stanza, mentre lei balbettava delle scuse.

Sei stanca. E debole. – troncò Pas, accigliato – Riposati, riprendiamo più tardi. –

No! – s'impuntò mentre Bonnie la riconduceva a letto – Checcazzo, no! Come faccio a riposare?! –

Non è l'unico demone a spasso. – cantilenò.

Andiamo, Pas! Ho capito, vuoi ridimensionale il problema per tranquillizzarci. Grazie. Adesso guardiamo i fatti, per favore? –

Senso di colpa o meno, Pas si sentì impietrire. Sciocca testarda. Un paio di ali e si credeva di poterlo guardare dall'alto in basso. Come se non avesse duecento anni più di lei, come se a suo tempo non avesse salvato il culo a lei e a sua madre.

La ignorò.

Damon non è ancora un demone. – disse rivoltò agli altri – Né lo diventerà, se riusciremo a tenerlo lontano dal suo collo ancora per qualche tempo. –

Allora qual'è il problema? – chiese Bonnie timidamente.

La parte sulla droga e i superpoteri. – sbuffò Nora dal letto.

Quindi, se ho capito bene, abbiamo un Damon dopato a piede libero. – riassunse Stefan, con voce sgomenta e la fronte increspata da mille rughe di preoccupazione – E cosa potrebbe combinare? –

È tuo fratello. – sospirò Pas – Dai sfogo all'immaginazione. –

~~~

Contrasse le dita nel vuoto, cercando di adattarsi a quella nuova forma.

Gli era bastato incrociare una persona per strada e l'istinto aveva avuto il sopravvento. Se n'era nutrito avidamente, senza frenarsi, senza fermarsi a pensare, respirare. Aveva finito prima ancora di rendersi conto di ciò che stava facendo. Ma la fame s'era appena smorzata.

Troppo veloce...

Eppure era stato sufficiente. Ora che aveva scoperto quel sapore, ora che l'aveva gustato... nulla era paragonabile.

Diede una vaga occhiata al corpo, riverso scompostamente affianco a lui. Doveva trovarne un altro. Si alzò, spazzolandosi distrattamente i vestiti, e si allontanò. Mentre camminava per le strade fredde e vuote delle sei del mattino, pensava che aveva appena trovato il lato pratico della faccenda: non si sarebbe più imbrattato di sangue.

Qualcosa dentro di lui stridette e si ruppe a quel pensiero. Ma era troppo lontana. Non faceva nemmeno male.

~~~

Vai a capire come si fosse trovata lì. Elena ormai era abituata a perdersi nelle immensità labirintiche del maniero Salvatore, e non si faceva più prendere dal panico come una volta. Certo, era difficile capire come avesse fatto a raggiungere quell'ala dell'edificio, quando sapeva bene come raggiungere la cucina. Ma muoversi al buio fa brutti scherzi. Tutto per uno spuntino di mezzanotte. Avrebbe dovuto svegliare Stefan.

Si fermò sull'ingresso di un lungo corridoio e tastò la parete alla ricerca di un interruttore. Lo trovò, ma quello fece “click” a vuoto un paio di volte e non successe nulla. Si rassegnò a vagare nel buio.

Avanzò a tentoni, tenendo un braccio teso a toccare il muro. Sotto i suoi piedi, il legno del pavimento scricchiolava, liscio e polveroso. Polverosa era anche la l'aria che respirava, ed umida, con un sentore di muffa e vecchiume.

Elena capì che quella parte del maniero non era stata visitata per molti decenni. Sperava di trovare una finestra: se non altro aprendola e guardando fuori avrebbe potuto orientarsi. Ma la sua mano continuò a toccare una compatta parete.

Era quasi rassegnata a chiedere aiuto. Le sarebbe bastato un grido: Stefan sarebbe stato al suo fianco prima ancora di chiudere la bocca. Non sapeva cosa la tratteneva. Forse la infastidiva l'idea di essere “tratta in salvo” per l'ennesima volta.

O forse era solo curiosità. Cosa c'era in quel corridoio buio? Dove portava?

Tanto buio non lo era, adesso che ci badava. C'era una sottile lama di luce che filtrava da sotto una porta, sulla destra, alla fine del corridoio. Elena avanzò cautamente, attratta come una falena dalla fiamma. Come poteva esserci qualcuno in quella parte disabitata? O forse alla fine aveva girato in tondo ed era tornata da dove era partita?

Elena si trovò davanti alla porta chiusa e la fissò. Doveva esserci acceso un caminetto là dentro, perché la luce si muoveva, danzava sulle dita nude dei suoi piedi. Se c'era un fuoco c'erano anche delle persone. Elena era sicura di aver sentito delle voci soffocate. Chi c'era? Doveva bussare ed entrare?

Per un momento esitò. Sarebbe stato meglio chiamare Stefan. Fece un passo indietro e voltò appena il capo. Niente, alle sue spalle c'era solo il corridoio buio e vuoto. Non sapeva se questo la confortava o la metteva ancora più a disagio.

Quando tornò a guardare la porta, vide che in realtà era accostata. Le sembrava di ricordare che un attimo prima fosse chiusa, ma poteva sbagliarsi.

Restò immobile ancora per un momento. Tergiversava. Elena non era mai stata una ficcanaso e di quei tempi era meglio non lanciarsi in esplorazioni da soli, di notte, in luogo sconosciuto. Ma cosa avrebbe potuto accederle di male in quella casa?

E poi, adesso, quelle voci erano inconfondibili. C'era qualcuno là dentro. Alzò una mano e bussò piano. Nessuna risposta. Bussò ancora, un po' più forte. Chiunque fosse, non la sentì nemmeno stavolta. Elena decise che aveva temporeggiato anche troppo: spinse delicatamente la porta e sbirciò dentro.

La prima impressione, dopo lo shock iniziale e l'inevitabile imbarazzo, fu semplicemente di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. E stava per abbandonare quella stanza, se non fosse che la scena che si dispiegava davanti ai suoi occhi, oltre ad essere un concentrato di lussuria allo stato puro, aveva una nota stonata.

Katherine non poteva essere lì.

~~~

È lei?

Sì.

Non sapeva dire quando la voce avesse iniziato a parlargli. Probabilmente avrebbe dovuto trovare la cosa inquietante, ma non gli importava.

Da quanto vai avanti?

Ho appena cominciato.

La sua pelle stava iniziando a sudare. Inclinò appena la testa e osservò con blanda curiosità le goccioline che le imperlavano la gola. Lui poteva sentire ben altro. Poteva percepire ogni sfumatura di ciò che stava provando. Era inebriante.

È un'opera rozza, ma non è male per essere la prima.

Grazie. Pensi che debba calcare la mano?

Oh, no. Così è perfetto.

Avrebbe ceduto. Alla fine, lo avrebbe implorato. E sarebbe stata la sua vittoria. Su tutti: su Stefan, su Katherine, su Elena... e su sé stesso.

Elena Gilbert che capitolava per mano di Damon Salvatore. Oh, che gusto dolce aveva la vittoria.

~~~

Avrebbe potuto dipingerla, quella scena, talmente era vivida. Solo che colori come quelli non esistevano. Come riprodurre i riflessi del fuoco sulle spalle contratte di Damon? Come rendere la morbida voluttà delle ciocche di Katherine sparse sul cuscino? Era tutto troppo perfetto.

Quando si accorse che la stavano osservando, era troppo tardi. Elena fece un piccolo, patetico tentativo di nascondersi nell'ombra del corridoio. I due si scambiarono un'occhiata d'intesa.

Fu Damon ad alzarsi dal letto. Era nudo e non pareva essere dispiaciuto della situazione. Mentre le veniva incontro, Elena trovò molto interessante la struttura della mensola sopra il letto e decise che era meglio concentrarsi su di essa.

Non la toccò, né le parlò. Le fece solo un cenno e attese pazientemente. Elena provò ad ignorarlo, ma la sua presenza davanti a lei era abbastanza ingombrante. E quell'odore che si portava addosso... le faceva tornare in mente quello che aveva appena visto. L'immaginazione fece il resto: non era difficile sostituire Katherine e ritrovarsi protagonista della scena a cui aveva appena assistito.

Damon le tese la mano. E fu come se tutta l'aria le venisse risucchiata via dai polmoni. La volontà di Elena non ebbe più alcuna importanza.

~~~

Stai indugiando.

Sì. Gli piaceva sentire la debole reticenza di Elena sgretolarsi lentamente, pezzettino dopo pezzettino, lasciandola impietosamente esposta. Così tante volte era stato lui quello esposto, e adesso che le parti si erano invertite avrebbe dovuto accelerare lo stillicidio?

No, grazie. In quel momento non aveva alcuna fretta. Si stava godendo quell'inaudito, prodigioso senso di vittoria. Era quasi meglio del nuovo sapore.

Quasi...

A Damon sarebbe bastato quello: aveva raggiunto il suo scopo primario. Ma lui non era Damon. Il suono di quel nome, ormai, gli faceva ribrezzo.

Finiscila.

Voglio che soffra.

Soffrirà le pene dell'inferno.

Inferno? Era a ben altro che mirava.

Non parlo di dannazione.

Nemmeno io. È solo il principio.

Ancora una volta, prestò ascolto e seguì il consiglio.

~~~

Quando l'aveva afferrata? Quando gli aveva permesso di morderla e poi baciarla e farle sentire sulla lingua quel mostruoso, irresistibile sapore che erano i loro fluidi mescolati assieme? E quando le sue stesse mani avevano assecondato quelle di Damon, invece che respingerlo?

Se Elena avesse avuto una volontà, avrebbe gridato. Era peggio che essere soggiogata, peggio che essere rapita, peggio di qualsiasi cosa avesse mai sperimentato dacché era invischiata con i vampiri.

Ogni suo movimento era dettato da un insopprimibile bisogno di possedere ed essere posseduta da Damon. Ma lei non voleva questo. Non l'aveva mai voluto e mai l'avrebbe. E provava un immenso disgusto per sé stessa ed un odio primordiale per il vampiro dal quale non riusciva a separarsi.

Ma il nodo di tutto, ciò che la stava facendo impazzire, era come potessero coesistere questi sentimenti dentro di lei.

E infine ci fu la presa di coscienza. Se non poteva evitarlo, forse era ciò che voleva. Forse era ciò che meritava.

La debolezza arrivò lentamente: una marea decrescente, che ad ogni ondata si portava via un po' di vita. Si accasciò tra le braccia di Damon, inerme eppure vigile, impotente davanti ai suoi stessi desideri. Annichilita, si lasciò prosciugare. Era un po' come essere morsa, ma senza dolore. C'era solo tanta rassegnazione.

Elena schiuse le labbra e con l'ultimo respiro sussurrò quello che voleva sentirsi dire.

~~~

Più che una supplica era un'ammissione. Non sapeva spiegarsi perché, ma questo gli diede un retrogusto che non gli piacque. Per niente. E questo ruppe ogni protezione.

Che intenzioni hai?

Non lo vedi?

Questo è solo il principio...

No. Questa è la fine.

~~~

Le bastò varcare la soglia per sentire quella presenza. E per la seconda volta in ventiquattr'ore, Nora si trovò costretta ad espandere la sua aura. Ma stavolta non c'era l'adrenalina a darle l'energia necessaria.

Quando si ritrovò Pas che incombeva sopra di lei, dandole schiaffetti sulle guance, Nora capì di essere svenuta. Il dampiro sanguinava da tutti gli orifizi del viso.

Cazzo! – imprecò – Lo sai che devi sloggiare quando lo faccio! –

Pas rispose al suo rimprovero sputando un grumo di sangue sulle mattonelle. Si aiutarono a vicenda ad alzarsi in piedi, per poi ricadere a terra senza alcuna dignità.

Ok, contiamo i danni. – biasciò lui.

Nora aveva la sensazione che la sua testa stesse per aprirsi in due come una zucca.

Si strofinò gli occhi: – Stefan? –

Il vampiro fece subito capolino dalla porta. Il suo sguardo la diceva lunga sullo spettacolo penoso che dovevano rappresentare.

Sto bene. – lo sentì dire, mentre passava lo sguardo sulla stanza.

Aveva l'aria di chi in realtà non stava affatto bene.

Elena? – continuò ad elencare.

Stefan si avvicinò a lei ad una velocità senza precedenti nemmeno tra i vampiri. La prese tra le braccia come se maneggiasse un fragile bambola di ceramica e la scrutò con uno sguardo che strappava il cuore dal petto. Nora poté percepire la sua aura gonfiarsi del senso di disperazione e del desiderio di protezione nei confronti di Elena.

È viva. – mormorò, il volto di pietra e gli occhi celati dalle sopracciglia mortalmente aggrondate.

Prima di intervenire, gli avevano raccomandato di non fare niente. Non avrebbe dovuto toccare né Damon né, tantomeno, lei. Pas e Nora avevano presagito cosa stava succedendo in quella stanza, e gli avevano detto che la cosa migliore che avrebbe potuto fare era starsene lontano lì, ma ovviamente Stefan aveva insistito. Voleva vedere.

Damon? –

Era stato Pas a parlare. E l'aura di Stefan era virata pericolosamente verso sfumature di furia e violenza inaudite. Probabilmente – anzi, sicuramente – non era il momento migliore per nominare il maggiore dei fratelli Salvatore. Ma cosa dovevano fare, ignorarlo?

Stefan stava per trucidarlo e nessuno dei presenti avrebbe avuto la forza per impedirglielo. Nora deglutì a vuoto e decise di fingere.

Ha bisogno di luce. – disse indicando Elena – E acqua santa. Molta. –

Stefan non allontanò lo sguardo fosco dal fratello – pareva non averla nemmeno sentita. Ma un attimo dopo prese in braccio Elena e, senza dire una parola, la portò di sotto.

Da quando in qua i postumi di un incubus si curano come le possessioni? –

Nora scoccò un'occhiataccia a Pas.

Taci e aiutami. – gli sibilò.

Alla fine riuscirono ad alzarsi dal nudo pavimento.

Per un lungo momento, osservarono la sagoma inerme senza proferire parole.

Cosa ne facciamo? – gli chiese, pur conoscendo già perfettamente la risposta.

Pas estrasse un paletto da una delle molteplici tasche nascoste del suo pastrano viola.

Intendi, a parte ucciderlo? –

Lo bloccò afferrandogli il polso.

Sai che dobbiamo farlo. – l'ammonì serio.

Non è più una minaccia. – ribatté – Possiamo gestirlo. –

Oh, sì. – convenne Pas, senza scostare di un millimetro il braccio – E come la mettiamo con gli altri? –

Nora sapeva che sarebbe stato difficile – per non dire impossibile. Anche sorvolando sul palese fatto che lasciarlo in vita fosse deontologicamente sbagliato, c'era da giustificare il cambiamento di Damon agli occhi del resto del gruppo.

Ma valeva la pena provarci.

Ucciderlo sarà come un'ammissione. – gli fece notare – Elijah verrebbe a sapere cosa sono. –

Pas non cedette, ma il suo braccio si fece meno teso contro il palmo di Nora.

Ti pare così idiota da voler tentare la stessa cosa? – obbiettò, accennando con la testa a Damon, che giaceva ai loro piedi ancora privo di sensi.

Nora inarcò le sopracciglia: – E cosa mi dici di Klaus? –

Le labbra di Pas si contassero e mentre abbassava il braccio aveva l'aria sconfitta. Era stato anche troppo facile convincerlo. Ma non era stato deciso nemmeno all'inizio: dopotutto, Damon Salvatore era suo amico di vecchia data. La reticenza di Pas era solo senso di colpa. Ma quello sarebbe guarito.

Gli posò una mano sulla spalla: – Vai da Stefan. Sarà perso come un bambino. –

Non la guardò mentre rimetteva a posto il paletto e si sistemava i vestiti con gesti che apparivano fluidi e annoiati.

Sei diventata brava, mon petit. – sospirò in tono mesto – Anche troppo. –

Si scambiarono un sorriso triste. Pas era sempre stato abile a nascondere il disagio. Così abile, che quando Nora l'aveva rivisto per la prima volta dopo quarant'anni, con una morte alle spalle e un paio di ali in più, era rimasta scioccata dalle infinite insicurezze che emanava. Perché, sì, anche gli angeli si stupiscono.

Quando uscì dalla stanza e si trovò sola con Damon – o meglio, con il corpo esanime di quello che era un incrocio tra Damon e una specie di incubus – Nora si sentì pervadere dallo sconforto. Scivolò affianco a lui e posò la schiena contro il letto. Lo stesso letto dove poco prima stava per essere consumato il fattaccio. Se Stefan avesse potuto immaginare cosa stava per fare davvero alla sua donna, non ci sarebbe stato alcun modo per ingannarlo: Damon sarebbe morto.

L'hai davvero combinata grossa. – si lamentò nel vuoto.

E non seppe dirsi se si stava rivolgendo a Damon o a sé stessa.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

~

Dove a mali estremi, estremi rimedi



Ben svegliato. –

Damon ci impiegò un po' a ricordare di chi era quella voce. Quando riuscì a mettere a fuoco la situazione, capì di essere nella merda.

E, a proposito di merda, c'era da notare che i risvegli di quel tenore, ultimamente, erano un po' troppo frequenti nella sua vita. E anche le amnesie momentanee. Che cazzo aveva combinato stavolta?

Era riverso sul pavimento umido dello scantinato del maniero. Gli dolevano gli occhi e le orecchie, e aveva la nausea. E c'era uno stramaledetto angelo appollaiato sul suo petto.

Potresti togliermi di dosso il tuo dolce peso? – biascicò.

Uhm... – Nora fece finta di pensarci su – No, non credo. –

Si sforzò di sogghignare: – Guarda che così mi eccito. –

Guarda che così mi fai arrossire. – gli fece il verso in tono petulante.

Avrebbe voluto scaraventarla sul soffitto. Avrebbe: condizionale. Perché al momento non riusciva nemmeno a muovere un dito.

Cosa mi stai facendo? –

Io niente. – scrollò le spalle – Bonnie si è data da fare. Adesso nessun demone può sfoggiare i suoi mirabolanti poteri cosmici qua dentro. –

Oh... – rise di una risata stridente e soffocata – come siete carini a pensare a me! –

Ci stai molto a cuore, Damon. –

La risata aumentò fino a trasformarsi in un attacco di tosse convulsa.

Non sto scherzando. – le sentì dire – Nessuna creatura soprannaturale può entrare qui, e quindi nemmeno Stefan. –

Il nome di suo fratello gli fece tornare in mente un altro nome.

Elena.

Una mano viscida gli serrò il cuore, mozzandogli il fiato, facendogli tremare ogni muscolo.

È un po' tardi per sentirsi in colpa. –

Damon la fulminò. Niente sarebbe accaduto se lei non fosse arrivata tra loro. La rabbia montò dentro di lui e, assieme ad essa, la voce tornò, confusa e sibilante, come se provenisse da una radio mal sintonizzata. Ma il messaggio arrivò chiaro e forte.

Si mosse con una rapidità tale che si stupì di sé stesso. Un istante e la sua mano era chiusa attorno alla gola dell'angelo. La paura negli occhi di lei lo informava che non si aspettava niente del genere. Ma durò poco.

Nora digrignò qualcosa come: “Io non credo proprio...” e gli premette una mano sul torace. Una colata di lava gli incendiò la pelle, straziandolo attraverso i muscoli e giungendo fino alle ossa.

Damon urlò con quanto fiato aveva. Lasciò la presa e si dibatté sul pavimento, squassato dal dolore.

Ti basta? –

Non le rispose, ma lei dovette ritenere sufficiente quel trattamento. Tolse la mano e si alzò da lui. Il dolore cessò lentamente e Damon boccheggiò, respirando a pieni polmoni quell'aria umida e pregna del puzzo di carne bruciata. Si tastò il torace: la ferita stava guarendo, ma senza troppa fretta.

Che testa dura che sei! – sbottò Nora.

Ehi, sto sperimentando. – protestò lui, rotolando su un fianco e mettendosi goffamente a sedere – Non tarpare le ali alla mia creatività. –

Allora divertiti. – la vide allontanarsi verso l'uscita e aprire la pesante porta di legno – Ma evita di rompermi le palle. –

Perché non mi hai ucciso? –

Damon si rese conto di aver parlato solo quando lei si fermò sulla soglia e si voltò a guardarlo. Lo osservava con un misto di stupore e contrarietà.

Perché non posso. – disse semplicemente.

Poi si chiuse la porta alle spalle, con un fastidioso sferragliare di chiavistelli, e Damon restò solo con sé stesso.

~~~

Per quanto ancora dobbiamo lasciarlo là dentro? –

Ogni minuto che passava, Bonnie era sempre più tesa. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma sentiva che c'era qualcosa che non quadrava nel piano che avevano elaborato per fermare Damon.

Ne abbiamo già parlato. – sospirò Pas, sfogliando distrattamente uno dei tanti libri antichi presenti nella biblioteca dei Salvatore.

Sorseggiò il suo whisky e aggiunse: – Fino a che Nora non sentirà svanire la sua aura demoniaca. –

In quel momento l'angelo fece ritorno dai sotterranei e si sedette stancamente sul divano del salone.

Abbiamo un problema. – le annunciò.

Pas alzò gli occhi al cielo: – Non darle ascolto. Si sente in colpa, sta cercando di strafare. –

Beccata!

Io non...! – Bonnie si morse il labbro e abbassò la testa, vergognosa – Ok, mi sento in colpa. Ma non sto cercando di strafare. –

Il dampiro scambiò un'occhiata con l'angelo.

Cosa succede, Bonnie? – le chiese Nora, conciliante.

Con la sensazione che non sarebbe mai stata presa sul serio, le illustrò i suoi sospetti.

Damon non è solo. – affermò, cercando di apparire più sicura di quanto in realtà non fosse – Ho sentito una presenza ed era simile alla tua, anche se non così potente. E poi... era... –

Non trovava le parole per descrivere le sensazioni che aveva provato nel percepirla.

Mortalmente attraente? – suggerì Pas, mentre continuava a leggere il libro.

Bonnie batté le palpebre, confusa. Come faceva ad esprimere così bene ciò che nemmeno lei riusciva a descrivere?

Sì, ma sentivo che c'era qualcosa di... sbagliato. –

Nora le batté una mano sulla coscia: – Sei fortunata ad essere una strega, lo sai? –

Scosse la testa, senza capire.

Quello che hai percepito è un demone. – le spiegò – Un demone vero, non come quello sfigato a metà strada che abbiamo in cantina. –

Sta perseguitando Damon. – realizzò in quel momento Bonnie.

Nora annuì: – L'ho percepito anche prima. Le nostre precauzioni lo tengono lontano da lui, ma questo non gli impedisce di... “chiamarlo”, diciamo così. –

Ma che cosa vuole da lui? –

Pas chiuse il libro di scatto, facendola trasalire.

Sei preoccupata per Damon Salvatore? – le chiese senza mezzi termini.

Strano a dirsi, ma era così, e lo ammise con un flebile “sì”.

Sei preoccupata per un vampiro talmente egoista e antisociale che, pur di rivalersi su un mondo dove non vuole trovare posto, ha cercato di diventare un demone e ha quasi ucciso la tua migliore amica, mandando contemporaneamente a monte i piani per fermare l'avanzata di Klaus? –

Riassunto spietato, ma perfetto, della situazione. Colta da un certo orgoglio, che non sapeva bene da dove provenisse, il “sì” che Bonnie pronunciò stavolta fu scandito con voce alta e sicura. Seguì un lungo momento di silenzio teso.

Be', saresti un ottimo angelo, allora. – concluse lui d'un tratto.

Il suo tono era sincero e il suo sguardo, che la scrutava da sopra gli occhiali da sole abbassati, era diventato benevolo.

Se possibile, Bonnie era ancora più confusa di prima. Guardò Nora per chiederle muto soccorso, trovandola sorridente e soddisfatta.

Per quanto tu disprezzi ciò che è Damon, hai pietà della sua anima. Non tutti ne sarebbero capaci. –

Solo in quel momento Bonnie si rese conto che era di questo che stavano parlando. La presenza che aveva percepito, il demone, era lì per trascinare Damon all'inferno.

Che cosa gli succederà se cederà? –

Questo l'hai già capito da sola. – le fece notare Pas.

Era vero, ma voleva sentire una conferma, e possibilmente nei dettagli. Sui grimori c'era scritto qualcosa a proposito dei demoni, qualcosa sufficiente a combatterli o imprigionarli, creare delle barriere come quella che le avevano chiesto eccetera. Ma non era abbastanza: per capire con cosa avevano a che fare, aveva bisogno di informazioni di prima mano.

Diventerebbe definitivamente un demone. – le spiegò Nora.

Ma per farlo ha bisogno di bere il sangue di un angelo fino ad uccidere la sua forma umana, giusto? – obbiettò, ripassando mentalmente ciò che aveva sentito nella riunione del giorno prima.

Quello è solo uno dei metodi. Dando un'assaggiata al suo sangue – intervenne Pas indicando Nora – la sua anima è diventata una possibile preda. Può essere concupita dai demoni e quindi diventare essa stessa malvagia. –

Ma io credevo... – Bonnie boccheggiò, stupita – insomma, i vampiri sono creature malvagie! La loro anima non è già perduta? –

È solo una leggenda metropolitana. – Nora agitò una mano come a scacciare una mosca fastidiosa – Chiediti solo questo: i vampiri sono dotati del libero arbitrio? –

La risposta era talmente ovvia che Bonnie non la pronunciò nemmeno. Sì, certo che i vampiri erano dotati del libero arbitrio. Lo dimostrava ogni giorno Stefan, con il suo amore per Elena e il suo rifiuto secolare di uccidere per nutrirsi.

In questo momento Damon è in bilico fra i due piani, quello umano e quello infernale. – concluse Pas.

Un'improvvisa tristezza la prese. Difficile spiegare il perché, ma provava un'immensa pietà per Damon, trascinato verso un destino avverso dalle sue stesse azioni, dettate per il puro desiderio di trovare un ruolo in quella realtà che lo rifiutava. Per la prima volta, considerò il vampiro da un punto di vista umano e capì che se qualcuno avesse mai preso in considerazione il fatto che aveva solo bisogno di essere accettato per ciò che era, be', forse adesso non starebbe rischiando la salvezza dell'anima. Era un concetto banale e scontato, ma proprio per questo sapeva che era anche vero.

Cosa possiamo fare per aiutarlo? –

Niente. – ammise Nora, con una punta di sconforto – Abbiamo già fatto tutto il possibile, adesso dobbiamo solo aspettare. È una battaglia che deve vincere da solo. –

~~~

Dormiva in posizione fetale, le mani strette ad artigliare il cuscino, i lunghi capelli aperti a ventaglio dietro di lei. Stefan l'aveva vista tante – troppe – volte dormire così. E stavolta era peggio di ogni altra, perché nemmeno la sua presenza era sufficiente.

I “ti amo” non sarebbero bastati e tantomeno i “si sistemerà tutto”. Il fatto era che non bastava più l'amore – non quel concetto di amore al quale si erano sempre aggrappati, anche nei momenti più disperati.

Stefan non si era mai sentito così inutile. La sensazione di essere di troppo era così palpabile, che stare nello stesso letto lo metteva a disagio, anche se lei dormiva profondamente. Elena era un'anima debole e ferita, chiusa in guscio impenetrabile, una corazza indistruttibile. Tra di loro non c'era mi stato un tale abisso, così buio e freddo e incolmabile.

La sentì emettere un piccolo singulto e muoversi piano, stringendosi ancor più saldamente al cuscino. Era tormentata anche nel sonno. Stefan azzardò una carezza, passò le dita tra i capelli, avvicinandosi cauto. Probabilmente era una goccia nel mare, ma quel gesto per lo meno era di conforto a lui.

È viva, ma non vive.

In quella stanza, in quella notte, Damon aveva rotto qualcosa dentro di lei. Stefan dominò a stento la rabbia. Poi una voce, molto simile a quella Bonnie, gli fece notare che se lui non fosse entrato nella vita di Elena, tutto questo non sarebbe mai accaduto. Era solo colpa sua.

Damon l'aveva forse spezzata dentro, Stefan le aveva distrutto l'intera vita.

~~~

La donna era appollaiata su un alto scaffale di legno, nuda, una gamba che dondolava a penzoloni nel vuoto e l'altra piegata sotto. La penombra della cantina smorzava i suoi tratti: era bruna, con la carnagione olivastra e gli occhi verdi dal taglio a mandorla, orlati di lunghe ciglia. A Damon ricordava Katherine o Elena... o entrambe. Ma c'erano anche dei tratti di Lexi sul suo volto.

Capì cosa era ancor prima che parlasse, ma in seguito non ricordò cosa gli disse per la prima volta. Forse pronunciò solo il suo nome, forse no.

Tu non puoi essere qui. – si sentì dire, ricordando vagamene le parole dell'angelo.

Una piccola ombra si formò sul suo bel volto: stava sorridendo di quell'affermazione.

Ho molti modi per penetrare le difese altrui. –

Adesso la voce era più nitida che mai, poteva avvertirne ogni sfumatura. Somigliava vagamente a quella di Rose. Era strascicata, come se le parole rotolassero fuori dalla sua bocca solo dopo esser state lavorate per bene e ridotte in poltiglia dai denti, dalla lingua e infine dalle labbra.

Come ti chiami? –

Non poteva venirgli in mente una domanda più stupida. Il fatto è che in quel momento non era esattamente col cervello che stava ragionando.

Voi esseri umani... – sospirò lei, lasciandosi scivolare giù con un movimento fluido – sempre così fissati con i nomi. –

Avanzò lentamente verso di lui. Ogni passo era uno sciogliersi di curve ed angoli che si perdevano nelle ombre della stanza – nelle ombre della mente di Damon. Camminava come se fosse padrona dell'intero ambiente, come se conoscesse a memoria il pavimento sotto i suoi piedi e le pareti attorno e il soffitto sopra e l'aria che li avvolgeva.

Lo osservò dall'alto, la testa appena inclinata di lato, una ciocca di onde scure che s'infrangeva sulla spalla e andava ad incorniciare la curva di un seno.

Il mio nome non ha importanza. –

Per me sì. –

Ne aveva bisogno. Doveva poter catalogare ciò che aveva davanti. Se avesse potuto darle un nome, era sicuro avrebbe smesso di sentirsene una vittima impotente.

Mi hanno dato molti nomi. – sussurrò accovacciandosi, le labbra morbide e succose increspate in un sorriso che non raggiungeva gli occhi.

Era agghiacciante. E bellissima.

E molti volti. – aggiunse, come se gli leggesse nel pensiero.

E chi sei diventata per me? – riuscì a chiederle.

Questo secondo sorriso si estese anche agli occhi. Fu ancora più terribile.

Questa è una domanda interessante. – si avvicinò, lenta e sensuale e pericolosa come una pantera, e si accomodò a cavalcioni su di lui.

Santo Iddio... ha il profumo di mia madre!

D'altra parte, sei sempre stato così... – gli leccò le labbra, in un gesto che sembrava non finire mai – promettente. –

Prima di lasciarsi andare definitivamente tra i suoi artigli, Damon ebbe il tempo di indugiare su una presuntuosa constatazione: in meno di un ora, aveva avuto le attenzioni di un angelo e di un demone. Mica male per essere solo il fratello sfigato di Stefan Salvatore.

Poi fu solo l'oblio.

~~~

Lo sferragliare della porta non li aveva affatto distratti, e tantomeno il suo educato schiarirsi la gola. Da un certo punto di vista, sarebbe stato interessante per Pas stare a vedere il seguito, ma a causa dell'incantesimo di Bonnie non poteva restare a lungo lì dentro.

Perdonate l'intrusione. – si annunciò.

Damon emise un verso lamentoso quando la demone interruppe il paziente lavoro che stava operando su di lui. Lei alzò la testa bionda verso il dampiro e lo guardò come se si aspettasse la sua presenza lì.

Pas tentò di restare impassibile, ma non era affatto semplice. In trecento anni di vita non aveva mai visto una creatura così pericolosamente bella, eppure aveva avuto la rara opportunità d'incontrare alcune succubi.

Pascal Serrault. – si presentò cordiale – Con chi ho l'onore di parlare? –

La demone si sollevò in piedi, mostrandosi in tutta la sua splendida e terribile nudità.

Tu sai chi sono. –

Gli si avvicinò piano e gli girò intorno, studiandolo con calma, senza toccarlo.

Si chiese come dovesse apparire a Damon. Per lui, era diventata piccola e sottile, tutta occhi, con la pelle ambrata e corti capelli biondi. Gli ricordava Samara, la sua prima donna... e Katherine, ma non la versione più recente, bensì quella di una volta, quella con cui aveva condiviso il letto e il nome per qualche decennio. E poi, ovviamente, il solito dettaglio, il particolare indefinibile che la riconduceva a sua madre – al poco che ricordava di lei, morta quando Pas aveva quattro anni. Era il marchio di fabbrica di tutte le succubi.

Erano creature dai poteri eccezionali: avevano la capacità di mostrarsi alla vittima modellando il proprio aspetto in base ai desideri che percepivano. E infatti Pas non si era stupito di ciò che aveva davanti. Questa, sostanzialmente, somigliava a tutte le succubi che aveva incontrato. Eccettuati gli occhi. Prima erano sempre stati neri, dunque non era difficile accorgersi del cambiamento.

Come fai ad essere qua dentro? – le chiese interessato.

E sai anche questo. – gli si fermò davanti e lo fissò attentamente.

Pas dovette fare appello a tutta la sua dignità per non distogliere lo sguardo.

Perché non mi chiedi qualcosa che vuoi sapere davvero? – lo invitò, battendo piano le palpebre e sorridendo amabilmente.

Oh, già. – soggiunse fingendo di ricordare – Sai anche quello. –

Pas riprese a respirare solo quando si allontanò da lui. Il peggio, l'arma micidiale sfoderata dalle succubi, era proprio il loro odore. Nel suo caso, era sempre lo stesso: era l'odore della prima donna che aveva morso. Pas c'era cascato una volta, non sarebbe successo mai più.

Dicci cosa vuoi e poi sparisci, Pas. –

Dicci?

Guardò Damon accigliato. Se stava già parlando al plurale, era arrivato tardi.

Pura curiosità. – spiegò semplicemente – Tolgo subito il disturbo. –

Aveva avuto le conferme che cercava. E comunque il suo tempo stava scadendo: già sudava freddo e cominciava a sentirsi soffocare.

Pascal Serrault. –

Il richiamo era come una cantilena. Si fermò sulla soglia e voltò appena il capo, in attesa.

Dì pure alla tua amica cosa sono. – consentì con voce soffice – Non cambierà niente. –

~~~

Ma che stronza! –

Calmati. – sospirò Pas.

Nora non aveva alcuna intenzione di calmarsi. Poteva anche sorvolare sulle sanguisughe imbecilli come Damon, ma che adesso dovesse anche farsi insultare da una qualsiasi succube di primo pelo... eh, no! Neanche per sogno!

Gliela faccio vedere io a quella lì! – annunciò, dirigendosi a grandi passi verso le scale che portavano scantinato.

Pas l'afferrò per il braccio: – Non credo che sia una buona idea. –

Sono una fottutissima Virtù Angelica! – protestò divincolandosi – Lasciami, voglio darle una lezione! –

Non è una succube qualsiasi. – scandì Pas lentamente, continuando a trattenerla.

La trattava come se fosse una bambina deficiente. Detestava quando faceva così. A dire il vero, detestava anche sé stessa, per quella sua reazione così infantile. Ma era colpa sua se il morso di Damon l'aveva indebolita a tal punto da cedere a quei riprovevoli sentimenti terreni?

Stava per mandare tutti affanculo, quando Bonnie intervenne.

Scusate, – annunciò timida – credo di aver capito che cos'è. –

Nora la guardò esterrefatta.

E tu che ne sai creature demoniache? – sbottò Pas in tono contrariato.

Ehm... i grimori. – sbatté sul tavolo del salone un vecchio tomo.

I due stabilirono una muta tregua per andare a sentire cosa aveva da dire. Nora dubitava fortemente che una strega di diciassette anni potesse saperne di più di un ammazza-vampiri professionista e di un angelo incarnato messi insieme, ma le avevano insegnato che non c'erano limiti alle vie del Signore.

Secondo quello c'è scritto qui, esiste un solo demone in grado di aggirare una barriera come quella. – disse aprendo il grimorio e sfogliando freneticamente – Ecco! –

Batté il dito su una pagina e Nora si chinò a leggere.

Lamia.

Tutto tornava. Non era mai stata granché attenta lassù durante i corsi dove spiegavano quelle cose, ma mentre leggeva qualcosa le tornò in mente.

Mon dieu! Come ho fatto a non pensarci?! – proruppe Pas.

Cheppale! – sbuffò Nora – Questo cambia tutto. –

Bonnie chiuse i grimorio e li occhieggiò con aria preoccupata.

Che cosa facciamo? –

Pas si abbassò gli occhiali da sole e fissò Nora.

Pensi quello che penso io? – disse seriamente.

Lei annuì: – Ci servono delle manette. –

E un incantesimo per renderle infrangibili. – suggerì Pas.

Bonnie li guardava con occhi larghi come piattini. Nora respirò profondamente e si apprestò ad illustrarle quello sgangherato piano. E ad elaborare assieme a loro anche una valida scusa per giustificare quell'azzardo davanti al resto del gruppo.

~~~

Era sveglia, e lui lo sapeva – lo sapeva sempre. Fingere era così inutile, eppure non poteva farne a meno. E comunque quel giochetto dava loro una scappatoia. Perché è abbastanza imbarazzante quando si sta nella stessa stanza con la persona che ami, senza avere il coraggio di parlarsi, senza avere il coraggio nemmeno di guardarsi.

Elena aveva la straziante certezza che non ne avrebbe mai più avuto il coraggio.

Il modo in cui la toccava, quelle carezze prudenti e delicate, la facevano stare ancora peggio. L'ultima cosa che voleva, in quel momento, era il conforto di Stefan. Si sentiva un mostro e i mostri non meritano nulla del genere.

Dimmi che non mi vuoi qui e me ne andrò. –

Una lama gelida le trafisse il petto, spezzandole il respiro. Strinse gli occhi e calde lacrime colarono, andando a bagnare il cuscino. Non sopportava la sua presenza più di quanto non avrebbe sopportato la sua assenza.

Sentì la mano di Stefan abbandonare i suoi capelli. Per reazione l'afferrò e la strinse contro il suo viso.

Perdonami. –

Patetica. Semplicemente patetica. Era tutto qui quello aveva da dirgli?

Stefan l'abbracciò ancora per un momento, depositandole un lieve bacio sui capelli. Poi l'aria si mosse e il peso sul letto svanì.

Perdonami.

~~~

Cristo! Nessuno gli avrebbe creduto quando l'avrebbe raccontato. Quell'essere faceva apparire Katherine come una pudica verginella. E Damon sarà anche stato un mezzo demone, ma aveva dei limiti insomma.

Una volta ero un'entità angelica, lo sai? –

Faceva così. Nelle brevi tregue tra una scopata e l'altra, gli raccontata qualcosa.

Io portavo la vita. – spiegò con voce ispirata – Ero la scintilla che accendeva la passione e generava una nuova creatura. –

Un sospiro. La mano di lei che indugiava tra i suoi capelli. Damon si chiese se fosse normale essere ancora eccitato.

Mi piaceva il mio lavoro. Lo facevo con amore. Qualcuno cominciò a dire che era anche troppo. – ridacchiò – Come se ci fosse un limite di decenza per l'amore. Oh, be'... il Paradiso è sempre stato un covo di malelingue. –

Le dita scesero sul viso, seguirono il contorno delle sopracciglia, scivolarono lungo il naso e raggiunsero le labbra. No, decisamente non era normale.

Dissero che volevo imitare Dio. Dissero che non meritavo più la Sua luce. Io che l'avevo sempre servito così bene... – emise un respiro tremulo e lo strinse a sé, carne contro carne – Mi tolsero le ali. –

Damon sentì le sue dita separargli le labbra e frugare, cercare i canini, premere. Il sapore aspro del suo sangue investì la lingua e la gola, dandogli la sferzata definitiva.

E adesso? – le afferrò la mano e leccò via l'ultimo residuo di sangue – Cosa sei adesso? –

La portò sotto di sé e la prese per i fianchi.

Adesso la vita la succhio. Fino al midollo. – ribaltò la posizione e lo cavalcò – Adesso è la morte che porto. –

Brava, fammi vedere come fai. –

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Note

Innanzitutto, grazie a tutte coloro che mi seguono e che recensiscono ad ogni aggiornamento! :)

Prima di lasciarvi al capitolo, vorrei chiarire due cosine.

Dai vostri commenti mi sono resa conto che è poco chiaro cos'è successo nel capitolo 6, ma conto di rimediare alla lacuna prossimamente.

Infine... non so come la prederete, ma per evitare delusioni future mi tocca dirvelo: in questa fanfiction non ci sarà mai niente tra Elena e Damon. Perdonate la schiettezza, ma aldilà di ciò che è successo alla fine della seconda stagione, per me il Delena è improponibile. Ovviamente è una questione di punti di vista e di gusti personali, per cui non giudico affatto il Delena in sé, né chi lo sostiene. Non sono nemmeno “schierata”, non mi ritengo una Stelena, ma preferisco basarmi su questa coppia e immaginare Damon con qualcun'altra (chiunque, ma non Elena).

E questo è quanto... buona lettura!







Capitolo 8

~

Dove si assiste ad uno scontro che nemmeno Rocky Balboa VS Ivan Drago



Fu solo la voce disperata di Stefan che convinse Caroline. Sì, perché, anche se non avrebbe mai ammesso che le scocciava, non era affatto contenta che per l'ennesima volta tutti i suoi programmi saltassero per andare in soccorso ad Elena.

La mia migliore amica... è la mia migliore amica... e ha bisogno di me.

Caroline si ripeté questo mantra per tutto il tempo che ci volle a percorrere la strada da casa Forbes a casa Gilbert. Un tratto breve in auto, ma sufficiente per chiamare Matt ed annullare l'appuntamento da lei stessa proposto, e anche per autocompatirsi un po'. Si sentiva da schifo.

Poi arrivò a destinazione e ad aprirle fu Stefan, che l'accolse con quell'insostenibile aria da cucciolo ferito che solo lui era in grado di sfoderare. E Caroline si ritrovò improvvisamente privata di ogni più piccolo rancore.

Il colpo di grazia, infine, arrivò con la vista di Elena, raggomitolata nel suo letto, sveglia ma con l'aria assente. Pur di non vederla in quello stato, Caroline avrebbe voluto prenderla per le spalle e scuoterla, urlarle contro, ma aveva paura anche solo di incrociare quel suo sguardo privo di vita.

Deglutì a vuoto e chiese con un filo di voce: – Chi le ha fatto questo?–

Ho soggiogato il medico di famiglia perché dicesse a Jenna che si tratta di un'intossicazione alimentare. –

Caroline ebbe una sensazione orrenda.

Guardò accigliata il vampiro: – Stefan, non mi hai risposto. –

Non posso restare. – disse secco, voltandole le spalle – Ti prego, stalle vicino. –

Caroline sarà anche stata una sciocca ingenua, ma se c'era una cosa che aveva imparato, era leggere bene Stefan Salvatore. Lo bloccò e cercò i suoi occhi: il suo sguardo faceva sanguinare. Non seppe se averne timore o pietà.

Non posso restare. – scandì, quasi ringhiando.

Che posso fare io che tu non abbia già fatto?! –

Essere un'altra persona. –

Questa era tosta.

Stefan! – gli urlò dietro mentre si allontanava giù per le scale – Devi dirmi chi è stato! –

La guardò dal pianerottolo, gli occhi dilatati e la mascella serrata. Forse, se qualcuno li avesse visti in quel momento, così belli e affranti, avrebbe potuto scambiarli per una coppia alla Romeo e Giulietta.

Poi il suo nome si stagliò tra di loro, così netto che parve schiacciarli entrambi.

Damon.

Caroline percepì il proprio volto sfigurarsi e i canini scattare fuori. Un attimo dopo aveva coperto la rampa di scale e soffiava, trattenuta per le spalle da Stefan.

No... –

La stretta si trasformò in un abbraccio, ma la rabbia di Caroline non scemò, divenne solo disperazione. Perché non poteva dilaniare Damon Salvatore pezzo per pezzo e darlo in pasto ai corvi?

Sssh... calmati. – continuava a ripeterle Stefan – Ti prego, calmati. –

Perché?! – sibilò tra le lacrime – Anche tu vuoi ucciderlo! –

Non era in sé. – pronunciò meccanicamente.

Era talmente palese la sua frustrazione, che Caroline sapeva che le sarebbe bastata una parola – una sola, insignificante parola – per far crollare ogni reticenza in lui.

Caroline. –

Sentì le mani di Stefan prenderle il viso.

Caroline. –

Le cercò gli occhi.

Caroline, ucciderlo non sarà di alcun aiuto ad Elena. –

Era vero. Oh, se era vero. Ma sarebbe stato assai utile a lei.

Come sei saggio. – ironizzò, tra un singulto e l'altro.

Le labbra di Stefan si piegarono in una specie di sorriso.

Me lo dicono in molti. –

Restarono abbracciati ancora per un momento, ognuno perso nei suoi pensieri. Poi Stefan se ne andò e Caroline restò sola nel pianerottolo. Guardò verso l'alto: poteva sentire il respiro lento e regolare di Elena: si era addormentata. Chiuse gli occhi, lasciando scivolare giù le ultime lacrime e respirò profondamente, cercando di calmarsi.

È la mia migliore amica.

Era la sua migliore amica, pensava mentre saliva le scale, e qualsiasi cosa fosse successa lei l'avrebbe scoperto, e l'avrebbe fatta pagare cara a Damon.

~~~

Ciò che accolse Alaric e Jeremy una volta varcata la soglia del maniero, fu lo sguardo tetro di Pas e un silenzio che non prometteva niente di buono.

Alaric avanzò perplesso, seguendo il suo ex professore di storia. Giunti al salone, sentì Jeremy scoppiare a ridere alle sue spalle. E non ci voleva molto a capire che la fonte di tanta ilarità era la scena improponibile che avevano davanti.

C'era il solito divano e sul divano due figure. Una era Nora: accovacciata con il portatile sulle ginocchia, mugugnò verso di loro qualcosa di incomprensibile, che avrebbe dovuto suonare come un saluto. L'altra era Damon: stravaccato con noncuranza all'altro capo del divano, si sforzò appena di manifestare che si era accorto della loro presenza, facendo una smorfia e muovendo il braccio.

Il gesto annoiato del vampiro provocò un tintinnio metallico: tra i due si snodava la lunga catena alle cui estremità erano chiuse un paio di manette.

È uno scherzo? –

Era troppo assurdo per essere vero. Batté più volte le palpebre, indeciso se ritenerla un'allucinazione o uno scherzo ben congegnato.

Niente battute, grazie. – disse Nora, senza scollare gli occhi dallo schermo – La situazione fa già schifo così com'è. –

Dov'è che ho visto...? Cazzo! L e Kira! – Jeremy schioccò le dita e sfilò il cellulare dai jeans – Questa devo twittarla! –

Mentre Pas gli requisiva il cellulare seduta stante, Alaric fu colto da un'illuminazione. I suoi studenti prestavano più attenzione ai manga che alle sue lezioni: nell'armadio del suo ufficio s'era accumulata una considerevole quantità di volumi e ormai s'era fatto una cultura in merito.

Ma, aldilà degli accostamenti nipponici, Alaric non ci stava capendo proprio un accidenti.

Ok, potreste spiegarmi? –

~~~

La versione ufficiale era una mezza verità e, come tale, suscettibile di errori. Ma meglio dire qualcosa che non dire niente.

Così, dissero loro che “Damon s'è fatto prendere dalla curiosità e ha provato ad assaggiare Nora. Non poteva saperlo, ma il sangue degli angeli da qualche effetto collaterale. Ha dato di matto e ha aggredito Elena”. Punto.

Obiettivamente quella storiella faceva acqua da tutte la parti, e inoltre a Pas non piaceva affatto mentire ad Alaric. Ma non si poteva fare altrimenti: c'erano già troppe persone che sapevano cose che non avrebbero dovuto sapere. E poi si sperava che quella cazzata avrebbe funzionato da deterrente per eventuali altre iniziative di quel genere.

Quanto a Damon, non era stato difficile zittirlo.

Se parli, ti scateniamo contro Stefan. –

Scornato, lui aveva sfoderato le zanne e gli aveva soffiato contro. Ma nella situazione in cui si trovava, aveva poco da protestare.

~~~

La voce era di nuovo lontana, relegata in un angolo della sua mente. Era stata scacciata, assieme alla sua demoniaca proprietaria, nel momento in cui quello stramaledetto angelo era tornato a tormentarlo. Gli mancavano le sue “attenzioni”. Ma sopratutto si sentiva più debole senza di lei, come se non avesse alcuna ragione per agire, come se tutti quei poteri che aveva acquisito, ormai, avessero perso la loro importanza.

Il cerchio metallico delle manette non era stretto, ma gli bruciava la pelle del polso. Aveva provato a forzarlo, ovviamente. E, altrettanto ovviamente, non aveva ottenuto nulla.

E poi, vabbè, c'era la fastidiosa, costante presenza della pennuta. Era una piaga vivente.

E non solo perché si trovava costretto ad ignorare la voce e a lottare contro il violento impulso a morderla ancora. Non solo perché si portava addosso quell'odore disgustosamente puro, che gli bruciava le narici e i polmoni ogni volta che lo annusava, e che allo stesso tempo, da quando l'aveva morsa per la prima volta, lo allettava come non mai. Non solo perché non poteva azzardare alcuna rivalsa per timore che quella stronzetta lo marchiasse di nuovo come un vitello – il punto del petto dove la sua mano l'aveva ustionato il giorno prima era guarito, ma aveva lasciato una cicatrice a forma di palmo che non gli donava granché.

No, non erano solo questi i motivi.

Il problema principale era quell'aria saputella che si portava sempre appresso, quel costante sfottò che aveva nello sguardo, quel tono marcatamente arrogante con cui lo apostrofava ogni volta. Aldilà di tutti i catastrofici casini e della situazione di merda in cui si era cacciato, in quel momento il problema principale per Damon Salvatore, era di dover condividere lo stesso spazio vitale con Eleonora Lautnitha, Virtù Angelica del Sacrificio e insopportabile rompicoglioni.

Stravaccato sul divano, del tutto impotente e a dir poco annoiato, con l'umore che si stava pesantemente rannuvolando, Damon iniziò a covare propositi di vendetta. Limitati, s'intende, data la totale impossibilità di squartare vivi i responsabili di quella situazione. Ma c'erano molti modi per infastidire i suoi aguzzini e Damon poteva affermare, non senza un certo orgoglio, che li conosceva tutti. Per l'occasione, ne avrebbe anche inventato qualcuno sul momento. Loro non si meritavano quel pregevole sforzo, ma dopotutto doveva ammazzare in qualche modo il tempo.

Fu proprio elaborando la sua patetica vendetta che Damon si rese conto come, in mezzo alla sfiga, fosse dotato di un microscopico vantaggio. Nora non era più in grado di infilarsi nella sua testa come faceva prima. Non sapeva dire se fosse merito dei superpoteri demoniaci che aveva acquisito o colpa della momentanea debolezza dell'angelo – o forse entrambe le cose –, e sinceramente non gliene poteva fregare di meno. Era un passo avanti a lei.

Adesso non fai più l'onnisciente, eh? Non puoi più frugarmi in testa... vero, stronzetta?

Quella sì che era un'inaspettata quanto gradevole opportunità.

Facciamo un gioco. –

Nessuno gli prestò attenzione. Prevedibile: l'avevano etichettato come una specie di idiota, il matto del villaggio.

Gliel'avrebbe fatto vedere lui cos'era capace di fare il matto del villaggio.

Diede uno strattone alla catena: – Sarebbe educato rispondere. –

Nora alzò gli occhi al cielo, sibilando un'imprecazione.

Non ho tempo per i tuoi giochini. –

Con un sonoro sospiro riprese a ticchettare velocemente sul computer, le labbra strette e le sopracciglia aggrondate, l'aria di chi è stato interrotto durante un passaggio fondamentale del suo altrettanto fondamentale lavoro.

Damon sogghignò. E diede un altro strattone.

Facciamo un gioco. – ripeté, con il tono più indisponente del suo repertorio.

Vide la mascella di Nora serrarsi e le narici fremere.

Ti ho detto che non ho tempo. – scandì, tirando a sua volta la catena, come per sottolineare il concetto.

Damon alzò le mani e sfoderò un'espressione innocente, cui lei rispose con un'occhiata seccata.

Lasciò che si rimettesse al lavoro e poi attese con calma il momento giusto. Quando percepì che si stava rilassando e stava tornando a concentrarsi sul suo lavoro, diede l'ennesimo strattone alla catena. Così forte e inaspettato, che per poco a Nora non cadde il portatile dalle ginocchia.

Con una mano che teneva fermamente il pc e l'altra puntata sul divano per tenersi in equilibrio, gli scoccò uno sguardo furente. Damon intrecciò le dita in grembo e le sorrise amabilmente.

Ma io voglio fare un gioco. –

Anche questa volta non ricevette risposta. Ma il silenzio era molto diverso da quello di prima. Nessuno dei presenti, adesso, lo ignorava.

E io ti ho detto – disse con voce lenta e (troppo) calma – che non ho tempo. –

Damon soffocò un risata. Poteva vederle lampeggiare in fronte: Sono un angelo, sono un angelo, sono un angelo... Dio, dammi la forza di non ucciderlo!

Ma io – avvolse un giro di catena attorno alla mano – voglio fare – l'afferrò con entrambe le mani e la tese – un gioco. –

Nel salone non si sentiva volare una mosca. Era sicuro che, alle sue spalle, Pas gli stava preparando un gavettone di acqua santa e Bonnie stava per friggergli i neuroni.

Nora schioccò la lingua e gli rivolse un sorrisetto che cercava di nascondere senza successo la sua tensione.

Mi è sembrato di capire che vuoi fare un gioco. –

Damon alzò le sopracciglia e sogghignò: – Che intuito impareggiabile! –

Nell'attimo che seguì, ebbe appena il tempo di vedere un ben poco ortodosso lampo malefico negli occhi dell'angelo. Dopodiché, un violento strattone lo scaraventò oltre il divano, sopra un esterrefatto Alaric, fino a farlo schiantare contro l'antica, mastodontica libreria di rovere.

Seppellito da una pioggia di libri e schegge di legno, Damon ne riemerse tutto grigio per la polvere e l'incazzatura. Imprecò, starnutì e imprecò di nuovo.

Vuoi giocare? – Nora gli si piazzò davanti e lo guardò dall'alto, con le mani sui fianchi e l'aria a dir poco bellicosa – Bene, giochiamo. –

~~~

Pas si coprì il volto con il palmo della mano, gemendo sconsolato.

Lo sai quanti anni ha questo? – stava ringhiando Damon, sventolando davanti a Nora un tomo dall'aria assai vetusta.

Non ne ho idea, – lo lanciò via e si strinse nelle spalle, poi sfoderò le zanne – ma è maleducato rovinare le cose altrui! –

L'assordante rumore di vetri infranti che seguì, lo informò che i due avevano deciso di proseguire la tenzone fuori dal maniero.

Hai intenzione di lasciarli fare? – sentì dire ad Alaric.

Pas sospirò e guardò a turno i volti tesi dei presenti.

Abbiamo altro a cui pensare che alle loro scaramucce. –

Un lunghissimo scricchiolio, seguito da un terribile schianto e un fragoroso fruscio, echeggiò dal giardino. Qualcuno doveva essere stato lanciato contro un albero e la cosa non doveva essere stata per niente piacevole – sopratutto per l'albero.

Gli altri lo fissarono di nuovo: se possibile erano ancora più allarmati.

Per favore, facciamo solo... – si alzò dalla poltrona, agitando le mani – finta che non esistano. –

S'incamminò verso lidi più tranquilli, seguito dagli altri. Avevano una missione da portare a termine, o se n'erano tutti dimenticati? Una stramaledetta missione suicida per salvare quel cazzo di mondo da una fine orribile.

Alaric. –

Non si era voltato, aveva continuato a camminare, ma se conosceva bene il suo ex alunno, quel richiamo perentorio doveva averlo fatto impallidire.

È sempre in programma quella cena col delitto? –

L'uomo lo affiancò e lui gli lanciò un'occhiata da sopra le lenti scure degli occhiali da sole. Le labbra di Alaric si piegarono in un sorriso.

Comincio a mandare gli inviti? – gli chiese.

Prima che si freddi la portata principale, possibilmente. –

~~~

Attorno a loro l'aria si era fatta rovente, dai rami spezzati dell'albero cominciarono a partire scintille. Nora ci impiegò un po' a capire che era colpa sua. E questo era male – molto male.

Sto perdendo il controllo.

Un angelo fuori fase poteva essere pericoloso quanto un cretino come Damon.

Ti scaldi troppo! – la canzonò – È solo un gioco! –

Nora sentì i capelli rizzarsi sulla nuca.

No, no... merda... no!

Esplose prima ancora che potesse pensare di farlo, scaraventando Damon e sé stessa cinquanta metri più in là. Lui si schiantò sul prato per primo, Nora rovinò a un paio di metri di distanza, e rotolarono insieme, aggrovigliandosi con la catena.

Dopo innumerevoli e vani tentativi di districarsi, legati schiena contro schiena come due salsicce, Nora capì di aver fatto la cazzata del secolo.

Fanculo! – sbottò dandogli una gomitata.

Ahio! –

E aveva anche il coraggio di lamentarsi! Nora gliene diede una raffica.

Piantala! – le ruggì.

Lo ignorò. Almeno fino a quando non sentì diffondersi un preoccupante calore. Con terrore vide il metallo della catena diventare incandescente, bruciando i vestiti e ustionando la carne. Smise di sgomitare, ma solo per lasciarsi andare ad una crisi isterica.

Ma che genio! – strillò divincolandosi – Ti rendi conto della stronzata che stai facendo?! –

Disse quella che mi ha scaraventato per terra! –

Ehi, tu mi hai lanciata contro l'albero! –

Dopo che tu mi hai trascinato fuori passando per la vetrata! E prima ancora mi ha schiantato contro la libreria! –

Mi hai provocata, coglione! –

Se non avessi avuto la brillante idea di incate... –

BASTA! – urlò, satura di dolore ed esasperazione – Basta, fallo smett...! –

La frase restò a metà, perché il movimento repentino che la sbalzò all'indietro le mozzò il fiato. E adesso dove diavolo la stava portando? Non fece in tempo a preoccuparsi troppo, perché poco dopo non poteva più respirare, immersa com'era in tutta quell'acqua.

Riemersero dal lago subito, miracolosamente sciolti dal groviglio della catena, che adesso giaceva spenta e fumante sull'erba umida. Fradicia fino al midollo, Nora sputò tanta di quell'acqua che c'era da stupirsi che il lago ne contenesse ancora.

Mentre riversava la sua malconcia anatomia sull'erba, sentì il cretino biasciare qualcosa.

Che hai detto? –

Non sapeva per quale motivo le importasse. Forse voleva solo avere l'ultima parola.

Ho detto... hai visto che ci siamo divertiti? – annaspò – E tu che non volevi giocare... –

Nora strizzò gli occhi: la vista iniziava ad appannarsi. Nonostante tutto, prima di perdere i sensi trovò la forza di mandarlo a fanculo e di dargli un ultimo, dispettoso calcio.

~~~

Stefan aveva la sensazione di essere finito in un gran brutto telefilm. Uno di quelli in cui al protagonista ne capitano di tutti i colori e nessuno si rende conto di quanto nell'insieme risulti tutto grottesco. Anzi, ci sono pure le risate registrate in sottofondo.

Ecco, in quel momento Stefan si sentiva il protagonista.

Lasciata la sua fidanzata nelle mani di qualcuno che sperava avrebbe fatto meno danni di lui, aveva creduto di poter trovare a casa propria un ambiente dove riflettere con calma, magari confidarsi con Pas o Alaric e cercare consiglio. Non poteva immaginare che in sua assenza, quell'austero maniero così ricco di storia si fosse trasformato in una scuola elementare.

C'erano Pas e Alaric che, effettivamente, tiravano un po' su la media dell'età, con il loro fiacco tentativo di pianificare (da soli) l'uccisione di Elaijah. Peccato che nel frattempo il suo amato fratellone si stesse accapigliando con quella che avrebbe dovuto essere la loro giuda celeste, ma che al momento sembrava essere presa da un'allarmante regressione spirituale. E infine, vabbè... Jeremy e Bonnie che pomiciavano in un angolino nascosto del sottoscala.

Cos'è successo qui? –

Si pentì di aver fatto quella domanda nel momento stesso in cui la pronunciava.

Pas lo guardò da sopra gli occhiali: – Vuoi la storia completa o preferisci un riassunto? –

Lascia stare. – scrollò le spalle e andò a servirsi del whisky – Ditemi solo per quale motivo quei due sembrano appena usciti da una palude. –

Accennò a Damon e Nora, che si stavano trascinando su per le scale, spintonandosi e insultandosi, lordando di fango e foglie marce tutto ciò che avevano intorno.

Perché sono appena usciti da una palude. – lo informò Alaric stancamente.

Stefan decise subitaneamente che non voleva sapere di più.

Immagino che non ci saranno di alcun aiuto. – si limitò a commentare.

Nora non ci sarà di alcun aiuto. – precisò Pas – Quanto a Damon, sarà un miracolo se riusciremo a non fargli mandare tutto a puttane. –

Leviamoceli dalle palle. –

I due ammutolirono.

Che c'è? – sbottò irritato – Mio fratello non è il solo in grado di esprimersi in maniera volgare. –

Fece finta di non notare l'occhiata perplessa che si scambiarono.

Come sta? –

Non badò a chi gli aveva fatto la domanda. In quel momento pensare ad Elena gli faceva solo venire voglia di sbranare Damon. E in mancanza di lui, sarebbe andato benissimo chiunque altro.

È con Caroline. – rispose secco, ingollando una sorsata di whisky.

Fortunatamente si guardarono bene dal replicare qualcosa.

Dal piano di sopra giunsero dei tonfi e la voce concitata di Nora che insultava Damon. Stefan serrò gli occhi e strinse la mascella. Meglio cambiare discorso – meglio farlo subito.

Accennò con la testa alla custodia del pugnale, che giaceva sul tavolo davanti a loro.

Volete farlo davvero? –

Non mi sembri convinto. – notò Pas.

Non lo sono. – ammise.

Se anche fossero riusciti ad uccidere Elijah, questo non garantiva che Klaus non sarebbe arrivato a Mystic Falls. Dalle loro espressioni, capì che anche loro non erano del tutto sicuri di quel piano.

Avete già mandato gli inviti? – chiese loro.

Alaric annuì: – A cosa stai pensando? –

Penso che potrebbe essere una cena proficua, se sapremo come sfruttarla. –

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

~

Dove, come si suol dire, le cose precipitano (e senza l'ausilio della forza di gravità)



Esci. –

Damon sputò un'altra boccata di sangue nel lavandino e la guardò nel riflesso dello specchio.

Scusa? –

Nora si era liberata dei vestiti strappati e lerci di fango, restando in slip e reggiseno. Non aveva il minimo gusto in fatto di lingerie.

Esci di qui. – ripeté, scoccandogli un'occhiataccia – Devo lavarmi. –

Si voltò e si appoggiò indolente al piano di marmo. Incuriosito, la osservò mentre svuotava un flacone di bagnoschiuma nella vasca e la riempiva d'acqua calda.

Dov'è finita la tua angelica indifferenza? – l'apostrofò.

Te la sei succhiata via tu, imbecille! – commentò lei tra i denti.

Quell'ammissione, così, sapeva tanto da crisi.

Temo che dovrai superare i tuoi nuovi pudori. – la informò, alzando il polso a cui era ammanettato e agitando appena la catena.

Un lampo di panico attraversò il suo sguardo. Poi la vide annuire seccamente. Gli diede le spalle e si tolse gli ultimi indumenti con gesti pratici e veloci. Lo striptease più deprimente cui Damon avesse mai assistito.

Mentre s'infilava goffamente nella vasca, lo sguardo di Damon fu catalizzato dal collo. C'era ancora, rosso e invitante, il segno del passaggio dei suoi denti. In due giorni non si era ancora rimarginato del tutto.

Realizzò di avere la gola secca e d'improvviso, sotto il profumo fastidiosamente dolciastro del sapone, gli tornò alle narici l'odore di lei. Un formicolio gli si diffuse in tutto il corpo.

Considerò brevemente che aveva il fisico appena pubescente di una ragazzina e lui non aveva i gusti alla Nabokov. Ma la fame... be'... era fame.

~~~

Ciao! –

Caroline gli sorrise e Pas, semplicemente, smise di respirare. Maledetto il momento in cui aveva accettato quell'incarico.

Bonnie è qui? – si chinò per sbirciare all'interno – Non risponde al cellulare. –

Il suo movimento lo fece arretrare istintivamente. Tentò di camuffare facendole spazio per entrare, ma lei dovette notare il suo impaccio, perché lo guardò per un momento con aria perplessa.

Trecento anni di onorato servizio buttati nel cesso per un paio di occhioni azzurri.

Elena? – chiese sfoggiando un'aria sicura che nemmeno lontanamente aveva.

È con Jenna. – le sentì dire.

Aveva una voce indecifrabile.

Voglio organizzare un pigiama party, l'aiuterà a tirarsi su! – riprese poi, tornando d'un tratto al tono allegro di prima – Ma mi serve assolutamente Bonnie! –

Sempre assicurandosi di non respirare il suo odore, Pas lasciò che lei gli si affiancasse. Sembrava un'incantevole, graziosissima bomba sul punto di esplodere.

Correggimi se sbaglio, ma ho l'impressione che più che un pigiama party con le amiche, vorresti avere cinque minuti con Damon Salvatore. – commentò.

Caroline non fece neppure finta, ma mantenne inalterato il suo delizioso musetto quando ammise che, sì, quella prospettiva non le sarebbe dispiaciuta affatto.

Ma Stefan, lo sia com'è fatto, secondo lui il suo decesso non aiuterebbe Elena. – cantilenò, alzando gli occhi al cielo con aria rassegnata – Per cui... –

Ti tocca ripiegare sul pigiama party. – concluse lui divertito.

Pas aveva già inquadrato Caroline la sera della casa sul lago, ma adesso stava ricevendo alcune conferme. Un po' gli ricordava Lexi. Solo che Lexi, quando l'aveva conosciuta, aveva già un paio di secoli alle spalle che le avevano dato la capacità di capire come riconoscere chi era degno della sua preoccupazione e – sopratutto – chi non lo era. Caroline appariva senza difese: Pas era sicuro che avrebbe ceduto a qualsiasi richiesta di aiuto, annullandosi completamente per gli altri, nella speranza di dare l'immagine di sé che credeva che tutti si aspettassero.

E sarebbe davvero meglio avere Bonnie con noi, – stava dicendo – perché Elena non è molto collaborativa! –

Pas sorrise tra sé e la condusse al sottoscala: – L'ultima volta che l'ho vista era con Jeremy. –

Infatti eccoli lì, praticamente nella stessa situazione in cui li aveva lasciati un'ora prima. Alla loro vista, Caroline si pietrificò.

E qui abbiamo una riproduzione vivente del Bacio di Rodin. – illustrò con un gesto teatrale della mano – Se ti riesce di scollarli, hai tutta la mia ammirazione. –

Lei pestò il piede ed emise un buffo suono a metà strada tra un lamento e un ringhio. E poi si dileguò. Pas fu colto da un'inspiegabile curiosità.

Le andò dietro: – Sembri quasi invidiosa. –

Che? – saltò su.

Scosse la testa facendo saltellare i riccioli biondi sulle spalle, e disse un numero impreciso di “no”, con l'aria di chi avrebbe tanto voluto urlare un unico, enorme “SÌ”.

Insomma, è comprensibile, no? Se fossi nella stessa situazione, anch'io m'imbucherei col mio ragazzo... certo, sempre se un ragazzo ce l'avessi... ma ipoteticamente parlando, chi non farebbe così? Giusto? –

Straparlava. E senza che lui le avesse nemmeno chiesto delle spiegazioni. Si fermarono nel salone, dimentichi di Bonnie e di chiunque altro. Pas la scrutò attentamente, divertito e allo stesso tempo vagamente teso.

Tu no? – aggiunse lei d'un tratto.

Si strinse nelle spalle: – Non saprei, non ho mai avuto un ragazzo. –

Ma una ragazza sì. No? Voglio dire, hai la tua età, ma non sei affatto male e... – Caroline s'interruppe di colpo, chiudendo gli occhi e arricciando il naso.

Era una battuta, vero? – aggiunse in un sussurro imbarazzato.

Era adorabile. Pas si chinò appena verso di lei e la guardò da sopra gli occhiali, con le sopracciglia alzate e un risata trattenuta a stento. Era sempre una bomba in procinto di esplodere, ma stavolta non c'entrava alcun proposito di vendetta. Costringersi a non respirare il suo odore era un compito che si faceva sempre più difficile.

Dove eravamo? –

Alla parte in cui mi dicevi che nonostante l'età... –

Bonnie! – lo interruppe nervosamente – Mi serve Bonnie! –

E sgattaiolò via ancora una volta. Pas la seguì senza fretta.

~~~

Che non avesse più la facoltà di percepire le cazzate che aveva in testa, non faceva di Nora una sprovveduta. Era un Damon Salvatore dopato che sentiva le voci, quello con cui si era ammanettata. Abbassare la guardia di nuovo non era neanche lontanamente contemplato.

Fammi indovinare, – gli disse quando lo sentì avvicinarsi – hai un certo languorino. –

Potrebbe essere veloce e indolore. – le suggerì, poggiando le mani sui bordi della vasca e guardandola dall'alto.

Nora reclinò la testa all'indietro e lo osservò: aveva già il volto sfigurato. Stava perdendo il controllo di sé stesso e nemmeno se ne rendeva conto. Ormai non era sufficiente la sua presenza per combattere con la sua aura la presenza della Lamia, serviva una tattica più drastica.

Non lo è mai. – lo corresse.

Sembri saperne qualcosa. – suggerì interessato.

No, quella era una faccenda che non aveva alcuna intenzione di mettere sul piatto.

Sviò il discorso: – Ti ho respinto due volte, pensi di avere maggiore fortuna la terza? –

Sono stato troppo frettoloso, lo ammetto. – girò attorno alla vasca – Dopotutto non ci conoscevamo nemmeno... ma ormai è la terza volta che usciamo insieme. –

Se era ancora capace di fare quelle battute di pessimo gusto, forse c'era ancora qualcosa di salvabile.

Damon, – sospirò – te lo confesso: non ho molta voglia di farmi stuprare e dissanguare da te. –

Lui mise il broncio: – Non hai alcuna fiducia nelle mie capacità! –

Lo ignorò.

Quindi credo – uscì dalla vasca, pregando di avere almeno un paio di secondi ancora – che dovrò declinare la tua... –

Ovviamente le sue preghiere erano andate a vuoto. Ultimamente ci doveva essere un problema nelle comunicazioni tra lei e i suoi superiori.

Lo sai, sono curioso. –

L'aveva semplicemente issata e scaraventata al muro, usando la catena per impedirle di muoversi. Scalciò a vuoto, rendendosi conto di essere in una posizione che riduceva di molto le sue possibilità di contrattacco. Diciamo pure che le riduceva ad una sola.

Molto curioso. – stava continuando – Vorrei sapere di più sulla tua storia. –

Strinse la presa, ma senza farle male. Voleva solo assicurarsi che non potesse muovere le braccia.

È lunga e risale ad un secolo fa... – annaspò lei – ti annoieresti, fidati. –

Eppure – avvicinò il viso al suo – mi piacerebbe tanto sentirla. –

Una Virtù Angelica, indebolita o meno, era immune a certe cazzate, e Damon doveva averlo intuito. Ma si vede che la fame gli aveva dato alla testa se pensava davvero di poterla soggiogare.

Damon, non ti conviene. – provò ad avvertirlo – Lo dico per il tuo bene. –

Forse era meglio se espandeva la sua aura adesso che aveva ancora il controllo di sé stessa, ma si sentiva troppo debole, temeva che non avrebbe avuto l'effetto voluto.

Ignorando completamente le sue parole, le afferrò il mento e la scrutò.

Quale terribile segreto nasconde questa testolina aureolata? –

Nora si concentrò. Forse non era abbastanza forte per un'espansione dell'aura come si deve, ma lo era ancora per chiudersi. Il suo corpo materiale ne avrebbe risentito, ma per lo meno gli avrebbe impedito di arrivare dove non doveva. Era un vecchio trucco che aveva imparato lassù dai veterani della Guerra, anche se allora non credeva che le sarebbe mai potuto essere utile.

Ah, no... così non va bene. – sussurrò contrariato – Dopo tutte le mie attenzioni, ancora non hai fiducia in me? –

Nora non seppe dire come aveva fatto a non prevederlo, ma accadde. Le infilò una mano tra le cosce, mandando definitivamente a puttane ogni proposito di chiudersi. I trucchetti da incubus fecero il resto.

Un flashback della sua vita da umana si riversò tra di loro. Era decisamente brutto e montato male, e sicuramente era stato gonfiato da un secolo di risentimento, ma ebbe l'effetto peggiore.

Pianse.

Oh, bambina. – la canzonò – Zio Damon è qui, non avere paura. –

Non si era accorto dell'immane cazzata che aveva fatto. Almeno finché le lacrime, scivolando, raggiunsero la sua mano, ustionandola.

Damon soffiò e la ritrasse immediatamente, allontanandosi da lei. Senza più il suo sostegno, Nora crollò a terra, sul pavimento umido. Non riusciva a smettere di piangere e ormai i poteri di Damon le aveva aperto la mente e il fluire dei ricordi la stava sopraffacendo.

Scosse la testa e alzò gli occhi a cielo, chiedendo perdono per quello che stava per fare. Se non altro, dopo non avrebbero più avuto nessuno Damon-incubus da gestire.

~~~

Caroline sgranò gli occhi: – Se n'è andata? Come, se n'è andata? –

Diceva che Elena aveva bisogno di lei. – Jeremy si strinse nelle spalle – Che tu non potevi fare tutto da sola. –

Ah. –

Era andata fin lì, si era resa ridicola davanti ad un dampiro fico di trecento anni e non aveva ottenuto nulla.

Bene. – si schiarì la voce e assunse automaticamente il suo solito atteggiamento condiscendente – È meglio se le raggiungo. –

Sorrise ai due e si avviò all'ingresso. Pas la stava accompagnando e l'idea di averlo alle spalle la mise a disagio, era come se non sapesse più mettere un piede davanti all'altro. Ma fu distratta dai rumori che provenivano dal piano superiore.

Alzò la testa e aguzzò le orecchie: – Che succede di sopra? –

Lunga storia. – accennò Pas, accigliato.

Caroline restò lì, imbambolata. Ebbe la sensazione di aver aver dimenticato qualcosa d'importante.

Oh, già...

Avrebbe preferito non ricordarsene, ma ormai...

Pas? –

La guardò interrogativo. Si rese conto che era la prima volta che lo chiamava per nome, ma non volle fermarsi a pensarci.

Che ne avete fatto di Tyler? –

Non aveva avuto più sue notizie dal giorno del morso. E anche a quello – sopratutto quello – era meglio non pensare troppo.

L'abbiamo lasciato andare. –

Il modo in cui glielo disse l'allarmò.

Se n'è andato, Caroline. – le spiegò, come se avesse intuito la sua agitazione – Con il suo branco. –

Oh. –

Lui se n'era andato e lei a quella notizia non trovava niente di meglio che replicare un con un patetico “oh”?

Strinse le labbra e abbassò gli occhi. Stefan le aveva insegnato come smorzare le emozioni, ma non ne aveva mai avuto il coraggio: temeva di trasformarsi in un mostro. Temeva che gli altri la vedessero come un mostro.

Così Caroline prese un lungo respiro e provò, semplicemente, a nascondere anche quell'ennesimo dolore che l'aveva trafitta. E come sempre ci riuscì – aveva un talento naturale per recitare. L'espressione con cui alzò di nuovo gli occhi su Pas era la sua solita, quella con cui si guardava allo specchio ogni mattina, prima di uscire ad affrontare una nuova giornata. Caroline era tornata la dolce bambolina di sempre.

Grazie. – gli disse con un sorriso, cercando di ignorare il tremendo presentimento che lui avesse notato la sua bella maschera.

Aprì la porta e uscì nell'aria fresca, strizzando gli occhi alla luce vivida.

Caroline? –

Si voltò appena verso di lui, a disagio.

Divertiti stasera. E non combinare niente. –

Divertiti. Non divertitevi. Era di lei che stava parlando. Si stava preoccupando?

Caroline non volle pensare troppo alle implicazioni – non in quel momento. E come faceva sempre quando qualcosa la innervosiva, cercò di buttarla sul ridere.

Tranquillo, papà, non c'è pericolo. –

Mon dieu! – rise lui, poggiandosi allo stipite – L'ultima cosa che voglio da te è che mi consideri una figura paterna! –

Ok, forse in realtà era il momento giusto pensare alle implicazioni. E ad un sacco di altre belle cose.

Perché, quali altre cose vuoi da me? – si sentì dire.

Si morse il labbro. Stava provando a flirtare con lui?! Perché in quelle situazioni non rifletteva prima di aprire bocca? Era come se le mancasse un filtro tra ciò che pensava e ciò che diceva.

Ecco, si stava trattenendo dal riderle in faccia. Doveva apparirgli ridicola.

Le tue amiche ti stanno aspettando. –

Caroline non smise di sorridere mentre annuiva e accennava un saluto. Avrebbe voluto correre via e nascondere la testa sotto la sabbia, ma si costrinse ad una dignitosa ritirata, come si conviene alle signorine per bene.

Chérie. –

Con un mezzo infarto in corso, Caroline si fermò e lo guardò, in attesa.

Mi considero un esperto in relazioni fallimentari. Sono qui se hai voglia di parlare. –

La sua espressione non era mutata, ma le disse “parlare” come se intendesse ben altro. E dopo quel loro breve scambio di battute, Caroline era già suscettibile di reazioni inconsulte. Biascicò un timido “ok” e scappò via.

~~~

A posteriori, Stefan poté dirsi che aveva capito che c'era qualcosa che non andava già prima. Ma non voleva vedere suo fratello per timore di quello che gli avrebbe potuto fare, per cui ignorò il presentimento e continuò a pianificare assieme ad Alaric e a Pas.

Poi lo schianto e le pareti del maniero che tremavano. Il suo stomaco si contrasse in una fitta di nausea. Quando si rialzò dal pavimento, vide che anche Pas non era esattamente in forma. E dallo sguardo che si scambiarono, capì che stava pensando la stessa cosa.

Alaric li guardava senza capire e Jeremy sopraggiunse blaterando qualcosa sulla rarità dei terremoti in Virginia.

Stefan li ignorò e si precipitò di sopra.

Aveva visto abbastanza telefilm da sapere che quando si raggiunge il luogo del delitto non bisogna inquinare le prove. Ma in quella stanza c'erano un angelo e un mezzo demone, come doveva comportarsi?

Quando arrivò al bagno, capì che non c'era un modo per comportarsi. Si tappò il naso per non respirare l'odore del sangue e osservò la scena orripilato. Come c'era finito in una pellicola di Tarantino?

Damon giaceva in una pozza di sangue annacquato. Nora era rannicchiata a terra, dalla parte opposta della stanza. La catena era spezzata.

C'erano acqua e sangue ovunque, gocciolavano dalle pareti, inondavano il pavimento, sporcavano i mobili. Degli schizzi avevano raggiunto persino il soffitto. Il vapore nell'aria, col suo sentore di sapone, rendeva il tutto più paradossale che mai.

Alle sue spalle, Pas fischiò.

Gli batté sulla spalla: – Vai via, ci penso io qui. –

Stefan uscì da quella stanza con enorme sollievo.

Fossi in voi non entrerei. – avvertì gli altri, e si precipitò fuori a prendere una boccata d'aria.

Un'ora dopo, Pas tornò di sotto.

Dimmi che non ha tentato di fare quello che penso. –

Il dampiro non rispose, ma si servì un doppio whisky e lo bevve tutto d'un fiato. Stefan non aveva mai visto il suo vecchio amico così incazzato: sentiva il suo cuore pompare ad una velocità impressionante. Non conosceva molto del suo passato, ma aveva capito che la storia di Nora era legata a doppio filo con la sua. Aveva avuto più volte la sensazione che Pas la ritenesse una sua protetta.

Come sta? –

È un angelo. – rispose secco – Se la caverà. –

Nessuno dei due si era curato di Alaric e Jeremy. Quando il primo si fece coraggio e chiese delle spiegazioni, Pas gli lanciò un'occhiata mortalmente seria e semplicemente se ne andò, lasciando a Stefan l'incombenza di spiegare ogni cosa. Come al solito, i compiti più allegri se li beccava lui.

~~~

Era da tanto che non gli capitava, ma quella notte Damon sognò qualcosa. Uno di quei sogni talmente vividi e realistici che, paradossalmente, palesano la loro natura onirica.

Katherine era lì, davanti a lui. Bellissima e crudele e irraggiungibile, com'era sempre stata. Indossava una maschera e sorrideva, come a scusarsi del fatto che la sua esistenza stava occupando tutta la sua vita.

Poi fece un sospiro e si tolse la maschera. Con quella svanirono i riccioli e il sorriso, e apparve Elena. Altrettanto bella e crudele. E ancora più irraggiungibile, con quegli occhi da cerbiatta e la fulgida purezza di cui si ammantava. Le gote arrossate e le labbra schiuse, abbassò lo sguardo con pudore. E quando lo rialzò, ogni cosa s'infranse.

Era di nuovo Katherine. Senza riccioli, ma con gli occhi da cerbiatta. Sguardo ambiguo e pudico sorriso. Fulgida corazza di crudeltà dietro cui si nascondeva la più vera delle falsità.

Damon si svegliò di soprassalto nel suo letto. Terzo risveglio di merda: ormai era una consuetudine cui si stava abituando.

Ci mise un po' a riprendere il controllo di sé, a realizzare che era stato solo un sogno – un incubo. Buffo: in quel momento era lui il portatore di incubi.

O forse no?

Damon si concentrò, ma nessuna voce gli venne in soccorso degli anfratti della sua mente. La demone era scomparsa. E mettendosi a sedere sul letto, si accorse che quella strana fame aveva ceduto il posto alla solita, vecchia sete. Stranamente, non gli mancava. Si sentiva come... a casa.

C'era però qualcosa che stonava nell'insieme.

Vuoi sapere un fatto curioso, mon ami? –

Damon si volse verso la fonte della voce. Pas era seduto scompostamente su una delle poltrone della sua stanza e non c'era bisogno di notare la bottiglia che aveva in mano per capire che era ubriaco. Il lato negativo – o positivo? – dell'essere un dampiro, era che la giusta quantità di alcol faceva un certo effetto.

Non mi è mai piaciuto uccidere in sé. – posò il mento sulla mano in un gesto stanco – Insomma, l'ho sempre fatto per lavoro. –

Pausa. Damon aveva imparato a sue spese cosa significavano le pause di Pas.

Poi un giorno qualcuno fece del male a Teresa. – si strinse la base del naso tra due dita – Oh, non ti ho mai parlato di lei, vero? –

Damon non mosse un muscolo. Non era idiota, aveva capito dove voleva andare a parare con quella sua bella favoletta. Stava solo cercando di capire quando avrebbe attaccato.

Era la madre di Nora. – gli spiegò in tono tranquillo, come se stesse raccontando un fatterello qualsiasi.

Era una strega e l'hanno ammazzata. – disse velocemente, come a liquidare quella parte – Storia lunga. Il punto è... –

Bevve una sorsata dalla bottiglia e si pulì la bocca col dorso delle mano.

Il punto è – riprese – che fu una vera soddisfazione impalare quelli che la uccisero. Mi capisci? –

Damon capiva anche troppo bene.

Lo seguì attentamente con lo sguardo mentre si alzava dalla poltrona e andava verso la porta.

Non ti ammazzo ora per riguardo alla nostra lunga amicizia. – lo avvertì – Guardati le spalle, mon ami.

Damon si rilassò solo quando sentì i suoi passi svanire lungo le scale. Poi si lasciò andare sul letto, strofinando la faccia.

Si guardò i palmi delle mani come se non li riconoscesse. Ciò che aveva fatto da mezzo demone erano dei vaghi ricordi che appartenevano a qualcun altro. Provò a spegnere l'interruttore delle emozioni, ma non accadde nulla. Succede, quando si va in cortocircuito.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

~

Dove... indovina chi viene a cena?



Mentre bussavano alla porta di casa Gilbert, Nora si chiese ancora una volta come avesse fatto a farsi convincere. L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era un dannato pigiama party. Ma Pas era stato tanto inamovibile quanto irritante e, pur di fargli smettere quel fastidioso cipiglio paterno, si era costretta ad accettare.

Oh, ciao! Voi dovete essere gli ospiti di Ric. –

Nora salutò con un cenno la giovane donna che aveva aperto loro. Pensò che Alaric aveva proprio buongusto in fatto di compagnia femminile: Jenna era così carina e soffice, e quel vestito bordeaux faceva risaltare la sua pelle ambrata e i suoi occhi verdi. E poi non c'era bisogno di vedere la sua aura per notare quanto fosse buona.

Li fece accomodare e prese a girovagare per l'ingresso, con un grazioso rumore di tacchi. Era visibilmente nervosa, mentre prendeva la borsetta e l'appoggiava subito dopo, si sistemava i capelli allo specchio, controllava l'ora. Doveva essere un bel pezzo che Alaric non la portava fuori, se era così tesa per una banale cena fra amici.

Avete visto Ric? – chiese d'un tratto, stirando con le mani le pieghe del vestito – Come al solito è in ritardo. –

Credevo fosse venuto a prenderti. – disse Pas.

Lei alzò le sopracciglia e sorrise.

Eh, – fece in tono ironico – lo credevo anch'io. –

Vuoi un passaggio? –

Jenna parve colta di sorpresa. Lo occhieggiò per un momento, indecisa. Poi annuì. Si guardò per l'ennesima volta allo specchio, togliendosi dalla tempia un'invisibile ciuffo di capelli, e si voltò di nuovo verso di loro con un sorriso teso sulle labbra.

Bene. – sospirò – Fate le brave stasera, ok? –

Mentre lei usciva nel patio, Pas lasciò a terra il borsone e restò in attesa.

Nora schioccò la lingua: – Cosa? –

Lui inclinò la testa di lato e aprì le braccia.

Oh, ti prego! – sbottò dandogli una spinta.

Pas l'agguantò e la stritolò in un abbraccio soffocante.

Dobbiamo recitare bene la parte, figliola. – la prese in giro.

Ma fammi il piacere! – si lamentò, divincolandosi e infine riuscendo a liberarsi della sua stretta ferrea.

Si levò dalla faccia i capelli scompigliati e tirò le maniche della maglia fino a coprire le nocche. Era una Virtù Angelica, possibile che nessuno le portasse un minimo di rispetto?!

Tirò su col naso e incrociò le braccia al petto, assumendo un'aria altera. A giudicare da come Pas si tratteneva dal ridere, non doveva sortire l'effetto desiderato.

Parfeite! Continua così e nessuno si renderà conto che non sei un'adolescente problematica. –

E prima che potesse in qualche modo protestare, le aveva già stampato un bacio in fronte e se n'era andato via, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandola da sola nell'ingresso.

Ragazzine. – lo sentì commentare con Jenna.

Nora sbuffò tra sé. Si sentiva sempre più stretta in quel corpo di adolescente. Se solo avesse avuto la licenza... avrebbe fatto vedere loro cos'era capace di fare!

Si guardò un po' intorno. Dal piano di sopra provenivano rumori di chiacchiere e risate. Non era proprio in vena e calcolò che, se faceva attenzione, poteva sgattaiolare via prima che si accorgessero della sua presenza. Afferrò il borsone e...

Sei arrivata! –

La voce squillante di Caroline infranse ogni sua speranza.

Ma dove vai? – corse giù per le scale e le prese il borsone dalle mani – Siamo di sopra! –

Nora si costrinse a sorridere e la seguì, pregando che per lo meno ci fossero superalcolici.

~~~

Organizzate una cena e non m'invitate? –

Stefan non rispose. S'impose di concentrarsi sulle verdure che stava affettando sul tagliere, ignorando la presenza del fratello. La facciatosta di Damon era impareggiabile, questo era risaputo in tutti e cinque i continenti, e chi meglio di lui poteva confermarlo? Ma doveva riconoscergli che aveva l'infallibile capacità di sorprenderlo tutte le volte.

È terribile. – dichiarò dopo essersi servito un bloodymary – Te l'ho sempre detto che esageri col tabasco. –

Stefan posò il coltello e si asciugò le mani con uno straccio. Provava una calma innaturale, che era certo non sarebbe durata ancora a lungo. Si appoggiò sul ripiano e guardò fisso davanti a sé.

– Allora perché ogni volta lo assaggi? – chiese con voce atona, privo del minimo interesse reale per ciò che avrebbe risposto.

Damon sgranocchiò un gambo di sedano con fare pensoso.

Perché sei il mio amato fratellino e ho la speranza che i miei insegnamenti possano migliorarti. –

La sua pazienza era finita, e Damon se accorse a sue spese.

Uh, siamo nervosetti! Fase premestruale? – lo canzonò quando lo sbatté al muro sfoderando le zanne.

Il lato più irritante di Damon era quello: il modo con cui si ostinava a non prenderlo mai sul serio. Era facile per Stefan perdere il controllo con lui, tanto quanto lo era mantenerlo nella sua vita di tutti i giorni.

Non farò il tuo gioco. – gli ringhiò in faccia.

Perché Stefan non era un santo, sapeva farsi prendere dalla furia e aveva anche una bella fetta di motivazioni, ma se c'era una cosa che aveva imparato dopo un secolo e mezzo, era quanto fosse dannoso assecondare gli slanci autodistruttivi del fratello. Per quanto l'idea fosse più allettante che mai, non era propriamente il momento giusto. Che marcisse nel suo stesso senso di colpa.

Qualcuno suonò alla porta e Stefan colse l'occasione per lasciarlo andare.

Interrotti dal campanello! – Damon sgranò gli occhi – Che situazione da commedia romantica! –

Stefan riprese il coltello in mano e dedicò ad un'innocente melanzana le attenzioni che gli ispirava il fratello.

~~~

Tre... due... uno... –

Elena leccò il sale, mandò giù lo shot di tequila e addentò il limone. Sbatté il bicchierino sul pavimento, strizzando gli occhi e soffiando via l'aria.

Altro giro! – annunciò garrula Caroline, riempiendo di nuovo i bicchierini.

Non vale! – tossì Bonnie – A te non fa effetto! –

Elena si unì alla sua protesta indicando Nora: – E nemmeno a lei! –

Dovremmo porre delle regole. – biascicò la strega – Dosi doppie... –

E perché non triple?! – suggerì.

Triple! Dosi triple per vampiri e angeli e... – Bonnie brandì il dito contro di loro – e tuuutta la gente soprannaturale che c'è in questa stanza, ecco! –

Si batté una mano sulla coscia e scambiò un'occhiata solidale con lei.

Io ci sto! – dichiarò Caroline.

Preparò altri due shot per sé e per Nora, che non sembrò avere niente da ridire visto che ne ingollò uno nonappena glielo mise in mano.

Così! – esultò Caroline – Prendete esempio, su! –

Elena prese in mano il suo bicchierino, mormorando qualcosa come “Oddio... sono ubriaca”.

Bonnie le passò un braccio sulle spalle: – Oh, sì, cara mia... –

Aveva la testa leggera e il suo mondo era sfocato. Dopo il quarto shot aveva iniziato a sentirsi meno da schifo e non aveva intenzione di smettere – non per quella sera – per cui mandò giù anche quello senza pensarci due volte.

Ma la volete sapere... – singhiozzò Nora pulendosi la bocca – la volete sapere una cosa buffa? Penso che sono... sapete?... sulla buona strada anch'io... sì! –

Annuì e scoppiò a ridere, rotolando tra le coperte. Le altre la seguirono a ruota e persino Elena non riuscì a trattenersi e si lasciò andare a quel solletico che sentiva al diaframma. Era bello potersi dimenticare di tutti quei dannati problemi e passare un serata quasi normale, da ragazzine sceme, seguendo solo quello spirito senza senso che ti spinge a dire cazzate e a ridere per niente.

Pochi minuti – o un'infinità di tempo? – dopo, senza più la forza per tenersi seduta e con le guance che le facevano male, Elena sentì la risata scemare, lasciando il posto ad una sacrosanta ondata di endorfine. La stanza si fece silenziosa.

Perché non facciamo un gioco? –

Caroline e i suoi giochi alcolici non erano mai una buona idea, ma Elena non aveva né la forza né la voglia di opporsi.

~~~

Dove diavolo è Ric? –

Pas inarcò le sopracciglia ed evitò di rispondergli. Anzi, diciamo che evitò proprio di considerare la presenza di Damon, benché avesse aperto loro la porta, e si fece da parte galantemente per far entrare Jenna.

Non è già qui? – fece lei con voce nervosa – Arriverà in ritardo. –

Damon parve accorgersi solo in quel momento della donna. Gli lanciò un'occhiata tra l'interrogativo e l'irritato, cui Pas rispose stringendosi nelle spalle. Jenna si allontanò verso il salone e lui lo prese per un braccio.

Se le succede qualcosa, dovrò beccarmi l'ennesimo piagnisteo della nipote. – gli disse tra i denti.

Adesso non era più “Elena”, era “la nipote”. Pas arricciò le labbra nel trattenere una risata di scherno: era sempre piacevole osservare le fasi di crisi di Damon.

Ma Elijah ha detto che non avrebbe alzato un dito contro le persone a cui tiene. – gli fece notare con voce innocente e stupita – Gliel'ha ha promesso. –

Damon lo lasciò andare con una smorfia: – Da quando ti fidi delle promesse degli Antichi? –

Pas sogghignò e lo guardò da sopra gli occhiali.

Da quando abbiamo un pugnale speciale come piano B. –

~~~

Caroline mandò giù l'ennesimo shot e si schiarì la gola come se avesse appena bevuto un bicchiere d'acqua. Elena la vide poi chinarsi verso di loro e scrutarle con aria complice.

Qual è... – s'interruppe per ridacchiare.

Elena le si avvicinò assieme alle altre.

Qual è – proseguì a voce più bassa – il vostro segreto più segretissimo? –

Nella stanza si diffuse un'ondata di risolini.

Comincio io! – esclamò Bonnie.

Tre paia di occhi lucidi la osservarono con interesse.

L'estate scorsa ho usato un incantesimo d'amore per ammaliare il giardiniere di mio padre. – disse tutto d'un fiato, tappandosi poi la bocca con entrambe le mani.

Caroline la guardava con tanto d'occhi: – E ha funzionato? –

Oh-oh! – fece lei con aria maliziosa – Altroché! –

Elena le lanciò il cuscino, esclamando “lurida!”. Si scatenò subito una lotta di cuscini.

Tocca a me! – disse Nora d'un tratto.

Elena si tolse i capelli dalla faccia accaldata e la guardò incuriosita: cosa mai poteva nascondere un angelo?

Non sono vergine. – sospirò, come se avesse aspettato da una vita di poterlo dire – E non nel senso che sono di un altro segno zodiacale... –

La mascella di Caroline cadde, donandole in un'espressione che aveva ben poco d'intelligente. Bonnie pensò bene d'imitarla. Ed Elena si rese conto che dovevano sembrare tre imbecilli, perché anche lei non aveva trovato niente di meglio da fare che boccheggiare come un pesce.

Ma fate le porcate anche lassù?! – se ne venne fuori Caroline.

Macchè! – Nora la spintonò – È successo quando ero umana! –

Un coro di “oooh” si diffuse e nessun'altra commentò. Elena era ancora più curiosa, ma non osò chiedere niente.

Caroline! – fece Bonnie.

Cosa? –

Non hai ancora detto la tua! – la rimproverò.

Elena concordò e subito tutte insieme la subissarono di domande.

Lei alzò le mani e annuì con aria condiscendente: – Ok, ok... va bene! –

Sono virtualmente incapace di avere una relazione normale. – dichiarò.

Nessun risolino si sollevò stavolta. Più che la confidenza-gioco di una ragazza alle sue amiche, sembrava la confessione di una donna esaurita al suo psicanalista.

Nella mia prima storia ero l'oggetto sessuale di un vampiro. – iniziò ad elencare.

Damon. – pensò Elena rabbuiandosi.

Dopo... – fece battendosi un dito sul mento, pensosa – Ah, sì! Dopo, mi sono quasi mangiata il mio ragazzo. Penso che sia fisiologico, ma comunque non è stato... uhm... una buona mossa per la nostra relazione, ecco! –

Una strana nostalgia prese Elena mentre ripensava a Matt: il suo primo ed unico ragazzo umano.

E nel frattepo, – proseguì Caroline – il mio migliore amico barra “baci bene anche se sei un licantropo”, mi ha piantata in asso. –

Caroline si servì un altro shot e lo ingollò.

Due volte. – precisò con voce lapidaria.

Elena fissava mestamente il vuoto, senza capire se la tristezza e la pietà che provava erano rivolte alla sua amica o a sé stessa – o ad entrambe. Il silenzio che seguì fu interrotto da un singhiozzo. Alzò lo sguardo su Caroline: piangeva a dirotto.

Bonnie la prese tra le braccia e la cullò, mormorando quelle frasi senza senso che si dicono ai propri animali domestici quando nessuno ci sente e ai bambini piccoli che si sono fatti la bua.

Credo di aver bisogno di una nuova prospettiva di vita... – la sentì gemere, seppellita nell'abbraccio di Bonnie – o forse solo di una dormita. Sì, probabilmente solo di una dormita. –

Elena afferrò un cuscino e vi si strinse, cercando di arginare la valanga di pensieri che la stava seppellendo il cervello. Si rannicchiò sul letto, sfregandosi gli occhi con fare stanco. Anche lei aveva bisogno di una dormita. E di una nuova prospettiva di vita, decisamente.

~~~

Elijah si rigirò tra le dita la Pietra di Luna sotto gli occhi attenti dei presenti. E quando parlò, il silenzio che aleggiava sulla tavolata si fece concreto.

Un piano azzardato. Direi inapplicabile. –

E, al contrario di quanto sicuramente stavano pensando tutti, ci aveva pensato per un lungo momento, prendendolo seriamente in considerazione.

Non ti fidi delle nostre capacità. – commentò Serrault – Comprensibile. –

Elijah posò la pietra sul tavolo, davanti a lui, e intrecciò le dita.

Sì. – ammise – Ma non è questo il punto. –

Gli altri restarono in attesa.

Non c'è modo di uccidere Klaus senza che esso sia indebolito. – spiegò – Per questo motivo il rituale deve avere luogo. –

Il minore dei Salvatore scambiò un'occhiata con il dampiro.

Abbiamo un asso nella manica. – rivelò infine, come aveva previsto.

Chinò appena la testa, lasciandosi sfuggire l'ombra di un sorriso.

Già. Il vostro angelo. – ammiccò.

Altro scambio di sguardi, questa volta confusi.

Elijah mosse una mano: – Mystic Fall è una piccola città, le voci corrono. –

Il maggiore dei Salvatore alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.

E le donne parlano sempre troppo! – disse con aria tragicomica.

Sono in ritardo? –

Si voltarono verso l'ingresso della sala da pranzo, dove due figure si stagliavano sotto l'architrave. Jenna tornava dalla cucina, dove era andata a prendere delle altre tartine, con un vassoio e un altro ospite: affianco a lei, Alaric Salzman le cingeva la vita con un braccio.

Guardate chi ci ha fatto l'onore della sua presenza! – esclamò la donna posando il vassoio sul tavolo e prendendo il proprio posto.

Salzman si sedette tra Serrault e lei, esattamente all'altro capo del tavolo, difronte ad Elijah.

Cosa mi sono perso? –

Mhm... abbiamo finito il vino. – disse d'un tratto Serrault, bevendo l'ultima sorsata dal suo bicchiere – Jenna, s'il vous plaît, vuoi accompagnarmi per scegliere? Non ho molta dimestichezza con i rossi... –

Ma... – obbiettò lei vagamente stupita – credevo che voi francesi aveste gusto in fatto di vini. –

Oh, au contraire, mia cara! – le prese la mano facendola alzare e la condusse fuori dalla stanza – Lascia che ti racconti... –

Lei gettò alla sue spalle un'ultima occhiata tra il divertito e l'imbarazzato, e si allontanò sottobraccio al dampiro.

Dove eravamo? – fece il minore dei Salvatore.

Come suo fratello, non si era reso conto di niente. Né lo sguardo vacuo di Jenna, né l'aria tutt'altro che da insegnante di storia che aveva Salzman. E l'unico che, grazie alla sua esperienza, sarebbe stato in grado accorgersene, si era appena dileguato per tenere le innocenti orecchie della donna lontane da quei discorsi.

Elijah scambiò un'occhiata con il nuovo arrivato. Klaus, all'interno del suo involucro umano, accennò un impercettibile sorriso e alzò appena il bicchiere verso di lui.

~~~

Quando si svegliò si sentì smarrita. Era buio e freddo e non capiva dove si trovava. Poi i suoi sensi uscirono dall'intorpidimento e iniziò a sentire la nausea e la testa pesante. Tutti i ricordi della sera prima si affacciarono nella sua testa, mescolandosi e fondendosi in un bizzarro groviglio di sensazioni contrastanti.

Elena si rigirò nel letto e guardò la sveglia sul comodino: le quattro passate. Decise che aveva bisogno di una rinfrescata, perché tanto se sperava di riaddormentarsi in quello stato stava fresca.

Sgusciò fuori dal letto avvolta in un plaid e, stando attenta a non calpestare nessuna, si avviò al bagno. La luce le ferì gli occhi, ma mai quanto la sua faccia pallida e sbattuta le ferì l'orgoglio. Strinse le labbra e, mentre si sciacquava il viso, fece il solenne proponimento di darsi una sistemata l'indomani mattina, uscire da quell'apatica fase di autocompatimento. Perché nessun Damon al mondo valeva tutta quella tragedia.

Quando tornò nella stanza, con la luce alle spalle che illuminava il pavimento, notò che mancava qualcuno all'appello. Un'altra che non riusciva a dormire come lei?

Andò di sotto a controllare e trovò Nora in cucina. Appollaiata su una delle alte sedie, si era preparata un the e lo stava bevendo, tutta sola, nella stanza semibuia.

Ciao. – la salutò sedendosi a sua volta.

Lei mandò giù una sorsata e le sorrise.

Ciao. – rispose – Niente sonno? –

Elena annuì, stringendosi nel plaid. Nora parve notare il suo gesto e, senza chiederle niente, si alzò, prese una tazza e le versò del the dalla teiera ancora fumante. Vedendosela davanti, Elena si rese conto di averne una gran voglia.

Grazie. – mormorò con un sorriso.

Prese la tazza tra le mani: era piacevolmente calda. Per un po' restarono così, senza parlare, ognuna presa dal proprio the e dai propri pensieri. Nonostante il silenzio, nonostante la conoscesse appena, Elena in quel momento sentiva una strana affinità con lei.

Tu non hai detto la tua. –

Si rese conto che lei aveva parlato solo quando, alzando gli occhi, vide che Nora la stava a sua volta guardando. Non era curiosità quella che leggeva nei suoi grandi occhi nocciola, ed Elena non seppe dirsi se questo la metteva a disagio o meno.

Scusa. – aggiunse in fretta – Non dovrei... sono affari tuoi. Quello era solo un gioco da serata alcolica. –

Sono attratta da Damon. –

Le uscì così, senza nemmeno pensarci. Le dita si contrassero sulla tazza. Elena si costrinse a fissare il liquido ambrato.

Non penso che tu sia la prima. – la sentì obiettare.

Elena serrò gli occhi e sospirò.

Lui mi ha costretta... –

Non sei obbligata a dirmelo. – la interruppe con voce ferma – C'ero, ho visto cosa ti stava facendo. –

Non aveva capito. Lei doveva dirlo.

Lui mi ha costretta – proseguì ostinatamente, trovando infine il coraggio di guardarla – ad ammetterlo. –

Seguì un lungo silenzio. Nessuna delle due toccò più il proprio the.

Sai come funziona un incubus? – le chiese d'un tratto, con aria seria.

Elena scosse la testa. Nora annuì tra sé, come se avesse previsto quella risposta. E poi le raccontò ogni cosa: della pagina del diario, della cazzata di Damon di succhiarle il sangue, della sua natura in bilico tra vampiro e demone.

Gli incubi sono demoni antichissimi. – le spiegò – Quella originaria fu Lamia e quando i primi uomini misero piede su questa terra, arrivarono gli incubi e le succubi. –

Elena l'ascoltava, rapita. Stava iniziando a capire dove voleva andare a parere: conoscere le proprie paure aiuta a smitizzarle e quindi ad affrontarle.

È una lunga storia... – liquidò lei agitando una mano – il punto è che gli incubi funzionano così, cioè fanno quello che ti ha fatto lui. Ti scavano dentro, trovano la tua perversione più nascosta e la tirano fuori, la gonfiano a dismisura, inducendoti a lasciarti andare ad essa. –

Ad Elena parve di rivivere ciò che le era successo la notte prima e rabbrividì.

È tutta una questione mentale, ovviamente. – precisò Nora indicandosi la testa – Voglio dire, non si è mai visto un incubus o una succubus giacere fisicamente con qualcuno. Ma quello non è importante per loro, perché ciò di cui si nutrono... sì, il loro cibo, proprio... è l'energia sessuale. Mi capisci? –

Elena annuì, interdetta. Non era sicura di comprendere appieno tutto quello che le stava dicendo, era una cosa decisamente più grande di lei, ma credeva di aveva colto il succo del discorso.

Possono farlo fino ad ucciderti. Ed è questa cosa più terribile! – aggiunse concitata – Anche se per migliaia di anni la Chiesa ha posto l'accento sulla faccenda delle perversioni... ma quella è una cazzata! Insomma, stiamo parlando di demoni, creature soprannaturali in grado di indurre visioni e sensazioni che un essere umano, non solo non può combattere, ma non può nemmeno sopportare! –

Sì, Elena aveva decisamente colto il succo. Le sorrise e annuì.

Grazie. –

Le era sinceramente grata per il suo sforzo.

Nora la occhieggiò timidamente da sopra la sua tazza: – Non c'è di che. –

Ma quand'è che si finisce di stare male? – si sentì dire.

L'angelo distolse lo sguardo.

Mai. – ammise, scrollando le spalle – Col tempo si affievolirà e potrai tornare serena, ma qualcosa ti resterà sempre dentro. –

Ma, Elena, tu devi smettere di alimentarlo. Il senso di colpa, intendo. – la esortò – Perché non è stata colpa tua! È la storia più vecchia del mondo: ad una ragazza succede... qualcosa di brutto... e la colpa di chi è? Sua! Cazzo, è assurdo! –

È dannatamente difficile. – scosse la testa – Io... non sopporto di essere stata così debole, di aver ceduto. Non lo sopporto! –

Ti capisco, tesoro. Davvero. – Nora allungò una mano a stringerle la sua – Ma, sai che c'è? Ti stai giudicando e questo non va bene. La gente non dovrebbe essere giudicata dalle proprie debolezze, ma da come le affronta. –

Elena si chiese come la stesse affrontato. C'era il rifiuto, certo, era palpabile. Ma c'era anche dell'altro: la voglia di andare avanti, di guardare oltre, lasciarsi alle spalle ciò che la stava distruggendo. Quella stessa spinta che poco prima, davanti allo specchio de bagno, le aveva fatto nascere il solenne proposito di uscire da quel gorgo.

Strinse a sua volta la mano di Nora, che non l'aveva mai abbandonata. Adesso le era più grata che mai. Avrebbe voluto poterle essere altrettanto utile. E forse poteva: magari aveva voglia anche lei di confidarsi, di aprirsi con qualcuno che potesse capirla. Elena percepiva, ancora più forte di prima, quella strana affinità. Non sapeva a cosa fosse dovuta esattamente, ma poteva immaginare che fosse qualcosa di simile a ciò che lei stessa aveva vissuto.

Provò a prenderla alla larga.

Tu come l'hai affrontata la tua debolezza? – le chiese cauta.

Nora abbassò lo sguardo e sorrise senza felicità, come se si fosse aspettata quella domanda. Poi bevve un sorso di the e tornò a guardarla.

Non l'ho mai fatto. –

~~~

Sarebbe stato inutile cercare di non riportare il discorso sui binari precedenti. Oltretutto, se Klaus era venuto a conoscenza di quell'incontro, era molto probabile che avesse più informazioni di quante si potesse immaginare.

Elijah si arrovellò su come agire in quella situazione paradossale. Poi prese la sua decisione. E non poteva che essere quella, perché Elijah era un uomo d'onore.

Lo guardò con espressione imperscrutabile: – Possiamo parlare in privato? –

Klaus finse uno stupore che non aveva, scambiò persino con i Salvatore delle occhiate perplesse molto realistiche, e poi lo seguì nel salone.

Si osservarono per un lungo momento, in silenzio. Non avevano bisogno di parlare: dopo millenni l'uno affianco all'altro, bastavano pochi sguardi per capirsi. Elijah dovette ammettere con sé stesso che la persona che meglio lo conosceva era proprio lui.

Fratello. –

Quella parola ebbe l'effetto di infrange la stasi e di dare ad Elijah il metro di quanto Klaus si sarebbe spinto oltre. Perché, per quanto sussurrata, nella sala da pranzo avevano certamente udito quella parola.

Gli si avvicinò con aria innocua: – Credo che tu abbia qualcosa che mi appartiene. –

Era in un corpo umano, valutò Elijah. Virtualmente immortale per via dell'anello magico che portava, ma pur sempre umano. Avrebbe potuto ucciderlo in un istante, risolvendo momentaneamente il problema. Oppure...

Si sfilò di tasca la Pietra di Luna e la soppesò appena. Klaus tese la mano e aspettò in tutta tranquillità.

Vedo che sai ancora riconoscere quando fare cosa giusta. – fece soddisfatto, mentre gli porgeva la pietra.

Fu in quel momento che i fratelli Salvatore decisero di mettere in atto il loro inutile intervento. Perché un attimo dopo lo stregone di Klaus irruppe nel maniero, mandandoli fuorigioco. Elijah osservò la scena senza commentare, poi tornò a guardare suo fratello.

Lui scosse appena la testa e sospirò: – Non avrei voluto arrivare a questo. –

Eppure mi sembra nel tuo stile. – commentò alzando le sopracciglia.

Klaus dondolò la testa e si strinse nelle spalle.

Fratello... – mormorò di nuovo, quasi con affetto.

Gli afferrò la nuca e posò la fronte contro la sua. Elijah ci provò a prepararsi, ma come si fa a prepararsi a qualcosa che non si è mai provato? Lui era l'ultimo, anche se sapeva – aveva sempre saputo – che sarebbe stata solo questione di tempo.

Klaus lo strinse a sé con fare comprensivo: – Accetto le tue scuse. –

Il pugnale lo trafisse nel suo abbraccio. Il dolore fu bruciante e, per un attimo infinito, il cuore parve implodere. Poi fu il nulla.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

~

Dove c'è posta per te



Alle quattro facce sbattute attorno al tavolo di casa Gilbert, se ne aggiunse una quinta in condizioni non migliori. Jenna si sedette pesantemente, emettendo un lamento confuso.

Si portò una mano alla fronte: – Non più l'età per certe cose... –

Seratina impegnativa? – commentò Elena con un mezzo sorriso.

C'eravate anche voi. – mugugnò – Almeno credo... ma quanti shot mi sono fatta?! Non ricordo un accidenti! –

Le ragazze si scambiarono un'occhiata perplessa.

Caroline si accigliò: – Ma tu non... –

Seguendo un brutto presentimento, Elena le diede una gomitata prima che potesse concludere la frase.

Mhm... sì, caffè. – biasciava Jenna, allungando famelica una mano verso la tazza fumante che le stava porgendo Bonnie.

Elena guardò Nora mimando con le labbra “Cos'è successo?”. Lei si strinse nelle spalle e scosse la testa, con una smorfia allarmata in volto.

Conclusero la colazione in un'atmosfera tesa e silenziosa, che nemmeno sembrava scalfire l'inconsapevole Jenna. Quando lei finì il suo caffè e disse che andava a farsi una doccia, le ragazze aspettarono col fiato sospeso che svanisse al piano superiore, poi scoppiarono tutte insieme a parlare.

Momento, momento, momento! – le quietò Bonnie – Facciano il punto. Ieri c'era quella cena dai Salvatore e anche lei era invitata, giusto? –

Le altre tre annuirono.

È andata via con Pas, li ho visti dalla finestra. – aggiunse Caroline.

Elena si rabbuiò: – È successo qualcosa al maniero. L'hanno soggiogata per farle dimenticare tutto. –

Mi sa che i nostri ometti hanno combinato qualcosa. – commentò Nora alzandosi – Andiamo a dare loro una strigliata. –

Bonnie annuì: – Va bene, fatemi solo fare un salto a casa mia. –

Scusate, ma è meglio che anch'io mi faccia viva a casa. – Caroline scosse la testa – Sono giorni che mia madre non mi vede! –

Ok, signorine, ci troviamo al maniero alle ore undici e zero zero. – fece Elena con cipiglio militaresco.

Le ragazze risero e si diedero il cinque, poi si divisero.

Non potevano immaginare che quella sarebbe stata l'ultima loro risata tutte insieme.

~~~

Ancora non riusciva a credere di essere libera, di poter rivedere il sole fuori da quelle mura fetide. Ma sopratutto: era viva. Qualcuno aveva messo fuori dai giochi Elijah, e quel qualcuno non poteva che essere Klaus. Eppure non era venuto a prenderla. Se non sapeva di lei, aveva ancora qualche speranza di concludere il suo piano.

E poi, ecco la sorpresa: come la ciliegina sulla torta. Certo, sperando che non fosse avvelenata.

Katherine strinse gli occhi: – E io cosa dovrei farne? –

Jonas scrollò le spalle.

Quello che ti pare. – disse con noncuranza – Elijah non ci ha detto niente riguardo il suo destino. –

È morto. – insisté lei con sospetto – Tua figlia è libera. Perché continuate a sottostare ai suoi ordini? –

Sai anche tu che un Antico non si uccide. – ribatté lui seriamente.

Appariva rassegnato. Ma Katherine non era mai stata la tipa che si rassegna. Si rigirò tra le dita la boccetta, per poi nasconderla in una tasca interna del giubbotto.

Lui le voltò le spalle: – Addio Katherine. –

Jonas. – lo richiamò.

Lo stregone si fermò e la guardò, in attesa.

Dov'è Luka? – gli chiese, fintamente disinteressata – Volevo salutarlo. –

Lui ammiccò con aria di sufficienza: – Anche lui ha una consegna da fare. –

Katherine sospirò seccamente: immaginava che l'unico modo per capirci qualcosa di tutto quel casino, fosse andare a verificare di persona. E aveva il mezzo sospetto che le risposte che cercava le avrebbe trovate a casa dei Salvatore.

~~~

A parte che era già in ritardo, ma poi il primo istinto quando sentì Luka alla porta, fu quello d'ignorarlo. O di lanciargli una fattura molto potente e molto poco in linea con la Rede. O ancora – e quella sembrava proprio un'opzione interessante – di chiamare Jeremy e dirgli che sotto casa sua c'era il tizio con cui flirtava quando avevano iniziato a frequentarsi, e godersi la conseguente scazzottata.

Poi la parte meno bellicosa prevalse e Bonnie decise che poteva concedergli di parlare con lei. Dopo, avrebbe deciso se e come disintegrarlo.

Certo non poteva immaginare quale fosse lo scopo della sua visita. E quando Luka glielo disse e le mostrò il sacchetto di panno nero in cui era celato, Bonnie per poco non ci rimase secca.

Vorrai scherzare?! – proruppe arretrando di un passo.

Così ci è stato detto di fare nel caso gli fosse successo qualcosa, e così stiamo facendo. – disse in tono risoluto – Elijah è un uomo di parola: è meglio non irritarlo, fidati. –

Era dannatamente deciso. Bonnie non credeva che avrebbe potuto spuntarla, ma ci provò lo stesso.

Ma se mi hai appena detto... –

Non è morto. – la interruppe – E tu lo sai. –

Ma conosco il modo di uccidere un Antico: l'ho trovato sui grimori. – aggiunse concitata.

Luka annuì: – Lo sappiamo. È per questo che Elaijah ci ha detto di consegnarli a voi. –

Presa in contropiede, Bonnie boccheggiò, senza trovare niente da ribattere.

Come...? Consegnare cosa? A chi? –

Lo saprai presto. – concluse sibillino – Stammi bene, Bonnie. –

Le mollò in mano il sacchetto e uscì di casa. E lei restò per un luno momento immobile, senza fiato, tenendo lo sguardo fisso su di esso.

Luka! – lo richiamò, inseguendolo sul patio – Andiamo, non posso farlo da sola! –

Certo che puoi. – la liquidò, senza nemmeno voltarsi.

Bonnie pestò le mani sul parapetto e si sporse vero di lui.

Non potete lasciarmi questa responsabilità e lavarvene le mani così! – protestò.

Stavolta Luka si fermò e si girò a guardarla.

Oh, sì che possiamo. – le disse con un'espressione che non ammetteva repliche – Non vogliamo più avere niente a che fare con questa storia. E ti consiglio di non cercarci, Bonnie. Mai. –

Pietrificata da quelle ultime parole, schiacciata dalla responsabilità che portava quell'anonimo sacchetto, Bonnie restò a fissare il punto del giardino dal quale lui si era mosso per andarsene via. Un'eternità dopo, si risvegliò da quel torpore.

Accetta il tuo destino o subiscilo, a te la scelta.” soleva dirle la nonna.

Bonnie aveva già fatto la sua scelta a suo tempo e non aveva intenzione di tornare indietro. Strinse il sacchetto in pugno: al maniero la stavano aspettando.

~~~

Cioè, fatemi capire. – Nora si portò una mano al volto e strinse tra due dita la base del naso – Una sera vi lasciamo da soli... una... e voi riuscite a farvi fregare l'ultima copia al mondo dell'unica arma in grado di uccidere un Antico? –

Silenzio. Com'era nella sua natura, Stefan si sentì come se la colpa di tutta quella faccenda ricadesse interamente sulle sue spalle.

Oh, e dimenticavo... adesso Klaus ha la Pietra di Luna. – continuò lei battendo le mani con aria sarcastica – Ma complimenti! –

Stando ad Elijah, non doveva farsi vivo così presto. – ribatté Pas, in un patetico tentativo di perorare la loro causa – E sopratutto non doveva esporsi così. –

Esporsi? – intervenne Damon – E me non sembra che si sia esposto: s'è parato il culo prendendo in prestito il corpo di Alaric. E senza nemmeno chiedergli il permesso! –

Si può sapere che avevate in testa? – sbottò Elena – Poteva uccidervi tutti. Poteva andarci di mezzo Jenna! –

Lui alzò gli occhi al cielo.

Rassicura il tuo tenero cuore, zietta è al sicuro adesso. – cantilenò con voce melodrammatica.

Elena lo ignorò. Stefan semplicemente gli lanciò un'occhiata che valeva molte parole. Lei era off-limits: non doveva nemmeno pensare di azzardarsi a rivolgerle la parola.

Non certo grazie a te. – commentò Jeremy seccamente, rivolto a Damon – Adesso cosa facciamo? –

Niente. – sospirò Pas con aria depressa – Siamo punto e a capo: sappiamo come uccidere un Antico e come distruggere la Pietra di Luna, ma non abbiamo i mezzi per fare né l'una né l'altra cosa. –

Quella sentenza parve schiantare ogni loro speranza.

Si sentì qualcuno che dall'ingresso, cui Stefan dava le spalle, si schiariva la gola. Vide gli occhi dilatati di Damon che fissavano un punto alle sue spalle, e capì immediatamente chi doveva essere.

Ciao, Katherine. – salutò freddamente, ancor prima di voltarsi.

~~~

Indossato l'accappatoio, Caroline finì di tamponarsi i capelli con l'asciugamano e aprì le tende della finestra di camera sua, beandosi del calore dei raggi del sole.

Ricordava poco della notte prima, ma quel poco le bastava per farla sprofondare in un baratro di vergogna. La sua autostima aveva iniziato ad abbassarsi nel momento in cui era stata vampirizzata e attualmente era ai livelli minimi storici. Il che era proprio paradossale, considerato tutto il fascino vampiresco che adesso l'ammantava.

Si vestì e si truccò allo specchio della sua toeletta, con gli stessi gesti che l'avevano accompagnata da umana. Si era rifiutata di cambiare quelle abitudini, ma qualcosa nel profondo le diceva che il fatto stesso che le avesse ritualizzate in quel modo, doveva significare che le servivano per aggrapparsi a qualcosa che non c'era più.

La sua umanità se n'era andata quella mattina di sei mesi prima, nella stanza dell'ospedale, per mano di Katherine. O forse era iniziato prima? Molto prima: quando Damon l'aveva soggiogata e morsa. Quello non aveva fatto di lei una vampira, non ancora, ma l'aveva introdotta in quel mondo dal quale -già allora se lo sentiva – non sarebbe più uscita, facendole morire dentro una parte della sua umanità. Com'era accaduto ad Elena, com'era accaduto a Bonnie e a Jeremy e persino a Jenna, per quanto non ne fosse consapevole.

Caroline ci pensava poco a quelle cose – o almeno si sforzava. Tutto ciò che aveva a che fare con la sua trasformazione la metteva a disagio. L'unica nota positiva della faccenda, era stato Stefan. Lui l'aveva guidata, l'aveva aiutata a comprendere la propria natura, le aveva mostrato come dominarla. Prima ancora che le sue amiche, colui che si era dimostrato umano con lei era stato un vampiro.

Caroline terminò il suo lavoro certosino e si sporse all'indietro, rimirando il risultato. Era bellissima. Un bellissimo mostro che faceva finta di essere umano. Perfettamente in linea con i saggi insegnamenti di Stefan.

Si spruzzò un po' di profumo e rimise a posto le sue cose. Quello di riordinare, come anche stirare i panni, era una delle poche faccende di casa che non le pesava. Si sentiva soddisfatta ogni volta che trovava la collocazione adatta per una cosa, così come le piaceva appiattire le pieghe della stoffa sotto la pressione del ferro bollente. Caroline amava l'ordine, i numeri senza virgola, le frasi con il punto, gli schemi esatti e i servizi di piatti coordinati. Era sempre stata una maniaca del controllo e da quando era stata vampirizzata questa caratteristica s'era acuita fino a diventare esasperante.

Mentre scendeva per le scale, rifletté che, forse, se non le fosse capitato di essere trasformata quando era solo un'adolescente insicura, si sarebbe risparmiata quel lato seccante della faccenda.

Baciò la guancia a sua madre, che già in divisa si stava preparando una spartana colazione. Aveva quel suo sguardo lontano. Gettò un'occhiata all'ora: decise che il tempo per un'altra colazione ce l'aveva, per cui prese un toast e lo addentò con finto gusto.

Caroline era una maniaca del controllo e aveva un problema a rapportarsi con sua madre.

Attacchi tardi, oggi. – notò, mentre masticava controvoglia.

Liz scrollò le spalle.

È sabato. – si limitò a dire.

Per poi aggiungere, come se niente fosse: – Ieri sera è passato il tuo amico, gli ho detto che forse ti trovava oggi. –

Caroline per poco non si strozzò col boccone.

Mhm... – si aiutò ad inghiottire con un sorso di caffè bollente – Tyler? –

Aveva gli occhi lucidi per la lingua ustionata, ma sua madre le scambiò per un altro genere di lacrime.

Tesoro. – disse con sguardo tra il preoccupato e il comprensivo.

E non riuscì ad aggiungere altro. Liz era sempre stata poco propensa a quel genere di discorsi. Era solo un equivoco, ma era così bello vederla preoccupata per lei, che Caroline non ebbe cuore di infrangere quel momento.

Sfoderò il suo broncio più tragico e le si gettò tra le braccia piagnucolando un “Oh, mamma!”. Dopo un momento di smarrimento, Liz parve ricordarsi come si abbraccia una figlia e ricambiò la stretta, dandole pacchette consolatorie sulle spalle.

Caroline Forbes era una maniaca del controllo e aveva un problema a rapportarsi con sua madre e sentiva un costante bisogno di ricevere dimostrazioni di affetto.

~~~

Era un pezzo che Pas non aveva occasione di respirare una coltre di disagio così pesante.

Bien, – sospirò, stufo di quel silenzio alla “Mezzogiorno di fuoco” – abbiamo appurato che siamo tutti imbarazzati da questa spiacevole situazione. Possiamo passare oltre, s'il vous plaît? –

Scambiò un'occhiata con Stefan, che si prese l'onore e l'onere di iniziare a trattare con la loro nuova ospite.

Chi ci dice che quello funzioni? – le chiese indicando la boccetta che aveva posato sul tavolo in mezzo a loro – Chi ci dice che non sia uno dei tuoi trucchi? –

Katherine non parve minimamente scalfita dalle sue parole. Accavallò le gambe e bevve un sorso del whisky che si era servita.

Perché lo voglio vedere morto? – suggerì in tono ironico.

Risposta calzane, ma non sufficiente. Esistevano poche persone al mondo in grado di recitare com'era capace di fare la Pierce. E Pas l'aveva imparato a sue spese.

Supponiamo che sia vero: come facciamo a sapere se funziona? – intervenne Nora con aria scettica – Non abbiamo un Antico a portata di mano su cui testarlo prima del rituale. –

In tal caso dovrete rischiare. – fece Katherine scrollando le spalle.

Stefan aveva l'aria dubbiosa: – E come dovremmo farglielo bere? –

Ci sono! – Damon schioccò le dita e finse un'espressione illuminata – Possiamo sempre andare lì e dirgli “ehi, Klaus, scusa amico, puoi bere questa roba che Katherine spaccia come sangue del licantropo originario e farci sapere se ti ammazza?”. Mhm? Che ne dite? –

Venne ovviamente ignorato.

Non credo che vada bevuto. – obiettò Pas, occhieggiando Katherine.

Non guardate me. – si schernì lei con aria annoiata – Me l'hanno messo in mano con un “arrangiati”. La vostra strega ha tutti quei grimori... chiede a lei, no? –

A proposito, dov'è Bonnie? – fece Jeremy.

Solo in quel momento si accorsero che all'appello mancava proprio la strega. E anche Caroline.

Lei e Caroline dovevano passare a casa loro. – spiegò Nora – Dovrebbero essere qui... adesso. –

Scusate il ritardo! –

Pas lanciò una breve occhiata alle nuove arrivate, cercando di non soffermarsi troppo su Caroline.

La ragazza si sedette accanto ad Elena: – Cosa ci siamo perse? –

Nora squadrò Bonnie con un sopracciglio alzato.

Cosa ci siamo persi noi, piuttosto. – ribatté con aria interessata.

Tutti gli occhi si puntarono sulla strega. Bonnie si fece piccola piccola, incassandosi nelle spalle. Nascondeva qualcosa nella borsa: era palese dal modo in cui vi teneva entrambe le mani artigliate.

Ci devi dire qualcosa? – le chiese Stefan perplesso.

Lei strinse le labbra e annuì. Poi, con gesti attenti, come se maneggiasse qualcosa di molto fragile, aprì la borsa e ne tirò fuori un sacchetto di panno nero. Lo aprì e, sotto gli occhi esterrefatti dei presenti, ne estrasse la Pietra di Luna.

La posò sul tavolo davanti a loro, vicino alla boccetta dal contenuto sospetto che aveva portato Katherine. Pas notò lo sguardo che si scambiarono lei due. E anche il modo in cui la vampira stava occhieggiato la Pietra – non gli piacque per niente.

Credo che sarebbe meglio per tutti se ci diceste esattamente come siete venute in possesso di questi oggetti. – dichiarò, mantenendo la voce in un moderato tono di minaccia.

Katherine lanciò un'ultima, breve occhiata a Bonnie, e poi disse solo “I Martin”.

Oh-oh! La trama s'infittisce! – fece Damon sarcastico – Chiamatemi quando c'è qualcosa d'interessante. –

Pas vide Nora fissarlo in cagnesco, gli occhi ridotti a fessure e il mento contratto come quando stava covando una bella incazzatura.

Damon, possiamo scambiare due parole? – gli chiese sfoggiando un sorriso amabile quanto falso.

Il vampiro sogghignò. Le fece un inchino teatrale e la seguì fuori della stanza. Pas li osservò allontanarsi con una punta di preoccupazione.

Vuoi che li tenga d'occhio? –

Che gli si fosse avvicinata se n'era accorto da un po'. Che avesse capito la situazione, era tutto un altro paio di maniche.

Grazie, cherie. – sorrise appena, fingendo una tranquillità che non aveva – Credo che se la caverà. –

Lei distolse lo sguardo con un cipiglietto adorabilmente imbarazzato.

Non me la dai a bere. – disse alzando le sopracciglia.

Oh, ma davvero?–

È troppo giovane per te. –

Katherine.

Se le avesse dato della stronza come gli veniva da fare in quel momento, sarebbe apparso come una specie di checca isterica? Probabilmente sì, per cui si limitò ad ignorarla.

Ci casca sempre. – aggiunse in tono leggero, rivolta a Caroline – Poi viene a piangere da me. –

Be', ma questa gliela stava servendo su un piatto d'argento. Come faceva a trattenersi?

Un ruolo che ti addice, mon cher, non trovi? – commentò, squadrandola da sopra le lenti scure – Quello del rimpiazzo, dico. –

L'espressione di Katherine fu impagabile: sembrava che avesse appena inghiottito un limone. Pas scambiò un'occhiata complice con Caroline, che si tratteneva dal ridere. Poi si disse che, per quanto lo allettasse molto la prospettiva di continuare su quella linea – flirtare senza alcun ritegno con Caroline e trovare modi forbiti per insultare Katherine –, c'erano cose più importanti a cui rivolgersi.

~~~

A cosa devo questo richiamo in presidenza? –

Nora non sapeva da dove cominciare. Cioè, in realtà lo sapeva bene: c'era da picchiarlo. Tanto e forte. 'Ché a quanto sembrava Damon non comprendeva nessun altro linguaggio. Solo che in quanto Virtù Angelica non sarebbe stato del tutto corretto, ecco. Forse la cosa migliore era essere schietti e andare subito al sodo.

Mi sono un po' rotta le palle. – ammise semplicemente.

Lo disse così, fuori dai denti, guardandolo dritto in faccia.

Che linguaggio scurrile! – l'ammonì con aria di biasimo – Non v'insegnano le buone maniere lassù? –

Nora chiuse brevemente gli occhi e prese un lungo respiro.

Per un momento potresti uscire dal ruolo di Damon Salvatore e seguire quello che... –

Ruolo? – la interruppe.

Aveva un'espressione vagamente seria: forse c'era una speranza.

Oh, andiamo, sai perfettamente che intendo. – ribatté seccata.

Sono Damon Salvatore e sono il vampiro più incompreso sulla faccia della terra. – lo scimmiottò – Per cui mi nascondo dietro un carattere irritante, che è l'unico modo che ho per attirare l'attenzione degli altri. –

Il disappunto di Damon era palpabile, ma com'era prevedibile lo mascherò alla perfezione.

Carino! – sogghignò – Ma... posso? Ci sarebbe giusto un dettaglio da aggiustare... credo che sia l'accento, sai? Non è abbastanza del southwest, capisci? –

Nora batté più volte le palpebre e scosse la testa, incredula. Giunse le mani e se le porto alla fronte, in una muta preghiera.

Ti ho appena chiesto di uscire da questo cazzo di ruolo. – scandì davanti a lui – E tu lo stai facendo ancora! –

Damon si portò una mano al petto e spalancò la bocca, simulando sorpresa.

Ma non mi dire! Aspetta, non sarà che... ma certo! Sai, credo... – enunciò, sgranando gli occhi e battendosi la fronte – di essere fatto così! –

Pronunciò le ultime parole con estrema cura, guardandola dritta negli occhi. Nora ricambiò lo sguardo senza battere ciglio.

Sai che c'è? A volte faresti meglio ad essere un po' meno te stesso. – sibilò.

Non sei la prima a dirmelo, – commentò portandosi una mano mento e fingendo di riflettere – dici che dovrei farmi delle domande? –

Buona idea: forse riusciresti a capire come sei arrivato a farti odiare dalla donna che ami. –

D'improvviso, l'aura di Damon virò verso sentimenti inaspettati. Nora comprese di averlo ferito più di quanto si aspettasse, e – cosa ancora peggiore – che lei lo sapeva. L'aveva fatto intenzionalmente: l'aveva colpito nel suo punto debole, come lui aveva fatto con lei. Quando si dice “occhio per occhio”. Non molto angelico, come comportamento.

Sicché. – fece lui dopo un lungo momento di silenzio – Adesso siamo pari? –

La stava guardando e stavolta Nora trovò molto più difficile ricambiare lo sguardo. Aprì la bocca, ma non trovò niente che valesse la pena dire, così semplicemente annuì, sentendosi abbastanza idiota.

Damon le voltò le spalle e si avviò al salone. Nora si prese un momento per meditare su quanto il suo ruolo continuasse a starle sempre più stretto. Tirò giù qualche imprecazione a riguardo, e poi lo seguì.

Comunque come imitazione faceva davvero pena. – lo sentì commentare – E quella cosa dell'accento, segnatela, ci devi lavorare. –

Nora lo guardò accigliata, senza sapere se doveva ridere, piangere o prenderlo a schiaffi. Ma la sua aura era immutata e si sentì nuovamente un verme, per cui decise di stare al gioco.

Hai appena capito che con me puoi fare lo stronzo quanto vuoi e la cosa ti esalta, giusto? – sentenziò.

Lui sorrise malefico: – Dio, è così divertente essere me! –

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Note

Capitolo un po' più lungo del solito... sperando che ne valga la pena! Su, su, con i commenti, che il piatto piange! :P

Buona lettura! :)







Capitolo 12

~

Dove ci s'ingegna per ammazzare il tempo



Riassumendo le puntate precedenti. –

Damon finì con una sorsata il suo whisky.

Klaus indossa un Alaric-abito, arriva qui, ha una commovente reunion con l'amato fratellino... ebbene sì, – annuì gravemente davanti agli sguardi sconvolti delle ragazze – sono fratelli! Santo cielo, che colpo di scena! Dicevo... –

Si servì dell'altro whisky e riprese: – Il tappeto fa la conoscenza del plasma di Elijah, poi lo stregone ci frigge il cervello e la serata si conclude in bianco. Ma non è finita qui! –

Roteò con enfasi la mano che stringeva il bicchiere e attese un momento in silenzio per creare suspense. Un'ennesima ruga di disappunto si fece strada sulla fronte di Stefan: stava per prenderlo a calci.

I Martin, presi da ignoti scrupoli, decidono di tradire il fu Elijah e consegnano la Pietra di Luna a Bonnie Bennet e il sangue del licantropo originale a Katherine Pierce. – annunciò, indicando prima l'una e poi l'altra come se presentasse gli ospiti di un talk show.

Ma se la vera Pietra di Luna è in nostro possesso, allora cos'è quella che si è portato via Klaus? E quello dentro la misteriosa boccetta, sarà veramente il sangue del licantropo originale? – concluse in tono drammatico – Ma sopratutto, riusciranno i nostri eroi a salvare la situazione entro la prossima luna piena? –

Mancava, appunto, solo un giorno al plenilunio. E secondo il suo lungimirante fratello, quello di cui avevano bisogno innanzitutto era sapere se quella roba nella boccetta rifilata da Katherine funzionava. Consegnò a Bonnie la boccetta, chiedendole di rintracciare il licantropo originale. Elena e Caroline si offrirono di andare con lei per affrontare la montagna di grimori.

Damon borbottò un commento sarcastico sul resuscitare licantropi leggendari sepolti da millenni invece che occuparsi della distruzione delle pietra, ma venne ignorato.

A quello penseremo più tardi. – fece Nora – Devo potenziare Bonnie perché l'incantesimo funzioni, e non siamo ancora pronte. –

Come se ci volesse chissà cosa: era un angelo. Era in grado di tenere lontano un demone, aveva quasi ammazzato lui... e adesso faceva la modesta?

Be', datevi una mossa, allora. Distrutta la pietra, risolto il problema. – riassunse sbrigativamente, con l'aria di chi parla a degli idioti.

Se erano nella merda fino al collo, era colpa di tutto quel bla bla bla. Avessero agito fin dall'inizio, invece di perdersi tra chiacchiere e grimori, le cose starebbero ben diversamente.

Una cosa alla volta. – Pas e la sua insopportabile posa da vecchio saggio – La pazienza è la virtù dei forti. –

Perché la pazienza è una virtù? – si lamentò seccato – Perché “darsi una cazzo di mossa” non può essere una virtù? –

Vuoi darti una mossa? – Katherine lo guardò con sufficienza – Corri. –

Uhm... fammi pensare... scappare per l'eternità da un Antico a cui ho distrutto il diabolico piano di conquista del mondo? – Damon sgranò gli occhi e le rivolse un sorriso – Che prospettiva allettante! –

La vampira schioccò la lingua: – Come pensi che sia sopravvissuta per cinque secoli? –

Si chinò verso di lei: – Prova a riascoltarti e capirai perché preferisco il mio metodo. –

Damon Salvatore non era fatto per sopravvivere. Katherine era così, e Stefan non era da meno. Ma non lui. Lui non gradiva le fiacche vie di mezzo.

Fate come credete. – Katherine si alzò, stringendosi nelle spalle con noncuranza – Io non voglio essere qui quando Klaus scoprirà che gli avete rovinato la festa. –

Salutò con un cenno della mano e, dopo aver lanciato un'occhiata – la solita occhiata – a Stefan, scomparve verso l'ingresso.

Stufo di aspettare e con un certo appetito, Damon si diresse allo scantinato.

E mentre le ragazze fanno il lavoro sporco, noi maschietti che si fa? Ci giriamo i pollici? –

Ehi, io sono ancora qui! –

Si fermò e si sporse dalla porta, guardando Nora con un sopracciglio scetticamente alzato.

Tu sei un angelo. – disse in tono ovvio – Gli angeli non hanno sesso. –

Lei inclinò la testa di lato con fare lezioso e lo mandò dolcemente affanculo. Sarebbe stato sufficiente quello, ma preferì aggiungere il dito medio, rovinando l'effetto generale.

Damon sogghignò e scosse la testa: – Non ce la fai ad impressionarmi, bimba. –

Stava per andare a farsi una bevuta, quando fu attirato da alcuni rumori molesti. Là fuori, qualcuno si stava menando.

~~~

Nel cortile del maniero, le ragazze stavano montando sull'auto di Caroline. Dall'espressione tesa e dalle pulsazioni furiose, la vampira intuì che qualcosa non quadrava in Bonnie.

Tesoro, che succede? – le chiese preoccupata – Se è per quell'incantesimo, sono sicura che con l'aiuto di Nora... –

Ma s'interruppe, colpita da una specie di presentimento. Spinse Elena dentro l'auto e ce la chiuse dentro.

Giù! – gridò a Bonnie.

Katherine le balzò addosso soffiando. Caroline cadde all'indietro con la vampira su di sé, e reagì istintivamente facendo scattare in fuori i denti.

Togliti di mezzo, bambolina. – le intimò, adocchiando Bonnie dietro di loro – Potresti farti la bua. –

Regola numero uno: – ringhiò – non toccarmi le amiche! –

Katherine evidentemente non si aspettava quel contrattacco, perché Caroline trovò facile scalciarla all'indietro.

La vampira si rialzò agilmente, e con una smorfietta si mise a cianciare qualcosa come “Mi hai sgualcito il vestito!”. Poi sfoderò nuovamente le zanne e si preparò ad attaccarle ancora. Non durò molto: crollò subito a terra rantolando di dolore.

Caroline si voltò verso Bonnie: – Grazie, cara. –

Grazie a te. – rispose, senza distogliere lo sguardo micidiale da Katherine.

Ehi, niente sangue nel cortile. Chi sporca pulisce, chiaro? –

Caroline si voltò verso l'ingresso del maniero: Damon le osservava con espressione contrariata.

Non è aria, Damon. – lo avvertì mentre gli voltava le spalle e tornava in auto – Ho appena steso la tua ex, vedi di non farmi incazzare. –

Mentre metteva in moto, lanciò un'occhiata interrogativa a Bonnie. La strega fermò la tortura cui stava sottoponendo Katherine e aprì la portiera, sedendosi al lato del passeggero.

Quando avremo annullato l'incantesimo e sarà solo un sasso inservibile, voglio farci un ciondolo e regalarglielo. – fece con aria maligna.

Caroline rise con lei. Il silenzio di Elena le fece voltare verso il sedile posteriore. Il suo sguardo vagava fuori dal finestrino senza vedere nulla.

Tutto ok? – le chiese Bonnie dolcemente.

Elena si riscosse e incassò la testa nelle spalle, annuendo debolmente. Caroline notò Damon che le occhieggiava ancora dall'ingresso del maniero. Scambiò un'occhiata con Bonnie.

Vuoi che diamo una sfrigolata anche a lui? – propose in tono accattivante.

Elena accennò un sorriso e scosse la testa.

Caroline mise in moto e fece manovra per uscire dal cortile. Dallo specchietto retrovisore adocchiò nuovamente Damon. Sarebbe arrivato il momento di dare anche a lui una lezione.

~~~

Le dita di Alaric accarezzarono il coperchio della bara di radica. Portò le dita davanti agli occhi e le mosse, osservandole con curiosità. Era così strano quel corpo. Così... umano.

In città c'è un licantropo. –

Klaus voltò appena la testa verso Maddox.

Mhm... vedi di portarmelo vivo, stavolta. –

Lo stregone annuì in silenzio.

Non hai bisogno di chissà quali ricerche per trovare un vampiro, vero? – considerò.

Maddox annuì una seconda volta e se andò, chiudendosi la porta alle spalle.

Klaus chiuse gli occhi e posò le mani sulla bara.

Oh, fratello mio. – mormorò con enfasi – Se solo potessi assistere a tutto questo. –

~~~

Ciao! –

Elena si sporse all'interno dell'ingresso e restò un momento in ascolto, la mano ancora sullo stipite. Con un sospiro di sollievo, richiuse lentamente la porta ed entrò. Jeremy doveva essere ancora al maniero, Jenna era probabilmente con le sue amiche.

Mentre saliva la scale, si sentì un po' in colpa per essere così sollevata dal non doverli incontrare. Ma che poteva farci? Aveva già esaurito la forza di volontà tra la riunione generale del mattino e la frenetica ricerca tra i grimori del pomeriggio. Si era ripromessa di reagire e l'aveva fatto: come primo giorno aveva dato anche troppo. Adesso voleva solo seppellirsi tra le coperte e staccare il cervello. Dormire, sì – possibilmente fino all'indomani.

Lasciò la borsa sulla sedia di camera sua, si legò i capelli in una coda malfatta e aprì l'anta dell'armadio per cercare un pigiama pulito. Quando la richiuse e se lo trovò di fianco, per poco non cacciò un urlo per lo spavento.

Scusa. –

Elena si portò una mano alla fronte e, non prima di avergli scoccato un'occhiata furente, gli voltò le spalle.

Cosa ci fai qui, Damon? –

Non seppe esattamente dove stava andando, almeno finché non si ritrovò esattamente alla parte opposta della stanza.

Volevo chiederti scusa. – fece lui, col tono di chi propone una pizza a cena.

Elena alzò le sopracciglia, incredula.

Bene. L'hai appena fatto. – scrollò la testa, come se bastasse quel gesto per scacciare quella visita indesiderata – Ciao, Damon. –

Lui assunse un'espressione perplessa: – Quello era per lo spavento. –

Elena chiuse gli occhi e si portò le mani al viso, strofinando piano. Se stava cercando il suo perdono, cascava male: non era ancora pronta. Forse non lo sarebbe stata mai. Il problema, adesso, era come uscire da quella situazione. Come al solito si sentiva impotente.

Quando riaprì gli occhi e vide che era avanzato di qualche passo, istintivamente arretrò, andando a scontrare la schiena contro il muro. Damon abbassò la testa, accigliato, e fece un passo indietro.

Scusa. –

Questa è quella ufficiale? – gli chiese nervosamente.

Annuì con un secco “sì”. Emanava un senso di colpa da tagliarsi a fette. Ma prima che Elena potesse dire qualsiasi cosa, era già svanito oltre la finestra.

Elena tornò a respirare regolarmente. Tremando, riprese il pigiama abbandonato e, cercando di non pensare a nulla, si spogliò dei vestiti e lo indossò.

Continua a non pensare. – si diceva.

Ma quella doveva essere la serata delle visite a sorpresa, perché si stava infilando nel letto, quando una figura inconfondibile si stagliò nel vano della finestra. Be', almeno lui non entrava senza permesso.

Però... cazzo. Un conto era vederlo in ambiente neutro, in mezzo agli altri. Il perché sentisse più disagio con lui che con Damon, era così palese che sembravano stagliarsi tra di loro a lettere cubitali.

Si osservarono in silenzio per un lungo momento. Elena pietrificata nella posizione in cui l'aveva colta, con una mano a sollevare le coperte e un ginocchio sul letto. Stefan aggrappato come un gargouille all'architrave della finestra.

Elena ringraziava l'ora tarda: il buio la risparmiava dai suoi occhi. Poi si ricordò di avere un cuore che pulsava, un cuore che in quel momento stava facendo un gran fracasso. Allora perse un battito e poi riprese, ancora più precipitoso.

La sua mano non stringeva più le coperte e adesso era in piedi, in attesa di chissà cosa. Che quel muro di ghiaccio tra di loro si rompesse, forse. Ignorando la sua tensione, Stefan sembrò decidere che quello era un segnale positivo ed entrò nella stanza.

Due sciocchi manichini, rigidi nelle reciproche paure.

Perdonami. –

Elena batté piano le palpebre, assimilando lentamente quello che le aveva detto.

Per non esserci stato, perdonami. –

Si sentiva in colpa per non esser stato lì a proteggerla. Tipico di Stefan. Ma l'unica cosa a cui Elena riusciva a pensare, in quel momento, era il paradosso che aveva portato due persone a scusarsi con lei, quando invece era lei che si sarebbe dovuta scusare con loro.

Rise. Quella situazione era così assurda che non si poteva fare altro. Il riso si trasformò presto in un pianto dirotto, isterico. L'abbraccio di Stefan l'avvolse e immediatamente riconobbe quel calore che le trasmetteva sempre: sembrava passata una vita dall'ultima volta che l'aveva provato. Il senso di colpa di Elena, mentre gli inzuppava la maglia e gli bagnava il viso, non se ne andò, ma capì che con quel calore sarebbe riuscita ad attenuarlo.

~~~

Perché diavolo sei qui? Sei solo una vecchia ciabatta, cosa credi che possa volere da te? Un conto è flirtare, ben altro è... insomma, mica vorrai provarci davvero? Saresti patetico! Pensa come ti guarderà quando le proporrai...

Il monologo interiore di Pas venne interrotto dal rumore del chiavistello. Caroline era lì davanti a lui e il suo cervello andò semplicemente in bianco.

Chérie. – la salutò.

Ciao. –

Sembrava accompagnato da tre puntini di sospensione e da un punto interrogativo, quel “ciao”. Tratteneva quel sorrisetto che hanno le donne quando sanno.

Nonostante l'impressione di fare la figura di un adolescente insicuro, non si tolse gli occhiali da sole, benché ormai il sole fosse tramontato.

Sei libera stasera? Questa potrebbe essere l'ultima occasione che ho per uscire con te. –

Oh, ma che finezza! Quale eleganza! – si rimproverò.

Certamente avrebbe ricordato a lungo un invito così galante.

Ma Caroline parve essere immune a qualsiasi considerazione di quel tipo. Batté graziosamente la palpebre e si aprì in un sorriso che era tutto un programma.

Il tempo di cambiarmi e... –

Prima che si disperdesse l'ultimo barlume di follia, Pas l'afferrò per una mano e la trascinò fuori.

Non c'è tempo, chérie. – le disse in tono cospiratorio – E poi sei bellissima così. –

Lei passò dallo stupore al turbamento, e infine si stabilizzò sull'eccitazione. Pas poteva sentirgliela trapelare da ogni singola cellula, attraverso la pelle.

~~~

La testa le pulsava fastidiosamente e qualcosa le diceva che un the o qualsiasi altro rimedio terreno non avrebbe migliorato granché la situazione, vista la natura soprannaturale della causa. Ma Nora era affezionata ai vecchi metodi, e così era andata a casa di Alaric a farsi una tazza di qualcosa di caldo – qualsiasi cosa.

Beveva il suo intruglio accucciata nel divano, avvolta in un plaid quattro volte più grande di lei, riflettendo sul fatto che effettivamente infondere a Bonnie il potere di tre streghe appena un giorno prima del plenilunio, non era stata un'abile mossa. Adesso era semplicemente svuotata di ogni energia. Forse l'indomani a quell'ora avrebbe ripreso le forze. No, non "forse": doveva aver ripreso le forze, se voleva che il loro piano andasse a buon fine.

Ti conviene correggerlo. –

Ennò, cazzo!

Nora serrò gli occhi e prese un profondo respiro. L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento, era la presenza molesta di Damon Salvatore.

Ciao, Damon. – borbottò ignorandolo – Addio, Damon. –

Ma come siete tutte accoglienti stasera! – ironizzò.

Nora fece uno sforzo immane, ma decise che una guardata all'aura gliela doveva. Ce l'aveva praticamente sotto i piedi. Strinse le labbra e si chiese per quale oscuro motivo fosse diventata la spalla su cui piangere per il vampiro più problematico sulla faccia della terra.

Quell'armadio. – indicò con un cenno, vedendolo vagare per la stanza fiutando l'aria.

Damon aprì un'anta e ci frugò dentro, tirandone fuori un bourbon.

Four Roses. – commentò con una smorfia – Bah... –

Lei scrollò le spalle: – È alcol. Di che ti lamenti? –

Damon la squadrò con sdegno, mentre si sedeva accanto a lei e si serviva un bicchiere.

Per favore. – scandì in tono di sufficienza – Io non t'insegno come suonare l'arpa, tu non m'insegni quali bourbon apprezzare. –

Nora alzò gli occhi cielo: – Touché. –

Avvicinò la tazza e toccò il suo bicchiere in un brindisi. Poi ognuno tornò a rinchiudersi nel proprio mondo.

La sai la vera storia? – fece lui dopo un po'.

Nora si risvegliò da quella specie di catalessi in cui era crollata e lo guardò interrogativa. Damon mosse appena la bottiglia, tenendola con due dita.

Il Four Roses. La sai la storia? –

Lei scosse la testa. Non era molto interessata, a dire la verità, ma in quel momento era anche virtualmente incapace di reagire a qualsiasi stimolo.

C'era una volta Paul Jones Jr. Un vero pallone gonfiato. – iniziò a raccontare – Fidati: l'ho conosciuto. Be', tirò fuori questa panzana colossale, no? Una storia strappalacrime che lui s'era innamorato follemente di una bellezza del sud... –

Soffocò una risata: – Come se nel sud ci fossero state delle bellezze all'epoca! Uhm... comunque. Lui si dichiarò a questa bellezza, le chiese si sposarlo, no? Proprio come si faceva una volta. –

E lei gli disse... senti questa, eh... gli disse – si schiarì la gola e imitò una leziosa vocetta femminile – “se deciderò di accettare la tua proposta, andrò al ballo con un bouquet di rose”. –

Le lanciò un'occhiata significativa.

Ovviamente andò al ballo con un bouquet di rose. Quattro rose rosse. – disse agitando stancamente la mano – E così chiamò il suo bourbon Four Roses. Fine. Titoli di coda. –

Nora scosse la testa. Non aveva intenzione di sforzarsi di capire i deliri di un vampiro mezzo sbronzo.

E la morale di tutto questo è...? –

Ti innamori e finisci col seppellire i tuoi rancori nell'alcol. – riassunse lui, come se fosse la cosa più ovvia.

Nora dovette trattenere una risatina di disperazione.

Ma dai, non puoi scadermi nel banale in questo modo! –

Io sono banale. – ribatté Damon con aria seria – E prevedibile. Quello originale è Stefan. Per questo tutte lo vogliono. –

Nora fu colta da un'illuminazione: – Sei andato da lei. –

Il vampiro le rivolse un'espressione che simulava stupore.

Be', certo! Come potevo farmi sfuggire un'altra fantastica occasione di farmi del male?! – fece sarcastico.

Le hai fatto le tue scuse e lei te le ha rimandate al mittente. – commentò.

Senza volerlo, si stava facendo coinvolgere. Il solito, dannato effetto collaterale: non puoi essere un angelo e ignorare qualcuno che soffre. Anche se questo qualcuno è un vampiro particolarmente stronzo e recidivo, e tu sei mortalmente stanca per colpa degli straordinari sul lavoro.

In realtà le scuse le accettate. – stava dicendo lui, versandosi un altro bicchiere di bourbon – Almeno credo. –

Nora lo afferrò per il polso e gli prese il bicchiere, suscitando un lamentoso “ehi!” di protesta.

Basta così. – l'ammonì.

Lo sapevi che ti avrebbe fatto male. Perché sei andato lo stesso da lei? – gli chiese senza mezzi termini.

Damon scrollò le spalle: – Perché l'odio è tutto ciò che mi resta, penso. –

Quello che le stava dicendo non era niente di nuovo: il fatto sconvolgente era che glielo stava dicendo. Altro che aura e puttanate di questo genere. S'era appena strappato il cuore dal petto e gliel'aveva messo lì, in bella mostra.

È strano, vero? – considerò, parlando più a sé stesso che a lei – Come sia sottile la linea tra l'amore e l'odio. –

Non è la prima volta che ti succede. – obbiettò, cercando di capire esattamente quali meccanismi erano entrati in gioco.

Con Katherine era diverso. – scrollò le spalle – Lei è diversa. Pensavo seriamente che mi avesse amato. Elena... –

Il solo pronunciare il suo nome era uno sforzo per lui. Nora si rannicchiò ancora di più nel suo posto, combattuta tra l'istinto di consolarlo in qualche modo e l'impulso di fuga che le suscitavano tutti i vampiri – in particolare lui. Rimase semplicemente lì, a vederlo soffrire, sentendosi inutile.

Ho sempre saputo che per lei esiste solo Stefan. Non mi sono mai illuso. – si strinse nelle spalle – L'ho messa su un piedistallo e da lì credevo che non si sarebbe mai smossa. Era comodo. –

Nora trattenne il fiato, in attesa. Non parlò: quel monologo serviva più a lui che a lei, decisamente. Certo, assistervi era qualcosa di eccezionale.

Quando è crollato tutto, l'ho odiata. –

Bam!

Non puoi odiarla per sempre. – si azzardò a dire.

Per ora non riesco a... – Damon strinse gli occhi e scosse la testa – Non posso ridimensionarla. Fa troppo male. –

È il lato seccante del frugare nella testa altrui. – commentò.

Il vampiro si voltò a guardarla, un sopracciglio alzato e l'espressione contrariata. Per un momento Nora temette di aver detto troppo.

Devo scrivermelo da qualche parte. – si limitò a dire – A proposito, scusa per quella faccenda. –

Nora boccheggiò. Le stava chiedendo scusa?

Sì, sai... il morso e poi quella roba del bagno. – precisò, vagamente imbarazzato.

Imbarazzato?!

Mi stai chiedendo scusa? – riuscì a dire, sentendosi parecchio idiota.

Prendere o lasciare. Non credo che ricapiterà. – dichiarò, afferrando il bicchiere che lei aveva allontanato prima.

Nora glielo strappò dalle mani e versò metà del contenuto nella tazza semivuota del the. Ne ingollò una sorsata e chiuse gli occhi, sentendo il fuoco dell'alcol bruciarle le viscere e poi risalire, arrivando alla testa.

Guarda che ti fa male. Una ragazza in crescita come te... – la rimproverò, togliendole di mano il bicchiere e finendone il contenuto con una sola sorsata.

Non sono in crescita. – ribatté lei con un singhiozzo – Non lo sono da un secolo. –

Si strofinò gli occhi. Stava per crollare.

Quanti anni avevi? –

Non glielo stava chiedendo veramente.

Quindici. – si sentì rispondere.

No. Quanti anni avevi quando... –

Nora sospirò, trattenendosi a stento dal picchiarlo.

Ho capito cosa intendi. – rispose seccamente – E ne avevo quindici, ok? Te l'ho già detto. –

No, non hai capito. – ribatté in tono cantilenante – Quando ve ne siete andate dall'Europa. –

Nora strizzò gli occhi, cercando di ricordare.

Tredici. – disse infine, mentre le ultime immagini che si era impressa prima di lasciare i luoghi dove era cresciuta le tornavano in mente – Avevo tredici anni. –

Che incredibile capacità che ha la memoria. Tutti i ricordi che credeva sepolti erano adesso vividi e luminosi nella sua testa, come e se li stesse vivendo esattamente in quel momento.

Che stai facendo? –

Taci e goditi il momento. – borbottò lui – Non capita spesso che faccia certi regali. –

Che stronzo. Faceva una cosa carina e non voleva nemmeno che glielo si riconoscesse.

Nora sguazzò in quella visione della sua terra natale, beandosi di tutta la sacrosanta nostalgia che si portava appresso. Non sentiva più il pulsare della testa, né lo stordimento dell'alcol. Non sentiva nemmeno la solita, pesante responsabilità che le grava sull'angelico capo. Era tornata ad essere una ragazzina. Apprendista strega, in perenne fuga con una madre che si portava addosso una fastidiosa maledizione, ma pur sempre una ragazzina. Niente vampiri all'orizzonte, né altre preoccupazioni di origine soprannaturale.

Carino qui. – commentò lui vago.

Camminava con le mani ficcate in tasca nel cortile di quella che era stata casa sua.

Sì. – Nora passò una mano sulle mura di pietra a secco.

Era una casa minuscola e non molto comoda, gelida in inverno e caldissima in estate. Ma ci aveva vissuto gli anni più sereni della sua vita.

Grazie. –

La risposta di lui fu grugnito.

Quando Nora riemerse dalla visione, si accorse che stava piangendo. Si asciugò la faccia con un lembo del plaid e vi si avvolse più che poté. Che figura di merda! Fortunatamente, Damon si astenne dal commentare.

È assurdo! – singhiozzò – Ho un secolo e rotti, sono una cavolo di Virtù Angelica... –

E hai i dotti lacrimali. – sbuffò lui – E allora? –

Non è quello! – sbottò.

Ci mancavano solo le sue battute idiote.

Avevo solo quindici anni, cazzo! Non ho vissuto, non ho fatto in tempo a fare niente! – piagnucolò, abbandonando qualsiasi dignità davanti al cumulo di rimpianti che nemmeno credeva di avere.

Non mi hanno mai baciata! – gemette – Sai che significa per una ragazzina vittoriana?! –

L'espressione di Damon era impagabile, ma Nora era troppo impegnata a piangersi addosso – e a vergognarsi di questo – per rendersene conto. Non poteva credere di aver detto tutte quelle cose davanti a lui. Seppellì la faccia nelle ginocchia, vergognosa.

A quello si può rimediare. –

Rialzò il capo, sicura di aver sentito male.

Ci stai provando con me? – gli chiese lentamente, per essere sicura che comprendesse esattamente la situazione.

Lui alzò le sopracciglia e roteò gli occhi, come a farle notare che l'appartamento era vuoto.

Non senti questo fremito nell'aria? – insinuò – Qualcuno sta facendo sesso stanotte. –

Nora non seppe dirsi il perché, ma l'assurdità e l'imbarazzo di quella situazione la trassero dal gorgo di rimpianto dove stava affogando.

L'hai detto tu che gli angeli non hanno sesso. – obiettò ironica, trattenendosi dal ridere.

Damon annuì, con aria pensosa.

E l'ho confutato. – replicò – Due volte. –

Nora strinse gli occhi, incenerendolo in un perfetto sguardo della morte. Lui alzò le mani in segno di resa. Lei sospirò, lasciandosi andare ad una risatina liberatoria.

Ce n'è ancora di bourbon? – gli chiese, adocchiando la bottiglia – Mi ha fatto passare il mal di testa... –

Certo, come se fosse stato quello. Come se non sapessero entrambi cos'era stato a far passare tutto, quella sera.

Conosci la storia del Four Roses? –

Nora si strozzò con il bourbon e, tossendo come una matta, gli lanciò un cuscino.

~~~

Vacci piano, chérie... –

La risata di Pas si disperse tra i timpani e una zona del cervello che Caroline non sapeva nemmeno di avere. Quella roba era fortissima, cazzo, meglio dell'alcol!

Come facevi... a sapere...? – fece un ampio gesto con la mano.

Sono della Chiesa. – fece lui in tono allusivo.

Quando l'aveva invitata ad uscire, non si era certo aspettata di finire in una specie di rifugio antiatomico dimenticato da Dio. Secondo Pas, posti come quello erano sparsi ovunque nel mondo, ma pochissime persone ne conoscevano l'esistenza e ancora meno sapevano dove erano collocati. Di solito venivano creati dalle comunità di vampiri in momenti di pericolo imminente, per avere sempre un luogo sicuro dove rifugiarsi anche per decenni. Quello doveva avere almeno un paio di secoli: il sangue che vi era stato stoccato, mescolato a sostanze anticoagulanti, si era come raffinato.

Erano lì da ore – francamente, Caroline aveva perso il conto del tempo – sbracati su un divano muffito, che stappavano e assaggiavano una bottiglia dopo l'altra, commentando i gusti come sommelier navigati.

Aspetta, – Caroline si sporse verso la serie di bottiglie aperte – voglio... quello! Mi è piaciuto, quello. –

Pas prese la bottiglia che aveva indicato e gliela avvicinò, per poi allontanarla dalla sua presa.

Non esagerare. – l'ammonì con espressione contrariata.

Caroline non era lucida, ma quel tono basso era fin troppo allusivo. Le diceva di non considerarlo come una figura paterna e poi le parlava così? Era poco onesto da parte sua!

Mi porti qui e pretendi che faccia la brava? – mise su il broncio – Non è giusto! –

Oh, no! – Pas soffocò una risata – Non ho detto che devi fare la brava, ho detto che non devi esagerare. –

La fissò: – C'è una bella differenza. –

Gli occhiali da sole non servivano in quel bunker scuro. Aveva gli occhi d'un rosso che ricordava il sangue che le stava negando. Caroline sentì un brivido ed ebbe qualche difficoltà ad attribuirlo al suo sguardo o alla sbronza. Ma se riusciva a fare qualche distinguo, be', non era ancora pronta.

L'hai detto tu. – si mise carponi e avanzò senza ritegno su di lui – Magari domani tiriamo le cuoia... –

Allungò una mano verso la bottiglia, consapevole del fatto che la lancetta del desiderio si stava spostando dal sangue, andando inesorabilmente a toccare tasti sopiti da molto – troppo tempo.

Quando ormai gli era addosso, Pas reagì al suo assalto porgendole l'agognata bottiglia. Stupita e confusa, Caroline la prese. Guardò prima lei e poi lui, battendo freneticamente le ciglia. Si rese conto del fatto che gli era a cavalcioni. E che la stava osservando curioso, una mano sullo schienale del divano e l'altra sulla sua coscia, con una naturalezza tale che sembravano essere fatti a posta per stare così.

Pareva che le dicesse “e adesso?”.

Già, – pensò con un groppo in gola e una bottiglia scomoda tra le mani – e adesso?

Quando capì che lui non avrebbe mosso un dito, Caroline si fece coraggio e decise di fare la donna moderna. Una vampira moderna ubriaca di sangue fermentato e cronicamente insicura, per la precisione. Per cui la bottiglia finì la sua vita in uno schianto di vetri rossi contro il muro alle sue spalle.

Lui era un dampiro con trecento anni di esperienza sulle spalle, ma lei era una giovane vampira affamata. La velocità con cui si avventò sulle sue labbra lo colse di sorpresa.

Ma non ebbe modo di bearsi a lungo di quella piccola vittoria. Con un presa salda sui capelli, Pas le aveva piegato la testa di lato, staccandosela di dosso. L'aveva guardata un solo istante, con il viso congestionato e le zanne già sfoderate, poi le aveva affondato i denti nel collo senza tanti complimenti. La carne si lacerò con un rumore umido e il sangue colò in dense gocce, scivolando tra le scapole e nell'incavo tra i seni.

Caroline gli si aggrappò alle spalle, scossa da un fremito di piacere che si irradiò dal morso in tutto il corpo, fino al ventre. Sentì il sangue che affluiva al viso e i canini che premevano contro le gengive. E prima che potesse rendersene conto, lo stava a sua volta mordendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Note

Siamo alla frutta, eh... credo che manchi solo un capitolo, o la massimo due, adesso vedrò.

E lasciatemelo un commentino, dai! Non mi piace per niente elemosinare per i commenti, ma insomma, vedo che la leggete, addirittura la seguite, ma non commentate mai... vorrei scrivere un sequel dopo questa, ma la scarsità di commenti non mi è di grande stimolo. Su, vi sfido a farmi rivalutare l'idea!







Capitolo 13

~

Dove occhio per occhio



Il corpo di Tyler era bollente sotto il suo. Caroline stava sudando. Batté le palpebre nell'oscurità e si rigirò, sciogliendosi con una certa fatica dal suo abbraccio soffocante.

Portò una mano alla testa: le girava. E aveva fame e si sentiva indolenzita un po' dappertutto. Ovvio risultato dei bagordi della notte prima.

Si voltò ad occhieggiare Tyler. Un senso di colpa lancinante le mozzò il fiato, mentre ricostruiva nel dettaglio com'era arrivata a finire a letto con lui.

Con nausea crescente rivisse ogni cosa. A partire dal momento umiliante in cui Pas l'aveva staccata da sé e, con quel suo fare paterno, le aveva detto che era meglio se la riaccompagnava a casa. Erano praticamente mezzi nudi, si stavano divorando a vicenda e Caroline non avrebbe opposto la minima resistenza ad un'approfondita conoscenza biblica... e un attimo dopo era seduta sul sedile del passeggero della sua auto, in un silenzio tombale che stillava imbarazzo.

L'aveva lasciata sulla soglia di casa, stando ben attento a mantenere una certa distanza tra di loro. E si erano salutati così, cercando d'ignorare lo stato pietoso in cui versavano i vestiti e le macchie di sangue e il generale arruffamento. Una scenetta patetica.

Una volta sola, Caroline si era trovata investita dalla classica sensazione di idiozia che prende in conseguenza di un plateale ad inaspettato rifiuto. Poi aveva dovuto affrontare l'orribile presentimento che l'avesse scaricata perché la riteneva malata. Una viziosa.

Non ce la faceva a stare di fianco a Tyler mentre ripensava a quei momenti. Si alzò dal letto e indossò la prima cosa che le capitò sottomano, andando a rifugiarsi in bagno. Lo specchio era crudele: sotto la luce impietosa delle lampadine, le rimandava un'immagine si sé insopportabile. Nemmeno il riflesso automatico di sorridersi la salvò. Desiderava romperlo, quello specchio.

Non l'aveva fermato. Non solo l'aveva a sua volta morso, ma non era riuscita a fermare quel fremito. Se Pas si azzardava a fermasi, lei lo afferrava per i capelli e gli premeva la testa sul collo. Pensava, sconvolta dalla vergogna di sé, che non aveva mai provato niente del genere.

Il fatto era che le aveva sempre fatto ribrezzo doversi nutrire di sangue: quell'istinto animalesco e incontrollabile che la portava ad attaccare e succhiare come una lurida bestia. E odiava quando la mordevano: da quando l'aveva fatto Damon, non lo sopportava.

Poi era arrivato quel tizio lì, quella specie di mezzo vampiro bohemien, con l'accento europeo e un dubbio gusto in fatto di abbinamenti di colore, i suoi “chérie” e quello sguardo che sembrava dire che in trecento anni non gli era mai capitata una come lei. Con Pas era stato diverso – lo era stato da quella volta alla casa sul lago. E per quanto avesse cercato di fare come se niente niente fosse e di comportarsi come al solito, in realtà, dal momento in cui lui aveva affondato di nuovo i canini su di lei, Caroline non aveva più potuto ignorare quello che le faceva provare.

Si strofinò una mano sul collo, sentendo un vampa diffondersi in corpo. E quello la riportò al motivo per cui Tyler adesso dormiva nel suo letto.

Da sola nella casa vuota, con Liz che faceva il turno di notte, Caroline non aveva avuto nemmeno il tempo di metabolizzare il dramma che aveva appena vissuto. Un lieve bussare alla porta e, senza nemmeno pensare che erano le tre di notte, aveva aperto automaticamente. Dall'altra parte c'era un pallidissimo Tyler. Lui aveva abbozzato un saluto, lei aveva ricambiato appena e si erano stabilizzati in un lungo momento di silenzio. Poi Tyler aveva provato a parlare, probabilmente per scusarsi – chissà, Caroline non l'avrebbe mai saputo. E ci sarebbe anche riuscito, forse, se non fosse capitato nella serata sbagliata.

O giusta? Be', dipendeva dai punti di vista. Fattostà che Caroline semplicemente l'aveva aggredito, verbalmente e fisicamente e in qualsiasi altro modo concepibile. Gli aveva scaricato addosso tutta la frustrazione emotiva che provava. E Tyler non era fatto di legno: lei sarà anche stata una signorina, ma lui non era rimasto a farsi menare impassibile.

Nel giro di un paio di minuti la lotta si era trasformata in reciproca aggressione sessuale – Caroline non era sicura che si potesse verificare una cosa del genere, ma rendeva bene l'idea. Era stato veloce e mostruosamente intenso, solo come poteva esserlo tra una vampira e un licantropo intrisi di infelicità e rabbia.

Era stato bello. Ma era stato niente più che una scopata.

Caroline si portò le mani ai capelli. Come avrebbe fatto a spiegarlo a Tyler? Era venuto a cercarla con quell'aria sperduta e fiduciosa. Non era una donna navigata, ma ne sapeva abbastanza per arrivare a capire cosa provava per lei.

È innamorato di me.

Quelle quattro, stupide paroline le riecheggiarono in testa, facendola sentire mortalmente in colpa. Caroline era sempre stata la vittima di certi giochi, non credeva che un giorno le parti si sarebbero invertite. Adesso c'era un ragazzo nel suo letto – un ragazzo adorabile ed unico, un amico, il suo più caro amico –, convinto che lei avesse fatto sesso con lui perché lo voleva. Quando la persona che voleva l'aveva rifiutata.

Tyler era stato un ripiego. Quando finalmente lo ammise con sé stessa, sentì qualcosa mutare irrimediabilmente dentro di lei. La solita, dolce Caroline non sarebbe più esistita.

Addio Caroline. Benvenuta Caroline.

~~~

Di malavoglia, ma all'alba Stefan aveva dovuto dare un bacio ad un'assonnata Elena e abbandonare la sua stanza. Quello era il giorno. Doveva vedere gli altri per pianificare gli ultimi dettagli.

Ma erano tutti introvabili e l'unico che infine era riuscito a rintracciare era Pas. Russava su una delle poltrone del salone del maniero, con una bottiglia di whisky semivuota riversa sul pavimento di fianco a lui. Stefan riuscì a svegliarlo con una tazza di caffè nero e a trascinarlo in bagno per costringerlo a farsi una doccia fredda.

Damon era tra i desaparecidos, e non è che importasse molto. Ma Nora era indispensabile e speravano di trovarla a casa di Alaric: dopotutto era sua ospite, anche se lui al momento era incastrato in faccende che esulavano dalla sua volontà – per così dire. Pas fu particolarmente taciturno mentre guidava, ma non ci badò più di tanto: ricordava bene i suoi sbalzi d'umore.

Stefan ormai avrebbe dovuto farci il callo a certe sorprese: era una settimana che si ritrovava davanti a scene paradossali. Ma arrivati lì, riuscì comunque a stupirsi ancora una volta.

Secondo te dobbiamo svegliarli? –

Pas gli lanciò un'occhiata ironica: – Io non voglio perdermi le loro facce. –

Stefan concordava pienamente.

Ma sarebbe interessante osservare la loro reazione senza che sappiano della nostra presenza. – considerò, incrociando la braccia e guardandoli con curiosità.

Sei un bastardo. – dichiarò Pas.

Stefan gli rispose con un sorrisetto. Sì, quando voleva anche lui poteva essere davvero bastardo.

~~~

Dannata mosca. Non aveva niente di meglio da fare che ronzarle intorno?!

Crepa!

Lo schiaffo andò a vuoto, ovviamente. Adesso aveva una guancia che bruciava, oltre agli occhi e allo stomaco. Un risveglio veramente delizioso.

E poi chi gliel'aveva fatto fare di passare la notte sul divano? Aveva il collo e le spalle irrigiditi, e non sentiva più tutta la parte sinistra del corpo.

Tentò di muoversi da quella posizione scomoda, ma non ci riuscì: c'era un peso che le premeva sulla vita, bloccandola. Con uno sforzo notevole, vista la catalessi in cui versava metà del suo corpo, riuscì a rigirarsi.

Damon le dormiva addosso.

Damon mi dorme addosso. – si ripeté, stentando a mettere a fuoco la situazione.

Agghiacciata, Nora lo guardò per un lunghissimo momento, battendo freneticamente le palpebre. Quando infine assimilò la visione, d'istinto provò ad allontanarsi, ma incastrata com'era tra lui e la spalliera del divano, non è che le vie di fuga fossero molte. Anzi, il suo movimento parve solo peggiorare la situazione: nel sonno Damon l'agguantò e la strinse in una morsa peggiore di prima.

Nora sudò freddo. Il cuore le batteva nella gola, rischiando di soffocarla. L'ultima volta che si era trovata così vicina ad un vampiro, non era finita un cazzo bene per lei.

Schiacciata dal terrore, restò immobile, pregando stupidamente in un miracolo che la facesse uscire da quella situazione. La paura le offuscava la mente, impedendole di ricordare i momenti vissuti la sera prima. Riemersero gradualmente, scatenati dall'odore di alcol che impregnava entrambi.

Allora un bizzarro sollievo le arrivò a ondate. Era Damon, era un vampiro... ma non era nella merda come pensava. Cioè, non più di tanto. Quando le tornò alla mente la visione che le aveva regalato, trovò persino la forza di rilassarsi. E di godersi il suo abbraccio.

Si crogiolò in quel modo finché il sonno di Damon si tramutò in dormiveglia. Poi, senza capire perché, iniziò a preoccuparsi. Lo osservò cauta, percependo la sua aura passare dalla placida imperturbabilità del sonno alle sensazioni del risveglio. Vi lesse il fastidio per la posizione scomoda in cui aveva dormito e l'insofferenza verso i postumi della sbronza. C'era una certa rassegnazione di fondo: si vede che era abituato a risvegli di quel tenore.

Poi da fisiche le sensazioni divennero più profonde. Vide l'aura riempirsi dei ricordi e infine stabilizzarsi nella solita frustrazione screziata di rabbia che lo caratterizzava. Bene, era del tutto sveglio adesso. Nora stava pensando questo, quando sentì un'increspatura. Damon si mosse piano, scostandosi quel tanto che bastava per guardarla.

Cazzo! Era sveglio e anche lei e lui lo sapeva che era sveglia, insomma, non poteva non saperlo!

Nora aveva le braccia piegate contro il petto e sentì il proprio respiro accelerare sulle dita. Semplicemente, realizzò che non si era mai trovata in una situazione simile e non aveva la più pallida idea di come comportarsi. Non aveva il coraggio di parlare, e tantomeno di alzare la testa e guardarlo.

Era fregata. Una Virtù Angelica fregata da un'imbarazzante post-sbronza.

~~~

Fare finta di niente o uscirsene con qualche salace commento? Era questo il dilemma di Damon.

Aveva un variegato repertorio di battute tra cui scegliere quella adeguata alla situazione. E sicuramente avrebbe ottenuto il solito, indimenticabile effetto di superiorità. Peccato che una battuta adeguata, in verità, non esistesse. Non per quel momento.

Per cui Damon, per una volta nella vita, non buttò via la buona occasione che gli si presentava per stare zitto. Decise di fare finta di niente. Restò ad ascoltare il respiro veloce di Nora e il suo battito irregolare, finché non li sentì tornare quasi normali. Ci volle un po' e si si ritrovò a pensare che poteva anche farci l'abitudine. Non si stava poi così male. Non doveva star male nemmeno lei, se rimaneva lì di buon grado.

Era deliziosamente agitata. Come facesse quel corpicino a sopportare tutta quella tensione, era un mistero. Quasi gli veniva da ridere.

Le accarezzò distrattamente le schiena. Un piccolo esperimento che diede come risultato un buffo lamento che cercava di nascondere un sospiro di piacere. Era dannatamente carina.

La vicinanza a quella riserva fresca di sangue, stranamente, non gli stava risvegliando sete. Ma qualcos'altro si stava risvegliando ed era colpa dell'odore di Nora e di quell'inverosimile fiducia con cui gli stava tra le braccia. Damon imprecò tra sé e scostò il bacino. Non vedeva Andie da troppo tempo.

~~~

C'era qualcosa di profondamente sbagliato in quello che stava succedendo. Pas si sarebbe aspettato qualche sguardo imbarazzato e un paio di battute stupide per alleggerire la tensione, e poi ognuno per conto suo, con molta – molta - distanza tra di loro. Era quello che doveva accadere – era la cosa giusta. Non certo quel quadretto zuccheroso, tutto silenzi e fruscii e sospiri.

Pas ebbe uno strano presentimento e, non sapeva spiegarsi il perché, ma aveva anche la sensazione che fosse anche inesorabile. Una di quelle cose che non si possono fermare. Quindi fu con l'ansia del disperato che interruppe la scena.

Damon percepì la loro presenza e girò la testa per adocchiarli: aveva l'espressione seccata di chi è stato interrotto sul più bello, un'espressione che non piacque per niente a Pas. Nora scattò a sedere, tentando invano di allontanarsi da lui. Lo guardò con gli occhi colpevoli di una ragazzina beccata dal padre a pomiciare. Pas si chiese un po' infastidito se effettivamente non apparisse come un padre oltraggiato.

Buongiorno. –

Damon si stiracchiò pigramente e si mise a sedere come se niente fosse. Peccato che i vampiri non fanno pipì, quindi non poteva spiegare quell'alzabandiera come una mera faccenda idraulica. A Pas si seccò la gola. Fortunatamente Nora non si era accorta di niente – fortunatamente per Damon e per qualsiasi creatura soprannaturale nei dintorni.

Distolse lo sguardo, incrociando l'espressione allibita di Stefan.

Dormito bene? –

Che ore sono? –

Nora era sgattaiolata via e aveva posto quella domanda banale, come a conclusione di tutta faccenda. Per Pas non era affatto conclusa, avrebbe presto fatto un discorsetto ad entrambi e ribadito a Damon quello che già sapeva. Ma in effetti c'erano cose più urgenti da gestire.

~~~

Adorabili. –

Caroline conosceva quella voce. Eppure non era come la ricordava.

Strizzò gli occhi con un gemito, cercando di scacciare il dolore che le trapanava la testa. Non vedeva niente, sentiva solo pulsare tutto il capo. Era come se uno stregone le avesse fritto il cervello per ore.

Poi si ricordò: uno stregone le aveva fritto il cervello per ore. Lo stregone di Klaus. Nella sua camera. Era piombato lì e Tyler aveva fatto in tempo appena a svegliarla e a tentare di attaccarlo per permetterle di scappare. Ovviamente invano.

Tyler...

Ancora mezza accecata, istintivamente allungò il braccio a tastare affianco a sé: trovò qualcosa di molto caldo e molto muscoloso. Avevano preso anche lui. La paura e il senso di colpa l'aggredirono, e si ritrovò a stringerlo a sé.

Davvero romantico. –

Caroline riuscì finalmente a mettere a mettere a fuoco la figura che li stava osservando, inginocchiata. E l'ambiente attorno a loro: erano nella cripta.

Alaric – no, Kalus – le sorrise. Un sorriso bellissimo e orribile. Poi si rialzò e voltò loro le spalle.

Preparali. – ordinò.

Solo allora vide Maddox, poco discosto da lui. Lo stregone annuì e attese che l'Antico uscisse dalla cripta prima di avvicinarsi. Li guardò un momento, con quegli occhi freddi e indifferenti da automa. Poi alzò la mano.

Caroline serrò gli occhi e strinse il a sé il corpo esanime di Tyler, sussurrandogli una raffica di patetiche scuse. Poi il mondo attorno a lei iniziò a girare, si fece buio e non sentì più nulla.

~~~

Elena adocchiò il grande orologio a pendolo del salone.

Caroline è in ritardo. – notò.

Damon inarcò un sopracciglio: – Caroline è sempre in ritardo. –

Elena strinse le labbra e non commentò. Dopotutto, aveva ragione. Scambiò un'occhiata preoccupata con Stefan, che annuì.

Non possiamo aspettare oltre. – dichiarò – Bonnie? –

Non è stato facile, ma l'ho trovato. – annunciò lei, posando la boccetta col sangue del licantropo originale sul tavolino davanti a loro.

Excellente. Funzionerà? – le chiese Pas.

Ha confermato quello che ci ha detto Katherine. – Bonnie scrollò le spalle – E suppongo che possiamo dargli credito, visto che è stato Klaus stesso ad ucciderlo. –

E abbiamo anche la benedizione del vecchio sacco di pulci. – concluse Damon.

Elena osservò l'oggetto sul tavolino: l'unica arma per uccidere definitivamente un Antico. Forse. Se avessero avuto il pugnale magico e la polvere della quercia bianca, sarebbero stati più sicuri del risultato, ma non si poteva andare troppo per il sottile.

Stefan, porse a Pas la boccetta, suscitando le proteste di Damon.

E a me niente?! – disse con aria infantile.

Venne ovviamente ignorato.

Dunque sarebbe stato Pas a compiere l'ultimo gesto. Elena si augurò che la sua esprienza fosse sufficiente: Klaus non era un semplice vampiro. E oltretutto si sarebbe incazzato non poco quando si sarebbe resto conto che gli stavano mandando a monte i piani di una vita.

La Pietra di Luna? – sentì chiedere a Stefan

Bonnie tirò fuori dalla borsa il sacchetto di panno nero.

Distrutta. – disse con soddisfazione, riversando sul tavolino degli inutili frammenti.

Peccato. – sospirò davanti al mucchietto – Volevo davvero farci un ciondolo per Katherine. –

Stefan le sorrise: – Ottimo lavoro, Bonnie. –

Se ci sono riuscita è stato solo grazie a Nora. – dichiarò adocchiando l'angelo.

Lei alzò le mani con aria modesta: – Ehi, io ti ho solo potenziata, il resto era tutta farina del tuo sacco. –

Sì, sì, fantastico, siete una squadra imbattibile eccetera. – le interruppe Damon – Mancano dodici ore al ballo: forse è il caso di procurarci un vestito adatto. Idee? –

Il vestito sono io, ma non sono della taglia giusta per tutti. – fece Nora con aria preoccupata.

Stefan annuì con espressione grave: – Ne siamo consapevoli. Ci basta sapere che proteggerai Elena. –

Lei, Bonnie e Jeremy saranno al sicuro. – assicurò.

Elena non era per niente soddisfatta di quella soluzione, ma era anche perfettamente consapevole del fatto che non si sarebbe potuto fare in nessun altro modo.

Ma se qualcosa dovesse andare storto... non so se è il caso... –

Elena alzò lo sguardo su di lei: di cosa stava parlando?

Ne abbiamo già discusso. – disse Stefan tranquillo.

Si voltò verso di lui, stupita. Gli cercò gli occhi, ma lui evitava il suo sguardo.

Jeremy diede voce ai suoi dubbi: – Di cosa state parlando? –

Se voi non doveste riuscire ad uccidere Klaus e le cose si mettessero male... – Nora s'interruppe e prese un respiro – C'è ancora un modo per fermare una creatura oscura come lui. Ma non vi piacerà. E tecnicamente non potrei nemmeno usare questo trucchetto, ma comunque... –

~~~

Bonnie aveva già capito dove sarebbe andata a parare. Nei suoi grimori c'era scritto qualcosa in proposito. Certo, era una soluzione estrema, ma se davvero la situazione fosse degenerata...

Il discorso di Nora fu interrotto dallo squillo del suo cellulare. Imbarazzata, Bonnie fuggì dalle occhiate perplesse e si rifugiò in corridoio per scovare l'apparecchio nei meandri della sua borsa e zittirlo. Dopo non poche imprecazioni, lo trovò, e stava appunto per spegnerlo, quando lesse il nome sul display. Un presentimento orribile la inchiodò al pavimento.

In cinque anni dacché Liz Forbes era in possesso di un cellulare, non aveva mai ricevuto una telefonata da parte sua. Essendo la madre di una delle sue più care amiche, aveva il suo numero in rubrica per una sorta di dovere, così come Elena e Caroline avevano sul loro i numeri dei suoi genitori.

Aprì la chiama con mani tremanti e ascoltò le parole che già sapeva le avrebbe detto. Mentì, ovviamente. Le disse che Caroline era lì con lei e che stava bene. Sì, l'avrebbe rimproverata da parte sua per aver dimenticato il cellulare a casa. No, non sarebbe tornata a casa per pranzo, perché era invitata a casa Bennett. Sì, le avrebbe detto di tornare il prima possibile.

Bonnie pigiò il tasto rosso e rimise il cellulare nella borsa con gesti meccanici. Quando si voltò, non si stupì di vedere Pas a un metro da lei.

L'hanno presa. –

Rilasciò un sospiro e si accorse di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.

Lei e Tyler. – aggiunse, rendendosi conto di saperlo nel momento stesso in cui lo diceva – Li hanno presi entrambi. –

~~~

Klaus non poteva sapere ciò che avevano fatto. La Pietra di Luna distrutta, il sangue del licantropo originale... lui era all'oscuro di tutto questo, del modo in cui erano riusciti ad annullare secoli – forse millenni – di ricerca.

Ma Pas non poté fare a meno di pensare che quello fosse un crudele scherzo del karma. Loro avevano ottenuto tre oggetti in grado di distruggerlo, Klaus aveva sottratto loro Caroline.

Gli aveva sottratto lei.

La bilancia pendeva troppo dalla loro parte e il Fato aveva dovuto ristabilire le giuste proporzioni? Era così che funzionava?

Sferrò un pugno al puro, sgretolando l'intonaco bianco e macchiando di sangue la parete. Si era spezzato un polso, ma non lo sentiva. Quel dolore che si era appena inflitto era niente paragonato al vuoto lacerante che sentiva in petto.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Note

Oh, shit!” mi sono detta mentre scrivevo questo capitolo. Perché nel descrivere certi eventi, mi sono resa conto che nel precedente capitolo avevo commesso un imperdonabile errore: il pugnale magico, per ora, è ancora ben piantato nel petto di Elijah. Bene, se andate a rileggerlo, ho corretto l'errore e adesso fila tutto normale.

Buona lettura! :)







Capitolo 14

~

Dove si paga il conto alla romana



Damon batté più volte le palpebre sui suoi begli occhi azzurri ed emise un sbuffo incredulo.

È uno scherzo. – fece saettando lo sguardo dalla lettera a lei.

Affianco a lui, Pas si accigliò: – E di pessimo gusto. –

Katherine si strinse nelle spalle ostentando indifferenza. Aveva concluso il suo compito, era ora di tornare all'ovile.

Voltò loro le spalle: – Addio. –

Katherine. –

Sorrise tra sé al suono di quella voce. Si fermò in mezzo al cortile e si girò ad adocchiarlo. Non sapeva che dire. E che cosa avrebbe potuto dire, d'altra parte?

Non fare il sentimentale, Pas. – piegò le labbra in un accenno di sorriso – Era solo questione di tempo. –

Fortunatamente, ebbe il buongusto di non aggiungere altro. Katherine poté quindi completare la sua uscita di scena con un certa dignità.

~~~

La lettera non aveva indirizzo né mittente. Era firmata “Niklaus” e conteneva...

Un invito. –

Alaric aveva parlato a stento, ma era comunque un miracolo sentire nuovamente la sua voce.

Erano tornati nel suo appartamento per recuperare un po' di armi e a sorpresa l'avevano trovato lì, esanime sul divano. Damon l'aveva osservato con una punta di preoccupazione: dopotutto quel tipo non era male – se non altro era un degno compagno di bevute – e gli sarebbe dispiaciuto se fosse passato a miglior vita. Ma Pas gli aveva premuto due dita sotto la gola e aveva grugnito soddisfatto. Nessuna cattiva notizia da dare a Jenna.

Raccattate le armi e il loro redivivo compagno di sventura, erano tornati al maniero. Lì Alaric si era ripreso e così aveva potuto dare anche lui il suo contributo ai commenti stupiti – e stupidi – sull'invito.

Per lo meno ha buongusto. – aggiunse alzando la carta verso la luce – Bella filigrana, elegante. –

Damon inarcò un sopracciglio: la possessione doveva avergli frullato il cervello.

Come ti senti? – gli chiese Stefan, con aria preoccupata.

L'uomo si portò due dita a stringere la base del naso: – Come se fossi il protagonista di una brutta replica dell'Esorcista. –

Che faccia ha? – gli chiese Damon.

Sembra una scimmia. –

Le sopracciglia di Stefan schizzarono verso l'attaccatura dei capelli. Pas alzò la testa di scatto e scoppiò a ridere.

Sì, decisamente doveva essersi frullato il cervello.

~~~

Raccontami, Katarina. Sono curioso. –

Katherine smise di giocare con un ricciolo che le scivolava in fronte e lo guardò, tentando di non apparire astiosa.

Erano increduli. – disse atona.

Reazione prevedibile. – commentò Klaus.

Posò sul tavolino davanti a loro il bicchiere di sangue che stava sorseggiando e si alzò dalla poltrona. Katherine non mangiava da qualche giorno: adocchiò famelica il bicchiere.

Klaus infilò la giacca di pelle: – Quando tutto questo sarà finito, ti farò un regalo. –

La guardò e il suo volto si aprì in un sorriso. Katherine agghiacciò fin nell'anima.

Oh, hai sete? – fece poi, fingendo di accorgersi solo in quel momento di come concupiva con lo sguardo il bicchiere di sangue.

Suo malgrado, Katherine annuì.

Allora che aspetti? – le disse con aria soave – Bevilo. –

Dov'era il trucco? Katherine attese un momento prima di allungare la mano verso il bicchiere.

Solo quanto lo afferrò e se lo porto alle labbra, l'odore di verbena le investì le narici, facendole venire la nausea. Il sorriso di Klaus si aprì ancor di più, conferendogli tratti ferini. Quando Katherine allontanò il bicchiere, il sorriso fu soppiantato da un'espressione mortalmente seria.

Bevilo. –

L'ordine rimbalzò nelle sinapsi di Katherine, riducendo tutta la sua volontà ad un mero sussurro. Vide la sua mano avvicinare nuovamente il bicchiere alle labbra, e queste, ignorando la nausea crescente, schiudersi e accogliere una sorsata. I muscoli della gola, contro ogni istinto, ingoiarono il sangue.

Una scia bruciante le investì i visceri e Katherine tossì convulsamente, stringendo la presa sul bicchiere fino ad incrinarlo. Klaus schioccò la lingua e scosse la testa.

Se lo rompi dovrai berne il doppio. – l'avvertì.

Ansante e con gli occhi lacrimanti, Katherine si pulì la bocca con una manata e alzò uno sguardo d'odio su di lui. La mano che teneva il bicchiere compì nuovamente il tragitto fino alle labbra, riversandole in gola una nuova dose di veleno. Klaus annuì, un'espressione di dolce soddisfazione in volto.

Brava. – mormorò.

Con gli intestini aggrovigliati, Katherine lo vide uscire. Ormai sola, si piegò in avanti, trafitta dai dolori. Il bicchiere quasi le cadde di mano. Una goccia densa aveva travalicato il bordo e stava scivolando lungo la curva del vetro: Katherine la leccò via piena di disgusto e con gesti tremanti lo ripose sul tavolino.

Con un sospiro d'angoscia chiuse gli occhi e tentò di rilassarsi sulla poltrona. Sapeva che era il minimo. Sapeva che quando Klaus avrebbe concluso tutta la faccenda della maledizione, ogni cosa sarebbe peggiorata, portando l'orrore più nero nella sua vita. Avrebbe ricordato quel ridicolo giochino con blanda nostalgia.

Doveva trovare una via d'uscita e doveva farlo adesso. Ma prima...

Priva di volontà, lo sguardo le cadde su quel dannato bicchiere. Era ancora mezzo pieno. O mezzo vuoto? Oh, be', suppose che dipendesse dai punti di vista. Trovò la forza di riderne. Poi, senza indugiare ulteriormente, lo afferrò. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, ingollandolo in solo sorso.

~~~

Sei nervosa? –

No. –

Vuoi saltare le lezioni? –

No. –

Potremmo andare a fare shopping... –

Elena alzò gli occhi al cielo e sbuffò l'ennesimo “no”, accompagnando la parola col rumore sferragliante della chiusura dell'armadietto. Bonnie strinse le labbra e lanciò un'occhiata furtiva a Jeremy, che inarcò le sopracciglia in silenziosa complicità.

Andrà tutto bene. – disse loro con un fare rassicurante che era ben lontano da come effettivamente si sentiva.

Abbiamo organizzato ogni cosa, non mi succederà niente. – aggiunse in tono deciso, incamminandosi verso l'aula – Non succederà niente a nessuno. –

Ma mentre parlava sentiva la profonda menzogna di cui erano impregnate le sue parole e ancora una volta desiderò con tutta sé stessa di non essere una inutile ed indifesa umana. Ma era proprio l'umanità l'unica cosa che le restava per sopravvivere, anche se questo, paradossalmente, l'avrebbe potuta portare alla morte. Se così non fosse stato, avrebbe già chiesto a Stefan di vampirizzarla. Eppure non aveva mai osato, né lui aveva mai aperto il discorso. E decidere adesso, in poche ore, sarebbe stato un imperdonabile colpo di testa.


Il rituale si terrà questa notte, al culmine del Plenilunio, nella radura del bosco nei pressi della cascata. Siete invitati a presentarvi con un certo anticipo: le dieci sarà un orario perfetto.

sempre vostro,

Niklaus


Elena sentì le lacrime premerle contro le palpebre mentre camminava tra le due ali di armadietti, in mezzo ai suoi compagni del liceo, sotto gli striscioni che annunciavano l'ennesimo ballo a tema. Li aveva preparati lei assieme a Caroline, se lo ricordava bene quel pomeriggio, indaffarate con colla e forbici, tra le risate e le sciocche confessioni adolescenziali.

Si bloccò in mezzo al corridoio e si voltò rigidamente verso di loro.

È solo un venerdì di fine maggio. – dichiarò sentendo scorrere le lacrime giù per le guance – Voglio viverlo in tutta la sua noiosissima normalità. –

Bonnie piegò la testa ed emise un buffo “ohw”, Jeremy l'abbracciò stretta.

Però dopo andiamo a fare shopping! – sentenziò la strega, unendosi all'abbraccio – Jeremy ci tiene le borse, vero Jeremy? –

Nonostante tutto, riuscirono a farsi sfuggire una risata.

~~~

Nora strizzò gli occhi nella luce rossa del tramonto e portò una mano alla fronte per vedere meglio i colori della vetrata della chiesa. Erano di una fattura davvero mirabile. Ne apprezzò a lungo l'effetto cromatico e poi si sedette sugli scalini del sagrato, col mento posato sulle mani.

Non pregava mai. Da umana, le era stato dimostrato quanto le preghiere fossero inutili. E in più di un'occasione. Era anche per quello che all'inizio non aveva affatto capito perché la volevano lassù. Perché proprio lei, aveva chiesto loro. Non aveva ottenuto risposta ovviamente. In seguito le risposte sarebbero arrivate da sole, e adesso sapeva il perché.

Soffiò via l'aria con uno sbuffo e con essa si dileguarono anche quei pensieri. Comunque fosse andata, quella missione stava per finire e Nora doveva ancora assimilare la cosa. Aveva poche ore per abituarsi all'idea che avrebbe dovuto abbandonare nuovamente quel piano e tornare lassù ad annoiarsi. A non provare niente. All'inizio era stato magnifico, si era sentita pacificata. Ma adesso... le era bastato riavere un corpo per capire che era quello ciò che cui aveva bisogno. Non era un pensiero da Virtù Angelica, ma era il suo pensiero. E chissenefrega.

Quando li vide arrivare, si alzò in piedi con un sospiro, spazzolando i jeans. La sua ora di libertà era finita.

Pronti? –

Se così si può dire. – commentò Pas.

Dove sono...? –

La domanda di Stefan fu interrotta dal rumore dei freni dell'auto. Due ragazze ridacchianti e un po' brille aprirono le portiere e scesero, salutando allegramente. Erano seguite da un impacciatissimo Jeremy, che riuscì a raggiungerli solo dopo essersi districato da una montagna di borse e sacchetti stipati sul sedile posteriore.

Gli uomini ammutolirono di stupore. Nora si morse un labbro, trattenendo una risata.

Fasciata nel suo vestitino nuovo, Elena prese per mano Stefan e si fece volteggiare davanti ai suoi occhi.

Ti piace? – gli chiese con un sorriso.

Stefan alzò le sopracciglia e aprì la bocca, incapace di emettere alcun suono. Infine annuì mesto e le sorrise.

Rischiare la pelle non giustifica alcuna caduta di stile. – sentenziò Bonnie, con una mano sul fianco e l'altra a cingere la vita di Elena.

La ragazza annuì: – Caroline sarà molto soddisfatta quando vedrà come siamo eleganti. Dice sempre... che... –

La frase le morì in gola. Quel nome. Un silenzio tombale scese sul gruppo.

~~~

Klaus era così puntiglioso... fino allo sfinimento. Quella svista era imputabile solamente alla concitazione degli eventi di quei giorni. Non era spiegabile in altro modo.

Katherine s'immobilizzò e roteò appena la testa, aguzzando le orecchie. Nessuno. Posò le mani sul coperchio della bara. Era il momento di scoprire chi era celato con gran cura da Klaus.

Quando l'aprì, ebbe un sobbalzo. Non per la sorpresa, ma perché quello implicava una totale rivalutazione dei ruoli. Dunque, non era stato lui a tradirla.

Si soffermò appena su quei lineamenti familiari. E la sua mano già si chiudeva sul pugnale. Lo estrasse con un movimento secco e restò in attesa, tentando di razionalizzare quello che aveva appena fatto.

Elijah parve restare immutato in quella morte apparente. Poi i suoi occhi si sbarrarono, vuoti, e ispirò l'aria con un lungo rantolo rabbioso.

Katherine fece un passo indietro, il braccio piegato davanti a sé, pronto a ricollocare il pugnale nella sua sede. Le mani di Elijah artigliarono i bordi della bara e il suo volto ne riemerse, emaciato, sfigurato dalla sete. Katherine non aveva nulla per nutrirlo – non aveva preventivato quello. Tentennò. Infine fece sparire il pugnale in una tasca dei jeans e gli andò incontro.

Elijah la fissò con occhi imperscrutabili mentre lei lo sosteneva, aiutandolo ad uscire dalla bara. Katherine si sbilanciò: era dannatamente pesante. Caddero insieme a terra, in ginocchio, le braccia intrecciate.

Non hai un bell'aspetto. – ebbe la spudoratezza di commentare.

Katherine sogghignò: – Senti da che pulpito. –

~~~

La pizza più sentita della storia delle pizze. E il bello era che a Bonnie non era mai piaciuta granché. Poi quella della Pizza Hut... ugh!

Eppure fu con autentico gusto che l'addentò. Il motivo era così palese che non c'era bisogno di darne voce. Tutti loro stavano attorno al tavolo del pub e mangiavano con entusiasmo quella che avrebbe potuto essere l'ultima pizza in compagnia del vicino di tavolo – o l'ultima pizza in assoluto.

Posso unirmi? –

Otto teste si voltarono. Otto occhi si piantarono sulla figura. Otto bocche, che stessero masticando o addentando o parlando, si aprirono per l'incredulità.

Elijah si avvicinò e con un movimento elegante prese posto tra di loro.

Dopotutto, l'ultimo invito a cena è stato bruscamente interrotto. –

Ancora nessuno aveva trovato qualcosa di degno da dire.

Suppongo che questo... – l'Antico infilò una mano nella tasca interna della giacca, causando la subitanea reazione dei presenti.

Bonnie si preparò a friggerli i neuroni, senza peraltro essere sicura che su un tipo come lui quel potere funzionasse. Ma Elijah sorrise appena alla vista delle minacciose zanne sfoderate e dei paletti rivolti contro di lui, e proseguì con noncuranza.

– … appartenga alla tua famiglia, Elena. –

Posò sul tavolo un involto di stoffa consunta. L'involto che conteneva il pugnale magico e la boccetta con polvere della quercia bianca.

Elena lo prese con cautela, per poi consegnarlo nelle mani di Pas.

Perché? – se ne uscì Stefan.

Vi ho già illustrato i miei motivi. – disse alzandosi.

Avevi detto che il nostro piano faceva acqua da tutte le parti. – gli fece notare Damon.

Non è cambiato niente. –

Bonnie si accigliò.

Chi ti ha liberato? – si sentì chiedere, come se un'altra voce avesse parlato al post suo.

Elijah voltò lentamente la testa verso di lei e piantò gli occhi nei suoi. La strega rabbrividì. Lui si limitò a sorriderle, poi, così com'era arrivato, girò i tacchi e si avviò all'uscita.

Ci vediamo fra due ore. Siate puntuali. – li salutò – Buona cena. –

Due ore?

Bonnie sentì subitaneamente lo stomaco contrarsi in una morsa. Mollò sul piatto il trancio di pizza che aveva iniziato prima: non sarebbe più riuscita a mandare giù un boccone.

~~~

Klaus sospirò nell'aria fresca e umida.

Che luogo idilliaco. Ideale per un sacrificio. –

Un borbottio molto maleducato giunse alle sue orecchie. Si voltò verso la vampira e le si avvicinò. Lei si sporse all'indietro, come in un patetico tentativo di sfuggirgli. Le sollevò il volto con un dito, suscitando un basso ringhio da parte del licantropo, che lo divertì parecchio. Erano solo dei ragazzini. Non si rendevano nemmeno conto della grandezza di ciò che stava per fare.

Dovreste essermi grati. – le sussurrò – Un giorno tutto questo sarà narrato come una leggenda. –

Caroline assunse una sorta di broncio.

So che non potete capire, ma fidatevi: state per entrare nella storia. – aggiunse lui con un sorriso comprensivo.

Maddox. – chiamò, senza staccarle gli occhi di dosso.

Caroline adocchiò lo stregone. Si avvicinò all'Antico con fare deferente e restò in attesa. Le faceva gelare il sangue nelle vene.

Klaus infilò una mano in tasca e ne estrasse un sacchetto di tela nera.

Cominciamo. – ordinò porgendoglielo.

Uno strattone divise la coppietta. Caroline aveva tenuto stretto Tyler per tutto il tempo, gli era praticamente abbarbicata. Il richiamo tremulo che gli rivolse una volta separati, quasi lo commosse. Quasi.

Caroline! – le urlò dietro lui – Ti amo! –

Klaus nascose la risatina nel palmo della mano. Erano davvero adorabili.

~~~

Scaraventata sull'erba, Caroline tentò stupidamente di scattare verso Tyler, ma uno scagnozzo di Klaus l'aveva già atterrata, strappandole un'imprecazione. Poi ci fu un crepitio sinistro e alte fiamme si alzarono intorno a lei. Ignara, Caroline vi si avvicinò: non sarebbe stato certo un fuocherello a tenerla buona. Venne rispedita all'indietro da un'onda d'urto.

Un cerchio magico. – realizzò.

Digrignò le zanne verso Maddox, che blaterava le sue litanie davanti ad una specie di altare di pietra. Poi la voce di Klaus annullò ogni pensiero.

Siete in ritardo. –

Freneticamente cercò con lo sguardo oltre le fiamme: anche per una vampira non era facile distinguere le forme attraverso quella luce diretta. Quando li vide quasi urlò. No, urlò, ma lo capì solo dopo, quando si voltarono a guardarla.

Caro? Caro, stai bene? –

La voce di Elena regalò una fitta al suo cuore morto. Gli occhi cominciarono a gonfiarsi di lacrime.

Elena! – le rispose.

Commovente. – le sbeffeggiò Klaus.

Disse qualcos'altro, ma fu seppellito dal un urlo straziante. Caroline si morse il labbro.

Tyler.

All'interno del suo cerchio di fuoco, il ragazzo stava rantolando sul terreno, lasciando posto al licantropo. E Caroline seppe che la luna stava per raggiungere il culmine.

~~~

Commovente. –

Sul volto di Klaus danzavano le fiamme, conferendogli un aspetto demoniaco perfettamente in linea con il lui. Stefan sentì Elena stringersi istintivamente – e inutilmente – a Stefan.

È ora, Elena. – le tese la mano – Spero che tu abbia salutato i tuoi cari. –

Lei chiuse gli occhi e annuì. Avanzò, le braccia incrociate sul petto, e Stefan dovette fare violenza a sé stesso per non impedirle di andare via. Mentre Klaus l'accompagnava vicino ai cerchi di fuoco, la vide voltarsi un'ultima volta a guardarlo. Cercò di apparire sereno, di trasmetterle tranquillità... ma si sentì come se fosse lei a rassicurare lui.

Era tutto a posto. Faceva parte del piano. Si concentrò su quei pensieri mentre osservava Klaus che le diceva di fermarsi e camminando all'indietro tornava sui suoi passi. L'ultima cosa che vide prima del levarsi delle fiamme, fu lo sguardo perduto di Elena.

Damon lo prese per la spalla e capì che era il momento di farsi da parte. Con uno sforzo immenso, lo seguì, dileguandosi tra le fronde buie.

~~~

Klaus non aveva bisogno di chiedere. Sapeva che tutto stava andando per il verso giusto – non poteva essere altrimenti. Per cui, nel momento in cui si avvicinò a Maddox e sentì la sua tensione, la attribuì allo sforzo impiegato nell'incantesimo. Mai si sarebbe aspettato quelle parole.

Abbiamo un problema. –

Il suo volto di fece pietra. E sebbene lo stregone fosse estremamente abile a mascherare le proprie emozioni, per Klaus non fu difficile percepire la sua paura.

No. – si sentì dire.

Non poteva essere.

La pietra. – Maddox la indicò, posata sul grande masso piatto davanti a loro, con l'aria di chi ha il timore anche solo di toccarla. – È un falso. –

Klaus tremò e infine esplose. L'urlo rabbioso si diffuse nella radura e riecheggiò tra gli anfratti di roccia.

Qualcosa non va, fratello? –

Tu. – sibilò ancor prima di voltarsi.

Come si fosse liberato era del tutto secondario. Adesso aveva solo una gran voglia di commettere un fratricidio.

Maddox levò il braccio, ma lui lo bloccò con un ringhio secco. Dopotutto, Elijah era suo fratello, e si sa che i panni sporchi si lavano in famiglia.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Note

Errata corrige: questo è il penultimo capitolo. Chiedo venia, ma ci sono troppe cose da dire e se le metto tutte insieme fa effetto scatola di sardine – o finale alla Dracula di Stoker fate voi.







Capitolo 15

~

Dove a dare il meglio di sé si finisce col rimetterci



Visto? – fece Pas rivolto a Damon, quando si sentì l'urlo di Klaus. – Te l'avevo detto che non c'era bisogno di segnali. –

Damon emise uno sbuffo di sufficienza.

Bonnie. – fece Stefan alle loro spalle – Sai cosa fare. –

La strega li doppiò silenziosa e camminò decisa verso Maddox.

Pas si rannicchiò sull'erba ed estrasse dal pastrano il pugnale e le due boccette.

Voi occupatevi dei tirapiedi, così posso avvicinarmi a lui. – illustrò mentre imbeveva il pugnale delle due sostanze.

Non era granché sicuro che il procedimento fosse quello, ma tant'è... non avevano molto tempo per testare l'adeguato funzionamento dell'arma.

Sì, e ti becchi tutto il divertimento. – commentò Damon seccato.

Pas nascose il pugnale, ormai pronto, nel punto migliore da cui estrarlo.

Non ti perdi niente, c'è già Elijah che ci sta già rovinando la festa. – commentò muovendo appena la testa verso la radura.

I tre si voltarono a guardare la scena. C'era poco da scherzare: mai nella sua vita Pascal Serrault aveva assistito ad uno scontro tra due Antichi. E lui ne aveva viste di cose che voi umani...

Sentì Damon schiarirsi la voce: – Tutto sommato... meglio così. –

Très bien. Basta con le ciance. – Pas roteò due paletti nelle mani e li porse loro dalla parte del manico – Abbiamo una doppelgänger da salvare. –

E lui aveva una ragazza da riprendersi.

~~~

Caroline e Tyler – Tyler, il suo amico d'infanzia, che adesso giaceva sull'erba emettendo lamenti strazianti – erano ad un passo da Elena, eppure non poteva nemmeno parlarci. Le grida e il crepitio dei fuochi attorno a loro e il fragore vicino della cascata: tutto quel chiasso la stordiva.

Poi, d'un tratto, così come si erano manifestate, le fiamme si spensero. Cieca nel buio improvviso, Elena si rannicchiò istintivamente a terra e attese, col cuore in gola.

Caroline gridò qualcosa, ma non capì: le parole si persero nell'orgia di suoni che si stava scatenando attorno a lei. Grida, tonfi, ringhi, agghiaccianti rumori di ossa spezzate, il tutto accompagnato come in sottofondo dalle arcane litanie che Bonnie e Maddox si lanciavano addosso. Nell'aria, assieme ai fumi dei fuochi ormai spenti, iniziò a spargersi un tanfo acre e nauseabondo di sangue.

Quando sentì una mano sulla sua spalla, saltò su con un grido strozzato. Poi il vento le portò un odore familiare e, ancora prima che parlasse, Elena stava stringendosi spasmodicamente Jeremy – al suo fratellino. Le pupille, adesso abituate alla luce fioca della luna, poterono distinguere altre due sagome: quella alta e massiccia di Alaric, e quella bassa e minuta di Nora.

Un fascio di luce che non era luce li investì, caldissimo e abbagliante. Ad Elena sembrò di tornare a respirare dopo una lunga apnea. Quando riuscì a riacquistare la vista, incrociò il suo sguardo stupito con gli altri.

Non sapevo che brillassi di luce propria. – fece Alaric rivolto a Nora.

Effettivamente appariva come accesa da un alone soffuso.

Presente l'aureola? – borbottò lei – È la versione due punto zero. –

Quello scambio di battute fu paradossalmente comico in quella situazione.

Tutto bene? – le chiese Jeremy.

Elena annuì automaticamente con un febile “sì”.

Dov'è Caroline? – chiese, rendendosi conto che là dove prima sorgevano i cerchi di fuoco non c'era più nessuno – Dove sono lei e Tyler? –

Alaric scosse la testa: – Spero molto lontano da qui. –

Poi la voce cantilenante di Bonnie si spense in un lungo grido. Le dita di Jeremey si conficcarono dolorosamente sulla spalla Eleba, strappandole un lamento. Sentì suo fratello scattare in avanti, ma Alaric lo agguantò, facendolo rotolare a terra, e contemporaneamente Nora gridò “no”.

Dovete starmi vicini! – intimò – Non arrivo cinque metri di... –

Devo andare da lei! – la interruppe Jeremy con voce ansiosa – Non possiamo lasciarla da sola... lei non lascerebbe nessuno, io devo... –

Intervenne Alaric, sciorinandogli un sacco di belle ragioni per le quali non era il caso di andare lì, e ne nacque una discussione.

Poi una sagoma grottesca spuntò dal buio: sembrava un mostro con troppe braccia. Il mostro era dotato di favella e conosceva molti epiteti poco eleganti. Quando entrò nel raggio di Nora, le imprecazioni toccarono entità divine ed Elena sentì l'angelo chiedere scusa a nome del mostro. Poi una parte del mostro parve staccarsi e rotolare a terra.

Era Bonnie, svenuta. Jeremy si lanciò verso la sua ragazza e la trascinò a sé.

Mi devi un favore. – fece l'altra metà del mostro in tono seccato.

Adesso che guardava meglio, non era che Damon.

~~~

A Nora non piaceva il suo aspetto. Per niente. Avrebbe voluto poter estendere la sua protezione anche alle creature oscure, ma era semplicemente antitetico. Decise di fare finta di nulla: l'avrebbe curato alla fine. Avrebbe curato tutti loro.

Alaric gli chiese di Pas, ma Damon scosse la testa.

Non lo so. Stavo sistemando un tizio, poi Bonnie si è messa a sputare sangue e a parlare in aramaico al contrario. Ho fatto fuori Maddox e l'ho portata qui. – riassunse.

Jeremy lo guardava con tanto d'occhi.

Adesso ci penso io. – lo rassicurò.

Stefan? – chiese ancora Alaric.

Ho perso anche lui. – confessò, saettando lo sguardo da lui ad Elena.

La ragazza gli si avvicinò e Nora distolse lo sguardo. Scambiò un'occhiata con Alaric e decise che era il momento buono per occuparsi di Bonnie.

~~~

Niente musi lunghi. Te lo riporto tutto intero. –

Elena annuì e abbassò lo sguardo, stretta nelle braccia. Damon tirò giù la manica della maglia con un movimento automatico. Avrebbe voluto per lo meno abbracciarla un'ultima volta. Era veramente una scena patetica.

Allungò una mano e incontrò la barriera alzata dall'angelo. Sfrigolava tra di loro, di un biancore irreale. E bruciava da matti, ma non volle allontanarsi. Illuminata da quei bagliori, Elena gli sorrise, e a sua volta alzò una mano verso la sua.

Cerca di tornare anche tu tutto interno. – gli disse piano, con le lacrime gli occhi.

E per un lungo, perfetto attimo, gli apparve in tutta la purezza di cui l'aveva ammantata e con cui l'aveva amata. Quello era forse ancora meglio di un abbraccio. Adesso sì che era pronto a tirare le cuoia.

Ma fu solo, appunto, un attimo. I rumori della battaglia alle sue spalle infransero quel momento, richiamandolo al dovere. Abbassò la mano e di nuovo, senza pensarci, tirò giù la manica.

Torno a menare i cattivi. – sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso e fece per andarsene.

Damon!

Il richiamo lo fece accigliare. Guardò Nora interrogativo e, appena notò dove puntava il suo sguardo, la fulminò.

Non dire una parola. – le ingiunse.

Le labbra strette e il cipiglio contrariato, l'angelo spostò lo sguardo dal suo braccio a i suoi occhi.

Come ti pare, ma dopo facciamo i conti.

Sì, signora maestra!

Sentì i loro sguardi sulla nuca mentre si allontanava.

~~~

Non c'era una parte di Stefan che non fosse lorda di sangue. Il sangue caldo e aspro di altri vampiri cui aveva strappato arti e organi a volontà. Si guardò attorno: l'unica figura che campeggiava assieme a lui su quella selva di cadaveri, indossava un inconfondibile pastrano.

Sei ferito. – lo apostrofò quando Stefan lo raggiunse.

Seguì con gli occhi la direzione da lui indicata e si tastò il petto, perplesso. Non se n'era nemmeno reso conto. Eppure, a pensarci, faceva anche male. E non si rimarginava. Scosse la testa: ci avrebbe pensato dopo.

Anche tu. – notò, adocchiando come una gamba fosse già fasciata.

Niente che non possa risolversi con un laccio emostatico. – fece lui, stringendo con uno strattone le bende ormai intrise di sangue

Poi lo squadrò e aggiunse in tono ironico: – Divertito? –

Gli rispose con un ringhio secco, osservandolo distrattamente mentre ripuliva i paletti e li riponeva nelle tasche.

Oh, non essere timido mon ami. – gli diede una pacca sulla spalla – Lasciati andare. Ogni tanto un'orgia di sangue fa bene. Come ai vecchi tempi. –

Stefan preferì ignorare l'argomento.

Schioccò la lingua: – Dov'è Klaus? –

Lo vide bloccarsi e tendere le orecchie.

Credo che la lite familiare si sia spostata... – alzò una mano e voltò lentamente su sé stesso – di là. –

Lo seguì mentre andava in direzione della cascata. Adesso che ci faceva caso, sentiva anche lui dei rumori di lotta provenire da quella direzione. Ma concentrato com'era a captare qualsiasi suono riconducibile ad Elena, non ci aveva ancora fatto caso.

Stefan restò pietrificato quando li trovarono. L'acqua della cascata era rossa del loro sangue. Si stavano distruggendo a vicenda. A tratti vedeva le loro figure lottare tra i flutti o lanciarsi tra le rocce. Erano veloci – troppo veloci.

Ce l'hai ancora il paletto che ti ho dato? – fece Pas.

Stefan lo estrasse dalla tasca dei jeans.

Stammi dietro e quando ti dico “ora”, usalo. In fretta e più forte che puoi. Al resto penso io. –

~~~

Elijah un tempo aveva avuto un fratello. Quello con cui si stava azzannando, non ne era che un pallido ricordo. Per cui era con il cuore leggero di chi si libera di un vecchio fantasma che si era disposto, ormai da tempo, a porre fine alla sua grottesca vita. Ma nella realtà, ciò che andava fatto gli si stava rivelando mostruosamente doloroso da applicare.

Io mi fidavo di te! – gli ruggì Klaus, le dita artigliate alla sua gola.

Le spezzò una ad una, liberandosi dalla sua morsa. Gli piegò il braccio dietro la schiena e lo forzò ad immergersi nell'acqua. Klaus si liberò e con un balzo andò ad appollaiarsi su una roccia, pronto ad attaccare.

Ti ho perdonato nonostante il tuo tradimento. – ringhiò – Sono stato generoso. –

Elijah non si fece sorprendere, ma il colpo fu comunque violento e si ritrovarono ancora una volta a lottare sotto l'acqua gelida. Riemersero con un rombo sordo, scaraventandosi via a vicenda.

E tu come mi hai ringraziato? Come?! – continuava Klaus, nel suo monologo isterico.

Era fuori di sé.

Comprensibile.

Ma, rifletté freddamente Elijah, questo lo metteva in svantaggio. Lui aveva già avvertito la presenza di Serrault e del minore dei Salvatore.

Se capissi, fratello, mi ringrazieresti. – gli sussurrò, sapendo che l'avrebbe sentito.

Gli si avventò addosso. E Klaus, che fino a quel momento era sempre stato il primo ad attaccare, per un momento restò stupito. Un momento di troppo. Mostrò il fianco ed Elaijah ne approfittò. Afferratolo per le spalle, lo scagliò in una ben precisa direzione.

Pascal urlò qualcosa. Poi vi fu un rumore sordo. E un tonfo.

Elijah chiuse gli occhi. Quando li riaprì, il dampiro sovrastava il corpo esanime di suo fratello, il pugnale tenuto alto in mano. Senza nemmeno rendersene conto, gli fu affianco, la mano serrata sulla sua.

Si guardarono per un lungo momento, poi Serrault comprese. Gli lasciò il pugnale e si allontanò con Salvatore.

~~~

Quando Bonnie iniziò a percepire qualcosa, oltre al buio ovattato in cui era crollata, si rese conto che il mondo intero dondolava e che il sole stava sorgendo. Poi Jeremy le disse qualcosa che lei non afferrò, e comprese di essergli in braccio. Era tutto finito? Socchiuse gli occhi nella luce dell'alba e si strinse addosso al suo ragazzo. Quando li riaprì, stavano varcando la soglia del maniero.

Gli altri stavano dicendo qualcosa mentre Jeremy l'adagiava con cautela sul divano del salone. Contavano gli assenti, probabilmente, ma comunque lei non capiva nulla, né aveva la forza di provarci. Poi Jeremy le s'inginocchiò davanti e senza dire una parola le mise al dito il suo anello magico. Il sangue scorse veloce fino alle guance e Bonnie si ritrovò improvvisamente lucida. Devastata dalla stanchezza e dai dolori, ma lucida. E imbarazzata.

Paonazza, lanciò ad Elena uno sguardo che gridava “aiuto”. Lei nascose un sorrisetto. Bell'aiuto che le dava!

Andiamo a cercare gli altri. – se ne uscì Alaric, da molto, molto lontano.

Jeremy annuì. Le lasciò un bacio sulla fronte e raggiunse Alaric. Benedetta la prontezza di spirito del suo professore di storia!

~~~

Curare Pas non fu una passeggiata: Nora non poteva applicare i suoi poteri curativi su delle creature oscure, per cui dovette limitarsi ad affievolirgli il dolore con il vecchio, poco celestiale – ma sempre efficacie – metodo del rabbocco di whisky. Il resto lo fecero le sacche di zero negativo dello scantinato dei Salvatore.

Il problema era Stefan. Le sue ferite guarirono, in modo sospettosamente lento, ma guarirono. Tranne una.

Nora lo agguantò per un braccio e lo trascinò lontano dalle orecchie degli altri. Era pallido e già sudava di un sudore malsano. Come facevano gli altri a non accorgersi?

Come te lo sei procurato? – gli sussurrò tra i denti, pallida in volto.

Lui si accigliò: – Non ne sono sicuro. –

Stefan, io non posso curarti, ma se capiamo cos'hai possiamo chiedere a Bonnie. – insisté, con il gran brutto presentimento che lui sapesse perfettamente cosa fosse.

Credo che... – Stefan abbassò la testa e si umettò le labbra – se è quello che penso, Bonnie non può aiutarmi. –

Nora strinse gli occhi e sospirò. Non poteva... non doveva essere quello. Non anche lui.

~~~

Damon vagò intorno alla cascata fino all'alba. Ci si buttò, con l'intenzione di affogarsi. Poi si ricordò che non poteva crepare in quel modo. Fradicio d'acqua e di disperazione, sputò una boccata sul prato e vi si gettò. Fissò senza vederlo il cielo che si colorava di indaco e viola, inghiottendo le ultime stelle. Giocava con l'anello: sarebbe stato poetico uccidersi col levarsi del sole. Incenerito dai primi raggi del mattino. Ma il sole si levò e lo colpì, trovando l'anello al suo posto.

Sghignazzò tra sé. Non aveva nemmeno le palle per farlo. Era patetico.

Si levò a sedere e alzò la manica, osservando critico l'avambraccio. Imputridiva a vista d'occhio. Si chiese che faccia avesse. Somigliava già a Rose? Quanto ci avrebbe impiegato prima di dare di matto?

Abbassò la manica e si alzò in piedi. Doveva procurarsi da bere. E uccidere Tyler. No, prima avrebbe ucciso Tyler e poi si sarebbe fatto venire una cirrosi. Infine, ubriaco, avrebbe cercato Pas e l'avrebbe provocato fino a farsi impalettare da tutta la sua artiglieria.

Sì, era un piano geniale. Peccato che perse i sensi prima di poterlo mettere in atto.

~~~

Il maniero sembrava un lazzareto.

Elena non aveva mai avuto la vocazione dell'infermiera, ma a mali estremi. Non storse il naso davanti a tagli suppuranti né davanti ad ossa sporgenti da ferite aperte. Fece quello che le si chiedeva di fare senza battere ciglio, maneggiò acqua santa, sacche di sangue, erbe dall'odore nauseabondo e vecchi tomi che Bonnie, debole com'era, non era in grado di reggere da sola.

Era il minimo che poteva fare. Se strapparsi un braccio fosse servito a qualcosa, l'avrebbe fatto. Aveva già offerto di far bere il suo sangue a Stefan e Pas, ricevendo dei secchi rifiuti da parte loro, nonché i rimproveri di Bonnie e Nora.

Continuava a chiedersi che fine avessero fatto gli altri. Occhieggiava la porta come se da un momento all'altro Alaric o Jeremy dovessero varcarla con un cadavere in braccio. Pensava che erano stati troppo fortunati, era convinta che da un momento all'altro sarebbe arrivata la batosta.

Non poteva immaginare quanto i suoi timori fossero vicini alla realtà.

~~~

Per la settima volta, Caroline cadde in ginocchio e si rialzò. Lei era forte, ma Tyler era un pezzo di ragazzo di un certo peso. Casa Lockwood era lì davanti a loro, ancora uno sforzo.

Aveva bisogno di nutrirsi. Se ne rese conto nonappena bussò alla porta, incurante dello stato in cui versavano, e venne ad aprirle la cameriera. Poteva percepire il sangue caldo che le scorreva nelle vene. Caroline mollò a terra Tyler e prima di capire cosa stava facendo, l'aggredì.

Quando si riprese, si vergognò a morte. La donna era rannicchiata a terra, terrorizzata e sanguinante. Le parve di rivedersi, appena un anno prima, e una morsa allo stomaco per poco non le fece rigettare il sangue appena bevuto.

Guardami. – le ordinò con voce tremante.

La donna alzò gli occhi piangenti su di lei. Caroline si sforzò di pensare che era anche per il suo bene – per il bene di tutti.

Stai tranquilla. Non ti succederà niente. – scandì.

La donna tirò su col naso e annuì lentamente. Aveva smesso di piangere.

Caroline si morse il polso e glielo avvicinò alle labbra: – Bevi. –

Quando la ferita fu guarita, le disse di cambiarsi di abito e mangiare qualcosa. Dimenticare quello che era successo, occuparsi d'altro.

La seguì con lo sguardo mentre si allontanava con il passo incerto dell'ubriaca. Forse avrebbe dovuto tenerla d'occhio: se moriva, sarebbe stata responsabile della vampirizzazione di una donna innocente.

Sei brava. –

La voce debole di Tyler la fece voltare di scatto. Quando di era ripreso? Aveva visto e sentito tutto?

Deglutì a vuoto, sentendo svanire giù per la gola le ultime tracce di sapore del sangue.

Sì? È la prima volta che lo faccio. – si sentì dire, manco dovesse giustificarsi.

Tyler alzò le sopracciglia.

Non si direbbe. – commentò, alzandosi dagli scalini del patio ed entrando.

Caroline si affrettò ad aiutarlo. Gelò quando lui la respinse.

Non ho bisogno della tua pietà. – mormorò freddo.

Ansimava e si reggeva in piedi a stento. Forse non avrà avuto bisogno della sua pietà, ma del suo aiuto sì.

Non era un problema fino ad un attimo fa. – commentò risentita.

Se l'era trascinato fin lì e quello era il suo ringraziamento? E vogliamo parlare di tutte le volte che l'aveva assistito durante la mutazione?

Non era un problema nemmeno quando mi chiedevi... –

Oh, sta zitta! – le ringhiò addosso.

Caroline trasalì. Non che le facesse paura: era talmente debole che non avrebbe potuto torcerle un capello. Ma sembrava davvero incazzato a morte con lei e non ne capiva il motivo.

Si può sapere che cosa ti ho fatto? – gli chiese esasperata.

Tyler si portò le mani al volto e vi soffocò un lungo, basso lamento.

Quando qualcuno ti dichiara il suo amore in punto di morte, sarebbe buona educazione che tu gli dia una risposta. – le spiegò lentamente.

Il flashback del momento in cui li avevano separati e gettati nei cerchi di fuoco, le riempì la testa, pietrificandola.

Tyler... io... –

Per favore. – la interruppe alzando una mano – Risparmiami le tue giustificazioni. –

Incespicando, entrò in casa e si diresse al piano di sopra. Caroline lo seguì a distanza di sicurezza, senza avere il coraggio di toccarlo, benché vederlo in quello stato la straziasse.

Avevi bisogno di una scopata. Va benissimo. – stava borbottando – Non ero mai stato usato, ma con tutte le volte che l'ho fatto io... quando si dice la legge del contrappasso. –

Cosa doveva dire? Coma mai avrebbe potuto dire?

Va bene se te la do adesso la risposa? – sussurrò dietro di lui.

Tenendosi saldamente al corrimano delle scale, Tyler si voltò.

Non prendermi in giro, Caro. – le scandì con sguardo addolorato – Almeno questo. –

E come avrebbe potuto?

Non lo so se ti amo. – confessò, sentendo bruciare tra loro ogni parola che usciva di bocca – Ma so che non voglio perderti. –

Tyler sembrò soppesare le sue parole. Assunse quella sua espressione imbronciata che aveva sempre quando rifletteva su qualcosa di difficile risoluzione. Era adorabile quando faceva così e Caroline capì che, sì, in un certo senso lo amava. Forse non come intendeva lui, ma lo amava.

~~~

L'aveva trovato. Ci vedeva male, ma il puzzo era proprio quello tipico da cane bagnato, per cui...

Tu. Mi devi un braccio. –

Damon? –

Ignorò Caroline ed entrò in casa con passo barcollante, puntando dritto (più o meno) verso Tyler.

Creperai con me, sacco di pulci. – fece in tono malfermo.

Oh, ma per favore! –

Perché quell'oca non se ne stava mai zitta? Mosse un braccio con l'intenzione di scaraventarla via. Con suo sommo disappunto, venne bloccato.

Adesso ti riporto al maniero. – mugugnò lei.

No. – trovò la forza di protestare – Non ancora... –

Scusa. – disse poi lei, con fare contrito.

Damon la guardò senza capire. Caroline gli portò le mani alla testa ed ebbe il tempo di sentire quel orribile crock, poi la sua visuale si fece distorta e infine si spense come una TV cui era stata staccata la spina.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Note

Sedicesimo ed ultimo (e stavolta sul serio veramente per davvero) capitolo. Chiudo questa fanfic un po' delusa dai riscontri, ma convinta ugualmente a mandare avanti il progetto che ho in mente – se non altro lo devo a me stessa. Per cui a breve pubblicherò il primo capitolo del sequel.

Grazie alle poche affezionate che hanno commentato! Baci, e alla prossima!







Capitolo 16

~

Dove si gioca allo scambio dei ruoli



Io non ho ancora capito cosa aspetta a curarli. –

Bonnie adorava il suo ragazzo, ma Jeremy delle volte era un vero testone.

Non posso! – ribadì Nora in tono esasperato – Quante volte ve lo devo ripetere? Sono delle creature oscure e io posso guarire solo gli esseri umani... questo va oltre le mie capacità! –

La voce di Bonnie si levò esitante.

Un modo c'è. – obbiettò.

No! – ringhiò Pas, pietrificando tutti i presenti.

La strega ci accigliò. Aveva spulciato tutti i tomi alla ricerca della più piccola informazione riguardo gli angeli, e tra le poche informazioni aveva trovato per ben tre volte la stessa cosa.

Ma nei miei grimori... –

I tuoi grimori sbagliano. – la interruppe il dampiro, irritato.

Nora levò le mani: – No, ha ragione. –

Stai scherzando?! – proruppe Pas.

Ci fu un silenzioso scambio di sguardi tra di loro. Infine Pas scosse la testa con aria frustrata.

Un modo c'è. – confermò Nora – Ma... come dire? Ho un colpo solo in canna. –

Stai dicendo che puoi guarire solo uno di noi? – le chiese Stefan.

Lei annuì e il silenzio nel salone si fece pesante. Nessuno aveva contemplato quell'evenienza. Nemmeno Bonnie, a dire il vero. I suoi grimori si limitavano a dire che un angelo poteva sacrificare le proprie ali per salvare una vita: non specificavano che poteva farlo solo una volta e per una sola persona, benché questo dettaglio, adesso che ci pensava, era abbastanza ovvio da non dover essere precisato. Bonnie si sentì stupida: come aveva fatto a non pensarci?

La vita dei fratelli Salvatore nelle mani di una donna. – Damon rise amaramente – Non ti ricorda qualcosa? –

È assurdo. – disse Alaric – Non si può. –

Pas allargò le braccia: – Ecco, bravo. –

No, voglio dire... non può scegliere. – precisò l'uomo – Non possiamo chiederle una cosa del genere.

Era evidente che, eccetto Pas, nessuno di loro sapeva cos'avrebbe implicato per Nora fare quella scelta.

Damon si batté le mani sulle cosce e balzò su dal divano.

La tolgo io dall'impaccio. – annunciò giulivo.

~~~

L'intera stanza gelò. Poi tutti si misero a parlare insieme e Stefan provò a fermarlo, ma la sua ferita era più grave e Damon lo schivò senza fatica. Schiacciata da ciò che aveva detto, Nora assistette a tutto questo senza riuscire a proferire parola o muovere un muscolo.

Vide Elena corrergli dietro gridando qualcosa e infine afferrarlo per il braccio. Damon si liberò dalla sua presa con uno scatto irritato.

Oh, taci! – le sibilò addosso – Non mi sono fatto coinvolgere in tutto questo casino solo per renderti una specie di vedova affranta. Tu lo ami, lui ama te... fatemi il favore di vivere felici e contenti per tutta la fottuta eternità. –

Nora sentì l'aura di Elena letteralmente respinta da quella di Damon. Cosa non poteva fare la rabbia del secondo arrivato. Damon ci si stava crogiolando: forse era l'unico modo per andare avanti, per sopportare quegli ultimi momenti.

Quando si dileguò verso l'ingresso, capì quanto fosse serio. Follemente serio. Fu come una scossa.

Lo inseguì. Nana com'era, fu con una certa fatica che lo raggiunse e riuscì a stargli dietro mentre a grandi falcate usciva all'aperto.

Andiamo, non puoi essere serio. – biascicò.

Poteva vedere i muscoli del collo tesi e i rivoli di sudore malsano che già gli inzuppavano il collo della maglia.

Non sono mai stato così serio in vita mia. – fece lui secco.

Abbiamo tempo. – gli annaspò dietro – Possiamo trovare una... un'altra cura, sì! Un'alternativa. Ce n'è sempre una. Deve esserci. –

Damon fermò all'improvviso la sua marcia e si voltò. Nora incespicò sui propri piedi per non cadergli addosso. La prese per le spalle e la raddrizzò con un movimento brusco.

Sai che non esiste. –

Sì, lo sapeva. Questo non le impedì comunque di aggrapparsi pateticamente ad una speranza inesistente e accennare un vago “ma se”.

No. Niente “ma”, basta. – la stroncò.

A Nora tremava il labbro. Le succedeva sempre, quando era umana: era il preludio ad un bel pianto.

Finiamola con tutti questi drammi. Usa i tuoi superpoteri su Stefan, avete la mia benedizione, – gesticolò verso la porta del maniero – non tornerò dall'oltretomba agitando catene e... oddio... risparmiami i piagnistei, per carità! –

Io non sto... – fece con voce nasale – ho qualcosa nell'occhio... –

Si portò una mano al volto, sfregando via un inesistente bruscolo.

Vieni qua. –

Fu più il tono burbero che l'abbraccio a commuoverla del tutto. Perché le dava la misura di quanto anche lui ne sentisse il bisogno, dopotutto. I gesti d'affetto di Damon si potevano contare sulle dita di una mano (monca) e Nora già sapeva, anche se non aveva il coraggio di rendere concreto quel pensiero, che quello sarebbe stato l'ultimo gesto d'affetto di Damon Salvatore.

Tirò su col naso e piagnucolò: – Cominciavi a piacermi. –

Lo so. – lo sentì dire in tono ovvio.

Sbuffò: spaccone fino all'ultimo, proprio. Sarebbe stato un peccato per il mondo non avere più le sue battute al vetriolo.

Damon... –

È tutto a posto. – la staccò da sé e le diede un buffetto sulla guancia, come se fosse lei quella da consolare – Solo, assicurati che i menestrelli tramandino la leggenda nelle loro ballate. –

Nora inarcò un sopracciglio, chiedendosi cosa dovesse fare: ridere, piangere ancora o picchiarlo molto forte?

Non posso neanche chiederti cosa mi aspetta lassù, visto che il mio ascensore va solo di sotto. – sospirò, abbassando il capo con aria affranta.

Lo era veramente. Era del tutto perso. Per un attimo, Nora lo vide per ciò che era, per ciò che aveva sempre intuito che fosse, sotto la sua solita scorza amara. Un bambino che aveva bisogno di essere preso per mano. E quanto avrebbe voluto poterlo fare.

Non ti perdi niente. – gli disse piegando un angolo della bocca in un sorriso mesto – Si divertono di più in cantina. –

Quando rialzò il capo, stava ricambiando il suo sorriso.

Addio, Eleonora Lauthinta. –

Nora non riuscì a trattenersi: si aprì in un sorriso, uno vero. Aveva pronunciato bene il suo assurdo cognome. L'“addio” non l'aveva nemmeno registrato. Non credeva che l'avrebbe fatto subito. Non sotto i suoi occhi. Non così.

Fissò il vuoto davanti a sé: l'ultimo sorriso di Damon era ancora lì, le aleggiava davanti come fosse presente e palpabile. Con il respiro mozzato dai singhiozzi e la vista offuscata dalle lacrime, si chinò sul mucchio di ceneri. Vi affondò una mano tremante e ne estrasse l'anello. Lo pulì accuratamente con le dita, rivelando al sole le venature del lapislazzuli, e lo strinse in pugno rialzandosi.

Si voltò, asciugandosi la faccia nella manica e tirando su col naso. A grandi passi raggiunse l'ingresso del maniero. Aveva qualcuno da salvare.

~~~

Gli occhi lucidi di Nora erano un segnale inequivocabile. Nessuno riuscì a spicciare parola mentre gli consegnava l'anello di lapislazzuli. Stefan lo prese e non capì se tremava per il veleno che lo stava consumando o per il dolore che gli aveva appena strappato il cuore. Lo strinse in mano e alzò la testa verso di lei, aprì la bocca con l'intenzione di ringraziarla. Per cosa, poi, non lo sapeva. Insignificanti parole che in quel momento non avrebbero certo riempito la voragine che gli si era aperta nel petto.

Suo fratello aveva deciso per entrambi e sarebbe stato schiacciato dal rimorso del sopravvissuto per il resto della sua vita. Alla fine ci era riuscito: si era vendicato.

Stronzo. – gli uscì tra le lacrime.

Ignorò sia gli sguardi allibiti che le risatine e chiese da bere. Nora si unì alla sua richiesta e un attimo dopo tutti i presenti brindavano alla memoria di Damon.

Se dobbiamo fare questa cosa, facciamola subito. – fece Nora d'un tratto.

Ingollò in un sorso il suo whisky e balzò in piedi, piazzandosi davanti a lui.

Stefan la occhieggiò tra i fumi della febbre e dell'alcol, e annuì mesto. Elena lo aiutò ad alzarsi in piedi.

Pas dovette dire qualcosa, di certo chiamò Nora, perché lei gli rispose. Stefan si fermò in ascolto, ma non afferrò granché della loro discussione. Solo un'ultima frase di lei.

Va bene così. La mia missione è conclusa, sto solo... – sospirò e gli sorrise – tornando a casa. –

Il dampiro si tolse gli occhiali e si massaggiò la fronte con il dorso sella mano. Poi l'abbracciò stretta. Si dissero ancora qualcosa che Stefan, cotto com'era, non riuscì a cogliere. Piangevano tutti e due, e lui non ne capiva il perché, ma non gli piaceva.

Non voglio... – si sforzò di parlare, ma le parole uscivano smozzicate e lui nemmeno sapeva bene cosa voleva dire – Se ci devi rimettere anche tu, non... –

Non fare il bambino. – lo rimbrottò Nora.

Poi sussurrò qualcosa ad Elena che lui non afferrò, e avvenne una specie di passaggio di mano.

Andiamo a fare una passeggiata, ti va? – gli propose qualcuno – Un po' d'aria fresca ti farà bene. –

Senza capire come, si fece guidare fuori, nel giardino. Era una bella giornata. I cespugli erano fioriti e i colori erano così brillanti da ferirgli gli occhi, il loro profumo quasi insopportabile.

Qui... qui va bene. –

Si voltò verso la voce.

Katherine? – mormorò – Siete bellissima. –

La ragazza si adagiò sul prato in una nuvola di mussolina e sorrise compita a quel complimento.

Guardate chi è venuta a trovarci. –

Stefan alzò lo sguardo verso la nuova arrivata. Aveva i capelli rossi. Gli ricordava sua madre. Quando tornò a guardare il prato, Katherine era svanita. Una ragazza identica era al suo posto. Piangeva.

Elena. – si sorprese di sapere il suo nome – Perché piangi? –

Lei non rispose. Solo gli lasciò un bacio sulla fronte e si allontanò.

Stefan guardò confuso la ragazza dai capelli rossi.

Perché piangeva? Lei lo sa, Miss? –

La ragazza gli sorrise: – Perché fra poco parto. –

Oh... – Stefan si sentì inspiegabilmente dispiaciuto, anche se non la conosceva – E dove andate? –

A casa. –

Anche lei si mise a piangere. A Stefan non piaceva vedere le lacrime sul volto delle fanciulle: sua madre gli aveva insegnato che una donna non si fa mai piangere, che è una cosa vile.

Allungò la mano a sfiorarle il volto. Voleva cancellare quelle lacrime, ma dovette ritrarre le dita perché scottavano. Poi la luce del sole si fece troppo calda e troppo forte e Stefan dovette chiudere gli occhi.

~~~

Ohi! C'è nessuno? –

È inutile che gridi, tanto non arrivano finché non gli gira. –

E tu che ci fai qui?! –

Potrei chiederti la stessa cosa. –

Non ne ho idea. Non dovrei essere su una graticola a farmi spellare vivo da qualche demone cornuto? –

Non saprei, non mi hanno detto niente sul destino della tua anima. Poi questi cambiano idea continuamente. –

Non mi hai ancora detto cosa ci fai qui. –

Lunga storia... –

Rispondi sempre così. Prima o poi dovrai dirmi qualcosa di te. –

Ammantarsi di mistero funziona sempre. Tu ci hai campato per un secolo e mezzo. –

Un secolo e mezzo di fuffa... –

Uh? –

Che c'è? –

Stanno arrivando. –

Io non sento niente. –

Non lo senti il profumo di rose e lo squillo delle trombe? –

Oh, quello? Credevo che ti fossi messa troppo profumo e avessi dimenticato attiva la suoneria del cellulare. –

Ah-ah. Spiritoso. –

Una sagoma, eh? Senti, ma dove siamo? –

Questa domanda me la dovevi fare prima. Addio, Damon Salvatore. –

Come sarebbe “addio”?! –

– … –

Ehi! Svanire in quel modo sarà anche fico, ma è da maleducati, sappilo! –

~~~

A posteriori, Stefan non seppe dire esattamente da cosa venne svegliato. Il buio in cui stava era assai accogliente e ci si staccò con molta fatica. Appena i suoi sensi tornarono alla realtà, vennero sovraccaricati contemporaneamente dall'odore del sangue che emanava, dalla durezza del terreno sotto di lui, dalla luce diretta del sole che gli feriva gli occhi, e da un suono lamentoso di difficile identificazione.

Gli venne subito da tastarsi il petto, ma non vi trovò nessun ferita, niente di niente. Si guardò: era perfettamente guarito, nemmeno un graffio. Ricordava poco dei momenti precedenti, ma sapeva di dover ringraziare Nora: qualsiasi cosa gli avesse fatto, aveva funzionato.

Poi ancora quel suono. Si stava facendo davvero insistente. Stefan si decise infine ad alzarsi dall'erba e a guardarsi intorno, alla ricerca della sua fonte. Era là vicino: la individuò avvolta in un mucchio di panni.

C'era un lievissimo, eppure reale, tum-tum che proveniva da là sotto. Con la gola secca, Stefan ci si accovacciò vicino e attese un po', inspiegabilmente impaurito, prima che la curiosità avesse il sopravvento e si decidesse a sbirciare. Allungò una mano a scostare il groviglio di panni e vide spuntare un piedino. Era rosa e paffuto e scalciava.

Stefan si rialzò di scatto, come folgorato, e si voltò, le mani infilate tra i capelli, turbato da mille domande. Una su tutte: cosa ci faceva un neonato sul prato di casa sua?!

Si girò nuovamente verso il fagotto e lo occhieggiò, atterrito da una sensazione sconosciuta. Infine si azzardò ad avvicinarsi di nuovo. Una ciocca rossiccia spuntava adesso dal groviglio, aggiungendo dubbi a quelli che già gli gravavano addosso. Scostò del tutto il lembo che copriva la testolina e incontrò un paio d'occhi d'un blu annacquato, tipici dei neonati, ma già screziati di nocciola. La creaturina aprì la bocca ed emise un suono gorgogliante, uccidendolo di tenerezza.

Si guardò attorno, come a cercare aiuto nei cespugli e negli alberi. Ma sapeva che c'era solo una cosa fa fare: prenderlo e portarlo dentro il maniero. 'Ché un giardino, per quanto bello e curato, non era esattamente il luogo più adatto per un bambino in fasce.

Dunque si umettò le labbra e prese un bel respiro. Perché Stefan era un vampiro, sì, ed era in grado di controllare la velocità, la pressione e la forza dei suoi movimenti fino al microdettaglio. Ma non era in grado di controllare i suoi sentimenti senza spegnerli e in quel momento era agitato, come solo un uomo dotato di una certa debolezza per le creature fragili ed innocenti può esserlo. Per cui fu con l'ansia di un uomo – quintuplicata dal fattore di essere un vampiro – che prese in braccio quella cosina.

Quando varcò la soglia dell'ingresso, guardò le ragazze con estrema gratitudine: aveva qualcuno di affidabile a cui scaricare quel delicato fardello. Elena gli corse incontro, salvo arrestarsi di botto e guardarlo con tanto d'occhi appena notò cosa teneva in braccio.

Oh, mio Dio. – scandì Caroline alle sue spalle.

Dove l'hai trovato? – fece Jeremy sporgendosi e scostando coraggiosamente un lembo – Ops... cioè, dove l'hai trovata? –

Stefan tese le braccia disperatamente e Bonnie afferrò la bambina con sguardo allarmato: sembrava l'unica là dentro ad aver intuito qualcosa. Alaric allungò un dito, che la piccola prontamente afferrò e strinse in un pugnetto.

Ha i capelli rossi. – lo sentì mormorare.

Mon Dieu...

E Stefan, come se non avesse subito abbastanza emozioni per quel giorno, poté assistere al crollo del suo amico. Pascal Serrault, infatti, dampiro di trecento anni, cacciatore di creature oscure, con legami che spaziavano dalla Sacra Chiesa di Roma ai demoni minori... era atterrito alla vista di una bambina.

~~~

Damon Salvatore.

Conosco il mio nome, grazie. Con chi o cosa ho l'onore di parlare? –

Il nostro nome è impronunciabile per quelli come voi.

– “Quelli come noi” in che senso? I vampiri, gli italiani, gli amanti del bourbon invecchiato almeno cinquant'anni, quelli che non parlano con la voce doppia e non si danno del plurale maiestatis...? –

Ci era stato preventivamente comunicato che avresti reagito in questa maniera. Non ne siamo impressionati.

Be', non mi alzo tutte le mattine per impressionate... te... voi... ma con chi sto parlando? Sei una voce nella mia testa? –

Sei stato scelto, Damon Salvatore.

E sarò super-efficacie, vedrete! Quindi è così una Sfera Pokè all'interno, eh? Minimalista, direi. –

Gradiremmo maggiore serietà da parte tua. Ti abbiamo facilitato il Passaggio mettendoti in contatto con l'ultima entità con cui hai interagito sul piano terreno. Un'accortezza riservata a pochi.

Grazie. Potreste riassumermi quello che avete detto in una lingua corrente? Non ci ho capito nulla. È tutto molto fico e altisonante, davvero, sono proprio sbalordito... ma devo ancora capire dove diavolo sono. –

Questo è il Limbo.

E dove sono il bastone e la sangria? –

Ok, immagino che intendiate quello dove stanno i marmocchi non battezzati e i filosofi barbuti. –

Se ti senti più a tuo agio ad immaginare questo Piano così, ti è concesso.

Oh, quanta generosità. Bene, sono decisamente a mio agio adesso. Guardate, sono rilassatissimo. Allora? –

La scelta di molti è legata indissolubilmente alle scelte del singolo, e viceversa. In questo caso, ciò che è accaduto ha vincolato te. Ovviamente, essendo dotato di libero arbitrio, anche tu hai il diritto di scegliere. Ma dovrai ponderare attentamente: la tua decisione potrebbe mutare...

Mi dite subito che volete scopare o balliamo tutta la sera con la vostra mano sul mio culo? –

Uhm... qua c'è un problema di pronomi... –

Siamo appena stati privati di una delle nostre Virtù Angeliche.

Prendo un bonus se dico che me ne frega qualcosa? –

Come sostituto sei stato eletto tu, Damon Salvatore.

È uno scherzo? –

Non siamo avvezzi a scherzare.

Sì, me l'avevano detto che qua non ci si diverte. –

Ovviamente, prima di ricevere un incarico di tale importanza, dovrai dimostrarti all'altezza. Per cui, dovrai affrontare il normale iter di addestramento cui ogni nuova entità angelica deve sottoporsi.

Ehi, io non ho ancora firmato da nessuna parte. –

Se sei ancora qui, significa che hai già accettato.

Mhm... sapevo che avrei dovuto studiare da avvocato come voleva mia madre. Be', in cosa consisterebbe questo “iter di addestramento”? –

Ti sarà affidata in custodia un'anima, dal momento della sua incarnazione in un essere umano all'atto della nascita e fino al momento in cui il suo corpo terreno decadrà.

Che detto in parole povere...? –

Sarai l'angelo custode di una persona.

~~~

Pas ignorò gli urletti e le parole zuccherose con cui le ragazze si stavano divertendo a vezzeggiare la bambina, e si rivolse di nuovo a Stefan.

Raccontamelo di nuovo. Tutto. Lentamente. –

Incassò l'occhiata esasperata di Stefan senza battere ciglio. Doveva vederci chiaro in quella faccenda.

Oh, ma lascialo in pace! –

Trafisse Caroline con lo sguardo. Il sollievo di averla rivista, viva e tutta – splendidamente – intera, era svanito nel momento in cui aveva orecchiato certe confidenze tra lei e le altre ragazze. Confidenze che avevano a che fare con un certo Tyler Loockwood, il licantropo, e che stavano assumendo via via dei contorni che gli scatenavano certi istinti omicidi nei confronti del ragazzo.

Poi ogni pensiero era stato spazzato via da quella marmocchia con i capelli rossi che Stefan aveva portato loro.

Ti ho già detto tutto, Pas. – sospirò il vampiro stringendosi nelle spalle – Non so davvero che altro aggiungere. –

E non ti ha detto niente? – insisté lui, piccato – Nulla di nulla? –

Stefan scosse la testa, provocandogli un modo d'irritazione.

Per Pas era semplicemente inconcepibile. Nora non aveva segreti per lui: com'era possibile che non glielo avesse detto?! Una scelta così importante, poi...

Gli aveva mentito. A lui! “Sto solo tornando a casa”, gli aveva detto, con quell'espressione così sincera.

Casa”. Quella parola lo fulminò. Pas cominciò a capire, forse anche più di quanto Nora stessa aveva capito nel momento in cui si era sacrificata – di nuovo.

Forse la sua scelta, per quanto andasse aldilà del comprensibile, era un'occasione. Era l'occasione, quella con la “O” maiuscola. La possibilità di ricominciare daccapo che Nora aveva voluto dare a sé stessa. E a lui.

Bonnie. –

La strega si voltò e lo guardò seria, come se stesse aspettando quel richiamo da una vita. Scosse la testa ancora prima che lui parlasse.

Non chiedermelo. – disse, terrea in volto.

Ma Pas era sordo ad ogni avvertimento.

Tu puoi farlo... dalle questa possibilità. – insisté giungendo le mani.

Fare cosa? – intervenne Elena con aria preoccupata.

Non è per lei che vuoi che lo faccia. – Bonnie si alzò in piedi e lo fronteggiò – È solo per te stesso. E io non voglio essere lo strumento di un tale abominio. –

Era per questo che non gli piacevano le streghe: tutto quel potere, e poi si facevano un sacco si seghe mentali a discapito degli altri. Persino a discapito delle loro stesse consorelle. Ne sapeva qualcosa, lui.

Ma lo sai! – ringhiò, ormai fuori controllo – Sai che ricorderà ogni cosa! Hai idea di quello che ha subito? Di quello che le hanno fatto? Aveva solo quindici anni! L'hanno soggiogata e... mon Dieu... tu non l'hai vista! Non sei stata tu a trovarla troppo tardi! –

Basta! –

Un vagito lamentoso fu il preludio di un pianto dirotto. Elena era in piedi e stringeva la piccola tra le braccia, mettendo a tacere tutti con lo sguardo.

Lo farò. –

La voce di Bonnie era un sussurro funereo.

E sarà l'ultima volta che userò la magia. – aggiunse scandendo bene le parole.

Sia ringraziato il cielo.

Pas chiuse gli occhi. Quando li riaprì, Elena aveva già messo Nora in braccio a Bonnie. Aprì la bocca per ringraziarla, ma lei lo precedette.

Non farlo, Pascal. – lo ammonì – Tutto questo ti si ritorcerà contro, un giorno. –

Abbassò lo sguardo sulla bambina: – Prega solo che non si ritorca anche contro di lei. –

A Pas non importava un fottuto niente delle ritorsioni del destino. L'unica cosa che gli interessava era che Nora potesse crescere serena.

~~~

Mi prendete per il culo?! –

Non capiamo cosa vuoi dire.

Ah, già, dimenticavo... niente senso dell'umorismo. –

Sei pronto a ricevere il tuo incarico?

No! Ma perché io?! Cosa vi ho fatto? Perché non sono già a farmi arrostire da qualche caprone? –

Non farci pentire della nostra decisione. Stai parlando di cose che nemmeno conosci.

D'accordo. Mi arrendo. Per me niente fiamme dell'Inferno. –

Adesso sei pronto?

No-oh! Andiamo, sono appena morto e già mi volette mettere un'anima in mano?! Ma non avete visto il casino che era la mia vita? Non sono stato capace di badare alla mia di anima, figuriamoci... –

Basta così!

Ops... nervosetti, eh? –

Per quanto su questo Piano il concetto di tempo si applichi in maniera differente, dobbiamo comunque sottostare al suo inesorabile scorrere.

Sottitolo: siamo in ritardo. Ok, dov'è quest'anima? –

Ehm... yu-uuuh? –

tum... tum... tum...

Ma fate sempre così da queste parti? Siete davvero dei gran maledu... Oh. Mio. Dio. –

tum... tum... tum...

È giunto il momento di lasciarti definitivamente al tuo compito. D'ora in poi, quest'anima è affidata a te.

Cosa?! No no no no! Questo è davvero... insomma... non immaginavo che fosse così. Sembra un... una specie lucciola. E perché pulsa? –

tum... tum... tum...

Addio, Damon Salvatore.

No, ehi! Un momento... io non so... ma che devo farci? Come si tiene di un'anima? Bisogna portarla fuori a fare pipì due volte al giorno? La innaffio ogni mattina e la metto vicino alla finestra? Dov'è il libretto d'istruzioni?! –

tum... tum... tum...

Amala e tutto ti sarà chiaro.

– “Amala”? È tutto qui quello che sapete dirmi?! –

tum... tum... tum...

Ehi! –

tum... tum... tum...

Cazzo! Ehr... scusa. –

tum-tum... tum-tum...

Ciao. Mi chiamo Damon. –

tum-tum... tum-tum...

– … –

tum... tum... tum...

Ma se sei appena nata, non potrai rispondermi... cioè, magari non sai ancora parlare. Oddio, datemi una padellata in testa! –

tum-tum... tum-tum...

Sì, lo so. Abituati: zio Damon è strano e ci dovrai passare un bel po' tempo. –

tum-tum... tum-tum...

Quando ti parlo pulsi più veloce, è un modo per dirmi che mi senti?

tum-tum... tum-tum...

Sì, mi sa di sì. Bene, è già un passo avanti. Un giorno potremmo arrivare a dialogare in alfabeto morse. –

tum-tum... tum-tum...

Però... un corpo non ce l'ho più, ma se ce l'avessi mi piacerebbe toccarti. Chissà che consistenza hai? –

TUM-TUM... tum-tum...

Oh, wow! Be', grazie... e se ti dico che già un po' mi ci sto affezionando a te?

TUM-TUM-TUM-TUM-TUM

Ok, ok! Non farti venire un attacco di cuore! –

tum-tum... tum-tum...

Lo sai, credo che ci divertiremo, io e te. –



to be continued...

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=686301